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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 662 di lunedì 9 luglio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 16,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 giugno 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Farinone, Franceschini, Garofani, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Holzmann, Leone, Lombardo, Milanato, Moffa, Pisacane, Rosato e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della nomina di Sottosegretari di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato la seguente lettera, pervenuta in data 9 luglio 2012: «Onorevole Presidente, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data 6 luglio 2012, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei Ministri, ha nominato sottosegretari di Stato per la giustizia il professor Antonino Gullo ed il consigliere di Stato dottor Sabato Malinconico. Con viva cordialità. F.to: Mario Monti».

Modifica nella composizione della Giunta delle elezioni.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Giunta delle elezioni il deputato Fabio Evangelisti in sostituzione del deputato Pietro Tidei, cessato dal mandato parlamentare il 13 giugno 2012.

Discussione del disegno di legge: S. 3305 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale (Approvato dal Senato) (A.C. 5322) (ore 16,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n, 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ho sotto mano il resoconto stenografico della seduta di giovedì scorso che, al termine, reca le indicazioni e lo speech attraverso il quale il Presidente di turno dell'Assemblea ha informato la Camera sull'organizzazione dei lavori per questa settimana (Modifica al calendario dei lavori dell'Assemblea). Si comincia prevedendo per lunedì 19 luglio, con seduta antimeridiana e pomeridiana e con eventuale prosecuzione notturna, la discussione sulle linee generali, e così via. Ciò non è difforme, anzi è identico, a quanto è stato trasmesso ai gruppi sempre nella mattinata di venerdì e entrambi i documenti rappresentano quella che è la decisione dei capigruppo rispetto all'organizzazione dei lavori della nostra settimana, che sta per iniziare.
Conosco solo l'italiano, ma penso che in italiano antimeridiana e pomeridiana vuol dire che la programmazione prevedeva che l'Assemblea si dovesse riunire per le discussioni sulle linee generali di due provvedimenti concernenti argomenti di particolare importanza, sia nella seduta di questa mattina che in quella di oggi pomeriggio. Allora perché, signor Presidente, noi ci troviamo ad affrontare la discussione soltanto questo pomeriggio? Perché, come ormai accade da parecchio (da troppo tempo e mi auguro che questa sia l'ultima volta), in questo caso, facendo una cosa che non so se è veramente ai margini di una violazione del Regolamento, modificando una decisione assunta all'unanimità dai capigruppo, il Presidente, che ha subito pressioni fortissime da parte dei Vicepresidenti, è stato costretto a convocare la Camera alle 16 di questo pomeriggio, perché, come accade ormai regolarmente, i Vicepresidenti, che hanno sicuramente degli importanti impegni politici e personali, essendo in quattro, non riescono mai a mettersi d'accordo per far sì che i lavori della Camera dei deputati si possano svolgere in modo normale o, quando normale non è possibile, almeno secondo i precetti e gli accordi unanimi della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Questo non è soltanto un problema che riguarda i Vicepresidenti, che pure hanno sicuramente tanti oneri, ma anche tanti onori, perché fanno quel mestiere e hanno una serie di ragionamenti e di fruizioni per cui fanno quel mestiere. Quindi, dovrebbero sapere che comunque l'economia e il buon andamento dei lavori della Camera dei deputati è il primo obiettivo e la prima responsabilità che hanno, e poi viene il resto. Diversamente, se si predilige il resto, nessuno è obbligato a svolgere funzioni di rappresentanza così importanti della Camera dei deputati.
Le ripeto, signor Presidente, siccome ormai è successo troppe volte (è stato detto in via informale e anche attraverso formali richieste da parte del presidente del mio gruppo), mi auguro veramente che questa sia l'ultima. Ci sono i lavori della Camera, ci sono quattro Vicepresidenti, credo che non sia difficile organizzarsi, ma se ancor di più la Camera decide che si lavora in antimeridiana è assolutamente intollerabile che noi ci troviamo a lavorare in pomeridiana senza una ragione. Siccome immagino che lei adesso mi replicherà e ovviamente per Regolamento io non posso farlo, casomai avrò modo di replicarle o intervenendo sul processo verbale della prossima seduta o questa sera stessa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la ringrazio per l'attenzione all'argomento che ha voluto sollevare. Mi permetto soltanto di fare due osservazioni: la prima - e credo di parlare a nome mio, ma anche a nome degli altri colleghi Vicepresidenti - è che non solo abbiamo onori ed oneri, ma tutti noi siamo - mi sembra - impegnati ad assicurare che il regolare svolgimento dei lavori dell'Assemblea, proprio per il compito che ci è stato affidato, si svolga puntualmente, come previsto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Pag. 3
Per quanto riguarda la questione di oggi, che peraltro coinvolge direttamente anche il sottoscritto, devo dirle che vi è stato - come lei ha sottolineato - un problema di carattere organizzativo di sostituzione, nonostante fosse stata fatta presente, per esempio, la mia indisponibilità per un impegno istituzionale a Stresa stamattina per rappresentare la Camera dei deputati all'apertura di un convegno. Ma al di là di questa, che può essere o meno una giustificazione, a seconda di coloro che ascoltano, credo che il Presidente della Camera, essendo stato investito della questione, abbia espresso l'esigenza, condivisa da tutti i Vicepresidenti che, per il futuro, le previsioni del calendario debbano essere in ogni caso puntualmente osservate in funzione del buon andamento complessivo dei lavori. Ciò richiede un impegno comune di tutti e, per la loro parte ovviamente, di tutti i Vicepresidenti per garantire l'attuazione del calendario dei lavori, tenendo conto, in primo luogo, degli orari in esso stabiliti che anche il Vicepresidente di turno in questo caso condivide, sottolineando che, laddove ci sia, nel calendario dei lavori, per il lunedì, una previsione di seduta antimeridiana e pomeridiana, ovviamente si intende che le sedute antimeridiane, anche di lunedì, si inizino alle ore 9 o alle ore 9,30, come tutte le altre sedute antimeridiane.
Immagino che l'argomento possa ritenersi concluso.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5322)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del Partito Democratico e della Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto altresì che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Mazzuca, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANCARLO MAZZUCA, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge n. 63 del 2012, che cercherò di illustrare nelle sue linee essenziali, costituisce il provvedimento normativo con il quale il Governo ha inteso disciplinare, in via d'urgenza, l'attuazione di quanto previsto dal decreto «salva Italia» del dicembre 2011 che, all'articolo 11, prefigurava un intervento sul sostegno pubblico all'editoria improntato a criteri di maggior rigore e selettività, in modo da alleggerire gli oneri pubblici per settore, ormai insostenibili, tenuto conto della situazione del bilancio dello Stato, ma assicurando, comunque, una gamma di possibili interventi in favore del mercato editoriale, tenuto conto che l'informazione è la base stessa di una sana democrazia.
Debbo confessare, come relatore alla Camera di questo provvedimento, di essermi trovato di fronte ad un grosso dilemma: da una parte, la necessità di varare il più rapidamente possibile misure che serviranno alla sopravvivenza stessa dell'editoria in Italia, in particolare dei giornali quotidiani, oggi al centro di una crisi economica senza precedenti dovuta a tre fattori concomitanti: la recessione internazionale, che ha fortemente ridotto i consumi soprattutto sul fronte della pubblicità; lo spostamento verso nuovi sistemi di informazione come l'on-line; ed i persistenti bassi indici di lettura dei quotidiani in Italia, che ci confermano, con 5 milioni di copie vendute mediamente al giorno, agli ultimi posti in Europa assieme a Grecia e Portogallo. Dall'altra parte, c'è invece l'esigenza di emendare alcuni punti del testo che solo dieci giorni fa è stato licenziato dal Senato.
Di fronte allo stato d'emergenza ed al limite del 20 luglio prossimo come termine ultimo per il varo definitivo del provvedimento, sono stato costretto a fare di necessità virtù, perché il Senato non avrebbe avuto più tempo per approvare le nostre modifiche entro il termine stabilito. Mi rammarico, comunque, per questa Pag. 4scelta obbligata e debbo qui rilevare un diverso atteggiamento del Senato nei confronti di alcuni provvedimenti licenziati dalla Camera.
È il caso della legge di riforma dell'ordine dei giornalisti e della legge sull'equo compenso delle prestazioni giornalistiche che da mesi sono insabbiate a Palazzo Madama. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Paolo Peluffo, si è formalmente impegnato ad attivarsi per cercare di sveltire questi provvedimenti, oggi glielo ricordo nuovamente.
Tornando al decreto-legge in esame, non ho avuto dubbi sulla necessità di rispettare i tempi legislativi, anche perché il nuovo quadro normativo prevede, oltre al decreto-legge in esame, con il quale vengono appunto dettate misure urgenti di razionalizzazione del sistema di contribuzione pubblico a carattere transitorio fino al 2014, un disegno di legge delega al Governo in materia di sviluppo del mercato editoriale, in modo da assicurare il pluralismo dell'informazione che potrà recepire, almeno spero, le modifiche più importanti che adesso non potremmo attuare.
Attraverso il varo del nuovo quadro normativo diventerà così possibile moralizzare l'intero capitolo del sostegno all'editoria favorendo la diffusione dell'informazione, la sua qualità e soprattutto il pluralismo delle testate. Secondo un libro del 2007 scritto dal giornalista Beppe Lopez, intitolato La casta dei giornali, mettendo assieme i tanti rivoli del finanziamento pubblico, diretto e indiretto, si raggiungeva, allora, l'incredibile cifra di 700 milioni di euro l'anno; è chiaro che non si poteva andare avanti in questo modo, ma non si poteva neppure staccare subito la spina al settore; da qui appunto l'esigenza di questo decreto, che regolamenta gli aiuti pubblici fino al 2014.
Da vecchio addetto ai lavori posso comprendere, di fronte alla riduzione dei contributi, il malumore delle aziende editoriali, ma se pensiamo che verso la fine del 2011 veniva addirittura ipotizzata la possibilità di abolirli del tutto, la parziale boccata d'ossigeno è comunque salutare, anche se resta il problema di cosa succederà dopo il 2014: come verrà affrontata la crisi? Intendiamoci, nessuno vuole affossare i giornali che, come ho detto, sono una base fondamentale per la salvaguardia della democrazia, ma questo sostegno non può prosciugare oltre le casse, ormai al lumicino, dello Stato, soprattutto quando questi interventi servono a tenere in vita giornali agonizzanti e non più risanabili. Non ce lo possiamo più permettere, dobbiamo anche riflettere su misure ad hoc come quelle riservate a Radio Radicale, che pure svolge un servizio encomiabile.
Occorre piuttosto che il Governo si impegni, con provvedimenti opportuni e mirati, a migliorare la distribuzione dei giornali. Due mesi fa la Camera ha approvato a larghissima maggioranza, nonostante il parere contrario del Governo, un mio ordine del giorno in cui si chiedeva che gli edicolanti potessero diventare piccoli imprenditori nel proprio quartiere consentendo loro di gestire la distribuzione anche in altri punti vendita. Mi auguro che la prossima legge delega possa recepire questa agevolazione a favore degli edicolanti, così come una più ampia apertura delle edicole nei giorni festivi e nelle ore serali. È anche opportuno che la prossima legge preveda misure per favorire la raccolta pubblicitaria dei giornali, così come norme per agevolare il ricambio generazionale nelle redazioni.
Esaminiamo il provvedimento nei particolari. L'articolo 1 introduce misure più selettive per l'accesso ai contributi con conseguenti minori costi a carico dello Stato; viene infatti prevista una percentuale minima del 25 per cento delle copie vendute rispetto a quelle distribuite. Questa linea di sbarramento per l'accesso alla contribuzione pubblica, che varrà a partire dai contributi 2013, ha un ruolo fondamentale nella moralizzazione del settore ostacolando comportamenti inappropriati che sono stati individuati in passato. In tal modo si dovrebbe anche aumentare l'efficienza delle aziende editoriali, perché saranno indotte a non stampare un gran numero di copie per raggiungere Pag. 5i livelli di tiratura richiesti dalla normativa precedente, con conseguente risparmio nell'acquisto delle materie prime come la carta. Per le imprese cooperative il decreto-legge prevede che siano composte esclusivamente da giornalisti, poligrafici e grafici, con prevalenza di giornalisti, e che la maggioranza dei soci sia dipendente della cooperativa stessa con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ciò al fine di assicurare i contributi solo a quelle aziende che svolgono effettivamente un lavoro giornalistico dal punto di vista organizzativo e professionale.
L'articolo 1-bis prevede invece la ridefinizione dei contributi per i periodici italiani pubblicati all'estero, aggiornando, rispetto alla normativa che risale al 1981, legge n. 416, i criteri di concessione di contributi e la composizione della commissione incaricata di accertare la sussistenza dei requisiti di legge. Saranno poi definiti, con decreto di natura regolamentare, tali modalità.
L'articolo 2 del decreto-legge disciplina il nuovo sistema di calcolo dei contributi, che opererà già a partire da quelli del 2012. Tali contributi saranno erogati, secondo quanto disposto dal vigente «regolamento Bonaiuti», decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, nei limiti delle risorse stanziate nell'apposito capitolo del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, e saranno correlati per una parte, il cosiddetto contributo fisso, al rimborso, fino al 50 per cento, delle sole spese sostenute per la diretta produzione della testata (personale, carta, stampa, distribuzione, agenzie di stampa). A questo contributo fisso si aggiungerà una quota variabile che sarà commisurata a ogni copia effettivamente venduta, ossia acquistata nei punti di vendita anche non esclusiva, cioè in abbonamento.
L'articolo 3 consente, inoltre, alle imprese editrici di percepire contributi anche per le edizioni on line nelle testate, prevedendo un sistema analogo a quello delle edizioni cartacee - contributo fisso più contributo variabile - ma con una differente ammissione dei costi ammissibili, che verrà stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in considerazione della diversità del sistema di produzione della testata on line e dell'esigenza di adeguare nel tempo tali voci all'inevitabile evoluzione tecnologica.
L'articolo 3-bis contempla misure di semplificazione dell'assetto delle responsabilità editoriali per testate periodiche diffuse unicamente on line che non siano beneficiarie di contributi pubblici e non conseguano ricavi annui superiori ai 100 mila euro annui.
L'articolo 4 prevede misure che favoriscono la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, introducendo uno specifico credito di imposta, di cui si potranno avvalere gli operatori della filiera distributiva per l'adeguamento tecnologico dei punti di vendita. La misura risulta coperta finanziariamente sino a 10 milioni di euro con i risparmi derivanti dall'applicazione dell'articolo 56, comma 4, della legge n. 99 del 2009, che ha previsto la ridefinizione del rimborso da corrispondere a Poste Italiane per le tariffe agevolate relative al periodo agosto 2009 - marzo 2010, allorché tali agevolazioni sono state soppresse.
L'articolo 5, infine, si occupa di disciplinare la pubblicità istituzionale, prevedendo misure di ottimizzazione della spesa pubblica per l'acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione, mentre l'articolo 5-bis estende alle associazioni no profit la possibilità di applicare le stesse tariffe praticate agli altri soggetti per le spedizioni di prodotti anche di tipo promozionale.
Sono perfettamente consapevole del fatto che questo provvedimento serve solo a tamponare una situazione di grave emergenza dell'editoria. Mi auguro, però, che la prossima legge delega possa meglio intervenire per dare risposte più significative alla crisi del settore, perché vorremmo tutti che, come scriveva il grande Hegel, i giornali continuassero ad essere la nostra preghiera laica del mattino (Applausi del deputato Giulietti).

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PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritto a parlare l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, la materia sulla quale interviene il decreto-legge che siamo chiamati a discutere ed a convalidare con il nostro voto è una materia costituzionalmente sensibile, in quanto fa riferimento ad un principio tutelato dalla nostra Carta fondamentale all'articolo 21, che espressamente garantisce il cosiddetto pluralismo dell'informazione, ossia il diritto ad informare e ad essere informati. L'altro corno della base normativa su cui insiste il provvedimento oggi all'esame dell'Aula è inserito piuttosto nella legge costituzionale - se così mi si consente di definirla - che si è data l'Unione europea, in quanto, laddove si definiscono le norme che regolano l'apertura dei mercati e dunque si disciplina la concorrenza sui mercati stessi, si prevede espressamente, su scala europea e dunque anche su scala italiana, che ci siano eccezioni laddove si tratti di difesa della lingua nazionale e della cultura.
Dunque, questi sono gli elementi che consentono un intervento diretto dello Stato con contributi pubblici che, altrimenti, potrebbe essere considerato lesivo della libertà di concorrenza. Il provvedimento che stiamo esaminando merita di essere letto al suo articolo 1, signor Presidente.
L'articolo 1, comma 1, recita così: «In attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all'editoria, le disposizioni del presente decreto sono volte a razionalizzare l'utilizzo delle risorse, attraverso meccanismi che correlino il contributo per le imprese editoriali agli effettivi livelli di vendita e di occupazione professionale (...)».
Qui sta, tutta intera, la logica di questo provvedimento, che abbiamo meditatamente, ancorché in tempi ristretti, discusso all'interno della VII Commissione di questa Camera, con il convinto sostegno degli esponenti del Partito Democratico, che ci tengo a ripetere in quest'Aula e che avremo poi modo di ribadire in sede di votazione.
Basta rifarsi, ripeto, alle definizioni di questo articolo 1 per comprendere bene la natura del provvedimento sottoposto al nostro esame. Si tratta di un provvedimento che viene emesso in attesa di un altro. È, dunque, un provvedimento ponte che sta sulla riva di un sostegno all'editoria che è stato giudicato tale da dover arrivare a conclusione nel provvedimento dell'anno scorso che normalmente viene chiamato decreto «salva Italia», che ha definito la chiusura del vecchio sistema dei contributi con la fine dell'anno prossimo, il 2013; una fine che è stata formalmente decretata con questo atto del Governo approvato da questa Camera, ma che trova le sue origini in un lungo percorso di contenimento della spesa pubblica iniziato negli anni precedenti e nella legislatura precedente.
Vorrei ricordare, se posso, un elemento di storia vissuta in prima persona. Mi riferisco all'elemento di non secondario rilievo legato alla convenzione che venne stabilita quando io stesso ero al posto che oggi occupa il sottosegretario Peluffo e a quando venne stabilita un'intesa con la Guardia di finanza, che portò, allora, all'istituzione, all'interno del Dipartimento dell'editoria, di un nucleo permanente di ufficiali funzionari della stessa Guardia di finanza per controllare la correttezza della corresponsione dei contributi pubblici.
In quel passo si concretizzò e si diede contenuto effettivo ad una richiesta di efficienza e di moralizzazione di un contributo pubblico che aveva visto negli anni, anche a seguito del sovrapporsi disordinato di leggi, manovre interstiziali da parte dei percettori.
Si avviò, in tal modo, un'opera che ha portato già frutti importanti visti dal lato della spesa pubblica, perché, come ha ricordato il relatore, siamo scesi da spese complessive annue a carico del bilancio dello Stato nell'ordine dei 700 milioni di euro annui a spese che per quest'anno saranno nell'ordine dei 120 milioni di euro, che sono, però, il frutto di una prima appostazione di bilancio intorno ai 50-60 Pag. 7milioni di euro. Solo con due successive integrazioni, la prima di 20 milioni e la successiva di 50 milioni, si è arrivati a quei 120 milioni di euro che hanno consentito di far fronte, ancorché in modo non completo, alle esigenze di sopravvivenza del mondo dell'editoria.
Questo, dunque, è un provvedimento ponte che ci consente di traguardare il 2014, tant'è che in quest'Aula, ci auguriamo tra non molto, potrà essere discusso quel provvedimento che sarà la base per il futuro del sostegno pubblico all'editoria, provvedimento le cui basi andremo a porre a partire da una discussione per l'attribuzione di una legge delega al Governo per la scrittura dello stesso.
Dunque, che cosa si propone di fare il provvedimento in esame? Sostanzialmente, si propone di consentire la sopravvivenza delle imprese editoriali fino all'entrata in vigore della nuova normativa, confermando, contemporaneamente, quel percorso di risanamento e consolidamento dei conti pubblici già avviato negli anni scorsi e ora affidato al Dipartimento dell'editoria, sulla base delle norme vigenti, a partire da quelle contenute nel decreto «salva Italia».
È tutto assolutamente condivisibile nel decreto-legge in oggetto, la cui urgenza ci impone l'approvazione in quest'Aula, un'approvazione convinta, sulla base di quello che ho appena detto, ma che sicuramente non avrebbe escluso interventi di miglioramento, quindi, emendamenti, qualora ve ne fosse stata la possibilità, dati i tempi di scadenza del decreto, rispetto al testo che ci è arrivato dal Senato.
Vorrei fare riferimento solo ad alcuni di questi interventi migliorativi. Un elemento di moralità, moralizzazione ed efficienza da un lato, ma di tutela dell'occupazione dall'altro, è presente nell'articolo 1 del decreto-legge in esame laddove si prevede come requisito, tra quelli che devono essere soddisfatti dalle imprese per potere avere titolo di accesso ai contributi, di avere un minimo di dipendenti giornalisti e poligrafici editoriali fissato in cinque laddove si parli di quotidiani e tre laddove si parli di periodici. La norma si potrebbe prestare a qualche dubbio di interpretazione o anche a qualche dubbiosa applicazione perché, laddove si parla di un numero che deve essere rispettato nel corso dell'anno, non è del tutto chiaro cosa possa succedere ad un'impresa che, per accidente, si trovasse a perdere un dipendente nel corso dell'anno. Questo vorrebbe dire che l'impresa perde il diritto ai contributi? Logica e buon senso direbbero di no, ma la lettera del decreto-legge lascia qualche margine di interpretazione talmente rigorosa da poter portare a qualche atto illogico.
Così come pure è dettato da una giusta logica il fatto di dare garanzia e verosimiglianza ai dati che i distributori forniscono sulle copie vendute, sapendo che il decreto-legge in esame, giustamente, lega i contributi non alle copie distribuite, come ha anche sottolineato il nostro relatore, ma alle copie effettivamente vendute. Dunque, per attribuire veridicità ai dati che vengono forniti dai distributori si dice che i distributori stessi non devono essere collegati agli editori. Questo in linea di principio e di teoria è corretto, ma qualora si entra nella realtà del mondo editoriale ci si rende conto che, ad esempio, le piccolissime imprese, per loro natura, nel loro piccolo ambito territoriale, si fanno anche carico della distribuzione per evitare, tra l'altro, di cadere in mani più forti di loro. Anche questo è un elemento che avrebbe meritato un qualche miglioramento nel testo.
Signor Presidente - mi rivolgo anche al sottosegretario Peluffo, riprendendo un elemento di discussione che abbiamo avuto all'interno della Commissione cultura - questi però sono elementi che potranno anche essere sistemati in via non legislativa, o perlomeno non in via di legislazione primaria, sostanzialmente attraverso regolamenti o decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o, comunque, attraverso interventi che saranno nella disponibilità del Dipartimento per correggere degli elementi in fondo marginali del decreto-legge in oggetto.
Il decreto-legge nella sua buona sostanza merita di essere approvato. Vorrei Pag. 8solo ricordare qualche altro punto che ci induce ad esprimere una valutazione favorevole, che poi naturalmente ribadiremo in sede di votazione. Non solo - ripeto - laddove si parla di criteri di calcolo e nel calcolo dei costi ammissibili si circoscrivono i costi a quelli strettamente editoriali, ossia la produzione dei giornali nella loro essenza, senza consentire fughe laterali in altre voci di costo poco ammissibili.
Altro punto fortemente positivo è la previsione di uno stanziamento, non straordinario come livello assoluto, ma comunque significativo, per consentire l'ammodernamento del sistema della distribuzione e, detto in modo ancora più semplice, per indurre le edicole ad ammodernarsi al punto da poter gestire il flusso della vendita dei quotidiani attraverso la lettura dei codici a barre che possono essere apposti sui quotidiani. Si tratta di un filone di ammodernamento tecnologico che da un lato consentirà una più attenta verifica e un controllo dei flussi delle vendite e delle rese, ma che può anche essere un passo significativo in quella strada verso il superamento della moneta contante e verso una moneta elettronica, che altri Paesi hanno percorso in modo significativo e con risultati confortanti prima di noi.
Da ultimo lasciatemi dire che questo decreto-legge apre anche una strada intelligente, se così posso dire, che dovrà naturalmente essere sviluppata nel successivo provvedimento legislativo per una migliore comprensione del mondo dell'editoria digitale. Da questo punto di vista voglio ricordare che anche al Senato si trova traccia di un miglioramento del testo rispetto ad una dizione originaria, che prevedeva per i giornali on line un riferimento al numero delle pagine in formato PDF. Questo riferimento, che è classicamente tipico di un'editoria cartacea, viene superato con un riferimento più lasco alle mutevoli nature e caratteristiche dei giornali on line, al punto che nel provvedimento in esame in modo - ripeto di nuovo - intelligente si fa riferimento a successivi interventi di regolazione non per legge primaria per definire, nell'ambito del flusso di quelli che saranno gli inevitabili mutamenti e aggiornamenti di ciò che è oggi l'editoria on line e che potrà domani essere l'editoria on line in forme che ancora non conosciamo...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Levi.

RICARDO FRANCO LEVI. ...si evita di cristallizzare, in forme per così dire oggi scritte sulla pietra, le norme di ciò che deve essere un editoria on line, ma si lascia spazio all'innovazione.
Per tutto questo la nostra è una valutazione positiva di quello che rimane un provvedimento ponte rispetto ad un futuro normativo che insieme dovremo discutere, definire e poi approvare, mi auguro in tempi ristretti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, ringrazio il relatore Mazzuca, il sottosegretario Peluffo e la presidente Ghizzoni, che hanno consentito una discussione seria e approfondita, che ha coinvolto tutti senza eccezione alcuna.
Ringrazio anche per il lavoro paziente di ricerca, di studio e di documentazione non banale, curato dal Dipartimento per l'editoria e dai competenti uffici della Camera e della Commissione cultura. In una materia come questa, disporre dei dati è un elemento essenziale e fondamentale per rompere ogni elemento di oscurità.
Dico subito al Governo che questo decreto-legge è sicuramente insufficiente, probabilmente coperto anche in modo parziale e contraddittorio. Tuttavia, senza questo decreto-legge non ci sarebbe neppure la possibilità di parlare un domani di riforma dell'editoria. Sarebbero, infatti, morti prima numerosi soggetti editoriali interessati. Riprendo quasi testualmente citazioni degli editori e del segretario della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi. In questo caso la penso come loro. Pag. 9
I punti critici sono evidenti e mi auguro almeno che in questa sede - mi rivolgo al Presidente di turno - si possa esprimere qualche leggera critica senza il tracollo dei mercati o dello spread. Penso di sì. Perfetto: voglio esprimere qualche leggera critica, sperando che non ci sia per così dire, un tracollo immediato dell'economia nazionale.
La prima cosa, signor sottosegretario, è proprio eliminare dal nostro dibattito questo pensiero chiuso. Noi stiamo parlando di una riforma dell'editoria e di libera circolazione delle opinioni.
Qualunque sia il Governo ci deve essere una grande capacità di «liberare» le opinioni. Non ci sono nemici della patria quando si fanno critiche di merito a questo o ad un altro decreto-legge. E proprio per questa ragione il clima di emergenza mal si concilia con serie riforme della comunicazione, con l'idea della fiducia dietro l'angolo, con l'impossibilità di riformare i provvedimenti. Sappia, Presidente Lupi, che il relatore Mazzuca aveva chiesto di emendare e il sottosegretario si era dichiarato disponibile. La tagliola lo ha impedito, ma non può essere questo un metodo di confronto: mette in difficoltà anche chi non ha una posizione di opposizione pregiudiziale. L'insofferenza per le critiche, il «taci, che il nemico ti ascolta», non sono compatibili con la società aperta e con l'articolo 21 della Costituzione.
Non ci piaceva con Berlusconi regnante, non ci piace neanche con il Governo tecnico. Magari, sottosegretario, qui lo dico in modo polemico, questi stessi toni sdegnati usati talvolta verso qualche oppositore si potevano usare verso il sottosegretario De Gennaro per le sue affermazioni sulla Diaz, che non possono non essere ascoltate. Sono affermazioni incompatibili con il ruolo che occupa. E allora, se si vuol essere «solidi», bisogna esserlo con ogni soggetto, non a giorni alterni o a seconda delle affermazioni. Ecco perché le chiedo di rompere questo clima, di dire perciò, qui, in quest'Aula, sottosegretario, ancor prima di approvare il decreto - ho già detto che voterò «sì» - di dire il suo «no» ad ogni rinnovata ipotesi di «legge bavaglio», a dire che lei non sarà mai favorevole ad ogni ripetizione delle vecchie norme delle «leggi bavaglio» sulle intercettazioni, neanche in questo caso, anzi a dire di più: che nel prossimo disegno di legge si aboliranno i bavagli precedenti, a cominciare dalle cosiddette «querele temerarie», che stanno diventando un elemento di repressione e uno strumento di pressione e repressione permanente; a vigilare che non si usino surrettiziamente le norme - oggi e domani - per intervenire sulla rete.
Signor sottosegretario, chiariamo bene l'aspetto che riguarda la rete in questo provvedimento, perché se si tratta di un problema di individuazione dei limiti pubblicitari, se si tratta di un problema di antitrust applicato alla rete, bisogna sapere che è materia delicatissima, che non può diventare uno strumento di controllo della rete, dei siti e dei blog, che non può diventare altro, che non si può ripetere l'errore, che feci io con anche altri Governi, di introdurre una definizione più ampia di siti e di blog nei prodotti editoriali e quella norma fatta per tutelare siti e blog è stata usata da alcuni tribunali per condannare, per il reato di stampa clandestina, dei siti che nulla avevano a che vedere, penso, con siti editoriali tradizionali.
Ci sono norme che trasportate dall'editoria - lei lo sa - alla rete, producono effetti diversi. È bene essere chiari prima, per non doversi correggere dopo. Ecco perché richiedo su questi punti che sono nel provvedimento, di chiarire o di accogliere gli ordini del giorno con molta nettezza e con molta forza, e a dire come, dove e quando saranno accolti le proposte emendative qui proposte, poco fa, con grande attenzione, dall'onorevole Levi, in relazione a questioni delicate: il numero degli addetti, i contratti, il rispetto delle norme - questione sollevata dall'onorevole Zazzera e anche dai parlamentari della Lega, Comaroli e Rivolta - l'aspetto dell'attività di repressione degli abusi commessi, Pag. 10connessi, per esempio, alla legge sull'equo compenso tuttora ferma al Senato.
Proposte emendative condivise da lei, in sede di Commissione, e da tutte le associazioni del settore, ma che devono avere traccia in un verbale, negli ordini del giorno, devono avere traccia come impegno o nel decreto-legge prossimo venturo o nel disegno di legge sull'editoria. Indichi lei, sottosegretario, le forme della copertura, come sarà coperto questo decreto-legge, Presidente Lupi, che riguarda una platea di centinaia di soggetti imprenditoriali, potrebbe avere una copertura semestrale perché tra sei mesi potrebbero non presentarsi in banca. Studiamo un ordine del giorno comune e una presa di posizione che riguardi l'editoria come le emittenti comunitarie e le emittenti locali, eppure, fatte queste critiche, lo dico con molta nettezza, io confermo che sarebbe un errore non votare questo provvedimento. Dobbiamo porci un'altra domanda: questo provvedimento, con queste insufficienze, ci allontana o ci avvicina alla bonifica del settore che abbiamo sempre chiesto? Io penso che questo provvedimento ci avvicini alla bonifica del settore, incomincia a fare pulizia, introduce parametri assolutamente logici, definisce il numero degli addetti, modifica il calcolo delle copie, introduce elementi di moralizzazione non li riduce. E allora è un passo positivo verso un prossimo disegno di legge, è un ponte verso la radicale riforma, già avviata, pensata e studiata dal sottosegretario Levi e dal sottosegretario Bonaiuti.
Allora la sfida sta qua, sottosegretario: approviamo il decreto ma cerchiamo di approvare la riforma dell'editoria subito, entro la fine dell'anno. Non perdiamo tempo, usciamo dalla conservazione, incentiviamo subito il passaggio alle nuove forme editoriali on line, ma senza introdurre forme di controllo surrettizio (come dicevano gli americani, meglio nessuna norma che una cattiva norma in materia di libertà dell'informazione). Non facciamo norme pasticciate. Cerchiamo di prevedere uno start up per le nuove imprese e non solo i soldi per chi c'è. Incentiviamo la multimedialità, lavoriamo sul credito d'imposta come già si fa in questo decreto o sul credito per l'acquisto di carta o delle nuove tecnologie. Usciamo dalla conservazione, dai ponti levatoi, non prevediamo contributi solo per i soggetti esistenti. C'è un nuovo mondo che è emerso e non può essere dimenticato. Diamo finalmente compimento, sottosegretario, alla riforma dell'ordine e all'equo compenso; vorrei sapere che fine hanno fatto e qual è il suo pensiero in merito: l'equo compenso riguarda gli ultimi, i precari della professione giornalistica; non ci può essere nessun intervento surrettizio per dimenticare ciò, e lo hanno detto l'onorevole Carra e l'onorevole Moffa con grande chiarezza.
Le risposte servono in questi giorni. Accetterà il Governo questa sfida positiva? Sarà in grado di dare la risposta nel segno della pulizia, della bonifica, ma anche della modernizzazione e della equità, come ci ha detto il Presidente della Repubblica Napolitano? Molti dei giornali che sono in questa platea, sono la giustificazione storica dell'articolo 21 della Costituzione, sono la voce di minoranze che non avrebbero avuto altra possibilità di espressione. So che alcuni amici vorrebbero cancellare completamente la legge sull'editoria. Io non concordo con questa opinione. L'intervento pubblico in un settore come questo va rinnovato ma è essenziale, c'è in altri Paesi europei. Senza di questo condanneremmo alla morte decine di soggetti storici, e alla vita solo ristretti gruppi di oligarchi. Non mi pare che possa essere il nostro futuro né che ciò possa essere incentivato.
Ecco perché il problema è recepire spirito e lettera dell'articolo 21 della Costituzione senza cedimenti a qualsiasi forma di appropriazione indebita di denaro o di aggiramento delle norme, ma anche senza cedimenti a chi vorrebbe fare sparire la pluralità delle voci in questo Paese.
A proposito della copertura del decreto, sottosegretario, - ho terminato - questo è un punto molto delicato, perché solo uno Pag. 11sciocco può non sapere in che Paese viviamo, solo uno sciocco può non sapere che la crisi è reale, che i tagli sono nella carne di milioni di italiani e che ciascuno di noi non può solo rappresentare la propria corporazione o il proprio punto di vista o gli interessi materiali ai quali fa riferimento, perché il Parlamento non è la Camera dei fasci e delle corporazioni. C'è un elemento di interesse generale che deve essere tenuto presente da ciascuno di noi e quindi è evidente che la situazione difficile di crisi si applica anche al settore di cui stiamo parlando, nonostante sia esso un settore speciale protetto, come diceva con parole precise Romano Prodi parlando dei temi proprio della comunicazione e dell'informazione.
Ma allora se il tema è quello della copertura - sottosegretario, so che è un tema al quale non si vuole mai rispondere da vent'anni a questa parte - io le segnalo che c'è modo di lavorare per la copertura, e c'è modo di lavorare sia per la prossima legge sull'editoria, sia per il fondo per la cultura, sia per fondo per l'emittenza. Sa qual è il modo per lavorare? È quello di vigilare che l'asta delle frequenze non sia aggirata. Spero di sbagliarmi ma l'asta delle frequenze è l'oggetto del desiderio di queste ore. La vicenda della RAI nasconde una trattativa in atto che forse riguarda le modalità dell'asta delle frequenze. L'asta delle frequenze è il non detto, il convitato di pietra di molte delle discussione di questi giorni (Applausi del deputato Cambursano). Si chiama conflitto di interessi, signor sottosegretario, si è esplicitato nella Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in modi e forme che avrebbero dovuto suscitare in primo luogo lo scandalo dei liberali, sino alla manomissione, alla modifica del seggio elettorale a voto aperto.
Può immaginare se si può stare sereni sull'asta delle frequenze in queste ore. Quello è uno dei luoghi sui quali lavorare: l'asta delle frequenze, come anche la tassa di scopo a carico dei grandi gruppi telefonici e televisivi che hanno utilizzato ampiamente i diritti del settore. Accade in altri Paesi, per esempio in Francia. Qui non lo si può fare perché c'è un soggetto a cui si sono consegnati più diritti nel settore della comunicazione. Allora su questo non si può continuare a fingere o a rinviare; è giunto il momento di affrontare questa questione con serietà. Non si tratta di penalizzare qualcuno o qualcosa, ma di smetterla di penalizzare migliaia di imprese che hanno avuto la sfortuna di avere un editore o un proprietario forse con il nome e cognome sbagliato.
Ma non è ancora un reato in nessuna economia di mercato avere un editore con nome e cognome sbagliato, perché dovrebbero essere uguali. Per queste ragioni, mi auguro che voi vogliate anche assumere un impegno a trovare nuove forme di copertura. Sottosegretario Peluffo, è in corso, nell'indifferenza assoluta, una discussione sul rinnovo delle concessioni ai grandi gruppi televisivi. Forse avverrà a costo zero. È bene che di queste cose ne parli l'Aula. Ci sono risorse utilizzabili, senza fare la guerra a nessuno, in modo serio ed equo. Stiamo parlando di una questione delicatissima, come la pluralità delle voci in un libero Paese. Bisogna compiere ogni sforzo, soprattutto perché non si possono chiedere altri soldi alle tasche dei cittadini. La penso come voi. Non si può scaricare su altri e, quindi, bisogna affrontare con serietà questo tema della copertura. Ecco perché mi auguro che ci possa essere una sfida positiva per trovarci assieme in una grande battaglia per nuovi criteri ancora più radicali di pulizia, di taglio agli sprechi, di eliminazione di ogni zona d'ombra, attraverso la capacità di colpire i conflitti d'interesse e le rendite di posizione, attraverso la capacità di colpire gli oligopoli.
Se voi manifesterete la capacità di andare avanti, di farlo senza guardare in faccia a nessuno, di farlo con moderazione, ma con determinazione, penso che in questo Parlamento, al di là degli schieramenti, troverete un consenso molto più ampio di quello che potete immaginare perché si tratta, non di cancellare le opinioni di qualcuno, ma di consentire la libera diffusione delle opinioni di tutti. Per Pag. 12quanto ci riguarda, se andrete avanti su questa strada, il consenso sarà assoluto, pieno e leale (Applausi di deputati dei gruppi Misto e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, signor sottosegretario, se dovessimo dare un nome al decreto-legge in discussione oggi, lo chiameremmo, senza ombra di dubbio, non decreto-legge sull'editoria, ma decreto-legge Lavitola. Infatti, questo provvedimento nasce dall'inchiesta che ha visto coinvolto il noto faccendiere, il quale ha ottenuto milioni di euro di fondi pubblici, destinati proprio all'editoria, per stampare un «giornale fantasma». Dal 1997 al 2009 Lavitola ha ottenuto 23 milioni di euro di finanziamenti pubblici per l'editoria, 2 milioni e mezzo di euro all'anno, per una vendita complessiva di 200 copie al giorno. Chi avrebbe dovuto controllare la regolarità o, quanto meno, che quelle risorse andassero destinate a un servizio efficiente? Questo decreto-legge arriva pertanto quando i buoi sono scappati e le risorse pubbliche sono state rapinate per finanziare giornali purtroppo inesistenti. Arrivate tardi, arrivate male, perché il decreto-legge non affronta nessuno dei problemi che stanno a monte degli sprechi di risorse pubbliche intorno all'editoria. E rinviate tutto ad una legge delega, ma, proprio perché è una legge delega, è una delega in bianco al Governo. In queste ore state chiedendo al Paese, voi del Governo, ancora lacrime e sangue. Chiedete, con una revisione di spesa, un risparmio di 26 miliardi di euro in tre anni, che dovranno pagare i soliti noti. Però, in questo decreto-legge, ci sono ancora 120 milioni di euro, che sono soldi dei cittadini, che vengono dati, certamente al sistema dell'editoria, ma anche al sistema dell'editoria dei partiti.
Noi dell'Italia dei Valori, come sa sottosegretario, ve lo diciamo qui ed ora e da sempre, che i finanziamenti all'editoria e i finanziamenti ai giornali di partito vanno abrogati. E in questo decreto-legge i partiti hanno, invece, mantenuto quanto previsto appunto per esempio dall'articolo 153, comma 2, della legge n. 388 del 2000, con cui la rappresentanza parlamentare, con un suo gruppo, con un proprio parlamentare, ha diritto di accesso ai contributi pubblici per l'editoria a prescindere. Quindi, fatta la legge, trovato l'inganno. Qualcuno obietterà tra voi che così noi dell'Italia dei Valori mettiamo a rischio la libertà di informazione e l'articolo 21 della Costituzione.
Però, chiedo a lei, signor sottosegretario: c'è stata libertà d'informazione in questi anni, nel nostro Paese? E la libertà d'informazione viene garantita dai sussidi pubblici a imprese private e a partiti? Noi dell'Italia dei Valori non crediamo che la libertà d'informazione venga garantita solo dai finanziamenti pubblici. L'Italia dei Valori è, per esempio, un partito che, pur avendo un gruppo parlamentare, non ha mai fatto richiesta di fondi pubblici per l'editoria. Nel nostro Paese, c'è un'esperienza editoriale unica, che si chiama, appunto, il Fatto Quotidiano, che ha scelto di essere sul mercato senza ricorrere a finanziamenti pubblici; una scelta, certo, difficile, soprattutto, quando il mercato editoriale è truccato da conflitti d'interesse e monopoli.
Infatti, prima di approvare un provvedimento che, di fatto, proroga i contributi destinati all'editoria, bisognerebbe risolvere e rimuovere i monopoli e i conflitti d'interesse. Oggi, infatti, uno che detiene una società di media radiotelevisivi, può essere, allo stesso tempo, anche detentore di una società per l'editoria e per la stampa. Ciò significa controllare gran parte dell'unica risorsa alternativa al sistema pubblico, che è il sistema della pubblicità, quello del libero mercato. Come far sopravvivere questo sistema se il controllo delle risorse private, cioè della pubblicità, è in mano a pochissimi: questo doveva essere, e deve essere, il primo obiettivo di una riforma vera per liberare l'editoria dalla dipendenza dalle risorse pubbliche e rendere il nostro Paese più libero e democratico. Pag. 13
L'articolo 21 della Costituzione non dice che i giornali di partito debbano essere finanziati dallo Stato, ma che lo Stato si impegna a garantire la libertà d'informazione ed anche a rendere noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. In questo decreto-legge, pertanto, non c'è nulla di innovativo. Certo, direte che ora i criteri saranno più selettivi, che ci sarà più trasparenza, che darete contributi sulla base delle copie vendute e non di quelle stampate, ma domando a voi, che siete un Governo tecnico e d'ispirazione ideologica liberale: perché un privato che vuole fare impresa editoriale o un partito che vuole diffondere un giornale, devono ricevere fondi pubblici? Perché un partito deve ricevere rimborsi elettorali e anche finanziamenti pubblici per l'editoria?
Dovete rispondere prima di tutto a queste domande, e poi possiamo affrontare il tema della libertà d'informazione e del sistema editoriale nel nostro Paese. Non possiamo parlare di libero mercato e, poi, assistere a radio che continuano a ricevere decine di milioni di euro di finanziamenti pubblici, così come non si può, un giorno, gridare «Roma ladrona» e l'altro giorno, però, attingere a finanziamenti pubblici di Roma. Cari colleghi, vi invito, quindi, alla coerenza delle idee. Il Paese vive un momento drammatico, la gente è disperata, c'è povertà e noi ci permettiamo ancora di dare contributi a pioggia.
Vorrei mettermi non nei panni nostri, che parliamo qui, in un consesso di pochi, ma in quelli di chi sta fuori, e legge le cifre come: Europa: 3 milioni e 527 mila euro nel 2010, elargiti nel 2011, oppure, per non far colpa a nessuno, Liberazione: 3 milioni e 340 mila euro; Terra: 2 milioni e 484 mila euro; la Padania: 3 milioni e 496 mila euro; Rinascita: quasi un milione di euro; Secolo d'Italia: 2 milioni e 900 mila euro; Avanti! (quello del ricordato Lavitola): 2 milioni e 530 mila euro; Avvenire: 5 milioni e 871 mila euro; Conquiste del lavoro, che fa capo al sindacato CISL: 3 milioni e 289 mila euro; ItaliaOggi: 5 milioni e 286 mila euro; Il Foglio: 3 milioni e 441 mila euro; Il Denaro: 2 milioni e 405 mila euro. Cosa andiamo a dire tutti a quei cittadini a cui oggi stiamo chiedendo grandi sacrifici per sostenere un Paese in gravi difficoltà?
Quindi, il sistema dell'editoria ha, certo, bisogno di una profonda riforma; noi dell'Italia dei Valori contestiamo questo provvedimento perché non risolve la questione morale all'interno di quei finanziamenti pubblici dei Lavitola, dei Lusi, dei soldi pubblici utilizzati per finanziare la politica; noi contestiamo questo decreto-legge nel metodo, oltre che nel merito. Tale provvedimento, infatti, arriva in Aula blindato, e lei lo sa, ci ha rimesso persino la faccia perché quando è venuto in Commissione, ha detto che si lo sarebbe potuto emendare, e poi le hanno detto: ma dove va? Non si può emendare niente, il testo deve finire il suo percorso così come è uscito dal Senato. In Commissione noi dell'Italia dei Valori abbiamo provato ad aprire un confronto sul merito riscontrando fra l'altro, devo dirlo, anche la condivisione di parlamentari non appartenenti al nostro gruppo; ma l'ordine è stato chiaro: nessun emendamento, il testo è blindato e non è possibile nessuna modifica. Insomma, la Camera farà la solita sceneggiata di oggi; quando arriverà il provvedimento in Aula, alzeremo la mano per ratificare, come si ratificano i patti. Ma vi chiedo se questo è accettabile, se tutto questo fa parte della dignità di questo Parlamento, se potete venire in Aula a dirci: prendere o lasciare, senza alcuna possibilità di un confronto se non finto, e senza alcuna possibilità di integrare o modificare il testo.
Volevate ridurre gli sprechi, in realtà li mantenete perché non toccate la vera fonte degli sprechi, che è rappresentata dal finanziamento occulto ai partiti attraverso i loro giornali, e durante l'iter al Senato il testo è stato persino peggiorato; qualche volta persino in disaccordo col Governo. Faccio riferimento ad alcune questioni che abbiamo affrontato anche all'interno della Commissione: la riduzione della soglia al 25 per cento e al 30 per cento delle quote distribuite, significa, non restringere la selezione, ma ampliare i Pag. 14soggetti che possono accedere ai contributi pubblici. Tra i criteri individuati non vengono tutelati, per esempio, i contratti collettivi nazionali di categoria e neppure sono garantiti i profili professionali dei giornalisti; si è consentito alle fondazioni bancarie di poter finanziare, oltre alle cooperative sociali, anche le cooperative editoriali che si occupano di informazione; non sono stati specificati i costi ammissibili per le emittenti radiofoniche di partito. Insomma, i soldi continuano ad andare in unica direzione, che non è quella dei cittadini, è quella dei partiti; attraverso questo strumento si continuano a finanziare i partiti. Sono stati approvati in modo trasversale emendamenti diretti a finanziare emittenti radiofoniche oppure a consentire l'accesso al finanziamento attraverso il riconoscimento di «testata nazionale» a un giornale se viene pubblicato almeno in tre regioni, con una distribuzione del 5 per cento. Sono soglie ridicole, perché, di fatto, anche un giornaletto parrocchiale potrebbe attingere al finanziamento pubblico per l'editoria. Il criterio della correlazione tra contributi e vendite effettive delle testate ed i livelli occupazionali del personale, finisce per diventare una buona intenzione ma è uno specchietto per le allodole, perché si perderà nella difficoltà di affidare quelle risorse ad una platea vasta. Noi dell'Italia dei Valori denunciamo che con questo provvedimento le risorse pubbliche continueranno ad essere mal gestite e spunteranno all'orizzonte nuovi Lavitola.
Restano infine aperte, a nostro giudizio, due questioni che questo testo non ha risolto: la prima riguarda l'articolo 4 su cui Italia dei Valori presenterà un emendamento, e cioè il problema della tracciabilità delle copie vendute, lasciata ai 33 mila punti vendita. Noi vi diciamo che, in questa maniera, voi mettete costi aggiuntivi perché, di fatto, dovrete pagare e sostenere il pagamento dello strumento della tracciabilità, che certamente non potete accollare ai punti vendita, quando invece si può far ricorso ai duecento distributori a costo zero, e lì individuare la tracciabilità.
Mi riferisco, inoltre, al problema sollevato già dal collega Giulietti, che riguarda l'editoria digitale e in modo particolare gli articoli 5-bis e 5-ter, che prevedono l'ampliamento dell'area del sistema integrato delle comunicazioni, inserendoci dentro anche la rete e Internet.
Ciò significa che state di fatto mettendo, da un lato, delle griglie alla rete, ma la rete è un mare libero, che non può essere inglobato, né potete identificarlo con l'editoria, perché nella rete viaggiano informazioni già prodotte da altri soggetti editoriali. Il secondo aspetto è che non riuscirete ad individuare i soggetti dominanti del mercato; infatti, l'individuazione della soglia del 20 per cento serviva a mettere un freno alle posizioni dominanti e a garantire un pluralismo. Invece, in questa maniera, inserendo anche i motori di ricerca ed i social network, non riuscirete più ad individuare le posizioni dominanti di mercato. Abbiamo provato, come avete visto - lo abbiamo fatto già in Commissione, come il sottosegretario ricorderà -, a confrontarci con voi nel merito delle questioni, ma abbiamo di fronte un decreto-legge immodificabile e blindato. Il passaggio in Parlamento è una farsa, perché il Governo inibisce la discussione, l'approfondimento e il confronto su ogni tema, esattamente come è accaduto in Commissione, dove l'Italia dei Valori ha presentato i suoi 37 emendamenti, che sono stati tutti respinti dal Governo, perché quest'ultimo ci ha detto: prendere o lasciare.
Vogliamo sapere, quindi, se il Governo intende rispettare il ruolo di quest'Aula o se, invece, vuole continuare ad emulare, come nel passato, il precedente Governo, che veniva qui, inibiva la discussione, poneva la questione di fiducia e si andava avanti. Non venite a dirci che questo decreto-legge anticipa la calendarizzazione della legge delega sull'editoria, perché anche quella rappresenta una truffa, una delega in bianco a voi del Governo senza sapere prima cosa volete fare della riforma dell'editoria. Vi è un'unica delega possibile che noi dell'Italia dei Valori vi possiamo dare: che cancelliate subito i Pag. 15finanziamenti pubblici ai giornali e alle radio di partito. Questo sarebbe un segnale di credibilità, un segnale nei confronti dei cittadini a cui oggi stiamo chiedendo sacrifici, altrimenti questo luogo, mi dispiace dirlo, è un cimitero di chiacchiere, che sarà travolto, però, dalla rabbia popolare, signor sottosegretario.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Enzo Carra. Ne ha facoltà.

ENZO CARRA. Signor Presidente, cercherò di far volare meno pallottole di quante ne abbia fatte volare nel suo intervento l'onorevole Zazzera. Siamo in materia di riordino dei contributi e penso davvero che questo sia un decreto-legge di cui abbiamo bisogno e che ci dispiace dover approvare così velocemente e anche in una situazione di inferiorità, rispetto al Senato, che invece ha potuto, in qualche modo, lavorare - se bene o male lo vedremo - su questo decreto-legge. Come ha detto anche l'onorevole Mazzuca in qualità di relatore - che ringrazio -, dobbiamo razionalizzare l'uso delle risorse; egli dice: mediante meccanismi che correlino il contributo per le imprese editoriali e gli effettivi livelli di vendita. Insomma, mi chiedo davvero - e in questo concordo in qualche modo con l'onorevole Zazzera -: ciò sarebbe avvenuto se non vi fosse stato un recente scandalo che ne ha coperti probabilmente altri? Vi sarebbe stata questa velocità, questa necessità e questa urgenza, se fossero partiti, all'indirizzo di un editore «fantasioso», 23 milioni di euro tra il 1997 ed il 2009 per un giornale che non si vedeva? Si sarebbe potuto - e si è fatto, per fortuna - bloccare l'ultima tranche di 2 milioni e mezzo di euro soltanto due anni fa? Ciò è stato fatto ad opera della Guardia di finanza lo scorso aprile, e quindi siamo ancora in presenza di corpi di reato che vagano tra Palazzo Chigi e qualche giornale fantasma. Su questo è chiaro che l'attenzione e lo scrupolo devono essere massimi.
Senza questo triste episodio sarebbe avvenuta comunque questa buona iniziativa? Io me lo auguro perché, in verità, ricordo che c'era già stato qualcosa del genere soltanto un paio d'anni fa. Mi riferisco al decreto del Presidente della Repubblica ai tempi del predecessore del sottosegretario Peluffo, che è qui e che ha messo del suo, è di sua iniziativa questo provvedimento. Ecco, con il sottosegretario Bonaiuti già c'era stata un'iniziativa, si era già parlato allora di criteri più rigorosi di selezione. C'erano più soldi, anche se erano meno soldi che nel passato.
Però - questa è la prima domanda che mi faccio -, insomma, siamo capaci, anche come Parlamento, a prendere delle iniziative o dobbiamo sempre farlo dopo che è intervenuta la magistratura, la Guardia di finanza o qualche forza dell'ordine? Saremo una volta tanto capaci, autonomi e liberi di fare qualcosa di notevole o di buono anche senza l'urgenza dei processi e degli arresti?
Qui siamo in una distribuzione diversa, la distribuzione delle risorse, una distribuzione che si dice «a torta». Soprattutto il rapporto tra venduto e distribuito è diverso che, naturalmente, di quello tra distribuito e tirato che c'era in passato, quel rapporto tra distribuito e tirato che consentiva le truffe, le truffe all'americana, alla napoletana, all'italiana. Tuttavia anche in tal caso sarà comunque complesso perché, lasciamo stare i pacchi invenduti e gettati in qualche discarica per giustificare dei rimborsi, però bisognerà guardare meglio al rapporto tra editore e distributore, pensando anche che il controllo è spesso relativo a giornali che fanno capo a piccoli editori.
Quando poi nel decreto-legge si parla di elenchi di revisori riconosciuti dalla Consob, pensando anche alla piccola editoria che non è soltanto quella truffaldina, di cui qualcuno e di cui io stesso ho parlato e a cui ho accennato, insomma bisognerà anche su questo punto applicarsi meglio per avere dei buoni controlli, ma che non siano impossibili per chi poi edita i giornali. Anche le voci di spesa che si ritengono meritevoli sono comprensivi di carta, distribuzione, stampa, personale, abbonamenti alle agenzie di stampa. Pag. 16
Manca la voce dei collaboratori. Io mi chiedo: ma i giornali chi li scrive? Qualcuno li scrive di solito. Nessuno dei collaboratori? Li abbiamo, li avete esclusi ed io so perché, penso di sapere perché, perché dietro ai collaboratori c'erano altre voci infingarde e truffaldine. Ho capito, ma insomma pensiamoci, perché è curioso un giornale che vive senza collaboratori e senza poter dare nulla ad un collaboratore.
Certo, si vuol finire con i finanziamenti a pioggia di fogli finti o di copertura di interessi opachi, per non dire peggio. E a questo guardiamo con favore, perché è per questo anche che guardiamo con favore al provvedimento e guardiamo con favore anche al lavoro del sottosegretario Peluffo. Tuttavia le numerose zone ancora poco chiare di questo decreto-legge andranno chiarite. Il numero degli addetti, i cinque giornalisti per i quotidiani o i tre per i periodici, è un minimo con cui si parte, ma un minimo anche con cui si deve arrivare, cioè non si deve abbandonare l'eventuale zavorra durante il viaggio una volta staccato il biglietto. Ci siamo capiti, credo.
Questo vuole, pretende e presume dei controlli sugli editori. Poi vi è la ristrutturazione della distribuzione. Questo, secondo il mio modesto parere, presume anche una regia del suo Dipartimento, sottosegretario Peluffo, perché deve riconoscere diritti, garanzie, presenza a chi lavora in quel settore oltre alla FIEG.
Bisognerà, in altre parole, ristrutturare - speriamo nella maniera più moderna possibile - un settore che certamente ha dei ritardi come tutto il «sistema Italia» e che va modernizzato anche sentendo chi ha esperienza e presenza nel campo. Questo lo può fare soltanto il Dipartimento.
I quesiti posti dall'introduzione sempre più massiccia dei giornali on line sono risolti a metà (per come vedo io questo provvedimento). Infatti, mi pare utile il riconoscimento ai fini del contributo della continuità con il precedenti cartaceo, cioè dare continuità ad edizioni che erano cartacee e che poi diventano on line, migliorando oltretutto nell'on line che naturalmente va premiato e che oltretutto va considerato anche come infinitamente meno costoso del cartaceo. Tuttavia, in una nuova tecnologia, che è il futuro della stampa, non ci si può affidare sempre a provvedimenti che verranno e che vedremo o a commissioni di studio.
Bisogna porre anche a questo proposito, man mano, con tutta la modestia che impongono la situazione generale e una materia come questa, porre dei punti fermi che poi verranno - ovviamente, come sempre e come tutto capita in questa situazione, nel nostro mondo e nella nostra era - superati molto presto. Ma non dobbiamo farci frenare dalla tecnologia e, quindi, irretirci e pensare che tutto quanto si risolverà in un futuro più chiaro, migliore e nel quale sarà tutto più sicuro. Probabilmente non ci sarà mai più la sicurezza che abbiamo avuto da Gutenberg in poi. Gutenberg non c'è più, è fin troppo banale dirlo.
Infine, più di tutto vorrei parlare della copertura finanziaria. Non vorremmo che il rubinetto al quale pure si ispira la rubinettatura di questo decreto-legge si riveli poi secco. Questo non lo vorremmo proprio. Si parte al momento con una ipotesi inferiore rispetto anche a quella della «Bonaiuti». Comunque dovremmo vedercela con la legge di stabilità, però in questo dobbiamo essere sicuri di trovare da parte del Governo non una controparte, ma una forma, se potessi dirlo, anche di collaborazione sincera e attenta alla materia stessa alla quale guardiamo e di cui parliamo.
Poi c'è un problema accessorio ed è quello di cui ha parlato poco fa anche l'onorevole Giulietti: l'equo compenso. In un decreto-legge come questo sarebbe stato necessario e indispensabile che ci fosse un riferimento a chi poi scrive sui giornali. Non parlo più dei collaboratori, ma del precariato giornalistico, di quello che viene sottopagato e sfruttato da molti editori. Per questo c'è stata una proposta di legge che è stata approvata qui alla Camera in sede legislativa in Commissione cultura. Questa proposta di legge sull'equo compenso, così come quella sull'ordine dei Pag. 17giornalisti, si è poi arenata in Senato. Giacciono lì al Senato, ma non vorrei che, al posto dell'equo compenso per i giornalisti, ci venisse offerto un bavaglio per i giornalisti, perché così potrebbe finire. Ciò mi spaventa molto.
Signor Presidente, concludo. In questi casi un decreto-legge si sarebbe potuto far meglio, ma sappiamo che il meglio è nemico del bene. Ci dobbiamo accontentare, i tempi sono certamente quelli che sono. Potremmo aggiungere che, se questo provvedimento servirà a tenere in vita quello che resta in questo settore in crisi profonda, anche questa eccezionale eugenetica applicata all'editoria mi trova eccezionalmente d'accordo. Però vorrei che questa fosse veramente eccezione.
Quindi, aspetteremo - ed aspetterò - il Governo con riguardo al disegno di delega al Governo perché quella può essere la vita restituita in condizioni di normalità, alla quale credo che la stampa abbia diritto. Credo sia il tempo di provvedere seriamente ed adeguatamente (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, ringrazio il relatore, l'onorevole Mazzuca, per il lavoro preparatorio che ha svolto: in VII Commissione, anche con il sottosegretario Peluffo, abbiamo cercato - nonostante i tempi che c'erano stati dati e quindi l'impossibilità di affrontare la discussione come meritava - di fare tutti del nostro meglio per cominciare comunque ad avere un dialogo con il Governo e spero, giacché - come riferiva prima l'onorevole Zazzera - tutti gli emendamenti che abbiamo proposto, anche come gruppo della Lega Nord sono stati bocciati, o in relazione a questi ci è stato formulato un invito al ritiro -, ci sia la possibilità - e sto parlando tra persone d'onore - che queste problematiche che avevamo sollevato vengano riprese nell'esame del disegno di legge delega di riforma dell'editoria. Quindi, faccio appello a lei - sottosegretario Peluffo - perché si possa fare un lavoro serio, tutti insieme.
Certamente - è già stato detto dai colleghi - siamo in un momento di grande crisi e abbiamo un vincolo, citato all'articolo 29 del decreto «salva Italia», che prevede di contribuire al pareggio di bilancio entro la fine del 2013 anche attraverso la fine della contribuzione diretta all'editoria e soprattutto ai giornali di partito, ai quotidiani cooperativi e ad altre edizioni senza scopo di lucro. È evidente che questo provvedimento è certamente stato definito superficiale e frettoloso: ci rendiamo conto che sia un provvedimento ponte e transitorio, che debba delineare questa fase transitoria ed è solo per questo motivo che penso sia accettata dalla maggior parte dell'Aula una tempistica di discussione e votazione così ristretta.
Certamente, occorreva incanalare in maniera più equa un fiume di denaro pubblico che, negli anni scorsi, è stato distribuito a pioggia senza che vi fossero le opportune verifiche.
Quindi, penso che sia da considerare assolutamente un progresso il fatto di passare, con riguardo ai contributi, dalla determinazione in base alle copie distribuite dei quotidiani e dei periodici a quelle effettivamente vendute, sia direttamente nelle edicole, sia attraverso gli abbonamenti, come è uso. Le ricordo però - e questo è un mio grandissimo timore, sottosegretario - che questo periodo di crisi ha influenzato pesantemente questo settore, per cui ci troviamo davanti, nonostante quanto disposto in questo decreto-legge, ad edicole che chiudono e ad edicole che fanno veramente fatica in un mercato nel quale c'è comunque una grossissima parte irregolare.
È giusto da parte del Governo pensare ad una regolamentazione per la quale si erogano i contributi rispetto a certi costi. I costi sono quelli del personale assunto, dei giornalisti poligrafici, sono gli abbonamenti alle agenzie di stampa, il costo diretto del materiale e quindi della carta e gli affitti per il luogo di produzione.
C'è da chiedersi per esempio - è partito anche da alcuni colleghi - l'accesso Pag. 18dei giovani al mondo dell'editoria, che spazio troveranno questi giovani se le collaborazioni non sono comprese? Bisognerà valutare, io capisco che dietro a collaborazioni generiche può racchiudersi veramente di tutto e di più, però dobbiamo deciderci come Paese pertanto se vogliamo cominciare a fare le cose serie e quindi chi merita di lavorare e di cominciare deve essere tutelato e incentivato e ci devono essere i giusti controlli, però io in questo decreto-legge vedo per esempio un freno ai giovani che vogliano sperimentare questo lavoro, che è incredibilmente affascinante. Quando si chiede adesso ai ragazzi che professione gli piacerebbe svolgere, tantissimi giovani, ragazzi e ragazze, rispondono che gli piacerebbe fare il giornalista. Quindi, è una professione che attira ancora tantissimo però, pur conoscendo l'ambiente e quanto sia difficile una carriera in tal senso, ma c'è chiedersi che possibilità avranno anche le persone serie, motivate e preparate di entrare, con queste restrizioni? Quindi, essere più selettivi, più rigorosi è assolutamente un principio condivisibile, però lasciare la possibilità di incentivare l'avvio di nuovi professionisti, questa è una cosa alla quale noi teniamo molto.
Non solo, nel decreto-legge vengono considerati questi due anni per dare la possibilità alle aziende di ristrutturarsi, noi ne abbiamo già discusso in Commissione, ma lo ripropongo ora in Aula: secondo noi due anni sono comunque pochi, perché temo che vedremo diverse aziende che non ce la faranno, quindi ancora una volta ci saranno altri lavoratori e altri imprenditori che non ce la faranno e saranno persone che dovranno trovarsi un altro lavoro, perché nonostante gli aiuti che sono contemplati - come l'accesso al credito, il credito di imposta - ce la fanno ad arrivarci le aziende, per esempio alla modernizzazione? Ce la fanno le edicole a informatizzarsi e diventare delle aziende moderne? Forse non ce la faranno perché moriranno prima; proprio qualche ora fa ho telefonato a dei conoscenti, degli operatori, e appunto questo distributore locale mi diceva che l'edicola del Paese accanto a dove vivo questa mattina ha chiuso, quindi un altro punto vendita che non ce l'ha fatta. Non ce l'ha fatta anche perché c'è un ulteriore problema, quello del moltiplicarsi delle edizioni, però un conto è il pluralismo e un conto è il fatto che travestiti, ci siano tutta una serie di allegati che hanno fatto diventare le nostre edicole dei negozi di giocattoli. Quindi, c'è la difficoltà anche per gli edicolanti di creare degli spazi atti a tenere tutte le testate, che siano appunto quelle più contenute di dimensioni, ma io ricordo di aver visto un dinosauro di 70 centimetri che diventa abbastanza difficile da infilare e sistemare.
Quindi penso che ci sia - è un invito che le faccio, signor sottosegretario - anche da razionalizzare valutando le esigenze di tutti i tre soggetti, quindi delle case editrici, delle grandi case editrici che si trovano a dover lavorare con numeri molto alti in questo periodo di crisi e di raccolta pubblicitaria che sta scemando progressivamente; dei piccoli editori, che stanno facendo i salti mortali per rimanere ancora in vita; poi ci sono anche quelle di tutti i distributori: i distributori locali sono diventati 126 in Italia rispetto ai 400 degli anni Ottanta.
Quindi, i distributori, a mio modesto modo di vedere, hanno un senso, perché è maggiormente garantita la regolarità dei passaggi. È un passaggio fondamentale perché tutto sia innanzitutto controllabile ed avvenga nel migliore dei modi. Bisognerà trovare un punto di equilibrio per aiutare questi soggetti: gli editori, soprattutto i piccoli, e i distributori, ma anche gli edicolanti, che si trovano ad essere l'ultimo anello della catena, i quali - ad eccezione di questi 10 milioni, se ci saranno i risparmi per l'ammodernamento e l'informatizzazione - vivono sulla propria pelle il fatto che le vendite siano calate, che ci sia da adeguare non solo l'informatizzazione, ma addirittura i locali.
Quindi, spero che il Governo, in particolare lei sottosegretario, riesca a trovare questo equilibrio, perché possa reggersi un settore che comunque, a mio modo di vedere, garantisce la democrazia. Infatti, Pag. 19vedo come assolutamente positivo il fatto che ci sia un pluralismo, perché più si conosce, più si ha possibilità di scegliere, più ci si sente delle persone «libere» ed «evolute». Quindi, sono assolutamente a favore affinché ci sia il maggior numero di voci possibili. Certamente, nei prossimi anni si vedrà un cambiamento. Il mondo sta cambiando e quindi è giusto anche da parte del Governo aver sostenuto questo cambiamento delle testate rispetto all'on line, perché questo sarà il futuro. Certamente le nuove generazioni ci vivono, ma ormai è un fatto diffuso, per l'immediatezza del reperimento dell'informazione, quindi è giusto dare un incentivo con una contribuzione che sia di maggior sostegno. Penso che nei tempi di passaggio avrà anche senso che alcune testate possano avere le due forme, sia quella cartacea sia quella on line. Sarà proprio l'educazione degli utenti a passare da un livello all'altro.
In questo senso, abbiamo apprezzato anche l'aiuto alla parte on line, così come abbiamo apprezzato il discorso sulla tracciabilità delle voci di costo, quindi il fatto che anche i bilanci debbano essere certificati e i costi, la cui somma verrà sostenuta al 50 per cento dai contributi, siano tracciabili e comunque certificati nel bilancio. Anche questi sono una restrizione e un rigore che penso potranno avere i loro effetti. Lo spero, perché in Italia siamo maestri - anzi sono maestri, perché non è una pratica che seguo - a sviare immediatamente la norma ed a trovare subito un'altra strada, cosa che costringe il legislatore ad appesantire le norme, perché bisogna sempre prevenire il fatto che chi vuole eludere la legge trova sempre un modo per farlo. Quindi, anche questa è una cosa assolutamente positiva. Rimane un discorso che a me piacerebbe fare anche su come bisognerebbe diffondere nelle scuole - con la pratica on line penso che sia ancora più facile da fare - anche la lettura dei quotidiani. È abbastanza desolante, infatti, vedere le rese dei giornali nei distributori e nelle discariche. Questo non solo è uno spreco, ma è comunque l'indice che nel nostro Paese si legga ancora molto poco la stampa quotidiana e periodica.
In questo senso - lo possiamo dire noi che siamo nella Commissione cultura - non per volere sempre delegare alla scuola, che deve fare di tutto, deve educare, insegnare a fare sport, a fare questo e quest'altro, però penso che la diffusione della lettura del quotidiano, che già in alcune scuole si fa, sia un momento di educazione civica importante, perché, come ho già detto prima, è l'occasione, innanzitutto, per vedere quante letture possono essere date a uno stesso fatto e per creare opinioni, e quindi davvero la lettura dei quotidiani è, secondo me, un modo per far maturare ed è un momento di crescita e di formazione dell'individuo.
Spero, quindi, che, anche in questo senso, nel futuro disegno di legge delega vi possa essere un pensiero anche per lo sviluppo di questo aspetto. Rimane la condivisione, per quanto riguarda questo provvedimento, di alcuni aspetti e ne abbiamo capito la necessità e l'urgenza. Non ci è piaciuto, evidentemente, un aspetto che è mortificante, ancora una volta, per questo Parlamento. Mi chiedo: riusciremo mai a fare qualcosa che non sia la conversione di un decreto-legge? Infatti, ultimamente avevamo detto, la settimana scorsa, che c'erano stati sette decreti-legge in sette giorni, ma mi sembra che anche questa settimana ne avremo altrettanti: non sarà per il provvedimento in esame, ma il ritmo è questo. Quindi, non ci piace il modo. Nonostante gli sforzi, purtroppo, i lavori in Commissione, anche se abbiamo cercato tutti di fare la nostra parte, sono stati comunque limitati da un tempo «tiranno». Ancora una volta, mi auguro che, perlomeno, l'impegno sulle cose delle quali abbiamo discusso e per le quali lei, signor sottosegretario, si è detto disponibile all'accettazione, a seguito dell'intenzione di ritirare un emendamento e trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno, sia poi mantenuto, evidentemente, e sia davvero la base per una discussione seria in futuro.
Sarà un disegno di legge delega, però, in qualche modo, visto che si mette mano Pag. 20ad un settore molto importante della nostra cultura e del nostro Paese in generale, spero che vi sarà la possibilità davvero di discuterne in modo ampio, senza avere questi tempi che avviliscono, mortificano e, tutto sommato, risultano anche molto poco democratici. Infatti, la gente, i nostri cittadini dicono: allora siete solo lì a fare gli ufficiali che alzano o meno la mano o schiacciano un bottone. Noi vorremmo fare molto di più! Approfondiamo i provvedimenti per collaborare, per dare idee, per migliorarli, però questo Governo non ce ne dà l'occasione.
Poi, è fuori luogo ed è pazzesco - mi permetta di dirlo - il rifiuto persino delle critiche, per cui si sentono le bacchettate sulle dita se qualcuno si permette di dire che qualcosa non va o di criticare Governo. Questo fa parte di una china antidemocratica che mi fa molto spavento, che mi fa veramente molto spavento, che rifiuto e stigmatizzo ogni volta e che spero che lei, per la sua materia, vorrà allontanare il più possibile, permettendo un dibattito - cosa che non avviene questa volta, evidentemente - serio e costruttivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Adinolfi. Ne ha facoltà.

MARIO ADINOLFI. Signor Presidente, questo non è il provvedimento dei sogni, però bisogna, evidentemente, ragionare sulla fattibilità delle cose. Sono abituato a leggere, mentre parliamo, Twitter, Facebook, i social network: commentano in tempo reale le cose che diciamo. Vi è grande preoccupazione sull'equo compenso. Allora faccio da portavoce, perché leggo Luca Colantoni, che dice: contratti inesistenti, editori senza scrupoli, articoli sottopagati, colleghi a cinquant'anni ancora a partita IVA.
Valeria Calicchio: «Battetevi sull'equo compenso. Potrebbe essere l'unico strumento in mano ai precari per avere un po' di dignità». Ma sento che in quest'Aula, mentre farò un intervento a sostegno di questo provvedimento - che voterò con convinzione, come con convinzione nella mia Commissione ho fatto da relatore per il parere positivo -, è necessario sottolineare lo stato di sofferenza, in particolare di una generazione, di più generazioni ormai, di giornalisti che vengono chiamati giovani, ma non lo sono. Insomma, sono di fatto appartenenti a quella metà del Paese nata dopo il 1970, quei 29 milioni di italiani nati dopo il 1970 che, in particolare nel mondo dell'editoria, vivono in una condizione di sostanziale schiavitù.
Questa voleva essere una premessa per andare poi a ragionare invece positivamente, perché inevitabilmente questo provvedimento, signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, è un provvedimento che migliora la condizione precedente e quindi, da riformista, non posso che sottolinearlo positivamente. Sicuramente veniamo da una condizione che altri colleghi hanno sottolineato meglio di me, hanno attraversato anche più stagioni rispetto a me, quindi conoscono la condizione di un finanziamento molto particolare - diciamo così, questa espressione la mutuo dallo spagnolo muy particular - del sistema editoriale italiano. Possiamo ora dire che abbiamo voltato pagina. Possiamo ora dire che abbiamo voltato pagina anche perché abbiamo cominciato, timidamente magari, ma in maniera molto importante, a pensare in digitale. Questo è un elemento di grande innovazione ed è l'elemento che voglio sottolineare in questo mio intervento.
Sicuramente l'avvio di un parziale, inevitabilmente, investimento sull'editoria on line è da salutare con particolare importanza perché io lo vedo come un provvedimento, come un elemento simbolico, cioè finalmente usciamo dal ragionamento totalmente in analogico che abbiamo sempre avuto rispetto al mondo dell'editoria e cominciamo a ragionare, timidamente, rispetto al mondo digitale, che è tutt'altro ed è, probabilmente, quello che attraversa, badate bene, la formazione dell'opinione di quei 29 milioni di italiani che citavo prima, che guardano con molta diffidenza i telegiornali, leggono con molta disattenzione Pag. 21- è un eufemismo - i giornali, ma sanno molto sulla rete. Finalmente vi è un segnale di attenzione, anche in termini di investimento, sul mondo del web.
Sarei molto tranchant se dovessi dire come immagino io l'editoria fra cinque anni, non tra cinquanta, ma fra cinque anni. È un'editoria molto distante da quella a cui siamo abituati a fare riferimento, in particolare in quest'Aula. Gli editori del The New York Times immaginano di non avere più il cartaceo in edicola, per capirci insomma. È possibile che questo accada, non è impensabile, anche perché questo viene incontro ad esigenze di investimento economico, e voglio dire anche di contrazione dei costi, ma di qualitativo investimento più significativo appunto sul mondo dell'on line che può garantire una ricchezza di contenuto maggiore, con un investimento, almeno all'inizio, minore che è una cosa che dobbiamo evidentemente salutare come un'altra grande novità positiva del tempo che ci è dato da vivere.
Il tema che mi è particolarmente a cuore è poi l'introduzione, attraverso il lavoro parlamentare - perché poi dobbiamo dirlo, anche qui non mi piace essere sempre e solo negativo -, in particolare dell'articolo 3-bis che per me è di particolare importanza, perché l'articolo 3-bis prevede le semplificazioni per i periodici web di piccole dimensioni. Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica, ovvero on line, non hanno una serie di vincoli che all'inizio del provvedimento pareva dovessero avere. Erano vincoli che sarebbero stati sostanzialmente liberticidi. Allora, voglio dare atto in quest'Aula alla mobilitazione di tanti blogger, di tanti cittadini via Twitter, via Facebook, via social network. quella mobilitazione che spesso viene considerata virtuale, il che è un po' irritante perché non considera quanta carne e quanto sangue passi in quella rete. Non sono ectoplasmi, non sono non-persone.
Non esiste solo la persona che va in piazza, sull'autobus o al bar. O meglio, la persona che va in piazza, sull'autobus o al bar, magari ha anche un profilo Twitter, crea un profilo Facebook o un account Twitter e fa piovere attraverso questi strumenti una propria forma di mobilitazione che in questo caso si è dimostrata particolarmente efficace.
Dunque in quest'Aula voglio dare atto ai tantissimi che si sono mobilitati che questo articolo 3-bis - glielo voglio dire - è anche loro: è anche la costruzione della forza che nasce dall'interazione tra il mondo della rete politicamente intelligente e politicamente volto ad ottenere dei risultati e quest'Aula. Voglio sottolinearlo questo elemento, perché credo abbia anche in tal caso un valore simbolico, al di là dell'elemento in sé, perché ovviamente sarebbe stato folle pretendere per un blog l'iscrizione al ROC. Era infatti una cosa fuori di testa.
Evidentemente questa è una vittoria della rete, perché ciò andava spiegato da chi la rete la vive. Purtroppo c'è questo limite, che io qualche volta definisco anche anagrafico, da parte di chi la rete la vive meno. Questi risultati sono stati ottenuti da tale mobilitazione, ma anche grazie all'ascolto nelle aule parlamentari e del Governo. Questo elemento credo vada significativamente sottolineato.
Nel complesso è un provvedimento - lo ripeto - che migliora le condizioni preesistenti. Tutti i provvedimenti che migliorano le condizioni preesistenti e che disboscano una condizione, dove veramente aveva fatto strada la truffa vera e propria, non possono che essere salutati con convinto voto favorevole e con significativo appoggio da chi siede nei banchi del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, nell'esprimere il nostro giudizio su questo provvedimento non possiamo non prendere atto di alcuni aspetti che riguardano la positività del provvedimento stesso.
È chiaro che il provvedimento ha uno scopo principale, che è quello di rideterminare Pag. 22i requisiti di accesso e i criteri di calcolo dei contributi con una connessa limitazione dei costi ammissibili. Questo significa che il Governo che ha proposto il decreto-legge in esame ha come obiettivo quello di ridurre gli sprechi ed evidentemente di valorizzare coloro i quali non fanno sprechi, ma possono invece essere utili alla pluralità delle opinioni ed alla diffusione della cultura attraverso l'editoria.
È chiaro che poi l'altro obiettivo è quello di tenere presente ciò che avviene nel mondo. Soprattutto ciò che avviene nel mondo giovanile, italiano e internazionale, non poteva non essere urgentemente trattato, anche prima della legge delega che dovrà sicuramente approfondire questi aspetti e migliorare i tentativi di innovazione contenuti in questo provvedimento urgente, cioè il sostegno ad una editoria che si va sempre più diffondendo e che è l'editoria digitale, collegata anche strettamente ad una modernizzazione dell'editoria tradizionale, la quale non può reggere il confronto a lungo andare. Tant'è vero che nei giornali principali al mondo si comincia a parlare di sostituzione totale del cartaceo da parte dell'editoria digitale. Quindi già l'introduzione urgente di questo aspetto è un fatto estremamente positivo, che ci deve vedere favorevoli.
Naturalmente è anche previsto nel disegno di legge di conversione del decreto-legge, e soprattutto nelle modifiche che sono stata apportate dal Parlamento, qualcosa di più di quello che il Governo inizialmente aveva proposto. Io credo che questo sia un bene.
È infatti difficile trattare nel modo tradizionale i nuovi strumenti che sono venuti fuori dall'esperienza di questi ultimi anni e cioè non solo l'articolo 3-bis che è stato citato che chiaramente va incontro alla esigenza di questa editoria digitale ed anche al mondo giovanile che si vuole introdurre in questo ambiente. Direi che questo significa che il Parlamento e il Governo italiano hanno compreso fino in fondo che queste innovazioni possono ampliare lo spettro della discussione, possono migliorare la cultura delle giovani generazioni e possono influenzare più positivamente l'opinione pubblica sui fatti reali che avvengono nel nostro Paese e nel mondo.
È chiaro che alcuni provvedimenti che sono inseriti nel decreto-legge e che riguardano, per esempio, l'incremento delle percentuali minime di vendita necessarie per poter accedere ai contributi, vanno salutate anch'esse positivamente, perché esse significano tagliare alcuni sprechi molto importanti. Dal punto di vista dei contenuti ci sono altre innovazioni: per esempio, le disposizioni contenute sono unificate dalla finalità di riordinare la materia dei contributi diretti erogati dallo Stato a sostegno delle imprese editrici di giornali e periodici.
Per questo motivo sono stati rimodulati i parametri che legittimano la corresponsione dei contributi mediante l'introduzione di meccanismi che fanno corrispondere il contributo per le imprese editoriali ai livelli di vendita conseguiti e ai livelli di occupazione professionali garantiti. Questi sono, a mio avviso, contenuti positivi e naturalmente, conseguentemente è anche previsto l'abbassamento dei tetti massimi dei contributi erogabili, incentivando nel contempo l'occupazione presso le imprese del settore, perché se si fa, se si procede in questo modo, si incentiva l'occupazione.
Nella relazione illustrativa del provvedimento nonché nel preambolo esplicativo contenuto nell'articolo 1, comma 1, che illustra le finalità del provvedimento, la disciplina introdotta è certamente positiva in attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all'editoria. Ciò significa che ci troviamo proprio - lo dice proprio questo comma 1 dell'articolo 1 - in una fase transitoria, dal passato verso il futuro, ed è evidente che dal punto di vista dell'ordinamento vigente c'è un'innovazione importante, che riguarda l'obbligo della relazione di certificazione del bilanci, ampliando in maniera non testuale l'ambito applicativo dell'articolo 6, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 525 del 1997, anche in relazione ad imprese editrici di quotidiani italiani edite e diffusi all'estero. Pag. 23Anche questo è un capitolo importantissimo di questo provvedimento. Naturalmente l'obiettivo complessivo del provvedimento è quello di razionalizzare le risorse, ma sappiamo benissimo che ciò significa anche risparmiare sulle risorse tenendo anche conto di questa era digitale, perché più si afferma e si amplia l'era digitale, più si risparmia sugli investimenti e quindi si stabiliscono nuovi parametri a beneficio di chi presenti una maggiore tiratura a livello nazionale. È da segnalare anche che l'articolo 3 reca misure per favorire il passaggio all'editoria digitale. Sappiamo che c'è una crisi molto grave nel campo editoriale del cartaceo e molto spesso si formano cooperative e si realizza un passaggio dal cartaceo al digitale. Questo provvedimento verifica, fa il monitoraggio di queste cose in fondo, e tende a favorire questo passaggio e a migliorare le condizioni del passaggio stesso e quindi si tratta di un provvedimento benefico.
Certo, avremmo avuto molto piacere se si fosse già fatto adesso - ma speriamo di poterlo ottenere nella discussione successiva, quella che riguarda poi la legge delega - affrontare, con più coraggio, la questione del precariato all'interno di questo settore, una questione molto importante. Pensiamo, per esempio, a quanto vengono pagati gli articoli di giornali e riviste importanti: un terzo di quanto si pagano all'ora le badanti. Mi pare una cosa veramente vergognosa. Con tutto il rispetto per le badanti, credo che per un articolo impegnativo per un giornale importante con una diffusione di milione di copie per quanto riguarda i settimanali, soprattutto quelli femminili, sia veramente assurdo che questo compenso venga pensato per un giornalista che dilettante non lo è più perché magari non è più un giovanissimo e in genere da tanti anni fa il precario, il freelance che lavora per giornali importanti.
Quindi credo che questa parte qui vada guardata con attenzione nel dibattito che poi faremo, nelle decisioni e nelle approvazioni delle norme che si faranno per quanto riguarda la legge delega. Credo comunque che questo sia un primo importante e non timido tentativo di mettere ordine nella nostra editoria. Pertanto la componente politica Misto-Grande Sud-PPA voterà a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo al nostro esame già approvato dal Senato rappresenta un passaggio obbligato anche se transitorio nell'attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all'editoria nel nostro Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18)

FRANCO NARDUCCI. In particolare, la Commissione affari esteri di cui faccio parte si è soffermata ad esaminare l'aspetto concernente i contributi a favore dei periodici italiani pubblicati all'estero contenuti nell'articolo 1-bis e nell'articolo 6. Giova ricordare che l'articolo 1-bis concerne la disciplina inerente la concessione dei contributi ai periodici italiani pubblicati all'estero nonché alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero.
Sulla scia dell'articolo 26 della legge n. 416 del 1981 il presente testo prevede il ripristino di complessivi due milioni di euro annui ai periodici italiani pubblicati all'estero da almeno tre anni e alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero da almeno tre anni, anche tramite abbonamenti a titolo oneroso per le pubblicazioni online, introducendo rispetto al passato uno specifico requisito temporale di pubblicazione effettiva e di distribuzione pari a tre anni. Un passo assolutamente positivo, questo bisogna riconoscerlo, poiché l'importanza del ruolo della stampa italiana all'estero per la difesa e promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo è, come elemento Pag. 24qualificante, capace di costruire processi di riconoscimento identitari nelle nostre comunità all'estero.
La stampa migrante - ha affermato Lorenzo Prencipe - in occasione del V Congresso della FUSIE (Federazione unitaria della stampa italiana all'estero) accompagna da sempre la storia dell'emigrazione in tutti i temi che vi sono collegati, in un processo di evoluzione culturale e di mediazione tra le culture in grado di garantire sia i legami con la madrepatria attraverso la lingua e l'informazione, sia l'inserimento nella cultura di accoglienza. Infatti la stampa è un aiuto ad una integrazione positiva dei connazionali nei Paesi di residenza. Una comunità si ritrova spesso attorno ad un giornale, e lo vediamo con le testate regionali dedicate all'emigrazione pubblicate in Italia ma inviate ai circoli all'estero che avrebbero bisogno di particolari attenzioni atte a sostenere le spese di invio all'estero.
I periodici per gli italiani all'estero sono strumento di identificazione. Essi ricreano, attraverso la parola scritta, il senso della comunità di origine, ottemperando anche a quel diritto alla diversità linguistica in base alla propria appartenenza, come richiamato dalla Dichiarazione di Barcellona. Per la vecchia immigrazione, l'informazione in italiano è l'unico strumento che permette di tenersi informati, giacché la comprensione della lingua del Paese di accoglienza non è tale da permettere una corretta lettura dei giornali o molte persone non sono in grado di trovare notizie provenienti dall'Italia attraverso lo strumento informatico, cosa che è molto diffusa, invece, tra le nuove generazioni. Molti di loro, attraverso questi periodici, mantengono viva la propria cultura di origine e l'uso della propria lingua madre. E non si deve dimenticare che la lingua italiana tende a disperdersi, non soltanto nelle seconde e terze generazioni, ma anche nelle prime. Non sono in pochi coloro che cadono nella trappola di un concetto di integrazione che richiede la cancellazione della cultura di origine, una sorta di tabula rasa su cui costruire una nuova acritica identità. Molti Paesi di accoglienza, infatti, anche in Europa, agiscono proprio così: assimilazione più che integrazione.
Il mantenimento della lingua, non solo favorisce l'aggregazione comunitaria, ma anche un'integrazione reale e interculturale. E se poi pensiamo ai Paesi di accoglienza con una vasta estensione territoriale e alla conseguente notevole dispersione dei connazionali sul territorio, non possiamo non riconoscere che la stampa prodotta in loco e quella che arriva dall'Italia crea vicinanza, crea interessi comuni, discussioni e dibattiti, tanto che si può affermare che la stampa di emigrazione è ormai diventata stampa di comunità. Senza questo mezzo il senso di appartenere ancora a qualcosa che si chiama sistema-Italia sarebbe di gran lunga più affievolito, e credo che in un contesto in cui i processi globali ci chiedono sempre una maggiore capacità di fare rete, non ce lo possiamo sicuramente permettere. Dare spazio alla stampa italiana all'estero, infatti, crea condizioni utili per il Paese sul piano dell'apertura culturale, visto che gli italiani all'estero sono una finestra sul mondo fatta anche di professionisti, di aziende, di artisti e di operatori culturali, una finestra che dovrebbe essere utilizzata dalla comunità nazionale.
Signor Presidente, visto che il tempo a mia disposizione è quasi scaduto vorrei ricordare che ci sono ora nuovi flussi immigratori, quelli che vanno via ora, che certamente attraverso i siti on line e i blog riescono a mantenere un contatto molto vivo con il nostro Paese. Credo, però, che questa apertura sia importante e credo che l'informazione non può tralasciare che è necessaria una riforma dell'editoria italiana all'estero, per cui la cosiddetta legge n. 416, che all'epoca era una buona legge, ha bisogno, per l'evoluzione dei contesti, di essere adeguata ai tempi. Occorrono criteri più rigidi, occorrono vincoli più stringenti, ma di tutto questo magari si parlerà nel prosieguo del dibattito.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce Pag. 25al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5322)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Mazzuca, rinunzia ad intervenire in sede di replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

PAOLO PELUFFO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, volevo intervenire solo per ribadire alcuni concetti che ho espresso in Commissione e voglio che in Aula siano chiari. Voglio ringraziare intanto il lavoro del relatore che è stato veramente prezioso in tempi molto ristretti e confermare la disponibilità che quello che è venuto dalla discussione, prima nella VII Commissione e oggi in Aula, può trovare collocazione operativa in tempi rapidi in alcuni strumenti di legislazione secondaria e sicuramente nel Decreto del Presidente della Repubblica previsto dall'articolo 29 della legge «salva-Italia», dove, per esempio, la questione dell'interpretazione dei cinque dipendenti, come criterio minimo con le problematiche che hanno segnalato gli onorevoli Levi e Enzo Carra, può trovare un'immediata soluzione.
Ovviamente, si tratta di un decreto del Presidente della Repubblica e, quindi, di una procedura che deve essere portata due volte al Consiglio dei ministri e al Consiglio di Stato.
Tra le questioni di grande interesse, che pure sono emerse nel dibattito, e che sempre si possono risolvere con il decreto del Presidente della Repubblica, vi è la questione della distribuzione e della presenza di un professionista, che è emersa da interventi anche critici, all'interno della composizione minima dei giornalisti. Questi elementi possono essere risolti con il decreto del Presidente della Repubblica, mentre le questioni legate alle caratteristiche di ciò che intendiamo per pubblicazione digitale, hanno nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dallo stesso decreto-legge in conversione, un loro luogo naturale di soluzione, insieme ad altre soluzioni che sono state poste. In generale, abbiamo anche altri strumenti, pertanto questa discussione ricchissima, nonostante il breve periodo intercorso, troverà una soluzione, e mi impegno personalmente in tal senso.
Per esempio, l'onorevole Rivolta ci ha posto una questione sulla pubblicità istituzionale che, in certe forme, può trovare un'accoglienza nella direttiva - che sto per emanare - sulle regole di acquisizione della pubblicità istituzionale, che, tuttavia, ha come obiettivo principale, l'interesse pubblico di raggiungere, con certi criteri, i cittadini, con un messaggio di pubblica utilità. Sicuramente, laddove le imprese piccole si mettono insieme e si presentano insieme, possono godere di una massa critica maggiore, e questo, dunque, possiamo farlo con una direttiva. Tuttavia, il luogo naturale per tutte le questioni più profonde è il disegno di legge di delega: esso è già incardinato e, quindi, auspico che venga discusso rapidamente, perché è l'unico strumento in grado di risolvere il problema relativo ad una questione a cui qualcuno ha fatto cenno, e cioè che i contributi diretti all'editoria cesseranno a partire dal 2014.
Quindi, oggi, dobbiamo ripensare quale sia lo strumento per l'editoria. Il decreto-legge aveva degli indubbi limiti: quelli di intervenire su diritti verso imprese, che le imprese maturavano e che, in questo momento, maturavano sulla base di legittime aspettative che non corrispondevano più, in nessun modo, allo stanziamento di bilancio, cioè con la legislazione vigente prima del decreto-legge. Queste imprese, nei loro bilanci, potevano immaginare di avere risorse per almeno 150 milioni di euro, quando in bilancio, per l'anno prossimo, Pag. 26ve ne sono 56. Con questo decreto-legge, quindi, si è iniziato a ridurre questa forbice, facendo politica industriale, e cioè, spingendo le imprese ad adottare comportamenti che, comunque, sono nel loro stesso interesse al fine di continuare a sopravvivere. Il passaggio all'on line è uno di questi, ma si ragioni anche sul fatto di premiare esclusivamente le copie vendute, che è un fatto di moralizzazione: non si finanziano falsi giornali, non si finanziano giornali che non legge nessuno. Questo è un concetto molto semplice. Tuttavia, quelle imprese stampavano copie, di cui non avevano bisogno, proprio per massimizzare l'incasso del contributo pubblico.
Pertanto, con i limiti del decreto-legge, abbiamo cercato di fare ciò, tenendo presente che, dietro questi concetti, vi sono delle persone. In altri termini, noi stiamo parlando di 260 testate su tutto il territorio nazionale: di queste, le testate di giornali politici sono 11, e non raggiungono il 15 per cento del volume complessivo; 137 testate sono di giornali diocesani e parrocchiali, che hanno un radicamento territoriale importante e presidiano il territorio anche con la loro identità; 112 sono cooperative. Quindi, stiamo parlando di 260 testate e di 1.600 giornalisti regolarmente assunti, quindi di un numero non trascurabile di persone che svolgono questo lavoro dedicato alla produzione di conoscenza.
Il decreto-legge, istituendo come secondo grosso criterio il rimborso dei costi su pochissime fattispecie, quindi, facilmente controllabili, dà una prevalenza al lavoro dei giornalisti regolarmente assunti. E questo, a mio avviso, è un passo in avanti, sempre nell'idea che i veri giornali devono essere prodotti da giornalisti che lavoreranno in maniera continua sulla produzione delle idee.
Tuttavia, ringrazio veramente per questo dibattito, e intendo ricordare che tutti questi elementi, questi spunti, che sono nati dal dibattito in VII Commissione (Cultura) e in Aula, non saranno delle voci che si disperdono poiché spero di tornare presto in Commissione, magari nel giro di qualche settimana, a dirvi, concretamente, esattamente, come verranno applicati.
Mi avvio a concludere; per quanto riguarda gli appelli che sono venuti da tanti parlamentari sulla questione dell'equo compenso, ricordo, come già detto in Commissione, che una volta chiusa la conversione in legge del decreto-legge sull'editoria, sarà mio impegno aprire un tavolo, intanto, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il semplice motivo che, essendo stata fatta una riforma del mercato del lavoro, dobbiamo vedere esattamente le implicazioni che questa ha sul disegno di legge che la VII Commissione aveva approvato all'unanimità, con la convinzione mia personale, come responsabile dell'editoria, che essa pone una questione di fondamentale importanza e di evidente giustizia.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012 (A.C. 5263-A ) (ore 18,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5263-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Pag. 27
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Tommaso Foti, ha facoltà di svolgere la relazione.

TOMMASO FOTI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo del decreto-legge n. 74 del 2012 è stato compiutamente esaminato dalla VIII Commissione (Ambiente, lavori pubblici e territorio) della Camera e devo dire al rappresentante del Governo che esso, per come ci è stato consegnato dal Governo, indubbiamente ha avuto, ed ha, il pregio di essere un intervento legislativo immediato rispetto agli eventi sismici del 20 del 29 maggio; però ha il grosso limite che, forse, aderendo da subito, troppo, alla normativa che è stata introdotta, di riforma della Protezione civile, in definitiva, trasforma quelle che erano le vecchie ordinanze di protezione civile, in un testo legislativo. Con tutti i limiti che ciò comporta, perché mentre nelle ordinanze di protezione civile possono esservi contenuti, a volte, anche dei principi tecnici errati o comunque soggetti a successive ed immediate forme di rettifica, quando, invece e per contro, il testo è un testo legislativo, per porre rimedio ad un errore occorre una nuova legge. Allora, signor rappresentante del Governo, ritengo che quanto sto sostenendo trovi poi una conferma nella lettura del decreto-legge stesso; laddove i commi si definiscono punti e si chiamano punti; laddove si parla del presente decreto, e si legge: la presente ordinanza; ciò dimostra chiaramente che vi è stato un retropensiero da parte di chi ha steso il provvedimento, che lo fa apparire più come un'ordinanza anziché un decreto-legge, nonostante che poi operi da decreto-legge.
Ho fatto questa premessa anche per cercare di spiegare le motivazioni per cui ottanta e più sono stati gli emendamenti approvati. Devo dire che sotto questo profilo si è lavorato in Commissione veramente con uno spirito unitario e positivo, ma le audizioni che abbiamo fatto ci hanno confermato che da parte di tutti i soggetti auditi, vi erano forti perplessità su diverse lettere, diversi commi e diversi articoli di questo decreto-legge.
Aggiungo che l'intervento che la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera ha fatto alla presenza del Governo - io penso migliorando notevolmente il testo - è stato fatto in una totale carenza - dobbiamo dirlo - di una possibile copertura finanziaria adeguata del decreto-legge stesso. Che sul punto vi sia un po' troppa confusione lo dimostra anche un fatto: oggi siamo in questa sede con un decreto-legge che ha una copertura finanziaria già cassata dal decreto-legge sulla spending review «n. 2» licenziato venerdì, al punto tale che il finanziamento di 1 miliardo di euro per gli anni 2013-2014, previsto in questo decreto-legge, e che oggi troviamo in una certa voce di bilancio, in realtà deriverà dai risparmi di spesa di attuazione del provvedimento della spending review «n. 2».
Mi sono permesso di dire queste cose perché, al di là del pregevole lavoro svolto, abbiamo in sospeso almeno tre questioni - che penso di dover rappresentare come relatore, ma a nome, un po', di tutti gli intervenuti nel dibattito in Commissione -, che non sono tre problemi irrilevanti, e a cui il Governo deve dare, con la massima urgenza, una risposta. Non possiamo darla con questo decreto-legge, ma non è pensabile che nei prossimi mesi non vi siano interventi adeguati sul punto.
Mi riferisco, in modo specifico, al differimento dei termini tributari di cui al decreto ministeriale, perché come chiesto dalle associazioni di categoria e dai cittadini, ma in generale come suggerisce il buonsenso, si dovrebbe portare ad un differimento (e dico una volta soltanto, non ogni due mesi) di questi termini al 30 giugno 2013. Infatti, questo è l'unico vero provvedimento che dà certezza a tutti di quando si tornerà a regime. Vi è da coordinare ciò anche con la proroga di Pag. 28tutti gli adempimenti di cui all'articolo 8, che noi abbiamo inserito in Commissione, ma che, evidentemente, ha una sua stretta colleganza con i termini di cui al decreto ministeriale, che non a caso non si è voluto modificare, ma neanche potuto: voluto, per rispetto alla differenza e alle diverse forme che vengono utilizzate in questo caso tra provvedimento legislativo e decreto ministeriale; potuto, perché ovviamente non eravamo in grado di garantire alcuna copertura finanziaria.
L'ultima questione, ma non affatto irrilevante, è quella riferita alla possibile deroga del Patto di stabilità interno, perché con ciò che è stato inserito oggi, non si pensi che gli enti locali interessati - ancorché, sempre per decreto-legge siano state soppresse, o comunque siano state soggette ad accorpamento, diverse delle province dell'area interessata dal sisma - possano far fronte a tutte le esigenze che la situazione impone, con una modestissima deroga al Patto di stabilità interno, e con un'altrettanto modestissima copertura finanziaria. Queste sono tre questioni politiche che vengono prima di ogni altra questione tecnica. Mentre le questioni tecniche possono aver trovato, o trovare, una risposta anche in questa sede, le tre questioni politiche, di politica finanziaria, devono impegnare il Governo da subito sul punto. Perché dico ciò, signor rappresentante del Governo? Perché noi abbiamo introdotto alcune modifiche significative, che molto velocemente tenterò di riassumere.
Mi pare innanzitutto che una delle modifiche più significative, ad esempio per gli edifici rurali, sia stata quella di fare presente che è vero che non si deve derogare ai piani urbanistici comunali e ai piani paesaggistici, ma se noi pensiamo alle aziende agricole e alle dimensioni di quelle che sono state colpite dagli eventi sismici, se non vogliamo far ripartire l'attività, dobbiamo pretendere che chi aveva un immobile lo debba ricostruire con la stessa sagoma e con le stesse dimensioni del passato. Ecco, allora, la deroga a questi strumenti, perché si possa derogare sia alla superficie, nel senso di una minore superficie, sia alla sagoma, nel senso di una diversa sagoma.
Vi è una norma che è stata introdotta, a mio avviso molto significativa, che pure c'era stata chiesta, secondo cui, in buona sostanza, tutti gli edifici adibiti ad attività economiche e ad attività industriali, che non hanno subito quelle lesioni così gravi da dover portare ad acquisire la certificazione secondo le previsioni di cui all'articolo 8, quegli immobili quindi che si trovano in una situazione o di mancanza di lesioni, o di mancanza di lesioni importanti, possano esser utilizzati anche con una certificazione rilasciata dai tecnici, senza dover ricorrere a tutte le migliorie che vengono richieste all'articolo 8. Questa è una richiesta che nasceva dal territorio.
Sempre per quanto riguarda la vicenda delle industrie o delle attività economiche ospitate in quelli che volgarmente vengono definiti capannoni, si è attuata una rivoluzione completa delle previsioni di cui al comma 10 dell'articolo 3. Infatti, oggi, con la riformulazione che è stata data, si consente al sistema delle imprese di avere una certezza anche temporale, ma adeguata, entro la quale adeguarsi ad un'agibilità di tipo sismico, ma solo se ne ricorrono veramente i presupposti e le necessità.
In altre parole, si è fatto un grosso sforzo per distinguere tra quelli che erano interventi indifferibili, e quelli che invece erano interventi utili e necessari, ma come sono utili e necessari su tutto il territorio nazionale, che venivano qui richiesti in un termine di diciotto mesi soltanto per quegli immobili destinati ad un uso industriale che si trovavano nell'area del cratere sismico.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tommaso Foti.

TOMMASO FOTI. Si è cercato anche di poter introdurre una previsione più adeguata per quanto riguarda un piano di recupero e di adeguamento alle norme sismiche che interessano gli edifici scolastici, Pag. 29anche attraverso il ricorso ad alcune forme di finanziamento che vanno ad incidere su capitoli di spesa, nella piena disponibilità della spesa medesima, e che stranamente non erano stati utilizzati da parte del Governo in questo decreto-legge.
Ancora un paio di considerazioni riferite, ad esempio, al sistema della white list che è stato introdotto oggi dall'articolo 5-bis, e che può e deve rappresentare un antidoto alla possibile infiltrazione camorristico-mafiosa in queste aree, nel momento in cui una rilevante fetta di lavori verrà eseguita.
Abbiamo previsto ciò soprattutto in relazione anche a quanto ci dice la Commissione antimafia in alcune sue relazioni, soprattutto per quanto riguarda alcune zone dei comuni della provincia di Reggio Emilia e di Modena. Quindi, è stato introdotto un sistema per rendere più trasparente, con il coinvolgimento delle prefetture, il processo della gestione dei lavori nelle zone terremotate, che, a mio avviso, ha una sua fondata logica.
Si è, nei limiti del possibile, anche cercato di scrivere un principio giuridico secondo il quale - visto che la pubblica amministrazione, ed è noto, ha spesso e volentieri numerosi debiti con le imprese - almeno quelli che interessano le imprese e le attività economiche di aziende che hanno sede nell'area del cratere siano liquidati con una corsia preferenziale entro sessanta giorni rispetto agli altri. Infatti, è un modo indiretto e concreto di aiutare il sistema delle imprese a poter andare avanti.
Vi è poi l'istituzione del Fondo rotativo di 25 milioni per le cosiddette «grandi imprese», che a mio avviso rappresenta un altro tassello importante che è stato introdotto tenendo presente che una vasta area di quella interessata dal terremoto vede la presenza di poli da una parte tecnologici e dall'altra di poli come quello riferito all'industria farmaceutica che sono un simbolo fondamentale del made in Italy.
La Commissione ha fatto tutto questo in un esame attento. Voglio ringraziare tutti i commissari intervenuti. Avevamo da esaminare qualcosa come mille emendamenti. Quindi, vi è stato anche un lavoro di scrematura e una disponibilità dei gruppi a discutere non tanto dell'emendamento di bandiera, ma delle cinque o sei questioni di merito che potessero servire a migliorare effettivamente il decreto-legge. Che cosa rimarrà in piedi poi dopo l'esame della Commissione bilancio non sono in grado di dirlo. Sicuramente si è cercato, nei limiti del possibile, di operare senza bisogno di creare coperture finanziarie agli emendamenti approvati.
Mi pare, quindi, che si sia realizzato un equilibrio del decreto-legge abbastanza valido e solido. Concludendo, mi auguro che la conversione di questo decreto-legge non chiuda la partita del terremoto, ma sia solo il primo di un tassello di iniziative. Ne dico una per tutte: mi pare che sia difficile non poter o dover ipotizzare una legge speciale nei prossimi mesi. Infatti, questo è un intervento tampone d'urgenza ed immediato, ma ci vorrà poi - accanto a questo o ad un altro provvedimento d'urgenza - un provvedimento di legge che definisca fino in fondo le situazioni che si sono venute a creare in queste zone e dia alle stesse la possibilità di una ripresa effettiva ed immediata perché, tra le tante osservazioni, queste sono zone che fortemente contribuiscono al prodotto interno lordo nazionale (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, vorrei partire con una riflessione propedeutica all'approfondimento sull'attività che abbiamo svolto in Commissione su questo decreto-legge.
Questo terremoto, questa grande sciagura, al di là delle 27 vittime e dei 397 feriti, che ci addolorano nelle dimensioni, è caratterizzato da un quadro dalle proporzioni ai più sconosciute. Stiamo parlando di un cratere, quello interessato dal terremoto, dove vivono circa novecentomila Pag. 30persone, 340 mila lavoratori, insistono 67 mila aziende e - lo diceva il relatore - poco meno del 2 per cento del PIL nazionale si produce in queste zone. Nella sola regione Emilia, dalla quale provengo, per dare un'idea della dimensione del problema, sono state verificate 429 scuole e solo 191 sono risultate immediatamente agibili. Ci sono migliaia di aziende che attendono di essere verificate per le condizioni post sisma ed i vigili del fuoco hanno già compiuto 53 mila interventi e 27 mila sono gli interventi e le visite compiute dalla Protezione civile su unità immobiliari e solo 9 mila e 500 sono risultate agibili. Dico questi numeri, che sono una piccola parte di quello che si sta facendo, per indicare la dimensione di questo problema. Questa è una grande calamità nazionale, una sciagura che ha colpito, non solo la mia terra, ma il nostro Paese laddove ha un cuore produttivo pulsante. Lo dico perché, al di là della grande e nota capacità dei miei concittadini di rimboccarsi le maniche e di essere indomiti e coraggiosi nelle avversità, da questo problema e da questa sciagura non usciamo da soli. Abbiamo bisogno dell'aiuto costante e continuo dello Stato e della collettività nazionale. Bene allora questo decreto, bene queste misure urgenti per le popolazioni colpite dal sisma nell'ottica di uscire innanzitutto da una fase di immediato intervento e di immediata cura post sisma, aprendo quindi una prospettiva che va al di là dell'intervento immediato, ma guarda già alla ricostruzione, una prospettiva che avvia l'impegnativo cammino della nostra terra verso la ricostruzione. Lo diceva il relatore: bene la costituzione del fondo per la ricostruzione, ovviamente per il 2012 i proventi delle accise, la questione della riduzione della spesa pubblica negli anni prossimi, che anche noi gradiremmo fosse garantita su quei due miliardi promessi, bene le somme che deriveranno dalla riduzione dei contributi pubblici ai partiti ed ai movimenti politici, bene le risorse europee che giungeranno, bene tutto, a patto che sia chiaro che questo è un primo passo anche economico ed altre risorse saranno necessarie per questi territori.
Detto ciò, il relatore ha correttamente fotografato la situazione in Commissione: abbiamo affrontato questo decreto nel merito, cercando, ove potevamo, di apportare interventi migliorativi, ma alcuni punti sono rimasti aperti.
Non voglio tacere che, anche col concorso del Governo, alcune questioni sono state trattate positivamente. Con riguardo all'articolo 3, per esempio, è stata allargata la tipologia degli interventi e dei beneficiari dei contributi: si sono inserite ad esempio - citerò per titoli, perché ovviamente non posso fare una ricognizione generale di quanto abbiamo fatto - come possibili soggetti di contributi, soggetti pubblici e privati operanti nel settore del sociale, del socio-sanitario, dei servizi sanitari, si sono inseriti i consorzi di bonifica per le opere idrauliche, che hanno molto sofferto durante questo sisma e che questo autunno saranno fondamentali per garantire la sicurezza di quelle aree. Abbiamo operato, sempre all'articolo 3, inserendo anche nel tema dell'agricoltura e dell'agroalimentare, la protezione ed il ristoro dei danni subiti dai prodotti in maturazione e stoccaggio a denominazione controllata o ad indicazione geografica, un problema estremamente importante. Abbiamo, sempre nell'articolo 3, fatto quello che il relatore citava, ovvero abbiamo meglio perimetrato e definito, in termini di agibilità sismica, le aziende e gli opifici che dovevano sottostare ad una serie di controlli.
Abbiamo definito la natura e la tipologia dei difetti e le metodologie di correzione. Abbiamo anche, come è stato correttamente detto, modificato il sistema di verifica e di assestamento sulle caratteristiche di resistenza al sisma previsto dal comma 10, abbiamo cioè collegato le caratteristiche dell'edificio alla natura dell'evento verificando che per gli edifici che avevano già buone caratteristiche di resistenza nulla o poco rimanesse da fare, agli altri invece prescritto adeguamenti severi in tempi ragionevoli. Pag. 31
Sono state introdotte, come dicevo prima, attività relative alle difese idrauliche che saranno fondamentali in questo autunno su quel territorio ma abbiamo inserito anche fra le opere di grande interesse quelle connesse alla difesa del suolo. Si citava prima, sempre in riferimento all'articolo 4, il recupero importante di 20 milioni per il 2012 e 20 milioni per il 2013 e per gli interventi sui beni culturali in fase di emergenza.
Nuove risorse all'articolo 5 sono state trovate per le scuole, risorse supplementari che arrivano dall'articolo 53 comma 5 del decreto-legge 9 febbraio 2012 , n. 5 e dal fondo per la costruzione di nuovi edifici scolastici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, cose positive.
All'articolo 8, è già stato citato, abbiamo modificato il termine di sospensione degli adempimenti fiscali, tributari e contributivi, abbiamo raggiunto un accordo sul periodo di novembre e sulla data del 30 novembre; anche qui io vorrei essere chiaro come lo è stato il relatore, noi consideriamo questo una tappa intermedia, riteniamo che sia importante addivenire ad una chiara definizione di una sospensione che abbia termine nel 2013 con una successiva rateizzazione di quanto dovuto. Consideriamo che il riferimento su questo siano le sciagure che hanno colpito il nostro Paese in Abruzzo e nell'Umbria. C'è stata, ed è stata prevista, una riduzione dell'imposta municipale unica per il 2012, si è intervenuto sulla salvaguardia degli impianti a fonte rinnovabile fortemente danneggiati, si è, in termini di ripresa economica, introdotto il già citato sostegno alle imprese tramite credito agevolato e si è operato sulla detassazione dei rimborsi per danni che le imprese otterranno. Lo scopo di questo caso è sempre favorire la permanenza di aziende piccole, aziende medie ma anche di grandi aziende e di multinazionali che insistono su quel territorio, nell'ambito di quell'area.
Un quadro per molti aspetti positivo, signor Presidente, ma che ha dei punti di criticità. L'articolo 7, là dove si cita il Patto di stabilità interno, non è soddisfacente; una seria azione più incisiva sul Patto di stabilità interno è necessaria, noi avevamo chiesto che con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si rivedessero gli obiettivi del Patto di stabilità interno per comuni e province compresi nell'articolo 1, comma 1 per gli effetti sull'indebitamento, avevamo chiesto per il 2012 90 milioni per l'Emilia Romagna e 10 per la Lombardia e il Veneto, avevamo chiesto l'esclusione dal Patto di stabilità interno per le spese finanziate con risorse proprie dai comuni, dalle province e dalle regioni comprese in questa area. Noi su questo, signor Presidente, attendiamo dal Governo una risposta, la consideriamo una risposta essenziale.
Per quanto riguarda l'articolo 5, noi consideriamo un peccato che non si sia introdotta una disciplina omogenea per gli interventi volti ad un incremento della capacità di resistenza al sisma degli edifici scolastici, è materia che può essere demandata alle gestioni commissariali, avremmo capito e avremmo preferito una disciplina identica e unitaria su tutte le aree del terremoto.
Per quanto riguarda poi gli aiuti alle imprese, anche qui, prossimi provvedimenti potranno venirci in aiuto ma contributi tramite crediti di imposta sulle nuove assunzioni e detassazione del reddito d'impresa reinvestito in quest'area, sia nella ripresa delle attività quanto nella loro espansione, ci paiono assolutamente necessarie. Sullo spostamento termini ho già detto.
Ma in quest'area, signor Presidente, signor sottosegretario, credo che, nell'ottica di una legge quadro che sicuramente - lo dicevo prima - avremo di fronte a noi, ci sia il tema di una fiscalità di zona che, nell'ambito delle norme europee, che sono i vincoli che ci impone l'Unione europea, dovrebbe essere studiata e valutata, sempre per favorire quella ripartenza e quel mantenimento delle attività produttive in quest'area, che sono così importanti non solo per le nostre regioni, ma per tutto il territorio nazionale. In ultimo, signor Presidente, segnalo anche che i capoluoghi di provincia sono al di fuori Pag. 32della zonizzazione riportata nel decreto-legge. Non posso però qui non far notare, perché è emerso con chiarezza nel dibattito, che alcune realtà come Ferrara e Mantova sono particolarmente soggette a danni soprattutto al patrimonio artistico. Per queste occorrerà anche una riflessione particolare. Concludendo, signor Presidente, facendo mia l'osservazione del relatore su un percorso condiviso che ha visto operare la Commissione in maniera costruttiva, senza pregiudizi, ma osservando il merito, devo dire che è positivo lo sforzo compiuto anche dal Governo. Rimane il tema delle risorse, lo rimane per il presente e per il futuro, e rimangono ovviamente aperte una serie di questioni che ho elencato prima. Vorrei dire semplicemente in chiusura che parecchio è stato fatto sino a questo momento, ma noi, da questo punto in poi, stiamo già guardando al molto che resta sicuramente da fare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Popolo della Libertà, Italia dei Valori e Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, intanto ringrazio il Governo per la disponibilità che ha dimostrato anche in Commissione, e in particolare il relatore, che bene ha rappresentato nell'intervento gli obiettivi che ci siamo posti, nel tentativo di rendere il decreto-legge il più utile possibile per queste popolazioni. Tuttavia, utilizzerò questi pochi minuti di discussione sulle linee generali per invitare il Governo e anche i colleghi della Commissione bilancio a valutare non solo quanto già abbiamo fatto in Commissione, ma quello che comunque abbiamo riproposto in parte per l'Aula. Poi magari entrerò nel dettaglio e cercherò di spiegare. Spero e auspico che, con un lavoro di condivisione con i gruppi, si possa magari accelerare e quindi garantire dei tempi certi, ma evitando che su una questione di questo tipo si utilizzi lo strumento della fiducia, che ahimè è stato ventilato la settimana scorsa nelle Commissioni e in quest'Aula. È successo qualcosa di molto importante: intanto nelle settimane scorse abbiamo approvato la riorganizzazione della Protezione civile. Era necessaria? Certamente sì e credo che il dibattito lo abbia dimostrato: la necessità di riprendere in mano il capitolo della Protezione civile, che con gli eventi purtroppo degenerati, è andato complessivamente alla deriva. Un qualcosa che era fiore all'occhiello e orgoglio di tutti noi cittadini italiani di fatto era diventato oggetto di scandalo o di vergogna, non solo in Italia ma anche all'estero. Credo che questo decreto-legge, che forse è troppo vicino a quel provvedimento, porti in sé anche degli errori, che il relatore ha rappresentato, come quello di richiamare solo l'Emilia Romagna, dimenticandosi altre aree della Lombardia o del Veneto. Sono errori che comunque abbiamo corretto, quindi non c'è nulla di grave in questo. Però, credo che questo provvedimento abbia dato un segno di totale discontinuità rispetto a quello che la coppia Berlusconi-Bertolaso aveva messo in campo e che ha lasciato degli strascichi.
Infatti, le zone terremotate dell'Abruzzo ancora soffrono e io spero che con il prossimo provvedimento, la prossima settimana, riusciremo a raddrizzare anche quel lavoro lì, anche se non è esattamente come, magari, avevamo proposto, in modo congiunto, in VIII Commissione con altri colleghi interessati alla ricostruzione dell'Abruzzo e componenti di altre Commissioni.
Detto questo, però, credo che, al di là delle precisazioni fatte dai colleghi precedentemente, la questione di fondo sia quella delle risorse. Abbiamo parlato prima di 4 o 5 miliardi, ma sappiamo che le risorse necessarie a ricostruire questi territori sono maggiori. Abbiamo individuato, sì, delle risorse, però di risorse certe vi sono, per adesso quei 500 milioni che arriveranno entro fine anno attraverso quel centesimo dell'accisa su benzina e gasolio, che, però, non sono stati ancora trasferiti agli enti. Sul territorio ancora nessuno ha sentito «l'odore» degli euro e gli enti locali continuano ad anticipare le Pag. 33risorse, con tutte le difficoltà che vi sono. Altre risorse sono quelle che sono arrivate grazie al decreto che è stato approvato d'urgenza al Senato sull'utilizzo dei fondi che erano destinati ai rimborsi elettorali ai partiti. Non sono tanti soldi, ma è un buon segnale di qualcosa di concreto, perché quelli in bilancio ci sono e si possono spendere.
Poi vi è una porta aperta, perché si dice che, se arriverà qualcosa dall'Europa, finirà su quel fondo, ma, finché non arriva, non si può spendere. Per adesso, non abbiamo sentito neanche tanti impegni. Poi, quando abbiamo riorganizzato la Protezione civile, nel fare quel lavoro, sono stati individuati dei capitoli e si è detto che il Fondo per le calamità naturali sarebbe stato finanziato da un taglio di quei capitoli. Questi ultimi sono stati ripresi nel provvedimento sulla spending review, che leggeremo in questi giorni, perché adesso abbiamo le anticipazioni dei giornali e le comunicazioni ufficiali del Governo attraverso i comunicati stampa. Vengono indicati dei capitoli che già fanno soffrire, perché sono capitoli che, già in occasione dell'approvazione del decreto di riorganizzazione della Protezione civile, avevamo richiamato. Sono capitoli che non si possono svuotare, come quello sul diritto all'infanzia. Insomma, si tratta di una serie di servizi alla persona che hanno bisogno assolutamente di essere mantenuti, perché, altrimenti, rischiamo di dovere intervenire su altri fronti con decreti di emergenza, il che sarebbe assurdo. Quindi, occorre tenere presente questo: sono capitoli anche corposi, perché si parla di un miliardo di euro nel 2013 e di un miliardo nel 2014, il che vuol dire che quei capitoli per due anni non vedono nulla.
È vero che nel decreto-legge si dice che questi potranno essere rifinanziati. Non lo so, può darsi - non lo abbiamo letto ancora - che con il provvedimento sulla spending review si recuperino 10 o 12 miliardi nel 2013 e poi, nel 2014, oltre ad evitare l'aumento potenziale ulteriore dell'IVA, magari si rifinanzino questi capitoli. Non lo so, ma è certo che non abbiamo dato risposta alla questione delle risorse in prospettiva per questo aspetto ed è assolutamente fondamentale se vogliamo pianificare degli interventi. Quindi, invito veramente i colleghi, ma anche il Governo, ad accettare una proposta che non è stata presentata per prima dall'Italia dei Valori. Noi abbiamo presentato un emendamento, al riguardo, in Commissione, che non è stato accolto e che abbiamo riproposto. Spero la V Commissione, che è quella competente, lo tenga presente. Mi riferisco alla «legge mancia»: sono altri 150 milioni di euro che sono lì, che spendiamo sicuramente per qualcosa di utile, come la polisportiva, l'oratorio, la parrocchia. Sono tutte cose utili: se volete ho qui l'elenco di 500 iniziative, ma invito chiunque, visto che sono dati pubblicati sul sito del Ministero, della Camera dei deputati e del Senato, a vedere dove questi soldi sono finiti, sparpagliati in tanti rivoli.
E oggi qui c'è un'emergenza. Ma chi lo dice questo? Il 29 maggio Libè, UdC: «Siamo vicini con il cuore ai terremotati, ma vogliamo esserlo anche con i fatti. I partiti facciano quello che l'UdC ha già fatto, distribuiscano la nefasta »legge mancia« per le povere vittime del terremoto». «Lo ha affermato il deputato dell'UdC Mauro Libè, intervenuto in Aula al termine», ed altro. «Il nostro» - ha sottolineato l'esponente centrista - «è un Paese che nell'emergenza ha sempre un grande cuore, mi chiedo se abbia anche un cervello» e così via. Poi Casini, un autorevole nostro collega: «Destinare la »legge mancia« alle popolazioni colpite dal sisma. Ha colpito tutti, operai e datori di lavoro. Il terremoto ha colpito operai e datori di lavoro. Qui c'è l'Emilia che produce. Una grande forza per l'intera Nazione». Ancora il 30 maggio Casini: «Destinare subito i fondi possibili». ?Pier Ferdinando Casini ha sollecitato un immediato aiuto economico alle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia: «Sotto queste fabbriche sono rimasti in tanti, operai e anche datori di lavoro», ha ricordato il leader dell'UdC in un'intervista al TG2, e così via. Pag. 34
Vorrei dire che poi i colleghi hanno presentato in V Commissione una risoluzione, il 5 giugno. Della risoluzione, approvata da tutti, leggo le conclusioni: «Pertanto, tenuto conto della quota relativa alle diverse annualità, le risorse residue assegnate risultano 160 milioni di euro per il 2012 e 50 milioni per il 2013. Si impegna il Governo a destinare le risorse di cui in premessa, secondo le rispettive annualità, al finanziamento di interventi urgenti di ricostruzione di infrastrutture pubbliche nelle amministrazioni comunali interessate dagli eventi calamitosi per le quali è stato dichiarato, con ordinanza, lo stato di emergenza». Credo che dobbiamo dare seguito a questi appelli e a questi inviti, sennò non andiamo sui territori delle zone colpite da questi disastri a dire «possiamo fare così» e poi, in concreto, noi che potremmo farlo, non lo facciamo. Non sono quei 5 miliardi o più che servono, sono però altri 150 milioni di euro che ci sono, sono già nel bilancio del 2012 e, quindi, si possono impegnare in questo. Lo so che magari in alcuni casi servono perché vi è stato chi ha subito il danno delle nevicate quest'inverno e ancora non ha sentito né visto nulla, però credo che si possa trovare un modo, evitando di sperperare, forse perché magari, in una riforma elettorale, dovremo curare il nostro orticello parlamentare per parlamentare. Non è così che funziona sennò torniamo indietro a salti mortali rispetto a quello che la gente vuole in prospettiva. Quindi, diamo un buon segnale. Questo è uno dei segnali che possiamo dare in concreto.
Certo, abbiamo presentato un altro piccolo emendamento perché nel provvedimento passato giovedì e venerdì della spending review del Governo c'è un taglio ai trasferimenti agli enti locali. Non vorremmo che quei 500 milioni che diamo da una parte li togliamo dall'altra. Una parte di questi vanno a incidere anche su questi enti locali. Quindi, abbiamo invitato, con un piccolo emendamento, il Parlamento ad approvare il fatto che almeno quei tagli previsti in questo provvedimento non incidano su questi comuni a breve, perché altrimenti diamo da una parte e togliamo dall'altra. Insomma, non sanno bene su che cosa possono fare i conti. Anche perché il tema risorse, purtroppo, rende debole anche i buoni propositi messi qui dentro. Giustamente, il collega prima richiamava la questione del Patto di stabilità. Permettere ai comuni e agli enti locali di derogare a 50 milioni di euro - di cui 40 milioni ai comuni dell'Emilia Romagna e gli altri 10 milioni divisi, 5 milioni ciascuno, fra Lombardia e Veneto - capite che è poco, quando magari il comune di Mantova, per intervenire sul recupero del Mantegna - credo che non possiamo far finta di non sapere che è un'opera unica al mondo, che non possiamo permetterci di lasciare -, ha le sue risorse in cassa e magari ci chiede «vabbè, datemi la deroga per poterli usare» ma non che li usi violando una norma dello Stato e, quindi, facendo ricadere poi una tassazione su quei cittadini perché così prevede oggi la legge.
Anche sulla questione, quindi, del Patto di stabilità credo che molto si possa fare.
L'altra questione è un invito magari anche a chi ha portato istanze alla Camera ed al Governo, ognuno forse con un occhio attento alla categoria che rappresenta. Abbiamo sentito tutti, insomma. Forse c'era ancora qualcuno, non lo so, però devo dire che sono arrivate un migliaio di proposte emendative, molte erano pilotate da queste pressioni esterne e non nascevano solo dalla mente nostra e dei colleghi. Vorrei, però, che anche le associazioni di categoria nel loro insieme facessero uno sforzo, perché altrimenti la solidarietà esiste solo in un senso. Mi riferisco ad esempio ai consorzi fidi di garanzia, che chiedono una copertura finanziaria sulle spese di istruttoria attraverso questi fondi di utilizzo straordinario. Forse sarebbe bene che lo facessero in una rete nazionale e che gli stessi consorzi di garanzia, che devono aprire 2 mila istruttorie in Emilia Romagna, Lombardia e così via per fare i finanziamenti, proponessero che i 100, 200 o 500 euro di istruttoria non pesino sulle casse di pronto intervento, ma pesino sulla solidarietà nazionale di questi Pag. 35stessi consorzi fidi, che tra l'altro godono di molti finanziamenti pubblici per far sì che le loro garanzie siano reali e concrete, garanzie presenti anche in questo intervento. Quindi, il lavoro deve essere reciproco e anche di convincimento di quanti sono sul territorio. Sono contento che sia entrato anche il recupero di sedi sociali e quant'altro. Spero che non sia solo un problema di correre e pensare che è più importante aprire l'ufficio di un sindacato di categoria prima di aprire un posto o ripristinare un luogo di lavoro per l'impresa.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Piffari.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Quindi, prima il lavoratore, poi le associazioni, che magari organizzano anche lavoratori. Questo mi auguro che succeda, perché se è una corsa al bottino, purtroppo soldi non li abbiamo più: sono pochissimi e quei pochi devono essere usati in modo mirato e preciso.
Quindi, io spero che il Governo ascolti l'appello, fatto precedentemente, per permetterci in Commissione o in Comitato dei nove di poter ritoccare il provvedimento per quel poco che si può fare, ma con questi obiettivi, ovvero dare qualche strumento in più a questi territori ed a questa gente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzuca. Ne ha facoltà.

GIANCARLO MAZZUCA. Signor Presidente, ringraziando il relatore Tommaso Foti per il difficile lavoro svolto - è riuscito a districarsi tra un migliaio di emendamenti e quindi è stato un lavoro improbo - debbo rilevare che con il decreto-legge n. 74 del 2012 il Governo ha cercato in qualche modo di aiutare la ripresa delle attività produttive nella zona dell'Emilia colpita dal sisma, al di là dell'enorme difficoltà per reperire una sufficiente copertura finanziaria da parte dello Stato.
Mi rendo conto a questo punto che le misure varate sono una goccia nel mare delle difficoltà legate alla ricostruzione. Io stesso avevo chiesto, con una proposta di legge, di creare una no tax area nelle zone più colpite dal terremoto per evitare che gli imprenditori emiliani siano obbligati a delocalizzare, cosa che è molto probabile, perché è realistico il problema. Posso, quindi, comprendere le lamentele del Presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, al di là dell'aumento dello spread, per la scarsa entità degli interventi pubblici. Ma in questo momento, come ha chiarito lo stesso relatore Tommaso Foti, non era possibile stanziare di più.
Comunque, a prescindere da questi limiti oggettivi, il provvedimento è importante per diversi motivi. Innanzitutto elimina la prevista seconda fase dell'idoneità sismica, che gravava pesantemente sul futuro delle imprese e, in particolare, sulla possibilità per le stesse di riuscire a fronteggiare i relativi oneri. È stata così trovata una soluzione equilibrata e condivisa, che rinvia le verifiche per le imprese ad un termine temporale compreso tra i quattro e gli otto anni.
In secondo luogo, per evitare possibili infiltrazioni mafiose o malavitose nell'immane opera di ricostruzione, è stata stilata, con la collaborazione delle prefetture, una white list delle aziende fornitrici o subappaltatrici. In tal modo sono significativi quattro aspetti del provvedimento. In primo luogo, vi è la possibilità riconosciuta agli imprenditori colpiti di potere ricostruire, con una deroga fino al 20 per cento in più della volumetria precedente al terremoto.
In secondo luogo, vi è la possibilità di una particolare deroga ai piani urbanistici o paesaggistici nel recupero di un fabbricato agricolo.
In terzo luogo, vi è la possibilità data alle imprese di accedere all'apposito fondo della Cassa depositi e prestiti.
In quarto luogo, il disco verde in via sperimentale alla normativa relativa alla burocrazia zero nella zone colpite, in modo così da accelerare considerevolmente i tempi della ricostruzione. Pag. 36
Resta in piedi, come ho già detto, il problema della no tax area, da me sollevato con una specifica proposta di legge. Al riguardo, al di là delle incombenze relative, mi auguro che il tema in questione possa trovare adeguati strumenti attuativi in tempi rapidi. Gli imprenditori emiliani debbono essere in tutti i modi incentivati a restare in Italia, nel nostro Paese.
Facendo parte della Commissione cultura di questa Camera vorrei, infine, ricordare l'emergenza scuole in Emilia, cosa che in questo momento non è stata affrontata in Aula. Sono 330 le scuole colpite dal sisma, con oltre 18 mila studenti senza aule, alla riapertura della scuola a settembre, con 781 classi coinvolte. I 76 milioni di euro stanziati non sono certo sufficienti ad affrontare l'emergenza. Dobbiamo fare di più. Di certo non possiamo abbandonare i nostri giovani corregionali (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, come ben sapete il terremoto ha interessato una vasta area del Nord Italia, producendo effetti devastanti in Emilia, nelle province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, ma si è esteso anche alle regioni della Lombardia e del Veneto, con particolare riferimento alle province di Mantova e di Rovigo. La particolarità di questo terremoto è che ha investito un territorio fortemente caratterizzato da un tessuto industriale, artigianale ed agricolo, con danni ingenti alle strutture produttive, con ricadute negative sul piano economico e produttivo. Nel territorio colpito dal sisma si registra la presenza di comparti strategici, non solo per l'economia locale, ma anche nazionale. Si pensi soltanto ai settori biomedicale, ceramico, meccanico o agroalimentare, che occupano ruoli di rilievo per l'export italiano.
Questo evento ha prodotto, tra l'altro, danni ingenti anche al patrimonio storico-culturale. Le chiese, i palazzi, le torri, i campanili, i centri storici hanno subito gravi lesioni e in alcuni casi, crolli. Non c'è solo il danno sotto il profilo economico, c'è anche un danno rilevante dal punto di vista storico e culturale. L'effetto distruttivo sui centri storici ha causato l'interruzione dell'attività di moltissime piccole e medie imprese commerciali, artigianali e di servizio.
Rispetto al terremoto aquilano questo sisma differisce non solo per le perdite di vite umane, ma soprattutto per la diversità territoriale. Se in Abruzzo il tessuto produttivo è stato meno colpito, in questa area industriale è stato messo in ginocchio. Qui gli interventi sui capannoni sono una priorità assoluta se vogliamo consentire al sistema produttivo di ripartire ed evitare una delocalizzazione di produzioni di eccellenza. Per far comprendere meglio l'entità e la drammaticità della situazione cito alcuni dati: 5 mila imprese colpite, con 25 mila addetti, 15 mila lavoratori che verranno posti in cassa integrazione. L'area danneggiata produce il 10 per cento del PIL dell'Emilia Romagna e l'1 per cento del PIL nazionale.
Certamente anche i danni al patrimonio storico, culturale, ai centri storici, al patrimonio abitativo, al settore agricolo non possono passare in secondo piano. Ho incontrato venerdì a Modena amministratori e rappresentanti di categoria sul territorio e posso testimoniare che si tratta di gente preoccupata, ma dignitosa, che non recrimina, non si piange addosso, anzi, è pronta a rimboccarsi le maniche per ripartire.
Questa volontà - mi rivolgo al Governo - va sostenuta e accompagnata con provvedimenti rapidi, certi e concreti. Dalle numerose audizioni che abbiamo svolto in Commissione (dalle regioni agli enti locali, alle categorie produttive, agli ordini professionali) è emerso che serve una rapida risposta normativa, una quantificazione delle risorse su cui poter contare anche se differite nell'arco del tempo. Le soluzioni che andremo ad adottare devono tener conto delle esigenze e delle esperienze del passato per non ripetere gli errori che abbiamo commesso. Mi riferisco alle difficoltà Pag. 37di ricostruzione de L'Aquila a distanza di tre anni dove persistono forti elementi di criticità per una strategia ricostruttiva non ben definita come nel caso della centro storico, sia per un impianto procedurale e normativo complesso con una sovrapposizione di decreti e ordinanze spesso in contraddizione e in contrasto tra di loro. Sono di questi giorni le dimissioni del governatore Chiodi da commissario e un nuovo intervento legislativo che il Governo proporrà prossimamente.
Anche sulla governance è opportuno, forse necessario che i governatori si avvalgano della diretta collaborazione dei sindaci e dei presidenti delle province attuando una reale concertazione sul territorio. Non abbiamo bisogno di uomini soli al comando. Le esperienze ci dicono che con un uomo solo al comando, che non fa squadra con il territorio, spesso succede quello che è successo a L'Aquila dove la ricostruzione ancora non è iniziata. Abbiamo sciupato ancora una volta - qui lo dico ai colleghi ma soprattutto al Governo - l'occasione per dotare il Paese di una legge organica per le ricorrenti calamità che purtroppo si abbattono con troppa frequenza nel nostro Paese. Spesso siamo costretti a legiferare sulla spinta dell'emotività e dell'emergenza. Mentre stiamo svolgendo questo dibattito un'altra scossa si è registrata in provincia di Roma nell'area dei Castelli romani il cui epicentro è nei Monti dell'Aniene. Si tratta di una scossa fortunatamente del 3,5 della scala Richter che, ad una prima valutazione della Protezione civile e delle informazioni che ci giungono dalle agenzie, non ha causato danni. Ecco perché è necessario che quanto prima ci si possa dotare di una legge organica che affronti il tema delle emergenze.
In questo il dibattito intendo dare atto al Governo, al relatore e a tutti colleghi della Commissione, del buon lavoro compiuto, ma soprattutto sottolineare lo spirito e la volontà da parte di tutti che non lasceremo da solo questo pezzo importante d'Italia. Molte delle proposte del gruppo UdC hanno trovato accoglimento, ma con la riproposizione di alcuni emendamenti, che abbiamo presentato in Aula, intendiamo riproporre all'attenzione del Governo alcuni problemi che necessitano di ulteriore approfondimenti e che non hanno trovato accoglimento nel testo in esame.
Lo sforzo finanziario del Governo di 2,5 miliardi nel triennio è da apprezzare, anche se a nostro avviso l'entità del danno appare sottostimata. La proposta che noi avevamo avanzato come gruppo UdC di emettere, tramite la Cassa depositi e prestiti, bond di scopo con scadenza 2022 dava la possibilità di disporre di risorse aggiuntive per 3,5 miliardi. Tra l'altro intendo sottolineare che con il rimborso decennale dei bond avremmo evitato di gravare sugli esercizi 2012, 2013 e 2014. Come vede, onorevole Piffari, Casini e l'UdC non si sono limitati soltanto a proporre l'utilizzazione a favore dei terremotati della «legge mancia», hanno avanzato anche proposte importanti come l'emissione di bond di scopo per reperire le risorse. Capiamo che la difficile situazione economica e della finanza pubblica del Paese non consentono grandi margini di manovra.
Ma intendo riproporre in questa sede due proposte importantissime: lo slittamento dei termini del pagamento delle imposte al 30 giugno 2013 e la detrazione del 50 per cento delle spese di messa a norma degli edifici produttivi. Entrambe dovranno trovare un'adeguata risposta in questo provvedimento, signor sottosegretario, o in successivi provvedimenti.
Ma una risposta a questo settore la dobbiamo dare. La scelta del Governo, in sede di approvazione del provvedimento di riorganizzazione della Protezione civile, di concedere la possibilità ai comuni di derogare al Patto di stabilità per le spese di prima assistenza e soccorso è una scelta che abbiamo condiviso e vogliamo riconsiderarla anche per gli interventi strutturali per tutti i comuni virtuosi che si trovano all'interno del cratere. Ci rendiamo conto che sforare il Patto di stabilità significa aumento della spesa pubblica, ma è un modo per reperire risorse aggiuntive e per una ripartenza rapida. Tutte Pag. 38le associazioni professionali e di categoria hanno evidenziato l'inderogabile necessità di interventi rapidi in modo da consentire la ricostruzione e l'agibilità dei capannoni agricoli, artigianali e industriali. Le imprese ci chiedono una reale semplificazione delle procedure e dei tempi di intervento. Per ricominciare l'attività c'è bisogno di burocrazia zero, anche se dobbiamo garantire la sicurezza dei lavoratori. Le semplificazioni procedurali introdotte con l'articolo 3 sono una risposta, forse ancora insufficiente, ma che va nella giusta direzione in quanto individua strumenti e procedure per affrontare con più rapidità e più concretezza la ripresa.
Altro punto che vorrei rilevare è la situazione del comparto agricolo e degli impianti di bonifica. Dai dati in nostro possesso, risultano danneggiate 7 mila aziende agricole, di cui 2 mila con gravi danni. Le imprese agricole e agroalimentari non possono certamente essere delocalizzate perché legate alla tipicità territoriale, dal parmigiano al grana, dall'aceto balsamico alle pere. Queste sono ragioni ancora più forti per intervenire con rapidità, per non perdere un tessuto produttivo che è traino e immagine del made in Italy nel mondo.
La specificità del settore agroalimentare richiede di affrontare la prima emergenza e le opere provvisorie che consentano la continuazione dell'attività, la quale non può subire interruzioni, sia nel settore animale che nel settore lattiero-caseario che in quello ortofrutticolo. Il territorio colpito dal sisma ha un'elevata presenza di impianti di irrigazione e bonifica trovandosi in larga parte al di sotto del livello del mare. Il ripristino degli impianti idrovori è indispensabile per la sicurezza idraulica e anche per l'irrigazione agricola. I comuni a rischio idraulico sono 55 con 100 mila ettari di territorio e 130 mila sono gli ettari da irrigare in una stagione che si presenta particolarmente calda e che rischia di compromettere le produzioni e il raccolto.
Un'ulteriore riflessione la vorrei dedicare al settore scolastico. Gli interventi sull'edilizia scolastica sono un'altra delle priorità da affrontare con immediatezza e concretezza. L'apertura dell'anno scolastico è già alle porte e il ripristino degli edifici rappresenta una preoccupazione per gli enti locali e le famiglie. C'è l'assoluto bisogno di tornare alla normalità e dare tranquillità alle famiglie per potersi dedicare alla ricostruzione e alla ripresa produttiva. Vorrei in questo contesto segnalare che l'ordinanza del commissario per il terremoto Errani, per gli interventi sugli edifici scolastici pubblici prevede la copertura economica del 100 per cento, mentre per le scuole paritarie rinvia ad una fase successiva. È giusto prevedere prima l'intervento per le scuole pubbliche, ma rinviare il problema della scuola paritaria ad altro momento mi sembra una grave sottovalutazione del settore della scuola privata che, comunque, svolge un servizio educativo. Signor Presidente, nemmeno il terremoto riesce a mettere sullo stesso piano la funzione educativa pubblica e privata.
Un capitolo importante riguarda la ricostruzione dei centri storici e del patrimonio storico. In questo contesto, il patrimonio abitativo non può passare in secondo piano.
Una comunità vive se conserva i luoghi della memoria, di incontro e di aggregazione: la piazza, la chiesa, gli edifici storici sono essenziali per conservare la propria storia e la propria identità. La ripresa economica e l'occupazione sono al primo posto, ma senza trascurare che, nei centri storici, vi sono insediate una miriade di attività economiche, commerciali e artigianali, che trasformano un aggregato in comunità. Il barbiere, il salumiere, il giornalaio, il bar, la pizzeria sono parte importante della nostra vita quotidiana: pensare di localizzare queste attività fuori dai centri storici rappresenta un danno non solo economico, ma di un valore di identità e di aggregazione che non può essere disperso. Ci sarebbero tanti altri argomenti da trattare: l'esame dell'articolato ci consentirà di approfondirli e di proporre soluzioni che non hanno trovato risposta in Commissione. Pag. 39
In conclusione, mi preme porre l'accento sull'importanza e l'urgenza dell'approvazione di un provvedimento necessario, anche se insufficiente, per dare una risposta di serietà e di concretezza a migliaia di famiglie e di imprenditori, che non chiedono sussidi, ma una risposta in tempi brevi per ritornare alla normalità (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, visto che molte cose sono state già dette dai colleghi che mi hanno preceduto, cercherò di essere abbastanza veloce. Fra poco, toglierò la giacca di presidente di Commissione - metaforicamente, avverto gli assistenti parlamentari, perché, visto che non ci si può togliere la giacca, è bene specificarlo -, ma lo farò non prima di aver ringraziato per il lavoro svolto in Commissione.
Signor Presidente, è stato un lavoro pesante, è già stato ricordato, tuttavia, mi sembra giusto ricordarlo ancora: mille emendamenti, il lavoro con il relatore, con tutti i gruppi, con il Governo; ringrazio anche il sottosegretario D'Andrea per la disponibilità. Abbiamo cercato davvero di fare il possibile. Abbiamo cercato di esaminarli entrando nel merito: di mille emendamenti, al di là del fatto che molti erano doppioni, alla fine, qualche centinaio erano veramente seri, talmente seri che un'ottantina li abbiamo accolti con la disponibilità del Governo; talmente seri, che qualche centinaio, anche se tutti li condividevamo, abbiamo dovuto respingerli, per mancanza di copertura, perché non c'era un parere chiaro anche da parte del Governo su molti temi, rimandando ad un prossimo futuro la loro realizzazione e, in qualche modo, la risposta ad essi.
È un peccato, perché, alla fine, oggi, siamo qui ad iniziare l'iter del provvedimento: quindi, abbiamo fatto le nozze, ma le abbiamo fatte con i fichi secchi. Infatti, i soldi che ci sono all'interno di questo decreto-legge sono veramente una miseria rispetto a ciò che necessitava, ma soprattutto, rispetto al fatto che la gente sul territorio si aspettava una risposta. Anche ieri, anche questa mattina, ero sul territorio dell'Emilia, per l'ennesima volta, ad incontrare i terremotati, e devo dire che l'impressione di tutti è che il decreto-legge n. 74 non risponda, neanche minimamente, alle attese che c'erano da parte di tutti.
Rispetto al clima dei primi giorni - quando le macerie venivano rimosse, c'era l'attività frenetica di un Paese, di una terra, di un popolo straordinario che voleva ripartire e che, comunque, guardava in tempi velocissimi, come se volesse essere, ancora una volta, l'esempio per tutti - ho trovato un clima molto fermo, quasi immobile, un immobilismo; ho trovato una sorta di depressione, in attesa di qualcosa che, però, oggi, dobbiamo ammettere, non sta arrivando. E non sta arrivando, perché non ci sono le risorse necessarie per dare le risposte a quella gente.
È un popolo straordinario. Quando sono entrato, sei anni fa, in Parlamento, continuavo a ritenere che, in qualche modo, gli emiliani non si meritassero uno Stato come questo: oggi, ho cambiato idea, perché, forse, è questo Stato che non si merita gli emiliani. Quello emiliano, infatti, è un popolo - adesso mi tolgo i panni di presidente di Commissione per indossare quelli del leghista emiliano - che - forse, non smetteremo mai abbastanza di ricordarlo al Governo, in questo caso quello in carica - è sempre stato in prima fila quando gli altri hanno avuto dei problemi. Le disgrazie altrui hanno sempre visto le colonne emiliane arrivare per prime e rimanere lì fino alla fine, senza tirarsi mai indietro, con soddisfazione. L'alluvione di Firenze, l'ultimo terremoto in Abruzzo, quello del Friuli: ovunque, gli emiliani sono sempre stati in prima fila, e hanno sempre dato con il cuore risorse, soldi, disponibilità.
Stavolta è toccato a loro subire non una, non due, ma numerose scosse; il decreto-legge parla delle scosse del 20 e del 29 maggio ma, di fatto, sono state più numerose; i due eventi principali sono stati quelli ma il danno non è solo quello Pag. 40che si vede girando per i territori. Infatti, se, come è capitato a me ieri sera, per la centesima volta ti portano dentro a un capannone integro e dentro trovi tutto maciullato, è veramente impressionante vedere che non si tratta di un danno solo esteriore ma anche interiore, ed è ancora più interiore nel momento in cui parli con la gente perché queste persone il danno ce l'hanno nel cuore; hanno subito una ferita incredibile e si aspettavano che una volta che tocca a loro, loro che hanno sempre dato, ci fosse uno Stato veloce nel dare risposte. Dopodiché ci dobbiamo dire che la crisi prevede che dobbiamo fare il fiscal compact, dobbiamo rispondere alle esigenze di bilancio, dobbiamo tagliare per far tornare i conti, per abbassare lo spread, ma alla gente di queste cose non gliene importa niente, gli interessa che, con quello che paga di tasse l'Emilia ogni anno, noi potremmo fare da soli, non chiedere niente allo Stato e, anzi, potremmo dare allo Stato la differenza perché ce ne rimarrebbe ancora, nel momento in cui potessimo fare da soli.
Ricordavo prima, con i colleghi, che sono entrato nella Lega Nord Padania pensando che questo Paese per diventare serio dovesse arrivare, un giorno, e mi auguro che non sia troppo lontano, ad avere ventuno regioni autonome, come cinque già lo sono, perché ognuno, a casa sua, con le proprie risorse, possa dare risposte ai propri cittadini. Devo ringraziare il presidente Errani perché sta facendo, anche lui, le nozze coi fichi secchi, sta facendo l'impossibile, stiamo cercando di farlo tutti. Questo decreto-legge, modificato dalla Commissione ambiente, è un provvedimento che risolve tantissimi problemi, perché così come era scritto all'inizio faceva veramente schifo. Adesso, è un po' migliorato, ci sono delle risposte su burocrazia, sgravi, aiuti; qualcosa di concreto lo abbiamo inserito anche sulle scuole, sull'agroalimentare; abbiamo cercato veramente di fare il possibile, però rimangono i fichi secchi.
Devo dire che se penso a quella che è l'Emilia capisco che non sono state colpite sono le province di Modena, di Reggio e di Bologna, questo sì in parte, ma è stato colpito tutto un tessuto produttivo, perché dietro le aziende che sono state colpite c'è tutto un indotto, c'è una rete, una filiera che lavora e che vive e che guarda con speranza, che è corsa, dal giorno dopo, a portare risorse e a portare aiuto per dimostrare la sua vicinanza e lo sta continuando a fare. Ora, quella è una terra stupenda, la dipinge bene Edmondo Berselli, e non so sto qui a citarlo, ma la dipingeva bene, anche, anni fa, Guareschi: quell'autostrada parallela dell'Appennino, del Po e della via Emilia. Quella terra, però, ha bisogno di avere risposte. Quell'immobilismo e quel deserto che ho visto ieri mi fanno pensare che il Governo non ha capito una cosa, e cioè che se, c'è bisogno di far ripartire l'Emilia non ci vogliono soldi a pioggia ma ci vuole, invece, la necessità di dare delle priorità e far tornare quella gente a lavorare. Se rimane nelle tende ancora due mesi, quello è un popolo che muore, perché fra due mesi se si riaprono le fabbriche, non ci sono più gli ordini, non c'è più neanche la voglia di ripartire, la stanno perdendo.
Non voglio che quel popolo straordinario, che non si merita questo Stato, perda la voglia di ripartire e di lavorare. Ora, dico al Governo, anche se ci danno per certo che così sarà: se uno fa le nozze e le deve fare con i fichi secchi, non credo comunque che, prima di sposarsi, chieda, come avete intenzione di fare voi, tredici volte in un mese, alla donna che vuole sposare, se lo ama, perché la seconda volta si stanca di ripeterglielo. Porre tredici questioni di fiducia in un mese, qui dentro, non vuol dire fare le nozze, vuol dire sposare una persona di cui non ci si fida e se c'è una cosa su cui non bisogna porre la questione di fiducia, anzi è una vergogna porre la questione di fiducia, è questa cosa qua. Non ha senso porre la questione di fiducia sul terremoto. Non ha senso perché qui dovremmo uscire tutti in maniera più o meno compatta; il Governo non dà risposte conclusive e ci auguriamo che a ottobre, a novembre, lo dicevano anche gli altri, ma è l'auspicio di tutti, ci sia un secondo decreto che dia risposte Pag. 41anche sulla ricostruzione magari con una legge speciale che possa trovare le risorse. Tuttavia, il messaggio che dovevamo dare a quei nostri concittadini era quello dell'unità del Parlamento che ha fatto, con i fichi secchi, delle nozze decenti e ha dato delle risposte veloci. Porre la questione di fiducia su questo vuol dire, secondo me, avere il disinteresse totale del messaggio esterno che si vuol dare a quella gente, e se questo è l'atteggiamento del Governo credo che, allora, sia difficile poter pensare nel prossimo futuro, di dare le risposte che servono perché questo Paese di soldi non ne ha più. Abbiamo discusso sulla no tax area, abbiamo presentato anche un emendamento sulla regione autonoma e questo non sarebbe anticostituzionale se tutti fossimo d'accordo: fateci il piacere, per un anno o due anni, di darci la piena autonomia; voi, poi, potete scordarvi del terremoto, potere scordarvi delle realtà produttive dell'Emilia, potete scordarvi degli emiliani, vi sapremo dimostrare cosa riusciamo a fare - non come avviene in Sicilia con quell'autonomia che ha da sessant'anni e che ha creato solo buchi -, cosa si potrebbe fare con persone serie quando, con le risorse necessarie, queste si mettono a lavorare.
Se vi è un motivo per cui sono entrato nella Lega Nord Padania e sono venuto qui a combattere, è quello, e quando tocca casa mia, a maggior ragione, mi sento di dover dire: a questa battaglia, Governo, non siamo disposti a rinunciare. Domani celebreremo il vostro fatidico «sì», ma sappiate che i testimoni di nozze magari si sono già allontanati, e qualcuno di voi ha perso anche l'anello. Facciamo le cose bene, ripensateci fino a domani. Credo che la Lega Nord Padania non abbia problemi a presentare un emendamento o due, lo faremo in mezz'ora, però non arriviamo al voto di fiducia, perché sarebbe davvero un segnale negativo, nonostante uno sforzo positivo che in questo mese abbiamo fatto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Miglioli. Ne ha facoltà.

IVANO MIGLIOLI. Signor Presidente, sottosegretario D'Andrea, onorevoli colleghi, alle 4.03 di domenica 20 maggio la terra ha violentemente tremato: un terremoto di magnitudo 5.9. Il 29 maggio, alle ore 9, una nuova violenta scossa: magnitudo 5.8. Da allora ad oggi centinaia di scosse. Ad essere colpite sono tre regioni, sei province, decine di comuni classificati, solo dal 2003, a basso rischio sismico. Un terremoto, anzi due, che hanno colpito al cuore la nostra regione, la mia regione, l'Emilia, portando con sé il dolore profondo per il decesso di 27 nostri concittadini. In queste settimane si è operato, in primo luogo, nell'assistenza alla popolazione così duramente colpita (ancora oggi sono 11 mila gli sfollati); il secondo obiettivo è stato quello della verifica dei danni: vi sono interi centri storici cancellati, moltissimi capannoni lesionati, edifici pubblici, scuole, chiese e rocche completamente distrutti. Sono stati eseguiti oltre 41 mila sopralluoghi. Il 36 per cento delle abitazioni ha subito danni significativi (tra le 10 e le 13 mila). Per gli edifici scolastici vi sono da sistemare, da qui a settembre, 18 mila studenti, e per garantire l'apertura dell'anno scolastico, vi sono da realizzare 28 scuole e 600 aule. Per i centri storici, i beni culturali, la dimensione dei danni è gigantesca.
Si tratta di un terremoto, poi - lo hanno ricordato altri colleghi -, che ha una sua specificità, che riguarda la connotazione industriale: vi sono 5 mila imprese colpite, 5 mila e 500 imprese danneggiate; 25 mila lavoratori interessati. L'area colpita produce oltre il 2 per cento del PIL nazionale, con punte di eccellenza del sistema industriale italiano: il biomedicale, la ceramica, l'agroalimentare, la meccanica. Non chiediamo né assistenza né prebende, ma questo terremoto è un'emergenza nazionale, e il Paese in modo solidale deve rispondere. Non dobbiamo essere lasciati soli, perché da soli non possiamo farcela: è l'appello che lanciò, all'inizio, il presidente Errani, ed è un appello, voglio dire, che è stato generalmente raccolto, dal Presidente Monti, che ha visitato in più occasioni i luoghi del Pag. 42terremoto; dal Presidente Napolitano, che è venuto nelle nostre terre a portare la solidarietà di tutto il Paese e, per ultimo, ma non certo per importanza, dal Santo Padre, e prima di lui dal Dalai Lama. Non ci siamo sentiti soli, ma da subito, come siamo abituati, ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo rialzati.
Permettetemi di ringraziare i sindaci e gli amministratori, impegnati ventiquattro ore al giorno a cercare di dare risposte ai mille problemi e a dover far questo, spesso senza risorse e a volte dovendo fare i conti - anzi, spesso - con un'eccessiva burocrazia, e spesso dovendosi assumere direttamente delle responsabilità. In un Paese in cui la politica è così screditata, viene da loro, da quegli amministratori, da quei sindaci, di ogni orientamento politico, un esempio di impegno civico, di buona politica, quella a servizio delle proprie comunità. Quei sindaci vanno ascoltati. Infine, voglio ricordare la risposta composta, dignitosa, improntata alla volontà di ripartire, della popolazione, che continuo a trovare, caro collega Alessandri. Vi sono due foto che a me sono rimaste particolarmente impresse, e questi due scatti ritraggono due storie di questo nostro terremoto. Il primo scatto è stato fatto in un parco pubblico di Mirandola; è il giorno degli esami di maturità.
Una classe di ragazzi e ragazze che indossano una maglietta con scritto «a ten bota», non traduco. Il secondo scatto ritrae un ragazzo ed una ragazza mentre sono in un campo di quelli allestiti e siamo a Cavezzo. Stanno distribuendo i piatti, portano il pasto, sono volontari e indossano una maglietta con scritto in grande «niente paura», è il titolo di una canzone di Ligabue. Ecco, la dignità della gente emiliana sta in quelle scritte su quelle magliette, «a ten bota» e «niente paura», anche se in verità la paura di fronte ad un terremoto è davvero tanta.
Ma, accanto alla paura, c'è tanta voglia di tornare alla normalità, di riprendere il lavoro, come si dice nelle nostre terre: «turné a lavurer». Nel cuore produttivo emiliano di altissima qualità, perdere anche solo alcune settimane di lavoro, può significare perdere quote di mercato e spingere le aziende, tra cui alcune multinazionali, a ricercare altre localizzazioni.
È strano come nelle catastrofi, nei drammi, si comprenda meglio e di più, ciò che fonda il tessuto connettivo di una società: il lavoro. Il lavoro inteso come lo strumento principale dell'integrazione sociale, del senso di sé di una comunità. Il lavoro dei dipendenti, degli operai e degli impiegati, il lavoro degli artigiani, dei commercianti e degli imprenditori, che sono così largamente presenti in queste nostre terre.
Tuttavia, tra l'esigenza di riprendere a lavorare e l'esigenza della sicurezza, talvolta si aprono contraddizioni, ancor di più di fronte ad un fenomeno così indecifrabile come il terremoto. Ma la sicurezza - lo ribadiamo - non è negoziabile, non si baratta. E mi riferisco ad un imprenditore che ha fatto sottoscrivere ai dipendenti una clausola liberatoria, per fortuna un episodio isolato. In generale, infatti, in quelle terre si registra una forte coesione sociale, un'unità di intenti che ha visto le istituzioni, le organizzazioni delle imprese, i sindacati dei lavoratori, gestire questa fase di emergenza, ad esempio, con il ricorso, per oltre 25 mila lavoratori, agli ammortizzatori sociali.
È necessario fare presto e fare bene in condizioni di sicurezza, e il decreto-legge che abbiamo all'esame, contiene alcune prime risposte utili, non solo ad affrontare la fase dell'emergenza, ma anche per iniziare la ricostruzione. Certo, il decreto-legge non affronta tutto e non è sufficiente, a partire dalle risorse, a garantire la ricostruzione.
Tra le risposte positive la prima attiene alla scelta della governance affidata ai presidenti delle regioni e agli amministratori locali. In secondo luogo, le risorse sono 2,5 miliardi di euro, che sono una cifra importante ma ancora non certa, non sicura e comunque largamente insufficiente visto che la stima dei danni è due o tre volte tanto questa cifra.
Anche per le norme relative all'agibilità degli edifici produttivi e delle abitazioni, così come per i primi interventi a favore Pag. 43delle scuole, si è avviato un processo che va nella giusta direzione, ma, appunto, è stato solo avviato un processo. Allo stesso modo, per le prime misure a sostegno del credito alle imprese, tese a favorire la sistemazione e la messa in sicurezza degli impianti. Ma accanto a queste luci, in questo decreto-legge vi sono - eppure prendiamo atto che vi è stato un miglioramento grazie al lavoro in Commissione, anche se domani attendiamo l'esito del lavoro della V Commissione (Bilancio) - delle ombre e dei limiti.
In primo luogo, il fatto che la scelta di affidare una responsabilità ai commissari e ai sindaci non è accompagnata dalla possibilità di utilizzare strumenti e risorse adeguati. Infatti, le parziali modifiche al Patto di stabilità per i comuni, non sono sufficienti - lo ripeto, non sono sufficienti - rispetto alle esigenze e alle domande delle comunità. Non possiamo affidare ai sindaci solo le responsabilità. Sovrani a parole, dice stamattina qualcuno. Dobbiamo metterli nelle condizioni di operare, ed è indispensabile, ad esempio, superare il Patto di stabilità per il personale.
Il rinvio degli adempimenti fiscali fino a novembre e dicembre e non fino a giugno 2013 non è sufficiente. Quella scadenza andrà modificata, così come occorrerà intervenire con altri provvedimenti a cominciare dal decreto-legge cosiddetto sviluppo. Non abbiamo alcun tabù, siamo disponibili ad un confronto, siamo interessati a discutere di tutto ma, collega Alessandri, concentriamoci sulle cose possibili, evitiamo di discutere di cose immaginarie, soprattutto cerchiamo di evitare di dare illusioni alla gente, parliamo di fatti concreti.
E di fatti concreti ne abbiamo realizzati. Ne ha realizzato uno la politica quando ha deciso di destinare il 50 per cento del contributo pubblico dei partiti alla ricostruzione del terremoto. Abbiamo fatto bene e potremmo continuare su questa strada, ad esempio destinando una parte del disavanzo, che abbiamo sul bilancio della Camera, alle zone terremotate.
Presidente, noi non ci rassegniamo all'idea che il nostro territorio non possa essere ricostruito. Sarebbe un colpo mortale non solo per l'Emilia Romagna, ma lo sarebbe per l'intero Paese. Tuttavia non vogliamo fare quello che è stato fatto all'Aquila, ad esempio non dovremmo espletare alcuna gara pubblica al massimo ribasso perché bisogna essere coscienti che l'infiltrazione mafiosa, che già opera nei nostri territori, tenterà in tanti modi di mettere le mani sulla ricostruzione.
C'è chi si presenta e dice: «Sistemo tutto in poche settimane. Faccio un ribasso del 30 o del 40 per cento». Ebbene, si segnalino nome e cognome al prefetto, al commissario, al magistrato. I furbi e i furbetti debbono sapere che troveranno una comunità intera pronta a vigilare.
Dicevo che con il decreto-legge si compie un primo atto: poniamo le basi e le fondamenta per la ricostruzione. Vogliamo che siano - a proposito di terremoto - fondamenta solide, perché quello che è accaduto in alcuni capannoni non avvenga più. Si tratta di un primo passo: la strada è lunga e, dunque, è necessario tornare in Aula con successivi provvedimenti. Penso anch'io - lo ha detto il relatore e lo hanno detto altri - che sia necessaria una legislazione specifica.
Concludo, signor Presidente. Lo faccio leggendo un comunicato della Bellco, una delle aziende leader mondiale nel settore biomedicale. È della settimana scorsa: «Abbiamo preso la decisione di restare nel distretto seppure a fronte di un'operazione complessa e particolarmente onerosa. Lo facciamo perché non può essere disperso il patrimonio della nostra manodopera e - conclude il comunicato - la Bellco deve la sua storia e il suo successo a questo territorio e vogliamo continuare a guardare al futuro da qui, da Mirandola».
Signor Presidente, vogliamo anche noi, come la Bellco, continuare a guardare al nostro futuro da lì, da Mirandola, da Cavezzo, da San Felice, da Medolla, da Concordia, da Novi, da Camposanto, da Finale, da Ravarino, da San Possidonio, da San Prospero da Soliera, sapendo che, dopo i «due giri di mazurca» del 20 e del 29 maggio, la situazione è davvero difficile. La nostra provincia e la nostra regione e Pag. 44la sua storia non sono mai state sottoposte ad un'impresa così impegnativa e difficile, ma tra distruzione, dolore, paura, sta emergendo in queste settimane un tratto delle nostre comunità che è il vero motore che ci aiuta a ripartire, perché ricostruire non è solo un problema di rimettere insieme dei mattoni, ma in primo luogo di rapporti umani, di legalità, di identità di una comunità, di rispetto della legalità, di trasparenza, di partecipazione, di passione, di voglia di fare, di solidarietà e di amore per la propria terra.
Ci sono e ci saranno dei problemi e dei disagi. Ci vorrà tempo, non dei mesi, ma degli anni. Sappiamo che da soli non ce la possiamo fare e per questo abbiamo sempre detto: «Aiutateci a ricostruire l'Emilia, perché in questo modo ricostruiamo anche il Paese». Sappiamo, quindi, di avere di fronte una sfida impegnativa. Ci ricordiamo le parole del Presidente Napolitano e del Presidente Monti: «Non sarete lasciati soli». Sappiamo anche che i riflettori si spegneranno, ma sono convinto - a differenza del collega Alessandri - che ce la faremo a ricostruire fabbriche, case, scuole e monumenti, perché lì dove ci sono le nostre terre, ci sono le nostre radici. Ce la faremo per noi e per i nostri figli (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, credo che quando c'è da discutere su un provvedimento per un evento così importante, come quello del terremoto in Emilia e nelle altre regioni limitrofe, bisognerebbe riflettere se è giusto che ogni volta si faccia un provvedimento per il singolo evento, o se non sia più giusto, invece, procedere prima dell'evento a formulare una legge che comprenda grosso modo tutti gli effetti di tali fenomeni, perché il terremoto in Italia comunque c'è stato, c'è oggi e ci sarà anche in futuro.
Abbiamo visto bene, come classe dirigente italiana, quando nel 2005 si è estesa la classificazione sismica anche a quei territori, che erano considerati immuni, perché si diceva che l'ultimo terremoto risaliva al 1570 e, prima di quel periodo, si pensava che il terremoto in Val Padana non ci sarebbe stato, o comunque non un terremoto di quel genere. Invece, è stato giusto evitare che ci si trovasse di fronte ad un disarmo completo, tanto è vero che, dopo il 2005, molti capannoni sono stati costruiti con le nuove regole stabilite nel codice dei lavori pubblici e soprattutto nel testo delle norme tecniche che successivamente sono state preparate e valevoli per tutto il territorio italiano.
Ci dobbiamo, però, rendere conto, quando parliamo di queste cose, che la via maestra è quella della prevenzione.
Noi non possiamo non pensare al fatto che questi danni ammontano a circa 6 miliardi (a 5 miliardi e più): ci sono morti e feriti, ci sono le conseguenze economiche per quel territorio e delle ferite che non si rimargineranno subito; quindi è necessario pensare che lo Stato non deve intervenire sempre dopo, ma può intervenire anche prima; e si può intervenire prima cominciando ad adeguare le costruzioni a criteri antisismici, occorre cioè adeguare tutto ciò che si costruisce sul territorio, in modo da ridurre al minimo gli effetti dei terremoti. Se dei cinque miliardi che dovranno essere investiti o dei 40 miliardi che sono stati investiti per l'Irpinia e per gli altri terremoti successivi, si fosse investito preventivamente il 30 o il 40 per cento, avremmo avuto in tutto il territorio nazionale l'adeguamento sismico e, qualche volta, l'isolamento sismico degli edifici strategici. Questi, certamente importantissimi, sono stati già considerati da una norma italiana, solo che il capitolo di spesa relativo all'adeguamento sismico degli edifici strategici, non si è mai riempito completamente. Noi, una volta finito l'effetto dei terremoti sui media, tendiamo a dimenticare per poi ricordarcene in occasione del terremoto successivo.
Quindi, è necessario proprio adesso, finita la parte delle lamentele e dei piagnistei, ricordare che, per evitare gli effetti di terremoti così devastanti come quelli Pag. 45dell'Emilia Romagna, dobbiamo provvedere a finanziare perlomeno quel capitolo di spesa. Oggi approviamo un decreto-legge che, a mio avviso, innova un provvedimento, approvato recentemente, oltre ai vecchi provvedimenti. Sono più d'accordo con questo decreto-legge che con quello che doveva essere una specie di legge quadro, cioè il decreto-legge n. 59 del 2012. Già deroghiamo a quello ed è giusto. Credo che sia più giusto investire gli organi decisionali delle regioni, ed avere fiducia nei presidenti della regioni. Quindi, il fatto che sia il presidente Errani ad emanare disposizioni e non il direttore del Dipartimento della Protezione civile, come prevedeva la legge quadro di cui parlavo prima, credo che sia più giusto, anche perché si investono così gli organismi eletti dal popolo.
La VIII Commissione (Ambiente) ha fatto un grande lavoro. Certo, c'è il rammarico di non poter approvare questo provvedimento senza ricorrere alla posizione della questione di fiducia, ma probabilmente la spiegazione della posizione della questione di fiducia risiede proprio in quel migliaio di emendamenti che sono stati presentati in Commissione: almeno 900 li abbiamo potuti mettere da parte, ma chiaramente coloro che stanno dietro a quei 900 emendamenti, probabilmente si farebbero sentire anche in Aula e quindi forse i tempi di approvazione del decreto-legge sarebbero stati molto più lunghi di quello che si potrebbe pensare. Questo è un rammarico perché vuol dire che il Parlamento e la Camera non sono in grado, anche su un argomento così importante ed unificante, come quello concernente gli effetti del terremoto, di approvare il provvedimento con una discussione la più ampia possibile.
Speriamo che domani mattina la Commissione bilancio trovi quei mezzi finanziari, quei finanziamenti che sono sfuggiti alla Commissione VIII, che non poteva decidere per la Commissione bilancio e che possa domani, anche se con la fiducia, approvarsi un decreto-legge che diventi legge che possa dare risposte a questo territorio così colpito e che a mio avviso deve essere messo in condizioni di sicurezza. In futuro non si devono ripetere episodi di questo genere. Pensate per esempio alla crisi del Parmigiano, agli effetti sull'attività di centinaia di migliaia di operatori e noi dobbiamo essere onesti fino in fondo, lì c'è il lavoro e il sudore di tante famiglie ma c'è anche il lavoro ed il sudore di tanti emigrati meridionali, lo devo dire con molta passione. A Reggio Emilia ci sono gruppi di meridionali che lavorano e che portano avanti l'attività economica in quella regione tanto da essere premiati dagli stessi emiliani «di nascita». Voglio citare per tutti la città di Reggio Emilia dove alcuni paesi calabresi hanno abitanti più numerosi in Emilia, l'esempio che cita adesso il presidente Castagnetti mi fa venire in mente proprio Cutro, i cutresi di Reggio Emilia sono più numerosi dei cutresi che stanno in Calabria. Quindi c'è lì la coesione nazionale, in quella regione e nelle altre colpite.
Quindi io dico che il Parlamento si deve unire e votare al massimo unito domani questo provvedimento anche se ritengo che la posizione della questione di fiducia potrebbe portare qualche gruppo, anche se convinto sostenitore dei contenuti, a votare per fatti formali diversamente dall'approvazione del provvedimento.
Ringrazio il relatore che è stato di una pazienza incredibile, ringrazio il presidente Alessandri che ha guidato bene la Commissione e tutti i membri della VIII Commissione e spero di poter ringraziare domani anche i membri della V Commissione se fanno un lavoro per poterci dare respiro nell'approvazione di questa legge (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Grande Sud-PPA e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, in queste ore sui media e nei prossimi giorni in Senato si discute e si discuterà del decreto-legge relativo alla spending review e c'è una tensione molto alta unita alla forte preoccupazione per i Pag. 46tagli annunciati agli enti locali e alle regioni. Qualcuno potrebbe obiettare che cosa c'entra con il decreto-legge sul terremoto di cui stiamo discutendo oggi, a mio parere centra eccome.
Ascoltate bene amici del Governo, la tragedia che ha colpito la mia regione non sarebbe stato nemmeno immaginabile affrontarla senza l'abnegazione, la generosità e la capacità dei sindaci dei comuni colpiti - come ha ricordato molto bene il collega Miglioli - che senza sosta, assieme ai loro collaboratori assessori e consiglieri, si sono immediatamente prodigati per organizzare i primi soccorsi e che stanno ancora oggi, dopo un mese e mezzo, costantemente accanto alla loro gente.
Sono donne e uomini che si impegnano al servizio della loro comunità per l'amore per la propria terra, percependo tra l'altro indennità che sarebbe più appropriato definire una sorta di rimborso spese, sono pochi euro.
Dico questo per due ragioni, la prima sta nel fatto che bisogna uscire dalla logica, che sta crescendo anche su impulso di parte della classe dirigente del Paese e dell'informazione, che tende a demonizzare gli enti locali e che si traduce anche in questi giorni nei famigerati tagli lineari, quindi attenzione a dove tagliate, lo dico al Governo, non tutti gli enti locali sono spreconi, non tutte le regioni buttano via denaro pubblico. Pensiamo al fatto ad esempio che l'assistenza sanitaria alle centinaia di feriti del terremoto è stata interamente sostenuta dal servizio sanitario regionale dell'Emilia Romagna, senza chiedere un euro in più allo Stato, a proposito di tagli lineari alla sanità.
La seconda ragione sta nel fatto che nel decreto-legge non è stata accolta la proposta che avevamo avanzato di sospendere dai vincoli del Patto di stabilità interno i comuni del cratere del terremoto.
Su questo c'è un impegno verbale del Governo e noi riteniamo che debba essere rispettato nei fatti, a partire dai prossimi provvedimenti di legge in discussione. Ma va detto anche delle regioni. Cerco di frequentare molto il mio territorio e la mia città, che è Imola, che peraltro per fortuna ha solamente avvertito scosse forti senza subire alcun danno, e in tanti che mi incontrano per la strada mi dicono di fare i complimenti e di ringraziare per loro il presidente della regione Vasco Errani, perché: lo vediamo sempre tra i terremotati, lo abbiamo ascoltato più volte in TV, in particolare in occasione della memorabile serata musicale allo stadio Dallara di Bologna. Aggiungono: Errani è un presidente che crede in ciò che fa, lo fa bene, comunica tratti di umanità non sempre rintracciabili e da lui ci sentiamo ben rappresentati e in buone mani. Dico questo perché in quest'Aula nei giorni passati ho ascoltato parole diverse. Aggiungo che Errani non è il solo, che i nostri amministratori interpretano benissimo il carattere delle popolazioni che amministrano, che non è il «ci arrangiano da soli», ma la sobrietà di comportamento di fronte alla tragedia e la forza di reagire a prescindere, facendo leva su ogni loro risorsa. Ed assieme a loro ci sono i parroci, che vanno ringraziati e ricordati per l'opera che stanno facendo e che hanno avuto giustamente un riconoscimento, come tutte le popolazioni colpite dal terremoto, dalla presenza di Benedetto XVI pochi giorni fa. Detto questo, vi dico però che l'Emilia Romagna ha bisogno di aiuto. Le dimensioni di questo sisma lo impongono e lo hanno compreso milioni di italiani, che hanno dato il loro contributo anche economico secondo le loro possibilità. Altro che regione autonoma, separata dall'Italia, di cui ho sentito parlare anche in questo dibattito oggi pomeriggio, questi italiani ci dicono che l'Italia è unica, che è un Paese unito e che vuole rimanere tale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Cambursano), che ha ragione Giorgio Napolitano quando, anche presentandosi nelle zone terremotate, ha testimoniato questo suo impegno etico e valoriale per il nostro Paese, come è stato per tutto l'anno scorso in occasione del centocinquantesimo. Lo hanno compreso le centinaia di associazioni di volontariato, laiche e cattoliche, del sociale, della cultura, del lavoro e dello sport, che sono incessantemente Pag. 47all'opera per dare una mano. Certo lo ha compreso anche il Governo, che ha dichiarato immediatamente lo stato di emergenza e ha mobilitato i vertici della Protezione civile, nominando commissari non gente estranea ma i presidenti delle regioni. Consentitemi un particolare ringraziamento al dottore Gabrielli, il Capo della Protezione civile. Il Governo ha fatto poche passerelle di presidenti e ministri - questa è una buona notizia, perché in altre occasioni non è stato così - ed ha assunto l'impegno di fare un decreto-legge, che è il provvedimento che stiamo esaminando oggi. È apprezzabile come primo passo, ma non sufficiente per affrontare più efficacemente i temi della ricostruzione delle abitazioni, delle scuole, dei beni culturali e religiosi, ed in particolare per consentire la ripartenza immediata del sistema produttivo colpito e raso al suolo. Qui sta il cuore della questione a mio parere, qui sta la diversità. Signor Presidente, signori del Governo, la differenza tra questo terremoto ed i precedenti che hanno devastato molte parti del Paese è che questo è il primo terremoto della storia d'Italia che colpisce una zona dove si produce il 2,5 per cento del PIL nazionale. Sono interessate, come veniva detto, cinquemila imprese e venticinquemila lavoratori. Se non si introducono misure fiscali subito per fare ripartire la produzione di quell'area, sarà l'intera economia nazionale a subire un ulteriore e pesantissimo colpo ed in questo momento ovviamente non ce n'è bisogno; l'economia italiana è già duramente colpita e non ha bisogno di ulteriori colpi.
Per questo, avremmo voluto che fossero stati accolti dal Governo emendamenti concordati tra tutte le forze politiche in un lavoro di concertazione tra i parlamentari dell'Emilia Romagna e di altre regioni, facenti parte di tutti i gruppi, in particolare della Commissione ambiente, con particolare riferimento ad alcune questioni concrete, che non vediamo sufficientemente accolte nella proposta che arriva in Aula e su cui sarà posta la questione di fiducia.
Vi è la sospensione del Patto di stabilità per i comuni, che devono poter gestire gli interventi con le risorse che hanno in cassa: il vincolo del Patto di stabilità impedisce loro di utilizzarle. Questa è una contraddizione gigantesca per tutti i comuni d'Italia, ma figuriamoci per i comuni delle zone terremotate.
Sul credito d'imposta per le imprese noi continueremo a batterci, a cominciare dal decreto sviluppo, al quale abbiamo già presentato emendamenti che vanno in quella direzione, per le ragioni che dicevo prima. Vi è la sospensione degli adempimenti fiscali e tributari per i cittadini e le imprese per un periodo che comprenda - così avevamo proposto - tutto il 2013, e non soltanto, come previsto in questo decreto, per pochi mesi. È una cosa che apprezziamo, ma pochi mesi sono pochi mesi e non sono sufficienti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 20)

MASSIMO MARCHIGNOLI. Abbiamo riscontrato una disponibilità molto relativa su alcune di queste questioni, alcune delle quali, ad iniziare dal credito di imposta, dicevo, cercheremo di riproporre nel decreto sviluppo.
Insisteremo, quindi, signor Presidente, affinché la buona relazione istituzionale, che ha un valore in sé ed è stata avviata tra Governo, regioni ed enti locali su questa tragedia, non si limiti di qui in poi a puri e semplici formalismi, ma preveda presto nuovi contenuti, per affrontare con più efficacia questa vera e propria emergenza dell'Italia; non dell'Emilia Romagna, ma dell'Italia.
Concludo riprendendo la prima dichiarazione del presidente della mia regione, che diceva, e noi lo condividiamo: non chiediamo né assistenza né prebende, non un euro in più di ciò che serve.
Questo decreto-legge, dico io, è un primo passo e noi lo voteremo, ma occorre fare molto di più, facendo bene e in poco tempo, perché il tempo stringe e abbiamo bisogno di misure all'altezza per far ripartire Pag. 48un territorio essenziale per il nostro Paese e per dare serenità a migliaia e migliaia di famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, approfitto dell'occasione, non avendo potuto farlo in un'altra in Parlamento, per ricordare ancora, con un pensiero davvero di sofferenza, ma anche di preghiera, le vittime e i loro familiari, colpiti da questa immane tragedia che ha coinvolto tre regioni o fette importanti di regioni del nostro Paese, così come non posso esimermi dal ringraziare - lo hanno già fatto anche altri - i tanti che si sono prodigati da subito per tentare di risollevare la situazione nell'emergenza e dare delle risposte immediate.
L'obiettivo di questo decreto-legge, come ben sappiamo, è quello di ricostruire ciò che è stato distrutto e di mettere in sicurezza ciò che è ancora in piedi, ma che rischia di creare problemi, visto che le scosse ancora continuano, anche se, per fortuna, sono di lieve entità.
Ma vi è un altro obiettivo importante (lo ricordava adesso il collega che mi ha appena preceduto), che è quello di ricostruire un tessuto produttivo, uno dei più importanti dell'Italia. Vengo da una regione, il Piemonte, che sicuramente ha caratteristiche simili, ma la concentrazione di imprese che vi era in quel vasto territorio credo che non si trovi altrove.
Venivano citate le migliaia di imprese che sono state colpite e le centinaia di migliaia di addetti e di lavoratori di queste imprese. Non dimentichiamo che, per la prima volta, un terremoto ha colpito fabbriche e ha lasciato tra i cadaveri tanti lavoratori, anche in occasione della seconda scossa.
Questo vuole dire che quei lavoratori non si tirano indietro quando vi è bisogno di dare una mano a risollevare il Paese. Sono un ex amministratore locale, signor Presidente, sono un ex sindaco anche io, un ex assessore di provincia. Ero tale quando le alluvioni del 1994, e poi ancora quelle del 2000, hanno colpito il mio Piemonte.
So che cosa vuol dire affrontare l'emergenza in un momento drammatico come quello.
Ho apprezzato molto il collega Miglioli per il suo intervento, oltre che per le cose che ha detto, anche per la passione che ci ha messo. Vuol dire proprio che lo sente dentro. E dovrebbe essere esattamente questo lo spirito che ci deve animare, non le polemiche, ma come, insieme, facendoci «la punta al cervello», come diceva un mio amico, trovare i modi per rispondere nell'immediato, in termini sia finanziari, ma anche di intervento, ai bisogni delle popolazioni colpite.
Credo però che non ci dobbiamo esimere dal constatare - lo dico con sofferenza e con rammarico al rappresentante del Governo presente questa sera in Aula, anche se non ha la competenza diretta finanziaria, ma universale, rappresentando i rapporti con il Parlamento, ha ragione il presidente Castagnetti - il problema delle risorse finanziarie. È stato calcolato che insieme, l'uno sull'altro, sono stati messi a disposizione lì intorno circa 2,5 miliardi di euro. Se noi pensiamo che, soltanto limitandoci ai danni alle imprese e alle infrastrutture produttive - nella vasta gamma, ovviamente, da quelle industriali, a quelle artigianali, commerciali e agricole -, si sfiorano i 4,5 miliardi, questo dà subito la dimensione di quanto ancora necessiti in termini di risorse per far fronte a quei bisogni.
Constatiamo però positivamente che c'è - anche qui lo dico però non con polemica - un cambio di marcia, o meglio, se preferiamo, un cambio di approccio rispetto a quello che è stato fatto ancora di recente, stiamo parlando soltanto di tre anni fa, anche se sembra un secolo fa, cioè quanto accaduto nel vicino Abruzzo. La parentesi di una gestione ahimè non all'altezza di quanto avvenuto in Abruzzo è lì a dimostrarlo, se stiamo addirittura pensando ad un nuovo provvedimento che Pag. 49riscriva, come ci ricordava il collega Misiti dall'alto della sua competenza tecnica, alcune regole importanti.
Basta centralismo. Bene, mi fa piacere che venga finalmente attuato un provvedimento che demanda con carta bianca ai presidenti delle regioni la responsabilità della ricostruzione e della ripresa della produzione su un territorio che tocca tre regioni. Ma allora, permettetemi, non sono in Aula in questo momento esponenti della Lega Nord, ma come si fa ad accettare lezioni di federalismo quando hanno avallato nel recente passato direzioni esattamente opposte, cioè tutto doveva essere concentrato nella coppia B&B, Berlusconi e Bertolaso.
Bene, io credo però che occorra andare a vedere dentro. È stato immaginato, scritto, con questo provvedimento che viene costituito un fondo che viene messo a disposizione dei presidenti delle tre regioni. Il fondo è alimentato, come sappiamo tutti, nel limite dei 500 milioni di euro, con la disponibilità aggiuntiva, con l'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio usato come carburante, fino al 31 dicembre 2012, cioè alla fine di quest'anno. Però, permettetemi, io credo che sia anche troppo facile, rappresentante del Governo, ritornare sempre sulla accisa sulla benzina. È facile immaginare di percorrere strade già viste. Pensiamo soltanto un momento a quante volte nell'arco degli ultimissimi mesi - quattro o cinque mesi, sette se vogliamo - è stata messa mano all'aliquota sulle accise sui carburanti. Ne ricordo solo tre, quella del 28 novembre scorso, quando è stata aumentata di 8,90 euro per mille litri l'aliquota per andare a rimpinguare il Fondo di riserva per le spese impreviste per quanto era accaduto in termini di alluvione che aveva colpito la regione Liguria e la regione Toscana.
Anche la legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183 del 2011) è intervenuta addirittura con due articoli: l'articolo 34, comma 4, ha aumentato le accise per alimentare gli impianti, per i gestori degli impianti di distribuzione del carburante; anche l'articolo 33 della stessa legge, al comma 30, ha previsto un ulteriore aumento della copertura di oneri a disposizione, a favore delle popolazioni dell'Abruzzo e questo per complessivi 65 milioni di euro per il corrente anno.
Ma c'è anche la recente misura dell'accisa fissata dall'articolo 15 del decreto-legge n. 201 dello scorso anno, che con decorrenza 7 dicembre ha ulteriormente aumentato l'accisa. Ecco, potrei continuare così quasi all'infinito. Ma io mi pongo una domanda, perché questo deve essere lo scopo di un dibattito parlamentare, perché altrimenti, se si fa una semplice analisi, non si va molto lontano: riusciamo noi, insieme, ad individuare altre fonti di finanziamento? Se poi è necessario, anche quella. Fate, infatti, attenzione: l'automobile non è un bene di lusso, per lo meno per il 90 per cento degli italiani, che la usano per ragioni di lavoro, autonomo o dipendente, visto come funzionano i nostri mezzi di trasporto pubblico. Soprattutto chi, come me, viaggia ancora sovente in treno lo può verificare giornalmente.
Ebbene, io dico che vi sono altre fonti di finanziamento. Se l'automobile è un bene ormai quasi indispensabile per tutti, è possibile che non vi siano beni di cui se ne può fare a meno? O, per chi proprio non può farne a meno, che possano esseri rincarati in termini di aliquote, di imposte o di tasse? Penso per esempio ai prodotti alcolici, penso per esempio alle sigarette. Voi direte: anche questo fa parte di uno sfogo psicologico oltre che fisico.
Pazienza! Anzi, sappiamo che il fumo uccide. Ma c'è un'altra partita ed è di oggi, si trova sui giornali di oggi: l'aumento, in termini di incremento all'erario, dei proventi che derivano dai giochi, soprattutto dal Gratta e Vinci. Se uno vuole divertirsi o ha il vizio - perché purtroppo diventa anche quello - lo faccia pure, paghi lui quello che è giusto, ma non quelli che usano il mezzo per andare a lavorare, che riguardano, per l'appunto, la stragrande maggioranza dei cittadini.
Poi c'è un'altra legge. Questo lo dico piano, ma sappiamo che è stata oggetto anche di fermo momentaneo. Mi riferisco Pag. 50alla legge cosiddetta mancia. Proviamo a fare un ripensamento generale rispetto a quel provvedimento, destinando queste risorse, che erano state previste per quegli scopi, sia pure nobilissimi. Attenzione, io non eccepisco sul merito della cosiddetta legge mancia, ma vi sono delle priorità. È questa del terremoto in Emilia, in Lombardia e in Veneto una priorità? Sì o no? Se sì, la risposta è insita nella domanda stessa.
E poi - e qui non è una novità almeno per chi vi parla - vi è quella della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Io non ho approvato questa legge, che è stata definitivamente approvata dal Senato della Repubblica nei giorni scorsi, perché la proposta che avevo fatto era ben altra, perché doveva essere soltanto volontaria. E invece? Per carità, un bel passo avanti è stato fatto, laddove è stato previsto che vengono destinate le risorse quantificate in 165 milioni sui due esercizi 2012-2013 a questo scopo. Quindi ben venga ciò, certamente.
Oltre al fondo di solidarietà, che è stato previsto dall'Unione europea con un regolamento che addirittura risale a dieci anni fa, ma che non sappiamo ancora quantificare, perché dipende, tra virgolette, dalla «bontà» dell'Europa di ricordarsi che esistiamo anche noi, io credo che un'attenzione particolare la dobbiamo, però, porre rispetto al miliardo previsto per il 2013 e all'altro miliardo per il 2014, andando ad incidere su voci di spesa indicate all'allegato della legge n. 225 del 1992, così come modificato, tra l'altro, dal decreto-legge che noi abbiamo approvato e abbiamo trasmesso al Senato della Repubblica, che scade proprio tra qualche giorno, se non ricordo male il 14 di questo mese.
Io credo che tra quelle voci che potrebbero essere oggetto di tagli - e qui richiamo davvero l'attenzione del rappresentante del Governo - ci siano voci di spesa che riguardano sia la spesa corrente ma anche quella di investimento, di capitali. Ci sono delle spese rimodulabili e ci sono delle spese non rimodulabili. Ecco perché genericamente, così come viene indicato, il rischio grosso è che si vada ad incidere nella carne viva. Voglio ricordare semplicemente che il Servizio del bilancio della Camera ha in proposito sollevato delle criticità forti, robuste, segnalando per l'appunto che ci sono capitoli di spesa che riguardano, per esempio, l'attuazione del federalismo amministrativo. E allora è qui che noi vogliamo andare ad incidere? Io credo, spero proprio di no. Vado velocemente a conclusione, signor Presidente, per dire che occorre sì prevedere che la spesa sui finanziamenti che vengono messi a disposizione direttamente con risorse proprie dagli enti locali sia espunta dall'obiettivo del Patto di stabilità interno, ma come ricordavano quasi tutti, se non tutti coloro che mi hanno preceduto, l'entità di 50 milioni, come sappiamo, così come distribuito, è davvero ben poca cosa. Credo sia assolutamente improprio prevedere un limite alla deroga al Patto di stabilità per i comuni colpiti dal sisma, trattandosi per lo più di un intervento in conto capitale. Credo che la recente riforma dell'articolo 81 della Costituzione ci consenta di derogare. Infatti è stato espressamente prevista tra le eccezioni anche quella in presenza, ahimè, di eventi drammatici come quello del terremoto di cui stiamo parlando. Se questo è consentito, se l'Europa ha avallato questa nostra riforma, io credo che non dovremmo preoccuparci oltremisura in un momento così delicato. Formulo un'ultimissima considerazione: anche qui, lo ricordava se non ricordo male il collega Mazzuca, alle province viene delegata la possibilità come è di legge e ovviamente di prassi, di disporre di risorse per il ripristino della messa in sicurezza degli edifici scolastici. Questa è una di quelle voci che deve essere assolutamente espunta in via totale dal Patto di stabilità.
Concludo, signor Presidente, rivolgendo un invito ancora una volta. Noi abbiamo una cassa che sta diventando l'unica vera banca nazionale, non quella del lavoro, perché l'abbiamo ceduta ai francesi. Mi riferisco alla Cassa depositi e prestiti, la quale ha a disposizione risorse piuttosto cospicue: sono stati costituiti fondi strategici per le attività imprenditoriali e per la messa in sicurezza. Io credo che anche qui Pag. 51- domani, in sede di V Commissione (Bilancio) di cui faccio parte, riproporrò questo passaggio - si possano attingere, nei limiti consentiti ovviamente, sicuramente risorse cospicue per rimettere questi territori in grado non solo di dare garanzia e sicurezza ai cittadini, che sicuramente è il primo obiettivo, ma di farli partire in termini di produzione, perché il contributo che danno all'economia del Paese è tale e tanto che non possiamo dimenticarcene.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, quello che è accaduto il 20 e il 29 di maggio ha segnato le nostre vite in modo indelebile, posso dirlo per esperienza personale vivendo a Carpi. Per chi vive nei comuni dell'Emilia, della Lombardia e del Veneto colpiti dal sisma esisterà purtroppo un prima e un dopo il terremoto, uno spartiacque di estrema durezza con il suo portato di dolore, lutti, distruzione, incertezza e fragilità. Molte persone hanno perso la vita in modo tragico. Tantissime hanno visto distrutti tutti i loro beni, i luoghi della loro vita quotidiana, le loro certezze quotidiane.
Case, fabbriche, scuole, chiese, luoghi della socialità, luoghi aggregativi se ne sono andati in pochi secondi e tutto pareva perduto, ma non è perduta la nostra dignità e la nostra determinazione con le quali noi tutti insieme, istituzioni e cittadini, vogliamo riprenderci semplicemente la nostra vita quotidiana. È il senso del motto impresso su questa maglietta, signor Presidente (la citava anche l'onorevole Miglioli), «a tiam bota», tradotto in italiano si fa un po' fatica: teniamo botta, che non è semplicemente un resistere, è qualcosa di diverso, localmente ha un significato più corale, collettivo (facciamo argine alle avversità ma lo facciamo insieme, non si fa argine da soli). «A tiam bota» significa farlo tutti insieme ed è quello che i nostri territori e le nostre popolazioni stanno facendo dal 20 di maggio. Abbiamo registrato, certo, una grande solidarietà - ne hanno parlato i colleghi che mi hanno preceduto, una solidarietà espressa da tutta Italia e da tutti i Paesi e non possiamo che ringraziare per questi slanci di altruismo - ma senza uno sforzo strutturale del nostro Paese, uno sforzo dello Stato, noi non possiamo farcela.
In questo senso il decreto che ci accingiamo a convertire in legge certamente è un primo passo importante per superare le emergenze e cominciare ad impostare la ricostruzione, ma - l'hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto - molti passi ancora restano da compiere, sebbene durante l'esame in Commissione ambiente il decreto si sia arricchito e sia stato integrato con importanti modifiche, anche rispetto al sistema di istruzione e di tutela dei beni culturali su cui mi soffermerò. Prima però vorrei dare merito alla VII Commissione (cultura, scienza e istruzione) che presiedo, di avere trovato anche su questa emergenza terremoto un punto di sintesi unitario nella definizione di soluzione dei problemi, problemi che la Commissione ha toccato con mano in una missione che abbiamo compiuto lunedì scorso a Cavezzo (Cavezzo è un piccolo comune al centro del cratere sismico modenese che ha pagato un tributo altissimo al terremoto e alla scossa del 29 maggio), e poi a San Benedetto Po e a Pegognaga nel mantovano, una provincia colpita e che sta soffrendo per le conseguenze del sisma ma di cui le cronache non danno spesso conto.
Credo di interpretare i sentimenti dei colleghi che hanno partecipato con me a questa missione, che quindi componevamo la delegazione, nell'affermare che è stato certamente un viaggio intenso, un viaggio pieno di emozioni oltre che di lavoro, un viaggio per acquisire quella consapevolezza necessaria ad assumere decisioni importanti, decisioni che poi incideranno sulla pelle viva delle persone che hanno dovuto affrontare e stanno affrontando enormi avversità determinate dal sisma e che ora si attendono che lo Stato renda esigibile il loro diritto alla casa, il diritto al lavoro, il diritto all'istruzione. Non chiediamo privilegi, chiediamo semplicemente Pag. 52che le istituzioni a tutti i livelli facciano la propria parte per mantenere fede al patto di cittadinanza con territori nostri operosi, virtuosi, generosi, dalla forte propensione civica e che soprattutto non sono mai venuti meno alla fedeltà fiscale. L'incontro con gli amministratori dei territori colpiti ha permesso di rendere chiari e netti i contenuti del parere che poi la Commissione avrebbe espresso di lì a pochi giorni con voto unanime.
Il tempo a disposizione non mi consente che di riassumerli per titoli: incrementare le risorse stanziate per l'edilizia scolastica e potenziare l'organico del personale scolastico per far fronte alla precarietà della situazione che si è creata dopo il sisma e per una nuova organizzazione didattica; disporre di un fondo per la messa in sicurezza del patrimonio culturale e storico artistico sia mobile e immobile, e consentire agli uffici periferici del Ministero per i beni culturali di incrementare l'attività di sopralluogo e di certificazione dei danni; disporre a fronte di una diffusa inagibilità di teatri e cinema di misure per consentire una programmazione teatrale e cinematografica, e sostenere queste imprese e tutelare i lavoratori del settore; prevedere interventi che alla fine della fase d'emergenziale consentano agli impianti sportivi che oggi ospitano le migliaia di sfollati di ritornare al loro assetto originario.
Forse queste richieste potrebbero apparire non tutte prioritarie. Accomunare la funzionalità delle scuole con quelle dei campi di calcio a qualcuno potrebbe sembrare inopportuno, così come invocare risorse tanto per la salvaguardia dei beni culturali quanto per la ripresa della stagione teatrale. Però - vede signor Presidente - si tratta di richieste che ci sono state indicate dagli stessi amministratori dei territori colpiti dal sisma.
Infatti, loro stanno già progettando la ricostruzione, stanno già progettando il futuro e sanno che non possono costruire futuro se non tenendo insieme le misure per contrastare il disagio abitativo, economico e sociale con le misure per sostenere l'agio, che nelle nostre terre - e lo dico senza retorica - significa soprattutto cura del patrimonio storico-artistico come espressione della nostra identità culturale e significa socialità espressa nei luoghi della cultura, come gli archivi, le biblioteche e i teatri. Non è un caso che in ogni comune del modenese ci sia un teatro che è stato realizzato alla fine dell'800 con il concorso di tutta la cittadinanza. Questi teatri sociali, tutti funzionanti prima del sisma, parlano di noi e della nostra idea di comunità, come esattamente ne parla la piazza civica. Siamo consapevoli di aver redatto un elenco corposo di richieste che non può certo trovare riscontro completo in questo primo decreto, ma pazienza e determinazione ci consentiranno di dare attuazione nel tempo al nostro catalogo di impegni. Una responsabilità che abbiamo assunto con i territori terremotati; ad esempio, le richieste in ordine agli impianti sportivi possono già trovare una prima risposta nel decreto sviluppo.
Esprimiamo soddisfazione per l'accoglimento nel testo uscito dalla Commissione ambiente di due importanti emendamenti che hanno tradotto alcune delle condizioni poste nel parere della Commissione cultura. Il primo emendamento dispone che per la messa in sicurezza delle scuole vengano assegnati alle province coinvolte e ai comuni interessati il 60 per cento dello stanziamento per l'edilizia scolastica, già previsto dal decreto semplificazione, e la stessa percentuale dello stanziamento per la costruzione di nuovi edifici scolastici, come previsto da una delibera CIPE del gennaio scorso. Le conseguenze provocate dalle scosse del 20 e del 29 maggio hanno tutte le caratteristiche di un'emergenza nazionale e come tale va affrontata. Pertanto, come già accadde a L'Aquila, è congruo che una quota parte delle risorse nazionali destinate all'edilizia scolastica prenda la strada per Bologna, per Modena, per Reggio Emilia, per Ferrara e per Mantova dove i dati sulle scuole inagibili sono impressionanti. Cito solo quelli dell'Emilia-Romagna: 770 classi, che coinvolgono 18 mila ragazzi, che, nel prossimo anno scolastico, devono trovare sede in moduli o scuole prefabbricate. Pag. 53Le risorse previste dall'emendamento accolto sono assolutamente necessarie per affrontare l'emergenza e per ricominciare a predisporre il piano per la ricostruzione.
Altrettanto importante è il secondo emendamento approvato che prevede, in favore del personale degli uffici periferici del Ministero per i beni e le attività culturali, il compenso per le prestazioni di lavoro straordinario e il rimborso delle spese di missione. È bene che si sappia che questi lavoratori dal 20 maggio fanno dodici ore al giorno senza garanzia di ricevere un euro in più rispetto alla retribuzione ordinaria. È chiaro che nel momento del bisogno è legittimo attendersi slanci di altruismo e impegni su base volontaristica, ma non si può pretendere che i lavoratori lavorino gratuitamente. L'emendamento dispone poi anche di 20 milioni dal Fondo per interventi strutturali di politica economica da mettere in capo alle direzioni regionali per i beni culturali per affrontare speditamente la messa in sicurezza del patrimonio culturale, mobile e immobile, danneggiato dalla crisi sismica. Interventi che, per esempio, solo per l'Emilia, riguarderanno 1.335 strutture. Si tratta di interventi delicati ed onerosi che vanno affrontati per tutelare il nostro patrimonio, per rimuovere il pericolo per l'incolumità dei cittadini e per garantire l'agibilità degli edifici privati che insistono, ad esempio, nei pressi di un campanile o di una torre civica lesionati. Nessuno dei commissari in visita a Cavezzo potrà mai dimenticare le parole del giovane sindaco di Medolla che alla politica, cioè a noi, ha posto il problema di come e dove reperire 400 mila euro per intervenire sul campanile del paese che è fortemente lesionato e che incombe su alcune case rendendole inagibili. Noi non possiamo rispondergli di aspettare che il campanile crolli danneggiando, peraltro, le case vicine e perdendo, quindi, anche un simbolo dell'identità di quel paese. La sola risposta concreta che possiamo dare a quel sindaco è l'approvazione definitiva di questo emendamento. Se il fondo di 20 milioni non dovesse realizzarsi - e naturalmente penso con una certa preoccupazione alla Commissione bilancio convocata per domani - è bene che si sappia che noi stiamo condannando alla chiusura definitiva i centri storici colpiti dal sisma e al loro spopolamento e che stiamo condannando al crollo gli edifici civili e religiosi espressione genuina della nostra comunità e, soprattutto, stiamo vanificando gli altri investimenti in favore dell'edilizia scolastica e dell'edilizia privata.
Mi avvio a concludere, signor Presidente. La vasta area travolta dai sismi del 20 e del 29 maggio è nota come la terra delle corti padane: Ferrara, Mantova, Carpi, Mirandola, solo per citarne alcune, sono state sedi signorili, con gli Estensi, i Gonzaga, i Pio e i Pico, che seppero utilizzare le arti, l'architettura e l'urbanistica come strumenti di attestazione e di affermazione del potere. Siamo gli eredi di quelle signorie, affermatesi in secoli di grandissima fragilità politica per la penisola italica, ma di straordinaria fecondità artistica, che tutto il mondo ci invidia.
Dobbiamo fare di tutto, perché un terremoto, ancorché violento, non obliteri le testimonianze altissime di una civiltà che ci accompagna da secoli e che ci influenza anche ora, su come siamo noi oggi. Ma questo non è un impegno che riguarda solo le province colpite dal sisma, è un impegno che riguarda tutto il Paese, perché senza queste province - Bologna, Reggio, Modena, Mantova e Rovigo -, l'Italia non sarebbe tale, e noi, che viviamo in queste province, senza il resto dell'Italia, non saremmo che antichi principati in cerca di identità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5263-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Tommaso Foti, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

Pag. 54

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, io credo che sia doveroso, al termine di un dibattito così approfondito e così pieno di riferimenti ad una condizione di difficoltà che le popolazioni interessate dagli eventi sismici più direttamente devono affrontare ancora in queste settimane, esprimere qualche valutazione conclusiva da parte del Governo, che ho l'onore di rappresentare. Lo faccio anche con l'animo di chi conosce, per esperienza personale, quanto sia difficile, dopo eventi traumatici di questo tipo, ripartire; quanti sforzi debbano essere prodotti per rimarginare le ferite materiali e spirituali delle comunità interessate, e quanto sia complicato tornare a guardare con fiducia al futuro. Ciò per recuperare la condizione produttiva di un territorio tra i più vivaci dell'Italia presente, la tradizione di una storia e di una identità, che ha conosciuto momenti di grande fulgore, e che concorre con la sua specificità a rendere grande, nella sua varietà, il nostro Paese; e con il pensiero commosso che va rivolto alle vittime e ai loro familiari e a quanti sono stati più direttamente colpiti nei loro affetti più cari e che, magari, fanno più fatica, in questo momento, a ritrovare una condizione normale di vita, perché hanno perduto tutto o quasi tutto: hanno perduto la sicurezza della loro condizione, hanno perduto la certezza della continuità della loro azione e delle loro attività.
Noi dobbiamo - e io raccolgo questo invito - concorrere tutti al recupero di una vitalità, anche con il rammarico, che è doveroso richiamare in quest'Aula, di non aver insistito, finora, di più sulle politiche di prevenzione, che sicuramente avrebbero ridotto in questo, come in tutti i casi delle calamità naturali che si sono succedute nel Paese, gli effetti negativi e le difficoltà che ci sono. Da qui deve nascere l'impegno a cominciare a farlo bene, almeno da questo momento in poi.
Ecco perché i temi della sicurezza, i temi del ritorno alla normalità, il tema della valutazione che ci consente di dichiarare possibile una vita ordinaria, assumono un particolare rilievo; infatti, dobbiamo metterci tutti nelle condizioni di poter tutelare nei limiti del possibile, la sicurezza delle nostre popolazioni.
Il decreto-legge che, questa sera, esaminiamo - lo voglio dire e sottolineare ancora una volta - è, naturalmente, la prima risposta che il Governo ha posto in essere dopo le ordinanze di immediato avvio degli interventi di primo soccorso, per poter affrontare le questioni più urgenti, i cosiddetti interventi della prima emergenza, consentire ai presidenti commissari di cominciare ad intervenire. Per tale ragione non ci potevamo e non ci possiamo attendere, da provvedimenti di questo tipo, la risoluzione di tutte le questioni che sono state qui poste e che, lo devo dire, hanno un rilievo particolare e impegnativo per tutti noi. L'onorevole Tommaso Foti, nella sua relazione e, poi, tutti gli altri intervenuti, insieme, dopo aver sottolineato anche i passi avanti che nel corso dell'esame in Commissione è stato possibile realizzare grazie al grande clima di collaborazione che si è subito instaurato e che ha portato sicuramente ad un miglioramento netto del testo rispetto a quello che era entrato - non ho difficoltà, non solo a riconoscerlo, ma ad esprimere la più viva gratitudine per il concorso attivo che la Commissione ha voluto offrire in questa direzione, e ringrazio quindi il suo presidente, i commissari, il relatore per il grande apporto che è stato fornito - hanno rilevato, però, che rimangono alcuni problemi irrisolti. Alcuni di questi problemi sono di più immediata evidenza anche dal punto di vista temporale; avete, in particolare, indicato la questione dell'incidenza dei vincoli del Patto di stabilità sull'azione indispensabile degli enti locali interessati. Non abbiamo tempo per approfondire in maniera analitica questa questione come meriterebbe, ma ci basta, qui, indicare che evidentemente questo limite pesa sulla possibilità di iniziativa degli enti locali interessati. Benché il decreto-legge all'articolo 7 provi ad affrontare in maniera parziale questa questione attraverso quello che viene definito il "miglioramento degli obiettivi" tale da determinare Pag. 55effetti negativi sull'indebitamento e con una corrispondente compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica, sia perché previsto per il solo 2012 sia per l'entità della compensazione, però viene considerato come non adeguato alle necessità del momento. Al riguardo devo dire che stiamo provando, anche in queste ore, a verificare se esiste una possibilità, innanzitutto, di prevedere un effetto di trascinamento sugli esercizi successivi e, in secondo luogo, ribadisco l'impegno del Governo ad intervenire in maniera più precisa, circoscritta e diretta in un successivo provvedimento anche in relazione - questione che è stata sollevata nel dibattito - alla evoluzione della materia alla eventuale possibilità di escludere dalla considerazione del Patto di stabilità nazionale e con riferimento ai vincoli dell'Unione europea, le spese relative a questi interventi o agli interventi di tipo ricostruttivo o infrastrutturale. La questione è un po' controversa anche dal punto di vista delle procedure, richiede una verifica di merito e quindi speriamo di poter avere elementi più precisi tali da poterli utilizzare in un successivo provvedimento e risolvere questa questione che si ripropone, peraltro, ogni volta che si verificano delle calamità.
Il secondo gruppo di problemi fa riferimento al differimento dei termini fiscali oltre i limiti dell'attuale esercizio finanziario. Ci siamo orientati, in questa fase, ad andare fino al limite del corrente esercizio finanziario, ma sappiamo che, intanto, abbiamo stabilito, con il decreto-legge, che la fase dell'emergenza finirà nel maggio 2013 ed abbiamo previsto, per quella data, l'avvio del regime ordinario. Allora è evidente che bisognerà intervenire ulteriormente. Non vi è dubbio poi che la questione, che è stata sollevata più approfonditamente in Commissione - ho visto anche in qualche nota esterna in merito nel fine settimana - è relativa alla possibilità di detrazione dall'IRES delle spese della ricostruzione e della messa in sicurezza, mentre questa sera, più direttamente, è stata formulata la proposta dell'utilizzazione finalizzata del credito di imposta: sono questioni che dobbiamo affrontare, anche con tempestività. Questa sera, tra l'altro, è stata anche indicata la strada più prossima attraverso la quale si può ragionare in merito al credito di imposta.
Poi vi è la questione delle risorse. Le risorse, per ora, per i sei mesi che mancano del 2012, non costituiscono un particolare problema, ma non vi è dubbio che qualora si preparasse un intervento organico sulla ricostruzione delle aree terremotate da far partire dopo la conclusione della fase dell'emergenza, bisognerà dotare questo intervento del supporto finanziario necessario, anche per evitare gli errori o le omissioni che sono stati richiamati. Infatti, è illusorio pensare di passare direttamente dall'emergenza alla ricostruzione. Bisogna preparare bene il passaggio all'ordinario anche attraverso le provviste finanziarie.
Lo stanziamento diretto che abbiamo potuto inserire nella spending review - per esempio - del miliardo all'anno per il 2013 e per il 2014, è più sicuro di quello riveniente dal taglio delle tante piccole voci di spesa che avevamo previsto nel testo del decreto-legge, (articolo 2, comma 5, lettera c) che viene ormai abrogata. Inoltre, la traccia fornita dalla legge sul finanziamento dei partiti per l'utilizzazione dei risparmi di spesa rivenienti dalle minori erogazioni dei contributi pubblici, può essere una pista per utilizzare altre voci di spesa come previsto anche dall'emendamento sull'edilizia scolastica ricordato prima dalla presidente Ghizzoni, anche in direzione di nuove risorse da reperire.
Credo di poter ribadire in questa sede, per concludere, avendo promesso un intervento breve, l'impegno del Governo in queste direzioni, sia in quella di rimuovere gli ostacoli legati al Patto di stabilità interno, sia in quella del cosiddetto reperimento delle nuove risorse sia in quella delle scadenze fiscali e tributarie, nonché del peso dell'intervento ricostruttivo sull'entità delle stesse e dell'utilizzazione degli incentivi in grado di sorreggere una più celere ripresa produttiva nei territori interessati.
Ma forse bisognerà - lo dico con riferimento all'ultimo intervento pronunciato -, anche per quel che riguarda i programmi di Pag. 56spesa del Ministero dei beni culturali o di quelli per l'edilizia scolastica, immaginare per la legge sulla ricostruzione, qualcosa di più ambizioso di una semplice utilizzazione delle risorse intanto rinvenibili dai bilanci ordinari dei Ministeri e, da questo punto di vista, seguire l'esempio di quel che fu fatto, a suo tempo, per la ricostruzione delle Marche e dell'Umbria, che potettero godere di un canale privilegiato di intervento per il patrimonio culturale ed artistico di quelle regioni.
Dovremo domani perfezionare al meglio il testo del decreto-legge, consapevoli di dover intervenire in sedi successive e, alla fine, con un provvedimento organico in direzione dell'uscita dall'emergenza e della fissazione delle regole e degli obiettivi della ricostruzione delle aree terremotate.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 10 luglio 2012, ore 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012 (C. 5263-A).
- Relatore: Tommaso Foti.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3305 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale (Approvato dal Senato) (C. 5322).
- Relatore: Mazzuca.

La seduta termina alle 20,45.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5322

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi!
Il testo al nostro esame, già approvato dal Senato, rappresenta un passaggio obbligato anche se transitorio nell'attesa della «ridefinizione delle forme di sostegno dell'editoria» nel nostro Paese.
In particolare, la Commissione esteri, di cui faccio parte, si è soffermata ad esaminare l'aspetto concernente i «Contributi a favore di periodici italiani pubblicati all'estero» contenuti nell'articolo 1-bis e nell'articolo 6.
Giova ricordare che l'articolo 1-bis concerne la disciplina inerente la concessione dei contributi ai periodici italiani pubblicati all'estero, nonché alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero. Sulla scia dell'articolo 26 della legge 416/1981 il presente testo prevede il ripristino di complessivi 2 milioni di euro annui ai periodici italiani pubblicati all'estero da almeno 3 anni e alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero da almeno tre anni, anche tramite abbonamenti a titolo oneroso per le pubblicazioni on line, introducendo rispetto al passato uno specifico requisito temporale di pubblicazione effettiva e di distribuzione pari a tre anni. Un passo assolutamente positivo poiché riconosce l'importanza del ruolo della stampa italiana all'estero per la difesa e la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo Pag. 57e come elemento qualificante capace di costruire processi di riconoscimenti identitari delle nostre comunità all'estero.
«La stampa migrante - ha affermato Lorenzo Prencipe in occasione del V Congresso Fusie - accompagna da sempre la storia dell'emigrazione in tutti i temi che vi sono collegati» in un processo di evoluzione culturale e di mediazione tra le culture in grado di garantire sia i legami con la madrepatria attraverso la lingua e l'informazione sia l'inserimento nella cultura di accoglienza; infatti, la stampa è un aiuto ad una integrazione positiva dei connazionali nei Paesi di residenza. Una comunità si ritrova spesso attorno ad un giornale, e lo vediamo con le testate regionali dedicate all'emigrazione pubblicate in Italia ma inviate ai circoli all'estero, che avrebbero bisogno di particolari attenzioni atte a sostenere le spese di invio all'estero. I periodici per gli italiani all'estero sono strumento di identificazione: essi ricreano, attraverso la parola scritta, il senso della comunità di origine ottemperando anche a quel diritto alla diversità linguistica in base alla propria appartenenza come richiamato dalla Dichiarazione di Barcellona.
Per la vecchia emigrazione l'informazione in italiano è l'unico strumento che permette loro di tenersi informati, giacché la comprensione della lingua del Paese di accoglienza non è tale da permettere una corretta lettura dei giornali o non sono in grado di trovare notizie provenienti dall'Italia attraverso lo strumento informatico, cosa che è molto diffusa, invece, tra le nuove generazioni.
Molti di loro attraverso questi periodici mantengono viva la propria cultura di origine e l'uso della propria lingua madre. E non si deve dimenticare che la lingua italiana tende a disperdersi, non soltanto nelle seconde e terze generazioni, ma anche nelle prime. Non sono in pochi coloro che cadono nella trappola di un concetto di integrazione che richiede la cancellazione della cultura di origine: una sorta di tabula rasa su cui costruire una nuova acritica identità. Molti Paesi di accoglienza agiscono proprio così, assimilazione più che integrazione.
Il mantenimento della lingua non solo favorisce l'aggregazione comunitaria, ma anche una integrazione reale e interculturale e se poi pensiamo ai Paesi di accoglienza con una vasta estensione territoriale e alla conseguente notevole dispersione dei connazionali sul territorio, non possiamo non riconoscere che la stampa prodotta in loco e quella che arriva dall'Italia crea vicinanza, crea interessi comuni, discussione e dibattito tanto che si può affermare che la stampa di emigrazione è ormai diventata stampa di comunità. Senza questo mezzo, il senso di appartenere ancora a qualcosa che si chiama «Sistema Italia» sarebbe di gran lunga più affievolito e credo che, in un contesto in cui i processi globali ci chiedono sempre una maggiore capacità di fare rete, non ce lo possiamo permettere.
Infatti dare spazio alla stampa italiana all'estero crea condizioni utili per il Paese, sul piano dell'apertura culturale, visto che gli italiani all'estero sono una finestra sul mondo fatta anche di professionisti, di aziende, di artisti, di operatori culturali; una finestra che dovrebbe essere utilizzata dalla comunità nazionale.
La stampa italiana nel mondo è il collegamento con queste comunità e con questi singoli operatori ideali del Sistema Italia. Senza questi occhi sul mondo, e senza questi contributi culturali, il Paese corre un rischio in più di involversi nel suo provincialismo fatto di battibecchi e di baruffe perdendo di vista le sfide del presente e del futuro che dobbiamo affrontare. Inoltre la stampa italiana all'estero, contribuendo a mantenere vivo il senso di appartenenza alla madrepatria, alimenta quella relazione affettiva che i nostri emigrati hanno sempre manifestato da sempre, attraverso il turismo di ritorno, comprando prodotti italiani e difendendo il nostro Paese in occasione di attacchi mediatici di vario tipo.
Infatti, l'informazione per le comunità italiane all'estero dà loro una voce concreta nel contesto dove si trovano visto che, spesso, non hanno voce nell'informazione locale, se non quando accadono fatti negativi, come fu in Germania nel caso dell'eccidio Pag. 58di Duisburg. Solo allora nella stampa locale si parlò della comunità italiana e dell'Italia, alimentando lo stereotipo, che non possiamo accettare, di una Italia fatta di mafia, spaghetti e mandolino.
Se poi guardiamo all'informazione di ritorno non possiamo che lamentare un vuoto generale e la stampa nazionale italiana non parla delle nostre comunità, se non in senso negativo, come nel caso «Di Girolamo» o simili. Ecco, ancora una volta, una ragione per sostenere, contrariamente a quanto ha fatto l'opposizione con i suoi emendamenti nella Commissione di merito, la stampa italiana all'estero che è l'unica che dà voce in senso costruttivo alle nostre comunità, l'unica in grado di attivare dibattiti non fuorvianti sulle tematiche dell'emigrazione.
Tuttavia, non si può tralasciare che è necessaria una riforma dell'editoria italiana all'estero per cui la cosiddetta legge 416, che all'epoca era una buona legge, ha bisogno, per l'evoluzione dei contesti, di essere adeguata ai tempi superando le attuali manchevolezze e tenendo presente la peculiarità di una stampa diversa da quella interna al nostro Paese e che è fatta di piccole realtà e di piccoli editori. Una realtà che ha bisogno di maggiore autonomia pur definendo criteri più rigorosi e di effettiva distribuzione o diffusione, con criteri innovativi per l'editoria online, presso le comunità italiane all'estero. In questo senso l'introduzione di un criterio di presenza temporale sul mercato rappresenta una selezione positiva e premiale per quegli operatori che sono da sempre al servizio dell'informazione per gli italiani nel mondo. Ma non è sufficiente, infatti ritengo che la Commissione di cui al comma 4 dell'articolo 1-bis ha bisogno di rivedere i criteri di ammissibilità ai finanziamenti tenuto conto degli scenari che cambiano proprio in funzione della necessità di una migliore promozione dell'italianità e del sistema Italia; pertanto accanto al carattere identitario delle testate bisogna tener conto della capacità di veicolare la cultura italiana nel contesto locale prevedendo anche l'uso della lingua del posto, accanto all'italiano, per meglio proiettare l'Italia fuori dai confini nazionali.
Purtroppo mi trovo qui ad affermare che il mondo della cultura italiana ha spesso sottovalutato quello dell'emigrazione italiana, considerandolo di scarso rilievo per gli interessi nazionali. Oggi si assiste ad una ripresa del fenomeno migratorio ed è necessario che l'informazione ne tenga conto continuando a mantenere anche con i nuovi emigrati legami che producono cultura, quella che fa dell'Italia un Paese speciale sul piano internazionale nonostante la scarsità di mezzi e di adeguate politiche pubbliche. Attraverso una informazione che tenga conto di quella grande realtà rappresentata dall'Italia che vive fuori dal nostro territorio geografico, attraverso un dialogo in grado di alimentare la cultura dell'appartenenza alla nostra tradizione, attraverso la partecipazione alle vicende che riguardano lo sviluppo del nostro Paese, credo si possano alimentare anche benefici civili ed economici, oltre che morali, per il nostro Paese contribuendo a fare degli italiani all'estero gli attori di quel processo di modernizzazione di cui abbiamo forte bisogno.