Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 653 di mercoledì 20 giugno 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9,30.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 14 giugno 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Boniver, Brugger, Cirielli, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Dussin, Gregorio Fontana, Franceschini, Guzzanti, Jannone, Lamorte, Lucà, Moffa, Mura, Nucara, Palumbo, Paniz, Pisacane e Pisicchio sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sulla questione dei lavoratori cosiddetti «esodati».

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sulla questione dei lavoratori cosiddetti «esodati».
Avverto che, dopo l'intervento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, professoressa Elsa Fornero.

ELSA FORNERO, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero anzitutto esprimere un sincero ringraziamento per l'occasione che mi è offerta di fornire chiarimenti a quest'Aula e, attraverso essa, al Paese, su un tema che ha suscitato e suscita forte interesse e grande apprensione tra i lavoratori. Spero di riuscire finalmente a chiarire una situazione oggettivamente complessa, con elementi di incertezza già a partire dall'individuazione dei soggetti interessati, anzitutto in termini concettuali e conseguentemente in termini numerici (Deputati del gruppo Lega Nord Padania espongono verso le tribune un cartello recante la scritta: «Esodiamo Fornero»).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di togliere immediatamente quel cartellone. Prego i commessi di provvedere. (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente).

Pag. 2

ELSA FORNERO, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il linguaggio giornalistico ha usato indifferentemente i termini salvaguardati, esodati ed esodandi, collocati e collocandi in mobilità, e così via. Sono sempre stata dell'avviso che la definizione corretta debba essere quella di lavoratori che meritano, pur con costi per la collettività, di essere salvaguardati dagli effetti del recente inasprimento dei requisiti per il pensionamento, e lo meritano in quanto, rimasti privi di lavoro, avrebbero avuto, in un arco temporale ristretto, accesso alla pensione secondo le regole previgenti. Chiunque può vedere in questa definizione una commistione di elementi economici, giuridici, sociali ed anche etici che riduce la misurabilità oggettiva dell'aggregato.
Dividerò il mio intervento in tre parti, seguite da alcune riflessioni conclusive: una prima parte dedicata alla ricostruzione dei fatti; una seconda alla ricognizione dei numeri; una terza alle proposte di soluzioni. Spero che l'esposizione, che a tratti potrà apparire quasi una noiosa elencazione, sia atta a fornire adeguati elementi di conoscenza e di giudizio.
La riforma previdenziale del dicembre 2011 è stata approvata sotto l'incombere di una crisi finanziaria che ha indotto il Governo non soltanto a proporre misure severe, ma anche a farlo in tempi molto rapidi. Questa riforma aveva dichiaratamente un duplice scopo: non soltanto introdurre ineludibili misure di stabilizzazione finanziaria, ma anche dare il via a una grande operazione di ribilanciamento dei rapporti tra le generazioni, per troppo tempo squilibrati a sfavore dei giovani.
Per mitigare gli effetti della riforma ci si è proposti, fin da subito, di salvaguardare i precedenti requisiti pensionistici nei confronti di chi avesse conseguito i requisiti del previgente ordinamento entro il 31 dicembre 2011 e di chi, prossimo al pensionamento, avesse perso o lasciato il lavoro proprio per accedervi in un arco temporale ragionevole.
In questo secondo caso, proprio perché il diritto alla pensione non era ancora maturato, non si tratta però di garantire diritti acquisiti: si tratta, piuttosto, di tenere conto delle comprensibili aspettative dei lavoratori verso un prossimo pensionamento, operandone un contemperamento con le contrapposte esigenze di stabilizzazione finanziaria.
La finalità primaria della norma di salvaguardia è dunque quella di evitare che lavoratori ormai privi di lavoro perché prossimi al pensionamento si trovino senza alcuna copertura reddituale. Di qui la misura prevista dal decreto «salva Italia» e il conseguente accantonamento di risorse per consentire il pensionamento secondo le norme previgenti a un contingente stimato in 65.000 unità.
Lasciatemi ripercorrere brevemente la genesi del problema numerico. In sede di definizione della riforma, i lavoratori da salvaguardare rispetto ai nuovi e più stringenti requisiti furono stimati da INPS e Ragioneria generale in circa 50.000. Tale numero fu quindi aumentato a 65.000 per garantire un margine di flessibilità e si stanziarono le relative risorse. Poiché il decreto disponeva che i pensionamenti del 2012 avvenissero comunque sulla base delle vecchie regole, la legge stabilì nel 31 marzo il termine per la presentazione del relativo decreto interministeriale, così da consentire al Governo di approntare un provvedimento ragionato.
Successivamente, con l'approvazione del decreto «milleproroghe», il Parlamento ha aumentato il numero dei lavoratori da salvaguardare inserendo, sia pure con restrizioni, «accordi individuali» e «genitori di figli disabili» e stabilendo una clausola di salvaguardia - questa volta finanziaria - implicante l'aumento dell'aliquota contributiva nel caso di oneri eccedenti le risorse già appostate. Nello stesso tempo il termine per l'emanazione del decreto interministeriale fu spostato al 30 giugno 2012.
Per definire il decreto ho costituito un gruppo di lavoro con dirigenti del Ministero, dell'INPS e della Ragioneria generale. In tale sede sono emersi subito con chiarezza alcuni problemi. In particolare, è apparso molto rilevante il numero dei lavoratori ancora in attività o in cassa Pag. 3integrazione interessati da accordi collettivi stipulati a livello governativo, ma ancor più a livello territoriale, per la gestione di crisi aziendali attraverso la fruizione di ammortizzatori sociali: una platea, peraltro, ben difficile da quantificare in mancanza di un registro unico degli accordi sul territorio nazionale e dei necessari dati relativi ai requisiti anagrafici e contributivi dei lavoratori.
Come Ministro del lavoro e di concerto con il Ministro dell'economia, ho pertanto ritenuto prioritario dare risposta ai lavoratori in più immediata situazione di necessità e quindi preparare il decreto per la salvaguardia del contingente già uscito dal lavoro, secondo un naturale criterio di equità tendente a dare precedenza ai soggetti con maggiore rischio di trovarsi senza reddito e senza pensione.
Ciò non significa, tuttavia, avere trascurato il problema, pur meno urgente, dei lavoratori non inseriti nella salvaguardia del comma 14, come risulta sia da mie dichiarazioni in Commissione lavoro alla Camera e al Senato, sia dalla lettera che ho inviato alle organizzazioni sindacali il 20 aprile scorso.
La non imminenza del problema (che riguarda pensionamenti a partire dal 2014) e l'assenza di risorse finanziarie immediatamente reperibili in un bilancio pubblico già messo a dura prova da vincoli interni e internazionali hanno indotto a ritenere che si sarebbe potuto affrontare questo problema nei mesi successivi, peraltro non già con decreto interministeriale, bensì con uno specifico intervento normativo inteso ad estendere la salvaguardia anche a questi lavoratori.
Ho anche sempre ritenuto che la soluzione dovesse ispirarsi a criteri di equità, oltre che di sostenibilità finanziaria, non considerando che, nella diversità delle situazioni personali e di categoria, tutti siano egualmente meritevoli del medesimo livello di salvaguardia.
Termino questa parte con alcune considerazioni sulla questione dei circa 400 mila soggetti risultanti da una tabella elaborata dall'INPS (qui allegata e quindi agli atti), che ha impropriamente alimentato la polemica dei giorni scorsi: il dato di 400 mila è stato interpretato come il numero di lavoratori da salvaguardare, ciò che non è.
Anzitutto, respingo con forza ogni insinuazione che io abbia fornito informazioni non vere relativamente al numero di lavoratori interessati - questa non è mai stata una mia abitudine e non voglio certo infrangere questa mia regola in questa breve parentesi da Ministro tecnico - o che io abbia inteso sottrarre dati alla pubblica conoscenza e discussione. Rivendico, anzi, di avere assunto, coerentemente con la oggettiva complessità e con la scansione temporale del problema, un atteggiamento di chiarezza e trasparenza volto a risolvere subito i problemi più urgenti e a cercare soluzioni eque per quelli più lontani, nel rispetto di stringenti vincoli finanziari.
Ribadisco, altresì, quanto già affermato: la tabella è parziale e, ove non corredata da adeguate spiegazioni, fuorviante, così da prestarsi a facili strumentalizzazioni: è parziale perché essa non contiene tutti gli accordi di mobilità i cui effetti si perfezioneranno nei prossimi anni e sui quali il Governo sta per l'appunto facendo la ricognizione; ma è anche fuorviante perché essa individua un insieme eterogeneo di soggetti costituenti la base dati entro la quale è stato individuato il contingente effettivo dei 65 mila lavoratori salvaguardati con il primo decreto.
Il numero comprende, infatti, oltre 60 mila soggetti che già hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011 e, quindi, già fatti esplicitamente salvi dall'applicazione dei nuovi requisiti dalla stessa riforma previdenziale. A questi si aggiungono oltre 16 mila soggetti per i quali nulla cambia, data la stessa decorrenza tra il nuovo e il vecchio regime.
Vi sono poi soggetti che maturano i requisiti previgenti al di fuori del periodo di mobilità e la cui inclusione nella platea comporterebbe non solo una modifica della legislazione, ma una modifica dell'impostazione assunta negli schemi di deroghe degli ultimi quindici anni. Vi sono poi lavoratori collocati in mobilità anche Pag. 4dopo la data del 4 dicembre 2011, mentre la disposizione di legge si riferiva a soggetti cessati e collocati in mobilità entro la predetta data.
Infine, vi sono tutti i soggetti licenziati entro il 31 dicembre 2011, in seguito ad accordi individuali o collettivi, a prescindere dalla data di maturazione del diritto alla decorrenza, mentre il decreto «proroga termini» prevede espressamente che la deroga operi per chi matura la decorrenza del trattamento entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della nuova normativa. Infine, vi sono tutti i soggetti beneficiari della prosecuzione volontaria, senza alcuna selezione di prossimità al pensionamento.
Per quanto riguarda la ricognizione sui nuovi lavoratori da salvaguardare, stabilire con precisione quanti siano i lavoratori interessati da accordi di mobilità, ma che ancora non hanno risolto il contratto di lavoro, non è semplice, come, purtroppo inascoltata, ho cercato più volte di dire.
Alle difficoltà della stima numerica si aggiunge necessariamente la ricerca di criteri di equità e di sostenibilità finanziaria, come la vicinanza alla pensione e l'età anagrafica/contributiva del lavoratore. Nel novero vanno anzitutto inclusi i «collocandi in mobilità», ai sensi di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre (oppure entro il 31 dicembre, secondo un ordine del giorno approvato dal Parlamento), che avrebbero conseguito il trattamento pensionistico al termine del periodo di mobilità. Questi lavoratori possono essere attualmente in cassa integrazione, in preavviso, in sospensione o anche regolarmente al lavoro e matureranno i requisiti per la pensione fino al 2019.
Con riguardo a questa platea, va subito precisato che non è possibile, attraverso dati a disposizione del Ministero o dell'INPS, pervenire ad un'esatta quantificazione, né soprattutto alla scansione temporale delle uscite. Gli accordi, infatti, sono noti per i contingenti aggregati, ma non indicano le anagrafiche sottostanti e non distinguono tra soggetti che matureranno i requisiti pensionistici al termine della mobilità e gli altri. Inoltre, per molti di essi la mobilità è volontaria: pertanto, la fruizione potrebbe essere fortemente influenzata dal perimetro della nuova salvaguardia.
Con riferimento ai «lavoratori individuali», si potrebbe ampliare la platea inserendo in modo esplicito anche coloro che hanno ripreso a lavorare in modo saltuario e che maturano la decorrenza entro il 2014. Lo stesso ampliamento potrebbe riguardare i lavoratori cessati.
Questa nuova platea di lavoratori da salvaguardare sarebbe quantificabile, con il margine di errore che le stime necessariamente comportano, in circa 55.000 soggetti, come nel seguito specificato secondo la tabella che lascio agli atti e che è allegata al presente intervento. Vi sono 40.000 lavoratori in mobilità ordinaria, a seguito di accordi sindacali stipulati entro il 31 dicembre 2011 e con data di licenziamento successiva al 4 dicembre 2011. Di questi, potrebbero rientrare nello status di «salvaguardato» coloro che maturano i requisiti per la pensione entro la fine del periodo di mobilità, in coerenza con il precedente decreto.
Una verifica dei requisiti contributivi e anagrafici sugli archivi dell'INPS individua: 4.700 lavoratori già in mobilità ordinaria alla data del 14 giugno 2012 (ultima data disponibile) con recesso successivo al 4 dicembre, ma non oltre il 31 dicembre; 15.300 lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria fino a marzo 2012, che si ipotizza passeranno al trattamento di mobilità ordinaria della durata di tre o quattro anni; 20.000 lavoratori, che si prevede saranno posti in mobilità senza passaggio per la cassa integrazione straordinaria, stimati sulla base delle numerosità indicate nelle liste degli accordi governativi stipulati tra il 2008 e 2011. Vi sono poi 1.600 lavoratori del settore finanziario aventi diritto ad accedere a fondi di solidarietà; 7.400 prosecutori volontari e 6.000 lavoratori cessati entro il 31 dicembre 2011.
Vorrei far notar che, utilizzando come indicatori i dati dell'anagrafe della cassa integrazione straordinaria e stimando i beneficiari di alcuni accordi di mobilità, si Pag. 5intercettano in questo aggregato non soltanto accordi governativi, ma anche eventuali accordi regionali, territoriali o aziendali. Ovviamente, un dato più preciso riferito a questi ultimi richiederebbe un loro censimento presso le sedi che ne hanno visto la firma.
Per quanto riguarda le ipotesi di soluzione, esse dovranno tenere conto delle diverse platee descritte e delle loro rispettive peculiarità, e non necessariamente dovranno consistere per tutti in una nuova deroga alla disciplina pensionistica. Occorre, anzitutto, essere pienamente consapevoli dell'onere che il ripristino dei vecchi requisiti per l'accesso alla pensione di questa nuova platea di lavoratori comporta e della corrispondente sottrazione di risorse rispetto ad altri possibili impieghi, magari egualmente meritevoli di attenzione sotto il profilo sociale.
La strada, che era stata indicata nel decreto «milleproroghe», di finanziare l'intervento solo ricorrendo ad un aumento dell'aliquota contributiva a carico delle imprese, per esempio, determinerebbe un aumento del costo del lavoro, in Italia già strutturalmente troppo elevato, e quindi si porrebbe in contrasto con l'obiettivo di aumentare l'occupazione.
Il Governo si è già ripetutamente espresso manifestando l'intenzione di salvaguardare innanzitutto i lavoratori interessati da accordi collettivi, in specie sottoscritti con l'ausilio dello stesso Governo, dato che l'approdo alla pensione al termine della mobilità era considerato in tali sedi elemento essenziale per la conclusione dell'accordo. Per altre categorie la salvaguardia potrebbe riguardare coloro che maturano entro il 2014 il diritto alla pensione o che hanno superato una certa soglia di età (per esempio, i 62 anni).
Per quanto riguarda i lavoratori meno anziani, il mix delle soluzioni può muovere dall'estensione del trattamento di disoccupazione per chi non abbia lavoro a formule di sostegno all'impiego di queste persone, per esempio con incentivi contributivi e fiscali nella direzione indicata dallo stesso disegno di legge di riforma del mercato del lavoro. Non vanno esclusi la partecipazione su base volontaria a lavori di pubblica utilità, che possono essere gestiti dagli enti territoriali, utilizzando loro fondi, né, previo accordo con le parti sociali, l'uso di fondi interprofessionali.
Da ultimo, sempre nella valutazione del costo collettivo e dell'impatto sul trattamento previdenziale, si potrebbe considerare di ricorrere ad una norma per estendere il contributivo retroattivo anche per gli uomini - ricordo che tale norma è già in vigore per le donne - come opzione di scelta da demandare a lavoratore e azienda.
Si tratta di ipotesi di lavoro su cui il Governo vuole confrontarsi con il Parlamento e con le parti sociali. Confermo, pertanto, l'esigenza di un confronto serrato con i diversi interlocutori, a cominciare dalla Commissione lavoro di questa Camera, che ha già promosso iniziative condivise da tutti i gruppi della maggioranza, per individuare gli interventi più appropriati, ma anche per istituire una sede permanente di monitoraggio sui dati quantitativi e sulle situazioni di criticità che possano emergere, così da approntare misure tempestive che prevedano anche interventi di ordine finanziario modulati nel tempo.
Vorrei concludere con alcune considerazioni che vanno oltre la contingenza di cui ci stiamo occupando. La riforma delle pensioni prevede l'allungamento della vita lavorativa dei cittadini, coerentemente con la dinamica della speranza di vita e del miglioramento delle stesse condizioni di vita. La nuova cultura del lavoro deve liberarsi dall'idea che, superati i cinquant'anni, ci si avvii verso un declino progressivo delle capacità e dell'impegno, e che pertanto sia impossibile anche per un sessantenne trovare anche solo un lavoro part-time (Commenti della deputata Beccalossi).
Queste prospettive erano già presenti nelle mie considerazioni al varo della riforma delle pensioni, dei cui effetti sui rapporti di lavoro e sulla vita lavorativa degli italiani non ero certo ignara.
La stessa riforma prevede infatti che, entro la fine dell'anno, sia istituita una Pag. 6Commissione per valutare forme di gradualità nell'accesso al trattamento pensionistico. A questi strumenti e soluzioni intendo dedicare il massimo impegno nel corso dei prossimi mesi.
Lasciatemi infine evidenziare come da alcune parti si vorrebbe che la traduzione di questi principi in cifre, scaglioni e decorrenze su un arco di numerosi anni venisse magicamente tirata fuori dal Governo entro pochi giorni.
Vorrei però terminare con una osservazione su un tema, quello della riforma del mercato del lavoro, apparentemente slegato da quello della salvaguardia pensionistica, ma in realtà connesso, dato lo stretto legame tra le due riforme qui rappresentato, in particolare, dal lavoro nell'età anziana.
La riforma del mercato del lavoro - che mi auguro sia presto approvata anche in quest'Aula, anche in risposta alle sollecitazioni del Presidente del Consiglio di fronte alla difficoltà del contesto europeo ed internazionale - rappresenta, a mio avviso, un buon equilibrio tra le spesso contrapposte esigenze dell'offerta e della domanda di lavoro.
So bene, tuttavia, che vi sono temi che a quest'Aula stanno particolarmente a cuore. Parlo della flessibilità in entrata, che si ritiene eccessivamente sacrificata, ma anche degli ammortizzatori sociali, avviati ad un radicale cambiamento, in un momento nel quale si fa fatica a vedere la fine della recessione.
Come ho più volte detto, la riforma non è dogmatica. Su questi temi il Governo assicura tutto l'impegno necessario per monitorare l'avviamento operativo delle norme nell'attuale, difficile, contesto recessivo, al fine di calibrarne la concreta applicazione e di effettuare, se del caso, i necessari aggiustamenti.
Il Governo, e io per prima, siamo impegnati a trovare le migliori soluzioni e anche su questo fronte siamo certi che il Parlamento e le parti sociali saranno con noi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Misto-Alleanza per l'Italia).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi, per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, signor Ministro, ho poco tempo, però alcune cose le devo dire.
Credo che lei, questa mattina, abbia corretto dei dati che in precedenza aveva fornito con orgogliosa sicurezza. Il problema, però, non è solo questo perché, se vogliamo dire la verità, nell'elaborare la riforma, lei ha trascurato una regola fondamentale, direi «l'ABC», per chi si accinge a cambiare un sistema pensionistico. È un errore grave per un Ministro tecnico, per di più esperto della materia.
La regola fondamentale a cui mi riferisco è quella di assicurare un adeguato periodo di transizione a tutela non già dei diritti acquisiti, ma delle legittime aspettative di fatto delle persone a costruirsi dei piani di vita affidabili. Le riconosco che i Governi passati, a partire dalla riforma Dini del 1995, hanno prestato troppa attenzione alla transizione, garantendo tempi troppo lunghi per l'andata a regime delle norme riformate, ma il suo Governo questo problema non se l'è proprio posto e le conseguenze sono sotto i nostri occhi.
La prima conseguenza è, sicuramente, quella di un Paese in gravissime difficoltà, da cui stenta a sollevarsi, che ha fatto degli esodati, termine brutto e improprio, una questione di centrale importanza, anche se gli effetti saranno rimandati di qualche anno. Lei questo aspetto significativo ed importante non è mai riuscita a chiarirlo fino in fondo. Immagino che se ne sarà resa conto.
L'Italia rischia di avere la riforma più severa d'Europa, ma di vedere il suo Governo e i Governi che verranno dopo il Pag. 7suo costretti a scervellarsi per anni, a studiare, a finanziare deroghe all'applicazione di norme socialmente insostenibili (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà, e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Lo so anch'io, lo so anch'io, che sono come lei un cultore della materia, che doveva finire l'abitudine di appoggiare i lavoratori in esubero prima ancora del compimento dei 60 anni al sistema degli ammortizzatori sociali per farli scivolare nel pensionamento di anzianità. Ma le domando: era proprio questo il momento propizio? Era proprio questo, durante la crisi più grave del secolo?
Vede, signora Ministro, il suo predecessore Maurizio Sacconi è stato accusato di scarso impegno riformatore, ma con le misure di emergenza, compresa la cassa integrazione in deroga - potrei dire negli anni più bui della crisi, anche se questi anni non sono finiti, parlo dal 2008 al 2010 - sono stati salvati 700 mila posti di lavoro e sono state erogate prestazioni di ammortizzatori sociali e di protezione sociale a 4 milioni di lavoratori.
Andando dunque a concludere, signora Ministro, ricordo che lei usa un'immagine un po' trucida, quella della gamba malata di cancrena da amputare senza troppi riguardi. Io non voglio essere cattivo profeta, ma la avverto: il rischio che corre oggi il sistema da lei riformato è quello di dover riattaccare quella gamba malata a furor di popolo e di rimettere in campo un sistema Italia abituato a risolvere tutti i problemi con una pensione. Se non sarà il suo, toccherà ad un Governo, che verrà dopo il suo, doverlo fare.
Ecco perché il Popolo della Libertà chiede al Governo di trovare una soluzione ragionevole, che dia una risposta ai problemi già critici, in un arco di tempo di alcuni anni, programmando nello stesso tempo un percorso che tranquillizzi gli italiani e che eviti a questo Paese - se non sarà così, purtroppo, la conseguenza sarà questa - una campagna elettorale sugli esodati.
Tutti ricordiamo l'impegno assunto dal Presidente del Consiglio Monti nella conferenza stampa di fine anno, quando il Governo aveva ancora quella spinta propulsiva, che ora è in via di smarrimento. Disse che nessuno sarebbe rimasto senza stipendio, senza lavoro, senza pensione o senza ammortizzatori sociali. Questo dobbiamo garantirlo in un periodo, per così dire, di tempo intermedio e dobbiamo in qualche modo anche garantirlo in un periodo più lungo. Io credo - lei ne ha fatto un accenno nella relazione - che occorrerà trovare, passata questa buriana, una norma di carattere strutturale all'interno del sistema pensionistico. Ieri l'ex Ministro Sacconi al Senato ha anche avanzato l'ipotesi di un'iniziativa, che il mio partito è intenzionato a compiere da questo punto di vista ed io farò propria quell'iniziativa dell'ex Ministro Sacconi in quest'Aula, quella cioè di trovare nel tempo una misura strutturale che risolva questo problema.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cazzola.

GIULIANO CAZZOLA. Infatti, signor Ministro, gli impegni così solenni, come quelli assunti dal Presidente del Consiglio in quella magica conferenza stampa di fine anno, quando tutti stavamo con la bocca aperta a sentirlo, non possono essere dimenticati e non possono essere parole al vento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, signor Ministro, noi siamo qui perché vogliamo risolvere un grave problema e siamo anche stanchi - lo diciamo - di dare i numeri, di inseguire i numeri, anche perché, come lei ha riconosciuto, è difficile stabilire delle platee.
Crediamo, allora, che si debba invertire la logica del ragionamento. Non parliamo più di numeri e di tetti: parliamo di diritti dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Italia dei Valori), Pag. 8perché il diritto di andare in pensione con le vecchie regole, per coloro che si trovano nella circostanza di non avere più lavoro e pensione perché sono stati spiazzati da questa riforma, va ripristinato. Se partiamo ancora una volta dalle risorse e poi fissiamo dei tetti, noi neghiamo questo diritto.
Io mi collego a quello che ha detto il mio collega, l'onorevole Cazzola, di cui condivido l'intervento.
Le riforme sociali di questo Governo contengono un errore di impianto, a mio avviso, come se i muri maestri fossero sbreccati: l'errore è stato quello di abolire le quote di anzianità, di non prevedere nessuna gradualità nel passaggio da un sistema all'altro ed io credo - e lo dico a nome del Partito Democratico - che l'unica misura strutturale che serve per risolvere questo problema senza fare di volta in volta degli aggiustamenti sarebbe una sola: tornare alle quote di anzianità, magari adeguandole alle nuove necessità di innalzamento della pensione.
In secondo luogo c'è un errore anche per quanto riguarda il mercato del lavoro perché in un momento come questo di recessione che si prolunga, avere per i lavoratori una pensione che si allontana ed ammortizzatori sociali che quando andranno a regime saranno di tutela più breve, provoca un corto circuito difficile da gestire. Noi corriamo il rischio di creare dei cosiddetti esodati in modo permanente. Era evidente sin dall'inizio che il decreto per 65 mila lavoratori non sarebbe bastato ed è evidente che, come lei ha riconosciuto, al di là dei numeri che, lo ripeto, non voglio più inseguire, c'è un ulteriore platea che comunque dovrà essere coinvolta. Si tratta di altri 55 mila lavoratori e il raddoppio di quella cifra vuol dire estendere una salvaguardia. È vero, Ministro, lo abbiamo ripetuto per mesi, inascoltati, perché bisogna anche saper ascoltare la voce della politica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro per il Terzo Polo, Misto - Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia e di deputati del gruppo Popolo della Libertà), perché non sempre la politica non è capace di parlare e di interpretare il Paese reale. Bisogna anche scendere dall'idea di possedere una verità assoluta. Abbiamo avvertito il fatto che se si fissava al 4 dicembre il limite per gli accordi di mobilità riconosciuti, avremmo lasciato fuori molti accordi stipulati addirittura dal Ministero del lavoro e delle attività produttive - uno per tutti Termini Imerese - e se fate un decreto ministeriale interpretativo della legge che dice che entro il 4 dicembre quei lavoratori debbono già essere mobilità vuol dire che riduciamo drasticamente la platea e nessuno potrà essere salvaguardato se non pochissime persone. Quindi a quel difetto va posto riparo. Ci sono poi i licenziati individuali: noi siamo abituati a parlare delle grandi imprese, siamo abituati a discutere di esodati delle Poste, di ENI e di Telecom, ma dimentichiamo quelle decine, centinaia di migliaia di persone che nessuno conosce, invisibili, della piccola impresa, che si sono licenziati nella presunzione di andare in pensione e che vengono abbandonati a loro stessi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico, e di deputati dei gruppi Italia dei Valori, Unione di Centro per il Terzo Polo, Popolo e Territorio e Popolo della Libertà), che corrono il rischio di avere quattro, cinque o sei anni di attesa senza pensione, senza stipendio e senza tutele sociali. Che fine faranno queste persone? Dobbiamo salvaguardarle. E poi ci sono gli esodati, ci sono quelli che continuano con la contribuzione volontaria.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CESARE DAMIANO. Vorrei inoltre ricordarle, signor Ministro, e mi avvio alla conclusione, che non capisco, per quanto riguarda la scuola, come non si sia compreso che un professore, un maestro, un insegnante, non sono operai della FIAT ed il loro anno di lavoro è un anno che coincide con il ciclo scolastico: il 1o settembre è il 1o settembre e non il 31 dicembre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico, e di deputati dei gruppi Italia dei Valori e Unione di Centro per il Terzo Polo), perché Pag. 9in questo modo è ovvio che si condannano questi lavoratori.

ANGELO CERA. È usurante, è un lavoro usurante!

CESARE DAMIANO. Concludo dicendo, signor Ministro, che siamo di fronte ad una situazione alla quale bisogna porre riparo. Anche io condivido il fatto che sarebbe meglio intervenire con una misura strutturale, ma intanto noi abbiamo bisogno di un provvedimento. Lei dice che non le bastano pochi giorni. Noi le diciamo, Ministro, che è dal mese di dicembre che le ripetiamo che sarebbe stato necessario fare questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Sono passati più di alcuni giorni. Quello che noi chiediamo è un provvedimento immediato ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CESARE DAMIANO. ... che dia un segno di avanzamento che copra queste persone e le salvaguardi. Lo dobbiamo al Paese, lo dobbiamo a questi lavoratori. Dobbiamo liberare le persone reali dall'angoscia di non avere un futuro. Questa è la nostra richiesta (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per essere venuto in questa Aula a fare finalmente quella doverosa chiarezza su un argomento che sino ad oggi aveva prodotto spiacevoli e controproducenti speculazioni. Nelle ultime settimane abbiamo infatti assistito sui mezzi di informazione ad una serie di prese di posizione, presunte fughe di notizie e allarmismi ingiustificati che a mio avviso avevano tutt'altro fine rispetto alla salvaguardia dei lavoratori cosiddetti esodati. Sembrava che il problema non riguardasse più il destino delle persone che avevano sottoscritto degli accordi con le proprie aziende presso il Ministero del lavoro nella consapevolezza di vivere in un Paese che fa della certezza del diritto uno dei capisaldi del vivere civile; si aveva piuttosto l'impressione che si utilizzasse la vicenda di questi lavoratori per frenare se non addirittura bloccare l'azione riformatrice del Governo.
Nonostante il tema fosse molto delicato e provocasse un reale disagio sociale, evidentemente l'occasione ben si prestava a irresponsabili giochi di potere che nulla dovrebbero avere a che fare con un serio tentativo di porvi rimedio; soprattutto nulla dovrebbero avere a che fare quando in un momento di così grande crisi, simili giochi rischiano solo di compromettere l'autorevolezza delle istituzioni coinvolte. Al balletto dei numeri, infatti, è subito seguito quello delle responsabilità, lasciando i lavoratori coinvolti e i cittadini tutti, invero sbigottiti come se il clima dell'antipolitica non fosse già abbastanza rovente. Siamo del tutto consapevoli che non è facile definire il numero preciso dei lavoratori che nell'arco di numerosi anni verranno coinvolti in questo fenomeno perché troppo eterogenee le condizioni giuridiche di pertinenza degli stessi. Evitiamo allora di usare i numeri come l'ubriaco fa con i lampioni, per sostenersi e non per illuminare. Il punto dolente della questione infatti non risiede nella contabilità degli aventi diritto, quanto nella determinazione di farsene realmente carico, ovvero di riconoscere i diritti acquisiti dai lavoratori.
Il problema non si risolve quindi solo nel puro ambito finanziario, ma investe chiaramente un ben più ampia dimensione di equità e di giustizia sociale. Solo una precisa assunzione di responsabilità in questa direzione può infatti stemperare le tensioni e restituire credibilità ad un'azione di Governo che in questa occasione è sembrata appannata e confusa. Accolgo pertanto con chiara soddisfazione l'impegno che il Governo, attraverso le sue Pag. 10parole, ha assunto in quest'Aula, un impegno non solo volto al costante monitoraggio della situazione in stretta collaborazione con le parti sociali e il Parlamento, ma un impegno soprattutto volto alla tempestiva adozione di tutti quei provvedimenti che si riterranno necessari per la tutela di ciascun lavoratore che ne abbia diritto. Sinora si è parlato di salvaguardare solo i lavoratori già usciti dal lavoro e quindi a più rischio di rimanere senza reddito e senza pensione; da oggi in poi c'è bisogno di una fattiva collaborazione fra Governo, Parlamento e forze sociali, per restituire tranquillità economica e certezza giuridica a tutti gli altri.
I lavoratori coinvolti e tutti i nostri concittadini attendono ora risposte concrete che solo da una trasparente collaborazione di tutti gli attori politici e istituzionali possono venire.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NEDO LORENZO POLI. È sicuramente rilevante assicurare la priorità al voto della riforma del mercato del lavoro - concludo Presidente - in tempo utile affinché il Presidente del consiglio possa partecipare agli incontri internazionali con tutta l'autorevolezza di un solido appoggio parlamentare. Ma è anche altrettanto indispensabile che si arrivi in tempi brevi alla risoluzione della questione dei lavoratori cosiddetti esodati. Pertanto è doveroso continuare il confronto che la XI Commissione (Lavoro) sta svolgendo in sintonia con le parti sociali e il Governo per pervenire ad una soluzione tanto soddisfacente quanto condivisa, che assicuri a tutti lavoratori i diritti maturati (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Muro. Ne ha facoltà.

LUIGI MURO. Signor Presidente, abbiamo ascoltato la relazione del Ministro e, come gruppo di Futuro e Libertà per il Terzo Polo, in questi giorni stiamo lavorando, anche in Commissione, per individuare una soluzione. Quindi, proponiamo brevi riflessioni, avendone anche l'opportunità, e ci auguriamo sempre più spesso di confrontarci sul tema. Siamo fortemente convinti che uno degli elementi costitutivi della buona politica sia il leale rapporto di collaborazione reciproco tra diverse funzioni dello Stato. Ne siamo convinti e lo mettiamo in pratica tutti i giorni nelle nostre attività. Siamo anche convinti che, in tale ottica, il Ministro Fornero non abbia mai mentito, né abbia nascosto i dati. È evidente però che più volte abbiamo sollevato il problema, abbiamo sollecitato il Governo, non siamo stati fermi perché, comunque, ci venivano sollecitazioni dalla società. È una problematica che in pochi mesi è diventata quasi paradossale, a volte ambigua, certamente demagogica. Oggi tanti partiti e tante persone si accorgono di questo problema che, invece, a noi è stato chiaro fin dall'inizio. Noi presentammo un'interpellanza urgente in Parlamento circa due mesi fa e in quell'epoca il Ministro ci assicurò che i lavoratori da salvaguardare - usai anche un termine ironico, si parla di salvaguardare, figuriamoci se non li avessimo salvaguardati - erano 65 mila. Avevamo dei dubbi perché ci eravamo attivati per approfondire il punto, però accettammo l'indicazione. Quando l'INPS, che certamente non è il centro studi di Pollena Trocchia, che è una ridente cittadina campana, ma non si occupa di previdenza, ha dato quei numeri, cosa avrebbe fatto lei al posto di un parlamentare che si occupa di questa materia e che lo vuole fare senza demagogia? Si sarebbe posta il problema, avrebbe cercato di approfondirlo. Proprio in base a quel principio, ci siamo immersi nell'attività parlamentare e abbiamo messo in campo una proposta di legge firmata da tutti i partiti di cui sono relatore. E siamo convinti che questa è la strada per risolvere i problemi, la concretezza e la capacità anche di trovare soluzioni.
Certo, oggi lei aggiunge 55 mila salvaguardati sostanzialmente, ma adesso non voglio soffermarmi sulle cifre. Anche questo ci fa pensare che c'è stata una sottovalutazione delle stime e che, comunque, Pag. 11prendere atto che si è sbagliato, secondo me, è un gesto corretto che fa bene alle istituzioni. Oggi, quindi, parliamo già di un numero doppio rispetto a quello di cui all'interpellanza che proponemmo in aprile. E, allora, se questa è la problematica, cosa dobbiamo fare per evitare spinte demagogiche, ma dare risposte ai cittadini? Abbiamo proposto la modifica dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, che porta al 31 dicembre 2011 la decorrenza, e abbiamo proposto la modifica dell'articolo 6 del decreto-legge n. 216 del 2011, cambiando il concetto di maturazione con quello di decorrenza, e non le sfuggirà la differenza nell'applicazione e l'ampliamento della sfera.
Tra le riforme che lei ha adottato, soprattutto quella delle pensioni è stata un atto necessario, certamente diverso da quello del 1995 che ha rimandato al futuro la soluzione dei problemi, ma che sicuramente ha messo in campo, in una società già complessa e in difficoltà, dei gravi problemi. È stata un po' un'accetta che ha tagliato i problemi in due e, quindi, ci dobbiamo far carico di questi problemi. Ce ne siamo fatti carico approvando e votando la fiducia e ce ne faremo ancora carico, ma dobbiamo anche correttamente occuparci, per esempio, di un problema che è stato già sollevato, ma che va affrontato seriamente: con la riforma delle pensioni 3 mila addetti del comparto scuola sono stati tagliati fuori, quando un'altra legge dello Stato stabilisce che la loro decorrenza è dal 1o settembre di ogni anno. Non è possibile, quindi, a nostro avviso, dimenticarsi di questo come non è possibile dimenticarsi dei lavori usuranti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 10,25)

LUIGI MURO. In conclusione, vogliamo che si stabilisca un principio e poi in base a quello presentare i numeri e impegnare gli sforzi. Lo Stato non può e non deve mai rinnegare un patto con i cittadini perché, se ciò avviene, viene meno la ragione d'essere dello Stato, viene meno la fiducia nei confronti dello Stato e lo Stato è costituito dai cittadini.
Su queste basi, su questi principi, vorremmo trovarci a lavorare insieme al Governo, insieme alle altre forze politiche, insieme ai sindacati, senza demagogia ma con grande correttezza istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signora Ministro, meno di un mese fa in quest'aula, rispondendo ad una mia interrogazione sugli esodati, ella definì sgradevole il mio intervento perché parlavo di macelleria sociale. Osservo che oggi di sgradevole, nel senso di non gradito agli italiani, ed anche a questo Parlamento, udite le dichiarazioni dei gruppi, c'è proprio lei, signora Ministro, mentre i numeri da lei costantemente negati... però, signor Presidente, le chiederei che il Ministro venisse lasciato... un po' di rispetto per cortesia...

PRESIDENTE. Presidente Buttiglione, non disturbi.

ANTONIO BORGHESI. Mentre i numeri da lei costantemente negati, al di là di ogni evidenza, appaiono sempre più quelli drammatici da me citati in quella occasione. E come definire diversamente la sua legge sull'aumento dell'età pensionabile quando, in un caso come questo, provochi una situazione in cui un lavoratore, vicino al momento del pensionamento, a seguito di un cambio improvviso e forzato delle regole del gioco, si trovasse a dover coprire a proprie spese sei o sette anni di contributi privo di lavoro, privo di reddito, privo della pensione che riteneva di aver ormai conseguito. E non importa, signora Ministro, se ciò sia avvenuto per aver aderito ad una proposta contrattuale o per essersi trovato a quasi sessant'anni fuori dal mercato del lavoro a seguito del fallimento o di una crisi irreversibile dell'azienda in cui lavorava, o per la sua Pag. 12decisione di investire la sua liquidazione - perché questo spesso è avvenuto - nella prosecuzione volontaria dei contributi. I 370 mila lavoratori spesso monoreddito significa famiglie intere che si trovano a vivere questa triste condizione. Non meno di 600-700 mila persone: come definire un atto del genere se non macelleria sociale? Lei non è il consulente del Ministro del lavoro. È il Ministro del lavoro e ne porta in pieno la responsabilità politica. Per questo noi dell'Italia dei Valori, insieme ad altre forze politiche presenti in Parlamento, abbiamo presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Lei non può con arroganza continuare a negare l'evidenza di un fenomeno di queste dimensioni, reso noto sia dall'ente che a lei fa capo - infatti anche l'INPS è organo sotto la sua vigilanza - sia da forze esterne come i consulenti del lavoro che proprio ieri hanno confermato queste cifre. Vede, signora Ministro, il problema della salvaguardia delle persone riguardo all'età pensionabile, quando si cambiano le regole del gioco, non è nuovo ed è ben presente nel nostro ordinamento, tanto che è stato coniato il termine di diritti soggettivi finanziariamente condizionati, come avvenne per diecimila lavoratori all'epoca dello scalone della riforma Maroni. Se il dato sui 370 mila fosse stato noto al momento della sua proposta di riforma, è evidente che di quel problema lei avrebbe dovuto farsi carico fin dal momento dell'approvazione, e così lei avrebbe il dovere morale di fare oggi: riconoscere quell'errore e porvi rimedio. Lei non può ora cavarsela, scaricando le sue responsabilità sul presidente dell'INPS o sulla sua organizzazione interna che le avrebbe fornito dati non corrispondenti alla realtà. Lei non può dire oggi: chi ha dato, ha dato, e chi ha avuto, ha avuto, e sollevare problemi di copertura finanziaria, perché a quel tempo non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto se avesse avuto la consapevolezza che stava mettendo sulla strada 370 mila persone con le loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Lei non è il consulente del Ministro del lavoro. Lei è il Ministro del lavoro e deve assumere la responsabilità politica anche degli errori della sua istituzione. Ieri lei è intervenuta al Senato, e oggi parla di una posizione non dogmatica e di una soluzione che tenga conto dell'equità; ma quando la declina fa poi riferimento alle diverse situazioni dei 370 mila, quasi che trovarsi privi di lavoro, privi di reddito e privi di pensione, sia una loro condizione autonoma e non il risultato del cambio da lei voluto delle regole del gioco. Lei sta cercando un'equità tecnica, ma questi lavoratori hanno bisogno di equità sostanziale, non di un'equità tra sfigati. L'equità vera sarebbe far pagare qualche cosa a tutti coloro che oggi hanno di più come lei, come me, come coloro che stanno in quest'aula, come coloro che stanno fuori di qui ma sono benestanti.

PRESIDENTE. Ha ancora 16 secondi onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI. Basterebbe che ciascuno di essi pagasse un'inezia in più, ed avremmo ottenuto un'equità sostanziale invece che un'equità tecnica. Per questo noi di Italia dei Valori, insieme ad altre forze politiche presenti in Parlamento - e concludo - abbiamo presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Le dichiarazioni oggi di quasi tutti i gruppi equivalgono già ad un voto di sfiducia e per questo la invitiamo a rimettere il suo mandato nelle mani del Presidente Monti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente e signora Ministro del lavoro, noi abbiamo ascoltato con grande attenzione la sua relazione e dobbiamo dire con grande franchezza che, pur prendendone atto, continuiamo a sottolineare alcuni aspetti di criticità che hanno accompagnato questa vicenda. La vicenda degli esodati oscilla tra la farsa e la tragedia. La farsa Pag. 13è quella dei numeri imponderabili intorno ai quali non si riesce a fare chiarezza. La tragedia è di chi si viene a trovare - per effetto di alcune riforme che mancavano appunto di norme di accompagno - nelle condizioni di non avere salario né pensione, di chi, come è stato già detto, è uscito dal lavoro, dalle aziende, nella speranza di poter godere della pensione e si trova invece in questa terra di nessuno, dove le proprie condizioni rischiano di peggiorare enormemente.
Io credo però che sia giusto oggi, al di là delle tante prediche dei duri, dai quali si deve guardare; credo che lei abbia incominciato ad avere un po' di esperienza nel frequentare le aule parlamentari: non c'è niente di peggio di chi si erge a duro e fa poco o nulla per cambiare le cose e per rispondere alle domande che oggi pongono quei lavoratori e quei dipendenti. Allora io vorrei brevemente, dato il tempo, rimettere un po' ordine nelle cose, perché vede, tra i soggetti interessati alla disposizione che salvaguarda i vecchi requisiti - sembra siano protetti soltanto quelli fino al 2013 - la domanda che rimane è: cosa succede dopo il 2014? È concepibile che molti di coloro che sarebbero andati in pensione a partire dal 2014, avendo stipulato accordi contrattuali precisi, collettivi ed individuali, siano poi rinviati al 2018 o giù di lì? Con il decreto interministeriale attuativo dell'articolo 24, comma 14, del decreto-legge cosiddetto «salva Italia», restano fuori dalla salvaguardia tutta una serie di categorie e soggetti in prosecuzione volontaria, licenziamenti individuali atipici e simili, che la legge aveva inteso al contrario tutelare. È legittimo che il decreto interministeriale, per queste categorie, abbia previsto dei limiti nuovi, che la legge non prevede? Né convince, mi consenta di dire, il ragionamento temporale che riguarda appunto la sequenza tra «salva Italia» e «milleproroghe»: è vero che il decreto-legge «mille proroghe» ha ampliato la platea dei salvaguardati, ma questo nel decreto, con la relativa copertura finanziaria attuata con la clausola di salvaguardia, non è forse stato approvato dal Parlamento con il consenso del Governo? Io ricordo che quella norma fu oggetto anche di accese discussioni proprio nella nottata che precedette poi il varo del decreto.
Quanto ai numeri voglio dire: sarà pur vero che i dati dell'INPS sono stati male interpretati, però le posso dire con franchezza che io non ho ascoltato dal direttore generale dell'istituto, quando è stato chiamato dalla Commissione a riferire sulle platee, parole che in qualche modo significassero un affrontare la materia con qualche superficialità. Vorrei riportare tra virgolette quello che risulta agli atti di quel colloquio, di quel confronto e di quella audizione. Disse in quella circostanza il direttore dell'INPS che «il problema dei cosiddetti salvaguardati è un problema complesso, che cercherò di rendere in qualche misura più leggibile attraverso alcuni chiarimenti. Attualmente sono previste sei categorie di salvaguardati: la mobilità ordinaria e lunga, gli esodati, i versamenti volontari, gli esodati della pubblica amministrazione, gli accordi individuali e collettivi, i congedi per figli disabili inseriti con il decreto «milleproroghe». Su questa base, fornirò alcuni elementi, alcuni dati relativi alle platee. Quando parlo di platee, parlo di potenziali destinatari, non di soggetti che, attualmente, si trovano ad essere senza lavoro e senza sostegno al reddito». E qui potrei citare tutta l'individuazione numerica di queste categorie.
Allora, io credo che non si possa dire che queste siano state cifre sparate a caso e né che sia stato un atto di irresponsabilità. Piuttosto, credo che sia stato molto responsabile da parte della Commissione lavoro riaprire un tavolo di confronto con i sindacati, perché oggi qui non staremmo a parlare degli esodati, se non vi fosse stato quel tavolo e il coraggio di aprire un confronto con i sindacati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. Dunque, signor Ministro, io accolgo quello che lei ha detto Pag. 14nell'ultima parte della sua relazione, oggi: la volontà del Governo di partecipare a quel tavolo, dove già c'è un disegno di legge dal quale siamo partiti per correggere gli errori che lei oggi ha anche, in qualche modo, ammesso, considerando una platea molto più vasta rispetto a quella degli originari 65 mila.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. Se sapremo cogliere questa opportunità, non vincerà il Governo, non vinceranno i partiti politici, vinceranno i lavoratori e l'intero Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà, per due minuti.

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. Signor Presidente, caro Ministro, io ricordo, anche perché ad una certa età le cose poi si dimenticano facilmente, quando lei iniziò il suo percorso: la guardavo in televisione e l'ho vista piangere, ho visto una lacrima che scendeva giù sul suo viso. Allora, ho pensato: finalmente abbiamo una persona che ha grande sensibilità, che si è resa conto del momento difficile che il Paese sta attraversando. E noi, come Grande Sud, ci siamo riuniti e, in quel preciso momento, abbiamo deciso di cominciare a votare la fiducia a questo Governo.
Oggi, signor Ministro, qualcuno chiede di sfiduciarla; oggi, tutte le altre forze politiche se la sono presa con lei. Io, invece, dico che lei è una vittima: è una vittima di questo Governo, perché, vede, tutti i miei colleghi di tutti gli altri schieramenti non hanno avuto migliore occasione di aggredire lei, perché vorrebbero aggredire questo Governo; questo Governo che ha annullato completamente il Parlamento, questo Governo che si è sostituito a ciò che il popolo italiano aveva deciso, aveva scelto. Signor Ministro, l'unico risultato che questo Governo tecnico sta dando sa qual è? Che, oggi come oggi, nel nostro Paese, la politica è sottomessa e crescono i vari «grillini» di turno, che cercheranno, nel futuro, di sostituirsi in questo Parlamento.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Grimaldi.

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. Allora, signor Ministro, non mi interessano i 50-60-70 mila, se sono di più o sono di meno, se i tecnici hanno sbagliato: lei deve sapere che in Sicilia, in questo momento, la FIAT ha licenziato, che Italcementi licenzia, che a Gela vogliono licenziare. Signor Ministro, lei ha pianto all'inizio, ma oggi, nel Paese, sono migliaia e milioni coloro i quali piangono i danni che voi state facendo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.

LUIGI FABBRI. Signor Presidente, signora Ministro, onorevoli colleghi, innanzitutto, desidero ringraziare il Ministro per l'informativa puntuale che ha voluto darci. I deputati di Alleanza per l'Italia si rendono conto che l'individuazione della platea dei soggetti interessati a questo problema è un'operazione complessa, perché, sotto questa dizione, risultano categorie di lavoratori con situazioni di partenza molto differenti.
Allora, abbiamo imparato - e non lo sapevamo - che non soltanto gli accordi individuali, territoriali e aziendali, che pensavamo fossero censiti presso gli uffici provinciali del lavoro, sono sufficienti a darci questi numeri. Abbiamo imparato che ci sono 65 mila soggetti che, nei prossimi due anni, sono esodati; che, secondo le cifre dell'INPS, 390 mila vanno fino al 2017 e, quindi, ben oltre il nostro impegno odierno; che ci sono altri 55 mila - come ci ha detto il Ministro - per i quali occorreranno altri 5 miliardi di euro, credo; e che se si intervenisse su tutti i 389 Pag. 15mila censiti dall'INPS, occorrerebbero 20 miliardi di euro che, obiettivamente, non ci sono.
La stampa, ieri, diceva che ve ne sarebbero altri 80 mila, che sembrerebbero ancora da tutelare nei prossimi sei anni.
Tuttavia, queste informazioni discordanti si dovevano evitare. C'è stato un problema di comunicazione, perché hanno creato ansie e nuove paure nell'opinione pubblica, che già è preoccupata per gli effetti della recessione. Il balletto delle cifre e delle fonti sicuramente non aiuta.

PRESIDENTE. Onorevole Fabbri, la invito a concludere.

LUIGI FABBRI. Dunque, col poco tempo che abbiamo a disposizione, le ricordiamo - lo abbiamo già fatto e glielo ha ricordato anche il presidente della Commissione lavoro - che c'è un provvedimento, su questo argomento, in discussione presso l'XI Commissione. C'è un tavolo aperto - un tavolo tecnico, come lei ha detto più volte - con le parti sociali. Ne approfitti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santori. Ne ha facoltà.

ANGELO SANTORI. Signor Presidente, il tema affrontato quest'oggi è di fondamentale importanza, sebbene abbia assunto contorni nebulosi, sia per quanto riguarda l'individuazione dei requisiti oggettivi e temporali dei lavoratori interessati, sia per quanto riguarda la definizione del numero totale dei lavoratori stessi.
Non vorrei, signor Ministro, cadere nella sterile polemica su chi abbia fornito il dato numerico corretto, ma sento forte l'obbligo di dissentire sulla tabella fornita dall'INPS, la cui dirigenza sembra essersi assolutamente confrontata con il Ministero vigilante. Gli altri interventi questo argomento non lo hanno toccato, ma credo che sia importante anche approfondire questo tema, signor Ministro, fornendo - come sappiamo tutti - dati fortemente pretestuosi, nell'assoluta assenza di sensibilità istituzionale, che, al contrario, dovrebbe caratterizzare tutte le istituzioni e i soggetti pubblici. È questo il motivo per il quale la esorto, signora Ministro, a porre in essere tutte le attività necessarie ad individuare anche le responsabilità rispetto a questo problema.
Non abbiamo bisogno, in questo momento, di argomenti pretestuosi.

PRESIDENTE. Onorevole Santori, la invito a concludere.

ANGELO SANTORI. Abbiamo bisogno di trovarci attorno ad un progetto concreto, che dia respiro ai lavoratori, i quali rischiano di trovarsi in situazioni di assoluta necessità, e che dia nuovamente fiducia alle famiglie.
Signor Ministro, condivido la definizione, volutamente più ampia, dei lavoratori interessati, lavoratori che meritano di essere salvaguardati dagli effetti del recente inasprimento dei requisiti per la pensione. Condivido anche il criterio seguito dal Governo, che ha inteso dare pronta risposta ai lavoratori in immediate difficoltà, predisponendo un decreto a salvaguardia dei soggetti già usciti dal lavoro. È un condivisibile criterio di equità sociale ed etica.

PRESIDENTE. Onorevole Santori, la prego di concludere.

ANGELO SANTORI. Infine, signor Ministro, auspico l'immediata istituzione di un tavolo tecnico, come sollecitato da più parti, per trovare l'accordo a tutela dei lavoratori interessati (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor Ministro, a nome dei Repubblicani, intanto devo dire che noi respingiamo - come ha fatto lei e ha fatto bene - ogni insinuazione che le viene rivolta circa la questione di aver fornito dati più Pag. 16o meno certi. Respingiamo ciò perché abbiamo un alto senso della responsabilità del Ministro e del Governo tutto.
Ciò detto, però, vogliamo anche aggiungere che c'è una giungla - come si diceva una volta - retributiva. Un grande studioso ci ricordava la giungla retributiva, alla quale oggi si aggiungono la giungla pensionistica e quella del mondo del lavoro. Quindi, rimane a lei un nodo fondamentale e forte: come sciogliere, come dipanare questo nodo che si stringe intorno al Paese, intorno all'Italia e intorno al Governo Monti.
Stamane, nonostante la nostra fiducia, e nonostante anche il dibattito importante che c'è stato, rimane il dubbio di quanti siano, realmente, non gli esodati - lei ha fatto bene a dire: togliamo questa parola; esodati è una cosa brutta, rimane però il dato - ma i lavoratori che hanno un orizzonte incerto? Lei ci rimanda alle tabelle, dice che le tabelle sono fuorvianti, siamo d'accordo con lei; tuttavia, lei ci dice anche che non vi sarà un decreto-legge ma vi sarà, invece, un disegno di legge, se abbiamo capito bene, da discutere. Noi siamo molto preoccupati di ciò; secondo me il Governo dovrebbe prendere in mano risolutamente questo problema.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ossorio.

GIUSEPPE OSSORIO. Mi avvio alla conclusione. Intanto, però, c'è un problema: le risorse, signor Ministro? Le chiedo: se ci sono dei risparmi che provengono dalla riforma pensionistica, quanti sono? Possono essere messi nel conto visto che lei immagina una progressione di interventi? E poi ancora, il bilancio dell'INPS, sia pure distinto quello pensionistico da quello assistenziale, è in attivo? In che modo può contribuire? Il gruppo Repubblicano la ringrazia e immagina che il lavoro che deve affrontare lo affronterà con risolutezza, nell'interesse del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, signor Ministro, il nostro è un sistema a bicameralismo perfetto ma non è scritto da nessuna parte che un intervento pronunciato in un'Aula debba essere ripetuto pari pari nell'altra Aula. Ho letto il suo intervento al Senato, l'ho riascoltata; lei ha esordito nell'altra Aula definendo il suo intervento un intervento noioso. Non è solo noioso, è anche arido ed inquietante per gli effetti che potrà produrre e che ha già prodotto la sua riforma delle pensioni. È stata presentata una mozione di sfiducia nei suoi confronti, noi la firmeremo, la voteremo, e ci auguriamo che, alla luce degli interventi, non solo tecnici ma politici che sono stati pronunciati in quest'Aula dall'onorevole Cazzola e dall'onorevole Damiano, questa mozione di sfiducia possa avere la maggioranza in quest'Aula, per i danni che lei ha prodotto con la sua azione; non è che lei, questa mattina, fa da parafulmine al Governo; il Governo è un problema, ma lei è un problema ancora più grave all'interno del Governo. Quindi, noi le chiediamo di prendere atto, questa mattina, della sfiducia politica che sostanzialmente c'è stata e quindi non perda tempo a presentare rapidamente le dimissioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, non sono trascorsi due minuti, ho attivato il mio cronometro.

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, di solito avverto almeno dieci secondi prima della scadenza del termine. Penso si faccia così. Adesso ci siamo mangiati quei dieci secondi, per cui la invito a concludere.

ARTURO IANNACCONE. Rapidamente, signor Ministro, prima di andarsene, appronti delle misure che salvaguardino almeno coloro che hanno perso i loro diritti acquisiti grazie alle sue riforme e faccia in modo che, soprattutto al Sud, quella riforma non produca effetti ancora più Pag. 17negativi. Parlo delle grandi vertenze di Termini Imerese, della FIAT, della Irisbus di Flumeri; proceda rapidamente, almeno, prima di andare via, faccia una cosa utile per Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,55).

GIANNI FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, in questo momento 264 lavoratrici e lavoratori sono in sciopero a Morbegno, per difendere il diritto al lavoro. La situazione occupazionale in Valtellina, nel contesto di una grave crisi che colpisce l'insieme delle strutture aziendali della valle, presenta fenomeni di assoluta drammaticità: sono 500 i lavoratori a rischio in tutta la valle; una parte di loro è già in cassa integrazione. Di nuovo, una delle più importanti aziende della Valtellina, la Riello, specializzata nella costruzione di prodotti volti alla difesa dell'ambiente e alla diminuzione delle emissioni di combustibili, ha comunicato l'intenzione di ridurre l'organico dello stabilimento di Morbegno da 242 a 64: mi sembra di poter dire che è una chiusura annunciata.
Si delocalizzano impianti e tecnologia, si delocalizza in Polonia e in Cina, e forse la scusante è sempre la stessa: il costo del lavoro. È una menzogna: alla Riello, sino a pochi giorni fa, si ipotizzava il rinnovo dei contratti aziendali in un clima costruttivo e di assoluta serenità. Destrutturare! Destrutturare! Prima la Dresser, impianti del gas, poi la Met, caschi e accessori, oggi la Riello, domani non so, anche perché a me sembra poco rimarrà da chiudere, in una valle che - e non vorrei fare della retorica -, come ricordava un grande della politica del passato, Ezio Vanoni, lo Stato si ricordava di questa terra unicamente per chiamare i suoi figli alla leva o alla guerra. Chiediamo al Ministro del lavoro e al Ministro delle attività produttive un intervento immediato teso ad aprire un tavolo di crisi, come chiesto dalle confederazioni unitarie FIM-CISL, FIOM-CGIL e UILM, per una risposta immediata alla drammatica situazione occupazionale della provincia e della Riello.

PRESIDENTE. Onorevole Gianni Farina, la invito a presentare un atto di sindacato ispettivo, perché questa è materia da interrogazione o da interpellanza più che da intervento sull'ordine dei lavori. Comunque, abbiamo ascoltato con interesse le sue parole.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, accogliendo il suo invito a presentare anche atti formali, vorrei ringraziare il collega Gianni Farina per aver sollevato questa questione. Ovviamente nessuno pensa che il Governo abbia la bacchetta magica, ma in quel contesto vi è una crisi aziendale che si apre con riverberi preoccupanti sul contesto occupazionale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11 con il seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile.

La seduta, sospesa alle 10,55, è ripresa alle 11.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile (A.C. 5203-A).

PRESIDENTE. L'ordine del gioco reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni Pag. 18urgenti per il riordino della Protezione civile.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli emendamenti.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5203-A).
Avverto che la Presidenza, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, non ritiene ammissibili i seguenti ordini del giorno, che riproducono il contenuto di proposte emendative già dichiarate inammissibili: La Loggia n. 9/5203-A/23, concernente la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Gioacchino Alfano n. 9/5203-A/25, riguardante la sospensione delle demolizioni dei fabbricati destinati a civile abitazione realizzati in violazione della normativa urbanistica.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati.
L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/75203-A/11.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, nell'illustrare questo mio ordine del giorno, vorrei recuperare gli argomenti che abbiamo affrontato e che ho posto anche con forza nella seduta di ieri per quanto riguarda la delega del Presidente del Consiglio dei ministri e il tipo di delega. Infatti, proprio nella seduta di ieri, facevo riferimento all'aspetto della delega e al ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro delegato o del sottosegretario, che credo siano fondamentali.
Avere previsto la delega a un Ministro con portafoglio, oppure al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, segretario del Consiglio dei ministri, significa, a mio avviso, introdurre ciò che noi avevamo - anche con forza e soprattutto con una serie di ragionamenti - eliminato dal testo originario del Governo, che prevedeva la titolarità del coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri, la delega al Ministro dell'interno oppure al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Si parla di Ministro delegato con portafoglio e credo sia un dato inusuale, perché in effetti sostanzialmente ritorna, e di fatto viene ad essere introdotto, il ruolo del Ministro dell'interno. Non abbiamo qualcosa in contrario nei confronti del Ministro dell'interno, ma abbiamo detto più volte che il coordinamento può essere fatto unicamente, a mio avviso, dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro senza portafoglio o da un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ad hoc con questo incarico. Infatti, credo che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri abbia una miriade di incombenze, per cui di fatto sostanzialmente se c'è questo reticolato di responsabilità, la sostanziale titolarità della gestione viene ad essere assunta dal capo del dipartimento. Per questo, lo sforzo di riproporre o di reintrodurre la figura di un responsabile politico, che era stato fatto nella rivisitazione della legge n. 225 del 1992, viene di fatto vanificato.
Pag. 19
Voglio dire che stimo moltissimo l'attuale Ministro dell'interno - e non parliamo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, segretario del Consiglio dei Ministri, che oltretutto è un mio carissimo amico -, ma qui non si parla delle persone, si parla dei ruoli e, se vogliamo parlare del Ministro dell'interno, credo che dare la delega al Ministro dell'interno sia un qualcosa, a mio avviso, di articolato, complesso e defatigante.
Ciò visto e considerato che il Ministro dell'interno ha una sua competenza per una parte di forze e soprattutto di strutture che sono impiegate nella Protezione civile (parlo dei vigili del fuoco). Già abbiamo avuto sempre una qualche confusione tra il ruolo del Dipartimento della Protezione civile, che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e il Ministero dell'interno.
Per cui questo dato non funziona. Lo voglio dire, signor Presidente: il Governo, che ha insistito su questo aspetto, di fatto ha eliminato una parte fondamentale su cui le Commissioni riunite si erano confrontate. Per questo motivo - mi rivolgo, signor Presidente, con il suo permesso agli stimatissimi rappresentanti del Governo -, ho presentato un ordine del giorno per chiedere almeno di limitare la delega dal Presidente del Consiglio al massimo ad un Ministro senza portafoglio o al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, anche se mi rendo conto di quali possano essere le incombenze del Presidente del Consiglio dei ministri.
Quindi, tutto questo - e ho concluso, signor Presidente - si accompagna, per quanto mi riguarda, anche ad un auspicio, che io faccio con forza, affinché nell'altro ramo del Parlamento possa essere recuperata questa parte, anche perché il relatore Salvatore Margiotta, ieri, in un suo intervento abbastanza apprezzato, per quanto mi riguarda, parlava di Protezione civile che rimane ancorata chiaramente e saldamente alla Presidenza del Consiglio. Allora, se rimane saldamente ancorata alla Presidenza del Consiglio, ecco il motivo della mia richiesta e della mia sollecitazione, che faccio attraverso il mio ordine del giorno n. 9/5203-A/11.

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Moro ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Marini n. 9/5203-A/15, di cui è cofirmataria.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, premetto che il gruppo del Partito Democratico sicuramente non può che condividere la responsabilizzazione delle regioni rispetto alla tematica della Protezione civile, anche se - lo aggiungo soprattutto da parlamentare di una regione particolare in cui sia il rischio idrogeologico sia quello sismico sono assai rilevanti - questo principio va ovviamente coniugato con un principio di solidarietà nazionale, perché è irrealistico pensare che regioni che sono così a rischio riescano ad affrontare da sole questi problemi.
Questa è la premessa generale per dire che nei giorni scorsi è stato lanciato da un sottosegretario calabrese, Torchia, che tra l'altro è stato audito anche dalla Commissione affari costituzionali proprio su questo provvedimento, un allarme che mi sembra di particolare rilievo. Torchia, cioè, ha lanciato anche su emittenti nazionali il rischio di isolamento che corre la regione Calabria, dicendo che proprio per la gravità della situazione, dovuta anche alla conformazione, alla strutturazione del territorio, ma anche - diciamo così - alla presenza di una viabilità principale che non ha alternative, esistono una serie di circostanze che porterebbero all'isolamento della Calabria in presenza di rischi seri, che oltretutto sono assolutamente realistici.
Infatti, a parte i casi, di cui si è occupata anche la Protezione civile nazionale negli anni scorsi, che riguardano soprattutto le alluvioni, è noto che il territorio vive da sempre l'incubo dei terremoti perché, tra l'altro, li ho conosciuti e molti paesini sono stati ricostruiti proprio per effetto di terremoti devastanti. Allora l'allarme che viene lanciato in Calabria di un pericolo di isolamento ci Pag. 20preoccupa particolarmente perché certamente non è tranquillizzante per i cittadini, ma non si capisce quali sono i provvedimenti che la regione, di concerto con il Dipartimento della Protezione civile, dovrebbe assumere per ridurre questo rischio di isolamento, oltre che per affrontare gli altri rischi che sono insiti nelle caratteristiche della regione Calabria.
L'ordine del giorno ha come obiettivo quello di allertare l'attenzione del Ministero competente e del Governo per capire cosa sta succedendo in Calabria e anche per riportare in termini corretti questo rischio di isolamento perché, a ben guardare, la Calabria può essere collegata e può essere raggiunta anche dal sud, non solo dal nord. Dovremmo capire bene se c'è la possibilità di evitare questo rischio di isolamento anche per evitare che l'allarme lanciato in Calabria rimanga un allarme tout court e, invece, dovrebbe essere raccolto innanzitutto dalla regione Calabria. Ma tutto ciò che possiamo chiedere in questa sede è al Dipartimento di verificare cosa sta facendo la Calabria e come si può lavorare con la Calabria per minimizzare questi rischi e per affrontarli.

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5023-A/5.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si tratta di un ordine del giorno che sollecita il Governo - e chiedo, quindi, molta attenzione - sulla questione del libretto del fabbricato, che in questo provvedimento non è stato possibile inserire. È stato dichiarato inammissibile prima in Commissione, poi in Assemblea, però anche oggi abbiamo audito sulla questione del terremoto e dell'emergenza in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto gli ordini professionali, il collegio dei geometri e gli ingegneri. Anche loro hanno sollecitato la necessità di avere, attraverso il libretto del fabbricato, uno stato di fatto delle strutture e degli edifici sul territorio.
Non è una questione così complicata, perché in tante specificità già siamo intervenuti con la legge. Dicevo già in sede di discussione sulle linee generali del libretto per le caldaie, istituito attraverso leggi regionali. Abbiamo già previsto i certificati energetici degli edifici, che in tante regioni ormai sono obbligatori. Credo, insomma, che si dovrebbe inserire una serie di identificazioni progettuali, strutturali e impiantistiche dentro un documento che, quindi, tenga monitorate passo per passo le eventuali modifiche nell'edificio e gli interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria.
Credo che su questa materia dobbiamo assolutamente metterci mano e testa e al più presto inserirlo in un provvedimento legislativo, perché ciò aiuterebbe non solo quando ci sono le situazioni di emergenza. Richiamavo infatti la necessità anche per i proprietari degli immobili, qualora volessero comunque spontaneamente aderire a delle polizze assicurative: è chiaro che un libretto dell'edificio aiuterebbe a dare una valutazione anche da parte delle compagnie assicurative del rischio che esiste per l'immobile.
Quindi, invito veramente a prendere in seria considerazione questo ordine del giorno e l'Italia dei Valori sicuramente anche nel prossimo provvedimento di conversione del decreto-legge sul terremoto porterà all'attenzione ancora tale questione, perché è assolutamente improcrastinabile.

PRESIDENTE. L'onorevole Vanalli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5023-A/16.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno riprende l'emendamento di ieri che avevo illustrato in Aula riguardo alla competenza in materia di protezione civile e di primi interventi in caso di emergenza da parte dei sindaci dei territori dove queste calamità si verificano.
Con il decreto legislativo n. 112 del 1998, che superava la legge n. 225 del 1992, si limitavano le competenze del prefetto in caso di interventi di protezione civile limitatamente ai territori di competenza dei sindaci. Infatti, con il decreto-legge Pag. 21al nostro esame si faceva rivivere l'articolo 14 della legge n. 225 del 1992, togliendo ulteriormente competenze ai prefetti e attribuendole ai sindaci. Tuttavia, di fatto questo ragionamento impediva al sindaco di svolgere concretamente il proprio ruolo di primo garante della rapidità e della possibilità di intervenire sul proprio territorio, a garanzia dei propri concittadini, e faceva in modo che queste competenze potessero essere assunte dal prefetto in via sostitutiva al posto dei sindaci, senza che i sindaci potessero avere possibilità di intervenire in tal senso.
L'ordine del giorno chiede al Governo di impegnarsi affinché nei provvedimenti attuativi della norma si tenga, invece, in considerazione tutta la normativa già esistente (che andava in quel senso) e poi la logica delle cose e gli esempi di quanto è stato attuato fino ad ora, cioè delle buone norme secondo le quali i primi ad intervenire sono le persone, in questo caso i sindaci, direttamente a contatto con l'evento calamitoso.
Quindi, possono avere da subito certezza di quello che sta avvenendo ed eventualmente, poi, richiedere la possibilità che il prefetto e gli altri organi regionali, provinciali e statali intervengano in aiuto della prima emergenza.
Quindi, il mio ordine del giorno va in questo senso, anche perché il ragionamento può essere esteso ad una questione più generale, per cui assistiamo, anche con norme di questo tipo, al ritorno del centralismo più spinto, che questo Governo sta portando avanti.
Avete interrotto l'iter del provvedimento legislativo sul federalismo fiscale, siete entrati a gamba tesa sull'IMU, riportandola ad un qualcosa di vecchio ed esagerato, lasciando il nome IMU e ammazzando, soprattutto, le piccole attività, che adesso dovranno pagare delle cifre spropositate per poter continuare a lavorare.
State attribuendo nuovamente ai prefetti delle competenze che da anni sono in mano ai sindaci. Insomma, si sta tornando indietro velocemente, a grandi passi, facendo il contrario di tutto quello che in questi anni è stato portato avanti soprattutto da parte del nostro movimento, che cerca di devolvere agli enti locali, e comunque alle strutture territoriali più vicine ai cittadini, compiti, competenze e possibilità di intervenire che avevano nel federalismo la loro ragione.
Quindi, il nostro orientamento contro questa azione di Governo è senz'altro di carattere negativo. La richiesta che, invece, questo ordine del giorno venga inteso favorevolmente va appunto nel senso di riprendere, almeno in minima parte, almeno con questo provvedimento, il percorso che assegna agli enti locali la possibilità di primo intervento, e avere, quindi, una scala gerarchica logica.

PRESIDENTE. L'onorevole Meroni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5203-A/17.

FABIO MERONI. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'ordine del giorno che ho presentato è una conseguenza logica dell'emendamento che è stato bocciato ieri dall'Aula. In questo caso si ritorna a parlare della necessità di prevedere delle deroghe in caso di frane o alluvioni all'interno delle ordinanze in materia di rifiuti.
Per fare un esempio al sottosegretario, con l'ultima alluvione che vi è stata in Liguria, laddove è crollato un supermercato che conteneva generi alimentari ed altre specificità, si è dovuti arrivare ad un'ordinanza prima di poter sgombrare i rifiuti, visto e considerato che si trattava di beni rientranti nei rifiuti speciali.
L'emendamento di ieri aveva lo scopo di prevedere questa possibilità all'interno della legge di conversione del decreto-legge in esame, che sarebbe stata la cosa migliore. Oggi, con questo ordine del giorno, richiamiamo ancora la necessità che il Governo si impegni per prevedere delle agevolazioni che le ordinanze potranno disporre nel momento in cui si verifica la calamità.
È un ordine del giorno di buonsenso. Penso che il Governo possa impegnarsi affinché questo si realizzi e chiedo, quindi, Pag. 22un parere favorevole su questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Lanzarin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5203-A/21.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, il nostro ordine del giorno riprende la discussione che vi è stata ieri relativa all'articolo 3 e alle gestioni commissariali. Lo sappiamo e abbiamo ampiamente discusso la questione ieri: è chiaro che vi è stato nel corso degli anni un abuso di alcune gestioni commissariali, però non possiamo per questo chiudere tutte le gestioni commissariali o metterle tutte sullo stesso piano.
In questo caso parliamo di una gestione commissariale in particolare, quella legata all'infrastruttura e al traffico tra Treviso e Vicenza, ossia la Pedemontana Veneta.
Non si può non prevedere di continuare con una gestione di questo tipo che, vorrei ricordarlo, nello specifico, per quanto riguarda la pedemontana veneta, non va ad incidere sulle tasche dei cittadini o dello Stato perché il commissario è a costo zero. Quindi, si tratta solo di una procedura che permette un'accelerazione per questa infrastruttura che il nord e il Veneto, ma non solo, aspettano da quarant'anni. È un'infrastruttura essenziale anche per i collegamenti europei, per le reti TEN-T, recepita anche, come sappiamo, dal Parlamento europeo.
Per cui, non permettere di continuare con questa gestione commissariale - che ha permesso finora di accelerare la tempistiche, di approvare i vari lotti funzionali di intervento, di colloquiare con le amministrazioni locali e, quindi, di trovare quegli accordi, quelle compensazioni e quelle varianti anche urbanistiche sul territorio che permettano poi alle aziende di essere dislocate oppure al semplice cittadino di ricostruirsi la casa - mi sembra sia assurdo e, soprattutto, non va nella direzione di sbloccare queste infrastrutture e accelerare l'iter della loro realizzazione. Per questo siamo contrari all'iter del provvedimento in esame che ha visto bocciare la nostra proposta emendativa che andava in questa direzione.
Presentiamo oggi l'ordine del giorno in oggetto, chiedendo al Governo un impegno affinché nel corso delle prossime settimane e dei prossimi mesi vengano individuate quelle opere strategiche - parliamo in particolare di infrastrutture - e che a queste infrastrutture, tra cui la pedemontana veneta, venga data la possibilità di continuare con la gestione commissariale fino all'entrata in essere di questa arteria. Credo che questa sia un'esigenza che arriva da tutto il nord, e non solo, e sia, soprattutto, un'esigenza che, in questo momento, il Governo non può non accogliere.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ippolito Vitale ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5203-A/14.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, l'ordine del giorno in oggetto mette in evidenza come ben il 40 per cento dei comuni presenti superfici ad elevato rischio sismico. Sono più di 29 mila i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini presenti in aree ad insediamento abitativo ad alto rischio sismico.
In questo scenario generale la Calabria presenta una drammatica emergenza sulla quasi totalità del territorio. Infatti, la sua conformazione morfogeologica e, purtroppo, una selvaggia urbanizzazione, hanno determinato l'esigenza della nomina di un commissario straordinario per l'attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico.
L'ordine del giorno in esame mira, pertanto, ad impegnare il Governo in un'azione di sollecitazione diretta al commissario straordinario per la mitigazione del rischio idrogeologico, al fine di predisporre una relazione dettagliata delle verifiche effettuate sul territorio regionale, contenente altresì una mappatura completa delle aree di massimo rischio, una stima completa delle aree dove intervenire, un elenco delle opere e dei relativi costi, Pag. 23quindi l'individuazione degli interventi necessari secondo criteri tecnici che ne possano stabilire le priorità e il coinvolgimento di tutti gli organi competenti.
A tal fine con questo ordine del giorno si sollecita il Governo a valutare gli interventi finanziari necessari per la messa in sicurezza dell'intera regione Calabria.

PRESIDENTE. L'onorevole Pizzolante ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5203-A/3.

SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, intervengo per illustrare il mio ordine del giorno n. 9/5203-A/3.
Come è apprezzabile ed è apprezzato da parte nostra il lavoro che il Governo sta facendo per il terremoto in Emilia - lo sta facendo bene e tempestivamente - vogliamo mettere in evidenza, il sottoscritto ed i vari firmatari rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, la differenza di atteggiamento e di impegno che c'è stata nei confronti di quello che noi chiamiamo un terremoto bianco, quello che c'è stato tra il mese di dicembre ed il mese di gennaio di quest'anno, inerente alla grande nevicata, il cosiddetto «nevone», che ha coinvolto più regioni e particolarmente, per quanto riguarda il vortice, la Romagna e le Marche.
Anche in quel caso, in quei mesi, vi sono stati danni molto ingenti e molto rilevanti alle strutture pubbliche e danni rilevantissimi alle imprese ed alle residenze delle famiglie. Sono caduti capannoni, sono cadute stalle, sono stati messi in evidenza danni per centinaia di milioni, sia nelle strutture pubbliche sia nelle strutture private, e molte imprese non sono state in grado di riprendere l'attività produttiva ed ancora oggi non sono in grado di riprenderla. Ci troviamo di fronte al paradosso, in questi giorni, che molte imprese e molti agricoltori debbono pagare l'IMU sui capannoni e sulle stalle, che invece sono da ormai molti mesi crollate.
Rispetto a questo terremoto bianco, rispetto a questa grande calamità, c'è stato un atteggiamento elusivo da parte del Governo: agli impegni presi dal Governo in quest'Aula ed anche nelle varie trasmissioni televisive non sono succedute iniziative concrete. Abbiamo provato a presentare un emendamento al decreto, che noi stiamo qui convertendo, ma non è stato possibile portarlo avanti.
Chiediamo al Governo un impegno ulteriore, questa volta decisivo, per affrontare un evento calamitoso, che è stato devastante soprattutto per la Romagna e le Marche (Applausi dei deputati del gruppo popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Calvisi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5203-A/12.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, io ho ritirato un emendamento che chiedeva la proroga del regime commissariale a dicembre 2013 per alcune opere pubbliche della Sardegna. In particolare, chiedevo la proroga del regime commissariale per quanto riguarda le opere connesse a quel G8, che doveva svolgersi nell'isola di La Maddalena e che non si è mai svolto. Quindi, le opere che avevo individuato, sono opere nell'isola di La Maddalena e alcune opere infrastrutturali nel territorio della Gallura e in particolare, la strada statale Olbia-Sassari.
Chiedevo questa proroga pur sostenendo questo provvedimento e sostenendo la posizione del mio gruppo, perché scopo di questo provvedimento è riportare la Protezione civile alla sua mission originale. In pratica, una disposizione, che in qualche modo ponesse fine ai regimi commissariali entro un lasso di tempo definito, era inevitabile, era insita, apparteneva in qualche modo alla stessa logica di questo provvedimento.
Il problema, però, qual è? Il problema è che dalla cessazione improvvisa e non governata di alcuni regimi commissariali vi possono essere effetti, che neanche lo stesso Governo e neanche le forze, che in questo Parlamento hanno sostenuto il provvedimento, sicuramente desidererebbero. C'è, infatti, il rischio di un allungamento dei tempi per la realizzazione di queste opere, perché sappiamo che parliamo Pag. 24di appalti, che vengono messi a bando, di espropri e di progetti esecutivi che le imprese devono presentare. C'è il rischio che un allungamento dei tempi abbia un effetto esattamente opposto a quello che ci si è posti. È stata anche l'obiezione fatta dalla Ragioneria generale dello Stato. La Ragioneria generale dello Stato ha cioè detto: attenti, che la prosecuzione del regime commissariale può comportare un aumento dei costi.
In verità, però, vorrei che il Governo riflettesse sul fatto che l'aggravio di costi per le opere pubbliche vi può essere in virtù dell'allungamento dei tempi. Cito solo questo esempio: la Sassari-Olbia è una strada molto nota in Sardegna. Dal 1995 in poi lungo questa strada sono morte quasi 90 persone. Ebbene, nel 2007, quando si individuarono le opere collaterali al G8, si disse che questa strada costava 470 milioni di euro Poi il Governo Berlusconi bloccò quel trasferimento di risorse alla regione Sardegna e in pochi anni il costo della strada è lievitato sino a raggiungere quasi la cifra di un miliardo di euro. Ebbene, se aumentiamo i tempi di realizzazione di queste opere è possibile che il costo possa anche essere raddoppiato, quindi noi andiamo incontro ad una lievitazione dei prezzi delle opere pubbliche. Auspico che il Governo, nel fare questa ricognizione e nell'evitare che l'Aula designi quali opere meritano di avere prorogato il regime commissariale, faccia una valutazione attenta sotto questo punto di vista.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,35)

GIULIO CALVISI. Per quanto riguarda le opere della Maddalena e della Gallura ed in particolare la Sassari-Olbia, ritengo che questo tipo di problema - allungamento dei tempi e aggravio dei costi - sia assolutamente certo. Pertanto chiedo al sottosegretario ed al Governo di accettare questo ordine del giorno a di approvarlo per fare questa ricognizione, individuando, appunto, tra le opere da prorogare sino alla conclusione dei lavori, le opere della Maddalena e la Sassari-Olbia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5203-A/1.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per argomentare questo ordine del giorno che, prendendo atto, anzi, approvando i contenuti del nuovo provvedimento in merito alla Protezione civile e soprattutto le competenze atte a dare immediatezza alle decisioni assunte nelle varie sedi per verificare i danni del sisma o di altre calamità naturali, pone un problema che riguarda non solo la mia regione, ma tutte le altre regioni. La mia regione, l'Emilia Romagna, soprattutto la parte della provincia di Bologna in cui abito e che confina con le province di Modena e Ferrara, è stata coinvolta, come tutti sanno, in modo significativo, soprattutto in alcuni comuni, in modo che la stampa e l'opinione pubblica hanno verificato. Si pone ora il problema di riconoscere da un lato l'impegno di tutte le istituzioni - cosa che faccio anche in questa sede - della Protezione civile, dei vigili del fuoco, delle Forze armate, degli enti locali e della regione. Si pone un problema, oggi e domani, di verificare il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali nelle misure che progressivamente saranno adottate. L'ordine del giorno suggerisce di dare periodicità a questo coinvolgimento, che deve coinvolgere - scusate il bisticcio di parole - innanzitutto gli enti locali in tutte le loro rappresentanze, comprese le minoranze - insisto nel ribadire che devono essere comprese le minoranze - non per prolungare, dilungare o far perdere tempo a coloro che debbono procedere proprio di fronte all'emergenza, ma per dare una sensazione di unitarietà nell'adempimento di questi obblighi dovuti alle situazioni di quelle popolazioni e che richiedono l'impegno di tutti. Chiedo pertanto al Governo di approvare questo ordine del giorno che va nel senso proprio di favorire la maggiore Pag. 25solidarietà possibile delle istituzioni assieme alle popolazioni.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, comunico preliminarmente che il Governo, anche per favorire il mantenimento del clima così costruttivo che ha accompagnato l'esame del provvedimento sulla Protezione civile, si dispone ad accogliere gli ordini del giorno che sono stati presentati con qualche lieve riformulazione che ad uno ad uno verrò a proporre. Ringrazio anche in questa occasione i relatori, le due Commissioni e tutti i parlamentari per l'atteggiamento di grande costruttività di cui hanno dato prova e che viene confermato anche dal contenuto degli ordini del giorno. Passo ad esprimere il parere. Il Governo accetta l'ordine del giorno Garagnani n. 9/5203-A/1 limitatamente al primo e al secondo capoverso, e per quel che riguarda la parte dispositiva fino alle parole «eventi calamitosi» (più o meno verso la metà del dispositivo), chiedendo l'espunzione delle parti sulle quali non si dà parere favorevole.
Il Governo inoltre accetta gli ordini del giorno Realacci n. 9/5203-A/2 e Pizzolante n. 9/5203-A/3, mentre accetta l'ordine del giorno Gianni n. 9/5203-A/4 senza riformulazioni sino al terzo punto escluso del dispositivo, per il quale si propone una leggera riformulazione: dopo le parole «a procedere, quanto prima,» inserire le parole «a valutare l'accoglimento» (cioè si propone l'introduzione delle parole «a valutare l'accoglimento», perché sono in corso gli accertamenti tecnici dei tavoli preposti su questa materia). Il Governo accetta altresì l'ordine del giorno Piffari n. 9/5203-A/5 purché riformulato nel seguente modo: sostituire le parole «a prevedere» con le parole «a valutare la possibilità di prevedere» (noi condividiamo l'idea che viene proposta, ma è ovvio che ci sono alcuni limiti che dobbiamo affrontare e quindi ci sforzeremo di superare tutti gli ostacoli che ci sono).
Il Governo accetta inoltre l'ordine del giorno Borghesi n. 9/5203-A/6, mentre accetta l'ordine del giorno Favia n. 9/5203-A/7 purché riformulato nel seguente modo: sostituire le parole «a provvedere» con le parole «a valutare l'opportunità di provvedere». Il Governo accetta altresì gli ordini del giorno Di Stanislao n. 9/5203-A/8, Dionisi n. 9/5203-A/9 e Libè n. 9/5203-A/10, mentre accetta l'ordine del giorno Tassone n. 9/5203-A/11 purché sia accettata la seguente riformulazione (che di fatto ha anticipato lo stesso presentatore nel corso del suo intervento) del dispositivo: «impegna il Governo a considerare l'opportunità di far uso il più contenuto possibile del potere di delega di cui all'articolo 1» (ci fermiamo qui). Poi abbiamo l'ordine del giorno Calvisi n. 9/5203-A/12, che mi fornisce l'occasione per dire che tutti gli ordini del giorno che ripropongono l'indicazione di alcune opere che erano emerse nel corso del dibattito il Governo li accoglie ma tutti con la stessa formula praticamente. Essa prevede di inserire nel dispositivo di questo ordine del giorno (l'ordine del giorno Calvisi n. 9/5203-A/12) subito dopo le parole «a valutare l'opportunità» l'interposizione: «nell'ambito della ricognizione di cui all'ordine del giorno Lanzarin n. 9/5203-A/21». Perché quest'ultimo ordine del giorno? Perché è il primo degli altri che usa questa dizione, ma per noi il riferimento di equilibrio è quello presentato dai due relatori, di cui avevamo anticipato già l'accoglimento in Commissione, che prevede che si faccia una ricognizione al fine di stabilire che cosa deve essere prorogato per garantire l'efficace esecuzione delle opere medesime...

PRESIDENTE. Sottosegretario, le chiedo scusa, il riferimento a un altro ordine del giorno è un po' anomalo. Magari si può proprio interpolarlo con la frase specifica proposta, senza richiamare l'altro ordine del giorno. Se è per l'esplicazione Pag. 26 va bene, ma ai fini della riformulazione non si può richiamare un altro ordine del giorno.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente la riformulazione prevede l'inserimento delle seguenti parole: «nell'ambito della ricognizione che verrà effettuata entro il termine di scadenza». Quindi possiamo dire senz'altro così.
Il mio era solo ai fini di chiarimento altrimenti non si comprendeva la ragione.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mereu n. 9/5203-A/13, a condizione che, all'inizio della parte dispositiva, siano inserite le seguenti parole: «a verificare le condizioni tecniche al fine di».
Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/5203-A/14, a condizione che nella parte dispositiva sia aggiunta la seguente clausola: «nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Marini n. 9/5203-A/15, mentre accetta l'ordine del giorno Vanalli n. 9/5203-A/16, a condizione che siano apportate due lievi correzioni. Nel dispositivo, al penultimo rigo, siano eliminate, le parole: «in via sostitutiva» e, alla fine, siano aggiunte le seguenti parole: «ai sensi del comma 4 del citato articolo 15 della legge n. 225 del 1992». È più preciso il riferimento, per cui lo proponiamo così.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Meroni n. 9/5203-A/17, mentre accetta l'ordine del giorno Lusetti n. 9/5203-A/18, a condizione che venga apportata una riformulazione che, a nostro giudizio, è più corretta nell'ambito dei rapporti tra diverse istituzioni, e che consiste nel premettere al dispositivo le seguenti parole: «ad assumere iniziative finalizzate...».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Dima n. 9/5203-A/19, Dussin n. 9/5203-A/20, Lanzarin n. 9/5203-A/21 e Contento n. 9/5203-A/22, mentre l'ordine del giorno La Loggia n. 9/5203-A/23 è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Distaso n. 9/5203-A/24, che è quello dei relatori a cui mi sono riferito prima, mentre l'ordine del giorno Gioacchino Alfano n. 9/5203-A/25 è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno De Pasquale n. 9/5203-A/26, a condizione che siano aggiunte le seguenti parole: «nel rispetto dei limiti della finanza pubblica» e, infine, accetta l'ordine del giorno Compagnon n. 9/5203-A/27, a condizione che siano riformulati sia la premessa che il dispositivo. Per quanto riguarda la premessa, il Governo propone, nell'ultimo periodo, di eliminare l'inciso: «di tutti i Corpi dello Stato», mentre, per quanto concerne la parte dispositiva, propone che essa sia riformulata togliendo le parole: «ad individuare», partendo quindi da: «laddove il sistema di protezione civile regionale si è dimostrato efficace e tempestivo nelle pregresse esperienze emergenziali,» seguito da: «a far sì che le regioni possano svolgere efficacemente le funzioni di cui all'articolo 108, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1998». Anche questo per salvaguardare l'unitarietà del sistema di protezione civile e di intervento.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/5203-A/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
Onorevole Realacci, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5203-A/2, accettato dal Governo?

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, ringrazio il Governo per l'accoglimento dell'ordine del giorno. Intervengo brevemente per dire al Governo che mi auguro che sia stato ovviamente serio nell'accoglimento di questo ordine del giorno, sottoscritto da parlamentari del Partito Democratico e credo di tutti i gruppi presenti in Aula, perché fa riferimento ad una questione chiave. Siamo a un mese dal terremoto in Emilia e ogni volta che si verifica un evento simile si parla di avviare un piano di prevenzione antisismica e poi non se ne fa nulla. L'ordine del giorno prevede di utilizzare il 55 per cento di credito di imposta per il Pag. 27risparmio energetico, anche per la messa in sicurezza antisismica del nostro patrimonio abitativo e di permettere ai comuni che hanno risorse di mettere in sicurezza gli edifici pubblici a partire dalle scuole. Siccome questo è molto diverso da quello che è previsto nel decreto-legge cosiddetto «sviluppo», e quindi in questo senso andranno previste delle modifiche al suddetto decreto, mi auguro che il Governo, accogliendo questo ordine del giorno, si predisponga ad accogliere anche queste modifiche.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Realacci n. 9/5203-A/2, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Pizzolante n. 9/5203-A/3, accettato dal Governo.
Onorevole Gianni, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5203-A/4, accettato dal Governo, purché riformulato?

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, insisto per la votazione. Mi auguro che i colleghi possano apprezzare l'ordine del giorno e votare a favore.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo non accetta l'ordine del giorno Gianni n. 9/5203-A/4 nel testo originario.

PRESIDENTE. Nel momento in cui non viene accettata la riformulazione va de plano che il parere del Governo è contrario.
Onorevole Gianni, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5203-A/4, non accettato dal Governo?

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, chiedo che questo ordine del giorno sia votato perché evidentemente il Governo non ha ben compreso che esso è molto importante; considerato tutto quello che è successo negli ultimi cento anni e negli ultimi dieci giorni, sarebbe opportuno che il Governo rivedesse questa posizione per dare la possibilità di prevenire anziché perdere tempo a non curare.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Forse l'onorevole Gianni non c'era quando abbiamo espresso la riformulazione. Non abbiamo respinto il terzo capoverso del dispositivo. Abbiamo chiesto di sostituire la parola: «accoglimento» con le parole: «valutare l'accoglimento», poiché è in corso il tavolo tecnico di confronto; altrimenti se vogliamo saltare tutte le istituzioni... ma il Governo non può saltarle.

PRESIDENTE. Onorevole Gianni?

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione dell'ordine del giorno n. 9/5203-A/4 da me presentato.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gianni n. 9/5203-A/4, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Piffari n. 9/5203-A/5, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/5203-A/6, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Favia n. 9/5203-A/7, accettato dal Governo, purché riformulato. Pag. 28
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Di Stanislao n. 9/5203-A/8, Dionisi n. 9/5203-A/9, Libè n. 9/5203-A/10, accettati dal Governo.
Onorevole Tassone, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5203-A/11, accettato dal Governo, purché riformulato?

MARIO TASSONE. Signor Presidente, accolgo la riformulazione proposta dal Governo, anche perché va nel senso indicato nel mio ordine del giorno, anche se il mio ordine del giorno prende atto dell'approvazione di una norma verso la quale ho espresso molte riserve e quindi contrarietà. Mi meraviglia come il Governo, e ovviamente i colleghi, non si siano accorti che passando quella norma con quel tipo di delega, di fatto e sostanzialmente cade l'impianto su cui si regge questo disegno di legge di conversione di un decreto-legge. Infatti cade di fatto. Pertanto va bene questo ordine del giorno così riformulato, che dà una maggiore forza alla Presidenza del Consiglio, nel limitare molto la delega. Ma questo dovrebbe essere il viatico per una riforma per riformulare questo articolo nell'altro ramo del Parlamento. In questo senso dico «sì» alla riformulazione che si accompagna ad una pressante raccomandazione e sollecitazione rivolta al Governo.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Calvisi n. 9/5203-A/12, accettato dal Governo, purché riformulato.
Onorevole Mereu, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5203-A/13, accettato dal Governo, purché riformulato?

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, chiedo soltanto se me la può ripetere.

PRESIDENTE. Sottosegretario D'Andrea, può ripetere le riformulazione?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Avevamo detto di premettere al dispositivo: «verificare le condizioni tecniche al fine di» e poi rimane: «disporre il dislocamento».

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mereu n. 9/5203-A/13, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/5203-A/14, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Marini n. 9/5203-A/15, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Vanalli n. 9/5203-A/16, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Meroni n. 9/5203-A/17, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lusetti n. 9/5203-A/18, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Dima n. 9/5203-A/19, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Dussin n. 9/5203-A/20, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lanzarin n. 9/5203-A/21, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Contento n. 9/5203-A/22, accettato dal Governo.
Ricordo che l'ordine del giorno La Loggia n. 9/5203-A/23 è inammissibile. Pag. 29
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Distaso n. 9/5203-A/24, accettato dal Governo.
Ricordo che l'ordine del giorno Gioacchino Alfano n. 9/5203-A/25 è inammissibile.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno De Pasquale n. 9/5203-A/26, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Compagnon n. 9/5203-A/27, accettato dal Governo, purché riformulato.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, io accolgo la riformulazione così come proposta dal sottosegretario, soprattutto per la parte dispositiva, dove richiama l'articolo 108 del decreto-legge n. 112 del 1998. Il mio ordine del giorno forse era più preciso rispetto al ruolo dei sindaci e delle squadre di protezione civile, però, nello spirito di fare un passo avanti, mi va bene. Spero che anche questa riformulazione venga accolta dal collega Contento, che per colpa mia, per un refuso, è cofirmatario anche dell'ordine del giorno in esame.

PRESIDENTE. C'è anche l'assenso dell'onorevole Contento.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, non è trascorso un tempo lunghissimo dall'approvazione in quest'Aula del decreto-legge cosiddetto milleproroghe, che ridimensionava la Protezione civile, già da tempo snaturata nella sua funzione: solo un anno e quattro mesi, nel corso dei quali il Paese ha subito eventi alluvionali e sismici che hanno colpito indifferentemente il nord e il sud dell'Italia, provocando lutti e devastazioni. Ultimo in ordine di tempo il terremoto in Emilia, una ferita dolorosissima, che ha reso urgente provvedere al riordino e al chiarimento delle competenze della Protezione civile. Quindi bene ha fatto il Governo a mettere mano al decreto, che il lavoro delle Commissioni referenti, la I (Affari costituzionali) e l'VIII (Ambiente), ha contribuito certamente a migliorare, anche in virtù degli emendamenti approvati ieri, miranti a garantire l'operatività del Dipartimento della protezione civile, definendone i poteri. È positivo quindi che l'articolo 1, comma 1, lettera b), ponga un limite temporale all'impiego di mezzi e poteri straordinari da parte della Protezione civile. Infatti la storia nazionale è costellata da troppe emergenze rimaste tali per anni, che hanno prodotto le storture e le conseguenze negative che tutti ben conosciamo. Condividiamo tuttavia l'intervento delle Commissioni di merito, che ha prolungato il periodo di vigenza dell'emergenza a 90 giorni, con una sola proroga di 60, considerata la mole di interventi che si rendono necessari in seguito a gravi eventi calamitosi. È importante anche chiarire che la Protezione civile non deve occuparsi di grandi eventi, anche se, quando l'ha fatto, soprattutto in alcune occasioni straordinarie, non ha certamente sfigurato. Tuttavia sono comunque eventi estranei alla natura originale della legge n. 225 del 1992.
Come Alleanza per l'Italia riteniamo importante avere esteso le competenze della Protezione civile alla messa in sicurezza dei beni culturali, sollevando da questo compito i comuni. Interventi anche minimi di consolidamento e messa in sicurezza dei beni culturali effettuati nelle prime fasi dell'emergenza sono infatti fondamentali per evitare ulteriori e più gravi danni al patrimonio culturale, recati dai disastri ambientali.
È degno di nota che il decreto sia ispirato a criteri di trasparenza per quel Pag. 30che riguarda le procedure di spesa durante i 150 giorni di gestione della Protezione civile, che stabilisca come prioritario l'intervento dello Stato ed escluda dal Patto di stabilità le spese sostenute dai comuni per affrontare l'emergenza, che preveda la rapida cancellazione delle gestioni commissariali aperte e un'anagrafe pubblica di queste e di grandi eventi.
Signor Presidente, le chiedo un momento: non abbiamo presentato nessun emendamento, se ho ancora qualche secondo concludo, ma poi consegno agli atti l'intervento.
Noi crediamo che sia necessario porre mano ad un provvedimento articolato, che preveda prima di tutto che ogni regione sia dotata delle medesime risorse umane e tecniche di protezione civile. In questo senso si dovrebbe provvedere alla più ampia diffusione della cultura di protezione civile, a cominciare dalle scuole. Infine, matura nel Paese - e ne siamo contenti - l'introduzione del servizio civile obbligatorio, affinché un numero crescente di cittadini possa essere preparato ad offrire un supporto competente nelle situazioni di emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia). Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Mosella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, credo che questa riforma della legislazione relativa alla Protezione civile, sia stata una scelta opportuna fatta in questo momento, anche in seguito agli avvenimenti che si sono verificati in Emilia Romagna.
È chiaro che la Protezione civile si era evoluta e che la legislazione non reggeva più, perché la Protezione civile, sostanzialmente, si era sostituita allo Stato nell'ordinarietà e, soprattutto, nelle questioni particolari, quelle relative ai grandi eventi. Quindi, è chiaro che la Protezione civile, che diventava sostanzialmente un mezzo per bypassare la normativa vigente e le regole, avendo a disposizione risorse finanziarie senza bisogno di ubbidire a quanto era stabilito dalle norme, era un elemento unico nella legislazione italiana ed europea.
Pertanto, il decreto-legge prima e, in seguito, le modifiche che vi sono state, non solo presso le Commissioni, ma anche qui in Aula, hanno portato ad un testo che noi di Grande Sud approviamo senz'altro. Siamo dell'avviso che sia un buon testo, che consente di ritornare all'origine, cioè alla Protezione civile come concepita all'inizio dall'ex Ministro Zamberletti, che ha avuto tanti meriti con riferimento all'organizzazione degli interventi in tantissimi casi, non sono in Italia, ma anche all'estero: quindi, quando vi era un'emergenza, è stato possibile attuare ciò.
Tuttavia, noi sappiamo che, spesso, le leggi fatte da noi, poi, vengono interpretate: io non vorrei che l'altra previsione importante che abbiamo inserito nel provvedimento in oggetto, cioè quella relativa alla limitazione dei tempi delle emergenze - 90 giorni più 60 -, possa essere, poi, derogata continuamente, arrivando così ad avere emergenze che durano anni ed anche decenni. Qualche parolina, infatti, si mette sempre per arrivare a questo: quindi, è necessario che ciò assolutamente non avvenga.
Il terzo aspetto, a mio avviso importantissimo, che è entrato in questo provvedimento, è quello di prevedere che il centro decisionale della Protezione civile - anche se è una materia concorrente con le regioni - non sia delegato ad un membro del Governo qualsiasi, ma che il cambio, il manubrio, sostanzialmente, si mantenga sempre in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Certo, le deleghe che vengono previste possono far sì, anche in questo caso, che al posto della Presidenza del Consiglio, vi sia sempre un Ministro - e, in generale, il Ministro dell'interno - oppure un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Noi riteniamo che, comunque, Pag. 31essendo il Dipartimento della protezione civile in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, anche la Protezione civile debba essere diretta da Palazzo Chigi.
Un'ulteriore questione che abbiamo fatto bene, in questo caso, ad espungere è quella delle assicurazioni: credo che a tal proposito vada fatta una legge apposita.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Quindi, nella sostanza, non avendo il tempo di illustrare - lo hanno fatto bene, nelle Commissioni, i relatori e i presidenti delle stesse, a cui va il nostro plauso - dichiaro che noi, come Grande Sud, voteremo convintamente a favore del provvedimento, così come è emerso dalla discussione e dal dibattito in quest'Aula del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, colleghi, stiamo parlando, con questo provvedimento, di un qualcosa che ci ricorda le cose belle dell'Italia. Altri colleghi, anche in sede di discussione sulle linee generali, hanno ricordato le cose fatte da Zamberletti in quel periodo e, quindi, l'impostazione corretta. Ma in particolare ricordiamo che è una struttura, questa della Protezione civile, che nasce dalla gente, nasce dalla voglia di fare della gente, della società civile, senza bisogno di intervenire con strumenti di legge forzati. E queste persone, che ancora oggi dobbiamo ringraziare per quello che stanno facendo sui territori italiani, si sono organizzate, hanno speso il proprio tempo, le proprie risorse - e continuano a farlo - per dare una risposta ai bisogni delle popolazioni che vengono colpite da calamità naturali.
Tuttavia, pur di fronte a tutta questa storia, ci troviamo a dover fare un provvedimento urgente di riorganizzazione della Protezione civile. E allora, ci dobbiamo chiedere: perché è successo questo? Perché da buone pratiche, dagli esempi concreti che nascevano sui territori, da regioni che hanno cominciato ad organizzarsi, così come ci dice la Costituzione, in modo autonomo sui propri territori, siamo arrivati a dover riorganizzare in modo urgente questo?
Credo che ciò debba essere tenuto presente perché, anche in questi giorni, ho letto alcune prese di posizione, alcuni comunicati, da parte dell'allora sottosegretario Bertolaso, in modo trionfale. Credo che, invece, dobbiamo riflettere, perché avevamo pensato, attraverso una macchina che funzionava bene come la Protezione civile, di poter risolvere tutte le questioni che sono in ballo in Italia.
Voglio, infatti, ricordare che abbiamo affrontato: l'anno giubilare paolino, a Roma, nel 2008; la visita di Papa Benedetto XVI a Cagliari, nel 2008; i funerali del Papa Wojtyla; il G8 a La Maddalena; i mondiali di nuoto a Roma; il campionato del mondo di ciclismo a Varese; le cerimonie per la Presidenza della Comunità europea nel 2002; il congresso dell'Azione cattolica nelle Marche, nel 2004; il Congresso europeo delle famiglie numerose; l'EXPO di Milano; il quattrocentesimo anniversario della nascita di San Giuseppe da Copertino a Lecce; la gara velistica Louis Vuitton, world series, da tenere in Sardegna; il Congresso eucaristico nazionale ad Ancona, nel settembre 2011, e tanti altri. Ancora oggi abbiamo questi strumenti di ordinanza e protezione civile ancora in esercizio e in funzione in altri sessanta casi oltre a quelli che ho citato.
Credo che bene abbia fatto il Governo ad affrontare con un decreto d'urgenza questo riordino, anche se sarebbe stato necessario, naturalmente, affrontarlo con una legge, con più tempo, con più spazio per poter sentire e affrontate le questioni, per sentire i territori e le regioni, che, in materia, oggi, hanno molto da fare e hanno moltissime responsabilità. I sindaci, infatti, sono la prima chiave di comando quando succede qualcosa sul territorio, sono i primi ad essere attivati e sono i Pag. 32primi alla cui porta i cittadini vanno a bussare. Tuttavia, non era più possibile affrontarlo con misure ordinarie e con del tempo. Ciò è gravissimo e dobbiamo assumerci le responsabilità per ciò che abbiamo combinato.
E ancora, durante la riorganizzazione di questo strumento legislativo, ci siamo dovuti sobbarcare cose che non c'entrano, che non c'azzeccano, ma che sono rimaste in gobba alla Protezione civile. Prima di tutto, l'inceneritore di Acerra. Cosa andiamo a dire ai milioni di volontari che lavorano alla Protezione civile? Che dovevamo discutere dell'inceneritore di Acerra e, invece, abbiamo discusso di chi doveva pagarlo, di come pagarlo e se pesasse o meno sulle casse dei campani e della Campania, e quant'altro: un qualcosa che si trascina da tempo. Forse era bene dire che quella questione andava affrontata in modo separato. Basta sporcare un argomento così importante come la questione della Protezione civile con queste cose!
E ancora, durante la discussione e i dibattiti, abbiamo avuto pressioni e mal di pancia perché finalmente nel decreto-legge compare qualcosa di straordinario: si sancisce che il decreto di urgenza deve essere limitato nel tempo, per quanto basta, e non può essere uno strumento di reiterazione. Siccome con il decreto di urgenza si scavalcano tutte le leggi, si può operare in deroga alle norme e alle leggi e, in alcuni casi, anche a leggi di primaria importanza, è fondamentale che questo non diventi lo strumento per operare, invece, in modo generico così com'è stato fatto. Certo, è importante intervenire all'estero quando accadono disastri come è successo ad Haiti, come è successo in Giappone o come è successo nel Congo, ma anche in questi casi dobbiamo trovare un sistema di normalità negli interventi che non possono essere delegati attraverso ordinanze che ancora oggi sono in essere; a distanza di due anni dagli eventi noi stiamo usando, ancora, strumenti di straordinarietà per affrontare queste questioni.
A distanza di un anno, ancora oggi utilizziamo questi strumenti per la gestione dei profughi che sono arrivati dal nord Africa l'anno scorso, anzi più di un anno fa perché, in alcuni casi, già a maggio sbarcavano in migliaia sulle nostre coste. Eppure, è passato un anno e questo strumento lo utilizzeremo sicuramente fino al 31 dicembre di quest'anno. Credo che, a questi disperati, a queste persone che sbarcano sui nostri territori, dobbiamo rispondere in modo efficace con degli strumenti ordinari che rispettino anche il diritto internazionale. Non possiamo solo utilizzare strumenti di straordinaria efficacia che però, nel tempo, diventano dei soprusi, nel tempo diventano delle forzature sia nei confronti loro sia nei confronti dei cittadini italiani che pagano, perché, infatti, comunque, ospitiamo nel limbo, a costi anche piuttosto alti, questi popoli, questa gente, e potrei dire tante altre cose.
L'attenzione qui si è concentrata sulle esigenze e mi rivolgo al Governo perché ieri abbiamo ascoltato il Ministro Passera in VIII Commissione sulla questione delle infrastrutture; ebbene, nella sua corposa relazione e naturalmente non poteva non esserlo, egli dice che per prima cosa l'obiettivo del Governo è stato quello di rendere davvero utilizzabili le risorse che arrivavano dal privato per fare le infrastrutture e di rendere davvero cantierabili un numero rilevante di interventi. Una simile azione non poteva però essere mirata solo all'attivazione delle risorse; era necessario sbloccare anche una serie di vincoli procedurali, una serie di filtri che ritardavano l'intero iter autorizzativo e scoraggiavano, in partenza, il coinvolgimento di capitali privati. È stato quindi necessario far approvare una serie di norme, circa cento, con le quali superare una simile grave criticità del nostro sistema. Tali norme stanno già producendo risultati tangibili.
È vero o non è vero ciò che dice il Ministro? Se è vero, questa è la strada da seguire e quindi non può essere quella dell'utilizzare i commissari che garantiscono il sistema bancario italiano o internazionale affinché partecipino al project financing. Credo che, sul territorio italiano, Pag. 33ci siano buoni esempi, anche se hanno parecchia criticità; ricordo solo quello che sta succedendo in Lombardia; ci sono infrastrutture dove lo Stato non ci mette un euro che sono di alcuni miliardi di euro di consistenza e si stanno affrontando nella normalità, con gli espropri, con l'occupazione, con i dibattiti e le discussioni anche molto forti sui territori perché credo che la Lombardia, la zona di Milano e di Brescia, sia, dal punto di vista antropico, abbastanza carica, e quindi le risposte, nella normalità si possono dare. Dopodiché, per rispondere alle esigenze di queste grandi infrastrutture, invito il Governo, qualora ciò si renderà necessario, a venire qui, ancora, in quest'Aula, a dire: ho bisogno lì di questo strumento straordinario e chiedo a voi, come Parlamento, l'autorizzazione. Non può essere un qualcosa di generale.
Comunque, ringrazio ancora il Governo e i colleghi in Commissione, che hanno comunque permesso, anche a un partito all'opposizione come Italia dei Valori, che fossero accolte parecchie proposte emendative. Spero che anche in futuro si possa continuare con questa collaborazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento ritengo sia indispensabile fare alcune riflessioni. Dietro questo complesso articolato, dietro le competenze e i sistemi di controllo e monitoraggio, vi sono donne o uomini, italiani che ogni giorno lavorano in nome della solidarietà sociale e dell'assistenza al cittadino, molti dei quali lavorano come volontari per puro spirito di solidarietà e di partecipazione. La Protezione civile rappresenta il fiore all'occhiello del nostro Paese e del sistema di assistenza, soprattutto ora che ha perso, finalmente, la sua configurazione patronale. Questa non è retorica, ma una doverosa quanto oggettiva osservazione di un fenomeno tutto italiano, il lato virtuoso della operatività italiana e della sua capacità di gestire l'emergenza e gli eventi straordinari, un servizio competente e efficiente considerato come tale a livello internazionale. Come è stato evidenziato da qualche collega, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (l'OCSE), nel suo rapporto stilato nel 2010, a pochi mesi dal terremoto de L'Aquila, evidenziò l'efficacia del sistema italiano e della sua organizzazione, sottolineando che il sistema di protezione civile italiana di coordinare le risorse è in particolar modo valido e lodevole, alla luce della sua consolidata capacità di azione.
Elementi di certo non trascurabili, che configurano la Protezione civile come una buona pratica di riferimento per le strutture simili in Europa e non solo. Non possiamo dimenticare queste evidenze, nemmeno dinanzi agli scandali che si sono avvicendati, purtroppo, proprio in concomitanza del terremoto d'Abruzzo, che hanno umiliato quanto di buono negli anni la Protezione civile ha costruito. Ma la Protezione civile non è solo questo; questi uomini che aiutano gli abitanti dell'Emilia sono lontani anni luce dal gioco di appalti e commesse d'oro, e sono ciò che dobbiamo tutelare e migliorare, e la riforma che oggi intendiamo varare vuole proprio operare in questa direzione. Proprio per questo il punto di vista è giusto: tutelare quanto di buono la Protezione civile rappresenta, creando le condizioni normative e operative affinché le criticità della stessa possano essere superate. Per tale ragione, a queste donne e a questi uomini, a nome di Futuro e Libertà, vogliamo rivolgere il nostro sentito ringraziamento, per la passione che infondono nel loro lavoro, nel coraggio che danno a chi ha bisogno e soprattutto per la loro capacità di rappresentare l'Italia che sa rialzarsi e rimettersi in carreggiata.
Per giungere a questo testo abbiamo lavorato sodo, ci tengo quindi a rinnovare ancora una volta il mio sentito ringraziamento al Governo e alle Commissioni, che si sono impegnate in queste settimane in un complesso lavoro di analisi e approfondimento Pag. 34su un provvedimento che attendevamo da tempo. Noi, come Futuro e Libertà, abbiamo voluto garantire la definizione in tempi celeri di questo provvedimento, che chiarisce le funzioni di Protezione civile e le potenzialità del suo futuro, rimettendo a posto quelle criticità che sembravano condizionarlo, come quella della durata a tempo indeterminato della condizione di emergenza e quella dell'assicurazione volontaria per calamità.
Dal primo quadro normativo del 1992 ad oggi il contesto è notevolmente mutato, così come gli strumenti a disposizione e la cornice amministrativa entro la quale la Protezione civile opera. Siamo pienamente consapevoli del momento di certo non facile e della condivisa esigenza di operare una riforma all'interno del comparto che sia strutturata secondo il criterio della razionalità e della fattività, oltre che dell'efficienza operativa del servizio. Ciò a cui siamo approdati attraverso un complesso lavoro di confronto e mediazione anche con il Governo rappresenta un importante punto di partenza, dal quale cominciare a rivedere un comparto ancora più efficiente e rispondente alle esigenze del momento e del nostro Paese.
La possiamo chiamare razionalizzazione o efficientamento. Io penso si tratti di ridefinire i limiti operativi della Protezione civile, mettendo ordine in un comparto in cui il caos talvolta, e una gestione approssimata l'hanno fatta da padroni, e rendere la Protezione civile non solo uno strumento di emergenza, ma un servizio capace di operare prevenzione e assistenza.
La presenza della Protezione civile in contesti che nulla avevano a che fare con la sua originaria mission, a mio parere, avrebbe potuto rappresentare il punto di partenza dello sfaldamento di un sistema virtuoso, e noi siamo qui per esorcizzare proprio questo.
Ci auguriamo che quanto delineato in queste ore non subisca il cosiddetto «sciacallaggio» nei prossimi passaggi parlamentari, ma che mantenga la struttura attuale, nel rispetto di quanti hanno voluto salvare quanto di buono la Protezione rappresenta da anni. Per tale ragione ribadisco il voto favorevole di Futuro e Libertà al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, colleghi, le recenti catastrofi che si abbattono, purtroppo, sul nostro Paese richiedono la razionalizzazione e il rafforzamento della macchina di soccorso e assistenza. Il terremoto emiliano e gli eventi alluvionali dell'inverno passato hanno evidenziato le gravi conseguenze della mancata e puntuale prevenzione sul territorio, la sola in grado di attenuare i rischi.
Si è spesso polemizzato sulla non prevedibilità degli eventi sismici, ma questo elemento non può rappresentare una scusante per non introdurre normative e tecniche costruttive che attenuino le condizioni di rischio. È evidente che occorre procedere con celerità a una più attenta ridefinizione della mappatura sismica del territorio, unitamente ad una ricognizione puntuale dello stato degli immobili che mostri le criticità strutturali e gli interventi necessari per metterli in sicurezza.
Se 23 milioni di cittadini sono esposti al rischio terremoto occorre acquistare consapevolezza dei rischi delle abitazioni e degli edifici industriali in cui si lavora. L'introduzione del fascicolo del fabbricato, seppur graduale, rappresenta uno strumento - forse non il solo - in grado di certificare lo stato di conservazione degli immobili.
In questo quadro, il Governo dovrebbe sviluppare una politica di incentivi di lungo periodo che spinga i cittadini a mettere in sicurezza le proprie abitazioni, sulla strada del recente provvedimento sviluppo, che ha prorogato gli incentivi sulle ristrutturazioni edilizie e sull'efficienza energetica. Non ci sono dati ufficiali sul costo delle ricostruzioni per i terremoti che hanno colpito il nostro Paese, dal Belice a L'Aquila, ma si tratta di migliaia e migliaia di miliardi di euro. Pag. 35
Ricordo che ogni euro investito in prevenzione ne comporta 5 di risparmio di spesa pubblica, come ha ricordato il collega Libè nella discussione generale. Ho voluto porre l'accento in premessa su questo aspetto della prevenzione per rappresentare al Governo che è indispensabile investire in questo settore, unitamente ad una politica del territorio più rigorosa e stringente sul rispetto delle norme urbanistiche e del rischio, per evitare di trovarci troppo spesso a piangere i morti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
Il provvedimento in approvazione riconduce la Protezione civile sulla strada delle sue attribuzioni originarie e a una riorganizzazione funzionale della stessa, definendone attività, compiti e limiti. Le modifiche apportate nel 2010 sullo stimolo delle inchieste giudiziarie e sulla necessità di razionalizzazione della spesa pubblica hanno finito, di fatto, per pregiudicare l'efficacia e l'efficienza, come l'evento neve ha messo in evidenza.
In occasione del tragico evento emiliano il sistema di coordinamento ha retto grazie alla collaborazione e alla sinergia di tutte le componenti.
Lo sforzo compiuto per riportare le funzioni di coordinamento per le attività di soccorso e di gestione sotto il controllo della Presidenza del Consiglio dei ministri è apprezzabile, anche se avremmo preferito una responsabilità diretta del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri poiché l'esperienza del passato di attribuire le competenze a singoli Dicasteri non ha prodotto risultati positivi.
La cabina di comando della prima emergenza deve essere chiara e priva di incertezze poiché le esigenze emergenziali non sono assolutamente compatibili con la velocità delle decisioni da assumere. Tale funzione deve essere esercitata in stretto rapporto tra tutte le componenti statali, regionali, comunali, oltre al volontariato. Volontariato e forze dello Stato sono stati ancora una volta in prima linea, nel sisma che ha colpito l'Emilia Romagna il 20 maggio scorso, a garantire assistenza e soccorso alla popolazione. Questa, cari colleghi, è l'Italia migliore, senza luci della ribalta, a cui vorrei rivolgere un pensiero di gratitudine.
L'Italia, rispetto ad altri Paesi europei, ha un eccessivo livello istituzionale coinvolto nelle decisioni operative con rischi di confusione e sovrapposizione di ruoli. La riforma del Titolo V della Costituzione ha riconosciuto alle regioni la potestà legislativa concorrente in materia. Oggi solo cinque regioni, Valle d'Aosta, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Marche, oltre alla provincia autonoma di Trento, hanno una legislazione aggiornata. I diversi coordinamenti previsti a livello regionale spesso non sono tra di loro compatibili.
Per dare una risposta adeguata è necessario che ci siano piani, regole e preparazione adeguata. Se è vero che molti comuni non sono dotati di piani di emergenza, è altrettanto vero che le regioni non hanno emanato gli indirizzi per la predisposizione degli stessi. Per questo abbiamo rilevato la necessità di rendere obbligatorio e di tempi più stringenti per l'approvazione da parte delle regioni del piano per la Protezione civile.
Il decreto legislativo n. 112 del 1998 ha attribuito funzioni e compiti ai comuni e il sindaco è autorità di Protezione civile. L'introduzione dell'approvazione, da parte dei comuni, dei piani di emergenza entro 90 giorni colma un vuoto e consente di derogare al Patto di stabilità per le spese di prima assistenza e soccorso realizzate dai comuni direttamente.
Altro punto che vorrei rilevare è quello relativo alla durata delle emergenze. La nuova disposizione temporale delle emergenze è condivisibile allo scopo di evitare un'eccessiva dilatazione dei tempi dell'intervento straordinario, anche alla luce delle esperienze passate in cui lo stato di emergenza si è protratto per oltre dieci anni (caso rom e, da ultimo, cito l'esperienza aquilana).
È pur vero che spesso non è possibile definire con certezza la portata dell'emergenza a eventi non prevedibili, come nel caso del terremoto emiliano, ma in fattispecie eccezionali si può ricorrere a proroghe. Pag. 36Un'eccessiva flessibilità sul ricorso alle gestioni straordinarie e la sua durata infinita non ci convincono assolutamente. Non possiamo accettare che, sulla spinta dell'emergenza, si trasformi sempre in straordinarietà.
Terminata la prima fase di assistenza, soccorso e di messa in sicurezza, il ruolo della ricostruzione va affidato alle competenze locali. Basta con le gestioni commissariali. Il sistema dei controlli preventivi merita, da parte del Governo, una più attenta e ulteriore riflessione. I controlli sull'attività emergenziale devono essere rigorosi, puntuali e rafforzati, ma non possono intralciare l'azione di soccorso e di assistenza. In Italia bisogna introdurre una regola molto semplice: chi sbaglia deve pagare.
In conclusione, mi preme porre l'accento sull'importanza di questo provvedimento necessario che abbiamo contribuito a migliorare con il lavoro delle Commissioni e dell'Aula. Per queste ragioni, sosteniamo convinti questo provvedimento e annuncio il voto favorevole a nome del gruppo dell'UdC (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzarin. Ne ha facoltà.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il presente provvedimento ha lo scopo di riordinare e riorganizzare la struttura operativa della Protezione civile, delimitandone le competenze alle sole calamità naturali escludendo le attività collegate ai grandi eventi e quelle legate alla ricostruzione post emergenza.
Più volte in Commissione è stato chiesto di rivedere e ridiscutere la struttura della Protezione civile, auspicando un maggiore coinvolgimento degli enti direttamente interessati (comuni, province e regioni), cosa sottolineata dagli stessi anche durante le varie audizioni. Quindi, occorreva un disegno di legge ad hoc e non un decreto d'urgenza. Sicuramente il risultato sarebbe stato diverso, più vicino a ciò che è oggi, a ciò che fa e a ciò che opera la Protezione civile.
All'inizio il nostro approccio è stato di apertura, come sempre sono stati i nostri interventi su questo argomento. Non da ultimo, segnalo la risoluzione ancora in itinere in Commissione concernente interventi a difesa dell'operato della Protezione civile, risorsa primaria per il nostro Paese.
Il sistema della Protezione civile è caratterizzato da una organizzazione diffusa sul territorio a carattere policentrico, coordinata dal Dipartimento della Protezione civile che eroga i propri servizi alla collettività per mezzo di un'attività che rimane autonoma e distinta da quella dei soggetti che ne fanno parte.
Tali soggetti, infatti, conservano la propria autonomia organizzativa, istituzionale ed operativa. Si tratta di una architettura che funziona e che, come noto, ha reso efficace il servizio di Protezione civile nella previsione, mitigazione e gestione dei rischi derivanti da calamità naturali, non solo nell'ambito territoriale nazionale, ma anche internazionale.
Parlare di Protezione civile oggi con gli ultimi avvenimenti ancora in corso (penso al terremoto in Emilia) diventa più attuale che mai e mette in luce un sistema capillare che funziona, ma che ha bisogno di regole ben precise e soprattutto di risorse.
Questa vuole essere anche l'occasione per ringraziare i tanti volontari, i tanti operatori e le varie strutture impegnate nelle ultime settimane a soccorrere le popolazioni colpite da questa ennesima calamità. Alcune modifiche, però, apportate a questo decreto-legge, tendono a scardinare in parte l'attuale sistema, togliendo potere ai vari enti che nel frattempo hanno maturato competenze specifiche e a volte una vera e propria cultura di Protezione civile. Il voler dare potere di ordinanza ai prefetti, scavalcando le competenze dei comuni e delle province, non ci trova d'accordo.
Chi conosce la fragilità, i punti di forza e di debolezza del proprio territorio è sicuramente il sindaco o l'ente più vicino, e non sicuramente il prefetto. L'esperienza Pag. 37ha fatto nascere e maturare una cultura della Protezione civile che vede gli enti locali con i propri piani primo anello della filiera, pronti ad intervenire in soccorso delle popolazioni e delle cose. È chiaro che il compito del legislatore è coordinare l'intera catena.
Il compromesso politico raggiunto, che lascia alla Presidenza del Consiglio il ruolo principale con la possibilità di delegare un Ministro con portafoglio, non ci sembra risponda ad esigenze di operatività.
Bisogna, invece, facilitare e dotare di strumenti consoni chi deve intervenire, ossia con procedure più snelle e più veloci, e qui le varie ordinanze (chiaramente con una durata ben specifica) o la riduzione dei passaggi burocratici, l'esclusione dal Patto di stabilità. Anche qui, però, mi permetta, si tratta di un compromesso che rimanda ad un altro provvedimento, non risolvendo il problema dei sindaci e dei presidenti di regione in questo momento; e chiaramente occorre la dovuta copertura finanziaria per poter intervenire.
Da qui deriva la nostra proposta di destinare agli interventi della Protezione civile il restante 50 per cento delle risorse del finanziamento ai partiti, oltre chiaramente a non far pagare l'aumento delle accise sui carburanti previsti in caso di calamità ai cittadini, ma agli operatori dei settori economici.
Però, ancora una volta, si è persa l'occasione di dimostrare la volontà del Parlamento di cambiare il sistema di fare politica.
La posizione della Lega Nord è sempre stata contraria all'istituzione della polizza assicurativa contro le calamità, in quanto, in questo momento di forte difficoltà economica, pensare di andare a pesare ulteriormente sui bilanci delle famiglie e delle attività economiche ci sembra fuori luogo.
L'introduzione della polizza si presenterebbe come l'ennesima tassa per i cittadini già fortemente provati dall'aumento dell'imposizione fiscale attuata da questo Governo. Le modifiche, però, o il non recepimento di alcuni nostri emendamenti all'articolo 3 rendono il provvedimento decisamente negativo.
Nell'affrontare gestioni commissariali non si è voluto prevedere la necessità di prorogare alcune gestioni. Mi riferisco, in particolar modo, a due infrastrutture del nord: la Pedemontana Veneta e la terza corsia della A4 tra Veneto e Friuli.
Non possiamo mettere tutte le gestioni commissariali sullo stesso piano, visto che c'è stato un abuso del sistema o a volte una gestione cosiddetta «allegra». Pensiamo all'emergenza rifiuti in Campania o alla calamità del Belice o al terremoto di Augusta e Ragusa. Occorre prevedere la cessazione di tutte queste gestioni e il ritorno al sistema ordinario.
Un esempio che conosco bene e che posso testimoniare è la Pedemontana Veneta, arteria fondamentale non solo per il nord, ma per i collegamenti con i corridoi europei e le reti TEN, un'infrastruttura attesa da più di quarant'anni e che rappresenta uno dei maggiori volani per il rilancio e la ripresa economica.
Pensare di tornare alla gestione ordinaria, vanificando l'operato del commissario, che proprio in questi mesi, giorni, sta chiudendo gli accordi con le varie amministrazioni locali e, di rimando, con i cittadini che verrebbero espropriati per il passaggio di questa strada, sarebbe sbagliato, ma, soprattutto, contrario a tutto ciò che fin dall'inizio del Governo Monti ci viene ripetuto: crescita, sviluppo, ammodernamento del Paese, sblocco delle infrastrutture e snellimento della macchina burocratica.
Quindi, sono due opere strategiche, inserite nelle reti europee TEN. Non prorogare i commissari va nella direzione opposta di quello che, non più tardi di ieri, il Ministro Passera ci ha detto sulle infrastrutture e sullo stato delle cose nel nostro Paese.
Altro esempio negativo è l'emendamento proposto dalla Commissione bilancio che reintroduce la questione relativa al termovalorizzatore di Acerra. Correttamente, il comma era stato soppresso in Commissione. Non ci sembra che il problema Acerra c'entri molto con questo decreto-legge, che si occupa, ricordiamolo, del riordino della Protezione civile. Pag. 38
Le osservazioni sulla decretazione d'urgenza e sui contenuti, sottolineate dal Presidente della Camera stesso, più volte, su altri provvedimenti, dovrebbero valere anche in questo caso. Chissà come mai, però, questa volta non vale la stessa cosa. Forse perché parliamo di Acerra, della Campania, dei rifiuti della Campania.
È inaccettabile che si ricorra a fondi statali, oltre a quelli FAS, per sanare - perché di sanatoria stiamo parlando - la situazione del termovalorizzatore di Acerra; allo stesso tempo, per non mettere in difficoltà la regione Campania, la si esonera, per certe spese, dal Patto di stabilità.
Nuovamente due pesi e due misure diverse: nello stesso provvedimento si trova la soluzione per Acerra e non per due infrastrutture strategiche del nord.
Alla luce di tutte queste osservazioni e di come il provvedimento è stato modificato, il voto della Lega Nord non può che essere contrario. Un nuovo esempio di come sta operando questo Governo: ogni giorno il Presidente Monti e i suoi Ministri parlano di rilancio economico, di crescita, di sblocco delle infrastrutture e di spending review; poi, però, tutti gli atti che portano in quest'Aula dicono perfettamente il contrario.
Su queste basi, il voto della Lega Nord sarà contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, quando dal Consiglio dei ministri uscì questo decreto-legge, molte preoccupazioni emersero dentro i gruppi politici. Si trattava di un ennesimo decreto-legge su una materia complessa, su cui si avvertiva la necessità e il bisogno di una riflessione molto attenta (dirò poi il perché).
Contestualmente, però, questo decreto-legge capitò, forse, in uno dei momenti più drammatici della storia di questo Paese. Il terremoto dell'Emilia ci riportava immediatamente ai drammi vissuti da quella popolazione e scattava in quel momento, oltre alla volontà politica e alla decisione del riordino della Protezione civile, la straordinaria macchina messa in moto dai volontari e dalle articolazioni dello Stato in tutte le sue funzioni, a iniziare dalle regioni e dai comuni.
Fu questo moto, questa grande macchina organizzativa che si mise in moto a determinare da parte nostra, ma direi, alla luce di quanto siamo riusciti a compiere con riferimento a questo disegno di legge, dall'insieme di tutte le forze politiche, la volontà di affrontare questa discussione con senso di grande responsabilità.
Infatti, la Protezione civile e la sua storia meritavano non solo rispetto, ma rispetto e riconoscimento, proprio per il valore straordinario testimoniato non solo nell'ultima vicenda, quella del terremoto dell'Emilia, ma nelle tante che, purtroppo, questo Paese ha conosciuto nel corso del tempo. Tutto questo testimoniava da parte nostra la necessità di guardare alla questione della Protezione civile non solo con rispetto, dicevo, ma, soprattutto, con l'idea di ridefinirne compiti e funzioni, in una filiera molto netta, dove si sapesse chi fa cosa e come.
Dicevo che noi avevamo una necessità importante per ridefinire le questioni relative al riordino della Protezione civile. Questo non solo per la data molto risalente della legge istitutiva della Protezione civile, la legge n. 225 del 1992, ma, soprattutto, perché avevamo alle spalle un uso della Protezione civile che era bene non solo archiviare in questo Paese, ma che aveva determinato un'inefficacia e una messa in discussione del suo valore importante.
Sono gli anni in cui alla Protezione civile si era riconosciuta una serie di compiti formulati attraverso ordinanze, un uso spropositato delle ordinanze non per la risoluzione dell'emergenza, ma per la costruzione di canali di consenso, a volte nemmeno limpidi e trasparenti.
È stato per questo che abbiamo colto questa opportunità, proprio perché vi era bisogno di una discontinuità netta, sul profilo dello strumento dell'ordinanza, con Pag. 39la gestione precedente - ricordando in quest'Aula anche i momenti difficili e di scontro tra le forze politiche - che aveva voluto inserire all'interno della determinazione dell'ordinanza i cosiddetti grandi eventi. Questo aveva prodotto nella storia di questo Paese vulnus profondi, mettendo anche in forte discussione quella straordinaria forza che è il volontariato e che aveva retto la Protezione civile, mettendo in difficoltà non solo l'organizzazione, ma anche l'efficacia degli strumenti.
Bisognava voltare pagina sulle ordinanze. Già nel 2010 il Governo, nel cosiddetto decreto «milleproroghe», aveva abolito l'uso distorto dell'ordinanza, escludendolo nei casi di emergenza e di grandi eventi. Avevamo ridisegnato, intorno allo strumento dell'ordinanza, alcuni limiti ordinamentali.
Cos'è l'ordinanza? Certo, questo è uno degli strumenti che, nei casi di emergenza e di eventi calamitosi, può permettere, nell'immediato e nella fase successiva all'emergenza stessa, di agire senza avere la rigidità delle norme di legge, ma proprio perché ha questi caratteri di eccezionalità, va utilizzata con grande senso di dovere e di rispetto delle regole di un Paese. Proprio per questo l'ordinanza, in genere, è legata alla dichiarazione dello stato d'emergenza.
Ebbene, il provvedimento in oggetto pone una questione di limiti dell'ordinanza e lo fa nel rispetto di quello che viene indicato nello stato di emergenza, dichiarato dal Presidente del Consiglio.
Un primo punto di chiarezza, dunque, relativo alla questione dell'autorità politica che emana l'ordinanza e delle sue responsabilità. Avevamo bisogno non solo di questo elemento di chiarezza, ma altresì che l'utilizzo dell'ordinanza fosse delegato, nella fase successiva e nei limiti stabiliti dallo stato di emergenza, ad altre figure. Questo è stato fatto attraverso l'attribuzione della facoltà di emanarla anche al capo del Dipartimento della protezione civile.
All'interno di questa discussione, si inserisce uno degli elementi importanti che riguarda l'uso delle risorse per le questioni disciplinate dall'ordinanza. È del tutto evidente, cari colleghi, che vi è stato uno sforzo compiuto per il miglioramento del testo in oggetto e il merito va anche ai due relatori che hanno lavorato, insieme al Governo, per tenere conto degli elementi migliorativi e di una discussione non solo tecnica, ma che aveva a cuore l'esigenza di prevedere sul serio un riordino.
Sono stati accolti alcuni emendamenti migliorativi, altri non sono stati accolti, ma questo provvedimento avrà un ulteriore passaggio al Senato e credo che saranno mantenuti alcuni elementi importanti come, ad esempio, quella proposta emendativa che abbiamo ritirato e che chiedeva un ruolo maggiore, una maggiore trasparenza e una definizione più esatta dei momenti e del risultato dell'ordinanza, soprattutto nella fase delle gare d'appalto. Un bisogno che ci viene chiesto in nome di chi opera con questa idea di Protezione civile.
La protezione, in genere, è un sostantivo legato all'idea di amore, di cura, ed è civile proprio perché si fonda su questo straordinaria caratteristica del popolo italiano che, proprio per amore del suo Paese, riesce ad essere capace di grandi gesti eroici. Ma proprio l'eroismo di chi opera in questa situazione chiede alla politica - e questo decreto-legge pone i primi elementi necessari - una definizione molto chiara di cosa sono la politica e la prevenzione del territorio.
Che questo sia un Paese ad alto livello sismico è ormai accertato. Abbiamo bisogno al più presto di una mappatura di tutta la situazione dell'Italia e non solo di agire nei momenti in cui questa emerge. Abbiamo bisogno di lavorare perché le questioni legate al rispetto del territorio tornino ad essere il sostrato sul quale si fonda un'idea di cultura, di prevenzione e di protezione.
Per questo è stato importante che il Governo abbia accolto, anche in tal caso grazie ad un lavoro comune, l'idea che in questo disegno di legge fosse posta la questione che riguarda l'allerta, perché Pag. 40questo elemento dell'allerta dell'osservatorio va nella direzione di avere un'idea rinnovata di Protezione civile.
E ancora. Vedete, onorevoli colleghi, questo provvedimento aveva un tratto, che io credo sia stato importante. Era il tratto legato a che quelle ordinanze ed i poteri che vengono esercitate dal capo della Protezione civile venissero agiti non in perfetta solitudine con un capo solo al comando. Occorreva, per la loro efficacia concreta e risolutiva nei momenti del soccorso e dell'emergenza, un rapporto stretto con chi dentro quelle situazioni porta la responsabilità in capo: i presidenti delle regioni, i sindaci ed i presidenti delle province. Avevamo cioè bisogno di capire sul serio che non si può agire con efficacia, senza che si riconosca a questi livelli della statualità una funzione centrale nella formazione del coordinamento. L'emergenza, infatti, ha un tempo. Dopo l'emergenza c'è l'ordinarietà e quell'ordinarietà non può essere affrontata semplicemente, lasciando gli enti locali completamente fuori dal contesto della risoluzione delle questioni che precedono la ricostruzione.
Troppi casi in Italia sono stati così determinati. Credo che questo sia stato importante, il riconoscimento dell'intesa. L'intesa non è solo un principio costituzionale della leale collaborazione tra le istituzioni, ma si determina in questo decreto-legge come la concreta esplicitazione proprio di quel principio costituzionale.
C'è un elemento sul quale io vorrei soffermarmi, che è stato anche oggetto della discussione in quest'Aula.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Amici.

SESA AMICI. Questo decreto-legge aveva al suo centro una questione - sto per concludere, signor Presidente - di enorme discontinuità, un segnale chiaro della volontà di questo Governo che, proprio mentre riordinava la Protezione civile, aveva deciso di mettere anche fine alla gestione commissariale.
Ma questa decisione del Governo, che è un atto di discontinuità, credo non solo vada mantenuta, ma che vada mantenuta anche all'interno di quella mediazione che si è trovata. La gestione fino al 31 dicembre per tutti i commissari - mentre il Governo proponeva una data più ravvicinata - deve essere la condizione politica, perché quando si dà un'idea di riordino, proprio quel riordino, che rimette in regola situazioni anche calamitose dove agiscono i vari soggetti, non può continuare ad avere gestioni commissariali nell'ambito di un meccanismo sbagliato.
È per questo che io credo che al Senato sia importante che tali punti, fissati anche nella nostra discussione, mantengano un profilo. Le gestioni commissariali vanno valutate di volta in volta. Si stabilisca una volta per tutte che hanno una fine e, in quest'idea della fine della gestione commissariale, forse anche questo Paese può ritornare ad essere veramente un Paese normale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tommaso Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le finalità che questo decreto-legge si prefiggeva penso siano state raggiunte tutte, soprattutto per un ottimo lavoro svolto nelle Commissioni per la paziente attività dei nostri due relatori, l'onorevole Distaso e l'onorevole Margiotta, coadiuvati dai presidenti Alessandri e Bruno.
Devo dire che nell'esame del decreto-legge abbiamo cercato di dare a queste norme più chiarezza possibile ed anche concretezza, perché indubbiamente le finalità c'erano tutte. Tuttavia, non possiamo negare che questo decreto-legge era per certi versi contraddittorio e per altri apriva alcune vicende, che forse potevano e dovevano trovare, così come poi è stato, una migliore naturale conclusione in un provvedimento di legge ad hoc.
Voglio sottolineare che è giusto e meritorio avere messo mano al riordino della Pag. 41Protezione civile e che è altrettanto giusto e doveroso rivendicare alla Protezione civile i meriti che ha avuto, anche a livello della sua dirigenza ed anche a livello di coloro i quali in precedenza se ne sono occupati. C'è il rapporto OCSE 2010, che fa giustizia di quella macchina di fango che è stata messa in moto successivamente al solo fine di screditare politicamente un'attività, che meritoriamente era stata svolta e che aveva dimostrato, soprattutto nell'occasione del terremoto dell'Abruzzo, la propria efficienza.
Ebbene, voglio qui dire che in primo luogo abbiamo condiviso con l'Esecutivo l'idea che lo stato di emergenza non potesse essere qualcosa di indefinito nel tempo. Sicuramente abbiamo lavorato per differire, rispetto alla proposta originaria, la durata che oggi viene ricompresa nell'insieme in centocinquanta giorni. Anche questo non è un dogma, come abbiamo visto il giorno seguente l'adozione di questo decreto-legge, perché non è un caso che, ad esempio, per quanto riguarda il terremoto che ha colpito l'Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto, ebbene, si sia dovuto prevedere uno stato di emergenza a tutto il 30 giugno 2013. Ma ciò che era rilevante ed importante era distinguere: una cosa è una gestione dell'emergenza riferita a fatti che possono rientrare in qualcosa di fisiologico, altro è prevedere i temi dello stato di emergenza per fatti, circostanze ed eventi che ovviamente hanno una dimensione ed anche una gravità di tutt'altro tipo. La Commissione ha soppresso due articoli - lo voglio ricordare in questa sede - soprattutto su impulso del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà. In primo luogo quello relativo all'assicurazione volontaria per quanto riguarda gli eventi calamitosi. Ebbene, sotto questo profilo, noi vogliamo ribadire qui che in linea di principio l'idea è buona e può essere anche perseguita, ma le modalità con cui veniva presentata erano del tutto inaccettabili: poche norme di principio e il tutto demandato ad un regolamento da adottare da parte del Governo entro 90 giorni, con una prassi, francamente, abbastanza sconcertante e con un livello di improvvisazione che non era da meno. Sotto questo profilo, quindi, la nostra azione è stata diretta a dichiarare la massima disponibilità ad esaminare il provvedimento, purché si sappia fin dall'inizio quali sono le regole del gioco, perché di un'assicurazione alla quale volontariamente concorrono coloro i quali abitano nelle zone meno a rischio, perché hanno i premi più bassi, e non accede nessuno nelle zone ad alto rischio, perché hanno dei premi assicurativi altissimi, a questo tipo di assicurazione nessuno è interessato e sicuramente nessuno è disponibile a condividere un provvedimento di legge che si ispiri ad una superficialità di questo tipo.
Voglio inoltre far riferimento, sempre per quanto riguarda alcuni elementi espunti dal decreto-legge in esame, alla vendita del termovalorizzatore di Acerra, perché anche in questo caso il Governo, con molta semplificazione, ma anche con molta superficialità, ha cercato di togliersi un problema infilando nel riordino della Protezione civile un tema del tutto estraneo alla Protezione civile medesima, ma che alla fine concludeva con una soluzione veramente stupefacente: si impediva di fatto alla regione Campania di poter proseguire la propria attività visto che i proventi della vendita dell'inceneritore medesimo avrebbero inciso sul Patto di stabilità, bloccando quindi di fatto l'attività amministrativa e legislativa della regione Campania.
Un altro tema sul quale abbiamo dibattuto lungamente è quello delle gestioni commissariali. Sul punto vorremmo essere chiari soprattutto sotto il profilo politico: noi non accettiamo in linea di principio il processo alle intenzioni e soprattutto il processo alle gestioni commissariali in corso. Riteniamo che il Governo abbia il diritto e il dovere di presentarsi davanti alle Commissioni competenti e singolarmente relazionare per ogni gestione commissariale, al fine di poter decidere quale gestioni commissariali meritino anche per il 2013 di poter continuare e quali invece, entro il 31 dicembre 2012 dovranno concludere la propria attività. Pag. 42
Ma su un punto vogliamo essere chiari: vi sono delle opere infrastrutturali sulle quali abbiamo detto in sede di Commissione, e lo ribadiamo qui in Aula, che il commissariamento dovrà essere necessariamente prorogato.
Ci riferiamo ad esempio alla quarta corsia dell'autostrada A4, alla superstrada pedemontana veneta, alla autostrada A3 Reggio Calabria ed alla strada statale Sassari-Olbia-Tempio. Per quanto riguarda queste opere infrastrutturali (e ho citato soltanto le principali) non c'è alcun dubbio a nostro avviso che si dovrà proseguire nella gestione commissariale. E poiché proprio alle gestioni commissariali le Commissioni riunite hanno inteso dare il massimo della trasparenza, ecco allora che sui siti Internet dei Commissari e del Dipartimento della protezione civile, oltre che comunicati al Parlamento, dovranno essere forniti i resoconti e i rendiconti delle gestioni commissariali medesime. Altre due punti ci paiono particolarmente significativi di questo provvedimento di legge. Il primo riguarda il fatto che tutte le spese sostenute dai comuni e dalle province in occasione degli stati di emergenza debbano essere escluse dal calcolo del Patto di stabilità. È evidente che se noi continuiamo a mantenere nel calcolo del Patto di stabilità queste spese ogni emergenza assomma emergenza perché l'intervento urgente è impedito dalla violazione delle norme afferenti al Patto di stabilità.
Infine e in conclusione penso che sia stato particolarmente significativo avere introdotto anche il fatto che le ordinanze possano finalmente interessare anche i beni culturali e ambientali e la loro messa in sicurezza, fatto che fino ad oggi era precluso e che ha destato non soltanto preoccupazione ma in alcuni casi ha determinato il depauperamento di un patrimonio storico e culturale del quale siamo fieri. Per queste ragioni, e con il lavoro che meritoriamente i commissari anche del Popolo della Libertà hanno svolto nella sede delle Commissioni riunite I e VIII, annuncio il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

SALVATORE MARGIOTTA, Relatore per la VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA, Relatore per la VIII Commissione. Signor Presidente, prima del voto finale, anche a nome dell'onorevole Distaso, volevo ringraziare il Governo nelle persone dei sottosegretari Ferrara e D'Andrea per il clima condiviso con il quale si è lavorato, i presidenti delle Commissioni Bruno e Alessandri, tutti colleghi delle Commissioni e tutti i gruppi parlamentari. Naturalmente un ringraziamento sentito va agli uffici per il consueto e competente apporto che hanno saputo dare durante tutto l'iter di discussione del provvedimento in esame.

(Coordinamento formale - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Ricordo che dopo la votazione finale ci saranno due voti veloci sui provvedimenti che giungono dalla Giunta per le autorizzazioni.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale. Pag. 43
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 5203-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Marchioni... onorevole Mecacci... onorevole Scanderebech... onorevole Siliquini... onorevole Cosentino... onorevole Mussolini... onorevole Gianni Farina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile» (5203-A):

Presenti 500
Votanti 489
Astenuti 11
Maggioranza 245
Hanno votato 444
Hanno votato no 45
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che il deputato Tommaso Foti ha segnalato di essersi erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Ricordo che abbiamo ancora due voti.

Discussione di una domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Remo Di Giandomenico, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 10-A) (ore 12,58).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche nei confronti di Remo Di Giandomenico, deputato all'epoca delle intercettazioni.
Lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Esame - Doc. IV, n. 10-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione della relazione della Giunta che propone di concedere l'autorizzazione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Dionisi.

ARMANDO DIONISI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci rimettiamo alla relazione che abbiamo trasmesso all'Aula e che è stata abbastanza condivisa dai colleghi della Giunta. Ritengo di non doverla illustrare e, quindi, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Dionisi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, annuncio il voto dell'Italia dei Valori per la concessione dell'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni nei confronti del collega Di Giandomenico. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

Pag. 44

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, il gruppo di Futuro e Libertà per il Terzo Polo conclude conformemente alla Giunta per concedere l'autorizzazione all'utilizzo. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Consolo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, anche il gruppo Lega Nord Padania voterà a favore dell'autorizzazione, però vorrei portare a conoscenza dell'Aula solo una cosa. Il fatto è del 2005, siamo nel 2012 e, quindi, comunque vada questo procedimento sarà quasi certamente estinto dalla prescrizione. Ne consegue che, ancora una volta, la nostra giustizia appare talvolta singolarmente lenta e talvolta singolarmente veloce. Bisogna porre rimedio anche a questo problema.

(Votazione - Doc. IV, n. 10-A)

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di concedere l'autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni di Remo Di Giandomenico, deputato all'epoca delle intercettazioni.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 495
Votanti 476
Astenuti 19
Maggioranza 239
Hanno votato
457
Hanno votato
no 19).

Prendo atto che i deputati Rossa e Zaccaria hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Discussione di una domanda di autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici della deputata Polidori (Doc. IV, n. 17-A) (ore 13,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici della deputata Polidori.
Lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Esame - Doc. IV, n. 17-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione della relazione della Giunta che propone di concedere l'autorizzazione.
Ha facoltà di parlare la relatrice, onorevole Samperi.

MARILENA SAMPERI, Relatore. Signor Presidente, anch'io rinvio alla relazione scritta. La Giunta ha deliberato all'unanimità per la concessione dell'autorizzazione.

PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, confermo il voto favorevole dell'Italia dei Valori e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

Pag. 45

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, siamo d'accordo all'unanimità e, quindi, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Consolo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, l'onorevole Polidori è stata oggetto di minacce telefoniche.
Nello specifico, in data 10 maggio 2011, giungeva alla sua utenza cellulare una minaccia di morte da parte di uno sconosciuto con accento del Sud Italia. La finalità è quella di individuare il responsabile delle minacce. Ricordo che in tutti i casi analoghi la Giunta per le autorizzazioni ha sempre espresso parere favorevole. Da parte della Lega Nord Padania quindi preannunzio il voto favorevole.

(Votazione - Doc. IV, n. 17-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di concedere l'autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici della deputata Polidori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Paolini... onorevole Lussana... onorevole Carfagna... onorevole Mazzuca... onorevole Antonione... onorevole Cesaro... onorevole Franceschini... onorevole De Camillis.... onorevole Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 494
Votanti 487
Astenuti 7
Maggioranza 244
Hanno votato
475
Hanno votato
no 12).

Prendo atto che il deputato Dussin ha segnalato che non è riuscito a votare.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e a partire dalle ore 16 per lo svolgimento degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della giustizia, il Ministro per la cooperazione internazionale e integrazione ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Eventuali iniziative ispettive a seguito di recenti notizie di stampa riguardanti attività della magistratura in relazione alla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia nei primi anni Novanta - n. 3-02346)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02346, concernente eventuali iniziative Pag. 46ispettive a seguito di recenti notizie di stampa riguardanti attività della magistratura in relazione alla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia nei primi anni Novanta (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Ministro, la richiesta che l'Italia dei Valori le propone è molto precisa e netta e chiediamo una risposta netta anch'essa. Risulta documentalmente provato che un privato cittadino, Nicola Mancino, ex presidente del Senato, ex vicepresidente del CSM ed ex Ministro degli interni, abbia fatto ripetute telefonate a magistrati allora in servizio o fuori ruolo, per avere da loro indicazioni ed interventi di favore sulla sua posizione processuale. Mi riferisco in particolare al consigliere giuridico del Capo dello Stato Loris D'Ambrosio, all'ex procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito, chiamato da Mancino «guagliò» - ed egli si dichiara a disposizione nella telefonata - ed al procuratore generale della Cassazione Ciani, per quanto risulta dalle telefonate stesse. Per questa ragione la richiesta che noi le facciamo, signor Ministro, è molto secca e rientra nelle sue competenze: intende accertare se queste persone abbiano commesso delle azioni deontologicamente, disciplinarmente ed istituzionalmente riprovevoli, o ritiene che i comportamenti di queste persone siano deontologicamente corretti? Come vede signor Ministro tutto ciò rientra nelle sue competenze (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Paola Severino, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, dopo aver rilevato che l'oggetto dell'interrogazione era formulato in maniera originariamente diversa, vorrei premettere che a vent'anni dalle stragi di mafia culminate con la morte di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, non può che condividersi l'esigenza rappresentata dagli onorevoli interroganti di pervenire alla piena ed integrale verità su tutti gli aspetti di quella dolorosa stagione. Premesso che appare ugualmente condivisibile la considerazione che lo Stato ha un debito verso se stesso, verso la giustizia e verso quei servitori delle istituzioni che persero la vita in quei primi mesi del 1992, anche affinché il loro sacrificio non sia stato vano; chiarito che a tale incommensurabile debito si può assolvere solo nel pieno e rigoroso rispetto delle leggi sostanziali e processuali, nonché di quelle regolamentari che disciplinano l'attività dei magistrati, fuori da ogni strumentalizzazione, di qualsiasi provenienza essa sia, che distorcerebbe soltanto quella ricerca della verità a cui tutti aspiriamo.
Quanto all'oggetto dell'interpellanza - e ad essa ritengo di dover rispondere - essa prende spunto da notizie di stampa secondo cui il procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Francesco Messineo, avrebbe rifiutato di assentire gli atti dei sostituti incaricati dello svolgimento delle indagini, ascrivendo a tale asserito rifiuto un possibile avviamento di iniziative ispettive, rilevo quanto segue: l'articolo 3 del decreto legislativo n. 106 del 2006 non prevede che gli atti relativi all'avviso di conclusione delle indagini siano sottoposti ad alcun visto di approvazione da parte del procuratore capo, laddove, come nel caso di specie, lo stesso non sia coassegnatario del procedimento.
A seguito di sollecita richiesta formulata dagli uffici del Ministero, la procura di Palermo ha comunicato che il programma organizzativo di questo ufficio non prevede l'apposizione del visto da parte del procuratore capo e/o dei procuratori aggiunti su provvedimenti ex 415-bis, bensì soltanto su tutte le richieste di misure cautelari personali e sulle richieste di misure reali più importanti. In ragione di quanto sopra non appare configurabile alcuna violazione di legge e pertanto non sono attivabili iniziative di carattere ispettivo di natura ministeriale, come richiesto dagli onorevoli interroganti. Questo quanto all'oggetto dell'interrogazione. Pag. 47
Visto ciò che è stato aggiunto oggi, quanto alle frasi conclusive dell'interrogazione, pur concordando pienamente con l'esigenza che la verità debba poter essere cercata senza guardare in faccia a nessuno, ribadisco che proprio in un'indagine così seria e delicata vadano ricercate verità accertate con metodo di assoluto rigore.
Certamente, a questi principi si è ispirata la stessa Procura generale della Cassazione, soggetto legittimato proprio all'esercizio di quei poteri-doveri di coordinamento riconosciuti, sia dall'ordinamento giudiziario, sia dall'articolo 104 del codice antimafia, in relazione all'attività di sorveglianza sul Procuratore nazionale antimafia e sulla stessa relativa Direzione nazionale.
Credo di aver risposto più che ampiamente all'interrogazione, anche su aspetti che non erano originariamente contenuti nel quesito che mi è stato posto.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare, per due minuti

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Ministro, lei ha fatto un'analisi che condividiamo, vale a dire: c'è necessità di ricercare ed integrare verità. Signor Ministro, non so se le è chiaro, ma qui la persona che deve raccontare la verità, e che è stata accusata di falsa testimonianza, telefona più volte al consigliere giuridico del Capo dello Stato, telefona più volte al Procuratore generale della Cassazione - che, addirittura, qualifica come «guagliò», come si usa nei bar di periferia - e il Procuratore generale della Cassazione, gli risponde «a disposizione». L'ufficio di gabinetto, la struttura del Presidente della Repubblica, scrive, addirittura, una lettera, facendosi carico di intervenire presso gli organi competenti, affinché i desiderata di questo testimone - poi falso e reticente e per questo accusato di falsa testimonianza - vengano esauditi; e rispetto a tutto questo, lei si limita a dire: a noi interessa integrare verità? Cosa intende fare il Ministero della giustizia, il Ministro della giustizia, per coadiuvare la ricerca dell'integrazione della verità? Vuole limitarsi a dire, come ha detto rispondendo alla seconda parte della mia domanda, che anche la Corte di Cassazione persegue questo fine? Dovrebbe perseguire questo fine, ma, quando il procuratore generale della Cassazione in carica si dice «a disposizione», quando il successivo procuratore convoca una riunione apposita per convincere il Procuratore nazionale antimafia, Grasso, ad avocare l'indagine, tanto da far mettere per iscritto da costui che non può e non intende avocare le indagini, allora rispetto a tutto questo ci si deve chiedere: qual è il comportamento dello Stato e delle istituzioni rispetto ad una trattativa che è stata posta in essere tra Stato e mafiosi? Ricordo a lei, signor Ministro, a proposito di integrare verità, che non tutta la verità può essere processualmente accertata, perché ci sono molti casi in cui, a livello processuale e giudiziario, la verità non può essere accertata, perché magari non è fatto penalmente rilevante, ma è fatto deontologicamente, politicamente e moralmente scorretto.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Per cui, in questo momento, prendendo atto che anche lei, signor Ministro, rinuncia e rifiuta di rispondere, chiediamo formalmente al Presidente della Camera di attivarsi, con una richiesta formale che depositiamo testé, per una richiesta di Commissione parlamentare di indagine, affinché tale Commissione possa accertare le responsabilità politiche delle istituzioni nell'aver «calato le braghe» rispetto alla mafia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Pietro. Credo che sia superfluo che io le dica che qualsiasi proposta verrà esaminata secondo l'iter che il Regolamento prevede, a prescindere, ovviamente, dal merito.

Pag. 48

(Intendimenti circa l'inserimento delle tematiche dei minori senza famiglia e delle adozioni nel piano nazionale per la famiglia - n. 3-02347)

PRESIDENTE. L'onorevole Lusetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02347, concernente intendimenti circa l'inserimento delle tematiche dei minori senza famiglia e delle adozioni nel piano nazionale per la famiglia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 15,08)

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, signor Ministro, come lei ben sa, nel piano nazionale per la famiglia sono indicate alcune linee di indirizzo e diverse priorità su cui intervenire in materia di politiche familiari. In particolare, il riferimento è alle esigenze abitative, agli aiuti alla disabilità, agli aiuti alle persone non autosufficienti - come bambini o anziani che siano -, congedi parentali, servizi alla prima infanzia, perché sappiamo tutti che la famiglia non è quella descritta dal «Mulino bianco», ma è molto più ampia, con molte più difficoltà all'interno.
Dunque, noi diciamo che in questo piano non sono contemplate fra le urgenze gli interventi per i minori senza famiglia, il cui numero è cresciuto in maniera esponenziale, né sono contemplati gli interventi per le adozioni. Pertanto, rivolgiamo una domanda molto semplice: cosa intende fare il Governo per colmare queste lacune?

PRESIDENTE. Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, Andrea Riccardi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA RICCARDI, Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, viene chiesto al Governo di valutare l'opportunità di inserire tra le priorità indicate nel Piano nazionale famiglia una serie di interventi a favore di minori senza famiglia, prevedendo tra l'altro la riforma dell'adozione, dell'affido con ingresso del privato sociale nella gestione degli affidi familiari, l'attivazione della banca dati dei minori fuori famiglia per consentire l'adozione e inoltre il riconoscimento giuridico delle case famiglia.
Il Piano nazionale per la famiglia, definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri dopo l'intesa in sede di Conferenza unificata, è uno strumento fondamentale, il cui itinerario, cominciato sotto i miei predecessori, si è ora concluso, e per la prima volta viene approvato in Italia con linee di indirizzo omogenee in materia di politica familiare, superando gli interventi disorganici.
Tale Piano pone tra le aree di intervento le famiglie con minori e un'azione specifica concernente i servizi per genitori di figli minori, affido e adozione. Tuttavia, signor Presidente, onorevoli deputati, questo Piano non è l'unico strumento a disposizione per affrontare i temi segnalati dagli onorevoli interroganti e l'azione del Governo in questi mesi non si limita a tale Piano.
Mi permetta di ricordare che gli specifici interventi in favore dei minori senza famiglia sono, invece, contenuti nel terzo Piano nazionale d'azione e interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva che è lo strumento di applicazione e di sviluppo della Convenzione ONU in Italia. Nell'ambito delle azioni dallo stesso previste ve ne sono alcune direttamente riferibili alle tematiche segnalate dagli onorevoli interroganti.
In particolare: azione A11, un sistema informativo nazionale sui bambini fuori famiglia; azione A12, sostegno dell'adozione nazionale e internazionale e promozione dell'efficienza del sistema e diffusione buone pratiche; B09, adeguamento delle leggi sull'affido. In questo modo viene affrontata la tematica segnalata.
In merito alla riforma dell'adozione, vi sono alcune proposte presentate che saranno valutate dal Governo con la dovuta attenzione. Io stesso ho presieduto ieri Pag. 49l'assemblea delle associazioni e degli enti che si occupano della adozione internazionale e questo tema è stato lì dibattuto.

PRESIDENTE. L'onorevole Lusetti ha facoltà di replicare.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, signor Ministro, prendo atto che i temi che le abbiamo sottoposto sono in qualche modo tenuti in considerazione dal Governo, anche se non nel Piano famiglia, ma in altri provvedimenti di cui il Governo si sta occupando. Voglio solo ricordare che si registra una fortissima crisi delle adozioni nel nostro Paese - sia nazionali che internazionali - ed è giusto che si intervenga. Si prevede, infatti, che la crisi delle adozioni sia così forte che si immagina di arrivare ad adozioni zero nel 2020, quindi è evidente che il Governo si deve impegnare seriamente su questo tema.
Per questo noi abbiamo fatto alcune proposte di riforme a costo zero - che lei ha segnalato nella sua risposta - proprio per intervenire organicamente su una tematica molto importante come la riforma delle adozioni con l'abbattimento dei costi, come lo snellimento delle procedure, che è importante per arrivare ad un rapido affidamento, la riforma dell'affido con l'ingresso del privato sociale (importante), l'attivazione della banca dati per i minori e io credo - mi consenta di dirlo - il riconoscimento giuridico delle case famiglia, perché si possa sviluppare questa forma di accoglienza che, secondo me, è la vera alternativa alle comunità educative.
Lo dico per esperienza perché trent'anni fa, quando ero ragazzo, ho fatto il servizio civile proprio in una casa famiglia appunto per dare un contributo a un tema così importante. Credo che, se il Governo potrà impegnarsi sullo sviluppo delle case famiglia, potrà fare un buon lavoro soprattutto per i minori senza famiglia e per le adozioni.

(Iniziative per un'adeguata valutazione della sicurezza e dell'agibilità degli edifici ad uso produttivo nelle province colpite dagli eventi sismici nel maggio 2012 - n. 3-02348 )

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Dozzo n. 3-02348 concernente iniziative per un'adeguata valutazione della sicurezza e dell'agibilità degli edifici ad uso produttivo nelle province colpite dagli eventi sismici nel maggio 2012, di cui è cofirmatario (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, Ministro, devo dire che innanzitutto l'altra volta avevo fatto un invito a venire a vedere in concreto cosa avviene nei posti lavorativi nelle zone colpite dal terremoto, e mi ritrovo oggi a rifare lo stesso invito al Ministro Giarda.
Credo, infatti, che sia importante eliminare la burocrazia nei momenti di emergenza. Le province di Modena, Ferrara, Bologna, Reggio Emilia, Rovigo e Mantova, hanno subito un danno enorme e di tornare al lavoro si aspetta tutta la gente. Quella, lei lo sa bene, è una zona di gente che ha voglia di lavorare, che ha costruito il suo futuro basandolo sul passato, un passato fatto di lavoro, gente che ha voglia di tornare a poter lavorare laddove soprattutto gli edifici non sono lesionati e sono ancora agibili e in cui possano essere immediatamente riprese le operazioni di lavoro.
Purtroppo l'ordinanza n. 2 della Protezione civile non va in questa direzione. Io ero là quel giorno con il sindaco di San Possidonio, con quello di Cavezzo subito dopo, e il giorno dopo con quello di Bondeno, e ci siamo messi le mani nei capelli. Infatti, se per i fabbricati costruiti prima del 2003, che sono la stragrande maggioranza, e che non possono essere costruiti in maniera antisismica, perché la relativa normativa non c'era, si prevede e si chiede che un tecnico venga a firmare un'agibilità sismica che non è neanche prevista nella normativa degli ingegneri, lei Pag. 50mi spiega come possiamo far riaprire quelle attività produttive? Ciò con il rischio di far morire e di far chiudere tutta l'intera Emilia, Rovigo e Mantova compresi, direi per almeno un anno e fra un anno gli ordini non ci sono più. Tutto questo vuol dire far morire quelle zone dal punto di vista economico.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, con riferimento al quesito posto dall'onorevole Dozzo, ricordo che, con ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile citata, la n. 2 del 2 giugno 2012, sono state individuate le procedure per la valutazione della sicurezza e dell'agibilità sismica degli edifici ad uso produttivo, in conseguenza degli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo nello scorso mese di maggio. Successivamente è stato emanato il decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012, con il quale i presidenti delle regioni sono stati nominati commissari delegati per disciplinare gli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle popolazioni e la ripresa economica dei territori colpiti dagli eventi sismici, in linea con la recente riforma della Protezione civile, attualmente in corso di conversione legge.
Alla luce degli ambiti di intervento attribuiti ai commissari delegati in ordine alla ripresa delle attività produttive, la procedura per la valutazione della sicurezza e dell'agibilità sismica, di cui all'ordinanza n. 2 prima citata, è allo stato disciplinata dall'articolo 3, commi dal 7 al 10, del decreto-legge n. 74 del 2012. Da quanto precede, tenuto conto del complessivo quadro normativo di riferimento e dei poteri conferiti ai commissari delegati, il Dipartimento della Protezione civile non può, allo stato, provvedere alla direzione di un'eventuale task force composta da ingegneri strutturisti con certificate competenze di ingegneria sismica, menzionata dall'onorevole interrogante, né modificare in tal senso l'ordinanza n. 2.
Ciò detto, si fa presente che, in particolare il commissario delegato, presidente della regione Emilia Romagna, ha diramato il 12 giugno scorso una circolare riguardante proprio le disposizioni di cui all'articolo 3, commi dal 7 al 10, del decreto-legge n. 74 del 2012. Ricordo, infine, che sono state redatte, a cura del dipartimento della Protezione civile, della Rete dei laboratori universitari di ingegneria sismica ReLUIS, del Consiglio nazionale degli ingegneri, dalla Federazione regionale ordine degli ingegneri dell'Emilia Romagna e da Associazione nazionale industrie manufatti cementizi ASSOBETON, le linee di indirizzo per interventi locali e globali su edifici industriali monopiano non progettati con criteri antisismici, presentate oggi a Bologna presso il Palazzo dei congressi.

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, Ministro, glielo dico in emiliano «la va mia ben», non va bene. Non va bene perché, secondo me, non avete capito niente di quello che sta avvenendo in quelle zone. Avete fatto un po' di passerelle, vi siete fatti vedere, ma la gente di quei posti - lo ripeto -, l'emiliano è un popolo straordinario nel saper ripartire, fare lega, fare cooperazione, nel sapere costruire. E tutte le aree limitrofe sono così.
È gente che sta sopportando da sola tutto il peso di questo terremoto senza chiedere quasi nulla. Io ho anche la competenza di portare in Aula il decreto relativo. Lo stiamo già esaminando, i primi di luglio saremo pronti per andare in Aula. È un decreto su cui bisogna mettere mano, ma che, come aveva promesso Gabrielli, avrebbe fatto in qualche modo chiarezza su questa ordinanza, cosa che invece non è avvenuta. Lei mi spiega qual è un tecnico che oggi viene a vedere un fabbricato non lesionato, che magari è un Pag. 51fabbricato integro, perfettamente a posto, che deve però, per poter riaprire, avere in mano un pezzo di carta che nessuno oggi è in grado di potergli dare?
Ma chi è che dà un certificato di agibilità sismica a un fabbricato costruito prima del 2003? Nessuno. È impossibile fare riaprire qualsiasi attività produttiva.
Cornuti e mazziati tra l'altro sono quelli che abitano nei comuni del cratere, perché basta abitare a 100 metri di distanza nel comune limitrofo, che non è compreso all'interno della lista, e lì, invece, puoi lavorare tranquillamente. Ma lei mi spiega se si sposta l'epicentro, faccio un esempio, 30 chilometri più a ovest o 30 chilometri più a est? Là non sono a norma neppure quelli.

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri, la prego di concludere.

ANGELO ALESSANDRI. Quindi, se il principio è che il Governo e la Protezione civile semplicemente si vogliono parare il di dietro di fronte ad eventuali altre scosse sismiche e lo fanno mettendo l'impossibilità di poter riaprire, allora io penso che bisogna far chiudere tutto, facciamo delocalizzare e portar via tutto il Paese intero. Credo che se il Governo vuole dare una risposta al nostro popolo, la deve dare immediatamente attraverso una task force. Questa era un'idea. Altrimenti facciamo un altro sistema con tempi di massimo 15 giorni.

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri, deve concludere.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Ministro Giarda, se per settembre le fabbriche lì non sono riaperte, mi creda, non aprono neanche, perché tanto gli ordini non ci sono più e non vale neanche più la pena di riaprire. Ma avrete la consapevolezza di avere la colpa di aver «assassinato» una grande terra che ha solo voglia di risposte che voi non siete in grado di dargli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Problematiche relative allo stato delle attività riguardanti l'organizzazione di Expo 2015, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del sindaco di Milano - n. 3-02349)

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02349, concernente problematiche relative allo stato delle attività riguardanti l'organizzazione di Expo 2015, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del sindaco di Milano (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Ministro, Expo 2015 può esser una straordinaria occasione per l'Italia ed è l'Italia che si è candidata ad ospitarlo, scegliendo come sede Milano. Questa semplice consapevolezza non va mai smarrita e credo che le parole di dieci giorni fa e la scelta del sindaco di Milano di rimettere al Presidente del Consiglio l'incarico di commissario straordinario abbiano avuto la forza di richiamare tutti, a partire dal Governo, alle proprie responsabilità. Il Governo ha risposto con una nota dettagliata subito e sabato scorso con un incontro tra Monti e Pisapia. Bene, ma la questione investe il Parlamento, signor Ministro.

PRESIDENTE. Onorevole Peluffo, la prego di concludere.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Per questo chiediamo di tenere fede ad un impegno preso in questa Camera il 14 gennaio 2009, di svolgere una relazione sullo stato di avanzamento dei lavori preparatori per Expo. Il Governo precedente non l'ha mai fatto. Le chiediamo, signor Ministro, quando il Governo verrà qui a relazionare sullo stato di salute di Expo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

Pag. 52

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in relazione all'interrogazione posta dall'onorevole Peluffo osservo che il sindaco di Milano, con nota dell'8 giugno 2012, aveva rimesso nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri, il suo incarico di commissario straordinario del Governo per l'Expo Milano 2015 sottoponendo, tra le altre, le seguenti questioni. Evidenziava, da un lato, la necessità di un rafforzamento dell'impegno governativo, segnalando, dall'altro, l'eccezionalità dell'impegno commissariale da aggiungere alle funzioni di sindaco, nonché l'assoluta necessità di ripristinare i propri poteri derogatori.
In data 16 giugno in questo mese, in esito all'incontro che si è tenuto a Milano con il Presidente del Consiglio dei ministri, è stata concordata la prosecuzione dell'attività connessa al suddetto incarico commissariale in relazione ai seguenti impegni. In particolare, proprio al fine di rafforzare ulteriormente l'azione del Governo centrale, è in fase di istituzione un tavolo di coordinamento con funzioni di indirizzo, sostegno ed impulso al grande evento Expo 2015.
Relativamente all'esigenza di garantire un sostegno all'attività del commissario straordinario Pisapia, si segnala che è in fase di emanazione una disposizione legislativa che gli consentirà di nominare uno o più delegati per specifiche funzioni legate allo svolgimento di Expo 2015. Si ricorda, inoltre, che nell'ambito del decreto-legge n. 59 del 15 maggio 2012, il cui disegno di legge di conversione è stato votato oggi in questa stessa Aula, sono previsti poteri derogatori per l'evento Expo 2015. Si è trattato dell'unica significativa eccezione alla soppressione delle deroghe per i cosiddetti grandi eventi.
Anche le recenti iniziative assunte dal Governo confermano la volontà dell'esecutivo di rispettare gli impegni assunti con il Bureau International des Expositions al fine di garantire il buon esito dell'esposizione universale.
Il Governo conferma, pertanto, gli impegni assunti e le spese previste dal bilancio dello Stato, nonostante l'aggravato contesto economico e finanziario, tenendo informato il Parlamento in merito ad ulteriori sviluppi relativi a Expo 2015, un evento che ha natura strategica sia per Milano sia per l'Italia e dal quale ci si possono attendere significative ricadute per il sistema economico del nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di replicare.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, intervengo per esprimere soddisfazione e, quindi, rimaniamo in attesa di questa relazione dettagliata al Parlamento, che avrà dei nodi ineludibili e rispetto ai quali vi sarà bisogno di ulteriori risposte.
Il primo punto è relativo alla deroga al patto di stabilità per gli investimenti legati ad Expo 2015 che faranno gli enti locali. Si tratta di una deroga del Patto di stabilità, signor Ministro, per i prossimi tre anni. Un secondo nodo è quello che riguarda il contributo dei privati, visto che vi è stato un drastico ridimensionamento della previsione di questo contributo nel corso degli anni. Così, rispetto al cronoprogramma ci aspettiamo un'indicazione di dettaglio con grande precisione sui tempi che sono stati identificati.
Ci sta bene il tavolo, anche se il punto era quello di avere un interlocutore unico del Governo. Tuttavia, immagino che tale interlocutore verrà deciso all'interno di questo tavolo. Allo stesso modo, un nodo ineludibile è quello dell'unitarietà nella gestione, tra istituzioni diverse, degli interventi con modalità straordinarie.
Infine, segnalo che vi è ancora bisogno di un atto del Governo per attribuire risorse umane e finanziarie al commissario del padiglione italiano, che non è ancora in grado di operare, come denunciano oggi i giornali, nelle pagine milanesi. Pertanto, su questo punto ci aspettiamo che il Governo tenga fede agli impegni che ha assunto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 53

(Politiche a favore delle famiglie italiane in relazione alla crisi economica in atto - n. 3-02350)

PRESIDENTE. L'onorevole Pisicchio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02350, concernente politiche a favore delle famiglie italiane in relazione alla crisi economica in atto (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signor Ministro, destano allarme i dati che l'ISTAT e i più importanti centri di ricerca hanno offerto all'attenzione della politica. Negli ultimi quattro anni, 200 mila nuove famiglie hanno scoperto il triste spettro della povertà, con la perdita del posto di lavoro del capofamiglia, 436 mila sono le unità espulse dal mercato del lavoro e il 70 per cento di queste ha meno di 35 anni. In questo quadro, non affatto confortante, esiste poi la disuguaglianza territoriale. Secondo la Svimez, a fronte della perdita netta registrata nell'ultimo biennio di 735 euro annui per ogni famiglia del nord si registra una perdita di 880 per famiglie del sud (ricordo che il sud denuncia un reddito medio del 40 per cento in meno).
Vorremmo, signor Ministro, sapere quali interventi urgenti prevede di adottare per alleviare le difficoltà delle famiglie italiane e, in modo particolare, delle popolazioni meridionali.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Pisicchio, le rispondo leggendo un testo che è stato predisposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La questione evidenziata concerne le ricadute occupazionali conseguenti alla congiuntura economica internazionale, che ha gravemente colpito molte famiglie italiane, incluse quelle delle regioni del Mezzogiorno, e i giovani.
Il Governo pone grande attenzione alle tematiche della famiglia, attraverso una nuova fase di interventi che tengano conto dell'attuale momento di difficoltà economica. Il Consiglio dei Ministri, lo scorso 7 giugno, ha approvato definitivamente il piano nazionale per la famiglia. Uno dei principali interventi del predetto piano è quello dell'equità sociale verso la famiglia - fiscalità generale, tributi locali, revisione dell'ISEE, lo strumento equivalente - attraverso il riconoscimento del carico familiare complessivo nel prelievo fiscale e nell'allocazione delle risorse, specie in via redistributiva.
È stato, inoltre, previsto lo stanziamento complessivo di 117 milioni di euro per finanziare due delle linee prioritarie contenute nel piano: la realizzazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia e gli interventi di assistenza domiciliare integrata agli anziani. Adeguato sostegno è, inoltre, previsto per le cosiddette «sezioni primavera», che identificano le classi ponte tra il nido e la scuola materna.
Inoltre, è stata raggiunta un'intesa tra Governo ed ANCI per promuovere una campagna di riduzione dei prezzi dei prodotti per l'infanzia attraverso la rete delle farmacie comunali, con l'obiettivo di riportare i prezzi unitari dei prodotti alla media europea. È inoltre in via di definizione il decreto attuativo relativo alla sperimentazione della nuova social card. La sperimentazione affiderà ai comuni con più di 250 mila abitanti la gestione della nuova social card che avrà durata di un anno e potrà contare su risorse per 50 milioni di euro.
Inoltre, il decreto «salva Italia» ha previsto la revisione dell'indicatore di situazione economica equivalente al fine di giungere ad una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme - anche se esenti da imposizione fiscale - che tenga conto delle quote di patrimonio e reddito dei diversi componenti della famiglia. Anche il piano di azione e coesione recentemente approvato dal Governo destina risorse per 730 milioni di euro ad interventi per l'inclusione Pag. 54sociale, con particolare attenzione alla cura dell'infanzia e dell'assistenza degli anziani non autosufficienti. Le nuove misure potranno assicurare un maggior grado di copertura, e una migliore qualità nella cura dell'infanzia e degli anziani non autosufficienti, garantendo in tal modo alle donne maggiori opportunità di ingresso nel mondo del lavoro.

PRESIDENTE. L'onorevole Pisicchio ha facoltà di replicare.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio. Lo Stato sociale e la democrazia partecipata rappresentano i capisaldi del patto costituzionale che venne stipulato alle origini della Repubblica. Nello Stato sociale, accolto nella nostra Costituzione, l'anteriorità della persona umana è affermata persino rispetto alla cittadinanza. Esiste un diritto alla solidarietà, a prescindere dal fatto di essere cittadino. Ebbene, signor Ministro, questo principio fondamentale è oggi in pericolo per la condizione di crisi che ella ricordava, in cui si dibattono il nostro Paese e l'intera Europa, certamente, per errori compiuti nelle scelte politiche di passati Governi, certamente, ma tutto questo non può mettere in discussione diritti sociali che concernono la dignità della persona umana, la dignità del vivere. Sappiamo, signor Ministro, che il Governo non è insensibile né inattivo - ella l'ha ricordato - rispetto al tema dei diritti sociali e ci aspettiamo risposte concrete anche dai provvedimenti sullo sviluppo che dovrebbero caratterizzare la nuova fase dell'azione di Governo. Tuttavia non possiamo evitare di lanciare un allarme sulla pericolosa spirale che strangola le famiglie italiane, in particolare le famiglie del sud, che vivono con un reddito medio di 13 mila 300 euro annui a fronte dei quasi 23 mila euro delle famiglie del nord, che è già ridimensionato rispetto al passato. Dobbiamo agire, signor Ministro, e dobbiamo farlo senza perdere tempo, prima che sia il tempo a perdere noi tutti.

(Iniziative per garantire ai creditori delle aziende sanitarie locali il beneficio della compensazione con somme dovute all'erario - n. 3-02351)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02351, concernente iniziative per garantire ai creditori delle aziende sanitarie locali il beneficio della compensazione con somme dovute all'erario (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, signor Ministro, con questa mia interrogazione a risposta immediata richiamo l'attenzione del Governo a dare concreta ottemperanza a quanto previsto già da diverse disposizioni di legge, con ciò facendo una brevissima chiosa: non c'è peggior Stato di quello che non mantenga i suoi impegni o - peggio ancora - vessi i cittadini con tasse e balzelli. È di questi giorni la tiritera sull'evasione fiscale e sulla necessità che i bambini denuncino i gelatai che non rilasciano ricevuta, quando siamo in presenza di uno Stato che non riesce neanche a pagare i debiti che contrae, pur richiedendo ad aziende, a professionisti ed a fornitori di beni e servizi del Servizio sanitario nazionale il pagamento per competenza delle tasse e quindi su redditi che non si sono realizzati.
Poiché tale obbligo esiste dalla legge del 1973, reiterato nell'anno 2010 dal decreto-legge n. 78, che prevede almeno la compensazione di questi crediti con le somme dovute all'erario e iscritte a ruolo, vorremmo sapere se e quando il Governo si deciderà ad emanare quelle direttive attuative per dare concreto corso alla compensazione dei crediti.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole D'Anna, le rispondo sulla base di un testo che è stato predisposto dal Ministero dell'economia e delle finanze. I quesiti posti riguardano i tempi di adozione Pag. 55dei decreti concernenti la certificazione e la compensazione dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione. Il Governo sta agendo su più fronti e ha adottato finora quattro provvedimenti: il primo, riguardante la certificazione dei crediti vantati nei confronti dello Stato, risulta già firmato e registrato alla Corte dei conti ed è di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; due decreti, riguardanti rispettivamente la certificazione dei crediti vantati nei confronti di regioni ed enti locali e la possibilità di compensazione con i ruoli esattoriali, che hanno ricevuto il parere della Conferenza Stato-regioni il 12 giugno scorso; un quarto decreto concernente l'utilizzo del Fondo centrale di garanzia, che è prossimo al definitivo perfezionamento.
Per quanto riguarda le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari, l'attuale normativa esclude dalla certificazione sia i debiti delle regioni diversi da quelli sanitari, sia quelli degli enti del Servizio sanitario nazionale. Per ampliare l'ambito applicativo dei decreti di certificazione e compensazione, il Parlamento ha ritenuto di integrare la normativa vigente. Attualmente è all'esame della Camera il disegno di legge Atto Camera n. 5273, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa, nel cui testo è stato introdotto l'articolo 13-bis, che permette la certificazione dei debiti delle regioni diversi da quelli sanitari nel caso di regioni sottoposte a piani di rientro sanitari. Inoltre, lo stesso articolo 13-bis fa salve le certificazioni rilasciate dai commissari, assicurando che anche questa documentazione può continuare ad essere utilizzata al fine di ottenere linee di credito con le istituzioni finanziarie ovvero di cedere il proprio credito. Inoltre, la possibilità di compensare il credito viene estesa anche ai titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali.
In attesa della definitiva approvazione del provvedimento, gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze hanno già predisposto i conseguenti testi, che daranno attuazione alle significative modifiche in corso di esame da parte della Camera dei deputati. Si può quindi affermare con ragionevole certezza che in tempi rapidi il nuovo sistema di certificazione e compensazione di cui ai decreti citati diventerà operativo, così da fornire adeguati strumenti per la soddisfazione dei creditori delle pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di replicare.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per le indicazioni concrete che lei ha dato su alcune questioni che io ho posto. Devo purtroppo rilevare - ma questa sarà materia di discussione in quest'Aula - che non si ben comprende perché ci sia l'esclusione dei crediti vantati nei confronti delle aziende sanitarie locali, quasi che chi fornisce prestazioni, medicinali, vitto o quant'altro serva a far funzionare l'ospedale, quindi ad accudire i malati e le fasce più deboli, debba essere escluso dal riconoscimento e quindi dalla compensazione dei crediti pregressi.
Le do un dato di riflessione, se le può essere utile: nella regione Campania, a causa del blocco dei pignoramenti, è giacente circa un miliardo di euro presso le tesorerie delle banche tesoriere, che sta producendo, a causa del blocco delle procedure ingiuntive, un danno erariale che va dai 70 ai 100 milioni di euro. Quindi, nel mentre voi arzigogolate su chi pagare e chi non pagare, non facciamo altro che tenere un miliardo di euro fermo senza pagare nessuno, men che meno i creditori del Servizio sanitario nazionale, e produciamo ulteriori danni e ulteriore deficit, che pagheranno i cittadini con le tasse e i balzelli.

(Chiarimenti in merito ai ritardi nella stipula dei contratti istituzionali di sviluppo e degli accordi di programma quadro previsti dalle delibere CIPE n. 62 del 2011 e n. 78 del 2011 - n. 3-02352)

PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bal- delli Pag. 56n. 3-02352, concernente chiarimenti in merito ai ritardi nella stipula dei contratti istituzionali di sviluppo e degli accordi di programma quadro previsti dalle delibere CIPE n. 62 del 2011 e n. 78 del 2011 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, signor Ministro, in tema di politiche di sviluppo per il Mezzogiorno il Governo Berlusconi, su impulso del Ministro Fitto, aveva avviato un processo di riforma delle politiche di sviluppo stesse, che si era concretizzato con l'approvazione da parte del CIPE di due delibere: la prima riguardante le infrastrutture, la seconda relativa al sistema universitario e al comparto della ricerca.
La delibera che riguardava le infrastrutture, la n. 62 del 3 agosto 2011, assegnava oltre 7,4 miliardi di euro ad interventi strategici nazionali, regionali e interregionali, attivando un volume complessivo di investimenti di oltre 30 miliardi di euro.
La delibera CIPE n. 78 del 2011, successivamente integrata, assegnava al sistema universitario meridionale oltre un miliardo di euro. Da mesi si attende lo sblocco di queste risorse.
A tal fine, si chiede di sapere perché, ad oggi, non sono stati completati i procedimenti istruttori relativi all'assegnazione delle risorse, che sono propedeutici alla cantierizzazione delle opere, e, soprattutto, quali siano i tempi entro cui ciò avverrà.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Distaso, l'attuazione della programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, già Fondo per le aree sottoutilizzate, si realizza attraverso tre distinte modalità: il contratto istituzionale di sviluppo (CIS), gli accordi di programma quadro e gli strumenti di attuazione diretta.
Per quanto riguarda la prima di queste modalità, il CIS, si è stabilito nel Piano di azione e coesione del 15 novembre 2011 di utilizzare per le grandi opere strategiche lo strumento negoziale CIS, secondo quanto già disciplinato dalla delibera CIPE n. 1 del 2011 e dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011. Si tratta di un atto negoziale innovativo, che presuppone la preliminare composizione di interessi e posizioni diverse.
La novità dello strumento ha successivamente suggerito - delibera CIPE del 7 giugno di quest'anno - di impegnare il contratto istituzionale di sviluppo nei soli casi in cui i soggetti attuatori siano costituiti da concessionari di pubblici servizi di rilevanza nazionale, individuando in tali fattispecie le uniche in cui si ritiene che lo sforzo di condivisione iniziale sia motivato dalla necessità di garantire tempi di attuazione che nel passato, bisogna ammetterlo, si sono rivelati decisamente insoddisfacenti.
Il primo dei quattro contratti istituzionali ha ad oggetto la realizzazione della direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto ed è stato predisposto ed è in fase di conclusivo confronto con il concessionario, con le amministrazioni centrali coinvolte e le regioni interessate.
Per il definitivo perfezionamento del contratto istituzionale si è, peraltro, ritenuto doveroso attendere che le commissioni parlamentari competenti rendano il proprio parere sull'aggiornamento 2010-2011 del contratto di programma di RFI, il cui termine scade il prossimo 28 giugno.
Il parere in questione è tanto più importante ed atteso in quanto il contratto della direttrice Napoli-Bari-Lecce-Taranto può rappresentare un modello per i successivi contratti istituzionali previsti dalla delibera CIPE n. 62 del 2011. Proprio in ragione di ciò, lo scorso 5 giugno uno schema di contratto è stato inviato a tutte le otto regioni del Mezzogiorno coinvolte, oltre che all'altro concessionario di pubblici servizi di rilevanza nazionale, l'ANAS, per perfezionarne i contenuti.
Per quanto riguarda lo strumento dell'accordo di programma quadro, la direzione Pag. 57generale competente ha avviato un processo di condivisione del relativo schema con le regioni del Mezzogiorno maggiormente interessate attraverso lo scambio di note formali e appositi incontri.
Nel corso dell'ultimo incontro del 18 giugno è stato condiviso in modo definitivo con le regioni medesime lo schema di accordo di programma quadro rafforzato, ossia avente le caratteristiche indicate nella delibera CIPE citata n. 41 del 2012.

PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di replicare.

ANTONIO DISTASO. Signor Ministro, devo dire che sono parzialmente soddisfatto dalla sua risposta, atteso che le delibere CIPE a cui ho fatto riferimento sono state perfezionate da tempo, ottenendo anche la prescritta registrazione presso la Corte dei conti.
Per cui i relativi strumenti attuativi, sia che si tratti di contratti istituzionali di sviluppo, sia che si tratti di accordi di programma quadro - lei ha spiegato anche l'esistenza di qualche difficoltà procedurale nei tempi di attuazione - stentano ancora ad essere posti in essere.
Vorrei ribadire qui l'estrema necessità di procedere con urgenza al completamento di tutti gli adempimenti istruttori per permettere ai soggetti attuatori di avviare le procedure propedeutiche alla cantierizzazione delle opere.
Per tanto, troppo tempo al Mezzogiorno sono state assegnate ingenti risorse che non si sono poi tradotte in opere concrete.
Gli strumenti previsti negli atti del CIPE qui richiamati si legano al principio della responsabilizzazione della classe dirigente che, a mio avviso, deve essere perseguita fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative di competenza in ordine alla verifica della sussistenza di infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo camorristico nell'amministrazione comunale di Arzano (Napoli) - n. 3-02353)

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02353, concernente iniziative di competenza in ordine alla verifica della sussistenza di infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo camorristico nell'amministrazione comunale di Arzano (Napoli) (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, signor Ministro, il comune di Arzano, già nel 2008, è stato colpito da un decreto di scioglimento per condizionamento camorristico della sua attività amministrativa.
Dal 2010 vi è in carica una nuova amministrazione. Alcuni fatti richiedono un approfondimento, un controllo e l'accesso agli atti da parte del prefetto. Infatti, l'amministrazione, nella persona del sindaco, il dottor Giuseppe Antonio Fuschino, ha approvato la proposta di edilizia residenziale ad opera di una cooperativa denominata Mi.Ru. per la realizzazione di centocinquanta appartamenti su un suolo di 35 mila metri quadrati, ma da fonti di stampa risulta il collegamento tra i vertici di questa cooperativa, il clan dei casalesi e il boss Michele Zagaria.
Si evidenzia che il dirigente ha sempre dato parere negativo, tranne nell'ultimo consiglio comunale in cui si approvava la relazione, mentre prima era stato assolutamente contrario al progetto.
Per quanto concerne l'affidamento della gestione dei servizi di igiene urbana, abbiamo avuto un incremento del 100 per cento delle spettanze come da capitolato, mentre per quanto riguarda la riscossione della Tarsu abbiamo una società, la SO.GE.R.T., già attenzionata dal precedente scioglimento.
Inoltre, in due anni sono cambiati quindici assessori. I settori dell'urbanistica e dell'ambiente sono stati affidati, rispettivamente, al ragioniere capo e al capo della polizia municipale, dopo quindici cambiamenti di assessori.
Quindi, riteniamo che il Ministero debba avviare la procedura di accesso per verificare se i condizionamenti della criminalità Pag. 58organizzata, che sembrano palesi dalle circostanze sopra narrate, siano fondati.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interrogazione a risposta immediata in oggetto gli onorevoli Granata e Muro richiamano l'attenzione del Governo su presunte irregolarità verificatesi nella gestione del comune di Arzano, in provincia di Napoli, e chiedono se il Governo non intenda disporre accertamenti per verificare eventuali condizionamenti della criminalità organizzata nella vita dell'ente.
Come è già stato ricordato dagli onorevoli interroganti, il comune di Arzano è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica del 5 marzo 2008, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali, e la nuova compagine amministrativa è stata eletta nella tornata elettorale del 2010.
L'azione dell'amministrazione, subentrata ad una gestione commissariale, è oggetto di una attenta attività di osservazione da parte della prefettura di Napoli e delle forze dell'ordine, ciò anche in relazione ai numerosi esposti pervenuti nel tempo rappresentativi di asserite condotte illegittime poste in essere dagli organi elettivi che hanno riguardato diversi settori della vita amministrativa dell'ente.
Tutte le segnalazioni acquisite a partire dall'aprile 2010 ad oggi, che hanno raggiunto il numero di alcune decine, sono state tempestivamente inviate alle forze dell'ordine per gli opportuni approfondimenti.
Di recente è pervenuta una prima relazione del Comando provinciale dei carabinieri su alcuni aspetti più significativi delle criticità riferite. Nel quadro dell'azione di monitoraggio è già da tempo in atto nei confronti dell'amministrazione e risulta necessario un ulteriore approfondimento delle vicende gestionali del comune al fine di potere individuare indizi più pregnanti sui condizionamenti ipotizzati dagli onorevoli interroganti. Una maggiore valutazione appare, infatti, necessaria per le ulteriori iniziative sul piano della prevenzione antimafia ed eventualmente per la richiesta di delega di accesso.
Per completezza di informazione si precisa che lo scorso 12 giugno il sindaco ha rassegnato le proprie dimissioni che, sulla base di quanto previsto dall'articolo 53 del testo unico degli enti locali, diventeranno efficaci ed irrevocabili il prossimo 2 luglio.
Si assicura comunque che la situazione del comune di Arzano, anche alla luce del particolare momento di crisi politica, scaturito dalle dimissioni del primo cittadino, continuerà ad essere seguita con la massima attenzione dall'Amministrazione dell'interno.

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di replicare.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, signor Ministro, ci dichiariamo soddisfatti per l'attenzione con la quale il Governo sta seguendo una vicenda che ci sembra essere in piena continuità amministrativa e gestionale con la precedente amministrazione, quella già sciolta per camorra nel 2008.
Alla luce di tutte le questioni, che abbiamo con grande rapidità sintetizzato in Aula ma soprattutto ricordato nella relazione, insieme al collega Luigi Muro vogliamo ribadire che il sindaco, è vero che ha presentato le dimissioni, ma risulta a questo gruppo parlamentare che lo abbia fatto soltanto per evitare lo scioglimento per le dimissioni che avevano minacciato i consiglieri. Questa circostanza va monitorata per capire se, alla fine dei venti giorni, termine entro il quale può ritirare le stesse dimissioni, questo non sia stato un escamotage per portare in avanti l'azione dell'amministrazione.
Voglio soltanto ricordare ulteriormente che il dato più significativo mi sembra l'aver cambiato, nel corso di meno di due anni, 15 assessori, di avere messo all'interno Pag. 59dei dipartimenti che riguardano appunto l'urbanistica e l'ambiente - che sono gli stessi dipartimenti che riguardano per competenza le questioni da noi sottolineate - direttamente il ragioniere capo, all'assessorato all'urbanistica, ed il capo dei vigili urbani come assessore all'ambiente. Quindi, si tratta di tutte le questioni di competenza della raccolta dei rifiuti, del piano regolatore e delle nuove concessioni, ossia soprattutto delle nuove concessioni che prima abbiamo sottolineato.
E, soprattutto, ricordo che i due assessori con delega alla legalità e l'assessore al bilancio si sono dimessi venti giorni prima dell'approvazione del bilancio di previsione. È un'altra anomalia che crea dei tasselli di un mosaico che mi sembra, anzi, ci sembra, che il Governo abbia bene individuato e, quindi, stia procedendo.
No vigileremo politicamente, ma siamo soddisfatti dell'attenzione del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con il seguito della discussione delle mozioni concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Brugger, Caparini, Castagnetti, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Dussin, Fallica, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Lucà, Misiti, Moffa, Mura, Palumbo, Pisacane, Pisicchio e Paolo Russo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970, Ossorio ed altri n. 1-01011 e Iannaccone ed altri n. 1-01060 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni (ore 16,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896 (Nuova formulazione), Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913 (Nuova formulazione), Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970 (Nuova formulazione), Ossorio ed altri n. 1-01011 (Nuova formulazione) e Iannaccone ed altri n. 1-01060, concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 12 marzo 2012, sono state presentate le mozioni Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970 (Nuova formulazione), Ossorio ed altri n. 1-00101 (Nuova formulazione) e Iannaccone Pag. 60ed altri n. 1-01060, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
Invito il rappresentante del Governo, se l'onorevole Occhiuto non lo disturba, ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, all'ordine del giorno ci sono ben undici mozioni che riguardano lo stesso argomento e questo dimostra quanto sia di interesse del Parlamento, per i temi colà trattati. Molte delle richieste contenute nel dispositivo delle mozioni sono simili ed alcune cose nel frattempo, visto l'intervallo che è intercorso da quando abbiamo iniziato la discussione ad oggi, sono state realizzate dal Governo.
Quindi, signor Presidente, se fosse possibile, chiederei una breve sospensione per valutare l'opportunità di arrivare ad una mozione unitaria che condensi le richieste principali, in modo da evitare di disperdere il giudizio su undici mozioni che, come dicevo prima, hanno contenuto più o meno identico.

PRESIDENTE. Quindici minuti sono sufficienti, signor sottosegretario?

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, credo che quindici minuti siano comunque pochi. Credo che mezz'ora almeno sia il tempo giusto per poter riprendere poi seriamente i nostri lavori e non dover rinviare di nuovo. Credo che questo sia il tempo giusto, sperando che i presentatori della varie mozioni possano trovarsi immediatamente.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi rivolgo al sottosegretario, se ha la cortesia di ascoltarmi. Vorrei semplicemente dirle, signor sottosegretario, che queste mozioni, che sono undici, sono all'ordine del giorno da parecchi giorni e l'economia dei lavori della Camera poteva lasciare intendere che noi oggi, intorno a quest'ora, avremmo affrontato questo argomento.
Adesso mi auguro che in mezz'ora riusciamo a fare quello che non siamo riusciti a fare in undici giorni. Diversamente, però, la pregherei, signor Presidente, di fare in modo di riprendere alle 16,30, anche per l'economia dei nostri lavori, perché noi ovviamente stiamo qui dalla mattina, veniamo, votiamo; dovevamo riprendere alle 16, adesso sospendiamo la seduta e ripigliamo i nostri lavori alle 16,30, ed è un film che, ahimè, ci accompagna soprattutto nell'ultimo periodo.
Ecco, la richiesta che rivolgo al Governo è quella di predisporsi se, come auspico, ci sarà una mozione unitaria, a dare il parere sulla medesima, altrimenti ad utilizzare la mezz'ora per dare il parere sulle undici mozioni, perché non possiamo ulteriormente rinviare per risolvere il problema.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, intervengo come primo firmatario della mozione. È vero che le mozioni sono depositate già da un bel po' di tempo. Ci è stato chiesto di presentare una mozione condivisa e mi sembra anche che l'accordo ci sia già, per cui per me anche quindici minuti sono più che sufficienti solo per raccogliere le firme.
Si tratta comunque di una richiesta che è venuta dagli altri gruppi e non certo dalla Lega Nord Padania.
Pertanto, per noi vanno benissimo, onorevole Giachetti, quindici minuti. È un tema importantissimo ed il fatto che ci Pag. 61siano undici mozioni a tutela delle piccole e medie imprese è sicuramente una cosa importante ed è fondamentale, secondo me, che il Parlamento si presenti all'unanimità su questo tema.
Per quello che ci riguarda quindici minuti vanno bene. Forse la Presidenza vuole concedere mezz'ora, ma io penso che procederemo in maniera celere, perché con gli altri colleghi abbiamo già definito e occorre solo raccogliere le firme. Pertanto, sicuramente per noi va bene, ma nell'ottica di una mozione di tutto il Parlamento a difesa delle piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. La Presidenza avanza una terza proposta. Venti minuti credo possano andare bene.
Sospendo, dunque, la seduta, che riprenderà alle 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,30.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, mercoledì 20 giugno 2012, la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha approvato, in sede legislativa, il seguente progetto di legge:
«Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione» (Approvato dalla I Commissione permanente Affari costituzionali del Senato della Repubblica) (4716), con modificazioni.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,32).

MATTEO MECACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi voluto dare la parola in questa giornata, il 20 giugno, che, come lei ha detto, è la giornata che le Nazioni Unite ricordano come la Giornata mondiale dei rifugiati. Credo che sia importante come Parlamento italiano prestare qualche minuto di attenzione per pensare ad una realtà che è quella di milioni e milioni di persone che oggi vivono nel mondo con lo status di rifugiato, perché occuparsi di rifugiati significa non solo occuparsi di questioni umanitarie, di assistenza a persone, ma significa anche occuparsi di politica estera, perché i rifugiati sono l'effetto molto spesso di guerre, di conflitti, di scontri etnici, di scontri religiosi, come abbiamo anche in questi ultimi giorni in Nigeria. Con un gruppo di deputati che fanno parte dell'Intergruppo parlamentare per il Tibet abbiamo deciso di dedicare come Parlamento italiano (come altri Parlamenti stanno facendo in questa giornata: il Parlamento europeo, il Parlamento del Sudafrica, il Parlamento islandese, il Parlamento francese e tanti altri) questa giornata a un popolo particolare, il popolo tibetano di cui abbiamo anche una rappresentanza in questo momento nella nostra tribuna. Salutiamo la presidente della comunità tibetana in Italia Kalsang Dolkar ed altri amici tibetani (Applausi). Si tratta di un popolo che è in esilio da oltre cinquant'anni e che cerca dall'esilio, attraverso la non violenza, di riportare la democrazia e la libertà ad un popolo che purtroppo ne è sottratto.
Come vede Presidente, ci sono ormai in questa Aula (invito tutti a farlo) decine di colleghi che indossano questa sciarpa bianca. Questa sciarpa bianca si chiama kata. La kata tibetana è un segno di benvenuto e di accoglienza che i tibetani danno a tutti i loro amici quando li incontrano. Il fatto che nel Parlamento italiano oggi simbolicamente ci siano tanti deputati che indossano questa sciarpa vuole essere il nostro benvenuto, la nostra accoglienza alla causa di un Tibet libero per una Cina libera con la quale speriamo il nostro Paese e tutto il continente europeo possa avere migliori rapporti in futuro (Applausi).

Pag. 62

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mecacci. A nome della Presidenza e di tutta l'Assemblea rinnovo il saluto ai monaci che stanno assistendo ai nostri lavori (Applausi).

FERDINANDO ADORNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, intervengo perché credo sia importante che, insieme alla sciarpa, che molti di noi oggi portano con orgoglio, anche le parole di tutti i gruppi parlamentari possano testimoniare la nostra vicinanza e la nostra solidarietà ad un popolo che si sta battendo non per l'indipendenza ma per l'autonomia e per la tutela della libertà religiosa.
Presidente, noi non siamo così ingenui da immaginare che gli accordi commerciali con i Paesi come la Cina che non rispettano i diritti umani possano essere appunto subordinati ai diritti umani stessi. Non siamo così ingenui, anche se mi faccia dire che sarebbe un'ingenuità che noi vorremmo davvero tanto poter esercitare. Ma non possiamo neanche essere così cinici da subordinare completamente i diritti umani agli accordi commerciali. Bisogna che il mondo trovi una via per continuare ad avere rapporti con tutti, ma anche per poter pretendere da tutti che non si violino i diritti umani, la dignità dei bambini, delle donne, degli uomini, di tutti gli esseri umani di questo pianeta. Vorrei concludere questo brevissimo intervento ponendo anche una domanda, tanto per non fare solo testimonianza.
Signor Presidente, mi domando, anche di fronte a quello che accade nel Tibet, ma pure di fronte all'olocausto cristiano che sta accadendo in Nigeria e in tante altre parti del mondo, e di fronte alle violenze che vediamo in Siria contro bambini e donne, insomma di fronte a tutte le violenze che ci sono al mondo, come credo tutti i Parlamenti dovrebbero cominciare a chiedersi, a che serve l'ONU. Se la comunità internazionale ha ancora una sede che possa dirimere le controversie e chiedere e pretendere il rispetto dei diritti umani oppure no. Credo che se non vogliamo fare solo testimonianza dobbiamo capire che da quando il mondo è cambiato nel 1989, è diventato anche più violento, oltre che più pacifico. Le contraddizioni aumentano e noi siamo impotenti. La nostra solidarietà va agli amici tibetani, ma anche la nostra riflessione deve posarsi sulla nostra impotenza, sul fatto che non riusciamo ad impedire che tutto questo accada (Applausi).

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, mi unisco alle parole dell'onorevole Mecacci e dell'onorevole Adornato non aggiungendo altro se non che oggi abbiamo depositato, firmata da tutti i gruppi presenti in Parlamento, una mozione che vuole essere unitaria per impegnare il Governo a proposito della situazione della Nigeria allargandola alle varie situazioni che oggi coinvolgono l'Africa. A me sembra importante che ci sia stata questa convergenza che non è sul minimo comune denominatore, ma è sul senso stesso dell'esistere di una comunità in Parlamento. È una comunità che cerca di trovare quello che fonda una convivenza pacifica tra noi e una convivenza pacifica tra i popoli, nel rispetto profondo e nella condivisione di quello che è la ricerca del senso della vita dovunque, che coincide con la pace e la libertà (Applausi).

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, poche parole da aggiungere a quelle, che condividiamo pienamente, dei colleghi che sono intervenuti prima. La causa dell'autonomia e non dell'indipendenza del Tibet perseguita attraverso la non violenza, anche nelle forme estreme a Pag. 63cui abbiamo assistito purtroppo negli ultimi mesi, è una causa che interroga le coscienze civili personali, ma interroga anche la politica in modo profondo. Quella del Tibet è una causa concreta, è una causa simbolica, interroga la capacità della politica e, in particolare, dei Paesi liberi e democratici di battersi nei propri territori e, soprattutto, nei territori non vicini per il riconoscimento dei diritti umani, delle libertà fondamentali, della possibilità di convivenza e della libertà religiosa. Noi non dobbiamo pensare che questa testimonianza serva fuori, serve soprattutto dentro i Parlamenti; interroghi - lo ripeto - i politici su quanto si potrebbe fare e su quanto non si fa. Credo, invece - e ringrazio l'onorevole Mecacci e tutti i colleghi dell'intergruppo parlamentare sul Tibet - che questa sia una dimostrazione di forza, di capacità, di attenzione e di interesse. La libertà, il diritto, la libertà religiosa dei tibetani sono la libertà e il diritto di ciascuno di noi (Applausi).

ANDREA RONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, poche parole per ribadire soltanto la vicinanza religiosa, spirituale e morale in una battaglia spesso, amici colleghi deputati, passata nel dimenticatoio del politicamente scorretto. Ha ragione chi prima di me ha detto, come il collega Adornato, che gli accordi commerciali spesso e volentieri vincono sulla moralità e sulla battaglia dell'individuo per la persona e delle comunità. E ora, anche in un momento di grandissima crisi economica, questo nostro gesto di oggi pomeriggio ha un valore molto più importante rispetto anche ad una semplice dichiarazione: è per dire che la libertà non ha prezzo.
La libertà va oltre il vincolo dell'economia, va oltre qualsiasi tipo di vincolo, perché la libertà di un popolo vale più, oggi come oggi, rispetto anche a quelli che possono essere i dogmi commerciali. La Cina non ha mai voluto riconoscere, nel silenzio dell'Europa e dell'occidente, i diritti di un popolo come quello tibetano. Oggi siamo qui per dire che questo Parlamento è con voi (Applausi).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per associarmi alle parole degli altri colleghi, ma soprattutto per sottolineare un aspetto: oggi nel nostro Paese, da Lecce a Genova, da Molfetta ad Ancona, da Napoli a Pisa e ad Arezzo, è tutto un fiorire di iniziative dedicate alla giornata mondiale per il rifugiato. Allora voglio dire che è sicuramente quantomai significativa questa nostra manifestazione e l'esposizione della kata, ma di rifugiati ce ne sono tanti, spesso anche vicino a noi e la nostra attenzione deve andare a tutti. Penso in particolare in questo momento - ne abbiamo parlato proprio in questi giorni qui alla Camera dei deputati - alla situazione che si è determinata in Siria, dove l'accanimento del regime nei confronti di chi aspira alla libertà ha portato in questo momento a circa 30 mila rifugiati nella vicina Turchia. Quindi vorrei estendere un pensiero anche a questi profughi e a questi rifugiati che come tutti gli altri non hanno scelto di essere rifugiati (Applausi).

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, anche la Lega si vuole unire al coro degli amici e dei colleghi, in questa giornata a favore e in ricordo del Tibet. Ringrazio il Presidente, che ha voluto concedere questo momento. Signor Presidente, qualche anno fa i nostri padri hanno pagato duramente ed hanno combattuto duramente per la libertà. Noi ce ne ricordiamo, ci ricordiamo che la libertà non si regala, ma che la libertà ha un prezzo e noi siamo profondamente grati a Pag. 64questi uomini che hanno combattuto. Non ci dimentichiamo che, pur nel lusso che noi siamo chiamati a vivere di una democrazia, di una pace e di una prosperità, vi sono altri popoli, più lontani da noi geograficamente, ma vicini per le ragioni del cuore e per le ragioni degli ideali, che combattono tutti i giorni e che pagano tutti i giorni un prezzo di libertà importante. Non esiste vita, non esiste la persona, senza il mantenimento di alcuni ideali. Una persona senza la propria libertà in qualche modo è una persona incompleta. Allora noi ci vogliamo unire a queste persone, che vivono sulla loro pelle un'oppressione che ha un nome ben preciso, di una grande potenza, di cui noi ci ricordiamo molto spesso per gli accordi economici, ma non ci ricordiamo mai per poter chiedere un proprio contributo di libertà e di rispetto dei diritti umani, diritto di libertà, diritto di indipendenza, diritto di poter esprimere le proprie idee religiose. In questa piazza, che è la piazza del nostro Paese, noi vogliamo ricordare queste persone e le vogliamo ricordare tutti insieme, con forza e determinazione (Applausi).

SILVANO MOFFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, anche il gruppo di Popolo e Territorio plaude a questa iniziativa assunta dal Partito Radicale, che ha portato qui oggi in Parlamento un tema assolutamente importante e sul quale le sensibilità credo siano assolutamente comuni. Quando si parla di libertà, soprattutto di questi popoli, e si parla di oppressione, credo che noi occidentali dovremmo innanzitutto chiederci se basta un gesto simbolico, pur estremamente importante come quello di oggi, per mettere a posto la nostra coscienza. Nel momento stesso in cui esprimiamo solidarietà e li salutiamo con profondo affetto, sapendo quanto soffrono e quanto il loro popolo sia piagato e piegato dagli oppressori, io credo che noi dovremmo chiederci tutti che cosa possiamo fare per liberare questi popoli dall'oppressione. Allora sì che anche il gesto di oggi potrebbe avere una sua profonda utilità.
Ricordiamocelo soprattutto quando parliamo di economia e dei grandi problemi della globalizzazione: forse, c'è ancora una strada per liberare questi popoli (Applausi).

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, anche a nome di altri colleghi del gruppo Misto, intervengo per associarci a questa iniziativa, a questo ricordo, e per segnalare che, oggi, vi sono tante iniziative sul Tibet, come sul Darfur, in tutta Italia; però, il Tibet ha una realtà particolare. Noi, spesso, ci dividiamo aspramente sulle leggi bavaglio: qui c'è un intero Paese imbavagliato, dove non c'è il diritto di scegliere neanche le parole della preghiera; in un contesto nel quale numerosi giornalisti, blogger e autori non possono esprimersi; persino, nel ricordo di Tienanmen, sono stati, quel giorno, incarcerati straordinari volontari della libertà di pensiero e delle religioni.
Credo che questo debba vederci uniti, anche con una richiesta che rivolgo a me stesso e ai componenti della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e della Commissione affari esteri: facciamo anche un passo avanti. Noi, spesso, litighiamo aspramente su questioni che hanno a che vedere con la gestione del potere o delle nomine, ma rivolgiamo un antico appello affinché coloro che andranno, per esempio, a dirigere il servizio pubblico facciano una cosa: la prima delibera che li vedrà assieme sia la fondazione di un osservatorio sui diritti cancellati nel mondo, sui Paesi cancellati, sugli oscurati. Infatti, anche oggi, qui, dal Tibet ci hanno chiesto non solo solidarietà politica, ma anche di restituire la lingua, di restituire la dignità e il diritto di parola attraverso di noi. Pag. 65
Credo che potremmo portare avanti anche questa iniziativa e, insieme, dare parola, volto e voce a coloro che li hanno persi. Mi piacerebbe, questa sera, vedere tanti telegiornali aprire ricordando mondi oscurati, come ha fatto oggi il Parlamento (Applausi).

SAVINO PEZZOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, io non parlerò sul Tibet, perché mi riconosco in chi mi ha preceduto, tuttavia, vorrei cogliere l'occasione della Giornata mondiale del rifugiato per ricordare un problema che rischia di scoppiare entro poco tempo. In Italia, vi sono 21 mila rifugiati - quelli che sono venuti dalla Libia a causa della guerra -, che si trovano in una situazione di incertezza, di insicurezza e anche di grande tensione sociale.
Io credo che sia un problema che bisogna affrontare quando parliamo dei rifugiati e che bisognerebbe intervenire in tempi brevi, perché veramente la situazione, lì dove sono alloggiati, sta diventando pesante, anche per gli enti che li stanno assistendo. Basterebbero poche cose: basterebbe avere un progetto di rientro volontario con sei mesi di protezione temporanea, favorire il rientro volontario in Libia di chi lo vuole e consentire, a chi può farlo, l'inserimento nel lavoro in Italia. Tuttavia, vorrei dire - visto che è presente il sottosegretario - che il tema è urgentissimo: noi rischiamo di avere, entro poco tempo, tensioni altissime. Pertanto, invito il Governo ad intervenire subito, prendendo come occasione il fatto che oggi è la Giornata mondiale del rifugiato (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 16,50).

PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la risoluzione Montagnoli, Crosetto, Fluvi, Ciccanti, Borghesi, Polidori, Misiti, Mosella, Ossorio, Lombardo, Iannaccone, Cambursano ed altri n. 6-00110 (Vedi l'allegato A - Risoluzione), il cui testo è in distribuzione e che, contestualmente, sono state ritirate tutte le mozioni all'ordine del giorno.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla risoluzione Montagnoli, Crosetto, Fluvi, Ciccanti, Borghesi, Polidori, Misiti, Mosella, Ossorio, Lombardo, Iannaccone, Cambursano ed altri n. 6-00110, che è stata appena presentata.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, la situazione economica attuale è catastrofica e in questo momento la possiamo descrivere anche addirittura stagnante. Dobbiamo prendere atto che il nostro sistema produttivo sta subendo dei danni irreparabili e ciò chiaramente si riflette notevolmente sul tessuto sociale.
Comprendiamo che in situazioni di questo tipo bisogna prima di tutto, per un'azione virtuosa, determinare un taglio dei costi, ma dall'altra parte è necessario pure un piano che preveda delle iniziative per gli investimenti e per il lavoro. Noi questo non lo vediamo assolutamente da parte del Governo. Gli ultimi dati Svimez ci dicono chiaramente che la situazione sta ancora peggiorando, soprattutto al sud, perché ormai l'economia del sud è proprio all'ultima fase, le piccole e medie imprese sono strozzate dai debiti e soprattutto il Pag. 66fatto che il loro credito verso la pubblica amministrazione non viene liberato è una cosa veramente dannosa per loro.
Questo, chiaramente, si riflette sulle famiglie e sui giovani che ormai sono costretti ad emigrare. Dove? Mi chiedo. Non lo so, arrivati a questo punto in Italia. Ecco perché noi riteniamo che questi provvedimenti il Governo li debba prendere (quelli elencati nella risoluzione che abbiamo firmato). Ma ci teniamo a dire che ancora esistono forti dislivelli tra il nord e il sud soprattutto sui tassi di interesse che vengono applicati alle piccole e medie imprese e su questo invitiamo fortemente il Governo ad agire. Ecco perché l'abbiamo firmata: nella speranza che ci siano delle risposte pratiche e costruttive.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Siamo d'accordo, abbiamo firmato la risoluzione unitaria dopo le mozioni che quasi tutti i gruppi hanno presentato in ordine al problema di cui all'argomento che è all'ordine del giorno: superare le gravi condizioni finanziarie in cui versano tante aziende e superare lo strangolamento che le piccole aziende che operano con il settore pubblico sono costrette ogni giorno di più a subire vedendosi cingere al collo questo nodo scorsoio. Riteniamo che questo indirizzo che la Camera dà al Governo possa dare un contributo, ma solo un contributo, perché se da parte del Governo non c'è una forte volontà in tal senso, a nulla vale neppure la risoluzione unitaria di oggi pomeriggio. Pertanto, ci riproponiamo di adottare ogni altra misura in tal senso per sollecitare il Ministro competente e il Governo tutto perché queste condizioni siano superate (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà per 4 minuti.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, intanto siamo molto contenti che si sia giunti rapidamente ad una risoluzione unitaria che però poi, come spesso accade, poiché, fatta all'ultimo momento, omette alcuni passaggi che forse sarebbe stato utile riprendere, ma non stiamo a sottilizzare. Abbiamo più volte messo in evidenza in quest'Aula il ruolo essenziale svolto dalle piccole e medie imprese nel nostro sistema economico.
Si tratta di una risorsa fondamentale per la loro particolare capacità di scommettere sull'innovazione e di essere fonte di nuova occupazione. Sostenere le piccole e medie imprese significa, dunque, sostenere la crescita del sistema Paese e la competitività dell'Italia in ambito internazionale. Su un totale di 4,5 milioni di imprese dell'industria e dei servizi le aziende con meno di dieci addetti sono il 95 per cento, una percentuale altissima che garantisce l'occupazione a circa il 47 per cento dei lavoratori del settore.
È una realtà su cui pesa l'ombra della recessione, con 25 mila imprese a rischio fallimento per il perdurare della crisi economica e delle sempre maggiori difficoltà di accesso al credito. Alleanza per l'Italia lo ha sottolineato in una mozione presentata lo scorso dicembre: l'inasprimento - dicevamo allora - dei requisiti patrimoniali previsti per le banche italiane e le conseguenti difficoltà a reperire liquidità hanno prodotto risultati devastanti per l'economia reale, con il pesante taglio di prestiti e di finanziamenti destinati a famiglie ed imprese.
Recenti indagini mostrano che, a dicembre 2011, vi è stato un forte aumento della quota di imprese che ha segnalato un peggioramento delle condizioni di accesso al credito, pari al 49,7 per cento rispetto al 28,6 per cento registrato a settembre. Si tratta di un valore addirittura superiore a quello raggiunto nel 2008, quando eravamo al culmine della crisi finanziaria. Auspichiamo fortemente che vengano adottate tutte le misure necessarie perché le piccole e medie imprese possano contare sul supporto indispensabile per continuare Pag. 67a produrre ricchezza e contribuire in tal modo alla ripresa economica del Paese.
Com'è noto, alle difficoltà derivanti dalla stretta sul credito si somma la gravosa e non più tollerabile situazione dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. Lo Stato ha un debito nei confronti di piccole e medie imprese che ammonta, secondo stime ufficiose, a 70 miliardi di euro. È una situazione inaccettabile. Va nella direzione del superamento di questa ingiustizia l'intervento del Governo contenuto nel decreto sulle semplificazioni fiscali, già convertito in legge, che consente la certificazione dei crediti vantati dalle imprese da parte della pubblica amministrazione, così come i decreti attuativi, il cui iter è in via di perfezionamento, con i quali si concederà a certe condizioni anche la possibilità di compensare i crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione con i debiti fiscali iscritti a ruolo.
Noi crediamo doveroso in questa sede richiamare l'attenzione sulle difficoltà che vivono le popolazioni dell'Emilia Romagna colpite dal sisma e l'importanza di offrire ogni sostegno alle piccole e medie imprese di questo territorio, esempio di eccellenza italiana. Il distretto agroalimentare, nel quale si produce oltre il 10 per cento della ricchezza agricola del Paese, ha subito un danno che la Coldiretti stima in 500 milioni di euro. Hanno subito colpi durissimi anche interi distretti di produzione industriale di eccellenza: il biomedicale di Mirandola, le ceramiche di Sassuolo e la meccanica di Cento, solo per citarne alcuni.
Le prime stime ci dicono che sono 3.500 le aziende crollate o inagibili e 20 mila le persone rimaste senza lavoro. Quindi, è di primaria importanza rimettere in funzione l'economia emiliana, le sue imprese e le sue produzioni di qualità e mettere in sicurezza i distretti industriali ancora a rischio sismico. Confidiamo che le misure contenute nel decreto-legge approvato dal Governo lo scorso 30 maggio sortiscano effetti positivi a breve, e che siano comunque le prime di una serie che questa mozione intende incentivare e sollecitare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà per due minuti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, anche noi abbiamo accolto la proposta di risoluzione unitaria perché ci rendiamo conto che si tratta di un argomento su cui il Parlamento non può dividersi. Infatti, in questo momento di crisi abbiamo bisogno di essere uniti nel considerare le problematiche delle piccole e medie imprese, l'occupazione, la disoccupazione giovanile, quella femminile, questioni fondamentali che dobbiamo affrontare tutti insieme per superarle e per avere un inizio di ripresa che può avvenire esclusivamente se questo Parlamento, se il Paese è unito nell'ambito di una politica di crescita.
È evidente che è necessario andare incontro alle piccole e medie imprese per quanto riguarda il finanziamento della loro attività, la politica del credito verso queste piccole e medie imprese che non sono tutelate da grandi patrimoni ma sono soltanto tutelate dal know how, da ciò che produce la loro intelligenza, l'intelligenza dei dirigenti, l'intelligenza dei gruppi familiari che portano avanti queste attività, io credo che vadano tutelate da noi, dallo Stato.
Quindi, è evidente che la risoluzione unitaria in esame deve preludere anche al fatto che le piccole e medie imprese devono essere pagate in tempi reali ed in tempi brevi dalle amministrazioni pubbliche che in questo momento invece ritardano i pagamenti, strozzando proprio le piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polidori. Ne ha facoltà.

CATIA POLIDORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la vera grande preoccupazione è che per ricreare ciò che è Pag. 68andato perso in questi ultimi tre anni, per ricostruire il patrimonio di piccole, medie o piccolissime imprese ne occorreranno almeno dieci con il rischio di non riuscire a recuperare più quella parte di know how così distinto per tutta l'Italia.
Parlo di quelle imprese che storicamente hanno messo in campo tutte le strategie e in molti casi hanno sacrificato i gioielli di famiglia pur di non arrendersi alla crisi, nonostante gli effetti devastanti sull'economia reale e nonostante la chiusura dei rubinetti da parte delle banche, l'aumento della tassazione e la bulimia della burocrazia e la piaga dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione che rappresenta un onere da ben 3,7 miliardi di euro.
Ci chiediamo quanto ancora potranno esistere e resistere le imprese, quelle rimaste, e per quanto tempo riusciranno a non crollare sotto l'incessante spinta della chiusura al credito e dei ritardati pagamenti a cui ora peraltro si aggiungono anche le grandi difficoltà del terremoto che ha scosso la pianura Padana. I dati della contrazione dei prestiti da parte del sistema bancario spaventano. Si tratta di una contrazione che, nel secondo semestre del 2011, ha fatto registrare il picco più negativo degli ultimi 14 anni con il credito sceso del 2,4 per cento per le imprese e dell'1,6 per cento per le aziende familiari.
È un bollettino di guerra, una guerra che miete sempre più vittime tra i piccoli imprenditori. Voglio ancora una volta - credo che sia doveroso - ricordare il tragico fenomeno dei suicidi che ebbe origine negli anni passati nel nord-est per poi acuirsi negli ultimi mesi dilagando ovunque. Episodi simili non possono essere sottovalutati e soprattutto derubricati a cronaca nera. Quello dei suicidi è, infatti, un vero e proprio fenomeno sociale che va opportunamente analizzato e al quale un Paese civile non può e non deve abituarsi, tanto meno rassegnarsi.
Malgrado le iniziative intraprese nel passato, le moratorie dei debiti - io stessa presentai a tal proposito ben due interpellanze urgenti - e i vari e tanti accordi territoriali si direbbe che quello tra banche e imprese continua ad essere un rapporto travagliato. Eppure, il sodalizio tra istituti di credito e imprese sappiamo che è vitale, non solo per chi fa impresa in prima persona, ma anche per le famiglie e per il territorio, quindi per l'economia reale che, forse vale la pena di ricordare, ha solo subito e non ha originato una crisi finanziaria venuta da oltreoceano.
Oggi siamo tutti concordi nel sostenere che, in una situazione eccezionalmente grave come quella che stiamo vivendo, occorrono interventi parimenti eccezionali se non vogliamo che il PIL continui a scendere e le imprese dichiarino bancarotta. Vale la pena riflettere su qualche dato. Solo l'anno scorso in Italia si sono registrati oltre 11 mila fallimenti (4 per cento in più rispetto al 2010 e 25 per cento in più rispetto al 2009 in piena crisi economica). Nel quarto trimestre del 2011, in particolare, i fallimenti sono stati in 3.313, in crescita rispetto ai primi tre trimestri dello stesso anno.
Con la nostra mozione chiediamo che ciascuno torni a fare il proprio mestiere e, guarda caso, il mestiere delle banche è proprio quello di fare credito. Come ebbi modo di dire in quest'Aula in tempi non sospetti, lo scenario peggiore si sarebbe verificato solo quando le famiglie avrebbero smesso di spendere, le imprese di investire e le banche di erogare credito. Bene, purtroppo ci siamo. Il Paese oggi rischia di rimanere intrappolato in una spirale dagli effetti perversamente prociclici. Occorre allora che le forze politiche responsabili e il Governo siano vigili e lungimiranti nel raccogliere e tradurre in iniziative concrete l'istanza di crescita che si leva dal mondo imprenditoriale, dalla famiglia e dall'economia.
Occorre intavolare un dialogo costante con il sistema bancario. Occorre altresì la piena disponibilità a concordare, anche in sede internazionale, misure che non penalizzino una realtà peculiare come quella italiana, caratterizzata da banche di piccole e medie dimensioni già adeguatamente patrimonializzate e da un tessuto di Pag. 69PMI, tendenzialmente sottocapitalizzate e dipendenti - ahimè - dal credito bancario.
La sensazione è che il sistema bancario sia attualmente impegnato molto più sui mercati finanziari che negli impieghi al credito. Da una recente statistica, pare infatti che i grandi gruppi bancari utilizzino la propria raccolta per circa due terzi sui mercati finanziari e per un terzo in impieghi per credito ad imprese e famiglie. Il dato è incredibile. Esso confligge con quello di segno opposto proprio delle BCC. Ciò significa che le grandi banche, che già in passato hanno dovuto ammortizzare perdite enormi sui mercati finanziari, sono tuttora concentrate su tale ambito per molto più della metà della loro capacità di impiego e questo spiega abbondantemente la contrazione del credito alle imprese, in particolare alle piccole.
Le PMI, infatti, hanno minima capacità di contrattazione perché qualunque banca, anche piccola, può sopportare la messa a sofferenza di un impiego ad una PMI, mentre nessuna banca è in grado di giustificare la messa a sofferenza di un grande affidamento. Ciò perché dalla messa a sofferenza deriva immediatamente la registrazione contabile della perdita attesa e la relativa contrazione di disponibilità di impieghi, per l'inevitabile incremento della riserva di vigilanza.
Quanto sopra spiega il grande incremento di impieghi che le piccole BCC hanno avuto negli ultimi cinque anni e che si sta rivelando, adesso, fonte di ingessatura, che ne ha limitato in modo abnorme la già esigua capacità di credito. Le difficoltà delle PMI, infatti, costringono le piccole banche a tenere in bonis le posizioni laddove possibile, ma consapevoli che il rientro dell'esposizione è possibile solo in un futuro ben definito.
Tornando ai grandi istituti di credito, il Governo non può omettere di intervenire per incentivarli ad utilizzare le risorse di impieghi a imprese e famiglie. Peraltro, c'è da ritenere che se ciò non è avvenuto vi sia un timore ragionevole che molti impieghi, sul mercato finanziario, non siano al momento liquidabili o lo siano a costo di minusvalenze pesanti. È per questa ragione che già nel 2010 proposi una mozione che impegnava il Governo ad assumere iniziative normative per garantire che l'immissione e la negoziazione di titoli finanziari e, soprattutto, di tutti gli strumenti speculativi derivati fossero completamente separate dalle attività ordinarie, ripristinando la divisione funzionale che fino agli anni Novanta proteggeva le attività finanziarie ordinarie dai pericoli delle attività speculative. Ricordo che anche il Governo inglese ha annunciato che il programma legislativo per l'anno a venire darà la priorità alla stabilità economica, rafforzando ulteriormente la regolamentazione del settore dei servizi finanziari, ovvero chiederà alle banche di separare l'operazione di retail dalle divisioni più rischiose dell'investment banking.
Cosa dire, poi, sui ritardi della pubblica amministrazione? Si tratta di cifre non paragonabili, incredibili, che ci hanno messo in ginocchio. Si tratta di 3,7 miliardi! Questi crediti, vantati in particolare dalle PMI, mettono a rischio la chiusura di azienda solide. Il dato grave è che si tratta di aziende che hanno ordini in portafoglio e questo, chiaramente, non ce lo possiamo permettere. Non è possibile che le imprese in attivo debbano essere alla «canna del gas» per i tempi biblici del pagamento da parte dello Stato. Per migliorare concretamente la situazione occorrerebbe, innanzitutto, mettere il debitore pubblico sullo stesso piano di quello privato. È sacrosanto proseguire quanto iniziato dal Governo Berlusconi sulla lotta all'evasione ed esigere che a Cesare venga pagato ciò che legittimamente gli appartiene. Ma è paradossale, per non dire profondamente ingiusto, che proprio Cesare sia il primo ad essere in difetto. Una politica davvero equa e finalizzata a rilanciare la crescita e la competitività deve prendere le mosse proprio dall'azzeramento dei ritardi.
Noi condividiamo i buoni propositi del Governo, anche con i quattro decreti sul pagamento del debito, compresa la certificazione di quanto spetta alle aziende fornitrici di beni e servizi, fondamentale per continuare a ricevere prestiti bancari Pag. 70e per garantire la sopravvivenza delle attività. Tuttavia, possiamo anche comprendere le ragioni di coloro che hanno accolto i provvedimenti con grande freddezza. Le imprese, oggi, per ripartire hanno bisogno di liquidità, ma velocemente, e non possono perdersi nei meandri della burocrazia. Non possiamo rischiare che i benefici di questi quattro decreti che, lo sottolineo, per noi sono giusti e condivisibili, arrivino post chiusura dei cancelli aziendali. Qui sono in gioco le imprese e l'occupazione. Tuttavia, credo che sia in gioco, soprattutto, quella dignità che solo il lavoro può dare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, queste mozioni che abbiamo presentato circa un paio di settimane fa, più o meno, sono già, in qualche modo, superate da un'evoluzione che è rapidissima, in questo momento. Mantengono, però, una serie di impegni per il Governo. In effetti, con l'andamento del credito, stiamo creando delle difficoltà enormi alle piccole e medie imprese.
Capisco che le banche fanno le banche e le imprese fanno le imprese.
Ma la situazione delle banche attuali, che non è una situazione florida - checché se ne dica - o solida e che soprattutto comporta un monitoraggio costante da parte delle autorità creditizie, spinge, in qualche modo, le banche a rinunciare a svolgere una parte della loro attività, che dovrebbe essere l'attività istituzionale, ossia quella di erogare il credito.
Per quello che è avvenuto in questi anni e per il fatto che queste detengono delle percentuali non di poco conto di titoli tossici e cioè di mutui subprime, per una quota pari al 6,8 per cento del patrimonio di vigilanza contro una media europea più bassa, in alcuni casi, ci troviamo di fronte al fatto che l'Autorità bancaria europea ha chiesto alle nostre banche di migliorare gli indicatori legati a Basilea. Inoltre, l'andamento di borsa che vediamo anche in questi giorni attraverso l'andamento del mercato finanziario ha portato anche ad una valutazione dei titoli posseduti dalle banche basata sull'andamento del mercato e quindi ad una valutazione dell'attivo della banca più bassa di quella del passato. Questo ha reso più difficile, da un lato la concessione del credito da parte delle banche, e, dall'altro, ha finito col creare problemi rilevanti alle nostre piccole e medie imprese.
È evidente che la situazione degli altri Paesi è diversa, perché la struttura del sistema produttivo è basata su una tipologia aziendale mediamente molto più grande della nostra e quindi capace di affrontare anche il mercato ed il sistema creditizio in un modo ben diverso da quanto non possa fare la piccola impresa, quella dei venti, dei trenta o dei quaranta dipendenti. Questo ha creato - e crea - una facilità da parte del sistema bancario di rifiutare a queste imprese il credito, magari per investirlo di più in titoli del debito pubblico. Questo magari fa bene allo Stato, ma fa molto male alle imprese.
Vorrei ricordare che, quando la Banca centrale europea ha concesso liquidità straordinaria alle imprese ad un tasso dell'1 per cento, le banche italiane ne hanno sottoscritto una quantità piuttosto rilevante - parliamo di quasi 120 miliardi di euro - ma la parte di questa liquidità utilizzata per concedere credito alle imprese è stata assolutamente inferiore, molto più bassa, perché hanno utilizzato quel credito per fronteggiare la loro situazione di non congruità rispetto agli indicatori di Basilea. Questo comporta per le nostre imprese delle difficoltà rilevanti ed è evidente che il Governo dovrebbe impegnarsi di più. Quando dico che dovrebbe impegnarsi di più vorrei dire che spesso il Governo è intervenuto per favorire il sistema bancario. Basti pensare che, nel cosiddetto decreto «salva Italia», c'è una norma che, di fatto, dà la garanzia dello Stato all'indebitamento delle banche. Questo qualche significato rilevante lo ha, ma lo Stato non è stato capace, a fronte dei vantaggi dati alle banche - e concludo Pag. 71signor Presidente - di imporre, dall'altro lato, l'erogazione di più credito alle imprese, cosa per la quale non basta una moral suasion, ma probabilmente ci vuole qualcosa di più.
Noi ci auguriamo che, anche con l'approvazione di questa mozione, il Governo faccia qualcosa di più in questa direzione.

PRESIDENTE. Saluto gli anziani del centro sociale Michele Ceddia del comune di San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, anche Futuro e Libertà voterà convintamente a favore del documento comune che abbiamo sottoscritto sulla necessità di adottare provvedimenti urgenti che possano facilitare il credito alle famiglie e alle imprese. Sottolineo che per la prima volta, comunque, abbiamo di fronte un Governo che ha affrontato concretamente il problema dei debiti della pubblica amministrazione verso le piccole e medie imprese, verso il credito privato e le imprese, e questo lo riteniamo già un passo importante rispetto alle tante chiacchiere cui avevamo assistito con i Governi precedenti, senza alcun provvedimento espresso su questa materia. Ricordarlo in questo documento è importante, ma crediamo che il Governo abbia già tracciato una linea che ci trova d'accordo. Il tavolo con le banche è importante. Siamo tutti d'accordo che c'è una forte discrasia tra gli obiettivi del nostro sistema bancario e finanziario e la necessità di un sistema produttivo fatto soprattutto di piccole e medie imprese, poco finanziate, con poche risorse e poca liquidità, che quindi possono sopravvivere solo ed unicamente se c'è una corretta collaborazione con il nostro sistema bancario e finanziario, che peraltro, pur non avendo i problemi di altri sistemi bancari e finanziari europei, ha sicuramente le sue problematiche da affrontare, a cominciare da un non forte consolidamento anche dal punto di vista del patrimonio immobiliare e di garanzia.
Credo che vada visto comunque anche un altro aspetto molto importante, che qui non viene citato. Non dimentichiamo che gran parte della stretta creditizia cui abbiamo assistito anche in questi ultimi tempi è figlia di un Trattato, quello di Basilea, che sicuramente - già si discusse a suo tempo, quando si incominciò ad annunciare le conseguenze per il sistema produttivo europeo - è un Trattato che mette in difficoltà il credito alle piccole e medie imprese. Credo che anche di questo vada tenuto conto. Purtroppo non è stato ripreso nel documento comune, ma voglio lasciare qui la nostra testimonianza. È anche attraverso una rivisitazione del Trattato di Basilea che possiamo far sì che le nostre banche possano allargare i crediti nei confronti della piccola e media impresa, che - ripeto - da quel Trattato è stata sicuramente quella più colpita.
Leggo alla fine del documento la frase che sostiene di dover procedere al sostegno dell'internazionalizzazione, dell'innovazione, della ricerca, della cooperazione in rete, oltre che alla tutela del made in Italy, che si ritiene giustamente il presupposto per mantenere in vita molte imprese artigiane.
Dispiace che in questo documento non venga ripreso uno dei pochi provvedimenti importanti che questo Parlamento ha votato, peraltro all'unanimità, se non vado errato, che è lo statuto delle piccole e medie imprese, che peraltro contiene molte delle cose che si dicono in questo documento. Credo che il fatto che non sia ricordato sia una grave dimenticanza, per cui non so se sia possibile modificarlo in questo senso e riportare lo statuto delle piccole e medie imprese anche in questa risoluzione, perché è un atto parlamentare importante, con il quale finalmente si sono sanciti diritti per le piccole e medie imprese. È un provvedimento che ci ha visti tutti uniti e consapevoli dell'importanza di questo strumento, che è stato adottato dal Parlamento italiano. È stranissimo e quantomeno imbarazzante che questo non venga riportato in documenti ufficiali Pag. 72come questo, che peraltro parlano proprio del sostegno alle piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario Polillo, onorevoli colleghi, l'Italia ha un sistema produttivo unico nella sua struttura organizzativa, fatta di micro, piccole e medie imprese. Il tasso di imprenditorialità in Italia, pari al 32,2 per cento, è triplo rispetto alla media europea e siamo appena dopo la Germania per numero di imprese manifatturiere. L'export italiano è caratterizzato per il 50 per cento da imprese sotto i 250 addetti. Abbiamo le cosiddette multinazionali tascabili, che rappresentano l'orgoglio di molti territori. Non va trascurato che l'Italia è l'ottavo paese esportatore al mondo. Questo patrimonio imprenditoriale rappresenta l'81 per cento dell'occupazione nazionale e ha un'elevata capacità di produrre valore aggiunto.
La crisi, in una condizione anche di rallentamento dell'economia globale, impone una strategia di riposizionamento del nostro sistema produttivo, puntando alla crescita di qualità. Bisogna sfuggire alla concorrenza dei Paesi a basso costo di manodopera, che sono in forte sviluppo, e bisogna inserirci nei nuovi mercati emergenti, con produzioni ad alto valore aggiunto. La sfida italiana è investire sull'intelligenza, su un alto contenuto di conoscenze e di creatività delle nostre produzioni, ricercare l'eccellenza in ogni funzione, nel marketing, nella commercializzazione, nella finanza e nel saper fare. La questione primaria da risolvere è quella finanziaria, gravemente compromessa dalla crisi di liquidità delle banche e dall'azzeramento delle risorse pubbliche da destinare agli investimenti.
Pesa su questa situazione il grave ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese fornitrici ed appaltatrici di lavori. La media dei pagamenti della pubblica amministrazione si aggira intorno a 150 giorni rispetto a quella di Francia, Germania e Regno Unito, che si pone sotto i 60 giorni. Al Governo, in sede di approvazione della legge comunitaria 2011, in prima lettura, questa Assemblea ha posto paletti fermi per recepire la direttiva europea Late Payments, che fissa a 30 giorni i pagamenti, prorogabili a 60 giorni.
Va, altresì, affrontata con interventi normativi anche la modifica del Patto di stabilità interno e la questione della compensazione tra crediti e debiti fiscali e contributivi, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, che è già legge da un anno. In particolare, andrebbe attuata la norma che permette di compensare debiti fiscali e crediti commerciali verso la pubblica amministrazione attraverso l'attuazione delle norme vigenti il prima possibile. Sempre con l'obiettivo di sostenere la liquidità delle imprese, attenuandone la dipendenza bancaria, si sottolinea la necessità di un intervento legislativo per consentire ai lavoratori delle aziende con più di 50 dipendenti di poter lasciare all'azienda il TFR non optato. Tale opportunità di finanziamento potrebbe anche tradursi in opportunità di investimenti per innovazione e sviluppo, a tutto vantaggio della stabilità del posto di lavoro degli stessi dipendenti. L'agevolazione finanziaria per le imprese è di rilevante importanza, soprattutto se mirata alla ristrutturazione del nostro sistema industriale in termini competitivi.
Secondo la Banca d'Italia, il tasso di crescita del credito alle imprese mostra un forte rallentamento, soprattutto nell'ultimo trimestre 2011. È dal 2008, da quando è scoppiata la crisi finanziaria, che le imprese si trovano ad affrontare condizioni di accesso al credito sempre più difficili. La situazione si è ancora più complicata con la caduta del PIL 2009 e sarà ancora più complicata in questo 2012. Alle difficoltà dell'accesso al credito si sommano gli elevati costi dovuti ai tassi attivi bancari, che riflettono sia il costo della raccolta sia le tensioni sul mercato dei titoli pubblici. Gli spread pagati dalle imprese sono sempre più elevati. Le piccole Pag. 73e medie imprese pagano lo spread più alto: il costo del denaro è maggiore per le piccole e medie imprese. Restrizione del credito ed aumento dei margini di interesse sono una morsa fatale per il riposizionamento produttivo delle imprese in termini competitivi.
La stabilità del sistema finanziario, dovuta alla messa in sicurezza dei conti pubblici operata dal decreto «salva Italia», ha restituito la fiducia nei mercati finanziari all'Italia, ridimensionando lo spread tra BTP e bund tedeschi, con la conseguente riduzione del costo del servizio del debito pubblico italiano.
Alla crisi di liquidità ha corrisposto, poi, l'impatto negativo immediato di «Basilea3», che ha ulteriormente irrigidito l'erogazione del credito alle imprese. La ricollocazione di una massa di circa 100 miliardi di euro di obbligazioni delle banche, in scadenza e da ricollocare sul mercato, indebolirà nel primo semestre 2012 il sistema bancario italiano, già messo a dura prova dalla ricapitalizzazione dal 7 al 10,5 per cento richiesta dall'EBA. Sicuramente sarà corretta da una futura direttiva di modifica di «Basilea 3», così come emendata lo scorso 28 maggio dall'Europarlamento, che introduce il requisito del capitale richiesto alle banche dell'8 per cento, come è attualmente per le piccole e medie imprese, anziché del 10,5 per cento. Un allentamento della norma che favorisce il credito alle piccole e medie imprese.
La maggiore difficoltà di erogazione del credito da parte delle banche italiane è, quindi, una crisi congiunturale di liquidità. A maggio 2011 il tasso di crescita del credito al sistema industriale su base annua era del 6,1 per cento, via via si è ridotto al 5,8 per cento a ottobre, al 4,9 per cento a novembre e al 3,1 per cento a dicembre 2011; in sei mesi si è dimezzato. A tutto ciò si aggiunge il declassamento di Moody's al rating di 26 banche italiane. Va detto, però, che sulle banche italiane va dato un giudizio distensivo. Hanno due punti di forza: la solidità del capitale e la bassa esposizione ai rischi, nonostante le sofferenze siano in crescita in quanto sono arrivate ad oltre il 6 per cento nel periodo di crisi del 2008.
In questo quadro un po' contraddittorio, i flussi finanziari hanno tenuto per le grandi imprese, ma per la piccola e media impresa sono diminuiti, mettendo sul lastrico migliaia di artigiani e commercianti. Mi vengono in mente tutti quegli imprenditori che hanno perso la vita in questi ultimi tre anni a causa della crisi, non perché mancava il lavoro, ma perché non avevano più soldi per pagare operai e fornitori e perché la loro dignità di uomo e di imprenditore non ha retto di fronte a quella di fallito. A volte si fallisce per 10 mila euro. Chi fallisce si vergogna di uscire di casa, di andare al bar, di fronte alla propria famiglia. La disperazione viene perché si fallisce non per incapacità di lavoro, ma perché le banche non erogano prestiti. Le grandi imprese o la pubblica amministrazione non pagano le prestazioni e le forniture ricevute! Dobbiamo pensare che molti imprenditori si trovano nella morsa dell'usura, dove la disperazione è senza appello.
Gli enti locali fanno molto, ma potrebbero fare di più solo se si rivedesse il Patto di stabilità interno almeno per gli enti cosiddetti virtuosi. Gli enti locali e le regioni hanno rafforzato, con la loro partecipazione finanziaria, il capitale sociale dei confidi, con grande successo, come nelle Marche.
Come Unione di Centro abbiamo chiesto al Governo di rafforzare il Fondo di garanzia, per liberare le capacità operative dei confidi. Il Fondo si è rivelato, negli ultimi tre anni, uno straordinario strumento nazionale per sostenere gli investimenti e fornire liquidità alle piccole e medie imprese. La difficoltà delle piccole e medie imprese non si esaurisce con le difficoltà di credito, vi è il problema del cuneo fiscale, molto più pesante dell'articolo 18, di cui tanto si è discusso. A fronte di uno stipendio netto di 1.000 euro, con cui un lavoratore a malapena paga mutuo e bollette, l'azienda ne eroga quasi 3 mila, la differenza va a tasse e contributi. Le Pag. 74conseguenze sono due impoverimenti, quello dell'azienda e quello del lavoratore.
Particolare attenzione chiediamo al Governo sul tema degli incentivi. L'UdC ha da tempo sostenuto il superamento dei contributi a fondo perduto che generano burocrazia e corruzione, dilatando nel tempo il godimento di tali benefici, che arrivano quando non servono più. Preferiamo - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - il credito di imposta automatico. Noi abbiamo presentato, signor Presidente, una mozione che ritiriamo, perché votiamo la risoluzione unitaria, che si fa carico di tutte le nostre preoccupazioni espresse nella mozione.
Vuol dire che tutti i gruppi parlamentari hanno condiviso con noi le preoccupazioni e che non sono preoccupazioni di qualcuno, ma di tutto il Paese.
Le preoccupazioni ci sono anche per le soluzioni, dove nessuno ha la sua. Ecco perché si è scelta la risoluzione unitaria (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il gruppo della Lega Nord è stato promotore della mozione che va a tutela delle piccole e medie imprese relativamente al credito nei pagamenti della pubblica amministrazione, presentata qualche mese fa, ma su problemi sicuramente attuali, anzi forse aggravati. Più passa il tempo, più vediamo l'andamento dell'economia.
Piccole e medie imprese sono una realtà, sono il motore dell'economia nazionale, visto che sono il 99 per cento, con l'80 per cento degli addetti, e visto che fanno il 72 per cento del valore aggiunto.
È un dato oggettivo la restrizione del credito alle imprese, avvenuto nel 2011, che sta pesantemente proseguendo anche nel 2012. Se i dati, relativamente al primo quadrimestre 2012, dicono che su 130 mila imprese il finanziamento degli istituti di credito è diminuito del 50 per cento, in questo modo è impensabile riuscire a portare avanti un'azienda, fare crescita e fare economia, e questo soprattutto in quei settori che negli ultimi anni hanno dato di più alla crescita del PIL, come l'edilizia e il commercio.
Nonostante le immissioni di liquidità nel sistema bancario ed il fatto che la Banca d'Italia affermi che l'afflusso di finanziamenti sia cresciuto nel 2012, le piccole imprese continuano a soffrire di mancanza del credito. È un problema che arriva dal 2008, dal credit crunch, da Lehman Brothers, ma anche da modifiche normative fatte a livello comunitario, nel passaggio da «Basilea 2» a «Basilea 3» con i nuovi requisiti per il patrimonio delle banche e gli impegni che soprattutto l'EBA ha imposto a tutte le banche, considerando tutte le realtà bancarie europee nella stessa situazione: banche commerciali, banche speculative, grandi e piccole imprese, considerate nella stessa maniera.
Questo ha provocato sicuramente un irrigidimento del credito con l'obbligo delle banche di avere dei cuscinetti di accantonamento di risorse. Chi ne paga le conseguenze? Sono soprattutto le piccole e medie imprese del nostro Paese, perché siamo ben consci che le realtà degli altri Paesi europei sono diverse.
Sono le piccole e medie imprese che, per quanto riguarda il credito bancario rischiano e, come stima anche Prometeia, oggi 25 mila sono quelle a rischio chiusura. Il fatto che il Parlamento venga qui a discutere un tema così importante, affrontato nella mozione che avevamo presentato, è rilevante.
Oggi abbiamo consentito di arrivare ad una risoluzione unitaria, perché riteniamo che sia fondamentale che tutto il Parlamento dia una spinta importante ed una risposta a tutti quegli imprenditori, che tutti i giorni incontriamo sul territorio e ci dicono che la banca non gli dà più i soldi o che non c'è più lavoro.
Questo è il motivo per cui siamo arrivati alla risoluzione unitaria, soprattutto in un momento in cui c'è in discussione il G20 e, da qui a quattro giorni, ci sarà Pag. 75l'incontro del Presidente del Consiglio con i Presidenti spagnolo, tedesco e francese, ed anche in vista del vertice europeo del 28 e del 29 giugno. Si devono cambiare le regole.
Leggevo oggi che il Presidente del Consiglio dava dieci giorni di vita all'euro. Quanti giorni di vita diamo alle nostre piccole e medie imprese? Dobbiamo sostenerle immediatamente. Ogni giorno che passa è una difficoltà per i nostri imprenditori in difficoltà nel settore pubblico, in difficoltà nel settore privato. Noi abbiamo l'obbligo - ed è questo il mandato che diamo al Governo oggi - di decidere con gli impegni della risoluzione unitaria, per cambiare immediatamente le normative a livello comunitario. C'è l'occasione del Consiglio europeo del 28-29 giugno: in quella sede si devono dare le risposte alle banche, alle imprese, ai cittadini e al lavoro. Questo è quello che il Parlamento oggi dà come mandato al Governo.
Sicuramente, a modifica di queste normative il Governo ha approvato alcuni decreti, anche sulla spinta di quanto il Parlamento aveva già detto sui tempi di pagamento della pubblica amministrazione.
Ma vede, sottosegretario, il Consiglio dei Ministri, lo scorso 22 maggio, ha approvato quattro decreti per lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione. Si stima che siano circa 70 miliardi i soldi che stanno aspettando le imprese dal sistema della pubblica amministrazione. Dal 22 maggio ad oggi i decreti sono ancora lì. E, allora, come ci sono dieci giorni per l'euro, ci sono anche tempi strettissimi per le imprese. Dobbiamo assolutamente emanare questi decreti sulle certificazioni e dare liquidità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,38)

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Si tratta di 20 o 30 miliardi di euro, diamoli subito. Pertanto, sicuramente accettiamo e valuteremo i decreti che ha approvato il Governo con le scadenze, le certificazioni e il Fondo di garanzia.
Un'altra cosa che chiede la Lega Nord Padania è la compensazione tra crediti e debiti, perché è innegabile (ed è anche inaccettabile) che, se un'azienda vanta dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione, non può poi pagare le tasse allo Stato.
Dunque, anche uno dei quattro decreti è fondamentale, ma deve andare avanti.
Come è importante anche l'accordo fatto tra l'ABI e le associazioni imprenditoriali sul Fondo di garanzia e sui 10 miliardi di euro che sono stati messi a disposizione per lo smobilizzo dei crediti verso lo Stato.
Sono questi gli impegni che noi rivendichiamo in maniera congiunta, unitaria, con tutti i movimenti politici: il primo è quello di intervenire in sede europea per modificare e apportare dei correttivi alle norme di Basilea e alle norme dell'EBA, quello che Confindustria e tutte le associazioni di categoria stanno chiedendo soprattutto per le piccole e medie imprese, cambiando i requisiti delle banche e tenendo conto delle differenze anche delle banche da Stato a Stato.
Non possiamo accettare di fare solo o esclusivamente quello che ci dice la Cancelliera Merkel, dobbiamo difendere le nostre realtà, le nostre aziende che hanno ben amministrato in maniera diversa dalle altre, soprattutto per quanto riguarda i derivati.
Altresì, bisogna spingere il sistema creditizio perché abbia più coraggio. Qualche anno fa dava magari più facilmente a tutti, adesso meno. È stato modificato anche il rating delle aziende. Andiamo a vedere l'economia sana, l'imprenditore sano e sosteniamo queste attività.
Non possiamo accettare che ogni giorno ci sia un imprenditore che si toglie la vita o gente che non ce la fa più. Dobbiamo difenderli in tutte le maniere possibili e al riguardo noi chiediamo che il Governo abbia la forza per sedersi intorno ad un Pag. 76tavolo con il sistema bancario per sbloccare questi fondi.
Quanto ai pagamenti della pubblica amministrazione, prima accennavo ai decreti che sono stati approvati: bisogna emanarli velocemente.
E occorre una modifica del Patto di stabilità. Noi del gruppo della Lega Nord l'abbiamo chiesta negli anni e in questi quasi quattro anni di Governo qualche modifica leggera l'abbiamo apportata. Siamo consci che non è più accettabile una situazione del genere. Lo abbiamo già detto pubblicamente: faremo una manifestazione e tutti i sindaci della Lega si impegneranno per fare in modo che le norme del Patto di stabilità vengano sbloccate. È fondamentale che gli enti locali che hanno le risorse sui propri bilanci le utilizzino a favore dei propri cittadini. Ma anche questa, ne siamo consci, è una modifica che si deve chiedere a livello comunitario.
Allora, si deve salvare l'euro, si devono salvare gli Stati, bisogna salvare le imprese, bisogna salvare gli enti locali. Diamo loro le risorse. Bisogna assolutamente modificare il Patto di stabilità.
Un altro impegno che si chiede al Governo in questa difficilissima fase economica è quello di aiutare le piccole e medie imprese nell'assolvimento dei loro oneri tributari e contributivi, introducendo delle rateazioni più lunghe e flessibili.
Ho visto ieri che sono stati pubblicati gli studi di settore in ritardo e i giornali hanno rilevato un aumento delle sanzioni. Penso che sia inaccettabile, in questo momento di difficoltà economica in cui gli imprenditori fanno veramente fatica a portare avanti le aziende, inasprire ancor più le sanzioni a carico delle aziende. Pertanto, anche questo è un impegno che si chiede al Governo: lo riteniamo assolutamente fondamentale.
Un altro impegno che è stato inserito nell'atto di indirizzo è quello relativo al made in. Il Parlamento ha approvato all'unanimità una norma per difendere le nostre aziende che sono sicuramente di qualità. Dobbiamo portarla avanti a livello nazionale e a livello europeo.
Pertanto, Presidente, concludo confermando sicuramente il voto favorevole del gruppo Lega Nord Padania con l'invito pressante al Governo a seguire la risoluzione unitaria del Parlamento, ad alzare la voce a livello europeo già dal Consiglio europeo del 28-29 giugno, a dare una risposta alle piccole e medie imprese, agli enti locali e alle situazione di difficoltà. Questo è il motivo per cui abbiamo accettato la risoluzione di tutti i gruppi parlamentari, perché veramente oggi l'economia, le aziende e i cittadini ci chiedono una risposta subito (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fogliardi. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, anche il gruppo del PD voterà la risoluzione unitaria ed è un fatto positivo che si sia arrivati ad una soluzione unica su un problema che è fondamentale in questo momento per la sopravvivenza e per la prosecuzione dell'attività di molte piccole e medie imprese del nostro Paese.
È noto a tutti, infatti, l'impatto che la crisi economica, che ha preso avvio nel 2007, ha generato sia sui mercati finanziari sia sull'economia reale.
L'Italia, oltre a subire pressioni sul debito sovrano, presenta un tasso di crescita troppo basso e si trova in una fase recessiva.
Le cause: le cause sono riconducibili sia all'economia reale sia a profili relativi all'economia finanziaria cui le autorità competenti hanno cercato di far fronte negli ultimi tre anni con un'ampia normativa.
In particolare, il riferimento è a Basilea 3, che prevede un inasprimento per quelli che sono i requisiti patrimoniali delle banche che se, da un lato, è necessario per ripristinare la fiducia nella solvibilità delle stesse, dall'altro, mette in seria difficoltà il ricorso al credito soprattutto delle piccole e medie imprese.
Qui vorrei aprire un capitolo. Molte piccole e medie imprese in modo particolare Pag. 77(non parliamo solamente del grosso settore industriale, ma parliamo di quelle migliaia di piccole e medie imprese che sono l'asse portante dell'economia nel nostro Paese) si trovano di fronte a due tipi di crisi: c'è la crisi che colpisce le piccole e medie imprese che non hanno lavoro, che vedono abbassare i propri ricavi, che sono vittime della congiuntura, ma ci sono ahimè anche molte piccole e medie imprese che sono vittime degli effetti che vengono applicati in modo particolare dagli istituti di credito e dalle istituzioni.
Faccio alcuni esempi concreti: se una piccola impresa con un fido di 30-50 mila euro prima si barcamenava e riusciva a gestirsi, a seguito di un ordine di rientro a 5-10 mila euro non riesce più a gestirsi.
Allora, la domanda che viene posta - lo dico non solo da parlamentare, ma anche da professionista che segue il settore - è la seguente: mi dica come posso andare avanti quando io, con il fido che avevo, potevo vivere e proseguire tranquillamente la mia attività? Oggi con questi tagli mi costringono a chiudere.
Altro esempio: anche le piccole e medie imprese (tantissime) esposte con gli enti locali, che a loro volta devono rispettare il Patto di stabilità, si trovano «impiccate» in virtù (abbiamo avuto modo di parlarne tante volte in quest'Aula) di queste situazioni che sono al di sopra della loro volontà e che potrebbero invece, se gestite in maniera diversa, permettere la prosecuzione di un'attività normale.
Ancora: come non parlare di quelle imprese, di quelle aziende che chiedono piccoli finanziamenti, finanziamenti chirografari di cinque anni, mutui garantiti da beni immobili con iscrizione ipotecaria, che venivano concessi normalmente e che permettevano una vita naturale a queste realtà, e che oggi, nonostante garanzie immobiliari, nonostante garanzie di bilanci in ordine e solvibili al pagamento delle rate, si sentono rispondere di no?
Ripeto, non parlo delle grandi industrie, parlo di quelle migliaia e migliaia di piccole e medie aziende. E, d'altronde, questa è la realtà; le banche italiane, secondo un dato diffuso dalla Banca d'Italia, hanno partecipato alla seconda operazione, per una quota pari a 139 miliardi di euro, di quei finanziamenti che la BCE aveva lanciato. Aveva lanciato due finanziamenti straordinari della durata di 36 mesi con l'assegnazione di 489,19 miliardi di euro nel primo e di 529,53 miliardi di euro nel secondo, a tasso fisso.
Ebbene, le banche hanno approfittato di questo secondo finanziamento, pari a circa 80 miliardi di euro, al netto del riassorbimento di operazioni di scadenza più breve.
È importante rilevare, in occasione dell'approvazione di questa risoluzione, come il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, abbia invitato gli istituti di credito ad approfittare dell'offerta per evitare il credit crunch in atto per «riparare» i bilanci e i mercati, abbreviando i tempi della ripresa. Ed è altrettanto importante sottolineare anche l'intervento del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento al diciottesimo congresso Assiom Forex, del 18 febbraio 2012, quando ha invitato le banche a valutare attentamente il merito di credito.
Vorrei sottolineare questo aspetto, il merito di credito. Oggi abbiamo aziende che hanno merito per avere crediti e che si vedono chiudere la porta in faccia dagli istituti di credito e debbono sopperire nonostante abbiano le carte in regola. Quindi, occorre non far mancare il sostegno finanziario ai clienti solvibili, meritevoli. Sempre Ignazio Visco è arrivato a dichiarare, letteralmente, che «un adeguato e stabile volume di finanziamenti è essenziale per l'attività delle banche stesse».
Anche l'analisi annuale per la crescita 2012, presentata dalla Commissione europea il 23 novembre 2011, ha previsto espressamente di ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia, nonché l'esigenza di garantire che le banche rafforzino i propri coefficienti patrimoniali consolidando le proprie posizioni patrimoniali e non limitando indebitamente l'esposizione di prestiti dell'economia reale, e di rivedere norme prudenziali per Pag. 78evitare che penalizzino indebitamente l'erogazione di prestiti alle piccole e medie imprese.
Per questi motivi, il gruppo del Partito Democratico voterà a favore della risoluzione e impegna il Governo, in modo particolare, ad assumere tutte quelle iniziative, per quanto di sua competenza, che saranno necessarie affinché la liquidità ottenuta dalle banche italiane nelle operazioni long term si traduca effettivamente in un sostegno all'economia reale e all'accesso al credito per le imprese e per le famiglie. Questo sul piano interno.
Ma occorre, inoltre, adoperarsi in sede europea, anche in vista degli importanti incontri di fine mese, affinché le nuove regole siano coerenti con l'attuale fase ciclica dell'economia europea e italiana, facendo sì che le nuove regole sui requisiti di capitale siano un fattore di stabilizzazione dei mercati di lungo periodo e non un freno per le banche nel sostegno alle imprese e alle famiglie, evitando che le proposte, le loro modalità di attuazione e i relativi tempi determinino indesiderati effetti prociclici.
E, ancora: che siano introdotti nella normativa europea o di recepimento dell'Accordo di Basilea 3 accorgimenti regolamentari che incentivino, riducendone il costo, i prestiti in favore delle piccole e medie imprese, in particolare prevedendo misure che di fatto sterilizzino gli incrementi di capitale a fronte di prestiti erogati alle piccole e medie imprese che si determinerebbero nel caso di applicazione indifferenziata delle nuove regole sul capitale.
E ancora: si provveda a chiarire - altro caso emblematico - che nei casi in cui un finanziamento è supportato dalla garanzia di un consorzio di garanzia collettiva fidi, il criterio di assorbimento patrimoniale relativo all'accantonamento richiesto al Confidi non possa risultare superiore al risparmio di capitale ottenuto dalla banca in conseguenza dell'intervento del Confidi stesso.
Con queste raccomandazioni, ripeto, il gruppo del Partito Democratico vota a favore della risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, svolgo alcune considerazioni. La prima è che dobbiamo tutti - e chiedo anche l'attenzione del Governo, se possibile - aver chiaro che la liquidità è da tempo il primo problema in assoluto delle nostre imprese. Lo Stato non paga, le banche non sostengono e le imprese non riescono a far fronte alle necessità normali. Nel manifatturiero i fornitori di materie prime vogliono essere pagati a vista, i clienti non pagano mai e le banche non sostengono.
Stiamo assistendo a due fenomeni assolutamente incredibili e assurdi. Il primo è che un'impresa su tre, fra quelle che falliscono, oggi falliscono per crediti e non per debiti e questa è francamente una cosa inaccettabile. Il secondo è che stanno chiudendo anche imprese sane, assolutamente sane, industrialmente e commercialmente sane e questo è invece un lusso che non possiamo permetterci. Ma anche le banche, le banche stesse hanno problemi di liquidità. È già stato accennato dagli interventi che mi hanno preceduto: l'anticipo sciagurato di «Basilea 3», le decisioni suicide dell'EBA, un mercato interbancario che a livello internazionale non funziona più da oltre un anno, per cui le banche devono restituire le obbligazioni che vengono a scadenza. Se noi andiamo a vedere le fonti di approvvigionamento delle banche, scopriremo che il prestito della BCE è andato esattamente a finanziare la restituzione di questi debiti delle banche.
Qualche banchiere in questo periodo ha anche detto che non è vero che manca liquidità, ma che è vero il contrario, cioè che il cavallo non beve, cioè che le imprese non chiedono risorse. Basta girare in qualunque distretto, per qualunque impresa, per capire che questo non è assolutamente vero. Le cose non sono così. Tra l'altro Pag. 79uno dei fattori di crisi del mercato immobiliare, che è una delle due filiere italiane più lunghe, dal punto di vista industriale, di questo Paese, è che le banche non concedono i mutui a chi vorrebbe acquistare casa.
Ebbene, noi chiediamo al Governo, con la risoluzione in esame, di farsi carico con più forza di questo problema, dando anche atto delle cose che in questi mesi sono state fatte: sul tema della compensazione debiti-crediti, sul tema della certificazione dei debiti della pubblica amministrazione. Anche la riforma del fallimento, impostata sulla base del «Chapter 11» statunitense, che dovrebbe entrare nel prossimo decreto sviluppo, è sicuramente un aiuto anche da questo punto di vista. Infatti molti crediti delle banche sono bloccati per via di procedimenti fallimentari che durano in media dieci anni e questo significa togliere liquidità, immobilizzare liquidità togliendola ad altre imprese.
Vorrei però sottolineare alcune delle richieste che abbiamo fatto con la risoluzione. Innanzitutto la richiesta al Governo di ampliare il ricorso alla compensazione debiti-crediti, consentendo di compensare cifre maggiori. È giusto che lo Stato chieda ai cittadini e agli imprenditori di pagare le tasse, ma è altrettanto giusto che lo Stato restituisca i crediti d'imposta che le banche e le imprese hanno maturato. Fra l'altro, le imprese che tipicamente vantano crediti d'imposta consistenti sono le imprese esportatrici, che sono le imprese che stanno andando bene. Se non restituiamo loro i crediti d'imposta, difficilmente riusciranno ad andare avanti ancora così bene. Ancora: dobbiamo ridurre i tempi di pagamento della pubblica amministrazione.
Sottosegretario Polillo, nello statuto delle imprese - veniva richiamato anche prima dal collega Raisi - c'è la delega al Governo a recepire la direttiva europea sui ritardi nei pagamenti entro il 15 novembre di quest'anno. Per favore, facciamolo, perché intanto che pensiamo a smaltire lo stock, dobbiamo però anche avviare un sistema normale sui flussi. Infatti, se la nostra economia crolla, se le imprese non sono pagate e falliscono, poi non ce ne sarà neanche per i conti dello Stato.
Ancora: chiediamo di ampliare il sistema delle garanzie. Peraltro, ampliare le garanzie significa anche non impattare sul debito pubblico, quindi, è un'azione che ci è consentita, non abbiamo problemi da questo punto di vista. E da questo punto di vista, se posso permettermi una piccola nota polemica, se Cassa depositi prestiti ha in cassa 3 miliardi e mezzo di euro per comprarsi la quota di controllo di Rete Gas, che già controllava indirettamente essendo azionista di controllo dell'ENI, forse, possiamo sperare di averne altrettanti da mettere a garanzia delle nostre imprese, perché nei momenti difficili bisogna anche darsi delle priorità. Occorre scegliere.
Ancora: chiediamo che il Governo vigili sul comportamento delle banche. Ci risultano piani industriali di banche che prevedono fortissime contrazioni di credito, di affidamenti, per decine e decine di miliardi di euro. Una volta, le banche erano istituzioni, poi si sono trasformate in imprese; oggi, però, non si stanno comportando da imprese, ma da rendite, perché le imprese per natura rischiano, mentre le nostre banche sembrano non voler rischiare nulla. Più volte, abbiamo sentito i banchieri dire che c'è bisogno di fiducia: bene, se le nostre banche vogliono fiducia, diano credito.
Vorrei porre anche due questioni «fuori sacco», approfittando della presenza del sottosegretario Polillo, che riguardano esattamente questi temi. La prima è la seguente. Abbiamo alcune banche internazionali finalmente, ma le abbiamo sulla carta, perché, se una banca internazionale italiana, ha difficoltà di liquidità in Italia, ma ha abbondanza di liquidità in Germania, per le regole date dalla Bundesbank, non può prestare quelle risorse in Italia. Quindi, in realtà, sono banche internazionali solo a livello di bilancio, e non a livello di opportunità. Io credo che una proposta che potrebbe Pag. 80qualificare anche l'Italia nel Consiglio europeo del 28-29 giugno, sarebbe quella di proporre una Bolkenstein del credito, cioè la libera circolazione del credito in Europa, che oggi non c'è. Anche su questo, abbiamo bisogno di più Europa: vogliamo più Europa anche riguardo al credito.
L'ultimo aspetto, l'ultima questione, mi permetto di legarla alla situazione dell'attualità, riguarda anche le zone del terremoto: mi riferisco al tema del credito nelle zone del terremoto dell'Emilia, della Lombardia e del Veneto. In Commissione attività produttive, la scorsa settimana, alcune associazioni hanno denunciato il fatto che ci sono banche che stanno chiedendo i rientri agli imprenditori che hanno avuto il capannone crollato, perché questo era in garanzia. Francamente, questo ci sembra soltanto sciacallaggio. Su questo chiediamo di vigilare, perché un comportamento così è assolutamente vergognoso. La seconda proposta-richiesta è che il Governo insista presso la Banca d'Italia perché nelle zone del terremoto si sospenda temporaneamente «Basilea 2»: infatti, imprese che vengono già da quattro anni di crisi, che sono magari già indebitate, che vedono anche crollare il proprio capannone, come fanno a ricostruire se si applicano le regole di «Basilea 2»? È evidente, che non hanno merito di credito; magari, hanno merito, ma non è quello di «Basilea 2».
Concludo. Parliamo di crescita: perché la crescita vi sia, occorre che vi sia un ambiente normale per le imprese. Le imprese sono come organismi viventi e la liquidità è come l'ossigeno: se manca, questi organismi viventi vengono meno, muoiono. È questo che chiediamo al Governo: di impegnarsi fino fondo su questo fronte, di intensificare gli sforzi su questo. Chiediamo che questa diventi effettivamente una priorità. Vogliamo che si evitino due atteggiamenti sbagliati: il primo atteggiamento è quello di dare illusione su cose irrealizzabili; il secondo è di far finta che il problema non esiste. Il problema c'è, è grande e bisogna fare di tutto, ma tutto quello che possiamo fare, per affrontarlo e risolverlo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Montagnoli, Crosetto, Fluvi, Ciccanti, Borghesi, Polidori, Misiti, Mosella, Ossorio, Lombardo, Iannaccone, Cambursano ed altri n. 6-00110, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Migliori, Paolini, Ginoble, Mura, Iannaccone, Gottardo, Mistrello Destro, Buttiglione, Morassut, Scandroglio, Meloni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 484
Maggioranza 243
Hanno votato
484).

Seguito della discussione delle mozioni Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034 e Fedriga ed altri n. 1-01067 concernenti iniziative a tutela dei lavoratori esposti all'amianto nello stabilimento Goodyear di Cisterna di Latina e dei familiari delle vittime (ore 18,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034 e Fedriga ed altri n. 1-01067 concernenti iniziative a tutela dei lavoratori esposti all'amianto nello stabilimento Goodyear di Cisterna di Latina e dei familiari delle vittime (Vedi l'allegato A - Mozioni). Pag. 81
Ricordo che nella seduta di lunedì 4 giugno 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che alla mozione Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034 è stato presentato l'emendamento Zamparutti n. 1-01034/1.
Quanto alle modalità di esame degli emendamenti, conformemente alla prassi seguita in analoghe occasioni, se non vi sono obiezioni, procederemo dapprima all'esame ed alla votazione dell'emendamento riferito alla mozione n. 1-01034, previe eventuali dichiarazioni di voto, indi in sequenza al voto delle singole mozioni, preceduto da un'unica fase di dichiarazione di voto riguardanti l'insieme delle mozioni presentate.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sull'emendamento presentato.

MICHEL MARTONE, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con riferimento alla mozione Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034 il Governo esprime parere favorevole a condizione che venga riformulato l'impegno nel seguente modo: «attivare un tavolo di confronto nei limiti delle competenze dei soggetti istituzionali coinvolti e fermo restando l'esito dei giudizi tuttora in corso».
Con riferimento invece alla mozione Fedriga ed altri n. 1-01067 anche in questo caso il Governo esprime parere favorevole, a condizione che venga riformulato l'impegno nel seguente modo: «a elaborare una mappatura aggiornata volta ad individuare i siti in cui sia stata accertata l'esposizione all'amianto».
Con riferimento invece all'emendamento Zamparutti n. 1-01034/1 il Governo formula un invito al ritiro.

(Esame dell'emendamento Zamparutti - Mozione n. 1-01034)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'emendamento Zamparutti n. 1-01034/1 (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal Governo.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.

LUIGI FABBRI. Signor Presidente, la componente politica Misto-Alleanza per l'Italia voterà sì alla mozione in discussione perché ritiene necessario mettere in campo iniziative concrete, nell'ambito di un confronto tra soggetti coinvolti istituzionalmente, per difendere l'interesse dei lavoratori e delle loro famiglie così duramente colpite. C'è una sentenza definitiva che ha condannato a ventuno anni di reclusione nove dirigenti della Goodyear di Cisterna di Latina e a pagare quasi 3 milioni di euro di risarcimento. Tuttavia non succede nulla, forse perché la storia dell'amianto nel nostro Paese parte da lontano.
È dal decreto legislativo n. 277 del 1991, che era in recepimento di una direttiva CE, non era stato di iniziativa parlamentare, era una direttiva che parlava di rumore, di amianto, di vibrazioni, di agenti biologici, è da allora che si è cominciato a proibire l'uso dell'amianto nel nostro Paese. Ma ormai, tra gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta, questo materiale, che era a basso costo e favoriva la coibentazione, era stato distribuito sui tetti delle nostre case, negli stabilimenti, sulle navi, sui treni e in tutto Pag. 82il nostro Paese. Il problema è diventato, quindi, il suo smaltimento e come rimuovere questo materiale pericoloso.
Io sono stato relatore, dieci anni fa, del testo unificato in materia di amianto, un testo che mi venne poi scippato dall'allora Ministro dell'economia e delle finanze e, in parte, la cosa non era sbagliata perché c'era chi approfittava di questo fatto dell'esposizione. Venivano «regalati» - lo dico tra virgolette - sei mesi di versamenti di contributi a fronte di un anno di esposizione. Era praticamente diventato un prepensionamento, un vero ammortizzatore sociale.
Da allora la guardia su questa sostanza è stata abbassata. L'amianto continua a fare vittime, l'amianto scatena una malattia gravissima che è il tumore delle sierose, cioè del pericardio, del peritoneo, soprattutto della pleura, e malattie invalidanti come la asbestosi. Fa vittime anche a distanza di decenni, per cui l'esposizione a questa sostanza è veramente pericolosa.
Pertanto è necessario ricordare che la mozione ricorda anche che non è stato possibile fare una mediazione neanche a livello privato perché è fallita fin dall'inizio. Occorre, quindi, muoversi per salvaguardare i diritti dei lavoratori, salvaguardare anche i diritti delle famiglie dei lavoratori e soprattutto garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stagno D'Alcontres. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, ancora una volta ci troviamo a discutere di lavoratori vittime dell'amianto. In questo caso ci troviamo di fronte a diciannove lavoratori su venti, che sono stati colpiti da neoplasie polmonari, tipo il mesotelioma pleurico, o da asbestosi, per cui sono deceduti. La giustizia ha dato ragione alle parti che chiaramente hanno chiesto un risarcimento, ma ancora non è stato fatto nulla.
Ci rendiamo conto che ancora una volta le leggi, ciò che regola l'utilizzo di questo materiale, purtroppo, come diceva il collega Fabbri, non vengono applicate totalmente e con rigore. Dobbiamo necessariamente intervenire. Quindi chiediamo al Governo la massima attenzione a tutela dei lavoratori colpiti, in questo caso quelli della Goodyear, che fra l'altro ha beneficiato di agevolazioni fiscali per avviare la propria impresa e che in crisi economica è andata a delocalizzare il proprio prodotto.
Oggi dobbiamo vivere di concretezza e anche di pragmatismo. La gente ci chiede questo e, se la politica ha un ruolo ancora in questo Paese, deve attivarsi per cercare di trovare una sintesi tra quello che è il diritto dei lavoratori e quello che è l'abuso da parte di alcune imprese, in questo caso multinazionali, che spesso e volentieri godono delle agevolazioni ma non rispondono e assolutamente non ubbidiscono alle leggi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, intanto voglio dire subito che accettiamo la riformulazione proposta, che sostanzialmente conferma la validità di questa mozione, che, come ho ricordato in sede di discussione sulle linee generali, nasce con il concorso di tutti i gruppi all'interno della Commissione lavoro e poi si è estesa evidentemente anche all'Aula. Si tratta di un elemento da apprezzare perché stiamo parlando di un problema veramente drammatico. La questione dell'amianto, lo hanno detto altri colleghi prima di me, è antica e riverbera i suoi effetti nocivi nel tempo e porta a delle anomalie, a delle patologie e a delle morti che purtroppo continuano a registrarsi con una drammatica puntualità. Il fatto della Goodyear rappresenta anche elementi di particolarità.
Ci troviamo di fronte ad una azienda che è venuta ad investire nel nostro Paese utilizzando anche i fondi della Cassa del Pag. 83Mezzogiorno. Lo ha fatto investendo in un'area e ottenendo non solo aiuti da parte dello Stato, ma anche condizioni estremamente favorevoli e sviluppando, quindi, una attività imprenditoriale che ha dato enorme occupazione a quell'area. Poi è arrivato il momento della crisi e dell'abbandono, ma sono arrivate anche le morti e le sofferenze di decine di famiglie che si sono trovate poi costrette a ricorrere in sede giudiziaria per ottenere giustizia.
Non si tratta di minimizzare tutto in una sorta di ristoro del danno. Nulla può essere di ristoro alla morte di un familiare, di un operaio, di un lavoratore. Non c'è ristoro che possa in qualche modo compensare la perdita della vita umana. Pur tuttavia, abbiamo assistito nel corso di questo lunghissimo processo a momenti in cui è stato necessario con interventi peritali dimostrare la casualità effettiva collegata all'esposizione all'amianto e anche ad altre sostanze fortemente nocive. Ancora nei giorni scorsi si sono registrate delle morti in conseguenza all'esposizione all'amianto in quella ditta, in quella società.
Ma la cosa più grave è che, nonostante ci sia stata una condanna e ripetuti ricorsi all'autorità giudiziaria perché il danno fosse in qualche modo ristorato, questa azienda è riuscita a inventarsi l'incredibile e cioè, essendo una multinazionale americana e godendo del favore di alcune leggi che non sono italiane, è riuscita persino a tentare il cambiamento della struttura societaria pur di non pagare quello che doveva. Quindi, ci troviamo di fronte ad una ulteriore anomalia. Ecco perché chiediamo al Governo di intervenire, perché deve essere aperto un tavolo di confronto e in quel tavolo deve essere chiaro che quella minima provvisionale pagata - lo voglio ribadire qua con chiarezza - non è stata pagata dall'azienda, ma soltanto da alcuni dirigenti che sono stati condannati. Ciò significa che, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un quadro dove ci sono i responsabili penali, ma sul piano della responsabilità diretta dell'azienda, questa sfugge.
Ciò è inaccettabile e allora quel tavolo deve servire in qualche modo a superare questo ostacolo e a verificare anche un percorso di natura legislativa perché, in un mondo così globalizzato dove evidentemente gli interventi e le localizzazioni delle imprese sono suscettibili di essere modificati nel tempo, bisogna creare anche un livello di garanzia perché poi l'azienda gode dei benefici dello Stato e poi fugge di fronte a responsabilità così eclatanti.
Quindi, la mozione - ringrazio tutti i colleghi di averla sottoscritta - mira anche a far sì che si muova il Parlamento. Mi auguro che nel momento stesso in cui questo ramo del Parlamento, la Camera dei deputati, approva una mozione di quel contenuto e di quel livello e con quegli impegni anche l'altro ramo del Parlamento, il Senato, dove giace da troppo tempo una legge di riforma della normativa che riguarda l'amianto (e, quindi, in questo caso allargando lo spettro della nostra osservazione al di là del caso della Goodyear di Latina), possa andare avanti.
Noi avevamo chiesto, come Commissione lavoro, di potercene occupare direttamente. Non ci è stato concesso perché, in base alla consuetudine e al Regolamento, già vi era un provvedimento incardinato al Senato. Ebbene, credo che da questa Camera si debba levare alto il grido, nei confronti del Senato, perché si faccia, finalmente, una legge di aggiornamento sull'amianto e vi sia l'impegno a trovare le risorse necessarie per farvi fronte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, sarò veloce anche io, perché abbiamo già, durante l'esame di questa mozione, parlato nel corso della discussione sulle linee generali. Riteniamo, però, importante ed essenziale quello che riguarda la garanzia per i lavoratori. Queste società multinazionali, come la Goodyear (ma ve Pag. 84ne sono anche altre), attuano in periodi del loro lavoro, sia in Italia sia all'estero, politiche industriali impostate su attività che sono concentrate in stabilimenti collocati in aree del Paese a basso tasso di sviluppo, così da usufruire, anche in modo forte, delle agevolazioni fiscali, specialmente quelle che riguardano la Cassa per il Mezzogiorno.
Quando, poi, le condizioni economiche di questi imprenditori, che consentono a quelle società, quando vengono ad investire, di attuare produzioni che altrimenti sarebbero difficili da sviluppare, vengono meno naturalmente quelli che sono i principi essenziali, cioè i diritti dei lavoratori e la garanzia per questi lavoratori. Invece, non vengono meno quelle che sono le agevolazioni, quelle da parte dello Stato e dei benefici essenziali per le aziende.
Il vero dramma, poi, è che questi lavoratori, che hanno dovuto ricorrere in sede giudiziaria per ottenere la giustizia, hanno dovuto subire i danni due volte: da parte loro e da parte dei loro familiari, che hanno dovuto agire attraverso sedi giudiziarie per vedersi riconosciuto quello che era il danno.
Concludo, signor Presidente, dicendo che, secondo noi, va effettuata l'attivazione immediata di un tavolo di confronto istituzionale con tutti questi soggetti ma, soprattutto, vanno assunte le iniziative che devono essere volte, per il futuro, a salvaguardare i diritti dei lavoratori per quanto riguarda il problema dell'amianto. Ha ragione il collega Moffa quando parla di una legge che deve risolvere i problemi dei lavoratori e delle loro famiglie, soprattutto, che sono vittime due volte di questo sistema, perché questi danni, che vengono perpetrati in determinati contesti, sono gravi.
Quindi, noi chiediamo questo e la ringraziamo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Muro. Ne ha facoltà.

LUIGI MURO. Signor Presidente, prima delle mie brevissime riflessioni, comunico di aver apposto la mia firma alla mozione Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034, che è una mozione che, al di là del caso specifico, che è gravissimo, importante e da sottolineare in quest'Aula, mette in campo un'attenzione a una problematica enorme che nel nostro Paese, da troppi anni ormai, colpisce in pieno e con una forza inaudita i nostri lavoratori.
Quindi, è evidente che questa mozione, che va assolutamente condivisa per il caso specifico, per la difficoltà che le famiglie di questi lavoratori stanno trovando per ottenere giustizia sostanziale, che non è solo la condanna dei responsabili dal punto di vista penale ma anche il giusto ristoro dei danni enormi subiti, pone una problematica, e bene fa il Governo a rendersi partecipe e a condividere una problematica drammatica.
La problematica dell'amianto non nasce oggi.
L'amianto, nel nostro mondo del lavoro, è presente da troppo tempo. Certamente le normative, man mano che si è andati avanti nella consapevolezza di questi problemi, sono migliorate. Se, da un lato, la tutela dei lavoratori è migliorata, dall'altro, assistiamo ad un fenomeno, come nel caso di cui parliamo oggi, per cui - oltre al danno la beffa - le proprietà lasciano il nostro Paese, creando anche disoccupazione, in cerca di Paesi in cui la legislazione è più lieve e più tenue.
Quindi, ritengo che il nostro voto non sia semplicemente un voto dato ad una mozione giusta, nel caso specifico, ma l'ennesima necessità di mettere in campo un'azione che su queste problematiche faccia sentire forte la voce del Parlamento e del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, stiamo votando una mozione di rilevante importanza, che deve inserirsi nel preoccupante quadro dell'attuale mercato del lavoro. Ancora una volta, parliamo Pag. 85di sicurezza sul lavoro e di sicurezza violata, che non tiene conto né della tutela della salute dei lavoratori, né del risarcimento del danno subito conseguente alla tutela disattesa.
Si tratta di una mozione condivisa da tutti i membri della Commissione lavoro, ai quali si sono aggiunte le firme di numerosi colleghi, mossi a sostegno di una richiesta di impegno da parte del Governo che intende unicamente rendere giustizia alle vittime dell'amianto ed ai loro familiari coinvolti in sentenze risarcitorie che, ad oggi, non hanno ancora avuto risposta.
Sono stimati in circa 200 gli operai deceduti per tumori conseguenti all'amianto ed alle altre sostanze tossiche, utilizzate dalla Goodyear per produrre pneumatici in quasi totale assenza di idonee misure di protezione. Vi sono ancora diversi processi pendenti a carico degli ex dirigenti della Goodyear. Nel frattempo, sono state fissate altre due udienze a Roma e a Latina per il mese di luglio e novembre 2012, sempre con l'imputazione di omicidio colposo plurimo aggravato. Così come spiegano i legali, a differenza di altre aziende, come ad esempio la Michelin, che ha già ammesso le proprie responsabilità ed ha risarcito i familiari delle vittime, ad oggi non vi è ancora una chiara disponibilità della Goodyear, che ha beneficiato per decenni delle agevolazioni della Cassa del Mezzogiorno, a rifondere i danni provocati dal ciclo di produzione delle gomme. Intendiamo rendere giustizia alle vittime di una tragedia e per questo sollecitiamo ulteriormente il Governo a tener fede agli impegni precedentemente assunti in Commissione lavoro alla Camera in occasione della risoluzione a prima firma Moffa e vertente sullo stesso tema.
Nel 2011, in Italia, ci sono state circa mille 400 vittime di mesotelioma, il tumore maligno che colpisce prevalentemente le pleure, causato da polvere di amianto inalata inconsapevolmente anche venti, trenta o quarant'anni anni prima della manifestazione della patologia. Il numero è sottostimato e soprattutto è destinato ad aumentare. Il picco, secondo le proiezioni degli epidemiologi, arriverà tra otto o dieci anni, tra il 2020 e il 2025, cadenzato da un crescendo di vittime. Non è un'emergenza solo nazionale, ma si tratta di una strage mondiale. Sempre in Italia si registrano circa 30 mila siti contaminati dall'amianto, 57 aree da bonificare corrispondenti a circa 580 mila ettari e 32 milioni di tonnellate nelle città, dal momento che, grazie alle campagne di informazione sui pericoli dell'amianto, spesso nascosto ed in silenzioso agguato, se ne conosce la pericolosità legata al grado di libertà delle fibre nell'aria e quindi i rischi ai quali si può essere esposti. Il pericolo amianto risulta infatti particolarmente sentito dai cittadini: nel 2011, l'8 per cento delle situazioni denunciate - sette su novantuno - ha riguardato l'amianto, specialmente delle discariche abusive. Il problema è reale e colpisce sempre più drammaticamente.
L'amianto, nonostante i paletti fissati dalla legge n. 257 del 1992, che ne bandiva l'impiego, sancendo la fine della sua estrazione e successiva utilizzazione, è ancora largamente presente nel territorio nazionale e costituisce un pericolo che non concede in alcun modo di abbassare la guardia, anzi il contrario.
Ci auguriamo che il Governo persegua come prioritario l'obiettivo più generale del miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori, svolgendo un'azione di monitoraggio costante e capillare sul territorio, al fine di evitare il ripetersi di incidenti sul lavoro, il più delle volte determinati da una carenza di vigilanza e da un'insufficiente valutazione dei rischi collegati allo svolgimento dell'attività lavorativa stessa.
Per questi motivi, nell'esprimere il voto favorevole del mio gruppo, auspico l'approvazione tempestiva dell'atto di indirizzo in discussione, al fine di dare attuazione ad un fondamentale e sacrosanto principio di diritto, riconosciuto anche in sede giudiziaria, a favore dei familiari delle vittime dell'esposizione da amianto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

Pag. 86

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonino. Ne ha facoltà.

GUIDO BONINO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è noto a noi tutti quanto sia pericoloso e nocivo l'amianto. Oggi si conoscono e sono certe le patologie che si possono contrarre con l'esposizione, in primo luogo l'asbestosi, frutto dell'accumulo nei polmoni di fibre di amianto, o il mesotelioma pleurico, tumore maligno che può manifestarsi anche a distanza di anni dall'esposizione. Riconosciuto pertanto che l'esposizione è fortemente nociva, la legge n. 257 del 27 marzo del 1992 ne ha disciplinato la cessazione della produzione e dell'impiego dei manufatti contenenti amianto, con il preciso scopo di tutelare i lavoratori e l'ambiente dalla fonte di rischio. Purtroppo, però, non sempre le attività produttive si sono immediatamente attivate a non utilizzare tale materiale, dichiaratamente cancerogeno. Nel nostro Paese il caso più eclatante è riferito alla società Eternit, produttrice di manufatti per l'impiego nell'edilizia in cui l'amianto era componente fondamentale.
Un processo penale durato più anni ha sancito la responsabilità dei proprietari e dei dirigenti dello stabilimento per disastro ambientale doloso e omissione di cautele antinfortunistiche, per la morte di centinaia di persone e per altri per la contrazione di malattie invalidanti per l'esposizione esterna negli stabilimenti di Casale Monferrato, di Cavagnolo, di Rubiera e di Bagnoli. Una delle ultime condanne si riferisce allo stabilimento della Goodyear di Cisterna di Latina, avvenuta nel 2008.
Il paradosso di queste vicende è che le aziende, pur condannate, non hanno ottemperato o non ottemperano al pagamento dei danni arrecati. Risolto il problema alla base con la cessazione della produzione, non si è ancora provveduto però alla bonifica o alla messa in sicurezza dei manufatti esposti. Secondo stime del CNR sembra esistano ancora circa un miliardo di metri quadri di copertura di eternit da bonificare e che migliaia di persone continuano a pagare con la vita per l'esposizione. Ed è per questo che chiediamo al Governo di attivarsi affinché si proceda ad un monitoraggio di tutte le questioni ancora aperte ed irrisolte, perché è dovere delle istituzioni intervenire a salvaguardia della salute dei cittadini e dei lavoratori e perché gli stessi non siano vittime prima del lavoro e poi dello Stato che li ha abbandonati. Comunico anche al Presidente che accettiamo la riformulazione della mozione proposta dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, credo che questa mozione unitaria sia di estrema importanza, così come si rileva dal contenuto degli interventi nel corso della discussione sulle linee generali. Non si tratta solo di intervenire in una situazione drammatica, che si è già determinata nel contesto della realtà della provincia di Latina, una realtà, quella della Goodyear, in cui fino al 1999 si producevano 18 mila pneumatici, unico stabilimento in Italia del gigante della gomma americano. In questa fabbrica hanno operato 2.900 operai. Dalla chiusura dello stabilimento sono stati numerosi i decessi dovuti alle conseguenze dell'esposizione all'amianto e ai fumi delle vernici utilizzate. Dopo aver utilizzato tutti gli strumenti che il nostro Paese ha messo a disposizione, l'azienda ha deciso di abbandonare il sito di Cisterna. Molto tempo è passato da allora, dando la possibilità ai mali causati dall'amianto di svilupparsi in tutto il loro atroce decorso. La fabbrica, luogo simbolo che dovrebbe essere mezzo per la realizzazione dei sogni dei suoi lavoratori, diventa luogo in cui gli stessi lasciano le loro esistenze, spezzando quei sogni e quelle speranze.
Oggi è quindi indispensabile che il Governo assuma una forte responsabilità. La questione dell'amianto è complessa, Pag. 87non riguarda soltanto la Goodyear di Cisterna. A questo proposito, vorrei ricordare quanto sta accadendo a Torino nel processo all'Eternit di Casale Monferrato, dove una sentenza storica ha riconosciuto le responsabilità degli imprenditori e condannato gli stessi imputati al risarcimento nei confronti delle parti civili.
Ma, anche in questo caso, la legge italiana viene snobbata e gli stessi imputati si rifiutano di pagare le provvisionali. La stessa sentenza del processo Goodyear impone di pagare un risarcimento alle famiglie. La fabbrica, nonostante questa sentenza, si appella. È indispensabile, quindi, come dicevo, che il Governo assuma un'iniziativa molto forte nei confronti della sicurezza sul lavoro, nei confronti delle vittime e dei loro familiari, perché, se l'azienda si è allontanata da quelli che erano i suoi doveri, non è possibile che lo faccia lo Stato.
Per questa ragione, credo che sia importante, come ricordava anche il collega Moffa, attivare un tavolo a livello governativo, non solo per richiamare alle responsabilità chi di quelle responsabilità è stato imputato e individuato nella sua oggettiva e soggettiva responsabilità, ma anche perché vi sia, su questa questione dell'amianto, un'attenzione più profonda da parte di tutto il Parlamento italiano.
È importante, quindi, la mozione che oggi conclude il suo percorso qui alla Camera rispetto alle tante realtà che hanno vissuto il dramma delle malattie legate all'amianto, per tutti coloro che ancora soffrono il lungo decorso della malattia e per tutti coloro che, nonostante l'amianto sia stato messo al bando nel nostro Paese dal lontano 1992, ancora si trovano a lavorare con la fibra killer.
Il lavoro deve nobilitare l'uomo, non spegnere le sue aspettative, le sue speranze e i suoi sogni. Deve essere nostro impegno primario creare le condizioni perché il lavoro continui ad essere motivo di vita, e non causa di morte, venendo meno ai principi e al dettato della nostra Costituzione.
Per tutte queste ragioni, voteremo convintamente a favore della mozione in oggetto, perché sia il calcio di inizio per poter dare realmente un calcio all'insicurezza sul lavoro e, concedetemelo, metaforicamente parlando, un calcio a tutte quelle imprese che non mettono al centro della loro mission imprenditoriale la loro vera ricchezza: i lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonino Foti. Ne ha facoltà.

ANTONINO FOTI. Signor Presidente, il gruppo del Popolo della Libertà voterà a favore della mozione Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034, che riveste per noi un significato profondo e urgente. La mozione fa seguito ad una risoluzione che la Commissione lavoro aveva adottato a seguito del mancato rispetto di una sentenza di condanna nei confronti dei dirigenti della Goodyear di Cisterna.
Tale sentenza prevede anche un risarcimento dei danni abbastanza consistente nei confronti delle vittime e di coloro i quali, per l'esposizione all'amianto in quell'impianto industriale, hanno contratto patologie molto molto gravi. Nel corso degli anni, l'azienda ha beneficiato di notevoli incentivi, per poi, nel 2000, abbandonare improvvisamente il sito e lasciare insoluti i risarcimenti nei confronti degli operai che avevano contratto malattie per l'esposizione all'amianto.
Vi è, dunque, un doveroso atteggiamento che deve assumere il Governo, al quale abbiamo chiesto più volte di attivare un tavolo di confronto indipendentemente dai percorsi giudiziari, perché in altre circostanze ci risulta che tavoli di questa natura abbiano portato risultati molto evidenti.
Ci sembra, infatti, inaccettabile che una multinazionale, nel momento in cui ha subito una condanna, cambi la sua ragione sociale per non rispondere più dei danni ai quali è stata condannata. Dunque, è per questa ragione che crediamo sia importante attivare un concerto a livello governativo, non solo per richiamare le responsabilità Pag. 88che sono state individuate a livello oggettivo e soggettivo, ma anche perché vi sia, sulla complessiva questione dell'amianto, un atteggiamento più profondo e stringente da parte del Parlamento italiano.
Per questo motivo, siamo anche favorevoli all'impegno contenuto nella mozione dell'onorevole Fedriga ed altri n. 1-01067, che prevede una mappatura dell'intero territorio nazionale per capire se esistono situazioni analoghe in altre parti del Paese.
Oggi siamo chiamati a confrontarci e a chiedere un impegno al Governo su un argomento che, purtroppo, resta un vero e proprio allarme sociale nel nostro Paese: la sicurezza sul lavoro.
Un tema sul quale le istituzioni italiane al più alto livello hanno sempre correttamente espresso la loro attenzione e le loro preoccupazioni. Abbiamo la possibilità, anzi il dovere, di dare un segnale chiaro, dimostrando di essere capaci di schierarci con convinzione a fianco di chi, per lavorare, rischia la propria vita.
Questa azienda, attiva in Italia dal 1965 al 2000, ha investito nelle zone a basso tasso di sviluppo nel nostro Paese, usufruendo di finanziamenti a tasso agevolato sin dal 1982 e di tutte le agevolazioni concesse - per insediarsi su tutti questi territori - dalla ex Cassa del Mezzogiorno, ottenendo, dal 1965 sino alla chiusura degli stabilimenti, agevolazioni totali per circa 85 milioni di euro.
Ebbene, quando le condizioni economiche e imprenditoriali non hanno più consentito alla società di sviluppare la propria produzione, la Goodyear ha scelto la strada di abbandonare l'Italia, licenziando nel solo stabilimento di Cisterna di Latina oltre 500 dipendenti e smantellando repentinamente i macchinari utilizzati, trasferendoli in Paesi in via di sviluppo che possiedono normative più deboli in materia di sicurezza sul lavoro.
Ma il vero dramma per alcuni dipendenti è, paradossalmente, iniziato tempo dopo l'evento del loro licenziamento. Proprio con il passare degli anni, infatti, numerosi lavoratori impiegati, della società in Italia, hanno accusato gravissime patologie causate proprio dall'esposizione all'amianto presente all'interno dello stabilimento, come peraltro è riscontrato in modo non contestabile dai competenti organismi sanitari. Secondo l'autorità giudiziaria, l'assoluta carenza di dispositivi di protezione individuali e collettivi, nonché la violazione delle norme poste a tutela degli operai, hanno determinato la morte di decine di operai esposti all'amianto, alle ammine aromatiche e ad altre sostanze altamente tossiche.
Per questo motivo, proprio nel 2008, il Tribunale di Latina ha condannato a complessivi 21 anni di reclusione 9 ex dirigenti della Goodyear italiana. Dopo la sentenza gli eredi delle vittime restano ancora in attesa dell'erogazione del risarcimento e l'azienda si rifiuta di corrispondere il dovuto, nonostante i reiterati ordini dei giudici a versare immediatamente le somme indicate.
Da pochi giorni, così come era previsto, vi è stata una nuova udienza presso il Tribunale di Latina nell'ambito proprio del processo penale di appello, mentre sta per iniziare, nel medesimo tribunale, il dibattimento del cosiddetto Goodyear-bis, con 12 ex dirigenti della multinazionale in questione imputati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose aggravate nei confronti di altri 20 operai, di cui purtroppo 19 già morti per tumore.
Di fronte a tale scenario, la nostra Commissione, la Commissione lavoro, il 15 settembre 2010 ha approvato una risoluzione con la quale, per fare fronte a tale grave situazione e ad altre analoghe, il Governo si era già impegnato a mettere in campo iniziative più opportune nell'interesse primario dei lavoratori coinvolti e delle loro famiglie, proprio con la prospettiva concreta di portare all'attenzione e monitorare tutte le questioni ancora aperte. Abbiamo il dovere di passare dalle parole ai fatti e di fare seguire atti concreti alle dichiarazioni. Quindi, questo per noi è un dovere morale di cui tutto il Parlamento deve farsi carico e di fronte al Pag. 89quale il Governo ha il dovere di agire (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, nessuno restituirà la vita alle migliaia di persone uccise dall'amianto, non solo operai, ma anche mogli e figli colpevoli di avere respirato le fibre portate in casa.
Nessuno restituirà loro la serenità ed il calore familiare, ma sono le istituzioni che devono vigilare e la giustizia deve operare e tutelare la salute sui luoghi di lavoro.
La sentenza di Torino del 13 febbraio scorso, che ha condannato la società svizzera Eternit di Stephan Schmidheiny colpevole per la strage perpetratasi per anni negli stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo è un esempio sicuramente incoraggiante per quanto accaduto a Cisterna di Latina. Ma non bisogna abbassare la guardia, perché le multinazionali hanno i mezzi per bloccare i processi e fare scattare le trappole della prescrizione, come ben sanno i lavoratori italiani emigrati in Svizzera, che in passato hanno lavorato negli stabilimenti Eternit di Niederurden nel Kanton Glarus,

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Narducci.

FRANCO NARDUCCI. Allora, chiedo al Governo di vigilare perché i processi presi singolarmente contro le multinazionali non servono a niente, soprattutto quando si opera a questi livelli.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sbrollini. Ne ha facoltà.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, questa mozione è importante, come dicevano i miei colleghi, proprio per non dimenticare mai quello che è accaduto in questo Paese e quello che sta accadendo ancora sul tema dell'amianto: le troppe vittime, i loro familiari e tutti coloro che dopo decenni non hanno ancora vista alcuna giustizia.
Bene quindi questa mozione, perché segna un passo in avanti rispetto ad una situazione drammatica, che riguarda purtroppo tutto il nostro Paese. Ora, però, il Governo deve fare presto. C'è il tema della sicurezza, vi sono le patologie non riconosciute e c'è il tema del risarcimento economico alle famiglie delle vittime.
Allora, chiedo a questo Governo di calendarizzare finalmente le tante proposte di legge che noi, tutti i gruppi parlamentari, abbiamo depositato su questo tema, in modo tale da arrivare finalmente, in autunno, a questa Conferenza nazionale indetta dal Ministro della salute e dare, finalmente, risposte chiare e definitive a chi in questi anni ha sofferto fin troppo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Sbrollini.

DANIELA SBROLLINI. È un dovere morale ed un dovere di questo Parlamento fare presto ed approvare una legge seria su questo tema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scanderebech. Ne ha facoltà.

DEODATO SCANDEREBECH. Signor Presidente, ho assistito con molto piacere al dibattito sullo smaltimento dell'amianto e sulle problematiche sulla sicurezza del lavoro.
Onorevoli colleghi tutti, signor Presidente, a tal proposito volevo evidenziare che in Italia abbiamo decine e decine di metri quadri di eternit che pendono sulla testa dei nostri figli: nelle scuole ed in molti enti pubblici.
Quindi sollecito il Ministro Profumo, sollecito lei, signor Presidente affinché si faccia portavoce nei confronti del Governo di un ipotetico censimento di tutti i luoghi pubblici in cui vi è eternit che deve essere Pag. 90smaltito. Quindi, non sono solo gli imprenditori quelli che vanno condannati. Mi raccomando, perché qui c'è di mezzo la salute e la vita dei nostri figli. Ci sono molte scuole, a Torino in particolare. In provincia di Torino vi sono molti alloggi degli ex IACP, case popolari, con l'eternit sopra. Nessuno riesce a toglierlo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Scanderebech.

DEODATO SCANDEREBECH. Quindi lancio un allarme a coloro che ci gestiscono, agli enti locali ed al Governo qui presente (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Rampi, Lo Monte....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato
470
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che la deputata Lo Moro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fedriga ed altri n. 1-01067, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mura, onorevole Borghesi, onorevole Sardelli, onorevole Pionati, onorevole Mondello, ancora l'onorevole Pionati, onorevole Craxi... L'onorevole Mondello ha votato? Onorevole Cuomo, onorevole Graziano, onorevole Calvisi, onorevole Marchignoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato
470
Hanno votato
no 1).

Secondo le intese intercorse, gli ulteriori argomenti all'ordine del giorno sono rinviati alla seduta di domani.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

PRESIDENTE. Il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, con lettera in data 20 giugno 2012, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 2009, n. 6, la relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Puglia. Il predetto documento sarà stampato e distribuito.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 18,50).

SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, intervengo semplicemente per sollecitare una risposta ad una mia interrogazione che risale a gennaio e a una interrogazione precedente. Ne ho depositata una terza. Si tratta di interrogazioni, che riguardano il caso del carcere minorile di Bologna, il Pratello, rivolte al Ministero della giustizia. Pag. 91La pregherei di voler sollecitare la risposta. Avverto che d'ora in avanti, fino a quando non mi risponderanno, tutti i giorni interverrò per sollecitare la risposta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 21 giugno 2012, alle 10:

1. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 850 - D'iniziativa dei senatori: LI GOTTI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (Approvata dal Senato) (C. 5058).
- Relatore: Stefani.

2. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 849 - D'iniziativa dei senatori: LI GOTTI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999 (Approvata dal Senato) (C. 3737).
e dell'abbinata proposta di legge: DI PIETRO ed altri (C. 1787).
- Relatore: Renato Farina.

3. - Seguito della discussione della proposta di legge:
DI PIETRO ed altri: Disposizioni penali in materia di società e consorzi (C. 1777-A).
e dell'abbinata proposta di legge: DI PIETRO e PALOMBA (C. 1895).
- Relatore: Palomba.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00898, Narducci ed altri n. 1-01037, Miccichè ed altri n. 1-01039, Crosio ed altri n. 1-01040, Bernardo ed altri n. 1-01041, Moffa ed altri n. 1-01043 e Ciccanti ed altri n. 1-01077 concernenti iniziative per la negoziazione di accordi bilaterali con Paesi non appartenenti all'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 601-711-1171-1198 - D'iniziativa dei senatori: GIULIANO; CASSON ed altri; BIANCHI ed altri; MUGNAI: Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 3900-A).
e delle abbinate proposte di legge: CONTENTO; PECORELLA; CAVALLARO; CAPANO ed altri; BARBIERI; MANTINI ed altri; FRASSINETTI ed altri; CASSINELLI ed altri; MONAI; RAZZI ed altri; CAVALLARO ed altri (C. 420-1004-1447-1494-1545-1837-2246-2419-2512-4505-4614).
- Relatore: Cassinelli.

6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (C. 2326-E).
- Relatori: Angela Napoli, per la II Commissione; Mecacci, per la III Commissione.

Pag. 92

7. - Seguito della discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00975, Cicchitto ed altri n. 1-00986, Tempestini ed altri n. 1-01082, Dozzo ed altri n. 1-01083, Adornato ed altri n. 1-01084 e Menia e Della Vedova n. 1-01085 concernenti iniziative in ambito internazionale e comunitario in relazione alla situazione in Siria.

8. - Seguito della discussione della proposta di legge:
TENAGLIA ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto (C. 2094-A).
- Relatore: Tenaglia.

9. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
PANIZ e CARLUCCI; DE ANGELIS ed altri; AMICI e GIACHETTI; BORGHESI ed altri: Modifiche all'articolo 191 del codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi (C. 749-1556-2325-3248-A).
- Relatore: Paniz.

10. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 1415-C).
- Relatore: Costa.
(al termine delle votazioni)

11. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 18,55.

Pag. 93

DOCUMENTAZIONE CITATA DAL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, ELSA FORNERO, NELLO SVOLGIMENTO DI UNA INFORMATIVA URGENTE SULLA QUESTIONE DEI LAVORATORI COSIDDETTI «ESODATI»

ALLEGATO 1

Salvaguardia prevista dall'articolo 24 commi 14, 15 della legge 214/2011(1)
(numeri in unità)

Soggetti interessati distinti tipologia di salvaguardia
Mobilità (lettera a) Mobilità lunga (lettera b) Fondi di solidarietà(2) (lettera c) Lavoratori esonerati(3) (lettera e) Prosecutori volontari (lettera d) con decorrenza entro il 2013 Genitori di disabili (lettera e-bis) Lavoratori cessati art. 6 c. 2-ter legge 14/2012 Totale
25.590 3.460 17.710 950 10.250 150 6.890 65.000

(1) Con le modifiche introdotte dal Decreto milleproroghe.
(2) Con permanenza nel fondo fino a 62 anni di età per i lavoratori posti in solidarietà successivamente al 31 dicembre 2011.
(3) Il numero complessivo degli esonerati è stato indicato da MEF-Igop.

Pag. 94

Salvaguardia prevista dall'articolo 24 commi 14, 15 della legge 214/2011(1)
(numeri in unità)
(Prosecutori volontari con decorrenza pensione entro il 2013)

  Tipologia di salvaguardia Totale
Mobilità (alla data del 4.12. 2011 con età maggiore di 52 anni e + periodo 2013 -2019) (lettera a) Mobilità lunga (lettera b) Fondi di solidarietà (sono già in solidarietà al 4. 12.2011) (let-tera c) Fondi di solidarietà posti in solidarietà successivamente al 4.12.2011(2) (lettera c) (presso il Fondo fino a 62 anni come da D.I.) Lavoratori esonerati(3) (lettera e) Prosecutori volontari con ultimo versamento contributivo volontario (non lavorano più) (lettera d) con decorrenza entro il 2013 Genitori di disabili in congedo straordinario il 31.10.2011 (lettera e-bis) Lavoratori cessati entro il 31.12. 2011, art. 6 c. 2-ter legge 14/2012
A) Platea iniziale dei lavoratori selezionati da dati di archivio, per la verifica delle salvaguardie che producono oneri. 41.200 3.450 16.800 9.350 2.700 132.850 3.250 179.600 389.200
MENO:
B)
Lavoratori con requisiti già maturati al 31.12.2011 e quindi in pensione con precedente normativa
4.950 0 2.150 0 100 16.200 150 37.000 60.550
C)Differenza (A-B)
(Platea ridotta utilizzata per l'individuazione del no dei salvaguardati)
36.250 3.450 14.650 9.350 2.600 116.650 3.100 142.600 328.650
D) Lavoratori salvaguardati che producono oneri, risultanti dalle elaborazioni o stime della platea C) 22.300 (7) 2.750 12.850 4.800 1.000 10.250 50 10.000 64.000
E) Lavoratori della riga precedente arrotondati prudenzialmente e riportati nel Decreto Interministeriale.
(Le disuguaglianze tra questa e la riga precedente derivano da arrotondamenti prudenziali delle distribuzioni annuali dei salvaguardati nei periodi previsti dal D.I.)
25.590 3.460 12.910 4.800 950 10.250 150 6.890 (6) 65.000
F) Lavoratori con diritto alla salvaguardia ma non conteggiati perché non producono oneri; la data di decorrenza del pensionamento risulta identica in entrambe le normative (vecchia e nuova) 1.400 450 1.800 4.550 1.600 2.800 50 3.400 16.050
G) Lavoratori non considerati in quanto, nei periodi di salvaguardia previsti nel Decreto Interministeriale, non raggiungono i requisiti richiesti(5)
(A-B-D-F)
12.550 250 0 0 0 103.600 3.000 129.200 248.600
Pag. 95

(1) Con le modifiche introdotte dal Decreto milleproroghe.
(2) Con permanenza nel fondo fino a 62 anni di età.
(3) Il numero complessivo degli esonerati è stato indicato da MEF-Igop. La suddivisione riportata nella presente tabella è frutto di stime.
(4) Tra lavoratori esclusi per Fondi di solidarietà posti successivamente al 4.12.2011 vengono considerati anche quelli che raggiungono il requisito all'interno del periodo di solidarietà.
(5) Per la mobilità ordinaria la maturazione del requisito previgente è successiva alla data di fine mobilità. Per i prosecutori volontari, i lavoratori cessati e i genitori di disabili la maturazione del requisito o la decorrenza della pensione avviene dopo il periodo di tempo previsto dalla legge o dal decreto attuativo. Per gli altri la decorrenza è successiva al 2019.
(6) I lavoratori licenziati e dimessi sono stati ridotti da 10.000 a 6.890 in quanto si è stimato che circa 3.110 dei licenziati e dimessi non possiedono il requisito degli accordi individuali o collettivi.
(7) Di cui circa 1.500 esclusi per l'applicazione dell'ultimo periodo comma 15 art. 24 L. 214/2011 e circa 500 per l'applicazione dei requisiti della L. 148/2011 rispetto alla L. 122/2010.

Pag. 96

Salvaguardia prevista dall'articolo 24 commi 14, 15 della legge 214/2011(1)
(numeri in unità)

Lavoratori interessati distinti per data di decorrenza della pensione
Anno di decorrenza Mobilità (lettera a) Mobilità lunga (lettera b) Fondi di solidarietà(2) (lettera c: in solidarietà al 4.12.11 + i futuri) Lavoratori esonerati(3) (lettera e) Prosecutori volontari (lettera d) con decorrenza entro il 2013 Genitori di disabili (lettera e-bis) Lavoratori cessati art. 6 c. 2-ter legge 14/2012 Totale
2013 11.210 1.060 4.570 200 10.250 150 6.890 34.330
2014 6.960 300 2.560 200 0 0 0 10.020
2015 6.020 450 3.570 200 0 0 0 10.240
2016 1.320 450 3.060 200 0 0 0 5.030
2017 80 300 1.550 150 0 0 0 2.080
2018 0 450 1.650 0 0 0 0 2.100
2019 0 450 750 0 0 0 0 1.200
Totale 25.590 3.460 17.710 950 10.250 150 6.890 65.000

(1) Con le modifiche introdotte dal Decreto milleproroghe.
(2) Con permanenza nel fondo fino a 62 anni di età per i lavoratori posti in solidarietà successivamente al 31 dicembre 2011.
(3) Il numero complessivo degli esonerati è stato indicato da MEF-Igop.

Pag. 97

Salvaguardia prevista dall'articolo 24 commi 14, 15 della legge 214/2011(1)
(milioni di euro correnti)

Onere annuo per la salvaguardia
Anno di decorrenza Mobilità (lettera a) Mobilità lunga (lettera b) Fondi di solidarietà(2) (lettera c: in solidarietà al 4.12.11 + i futuri) Lavoratori esonerati (lettera e) Prosecutori volontari (lettera d) con decorrenza entro il 2013 Genitori di disabili (lettera e-bis) Lavoratori cessati art. 6 c. 2-ter legge 14/2012 Totale
2013 121 11 83 9 78 3 101 406
2014 296 25 201 9 140 3 197 871
2015 360 35 222 9 91 0 160 876
2016 251 36 255 8 70 0 113 733
2017 135 32 219 6 47 0 75 514
2018 73 30 200 0 22 0 34 359
2019 45 33 185 0 0 0 0 263
2020 20 21 123 0 0 0 0 164
2021 3 11 68 0 0 0 0 82
2022 0 5 30 0 0 0 0 35
2023 0 2 12 0 0 0 0 14
2024 0 0 3 0 0 0 0 3
2025 0 0 0 0 0 0 0 0

(1) Con le modifiche introdotte dal Decreto milleproroghe.
(2) Con permanenza nel fondo fino a 62 anni di età per i lavoratori posti in solidarietà successivamente al 31 dicembre 2011.

Pag. 98

Relazione

Determinazione del contingente numerico programmato con riferimento ai soggetti beneficiari delle salvaguardie, di cui all'articolo 24, comma 14 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 modificato dall'articolo 6, comma 2-ter e comma 2-septies, lettera b) del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216 convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14.

Il comma 14 della legge n. 214/2011 e la legge n. 14/2012 (cosiddetto mille proroghe) salvaguardano alcune categorie di lavoratori per il periodo 2013 - 2019 con le precedenti regole anagrafiche e contributive, con l'aggiunta della speranza di vita. Occorre precisare che la salvaguardia è relativa ai requisiti previsti dalla legge n. 148/2011 e che, secondo l'ultimo periodo del comma 15, ai fini della salvaguardia si devono applicare gli incrementi della speranza di vita (contrariamente a quanto previsto dalla legge n. 148/2011) anche ai requisiti di anzianità indipendentemente dalla età anagrafica.
Sulla base degli estratti contributivi dei soggetti interessati alla salvaguardia elaborati dalla Direzione Centrale Sistemi Informativi e Tecnologici e da personale ex-Ipost e sulla base delle informazioni tratte dagli archivi amministrativi, aggiornati alla data della stima, delle Direzioni centrali Pensioni e Prestazioni a sostegno del reddito, nonché seguendo le impostazioni normative e interpretative dettate dal MEF-Ragioneria Generale dello Stato, il Coordinamento Generale Statistico Attuariale dell'Inps ha proceduto a effettuare opportune elaborazioni sulla base dei dati anagrafici e contributivi a livello individuale. Ove non disponibili sono state effettuate delle stime sulle platee dei soggetti interessati che, sulla base di esperienze precedenti, comportano un'approssimazione statistica il cui grado di fiducia è quantificabile intorno al 95%.
Le categorie interessate sono:

a) lavoratori in mobilità entro il 4 dicembre 2011, a seguito di accordi sindacali stipulati entro la stessa data (tra questi lavoratori sono compresi gli ultimi mobilitati non rientrati nel contingente di cui alla legge n. 122/2010). L'inclusione o meno dell'appartenenza nello status di salvaguardato dipende dalla circostanza di maturare i requisiti per la pensione entro la fine del periodo di mobilità così come disposto dal comma 24: «che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223». Dai dati amministrativi in possesso dell'Inps i soggetti per i quali sorgerà un onere per la salvaguardia sono stati stimati in 20.300. Questo numero comprende tutti i lavoratori in mobilità al 4 dicembre 2011 con i requisiti previsti fino al 2017 (oltre tale anno il contingente iniziale si esaurisce). Ai fini di una maggior cautela si è ampliato il numero a 25.590 unità. Occorre peraltro rimarcare il fatto che esistono dei lavoratori che sarebbero stati salvaguardati con le regole in vigore al momento della messa in mobilità (precedenti alla legge Pag. 99148/2011) e che ora non rientrano nella salvaguardia, poiché maturano i requisiti previsti dai commi 14 e 15 solo dopo la fine del periodo di mobilità. Per questi ultimi si dovrà procedere ad una mobilità in deroga per i mesi occorrenti a raggiungere il requisito per la pensione rientrando così nel contingente dei salvaguardati. Dovrebbe trattarsi di circa 2.000 soggetti.
b)Mobilitati di lunga durata. A differenza dei precedenti lavoratori in mobilità, per questa tipologia di lavoratori non è prevista alcuna scadenza per il periodo di maturazione della pensione. Il numero dei salvaguardati per il periodo 2013-2019 per i quali sorgerà un onere è stato stimato in 2.750, mentre circa 250 soggetti matureranno la decorrenza dopo il 2019. Ai fini di una maggior cautela si è ampliato il numero a circa 3.500 unità.
c)Beneficiari, alla data del 4 dicembre 2011, di prestazioni erogate dai Fondi di solidarietà e Futuri beneficiari dei Fondi di solidarietà sulla base di accordi sottoscritti alla data del 4 dicembre 2011 (futuri beneficiari della solidarietà in permanenza a carico dei Fondi fino a 62 anni). Il numero stimato (circa 17.700 lavoratori) dei salvaguardati per i quali sorgerà un onere è relativo all'intero periodo 2013-2019.
d)Lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria che, in base al Decreto interministeriale in via di emanazione, maturano la decorrenza della pensione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge 201/2011 (circa 10.250 beneficiari). Si sottolinea che il vincolo dei 24 mesi abbinato al regime delle decorrenze (finestra mobile) comporta la maturazione dei requisiti per la pensione entro il 2012, in particolare entro novembre per chi intende liquidare nelle gestioni dipendenti ed entro il mese di maggio nelle gestioni dei lavoratori autonomi. La rilevazione è stata effettuata considerando i soggetti non occupati e con almeno un versamento volontario alla data di entrata in vigore del decreto legge 201/2011.
e)Lavoratori del settore pubblico che il 4 dicembre 2011 hanno in corso l'istituto dell'esonero dal servizio, dopo i 35 anni di anzianità (dipendenti presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le Agenzie fiscali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli Enti pubblici non economici, le Università, le Istituzioni ed Enti di ricerca). Il numero complessivo degli esonerati è stato fornito da MEF- Igop; il numero dei salvaguardati, circa 950 unità, per i quali sorgerà un onere è frutto di stima e riguarda il periodo 2013-2017 (oltre tale anno il contingente iniziale si esaurisce).
e-bis)Genitori che assistono figli con disabilità grave e si trovano in congedo alla data del 31 ottobre 2011, se maturano i requisiti contributivi indipendentemente dall'età anagrafica (40 anni + 12 mesi finestra + finestra piccola -1 o 2 mesi - più 3 mesi di speranza vita dal 2013) entro 24 mesi dalla data di inizio del congedo (circa 150 interessati).
f)Lavoratori con risoluzione del rapporto di lavoro al 31 dicembre 2011 a seguito di accordi individuali o collettivi (c.d. licenziati), che maturano la decorrenza della pensione entro 24 mesi Pag. 100dalla data di entrata in vigore del decreto legge 201/2011. Si sottolinea che il vincolo dei 24 mesi abbinato al regime delle decorrenze (finestra mobile) comporta la maturazione dei requisiti per la pensione entro il 2012, in particolare entro novembre per chi intende liquidare nelle gestioni dipendenti ed entro il mese di maggio per chi intende liquidare nelle gestioni dei lavoratori autonomi.

Dettagli per l'estrazione della base dati.

La valutazione è stata effettuata sulla base delle informazioni presenti negli archivi amministrativi dell'INPS.

Mobilità ordinaria e lunga

Sono stati individuati due collettivi:
uno di circa diecimila individui con requisiti pensionistici certificati dalla procedura di liquidazione delle pensioni e fornito dalla direzione centrale prestazioni temporanee;
l'altro costituito da percettori di indennità di mobilità ordinaria con anno di nascita precedente al 1960 non inclusi nel precedente collettivo (circa 35.000) per i quali è stata calcolata l'anzianità contributiva attraverso l'incrocio con gli estratti conto individuali.

Fondi di solidarietà

Il collettivo è stato selezionato partendo dall'archivio pensioni e considerando le opportune categorie.
Dalla rilevazione sono stati esclusi, su indicazione della Direzione Centrale Pensioni, i soggetti appartenenti al Fondo di solidarietà degli esattoriali in quanto questi non sono oggetto di valutazione poiché il finanziamento del Fondo avviene tramite trasferimenti dall'avanzo patrimoniale del Fondo Esattoriali. Si è giunti così ad un collettivo iniziale di circa 16.800 soggetti.
Le informazioni utilizzate sono state le seguenti:
anagrafiche;
anzianità contributiva;
data di fine esodo;
importo dell'assegno.

Sono stati considerati inoltre i lavoratori per i quali è stato previsto a seguito di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011, il diritto di accesso ai fondi di solidarietà. La platea, fornita dalla Direzione Centrale Pensioni, in numero di circa 9.400 soggetti ed è stata simulata a partire dalle caratteristiche del collettivo esistente.

Pag. 101

Prosecutori volontari

Il collettivo è stato selezionato partendo dai soggetti che a qualunque epoca sono stati autorizzati ai versamenti volontari. I dati sono stati depurati dei soggetti rioccupati, pensionati o morti.
Successivamente sono stati esclusi tutti i nati prima del 1946. Sono stati poi considerati quelli con ultimo versamento volontario già accreditato e riferito a periodi contributivi antecedenti il 6 dicembre 2011 (circa 133.000 posizioni).

Esonerati

Il collettivo è stato stimato sulla base delle informazioni specifiche pari a circa 2.700 unità (numero fornito da MEF-Igop) di cui il 59% donne. Di questi, è plausibile ipotizzare che una parte abbia già maturato i requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2011. Per i rimanenti soggetti, sono state adottate ipotesi differenziate a seconda dell'anno di ingresso nell'esonero (2009, 2010 e 2011).

Beneficiari al 31/10/2011 del congedo straordinario di cui all'articolo 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001

Il collettivo è stato selezionato individuando da fonte Emens tutti i lavoratori dipendenti che nell'ultima settimana di ottobre 2011 sono risultati beneficiari di congedo straordinario per l'assistenza a figli gravemente disabili. Per tali lavoratori (circa 3.300) è stata calcolata l'anzianità contributiva attraverso l'incrocio con gli estratti conto individuali. In modo analogo sono stati stimati i beneficiari di congedo straordinario del settore pubblico.

Lavoratori cessati articolo 6 c. 2-ter legge 14/2012

Il collettivo è stato selezionato dagli archivi delle denunce mensili, individuando tutti i lavoratori con età maggiore di 53 anni che nel triennio 2009-2011 hanno interrotto un rapporto di lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause e che successivamente non si sono rioccupati, pensionati o deceduti. Il contingente relativo all'incentivo all'esodo effettuato da Poste Italiane è stato rilevato dall'archivio delle comunicazioni obbligatorie con la causale «risoluzione consensuale».
Per costoro (circa 180.000) è stata calcolata l'anzianità contributiva sulla base degli estratti conto individuali.
Non avendo a disposizione informazioni circa l'esistenza di eventuali accordi collettivi o individuali ricollegabili al singolo lavoratore è stato analizzato, in prima istanza, l'intero collettivo.
Il numero dei potenziali salvaguardati, coloro che maturano la decorrenza della pensione entro 24 mesi, è risultato pari a circa 10.000 soggetti. Successivamente si è ipotizzato che circa il 30% non possegga la documentazione sugli accordi prevista dalla legge.

22 maggio 2012

Pag. 102

ALLEGATO 2

ESTENSIONE DELLA TUTELA DELLA SALVAGUARDIA PER I LAVORATORI COINVOLTI IN PROCEDURE DI MOBILITÀ O DI ESODO DAI FONDI DI SOLIDARIETÀ IN BASE AD ACCORDI FINO AL 31 DICEMBRE 2011 E PER I PROSECUTORI VOLONTARI ED I LAVORATORI CESSATI IN BASE AD ACCORDI INDIVIDUALI E COLLETTIVI CON DECORRENZA DELLA PENSIONE ENTRO IL 2014

Tipologia di salvaguardia Totale
Mobilità (*) Fondi di solidarietà (**) Prosecutori volontari con decorrenza della pensione nel 2014 Lavoratori cessati entro il 2011 con decorrenza della pensione nel 2014
40.000 1.600 7.400 6.000 55.000

(*)Lavoratori in mobilità ordinaria in base ad accordi sindacali stipulati entro il 31 dicembre 2011 e con data di licenziamento successiva al 4 dicembre 2011; comprendono i lavoratori già in mobilità ordinaria alla data del 14 giugno 2012, i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria fino a marzo 2012 (ultimo dato disponibile) che si ipotizza passeranno al trattamento della mobilità ordinaria e il numero dei futuri lavoratori posti in mobilità stimato sulla base delle liste degli accordi governativi stipulati tra il 2008 e il 2011 fornite dal Ministero del lavoro.
(**) Lavoratori posti in solidarietà presso i Fondi fino a 62 anni di età.

Pag. 103

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO DONATO RENATO MOSELLA SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE A.C. 5203-A

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, sottosegretario D'Andrea, non è trascorso un tempo lunghissimo dall'approvazione in quest'Aula del decreto mille proroghe che ridimensionava la Protezione civile, già da tempo snaturata nella sua funzione. Solo un anno e quattro mesi, nel corso dei quali il Paese ha subito eventi alluvionali e sismici, che hanno colpito indifferentemente il Nord e il Sud d'Italia, provocando lutti e devastazioni. Ultimo in ordine di tempo il terremoto in Emilia, una ferita dolorosissima che ha reso urgente provvedere al riordino e al chiarimento delle competenze della Protezione civile. Bene ha fatto il Governo a metter mano al decreto, che il lavoro delle Commissioni referenti I e VIII ha contributo a migliorare.
Anche in virtù degli emendamenti approvati il testo mira a garantire l'operatività del Dipartimento della Protezione Civile, definendone i poteri.
È positivo che l'articolo 1 (comma 1 lettera b) ponga un limite temporale all'impiego di mezzi e poteri straordinari da parte della Protezione civile perché la storia nazionale è costellata da troppe emergenze rimaste tali per anni, che hanno prodotto le storture e le conseguenze negative che ben conosciamo. Condividiamo tuttavia l'intervento delle Commissioni di merito che ha prolungato il periodo di vigenza dell'emergenza a 90 giorni, con una sola proroga di 60, considerata la mole di interventi che si rendono necessari in seguito a gravi eventi calamitosi. Importante anche aver chiarito che la Protezione civile non deve occuparsi di grandi eventi, estranei alla natura originale della legge n. 225/1992, anche se bisogna dire che quando lo ha fatto soprattutto per eventi straordinari con milioni di persone, si è distinta per efficienza e professionalità.
Riteniamo importante aver esteso le competenze della Protezione Civile alla messa in sicurezza dei beni culturali, sollevando da questo compito i comuni. Gli interventi, anche minimi, di consolidamento e messa in sicurezza dei beni culturali, effettuati nelle prime fasi dell'emergenza sono infatti fondamentali per evitare ulteriori e più gravi danni al patrimonio culturale arrecati dai disastri ambientali.
È degno di nota che il decreto sia ispirato a criteri di trasparenza per quel che riguarda le procedure di spesa durante i 150 giorni di gestione della Protezione civile, e che stabilisca come prioritario l'intervento dello Stato; che escluda dal patto di stabilità le spese sostenute dai comuni per affrontare l'emergenza; che preveda la rapida cancellazione delle gestioni commissariali aperte e un'anagrafe pubblica di queste e dei grandi eventi.
La protezione civile italiana è un sistema all'avanguardia, un'eccellenza che ci viene internazionalmente riconosciuta. Il Gruppo di Alleanza per l'Italia voterà a favore della conversione del decreto-legge che ne assicura l'operatività. Rileviamo tuttavia la necessità che - al di là della gestione delle emergenze - possa rispondere ad esigenze non più trascurabili, quali la tutela del territorio, la prevenzione e la valutazione del rischio. Ce lo chiede l'Europa, in cui i disastri naturali hanno causato in 10 anni la morte di 100 mila persone e danni valutati in 150 miliardi di euro. Ce lo impone innanzitutto la consapevolezza che i fenomeni legati al dissesto idrogeologico riguardano un'area di oltre 29.000 Kmq., che gran parte del nostro territorio è esposto al rischio sismico, che la progressiva e incontrollata cementificazione, l'abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, la disattenzione per fiumi, torrenti e corsi d'acqua hanno contribuito a renderlo fragile.
A tal proposito crediamo sia necessario porre mano ad un provvedimento articolato che preveda prima di tutto che ogni regione sia dotata delle medesime risorse umane e tecniche di Protezione civile, in Pag. 104questo senso si dovrebbe provvedere alla più ampia diffusione della cultura di protezione civile, a cominciare dalle scuole. Infine, matura nel Paese e nelle istituzioni l'introduzione del servizio civile obbligatorio affinché un numero crescente di cittadini possa essere preparato ad offrire un supporto competente nelle situazioni di emergenza, al di là dello slancio di generosità individuale, che non è mai mancato, ma da solo non basta più.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ARMANDO DIONISI SUL DOC. IV, N. 10-A

ARMANDO DIONISI, Relatore. Onorevoli Colleghi, la Giunta riferisce all'aula sulla domanda di autorizzazione, del Tribunale di Larino, all'utilizzazione d'intercettazioni telefoniche di Remo Di Giandomenico, deputato all'epoca dei fatti contestati.
Remo Di Giandomenico è stato deputato nella XIV legislatura (2001-2006) e nel 2005 fu raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare per la cui esecuzione fu richiesta l'autorizzazione alla Camera che respinse la richiesta a maggioranza.
L'indagine di cui ci occupiamo, oggi, riguarda fatti che si sono svolti temporalmente nello stesso periodo di quelli dell'inchiesta che la Camera ha già trattato, anche se riferiti a circostanze diverse e fattispecie di reato analoghe.
Nel caso in esame, sono contestate, a Remo Di Giandomenico, la corruzione e la concussione, perché avrebbe - nella sua qualità di Sindaco di Termoli - commesso atti contrari ai suoi doveri d'ufficio.
L'inchiesta riguarda la localizzazione e la costruzione di una centrale energetica sul territorio del comune di Termoli. Gli inquirenti ritengono che Di Giandomenico abbia messo in atto comportamenti penalmente rilevanti, per evitare l'emanazione di un provvedimento di sospensiva per la costruzione di una Centrale Turbogas, come richiesto da una mozione promossa da alcuni comitati civici.
Nell'ipotesi accusatoria, Di Giandomenico avrebbe sollecitato l'Energia Spa - impresa che doveva costruire l'impianto - a fornirgli un parere legale, tramite la SORGENIA Spa, teso a dimostrare l'impossibilità per il sindaco di adottare provvedimenti di sospensione.
Sempre secondo l'ipotesi accusatoria, in cambio di questa sollecitazione favorevole a ENERGIA Spa, egli avrebbe ottenuto un attestato da parte della stessa società in favore della figlia, Maria Vita Di Giandomenico, al fine di conseguire una borsa di studio di mille euro mensili, all'Università Orsay di Parigi.
Il secondo episodio riguarderebbe il reato di concussione dei dirigenti SORGENIA Spa, poiché lo stesso Di Giandomenico e alcuni suoi collaboratori avrebbero sollecitato l'assunzione di lavoratori dell'area termolese e richiesto la sponsorizzazione di squadre di calcio del territorio. Il compito della Giunta e della Camera dei deputati non è quello di esprimersi sulla fondatezza delle accuse, ma di verificare se c'è un intento persecutorio nei confronti del deputato.
Le intercettazioni hanno finalità probatoria essendo già stato disposto il rinvio a giudizio del Di Giandomenico e degli altri imputati e la domanda del Tribunale perviene a norma dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003.
Tuttavia, Di Giandomenico non è più deputato, pertanto la domanda si basa su un'interpretazione dell'articolo 6, per cui occorre richiedere l'autorizzazione anche per i deputati che, cessati dal mandato, appartenevano a una Camera al momento delle intercettazioni. Un precedente simile ha riguardato il deputato Alfonso Pecoraro Scanio. Nell'istruttoria condotta dalla Giunta (i cui resoconti sono in allegato) sulla richiesta in esame non sono emersi elementi di persecuzione giudiziaria o di una volontà prevaricatrice dell'autonomia parlamentare.
Infine, vorrei riferire all'Aula che il Di Giandomenico è stato più volte invitato a intervenire nelle sedute di Giunta per essere ascoltato di persona ed ha preferito, in data 27 febbraio u.s., inviare una nota Pag. 105scritta nella quale ha evidenziato che le intercettazioni di cui si chiede l'autorizzazione all'utilizzo riguardano alcune conversazioni in cui si sollecitava la sponsorizzazione della squadra di calcio e lamentava, altresì, la scarsa attenzione delle imprese nei confronti dei lavoratori locali. Il processo presso il Tribunale di Larino è in corso e quindi rimette alla valutazione degli organi parlamentari l'opportunità di concedere l'autorizzazione richiesta.
La vicenda riguarda questioni amministrative locali e il deputato Di Giandomenico è, infatti, indagato per fatti attinenti la sua funzione di Sindaco pro tempore di Termoli e non di parlamentare, e le intercettazioni sono state disposte regolarmente a carico di terzi soggetti senza che se ne possa dedurre un intento di aggiramento dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione.
In conclusione per le motivazioni esposte, la Giunta, a maggioranza propone all'Assemblea di concedere l'autorizzazione richiesta.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI FEDERICO PALOMBA E GIUSEPPE CONSOLO SUL DOC. IV, N. 10-A

FEDERICO PALOMBA. A proposito delle intercettazioni telefoniche dei parlamentari, abbiamo avuto in questa legislatura diversi casi, i cui esiti sono stati - questi sì - casuali, arbitrari e svincolati spesso da ogni logica giuridica. Essi hanno riguardato i deputati Landolfi, Cosentino, Verdini, Romano e poi ancora Verdini.
Su Landolfi, Cosentino e Verdini, la Camera ha respinto la domanda di autorizzazione. Il primo a Napoli e il terzo all'Aquila l'hanno, così, fatta franca. Non potendosi usare le prove, gli imputati sono stati assolti. Bella forza!
Su Cosentino - invece - il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha sollevato conflitto d'attribuzione e la Camera, con una saggia decisione del 1o febbraio 2012, ha deliberato di non resistere nel giudizio, che pertanto pende alla Corte costituzionale.
Su Francesco Saverio Romano, viceversa, la Camera ha concesso l'autorizzazione (v. seduta dell'Assemblea del 21 dicembre 2011). Sul collega Verdini - seconda autorizzazione - la Giunta propone la concessione e la Camera si dovrà pronunziare a breve.
L'articolo 68 della Costituzione deve essere interpretato nel senso che esso tutela l'Assemblea parlamentare attraverso l'attribuzione di specifiche e limitate prerogative ai suoi membri, le quali non possono essere estensivamente interpretate (in tal senso v. anche la sentenza n. 235 del 2007). Da questo punto di vista, è certamente vero che la sistematica intercettazione di soggetti notoriamente vicini a un parlamentare si può rivelare come un mezzo fraudolento per aggirare la garanzia dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione; ma è chiaro che tale intento fraudolento da parte dell'autorità inquirente deve essere provato da chi intende escludere la prova dal novero di quelle utilizzabili. Non può invece essere posto a carico degli inquirenti l'onere di provare l'imprevedibilità del colloquio della persona intercettata con il parlamentare, requisito peraltro del tutto avulso dal dettato costituzionale.
Questa impostazione di cautela e di responsabilità, del resto, è stata già fatta propria all'unanimità dalla Giunta nelle sedute del 29 novembre 2006, 16 gennaio 2008 e da ultimo del 23 febbraio 2011 (caso dell'on. Rotondi). La migliore dottrina (GREVI, GIOSTRA, CENTINI e GIALUZ) ha peraltro messo in guardia la comunità giuridica da letture assurde e paradossali dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione. Calando queste considerazioni nel caso concreto, appare evidente che non si può non concedere l'autorizzazione richiesta; altrimenti per il solo fatto di essere un interlocutore abituale dell'ex deputato Di Giandomenico, terzi si gioverebbero di un'immunità parlamentare «da contagio» e quindi tutte le intercettazioni a loro carico, per la sola circostanza che sarebbe ragionevolmente prevedibile che essi parlino con il deputato, dovrebbero essere interrotte sul nascere Pag. 106e comunque non utilizzate. Si tratta con tutta ovvietà di una conclusione che non solo cozza col diritto ma si scontra con la ragionevolezza e il buonsenso.
Ho inteso rammentare tutto ciò per rimarcare le incongruenze e le vie tortuose e casuali che la disposizione relativa alle intercettazioni implica e come essa dimostri che il deputato indagato potrebbe trovare un comodo usbergo per evitare le verifiche investigative.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi: il gruppo di Futuro e libertà voterà a favore della proposta della Giunta.
Si tratta di una domanda di autorizzazione ad acquisire come prove processuali alcune intercettazioni telefoniche a carico di Remo Di Giandomenico, deputato nella legislatura 2001-2006.
L'ex deputato è imputato di due ipotesi di corruzione, presuntivamente commesse come sindaco di Termoli e non come parlamentare.
Questo elemento ha indotto la larga maggioranza della Giunta delle autorizzazioni a votare per la concessione dell'autorizzazione, giacché è sembrato che sia escluso in radice ogni pericolo persecutorio dell'autonomia e dell'indipendenza del Parlamento e di un suo componente.
Vi è inoltre da considerare che elementi d'indebita interferenza con il suo mandato parlamentare, elementi che avrebbero potuto suggerire un orientamento in senso opposto, non sono stati offerti dall'interessato, il quale - con una lettera inviata alla Giunta delle autorizzazioni - si è limitato a rimettersi alla decisione della Giunta stessa.
Concludo pertanto per la concessione, così come deciso in Giunta.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI FEDERICO PALOMBA E GIUSEPPE CONSOLO SUL DOC. IV, N. 17-A

FEDERICO PALOMBA. A proposito dei vari casi di colleghi indagati, rispetto ai quali era stata avanzata domanda di autorizzazione all'acquisizione dei dati del traffico telefonico, rammento che in questa legislatura abbiamo avuto 3 casi: Francesco De Luca, Marco Milanese, Alfonso Papa.
Nel primo caso la Camera ha denegato l'autorizzazione, negli altri due l'ha concessa. Il primo caso e il terzo però hanno posto un problema pratico comune, che tradisce gli abusi che possono insinuarsi in questa prerogativa che è stata inventata dalla legge n. 140 del 2003, giacché essa non è nella Costituzione.
Nel primo caso, al termine della XV legislatura, la procura di Milano domandò l'acquisizione di vari tabulati a carico del deputato Francesco De Luca. Alcune delle utenze su cui insisteva la domanda di autorizzazione relativa ai tabulati non erano intestate a lui. Per l'esame presso la Giunta egli fu convocato e non offrì elementi contrari alla proposta dell'allora presidente Giovanardi, per cui le utenze a lui non intestate non erano idonee a radicare la competenza della Giunta delle autorizzazioni ex articolo 4 della legge n. 140 del 2003 (v. la seduta della Giunta per le autorizzazioni del 14 marzo 2008).
Allorquando, nella nuova legislatura, la procura di Milano reiterò la domanda sulle altre utenze (a lui intestate e su cui la Camera non si era pronunziata in ragione dello scioglimento delle Camere), il deputato De Luca chiese che l'esame si estendesse alle utenze che non gli erano intestate con l'argomento che - nondimeno - egli se ne serviva stabilmente. Ma la Giunta - seduta dell'11 giugno 2008 (//documenti.camera.it/leg16/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2008/06/11/17.pdf) - chiarì che non poteva tornare a occuparsi di quelle utenze, soprattutto perché non poteva bastare la mera dichiarazione del deputato a ribaltare una situazione di fatto non smentita in precedenza e già accertata dalla medesima Giunta delle autorizzazioni. Altrimenti questa sarebbe andata ultra petitum.
Il caso Papa è stato caratterizzato da un meccanismo inverso. Alcune delle utenze su cui insisteva la domanda di Pag. 107autorizzazione relativa ai tabulati (avanzata dalla procura di Napoli) non erano intestate a lui.
Al proposito, il presidente della Giunta Castagnetti non avanzò alcuna proposta ma prese atto del contenuto di una memoria del deputato Papa (redatta dai suoi difensori) in cui si disconosceva la paternità di circa 7 utenze (quelle a lui non intestate, per l'appunto).
Nella seduta del 6 ottobre 2011 - conformemente al precedente appena citato - la Giunta si espresse per l'incompetenza (con conseguente comunicazione del Presidente della Camera all'autorità giudiziaria del 15 marzo 2012). Il deputato Papa non ha mai ritrattato quella dichiarazione e - peraltro (a differenza del caso De Luca) - l'autorizzazione fu concessa anche per le utenze a lui intestate (seduta dell'Assemblea del 23 maggio 2012).
Ho inteso rammentare tutto ciò per rimarcare le incongruenze e le vie tortuose e casuali che la disposizione relativa ai tabulati implica e come essa dimostri che il deputato vittima di un reato debba confidare nel buon cuore della maggioranza per poter avere la tutela penale; mentre il deputato indagato potrebbe trovare un comodo usbergo per evitare le verifiche investigative.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Futuro e libertà voterà a favore della proposta della Giunta.
Si tratta di una domanda di autorizzazione ad acquisire come elementi d'indagine i tabulati telefonici dell'Onorevole Polidori, la quale ha ricevuto minacce e ingiurie con il mezzo del telefono.
Come ci siamo sempre regolati in questi casi, senza distinguere peraltro se il Parlamentare fosse vittima o indagato in Giunta per le autorizzazioni abbiamo votato per la richiesta, così come abbiamo fatto di recente, ad esempio, per il caso dell'Onorevole Belcastro.
Concludo pertanto per la concessione.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 6)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 5203-A - voto finale 500 489 11 245 444 45 42 Appr.
2 Nom. Doc. IV, n. 10-A 495 476 19 239 457 19 41 Appr.
3 Nom. Doc. IV, n. 17-A 494 487 7 244 475 12 39 Appr.
4 Nom. Risoluzione n. 6-00110 484 484 243 484 43 Appr.
5 Nom. Moz. Moffa e a n. 1-1034 rif. 471 471 236 470 1 43 Appr.
6 Nom. Moz. Fedriga e a n. 1-1067 rif. 471 471 236 470 1 43 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.