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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 658 di giovedì 28 giugno 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Cicchitto, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Franceschini, Frassinetti, Gianni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Granata, Guzzanti, Iannaccone, Leo, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Pisacane, Pisicchio, Antonino Russo e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 3284 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica (A.C. 5273-A) (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), onorevole Bernini Bovicelli, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, l'intervento normativo che oggi discutiamo si inserisce in un quadro di politica legislativa in cui spiccano le disposizioni, richiamate dalla relazione illustrativa del provvedimento in esame, costituite, in particolare, dall'articolo 9 del decreto-legge n 98 del 2011 (convertito dalla legge n. 111 del 2011), che aveva disposto, a decorrere dal 2012, l'avvio di un ciclo di spending review per definire i fabbisogni standard delle amministrazioni centrali dello Stato e dall'articolo 01 del Pag. 2decreto-legge n. 138 del 2011 (convertito dalla legge n. 148 del 2011) che ha previsto la presentazione al Parlamento, entro il 30 novembre 2011, di un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica.
Desidero poi, signor Presidente, rilevare con soddisfazione - perché appartengo ad una regione, l'Emilia-Romagna, che sta soffrendo e gestendo da settimane i tragici esiti del terremoto - che i risparmi provenienti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, disposta dal testo in esame, saranno destinati al reintegro delle risorse per il finanziamento degli interventi di protezione civile, secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 5, lettera c), del decreto-legge n. 74 del 2012, emanato per far fronte al sisma in corso.
Nell'illustrazione del contenuto delle disposizioni del testo e dell'istruttoria legislativa svolta mi soffermerò su quelle, tra le disposizioni del provvedimento in esame, che attengono più strettamente alle materie di competenza della Commissione affari costituzionali, vale a dire le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 del Capo I. Lascerò, poi, la parola al collega Occhiuto per i profili di competenza della Commissione bilancio.
Ricordo, preliminarmente, che le Commissioni riunite I e V hanno avviato l'esame del provvedimento, nel testo approvato dal Senato, il 14 giugno scorso. Le successive sedute delle Commissioni sono state dedicate ad un attento ed approfondito confronto sulle proposte emendative presentate, con la partecipazione di tutti i gruppi e del rappresentante del Governo.
Si è ritenuto opportuno concentrare la discussione su alcune tematiche ritenute di maggiore urgenza e rilievo, rispetto al testo definito dal Senato, e sono state approvate dalle Commissioni una serie di modifiche (circa venti), anche tenendo conto del fatto che molte proposte emendative erano state presentate, nello stesso testo, da più gruppi parlamentari.
L'articolo 1 istituisce un Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, composto dal Ministro delegato per il programma del Governo, dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dal Ministro dell'economia e delle finanze o dal Viceministro da lui delegato e dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio con funzioni di segretario del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio può modificare la composizione del Comitato con proprio decreto. A questo proposito ricordo che le Commissioni hanno cambiato la disposizione, per specificare che ciò debba avvenire «sentite le Commissioni parlamentari competenti».
L'organo svolgerà un'attività di indirizzo e coordinamento per la revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti destinati alle imprese, per la razionalizzazione dei servizi e delle attività, per il ridimensionamento delle strutture e per la riduzione delle spese per l'acquisto di beni e servizi, in uno con l'ottimizzazione dell'uso degli immobili nonché con gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica, già fissati con la direttiva 3 maggio 2012 del Presidente del Consiglio.
I commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 1, introdotti dal Senato e oggetto di alcune modifiche da parte delle Commissioni I e V della Camera, richiamano nel testo molti dei contenuti delle disposizioni sulla revisione della spesa pubblica dettate dal già ricordato articolo 01 del decreto-legge n. 138 del 2011, con alcune differenze che richiamerò sinteticamente, attinenti principalmente alla nuova tempistica ed alla costituzione del dianzi citato comitato interministeriale.
I commi in oggetto hanno la finalità - secondo quanto emerso dall'illustrazione dell'emendamento che ha inserito i commi in questione al Senato - di stabilire un nesso funzionale tra tale articolo e la nuova disciplina sulla razionalizzazione della spesa dettata dal provvedimento in esame.
In particolare, si dispone che, ai fini dell'attuazione dell'articolo 01, il Governo (invece che il Ministro dell'economia, d'intesa con i Ministri interessati), sulla base della proposta del Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, Pag. 3presenti al Parlamento entro il 30 settembre 2012 (e non più entro il 30 novembre 2011) un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica, nel quale sono specificati gli interventi adottati, o in via di adozione (nell'articolo 01 si indicano invece specificamente i settori e le finalità di intervento del programma), nonché - e questo punto è stato aggiunto dalle Commissioni affari costituzionali e bilancio - forme di monitoraggio sugli stessi al fine di valutarne la relativa efficacia. Al programma è associata l'indicazione dei risparmi di spesa per ogni singolo intervento.
Nell'ambito della risoluzione parlamentare di approvazione della nota di aggiornamento al DEF 2012 (e non più in quella di approvazione del DEF medesimo, già intervenuta) sono indicati i disegni di legge collegati mediante cui attuare il programma sopradetto. Entro venti giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, il Comitato definisce le modalità di predisposizione di tale programma. Le Commissioni in sede referente hanno emendato il testo per prevedere il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che deve essere reso entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione alle Camere.
Il Governo (anziché il Ministro dell'economia, come previsto dall'articolo 01), avvalendosi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la collaborazione del commissario straordinario, dà inizio - a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge - ad un ciclo di spending review per la definizione dei costi standard e dei programmi di spesa delle amministrazioni dello Stato. Per le amministrazioni periferiche sono proposte specifiche metodologie, anche - come è stato precisato con l'approvazione di emendamenti nelle Commissioni I e V - al fine di una più efficiente allocazione delle risorse che le renda effettivamente utilizzabili dalle amministrazioni medesime.
L'articolo 1-bis - introdotto dalle Commissioni - interviene in tema di costi e fabbisogni standard per gli enti locali, come attualmente disciplinati dalla legge delega sul federalismo fiscale, nonché da alcuni decreti legislativi di attuazione, stabilendo che la determinazione dei costi e fabbisogni medesimi debba avvenire entro il primo quadrimestre del 2013. Secondo la definizione recata dall'articolo 2, comma 2, lettera f), della legge n. 42 del 2009, il costo ed il fabbisogno standard «valorizzando l'efficienza e l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica».
Il fabbisogno standard è finalizzato pertanto ad individuare il livello ottimale di un servizio valutato a costi standard. Nel decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, i fabbisogni standard costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Il decreto citato prevede che, entro il 31 marzo 2013, vengano determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013, riguardo ad almeno due terzi delle funzioni fondamentali degli enti, con un processo di gradualità per consentirne l'entrata a regime nell'arco del triennio successivo; ed entro il medesimo anno 2013 (vale a dire il 31 dicembre dell'anno) vengano determinati i fabbisogni anche per tutte le restanti funzioni fondamentali, anche in tal caso con una gradualità volta a garantirne l'entrata a regime entro il triennio successivo.
L'articolo 1-bis anticipa i termini di conclusione del procedimento di determinazione dei fabbisogni standard, stabilendo che, ai fini della revisione della spesa pubblica, ed in particolare in campo sanitario, sulla base delle procedure previste dal decreto legislativo n. 216 del 2010 e dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, il Governo debba pubblicare i relativi dati entro il 31 dicembre 2012 e ridefinire i tempi per l'attuazione dei decreti di determinazione dei fabbisogni medesimi entro il 30 aprile 2013, in tal Pag. 4modo anticipando il vigente termine del 31 dicembre 2013, ora previsto dal citato decreto n. 216 del 2010.
L'articolo 2 prevede la nomina - da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per i rapporti con il Parlamento - di un commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi, con il compito di definire il livello di spesa per voci di costo delle amministrazioni pubbliche che sono a tal fine elencate includendovi anche taluni tipi di società a controllo pubblico e, limitatamente alla spesa sanitaria, le regioni commissariate per i piani di rientro sanitari. L'individuazione delle amministrazioni pubbliche è effettuata secondo criteri diversi da quelli dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che costituisce la disposizione ritenuta generalmente parametro di riferimento per definire le pubbliche amministrazioni. In particolare, il campo di applicazione riguarda «tutte le amministrazioni, autorità, anche indipendenti, organismi, uffici, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati e gli enti locali, nonché le società a totale partecipazione pubblica, diretta e indiretta e le società non quotate controllate da soggetti pubblici nonché, limitatamente alla spesa sanitaria, le amministrazioni regionali commissariate per la redazione e l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario». A questo proposito si ritiene opportuno chiarire che la diversa definizione di pubbliche amministrazioni adottata dal testo ha una valenza del tutto circoscritta alle finalità del provvedimento in esame. Ciascuna amministrazione potrà individuare un responsabile per l'attività di razionalizzazione della spesa. Occorre notare che tra le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2, vi sono le «amministrazioni regionali commissariate per la redazione e l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario». Ciò comporta che tali regioni sono sottoposte, come tutte le altre amministrazioni pubbliche, alle attività del commissario straordinario previste dall'articolo 5, incluso il potere di disporre ispezioni a cura dell'Ispettorato per la funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato, nonché a quello di fissazione di un termine per il raggiungimento degli obiettivi di spesa prefissati, decorso il quale il Consiglio dei ministri può autorizzare, in base all'articolo 120 della Costituzione, l'esercizio di poteri sostitutivi dei vertici delle amministrazioni inadempienti. Nel corso dell'esame in sede referente presso la Camera, è stata introdotta la previsione secondo la quale la disciplina del presente decreto si applica alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi di interesse generale su tutto il territorio nazionale solo qualora abbiano registrato perdite negli ultimi tre esercizi. Nel comma 3 dell'articolo 2 del testo originario del decreto-legge era poi prevista una disposizione che escludeva dall'ambito di applicazione del decreto in esame gli organi costituzionali Presidenza della Repubblica, Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e Corte costituzionale. Tale norma è stata soppressa dal Senato, ma, nel corso dell'esame in sede referente qui alla Camera, è stato introdotto, dopo il comma 2, un nuovo comma che prevede che la Presidenza della Repubblica, il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale, in conformità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, valutino le iniziative volte a conseguire gli obiettivi di cui al presente decreto.
L'articolo 3 - che non è stato modificato dalle Commissioni in sede referente - rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione della durata della carica del commissario e dell'importo dell'indennità. Con lo stesso DPCM si dovrà provvedere alla eventuale nomina di due subcommissari.
L'articolo 4 - parimenti non modificato dalle Commissioni - prevede che il Presidente del Consiglio, entro il 31 luglio 2012 in sede di prima applicazione, riferisca al Parlamento sull'attività di razionalizzazione della spesa pubblica con cadenza semestrale e invii al Parlamento una relazione sulla medesima attività. Pag. 5
L'articolo 5 conferisce al commissario straordinario alcuni specifici poteri di coordinamento e di indirizzo, coinvolgendo le amministrazioni pubbliche. Nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta la previsione secondo la quale il commissario può emanare direttive generali alle società a totale partecipazione pubblica e le loro controllate, di cui all'articolo 2, comma 2, finalizzate all'ottimizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi alle quali gli organi di amministrazione delle stesse devono attenersi nell'ambito della propria autonomia gestionale. Tra i poteri del commissario c'è quello di segnalare al Consiglio dei ministri e al Presidente della Regione interessata le norme di legge o di regolamento, ovvero i provvedimenti amministrativi di carattere generale, che comportano spese o voci di costo delle singole amministrazioni, che possono essere razionalizzate, ovvero soppresse o ridotte e, conseguentemente, di proporre alle amministrazioni i necessari provvedimenti - amministrativi, regolamentari e legislativi - funzionali al contenimento della spesa. Il commissario può poi esprimere pareri in merito alle iniziative necessarie per rimuovere o prevenire gli eccessi di spesa.
Detti pareri possono essere pubblicati nei modi più congrui in relazione all'importanza delle situazioni distorsive. Ancora, il commissario può proporre al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro da questi delegato o, come precisato dalle Commissioni in sede referente, al commissario ad acta per le disposizioni in ambito sanitario, quando si tratta di regioni commissariate per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario, ovvero, ancora, per gli enti locali, al presidente della provincia e al sindaco interessato, l'adozione delle seguenti misure: la sospensione, la revoca o l'annullamento d'ufficio di singole procedure relative all'acquisto di beni e servizi, motivandole per ragioni di opportunità; l'introduzione di specifici obblighi informativi a carico delle pubbliche amministrazioni, finalizzati alla trasparenza e all'esercizio dell'attività di monitoraggio che compete al commissario.
Nel corso dell'esame in sede referente, è stato precisato che la proposta del commissario per l'adozione delle suddette misure deve essere motivata. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 5 saranno, inoltre, segnalati al presidente della Corte dei conti, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 11 della legge 4 marzo 2009, n. 15.
L'articolo 6, infine, stabilisce, in primo luogo, i requisiti di nomina del commissario straordinario, il quale deve essere scelto tra persone provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità, di notoria esperienza e capacità. Una modifica introdotta in sede referente specifica che la scelta può cadere anche su persone estranee alla pubblica amministrazione. Si precisa, poi, che lo stesso è tenuto a operare in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.
In merito alla definizione dei suddetti requisiti soggettivi, appare prima facie evidente l'intenzione volta ad assicurare che il commissario straordinario possegga le medesime qualità ed elevate competenze tecniche (il cosiddetto expertise) che l'ordinamento già prescrive nella normativa in materia di authority.
Si consideri, nello specifico, il caso dell'Autorità antitrust, organismo operante in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, i cui membri sono scelti tra persone di notoria indipendenza da individuarsi tra magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti o della Corte di cassazione, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche e personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per la Commissione bilancio, onorevole Occhiuto.

ROBERTO OCCHIUTO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, onorevoli Pag. 6colleghi, avendo la collega Bernini relazionato sulle disposizioni di cui al capo I, nella mia relazione illustrerò essenzialmente il contenuto del capo II del decreto-legge al nostro esame, che reca le disposizioni relative all'acquisto di beni e servizi in materia di appalti, al fine di consentire il conseguimento dei risparmi derivanti dall'attività di spending review, su cui le Commissioni hanno svolto un approfondito lavoro, che ha portato all'introduzione di modifiche significative.
Preliminarmente, però, al fine anche di segnalare l'attualità della discussione che stiamo svolgendo, desidero ricordare come la proposta di raccomandazione del Consiglio, presentata dalla Commissione europea e che dovrebbe essere adottata nella riunione del Consiglio europeo che inizierà nelle prossime ore, subito dopo il riferimento alla necessità di approvare quanto prima la legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio di cui al nuovo testo dell'articolo 81 della Costituzione, richiami espressamente il processo di spending review che il Governo si è impegnato ad attuare, evidenziando come tali revisioni dovrebbero consentire di determinare un nuovo ordine di priorità della spesa in modo favorevole alla crescita.
Anche alla luce dell'importanza che al processo di spending review si attribuisce a livello europeo, ritengo che esso sia un tema destinato a non essere esaurito con questo provvedimento, ma che avrà certamente un seguito nell'attività parlamentare e nell'attività dell'amministrazione, che sarà opportuno monitorare con grande attenzione. Passo, quindi, all'esame delle disposizioni di più immediata attinenza alla competenza della Commissione bilancio.
L'articolo 7, interamente sostituito nel corso dell'esame al Senato, reca modifiche alle norme sulle procedure di acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.
In particolare il comma 1, modificando l'articolo 1, comma 449, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), estende l'obbligo di approvvigionamento attraverso le convenzioni-quadro Consip Spa a tutte le tipologie di beni e servizi che devono essere acquistati dalle amministrazioni statali centrali e periferiche e specifica che gli enti del Servizio sanitario nazionale, laddove non siano operative le convenzioni-quadro stipulate dalle centrali regionali di acquisto, sono tenuti a ricorrere alle convenzioni-quadro Consip.
Dunque, in virtù di tale norma, se gli enti del Servizio sanitario nazionale non possono fare riferimento alle centrali regionali di acquisto, perché queste non sono state istituite, oppure perché le medesime centrali non trattano il bene, essi devono fare riferimento, in seconda istanza, alla centrale nazionale di acquisto.
Il comma 2 modifica l'articolo 1, comma 450, della richiamata legge n. 296 del 2006, estendendo l'obbligo - che attualmente è previsto per le sole amministrazioni statali - di fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione anche alle altre amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Le Commissioni hanno introdotto le disposizioni di cui al comma 2-bis, volte a consentire anche alle associazioni di volontariato ed alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di potere acquistare beni e servizi fruendo delle convenzioni stipulate dalla Consip e del mercato elettronico della pubblica amministrazione, che rappresenteranno un significativo vantaggio per tali enti che svolgono attività importanti di carattere sociale.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato quindi introdotto l'articolo 7-bis, che fissa il condivisibile obiettivo di ridurre i prezzi unitari corrisposti dalle Aziende sanitarie locali per l'acquisto di beni e servizi, ove emergano differenze significative e non giustificabili rispetto ai prezzi di riferimento, come individuati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 98 del 2011, appositamente novellato dalla disposizione.
L'articolo 8, modificato dal Senato, reca disposizioni volte a garantire la trasparenza degli appalti pubblici ai fini dell'attività di monitoraggio, analisi e valutazione della spesa pubblica attraverso Pag. 7la pubblicazione, da parte dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, sul proprio portale, dei dati comunicati dalle stazioni appaltanti e la trasmissione dei medesimi dati al Ministero dell'economia e delle finanze ed alle regioni. Il comma 2-bis inoltre estende gli obblighi di comunicazione delle stazioni appaltanti all'Osservatorio, riducendo l'importo contrattuale al di sopra del quale devono essere osservati tali obblighi.
L'articolo 9, non modificato dal Senato e neanche dalle Commissioni competenti della Camera, prevede l'utilizzo a titolo gratuito del sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider) del Ministero dell'economia e delle finanze da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti pubblici che si avvalgono di Consip Spa per le attività che svolge quale centrale di committenza.
L'articolo 10, modificato dal Senato, rende facoltativa l'acquisizione del parere di congruità tecnico-economica, reso da DigitPA, sull'acquisto di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati per le centrali di committenza e per le amministrazioni centrali che ricorrono ad esse.
Il comma 1-bis, introdotto dal Senato, si interpreta nel senso che il contributo forfetario non è dovuto a DigitPA nel caso di gare predisposte dalle amministrazioni contraenti per le quali siano stati chiesti i pareri tecnici di cui all'articolo 3 dello stesso decreto legislativo n. 177 del 2009.
Segnalo, poi, che l'articolo 11 modifica l'articolo 11, comma 10-bis, lettera b), del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, prevedendo che il contratto relativo agli acquisti mediante il mercato elettronico della pubblica amministrazione possa comunque essere stipulato prima della scadenza del termine dilatorio di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva.
L'articolo 12, con alcune novelle al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, recante il Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture stabilisce che, nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche l'apertura delle buste contenenti le offerte tecniche debba avvenire in seduta pubblica.
Come evidenziato nella relazione illustrativa, le disposizioni introdotte dall'articolo in esame recepiscono sostanzialmente il contenuto della sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 13 del 28 luglio 2011, che ha risolto i contrasti tra i diversi orientamenti giurisprudenziali delle sezioni del Consiglio di Stato stesso.
Ricordo che il comma 3, soppresso nel corso dell'esame al Senato, prevedeva che le modifiche introdotte dall'articolo in esame si applicassero alle procedure di affidamento per le quali non si fosse ancora proceduto all'apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche alla data di entrata in vigore del decreto-legge. In proposito, in considerazione del fatto che dalla sua soppressione sarebbero potuti derivare, secondo quanto segnalato dalla documentazione trasmessa dal Ministero dell'economie e delle finanze, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in relazione al contenzioso che si sarebbe potuto ingenerare, le Commissioni hanno inteso introdurre talune modifiche volte a chiarire che le nuove procedure si applicano anche alle procedure in corso le cui buste siano state però aperte dopo l'entrata in vigore del decreto-legge. Esprimo in proposito il rammarico per il fatto che su tale questione non si sia potuta registrare la convergenza di tutti i gruppi della maggioranza, emersa con riferimento ad altre modifiche apportate in sede referente.
Osservo poi che il successivo articolo 13 elimina l'obbligo di riscossione dei diritti di segreteria da parte dei comuni e delle province sui contratti di acquisto di beni e servizi, quando i beni o i servizi medesimi siano disponibili mediante strumenti informatici di acquisto. L'acquisto in Pag. 8forma elettronica, infatti, è per sua natura assistito da caratteristiche di trasparenza, affidabilità e garanzia dell'identità e consente all'amministrazione comunale e provinciale di stipulare il relativo contratto senza la forma pubblica amministrativa.
Segnalo, inoltre, che il Senato ha introdotto l'articolo 13-bis che reca disposizioni in materia di crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche. In particolare, il comma 1 reca alcune modifiche alla disciplina in materia di certificazione dei crediti vantati per somministrazioni, forniture e appalti nei confronti delle amministrazioni pubbliche contenuta nell'articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Si tratta di una disposizione che è stata più volte modificata sulla quale, da ultimo, è intervenuto il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, il quale ha previsto che la certificazione possa essere finalizzata a consentire al creditore, oltre che la cessione pro soluto anche la cessione pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari, che implica per il cedente l'obbligo di rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore. In quel provvedimento la procedura della certificazione dei crediti è stata altresì estesa nei confronti delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali.
Le modifiche recate dal provvedimento in esame sono intese, in particolare, ad estendere il meccanismo della certificazione dei crediti agli enti del Servizio sanitario nazionale, come previsto prima della legge di stabilità per il 2012; a ridurre da 60 a 30 giorni il termine entro il quale le amministrazioni debitrici sono tenute a certificare se il credito vantato nei loro confronti è certo, liquido ed esigibile; a rendere obbligatoria, e non più eventuale, la nomina di un commissario ad acta su nuova istanza del creditore qualora allo scadere del termine previsto l'amministrazione non abbia proceduto alla certificazione. Si precisa inoltre che la nomina del commissario è effettuata dall'ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Si precisa, inoltre, la portata del divieto di certificazione già previsto, stabilendo che la certificazione sia nulla qualora sia rilasciata dagli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, qualora, nell'ambito di detti piani o programmi, siano state previste operazioni relative al debito. La novella è volta a superare il divieto per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari di beneficiare del meccanismo di certificazione dei crediti, che consente al creditore la cessione del credito a banche o intermediari finanziari. Le Commissioni hanno, a tale proposito, ritenuto opportuno precisare che, ai fini della cessione del credito, sono fatte salve le certificazioni relative agli acconti dei pagamenti dei lavori di cui all'articolo 141 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
Il comma 2 estende la compensazione con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo anche per i crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali. A seguito di tale disciplina, il comma 3 dispone la soppressione di alcune disposizioni circa la modalità di certificazione in compensazione dei crediti maturati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 4 prevede che all'attuazione delle disposizioni in tema di certificazione dei crediti si provveda con le medesime modalità previste dall'articolo 13, comma 2, della legge di stabilità 2012, disponendo che le certificazioni dei crediti, rilasciate secondo le modalità sopra descritte, possono essere utilizzate anche ai fini dell'ammissione al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Nel corso dell'esame in sede referente, è stato aggiunto, inoltre, il comma 4-bis, volto a consentire Pag. 9il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), anche in presenza di una certificazione che attesti la sussistenza di crediti liquidi ed esigibili dell'impresa almeno pari al suo debito contributivo. Le Commissioni hanno, quindi, approvato l'articolo 13-ter che introduce la possibilità per le amministrazioni pubbliche di procedere all'acquisto di beni e servizi utilizzando eventuali erogazioni liberali a tal fine effettuate, consentendo in tal modo alle amministrazioni il reperimento di ulteriori risorse per le proprie finalità istituzionali.
L'articolo 14 fissa un principio generale per le amministrazioni pubbliche, che dovranno adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, misure per il contenimento dei consumi di energia e per rendere più efficienti gli usi finali di energia. Il contenimento dei consumi deve realizzarsi sulla base delle indicazioni fornite dall'Agenzia del demanio anche attraverso il ricorso ai contratti di servizio energia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 e al decreto legislativo n. 115 del 2008, che dà attuazione alla direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici. Nel corso dell'esame al Senato, l'articolo è stato integrato al fine di specificare che le misure in esso previste possono essere attuate anche nelle forme dei contratti di partenariato pubblico privato di cui all'articolo 3, comma 15-ter, del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Le Commissioni in proposito hanno precisato che l'affidamento della gara di gestione dei servizi energetici deve avvenire con gara ad evidenza pubblica.
L'articolo 15 reca la copertura finanziaria dell'onere relativo all'indennità del commissario straordinario pari a 155 mila euro per l'anno 2012 e a 78 mila euro per l'anno 2013. A tale onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 303 del 1999, relativa al Fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. Infine, l'articolo 16, come di consueto, fissa l'entrata in vigore del decreto il primo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio i relatori per l'ottimo lavoro svolto e i due presidenti per il coordinamento perfetto. A loro va riconosciuto, quindi, il merito se in tempi stretti siamo arrivati in Aula e mi auguro che questo decreto-legge, già nei primissimi giorni della prossima settimana, possa essere convertito. Che la spesa pubblica totale in Italia abbia superato purtroppo il 50 per cento del prodotto interno lordo è noto a tutti da tempo, così come è noto che la spesa pubblica al suo interno sia gravemente squilibrata a danno degli investimenti e a danno della spesa volta a finanziare la strutturazione del Paese, cioè l'istruzione, la ricerca e l'innovazione. Così come è ancora noto che la spesa pubblica corrente sia per lo più atta a finanziare il debito del passato e a finanziare le pensioni. Le pensioni di chi ha cessato di lavorare a 50 o a 55 anni di età, quando andava bene a 60 anni, per non parlare poi di chi è andato con versamenti previdenziali, che non sono pari a 14 anni, sei mesi e un giorno.
L'esperienza di sindaco e di amministratore mi ricorda che nella pubblica amministrazione mi sono incontrato con casi come questi. Ma ancora la spesa pubblica per finanziare la mostruosa macchina burocratica-amministrativa, costruita in molti anni ma anche in questi ultimi anni. Credo sia ben noto a tutti quanto la macchina burocratica sia aumentata in alcune regioni, ad esempio in Sicilia, e perché no, nel Lazio, fatta di consulenze ma non di alleggerimento di dirigenza e di funzionari della stessa regione. Penso alla città di Roma. Pag. 10
Ci siamo fermati qualche volta a chiederci come fosse finanziata una spesa pubblica di tali dimensioni? Sì, probabilmente sì, ma poi ci siamo girati dall'altra parte. La risposta è nota a tutti quanti ed è una sola: si finanziava questa macchina burocratica mostruosa, questa spesa pubblica crescente, con un aumento della pressione fiscale che, come tutti i colleghi sanno ormai ha superato il 45 per cento del PIL come «media dei polli», come si usa dire. Pressione fiscale che, invece, grava per lo più sulle spalle o, se preferite, sulle tasche dei lavoratori dipendenti ed è squilibrata a danno dell'impresa e del lavoro. Da noi il cosiddetto total tax rate, cioè il peso dei tributi e contributi in rapporto all'utile commerciale prima delle tasse, tocca ormai il 64 per cento ed è di gran lunga la più alta percentuale in tutti i Paesi dell'Unione europea (la seconda in lista è la Svezia ma a distanza chilometrica).
Come si giustifica una spesa pubblica così elevata? Ci sono ovviamente molte risposte. La prima risposta è che tutti i Governi e tutte le maggioranze che sostenevano quei Governi hanno visto l'intervento dello Stato nell'economia come lo strumento per ridurre le disuguaglianze. Quindi sicuramente uno scopo nobile. La seconda risposta sta nell'aver considerato l'intervento dello Stato utile a far crescere il PIL: come non possiamo ricordare qui l'azione anche positiva, in un momento storico altro, non tanto di quanto fatto dall'Efim ma certamente i primi anni dell'azione dell'IRI? Non possiamo dire che bisogna buttare tutto anche il bambino insieme all'acqua sporca. Tutto vero. Ma i risultati di quei due obiettivi sono stati raggiunti vale a dire ridurre le disuguaglianze e far crescere il prodotto interno lordo? Purtroppo la risposta non è positiva ed è anche questo davanti agli occhi di tutti noi. La disuguaglianza sociale è cresciuta e il PIL purtroppo non cresce o non è cresciuto negli ultimi vent'anni e, anche quando cresceva, non certamente ciò avveniva nella misura di altri Paesi europei e, oggi, è addirittura in decrescita. La conclusione è, quindi, che la spesa pubblica è stata incapace ed è incapace di raggiungere gli obiettivi per i quali è stata, per così dire, giustificata. Questa è, quindi, la vera ragione della revisione integrale della spesa pubblica. Ma allora sorge un'altra domanda: perché pensiamo di realizzare ora, auspicabilmente in modo serio, quest'azione di revisione? Ancora una volta, così come i compiti a casa e tutto quanto, che ci siamo detti nelle settimane e nei mesi scorsi, non perché ce lo chiede l'Europa ma perché lo dobbiamo fare noi per far crescere di più il Paese e ridurre le disuguaglianze.
A questo punto, però, la domanda più importante è questa: come si fa a fare la revisione integrale della spesa? La spesa la si può aggredire con un un'azione di riduzione, di riqualificazione, ma anche con un allungamento della durata della programmazione, per poi procedere ad un programma di ristrutturazione, di vera ristrutturazione della pubblica amministrazione.
Eccoci quindi alle domande finali: quale Stato vogliamo? Quali sono i suoi confini (non quelli geografici: questo lo lascio alla Lega)? Qual è l'intervento dello Stato nell'economia? Questa definizione richiede tempi lunghi e per iniziare occorre innanzitutto adottare il cosiddetto bilancio a base zero, cioè un bilancio nel quale ogni voce è azzerata, non si continua a fare riferimento al costo storico, ma ogni euro deve essere giustificato o, se preferite, rigiustificato. Quindi la cosiddetta spesa storica va definitivamente azzerata.
Occorre poi valutare tutti i dipendenti della pubblica amministrazione: bisogna avere il coraggio di farlo, la forza politica di non guardare in faccia nessuno, cominciando dai dirigenti e quindi procedere con premialità, se hanno ben operato, o con penalizzazioni, da definire a seconda dei risultati raggiunti o dei non risultati raggiunti. Questo è il percorso, teorico però. Quello pratico lo vedremo nei prossimi mesi, se e quando il «Governo tecnico», cioè libero da condizionamenti elettorali, ma conscio di una grave carenza di Pag. 11disponibilità finanziaria, vorrà dare attuazione alla revisione integrale della spesa.
Guai a chi volesse interrompere questo percorso virtuoso, come qualcuno sta immaginando, magari con una spallata a questo Governo per mandarlo a casa, non si sa bene con quali obiettivi poi, anche se quello che potrebbe accadere nel fine settimana non fosse esattamente ciò che noi ci siamo detti nei giorni scorsi e ancor più di ieri.
Il decreto al nostro esame altro non è che un primo, piccolo intervento, un piccolo tassello sulla spesa per acquisto di beni o servizi, necessario a prescindere. È indispensabile se si vuole evitare che il 1o ottobre di quest'anno - non di anni a venire - scatti in automatico l'aumento dell'IVA di 2 punti percentuali, così come previsto dalle manovre estive del Governo Berlusconi, dalle manovre estive del precedente Governo (mi riferisco al decreto-legge n. 138 di agosto, convertito in legge a settembre, ma ancora prima a quello di luglio, il tutto poi ripreso dal decreto «salva Italia» del Governo Monti). Guai a noi se non raggiungessimo questo obiettivo.
Quell'aumento di 2 punti percentuali dell'IVA avrebbe conseguenze devastanti per il nostro Paese. Ma a questo decreto ne dovranno seguire molto presto altri, di ben altra consistenza, non solo finanziaria. Leggiamo oggi sui quotidiani che probabilmente lunedì - già domenica al rientro da Bruxelles, ma poi lunedì - il Governo ufficialmente dovrebbe emanare quello che viene già definito «il decretone», cioè tagli, non ovviamente lineari finalmente, per circa 30 miliardi di euro nei prossimi due anni. Altrimenti gli aumenti eventuali dell'IVA potrebbero scattare non il 1o ottobre, perché magari riusciamo a trovare i 4 miliardi di euro - ed è l'obiettivo di questo primo decreto -, ma scatterebbe il 1o gennaio 2013, oppure ancora, se non seguissimo quel percorso previsto, il 1o gennaio 2014.
Ma a quelle date, i miliardi da tagliare o da recuperare diventeranno molti di più, come sanno tutti i colleghi.
L'intervento di disboscamento del sistema, tuttavia, ha anche un altro significativo beneficio da misurare a più lunga scadenza: parlo di quella che è stata definita più volte la «tassa occulta» che il sistema Paese, nella sua componente produttiva e imprenditoriale, paga alla nostra farraginosa burocrazia, cioè alla previsione di molteplici autorizzazioni, concessioni, permessi e quanti altri ammennicoli vari.
Quindi, la spending review ha non solo come obiettivo la riduzione dello spreco, ma ha anche come riferimento la verifica delle funzioni e la revisione del carico burocratico. Il bilancio pubblico allargato del nostro Paese, come è ben noto, si aggira intorno agli 800 miliardi di euro: con riferimento a tale bilancio, le spese rappresentano il 52 per cento del prodotto interno lordo. Se l'analisi è limitata ai beni e ai servizi sui quali essa va a concentrarsi, si pone l'attenzione intorno a circa 100-150 miliardi di euro; invece, la funzione fondamentale della spending review, quella dell'analisi dei costi e della valutazione del beneficio del sistema pubblico, che riguarda le funzioni, deve rivolgersi al totale del bilancio dello Stato. Da questo tipo di analisi, da queste considerazioni deriverà il successo o l'insuccesso dell'iniziativa partita con il decreto-legge n. 98 del 2011 e, poi, con quello già citato, n. 138.
Con questo decreto-legge, invece, e con quelli che seguiranno, si ridurrà la spesa pubblica, rendendo altresì efficiente, funzionante ed efficace la macchina pubblica italiana, con soddisfazione per i cittadini, anche se, inizialmente, ovviamente, qualcuno si vedrà toccato da questi tagli. Ma i benefici arriveranno, non tarderanno ad arrivare, e se ne renderanno conto anche quei cittadini che, magari, inizialmente, possono protestare.
Con il suo rapporto, il Ministro Giarda ci dice che la massa potenzialmente aggredibile nel medio periodo è di circa 300 miliardi di euro, costituita da consumi intermedi, retribuzioni e trasferimenti a famiglie e a imprese. Al suo interno, l'ammontare riducibile a breve è di circa un terzo, cioè di 90 miliardi di euro. Sul Pag. 12decreto-legge che stiamo discutendo, la Camera - questa Camera - non si è limitata a prendere atto di quanto trasmessoci dall'altro ramo del Parlamento, come ci hanno appena ricordato i due relatori: si è provveduto invece ad allargare l'ambito della revisione a tutta la spesa pubblica, ad indicare diverse modalità di acquisizione dei beni e dei servizi ma, soprattutto, a correggere la vigente normativa in una materia calda, caldissima, come i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione. Da chi? Da quelle imprese italiane che - ormai sono tutte - faticano, non ce la fanno più, addirittura chiudono o, ancora peggio, che hanno qualche imprenditore che pensa di farla finita.
Un esempio per tutti: la certificazione dei crediti vantati nei confronti di amministrazioni, di enti centrali e locali, del Servizio sanitario, sarà possibile anche in quelle regioni sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario. Questo provvedimento traccia un sentiero assai significativo, che è quello dell'accorpamento delle articolazioni periferiche dello Stato e degli enti previdenziali, in particolare, nel settore dell'ordine e della sicurezza pubblica. L'altro pilastro della spesa pubblica su cui in questi anni non si è, purtroppo, affatto inciso è la spesa per la cosiddetta struttura allargata della pubblica amministrazione, costituita dalle retribuzioni del personale pubblico.
Metterci mano, attraverso la contrattazione collettiva, significa rendere una giustizia retributiva sul parametro costituzionale e spendere molto meglio risorse della pubblica amministrazione, tenendo conto che essa deve tornare ad essere un settore che eroga servizi, retribuendo il merito e la capacità, e non solo uno strumento di redistribuzione del reddito nazionale attraverso l'assegnazione di posti nella pubblica amministrazione.
Però, c'è un santuario - o almeno così è stato sino ad ora - in cui non è stato possibile intervenire o intervenire in modo adeguato e mi auguro che si possa fare presto e che ci riesca questo Governo: mi riferisco a quello della spesa delle regioni e, in particolare, della spesa per la sanità, soprattutto in alcune regioni, e non voglio ricordare i tanti scandali e i tanti casi di mala sanità.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Signor sottosegretario, dobbiamo uscire da questa situazione con una grande operazione di cambiamento del Paese, ridefinendo i confini dello Stato e del suo intervento con l'economia. Oggi compiamo il primo passo e non nella direzione - come già dicevo prima - dei tagli lineari, di cui si è tanto vantato il Ministro dell'economia e delle finanze dei Governi precedenti.
Se guardiamo che cosa sta avvenendo fuori da questo Palazzo, cosa sta avvenendo nel nostro Paese e - mi allargo - cosa sta avvenendo nel nostro continente, nell'Europa, ormai da troppo tempo, cosa potrebbe succedere da lunedì e, soprattutto, cosa potrebbe succedere nel prossimo autunno, allora io credo che un sussulto di coraggio e - se mi permettete, ma mi guardo per primo nello specchio - di dignità, ci deve prendere.
Se oggi e domani l'Europa non batterà un colpo forte sulla sua precisa volontà di esistere non come semplice espressione geografica, ma come unione di nazioni e di popoli, il rischio di frantumazione e di esplosione della società italiana e di quella europea sarà altissimo. Si rischia la distruzione della struttura politica e della democrazia. Per la democrazia e la libertà si sono battuti in tanti negli anni in cui si è visto questo Paese diviso in due, da una parte, chi l'aveva oppresso e, dall'altra, chi voleva liberarlo: tutto ciò, ahimè, rischia di essere stato inutile. Ecco perché dobbiamo fare tutti il nostro dovere e credo che, oggi, il Parlamento, questa Camera, lo stia facendo (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la Lega Nord Padania è assolutamente a favore di razionalizzare la Pag. 13spesa, di tagliare quello che c'è da tagliare. Da tempo abbiamo detto che riteniamo che vi siano spese che non sono corrette, ma noi abbiamo proposto, da anni, un sistema diverso di gestione e allocazione delle risorse, che segue la logica di uno Stato federale, quindi di uno Stato che ragioni in termini diversi da uno Stato centralista.
Mi riferisco a un concetto che anche qui e anche con questo provvedimento, non viene invertito: qui si continua a seguire la logica del «cerchiamo di razionalizzare la spesa», senza però dare limiti. È come se noi, nel nostro bilancio familiare, invece di partire da quanto guadagniamo, dall'entrata che abbiamo ogni mese, con il nostro salario o il nostro stipendio, per poi costruire il bilancio familiare, partissimo, invece, da un altro concetto: quello di quanto spendo e di come devo spendere.
Quando compro il frigorifero devo farlo in modo da spendere meno; quando compro la nuova lavastoviglie, devo fare così; quando faccio la spesa devo fare così, e sommo centomila tipologie di acquisti. Magari noi ci organizziamo e facciamo in modo di razionalizzare la spesa quando si va ad acquistare quella cosa però, poi, può darsi che il totale delle spese sia il doppio di quello che incassiamo.
Quindi, fin quando non invertiremo il meccanismo e, quindi, fin quando non decideremo qual è la percentuale di PIL che vogliamo spendere per il funzionamento dello Stato e, di conseguenza, non adegueremo le amministrazioni dello Stato, con un sistema federalista, al contenimento e al mantenimento di determinati limiti di spesa, non riusciremo a sistemare il Paese.
Detto questo, però, siamo stati in attesa di questo provvedimento per mesi. Infatti, ormai, questo Governo è da più di sette mesi che si è insediato e non ha portato a casa ancora un risparmio di spesa, non un taglio, ma ha determinato solo tasse, tasse e tasse. Ricordiamo l'IMU e l'aumento dell'IVA; ricordiamo che sono state toccate le tasse dirette e quelle indirette, ma di tagli di spesa non se ne sono visti.
Addirittura, il mese scorso la ciliegina sulla torta avariata che ci ha proposto questo Governo: il Ministro della salute ha voluto riorganizzare i propri uffici e la Commissione bilancio, nel parere sul provvedimento di razionalizzazione della spesa degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute, ha riscontrato che il Ministro stesso non ha ridotto neanche di un centesimo la spesa dei suoi uffici di diretta collaborazione, ma ha mantenuto più di cento persone che lavorano direttamente per lui, ha mantenuto un nucleo di valutazione che per valutare queste persone costa 535 mila euro l'anno, quando in un comune come quello dove svolgo l'attività di sindaco, che ha novanta dipendenti, il nucleo di valutazione costa 7 mila euro.
Di fronte a tutto questo, in Commissione bilancio ci viene detto che, adesso, con la spending review, saranno toccate anche questi aspetti. Invece in questo provvedimento di spending review non è stato toccato niente. Perché? Perché questo provvedimento, che è arrivato, come al solito, tardi (perché come ho detto, è arrivato solo dopo mesi, mesi e mesi di tasse), è anche fatto male, come al solito.
Inoltre, questo Governo, oggi, è rappresentato in modo molto sui generis, ossia solamente dal sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, e non è presente neanche un rappresentate del Ministero dell'economia e delle finanze; auspicavo la presenza del Ministro dell'economia e delle finanze, ma poiché è anche Presidente del Consiglio non partecipa ai lavori della Camera. Allora, che almeno fosse presente un sottosegretario - una presenza forte - del Ministero dell'economia e delle finanze, e invece no. Quindi anche in questo caso il Governo dimostra poca sensibilità nei confronti del Parlamento.
Ma come è arrivato questo provvedimento? È arrivato scritto male, tant'è che lo stesso Comitato per la legislazione ha sollevato diverse osservazioni sul metodo di scrittura. Anche qui, una maggioranza e un Governo sordi a questi rilievi non li hanno recepiti. Pag. 14
Ancor più siamo rimasti molto sconcertati nel vedere anche la differenziazione totale, la mancanza di un reale supporto all'attività di Governo da parte di una reale maggioranza; infatti, anche in Commissione ci sono state diverse votazioni dove la maggioranza è andata un po' allo sbando: uno votava in un modo, uno votava in un altro, il PD ha votato da una parte, il PdL ha votato da un'altra.
Quindi, siamo rimasti colpiti perché, rispetto ad un provvedimento che doveva essere importantissimo, che è stato per mesi considerato la salvezza della Patria, quando arriva, assistiamo alla totale disorganizzazione sia nella gestione del provvedimento da parte del Governo, ma anche da parte della sua stessa maggioranza.
Per scendere nei particolari, il provvedimento che cosa fa?
Viene creato un Comitato interministeriale che deve riunirsi per decidere che tagli applicare nella pubblica amministrazione, e poi viene istituito un commissario. Già qui nasce una dicotomia, che può essere negativa, perché bisogna capire fin quando potrà lavorare, questo commissario, senza entrare in contrasto con la parte politica del comitato. Allora mi chiedo: visto che questo commissario - ed è una spesa certa - costa 230 mila euro e oltre allo Stato, non si poteva evitare di nominarlo utilizzando un Ministro o un sottosegretario ad hoc per seguire la spesa, e far in modo che questa persona facesse parte del Comitato interministeriale e, quindi, fosse ad esso legato, evitando possibili conflitti tra una figura e l'altra? Si sarebbero risparmiati sicuramente 233 mila euro, perché questo provvedimento nasce già con delle spese. Ancora prima di iniziare a fare tagli e a ridurre la spesa, si inizia a spendere qualcosa. Quindi, questo è un provvedimento che costa.
Non solo, vi sono anche costi occulti che, magari, usciranno fuori, perché, se andiamo a vedere la verifica delle quantificazioni stabilita dalla Commissione bilancio, ci rendiamo conto che già riguardo al nuovo Comitato interministeriale viene evidenziato che le attività di supporto richieste a seguito della sua istituzione, non sono considerate; bisogna capire su quali risorse strumentali, finanziarie e di personale, sarà garantita la piena operatività del Comitato, in quanto nella relazione tecnica questi aspetti non sono segnalati. Quindi, anche qui, probabilmente, vi sarà una spesa - che non è quantificata - in aggiunta a quella che avremo per il commissario. Non solo, vi sono anche delle spese che potranno essere sostenute, probabilmente, per la struttura a supporto dell'attività del commissario. Qui non è stato chiarito se questa struttura potrà operare in assenza di oneri a carico del bilancio dello Stato o meno. Qui sarebbe servita una spiegazione di come funzionerà la struttura di supporto del commissario, ma non l'abbiamo avuta.
Devo dire che sono molti gli articoli che possono portare nuovi oneri a carico dello Stato. Infatti, anche dal testo dell'articolo 5, in merito ai poteri, viene fuori che si potrebbero determinare oneri per il funzionamento diretto dell'ufficio del commissario, anche a carico di amministrazioni da individuare di volta in volta, le quali potrebbero non disporre dei margini di bilancio necessari a sostenere quest'ulteriore impegno amministrativo.
Inoltre, vorrei citare il caso accaduto in Commissione, dove è stata approvata una proposta emendativa relativa all'articolo 12, con una maggioranza spaccata, che se non fosse stata approvata, e quindi se si fosse mantenuta la versione uscita dal Senato, vi sarebbero state, a detta del Ministero dell'economia e delle finanze, ulteriori spese per lo Stato per 1 miliardo e 160 milioni di euro. Questa proposta emendativa, approvata - lo ripeto - con il voto contrario di una parte della maggioranza della Commissione, sono curioso di vedere che fine farà in Aula, cioè se una parte della maggioranza proverà ancora a cancellarla o se verrà mantenuta; ma rendiamoci conto che se non dovesse essere mantenuto il testo così com'è uscito dalla Commissione, vi potrebbero essere ulteriori spese per 1 miliardo e 100 milioni di euro. Quindi, questo provvedimento è nato con delle spese di base, invece che con Pag. 15delle razionalizzazioni. Abbiamo di sicuro delle spese ulteriori, per i tagli si vedrà, perché il comitato dovrà lavorare, e si stabiliscono degli altri termini per esso. Quindi, resteremo in attesa per altri mesi prima di avere un risultato reale. Quello che fu detto in V Commissione (Bilancio), quando ci dissero che la razionalizzazione della spesa delle segreterie particolari dei Ministri e dei sottosegretari sarebbe stata fatta con la spending review, noi non lo vediamo ancora.
Non c'è qua. Ci sarà, forse, se il Comitato interministeriale lavorerà. Forse e tra un po' di tempo. Intanto, però, a settembre c'è bisogno di aumentare l'IVA. Si è detto che a settembre forse non verrà aumentata l'IVA perché ci sarà la spending review, ma se la spending review al momento non ci porta a degli immediati tagli di spesa, perché il Comitato dovrà lavorare, perché d'altra parte le proposte del commissario dovranno ancora arrivare, si arriverà a settembre - settembre è qua dietro - e i tagli non ci saranno ancora stati e lo Stato necessiterà ancora di denaro, con il rischio di un ulteriore aumento della pressione fiscale.
Per questo noi, come ho detto, ci siamo trovati un po' colpiti da come è stato portato avanti tutto questo provvedimento, soprattutto in ordine al meccanismo dei tagli delle spese. Non ci sembra sia il modo migliore, come ho già spiegato. Anzi, almeno per cercare di limitare i danni, abbiamo dovuto proporre degli emendamenti. Alcuni sono passati. Diciamo che ne è passato uno sostanziale in Commissione relativo ai costi e ai fabbisogni standard, perché non era neanche previsto un termine per l'applicazione di questo sistema che rientrava nel processo di federalismo fiscale e che è stato fermato dal Governo.
Allora abbiamo preteso che ci fossero dei tempi certi e quindi, grazie all'approvazione di questo emendamento della Lega Nord Padania, siamo riusciti a dare tempi certi, per cui ci deve essere, entro il 31 dicembre, la pubblicazione dei dati, e l'attuazione entro il primo quadrimestre del 2013. Speriamo che questo impegno venga mantenuto. È stato un emendamento approvato rispetto ai tanti presentati dalla Lega. Ne sono passati due o tre, molto pochi, il che denota comunque che c'è stato un minimo di volontà di miglioramento.
Per questo non ci siamo opposti con un voto contrario in Commissione, non potendo approvare con un voto favorevole questo provvedimento perché, come ho detto, ha grossi problemi e soprattutto parte da un concetto che è quello sbagliato, non federalista, ma centralista - quindi siamo sempre lì, parte da un concetto sbagliato -, però abbiamo tenuto un atteggiamento di apertura e quindi vi è stata una sostanziale astensione sul voto del mandato al relatore.
Ripeto, però, che ci hanno lasciato molto sconcertati il fatto che tanti altri nostri emendamenti non siano passati, e la mancanza di organizzazione tra i gruppi che sostengono il Governo. Soprattutto abbiamo ritenuto, e valutato negativamente, che alcuni emendamenti, che erano molto importanti, sono stati rigettati. Ne sottolineo uno che era stata presentato a mia firma, e che prevedeva che la spesa del personale delle regioni fosse ridimensionata e parametrata ad un indice.
Infatti - non parliamo delle regioni a Statuto speciale, perché loro hanno un indice di personale/abitanti molto alto, altissimo direi - abbiamo fatto una verifica sul numero del personale dipendente delle regioni e ci siamo resi conto che alcune regioni sono virtuose e hanno un indice molto basso, quindi un numero molto basso di dipendenti regionali per abitante, mentre altre regioni ce l'hanno altissimo.
Probabilmente, se ci sono regioni che riescono a lavorare con pochi dipendenti rispetto agli abitanti, anche le altre regioni, che non sono virtuose, possono essere invitate a diventarlo. Quindi noi chiedevamo, attraverso un nostro emendamento, che si trovasse - non dico che tutte le regioni avrebbero dovuto adeguarsi all'indice della regione migliore - un indice medio nazionale e le regioni che lo superavano avrebbero dovuto allinearsi a quell'indice, con riduzione di personale e di Pag. 16spesa del personale. Ecco, questo emendamento è stato bocciato e non capisco perché.
Quando si va a toccare veramente la spesa, la spesa folle, la spesa inutile, anche un Governo che si dice tecnico, si comporta nel peggior modo della politica, cioè ha paura di andare a tagliare del personale inutile nelle regioni dove si sono assunti - solo per garantire lo stipendio a qualcuno - migliaia e migliaia di dipendenti regionali.
Non si è avuto il coraggio, neanche questa volta, di andarlo a toccare. Ma allora mi chiedo: ma come potete avere il coraggio di aumentare le tasse a tutti cittadini, di dare una bastonata sulla testa di tutti i cittadini con l'IMU e di non andare a tagliare i veri sprechi come quello delle regioni?
Per questo spero che il provvedimento sia modificato in meglio con alcuni emendamenti che abbiamo presentato. Anche in questa occasione abbiamo tenuto un atteggiamento di massima apertura e correttezza perché non abbiamo presentato mille emendamenti in Assemblea. Ne abbiamo presentati pochissimi. Ma, almeno su questi, chiediamo che ci sia una vera e attenta valutazione da parte del Governo per poter approvare almeno quell'emendamento - come le dicevo - riferito al costo del personale nelle regioni a statuto ordinario. Sarebbe un fatto importante dire alle regioni spendaccione che, finché c'è questo sistema centralista dove i soldi arrivano da Roma, e quindi la regione continua a spendere perché tanto sa che qualcuno ripianerà i deficit, non si è fatto il federalismo (e di questo mi dispiace molto), però, attenzione, non si può continuare a spendere in quel modo.
Quindi, questo va approvato, come va approvato, signor rappresentante del Governo, un altro emendamento che noi riteniamo importante e che abbiamo ripresentato per l'Assemblea e che dice che il massimo stipendio per i dipendenti pubblici o delle società controllate dallo Stato e anche di chi riceve fondi dallo Stato (RAI, giornali, eccetera) non può superare il tetto dell'indennità parlamentare. Infatti, tutti continuano a raccontarci che l'indennità parlamentare è alta e, quindi, se è alta, non capisco perché è alta per il parlamentare, ma per quello che lavora per la RAI, invece, è una nullità. Non capisco perché per quello che lavora per certe autorità o per certe amministrazioni dello Stato, livellarsi all'indennità parlamentare sia una cosa orribile, perché magari lui guadagna quattro volte tanto. Allora, limitiamo gli stipendi pubblici. È un momento di crisi. Come il Parlamento ha fatto e ha diminuito gli stipendi dei parlamentari in questa legislatura, che vengano diminuiti anche gli stipendi di tutti gli altri.
Quindi, noi abbiamo, signor rappresentante del Governo, presentato delle proposte, come ho detto, con il nostro atteggiamento di responsabilità, che, nonostante ci veda arrabbiati (possiamo dirlo) perché il processo del federalismo si è fermato con l'arrivo di questo Governo, però ci vede molto responsabili nel rendersi conto che il Paese ha dei problemi e, quindi, noi siamo in prima linea per cercare di risolverli, senza la scappatoia delle tasse. Infatti, mentre eravamo al Governo siamo riusciti a contenere la pressione fiscale, a mantenerla, ed è bastato il cambio di Governo per farla aumentare e questo ha comportato una recessione nel Paese.
Quindi, questa manovra di spending review deve servire a ridare fiato al Paese, non a tagliare ancora. Per ridare fiato al Paese, bisogna davvero attuarla. Bisogna davvero andare a toccare le spese che è possibile ridurre, perché noi sappiamo che sono riducibili. Lo dico un'altra volta perché deve entrare nella testa di tutti: le spese degli uffici di diretta collaborazione sono assolutamente riducibili in modo molto veloce e, quindi, facciamolo, signor rappresentante del Governo.
Questi sono solo alcuni spunti che ho voluto toccare. Poi i miei colleghi che seguiranno saranno molto più puntuali sui vari altri emendamenti che abbiamo presentato. Ma, per concludere questo intervento, volevo anche sottolineare un ulteriore fatto che ritengo grave e che il Pag. 17Governo continua a seguire: la mancanza di attenzione nei confronti del Parlamento. Infatti, come oggi la rappresentanza del Governo è proprio ai minimi termini (e questo è un fatto ormai endemico), ci siamo trovati un'altra volta a vedere che il Parlamento è usato come «passacarte». In che senso?
Nel senso che le Commissioni di merito hanno ricevuto i pareri dal Comitato per la legislazione, di cui ho parlato all'inizio del mio intervento, che non sono stati ascoltati. Si tratta di pareri importanti, perché dicono che alcune norme di questo decreto-legge sono state scritte male, perché non seguono la gerarchia delle fonti. Quindi, ci sono problemi. Chi lo desidera può leggere i suddetti pareri. Io non sto a leggerli, perché ci vorrebbero altri venti minuti, ma ci sono molte osservazioni che il Comitato per la legislazione aveva fatto, e che sono state disattese, non sono state considerate.
Ma anche altre Commissioni parlamentari, nell'esprimere il loro parere, avevano richiesto e inserito delle osservazioni e delle condizioni. Anche queste sono state disattese. In altri termini, si è utilizzato il Parlamento e le varie Commissioni solo come degli emettitori di timbri, che devono essere messi burocraticamente. Le altre Commissioni hanno espresso il parere? Sì, bene! Basta che il parere sia favorevole e non si tiene conto, invece, di quello che ogni Commissione, con il lavoro dei commissari, aveva espresso in quel parere. In quei pareri erano state fatte richieste varie, come nel parere espresso dalla X e da altre Commissioni, che avevano chiesto altre misure per le imprese. Insomma, ci sono diversi pareri, circa una ventina di pareri, di osservazioni e di condizioni, che erano state richieste e che sono state, per il 99,99 per cento, disattese.
Non si può pensare che il Parlamento, le sue Commissioni, lavorino per niente, per il vento. Sono parole al vento, come quelle banderuole con le preghiere che troviamo in Tibet, che girano al vento e in cui le preghiere vengono disperse nel vento. Qui il lavoro delle Commissioni viene disperso nel vento. Ma non è così, perché il Parlamento rappresenta la centralità e la sovranità del popolo, il Parlamento è il luogo della democrazia e il Governo deve seguire le indicazioni che vengono fornite dal Parlamento. Il Governo deve seguire le osservazioni che arrivano dalle varie Commissioni di merito, quando esprimono i pareri. Non ci si può sempre dimenticare del lavoro che viene svolto qui, perché, altrimenti, a questo punto chiudiamo il Parlamento, chiudiamo la democrazia. Ma tutti quelli che hanno combattuto per avere la democrazia dove li mettiamo? Quindi, questo è un invito al Governo a essere più presente e consapevole della centralità del Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, questo provvedimento è un provvedimento-quadro. Almeno, avrebbe dovuto essere semplicemente un provvedimento-quadro, che definiva un metodo assolutamente necessario per una verifica di molte spese inserite nel bilancio dello Stato e sulle quali vi è oggettivamente la possibilità di intervenire per ridurre la spesa pubblica.
Noi abbiamo affrontato questo provvedimento con uno spirito costruttivo, pur essendo all'opposizione. Abbiamo immaginato di migliorarlo, di dare dei suggerimenti per il miglioramento del testo e devo dare atto, sia ai relatori sia al Governo, di aver agito, in Commissione, in modo tale da accogliere anche parte di questi suggerimenti. Credo che, come tutti i metodi, tutti i provvedimenti che servono per definire un metodo non siano buoni o cattivi in sé, perché poi è nell'attuazione del metodo che si capisce se si fa qualcosa di positivo, se si usano per fare qualcosa di buono o di negativo. Pertanto, credo che il giudizio si dovrà spostare sui decreti attuativi di cui, come sappiamo, uno sta già per essere emanato. È lì che vedremo se il metodo viene usato bene o male, ed è lì che esprimeremo un giudizio di merito sull'uso che si fa del metodo. Pag. 18
Pertanto, siamo anche soddisfatti del fatto che siano stati accolti alcuni suggerimenti. Infatti, alcuni di questi sono anche di impatto rilevante. Mi riferisco, in particolare, a quello che, in qualche modo, inciderà fortemente sulla spesa sanitaria.
Partendo dalla constatazione che i monitoraggi fin qui fatti hanno rilevato spesso delle consistenti e marcate differenze tra luoghi, soggetti e aziende sanitarie diverse, in termini di spesa unitaria di acquisto di determinati prodotti, di determinati beni o di determinati servizi, è evidente che un meccanismo che imponga alle aziende sanitarie, che siano al di fuori di quei parametri, una rinegoziazione ed un riallineamento con la possibilità aggiuntiva di rescindere unilateralmente il contratto in corso senza penalizzazioni, avrà un impatto rilevante sui risparmi della spesa sanitaria, che sappiamo essere tra i più significativi nell'immaginario collettivo e nell'intervento che il Governo dovrà fare.
C'è però anche l'accoglimento, da un lato, peraltro, di un nostro suggerimento importante, anche se rimesso all'autonomia degli organi costituzionali, cioè che anche gli altri organi costituzionali agiscano al loro interno e facciano una sorta di spending review interna. Lo ripeto: è un'affermazione di principio perché nessuno vuole ledere l'autonomia di questi enti, ma credo che richiamarla in una legge imponga comunque loro questa verifica, così come è altrettanto importante che anche i commissari delle regioni con problemi di disavanzo sanitario possano intervenire, così come i sindaci, i presidenti della provincia e così via, dietro indicazione del commissario straordinario, per una serie di possibili interventi, compresa la sospensione di eventuali procedure in essere che venissero ravvisate non conformi alla possibilità di risparmiare sulla spesa sanitaria. Credo che questi siano elementi importanti.
Certo, all'interno di questo provvedimento è entrata una norma che non approviamo, che riguarda le gare d'appalto, e che rischia di mantenere scarsa trasparenza in alcuni casi. Ho sentito dire da un collega di una relazione tecnica, che non è una relazione propriamente della Ragioneria, nella quale si parla di un potenziale costo fino ad un miliardo, ma molto potenziale e molto discutibile. Si dice - poi concludo, signor Presidente - che verrebbe così salvaguardata una gara che interessa ad un imprenditore che in passato ha avuto contiguità con soggetti poco trasparenti, ma a me pare che la trasparenza dovrebbe essere il principio conduttore di un intervento in questa materia, al di là di quelli che potrebbero essere i costi che - come ripeto - sono tutti potenziali, sui quali potevano essere svolti gli approfondimenti necessari per andare a determinare realmente se parliamo di un potenziale miliardo o se - come credo io e credono anche molti altri - in realtà si tratti di somme molto, ma molto inferiori a quelle indicate. Comunque, la trasparenza - di fronte ad atti potenzialmente dannosi per altri motivi - parrebbe necessaria.
Noi abbiamo naturalmente proposto per l'Aula il ripristino della versione precedente dell'articolo 12 su questo punto e, per decidere anche il nostro atteggiamento, ci attendiamo di capire e di vedere l'iter in Aula, dove abbiamo riproposto anche altri emendamenti - peraltro siamo pronti anche a mantenerne solo pochissimi per la discussione - ma il nostro atteggiamento finale dipenderà poi da quello che avverrà nell'iter in Aula, in particolare sulla questione dell'articolo 12.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, dopo cinque anni, finalmente si mette mano concretamente alla riforma della spesa pubblica.
Ricordo che nel 2007 fu dato incarico al Ministro dell'economia e delle finanze di un riesame sistematico della spesa dello Stato centrale, avvalendosi di una Commissione tecnica per la finanza pubblica istituita per lo scopo.
Tale Commissione avrebbe dovuto valutare le criticità dei centri di spesa, le Pag. 19opzioni per una efficace riallocazione delle risorse e il migliore utilizzo delle stesse stanziate nei vari capitoli di spesa. A suo tempo, furono individuati cinque Ministeri da sottoporre al programma di revisione della spesa: i Ministeri della giustizia, dell'interno, dei trasporti, delle infrastrutture e dell'istruzione. Questi Ministeri rappresentano circa il 30 per cento della spesa corrente dello Stato e il 25 per cento di quella in conto capitale. Dopo un anno di attività, la Commissione ha prodotto un primo risultato con la pubblicazione di un libro verde sulla spesa pubblica e di un rapporto intermedio sulla revisione della spesa, dove si individuano le criticità di sistema sia sulla qualità della spesa, sia sulla quantità delle risorse in rapporto ai livelli di produttività dei servizi erogati. Un secondo risultato è stato di tipo organizzativo. Sono infatti state individuate tre aree di intervento su cui agire per ristrutturare l'organizzazione dello Stato: la prima concerne la ridefinizione dell'organizzazione territoriale, soprattutto periferica, dopo la modifica del titolo V della Costituzione ed il passaggio di funzioni alle regioni; la seconda concerne la revisione delle procedure amministrative attraverso un processo di semplificazione e delegificazione al fine di sburocratizzare lo Stato-amministrazione; la terza concerne la riorganizzazione del personale, soprattutto alla luce del federalismo amministrativo, con l'attuazione delle cosiddette leggi Bassanini 1 e Bassanini 2, che implicava il trasferimento degli impiegati dal centro alla periferia, ovvero verso altri soggetti pubblici attraverso la mobilità volontaria. Poco o nulla è stato fatto di quanto previsto e valutato, tanto che nella finanziaria per il 2008 si parla per la prima volta di spending review, ossia di selezione della spesa quale metodo di decisione per l'allocazione delle risorse incrementali e la valutazione delle performance, della qualità ed efficienza dei servizi offerti. Per favorire l'applicazione di detta nuova metodologia, con la riforma della legge di contabilità dello Stato, la legge n. 196 del 2009, vengono istituiti i nuclei di analisi e valutazione della spesa per la rimodulazione delle risorse iscritte in bilancio. La stessa legge di contabilità modifica le unità previsionali di base, previste come unità di bilancio, per sostituirle con programmi e missioni, dando così maggiore flessibilità allo spostamento di risorse da un Ministero all'altro e all'interno delle strutture amministrative degli stessi Ministeri, prevedendo anche una flessibilità orizzontale, consentendo una rimodulazione su un arco di tempo triennale. Purtroppo, nonostante gli strumenti giuridici previsti dal legislatore per un'oculata ed efficiente gestione delle risorse finanziarie, la spesa pubblica centrale ha seguitato a crescere. In termini cumulativi secondo la Corte dei conti - si veda al riguardo il rapporto 2012 sulla finanza pubblica, a pagina 97 - nel decennio 2000-2010, se la spesa delle pubbliche amministrazioni è cresciuta del 4,9, al netto degli interessi per il debito pubblico, quella dello Stato centrale è cresciuta del 6 per cento, sempre al netto degli interessi. Quello che rileva è che il PIL nello stesso decennio è cresciuto cumulativamente del 2,8 per cento, ossia meno della metà dell'aumento della spesa dello Stato centrale. Il sistema statale quindi ha assorbito più del doppio della ricchezza prodotta dal Paese, una situazione inaccettabile se solo si pensa che la spesa statale, comprensiva di quella previdenziale e di quella universitaria gestita a livello centrale, è circa il 50 per cento della spesa pubblica generale. Solo questo dato spiega perché il debito pubblico è arrivato nel 2012 a duemila miliardi di euro. Attenzione, nello stesso decennio 2000-2010 il debito pubblico è passato da 1.300 miliardi a 1.843 miliardi, con un aumento di 543 miliardi, di cui 282 prodotti dai cinque anni del Governo Berlusconi, 84 miliardi dai due anni di Governo Prodi, e 177 miliardi più 105, dal 2010 ad oggi, ossia complessivamente 282 miliardi, dall'ultimo Governo Berlusconi.
Invito la Lega Nord, che ci dà sempre lezioni, a riflettere su questi dati, visto che ha governato con Berlusconi 10 anni degli ultimi 12. Qual è stato il limite del Ministro Pag. 20Tremonti, che per gli ultimi 9 anni su 12 ha gestito la spesa pubblica italiana, soprattutto quella statale?
Primo, averla incrementata in base alla spesa storica, ossia incrementando distorsioni su distorsioni; secondo, aver fatto, negli ultimi anni, tagli lineari per ridurla, senza modificarne la dinamica della crescita, sicché l'anno dopo la spesa tendenziale tornava a superare la spesa programmata.
Negli ultimi tre anni, infatti, abbiamo assistito ai rimbalzi negli anni successivi della spesa statale tagliata, con il conseguente reintegro della spesa dell'anno di riferimento. Ciò è avvenuto soprattutto nel comparto sicurezza e, parzialmente, nell'istruzione. Riteniamo, perciò, che con questo Governo Monti vi sia stata la vera svolta della spending review, ossia, con questo decreto-legge, si passa dalle parole ai fatti.
La resistenza dei Ministri e della burocrazia dell'ultimo Governo Berlusconi l'abbiamo constatata, infatti, anche nell'ultimo tentativo del decreto-legge n. 138 del 2011, ossia della manovra estiva dello scorso agosto, quando, con un emendamento dell'opposizione al Senato, fu introdotto l'articolo 01, che stabiliva che, per il successivo 30 novembre, dovesse attuarsi un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica.
Con tale programma si ribadiva l'intervento sulle ben note criticità di sistema, già valutate cinque anni prima, cioè nel 2007: l'integrazione delle agenzie fiscali, la razionalizzazione delle strutture periferiche dello Stato, con la concentrazione di esse in uffici unitari a livello provinciale, il coordinamento delle forze dell'ordine, oggi articolate su cinque polizie, l'accorpamento degli enti di previdenza pubblica, già in corso, la riorganizzazione dell'amministrazione della giustizia, con la soppressione di molti tribunali e uffici di giudice di pace, la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica, affinché contribuisca allo sviluppo dell'internazionalizzazione delle imprese italiane all'estero.
Le linee guida per la realizzazione di detto programma si sarebbero dovute definire entro il 30 novembre 2011. Purtroppo, non è successo niente. Ancora una volta, parole senza fatti. La prova di resistenza della burocrazia, nonostante la buona volontà del Ministro Giarda, è durata fino allo scorso maggio, quando il Primo Ministro Monti ha deciso di passare dalle parole ai fatti, nominando il commissario Enrico Bondi, già risanatore della Parmalat e ben noto all'opinione pubblica per le sue capacità manageriali, e un comitato interministeriale, presieduto dallo stesso Monti, per presentare, entro il corrente mese di giugno, un preciso programma di lavoro per la razionalizzazione della spesa pubblica.
Con la direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri del 3 maggio scorso l'obiettivo minimale è quello di ricavare nei prossimi sei mesi almeno 4 miliardi e 200 milioni di euro per compensare la minore entrata derivante dall'applicazione dell'aumento dell'IVA dal 21 al 23 per cento nel prossimo mese di ottobre, al fine di evitare ulteriori effetti depressivi ad una recessione economica stimata, su base annua, per il 2012, nell'1,2 per cento del PIL.
È, quindi, di tutta evidenza come i suoi effetti siano stati mirati alla crescita e all'occupazione. Su un bilancio di competenza per il 2012 di poco più di 779 miliardi di euro, circa 282 miliardi riguardano le spese dei ministeri. Sebbene la concreta attuazione del programma venga demandata ad una serie di misure da prevedere in disegni di legge collegati alla manovra 2013/2015, rimessi alla nota di aggiornamento al DEF, prossimamente, a settembre, già sono previsti gli obiettivi finanziari.
Sono questi: riduzione della spesa corrente primaria degli anni 2012 e 2013 per ciascun Ministero dell'1 per cento rispetto al rendiconto 2010, dell'1,5 per cento delle spese previste per gli interventi e di 0,5 per cento degli oneri comuni ed in conto capitale.
Al Consiglio dei ministri dello scorso 30 aprile, il Ministro Giarda ha presentato un rapporto dove si evidenziano diffuse carenze di organizzazione del lavoro, politiche redistributive non collegate alla produttività Pag. 21ed alti costi per l'acquisto di beni e servizi con sperequazioni di comparto. La spending review dovrà, quindi, indirizzarsi all'eliminazione degli sprechi ed all'innovazione nell'organizzazione, oltre che alle modifiche dei confini dell'intervento pubblico.
Fino al 2014 si prevede una sostanziale invarianza della spesa primaria. Pertanto, l'individuazione di risorse per iniziative a favore di famiglie ed imprese dovranno essere conseguenza di azioni di rimodulazione della spesa.
Gli spazi di attività per aggredire la spesa pubblica con gli strumenti della spending review riguardano una quota di spesa stimata intorno a 295 miliardi di euro. Solo il 25-30 per cento di tale spesa potrà essere rivedibile nel breve periodo con risultati apprezzabili. Indagando la tipologia di spesa sulla quale intervenire, quella di maggiore rilievo è l'acquisto di beni e servizi e la spesa per le retribuzioni. In termini di livelli di Governo la quota maggiore è quella degli enti sanitari, degli enti territoriali e delle amministrazioni centrali.
Da subito si agirà, quindi, su quel 30 per cento dei 96 miliardi della spesa gestita dal bilancio dello Stato: riduzione delle strutture dirigenziali, concentrazione dell'offerta dei servizi e dei relativi uffici; riduzioni di enti e società e, inoltre, migliore utilizzo degli immobili, quindi, ricognizione e riduzione della spesa per locazioni, definizione di rapporti standard tra superficie occupate e numero degli occupanti, compattamenti di uffici e amministrazioni.
Sono anche previste riduzioni di spesa per consulenze e spese di rappresentanza. Saranno ridotte le impugnative di primo grado che riconoscano miglioramenti economici, progressioni di carriera per dipendenti pubblici, per evitare che passino in giudicato.
In tale contesto, in particolare riguardo al decreto-legge n. 52 del 2012 in esame, molto è dovuto ai poteri del commissario, che ha il compito di definire il livello di spesa per voci di costo delle amministrazioni pubblico. Di rilievo sono i poteri di coordinamento delle attività di approvvigionamento di beni e servizi nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le authority, gli enti locali, le società a partecipazione pubblica, nonché le regioni commissariate per l'attuazione dei piani di rientro dei disavanzi sanitari.
Sull'attività di razionalizzazione della spesa pubblica il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce semestralmente al Parlamento ed alla Corte dei conti.
Sulla preponderante attività concernente la riduzione dei costi per l'acquisto di beni e servizi intendo soffermarmi per essere stato protagonista di un emendamento, poi riformulato e fatto proprio dai relatori, sull'articolo 12. Esso incide notevolmente sulla riduzione dei costi, perché incide sulle gare di facility management di uffici, ossia pulizia locali, manutenzioni ed altri servizi di global service, e fornitura di reti locali, ossia cablaggi, fonia, dati e wi-fi per uffici.
Stando ai dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato sul massimale di gara Consip di 1.136 milioni di euro, che ha visto la partecipazione di 124 imprese si è registrato un ribasso medio del 15,44 per cento con un risparmio per la pubblica amministrazione di ben 321 milioni per la parte facility management e di 17 milioni per la parte reti locali.
La modifica del comma 3 dell'articolo 12, approvata dal Senato e successivamente parzialmente corretta dalle Commissioni I e V congiunte, salvaguarda proprio il primo degli obiettivi della spending review, che è quello della riduzione della spesa per l'acquisto di beni e servizi. Su questo aspetto si è divisa la maggioranza: da una parte il Partito Democratico, appoggiato da Italia dei Valori, e dall'altra UdC e Popolo della Libertà, sostenuti dalla Lega Nord.
Perché questa divisione? Semplice, perché l'Unione di Centro per il Terzo Polo non vuole che dopo la sentenza del Consiglio di Stato in adunanza plenaria che ha stabilito l'obbligo dell'apertura dei plichi con l'offerta tecnica nelle gare con offerta economica più vantaggiosa in seduta pubblica anziché riservata, si crei un clima di Pag. 22totale confusione. Infatti, con la sentenza ricordata del 28 luglio 2011, si è posto fine ad un'ondivaga e contraddittoria valutazione della giurisprudenza amministrativa, la quale, in assenza di una norma specifica, pendolava sia dal lato della legittimità dell'apertura dei plichi dell'offerta tecnica nelle sedi riservate, sia dal lato opposto della sede pubblica. Avendo stabilito la sede pubblica in assemblea plenaria si è aperto un nuovo contenzioso di rimbalzo verso quelle fattispecie opposte legittimate da sentenze altrettanto opposte. Infatti la sentenza avendo natura interpretativa esplica i suoi effetti in via retroattiva: ciò comporta la ripetizione di tutte quelle gare assegnate con l'apertura dei plichi con l'offerta tecnica fatte in sede riservata con tutte le problematiche in ordine alla proroga degli appalti in corso e con la ripetizione di privative industriali già pubblicizzate fatte proprie dalla concorrenza.
La proposta emendativa presentata dal sottoscritto, mirava a stabilire con una norma una spartizione nel tempo degli effetti della sentenza: riconoscere come definitive le situazioni pregresse al 28 luglio, comunque assegnate secondo un legittimo affidamento e riconoscere solo come legittime le gare conformi alla sentenza stessa dopo il 28 luglio. La stessa proposta emendativa riformulata non soddisfa questa volontà, anche se è stata dal sottoscritto votata, perché sembra voglia riconoscere come valide le gare con i plichi dell'offerta tecnica anche aperti dopo il 28 luglio e prima del 9 maggio, quando invece la preoccupazione di chi parla è solo quella di «congelare» la situazione prima del 28 luglio 2011 e rispettare la sentenza dopo questa data fino ad oggi.
La tesi che si è opposta dal Partito Democratico è quella di lasciare la retroattività della sentenza, che crea più confusione di quanta ne possa eventualmente creare la proposta emendativa riformulata, pur con le carenze che ho accennato. Spero che da oggi a martedì prossimo, il ravvedimento operoso del Partito Democratico e dei relatori possa trovare un maggiore equilibrio e ragionevolezza, aiutati dal Governo che per la verità ha contribuito non poco alla confusione sia al Senato che alla Camera per aver cambiato ben quattro volte parere, nonostante la proposta legislativa di normare gli effetti devastanti della sentenza del Consiglio di Stato fosse d'iniziativa governativa.
Inoltre, sia l'articolo 13-bis comma 1, lettera b)-bis, che risolve anche se parzialmente per ora il problema della doppia e penalizzante certificazione per le imprese in merito alla cessione dei crediti e che allunga fino 165 giorni il definitivo rilascio, sia l'articolo 13-ter sulle erogazioni liberali che devono essere subordinate alla disciplina Consip, sono proposte di chi parla per conto dell'Unione di Centro per il Terzo Polo, che completano il quadro di semplificazione e di riduzione dei costi della pubblica amministrazione.
Un'altra modifica di rilievo che voglio sottolineare è l'introduzione della norma dell'articolo 1-bis, voluta dalla Lega Nord, che anticipa al primo quadrimestre l'applicazione dei fabbisogni e costi standard per comuni e province, con rilevanti risparmi di gestione. A completamento della positiva valutazione del provvedimento in esame, va riconosciuto il merito del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, l'intesa con le organizzazioni sindacali e gli enti territoriali - regioni, province e comuni - per l'emanazione di un provvedimento legislativo che li coinvolga nei programmi di spending review. Alla luce del quadro normativo delineato, va detto anche che le procedure di spending review, già consolidate a livello internazionale, rappresentano un'occasione di omologazione alle migliori pratiche di funzionamento della pubblica amministrazione a livello europeo, soprattutto attraverso il previsto benchmarking.
Anche da questo punto di vista se ne ravvisa il forte contenuto innovativo. Le attività di analisi, diagnosi e proposte di riorganizzazione di servizi pubblici in corso in alcuni Ministeri pilota non hanno ancora prodotto disegni di legge o decreti-legge in quanto la forte rigidità della spesa primaria dello Stato non consente facili Pag. 23rimodulazioni. Il 94 per cento della spesa statale, infatti, non è rimodulabile. L'attività di risparmio della spending review sarà destinata alla riduzione della pressione fiscale, ad iniziative dirette a contrastare le difficoltà di famiglie e di imprese e al miglioramento di innovazione nel settore pubblico, anche attraverso incentivazioni a livello di contrattazione integrativa, ma - è bene sottolinearlo - richiederà una strategia complessa e a medio e lungo termine.
Signor Presidente, al termine di questo intervento voglio esprimere, come già altri colleghi hanno fatto, i miei sentimenti di ringraziamento e di riconoscenza ai presidenti delle due Commissioni, onorevoli Bruno e Giancarlo Giorgetti, e ai due relatori, onorevoli Bernini Bovicelli e Occhiuto, per l'apertura con cui hanno seguito i lavori delle due Commissioni medesime e, soprattutto, per l'ascolto che hanno prestato alle proposte di miglioramento del provvedimento. Ringrazio, inoltre, il sottosegretario Polillo per il contributo dato ai lavori delle Commissioni. In questo senso, sono doppiamente soddisfatto perché quasi tutti gli emendamenti presentati dall'Unione di Centro per il Terzo Polo hanno trovato attenzione ed accoglimento, pur nella riformulazione, da parte dei relatori e, quindi, possiamo dire che il mio gruppo parlamentare ha dato un notevole contributo su una parte importante e qualificante dell'azione del Governo Monti che è, appunto, la riduzione della spesa pubblica per liberare risorse per la crescita e l'occupazione che è quello che il Paese ci chiede e che sta attendendo con viva attenzione, anche in questo momento in cui si sta svolgendo il vertice del Consiglio europeo. Cogliamo l'occasione per fare i migliori auguri al Presidente del Consiglio Monti per la migliore riuscita delle nostre attese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, com'è stato già detto ci troviamo con questo provvedimento ai primi minuti del primo tempo - per esprimerci in termini calcistici visto che siamo in un tempo in cui si stanno celebrando i campionati europei - di una partita molto importante che è destinata alla razionalizzazione della spesa. Con questo decreto-legge, l'obiettivo è esattamente quello di dare concreta attuazione a quell'azione di revisione della spesa pubblica, nota oramai come attività di spending review, azione di cui, in verità, stiamo parlando da alcuni anni per cui è da salutare positivamente il fatto che ci sia un primo decreto-legge, un primo provvedimento, che entra nel merito, con una certa puntualità, sia pure costituendo, come già dicevo, un primo atto che sarà seguito da molti altri atti e da molti altri provvedimenti perché quello della revisione della spesa pubblica, della spending review, è un tema complesso che richiederà del tempo. Infatti, non si può fare in poco tempo ciò che andava fatto in tanto tempo.
Comunque, fermiamoci a questo provvedimento i cui contenuti sono stati illustrati dai due relatori, dall'ottimo onorevole Occhiuto, nostro vicepresidente, che abbiamo qui, e dalla collega Bernini Bovicelli. Contenuto che è stato illustrato e che parla di una razionalizzazione della spesa pubblica che è il titolo, appunto, del decreto-legge. Fa riferimento a tutta una serie di misure, la creazione di un Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, la nomina di un commissario straordinario, tutte cose che sono state dette dai colleghi relatori e che non ripeto.
Ecco, vedo anche la collega che prima citavo. Il provvedimento fa riferimento ad una genesi formale, che è quella del Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012, che ha poi visto seguire una direttiva del Presidente del Consiglio del 3 maggio e tutto che rientra dentro le raccomandazioni della Commissione europea. Vorrei ricordare infatti che siamo dentro questa agenda che ha fissato alcuni compiti, come si usa dire i compiti a casa, che dovremmo svolgere tra i quali la revisione della spesa, della spending review, costituisce uno degli elementi basilari che ci viene raccomandato Pag. 24proprio come elemento da perseguire e da conseguire da parte dell'Unione europea.
In tempi ravvicinati, considerato che come sempre le misure che il Parlamento deve predisporre scontano questo scarto tra le esigenze di breve periodo e le esigenze di medio e lungo periodo, il Governo si pone l'obiettivo di conseguire con il provvedimento in esame nei prossimi mesi, in un arco complessivo di 7 mesi, il risultato di 4,2 miliardi di euro di risparmio di spesa a cui si è aggiunto altro, vedremo di essere un po' più puntuali, e si arriverebbe a 5 miliardi di euro, per tenere conto anche delle esigenze connesse a quanto è avvenuto in Emilia di recente. Pertanto dal fronte della revisione della spesa si dovrebbe puntare ad ottenere qualche risorsa in più ma, in ogni caso, a conseguire quel risultato in questi sette mesi che, peraltro, punti anche a scongiurare quella che è l'esigenza di dover aumentare di due punti l'aliquota IVA, dal 21 al 23 per cento. Vedremo se si riuscirà perché adesso ovviamente si sta ponendo mano alle premesse, in seguito bisognerà fare una verifica perché questo risultato atteso di 4,2 miliardi o di 5 miliardi sia contabilizzato a bilancio. Il tema di cui ci stiamo occupando con questo decreto-legge evidentemente - l'ha detto anche il relatore in Commissione e in Aula - è destinato a non esaurirsi con questo provvedimento ma avrà un seguito che sarà tutto da monitorare.
Prima di esprimere qualche considerazione vorrei anch'io richiamare tra le altre cose l'articolo 12, comma 3, a cui si è «appassionato» il collega Ciccanti che mi ha preceduto. Anch'io vorrei dedicare qualche parola a questo tema perché lo considero un poco emblematico della filosofia che ci accomuna da un punto di vista delle motivazioni ma ci viene un poco il dubbio che, seppur accomunati dagli stessi principi, poi si verifichi quello che i sociologi spesso chiamano eterogenesi dei fini cioè si arrivi a risultati che sono certamente opposti agli obiettivi che ci si è prefissati.
Lo dico anche all'indirizzo del relatore perché anch'io desidererei che su questo tema - lo dico all'inizio - si tornasse a fare una riflessione un po' meno frettolosa di quella che è stata fatta in Commissione peraltro in carenza assoluta di dati e di elementi che consentissero di pronunciarsi con cognizione di causa.
Detto questo e tornando al merito del provvedimento, esso si inquadra dentro un contesto complessivo che a me piace richiamare perché è chiaro che non dobbiamo mai smarrire quello che è l'orizzonte dentro il quale ci si muove con l'azione di revisione della spesa. E io, in modo cocciuto se si vuole in quest'Aula, amo richiamare ciò che è stato detto non molto tempo fa, quattro anni fa per l'esattezza, dal compianto Ministro dell'economia, Tommaso Padoa-Schioppa a proposito della revisione della spesa all'epoca in cui, tra frizzi e lazzi, governavano anche coloro che prima sentivo evocare la necessità di intervenire sulla spesa delle regioni piuttosto che su altre spese. Sembra che abbiate rimosso il passato, con un meccanismo psicologico che sarebbe interessante - per dir così - sottoporre agli analisti per cercare di capire come mai si fanno certe affermazioni quando per quasi dieci anni siete stati al Governo e potevate realizzare alcune azioni che oggi vengono evocate. Vorrei ricordare dunque cosa affermava il compianto Ministro Padoa-Schioppa, con le sue eleganza letteraria e con la sua prosa ricca di contenuti, in un paragrafo della relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica presentata in Parlamento il 18 marzo 2008 - la cito per rendere omaggio a questo nostro grande connazionale che è scomparso - affermava:
«Il controllo della spesa non è fatto dalle sciabolate, per lo più verbali, degli impazienti, ma dalla tenacia della buona amministrazione e, in un'ottica di conoscere per deliberare, da un esame previo dei minuti modi di spendere, dell'organizzazione degli uffici, della determinazione di scale di priorità, da una riclassificazione delle spese per programmi che dia coerenza agli interventi, dall'individuazione Pag. 25delle migliori pratiche per farne modelli per l'amministrazione, dalla ricerca paziente delle possibilità, già insite nelle norme esistenti, di mettere in atto mobilità, formazione e ridistribuzione di compiti e di sedi. Una parte cospicua della spesa pubblica viene decisa a livello regionale e locale, e le disposizioni del patto di stabilità interno e del patto per la salute, assistite da incentivi e penalità» aggiungeva Padoa-Schioppa «hanno portato ad un significativo rallentamento delle uscite di bilancio». Su questo, vorrei dire io, bisognerà tornare, perché nel continuare a perseguire l'obiettivo di un risparmio sul fronte degli enti subnazionali certamente, a mio modesto parere, bisognerà forse, magari facendo un'analisi comparata con quello che succede in altri Paesi, riscrivere in modo significativo il patto di stabilità per ottenere il risultato di una riduzione della spesa, ma per non avere una situazione che vede oggi gli enti locali abbastanza strangolati da regole che a volte peraltro sembrano anche incomprensibili.
Tornando al Ministro Padoa-Schioppa e chiudendo con le citazioni di questo grande civil servant del nostro Paese, egli diceva, sempre nel 2008, cioè quattro anni fa: «La via ineludibile del risanamento passa dunque per la gestione ordinaria e la sfida, oggi più nitida e cogente che mai, sta nel contenere e riqualificare la spesa dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Ciò significa compiere una trasformazione profonda delle amministrazioni pubbliche. Anche in Italia, in quasi ogni ramo della pubblica amministrazione, vi sono isole di eccellenza che indicano come fornire servizi allo stesso tempo migliori e meno costosi» e proseguiva facendo riferimento alla riclassificazione del bilancio che aveva portato nel nostro ordinamento, indicando che il bilancio va scritto per missioni e per programmi, cioè attraverso una struttura che aiuti in questo percorso di riduzione della spesa, attraverso scelte che impegnano poi la responsabilità della politica.
Padoa-Schioppa chiudeva questa relazione con il dire: «Nessun contenimento della spesa può prescindere dalle spese di personale, che in un settore ad alta intensità di lavoro come la pubblica amministrazione rappresenta la posta di gran lunga più rilevante. Essa dipende dai contratti, dall'organizzazione del lavoro, dalla distribuzione del personale, dal sistema degli incentivi. Bisogna avere la volontà, spesso mancata per il passato, di incidere su tutti e quattro gli aspetti». Parlava di contenimento salariale, di organizzazione senza sovrapposizioni, di mobilità funzionale ai servizi richiesti, di premi per chi produce di più.
Ho citato questa parte relativa alla pubblica amministrazione ed al personale perché intendo poi riprenderla alla fine del mio intervento, con qualche considerazione di carattere più propositivo.
Ecco, questo è il contesto dentro il quale ci troviamo, cioè un contesto che viene da lontano, recentemente visitato nella precedente legislatura dall'allora Ministro dell'economia, che peraltro aveva fatto nascere una commissione per la revisione della spesa pubblica, e magari avesse funzionato quella commissione. Vorrei ricordare, sempre per quei meccanismi di rimozione psicologica di cui parlavo prima, che nel primo mese di questa legislatura quella commissione è stata smantellata ed i 3 milioni di spesa che erano destinati al funzionamento di quella commissione sono stati destinati ad una non meglio precisata commissione per lo studio del federalismo, di cui si sono smarrite le tracce e soprattutto di cui non si è avuto modo di apprezzare risultati di lavoro che fossero in qualche modo significativi per la storia di questo capitolo del nostro Paese e della nostra finanza pubblica.
Ci troviamo di fronte, dunque, ad una questione molto complessa e molto controversa all'interno della quale si colloca il provvedimento che stiamo discutendo e, cioè, questa sorta di «mostro ingovernabile», che è la spesa pubblica, che da molti anni, da troppi anni, soprattutto per la sua componente primaria, continua ad aumentare e che sembra sia impossibile da addomesticare. Pag. 26
Si è dedicato a questo compito l'attuale Ministro per i rapporti con il Parlamento, con delega all'attuazione del programma di Governo, il professor Giarda, che ha offerto al Parlamento una pregevole relazione, nell'ambito della quale si mette in evidenza, fondamentalmente, che una delle difficoltà che abbiamo nell'aggredire la spesa è il carattere rigido della spesa stessa; un carattere molto rigido, con alcune voci che sono difficilmente aggredibili: si fa riferimento alla voce pensioni, si fa riferimento alla voce interessi passivi, si fa riferimento, insomma, ad una percentuale significativa dei circa 800 miliardi di euro di spesa pubblica.
La detrazione delle voci rigide, non aggredibili, dalla spesa pubblica porta a concludere, in questa relazione, che le spese aggredibili, su una cifra di 800 miliardi di euro, ammonterebbero a circa 295 miliardi di euro, dei quali, peraltro, solo 80 miliardi sono accostabili - diciamo così - nel brevissimo periodo e all'interno dei quali si colloca l'obiettivo dei 4,2 miliardi di euro di cui parlavo prima, che si pone come risultato conseguibile entro la fine di questo anno. È un risultato conseguibile attraverso una serie di misure, che indica la relazione Giarda, peraltro, precisa, e che riguardano il fattore istituzionale, il fattore gestionale, la politica di locazione degli immobili, la mobilità del lavoro sul territorio, l'utilizzo delle infrastrutture, e così via.
Ci muoviamo, dunque, all'interno di questo percorso, che rappresenta una tappa fondamentale per il risanamento della finanza pubblica del nostro Paese; e, all'interno di questo percorso, si colloca, come dicevo, il provvedimento che stiamo discutendo, con riferimento al quale non vorrei spendere molte parole per esprimere il mio giudizio positivo. Anch'io vorrei ringraziare i colleghi e i presidenti di Commissione e il Governo per avere lavorato affinché in Commissione si potesse migliorare il testo che ci era pervenuto dal Senato, e penso che sia stato migliorato, peraltro.
Circa il punto che veniva richiamato con riferimento all'articolo 12 dal collega Ciccanti - che non vedo più in Aula, ma gli riferirò a parte solamente perché si è appassionato alla questione -, vorrei ricordare che riguarda una problematica molto importante ed anche molto delicata - eccolo qua, il collega Ciccanti, che torna - e, cioè, la problematica della trasparenza e degli appalti nella pubblica amministrazione. Tale problematica, peraltro, diventa ancora più rilevante nel momento in cui si dispone - come fa questo provvedimento - di fare riferimento a grandi centrali per gli acquisti nella pubblica amministrazione, movimentando, quindi, grandissime cifre.
In questo decreto-legge, si inserisce la misura che, sostanzialmente, prevede la modalità della seduta pubblica per l'apertura delle buste, sia quelle tecniche che quelle amministrative, per aggiudicare gli appalti. È una questione che è sì di dettaglio, ma che fa riferimento all'esigenza di moralità e trasparenza dell'amministrazione pubblica, per cui non può che essere condivisa, evidentemente.
Peraltro, ci si muove sulla lunghezza d'onda di una sentenza, come veniva detto, del Consiglio di Stato e, quindi, siamo tutti d'accordo su questo punto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,45)

LINO DUILIO. Siamo d'accordo al punto tale che, personalmente - l'ho già detto in Commissione - non si avvertiva nemmeno l'esigenza - lo dico al Governo - di inserire questo articolo in questo provvedimento. Infatti, come è scritto opportunamente nel dossier che riguarda il provvedimento, si segnala che la circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi raccomanda di non ricorrere all'atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi.
Insomma, si continua a fare cattiva legislazione, utilizzando lo strumento legislativo per intervenire su una materia di Pag. 27competenza di atti di natura regolamentare, che non può essere modificata dallo strumento legislativo. Per questo motivo, il Comitato per la legislazione aveva proposto alle Commissioni congiunte di sopprimere l'intero articolo 12, esattamente per le ragioni che dicevo prima e che hanno portato il Comitato a sostenere quanto segue: «si sopprimano le disposizioni contenute all'articolo 12, commi 1 e 2, che incidono su discipline oggetto di fonti normative di rango subordinato (...)».
Di questa condizione - si trattava, infatti, di una condizione del parere espresso dal Comitato per la legislazione - non si è tenuto conto e ci siamo trovati nelle Commissioni con questo testo, il quale agisce su una materia regolamentare e, quindi, su un territorio che non è pertinente rispetto all'obiettivo dell'azione del Parlamento, vale a dire agire sul fronte legislativo. Ci siamo, quindi, trovati a trattare questa materia, peraltro appassionandoci, in particolare, ad un comma dell'articolo 12 - il comma 3 - che veniva richiamato e che era stato, nel frattempo, soppresso dal Senato e inserito nel testo dal Governo.
Diciamo che non si avvertiva l'esigenza di questo comma 3, in quanto, innanzitutto esso conteneva affermazioni, a mio modesto parere, del tutto tautologiche, per cui la soppressione non comportava alcun effetto circa le finalità di trasparenza di cui si diceva prima, né aver pensato di ripristinare e poi modificare il comma 3 eliminerà il possibile contenzioso su questa materia. Io dico solo che, sia l'originaria disposizione contenuta nel comma 3 dell'articolo 12, che riguardava appunto il passato, sia ciò che è rimasto dopo averlo integrato, perché è stato votato con la divisione della maggioranza, fondamentalmente porta, a mio avviso, ad una situazione che riterrei - e ovviamente uso il condizionale, perché nessuno è depositario della verità - produca un testo dal carattere eminentemente superfluo, che rischia di determinare una tombale sanatoria rispetto a quanto è accaduto sul piano sostanziale in passato, all'insegna del principio «chi ha avuto, ha avuto, ha avuto», come dicono a Napoli, e «chi ha dato, ha dato, ha dato», e così via.
Pertanto, penso che, se proprio ci vogliamo appassionare a tale questione, come ho già detto in Commissione, bisognerà farlo entrando nel merito di ciò che è esistito in precedenza e di che cosa è accaduto negli anni precedenti, perché di anni stiamo parlando, cioè di gare che sono state fatte e che sono state, in qualche modo, chiuse senza una formale aggiudicazione delle stesse, salvo rivendicare - perché questo è parso - una norma legislativa, che sostanzialmente portasse a quella sanatoria di cui dicevo prima e rispetto alla quale si è scritto questo comma di cui io sostengo non si avvertisse l'esigenza.
Per concludere, ho già detto che non mi ritengo depositario della verità, tuttavia, nello stesso tempo, visto che è stato richiamato con tale puntualità e con un tempo non insignificante (peraltro, la materia complessivamente non è una questione specifica, ma ha che fare con l'esigenza che sempre deve qualificare l'azione pubblica, cioè la massima trasparenza) e visto che ci si è soffermati sul punto, sarebbe opportuno - lo dico ai relatori, al Presidente e ai colleghi - che da qui a quando esamineremo il testo nel merito in Aula, ci si tornasse sopra con più puntualità di riferimenti, sia rispetto a quanto è accaduto, sia rispetto alle conseguenze che determina la reintroduzione di un comma, che, a mio avviso, rischia di determinare quella che i sociologi chiamano l'eterogenesi dei fini, ossia il perseguire fini che sono esattamente opposti alle motivazioni per cui si è pensato di intervenire su quella materia.
Mi avvio alla conclusione perché mi mancano dieci minuti e vorrei utilizzarli tutti, caro signor Presidente. Riprendo, quindi, il filo del discorso su questo provvedimento e sui suoi contenuti, che ho giudicato positivi, e mi rivolgo anche ai colleghi della Lega.
Si recepisce, in questo provvedimento, l'esigenza di fissare costi e fabbisogni standard per la pubblica amministrazione. Pag. 28Entro il primo quadrimestre del 2013 dovrebbe arrivare a compimento anche questo percorso, per fare in modo che si verifichi ciò che è necessario realizzare, cioè che, in presenza di stesse prestazioni, non si debbano avere costi enormemente diversi sul territorio nazionale e quindi fabbisogni enormemente diversi, in modo, appunto, da superare questo guazzabuglio di condizioni, che poi si riflette, di fatto, su un incremento della spesa che diventa il mostro ingovernabile di cui parlavo prima. Ciò sia per quanto attiene all'azione dello Stato, sia per quanto attiene alle altre amministrazioni, dentro un'idea, che è quella che noi dobbiamo coltivare - anche perché ce lo chiede l'Europa, ma non solo per questo - che la nostra azione di spending review deve riguardare la pubblica amministrazione nel suo complesso, andando oltre la logica dei tagli lineari e andando oltre la logica della spesa storica.
Perché questo possa accadere dobbiamo sapere che dobbiamo incidere su disposizioni legislative autorizzative di spesa, perché la spesa esiste anche perché, a monte, ci sono disposizioni legislative; dobbiamo sapere che ci sono spese rimodulabili e spese non rimodulabili; dobbiamo operare, insomma, un disboscamento che coinvolga puntualmente le singole amministrazioni e i singoli ministeri.
Questo iniziale tentativo di cui davo conto prima prevede cinque ministeri che stanno collaborando e sono già stati coinvolti: dal Ministero della giustizia a quello della difesa, a quello dell'interno, a quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per fare in modo, insomma, che si arrivi ad un risultato partendo dal basso verso l'alto. Infatti, se non si entra nei gangli dell'amministrazione, arrivando fino all'ultimo ufficio periferico, possiamo scrivere tutte le leggi del mondo, ma non riusciremo a conseguire il risultato della riduzione della spesa.
Dobbiamo entrare in una logica che, evidentemente, guardi alla legislazione vigente e quindi alle autorizzazioni di spesa già in essere e guardi anche alle nuove leggi e quindi alle nuove spese che possono emergere, agendo, quindi, ex ante, ma agendo, anche, ex post; acquisendo la cultura dell'accountability, che è quella che manca nel nostro Paese, perché facciamo grandi discorsi, anche in Parlamento, quando si tratta di approvare una legge, ma non balbettiamo nemmeno quando si deve andare a controllare, dopo un periodo di tempo congruo, quali sono gli effetti che si sono determinati a valle delle decisioni legislative che abbiamo assunto.
Quindi, è in gioco anche il ruolo del Parlamento dentro questa azione di spending review sulla quale ci stiamo cimentando.
Vorrei aggiungere, relativamente al discorso che accennava il compianto Ministro Padoa Schioppa sui lavoratori della pubblica amministrazione, sulle spese per il personale, e così via che, oltre alle misure legislative che possiamo approvare, oltre ai decreti che possono prevedere i comitati interministeriali, i commissari e i subcommissari, i costi standard, i fabbisogni standard, il mercato elettronico, la centralizzazione degli acquisti e cose di questo tipo, credo che ci sia da mettere qualcosa in più che ha un carattere eminentemente politico. Dobbiamo intraprendere una grande sfida a cui chiamare il sindacato della pubblica amministrazione, che governa grandissimi flussi di spesa, di quella spesa non rimodulabile, che ha a che fare con le retribuzioni, e che governa peraltro i processi interni alla pubblica amministrazione. È una grande sfida che deve essere raccolta per un grande obiettivo: produrre «una rivoluzione» nella pubblica amministrazione facendo diventare il lavoratore pubblico il protagonista del cambiamento, recuperando l'orgoglio della funzione pubblica e introducendo, anche, una dimensione di convenienza. Infatti, le cose si fanno non solo perché si hanno grandi idee, grandi utopie, grande amore per il nostro Paese e per la pubblica amministrazione, ma anche perché ci si guadagna qualcosa; bisogna essere realisti.
Penso che se si riuscisse ad introdurre, su questo tema della spending review, della revisione della spesa pubblica, un discorso che, come è successo molti anni fa, ha Pag. 29visto il sindacato essere protagonista nel domare quella bestia che anche a suo tempo sembrava indomabile, e cioè dell'inflazione a due cifre - in questo caso stiamo parlando di un'altra bestia che sembra indomabile, quella della spesa pubblica -, si potrebbe conseguire questo risultato: si potrebbe avere un lavoratore pubblico, anche nell'ultimo ufficio d'Italia, che diventa protagonista di questo straordinario percorso che vede l'amministrazione trasformarsi da vincolo in risorsa. Peraltro, tutto ciò emulando le eccellenze che già esistono dentro la pubblica amministrazione e quindi capovolgendo la logica - lasciatemelo dire - «brunettiana», secondo la quale il modello da evocare nell'immaginario è quello del lavoratore pubblico fannullone.
È esattamente il contrario, puntando sul lavoratore pubblico che fa il suo dovere, che recupera l'orgoglio della funzione pubblica e, mediante provvedimenti anche legislativi razionali, persegue e consegue il risultato che, alla fine, farà uscire il nostro Paese da questa situazione, farà avere un bilancio pubblico in cui la spesa pubblica diventa una spesa efficiente ed efficace e, quindi, non parassitaria.
Siamo agli inizi di un percorso e credo che questo provvedimento segni già dei buoni risultati, ma soprattutto l'inizio di un cammino che credo, se coltiviamo con passione vera, potrà consentire al nostro Paese di uscire dal tunnel in cui da troppi anni si è cacciato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, abbiamo qui l'occasione di discutere, finalmente, di spesa pubblica, che è uno dei grandi mali che affliggono il nostro Paese. Infatti, dovremmo ricordare tutti che l'eccesso di spesa è la madre dell'eccesso di debito, che è alla base della crisi dei debiti sovrani e della crisi italiana, ed è alla base dell'eccesso della tassazione, che impedisce oggi la crescita e lo sviluppo. Quando un Paese spende il 55 per cento del suo PIL, circa più di 800 miliardi di euro sui 1.500 di prodotto interno lordo, si destina naturalmente alla recessione: non vi è alcuna ricetta economica e alcun decreto sviluppo che lo possa trarre al di fuori di questa morsa strangolante fatta da crescita della spesa, crescita delle tasse, recessione e aumento dell'incidenza della spesa sul prodotto.
Detto questo, signor Presidente, qui non siamo a discutere di come abbattere la spesa, perché questa è materia per le riforme, non per la razionalizzazione. Il nostro problema non è individuare come razionalizzare la spesa, o almeno questa è una parte del nostro problema ed è la parte in discussione oggi. Con questo provvedimento, però, rischiamo di compiere alcuni errori.
Il primo degli errori è considerare la spending review come un fatto occasionale, cioè un elemento per il quale occorre trovare un certo numero di miliardi entro una certa data per evitare un certo incremento di tasse, il che vuole dire che potremmo dare un piccolo colpo momentaneo alla spesa per poi lasciare inalterata la sua dinamica di crescita permanente. No, la spending review è, in tutte le organizzazioni in cui è stata introdotta e in tutti i Paesi che l'hanno adottata, una procedura e un procedimento di monitoraggio continuo e di conoscenza, analisi e contenimento della naturale tendenza espansiva della spesa. Quindi, non è un atto per il quale occorre trovare un commissario a tempo, ma una procedura che dovrebbe diventare normale in tutte le organizzazioni dello Stato e in tutte le stazioni appaltanti che di spesa pubblica vivono.
Il secondo errore che stiamo compiendo è quello della centralizzazione degli acquisti: non si otterrà un'efficienza nella spesa fino a quando si pretenderà che una sola piattaforma, quella della Consip, sia imposta in qualche modo a tutte le stazioni appaltanti, pensando, in questo modo, che la centralizzazione porti alla riduzione. Tutte le analisi ci dicono che è il contrario, ossia che la centralizzazione Pag. 30degli acquisti porta a fenomeni di mancanza di concorrenza, di monopolio o oligopolio.
Una recente analisi, per esempio, nel Regno Unito, dove la spending review è in stato avanzato, ha messo in luce che, per ogni settore di costo, i primi dieci fornitori per ciascuna categoria forniscono circa il 50 per cento della spesa complessiva, cioè vi è una situazione di oligopolio che tende a fare lievitare naturalmente i prezzi verso l'alto, a vantaggio, appunto, dei monopolisti e degli oligopolisti. Quindi, sarebbe opportuno non centralizzare, ma, anzi, creare concorrenza anche tra le piattaforme di e-procurement.
Il terzo errore che si sta compiendo è quello di non fissare obiettivi. Con questo provvedimento il Governo si propone un obiettivo a breve, alcuni miliardi entro una certa data, quando invece il suo obiettivo dovrebbe essere definire un metodo, per tutte le stazioni appaltanti, entro i prossimi anni.
Intendo dire, per esempio, che entro un anno dall'approvazione di questo provvedimento bisognerebbe ottenere che tutte le stazioni appaltanti avviino l'inserimento di piattaforme di e-procurement, che entro due anni almeno il 50 per cento della spesa pubblica avvenga su base telematica e che entro quattro anni il 100 per cento della spesa sia ottenibile su base telematica. Tutto questo non c'è, e tutto si riduce ad indicare commissari su commissari, i cui compiti si concludono entro il breve periodo. Avremo una flessione, forse, della curva della spesa e di nuovo riprenderemo la normale tendenza espansiva.
Il quarto errore che si sta compiendo è quello di non ottenere elementi di conoscenza della spesa, non avere benchmark e non avere quindi standard. Si corre dietro all'idea del costo standard, che è un inganno metodologico, perché è la media ponderata tra il prezzo più caro e il prezzo più basso che l'amministrazione ha pagato. Non è un indice di efficienza. L'efficienza si ottiene attraverso la conoscenza di indicatori di prezzo e di valutazione. Faccio un solo esempio, perché ho promesso che parlavo poco, di un indicatore che conosciamo. Lo spazio medio di un dipendente di una pubblica amministrazione in Italia è di 50 mq con tutto quello che comporta in termini di costo di gestione e di manutenzione. Lo spazio medio di un dipendente della pubblica amministrazione in Europa è di 20 mq, lo spazio medio di un dipendente di una libera impresa internazionale in Europa è di 13 mq. È evidente a tutti quale sia il miglior livello di efficienza, mentre il costo standard è esattamente quei 50 mq che avevo indicato prima. Inseguire il mito dei costi standard e delle piattaforme centralizzate, significa seguire miti statalisti pericolosi, perché determinano storture oligopolistiche nei mercati e determinano l'innalzamento del costo della spesa pubblica.
Ecco, tutti questi errori - e ho finito il tempo che mi ero riproposto di usare - dovrebbero essere corretti da un Governo che abbia come strategia quella di abbattere la spesa e di introdurre finalmente in Italia un criterio di gestione per il quale i 136 miliardi di spesa oggi per beni e servizi, possano diventare rapidamente, non 136, ma 70, e che negli 800 complessivi si possa andare a guardare attraverso la politica delle riforme e dei cambiamenti strutturali, l'unica via che può permetterci di uscire dal double deep della recessione e della fine statalista della nostra libera economia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, intanto vorrei replicare al collega Ciccanti, che ha detto che negli ultimi dodici anni la Lega Nord Padania è stata maggioranza nove anni, che intanto sono 13 gli anni, e che la Lega è stata maggioranza otto anni, e di questi, per cinque anni, è stata maggioranza anche l'UdC.
Poi, se si dice che questo provvedimento va a dare risposte concrete, perché costituisce un commissario e un comitato che andranno a fare delle linee-guida per poter andare a discutere nelle Commissioni Pag. 31competenti su come risolvere dei problemi e fare risparmi di spesa, mi sembra di vedere quei film degli anni Settanta e Ottanta (come anche, ad esempio, «Brian di Nazareth») dove, per prendere in giro un politico e una classe dirigente politica, si faceva vedere che quando c'era un problema, la soluzione adottata era quella di costituire una commissione che andava a studiare come risolvere il problema, per poterlo dopo dare ad un'altra commissione. Non si risolvono così i problemi.
Mi sembra di vedere la risposta che fu data al generale Guderian durante l'«operazione Barbarossa», quando, nell'ottobre, all'avvicinarsi dell'inverno, chiese al proprio reparto di logistica quando sarebbero arrivate le divise invernali, e gli fu risposto che stavano studiando e predisponendo una soluzione e che non era un problema suo. Le divise arrivarono a gennaio, quando ormai molti uomini erano morti di freddo. Questa è la vostra risposta, la vostra soluzione. Ricordiamoci che un medico compassionevole, un medico che intanto studia e poi vede qual è la malattia, lascia morire il paziente.
Dovevamo, in questo provvedimento, essere più incisivi. Abbiamo tentato di fare delle proposte emendative concrete, che andavano a tagliare immediatamente la spesa pubblica; delle cose concrete che questo Governo tecnico poteva fare più facilmente perché non deve andare dopo a chiedere il voto agli elettori.
Dunque, poteva fare quelle cose che magari il Partito Democratico e il Popolo delle Libertà fanno fatica a fare, perché poi devono rispondere a certe pressioni che ci sono sul territorio.
Invece, non si è voluto fare! Si è detto che ci sarà un nuovo provvedimento, un nuovo decreto-legge. Ma se siamo in Commissione, se siamo in Parlamento, se ci sono delle cose buone, se ci sono dei provvedimenti che si possono già utilizzare per andare a tagliare le spese, perché non farlo immediatamente con questo decreto-legge? Perché non andare, ad esempio, a eliminare tutti quegli enti inutili che esistono, che si possono chiudere (gli enti partecipati dai comuni e dagli enti locali) e che non vengono chiusi per un motivo semplicissimo: se vengono chiusi si crea una plusvalenza e, perciò, gli enti locali dovrebbero pagare le tasse allo Stato e, dunque, diventerebbero ancora più poveri. Perché non li detassiamo? Così ce ne liberiamo immediatamente! Perché non incentiviamo le unioni dei comuni? Perché non facciamo veramente un risparmio di spesa e, dove ci sono troppi dipendenti pubblici, facciamo una vera mobilità? Il dipendente pubblico deve essere un dipendente che abbia un lavoro. Il posto di dipendente pubblico non deve servire come ammortizzatore sociale, per poter risolvere dei problemi occupazionali che ci sono in alcune parti del Paese. Dunque, dobbiamo fare una politica più aggressiva e dobbiamo veramente tagliare.
In verità, questo decreto-legge è stato, a mio avviso, poco coraggioso, perché dice poco. Intanto, si è voluto prendere un ulteriore tecnico - non ne avevamo abbastanza di tecnici, dato che è un Governo fatto di tecnici - per andare a fare quei tagli di spesa che noi avevamo già cominciato a fare, che avevamo già cominciato a preparare. Perché non abbiamo cominciato con i costi standard della sanità, che erano già previsti per il 2012, invece di posticiparli al 2013? Facciamoli immediatamente! Fare una centrale d'acquisto unica per tutto questo Stato può avere una funzione. Per carità! È normale, in economia, che se si fanno delle centrali d'acquisto molto importanti, che fanno dei bandi con un numero consistente di prestazioni, probabilmente si avranno dei prezzi migliori. Ma non è l'unica soluzione, anche perché dopo bisogna vedere come vengono fatti questi bandi, se sono veramente efficienti. Se dopo si fanno dei bandi dove si prevede che vi siano dei magazzini per alcuni materiali che, ad esempio, vengono comprati o meno, in ogni caso, comunque, i magazzini hanno un costo.
Se ci sono altri strumenti, non è solo con questo che si va a risolvere il problema. Se si fa con i costi standard, si deve fare in modo che, ad esempio, se una Pag. 32siringa all'ASL di Verona costa 0,30 centesimi deve costare lo stesso anche a Napoli. A Napoli non può costare 3 euro! Questo vuol dire che vi è inefficienza. Dobbiamo veramente tagliare, nel pubblico impiego e in alcune zone, e rendere più efficiente questa macchina. Basta con i comitati e con le commissioni. Non servono! Servono solo per dare lavoro a poche persone, per parlare, per fare i resoconti, per creare ulteriore materiale scritto che, magari, dopo nessuno va a leggere. Andiamo a fare delle cose concrete, a tagliare, a fare il vero federalismo, a responsabilizzare maggiormente i sindaci, i presidenti delle province, i nostri presidenti di regione, in modo che vi sia un controllo più accurato, che vi sia trasparenza nei bandi, che vi sia veramente efficienza.
Non facciamo come i soliti politicanti che hanno governato e distrutto questo Stato da più di 60 anni, perché la DC ha governato praticamente per tutti questi 50 anni, insieme anche a una parte della sinistra, e ha distrutto questo Paese, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta. Se prima avevano fatto qualcosa di positivo o, meglio, avevano permesso all'imprenditoria sana, soprattutto del Nord e ai piccoli imprenditori, di lavorare e, dunque, di creare ricchezza, dopo hanno distrutto e hanno sperperato tutte quelle risorse che i nostri cittadini avevano messo da parte.
Dunque, questo decreto-legge, a nostro avviso, può sì dare una piccola mano, ma in realtà non andrà a incidere sui veri costi di questo Stato, e sui costi di questa burocrazia. Addirittura, avevamo presentato un ulteriore emendamento in cui si stabiliva di andare a mettere un tetto anche ai compensi dei dirigenti pubblici, anche se eravamo già riusciti a farlo in parte con il decreto-legge «salva Italia» (però, dopo siamo riusciti a farlo entrare in vigore solo a partire da maggio). Ma questo vale anche per gli enti partecipati per i quali voi, come Governo, avete chiesto, con il decreto-legge cosiddetto milleproroghe, di prorogare i termini.
È inammissibile che in un momento di crisi ci siano delle persone che prendono dallo Stato compensi milionari: il presidente dell'INPS prende un milione e 200 mila euro l'anno. Non mi sembra che sia un compenso adeguato, ma mi sembra che sia molto, ma molto pagato. Penso che potrebbe accontentarsi del compenso straricco di noi parlamentari. Siccome siamo straricchi, allora tutti i compensi dovrebbero essere equiparati ai nostri. Questo non lo avete voluto fare e noi continueremo a sollecitarlo. Gli altri colleghi degli altri partiti non ci stanno seguendo in questa battaglia e non riesco a capirne la ragione. Capisco che il Governo dei tecnici non voglia approvare il taglio dei propri compensi perché molti componenti del Governo prendono delle pensioni molto alte ed altri prendevano dei compensi molto alti dallo Stato. Dunque chi è in pensione non vuole ridursi la pensione, chi dovrà l'anno prossimo ritornare a fare il dirigente, il funzionario o il consulente del pubblico impiego, si chiede: «perché devo essere quello che si è tagliato il compenso e invece di prendere 600 mila euro, ne prendo 150 mila? Finora è andata avanti così, continuiamo così!». I sacrifici li facciamo fare ai cittadini ed ai pensionati, che magari alzano la voce, ma sono persone così per bene che, anche quando si arrabbiano ed urlano, lo fanno sempre in modo posato, forse così tanto posato che ai potenti di turno non interessa. È vero che parlano, ma alla fine sono li, pagano le tasse, sono persone corrette e non creeranno problemi.
Invece, dobbiamo incidere, dobbiamo veramente andare a tagliare questi costi. Dunque, invito veramente il sottosegretario ad essere più incisivo e a dirlo ai suoi colleghi di Governo. Voi siete un Governo tecnico: potete fare quei tagli che, magari, nessuna forza politica ha il coraggio di fare perché ha paura, tra un anno, di prendere pochi voti. Voi non avete questo problema: tra un anno ritornerete a fare i vostri lavori, per cui andate a fare quei tagli, che quella maggioranza che vi ha messo lì, almeno a parole, diceva di voler fare. Noi non abbiamo mai creduto, che Pag. 33avreste veramente cambiato questo Stato, ma dimostrate un po' di coraggio, tanto non vi costa niente.
Dunque, mi raccomando, bisogna - se vogliamo cambiare questo Stato e se vogliamo rendere non ricchi, ma almeno in grado i nostri popoli di sopravvivere a questa crisi - fare in modo che ci sia più economia di mercato, un liberismo vero, che i nostri imprenditori possano lavorare e che i nostri lavoratori abbiano dei compensi e dei salari giusti. Semmai quei maxidirigenti dello Stato o quei tanti funzionari pubblici che ci sono in alcune regioni, che non servono a niente, mandiamoli a fare qualcos'altro o facciamo in modo che svolgano un lavoro vero.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, ho chiesto di intervenire nel dibattito su questo disegno di legge soprattutto perché sono rimasta un po' preoccupata per la dialettica sulla spending review, che interessa, da un lato, il commissario che stiamo nominando con una delega ampia e forte e con la responsabilità importante di contribuire, con il Governo, a riportare tutta la macchina dello Stato all'interno di un disegno economico sostenibile e ragionevole e, dall'altra parte, però le richieste specifiche perché leggo una serie di situazioni e di condizioni che sono, in qualche modo, quanto meno divergenti rispetto alle stesse proposte che fa il Ministro della salute.
Poiché sono preoccupata della nicchia di conflittualità che potrebbe aprirsi, volevo coinvolgere i colleghi anche su una riflessione in questo senso.
Faccio degli esempi molto concreti. In questi giorni, in cui a tutti gli italiani vengono richiesti grossi sacrifici per far sì che il Paese non scivoli in una dimensione di non ritorno economico, il Governo è impegnato ad arginare questo processo nel tentativo di far quadrare i conti o, perlomeno, di non farli peggiorare. La parola d'ordine, che tutti quanti abbiamo sulla nostre labbra, è quella di spending review, letteralmente «revisione della spesa», tradotto «ottimizzazione delle spese sostenute dallo Stato affinché i soldi di cui disponiamo possano realmente bastare».
Per raggiungere questo obiettivo, il disegno di legge individua due canali: da un lato, la nomina del commissario e di un comitato interministeriale che collabori con lui, dall'altro, creare dei criteri molto chiari per gli acquisti nelle pubbliche amministrazioni. Però, a mio avviso, il timore è che si possa stabilire una sorta di guerra tra i poveri, cioè una guerra tra «malati» e scelte che sono tra loro contrastanti, che possono assumere un carattere drammatico. Giunge voce infatti che sui tagli alla sanità sia in atto un braccio di ferro tra il Ministro Balduzzi e il Ministro Giarda insieme a Bondi, commissario alla revisione della spesa, tutti intenzionati ad usare la scure su ASL e ospedali con il decreto-legge sulla spending review. Sono 4 i miliardi di euro che Bondi intende ottenere in primis dall'introduzione di un sistema per ridurre gli sprechi attraverso una ridefinizione delle procedure delle ASL per l'acquisto di forniture. Balduzzi vorrebbe limitare il taglio a circa un miliardo nel 2012 e ad 1,6 miliardi nel 2013, mente Giarda e Bondi puntano ad una sforbiciata da 2 miliardi subito e da 4 o 5 miliardi il prossimo anno, con un taglio di un miliardo e mezzo a carico degli industriali farmaceutici. Le distanze tra il piano del super commissario e del Ministro con delega ai tagli di spesa e il piano del titolare della salute sembrano abissali. Sulle misure taglia spesa le ricette del Governo evidentemente non collimano ed è in questa dialettica tutta interna al Governo che prende forma l'ansia che, in tempi di grave crisi come quelli che stiamo vivendo, colpisce malati, disabili, anziani e le loro famiglie. Su beni e servizi tutti sono d'accordo nel voler ridurre le differenze ingiustificate di prezzo, ma sul come e quando i pareri discordano. Cito ancora: Giarda e Bondi vogliono adottare il metodo Consip, che significa schiacciare i prezzi sul livello minimo, e puntano ad un risparmio a regime superiore ai 4 miliardi di euro. Il duopolio Giarda-Bondi insiste Pag. 34sugli interventi sull'industria farmaceutica, aggiungendo al ripiano di un miliardo dello sfondamento di spesa, previsto dalla manovra 2011, 14 milioni nei prossimi sei mesi, con l'innalzamento dall'1,8 per cento al 6,4 per cento dello sconto obbligatorio che l'industria applica ai medicinali mutuabili. Insiste inoltre sul congelamento di un miliardo e mezzo del «fondino» per i progetti obiettivo, che sono poi soldi per malattie rare, assistenza ai disabili e ad altre categorie fragili. Viceversa, il Ministro Balduzzi fa delle proposte diverse. Sostiene invece che così si corre il rischio di livellare al basso la qualità dei dispositivi medici più complessi e propone dei prezzi di riferimento, i famosi prezzi standard, che ridurrebbero del 3,7 per cento i 32 miliardi di spesa per beni e servizi, con un risparmio di 600 milioni nei prossimi sei mesi e di 1,2 miliardi nel prossimo anno - è stato presentato un emendamento al primo decreto-legge sulla spending review già approvato alla Camera - lasciando alle ASL la possibilità di recedere dai contratti di acquisto senza pagare penali, qualora i prezzi risultino troppo alti. Balduzzi punterebbe ad un ripiano più equilibrato a carico dell'industria che, anziché pagare solo i farmaci ospedalieri più innovativi, dovrebbe applicare uno sconto sui farmaci mutuabili venduti in farmacia. In questo modo, il tetto della spesa farmaceutica territoriale, si ridurrebbe dal 13,3 per cento all'11,3 per cento e aumenterebbe la spesa di farmaci ospedalieri, passando dal 2,4 al 3,2. Si prevede inoltre di ridurre dal 1o luglio del 2 per cento la spesa per la specialistica ambulatoriale e per le case di cura convenzionate, ma non tagliare il Fondo malattie rare. Sono tre esempi molto concreti. Da un lato, si punta su una valorizzazione della medicina territoriale, per cui si cerca di gravare meno e quindi di ottenere sconti maggiori per i farmaci venduti in farmacia, dall'altro, si punta ad un maggiore costo a carico dell'industria farmaceutica. Da un lato, si vuole congelare il Fondo per le malattie rare, dall'altro, invece si dice di mantenere attivo e vivo questo settore, cercando di recuperare risorse da un'altra parte. Non c'è dubbio che qui non stiamo facendo una lotta agli sprechi. Qui stiamo facendo una lotta che seleziona i problemi, una lotta che seleziona i malati, una lotta che stabilisce criteri di gradualità sulla base di priorità che vengono identificate in un senso o nell'altro. Da una parte abbiamo una visione ospedalocentrica, dall'altra, una visione che guarda più ai territori; da una parte, abbiamo una visione che guarda più al paziente acuto, dall'altra, abbiamo una visione che guarda più al paziente affetto da malattie rare; da una parte, abbiamo un'attenzione maggiormente volta alla ricerca e all'industria, dall'altra, più alla commercializzazione dei farmaci. Sono veramente visioni diverse. Qual è la preoccupazione nostra in questo momento in cui stiamo delegando compiti importanti al commissario?
Avere la certezza che i criteri che verranno acquisiti e che diventeranno operativi siano criteri garantisti, autenticamente garantisti, rispetto alle necessità di tutti i malati, che non vi siano malati più malati di altri o malati che abbiano più diritto di altri all'assistenza e alle cure, cioè che non si intervenga a favore di alcuni, togliendo ad altri ciò che di fatto già veniva riconosciuto come un bene acquisito.
D'altra parte, è anche vero che in questo disegno di legge si prevede poco rispetto a quella che è l'altra faccia della medaglia. Anche questo disegno di legge insiste moltissimo sull'operazione dei tagli; viceversa, prevede ben poco sul contenimento della spesa attraverso la riduzione degli sprechi.
Mi riferisco a tre tipici sprechi della sanità. Il primo è la richiesta di analisi inutili, con analisi che sono semplicemente un duplicato, che nascono dal fatto che il paziente si sposta da un medico all'altro, se non ottiene risposte soddisfacenti, e il nuovo medico crea una sorta di volano, che porta a ripetere analisi che non sarebbero necessarie, perché non corrispondono ad un bisogno a servizio del medico. Abbiamo dei costi di tali analisi altissimi. Pag. 35Un altro costo è quello che riguarda, di fatto, la distribuzione dei farmaci, che è confusa...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Binetti.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, il mio tempo è già finito?

PRESIDENTE. Onorevole Binetti, ha ancora due minuti. L'onorevole Buttiglione mi ha spiegato che non era iscritta, inizialmente. Comunque, la Presidenza le ha dato dieci minuti.

PAOLA BINETTI. Comunque, la distribuzione dei farmaci potrebbe effettivamente essere razionalizzata, contenendo gli sprechi, se si utilizzassero delle dosi che corrispondano effettivamente ai bisogni del malato, e non ai bisogni della produzione. Sappiamo tutti che, molto spesso, le cosiddette scatolette dei farmaci non vengono consumate fino alla fine.
Voglio dire che in questo disegno di legge l'accento sui tagli non tiene conto di due aspetti importanti, che sono un'analisi molto più seria e rigorosa degli sprechi e, fattore fondamentale, il coinvolgimento dei cittadini, nel caso specifico dei pazienti, per essere loro stessi fattori attivi di risparmio e di economia.
Si corre il rischio di far pagare un prezzo troppo alto ad alcuni malati a scapito di altri, perché questa è la vera preoccupazione di cui dovremmo tenere conto: non penalizzare i malati per favorire altri malati e, viceversa, andare ad incidere davvero laddove la spesa non è di alcun vantaggio per il paziente (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pastore. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo dispone la conversione del decreto-legge n. 52 del 2012, emanato il 7 maggio scorso, per la razionalizzazione della spesa pubblica, già esaminato dal Senato, decreto-legge che scade il prossimo 7 luglio.
Nelle intenzioni del Governo, il provvedimento mira a eliminare gli sprechi e le inefficienze della pubblica amministrazione, al fine di scongiurare l'aumento dell'aliquota IVA previsto a partire dall'ottobre 2012 dal famoso decreto-legge n. 201 del 2011, il cosiddetto decreto «salva Italia», istituendo nuovi organismi di indirizzo e coordinamento e semplificando le procedure di acquisti di beni e servizi.
Con questo provvedimento, sempre nelle intenzioni del Governo, si dovrebbe conseguire una riduzione della spesa pubblica di 4,2 miliardi per l'anno 2012, che, a regime, dovrebbe diventare, a partire dall'esercizio 2013, di 16 miliardi.
Vale la pena di sottolineare che il risparmio di 4,2 miliardi di euro per l'anno in corso, in realtà, dovrà essere conseguito in sette mesi, cioè dal 1o giugno al 31 dicembre 2012. All'articolo 1 del decreto-legge si stabilisce che, proprio al fine di razionalizzare la spesa pubblica, si istituisce un Comitato interministeriale per la revisione della spesa presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Tale Comitato svolge attività di indirizzo e di coordinamento in materia di revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti a imprese, razionalizzazione delle attività e dei servizi offerti, ridimensionamento delle strutture, riduzione delle spese per l'acquisto di beni e servizi, ottimizzazione dell'uso degli immobili e nelle altre materie individuate dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 maggio 2012.
All'articolo 2 si legge che, nell'ambito della razionalizzazione della spesa pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, può nominare un commissario straordinario, al quale spetta il compito di definire il livello di spesa per acquisti di beni e servizi, per voci di costo, delle amministrazioni pubbliche. Ora, su queste poche righe occorre fare alcune riflessioni. Pag. 36
Ricapitolando: il Ministro dell'economia e delle finanze Monti propone al Presidente del Consiglio Monti di nominare un commissario straordinario.
Allora, va bene che siete professori, va bene anche che, in base al comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, le disposizioni contenute negli articoli 1-6 del decreto-legge hanno efficacia fino al 31 dicembre 2014 e, quindi, riguarderanno anche il prossimo Governo, però, forse, la disposizione poteva essere scritta meglio.
Tra l'altro la data del 31 dicembre 2014 va ben oltre il termine della legislatura in corso - sempre che si arrivi alla naturale scadenza - e cioè va oltre la primavera del 2013. Forse sarebbe stato più rispettoso prevedere un termine coincidente con le prossime elezioni politiche, dato che il futuro Governo - speriamo sia espressione della volontà popolare - dovrebbe autonomamente decidere circa l'istituzione di un comitato interministeriale.
Tra l'altro vorrei ricordare che, secondo quanto ci è stato raccontato, questo Governo è stato chiamato a salvare il Paese, è stato chiamato ad affrontare e risolvere un difficile momento per la nostra economia, dovuto ad una crisi internazionale, è stato chiamato per rilanciare l'economia e ridurre la spesa pubblica.
In questo senso, da un lato subisce la tardività con cui è stato approvato il decreto-legge avente ad oggetto la razionalizzazione della spesa pubblica, dall'altro su questi temi dovevano procedere autonomamente i singoli ministri e, soprattutto, il Ministro dell'economia e delle finanze Monti.
Inoltre, dato che siete tutti professori e visto che siete migliori dei parlamentari eletti, il decreto-legge dispone che si può nominare un commissario straordinario. Diciamo che sarebbe stato più onesto scrivere che il Presidente del Consiglio «nomina», ma avete preferito usare un «può», anche se il decreto-legge è del 7 maggio e mi risulta che la nomina del commissario Enrico Bondi è del 1o maggio 2012. A tale proposito forse si può parlare di sgarbo istituzionale ma, come è stato evidenziato più volte, non c'è molta considerazione per il Parlamento.
Proseguendo nell'esame del decreto-legge, visto che siamo in tema di risparmi e di razionalizzazione della spesa pubblica, l'articolo 3 prevede che, tanto per cambiare, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia stabilita la durata dell'incarico del commissario straordinario, non superiore ad un anno, e la sua indennità, nonché l'eventuale nomina di due subcommissari, questi ultimi a titolo gratuito, e l'individuazione di uffici, personale e mezzi di cui il commissario può avvalersi.
Visto l'uso che si fa del termine «può», siamo sicuri che di questi uffici, personale e mezzi il commissario si sta avvalendo. Quindi, per fare ciò che dovrebbero fare i ministri, si dovrebbe pagare un commissario. Per la verità sembra che il compenso sia stato rifiutato e che si tratti di un rimborso spese, ma su questo chiedo delucidazioni al Presidente del Consiglio. Sulla nomina di Bondi, andando a rileggere gli articoli di stampa del 1o maggio 2012, ho trovato un titolo: «Monti giù nei sondaggi nomina Bondi commissario, Amato e Giavazzi consulenti».
Eh sì, all'inizio di maggio il gradimento del Presidente del Consiglio era sceso al 47 per cento e oggi è notevolmente più basso. Il 15 giugno, secondo un sondaggio Swg, la fiducia in Monti è arrivata al 33 per cento. Quindi, viene nominato un commissario per la spending review e due consulenti, Giuliano Amato per la disciplina dei partiti e Francesco Giavazzi per gli aiuti alle imprese.
Amato dovrà fornire a Monti analisi e orientamenti sulla disciplina dei partiti, per l'attuazione dei principi di cui all'articolo 49 della Costituzione, sul loro finanziamento e sulle forme esistenti di finanziamento pubblico, in via diretta o indiretta, ai sindacati. Anche in questo caso è bene sottolineare che il tema dell'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione da mesi è all'esame della Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati e, anche in questo caso, è Pag. 37bene sottolineare che i professori reputano il Parlamento incompetente e superfluo.
Giavazzi, invece dovrà occuparsi degli aiuti alle imprese, solo che la norma parla di revisione dei trasferimenti alle imprese e va letta nel senso di tagli ai trasferimenti alle imprese.
Compito del commissario, in base all'articolo 2 del decreto-legge, è definire il livello di spesa per acquisto di beni e servizi. Svolge anche compiti di supervisione e coordinamento dell'attività di approvvigionamento di beni e servizi da parte di pubbliche amministrazioni e si occupa dell'attività di ottimizzazione dell'utilizzazione degli immobili di proprietà pubblica. Inoltre collabora per l'attività di revisione della spesa delle pubbliche amministrazioni.
Ora, in un momento di crisi economica, è senz'altro necessario tagliare le spese e ridurre i costi della pubblica amministrazione; soprattutto, a nostro parere, devono essere ridotti i costi dell'amministrazione centrale dello Stato e proprio tale sottolineatura era contenuta in alcune proposte emendative che in sede di Commissioni non sono state approvate. Però la preoccupazione non è nuova e non è da attribuire al Governo Monti a cui chiedo: ma non era meglio percorrere la strada tracciata dalla legge n. 42 del 2009 dando attuazione all'articolo 119 della Costituzione? Non era meglio non interrompere il percorso dei decreti legislativi attuativi della legge n. 42 del 2009, anzi accelerarne il contenuto? Sembra di no. Vi siete limitati ad anticipare l'IMU prevedendone l'applicazione anche alla prima casa ma tutto il resto è rimasto sospeso. Vorrei ricordare che, rispetto all'ottimizzazione dell'utilizzazione degli immobili di proprietà pubblica, interviene anche il decreto legislativo sul federalismo demaniale e che, per quanto attiene il contenimento della spesa ma anche l'equità e il corretto svolgimento dell'amministrazione della cosa pubblica, bastava applicare le disposizioni in tema di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, in tema di costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, in tema dell'armonizzazione dei sistemi contabili, i provvedimenti attuativi della legge n. 42 del 2009, che avete sospeso, che prevedevano proprio in tema di buona amministrazione anche meccanismi sanzionatori e premiali per le regioni e gli enti locali. Proprio perché, secondo noi, la strada giusta è quella di attuare compiutamente le norme sul federalismo fiscale, abbiamo presentato una proposta emendativa che dopo l'articolo 1 del decreto-legge aggiunge un articolo 1-bis avente ad oggetto la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province. In base alla proposta emendativa della Lega Nord, ai fini dell'esercizio delle attività di cui al presente decreto-legge e per l'efficace realizzazione della revisione della spesa pubblica, specie in campo sanitario, il Governo verifica prioritariamente l'attuazione della procedura per l'individuazione dei costi, dei fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 e dell'articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, provvedendo all'acquisizione e alla pubblicazione dei relativi dati entro il 31 dicembre 2012, nonché a ridefinire i tempi per l'attuazione dei decreti sui costi e i fabbisogni standard entro il primo quadrimestre del 2013. Qualcosa è accaduto visto che la proposta emendativa è stato approvata in sede di Commissione e sia il relatore sia il Governo, data la nostra preoccupazione, hanno precisato che, entro il primo quadrimestre del 2013, si darà attuazione alle disposizioni sui costi e sui fabbisogni standard. Sempre in base all'articolo 2 del decreto-legge, l'intervento del commissario straordinario riguarda tutte le amministrazioni pubbliche, le autorità anche indipendenti, gli organismi, gli uffici, le agenzie eccetera e, limitatamente alla spesa sanitaria, le regioni commissariate per la redazione e l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario. Si tratta di un elenco molto ampio che abbraccia tutta la pubblica amministrazione e anche le regioni sono sottoposte all'attività del commissario straordinario che ha il potere di fissare un termine per il raggiungimento Pag. 38degli obiettivi, decorso il quale il Consiglio dei Ministri può autorizzare l'esercizio di poteri sostitutivi. Per effetto di tali disposizioni, le regioni commissariate rivestono uno status differenziato rispetto alle altre amministrazioni regionali. Su questo tema occorre tenere in considerazione i profili di autonomia regionale previste dall'ordinamento e il fatto che le regioni commissariate per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario sono già sottoposte dalla normativa vigente a stringenti vincoli e limitazioni di carattere finanziario e contabile. L'intervento del commissario è ulteriormente specificato nell'articolo 5, nel quale si ribadisce che il commissario ha il potere di coordinamento e di indirizzo dell'attività di spending review, può richiedere informazioni e documenti, disporre che vengano svolte ispezioni, può chiedere la collaborazione alla Guardia di finanza ed ha il compito di definire il livello di spesa per l'acquisto di beni e servizi.
Vorrei svolgere anche alcune considerazioni più generali. Il Governo Monti ha dato grande risalto alla spending review. Sul sito del Governo si dà ampio spazio alle iniziative intraprese. Sul sito del Governo si afferma che la spesa pubblica rivedibile nel medio periodo è pari a circa 295 miliardi di euro e che, a breve termine, la spesa rivedibile è stimabile in circa 80 miliardi di euro.
Si afferma che, nell'attuale situazione economica, il Governo ha ritenuto necessario un intervento quanto alla riduzione della spesa pubblica per l'importo complessivo di 4,2 miliardi di euro per l'anno 2012, al quale tutte le amministrazioni pubbliche devono concorrere. Si tratta, quindi, di numeri importanti. Il Governo intende tagliare la spesa e per migliorare i conti pubblici ha già aumentato notevolmente le tasse. Semplificando, forse il Governo dovrebbe considerare che aumentando le tasse riduce i consumi e che, di conseguenza, diminuiscono le entrate. Tra l'altro, in questi mesi è anche aumentato il debito pubblico. Il Governo, quindi, taglia o intende tagliare, ma mi chiedo cosa riuscirà concretamente a fare e quale saldo positivo potrà realizzarsi. Sempre sul sito del Governo, in tema di spending review, c'è un link intitolato «cosa è stato fatto finora». E tra le cose fatte sono evidenziate le disposizioni riguardanti le province e, quindi, quanto è inserito nell'articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011. Se questo attiene alla spending review e se, come annunciato, ritenete di riconsiderare le norme relative alle province, vi suggerisco di modificare non appena possibile le notizie inserite sul sito del Governo, posto che sul risparmio relativo alla soppressione in Costituzione delle province possiamo discutere.
Un'altra considerazione generale riguarda il fatto che stiamo convertendo in legge un ennesimo decreto-legge, ma abbiamo capito che questo Governo agisce solo con decreti-legge, basta vedere il calendario del prossimo mese di luglio. Decreti-legge sui quali viene posta la fiducia. Come già detto e come credo il Governo abbia compreso, ciò non giova al Governo e vanifica l'attività parlamentare. Dato che il sottosegretario Polillo ha affermato che il testo non è blindato, spero che questo decreto-legge, sul quale le Commissioni congiunte, bilancio e affari costituzionali, hanno lavorato, abbia un percorso diverso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Consiglio. Ne ha facoltà.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, oggi in discussione sulle linee generali abbiamo la spending review. Tra l'altro, noi speriamo che nei prossimi giorni la discussione entri più nello specifico e non resti solo generale. Spending review, fiscal compact, mi sono chiesto se tra voi professori c'è anche qualche professore di inglese. Bei termini, effettivamente non sono male; possiamo dare corso un po' a questa abitudine e mi verrebbe da pensare, per esempio, che lei, signor Vicepresidente della Camera, la chiameremo Wolf, Giachetti lo chiameremo Jacket e il nostro presidente della Commissione, che è qui Pag. 39presente, Bruno, lo chiameremo Brown. Ci può stare.

PRESIDENTE. Onorevole Consiglio, dopo questo esercizio di lingua inglese, mi permetto di correggerla, anziché Wolf occorre tradurre Wolves, perché Lupi è plurale, ma in quest'Aula non si può parlare in inglese. Prosegua pure.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Peccato, però, che alla signora Maria di Cazzano Sant'Andrea questo crea un po' di confusione e non riesce a capire cosa si può ottenere con un termine così complesso. Forse questo è lo scopo, confondere un po' la gente, fargli credere che si sta facendo e che state facendo qualcosa di serio, qualcosa che serve anche alla signora Maria. Analizzare le voci di spesa delle pubbliche amministrazioni, evitare inefficienze, limitandone gli sprechi, ottenere le risorse e i soldi che si risparmiano destinarli allo sviluppo e alla crescita. La razionalizzazione e il contenimento dei costi sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica e l'ammodernamento dello Stato e, di conseguenza, il rilancio del circuito economico. Nei primi sette mesi sono previste riduzioni di spesa per circa la 4,2 miliardi di euro e circa 7 miliardi di euro su base annua. Spese ridotte dalla Presidenza del Consiglio, riduzione degli stipendi dei manager pubblici, tagli sui voli di Stato e sulle auto blu. Signor Presidente, tali misure sono musica per le orecchie di questo gruppo. È un peccato perché è quello che questo gruppo dice da anni, però è stato semplicemente un esercizio per orecchie sorde.
Abbiamo predicato molte volte in un deserto dei tartari con orecchie tappate. Questa musica era per orecchie, invece, che avrebbero dovuto ascoltare, che avrebbero dovuto mettere in pratica quella che era la capacità di considerare questo Stato e questa spesa pubblica un fardello incredibile.
Signor Presidente, bastava recepire quello che il Governo precedente ha lasciato in eredità, quello che anche nel 2006 venne prima votato e poi affossato con un debosciato referendum: la devolution, il Senato federale, il contenimento dei costi, la riduzione dei parlamentari era legge. Qualcuno in quest'Aula, in un intervento precedente, ha detto che abbiamo perso cinque anni. Credo che, invece, gli anni siano sei o sette, signor Presidente: tanti, troppi e sono trascorsi inutilmente. Ora, bastava recepire quanto il Governo precedente ha lasciato in eredità, ossia il federalismo fiscale e l'obbligo di verificare non più spendendo sulla base della storicità della spesa ma facendo calcoli su fabbisogni standard e sulle spese standard, prevedendo, signor Presidente, la verifica dei costi per le pubbliche amministrazioni, per l'acquisto di servizi, per le voci di spesa e tutto quello che fa da corollario al funzionamento della macchina amministrativa e anche statale. È necessario cercare di prendere a modello le amministrazioni più serie ed efficienti e obbligare le altre a parametrarsi verso quelle più virtuose.
C'è la questione legata alle province. Certo, possono essere dannose, costose, inutili ma lo sono solo se, signor Presidente, non vengono amministrate in modo responsabile. La mia provincia costa meno di un caffè all'anno per ogni cittadino. Andate a vedere, signori del Governo, come funziona: peraltro Bergamo è una bellissima città, dove vi troverete sicuramente molto bene. Ma, forse, prima di chiudere la provincia di Bergamo sarebbe il caso di dare un'occhiata ai costi del comune di Napoli - la notizia è di stamattina di un quotidiano nazionale tra i più importanti -: circa 1,3 miliardi di debito per gli ottimisti e un buco di 2 miliardi per i più pessimisti.
Quando tutto questo stava andando a rotoli il nuovo sindaco non si è mosso nel migliore dei modi: non ha abbassato neanche di un euro quello che era il deficit, ma durante l'approvazione del bilancio, invece di fare qualcosa per questo debito, il sindaco è andato dal Presidente della Repubblica a batter cassa e a chiedere una legge speciale per ottenere soldi dallo Stato ed evitare così il default del comune. Non c'era certo bisogno di avere un nuovo Pag. 40sindaco, un sindaco che pensava di avere la bacchetta magica per fare questo passo. Direi, signor Presidente, che è roba da matti e noi ci preoccupiamo di far sì che i piccoli comuni si mettano insieme per risparmiare qualche euro ed è roba da matti, signor Presidente, anche perché noi ci siamo sempre occupati e continuiamo ad occuparci tutti i santissimi giorni dei piccoli comuni. In questi ultimi, nonostante le grandissime difficoltà che hanno gli amministratori a portare avanti l'attività amministrativa, stiamo cercando di far applicare la legge. Stiamo cercando di farsi sì che questi piccoli comuni ottimizzino le spese. Spero tuttavia che tutto ciò serva e avvenga anche in altre zone di questo Paese. Il Governo ha come obiettivo di racimolare dai 5 ai 7 miliardi per quanto riguarda questo provvedimento della spending review per evitare il già previsto aumento dell'IVA di due punti percentuali dal 1o ottobre, e su questo ci siamo stracciate le vesti anche per quanto riguarda altri provvedimenti che sono stati portati in quest'Aula. Abbiamo ritenuto la questione IVA molto pesante, che avrebbe sicuramente affossato la produzione, i consumi e l'export. Soldi che dovrebbero anche servire per interventi per la ricostruzione in Emilia e per la crescita: questi sono due punti su cui non transigiamo.
C'è una nostra capacità di metterli in fila e di capire in quali termini si possono affrontare: forte con i deboli e debole con i forti, dice qualcuno. La riforma delle pensioni, quelle basse anzi bassissime c'è stata, l'avete fatta e non avete però avuto il coraggio di affrontare quelle che sono le «pensioni d'oro» dove si potevano risparmiare probabilmente anche parecchi miliardi. Di contro c'è ancora, questione simpatica se vuole, signor Presidente, la questione dei tagli dei buoni pasto che sicuramente porterà una spesa.
Ma c'è anche da dire che così mettiamo in condizione gli usufruitori di dover così scegliere, quando vanno a fare la pausa pranzo, se prendere l'acqua, la mela o il caffè e questo li metterà in condizione di avere, in quel tragitto dal lavoro alla mensa, un qualcosa a cui pensare. La spending review è tradotta letteralmente «revisione della spesa» e questo è chiaro ed è giusto che sia così, è giusto che questo Governo porti avanti questa idea di sistemare un po' i conti di questo benedetto Stato. Però è anche chiaro che è talmente impellente mettere mano a questa situazione - lo sostiene anche il nostro senatore Garavaglia al Senato - che i dati presentati dal Ministro Giarda non fanno altro che certificare quello che la Lega dice oramai da anni. I dati sempre presentati da questo Ministro, e in particolare l'analisi fatta sulla distribuzione territoriale del pubblico impiego, non fanno altro che certificare il fatto che la Lega aveva visto bene, aveva visto molto bene, nel senso che la riduzione dei costi della pubblica amministrazione passa anche attraverso una verifica per quanto riguarda la questione legata ai dipendenti. Era facile tra l'altro: se si applica il parametro della regione Lombardia è molto facile fare i conti e a questo punto non servirà probabilmente né Monti né altri, ma solo il federalismo fiscale applicato in tutte le sue componenti.
Grandi ragionamenti e tante parole, ma per noi della Lega non bisogna perdere di vista una questione per noi veramente essenziale, che è il pareggio di bilancio: servono circa 30 miliardi (810 di spesa e 780 sono le entrate). Qui ho messo sui miei appunti un po' di punti di domanda: se si parla ancora di nuove tasse; e a questo punto uno dei punti di domanda è: chi le paga, se non c'è produzione e non c'è crescita?
Signori del Governo, fate riferimento un po' anche all'ISTAT, la fotografia di questo Stato e della sua salute. L'ISTAT ne fa una fotografia che ci dice una cosa molto semplice: le famiglie sono sempre più povere, le famiglie dei primi due scaglioni di IRPEF, quelli degli strati più bassi come reddito, non riescono più a risparmiare, anzi hanno bisogno di tutto quello che hanno messo via anche con qualche risparmio. Hanno bisogno di mettere mano anche a qualche reddito extra bilancio familiare. Questo serve loro per vivere e anzi, signor Presidente, queste Pag. 41famiglie non arrivano, come qualcuno ha battezzato qualche tempo fa, alla fine del mese.
Molte attenzioni chiediamo anche alla questione dei mutui casa: una famiglia su quattro non riesce a pagare nemmeno l'affitto ed è molto alta anche la percentuale delle famiglie che non riescono a pagare il mutuo, come dicevamo prima. Sono problematiche queste, signori rappresentanti del Governo, che creano proprio un problema sociale e creeranno un problema sociale nei prossimi anni.
Altra valutazione seria da fare è nei confronti di quello che la Commissione europea rimarca: in Italia i migranti rappresentano una quota crescente di senza tetto. Anche questa è una verifica che va fatta e di cui va tenuto conto.
Concludo, signor Presidente, facendo una semplice considerazione: è un provvedimento probabilmente necessario, ma noi lo consideriamo timido, molto timido, è un pannicello caldo per un ammalato molto grave. La cosa che ci fa un po' più arrabbiare è che la patologia di questo malato era stata da noi diagnosticata più di vent'anni fa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Meroni. Ne ha facoltà.

FABIO MERONI. Signor Presidente e signor sottosegretario, oggi si discute di disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica, titolo roboante, che però al suo interno porta poco beneficio alla nostra collettività. Ci sono sì gli aspetti positivi: intervenire sulla razionalizzazione della spesa pubblica è quello che tutti auspichiamo. Anche noi siamo intervenuti in maniera collaborativa all'interno delle Commissioni: anche là dove è vi era la questione di fiducia abbiamo permesso alle Commissioni di lavorare, abbiamo presentato pochi emendamenti, abbiamo discusso e fatto discutere gli altri gruppi che hanno presentato gli emendamenti, siamo riusciti a far passare un nostro emendamento che va nell'indirizzo di una delle nostre battaglie storiche, che è il federalismo fiscale, laddove si danno dei tempi perlomeno certi su qualcosa che ci sta a cuore.
Dopo tutto questo, le positività finiscono e arrivano le negatività, caro sottosegretario: innanzitutto, l'utilizzo del decreto-legge, cosa sempre da noi combattuta. Fra l'altro, oggi, leggo sulla stampa una sorta di gioco dell'oca: si parte dalla spending review di oggi per arrivare, poi, ai provvedimenti sugli osservatori dell'ONU, sulla Convenzione di Lanzarote, sul terremoto in Emilia, sui contributi all'editoria, sul codice degli appalti, sul decreto sviluppo, sugli italiani all'estero, sul rendiconto della Camera, sui vigili del fuoco, sul patrimonio pubblico, sulla spending review 2. Quindi, vuol dire che si parte da oggi e si arriverà ancora a parlare di una questione che, forse, era meglio affrontare non in due tronconi, ma in una volta sola, affrontando veramente quella che è l'eliminazione di spese superflue. A dirlo non è solo la Lega.
Vede, signor sottosegretario, chi ha partecipato ai lavori delle Commissioni riunite sa benissimo quanti emendamenti sono stati presentati anche dalle forze che sostengono questo Governo: emendamenti che io definisco di buonsenso, ma che, come al solito, sono dichiarati a volte inammissibili, il più delle volte inammissibili. Dunque, signor sottosegretario, lo chiedo a lei, in quest'Aula vuota, perché vi sono emendamenti presentati da gente del PdL, che parlano di premiare o sanzionare dipendenti pubblici. Ma se io ho un risparmio perché ho un dirigente capace di far funzionare la macchina amministrativa, perché non lo posso premiare? E, dall'altra parte, se uno è un lavativo, perché non lo posso punire? Si risolverebbe qualche problemino! Avremmo la possibilità di far lavorare meglio quelli che lavorano e, finalmente, di mandare a casa quelli che non lavorano!
Rivedere le «pensioni d'oro»: noi parliamo tanto di chi prende 400 o 500 euro di pensione e ci dimentichiamo di chi porta a casa decine di migliaia di euro al mese. Perché questi emendamenti sono dichiarati inammissibili? E perché questi Pag. 42parlamentari di maggioranza che sostengono il suo Governo, gli votano lo stesso la fiducia, nonostante gli emendamenti di buonsenso con cui si sarebbe messo un tetto a 10 mila euro al mese? Non so se noi della «casta» prendiamo, netti, questi soldi. Si parla di sanzionare gli amministratori che causano un deficit al pubblico bilancio. Non è un danno alla collettività? Ne ha parlato prima l'onorevole Consiglio: al comune di Napoli vi è un «buco» di 1,3-2 miliardi di euro. Non è giusto. Io non voglio sapere se è stato Gigino, l'Olandese volante, chi vuole mandare i rifiuti in Olanda con le navi o chi c'era prima ad aver creato questo «buco», ma 2 miliardi di euro è la metà della cifra di cui stiamo discutendo e che si intende sanare con questo decreto-legge. Si parla di 4,2 miliardi di euro, si parla di non aumentare l'IVA di uno o due punti. Ebbene, lì c'è un comune che ha 2 miliardi di debito, c'è un comune che paga i suoi fornitori a 36 mesi. Ecco perché, magari, il giro degli strozzinaggi a Napoli è così in aumento: perché, magari, sono le stesse istituzioni che costringono la gente onesta che ha lavorato per il comune a rivolgersi agli strozzini. Questi sono i problemi del Paese reale.
Ancora: la verifica dei trattamenti pensionistici d'invalidità civile. Tutti sorridiamo quando vediamo gli articoli di stampa, gli articoli di giornale o le trasmissioni televisive dove si mostra che il cieco pedala o va a fare la spesa, dove un diversamente abile, invece, corre. Eppure, anche questi emendamenti sono stati dichiarati inammissibili. Non è un risparmio quello con cui si va a chiedere di fare un intervento straordinario sulle pensioni di invalidità civile, con un piano straordinario di accertamento - 200 mila accertamenti nuovi - per poter arrivare a stanare quella grande piaga che esiste in un'area ben determinata in questo Paese? No: emendamento inammissibile.
Vede, signor sottosegretario, sono queste cose a fare male, non a noi qui, ma a chi ci ascolta, a chi ci vede da fuori; che non riusciamo ad incidere su queste questioni che sono prioritarie per la signora che ci ascolta alla radio o per chi legge i resoconti stenografici, magari, su Internet. Ci sono stati degli emendamenti giudicati, addirittura, irricevibili.
L'amico Giovanelli, che non vedo in Aula, ha presentato qualcosa sul discorso delle prefetture. Lo sappiamo: è stato presentato un provvedimento al Senato, è stata presentata una proposta di legge, a mia firma, alla Camera, quella sulla riorganizzazione delle province, e ancora quella sulla riorganizzazione delle prefetture, che prevede un risparmio di spesa di 5 miliardi di euro, non fatto da me, ma da Lupi, da quelli che ieri erano lì riuniti, e noi siamo andati a dire, come Governo: ci siamo pensando. Speriamo che alla fine del giro dell'oca, sulla seconda revisione della spesa, vi sia un posto anche per queste istituzioni che voi, con un decreto-legge, avete cancellato. E il 6 novembre saremo qui in Aula ad additarvi ancora una volta perché avete fatto un errore tremendo nei confronti della Costituzione. Ma vi sarà tempo e luogo per discuterne.
Noi, però, siamo preoccupati perché ieri siete stati definiti, dall'onorevole Di Pietro, professoroni dei miei stivali, il Presidente del Consiglio è stato definito un sordo ricattatore, i membri del Governo truffatori politici. Noi non ci permettiamo così tanto. Noi della Lega Nord Padania diciamo solamente che i professori hanno semplicemente fallito. Passare dalla teoria alla pratica è stato impossibile. Avete fallito. E lo dimostreremo con i fatti. Lo dimostreremo venendo tutte le volte a farvi ricordare i decreti che avete fatto.
Avete voluto penalizzare il settore delle auto - cito due esempi, signor sottosegretario - imponendo superbolli, imponendo di tutto e di più. Da quando ci siete voi, il crollo del mercato delle automobili è costante. Avete voluto inserire l'IMU. Avete fatto spaventare le famiglie. Solo nel settore dell'edilizia eravamo fermi a 350 mila posti di lavoro in meno, e il giornale di oggi parla di 500 mila posti di lavoro in meno. Ecco perché noi possiamo dichiarare il vostro fallimento: non politico, il Pag. 43fallimento tecnico! La politica avrebbe potuto fare ben di più di quello che ha fatto un esercito di professori.
Ma noi siamo anche fiduciosi, caro sottosegretario, per un semplice motivo: si avvicina quota 314. Ieri avete avuto 393 voti sulla fiducia. Abbiamo ancora tredici fiducie, o tredici decreti-legge da portare a casa prima di agosto, o anche a settembre. Noi saremo qui, in Aula, a lavorare, perché dobbiamo stare qui a vedere cosa fa questo Governo e, quindi, siamo fiduciosi che la quota 314 arrivi al più presto, per far sì che in questo Parlamento sieda ancora un Governo politico (Commenti del deputato Giachetti).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vanalli.
Ne ha facoltà.
Per cortesia, colleghi, altrimenti, dovendo sospendere i lavori, non riusciremo a far parlare l'onorevole Tassone.

PIERGUIDO VANALLI. Anche perché non lo sentiamo da molto tempo e, quindi, desideriamo sicuramente ascoltarlo.

PRESIDENTE. Devo dire che l'onorevole Tassone è uno di quelli che parla, sempre molto sinteticamente, ma sempre.
Prego onorevole Vanalli.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, il collega che ha parlato prima di me - che conosce molto meglio l'inglese di quanto lo conosca io - ci ha ricordato che la spending review dovrebbe essere la revisione della spesa. Però la revisione della spesa dovrebbe prevedere interventi che vanno ad incidere seriamente su questo capitolo. La revisione della spesa vorrebbe dire: verifico esattamente quello che non è andato bene fino ad ora, perché il presupposto è questo, e, quindi, cerco di non sbagliare ulteriormente, cerco di eliminare gli sprechi e di incidere in maniera pesante.
Però, passando dall'inglese all'italiano, il titolo corretto del decreto-legge reca: disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica. Già questo dà l'idea che quello che viene venduto sui giornali è una cosa, mentre quello che si sta portando avanti, carte alla mano, è un'altra. Infatti, la razionalizzazione della spesa, così, a braccio, vuol dire che diamo per scontato che la spesa sia quella e, quindi, cerchiamo solamente di aggiustarla un attimino. Ma non è che pensiamo di non fare più spesa. Non è che pensiamo di evitare di buttare via i soldi. Non è che pensiamo di incidere in maniera profonda su come questo Stato si mantiene, su come mantiene le sue strutture e su come le sue strutture, poi, intervengano molte volte in maniera negativa sulle altre parti del Paese, le quali, invece producono e, come privati, pagano le tasse per tutti.
Ogni tanto ricordo a me stesso, essendo dipendente pubblico, che è vero, anch'io pago le tasse, ma le mie tasse le paga sempre la parte pubblica che le accantona per me e quindi, se ci fosse il privato che da qualche parte versa i soldi allo Stato, anch'io non potrei pagare le tasse. Quindi, se non andiamo incontro all'idea di cercare di favorire, in tutti i modi, il lavoro dei privati, dando lavoro al privato, facendo in modo che il privato trovi e possa lavorare con scioltezza, con - diciamo così - razionalizzazione e in maniera proficua, fra non molto avremo, tutti, dei grossi problemi perché, sicuramente, come già il debito pubblico ci fa vedere tutti i giorni, senza entrate da parte dei privati e mantenendo così le uscite, non si potrà andare molto lontani.
Quindi, tra revisione e razionalizzazione la differenza non è solamente di fonetica nell'uso delle parole tra l'italiano e l'inglese ma è sostanziale. Tuttavia, ancora una volta, il Governo, che è partito per insegnarci come, invece, si dovrebbe incidere in maniera tecnica, anche in maniera sobria, alle volte, su una questione che è sfuggita di mano ai politici in tutti questi sessant'anni, di fatto, si è adeguato alla mentalità e al modo di fare dei politici e da Governo tecnico è diventato, semplicemente, il Governo di una parte politica che non ha nessuna intenzione di rivedere la spesa pubblica, ma solamente di razionalizzarla. Pag. 44
Tutto ciò anche perché, razionalizzare - e non parlo, come si dovrebbe, di arrivare alla revisione - non dovrebbe essere molto difficile visto che tutte le strutture statali, tutte le strutture di qualunque ente pubblico dovrebbero già essere improntate nel cercare e nell'ottenere la razionalizzazione di questa spesa; tutte le strutture dovrebbero avere, come unico fine, quello di offrire il servizio migliore al costo minore e dovrebbero cercare di inventarsi tutte le possibilità per agevolare in tutti i modi i cittadini, le imprese, nonché i colleghi dell'ufficio, perché alle volte assistiamo, tra uffici situati solo su piani diversi, al tentativo di farsi gli sgambetti l'uno con l'altro, senza risolvere il problema del cittadino.
Tutto ciò lo abbiamo visto - mi permetto di ricordarlo - anche ieri quando, con un ordine del giorno, proponevo semplicemente al Governo di impegnarsi a dare finalmente piena attuazione ad una norma che è stata proposta dal Governo Prodi nel 2001, modificata in meglio, dal Ministro Brunetta nel 2009 e che consentirebbe di ottenere dei seri risparmi nella spesa pubblica, semplicemente andando ad incidere nelle eccedenze del personale. La risposta del Governo è stata: valuterò la possibilità di dare corso a queste norme. Ora, che sia proprio il Governo a dire: valuterò se è il caso di impegnarmi o meno per dare attuazione a delle leggi, non è sicuramente un buon esempio. Non è un buon esempio anche che venga detto in quest'Aula, in questo modo, perché potrebbe dare l'occasione a tanti altri uffici, a tanti altri lavoratori pubblici di pensarla allo stesso modo e quindi, se tanto mi dà tanto, invece di razionalizzare, revisionare, risanare comunque questo Paese, andremmo esattamente nella direzione opposta.
Quindi, questo è un provvedimento che nasce con una confusione lessicale e che continua nella confusione dei testi perché, come spesso ci capita di osservare, dopo che il Presidente della Repubblica ci ricorda che nei decreti-legge non dovrebbero entrare materie troppo diverse dal tema del decreto stesso, invece, nei vari passaggi da parte del Senato e della Camera, soprattutto dalla maggioranza, perché la minoranza è difficile che riesca ad intervenire in questo senso, il testo si amplia, entrano parecchie altre cose, tant'è vero che il risultato finale è un disegno di legge che ha poco o, perlomeno, non molto a che fare con l'originale e che allora, partendo da questo presupposto, avrebbe potuto benissimo iniziare in un altro modo e nella spending review avrebbe potuto trovare posto tutto ciò che ricordavano prima i miei colleghi. Quindi, veramente, avremmo avuto un'incidenza sulla spesa pubblica, veramente avremmo avuto il tentativo di non aggravare i costi dello Stato. Invece, alla fine, probabilmente, avremo ulteriori nuovi costi perché, di fatto, per verificare quello che tutti gli altri enti statali, e non solo, dovrebbero fare, ci inventiamo un commissario che, giustamente, anche lui non lavorerà gratis e dovrà essere pagato per verificare quello che gli altri dovrebbero aver già fatto in questi ultimi anni.
Quindi, non stiamo incidendo sulla spesa, ma stiamo semplicemente cercando di ridistribuire dei carichi di lavoro, per far lavorare meno e comunque far riscuotere le stesso stipendio a tutti. Ciò può essere un obiettivo, visto che vi è carenza di lavoro. Quindi, perché far mancare lavoro a chi lo ha già adesso, anche se magari non contribuisce molto alla crescita del Paese?
Sul provvedimento abbiamo cercato di incidere con le nostre proposte emendative, ma, a parte alcune proprio di tipo formale, per cercare di dare senso lessicale a qualche articolo, non è che ne siano state accolte molte, se non l'inserimento all'articolo 1 di un richiamo al lavoro che la Lega Nord Padania ha svolto in questi anni, riguardo ai fabbisogni standard di comuni, città, province e di tutti gli altri enti. Ci siamo ripromessi che questo inserimento potesse, in qualche modo, agevolare e accelerare l'iter dell'approvazione di questo provvedimento, ma vedremo se ciò sarà possibile solo nella prossima settimana. Sicuramente l'inserimento di questa proposta emendativa, in qualche modo, Pag. 45mette in evidenza - come dicevano i miei colleghi, prima - l'obiettivo della Lega Nord Padania, cioè creare uno Stato che possa realmente controllare le proprie spese, che possa realmente pianificarle e che possa realmente abbassare, alla fine, le tasse a tutti, perché riesce a obbligare chi spende male a smettere di farlo. Questo è l'obiettivo che ci siamo imposti in tanti anni e con questa proposta emendativa è stata inserita una scadenza a breve. Dovendo essere sincero, così come ci è già capitato altre volte, non sono molto fiducioso del mantenimento di quest'impegno, perché non è la prima volta che assistiamo ad un gran lavoro della Lega Nord, sia al Governo che all'opposizione o comunque ovunque abbia la possibilità di portare avanti le sue tesi, e quello che riusciamo a fare magari in alcuni anni di lavoro, viene poi sistematicamente sciolto come neve al sole, in pochi mesi, dal Governo che arriva subito dopo.
Già con il federalismo vi è riuscito il Governo Monti, così come per i costi standard; vediamo se con questa nostra proposta emendativa qualcosa si può fermare. Inoltre, con i decreti sulla cessione delle proprietà del demanio agli enti locali ci siamo arenati. Insomma, tanti provvedimenti, con i quali si sperava e si voleva incidere in senso positivo sulla spesa pubblica del nostro Paese, in realtà vengono sconfessati dall'azione del Governo che è attualmente in carica. Per cui, di questo provvedimento non possiamo sicuramente dire di condividere i contenuti, anche se condividiamo l'auspicio iniziale, ma il contenuto o comunque la formula con la quale esso verrà alla luce, non è sicuramente quello che potevamo aspettarci da un Governo tecnico, pensando che il Governo tecnico, facendo uno più uno, arrivasse allo stesso risultato delle nostre proposte legislative degli anni scorsi; cioè non è difficile capire che uno più uno fa due solamente se si riesce a spendere bene i soldi che i cittadini pagano. Invece, semplicemente razionalizzando e non revisionando la spesa, sposteremo in qualche capitolo diverso i soldi che i cittadini pagano, ma sempre li faremo uscire dalla finestra e, quindi, non raggiungeremo l'obiettivo di cercare di abbassare le tasse e di abbassare il costo della pubblica amministrazione sulle spalle di chi lavora e di chi produce, soprattutto in questo momento, in cui il lavoro manca, le produzioni stanno calando e vi è difficoltà a mantenere le promesse fatte ai lavoratori assunti nelle varie ditte.
Inoltre, qualche settimana fa, eravamo riusciti, con il provvedimento sui rimborsi elettorali ai partiti, a garantire che la parte risparmiata fosse al più presto devoluta alle popolazioni e alle imprese colpite dal terremoto, mentre stiamo ancora aspettando che ciò, approvato dalla Camera, trovi applicazione e attuazione e che, quindi, materialmente questi soldi vengano portati a chi ne ha veramente bisogno. Attendiamo che venga razionalizzato il lavoro derivante dalle nostre decisioni. Qualcuno magari non sarà contento, perché di questi soldi ne ha veramente bisogno, e così, in attesa che noi razionalizziamo, prega che non vi sia più il terremoto; però tra il pregare e l'esser certi che chi ci aveva pensato, alla fine, possa mantenere le promesse, vi è un po' di differenza.
Allora va bene, pregheremo tutti perché loro abbiano le risorse necessarie, però magari - senza offendere nessuno - pregare un po' di meno e lavorare un po' di più, probabilmente farebbe felici molte persone (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho raccolto ovviamente la sua implicita sollecitazione, il suo messaggio subliminale, per cui sarò molto breve e dedicherò questi pochi minuti che mi sono assegnati, anche con la sua complicità (affettuosa certamente), ad esporre qualche mia idea e riflessione ad alta voce su questo provvedimento.
Intanto debbo ringraziare i due relatori: Annamaria Bernini e Roberto Occhiuto. Li ringrazio per il lavoro che Pag. 46hanno fatto. Questi impegni non sono facili, anche perché coinvolgono una serie di fatti, di dati e di interessi per cui ci vogliono sempre un atteggiamento, un comportamento ed un lavoro responsabili, e loro sono stati impegnati a tenere delle posizioni, anche sul piano procedurale e normativo, che certamente sono importanti e fondamentali anche per il percorso che è stato fatto e per quello che rimane da fare qui in quest'Aula.
Signor Presidente, questo tema della riorganizzazione della spesa - quando verrà fuori questo provvedimento, credo la prossima settimana, del taglio delle spese - non può essere visto come un fatto isolato in un contesto complessivo. Non c'è mai un provvedimento che taglia e riorganizza la spesa da solo, se tutto questo non viene accompagnato da altri tipi di provvedimenti.
Altri provvedimenti, anche di questo tenore e di questo tono, ci sono stati, ed altri sono in fieri. Ci sono anche degli aspetti procedurali e normativi, come ci sono degli aspetti fondamentali che coinvolgono sensibilità, cultura e senso della responsabilità. Se manca il senso della responsabilità e della cultura, le norme, e anche tutte quelle che possono essere le soluzioni per ridurre e riorganizzare la spesa e per tagliarla riducendo il surplus delle spese inutili, credo possano risultare un lavoro vano, se non sono accompagnate - come dicevo - da atteggiamenti conseguenziali e coerenti.
Vorrei ricordare, signor Presidente, che anche per quanto riguarda il taglio della spesa e la sua riorganizzazione, noi abbiamo approvato un provvedimento che non è ininfluente rispetto anche al tema che stiamo trattando in questo momento: quello sulla lotta alla corruzione. La lotta alla corruzione non c'è dubbio che imponga scelte fondamentali, non soltanto sul piano delle decisioni e delle norme cogenti e quindi con atti coercitivi, ma impone nuove sensibilità, ed anche una riconsiderazione molto forte e significativa di quello che è il ruolo della pubblica amministrazione all'interno del nostro Paese.
Ritengo che anche tutta l'impalcatura di questo provvedimento, dall'articolo 1, che prevede questa Commissione nazionale, all'articolo 2 che prevede questo Comitato interministeriale e fa riferimento al commissario, non c'è dubbio che presupponga una ristrutturazione, una riarticolazione ed una evidenziazione di un ruolo importante e fondamentale della pubblica amministrazione.
Se nella pubblica amministrazione non ci sono le giuste valorizzazioni e se non c'è il senso della responsabilità e dell'etica, ma soprattutto se non sono definiti dei compiti che esaltano quelli che sono i momenti decisionali, certamente anche il risparmio di risorse e la razionalizzazione che auspichiamo delle stesse, saranno vani. Se in una pubblica amministrazione non si sa chi è responsabile, e la responsabilità è frastagliata e non c'è mai nessuno che risponde di quelli che sono in fieri i percorsi delle «pratiche», tutto viene ad essere riconsiderato e tutto rischia di essere inutile.
Allora, è un dato e un quadro complessivo che dobbiamo riportare rispetto a tutta una problematica che è oggi sul tappeto. Il Governo certamente ha avvertito la sensibilità di affrontare queste questioni e questi problemi, dove il dispendio di risorse e di energie sono importanti e fondamentali.
Però, vorrei anche dire, Signor Presidente, rivolgendomi certamente ai colleghi relatori e al Governo, che bisogna distinguere dove vi è risparmio di risorse, inteso soltanto come un fatto propagandistico e senza alcun tipo di risultati, veri ed effettivi, e invece dove vi è la volontà di ridurre le spese inutili. Abbiamo più volte fatto anche una valutazione complessiva su quelli che sono i tagli lineari. Questo sarebbe un qualcosa in più. In cosa differiscono questi provvedimenti dai tagli lineari? Così si vanno certamente a individuare dei percorsi particolari e non generalizzati e certamente si va a colpire quella che è un'inutilità della spesa, un surplus della spesa che è inefficace, che non dà risultati ma solo dei ritorni negativi. Pag. 47
Per fare un esempio, Signor Presidente, dato che si sta parlando di riorganizzazione degli uffici giudiziari nel nostro territorio, vorrei capire, anche per quanto riguarda la mia regione, che senso e che significato abbia andare ad accorpare due tribunali oppure eliminare un tribunale o un ufficio giudiziario in un territorio come quello della regione Calabria. Non vi è un ritorno né un risparmio, perché certamente tutta la problematica che riguarda la giustizia è di altro tono, di altra proiezione e di altra latitudine, e dovrebbe essere certamente recuperata in una dimensione diversa, soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata e non. Ma nella lotta alla criminalità organizzata sappiamo quali sono i risultati, per quanto riguarda l'economia e anche per l'abbattimento di santuari che certamente accrescono potere sul piano economico ma sottraggono questo potere e queste immense risorse economiche al Paese, che deve perseguire una prospettiva e, soprattutto, obiettivi di sviluppo economico. Pertanto, questo dato degli uffici giudiziario è un problema serio e importante.
Ma, vorrei, Signor Presidente, andare subito ad una conclusione. Signor Presidente, noi parliamo, dai tempi del federalismo fiscale, delle spese, e soprattutto, per ciò che riguarda la sanità, dei costi standard e dei costi storici. Ritengo che questo sia un dato importante e fondamentale. Sembra che il prossimo provvedimento dovrebbe riguardare la sanità. Sulla sanità ho sempre avanzato qualche riserva. Non credo che questo tipo di valutazione, che è tecnicistica, molte volte burocratica-amministrativa e che si svincola dal contesto del territorio e, soprattutto, dai destinatari di alcuni servizi, possa dare, ovviamente, dei traguardi e dei risultati entusiasmanti. Questo lo dico con estrema chiarezza. Non si risolve il problema della sanità all'interno del nostro Paese attraverso un meccanicistico conto e una tecnicità che certamente non appartiene ad un sistema dove, invece, il dato dell'uomo, la sua dignità, il rispetto e il servizio nei suoi confronti credo siano importanti, centrali e assorbenti, e non possono essere certamente condizionati.
Ma, faccio un'altra valutazione, Signor Presidente, e colgo l'occasione per farla anche in questa circostanza. Ma, possiamo avere venti situazioni della sanità distribuite per regioni all'interno del nostro Paese o non è giunto il tempo di prevedere una rivisitazione anche costituzionale, dove la sanità non sia più una materia concorrente con lo Stato ma sia, ovviamente, attribuita in capo allo Stato come materia esclusiva? Questo lo dico per la sanità, per l'ambiente e anche per la pubblica istruzione. Al di là di ogni discorso, se vogliamo creare dei risparmi, senza operare dei tagli tecnici, ritengo che questo sia il problema. Non risolviamo il problema né lo risolveremo. Tuttavia, questo è il problema rispetto al costo delle regioni.
Non è possibile che quando si parla di risparmio di risorse economiche all'interno del nostro Paese e di tagli, non si faccia mai riferimento ai costi gestionali delle regioni. Sembra che si tratti di una materia da non perlustrare, da non affrontare e che ci sia veramente un'area di extraterritorialità, nella quale il problema delle regioni non viene ad essere toccato.
Signor Presidente, ritengo che questo sia un dato ed un elemento che dobbiamo portare avanti. Anche per quanto riguarda il problema delle province, stiamo attenti. Prima le facciamo con elezioni di secondo grado, poi le andiamo ad accorpare (ne stiamo discutendo); dovevamo eliminare le province ed era questa forse una soluzione definitiva. Ma è possibile che non si può capire se queste soluzioni legislative, anche di prospettiva, che si stanno configurando producano delle risorse e delle economicità?
Poi c'è un altro aspetto, che attiene ai servizi nei confronti dei cittadini. Cosa fanno le province? Nessun provvedimento, signor Presidente e signor sottosegretario...; si taglia, si risparmia, ma bisogna capire cosa fanno queste autonomie locali, qual'è il risultato rispetto alle competenze e quali sono i benefici che traggono i cittadini. I costi ed i benefici non si Pag. 48possono in astratto custodire rispetto ad una visione soltanto tecnica, matematica, burocratica e amministrativa. Bisogna che ci sia qualcosa in più, se vogliamo dare una prospettiva ed una proiezione diversa.
Poi devo trattare altri due argomenti, ed ho concluso veramente, signor Presidente. Del problema della pubblica amministrazione ho già parlato. Poi c'è il problema dei controlli. Stiamo discutendo anche dei comuni e delle unioni dei comuni: le province, per come si stanno configurando, sono unioni di comuni. Per fare queste unioni dei comuni dobbiamo eliminare le province dalla Costituzione e bisogna farlo con una legge costituzionale. Non possiamo cambiare semplicemente il sistema elettorale per risolvere il problema. Eliminiamo le province nel punto in cui si dice che le province si affiancano alle regioni, ai comuni ed alle città metropolitane. Poi voglio sapere - lo ripeto - che tipo di risparmio produce questo passaggio.
C'è un altro aspetto ed un altro dato. Possibile che, per quanto riguarda questi comuni ed amministrazioni locali, non ci siamo mai posti il problema dell'assenza dei controlli di legittimità, che sono oltretutto controlli di legittimità sulle spese? Ritengo che abbiamo superato la fase delle giunte provinciali amministrative. I revisori dei conti da soli non bastano ad assicurare molto - tanto per usare un eufemismo e per essere buoni, in questo particolare momento - ma non c'è dubbio che questo è un problema.
Un altro aspetto da esaminare è quello concernente il comma 3 dell'articolo 12. Non si può dire che siamo favorevoli a ripristinare il testo del Senato per questioni politiche. Io non ho la verità. Bisogna capire se il percorso che noi avevamo individuato anche con un nostro emendamento è giusto e non se serve ad una parte, ad un'altra o a tutelare alcuni interessi; ciò non conta nulla. Voglio capire se oggettivamente quello che viene ad essere indicato nel comma 3 dell'articolo 12 serve certamente per una razionalizzazione, per evitare contenziosi e se si tratta di una norma di equilibrio e di produttività rispetto ai traguardi ed agli obiettivi che vogliamo raggiungere. Se ci convinciamo che quel percorso intrapreso dal Senato era giusto, va bene, ma bisogna motivarlo, non basta dire che risponde a scelte politiche perché, quando si fa riferimento a ciò, vuol dire che ci sono interessi da tutelare. Vogliamo tutelare gli interessi di carattere generale, non gli interessi di quel particolare momento.
Un altro aspetto da esaminare: noi avevamo anche detto, per quanto riguarda le poste e le ferrovie, di tenerle fuori dalla spending review. Posso capire con riguardo alle Poste - ho concluso, signor Presidente - ma in merito alle Ferrovie e alle Poste ritengo che bisogna fare un confronto abbastanza acceso. Le poste non svolgono più un servizio universale, non fanno più quello che facevano dieci o venti anni fa, ma sono in mano ad una struttura bancaria pura e semplice ed il fatto della consegna della posta è semplicemente un fatto marginale e secondario.
Per quanto riguarda le Ferrovie, anche se è previsto che per rimanere fuori dalla spending review non bisogna avere «sofferenza» e quindi dei debiti, bisogna riconsiderare la materia sul piano problematico e anche di una rivisitazione della norma, per cui le Ferrovie devono avere una diversa articolazione e l'amministratore delegato non deve rispondere fittiziamente ad un Ministro, ma deve rispondere al Paese. Con questa soluzione mi sembra che forse qualcosa può non andare nel verso giusto, perché anche in queste ore qualcosa si è mosso, a mio avviso, non positivamente. Detto questo, signor Presidente, come lei e i colleghi avrete capito meglio di me, noi siamo d'accordo con questa impostazione e con questo provvedimento. Siamo d'accordo perché è un percorso; non siamo d'accordo, almeno per quanto mi riguarda, se qualcuno dovesse pensare minimamente che questi momenti sono esaustivi. Certamente sono delle condizioni su cui costruire una progettualità che riguarda il sistema Paese nelle sue varie articolazioni. Credo che sia questo il senso e il significato del contributo che intendevo dare. Rinnovo il mio Pag. 49ringraziamento al Governo, che ci ha seguito, ai presidenti delle Commissioni. Non l'ho fatto prima perché il presidente Bruno si era alzato, ma in questo momento volevo proprio ringraziarlo, anche per avere qualche anticipazione della sua benevolenza. Ovviamente rinnovo l'amicizia e soprattutto la stima ai due bravissimi ed egregi colleghi relatori.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5273-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 13.28).

MAURO PILI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, con la massima sintesi, ritengo opportuno segnalare alla Presidenza e di conseguenza al Governo la gravissima situazione di queste ore nel carcere di San Sebastiano a Sassari, dove si ritiene possa esserci un rischio di rivolta da parte dei detenuti, che ormai da settimane sono senz'acqua. Credo che sia una situazione gravissima che mette a repentaglio la sicurezza del carcere. Vi sono gravissimi rischi per il personale dipendente e per la struttura penitenziaria sassarese. Sono giunte, tra l'altro, alcune notizie gravissime di queste ore, secondo le quali il Governo intenderebbe trasferire nel carcere sassarese cento detenuti sottoposti al 41-bis. Credo che siano notizie, quella della carenza dell'acqua e quella su un possibile trasferimento, che meritano l'attenzione del Governo e l'immediato blocco di tutte le azioni che vengono messe in atto verso le strutture carcerarie della Sardegna. Aggiungo che, per quanto riguarda la situazione igienico-sanitaria, il Governo deve intervenire in due modi: o risolve il problema attraverso le strutture giudiziarie e penitenziarie che operano in Sardegna e sono problemi facilmente risolvibili - tra l'altro, pare che ci sia un insoluto nei confronti della società di gestione delle risorse idriche - oppure credo che, se questo non dovesse arrivare a soluzione nella giornata odierna, sia assolutamente necessario chiudere l'intero carcere. Ci sono condizioni igienico-sanitarie non più sostenibili e le condizioni di sicurezza mettono a repentaglio tutto il personale e la stessa vivibilità all'interno di quella struttura. Quindi, confido nella Presidenza perché possa sollecitare il Governo ad intervenire in tempi immediati sulla vicenda.

PRESIDENTE. Onorevole Pili, la Presidenza segnalerà quanto da lei richiesto al Ministro per i rapporti con il Parlamento.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 14,30 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,40.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 50

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Di Biagio n. 2-01545)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Di Biagio n. 2-01545 è rinviato ad altra seduta.

(Problematiche riguardanti la gestione dell'ordine nazionale dei biologi - n. 2-01536)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di illustrare l'interpellanza Moffa e D'Anna n. 2-01536, concernente problematiche riguardanti la gestione dell'ordine nazionale dei biologi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, intendo illustrare brevemente l'interpellanza urgente che, insieme all'onorevole Moffa, abbiamo sottoscritto, non già perché l'argomento sia nuovo; ci siamo già interessati in questa Aula di un altra vicenda che ha investito l'ordine nazionale dei biologi e che ha riguardato sia la mala gestio che in questo ordine si è determinata nel corso degli ultimi anni, sia vicende legate alle ultime consultazioni elettorali, che, per difetto formale e sostanziale, sono state poi annullate dai vari tribunali aditi.
Premetto che sono stati nominati ben due commissari, uno dei quali ha dovuto, suo malgrado, gettare la spugna per una serie di pressioni indebite, di omissioni, di un vero e proprio muro di gomma che è stato costruito intorno a questa persona, un docente universitario, affinché non si giungesse alla preparazione delle nuove elezioni, che sono in corso, ma che ripresentano, fin d'ora, le vecchie discrasie e furbizie.
Lo spiego ai rappresentanti del Governo, consentendomi un inciso: l'ordine nazionale dei biologi è l'unico ordine in Italia che non ha un'organizzazione territoriale, né provinciale né regionale, talché, l'unico modo per poter esercitare il diritto di voto, essendovi un unico seggio nazionale, quello presso la sede di via Icilio, è fare richiesta di voto per corrispondenza.
Per cui, chi detiene il potere o ha agganci nell'apparato amministrativo dell'ordine, ritarda l'invio o sbaglia «casualmente» gli indirizzi, non consentendo a Tizio di votare, mentre vota Sempronio, che diligentemente e sollecitamente ha avuto la scheda per potere esprimere il voto. Ma di questo ci occuperemo nei prossimi giorni, perché io, oltre alle solite rituali denunce al Ministro e alla procura della Repubblica di Roma, informerò il Parlamento di quello che in queste ore si sta perpetrando.
Ma torniamo all'oggetto dell'interpellanza. Io ed altri colleghi siamo venuti a conoscenza della mala gestio: si tratta dell'appropriazione indebita di oltre due milioni e mezzo di euro, elargiti a parenti, amici e consanguinei dell'ex presidente e ad una fitta rete di impiegati, senza alcun titolo. Questo è un fatto certo, ormai accertato dalla stessa magistratura, che è pronta, io spero, ad emettere i provvedimenti relativi.
Ovviamente, i biologi si sono peritati di compiere un accesso agli atti per andare a riscontrare sui bilanci originali questi ammanchi e, dopo aver condotto, per un anno e mezzo, una battaglia tra TAR e Consiglio di Stato, sono stati finalmente autorizzati ad accedere agli atti dal primo commissario straordinario, il professor Lucio Botte.
All'atto della convocazione per la prescritta ed autorizzata fase di accesso agli atti, un'impiegata - tra l'altro coinvolta nelle elargizioni senza titolo di questi soldi, indebitamente prelevati dalla Cassa dell'ordine - si rendeva irreperibile con le chiavi della cassaforte, ove erano custoditi Pag. 51i documenti originali, come i bilanci, i libri-giornale, il partitario e quant'altro.
Solo dopo ben tre accessi andati a vuoto, sempre per la mancanza della stessa impiegata che si rendeva irreperibile e che aveva portato a casa sua le chiavi della cassaforte, si riusciva, per il tramite di un fabbro e con l'autorizzazione del Ministero della giustizia, che è il Ministero vigilante, ad avere l'autorizzazione per forzare la cassaforte e accedere agli atti. Avuta questa autorizzazione, come d'incanto, ricompare la «primula rossa» e ricompaiono le chiavi, ma l'indomani, il giorno fissato per la quarta volta per l'accesso agli atti, una mano ignota sottrae dalla cassaforte la documentazione.
Se la democrazia non è un fatto formale, ma è sostanza nella garanzia dei diritti di cui ciascuno di noi è portatore come cittadino e garanzia di intervento delle autorità preposte alla vigilanza e al controllo, che non può essere un pilatesco lavarsi le mani, vorrei sapere - da qui l'oggetto dell'interpellanza urgente in esame - se il Ministero della giustizia, di fronte a fatti conclamati ed accertati dalla stessa autorità giudiziaria, voglia, al di là dei formalismi e dei limiti della vigilanza, incaricare un magistrato competente di quel Ministero di accertare, indipendentemente dalle altre strade già adite e percorse, i fatti denunciati e, per una volta, dopo essere stato investito da centinaia di richieste, dare certezza ai biologi italiani che vi è qualcuno che vigila sul loro ordine. È chiaro che si svolgeranno i processi, che si formuleranno le imputazioni, che accadrà tutto quello che deve accadere, ma in questa sede chiedo, come parlamentare, al Ministro competente, cosa intenda fare, se vuole continuare a lavarsene le mani, nascondendosi dietro al muto formalismo dei presunti limiti della vigilanza. Infatti qui non si tratta di intervenire o di interferire nella normale azione di governo, di organizzazione e di gestione dell'ordine, ma si tratta di accertare fatti gravissimi che riguardano la sparizione di oltre 2 milioni di euro, e che hanno dato luogo a fenomeni eclatanti come la forzatura della cassaforte, con la sottrazione dei documenti originali, dai quali poter constatare che la mala gestio, più volte denunciata, si sia realmente realizzata.
Chiedo quindi al Ministro della giustizia - non più di grazia e giustizia perché di grazie non se ne fanno più, almeno non ne fa il Ministro, ma credo che gli sia rimasta la giustizia tra i precipui compiti a cui deve adempiere - se vuole, a differenza del suo predecessore, intervenire con un mandato ispettivo, che vada ad accertare quello che è stato più volte denunciato, oppure se vuole continuare a svolgere un'azione meramente formale, direi coreografica, aggiuntiva, della vigilanza intesa come mero atto notarile che va a registrare o a testimoniare ogni nefandezza, ogni violazione di legge presso l'ordine nazionale dei biologi.

PRESIDENTE. Saluto i giovani della scuola di politica del PD di Bologna, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Ricordo loro che stiamo svolgendo interpellanze urgenti e che, quindi, il numero dei parlamentari è forzatamente ristretto: sono presenti quelli che hanno presentato delle interpellanze urgenti. Non pensate che i deputati che non sono qui in Aula non stiano facendo niente: stanno facendo attività politica da altre parti, o in Commissione o nel collegio.
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Salvatore Mazzamuto, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, va intanto preliminarmente dato atto agli onorevoli Moffa e D'Anna dell'esattezza delle informazioni riferite nell'interpellanza urgente, almeno per quanto riguarda l'annullamento delle operazioni elettorali - annullamento confermato dall'autorità giudiziaria TAR del Lazio all'esito del giudizio di merito - sia con riferimento alla nomina e alle successive dimissioni del commissario straordinario, professor Lucio Botte.
La Direzione generale della giustizia civile di questo Ministero è stata, infatti, Pag. 52informata per iscritto di tali avvenimenti, proprio dal commissario straordinario, il quale nell'ottemperare al dovere informativo nei confronti del competente Dipartimento, ha effettivamente riferito anche in merito alla controversia relativa alla richiesta di accesso da parte del dottor D'Anna e all'esistenza di documenti, inizialmente custoditi all'interno di una cassaforte, sita nei locali dell'ordine e successivamente sottratti.
Da quanto riferito dal professor Botte, nella qualità di soggetto legalmente autorizzato a riferire al Ministero sull'ordine nazionale dei biologi, non risulta, tuttavia, che vi sia stata - così come rappresentato nell'interpellanza urgente - tanta insistenza nel negare l'accesso agli atti da cui emergono le modalità di gestione dell'ordine nazionale dei biologi degli ultimi anni.
Né del pari risulta che l'ordine dei biologi, dopo aver incaricato un legale per il recupero di ingenti crediti, abbia poi sospeso l'esercizio dell'azione legale. A ciò si aggiunga che neppure dal testo dell'interpellanza urgente è dato evincere quale potrebbe essere il nominativo del soggetto che, per conto dell'ordine nazionale, avrebbe disposto dei crediti dell'ente, impartendo ordini affinché non ne fosse curato il recupero. Risulta, invece, per comunicazione diretta del professor Botte, l'aggressione subita dallo stesso professor Botte in prossimità della sede dell'ordine ad opera di soggetti ignoti.
Sui fatti di rilevanza penale, rientranti in quanto tali nella competenza dell'Autorità giudiziaria inquirente, è attualmente in corso un'indagine penale diretta dalla Procura della Repubblica di Roma. Le attività investigative, relative al procedimento penale iscritto dalla Procura di Roma il 15 settembre 2011 a carico di soggetti noti - ometto i riferimenti numerici - per il reato di peculato ex articolo 314 del codice penale, sono state delegate alla Guardia di finanza, Nucleo di polizia tributaria, Gruppo tutela spesa pubblica, II Sezione-Accertamenti danni erariali.
A marzo 2012, la Procura ha richiesto una proroga delle indagini, con conseguente vigenza del segreto investigativo, fino alla chiusura delle stesse.
Orbene, riportato il discorso in ambito strettamente ministeriale, si segnala che, in seguito alle sopraggiunte dimissioni del commissario professor Botte, il Ministro Guardasigilli ha provveduto alla nomina di un nuovo commissario straordinario, anch'egli incaricato dell'attività di ordinaria amministrazione dell'ente e dello svolgimento delle elezioni ordinistiche. In data 18 maggio 2012, infatti, è stato nominato il dottor Giampaolo Leccisi, magistrato in pensione, già sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
Ciò detto, non si ritiene che allo stato sussistano ulteriori adempimenti di competenza del Ministero della giustizia, il quale dopo aver attivato per il tramite del competente Dipartimento i necessari controlli e le opportune verifiche, ha adottato, nel rispetto delle proprie attribuzioni, i provvedimenti adeguati a fronteggiare e risolvere le difficoltà operative dell'ente. L'attività di alta vigilanza che compete al Ministero della giustizia è stata svolta, infatti, con costante solerzia, dovendo essere rivolta, nel caso in esame, al ripristino di una situazione di normale gestione dell'ente, attraverso l'elezione dei nuovi organi consiliari, iniziate il 21 giugno e proseguite il giorno successivo.
Entro il 22 giugno 2012, invero, sarebbero dovute pervenire all'ordine le schede degli elettori che intendevano esprimere il proprio voto a mezzo posta. Dalle informazioni che il commissario straordinario ha fornito al Ministero per l'esercizio dei propri poteri di vigilanza si è appreso che alla data del 22 giugno 2012 non è stato raggiunto il quorum di legge. Pertanto, accantonate e custodite le schede già votate, la procedura è proseguita per la seconda votazione, che è tuttora in corso.
Per quanto concerne, invece, tutte le ulteriori questioni riguardanti aspetti di eventuale rilievo penale ovvero contabile - così come sottolineate dagli onorevoli interpellanti -, appare opportuno evidenziare Pag. 53che le stesse rientrano, piuttosto, nell'ambito di pertinenza delle competenti Autorità giudiziarie.

PRESIDENTE. L'onorevole d'Anna ha facoltà di replicare.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per il riassunto che mi ha fatto e che era già illustrato nella interpellanza urgente in esame. Vede, io non posso attribuire a lei, come persona, alcun rilievo, né mi permetterei di farlo, però io, come parlamentare, mi sono rifatto al formalismo che svuota di per se stesso, ontologicamente, l'idea stessa di cosa debba fare il Ministero, perché vede, se trovassimo una scheletro con un pugnale infisso dietro le spalle lei ci direbbe, per il tramite dei funzionari del Ministero, che avremmo dovuto chiamare il 113 e la polizia mortuaria. Non è questo. La verità è che al Ministero ciascuno se ne lava le mani. In questo Paese si ha solerzia di chiedere ai politici e ai parlamentari di essere specchio di ogni moralità e di tutta l'efficienza di cui può essere capace il legno storto di cui è costituito l'uomo, per citare un noto filosofo, e altrove questo viene completamente disatteso. Se questi due milioni e mezzo li avessero rubati o prelevati o distratti un sindaco, un consigliere provinciale, peggio ancora un parlamentare, noi saremmo da mesi agli onori della cronaca. Si immagini che il caso Belsito, che ha travolto la Lega Nord Padania, riguarda meno di un terzo della cifra che rappresenta l'ammanco presso la cassa dell'ordine nazionale dei biologi; e queste casse sono enti di diritto pubblico, e quindi è vero che non c'è il danno erariale perché si tratta di soldi rubati agli onesti professionisti che sono iscritti a quell'ordine, ma il Ministero cosa fa più di quanto abbia fatto io, che mi sono affidato alla magistratura? Il Ministero non è stato in grado - glielo dico perché lei ha la saggezza dei capelli bianchi e la competenza, per sedere nel posto di rilievo dove siede - ma il Ministero non ha neanche avuto, nel corso di questi anni, la forza di imporre la pubblicazione dei bilanci. Io ho dovuto ottenere una sentenza dal Consiglio di Stato. Allora delle due l'una: o facciamo - mi proporrò di farlo - una legge che escluda la vigilanza dei Ministeri sugli ordini professionali, oppure, se la vigilanza è la rilevazione asettica dello status quo, è chiaro che sarà il magistrato ad arrivare poi a determinare le cose accadute. Ma il Ministero cosa ha fatto? Assolutamente niente. Ha nominato dei commissari, si è limitato a disbrigare una pratica. Lei mi chiederà: ma tu da me cosa vuoi? Assolutamente niente. Vorrei giustizia per i 43 mila biologi che siano stati defraudati di beni che appartengono alla categoria e che devono tornare alla categoria. E mi consenta di dire un'altra cosa: è errato quello che le hanno scritto.
Ho ottenuto l'accesso dopo un anno e mezzo di cause, pagandomi l'avvocato. Sa quanto ha pagato l'ordine dei biologi, cioè coloro i quali si oppongono ad esporre gli atti dai quali risultano le loro malefatte e loro appropriazioni indebite? Un solo avvocato ha percepito 100 mila euro. Per cui, oltre il danno la beffa; non solo ci siamo dovuti pagare l'avvocato per poter fare la causa che ci concedeva l'accesso, ma coloro i quali si difendevano, pagavano con i soldi che sono nella cassa dei biologi. E di fronte a questo scempio, il Ministero cosa fa? Ci viene a fare il rendiconto che lei, purtroppo, è stato costretto a fare. Io non sono Di Pietro, non mi piace usare parole forti. Non dico a chi al Ministero ci ascolta in questo momento di vergognarsi, dico solamente che mi vergogno di essere parlamentare, di essere cittadino italiano e di essere iscritto all'ordine dei biologi. Questa vergogna credo che i funzionari del Ministero, il capo di gabinetto e il Ministro debbano poterla condividere con me oggi.

(Iniziative per garantire la continuità della produzione dello stabilimento Riello di Morbegno (Sondrio) - nn. 2-01567 e 2-01568)

PRESIDENTE. Passiamo alle interpellanze urgenti Codurelli n. 2-01567 e Crosio Pag. 54n. 2-01568, concernenti iniziative per garantire la continuità della produzione dello stabilimento Riello di Morbegno (Sondrio) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Avverto che le interpellanze, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.
L'onorevole Codurelli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01567.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Ci tengo almeno a sottolineare alcuni aspetti, anche se la vicenda è riassunta molto bene all'interno dell'interpellanza. Intervengo pure per sottolineare ancora di più la pregnanza di questo argomento, anche perché quattro anni fa, in quest'Aula, proprio la sottoscritta, il 16 giugno 2008, portava un appello, sempre concernente la ditta Riello, allora per la sede di Lecco, un appello firmato da ben 1.400 cittadini per scongiurare la chiusura di quell'unità produttiva. Era firmato dai cittadini e da deputati di tutti i diversi gruppi politici. Allora, purtroppo, la chiusura c'è stata per la parte produttiva e, oggi, ritorniamo sempre sull'argomento del gruppo Riello, perché è il turno dell'unità produttiva di Morbegno, con 178 unità a rischio di esubero in un distretto industriale che, come viene sottolineato nell'interpellanza, è di 1.200 unità produttive, con oltre 500 lavoratori a rischio. Dunque, questa è la dimensione.
Ci tengo a ricordare e a fare presente al sottosegretario che, proprio in questo momento, oggi pomeriggio, i lavoratori della ditta di Sondrio e di Lecco sono in sciopero contro questa «politica del carciofo» da parte dell'azienda, delle delocalizzazioni e, soprattutto, per chiedere rispetto alla luce dei risultati economici assolutamente sostenibili, com'è stato riconosciuto dalla stessa azienda nell'ultimo premio di risultato. La Riello Spa, come è ben rappresentato appunto nell'interpellanza, ha la sede principale a Legnago; è divenuta negli anni una leader del settore ed ha acquistato un'altra fabbrica negli anni Novanta, una fabbrica di Lecco, la Beretta caldaie, altra leader nell'ambito europeo, proprio sulla produzione delle caldaie. Nel 1992 nasce questa realtà produttiva a Morbegno, in provincia di Sondrio, dove si sono utilizzate risorse pubbliche della legge Valtellina per i lavoratori perché c'era stata un'altra crisi di lavoratori in mobilità. Hanno avuto da parte delle istituzioni, a prezzi veramente calmierati, i più importanti appezzamenti per poter far crescere la fabbrica.
Credo che questo non si possa assolutamente dimenticare. Il mercato è in crescita. Il mercato di questa realtà non è assolutamente in crisi, è in crescita ed occupa solo un 30 per cento del mercato italiano. Nel 2000 erano impiegati oltre 321 lavoratrici e lavoratori, oggi sono diminuiti. C'è stata inoltre l'apertura di uno stabilimento in Polonia, poi in Iran. Oggi i lavoratori sono 242, di cui 57 donne. Quando si chiuse lo stabilimento di Lecco 35 di quei lavoratori iniziarono a fare i pendolari da Lecco alla Valtellina e anche loro in questo gruppo sono considerati esuberi.
La Riello di Morbegno - sottolineo - è nata proprio grazie a quegli incentivi e ha avuto tutti questi benefici di legge e ora va ricordato che, in quel territorio, è la principale azienda metalmeccanica, in una zona nella quale il tasso industriale è tra i più bassi della Lombardia e per il territorio che lo ospita. Ad esempio, per assurdo, è come la FIAT di Torino: in quel contesto è assolutamente paragonabile alla FIAT. L'azienda nel 2012 ha previsto la produzione di caldaie in Polonia e ha annunciato che l'Iran, uno dei maggiori Paesi clienti, comincerà a produrre direttamente gli scambiatori di calore, facendo così venir meno una mission che era prevista per lo stabilimento di Morbegno. In tale contesto, segnato proprio da questa grave congiuntura, questa situazione per le istituzioni locali non è assolutamente accettabile. Ecco perché riteniamo che la richiesta principale contenuta nell'interpellanza, di convocare con massima urgenza un tavolo di confronto tra l'azienda Pag. 55Riello, le organizzazioni sindacali, le istituzioni locali sul futuro della Riello in Italia, sia legittima e sacrosanta.
Chiediamo al Governo di adoperarsi subito fattivamente per favorire il rilancio concreto dell'economia italiana, attraverso un rilancio industriale, ma anche mediante l'introduzione di tecnologie di valore aggiunto legato alla green economy, sfruttando le opportunità fornite a tal riguardo dal cosiddetto decreto sviluppo. Sì, perché questa recessione è pesantissima e sta producendo un'impressionante, crescente sequela di chiusure produttive, ristrutturazioni, ridimensionamenti, riorganizzazioni, licenziamenti che continuano a susseguirsi. Oltre ai casi più noti, sono decine e decine, se non centinaia, i tavoli tecnici presso il Ministero dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti per la gestione di crisi aziendali. Possiamo ricordare - ma è inutile elencarli, perché il sottosegretario ne sarà a conoscenza - dalla Fincantieri alla FIAT fino a Termini Imerese. Parlare non di Riello-Morbegno, ma del gruppo Riello in quanto tale, significa parlare anche di una storia, di una contraddizione insita, perché non è possibile che non si riescano a chiarire anche le innumerevoli contraddizioni che vedono protagonista proprio questa azienda. Infatti la divisione caldaie murali è quella con il miglior margine, ma viene chiusa. La ditta Riello nel settembre 2011 entra nel gruppo di lavoro made in Italy, promosso dal Ministero dello sviluppo economico, per accrescere la competitività delle imprese italiane e nemmeno un anno dopo è pronta a delocalizzare in Cina, in Iran e in Polonia.
Non sono stati presentati dati di bilancio, studi che attestino l'effettiva crisi dello stabilimento, mentre è più che probabile che le motivazioni siano legate ad esplicite intenzioni di ridurre il costo del lavoro e massimizzare i profitti, dopo però aver goduto di incentivi dallo Stato italiano. L'azienda, peraltro, indica tra i suoi valori - ci tengo a sottolinearlo perché su questo bisogna riflettere e sarà necessario discuterne nelle sedi preposte - la tutela delle persone, l'attenzione al cliente, l'eccellenza all'innovazione, la tutela dell'ambiente, l'appartenenza e l'identità di gruppo, la fiducia e l'integrità. Alla luce dei fatti che oggi stiamo esponendo, si tratta di belle parole, ma senza alcuna sostanza declinata nella realtà. I lavoratori della Riello e i loro rappresentanti chiedono alle istituzioni e alla politica un impegno concreto, perché l'azienda onori gli impegni assunti con il territorio e siano salvaguardati non soltanto i posti di lavoro, ma il futuro di tante e tante famiglie.
Mi auguro che il Governo sappia ascoltare ed accogliere queste legittime richieste, per il futuro di questi lavoratori, ma per il futuro del territorio del nostro Paese.
Aggiungo inoltre che, a fronte di molti miliardi di euro l'anno dei finanziamenti nostri, della collettività, alle imprese, non si conoscono i beneficiari e nemmeno, come in questo caso - e nel caso si conoscono in parte - si chiede ad una programmazione seria un rispetto appunto delle regole ed un ritorno. Oggi i dati sono preoccupanti: meno 2,4 del nostro PIL nel 2012. E non ultimo - ma lo ritengo importante, signor sottosegretario - è necessario, perché credo che la contraddizione più grossa sia che Riello - e lo chiediamo l'interpellanza - faccia parte di un gruppo, di una commissione del Ministero gruppo di lavoro made in Italy. E noi non vorremmo che dopo questo elenco importante sul sito del gruppo - che parte dal 1922 fino agli anni Sessanta dell'industrializzazione massima, all'ingresso nel mercato del riscaldamento negli anni Settanta e Ottanta fino ai Novanta, dove ci sono le entrate dei fondi nel gruppo, cioè fino al 2004 e al 2011, dove si parla di delocalizzazione - si aggiungesse l'anno 2012 come l'anno della chiusura di un'altra realtà in questo gruppo. No, questo non possiamo permettercelo, proprio perché il Paese deve rispondere finalmente ad una politica e deve mettere in campo una politica industriale, affinché si ponga fine a queste delocalizzazioni senza assolutamente motivo, se non per fare più guadagni Pag. 56alle spalle del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Crosio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01568 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

JONNY CROSIO. Signor Presidente, la nostra interpellanza è scritta sulla falsariga e ricalca puntualmente quanto esposto dalla collega Codurelli, del PD. Questo lo dico per sottolineare, qualora ve ne fosse la necessità, quanto a cuore sta ai valtellinesi, ai cittadini del mandamento di Morbegno, questa situazione, che è scoppiata da qualche settimana e che sta veramente mettendo in crisi la provincia di Sondrio, la Valtellina e in modo particolare il mandamento di Morbegno. È un mandamento del quale io mi pregio di essere figlio: sono della costiera dei Ceck, proprio del morbegnese e devo dire che in questa terra ai confini dell'impero - è una battuta, ma è la verità - vedere oggi questa azienda, una delle più importanti, mettere alla porta tutti questi nostri cittadini ci preoccupa molto.
Parliamo della Riello Spa, come è stato poc'anzi sottolineato, che nel nostro Paese e in Europa è leader nella produzione di bruciatori. È un'azienda che apparentemente, signor Presidente, sembra godere di buona e discreta salute. Noi parliamo dell'insediamento produttivo di Morbegno, dove sono occupati attualmente 242 dipendenti, 242 concittadini, un insediamento che produce circa il 30 per cento del mercato del Paese. Non solo, ma come dicevo poc'anzi, per la Valtellina e per la provincia di Sondrio questa azienda rappresenta la principale azienda metalmeccanica di una terra in cui il tasso industriale è uno dei più bassi dell'intera regione Lombardia.
Ma veniamo a questi signori della Riello, che come ricordava bene la collega Codurelli hanno potuto usufruire di importanti incentivi derivanti dalla legge n. 102 del 1990, la cosiddetta legge Valtellina.
È una legge alla quale porto profondo rispetto, non solo in qualità di figlio di questa terra e parlamentare della Repubblica, ma anche perché è una di quelle leggi del nostro Paese costruite su misura, a seguito di una tragedia. La legge Valtellina - è sempre bene ricordarlo - ha una sua storia, che, paradossalmente, nasce in maniera molto forte in un editoriale di Indro Montanelli, di lunedì 21 luglio 1987, il quale scrisse, con la sua verve sempre molto graffiante, che, a costo di fare uno sgarro alla Costituzione, era bene che il Governo, in quel momento, si svegliasse; e, come ebbe modo di fare a suo tempo per i friulani, era bene dare immediatamente i soldi ai valtellinesi, perché anche loro offrivano la garanzia di non rubarli.
E così fu, signor Presidente, perché la legge Valtellina, la n. 102 del 1990, è una delle poche leggi, in questo Paese, costruita su una tragedia, in cui le opere sono state programmate, sono state progettate, sono state deliberate, sono state eseguite e sono state collaudate. E per il momento - dovremmo aver chiuso anche l'ultimo capitolo della legge Valtellina, che è stato un grande lavoro -, nessuno è finito in galera, pur avendo movimentato più di 1.800 miliardi del vecchio conio. Pertanto, il rispetto è per l'origine, ma è anche per come è stata trattata in questo Paese, in cui non siamo sempre abituati a lavorare così. Eppure, c'è gente che ha usufruito di questi incentivi, che è venuta nella nostra terra e ha fatto anche del bene; ma ci arriveremo.
Tra l'altro, è una terra in cui le istituzioni locali si sono messe a disposizione e, in modo particolare per l'azienda Riello Spa, il comune di Morbegno - credo che sia il comune di Morbegno o di Talamona - ha messo a disposizione uno dei migliori terreni industriali che c'era, con prezzi - come ricordava bene la collega Codurelli - particolarmente calmierati, eliminando giustamente anche l'eventuale concorrenza.
Oggi, senza guardare in faccia nessuno, come succede regolarmente, approfittando - perché si tratta di approfittare in questo caso, dal nostro punto di vista - della Pag. 57situazione della crisi, si va a delocalizzare per espandersi - non per ripararsi, ma per espandersi - in Paesi più appetibili. In questo caso, saranno la Cina e l'Iran: la Cina per la produzione e l'Iran per la produzione degli scambiatori di calore. L'Iran è uno dei maggiori mercati in questo momento per l'azienda Riello e potrebbe, paradossalmente, essere anche giusto, tuttavia, i lavoratori mi dicono che gli scambiatori di calore fatti in parte in Iran e in parte in Polonia, ritornano regolarmente a Morbegno per essere risistemati. Questo la dice lunga anche sulla qualità della manodopera, ma non spetta a me fare il piano industriale della Riello, per cui il problema sarà loro.
Tuttavia, il problema che ci interessa è che per la Valtellina, per la provincia di Sondrio questa decisione è una decisione devastante, ed è particolarmente devastante per due motivi molto semplici. Come dicevo poc'anzi, la Valtellina resta, comunque, una terra, in Lombardia, con il tasso industriale tra i più bassi. La stessa disposizione geografica della provincia di Sondrio non è particolarmente felice per fare business, qualsiasi esso sia, che sia questa produzione o che sia anche per il turismo. Noi abbiamo ancora strade, signor Presidente, costruite dagli austriaci, la maggior parte: funzionano bene, ma sono un po' datate.
La storia che ripetiamo spesso è che i nostri frontalieri che vanno in Svizzera - faccio un inciso - viaggiano su queste strade che sono particolarmente datate; noi abbiamo la sfortuna in questo Paese che le strade ce le deve fare ANAS; non ce le fa, o se le fa, le fa male. Sto combattendo, e lo voglio dire, ancora oggi, in Parlamento, per una galleria che stanno facendo per recarsi in Svizzera, per i nostri frontalieri, e la stanno facendo da ventidue anni signor Presidente; da ventidue anni stanno lavorando alla dogana di Gandria, 3.700 metri, 3,7 chilometri, e non è ancora terminata; se fa un rapido calcolo sono circa 3,6 centimetri al giorno; se l'appalto, invece di darlo in gestione ad ANAS l'avessimo dato in gestione ai sette nani probabilmente l'avremmo già finita; è una battuta, però questa è la verità. È una terra che è particolarmente penalizzata anche nelle infrastrutture per cui si somma il tutto e si creano queste difficoltà. È una provincia ai confini dell'impero, una delle uniche tre province interamente montane del Paese e qualcuno, in maniera maldestra, e voglio in questo momento sensibilizzare anche i colleghi del PD, vorrebbe addirittura cancellarla, togliere la provincia di Sondrio, togliere le province e in modo particolare anche quelle che hanno ragione di essere, di esistere. La provincia ha una superficie territoriale pari a quella della Valle d'Aosta, da un punto all'altro della valle sono più di 200 chilometri, funziona, con pochi dipendenti ma funziona molto bene, e qualcuno vorrebbe addirittura cancellarla.
Concludendo, voglio fare una riflessione: non sarà eticamente elegante la verità che una azienda come la Riello se ne voglia andare per andare ad affrontare nuove esperienze in altri Paesi; noi non lo condividiamo e non lo condividiamo in modo particolare per quello che prima ho sottolineato. Infatti questa gente ha usufruito di importanti incentivi da parte dello Stato e allora facciamo una proposta; la Lega fa una proposta: se ne possono andare, perché questo è il mercato, questa è l'evoluzione contemporanea del mercato, però chiediamo che le istituzioni creino le condizioni affinché questa gente, la Riello Spa, restituisca al territorio quanto ha ricevuto. Gli incentivi che questi hanno preso grazie alla «legge Valtellina», la legge n. 102 del 1990, devono essere restituiti, altrimenti non siamo d'accordo. E si ricordino una cosa: se qualcuno, domani, chiederà di avere i soldi e se non li avrà chiederà di sequestrare i macchinari, io non mi stupirei. Chiederò al presidente della provincia che il 5 luglio farà il tavolo istituzionale, di proporre questo; siamo stufi, signor Presidente, che queste aziende vengano, si arricchiscano, lavorino, e in questo momento, col pretesto della crisi internazionale, pur essendo una ditta sana, con dipendenti seri, qualificati e Pag. 58selezionati che produce bene, se ne voglia andare? Non siamo d'accordo; ci ridiano i soldi della legge Valtellina.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la situazione segnalata dagli interpellanti, l'onorevole Codurelli, l'onorevole Crosio e gli altri firmatari delle due interpellanze urgenti, è sicuramente una situazione che andrà seguita con grande attenzione. Al momento non è attivo presso il Ministero un tavolo di confronto sulla società Riello Spa anche se sappiamo che la problematica è all'attenzione dell'Unione industriali della provincia di Sondrio e abbiamo avuto i primi contratti con l'Unione.
La Riello Spa, come gli interpellanti segnalano, ha comunicato di cessare la produzione delle caldaie murarie presso il sito di Morbegno il che crea i problemi occupazionali che gli interpellanti hanno posto in evidenza.
Quindi, la prima risposta che il Ministero è tenuto a dare riguardo alla domanda contenuta in ambedue le interpellanze: se non sia il caso di attivare con urgenza un tavolo di confronto tra l'azienda Riello, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali.
Noi pensiamo sicuramente di sì, e siamo anche disposti, come Ministero dello sviluppo economico, ad attivarci per convocare questo tavolo, se questa sarà la richiesta che ci viene dalle organizzazioni sindacali, dalle istituzioni locali e così via, e in ogni caso a seguire con attenzione la questione e a sollecitare le istituzioni locali ad attivare il tavolo. Ma, ripeto, siamo assolutamente convinti che questo tavolo vada attivato, che la situazione vada tenuta sotto controllo e, se le istituzioni locali lo riterranno opportuno, siamo favorevoli ad attivare al Ministero stesso un tavolo su questa problematica.
Quest'ultima, infatti, come hanno messo in evidenza gli interpellanti, di cui noi condividiamo lo spirito delle analisi e delle richieste che vengono presentate, si inserisce in una situazione difficile per la Valtellina, ma in una situazione anche difficile più in generale per il nostro Paese. Quindi, questa è un'altra crisi aziendale che si aggiunge a quelle che stiamo affrontando in una situazione complessiva di difficoltà economica dell'intera area europea, su cui non vi è bisogno che io mi dilunghi, ma che certamente rende anche più difficile affrontare le singole situazioni. Su questo, comunque, l'impegno del ministero - lo ripeto - è assoluto e, quindi, siamo pronti a lavorare insieme con le istituzione locali e ad attivare un tavolo e così via.
Altre due questioni vengono poste in una delle due interpellanze. La prima chiede se il Governo non intenda adoperarsi per favorire un rilancio concreto dell'economia italiana attraverso un piano industriale per l'innovazione, anche mediante l'introduzione di tecnologie di valore aggiunto legate alla green economy, sfruttando le opportunità fornite a tale riguardo dal cosiddetto decreto sviluppo. Senz'altro gli interpellanti stanno ponendo un'esigenza che il Governo sente moltissimo. Non a caso, come ricorda l'interpellanza stessa, il cosiddetto decreto sviluppo, il n. 83 del 22 giugno scorso, prevede disposizioni finalizzate allo sviluppo e all'incentivazione delle tecnologie dell'economia verde. In particolare, all'articolo 34 del decreto si parla di biocarburanti, ma poi, all'articolo 57, si parla di specifiche misure per l'occupazione giovanile nella green economy a valere sul fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto. Posso - come già in parte gli interpellanti già sanno, se hanno già avuto modo di studiare il testo del decreto-legge - comunque richiamare come il fondo concederà finanziamenti a tasso agevolato a soggetti privati che operano nei seguenti settori: protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; ricerca, sviluppo e produzione di biocarburanti di seconda e terza generazione; ricerca, sviluppo, produzione e installazione Pag. 59di tecnologie nel solare termico, solare a concentrazione, solare termodinamico, solare fotovoltaico, biomasse, biogas e geotermia, incremento dell'efficienza negli usi finali delle energie nei settori civile e terziario, compresi gli interventi di social housing. Noi pensiamo che questo tipo di attività possa avere un effetto di ricaduta complessiva sulla filiera produttiva nazionale e, quindi, possa contribuire - naturalmente non da solo - a quel rilancio delle possibilità di crescita dell'economia italiana cui gli interpellanti si richiamano. Infine, la terza questione posta in una delle due interpellanze chiede di chiarire lo spirito del comunicato del Ministero dello sviluppo economico del 30 settembre 2011, che annuncia l'entrata di Ettore Riello nel gruppo di lavoro made in Italy.
Vorrei segnalare che stiamo parlando di un comunicato che concerneva la partecipazione a una riunione presso il Ministero cui erano stati invitati alcuni tra i più rappresentativi imprenditori italiani al fine di recepire proposte, analisi e suggerimenti a difesa di un aspetto fondamentale della produzione industriale nazionale, quale appunto è quella del made in Italy. Noi pensiamo che gli inviti fatti a quella riunione corrispondessero a quanto era necessario, anche perché stiamo parlando di imprenditori che rivestivano cariche di rappresentanza in associazioni di categoria o altri organismi di valenza trasversale, per esempio fiere.
Quindi gli inviti, compreso quello a Ettore Riello, riguardavano imprenditori che ricoprivano cariche di rappresentanza e credo che questo fosse il modo corretto di procedere nella definizione degli inviti a questa riunione, proprio al fine di avvalersi di esperienze maturate in qualità di operatori nei settori più diversi. Nulla si toglie con ciò al fatto che oggi ci troviamo di fronte alla crisi richiamata dalle interpellanze sullo stabilimento di Morbegno e che su questo dovremo sicuramente attivarci nel senso che ho già chiarito in precedenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Gianni Farina ha facoltà di replicare per l'interpellanza Codurelli n. 2-01567, di cui è cofirmatario.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, salutiamo con favore l'impegno espresso dal sottosegretario oggi in questa sede che riteniamo naturalmente vincolante e positivo per il futuro. Voglio però accennare un breve excursus storico della Valtellina, esprimendo immediatamente la nostra solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici in sciopero oggi, a cui rivolgiamo un saluto commosso. Ci sentiamo vicini alle loro famiglie.
Molti ci hanno scritto in questi giorni, esprimendo amarezza e preoccupazione per la ventilata - perché poi non si sa mai dove si inizia e dove poi finisce la storia - chiusura di questa impresa che era, ed è tuttora, l'orgoglio della nostra valle, perché è un'impresa di eccellenza e non sono assolutamente giustificabili i trasferimenti e le chiusure.
Quella valle, signor sottosegretario, nel momento in cui esprimo il mio apprezzamento alla collega Lucia Codurelli e a Crosio per la loro lucida, precisa e persino commossa esposizione dei fatti, è stata da sempre povera e splendida nello stesso tempo. La illustravano bene - l'ho già detto in quest'Aula - tre grandi politici e sindacalisti della nostra valle: Ezio Vanoni (l'indimenticabile Ezio Vanoni), un sindacalista e militante politico della sinistra Giulio Chiarelli e, più recentemente, è stato sottosegretario in importanti Governi del nostro Paese Libero Della Briotta, così vicino alla nostra valle.
Li ricordo anche con commozione. Solo uno era del mio partito di allora, ma erano tutti come miei fratelli, oltre che grandi statisti e grandi uomini politici: tre eminenti valtellinesi. Credo che abbiano lavorato tutti e tre per liberare la valle dalla povertà e dalla secolare arretratezza.
Vede, nel dopoguerra, questa valle - è già stato detto da Lucia e da Crosio - è il disastro della viabilità, io avevo scritto «viabilità provinciale», poi Crosio ha usato una bellissima espressione di altri Pag. 60tempi, riferita agli austriaci: «i collegamenti feudali con il capoluogo, Milano». Vi è stato lo sfruttamento insensato di quella che forse è l'unica grande ricchezza della valle, come illustrò in un bellissimo libro il grande e compianto Sorgini in Acque misteriose. Dico questo perché non vorrei che, di fronte al dramma attuale, si pensasse a nuovi finanziamenti da andare a catturare lassù tra quelle montagne, perché lo sfruttamento delle acque di quella valle è stato intensivo ed insensato da parte delle aziende elettriche. Vi è stato un grande sfruttamento della nostra risorsa acqua. Detta risorsa costituisce un elemento fondamentale del paesaggio ed ha sempre contribuito in maniera caratteristica alla fruizione turistica del nostro territorio.
La produzione di energia elettrica nella valle rappresenta il 46 per cento del totale prodotto nella regione Lombardia e circa il 12 per cento italiano. La captazione del restante 10 per cento, come qualche voce vorrebbe far comprendere, delle acque disponibili, rappresenterebbe solamente uno 0,04 per cento dell'energia prodotta in Lombardia e sarebbe di nessuna rilevanza.
Non vorrei che, alla luce di questo dramma, si pensasse a nuove captazioni e a nuovi sfruttamenti che sarebbero, per quanto mi riguarda, insensati, come ha detto a suo tempo il comitato Iaps a difesa delle acque della valle. Voglio, con questo, dire che questa nostra valle ha bisogno di una solidarietà non pelosa, ma che parta dalle potenzialità della Valtellina, che sono grandi e che sono state bene illustrate nelle interpellanze sottoscritte da tutti i gruppi parlamentari: dal Partito Democratico, dalla Lega, dal Popolo della Libertà, da Futuro e Libertà per l'Italia, dall'Italia dei Valori, e a cui non voglio assolutamente aggiungere nulla, se non la mia preoccupazione, a cui ho già accennato, che non si pensi a nuove avventure per catturare alcuni fondi e per risolvere probabilmente quello che si pensa provvisoriamente un dramma che ci sta di fronte.
Vede, la nostra valle aveva qualche ricchezza: quella a cui ha accennato. Poi, nel settore manifatturiero, il cotonificio Fossati dava lavoro praticamente a tutta la valle della provincia di Sondrio. E poi il frontalierato: ci sono migliaia e migliaia di nostri lavoratori che vanno in Svizzera ogni giorno e che oggi si trovano di fronte a tantissime difficoltà anche perché il rapporto con la Confederazione elvetica è in fase di discussione e pone a noi domande ed interrogativi inquietanti.
Facciamo quindi di tutto - anche attraverso il decreto sviluppo - per avviare una riflessione e quindi per istituire immediatamente quel tavolo di confronto istituzionale tra le istituzioni: la provincia, i comuni, la regione ed il Ministero, per risolvere in positivo un'azione che ci sembra assolutamente impellente e necessaria.
Io mi auguro, caro sottosegretario, che questo tavolo possa lavorare al più presto possibile, risolvere in positivo ed accogliere le aspettative della nostra gente.

PRESIDENTE. L'onorevole Crosio ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01568.

JONNY CROSIO. Signor Presidente, devo dire, sottosegretario De Vincenti, che non mi ha convinto neanche un po' e le dico il perché.
In primo luogo, le hanno dato delle informazioni sbagliate. Il tavolo a livello locale è già stato costituito in capo alla presidenza della provincia con le organizzazioni sindacali, i vertici dell'azienda e i rappresentanti dei lavoratori, ed è già operativo. Era operativo il giorno dopo: venerdì hanno dato l'informativa e sabato era già operativo. Lei ci rimanda al decreto-legge sviluppo. Qui voglio dare purtroppo una brutta notizia al collega Gianni Farina, che si illude ancora una volta che questo Governo possa fare qualcosa per la nostra valle, mentre ha fatto esattamente il contrario di quello che lei chiedeva. Il sottosegretario ci invita a studiare il decreto-legge. Io in parte ho già cercato di studiarlo almeno per quello che mi interessa. L'articolo 37 ci porta via i soldi che derivano dalle grandi concessioni idroelettriche che gestiva la regione Lombardia, che vengono portati in capo allo Stato. Pag. 61Stiamo facendo una battaglia su una terra che produce dai 750 ai 950 milioni di euro l'anno sull'idroelettrico, pari al 14 per cento della produzione nazionale e al 48 per cento della produzione lombarda, che ci stanno portando via. Le dico, caro sottosegretario, che faremo le barricate su questa cosa. Le stiamo già organizzando. È impensabile venire ad illudere noi e la nostra gente, dicendo che il decreto-legge sviluppo farà. No, per la Valtellina non farete niente. Scusi l'arroganza, ma così è. Io sarò magari un po' troppo partigiano per la mia valle, però le voglio dire che togliere 178 posti di lavoro per noi vuol dire entrare nel nulla dopo. Il dopo è il nulla se vengono tolti 178 posti di lavoro a Morbegno. Non siamo l'hinterland milanese, con tutto il rispetto. Non c'è più nulla. Qui bisogna fare qualcosa, perché non c'è più nulla. I rapporti con la Svizzera sono buoni - mi rivolgo al collega Gianni Farina -, li stiamo consolidando da sempre e sono buoni per fortuna, ma più di tanto non si può fare. Non possiamo mandarli tutti lì. Ribadisco l'invito alla politica a scendere in campo per chiedere a questa gente, se vuole delocalizzare, di restituire i soldi che hanno preso dalla legge Valtellina, che almeno serviranno come ammortizzatori sociali, altrimenti andremo alla fabbrica di Morbegno e sequestreremo i macchinari. Questa è una provocazione e adesso si arrangerà il presidente della provincia a gestirla. Signor sottosegretario, la nostra richiesta è questa e penso che sia accoglibile. Noi chiediamo al Governo che con la massima urgenza venga istituito un tavolo di crisi nazionale presso il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, cui parteciperanno i vertici dell'azienda Riello Spa, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali, che già sono operative, come le ricordavo poc'anzi. Dobbiamo trovare una soluzione che impedisca la perdita di 178 posti di lavoro in modo da poter garantire la prosecuzione dell'attività alla più importante realtà produttiva della metalmeccanica della Valtellina. Questa è la nostra richiesta: fate qualcosa, fatelo in fretta e subito.

(Iniziative in relazione alla situazione dei dipendenti civili italiani impiegati nella base militare statunitense di Camp Darby (Pisa) - n. 2-01560)

PRESIDENTE. L'onorevole Gatti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01560, concernente iniziative in relazione alla situazione dei dipendenti civili italiani impiegati nella base militare statunitense di Camp Darby (Pisa) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, il 15 febbraio io e l'onorevole Fontanelli avevamo presentato un'interrogazione in Commissione difesa insieme all'onorevole Rugghia, per porre il problema relativo ai sessantasette dipendenti della base militare statunitense di Camp Darby.
Ora siamo arrivati a giugno e i processi si sono evoluti in un modo non positivo per questi lavoratori. Cosa era successo, e perché avevamo presentato la prima interrogazione, a cui non è stata data risposta? Il comando europeo della US Army, durante un incontro tenutosi a Roma il 12 gennaio, aveva annunziato la ridefinizione dell'organico delle basi dell'esercito dislocate in Italia con riferimento alla caserma di Vicenza e alla base di Camp Darby a Pisa.
Era stato annunziato anche che la base avrebbe subito un declassamento: non sarebbe più stata un comando autonomo, ma sarebbe diventata una sorta di guarnigione satellite della base di Vicenza. Le ipotesi che erano state prospettate per i 67 lavoratori civili impiegati nella base di Pisa, erano: un tentativo di ricollocazione interna, un eventuale trasferimento alla base di Vicenza, oppure il licenziamento (venendo dichiarati esuberi).
Arriviamo ad ora, signor sottosegretario. Noi abbiamo qui le lettere di licenziamento che sono state mandate, e che Pag. 62riguardano un certo numero di lavoratori. Ormai i lavoratori interessati sono diventati 55, perché 12 sono stati ricollocati. A questi lavoratori si dice che la lettera vale da preavviso e che il 30 settembre, che segna la fine dell'anno fiscale negli Stati Uniti, essi avranno il loro rapporto di lavoro risolto con tutte le relative pendenze.
I lavoratori e, soprattutto, i sindacati, si erano rivolti anche alle strutture territoriali e alle istituzioni locali, per sottolineare un fatto. Essi avevano ricevuto delle assicurazioni, e le stesse istituzioni locali avevano ricevuto una lettera in tal senso dall'ambasciatore Thorne, che si prendeva l'impegno di coinvolgere le associazioni sindacali, da una parte, e le istituzioni locali, dall'altra, in questo processo, tra l'altro applicando una legge, la n. 223 del 1991, che è la legge italiana che presiede ai licenziamenti collettivi, proprio perché questo personale, nonostante operi in una base militare statunitense in Italia, ha tutte le caratteristiche del personale civile, poiché svolge funzioni assolutamente comuni e non di tipo militare, e quindi ricade nella parte di personale che è soggetta alla legislazione italiana.
Questo passaggio non è stato osservato inizialmente, anche se so che martedì scorso vi è stata, finalmente, una riunione al tavolo regionale tra l'assessore Simoncini e l'assessore al lavoro della provincia di Pisa, Anna Romei, a cui hanno partecipato le tre confederazioni sindacali e che ha affrontato alcuni di questi problemi.
Il punto è che questi lavoratori, per la specialità del loro contratto, non hanno diritto agli ammortizzatori sociali che abbiamo in Italia. Hanno diritto, eventualmente, solo alla mobilità in deroga. Noi pensiamo che il Governo debba intervenire per seguire questo processo. Si tratta, a questo punto, di 55 persone, con le famiglie che vivono a Pisa, e un'ipotesi di trasferimento a Vicenza significa spostarsi di 300 chilometri, significa dover cambiare la scuola a bambini che frequentano regolari corsi di studio a Pisa, significa dovere, per esempio, pensare a spostare anche il coniuge, che, magari, ha un lavoro stabile proprio in quel territorio.
Insomma, significa trasferirsi, e non è per niente semplice. Quindi, chiediamo di intervenire in questa situazione, di favorire l'incontro tra le parti, e di trovare anche soluzioni alternative, perché il territorio pisano è attraversato, in questo momento, dalla crisi occupazionale che è presente in tutto il nostro Paese, e anche 55 posti di lavoro sono preziosi.
Quindi, la richiesta è di riuscire a trovare forme di incentivazione, eventualmente per il trasferimento, e alternative per questi cinquantacinque lavoratori, magari anche rifinanziando la legge n. 98 del 1971, adoperata per Sigonella e per le altre basi NATO, che prevedeva la possibilità di trasferire personale civile all'amministrazione italiana.
Abbiamo formulato queste richieste sperando che il Governo possa intervenire.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Filippo Milone, ha facoltà di rispondere.

FILIPPO MILONE, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, per quanto concerne la problematica dei dipendenti civili italiani impiegati nella base militare statunitense di Camp Darby, a Pisa, si rappresenta che il personale in servizio in detta base è assunto direttamente dal Comando degli Stati Uniti d'America in Italia. Il Ministero della difesa è, pertanto, del tutto estraneo a tale rapporto di lavoro.
Nondimeno, la Difesa si è occupata in passato della questione riguardante le riduzioni del predetto personale italiano al fine di attenuarne il più possibile le ricadute sociali.
Ciò posto, con specifico riferimento alla situazione di Camp Darby, si partecipa che il Governo americano ha manifestato l'intendimento di procedere, per motivi di bilancio, ad una riduzione di personale presso la base, che riguarderà anche personale italiano, i cui nominativi verranno individuati sentite le organizzazioni sindacali. Pag. 63
Al riguardo, si specifica che il Dicastero ha rappresentato la problematica della base di Camp Darby al Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Dipartimento per la funzione pubblica, ai fini degli eventuali adempimenti volti alla riattualizzazione dei benefici previsti dalla legge n. 98 del 1971.
Successivamente, il Dicastero ha altresì interessato il medesimo Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione chiedendo di valutare l'opportunità di un intervento in via legislativa per prorogare i termini, previsti da disposizioni legislative, entro cui i lavoratori devono essere licenziati per poter fruire dei predetti benefici - attualmente fermi al 31 dicembre 2011, come da decreto-legge n. 107 del 12 luglio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 130 del 2 agosto 2011, di proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia - sottolineando la probabile necessità di un rifinanziamento del Fondo per l'assunzione del personale licenziato.
Considerando quanto sopra esposto e riferendosi alle richieste formulate dagli interpellanti di porre in essere tutte le iniziative necessarie, si rappresenta, in conclusione, che il Dicastero, nei limiti delle competenze istituzionali, è stato parte attiva per cercare una positiva soluzione alla complessa vicenda del personale italiano impiegato presso le basi americane in Italia e che, è bene ripeterlo, non è personale dipendente della Difesa.

PRESIDENTE. L'onorevole Gatti ha facoltà di replicare.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, apprezzo molto le cose che mi ha detto e penso che si stia individuando una strada utile per trovare una soluzione anche per queste cinquantacinque persone non ancora collocate.
Vorrei però precisare una cosa rispetto alle comunicazioni che lei ha ricevuto. Il sindacato non è stato preventivamente coinvolto nella verifica della reale sussistenza delle cause che avrebbero prodotto gli esuberi del personale e, quindi, nemmeno nella individuazione dello stesso. Questa è una comunicazione che ho ricevuto direttamente dal sindacato quindi, molto probabilmente, vi è un disallineamento informativo.
Penso che le proposte che lei ha formulato siano di estremo interesse e traccino una strada per trovare una soluzione. Credo però che qui vi sia bisogno di un passaggio ulteriore, dove viene coinvolta direttamente la base americana e così via. Bisogna che i trasferimenti e i licenziamenti vengano prorogati, che vengano allungati i tempi perché in questo momento, ad oggi, le lettere di licenziamento parlano esplicitamente della deadline del 30 settembre.
Secondo me noi non riusciremo, anche con tutta la buona volontà - noi siamo disponibili a lavorare, e così via - ad essere pronti per il 30 settembre per utilizzare il percorso che lei ha tracciato, per riuscire a terminare in modo utile il percorso che lei ha tracciato.
Per cui la pregherei, nelle forme e nei modi che lei riterrà, di intervenire presso la dirigenza di Camp Darby - io mi impegnerò a fare lo stesso presso le istituzioni locali che hanno aperto il tavolo - affinché si punti allo spostamento della data per favorire la riallocazione del personale. La ringrazio molto.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 3 luglio 2012, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3284 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2012, Pag. 64n. 52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica (Approvato dal Senato) (C. 5273-A).
- Relatori: Bernini, per la I Commissione; Occhiuto, per la V Commissione.

2. - Discussione della mozione Dozzo, Donadi ed altri n. 1-01074 presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, prof.ssa Elsa Fornero (per la discussione sulle linee generali).

3. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
S. 3304 - Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 58, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla Risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Approvato dal Senato) (C. 5287).
Relatori: Tempestini, per la III Commissione; Cicu, per la IV Commissione.

La seduta termina alle 15,55.