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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 651 di lunedì 18 giugno 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 16.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 giugno 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bergamini, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Lupi, Milanato, Moffa, Nirenstein, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pisacane, Stefani, Tenaglia, Vernetti, Vico e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 15 giugno 2012, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa):
S. 3304 - «Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 58, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Uniti, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite» (approvato dal Senato) (5287) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale).

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Mario Adinolfi, proclamato in data 13 giugno 2012, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.

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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile (A.C. 5203-A) (ore 16,03).

PRESIDENTE. L'ordine del gioco reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentare Unione di Centro per il Terzo Polo e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e VIII (Ambiente) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la VIII Commissione, onorevole Margiotta, ha facoltà di svolgere la relazione anche a nome del relatore per la I Commissione, onorevole Distaso.

SALVATORE MARGIOTTA, Relatore per la VIII Commissione. Signor Presidente, svolgerò il mio intervento anche a nome del collega relatore, l'onorevole Antonio Distaso.
L'Italia è un Paese la cui orografia, idrografia e sismicità ne fanno oggetto di un possibile attacco - come abbiamo visto in questi ultimi periodi - di eventi alluvionali, di terremoti e di eventi catastrofici. Proprio per questa particolarità una legge, una buona legge, sulla Protezione civile è importantissima e, con questo provvedimento, si cerca di dare risposta alle esigenze più impellenti in tale materia. L'attenzione è moltiplicata, sul lavoro che stanno facendo le Camere, dai recenti avvenimenti emiliani. È vero che vi è un decreto-legge apposito che riguarda l'Emilia Romagna e come affrontare l'emergenza in quella regione ma è pure vero che il quadro generale è affrontato proprio da questo provvedimento di riforma della legge n. 225 del 1992.
La ratio di questa legge è quella di avere un dipartimento per la Protezione civile più forte, ma con operatività limitata alle emergenze e con esclusione dei grandi eventi. Così, nell'articolato che proverò sinteticamente ad esporre senza soffermarmi naturalmente su tutto il contenuto del provvedimento medesimo, in questa normativa si limita anche temporalmente l'emergenza e dunque l'intervento della Protezione civile. Si sottraggono alla stessa i grandi eventi, si chiarisce in maniera netta la catena di comando e si rende efficace ed efficiente l'operato della Protezione civile nella primissima emergenza, alleggerendo alcuni passaggi burocratici anche in fase di spesa. Su un buon testo del Governo riteniamo che le Commissioni I ed VIII abbiano lavorato bene intervenendo con modifiche migliorative - in alcuni casi anche di tipo sostanziale - con un lavoro fortemente unitario dei partiti di maggioranza.
È stata data anche un'attenzione amplia alle proposte dell'opposizione, della quale sono stati accolti diversi emendamenti.
All'articolo 1, comma 1, lettera a) viene specificato quali siano le funzioni della Protezione civile e viene confermata la titolarità del coordinamento alla Presidenza del Consiglio che può delegare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio o un Ministro con portafoglio. Su questo punto nel testo originario era prevista la possibilità di delega al Ministro dell'interno, con un emendamento, approvato all'unanimità dalle due Commissioni, si è ritenuto meglio dare possibilità ampia di scelta fra i diversi Ministri con portafoglio senza destinare al Ministro dell'interno una priorità rispetto agli altri.
All'articolo 1, comma 1, lettera b), si specifica cos'è un'emergenza, cosa significa l'immediatezza degli interventi e si precisa Pag. 3che l'impiego di mezzi e poteri straordinari debba essere assolutamente limitato nel tempo.
L'articolo 1 comma 1 lettera b-bis) è introdotto dalle Commissioni e precisa il novero dei compiti della Protezione civile, soprattutto introducendo alcune attività, che nel testo originario non venivano menzionate, molto importanti, in maniera particolare l'identificazione degli scenari di rischio probabili, il preannuncio, il monitoraggio, la sorveglianza e vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio attesi.
Ancora, all'articolo 1, comma 1, la lettera b-ter), è stata introdotta in sede referente dalle Commissioni ed è molto importante perché regola il sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico. Lo ritengo importantissimo e qualificante del lavoro svolto dalle Commissioni; i terremoti - si sa - non si possono prevedere, ma le alluvioni sì, si possono prevedere in tempo utile da rendere possibile intervenire almeno per evitare la perdita di vite umane. Oggi nel Paese vi è una disomogeneità troppo netta di funzionamento dall'una all'altra regione dei centri di competenza sul diverso territorio italiano; con questo articolo si cerca di regolare la materia e anche di ottenere coerenza, congruità e omogeneità sul territorio italiano.
Allo stesso articolo è stata inserita, sempre in Commissione, la gestione delle reti di monitoraggio e l'uso delle radiofrequenze; in pratica le regioni sono esentate dal pagamento dei diritti amministrativi e dei contributi di concessione per le reti necessarie al funzionamento del servizio di allerta di cui ho parlato un attimo fa.
Siamo intervenuti come Commissione anche sui tempi, sulla dichiarazione e la durata dello stato di emergenza. Abbiamo condiviso l'idea del Governo che l'emergenza vada limitata il più possibile, purtroppo troppo emergenze in Italia hanno avuto durate di anni e alcune sono ancora in atto, pur essendo cessata l'imminenza del fatto, quindi abbiamo condiviso l'idea del Governo di un netto taglio di tali durate. Abbiamo però ritenuto di intervenire un può ampliandole, il testo originario parlava di 60 giorni di durata dell'emergenza, prorogabili per ulteriori 40 una sola volta - c'è anche un «di regola» che aiuta ad ottenere la giusta flessibilità che in questi casi deve esserci - mentre con gli emendamenti delle Commissioni si passa a 90 più una proroga di 60 giorni, quindi 150 giorni totali a fronte dei 100 giorni originariamente previsti. Rimane però fermo il criterio della definitezza dello stato di emergenza, pur avendolo allungato in modo da renderlo probabilmente più congruo rispetto alle reali necessità.
L'articolo 1, comma 1, lettera c), n.n. 3 e 7, stabilisce che le ordinanze sono in capo al Dipartimento della protezione civile però, con una correzione ancora delle Commissioni - devo dire che tutte le correzioni sono state condivise dal Governo, abbiamo lavorato bene e in totale sintonia con l'altro relatore e con il Governo - si è ritenuto che nella delibera dello stato di emergenza il Presidente del Consiglio può anche ritenere diversamente, cioè può anche ritenere che tutte le ordinanze siano emanate da lui stesso o dal sottosegretario. Sempre in Commissione in questo articolo abbiamo approvato un emendamento che prevede che le ordinanze si possano occupare anche di beni culturali e della messa in sicurezza degli stessi, oltre che del ripristino di infrastrutture e reti indispensabili, questo perché l'esperienza di questi giorni ha mostrato che è importantissimo che la Protezione civile intervenga anche in questi campi e non deleghi ai comuni.
È stato poi spostato da venti a trenta giorni il periodo di tempo nel quale il Capo della protezione civile comunica ma non concorda, come poi avverrà dopo il trentesimo giorno, con il Ministero dell'economia e delle finanze le proprie ordinanze. Abbiamo ritenuto giusto che ci sia un periodo, portato appunto a trenta giorni, nel quale il Capo della protezione civile possa muoversi di imperio, senza dover attardarsi a coordinare la propria azione con quella del Ministero dell'economia e delle finanze. Naturalmente, dopo Pag. 4il centocinquantesimo giorno si torna all'ordinarietà e delle singole questioni si occupa l'amministrazione ordinariamente preposta ad occuparsene. All'articolo 1, comma 1, lettera c), n. 8, con emendamento in Commissione, si è deciso che i rendiconti dei commissari delegati siano trasferiti anche alle Commissioni parlamentari e pubblicati sul sito Internet del dipartimento. Le Commissioni hanno accolto praticamente tutti gli emendamenti dei colleghi delle diverse forze politiche che miravano ad ottenere il massimo di trasparenza in tutte le procedure di spesa. Abbiamo ritenuto di fare cosa giusta accogliendoli tutti. Molto delicato è l'articolo 1, comma 1, lettera c), n.n. 9 e 10, perché è quello che tratta del finanziamento. Il decreto-legge stabilisce che l'utilizzo prioritario debba essere di risorse statali, in maniera particolare del Fondo nazionale di protezione civile e del Fondo di riserva delle spese impreviste. Viene cancellato - già nel testo originario emanato dal Governo - l'obbligo delle regioni di attingere preventivamente a risorse proprie aumentando i tributi, prima di poter utilizzare i prelievi statali. Questa previsione, peraltro tristemente nota sui giornali come «tassa sulla disgrazia», era stata ritenuta incostituzionale dalla Corte costituzionale. Viene quindi cancellata e la regione oggi ha solo la facoltà e non l'obbligo di elevare l'imposta regionale della benzina per autotrazione, ma sempre a valle dell'intervento doveroso da parte dello Stato. Lo Stato come interviene? Lo Stato interviene attraverso i due fondi di cui ho prima parlato e ha l'obbligo di reintegrare la dotazione del fondo di riserva per spese impreviste. Lo fa con taglio lineare delle voci di spesa indicate in un elenco allegato, anzitutto quindi attraverso tali tagli, poi, in attesa del reintegro, il fondo può essere reintegrato con aumento dell'accisa della benzina. Anche questa è una modifica apportata dalle Commissioni in sede referente. Nel testo iniziale vi era un automatismo nell'aumento delle accise della benzina che invece abbiamo molto indebolito, ritenendo che sia soltanto una facoltà e non un obbligo, e comunque non un automatismo. All'articolo 1, comma 1, lettera d), ancora con un emendamento approvato in Commissione, i compiti in materia di protezione civile dei prefetti vengono coordinati con quelli del presidente della regione. All'articolo 1, comma 1, lettera e-bis), si stabilisce che vi sia un sistema di monitoraggio permanente sull'attuazione delle misure contenute nell'ordinanza di protezione civile, mentre all'articolo 1, comma 1-bis) - altro elemento importantissimo, su cui, già nel dibattito successivo all'informativa del sottosegretario Catricalà qui in Aula, vi era stata, tanto da parte del capogruppo Franceschini, quanto della collega Prestigiacomo e degli altri capigruppo, una convergenza che abbiamo tradotto in un emendamento - è stato stabilito che tutte le spese sostenute da comuni e province per far fronte all'emergenza siano escluse dalla patto di stabilità. L'articolo 1, comma 2, narra del trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al dipartimento dei vigili del fuoco. L'articolo 1-bis stabilisce la possibilità - ancora con un emendamento, questa volta del gruppo dell'Unione di centro - di dotarsi di un piano regionale di protezione civile. Abbiamo soppresso l'articolo 2 sulle assicurazioni. Su questo - e poi concludo - voglio fare alcune precisazioni. Perché abbiamo ritenuto di cancellare questo articolo che il Governo aveva invece introdotto nel testo? In linea di principio, riteniamo che sia giusto dare la facoltà ai cittadini di assicurare la propria abitazione anche rispetto alle catastrofi naturali, oltre che ai rischi che classicamente sono oggetto di un'assicurazione su una abitazione e, anzi, siamo così d'accordo sul principio che abbiamo dato la disponibilità a tutte le forze politiche e al Governo di andare verso una legge ad hoc sull'argomento, approvata magari anche in sede legislativa dalle Commissioni. Ma così com'era l'articolato non ci convinceva, perché rimandava ad un regolamento, che era complicato da fare in novanta giorni. Il regolamento deve stabilire la mappatura del rischio sismico reale in Italia - i recenti avvenimenti emiliani dimostrano che essa è piuttosto diversa da Pag. 5quella cui eravamo abituati a far riferimento - e stabilire, sulla base di questa mappatura ad esempio, quanto valgono i premi nelle diverse parti d'Italia.
Il rischio concreto è quello che i premi costino molto nelle zone più a rischio e molto poco nelle zone non a rischio; magari, quindi, le assicurazioni verrebbero a essere stipulate nelle zone non a rischio, dove magari non servono, e non nelle zone a rischio, dove, invece, sono necessarie.
Si tratta di approfondire la materia: in alcuni Paesi europei si utilizza una formula a mio parere convincente, che prevede l'intervento dello Stato fino ad una certa cifra nel ripristino dell'immobile; da quella cifra in poi, il cittadino è chiamato a vedersela per i fatti propri, magari stipulando un'assicurazione. Ma queste sono solo alcune delle cose che si potrebbero fare.
Ribadisco, dunque, che la cancellazione di un articolo non significa contrarietà all'assicurazione, ma solo la richiesta di un ulteriore approfondimento e di un provvedimento legislativo ad hoc che lo regoli. Sulle gestioni commissariali, il decreto-legge, molto opportunamente, prevede che tutte vadano immediatamente chiuse. Sostanzialmente, prevedeva solo una possibilità di proroga di 30 giorni, fatto salvo l'Expo 2015 e il Forum delle famiglie del 2012. Si è ritenuto di ampliare questo termine, portandolo al 31 dicembre 2012, però è convinzione del Parlamento che sia giusto che queste gestioni commissariali, nella quasi totalità, vadano chiuse in tempi rapidissimi.
È stato soppresso l'articolo che riguarda l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra per le conseguenze negative che proprio l'inclusione nel Patto di stabilità di questa somma produrrebbe alla regione Campania. Infine, è stata inserita in fase referente anche un'anagrafe pubblica per gli appalti dei grandi eventi e delle gestioni commissariali in corso, ancora una volta in ossequio a quel criterio di trasparenza che abbiamo ritenuto di facilitare sempre e comunque nella lettura, nello studio e nell'approvazione di questi emendamenti.
Signor Presidente, concludendo, come si è visto e come ho detto, le Commissioni hanno lavorato molto e, riterrei, bene su questo provvedimento, trovando una grande sintonia all'interno della maggioranza e anche aperture, che mi auguro i colleghi, anche delle forze dell'opposizione, possano riconoscere, nei confronti delle loro proposte emendative.
Credo che anche in Aula si possa fare un ulteriore lavoro di miglioramento e di affinamento di alcuni aspetti. Mi auguro che anche in Aula ciò avvenga nella massima condivisione possibile, non con colpi di mano e voti a ristretta maggioranza, perché perderemmo l'occasione di dimostrare come, attorno a temi di fondamentale importanza per un Paese, quale quello della protezione civile, il Parlamento riesca a dare risposte quanto più unitarie possibili (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Togni. Ne ha facoltà.

RENATO WALTER TOGNI. Signor Presidente, il nostro sistema di protezione civile è caratterizzato da un'organizzazione diffusa sul territorio, a carattere policentrico, coordinata dal Dipartimento della protezione civile, che eroga i propri servizi alla collettività per mezzo di un'attività che rimane autonoma e distinta da quella dei soggetti che ne fanno parte.
Tali soggetti, infatti, conservano la propria autonomia organizzativa, istituzionale ed operativa. Si tratta di un'architettura che funziona, che, come noto, ha reso efficace il servizio di protezione civile nella prevenzione, mitigazione e gestione dei rischi derivanti da calamità naturali, non solo nell'ambito del nostro territorio nazionale, ma anche in quello estero, tanto da costituire un modello di riferimento in Europa e nel mondo.
Costituisce testimonianza il rapporto OSCE del 2010, che, a seguito dell'osservazione dei diversi modelli di intervento proposti dai diversi Paesi nell'intervento di Pag. 6protezione civile, conclude che il sistema di protezione civile italiano di coordinare le risorse è particolarmente valido e lodevole, alla luce della sua consolidata capacità di azione.
Già prima dell'emanazione del decreto-legge n. 59 del 2012, la Lega Nord aveva presentato una risoluzione presso l'VIII Commissione, la n. 7-00759, che ancora non ha visto concluso il suo esame, che proponeva un impegno per il Governo diretto ad impedire azioni volte a scardinare l'attuale sistema della protezione civile, mantenendo il Dipartimento sotto la diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei ministri e mantenendo l'attuale struttura della rete capillare della Protezione civile costruita sul territorio nazionale con potere immediato e automatico di coordinamento e di intervento in caso di calamità al capo della Protezione civile, sotto il controllo del Presidente del Consiglio dei ministri.
La Lega Nord crede alla validità del nostro sistema di Protezione civile e condivide l'approccio attuato dalle Commissioni riunite I e VIII in sede referente che ha inteso consolidare e correggere il sistema e non capovolgerne i punti cardinali. Mi riferisco, soprattutto, alla previsione del coordinamento e attuazione dell'intero sistema da parte del Dipartimento della protezione civile.
Tutti percepivano il bisogno di una delimitazione delle competenze del Dipartimento che, ultimamente, sono state allargate, comprendendo anche la gestione dei grandi eventi. Infatti, già il decreto sulle liberalizzazioni ha abrogato le competenze della Protezione civile in materia di realizzazione dei cosiddetti grandi eventi.
Senz'altro, servivano alcune norme di coordinamento, emerse anche nelle audizioni della stessa Protezione civile. In questo senso, sono intervenute due nostre proposte emendative, approvate dalle Commissioni riunite I e VIII in sede referente. Mi riferisco alla precisazione della sfera dell'attività e dei compiti della Protezione civile, che consistono nella previsione e prevenzione dei rischi, nel soccorso delle popolazioni sinistrate e nelle attività di superamento dell'emergenza e mitigazione del rischio, e alla revisione del sistema di monitoraggio, in coordinamento con la limitazione delle competenze alla sola fase dell'emergenza.
La limitazione delle competenze della Protezione civile al solo periodo dell'emergenza da calamità naturale crea discontinuità, interrompendo le gestioni commissariali in essere autorizzate ai sensi della legge n. 225 del 1992. Si tratta di gestioni per lavori di ricostruzione post alluvione e post terremoto, ma anche per eventi vari.
Durante l'esame in sede referente si è deciso di portare la cessazione di tutte le gestioni commissariali al 31 dicembre 2012 allo scopo di dare la possibilità alle Commissioni I e VIII di approvare una risoluzione che impegna il Governo ad intervenire con una proroga almeno su alcune gestioni. Infatti, la gestione, che possiamo definire «allegra», effettuata da alcuni commissari per alcuni eventi non deve penalizzare tutte le situazioni indistintamente. Occorre cercare di salvare le gestioni che hanno funzionato e che hanno dimostrato l'utilità della normativa in deroga. D'altra parte, occorrono interventi concreti e consistenti per la semplificazione delle procedure di tutto il nostro sistema autorizzativo per la realizzazione delle opere pubbliche.
La cessazione indiscriminata di tutte le gestioni commissariali rischia di bloccare il Paese se, contestualmente, non si procede ad una vera semplificazione del sistema ordinario.
In merito alla cessazione delle gestioni commissariali, desidero segnalare che nell'ambito delle gestioni di emergenza traffico rientrano anche le gestioni commissariali per quattro opere stradali: la quarta corsia dell'autostrada A4 tra Quarto d'Altino e Villesse, la superstrada pedemontana veneta, l'autostrada A3 Reggio Calabria e la strada statale Sassari-Olbia-Tempio. Si tratta di cantieri avviati dopo anni di difficoltà, che rischiano ora di essere bloccati, con conseguenze gravissime sia sulla sicurezza stradale, sia Pag. 7sull'economia nazionale. Peraltro, si tratta delle uniche gestioni commissariali di opere viarie che non hanno seguito le norme sul commissariamento relative alle opere strategiche, ma, proprio per la gravità della situazione del traffico, hanno seguito le procedure della citata legge n. 225 del 1992 sulla Protezione civile.
Occorre escludere, pertanto, la cessazione delle gestioni commissariali relative a tali opere infrastrutturali in corso di realizzazione per non bloccare i cantieri e per permettere il completamento e l'entrata in esercizio delle medesime opere.
In un momento di crisi economica come quello attuale interrompere i processi di gestione delle autorizzazioni in corso o delle attività di esproprio delle aree significa bloccare le opere pubbliche che rappresentano un volano importantissimo per la crescita e per il rilancio dell'economia.
Si condivide l'ampliamento del periodo di emergenza in novanta più eventuali sessanta giorni, previsto dalle Commissioni, essendo stato ritenuto estremamente ridotto il periodo dell'emergenza stabilito dal testo originario del decreto-legge (sessanta più ulteriori quaranta giorni). Dopo i ripetuti rinnovi degli stati di emergenza, durati decine di anni - vedi calamità come il Belice, il terremoto di Augusta e Ragusa e l'emergenza rifiuti di Napoli, che è stata trattata come una calamità naturale e perdurante tuttora - ora si rischia di esagerare nel verso opposto, prevedendo un tempo ridottissimo per la durata dello stato di emergenza.
Peraltro, il periodo di emergenza fissato per il terremoto dell'Emilia subito dopo l'emanazione del decreto-legge di riforma della Protezione civile ammonta ad un anno, fino al 30 giugno 2013, dimostrando l'inadeguatezza del presente decreto-legge. In sede referente il Governo ha chiarito che il decreto-legge di riforma della Protezione civile serve per le calamità di ridotta intensità, poiché per le calamità catastrofiche si interverrà sempre con decreto-legge ad hoc, come sempre fatto.
Quindi, proprio perché si tratta di calamità minori, la Lega Nord ritiene utile una richiesta preventiva della regione circa la necessità dell'intervento statale, secondo quanto si fa oggi di prassi sulla base di direttive emanate dalla Protezione civile. Altrimenti la Protezione civile stessa o il Consiglio dei ministri, al di fuori dei casi eclatanti, non è detto che possano sempre essere informati né capire se si tratti di questione locale o statale. La regione può giudicare meglio la gravità della situazione in assoluto. Il nostro gruppo ha presentato anche degli emendamenti in merito.
Un'altra questione che occorre affrontare in Aula è la possibilità di disporre con ordinanza alla deroga in materia ambientale, come ad esempio in materia di rifiuti, per poter rimuovere immediatamente le macerie o il fango conseguenti di calamità naturale. La questione si risolve con un decreto-legge ad hoc per le calamità catastrofiche, ma occorre pensare anche a quelle di minori entità.
Inoltre, spero vivamente che si riesca a risolvere la questione della copertura finanziaria per poter escludere dal Patto di stabilità interno le spese effettuate con risorse proprie da parte degli enti locali e delle regioni per fare fronte alle calamità naturali.
La Lega Nord, come altri gruppi, in sede referente ha presentato anche emendamenti su tale questione. Tuttavia il testo nella versione approvata in sede referente rischia di essere soppresso in Aula se la V Commissione (Bilancio) esprimerà rilievi in merito alla copertura finanziaria. Ritengo che il Governo si debba impegnare per trovare una soluzione, poiché è inaccettabile che gli enti locali non possano spendere risorse proprie per realizzare infrastrutture e creare indotto perché li blocca il Patto di stabilità. Ciò è, però, ulteriormente inaccettabile quando si tratta di opere infrastrutturali indispensabili agli enti locali stessi per potere uscire dall'emergenza post calamità. Il nostro gruppo attende un intervento decisivo del Governo, qualora la Commissione bilancio esprima appunto rilievi di carattere finanziario in merito. Pag. 8
La Lega Nord esprime soddisfazione per la soppressione dell'articolo 2, anche con l'approvazione di un nostro emendamento. La formulazione del testo del Governo in merito all'istituzione dell'assicurazione contro i rischi da calamità naturali vedeva infatti tutti contrari. L'introduzione di un regime assicurativo facoltativo rende altissimo il valore del premio assicurativo stesso, mentre occorrerebbe pensare a premi bassi e tariffe sociali per poter avere vantaggi economici reali per lo Stato che, in questo momento, eviterebbe di finanziare la ricostruzione post calamità. D'altra parte, l'introduzione obbligatoria di una polizza si presenta come una nuova tassa per i cittadini che, in questo momento, si aggiungerebbe alle tante già imposte dal Governo Monti. Occorre una copertura finanziaria da parte dello Stato per il pagamento delle polizze sociali o per poter escludere il prezzo delle polizze stesse dall'IMU o da altre imposte. Ciò, però, si presenta improponibile vista la situazione economica del bilancio dello Stato. La Lega Nord ritiene in ogni caso utile chiedere alla Protezione civile una relazione sulle spese dello Stato per finanziare l'emergenza e la ricostruzione post calamità negli ultimi dieci anni, per renderci finalmente conto delle risorse finanziarie destinate a tale scopo dallo Stato e con le ordinanze della Protezione civile stessa.
In merito alla soppressione della disposizione relativa alla cessione nella regione Campania del termovalorizzatore di Acerra, il nostro gruppo ritiene si tratti di una questione estranea al decreto-legge che tratta del riordino della Protezione civile e pertanto le Commissioni riunite I e VIII giustamente hanno deciso la soppressione della norma. Il Governo potrà intervenire con un provvedimento ad hoc anche per regolamentare la copertura giuridica dell'operazione finanziaria che sembrerebbe già avvenuta. In ogni caso già norme precedenti e in particolare l'articolo 12, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, avevano autorizzato il pagamento del termovalorizzatore dai fondi FAS regionali e quindi la soppressione del comma 4 del presente decreto-legge non modifica la restante normativa in vigore.
Infine, la Lega Nord comunque attenderà le conclusioni dell'esame in Aula per decidere il proprio voto sul decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, ringrazio i rappresentati del Governo e porgo un ringraziamento ai relatori. Oggi ci apprestiamo ad affrontare qui in Aula un provvedimento che è molto importante e che riguarda il riordino della Protezione civile, un provvedimento importante per il ruolo di questa grande istituzione che, lo vorrei ricordare, non solo in queste fasi del terremoto in Emilia Romagna, è riconosciuta a livello mondiale. Si tratta di un'istituzione che negli ultimi anni e negli ultimi periodi ha presentato qualche criticità e con questo provvedimento noi dobbiamo - come giustamente ci ha proposto il Governo - provvedere ad eliminarla, perché quella capacità, quel ruolo, quella credibilità che la nostra Protezione civile ha a livello internazionale devono essere mantenuti come dovere nei confronti delle tante vittime che abbiamo avuto sui nostri territori, come dovere nei confronti dei tanti volontari che operano all'interno di questo sistema senza essere riconosciuti, senza avere l'onore della ribalta e senza avere neanche un ringraziamento ma che lo fanno con grandissima passione. Si tratta dunque di un provvedimento che merita grande attenzione proprio perché si opera in emergenza e quando si opera in emergenza le regole sono diverse, quando si opera in emergenza bisogna fare presto, quando si opera in emergenza, però, ci vuole chiarezza e ci vuole credibilità. E allora dobbiamo prima di tutto capire cosa vuol dire «emergenza», dobbiamo capire quali sono le regole, altrimenti se tutto questo resta nell'incertezza si corre il pericolo davvero di mettere a rischio tutto quanto dicevo prima. È quanto è successo ultimamente - Pag. 9non parlo dell'ultima gestione, naturalmente, ma mi capite bene - con una serie di lentezze, di criticità e di dubbi. Anche perché, diciamocelo chiaro, un'accusa che molte volte ho rivolto anche personalmente in questa Aula a chi ha gestito la Protezione civile nella passata gestione, è stata quella di non avere avuto il coraggio di dire che la Protezione civile poteva intervenire solo in certi campi e non doveva assumersi incarichi che non erano di competenza. Abbiamo voluto caricare la Protezione civile della gestione delle grandi opere, di tutta una serie di eventi che oltretutto, parliamoci chiaro, non erano emergenze. Sapevamo da anni che l'Expo di Milano doveva essere realizzato. Se una cosa la sai tanti anni prima non è più un'emergenza e allora uno Stato normale si attrezza per affrontare questi eventi secondo le regole della quotidianità e della normalità. Abbiamo lasciato in carico alla Protezione civile troppe volte gli oneri della ricostruzione. La ricostruzione non è emergenza e anche su questo dobbiamo chiarirci.
È per questo che poi i sospetti (e non solo sospetti, perché ci sono state inchieste, e sono ancora in corso) sulla poca trasparenza di certe gestioni portano a sospettare un po' di tutti. Allora la chiarezza che citavo prima serve proprio per evitare che i sospetti cadano su tutti, affinché il cittadino possa capire tranquillamente chi sia trasparente e di chi siano le colpe. Oggi queste colpe sono ancora troppo indecifrate e - voglio dire ancora una volta - la Protezione civile merita di non essere attraversata e di non essere sfiorata da alcun sospetto. Allora parlavamo di troppe azioni, troppe azioni anche nei metodi, perché l'utilizzo delle ordinanze in modo indiscriminato ci ha portato a non avere più in mano (parlo dello Stato) la guida politica di queste cose, considerato che molte volte quest'Aula veniva anche invitata a non occuparsi della questione. La guida politica è stata portata a non avere la capacità e la contezza di capire cosa succedeva. Dunque, abbiamo necessità di individuare delle modalità nuove.
Lo dico subito, credo che il lavoro fatto dal Governo su questo provvedimento sia un lavoro molto buono. Lavoreremo in Aula in questi due giorni - spero - per migliorare quel poco che riteniamo, almeno dal nostro punto di vista, sia da migliorare, ma il punto di partenza è sicuramente molto buono. Dunque, c'è necessità di chiarire ancora un poco le modalità, e resta la necessità primaria - lo dico al Governo, anche se l'ha già fatto in buona parte - di sancire chiaramente qual è l'ambito dell'eccezionalità, perché altrimenti, come in qualche tempo passato, rischia di servire solo a sottrarsi agli ambiti normati dalla legislazione primaria. Mi riferisco proprio al sistema dei limiti previsti al contenuto delle ordinanze che avete inserito, il quale servirà proprio a dare quella certezza maggiore nell'intervento della Protezione civile.
Un passaggio lo vorrei farei anche sulla delimitazione dei tempi.
In Commissione questi tempi sono stati ampliati, e ritengo personalmente che si sia sbagliato. Mi riferisco all'intervento in emergenza, e al fatto che noi dopo abbiamo stabilito 60+40 giorni, oltretutto con una dicitura (mi sembra «di regola») che lascia anche quel margine di flessibilità su eventi particolarmente disastrosi (speriamo non succedano). La nostra Protezione civile (lo dico proprio per difendere questa istituzione) è sempre intervenuta in tempi molto più rapidi di questo (quando parliamo di Protezione civile). Protezione civile ed emergenza vuol dire intervenire quando è successa purtroppo una catastrofe, aiutare, tirare fuori dagli eventi le vittime (sperando che non ce ne siano), aiutare i sopravvissuti, dargli un tetto provvisorio, mettere in sicurezza gli edifici, ripristinare i servizi a rete, ma dopo si entra nella fase di ricostruzione che non dovrebbe - lo dico a tanti miei colleghi - competere alla Protezione civile perché altrimenti, da una parte, si dice che la Protezione civile deve intervenire solo in emergenza, dall'altra, si aprono delle maglie ampie per permettere di fare ancora altri tipi di intervento. Pag. 10
Se in 100 giorni non si risolve l'emergenza vuol dire che va rivisto il sistema, e credo che invece il nostro sistema stia funzionando. Lasciamo pure i 90 più la proroga però c'è bisogno di dare a questa Protezione civile delle certezze sui tempi che gli sono di competenza stretta. Così come c'è bisogno di chiarezza nei rapporti tra lo Stato centrale, tra il dipartimento, tra la Protezione civile e gli enti locali, perché la confusione è ancora tanta. Se volete una provocazione, a me meraviglia ancora oggi, quando si parla di provvedimenti di questo tipo, trovare le classiche parole: è materia concorrente. Questa dovrebbe essere materia coordinata più che concorrente, la materia concorrente mi porta sempre a pensare che vi sia una concorrenza o una competizione tra vari livelli istituzionali di questo Stato.
Dunque dobbiamo agire, agire bene, per tutelare, come dicevamo, i tanti operatori che, da L'Aquila all'Emilia-Romagna - per citare l'ultimo caso -, stanno dandosi da fare con grande grande passione e grande spirito di sacrificio. E anche da questo dovremmo trarre qualche spunto per fare meglio. Infatti, ho citato la vicenda de L'Aquila, ma nella vicenda de L'Aquila forse oserei dire che l'emergenza ha operato bene, poi tutto il resto l'abbiamo considerato ancora emergenza, siamo ancora lì, ma non è emergenza, è proprio l'ordinarietà gestita da emergenza che non riesce a dare risposte. Abbiamo parlato, dunque, dei tempi di intervento, ma poi si deve passare alla ricostruzione e, come dicevamo, bisogna agire rapidamente. Infatti, abbiamo bisogno, in questo Paese, e ne parliamo sempre, di trovare delle modalità per capire di chi sono le responsabilità. Le responsabilità sono spesso lasciate agli altri, non si capisce mai di chi è la colpa e in questo campo la chiarezza è d'obbligo. Circa la chiarezza, come sappiamo bene, in questo provvedimento c'è stata qualche piccola competizione che deriva anche dal definire bene qual è la catena di comando. Ritengo che abbiate fatto bene a scegliere queste modalità. Credo che il coordinamento debba assolutamente rimanere in capo alla Protezione civile. È ovvio che, poi, sull'operatività ci vuole una gestione immediata, urgente, coordinata, capace di mettere al centro le competenze e mettere al centro anche i risparmi che si possono ottenere.
Vorrei fare un piccolo inciso circa l'articolo 1-bis, con un appello al rappresentante del Governo. Noi avevamo sollecitato la necessità che le regioni approvassero un piano regionale di protezione civile, anche perché gestiscono una parte di risorse, in modo delegato o meno, però c'è questa funzione. Non ci soddisfa questa stesura dove si afferma che le regioni possono approvare. Noi siamo pronti a dare del tempo, anche dodici mesi, ma le regioni debbono approvare e deliberare un piano regionale di protezione civile, altrimenti rischiamo sempre di finire nel «non si sa di chi è la colpa».
La chiusura, rapidamente, è su un altro capitolo che riguarda meno il provvedimento, ma riguarda proprio totalmente il nostro sistema, ossia la prevenzione. Noi continuiamo a sentirci dire che la prevenzione è importante. Signori rappresentanti del Governo, in quest'Aula, in varie legislature, abbiamo approvato mozioni - mi sono fatto carico di una di queste, ma c'è stata unanimità su tante - che impegnavano i Governi, in modo bipartisan, a varare un piano di difesa del nostro territorio, un territorio a rischio sismico, come vediamo adesso, ma anche a rischio enorme di dissesto idrogeologico che coinvolge, per non dire quasi tutti, tantissimi comuni della nostra Italia. C'è un problema di regole, c'è un problema di investimenti. Prima c'è un problema di regole perché - dico una cosa impopolare, forse può sembrare anche cattiva e mi assumo personalmente la responsabilità - quando le regole non sono rispettate, fatta la premessa che bisogna sempre intervenire - ripeto sempre intervenire - per aiutare chi è in difficoltà, anche se poi dobbiamo chiarirci, cosa succede? Chi è che paga? Paga, con la fiscalità generale, con le offerte volontarie che facciamo tutti, chi magari ha rispettato le regole. Paga chi, pagando di più, ha costruito la casa non in un'area a rischio - non parlo di terremoto, Pag. 11ma parlo per esempio delle alluvioni - e, pur avendo pagato di più, poi deve contribuire per chi ha risparmiato. Gli amministratori devono assumersi questa responsabilità. Il buonismo rischia di fare danni e fare vittime e, dunque, diventa cattiveria e non è più buonismo.
Abbiamo bisogno di aiutare magari la persone che hanno qualche difficoltà in più a costruirsi una casa, ma dobbiamo far sì che questi immobili, queste attività produttive, vengano realizzate con i crismi della serietà, altrimenti dopo, come dei coccodrilli, saremo qui a piangere per le vittime. Abbiamo bisogno - e concludo su questo - di metterci una mano sul cuore e l'altra, più importante, al portafoglio, e varare un piano (lo so, è un'eresia) ventennale, con il quale si dimostri che la politica inizia ad essere fatta da statisti e non da politicanti, che guardi al futuro e non a chi governerà la prossima legislatura, e affermi che ci impegniamo tutti, chiunque sia al Governo, a varare un piano che preveda, secondo regole pianificate e condivise, un intervento organico sul territorio. Infatti gli interventi spot ci fanno aiutare qualche territorio, servono a mettere in sicurezza qualche piccola parte del territorio, ma non ci assicurano che, a fronte di molti soldi investiti, si possa un domani risparmiarne molti di più.
Infatti, come sapete, quando un piano è fatto bene, si dice che un euro speso in prevenzione programmata, faccia risparmiare almeno cinque euro che devono poi essere spesi per l'emergenza. Questo lo dico a voi, ma vorrei dirlo anche al Ministro Passera e a tutti i Ministri economici: tale piano porterebbe anche a mettere in piedi, in campo, un sistema di sviluppo, di spesa virtuosa, che farebbe lavorare molte imprese, farebbe lavorare uno Stato che ha bisogno di crescere, mettendolo non solo sulla strada dello sviluppo, ma anche sulla strada della sicurezza, cioè investendo soldi oggi non soltanto per produrne altri, ma per risparmiarne tanti per il domani. Noi ci auguriamo che con questo disegno di legge si avvii un iter virtuoso che ci troverà tutti costruttivamente insieme, come è avvenuto nei lavori delle Commissioni, per guardare al futuro e, dato che questo Governo ci rende più buoni nel senso che tutti abbiamo più senso di responsabilità, che possa veramente, questo piano, essere varato già da questa legislatura senza aspettare oltre (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, colleghi, stiamo affrontando un argomento che richiama la nostra attenzione, ma che riguarda un settore che gode ancora di fiducia da parte dei cittadini italiani; parlo della Protezione civile. Ritengo che tutti siamo convinti che l'ossatura della Protezione civile sia il volontariato, e quindi un fenomeno che è nato in modo spontaneo, qualcosa che si è organizzato con il tempo e che ogni giorno si esercita e lavora per raccogliere risorse e, quindi, attrezzarsi in modo adeguato. Tuttavia ci siamo un po' fatti prendere la mano e quindi negli ultimi anni questo settore è stato sporcato. L'agenzia che ormai si era organizzata con Bertolaso, la definirei come uno 007 con licenza di uccidere nelle opere pubbliche e nelle infrastrutture. Ha lasciato una traccia le cui conseguenze stiamo ancora pagando in questo momento; stiamo ancora oggi discutendo, in questo provvedimento, di come sanare e portare a termine questo modo di interpretare la Protezione civile.
Mi riferisco ad alcuni eventi che sono stati affrontati come se fossero un'emergenza: l'anno giubilare del 2000; la visita di papa Benedetto XVI a Cagliari nel 2008; i funerali di Papa Wojtyla; (anche il Papa non poteva programmare la morte che dobbiamo affrontarla con un intervento di ordinanza della protezione civile!); il G8 a La Maddalena; i mondiali di nuoto a Roma; il campionato del mondo di ciclismo a Varese; le cerimonie per la presidenza dell'Unione europea nel 2002; il congresso dell'azione cattolica nelle Marche nel 2004; il congresso europeo delle famiglie numerose; l'Expo di Milano; il Pag. 12400o anniversario della nascita di San Giuseppe da Copertino a Lecce (dopo 400 anni siamo riusciti ad affrontare ancora questa questione con un provvedimento d'urgenza!); le gare velistiche come la Louis Vuitton Cup World Series in Sardegna; il congresso eucaristico nazionale fatto ad Ancona nel settembre 2001, e molti altri ancora.
Ma ciò su cui maggiormente vorrei richiamare la vostra attenzione, è su quanto ancora c'è in essere, perché oggetto di discussione dentro questo provvedimento.
Quindi, come dicevo prima, in un quadro di riorganizzazione della Protezione civile e di ridisegnamento di come gestire al meglio la Protezione civile in Italia, dobbiamo trascinarci una serie di questioni che ancora ci lasciano difficoltà. Tanto è vero che, prima, il collega della Lega, durante la discussione, ha richiamato alcune opere infrastrutturali, come la Salerno-Reggio Calabria (sono un po' di decenni che, ormai, ne parliamo), la Pedemontana veneta, e tante altre. Vorrei leggerle.
Esiste un decreto del 23 maggio 2012 nella regione Calabria sui dissesti idrogeologici, che scadrebbe il 28 febbraio 2013: il dissesto c'è, ma dobbiamo impiegare così tanto tempo per intervenire e togliere l'emergenza? Le opere, come sappiamo, hanno bisogno di mesi e, a volte, anche di più, perché bisogna fare prima indagini, e così via; vi sono opere propedeutiche, poi, finalmente, quelle di sostanza, bisogna trovare le risorse. Ma non credo che sia una questione di emergenza.
E ancora: in provincia di Messina, vi è un provvedimento del 16 marzo 2012, che, anche in questo caso, scade il 28 febbraio 2013; a Marina di Lesina, a Foggia, il 31 dicembre 2012; uno concernente eventi meteorologici ed anche alluvioni, in provincia di Teramo, scade il 31 marzo 2013; uno relativo al fiume Aterno scade, anche questo, il 31 marzo 2013; nella regione Marche, il 31 marzo 2013, scade quello concernente gli eccezionali eventi meteorologici; il 14 febbraio 2012, nel corso della prima decade del mese di febbraio del 2012, vi è uno stato di emergenza in Bulgaria: quindi, dobbiamo intervenire in Bulgaria con un provvedimento di urgenza e ancora trasciniamo questo con ulteriori proroghe? Nella regione Calabria, il 31 gennaio 2013; nelle regioni Emilia-Romagna e Liguria, il 31 dicembre 2012; in provincia di Salerno, il 30 novembre 2012; nelle province di Catanzaro, Reggio Calabria e Crotone, il 31 dicembre 2012; in provincia di Messina, scade il 31 dicembre 2012; all'Isola d'Elba, il 31 dicembre 2012; nella regione Calabria, un'altra volta, il 30 novembre 2012; nelle province di Lucca e Massa Carrara, il 30 novembre 2012; in Friuli Venezia Giulia, il 31 dicembre 2012; in Liguria e Piemonte, un'altra volta, il 30 novembre 2012; in Liguria, un'altra volta, il 30 novembre 2012; a Genova e a Savona, il 31 ottobre 2012; nella regione Veneto, il 30 novembre 2012; nelle province di La Spezia e Massa Carrara, un'altra volta, il 30 novembre 2012; ad Atrani e Scala a Salerno, il 30 settembre 2012; in provincia di Messina, un'altra volta, il 31 ottobre 2012; in provincia di Campobasso, il 31 ottobre 2012; in Emilia Romagna e in provincia di Parma, il 31 luglio 2012.
Poi vi sono gli eventi sismici. Anche qui, nelle province di Bologna, Modena e Ferrara, l'ultimo che abbiamo è del 30 maggio 2012; ci stiamo aggiustando un po' alla volta, no? Ricordo, poi, quelli relativi alla provincia de L'Aquila e al disastro in Giappone: quest'ultimo parte dall'11 marzo 2011, ma è ancora aperto; in Cile, l'evento sismico è ancora aperto ed è un evento del 25 marzo 2010: non so quando vorremo uscire da questa emergenza; con riferimento ad Haiti, vi è quello per l'evento del 28 gennaio 2010; vi è poi il decreto per la vulnerabilità sismica, in seguito a quello che è successo in Umbria, la cui scadenza è prevista il 31 dicembre 2012; vi è quello concernente il rischio vulcanico sulle Isole Eolie, che scade il 31 dicembre 2012; nel Lazio, vi è quello sul rischio ambientale fino al 31 dicembre 2012 e all'Isola del Giglio fino al 31 gennaio 2013: credo che il lavoro sia ordinario e che non sia più una questione di emergenza; vi è poi il decreto che si Pag. 13riferisce a Serravalle Scrivia, Alessandria, che scade il 31 dicembre 2012 e quello sulle aree minerarie del Sulcis - è un po' di anni che le abbiamo dismesse -, la cui scadenza è prevista il 31 dicembre 2012; ricordo inoltre quelli relativi: agli stabilimenti Stoppani a Cogoleto, a Genova (31 dicembre 2012), alla laguna di Orbetello e Grosseto (30 giugno 2012), in provincia di Roma (31 ottobre 2012) alla questione delle discariche, nella laguna di Venezia per la pulizia dei canali (31 dicembre 2012) nella provincia di Roma ancora sulla discarica (31 dicembre 2012), al bacino del fiume Aterno (31 dicembre 2012) e nella Regione siciliana (31 dicembre 2012).
Poi c'è l'emergenza sul traffico e la mobilità, sul tratto Salerno-Reggio Calabria, di cui dicevo prima, quella a Messina sul traffico (30 dicembre 2012), eppure, anche qui, sono in scadenza, ma si chiede la proroga al 31 dicembre 2012 e anzi qualcuno vorrebbe fino ad esaurimento, perché i commissari risolvono i problemi. Ma dove si stanno facendo le altre infrastrutture Pedemontana in Piemonte e Lombardia e l'alta velocità, non abbiamo usato strumenti di questo tipo, eppure si espropria, si occupano spazi, si fanno cantieri, si fanno procedure anche lì accelerate, e non è necessario avere questi strumenti di eccezionalità.
Vado avanti: comuni di Treviso e Vicenza (31 dicembre 2012), in provincia di Sassari, Olbia e Tempio e ancora a Roma. Poi vi sono altre emergenze che stiamo affrontando: nella Repubblica del Congo (4 marzo 2012), sul traffico e l'affollamento delle carceri - e questa è un'emergenza costante - (31 dicembre 2012). Non so cosa si possa risolvere con stati di emergenza, perché poi ci vengono dubbi sul fatto che effettivamente si stia facendo qualcosa.
Ancora a livello nazionale: flusso di cittadini extracomunitari (31 dicembre 2012), un altro flusso eccezionale di cittadini nordafricani e un'altra emergenza umanitaria nel centro del Contenente africano, il più esteso. Vi è, inoltre, un'altra emergenza umanitaria sul territorio nazionale, sempre dal Nordafrica, derivante dagli eventi della Libia e quant'altro. Relativamente a tutti questi eventi, tutti questi luoghi, tutti questi spazi dove occorre intervenire, interveniamo con provvedimenti che, di fatto, non sono tenuti ad osservare le leggi dello Stato, perché è questo che diciamo, anche in materia ambientale.
Molti di questi dissesti avvengono proprio perché non rispettiamo la norme e le leggi dello Stato. Molti si sarebbero potuti evitare se fossimo stati rispettosi di questo. In Sicilia ancora non c'è il piano Sarno; e sono passati ormai alcuni decenni. Insomma, non si affrontano i problemi, perché si sta a litigare su qual è l'ordine dei geologi che deve fare i progetti, come se fosse importante la presenza di un geologo di Messina, o di Palermo, o di Torino.
Ma se ci mettono dei tecnici usciranno con delle soluzioni e delle proposte, quindi in realtà questo modo di operare indiscriminato e senza rispettare le leggi, crea il male a noi stessi. Quindi, da un lato dico grazie al Governo che ha affrontato questa questione, però avremmo preferito che la si fosse affrontata con uno strumento diverso, con un progetto di legge e un po' di tempo in più.
Ringrazio i relatori e il Governo perché esaminare centinaia e centinaia di emendamenti in tempi stretti non è facile e a volte sfuggono, come a volte sfuggono anche le coperture finanziarie. Ci aspettiamo, almeno noi, da parte della V Commissione (Bilancio), una serie di osservazioni, perché siamo andati un po' velocemente e alla leggera su alcuni aspetti.
Sulla questione dei commissari, bene faceva il Governo a dare un termine, con la sua proposta iniziale in questo decreto-legge e noi, con un emendamento dell'Italia dei Valori, la ripresentiamo in Aula. Vorremmo che i tempi fossero quelli (e già sono lunghi), perché quella di arrivare al 31 dicembre 2012 è una mediazione. Anche quelle che sono già in scadenza naturale dovrebbero essere chiuse, perché lo diceva già un'ordinanza precedente.
Si tratta di una forzatura e di una mediazione che non servono. È una mediazione Pag. 14tra interessi che non ci stanno in questo grande argomento dove è il volontariato, dove è la sana iniziativa della società civile, a governare e lavorare, e pertanto non va utilizzata in questo frangente.
Ieri mi trovavo in una località della terra bergamasca dove si svolgevano i campionati italiani di muratori e discutevo con il sindaco perché facevo fatica a far capire che gli alpini, che sono una struttura inserita nella Protezione civile, non possono fare il servizio dei parcheggi perché è un evento naturale che si fa da sette anni. Quindi, o si è in grado con la collaborazione di altri comuni e di altre risorse a gestire queste cose, ma non possiamo inventarci la Protezione civile perché al momento del bisogno abbiamo il parcheggiatore.
Non si specializzano su questo, si specializzano sugli interventi in incendi, quando c'è bisogno di tanti uomini e di tante forze che non ci sono, quando ci sono eventi come questi, calamitosi o disastri tipo i terremoti, quindi sono pronti con colonne a prendersi le ferie, le vacanze, a spostarsi con i mezzi e si preparano settimanalmente per affrontare questi interventi.
Pertanto, su questo principio, che il Governo aveva colto nel segno, noi invitiamo veramente i colleghi e le altre forze politiche a ragionare e, quindi, a limitare molto, ma molto l'utilizzo di questo strumento e non a dare una proroga generalizzata su tutto quello che vi ho letto prima. Si tratterebbe ancora di una forzatura della situazione e, quindi, vorrebbe dire trascinare i guai che il Governo precedentemente ci ha consegnato.
C'è un'altra questione che ci terrei a sottolineare prima che la Presidenza dell'Aula la dichiari, con gli uffici, non ricevibile, ossia la questione legata al libretto di edificio. In questo caso giustamente il Governo diceva che è ora di affrontare anche la questione dal punto di vista assicurativo. Tutti questi danni economici in qualche maniera non possono essere affrontati solo con risorse dello Stato, non ne abbiamo a sufficienza e in questo modo facciamo male.
Credo che accantonare tutto dicendo che affronteremo la questione in un altro provvedimento è sbagliato. Questo era il momento. Naturalmente doveva essere sperimentale, si poteva analizzarla bene prima di renderla applicabile a tutti gli italiani, ma forse era bene affrontare questa questione delle polizze assicurative. Infatti, non è che le inventiamo in Italia, esistono anche in altri Stati e funzionano. Qualche buona pratica dall'estero possiamo copiarla e trasferirla anche nel nostro ordinamento.
Inoltre, la questione del libretto sull'edificio, che noi abbiamo inserito, è fondamentale. Siamo riusciti ad approvare una legge in cui diciamo che per le caldaie bisogna avere il libretto di caldaia e così via e, quindi, province, comuni, regioni devono fare la verifica a sorteggio e controllare. Va benissimo, perché questo difetto nelle caldaie, nell'uso dei camini o quant'altro porta incendi, ma il danno è limitato. Certo che a chi gli capita gli si brucia la casa, ma non solo la loro, anche quella dei vicini a volte.
Abbiamo lavorato moltissimo sull'efficienza energetica e, quindi, molte regioni sono arrivate finalmente ad avere l'obbligo del certificato energetico sull'edificio. Cosa ci vuole a mettere sul libretto i progetti, i collaudi, i progetti tecnologici, idraulici, elettrici e, quando si interviene e si modifica, farlo? Quanto ci vuole a mettere in un libretto il fatto che qualcuno ogni dieci anni - come proponiamo noi, ma possono naturalmente essere previste anche scadenze diverse - certifichi la regolarità ancora del proprio edificio? Lo può fare l'amministratore del condominio o il proprietario.
Se queste cose funzionano, possono essere anche in grado di calmierare il sistema assicurativo? Cioè, possono aiutare le assicurazioni a dire: siete in ordine, gestite gli immobili in un modo serio e quindi io vi faccio pagare delle polizze in misura minore. Però questo dobbiamo prevederlo con la legge, non può essere il Pag. 15mondo assicurativo che si inventa, come hanno fatto le banche, le monete di carta.
Non possiamo farglielo fare alle assicurazioni, dovremo farlo noi. Noi lo inseriamo perché vogliamo che almeno questa questione sia affrontata, poi se questo argomento non sarà oggetto di discussione, pazienza. Tuttavia voglio che ci sia e che rimanga traccia in questa discussione, perché questo era il momento di affrontare sia la questione assicurazioni che quella parallela sulle modalità di gestione del nostro patrimonio immobiliare.
Poi ci fa piacere che sia stato raggiunto un accordo nelle Commissioni riunite sulla questione dell'inceneritore di Acerra, perché è un po' una forzatura che con un decreto noi decidiamo di dare dei soldi ad un'impresa, ad un'azienda e li togliamo dal cassetto della regione Campania.
Ciò al di là delle complicazioni che poi comporta ai campani, ma anche solo proprio per il fatto di dire che decidiamo che con il tuo portafoglio, cara regione, paghiamo questa cosa. Tra l'altro, si tratta di un'opera, quella dell'inceneritore, già oggetto di contributi pubblici, perché percepisce il CIP6, e che è stata oggetto di richiamo, da parte della Comunità europea, perché utilizzavano il CIP6 sui rifiuti e quant'altro. Quindi, abbiamo mediato anche in quel campo, per mantenere questo contributo economico sull'inceneritore di Acerra. Dunque, credo che sia stato bene espungere da questo decreto-legge un passaggio di questo tipo.
Poi vengo ad un'altra questione che ci sta a cuore. Ricordo che in Commissione questo punto è passato con emendamenti che provenivano da più parti e, quindi, bene hanno fatto i relatori a mediare e a trovare delle soluzioni. Tuttavia, vi è la questione della copertura finanziaria, quella del Patto di stabilità. Siamo convinti che gli investimenti fatti dai comuni e dalle regioni non possano rientrare nel Patto di stabilità. Dunque, lo abbiamo espunto, ma non abbiamo messo le coperture finanziarie. Devo dire che gli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione - e che ripresenteremo anche in Aula, come Italia dei Valori - invece andavano a pescare anche le coperture finanziarie, perché riteniamo importante questo punto.
Poi vi è un'ultima questione, anche se sembra piccola. Ringrazio i relatori - e concludo -, però li invito a mettere ancora attenzione sulla questione delle radiofrequenze. Abbiamo finalmente sancito che le radiofrequenze utilizzate dalle regioni - e abbiamo indicato quali sono - sono esenti dal pagamento di canoni. Noi abbiamo chiesto - e, quindi, ripresentiamo l'emendamento - che anche i gruppi di volontariato che operano sul territorio siano esenti da questo pagamento, perché quando mandiamo fuori duecento uomini a svolgere attività antincendio, in un bosco con la radiolina, mi sembra assurdo che questi devono pagarsi le frequenze. Vanno per svolgere un lavoro a beneficio della collettività, non stanno difendendo casa loro o il loro bosco e, dunque, non hanno bisogno della radiolina come si ha bisogno della televisione in casa. Quindi, prego veramente i relatori - dato che si tratta di un milione di euro per tre anni -, anche nel Comitato dei diciotto e nei momenti di confronto che avremo, di fare molta attenzione a questo fatto, perché è un qualcosa in più rispetto a quanto abbiamo già, comunque, raggiunto nelle Commissioni.
Ringrazio per l'attenzione e, al contempo, mi scuso perché il mio intervento è durato qualche minuto in più.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, ci apprestiamo ad approvare (speriamo in poco tempo) questa modifica della legislazione che riguarda la Protezione civile e una domanda viene abbastanza spontanea. Che la Protezione civile sia uno strumento eccellente in Italia nessuno lo nega. Però, credo che qualche errore di valutazione è stato fatto in passato, perché l'originale Protezione civile, che è venuta fuori sulla base dell'esperienza del terremoto in Friuli Venezia-Giulia, era qualcosa di diverso ed era più snella, così come si vuole raggiungere Pag. 16oggi. Dobbiamo darne atto, in quell'epoca, al responsabile, a quello che ha inventato questo strumento, che era l'onorevole Zamberletti, il quale ha visto molto in avanti e ha gettato le fondamenta per questa struttura, che tanto merito ha nelle occasioni di eventi disastrosi naturali ma anche di eventi dovuti all'attività dell'uomo.
È chiaro che questo decreto-legge era auspicabile da gran tempo. Non si doveva emanarlo adesso ma, forse, bisognava farlo già prima. Quando è stato emanato - dico la verità - mi sono un pochino preoccupato, perché vi erano al suo interno alcune questioni che io stesso sempre auspicavo. Inoltre, venivano risolti alcuni problemi come quello, per esempio, citato soprattutto dai relatori che, tra parentesi, hanno fatto un ottimo lavoro, cioè quello di evitare che la Protezione civile si occupasse dei grandi eventi e di tante altre cose che, evidentemente, non erano grandi eventi ma fatti dispersivi.
Quando, all'interno di questo provvedimento originario, ho visto che c'erano alcune questioni che riproponevano di fatto questo tipo di impostazione mi sono preoccupato.
Devo dire che il lavoro svolto dalle due Commissioni e dai relatori è stato un lavoro eccellente ed abbiamo eliminato quei temi che non andavano bene, in particolare la questione delle assicurazioni, dell'acquisto dell'inceneritore di Acerra. Si tratta di una serie di modifiche che vanno nella direzione giusta e che comportano qualche piccolo cambiamento in quest'Aula (che si dovrà pure ottenere) e che portano ad una normativa che può essere accolta dalla maggioranza che sostiene il Governo, ma anche - sostengo - dall'opposizione che ha anche collaborato in modo fattivo alle modifiche principali che sono state attuate in Commissione.
Devo dire che l'accenno che ha fatto chi mi ha preceduto ed anche l'onorevole Libè alle questioni della prevenzione certamente non riguarda questo provvedimento, ma questo provvedimento sarebbe un'altra cosa se la prevenzione dei fenomeni naturali disastrosi, o dei terremoti e delle alluvioni fosse affrontata in modo ragionevole: anche se in tempo ampio credo che molti risparmi si realizzerebbero pure nella gestione della Protezione civile. In altri termini, vorrei anche una Protezione civile snella e piccola che non abbia un apparato così complesso e tutti questi volontari. Questo significherebbe che ci troviamo in un Paese che non è fragile come il nostro e, nello stesso tempo, che la prevenzione anche dei terremoti, oltre che delle alluvioni può e deve essere fatta.
Sappiamo che nel prossimo trentennio i terremoti ci saranno. In Italia c'è una frequenza di terremoti molto importante: ogni cinque anni c'è un terremoto quasi disastroso. Sappiamo pure che negli ultimi tempi si è ridotto l'effetto negativo sia in termini di vittime sia in termini di ripristino e di spese per la ricostruzione, ma ancora queste spese sono molto elevate e i morti sono ancora molto numerosi.
Credo che bisogna investire in questa direzione perché questo è un investimento che copre tutto il territorio nazionale perché ormai tutto il territorio nazionale è stato dichiarato sismico, quindi dobbiamo svolgere un lavoro sul territorio di adeguamento sismico e, qualche volta, di isolamento sismico, che non è la fine del mondo per gli edifici più importanti e per quegli edifici storici che evidentemente sono più fragili e più soggetti ad essere messi in pericolo dal terremoto. Molti di questi edifici non resistono alla componente orizzontale della forza che esprime il terremoto. Lì vanno posti in essere piccoli cantieri che tuttavia, diffusi in tutto il territorio nazionale, potrebbero contribuire alla ripresa economica. Bisogna esprimersi e avere il coraggio di affrontare questi eventi calamitosi in questo modo. Quindi, la prevenzione, che si pensa di non poter fare nel caso dei terremoti, si può fare e come.
Questo significherebbe ridurre non solo le vittime ma anche le spese che dopo ogni evento siamo costretti ad affrontare. Se fate l'elenco dei terremoti che sono avvenuti negli ultimi 150 anni in Italia, proprio dalla data dell'Unità d'Italia, abbiamo Pag. 17delle spese enormi per le ricostruzioni, abbiamo avuto e abbiamo delle normative che ci hanno garantito la riduzione dei morti e la riduzione delle spese per la ricostruzione, abbiamo bisogno di mettere in sicurezza la parte di costruzioni, di strutture e infrastrutture che sono state costruite prima delle normative del 1908 e del 1911, effetto della tragedia di Reggio Calabria e Messina. Quindi è giusto che questo Governo - tutti i Governi, anche quelli regionali - si mobiliti su questa parte.
È necessario che questo provvedimento venga votato sia dalla maggioranza che - spero - dall'opposizione perché riporta nei limiti giusti l'attività della Protezione civile, credo però che quelle due parole che sono state inserite in merito alla durata dell'emergenza, mi riferisco a quel «di regola», saranno sfruttate purtroppo all'italiana in modo sbagliato, sicuramente, e con quel «di regola» i 90 giorni ce li sogniamo perché da 90 diventeranno mesi e forse qualche volta anni, anche perché sappiamo che ci sono oggi 60 emergenze che sono state affrontate, e che non sono più emergenze ma che non si chiudono e quindi - lo dico agli italiani - le strutture della pubblica amministrazione non cambiano da un momento all'altro, continueranno a fare così e quando gli viene fornita una scappatoia - come quella data da quel «di regola», ed io so che quel «di regola» è stato voluto da esponenti di enti locali, regioni, che l'hanno indicato nella Conferenza unificata - credo che quello sia un escamotage per poter approvare un buon provvedimento e poi nella pratica non eseguire la cosa fondamentale, cioè limitare i giorni, che sono 90, più 50 o 60. È chiaro che quella limitazione è indispensabile perché è uno scandalo quello che è avvenuto negli ultimi anni in cui la Protezione civile era diventata in qualche misura il bancomat di chi governava.
Quindi credo che sia necessario che questo provvedimento venga approvato subito, se poi ci sono delle questioni che vanno affrontate - come quelle relativa all'assicurazione - le si affronti in provvedimenti specifici in cui possiamo approfondire gli argomenti e dare il miglior contributo all'attività che normalmente si fanno in questi casi.
I 14 mila sfollati dell'Emilia credo abbiano già beneficiato di un effetto positivo con questo decreto-legge perché si è utilizzato tale strumento, la parte positiva del decreto-legge iniziale, e si può intervenire con i sistemi previsti dal decreto-legge, quindi più snelli ed efficaci. Credo che così bisogna fare anche per il futuro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, Governo, un vivo ringraziamento ai relatori. Il provvedimento in esame rappresenta senza dubbio un tassello normativo necessario avente come obiettivo condiviso di avviare dinamiche di riforma e di riordino nel settore della Protezione civile. Per tali ragioni mi preme veicolare un sentito ringraziamento alla Commissione affari costituzionali e alla Commissione ambiente che in sede referente hanno consentito l'approfondimento e l'analisi dettagliata del provvedimento e che, consapevoli dell'esigenza di dare in Aula in tempi rapidi un testo fattivo, hanno lavorato in maniera chiara e responsabile. L'auspicio è che tale testo non venga compromesso o alterato da veti incrociati.
Il provvedimento ha il merito di chiarire la funzione della Protezione civile e la sua tradizionale mission, riconoscendo una connotazione temporale anche allo stato di emergenza, connotazione che rispetto all'originaria previsione è stata dilatata a 90 giorni, come massimo eventuale, prorogabile in 60.
Pur comprendendo le ragioni di chi sostiene una durata difficilmente determinabile dell'emergenza, anche alla luce di episodi drammatici realmente verificati, è pur vero che il permanere a tempo indeterminato di questa non rappresenta una condizione operativa, finanziaria e normativa auspicabile. Su questo provvedimento, come gruppo Futuro e Libertà, abbiamo inteso non apportare alcun tipo di stravolgimento, consapevoli del momento, Pag. 18certo non facile, e della condivisa esigenza di operare una riforma di un comparto fiore all'occhiello del nostro sistema di intervento e di emergenza, ma spesso apparso sotto i riflettori per questioni di certo non particolarmente lodevoli. Di contro, evidenziamo la soddisfazione per le modifiche apportate in sede referente e per i suggerimenti che le altre Commissioni hanno inteso veicolare, segnale questo che una riforma, sebbene urgente, meriti opportune riflessioni e affinamenti, che abbiamo avuto l'intenzione di condividere e supportare. Il provvedimento ha il merito di delineare in maniera chiara le attività e i compiti di protezione civile, illustrando in maniera dettagliata anche cosa si intende per previsione e prevenzione, un aspetto spesso del tutto trascurato dal comparto operativo della Protezione civile, di cui sappiamo la notevole importanza, come purtroppo il susseguirsi di eventi calamitosi più volte ci evidenzia. Il provvedimento delinea una demarcazione tra fattispecie configurabile come emergenza e quella relativa ad altre tipologie di attività e assistenza. La possibilità di procedere ad ordinanze in deroga sull'ordinamento vigente soltanto per alcuni aspetti del soccorso e dell'assistenza potrebbe rappresentare, però, un presupposto fortemente limitativo, di cui abbiamo avuto modo di discutere in Commissione. Appare significativa l'esigenza di tutelare la giusta durata delle gestioni commissariali, salvando le gestioni in deroga, che effettivamente hanno bisogno di più tempo per essere svolte, perché, come qualche collega ha evidenziato, non appare accettabile che, a causa di qualche «furbetto» protagonista di inchieste e opacità varie, si arrivi a compromettere la durata e la fattività di tutte le operazioni legate all'emergenza. In questo momento certamente complesso, come questo attuale, nel quale una non facile congiuntura economica e dunque una limitata disponibilità di risorse si unisce all'avvicendarsi di eventi calamitosi di drammatica emergenza, un riordino si presenta, a nostro parere, indispensabile, purché sia strutturato secondo il criterio della razionalità e della fattiva operatività del servizio. Certamente sarebbe stato auspicabile non arrivarci per decreto d'urgenza, con tutti i vincoli che questo comporta, anche in considerazione del fatto che più proposte e tentativi di confronto sono stati fatti in questi anni proprio sul versante della riorganizzazione della Protezione civile. Molti dubbi sono stati espressi sul versante delle competenze. Sicuramente il carattere eclettico della Protezione civile e della sua operatività ha legittimato la complessità delle attribuzioni e delle competenze fra Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero dell'interno. È una questione che di certo non è stata trascurata in occasione del confronto in Commissione, anche perché, come è stato evidenziato dal prefetto Gabrielli, una calamità non è solo un problema di ordine pubblico; ci sono anche le esigenze della ricostruzione che, ad esempio, toccano l'economia e i beni culturali e che, dunque, presuppongono la competenza di più referenti. Ma in questo provvedimento ci sono stati degli interessanti interventi, come quello di ampliare l'ambito delle attività di protezione civile attraverso la definizione del sistema di allerta statale e regionale, che rappresenta di certo una volontà di affinamento della potenzialità di un servizio fattivo e determinante per il Paese. La trasparenza e la volontà di un confronto parlamentare sembrano condizionare la nuova configurazione della Protezione civile. Il fatto stesso di aver introdotto una disposizione che prevede che il Governo riferisca annualmente al Parlamento sulle attività della Protezione civile inerenti alle attività di previsione, di prevenzione e mitigazione del rischio e di pianificazione dell'emergenza, nonché sull'utilizzo del Fondo per la Protezione civile, rappresenta a mio parere un grosso passo avanti, capace di esorcizzare quelle possibili storture che talvolta hanno condizionato l'operato della Protezione civile nel corso di questi ultimi anni.
Appare importante segnalare il punto di approdo a cui ha condotto un emendamento da noi anche sostenuto all'articolo 2, in materia di assicurazione contro Pag. 19le calamità, che rappresentava una delle iniziative più controverse dell'intero provvedimento, che con l'emendamento sono state, di fatto, superate.
In origine, la norma prevedeva un sistema di coperture assicurative su base volontaria contro le catastrofi naturali per le abitazioni private, al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione, considerata la scarsezza di risorse dello Stato.
Una misura, dunque, legittimata dalle casse vuote dello Stato, ma destinata a creare scompiglio e speculazioni; una misura che - ci tengo a evidenziare - stona con l'attuale fase emergenziale, anche perché si andrebbe a scalfire un principio cardine della tutela statale.
Una condizione in cui lo Stato non è più elargitore di tutela in caso di calamità, rimettendo quest'ultima all'eventuale fruizione di un'assicurazione da parte del cittadino, facendo riversare su questo la responsabilità gestionale di un evento la cui possibilità di prevenzione, monitoraggio e controllo spetterebbe allo Stato.
Una sorta di paradosso! Al di là di tale aspetto, non vi era abbastanza chiarezza soprattutto per quanto riguarda il rinvio ad un regolamento successivo, che avrebbe definito modalità e termini per l'attuazione del progetto secondo determinati criteri, senza contare la difformità tra premi assicurativi che si sarebbe creata tra zone qualificate come sismiche dal regolamento e quelle a basso rischio, e con il tetto che questi raggiungeranno appare improbabile che si proceda alla stipula di assicurazioni nelle zone realmente critiche.
Il progetto assicurativo anti-calamità non è stato accantonato, ma almeno si è ritenuto di riproporlo successivamente, superata l'attuale congiuntura emergenziale. Ritornerà in uno specifico provvedimento, ma, in quella sede, ci auguriamo che vengano presi in considerazione gli aspetti critici che abbiamo evidenziato e si evitino le potenziali derive discorsive di tale iniziativa, senza escludere altre ipotesi al fine di non far gravare esclusivamente sulle spalle del cittadino il peso di un'eventuale non prevedibile assicurazione.
La struttura che è stata delineata di certo potrebbe garantire un favorevole ambito operativo per la Protezione civile; un passo interessante verso la razionalizzazione e verso l'efficienza di un sistema lodevole, che, purtroppo, in talune circostanze non ha brillato per trasparenza.
Non vogliamo, però, dimenticare che, dietro queste disposizioni, dietro queste norme, esistono donne e uomini che sono il simbolo della capacità dell'Italia di sapersi rialzare. A loro e al prefetto Gabrielli va il nostro sentito apprezzamento per il lavoro e l'impegno che sempre dimostrano in contesti segnati dalla calamità e dal pericolo, ma anche nell'ordinaria assistenza, sempre capaci di dare concretezza alla solidarietà sociale e di dare forma al rispetto verso la comunità e ai suoi bisogni (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, prima di entrare nell'esame e nella relazione su quello è che il merito del nostro dibattito, e quindi le disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, mi consenta di rivolgere un ringraziamento, in questa sede, alle donne e agli uomini della Protezione civile, che sono impegnati, in questo momento, con la loro professionalità e con la loro abnegazione, a soccorrere le vittime dei terremoti (perché di questo stiamo parlando: non di un sisma, ma di molti sismi) che stanno colpendo molte province della mia regione.
La presenza di queste donne e di questi uomini è in questo momento un segno che fa sperare nella ripartenza e nella rinascita di quei territori. Detto ciò, signor Presidente, vorrei, prima di fare alcune riflessioni sui problemi, sui punti, sulle soluzioni e sulle criticità ancora presenti nel decreto-legge che abbiamo così ampiamente trattato nelle Commissioni riunite Pag. 20in queste due settimane, fare una breve riflessione sull'impianto normativo che andiamo a toccare con questo decreto-legge.
Noi, quando parliamo di Protezione civile, in questo Paese - come è stato già detto da altri colleghi - ci riferiamo, sostanzialmente, alla legge n. 225 del 1992 che conteneva profili estremamente innovativi per l'epoca, ottima per tanti aspetti, che nasceva, mi sia consentito ricordarlo, signor Presidente, dalle esperienze non proprio felici dei decenni precedenti. Qui in Aula è stato evocato il nome dell'onorevole Zamberletti.
Vorrei ricordare anche le tragedie che portarono alla nascita del Dipartimento della protezione civile come unità autonoma, incardinata nel seno della Presidenza del Consiglio, come la gestione del terremoto in Irpinia e di quella grande sciagura e tragedia umana che per la prima volta i media resero fruibile nelle case, ossia il caso di Vermicino.
Nel 1982, dunque, il Dipartimento della protezione civile viene istituito non solo per coordinare le attività di emergenza, ma anche per operare in termini di previsione e prevenzione.
Nel 1992, come dicevo, viene emanata la citata legge che propone un modello innovativo policentrico con coordinamento centrale, basato sui principi di sussidiarietà e di integrazione, ancora oggi completamente validi: sussidiarietà verticale tra amministrazioni e sussidiarietà orizzontale, come bene è stato detto, tra pubblico e privato; una legge che pone come valore una delle grandi eccellenze italiane, ossia il volontariato. Che questa legge allora abbia colto nel segno lo dimostrano anche i diversi provvedimenti che tennero conto di questa impostazione. Mi riferisco al decreto legislativo n. 112 del 1998, detto «legge Bassanini», che, nel ripartire i compiti e le competenze affidate ai governi centrali e regionali e alle autonomie locali, anche in questo settore, tenne nel dovuto conto la realtà. Il citato decreto legislativo ha previsto la riconferma dei sindaci come prima autorità di Protezione civile, responsabili dei soccorsi in emergenza.
È già stato richiamato da qualche collega anche il fatto che, durante la modifica in senso più federale, con più attenzione alle realtà locali, del Titolo V della nostra Costituzione, con la legge costituzionale n. 3 del 2001 la protezione civile diviene materia concorrente tra Stato e regioni, il che rappresenta, al di là del valore della parola, un profondo riconoscimento di una caratteristica di condivisione fra lo Stato centrale e le comunità locali. Ecco, signor Presidente, su cosa l'Aula sta intervenendo, dopo un periodo, come è stato ricordato, in cui vi sono state difficoltà e anomalie.
Richiamo ancora una volta il fatto che con il provvedimento in esame abbiamo posto fine a certe storture. Mi riferisco alla legge n. 401 del 2001 che inseriva nel recinto delle attività della Protezione civile la gestione dei grandi eventi e lo faceva, chiaramente, per utilizzare le procedure in deroga connesse alla gestione dell'emergenza, per risolvere e superare i vincoli legislativi e normativi nelle condizioni di normale esecuzione delle attività in questo Paese. Una brutta pagina del nostro Paese che ha visto, su questo, inserirsi fenomeni di malaffare e di corruttela che sono, ad oggi, iscritti negli annali giudiziari del nostro Paese.
Mi riferisco anche, signor Presidente, a quanto previsto dal decreto milleproroghe del 2010, convertito nella legge n. 10 del 2011, alle sue due parti - una già richiamata dal relatore - e, in particolare, alla previsione della «tassa sulle disgrazie», ossia alla regionalizzazione dei sacrifici economici di primo soccorso nei casi di emergenza. In particolare le regioni dovevano fronteggiarli con mezzi propri e, successivamente, con l'aumento delle accise sui carburanti sul loro territorio e solo dopo, nella deprecata ipotesi che questo non fosse sufficiente, potevano attingere al Fondo di protezione civile nazionale. Un vulnus nella collettività nazionale e nei principi costituzionali di solidarietà. Anche questa è una pagina che abbiamo abbandonato anche grazie alle autorevoli riflessioni della Corte costituzionale. Pag. 21
Ma anche qui (ancora qui!) in questo decreto milleproroghe, era contenuta la novella della legge n. 20 del 1994, ovvero una modifica. Noi italiani spesso siamo seguaci dell'antico proverbio, per cui si ama chiudere la porta della stalla quando i buoi sono scappati. Era già presente ed era già vigente nella legge n. 225 del 1992 un'ampia regolamentazione di controllo sulle ordinanze e sugli atti commissariali in emergenza. Si ritenne opportuno, in quel decreto-legge n. 225 del 2010, di modificare anche in quel caso la legge n. 20 del 1994, inserendo un controllo preventivo della Corte dei conti sui provvedimenti commissariali adottati nell'attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio. Questo ha creato problemi notevoli nella gestione ed anche arresti di attività. Nonostante il positivo e fattivo contributo della Corte dei conti, il termine limite dei sette giorni per l'esame di questi provvedimenti è, ancora oggi, un limite che crea dei problemi.
Detto ciò, signor Presidente, ed avendo inquadrato l'ambito su cui stiamo operando con queste disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile, vorrei anch'io fare una riflessione sull'uso dello strumento della decretazione d'urgenza in questa materia. Probabilmente si poteva operare in maniera differente. Si poteva utilizzare uno strumento come il disegno di legge che, come è già stato detto, avrebbe concesso e consentito più ampia e più approfondita analisi dei temi, ma voglio riconoscere al Governo, anche a nome del mio gruppo, l'ampia disponibilità e la fattiva collaborazione che ha mostrato nello svolgimento del dibattito in Commissioni riunite su questi temi. Siamo intervenuti con il concorso del Governo su punti rilevanti - su cui poi svolgerò alcune considerazioni - ed abbiamo apportato, crediamo, miglioramenti in uno spirito costruttivo, che ha visto maggioranza e opposizione confrontarsi e tutto allo scopo di incrementare l'efficacia di funzionamento e di intervento della Protezione civile.
Da un punto di vista generale, signor Presidente, il relatore ha illustrato la struttura dell'articolato con riferimento ad alcuni articoli tematici: il primo è sostanzialmente quello che riguarda le modifiche alla Protezione civile; il secondo riguarda la questione delle coperture assicurative, più volte citato; il terzo riporta alcune disposizioni transitorie.
Dall'esame, però, di questo articolato, signor Presidente, voglio spendere una riflessione su due temi, che sono stati sollevati e che sono parzialmente attinenti alla materia oggetto del provvedimento. Si tratta, per quanto riguarda l'articolo 2, delle coperture assicurative e, per quanto riguarda l'articolo 3, del trasferimento fondi per l'inceneritore di Acerra.
Su questi abbiamo tenuto uno stesso atteggiamento. Per quanto riguarda l'inceneritore, ovvero il termovalorizzatore, la presenza di un contenzioso, ragioni di bilancio relative alla regione ed un'evidentissima estraneità di materia ci hanno suggerito di soprassedere. Lo stesso atteggiamento abbiamo assunto con l'articolo 2 sulle coperture assicurative.
Su questo punto, però, signor Presidente, vorrei spendere una parola di chiarezza. Il nostro gruppo non ha espresso un giudizio negativo sull'idea che si sviluppi in futuro un sistema di guarentigie per il danno che vede anche il concorso delle risorse private. La questione che noi abbiamo posto e che poniamo per il prosieguo dello sviluppo di questa situazione è che il tema è di così grande rilievo negli aspetti che esso coinvolge (la base assicurativa da coprire, il rapporto tra le guarentigie assicurative e gli indennizzi comunque pubblici, che dovranno rimanere, nonché la situazione estremamente variegata del patrimonio edilizio italiano e delle realtà industriali) che probabilmente richiede un provvedimento ad hoc e, comunque, approfondimenti di merito.
Questo è un traguardo, ma è un traguardo, signor Presidente, che richiede un percorso, un percorso condiviso e approfondito perché questo traguardo sia un punto di arrivo di successo.
Detto questo, però, onorevole Presidente, non posso nascondere i punti di raccordo importanti che sono stati raggiunti. Pag. 22È stata citata l'emergenza: ebbene sì, sull'emergenza si è intervenuti nei tempi e nel merito della natura della gestione emergenziale. I tempi li abbiamo allungati: di regola erano previsti sessanta giorni più quaranta; li abbiamo portati a novanta giorni più sessanta, fino a centocinquanta. È difficile quantificare, ma sicuramente questa durata meglio si accorda con la natura delle problematiche che affrontiamo. Ma non solo questo, onorevole Presidente, è stato portato a regime in sede di Commissione. Abbiamo anche allargato lo spettro degli interventi che sono stati resi possibili nella fase emergenziale: siamo passati da un primo mero intervento volto all'organizzazione di servizi di soccorso e da interventi strettamente necessari alle prime necessità, ad attività tese alla messa in sicurezza - quindi alla garanzia della pubblica incolumità - di edifici pubblici e privati che risultino danneggiati, nonché al ripristino delle infrastrutture e delle reti indispensabili per la continuità economica e produttiva delle aree, così come per il ripristino dei servizi, perché lo scopo ovviamente anche della fase emergenziale è quello di riavviare il processo di vita civile.
Sulla questione già evidenziata della delega da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri delle attività di gestione delle emergenze, ho richiamato la mia personale opinione, facendo la cronistoria di come è nato il Dipartimento della protezione civile incastonato in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Devo dire, onorevole Presidente, che si è trattato di un dibattito ampio, significativo, che ha tenuto conto di tante variabili che si inseriscono in questa realtà. Noi abbiamo trovato, in sede di Commissione, una formulazione che permette ovviamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri di delegare questi compiti a un Ministro con portafoglio o a un sottosegretario di Stato. Non le nascondo, signora Presidente, che tale dizione per alcuni di noi non è soddisfacente, perché il valore del Dipartimento di protezione civile incastrato in seno alla Presidenza del Consiglio, che esercita la funzione direttamente, è un valore che garantisce l'efficienza del sistema, però questo è stato un punto di arrivo sicuramente avanzato rispetto alla versione iniziale.
Un altro punto cui teniamo molto - lo dico con franchezza - è quello dell'introduzione della derogabilità al Patto di stabilità in condizioni di gravi calamità naturali. Noi siamo intervenuti sull'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, inserendo un comma particolare che permette di considerare gli interventi e le spese direttamente realizzate dai comuni e dalle province in relazione agli interventi calamitosi con effetti neutri rispetto al saldo finanziario rilevante per il Patto. Le modalità di copertura sono state indicate nello stesso articolato, con fondi e con regole decretate dal Ministro dell'economia e finanze: non si tratta quindi di una deroga senza limiti ma di una deroga con una precisa cornice definita dal Ministro dell'economia e finanza a valere sui fondi di compensazione di cui all'articolo 6 della legge 4 dicembre 2008, n. 189. Anche nel decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, che stiamo per affrontare, quello che riguarda l'emergenza sismica nelle mie terre, il provvedimento in oggetto ha una valenza elevata e si sta andando in quella direzione. Il relatore poi citava - siamo perfettamente d'accordo e ne siamo perfettamente consci, avendoli proposti - le proposte emendative che sono state introdotte e fanno parte integrante del testo concernenti il Sistema di allerta nazionale per il rischio idrogeologico e di gestione delle reti di monitoraggio e uso delle radiofrequenze. Quindi si tratta di un ampio lavoro, onorevole Presidente, che ha permesso di approfondire e migliorare molti dei punti del testo che oggi offriamo all'Aula. Alcune criticità permangono ma, un grande lavoro è stato fatto.
Personalmente nutro - concludo, onorevole Presidente - il dispiacere di aver visto inammissibile per estraneità (giustamente di materia in questo caso) il testo di un emendamento che proponeva un Piano nazionale antisismico: dava al Governo sei mesi per identificare un complesso di azioni che andavano dal completamento Pag. 23del censimento a delle opere infrastrutturali di particolare significatività in termini di protezione civile o di pubblica incolumità, previsto dall'ordinanza del Presidente del consiglio n. 3274 del 2003, a verifiche nuove e ove necessario aggiornamenti di classificazione del territorio nazionale, e non solo col metodo probabilistico ma anche con quello neodeterministico, a valutazioni del patrimonio edilizio privato, pubblico e del patrimonio industriale italiano (dove ci sono molti impianti che sono soggetti a grandi rischi); così come proponeva che il Governo facesse una serie di misure coerenti, tecniche ed economiche in grado di aumentare la qualità del patrimonio edilizio e industriale italiano in termini di resistenza ai sismi. Cultura della prevenzione antisismica, onorevole Presidente, che ormai per il nostro Paese diventa necessaria e che può essere un architrave dello sviluppo. Detto ciò, Presidente, concludo esprimendo anche a nome del mio gruppo un giudizio positivo di quello che è stato il lavoro svolto in Commissione. Un particolare ringraziamento ai relatori e ai membri del Governo che sono intervenuti, ai presidenti delle Commissioni, e mentre ci affacciamo al dibattito in Aula mi piace ricordare a me stesso e a tutti che stiamo toccando e toccheremo nei prossimi giorni uno dei gioielli e una delle eccellenze di questo Paese, fatto dal cuore di tanti cittadini e dalla capacità e dall'efficienza di lavoro delle nostre strutture (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, cercherò di contenere in quattro-cinque mie valutazioni l'analisi di questo provvedimento d'urgenza, tentando ovviamente di recuperare un ragionamento che ho fatto più volte e di capire se ha ancora un senso la discussione sulle linee generali dei provvedimenti. Credo sia in atto anche un tentativo di riformare i regolamenti. Certamente questa parte doveva essere rivista anche per monitorare e per sintetizzare quelle che sono le posizioni. Ma poiché questo è un momento così particolare e importante ho ritenuto di prendere la parola, visto e considerato che era necessario segnalare e segnare la presenza della I Commissione Affari costituzionali che insieme alla VIII Commissione ha affrontato questo provvedimento d'urgenza.
Dico subito una cosa, faccio una considerazione e la rivolgo - signor Presidente, col suo permesso - agli illustri rappresentanti del Governo: forse la strada della decretazione d'urgenza per rivedere e modificare la n. 225 del 1992 poteva non essere seguita, affidando così tutta la materia ad un provvedimento non di urgenza, quindi ad un disegno di legge. Questo per dare la possibilità di scandagliare con molta attenzione, con oculatezza (come si suol fare, come si suol dire) i temi e i problemi che riguardano la Protezione civile. Certo, dal 1992 ad oggi con qualche altra modifica è passato un lungo arco di tempo durante il quale abbiamo potuto sperimentare sia il funzionamento della n. 225 sia altri momenti importanti. Mi riferisco al coinvolgimento delle autonomie locali (le regioni e i comuni). Voglio semplicemente fare qualche riferimento. Perché nasce la Protezione civile?
Si è fatto cenno ovviamente al ruolo dell'onorevole Giuseppe Zamberletti, legato alla vicenda del terremoto del Friuli Venezia Giulia, quando fu nominato Alto commissario per quanto riguarda la Protezione civile e quindi degli interventi a favore delle aree, delle zone terremotate. Da lì si evinse chiaramente che era necessario avere un Ministero, pur senza portafoglio, che avesse la potestà di coordinare tutta la materia che riguardava il soccorso, ma anche la prevenzione.
Credo sia anche questo un aspetto che ritorna pure nel presente provvedimento. In via Ulpiana fu stabilita e fu messa su ovviamente una sala operativa e si disse chiaramente che bisognava fare riferimento a tutte le prefetture e che bisognava fare riferimento, attraverso delle strumentazioni sensorie e, quindi, di monitoraggio Pag. 24e di allerta, a tutte le realtà locali e a tutte le autonomie locali, dunque con il coinvolgimento delle regioni e dei comuni, dando spazio e ruolo al volontariato. In quel periodo - signor Presidente, forse lo ricorderanno gli illustri rappresentanti del Governo, lei certamente l'ha presente perché è stata uno dei testimoni, ma anche Giampaolo D'Andrea -, dal 1978, perciò molto prima del 1992, le Forze armate assumevano un ruolo importante e fondamentale. Il 1978 è l'anno della legge n. 382 sui principi di disciplina militare. Via via si presero altri provvedimenti di legge che assegnarono alle Forze armate sempre più un ruolo pressante per quanto riguarda la sicurezza e la difesa della patria. La difesa della patria, sancita e consacrata nel dettato costituzionale, riceve e assume una visione e un significato molto più ampi che sono quelli ovviamente della risposta alle offese, ma la difesa della patria assume, quindi, nel ruolo e nei compiti delle Forze armate, un preciso momento di coinvolgimento e di capacità sul piano operativo.
Questo via via è andato avanti e la legge n. 225 del 1992 ha funzionato fino a un certo punto. Infatti, dopo che nei primi momenti si sono susseguiti anche Ministri per la Protezione civile o sottosegretari di Stato per la Protezione civile, si è andata sempre più affievolendo quella spinta e quella tensione che erano il coinvolgimento della base, delle autonomie locali, delle sale operative delle prefetture, ma soprattutto è sparita e non ha avuto cittadinanza e centralità la cultura della prevenzione e del soccorso. Ma la prevenzione e il soccorso non sono momenti ravvicinati. La prevenzione significa politiche adeguate, anche perché, quando noi parliamo di coinvolgimento di qualsiasi ente pubblico - ne parla anche questo provvedimento -, a me viene in mente il CNR e viene in mente l'ASI, così come anche il ruolo del satellite COSMO-SkyMed con l'osservazione dall'alto della Terra per vedere quali possano essere tutte le modifiche e tutte le alterazioni che intervengono sul territorio per coordinare delle politiche di intervento sul territorio medesimo. Tutto questo c'è stato? Ritengo in termini molto insufficienti, negativi e anche deludenti, fino a che poi la Protezione civile si è identificata con il capo del Dipartimento della protezione civile senza avere sopra di sé un'autorità politica che potesse coordinare l'attività e l'impegno di tutti gli altri Ministeri. Il problema della Protezione civile non è soltanto il soccorso, non è la mobilitazione ad hoc, è il problema della prevenzione, della politica del territorio, della politica della casa, della politica urbanistica, degli assetti idrogeologici, di tutto quello che interviene, pure in termini negativi e di alterazione, e degli atti anche di carattere amministrativo delle autonomie locali. Tutto questo non c'è stato e, ovviamente, poi vi è stata anche una devianza dove il capo del Dipartimento della protezione civile, sfruttando i poteri straordinari e, quindi, dell'emergenza, certamente ha impiegato risorse, per il bene generale, per carità di Dio, fuori dai compiti e fuori da quelli che erano i canali e i percorsi su cui si doveva incanalare invece l'impegno della Protezione civile.
Si è detto qui molte volte che si sono finanziate le grandi opere, che con la Protezione civile e con la salvaguardia del territorio e, quindi, della persona, non c'entrano niente. Per cui, rispetto alla legge n. 225 del 1992, ci si è distanziati moltissimo. Adesso che fare? Adesso ritengo che c'è un compito principale e forte che bisogna portare avanti, certamente attraverso questo provvedimento - già qualche sforzo, anche attraverso l'attività emendativa del mio gruppo, è stato fatto, con qualche risultato apprezzabile - ossia quello di dare il controllo della Protezione civile al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un Ministro senza portafoglio per la protezione civile o a un sottosegretario di Stato per la protezione civile, però della Presidenza del Consiglio e non segretario del Consiglio dei ministri.
Questo dobbiamo vedere, perché non ci può essere il gravame della Protezione civile per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, considerati i mille compiti che gli sono attribuiti, e anche per evitare che il capo dipartimento svolga il ruolo di Pag. 25programmatore, di controllore e quindi di esecutore quale, invece, viene ad essere indicato dalla legge, ma affinché ci sia una persona ad hoc che possa coordinare gli altri Ministeri. Perché la Presidenza del Consiglio dei ministri? Proprio per coordinare tutti gli altri Ministeri (infrastrutture e trasporti, agricoltura, ambiente); per coordinare tutti gli enti di ricerca dello Stato, l'Istituto di fisica nucleare, l'Istituto di geofisica, la commissione grandi rischi che dà indicazioni ed elementi per valutare adeguate politiche e per vedere che fine fanno i dati che vengono dal Cosmos SkyMed e quindi da tutto l'impianto satellitare all'interno del nostro Paese e di tutto quello che viene fornito alla commissione.
Ritengo che le politiche di coordinamento siano importanti e fondamentali, ma il problema riguarda la prevenzione: il soccorso e la prevenzione. Cerco di concludere, signor Presidente, infatti cercherò di intervenire anche domani in sede di discussione sul complesso degli emendamenti e soprattutto sull'articolo 1. Che cosa significa in questo momento il soccorso? Chi fa il soccorso? Abbiamo sempre avuto una serie di problemi. Forse qui molte volte appare e si evince e fa capolino un problema come quello dello spegnimento degli incendi. Anche su questo si potrà parlare di prevenzione perché abbiamo anche acclarato più volte da decenni che gli incendi sono in gran parte di origine dolosa; il 90 per cento sono dolosi. C'è una struttura del Corpo forestale dello Stato impegnato a fare indagini in questa direzione, ma deve avere anche il concorso delle altre forze di polizia. Infatti ci sono organizzazioni criminogene e criminali che intervengono e che danno fuoco a beni come il patrimonio boschivo all'interno del nostro Paese. Ma ritengo sarebbe esiziale, anche per quanto riguarda il ruolo della Protezione civile rispetto al soccorso, se diversificassimo oppure ampliassimo le dicotomie o le diversità di vedute tra i vari corpi dello Stato. Ritengo che i vigili del fuoco svolgano un ruolo importante, l'abbiamo sempre apprezzato, l'abbiamo detto, anche se poi alle dichiarazioni non seguono i fatti, perché quando abbiamo presentato emendamenti per quanto riguarda i capi squadra e per quanto riguarda i volontari per dare una sistemazione, si è fatta una buona dichiarazione di principi, di stima e di buone intenzioni ma non c'è stata conseguenza. Adesso con il collega Rosato abbiamo presentato una proposta di legge che ci auguriamo possa avere anche un percorso, ma tutto questo significa che c'è bisogno di un coordinamento, di un'armonizzazione dove ognuno faccia quello che è chiamato a fare anche in concorso con gli altri, senza che vi siano diversificazioni o appartenenze per principio, per preconcetto, ma che ci sia tutto un modulo di costruzione del servizio che vogliamo offrire al nostro Paese.
L'ultima battuta, signor Presidente Bindi, e ho concluso per davvero. Per quanto riguarda i tempi dell'emergenza: 60 giorni, più 30 giorni e così via. Non riesco a capire, vorrei l'attenzione degli illustri sottosegretari sia Ferrara che Giampaolo D'Andrea. Che cosa significa questa emergenza? Diteci qualche parola. È inutile che discutiamo e ci lambicchiamo il cervello sui 60, 30, 95 giorni dall'emergenza. L'emergenza dura sin quando è utile. L'altro giorno abbiamo discusso con il rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Fanelli, dei problemi dell'emergenza dei rifiuti in Calabria che dura da 14 anni. Ma l'emergenza che cosa significa? Che possono esser emanate ordinanze al di fuori dalle procedure? È questo il dato? Certo che è questo. Ritengo che la prevenzione possa essere riportata all'ordinario. La prevenzione non può scattare semplicemente nel momento in cui dobbiamo fare il soccorso. È un fatto diverso. È l'emergenza per il soccorso quando viene: 60 giorni, 90 giorni? A mio avviso forse questo articolo va rivisto. Questa è la preghiera che rivolgo agli illustri due sottosegretari: infatti l'emergenza non può avere una data. Deve essere emergenza reale. Non passare dall'emergenza all'ordinarietà della straordinarietà, perché poi la straordinarietà e il modo con cui si investono i soldi, il denaro e le Pag. 26risorse diventa ordinario con la scusa che c'è lo straordinario, non seguendo alcune procedure di garanzia.
Questo è un discorso che bisogna fare: vogliamo chiarezza sul ruolo dei Vigili del fuoco, che meritano molta più attenzione, sul ruolo del Corpo forestale dello Stato, sul ruolo e sulla ripartizione delle competenze tra Dipartimento della protezione civile e Ministero dell'interno. Questo discorso dobbiamo chiuderlo, non si può lasciare un articolo così: il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro senza portafoglio, o un sottosegretario di Stato.
Dunque, facciamo uno sforzo in più, vediamo qual è l'orientamento del Governo; che venga a riferire anche su questa vicenda il Presidente del Consiglio dei ministri, che non può parlare semplicemente di Grecia, argomento importante, naturalmente, e noi siamo un gruppo che sta sostenendo il Presidente del Consiglio dei ministri. Che venga in Aula e ci dica chiaramente come la pensa per quanto riguarda tutta l'impalcatura della Protezione civile. Quando è stato presentato questo provvedimento, c'è stata una grande conferenza stampa e c'è stata una grande manifestazione: ebbene, ora venga a riferire e si confronti anche con i parlamentari. Noi siamo qui per fare ognuno il proprio dovere.
Con queste considerazioni, signor Presidente, dando un giudizio preventivo anche positivo, perché quando si modifica e si migliora una legge preesistente, certamente, ciò ci vede favorevoli, concludo il mio intervento. Credo che chi mi conosce sappia che ho fatto uno sforzo di sintesi: mi auguro che mi verrà riconosciuto e, soprattutto, che questo sforzo verrà ricordato nelle vostre preghiere (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, è encomiabile, la ringrazio.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5203-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Procediamo, a questo punto, ad una breve sospensione tecnica della seduta, che riprenderà alle ore 18,15.

La seduta, sospesa alle 18,05 è ripresa alle 18,15.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato). (A.C. 2326-E)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato, A.C. 2326-E: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2326-E)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Pag. 27
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli, ha facoltà di svolgere la relazione anche a nome del relatore per la Commissione affari esteri.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, l'Assemblea si trova ad esaminare per la terza volta il disegno di legge A.C. 2326, che prevede la ratifica della Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, dettando anche alcune norme di adeguamento interno, volte a modificare, in particolare, il codice penale, il codice di procedura penale e l'ordinamento penitenziario.
In sede referente le Commissioni hanno apportato alcune modifiche al testo che determineranno un nuovo esame da parte del Senato. A questo proposito vorrei immediatamente chiarire che un ulteriore passaggio presso l'altro ramo del Parlamento è comunque necessario, in quanto occorre comunque modificare l'articolo 6 per quanto su di esso si sia raggiunta una doppia lettura conforme di Camera e Senato. Ritengo quindi opportuno in primo luogo dare conto della modifica apportata all'articolo 6 dalle Commissioni.
Il citato articolo del testo trasmesso dal Senato, era volto a modificare una disposizione legislativa che era stata già abrogata dal codice antimafia. In particolare, l'articolo 6 era volto a modificare il quarto comma dell'articolo 5 della legge n. 1423 del 1956 sulle misure di prevenzione personali, che prevedeva che il giudice potesse prescrivere il divieto di avvicinamento a luoghi determinati, abitualmente frequentati da minori, senza tenere conto che l'articolo 120 del decreto legislativo del 6 settembre 2011 n. 159 (recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), aveva abrogato per intero la citata legge n. 1423 del 1956, in quanto il suo contenuto era stato in gran parte recepito proprio dal codice antimafia.
Nel caso in esame, l'articolo 5 della legge n. 1423 è stato riprodotto dall'articolo 8 del codice antimafia. Il comma 1 dell'articolo 6 è stato quindi cambiato, trasferendo la modifica normativa dall'articolo 5 della legge n. 1426, all'articolo 8 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Per completezza preciso che dai lavori della Commissione era comunque emersa l'esigenza di modificare il testo trasmesso dal Senato per ragioni di merito, non condividendosi assolutamente le modifiche apportate alle competenze delle procure distrettuali e circondariali.
Più in particolare, l'articolo 5, intervenendo sull'articolo 51 del codice di procedura penale, ha aggiunto tra i delitti di competenza della procura distrettuale, l'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (articolo 414-bis del codice penale); ha limitato la competenza della procura distrettuale all'ipotesi di pornografia minorile mediante divulgazione (anche per via telematica) di materiale o notizie volti all'adescamento o allo sfruttamento sessuale e di minori (articolo 600-ter, terzo comma), riportando le restanti fattispecie alla competenza della procura circondariale; ha attribuito alla competenza della procura circondariale - in luogo dell'attuale procura distrettuale - il delitto di detenzione di materiale pornografico (articolo 600-quater).
Il comma 2 dell'articolo 5 - introdotto dal Senato - specifica che queste disposizioni si applicano ai procedimenti per fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge di ratifica.
Proprio su questo punto le Commissioni riunite hanno proceduto alle audizioni del dottor Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, del dottor Giovanni Salvi, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, e del dottor Antonio Apruzzese, direttore della polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato. Il dottor Roberto Alfonso, procuratore Pag. 28della Repubblica presso il tribunale di Bologna, non avendo potuto partecipare all'audizione per concomitanti impegni istituzionali improrogabili, ha trasmesso un documento.
Queste audizioni sono servite ad evidenziare come lo spezzettamento delle competenze delle indagini tra procure circondariali e distrettuali, avrebbe reso problematico lo svolgimento delle indagini stesse, in quanto per uno stesso fatto vi sarebbe stata la concorrenza di indagini di procure circondariali e distrettuali, sia pure con riferimento a diversi profili strettamente connessi. Considerata la natura dei reati di pedofilia e le modalità in cui vengono commessi, è apparso preferibile privilegiare la competenza esclusiva delle procure distrettuali.
Pertanto, è stato approvato un emendamento con il quale si è confermato l'attuale assetto di riparto delle competenze tra le procure, incrementando la competenza delle procure distrettuali con i nuovi reati previsti dal disegno di legge in esame. Faccio presente che la predetta modifica è stata oggetto di specifico apprezzamento da parte della I Commissione (Affari costituzionali) nella premessa al parere favorevole da essa espresso.
Per tale ragione si è ritenuto di sopprimere il comma 2 dell'articolo 5, secondo cui le disposizioni sul riparto delle competenze si applicherebbero ai procedimenti per fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge di ratifica. Questa norma transitoria avrebbe avuto senso nell'ottica del testo del Senato, che procedeva ad una modifica delle attuali competenze in merito a reati già previsti dall'ordinamento e, quindi, già oggetto di indagini. Una volta limitate le modifiche alle competenze ai soli reati introdotti dal disegno di legge in esame, è parsa non più opportuna la norma transitoria di cui al comma 2.
Il disegno di legge, che il Senato ha approvato pressoché all'unanimità (un solo voto contrario), si differenzia dal testo approvato dalla Camera l'11 gennaio 2011, anche per ulteriori profili, di cui uno è stato oggetto di modifica in sede referente. Faccio riferimento all'inserimento nel codice penale della disposizione, già prevista dalla legislazione vigente, che richiede una verifica concreta della pericolosità sociale del destinatario della misura di sicurezza personale. È stata disciplinata in modo diverso e graduata l'interdizione dai pubblici uffici per colui che sia condannato per delitti a sfondo sessuale e in danno di minori.
Il disegno di legge in esame è, quindi, articolato in due capi. Il Capo I, non modificato dal Senato, reca la ratifica e l'ordine di esecuzione della Convenzione e individua nel Ministero dell'interno l'autorità nazionale responsabile della registrazione e conservazione dei dati nazionali sui condannati per reati sessuali. Il Capo II contiene invece disposizioni di adeguamento interno che sono state, in parte, ulteriormente modificate dal Senato.
L'articolo 4 novella il codice penale. In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per i maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli, per i delitti contro la personalità individuale, per la violenza sessuale semplice e di gruppo, per i delitti di atti sessuali con minorenne e corruzione di minorenne, con esclusione delle fattispecie di minore gravità.
La lettera b), introdotta dal Senato, inserisce nel codice penale l'articolo 203-bis, che afferma il principio generale in base al quale le misure di sicurezza personali possono essere applicate solo previo accertamento che colui che ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa. La disposizione inserisce nel codice un principio già ampiamente affermato dalla Corte costituzionale e presente nella legislazione speciale.
La lettera c), modificata dal Senato, introduce la nuova fattispecie di reato di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (articolo 414-bis del codice penale). La pena originariamente prevista dalla Camera - la reclusione da 3 a 5 anni - è stata ridotta, nel minimo edittale, al Senato - reclusione da un anno Pag. 29e sei mesi a 5 anni -, che ha anche corretto la fattispecie prevedendo che la pubblica istigazione e l'apologia a commettere, in danno di minori, uno o più delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, anche se relativi a materiale pornografico per immagini virtuali, turismo sessuale, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, possa essere effettuata con qualsiasi mezzo (è stato eliminato, quindi, l'espresso riferimento al mezzo telematico). Le ragioni o finalità artistiche, letterarie, storiche o di costume non possono essere invocate a scusante della condotta.
La lettera n) inserisce due nuovi articoli nel codice penale. Il nuovo articolo 600-septies.1, non modificato dal Senato, prevede un'unica circostanza attenuante dei delitti contro la personalità individuale, applicabile a colui che si adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o fornisca elementi concreti alle autorità per l'individuazione o la cattura di uno o più autori del reato. Il nuovo articolo 600-septies.2, modificato dal Senato, prevede pene accessorie ulteriori per la condanna o il patteggiamento per uno dei delitti contro la personalità individuale e per il delitto di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia. Il Senato ha maggiormente dettagliato le ipotesi di interdizione dai pubblici uffici disponendo: l'interdizione perpetua, nel caso di condanna all'ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore a 5 anni.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. L'interdizione per 5 anni, nel caso di condanna alla reclusione da 3 a 5 anni; l'interdizione temporanea per i casi - residuali rispetto alle altre due ipotesi - di condanna alla reclusione per un tempo inferiore ai 3 anni. Non essendo indicata la durata dell'interdizione temporanea, si applica l'articolo 37 del codice penale in base al quale, ove non specificato, la pena accessoria ha durata eguale a quella della pena principale inflitta.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Angela Napoli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Ippolito Vitale. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, l'Italia si è da tempo dotata di strumenti normativi molto avanzati nella lotta ai crimini sessuali in danno dei minori. Già nel 1996 fu approvata la legge n. 66 del febbraio 1996, recante norme contro la violenza sessuale, che ha inserito per la prima volta i crimini sessuali nell'ambito dei delitti contro la persona e non più contro la moralità pubblica e il buon costume.
Nel 1998 viene fatto un ulteriore passo avanti, con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù, che introduce le nuove fattispecie di reato relative allo sfruttamento sessuale dei minori, con particolare attenzione alla prostituzione e alla pornografia minorile.
Gli effetti di tale previsione sono stati ulteriormente rafforzati con la recente legge del 2006 n. 38, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet, che ha operato sul piano dell'inasprimento delle pene detentive, sul contrasto dei reati di pedopornografia Pag. 30sulla rete, sull'aggiornamento della normativa, in relazione a nuove fattispecie di reati quali, in particolare, quelle legate alla pornografia virtuale. Ha, poi, operato sulla costituzione di nuovi organismi di contrasto e di monitoraggio del fenomeno.
Ricordo il Centro nazionale per il contrasto alla pedo-pornografia sulla rete Internet, operante presso il Ministero dell'interno, e l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, operante presso la Presidenza del Consiglio.
La Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, stipulata nell'ambito del Consiglio d'Europa a Lanzarote il 25 ottobre del 2007, che ci accingiamo ad esaminare, costituisce il primo strumento internazionale attraverso il quale gli abusi sessuali contro i minori diventano reati, compresi quelli che hanno luogo in casa o all'interno della famiglia con l'uso della forza, della coercizione e delle minacce. Oltre ad i reati più comunemente diffusi in questo campo (abuso sessuale, prostituzione infantile, pedo-pornografia, partecipazione coatta di bambini a spettacoli pornografici), l'accordo disciplina anche i casi di grooming, di adescamento attraverso Internet e di turismo sessuale. La Convenzione delinea misure preventive che comprendono lo screening, il reclutamento e l'addestramento di personale che possa lavorare con i bambini al fine di renderli consapevoli dei rischi che possono correre ed insegnare loro a proteggersi, stabilisce programmi di supporto alle vittime, incoraggia la denuncia di presunti abusi e di episodi di sfruttamento, prevede l'istituzione di centri di aiuto via telefono o via Internet. La stipula della Convenzione è finalizzata alla realizzazione di un livello minimo comune di lotta contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale dei minori, senza escludere che ciascuno Stato possa continuare a disporre di misure più incisive o restrittive di quelle richieste.
Data la natura sempre più transnazionale di tali reati e l'uso sempre maggiore delle nuove tecnologie, prime tra tutte la rete Internet, le disposizioni dell'accordo sono orientate a rafforzare la cooperazione tra i Paesi, soprattutto in termini investigativi. Si recepisce uno strumento internazionale di lotta comune ad un fenomeno esecrabile, atteso che oggi nel villaggio globale, l'internazionalità rappresenta la cifra necessaria per affrontare il problema.
Per l'attuazione della Convenzione si è operato su diversi piani: modificazione del codice penale, del codice di procedura penale e di diverse normative in materia, per esempio, di misure di prevenzione, di ordinamento penitenziario e di contrasto alla criminalità mafiosa. Già il precedente Governo aveva dimostrato, con incisive previsioni già richiamate, sensibilità verso i temi dei minori e la difesa del loro diritto ad un'infanzia felice e soprattutto senza abusi. I bambini, infatti, sono troppo spesso vittime di esperienze terribili, difficili da superare e che possono minare per sempre il loro equilibrio psicofisico. Di storie tristi ed angosciose che li vedono protagonisti se ne sentono tante, troppe e, nonostante la grande attenzione mediatica prestata al riguardo, è in crescita purtroppo anche il fenomeno degli abusi sessuali sui minori, compiuti spesso da persone di loro conoscenza, soprattutto familiari.
Il termine abuso, inizialmente usato per indicare le percosse subite dal bambino si è ampliato, al punto da potere essere usato per definire un comportamento volontario o involontario da parte degli adulti, siano essi genitori, fratelli, tutori o estranei che ne danneggiano in modo grave le potenzialità evolutive. Proprio in quanto capaci di privare il minore dello status libertatis della dignità e delle stesse prerogative connesse alle personalità individuali, queste forme di sfruttamento sono state equiparate alla riduzione in schiavitù, sottolineandosi come l'abuso subito da un bambino lo privi non solo della serenità, ma anche del futuro che resterà sempre segnato dalla ferita infertagli. Con l'introduzione di norme di grande rilievo, finalizzate a garantire una tutela più pregnante alla dignità e alla Pag. 31stessa integrità psicofisica dei minori, il Parlamento si è fatto carico di problematiche strettamente connesse ad una società moderna complessa e globalizzata. La pedofilia telematica configura elementi nuovi e, per certi versi, allarmanti sia in termini comunicazionali ed interattivi, sia in termini organizzativi. È facilmente ipotizzabile che alcuni individui affetti da tale patologia abbiano avuto l'opportunità con Internet di sperimentare la loro perversione fino a quel momento vissuta solo a livello intrapsichico.
Già nel corso del dibattito conclusosi con l'approvazione della legge 3 agosto 1998, n. 269, i lavori parlamentari evidenziarono in modo inequivoco e ben prima che il fenomeno si manifestasse nella virulenza degli ultimi anni quanto era chiara al legislatore l'insidiosità del mezzo telematico per il sistema di tutela del minore dalle offese alla sua integrità psico-fisica. È un confine labile quello su cui ci si muove, un confine tra l'affermazione e la difesa del principio di libertà di comunicazione e la necessità di controllarla, eppure il legislatore ha il dovere di vigilare.
Non si può consentire che le nuove conquiste tecnologiche e culturali possano diventare lo strumento per la diffusione e l'espansione di crimini efferati come la pedofilia; Internet non può diventare il rifugio e lo strumento per i crimini aberranti dei pedofili, è necessario quindi intervenire con decisione, responsabilità e misura.
La pedofilia d'altra parte non è solo questione penale, legata solamente alla dimensione del crimine, è prima ancora questione culturale, deve diventare un crimine esecrabile nella coscienza collettiva, nell'humus di un popolo, una questione svilente, umiliante, vergognosa dalla quale fuggire. Il sempre maggior impegno da parte della Polizia postale nel controllo e monitoraggio della rete dimostra come purtroppo quest'ultima sia utilizzata non solo per la divulgazione del materiale pedo-pornografico, ma anche per la diffusione di una vera e propria apologia del reato di pedofilia. Sempre più frequentemente gruppi di persone deviate disquisiscono di pedofilia tramite la rete, con frasi apologetiche sugli abusi sessuali ai danni dei bambini, in particolare, e di minori in generale. Non a caso creando la nuova fattispecie di istigazione a pratica di pedofilia e di pedo-pornografia si è voluta anticipare la soglia di tutela prevista nel nostro sistema penale, sanzionando per ciò stesso, indipendentemente dalla commissione del reato propagandato, condotte che arrecano offesa a quei valori socialmente e universalmente ritenuti tali per il solo fatto di far credere normale ciò che comunemente viene percepito come aberrante.
Oggetto della tutela penale individuabile nella nuova fattispecie è dunque non solo il sentimento collettivo di sicurezza ma l'ordine pubblico inteso come insieme dei valori fondamentali della collettività turbati dalle condotte sanzionate. Inoltre, l'ingenuità e la vulnerabilità dei nostri bambini e adolescenti, per i quali tali strumenti telematici costituiscono un'importante opportunità di conoscenza, svago e comunicazione, deve assolutamente essere tutelata dalle istituzioni. La creazione di una nuova fattispecie che punisca l'adescamento di minori quale misura preventiva al compimento dell'atto sessuale vero e proprio risulta fondamentale ove si consideri che il potenziale adescatore conosce molto bene le passioni e le abitudini delle vittime. Una tipologia di avvicinamento che, proprio perché svolta in maniera amichevole, è in realtà molto più insidiosa perché mira a carpire la fiducia del soggetto offeso spingendosi fino ad una vera e propria manipolazione psicologica.
L'Unione di Centro per il Terzo Polo ha manifestato un particolare apprezzamento per l'ampliamento del novero delle condotte riconducibili ai reati di prostituzione minorile e pornografia minorile, l'introduzione di una nuova fattispecie penale a carico di chi assiste a esibizioni o a spettacoli pornografici in cui sono coinvolti minorenni, l'estensione dell'ambito soggettivo di applicazione del delitto di atti sessuali con minorenne, l'esclusione della possibilità del patteggiamento in caso di Pag. 32prostituzione minorile e l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato delle persone offese dai delitti di sfruttamento sessuale dei minori, corruzione di minorenne, adescamento di minorenne, tratta di persone, anche in deroga ai limiti di reddito generalmente previsti.
Il testo in esame configura come reato la violazione degli obblighi connessi alle misure di sicurezza e personali, prevedendo la pena della reclusione fino a tre anni, introducendo una disciplina a carattere speciale posto che attualmente il codice penale non configura come reato l'inosservanza della misura di sicurezza. Viene altresì introdotto il nuovo reato di adescamento di minorenne, sanzionato con la pena della reclusione da uno a tre anni, ponendo alla nostra riflessione quanto la Corte costituzionale ha ribadito più volte sulla necessità della proporzionalità della sanzione ai contenuti della fattispecie incriminatrice sotto il duplice profilo dell'esistenza di una proporzione fra fatto commesso e sanzione e dell'uguaglianza di trattamento fra fattispecie simili.
Voglio anche richiamare l'attenzione sull'articolo 5 del testo, che interviene tra l'altro in materia di allontanamento dalla casa familiare, attraverso l'ampliamento del catalogo dei delitti che possono comportare la misura dell'allontanamento dalla casa familiare, a prescindere dai limiti edittali della pena, e che impongono l'assunzione di informazioni da minorenni con l'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile. È una misura opportuna, che punta a tutelare e difendere i minori anche all'interno dalle mura familiari, che non esime però dalla responsabilità di sottolineare, difendere e sostenere il ruolo positivo che la famiglia può e deve svolgere accanto al minore, anche in relazione alle misure da mettere in campo nell'espletamento del proprio compito educativo e di prevenzione. Il Senato, mediando tra diverse opinioni relative alle competenze delle procure, ha limitato la competenza della procura distrettuale all'ipotesi di pornografia minorile mediante divulgazione di materiale e notizie volte all'adescamento e allo sfruttamento sessuale di minori, con l'aggiunta del delitto di istigazione a pratiche di pedofilia e pedo-pornografia. Le restanti fattispecie, ivi compreso il delitto di detenzione di materiale pornografico, sono state invece demandate alla competenza della procura circondariale.
Opportunamente la Camera ha approfondito la questione con un ciclo di audizioni che l'ha indotta a cogliere gli effetti rischiosi di quella scelta e che ha indotto ad una proposta emendativa che impone il ritorno all'altro ramo del Parlamento del provvedimento in esame, che mi auguro però, signor Presidente, senza ulteriori ritardi possa presto vedere la ratifica. Garantire i diritti dell'infanzia sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989, diritti spesso dichiarati ma non sempre garantiti nonostante esprimano il livello di civiltà di ogni Paese: questa è la sfida che dobbiamo e vogliamo vincere. L'augurio è perciò che, a partire dalla Convenzione di Lanzarote, si possa instaurare un patto sociale forte e coraggioso, anche a livello internazionale, affinché la questione infanzia diventi un impegno di tutti i Paesi per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni insieme alle loro famiglie (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo questo pomeriggio arriva in questo ramo del Parlamento in terza lettura, quindi mi rifarò principalmente alle dichiarazioni che abbiamo fatto le volte scorse e anche all'ampia, dettagliata e ricca relazione del relatore. Vorrei ritornare però sulla Convenzione di Lanzarote, con la quale l'Unione europea ha inteso dotarsi di uno specifico strumento giuridico, avente lo scopo di tutelare i minori da tutte le forme di abusi sessuali. Occorre sottolineare il valore fondamentale della Convenzione sottoposta alla ratifica del Parlamento, perché il testo elaborato dal Pag. 33Consiglio d'Europa ha un duplice obiettivo: porre in essere una disciplina organica delle fattispecie di reato volte a proteggere i minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale e, contestualmente, proporre una corposa articolazione di impegni comunitari e nazionali, aventi lo scopo di mettere in campo una solida politica di prevenzione di tali reati, estremamente gravi e dolorosi per le vittime, soprattutto quando si tratta di vittime come i minori, che hanno, se possibile, una ulteriore vulnerabilità. Il testo della Convenzione di Lanzarote è suddiviso in tredici capitoli, il primo di questi definisce l'oggetto stesso della Convenzione, ovvero la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, così come descritti negli articoli successivi, fornendo anche importanti definizioni che saranno oggetto degli approfondimenti successivi a questa ratifica da parte degli atenei, da parte dell'opinione pubblica, da parte dei corpi intermedi, che poi sul terreno hanno il delicato compito di prevenzione, ma anche di recupero delle vittime di questo odioso reato.
In particolare, la Convenzione specifica che per bambino vada intesa ogni persona al di sotto dei 18 anni di età. I successivi capitoli, poi, sviluppano un diffuso sistema di prevenzione, fondato su azioni poste in capo ai singoli Stati, per impedire sul nascere la commissione di possibili reati sessuali a danno di minori.
Qui vorrei sottolineare la delicatezza di questo articolato, che attribuisce responsabilità in capo ai singoli Stati, ma senza dimenticare che, proprio trattandosi di un reato che si compie attraverso l'uso di strumenti informatici quali Internet, vi è un carattere transnazionale che non bisogna sottovalutare. Vi sono mezzi sempre più sofisticati, vi sono strumenti sempre più adeguati anche alla stessa repressione che viene posta in atto, che obbligano, quindi, a guardare la questione non solo dal punto di vista italiano, ma anche dal punto di vista transnazionale.
Dicevo, signor Presidente, che, nel campo della prevenzione, la Convenzione prevede l'istituzione di organismi nazionali e locali per la promozione e la protezione del diritto del bambino, che veniva evocato poc'anzi, la definizione di programmi e strutture per sostenere i bambini vittime di abusi sessuali, l'adozione di misure che permettano la segnalazione di persone e realtà sospette mediante l'attivazione di apposite linee telefoniche o Internet, con operatori capaci di dare assistenza a chi chiama, la predisposizione di programmi di intervento per persone processate e condannate per reati a carattere sessuale a danno di minori, al fine specifico di prevenire possibili recidive.
Accanto a questo diffuso sistema di prevenzione, che è importante, torno a dire, perché non basta l'aspetto penale di repressione per un fenomeno così diffuso, è importante la repressione e il concorso di vari soggetti istituzionali, ma anche di soggetti della società civile, che aiutino tutta la società a reprimere questo reato.
Sono state enunciate dai colleghi che hanno parlato prima di me le novità apportate dal Senato al testo che è stato licenziato per la Camera. Mi riferisco all'inserimento nel codice penale della disposizione che richiede una verifica concreta della pericolosità sociale del destinatario della misura di sicurezza personale. Mi riferisco alla disciplina in modo diverso e graduato dell'interdizione dai pubblici uffici per colui che sia condannato. Infine, mi riferisco all'attribuzione della competenza a varie procure.
Su questo, vorrei ricordare qui che il gruppo del Partito Democratico al Senato si è espresso a favore dell'attribuzione di una competenza unitaria a livello distrettuale, per evitare, appunto, la dispersione di energie investigative e di competenze maturate.
Abbiamo bisogno che la funzione inquirente sia svolta da una procura che abbia le specialità necessarie e che, tra l'altro, non vi sia questo scambio di informazioni tra procure circondariali e distrettuali. Quindi, noi aderiamo, andando alla conclusione, signor Presidente, a questo emendamento che è stato presentato, oltre alle modifiche che sono state apportate in sede referente, perché venga concentrata Pag. 34nella sola procura distrettuale questa materia, per impedire questa grande dispersione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, sono ormai cinque anni che questo disegno di legge di ratifica passa da un ramo all'altro del Parlamento, e ciò dispiace a maggior ragione perché l'Italia - lo voglio ricordare - è stato il primo Paese che ha sottoscritto questa Convenzione; però, oggi, nei fatti, è l'ultimo che può ratificarla. L'atto che è alla nostra attenzione per un'ulteriore lettura - lo ricordo - prevede la ratifica della Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale.
Questa Convenzione, tra l'altro, è entrata in vigore il 1o luglio di due anni fa ed è, di fatto, il primo strumento internazionale con il quale si prevede che gli abusi sessuali contro i bambini siano considerati veri e propri reati.
Oltre alle fattispecie di reato più diffuse in questo campo, che sono già state ricordate ampiamente, come l'abuso sessuale, la prostituzione infantile, la pedopornografia, la partecipazione coatta di bambini a spettacoli pornografici - si fa persino fatica ad elencarle e a parlarne -, questa Convenzione disciplina anche i casi di grooming, ossia l'adescamento attraverso Internet, e i casi di turismo sessuale.
La Convenzione in oggetto delinea anche misure preventive che comprendono lo screening, il reclutamento e l'addestramento di personale che possa lavorare con i bambini al fine di renderli consapevoli dei rischi che possono correre e di insegnare loro a proteggersi, stabilendo anche programmi di supporto alle vittime, incoraggiando la denuncia di presunti abusi e di episodi di sfruttamento e prevede l'istituzione di centri di aiuto via telefono o via Internet.
Le varie indagini di tutela dei minori, almeno per quello che risulta dalla lettura dei giornali e delle riviste, effettuate sui minori non accompagnati e sui casi di prostituzione minorile, hanno evidenziato più volte che ci si trova di fronte a gravissime situazioni in cui i minori sono vittime delle attenzioni sessuali e dello sfruttamento vero e proprio da parte di adulti senza scrupoli. I colleghi intervenuti hanno già illustrato persino le percentuali di questo turpe fenomeno... vi chiedo scusa, ma non riesco proprio a trovare le parole.
Al termine le chiederò di poter consegnare il testo integrale del mio intervento, riservando magari al gruppo Italia dei Valori, in sede di dichiarazione di voto, una più diffusa argomentazione. Vorrei soltanto ricordare che, rispetto al testo che è ritornato dal Senato, sono intervenute alcune modifiche. In particolare: l'inserimento nel codice penale della disposizione che richiede una verifica concreta della pericolosità sociale del destinatario della misura di sicurezza personale, previsione contenuta, tra l'altro, anche nella cosiddetta legge Gozzini; la disciplina diversa e graduata dell'interdizione dai pubblici uffici per colui che sia stato condannato per delitti a sfondo sessuale e in danno di minori; la modifica del catalogo dei delitti attribuiti alla competenza della procura distrettuale.
Proprio rispetto a quest'ultima modifica non si comprende il motivo per cui al Senato si sia deciso di modificare di nuovo la norma a favore dell'attribuzione di una competenza unitaria a livello distrettuale, per evitare la dispersione di energie investigative, tecniche e di competenza maturate. Per tale motivo, nel corso delle sedute della scorsa settimana, le Commissioni riunite II (Giustizia) e III (Affari esteri) della Camera hanno provveduto ad effettuare una serie di audizioni, servite in particolare ad analizzare la questione relativa al riparto delle competenze tra le procure distrettuali e quelle circondariali, secondo quanto previsto dall'articolo 5 del testo al nostro esame, e ad evidenziarne le problematicità a causa dello spezzettamento di tali competenze nello svolgimento delle indagini stesse. Infatti, può verificarsi una concorrenza di indagini tra Pag. 35procure circondariali e distrettuali, sia pure con riferimento ai vari profili, ancorché connessi.
In ragione della natura dei reati di pedofilia e delle modalità con cui essi vengono commessi, sono stati, quindi, approvati degli identici emendamenti per confermare l'attuale ambito di competenza della procura distrettuale, facendovi rientrare anche i nuovi reati introdotti dal disegno di legge in esame, rispetto ai quali la nuova competenza si riferirà necessariamente a fatti posti in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge.
Pertanto, il gruppo Italia dei Valori sostiene convintamente il provvedimento in esame e ne auspica la più celere approvazione, sperando che al Senato non si commetta l'errore o non ci sia la volontà - incomprensibile, con tutto il rispetto per l'altro ramo del Parlamento - di modificarlo di nuovo.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il provvedimento in esame prevede la ratifica della Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale.
Si dettano alcune norme di adeguamento interno volte a modificare in particolare il codice penale, il codice di procedura penale e l'ordinamento penitenziario. Con l'approvazione di questo disegno di legge si potrà intervenire con strumenti più adeguati per sradicare questo crimine odioso ed esecrabile. Voglio soltanto sottolineare alcune punti di questo provvedimento.
L'articolo 4 novella il codice penale. In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per i maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, per i delitti contro la personalità individuale, per la violenza sessuale semplice e di gruppo, per i delitti di atti sessuali con minorenne e corruzione di minorenne, con esclusione delle fattispecie di minore gravità.
Inoltre, il testo approvato dal Senato introduce la nuova fattispecie di reato di istigazione a pratiche di pedofilia e pedopornografia. Il Senato ha anche corretto la fattispecie, prevedendo che la pubblica istigazione a commettere, in danno di minori, uno o più delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, anche se relativi a materiale pornografico per immagini virtuali, turismo sessuale, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, possa essere effettuata con qualsiasi mezzo. Le ragioni o finalità artistiche, letterarie, storiche o di costume non possono essere invocate a scusante di questa condotta.
In particolare, come è già stato evidenziato dalla relatrice Angela Napoli e dai colleghi che mi hanno preceduto, l'articolo 5 reca modifiche al codice di procedura penale. Le Commissioni II e III della Camera, considerata la natura dei reati di pedofilia e le modalità con le quali vengono commessi, hanno preferito privilegiare la competenza esclusiva delle procure distrettuali. Infatti, le Commissioni hanno svolto audizioni in cui è stata evidenziato come lo spezzettamento delle competenze e delle indagini tra procure circondariali e distrettuali renderebbe problematico lo svolgimento delle indagini stesse, in quanto per uno stesso fatto vi sarebbe la concorrenza di indagine di procure circondariali e distrettuali, sia pure con riferimento a diversi profili strettamente connessi. Allora, considerata la natura dei reati di pedofilia e le modalità con le quali vengono commessi, appare a noi preferibile privilegiare la competenza esclusiva delle procure distrettuali.
Concludo, signor Presidente, dicendo che proteggere i minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale è un dovere Pag. 36assoluto di una civile società e, pertanto, mi auguro che questo provvedimento dopo tanto tempo - ricordo che la Camera lo aveva approvato una prima volta il 19 gennaio 2010 - sia approvato rapidamente, in via definitiva, anche perché questo crimine avviene anche a livello transnazionale ed il nostro Paese deve avere tutti gli strumenti per farvi fronte in modo adeguato.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2326-E)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la II Commissione (Giustizia), onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00975 e Cicchitto ed altri n. 1-00986 concernenti iniziative in ambito internazionale e comunitario in relazione alla situazione in Siria (ore 18,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00975 (Nuova formulazione) e Cicchitto ed altri n. 1-00986, concernenti iniziative in ambito internazionale e comunitario in relazione alla situazione in Siria (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state presentate le mozioni Tempestini ed altri n. 1-01082, Dozzo ed altri n. 1-01083, Adornato ed altri n. 1-01084 e Menia e Della Vedova n. 1-01085 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
Avverto, altresì, che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Cicchitto ed altri n. 1-00986. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00975 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi permetto, prima di provare a fare qualche considerazione ed illustrare la mozione specifica sulla situazione in Siria, di esprimere due parole di condanna e di preoccupazione anche per quello che sta avvenendo in Nigeria, dove ogni domenica siamo in presenza di un attacco alle chiese cattoliche da parte del gruppo terroristico BoKo Haram: la preoccupazione è che possa esplodere una guerra civile. La Nigeria, però, ultimamente, si sta caratterizzando anche per numerosi sequestri di occidentali, il che fa pensare che più che le questioni religiose, più che le questioni etniche che sicuramente sono una componente essenziale della grave crisi che c'è in quel Paese, probabilmente a far da struttura e da sfondo a queste problematiche sono anche i preziosi beni del sottosuolo, a cominciare dal gas e dal Pag. 37petrolio, di quel Paese. Quindi, mi rivolgo al rappresentante del Governo che mi ascolta, spero proprio che il Governo sappia farsi interprete di questa preoccupazione nelle sedi internazionali.
Tornando alla situazione in Siria, mi lasci ricordare che tutto è iniziato a Daraa, città nel sud della Siria, quando le proteste anti-regime hanno preso l'avvio il 15 marzo dell'anno scorso. Non a caso quel giorno è stato poi ricordato e riconosciuto come «il giorno della rabbia». In quella occasione è stata anche incendiata la sede del Baath, il partito al potere da quasi mezzo secolo, così come sono stati assaltati e dati alle fiamme il Palazzo di giustizia e alcuni uffici di una delle più influenti compagnie di telefonia mobile di quel Paese. La situazione della Siria oggi appare particolarmente grave, confusa, complessa, per ragioni interne, certo, ma anche internazionali. La dittatura del regime alawita di orientamento sciita di Bashar Al Assad, che ebbe inizio nel luglio del 2000, dopo che questi è succeduto al padre Hafez Al Assad, presidente ininterrottamente dal 1971 al 2000, è fortemente aborrita da una larga parte della popolazione. Le dure repressioni in corso da più di un anno suscitano un crescente rancore nella popolazione, ma il regime ha potuto finora contare sul sostegno o almeno sull'accettazione rassegnata della maggioranza della popolazione: penso soprattutto alla borghesia commerciale sunnita e alle minoranze religiose e nazionali. È un problema anche per la stabilità politica ed economica che ha potuto assicurare negli scorsi decenni. Nondimeno, com'è noto, il regime può ancora contare sul sostegno di Russia e Cina come potenze con diritto di veto - e si è ampiamente visto in seno al Consiglio di sicurezza dell'ONU come questo potere di veto venga utilizzato - ma anche sul sostegno interessato dell'Iran: insomma, un bel terzetto di Paesi che certo non brillano per il rispetto dei diritti umani.
Le rivolte della cosiddetta «primavera araba» dall'inizio dell'anno scorso avevano subito contagiato, dopo la Tunisia e l'Egitto, anche la stessa Siria, lasciando gli osservatori mondiali con il fiato sospeso data l'importanza di quel Paese per i delicatissimi equilibri del Medio Oriente. Il Governo di Damasco ha purtroppo risposto alle legittime richieste di cambiamento con l'uso sproporzionato - forse è un eufemismo - della forza militare e con la sua tipica spietata durezza. Si contano infatti ormai oltre 14 mila vittime secondo parziali stime di Amnesty International ma anche secondo la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite, oltre ad un numero non quantificabile ma sicuramente elevato di feriti. Per quanto poi riguarda i rifugiati, i dati ufficiali dei Paesi limitrofi e le cifre della registrazione dell'UNHCR indicano che sono circa trentamila le persone fuggite negli Stati circostanti, cui si aggiunge una rilevante quantità di siriani che si ritiene siano stati sfollati all'interno del Paese.
Nell'ultimo anno gli operatori dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupano di rifugiati in Giordania, in Libano, in Turchia - ma è il Governo turco, lo sottolineo, a fornire gran parte dell'assistenza ai rifugiati - si sono impegnati per sostenere i Governi e le organizzazioni non governative nel fornire alloggio, assistenza e protezione ai rifugiati. Ma quel che conta di più è che la comunità internazionale continua ad assistere impotente, divisa, incapace di scegliere una strada per reagire. Proprio lo scorso 27 maggio il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si è riunito a porte chiuse per una riunione di emergenza dopo il massacro avvenuto ad Hula, costato la vita a 108 persone tra cui si sono contati 49 bambini, anche se siamo ovviamente costretti a registrare che dopo questa ne sono seguite altre di efferati stragi come quella nella città martire di Homs e altre purtroppo (è facile prevederlo anche se non ce lo auguriamo) ne seguiranno.
Al termine della riunione cui facevo riferimento i membri del Consiglio hanno emesso il consueto e - mi si lasci passare l'espressione - inconcludente, per non dire impotente comunicato di condanna per la strage in cui si accusano le forze del Governo siriano per i bombardamenti. I Pag. 38dubbi sulle responsabilità sollevati soprattutto dalla Russia hanno tuttavia reso più difficile i lavori del Consiglio di sicurezza. Già, la Russia ma anche la Cina, dicevo poc'anzi. Quindi occorre guardare in faccia la realtà. L'intervento in Siria è complicato, problematico, e di fatto non lo vuole nessuno. Si teme che un attacco sunnita al regime di Assad possa accendere la scintilla che potrebbe provocare una guerra regionale, e forse anche tracimare coinvolgendo l'Occidente.
La Russia - lo sappiamo bene - non aveva particolarmente condiviso la risoluzione dell'ONU che aveva dato il via all'intervento della NATO in Libia per proteggere i cittadini libici dal regime, perché poi - l'abbiamo visto - aveva portato alla caduta e al cambiamento del regime di Gheddafi. E oggi la maggior preoccupazione della Russia è che nel caos attuale l'appoggiare un attacco sunnita alla Siria potrebbe essere presagio domani di un attacco all'Iran.
Un noto analista di politica internazionale, un analista russo, tal Karaganov, in un suo articolo - in cui tra l'altro afferma che a proposito della «primavera araba» i regimi che stanno arrivando al posto loro non sono poi di gran lunga migliori e hanno una forte componente islamica - ha citato la famosa frase di Nixon sul dittatore nicaraguense Somoza. Nixon disse: Somoza sarà un «figlio di» ma è il nostro «figlio di», e credo che questo ci possa illuminare a sufficienza sulla natura del sostegno al regime siriano così politically uncorrect ma ritenuto essenziale per la sicurezza internazionale.
Da notizie non verificate sembra che il Governo russo stia addirittura inviando elicotteri al regime di Assad e quindi ne approfitto per chiedere lumi al Governo, anche su questo aspetto. Di fronte alle proteste popolari e alla dura repressione di questi ultimi mesi non si può dunque più chiudere gli occhi neppure da parte italiana, malgrado i rilevanti interessi che abbiamo nell'area. Purtroppo invece siamo costretti ad assistere sostanzialmente non solo ad una nostra difficoltà di intervento ma alla paralisi della comunità internazionale, dell'ONU, delle grandi potenze. Dunque la crisi siriana rimane da troppo tempo in una pericolosa situazione di stallo. Sono vicende già accadute, esperienze già vissute purtroppo, è accaduto già in Libano, poi in Iraq, adesso in Siria. Insomma si delinea, anche se appare già conclamata nei fatti, una sorta di guerra civile di tutti contro tutti, compresi e inclusi gli efferati e devastanti attentati dinamitardi a cui si assiste da troppo tempo.
Chi sono i responsabili? C'è chi parla dei servizi segreti del regime, chi dei suoi alleati sciiti, chi di agenti appartenenti a Stati e a gruppi di osservanza sunnita. Mah, chi lo sa? La vera domanda è provare ad immaginare che fare. Il piano in sei punti di Kofi Annan, che tra l'altro contava di ottenere la cessazione delle violenze, il rilascio delle persone arrestate, il riconoscimento delle legittime aspirazioni del popolo siriano e l'assistenza umanitaria ed altro, è di fatto naufragato.
Le misure finora adottate dalla comunità internazionale (due risoluzioni, tra l'altro a breve distanza l'una dall'altra, la n. 2042 del 14 aprile e la n. 2043 del 21 aprile) si sono dimostrate del tutto insufficienti e, soprattutto, assolutamente poco incisive. Penso soprattutto all'invio di osservatori dell'ONU disarmati. Non poteva essere diversamente, però contro di essi sono stati sparati anche colpi di arma da fuoco. Tra l'altro, proprio questa settimana, nelle Commissioni riunite III e IV, esteri e difesa, saremo chiamati a convertire in legge il decreto-legge n. 58 del 15 maggio scorso che prevedeva, appunto, la partecipazione italiana, dei nostri militari, come osservatori delle Nazioni Unite. Il testo è già approvato dal Senato, ma, come abbiamo avuto modo di vedere, non mi sembra che questa iniziativa abbia scosso più di tanto il regime di Assad, malgrado anche la Lega Araba lo abbia ormai abbandonato ancorché contraria a eventuali prove di forza. La missione deliberata, United Nations Supervision Mission in Syria, della durata iniziale di novanta giorni, sulla quale già in precedenza le Nazioni Unite avevano firmato un protocollo Pag. 39d'intesa con il Governo siriano, sarà oggetto di una frequente periodica valutazione da parte del segretario dell'ONU che riferirà al Consiglio, soprattutto in ordine all'effettivo rispetto del cessate il fuoco che, però, finora non c'è stato, se non in maniera parziale.
Purtroppo, c'è anche da registrare, in questo momento, la decisione del capo degli osservatori, il norvegese Robert Mood, di sospendere le operazioni a causa dei gravi rischi per l'incolumità di questi osservatori. Insomma, la situazione è davvero drammatica. Certo, alcuni Paesi del Golfo, e penso soprattutto all'Arabia Saudita e al Qatar, stanno aiutando, con la fornitura di armi e denaro, l'opposizione al regime siriano, ma non va dimenticato che questa risulta essere altamente frammentata al proprio interno e il suo esercito di liberazione manca di una base territoriale come quella di cui disponevano, ad esempio, gli insorti di Bengasi. Da qualche parte si è invocato anche un intervento militare, ma perché? Ovviamente parlo a titolo personale, ma anche come gruppo dell'Italia dei Valori, contrario a questa ipotesi. Mi sembra che sia ampiamente condivisa l'analisi sulla pericolosità di tale opzione, senza considerare che scatterebbe il veto assoluto di Russia e Cina, passando per la contrarietà della Lega Araba e che il conflitto potrebbe poi rapidamente estendersi pericolosamente al confine con il Libano dove sono già in atto fibrillazioni militari. E l'Italia - è bene ricordarlo, anche se lo sappiamo - è presente in Libano con un contingente e, addirittura, detiene il comando della coalizione. In ogni caso, il ricorso all'opzione militare è stato respinto anche dal nostro Ministero degli esteri. Una soluzione percorribile avrebbe potuto essere quella prospettata da Turchia e Francia, ovvero l'apertura di un corridoio umanitario che, però, non ha trovato consenso in seno al Consiglio di sicurezza dell'ONU che, ormai, è diventato una sorta di foglia di fico dietro al quale ciascuno nasconde o evidenzia, a seconda dei punti di vista, la propria impotenza. Siamo certamente tutti pronti e bravi ad indignarci per il genocidio in atto, salvo però poi arrancare alla ricerca della volontà di agire concretamente, avendo anche ben presente la complessità del quadro regionale in cui si colloca la crisi siriana e la profonda crisi economica e finanziaria che si aggrava sempre di più a livello globale.
Insomma, è inutile negare l'impasse in cui si trova l'Occidente e si può proprio dire che il pallino effettivamente è nelle mani della Russia e della Cina. Proprio la Russia, tra l'altro, ha presentato, attraverso il suo Ministro degli esteri, una proposta per l'avvio di una conferenza internazionale sulla Siria il cui scopo - cito testualmente - «deve essere finalizzato a contribuire agli sforzi per fermare il bagno di sangue e lanciare un processo politico all'interno del quale gli stessi siriani decideranno il futuro del loro Paese». Una conferenza con i principali partner internazionali a cui si starebbe lavorando per il 30 giugno a Ginevra, ma la situazione è un tale susseguirsi di ipotesi che è bene misurarne la portata, anche perché non è chiaro se si tratta della costituzione di un gruppo di contatto, così come ha auspicato il mediatore Kofi Annan, aperto eventualmente anche all'Iran, o di qualcos'altro. Ma venendo alla chiusura, alla fine di questa mia illustrazione, che cosa ci siamo riproposti, che cosa ci proponiamo con questa nostra mozione?
Intanto vogliamo impegnare il Governo a farsi promotore, nelle opportune sedi internazionali, a partire dalla considerazione della nostra posizione strategica nel Mediterraneo che peraltro è stata un punto qualificante del Ministro degli affari esteri dopo l'insediamento del Governo Monti, di voler riattivare e rafforzare il ruolo dell'Italia come attore protagonista di questo processo euromediterraneo lasciato languire negli ultimi anni e a farsi promotore di iniziative volte a favorire un deciso intervento diplomatico, di concerto con le istituzioni europee, per rafforzare la pressione internazionale sul regime siriano per far cessare qualsiasi atto di violenza nei confronti della sua popolazione, assicurare un forte sostegno politico Pag. 40alla già fragile e composita opposizione siriana nella direzione di evitare un'ulteriore degenerazione della situazione; a far sì che il Consiglio di sicurezza dell'ONU si pronunci nel più breve tempo possibile nel senso di fornire una più stringente e decisa risposta all'inaccettabile susseguirsi delle violenze; a valutare la possibilità di avviare una missione di peacekeeping congiunta ONU-Paesi arabi; a prevedere l'aumento del numero degli osservatori militari già previsti dalla risoluzione n. 2043 e a rafforzare il senso del mandato di questa missione; ad adoperarsi nelle sedi internazionali per sostenere con forza che la commissione internazionale indipendente di inchiesta, istituita dall'ONU, possa entrare in Siria e verificare denunce di violazione commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto.
Ho concluso, signora Presidente, le sarei grato se lei mi permettesse di aggiungere una sollecitazione al Governo, se non addirittura un impegno da formulare in calce alla nostra mozione. La questione è la seguente: chiediamo formalmente il ritiro dell'onorificenza di cavaliere di gran croce al merito della Repubblica conferita al dittatore siriano in data 11 marzo 2010 dal Presidente della Repubblica. Lo chiediamo in base a quanto prevede la legge 3 marzo 1951, n. 178 per indegnità, come prevede l'articolo 5 della legge stessa e l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1952, n. 458. Sarebbe un fatto quanto mai significativo non soltanto sul piano delle relazioni bilaterali ma addirittura sul piano internazionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta, che illustrerà anche la mozione Cicchitto n. 1-00986 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signora Presidente, «la situazione di violenze armate ci impedisce di portare avanti il nostro mandato». Sono queste le parole pronunciate l'altro ieri dal capo della missione ONU in Siria che ha aggiunto: «ogni giorno sono uccisi civili inermi, donne, anziani, bambini e anche gli osservatori ONU sono sottoposti a rischi notevoli». La missione UNSMIS era iniziata dopo che il presidente Assad e i ribelli avevano accettato il piano di Kofi Annan in sei punti. Ma le stragi sono continuate. La protesta dilaga e la repressione attuata dal regime con il ricorso a carri armati e ad armi pesanti da parte della polizia assume l'aspetto di un vero massacro. Il 25 maggio scorso i carri armati del regime hanno agito bombardando Hula e hanno provocato più di cento morti tra cui molti bambini e a fronte di questa angosciante situazione umanitaria la comunità internazionale ha agito con il piano Kofi Annan, con l'embargo petrolifero decretato dall'Unione europea e con l'espulsione il 29 maggio da parte di Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra dei rappresentanti diplomatici siriani, considerati persone non gradite. Con tale azione diplomatica questi Paesi hanno affermato che Assad non può più restare alla guida della Siria. Anche la Turchia con il Primo Ministro Erdogan ha dichiarato che il regime di Assad è giunto alla fine. Bisogna dire che queste misure si sono dimostrate insufficienti e incapaci di risolvere la situazione siriana che si trova in una fase di impasse.
Da questo punto di vista, sempre a livello internazionale e, in particolare, sul piano europeo, credo che si possano notare divergenze circa le posizioni e gli atteggiamenti da assumere. L'Unione europea non ha avuto univoci intenti e la sua azione - come scriviamo nella nostra mozione - è stata debole ed incapace di indurre i grandi attori internazionali - penso, per esempio, alla Repubblica popolare cinese e alla Russia - ad atteggiamenti responsabili rivolti all'uscita di scena di Assad, in modo tale da porre fine alla violenza, ai massacri e alle torture di quel regime.
Questo è il punto fondamentale: questa carenza europea deve essere colmata. L'Unione europea deve poter agire in modo coeso in uno scacchiere strategico e vitale, quale è il Mediterraneo e il Medio Oriente, attraverso intese capaci di affrontare Pag. 41le sfide della sicurezza, dello sviluppo, dell'arricchimento culturale e dell'evoluzione democratica nelle istituzioni e nelle società di quell'area. La Lega araba, invece, ha dimostrato, in questi frangenti, la volontà di mettere in atto azioni finalizzate alla ricerca di un più ampio consenso e di un maggiore sostegno ai popoli della regione. Il sostegno al cosiddetto piano Annan ne è un esempio molto evidente.
Ci sembra, pertanto, utile e necessario che Unione europea e Lega araba siano congiuntamente protagoniste di un dialogo ampio e paritario per affrontare i temi urgenti e concreti della cessazione immediata delle violenze in Siria, anche in un quadro più generale di ricerca della sicurezza e dello sviluppo economico, sociale e democratico dell'area mediterranea e mediorientale. L'Italia, a nostro avviso, può e deve rivendicare lo svolgimento di questa iniziativa con l'Europa attraverso un vertice fondativo Unione europea-Lega araba capace di definire un patto concreto di assunzione di reciproche e paritarie responsabilità.
Questa intesa guida avrebbe anche l'opportunità di aggregare ulteriori attori, quali, per esempio, la Turchia, gli Stati Uniti d'America e, soprattutto, la Russia: soggetti questi e attori indispensabili per affrontare concretamente la soluzione di una crisi complessa e difficile come quella siriana, oltre alla possibilità di normalizzare un'area quanto mai complessa, quale quella del Medio Oriente e del Mediterraneo. Ciò proprio perché l'azione e la capacità di intervento della Lega araba si sono dimostrate efficaci e in grado, quanto meno, di ricercare un consenso più ampio in sostegno ai popoli della regione durante e dopo le fasi conclusive dei regimi e nell'attuale drammatica e non risolta crisi siriana.
Onorevoli colleghi, l'Italia vive immersa nel Mediterraneo: noi abbiamo il dovere di promuovere nelle sedi competenti una serie di iniziative che dimostrino la volontà dell'Europa di essere tale; abbiamo il dovere di pretendere, così come sono stati correttamente richiesti i sacrifici economici, l'affermazione di una politica estera a tutti gli effetti comune. Di fronte al dramma siriano, almeno fino ad ora, l'azione dell'Unione europea è stata debole ed incapace, come debole e contraddittoria è stata nel caso del dramma libico e tunisino, quando alcuni Paesi europei hanno chiuso le loro frontiere, lasciando che solo altri si assumessero il dovere morale di fare fronte all'emergenza umanitaria in corso in quei frangenti.
Non è certo questa l'Europa che vogliamo, tuttavia, credo che possiamo chiedere e pretendere durissimi sacrifici, ma a condizione che l'Europa possa anche svolgere un'azione più ampia a livello internazionale, soprattutto, nell'area che le compete, cioè l'area del Medio Oriente e del Mediterraneo. Serve - e concludo, signora Presidente - un'Europa capace di rivendicare il primato della politica e, soprattutto, capace di affermare il diritto di esercitare una politica davvero comune, anche e, soprattutto, in politica estera.
Per tutti questi motivi abbiamo chiesto, e chiediamo, con riferimento specifico alla questione siriana, al nostro Governo di promuovere un'iniziativa politica con cui Unione europea e Lega araba insieme sviluppino una sempre maggiore sinergia sui temi concreti della cessazione immediata delle violenze in Siria, ma chiediamo anche che si faccia promotore nelle sedi comunitarie di tutte quelle iniziative necessarie affinché l'Europa possa davvero parlare con una voce sola.
Signora Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci, che illustrerà la mozione Tempestini n. 1-01082, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, oggi parlare di Siria, come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, purtroppo vuol dire parlare di numeri e di numeri tragici. Vuol Pag. 42dire parlare di oltre 10 mila civili uccisi da un regime che sta massacrando il suo popolo, usando tutte le armi di cui dispone: l'artiglieria, i carri armati, gli elicotteri contro la sua stessa popolazione.
Negli ultimi mesi numerosi sono stati gli appelli e le denunce di organizzazioni internazionali in merito alle gravi violazioni, in particolare nei confronti di donne e bambini, e la stessa Lega araba ha avanzato la proposta di un'inchiesta internazionale sui crimini contro i civili commessi in Siria, in particolare nelle città di Homs e poi anche nella città di Hula, resa bersaglio di gravi bombardamenti.
Certo, non è una situazione nuova la tragedia che vediamo consumarsi a Damasco e nelle altre città siriane. L'abbiamo già vista in Libia e l'abbiamo già vista in Egitto. La violenza contro il popolo che protesta e chiede il cambiamento è l'inevitabile cifra tragica della lotta per la libertà alla democrazia e alla dignità, parola cara ai popoli arabi che hanno avuto con coraggio questa straordinaria «primavera araba».
Appare così evidente e così doveroso alle nostre coscienze democratiche intervenire per porre termine a una violazione così intollerabile dei diritti dell'uomo, a una violenza così indiscriminata nei confronti dei propri cittadini. È così lampante che siamo di fronte ad uno di quei casi di responsibility to protect del dovere giuridico internazionale, oltre che morale, di salvaguardare l'integrità delle popolazioni in difficoltà per cui deve essere la comunità internazionale a farsi carico della protezione degli uomini e delle donne di fronte a un Governo che non solo non può assolvere più a quel compito, ma che anzi diventa il nemico e il vessatore del proprio popolo.
Ed è da questo senso di urgenza, da questa volontà di assumersi le proprie responsabilità, che scaturisce la giusta pronuncia, dura e unanime, del Parlamento italiano contro il comportamento della Presidente Assad e delle sue milizie. Eppure proprio noi, che siamo convinti della nostra responsabilità di tutelare, attraverso le Nazioni Unite e gli altri strumenti della comunità internazionale, i diritti dell'uomo promuovendo lo Stato di diritto e l'estensione delle garanzie democratiche, proprio noi dobbiamo acquisire una dimensione politica dell'internazionalismo democratico.
Dobbiamo saper distinguere situazioni geopolitiche diverse, renderci conto della praticabilità delle soluzioni, sapere che quello che è stato possibile in un luogo potrebbe non essere replicabile in un altro. Cadremmo, se non lo facessimo, negli eccessi della dottrina bushista dell'esportazione della democrazia con tutti i frutti avvelenati che essa ha portato con sé, oppure non riusciremmo a rispondere alla obiezione, qualunquista e furba, che in nome di una coerenza astratta chiede interventi militari dovunque solo per ottenere egoistica e irresponsabile azione in ogni dove.
Non ci sono consentite invece superficialità e generalizzazioni. La crisi siriana, lo ricordiamo nella nostra mozione, si iscrive in un contesto regionale critico. Il rischio evidente è che in Libano il fondamentalismo qaedista, il ruolo della Siria nel conflitto israelo-palestinese, il conflitto sannita-sciita sullo sfondo e persino la recente improvvisa crisi politica egiziana con lo scioglimento del Parlamento a Il Cairo rendono particolarmente complesso l'intervento internazionale, soprattutto collegano la situazione siriana al più grande scenario della redistribuzione di ruoli e pesi nel Medio Oriente.
È un gioco che si sta giocando a Mosca nelle trattative sul nucleare iraniano e i cui protagonisti sono, oltre Iran, Israele e i Paesi sanniti, la Russia e gli Stati Uniti, con l'Europa in un ruolo di comparsa e l'Italia fuori dalla stanza, vista la perdurante e intollerabile esclusione del nostro Paese dal formato negoziale «cinque più uno» che include, oltre a Parigi e Londra, Berlino, ma esclude Roma.
Non solo, il peso della tessera siriana nel mosaico medio-orientale è maggiore di quello della Tunisia, della Libia o dello Yemen. Dobbiamo anche ricordare che il regime di Assad, nonché il suo esercito, sono più forti, più solidi e organizzati che Pag. 43quello di Gheddafi. Sono più protetti internazionalmente di quello di Ben Ali e soprattutto l'opposizione siriana appare più divisa e meno omogenea ed efficace di quella egiziana.
La conoscenza e la giusta consapevolezza, non sono però sinonimo di immobilismo, di incertezza, di inazione, né tanto meno di paura. Sarebbe politicamente stupido e superficiale pensare che chi accantona le soluzioni meno realistiche e avventate, vuole conservare lo status quo. Se anche diciamo che l'uso della forza deve davvero restare l'estrema ratio, con il forte impegno a non ricorrervi mai, non diciamo che questo regime possa restare al suo posto.
L'Italia ha dato segnali chiari ed inequivocabili per fare capire non solo da che parte sta - quella del cambiamento e della libertà dei siriani - ma per far capire che intende giocare il suo ruolo in Medio Oriente, aiutare i siriani a compiere la transizione, non starsene fuori dalla stanza ad ascoltare gli altri, ma far valere il proprio ruolo da protagonista nel Mediterraneo. L'Italia ha partecipato e ha applicato prontamente le misure sanzionatorie assunte dalla comunità internazionale. Ha promosso e ha adottato decisioni rilevanti, come l'espulsione dell'ambasciatore siriano a Roma.
Con un decreto, che sarà convertito nelle prossime settimane da quest'Aula, ha deciso di inviare osservatori non armati per partecipare alla missione, probabilmente insufficiente, delle Nazioni Unite in Siria. Ha organizzato e gestisce operazioni di aiuto e sostegno, anche se non adeguatamente visibili, alla popolazione siriana sfollata e in difficoltà. Non dimentichiamo poi che l'Italia guida la missione militare delle Nazioni Unite nel vicinissimo Libano, antica provincia siriana.
Oggi il Parlamento italiano si esprime con una mozione e indica una strada. La soluzione è quella della costruzione di una compattezza della comunità internazionale che faccia una pressione unitaria e convergente sul regime di Assad, per tagliargli le unghie ed aprire una via diplomatica che oggi sembra francamente preclusa nonostante gli sforzi dell'ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan.
In questo senso due cose sono chiare. Da una parte la Russia, se vuole mantenere le sue aspirazioni ad un ruolo di primo piano in Medio Oriente, non può continuare con un sostegno acritico al regime di Assad, sempre più indebolito ed oggetto di condanna da parte della comunità internazionale. Dall'altra occorre stimolare una maggiore responsabilità e affidabilità internazionale dell'Iran, attore regionale ineliminabile, che permetta di pensare ad un equilibrio di influenze e pesi politici nel grande conflitto tra sanniti e sciiti che non strangoli le aspirazioni alla libertà dei popoli, stabilizzi l'area e non attenti all'esistenza o all'indipendenza dei diversi Stati.
Crediamo poi che occorra rafforzare l'opposizione democratica siriana, sottrarla alle influenze più pericolose del fondamentalismo religioso, garantirgli maggiore unità e legittimazione e auspichiamo che l'Italia, come fa la Francia, abbia interlocutori affidabili nel Consiglio nazionale siriano che cerca di rappresentarla. Ancora, puntiamo su un rilancio del piano Annan, come ha autorevolmente detto il nostro Ministro degli esteri in una recente intervista, a patto che sia effettivamente messo in opera, al fine di tutelare la popolazione e scongiurare la discesa del Paese in un'aperta e devastante guerra civile.
Onorevoli colleghi, signor sottosegretario, forse la Siria è divenuta davvero il ring del mondo, come dice il gesuita Paolo Dall'Oglio, espulso da quel Paese dopo 30 anni di splendida testimonianza di amicizia e di dialogo interreligioso. L'Italia e il nostro Parlamento devono avere la forza politica e morale non di salire su quel ring ma di farne scendere i contendenti. È necessario allontanare i perdenti che accanitamente si ostinano a continuare una violenza disperata contro il proprio popolo e far riconciliare chi ha in mano solo pezzi singoli del mosaico culturale e religioso siriano, convincendoli che un Paese si costruisce insieme, nella tolleranza reciproca Pag. 44e non sostituendo gli oppressori di un tempo con nuova intolleranza, nuova discriminazione e nuovo odio.
Spero che il nostro Paese, l'Europa e la comunità internazionale possano essere, un giorno, all'altezza di costruire un Mediterraneo veramente di pace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Togni, che illustrerà la mozione Dozzo ed altri n. 1-01083, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

RENATO WALTER TOGNI. Signor Presidente, come hanno già illustrato bene ed esaurientemente i colleghi prima, la situazione in Siria la conosciamo drammaticamente tutti. Dal marzo 2011 è in corso un processo insurrezionale che è ormai sfociato in una guerra civile vera e propria.
Si contrappone al regime di Damasco, guidato da Bashar al Assad, un gruppo assai composito di organizzazioni d'opposizione, tra le quali figurano le emanazioni locali della fratellanza musulmana, movimenti di ispirazione salafita e wahabita, quali gruppi riconducibili alla galassia di Al Qaeda ed altri, che non fanno mistero di puntare alla liquidazione della minoranza sciita alawita e all'espulsione dei cristiani dalla Siria.
Le deprecabili violenze messe in atto dal regime di Assad si affiancano, in questo modo, alle provocazioni poste in atto dalle opposizioni, in cui si annidano anche focolai terroristici, se è vero come è vero che Ayman Al Zawahiri, attuale capo di Al Qaeda, ha lanciato un appello per chiedere a tutti i musulmani di accorrere alla rivoluzione contro il regime di Assad. Aumentano i sospetti che alcune azioni violente siano state attribuite al regime ma, in realtà, sono state provocate probabilmente da ribelli, per obbligare moralmente le comunità internazionali ad un nuovo esercizio della cosiddetta «responsabilità di proteggere», cioè ad un intervento militare internazionale a fianco degli insorti. Tale intervento non ha finora avuto luogo per l'impossibilità di raggiungere un accordo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove Russia e Cina esercitano il proprio veto e neanche la Lega araba, che pure rifornisce di armi e di denaro i ribelli, si dichiara, appunto, a favore dell'intervento.
Crescono, però, le dichiarazioni di condanna anche da parte del nostro Governo, che potrebbe fare intravedere l'ineludibilità di un intervento militare anche in mancanza di una posizione unitaria a livello internazionale, definita in un preciso mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nessuna azione militare può, però, essere autorizzata dal nostro Paese senza un chiaro indirizzo parlamentare al Governo né al di fuori della Carta delle Nazioni Unite e, tanto meno, dovrebbe ripetersi il vergognoso gioco delle «tre carte», che ha portato all'intervento in Libia, deciso in segreto in alcune cancellerie occidentali, nascosto al nostro Parlamento e, infine, sanato fraudolentemente da un'ambigua risoluzione ONU. Non è ancora chiaro sino a che punto il Governo italiano intenda spingersi nel sostenere la causa dell'insurrezione in atto in Siria.
Nell'attuale situazione di crisi economica, che sta investendo pesantemente il nostro Paese e che già impegna le nostre finanze in uno sforzo solidale in ambito europeo a sostegno di partner in difficoltà, le 22 missioni internazionali attualmente in essere e in cui il nostro Paese prende parte a vario titolo comportano costi per un miliardo 400 milioni di euro, un onere forse doveroso in condizioni normali ma che, forse, non ci possiamo permettere oggi.
Pertanto, la Lega Nord Padania impegna il Governo a non assumere, a livello internazionale, alcun ulteriore impegno militare, ancorché a carattere umanitario, senza un dibattito parlamentare esaustivo, preventivo a qualsiasi negoziato in tal senso in sede internazionale e senza un preciso e puntuale mandato delle Camere.
Vogliamo inoltre che il Governo sia impegnato a non prendere parte ad iniziative internazionali a carattere militare senza un preventivo mandato in tal senso da parte del Consiglio di sicurezza delle Pag. 45Nazioni Unite ed infine, in caso le circostanze impongano comunque un impegno militare nazionale nostro in Siria, a compensarne il costo eventuale con la parallela riduzione degli oneri connessi al mantenimento dei contingenti dislocati in altri teatri, a partire da quello dell'Afghanistan.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova, ma non lo vedo in Aula e si intende, pertanto, che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Adinolfi a cui do volentieri, per la prima volta, la parola. Ne ha facoltà.

MARIO ADINOLFI. Signor Presidente, oggi nella città martire di Homs i morti sono stati trentaquattro, ieri, sempre a Homs, i morti sono stati sessantasette. Nella città di Duma sono state uccise sei persone, tra cui due bambini. Non so fino a quando, signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la comunità internazionale potrà - rispetto a criteri di prudenza che sono comprensibili perché la situazione è estremamente complessa - continuare a sopportare questo stillicidio enorme. Sopportare vuol dire tacere e fingere che queste cose non avvengano. Queste cifre sono significativamente tragiche perché completamente sottovalutate, perché completamente non percepite.
Non è notizia di oggi che trovate sui giornali, eppure la notizia dell'ultima strage di Homs è stata diramata cinque ore fa. Lo ripeto: si tratta di una strage di trentaquattro persone di lunedì, che fa seguito ad un'altra strage di domenica di sessantasette persone nella stessa città e non stiamo parlando certamente di New York - per capirci - in termini di proporzione di popolazione. È un massacro sistematico che pretende la reazione da parte della comunità internazionale. In questa reazione c'è un ruolo importante che può svolgere l'Italia.
Mi rivolgo direttamente alla sensibilità del sottosegretario Staffan de Mistura, di cui conosco intelligenza e competenza, mi rivolgo - anche se non è presente qui - al Ministro Terzi: l'Italia deve diventare protagonista di un'iniziativa internazionale - hanno detto bene i colleghi che hanno illustrato le prime due mozioni - che sappia compattare la comunità internazionale attorno alla condanna nei confronti del regime di Assad, sicuramente non possiamo continuare a vedere snocciolati, giorno dopo giorno, dati di incredibile tragedia nell'indifferenza sostanziale dell'Unione europea, dei partner della Lega araba, in una inazione che diventa inevitabilmente complice e parzialmente colpevole.
Credo che, da questo punto di vista, il Parlamento italiano abbia con oggi - ed è il motivo per cui sono stato molto lieto di avere come impegno nella prima giornata da parlamentare quello di poter prendere parte a questa discussione - assunto una porzione di responsabilità. Questa porzione di responsabilità ricade ora immediatamente sul Governo qui ben rappresentato.
Signor sottosegretario, si faccia, lei in prima persona, interprete di un'azione che sappia cogliere la tragicità dei dati che ho citato. Stiamo parlando della morte di 14 mila civili in grandissima parte giovani e giovanissimi, di centinaia di bambini, di una rivolta nata - sapete quanto a me sia caro il tema - via Twitter, via rete, dove le formule di comunicazione contemporanea hanno svolto un ruolo decisivo per far risvegliare coscienze assopite in una condizione di regime dittatoriale: non lasciamo sole queste persone perché il massacro è talmente grave e talmente pesante che grida davvero a questo punto vendetta davanti alla comunità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

Pag. 46

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo si riserva di intervenire anche successivamente, ma ritengo che, viste le importanti, elaborate, utili ed efficaci analisi fatte dai vari deputati su questo argomento, esse meritino la nostra attenzione. Debbo complimentarmi per gli spunti, i punti toccati e la maniera con cui l'argomento in questione è stato analizzato; credo che non avremmo potuto fare una analisi migliore di quella che avete fatto voi, e mi rivolgo a tutti colori i quali hanno parlato mettendo in risalto alcuni punti in particolare.
Quindi, da parte nostra, non possiamo che prendere atto del vostro appello; avrei vari appunti da fare, ma francamente li avete già fatti voi e questo dimostra doppiamente, quanto siano concordanti le nostre posizioni. Io stesso - ho ragione di ricordarmelo - sono stato varie volte in Siria, ho visto con ammirazione e rispetto la forza della popolazione, della gente comune che sta soffrendo. Li conosco, li ho visti anche prima, quando non era in corso questa rivolta. Sono stato recentemente a Ginevra per incontrare il team di Kofi Hannan e vedere quali sono le loro opzioni, e continueremo a lavorare molto attivamente anche sulla base dello stimolo che ci state dando.
Mi fermo qui perché ci saranno altre opportunità per intervenire, comunque abbiamo molto ben recepito - anche io personalmente - i vostri messaggi (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, faccio un richiamo all'articolo 36 del Regolamento. Ho udito, nel corso della discussione, che lei ha annunciato l'intervento dell'onorevole Della Vedova, che in quel momento non era presente in Aula. L'onorevole Della Vedova non era presente nell'elenco degli iscritti a parlare che viene dato all'inizio della seduta, quando ormai si è composto l'elenco delle iscrizioni a parlare; presumo che sia stato aggiunto in ragione di una sorta di prassi che prevede la possibilità di presentare in corso d'opera delle mozioni, e quindi automaticamente di illustrarle.
Ovviamente nulla di personale nei confronti del collega Della Vedova, anche perché sappiamo che ciò è già accaduto, però io la prego formalmente, signor Presidente, di sottoporre alla Giunta per il Regolamento un aspetto sintomatico di questa situazione, perché sono un po' le cose all'italiana: si fanno delle regole e poi si trova il modo di aggirarle. Lei sa bene che l'articolo 36 al comma 1, quando stabilisce qual è il momento, la dead line per iscriversi a parlare in discussione sulle linee generali, senza prevedere differenziazioni - che siano progetti di legge, mozioni o altro - ad un certo punto dice chiaramente che se è stato approvato il calendario dei lavori a norma dell'articolo 24 - cosa che è accaduta - le iscrizioni a parlare nella discussione sulle linee generali di un argomento compreso nel calendario stesso devono intervenire non meno di un'ora prima dell'inizio della discussione.
È del tutto evidente, signor Presidente, che questo limite - che è un limite evidente - può non precludere il fatto che si presentino delle mozioni dopo l'inizio della seduta, - anche se secondo me sarebbe bene che la Giunta per il Regolamento assumesse la decisione che anche per la presentazione dei documenti la dead line che è prevista dal Regolamento per le iscrizioni a parlare riguardi anche la possibilità di presentare le mozioni, anche perché questo probabilmente semplificherebbe le cose per gli uffici, per ciò che riguarda le ammissibilità e per tutto quello che comporta l'organizzazione dei lavori. Ma a mio avviso è del tutto evidente che, qualora non si accedesse a questa interpretazione, cioè che si possono presentare documenti anche dopo l'inizio della seduta, nella fattispecie mozioni, questo non può essere lo strumento attraverso il quale Pag. 47aggirare una norma stabilita dal Regolamento, che prevede che bisogna iscriversi a parlare un'ora prima della seduta. Quindi, la pregherei, in via prioritaria, di porre alla Giunta per il Regolamento questo ragionamento, secondo il quale, a mio avviso, dovrebbe essere considerato questo termine di un'ora prima della seduta, anche per la presentazione di documenti. Qualora invece, in base alla prassi, si volesse stabilire che possono essere presentati documenti anche dopo l'inizio della seduta, questo però non può diventare lo strumento per aggirare la norma regolamentare che impedisce a tutti gli altri di iscriversi, se non un'ora prima della seduta. Questa sarebbe, anzi è obiettivamente, non solo una distorsione, ma a mio avviso, una violazione del Regolamento.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, come lei ha avuto modo di sottolineare durante il suo intervento, è la prassi che ci ha guidato fino a questo momento nel consentire a chi presenta una mozione di poterla illustrare durante la discussione sulle linee generali iscrivendosi a parlare anche successivamente all'inizio della seduta. Comunque, giustamente lei chiede di sottoporre la questione alla Giunta per il Regolamento, e sarà mia cura provvedere in questo senso.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 19 giugno 2012, alle 15:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile (C. 5203-A).
- Relatori: Distaso, per la I Commissione; Margiotta, per l'VIII Commissione.

2. - Discussione di una domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Remo Di Giandomenico, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 10-A).
- Relatore: Dionisi.

3. - Discussione di una domanda di autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici della deputata Polidori (Doc. IV, n. 17-A).
- Relatore: Samperi.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970, Ossorio ed altri n. 1-01011 e Iannaccone ed altri n. 1-01060 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Moffa, Antonino Foti, Damiano, Poli, Paladini ed altri n. 1-01034 e Fedriga ed altri n. 1-01067 concernenti iniziative a tutela dei lavoratori esposti all'amianto nello stabilimento Goodyear di Cisterna di Latina e dei familiari delle vittime.

6. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 850 - D'iniziativa dei senatori: LI GOTTI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (Approvata dal Senato) (C. 5058).
- Relatore: Stefani.

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7. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 849 - D'iniziativa dei senatori: LI GOTTI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999 (Approvata dal Senato) (C. 3737).

e dell'abbinata proposta di legge: DI PIETRO ed altri (C. 1787).
- Relatore: Renato Farina.

8. - Seguito della discussione della proposta di legge:
DI PIETRO ed altri: Disposizioni penali in materia di società e consorzi (C. 1777-A).

e dell'abbinata proposta di legge: DI PIETRO e PALOMBA (C. 1895).
- Relatore: Palomba.

9. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00898, Narducci ed altri n. 1-01037, Miccichè ed altri n. 1-01039, Crosio ed altri n. 1-01040, Bernardo ed altri n. 1-01041, Moffa ed altri n. 1-01043 e Ciccanti ed altri n. 1-01077 concernenti iniziative per la negoziazione di accordi bilaterali con Paesi non appartenenti all'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

10. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 601-711-1171-1198 - D'iniziativa dei senatori: GIULIANO; CASSON ed altri; BIANCHI ed altri; MUGNAI: Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 3900-A).

e delle abbinate proposte di legge: CONTENTO; PECORELLA; CAVALLARO; CAPANO ed altri; BARBIERI; MANTINI ed altri; FRASSINETTI ed altri; CASSINELLI ed altri; MONAI; RAZZI ed altri; CAVALLARO ed altri (C. 420-1004-1447-1494-1545-1837-2246-2419-2512-4505-4614).
- Relatore: Cassinelli.

11. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (C. 2326-E).
- Relatori: Angela Napoli, per la II Commissione; Mecacci, per la III Commissione.

12. - Seguito della discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00975, Cicchitto ed altri n. 1-00986, Tempestini ed altri n. 1-01082, Dozzo ed altri n. 1-01083, Adornato ed altri n. 1-01084 e Menia e Della Vedova n. 1-01085 concernenti iniziative in ambito internazionale e comunitario in relazione alla situazione in Siria.

13. - Seguito della discussione della proposta di legge:
TENAGLIA ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto (C. 2094-A).
- Relatore: Tenaglia.

14. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
PANIZ e CARLUCCI; DE ANGELIS ed altri; AMICI e GIACHETTI; BORGHESI Pag. 49ed altri: Modifiche all'articolo 191 del codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi (C. 749-1556-2325-3248-A).
- Relatore: Paniz.

15. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 1415-C).
- Relatore: Costa.

La seduta termina alle 19,55.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANGELA NAPOLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2326-E

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, il testo approvato dalla Camera prevedeva invece, in generale, un'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
La lettera v), modificata dal Senato, novella l'articolo 609-nonies del codice penale, introducendo ulteriori pene accessorie per i delitti di violenza sessuale e introducendo misure di sicurezza personali a carico di colui che sia stato condannato per i delitti a sfondo sessuale indicati. Anche in questo caso il Senato ha maggiormente dettagliato le ipotesi di interdizione dai pubblici uffici (numero 4), disponendo: l'interdizione perpetua, nel caso di condanna all'ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore a 5 anni (ai sensi dell'articolo 29 c.p.); l'interdizione per 5 anni, nel caso di condanna alla reclusione da 3 a 5 anni; l'interdizione temporanea, ovvero per una durata eguale a quella della pena principale inflitta, in caso di condanna alla reclusione per un tempo inferiore ai 3 anni (ai sensi dell'articolo 37 c.p.). Si rileva anche in questo caso l'esigenza di definire l'interdizione per i casi di condanna a 5 anni di reclusione. Il testo approvato dalla Camera prevedeva invece la generica interdizione dai pubblici uffici, rinviando dunque alla disciplina generale del codice (che prevede l'interdizione perpetua per condanne ad almeno 5 anni di reclusione e l'interdizione temporanea - per la stessa durata prevista per la pena principale - per condanne alla reclusione per un tempo inferiore). Dell'articolo 5 si è già detto, così come dell'articolo 6.
L'articolo 7, non modificato dal Senato, interviene in materia di concessione di benefici penitenziari ai condannati per delitti di prostituzione minorile e pedopornografia, nonché di violenza sessuale. In particolare il comma 1, novellando l'articolo 4-bis, comma 1-quater, dell'ordinamento penitenziario, amplia il catalogo dei delitti rispetto ai quali l'accesso ai benefici penitenziari è subordinato ai risultati positivi dell'osservazione scientifica della personalità del detenuto; il comma 2 subordina la concessione dei benefici per i detenuti per delitti di prostituzione e pornografia minorile, turismo sessuale, atti sessuali con minorenni, corruzione di minorenne, adescamento di minorenni, violenza sessuale in danno di minori alla positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica, di cui al nuovo articolo 13-bis dell'ordinamento penitenziario, inserito dal successivo comma 3.
L'articolo 8, non modificato dal Senato, novellando l'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, inserisce taluni reati a sfondo sessuale nei confronti dei minori ai fini dell'applicazione della confisca penale obbligatoria nell'ambito delle misure di prevenzione antimafia.
L'articolo 9, non modificato dal Senato, novellando l'articolo 76 del TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002), ammette al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito, le persone offese dai delitti di Pag. 50sfruttamento sessuale di minori, di corruzione di minorenne, di adescamento di minorenne, di tratta di persone.
L'articolo 10, infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FABIO EVANGELISTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2326-E

FABIO EVANGELISTI. Sono ormai cinque anni che questo disegno di legge di ratifica passa da un ramo all'altro del Parlamento e ciò dispiace a maggior ragione poiché l'Italia ha sottoscritto per prima la Convenzione e, tuttavia, risulta oggi l'ultima a ratificarla. Il disegno di legge AC 2326-E, che torna, appunto, ancora una volta alla Camera per una ulteriore lettura (anche se ci limiteremo unicamente a affrontare le parti del testo sulle quali non si è registrata la conformità tra Camera e Senato) prevede la ratifica della Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale e detta alcune norme di adeguamento interno, volte a modificare, in particolare, il codice penale, il codice di procedura penale e l'ordinamento penitenziario.
La Convenzione di Lanzarote, entrata in vigore il 1o luglio 2010, è il primo strumento internazionale con il quale si prevede che gli abusi sessuali contro i bambini siano considerati reati. Oltre alle fattispecie di reato più diffuse in questo campo (abuso sessuale, prostituzione infantile, pedopornografia, partecipazione coatta di bambini a spettacoli pornografici) la Convenzione disciplina anche i casi di grooming (adescamento attraverso Internet) e di turismo sessuale. La Convenzione delinea anche misure preventive che comprendono lo screening, il reclutamento e l'addestramento di personale che possa lavorare con i bambini al fine di renderli consapevoli dei rischi che possono correre e di insegnare loro a proteggersi, stabilisce inoltre programmi di supporto alle vittime, incoraggia la denuncia di presunti abusi e di episodi di sfruttamento e prevede l'istituzione di centri di aiuto via telefono o via internet.
Le varie indagini sulla tutela di minori nei media, quella sui minori non accompagnati e quella sulla prostituzione minorile hanno evidenziato ancora una volta che ci troviamo davanti a gravissime situazioni in cui i minori sono vittime delle attenzioni sessuali o dello sfruttamento vero e proprio da parte di adulti senza scrupoli. Secondo i dati dell'ECPAT (End child prostitution, pornography and trafficking), la ONLUS che si prefigge di porre fine alla prostituzione e alla pornografia di bambini e al traffico di minori a scopi sessuali, il 34 per cento degli adolescenti è entrato in contatto con situazioni rischiose via web e il sexting (cioè l'invio di foto e video a carattere sessuale) è diffuso tra il 15 per cento degli adolescenti europei, mentre in Italia la percentuale è del 4 per cento. Si è detto e ridetto in tutti questi anni, in sede europea e nelle sedi internazionali, che ormai non è più possibile garantire la tutela dei minori dallo sfruttamento sessuale, dalla pedofilia e dalla pedopornografia se non si costruisce al più presto una cooperazione più stretta e non giunge una risposta univoca da tutti i Paesi nella repressione di questi fenomeni. Una necessità che si è fatta sempre più urgente negli ultimi anni, soprattutto alla luce dello sviluppo delle nuove tecnologie e della rete di comunicazioni informatiche attraverso le quali qualunque soggetto può ottenere facilmente immagini di abusi su minori realizzate in Paesi che si trovano dall'altra parte del globo, dove non esiste un'adeguata legislazione in materia, volta a sanzionare la produzione e la pubblicazione di tutto questo materiale.
Non possiamo neanche minimamente accettare che tutto ciò sia compiuto, neppure in questi Paesi. Innanzitutto perché umanamente non possiamo accettare che si possa perpetrare un crimine, soprattutto nei confronti dei più deboli, anche se questo non avviene sotto i nostri occhi e non riguarda i nostri figli; inoltre, perché Pag. 51non possiamo neanche ignorare che ogni minore nel mondo sarà il mondo futuro.
Il testo che ci accingiamo a votare reca degli importanti adeguamenti delle norme nazionali di contrasto della pedofilia e della pedopornografia. È da valutare con estremo favore l'introduzione del reato di adescamento di minori, anche attraverso i mezzi telematici, e la definizione (con le relative sanzioni) del reato di apologia o della promozione culturale della pedofilia. Sono poi positivi la conferma e il rafforzamento delle misure di interdizione dei rei dall'avvicinarsi a luoghi frequentati da minori, o dall'eseguire lavori che li mettano a contatto con minori.
Per questo motivo ritengo, e riteniamo come gruppo naturalmente, che l'adesione alla Convenzione del Consiglio d'Europa sia un passo che troppo a lungo è stato rimandato dal Parlamento italiano e che, una volta compiuto, l'Italia debba prodigarsi in maniera attiva per la promozione di simili strumenti internazionali in ogni contesto e in ogni Paese. Ciò affinché si possa determinare al più presto la fine di questa piaga, che ha purtroppo una diffusione globale e che, è bene non dimenticarlo, determina notevoli introiti per le organizzazioni criminali.
Il disegno di legge al nostro esame è stato nuovamente modificato al Senato, come detto, e i relatori ne hanno già dettagliatamente esposto i contenuti.
Rispetto al testo approvato dalla Camera l'11 gennaio 2011, sono intervenute alcune modifiche: l'inserimento nel codice penale della disposizione che richiede una verifica concreta della pericolosità sociale del destinatario della misura di sicurezza personale (previsione attualmente contenuta nella legge Gozzini); la disciplina diversa e graduata dell'interdizione dai pubblici uffici per colui che sia condannato per delitti a sfondo sessuale e in danno di minori; la modifica del catalogo dei delitti attribuiti alla competenza della procura distrettuale.
Ma, proprio rispetto a quest'ultima, non si comprende il perché al Senato si sia deciso di modificare di nuovo la norma a favore della attribuzione di una competenza unitaria a livello distrettuale per evitare la dispersione di energie investigative, tecniche e di competenza maturate.
Per tale motivo, nel corso delle sedute della scorsa settimana, le Commissioni riunite II e III della Camera, hanno proceduto a effettuare alcune audizioni che sono servite particolarmente ad analizzare la questione relativa al riparto di competenze tra procure distrettuali e circondariali, secondo quanto previsto dall'articolo 5 del testo al nostro esame, e a evidenziare la problematicità, a causa dello spezzettamento di tali competenze, dello svolgimento delle indagini stesse, proprio perché può verificarsi la concorrenza di indagini di procure circondariali e distrettuali sia pure con riferimento a vari profili, ancorché connessi. In ragione della natura dei reati di pedofilia e delle modalità con le quali essi vengono commessi, sono stati quindi approvati identici emendamenti per confermare l'attuale ambito di competenza della procura distrettuale facendovi rientrare anche i nuovi reati introdotti dal disegno di legge in esame, rispetto ai quali la nuova competenza si riferirà necessariamente a fatti posti in essere successivamente alla data di entrata vigore della legge.
Il gruppo di Italia dei valori sostiene convintamente il provvedimento in esame e ne auspica la più celere approvazione definitiva con la speranza che al Senato non si commetta l'errore (o la volontà, ancorché incomprensibile) di modificarlo di nuovo.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ENRICO PIANETTA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN AMBITO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO IN RELAZIONE ALLA SITUAZIONE IN SIRIA

ENRICO PIANETTA. Negli ultimi dieci giorni c'è stata una intensificazione delle violenze armate in tutta la Siria. Questa Pag. 52ulteriore escalation limita la nostra capacità di osservare, verificare e riferire come pure è limitata la possibilità di fornire assistenza per il dialogo e per piani di stabilità. Sostanzialmente questa situazione di violenze armate ci impedisce di portare avanti il nostro mandato. Sono parole pronunciate l'altro ieri (sabato 16 giugno 2012) dal capo della missione ONU in Siria, generale Mood che ha aggiunto: «Ogni giorno sono uccisi civili inermi, donne, anziani, bambini e anche gli osservatori ONU sono sottoposti a rischi notevoli». Pertanto la missione UN Supervision Mission in Siria è stata sospesa.
La missione UNSMIS con trecento osservatori era iniziata dopo che il presidente Al Assad e i ribelli siriani avevano accettato il piano di Kofi Annan in sei punti: riconoscimento delle aspirazioni del popolo siriano; cessazione della violenza; assistenza umanitaria; rilascio delle persone arbitrariamente arrestate; libertà di movimento dei giornalisti; libertà di associazione e di dimostrare pacificamente.
Ma le stragi sono continuate e l'ONU stima che i morti siano oltre 10 mila mentre alcune organizzazioni non governative affermano che le vittime siano 14 mila 400 nei quindici mesi intercorsi dall'inizio delle manifestazioni contro il regime di Al Assad del 15 marzo 2011 a Darà nella Siria Meridionale.
La protesta dilaga e le repressioni attuate dal regime con il ricorso a carri armati e armi pesanti da parte della polizia, assume l'aspetto di un massacro.
Il culmine si raggiunge nel massacro nella città di Homs nei mesi passati e più recentemente a Hula.
Nelle ore passate ottocento civili si trovavano intrappolati a Homs e in reale pericolo di vita. Di questi quattrocento sono cristiani, gli ultimi rimasti degli 80 mila che popolavano Homs prima dell'inizio del conflitto.
Il 25 maggio 2012 i carri armati del regime hanno agito bombardando Hula e hanno provocato più di centro morti tra cui molti bambini.
A fronte di questa angosciante situazione umanitaria, la comunità internazionale ha agito con il Piano Kofi Annan che peraltro si è dimostrato al momento inefficace, con l'embargo petrolifero decretato dall'Unione europea e con l'espulsione il 29 maggio - attraverso una azione coordinata - da parte di Italia, Francia, Germania, Spagna, Inghilterra dei rappresentanti diplomatici siriani considerati «persone non grate» e così hanno fatto USA, Canada e Australia.
Con questa azione, questi paesi hanno affermato che Al Assad non può più restare alla guida della Siria. Anche la Turchia con il Primo ministro Erdogan ha dichiarato che il regime di Assad è giunto alla fine.
Ma bisogna dire che queste misure comprese le risoluzioni ONU, sia dell'Assemblea generale di condanna (16 febbraio 2012) sia quelle del Consiglio di Sicurezza del 14 e 21 aprile scorso, si sono dimostrate insufficienti e incapaci di risolvere la situazione siriana che si trova in una situazione di empasse.
Non vi è dubbio che Assad e il suo regime godono dell'appoggio - anche in seno alle Nazioni Unite di RPC e Federazione Russa - e anche dell'Iran.
Oltre al ruolo che questi due paesi possono far valere in ambito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il sostegno da parte di RPC e Russia al regime siriano è stato confermato anche il 1o giugno quando non hanno votato a favore della risoluzione di condanna del massacro di Hula in ambito del Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani.
Anche le forze di opposizione, sia quelle che agiscono all'interno del paese sia quelle che sono all'estero, in particolare in Turchia, sono divise e lo stesso Esercito Libero Siriano (ESL) è costituito da un numero stimato tra i 6 mila 500 e i 10 mila uomini non particolarmente addestrati, numero irrisorio se paragonato ai 300 mila soldati che fermano l'esercito governativo.
Inoltre i ribelli non opererebbero in un territorio omogeneo con adeguati collegamenti tra loro e ciò li mette in condizioni Pag. 53di debolezza anche per organizzare una offensiva adeguata nei confronti delle forze governative.
Come si evince da queste sommarie considerazioni la situazione è drammatica e la comunità internazionale ahimè lascia che il regime di Assad continui nelle stragi e nei massacri. Stragi e massacri che tra l'altro si stanno intensificando nel caso dovesse essere abbandonato da chi lo sostiene e per presentarsi ad una conferenza da posizioni di forza.
Sempre a livello internazionale e in particolare sul piano europeo si possono notare notevoli divergenze di posizione circa gli atteggiamenti e le misure da prendere.
Il Belgio sostiene la possibilità di un intervento armato; il Presidente Hollande non la esclude del tutto; la Germania chiede una soluzione politica-diplomatica; anche il nostro Governo esclude l'esistenza di qualsiasi piano per un intervento internazionale armato, precluso per altro attualmente da un possibile veto cinese e/o russo in ambito del Consiglio di Sicurezza ONU.
L'Unione Europea non ha avuto univoci intenti e la sua azione - come scriviamo nella nostra mozione - è stata debole e incapace di indurre i grandi attori internazionali, compresi la RPC e la Russia, ad atteggiamenti responsabili volti all'uscita di scena di Assad e porre così fine alle violenze, ai massacri, alle torture di quel regime.
Altra carenza dell'Unione Europea è quella - per il momento - di non aver assunto di fronte alla nuova situazione dei paesi della riva sud del Mediterraneo successiva alla caduta dei regimi non democratici, di non aver assunto una politica globale per seguire i complessi fenomeni sociali e politici che si manifestano in quegli stessi paesi e più in generale nel mondo arabo.
Questo è il punto fondamentale: questa carenza europea deve essere colmata e l'Unione Europea deve poter agire in modo coeso in uno scacchiere strategico e vitale quel è il Mediterraneo ed il Mondo Orientale attraverso intese capaci di affrontare le sfide delle sicurezze, dello sviluppo e dell'arricchimento culturale e della evoluzione democratica nelle istituzioni e nelle società di quelle aree.
A questo riguardo credo che possa essere fatta una riflessione più generale perché ciò che è accaduto nel 2011 nella sponda sud del Mediterraneo, ha determinato una rivoluzione globale di una intera area. Ci si è trovati di fronte ad una causa comune e a comuni richieste, sempre in contesti nazionali differenti che ha coinvolto una intera area geografica nello stesso movimento di rivolta e di liberazione dalle dittature esistenti. Una rivolta e una rivoluzione globale - esito anch'essa di una sorta di globalizzazione - che coinvolge milioni di uomini e mette in discussione gli equilibri non di un singolo stato ma di molti stati nazionali di una intera area.
È evidente che tale realtà ci impone di riflettere sul ruolo e sulla funzione delle organizzazioni internazionali e delle realtà sovranazionali regionali quali prioritariamente in questo caso l'Unione Europea e la Lega Araba.
La Lega Araba ha dimostrato in questi frangenti la volontà di mettere in atto azioni finalizzate alla ricerca di un più ampio consenso e più sostegno ai popoli della regione: il sostegno al piano Annan ne è un esempio.
Ci sembra pertanto utile e necessario che l'Unione Europea e la Lega Araba siano congiuntamente protagonisti di un dialogo ampio e paritario per affrontare i temi urgenti e concreti della cessazione immediata delle violenze in Siria anche in un quadro più generale di ricerca della sicurezza e dello sviluppo economico, sociale e democratico dell'area mediterranea e medio orientale.
L'Italia può e deve rivendicare lo svolgimento di queste iniziative con l'Europa attraverso un vertice fondativo Unione Europea - Lega Araba capace di definire un patto concreto di assunzione di reciproche e paritarie responsabilità. Questa intesa - guida avrebbe anche l'opportunità di aggregare ulteriori attori - quali Turchia, USA e soprattutto Russia - indispensabili Pag. 54per affrontare concretamente la soluzione di una crisi complessa e difficile come quella siriana, oltre alla possibilità di normalizzare una area quanto mai complessa quale quella Mediterraneo - Medio orientale. Cito la Russia perché è necessario un suo maggiore coinvolgimento e responsabilizzazione nel governo globale del Mondo. Bisogna ritornare ad un approccio più collaborativo tra Nato e Russa e rinvigorire operativamente il consiglio Nato - Russia istituito nel 2002 a Pratica di Mare luogo, dove discutere e adottare decisioni su base paritaria sui temi fondamentali della convivenza mondiale quali la lotta al terrorismo e appunto gli interventi nelle crisi regionali.
L'azione e la capacità di intervento della Lega Araba si sono dimostrate efficaci ed in grado quantomeno di ricercare un consenso più ampio in sostegno ai popoli della regione, durante e dopo le fasi conclusive dei regimi e nella attuale drammatica e non risolta crisi siriana.
Onorevoli colleghi, l'Italia vive immersa nel Mediterraneo, noi abbiamo il dovere di promuovere nelle sedi competenti una serie di iniziative che dimostrino la volontà dell'Europa di essere tale. Abbiamo il dovere di pretendere, così come sono stati correttamente richiesti sacrifici economici, l'affermazione di una politica estera a tutti gli effetti comune.
Di fronte al dramma siriano almeno fino ad ora l'azione dell'Unione Europea è stata debole ed incapace, come debole e contraddittoria è stata nel caso del dramma libico e tunisino, quando alcuni Paesi europei hanno chiuso le loro frontiere, lasciando che solo altri si assumessero il dovere morale di fare fronte all'emergenza umanitaria in corso in quei frangenti, che tipo di Europa è questa? Non certo quella che vogliamo, non è questa l'Europa per la quale si possono chiedere e pretendere durissimi sacrifici ai cittadini greci, italiani o spagnoli, non è questa l'Europa che vogliamo.
Serve un'Europa capace di rivendicare il primato della politica e soprattutto capace di affermare il diritto e di esercitare una politica davvero comune, anche e soprattutto in politica estera.
Per tutti questi motivi abbiamo chiesto e chiediamo, con riferimento specifico alla questione siriana, al nostro Governo di promuovere una iniziativa politica con cui l'Unione Europea e la Lega Arata insieme sviluppino una sempre maggiore sinergia sui temi concreti della cessazione immediata delle violenze in Siria, ma chiediamo anche che si faccia promotore nelle sedi comunitarie di tutte quelle iniziative necessarie affinché l'Europa possa davvero parlare con una voce sola.