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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 634 di giovedì 17 maggio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,05.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 15 maggio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bongiorno, Brugger, Cenni, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Leone, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Paniz, Pecorella, Pisicchio, Proietti Cosimi, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente (ore 9,10).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 16 maggio 2012, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VII (Ambiente):

«Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile» (5203) - Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3221 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Approvato dal Senato) (A.C. 5178).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente Pag. 2disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato l'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, su cui il Governo aveva posto la questione di fiducia.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5178).
Avverto che, a norma dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, la Presidenza non ritiene ammissibili, in quanto estranei rispetto al contenuto del provvedimento, gli ordini del giorno relativi a materie trattate dal decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddetto decreto Liberalizzazioni), provvedimento che il decreto-legge in esame si limita a modificare solo sotto il profilo delle commissioni bancarie.
Si tratta, in particolare, dei seguenti ordini del giorno: Cimadoro n. 9/5178/17, relativo alla materia della liberalizzazione dei carburanti; Favia n. 9/5178/18, che reca obblighi a carico degli intermediari finanziari in materia assicurativa; Evangelisti n. 9/5178/20, in materia di stipula di contratti assicurativi; Bonino n. 9/5178/45, concernente l'applicazione delle norme sulla tesoreria unica per il solo esercizio 2012.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibili, sempre per estraneità di materia, ai sensi dell'articolo 89 del Regolamento, i seguenti ulteriori ordini del giorno: Paladini n. 9/5178/21, relativo alle questioni concernenti i lavoratori esodati e alle persone in situazione di disagio a seguito delle nuove norme in materia pensionistica; Togni n. 9/5178/30, concernente iniziative di tutela delle imprese contro la contraffazione nel settore del design.
L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/31.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, mi scusi, ma mi risulta che il mio ordine del giorno è il n. 9/5178/41.

PRESIDENTE. Ho indicato il suo ordine del giorno come n. 9/5178/31. Se, però, lei afferma che si tratta dell'ordine del giorno n. 9/5178/41 è perfetto!

GIOVANNI FAVA. Non lo dico io.

PRESIDENTE. Ha ragione!

GIOVANNI FAVA. In realtà, signor Presidente, si è invertito l'ordine degli interventi.

PRESIDENTE. Abbiamo compreso entrambi. Grazie, per il richiamo!

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, non è un richiamo. Era venuto un dubbio anche a me.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Fava, può illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/41.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, essendo il primo stamattina ad intervenire per l'illustrazione degli ordini del giorno ed essendo, soprattutto, appena stato indicato come in missione e, quindi, annunzio che sono rientrato dalla missione...

PRESIDENTE. La sua missione è stata breve!

GIOVANNI FAVA. Brevissima!

PRESIDENTE. Ha convertito molti! Prego, onorevole Fava.

Pag. 3

GIOVANNI FAVA. Anzitempo. Signor Presidente, era semplicemente per dirle che noi abbiamo guardato con un certo interesse all'evolversi di questa vicenda fin dall'inizio.
Come voi ricorderete, in sede di Commissioni riunite I e X, allorquando abbiamo deciso di affrontare il tema delle commissioni bancarie (che facevano capolino, di volta in volta, dalle notizie che giungevano dal Senato direttamente alle Commissioni stesse e che sembrava dovessero essere ricomprese, in termini di modifiche, in quel provvedimento che è passato come «decreto semplificazioni»), da allora in poi abbiamo sempre e sistematicamente ricordato al Governo quale fosse il livello di attenzione che noi riservavamo a questa materia. Tale livello di attenzione ci ha portato, nonostante avessimo valutato positivamente - e questa è una rarità in questo scorcio di legislatura - la prima formulazione del Governo, che prevedeva il superamento del meccanismo automatico delle commissioni bancarie, come era stato prospettato all'inizio, a valutare molto negativamente tutte le modifiche successivamente intervenute perché, dal nostro punto di vista, peggioravano il rapporto fra gli istituti di credito, i clienti finali e i risparmiatori, nonché correntisti. Quindi, noi siamo fermi a quella posizione: se avevamo salutato con favore la prima impostazione, tutte le modifiche che sono intervenute dopo hanno peggiorato quell'impostazione e quindi non possono vederci altrettanto favorevoli.
Nell'ambito di questa dinamica e di questo meccanismo esiste anche una struttura istituita con questo decreto-legge, che è l'Osservatorio sull'erogazione del credito: si tratta di una struttura molto nebulosa tanto per contenuti quanto per finalità e, soprattutto, molto difficile da interpretare per chi conosce un po' il mondo del credito e sa con quale difficoltà in questi anni quel tipo di situazioni che si sono sviluppate, bene o male, attorno alla tematica della concessione del credito siano state di fatto gestite del sistema bancario, in assoluta autonomia e con scarsa disponibilità al dialogo verso l'esterno.
Noi crediamo che una nuova struttura, se non dovesse trasformarsi in un ulteriore appesantimento del meccanismo di concessione del credito, per poter essere effettivamente operativa e dare delle risposte concrete ai cittadini, debba quantomeno imporsi delle finalità che siano ben chiare e precise, tanto è vero che chiediamo che questo Osservatorio si debba occupare di stilare una graduatoria che stabilisca il cosiddetto rating della capacità delle banche di essere liquide e in grado di finanziare le imprese. Ciò perché vediamo che l'indifferenziazione verso l'esterno del sistema bancario - e cioè l'idea per la quale le banche sono tutte uguali ed intervengono sul territorio tutte nello stesso modo - sia sbagliata e rischi di diventare sempre più reale nel momento in cui non ci sia la volontà da parte del legislatore di imporre delle dinamiche e dei meccanismi di premialità e di differenziazione del sistema del credito stesso.
Quindi, noi abbiamo presentato questo ordine del giorno con il quale chiediamo che, per ciascun istituto di credito, venga attribuito un rating di liquidità e di disponibilità conseguente ad elargire credito nei confronti delle imprese.
Stiamo assistendo paradossalmente ad un meccanismo che va in senso contrario rispetto alle aspettative: sappiamo che la Banca centrale europea ha finanziato il nostro sistema del credito per oltre 100 miliardi di euro, quindi per una cifra consistente e considerevole. Quei fondi teoricamente andrebbero destinati ad alimentare il sistema del credito alle imprese, però non solo quelle imprese non hanno avuto alcun beneficio, ma di questi fondi non si ha più notizia. Per tale motivo abbiamo il forte sospetto che quelle risorse siano state esclusivamente destinate a sanare i bilanci di quelle banche che già da prima soffrivano di carenze e di difficoltà strutturali abbastanza evidenti.
Pertanto, di fronte ad un Paese come il nostro, che si trova - e concludo - a dover pagare mediamente il 6 o il 7 per cento di interessi passivi sui propri titoli di Stato, vediamo che la Banca centrale europea Pag. 4mette a disposizione del sistema ingenti risorse - oltre 100 miliardi di euro - all'1 per cento di interessi. Ciò significa che i cittadini comuni stanno pagando quel differenziale e i benefici per le imprese non ci sono, perché nessuno entra effettivamente nella disponibilità della liquidità necessaria per fare fronte ai propri impegni finanziari.
In conclusione, per questo motivo chiediamo con forza che si differenzi una volta per tutte la qualità del sistema del credito e che questo Osservatorio serva a stilare delle vere e proprie graduatorie fra banche liquide in grado di finanziare le imprese e banche illiquide, non in grado di finanziare le imprese, che a questo punto dovrebbero fare un altro mestiere, dal nostro punto di vista (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Borghesi; si intende pertanto che abbia rinunziato all'illustrazione del suo ordine del giorno n. 9/5178/11.
L'onorevole Allasia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/32.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui a valutare e discutere sugli ordini del giorno relativi al «decreto refusi», perché vi è stata la necessità di fare retromarcia rispetto ad un decreto approvato precedentemente dal Parlamento.
Siamo nella fase dell'illustrazione degli ordini del giorno dove la valutazione sull'accoglimento o meno sarà tutta del Governo. Io devo essere anche onesto e devo dire anche le cose come stanno, non sono come quei deputati o senatori che dicono che un ordine del giorno lo si concede a chiunque, perché si sa benissimo che rimane carta straccia. Sicuramente sappiamo benissimo che la stragrande maggioranza degli ordini del giorno rimangono lettera morta, ma abbiamo visto che in queste Aule, in questi anni, così non è sempre stato. Una serie di ordini del giorno sono passati, sono stati accolti e presi in considerazione e poi sono stati valutati dal Governo e dal Parlamento per successivi provvedimenti o proposte emendative per migliorare il testo dei provvedimenti.
Siamo nelle stesse condizioni, siamo in una situazione in cui il Governo fa un passo indietro perché c'è stato un errore qualche mese fa da parte di una forza dell'attuale maggioranza con cui si è dato libero respiro ai cittadini, eliminando le commissioni bancarie, cosa assolutamente lecita e normale in un Paese libero, ma abbiamo visto l'irrigidirsi immediato delle associazioni bancarie, dell'ABI e dei vari istituti di credito, perché avevano la certezza di perdere potere economico da reinvestire, purtroppo, e non ridistribuire sul territorio.
L'ordine del giorno in questione, infatti, come la stragrande maggioranza degli ordini del giorno presentati dalla Lega Nord, tratta l'argomento industriale e delle piccole e medie imprese alle quali vediamo che negli anni sono stati stretti i cordoni bancari e non vengono concessi mutui, finanziamenti e agevolazioni dalle banche. Per quale motivo ciò avviene? A causa della crisi, che il sistema bancario stesso ha creato?
L'ordine del giorno medesimo a mia prima firma riferisce della situazione specifica che attualmente le piccole e medie imprese stanno attraversando e va a toccare nel decreto-legge alcuni interventi mirati a sostenere gli aspetti in cui la ridotta dimensione costituisce un elemento di fragilità particolarmente significativo, ad esempio nel far valere i propri crediti efficacemente nei confronti della grande impresa.
Il fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali rappresenta un vero ostacolo alla crescita delle imprese. Le lunghe attese per incassare quanto fatturato riducono pericolosamente la liquidità delle aziende e, nei casi più gravi, le mettono a rischio di fallimento con conseguenze dannose per l'economia del Paese. È necessario che il Governo metta in campo tutti gli strumenti utili a contrastare i ritardi di pagamento alle imprese, fenomeno questo che nel Pag. 5nostro Paese è allarmante e ben più consistente rispetto agli altri Paesi europei. Volendo citare un caso, essendo io torinese, la Fiat ha dei tempi di pagamento di oltre 720 giorni - sì, 720 giorni! -, due anni per un pagamento. Immaginate voi se doveste comprare qualsiasi prodotto e andarlo a pagare dopo due anni, nel frattempo facendo maturare quei soldi in banca.
Concludendo, l'ordine del giorno «impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative di modifica dei termini di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di prevedere che il pagamento del corrispettivo debba essere effettuato entro il termine di trenta giorni dalla data di consegna o di spedizione della merce o dalla data di esecuzione della prestazione, derogabile per accordo tra le parti, ma comunque non superiore a sessanta giorni dalla data di consegna o di spedizione della merce o dalla data di esecuzione della prestazione».
Con questo si spera che il Governo accolga questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/24.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, sottosegretario, nel provvedimento in esame c'è un articolo, esattamente l'articolo 1, nel quale si prevede che l'Osservatorio sull'erogazione del credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie si possa attivare e chiedere informazioni alla Banca d'Italia, all'ABI o anche alle altre banche, alle singole banche. Lo scopo è quello di valutare se ci siano delle criticità nel procedimento di concessione dei finanziamenti, però le banche interessate non sono obbligate e sono genericamente tenute a fornire queste informazioni, che sarebbero utili allo stesso Osservatorio per verificare le ragioni del diniego o addirittura della revoca del credito.
Il problema è che l'articolo può anche essere giusto, però non c'è alcuna misura sanzionatoria nei riguardi delle banche nel caso in cui non rispettassero questo obbligo. Il provvedimento è un po' generico su questo problema.
Voglio far presente che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, durante un'audizione che si è tenuta in X Commissione al Senato, ha sostenuto che, affinché l'Osservatorio possa operare in modo ancora più efficace nell'ostacolare situazioni di ingiustificata o mancata concessione o revoca del credito, potrebbe essere opportuno introdurre strumenti adeguati a garanzia dell'incisività della sua azione. Ciò evidentemente perché anche l'Autorità garante si è resa conto che le banche potrebbero non dare queste informazioni.
A nostro avviso, oltre al monitoraggio sull'andamento generale dei finanziamenti che vengono erogati dal sistema bancario alle imprese, l'Osservatorio si dovrebbe attivare anche quando siano le imprese stesse a fare presente all'Osservatorio stesso delle criticità nel procedimento di concessione del credito.
Il gruppo dell'Italia dei Valori vuole impegnare il Governo proprio in questo senso, in maniera tale che il Governo possa prendere delle iniziative opportune, anche normative, con lo scopo di far muovere l'Osservatorio anche quando le imprese magari sono a conoscenza di motivazioni, che ritengono ingiustificate, per non avere erogato o concesso un finanziamento alle piccole e medie imprese o addirittura alle famiglie.
Quindi, bisogna dare l'opportunità alle piccole e medie imprese di denunciare se ci sono motivazioni non vere nella mancata concessione di un finanziamento. Vedete, è un tendere la mano alle piccole e medie imprese e anche alle famiglie italiane, che in questo momento stanno vivendo un periodo di criticità evidente. Non bisogna, come ho sostenuto anche nell'intervento in discussione sulle linee generali, temere le banche, ma bisogna tutelare soprattutto le piccole e medie imprese, che muovono l'economia del Paese - le ho definite «l'impalcatura» dell'economia del Paese -, e le stesse famiglie e i cittadini italiani, che oggi si ritrovano a dover Pag. 6pagare la crisi più di tanti altri Paesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Testo sostituito con l'errata corrige del 21 MAGGIO 2012 PRESIDENTE. L'onorevole Bitonci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/22. PRESIDENTE. L'onorevole Bitonci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/33.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di monitorare attentamente la crisi aziendale, specie nella nostra area del nord est, e di adottare seri e non più procrastinabili provvedimenti per la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.
In effetti, risolvere il problema della stretta creditizia è diventato ormai improcrastinabile.
Abbiamo 60 miliardi di pagamenti che la pubblica amministrazione deve fare alle nostre piccole e medie imprese che le forniscono servizi; poi, vi sono ulteriori 40 miliardi, circa, di crediti e debiti tra le stesse imprese. Quindi, si tratta di 100 miliardi di euro che le nostre imprese attendono. Ormai i tempi di pagamento alle imprese da parte della pubblica amministrazione sono diventati talmente lunghi che superano più di un anno. Questo è un problema che va assolutamente risolto. Sappiamo che esso è legato anche a scelte di carattere europeo, come quelle legate al Patto di stabilità, che vincola le pubbliche amministrazioni ad attenersi a dei parametri di carattere europeo, però questi vincoli sono diventati, nel tempo, estremamente rigidi; talmente rigidi che i comuni, già nei primi mesi dell'anno, a giugno e a luglio, cominciano a bloccare i pagamenti per le forniture dei servizi alla pubblica amministrazione. Lo fanno, appunto, per non sforare un Patto di stabilità che è diventato estremamente rigido. È chiaro che questa stretta creditizia va a ripercuotersi essenzialmente sulle piccole e medie imprese. Sono ormai di dominio pubblico tutti i suicidi, che vi sono stati nei nostri territori, di imprenditori che si sono trovati veramente in situazioni molto difficili; difficili per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni, ma anche per il fatto che le banche, purtroppo, anche le piccole banche locali, non svolgono più quel ruolo importante, che hanno sempre avuto in passato, di sostegno delle piccole e medie imprese.
Purtroppo, i grossi gruppi bancari, questa grossa concentrazione che vi è stata nel sistema bancario, ha impedito e bloccato il sistema che veniva utilizzato, che era quello della valutazione non solo patrimoniale delle nostre piccole e medie imprese, ma anche di quello che era il know-how delle nostre aziende, di quella che era anche una storia fatta non solamente di parametri valutabili con Basilea 2 e Basilea 3, ma una storia di vita di impresa che era caratterizzata da imprese soprattutto a conduzione familiare, con, magari, non una grossissima liquidità, ma una forza imprenditoriale che è stata la fortuna anche del nostro territorio.
Quindi, ribadiamo il fatto che questo Governo debba pensare a risolvere il problema dei pagamenti della pubblica amministrazione, come anche favorire maggiormente l'accesso al credito delle nostre piccole e medie aziende (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Monai ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/9.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, questo ordine del giorno fa riferimento all'osservatorio, che questo decreto-legge intende introdurre, teso a monitorare l'attività creditizia del sistema bancario, al fine di favorirne un virtuoso atteggiamento volto a dare maggiore credito alle imprese, alle famiglie e, soprattutto, alle piccole e micro imprese.
Vi è in nuce un elemento di debolezza di questa proposta, che vorremmo, in qualche modo, più efficace nel suo disegno e nella sua azione. Nomen omen, potremmo commentare. È un cattivo presagio se, di fronte al credit crunch, alla stretta creditizia che sta soffocando il sistema economico italiano e non solo, il Governo risponde con un osservatorio. Pag. 7Badate bene che anche etimologicamente questa parola richiama alla mente gli osservatori astronomici, quei luoghi isolati in cui si studiano i lontani corpi celesti nell'immenso spazio lontano.
La crisi del credito in Italia non ha nulla di siderale, è una stretta creditizia reale, presente.
Il sistema delle piccole e medie imprese e delle famiglie italiane avrebbe bisogno di ben diverso impegno da parte del Governo che non questo osservatorio meramente contemplativo. Non vi è nulla da stare a guardare. Vi sarebbe bisogno di azioni concrete e anche di sanzioni. Questo osservatorio, noi dell'Italia dei Valori temiamo sia il solito carrozzone all'italiana. Ricordo che lo Stato, i vari Ministeri e le regioni hanno centinaia di osservatori, di comitati e di consulte dai costi impegnativi e dall'utilità assai tenue e, comunque, sproporzionata agli obiettivi che dovrebbero essere perseguiti.
Poi, ci dimentichiamo che fu il Ministro Tremonti, nel 2008, a istituire questi osservatori presso le prefetture e ci dimentichiamo che, neanche diciotto mesi dopo, furono aboliti perché ci si rese conto del loro sostanziale fallimento. I rapporti che ci arrivano da questi osservatori, ormai defunti, sono desolanti. Su alcune decine di segnalazioni, a volte in numero maggiore, i casi risolti si contano sulla punta delle dita di una mano. È per questo che, in maniera dimessa e senza che nessuno si sia strappato le vesti, questi osservatori del credito, istituiti presso le prefetture italiane, non esistono più. Adesso, come un'araba fenice, il Governo non ha nulla di meglio che istituirne uno nuovo, con una valenza nazionale e sede centrale. Temo che sia un'operazione assai discutibile e altrettanto improduttiva.
Ben diverse sono state le esperienze che abbiamo avuto nei Paesi contermini. In Francia, per esempio, già dal 2008 è stato istituito il Médiateur national du crédit, mediatore che, effettivamente, sia in chiave centrale sia periferica, ha risolto migliaia e migliaia di problematiche legate alla difficoltà di reperire credito da parte delle piccole e medie imprese. Analoghi meccanismi di rafforzamento del sistema bancario pubblico rivolto al settore delle imprese sia la Francia sia la Germania sia la Spagna hanno attuato, in questi anni. Noi, in qualche modo, stiamo scimmiottando, in maniera anche un po' abortita, meno strutturata, quella che è stata l'esperienza francese.
Ma, se questo istituto nasce già senza poteri sanzionatori - perché si prevede che questo osservatorio possa chiedere informazioni alle banche, ma non si prevede nulla se questa richiesta non viene esaurita o viene dilazionata sine die - allora, questo osservatorio quale effettivi benefici potrà portare alla nostra economia reale? Temo assai pochi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Monai.

CARLO MONAI. Allora qui noi chiediamo, con questo ordine del giorno, che il Governo introduca degli elementi sanzionatori tesi, quantomeno, a dare la parvenza di maggiore effettività e non di suadente sudditanza a quel sistema bancario che, effettivamente, tra le pieghe di questo Governo, ha molti, molti interessi celati.

PRESIDENTE. L'onorevole Callegari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/34.

CORRADO CALLEGARI. Signor Presidente, l'attuale situazione di crisi economico-finanziaria sta colpendo, in maniera pesante, anche il settore rurale, aggravando il già avverso stato di sofferenza in cui da anni versano le nostre imprese agricole.
Nel quadro drammatico generale, il problema che emerge più vistosamente è la difficoltà di accesso al credito per gli operatori del sistema agricolo. La possibilità di accedere al credito da parte degli imprenditori agricoli, già molto difficoltoso soprattutto a seguito dell'entrata in vigore dei nuovi criteri imposti dall'accordo di Basilea 2, appare oggi quasi impossibile, viste le chiusure che le banche Pag. 8frappongono alle richieste di finanziamenti che provengono dalle aziende che vogliono investire o che hanno bisogno di risorse per mantenere attivi gli andamenti agrari e le attività commerciali già in essere.
Le imprese agricole, per affrontare in maniera competitiva i processi di globalizzazione dei mercati e di liberalizzazione delle politiche commerciali che sono in atto, hanno sempre più esigenza di investimenti per ammodernare le strutture, adeguare e diversificare i processi produttivi.
Il perdurare dello stato di crisi, che sta in investendo il settore agricolo in questi ultimi anni, ha determinato serie difficoltà finanziarie per le imprese, che hanno subito una consistente riduzione del proprio reddito e, conseguentemente, hanno visto ridursi la capacità di effettuare i necessari investimenti.
I meccanismi restrittivi che contraddistinguono il mercato del credito in Italia creano un'oggettiva e maggiore situazione di svantaggio per le imprese che operano nel settore agricolo rispetto a quelle degli altri comparti produttivi, in quanto sono meno organizzate e caratterizzate da una dimensione economica più ridotta, il che comporta un minor peso contrattuale nei confronti delle banche, con un maggior costo nella provvista del denaro.
Le attuali difficoltà di accesso al credito incidono negativamente, quindi, sulla stabilità economico-finanziaria e condizionano lo sviluppo dell'intero comparto agricolo. È pertanto necessario venire incontro alle imprese agricole, soprattutto a quelle in difficoltà finanziarie. In tal senso andrebbero attivati meccanismi per la concessione di provvidenze per il salvataggio e la ristrutturazione, a seconda del caso e nel rispetto delle possibilità allo scopo fornite dalla Unione europea.
Con questo ordine del giorno noi chiediamo al Governo di intraprendere concrete iniziative volte a favorire l'accesso al credito da parte delle imprese agricole, se del caso facendosi promotore presso l'associazione bancaria di misure in grado di far mettere a disposizione delle imprese agricole da parte delle banche finanziamenti a condizioni vantaggiose, in modo da ridurre i costi della provvista del denaro, soprattutto se finalizzati alla ristrutturazione aziendale delle stesse imprese, anche in relazione ad esposizioni debitorie verso enti pubblici operanti nei settori dell'assistenza e della previdenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Cavallotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/36.

DAVIDE CAVALLOTTO. Signor Presidente, prima di illustrare il mio ordine del giorno vorrei portare l'esempio di un'impresa in difficoltà a causa dell'amministrazione sbagliata che assuma un commissario straordinario per risanare i conti.
Immaginiamoci che, appena assunto, la prima cosa che va a fare questo commissario è modificare il suo contratto, da tempo indeterminato a contratto a vita. Immaginiamoci che all'interno di quest'azienda vi sono due reparti, un reparto nord ed un reparto sud. Nel reparto sud ci sono più operai di quelli che ci dovrebbero essere, nel reparto nord invece lavorano per cercare di sopperire alle mancanze dell'altro reparto. Immaginiamoci che nel reparto nord si lavori cinque o sei ore al giorno per l'azienda e solo il resto per la propria famiglia, che non vengono pagati gli straordinari e che si continuano a subire dei controlli sulla sicurezza e sul rispetto delle regole, mentre invece nell'altro reparto, quello sud, tutto questo non avviene, con una produzione che potrebbe essere sicuramente superiore e che invece non lo è causa l'assenteismo e la mancanza di produttività. Ovviamente tutti questi aspetti portano al fatto che il commissario affronti questo disequilibrio in maniera equa, cioè riportando le stesse condizioni tra i due reparti. Invece vediamo che si continua ad assumere nel reparto sud e si continua a stringere la corda al collo degli operai del reparto nord per farli lavorare sempre di più. Ci accorgiamo che la diseguaglianza che c'è Pag. 9tra un reparto e l'altro continua a crescere e che il prodotto, il prodotto x, ovviamente continua ad essere sempre più deprezzato e, di conseguenza, a non essere competitivo con le altre aziende che ci sono nel vicinato. Queste scelte, appunto, comportano che altre aziende, quelle del vicinato, abbiano dei prodotti concorrenziali con dei costi notevolmente inferiori.
Allora, la domanda che ci poniamo è se il commissario ha lavorato bene, per l'interesse dell'azienda, o ha lavorato per gli interessi personali. Infatti, il debito che ha questa azienda continua comunque a crescere e non c'è, di fatto, nessun tipo di azione concreta per portare di nuovo ad un risanamento di quest'azienda, anzi la diseguaglianza continua ad aumentare.
La risposta è scontata, come è chiaro che, prima o poi, gli operai del reparto nord si licenzieranno e andranno a creare una nuova azienda che abbia la possibilità di essere snella, capace di produrre prodotti senza la pressione di coloro che sono ai vertici dell'azienda e soprattutto senza dover continuare a mantenere quel reparto sud, che continua ad essere indietro per vari motivi. Questa potrebbe essere una storia inventata e questa azienda potrebbe non esistere, invece, purtroppo, questa azienda si chiama Italia e il commissario straordinario si chiama Mario Monti. È questo quello che, purtroppo, si viene a creare, data l'inefficienza di questo Governo.
Per questo motivo abbiamo presentato un ordine del giorno che cerca di tutelare quelle imprese che sono state segnalate alla centrale rischi gestita dalla Banca d'Italia. Data la difficile situazione economica, alcune aziende si trovano in difficoltà nei pagamenti e vengono trasformate in cattive pagatrici a seguito appunto dei mancati pagamenti dovuti nei confronti di altre aziende. Non crediamo sia giusto considerare cliente non meritevole di credito un'azienda che in questo periodo non ha onorato alcuni debiti contrattuali. Da una parte c'è lo Stato che ti chiede le tasse, ma dall'altra parte non onora i suoi debiti nei confronti delle aziende, così da mettere in condizione queste ultime di non poter pagare i propri fornitori nel tempo prestabilito e diventare, per colpa dello Stato appunto, cattivi pagatori.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cavallotto.

DAVIDE CAVALLOTTO. È per questo che l'ordine del giorno impegna il Governo - concludo, signor Presidente - ad istituire un tavolo di confronto con la Banca d'Italia e l'ABI per valutare tutti i provvedimenti da adottare per superare la problematiche delle segnalazioni nella centrale rischi a carico di imprenditori, singoli e imprese, nella valutazione della concessione di nuovo credito e a valutare l'opportunità di evitare il rifiuto di accesso al credito soprattutto nei casi in cui le sofferenze siano limitate, ovvero il nuovo credito concesso sia destinato al ripianamento delle medesime sofferenze, ovvero nel caso in cui il mancato pagamento dei titoli di credito sia motivato da contenzioso giudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Buonanno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/37.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, in questo ordine del giorno si parla sempre dell'Osservatorio del credito e dell'accesso al credito. Noi chiediamo di valorizzare quello che c'è già in essere sul territorio. Vorrei però sottolineare al Governo quello che a me pare qualcosa di particolarmente strano. Parliamo dell'Osservatorio del credito, di aiutare le imprese e i cittadini, di cercare di fare in modo che il territorio possa comunque essere monitorato e possa anche dare delle risposte, ma il paradosso di questo Paese è che anche quando ci sono i soldi, non si riescono a spendere. Quindi, già ci lamentiamo quando i soldi non ci sono - e purtroppo il nostro non è certo un Paese che gode di ottima salute - ma nello stesso tempo, anche quando ci sono, i soldi non si riescono a spendere. Pag. 10
Siccome parliamo del Ministero dell'economia e delle finanze voglio portare un esempio che ho già detto proprio ieri e che riguarda alcune aziende sul mio territorio valsesiano. Faccio un nome, quello di Sitindustrie, che sta aspettando da quasi sei mesi la possibilità di avere la cassa integrazione, già accettata. Ci sono due Ministeri, quello del lavoro e delle politiche sociali e quello dell'economia e delle finanze, che devono solo firmare le pratiche che «dormono» da mesi nei loro Ministeri. Abbiamo saputo che la pratica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali probabilmente verrà firmata fra pochi giorni mentre quella dell'economia e delle finanze invece aspetterà ancora un po' di tempo. Allora, la sostanza è che ci sono novanta famiglie - faccio solo un esempio, ma ce ne saranno centinaia e centinaia nel nostro Paese - che aspettano i soldi non perché non ci sono, ma perché ci sono i Ministeri che dormono in piedi e che comunque hanno una macchina burocratica talmente elefantiaca, da bradipo, che ci rimettono sempre il cittadino e le imprese.
Dovremmo fare perlomeno lo sforzo, mi rivolgo al Governo, di accelerare le pratiche che sono già a posto, di mettere quelle quattro firme che servono ai cittadini che aspettano i soldi da sei mesi - e sfido chiunque non abbia più un lavoro a fare in modo, dopo sei mesi, di riuscire ancora a portare avanti la sua famiglia - e che quindi sono in forte difficoltà, e quindi di fare in modo che i Ministeri perlomeno accelerino le loro pratiche. Non ci vogliono soldi, ci vuole buona volontà e ci vuole un po' di organizzazione.
Chiedo, quindi, al Governo, al di là di questo ordine del giorno sull'Osservatorio, di fare in modo che nei Ministeri cruciali per quanto riguarda l'economia del nostro Paese e la salvaguardia delle imprese e anche dei lavoratori e, quindi, dei cittadini e delle famiglie, le pratiche si velocizzino e i grandi dirigenti che abbiamo, che sono pagati molto bene, oltre a prendere i soldi, abbiano pure la capacità di organizzare il proprio lavoro e di fare in modo che vada più spedito e veloce, non di andare come una lumaca perché poi alla fine i dirigenti prendono i soldi, i Ministeri sono come dei pascià, perché tanto i soldi gli arrivano lo stesso, mentre i cittadini e le imprese continuano ad aspettare perché la pratica rimane sempre nei cassetti.

PRESIDENTE. L'onorevole Simonetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/38.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, stiamo parlando di ordini del giorno presentati ad un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che va a sanare un errore commesso nel decreto-legge liberalizzazioni, un errore per voi, non certo per la Lega Nord Padania. Andiamo, infatti, a riproporre delle commissioni che, ovviamente, gravano sul peso economico e finanziario delle imprese e delle famiglie.
Decreto-legge che nasce proprio per dare un ennesimo segnale positivo di vicinanza di questo Governo alle banche e non certo alle famiglie e alle imprese. È chiaro che, a mio avviso, sono altre le correzioni che questo Governo dovrebbe apportare alle iniziative legislative che ha sottoposto al Parlamento e al Paese. Qui si sta parlando, appunto, di sostegno al credito, sostegno che deve arrivare dalle banche attraverso tutti quei finanziamenti a tassi agevolati all'1 per cento che riescono ad ottenere dalla BCE e che dovrebbero essere utilizzati dalle banche stesse per dare sostanza alle richieste delle famiglie, agli impieghi per le imprese, per le attività, per le piccole e medie imprese, per gli artigiani, per tutti quegli imprenditori che fanno sì che il PIL, attraverso la loro azione imprenditoriale, possa avere segni positivi. Ma tutto questo non è stato fatto, non è stata portata avanti nessuna azione coercitiva da parte del Governo nei confronti delle banche affinché quei soldi che arrivano a tasso agevolato si tramutino in impieghi da parte appunto degli stessi istituti di credito. Questo era da fare, non la correzione di rimettere le commissioni per gli scoperti e quant'altro.
Così come manca un piano di rilancio per le piccole e medie imprese, vero cuore Pag. 11fondante dell'economia del Paese. Si cerca sempre di dare forza economica e sostegno politico-economico alle grandi imprese che sono, ovviamente e storicamente, generatrici di grandi buchi, di grandi situazioni di cassa integrazione, come ha già ricordato l'onorevole Buonanno, di grandi situazioni di spreco di denaro pubblico. Tutto ciò invece di aiutare le piccole e medie imprese che sono l'ossatura e lo scheletro portante dell'economia nazionale padana; questo, appunto, non viene fatto. Cosa si ripropone? Di istituire un Osservatorio nazionale. E qui sta anche il vulnus della politica di questo Governo che diventa sempre più centralista, sempre più burocratico e va sempre più lontano dai territori. È già stato ricordato che nel 2008, con il decreto-legge n. 185, convertito con la legge n. 2 del 2009, venivano istituiti gli osservatori territoriali per l'accesso al credito. Ci fu anche una circolare firmata da Maroni, Ministro dell'interno, e da Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze, che istituiva appunto questi osservatori che erano composti dalle prefetture dei capoluoghi di regione, coadiuvate dai prefetti dei territori provinciali, dall'ABI, dalle parti economiche attraverso le Camere di commercio. Quindi una vicinanza diretta del cittadino a istituzioni territorialmente rappresentate. Qui, invece, il cittadino che non riesce a ottenere credito deve venire a Roma, deve essere ascoltato da un fantomatico Osservatorio nazionale e, nel tempo in cui lo stesso si riesce ad organizzare, è chiaro che al cittadino non verrà mai data una risposta. E questa è una logica tutta contraria alle politiche che lo Stato necessita, che sono quelle del federalismo, dell'attenzione ai territori, della salvaguardia dei territori, di privilegiare tutte le azioni che possono dare sviluppo ai singoli cittadini e alle singole imprese.
Per voi i territori sono solo partite IVA da tassare, i cittadini sono solo codici fiscali da tassare, invece noi diciamo che le imprese e le persone hanno un'anima, hanno un'anima che deve essere quindi seguita e deve essere aiutata. Quindi, con l'ordine del giorno in esame noi proponiamo di rivedere la posizione dell'Osservatorio nazionale, dando seguito a quanto appunto previsto dal decreto-legge n. 185, che istituiva gli osservatori territoriali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Fugatti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/40.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che andrò ad illustrare riguarda un tema molto discusso in queste settimane, che tocca l'opinione pubblica da più parti e che ha avuto anche dei momenti di tensione sociale ed ha dei momenti di tensione sociale non indifferenti nel nostro Paese. Parliamo della questione di Equitalia, parliamo della questione dei debiti (che siano debiti contributivi o debiti tributari o quant'altro) dei contribuenti, che per determinate motivazioni non sono stati pagati, per cui Equitalia ha il compito di andare a recuperare queste somme non versate. I casi di violenza nei confronti delle sedi, nei confronti degli uffici e anche la paura che si ripercuote sugli stessi dipendenti di Equitalia sono ormai questioni all'ordine del giorno e da più parti si è detto che occorre intervenire per cercare di frenare questo problema, che è un problema che definiamo fiscale, ma che si sta trasformando in un problema di tipo sociale.
Noi crediamo che l'accanimento da parte dello Stato nei confronti dei contribuenti dia i suoi risultati, perché la lotta all'evasione ha portato negli ultimi anni a risultati importanti (l'anno scorso 12 miliardi è stata la cifra incassata dalla lotta all'evasione), però un conto è fare la lotta all'evasione quando soldi ce ne sono, un conto è fare la lotta all'evasione quando soldi non ce ne sono più e adesso soldi non ce ne sono più.
Quindi, non si può continuare sulla strada di un particolare accanimento da parte di Equitalia nei confronti di chi non è in grado di pagare i propri debiti, in un momento in cui i contribuenti soldi ne hanno sempre meno per tutte le motivazioni Pag. 12che sappiamo: perché tra poco dovranno pagare l'IMU, come ha deciso il Governo Monti, perché sono state tagliate le pensioni di anzianità, quindi andiamo a dirglielo a un esodato, che magari ha qualche piccola cartella che gira, se ha i soldi per pagarla; ancora, perché avete aumentato l'addizionale regionale IRPEF dallo 0,9 all'1,23 qualche settimana fa, perché è stata aumentata la benzina di 15 o 20 centesimi da questo Governo, perché dal primo ottobre l'IVA salirà di 2 punti percentuali. Per tutti questi motivi oggi la gente ha meno soldi in tasca e, quindi, chi ha dei debiti di confronti di Equitalia oggettivamente è in una situazione di difficoltà.
Cosa ha fatto questo Parlamento negli anni scorsi di fronte a coloro che avevano problemi con le banche? Di fronte a coloro che avevano problemi con le banche il Parlamento ha istituito un tavolo tra il Ministero dell'economia, il Ministero dello sviluppo economico, l'ABI ed altri soggetti interessati, ed ha fatto la cosiddetta moratoria per i debiti bancari (moratoria bancaria) nei confronti di coloro che non erano in grado di pagare le rate dei mutui. Con l'ordine del giorno in esame noi diciamo di introdurre una moratoria, cioè Equitalia deve fare un monitoraggio, andare a capire quali sono le posizioni più a rischio e, a seguito di questo monitoraggio, introdurre una moratoria di 360 giorni per coloro che non sono in grado di pagare i debiti nei confronti di Equitalia, al fine di dare respiro e di alleviare le tensioni sociali che oggettivamente ci sono sia nei confronti dei contribuenti sia anche - dobbiamo dirlo - nei confronti dei dipendenti di Equitalia.
Infatti, oggi, i dipendenti di Equitalia stanno lavorando in una situazione di oggettiva difficoltà, magari per responsabilità non proprie. Ci può anche essere qualche esattore che è andato un po' oltre le righe, questo lo sappiamo, però non può essere crocifissa tutta la categoria dei lavoratori e dipendenti di Equitalia solo perché qualcuno è andato sopra le righe.
Quindi, noi ci aspettiamo che il Governo accolga questo ordine del giorno che è un ordine del giorno di attualità, di importante rilevanza nei confronti di chi ha problematiche con Equitalia, che, noi crediamo, se applicato poi potrà risolvere, almeno temporaneamente, o comunque alleviare questa triste problematica che riguarda il nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Torazzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/31.

ALBERTO TORAZZI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in questione si ricollega alla situazione della recessione nel nostro Paese. Uno dei motivi della recessione nel nostro Paese è il deficit per quanto riguarda il finanziamento ed il sostegno alla ricerca e allo sviluppo. Il problema del nostro Paese, fondamentalmente, checché sembri strano, lo spiego perché non ci sono i professori ma i professori dovrebbero saperlo, non sono tanto le risorse spese dallo Stato, perché il nostro Stato spende tantissimi soldi, ma è la riqualificazione di questa spesa; occorre cioè mettere la spesa dove si crea valore e toglierla dove è improduttiva. L'esempio più eclatante, in base a tutti i dati di qualsiasi tipo di azienda in un Paese avanzato, è che il massimo del ritorno, nel medio e lungo periodo, si ottiene con i finanziamenti alla ricerca. Ora, siccome il nostro Paese è in grave ritardo, siccome siamo in una situazione di contrazione ulteriore del PIL, siccome il Governo chiede suggerimenti su come intervenire per rilanciare l'economia, noi, con questo ordine del giorno, proponiamo la più normale delle prassi di qualsiasi azienda di qualsiasi sistema: il sostegno all'inventiva dei cittadini e delle imprese.
Chiediamo, quindi, che il Governo che, secondo rumor di stampa ma non solo, si sta preparando a rivedere il sistema di incentivi e sta preparando un piano, sembra, a sostegno dello sviluppo, voglia prendere in considerazione l'estrema necessità di aumentare il sostegno alla ricerca e allo sviluppo nel nostro Paese e, in particolare, Pag. 13per quanto riguarda le piccole e medie imprese. Questa è una cosa importante perché, il 98 per cento delle nostre imprese sono piccole e medie, quando non micro; queste imprese fanno ricerca e sviluppo ma proprio per le loro dimensioni, non essendo strutturate in un certo modo, fanno fatica ad accedere ai finanziamenti in questa direzione.
Quindi, con il nostro ordine del giorno, chiediamo che il Governo, che chiacchiera tanto di sviluppo, faccia finalmente qualcosa di concreto che non è né di destra né di sinistra, è solo di buonsenso e si tratta solo di dare un po' di efficienza alla spesa pubblica di questo Paese. A proposito del limare la spesa, per esempio, in settori come quello delle pensioni di invalidità, non c'è bisogno di colpire chi ne ha bisogno ma c'è bisogno di appurare, per esempio, dove qualcuno ne approfitta; noi parliamo di cinque milioni di trattamenti pensionistici di invalidità in questo Paese, di cui abbiamo indirizzo, nome e cognome e codice fiscale; interveniamo su quello, per esempio, e eroghiamo dei soldi per la ricerca e lo sviluppo alle piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Biagio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/5.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, non intendo dilungarmi su questo provvedimento ma appare opportuno condividere con voi qualche riflessione. La ratio di questo mio ordine del giorno intende quasi ricercare un qualcosa di salvabile all'interno di un provvedimento la cui urgenza, utilità, tempismo sono, a mio parere, alquanto discutibili. Il problema è che, schiacciati da posizioni palesemente contrastanti, si rischia di perdere di vista la vera utilità di questo provvedimento, vale a dire il bene del Paese, e voglio ricordarlo, noi siamo qui a servire il Paese, del singolo cittadino e dei contribuenti. Da un lato vi è l'ortodossia della responsabilità, il richiamo al dovere quasi come se non lo avessimo mai fatto.
Dall'altro versante, l'europeismo, il modernismo e il conseguente invito a superare le ortodossie e ad opporsi ai vincoli della cosiddetta responsabilità. In questa contrapposizione di voci e di inviti, mi chiedo dove si collochi il futuro del Paese. Dobbiamo riflettere seriamente su questo. Ci rendiamo conto della situazione attuale?
Sono migliaia i cittadini e le imprese a cui è impedito l'accesso al credito. Altrettante sono le realtà economiche strozzate da debiti, tributi e oneri di vario titolo. La cronaca delle ultime settimane sta rilevando uno scenario drammatico, che vede una vera e propria rivolta della piccola imprenditoria italiana e dei singoli contribuenti morosi contro le pressioni di Equitalia, e che sconfina, talvolta, in gesti estremi e preoccupanti.
Con questo provvedimento non si colma un bel nulla. Si ripristinano condizioni vessatorie. Con il mio ordine del giorno voglio solo cercare di trovare un senso ad un provvedimento privo di tatto e di tempismo. Rinnovo l'invito al Governo a ragionare su misure straordinarie, che consentano almeno il congelamento del debito - evitando la maturazione di interessi di mora e sanzioni - contratto dalle aziende che hanno maturato cospicui debiti tributari, tali da mettere a rischio la sopravvivenza delle stesse.

PRESIDENTE. L'onorevole Consiglio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/42.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, colleghi, in questi giorni abbiamo visto banche e Governo fronteggiarsi sul tema delle commissioni bancarie e sui prestiti. Il terreno di competizione è stato con l'emendamento al decreto-legge liberalizzazioni - che è stato, tra l'altro, definito da qualche mio collega, nella giornata di ieri, come decreto «vampiresco» - il quale stabilisce la nullità di tutte le clausole che prevedono commissioni a favore delle banche.
Apriti cielo, signor Presidente! La norma ha scatenato la protesta dei vertici dell'ABI, così come non è piaciuta per nulla - ripeto, non è piaciuta per nulla - Pag. 14la norma che ha tagliato una delle fonti della ricchezza del sistema bancario, tra l'altro con una tempestività invidiabile.
E questa tempestività, signor Presidente, avremmo voluto registrarla anche quando vi siete duramente scontrati con noi, quando avete spostato i termini dell'inizio di quella riforma epocale del federalismo, ma in quel caso non vi siete neanche scomposti. Avete partorito questo decreto-legge, che si è reso necessario al fine di modificare l'articolo 27-bis, approvandolo nello stesso giorno in cui è entrata in vigore la stessa legge: caro Presidente, una celerità incredibile!
Ricordo, signor Presidente, che la pressione esercitata dalle banche sulle imprese e sulle famiglie è una continua escalation, è sempre in continua crescita. In modo particolare, questo si avverte chiaramente sulle piccole e medie imprese, molto in difficoltà in questo periodo.
La recente indagine sull'accesso ai finanziamenti, condotta dalla Commissione europea, rileva che in Italia le condizioni applicate dalle banche registrano un netto peggioramento rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea. Da un sondaggio emerge che, negli ultimi sei mesi, ben il 75 per cento delle piccole e medie imprese italiane ha registrato un incremento dei tassi di interesse, mentre quasi il 65 per cento ha dichiarato di aver visto aumentare le commissioni bancarie applicate sui finanziamenti.
Neanche a dirlo, signor Presidente, Francia e Germania mostrano, invece, uno scenario ben diverso e questo la dice lunga sulla nostra capacità di avere, poi, una sorta di competitività sulle esportazioni. Come dicevo, la Francia e la Germania ragionano in modo ben diverso. I tassi di interesse dichiarati sulle piccole e medie imprese trovano anche conferma nei dati confrontati dalle singole Banche centrali e resi disponibili dalla BCE.
Per quanto riguarda i finanziamenti erogati alle imprese non finanziarie in Italia, le condizioni economiche sono nettamente peggiorate negli ultimi due anni fino a diventare superiori a quelle delle altre aziende concorrenti, operanti in Europa. Analogo discorso, signor Presidente, per il credito al consumo: le commissioni bancarie a gennaio 2012, in Italia, sono state pari all'1,43 per cento, mentre per Francia e Germania circa 1 punto percentuale.
Come gruppo Lega Nord Padania, ricordo a chi ci ascolta da casa che siamo sempre e comunque l'unico gruppo di minoranza attivo in questo Parlamento. Abbiamo presentato molti emendamenti, sia in Commissione che in Aula, per modificare questo decreto-legge. Si tratta di modifiche che, nella loro esposizione chiaramente più articolata nelle discussioni in Commissione, erano tese a mettere in luce le crisi di liquidità per le piccole e medie imprese, nonché a evidenziare come i commercianti e gli artigiani potessero essere esentati da alcuni balzelli legati alle commissioni di massimo scoperto.
Abbiamo insistito, comunque, sempre sulla questione dell'IMU. Concludo, signor Presidente, dicendo che la Lega Nord Padania ha più volte sottolineato questo aspetto. Chiaramente, che un Governo fatto di banchieri aiuti le banche è abbastanza logico ed è normale pensarlo. Già nel primo decreto-legge del Governo Monti, il cosiddetto «salva Italia», con il quale è stato ulteriormente abbassato il limite dell'uso del denaro contante, si è vista una dicotomia di atteggiamento sulle questioni legate al fatto di non utilizzare più soldi contanti. Doveva essere il Governo dell'equità ed è diventato il Governo di Equitalia; doveva essere il Governo della crescita ed è cresciuto solo - e di molto - il debito pubblico; doveva essere il Governo dello sviluppo e siamo in recessione dichiarata, se si dà un'occhiata al PIL. Signor Presidente, il mio ordine del giorno è teso a fare innalzare la soglia dell'importo di massimo scoperto da 500 a 600 euro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Crosio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/43.

JONNY CROSIO. Signor Presidente Lupi, mi fa piacere vederla in forma Pag. 15malgrado le sue recenti delusioni sportive. Detto questo, entrando nel merito, prima di parlare dell'ordine del giorno, vorrei svolgere alcune considerazioni su questa ulteriore questione di fiducia che il Governo ha posto. Nelle recenti disposizioni urgenti il vostro Governo si è dimostrato suddito prono, dell'Europa, ma in questi giorni stiamo assistendo al peggio del peggio: il Governo è servo della propria specie: servo delle banche.
Il vostro Governo, la cui luce, di fatto, non viene dalla sovranità popolare (infatti non ne siete i rappresentanti), ma da altri poteri e da altre volontà particolari, sta dimostrando, con i suoi provvedimenti - come anche quello di oggi - di tradire le aspettative per le quali è nato. Dovevate essere il Governo dell'equità, della crescita e dello sviluppo, ma l'equità chi l'ha vista? Ce n'è poca o nulla. Con una serie di provvedimenti come quello di oggi, con la volontà di incassare in modo rapido e sicuro, avete colpito i più deboli: i lavoratori, i pensionati, i piccoli imprenditori, i commercianti e gli artigiani, piuttosto che i veri e grandi centri di interesse economico, comprese le banche: la vostra specie.
Crescita e sviluppo: chi li ha visti? Il nostro PIL non solo non è tornato a crescere, ma è in continua e costante caduta libera, con la produzione industriale preoccupante per il suo basso livello. Siamo in profonda crisi, ma anche sotto il profilo dei conti in regola, contrariamente ai vostri proclami e alle vostre rassicurazioni, non avete fatto molto meglio, anzi, non avete fatto nessun taglio significativo alla spesa pubblica, tanto che da marzo 2012 il nostro debito pubblico ha raggiunto la soglia record dei 1.946 miliardi di euro.
Comunque, devo dire che un segno positivo nel Paese l'avete portato: l'aumento del prezzo della benzina che, infatti, è aumentato del 20 per cento: dato peggiore dal 1983. Così il costo del carrello della spesa pubblica, che è aumentato del 4,7 per cento, e l'inflazione è al 3,3 per cento. Insomma, ci preoccupiamo ogni giorno di più, e voi che fate? A chi date una mano? Agli italiani no, alle banche. A onor del vero un tentativo lo avete fatto, in uno slancio che chiamerei di pudore, vostro e di chi vi sostiene, presentando un emendamento ad un precedente provvedimento, con il quale avete cercato di inserire una norma sui rapporti fra le banche e i cittadini. Il risultato è che questa norma ha provocato l'ira delle banche e, in modo particolare, dei vertici dell'ABI, che hanno subito minacciato le dimissioni. E il Governo cosa ha fatto? Retromarcia precipitosa. Puntualmente il Governo è corso ai ripari approvando, lo stesso giorno in cui è entrata in vigore la legge di conversione, la norma che è oggi al nostro esame, dimenticando ancora una volta la necessità di aiutare la povera gente e le imprese, ma tutelando e salvaguardando gli istituti di credito, ossia la sua specie. Lo stiamo dicendo da sempre e lo sottolineiamo regolarmente: può un Governo fatto di banchieri non tutelare la propria specie? No di certo.
E le azioni e gli interventi a tutela della specie si sono visti da subito, già dal primo decreto-legge del vostro Governo, il cosiddetto «salva Italia», con il quale è stato ulteriormente abbassato, ad esempio, il limite all'uso del denaro contante. Avete moltiplicato i ricavi degli istituti creditizi utilizzando il paravento della lotta all'evasione fiscale. Questo è gravissimo. Non c'è da stupirsi: è la salvaguardia della specie.
È la salvaguardia della specie - e concludo, signor Presidente - che si esalta allineandosi ad una politica europea che privilegia la solidità delle banche a scapito della crescita e dello sviluppo dell'economia reale. Questo atteggiamento, signor sottosegretario, sta stringendo in una morsa fatale le famiglie e le imprese. Voi state uccidendo il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Caparini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/44.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, in sede di discussione generale ieri abbiamo approfondito la questione del gigantesco Pag. 16debito che lo Stato ha nei confronti delle imprese, che sono strangolate. Sono oltre 100 miliardi di euro, tra crediti e prestazioni di servizi e prodotti non corrisposti, i debiti che le imprese del Paese vantano nei confronti di uno Stato che, invece, è uno Stato padrone e vorace, e noi sappiamo quanto lo sia, soprattutto in questo periodo.
Sono crediti verso l'erario che le nostre imprese hanno maturato nel corso degli anni e che abbiamo, con estrema difficoltà, anche quando governavamo noi, tentato di riportare nei limiti del consentito e del dovuto. Il punto fondamentale è che oggi lo Stato pretende il puntuale versamento delle tasse, ma latita quando si tratta di corrispondere il dovuto per quanto riguarda i servizi richiesti o i prodotti o le merci acquistate.
In generale, c'è una grande sperequazione di fatto tra coloro che cedono il prodotto o la prestazione, e che sono soggetti passivi anche ai fini dell'IVA, cioè emettono la fattura, e coloro che invece questo prodotto o servizio ricevono e, quindi, in qualità di committenti o di concessionari, portano l'IVA a detrazione, e quindi ricevono la fattura. Questa grande sperequazione fa sì che oggi, nel caso di mancato pagamento, chi ha venduto le merci o i prodotti, si trova nella condizione di dover emettere fattura, fare una prestazione di servizi o fornire un prodotto e, inoltre, versare all'erario il dovuto. Chi, invece, questo prodotto lo riceve, ma non corrisponde il dovuto, oltre a vantare una prestazione che non viene poi pagata, ha anche la possibilità di mettere l'IVA a credito e, quindi, di vantare un credito nei confronti dell'erario.
Questa sperequazione gigantesca diventa ancora più insopportabile quando chi ne trae vantaggio è lo Stato. In questo momento lo Stato è in una condizione doppiamente di forza e chi, invece, eroga servizi o vende prodotti è in una condizione di doppia debolezza nei confronti dello Stato.
Ecco, noi ci riproponiamo, con l'ordine del giorno a mia firma e le proposte emendative che purtroppo non sono state valutate positivamente nel corso di questa discussione, di sanare questa gravissima ingiustizia nei confronti delle nostre imprese e dei nostri lavoratori, ovvero si tratta di una misura che prevede in caso di insoluto, dopo 30 giorni, che chi emette la fattura abbia la facoltà di non considerare a debito l'imposta relativa agli insoluti o, nel caso in cui l'avesse già versata, di portarla a detrazione nella prima liquidazione utile.
Questa è una misura di civiltà, è una misura che viene, in un momento così difficile, richiesta dalle associazioni imprenditoriali di categoria e sarebbe quello che un Governo responsabile e cosciente della gravissima situazione in cui versa il nostro sistema produttivo dovrebbe fare e che purtroppo ad oggi ancora non ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Maggioni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/5178/46.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, componenti del Governo, l'ordine del giorno a mia firma chiede che il Governo si impegni affinché la liquidità che la Banca centrale europea ha erogato - e continua ad erogare - alle banche arrivi effettivamente alle piccole e medie imprese. Questa è la richiesta che arriva dal mondo imprenditoriale. Si tratta di una richiesta che è frutto di una dinamica storica che abbiamo avuto nel recente passato, dove abbiamo visto (e stiamo vedendo tuttora con gli effetti drammatici che le cronache ci riportano proprio in questi giorni) la difficoltà da parte delle piccole e medie imprese di effettuare pagamenti, di mettere in atto e in opera le normali dinamiche aziendali nei flussi di cassa, che in passato era semplice effettuare, cosa che oggi diventa davvero quasi impossibile.
Quindi, la necessità che si evidenza è che questa liquidità, che, come dicevo prima, la Banca centrale europea ha messo a disposizione del sistema finanziario ed economico dell'Europa, effettivamente Pag. 17arrivi a chi ne ha bisogno. Nel recente passato ciò non è avvenuto, perché questa liquidità che la Banca centrale ha messo a disposizione - di fatto attraverso alcuni istituti di credito - è arrivata invece a finanziare lo Stato con acquisto dei titoli del debito pubblico.
Quindi, si spiega in questo modo anche la dinamica recente che ha avuto lo spread che sembra essere diventato davvero l'indice che spiega tutta l'economia europea. Così in realtà non è e non deve essere. Tuttavia, lo spread, che ha avuto un calo nei mesi scorsi, trova spiegazione evidentemente con questi massicci acquisti che ci sono stati e che hanno fatto salire il prezzo e, quindi, il valore dei titoli di Stato, cosa che ha abbassato lo spread. Quindi, altro che merito delle opere di stabilizzazione del Governo! È stata una mera operazione finanziaria che forse qualcuno pensa di celare, ma che in realtà è molto semplice da capire e percepire.
Quindi, ribadisco: noi chiediamo che il Governo si impegni affinché non accada quello che è successo in passato. Poi ci rendiamo certamente conto, perché la nostra è una posizione intelligente, che i vincoli messi dalla finanza internazionale (ad esempio con Basilea 3) non aiutano le imprese. Tuttavia, rispetto a quanto viene messo a disposizione dal sistema della Banca centrale europea, chiediamo che il Governo si impegni affinché l'aiuto che arriva dall'Europa, non vada agli stati, ma a chi effettivamente ne ha bisogno ed a chi è il motore dell'economia e del prodotto interno lordo, di cui oggi davvero percepiamo un calo non solo in termini numerici, ma reali, con la disoccupazione che ormai sta dilagando.
Quindi, l'impegno che chiediamo deve andare a sostegno delle piccole e medie imprese e credo che questo sia un ordine del giorno che non possa che essere accolto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole D'Amico, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/35: s'intende che vi abbia rinunziato.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame ordini del giorno - A.C. 5178)

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/5178/52.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, l'ordine del giorno è molto semplice, ma al tempo stesso è pregnante e reca un sacco di argomenti.
L'accordo del 28 febbraio - così è diventato famoso - fra l'ABI, il Governo e le associazioni di categoria, di fatto permetterebbe alle piccole e medie imprese di avere una serie di aiuti, vista la crisi economica stringente. Non è sufficiente ma è un primo passo per dare un segnale positivo a chi vuole lavorare. Certo, tutte le risposte ricevute dal Governo, in questi ultimi mesi, non ci fanno ben pensare. Quando abbiamo uno spread che viene diminuito più che dal Governo, dalla BCE e da Draghi, che fa girare dei soldi all'1 per cento e li dà al sistema bancario, il quale invece di rimetterli sul territorio, a disposizione delle famiglie, degli artigiani, dei commercianti, degli agricoltori, dei liberi professionisti, delle piccole e medie imprese, li prende per comprare BOT e CCT, abbassando lo spread, ma non li Pag. 18rimette a disposizione di chi vuole lavorare, il segnale è sicuramente negativo.
L'accordo del 28 febbraio dava già qualche segnale, almeno. Vi era la possibilità di poter sospendere, in moratoria di 12 mesi per l'immobiliare e 6 mesi per il mobiliare, la parte capitale dei mutui contratti fino a quella data. Vi era la possibilità di poter dare alcuni aiuti da parte del sistema bancario per l'investimento e l'innovazione, laddove ve ne fosse stato bisogno, per poter realizzare la ripresa. Vi era, in alcuni casi, l'operazione di allungamento dei finanziamenti. Insomma, veniva dato un segnale. Però, vi era un accordo che stabiliva che entro due mesi si sarebbero presi ulteriori provvedimenti a favore della crescita, dell'occupazione e del rilancio, quanto meno per le piccole e medie imprese.
La richiesta fondamentale è che non ci si fermi alle piccole e medie imprese. Ristrutturare i debiti per le famiglie credo che sia obbligatorio e necessario, così come è obbligatorio e necessario considerare le difficoltà degli artigiani, dei commercianti e dei liberi professionisti. E - visto che ve lo dice un artigiano - abbiamo ben presente quello che leggiamo sui giornali tutti i giorni, notizie che si riferiscono a una crisi anche di riferimento. Un piccolo imprenditore, una partita IVA, si trova massacrato da un sistema come quello «serpico», dove non vi è un rapporto più umano che stabilisce quello che si può fare, quello che si può contrattare e quello che si può cercare di risolvere, ma è un sistema informatico che stabilisce, a prescindere, che il contribuente è un colpevole presunto, a cui vengono mandati gli esattori, i gabellieri, che lo indicano come un colpevole presunto, comunque, fino a prova contraria. In questa morsa le banche spesso cominciano a chiamarli e a chiudergli i conti correnti e spesso queste partite IVA, non trovando più punti di riferimento, né aiuti, né rapporti umani, finiscono con l'essere disperate e la depressione porta a quello che abbiamo spesso visto accadere in questi ultimi mesi.
Credo che il Governo si debba fare carico di questa situazione, prendendo atto che se siamo tutti qui a ragionare di politica e a provare a rilanciare questo Paese, non possiamo non partire dal presupposto che questo Paese è stato tenuto in piedi, per sessant'anni, da chi ha avuto sempre voglia di lavorare, di pagare le tasse, di andare in ufficio alle cinque di mattina e andare via a mezzanotte, pensando non tanto a cos'era lo Stato ma che lo Stato magari non gli dava una mano ma almeno non gli rompeva le scatole. Oggi, invece, sta avvenendo esattamente il contrario. Uno prova a continuare a lavorare, nonostante tutto, e si trova contro lo Stato, l'apparato e finanche il sistema bancario, che spesso sono i nemici primi e non i propri amici.
Mettere, come è stato deciso non da noi della Lega Nord Padania, i finanzieri e le banche a governare questo Paese, ho dichiarato, è stato un po' come mettere un lupo a guardare il pollaio, sperando di trovare i polli il giorno dopo. Ma, al tempo stesso, credo che abbiamo di fronte la necessità di provare a dare seguito all'accordo del 28 febbraio. Le ulteriori iniziative da prendere - e vi era questo impegno - a favore di chi vuole lavorare, devono essere prese immediatamente, con la consapevolezza che abbiamo ancora una parte sana del Paese, cioè quella costituita da coloro che hanno sempre lavorato e che hanno voglia di lavorare, da salvare. Ma, se non lo facciamo subito diventa difficile salvare anche il salvabile.
Pertanto, l'impegno, semplice, è che queste ulteriori iniziative vengano prese quanto prima (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Rivolta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/53.

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno chiedo che il Governo si impegni a valutare la possibilità di consentire alla Cassa depositi e prestiti operazioni di cessione dei crediti scaduti o esigibili, anche mediante cartolarizzazione Pag. 19degli stessi, con costi ed oneri finanziari a carico delle amministrazioni debitrici.
Perché lo chiediamo? Vorrei fare alcune riflessioni in Aula proprio sul fatto di come le nostre imprese siano stritolate da una pubblica amministrazione che non paga. Lo vediamo a tutti i livelli, con le grandi imprese che fanno importanti forniture allo Stato e ai vari Ministeri, magari - ne abbiamo parlato in Aula in altre circostanze - vincendo anche gare e dovendo ottenere dei finanziamenti che non arrivano in tempo. Per questo motivo, ossia per i pagamenti che non arrivano e per la mancata erogazione dei finanziamenti derivanti da bandi di gara vinti, queste imprese non riescono a stare sul mercato, si indebitano, cominciano a non poter fare fronte al pagamento di imposte e ad entrare nel vortice di Equitalia.
Così vediamo la parte migliore del nostro Paese, quella delle imprese che hanno idee, che hanno brevetti e che hanno il coraggio tutti giorni di continuare a fare impresa, stritolate. Io personalmente ho visto imprenditori, profondamente convinti del valore di fare impresa in Italia, disperati perché mostrano quello che oltre confine altri Stati offrono. Parlo della Confederazione elvetica, dell'Austria e della Slovenia dove c'è uno Stato che permette agli imprenditori, con molta più trasparenza, chiarezza e soprattutto con meno oneri fiscali, di poter intraprendere.
Penso non solo alle imprese fornitrici dei Ministeri o dello Stato, ma anche a quelle piccole imprese, magari cooperative, che offrono non solo merci, ma anche servizi ai nostri comuni. Sto parlando di servizi educativi e di assistenza ai minori, agli anziani e ai disabili. I comuni, intesi come pubblica amministrazione, non riescono a pagare, stretti dal Patto di stabilità e obbligati da un Governo folle a reintrodurre l'IMU anche sulla prima casa, che ovviamente colpisce un bene che per anni è stato considerato un investimento per tutti. Quindi, noi colpiamo i cittadini, dopo che abbiamo invitato tutti a diventare proprietari del poco o del tanto, e, a questo punto, li ammazziamo con un'imposta veramente folle, perché tocca - soprattutto quella sulla prima casa - la cosa più sacra, che è il luogo degli affetti, dove la famiglia può vivere.
Cosa ha pensato bene di fare il Governo con riferimento ai comuni? Ha pensato di imporre l'IMU sulla prima casa, ma non solo: di aumentare gli estimi catastali. Si colpisce così, una delle entrate principali dei comuni, ossia quella derivante dagli oneri di urbanizzazione - e, badate bene, io non sono schierata a favore dell'armata del cemento - ed i comuni si troveranno di fronte anche per questo motivo, ancora di più, ad una stretta incredibile perché non avranno le entrate per erogare servizi ai cittadini, in termini di strade, di infrastrutture e così via.
Quindi, ci troviamo di fronte ad un Governo che, anziché pensare alla vita normale e alla sopravvivenza dei cittadini e delle imprese, pensa alla sopravvivenza delle banche. Questa è l'assurdità. D'altra parte, la formazione è quella: se io nasco banchiere, difficilmente potrò fare qualcosa contro la mia formazione culturale e l'ambiente nel quale sono cresciuto e per il quale sono stato formato.
Quindi, davvero siamo increduli nel vedere come questo Governo continui a non capire che ci si sta avvitando in una situazione che può portare soltanto alla sciagura. Peccato che la sciagura riguardi la vita delle persone e specialmente degli anziani. Vedere un anziano che a ottant'anni anni si mette a piangere perché non ha i soldi per pagare le tasse - cosa considerata un onore fino a qualche anno fa - è una follia.

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, la prego di concludere.

ERICA RIVOLTA. Questa vergogna purtroppo è colpa vostra.

PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/50.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, è inutile ribadire ulteriormente come la crisi Pag. 20internazionale si riverberi in maniera assolutamente negativa sul fatturato complessivo delle aziende, non solo manifatturiere, ma anche dei servizi, dei trasporti e dell'indotto legato alla produzione, che sempre più si evidenzia in calo nel nostro Paese, e non solo.
Le ultime stime del Fondo monetario internazionale prevedono addirittura, purtroppo, un peggioramento delle prospettive di crescita del prodotto interno lordo dell'Europa di circa lo 0,5 per cento per l'anno corrente e addirittura una revisione ulteriormente al ribasso di 1,6 punti percentuali per il nostro Paese in maniera specifica, prevedendo una tiepida e timida ripresa della crescita solo a partire dal 2013. Questa previsione è in risposta anche ai troppo facili proclami di soluzioni prospettate da questo Governo tecnico, che, di fatto, di soluzioni ai problemi ne ha portate davvero poche, anzi forse tassando all'eccesso la produzione e le imprese ha solo peggiorato la situazione.
Però, al di là delle facili polemiche che si potrebbero fare sull'inefficienza delle misure introdotte da questo Governo, a noi interessa trovare soluzioni che possano lenire i problemi gravissimi che colpiscono in questa fase le aziende.
Ciò premesso, negli ultimi mesi si è vista un'eccessiva e ulteriore contrazione nella concessione di crediti alle imprese e alle famiglie, nonostante che la Banca centrale europea abbia fatto in un tempo molto ristretto un'iniezione di liquidità enorme di oltre 250 miliardi di euro nelle casse delle banche italiane. Tuttavia, non si capisce bene il motivo per il quale questa liquidità non è stata poi immessa nel sistema per garantire l'accesso al credito, ma è stata utilizzata solo ed esclusivamente in buona parte per coprire i rischi finanziari legati alle speculazioni che le banche hanno effettuato in periodi in cui si voleva nascondere la gravità delle speculazioni finanziarie stesse.
Questa difficoltà di accesso al credito pone ulteriormente in difficoltà la tenuta del nostro sistema produttivo e imprenditoriale, anche e soprattutto delle piccole e medie imprese che, non essendo capitalizzate adeguatamente rispetto a quello che prevedono gli standard Basilea 1, 2 e 3, difficilmente riescono ad accedere anche a semplici strumenti creditizi che in una situazione normale dovrebbero essere concessi in tempi brevi. Invece, abbiamo tempi lunghissimi nella concessione di crediti, con tutto quello che ne consegue.
A ciò va aggiunto il rischio molto concreto, purtroppo, che stanno correndo tantissime aziende che vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione, ma che, pur essendo esigibili, non riescono a renderli liquidi. Visto che il Governo ha parlato nelle scorse settimane della possibilità di certificare questi crediti e portarli in compensazione con eventuali debiti o comunque con eventuali oneri che le aziende devono pagare nei confronti dello Stato e visto che si avvicinano le scadenze fiscali obbligatorie che tutte le aziende devono raffrontare - qualora chiaramente si ritrovino in situazioni di dover certificare un utile -, chiediamo in sostanza che venga accelerata l'adozione di opportuni provvedimenti per consentire la piena esecutività della certificazione di questi crediti con la pubblica amministrazione da parte delle aziende e la compensazione con le eventuali somme iscritte a ruolo.

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/5178/51.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, dal Paese si alza un grido di dolore, che non è il grido del palazzo: oddio sono finite le brioche! È un grido concreto, che abbiamo ascoltato in questi giorni di campagna elettorale, il grido degli esodati, tristemente dimenticati. È un Paese di professori che non sa far di conto, che si scorda, che pensa che siano 10 mila, mentre poi si scopre che sono 60 mila, forse 160 mila: insomma, in questo palazzo si danno i numeri e li danno i professori, dai quali ci aspettavamo invece che ci potessero insegnare qualcosa.
Nell'ordine del giorno a mia firma noi chiediamo che si possa rivedere il Patto di stabilità, per consentire agli enti locali di Pag. 21assolvere i debiti con le aziende fornitrici. Da tempo il passato Governo e questo Governo stanno pensando alla formula per poterlo in qualche modo consentire, senza ovviamente gravare sul debito pubblico. Era una soluzione facilissima, quando era all'opposizione il Partito Democratico. Sherpa di deputati e deputate che avevano in tasca la soluzione, che con piglio indignato si presentavano a tutte le elezioni e, brandendo il ditino, dicevano: ma come non abbiamo ancora risolto il problema della pubblica amministrazione? Eccoli da un anno, i geni della lampada, i geni del centrosinistra e i geni dell'attuale Governo. Non abbiamo risolto il problema dei pagamenti, mi sembra evidente. Non siamo andati neanche in Europa, però, a chiedere alcune modifiche ed ora ci troviamo spiazzati, perché fino all'altro giorno eravamo accodati al rigorismo della Merkel e di Sarkozy. Eravamo i primi della classe! I primi! Lacrime e sangue per gli altri, lacrime, sangue e stridore di denti per noi: conti in ordine, conti perfetti; non sforamento di bilancio, non solo non sforamento di bilancio, ma cinghia tirata per pensionati, pensionate e proprietari di prima casa.
Volevano diventare i primi della classe. Ora non siamo più i primi della classe, perché è arrivata la sinistra, quella seria dei francesi, che ha detto: sapete cosa c'è? Non la facciamo mica noi la spending review. Questa è bellissima, signor Presidente, non si chiamano più tagli. Gli altri li chiamavano tagli ai tempi di Tremonti; qui svolazzando da un fiore all'altro si spende il nome della spending review, che ha a che fare con il Wi-Fi, che ha a che fare con la rete, che ha a che fare con il grunge; una cosa bellissima, da indossare il sabato sera con gli amici, da portare in un momento di gioia e di festa, in una scampagnata fuori porta. Andiamo a fare una scampagnata e una spending review. Meraviglioso!
Allora, Presidente, chiedo al Governo di poter riformulare l'ordine del giorno in concreto per poter, a parte questo dispositivo generico, chiedere quanto segue. Molti comuni, signor sottosegretario, oggi hanno una disponibilità accantonata di immobili. L'idea sarebbe di poter valutare che questi immobili o beni che entrano nel Patto di stabilità possano essere utilizzati come una sorta di fondo di garanzia, per poter consentire, previo un patto tra banche e imprese, che il comune in qualche modo possa garantire un accesso al credito soprattutto a quelle imprese che oggi si trovano esposte perché sono debitrici. Consegno una riformulazione al sottosegretario, che so attento, sperando in un accoglimento.

PRESIDENTE. Come l'onorevole Polledri sa, ovviamente, egli non può proporre la riformulazione.
Adesso dobbiamo passare al parere del Governo e sentiremo cosa dice, onorevole Polledri.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, devo fare una brevissima premessa. Il Governo si è sforzato di esaminare con la massima attenzione gli ordini del giorno e di accoglierli il più possibile, anche laddove sono emersi dei problemi relativi ai poteri limitati del Governo nelle materie per le quali gli ordini del giorno chiedono un suo impegno: si tratta di poteri limitati dalle leggi esistenti e quindi sarebbe necessario assumere una modificazione normativa oppure in ragione delle prerogative previste per istituti che godono di autonomia garantita e tutelata.
Entro questi limiti, il parere del Governo sugli ordini del giorno è quello che segue.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Mantovano n. 9/5178/1, Beltrandi n. 9/5178/2 e Gregorio Fontana n. 9/5178/3.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Proietti Cosimi n. 9/5178/4, a condizione che il dispositivo sia riformulato, premettendo le seguenti parole: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Biagio n. 9/5178/5, che è sostanzialmente Pag. 22simile all'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40, a condizione che il dispositivo sia riformulato, sostituendo le parole: «il congelamento del debito» con le seguenti: «forme di dilazione del debito».

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, per quanto riguarda le premesse dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/5178/5?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il parere è favorevole limitatamente al dispositivo, se riformulato.

PRESIDENTE. Quindi, va soppressa la premessa.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, in genere, in questi casi in cui proponiamo una riformulazione, il parere favorevole si limita alla riformulazione e al dispositivo, non al resto dell'ordine del giorno.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, va bene tutto, ma noi votiamo un ordine del giorno che ha una premessa e un dispositivo. Se il Governo dà un parere solo sul dispositivo, significa che per la premessa si rimette all'Aula, ma non è che non esprime il parere sulla premessa, perché noi votiamo un ordine del giorno nel suo complesso.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, il parere del Governo - lo sa meglio di me - può anche essere quello di proporre una riformulazione del dispositivo e la soppressione della premessa; poi, l'Assemblea decide, ovviamente.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, se è così, noi votiamo un ordine del giorno sul quale non vi è più una premessa. Se vi è la premessa, il parere del Governo è contrario. Dobbiamo capire cosa votiamo.

PRESIDENTE. Sottosegretario D'Andrea, vada avanti.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole, limitatamente al dispositivo, sull'ordine del giorno Granata n. 9/5178/6, a condizione che sia riformulato nel modo seguente: «impegna il Governo ad affrontare il tema delle commissioni a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo da parte delle categorie più svantaggiate, le famiglie a basso reddito e le imprese...» e poi il resto rimane identico.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Contento n. 9/5178/7 e Garagnani n. 9/5178/8, quest'ultimo sostanzialmente identico agli ordini del giorno Leoluca Orlando n. 9/5178/23 e Crosio n. 9/5178/43, che poi richiameremo.
Il Governo dà parere favorevole all'ordine del giorno Monai n. 9/5178/9, a condizione che il dispositivo sia riformulato con l'introduzione della formula di rito: «a valutare l'opportunità di introdurre uno specifico potere» e con l'eliminazione delle ultime quattro righe, che risultano improprie. Il parere favorevole, dunque, si fermerebbe alle parole «le motivazioni richieste».
Il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'ordine del giorno Porcino n. 9/5178/10.
Il Governo dà parere favorevole sul dispositivo dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/5178/11 a condizione che sia riformulato con la formula «a valutare l'opportunità di».

PRESIDENTE. Mi scusi sottosegretario D'Andrea, intervengo per chiarire definitivamente la questione, così non la interrompiamo più. Pag. 23
Quando il Governo esprime, come nel caso dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/5178/11, parere favorevole al dispositivo, oppure parere favorevole al dispositivo con riformulazione, vuol dire che il Governo intende che il parere favorevole è solo sul dispositivo e si sopprime la premessa. Poi, ogni singolo deputato dirà se accetta o non accetta e si voterà o non si voterà. Andiamo avanti.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Messina n. 9/5178/12, con una leggerissima riformulazione al dispositivo: dopo la parola «nonché» si aggiungerebbe l'interposizione «per contenere l'ammontare degli importi».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Mura n. 9/5178/13 con una riformulazione, di rito, al dispositivo, introducendo «valutare l'opportunità di assumere iniziative (...)»
Il Governo accetta gli ordini del giorno Piffari n. 9/5178/14 e Aniello Formisano n. 9/5178/15.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Barbato n. 9/5178/16, con riformulazione nella seconda parte del dispositivo, di cui si propone la seguente modifica. Rileggo per intero la riformulazione: «ad aprire un confronto con gli istituti di credito e con le loro associazioni rappresentative finalizzato a valutare ogni iniziativa utile per erogare finanziamenti alle famiglie e alle piccole e medie imprese ad un tasso contenuto». Questa sarebbe la riformulazione.
Ricordo che l'ordine del giorno Cimadoro n. 9/5178/17 è stato dichiarato inammissibile.

PRESIDENTE. Ricordo che anche l'ordine del giorno Favia n. 9/5178/18 è stato dichiarato inammissibile. Andiamo all'ordine del giorno successivo.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Rota n. 9/5178/19.
Il Governo esprimo parere favorevole sull'ordine del giorno Palagiano n. 9/5178/22, con la riformulazione di rito per quel che riguarda il dispositivo: «a valutare l'opportunità».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/5178/23, come sugli ordini del giorno Garagnani n. 9/5178/8, già esaminato, e Crosio n. 9/5178/43, che verrà.
Il Governo dà parere favorevole all'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/5178/24.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Donadi n. 9/5178/25, con la premessa al dispositivo: «valutare l'opportunità di assumere».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Palomba n. 9/5178/26.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zazzera n. 9/5178/27 con l'espunzione delle ultime due righe, dopo le parole «piccole imprese».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Di Pietro n. 9/5178/28, anche qui nel dispositivo fino alle parole «credito alle piccole e medie imprese», quindi con l'espunzione dell'ultimo periodo, che oltretutto è contraddetto dall'audizione odierna.
Il Governo dà parere favorevole anche sugli ordini del giorno Di Stanislao n. 9/5178/29 e Torazzi n. 9/5178/31.
Il Governo esprime altresì parere favorevole con riformulazione di rito: «a valutare l'opportunità di», sull'ordine del giorno Allasia n. 9/5178/32.
Il Governo dà parere favorevole agli ordini del giorno Bitonci n. 9/5178/33, Callegari n. 9/5178/34 e D'Amico n. 9/5178/35.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cavallotto n. 9/5178/36, limitatamente alla prima parte del dispositivo, che tra l'altro assorbirebbe in qualche modo anche la seconda e previa la premessa: «a valutare l'opportunità di assumere iniziative utili». Pag. 24
Il Governo esprime poi parere favorevole sull'ordine del giorno Buonanno n. 9/5178/37, anche qui con la premessa: «a valutare l'opportunità».
Il Governo dà altresì parere favorevole sull'ordine del giorno Simonetti n. 9/5178/38, anche in questo caso, con la premessa: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo esprime inoltre parere favorevole sull'ordine del giorno Comaroli n. 9/5178/39 con una riformulazione: «a valutare l'opportunità di attivarsi presso le banche affinché facciano approvare» e poi «esplicitamente e singolarmente ai clienti le variazioni delle condizioni dei contratti».
Anche per quanto riguarda l'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40, il Governo esprime parere favorevole con una riformulazione, nel dispositivo subito dopo «gli interessi di mora», ossia senza l'indicazione del periodo e con una riformulazione che poco prima dell'introduzione della moratoria prevederebbe la dilazione dei pagamenti dei redditi tributari.
Il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'ordine del giorno Fava n. 9/5178/41, come nel caso dell'ordine del giorno Porcino n. 9/5178/10.
Sull'ordine del giorno Consiglio n. 9/5178/42 il Governo propone una riformulazione, sempre con: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Crosio n. 9/5178/43.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Caparini n. 9/5178/44, data la complessità e l'ampiezza dello stesso, il Governo propone una riformulazione, che leggo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative, anche con riferimento alla delega fiscale in esame, finalizzate ad affrontare il tema del versamento dell'IVA a fronte di fatture insolute».

PRESIDENTE. Ricordo che vale quello che abbiamo detto prima: tutte le riformulazioni intervengono limitatamente al dispositivo e non alla premessa.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Maggioni n. 9/5178/46, Montagnoli n. 9/5178/47, Munerato n. 9/5178/48, Lulli n. 9/5178/49 e Pini n. 9/5178/50.
Il Governo potrebbe accettare, limitatamente al dispositivo, l'ordine del giorno Polledri n. 9/5178/51, a condizione che esso sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di rivedere i vincoli del Patto di stabilità interno per gli enti locali, rimodulando le restrizioni ora vigenti e permettendo agli enti di potere procedere al giusto pagamento dei propri debiti con le aziende fornitrici, a rilanciare lo strumento del Fondo di garanzia costituito dalle risorse rimaste inutilizzate al fine di fornire il necessario sostegno alle imprese che versino in una condizione di obiettiva criticità a causa delle pendenze nei confronti degli enti di riscossione dello Stato e/o che si trovino in situazione creditoria nei confronti della pubblica amministrazione, fatti salvi i vincoli della finanza pubblica e del Patto di stabilità nazionale».
Il parere del Governo infine è favorevole sugli ordini del giorno Alessandri n. 9/5178/52, Rivolta n. 9/5178/53 e Rosato n. 9/5178/54.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, vorrei soltanto avere un chiarimento. Probabilmente non ho capito con chiarezza quanto ha detto il Governo sui pareri: quando esprime parere favorevole, vuol dire che tutto l'ordine del giorno è accettato, premesse comprese?

PRESIDENTE. Sì.

MASSIMILIANO FEDRIGA. In tutti i casi in cui il Governo propone una riformulazione, Pag. 25le premesse sono da espungere, in base alla riformulazione del Governo, giusto?

PRESIDENTE. Vorrei che rispondesse il Governo.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come ho detto, il Governo dà parere favorevole, in alcuni casi, limitatamente al dispositivo, con delle riformulazioni. Ove accolto, il testo non si sottopone a votazione, quindi il problema non c'è, se invece si sottopone a votazione, è chiaro che non è accolta la richiesta del Governo alla riformulazione.

PRESIDENTE. D'accordo, ma il chiarimento era legato al fatto che non ci siano dubbi da parte di chi adesso dovrò interpellare.
Dunque, quando il Governo esprime parere favorevole, è favorevole. Se invece il Governo esprime parere favorevole con riformulazioni - che vanno da «a valutare l'opportunità di» fino a riformulazioni di altro genere - si intende che è solo per il dispositivo, perché il Governo dice che sulla premessa fa la proposta di soppressione. Se poi il proponente decide di non accettare, si voterà.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non voglio essere capzioso, ma credo che anche per cose che hanno un valore diverso da articoli, normative e via dicendo, sia importante per noi tutti comprendere. Probabilmente è mio limite odierno quello di non riuscire a capire, però il tema è il seguente. Ho sentito il Governo che in talune occasioni ha riformulato i dispositivi, proponendo semplicemente delle modifiche a quei dispositivi, non intervenendo minimamente sulla premessa ed io avevo interpretato che quella premessa era stata accettata.
In altri casi il Governo, anche su sua sollecitazione, ha detto che, oltre alla riformulazione del dispositivo, la riformulazione comprendeva anche l'eliminazione della premessa, che è un altro tipo di riformulazione.
Ora, è del tutto evidente che, anche proceduralmente, può accadere che il deputato non accoglie la riformulazione del Governo rispetto all'eliminazione della premessa, e in linea di Regolamento, noi dovremmo votare per parti separate quell'ordine del giorno, perché se la premessa viene respinta dall'Aula così come da indicazione del Governo, sul dispositivo scatterebbe il parere favorevole che il Governo aveva dato. Se noi non votiamo o votiamo direttamente tutto l'ordine del giorno con un parere contrario del Governo, perché contiene anche la premessa, in qualche modo aggiriamo invece un'indicazione che il Governo aveva dato.
Quindi capisco che siamo un po', come dire, strada facendo, ma il tema, per quanto mi riguarda, è che io non ho capito se il Governo - forse sarebbe utile capirlo definitivamente - esprime un parere contrario, comunque, su tutte le premesse, salvo poi la riformulazione che ha proposto dei dispositivi, cosa singolare ma legittima da parte del Governo, oppure - non l'ho capito - quali sono gli ordini del giorno sui quali il Governo accetta la premessa o meno.

PRESIDENTE. Suggerirei di procedere in questo modo, altrimenti non ne usciamo più. Di volta in volta valutiamo, anche perché poi dipende dai presentatori, può essere che accettino o non accettino. Chiederei solo un po' di cortesia al Governo, di aiutarmi.
È evidente che laddove si dovesse procedere al voto, perché il presentatore non accetta la riformulazione, potranno esserci due votazioni, di cui una sulla premessa, dove c'è un parere contrario e ovviamente laddove il presentatore la chiedesse.
Onorevole Mantovano, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5178/1, accettato dal Governo?

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ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, apprezzo molto il parere favorevole del Governo, ma chiedo che questo ordine del giorno sia sottoposto al voto, perché con le decine di colleghi che lo hanno sottoscritto e, quindi, l'hanno condiviso, credo riguardi un aspetto particolarmente significativo del disegno di legge di conversione che stiamo esaminando. Per cui, se mi permette, signor Presidente, spendo qualche secondo a sostegno del voto favorevole. La premessa è la condizione di grave disagio dal punto di vista, non soltanto economico e finanziario, ma anche personale, nella quale viene a trovarsi l'operatore economico di fronte al rifiuto del credito o alla revoca del credito che non abbia motivazioni plausibili fondate sul rischio bancario.
In sede di esame da parte del Senato, colleghi del Popolo della Libertà hanno presentato un emendamento, che poi i relatori hanno trasformato in quello che è diventato il comma 1-quinquies dell'articolo 1 del decreto-legge in esame. Qual è il meccanismo previsto da questo comma? Se l'operatore economico, se il cliente, ha qualcosa da lamentare nei confronti del comportamento dell'istituto di credito, rivolge una istanza motivata al prefetto. Il prefetto è tenuto, in base a questa norma, a chiedere spiegazioni alla banca di riferimento e la cosa può finire lì, nel senso che l'autorevolezza istituzionale del prefetto può indurre l'istituto di credito ad un ripensamento se il rischio bancario era stato valutato con eccessivo rigore. Se così non è, espletato questo tentativo, il prefetto invia questa segnalazione, che a questo punto diventa una segnalazione qualificata, all'arbitro finanziario bancario istituito, come tutti sappiamo, nel 2005 e operativo dal 2009.
A cosa punta l'ordine del giorno? A far sì che il disposto di questa norma sia realmente applicato e che non si traduca invece in una risposta di tipo formalistico-burocratica. Cosa chiede l'ordine del giorno? L'impegno del Governo - e sono soddisfatto che il Governo l'abbia accolto - a che i prefetti siano resi destinatari di una circolare o di una direttiva, ma questo lo vedrà poi il Ministro dell'interno, con la quale si istituisce, all'interno di ogni prefettura, un ufficio apposito per esaminare questo tipo di istanze. Che non vi sia, cioè, una trattazione sommaria, superficiale, frammentata, a rotazione, ma si individui un funzionario, con altri alle proprie dipendenze, che tratti questo tipo di istanze.
In secondo luogo, si chiede che non ci si accontenti di una risposta apodittica da parte della banca, ma che la risposta della banca sia data effettivamente sulla base di motivazioni. Ancora, che l'arbitro bancario finanziario decida la controversia segnalatagli dal prefetto effettivamente nei trenta giorni dal momento in cui gli perviene la questione. È un termine ordinatorio però un impegno votato dal Parlamento in questa direzione rende questo impegno certamente più cogente. E, da ultimo, che la Presidenza del Consiglio, attraverso l'apposito dipartimento, faccia presente l'esistenza di questa possibilità ulteriore rispetto a quelle già previste dall'ordinamento a favore dell'operatore economico. Ripeto: ringrazio il Governo per il suo parere favorevole, ma poiché si tratta di una questione seria, riteniamo che questa sequela di impegni possa essere ancora più vincolante se, come auspico, è accompagnata da un voto unanime dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo solo per dire che il nostro sarà un voto a favore dell'ordine del giorno presentato dal collega Mantovano, ma ricordando anche che questo era stato istituito già con il Governo Prodi, con i mini pool in tutte le prefetture d'Italia, che si dovevano occupare proprio dei problemi che ben ha enunciato il collega Mantovano. Tutto questo è stato fatto peraltro con un collega che l'onorevole Mantovano conosce bene, che è il senatore Lauro, allora commissario straordinario che si occupava di questo. Dopo, negli anni che si sono succeduti, è andato un po' nel Pag. 27dimenticatoio e il fatto di voler recuperare questa attività da parte delle prefetture mi sembra assolutamente appropriato. Quindi, mi sembra che ritornare indietro su cose che avevano funzionato sia veramente utile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, volevo semplicemente chiarire che quando un presentatore di un ordine del giorno si dichiara favorevole rispetto ad un orientamento espresso dal Governo, se il parere del Governo è favorevole, come in questo caso, ai fini dell'effettività e delle conseguenze dell'ordine del giorno è ininfluente che si voti o non si voti lo stesso.
Una volta che si accetta un ordine del giorno da parte del Governo, inizia una procedura, indipendentemente dal fatto che poi il presentatore chieda di votarlo. Non c'è alcuna differenza. Non è più forte l'orientamento del Parlamento se si vota, rispetto al fatto che il presentatore singolo dell'ordine del giorno, che ha il rapporto con il Governo, accetti il fatto che il Governo abbia dato parere favorevole. Anche perché signor Presidente, diversamente, se fosse così, cioè se l'ordine del giorno, a fronte del parere favorevole del Governo, ha un effetto più debole rispetto ad un ordine del giorno con parere favorevole del Governo e col voto favorevole del Parlamento, evidentemente signor Presidente si determina una condizione procedurale...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, siamo assolutamente d'accordo. Mi sembra che se un parere è favorevole e un voto è favorevole, è sempre favorevole, poi c'è un valore che il singolo presentatore può ritenere, nella sua libertà, di dire: «Voglio anche il voto dell'Aula» ed io, come Presidente di turno, non posso impedirlo, esistono già numerosi precedenti che vanno in questa direzione.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mantovano n. 9/5178/1, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Ruggeri? Onorevole Lanzillotta? Onorevole Razzi? Onorevole Gelmini? Onorevole Savino? Onorevole Crosio? Onorevole Zinzi? Onorevole Foti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 502
Votanti 497
Astenuti 5
Maggioranza 249
Hanno votato
496
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Beltrandi n. 9/5178/2, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/5178/3, accettato dal Governo.
L'ordine del giorno Proietti Cosimi n. 9/5178/4 è accettato dal Governo purché riformulato.
La premessa si intende, signor sottosegretario?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, io ho dato un parere favorevole limitatamente ai dispositivi in questi casi, perché, lo diciamo una volta per tutte altrimenti si crea un equivoco...

Pag. 28

PRESIDENTE. Io l'ho capito, ma...

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.. ..sono contenuti nelle premesse dei giudizi che per noi non sarebbero accettabili.

PRESIDENTE. Mi sembrava evidente, è chiaro.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Allora è evidente che lo sforzo di andare incontro all'indicazione parlamentare va nell'accogliere il più possibile costruttivamente quello che è il contenuto del dispositivo, ove compatibile con i giudizi e con le valutazioni complessive che il Governo fa in questa situazione.

PRESIDENTE. Perfetto, la ringrazio perché finalmente è molto chiaro per tutti. Adesso vado avanti molto velocemente, se qualcuno non accetta la proposta di riformulazione del Governo alzi la mano e si porrà in votazione l'ordine del giorno.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Proietti Cosimi n. 9/5178/4, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/5178/5, accettato dal Governo, purché riformulato come detto dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Granata n. 9/5178/6, accettato dal Governo limitatamente al dispositivo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Contento n. 9/5178/7, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/5178/8, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Monai n. 9/5178/9, accettato dal Governo, purché riformulato.

CARLO MONAI. Signor Presidente, non mi posso accontentare dell'indicazione del Governo che, sostanzialmente, rende inutile questo ordine del giorno, nel momento in cui inserisce la valutazione dell'opportunità di una scelta che, viceversa, è qualificante. Ciò a garanzia di un'efficacia dell'Osservatorio che, altrimenti, verrebbe frustrata dalla mancanza di sanzioni che non sono previste nel caso in cui il sistema bancario non osservi e non adempia all'invito di informazioni e di richieste da parte dell'Osservatorio stesso.
Il fatto, poi, che si voglia impedire l'introduzione di poteri sanzionatori, che già presidiano altri istituti analoghi di controllo dell'attività bancaria - penso anche all'Antitrust -, rende ancora più evanescente l'indicazione del Governo. Per cui, nel caso in cui il Governo mantenga la proposta di riformulazione, chiedo che l'ordine del giorno in oggetto sia posto in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Monai n. 9/5178/9, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Di Virgilio... onorevole Mazzuca... onorevole Calderisi... onorevole Crosio... onorevole Stradella... onorevole Villecco Calipari... onorevole Zinzi... onorevole Tanoni... onorevole Siliquini... Ci sono un po' di votazioni, se rimaniamo al posto, riusciamo ad essere veloci...
Onorevole Cesare Marini... onorevole Moroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 513
Votanti 499
Astenuti 14
Maggioranza 250
Hanno votato
76
Hanno votato
no 423). Pag. 29

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Porcino n. 9/5178/10 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Porcino n. 9/5178/10, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vella... onorevole Marmo... onorevole Vico... onorevole Grassi... onorevole Cesare Marini... onorevole Formisano... onorevole Formichella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 508
Votanti 501
Astenuti 7
Maggioranza 251
Hanno votato
73
Hanno votato
no 428).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei successivi ordini del giorno Borghesi n. 9/5178/11, Messina n. 9/5178/12 e Mura n. 9/5178/13, accettati dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei successivi ordini del giorno Piffari n. 9/5178/14 e Aniello Formisano n. 9/5178/15, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Barbato n. 9/5178/16, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rota n. 9/5178/19, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Palagiano n. 9/5178/22, accettato dal Governo, purché riformulato.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, non ho nessun interesse a portare a casa un accoglimento larvato. È una questione di scelta di campo: tutte le forze politiche di quest'Aula dicono di stare dalla parte del cittadino e delle imprese. L'ordine del giorno è specifico e dice alle banche che quando un ente pubblico, per esempio un comune, versa il capitale alla banca, prima che arrivi all'impresa, che magari sta soffocando, passano 14 giorni di valuta, cioè molto di più rispetto ad un assegno fuori piazza. Pertanto, abbiamo chiesto al Governo di agire con provvedimenti volti a far arrivare prima i soldi alle imprese. Voi state proteggendo le banche.
Quindi, credo che sia una questione di scelta di campo: o si sta con le banche, che possono lucrare per 14 giorni sui soldi che hanno già ricevuto, ma che trattengono speculativamente, per problemi speculativi, nelle loro casse, senza darli alle imprese, oppure si sta, appunto, dalla parte delle imprese. Che voi vogliate prendere in considerazione «l'opportunità di», alle imprese non gliene importa niente. Si deve dire: o date i soldi prima, visto che li avete, oppure state dalla parte delle banche.
Pertanto, invito tutte le forze politiche a votare a favore delle imprese e non del Governo delle banche (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, non vorrei che si interpretasse diversamente da come avevamo giudicato questo ordine del giorno. La mia proposta di lieve riformulazione era legata solo al fatto che sono limitatissime le competenze dirette del Governo Pag. 30in questa materia. Tuttavia, è chiaro che noi possiamo assumere l'impegno, per quanto di competenza, di fare quello che viene richiesto in direzione dell'esigenza prospettata dal presentatore.

PRESIDENTE. Onorevole Palagiano?

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, se assume l'impegno di propria competenza, va bene.

PRESIDENTE. Aggiungiamo quindi le parole: «per quanto di competenza», limitatamente al dispositivo.
Prendo, inoltre, atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/5178/23, accettato dal Governo, purché riformulato come precisato.
Prendo, altresì, atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/5178/24, accettato dal Governo.
Prendo, quindi, atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Donadi n. 9/5178/25, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo, altresì, atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Palomba n. 9/5178/26, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Zazzera n. 9/5178/27, accettato dal Governo, purché riformulato.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, chiedo al Governo di rivedere la riformulazione, considerato che il dispositivo già di per sé dice al Governo: «a prendere le opportune iniziative», dopodiché cancellate la parte che riguarda proprio quelle imprese che sforando, sconfinando di 10 mila euro, così come dice la Comunità europea, non sarebbero costrette a pagare le spese.
Credo che questo Parlamento debba dare un segnale proprio a quelle imprese in difficoltà e, come è stato fatto per le famiglie, si debba poterlo fare anche per le imprese. Per cui, chiedo al Governo se sia possibile, considerato che parliamo di «prendere le opportune iniziative», di lasciare la parte finale del dispositivo. Altrimenti, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Il Governo conferma il suo parere?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, l'equivoco nascerebbe dalla somma delle due righe finali del dispositivo, con riferimento alle parole: «a livello europeo» e ai «10 mila euro». Ecco perché noi avevamo proposto di fermarci alle parole «piccole imprese». Posso, invece, convenire sul fatto che si possono eliminare le parole «a valutare l'opportunità di», essendo già indicate «le opportune iniziative».

PRESIDENTE. Dunque, la nuova proposta di riformulazione è nel senso di eliminare le parole «a valutare l'opportunità di», mentre resta inalterata l'espunzione delle ultime due righe del dispositivo. Onorevole Zazzera, accetta l'ulteriore riformulazione proposta dal Governo?

PIERFELICE ZAZZERA. No, signor Presidente, e insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zazzera n. 9/5178/27, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Marini, Foti, D'Antoni, Crosetto, Goisis, Pezzotta e Buttiglione.
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 31
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 511
Votanti 501
Astenuti 10
Maggioranza 251
Hanno votato
77
Hanno votato
no 424).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo, quindi, atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Pietro n. 9/5178/28, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo, inoltre, atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Di Stanislao n. 9/5178/29 e Torazzi n. 9/5178/31, accettati dal Governo.
Prendo, altresì, atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Allasia n. 9/5178/32, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo, quindi, atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Bitonci n. 9/5178/33, Callegari n. 9/5178/34 e D'Amico n. 9/5178/35, accettati dal Governo.
Prendo, inoltre, atto che i presentatori accettano la riformulazione, come detta dal Governo, e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Cavallotto n. 9/5178/36.
Prendo, inoltre, atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Buonanno n. 9/5178/37 e Simonetti n. 9/5178/38, accettati dal Governo, purché riformulati.
Chiedo, quindi, ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Comaroli n. 9/5178/39, accettato dal Governo, purché riformulato.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Signor Presidente, la riformulazione che ha suggerito il Governo mi va bene per quanto riguarda il dispositivo. L'unica cosa che chiederei al Governo è se può prevedere di eliminare le parole: «a valutare l'opportunità di» in quanto già anche in Commissione il rappresentante mi aveva...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario?

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, preciso, ma credo di averlo già detto, che la riformulazione è nel senso di assumere iniziative affinché si introduca (...)».

PRESIDENTE. Sta bene. Abbiamo, quindi, eliminato le parole: «a valutare l'opportunità di».
Chiedo, quindi, ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40, accettato dal Governo, purché riformulato.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, volevo capire la riformulazione del Governo perché non mi è chiara.

PRESIDENTE. Chiedo al sottosegretario se per cortesia può rileggere la riformulazione dell'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il testo riformulato era: «a valutare, al fine di agevolare il pagamento dei debiti tributari delle imprese in crisi, considerando (...)» e così via «(...) l'introduzione di una dilazione dei debiti tributari per le imprese più in difficoltà, senza ulteriori aggravi per le sanzioni ed interessi di mora.»; ed il testo si fermerebbe a questo punto.

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti?

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, il tema è chiaramente quello di Equitalia. Le dilazioni per i debiti di Equitalia sono già state applicate con una serie di decreti adottati in passato, anche fino ad un numero di mesi importante. Con quest'ordine del giorno chiediamo - Pag. 32su un tema attualissimo, perché ha risvolti sia finanziari che economici e sociali, perché ormai si tratta di un problema sociale - che si faccia ciò che è stato fatto con le banche, le quali hanno applicato una moratoria dei mutui per i clienti, come le imprese, e così via. Faccia ciò anche lo Stato con Equitalia e, quindi, si introduca un periodo di 360 giorni nel quale Equitalia monitora le posizioni più a rischio e venga introdotto un periodo di moratoria per le posizioni più a rischio; non per tutte, non per chi non ha pagato perché non ha voluto pagare, ma per le posizioni a rischio, che stiamo vedendo ormai quotidianamente, basta leggere i giornali.
Quindi, il Governo dia mandato ad Equitalia di fare un monitoraggio per applicare una moratoria di un anno. Questo è il senso dell'ordine del giorno, che crediamo vada nella stessa direzione in cui è stata richiesta la moratoria alle banche. Non possiamo chiedere alle banche la moratoria - che hanno applicato - e non allo Stato, di fronte ai disagi sociali che vi sono. Non è una questione puramente finanziaria, è sociale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, possiamo lasciare anche la parola «moratoria», che poi sarebbe abbastanza simile al testo previsto per l'ordine del giorno dell'onorevole Di Biagio, sul quale abbiamo espresso parere favorevole, però proponiamo di espungere il riferimento al limite di tempo espresso nell'ultima riga.

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, deve dire se accetta quest'ulteriore riformulazione o se dobbiamo passare al voto.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, alle banche abbiamo chiesto una moratoria di un anno, ma con l'ordine del giorno così riformulato il Governo potrebbe applicare una moratoria di 15 giorni e la partita è chiusa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, adesso abbiamo la necessità di sapere se lei accetta la riformulazione o meno.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, non accettiamo questa riformulazione e, quindi, chiediamo che l'ordine del giorno sia posto in votazione. Chiediamo, inoltre, l'attenzione degli altri gruppi su questo tema, perché non possiamo poi andare in televisione e fare certe dichiarazioni. In Aula, si discute!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere una piccola operazione verità. Ho ascoltato con attenzione l'onorevole Fugatti: solo che un anno fa, quando Fugatti era in maggioranza, presentammo una mozione con la quale chiedevamo una moratoria per le aziende in difficoltà, in una situazione economica in cui lo Stato poteva fare qualcosa di più di oggi, e l'onorevole Fugatti votò contro quella moratoria con tutto il suo gruppo, con il parere del Ministro Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, per un atto di chiarezza - lo dico anche all'onorevole Fugatti e rispetto a ciò che si sente fuori di quest'Aula - devo dire che le norme più «robuste» che regolamentano l'attività di Equitalia - e le ricordo bene perché le prime le ho votate anch'io - sono del 2010 e del 2011. Nel 2010, assieme al gruppo di Futuro e Libertà, presentai degli emendamenti, ma fu Pag. 33posta la questione di fiducia, che l'onorevole Fugatti votò e passò quel testo; idem l'anno scorso: noi abbiamo votato contro, voi avete votato a favore dell'irrobustimento ulteriore delle norme su Equitalia.
Quindi, che oggi, nella situazione in cui Equitalia si muove, secondo le regole che voi avete voluto e che voi avete inasprito, che veniate qui dentro e fuori da quest'Aula a fare propaganda sulla pelle di chi sta male verso Equitalia, la trovo intollerabile. Dopodiché, mi rivolgo al Governo chiedendo se sia possibile un'ulteriore riformulazione, che non dica «360 giorni», ma introduciamo un tempo congruo.
Salviamo il principio opportuno della moratoria, non «impicchiamo» il Governo alla necessità di stabilire una moratoria di un anno che non si può accettare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, io non voglio mettere sale sulla ferita, ma al collega dell'UdC dico che, se un'idea è positiva, penso che la si possa condividere. Al collega ricordo che la manovra che è stata approvata ha spuntato nettamente quelle che erano le unghie rapaci e fiscali di Equitalia. Si ricorda o non si ricorda che abbiamo tolto le ganasce dagli 8 mila euro? Si ricorda o non si ricorda che abbiamo dato la possibilità ai comuni di poter licenziare, di poter dare in gestione diretta quella che è la riscossione e che l'abbiamo applicata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Fatela applicare, facciamola applicare ai nostri comuni, perché dove è stata applicata dai nostri comuni, non solo si sono trattati meglio quelli che sono i clienti, si è fatta distinzione tra chi sono i furbi e i furbetti e chi, invece, è in un momento di difficoltà, ma con i soldi risparmiati si sono fatti investimenti importanti.
Presidente, io credo che una causa comune varrebbe un voto favorevole. Questo dividersi francamente non fa onore se non alla poca cassetta elettorale dell'UdC e di FLI.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, non credo sfugga ai colleghi che se noi restiamo entro il 31 dicembre di quest'anno avremo un problema di liquidità, ma qualsiasi dilazione che vada oltre il 31 dicembre va a debito e, quindi, richiede copertura.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, desidero precisare che la proposta di espungere l'ultima parte, cioè «per un periodo di almeno 360 giorni», era legata all'idea di non introdurre una moratoria - avendo, tra l'altro, a questo punto adoperato il termine moratoria - senza limiti. Per cui, noi senza limiti non la potremmo accettare. Quindi, forse si può trovare una soluzione dicendo che è una moratoria di un anno, di 360 giorni insomma.

MAURIZIO FUGATTI. C'è scritto!

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. No, l'ordine del giorno prevede almeno 360 giorni.

PRESIDENTE. Quindi, la riformulazione proposta dal Governo sull'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40 è di eliminare la parola «almeno», cioè di fissare 360 giorni.
Onorevole Fugatti, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5178/40, accettato dal Governo, purché riformulato?

Pag. 34

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, accetto la riformulazione, ma insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, veramente sta diventando una barzelletta questa storia di Equitalia. Io, tra l'altro, sono stato tra i primi promotori, davanti ad Equitalia, di una manifestazione di FLI, in tempi non sospetti, quando voi eravate al Governo, perché ricordo che tutti i regolamenti distintivi fatti su Equitalia, li ha voluti il Governo precedente e, in particolare, il Ministro Tremonti.
Detto questo, e per non fare polemica, perché poi alla fine bisogna che si arrivi ad un punto di equilibrio, Futuro e Libertà per il Terzo Polo voterà l'ordine del giorno, così come proposto dal Governo, in modo tale che si comprenda la differenza tra un partito che si assume le responsabilità e chi fa solamente populismo.

SALVATORE CICU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, aggiungo la mia firma all'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Quindi, è stata accettata la riformulazione del Governo all'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40. Si vota con parere favorevole limitatamente al dispositivo, così come risultante dall'ultima riformulazione proposta dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fugatti n. 9/5178/40, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Moles, Farina Coscioni, De Nichilo Rizzoli, Beccalossi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 513
Votanti 506
Astenuti 7
Maggioranza 254
Hanno votato
501
Hanno votato
no 5).

Prendo atto che il deputato Lulli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Chiedo all'onorevole Fava se insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5178/41, non accettato dal Governo.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, credo che sia importante un attimo di attenzione su questo ordine del giorno per una ragione molto semplice: il Governo ha avuto una occasione straordinaria per emanciparsi rispetto ad un cliché che lo vede definito da più parti (ovviamente dal mio punto di vista in modo condivisibile) come il «Governo delle banche». Anche in questa occasione, in realtà, si lascia prendere la mano e tenta di proteggere il proprio azionista di riferimento.
Guardate che l'ordine del giorno prevede che (tra le tante cose inutili che vengono fatte in questo Paese, stante il fatto che avete scelto di realizzare questo osservatorio sul credito, l'ennesima struttura e sovrastruttura e superfetazione all'interno di un contesto dove ormai, a furia di osservatori, credo che fra un po' non ci sarà più spazio per il resto) questo osservatorio abbia delle competenze specifiche. Una di queste deve essere quella relativa alla trasparenza e deve essere quella che dà dei riscontri oggettivi rispetto all'attività dell'osservatorio stesso.

Pag. 35

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 11,35)

GIOVANNI FAVA. Quindi, con l'ordine del giorno in questione, noi chiediamo che questo osservatorio serva a stilare delle graduatorie, ad attribuire dei rating liquidità e di solvibilità degli istituti di credito, nell'interesse dei consumatori e dei correntisti. Ma è quello che evidentemente questo Governo non vuole. Questo Governo è troppo portato a cercare di proteggere la zona grigia nel rapporto tra sistema del credito e sistema Paese per potersi permettere il lusso di dare, tra le competenze che devono essere attribuite all'agenzia, la possibilità di stabilire quali siano le banche buone e quelle cattive, quali siano le banche che possono onorare il credito e quali no.
Guardate che non è assolutamente una questione di lana caprina, come viene definita. È una questione assolutamente dirimente. Infatti, se l'osservatorio non ha nemmeno la possibilità, nell'ambito della redazione di quello che viene definito «dossier sul credito», di stabilire quali siano i criteri per i quali il cittadino si senta più o meno tutelato o garantito nel momento in cui si rivolge ad un istituto di credito nel tentativo di avere (come dovrebbe essere giusto e normale in ogni democrazia occidentale e in ogni sistema capitalistico liberale, come in teoria dovrebbe essere il nostro) la possibilità di accedere al credito, noi stiamo continuando a mettere in discussione i principi alla base del rapporto tra lo Stato e il cittadino.
Il legislatore non può impedire la trasparenza. Voi in questo modo state cercando di impedire la trasparenza nelle notizie che vengono fornite ai soggetti che hanno bisogno delle banche, e normalmente i soggetti che hanno bisogno delle banche sappiamo essere - in questo periodo particolare - le imprese, ma non solo.
Quindi, credo che sarebbe molto utile un ripensamento da questo punto di vista perché - lo ripeto al sottosegretario - è un modo per emanciparvi da quello che voi definite essere un cliché sbagliato, ma che tale non può essere, e cioè che siete un Governo e una maggioranza che sostiene un Governo delle banche e dei banchieri. E i cittadini sono sempre quelli che riempiono i vostri interventi in Aula, ma che si interessano molto poco nei fatti concreti e, in particolare, negli atti che vengono promossi da questo Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Fava, mi sembra di capire che lei insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fava n. 9/5178/41, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Giulietti... Onorevole Tommaso Foti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 497
Votanti 468
Astenuti 29
Maggioranza 235
Hanno votato
65
Hanno votato
no 403).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che l'onorevole Consiglio accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. n. 9/5178/42, proposta dal Governo e non insiste per la votazione.
Prendo atto che l'onorevole Crosio non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. n. 9/5178/43, accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Caparini accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. n. 9/5178/44, proposta dal Governo e non insiste per la votazione. Pag. 36
Ricordo che l'ordine del giorno Bonino n. 9/5178/45 è inammissibile.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Maggioni n. 9/5178/46, Montagnoli n. 9/5178/47, Munerato n. 9/5178/48, Lulli n. 9/5178/49 e Pini n. 9/5178/50, accettati dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Polledri n. 9/5178/51, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Alessandri n. 9/5178/52, Rivolta n. 9/5178/53 e Rosato n. 9/5178/54, accettati dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Poiché la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito che le dichiarazioni di voto finale abbiano inizio a partire dalle ore 12, sospendo la seduta fino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 12.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che in sede di Conferenza dei Presidenti di gruppo è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa.
Ne ha facoltà, per due minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là del voto favorevole su questo decreto-legge, da noi già annunziato ieri, colgo questa occasione per richiamare l'attenzione delle grandi forze politiche di quest'Assemblea sulla situazione internazionale e sul nuovo aggravarsi della situazione della Grecia e, in generale, dell'euro.
È chiaro che noi non siamo usciti dall'emergenza nella quale l'Italia si trova da molti mesi, sia per i suoi problemi, sia per la condizione internazionale. È chiaro - mi rivolgo in particolare ai leader del Popolo della Libertà, del Partito Democratico e del Terzo Polo - che abbiamo bisogno di essere uniti nel sostegno al Governo, perché in questo momento l'Italia rientra in una tempesta finanziaria gravissima, mentre ha i problemi molto gravi che conosciamo. Queste forze devono chiedere al Governo uno sforzo straordinario per convincere l'Europa che non bastano le politiche del rigore, ma che servono anche le politiche dello sviluppo e che le politiche dello sviluppo non si fanno solo parlando, ma servono interventi concreti. Se l'Europa non è pronta, per le sue incertezze e per le debolezze delle sue classi dirigenti, allora il Governo italiano, ed il professor Monti che lo guida autorevolmente, deve affrontare il problema della ripresa della crescita. L'Italia non può vivere in una condizione di disoccupazione così elevata ed i tre grandi raggruppamenti politici che sostengono il Governo devono incoraggiarlo, spingerlo e condizionarlo ad affrontare con forza, con tempestività e con decisione questi problemi.
Questa, signor Presidente, è la ragione del nostro appello che si rivolge alle grandi forze politiche del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, intervengo per ribadire la nostra contrarietà ai provvedimenti di questo Governo e la nostra non fiducia a questo Governo.
Questo doveva essere il Governo dell'equità e dello sviluppo, ma i fatti parlano Pag. 37da soli. Siamo allo stesso punto in cui ci siamo trovati quando, tirando fuori lo spread, abbiamo fatto dimettere il Presidente Berlusconi ed abbiamo fatto cadere quel Governo che era stato voluto dal popolo italiano. Credo che bisogna prendere atto di questo. Questo non è il Governo dei miracoli e non può davvero salvare l'Italia. Sono fermamente convinto che ci sia l'assoluta necessità di ritornare alla politica ed io, oltre a chiedere a Monti di prendere atto del suo fallimento, invito la coalizione che è stata indicata dal popolo italiano come vincente, a ritornare in campo ed invito il Presidente Berlusconi ad uscire dall'ombra, dove è stato costretto a mettersi. Invito il Presidente Berlusconi a rimboccarsi, ancora una volta, le maniche perché deve dare una mano a questa Italia che affonda.
È questo il messaggio che io voglio mandare ribadendo un no forte, deciso e categorico a questo Governo che sta ammazzando l'Italia ma ha già ammazzato il Sud e io credo che il Sud sia al limite della sopportazione di provvedimenti che non stanno assolutamente dalla parte della gente ma stanno sempre, come questo, dalla parte delle banche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A). Ne ha facoltà, per tre minuti.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, voteremo a favore di questo provvedimento in un momento in cui la crisi dell'euro, che sembrava domata, sta fortemente riemergendo e in cui le banche, con la loro crisi di liquidità, stanno mettendo in difficoltà famiglie e imprese.
In questo scenario di crisi, signor Presidente, sta riaffiorando il terrorismo, mentre le liste dell'antipolitica, intrise di demagogia, stanno mietendo consensi e mieteranno ancora consensi nel prossimo turno elettorale. Ma gli italiani sanno bene che la demagogia è l'anticamera della tirannia, l'aspirante despota è sempre un demagogo, il quale poi si presenterà sotto le vesti di salvatore della Patria.
Signor Presidente, la politica intanto sta perdendo tempo, stiamo ancora discutendo sulle riforme. Noi abbiamo davanti a noi in Europa due esempi: da una parte la Grecia e dall'altra parte la Francia; la Grecia con il suo sistema elettorale consegnata all'ingovernabilità, la Francia con il suo sistema elettorale che ha salvato quella nazione.
Ebbene, signor Presidente, è il momento di accelerare sulla strada delle riforme, continuare a sradicare dalla nostra società i privilegi corporativi, solo così possiamo salvare questo Paese ma, quello che più conta, possiamo tenerlo unito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gava. Ne ha facoltà, per tre minuti.

FABIO GAVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Liberali per l'Italia hanno ieri votato la fiducia, ma oggi si asterranno sul voto finale del provvedimento. Le ragioni della nostra astensione non stanno tanto nel merito in sé del provvedimento, che ha ovviamente delle giustificazioni, quanto per ragioni politiche più generali e di contesto che, dato il poco tempo, sintetizzo sotto tre profili.
Innanzitutto, nel merito, la scelta ad esempio di andare verso la riduzione dell'utilizzo del contante effettuata dal Governo, che ha costretto molti pensionati ad aprire un conto corrente, avrebbe dovuto determinare la decisione di agevolare almeno in parte, in questa fase di crisi economica, chi è stato obbligato ad uno sforzo burocratico e pratico in più nell'interesse generale del Paese.
In secondo luogo, appare evidente la necessità di non separare ulteriormente la società italiana fra chi è costretto a notevoli sacrifici e chi, a torto o a ragione, viene individuato dall'opinione pubblica come portatore di privilegi. In quest'ottica non si comprende, ad esempio, la regione dell'esenzione dall'IMU concessa alle fondazioni bancarie.
Come terzo profilo e più in generale, riteniamo che ci sia da recuperare un Pag. 38rapporto tra cittadini e Stato, tra contribuenti e Stato, in cui anche la vicenda delle commissioni bancarie di cui oggi discutiamo ha un significato. Questo rapporto va recuperato soprattutto con la capacità da parte dello Stato di saper distinguere tra chi è onesto, ma in momentanea difficoltà, e chi invece non rispetta le regole. Dobbiamo recuperare assolutamente questo rapporto, è un aspetto fondamentale quanto quello della crescita e dello sviluppo, anche per tutte le vicende che sono avvenute di recente.
Il nostro voto di astensione di oggi intende sottolineare quindi tutti questi aspetti, non solo le criticità del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia-PLI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

LUIGI FABBRI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, sul quale oggi esprimiamo il voto finale, ha integrato le disposizioni contenute nell'articolo 27-bis del decreto-legge cosiddetto sulle liberalizzazioni ed è relativo alla nullità di alcune clausole dei contratti bancari.
Il decreto-legge si è reso necessario per modificare la norma inserita nel decreto-legge sulle liberalizzazioni, che sanciva la nullità delle clausole che prevedevano commissioni a favore delle banche in relazione alla concessione delle linee di credito e al loro utilizzo anche nel caso di sconfinamento.
Le nuove norme hanno reintrodotto con limiti precisi la nullità delle sole clausole che siano state stipulate in violazione delle disposizioni applicative in materia di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti adottate dal Comitato interministeriale del credito e del risparmio.
Un elemento di grande rilievo è rappresentato dalla norma, introdotta con un emendamento al Senato, che cancella la previsione di una commissione per le famiglie titolari di conto corrente in caso di sforamenti pari o inferiori a 500 euro, di durata non superiore a sette giorni consecutivi in ogni trimestre bancario.
Si tratta di un segnale importante, che richiama l'equità, che insieme al rigore rappresenta il principio base dell'azione di questo Esecutivo. È una disposizione posta a tutela del contraente più debole, in grado di cogliere il profondo disagio delle famiglie e delle fasce più deboli, oggi più che mai esposte ai rischi della crisi economica.
Altrettanto significative sono le disposizioni che prevedono l'istituzione di un Osservatorio sull'erogazione del credito da parte delle banche, in modo particolare alle piccole e medie imprese, sulle condizioni applicate dalle banche stesse alla clientela per l'accesso al credito. Si tratta di uno strumento di grande utilità che, attraverso il monitoraggio delle condotte degli istituti bancari, non solo favorisce una gestione chiara e trasparente dei rapporti tra imprese, famiglie che richiedono il credito e le banche stesse, ma dovrebbe anche contribuire ad assicurare che le banche immettano veramente questa liquidità nel circuito economico del Paese e che non usino invece queste risorse, necessarie per la ripresa economica, per la speculazione.
Superare la stretta del credito è la cosa più importante, signor Presidente, più importante delle liberalizzazioni, più importante della riforma del mercato del lavoro, che esplicheranno i loro effetti benefici tra qualche anno. Abbiamo poco tempo e bene ha fatto il Governo ad annunciare il decreto-legge sulle compensazioni tra i debiti e i crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione. Ricordo che ammontano a 60 miliardi i crediti nei confronti dello Stato da parte delle imprese.
Dobbiamo anche ricordare che sono circa venticinquemila, però, le imprese a rischio di fallimento a causa della perdurante crisi economica e delle sempre maggiori difficoltà di accesso al credito. È evidente anche che gli istituti di credito vivono un momento di difficoltà, legato anche ai nuovi requisiti patrimoniali imposti Pag. 39dall'autorità centrale e quindi con i conseguenti problemi di liquidità. A questo si è aggiunto anche il downgrading giunto qualche giorno fa da parte delle agenzie internazionali, che ne ha minato la forza e la legittimità nella raccolta dei fondi.
Considerate queste difficoltà, riteniamo tuttavia che il provvedimento che ci apprestiamo a votare possa essere considerato un buon punto di mediazione tra gli interessi delle aziende creditrici, la difesa delle famiglie e delle fasce più deboli in un momento di estrema difficoltà per i bilanci familiari e per le piccole imprese. A tale scopo, è doveroso auspicare che gli istituti di credito, oltre ad esercitare la propria attività di impresa, provvedano a riacquistare la loro fondamentale funzione sociale di soggetti tesi a favorire tutti gli attori economici, ad iniziare dalle famiglie, le imprese, gli artigiani, i commercianti, ovverosia tutta la struttura portante della nostra economia.
Per queste motivazioni, signor Presidente, i deputati di Alleanza per l'Italia esprimeranno oggi il voto favorevole, convinti del fatto che questo provvedimento possa dare un contributo utile a tenere insieme i diversi interessi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signori del Governo, questa ennesima fiducia che Grande Sud compatto ha votato ieri cade in un momento di gravissima crisi economica europea e internazionale.
La lunga fila dei nostri fratelli greci, mostrata dalla televisione, davanti agli sportelli bancari per ritirare i propri risparmi in euro, ricorda quelle file sterminate davanti alle banche americane del 1929-1930 per ritirare i dollari depositati, che ad un certo punto non si trovavano più. L'appello del Presidente spagnolo, che annuncia rischi per il finanziamento del debito, è un altro sintomo che mette i brividi.
La nostra recessione è ormai acclarata per tutto il 2012 e ci dice pure che i provvedimenti votati da questo Parlamento, anche se necessari, non sono stati sufficienti per mantenere la variazione con il segno positivo del prodotto interno lordo. Siamo sinceri, signor Presidente: questo provvedimento sulle commissioni bancarie non è molto apprezzato dai cittadini.
Essi ci guardano con sospetto, in quanto la gran parte di loro pensa che il Governo e il Parlamento si preoccupino di sostenere le banche e non le persone meno abbienti e senza lavoro. Noi di Grande Sud, che guardiamo agli interessi del Paese attraverso l'esame dello stato in cui si trova il Mezzogiorno d'Italia, constatiamo che la crisi del 2008-2012 e tutti i provvedimenti anticrisi approvati hanno dato al Sud pessimi risultati. L'occupazione è scesa del 3,1 per cento, mentre al Centronord è scesa solo dell'1,2 per cento. La disoccupazione giovanile è aumentata di 8 punti, raggiungendo il 40 per cento. Sapete quanto è lo spread tra Caltanissetta e Bolzano? Trecentonovantasette punti! Sono dati della Banca d'Italia del dicembre 2011.
Tutto questo richiede al Governo e al Parlamento uno sforzo di fantasia, sì, ma anche di razionalità. Se il Sud è la chiave per riprenderci come Paese, diamoci da fare cominciando da lì. Usiamo il nostro prestigio europeo e internazionale per avviare un piano di rinascita del Mezzogiorno, che richiede anche decisioni controcorrente.
Il primo punto è la lotta alla criminalità: non possiamo, infatti, oggi abrogare e accorpare tribunali e caserme, ma raddoppiamoli al Sud e dimezziamoli in zone del Paese dove non vi è bisogno. Il Governo lavori per contratti nazionali e regionali per attrarre investimenti al Sud, senza costringere le nostre imprese ad emigrare verso i Paesi dell'est. Il Governo non annunci soltanto i miliardi disponibili per le infrastrutture, ma si affidi a chi può e sa realizzarle, per attuare un piano straordinario per il Sud. Lo sa il Governo che la dotazione stradale del Sud è del Pag. 4032,5 per cento inferiore a quella del Centro e del 26 per cento inferiore rispetto a quella del Nord? Da qui bisogna partire per riprendere a crescere in Italia.
Certo, qualcosa di nuovo c'è: prima di tutto, il rispetto internazionale. Obama incarica Monti di introdurre il G8 con una relazione-quadro sull'economia, e questo ci fa onore. Il Fondo monetario internazionale ci promuove, ma ci dà consigli. Hollande parla italiano con la Merkel.
Il testo di questo disegno di legge, però, ha anche diversi punti positivi: l'Osservatorio come strumento di trasparenza e monitoraggio sui comportamenti delle banche rispetto ai cittadini e alle imprese; il rating di legalità, che può essere uno strumento importante per combattere la malavita; la franchigia temporanea delle commissioni bancarie sotto i 500 euro.
Noi di Grande Sud voteremo questo disegno di legge, ma segnaliamo il grande disagio dei cittadini italiani, soprattutto giovani e donne del Mezzogiorno, che chiedono a gran voce di passare subito dalla politica dei sacrifici a quella dello sviluppo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, Governo dei tecnici o Governo delle banche? L'interrogativo è legittimo. Questo decreto-legge è uno dei casi che dimostra come vi sia un atteggiamento di sudditanza da parte di questo Governo nei confronti del sistema bancario, che certamente raccoglie in sé una parte dei poteri forti della nostra economia.
Questo decreto-legge è stato adottato per porre rimedio a quello che le banche hanno ritenuto un vulnus. Da quando è iniziata questa crisi dai risvolti drammatici, molti interventi del precedente Governo, ma anche di questo, sono andati a favore del sistema bancario. Posso ricordare, prima di questo decreto-legge, che, in una delle manovre economiche, si è previsto che i nuovi debiti contratti dalle banche italiane godessero della garanzia dello Stato.
Governo di tecnici, allora, o Governo delle banche? Io posso anche accettare che in un sistema di economia liberale la fissazione delle commissioni sia una delle variabili che dovrebbe essere lasciata alla trattativa tra la banca e il cliente, ma questo è giusto in un sistema sano, dove esista una vera competizione tra imprese, e non in un mercato oligopolistico, dove i primi tre gruppi bancari controllano il 60 per cento del mercato e dove il cartello delle condizioni ai clienti non ha bisogno di formalizzazioni, perché avviene a occhi chiusi. Ecco perché vi è asimmetria tra potere di mercato della banca e cliente ed ecco perché lo Stato ha il dovere di proteggere la posizione più debole.
È giusto, allora, favorire le banche? E ancora, Governo dei tecnici o Governo delle banche?
Il nostro sistema bancario, per come è venuto a configurarsi, è tutto fuorché sano, come dimostrano episodi passati e recenti.
Negli ultimi anni le banche hanno subito perdite rilevantissime, anche per effetto di titoli tossici che hanno commercializzato, facendo utili apparentemente a carico dei clienti. Solo nel 2011 UniCredit ha perso 9 miliardi di euro, Intesa Sanpaolo 8 miliardi di euro, Monte dei Paschi di Siena quasi 5 miliardi di euro, il Banco popolare e UBI Banca 2 miliardi di euro, solo per parlare delle prime cinque banche. Ma noi veniamo da tempi e da momenti in cui i signori di queste banche non solo hanno partecipato e hanno contribuito all'attuale drammatica situazione del Paese, ma sono stati foraggiati da milioni di euro personali sotto forma di indennità fisse e variabili, cioè le stock option.
Nell'annuale classifica dei manager più pagati, amministratori e dirigenti delle banche sono sempre ai primi posti e sono sempre gli stessi, alcuni con emolumenti eclatanti. Vogliamo ricordare qualche caso di studio? Nel 2010 il record è di Alessandro Profumo che, oltre ai normali emolumenti di amministratore delegato di Pag. 41UniCredit, ha incassato 40 milioni di euro - ripeto, 40 milioni di euro! - di bonus per essere stato cacciato per i cattivi risultati! Ma una banca che si comporta in questo modo deve essere aiutata dallo Stato?
In quello stesso anno Cesare Geronzi è tra i primi dieci, con 5 milioni di euro. Ve ne sono altri, come Giorgio Angelo Girelli, di Banca Generali, con 5 milioni di euro, Perissinotto, del gruppo Intesa Sanpaolo, con 3,5 milioni di euro, il nostro Ministro Passera con 3,5 milioni di euro, e molti altri con oltre 2 milioni di euro all'anno! Vorrei confrontare questi emolumenti con il fatto che il 50 per cento dei pensionati italiani percepisce meno di 500 euro al mese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Allora, è giusto favorire queste banche che, pure in difficoltà economico-finanziarie, elargiscono queste indennità?
Ancora, Governo dei tecnici o delle banche? Nel 2011 troviamo, sempre in quella classifica, al primo posto Cesare Geronzi che, con un bonus come prezzo della sua cacciata dalle Generali, incassa 17 milioni di euro. Certo, lui è il re dei bonus. Quando Banca di Roma entrò in UniCredit, gli riuscì di farsi riconoscere un bonus speciale di 20 miliardi di lire di allora.
Ma nella classifica vi sono tutti gli stessi dirigenti dell'anno prima! Ve ne è uno che non ha fatto in tempo ad entrarvi ed è Alessandro Profumo che, dopo la cacciata da UniCredit, ritorna in pista alla testa del Monte dei Paschi di Siena!
Allora, accosto ancora queste cifre al fatto che in Italia vi è una disoccupazione al 10 per cento - che è di più, in realtà - e al fatto che un giovane su tre non trova un posto di lavoro. E poi noi paghiamo emolumenti di questo tipo e diamo aiuti alle banche che pagano questi emolumenti! È una cosa inaccettabile, signor Presidente! Dobbiamo favorire queste banche? Io credo di no.
Ancora una volta, Governo dei tecnici o Governo delle banche? Nel recente passato, quanti emolumenti variabili sono stati elargiti con facilità? Tra i casi più eclatanti, ancora una volta, penso a Matteo Arpe con 50 milioni di euro - ripeto, 50 milioni di euro! - di stock option, penso al nostro Ministro Passera, con 40 milioni di euro di stock option, presi in questi anni grazie ad utili apparenti, come abbiamo visto, realizzati utilizzando meccanismi di rivendita di prodotti, anche in parte tossici, che oggi la Nazione sta pagando, o ricorrendo ad operazioni di trading sui mercati internazionali, evidentemente con risultati incerti.
Confronto questi dati con il fatto che, come ho detto prima, solamente nel 2011 le prime cinque banche hanno realizzato 25 miliardi di euro di perdite! Una manovra economica del Governo dell'anno scorso! Anche questo è inaccettabile. E ciò con leggi che, persino, hanno favorito i manager nella tassazione delle stock option e continuano a favorirli ancora oggi fino a un milione di euro all'anno. Confronto questi vantaggi fiscali concessi ai manager con il fatto che pensioni anche di basso importo non ottengono più neppure l'adeguamento all'inflazione monetaria che è ritornata a crescere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Confronto questi provvedimenti con quello che ha fatto il Governo spagnolo, certamente non un Governo delle banche, che ha fissato limiti stringenti alle indennità che possono ricevere i manager delle banche spagnole se si dimettono o vengono dimessi dall'incarico. Pensate, 600 mila euro è l'indennità massima per i dirigenti delle banche che hanno chiesto aiuti di Stato! Il Governo spagnolo ha anche fissato in 600 mila euro all'anno il massimo della retribuzione per i presidenti delle banche che chiedono aiuti di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Confrontiamo la situazione e parliamone! Lo Stato italiano sta aiutando le banche ma non si è mai sognato di intervenire in questo modo. Allora è giusto favorirle? Ancora una volta, Governo di tecnici o delle banche?
La questione non è da meno se passiamo ai soci delle banche italiane, cioè alle fondazioni bancarie. Non possiamo Pag. 42dimenticare che la privatizzazione del sistema bancario dovuta alla legge Amato - che ancora sta «circolando» e fa il consulente del Governo - è sostanzialmente fallita, perché non ha raggiunto l'obiettivo di creare un vero mercato competitivo del credito nel nostro Paese. Anzi, grazie a nomine politiche ai vertici delle nuove fondazioni bancarie, precisi interessi economici e finanziari si sono installati nel nodo del controllo del sistema bancario e si sono create vere e proprie monarchie, tant'è che ci sono presidenti nominati allora che continuano a governare indisturbati dopo vent'anni. Se volete dei nomi, mi riferisco alla fondazione Cassa di risparmio di Verona o alla fondazione Cariplo.
Le fondazioni non sono dovute a capitale privato, ma nascono sul territorio dalle casse di risparmio e dai monti di credito su pegno, cioè dalle comunità. Quindi, è stata una finta privatizzazione, divenuta formale in termini giuridici grazie anche a controverse sentenze della Corte costituzionale. I monarchi si sono poi legati ai poteri politici locali e, in collusione con essi, hanno gestito male le loro controllate e così il sistema bancario italiano è in parte fuori controllo.
Dunque, non siamo neppure in grado di garantire che le banche facciano il loro mestiere, che dovrebbe essere quello di dare sostegno alla crescita del sistema produttivo, dando credito alle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Infatti, anche ottenendo una liquidità all'1 per cento della BCE, il Governo non è riuscito a vincolarlo, almeno in parte, alla concessione di più credito alle imprese, così come non ha posto mai vincoli veri agli aiuti che ha elargito. Mi viene da ridere se penso all'esonero delle fondazioni dal pagamento dell'IMU.
Noi chiederemmo una piccola regoletta morale al Governo, una semplice regoletta: sì all'esonero, a condizione che non si eroghino prebende al presidente ed ai consiglieri di amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Vediamo se sono davvero delle ONLUS vere, che lavorano al servizio del Paese.
È giusto, allora, favorire queste banche, che pur in difficoltà economico-finanziarie elargiscono simili indennità? Governo di tecnici, ancora una volta, o Governo delle banche? Noi vorremmo che il Governo tecnico dimostrasse che non ha conflitti di interesse in atto, attraverso azioni realmente efficaci per rendere il mercato del credito davvero competitivo ed efficiente.
Ma oggi non è così e si dimostra, dunque, ancora Governo delle banche e, per questo, noi voteremo contro la conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori-Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente della Camera, signori rappresentanti del Governo, il gruppo di Popolo e Territorio non voterà questo provvedimento e non lo voteremo per due ordini di motivi, sostanzialmente.
Intanto perché credo che il Parlamento debba difendere la sua dignità. Nonostante tutto continuiamo a credere che questo sia il luogo dove si compendia la sovranità del popolo e dove la democrazia trova la sua legittimazione più chiara e la sua espressione più alta. Credo che sia davvero indecoroso da parte del Parlamento ritornare su i suoi passi e rivedere una decisione che riguarda l'argomento sul quale siamo chiamati oggi a pronunciarci. Dopo la levata di scudi dei vertici dell'ABI e dopo le dimissioni del presidente dell'ABI - per la verità dimissioni presso rientrate sulla base della propensione, non solo del Governo, ma anche dei partiti - a trovare subito un correttivo per ricreare esattamente le condizioni di partenza a favore del sistema creditizio.
La verità è che non siamo di fronte ad un Governo in qualche modo eterodiretto dall'Europa ed a sovranità limitata. Qui siamo in un Parlamento dove anche i partiti sono a sovranità limitata. È questa la cosa che più ci angoscia. Tuttavia non votiamo questo provvedimento anche e Pag. 43soprattutto per motivi di merito. Vede, signor Presidente del Consiglio, noi continuiamo a credere nella possibilità che l'Italia esca insieme agli altri Paesi europei da questa terribile crisi, che sta mortificando le imprese e le famiglie e che sta sostanzialmente dissanguando la capacità di tenuta dello Stato sociale nel nostro Paese.
Però io credo che sia arrivato il momento ed ecco perché il nostro voto di astensione vuole essere anche uno stimolo nei confronti del Governo a rivedere alcune politiche rispetto alle quali non mi sembra si siano raggiunti risultati positivi. I dati di questa settimane sono dati che ci preoccupano moltissimo: intanto abbiamo un aumento considerevole del debito pubblico, il che significa che non riusciamo ancora ad aggredire, che queste politiche non hanno aiutato ad aggredire, la vera questione centrale che riguarda il nostro Paese, e che è il debito pubblico.
Ma, cosa ancora più grave, l'aumento della pressione fiscale, il numero inaudito di tassazioni che è stato introdotto per le imprese e per le famiglie ha fatto aumentare l'area dell'evasione, a dimostrazione del fatto che aveva ragione Galbraith quando avvisava gli Stati e i Governi che in periodi di recessione non bisogna colpire i cittadini con le tasse, perché quando le tasse superano il limite di sopportabilità si allarga la fascia dell'evasione fiscale. Ci sono imprenditori che sono costretti ad evadere il fisco per pagare gli stipendi e per tenere aperta l'impresa. Rendiamoci conto di questo dato, altrimenti fuggiamo rispetto all'evidenza.
Il problema del troppo debito è un problema che mi rifiuto di credere, ci rifiutiamo di credere - e non lo diciamo noi, lo dicono anche illustri economisti - possa essere aggredito con queste politiche. Scriveva Nassim Taleb, economista e autore, tra l'altro, di quel bellissimo libro che è Il cigno nero e uno dei pochi economisti che ebbe la capacità di prevedere la crisi del 2008, con un paradosso ricordandoci che forse la cattiva notizia non era tanto quella della recessione - si riferiva alla situazione degli Stati Uniti - quanto quella che si continua a commettere lo stesso errore, cioè troppo debito. Il tumore al centro del sistema, il tumore che non è stato ancora rimosso, consiste nel fatto che quando qualcuno fa soldi ottiene un bonus e quando invece si perdono i soldi, a pagare il prezzo sono sempre i contribuenti e le generazioni future. Insomma, c'è una asimmetria in questa sorta di pag off dove sempre e comunque si socializzano le perdite e si privatizza il guadagno e questo vale anche e soprattutto per il sistema creditizio e bancario. Il generatore di liquidità sta esattamente lì, dove noi dovremo intervenire in maniera diversa.
Nell'ultima crisi economica sostanzialmente noi abbiamo utilizzato il denaro pubblico - e questo evidentemente non si riferisce all'Italia in particolare, si riferisce a tutti quei Paesi, in primis i Paesi europei, che oggi inducono gli Stati ad adottare alcune politiche che, come ebbe a dire qualcuno quando fu presentato il decreto «salva Italia» dal Presidente Monti, ci poneva nella singolare condizione di quel chirurgo che esce dalla sala operatoria e dice: «l'operazione è riuscita, ma intanto il paziente è morto». E la verità è che il paziente sta morendo.
Nell'ultima crisi economica si è utilizzato il denaro pubblico per salvare, con le banche, anche la speculazione. Questo è il problema, questo è il fatto che ha determinato la condizione nella quale ora ci troviamo, cioè siamo esattamente tornati al punto di partenza. Anche lo spread, nei suoi oscillanti valori, si trova esattamente nella stessa condizione, come valore, in cui si trovava quando il Governo Berlusconi è stato sostituito dal Governo Monti. Allora, c'è qualcosa che non funziona e quel qualcosa che non funziona dobbiamo correggerlo, nell'interesse della nostra popolazione, nell'interesse della nostra nazione. Il peso della commissioni sulle pubbliche e medie imprese e sulle famiglie credo non possa essere sottaciuto in un'Aula attenta ai fenomeni sociali e all'incancrenirsi di una capacità di ripresa economica e produttiva del nostro Paese. Pag. 44
Ho dei dati che brevemente vorrei citare, che non sono dati avulsi da una parametrazione con gli altri sistemi europei, ma sono dati che sono stati presentati alla Commissione europea e che la BCE ha trasferito in un rapporto, non più tardi di un mese fa, a tutti gli Stati nazionali. Quei dati ci dicono che, negli ultimi tempi, è aumentata, soprattutto nel nostro Paese, la pressione esercitata dalle banche su famiglie e imprese. Noi abbiamo, sul fronte delle piccole e medie imprese, un'Italia che è in una situazione che è molto peggiorata rispetto agli anni scorsi, con il 75 per cento delle piccole e medie imprese italiane che negli ultimi sei mesi hanno registrato un incremento dei tassi di interesse, mentre quasi il 65 per cento ha dichiarato di aver visto aumentare la commissione bancaria applicata sui finanziamenti. E questo vale anche per le famiglie, vale anche per quella che è la contrazione dei mutui sul credito di consumo.
Ecco perché il tema delle commissioni è un tema, non solo di politica finanziaria, ma di politica con la p maiuscola. Vogliamo capire che è arrivato il tempo in cui è lo Stato che deve porsi al di sopra della finanza, e non la finanza al di sotto dello Stato? Oggi non è più così, è il tempo di fissare un limite allo strapotere della finanza, di far sì che il sistema bancario e creditizio sia al servizio delle imprese. Nella crisi del 1929 si riuscì, con il new deal, a rimettere in marcia l'economia attraverso la capacità di quelle banche di fare credito alle imprese. Qui avviene esattamente il contrario, qui siamo, invece, di fronte ad un sistema creditizio che chiede di essere magari non penalizzato e di essere in qualche modo visto e accantonato nelle sue responsabilità del passato anche rispetto ad una notizia...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. ...che non ha fatto rumore sulla stampa, ma che testimonia di cosa stiamo parlando. C'è stata, infatti, una clamorosa condanna, nel dicembre scorso, per evasione fiscale delle grandi banche italiane e si trattava di un fisco evaso per 800 milioni di euro, rispetto ai quali queste notizie scompaiono dalla stampa. E poi si chiede di mettere le commissioni a danno delle famiglie e a danno delle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la discussione sulla conversione in legge di questo decreto ci consente di aprire oggi una riflessione ampia, che non va esaurita solo con questo voto, una riflessione sugli assetti del settore bancario italiano. Se era sbagliata la misura introdotta per via parlamentare nel decreto-legge sulle liberalizzazioni e che oggi non a caso modifichiamo, non è certo campata in aria la domanda di un maggior grado di trasparenza e concorrenza del sistema creditizio italiano, troppe volte percepito - ahimè - da imprese e famiglie come un ostacolo e non come un alleato al benessere e allo sviluppo economico.
Ma entriamo nel merito del provvedimento. Anche in questo caso, per evitare che l'opinione pubblica assista ad una discussione confusa, con il rischio che questo alimenti la demagogia intorno a un tema particolarmente sensibile per i cittadini, è opportuno, oserei dire indispensabile, partire da alcuni dati di realtà. Il primo: correggere la clausola di nullità delle commissioni bancarie sulle linee di credito serve ad evitare che una misura pensata per favorire i consumatori finisca al contrario per danneggiarli, perché i costi eliminati per legge si spalmerebbero sui tassi di interesse pagati da tutti i clienti delle banche, senza con questo favorire l'accesso, ma anzi rendendo più opaca la struttura dei prezzi dei servizi finanziari.
Il secondo: con questo decreto noi non eliminiamo il principio della nullità delle commissioni sulle linee di credito, come Pag. 45qualche semplificazione giornalistica ha lasciato intendere, ma lo riserviamo più propriamente alle sole clausole stipulate in violazione delle disposizioni adottate in materia dal comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Tale nuova disciplina è introdotta con l'evidente fine di rendere i costi trasparenti ed immediatamente comparabili, meglio e più di quanto avrebbe fatto il divieto delle commissioni bancarie.
Altro aspetto interessante del provvedimento è rappresentato dalla creazione, senza oneri - è bene sottolinearlo - per la finanza pubblica, dell'osservatorio sull'erogazione del credito, con l'obiettivo di attivare interventi atti a contrastare l'ingiustificata restrizione creditizia ai danni del mondo imprenditoriale, con particolare riferimento, assai caro a Futuro e Libertà, alle imprese micro, piccole e medie, soprattutto al sud. L'osservatorio, avvalendosi delle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze, contribuirà a tenere sotto controllo costante l'andamento dei finanziamenti erogati e delle condizioni effettivamente applicate dalle banche, le migliori condizioni per la gestione delle pratiche di finanziamento, per favorire un miglioramento delle condizioni di accesso al credito.
Va inoltre valutata - e positivamente - la previsione della commissione onnicomprensiva per i contratti di apertura di credito, il cui ammontare deve essere determinato in assoluta coerenza con la delibera del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio e la commissione di istruttoria veloce, che non si applica alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente in determinate condizioni. Trattasi di norme non definitive, che a giudizio di Futuro e Libertà andranno ancora migliorate ed integrate, alla costante ricerca di un equilibrio, colleghi, tra l'efficienza del sistema bancario e le esigenze dei ceti medi meno abbienti.
In ultimo, ma non meno importante, si segnala l'introduzione, nel corso dell'esame al Senato, del rating di legalità delle imprese operanti sul territorio nazionale, così come elaborato dall'Antitrust, al fine di promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali e di indirizzare il credito verso quelle aziende che dimostrino una più ampia propensione a qualcosa che forse è desueto per alcuni, ma non per Futuro e Libertà: il rispetto delle regole, una maggiore trasparenza ed adesione al principio di un'etica sana del lavoro e del fare impresa.
Queste le considerazioni di merito, per le quali non a caso il gruppo di Futuro e Libertà voterà a favore del provvedimento. E, come detto in premessa, lo farà con l'auspicio che questa discussione parlamentare sia foriera di riflessioni su quanto ancora si può, ma oserei dire si deve soprattutto fare per modernizzare il sistema creditizio italiano (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Questo è il target, l'obiettivo di Futuro e Libertà. Nel corso degli anni passati - e vado a concludere - a chi lamentava l'eccessiva prudenza con la quale il sistema bancario permetteva l'accesso al credito, si rispondeva citando la solidità degli istituti italiani. Questa ricerca di solidità, peraltro relativa, considerando errori di valutazione, che sono sotto gli occhi di tutti, commessi a livello di investimenti internazionali, aveva secondo noi un prezzo troppo elevato e tarpava le ali alle imprese piccole e medie, inibendo anziché agevolando la crescita e i loro percorsi di innovazione.
Oggi che la crisi morde come non mai, l'obiettivo di un più agevole accesso al credito deve diventare un obiettivo comune della politica e delle stesse banche, le cui piccole e grandi posizioni di rendita rischiano di essere spazzate via dal susseguirsi di fallimenti, ridimensionamenti aziendali e delocalizzazioni. È, quindi, giunto, per gli istituti di credito, il momento di rinunciare a queste rendite, accettando la sfida di una maggiore competizione, trasparenza e innovazione nei sistemi finanziari.
Servono, e mi avvio a concludere, norme efficaci - come quella che voteremo oggi o il già approvato divieto di incroci di poltrone tra organismi decisionali Pag. 46delle banche -, ma profonde, nei processi di governance degli istituti di credito. Così come serve, anche per aumentare il potenziale di credito delle banche, un cambio di rotta nella scelta di politica fiscale e monetaria dell'Eurozona; servono, per concludere davvero, banche che prestino soldi sulla base di progetti di vita e di progetti d'impresa. Abbiamo bisogno di favorire lo sviluppo di un sistema del credito più plurale che, accanto alle banche tradizionali, veda l'affermarsi di metodi moderni, come il venture capital o il private equity, più propensi a scommettere insieme ai loro clienti sul futuro delle loro aziende e, soprattutto, sul futuro delle idee.
In conclusione, Futuro e Libertà per il Terzo Polo voterà a favore di questo provvedimento, che va nella direzione da noi auspicata, purché sia solo il primo di tante misure di riforma nel settore bancario di cui l'Italia e, soprattutto, gli italiani hanno sempre di più bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, signori uomini del Governo, onorevoli colleghi, sarebbe ipocrita, in giornate difficili come quelle che stiamo vivendo, limitarci a discutere del provvedimento in esame, che corregge semplicemente una norma inserita nel cosiddetto decreto-legge liberalizzazioni al Senato. La crisi continua in maniera violenta e, forse, più forte anche di quello che i più pessimisti tra di noi avevano previsto. Tutti conosciamo gli eventi che la rendono più feroce: dal temuto fallimento della Grecia, alla mancanza di un accordo di politiche fiscali per la crescita a livello europeo, al timore fondato di perdite finanziarie consistenti registrate dai colossi finanziari a seguito di operazioni in derivati. A questo, aggiungiamo la politica irresponsabile delle agenzie di rating. I giudizi di Moody's di questi giorni nei confronti di banche italiane sono di una gravità inaudita: vi è un disegno criminale delle agenzie di rating contro l'Italia e l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
Sarebbe, tuttavia, un grave errore considerare i problemi globali che ho evidenziato come gli unici problemi che causano la crisi che il nostro Paese sta vivendo. Un'analisi di questo genere ci porterebbe a sottovalutare, anzi, a non affrontare, i problemi del nostro sistema economico. Cercare la soluzione dei nostri problemi solo in Europa sarebbe un errore imperdonabile. Non solo, ma più avremo superato i nostri problemi strutturali, più forti saremo in Europa ad esigere quella politica di crescita, che tutti noi, oggi, a ragione, chiediamo.
Per questo, ancora una volta, noi vi diciamo che riteniamo indispensabile continuare sulla strada delle riforme strutturali che il Governo Monti ha intrapreso.
Anzi, di fronte al peggioramento della crisi in Europa, noi dobbiamo accelerare il percorso, il passo stesso delle riforme. Conosciamo tutti le riforme ancora da fare: quelle istituzionali, iniziando dai costi della politica, alla riduzione del numero dei parlamentari, alla diversificazione dei compiti delle due Camere e alla riduzione dei livelli di governo. Ridurre la spesa pubblica, sapendo che, quando si farà, non sarà come partecipare ad un pranzo di gala, ma richiederà scelte politiche forti e, in alcuni casi, anche dolorose.
Non è il momento - lo dico a tutti - di pensare ai propri interessi elettorali, ma, al contrario, è il momento della responsabilità e della tutela di interessi generali. Abbiamo intrapreso, con le forze politiche che sostengono il Governo, un'agenda ambiziosa e di vasto respiro - come ha riconosciuto ieri il Fondo monetario internazionale - che ha evitato sviluppi drammatici ed ora il nostro operato è indicato a modello per il risanamento dei conti pubblici e per le riforme intraprese per favorire la crescita.
Nel merito del provvedimento, ricordavo all'inizio che una norma inserita nel decreto-legge liberalizzazioni limitava la Pag. 47facoltà per le banche di applicare gran parte delle commissioni bancarie per gli affidamenti. A prima vista, poteva sembrare un provvedimento a favore dei risparmiatori, ma gli effetti avrebbero prodotto un immediato innalzamento dei tassi, colpendo indirettamente soprattutto i più deboli. Da qui, l'esigenza condivisa di abolire la norma in questione.
Noi non cambiamo idea secondo le mode del momento. Conosciamo le regole del sistema economico che abbiamo scelto. Sappiamo che le banche italiane operano nel libero mercato e devono poter concorrere con le altre banche del mondo in un sistema libero e concorrente. Il Parlamento e gli altri organismi indipendenti devono dettare regole stringenti e controllarne il rispetto, ma sarebbe grave e pericoloso cadere nella facile demagogia del prezzo amministrato, cioè votare per legge le commissioni o stabilire a priori i prezzi dei servizi che le banche rendono ai propri clienti.
Tuttavia, questo non esime le banche da una forte assunzione di responsabilità nei confronti delle famiglie delle imprese. Il credito, in un momento difficile, dev'essere concesso con maggiore facilità, tenendo meno in considerazione i parametri reddituali e patrimoniali, ma di più le storie delle persone e delle imprese. La storia di ognuno di noi, se attentamente valutata, dice di più di qualsiasi valore di bilancio. Per questo ai banchieri diciamo un po' quello che i nostri elettori dicono a noi: tornate sui territori, ascoltate la gente, i loro bisogni, insomma, le loro storie. Tenete presente che, dietro ogni pratica, ci sono una o più persone, ci sono tante storie pulite (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
Non scordate, voi banchieri, che gestite un bene pubblico e cioè il risparmio di un'intera nazione. Lo dovete fare con il massimo dell'etica. Non bastano i codici etici, se non vi è etica da parte di chi li deve usare. Etica vuol dire ricordarsi sempre che la finanza è al servizio delle famiglie e delle imprese. La finanza che lavora per la finanza, ad esempio utilizzando in maniera impropria gli strumenti derivati, sottrae ricchezza al Paese e ne costituisce un pericolo. Ricordatevi dell'etica quando stabilite i vostri compensi o altri benefit. Ogni euro in più che vi date, è un euro sottratto all'economia reale.
Ricordatevi del Sud, non solo della mia Puglia, ma delle aree del Paese che, se riusciranno a crescere maggiormente, rappresenteranno un'opportunità e non un problema per l'Italia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, solo se sapremo ripensare il nostro modo di vivere potremo superare questa crisi. Non possiamo più permetterci beni e servizi finanziandoli a debito, perché questo significherebbe chiedere ai figli di pagarli in futuro. La strada per ridurre consistentemente la spesa pubblica consiste nel capire quali spese e quali servizi sono ancora sostenibili in termini di finanza pubblica, e per fare questo occorre limitare il confine dello Stato. Solo così potremo ridurre la pressione fiscale. Ma in quest'opera non possiamo fare tutto da soli: questa crisi passerà quando l'Europa sarà più forte sui mercati e non si limiterà solo a seguirne il corso così come sta facendo, ma sarà capace di orientare le scelte.
Una grossa mano dovrà darla la politica, che dovrà dimostrare di voler veramente abbandonare per sempre un Paese fatto di contrapposizioni e protezione di interessi particolari, di voler mettere al centro dei propri interessi il futuro dei giovani e, soprattutto, gli interessi di tutti gli italiani. Solo se l'Italia porterà con coraggio a termine le riforme indispensabili per rendere questo Paese più competitivo, più moderno e più semplice, potrà mettersi alle spalle la crisi. Concludo, signor Presidente, annunciando il voto favorevole dell'Unione di Centro per il Terzo Polo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comaroli. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri il Pag. 48Governo ha chiesto ancora una volta il voto di fiducia su questo decreto-legge attinente le commissioni bancarie; decreto-legge che il Governo ha emanato perché di straordinaria necessità ed urgenza. Ma noi non ne capiamo la straordinarietà e l'urgenza se non per fare un favore urgente, ancora una volta, alle banche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Già, perché solo due mesi fa il Governo si è sbagliato, e ha permesso che i rappresentanti del popolo, eletti, introducessero l'abolizione delle commissioni bancarie per le linee di credito concesse alle imprese e alle famiglie. La norma, però, cosa ha fatto? Ha provocato l'ira delle banche, in particolare dei vertici dell'Associazione bancaria italiana. E allora? Ecco che il Governo adotta subito un decreto-legge per reintrodurre queste commissioni. Noi della Lega Nord vorremmo che con tanta urgenza si adottasse un provvedimento che vada incontro anche ai cittadini, e non solo alle banche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Infatti, avevamo chiesto al Governo che la liquidità della Banca centrale europea, erogata alle banche ad un tasso irrisorio, venisse data alle imprese e alle famiglie, per ridare vigore alla nostra economia produttiva e non essere solo investita, invece, in titoli che danno rendimenti alti. Ma il Governo non ha fatto nulla e non ha ritenuto urgente risolvere questo grande problema che le imprese e le famiglie vivono. Doveva essere il Governo dell'equità, della crescita e dello sviluppo, ma, ahimè, di equità ne abbiamo vista ben poca. Con l'esigenza di far cassa in modo certo ed immediato si sono colpiti lavoratori, pensionati, piccoli imprenditori, commercianti e artigiani, piuttosto che i veri ed i grandi centri di interesse e potere economico, ossia le banche e i grandi stipendiati statali.
Per quanto riguarda la crescita e lo sviluppo, i mercati hanno dato risposte inferiori alle aspettative: il PIL non solo non è tornato a crescere, ma siamo addirittura in recessione; il ricorso alla Cassa integrazione continua a salire; sempre più aziende chiudono e sempre più aumentano i disoccupati. Anche sotto il profilo dei conti in regola non è stato fatto molto di meglio.
Non è stato fatto alcun taglio sensibile alla spesa pubblica, tanto che lo scorso mese il nostro debito pubblico ha raggiunto la soglia record di 1.946 miliardi di euro, lo spread ha continuato a salire, ma in compenso, però, cosa abbiamo avuto? Abbiamo avuto un bel rincaro del prezzo della benzina del 20,9 per cento, dato peggiore dal 1983, signori. I conti non sono migliorati anche se il Governo ha reintrodotto l'ICI sulla prima casa, tranne però ovviamente sulle fondazioni bancarie, guarda caso, ha inoltre aumentato l'età pensionabile e ha fatto pure la cresta sugli esodati.
Il presente decreto-legge, che il Governo ci chiede di convertire, di certo non risolverà i conflitti dei cittadini con le banche, ma sicuramente renderà molto felici le banche e l'Associazione bancaria italiana. Numerose sono state le nostre proposte di modifica in Commissione. Ritenevamo indispensabile far sì che anche i titolari di partita IVA, gli artigiani ed i commercianti potessero essere esentati dall'applicazione della commissione d'istruttoria veloce, uno dei tanti balzelli nati per sostituire la commissione di massimo scoperto, che in teoria non dovrebbe più esistere.
Ma il Governo e la maggioranza che lo sostiene, PdL, PD e Terzo Polo, hanno votato contro questo nostro emendamento. Abbiamo anche presentato emendamenti sull'Osservatorio sull'erogazione del credito, perché praticamente il Governo ha creato una specie di carrozzone centrale e meramente statistico, ha perso la capacità di essere a contatto con i cittadini e di dare veramente uno strumento valido ed utile ai cittadini per far fronte, a volte, a certe clausole vessatorie che le banche gli applicano. Invece, appunto, questa facoltà dei cittadini sarà pari a zero e vinceranno ancora una volta le banche.
Ma altro fatto che è successo e che noi reputiamo grave è che, a fronte di tutte le Pag. 49nostre proposte emendative, il Governo si è presentato in Commissione dicendo che il testo del decreto-legge era blindato e, quindi, non avrebbe potuto subire modifiche a meno che - a meno che! - la Commissione non avesse accettato di introdurre le cosiddette pensioni d'oro. Infatti, cos'era successo? È successo che al Senato si era votato per il taglio di queste pensioni d'oro dei burocrati dello Stato, burocrati che oggi hanno stipendi milionari e che, se l'emendamento non fosse passato, anche pensioni milionarie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Infatti, le pensioni dei dipendenti pubblici nella norma originaria non potevano superare quella del primo presidente della Corte di cassazione. Ma, invece, cosa ha fatto il Governo? Il Governo ha ritenuto che il parametro era troppo basso e non era valido, soprattutto non doveva essere valido per tutti. Infatti, nella versione originaria del decreto-legge, si prevedeva che nessun taglio a questi stipendi e pensioni d'oro sarebbe stato previsto per gli alti dirigenti, come, ad esempio, il presidente dell'INPS, Antonio Mastrapasqua, oppure il presidente di Equitalia, Attilio Befera.
Quindi, il Governo, che ha sempre parlato di equità e del fatto che tutti dovevano fare sacrifici, voleva però preservare gli stipendi e le pensioni dorate dei burocrati dello Stato. Voleva tutelare i dirigenti che scendevano da 500 mila euro a 300 mila euro all'anno, poverini, mentre gli esodati, che la pensione l'hanno persa, non sono degni di nessun favore (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Questo comma è stato soppresso, per fortuna, dal voto del Senato, con il voto della maggioranza dei senatori, su iniziativa della Lega Nord. Quello che lascia a bocca aperta è che a votare contro questo emendamento di soppressione sono stati proprio i senatori del PD e quelli del Terzo Polo. In un momento di crisi e pressione fiscale che preme sui cittadini in maniera quasi disumana, 94 senatori hanno votato contro l'emendamento e ben 69 del Partito Democratico, non senatori qualsiasi, ma tutti appartenenti al direttivo nazionale della partito, partito che, fino a qualche anno fa, si chiamava PDS, Partito democratico della sinistra. Probabilmente questo è uno dei momenti per cui dal partito è sparita quella «S».
Perché il partito è sempre meno di sinistra e sempre più alleato con il Governo dei banchieri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Infatti, la giustificazione addotta dalla senatrice Finocchiaro per questo voto è stata: «Ce l'aveva chiesto il Governo».
In conclusione, dunque, che cosa vogliamo noi della Lega Nord Padania da questo Governo e da questo Parlamento? Che abbiano il coraggio di dire ai nostri cittadini che si abbassano le tasse, attuando tale riduzione da subito. Che si abbia il coraggio di eliminare la spesa inutile, di attivare il federalismo fiscale e di dare risposte concrete ai cittadini.
Ma fino ad ora il Governo non ha fatto nulla di tutto ciò e, pertanto, la Lega Nord Padania voterà convintamente contro questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Saluto una delegazione di giornalisti del Kazakhstan, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, l'intervento appena terminato della collega Comaroli, inevitabilmente ci porta a distinguere la valutazione che facciamo su questo decreto-legge, dall'ipocrisia dilagante che ha caratterizzato gli interventi in Aula di coloro che hanno deciso di votare contro questo decreto-legge.
La collega Comaroli, richiamando impropriamente dai banchi della Lega Nord Padania le responsabilità degli altri gruppi parlamentari, ha dimenticato con troppa fretta i gravissimi danni che il gruppo della Lega Nord Padania ha fatto negli anni che abbiamo alle spalle (Commenti Pag. 50dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Penso solo ai 25 miliardi di risorse...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di consentire all'onorevole Boccia di parlare.

FRANCESCO BOCCIA. Tra poco arriviamo anche alla Svizzera che vi sta particolarmente a cuore...

GIANPAOLO DOZZO. E arriviamo anche a Penati!

FRANCESCO BOCCIA. Mi riferivo ai 25 miliardi di mancati introiti sullo scudo fiscale da cui inizia gran parte dei danni che avete provocato al Paese.
Signor Presidente, nella primavera del 2011, con il Paese già in gravissima difficoltà, il Partito Democratico aveva consigliato al Ministro Tremonti, sempre spalleggiato dalla Lega Nord Padania, di prelevare 25 miliardi dagli scudati in un momento in cui era ancora possibile farlo. Lo ricordo ai colleghi della Lega Nord Padania, che preferirono salvare i correntisti italiani con i soldi in Svizzera e nei paradisi fiscali, per tassare la scuola e il welfare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Oggi sarebbe troppo facile per noi mostrarvi le prime pagine dei giornali per ricordarvi la vergogna che caratterizza la vostra condizione attuale, ma non lo faremo! Non lo faremo perché lo sanno tutti gli italiani (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di non disturbare...

FRANCESCO BOCCIA. ... che conoscono la condizione di ipocrisia che ha caratterizzato la vostra politica nel nostro Paese. Se ne sono accorti tutti gli italiani, al Sud come al Nord. Rispondete per questo agli elettori, come è giusto che accada in ogni democrazia (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, il decreto-legge che oggi approviamo - lo voglio dire con chiarezza al Governo - fa ordine per un errore commesso nel decreto-legge sulle liberalizzazioni. È un decreto-legge che riordina il rapporto tra clienti e banche. È un decreto-legge che consente la nascita dell'Agenzia della legalità. È un decreto-legge (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Dai banchi del gruppo della Lega Nord Padania si grida: «Penati»)...

MASSIMILIANO FEDRIGA. Pensa a Vendola della tua regione!

PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, la richiamo all'ordine! La richiamo all'ordine!

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, è evidente che i colleghi della Lega Nord Padania vivono un momento travagliato ed è evidente che le modalità con le quali hanno motivato il «no» a questo provvedimento, sono frutto più della condizione politica che vivono, che di un'analisi del decreto-legge stesso.
Volevo completare la valutazione del decreto-legge sottolineando, soprattutto, quanto, dall'approvazione di questo provvedimento in poi, potrà essere utile e opportuno, attraverso l'Osservatorio, un monitoraggio attento dei finanziamenti erogati e dei rapporti tra il settore bancario e la propria clientela.
Affrontare questo decreto-legge e parlarne senza discutere della condizione oggettiva delle banche italiane e delle imprese italiane, non è possibile. Le cose non possono essere disgiunte, sapendo che viviamo in un contesto nel quale la finanza non è più l'ancella dell'impresa o delle imprese - cosa tanto cara a Adriano Olivetti - ma bisogna considerare che, per stessa ammissione della Banca dei regolamenti internazionali, il mondo è seduto su una polveriera finanziaria di 650 mila miliardi di derivati.
È proprio per questo, signor Ministro Giarda, che chiediamo al Governo di non limitare la riflessione sul sistema bancario a questo decreto-legge, che semplicemente rimette ordine nel rapporto tra banche e Pag. 51clientela e, soprattutto, tra banche e famiglie. Chiedo al Ministro Giarda di farsi carico, per espressa richiesta che il Partito Democratico sta facendo al Governo - lo facciamo adesso e lo faremo di nuovo in Aula la prossima settimana - di chiedere al Ministro dell'economia, al Viceministro Grilli, di chiarire una volta per tutte, visto che il Ministro Tremonti per due anni e mezzo non ci ha risposto e non vorremmo che il Viceministro Grilli facesse lo stesso errore, perché l'Italia non ha ancora, o è ancora in attesa, dopo tre anni, del regolamento sui derivati.
Lo dico in un momento delicato, perché quello che è accaduto a JP Morgan non è così impossibile che accada ad altre banche. 650 mila miliardi di derivati, molti dei quali non controllati e non controllabili, perché fuori dal monitoraggio sia delle banche centrali sia delle autorità di vigilanza, significano nove volte e mezzo il PIL mondiale. Siccome un terzo di questi derivati sono nella pancia di banche americane, non vorrei che ci ritrovassimo, tra alcune settimane, a dover affrontare, con una debolezza più strutturale e con meno strumenti a nostra disposizione, la stessa condizione in cui ci siamo trovati nel 2008 con Lehman Brothers.
È evidente che i mercati finanziari, con queste caratteristiche, non consentono fino in fondo alle banche di fare il loro lavoro. Altresì, è evidente che banche piene di titoli di Stato - non ci sfugge che la prima e la seconda banca italiana hanno rispettivamente dal 120 per cento all'80 per cento il capitale di vigilanza in titoli di Stato - comportano una condizione che fa diventare molto difficile il rapporto con le imprese. Ma questo rapporto per noi equivale, signor Ministro, alla capacità delle imprese o alla forza che le imprese hanno di dare risposte sul lavoro. Rispetto a questo non le sembri fuori argomento - ma la discussione su questo decreto-legge ci obbliga a toccare tutti gli argomenti - se richiediamo al Governo, prima che il provvedimento dal Senato arrivi alla Camera, di assumersi la responsabilità di definire quali sono, una volta per tutte, le coperture non per 65 mila esodati ma per tutti gli italiani, che hanno il diritto di avere certezze per le scelte fatte nella vita. Su questo punto, signor Ministro, può tranquillizzare il Presidente del Consiglio Monti: il Partito Democratico non ha intenzione di fare mezzo centimetro di passo indietro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Avere impresa e lavoro legati alle banche, significa dare certezze ai giovani. Dare certezze ai giovani, significa vivere in un Paese che i diritti li fa rispettare. Tra i diritti non rispettati - lo dico ai colleghi della maggioranza che sostiene il Governo ed agli esponenti del Governo - c'è evidentemente quello di assicurare alle imprese che i crediti che hanno contratto con la pubblica amministrazione possano essere pagati. Su questo punto ci aspettiamo che il Ministro Passera - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - nel più breve tempo possibile, ci dica che non è necessario per forza un fondo di garanzia per dare certezza ai crediti. Noi abbiamo messo sul tavolo del Ministro Passera una proposta chiara, che consenta attraverso pro solvendo di scontare i crediti delle amministrazioni pubbliche; e saranno poi le banche a doversi occupare del recupero del credito attraverso le amministrazioni pubbliche: dai comuni, alle ASL, passando per i Ministeri.
Signor Presidente, concludo ricordando a noi ed al Presidente Monti che abbiamo una responsabilità supplementare: quello che sta accadendo in Grecia - ed ho concluso davvero - ci obbliga a dire, senza se e senza ma, che siamo contrari all'uscita della Grecia dall'euro perché, in caso contrario, non si salverebbe nessun greco, nessun italiano, nessun tedesco e nessuno europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi, il Popolo della Libertà si accinge a votare Pag. 52favorevolmente su questo decreto-legge, ritenendo che si tratti comunque di un passo in avanti importante nei confronti della tutela delle famiglie, nel rapporto con gli istituti di credito e nei confronti delle aziende, che hanno evidentemente oggi problemi molto seri connessi a questa congiuntura. Tra i problemi seri c'è il corretto rapporto con il credito.
È un provvedimento - come dicevamo - positivo per alcune questioni. La prima è che si vanno a definire, con una discreta certezza, gli elementi che configureranno il rapporto connesso ai costi dei finanziamenti e quindi, più in generale, alle vicende connesse alle commissioni. Dico che dà discreta certezza - mi rivolgo soprattutto al Ministro Giarda - perché non dobbiamo dimenticare che in passato altri interventi sono stati fatti dal legislatore in materia di commissioni bancarie. Non dobbiamo dimenticare l'intervento per l'eliminazione della commissione sul massimo scoperto. Ebbene, ricordo a me stesso come, dopo quell'intervento, da parte degli istituti di credito, si siano immesse nuove commissioni: la commissione per l'istruttoria urgente, la commissione per scoperto di conto, il recupero spese per ogni sospeso, la commissione manca fondi, l'onere per il passaggio a debito del trimestre. Insomma, una volta che il legislatore ha deciso di intervenire su questa materia, gli istituti di credito hanno individuato altri escamotage per superare la volontà del legislatore.
È evidente che il Governo dovrà vigilare. Il Popolo della Libertà dà mandato preciso in tal senso: vigilare sulla piena attuazione di questa norma, vigilare sul fatto che l'Osservatorio sull'erogazione del credito non sia l'ennesimo intervento che, in qualche modo, vada a dare una risposta più di carattere normativo che di efficacia sostanziale, ma che sia realmente uno strumento che aiuti il legislatore ed il Paese a capire quali sono le reali dinamiche di finanziamento da parte delle banche nei confronti delle imprese, così come il riutilizzo dei prefetti nel ruolo di arbitro bancario e finanziario. Tutti fatti positivi per aziende e famiglie, ma che non risolvono in generale le difficoltà che oggi le nostre realtà territoriali vanno ad affrontare. Pertanto, il Popolo della Libertà chiede un salto di qualità nell'azione governativa.
L'abbiamo già segnalato con grande chiarezza nei giorni scorsi, e vogliamo ribadirlo oggi: nei confronti delle banche ci deve essere un'iniziativa chiara da parte del Governo per far sì che da esse vengano finanziate le imprese, mettendo nelle condizioni, le piccole e medie imprese e le famiglie, di poter guardare al futuro con serenità rispetto alle risorse oggi realmente disponibili presso gli istituti di credito e rispetto alle risorse messe a disposizione dalla Banca centrale europea. Abbiamo la sensazione che oggi ci sia un freno a mano tirato, inaccettabile in un momento in cui la congiuntura internazionale è così complicata; per agganciare la ripresa è necessario avere finanziamenti freschi.
Deve esserci un salto di qualità in materia di interventi di carattere fiscale, e apprezziamo lo sforzo che è stato fatto per dare una risposta - ci fa piacere che Boccia l'abbia riconosciuto - ad un'iniziativa che è partita dal segretario Alfano e dal Popolo della Libertà, per dare un segnale alle imprese, quello relativo alla compensazione tra i crediti e i debiti nei confronti della pubblica amministrazione. La approvazione di questo decreto, che vedrà la luce a ore o a giorni, è un segnale concreto e un passo in avanti nei confronti di quelle realtà produttive del Paese, che oggi hanno bisogno di uno stato che sia loro vicino, che ne capisca le esigenze e che si comporti in modo leale. Noi vogliamo la stessa lealtà che in questo momento si chiede ai contribuenti e quindi chiediamo di andare progressivamente ad eliminare ogni forma ed ogni sacca di evasione fiscale, di elusione o di disimpegno rispetto all'autoliquidazione ma allo stesso tempo chiediamo che il Governo sia leale e attivi tutte le risorse e gli strumenti a disposizione per dare le risposte doverose che le aziende oggi si attendono.
Soprattutto bisogna lavorare nei prossimi giorni, Ministro Giarda, anche su Pag. 53altre questioni che sono state fino ad oggi in parte, a mio avviso, dimenticate; un tema fra tutti è la vicenda dell'IVA che rappresenta un incubo che dovremo affrontare in autunno e che rischia di creare una gelata grave sui consumi. Noi ribadiamo qui la proposta di rivedere quella decisione, di non aumentare di due punti l'IVA, di trovare le coperture finanziarie attraverso una seria rimodulazione della spesa, e che quindi si individuino risparmi, evitando un intervento che vada secondo la logica della leva fiscale. Non bisogna più alzare la pressione fiscale, bisogna risparmiare e trovare all'interno della spesa pubblica sacche di risparmio significative che oggi non sono ancora state aggredite, perché se il Governo è stato, come ricordava qualcuno, così celere nell'intervento per ritrovare un equilibrio nel rapporto con le banche e gli istituti di credito, e anche a caduta nei confronti delle famiglie e delle imprese, non è stato altrettanto rapido a raccogliere una serie di sollecitazioni parlamentari. Ne ricordo una proprio in materia di IVA: un importante documento finale della VI Commissione (Finanze) che riguarda, sul Libro verde europeo di adeguamento in materia di IVA, aspetti importanti, come quello che propone di allargare la base imponibile, di non procedere all'innalzamento delle aliquote, di intervenire con specifici provvedimenti che vadano a ridurre l'elusione in materia di IVA.
Da questo punto di vista poco è stato fatto; ci attendiamo molto di più, così come ci attendiamo molto in materia di recupero, di lotta all'evasione con strumenti che non siano vessatori, come quelli che il Paese sta sentendo anche in questi giorni. È evidente che nell'ordine del giorno che tutti noi abbiamo deciso di votare, e che ha affrontato la questione della moratoria, c'è un aspetto fondamentale che credo che il Governo si debba porre come obiettivo nelle prossime ore: se da una parte è giusto continuare nella lotta all'evasione fiscale, essere determinati nel recupero di risorse che dovrebbero andare nelle casse dello Stato e che sono dovute da imprese e da cittadini, allo stesso tempo non si può immaginare uno stato di vessazione che metta in difficoltà e faccia saltare famiglie e imprese vitali, che stanno attraversando in questo momento una fase di grande difficoltà, ma che possono guardare al futuro e che hanno il dovere di farlo nell'interesse del Paese.
Sono tutti argomenti che non possono essere trattati esclusivamente - passatemi il termine - con approccio tecnico, ma che devono tenere conto della condizione sociale ed economica del Paese, che deve vedere un Governo protagonista non solo in Italia, ma all'estero, protagonista in sede europea su temi che sono stati in parte, a mio avviso, abbandonati. Pensiamo, per esempio, a tutta la questione della valutazione delle aziende dal punto di vista del rating nel rapporto con gli istituti di credito. Pensiamo agli interventi legati all'Europa, che prevedono incentivi agli Stati nazionali a limitare e sospendere temporaneamente l'emissione del rating del debito sovrano. Pensiamo agli interventi che riguardano anche il sostegno della rete di piccole e medie imprese attraverso l'armonizzazione delle scale di rating. Sono tutte questioni poste dall'Unione europea e che dovrebbero vedere un Governo, davvero interessato agli interessi nazionali e al sostegno delle piccole e medie imprese, affrontare questi punti. Non ultimo - cito questo per concludere - vi è il ricorso agli strumenti finanziari innovativi. Vede, Ministro Giarda, l'Europa dal 2013 ha deciso di stanziare l'1 per cento in più, che riguarda 1.025 miliardi di euro, per strumenti innovativi di sostegno alle ricapitalizzazioni, agli investimenti nei trasporti, nell'ambiente, nell'energia e nelle tecnologie digitali. Dobbiamo cogliere questa opportunità e voi avete il dovere di trattarle in sede europea con grande determinazione, per evitare che il Paese possa in qualche modo avvitarsi all'interno di una crisi che rischia di essere senza respiro. Se ci saranno questi impegni, che riguardano l'aspetto fiscale che ho ricordato e l'aspetto di sostegno nel rapporto con il credito con le banche ed una dinamica adeguata, che riguarda gli interessi Pag. 54nazionali in sede europea, il nostro sostegno a questo Governo proseguirà, in caso contrario saremo chiaramente spina critica e determinata nella difesa degli interessi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale per le quali era stata prevista la ripresa televisiva diretta.
Ricordo che, dopo la votazione finale sul decreto-legge, è prevista un'altra votazione senza registrazione di nomi per l'assegnazione di progetti di legge in sede legislativa.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge, approvato dal Senato, n. 5178, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Monai...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 3221 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214» (Approvato dal Senato) (5178):

Presenti 485
Votanti 449
Astenuti 36
Maggioranza 225
Hanno votato 374
Hanno votato no 75
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge nn. 4117 e 2135 (ore 13,25)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposte di legge a Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa delle seguenti proposte di legge, delle quali la sottoindicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:

alla VII Commissione (Cultura):
FRASSINETTI ed altri: «Disposizioni per l'insegnamento dell'inno nazionale nelle scuole del primo ciclo dell'istruzione» (4117);
COSCIA ed altri: «Modifica dell'articolo 1 del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, per la promozione dei valori costituzionali nella scuola, e istituzione della Giornata dell'Unità nazionale, della Costituzione e della bandiera» (2135).

(La Commissione ha elaborato un testo unificato).

Ha chiesto di intervenire contro la proposta di assegnazione in sede legislativa l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, saluto tutti i Ministri, i sottosegretari e gli onorevoli colleghi. Il provvedimento per il quale si chiede l'assegnazione in sede legislativa oggi prevede che, a decorrere dall'anno scolastico 2012-2013, nelle scuole di ogni ordine e grado siano organizzati percorsi didattici, iniziative e incontri celebrativi finalizzati a consolidare l'identità nazionale attraverso il ricordo e Pag. 55la memoria civica, attraverso la riflessione sugli eventi che hanno condotto all'Unità nazionale, alla scelta dell'inno di Mameli, e della bandiera nazionale e all'approvazione della Costituzione.
Infatti, noi riteniamo che la perdita di identità e la mancanza di un legame con la propria storia rischiano di creare una sorta di limbo, nel quale molte persone abbandonano la propria cultura perché sono rivolte ad una cultura diversa dalla propria e ad una società nuova.
In questo senso, noi insistiamo a porre l'accento sulle specificità del territorio, volgarmente identificate con i localismi e i regionalismi, che non sono, come si crede, espressione di arretratezza e di ritardo culturale, ma sono, invece, l'espressione della consapevolezza e la valorizzazione della propria diversità, che diventa elemento portante dell'identità collettiva.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 13,35)

PAOLA GOISIS. Quindi, arrivando al testo in questione, noi oggi facciamo molta fatica ad approvare questi provvedimenti, e quindi a consentirne l'assegnazione in sede legislativa, perché si parla di costituire la Giornata dell'Unità d'Italia il 17 marzo, si parla di Fratelli d'Italia, si parla di bandiera nazionale.
Ma noi ci chiediamo: di quale Unità d'Italia vogliamo parlare? Di quali Fratelli d'Italia vogliamo parlare? Secondo noi sarebbe molto più giusto parlare di «fratellastri d'Italia» (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), se è vero, come è vero, che perfino il fenomeno dei suicidi, di cui ho parlato in questa sede per diverse volte, è stato accolto nella freddezza, nel silenzio e nell'indifferenza di quest'Aula, fino a che si parlava di suicidi veneti, fino a che si parlava di suicidi nel nordest (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), di persone oberate dalle tasse, oberate dalle banche strozzine, oberate dall'intervento del Presidente Monti e del suo Governo, che non hanno saputo fare altro, come si è votato oggi da tutta questa Aula, che reinserire le commissioni bancarie, quelle commissioni bancarie che vanno a strozzare i nostri piccoli imprenditori, i nostri lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Se è vero, come è vero, e per questo insisto che si deve parlare di fratellastri e non di Fratelli d'Italia, che, soltanto la settimana scorsa, il Presidente del Consiglio ha saputo mandare due milioni e mezzo di finanziamenti al sud, al nord cosa ha mandato? L'IMU, l'IMU (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), che sarà pagata, ancora una volta, dai cittadini del nord, perché al nord sono accatastati anche i pollai. Al sud il catasto non esiste!
Allora, di quali Fratelli d'Italia dobbiamo parlare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Ancora una volta, questo Governo e voi che lo appoggiate avete dato soldi, soldi, soldi alle banche e i nostri imprenditori - lo ripeto, perché vi deve entrare nella testa il concetto - che sono quelli che sostengono l'economia di questa malaugurata penisola, sono soltanto strozzati, se si arriva, addirittura, fra commissioni ed interessi, a pagare, per un misero fido di 4 mila euro, il 18 per cento di tasse!
Un fido di 4 mila euro per il quale si sono suicidati alcuni nostri imprenditori! Allora, con quale forza, con quale coraggio, pretendete di parlare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Vorrei dire un'ultima cosa, signor Presidente, mi permetta.
La bandiera italiana. Ma cosa c'è da celebrare nella bandiera italiana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Ci siamo dimenticati che è omologa della bandiera francese portata da Napoleone (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Un oppressore, uno che è venuto a perseguitare l'Italia, a rubare, a portare via...

Pag. 56

PRESIDENTE. Onorevole Goisis, in quest'Aula non è consentito offendere la bandiera italiana!
Vi è la massima libertà di espressione per qualunque opinione i membri di questa Assemblea vogliano esprimere, ma non si può offendere la bandiera nazionale (Applausi).

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, ho parlato di Napoleone, ho parlato di Napoleone! Napoleone Bonaparte!

PRESIDENTE. Oltretutto, onorevole Goisis, il suo tempo è terminato.
Ha chiesto la parola l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, concordo...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Garagnani, mi sono sbagliato.
Prima di darle la parola, giustamente, devo chiedere se qualcuno intenda, invece, intervenire a favore, ma mi sembra che lei volesse intervenire a favore.

FABIO GARAGNANI. Sì, signor Presidente, ma con una raccomandazione.
Sono d'accordo con questa proposta, però invito l'Assemblea a valutare che essa non può esaurire la complessità del fenomeno dell'identificazione del nostro Paese con la propria storia e la propria tradizione culturale.
L'inno, ovviamente, riassume in sé una parte della storia d'Italia, ma credo che occorra fare molto di più nelle scuole italiane. Bisogna ricordare - cosa che, purtroppo, non sta avvenendo - la tradizione culturale del nostro popolo, spesso dimenticata in nome di un presunto dialogo con altre tradizioni culturali, ma che, di fatto, si tramuta in una delegittimazione della tradizione culturale cristiana che ha caratterizzato la storia italiana e che è identitaria della scuola italiana (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Troppi docenti delle scuole italiane si dimenticano di questo fatto e prendono spunto dal giusto processo di integrazione per delegittimare e accusare la nostra storia che risale a 2 mila anni fa e che, insieme all'Europa, è elemento identitario della nostra storia e della nostra tradizione.
Per cui, traggo spunto da questo intervento per ribadire, in primo luogo, che vi sono altre proposte di legge che, in nome del riconoscimento della italianità, ricordano che nelle scuole occorre fare preciso riferimento a questo nostro passato, a questa nostra identità, che non è solo un dato dei cattolici, ma un dato che dovrebbe accomunare laici e cattolici perché la storia d'Italia si basa su questo fondamento essenziale. Credo che queste proposte di legge debbano essere affrontate con la dovuta considerazione dall'Aula.
Concludo dicendo che la proposta mi pare plausibile e accettabile, però deve essere integrata con un'attenta riflessione su questi elementi culturali, indispensabili per ribadire, in ogni momento, il nostro senso di appartenenza all'Italia e all'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire... nessun altro chiede di intervenire?
L'onorevole Evangelisti chiede di intervenire, bene.
Allora darò la parola - non per un dibattito generale, ma su questo tema - ad un rappresentante per gruppo, per i gruppi che lo richiedano. Questo è il Regolamento. Prego, onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, la mia è soltanto una dichiarazione di voto. Vi è un testo... (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Se i colleghi mi fanno parlare... fanno prima ad ascoltarmi che a interrompermi...abbia la cortesia.

PRESIDENTE. La parola all'onorevole Evangelisti. Ascolteremo dopo chi chiederà la parola.

Pag. 57

FABIO EVANGELISTI. C'era un testo condiviso, anzi, c'è un testo condiviso, e c'è una posizione favorevole all'assegnazione in sede legislativa per questo provvedimento, condivisa anche dall'Italia dei Valori,
Tuttavia l'intervento dell'onorevole Garagnani ha messo seriamente in difficoltà la possibilità di votare a favore. Basta infatti andare a vedere sul corriere.it la notizia di due giorni fa: c'è una piccola applicazione che dimostra in pochi secondi come sia cambiata la storia e la geografia dell'intera Europa, non soltanto dell'Italia, nel giro di questi duemila anni.
Pertanto noi confermiamo il voto a favore, ma quello non può essere considerata la via o l'indirizzo per cui andare a legiferare in Commissione.

PRESIDENTE. Grazie onorevole Evangelisti. Prima di dare la parola all'onorevole Levi, che ha chiesto di parlare, ritengo opportuno leggere l'articolo 45 del Regolamento: «Nei casi di discussione limitata per espressa disposizione del Regolamento è in facoltà del Presidente, se l'importanza della questione lo richiede, di dare la parola ad un oratore per ciascun gruppo, oltre gli interventi che il Presidente stesso può eccezionalmente consentire, e di aumentare i termini previsti per la durata degli interventi».
Questo per prevenire chi eventualmente avesse dubbi riguardo alla regolarità della decisione adottata. Onorevole Levi, ha facoltà di parlare.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, noi stiamo votando un provvedimento che ha nella lunga discussione che si è tenuta in Commissione cultura le sue basi e che trova nella relazione che lo accompagna la sua piena giustificazione.
Lei aveva dato prima all'Aula la possibilità dell'espressione di un parere a favore e di un parere contrario. Io mi auguro che il parere a favore non sia considerato l'intervento che ha espresso l'onorevole Raisi (Commenti). .. Garagnani, mi perdoni... che non credo troverebbe il consenso né mio, ma neppure del mio gruppo e di larga parte dell'Aula.
Per cui ritengo e mi auguro che coloro che vorranno esprimere il proprio parere favorevole all'assegnazione in sede legislativa per questo provvedimento si rifacciano al testo del provvedimento stesso, alla relazione che lo accompagna e alla proficua ed utile discussione che c'è stata in sede di Commissione cultura, che ha visto in questa proposta un riconoscimento autentico del senso di unità nazionale, che è simboleggiato dalla nostra bandiera e dal nostro inno nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Altri gruppi intendono intervenire?
Pongo, allora, in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, il trasferimento a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge A.C. 4117 e A.C. 2135.
(È approvata).

Si è così concluso l'esame degli argomenti iscritti all'ordine del giorno per i quali erano previste votazioni.

Sull'ordine dei lavori, per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo, e per un richiamo al Regolamento (ore 13,45).

FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, ho già affrontato in altra sede il problema della lentezza da parte del Governo nelle risposte alle interrogazioni ed alle interpellanze. Io credo che, soprattutto in questo momento per così dire di relativa tranquillità nei lavori parlamentari, sia importante che il Governo si renda conto che lo strumento indispensabile per il parlamentare per porre i problemi che sono collegati al suo impegno nel territorio, ma anche alla sua dimensione nazionale, sia lo strumento ispettivo. Pag. 58
In questo contesto torno a lamentare di fronte a lei e all'Ufficio di Presidenza la lentezza nelle risposte, lentezza che si protrae molto spesso per mesi, se non per anni. Da qui questo invito, accompagnato da un suggerimento: perché l'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati non individua sedute parlamentari dedicate solo o prevalentemente alle risposte da parte del Governo agli interrogativi posti dai singoli parlamentari? Credo sia uno strumento conciso e rapido che permette da un lato il riconoscimento dell'impegno del parlamentare nel porre problemi che non sono di assoluta irrilevanza ma che, come dicevo prima, riguardano ognuno di noi nella nostra attività, ormai molto delegittimata, e dall'altro consentono al Governo di farsi carico di problemi che nella sua competenza può non intravedere e non verificare. Da qui questa mia esortazione a lei, signor Presidente, a farsi carico con una certa celerità di questo problema che, lo ripeto, non può essere considerato banale, ma è essenziale stante anche le limitate competenze che ormai i parlamentari hanno. È un modo anche, mi consenta signor Presidente, per ridare dignità al Parlamento e ai parlamentari, riconoscendo loro l'operato svolto nel territorio e soprattutto le esigenze di cui sono portatori.

PRESIDENTE. Onorevole Garagnani, la Presidenza provvederà a portare a conoscenza del Ministro competente le sue osservazioni e le sue richieste.

ANDREA RIGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA RIGONI. Signor Presidente, il nostro Paese possiede uno straordinario patrimonio culturale, archeologico, artistico, architettonico, turistico e ambientale, di inestimabile valore che non è paragonabile a quello degli altri Paesi europei ed extraeuropei. Tale patrimonio necessita di essere conosciuto, valorizzato e promosso nei mercati turistici di tutto il mondo. L'ENIT, l'Agenzia nazionale del turismo, promuove l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e ne favorisce la commercializzazione all'estero, sostiene e valorizza l'immagine del brand Italia, che si posiziona a livello mondiale tra le mete turistiche più visitate dai turisti di tutto il mondo. Il turismo rappresenta quindi un asset strategico del nostro Paese e all'ENIT è delegato il compito di costruire le condizioni per un forte e costante incremento delle presenze turistiche in Italia.
La legge consente al fine di accelerare la procedura di rilascio di visti turistici da parte delle sedi diplomatiche italiane all'estero lo stanziamento di risorse all'uopo preposte a favore dell'ENIT. Un protocollo di intesa di collaborazione tra il Ministero degli affari esteri e l'ENIT nel 2003 ha assicurato l'obiettivo di incrementare il numero e di accelerare le procedure per il rilascio dei visti. Il valore dei servizi forniti da ENIT è attestato dal continuo incremento negli anni del numero di visti. A titolo esemplificativo, ricordo il caso della Russia. Il solo consolato generale d'Italia in Mosca, nel 2011, ha rilasciato 600 mila visti di ingresso multipli e per il 2012, nel primo trimestre, si è registrato un incremento di più del 20 per cento. A riguardo purtroppo il Ministero degli affari esteri non ha ancora - credo colpevolmente - provveduto a liquidare all'ENIT le somme riguardanti i servizi effettuati per le procedure di accelerazione del rilascio dei visti relativi agli anni 2011-2012 come da convenzione tra Ministero degli affari esteri ed ENIT.
Tutto questo, signor Presidente, per testimoniare il ruolo determinante di ENIT nella produzione di ricchezza del nostro Paese nonché la possibilità, in questo momento di grave crisi economica, di incrementare le presenze turistiche estere, per favorire le nostre imprese turistiche, commerciali e alberghiere. A questo riguardo il Governo ha iniziato a mettere mano nella rivalutazione del ruolo dell'ENIT, ente decisivo nella promozione turistica e ambientale e di valorizzazione e conoscenza del patrimonio storico, culturale e artistico del nostro Paese nel Pag. 59mondo ed in particolare nel nostro continente e in Europa. La nomina del professor Pierluigi Celli a presidente di ENIT va nella giusta direzione, nella direzione di riportare valore, credibilità e prestigio onorabilità ed onestà alla guida di questo ente, dopo l'inutile e superficiale gestione Marzotto. Ora tocca fare il passo successivo, the second step. Non è più ulteriormente possibile rinviare l'individuazione di un nuovo direttore generale.
Il Governo deve dare indicazioni senza indugio. Il ruolo del direttore generale è essenziale soprattutto per far ripartire la nuova stagione turistica ed economica dell'Italia, in Europa e nel mondo. Vi sono uomini, competenze, esperienze, professionalità, all'interno della struttura dell'ente, che sono in grado, contemporaneamente, di non alimentare ulteriori spese con incarichi esterni, come peraltro ci chiede la Ragioneria generale dello Stato, e di far decollare definitivamente ENIT come struttura in grado di essere, una volta per tutte, produttiva e utile al Paese Italia. Questo Governo, questo nuovo Governo, deve sentire questo dovere, questo impulso morale se vuole essere credibile, evitando di seguire nuove e vecchie logiche di spartizione consuete e da sempre mai conosciute.
Alla luce di tutto questo, per tutte queste ragioni e considerazioni, chiedo a lei, signor Presidente, e anche al Governo, di sollecitare il Governo stesso a rispondere all'interrogazione presentata l'8 febbraio 2012 al Ministero degli affari esteri, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero per gli affari regionali, il turismo e lo sport, interrogazione n. 5-06118, a prima firma del deputato Andrea Rigoni.

MARIO LOVELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, il mio intervento è per sollecitare la risposta all'interpellanza n. 2-01458 da me presentata il 19 aprile scorso. Il mio richiamo non è soltanto di carattere regolamentare, in quanto, a norma dell'articolo 137 del Regolamento, trascorsi quindici giorni dalla presentazione dell'interpellanza, il Governo dovrebbe dire all'interpellante cosa intende fare, o accettare di scrivere l'interpellanza all'ordine del giorno, ed è quello che io chiedo formalmente in questo momento. Chiedo, quindi, a lei di girare al Governo questa richiesta.
Ma, in ogni caso, voglio sollecitare la sua attenzione perché se ne faccia carico nei confronti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per informarlo della situazione che si sta determinando sul territorio della mia provincia, nella zona interessata dalla realizzazione di un'opera pubblica importante come il Terzo valico ferroviario dei Giovi, per la quale si sono avviate in qualche modo le attività cantieristiche dopo che il CIPE ha stanziato delle cifre rilevanti per l'avvio dei lavori. Ma sta succedendo una cosa che va denunciata e che non è accettabile. Infatti, i sindaci del territorio della provincia di Alessandria, in questi mesi, hanno inviato al Ministero delle lettere (in data 5 marzo il sindaco di Novi Ligure, in data 22 marzo i sindaci di Fraconalto, Voltaggio e Carrosio). Il 17 aprile il consiglio comunale di Novi Ligure ha approvato un ordine del giorno che riguarda la questione, mentre in provincia, la scorsa settimana, l'11 maggio, si è tenuta una riunione di tutti i sindaci della tratta interessata per esaminare l'evoluzione della situazione.
Ebbene, nonostante queste continue richieste, non è arrivata nessuna risposta da parte del Ministero ai comuni che chiedono di avere dei chiarimenti, ma, soprattutto, la gestione della questione viene lasciata nelle mani del general contractor che è stato incaricato, con decisione di questo Governo, di realizzare l'opera. Anche Rete ferroviaria italiana, che è il soggetto attuatore dell'opera, non ha un ruolo attivo di rapporto con i sindaci del territorio e con i cittadini. A mio parere, questo determina una situazione grave che va denunciata, perché in un territorio dove l'opera è stata accompagnata negli anni passati da prese di posizione non pregiudizialmente contrarie da parte dei comuni attraversati dall'opera stessa, si sta invece Pag. 60determinando una situazione di non trasparenza, di ambiguità, di non comprensione rispetto ai lavori che si stanno facendo e questo sta creando delle oggettive difficoltà, che credo peseranno nei passaggi successivi di realizzazione dei cantieri.
In particolare, i comuni hanno sollevato la questione dell'immediata costituzione di un osservatorio ambientale, che era previsto dalla delibera CIPE che approvò il progetto definitivo nel 2006, e hanno inoltre richiesto al Governo l'istituzione di un tavolo istituzionale e di un osservatorio tecnico, sul modello di quello che è stato attuato in Val di Susa, per fare in modo che la fase di passaggio dal progetto definitivo a quello esecutivo avvenisse sotto il controllo delle amministrazioni locali. Questo non sta avvenendo. Bisogna che il Governo faccia rapidamente la sua parte e per cominciare bisogna che, di fronte al Parlamento e di fronte alla mia interpellanza, dia una risposta sulla sua valutazione rispetto alle modalità realizzative dell'opera e alle modalità con cui intende rapportarsi, con criteri di trasparenza, con le amministrazioni locali e con la cittadinanza, che chiede chiarezza sull'intervento che si sta realizzando.

GIACOMO CHIAPPORI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, questo è un intervento che non avrei voluto fare, perché è un momento particolare, dove le cose che ti passano di fronte, soprattutto sui mezzi televisivi, ti rendono magari certe volte insensibile a quello che è il fatto. In questi ultimi tempi vi sono tanti imprenditori che si uccidono un po' da tutte le parti e questa volta purtroppo è capitato nel mio comune. Un atto di disperazione. Ieri si è suicidato un imprenditore e questa cosa mi ha un attimo sconvolto, perché mi ha portato di fronte alla realtà dei fatti. Io è un anno che combatto, nel comune di Diano Marina, per continuare a tenere i conti in ordine, perché così mi dice lo Stato, per il Patto di stabilità, e faccio da un anno a questa parte il Caino nei confronti di quegli imprenditori che vantano crediti nei confronti del comune per aver operato. Io sono arrivato ed ho trovato questi debiti. Forse qualcuno non ha calcolato prima che sì, c'erano i soldi nelle casse del comune, ma non si poteva poi pagare per cassa e quindi non si potevano pagare i creditori.
Ho voluto fare questo intervento perché ieri ero veramente amareggiato di questa situazione, ed è un intervento che non diventa liberatorio, ma che - e mi dispiace non ci sia il Governo per questo - mi dà l'idea di dare anche agli altri il peso di quello che sto sopportando come sindaco. E allora l'affermazione vera di tutto questo ragionamento è che andrò nel fine settimana in comune con il ragioniere e cercherò di capire quanti ancora sono - mi pare siamo intorno al milione e mezzo di euro da pagare - e cercherò di contattare tutti gli imprenditori che hanno necessità di riscuotere quel credito, che io per quest'anno forse non riuscirò ancora a pagare. E se mi renderò conto che questo può creare o potrebbe portare sulla mia coscienza il peso di qualche ulteriore atto sconsiderato, io qui già vi dico che ne buco 10 mila di Patti di stabilità. Non me ne fregherà niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Pagherò tutto fino all'ultimo e con questo atto il Governo, che è distante, condividerà con me quello che potrebbe anche succedere. Non mi prendo il peso più di niente, come sindaco.
È una cosa vergognosa, è una cosa forse che non era neanche da dire, in questo momento forse è più l'amarezza per l'amico imprenditore che ho perso che il resto. Però sappiate che questo sarà il mio comportamento, il comportamento di un sindaco che si è stufato, con i soldi in tasca dei suoi cittadini, di non poter pagare i conti, anche se qualcuno li ha fatti prima di me i conti di quello che è il lavoro fatto a nome e per conto del comune di Diano Marina.

Pag. 61

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Chiappori, ovviamente, penso che tutti noi ci uniamo al cordoglio per questo imprenditore che si è tolto la vita.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento, genericamente, direi all'articolo 8, ma potremmo anche toccare vari altri punti del Regolamento.
Signor Presidente, glielo dico ad Aula vuota e con un certo garbo, però, ho il dovere di lasciarlo agli atti dell'Assemblea, in ordine a quanto accaduto prima. Quando la Presidenza, di fronte ad una proposta di assegnazione a Commissione in sede legislativa, ha un gruppo che si oppone e, quindi, deve porre in votazione la proposta, decide di dare la parola ad un oratore a favore e ad uno contro.
Atteso che la Lega si è espressa contro l'assegnazione in sede legislativa, ho trovato singolare che, una volta data la parola all'onorevole Garagnani - il quale, peraltro, all'inizio del suo discorso ha chiaramente fatto capire di essere contrario alla proposta -, la Presidenza non abbia preso atto che non si trattasse di un intervento a favore dell'assegnazione in sede legislativa, e abbia permesso all'onorevole Garagnani - che ha tutto il diritto di intervenire e manifestare le proprie posizioni da deputato e da uomo libero qual è in quest'Aula, ma non certo in quella fase - di occupare il tempo che, forse, sarebbe stato utilizzato diversamente da altri colleghi, o, anche per scelta politica, da nessuno, volendo accorciare e abbreviare i tempi della discussione, in relazione ad uno spazio dedicato ad uno o più deputati che intendessero motivare il voto favorevole all'assegnazione in sede legislativa.
Signor Presidente, mi rendo conto della difficoltà, talvolta, del presiedere un'Assemblea i cui lavori, spesso, possono avere improvvise accelerazioni o anche incagli su determinati argomenti, tuttavia, glielo dico per il futuro: una maggiore attenzione avrebbe, probabilmente, consentito che un altro intervento a favore fosse svolto in luogo di quello dell'onorevole Garagnani, che avrebbe potuto tranquillamente intervenire successivamente alla votazione, permettendo una votazione nell'immediatezza della posizione della questione, cioè dell'assegnazione in sede legislativa, da parte della Presidenza.
Quindi, credo che con un poco più di attenzione, si riuscirebbe a guadagnare del tempo e a evitare, poi, quello che diventa un giro di tavolo di interventi, che rischia di farci allungare i lavori, senza, di fatto, cambiare probabilmente l'esito delle votazioni, ma soltanto dilatando in maniera estemporanea i tempi di queste fasi, che pure sembrano importanti e che vanno lasciate a coloro che intendono effettivamente intervenire sul merito.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Baldelli, le assicuro che cercherò di esercitare il massimo dell'attenzione. Tuttavia, nel caso in specie, mi permetto di ricostruire come sono andati i fatti. Io ho detto che avrei concesso la parola per un intervento contro, all'onorevole Goisis, e un intervento a favore, per il quale ha chiesto la parola l'onorevole Garagnani, non a nome del suo gruppo, onorevole Baldelli, ma per svolgere un intervento a favore. E per la verità, l'intervento dell'onorevole Garagnani è stato un intervento a favore. Così io l'ho inteso e così lui stesso lo ha qualificato. Controlleremo nel resoconto stenografico, ma mi sembra che abbia detto chiaramente di essere a favore, anche se voleva motivarlo e lo ha fatto con modalità che non tutti hanno condiviso e delle quali è, comunque, responsabile lui, certo non il suo gruppo, perché non parlava a nome di esso. Dopodiché, dato che altri hanno chiesto la parola, ho deciso, a termini di Regolamento, di concedere la parola ad un rappresentante per gruppo. Nessuno del gruppo del Popolo della Libertà la ha chiesta. Se lo avesse fatto, certamente la avrebbe avuta. Questo per Pag. 62ricostruire l'andamento dei fatti, ferma restando la promessa di esercitare il massimo dell'attenzione.

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a rispondere all'interrogazione, a mia firma, n. 4-15913, su un tema che ritengo grave ed urgente: la segretezza della corrispondenza e la facilità con cui essa viene violata.
Oggi abbiamo visto che addirittura scrivere una lettera privata al Papa diventa materia di pubblicazione sui giornali. Nel mio caso, questa interrogazione si riferiva alla segretezza della corrispondenza dei detenuti. Il parallelo è implicito nel fatto che si tratta, comunque, di un diritto della persona su cui credo che vi sia troppa poca attenzione. In nome, se vogliamo, del diritto di cronaca e, a volte, del diritto di indagine, si viola qualcosa che, invece, appartiene ad una sfera che non può essere toccata.

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bongiorno, Brugger, Caparini, Cenni, Cicchitto, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Mazzocchi, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Pecorella, Pisicchio, Proietti Cosimi, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

TESTO AGGIORNATO AL 21 MAGGIO 2012

Svolgimento di interpellanze urgenti (15,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a garantire l'omogeneità sul territorio nazionale della disciplina relativa ai bandi per il conferimento di sedi farmaceutiche, con particolare riferimento ai titoli rilevanti ai fini della definizione del punteggio - n. 2-01460)

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01460, concernente iniziative volte a garantire l'omogeneità sul territorio nazionale della disciplina relativa ai bandi per il conferimento di sedi farmaceutiche, con particolare riferimento ai titoli rilevanti ai fini della definizione del punteggio (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio anche per aver voluto essere presente per rispondere a questa interpellanza urgente; le sono grato per questo. L'interpellanza è già abbastanza chiara, vuole soltanto sottolineare una disparità ingiustificata ed ingiustificabile con riferimento alla valutazione di titoli nei concorsi per farmacie. È purtroppo vero che, mentre in alcune regioni viene riconosciuta la carriera universitaria, con particolare riguardo non soltanto ai professori ordinari ed associati, ma anche ai ricercatori, ai borsisti e ai contrattisti, in altre regioni questo non accade.
Si tratta di una disparità di trattamento talmente palese che non occorre - credo Pag. 63- nessun altra sottolineatura. Si chiede, appunto, quali iniziative voglia prendere il Governo al fine di superare questa disparità.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Renato Balduzzi, ha facoltà di rispondere.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, ricambio il saluto e ringrazio l'interpellante, che dà la possibilità di fare il punto su una questione che non è da oggi che si pone e che forse potrebbe andare a soluzione. Come è noto, per conferire sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione disponibili per l'esercizio da parte dei privati, il nostro ordinamento prevede un concorso provinciale per titoli ed esami - nella versione del decreto-legge «liberalizzazioni», poi convertito, per il «concorsone» di prossime farmacie, soltanto per titoli -, e vi è poi un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisce i criteri per la valutazione dei titoli e l'attribuzione dei relativi punteggi.
Tra i titoli relativi all'esercizio professionale vi sono anche quelli, come ha ricordato l'interpellante, relativi all'attività di professore ordinario di ruolo nelle facoltà di farmacia e di professore associato nella medesima. Fra i titoli di studio e di carriera sono previste, altresì, le specializzazioni universitarie o il conseguimento di borse di studio e di ricerca relative alla facoltà di farmacia o chimica e tecnologie farmaceutiche.
Premesso ciò, con riferimento al caso specifico che l'interpellante evoca, l'assessorato regionale alla salute della regione Sicilia ha comunicato che i bandi di concorso sono stati emanati in conformità al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1994 e che le commissioni si sono attenute a quanto indicato nello stesso decreto sia per quanto riguarda la previsione dei titoli sia per quanto riguarda i criteri per la loro valutazione. In relazione allo specifico quesito vorrei però precisare che, a seguito di incontri tecnici organizzati dal Ministero della salute con i rappresentanti regionali, si è convenuto sull'opportunità che, per evitare una difformità di situazioni di fatto e di diritto nei diversi ambiti territoriali, i bandi regionali di indizione del concorso straordinario, previsto dal già richiamato decreto-legge sulle liberalizzazioni, siano conformi a un modello messo a punto in sede di coordinamento delle regioni, nel rispetto, naturalmente, della normativa in vigore.
A oggi risulta che l'attività avviata a seguito di questi incontri a livello regionale sia prossima alla fase conclusiva.

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di replicare.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, perché quello che egli dice già mi soddisfa, ma mi permetto di sottolineare che, nonostante quanto riferito - così come lei ha detto - dalla Regione siciliana, e in particolare dall'assessorato alla sanità della Regione siciliana, nell'ultimo concorso, che è quello del 2000 (data dell'ultimo bando), non si è tenuto conto invece, contrariamente a quanto affermato dalla regione stessa, del titolo di ricercatore universitario, anziché di borsista o contrattista.
Quindi, non è vero che si è rispettata la normativa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 marzo 1994. Questo per la verità sui fatti. Peraltro, mi permetto di aggiungere che già alcune regioni, e segnatamente la regione Lombardia come segnalo nella nostra interpellanza e la regione Puglia (una volta la Lombardia il 13 novembre del 2000 e ancora la Puglia nel febbraio del 2009) hanno invece, al contrario rispetto alla Regione siciliana, previsto espressamente il titolo di ricercatore universitario in conformità a quanto definito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 marzo 1994.
Mi permetto di aggiungere che, vista l'ultima normativa in materia, e cioè la possibilità che il «concorsone», come è stato un po' così impropriamente definito, preveda un concorso appunto solo su titoli, diventa ancora più urgente e più rilevante il problema. Mi permetto non di Pag. 64suggerire - la prego, non ho nessuna facoltà o autorità per poter suggerire - ma di segnalare, che la legge n. 131 del 2003, altrimenti intesa «legge La Loggia», che era una legge di attuazione della riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione, all'articolo 8, comma 6, prevede la cosiddetta intesa forte, che è un po' un modo per descrivere una lunga riunione che si può fare in determinate circostanze tra i rappresentanti del Governo dello Stato e i rappresentanti dei governi delle regioni sino a quando non si raggiunge un'intesa che valga per tutti.
Voglio augurarmi e voglio sperare che possa essere utilizzata anche questa procedura, al di là del tavolo tecnico al quale lei ha fatto riferimento che di già è un'eccellente iniziativa, proprio per rendere più cogente la soluzione sulla individuazione di un modello unico di bando, che ovviamente auspichiamo contenga questi titoli. Infatti, sarebbe ben strano che un concorso che si svolge solo per titoli escluda dalla valutazione degli stessi quello di ricercatore universitario, anziché di contrattista o di borsista che specificamente hanno dato la possibilità a chi concorre di poter dimostrare la sua qualità professionale specifica proprio nel settore delle farmacie.
Quindi voglio sperare che il Governo - e in questo caso il Ministro, che vedo così giustamente attento e che sente la responsabilità, così come ha dimostrato già con la sua risposta, di affrontare e portare ad una soluzione unitaria - non lasci adito a nessuna possibilità di ricorso. Infatti, al contrario, mi permetto di sottolineare che non è difficile, anzi è facilissimo, prevedere una infinità di ricorsi, trattandosi di una palese disparità di trattamento tra una regione e l'altra.
Conosco bene evidentemente che vi sono competenze regionali che sono ancora più accentuate per quello che riguarda determinate materie nelle regioni a statuto speciale, ma già il tavolo tecnico di cui ci ha dato notizie il Ministro e, ancora di più, l'eventuale utilizzo della procedura ex articolo 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, garantirebbe senz'altro la possibilità di una normativa che valga, come a me pare più che doveroso, per l'intero Paese.
Grazie molte Presidente, grazie signor Ministro.

(Iniziative di vigilanza e controllo nei confronti delle fondazioni qualificate come Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati, con particolare riferimento alle fondazioni San Raffaele del Monte Tabor e Salvatore Malgieri - n. 2-01457)

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01457, concernente iniziative di vigilanza e controllo nei confronti delle fondazioni qualificate come Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati, con particolare riferimento alle fondazioni San Raffaele del Monte Tabor e Salvatore Malgieri (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

RENATO FARINA. Signor Presidente, grazie signor Ministro di essere autorevolmente presente. Questa interpellanza muove dall'inchiesta giudiziaria, con relative notizie apparse sui giornali, a proposito delle fondazioni Maugeri e San Raffaele, con le presunte malversazioni e cattiva amministrazione che si sarebbe registrata presso questi istituti. Orbene, non è mancato chi, tra le personalità politiche, mettesse sotto accusa la giunta della regione Lombardia sostenendo che le verifiche andavano fatte, a proposito di questi bilanci e delle norme statutarie che li regolano, da parte della regione Lombardia.
Pertanto, l'interpellanza, prendendo le mosse da decreti legislativi e altro materiale di legge che riguarda gli Irccs, vuole chiedere al Governo se il Governo, come risulta agli interpellanti aveva il dovere di fare, ha svolto indagini e controlli su queste fondazioni, quali risultati eventualmente questi controlli abbiano conseguito e, se non sono stati fatti, perché.

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PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Renato Balduzzi, ha facoltà di rispondere.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, preliminarmente, in merito a tali asseriti compiti di vigilanza e controllo di competenza del Ministero nei confronti degli Irccs, vorrei richiamare una sentenza della Corte costituzionale, la n. 270 del 2005, che ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni del decreto legislativo n. 288 del 2003, che riordinava la disciplina degli Irccs.
In particolare, proprio per quanto riguarda l'articolo 1, comma 2, con riguardo alle parole «e di controllo», la Corte ritenne che, dato il riconoscimento degli Irccs come enti autonomi dotati di statuti ed organi di controllo interni operanti nell'ambito della legislazione statale concorrente, ponesse una qualche estraneità, rispetto alla natura e alla posizione giuridica degli Irccs, la previsione di un controllo amministrativo preventivo sui loro atti fondamentali, controllo configurabile solo nell'ambito di una ricostruzione degli Irccs quali enti pubblici nazionali, che peraltro la Corte esclude.
Questo per quanto riguarda gli Irccs di diritto pubblico. I limitati poteri ministeriali trovano poi ulteriore limitazione nei confronti degli Irccs di diritto privato, quali gli Irccs a cui si riferisce l'interpellanza, per i quali lo stesso decreto legislativo menzionato del 2003, all'articolo 12, stabilisce che è fatta salva l'autonomia giuridico-amministrativa degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato. Dunque, per quanto riguarda i poteri ministeriali previsti nei confronti di tali Istituti, questi sono limitati alla fondamentale ed esclusiva fase del riconoscimento, della conferma del carattere scientifico degli stessi e della periodica rendicontazione dei contributi che questo Ministero assegna per l'attività di ricerca degli Irccs.
Essi naturalmente sono una minima parte rispetto ai fondi assegnati dalle regioni dove gli Ircss hanno sede per l'attività clinico assistenziale degli stessi. Alla regione spetta una attività di vigilanza sugli Ircss come su tutte le altre strutture pubbliche o private che esercitano attività sanitaria.
In merito specifico alle iniziative adottate nei confronti della fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, rappresento che gli uffici del Ministero hanno seguito le procedure svolte presso la II sezione civile del tribunale di Milano presso la sezione fallimenti. Con il decreto del 28 ottobre 2011, con cui il giudice ha ammesso la procedura di concordato preventivo, la fondazione si è impegnata a conferire in una nuova società il proprio ramo d'azienda riguardante le attività ospedaliere, cliniche e di ricerca e a cedere il 100 per cento della stessa società.
La nuova società venne poi successione costituita e attraverso una serie di passaggi procedimentali (le cui specifiche lascio agli atti della Camera) si è arrivati in data 10 maggio 2012 alla emissione del decreto di omologa della procedura di concordato preventivo e l'indomani alla firma dell'atto di conferimento da parte della fondazione Centro San Raffaele Monte Tabor del menzionato ramo d'azienda.
In pari data, la regione Lombardia ha preso atto del subentro della variazione di ragione sociale dell'ente fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, all'ente ospedale San Raffaele Srl cui sono afferite tutte le autorizzazioni sanitarie e gli accreditamenti precedentemente in capo alla fondazione. In pari data, previo sopralluogo della sottocommissione, si è sancito il trasferimento del carattere scientifico dell'ospedale San Raffaele Srl.
Per completezza, per quanto riguarda il San Raffaele, rappresento che, poiché a gennaio 2013 scadrà il triennio di vigenza del riconoscimento del carattere scientifico, già dal corrente mese di maggio partirà la procedura di verifica dei requisiti previsti dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 288 del 2003 finalizzato all'emanazione del decreto di conferma.
Per quanto poi attiene alla fondazione Maugeri, ho chiesto alla regione Lombardia una relazione sulla situazione per verificare l'inerenza o meno in ordine all'attività sanitaria dei fatti emersi all'attenzione Pag. 66dell'opinione pubblica e mi riservo di disporre un'indagine sulla gestione amministrativo-contabile a seguito della risposta della regione Lombardia.

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.

RENATO FARINA. Signor Presidente, mi dichiaro insoddisfatto sulla prima parte della risposta. Sulla seconda parte in cui sono state descritte le peripezie del San Raffaele ho ascoltato con attenzione e non ho nessuna osservazione da fare. Mi rivolgo al Ministro, che è anche professore di diritto costituzionale, per cui non mi imbarco certo a contestare la sentenza che ha letto. Mi riferisco, tuttavia, all'articolo 121 del decreto legislativo n. 112 del 1998 che dispone quanto segue: sono conservate allo Stato le funzioni di vigilanza e controllo sugli enti pubblici e privati che operano su scala nazionale e ultraregionale. Sia la fondazione Maugeri che il San Raffaele operano su un piano ultraregionale. Quindi, credo che non sia il caso di rimpallare responsabilità alla regione.
Per quanto riguarda invece la regione Lombardia, ha sì un obbligo di verifica, ma solo in rapporto all'attività assistenziale, alle prestazioni erogate e alla congruità tra i servizi forniti e quanto è pagato dalla regione medesima. Sarebbe il caso comunque di rilevare che il rapporto tra spesa sanitaria e PIL corrisponde al 7,2 per cento per quanto riguarda la sanità pubblica italiana (un dato tra i più bassi d'Europa); questo valore scende al 5,4 per cento del PIL in Lombardia.
Si tratta di un valore contenuto in senso assoluto. Se poi lo paragoniamo allo standard qualitativo, crediamo che - e questa interpellanza urgente è stata firmata da gran parte dei deputati lombardi del Popolo della Libertà e non solo del Popolo della Libertà - garantisca un rapporto costi/benefici in assoluto tra i più bassi del mondo. Ricordo che la spesa pubblica sanitaria corrente pro capite in Lombardia corrisponde a 1.758 euro contro una media nazionale di 1.821, con una differenza di servizi visibile a tutti.
Perché fornisco questi dati e faccio queste osservazioni? Perché qui capiamo molto bene quale sia la ratio delle polemiche suscitate in questi giorni. Dispiace che il Ministro non abbia voluto spendere una sola parola in riferimento alla eccellenza e alla qualità dei servizi offerti alla popolazione lombarda e non solo, non solo lombarda, in questa fase. Quello che viene messo in questione oggi è, di fatto, il modello di sanità proposto dalla regione Lombardia che, credo, abbia dato risultati eccezionali. Se malversazioni ci sono state all'interno di istituti non era certo compito della regione avvedersene quanto, piuttosto, valutare il tipo di prestazione che questi istituti fornivano.
Questo è quello che è stato fatto. Posso citare il fatto che non è vero, come è stato detto, che la regione Lombardia ha avvantaggiato il privato rispetto ad altre regioni. Il mix pubblico-privato in Lombardia, la presenza del privato, è pari al 21,7 per cento, è invariata da molti anni e si colloca al settimo posto, a pari merito con Piemonte e Sicilia e dopo Calabria, Campania, Lazio, Emilia Romagna e Abruzzo, in perfetto allineamento con la media nazionale del 21,3 per cento del rapporto tra privato e pubblico.
Tutto questo credo debba essere illustrato. Credo che vada illuminato agli occhi dell'opinione pubblica, per evitare che casi evidenti o comunque presunti di cattiva amministrazione di privati non intacchino minimamente la qualità del servizio e nemmeno il bilancio e i soldi dei cittadini. Questo è importantissimo che sia rilevato. Auspico che d'ora in poi non vi sia un rimpallare di responsabilità sui controlli ma diventi più chiaro a chi spetta valutare la qualità dei bilanci e non solo la qualità dei servizi offerti (questo sì spetta alle singole regioni che usufruiscono di essi).

PRESIDENTE. Onorevole Renato Farina, ovviamente saranno a sua disposizione, come ha detto il Ministro, gli atti a cui lo stesso Ministro ha fatto riferimento nella sua risposta.

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(Misure per garantire un'adeguata assistenza ai malati di atrofia muscolare spinale - n. 2-01484)

PRESIDENTE. L'onorevole Savino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01484, concernente misure per garantire un'adeguata assistenza ai malati di atrofia muscolare spinale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, mi permetta di illustrare brevemente la mia interpellanza urgente. Ringrazio il Ministro per la sua presenza.
L'atrofia muscolare spinale indica un gruppo di malattie neuromuscolari ereditarie. Queste forme della malattia colpiscono particolari cellule nervose chiamate motoneuroni, destinate al controllo dei movimenti dei muscoli volontari. La sma causa la degenerazione dei motoneuroni alla base del cervello e lungo il midollo spinale, impedendo il corretto funzionamento degli stessi e pregiudicando l'espletamento di attività semplici, quali andare carponi, camminare, controllare il collo e la testa e deglutire. Si riconoscono tre forme di sma che differiscono tra di loro essenzialmente per l'età dell'insorgenza dei primi sintomi e per la severità della progressione.
La sma è la causa principale di morte infantile. La sua forma più severa causa molto spesso la morte nei primi due anni di vita e circa un individuo su 40 ne è portatore sano. La sma è una delle malattie più invalidanti che esistano. Una persona affetta da sma smetterà di camminare, di muovere le braccia e perderà l'uso di tutti i muscoli volontari. Spesso vengono coinvolti anche i muscoli respiratori e quelli per la masticazione e deglutizione. Una persona affetta da sma nel corso della sua vita perde tutte le abilità. La sma è inserita nell'elenco delle malattie rare, allegato al decreto del Ministero della salute 18 maggio 2001, n. 279, che implica il diritto per il paziente all'esenzione totale dal ticket per le prestazioni di assistenza sanitaria incluse nei livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti LEA. In considerazione dell'onerosità e della complessità dell'iter diagnostico per le malattie rare, l'esenzione è estesa alle indagini volte all'accertamento della malattia stessa ed alle indagini genetiche sui familiari dell'assistito, eventualmente necessarie per la diagnosi di malattia genetica. Ai malati di atrofia muscolare spinale è anche riconosciuta l'esenzione dal pagamento dei farmaci di fascia A, come per tutti i cittadini, ma il vero problema riguarda l'esclusione dalla lista di rimborsabilità dei farmaci inseriti in fascia C e l'inserimento nella fascia di trattamenti non farmacologici di presidi e di prodotti galenici.
Il punto è che i malati di sma non hanno bisogno di farmaci perché, al momento, non esiste la possibilità di curare o di arrestare il progredire della malattia. Le gravi problematiche per cui oggi interpelliamo il Ministro sono relative alla possibilità, o meglio all'impossibilità - per così dire - per i malati di sma di poter compiere i gesti che appartengono alla vita quotidiana di ciascuno di noi e soprattutto alla loro alimentazione. Per una persona affetta da sma - lo ripeto - i gesti più semplici rappresentano imprese titaniche e se è vero che la medicina non può curare la sma però la tecnologia può aiutare a migliorare la qualità della vita di un malato di sma. Purtroppo, si tratta di ausili i cui costi sono molto elevati e - nonostante sia previsto che il Servizio sanitario nazionale debba fornire le protesi e gli ausili necessari per il raggiungimento della piena integrazione - non sono inclusi nel nomenclatore tariffario, il cui aggiornamento ultimo risale al 1999.
Per quanto invece riguarda la problematica relativa all'alimentazione, è necessario premettere che le persone affette da sma necessitano quotidianamente di integratori alimentari, ossia di prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta, quindi ricchi di sostanze nutritive. I bambini affetti da sma hanno spesso problemi di masticazione e deglutizione e quindi l'alimentazione diventa spesso un processo lungo e noioso e, in seguito ad Pag. 68infezioni respiratorie, possono verificarsi indebolimento dell'organismo e conseguente malnutrizione.
Dunque, per le persone affette da sma, la quantità di proteine deve essere maggiore per prevenire il catabolismo dei muscoli: questi infatti sono costituiti - come sappiamo - da materiale proteico: un bimbo affetto da sma non può permettersi di perdere neanche un poco della sua massa muscolare.
Dunque, il malato di sma per nutrirsi ha bisogno di alimenti e di integratori alimentari, i quali per lui rappresentano dei prodotti salvavita, come se fossero dei farmaci. La sma - lo ripeto - non si cura con i farmaci e, nonostante i malati di sma siano ovviamente in possesso di un codice di esenzione dal ticket, non pesano sul Servizio sanitario nazionale e necessitano dunque di integratori. La tecnologia non rappresenta per loro un lusso, ma l'unica possibilità di condurre una vita autonoma. Dunque, l'interpellanza urgente mira a capire, nell'ottica di rendere fruibile il diritto all'uguaglianza e alla salute come previsto dagli articoli 3 e 32 della Costituzione, quali iniziative intenda assumere il Ministro al fine di garantire ai malati di atrofia muscolare spinale il godimento del diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per tutte le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, nonché l'acquisto dei trattamenti considerati non farmacologici, quali integratori alimentari, dispositivi medici e presidi sanitari e se non ritenga necessario e non ulteriormente procrastinabile procedere all'aggiornamento del nomenclatore tariffario anche al fine di tutelare il diritto dei malati di sma ad una vita autonoma, così come previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Renato Balduzzi, ha facoltà di rispondere.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole interpellante che mi dà la possibilità di precisare alcune caratteristiche dell'erogazione dei farmaci e di quanto può servire in presenza di patologie rare, come la sma, ossia l'atrofia muscolare spinale.
Vorrei premettere che le difficoltà segnalate nell'interpellanza urgente possono avere rilievo e derivare non solo da problemi che riguardano l'ambito di applicazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza sanitaria) ma anche da aspetti e profili organizzativi dei servizi tenuti a garantire i rispettivi livelli e questo evidentemente è qualcosa che pertiene non tanto ad una decisione nazionale condivisa con il sistema regionale come quella sui livelli essenziali di assistenza ma alla responsabilità diretta delle singole regioni.
A proposito della revisione dei LEA, segnalo che da tempo il Ministero della salute ha predisposto un testo aggiornato, una declaratoria aggiornata per quanto riguarda in particolare le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e l'aggiornamento dell'assistenza protesica, l'inclusione di nuove prestazioni e naturalmente anche l'esclusione di prestazioni considerate obsolete, con un'attenzione specifica proprio ai portatori di malattie rare. Si tratta di un provvedimento che, com'è noto, soffre della situazione complessiva economico-finanziaria del Paese e che dunque non ha ancora completato il proprio iter governativo.
Tali prestazioni - quelle a cui si riferisce l'interpellante - si configurano allora come livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli assicurati dalla declaratoria dei LEA quindi dalla normativa generale, livelli di assistenza ulteriori che le singole regioni possono assicurare con proprie risorse, i cosiddetti livelli aggiuntivi di assistenza. Questo però non è possibile quando la regione - neppure nel caso di malattie rare - sia assoggettata ai cosiddetti piani di rientro a causa di disavanzo strutturale.
Per quanto riguarda poi gli aspetti legati all'erogazione dei farmaci preciso che oltre alla normativa che ho già menzionato sono da considerarsi rilevanti anche la legge 23 dicembre 1996, n. 648 in materia di erogazione di medicinali non autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e due decreti ministeriali del Pag. 692003 sulle importazioni di medicinali registrati all'estero e sull'uso terapeutico dei medicinali sottoposti a sperimentazione clinica.
Preciso peraltro che anche nella proposta di aggiornamento dei LEA a suo tempo predisposta dal Ministero della salute l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale degli integratori alimentari o dei parafarmaci per questo tipo di patologie non era prevista. Sotto questo aspetto credo che sia però doveroso da parte del Ministro della salute pro tempore dare rassicurazione all'interpellante che la questione sarà valutata e studiata soprattutto alla luce della possibilità di individuare all'interno degli integratori e dei parafarmaci quelli con un nesso più diretto ed evidente rispetto alle esigenze salvavita per così dire delle persone colpite da questa patologia così da vedere la possibilità di applicare, analogamente a quanto accade già per altre patologie, il medesimo trattamento. Posso assicurare all'interpellante che questo sarà in tempi brevi studiato e approfondito dal Ministero.

PRESIDENTE. L'onorevole Savino ha facoltà di replicare.

Testo sostituito con l'errata corrige del 21 MAGGIO 2012 ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro in particolar modo per l'attenzione che ha dedicato a questo tema e per la sensibilità con la quale lo ha trattato. Ovviamente mi dichiaro parzialmente soddisfatta della risposta nel senso che per quanto riguarda l'aggiornamento del nomenclatore tariffario che comunque è un riferimento a mio avviso standard e al quale si ricorre per accedere all'opportunità di ricevere ausili di assistenza, essendo datato 1999 a mio avviso andrebbe aggiornato. Torno a ribadire che la tecnologia per questi ammalati - di SMA o di SLA o di malattie degenerative - non rappresenta un lusso ma l'unica possibilità di poter disporre di una vita pressoché normale.
Peraltro, se mi permette, faccio un riferimento alla tecnologia di ausilio a questi ammalati, per capire quanto questi strumenti siano costosi: per esempio, un telefono che permetta di telefonare senza comporre il numero, che è un gesto che tutti noi compiamo ma che per questi ammalati diventa impossibile compiere, costa 230 euro; una pedana per salire in auto con la carrozzina costa da 6 mila a 10 mila euro; un puntatore oculare per chi non può comunicare, quindi non può scrivere e non può parlare, costa dai 10 ai 15 mila euro. Tutti questi ausili evidentemente non sono un lusso, ma lo diventano nella misura in cui questi ammalati non possono permetterselo. Sappiamo - mi permetta di citarlo - che la Repubblica italiana riconosce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia delle persone disabili e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società e, per rendere concreto tutto questo, il sistema sanitario deve, al di là delle vicende regionali, garantire in senso generale un supporto a questi ammalati. Per quanto riguarda invece l'esenzione dal ticket per questi ammalati, relativamente agli integratori, apprezzo molto e prendo atto dell'apertura che lei mi ha dimostrato, perché torno a ribadire che diventano uno strumento salvavita nel periodo di vita della persona affetta da questa malattia. Oggettivamente non si può non tener conto che questi ammalati, esentati dal ticket per i farmaci di fascia A, non ne usufruiscono, perché non hanno bisogno di farmaci. Penso che l'uguaglianza debba essere garantita nel rispetto delle diversità. Solo in questo modo si può garantire l'uguaglianza e credo che in questo senso questo Governo debba fare una riflessione. Mi riferisco al tema dell'IMU, che è stata applicata a tutti senza distinzione. Credo che in questo senso sia stato compiuto un grave errore. Non faccio fatica a credere che lei comprenda il senso di ciò che sto dicendo, ma per le persone affette da gravi malattie la casa non è un lusso, anche quando è di proprietà, ma rappresenta spesso l'unico luogo di cura e di assistenza, anche a causa della carenza dei servizi di assistenza domiciliare o del sistema sociale in generale. È l'unico luogo in cui questi Pag. 70ammalati possono trovare cura e conforto. Mi avvio a concludere, facendo un appunto rispetto alle indiscrezioni di questi giorni, relative alla possibilità che siano modificati i parametri ISE, cioè l'indicatore della situazione economica prevalente. Non entro nel merito circa l'eventualità che detti parametri vengano ricalcolati e rivisti, considerando l'aspetto patrimoniale come elemento per eliminare eventuali esenzioni dai ticket, quasi che in un certo senso la disabilità possa essere considerata, ai fini di questo calcolo, una ricchezza. Sono certa che queste siano indiscrezioni fondate sul nulla e che lei non potrà in alcun modo dar seguito a questa eventualità. Io sono qui in un certo senso a farmi portavoce delle difficoltà che vivono queste famiglie con disabili. Credo fermamente che nessun buon Governo e nessun buon legislatore possa sottrarsi al compito di garantire un minimo di certezza per questi ammalati e per le loro famiglie, anche per dare un minimo di speranza e di sicurezza, soprattutto quando queste malattie affliggono giovani o bambini, che, quando la famiglia non ci sarà più, essi avranno comunque un sostegno da parte delle amministrazioni statali.
ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro in particolar modo per l'attenzione che ha dedicato a questo tema e per la sensibilità con la quale lo ha trattato. Ovviamente mi dichiaro parzialmente soddisfatta della risposta nel senso che per quanto riguarda l'aggiornamento del nomenclatore tariffario che comunque è un riferimento a mio avviso standard e al quale si ricorre per accedere all'opportunità di ricevere ausili di assistenza, essendo datato 1999 a mio avviso andrebbe aggiornato. Torno a ribadire che la tecnologia per questi ammalati - di SMA o di SLA o di malattie degenerative - non rappresenta un lusso ma l'unica possibilità di poter disporre di una vita pressoché normale.
Peraltro, se mi permette, faccio un riferimento alla tecnologia di ausilio a questi ammalati, per capire quanto questi strumenti siano costosi: per esempio, un telefono che permetta di telefonare senza comporre il numero, che è un gesto che tutti noi compiamo ma che per questi ammalati diventa impossibile compiere, costa 230 euro; una pedana per salire in auto con la carrozzina costa da 6 mila a 10 mila euro; un puntatore oculare per chi non può comunicare, quindi non può scrivere e non può parlare, costa dai 10 ai 15 mila euro. Tutti questi ausili evidentemente non sono un lusso, ma lo diventano nella misura in cui questi ammalati non possono permetterselo. Sappiamo - mi permetta di citarlo - che la Repubblica italiana riconosce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia delle persone disabili e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società e, per rendere concreto tutto questo, il sistema sanitario deve, al di là delle vicende regionali, garantire in senso generale un supporto a questi ammalati. Per quanto riguarda invece l'esenzione dal ticket per questi ammalati, relativamente agli integratori, apprezzo molto e prendo atto dell'apertura che lei mi ha dimostrato, perché torno a ribadire che diventano uno strumento salvavita nel periodo di vita della persona affetta da questa malattia. Oggettivamente non si può non tener conto che questi ammalati, esentati dal ticket per i farmaci di fascia A, non ne usufruiscono, perché non hanno bisogno di farmaci. Penso che l'uguaglianza debba essere garantita nel rispetto delle diversità. Solo in questo modo si può garantire l'uguaglianza e credo che in questo senso questo Governo debba fare una riflessione. Mi riferisco al tema dell'IMU, che è stata applicata a tutti senza distinzione. Credo che in questo senso sia stato compiuto un grave errore. Non faccio fatica a credere che lei comprenda il senso di ciò che sto dicendo, ma per le persone affette da gravi malattie la casa non è un lusso, anche quando è di proprietà, ma rappresenta spesso l'unico luogo di cura e di assistenza, anche a causa della carenza dei servizi di assistenza domiciliare o del sistema sociale in generale. È l'unico luogo in cui questi Pag. 70ammalati possono trovare cura e conforto. Mi avvio a concludere, facendo un appunto rispetto alle indiscrezioni di questi giorni, relative alla possibilità che siano modificati i parametri ISEE, cioè l'indicatore della situazione economica equivalente. Non entro nel merito circa l'eventualità che detti parametri vengano ricalcolati e rivisti, considerando l'aspetto patrimoniale come elemento per eliminare eventuali esenzioni dai ticket, quasi che in un certo senso la disabilità possa essere considerata, ai fini di questo calcolo, una ricchezza. Sono certa che queste siano indiscrezioni fondate sul nulla e che lei non potrà in alcun modo dar seguito a questa eventualità. Io sono qui in un certo senso a farmi portavoce delle difficoltà che vivono queste famiglie con disabili. Credo fermamente che nessun buon Governo e nessun buon legislatore possa sottrarsi al compito di garantire un minimo di certezza per questi ammalati e per le loro famiglie, anche per dare un minimo di speranza e di sicurezza, soprattutto quando queste malattie affliggono giovani o bambini, che, quando la famiglia non ci sarà più, essi avranno comunque un sostegno da parte delle amministrazioni statali.

(Intendimenti del Governo in materia di diritto all'informazione e concentrazioni imprenditoriali, con particolare riferimento alla vicenda della sostituzione del direttore del quotidiano La Nazione - n. 2-01464)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01464, concernente intendimenti del Governo in materia di diritto all'informazione e concentrazioni imprenditoriali, con particolare riferimento alla vicenda della sostituzione del direttore del quotidiano La Nazione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, la domanda in calce all'interpellanza urgente che ho presentato è stringata: quali e quante fonti abbia assegnato il predetto dipartimento, quello dell'editoria che fa riferimento alla Presidenza del Consiglio, al Quotidiano nazionale negli ultimi cinque anni. Sono certo che arriverà una risposta puntuale, ma detta così, anche per rispetto agli ascoltatori e a qualche telespettatore che ci dovesse guardare in questo momento, merita procedere alla ricostruzione dell'intera vicenda.
Signor Presidente, l'interpellanza urgente in oggetto è stata presentata il 20 aprile scorso. In effetti, la vicenda in sé aveva destato stupore, tant'è che anche alcuni colleghi del Partito Democratico - ricordo gli onorevoli Michele Ventura, Tea Albini ed altri - hanno presentato una interrogazione sul licenziamento del direttore de la Nazione, Mauro Tedeschini, un valente professionista a capo di un giornale fondato da Bettino Ricasoli all'alba dello Stato unitario e che aveva impressionato, soprattutto nelle motivazioni.
Secondo queste - deducibili dalla lettura dei resoconti di alcuni giornali fra cui ricordo il Fatto Quotidiano e la Repubblica del giorno precedente, del 19 aprile - Mauro Tedeschini sarebbe stato allontanato dal posto di direttore del Quotidiano nazionale per libertà di informazione e diritto di cronaca - negato - e sostituito dall'editore Andrea Riffeser Monti con Gabriele Canè, vicedirettore del Quotidiano nazionale, a cui fa riferimento la Nazione, e già direttore de il Resto del Carlino e candidato alle elezioni regionali del 2000 per il centrodestra in Emilia Romagna.
All'origine della decisione sembrava che vi fossero gli articoli relativi ad alcune vicende interne al Monte dei Paschi di Siena che non sarebbero state gradite al gruppo di controllo della banca e che questo abbia premuto con la proprietà del giornale, il petroliere Riffeser, per ottenere la rimozione del direttore.
Tralascio la descrizione di una serie di elementi per svolgere una considerazione di carattere generale. Quando si è in una democrazia non si può accettare il condizionamento della libera informazione e l'intimidazione dei giornalisti. Se la comunità Pag. 71nazionale si scandalizza, giustamente, quando ad essere cacciata è una figura come quella di Indro Montanelli da il Giornale e a fare questa operazione è Berlusconi, ci si deve indignare anche quando lo stesso tipo di azione, con un giornale diverso, con un direttore diverso, viene decisa e promossa da altri, ancora non ben identificati.
Il comitato di redazione de la Nazione, in solidarietà con il direttore licenziato, proclamando uno sciopero, ha denunciato pubblicamente in una nota le pressioni di una lobby politica e bancaria. Non ho una grande fantasia, ma trattandosi di una città come Siena, in Toscana, forse qualcuno più addentro di me potrebbe bene individuare nomi e cognomi di questa lobby politica e bancaria. Quindi, a fronte di questa denuncia abbiamo presentato l'interpellanza urgente in oggetto.
Signor Presidente, credo che sia diritto-dovere della proprietà di un giornale, in un rapporto di contratto di natura privatistica, decidere se mantenere o meno la fiducia nei confronti di un direttore o di un proprio dipendente, ma quando questo giornale riceve contributi pubblici per l'editoria, allora deve rispondere pubblicamente del proprio operato. Su questo, però, tornerò in seguito.
Abbiamo presentato l'interpellanza urgente in esame nella seconda metà di aprile.
Poi la vicenda ha sonnecchiato un po' fino a quando, il 6 maggio, la sera delle elezioni, la scorsa settimana, la giornalista Gabanelli di RAI-Tre, nel corso della sua trasmissione Report, ha mandato in onda un servizio dell'ottimo Paolo Mondani che, tra le altre cose, che dopo riprenderò, ha intervistato proprio Mauro Tedeschini, ex direttore de La Nazione, il quale, in video, risponde letteralmente - ho qui lo stenografico, la traslitterazione: «Avevo un giornale che stava andando molto bene, in un mercato in grande calo. All'improvviso ero sul Frecciarossa diretto a Bologna, ricevo una telefonata dall'editore che mi comunica che un articolo uscito in cronaca di Siena, un articolo in cui si riferiva di un comunicato ufficiale della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, aveva fatto irritare profondamente il sindaco di Siena che è un po' l'azionista di riferimento, diciamo, del mondo bancario senese. E tutto questo ha fatto sì che l'editore mi dicesse che dovevo passare dalla sede dell'azienda del gruppo Poligrafici, che controlla anche La Nazione, a Bologna, dove c'era una cosa per me. È questa cosa per me era una lettera di licenziamento in tronco, del tutto inusitata». Il giornalista Mondani chiede: «Andrea Riffeser Monti, il suo editore, ha un rapporto con il Monte dei Paschi di Siena?». Risponde l'ex direttore de La Nazione: «Questo non lo posso dire onestamente. So che, essendo in Toscana La Nazione, ed essendo il Monte dei Paschi di Siena la più grande banca della Toscana, è una cosa assolutamente normale che ci fossero dei rapporti economici».
E, allora, nei giorni scorsi, a seguito della puntata del 6 maggio di Report, succede che, due giorni dopo, l'8 maggio, la Guardia di finanza, su delega della procura di Siena, effettua una serie di perquisizioni, anche nella sede della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena e in altre sedi di istituti bancari. Oltre alla banca in oggetto, vengono tra l'altro perquisiti 38 istituti, fra cui J. P. Morgan, Intesa San Paolo, Deutsche Bank, Goldman Sachs ed altri. Insomma, Il Sole 24 Ore, il giorno dopo esclude che tra gli indagati ci sia l'ex presidente Mussari il quale, nel frattempo, da presidente del Monte dei Paschi di Siena è diventato presidente dell'ABI, l'Associazione bancaria italiana. Ma, per comodità e perché non lo saprei dire in maniera migliore, cito letteralmente quello che scrive il giornalista Mondani che ha curato il servizio di Report: «Se dovessimo rappresentare i vizi e le virtù dell'Italia con la fotografia di una sola città, quella città sarebbe Siena: 60 mila abitanti, invece di 60 milioni. Arte, storia, turismo, aria buona, cucina meravigliosa e la passione per la squadra di calcio che da anni gravita in serie A. Poi ci sono i debiti, tanti debiti, frutti inattesi di una classe dirigente drammaticamente inadeguata per aver sottovalutato i segnali Pag. 72della crisi. E qui entra in ballo la banca Monte dei Paschi di Siena, la terza per importanza del nostro Paese e i rapporti di forza della città. I tre palazzi che gestiscono il potere: il Palazzo comunale, al centro di Piazza del Campo, sede del consiglio comunale, dove il sindaco esprime la maggioranza dei consiglieri della Fondazione, Rocca Salimbeni, sede della banca e Palazzo Sansedoni, che ospita la Fondazione che controlla la banca». Insomma, un giro dell'oca. «Il Monte dei Paschi di Siena, nato nel 1472 (...)». Quindi, 560 anni di storia ha quella banca; per 550 quella banca ha dato profitti, ricchezze e ricadute sociali ed economiche importantissime per la provincia di Siena e per tutto il territorio della Toscana, adesso, da dieci anni, è in un dramma per le scelte sbagliate di chi, appunto, l'ha governata. E, infatti, continua Mondani: «Il bilancio 2011 si è chiuso con un passivo di 8,4 miliardi di euro. Uno shock». «E i senesi soprannominano la banca il "babbo Monte". Il controllo della banca» è saldamente nelle mani dei gruppi di potere dei partiti, della massoneria, dell'economia. A Siena lo definiscono «il groviglio armonioso».
Così, oltre agli 8,4 miliardi di euro di buco del Monte dei Paschi di Siena, c'è da registrare il buco di 200 milioni dell'università, con un'inchiesta giudiziaria che coinvolge due rettori. Il presidente Giuseppe Mussari, come dicevo, alla guida del Monte dei Paschi di Siena dal 2006, ora lo lascia per far posto ad Alessandro Profumo.
I problemi del Montepaschi sono comuni ad altre banche italiane: l'economia collassa e i BTP pesano come macigni nel portafoglio. Ma di straordinario c'è stata l'operazione Antonveneta pagata più di 10 miliardi nel 2007 quando Emilio Botin, due mesi prima, l'aveva comprata per molto meno. «Per il banco Santander spagnolo». Poi c'è la fondazione Monte dei Paschi di Siena: l'anacronistico azionista con la maggioranza assoluta della banca. Dalla sua istituzione nel 1996 ad oggi ha gestito sotto forma di erogazioni il fiume di soldi che le arrivavano dalla banca sotto forma di dividendi. Ha ristrutturato scuole, strade, palazzi e poli museali. Ha anche dato soldi a pioggia, dalle sponsorizzazioni della squadra di calcio alle dazioni alle più bizzarre associazioni o alle sagre paesane. Perché di soldi ce ne erano tanti e non finivano mai. Pur di rimanere con più del 50 per cento, in questi anni, la fondazione si è venduta quasi tutto quello che poteva vendere e si è indebitata fino al collo. Talmente indebitata che per il proprio futuro getta lo sguardo fuori le mura senesi.
Potrei continuare con tutta un'altra serie di citazioni e di segnalazioni per cui rinvio lei, signor Presidente e rappresentante del Governo, all'interrogazione che su questo tema ho presentato in data lunedì 14 maggio al Ministro dell'economia e delle finanze che, guarda caso, è anche il Presidente del Consiglio proprio per sapere come sta la situazione di Siena e del Monte dei Paschi. Lei ora mi potrà dire: ma lei sta andando fuori tema. Ritorniamo nell'alveo. Siamo qui a discutere della rimozione del direttore de La Nazione di Firenze. Accolgo il rilievo. Lo faccio mio e torno sul punto. Il sistema di potere trasversale con al centro il Monte dei Paschi di Siena e Siena che coinvolge tutti gli apparati dai mass media alle istituzioni locali dove, come è provato dalle testimonianze rese a Report, logge massoniche condizionano e si infiltrano nelle istituzioni con pratiche e comportamenti spesso illegali che mettono alla gogna qualsiasi voce critica fuori dal coro, aveva prodotto nei giorni scorsi il licenziamento in tronco del direttore de La Nazione per aver rispettato il diritto di muovere fondate critiche ad un sistema secolare di potere esercitato dalla più antica banca e che ruota attorno alle fondazioni bancarie, istituzioni basate su rapporti fiduciari e di carattere personale, gestite secondo gli interroganti - il sottoscritto e l'onorevole Borghesi - con criteri oscuri ed amicali, con modalità tali da non rendere conto ad alcuno del loro operato, oggetto dell'atto di sindacato ispettivo 2-01464 dove si chiede al Governo se la rimozione...

Pag. 73

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Evangelisti.

FABIO EVANGELISTI. Concludo. Se la rimozione del direttore de La Nazione Mauro Tedeschini non costituisca un grave sintomo delle storture che affliggono il sistema informativo nonché un grave colpo alla dignità di un direttore che aveva condotto il giornale a conseguire significativi successi nelle vendite perché, ostacolando la libertà di stampa, si mette in gioco quel soggetto fondamentale delle democrazie occidentali che è la pubblica opinione. Ciò che distingue un regime dal sistema aperto con un libero mercato del consenso basato sulla trasparenza, conoscenza e dell'informazione libera.
Concludo per davvero, signor Presidente, per ricordare proprio i quesiti ai quali aspetto una risposta quest'oggi. Chiediamo quali siano gli intendimenti del Governo in merito a quanto evidenziato in premessa con riferimento ai gravissimi rischi di ingerenza che minano le autonomie editoriali attraverso la sovrapposizione di poteri di condizionamento; quale sia la politica del Governo, della cui unità di indirizzo, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, è responsabile il Presidente del Consiglio, in materia di diritto all'informazione e di concentrazioni imprenditoriali; quali informazioni intenda assumere dal dipartimento per l'informazione e l'editoria preposto all'area funzionale relativa al coordinamento delle attività di comunicazione istituzionale e delle politiche relative all'editoria e ai prodotti editoriali. E infine quali e quanti fondi abbia assegnato il predetto dipartimento al Quotidiano Nazionale negli ultimi cinque anni.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, ha usato proprio tutti i minuti per un'esposizione molto puntuale.
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Tullio Fanelli, ha facoltà di rispondere.

TULLIO FANELLI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in relazione a quanto esposto dall'onorevole Evangelisti nell'interpellanza urgente si forniscono le seguenti precisazioni. Forma oggetto dell'interpellanza la decisione dell'editore Andrea Riffeser Monti di sostituire il dottor Mauro Tedeschini come direttore del quotidiano La Nazione con il dottor Gabriele Canè, già direttore de Il Resto del Carlino.
Tale avvicendamento è stato evidentemente disposto nell'ambito di una sfera di autonomia, imprenditoriale ed editoriale, che non può soggiacere in alcun modo al sindacato del Governo.
Si segnala peraltro che il network Quotidiano Nazionale, di cui La Nazione fa parte, non è destinatario di contributi diretti di sostegno all'editoria, mentre gode del credito d'imposta relativo alle spese sostenute per il 2011 per l'acquisto della carta (articolo 1, comma 40, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, legge di stabilità per l'anno 2011), per un importo pari ad euro 794.367.
Sebbene vada oltre quanto richiesto dall'interpellante, che chiede di conoscere l'entità dei contributi erogati negli ultimi 5 anni, si aggiunge che il dipartimento per l'informazione e l'editoria ha acquistato spazi pubblicitari destinati alle campagne istituzionali, sui tre quotidiani afferenti al network Quotidiano Nazionale, per euro 260.360 nell'anno 2007, euro 90.000 per il 2008, euro 156.816 per il 2009, euro 46.332 per il 2010 ed euro 146.152 per il 2011.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. Quanti minuti ho?

PRESIDENTE. Dieci.

FABIO EVANGELISTI. Non li userò tutti.

PRESIDENTE. Come prima.

FABIO EVANGELISTI. No, prima erano quindici.

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PRESIDENTE. Appunto, li ha usati tutti, ma ha diritto di usarli, quindi non era assolutamente polemica. Prego, onorevole Evangelisti.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ci vuole poco a dire di non essere soddisfatto della risposta, perché avevo articolato una serie di considerazioni ed il rappresentante del Governo si è limitato soltanto ad un punto: quali e quanti fondi abbia assegnato il predetto dipartimento al Quotidiano Nazionale negli ultimi cinque anni, anche con una formula che va bene in un dibattito televisivo, ma non è rispettosa dell'interrogante e di quest'Aula. Infatti il rappresentante del Governo dice: «Nessun contributo diretto». Bene, ci si dica quali sono i contributi indiretti. Si accenna appena ai crediti d'imposta, che comunque sono una bella somma (794.000 euro). Si fa riferimento agli spazi pubblicitari, anche questi indiretti, per pubblicità istituzionale si dice, e probabilmente queste cifre, dai 260.000 del 2007 ai 146.000 del 2011, se ho preso bene gli appunti, si riferiscono soltanto al dipartimento e soltanto alle attività della Presidenza del Consiglio. In quell' «indiretto» invece ci stanno probabilmente anche altre voci di altri istituti e di altre istituzioni.
Visto che voi siete un Governo di tecnici che, soprattutto oggi, fa il taglio delle spese - addirittura avete nominato un supertecnico per tagliare la spesa - voglio sperare che in questa politica di spending review vi sia un'attenta considerazione anche delle pubblicità istituzionali. Ma soprattutto non sono soddisfatto, come dicevo, perché ho posto una questione che mi sembrava la più rilevante, ovvero quella per cui non si possa accettare, in una democrazia, alcuna forma di condizionamento della libera informazione e dell'intimidazione dei giornalisti. Questo è il punto politico. L'altro è un aspetto importante tecnico ed economico, ma non dirimente. L'aspetto politico vero è questo ed ho ricordato come la comunità nazionale si sia scandalizzata quando è stato cacciato Indro Montanelli e allo stesso modo ci si deve indignare e scandalizzare oggi che viene cacciato Mauro Tedeschini, che non ha magari la stessa fama, ma subisce lo stesso identico trattamento. Per questo avevo chiesto al Governo se non vedesse i rischi di ingerenza che minano le autonomie editoriali attraverso la sovrapposizione dei poteri di condizionamento e a ciò non si fornisce risposta.
Chiedo quali siano, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, le politiche di cui è responsabile in materia di diritto all'informazione e di concentrazioni imprenditoriali, su cui non si dice niente; quali informazioni si intendano assumere dal dipartimento per l'area funzionale relativa al coordinamento delle attività di comunicazione istituzionale e delle politiche relative all'editoria e ai prodotti editoriali.
Su questi punti non vi è stata richiesta: spero - visto che sullo stesso tema ho presentato anche un'interrogazione scritta - di poter ricevere, nei prossimi giorni, qualche risposta un tantino più esauriente; tuttavia, non vi è dubbio che ritornerò sul tema.

(Elementi e iniziative in merito alla situazione di inquinamento ambientale del bacino del fiume Aterno-Pescara - n. 2-01466)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Incecco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01466, concernente elementi e iniziative in merito alla situazione di inquinamento ambientale del bacino del fiume Aterno-Pescara (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

VITTORIA D'INCECCO. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'interpellanza urgente da me presentata, insieme ad altri colleghi del mio gruppo, è rivolta ai Ministeri dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali e della giustizia, perché la materia coinvolge diversi dicasteri, come avrà visto, e non solo quello dell'ambiente.
Questa è la terza volta che sollevo in Aula il problema del dragaggio del porto Pag. 75di Pescara. Ho già presentato, infatti, due interrogazioni, spinta dalla reale preoccupazione - mi creda - per la drammatica situazione in cui versa lo scalo marittimo della più grande città della regione Abruzzo.
La vicenda del porto di Pescara, che è uno dei più importanti dell'Adriatico - comunque, un porto di rilevanza nazionale - è lunga quasi vent'anni e, a tratti, veramente si presenta kafkiana. Interventi sbagliati e la mancata manutenzione dei fondali hanno determinato la paralisi dello scalo pescarese, e per tutte le attività che ruotano intorno ad esso, sia sul fronte della pesca che sul fronte commerciale. Quindi, oggi, se mancasse un intervento forte da parte del Governo, veramente, ci sentiremmo perduti.
Da mesi, il porto è diventato impraticabile, a causa di un progressivo accumulo di detriti che, in alcuni punti, ha ridotto notevolmente i fondali. Tutto questo è stato determinato dall'enorme lasso di tempo trascorso dall'ultimo intervento di dragaggio e dalla realizzazione, ahimè, negli anni passati, di una diga foranea che rallenta e parzialmente ostacola il libero deflusso delle acque fluviali, aggravando in modo esorbitante l'insabbiamento del fiume.
La pesca, che è una delle principali e storiche fonti dell'economia locale, è in ginocchio, perché le barche non riescono più né a entrare né a uscire dal porto di Pescara. Le imbarcazioni e i loro equipaggi, ogni giorno, corrono rischi - sono rischi enormi - e riportano danni consistenti ogni volta che si muovono in questi spazi. L'acqua è talmente bassa da arrivare alle caviglie: alcuni armatori, in senso di protesta, hanno addirittura fatto una passeggiata a piedi sul fiume di Pescara. Molti pescherecci sono in vendita, altri hanno abbandonato il porto e altri ancora stanno pensando di abbandonare la città o di chiudere i battenti, se verranno a mancare, ancora più di oggi, le garanzie di navigabilità in sicurezza del fiume di Pescara.
Signor sottosegretario, lo scalo è inaccessibile e i fondali ridotti in queste condizioni di assoluta pericolosità hanno creato problemi a non finire anche agli operatori del commercio e del turismo, come potrà ben capire. La scorsa estate, sono stati annullati i collegamenti con la Croazia, effettuati in passato dalla SNAV, con tutto ciò che ne consegue per una città turistica come Pescara, e gli operatori, anche quelli commerciali, hanno fatto ricorso alla cassa integrazione.
In tutti i settori, la stima dei danni per il mancato dragaggio è ingente: gli operatori non sanno ancora se riusciranno ad arrivare alla fine dell'anno. Tutto questo, naturalmente, rischia di tradursi inesorabilmente in licenziamenti.
Senza contare poi il pericolo di esondazione del fiume di Pescara che ci è stato già segnalato dall'ufficio del genio civile con un'allarmante comunicato del 19 gennaio 2012.
La situazione è molto delicata perché i pescaresi hanno già vissuto, vent'anni fa, un'esperienza del genere, quando il corso d'acqua è uscito dagli argini provocando dei notevoli danni materiali.
Nel dicembre dello scorso anno si era aperto uno spiraglio, uno spiraglio di speranza, signor sottosegretario; il commissario straordinario del dragaggio, che è l'attuale presidente della provincia, Guerino Testa, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri a giugno 2011, ha promosso un intervento di dragaggio della darsena commerciale che prevedeva la rimozione del materiale depositato sui fondali e lo scarico nel mare.
Il progetto era stato approvato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto del 20 settembre 2011, e l'appalto per i lavori era stato affidato alla ditta Gregolin Lavori Marittimi Srl di Venezia.
Due ore dopo l'inizio dei lavori, il 12 dicembre, l'intervento è stato bloccato dal personale della polizia giudiziaria, su mandato della procura della Repubblica de L'Aquila, in funzione di procura distrettuale antimafia, che ha ipotizzato un tentato traffico di rifiuti a scopo di lucro contro la ditta esecutrice e responsabile dei lavori. Pag. 76
Il tribunale de L'Aquila, bloccando i lavori di dragaggio, ha disposto il sequestro preventivo della draga «Gino Cucco», ritenendo che il materiale scavato e da scaricare in mare fosse contaminato da pesticidi, mentre poi le analisi effettuate dall'ARTA Abruzzo sullo stesso materiale avevano escluso la presenza di sostanze pericolose, il DDT e le naftaline. Proprio sulla base di queste analisi il Ministero ha rilasciato l'autorizzazione di cui sopra.
Con un provvedimento del 29 novembre scorso, il tribunale del riesame de L'Aquila ha annullato il sequestro del natante della ditta Gregolin, con il materiale dragato e stivato nella nave, da un lato affermando l'insussistenza del reato, dall'altro lasciando aperte le soluzioni del problema alla luce della diversità dei risultati fra le analisi effettuate dall'ARTA regionale e quelle eseguite dal perito incaricato dalla procura, la società Indam Srl, un istituto privato accreditato per le analisi di materiali qualificabili come rifiuti. Il procedimento però è ancora pendente a L'Aquila, nonostante la revoca del sequestro ordinata dal tribunale del riesame e supportata da una chiara motivazione.
A tutto questo si aggiunge, lo ripeto, la divergenza tra i risultati degli esami del materiale estratto ottenuti dall'ARTA Abruzzo, confermati da analisi eseguite dall'ARPA Marche, e la posizione inopinatamente assunta dall'ISPRA che, chiamata a risolvere la divergenza tra i risultati, ha ritenuto invece di rivolgersi all'Istituto superiore di sanità chiedendo un parere sulla qualità dei materiali da dragare. Così, si è determinata un'ulteriore dilatazione dei tempi mentre il porto continua il suo declino, con uno scarico di responsabilità, purtroppo, tutt'altro che condivisibile.
La situazione, ad oggi, è ancora in sospeso, nonostante i numerosi solleciti del commissario straordinario anche nei confronti del Governo, e le altrettante numerose iniziative anche del prefetto di Pescara.
È necessario, credetemi, restituire dignità e operatività al porto di Pescara e solo il Governo, mi creda, può dare risposte concrete per risolvere questo problema visto che i costi per affrontare il dragaggio con il trasporto del materiale in discarica sono enormi e le comunità locali non hanno a disposizione delle somme così elevate, anche perché gli unici fondi attinti dai FAS e attribuiti dalla regione Abruzzo al commissario attualmente dimissionario sono stati tutti impegnati in analisi, autorizzazioni e progetti, senza che sia stato dragato un solo centimetro cubo di materiale.
Le domande che rivolgo al Governo nascono dalla situazione che ho appena descritto, e chiedo di conoscere se il Presidente del Consiglio e il sottosegretario, che gentilmente è venuto qui ad ascoltarci, ciascuno per le rispettive attribuzioni e responsabilità, ritengano ammissibile l'assenza di legittime soluzioni in positivo del gravissimo problema in questione che vede, ancora oggi, in primo piano la responsabilità dell'ISPRA per la mancanza di risposte alle quali non può sottrarsi nonostante le nuove norme in materia.
Chiedo se non ritengano che le autorità statali, ciascuna per quanto di competenza, e con sussidiarietà decisionale, non debbano disporre o consentire una rapida soluzione del problema, non solo attraverso l'ISPRA e i suoi vertici, ma anche attraverso il commissario straordinario per il fiume Aterno-Pescara, Adriano Goio.
In particolare, se ritengano che il Governo debba, con esplicito provvedimento di urgenza, disporre la modalità di soluzione del problema per l'immediato, in tal senso precisando ed integrando il mandato conferito al commissario, concordando con la regione forme e procedure, e se non ritengano di avviare iniziative per accelerare quanto più possibile l'iter per la definitiva attuazione del piano regolatore portuale, in cui è prevista la modifica della diga foranea così da riattivare il deflusso delle acque fluviali verso il mare e di disporre che si provveda, da parte di chi ne ha competenza, ad accertare se vi siano stati in passato illeciti sversamenti di materiali Pag. 77inquinanti nel fiume Pescara e se essi permangono, nonché ad opera di chi ciò è avvenuto o ancora avvenga.
Inoltre, domando se non ritengano di dare ulteriore e doveroso sostegno alla marineria pescarese, ampliandone i termini quantitativi e migliorandone le modalità e le provvidenze che essa potrà conseguire per il prossimo fermo biologico, che sarebbe opportuno, signor sottosegretario, prolungare.
Chiedo al Governo, infine, se non ritenga di dover riconoscere alle imprese del commercio e del turismo che operano nell'ambito portuale tutte le forme di sostegno previste nei casi di calamità naturale o stati di emergenza, non escludendo un adeguato risarcimento dei danni subiti in conseguenza del deprezzamento e della perdita di valore delle aziende, oltre al lucro cessante.
E poi, se possibile in questo senso, se non ritengano di fare in modo che anche a livello europeo si riconosca l'assoluta eccezionalità del caso di Pescara e l'emergenza ad esso connessa e, quindi, si possano adottare provvedimenti immediati per sostenere la nostra marineria, gli armatori e gli operatori commerciali, che purtroppo stanno pagando un prezzo elevatissimo per delle responsabilità che non sono loro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Tullio Fanelli, ha facoltà di rispondere.

TULLIO FANELLI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, le problematiche riguardanti il fiume Aterno-Pescara sono state oggetto di intervento sin dal 2006, quando, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, veniva nominato un commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di emergenza.
La problematica, legata all'insabbiamento dei fondali del porto di Pescara, si è accentuata dopo la costruzione della diga foranea posta a difesa dell'infrastruttura portuale. Con gli ultimi dragaggi, nel 2009 (asportati più di 70.000 metri cubi di materiale) e nel 2007 (con lavorazione di circa 50.000 metri cubi di detriti), si è arrivati alla quasi completa saturazione della vasca di colmata, sita alle spalle delle banchine del nuovo molo di levante.
Nel gennaio 2011, dopo nuovi rilievi batimetrici nel porto di Pescara, è emersa un'ulteriore diminuzione della quota dei fondali e la locale capitaneria di porto ha ritenuto, pertanto, necessario adottare, in via provvisoria, provvedimenti a tutela della sicurezza della navigazione, disponendo con ordinanza che l'ingresso al porto da parte delle navi mercantili potesse avvenire solo previo obbligatorio avvalimento dei servizi portuali, pilota e rimorchiatore, nonché ribadendo l'obbligo, già in essere, del transito nella canaletta di accesso al porto canale di una unità per volta.
Nel febbraio 2011 la ditta Nicolaj, incaricata dal provveditorato interregionale alle opere pubbliche, ha iniziato le operazioni di dragaggio per rimuovere i primi 2.000 metri cubi di materiale presenti.
Nel marzo 2011 si è avuto un incontro tra la prefettura di Pescara, il direttore dell'ufficio rischi idrogeologici ed antropici del dipartimento della Protezione civile, il commissario delegato, il rappresentante del provveditorato interregionale alle opere pubbliche e l'assessore regionale ai trasporti e, in tale sede, il presidente della regione ha chiesto al dipartimento della Protezione civile l'adozione di un provvedimento finalizzato al completamento dell'attività di dragaggio per circa 100 mila metri cubi e alla nomina di un commissario incaricato di redigere una relazione finalizzata alla risoluzione definitiva delle problematiche esistenti, nonché le relative progettazioni aventi ad oggetto le soluzioni strutturali nell'ambito del porto.
Con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3932 del 7 aprile 2011 si dispone che il commissario provvede, avvalendosi del provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna, in qualità Pag. 78di soggetto attuatore, alla caratterizzazione dell'intera area della darsena portuale e del porto canale di Pescara ed al successivo completamento del dragaggio.
Al comma 3 del provvedimento si afferma che il commissario delegato provvede all'individuazione e alla relativa progettazione degli interventi strutturali ritenuti necessari, previa predisposizione di un piano contenente il quadro economico complessivo delle attività e degli interventi sulla base e nei limiti delle risorse finanziarie.
Con il suddetto provvedimento è stata assegnata, per le operazioni di dragaggio del porto canale, la somma di 2 milioni di euro, quale anticipazione a valere sul programma attuativo regionale (PAR) FAS 2007-2013 della regione Abruzzo.
Successivamente, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3948 del 20 giugno 2011, il presidente della provincia di Pescara è stato nominato commissario delegato per la realizzazione, in termini di somma urgenza, degli interventi da eseguirsi nell'area del porto di Pescara e, in particolare, del dragaggio della darsena portuale e del porto canale di Pescara.
Successivamente, con decreto del Ministero dell'ambiente (decreto ministeriale n. 573 del 20 settembre 2011), il commissario delegato è stato autorizzato alla immersione in mare dei materiali derivanti dai lavori di escavo dell'avamporto e della darsena commerciale del porto di Pescara.
Ai sensi dell'articolo 4 del suddetto decreto, il commissario provvede, a proprie spese, a realizzare uno specifico piano di monitoraggio ambientale ante operam, in corso d'opera e post operam delle aree oggetto delle attività connesse alle operazioni autorizzate, e l'ISPRA, anche avvalendosi dell'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente Abruzzo, provvede ad effettuare le attività di controllo sugli aspetti ambientali.
Ai sensi dell'articolo 10, inoltre, si dispone che l'autorizzazione concessa è valida per un quantitativo di 72.621 metri cubi e per un periodo di sessanta giorni lavorativi.
Con procedura selettiva, in cui hanno partecipato dodici ditte, il commissario delegato ha proceduto per l'affidamento dei lavori di dragaggio alla ditta Gregolin Lavori Marittimi di Venezia. Il progetto definitivo ed esecutivo, posto alla base della suddetta procedura ed i successivi avanzamenti progettuali, è stato redatto considerando il piano di caratterizzazione redatto dall'ISPRA, con il quale sono state indicate le linee guida sulla procedura da seguire per realizzare il campionamento del sedime da analizzare, campionamento ed analisi effettuate dall'ARTA Abruzzo.
In considerazione del fatto che i sedimenti prelevati risultavano non contaminati e, pertanto, compatibili con l'ambiente marino e, dunque, con lo sversamento in mare per un quantitativo pari a circa 72 mila metri cubi, si è previsto di limitare il progetto al dragaggio della parte centrale della darsena commerciale.
In data 12 dicembre 2011, non appena iniziate le operazioni di dragaggio, il GIP del tribunale de L'Aquila, nell'ambito del procedimento penale intrapreso a carico del responsabile unico del procedimento, del direttore dei lavori e del legale rappresentante della ditta appaltatrice, ha disposto il sequestro preventivo della draga. Tale intervento è stato motivato dalla necessità di impedire il pericolo di inquinamento dell'ambiente marino, in quanto le operazioni prevedevano che le sabbie estratte dal fondo del mare venissero utilizzate per il ripascimento e, dunque, gettate in mare, al largo.
La procura de L'Aquila si è avvalsa della consulenza tecnica del geometra Quaresmini che, a sua volta, si è avvalso della Indam Srl, istituto privato accreditato per l'analisi di materiale qualificabile come rifiuto.
I risultati delle analisi compiute, a seguito di campionamento di 7 campioni dei 53 facenti parte dell'originario piano di campionamento, hanno evidenziato una contaminazione da naftalene e DDT e, pertanto, non sversabili in mare. Con nota Pag. 79in data 14 dicembre 2011, la ditta appaltatrice, previo riconoscimento dell'avvenuta consegna dei lavori in suo favore, ha chiesto che la stazione appaltante, alla luce del disposto sequestro e della forzosa e incolpevole inattività della draga, disponesse la sospensione dei lavori medesimi.
In data 19 dicembre 2011, il direttore dei lavori ha disposto necessariamente la sospensione delle operazioni e successivamente, in data 28 dicembre 2011, la ditta appaltatrice ha diffidato il commissario delegato a disporre, per il tramite della stazione appaltante, il trasferimento del materiale presente nella draga in discarica autorizzata, versando la draga medesima, per effetto del disposto sequestro, in ormeggio provvisorio su fondali non coerenti con il pescaggio.
In pari data il commissario delegato ha inoltrato apposita istanza alla direzione distrettuale antimafia dell'Aquila al fine di ottenere il dissequestro della draga per consentire il successivo deposito dei sedimenti prelevati in apposita vasca di stoccaggio da sistemare sulla banchina del porto. La direzione distrettuale antimafia, ritenendo che, allo stato, il dragaggio non sarebbe stato effettuato con il riversamento in mare, ha disposto il dissequestro, previo sversamento dei sedimenti contenuti nella draga in apposito sito temporaneo.
La capitaneria di porto di Pescara non ha tuttavia autorizzato l'allocazione in banchina delle richieste vasche di deposito per i fanghi, né tanto meno il cementificio di Pescara, all'uopo contattato, ha fornito la propria disponibilità allo smaltimento dei sedimenti. Dopo il dissequestro, non avendo ricevuto indicazioni sull'alloggiamento dei sedimenti prelevati il 12 dicembre 2011, la draga è rimasta ormeggiata nel porto canale, carica del sedime prelevato.
Successivamente, l'ARPA Marche, su sollecitazione di quella abruzzese, ha ripetuto le analisi relativamente al naftalene e al DDT, confermando il risultato delle analisi dell'ARTA, le quali escludevano la presenza di sedimenti inquinati. Pertanto, a seguito delle discrepanze negli esiti delle attività analitiche per i parametri naftalene e DDT effettuate dall'ARTA e dall'INDAM, la prefettura di Pescara ha indetto una riunione il 13 gennaio 2012, nel corso della quale ha formalizzato la richiesta all'ISPRA di avviare un processo di validazione dei dati analitici.
Per svolgere tale incarico, l'Istituto ha proposto di applicare la procedura, predisposta dallo stesso Istituto e dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con le ARPA e delineata nei criteri di validazione dei dati analitici da parte degli enti di controllo, che prevede un confronto sperimentale e, in via subordinata, la valutazione documentale delle procedure analitiche. A causa dell'indisponibilità dell'ARTA di procedere immediatamente al confronto sperimentale in conformità a quanto previsto da tale procedura, su richiesta del commissario delegato, l'ISPRA, pur avendo già predisposto tutto il materiale necessario all'effettuazione di tale confronto, ha accettato di valutare le procedure analitiche su base documentale.
L'analisi documentale ha permesso all'ISPRA di sciogliere la riserva solo per il naftalene, ritenendo validi i risultati delle misure effettuate dall'ARTA e non validi i risultati dell'INDAM Srl. Ciò non è stato possibile per il DDT, dal momento che i due laboratori non hanno validato i metodi analitici prima della loro applicazione ed hanno mostrato alcune carenze nella gestione delle procedure, anche per quanto concerne la mancata valutazione dell'incertezza di misura. È stato quindi necessario procedere alla fase sperimentale, consistita nell'effettuazione di misurazioni da parte dei due laboratori su campioni ciechi e di sedimenti del porto di Pescara, forniti da ISPRA.
A conclusione di questa fase, l'ISPRA ha verificato l'impossibilità per entrambi i laboratori di dichiarare validi i risultati delle misure e ha immediatamente comunicato tale esito al prefetto di Pescara, chiedendo la convocazione urgente di una riunione per l'esame di tali verifiche. Nel corso di tale incontro tecnico con i due laboratori, avvenuto in data 9 marzo, l'Istituto ha presentato le motivazioni che Pag. 80hanno portato alle suddette valutazioni. A conclusione di questa riunione è stato sottoscritto dall'ISPRA e dai due laboratori un verbale nel quale si afferma che né l'esame documentale né i risultati delle successive analisi effettuate dai due laboratori consentono di affermare l'accettabilità dei risultati in base alle procedure analitiche adottate.
Inoltre, lo stesso verbale riporta anche la proposta dell'ISPRA, presentata in corso di riunione, per un percorso, basato su procedure certificate, per sciogliere in via definitiva la riserva sui reali contenuti di DDT nei sedimenti.
Si segnala che, a seguito del nuovo disposto normativo, previsto dall'articolo 24 del decreto-legge n. 5 del 9 febbraio 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge del 4 aprile 2012, n. 35, le competenze per l'istruttoria ed il rilascio di autorizzazioni di immersioni in mare di materiale derivante da attività di scavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, di cui all'articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono state trasferite alle regioni, ad eccezione degli interventi ricadenti in aree protette nazionali.
Riguardo al piano regolatore portuale del porto canale di Pescara, la regione Abruzzo ha rappresentato che con il primo atto integrativo all'accordo di programma quadro è stato previsto un finanziamento di 409 mila euro, da sommare alla risorsa resa disponibile dal comune di Pescara per ulteriori 200 mila euro.
Come previsto dalla legge n. 84 del 1994, il porto di Pescara risulta classificato in categoria II, categoria per la quale l'approvazione del relativo piano regolatore portuale risulta di competenza regionale.
Da parte sua, il Ministero delle politiche agricole ha fatto presente che il 28 marzo ha ricevuto dalla regione Abruzzo una richiesta di autorizzazione per l'attivazione di un arresto temporaneo straordinario, ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 1 del Regolamento CE n. 1198 del 2006, da attuarsi nel periodo compreso tra il 1o aprile e il 31 luglio 2012, in relazione all'evento eccezionale di insabbiamento.
Il 12 aprile successivo il predetto Ministero ha provveduto a richiedere alla Commissione europea un apposito parere riguardo alla possibile attivazione degli interventi a valere sulle risorse dell'asse prioritario 1.
La Commissione Europea, tuttavia, non riscontrando le condizioni di eccezionalità, in quanto l'insabbiamento in questione si sarebbe prodotto in maniera non inattesa ma progressiva, ha rappresentato l'impossibilità di erogare qualsivoglia tipologia di aiuto.
Sebbene, come accennato, la competenza sulla questione sia ormai pienamente della regione, il Ministero dell'ambiente continuerà a dare il proprio supporto, anche attraverso gli enti vigilati, per individuare e porre in atto una tempestiva soluzione operativa delle complesse problematiche evidenziate.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Incecco ha facoltà di replicare.

VITTORIA D'INCECCO. Signor Presidente, desidero ringraziare il rappresentante del Governo per la cortesia. Però, mi dispiace dirlo, ma non sono per niente soddisfatta. Per quanto mi consta, il recente passaggio di competenze dal Ministero dell'ambiente alla regione riguarda - come ha detto - le autorizzazioni per lo scarico a mare del materiale dragato non inquinato, ma non la manutenzione ordinaria e straordinaria dei fondali.
Inoltre, il porto di Pescara - come ha detto lei - è classificato in II categoria, II classe. Quindi, mi sembra che sia di competenza statale. Pertanto, in regime ordinario il dragaggio dell'intero porto cittadino è di competenza del Ministero delle infrastrutture attraverso l'organo tecnico, ovvero il provveditorato delle opere pubbliche Lazio, Abruzzo e Sardegna. Mi risulta che l'ingegnere capo del suddetto provveditorato, Donato Carlea, aveva assunto impegni con il commissario per quanto riguarda le risorse economiche.
Comunque, signor sottosegretario, mi sembra che questa risposta non sia adeguata Pag. 81alla portata del problema, perché forse evidentemente non si hanno ancora ben chiari i contorni drammatici. Infatti, parliamo di competenze e non mi aspettavo che un rappresentante di Governo si limitasse a parlarmi solo di competenze. Infatti, qui dobbiamo discutere di responsabilità in merito a quanto io le ho raccontato. Lei ha fatto un racconto più minuzioso. Quindi, dovrebbe rendersi conto ancora meglio della drammaticità di questa cosa.
La situazione del porto di Pescara a causa della vicenda del dragaggio è gravissima. Quella struttura, vitale per l'economia cittadina, sta morendo, portando a fondo decine e decine di attività economiche. La città di Pescara, anche a causa di questo problema, ha perduto la bandiera blu, conferita alle migliori località balneari italiane. Questo, con l'estate alle porte, proietta un'ombra sulle aspettative di migliaia di operatori.
Parliamo tanto di crescita economica, di necessità di rilancio del nostro migliore tessuto produttivo ma poi lasciamo morire un pezzo fondamentale della nostra economia discutendo, mi consenta, di competenze. La competenza e la responsabilità di una situazione così disastrosa è, per forza di cose, di tutti noi e dobbiamo farcene carico, ciascuno per la sua parte. Nessuno può stare fermo di fronte al disfacimento di un porto strategico, di un litorale importante, di un'economia che è stata florida e deve tornare ad esserlo.
Il Governo aveva nominato lo scorso giugno, con un'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, un commissario, nella persona del presidente della provincia, Guerino Testa. Il commissario quattro giorni fa si è dimesso, inviando una lettera al Presidente Monti dove dice: «Sulla mia strada ho trovato una serie di veti incrociati insuperabili e ho, purtroppo, registrato la mancanza, da parte del Governo, sia di provvedimenti sia di semplici risposte alle svariate istanze, richieste di incontro presentate in tempi e modi diversi, oltre a dover fare i conti con l'assoluta carenza dei mezzi finanziari». Questa accusa - mi permetta - mi sembra precisa e anche molto grave, molto pesante. Bisogna dare una risposta.
Signor sottosegretario, le assicuro che non c'è più tempo da perdere. Le chiedo umilmente, ma con fermezza, di convocare presso il Governo, con urgenza, un tavolo su questa emergenza. Chiami i rappresentanti degli enti locali, noi parlamentari abruzzesi, i soggetti interessati, metta tutti intorno a un tavolo e coordini un intervento articolato, una strategia, nella chiarezza dei ruoli di ciascuno. Bisogna analizzare il materiale da dragare, individuare i siti dove sversarlo, procedere agli interventi operativi. Se qualcuno non fa la sua parte bisogna incalzarlo, bisogna chiarire chi deve fare cosa, senza che vi sia alcun dubbio. Ma questo va fatto tutto con estrema urgenza, perché non possiamo aspettare neanche più un giorno. Questa vicenda va avanti da troppo tempo. È necessaria un'azione radicale e decisa. Non possiamo più aspettare, glielo ripeto. Il Governo, per favore, intervenga.
Signor Presidente, signor sottosegretario, a nome di tutti i cittadini di Pescara esprimo un'accorata richiesta di aiuto. Confidiamo nella sua e nella vostra sensibilità e nell'alto senso di responsabilità e di dovere che vi dà la vostra carica. Io ci credo fortemente (Applausi dei deputati del deputato Rubinato).

(Iniziative per un tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico e per il monitoraggio delle intese sottoscritte da Electrolux riguardanti gli stabilimenti siti nel territorio italiano - n. 2-01486)

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01486, concernente iniziative per un tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico e per il monitoraggio delle intese sottoscritte da Electrolux riguardanti gli stabilimenti siti nel territorio italiano (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, mi rivolgo a lei, al rappresentante Pag. 82del Governo, e ai colleghi presenti per sottoporre alla specifica attenzione del Governo la ristrutturazione in atto da parte della multinazionale svedese Electrolux, leader nel settore degli elettrodomestici e delle apparecchiature per uso professionale che dopo aver chiuso, nel 2008, lo stabilimento toscano di Scandicci, che occupava circa 450 dipendenti, ha poi messo in atto, appunto, un piano di ristrutturazione, che prevede ulteriori esuberi in quattro siti del nostro Paese. In particolare, si tratta dei siti di Susegana, in provincia di Treviso, di Porcia, in provincia di Pordenone, ma anche dei siti di Forlì e di Solaro.
Sappiamo che su questa ristrutturazione il Governo ha fatto quanto era possibile fare per assumere degli accordi con la multinazionale - al tavolo anche con le rappresentanze sindacali - importanti e sotto certi aspetti innovativi. Tuttavia, questi accordi non stanno dando i risultati sperati e si sta profilando una situazione drammatica per la tenuta dei livelli occupazionali. In particolare, è stato concluso un accordo il 25 marzo del 2011, che prevedeva, da un lato un cosiddetto riallineamento strategico degli stabilimenti di Porcia e Susegana, con la conferma delle missioni industriali di tutti gli stabilimenti Electrolux in Italia, puntando sulle produzioni del medio-alto di gamma, con particolare riferimento al mercato dell'Europa occidentale. L'accordo prevedeva anche una programmazione di significativi investimenti, con il mantenimento in Italia della ricerca, progettazione e sviluppo e la concentrazione a Susegana e a Porcia sostanzialmente dell'alta gamma di Electrolux. Dall'altro, l'accordo ha previsto un piano sociale che, oltre al ricorso agli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione straordinaria), metteva in campo anche una serie di strumenti - come ho già detto in parte innovativi - per favorire la riallocazione dei lavoratori in esubero attraverso part time, ricollocazione professionale con incentivo economico sia ai lavoratori, che alle aziende che li assumessero, iniziative di autoimprenditorialità con incentivi economici, collocazione in mobilità di lavoratori pensionabili.
Ad oggi, tuttavia le misure non hanno prodotto i risultati sperati. Nel marzo del 2012 dei 450 esuberi previsti a Susegana dall'accordo del 2011 ne sono rimasti attivi ancora 315, ai quali se ne sono aggiunti altri 19, che coinvolgono impiegati ed altro personale dirigenziale, mentre dei quasi 300 di Porcia ne sono rimasti attivi circa 176, cui si sono aggiunti 24 «colletti bianchi». A Forlì, ai 154 esuberi annunciati nel 2011, si sono aggiunti 18 impiegati, mentre poi del tutto nuovi sono stati i 102 esuberi annunciati per Solaro, che hanno portato - da ultimo - gli eccedenti a circa 800 sui 5.500 addetti di Electrolux negli stabilimenti italiani, senza contare i 450 che avevano perso il lavoro a seguito della chiusura dello stabilimento di Scandicci.
Electrolux, nella recente assemblea dei soci tenutasi a Stoccolma, in sede di approvazione del bilancio 2011, ha presentato il nuovo piano strategico, nel quale conferma la volontà dell'azienda di continuare, per il 2012, a ridurre i costi e a potenziare la propria presenza ad Est nei mercati emergenti, riducendo la propria esposizione e capacità produttiva nei mercati cosiddetti maturi, come il nostro, anche se - sia pure a parole, nelle dichiarazioni di intenti - si riconosce il ruolo strategico dell'Italia, con l'assegnazione della mission dell'alto di gamma.
Dopo un'intensa trattativa si è arrivati, il 30 marzo scorso, ad una nuova intesa di massima tra sindacati ed azienda, che è stata sottoposta - dopo un'intesa in sede ministeriale - ad un referendum tra i lavoratori, referendum che ha avuto la maggioranza e l'accordo è stato così approvato. Il nuovo piano sociale, ferma restando la Cassa integrazione guadagni straordinaria a rotazione mensile per 120-130 lavoratori alla volta, prevede la novità dell'utilizzo della Cassa integrazione a riduzione dell'orario giornaliero, con turni di sei ore in tutti gli stabilimenti del gruppo e riapre i termini ai lavoratori per le misure incentivanti all'esodo, che ho descritto prima. In particolare, l'intesa Pag. 83ribadisce poi quanto già previsto nell'accordo del marzo del 2011, ovvero una specificità relativa ai siti di Susegana e Porcia. La multinazionale infatti ha messo a disposizione delle aree inutilizzate degli stabilimenti per circa 16 mila metri quadri a Susegana e 45 mila metri quadri a Porcia, a condizioni particolarmente agevolate in favore di processi di reindustrializzazione di soggetti industriali che presentino un piano solido e credibile e che si impegnino ad assumere lavoratori di Electrolux.
Ebbene, questi accordi sono senz'altro importanti per evitare soluzioni traumatiche nell'affrontare il pesante problema occupazionale derivante dalle scelte di Electrolux, ma occorre riconoscere che si tratta comunque di misure che si limitano a gestire, nel breve e medio periodo, le ricadute della crisi aziendale in atto, consentendo all'azienda di ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto, migliorando lievemente la competitività degli stabilimenti italiani, ma non dando certezze sulla messa in sicurezza dei livelli occupazionali per il futuro.
Soprattutto non danno sicurezza sulla conservazione di un tessuto produttivo fondamentale per il nostro Paese.
Con questa interrogazione chiediamo prima di tutto al Ministero dello sviluppo economico che sia aperto, insieme con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un tavolo presso il Ministero tra vertici delle aziende e sindacati, coinvolgendo anche le due regioni interessate, che in questo caso sono il Friuli Venezia Giulia ed il Veneto, oltre che le amministrazioni locali di Susegana e di Porcia perché venga attentamente monitorata l'attuazione da parte della multinazionale svedese di tutti i punti di cui alle intese che sono state siglate, in particolare il rispetto degli impegni di consolidamento e mantenimento degli stabilimenti produttivi in Italia, sollecitando la presentazione di un piano industriale e del relativo business plan da parte di Electrolux che preveda, come confermato a parole, il rilancio dei siti produttivi strategici dell'azienda.
Inoltre, con particolare riferimento a quella parte dell'intesa che prevede la possibilità di cessione di aree della proprietà a condizioni agevolate per progetti di reindustrializzazione, ritengo importante un impegno da parte del Ministero a questo tavolo, insieme con le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, per valutare le iniziative possibili per dare corso a questi piani di reindustrializzazione delle aree oggi inutilizzate dagli stabilimenti e messe a disposizione della proprietà. Penso ad esempio che potrebbe essere considerata dal Ministero e dalle regioni la possibilità che queste aree - questo può essere oggetto di discussione e di trattativa con la proprietà - vengano assegnate alle società strumentali delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia interessate aventi la mission specifica della promozione dello sviluppo economico che possono essere registe di eventuali piani industriali che su queste aree potrebbero atterrare a condizioni agevolate. Queste aree sostanzialmente diventerebbero così parte degli asset delle società regionali che hanno la mission di promuovere lo sviluppo locale.
Oltre ad un tavolo specifico per la situazione della multinazionale Electrolux e in particolare per i siti di Susegana e di Porcia, con la nostra interpellanza vogliamo sottoporre al Governo anche la questione della crisi più generale dell'intero comparto dell'elettrodomestico, come è già stato fatto con altre interrogazioni presentate da altri colleghi. Al riguardo, fino al 1995 - questi sono dati che abbiamo letto anche sulla stampa - l'Italia sostanzialmente era la fabbrica europea delle lavatrici, il 43 per cento degli elettrodomestici del continente europeo era made in Italy (quasi uno su due); dopo la crisi drammatica che stiamo vivendo in modo particolare nel nostro Paese la produzione si è ridotta in Italia della metà e un ulteriore arretramento ai livelli del 1988 è atteso per quest'anno.
Quindi nonostante in Italia, proprio per questa storia del comparto, si concentrino conoscenze e know-how, nonché campioni nazionali oltre che multinazionali, in questo Pag. 84momento la gravità della situazione è tale da necessitare di una particolare attenzione e di un piano strategico di ampio respiro. Ricordo che abbiamo avuto la chiusura di due stabilimenti della Indesit in provincia di Bergamo e di Treviso con 500 lavoratori, la ristrutturazione di uno stabilimento Indesit a None che anche ha coinvolto centinaia di lavoratori dopo che gli esuberi annunciati dall'azienda erano inizialmente di oltre 600 lavoratori, che la Antonio Merloni fatica a riassorbire 1.300 dei 2.200 lavoratori per i quali dovrebbe operare un accordo di programma già siglato, che da ultimo a novembre la multinazionale americana Whirlpool ha annunciato la riduzione di circa mille dipendenti in Italia tra i siti di Varese, Napoli, Siena e Trento. Quindi la situazione è davvero - lo dicono i numeri - drammatica e stiamo parlando di un comparto che è secondo in Italia (il comparto manifatturiero dopo quello dell'automobile) e che occupa oltre 130 mila lavoratori. Solo i numeri che ho dato io oggi, senza la pretesa che siano esaustivi, parlano quindi di quasi 5 mila esuberi senza contare i numeri che non ho, ma che sicuramente sono ancora più elevati, dell'indotto.
Dato il ruolo strategico che il comparto dell'elettrodomestico ha in Italia, sia per i livelli occupazionali, sia per la tenuta del nostro tessuto produttivo manifatturiero, con questa interpellanza chiediamo dunque che si dia seguito ad un'indicazione e a un impegno che avevano assunto nel marzo del 2011 gli allora Ministri del lavoro e delle politiche sociali, Sacconi, e per lo sviluppo economico, Romani, che si erano impegnati ad aprire un tavolo nazionale sulla situazione del settore dell'elettrodomestico in Italia, tavolo che poi non è stato più costituito e che ritengo che le pur rapide indicazioni che ho portato all'attenzione del Governo - che so essere già conosciute dal sottosegretario - confermino sicuramente essere quanto mai importante, non solo per poter monitorare la situazione complessiva, ma anche per coinvolgere rappresentanze sindacali e regioni interessate, per definire misure incisive strategiche per il rilancio del settore, affinché possa continuare a dare il suo importante contributo alla crescita del Paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il problema posto dall'interpellanza dell'onorevole Rubinato ed altri firmatari coglie una delle situazioni più critiche e più complesse in questo momento nel nostro Paese, che riguarda il settore dell'elettrodomestico e in particolare la situazione degli stabilimenti Electrolux. Nell'accordo del 31 marzo 2011, il gruppo Electrolux per l'Italia, nell'ambito di un radicale processo di risanamento e riqualificazione della produzione che aveva presentato, confermava le realtà industriali presenti nel nostro Paese e contemporaneamente, pur rilevando il notevole investimento che il gruppo aveva compiuto nel nostro Paese dal 2005 al 2010, circa 325 milioni di euro, segnalava la necessità di un processo di riqualificazione e di assestamento legato ad un contesto competitivo che ha rappresentato ormai profonde discontinuità rispetto agli scenari del precedente accordo del 2008 e che è tuttora - parlo della data del 31 marzo 2011, ma anche di oggi - caratterizzato da rilevanti debolezze. L'onorevole Rubinato ne ha parlato benissimo, evidenziandone i punti critici: in particolare, una domanda commerciale che ha subito un drastico calo, una ripresa molto lenta del mercato in Europa, il continuo spostamento della domanda e dell'offerta verso prodotti a basso prezzo e il progressivo aumento del costo delle materie prime. In ogni caso, pur in questo contesto difficile, il gruppo Electrolux Italia continua a confermare per ogni linea di prodotto la relativa missione industriale, pur sottolineando la necessità di interventi di riallineamento del comparto dish care. In un recente incontro, svoltosi presso il Ministero del lavoro il 30 marzo 2012, il gruppo Electrolux ha sostenuto la necessità Pag. 85di portare a compimento il riallineamento strategico negli stabilimenti di Forlì, Susegana e Porcia, così come individuati nei precedenti accordi del 16 giugno 2010 e del 31 marzo 2011, che ho già ricordato: portare a termine questo riallineamento strategico sia con riferimento alla parte industriale, sia con riferimento al piano di gestione delle eccedenze di personale. Ricordo che l'accordo tra società e organizzazioni sindacali del 25 marzo 2011, che poi aveva portato, alla presenza dei Ministri Romani e Sacconi, al successivo accordo del 31 marzo, ribadiva la conferma degli esuberi negli stabilimenti italiani, ma anche la loro riduzione da 800 a 740.
Di cosa si trattava? Come ricordava prima l'onorevole Rubinato, gli esuberi erano, in particolare, composti da 453 lavoratori nello stabilimento di Susegana e 287 in quello di Porcia. Ricordo anche che, inizialmente, per questi siti la multinazionale aveva prospettato la chiusura, poi era tornata indietro rispetto a questa decisione grazie al lavoro del tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali, tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Rispetto a questa situazione, in data 30 marzo 2012, secondo i nuovi verbali di accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali tra Electrolux e organizzazioni sindacali - che fanno riferimento rispettivamente al sito di Susegana e a quello di Porcia - è stata presentata dall'azienda l'istanza per il secondo anno di proroga della cassa integrazione straordinaria. Questo riguarda un numero massimo, rispettivamente, di 1.279 e 1.680 lavoratori dal 1o aprile al 1o agosto di quest'anno. Anche il sito di Forlì è interessato da un secondo anno di riorganizzazione aziendale, con 1.004 lavoratori interessati dalla CIGS, con decorrenza 25 aprile 2012.
Quindi, come rileva l'onorevole Rubinato, la situazione ancora non ha trovato una soluzione stabile e una prospettiva di ripresa sufficientemente rapida.
Riguardo alle domande che gli interpellanti pongono, rispondo alle tre istanze che sostanzialmente vengono poste.
Prima di tutto rispondo riguardo alla esigenza di avere un tavolo azienda-organizzazioni sindacali presso il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Questo tavolo è già operante, onorevole Rubinato, ed è quello con cui abbiamo lavorato in questi primi mesi del 2012, che riprende il lavoro del tavolo precedentemente coordinato dai Ministri Sacconi e Romani e che ci consente di monitorare da vicino la situazione. In questo momento vi è questa situazione di ulteriore proroga della cassa integrazione straordinaria e in quella sede stiamo valutando con l'azienda la strategia industriale dell'azienda stessa.
Oltre a confrontarci con l'azienda, ci stiamo confrontando con l'associazione di categoria CECED Italia con la quale stiamo ragionando sulle criticità complessive del comparto. Quindi, il tavolo con le organizzazioni sindacali e l'azienda è operante e consente di tenere sotto monitoraggio continuo la situazione. La nostra opzione è quella che l'azienda realizzi il piano di allineamento, assestamento e ripresa industriale nei termini concordati nel marzo 2011.
La seconda proposta degli interpellanti, ossia quella di valutare, in particolare per i siti di Susegana e Porcia, le iniziative atte a dare corso ad un piano di reindustrializzazione delle aree oggi inutilizzate degli stabilimenti già messe a disposizione dalla proprietà quali, ad esempio, l'assegnazione delle aree stesse alle società strumentali delle regioni interessate aventi la mission specifica della promozione dello sviluppo economico, rappresenta un tema che affronteremo senz'altro. Questa è un'indicazione che raccogliamo. Naturalmente il problema generale della reindustrializzazione è già sotto osservazione da parte del Ministero. Questa proposta di assegnare le aree alle società strumentali delle due regioni interessate può essere interessante ed è una proposta su cui lavoreremo. Pag. 86
Infine, l'altra proposta che viene avanzata dagli interpellanti, quella di attivare presso il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e coinvolgendo le istituzioni, le regioni e via dicendo e, ovviamente, sindacati e aziende, un tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico, viene accolta dal Governo. Stiamo procedendo in questa fase ad una serie di analisi per filiere produttive. Abbiamo incontrato la settimana scorsa la filiera della carta, questa settimana incontriamo la filiera dell'automobile. Raccogliamo l'invito dell'onorevole Rubinato e convocheremo al più presto un tavolo sulla filiera dell'elettrodomestico in cui analizzare la situazione che, come rileva correttamente l'interpellante, è una situazione critica, certamente acuita dalla pesante recessione che colpisce il nostro come gli altri Paesi avanzati dal 2008, ma che richiede anche interventi di fondo, di strategia industriale, perché attinge ad una ridislocazione complessiva delle produzioni rispetto ai mercati di sbocco del settore degli elettrodomestici a livello, non solo europeo, ma internazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di replicare.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario De Vincenti per la puntualità della risposta. Anche dalle modalità della stessa appare evidente come l'attuale Governo, che ha ereditato una situazione di gravissima crisi del nostro tessuto economico e produttivo, in particolare di quello manifatturiero, stia cercando di operare in condizioni difficilissime per difendere i livelli occupazionali e contrastare la delocalizzazione, pur sapendo che abbiamo comunque a che fare con un mondo globalizzato, aperto, con regole che prevedono ovviamente che il mercato dispieghi le sue energie e la sua migliore allocazione delle risorse in forme che i singoli Stati nazionali oggi non possono da soli controllare. Per questo non posso che dichiararmi soddisfatta, ovviamente, per la puntualità della risposta e anche per l'accoglimento che hanno trovato le nostre istanze. Non spetta a me suggerire al Governo, ma mi permetto di svolgere alcune riflessioni collaterali. Sulla questione del tavolo già operante sulla vicenda Electrolux, benissimo, ma valutiamo anche di coinvolgere (magari sono già coinvolte e il sottosegretario si è dimenticato di dirlo), oltre alle rappresentanze sindacali per la parte sul piano sociale, anche le regioni, responsabilizzandole, e gli enti locali interessati perché per le misure da proporre all'azienda per mantenere e rilanciare i siti produttivi possono dare una mano anche le istituzioni locali e regionali. Ritengo, quindi, che sia importante anche la loro presenza al tavolo ministeriale già esistente.
Sulla questione, poi, del comparto nel suo complesso: non siamo noi come Paese che possiamo, tanto meno nelle condizioni date ed ereditate da questo Governo, risolvere la questione da soli. La questione va portata anche in sede europea. Perché va portata anche in sede europea? Non certo per avere dall'Europa garanzie esterne che vadano, come dire, contro la libertà di stabilimento e le regole di mercato, ma perché stanno arrivando i nodi al pettine in modo drammatico e meglio di tutti lo sapete voi e lo sappiamo con riferimento ad un territorio, appunto quello del Nord-est, che era uno degli asset produttivi strategici del nostro Paese per quanto riguarda il manifatturiero. Lo sappiamo molto bene lì; ogni giorno multinazionali annunciano la chiusura di stabilimenti, consolidamenti, ristrutturazioni, saltano aziende e salta anche l'indotto, che era la vera forza per qualità e flessibilità della nostra manodopera, nel settore manifatturiero di un territorio che, appunto, trainava la crescita anche del resto del Paese.
In una situazione come questa non possiamo più solo giocare in difesa, ma dobbiamo cercare di giocare un po' in attacco. Pag. 87
Non possiamo vivere di cassa integrazione, di mobilità sociale, di prepensionamenti, di contratti di solidarietà, se non si ricomincia a rilanciare il tessuto produttivo del Paese, se non si sostengono le aziende che poi creano i posti di lavoro buoni.
Da questo punto di vista, a mio parere, dobbiamo portare questa situazione drammatica in Europa, perché l'Europa comprenda, prima che sia troppo tardi, che il rigore dei conti si deve accompagnare con interventi e misure che ci consentano, che vi consentano - a questo Governo - di proporre a questo Parlamento misure di sostegno al comparto del manifatturiero italiano, alla ricerca ed all'innovazione nel comparto del manifatturiero italiano e misure di riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro italiano.
Non possiamo prima solo mettere a posto i conti, come ci insegnava Tommaso Padoa Schioppa, Ministro del 2006-2007, ma dobbiamo da subito anche pensare a misure di sostegno della buona crescita; e, quindi, dobbiamo trovare strumenti concordati in sede europea, che non siano un allentamento della politica del rigore, sulla quale abbiamo un dovere prima ancora che verso l'Europa verso le future generazioni, ma che siano in grado di dare a questo Paese la possibilità di assumere misure di taglio del cuneo fiscale: infatti, il costo del lavoro è elevato in Italia non per le tasche dei lavoratori ma per colpa delle casse dello Stato. Questo è un primo tema.
C'è il tema del costo dell'energia che è ovviamente strategico. C'è il tema che questo Paese possa sostenere, accrescere i suoi investimenti in ricerca e sviluppo e possa anche avere e mettere in gioco le risorse necessarie a sostenere, attraverso incentivi fiscali, chi fa innovazione, ricerca e sviluppo, aiutando queste imprese che oggi sono gravate da oneri insostenibili.
Ricordo che in una recente riunione della Commissione bilancio, la Corte dei conti ha quantificato in termini di risorse che in Italia il lavoro dipendente e il reddito di impresa siano gravati rispetto alla media dei Paesi europei di un peso fiscale insopportabile. La Corte dei conti quantifica in 50 miliardi l'anno la cifra che si deve togliere dalle spalle di lavoratori e imprese italiane per essere competitivi rispetto alla media dell'Europa.
Su questi temi si auspica un forte impegno in Europa per far comprendere che occorre consentirci il sostegno di agevolazioni fiscali per investimenti e ricerca e sviluppo, e non tanto incentivi a pioggia o, purtroppo, addirittura un utilizzo a volte pur comprensibile, pur necessario, della cassa integrazione in situazioni che magari stanno andando verso un decorso negativo quindi anche un uso non proprio corretto della cassa integrazione, fa sì che si destinino molte risorse su fronti non produttivi e non si destinino, invece, le risorse che possono sostenere chi fa impresa e crea lavoro nel nostro Paese. Ciò sarebbe molto più utile che tante discussioni sui temi della riforma del lavoro che hanno occupato per molto tempo le pagine dei nostri media.
Infine, si aiuti questo comparto, si aiutino i comparti del manifatturiero italiano, facilitando sempre più l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e soprattutto - questo può farlo soltanto lo Stato - intensificando i controlli sui prodotti importati, facendo diventare la qualità per davvero un fattore strategico del prodotto italiano e perseguendo tutto ciò che arriva nel nostro Paese o in altri Paesi europei e che è concorrenza sleale; anche su questo si può fare molto, chiedendo l'impegno della stessa Unione europea.
Ringrazio ancora il sottosegretario e confidiamo che l'impegno del Governo in questo senso e anche gli impegni che si è assunto oggi sulla base delle nostre proposte possano portare a cambiare passo e a interrompere un circolo vizioso che fino a oggi ci fa vedere soltanto il rigore e non invece le misure di rilancio non solo economico, ma soprattutto di rilancio della speranza per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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(Iniziative volte a garantire il corretto funzionamento dell'ufficio della motorizzazione civile di Prato - n. 2-01445)

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzoni ha facoltà di illustrare l'interpellanza Franceschini n. 2-01445, concernente iniziative volte a garantire il corretto funzionamento dell'ufficio della motorizzazione civile di Prato (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

RICCARDO MAZZONI. Signor Presidente, illustro brevemente.

PRESIDENTE. Non riuscivo a capire: onorevole Franceschini e onorevole Mazzoni...

RICCARDO MAZZONI. È un'interpellanza bipartisan, signor Presidente.
Signor Presidente, abbiamo presentato questa interpellanza urgente per illustrare al Governo la situazione dell'ufficio della motorizzazione civile di Prato, che già fu istituito con un difetto di origine, ossia il proprio sottodimensionamento rispetto ai «numeri» di una città come Prato, e che opera attualmente con pesanti criticità e deficienze strutturali.
La provincia di Prato, nonostante la crisi attuale del settore auto, vanta un elevato tasso di motorizzazione. Un'analisi seria ed oggettiva delle principali competenze che la legge attribuisce agli uffici provinciali della motorizzazione civile evidenzia come queste siano svolte solo in minima parte dall'ufficio provinciale di Prato.
Il servizio per le pratiche amministrative inerenti alla patente di guida, tanto per fare un primo esempio, viene svolto regolarmente, tranne le cosiddette conversioni delle patenti straniere, che vengono effettuate solo a Firenze.
Dato che Prato è una delle città italiane con il più alto tasso di immigrazione - abbiamo la seconda comunità cinese d'Europa dopo Parigi - si comprende bene quale sia la portata del problema.
Fin dal suo insediamento, l'ufficio di Prato non è stato dotato delle infrastrutture necessarie per lo svolgimento delle attività in materia di collaudi e revisioni dei veicoli in circolazione. In altre parole, manca un luogo apposito che in ogni capoluogo di provincia è pertinenziale agli uffici amministrativi. I cittadini pratesi devono così necessariamente rivolgersi alle officine convenzionate, ma non possono, come accade in tutti gli altri capoluoghi di provincia, decidere di utilizzare la struttura pubblica.
Le pratiche per il settore conto proprio e conto terzi vengono effettuate solo il lunedì. Non esiste uno sportello per il settore della navigazione interna e non vengono, dunque, svolti gli esami relativi né erogata la documentazione per la patente nautica.
Non è operante lo sportello telematico dell'automobilista abilitato al rilascio contestuale dei documenti di circolazione, attraverso collegamento diretto con il CED dell'ACI e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'ufficio è aperto solo di mattina dalle 9 alle 12. Alcuni dei servizi non vengono neppure garantiti ogni giorno: ad esempio, per il rilascio delle targhe dei ciclomotori il servizio viene svolto solamente il lunedì mattina.
C'è da sottolineare poi che queste regole interne di funzionamento vengono stabilite in modo estemporaneo dagli operatori e cambiano continuamente, a seconda delle esigenze contingenti dell'ufficio, mai certamente di quelle della clientela.
Non esiste un sito web ed il telefono è un canale di comunicazione quasi inutilizzabile, perché non adeguatamente presidiato.
L'organico dall'inizio di maggio si è ridotto ad 8 unità rispetto alle oltre 20 della pianta organica fissata al momento dell'apertura dell'ufficio, a metà degli anni Novanta. La situazione insomma è tale che si profila completamente il rischio di una vera e propria paralisi del servizio, che già soffre di gravissime lacune sia sul piano della qualità, sia sotto l'aspetto organizzativo. Pag. 89
Ricordo infine al Governo che Prato, con i suoi 190.000 abitanti, è la terza città del centro Italia dopo Roma e Firenze e che quando verranno abolite le province rischia di perdere contestualmente anche tutti gli uffici periferici dello Stato, cosa che comporterebbe disagi e criticità inaccettabili per i cittadini. Ma questo sarà oggetto di un'altra battaglia che faremo.
Intanto, credo che il Governo abbia il dovere di far funzionare al meglio gli uffici esistenti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la situazione illustrata dall'onorevole Mazzoni ci è nota.
Come sappiamo, l'ufficio della motorizzazione di Prato è stato costituito all'indomani dell'istituzione della provincia di Prato, nel 1992. Sin dall'inizio l'ufficio ha dovuto far fronte a numerose difficoltà, legate soprattutto a carenza di risorse umane e strumentali.
Già in fase di avvio, considerato il blocco delle assunzioni reiteratosi via via nel tempo, si è provveduto a dirottare presso l'ufficio di Prato unità di personale dell'ufficio di Firenze, anch'esso peraltro sotto organico.
Inoltre, l'Agenzia del demanio competente per territorio ha sempre evidenziato l'inesistenza, in loco, di immobili demaniali o patrimoniali idonei a soddisfare le esigenze dell'ufficio della motorizzazione di Prato.
Pertanto, l'immobile adibito a sede dell'ufficio, con le carenze che pure sappiamo e che sono state evidenziate - in particolare, non dispone di una stazione operativa (capannone per revisioni e collaudi) né di un piazzale attrezzato per gli esami moto -, allo stato degli atti, rappresenta la soluzione più idonea a cui si è potuto pervenire.
Nel contempo, non potendosi assicurare l'erogazione di tutti i servizi istituzionali, si è provveduto ad implementarne solo una parte, rinviando l'utenza, per gli altri, all'ufficio di Firenze. Purtroppo, nel tempo, la situazione si è via via aggravata - come segnala l'interpellanza urgente in oggetto -, anche a seguito dei nuovi compiti attribuiti agli uffici della motorizzazione.
Le sempre più pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica richiedono l'adozione di stringenti misure di razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse umane e strumentali a disposizione.
In tale quadro, tenuto conto dell'esigenza di contenimento della spesa pubblica e nell'ottica di ottimizzare l'organizzazione delle attività di istituto e di offrire un servizio più adeguato all'utenza, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sta valutando la concreta praticabilità, nell'ambito del programma di spendig review, di riunire in un unico contesto le competenze degli uffici di Prato e Firenze, considerata anche l'esigua distanza che li divide.

PRESIDENTE. L'onorevole Giacomelli, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, più che esprimere la soddisfazione o l'insoddisfazione, vorrei esprimere - immagino di interpretare anche il pensiero dei colleghi - la costernazione per la risposta: non tanto per non aver apprezzato, almeno, la franchezza e la cortesia, non tanto perché non mi renda conto di come la situazione derivi da un pregresso ricordato, che non è certamente da addebitare a questi ultimi mesi, quanto perché, rispetto ad un quadro che viene dipinto e sostanzialmente condiviso dal Governo, la risposta a me pare totalmente inaccettabile, e non solo per la circostanza che Prato è una realtà che ha una sua oggettiva complessità, accennata dal collega Mazzoni e, peraltro, nota.
Recentemente, il Ministro Riccardi è stato a Prato per testimoniare la vicinanza del Governo su questo tema, sulla complessità di una realtà che si fa carico Pag. 90dell'integrazione di un flusso migratorio consistente, in presenza di una crisi del distretto di proporzioni importanti e significative. Che lo Stato - il Governo - non senta come prioritaria la necessità di dare un concreto segno di attenzione attraverso i servizi pubblici, i servizi dello Stato, presenti sul territorio, a me pare francamente preoccupante. Io mi sarei aspettato una linea di intervento del tutto diversa.
Dovremmo comprenderci meglio anche sui termini, perché se razionalizzazione delle spese significa togliere i servizi, il termine «razionalizzare» è, forse, improprio. D'altra parte, nel patto in base al quale lo Stato, attraverso il Governo, offre ai cittadini un rapporto leale e corretto - il contribuente rispetto alla comunità di cui fa parte e lo Stato rispetto ai servizi che ne fanno parte -, è del tutto evidente che c'è una parte relativa al prendere e una parte relativa al dare.
Pertanto, il senso di una comune sottoscrizione dell'interpellanza urgente in oggetto non fa riferimento tanto all'attuale situazione parlamentare, quanto ad una condivisione della visione di una comunità, che è in difficoltà e che aspetta dallo Stato dei gesti concreti: non solo nel senso di straordinarie concessioni, ma anche di mantenimento dei servizi che intervengono nella quotidianità di ogni giorno.
Credo davvero che l'ipotesi che non conoscevamo, ma su cui naturalmente assumeremo le necessarie informazioni, di riunire gli uffici di Prato e Firenze, evidentemente, non sia né idonea né opportuna, se non semplicemente immaginando che i servizi abbiano un valore soltanto per il conteggio delle cifre sui fogli di un bilancio e non riguardino, invece, la vita di una comunità.
Semmai, il problema che noi ci poniamo, ma ci sarà tempo, modo e iniziative anche da parte nostra per parlarne, è come mantenere, anche in una eventuale modifica istituzionale, e come adeguare, mantenere e incrementare il livello dei servizi in una realtà come Prato che ha una sua specificità e una sua complessità.
Allora, la richiesta, che non è provocatoria quanto la conclusione del sottosegretario, ma che è davvero una richiesta sincera che insieme ai colleghi rivolgo al Governo, è che il Governo e il Ministero vengano direttamente a Prato ad incontrare le istituzioni locali, ad incontrare le associazioni economiche e a valutare, di persona, quanto sia adeguata la presenza dello Stato.
Non chiediamo qualcosa che non compete a una comunità locale o a una città; semplicemente, all'interno di un patto, noi chiediamo che lo Stato faccia la sua parte.
Prato è stata la prima realtà non capoluogo a sottoscrivere il patto per la sicurezza e in quel patto le istituzioni locali chiamate a una relazione si sono assunte impegni anche finanziari, perché la collaborazione istituzionale è un valore, e io credo che questo possa non dipendere dal tipo di maggioranza.
Allora, l'invito concreto che rivolgiamo al Governo è: non facciamo della spending review semplicemente un meccanismo che si ferma ai fogli di un bilancio e alle somme dei saldi; ognuna di quelle cifre si riferisce alla vita concreta.
Nel nostro caso la sfida che lanciamo è di fare insieme agli enti locali, ai parlamentari, alle associazioni di categoria una verifica diretta sul campo e, se le necessità sono diverse da quelle che noi abbiamo rappresentato, saremo i primi a darne conto pubblicamente; ma se non è così, chiediamo al Governo di essere coerente e, come è giusto essere determinati per ridurre costi e spese quando questi non rispondono a una reale necessità, è altrettanto giusto, se si vuole esercitare una funzione di Governo non ragionieristica, anche esser pronti a fornire i servizi quando le necessità della comunità lo richiedono.
Perciò, lo ripeto, apprezzando la franchezza del sottosegretario De Vincenti, e credo che questo sia un punto da cui ripartire, questo è l'invito che gli rivolgiamo: noi non consideriamo concluso l'argomento e anzi noi immaginiamo di allargarlo a una valutazione complessiva della presenza dello Stato, oggi, in una Pag. 91realtà che soffre e che è in difficoltà come Prato e che chiede semplicemente che lo Stato faccia la sua parte, non di più, ma nemmeno di meno. Noi rilanciamo questa sfida: incontriamoci sul campo e vediamo come le cifre possono corrispondere anche alla vita delle persone e delle comunità.

(Iniziative in materia di continuità territoriale da e per la Sardegna, con particolare riferimento al riassetto delle competenze - n. 2-01482)

PRESIDENTE. L'onorevole Calvisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01482, concernente iniziative in materia di continuità territoriale da e per la Sardegna, con particolare riferimento al riassetto delle competenze (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, nella nostra interpellanza urgente abbiamo ricostruito tutti i passaggi normativi che hanno regolato la continuità territoriale in Sardegna dal 1999 in poi, da quando, cioè, fu emanata la cosiddetta legge Attili in attuazione di un regolamento comunitario del 1992, che sanciva il principio della liberalizzazione del mercato e del trasporto aereo, introducendo però anche un principio che temperava questa liberalizzazione e prevedendo che ogni Stato membro potesse imporre oneri di servizio pubblico alle compagnie aeree per assicurare i collegamenti con le tratte meno remunerative e, quindi, con le regioni disagiate, con le regioni periferiche, con le regioni in ritardo di sviluppo.
Non rifaccio la storia, però, signor sottosegretario De Vincenti, vorrei partire dal passato, perché partire dal passato ci aiuta a capire il presente, ci aiuta a capire il disastro del presente. Cosa sta succedendo oggi sulla continuità territoriale aerea per la Sardegna? Dopo sei proroghe dell'attuale continuità territoriale, dopo diversi interventi legislativi che hanno mutato il quadro delle competenze fra Stato e regione, dopo un nuovo regolamento comunitario che ha riformato quello del 1992, dopo la risoluzione della Camera che invitava il Governo e la regione ad estendere le agevolazioni anche ai non residenti in Sardegna per la continuità territoriale, dopo una legge del consiglio regionale che ha stabilito delle compensazioni per le compagnie che dovevano partecipare al nuovo bando di gara per la continuità territoriale e, prima ancora, dopo un decreto dell'ex Ministro Matteoli (prima emanato e poi ritirato), siamo arrivati alla fissazione di un nuovo bando di gara (il 12 gennaio), per il quale i termini per la presentazione dell'accettazione da parte delle compagnie aeree scadeva il 12 marzo, ma in tale data non si è presentata nessuna compagnia aerea.
Quindi, la continuità territoriale istituita dal Governo Prodi nel 1999 sta per morire, perché tra meno di 15 giorni, esattamente il 1o giugno, scadrà anche l'ultima proroga dell'attuale continuità territoriale. Quindi, tra meno di 15 giorni, per un cittadino sardo partire da Cagliari e arrivare a Roma costerà circa 580 euro; partire da Cagliari e arrivare a Milano costerà 640 euro. Quindi, ci troviamo nella situazione in cui non solo non abbiamo gli sconti per i non residenti, come da risoluzione unitaria approvata alla Camera dei deputati e come da promesse del vecchio Governo Berlusconi, ma cessano agevolazioni anche per i residenti.
Ciò vale per i cittadini sardi ma vale anche per i cittadini siciliani di Pantelleria e Lampedusa, visto che anche lì le compagnie aeree non si sono presentate alla gara per la continuità territoriale. La prima richiesta che facciamo nella nostra interpellanza urgente è molto chiara: Governo, regione ed ENAC, insieme all'Unione europea, devono concedere una proroga dell'attuale continuità territoriale per il periodo estivo, per evitare il «sequestro» dei sardi. Chiediamo ciò al Governo, signor sottosegretario, perché la regione, dopo la scadenza del bando di gara, a mio giudizio, ha fatto solo pasticci, ha contribuito, quanto meno, a rendere incerta la situazione: ha parlato di affidamento alle compagnie per trattativa privata e di costituzione di flotta sarda. Non Pag. 92sappiamo se con voi e con l'Unione europea hanno parlato dell'unica cosa seria di cui bisognava parlare: la proroga, per avviare con calma un periodo di riflessione e impostare un nuovo modello di continuità territoriale, cercando di far sì che si contemperino diverse esigenze, cioè che venga assicurata la possibilità di agevolazione - come da risoluzione della Camera - per i non residenti, ma che soprattutto vengano confermate le agevolazioni per i residenti, evitando che il modello di continuità territoriale che andiamo a seguire porti, magari, alla chiusura di un'importante compagnia aerea che ha sede in Sardegna (Meridiana) e alla perdita di 1.500 posti di lavoro.
In secondo luogo, parliamo di continuità territoriale in un periodo di stretta sulla spesa pubblica, in cui ogni intervento pubblico appare sospetto, appare quasi considerato come uno spreco e un privilegio. Non vorrei che anche questo sospetto si insinuasse sul tema della continuità territoriale. La continuità territoriale è un istituto che permette a tutti i cittadini europei di spostarsi nel territorio nazionale e comunitario, garantendo, anche ai cittadini residenti in territori meno favoriti, marginali ed insulari, di avere condizioni di partenza uguali a quelle degli altri cittadini. Si tratta di pari opportunità rispetto a chi non è penalizzato dalla geografia, come invece sono la Sardegna e la Sicilia. La continuità territoriale è attuazione del principio di eguaglianza sostanziale fra i cittadini, è attuazione del diritto alla mobilità sancito dall'articolo 16 della Costituzione, è discriminazione positiva per territori che hanno svantaggi strutturali. Allora, rispetto al tema della continuità territoriale, lo Stato conserva una competenza, perché la Costituzione dice che lo Stato ha una responsabilità.
Allo stesso modo, lo Stato ha una responsabilità sulle politiche della salute ed anche le politiche della salute sono normate, gestite ed amministrate dalle regioni, ma questo non fa venire meno la responsabilità dello Stato su di esse.
Qui c'è il secondo punto: nel 2006 venne approvata, a fine dicembre, la legge finanziaria per il 2007. In quella legge finanziaria si disse: la regione assume presso di sé le competenze in materia di continuità territoriale, di sanità e di trasporto pubblico locale. Queste nuove competenze dovranno essere controbilanciate da un aumento delle risorse a favore della regione Sardegna, con una maggiore compartecipazione alle entrate erariali dallo Stato. Questo regime dovrebbe entrare in vigore definitivamente dopo il 2010.
Che cosa è successo? Che le competenze sono in capo alla regione Sardegna, ma le risorse alla regione Sardegna non sono mai state trasferite, perché lo Stato non ha mai trasferito quanto dovuto alla stessa e quello che doveva in materia di compartecipazione alle entrate erariali dello Stato. Allora, noi siamo perché la regione Sardegna abbia piena competenza sulla continuità territoriale, però lo Stato deve trasferire quelle risorse che ancora non ha trasferito.
Oggi ci troviamo nella situazione in cui la regione Sardegna approva una legge per finanziare la continuità territoriale, dispone 57 milioni di euro per compensazioni finanziarie alle compagnie aeree, però la competenza rimane dello Stato, perché è ancora in vigore la legge Attili e il presidente della regione convoca la Conferenza di servizi su delega del Ministro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

GIULIO CALVISI. Allora, signor sottosegretario, vogliamo che questo passaggio delle competenze avvenga al più presto; però, nelle more, lo Stato deve garantire le sue risorse perché, o dà le risorse che deve alla regione Sardegna in materia di compartecipazione, oppure prevede un finanziamento ad hoc sulla continuità territoriale analogo a quello stabilito nel passato.
Poi, per il futuro, chi sarà competente? La regione? Il Ministro? La neoistituita autorità di regolazione dei trasporti? Insomma, bisogna mettere ordine e bisogna che lo Stato dia quello che deve alla regione Sardegna. A questo proposito, c'è Pag. 93anche un misterioso protocollo di intesa di cui nessuno sa più niente, dopo che è stato varato nel 2010 tra Stato e regione, secondo cui lo Stato doveva trasferire alla regione Sardegna, per gli anni 2010-2013, 16 milioni di euro. Questo protocollo è stato mai siglato? Questa è la domanda che le rivolgiamo.
L'altra questione, e concludo, attiene al comportamento delle compagnie aeree. Penso che le compagnie aeree, nel disertare le gare, abbiano tenuto un comportamento irresponsabile, ma c'è di più, perché anche le gare per la continuità territoriale della Sicilia e delle isole minori della Sicilia sono andate deserte. Mi chiedo: ma qui c'è un tentativo di disapplicare la normativa comunitaria in materia di continuità territoriale e in materia di pari opportunità fra i cittadini e i territori?
Cioè, in Italia ho paura che stia nascendo la tentazione di negare e di non applicare quello che si applica ed avviene in Corsica, che ha la continuità territoriale con la Francia, o per le Baleari, che hanno la continuità territoriale con la Spagna. C'è un tentativo, insomma, di - ecco perché ho citato il regolamento europeo in apertura - dichiarare l'Italia zona franca del diritto comunitario, ma anche zona franca dei diritti delle persone. Ebbene, penso che questo tentativo il Governo lo debba impedire, perché in Sardegna viviamo una situazione particolare.
Dopo il caro traghetti dello scorso anno, che ha affossato il turismo in Sardegna, dopo la privatizzazione sbagliata della Tirrenia, dopo quello che sta succedendo anche in materia di continuità territoriale, sembrano essere a rischio anche i collegamenti low cost dalla Sardegna con la penisola e con il resto dell'Europa ed oggi il 60 per cento del trasporto aereo per la Sardegna dalla penisola ed all'estero avviene ed è coperto dal low cost.
Insomma, la Sardegna rischia di essere sequestrata, la Sardegna rischia l'isolamento e questo non è consentito. Quindi, signor sottosegretario, mi attendo risposte chiare da parte del Governo, magari un po' più chiare di quelle che sino adesso ha dato la regione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in premessa c'è un punto su cui sicuramente con l'onorevole Calvisi siamo del tutto d'accordo: è ora di mettere ordine nei rapporti finanziari tra lo Stato, la regione Sardegna e, più in generale, nei rapporti finanziari tra Stato, regioni e così via, nella linea del federalismo fiscale su cui si sta lavorando. Certamente c'è bisogno di mettere ordine. È un'esigenza che tutti sentiamo, credo, proprio per far maturare bene il federalismo, che è un'opzione importante che il nostro Paese ha scelto.
Venendo adesso al caso specifico, richiamo alcuni punti di partenza. Com'è noto, l'articolo 1 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, legge finanziaria per il 2007, ha previsto, al comma 837, il trasferimento dallo Stato alla regione Sardegna delle funzioni attinenti alla continuità territoriale. Sotto il profilo finanziario, il successivo comma 840 dispone che i connessi oneri, a partire da gennaio 2010, siano interamente a carico della Sardegna.
In attuazione di questa legge, in data 7 settembre 2010, è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra regione Sardegna, ENAC e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il protocollo esiste: questa è la prima risposta che devo all'onorevole Calvisi. Tuttavia, devo anche aggiungere che, riguardo alla specifica richiesta dell'onorevole Calvisi in merito ad un presunto impegno dello Stato a versare alla regione 16 milioni di euro per il quadriennio 2010-2013, il citato protocollo nulla dispone in tal senso. In particolare, l'articolo 6 della medesima intesa stabilisce che - cito testualmente - «le risorse finanziarie necessarie per l'imposizione degli oneri di servizio pubblico sono a carico della regione autonoma Sardegna». Pag. 94
Evidenzio anche che, con il successivo articolo 7 dell'intesa, le parti - quindi regione, ENAC e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - si sono impegnate a riunirsi per eventuali modifiche al testo concordato nel caso di nuovi eventi e così via. Il medesimo articolo, considerata la natura innovativa dell'intesa le attribuisce carattere sperimentale e stabilisce che, attraverso un esame congiunto, la stessa possa essere oggetto di eventuali modifiche o integrazioni.
In questo quadro, riferendomi adesso alla richiesta dell'onorevole Calvisi e degli altri interpellanti riguardo ad una revisione della ripartizione dei compiti in tema di continuità territoriale aerea, posso assicurare che sarà svolta quanto prima ogni opportuna azione finalizzata al riesame dell'accordo che citavo prima, anche alla luce dell'articolo 37 del decreto-legge n. 201 del 2011, istitutivo della nuova Autorità di regolazione dei trasporti, ulteriormente sviluppato dall'articolo 36 del decreto-legge n. 1 del 2012.
Per quanto attiene, poi, alle questioni di ordine finanziario sollevate dall'onorevole Calvisi, si richiama l'attenzione sul comma 840 della legge n. 296 del 2006, che limita a carico dello Stato la copertura finanziaria delle funzioni trasferite ai soli anni 2007, 2008 e 2009. Sempre per ciò che concerne il finanziamento delle funzioni in argomento, aggiungo che il citato protocollo d'intesa del 2010 non ha previsto alcun impegno di contribuzione statale per il quadriennio 2010-2013 per i servizi aerei in oneri di servizio pubblico.
Infine, con specifico riferimento alla questione della proroga (quindi al regime onerato di cui al decreto ministeriale n. 103 del 2008) assicuro che, qualora la regione Sardegna presentasse specifica richiesta di un'eventuale ulteriore proroga del predetto regime, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - ove ne sussistano i presupposti e la necessità - porrà in essere ogni iniziativa utile e tempestiva per arrivare alla proroga.
Infine, faccio presente che compete alla stessa regione Sardegna ogni valutazione sull'opportunità di un incontro con i vettori aerei che hanno disertato la recente gara europea, conclusasi - come sappiamo - con esito negativo l'11 aprile scorso. In ogni caso, assicuro che, nell'ambito della riunione che abbiamo già indetto per il prossimo 23 maggio presso gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con i rappresentanti della regione Sardegna, dell'ENAC e delle compagnie aeree interessate, sarà presa in esame ogni utile azione volta ad una rapida soluzione di questa problematica che l'interpellanza ha correttamente messo in luce.

PRESIDENTE. L'onorevole Calvisi ha facoltà di replicare.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto solo della cortesia che ha usato il sottosegretario De Vincenti. Per il resto, mi dichiaro profondamente insoddisfatto della risposta. Cerco di andare per ordine. Il primo tema riguarda le competenze. Lo ripeto: noi siamo perché la regione Sardegna abbia la competenza piena sulla continuità territoriale, analogamente a come avviene sulla sanità per la regione Sardegna e per altre regioni. Questo naturalmente non fa venire meno una responsabilità dello Stato. Cito di nuovo le politiche della salute: le regioni hanno piena competenza in materia di politica della salute e di sanità. Tutto questo non fa venire meno una responsabilità dello Stato sulle politiche per la salute.
La seconda considerazione: noi guadagniamo questa competenza e le funzioni in materia di continuità territoriale in funzione dell'attuazione di una legge dello Stato, la legge finanziaria per l'anno 2007. Tale competenza doveva essere assunta a fronte di un trasferimento aggiuntivo di risorse in materia di compartecipazione alle entrate erariali dello Stato che non è mai avvenuto.
Lei ha richiamato il principio del federalismo fiscale. Il principio del federalismo, in generale, stabilisce che più funzioni e più competenze comportano maggiore responsabilità e questa devoluzione di competenze da parte dello Stato ad altri soggetti è equilibrata da un trasferimento Pag. 95anche di risorse. Lo Stato non ha corrisposto alla regione Sardegna quanto doveva in materia di compartecipazione alle entrate erariali.
Quindi, mi rendo conto che questo è un tema che riguarda più il Ministero dell'economia e lei non ha detto nulla su quando il Ministero dell'economia trasferirà quello che deve alla regione Sardegna (ormai mi sembra quasi 4 o 5 miliardi di euro se facciamo i conti dal 2010). Però dice molto sulla continuità territoriale: in pratica conferma la nostra paura e cioè che lo Stato trasferisce le competenze ma non le risorse. Questo non è federalismo. Questa è una fregatura, una vera e propria fregatura, una vera e propria presa in giro!
Riguardo a quel protocollo di intesa, finalmente scopriamo la verità. Infatti, cito testualmente l'articolo 6 di quel protocollo d'intesa: «Il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si impegna a trasferire a favore della regione Sardegna per ciascuno degli anni del quadriennio 2010-2013 l'ammontare delle risorse attualmente erogate dall'anno 2009 quantificabili in euro 16 milioni per l'anno quale compensazione...».
Lei ci ha detto che quel protocollo d'intesa approvato con una delibera della giunta regionale, è arrivato a Roma ed è stato emendato e la regione Sardegna si è fatta carico di costi che nella versione approvata in giunta regionale, invece, non erano previsti. Tutto questo mi sembra molto grave.
Sulla proroga lei dice la cosa più preoccupante perché afferma - non immaginavo fossimo a questo livello - che la regione non ha chiesto ancora la proroga. Lei ha detto: «Noi potremmo valutare la proroga, però la regione Sardegna ce lo deve chiedere». Dunque, la regione Sardegna non ha chiesto ancora la proroga! Considero questo fatto gravissimo e immagino che se non abbia fatto questa richiesta al Governo non l'abbia rivolta neanche all'Unione europea.
Ieri si è svolta una riunione del consiglio regionale, con un dibattito sulla continuità territoriale. Oggi tutti i giornali sardi scrivono: «Avremo la proroga della continuità territoriale e poi faremo partire un nuovo modello di continuità territoriale». Io passo per un moderato in Sardegna e cerco sempre di misurare le parole, ma è chiaro che il presidente della regione e l'assessore ai trasporti hanno mentito al consiglio regionale e all'opinione pubblica sarda, hanno mentito ai cittadini sardi dicendo che si stanno muovendo prioritariamente sulla proroga quando, invece, si stanno muovendo su altro. Insomma, la proroga era la prima cosa da mettere sul tavolo del Governo e dell'Unione europea dopo il 12 marzo. Sono passati due mesi e lei ci dice che la regione Sardegna ancora non ha chiesto la proroga.
Dunque, sono molto, molto deluso e sono anche molto, molto preoccupato, perché la situazione è chiara. Lei ci dice che lo Stato, in buona sostanza, si deresponsabilizza, perché non prevede le risorse per la continuità territoriale. Però, in questi mesi, prima, con il vecchio Governo insieme alla giunta regionale, si è venduta la rivoluzione dei cieli, si è venduta l'idea del ponte con la penisola. Altro che ponte con la penisola! Qui dobbiamo venire a nuoto, dal primo giugno, per poter passare il Tirreno e arrivare da Cagliari o da Olbia.
Quindi, signor sottosegretario, continueremo ad incalzare il Governo perché dobbiamo assolutamente evitare il disastro. Non è possibile il sequestro dei cittadini sardi, non è possibile non concedere una proroga e, nel contempo, impostare tutto ciò con serietà, considerando tutti i problemi sul campo, le esigenze anche della compagnia aerea e, soprattutto, i diritti alla mobilità dei cittadini sardi e affermando il diritto della Sardegna, come territorio, ad essere collegato con il resto della penisola. Bisogna trovare le soluzioni migliori, però tutto questo passa per un'azione del Governo che incentivi soluzioni non pasticciate, improvvisate, «arraffazzonate» che ho paura che siano le soluzioni che in questi due mesi Pag. 96la regione Sardegna, perdendo molto tempo, ha continuato a perseguire (Applausi dei deputati Melis e Pili).

(Problematiche inerenti alla continuità territoriale da e per la Sardegna - n. 2-01490)

PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01490, concernente problematiche inerenti alla continuità territoriale da e per la Sardegna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MAURO PILI. Signor Presidente, la continuità territoriale non è un'agevolazione e chiunque parli di tariffe agevolate sbaglia i termini e, forse, sbaglia anche il significato reale della continuità territoriale, che è la capacità dello Stato, delle regioni e dell'Europa, di mettere in relazione due entità territoriali. Lo dice la parola stessa: continuità di territori.
In questi anni tutta questa situazione, che ha generato oggi questo scollamento tra la Sardegna e il resto del Paese e dell'Europa, è dovuta a due elementi fondamentali: il primo è che si pensa che la Sardegna non faccia parte dello Stato italiano e che la stessa Unione europea abbia dimenticato di affrontare la questione delle regioni insulari in termini decisivi, chiari e senza subire, essa stessa, i condizionamenti delle grandi compagnie aeree. Il secondo elemento è il cappello che le compagnie aeree hanno messo nel Governo dei cieli, dell'Italia e dell'Europa, e mi riferisco allo Stato italiano - parlo dello Stato e non del Governo, perché si tratta di un'ampiezza temporale più vasta di quella che riguarda il Governo in carica - con la complicità e la connivenza della regione e dello stessa Europa.
Lo dico a ragion veduta perché quel passaggio, che è stato richiamato, della modifica sostanziale - qualcuno ha detto - migliorativa dell'articolo 8 - ha detto sempre il Governo regionale di allora - dello Statuto autonomo della Sardegna è l'aberrazione dell'autonomia regionale ed è la dimostrazione ancora più evidente che quell'accordo era privo di contenuto finanziario e costituiva una minaccia reale alla continuità ed alla coesione del nostro Paese.
Quando si è scaraventata sulla regione la competenza sulla continuità territoriale ci si è dimenticati della responsabilità dello Stato. Non concordo assolutamente sul fatto che la regione Sardegna debba farsi carico della continuità territoriale, ma ritengo esattamente il contrario e non capisco perché la connessione tra Milano e Roma con il Frecciarossa sia di competenza statale ed il carico e l'onere finanziario sia in capo allo Stato e invece si sia tentato di scaricare sulla Sardegna la competenza della connessione tra la Sardegna e l'Italia. Chi ha detto che la Sardegna non fa parte dell'Italia? Chi ha detto che dobbiamo occuparci di connettere un'isola dello Stato italiano con il resto del Paese facendo noi della competenza cosiddetta autonomistica, mentre invece c'è uno scaricamento di barile delle competenze dello Stato? È l'esatto contrario: lo Stato qui è chiamato innanzitutto ad assumersi l'onere di cancellare quella percezione ambientale, che c'è sul sistema della connessione aerea nel nostro Paese, di complicità e di connivenze - lo voglio dire qui in quest'Aula in maniera molto chiara e molto netta - che protegge le compagnie aeree a scapito degli interessi di un popolo e di una comunità regionale come quella sarda. Lo dico riferendomi ad un punto preciso della mia interpellanza e cioè a quello relativo alle cosiddette compensazioni: c'è la complicità della regione, di questo Governo e dell'ENAC perché le compensazioni sono illegittime, immotivate, irrazionali e sono un imbroglio ai danni della regione e dello Stato. Dico semplicemente questo perché basterebbe prendere il primo dato di quelle compensazioni, così come sono state giustificate: sono state chieste in quella procedura così anomala e birichina della Conferenza dei servizi che venissero ammortizzati nei costi dei biglietti tra la Sardegna ed il resto d'Italia gli ammortamenti degli aerei. Guarda caso sono stati indicati gli airbus Pag. 97A320 con un ammortamento di 50 milioni di euro come se fossero nuovi con aerei invece che sono del 1993/1994 abbondantemente ammortizzati, con costi di gestione decisamente inferiori a quelli dichiarati e che l'ENAC e questo Governo conosce perfettamente perché le compagnie aeree sono obbligate annualmente a trasmettere il report del costo dell'ora volata e tale costo è dichiarato: è contenuto in tutti i dispositivi che il Governo può conoscere in maniera chiara: 5 mila 400 euro un'ora di volo. Questo significa che, se ci sono 180 passeggeri, si ha un biglietto di 30 euro, se invece c'è un 70 per cento è facile fare il calcolo: con 122 passeggeri si arriva a 43,50 euro, con la differenza che le compagnie aeree non solo guadagnano l'utile di impresa calcolato in partenza, ma guadagneranno anche il restante low factor tra il 70 ed il 100 per cento, se sono capaci di acquistare e conquistare nuovo mercato.
Ebbene, perché nessuno ha detto niente, né il Governo, né l'ENAC sul fatto che si stava mettendo in quella gara d'appalto un'ora volata di 7.000, 8.000 euro previste? Sono compensazioni illegittime e truffaldine, oserei dire se non avessi il pudore di nascondere una frase, o una parola di più. Però è vero che tutti voi oggi parlate della proroga. La proroga è esattamente quello che chiedevano le compagnie aeree, cioè la possibilità di continuare a lucrare sulla testa della Sardegna e dei sardi e sulla testa dei tantissimi e delle centinaia di migliaia di emigrati che in tutta Italia vorrebbero considerare la Sardegna ancora la propria terra e che invece, con questa proroga, pagheranno il triplo o il quadruplo rispetto ad una tariffa - quella dei residenti - che non è agevolata. Non è una tariffa agevolata quella dei residenti, ma è una tariffa di riequilibrio, che ci consente di metterci alla pari degli altri e nelle condizioni di poter essere collegati, così come capita con Frecciarossa.
Il cittadino di Roma che va a Milano paga 50 euro e il cittadino di Milano che viene a Roma paga 50 euro; allora, per quale motivo un cittadino di Cagliari che va a Milano paga 50 euro e un cittadino di Milano che deve andare a Cagliari ne paga 200? Qual è lo stato di diritto? C'è forse equità? Forse il danno lo facciamo solo al cittadino milanese? No, il danno lo si fa alla Sardegna e il fatto stesso che il Governo dica siamo per la proroga significa che volete ancora una volta consentire in questa stagione alle compagnie aeree di lucrare sulla testa dell'isola della Sardegna.
Questo non deve essere consentito, occorre revocare immediatamente le concessioni a Meridiana e Alitalia, gli slot devono essere tolti e bisogna imporre, così come dice la norma comunitaria, in termini di emergenza, per sette mesi al soggetto che accetterà l'imposizione dell'onere del servizio pubblico senza alcun tipo di compensazione. Se il Governo non lo farà o è un Governo non autorevole o perché, così come ho detto prima, è un Governo connivente con le compagnie aeree. La responsabilità in questo caso è, certo, della regione per la confusione, la ridicola impostazione messa in campo rispetto alla conferenza di servizi, ma è anche del Governo che oggi ha la titolarità non solo politica, non solo istituzionale e costituzionale della continuità territoriale ma ha la competenza in termini amministrativi perché si è conclusa la fase della delega al presidente della regione Sardegna ed è rientrata in capo al Ministro. Il Ministro non può lavarsene le mani, se c'è qualche compromissione con Alitalia lo si dica chiaramente, ma una cosa è certa: noi abbiamo bisogno di avere risposte certe rispetto al diritto fondamentale alla coesione, al rispetto e all'equità del nostro Paese.
Non possiamo permetterci di avere una situazione di imposizione di un servizio pubblico unilaterale, cioè le compagnie aeree dettano le condizioni. È possibile che nessun organo dello Stato stia indagando su quello che è successo in quelle ore precedenti alla chiusura della gara d'appalto? Un quotidiano sardo ha dichiarato tre giorni prima che le compagnie aeree si stavano incontrando per definire l'accordo sulla spartizione della gara d'appalto. Pag. 98Da che mondo è mondo questa è turbativa d'asta, è compromissione delle più elementari regole del diritto e della pubblicità degli atti nelle gare d'appalto. Se le compagnie aeree si fossero accordate per non partecipare è un reato e il Governo deve mettersi nelle condizioni di tutelare non le compagnie aeree che lucrano sulla Sardegna; non è che hanno rinunciato ai 50 milioni perché erano insufficienti, no, perché ne volevano 100 perché 100 sono i milioni che guadagneranno a scapito del diritto costituzionale alla coesione e alla mobilità nazionale di fronte ad un atteggiamento così remissivo e così incapace del Governo e, mi sia consentito, anche della regione.
Credo che sia indispensabile davvero porre fine a questa situazione che era molto chiara, l'Unione europea ha tracciato regole in maniera puntuale: l'onere di servizio pubblico va imposto e va imposto inizialmente con la determinazione del costo del biglietto. Inoltre l'Unione europea ha detto che quel costo del biglietto va sancito con due parametri certi: il costo reale del trasbordo e dell'ora volata più un ragionevole utile di impresa. Se il Ministro - cito il Ministro Passera - ha firmato quei decreti in cui ha sancito il costo reale dell'ora volata - perché è un decreto firmato dal Ministro - e ha dichiarato in quei decreti che c'è un utile delle imprese e delle compagnie aeree che esercitano quel servizio, mi domando: per quale motivo ha dovuto firmare poi o delegare al presidente della regione una gara d'appalto con le compensazioni? Bisogna riprendere quel percorso che non è di condizionamento delle compagnie aeree ma di libertà e mobilità nel nostro Paese.
Questo non sta avvenendo, la legge 17 maggio 1999, n. 144 è arrivata anch'essa con oltre sette anni di ritardo rispetto alla direttiva comunitaria del 1992, ha messo una toppa su una situazione delicata della Sardegna, ma io vorrei dire che oggi c'è un tema nevralgico che riguarda i trasporti perché si riesce a concentrare in questa stagione una situazione che va dal collegamento marittimo alla gestione scellerata della vendita della Tirrenia per arrivare al monopolio e alla posizione dominante e abusiva delle compagnie marittime per i collegamenti via mare e mi riferisco anche a quello che sta avvenendo per le compagnie low cost che ho denunciato una settimana fa: le compagnie low cost andranno via dall'Italia, andranno via dalla Sardegna, parliamo solo per la Sardegna di 2 milioni di passeggeri perché si vorrebbe vincolare le compagnie low cost che hanno fatto della flessibilità e dell'agibilità del servizio di collegamento con aeroporti anche di secondo livello la loro capacità di penetrazione e di sviluppo nel settore del turismo.
Le si vorrebbe incatenare nel regime degli oneri di servizio pubblico. Non solo si vuole bloccare lo sviluppo della continuità territoriale per quelle aree territoriali del Paese importanti, ma si vorrebbe estendere anche a livello europeo. Questo ovviamente è tutto a danno della Sardegna e dei sardi. Noi dobbiamo impedire questo tipo di processo e dobbiamo metterci nelle condizioni di gestire un apporto fondamentale per lo sviluppo della Sardegna, che non è un regalo di Stato. Lo vorrei dire con estrema chiarezza: non è un regalo di una agevolazione che ci viene concessa per grazia ricevuta. L'agevolazione a noi non interessa, ci interessa il rispetto di un diritto sacrosanto che ci consenta di essere messi alla pari delle altre regioni e degli altri popoli italiani ed europei.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, naturalmente l'interpellanza dell'onorevole Pili si collega all'interpellanza precedente, nel senso che il tema è analogo, quindi in parte, almeno all'inizio, la mia risposta ricalcherà la precedente. Ricordo come la legge n. 296 del 2006, la finanziaria per il 2007, all'articolo 1, comma 837, abbia previsto il trasferimento dallo Stato alla regione Sardegna delle funzioni attinenti alla continuità Pag. 99territoriale e, sotto il profilo finanziario, il successivo comma 840 disponga che i connessi oneri, a partire dal gennaio 2010, siano interamente a carico della regione. Infine, ricordo il protocollo di intesa, di cui ho già parlato nella risposta alla precedente interpellanza, siglato in data 7 settembre 2010, tra regione Sardegna, ENAC e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Successivamente, abbiamo avuto il decreto ministeriale n. 413 del 29 novembre 2011, al fine di assicurare la continuità territoriale della Sardegna. Questo decreto ha imposto, a decorrere dal 25 marzo 2012, nuovi oneri di servizio pubblico sulle rotte Alghero - Roma Fiumicino e viceversa, Alghero - Linate e viceversa, Cagliari - Roma Fiumicino e viceversa, Cagliari - Milano Linate e viceversa, Olbia - Roma Fiumicino e viceversa, Olbia - Milano Linate e viceversa. Questo decreto ha disposto altresì, a decorre dalla stessa data, l'abrogazione del decreto di imposizione n. 103 del 2008, sulla base del quale, nelle more dell'applicazione dei nuovi oneri, i collegamenti aerei in argomento vengono effettuati in regime di proroga. A seguito di esplicita richiesta della regione, che ha rappresentato l'insufficienza dei tempi tecnici necessari per la conclusione della procedura di gara per l'individuazione del vettore per l'esercizio in esclusiva delle rotte di cui trattasi, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto a posticipare al 1o giugno prossimo venturo la data di inizio dell'entrata in vigore del nuovo provvedimento impositivo, di cui al decreto n. 413 del 2011 e, contestualmente, ha posticipato a tale data anche quella di abrogazione del citato provvedimento di imposizione n. 103 del 2008. In merito alla specifica richiesta dell'onorevole interpellante, circa l'opportunità di attivare la procedura di emergenza prevista ai sensi dell'articolo 16, comma 12, del regolamento n. 1008 del 2008, in caso di improvvisa interruzione del servizio da parte del vettore aereo operante sul collegamento in questione, da informazioni assunte risulta che la regione Sardegna ha sottoposto alle considerazioni della Commissione europea la valutazione circa la praticabilità della procedura medesima. Non si hanno, al momento, riscontri in merito alle valutazioni della Commissione. Circa l'ulteriore richiesta in merito all'opportunità di avviare una procedura ristretta, estesa anche alle compagnie low cost, va preliminarmente ricordato come la disciplina anche comunitaria non contempli alcuna distinzione tra compagnie in tali termini. Nel merito evidenzio che il citato regolamento n. 1008 del 2008 non contempla tale sistema di scelta del contraente: selezionare il vettore concessionario senza utilizzare una gara europea equivarrebbe ad un aiuto di Stato. Nel caso specifico, sulla base della normativa europea, è stata espletata una procedura di gara pubblica chiara, trasparente ed aperta a tutti i vettori europei, così come imposto dai principi e dalla disciplina vigente.
In merito alla richiesta dell'onorevole interpellante di valutare la necessità di convocare una apposita ulteriore conferenza di servizi, atteso che, alla luce della citata normativa e, in particolare, del Protocollo di intesa, articolo 3, spetta al Presidente della regione indire e presiedere detta conferenza, sarà comunque cura del Governo valutare, per quanto possibile, ogni iniziativa utile al riguardo.
Per quanto concerne, poi, i dati tecnici e di traffico di cui all'allegato tecnico, la competente direzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha riferito che i dati stessi sono stati elaborati dalla regione Sardegna e successivamente condivisi in sede di conferenza da tutti i partecipanti.
Inoltre, circa la determinazione dell'importo della compensazione a base di gara, evidenzio che questa è stata calcolata in conformità alla previsione dei costi fissi e variabili indicati negli allegati tecnici dei verbali della conferenza di servizi.
Detta compensazione, determinata principalmente sul costo ora/volo e comprensiva di un margine di utile pari al 4 per cento, è stata inoltre stabilita in conformità ai criteri fissati dall'articolo 5 della decisione della Commissione europea Pag. 1002005/842/CE vigente al momento del perfezionamento del provvedimento di imposizione e dei relativi bandi di gara, nonché a quelli previsti dal nuovo pacchetto SIEG (norme sugli aiuti di Stato per i servizi di interesse economico generale) che, dal 31 gennaio 2012, ha sostituito quello del 2005.
In ogni caso rientra, comunque, nella competenza della regione, stanti le vigenti disposizioni in materia, valutare l'opportunità di presentare un nuovo bando di gara, alle medesime condizioni, ovvero procedere ad un riesame dei parametri su cui si articola l'imposizione.
In merito all'opportunità di prevedere il divieto di calcolare l'IVA negli oneri tariffari delle continuità territoriali, l'Agenzia delle entrate, interessata al riguardo, ha fatto presente che, in linea generale, la disciplina interna dell'IVA è condizionata dai vincoli derivanti dalla normativa comunitaria in materia di armonizzazione dell'imposta sul valore aggiunto.
In effetti, l'articolo 371 della direttiva 2006/112/CE, in combinato disposto con l'allegato X, parte B, della stessa direttiva, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare alle stesse condizioni talune esenzioni previste dalla loro normativa prima dell'entrata in vigore della direttiva medesima.
Gli Stati membri non possono, quindi, istituire nuove esenzioni o estendere la portata delle esenzioni esistenti successivamente alla data di entrata in vigore della citata direttiva.
Tra le operazioni previste nell'anzidetto allegato X è compreso il trasporto di persone e il trasporto di beni quali bagagli e autovetture al seguito di viaggiatori o le prestazioni di servizi connesse con il trasporto di persone, qualora il trasporto di tali persone sia esente.
Coerentemente con tale disposizione comunitaria, l'articolo 10, primo comma, n. 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 prevede l'esenzione dall'IVA esclusivamente per le prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante veicoli da piazza o altri mezzi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare. Si considerano urbani i trasporti effettuati nel territorio di un comune o tra comuni non distanti tra loro oltre 50 chilometri.
L'agenzia delle entrate è dell'avviso, pertanto, che l'introduzione dell'esenzione dall'IVA dei servizi di continuità territoriale per via aerea, attualmente soggetti all'IVA con applicazione dell'aliquota del 10 per cento, sia incompatibile con la normativa comunitaria in materia di imposta sul valore aggiunto e sia suscettibile di determinare, altresì, una violazione del principio comunitario della parità di trattamento.
Infine, in relazione all'opportunità di uno standard di previsione dei costi aeroportuali, evidenzio che questi sono variabili da aeroporto ad aeroporto. Attualmente, con decreto ministeriale vengono determinati i diritti aeroportuali applicabili sui vari aeroporti italiani derivanti dall'aggiornamento all'inflazione, ovvero, nel caso delle società di gestione che lo hanno sottoscritto, dalla dinamica tariffaria prevista nel contratto di programma sottoscritto dalla società di gestione. È compito di detta società decidere di applicare tariffe inferiori alle massime fissate.
In ogni caso, il Governo sta seguendo e continuerà a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda in esame.
Come ricordavo già in precedenza, il prossimo 23 maggio è stata indetta, presso gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, una riunione con i rappresentanti della regione Sardegna, dell'ENAC e delle compagnie aeree interessate nel corso della quale sarà presa in esame ogni utile azione volta ad una rapida soluzione della problematica messe in luce dall'interpellante.

PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di replicare.

MAURO PILI. Signor Presidente, mi limiterò a una considerazione. Rispetto alla risposta del sottosegretario, mi permetterei Pag. 101di portare un esempio: affidare a questo ambiente, a questo Governo, rispetto anche alle risposte fornite oggi, la tutela del popolo sardo e la tutela della continuità territoriale, è come affidare alla volpe la tutela del pollaio.
Credo sia davanti a tutti, nelle parole del sottosegretario, nelle parole che qualcuno gli ha eventualmente ed evidentemente scritto, che vi è una complicità palese del Governo. E parto da quest'ultimo assunto, cioè quello dell'IVA.
Si è risposto ad un tema che non è stato posto, quello dell'esenzione dell'IVA. Chi mai ha parlato di esenzione di IVA? Si è detto che l'IVA viene calcolata, nonostante sia una partita di giro, sul costo tariffario e viene calcolata l'IVA al 10 per cento, viene calcolata una spesa generale del 9 per cento, viene calcolato un utile del 4 per cento, viene caricato un costo abnorme di oltre 1.600 euro per un attacco e stacco su qualsiasi aeroporto che viene previsto; e, soprattutto, non si tiene conto di quel dato essenziale, che ho richiamato, sul quale non c'è stata nessuna risposta, se non un atteggiamento pilatesco da parte del Governo, quando si dice che la responsabilità su quell'allegato tecnico è della regione. Non è così, sottosegretario, non è così e lei aveva il compito - il Governo aveva il compito - di dare chiarezza, di non coprire sul piano penale, sul piano civile, sul piano amministrativo quel misfatto.
Quando le ho richiamato il fatto che è stato calcolato, nell'ora volata, un costo di ammortamento di 50 milioni di euro per un airbus che costa nuovo 49, le ho detto che c'è un calcolo che porta a far gravare 5 milioni di euro all'anno per i prossimi dieci anni sul costo del biglietto aereo, parametrato e contenuto nel costo dell'ora volata, quando invece ci sono aeromobili che stanno viaggiando da e per la Sardegna e che sono del 1993. E se sommiamo quei 17-18 anni che quegli aerei stanno volando, abbiamo un dato che ci porta a dire che quegli aeromobili voi li state considerando con un valore di 135 milioni di euro. Non è possibile! C'è un dato di fondo che i tecnici dell'ENAC e del Ministero avevano l'obbligo amministrativo e civile di recuperare, di far notare e di far rilevare in maniera puntuale.
Tutto questo non è avvenuto perché c'è un atteggiamento da parte del Governo e della stessa regione di tentare di dare in ogni modo le compensazioni alle compagnie aeree.
E il fatto stesso che si dica che l'Unione europea non ha ancora risposto a quella procedura che ho segnalato ventiquattro ore dopo la mancata partecipazione delle compagnie aeree alla gara d'appalto, è perché tutti ve ne state lavando le mani.
Non è possibile che, dopo un mese, ancora non si conosca qual è la procedura per l'interruzione di un pubblico servizio come questo, quale può essere la procedura da seguire, nonostante ci fosse un chiaro richiamo nell'ultima direttiva comunitaria sulla procedura da seguire.
E aggiungo: è evidente che il Governo su questo tema aveva l'obbligo di intervenire. Ma da quando in qua è la regione che intrattiene i rapporti comunitari?
Uno dei fondamenti che è stato messo a capo dell'ordinamento statale è proprio quello che lo Stato tutela in sede comunitaria gli interessi della propria terra e della propria nazione. E tutto questo non sta avvenendo. Il Governo demanda alla regione, come se non fosse un suo problema.
In realtà, su un tema così forte, così indispensabile della coesione nazionale, dopo che lo stesso Presidente della Repubblica, venuto in Sardegna, ha avuto espressioni fondamentali rispetto alla coesione nazionale di richiamo al tema dell'equilibrio, oggi voi, non solo disattendete quell'impegno che il Presidente della Repubblica ha dato e ha garantito anche per conto vostro, ma davvero continuate a coprire questa situazione.
Tutto questo non è accettabile, sottosegretario. Credo sia evidente che si sta brancolando nel buio, che non c'è da parte vostra, tanto meno della regione, una linea chiara, ma vi è sicuramente un atteggiamento che è quello di coprire le compagnie aeree. Pag. 102
Non possiamo proprio permetterci di avere una situazione così negativa che aleggia sul futuro della nostra regione che è sempre più isolata e che rischia davvero di trovarsi senza alcun tipo di collegamento con il resto del Paese.
Mi domando come sia possibile dire e sostenere che non si può intervenire sul costo dell'handling. Per quale motivo? Avete fatto un decreto nemmeno un mese fa in cui stabilite nuove procedure del calcolo del costo dell'handling. Bastava dire che tutte le rotte, così come vi è stato chiesto, che sono onerate e che quindi sono a carico del servizio pubblico per garantire la tutela della coesione nazionale, erano esentate da costi aggiuntivi che costituiscono il 50 per cento, forse il 70 per cento del costo reale del servizio. Tutto questo, invece, non è nei vostri obiettivi, non è nelle vostre intenzioni né nei vostri interessi.
Allora, è evidente che se quell'allegato tecnico per voi è un dato elaborato dalla regione e quindi l'ENAC ha partecipato soltanto come pro-forma, il Governo così come la regione è complice di questa situazione.
Non guardo, come vede, alle parti politiche ma mi rivolgo al Governo così come mi rivolgo alla regione: bisogna far prevalere gli interessi superiori della nostra comunità piuttosto che quelli delle compagnie aeree che nella gestione hanno dimostrato di puntare alla Sardegna soltanto per farne un bancomat, per tentare di lucrare in questi tre, quattro mesi futuri quello che non guadagnano nella capacità di attrarre.
Mi domando perché le compagnie aeree low cost portano gli aerei in Sardegna stracarichi al cento per cento e perché, invece, le compagnie aeree vorrebbero continuare a volare senza fare alcun tipo di attrazione verso il nostro Paese.
Questa nuova Alitalia, la CAI, è nata con l'obiettivo di strappare una compagnia aerea alla Francia per dire che bisogna tenere il patrimonio nazionale dell'Alitalia affinché sia l'Italia il perno del trasporto turistico. In realtà, la Sardegna non è marginale da questo punto di vista e se voi tenterete, così come state riuscendo a fare, di mantenere la Sardegna e questo tema della continuità territoriale marginale rispetto alle politiche del Governo, vorrà dire che di questo anche i sardi dovranno trarne in qualche modo le conseguenze.
Credo che sia per davvero un atteggiamento irresponsabile di chi continua a pensare che il popolo sardo possa subire questo tipo di atteggiamenti. Non lo consentiremo né in queste sedi né fuori dal Parlamento.

(Rinvio delle interpellanze urgenti Pittelli n. 2-01448, Grassano n. 2-01480, Corsaro n. 2-01483, Scilipoti n. 2-01463)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento delle interpellanze urgenti Pittelli n. 2-01448, Grassano n. 2-01480, Corsaro n. 2-01483 e Scilipoti n. 2-01463 è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio delle interpellanze urgenti Tassone n. 2-01496, Gianni n. 2-01487, Pionati n. 2-01488)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento delle interpellanze urgenti Tassone n. 2-01496, Gianni n. 2-01487 e Pionati n. 2-01488 è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative per un piano di controlli congiunti con i Paesi confinanti per il rispetto delle disposizioni vigenti in materia di circolazione stradale dei mezzi pesanti nazionali, comunitari ed extracomunitari - n. 2-01493)

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare l'interpellanza n. 2-01493, concernente iniziative per un piano di controlli congiunti con i Paesi confinanti per il rispetto delle disposizioni vigenti in materia di circolazione stradale dei mezzi pesanti nazionali, comunitari ed Pag. 103extracomunitari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), che ha testé sottoscritto.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, sottosegretario, faccio presente una situazione che avevamo già evidenziato anche altre volte ed è un argomento, nella sua banalità, anche molto grave, perché mette a rischio la sicurezza del lavoro di molte persone che hanno investito in questi anni nella propria attività, nella partita IVA, nella voglia di lavorare e che purtroppo continuano, nonostante avessimo fatto qualche passo in avanti, a trovarsi concretamente di fronte alla mancanza di sicurezza e di certezze. È un problema sommerso, ma conosciuto. Sembra che non esista, ma c'è: quello degli autotrasporti stranieri in questo Paese.
Noi abbiamo alcune zone in particolare: io provengo da un paese vicino alla zona delle ceramiche di Sassuolo e il problema è emerso in maniera molto forte qualche anno fa. Lo sottoposi all'allora Governo Berlusconi e devo dire, in tutta onestà, anche con un'interpellanza urgente a cui mi diede risposta, che fui soddisfatto, perché l'intervento fu quasi immediato.
L'allora sottosegretario Giachino venne sul territorio più volte e si rese conto che questo era veramente un problema esistente. Da quando c'è questo Governo non ci sono più segnali.
Ora, l'invito che vi rivolgo è quello di prendere atto della situazione, che sembra un brutto film, brutto per chi lavora, nonostante le tasse che aumentano, nonostante la crisi che porta competitività maggiore e magari minori guadagni, nonostante i problemi bancari delle partite IVA; oggi noi abbiamo anche il problema della mancanza di segnali. Infatti, l'interpellanza urgente in esame è rivolta non solo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma anche al Ministero dell'interno, perché di conseguenza entrambi devono dare un segnale molto forte in questo senso.
Allora il sottosegretario Giachino disse: «Vengo sul territorio». Io mi auguro che anche il Governo attuale decida di fare la stessa operazione e venga sul territorio per rendersi conto davvero di come stanno le cose.
Io spesso vedo i tecnici, e forse qui c'è la grande differenza fra un buon politico e un buon tecnico, perché il tecnico studia (poi dipende sempre da che cosa studia tutto il giorno), ma poi guarda i numeri, guarda i dati, guarda gli atti e spesso non si rende conto di quella realtà. Io, in occasione di un'altra interpellanza, mi trovai di fronte il Ministro Giarda a non capire il problema di un «Serpico informatico» che decideva lui, non più il rapporto umano, se una partita IVA era un presunto evasore o meno.
Bisogna recuperare un rapporto con il territorio. Un buon politico, se lo sa fare, nel territorio ci sta, porta le istanze e porta la voce in questo, che è il Parlamento, il luogo adatto dove poterle portare.
Cosa succede in Italia? Succede che noi, su 100 controlli che effettuiamo in strada, 90 li andiamo a fare agli autotrasportatori italiani, che già in maniera quasi normale, girando anche in Paesi dove sono conosciuti, in mezzo a forze dell'ordine che spesso li conoscono, sono per la buona parte in regola e, quando non lo sono, comunque giustamente vengono sanzionati con controlli a campione. Ma, su 100 controlli, 90 li facciamo nei confronti degli autotrasportatori italiani, solo 10 nei confronti di quelli stranieri.
Vede, se andiamo a vedere in Belgio, in Olanda, in Francia o in Germania, il rapporto cambia ed è esattamente all'opposto: cioè la polizia locale, la polizia nazionale tedesca, belga, olandese o francese, su 100 controlli, ne fa 10 a quelli nazionali - svolgono un controllo a campione - ma 90 li vanno ad effettuare sugli extracomunitari o sugli stranieri, perché sanno che il problema vero è lì.
Rispetto ad extracomunitari e stranieri vi è un problema grave, su cui non possiamo chiudere gli occhi: spesso ci sono operazioni da «furbetti del quartierino», si vanno ad aprire partite IVA spesso nei Paesi dell'Est, dove la manodopera costa meno, le regole sulla sicurezza non ci sono o sono molto più blande, non c'è l'applicazione Pag. 104totale; e anche sulle regole di cabotaggio spesso noi veniamo cornuti e mazziati (la regola del cabotaggio, lo sapete, prevede che dopo sette giorni che uno straniero è in Italia deve uscirne). Infatti, se andiamo a guardare in maniera oggettiva, spesso troviamo questi autotrasportatori con cooperative o partite IVA aperte nei Paesi dell'Est, con meno tasse, con meno costi e con meno costo del lavoro, che poi rimangono qui per mesi o forse per anni a lavorare, facendo quella che prima l'onorevole Rubinato, su un altro tema, dichiarava essere una concorrenza sleale.
Ebbene, ciò si verifica anche in questo caso e, allora, bisognerebbe che tutti fossimo attrezzati - o, se non lo siamo, occorre che ci attrezziamo velocemente - affinché questo controllo venga effettuato. Infatti, se vi è un autotrasportatore che non rispetta i tempi di guida, non rispetta i tempi di riposo (noi abbiamo il regolamento CE n. 561 del 2006 che è molto chiaro, ma lo facciamo applicare agli italiani), la domanda che a uno viene è la seguente: perché nei confronti degli stranieri non vengono fatti i controlli? Per inerzia? Per interesse politico? Per calcolo politico? Io ho paura che, purtroppo, la risposta sia molto più semplice, ma se è questo allora dovremmo farci carico, come un Paese serio deve fare, di attuare ciò che io avevo sollecitato, che il sottosegretario Giachino aveva attivato e che in qualche modo almeno nella zona ceramiche stava cominciando a funzionare, cioè obbligare le forze dell'ordine a svolgere un'azione preventiva diretta e mirata. Infatti, forse la risposta è semplice: non vengono fatti i controlli perché spesso questi trasportatori hanno una documentazione carente, straniera, di difficile comprensione, di difficile approfondimento, di difficile verifica, per cui diventa complicato; c'è il problema della lingua.
Pertanto, diventa complicato fare un vero accertamento su questi autotrasportatori, mentre diventa molto più semplice, magari per far cassa - perché, se trovi qualcosa, come un fanalino o qualcos'altro, fai anche subito le multe -, andare a rompere le scatole sempre agli stessi.
Se questa è la logica, allora, mi chiedo perché i francesi, i tedeschi, gli olandesi e i belgi fanno esattamente il contrario. La logica di fondo, infatti, è che sono Paesi che danno l'input e l'ordine di tutelare i propri lavoratori; Paesi dove le regole fondamentalmente vengono rispettate - e, se qualcuno non le rispetta, viene sempre scoperto -, e si va a guardare, in maniera scientifica, se c'è concorrenza sleale, se vi sono episodi di persone che non vengono controllate e vengono a fare i furbi. Ciò che gira per il mondo, ormai, è che basta venire a lavorare in questo Paese, perché tanto le regole ci sono, ma non c'è chi le fa rispettare; soprattutto, per loro, non ci sono mai gli approfondimenti, i controlli e le sanzioni.
Con il Governo scorso, avevamo varato una norma che prevedeva il pagamento di 5 mila euro in contanti per chi non rispettasse le regole relative al cabotaggio e il sequestro immediato del mezzo, ma, da allora, quante volte l'hanno applicata? Otto, nove, dieci? Magari, solo vicino ai porti, dove è più facile anche avere anche polizia o forze dell'ordine attrezzate per capire la lingua o i documenti stranieri. Noi dobbiamo attrezzarli: servono corsi, serve creare una task force. Ci sono i posti adatti: la zona ceramiche, ho fatto un esempio, è una zona ad alta densità produttiva con tantissime aziende e lì è normale. Con gli autotrasportatori locali abbiamo fatto il conto che, per spostare un camion di ceramica dalla zona ceramiche al porto di Ravenna, generalmente, in modo concorrenziale, si dovrebbero spendere 300 euro: la tariffa, invece, è di 110. Voi capite che se questo è il mercato che si è creato in questo Paese, la concorrenza sleale è evidente, chiara e lampante ed è perfino quasi legale, ma nessuno fa niente.
Pertanto, ritengo che dovremmo prenderci carico del fatto che questo Paese va a fondo sempre di più: affonda e non ci sarà possibilità neanche di ripararlo perché non è una nave che si può rialzare dal fondo del mare. Questa è una nave che verrà lasciata semplicemente là sotto, nel Pag. 105momento in cui non ci saranno più partite IVA nostre che avranno il coraggio e la voglia di continuare a lavorare. Ma la cosa peggiore, è che questa voglia passa: gli anziani chiudono le attività e i giovani non iniziano a fare questo mestiere, perché non sentono le istituzioni, il Governo, le forze dell'ordine, tutti quanti uniti, nel cercare di dargli delle certezze. Già è difficile lavorare, oggi, in questo Paese, in queste condizioni, se poi aggiungiamo che la concorrenza sleale viene quasi coccolata, lo è ancora di più. Infatti, la colpa grave è che se non la controlli, la coccoli, consentendola quasi con il principio che è possibile fare ciò che si vuole. E allora, per forza, questo Paese va al contrario.
Pertanto, chiediamo che il Governo faccia alcune cose. Innanzitutto, chiediamo che venga dato un input attraverso il Ministero degli interni e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti affinché i controlli avvengano immediatamente e a tutti i livelli: abbiamo il Consiglio superiore dei lavori pubblici e molti organismi legati ai trasporti che potrebbero avere tecnici, da far uscire, magari, da qualche ufficio e mandare in supporto alle forze dell'ordine per strada. Inoltre, ci vogliono traduttori ed anche esperti di diritto internazionale, perché essere entrati in un'Europa così allargata comporta anche questi problemi. Su questo bisogna intervenire, anche con la Farnesina, ma non fra tre anni, non quando questo Governo se ne sarà andato: bisogna riuscire ad intervenire anche prima dell'estate, dare un segnale forte, che ci siamo, che ci siete.
Come terza cosa - contenuta anche nell'interpellanza urgente - chiediamo di cercare di realizzare un accordo veloce con gli altri Paesi di confine. Infatti, non basta controllare, in Italia, questo flusso in arrivo, che spesso non esce: bisogna riuscire anche a fare un controllo coordinato con la Francia, con l'Austria e con gli altri Paesi che ci sono vicini, per riuscire a dare un segnale forte e far capire a quel mondo, che viene qui, cercando di sfruttare e spremere come un limone questo Paese, che le regole sono cambiate: adesso controlliamo e, se controlliamo, le verifiche vanno fino in fondo, velocemente. E se sei colpevole, paghi: sequestro immediato del mezzo e multe salatissime. Se ne colpisci quattro o cinque al giorno, per una settimana o due, questi smettono di venire. Bisogna rispettare le regole.
Inoltre, a me dà fastidio pensare che i nostri autotrasportatori, anche dipendenti, hanno tutte le tutele, mentre vi sono persone, che stanno venendo qui, che sono sfruttate. Infatti, non facendo i controlli, andiamo ad avallare proprio questo: andiamo ad avallare una sorta di schiavismo autorizzato di persone che girano per venti ore senza fermarsi, senza rispettare i tempi di riposo né di guida, e che, soprattutto, vengono sottopagate. Tutto questo va inquinare il mercato, la nostra economia, tutto quello su cui cercavamo di investire: una legalità sociale che viene a mancare, perché mancano le istituzioni.
Non sono ipocrita, faccio il leghista, e vorrei dire che tutti, quando è ora, vengono a votare la fiducia a questo Governo, ma, poi - abbiamo sentito la collega Rubinato prima, e il collega Pili dopo, in maniera bipartisan - criticano questo Governo, definendolo come la volpe a guardia del pollaio. Io, questa mattina, lo avevo definito come il lupo a guardia del pollaio, che, domattina, non ritrova sicuramente i polli. Questo Governo deve smettere di pensare di essere tecnico e di avere la verità in tasca, perché, spesso, le sue verità si scontrano con la realtà; deve iniziare a pensare che c'è un territorio che bisogna ascoltare.
Non vi si vede in giro; non vi abbiamo ancora visto venire ad ascoltare la gente, ma la gente è disperata trovando le banche e il Governo sordi agli appelli che vengono fatti. Qualcuno dice che le banche e il Governo, forse, sono due facce della stessa medaglia e molto probabilmente è vero, ma sono i due fari che stanno bloccando lo sviluppo; almeno permettiamo a chi vuole lavorare di continuare a lavorare, almeno questo. Su questo argomento poi ci sarebbero altri ragionamenti da fare, come sul Sistri; ci sono tante cose da fare velocemente e vanno fatte con cognizione di causa. Noi della Lega un input ve lo Pag. 106stiamo dando però non vorremmo come risposta uno speech scritto dagli uffici tanto per rispondere ma vorrei, veramente, perché l'altra volta l'ho apprezzato e anche stavolta lo apprezzerei, un impegno. Se vuole fra tre giorni ci vediamo sul territorio e andiamo ad incontrare gli autotrasportatori per dare sicurezza a questa gente, perché più passa il tempo più inizia la depressione per la mancanza di punti di riferimento, inizia la depressione per la mancanza di liquidità, di incasso, di futuro, di prospettiva e quando un artigiano, un commerciante, un piccolo e medio imprenditore, nonostante tutto, non trova questi punti di riferimento, in questo momento può pensare di farla finita. Quando questo avviene non possiamo più continuare a fare teoria, dobbiamo cominciare ad andare dalla gente e far vedere che questa cosa serve ancora, che noi serviamo ancora e che questo Governo esiste e serve ancora. Altrimenti, se non facciamo questo, credo che la sfiducia non la possiamo imputare agli altri ma la dobbiamo imputare solo a noi stessi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Giovanni Ferrara, ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI FERRARA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevole interpellante, l'onorevole Fugatti ed altri deputati chiedono di conoscere le iniziative che il Governo intende assumere per attuare un piano di controllo sul rispetto delle disposizioni in materia di circolazione stradale da parte dei conducenti di mezzi pesanti.
Secondo l'interpellante, gli accertamenti disposti dagli organi di polizia riguarderebbero, prevalentemente, cittadini italiani. Ed invero i dati forniti dal dipartimento di pubblica sicurezza, relativi ai controlli effettuati lo scorso anno, nei confronti dei veicoli commerciali, sembrano confermare quanto sostenuto: e cioè che l'89 per cento delle verifiche svolte riguardano veicoli italiani e solo l'11 per cento quelli stranieri. Questi dati, tuttavia, sono il risultato dell'attività operativa complessivamente svolta sull'intero territorio nazionale. Infatti, il numero più elevato di controlli relativi ai conducenti italiani è dovuto alla circostanza che il nostro Paese, com'è noto, non costituisce un territorio di attraversamento da parte dei veicoli stranieri. Inoltre, è altrettanto noto che larghissima parte del trasporto merci nel nostro Paese avviene sulle strade e sulle autostrade.
D'altra parte, il numero dei veicoli stranieri controllati aumenta notevolmente se si considerano i risultati di servizi specificamente predisposti per il controllo del traffico commerciale. Mi riferisco in particolare, alle attività pianificate su base trimestrale, svolte congiuntamente dalla polizia stradale e dal personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, mediante i cosiddetti centri mobili di revisione, cioè veicoli appositamente attrezzati per effettuare la revisione su strada.
La predisposizione di mirati servizi in località caratterizzate da notevole traffico internazionale, cioè autostrade, porti, interporti e aree di confine, ha consentito di controllare, nel corso degli 2010 e del 2011, un numero più elevato di veicoli esteri, pari al 30 per cento del totale dei mezzi sottoposti a verifiche, nonché di contrastare forme illecite di cabotaggio, riferite anche dall'interpellante, che rappresentano una fraudolenta occupazione degli spazi economici dei vettori italiani. Se si ha riguardo, inoltre, all'azione di controllo effettuata in particolari aree geografiche del Paese - caratterizzate tradizionalmente da maggiori flussi di traffico commerciale internazionale - il numero degli accertamenti aumenta ulteriormente: lo scorso anno i vettori esteri controllati nella sola regione Friuli Venezia Giulia hanno rappresentato il 35 per cento del totale dei veicoli commerciali sottoposti a controllo.
Per venire all'attualità e per rendere ancora più incisiva l'attività di accertamento, riferisco che lo scorso 11 maggio, il dipartimento della pubblica sicurezza ha diramato una circolare contenente indicazioni per l'attuazione di un progetto per il Pag. 107controllo coordinato dell'autotrasporto nazionale ed internazionale nelle aree a più alta densità di transito.
L'iniziativa, coordinata dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza, interesserà, in una prima fase sperimentale, alcune province dell'arco alpino e sarà successivamente estesa a tutto il territorio nazionale. Il progetto richiederà ulteriore impegno operativo e un maggiore coinvolgimento delle forze di polizia anche a competenza generale, nonché delle polizie locali e di quei soggetti comunque interessati alle verifiche nel settore dell'autotrasporto quali uffici provinciali del lavoro, ASL, ispettorati INAIL e amministrazioni provinciali, questa è la novità. Questi interventi consentiranno di incrementare il numero dei controlli statali, nonché la tutela di tutti gli operatori e della libera concorrenza.
Aggiungo, inoltre, che assumo l'impegno di riferire al Ministro dell'interno la preoccupazione degli interpellanti in ordine al problema della lingua e dei documenti scritti in lingua straniera, cosa che potrà essere affrontata concretamente sul piano operativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, la prima parte della risposta non mi soddisfa, perché si tratta di un elenco che già conoscevo: sono dati che, bene o male, abbiamo. La richiesta, fondamentalmente, era un intervento velocissimo per invertire completamente la tendenza, cioè dare un ordine preciso e chiaro di fare una verifica completa sui mezzi stranieri, perché quelli italiani li abbiamo già controllati, mille volte e, se non si trova il fanalino rotto o la gomma liscia, al limite si applicano una multa o una sanzione veloce; anche con la CMR ormai si sa che nel mondo degli autotrasportatori questa verifica viene effettuata, e ha prodotto ottimi frutti negli anni 2008, 2009 e 2010. Infatti, ho avuto modo di vedere i numeri ed i dati: va bene continuare in questo senso, ma proporrei un salto di qualità. Negli altri Paesi europei gli autotrasportatori vengono accompagnati in un centro di revisione. Cioè, verificato che un mezzo non va, le forze dell'ordine accompagnano gli autotrasportatori e rimangono con loro finché non è stata effettuata la revisione, dopodiché possono ripartire.
Noi, invece, diamo loro un foglio in cui è scritto di andare al primo centro di revisione possibile, ma questi ripartono e vanno via. È un po' come per il foglio di via sull'immigrazione qualche anno fa: si «beccavano» gli immigrati clandestini e si dava loro un pezzo di carta in tasca dicendo di andare in questura, mentre questi sparivano completamente. Se non vogliamo giocare sulla pelle di quegli autotrasportatori seri, che vogliono continuare a lavorare, il messaggio deve essere immediato, mentre se lasciamo il tutto a riunioni future e a quant'altro, rischiamo di lasciare il tempo che trova in una concertazione. Diceva un mio amico che, a furia di concertare, ti ritrovi «incinto»: alla fine non si sa quanti mesi passano e come vanno a finire queste cose.
Credo che il Governo abbia la forza, l'autorità e la possibilità di poter intervenire immediatamente, anche con un decreto-legge, visto che ormai ne state adottando a spron battuto, visto che ci ponete anche la questione di fiducia e visto che non si possono più modificare nel merito più di tanto, considerata la tagliola di un mese e mezzo fa. Un decreto-legge chiaro, che dia un segnale al mondo degli autotrasporti, sarebbe importante, e secondo me, prima lo adottate e meglio è, e a quel punto sarò davvero soddisfatto.
Sono invece soddisfatto della parte conclusiva della risposta, cioè che lei riferisca al Ministro Cancellieri la mia richiesta e che, in qualche modo, si possa avere, in tempi celeri, anche una risposta e una presa di posizione del Ministero. Infatti, anche al Ministero dell'interno spesso i tempi sono biblici. Sarebbe necessaria una risposta chiara, anche con una circolare - così si potrebbe fare velocemente -, in cui si segnali alle forze dell'ordine, al Ministero e ai prefetti se vi sono problemi di Pag. 108interpretazione delle carte, dei documenti o della lingua, ma va dato un input chiaro.
Le forze dell'ordine devono controllare il 90 per cento, sarebbe un segnale in linea con il resto d'Europa, perché il resto d'Europa fa ciò; solo l'Italia non lo sta facendo, e il messaggio che passa è che l'Italia non lo fa perché non gli interessa tutelare i nostri lavoratori, ma preferisce fare cassa con qualche multa, e con gli italiani è più facile, perché la lingua non è un problema e i documenti sono chiari. Ma se questa è la logica si tratta di lassismo pieno istituzionale. Ciò sarebbe una colpa grave, non so se dal punto di vista penale, ma dal punto di vista politico assolutamente sì. Credo che la contentezza la dobbiamo ricercare insieme. Noi della Lega Nord vi stiamo dando uno sprone, un input e un suggerimento, ma anche una voce di allarme e di grido di terrore del territorio, di questo mondo che ha voglia di lavorare. Se lo daremo velocemente possiamo ancora rimettere i buoi, che sono lì sulla porta, e chiudere, altrimenti rischiamo di intervenire quando sarà troppo tardi e non avremo più nulla da salvare. A quel punto ci terremo le cooperative romene, slovene o lituane con le regole di casa loro e noi dovremo subire, ma se questa è l'alternativa ed è ciò cui stiamo arrivando, credo che abbiamo fatto un danno enorme a questo Paese e alla nostra gente che ha voglia di lavorare.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta di oggi, giovedì 17 maggio 2012, la IX Commissione permanente (Trasporti, poste e telecomunicazioni) ha approvato, in sede legislativa, il seguente progetto di legge:
senatori GRANAIOLA ed altri: «Modifiche all'articolo 1 della legge 7 luglio 2010, n. 106, in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario di Viareggio» (Approvata dalla 8a Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni del Senato della Repubblica) (4989) con modificazioni.

Modifica nella composizione del comitato direttivo di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito del medesimo gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare Unione di Centro per il Terzo Polo ha reso noto che l'Assemblea del gruppo ha provveduto al rinnovo del comitato direttivo: presidente Gian Luca Galletti; vicepresidente Mario Tassone; tesoriere Giuseppe Naro; segretario (per l'Assemblea) Angelo Compagnon; segretario (per le Commissioni) Amedeo Ciccanti; componenti del direttivo Roberto Rao e Luca Volontè.
Ai deputati Mario Tassone e Angelo Compagnon è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Modifica nella denominazione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione), con lettera pervenuta in data 11 maggio 2012, ha reso noto che il gruppo ha modificato la propria denominazione in «Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana)».

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Sul calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera trasmessa in data odierna, il presidente della Commissione agricoltura ha rappresentato l'esigenza che l'inizio della discussione in Assemblea delle proposte di legge in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità agraria, già previsto per lunedì 21 maggio 2012, sia differito ad altra data.
L'esame di tale provvedimento non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno delle sedute della prossima settimana.
Comunico altresì che, nella seduta di mercoledì 23 maggio, dopo l'esame della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Papa, avrà luogo anche l'esame della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Belcastro. Il relativo schema recante la ripartizione dei tempi sarà pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 21 maggio 2012, alle 15,30:

1. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
PANIZ e CARLUCCI; DE ANGELIS ed altri; AMICI e GIACHETTI; BORGHESI ed altri: Modifiche all'articolo 191 del codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi. (C. 749-1556-2325-3248-A)
- Relatore: Paniz.

2. - Discussione delle mozioni Volontè, Fioroni, Roccella, Polledri, Commercio ed altri n. 1-00922, Farina Coscioni ed altri n. 1-01016, Palagiano ed altri n. 1-01036 e Miotto ed altri n. 1-01038 concernenti iniziative per la tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico.

3. - Discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00898 e Narducci ed altri n. 1-01037 concernenti iniziative per la negoziazione di accordi bilaterali con Paesi non appartenenti all'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

La seduta termina alle 18,45.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DOC. IV, N. 27

Doc. IV, n. 27 - Domanda di autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici del deputato belcastro

Tempo complessivo: 2 ore e 30 minuti (*).

Relatore 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 21 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 44 minuti
Popolo della Libertà 22 minuti
Partito Democratico 21 minuti
Lega Nord Padania 10 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 9 minuti
Popolo e Territorio 8 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 8 minuti
Italia dei Valori 8 minuti
Misto: 18 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 7)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 5178 - odg n. 1 502 497 5 249 496 1 29 Appr.
2 Nom. odg 9/5178/9 513 499 14 250 76 423 27 Resp.
3 Nom. odg 9/5178/10 508 501 7 251 73 428 27 Resp.
4 Nom. odg 9/5178/27 511 501 10 251 77 424 25 Resp.
5 Nom. odg 9/5178/40 rif. 513 506 7 254 501 5 24 Appr.
6 Nom. odg 9/5178/41 497 468 29 235 65 403 24 Resp.
7 Nom. Ddl 5178 - voto finale 485 449 36 225 374 75 21 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.