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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 632 di martedì 15 maggio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 12,05.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 maggio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antonione, Bindi, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Cirielli, Commercio, Dal Lago, De Biasi, Fava, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leo, Lombardo, Lucà, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Misiti, Nucara, Palumbo, Pescante, Pisicchio, Paolo Russo, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971, Di Stanislao ed altri n. 1-00987, Misiti ed altri n. 1-00988, Dozzo ed altri n. 1-00989, Pianetta ed altri n. 1-00993, Moffa ed altri n. 1-01004 e Ossorio ed altri n. 1-01009 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice NATO (ore 12,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971 (Nuova formulazione), Di Stanislao ed altri n. 1-00987, Misiti ed altri n. 1-00988, Dozzo ed altri n. 1-00989 (Nuova formulazione), Pianetta ed altri n. 1-00993 (Nuova formulazione), Moffa ed altri n. 1-01004 e Ossorio ed altri n. 1-01009 (Nuova formulazione) concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice NATO (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 2 aprile 2012, nella quale è intervenuto il rappresentante del Governo, sono state presentate le mozioni Moffa ed altri n. 1-01004 e Ossorio ed altri n. 1-01009 (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, le mozioni presentate e in parte riformulate Pag. 2sono obiettivamente estremamente analitiche e tendono ad essere pienamente rispondenti alla situazione internazionale in questa difficile problematica. Rispetto alle ultime formulazioni presentate, il Governo dà parere favorevole alle mozioni degli onorevoli Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00971 (Nuova formulazione), dell'onorevole Pianetta ed altri n. 1-00993 (Nuova formulazione), dell'onorevole Dozzo ed altri n. 1-00989 (Nuova formulazione) e dell'onorevole Ossorio ed altri n. 1-01009 (Nuova formulazione). Per quanto riguarda le mozioni Misiti ed altri n. 1-00988 e Moffa ed altri n. 1-01004, si propongono due piccole riformulazioni, principalmente dal punto di vista lessicale, tenendo conto della policy interpretativa del Ministero della difesa e del Ministero degli affari esteri. Mentre il parere del Governo è contrario su quella dell'onorevole Di Stanislao ed altri n. 1-00987. Signor Presidente, se vuole, illustro la proposta di riformulazione delle mozioni degli onorevoli Misiti e Moffa.

PRESIDENTE. Sì, va bene.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Per quanto riguarda la mozione Misiti ed altri n. 1-00988, si propone l'inserimento, nel primo impegno, dopo la parola «eliminazione» delle parole «tenuto conto del nuovo concetto strategico approvato a Lisbona». Questo ovviamente perché si tratta di una situazione di coerenza istituzionale rispetto agli impegni già presi dal nostro Paese nel precedente incontro di Lisbona.
Per quanto riguarda la mozione Moffa ed altri n. 1-01004, si propone di depennare le parole «dell'auspicabile futura messa al bando delle stesse armi nucleari», in quanto nello stesso periodo si cita l'auspicio del disarmo, che ovviamente supera e contiene anche la messa al bando delle armi nucleari. Per quanto riguarda le parole «proliferazione nucleare», quindi, si aggiungerebbero, secondo la modifica, le parole «e nel campo del disarmo». Per quanto riguarda il terzo impegno, si propone di sopprimerlo interamente in quanto sarebbe, da un lato, già compreso nelle affermazioni precedenti, dall'altro, già in gran parte assorbito dagli impegni internazionali già presi all'interno dei vertici NATO. Per quanto riguarda la mozione Di Stanislao ed altri n. 1-00987, mi limito a riferire, signor Presidente, che, anche per quanto riguarda la premessa e alcuni auspici, non è assolutamente in linea non solo con la posizione internazionale attuale del nostro Paese, ma anche con le opzioni che derivano dal far parte di una alleanza strategica quale quella della NATO.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Chiederò poi ai colleghi Misiti e Moffa, in sede di dichiarazioni di voto, se intenderanno accettare o meno le riformulazioni proposte dal Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, questo è un dibattito tempestivo e importante, perché si svolge alla fine di questa settimana un vertice dei Paesi della Nato a livello di Capi di Governo, a Chicago, che dovrà stabilire e approvare un documento di orientamento per quanto riguarda le posizioni relative alla difesa, che fa seguito all'importante documento che fu approvato l'anno scorso a Lisbona dalla NATO, che definiva il nuovo concetto strategico dell'Alleanza. Quello che i sottoscrittori di questa mozione chiedono è che il Governo italiano prenda una posizione molto attiva nel perseguire lo sforzo, iniziato lodevolmente negli ultimi anni, di ridurre e in prospettiva, anche se lontana, eliminare del tutto le armi nucleari dalla scena del mondo.
L'importanza di questo tema è evidente, basta pensare alle preoccupazioni che ci sono oggi per un Paese come l'Iran, per un Paese come la Corea del Nord, per l'armamento nucleare del Pakistan e dell'India, per la possibilità che ci sia un Pag. 3aumento incontrollato del numero dei Paesi che dispongono di queste armi. In queste condizioni è necessario rafforzare in ogni modo i passi avanti importanti di questi anni. Il più importante di questi è stato il discorso molto coraggioso del Presidente degli Stati Uniti Obama a Praga, poi l'accordo con la Russia. Questa mozione chiede al Governo italiano di prendere una posizione più attiva di quella che tradizionalmente essa abbia preso su questi temi e di incoraggiare la NATO a muoversi con coraggio e determinazione nella direzione della ricerca di un disarmo nucleare concordato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà, per due minuti.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, la mozione che i Repubblicani hanno presentato parte dalla convinzione che sia necessario affrontare il processo di un progressivo disarmo nucleare con determinazione, ma anche con la giusta dose di realismo, perché non finisca confinato solo alla dimensione di semplice auspicio. Perciò conveniamo con le conclusioni adottate dalla NATO a Lisbona il 19 novembre 2010. Esse così testualmente recitavano: fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo la NATO rimarrà una alleanza nucleare. L'Italia deve impegnarsi a sostenere il programma di disarmo nucleare rilanciato dal Presidente Obama, ma al tempo stesso deve continuare ad attribuire un valore strategico e irrinunciabile alla solidarietà della NATO.
Gli accordi di Pratica di mare del 2002 segnano una strada da seguire. Quell'intesa è un'evoluzione che va sostenuta. La dichiarazione di Roma, firmata in quell'occasione, aveva dato vita ad un Consiglio a 20 composto dai Paesi NATO e dalla Russia. Spariva quindi sostanzialmente il nemico, si dava vita ad un organismo che avrebbe potuto essere, e dovrà essere sempre di più, una organizzazione per la sicurezza dall'Atlantico agli Urali. Quel processo di cooperazione ha subito dei contraccolpi. Eppure è da lì che bisogna ricominciare e per questo motivo i Repubblicani chiedono al Governo di rilanciare a livello internazionale l'iniziativa diplomatica di Pratica di mare.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Ossorio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, il paziente e rigoroso lavoro che la collega Mogherini Rebesani, prima firmataria della mozione da noi sottoscritta, ma anche l'impegno profuso dai gruppi nell'approvazione delle mozioni in discussione, è il segno di una consapevolezza comune.
Il disarmo e la non proliferazione nucleare sono temi sui quali non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia. Bene ha fatto il Governo a mediare fino all'ultimo per giungere a conclusioni unitarie, anche rispetto alle altre mozioni. È un segno importante che il Parlamento deve e può dare.
Negli ultimi anni abbiamo più volte assistito al tentativo, da parte di alcuni Stati, di mettere in discussione il sistema internazionale di non proliferazione e le strategie di disarmo avviate e ciò richiama alla necessità di intervenire per rafforzare le garanzie di salvaguardia e di sicurezza internazionale. Gli scenari internazionali hanno subito profonde trasformazioni. Dopo anni caratterizzati dall'incessante e affannosa corsa agli armamenti, le grandi potenze, all'epoca protagoniste della Guerra Fredda, sono oggi promotrici dell'idea di un mondo finalmente libero da armi nucleari. Molti passi sono stati fatti in questa direzione. Un esempio su tutti: il Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari sottoscritto l'8 aprile del 2010 a Pag. 4Praga dal Presidente statunitense Obama e da quello russo Medvedev e successivamente ratificato dal Senato statunitense e dalla Duma e dal Consiglio federale della Federazione Russa. Una svolta storica, dopo anni di accesi contrasti e un segnale importante, che ha mostrato l'intenzione delle due Potenze di agire secondo una nuova prospettiva.
Tuttavia, il cammino verso la definitiva liberazione dagli armamenti nucleari è ancora pieno di ostacoli e il pericolo di un attacco nucleare è ancora drammaticamente reale. Sappiamo bene che vi sono Paesi che non progettano il disarmo nucleare, ma che, anzi, perseguono nelle sperimentazioni e che la diffusione di segreti, di materiali e della tecnologia necessaria per la realizzazione di questi ordigni pone la questione del possibile accesso alle reti terroristiche. Israele, India, Pakistan, che pure detengono armi atomiche, sono ancora estranee al processo di disarmo avviato invece dagli altri Paesi.
A destare le preoccupazioni maggiori sono ancora le politiche nucleari dell'Iran e della Corea del Nord, in particolare gli annunci e le ripetute minacce del Presidente iraniano fanno temere la possibilità che l'Iran disponga di un avanzato programma nucleare, mentre la Corea del Nord, con la decisione di recedere dal Trattato di non proliferazione del 2003 e i continui test nucleari, ha messo a dura prova la stabilità del sistema internazionale di non proliferazione. In entrambi i casi, l'atteggiamento dei due Paesi potrebbe spingere altri Stati a dotarsi di armi nucleari, con il rischio di compromettere tutti gli sforzi finora compiuti per la costruzione della stabilità internazionale e della pace.
Occorre, dunque, che la comunità internazionale si adoperi per coinvolgere le Potenze nucleari che non hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione nucleare, Trattato che sta alla base del sistema di non proliferazione sin dagli anni Settanta. Crediamo che l'Italia debba ricoprire un ruolo di primo piano nell'ambito delle iniziative che la comunità internazionale metterà in campo per il disarmo, a cominciare dal vertice NATO che si svolgerà a Chicago a fine mese, anche in vista del quale si è voluto quest'oggi, giustamente, levare chiara la voce dell'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti, al quale chiedo anche se accetta le riformulazioni proposte dal Governo. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, dico subito che le riformulazioni proposte dal Governo vengono da noi accettate, perché riteniamo che il Parlamento su questa materia debba avere il massimo di consenso su alcuni punti fondamentali che sono stati inseriti in quasi tutte le mozioni presentate. Credo che lo sforzo del Governo nel tentativo di unificare questi obiettivi delle singole mozioni sia apprezzabile e, quindi, noi lo apprezziamo.
Riteniamo, come molti in quest'Aula, che la diffusione delle armi nucleari rappresenta ancora oggi una delle più grandi minacce alla pace e alla sicurezza internazionali. Siamo convinti che tutti i popoli, nessuno escluso, sono interessati quanto il popolo italiano a che le armi nucleari non proliferino.
Tutti i popoli, compresi e soprattutto quelli dove sussistono regimi non democratici, alimentano le nostre paure. Negli ultimi anni alcuni di questi Paesi persistono, continuano a fare sperimentazioni di armi, a organizzarsi e a minacciare gli Stati confinanti. In particolare, purtroppo un grande Stato come l'Iran nel Medio Oriente non accetta le indicazioni dell'ONU, che vanno in direzione del tutto opposta a quella del gruppo dirigente attuale dell'Iran, ossia di non proseguire nell'arricchimento dell'uranio, di non proseguire nella preparazione di missili a gittata intercontinentale con testate nucleari perché questo potrebbe provocare reazioni intorno allo Stato dell'Iran e gettare nella guerra intere regioni dell'universo. Pag. 5
Il disarmo nucleare è previsto dall'articolo 6 del Trattato di non proliferazione, che prevede che ognuna delle parti si deve impegnare a perseguire quanto prima negoziati in buona fede sulle misure effettive, sulla cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per un Trattato sul disarmo generale e completo sotto controllo internazionale rigoroso ed effettivo. È chiaro che i firmatari di questo Trattato di non proliferazione si sono impegnati e guardano agli altri Paesi che ancora non hanno sottoscritto il Trattato con una certa diffidenza e con l'invito pressante che venga sottoscritto da tutti.
Le Conferenze di revisione che si sono svolte ogni cinque anni a partire dal 1970, nel tentativo di trovare un Accordo per raggiungere una dichiarazione finale per l'attuazione di tutte le disposizioni del Trattato, hanno emanato raccomandazioni sulle misure da intraprendere nel frattempo per rafforzare il Trattato stesso. La Conferenza del 28 maggio 2010 sul Trattato di non proliferazione ha approvato un piano di azione addirittura in 64 punti, tra cui alcuni importantissimi: l'universalità del Trattato, il disarmo nucleare, la non proliferazione nucleare, misure per promuovere l'uso pacifico e sicuro dell'energia nucleare, il disarmo e la non proliferazione a livello regionale, l'attuazione della risoluzione del 1995 sul Medio Oriente e così via. In questo quadro l'Unione europea si è fatta sentire, si è impegnata a contribuire all'attuazione di quel Trattato, comprese le intese raggiunte per quanto riguarda il Medio Oriente. Nel 2011, il 27 maggio, è stata approvata la dichiarazione sulla non proliferazione e sul disarmo al vertice di Deauville.
Come Grande Sud chiediamo al Governo di impegnarsi a sostenere nel vertice di Chicago quanto è scritto nella nostra mozione. Voteremo la nostra mozione Misiti n. 1-00988 e tutte quelle che hanno avuto il parere favorevole del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, mi limito a riproporre alcune riflessioni e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

AUGUSTO DI STANISLAO. Mi limito a soffermarmi sugli impegni che chiediamo al Governo con questa mozione. Noi diciamo delle cose che altri dicono con parole molto più soft, con parole che più politicamente attengono alla volontà di sostenere il Governo, ma che nulla hanno a che vedere con la sostanza, con gli impegni e la declinazione in termini politici e istituzionali del nostro Governo, rispetto ai partner europei e internazionali.
Mi limito a dire che chiediamo che il Governo si impegni a sostenere con determinazione nelle opportune sedi internazionali, in particolare proprio in vista del prossimo vertice NATO di maggio 2012 e, quindi, in questi giorni, un'intesa sul disarmo nucleare che sia giuridicamente vincolante come lo sono i Trattati che già proibiscono le armi chimiche e biologiche (non è vero, né nulla è scontato, e lo chiediamo noi in questo caso); a sostenere gli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite nel delicato compito di portare allo stesso tavolo negoziale, attraverso la convocazione della citata conferenza, tutti i Paesi di un'area ad alta tensione, come quella mediorientale, per affrontare un tema altamente controverso come quello delle armi nucleari, chimiche e biologiche; a valutare se l'attuale regime delle basi e delle istallazioni americane sopra citate sia ancora compatibile con il mutato assetto dei rapporti internazionali, soprattutto dopo le dichiarazioni del Presidente Obama al vertice di Seul; a rendere noto il sistema della «doppia chiave» e a ritirare la riserva interpretativa al I protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce Pag. 6che il I protocollo non si applica alle armi nucleari; a farsi portavoce e promotore durante il summit di Chicago della necessità, riaffermata da più parti, di procedere a un più stretto controllo degli armamenti, al disarmo e alla non proliferazione intesi come base fondamentale per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionali, valutando la possibilità di avviare maggiori e mirati controlli sulle banche, sulle società di intermediazione mobiliare, sulle società di gestione del risparmio, sulle società di investimento a capitale variabile, nonché sugli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107, comma 1, del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, sulle fondazioni bancarie e sui fondi pensione che finanziano la produzione e il commercio di armi nucleari.
Qual è il tema che impedisce al Governo di trovare unitarietà dentro l'Aula rispetto a questo problema? Il tema è politico: il Governo in questo caso, insieme a chi lo sostiene, cerca la divisione e non la condivisione, perché il Governo, se è d'accordo sui contenuti e le cose che abbiamo scritto, perché non potrebbe essere altrimenti, avrebbe dovuto dire: troviamo un'intesa perché l'Italia si presenti unita almeno dentro il recinto parlamentare rispetto a questi temi, che non sono di pertinenza ed appartenenza solo vostra. Dovete rispondere e respirare la stessa aria, la stessa sensazione, la stessa eticità che c'è in questo Paese.
Avete perso una grande occasione, perché in questa mozione dell'Italia dei Valori vi è lo sforzo di rappresentare interamente il Paese. E guardate: rispetto a questi temi non c'è un posto nel quale si può discutere senza che lo sappia il Parlamento, non ci sono elementi tecnici che dicono che possono espropriarci di funzioni e di prerogative istituzionali e politiche, perché sono altri i contesti e sono quelli tecnici. No: tutto deve passare attraverso il Parlamento e tutto lo si deve sapere prima, affinché il Governo vada a rappresentare, nella sua disponibilità, con l'intervento del Parlamento, le decisioni di uno Stato e non di se stesso; non può essere autoreferenziale e tirarsi dietro la maggioranza per quella che c'è e per quella che può rappresentare.
Si perde una grande occasione, perché noi in questo caso abbiamo perso la possibilità di trovare una bussola come nazione e come Stato, perché noi abbiamo degli interessi specifici e siamo ancora una volta subordinati ad alcune scelte che nulla hanno a che fare con il Trattato di non proliferazione nucleare che vorremmo in qualche modo, dal punto di vista formale, smontare e riportare ad un contesto di pacificazione e di disponibilità.
Credo che quello che si è fatto oggi non è una bocciatura rispetto agli interessi e alle prerogative dell'Italia dei Valori, è una bocciatura degli interessi e delle prerogative del Parlamento e della comunità nazionale, perché qui le cose scritte e dette in un certo modo sono le stesse che hanno detto gli altri colleghi. Allora c'è un pregiudizio rispetto alle argomentazioni che noi portiamo, perché sono pertinenti ed in linea con l'Unione europea ed anche pertinenti ed in linea con quanto detto anche dal Presidente Obama e da Medvedev a suo tempo, quando si diceva che bisognava rafforzare e rendere in qualche modo «il mondo più sicuro» e realizzare una «nuova era»; quindi, argomentazioni che noi abbiamo portato in quest'aula attraverso questa mozione.
Forse sbagliamo nei modi, ma è la sostanza quella che conta. Non c'è modo di farvi capire e sentire che c'è un mondo che sta cambiando veramente, che vuole sicurezza, vuole pace e vuole che ci siano degli interventi concreti e importanti e non vi state curando assolutamente di quello che sta succedendo nell'area mediorientale: questa è la cosa grave. Vi state limitando a dire che politicamente, ideologicamente e demagogicamente bisogna bocciare una proposta che è uguale a quella degli altri partiti in quest'aula ed è pienamente in sintonia con la comunità nazionale e anche e soprattutto con la comunità europea. Pag. 7
Si è persa un'occasione, e voi continuate a pensare che, in questo modo, si possa rispondere ai problemi legati al terrorismo e agli attacchi ai Paesi, con proposte che sono proposte a metà e che non racchiudono il senso dei Paesi né la volontà di molta gente di trovare pace, sicurezza e stabilità internazionali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Credo che quest'occasione persa porterà l'Italia, in quel contesto, ad essere rappresentata in maniera dimezzata e non totalmente rappresentativa, non degli interessi del gruppo dell'Italia dei Valori, bensì degli interessi di un'intera comunità; interessi che si riconoscono anche attraverso l'Italia dei Valori, ma anche e, soprattutto, attraverso una sensibilità che si richiama direttamente alla nostra Costituzione e a quelle iniziative e prerogative che sono proprie di quest'Aula, che andrebbero da parte vostra salvaguardate, tutelate e anche, in qualche modo, rese note e valorizzate.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Stanislao, ha proprio consumato tutto il tempo a sua disposizione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa, al quale chiedo, contestualmente, se accetti la riformulazione proposta dal Governo. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, dirò subito che il gruppo di Popolo e Territorio accetta la riformulazione, come proposta dal Governo, della nostra mozione. Mi limiterò soltanto ad indicare alcuni elementi che compaiono in questa mozione articolata, che per noi costituiscono un elemento assolutamente imprescindibile, sul quale, ovviamente, il Governo ha concordato.
Innanzitutto, vorrei svolgere una premessa: riteniamo davvero strategico ed importante l'appuntamento di Chicago del mese di maggio, perché, in quella sede l'Italia potrà tornare ad essere, se lo vuole, davvero protagonista per definire alcune politiche dal punto di vista strategico estremamente importanti.
Credo che vi siano almeno due elementi sui quali il ruolo dell'Italia può essere decisivo: intanto, la sua collocazione geografica, cioè il fatto che il Mediterraneo, per una serie di questioni, che sono a tutti note, è diventato nevralgico per quanto riguarda la politica militare e il contesto delle posizioni che i vari Paesi debbono assumere per rafforzare il ruolo dell'Europa. Il Mediterraneo - tutti lo sanno - è l'area più esposta anche alle modifiche che sono intervenute nel campo del terrorismo internazionale e che sono connotate anche da fermenti di stampo religioso, che incutono ancora di più preoccupazione e determinano ancora di più l'importanza di questo appuntamento.
Noi ci aspettiamo molto dall'appuntamento di Chicago, nel convincimento che in quella sede si possano rimuovere anche le apatie e le inconcludenze che sono scaturite dal vertice di Seul, dove, sul piano dei principi generali, vi era una concordanza, mentre, sul piano dell'effettività, vi è stato un ritardo sostanziale anche da parte di quelle che vengono considerate normalmente le grandi potenze.
L'Italia può essere decisiva anche nel ruolo di un recupero di un dialogo importante tra la Russia e gli Stati Uniti, proprio in termini strategici per quanto riguarda il posizionamento dei missili all'interno di questo scacchiere. L'argomento in questione è rimasto irrisolto, tuttavia, se non verrà risolto, rischierà di diventare una petizione di principio la richiesta che viene portata, anche in maniera unanime da parte del Parlamento italiano, di una riduzione delle armi nucleari. Credo che sia un passaggio decisivo: noi siamo nelle condizioni non solo di poter esprimere una posizione, ma di portare tutti a riflettere intorno a questo nodo importante.
Tra l'altro, a Seul, fu evidenziata anche la necessità che gli Stati intervenissero per aumentare fortemente il controllo dell'uranio altamente arricchito e del plutonio. Noi sappiamo che vi è un rischio oggettivo collegato al traffico illecito di tali materiali radioattivi. Si tratta, anche in questo caso, di fare in modo che lo Pag. 8smantellamento, che alcuni Paesi, per la verità, hanno avviato, sia portato a conclusione. Noi, oggi, sappiamo che la stessa Russia ha ridotto di 48 tonnellate la quantità di uranio arricchito e gli Stati Uniti di 7 tonnellate, ma noi dovremo arrivare a far sì che questo elemento di graduale e progressivo alleggerimento di tale presenza aumenti con grande costanza. Ciò per arrivare davvero a creare le condizioni di pace e di garanzia per tutti i popoli.
Un'ultima considerazione sulla quale vogliamo puntare l'attenzione - e che sta all'interno della nostra mozione - è che il Governo in qualche modo attribuisca sempre di più all'Agenzia internazionale per l'energia atomica una maggiore funzionalità.
Non vi è dubbio, infatti, che, per rendere questa struttura effettivamente efficiente nel suo ruolo di controllo, come deciso tra l'altro anche dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, occorre assumere iniziative correlate da parte degli Stati, in modo che questo obiettivo sia l'elemento fondamentale su cui puntare che far sì che vi sia un'unicità di intenti.
Chicago è un appuntamento assolutamente imprescindibile. Se l'Italia si avvarrà anche della forza che il Parlamento sta dando a questo Governo, credo che ne potremo uscire sicuramente rafforzati come immagine a livello internazionale, ma soprattutto anche l'Europa ne potrebbe uscire rafforzata (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO PAGLIA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto e dichiaro il voto favorevole di Futuro e Libertà per il Terzo Polo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Onorevole Paglia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,40).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico con registrazione dei nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di venti minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, devo annunciare il voto favorevole dell'Unione di Centro a questa mozione che cerca di affermare principi di progressiva dismissione degli apparati missilistici con le caratteristiche nucleari per assecondare un processo di carattere internazionale che punta, non solo ad un'eliminazione dei rischi connessi a tali strumenti bellici, ma anche a favorire un miglior rapporto tra i Paesi dell'Alleanza atlantica e l'ex Unione sovietica.
Tutti sappiamo, infatti, che queste postazioni missilistiche nucleari si misurano e sono riferibili ad un periodo ormai passato, che è quello della guerra fredda tra il mondo occidentale e l'ex Unione sovietica.
Adesso che questo scenario politico-strategico si è profondamente modificato, è giusto porsi la questione di una progressiva e graduale dismissione di tali arsenali missilistici, con la speranza che si possa addirittura addivenire, in epoche più prossime, ad una totale dismissione, sempre accompagnata dal famoso scudo spaziale, il quale consentirebbe una protezione dei Paesi e, quindi, una garanzia della sicurezza internazionale rispetto ad ipotetici attacchi provenienti da Paesi che non si Pag. 9riconoscono né nell'ambito dell'Alleanza atlantica e che neppure rispondono alla Russia e, quindi, a questa potenza che si schiera in chiave antagonistica.
Noi parlamentari italiani che partecipiamo all'Assemblea parlamentare NATO abbiamo più volte posto questo problema.
Devo dire che anche la mozione che oggi andiamo a discutere è stata, ovviamente con formulazioni diverse, ma nella sostanza, già approvata nella sede della Commissione difesa e poi nella sede assembleare dell'Assemblea parlamentare NATO con un vasto consenso. Quindi, ci sembra assolutamente naturale invitare il Governo a proseguire su questa strada, pur rendendoci conto che in questa delicata questione bisogna procedere sviluppando e migliorando i rapporti politici tra i Paesi dell'Alleanza Atlantica e la stessa Russia che, voglio ricordare, partecipa, non come facente parte, ma come osservatore, all'Assemblea dei Paesi della NATO.
Ora, è importante la progressività anche se gli arsenali sono di diverso peso; quello riferito alla Russia, all'ex Unione Sovietica ha una maggiore consistenza; quello occidentale ne ha una minore; però, il problema può benissimo non essere misurabile in termini quantitativi ma piuttosto in termini di efficacia a carattere difensivo.
Noi diamo con molto piacere il voto favorevole a questa mozione sottoscritta anche dal collega Pezzotta per il nostro gruppo, però debbo anche aggiungere le nostre forti perplessità sulla mozione presentata dal collega Di Stanislao dell'Italia dei Valori che, sostanzialmente, chiamerebbe l'Italia a svolgere un compito che non gli è proprio, tanto per il ruolo che l'Italia svolge nel consesso, nell'ambito dell'Alleanza Atlantica, quanto perché l'Italia è uno dei possibili bersagli rispetto a un potenziale che ancora è in essere. Credo che l'Italia non debba fare la prima della classe ma debba, semplicemente, assecondare un processo virtuoso che deve portare a un progressivo scongelamento dei rapporti ma anche ad una progressiva dismissione di questi strumenti bellici un po' anche antiquati, diciamolo francamente. Tutto ciò in attesa che ci siano forme di carattere difensivo a terra o di tipo spaziale più efficaci e più efficienti dell'attuale arsenale.
Questo è il nostro auspicio, per cui annuncio il voto favorevole a questa mozione e il voto contrario a quella presentata dall'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, discutiamo oggi una serie di mozioni presentate da tutti i gruppi sul tema del disarmo nucleare che sarà affrontato nel vertice NATO di Chicago nel prossimo fine settimana. Questo è un vertice importante, nel quale i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica sono chiamati a dare seguito concreto agli impegni assunti a Lisbona nel 2010. Il disarmo non è l'unico tema del vertice, certamente, ma lo riteniamo tra i più importanti, oggi, dopo che i più importanti Paesi partner, segnatamente quelli dotati di armi nucleari come gli Stati Uniti e il Regno Unito, hanno riveduto profondamente le proprie politiche di armamento nucleare e, insieme alla Russia, sicuramente, sono destinati a condizionare la posizione al riguardo dell'Alleanza stessa che non possiede armi nucleari proprie.
Come la nostra mozione ha voluto sottolineare in premessa - dilatando un po' la ricostruzione storica con lo scopo di trasmettere un quadro di riferimento chiaro e comprensibile anche fuori dal Parlamento, su un tema poco conosciuto nei dettagli, ma che colpisce molto la sensibilità collettiva - la tematica del disarmo e della proliferazione nucleare, contrariamente a quanto si ritiene comunemente, è ben chiara ai Paesi e alle organizzazioni internazionali fin dai primi anni dell'era nucleare, tanto che una risoluzione per l'utilizzo nucleare esclusivamente a scopi pacifici e per lo stop ad Pag. 10ulteriori acquisizioni di armamenti venne votata dall'ONU già nel gennaio del 1946; all'indomani, quindi, del primissimo impiego del nucleare in chiave bellica durante la seconda guerra mondiale.
È stato chiaro a tutti da subito (scienziati, tecnici, politici e militari) che questo strumento andava gestito in chiave multilaterale e con il preciso obiettivo di limitarne o evitarne l'impiego. A livello internazionale si è, pertanto, cercato di coordinare la ricerca e l'industria nucleare perché, per la stessa natura di questi armamenti, non è possibile preventivarne la dismissione unilaterale senza considerare le conseguenze che una loro riduzione non bilanciata può provocare sugli equilibri internazionali. Ha assunto, cioè, sempre più peso la concezione del possesso di armi nucleari in chiave deterrente, non aumentando il numero di Paesi che se ne dotavano - il nostro, ad esempio, non lo ha mai fatto -, ma costruendo un ombrello in seno alla NATO che avrebbe protetto anche gli altri membri.
Questo, tuttavia, è reale solo per un certo insieme di attori internazionali. Un vero disarmo nucleare è possibile solo in un contesto davvero mondiale, che veda una pari assunzione di impegno da parte di tutti i Paesi già dotati di armi atomiche o che aspirino ad acquisirne. Qualunque iniziativa asimmetrica vanificherebbe ogni evento deterrente, con l'effetto perverso di rafforzare proprio la posizione di chi non accetta le regole condivise.
Dopo la corsa agli armamenti, nel periodo della guerra fredda si è da tempo avviata una stagione internazionale di dialogo positiva sul tema, a partire proprio dalle due principali potenze che hanno contribuito fattivamente alla conclusione del Trattato di non proliferazione del 1968: oggi stanno conducendo una revisione ciascuna delle proprie prospettive strategiche e hanno firmato tra loro il Trattato New START dell'8 aprile del 2010 a Praga, sulla scia di quanto fatto e richiesto a loro volta dalle principali potenze nucleari riconosciute.
Anche l'Alleanza atlantica, come abbiamo detto in apertura, sta rivedendo la propria politica riguardo alle armi nucleari, con un processo di revisione iniziato nel 2010 a Lisbona e che si concluderà, ci auguriamo, con l'assunzione di decisioni concrete al vertice del prossimo 20-21 maggio a Chicago.
In questo clima positivo, a nostro avviso, che si sta affermando in ambito occidentale, con USA e Federazione russa che hanno già assunto impegni forti e coerenti in direzione del disarmo, non possiamo però non tenere nella dovuta considerazione che altri Stati oggi mantengono e forse stanno sviluppando armi nucleari al di fuori del TNP e di qualunque altro dialogo internazionale.
Ricordiamo che non aderiscono al Trattato di non proliferazione Israele, India, Pakistan, Corea del nord, Paesi che di fatto possiedono armi nucleari, destinati ad avere peso ed ambizioni crescenti nello scenario internazionale e la cui posizione esterna al Trattato di non proliferazione crea perlomeno legittima preoccupazione su come tali armamenti vengano o verranno gestiti.
Un problema aggiuntivo è rappresentato dalla circostanza che le conoscenze tecnologiche richieste per produrre ordigni nucleari sono le stesse indispensabili alla produzione di energia elettronucleare. Proprio per questo è importante il regime di penetranti controlli che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica garantisce in ottemperanza alle previsioni del Trattato di non proliferazione nucleare e dei rispettivi accordi bilaterali sulle salvaguardie tra l'Agenzia e i singoli Stati.
L'Agenzia, a nostro avviso, deve essere compattamente sostenuta dai Governi e deve avere sempre maggiori poteri di accesso e di intervento per verificare se ci sia l'impiego di materiale nucleare a scopo militare, attraverso un vero potere di ingresso e di ispezione, anche non concordata con gli Stati interessati, prefigurando altresì un'estensione dei suoi poteri anche ai Paesi non firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare.
Per questi motivi, la nostra mozione vuole impegnare il Governo a farsi promotore di una strategia che, oltre a riforme Pag. 11interne alla strategia nucleare della NATO e al rafforzamento del TNP, tenga in primaria considerazione la necessità imprescindibile di rafforzare il regime globale di non proliferazione e di un disarmo basato sul Trattato di non proliferazione nucleare, puntando ad includere nello stesso il maggior numero di Paesi a livello mondiale.
Senza una visione veramente mondiale, qualunque politica di disarmo è parziale, zoppa e anche pericolosa perché altera l'equilibrio basato sulla deterrenza. Siamo naturalmente d'accordo a sostenere, al pari di altre mozioni presentate oggi, l'opportunità di procedere nel corso del prossimo vertice e, in futuro, in ambito NATO sulla politica di disarmo concertata con gli altri Stati membri e nel quadro negoziale con la Federazione russa sul controllo degli armamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, è stato già ricordato il fatto che questa discussione e la votazione di queste mozioni avvengono in un momento particolarmente tempestivo. Il prossimo fine settimana si terrà a Chicago un vertice NATO tra i più importanti per l'Alleanza atlantica e per gli scenari globali nel complesso. Sicuramente l'attenzione, il focus dell'opinione pubblica e anche dei Capi di Stato e di Governo che saranno presenti al vertice sarà forse più incentrato sugli altri temi in agenda. Penso, in particolare, alla questione dell'Afghanistan e anche alla revisione complessiva in materia sia di armi convenzionali sia missilistiche, non sono nucleari.
Quindi, sicuramente ci sarà molta discussione su altri punti all'ordine del giorno dell'agenda del vertice di Chicago, ma il vertice di Lisbona del 2010, l'ultimo vertice NATO, ha lasciato un capitolo aperto per la decisione degli alleati, ovvero la revisione complessiva della policy, la posture nucleare dell'Alleanza.
È un tema particolarmente sensibile. È inutile ricordare quanto il rischio nucleare sia ancora vivo e drammatico per il mondo. È quindi importante che i nodi che a Lisbona erano stati lasciati aperti e irrisolti vengano affrontati, si provi ad affrontarli nel vertice di Chicago attraverso ovviamente dinamiche di consenso all'interno dell'Alleanza, e non con iniziative unilaterali, ma con un risultato che, seppur limitato appunto da questo gesto di consenso, però sia chiaramente leggibile da parte sia dei partner dell'Alleanza sia degli altri Paesi che dell'Alleanza non fanno parte.
È importante anche che il vertice di Chicago in materia nucleare, seppure arrivando ad una soluzione di compromesso sulle politiche nucleari, lasci comunque aperta una finestra di opportunità che si è aperta con il discorso del 2009 di Praga sotto la Presidenza di Obama. In questo 2012, anno elettorale, di passaggio di leadership, per le principali potenze nucleari (pensiamo alla Francia, agli Stati Uniti, alla Russia stessa, alla Cina), è difficile che ci sia un passaggio fondamentale sulle politiche nucleari. Tuttavia, sicuramente il vertice di Chicago può lasciare almeno aperta la strada per ulteriori passi in avanti che siano concreti nella direzione del raggiungimento di quell'obiettivo di eliminazione delle armi nucleari dalla faccia della terra che è - per citare le parole del Presidente Obama - non soltanto un obiettivo reale, ma anche un obiettivo concreto effettivamente perseguibile.
Quindi, questa mozione, che ha avuto il sostegno da quasi tutte le componenti politiche e i gruppi presenti in quest'Aula, si propone, da una parte, di sostenere l'impegno e l'attività del Governo nel suo percorso sui temi del disarmo e della non proliferazione nucleare. Il Governo italiano è sempre stato molto attivo soprattutto nel percorso della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione, ma anche, da ultimo, nel vertice di Seul sulla sicurezza nucleare l'Italia ha giocato un ruolo molto positivo. C'è una serie di dossier in questo settore su cui l'Italia ha una sua credibilità ed un suo Pag. 12impegno riconoscibile e questa mozione tende a rafforzare il profilo del Governo sotto questo punto di vista.
Dall'altro lato, però, la mozione si pone l'obiettivo di impegnare il Governo con un dispositivo anche molto dettagliato, molto netto e molto preciso su misure concrete e precise per rendere appunto effettivo l'impegno, a volte generico ma non poi realmente realizzato, di fare dei passi concreti per ottenere realmente il disarmo nucleare e la non proliferazione.
Innanzitutto la mozione impegna il Governo a sostenere, in ambito del vertice NATO, l'adozione di una declaratory policy in tema nucleare che sia almeno in linea con quella delle principali potenze nucleari dell'Alleanza stessa, cioè Stati Uniti e Gran Bretagna, ovvero che riduca il ruolo e il valore delle armi nucleari nella strategia di difesa complessiva dell'Alleanza, in particolare delle armi nucleari tattiche, affermando che lo scopo fondamentale delle proprie armi nucleari è quello della deterrenza dell'uso della armi nucleari da parte di altri Paesi.
In secondo luogo, il dispositivo della mozione impegna il Governo ad affrontare il tema delle armi nucleari tattiche presenti sul territorio europeo, innanzitutto per ridurre il loro ruolo. È ormai evidente a tutti che sono armi che non servono militarmente a garantire la sicurezza e, anzi, rappresentano il rischio che possano essere collocate in siti in qualche modo accessibili a organizzazioni o reti terroristiche, enti non statali. Vi è il rischio che, per errore o incidente, ci possa essere un incidente nucleare collegato alla presenza di queste armi sul territorio europeo e che rende evidente un fatto: sul tema delle armi nucleari tattiche presenti sul territorio europeo e presenti (per quanto ufficialmente non lo si possa dire) sul territorio italiano non esiste l'idea di un mantenimento dello status quo. Mantenere lo status quo, di fatto, significa investire risorse umane ed economiche per garantire la messa in sicurezza e l'aggiornamento di queste armi nucleari che sono di per sé inutili in un contesto militare.
Quindi, in un momento di tagli ai bilanci della difesa molto consistenti non soltanto in Italia, ma anche negli altri paesi dell'Alleanza atlantica, è evidente che investire sul mantenimento, la messa in sicurezza e l'aggiornamento di armi che non sono di per sé strategiche e fondamentali per la difesa e la sicurezza delle nostre popolazioni si configura sicuramente come, nella migliore delle ipotesi, uno spreco. Per usare un termine in voga proprio in vista del vertice NATO, non sono smart e non è smart investire nel loro mantenimento.
Sulle armi nucleari tattiche sul territorio europeo la mozione impegna anche il Governo a contribuire in sede di Alleanza a sostenere tutti quei piani che concretamente possono proporre, se sostenuti anche dagli altri alleati in modo unanime, di ridurre ulteriormente il numero di armi presenti sul territorio europeo. C'è una proposta firmata da molti esponenti ex ministri anche militari di ridurre del 50 per cento le armi nucleari statunitensi presenti sul territorio europeo. Qualsiasi piano che punti ad una riduzione concreta e ovviamente concordata di queste armi sul territorio europeo pensiamo che vada sostenuta concretamente anche dal Governo italiano.
Il terzo impegno è di mantenere la prospettiva della concreta eliminazione delle armi nucleare tattiche dal territorio europeo e il sostegno a piani concordati e concreti. Penso, ad esempio, al piano avanzato da Sam Nunn per un rientro in cinque anni delle armi nucleari tattiche statunitensi in territorio americano. Quindi, occorre cercare di risolvere questo problema che obiettivamente ormai è un lascito della guerra fredda, ma che non serve ai nostri sistemi di difesa e di relazioni internazionali. Crediamo che la NATO sia un'alleanza sufficientemente solida da poter fare a meno di appoggiarsi su questo strumento di burden sharing.
In terzo luogo, la mozione impegna il Governo ad aumentare le misure di trasparenza. Crediamo che questo sia fondamentale: l'ideale sarebbe arrivare al superamento della cosiddetta secrecy policy, il Pag. 13principio secondo il quale l'Alleanza atlantica non può né confermare, né negare la presenza di armi nucleari tattiche in alcune delle basi presenti sul territorio europeo. Capiamo che questo non è il momento maturo per arrivare a questo tipo di decisione, però crediamo (e impegniamo il Governo ad agire su questa strada) in un incremento costante e sostanziale delle misure di trasparenza relative alle armi nucleari e alle politiche nucleari.
Infine, gli ultimi tre impegni sono: sostenere con maggiore convinzione e impegno il dialogo NATO-Russia, realizzare pienamente gli impegni assunti con la Conferenza di revisione del trattato di non proliferazione e la formazione sui temi del controllo degli armamenti, della non proliferazione e del disarmo nucleare del corpo diplomatico e del corpo militare, per fare in modo che effettivamente anche chi opera bilateralmente o multilateralmente con questo tema abbia il dovuto e doveroso sostegno anche di contenuti.
È necessario, quindi, con questo voto che crediamo possa essere molto forte, trasversale e ampio di quest'Aula, dare al Governo insieme forza nella sua posizione e presenza al vertice NATO di Chicago e dare insieme indicazioni chiare, puntuali e precise nella direzione del disarmo e della non proliferazione nucleare con scelte concrete, non soltanto con dichiarazioni di principio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato La Malfa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il summit NATO di Chicago, oltre alle prospettive delle funzioni della NATO e al ruolo di fondo da svolgere, legato alla difesa collettiva, dovrà affrontare temi estremamente attuali che generano forte preoccupazione: lotta alla pirateria marittima, lotta al terrorismo internazionale, contrasto alle cyberwar, la soluzione del conflitto afgano e la sua progressiva afganizzazione e anche la questione della proliferazione delle armi di distruzione di massa, in particolare per le armi nucleari, la non proliferazione e la loro riduzione.
Al vertice di Seul sulla sicurezza nucleare si è ribadito, con forza, la volontà di mettere in atto una solida azione di cooperazione internazionale contro il terrorismo nucleare, che è una delle più gravi minacce per la sicurezza mondiale. Si è detto che superare la minaccia del terrorismo nucleare richiede un intervento forte a livello di cooperazione nazionale e internazionale, a causa delle sue potenziali conseguenze politiche, economiche, sociali e di natura psicologica.
Dunque, oltre al terrorismo nucleare, la comunità internazionale si è impegnata ad affrontare anche i temi nucleari del disarmo e della non proliferazione che, peraltro, sono presenti nell'agenda politica internazionale da tempo e, in particolare, successivamente alla fase della cosiddetta guerra fredda.
Però, dopo gli accordi USA-Russia, avvenuti a Praga nell'aprile 2010, poco si è fatto mentre ora, nel 2012, si stanno preparando alcuni appuntamenti estremamente importanti. Si dovrà definire la possibilità di discutere sulla creazione, in Medio Oriente, di una zona esente da armi di distruzione di massa, una questione molto delicata e dibattuta.
A Chicago il vertice NATO del 21-22 maggio dovrà definire una posizione chiara nel settore della difesa e della deterrenza. L'impegno della NATO è quello di creare le condizioni per un mondo esente da armi nucleari ma, al tempo stesso, nel novembre 2010, a Lisbona, la NATO ha ribadito che fintanto che vi saranno armi nucleari nel mondo la NATO rimarrà un'alleanza nucleare.
Barack Obama, soprattutto con il suo discorso di Praga, ha voluto dare un segnale alla sua politica estera, esprimendo l'obiettivo di ridurre il ruolo delle armi nucleari. Sappiamo che in Europa, come hanno detto molti colleghi, in almeno cinque Paesi esistono tra le 100 e le 200 ANT, armi nucleari tattiche. Rispetto Pag. 14alle 2.500 esistenti in Europa nel 1991, indubbiamente si è fatto un percorso molto importante.
In realtà, si tratta di armi obsolete e anche costose, che per alcuni rappresentano un rischio per la sicurezza e un ostacolo per gli obiettivi di disarmo nucleare mondiale. Ma, al tempo stesso, alcuni le valutano come elemento di coesione del legame transatlantico e di deterrenza nei confronti di altre forze nucleari, anche se - bisogna sottolinearlo - la NATO oggi non ha più, come all'epoca della guerra fredda, un predeterminato Paese come obiettivo.
A Ginevra, in seno alla Conferenza per il disarmo, stanno proseguendo i negoziati per un accordo nucleare, ma le difficoltà rispetto al passato sono enormi. Questo fatto rende veramente preoccupante la situazione. Nuovi Paesi sono diventati detentori di armi nucleari rispetto al passato, caratterizzato da un ristretto gruppo. Vi sono India, Pakistan e Corea del Nord. Il recente tentativo di un missile a lunga gittata da parte della Corea del Nord deve particolarmente preoccupare circa la proliferazione delle armi nucleari, come pure non può non preoccupare tutto il Medio Oriente - e non solo - la questione del nucleare iraniano. L'area mediorientale, come prima accennato, è oggetto di trattative da parte della Conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione nucleare, per essere zona libera da armi di distruzione di massa.
È veramente singolare, alla luce delle attuali preoccupazioni generate dall'Iran, che nel 1974 sia stato proprio l'Iran, in sede di Assemblea generale dell'ONU, a fare la prima proposta per un Medio Oriente non nucleare. Invece, l'Iran sta mettendo in atto una tattica dilatoria, finalizzata a prendere tempo per poter completare il suo programma di arricchimento dell'uranio. Ciò deve preoccupare molto non soltanto Israele, che è oggetto di minacce quotidiane da parte iraniana, ma anche l'Europa e, dunque, la NATO. L'embargo petrolifero europeo è uno strumento per scoraggiare i programmi nucleari iraniani e va, quindi, visto positivamente.
Per quanto riguarda Israele, sappiamo - anche se non l'ha mai ammesso ufficialmente - che possiede l'arma nucleare e questo è da considerare un elemento per essere un Paese finalizzato alla deterrenza nei confronti di Paesi vicini che non riconoscono lo Stato di Israele ed i suoi confini. Anche per questo Israele non ha mai aderito al TNP, ossia al Trattato di non proliferazione. L'Unione europea è costantemente impegnata a favore della non proliferazione nucleare ed un Medio Oriente senza armi nucleari rappresenta per l'Unione europea un obiettivo prioritario.
È dunque in questo contesto generale, signor Presidente, che avverrà il vertice NATO di Chicago, dove si dovranno approfondire le questioni della difesa e della deterrenza nel campo della strategia nucleare.
Nella mozione - ho quasi terminato - abbiamo chiesto che il Governo italiano si impegni a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali, a rilanciare lo spirito di Pratica di mare, facilitando la collaborazione ed il dialogo tra la NATO e la Federazione russa, a creare l'opportunità di misure di trasparenza da parte della NATO, in un quadro di reciprocità con la Federazione russa. A questo riguardo, riteniamo che la NATO debba prestare molta attenzione al fatto che il Presidente Putin non sia presente a Chicago. Si deve quindi rilanciare lo spirito ed il contenuto dell'attività del Consiglio NATO-Russia, così com'è avvenuto a Pratica di mare. Infine, abbiamo chiesto l'assunzione di una declaratory policy della NATO che indichi, come scopo fondamentale delle sue armi nucleari, la deterrenza dell'uso di armi nucleari da parte di altri, a sostenere l'opportunità di ridurre ulteriormente il numero di armi nucleari tattiche in Europa e a contribuire, in coerenza con gli obiettivi indicati dal vertice G8 de L'Aquila, ad una piena realizzazione degli impegni assunti a conclusione della conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del maggio 2010. Sono impegni Pag. 15che permetteranno all'Italia di svolgere un ruolo importante, finalizzato a ridurre le tensioni internazionali, per un mondo più sicuro. In tal senso, esprimo il voto favorevole del Popolo della Libertà alla mozione dello stesso gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Avverto che, ove venisse approvata la mozione Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971 (Nuova formulazione): il primo capoverso del dispositivo assorbirebbe il primo ed il quarto capoverso del dispositivo della mozione Pianetta ed altri n. 1-00993 (Nuova formulazione), il quarto capoverso del dispositivo della mozione Moffa ed altri n. 1-1004 ed il primo capoverso del dispositivo della mozione Ossorio ed altri n. 1-1009 (Nuova formulazione); il terzo capoverso del dispositivo assorbirebbe il primo capoverso del dispositivo della mozione Misiti ed altri n. 1-00988, il quinto capoverso del dispositivo della mozione Pianetta ed altri n. 1-00993 (Nuova formulazione) e parzialmente il quarto capoverso del dispositivo della mozione Ossorio ed altri n. 1-1009 (Nuova formulazione); il quinto capoverso del dispositivo assorbirebbe il sesto capoverso del dispositivo della mozione Pianetta ed altri n. 1-00993 (Nuova formulazione) e il quinto capoverso del dispositivo della mozione Ossorio ed altri n. 1-1009 (Nuova formulazione).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pagano, De Pasquale, Sposetti, Castagnetti, Delfino, Di Biagio, Boniver...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
477).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Stanislao ed altri n. 1-00987, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Golfo, Scilipoti, Tanoni, Goisis, Capodicasa, Stradella, Giorgetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 483
Votanti 290
Astenuti 193
Maggioranza 146
Hanno votato
19
Hanno votato
no 271).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Misiti ed altri n. 1-00988, nel testo riformulato e per le parti non assorbite, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 16

Onorevoli Gelmini, Goisis, Pes, Scilipoti, Cesario, Villecco Calipari, Mazzuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 485
Votanti 461
Astenuti 24
Maggioranza 231
Hanno votato
460
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dozzo ed altri n. 1-00989 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cassinelli, Marmo, Frassinetti, Capodicasa, Saltamartini, Ruggeri...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 483
Votanti 463
Astenuti 20
Maggioranza 232
Hanno votato
463).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pianetta ed altri n. 1-00993 (Nuova formulazione), per le parti non assorbite, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Di Pietro, Villecco Calipari, Gelmini, Razzi, Cesario, Lorenzin, Servodio, Aniello Formisano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 486
Votanti 465
Astenuti 21
Maggioranza 233
Hanno votato
465).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moffa ed altri n. 1-01004, nel testo riformulato e per le parti non assorbite, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Cicchitto, Vella, Mazzuca, Ghizzoni, Zeller, Villecco Calipari, Gelmini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 486
Votanti 466
Astenuti 20
Maggioranza 234
Hanno votato
465
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Patarino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Ossorio ed altri n. 1-01009 (Nuova formulazione), per le parti non assorbite, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Giachetti, Proietti Cosimi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 484
Votanti 462
Astenuti 22
Maggioranza 232
Hanno votato
462).

Pag. 17

Prendo atto che il deputato Patarino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

In ricordo dell'onorevole Grazia Riga (ore 13,20).

DORIS LO MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, colleghi, prendo la parola per ricordare brevemente Graziella Riga, mia concittadina, deputato della Repubblica nella VI e nella VII legislatura, scomparsa ieri a settanta anni. So che ieri il Presidente ha dato comunicazione in Aula della sua morte. Sento però il dovere di ricordarla anche oggi, mentre a Lamezia Terme, città in cui lei risiedeva fin da ragazza, provenendo dalla vicina Cortale, cui è rimasta sempre molto legata, è in corso la camera ardente.

PRESIDENTE. Aspetti un secondo, onorevole Lo Moro. Siccome stiamo ricordando una collega che è scomparsa, chiederei a chi deve uscire di farlo possibilmente in silenzio. Fa fatica anche il Presidente ad ascoltare. Per cortesia. Prego, onorevole Lo Moro.

DORIS LO MORO. Dicevo che a Lamezia è in corso la camera ardente, allestita nella sala consiliare del comune.
Graziella Riga è stata un'ottima professoressa, un riferimento per giovani di tante generazioni, colta, disponibile e generosa sempre. È stata eletta deputato giovanissima. È stata consigliere comunale, consigliere provinciale e presidente della commissione comunale per le pari opportunità. È stata una donna di sinistra: negli anni ha aderito al PCI, al PDS, ai DS e ultimamente a Sinistra ecologia e libertà. È stata molto legata ai suoi ideali politici, con un forte senso dell'appartenenza, con la capacità di rimanere amica di tutti, anche nei momenti più difficili e di maggiore tensione. È stata anche una bellissima donna, bella, raffinata ed intelligente. La sua era una bellezza aristocratica, naturalmente elegante, ma senza eccessi, con due occhi belli e sorridenti che comunicavano con immediatezza e puntualità i suoi sentimenti e le sue valutazioni. La sua storia si è intrecciata con la storia della Calabria e, in particolare, delle donne calabresi, un bell'esempio per i valori che ha testimoniato e per il suo stile signorile nella sua vita politica e personale. Per tanti di noi è stata un simbolo, oltre che un'amica, un riferimento e oggi è ancora di più una donna e un esempio di buona politica, di cui essere orgogliosi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

IDA D'IPPOLITO VITALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, intervengo per ricordare, nella solennità di questa Assemblea, l'onorevole Grazia Riga, deceduta ieri nella sua dimora a Lamezia, come ha riferito la Presidenza della Camera, che già ieri, nel darne comunicazione all'Aula, ribadiva la commossa partecipazione al dolore dei familiari.
Non voglio mancare oggi di affidare ai verbali della seduta, insieme al mio sincero rammarico per questa scomparsa, un breve, forse inadeguato, ricordo. Fu, giovanissima, nella VI e VII legislatura, deputato, tra le prime donne calabresi, probabilmente la prima della sua, della nostra, città, Lamezia Terme, ad entrare in Parlamento. Donna di sinistra, per convinzione e tradizione. La sua famiglia era annoverata tra quelle di veri intellettuali di sinistra, i cosiddetti puri, convinti testimoni di ideali, semi di un'idea della politica che, al di là di appartenenze o differenze, non si vorrebbe mai smarrita. Fu mia docente di greco nell'ultimo mio anno di liceo, al Francesco Fiorentino di Lamezia Terme, e ci ritrovammo colleghe qualche anno dopo, nello stesso, storico istituto cittadino che ci aveva accolto prima studenti e poi docenti. Pag. 18
La mia scelta politica, più tardi, distinta e diversa, non fu mai occasione di scontro o di pregiudizio. La sua intelligenza la rendeva rispettosa della differenza, nella forza delle proprie convinzioni. Fece dell'autonomia la cifra identitaria della sua vita, della sua professione, della sua modernità, in una stagione ancora in ritardo rispetto al protagonismo delle donne, ancor più fuori dalle mura. Graziella ha segnato la storia della nostra città, esaltata da quel ruolo di giovane deputato, fino ad allora privilegio esclusivo del mondo maschile. È morta nel silenzio solitario della sua casa, non lascia marito o figli, ma l'eredità di affetti generata dalla sua vivacità ed onestà intellettuale, dalla sua seria formazione culturale, dalla facilità di approccio, dall'umanità, dalla calda umanità donata ad allievi, ad amici, alla politica. La ricorderò nella bellezza della sua prima giovinezza, che il suo tempo adulto, comunque ben vissuto, non può cancellare, almeno nella memoria di chi l'ha conosciuta ed apprezzata (Applausi).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, brevemente così come hanno fatto le colleghe Lo Moro e D'Ippolito Vitale, voglio ricordare l'onorevole Grazia Riga. Credo che la sua personalità, quello che ha fatto siano stati ampiamente e sufficientemente tratteggiati dalle colleghe a cui mi riferivo poc'anzi.
Voglio semplicemente consegnare una riflessione a quest'Aula. Con Grazia Riga avevamo posizioni diverse e opposte. La ricordo da segretario regionale della Democrazia Cristiana, quando tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana c'erano degli scontri a volte infuocati, ma Graziella Riga seppe anche precedere e prevedere il futuro, in un rapporto umano sempre più intenso, dove la differente posizione anche di carattere politico non doveva essere equivocata, non doveva compromettere il rapporto di amicizia e di solidarietà, e soprattutto quando l'impegno trovava anche un comune denominatore, quello della difesa degli umili e dei deboli, e soprattutto auspicava uno sviluppo sereno e armonico per quella nostra terra di Calabria (per Lamezia Terme, per Catanzaro, per tutta la Calabria).
Voglio ricordare Graziella Riga come un momento importante della mia vita, un rapporto intenso, produttivo, come dovrebbe essere anche oggi, dove si vivono situazioni e vicende molto rarefatte. Ci fu in quell'occasione un rapporto umano, dove l'uomo certamente prevaleva rispetto alle miserie, sia pur da posizioni opposte, posizioni politiche che certamente dovevano essere condotte con grande forza, con grande determinazione e con grande incisività. Ecco, la voglio ricordare in questo momento con grande rispetto, con grande dolore, e con grande partecipazione al cordoglio della famiglia (Applausi).

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.

CARMEN MOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta a due mie interrogazioni, una del 4 febbraio 2010, la seconda del 16 dicembre 2011, aventi ad oggetto entrambe l'associazione CasaPound. A queste due interrogazioni né il Governo precedente né l'attuale hanno mai risposto, nonostante siano successi fatti gravi. Il primo, nel dicembre 2011 esponenti dell'associazione CasaPound di Parma avevano distribuito davanti ad alcune scuole superiori della città un volantino che riportava invettive pesantissime nei confronti dell'Associazione nazionale partigiani, nelle quali affermazioni si proponeva un parallelismo tra l'assassinio del raìs libico Gheddafi e i fatti di piazzale Loreto, e si liquidava la resistenza come raffiche di mitra, violenze e stupri.
Una posizione davvero inaccettabile che è stata fortemente stigmatizzata dalle associazioni partigiane di Parma e da tutta Pag. 19la cittadinanza. In queste due interrogazioni chiedevo al Governo se non era il caso di approfondire la questione e, visto che in tante città italiane, non solo a Parma, cittadini e comitati avevano dato vita a manifestazioni antifasciste chiedendo la chiusura delle sedi di Casapound, se il Governo, appunto, voleva prendere posizione su questa situazione.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, mi scusi, un attimo solo. Perché intervengo sollecitando le interrogazioni? Perché sabato 12 maggio, intorno alle ore 20, vi è stata un'aggressione ai frequentatori del circolo «Minerva», nel quartiere Montanara, da parte di militanti di Casapound. Credo che questa sia una situazione davvero intollerabile per una città medaglia d'oro della Resistenza e, quindi, alla luce di questi fatti che si sono succeduti nel tempo, considero davvero incompatibile la presenza di questo circolo con la città di Parma. Chiedo, quindi, signor Presidente, che il Governo si faccia interprete di questa mia richiesta venendo innanzitutto a rispondere alle precedenti interrogazioni e preannuncio che presenterò un'ulteriore interrogazione specifica su questo ultimo avvenimento. La prego, signor Presidente, davvero, di farsi interprete di questa mia richiesta perché le interrogazioni sono ormai datate.

PRESIDENTE. Onorevole Motta, la Presidenza si attiverà ovviamente nel senso da lei richiesto.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,30).

MARIO PEPE (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, sarò brevissimo. Vorrei sollecitare la Presidenza perché, da parte del Ministro della giustizia, ci sia una relazione persuasiva e anche articolata in ordine all'istituzione e all'ubicazione della Scuola di magistratura. Lei ricorderà che qui già si è svolto un dibattito tra Scilla e Cariddi, cioè tra Benevento e Catanzaro, ribadendo che la provincia di Benevento, in attuazione di atti, documenti e decreti, aveva predisposto logisticamente i locali. Atti predisposti e determinati dal Ministro di giustizia del tempo. Improvvisamente sappiamo che su Benevento, per quanto riguarda la Scuola di magistratura, non si decide alcunché. È un argomento serio per evitare anarchismi e per evitare di ribadire una considerazione storica che le scelte avvengono da Roma a salire dimenticando il Mezzogiorno d'Italia e, in modo particolare, la città di Benevento.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, sicuramente alcuni di noi sono al corrente del fatto che nel carcere di Lecce, tra la notte di sabato e domenica scorsa, è deceduto un detenuto di origine rumena, Pop Virgil Cristria, di 38 anni, dopo aver condotto uno sciopero della fame per cinquanta giorni. Ma non è tanto su questa ennesima morte per carcere che intervengo, quanto sulle parole pronunciate dal vicedirettore del carcere di Lecce nella giornata di ieri, Giuseppe Renna, che ha parlato dell'esistenza di trenta o, forse, quaranta persone in sciopero della fame nelle stesse condizioni di Pop Virgil Cristria. Credo che queste siano parole di una massima gravità rispetto alle quali chiedo che il Ministro della giustizia venga, con la massima urgenza, a riferire in quest'Aula (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

LUCA SANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA SANI. Signor Presidente, lo scorso venerdì si è spento l'appuntato dei Pag. 20carabinieri Antonio Santarelli a seguito delle violente percosse subite nel rave party del 25 aprile 2011.
Quella di Antonio Santarelli è stata una lunga agonia a seguito di un tragico evento che ha colpito l'intera opinione pubblica nazionale e, in particolar modo, la comunità della provincia di Grosseto. La Camera tra l'altro ha avuto modo, in occasione di quel tragico evento, di ricordare il sacrificio dei due carabinieri cui credo oggi si debba rinnovare il sentimento di cordoglio per questo epilogo, seppur prevedibile, molto tragico. Le chiederei dunque di rinnovare il cordoglio alla famiglia: il Santarelli perde la vita lasciando la moglie e un figlio di 14 anni e, nello stesso tempo, di rinnovare la vicinanza all'Arma dei carabinieri.

PRESIDENTE. Onorevole Sani, la Presidenza si attiverà nella direzione da lei richiesta.

Annunzio della nomina di un sottosegretario di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato la seguente lettera, pervenuta in data 14 maggio 2012:
«Onorevole Presidente, informo la S. V. che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri il prefetto dottor Giovanni De Gennaro. Con vivi ossequi, firmato: Mario Monti».

Sospendo ora la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 5178.

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Boniver, Cicchitto, Cirielli, Commercio, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Fava, Franceschini, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Jannone, Lucà, Lusetti, Migliavacca, Milanato, Misiti e Moffa sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3221 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Approvato dal Senato) (A.C. 5178).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Ricordo che nella seduta del 14 maggio 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunziato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di Pag. 21conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 5178), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 5178).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 5178).
Avverto che le Commissioni V (bilancio) e I (affari costituzionali) hanno espresso i prescritti pareri, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 5178).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, non previamente presentate in sede referente: Scilipoti 1.103, che, pur facendo riferimento all'Osservatorio sull'erogazione del credito di cui all'articolo 1 del provvedimento, è volto ad attribuirgli poteri e competenze del tutto nuovi, così comportando una radicale modifica della natura giuridica e delle finalità di tale organismo come definito dal provvedimento in esame; Scilipoti 1.106, che reca misure in materia di determinazione del tasso di interesse usurario, nonché di pubblicità delle condizioni dei contratti bancari; Fugatti 1.108, che prevede, al fine di agevolare il pagamento dei debiti tributari delle imprese in difficoltà, una verifica su tutto il territorio nazionale delle posizioni debitorie più critiche da parte di Equitalia Spa, per l'adozione di una moratoria. Faccio presente che sulla materia dei debiti tributari delle imprese, sotto il profilo della loro compensazione con i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, è già stato dichiarato inammissibile in sede referente l'emendamento Montagnoli 1.85.
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazione a scalare. A tal fine i gruppi Italia dei Valori e Lega Nord Padania sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Avverto che l'emendamento Bitonci 1.11 è stato sottoscritto anche dall'onorevole Granata.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,08).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, domani, mercoledì 16 maggio, si svolgerà l'assemblea degli azionisti di Finmeccanica per approvare il bilancio 2011, chiuso con perdite record pari a 22,3 miliardi.
Finmeccanica è il primo gruppo italiano operante nel settore dell'alta tecnologia e l'ottavo produttore mondiale di materiale militare, responsabile del 72 per cento delle relative esportazioni italiane ed è anche la nona potenza economica a livello mondiale e la trecentonovantanovesima a livello globale. Inoltre Finmeccanica produce beni ad uso civile di ogni ordine e genere, fino ai sistemi per la produzione di energia. Finmeccanica occupa 75.000 dipendenti, di cui 42.000 in Italia e gli investimenti in ricerca e sviluppo sono circa il 12 per cento del fatturato.
Con il completamento del ricambio del vertice di Finmeccanica e Selex è appena iniziato un riassetto organizzativo del grande gruppo a partecipazione pubblica, che è chiamato a fare i conti con una situazione di emergenza finanziaria e di posizionamento nei mercati nazionali ed esteri, il tutto nel pieno della crisi economica e industriale che coinvolge l'intera industria italiana. Il valore delle azioni è precipitato negli ultimi mesi da 7,7 euro in media fino a gennaio-luglio 2011 a 4,4 euro nel mese di settembre, una discesa che è inarrestabile e preoccupante, di fronte ad un debito che continua a crescere.
Signor Presidente, Finmeccanica, pur essendo una società quotata in borsa, è controllata per il 30,20 per cento dalle azioni del Ministero dell'economia. Pag. 22
Pertanto, signor Presidente, mi rivolgo a lei per trasmettere la richiesta formale al Governo di riferire in Aula quali siano state le determinazioni dell'assemblea degli azionisti, che si svolgerà domani, relativamente alle strategie industriali e finanziarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

TESTO AGGIORNATO AL 16 MAGGIO 2012

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 5178)

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei solo segnalare che vi sono Commissioni in corso, cosa che evidentemente non è possibile, trattandosi già della fase di esame del provvedimento. Chiederei, quindi, che la Presidenza si faccia carico di chiedere la sospensione delle attività in Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, ha assolutamente ragione. Siamo entrati nel merito del provvedimento: siamo nella fase del complesso degli emendamenti e, in seguito, si procederà con l'espressione dei pareri, e così via. Quindi, tutte le Commissioni devono essere sconvocate, perché l'Assemblea è in seduta plenaria. Adesso, attraverso gli uffici, provvederemo a comunicare ai presidenti di Commissione di concludere immediatamente i loro lavori. Intanto, entriamo nel merito dell'esame delle proposte emendative.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, veniamo al merito del decreto-legge in esame, l'ennesimo decreto-legge sul quale verrà posta la questione di fiducia. Avremmo dovuto chiamarlo «decreto refusi», perché vi erano dei refusi che si volevano correggere: quindi, si è tentato di rimediare al famoso pasticcio - uno dei tanti - delle commissioni bancarie, di cui abbiamo sentito tanto parlare. Si poteva correggere semplicemente lo stesso disegno di legge, ma si è preferito fare, per così dire, «un film», presentando un decreto-legge ad hoc per nascondere l'errore; ma, alla fine, le bugie hanno le gambe corte. Di errore in errore, stiamo però andando davvero a ramengo: ne citiamo solo alcuni.
Il professor Monti si è risentito parecchio, perché Tremonti - ma anche altri, chiunque sappia fare due conti con la calcolatrice dai tasti belli grossi - si è reso conto che i conti presentati nel Documento di economia e finanza contengono sovrastime e sottostime: sovrastime di entrate e sottostime, soprattutto, di uscite. Quanto, poi, agli errori, ricordo il famoso refuso della Ministro Fornero, un bel refuso che creò un danno di 10-15 miliardi di euro: quei famosi 300-350 mila esodati che per un po' di anni rimarranno a spasso senza pensione né lavoro.
Ebbene, dove sono in bilancio questi quattrini? Ma dove sono in bilancio anche i maggiori tassi d'interesse? Anche le previsioni dei tassi d'interesse e dello spread, che sarebbe dovuto rimanere sotto i 200 punti percentuali, non sono state rispettate. È finito l'ombrello della BCE, che non può più stampare moneta, salvo forse - sottolineo «forse» - stamparne un po' (500 miliardi di euro) a fine anno. Che cosa succede, allora? Dobbiamo aspettare l'intervento del Fondo monetario internazionale? Ci mancherebbe solo questo smacco al Governo commissariato dei tecnici e, poi, avremmo fatto veramente il capolavoro.
Oggi, però, il Governo ci parla di taglio della spesa pubblica: abbiamo scoperto che, forse, è possibile tagliare la spesa di 4 miliardi di euro. Ebbene, 4 miliardi su 810: è meno dello 0,5 per cento. Ci mancherebbe non riuscire a fare un taglio di 4 miliardi! Il problema è che si fa fatica a fare anche questo. In ogni caso, un Pag. 23eventuale taglio di 4 miliardi di euro non è in grado neanche di compensare la crescita dal 2011 al 2012, quando la spesa aumenterà di oltre 10 miliardi di euro. Quindi, si va a tagliare e, tagliando, non si riesce neanche a compensare l'incremento della spesa: pertanto, non si taglia, purtroppo, un bel niente.
Per non parlare del pasticcio sull'IMU, che penso oramai rimanga negli annali e sarà studiato, fra qualche decennio, sui libri di scuola come esempio di come non si fa una nuova norma. Chi oggi nel Paese è in grado di capire come funziona l'IMU e quanto dovrà pagare? Chiaramente nessuno, perché non funziona niente in questa norma. L'unico dato certo è che bisogna consigliare i cittadini, per non sbagliare, di pagare il minimo possibile: inizia a pagare un terzo, poi, si vedrà in futuro.
I comuni, del resto, avranno la possibilità di rivedere le aliquote, e noi ci auguriamo che le rivedano al ribasso perché, infatti, chi glielo fa fare ai cittadini di sostenere dei sacrifici quando è tutto perfettamente inutile e quando, poi, non si sa neppure dove andrà a finire tutta questa valanga di entrate?
Ebbene, quest'anno il bilancio aumenta di 45 miliardi di euro, con 20 miliardi di euro di imposte dirette e 25 miliardi di euro di imposte indirette; conosciamo tutti il caso della benzina con un aumento di più del 20 per cento, in un anno, di sole imposte. Ma dove vanno a finire questi 45 miliardi di euro? Semplicemente, i tecnici non dicono ai cittadini che diamo 35 miliardi di euro per salvare la Grecia e il Portogallo; certo, siccome siamo messi bene, diamo 35 miliardi di euro alla Grecia e al Portogallo! Non contento, il buon professor Monti, senza che il Parlamento ne fosse conscio, firma a Bruxelles un bell'impegno, quello cioè di destinare altri 14,3 miliardi di euro per il fondo «salva Stati». Ma certo, siccome siamo generosi, andiamo avanti; non solo, mentre all'inizio era previsto che questi 14,3 miliardi di euro dovessero essere spalmati in cinque anni, siccome abbiamo la forza e siamo un grande Paese, nonostante siamo messi da buttare via, si è pensato bene di anticipare 6 miliardi di euro da qui a settembre. In questo modo, ai 35 miliardi di euro per Grecia e Portogallo si vanno ad aggiungere questi altri 6 miliardi di euro, per un totale di 41 miliardi di euro, che vanno a mangiare quasi tutti quei 45 miliardi di euro di tasse in più che abbiamo chiesto come sacrificio ai cittadini.
Detto questo, c'è ancora qualcuno che pensa che sia possibile parlare di crescita in questo Paese; in realtà, secondo noi della Lega, dovremo semplicemente rovesciare la questione: pensare che arrivino soldi, in forma di tasse, dai cittadini allo Stato, e che poi lo Stato li ridistribuisca in sgravi fiscali, in investimenti, in pubblico impiego, secondo noi è semplicemente, e sinceramente, una follia. La cosa più semplice da fare è lasciare i quattrini nelle tasche delle famiglie, delle imprese, ribaltando, dunque, come dicevo, la questione.
Ci si dirà che lo Stato non ce la fa, e va bene, sarà la volta buona che lo Stato taglierà davvero la spesa. Il Governo ci dirà che forse taglierà la spesa di 4 miliardi di euro e che forse non aumenterà l'IVA ad ottobre, ma nel frattempo non dice nulla sul fatto che la regione Sicilia stabilizza 22 mila persone, lo ripeto, 22 mila persone. Ci si dirà che erano precari, che erano già lì e che questo era un atto obbligato da parte della regione Sicilia; peccato, però, che nelle aziende private quando un lavoratore a termine ha finito il contratto quel lavoratore va a casa, e noi non abbiamo centinaia di migliaia di lavoratori a cui il contratto è scaduto? Nel pubblico non è così; adesso queste 22 mila persone sono a carico del bilancio dello Stato perché, ovviamente, le spese della regione Sicilia sono pagate dallo Stato e non da quella regione.
In conclusione, dunque, cosa vogliamo noi della Lega Nord da questo Governo e da questo Parlamento, a parte le dimissioni volontarie e immediate? Vorremmo continuare su questa strada e avere il coraggio di dire ai nostri cittadini che abbassiamo le tasse; dove non quadrano i conti, pazienza, tanto così non quadreranno lo stesso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 24

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, oggi discutiamo un provvedimento molto urgente: infatti, riguarda le disposizioni in favore delle banche e quindi è molto urgente; tutto ciò che riguarda le banche è sempre molto urgente!
Prima di parlare di urgenza voglio dare qualche dato, in modo da poter entrare nel cuore del provvedimento: le banche italiane praticano i più alti costi dei conti correnti d'Europa, pari a 295,66 euro, contro una media di 114 euro; le banche italiane, protette dal Governo, come sostenuto dalla stessa Banca centrale europea, praticano i tassi di interesse più alti d'Europa, infatti, per i mutui, la media dell'Italia è pari al 5,15 per cento, mentre la media dell'Europa e pari al 3,95 per cento, con un differenziale, quindi, del 1,20 per cento; il tasso di interesse medio per il credito al consumo in Italia è pari al 7,99 per cento, la media europea è del 6,58 per cento, con una differenza dell'1,41 per cento.
Sono numeri, si può pensare che sto dando i numeri, ma non è così. Non dobbiamo dimenticare che le banche italiane hanno ricevuto - e questo lo sanno tutti gli italiani - dalla Banca centrale europea 268 miliardi di euro di prestiti triennali al tasso dell'1 per cento, e di certo non sono pochi.
Inoltre, se si analizza bene la legge n. 108 del 1996, quella che giudica i tassi soglia oltre i quali scatta l'usura, arriviamo a tassi del 22-23 per cento, delle cifre esorbitanti. Ciò significa che le banche italiane prendono all'1 per cento e prestano al 10, 15 o 20 per cento, al limite dell'usura, insomma. Tutto ciò accade in uno scenario di certo non tranquillo e non sereno per il nostro Paese, per la nostra Italia, quando la disoccupazione per i giovani tra i 15 e i 24 anni è volata altissima (al 35,9 per cento) e, secondo studi compiuti dalla CGIA di Mestre, le difficoltà esistenti sui prestiti bancari, causati dalle stretta creditizia, hanno portato e portano ad un aumento di persone che arrivano a gesti estremi quali il suicidio. Ma poco interessa, perché l'importante è evitare il default; e pensare che sono più di 25 le persone che si sono suicidate dall'inizio dell'anno. Ma poco importa, l'importante è evitare il default.
Poi è facile sostenere che la vita non deve assolutamente essere condizionata dagli effetti negativi che derivano dal lavoro. È troppo facile, è troppo comodo sostenerlo. Purtroppo, tasse, burocrazia e soprattutto la mancanza di liquidità sono le principali cause che portano gli imprenditori a gettare la spugna anzitempo e alcuni arrivano a gesti estremi.
Credo che tutto ciò sia diventato veramente un'emergenza sociale: imprenditori che si suicidano, cittadini che sono perseguitati da Equitalia e che commettono atti inconsulti.
Noi dell'Italia dei Valori riteniamo che la necessità e l'urgenza debbano essere rivolte a provvedimenti che evitino tutto ciò e non a provvedimenti che invece provocano tutto ciò. Nel nostro Paese esiste la Corte costituzionale, che il 5 aprile scorso si è pronunciata in merito al decreto «milleproroghe» per il 2011, varato dall'allora Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti. Su quel provvedimento, noi dell'Italia dei Valori eravamo arrivati fino alla Corte di cassazione a sezioni unite proprio sulla questione della prescrizione: il codice civile prevedeva che la prescrizione dovesse arrivare agli effetti dell'anatocismo - ossia degli interessi sugli interessi - dopo dieci anni dal momento in cui si chiude il conto corrente, ma per le banche non è così, deve avvenire dall'ultima annotazione, dall'ultima operazione effettuata.
La Corte costituzionale ci ha dato ragione e ha dichiarato l'illegittimità di quel decreto «salva banche». Sicuramente l'Italia dei Valori impugnerà anche questo provvedimento davanti alla Corte costituzionale.
Il Paese sta cercando di uscire dalla crisi. Il Governo ha chiesto «lacrime e sangue» ai cittadini italiani; ebbene, le banche devono aiutare il Paese ad uscire Pag. 25dalla crisi, non devono avere delle corsie preferenziali, soprattutto non devono acuire la crisi.
Bisogna quindi sapere che cosa ne hanno fatto, le banche italiane, a proposito del flusso di finanziamento pari a 268 miliardi di euro. Prendiamo i dati trimestrali riportati da un articolo su la Repubblica: Intesa, nel primo trimestre ha più di 11,8 per cento di utili e nell'anno si prevede un più 3,4 per cento di utili; UniCredit, nel trimestre ha meno 25 per cento di utile, ma chiuderà l'anno con più 18,5 per cento di utili; il Montepaschi di Siena avrà un utile del 23,9 per cento nel 2012.
Il Banco popolare, nel trimestre, ha più 30,9 per cento di utili. La banca popolare di Milano ha più 3,5 per cento, nel dato trimestrale, e si prevede abbia più 61,5 per cento di utili nel 2012. Magari li avessero i cittadini italiani questi utili! Mediolanum ha conseguito un utile, nel dato trimestrale, in aumento del 76 per cento e chiuderà il 2012 con più 125 per cento di utili.
Ecco, allora, il compito dello Stato non è quello di tutelare con urgenza le banche. Occorre tutelare chi muove l'economia del Paese, chi dà lavoro e, quindi, le piccole e le medie imprese che oggi sono soffocate dalle banche che non danno più credito, anzi quasi quasi rivogliono indietro i soldi.
Sono ben altre le urgenze. Pensate alle famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese - oggi ancora di più - e a chi non riesce a pagare le tasse. Oggi c'è tanta disoccupazione e i cittadini italiani poi assistono disperati ad aumenti che poi non riescono neanche a contenere.
Per quanto riguarda l'alimentazione: più 7 per cento, pari a 392 euro; ferrovie: 81 euro; trasporto pubblico locale: 48 euro; servizi bancari: 93 euro; carburante (incluse le accise delle regioni) 252 euro; derivati dal petrolio: 123 euro; assicurazioni auto: 78 euro; tariffe autostradali: 53 euro; gas: 113 euro; acqua: 22 euro; elettricità: 110 euro; riscaldamento: 195 euro; aumento IVA: 93 euro; IMU prima casa: 405 euro, perché l'IMU poi è stata la ciliegina sulla torta.
La piramide sociale si sta allargando alla base. Oggi il ceto medio è ormai incluso in quella base povera e la causa sono le scelte sbagliate che il Governo sta facendo. Eppure, noi dell'Italia dei Valori di proposte ne abbiamo fatte, proprio per migliorare il provvedimento stesso. Io ne voglio ricordare alcune. Signor sottosegretario, mi auguro che lei ascolti con maggiore attenzione, se è possibile.
Al fine di garantire maggiore trasparenza, abbiamo proposto l'introduzione di un saggio di interesse annuo effettivo globale sui contratti di credito non regolati in conto corrente e questo per permettere ai clienti un'informazione precisa sul costo totale del credito. Questo è uno strumento innovativo e permetterebbe al cittadino, o anche al piccolo imprenditore, di conoscere il costo annuo in percentuale di una specifica operazione. Verrebbe ridotta l'evidente asimmetria informativa tra banca e cliente, creando una reale competizione fra le banche.
Si introduce, per i contratti di credito non regolati in conto corrente, l'indicazione del contratto del SIAEG, comprensivo cioè di tutte le spese, le commissioni e gli oneri accessori a carico del cliente, proprio in maniera tale da garantire allo stesso l'immediata percezione del costo del finanziamento, offrendogli anche un ulteriore elemento di scelta tra i diversi intermediari.
Poi abbiamo anche proposto che, oltre al monitoraggio sull'andamento generale dei finanziamenti erogati dal sistema bancario alle imprese, l'Osservatorio si attivi su segnalazione delle singole imprese per valutare eventuali criticità nel procedimento di concessione dei finanziamenti, come è anche previsto nel testo originario del decreto-legge.
L'emendamento che abbiamo proposto introduce anche uno specifico potere sanzionatorio in capo alla Banca d'Italia - che, forse, dovrebbe anche svegliarsi - per le ipotesi in cui le banche omettano o ritardino di fornire le informazioni e, quindi, le motivazioni richieste, sul modello dei poteri sanzionatori già ad essa Pag. 26attribuiti nei confronti dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza. La Banca d'Italia vigilasse anche sulle banche italiane!
Poi, con un altro emendamento, abbiamo affidato all'Osservatorio il compito di individuare le misure idonee a superare le criticità riscontrate nel corso del monitoraggio sull'effettiva erogazione del credito da parte delle banche.
È previsto anche che il Ministro dell'economia e delle finanze relazioni al Parlamento sull'operato dell'Osservatorio. Più chiaro, preciso e lineare di così si muore.
Queste sono alcune delle nostre proposte.
Sicuramente era sbagliato vietare per legge l'applicazione delle commissioni bancarie con una formulazione molto drastica come era stato fatto in precedenza. Però, voler ripristinare la possibilità di inserirle in questo modo come voi ci proponete è comunque sbagliato, perché stiamo attraversando un momento economico così difficile che si trovano in una evidente e forte difficoltà non solo i consumatori italiani, ma anche e soprattutto le piccole e le medie imprese che sono la vera impalcatura dell'economia italiana.
La situazione del nostro Paese per quello che riguarda il rapporto banche e accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese, soprattutto, è molto, ma molto critica. Quindi, si parla d'urgenza, ma non ci pare che il Governo stia risolvendo con altrettanta urgenza le difficoltà di queste imprese.
È urgente - e noi dell'Italia dei Valori lo stiamo sostenendo da tempo - una soluzione al problema dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione. Ecco, questo sì che è urgente!
Signor sottosegretario, l'accusa che noi dell'Italia dei Valori rivolgiamo al Governo è la debolezza, questa evidente debolezza nei confronti delle banche.

PRESIDENTE. Onorevole Di Giuseppe, la prego di concludere.

ANITA DI GIUSEPPE. Sembra che vi facciano paura e dovreste, invece, sollecitarle - anche con innovazioni legislative - per rispondere adeguatamente a quello che le famiglie chiedono e, cioè, l'accesso al credito. Credo che questo ve lo stiano chiedendo tutti i gruppi parlamentari, ma voi rimanete sordi a queste sollecitazioni.
C'è un limite a tutto. La vostra freddezza e la vostra indifferenza di certo non sono più accettabili. Non l'accettiamo noi dell'Italia dei Valori, ma gli stessi cittadini italiani ormai sono stanchi.
Quindi, signor sottosegretario, tutelate i cittadini italiani, le imprese italiane, ma non tutelate sempre e a prescindere le banche (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cavallotto. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAVALLOTTO. Signor Presidente, signor sottosegretario, sono passati solo pochi mesi da quando il Governo ha presentato il decreto «vampiro» che ha definito «salva Italia». Si tratta di un provvedimento che è servito esclusivamente a succhiare il sangue ai nostri cittadini, alle nostre imprese e alle nostre famiglie.
Le tanto declamate manovre «salva Italia» e «cresci Italia» sono consistite esclusivamente nella creazione di nuove tasse che creano nuovi adempimenti e, quindi, nuova burocrazia. Basti pensare alla duplicazione degli adempimenti di imposta. Il Governo e la maggioranza che lo sostiene hanno varato l'ennesimo decreto che non sortirà effetti tangibili fino a quando resterà il peso insostenibile di un carrozzone statale che occupa metà dell'economia italiana.
Tra le iniziative adottate per tutelare gli interessi delle piccole e medie imprese, la Lega ha presentato diversi emendamenti a tutela del mondo delle piccole e medie imprese proprio per confermare l'importante ruolo che queste hanno avuto nel trainare l'economia del nostro Paese anche in questa fase di difficile congiuntura economica.
A sostegno delle mie parole, parlano i numeri: gli italiani sono sempre più poveri. Pag. 27Per quanto riguarda la classifica dei salari medi netti all'anno, nel 2011 la Gran Bretagna occupa la prima postazione della graduatoria con 38.952 dollari seguita dagli Stati Uniti con 36.129 dollari, dal Giappone con 35.350 dollari, dalla Germania con 33.019 dollari, dalla Francia con 29.798 dollari e dal Belgio con 28.524 dollari. L'Italia è passata dal ventiduesimo del 2010 al ventitreesimo del 2011 con 25.160 dollari all'anno pari a 20.088 euro, che comunque è al di sotto della media OCSE che è pari a 21.557 euro. Fanno peggio soltanto Grecia e Portogallo, ma Spagna e Irlanda notoriamente in recessione fanno meglio rispettivamente con 27.741 e 31.810 dollari. Tali dati si riferiscono ai salari netti.
La situazione è addirittura peggiore se si prendono in considerazione i salari lordi ed il cosiddetto cuneo fiscale che non è altro che la differenza tra il lordo ed il netto. In tal caso, l'Italia è ancora più in basso perché ci sono troppe tasse che gravano sui lavoratori. Relativamente alle tasse, l'Italia è ben al di sopra della media europea, che è pari al 35,3 per cento, mentre invece quella europea a 21 Stati è al 41, 5 per cento.
Dal febbraio 2011 al gennaio 2012 il debito pubblico è aumentato di 59 miliardi. Pertanto, solo nell'ultimo anno, l'aumento del carico per ciascuno dei 60 milioni di residenti, neonati compresi, è stato pari a 998 euro, mentre per ciascuna famiglia l'onere è cresciuto di 2 mila 723 euro, circa 88 mila euro l'anno.
Oggi, un lavoratore italiano lavora fino al 24 giugno per lo Stato e poi per sé e per la propria famiglia. Rimanere ancorati alle partecipazioni statali pentapartitiche, alla lotta di classe che questo Governo rischia di riportare alla luce come ispirazione per il ruolo dello Stato nell'economia del XXIo secolo mi sembra una mancanza sconcertante di idee innovative.
Il nostro è il sistema tributario più complesso al mondo, con decine di imposte dirette e indirette, centinaia di adempimenti che derivano da leggi e decreti che si sovrappongono tra loro, per non parlare del sistema di accertamento e riscossione del contenzioso tributario. Insomma, in questo Paese il presupposto per avviare una nuova iniziativa imprenditoriale è avere un bravo commercialista e, a volte, nemmeno questo basta.
Sostenere che i dati sul PIL e sulla povertà abbiano negli ultimi anni superato la soglia critica perché nelle grandi città è difficile trovare un taxi a basso costo è una favola alla quale nessuno può credere.
Nonostante gli aumenti del carburante che hanno portato nelle casse dello Stato, nei primi due mesi dell'anno, un miliardo di euro, c'è stata una flessione dei consumi del 10 per cento a gennaio e del 20 per cento a febbraio.
Continuiamo poi a dire che bisogna liberalizzare i monopoli pubblici, i potentati delle municipalizzate dove si annidano le clientele che succhiano il denaro dei contribuenti per offrire in cambio servizi il più delle volte scadenti.
Bisogna colpire il mondo delle compagnie di assicurazione, che in barba al funzionamento del libero mercato e delle sue regole più elementari, fanno lievitare i costi delle polizze all'inverosimile anche a scapito di chi non ha mai provocato un incidente in vita sua.
Si prevedono norme per le banche, prontissime ad accaparrarsi il prestito di 180 miliardi di euro fatto dalla Banca centrale europea al tasso dell'1 per cento, ma come al solito lentissime a concedere dei fidi a famiglie ed imprese, se non a tassi dell'11 o, talvolta, del 12 per cento.
Poi le uniche novità introdotte da questo Governo sono state l'introduzione dell'IMU sulla prima casa, sugli immobili dati in uso gratuito ai figli e sugli immobili agricoli, l'aumento delle accise sui carburanti, il blocco dell'indicizzazione delle pensioni ed il passaggio al sistema contributivo.
Abbiamo messo l'IMU sugli agricoltori, la fascia debole del nostro Paese, importante anche per la salvaguardia idrogeologica del nostro territorio.
Ci lamentiamo tanto di dissesti, calamità e di territori abbandonati: gli agricoltori sono sicuramente il primo presidio su cui questo nostro territorio e noi dobbiamo Pag. 28puntare. Hanno lamentato dei prelievi molto pesanti ovviamente, ma abbiamo costretto a pagare l'IMU anche i cittadini residenti all'estero, che hanno la prima casa, la loro abitazione principale non locata e che tengono a loro disposizione per rientrare un giorno nel nostro Paese. E noi sappiamo quanti di questi vogliono rientrare e quanto siano legati a questo loro Paese di origine anche perché sappiamo quanto hanno aiutato lo sviluppo del Paese con le loro rimesse; gente che è partita, ha fatto fatica, è andata via, si è creata una posizione onestamente ed ha rispettato le leggi dei Paesi in cui è emigrata. Non abbiamo esempi di pari natura nel nostro Paese. Questi sono emigrati, portando importanti soldi nel nostro Paese, non solo per le nostre rimesse, ma perché nella realtà stessa in cui vivono stipulano contratti commerciali con le aziende di produzione italiana perché sono legati comunque al loro Paese e, quindi, creano un indotto commerciale e industriale importante di esportazione nel nostro Paese.
E cosa facciamo noi? Li facciamo pagare il doppio e li penalizziamo: dopo tutto ciò che hanno dato devono dare ancora di più, con una grande ingiustizia, un'altra grande ingiustizia di questo Governo.
Una questione ancora più vergognosa è il problema degli anziani nelle case di riposo: persone che hanno lavorato una vita, magari hanno piccole pensioni e hanno realizzato con fatica la loro abitazione e noi consideriamo coloro che hanno la residenza nelle case di riposo - e, quindi, non nella loro abitazione primaria, magari per motivi di tipo amministrativo-burocratico - come proprietari di una seconda abitazione. Eh sì, e facciamo pagare loro il doppio anche se a fatica pagano le rette delle case di riposo dove abitano? È proprio così.
Molte sono persone non autosufficienti e hanno bisogno di aiuti particolari, e il Governo cosa fa? Tassa e mette le mani sui pochi soldi che ancora rimangono a queste persone.
Non troveremo quindi delle soluzioni, anzi abbiamo raggiunto il record mondiale di pressione fiscale.
Ci aspettavamo maggiore coraggio nella riduzione della spesa pubblica, invece l'unico intervento è, purtroppo, un aumento con l'assunzione di decine e decine di dirigenti dell'Agenzia delle entrate per svariate decine di milioni di euro. Sinceramente non se ne sentiva la necessità. Assumiamo dipendenti, come se ce ne fosse bisogno, con oneri pari a circa 80 milioni e poi ci mancano le briciole per esentare i vecchietti i quali, avendo la residenza presso la casa di riposo, pagano la tassa sulla propria casa come se fosse una seconda abitazione. Non abbiamo le briciole per esentare o, quanto meno, ridurre l'IMU a quelle famiglie che hanno la sfortuna di avere un figlio disabile a differenza del passato quando potevano contare sull'esenzione.
Poi c'è il capitolo dei forestali in Sicilia che nel 2011 mostrano tutto il paradosso delle amministrazioni pubbliche e dell'utilizzo del posto fisso per fini occupazionali. Se la sproporzione tra guardie forestali tra regioni del nord e regioni del sud fa sempre notizia, ora dobbiamo parlare di un altro aspetto della situazione, ossia del fatto che in regioni come la Sicilia ci siano molti più comandanti che comandati. La regione Sicilia, infatti, può contare su 841 commissari e ispettori - cioè agenti di polizia forestale di grado elevato - ma soltanto su 14 agenti, con un esercito in cui vi è il 95 per cento dei generali e colonnelli e soltanto il 5 per cento di soldati che devono combattere. Per fare un confronto in tutto il resto d'Italia i commissari e ispettori sono 428 e la forza totale degli agenti è di 7.111.
Per non parlare poi della sanità pubblica. Un'analisi del Ministero della salute ha rilevato che 164 mila ricoveri ospedalieri sono impropri e, di essi, il 92 per cento è guarda caso nel sud. Campania, Puglia, Calabria e Sicilia realizzano l'88,5 per cento dei 150 mila ricoveri impropri nel sud mentre 65 mila - pari al 44 per cento - sono in Campania, ossia il 40 per cento di quelli totali del Paese. La Calabria Pag. 29ha un deficit sanitario pregresso di un miliardo: dovrà tagliare i ricoveri impropri che sono 18 mila, ma non basterà, ci sono molte altre spese in eccesso e il taglio richiederà tempo.
Alla fine di aprile, come se non bastasse, la regione Sicilia ha assunto 25 mila dipendenti regionali con un ulteriore aumento di 800 milioni di euro. Mentre alcune regioni tirano la cinghia altre si permettono di sprecare i soldi che arrivano sempre dalle regioni virtuose del nord.
Intanto la pressione fiscale salirà al 45 per cento. Tra gli incrementi di imposta - oltre all'introduzione dell'imposta sulla prima casa e l'inasprimento di quella sugli altri immobili - spiccano l'aumento dell'addizionale regionale IRPEF con effetto già sul 2011, la generalizzazione del prelievo sugli investimenti, l'incremento delle accise sui carburanti e l'applicazione di un particolare prelievo sui beni di lusso.
Quantitativamente il grosso delle maggiori entrate proviene dalla nuova IMU sugli immobili, circa 11 miliardi di cui, però, 9 andranno allo Stato centrale e solo 2 ai comuni ai quali spetterà il compito di applicare solamente l'imposta.
Una famiglia composta da marito, moglie e un figlio con un reddito annuo fino a 30 mila euro nel 2012 pagherà in media 2 mila euro in più, 600 euro in più per una famiglia composta da marito, moglie e due figli con reddito fino a 50 mila euro. Lacrime e sangue, non c'è che dire.
Il caro-vita andrà ad incidere notevolmente su tutto partendo dall'aliquota dell'addizionale IRPEF, che passerà dallo 0,9 per cento all'1, 23 per cento, cui si dovranno aggiungere le maggiorazioni delle singole regioni ovviamente fino ad un massimo dello 0,50 per cento.
C'è poi la tassa sui risparmi per la quale la manovra Monti ha previsto un balzello dell'1 per mille sugli investimenti finanziari con un minimo di 34,20 euro per gli investimenti di 10 mila euro e 50 euro per investimenti di 50 mila euro.
La crisi economica ha aggravato il peso degli adempimenti e delle imposte. Se per un imprenditore, fino a qualche anno fa, la preoccupazione prima e principale era quella di pagare le imposte ed i contributi previdenziali, ora la preoccupazione principale è quella di sopravvivere e, quindi, anche il pagamento delle imposte passa in secondo piano.
I numerosi casi di suicidio del nord testimoniano una drammatica difficoltà ad assolvere gli impegni tributari e contributivi. La riforma del sistema fiscale deve essere profonda e organica. Da sempre sosteniamo che l'unica vera riforma del sistema è quella del federalismo e l'impegno del Governo che abbiamo sostenuto fino a pochi mesi fa era stato indirizzato alla sua realizzazione. Sono 32 gli imprenditori che si sono suicidati in questo Paese dall'inizio del 2012 per cause legate alla crisi economica.
La regione più colpita da questo dramma è il Veneto, con dieci vittime, e la maggioranza dei suicidi è registrata in Padania, dove si lavora e finché si può si pagano le tasse. La mancanza di liquidità è il denominatore comune che si riscontra in quasi tutti questi drammi, senza contare che molti imprenditori, a seguito del mancato pagamento da parte dei committenti, sono sprofondati nella crisi più profonda, senza riuscire a risollevarsi. Quando un'azienda chiude non riesce più a riaprire. È una situazione alla quale si può far fronte solo istituendo un fondo di solidarietà per l'erogazione di mutui in favore di piccoli imprenditori in chiara difficoltà economica e finanziaria. La crisi economica comunque fa strage anche tra i lavoratori, tra i quali in due anni c'è stata una vera e propria escalation di suicidi. In più gli imprenditori si trovano davanti a un bivio: o pagare i propri operai o pagare il pizzo di Stato, che qualcuno ancora ha il coraggio di chiamare tasse. Questi suicidi sono un vero grido d'allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo e insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione. Se nel Pag. 302004 le aziende che non superavano i cinque anni di apertura erano il 45,4 per cento del totale, cinque anni dopo la percentuale è salita al 49,6 per cento. Tale situazione preoccupa ancora di più se si considera che il 58 per cento dei nuovi posti di lavoro è creato da imprese con meno di dieci addetti e che, come risulta dai dati ISTAT, il 60 per cento dei giovani italiani neoassunti nel 2011 è stato assorbito dalle microimprese con meno di quindici addetti. Oggi i nostri imprenditori sono decisi ad andarsene in Germania e nell'est Europa, perché da noi non c'è giustizia economica e fiscale. Mi chiedo se Monti sa che in Austria la tassazione per le aziende è del 25 per cento. Un terreno all'interno di un parco industriale costa 25 euro a metro quadro, con tanto di assistenza gratuita a trecentosessanta gradi, compreso un interprete in lingua italiana. Negli ultimi dieci anni, ottanta aziende italiane, per un totale di 800 posti di lavoro, hanno scelto l'Austria, ma le manifestazioni di interesse sono un centinaio, metà delle quali nordestine. I tempi sono nordeuropei. Concludiamo dicendo che ovviamente la Lega Nord sarà contraria e faremo di tutto affinché questo Governo vada presto a casa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Aniello Formisano. Ne ha facoltà.

ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, colleghi, il decreto-legge del Governo in esame pone svariati problemi ai consumatori. La questione relativa alle spese aggiuntive applicate dalle banche sul rosso di conto corrente è ormai una questione di lunga data, iniziata nel 2009 con la disposizione introdotta dall'articolo 2-bis della legge n. 185 del 2009, ora abolita dal decreto-legge n. 1 del 2012, che affermava: «Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido». In base a tale articolo, se il conto non aveva un fido, la commissione di massimo scoperto non poteva essere applicata, secondo quanto disciplina la legge del 2009, in maniera peraltro molto chiara. Le banche, ciò nonostante, hanno ignorato tale disposizione introducendo spese di vario genere a compensare la sparizione della commissione. Per tale problematica, Altroconsumo, associazione dei consumatori audita al Senato, ha posto in essere una class action nei confronti di Intesa Sanpaolo, ritenuta ammissibile dal tribunale di Torino. In questi giorni, inoltre, i correntisti stanno ricevendo comunicazione di variazione ex articolo 118 del Testo unico bancario, con cui le banche informano della sostituzione delle spese per scoperto con la nuova commissione di istruttoria veloce, prevista dall'articolo 117-bis del Testo unico bancario, senza dunque attendere la delibera del comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Riteniamo perciò che serva al più presto un intervento del comitato interbancario per il credito e il risparmio per individuare i casi in cui la commissione di istruttoria veloce non è dovuta. La nostra richiesta, così come quella dell'associazione dei consumatori, è che non sia mai applicata per scoperti di entità inferiore o pari a mille euro di durata inferiore o pari ai trenta giorni.
È, quindi, del tutto insufficiente la previsione inserita nell'articolo 1, che ha previsto che la commissione non si applichi solo alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente nel caso di sconfinamento pari o inferiore a 500 euro, in assenza di affidamento per un periodo non superiore a sette giorni consecutivi per ciascun trimestre bancario.
Ci chiediamo cosa voglia dire che si applica solo alle famiglie consumatrici. È un'espressione priva di senso: forse che esistono famiglie non consumatrici? E a quale famiglia si intende fare riferimento? A quella anagrafica, a quella legale? E una persona singola, che per l'anagrafe costituisce famiglia, lo è anche ai fini di questo decreto? Pag. 31
Le disposizioni vanno scritte sempre con un linguaggio intelligibile, che, pur lasciando spazio ad interpretazioni, non le lasci, invece, all'arbitrio di chi legge la norma nel proprio interesse.
In fatto di banche e di commissioni a carico dei consumatori l'arbitrio, purtroppo, è tanto, anzi, troppo. In più, la previsione di sette giorni per il rientro rende, di fatto, di pochissimo o nessun beneficio la disposizione.
La proposta che la commissione non si applichi per gli scoperti di entità inferiore o pari ai mille euro e di durata inferiore o pari a 30 giorni, a nostro avviso, sarebbe una giusta soluzione. Infatti, è assai difficile che la banca faccia un'istruttoria veloce per uno scoperto che dura meno di un mese e che ha un'entità inferiore ai mille euro. Di solito, si tratta di conti con accredito della pensione o dello stipendio e in cui il rosso viene coperto con l'accredito stesso.
Dato che la commissione deve essere, secondo le indicazioni dell'articolo 117-bis del Testo unico bancario, commisurata ai costi, riteniamo che solo in situazioni diverse, e dunque con un rosso superiore ai mille euro e di durata superiore ai 30 giorni, sia opportuno che venga applicata, altrimenti si avrebbero costi eccessivi ed esagerati, come quelli che alcune banche hanno cominciato ad applicare a partire da fine aprile.
Risulta che, se si va in rosso anche per un solo giorno per più di 200 euro, si pagano 50 euro: un costo davvero eccessivo e non giustificato, soprattutto nella situazione in cui versa il nostro Paese. Altro problema rilevante, che le associazioni dei consumatori riscontrano in questo periodo dalle segnalazioni dei consumatori, riguarda il rischio di credit crunch, che sta interessando in questo momento il nostro Paese.
Tale problema, che non riguarda solo le imprese, ma anche i consumatori, le famiglie, i giovani e i lavoratori precari che hanno difficoltà ad ottenere un mutuo o un prestito, è certo più evidente quando si comincia a parlare di mutui. Quello che si sta verificando sul mercato dei mutui per i consumatori è che gli spread applicati dalle banche sono enormemente cresciuti: oggi sono in media del 4,25 per cento e si arriva a raggiungere un massimo del 6 per cento.
Dunque, sebbene i tassi di mercato oggi siano molto interessanti, a causa degli alti spread i tassi finiti sono comunque elevati. Peraltro, le banche oggi erogano solo fino al 50 per cento del valore di perizia della casa - prima si arrivava senza problemi all'80 per cento del valore di perizia - e il tasso fisso, in molti istituti, non è disponibile per durate superiori a 20 anni.
Questo fa sì, colleghi, che le singole rate diventino insostenibili per persone che precedentemente, senza problemi, superavano le istruttorie e che in molti, invece, rinuncino all'acquisto della casa per mancanza di liquidità sufficiente, dato che la banca eroga solo fino al 50 per cento del valore della casa.
In molti, peraltro, si stanno rivolgendo a mutui a tasso variabile, che oggi sono più convenienti del fisso, ma gli spread applicati sono altissimi. Questo significa che, quando i tassi di mercato cresceranno, a causa degli alti spread i tassi finiti daranno rate che potrebbero diventare insostenibili per molti.
Tali difficoltà aumentano quando chi chiede un mutuo è un giovane oppure un lavoratore precario o a tempo determinato. Nota positiva è che il Senato ha previsto l'inserimento all'interno dell'osservatorio di più di un rappresentante delle associazioni dei consumatori, per poter efficacemente tutelare anche gli interessi dei consumatori e delle famiglie, che purtroppo stanno, come le imprese, conoscendo crescenti difficoltà nell'accesso al credito.
Quest'organo non dovrebbe, infatti, essere solo un semplice osservatorio, ma dovrebbe poter concretamente migliorare il mercato. L'osservatorio deve poter concludere delle convenzioni con le banche per agevolare l'accesso al credito. Inoltre, la Banca d'Italia, sulla base di quanto osservato dall'organismo e dalle risultanze degli esposti inviati da imprese e famiglie, deve intervenire per risolvere le problematiche Pag. 32più rilevanti. È alla luce di tali premesse che riteniamo che l'optimum sarebbe non applicare spese oltre ai tassi debitori sugli scoperti di conto corrente nel caso in cui non vi sia un fido accordato.
Peraltro, la costituzione dell'osservatorio dovrebbe contribuire all'avvio di virtuosi processi di autoriforma e di miglioramento delle pratiche gestionali da parte delle banche, creando, in tal modo, le condizioni per il superamento delle situazioni di criticità in cui versano annualmente le piccole e medie imprese italiane. Attraverso il monitoraggio della condotta delle banche si dovrebbe, infatti, agevolare l'accesso delle imprese, soprattutto di quelle di piccole e medie dimensioni, al credito, contribuendo a stimolare e favorire la crescita economica del Paese.
Ricordiamo che una simile struttura fu già creata nel 2009 ad opera del Ministro Tremonti. L'articolo 12 del decreto-legge del 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge del 28 gennaio 2009, n. 2, prevedeva infatti, al comma 6, che venisse istituito presso le prefetture uno speciale osservatorio. Dopo meno di due anni di attività si è deciso di farne cessare l'operatività senza che, per la verità, nessuno lo abbia difeso o ne abbia rivendicato l'utilità.
L'obiettivo delle riunioni dell'osservatorio regionale sul credito, convocato periodicamente nelle sedi delle prefetture italiane, era monitorare la situazione dell'accesso al credito per le famiglie e le imprese, segnalare le situazioni di credito difficile e facilitare il dialogo tra banche, imprese e associazioni di categoria. Pochi però, secondo i rapporti conclusivi delle stesse prefetture, sono i risultati raccolti in diciotto mesi di scarsa attività. Al di là dell'attività di monitoraggio, è mancata la reale capacità di intervento della struttura prefettizia. Non si può, dunque, tacere il dubbio che anche al nuovo osservatorio possa toccare la stessa sorte.
Secondo l'antitrust per assicurare il perseguimento di tali rilevanti obiettivi, affinché l'osservatorio possa operare in modo ancora più efficace nell'ostacolare situazioni di ingiustificata mancata concessione o revoca del credito, potrebbe essere opportuno introdurre strumenti adeguati a garanzia dell'incisività della sua azione. Noi pensiamo, come abbiamo proposto, che l'osservatorio debba avere uno specifico potere sanzionatorio per le ipotesi in cui le banche omettano o ritardino di fornire le informazioni e le motivazioni richieste, sul modello del potere sanzionatorio già ad esso attribuito nei confronti dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza.
Signor Presidente, signor sottosegretario, questi sono alcuni dei motivi per i quali ci opponiamo fermamente a questo provvedimento che, ancora una volta, finisce per confermare la giustezza di alcune definizioni che l'Italia dei Valori dà dell'operato di codesto Governo, ossia di un Governo che, giorno dopo giorno, provvedimento dopo provvedimento, si mostra sempre più forte con i deboli e debole con i forti. È emblematico il provvedimento che riguarda le banche perché da esso si desume la totale noncuranza nei confronti dei consumatori che, nel caso di specie, sono parte debole rispetto alla parte forte costituita dalle banche.
Abbiate il coraggio, membri del Governo, di far vedere che invece, anche nei confronti di chi è forte economicamente, vi è la capacità di intervenire sulla base di principi di giustizia generale che sono quelli che avete enunciato all'atto del vostro insediamento. Quel che si è combinato finora sembra non andare in questa direzione.
È per questi motivi che continueremo, in quest'Aula, a fare sì che questo provvedimento non veda la luce perché è, ancora una volta, uno dei tanti provvedimenti che, in qualche modo, difendono i forti e i ricchi e intaccano le prerogative dei deboli (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, arriviamo ad un altro provvedimento Pag. 33a vantaggio delle banche. Andrete a richiedere probabilmente un'altra fiducia, perché i numeri in Parlamento non sono così larghi per poter portare avanti un provvedimento piccolissimo, formato da pochi articoli e pochi commi, che però va ad aiutare quelli - lo ricordo al Presidente Monti che non è presente - che hanno creato questa crisi mondiale.
Pochi giorni fa Monti ha dichiarato che dovrebbero sentirsi in colpa quelli che hanno creato questa crisi pesante che sta lasciando, purtroppo, una scia di sangue - speriamo finisca, perché anche un suicidio, a mio avviso, è già grave - che dovrebbe pesare sulla coscienza di tutti quei dipendenti, grandi manager delle banche, che hanno affossato l'economia mondiale e tra i quali si annoverano molti esponenti di questo Governo insieme a molti burocrati di questo Stato che sono andati a prestare la loro opera al Governo aumentando i loro emolumenti. Infatti, di tre Ministri e sottosegretari, chi è già in pensione e percepisce la pensione, 300-400 mila euro lordi all'anno, perché proviene da un'attività di dipendente pubblico, adesso sta cumulando questa pensione con il compenso da sottosegretario o da Ministro. Si va ancora a dare una mano a queste banche, come è stato fatto con il primo decreto-legge emanato da questo Governo, il «salva Italia», che per contrastare l'evasione ha obbligato ad usare di più il bancomat e la carta di credito, però dimenticandosi un piccolo particolare: usare la carta di credito o il bancomat ha un costo per i cittadini, perché le banche, soprattutto in Italia, hanno delle commissioni molto alte, sia per i consumatori sia per i negozianti che le fanno utilizzare. Questa è una cosa assurda: se si voleva incentivare l'uso delle carte di credito, dei bancomat o dei famosi pos, bisognava diminuire il più possibile queste commissioni, in modo che ci fosse un naturale utilizzo di questi formati di pagamento, come succede negli altri Paesi, ad esempio negli Stati Uniti, dove anche per far spesa di un dollaro o un dollaro e mezzo si usa tranquillamente la carta di credito, perché è conveniente e comoda. Soprattutto dobbiamo ricordarci che quando si usa la moneta elettronica le banche hanno un vantaggio: non solo dunque non sopportano un costo aggiuntivo che deve essere giustificato da un aumento della commissione ma beneficiano di una diminuzione dei costi a fronte di spese minori per quanto riguarda la raccolta del denaro contante dalle varie filiali oppure dalle varie casse continue esistenti. Dunque, diamo loro una doppia mano: incentiviamo ad usare la carta di credito così che esse hanno meno spese e nello stesso tempo diciamo loro di mantenere tranquillamente le commissioni come vogliono.
Avete voluto reintrodurre l'IMU, una tassa che è stata stravolta da questo Governo, una tassa che doveva essere totalmente federalista e andare a sostituire delle tasse esistenti. Voi, invece, avete praticamente reintrodotto l'ICI nel modo peggiore, con l'IMU, elevando e aumentando le valutazioni degli estimi catastali, dunque aumentando a dismisura il costo per le famiglie ed eliminando delle cose ovvie: nella vecchia ICI, almeno per la prima casa, ogni comune poteva almeno valutare il numero massimo di pertinenze. Perché? Per un motivo semplicissimo: soprattutto nelle grandi città dove ad esempio ci sono due cittadini, componenti della medesima famiglia, che hanno due macchine, se uno compra un garage vuol dire che va ad occupare meno suolo pubblico perché tiene la macchina al coperto: dunque perché non considerare anche il secondo garage pertinenza della prima casa? Il secondo garage non è solo un lusso, è una necessità, soprattutto nelle grandi città e nelle zone a traffico limitato dove si dovrebbe incentivare a costruire garage anche sotterranei in modo da liberare il più possibile le vie di superficie dal posteggio delle automobili.
Invece voi andate a colpire anche tutte quelle famiglie che hanno fatto un investimento e i sacrifici di una vita - come succede moltissimo dalle nostre parti, ma anche in tutto lo Stato italiano - e che magari riescono a costruire una piccola bifamiliare per dare la possibilità ai propri figli di avere in futuro una casa a testa e, Pag. 34se adesso abitano in una e l'altra viene data in comodato gratuito a uno dei figli, quest'ultima viene calcolata come seconda casa. Non è una seconda casa, è sempre una prima casa. Voi andate a colpire i pensionati, ad esempio quelli (oltre al caso appena descritto) che sono costretti per necessità sanitaria ad andare in case di riposo, dove prendono la residenza, e voi cosa dite? La casa, quella vostra, quella in cui avete vissuto per tutta la vita, che vi siete sudati col vostro sangue e col vostro lavoro, è seconda casa, è un lusso. Dunque, costringete un ottantenne-ottantacinquenne a dire: non posso più rivedere la mia casa perché non posso mantenerla, non posso andarci una volta o due magari a festeggiare con la mia famiglia il Natale, la Pasqua, nelle mura che hanno visto nascere i miei figli e che magari hanno visto già dei lutti. Voi andate a colpirli ancora: già si trovano in una situazione di grandissimo disagio perché non sono nella loro casa ma in una casa di riposo, e voi dite che devono anche svendere il loro immobile.
Non possono neanche dare una mano al loro figlio e dirgli: finché non riesci ad avere un reddito sufficiente perché le banche non ti danno un mutuo per comprarti la casa abita nella casa nostra, della famiglia, dove sei nato, tanto io purtroppo sono in casa di riposo. Voi dite no, perché se anche viene dato in comodato gratuito ai figli voi dite che è seconda casa, è un lusso. Voi state creando veramente un grande disagio sociale in questo Stato, voi veramente state colpendo le solite persone. Vedo che è più importante telefonare che ascoltare l'opposizione a questo Governo, ma è l'opposizione che viene dalla gente. Perché pensate che ci siano così tanti suicidi, perché pensate che la gente voglia perdere la vita? Perché hanno dignità e perché semplicemente è esasperata da questo aumento delle tasse, da questi controlli troppo invasivi, questi controlli che non vanno a vedere se uno ha evaso mille euro, se magari è semplicemente in una situazione di difficoltà economica e proprio non riesce a pagare quei mille euro perché non è colpa sua (invece siccome ha evaso anche mille euro andiamo a colpirlo duramente). Sono numeri, non sono persone.
Ritornando all'IMU, all'anziano che va in una casa di riposo, mentre il coniuge rimane ad abitare nella casa di famiglia (che magari è cointestata), e che devono trovare i soldi per pagare la retta della casa di riposo (magari si tratta di due pensionati) voi dite: oltre tutto, su metà della casa dovete pagare come se fosse una casa di lusso, come se si trattasse di una seconda casa (solo perché uno dei due è andato in casa di riposo). Voi avete introdotto questa IMU, ma le fondazioni bancarie stranamente ne sono esenti. Sappiamo tutti da chi sono formate, che patrimoni hanno (sono patrimoni minimi, sono delle ONLUS, non hanno soldi). Loro sì che potevano pagare l'IMU, loro sì che potevano tirar fuori un po' di soldi, un po' di quattrini e invece voi avete voluto dimenticarvi di queste persone.
Vi siete dimenticati delle banche. Chissà perché? Forse perché molti dei vostri componenti, come prima affermato, provengono da quel mondo, quel mondo che ha distrutto l'economia, quel mondo che ha guardato semplicemente ai loro interessi, che fino a non molto tempo fa, qualche mese fa, anche se dovevano cacciare l'ad (o l'ad andava via), o se rischiavano il fallimento e dovevano avere l'aiuto dello Stato, pagavano, strapagavano la buonuscita dei loro manager. Erano in difficoltà economica, ricevevano l'aiuto dello Stato ma strapagavano i manager che non hanno lavorato bene. Voi andate ad aiutare queste persone! Vuol dire veramente che non avete una coscienza.
Non so se vi rendete conto come sia la situazione nel Paese, come sta vivendo la nostra gente, se sono contenti e sono felici o se stanno affrontando mille difficoltà, non per arrivare a fine mese, o alla terza settimana, ma per sopravvivere. Continuiamo a perdere posti di lavoro perché le nostre aziende chiudono o vanno all'estero, non solo per le tasse che sono già un buon motivo, ma anche per un altro motivo, ossia per la burocrazia che continuate, invece di eliminarla, ad aumentare, Pag. 35per le regole che continuano a cambiare. Un imprenditore non può ogni due, tre o quattro mesi rivedere tutto il piano industriale perché avete avuto l'idea di cambiare di nuovo la normativa per l'ennesima volta. Noi stiamo perdendo posti di lavoro, stiamo perdendo aziende e, invece di dare una mano alle nostre aziende, alle imprese, ai consumi e, dunque, alle famiglie, voi dite che bisogna dare una mano alle banche perché hanno bisogno di aiuto, perché loro non possono pagare per gli errori che hanno fatto, loro sono intoccabili, come i molti burocrati di questo Stato che, anche per fare le norme più semplici, vanno a complicarle ulteriormente. E cito al riguardo un altro esempio: il provvedimento che avete emanato sulle assicurazioni è buonissimo, perché l'avete copiato dal provvedimento che era già stato affrontato e votato da questa Camera, quello sulle frodi assicurative; l'avete copiato tutto, però vi siete sbagliati in un piccolo particolare: con questa legge noi avevamo giustamente previsto che ci fosse un'unica banca dati nella quale indicare tutti i nostri veicoli assicurati e non. Una banca dati unica, dove dunque era immediatamente visibile se una macchina o meno era assicurata. Voi avete avuto la bellissima idea di dire: benissimo, se una macchina non è assicurata bisogna fare un ulteriore elenco, bisogna dare la comunicazione al proprietario del veicolo e, se entro quindici giorni non assicura o fa vedere che è assicurato, questo elenco viene mandato alle prefetture, agli organi competenti e via dicendo. Giustissimo, come principio, solo che c'è un piccolo particolare, non so se ve ne siete resi conto: se esiste una banca dati elettronica dove sono incluse le macchine assicurate e quelle non assicurate, quindi tutti i veicoli, a cosa serve un ulteriore elenco? Se io già, come vigile del comune tal dei tali, guardo sul computer, verifico immediatamente, non mi serve controllare un altro elenco. Perché avete avuto l'idea di prevedere un elenco in più? Perché siete abituati alla vecchia burocrazia fatta di carte, di faldoni, di passaparola, di passare proprio con il foglietto da un ufficio all'altro. Siamo nell'era digitale, serve un'unica banca dati, non serve una banca dati più un elenco. Dopo, magari, cosa facciamo, l'elenco delle macchine che sono state assicurate o un ulteriore elenco delle macchine la cui assicurazione sta scadendo? Che ragionamenti sono? Ne basta uno, c'è, esiste e da lì si vedono immediatamente tutti i dati. Invece non volete mai ascoltarci.
Ho presentato anche un emendamento. Speriamo, anche se dubito, che almeno per quanto riguarda la norma che è stata introdotta in modo positivo al Senato per gli sconfinamenti fine a 500 euro per le famiglie, pari o inferiore ai 500 euro, venga data la possibilità anche a tutti i titolari di partite IVA in modo da dare una mano alle nostre aziende e ai nostri imprenditori. Non penso che riuscite ad aiutarci, non penso che vogliate approvarlo, anche se sarebbe una cosa di buonsenso. Sarebbe una cosa di buonsenso perché le banche non stanno dando liquidità alle nostre imprese. Almeno costringiamole a dargli una piccola liquidità in modo che non falliscono del tutto. Comunque, mi auguro che questo Governo «caschi» il prima possibile, che veramente il popolo ritorni a votare e decida da chi deve essere governato. Spero che il prossimo Governo sia formato da persone che abbiano più buonsenso e conoscano veramente la situazione del Paese e non siano chiuse nelle stanze dei bottoni, nei grandi uffici, con stipendi veramente indegni e troppo esagerati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, il decreto-legge al nostro esame conferma ancora una volta la debolezza di questo Governo nei confronti delle banche che andrebbero, invece, sollecitate, anche attraverso innovazioni legislative, a corrispondere in modo adeguato alle esigenze di accesso al credito alle famiglie e alle imprese. Vale la pena di rammentare che le banche italiane praticano i più alti costi Pag. 36dei conti correnti in Europa pari a 295,66 euro contro una media di 114 euro degli altro Paesi; le banche italiane virtuose - per modo di dire - che sono state salvate dal Governo, secondo la Banca centrale europea, praticano i tassi di interesse più alti d'Europa: per i mutui la media dell'Italia è pari al 5,15 per cento mentre la media dell'Europa a 27 è pari a 3,95 per cento con un differenziale dell'1,2 per cento. Il tasso di interesse sul credito al consumo in Italia è pari a 7,99 per cento; la media europea è del 6,58 per cento con una differenza dello 1,41 per cento. Così come non si può non sottolineare che le virtuose banche italiane hanno ricevuto dalla Banca centrale europea 268 miliardi di prestiti triennali al tasso dell'1 per cento. Se andiamo ad esaminare la legge n. 108 del 1996, che giudica i tassi soglia oltre i quali scatta l'usura, arriviamo a tassi di interesse del 22-23 per cento. Quindi prendono all'1 e prestano al 10, al 15, al 20, al 22 e sino al 23 per cento, senza sconfinare nel reato penale dell'usura.
Anche in questo provvedimento si conferma come il Governo Monti perda di vista, perché forse non le vuole vedere, le vere questioni che affliggono il Paese che, invece, il gruppo dell'Italia dei Valori intende affrontare con le sue proposte emendative al decreto-legge in esame. I nostri emendamenti affrontano in primo luogo il problema della restrizione dell'erogazione del credito alle imprese e alle famiglie, dando risposta a quegli imprenditori che, come dimostrano le cronache di questi mesi, sono spesso indotti al suicidio per la condizione drammatica in cui sono stati trascinati a causa della gravissima crisi economica e dall'atteggiamento arrogante e miope delle banche. Le gravi difficoltà finanziarie nelle quali si dibattono molte imprese italiane soprattutto di piccole e medie dimensioni sono dovute sia alla crisi economica in atto sia all'enorme ammontare dei crediti da esse vantati nei confronti dello Stato, per circa 16 miliardi di euro, nonché nei confronti delle regioni e degli enti locali, per circa 70 miliardi di euro. In tale contesto, è evidente la necessità di intervenire sulle problematiche dell'erogazione del credito che le banche stanno restringendo nonché dei relativi costi sostenuti dalle famiglie e dalle imprese. In tale contesto anche alcune proposte emendative intendono impegnare le banche ad utilizzare per l'erogazione di finanziamenti alle famiglie e alle imprese almeno una parte dei crediti agevolati che esse hanno ottenuto dalla Banca centrale europea stabilendo un limite massimo al tasso di interesse che gli istituti di credito possono richiedere. Va, infatti, posto un freno al frequente atteggiamento delle stesse banche le quali impongono commissioni a tassi esorbitanti ai comuni cittadini mentre riservano trattamenti privilegiati ad altri soggetti, politici compresi. In tale contesto è necessario che la politica si riappropri del suo ruolo direttivo, procedendo in un'azione incisiva di riforma che tuteli gli interessi dei consumatori e che costringa le banche a svolgere correttamente la loro funzione.
Le disposizioni contenute nel decreto-legge in esame, a seguito delle modifiche approvate dal Senato della Repubblica, sono essenzialmente legate al perseguimento di alcuni obiettivi: anzitutto intervenire in materia di nullità delle clausole dei contratti bancari, per limitare la nullità espressamente stabilita dal decreto-legge liberalizzazioni alle sole clausole stipulate in violazione delle disposizioni applicative in materia di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti adottate dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio ai sensi dell'articolo 117-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia; prevedere in favore delle famiglie consumatrici titolari di conto corrente di non dover pagare alcuna commissione bancaria, qualora si verifichi uno sconfinamento di importo pari o inferiore a 500 euro, a condizione che lo sconfinamento abbia una durata non superiore a sette giorni e non si riscontri per più d'una volta in un trimestre bancario.
Occorre inoltre costituire presso il Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Osservatorio sull'erogazione del Pag. 37credito da parte delle banche, nonché rivedere la norma introdotta dal cosiddetto decreto liberalizzazioni sul rating di legalità delle imprese.
Il Governo Monti prosegue a legiferare, sulla spinta di un'urgenza dichiarata, in materie che meriterebbero maggiore approfondimento, approfondimento che viene compresso e addirittura negato anche in sede di conversione in legge dei decreti, sempre più numerosi. Quello dell'Italia dei Valori sarà un voto contrario nei confronti sia del provvedimento in esame sia anche dell'atteggiamento del Governo. Il vero problema che andrebbe affrontato con estrema urgenza è invece quello legato al sostegno alle piccole e medie imprese da parte delle banche, che manca completamente, benché queste abbiano ricevuto moltissime risorse da parte della BCE. Nonostante ciò, esse continuano a rendere difficoltoso l'accesso ai finanziamenti da parte delle piccole e medie imprese. Certamente era stato sbagliato vietare per legge l'applicazione delle commissioni bancarie con una formulazione così drastica e mal congegnata come era stato fatto in precedenza, ma tentare oggi di ripristinare la possibilità di inserire tali commissioni in questo modo è altrettanto sbagliato, anche perché ci troviamo in un momento economico in cui non solo i consumatori, ma anche - lo ripeto - le piccole e medie imprese, che sono il nerbo della nostra economia, si trovano strozzate.
Sul versante dei tassi di interesse abbiamo la conferma: questi sono i risultati di diverse indagini condotte recentemente dalla Commissione europea, che tra l'altro sono stati confrontati con quelli di altre nazioni. Qui abbiamo la conferma, come dicevo, che i nostri tassi di interesse sono altissimi. Relativamente ai nuovi finanziamenti erogati alle imprese non finanziarie, possiamo dire tranquillamente che le condizioni economiche in Italia sono peggiorate nettamente negli ultimi due anni. Il dato certo che abbiamo è che nel 2010 i tassi di interesse pagati dalle nostre imprese, se paragonati a quelli di altri Paesi europei dell'area euro, sono certamente più alti. A gennaio del 2012, quindi molto recentemente - parliamo di qualche mese fa - il tasso medio di interesse sui finanziamenti alle imprese è stato pari al 4,1 per cento, contro il 3,5 della Spagna, il 3,3 della Francia e addirittura il 2,9 della Germania. La situazione italiana, sotto il profilo del rapporto tra le banche e dell'accesso per il finanziamento alle piccole e medie imprese, possiamo dirlo, è assolutamente critico e a volte assolutamente nullo. I vertici dell'ABI addirittura si erano dimessi o avevano dichiarato che lo avrebbero fatto quando era stata abrogata la possibilità di applicare le commissioni. Ebbene, si è ritenuto di provvedere immediatamente e d'urgenza con il provvedimento in esame, mentre in realtà questo Governo non sta trovando alcuna soluzione concreta per risolvere un altro problema, non strettamente attinente a quello di cui stiamo parlando, ma anche a noi dell'Italia dei Valori molto caro, ossia quello della risoluzione del problema dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione.
Concludendo, se la proposta di vietare per legge l'applicazione delle commissioni bancarie è stata probabilmente troppo drastica e mal formulata, non si può negare che è andata crescendo, soprattutto negli ultimi tempi, la pressione esercitata dalle banche su famiglie ed imprese. Sul fronte delle piccole e medie imprese, in particolare, la recente indagine sull'accesso ai finanziamenti condotta dalla Commissione europea ha evidenziato che per l'Italia la situazione è in netto peggioramento. Risulta che ben il 75 per cento delle piccole e medie imprese italiane, negli ultimi sei mesi, ha registrato un incremento dei tassi di interesse, mentre quasi il 65 per cento ha dichiarato di aver visto aumentare le commissioni bancarie applicate sui finanziamenti. Rispetto ai principali Paesi dell'area euro solo in Spagna c'è stata una percentuale maggiore di imprese che hanno segnalato un peggioramento delle condizioni applicate dalle banche, mentre Francia e soprattutto Germania mostrano uno scenario ben più positivo di quello italiano. Sul versante dei Pag. 38tassi di interesse una conferma di quanto dichiarato dalle piccole e medie imprese intervistate dalla Commissione europea viene fornita dai dati di confronto internazionali elaborati dalle singole banche centrali e resi disponibili dalla BCE. Relativamente ai nuovi finanziamenti erogati alle imprese non finanziarie, si può rilevare come le condizioni economiche in Italia siano nettamente degenerate negli ultimi due anni. Nel 2010 i tassi di interesse pagati dalle imprese italiane, se paragonati a quelli degli altri Paesi dell'area euro, erano più bassi.
Nel periodo più recente, invece, la spesa per interessi bancari delle imprese italiane è stata superiore a quella delle altre aziende concorrenti operanti in Europa. A gennaio del 2012, il tasso medio delle imprese è stato, infatti, pari al 4,1 per cento in Italia, contro il 3,5 per cento della Spagna, il 3,3 per cento della Francia e il 2,9 per cento della Germania. Non si può non tenere conto che alla protesta dei vertici ABI, avallata dall'ordine del giorno bipartisan accolto dal Governo in sede di esame del cosiddetto decreto-legge liberalizzazioni, si è provveduto immediatamente a dare risposta, mentre nessuna concreta soluzione è stata finora trovata per risolvere il problema delle aziende che vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione.
Questo è il quadro, in qualche modo, che racconta la situazione economica di un Paese, delle famiglie e delle piccole e medie imprese. È questa la fotografia che, in maniera sempre più sbiadita, sempre più in bianco e nero, forse, con troppe ombre e poche luci, viene fuori da questo Governo e, mi dispiace, anche da questa maggioranza, che lo sostiene.
Evidentemente, la distanza tra il mondo reale e il Governo è siderale: infatti, non ci si rende conto che fare un passo in avanti, dare una mano e sostenere il rilancio e la crescita attraverso un sostegno economico, anche responsabilizzando di più e meglio le banche, forse, ci darebbe l'opportunità, in tempi stretti e realmente concreti, di vedere le famiglie e le piccole e medie imprese italiane - che rappresentano la spina dorsale della nostra economia - non solo aspirare ad andare avanti un giorno dopo l'altro, ma guardare un orizzonte molto più vasto, molto più importante, non dico roseo, ma che almeno rimetta in moto l'economia. Tutto ciò per dare la forza di pensare che, dentro questa comunità - che si è sempre fatta valere per le sue capacità di intrapresa e le sue capacità a livello familiare -, finalmente, c'è un Governo che è in grado di reggere l'urto di una sfida che non è limitata al dato del territorio nazionale, ma che ci faccia diventare finalmente un Paese europeo, anche attraverso la corresponsabilizzazione del sistema creditizio italiano (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, inviterei il sottosegretario, insieme al suo Governo, a svolgere una riflessione sulle condizioni in cui, evidentemente, si trova questo Paese. Proprio ieri, ho tenuto il consiglio comunale nella mia città e, parlando di bilancio, ho chiuso il conto consuntivo, cioè il bilancio del 2011 della città di Borgosesia, in Valsesia, elencando tutte le difficoltà che un comune, comunque, sano come il nostro si trova a dover fronteggiare. Nella mia relazione, caro sottosegretario, ho dovuto anche esprimere la mia delusione nei confronti di questo Governo, che, invece di cercare di dare una mano, ci sta letteralmente strangolando. Infatti, se anche i comuni non riusciranno a sopperire alle mancanze di questo Stato, con i cittadini e le imprese che sono veramente in forte difficoltà, sinceramente sono molto preoccupato, come amministratore locale, di ciò che potrà accadere nei prossimi mesi.
Vorrei farle anche un altro esempio, signor sottosegretario. Sempre nella mia zona, in Valsesia, vi è un'azienda abbastanza importante, che si chiama «Sitindustrie», i cui 90 dipendenti, e quindi 90 famiglie, aspettano la cassa integrazione da cinque mesi e, quindi, non prendono Pag. 39un soldo da dicembre. L'altro giorno, siamo venuti a sapere che, poiché il relativo provvedimento è interministeriale - perché sono coinvolti sia il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Fornero, sia il Ministro dell'economia e delle finanze, in questo caso, il Viceministro Grilli -, la conclusione dell'atto burocratico, richiede ancora entrambe le firme. Un ministro, probabilmente, lo firmerà nei prossimi giorni, mentre l'altro - a quanto pare il rappresentante dell'economia -, lo firmerà, forse, tra un mese, forse due. Tutto ciò con il risultato finale che queste famiglie... non so se la sto disturbando, signor sottosegretario, nell'espletamento del suo compito, visto che sta facendo altro. Tuttavia, siccome sono qua, magari, se mi tratta meno da «pirla», forse, riesco anche a parlare normalmente... sono qui per parlare con lei...

PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, il sottosegretario la sta ascoltando: si rivolga alla Presidenza. Prego.

GIANLUCA BUONANNO. Quindi, come dicevo, potrebbe anche interessarle il fatto, signor sottosegretario, che 90 famiglie stanno aspettando soldi da cinque-sei mesi.
È evidente che qui non è questione di denaro o di ricerca delle risorse, è questione di cercare di snellire la burocrazia e di capire che, se anche i vostri Ministeri potessero accelerare un po' di più le pratiche e se ci fossero dirigenti che lavorano, magari, un po' di più, probabilmente si potrebbero risolvere tante delle difficoltà che ci sono in questo momento. Infatti, sono convinto e lo ripeto - lo vedo anche da amministratore locale - che le difficoltà ci sono, spesso e volentieri, non perché mancano i soldi - che sappiamo già essere un grosso problema - ma perché anche quando i soldi ci sono, non si è capaci neanche di fare in modo che la procedura sia più veloce dando così un po' di ossigeno alle famiglie e alle imprese.
Questo è veramente un paradosso: nel nostro Paese, chi, oggi, non ha niente da perdere, è più tutelato di chi ha qualcosa da perdere; chi si comporta bene è più cretino di chi si comporta male, perché nella realtà dei fatti è così. Se, oggi, uno non paga quello che deve pagare, subentra lo Stato che cerca, in tutte le maniere, di ottenere quanto dovuto - in questo campo il campione numero uno è Equitalia, al cui confronto gli usurai sembrano Babbo Natale - che ti attacca su tutti i fronti. Nello stesso tempo, però, se il cittadino o le imprese devono prendere dei soldi da parte dello Stato, questo - e per Stato intendo i comuni, le province, le regioni, e ovviamente tutto quello che comprende anche Roma, o l'ANAS o quello che ne consegue - dice: aspetta sei mesi, un anno, due anni, tre anni e l'impresa, magari, fallisce. E non fallisce perché l'imprenditore, o quello che la dirige, non è capace, ma fallisce perché lo Stato, quando ha bisogno, la tartassa e quando deve dare, si dimentica. Questo è, veramente, il paradosso dei paradossi.
Tra l'altro, voi siete il Governo dei tecnici ma, per poter cercare di ridurre le spese, avete chiamato un altro tecnico di quasi ottant'anni, con tutto il rispetto, perché evidentemente, tra tutti voi tecnici, non siete riusciti a trovarne uno per fare le cose che deve fare il nuovo tecnico Bondi. Ha ragione Crozza, è come se un calciatore, nel momento in cui sta per tirare un calcio di rigore, dicesse: no, forse non sono io il calciatore, devo chiamarne un altro perché io non sono in grado di tirare il calcio di rigore.
Un altro paradosso è che in questo Paese, se c'è un rubinetto da cui esce l'acqua - l'acqua ovviamente sono le risorse e quindi le tasse di tutti i cittadini - e sotto c'è un colabrodo, e cioè appunto il nostro Paese, non si riesce a capire che forse è meglio tappare i buchi del colabrodo, affinché avanzi un po' di acqua; invece, il ragionamento che avete fatto in sei mesi è stato solo di cercare di aumentare il gettito dell'acqua, cioè aumentare le tasse. Ma è una cosa normale cercare di tappare questi buchi! Ma se voi non avete il coraggio di tappare questi buchi - non avete il coraggio di farlo perché ogni volta che si va a cercare di toccare qualcosa Pag. 40tutti gridano: aiuto, aiuto! - le riforme non si faranno mai! Quindi, di conseguenza, acquista sempre più importanza quella che per noi è stata una battaglia epocale - che continueremo a portare avanti - e cioè quella sul federalismo fiscale, dove ognuno deve essere responsabile a casa sua. Prima ho sentito quelli che sono i dati della Sicilia; ma se la Sicilia vuole avere venticinquemila dipendenti regionali, come ha, ma che ne avesse anche cinquantamila, a me non interessa, però se li deve pagare lei. Se vogliono avere «x» dirigenti o «x» stipendi super elevati, benissimo, ma se li devono pagare loro! La stessa cosa vale per la Calabria che non ha neanche il quadro completo della sanità, e per la Campania dove c'è il problema dell'immondizia e non fanno lavorare gli spazzini.
Caro sottosegretario, vedo che è un po' spazientito, magari quando va a La7 è più tranquillo, visto che a lei piace, la domenica, andare in televisione, ma quando invece è qua, stia ad ascoltare quello che le dico (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Come le dicevo, a proposito dell'emendamento che propongo, c'è una possibilità di introdurre una meritocrazia, che è importante, facendo in modo che le aziende possano avere questa sorta di rating di legalità, ovviamente fornito sia dal Ministero della giustizia che dal Ministero dell'interno, per fare in modo che, a loro richiesta - se queste aziende sono sane e si sono comportate bene - possano ottenere delle velocizzazioni burocratiche. Quindi, finalmente, in Italia potrebbe subentrare la meritocrazia anche nelle imprese, in modo che lo Stato gli possa dare una mano: se esse superano quelle che sono le verifiche, è giusto che in questo caso, il vostro Governo possa concedere un'istruttoria semplificata e che l'impresa possa accedere al credito più velocemente, se ne ha bisogno. Così come sarebbe opportuno che l'impresa, sempre se ne ha bisogno, e certamente ne ha bisogno, quando sta aspettando i soldi da un ente pubblico, possa effettuare magari una cessione del credito, per fare in modo che da una parte possa prendere i soldi che aspetta, per poter magari pagare le tasse o fare gli investimenti necessari alla sua azienda.
Questo è un suggerimento che proponiamo con questo emendamento, volto a dare tali garanzie e a velocizzare tali problematiche, per fare in modo che vi sia, da parte dell'imprenditore, ma anche da parte del cittadino, la sensazione che vi sia uno Stato che non cerca solo di fustigare - come purtroppo oggi è -, ma che vi sia anche uno Stato che cerca di aiutare chi, nel limite del possibile, merita di essere aiutato. Ecco perché questo emendamento, secondo noi, è importante, perché sarebbe, veramente, una sottolineatura di come vi siano in questo Paese, per fortuna - e soprattutto in una certa parte del Paese, cioè il nord - aziende sane che hanno bisogno di un supporto, in un momento di crisi così elevata, e che allo stesso tempo non hanno liquidità perché molto spesso aspettano i soldi da parte dello Stato stesso. Quindi, in conclusione del mio intervento, mi auguro - e mi rivolgo a lei, sottosegretario, e al Governo - che si faccia attenzione a questo emendamento presentato, e che vi sia, non solo per le imprese, ma anche per gli enti locali, un minimo di speranza, perché se continuiamo ad andare avanti con il pessimismo - che purtroppo regna - non vi sarà proiezione nel futuro. Bisogna «regalare» con i fatti un po' di speranza.
Spero anche che il Ministro Passera - che chiamo con l'accento: «Passerà», perché continua a promettere di fare delle cose, ma al momento, dopo sei mesi, non ne ha fatta una - faccia in modo che vi sia la possibilità vera di fare in modo che chi aspetta i soldi dallo Stato li possa prendere e che, poi, possa pagare tranquillamente le tasse e, allo stesso momento, pagare i propri dipendenti e fare investimenti. Ciò non mi sembra una cosa così complicata, però, visto che dopo sei mesi non si riesce a fare, evidentemente qualche problema c'è. Magari dovete chiamare un altro tecnico, non lo so, ma quello che conta è il risultato finale, e fino ad oggi il vostro risultato è stato aumentare le tasse. Vi dico che a far così, mio Pag. 41figlio, che ha 9 anni, avrebbe fatto lo stesso, solo che, essendo minorenne, non ha potuto partecipare alla discussione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, siccome è invalso l'uso, da parte di alcuni deputati, di arrogarsi la responsabilità di richiamare il comportamento dei presidenti di Commissione, o dei relatori, o dei membri del Governo, penso che questo sia un contegno che non sia assolutamente riconducibile al nostro Regolamento e ad alcuna sua norma.
Spetta solo alla Presidenza garantire che il funzionamento dell'Aula sia, da tutti i suoi componenti e da tutti i presenti, tale da poter rispondere a quelli che sono che i richiami regolamentari e le indicazioni che dal Regolamento provengono.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Quartiani. Lei è un ottimo conoscitore del Regolamento e, quindi, ha richiamato esattamente in che termini stia la questione; sta poi alla responsabilità di tutti usare il buonsenso, prima e dopo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo per esaminare un decreto-legge approvato dal Senato con 207 voti favorevoli e 27 contrari. Il tema è delicato, perché riguarda le commissioni bancarie sulle aperture di credito e perché va a modificare il decreto-legge cosiddetto cresci Italia, poi anche definito «salva Italia». Le relative disposizioni, a seguito delle modifiche approvate dal Senato, sono essenzialmente legate al perseguimento degli obiettivi che si leggono all'interno del provvedimento stesso: si tratta cioè di intervenire in materia di nullità delle clausole dei contratti bancari per limitarne, appunto, la nullità, espressamente stabilita dal decreto-legge sulle liberalizzazioni, relativamente alle sole clausole stipulate in violazione delle disposizioni applicative in materia di remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti adottati dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, ai sensi dell'articolo 117-bis del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia; di prevedere, in favore delle famiglie consumatrici titolari di conto corrente, il non pagamento di commissioni bancarie in caso di sconfinamento di importo pari o inferiore a 500 euro; di costituire, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito osservatorio sull'erogazione del credito da parte delle banche e, quindi, rivedere la norma introdotta dal cosiddetto decreto liberalizzazioni sul rating di legalità delle imprese.
Con le modifiche introdotte, in particolare grazie all'approvazione di un emendamento presentato al Senato dal gruppo dell'Italia dei Valori, ricordiamo che è stato soppresso il comma 2 dell'articolo 1, con il quale si interveniva direttamente sull'articolo 23-ter del decreto-legge cosiddetto salva Italia che, come è noto, ha stabilito un tetto ai trattamenti economici di coloro che hanno un rapporto di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali.
Il soppresso comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, in buona sostanza, era volto a chiarire che per coloro che avessero maturato il requisito per l'accesso alla pensione alla data del 22 dicembre del 2011, il tetto di trattamento economico avrebbe inciso sulla parte previdenziale limitatamente alle quota di pensione che sarebbe maturata da quella data in poi. Si trattava del criterio del cosiddetto pro rata, volto a salvaguardare il livello di pensione di coloro che avessero maturato il relativo diritto alla data di conversione del decreto-legge.
Il provvedimento al nostro esame, però, conferma ancora una volta la debolezza del Governo nei confronti delle banche, che andrebbero invece sollecitate, anche attraverso iniziative legislative, a rispon Pag. 42dere in modo adeguato alle esigenze di accesso al credito, che oggi costituisce il dramma del nostro Paese, che colpisce famiglie ed imprese.
Vale la pena ricordare al Governo, che le banche italiane applicano i più alti costi dei conti correnti d'Europa: 295 euro contro una media europea di 114; che le banche italiane, secondo la Banca centrale europea, praticano i tassi di interesse più alti d'Europa e che per i mutui la media in Italia è del 5,15 per cento, mentre, nell'Europa a 27, è del 3,95 per cento, con un differenziale pari a 1,20 per cento.
Il credito al consumo in Italia è pari al 7,99 per cento, mentre la media europea è del 6,58 per cento. Così come non si può non sottolineare che le virtuose banche italiane hanno ricevuto 268 miliardi a un tasso dell'1 per cento, riutilizzandoli poi in operazioni finanziarie che hanno portato anche a tassi del 22-23 per cento, che normalmente sono in violazione della legge antiusura, anche se in realtà questo sconfinamento c'è stato senza che venisse riconosciuto alcuna reato penale nei confronti delle banche.
Va, altresì, rilevato come le banche, quando vengono condannate dai tribunali di questa Repubblica, ottengano sospensive. È difficile riavere quello che un imprenditore legittimamente chiede anche attraverso una sentenza, per cui si è costretti ad andare con l'ufficiale giudiziario all'interno della banca e pignorare, come è avvenuto per un'imprenditrice campana che, per riavere i suoi 580 mila euro, si è presentata in banca con l'ufficiale giudiziario e, dopo una riunione del consiglio di amministrazione, la banca ha dovuto staccare quegli assegni a cui quella cittadina ed imprenditrice aveva diritto, perché una sentenza lo aveva stabilito.
Allora ci chiediamo: la Banca d'Italia cosa fa nei confronti di questi comportamenti? Cosa fa la Banca d'Italia? Non difende i diritti dei cittadini e degli imprenditori, ma va a braccetto, invece, con le banche. Tutto ciò avviene in una situazione drammatica, in cui la disoccupazione nel nostro Paese, signor sottosegretario, tra i giovani, ha raggiunto il 36 per cento, situazione che sta portando a gesti estremi, come la cronaca sta raccontando in questi giorni.
Il provvedimento al nostro esame integra, come abbiamo detto, due precedenti interventi legislativi, correggendo in particolare la norma che considerava nulle tutte le clausole che prevedevano commissioni sulle aperture di credito a favore delle banche. Ricordiamo che il Governo Monti, attraverso il ricorso alla decretazione d'urgenza, ha varato, tra lo scorso mese di dicembre e la fine di gennaio, un processo di stabilizzazione finanziaria e di liberalizzazione di alcuni settori rilevanti dell'economia del nostro Paese, operando ai limiti del rispetto delle garanzie costituzionali.
Diciamo subito che questo decreto-legge, che l'Assemblea della Camera si appresta ad esaminare, è manifestamente incostituzionale nel merito e nella modalità di adozione.
Infatti, il Governo, al fine di evitare che le disposizioni introdotte durante l'esame parlamentare della legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012 in merito alla nullità delle clausole inserite nei contratti bancari che prevedano commissioni a favore delle banche producessero i propri effetti anche soltanto per un giorno, ha deciso di pubblicare nella stessa Gazzetta Ufficiale sia la legge di conversione che il decreto-legge correttivo.
È evidente come la procedura della contemporaneità dell'entrata in vigore della legge di conversione e del decreto-legge correttivo sia stata una vera e propria forzatura dell'Esecutivo, dettata unicamente da una logica di tutela degli interessi degli istituti bancari.
Peraltro, le generiche affermazioni contenute nella relazione del Governo non possono in alcun modo giustificare, dal punto di vista costituzionale, il presente provvedimento composto da disposizioni prive di presupposti di straordinaria necessità, così come richiesto dall'articolo 77 della Costituzione.
Il Governo, quindi, sta abusando dello strumento della normativa d'urgenza e prosegue a legiferare sulla spinta di un'urgenza Pag. 43dichiarata in materia che, invece, richiederebbe maggiore approfondimento.
Il voto dell'Italia dei Valori, quindi, sarà convintamente contrario nei confronti del provvedimento in esame nel suo complesso. È stato detto da più parti che non vi era assolutamente urgenza. Abbiamo detto in tanti modi che il provvedimento non rivestiva i caratteri dell'urgenza. Ovviamente, tra qualche tempo e tra qualche minuto ci troveremo di fronte all'ennesima questione di fiducia che questo Governo porrà sul provvedimento.
Il vero problema che andrebbe affrontato con estrema urgenza è, invece, quello legato al sostegno delle piccole e medie imprese da parte delle banche, che manca completamente benché queste abbiano ricevuto moltissimi soldi da parte della Banca centrale europea.
Nonostante ciò, esse continuano a rendere difficoltoso l'accesso ai finanziamenti da parte delle piccole e medie imprese. Certamente era stato sbagliato vietare per legge l'applicazione delle commissioni bancarie con una formulazione così drastica e mal congegnata come era stato in precedenza. Tuttavia, tentare oggi di ripristinare la possibilità di inserire tali commissioni in questo modo è altrettanto sbagliato, anche perché ci ritroviamo in un momento economico in cui non solo i consumatori, ma anche le piccole e medie imprese e le famiglie, che sono il nerbo della nostra comunità, si trovano strozzate.
Sul versante dei tassi di interesse, abbiamo la conferma (questi sono i risultati di diverse indagini) che i nostri tassi d'interesse sono altissimi. Relativamente ai nuovi finanziamenti erogati alle imprese non finanziarie, possiamo dire tranquillamente che le condizioni economiche in Italia sono peggiorate nettamente negli ultimi due anni. Il dato certo che abbiamo è che nel 2010 i tassi di interesse pagati dalle nostre imprese, se paragonati a quelle di altri Paesi, sono certamente più alti. A gennaio del 2012 il tasso medio di interesse in Italia era del 4,1 per cento, rispetto al 3,5 per cento della Spagna e al 3,3 per cento della Francia e al 2,9 per cento della Germania.
Si tratta di una situazione decisamente critica. Si è ritenuto di provvedere, pertanto, immediatamente d'urgenza con questo provvedimento mentre, in realtà, questo Governo non sta facendo l'unica cosa che avrebbe dovuto fare e, cioè, intervenire su una materia che riguarda gli imprenditori restituendo quei soldi che spettano loro dalla pubblica amministrazione e che oggi sta facendo morire migliaia di aziende perché non rientrano di quei soldi e di quelle cifre.
Mi rivolgo al Governo, perché il tema che stiamo trattando in questa giornata ci deve far riflettere e deve far riflettere voi, perché ogni giorno siete messi alla prova per dimostrare di non essere quello che si dice: che siate il Governo delle banche e dei banchieri. Ogni giorno voi dovete dimostrare che siete fuori da quel conflitto di interessi che vi fa fare provvedimenti non in difesa dei cittadini, non della comunità, ma di quegli interessi forti rappresentati da banche e banchieri.
Infatti, continuate ad essere deboli con i forti e forti con i soliti: con i pensionati, con i lavoratori e con i precari.
Chi ha voluto la crisi di questi anni nel sistema economico internazionale? La crisi è stata voluta dal sistema bancario e dall'immissione nel sistema finanziario dei titoli tossici e dei derivati, da un sistema saltato per aria perché quelle agenzie di rating che dovevano controllare la solidità delle banche erano, allo stesso tempo, controllori e soci di quelle banche.
Oggi che il sistema è saltato e le banche sono piene di debiti si fanno pagare ai cittadini il debito di quelle banche e le difficoltà che quelle banche hanno creato nel sistema internazionale. Li stanno pagando in maniera drammatica il popolo greco, il popolo spagnolo e noi, il popolo italiano, e credo che vadano viste con grande attenzione anche le dichiarazioni dello stesso Presidente americano, Obama, di fronte al buco della JP Morgan, quando pone un problema di trasparenza nelle banche e nella gestione delle borse. Questo è il lavoro che ci si aspetta da un Governo, che vuole rinnovare, riformare e ridare credibilità e trasparenza. Pag. 44
Non siete neppure intervenuti imponendo dei tetti di spesa a chi gestisce, nei consigli di amministrazione, le banche: penso a chi è uscito dalle banche con 40 milioni di euro ed ai cittadini che non possono raggiungere neppure mille euro e che sono costretti oggi a vedersi tassati, ogni giorno sempre di più, con grandissime difficoltà.
Concludo, signor Presidente: sicuramente l'Italia non è l'Islanda, sottosegretario, ma in Islanda la risposta alla crisi l'hanno data nazionalizzando le banche e mandando in carcere quei banchieri che hanno abusato dei cittadini islandesi. Oggi l'Islanda è fuori dalla crisi e in grado di dare una risposta economica molto più importante e partecipata, coinvolgendo tutti i cittadini nelle loro decisioni.
Credo che questa sia la strada che questo Paese deve intraprendere, se vuole dare una nuova risposta alla crisi economica e se non vogliamo essere sudditi di banche e di banchieri, come invece il Governo dimostra di essere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Callegari. Ne ha facoltà.

CORRADO CALLEGARI. Signor Presidente, il presente decreto-legge si è reso necessario al fine di modificare l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 che tante polemiche aveva suscitato. L'articolo 27-bis, nella formulazione approvata e divenuta quindi definitiva, decretava in maniera chiara e netta la nullità delle clausole, comunque denominate, inserite nei contratti bancari, che prevedono commissioni a favore delle banche a fronte di concessioni di linee di credito messe a disposizione dalle medesime e il loro mantenimento in essere e l'utilizzo di linee di credito anche nel caso di sconfinamento in assenza di affidamento, ovvero oltre il limite del fido.
Inserita da un emendamento, la norma ha provocato l'ira delle banche ed in particolare dei vertici dell'ABI, che hanno subito minacciato le dimissioni. Queste sarebbero dovute essere accettate tutte in massa, ma prontamente il Governo è corso ai ripari, approvando nello stesso giorno in cui è entrata in vigore la legge di conversione nella presente formulazione che, come è già successo con altri provvedimenti, corre in aiuto degli istituti di credito.
La Lega Nord ha più volte sottolineato questo aspetto. Si tratta di un Governo fatto di banchieri: infatti il Presidente del Consiglio, Mario Monti, viene dalla Goldman Sachs, il Ministro dello sviluppo economico, Passera, era l'amministratore delegato di Intesa San Paolo, il Ministro Fornero era anche lei all'interno del consiglio di amministrazione di Intesa San Paolo, quindi si tratta di gente che ha «le mani in pasta» in relazione a questi argomenti.
È proprio il caso del primo decreto-legge Monti, il cosiddetto «salva Italia» - ma che di «salva Italia» ha ben poco e dopo lo vedremo con i dati perché è stato un decreto-legge più «salva-banche» che non «salva-Italia», lo sanno tutti e lo sapete bene anche voi membri del Governo - con il quale è stato ulteriormente abbassato il limite all'uso del denaro contante dietro il paravento della lotta all'evasione fiscale; si sono moltiplicati i ricavi degli istituti creditizi obbligando tutti i percettori di reddito ad aprire un conto corrente su cui far accreditare la propria misera pensione o il proprio stipendio. A poco servirà il recentissimo accordo per l'offerta di un conto corrente di base visto che ormai i pensionati, nella maggior parte dei casi, hanno già provveduto ad aprirne uno.
Poi abbiamo il caso, sempre nel famigerato decreto-legge «salva Italia», della nuova IMU che, stravolta nella sua essenza federalista, andrà a colpire da quest'anno le case di tutti, anche degli anziani ricoverati in case di riposo, ma lascerà esente stranamente il patrimonio delle fondazioni bancarie, complessivamente 50 miliardi di euro, di cui la metà investiti in istituti di credito.
Allora, io dico che questo provvedimento che stiamo discutendo è a dir poco vergognoso. Mi riferisco anche a quanto Pag. 45riportato oggi su un quotidiano, proprio collegandoci all'IMU; gli scienziati-tecnici di questo Governo hanno deciso di fare cassa con l'IMU, ma non hanno verificato probabilmente qual è stato il numero dei pignoramenti immobiliari fatti dalle banche a fronte di mancati pagamenti di mutui nel 2011: ben 44 mila, ciò vuol dire 44 mila famiglie che si sono viste pignorare la casa. A questi 44 mila si aggiungeranno a breve - perché a luglio scade una proroga che il Governo ha ottenuto dalle banche per esentare e sospendere per un anno le rate di pagamento dei mutui - 60 mila casi, quindi 60 mila famiglie che, a luglio, si troveranno costrette a pagare di nuovo il mutuo (giustamente, visto che l'hanno contratto). Ma a quanto ammonta la somma globale di questi mutui che vedranno terminata la loro proroga nel luglio di quest'anno? A 7 miliardi e mezzo.
Ma cosa sono 7 miliardi e mezzo in confronto a quello che hanno fatto le banche nei primi tre mesi dell'anno quando, a fronte di una cifra che è stata comunicata da questo Governo a dicembre del 2011, i titoli di Stato collocati presso le banche erano pari a 224 miliardi? A gennaio 252, con un aumento di 28 miliardi; a febbraio 281, con un aumento di altri 29 miliardi; a marzo 304 miliardi; sono 304 miliardi la cifra dei titoli di Stato collocati presso le banche. La risposta è questa grande operazione bancaria con cui molte banche hanno usufruito dei soldi che la Banca centrale europea ha dato al sistema bancario utilizzandoli per comprare titoli di Stato. Hanno ottenuto il denaro al tasso dell'1 per cento e lo hanno impiegato al 5-6 per cento. Abbiamo chiesto l'audizione dell'ABI per capire se, a fronte di questo anomalo investimento da parte delle banche che ha visto in tre mesi implementare di oltre il 35 per cento il totale dei titoli posseduti, dietro c'è la solita speculazione fatta dalle banche o un'imposizione fatta dal Governo a fronte di una difficoltà nel vendere i propri titoli di Stato. La risposta del sistema di controllo, se possiamo così chiamarlo, delle agenzie di rating è stata subito, una volta avuti i dati, di declassare ben 26 banche italiane proprio per questo motivo, cioè per il fatto che le banche investono in settori che non sono sicuramente quelli tipici del sistema del credito.
Come è stato citato anche in un intervento precedente, adesso viene avanti un altro problema del sistema bancario internazionale, quello della JP Morgan, una banca che sicuramente ha fatto degli investimenti non controllati.
Quello che c'è da augurarsi è che con questa cordata della JP Morgan non si verifichi quanto accaduto con quell'altra banca americana che è fallita qualche anno fa, che ha trascinato anche istituti di credito italiani, come l'Unicredit del dottor Profumo, mister 40 milioni di euro, questa è stata la buonuscita che ha avuto questo signore quando è andato via dall'Unicredit.
Allora, c'è da domandarsi se adesso, dietro questo buco di questa banca, non ci siano collegati, come spesso avviene con le filiere tra banche, anche istituti di credito italiani.
Voglio concludere questo intervento - qui c'è anche un membro del Governo, il sottosegretario che ci sta ascoltando con pazienza - domandando se non sia il caso che il signor Monti, il signor Passera e la signora Fornero, visto che sono esperti del settore, vengano a spiegare qui in Aula quello che stanno facendo le banche in questo periodo con i cittadini, con i soldi dei cittadini italiani, con i soldi dei depositi, perché non vorrei che ci trovassimo a breve, com'è successo purtroppo in altri Paesi, anche al di là del nostro oceano, andando agli sportelli Bancomat, nella situazione di trovare improvvisamente la banca momentaneamente chiusa.
Detto questo, resto comunque scandalizzato per l'azione del Governo che continuamente, invece di fare interventi a favore delle famiglie e delle imprese, li fa esclusivamente a favore delle banche, addirittura con un provvedimento specifico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

Pag. 46

Testo sostituito con l'errata corrige del 16 MAGGIO 2012 SILVANA MURA. Signor Presidente, si dice solitamente che il buongiorno si vede dal mattino e questo detto popolare mai è stato tanto appropriato come nel caso del decreto-legge in esame. Non so se qualche collega si è preso la briga di leggere il titolo ufficiale del provvedimento. Chi lo ha fatto ha potuto constatare che, alla faccia della semplificazione normativa, dopo aver letto per un quarto d'ora date e rimandi, alla fine non ha capito niente del contenuto del testo. Faccio riferimento alla rubrica del decreto-legge, non per forma ma per sostanza, perché in cinque righe non ricorre neppure una volta la parola «banche».
Qui i tecnicismi e le formalità normative non c'entrano, c'entra invece il grande imbarazzo del Governo e di chi approverà il decreto-legge, che nasce dalla consapevolezza di aver varato in fretta e furia un provvedimento imposto dalle banche ovvero quei poteri forti dei quali il Presidente del Consiglio non vuole sentire parlare, ma che continua a compiacere con gli atti di questo Governo.
Il decreto-legge che stiamo esaminando oggi non è altro che un provvedimento salva banche, perché nasce dall'esigenza di porre immediatamente riparo ad una norma che era stata approvata per errore e che proprio per questo era riuscita ad imporre qualche sacrificio ai pochi che nel nostro Paese finora non ne hanno fatti, le banche appunto.
L'Italia dei Valori è contraria a questo provvedimento e, pur con i limitati numeri di cui dispone, si opporrà con forza per evitare che venga approvato nella forma attuale.
Nonostante i pochi commi di cui si compone questo decreto-legge, i motivi di dissenso nel merito sono molti e va dato atto al Governo di essere riuscito a compiere un vero capolavoro di insipienza normativa, inserendo norme tanto pessime in uno spazio così limitato.
Un altro piccolo record che debbo riconoscere al Governo è quello di aver dato vita ad un omnibus legislativo bonsai mettendo insieme, in due articoli, tre questioni tra loro sostanzialmente e materialmente diverse.
Oltre ad intervenire in materia di banche, infatti, il decreto-legge, al comma 2-bis, interviene sull'elezione da parte di Camera e Senato niente meno che dei componenti del consiglio dell'Autorità garante per le comunicazioni.
Ci sarebbe stato anche un terzo argomento, se grazie ad un emendamento dell'Italia dei Valori al Senato non fosse stata abrogata quella norma scandalosa che ne approfittava per fare un bel regalo alle pensioni dei manager pubblici, scudandoli dall'effetto che avrebbe avuto su di essi il nuovo tetto salariale che è stato imposto, norma che il Governo ha avuto anche la faccia tosta di ipotizzare di ripresentare alla Camera.
Ipotesi, poi, per fortuna sfumata, perché i gruppi, anche di maggioranza, non se la sono sentita di irridere a tal punto milioni e milioni di cittadini italiani che stanno facendo sacrifici ogni giorno, né quei giovani che, quando andranno in pensione, avranno una cifra che è la metà di quella percepita oggi dai loro padri.
Mi scuso colleghi se parto dalla coda, ma la presenza della norma sull'Agcom ha un'importanza fondamentale per chi non condivide questo provvedimento. La presenza del comma 2-bis rende, a mio avviso, incostituzionale il provvedimento, a maggior ragione perché è figlio di un emendamento inserito in corsa al Senato. Il Presidente della Repubblica, che autorevolmente vigila sulla Costituzione, che accompagna e indica la strada da seguire al Governo e che, giustamente, richiama quotidianamente il Parlamento a fare quelle riforme costituzionali a lungo promesse, in data 23 febbraio ha inviato una lettera ai Presidenti di Camera e Senato, nonché al Presidente Monti.
In quella missiva, inviata in occasione del decreto milleproroghe, il Capo dello Stato, alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale, richiamò il Parlamento a porre fine al malvezzo di inserire nei decreti-legge norme eterogenee e Pag. 47che non avevano attinenza con il provvedimento in esame, perché passibili di incostituzionalità.
In questi mesi la lettera del Presidente Napolitano è stata richiamata più volte, sia in Commissione sia in Aula, per dichiarare l'inammissibilità di numerosi emendamenti dell'opposizione di gran lunga più attinenti ai vari decreti-legge di quanto non sia il comma 2-bis. Conoscendo il rigore del Capo dello Stato, che forse si è preso una pausa solo in occasione della promulgazione del decreto liberalizzazioni, senza le adeguate coperture finanziarie, non vi è dubbio che, se dovesse permanere il testo attuale, non potrebbe firmare il decreto in esame.
Non mi venite a dire che basta il fatto che nella rubrica del decreto sia citato il decreto «salva Italia» per sanare ogni eventuale eterogeneità di materia, perché il riferimento è talmente generico che in questo decreto, allora, sarebbe potuto entrare di tutto, purché attinente al testo del decreto «salva Italia».
Visto che ne stiamo parlando, a questo punto ne approfitto anche per dire due parole nel merito della norma che riguarda l'Agcom, prima di passare al cuore del provvedimento, che riguarda, invece, le banche.
Ebbene, visto che il Governo ha giustamente ridotto della metà il numero dei componenti del consiglio dell'Autorità, ma, come sovente gli capita, si è dimenticato di modificare le altre norme relative alla modalità di elezione degli stessi, si è reso necessario intervenire per effettuare il necessario coordinamento normativo, stabilendo che la Camera e il Senato eleggeranno due consiglieri a testa.
Ma a questo punto perché fermarsi qui, già che ci siamo? Perché non prevedere una diversa modalità di elezione dei componenti dell'Agcom, dal momento che questo decreto lo avrebbe consentito? Tra non molto, al massimo nella primavera del 2013, andremo ad elezioni, e il ruolo dell'Agcom, che dovrà monitorare e garantire il rispetto delle norme in materia di comunicazioni, diverrà fondamentale per il rispetto della par condicio e dell'accesso ai mezzi di informazione da parte delle forze politiche in campo.
Ridurre i componenti dell'Autorità garante ha un grande pregio, che è quello di consentire un risparmio, ed è per questo che noi siamo sempre stati favorevoli ad una drastica riduzione del numero di questi incarichi, ma la riduzione comporta anche una controindicazione, in particolare se i meccanismi di nomina rimangono invariati.
Tale effetto indesiderato è che si riduce la rappresentanza all'interno dell'organo. Colleghi, parliamoci chiaro: il rischio al quale ci troviamo di fronte è che i partiti più grandi si spartiscano due consiglieri a testa, e questo rischia di inficiare, con gravi danni per la democrazia, il lavoro che svolgerà nei prossimi mesi quella che dovrebbe essere l'Autorità garante per le comunicazioni. È per questo che la riduzione del numero dei consiglieri doveva essere accompagnata da nuovi criteri di nomina, i quali dovevano essere svincolati dalla politica.
Chiaramente, per questo, come accaduto pure per la RAI, al di là delle promesse del Presidente del Consiglio, che ormai lasciano il tempo che trovano, non vi è stato né il tempo né, soprattutto, la volontà del Governo e delle forze politiche che lo sostengono.
Ma veniamo finalmente al core business del provvedimento, che riguarda le banche. Qualcuno in quest'Aula, magari, si starà domandando perché la solita Italia dei Valori ha deciso di mettersi a «fare un quarantotto» su un decreto di poche righe, che non ha altra finalità tecnica che quella di rimediare ad un errore commesso in un precedente provvedimento.
Qualcuno, magari, sghignazza e si dà di gomito, sorridendo sul fatto che il gruppo dell'Italia dei Valori è talmente sconclusionato nella sua azione parlamentare da non aver capito che, pur essendo all'opposizione, sta facendo addirittura ostruzionismo su un provvedimento che politico non è, ma ridà a Cesare quello che era Pag. 48stato tolto a Cesare. Il problema non è affatto così, cari colleghi e sventurato sottosegretario.
I motivi per opporsi a questo decreto-legge, con gli strumenti che il Regolamento ci mette a disposizione, non sono uno, non sono dieci, ma sono molti, alcuni dei quali meritano di essere elencati.
Il primo riguarda il rimpallo durato giorni tra maggioranza e Governo in merito a chi spettasse prendere l'iniziativa per riparare al danno prodotto con il decreto sulle liberalizzazioni; il Governo diceva che questo era compito della maggioranza. Il pasticcio lo ha fatto il Parlamento, quindi spetta a voi porvi rimedio. La maggioranza rispondeva al Governo che, invece, era questo che doveva muoversi, per evidenti ragioni di opportunità politica legate al consenso. Quindi il dibattito si è spostato sul tipo di strumento normativo da utilizzare. Prima si è pensato ad una proposta emendativa allo stesso decreto sulle liberalizzazioni, poi, visto che non si voleva tornare al Senato, a qualche genio è venuta l'idea di «infilare» un emendamento nel decreto sulle semplificazioni. Successivamente si è passati a discutere di un provvedimento ad hoc. Alla fine si è fatta la solita cosa all'italiana, con il Governo che ha varato questo decreto-legge, ma solo a seguito di un atto di indirizzo, che nella comune prassi parlamentare è carta straccia, approvato dal Parlamento.
Ma perché questa ricostruzione? Perché mette in evidenza come nessuno, neppure il Governo dei tecnici, si volesse assumere la responsabilità di varare un provvedimento del quale, evidentemente, ci si vergognava perché vi era la consapevolezza di essere nel torto. Ma, caro Governo e cara maggioranza, se vi vergognavate di questo provvedimento al punto di litigare in merito a chi se lo dovesse intestare, perché noi di Italia dei Valori, che siamo all'opposizione del Governo, dovremmo stare buoni e zitti, limitandoci a schiacciare il pulsante del «no» tre o quattro volte e «festa finita»?
Tutti avete voluto affrontare la questione relativa alle banche, addirittura con un provvedimento d'urgenza. Ottimo, allora parliamo di banche in maniera approfondita. Visto che il Parlamento è accusato di non funzionare, utilizziamo appieno i nostri poteri di legislatori e affrontiamo, a trecentosessanta gradi, il tema del credito in Italia. Cerchiamo di capire cosa non funziona e, magari, come noi abbiamo fatto, presentiamo anche delle proposte per modificare gli attuali difetti.
Vi è già il Presidente Monti che fa il ragioniere scrupoloso, noi che siamo politici affrontiamo politicamente il tema relativo alle banche, invece di farlo in ginocchio e con tante scuse come ci chiede il Governo. Anche perché, cari colleghi, oggi giochiamo un derby all'ultimo sangue dove la finale si fa per decidere chi è il più odiato dagli italiani tra la politica e le banche.
In queste settimane si è ripetuto allo sfinimento che alle banche era stato fatto, seppure per sbaglio, un torto togliendo le commissioni su tutte le aperture di credito, errore che andava assolutamente sanato. Premesso che anche su questo aspetto vi sarebbe da discutere, diamo per scontato che sia così. Il problema è un altro. Se gli errori, giustamente, vanno sanati, allora vi è un errore molto più grave commesso prima con il decreto «salva Italia». Si tratta dell'errore che ha accompagnato la riforma delle pensioni del Ministro Fornero, la quale si è dimenticata di un numero imprecisato di esodati.
Anche loro, da tempo, stanno chiedendo al Governo di riparare alla situazione drammatica nella quale sono stati gettati, ovvero senza lavoro e senza pensione per quattro o cinque anni. Non mi sembra che né il Governo, né il Parlamento, si siano precipitati a correggere questo danno enorme, anzi, ancora oggi il Governo continua a giocare a «carte truccate» sul numero degli esodati.
Già che ci sono, ne approfitto per rivolgere una domanda al Ministro Fornero in modo che rimanga agli atti. Il quotidiano Corriere della Sera ha scritto dell'esistenza di una relazione tecnica, da Pag. 49tempo in possesso del Governo, nella quale si attesterebbe che gli esodati non sono 65 mila, bensì 200 mila. Questa relazione non è mai stata resa pubblica. Signor Ministro, signor rappresentante del Governo e, a questo punto, anche signor Presidente Monti, a voi che oggi ci chiedete di rimettere le commissioni tolte alle banche, chiedo se è vero quello che è scritto sul Corriere della Sera. È vero che esiste questo documento e che gli esodati sono 200 mila?
Però, oltre questo, che umanamente è il problema più stringente, ve ne sono molti altri da affrontare in via prioritaria. Le elezioni greche stanno portando Atene fuori dall'euro a passi veloci, la sconfitta della Westfalia tedesca e del rigore miope ha contribuito a mandare in fibrillazione i mercati: la Spagna trema e con essa il Portogallo, il nostro spread è tornato a schizzare come un tappo di champagne.
Visto che la tempesta sembra nuovamente valicare le Alpi, il Governo ne ha di cose da fare, ad iniziare dalla spending review, per la quale tutti attendiamo la ricetta del super consulente Bondi.
Il Premier Monti, che giustamente ha sollecitato i partiti a fare quelle riforme che sanno essere oramai fuori tempo massimo, dovrebbe pensare a fare almeno decentemente il suo lavoro prima di occuparsi, per motivi di propaganda, di cose che non gli competono.
Se il Premier Monti, in un momento in cui tutti, in Italia - le famiglie, i cittadini, le imprese -, fanno grandi sacrifici, ritiene che ridare le commissioni alle banche sia un'urgenza, è una prova ulteriore che ha perso lucidità. Ce lo ricordiamo tutti come l'ABI ha preso cappello per il taglio delle commissioni e ha ringhiato con prepotenza contro il Governo per rimettere le cose a posto. Quelle dimissioni non sono state una semplice manifestazione di dissenso ma un'arma contundente lanciata con violenza e rabbia, da chi non è abituato a tollerare sgarbi, verso le finestre di Palazzo Chigi.
Signor Presidente del Consiglio, anzi signori rappresentanti del Governo, quello che oggi esaminiamo non è un decreto ma è un osso che il cane riporta dolcemente al padrone che ha fischiato e fatto vedere il guinzaglio in segno di minaccia. Sul conto a zero costi per l'accredito delle pensioni si è intervenuti successivamente per dilazionarne l'applicazione, al fine di renderne più chiara la procedura. Sul prelievo straordinario e sui capitali scudati si è intervenuti più volte per dilazionarne l'applicazione che oggi è prevista per luglio. Sulle banche si interviene invece per ridare immediatamente quel poco che era stato eliminato e questo è ingiusto e inaccettabile. Occupiamoci di risolvere il problema del credito che le banche non erogano a chi fa impresa e a chi propone idee, poniamoci il problema del perché le nostre banche praticano i tassi di interesse più alti d'Europa, andiamo a vedere che fine hanno fatto i 268 miliardi erogati dalla BCE alle banche italiane. Questi, caro Presidente Monti, sono i problemi da aggredire, questa la corda che strozza la crescita in Italia. Le norme che sono state inserite nel decreto-legge in esame, e che a prima vista potrebbero sembrare vantaggiose per i cittadini, ancora una volta sono finte e inapplicabili.
Non siamo noi i più fieri censori del Governo, ma i funzionari del Servizio studi della Camera, che ringrazio per la loro professionalità, correttezza ed equilibrio, che ad ogni provvedimento sottolineano con largo anticipo le lacune che poi funestano l'applicazione delle norme. Se qualcuno ha letto il dossier di questo provvedimento, si accorgerà che la norma sul massimo scoperto rischia di essere fittizia, perché si parla di conti correnti intestati a famiglie consumatrici, che allo stato non esistono. Non c'è un conto intestato a una famiglia e men che meno una famiglia consumatrice. Questo significa che le banche continueranno a bastonare appena si avranno 10 euro di rosso sul conto. L'Osservatorio sul credito di per sé è un organo che nasce inutile. La norma che vuole poi coinvolgere le associazioni dei consumatori è talmente generica da essere difficilmente applicabile. Questi sono i motivi per i quali ci opponiamo a Pag. 50questo decreto-legge e per i quali esprimeremo voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)
SILVANA MURA. Signor Presidente, si dice solitamente che il buongiorno si vede dal mattino e questo detto popolare mai è stato tanto appropriato come nel caso del decreto-legge in esame. Non so se qualche collega si è preso la briga di leggere il titolo ufficiale del provvedimento. Chi lo ha fatto ha potuto constatare che, alla faccia della semplificazione normativa, dopo aver letto per un quarto d'ora date e rimandi, alla fine non ha capito niente del contenuto del testo. Faccio riferimento alla rubrica del decreto-legge, non per forma ma per sostanza, perché in cinque righe non ricorre neppure una volta la parola «banche».
Qui i tecnicismi e le formalità normative non c'entrano, c'entra invece il grande imbarazzo del Governo e di chi approverà il decreto-legge, che nasce dalla consapevolezza di aver varato in fretta e furia un provvedimento imposto dalle banche ovvero quei poteri forti dei quali il Presidente del Consiglio non vuole sentire parlare, ma che continua a compiacere con gli atti di questo Governo.
Il decreto-legge che stiamo esaminando oggi non è altro che un provvedimento salva banche, perché nasce dall'esigenza di porre immediatamente riparo ad una norma che era stata approvata per errore e che proprio per questo era riuscita ad imporre qualche sacrificio ai pochi che nel nostro Paese finora non ne hanno fatti, le banche appunto.
L'Italia dei Valori è contraria a questo provvedimento e, pur con i limitati numeri di cui dispone, si opporrà con forza per evitare che venga approvato nella forma attuale.
Nonostante i pochi commi di cui si compone questo decreto-legge, i motivi di dissenso nel merito sono molti e va dato atto al Governo di essere riuscito a compiere un vero capolavoro di insipienza normativa, inserendo norme tanto pessime in uno spazio così limitato.
Un altro piccolo record che debbo riconoscere al Governo è quello di aver dato vita ad un omnibus legislativo bonsai mettendo insieme, in due articoli, tre questioni tra loro sostanzialmente e materialmente diverse.
Oltre ad intervenire in materia di banche, infatti, il decreto-legge, al comma 2-bis, interviene sull'elezione da parte di Camera e Senato niente meno che dei componenti del consiglio dell'Autorità garante per le comunicazioni.
Ci sarebbe stato anche un terzo argomento, se grazie ad un emendamento dell'Italia dei Valori al Senato non fosse stata abrogata quella norma scandalosa che ne approfittava per fare un bel regalo alle pensioni dei manager pubblici, scudandoli dall'effetto che avrebbe avuto su di essi il nuovo tetto salariale che è stato imposto, norma che il Governo ha avuto anche la faccia tosta di ipotizzare di ripresentare alla Camera.
Ipotesi, poi, per fortuna sfumata, perché i gruppi, anche di maggioranza, non se la sono sentita di irridere a tal punto milioni e milioni di cittadini italiani che stanno facendo sacrifici ogni giorno, né quei giovani che, quando andranno in pensione, avranno una cifra che è la metà di quella percepita oggi dai loro padri.
Mi scuso colleghi se parto dalla coda, ma la presenza della norma sull'Agcom ha un'importanza fondamentale per chi non condivide questo provvedimento. La presenza del comma 2-bis rende, a mio avviso, incostituzionale il provvedimento, a maggior ragione perché è figlio di un emendamento inserito in corsa al Senato. Il Presidente della Repubblica, che autorevolmente vigila sulla Costituzione, che accompagna e indica la strada da seguire al Governo e che, giustamente, richiama quotidianamente il Parlamento a fare quelle riforme costituzionali a lungo promesse, in data 23 febbraio ha inviato una lettera ai Presidenti di Camera e Senato, nonché al Presidente Monti.
In quella missiva, inviata in occasione del decreto milleproroghe, il Capo dello Stato, alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale, richiamò il Parlamento a porre fine al malvezzo di inserire nei decreti-legge norme eterogenee e Pag. 47che non avevano attinenza con il provvedimento in esame, perché passibili di incostituzionalità.
In questi mesi la lettera del Presidente Napolitano è stata richiamata più volte, sia in Commissione sia in Aula, per dichiarare l'inammissibilità di numerosi emendamenti dell'opposizione di gran lunga più attinenti ai vari decreti-legge di quanto non sia il comma 2-bis. Conoscendo il rigore del Capo dello Stato, che forse si è preso una pausa solo in occasione della promulgazione del decreto liberalizzazioni, senza le adeguate coperture finanziarie, non vi è dubbio che, se dovesse permanere il testo attuale, non potrebbe firmare il decreto in esame.
Non mi venite a dire che basta il fatto che nella rubrica del decreto sia citato il decreto «salva Italia» per sanare ogni eventuale eterogeneità di materia, perché il riferimento è talmente generico che in questo decreto, allora, sarebbe potuto entrare di tutto, purché attinente al testo del decreto «salva Italia».
Visto che ne stiamo parlando, a questo punto ne approfitto anche per dire due parole nel merito della norma che riguarda l'Agcom, prima di passare al cuore del provvedimento, che riguarda, invece, le banche.
Ebbene, visto che il Governo ha giustamente ridotto della metà il numero dei componenti del consiglio dell'Autorità, ma, come sovente gli capita, si è dimenticato di modificare le altre norme relative alla modalità di elezione degli stessi, si è reso necessario intervenire per effettuare il necessario coordinamento normativo, stabilendo che la Camera e il Senato eleggeranno due consiglieri a testa.
Ma a questo punto perché fermarsi qui, già che ci siamo? Perché non prevedere una diversa modalità di elezione dei componenti dell'Agcom, dal momento che questo decreto lo avrebbe consentito? Tra non molto, al massimo nella primavera del 2013, andremo ad elezioni, e il ruolo dell'Agcom, che dovrà monitorare e garantire il rispetto delle norme in materia di comunicazioni, diverrà fondamentale per il rispetto della par condicio e dell'accesso ai mezzi di informazione da parte delle forze politiche in campo.
Ridurre i componenti dell'Autorità garante ha un grande pregio, che è quello di consentire un risparmio, ed è per questo che noi siamo sempre stati favorevoli ad una drastica riduzione del numero di questi incarichi, ma la riduzione comporta anche una controindicazione, in particolare se i meccanismi di nomina rimangono invariati.
Tale effetto indesiderato è che si riduce la rappresentanza all'interno dell'organo. Colleghi, parliamoci chiaro: il rischio al quale ci troviamo di fronte è che i partiti più grandi si spartiscano due consiglieri a testa, e questo rischia di inficiare, con gravi danni per la democrazia, il lavoro che svolgerà nei prossimi mesi quella che dovrebbe essere l'Autorità garante per le comunicazioni. È per questo che la riduzione del numero dei consiglieri doveva essere accompagnata da nuovi criteri di nomina, i quali dovevano essere svincolati dalla politica.
Chiaramente, per questo, come accaduto pure per la RAI, al di là delle promesse del Presidente del Consiglio, che ormai lasciano il tempo che trovano, non vi è stato né il tempo né, soprattutto, la volontà del Governo e delle forze politiche che lo sostengono.
Ma veniamo finalmente al core business del provvedimento, che riguarda le banche. Qualcuno in quest'Aula, magari, si starà domandando perché la solita Italia dei Valori ha deciso di mettersi a «fare un quarantotto» su un decreto di poche righe, che non ha altra finalità tecnica che quella di rimediare ad un errore commesso in un precedente provvedimento.
Qualcuno, magari, sghignazza e si dà di gomito, sorridendo sul fatto che il gruppo dell'Italia dei Valori è talmente sconclusionato nella sua azione parlamentare da non aver capito che, pur essendo all'opposizione, sta facendo addirittura ostruzionismo su un provvedimento che politico non è, ma ridà a Cesare quello che era Pag. 48stato tolto a Cesare. Il problema non è affatto così, cari colleghi e sventurato sottosegretario.
I motivi per opporsi a questo decreto-legge, con gli strumenti che il Regolamento ci mette a disposizione, non sono uno, non sono dieci, ma sono molti, alcuni dei quali meritano di essere elencati.
Il primo riguarda il rimpallo durato giorni tra maggioranza e Governo in merito a chi spettasse prendere l'iniziativa per riparare al danno prodotto con il decreto sulle liberalizzazioni; il Governo diceva che questo era compito della maggioranza. Il pasticcio lo ha fatto il Parlamento, quindi spetta a voi porvi rimedio. La maggioranza rispondeva al Governo che, invece, era questo che doveva muoversi, per evidenti ragioni di opportunità politica legate al consenso. Quindi il dibattito si è spostato sul tipo di strumento normativo da utilizzare. Prima si è pensato ad una proposta emendativa allo stesso decreto sulle liberalizzazioni, poi, visto che non si voleva tornare al Senato, a qualche genio è venuta l'idea di «infilare» un emendamento nel decreto sulle semplificazioni. Successivamente si è passati a discutere di un provvedimento ad hoc. Alla fine si è fatta la solita cosa all'italiana, con il Governo che ha varato questo decreto-legge, ma solo a seguito di un atto di indirizzo, che nella comune prassi parlamentare è carta straccia, approvato dal Parlamento.
Ma perché questa ricostruzione? Perché mette in evidenza come nessuno, neppure il Governo dei tecnici, si volesse assumere la responsabilità di varare un provvedimento del quale, evidentemente, ci si vergognava perché vi era la consapevolezza di essere nel torto. Ma, caro Governo e cara maggioranza, se vi vergognavate di questo provvedimento al punto di litigare in merito a chi se lo dovesse intestare, perché noi di Italia dei Valori, che siamo all'opposizione del Governo, dovremmo stare buoni e zitti, limitandoci a schiacciare il pulsante del «no» tre o quattro volte e «festa finita»?
Tutti avete voluto affrontare la questione relativa alle banche, addirittura con un provvedimento d'urgenza. Ottimo, allora parliamo di banche in maniera approfondita. Visto che il Parlamento è accusato di non funzionare, utilizziamo appieno i nostri poteri di legislatori e affrontiamo, a trecentosessanta gradi, il tema del credito in Italia. Cerchiamo di capire cosa non funziona e, magari, come noi abbiamo fatto, presentiamo anche delle proposte per modificare gli attuali difetti.
Vi è già il Presidente Monti che fa il ragioniere scrupoloso, noi che siamo politici affrontiamo politicamente il tema relativo alle banche, invece di farlo in ginocchio e con tante scuse come ci chiede il Governo. Anche perché, cari colleghi, oggi giochiamo un derby all'ultimo sangue dove la finale si fa per decidere chi è il più odiato dagli italiani tra la politica e le banche.
In queste settimane si è ripetuto allo sfinimento che alle banche era stato fatto, seppure per sbaglio, un torto togliendo le commissioni su tutte le aperture di credito, errore che andava assolutamente sanato. Premesso che anche su questo aspetto vi sarebbe da discutere, diamo per scontato che sia così. Il problema è un altro. Se gli errori, giustamente, vanno sanati, allora vi è un errore molto più grave commesso prima con il decreto «salva Italia». Si tratta dell'errore che ha accompagnato la riforma delle pensioni del Ministro Fornero, la quale si è dimenticata di un numero imprecisato di esodati.
Anche loro, da tempo, stanno chiedendo al Governo di riparare alla situazione drammatica nella quale sono stati gettati, ovvero senza lavoro e senza pensione per quattro o cinque anni. Non mi sembra che né il Governo, né il Parlamento, si siano precipitati a correggere questo danno enorme, anzi, ancora oggi il Governo continua a giocare a «carte truccate» sul numero degli esodati.
Già che ci sono, ne approfitto per rivolgere una domanda al Ministro Fornero in modo che rimanga agli atti. Il quotidiano Corriere della Sera ha scritto dell'esistenza di una relazione tecnica, da Pag. 49tempo in possesso del Governo, nella quale si attesterebbe che gli esodati non sono 65 mila, bensì 200 mila. Questa relazione non è mai stata resa pubblica. Signor Ministro, signor rappresentante del Governo e, a questo punto, anche signor Presidente Monti, a voi che oggi ci chiedete di rimettere le commissioni tolte alle banche, chiedo se è vero quello che è scritto sul Corriere della Sera. È vero che esiste questo documento e che gli esodati sono 200 mila?
Però, oltre questo, che umanamente è il problema più stringente, ve ne sono molti altri da affrontare in via prioritaria. Le elezioni greche stanno portando Atene fuori dall'euro a passi veloci, la sconfitta della vestale tedesca del rigore miope ha contribuito a mandare in fibrillazione i mercati: la Spagna trema e con essa il Portogallo, il nostro spread è tornato a schizzare come un tappo di champagne.
Visto che la tempesta sembra nuovamente valicare le Alpi, il Governo ne ha di cose da fare, ad iniziare dalla spending review, per la quale tutti attendiamo la ricetta del super consulente Bondi.
Il Premier Monti, che giustamente ha sollecitato i partiti a fare quelle riforme che sanno essere oramai fuori tempo massimo, dovrebbe pensare a fare almeno decentemente il suo lavoro prima di occuparsi, per motivi di propaganda, di cose che non gli competono.
Se il Premier Monti, in un momento in cui tutti, in Italia - le famiglie, i cittadini, le imprese -, fanno grandi sacrifici, ritiene che ridare le commissioni alle banche sia un'urgenza, è una prova ulteriore che ha perso lucidità. Ce lo ricordiamo tutti come l'ABI ha preso cappello per il taglio delle commissioni e ha ringhiato con prepotenza contro il Governo per rimettere le cose a posto. Quelle dimissioni non sono state una semplice manifestazione di dissenso ma un'arma contundente lanciata con violenza e rabbia, da chi non è abituato a tollerare sgarbi, verso le finestre di Palazzo Chigi.
Signor Presidente del Consiglio, anzi signori rappresentanti del Governo, quello che oggi esaminiamo non è un decreto ma è un osso che il cane riporta dolcemente al padrone che ha fischiato e fatto vedere il guinzaglio in segno di minaccia. Sul conto a zero costi per l'accredito delle pensioni si è intervenuti successivamente per dilazionarne l'applicazione, al fine di renderne più chiara la procedura. Sul prelievo straordinario e sui capitali scudati si è intervenuti più volte per dilazionarne l'applicazione che oggi è prevista per luglio. Sulle banche si interviene invece per ridare immediatamente quel poco che era stato eliminato e questo è ingiusto e inaccettabile. Occupiamoci di risolvere il problema del credito che le banche non erogano a chi fa impresa e a chi propone idee, poniamoci il problema del perché le nostre banche praticano i tassi di interesse più alti d'Europa, andiamo a vedere che fine hanno fatto i 268 miliardi erogati dalla BCE alle banche italiane. Questi, caro Presidente Monti, sono i problemi da aggredire, questa la corda che strozza la crescita in Italia. Le norme che sono state inserite nel decreto-legge in esame, e che a prima vista potrebbero sembrare vantaggiose per i cittadini, ancora una volta sono finte e inapplicabili.
Non siamo noi i più fieri censori del Governo, ma i funzionari del Servizio studi della Camera, che ringrazio per la loro professionalità, correttezza ed equilibrio, che ad ogni provvedimento sottolineano con largo anticipo le lacune che poi funestano l'applicazione delle norme. Se qualcuno ha letto il dossier di questo provvedimento, si accorgerà che la norma sul massimo scoperto rischia di essere fittizia, perché si parla di conti correnti intestati a famiglie consumatrici, che allo stato non esistono. Non c'è un conto intestato a una famiglia e men che meno una famiglia consumatrice. Questo significa che le banche continueranno a bastonare appena si avranno 10 euro di rosso sul conto. L'Osservatorio sul credito di per sé è un organo che nasce inutile. La norma che vuole poi coinvolgere le associazioni dei consumatori è talmente generica da essere difficilmente applicabile. Questi sono i motivi per i quali ci opponiamo a Pag. 50questo decreto-legge e per i quali esprimeremo voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, da mesi riceviamo appelli disperati e accorati da parte di imprenditori che sono travolti da questa crisi e dalle pretese fiscali che sono in aumento verticale dalle banche che chiedono di rientrare dai fidi e da un mercato che è evidentemente in recessione.
In questo momento lo Stato non fa ciò che deve fare, non fa più lo Stato, è intransigente a chiedere e manca puntualmente all'appuntamento quando si tratta di dare. Le banche, da parte loro, hanno smesso di fare quello che devono fare, ovvero di concedere credito, e ogni giorno il quadro è sempre più fosco, il ceto produttivo è in drammatica e terribile difficoltà, gli artigiani e gli imprenditori sono strangolati da uno Stato che è sempre più predone e viene percepito come tale. Questo, colleghi, è il grande problema che viviamo noi che rappresentiamo le istituzioni, uno Stato che non compensa i crediti fiscali dopo aver preteso l'anticipo dell'IRES e dell'IVA quando si è trattato di emettere le fatture che, purtroppo, sempre più spesso, rimangono insolute, quindi non sono passate all'incasso. Quindi, chi rappresenta oggi le istituzioni, che è stato chiamato a gran voce dal Presidente della Repubblica a traghettare il Paese verso un Eldorado che sembra sempre più distante, e chi invece lo ha rappresentato, ovvero noi, che abbiamo tentato per anni e nel corso di molte legislature di convincere Tremonti a farlo, chi rappresenta le istituzioni dovrebbe per primo ridare ciò che deve al sistema produttivo, alle imprese, agli artigiani, ai commercianti, a tutti coloro che hanno lavorato per questo Stato o che da questo Stato devono avere.
Perché ci sono oltre cento miliardi di crediti fiscali o di compensazioni fiscali che devono essere reintrodotti nel sistema produttivo. Non si può pretendere un percorso ad un solo verso ma dobbiamo ripristinare quel corretto equilibrio tra Stato e mondo produttivo, tra Stato ed imprese. Di qui la proposta di saldare con titoli di Stato o, meglio ancora, con la garanzia pro soluto da parte della Cassa depositi e prestiti. Questo dovremmo fare, questo dovrebbe fare un Governo attento che pensa alla ripresa come strumento per uscire da questa crisi, e non quello che finora ha fatto ovvero tasse su tasse per soffocare il sistema produttivo. Le responsabilità le conosciamo, le sappiamo bene, sono sì della Prima Repubblica ma sono anche di Berlusconi e di chi con lui, ovvero anche il partito che rappresento, non è stato in grado, nel corso degli otto anni di Governo nell'ultimo decennio, di fare quello che avevamo promesso, quello che ci eravamo candidati a fare, ovvero la rivoluzione liberale che tanto è necessaria a questo Paese. Mi riferisco a quella riforma che avrebbe comportato la diminuzione dei costi dello Stato, questo Stato che è sempre più vorace e sempre più inefficiente.
Oggi sento parlare sempre più spesso della spending review che in un Paese come il nostro è piuttosto singolare, laddove le cose scomode vengono nominate in inglese in modo tale da sfumarne i contorni, ma spending review non significa altro che rivedere i costi di questo Stato, rivedere la spesa e quindi tagliare. Queste cose le avevamo fatte, le stavamo facendo. Evidentemente ci avete anche impedito in qualche modo di farle interrompendo l'esperienza di un Governo che era un Governo legittimamente eletto. Le stavamo facendo attraverso il federalismo fiscale, ovvero la definizione dei costi standard non era altro che l'attuazione di quella che oggi voi chiamate la spending review, ovvero la definizione corretta del reale costo di un servizio erogato da questo Stato.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 17,25)

DAVIDE CAPARINI. Noi sappiamo benissimo che in base anche agli studi di alcune qualificatissime associazioni di artigiani Pag. 51(penso alla CGIA di Mestre) la sola applicazione dei costi standard della regione Veneto (che sappiamo non essere la più virtuosa ma di essere fra le virtuose) comporterebbe - dicono le stime - un risparmio di qualcosa come 80 miliardi di euro l'anno. Questo è quello che avremmo voluto fare noi, questo è quello che stavamo facendo, e questo è quello che voi colpevolmente non state facendo. Capite bene che di fronte ad un processo così impegnativo come quello della revisione dei costi dello Stato voi rispondete con la raccolta di indicazioni da parte dei cittadini che possono suggerire quali sono gli sprechi del Paese: una posizione assolutamente ridicola di fronte alla grandezza e alla gravità del problema che deve essere affrontato.
Del resto basta vedere la valorizzazione del patrimonio dello Stato. Era anche questo un asse importante, il primo decreto attuativo del federalismo fiscale, ovvero finalmente quello che tanti Governi nel corso degli hanno fallito, la privatizzazione laddove è possibile privatizzare quindi monetizzare quello che è il patrimonio dello Stato, oppure valorizzarlo laddove è necessario farlo attraverso il coinvolgimento anche degli enti locali e anche dei soggetti privati. Di tutto questo non c'è più traccia. Sappiamo che il federalismo fiscale è naufragato proprio a causa di una importante fetta di quello che voi oggi rappresentate, ovvero l'apparato burocratico statale, che si è opposta. Di fatto si è opposta a quello che avrebbe dovuto essere il primo tassello di un processo di diminuzione dei costi dello Stato.
È evidente che siamo di fronte ad una crisi epocale, paragonabile a quella degli anni Trenta del secolo scorso, e le ripercussioni sono evidentemente superiori nel nostro Paese, considerata l'economia così debole come la nostra, che altrove. L'80 per cento della nostra crescita deriva dall'export manifatturiero. Basti pensare, cioè, che il mondo è cambiato a tal punto che, mentre nel 2008 la percorrenza media delle merci era di 1.450 chilometri, a distanza di tre anni è diventata di 4.000 chilometri. E questo già di per sé è un indicatore di come siano cambiati i mercati, di quello che le nostre imprese dovrebbero fare per essere competitive, per restare competitive sui mercati internazionali e per continuare, quindi, ad alimentare la crescita della nostra economia. E chi governa dovrebbe fare questo tipo di valutazioni, non certo ricorrere alle vecchie e antiquate ricette di più tasse e di una continua vessazione del sistema produttivo; dovrebbe vedere altrove, vedere più in là, fare semplicemente due cose - perché è da lì che bisogna partire, nella coscienza che questa crisi è una crisi di sistema, che durerà nel tempo -, ossia sostenere l'export del manifatturiero e dare liquidità alle imprese e alle famiglie. Su questo si dovrebbe concentrare l'azione del Governo. È questo che chiede oggi il Paese.
Sono trascorsi sei mesi e il professor Monti e il Governo dei tecnici hanno pensato, invece, di regalarci la reintroduzione dell'ICI, l'aumento dell'IVA, misure che abbiamo già visto essere insufficienti per quello a cui avremmo ambito. E allora la proposta che continuiamo a fare in quest'Aula, che continuiamo a fare a questa larghissima maggioranza, una maggioranza che mai nella storia della Repubblica si è verificata, è quella di fare un atto di coraggio e finalmente andare ad intaccare quel moloch che sembra non intaccabile, ovvero lo Stato, ovvero le sue inefficienze e i suoi costi, che pesano e continuano a pesare oggi - per ognuno di noi sono 34 mila euro di debito pubblico -, costi che continuano ad aumentare, che voi continuate ad alimentare nell'illusione che una mail al professor Giarda possa essere sufficiente per indicare quale taglio fare senza invece procedere in quello che è lo sforzo di anni di convergenza di forze politiche. Vi ricordo, infatti, che il federalismo fiscale è stato un prodotto di diversi Governi, di diverse maggioranze, con diverse sensibilità all'interno di questo Parlamento, tutti con la coscienza che così non avremmo potuto andare avanti. Ora siamo alla resa dei fatti, ora è il momento di tirare la linea, di realizzare quello che Pag. 52noi avevamo prefigurato, ovvero i tagli, ovvero il federalismo fiscale, ovvero i costi standard, ovvero la responsabilità che in questo Paese ancora oggi manca (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, con il decreto-legge al nostro esame il Governo, seppur con qualche condivisibile correzione con riferimento alle famiglie consumatrici, ha di fatto reintrodotto le commissioni sui fidi, sui prestiti e sugli sconfinamenti bancari che erano state eliminate in seguito a quanto previsto dall'articolo 27-bis del decreto-legge sulle liberalizzazioni. Nel decreto-legge, riguardo alle commissioni, in una nota il Governo aveva sottolineato in particolare che queste sarebbero nulle solo se violassero le disposizioni sugli affidamenti adottati dal CICR, sulla scia del decreto-legge «salva Italia» che prevede un tetto massimo dello 0,5 trimestrale per queste commissioni, pari al 2 per cento annuo.
Quindi, sono state accolte le richieste dell'ABI, l'associazione che rappresenta le banche italiane, che sin dall'inizio espresse la propria contrarietà alla cancellazione delle commissioni bancarie tanto che si dimisero i vertici, a partire dal presidente Mussari. Pertanto, le banche ordinano e il Governo, insieme alla maggioranza che lo sostiene, obbedisce. L'ABI - c'era da aspettarselo - si è mostrata favorevole alla reintroduzione delle commissioni bancarie. Infatti è sempre dall'ABI che è arrivato il primo commento a favore del provvedimento, che proprio in quanto decreto-legge cancella anche il rischio, più volte sottolineato dagli istituti, di trovarsi di fronte all'applicazione anche per un solo giorno della norma azzera-commissioni. Con una nota l'ABI ha espresso dunque soddisfazione e apprezzamento per l'intervento del Governo «che risolve i rilevanti problemi sollevati dall'emendamento cancellato». Sempre l'ABI dice: «viene così superato il rischio di un negativo impatto sull'accesso al credito che avrebbe provocato effetti nocivi per le banche, le imprese e le famiglie». Dovrà vedersi se l'entrata in vigore di questo decreto-legge avrà poi un impatto favorevole sulle imprese e sulle famiglie ma non ci crediamo: l'impatto sarà favorevole soltanto per le banche.
Il decreto-legge ha però sollevato le proteste di alcune forze politiche. Eppure il metodo utilizzato per reintrodurre di fatto le commissioni bancarie dimostra soltanto ed esclusivamente la totale sudditanza di questo Governo nei confronti dell'ABI e del sistema bancario di cui in parte è espressione. Noi del gruppo dell'Italia dei Valori crediamo fermamente che la decisione di reintrodurre le commissioni bancarie sia profondamente sbagliata. Diversi osservatori hanno rilevato che l'eliminazione delle commissioni era da considerare un intervento dirigistico come se dovessero essere soltanto le banche a stabilire se le commissioni vanno applicate e il loro livello. Ma in primo luogo occorre considerare che quello bancario è un mercato non concorrenziale ed oligopolistico nel quale le banche, proprio tramite l'ABI, si accordano sugli aspetti più importanti della loro attività e, forse, data questa situazione, interventi decisi - non so se possano essere definiti dirigistici - da parte del Governo e del Parlamento sarebbero più che opportuni per quanto riguarda il funzionamento del sistema bancario. Forse la proposta di vietare per legge l'applicazione delle commissioni bancarie è eccessiva. Si deve ricordare tuttavia che negli ultimi mesi il 75 per cento delle piccole e medie imprese italiane ha registrato un incremento dei tassi di interesse mentre per quasi il 65 per cento delle famiglie sono aumentate le commissioni bancarie applicate sui finanziamenti. Per esse sono pressoché raddoppiate le commissioni bancarie applicate sui mutui immobiliari. Stesso discorso si può fare per il credito al consumo e sono costi che crescono più in Italia che negli altri Paesi europei. Sul fronte delle piccole e medie imprese in particolare si veda la recente Pag. 53indagine sull'accesso ai finanziamenti condotta dalla Commissione europea in cui per l'Italia emerge una situazione in netto peggioramento. Vale quindi quanto dicevamo poc'anzi in contrasto con l'appello dell'ABI, cioè che questo decreto-legge è soltanto a favore delle banche e non anche nell'interesse delle piccole e medie imprese e delle famiglie. Sul versante dei tassi di interesse una conferma di quanto dichiarato dalle piccole e medie imprese intervistate dalla Commissione europea viene fornita dai dati di confronto internazionale elaborati dalle singole banche centrali e resi disponibili dalla BCE. Relativamente ai nuovi finanziamenti erogati alle imprese non finanziarie si può rilevare come le condizioni economiche in Italia siano nettamente peggiorate negli ultimi due anni: nel 2010 i tassi di interesse pagati dalle imprese italiane, se paragonati a quelli dei principali Paesi dell'area euro, erano più bassi. Nel periodo più recente, invece, la spesa per interessi bancari delle imprese italiane è superiore a quella delle altre aziende concorrenti operanti in Europa.
A gennaio 2012 il tasso medio alle imprese è stato infatti pari al 4,1 per cento in Italia, contro il 3,5 in Spagna, il 3,3 in Francia e il 2,9 in Germania. I dati disponibili non permettono invece di avere riscontri statistici sul livello delle commissioni bancarie applicate sui finanziamenti erogati alle imprese, cosa che invece è possibile ricavare per la clientela famiglia. Prendendo in considerazione i tassi applicati sui mutui e sul credito al consumo, infatti, è possibile determinare l'incidenza delle commissioni bancarie sull'ammontare complessivo dei finanziamenti erogati. Per quanto riguarda i finanziamenti per l'acquisto di abitazioni, si rileva che, tra i principali Paesi dell'area euro, la Francia è quella che mostra il livello più alto (0,61 per cento a gennaio), seguita dall'Italia (0,29) e da Germania e Spagna (0,09). Ciò che si riscontra è in particolare la diversa dinamica assunta dalle commissioni bancarie applicate sui mutui immobiliari rispetto agli altri Paesi europei. In Italia questa voce di costo per le famiglie è pressoché raddoppiata rispetto ai livelli osservati nel 2010, mentre nel resto d'Europa è rimasta sostanzialmente stabile. Analogo discorso si rileva con riferimento al credito al consumo, con la differenza che, oltre alla dinamica crescente, si riscontra in Italia anche un livello delle commissioni nettamente più alto rispetto agli altri principali Paesi europei. Le commissioni bancarie, in percentuale dei finanziamenti, a gennaio 2012 sono state pari all'1,43 per cento in Italia, contro circa il mezzo punto percentuale in Spagna, Francia e Germania.
In conclusione, i dati presentati evidenziano come in Italia vi siano tensioni più forti sul fronte delle condizioni bancarie applicate alla clientela ordinaria (imprese e famiglie) rispetto ai nostri diretti concorrenti europei, determinando così un ulteriore ostacolo alla già stentata ripresa economica del nostro Paese. Banche e politica nel sistema economico italiano hanno sempre attuato l'assurdo concetto delle rette convergenti: quanto all'attuazione delle loro strategie, da sempre non sono mai state divergenti, si sono sempre supportate, perché il loro unico fine non è di certo la funzione economica e sociale, ma è la protezione dei propri interessi e la loro sopravvivenza. Non a caso, hanno sempre manifestato a tal fine incredibile fantasia e tolleranza. Le commissioni bancarie che le banche applicano sono spesso incredibilmente «fantasiose» e allo Stato non resta che far pagare il biglietto di ingresso nelle loro filiali. La politica vuole saltuariamente apparire con la sua presenza, ma è solo finzione. Le commissioni sul massimo scoperto furono soppresse con legge dello Stato, ma rapidamente sostituite con le commissioni sulla disponibilità dei fondi e sono ancora più alte queste commissioni di quello che era in precedenza la commissione di massimo scoperto. Anche quest'ultima ha fatto la stessa fine, è stata eliminata, ma prontamente ripristinata. Chi salverà l'economia reale del Paese? Chi salverà le piccole e medie imprese? Come si aumenteranno i posti di lavoro? Chi penserà ai giovani? Ecco, questi sono i motivi per cui noi voteremo contro il decreto-legge in esame, che è profondamente ingiusto soprattutto Pag. 54nei confronti delle piccole e medie imprese, delle famiglie e dei piccoli consumatori.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, dalle 15 sono già stati svolti diversi interventi sul complesso degli emendamenti al disegno di legge di conversione del decreto che stiamo esaminando. Sono iscritti a parlare ancora molti deputati, sempre su questa fase del seguito dell'esame, una fase importante, nella quale si sono potuti svolgere alcuni interventi da parte dei gruppi di opposizione (mi riferisco agli interventi di numerosi colleghi dei gruppi della Lega Nord e dell'Italia dei Valori). Poiché complessivamente il numero degli interventi è intorno a 70, ritengo signor Presidente di dover chiedere, proprio per garantire un percorso lineare alla conversione del decreto-legge in esame ed un ordine anche di certezza per i nostri lavori, alla Presidenza di porre in votazione la chiusura della discussione di questa fase.

PRESIDENTE. Sulla richiesta di chiusura della discussione sul complesso degli emendamenti avanzata dall'onorevole Baldelli, darò la parola, a norma dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento, ad un oratore contro e ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno. Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi ci pronunciamo contro, ma per un motivo molto semplice: questo decreto-legge è uno dei casi che dimostra come vi sia un atteggiamento di sudditanza, non solo psicologica, da parte di questo Governo nei confronti del sistema bancario, che, certamente, raccoglie in sé una parte dei poteri forti della nostra economia. Questo decreto-legge è stato realizzato per porre rimedio a quello che le banche hanno ritenuto un vulnus.
Io posso anche accettare che, in un sistema di economia liberale, la fissazione delle commissioni sia una qualche attività che compete ad un rapporto privato tra la banca e il cliente. Tuttavia, noi veniamo da tempi e da momenti in cui i signori di queste banche - che sono tutti lì seduti allo stesso posto -, non solo hanno partecipato e hanno fatto sì che l'Italia oggi si trovi in queste condizioni, ma sono stati foraggiati da milioni di euro personali, cioè presi personalmente. Penso all'amministratore delegato di Unicredit, Profumo, che, per andarsene via, ha avuto, sull'unghia, 40 milioni di euro, ed oggi è tornato di nuovo nel circuito bancario in un'altra posizione; penso a Matteo Arpe, con 50 milioni di euro di stock option; penso al nostro Ministro Passera: altri 40 milioni di euro di stock option presi in questi anni, utilizzando meccanismi e forme di vendita di prodotti, anche in parte tossici, che oggi sta pagando la nazione.
Dunque, è difficile immaginare che questo Governo, che è un Governo tecnico, non abbia avuto neppure la capacità di porre i paletti al sistema bancario, e non solo per costringerlo a fare quello che deve fare, cioè dare credito alle imprese che stanno morendo al ritmo di mille fallimenti al mese nel nostro Paese. Che non si possa discutere, in quest'Aula, in modo ampio e completo, su un tema come questo, a noi sembra una limitazione dell'attività parlamentare - concludo, signor Presidente -, che non può essere consentita. Per questo, chiediamo di votare contro la richiesta di chiusura anticipata della discussione sul complesso degli emendamenti presentati al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Prendo atto che nessuno chiede di parlare a favore.
Saluto gli insegnanti e gli studenti delle classi II e III dell'Istituto «Vasari» di Arezzo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Pag. 55
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla richiesta di chiusura della discussione sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Onorevoli Rosato, Briguglio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 380
Votanti 378
Astenuti 2
Maggioranza 190
Hanno votato
327
Hanno votato
no 51).

Essendo stata testé deliberata la chiusura della discussione sul complesso degli emendamenti, chiedo se vi siano deputati che intendono intervenire a norma dell'articolo 85, commi 4 e 6 del Regolamento. Prendo atto che nessuno chiede di parlare.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5178)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda. Ne ha facoltà.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, a nome del Governo pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (Applausi polemici dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 18 per l'organizzazione del seguito del dibattito.
Sospendo la seduta che riprenderà al termine della predetta riunione.

La seduta, sospesa alle 17,45, è ripresa alle 18,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata stabilita la seguente articolazione dei lavori conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 5178 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Approvato dal Senato - scadenza: 23 maggio 2012), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
Le dichiarazioni di voto sulla fiducia avranno luogo a partire dalle ore 16,30 di domani.
La votazione per appello nominale avrà dunque luogo a partire dalle ore 18 circa.
L'esame degli ordini del giorno avrà luogo a partire dalle ore 9 di giovedì 17 maggio.
Alle ore 12 avranno luogo le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, con ripresa televisiva diretta. Seguirà la votazione finale.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 10 di domani. Pag. 56
Lo svolgimento di interpellanze urgenti avrà luogo giovedì pomeriggio.
Considerata l'articolazione del dibattito relativo al disegno di legge di conversione, l'esame degli ulteriori argomenti previsti per la settimana in corso avrà luogo la prossima, con priorità rispetto agli altri argomenti già inseriti nel calendario.

L'organizzazione dei lavori della settimana 21-24 maggio sarà pertanto la seguente:

Lunedì 21 maggio (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:
n. 749 ed abbinate - Modifiche al codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi;
n. 2744 ed abbinate - Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria, naturale e microbica.

Discussione sulle linee generali delle mozioni:
Volontè ed altri n. 1-00922 e Farina Coscioni ed altri n. 1-01016 concernenti iniziative per la tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico;
Donadi ed altri n. 1-00898 concernente iniziative per la revisione della normativa comunitaria in materia di tassazione del risparmio e per la negoziazione di accordi fiscali con Paesi terzi, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

Martedì 22, mercoledì 23 e giovedì 24 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame delle proposte di legge:
n. 4826 ed abbinate - Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e movimenti politici e per l'armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali;
n. 3160 ed abbinate - Disposizioni concernenti il limite di altezza per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate.

Esame dei progetti di legge:
proposta di legge n. 3744 ed abbinato - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica di Croazia e il Governo della Repubblica italiana in materia di cooperazione culturale e d'istruzione, fatto a Zagabria il 16 ottobre 2008;
disegno di legge n. 4975 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul diritto relativo alle utilizzazioni dei corsi d'acqua internazionali per scopi diversi dalla navigazione, con annesso, fatta a New York il 21 maggio 1997;
disegno di legge n. 5018 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, e relativo Protocollo, del 29 gennaio 1977, fatto a Singapore il 24 maggio 2011;
disegno di legge n. 5044 - Partecipazione italiana al sesto aumento di capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa.

Seguito dell'esame delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Pag. 57Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970 e Ossorio ed altri n. 1-01011 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

Seguito dell'esame delle proposte di legge:
n. 2094 - Modifiche al codice di procedura penale per la definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto;
n. 749 ed abbinate - Modifiche al codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi;
n. 2744 ed abbinate - Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria, naturale e microbica.

Seguito dell'esame delle mozioni:
Volontè ed altri n. 1-00922 e Farina Coscioni ed altri n. 1-01016 concernenti iniziative per la tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico;
Donadi ed altri n. 1-00898 concernente iniziative per la revisione della normativa comunitaria in materia di tassazione del risparmio e per la negoziazione di accordi fiscali con Paesi terzi, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

Mercoledì 23 maggio, alle ore 11, avranno luogo le votazioni per schede per l'elezione di un componente del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, di due componenti del Garante per la protezione dei dati personali e di due componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Mercoledì 23 maggio, alle ore 16, avrà altresì luogo l'esame della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Papa (Doc. IV, n. 23).

L'organizzazione dei tempi per la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 3744 ed abb., 4975, 5018 e 5044 sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 16 maggio 2012, alle 16,30:

Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3221 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Approvato dal Senato) (C. 5178).
- Relatore: Strizzolo.

La seduta termina alle 18,35.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI GIUSEPPE OSSORIO, AUGUSTO DI STANISLAO E GIANFRANCO PAGLIA SULLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL DISARMO E LA NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE IN VISTA DEL PROSSIMO VERTICE NATO

GIUSEPPE OSSORIO. Onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, la mozione che i Repubblicani hanno presentato parte dalla convinzione che la questione disarmo nucleare o meglio l'obiettivo di riuscire ad accelerare il processo Pag. 58di progressivo disarmo nucleare è un obiettivo da perseguire con convinzione. Perché, però, questo non finisca confinato solo alla dimensione di semplice auspicio, è necessario affrontare la questione con la giusta dose di realismo.
La politica estera necessita per sua natura di un approccio diplomatico, di un approccio cioè che sia in grado di riassumere in sé diversi aspetti, l'interesse nazionale con la doverosa considerazione non solo del proprio ma anche di quello altrui, e la necessaria distinzione tra il giusto ed il possibile.
Ebbene se è giusto puntare ad un mondo libero dalla minaccia nucleare è altrettanto necessario agire con determinazione focalizzando gli obiettivi intermedi possibili.
In questo quadro vale la pena ricordare che nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della Nato adottato a Lisbona il 19 novembre 2010 ribadisce che «fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà un'Alleanza nucleare».
L'Italia è impegnata a sostenere il programma di disarmo nucleare globale rilanciato dall'amministrazione Obama e, a questo fine, è ovviamente disponibile a mettere in discussione la presenza e il ruolo della deterrenza nucleare. Al tempo stesso, l'Italia continua ad attribuire un valore politico irrinunciabile alla solidarietà della Nato. Un primo obiettivo possibile è quindi evitare scelte unilaterali che possano incrinare i princìpi di coesione e indivisibilità della sicurezza euro-atlantica e che, parimenti, risulterebbero del tutto controproducenti rispetto all'obiettivo finale.
Ho utilizzato il termine deterrenza non a caso, perché la questione nucleare non è certo nuova. E al concetto di deterrenza è stato ed è collegato quello di stabilità strategica. Volendo riassumere e forse semplificare se la crisi missilistica di Cuba ha imposto la stabilità strategica ha però anche influito a determinare il passaggio a quei conflitti localizzati che da li in poi hanno caratterizzato gli equilibri della guerra fredda.
Dunque, si tratta di una questione complessa oggi non meno di ieri che necessita di approccio graduale e cooperativo alla questione con una particolare attenzione e sensibilità alle percezioni di sicurezza di tutti gli alleati ed anche dei soggetti esterni all'alleanza. Esterni ma non più nemici.
In questo senso ad esempi gli accordi di Pratica di mare del 20021 segnano una svolta epocale nelle relazioni internazionali, la direzione presa in quell'occasione è la strada maestra da seguire. Quell'intesa segna un'evoluzione che va sostenuta e rilanciata.
La Dichiarazione di Roma, firmata in quella occasione, aveva dato vita a un Consiglio a venti, composto dai paesi Nato e dalla Russia. Una sede nella quale i membri dovrebbero discutere e adottare decisioni su base paritaria su nove temi: lotta al terrorismo, gestione delle crisi, non proliferazione delle armi di distruzione di massa, controllo degli armamenti e misure di rafforzamento della fiducia reciproca, difesa contro i missili di teatro, operazioni di salvataggio in mare, cooperazione militare e riforma dei sistemi di difesa, piani a fronte di emergenze civili, sfide e nuove minacce. Le decisioni, secondo quanto affermarono allora i leader partecipanti, avrebbero dovuto essere prese da lì in avanti con il metodo del «consenso», sulla base di «un dialogo comune».
Con il consiglio Nato-Russia partorito con gli accordi di Pratica di mare spariva il nemico e si dava vita ad un organismo che avrebbe potuto diventare l'organizzazione per la sicurezza collettiva dell'intero continente europeo, dall'Atlantico agli Urali. Purtroppo quel processo di cooperazione ha subito nel tempo diversi contraccolpi, eppure da lì bisogna ricominciare. Da lì potrebbe ricominciare anche il Presidente Obama impegnato in prima persona a favorire il processo di disarmo nucleare.
Processo che però non può essere considerato separato dal più complesso ambito Pag. 59di relazioni internazionali in corso, e dalle scelte, in particolare da alcune di queste che sono state compiute in questi anni, anche in quelli più recenti.
Rispetto all'obiettivo del disarmo nucleare è necessario muoversi con realismo e coerenza per evitare di relegarlo nella sfera delle utopie o peggio ancora delle speranze.
Per questo motivo abbiamo chiesto e chiediamo al Governo di rilanciare a livello internazionale l'iniziativa diplomatica di Pratica di Mare, come modello di riferimento per lo sviluppo delle relazioni con la Federazione russa, facilitando in questo modo la collaborazione ed il dialogo tra Nato e Federazione Russa, nell'ottica di un progressivo ed efficace programma di disarmo nucleare.
Oltre che, ovviamente, a svolgere in tutte le sedi internazionali un sostegno alle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare, in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago.
Per questo motivo crediamo che l'approccio del nostro Paese contrario a scelte unilaterali, e, invece, favorevole allo sviluppo di una discussione costruttiva nelle opportune sedi atlantiche sia la strada da seguire per giungere ad una decisione collegiale che tenga conto delle percezioni di sicurezza, non solo di tutti i partner della Nato ma anche di tutti i partecipanti al Consiglio a 20, nato a Pratica di mare.

AUGUSTO DI STANISLAO. La proliferazione delle armi di distruzione di massa, in particolare di armi nucleari, chimiche e biologiche, e dei loro vettori costituiscono una crescente minaccia. La proliferazione delle armi di distruzione di massa, assieme alla diffusione di tecnologie e conoscenze a duplice uso, aumenta il rischio che queste armi siano utilizzate da Stati o che siano acquisite da gruppi di terroristi che potrebbero, in modo diretto o indiretto, minacciare l'UE, inclusi i suoi interessi più vasti.
Il regime di non proliferazione nucleare si presenta come un vasto sistema di trattati e organizzazioni internazionali, che determina il contenimento del numero degli Stati in possesso di armi atomiche e la riduzione degli arsenali esistenti. Il Trattato di non Proliferazione Nucleare, pilastro di questo complesso di accordi che disciplina il possesso, l'uso e la circolazione delle armi nucleari, fu firmato il 1o luglio 1968 a Londra, Mosca e Washington ed entrò in vigore il 5 marzo del 1970.
Nel corso del 2011 è entrato in vigore il nuovo trattato strategico Start (Strategic Arms Reduction Treaty), firmato nell'aprile 2010 dai Presidenti Barack Obama e Dimitri Medvedev, che preannunciava «un mondo più sicuro» e una «nuova era» nelle relazioni tra le due superpotenze ex- nemiche durante la guerra fredda e proclamava il superamento di tensioni e diffidenze ancora recenti.
Già il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia avevano inviato una lettera al Segretario generale della Nato per richiedere l'apertura di un dibattito proprio nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica tenutasi poi il 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo. L'istanza avanzata dai cinque Paesi europei sembrava collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia anticipata dal Presidente Obama.
Il 28 maggio 2010, infatti, dopo quasi un mese di lavori, si concludeva a New York, sotto l'egida dell'Onu, la conferenza quinquennale di revisione del trattato di non proliferazione nucleare (NPT - Non-Proliferation Treaty) che ha ormai quarant'anni di vita. In quella occasione i 189 Paesi membri hanno approvato un documento finale di 28 pagine nel quale sono stati precisati i passi successivi nella strada verso il disarmo globale. In sostanza le cinque potenze nucleari riconosciute (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) si sono impegnate ad accelerare la riduzione degli arsenali, a diminuire l'importanza strategica delle Pag. 60armi nucleari e a presentare un rapporto sui progressi di tali iniziative nel 2014.
In quella sede, inoltre, è stata indetta per il 2012 una Conferenza internazionale «per la denuclearizzazione del Medio Oriente» e l'eliminazione dalla regione di altre armi di distruzione di massa.
Uno dei princìpi fondamentali dell'NPT stabilisce che i Paesi non nucleari aderenti al trattato rinuncino all'acquisizione di armi atomiche a fronte di un progressivo disarmo nucleare da parte di quelli a cui l'NPT inizialmente riconosce il diritto di possedere tali armi; va detto, però, in generale, che nessuna delle cinque potenze nucleari che aderiscono al trattato (gli Stati Uniti, tra l'altro, risultano ancora in possesso di 5.113 testate nucleari funzionanti) si è conformata all'articolo VI dello stesso, che prevede lo smantellamento dei propri arsenali atomici.
Anche a causa di ciò, le richieste dei Paesi occidentali di adottare misure più restrittive per impedire la proliferazione (l'adozione di un «protocollo aggiuntivo» che renda più severe le ispezioni ovvero l'applicazione di misure punitive chi volessero avvalersi dell'articolo X dell'NPT che prevede di poter ritirare l'adesione al trattato) sono state percepite da quei Paesi non nucleari come misure ingiustamente penalizzanti nei loro confronti, visto che i primi ancora non ottemperano, appunto, ai loro obblighi.
Non mancano contraddizioni ancora irrisolte: tre potenze nucleari non hanno mai aderito all'NPT (Israele, India e Pakistan) e per ciascuno di questi Paesi si è da più parti sottolineata la presenza di un trattamento di favore da parte di Washington; squilibri e disparità di trattamento che hanno ovviamente suscitato risentimenti e irritazione di diversi Paesi a livello mondiale, soprattutto di quelli come Turchia e Egitto che insistono fortemente affinché si arrivi a un Medio Oriente privo di armi di distruzione di massa.
L'Italia per conciliare gli obblighi derivanti dal Trattato di non proliferazione con la presenza di armi atomiche ricorre al sistema della «doppia chiave». Le armi nucleari restano in possesso degli Stati Uniti e sotto il suo stretto controllo. Solo gli Usa potranno decidere se ricorrere all'arma nucleare. Tuttavia l'uso è consentito solo dopo autorizzazione dello stato territoriale, cioè dell'Italia. In questo modo solo formalmente l'Italia non esercita alcun controllo sulle testate nucleari Usa e quindi la loro presenza non è incompatibile con l'NTP. Tuttavia, non sono pubblici i dettagli del sistema connesso alla doppia chiave.
La risoluzione n. 1887, adottata nel mese di settembre 2009 dal Consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), già prefigurava un mondo senza armi atomiche, esortando i Paesi a rafforzare il Trattato di non proliferazione nucleare. Il documento «chiede a tutti gli Stati che non fanno parte dell'NPT di entrare nel Trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data prossima».
L'NPT è stato senza dubbio il principale argine alla diffusione dell'arma nucleare anche se ha perso «peso specifico» con l'entrata in scena di nuovi protagonisti e non appare più così scontato che l'effetto deterrente, che aveva una sua ratio e anche una qualche efficacia in un mondo bipolare, possa contribuire a evitare futuri conflitti di fronte a un aumentato numero di Paesi possessori di armi nucleari.
In questo scenario il Governo di coalizione tedesca ha elaborato la proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania mentre ad assumere la leadership per l'eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i Paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio. Anche l'Olanda ha avviato un dibattito in merito. La Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario.
L'Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo (ad Aviano), armi nucleari è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo Pag. 61addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. Il parere della Corte internazionale di giustizia, inoltre, ha confermato che il possesso delle armi nucleari e la stessa deterrenza nucleare non sono contrari al diritto internazionale. Il parere in questione, però, ha stabilito che l'uso dell'arma nucleare è sottoposto alle regole del diritto internazionale umanitario. L'Italia dovrebbe pertanto ritirare la riserva interpretativa al I Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I Protocollo non si applica alle armi nucleari. Inoltre c'è l'obbligo di uno Stato non nucleare, membro dell'NPT, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate rischiando di andare contro lo scopo e l'oggetto dell'NPT.
Durante il vertice di Lisbona tenutosi nel mese di novembre 2010 è stato concepito un nuovo «Concetto strategico per la difesa e la sicurezza dei membri della Nato» che vedrà la conclusione nel previsto summit di maggio 2012 a Chicago con la previsione che i Paesi Occidentali aggiornino la propria posizione nel campo della difesa e della deterrenza; in quella sede è stato da più parti riaffermata la necessità di procedere a un più stretto controllo degli armamenti, al disarmo e alla non proliferazione intesi come base fondamentale per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionali; tuttavia, malgrado l'esplicito impegno di «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della Nato ha comunque ribadito che «fintantoché ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà un'Alleanza nucleare».
Va ricordato che, sebbene non vi siano dati ufficiali, alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, ancora ospitano armi nucleari tattiche (Ant): Belgio (10-20), Germania (10-20), Olanda (10-20) e Turchia (circa 50), mentre da un rapporto dell'associazione ambientalista americana Natural Resources Defence Council emerge che gli Stati Uniti mantengono in Italia 90 bombe nucleari: 50 ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Tre di questi Paesi che ospitano - Belgio, Germania e Olanda - si sono espressamente dichiarati a favore della rimozione dai loro territori delle Ant mentre il nostro Paese mantiene una posizione ambivalente sostenendo da un lato una posizione a favore del disarmo nucleare globale e dall'altra ampia fedeltà alla Nato.
Altresì, un recente rapporto dell'Ican, la Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, dimostra che la proliferazione nucleare si basa sul contributo fondamentale di gruppi assicurativi e bancari, compresi quelli italiani.
Il rapporto in questione sui finanziamenti globali ai produttori di armi nucleari mostra che molti dei principali gruppi bancari e assicurativi internazionali finanziano e favoriscono la proliferazione nucleare. La metà di questi grandi gruppi d'investimento, che comprendono banche, fondi pensione e compagnie assicurative, ha sede negli Stati Uniti e un terzo invece in Europa. Molti gli istituti bancari italiani che sono in prima linea: spiccano Intesa Sanpaolo e UniCredit, affiancate da Banca Leonardo, dalla Monte dei Paschi di Siena, da Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare Emilia Romagna, Banca Popolare di Vicenza, Credito Emiliano, Banco Popolare, Gruppo Carige, Mediobanca e UBI Banca. Tutte in diversa misura coinvolte nei finanziamenti ai colossi della produzione mondiale di armamenti. Emerge anche Finmeccanica, il cui capitale è detenuto per il 30,2% dal nostro Ministero dell'Economia. Il principale gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia e tra i primi dieci player mondiali nel settore dell'Aerospazio, della Difesa e della Sicurezza, detiene infatti il 25% delle azioni di MBDA, una joint venture (impresa in partecipazione) che vanta un fatturato annuale di 2,7 miliardi di euro e un portafoglio commesse di 11,9 miliardi di euro, un'impresa leader nella costruzione di missili e sistemi missilistici, impegnata anche nella costruzione Pag. 62di missili nucleari per l'aeronautica francese. In generale, i grandi gruppi della finanza mondiale sopra citati investono ingenti somme di denaro nelle società che producono armamenti nucleari, fornendo prestiti ma anche attraverso l'acquisto di azioni e obbligazioni. Giocano quindi un ruolo chiave nella proliferazione dell'industria militare nucleare e nello sviluppo di alcune delle più pericolose e distruttive armi che l'uomo abbia mai inventato.
La questione delle cosiddette «Banche Armate» rappresenta un aspetto molto importante ed estremamente delicato. Voglio ricordare al Governo e all'Aula che esattamente un anno fa durante la discussione della Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, sottoscritta a Oslo il 3 dicembre 2008 è stato approvato l'ordine del giorno a mia prima firma con parere contrario del Governo impegnandolo a valutare l'opportunità di effettuare controlli maggiori e rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati al fine di contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona, delle munizioni e submunizioni a grappolo, anche ai sensi della Convenzione di Oslo in vigore dal 1o agosto 2010; oltreché a valutare l'opportunità di ripristinare il dettagliato elenco delle singole autorizzazioni rilasciate dalle banche ossia l'elenco di riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di credito.
Un importante segnale e campanello di allarme che il Parlamento diede al Governo e che auspico colga in questa occasione.
La questione più delicata rimane la convocazione di una conferenza sulla creazione di un zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente (che dovrebbe tenersi a Helsinki sotto l'egida del Segretario generale delle Nazioni Unite), una regione per la quale tale progetto risulta ancor più ambizioso visto che la proibizione non riguarderebbe solo le armi nucleari, ma anche quelle chimiche e biologiche, tenendo in debito conto la cronica tensione politico-militare ivi esistente e che nessuno dei principali Paesi coinvolti - Iran, Israele, Siria ed Egitto - ha tutte le carte in regola in fatto di armi di distruzione di massa.
A Bruxelles si discute in questi giorni su come dare attuazione concreta al nuovo concetto strategico della Nato del 2010 e soprattutto su quali proposte convergere affinché emergano elementi evolutivi per una nuova dottrina sull'uso dell'arma nucleare.
È necessario, dunque, rimarcare con forza l'assoluta necessità di intraprendere percorsi di pace puntando sul disarmo e sulla necessità di ridurre lo spreco di risorse per le armi. Anche l'Italia in questo contesto dovrebbe dimostrare di essere in linea con gli altri Paesi e contribuire a delineare su tali basi una politica estera internazionale comune.
Nello specifico con questa mozione, dunque, intendiamo impegnare il Governo a sostenere con determinazione, nelle opportune sedi internazionali, in particolare proprio in vista del prossimo vertice Nato di maggio, un'intesa sul disarmo nucleare che sia giuridicamente vincolante come lo sono i trattati che già proibiscono le armi chimiche e biologiche;
a sostenere gli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite nel delicato compito di portare allo stesso tavolo negoziale, attraverso la convocazione della citata conferenza, tutti i Paesi di un'area ad alta tensione come quella mediorientale per affrontare un tema altamente controverso come quello delle armi nucleari, chimiche e biologiche;
a valutare se l'attuale regime delle basi e delle istallazioni americane sopra citate sia ancora compatibile con il mutato assetto dei rapporti internazionali, soprattutto dopo le dichiarazioni del Presidente Obama al recente vertice di Seoul;
a rendere noto il sistema della «doppia chiave» e a ritirare la riserva interpretativa al I Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I Protocollo non si applica alle armi nucleari; Pag. 63
a farsi portavoce e promotore durante il summit a Chicago, della necessità, riaffermata da più parti, di procedere a un più stretto controllo degli armamenti, al disarmo e alla non proliferazione intesi come base fondamentale per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionali valutando la possibilità di avviare maggiori e mirati controlli sulle banche, società di intermediazione mobiliare (SIM), società di gestione del risparmio, società di investimento a capitale variabile (SICAV), nonché agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo lo settembre 1993, n. 385, le fondazioni bancarie e i fondi pensione che finanziano la produzione e il commercio di armi nucleari.

GIANFRANCO PAGLIA. La presenza, il ruolo e il futuro delle armi nucleari tattiche (Ant) americane schierate sul territorio italiano sono stati oggetto, negli ultimi anni, di un vivace dibattito sull'opportunità o meno di una loro ulteriore riduzione o completa rimozione.
Mi preme evidenziare che, nello scenario della sicurezza contemporanea, il processo decisionale è rimasto prerogativa di un numero molto ristretto di attori, nell'indifferenza generale di gran parte della politica, dell'opinione pubblica e dei mass-media. Questo è accaduto, probabilmente, per via di un retaggio culturale dell'epoca della Guerra fredda, per cui le questioni relative alla sfera militare sono rimaste dei tabù.
Nell'attuale contesto post-bipolare, e soprattutto dopo il rilancio obamiano del programma di «un mondo senza armi nucleari», sono venute sostanzialmente meno: sia la ragione militare che aveva giustificato l'iniziale schieramento delle Ant, non essendoci più una minaccia che richieda, per essere affrontata, la loro presenza; sia la principale ragione politica dell'originario interesse che esse suscitavano per il loro valore intrinseco politico-simbolico, ritenuto capace di accrescere lo status del paese all'interno dell'Alleanza atlantica e di creare un rapporto privilegiato con gli Usa.
L'Italia di oggi è, quindi, inequivocabilmente impegnata a sostenere il programma di disarmo nucleare globale e, a questo fine, appare favorevole a mettere in discussione la presenza del residuo di Ant americane presenti ancora sul nostro territorio.
Tuttavia, nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della Nato adottato a Lisbona il 19 novembre 2010 puntualizza che «fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà un'Alleanza nucleare» e di questo noi non possiamo non tenerne conto.
Malgrado l'assenza di dati ufficiali, si stima che siano ancora ospitate 150-200 Ant statunitensi in 5 paesi europei dell'Alleanza: Belgio (10-20), Germania (10-20), Italia (70-90), Olanda (10-20) e Turchia (circa 50). L'attuale arsenale nucleare presenta una riduzione di più del 90% rispetto alle 2.480 testate schierate in Europa nel 1991. Bisogna, comunque, tener conto che l'Italia accoglie, in due basi, quasi la metà delle 150-200 Ant americane in Europa, ragion per cui la nostra posizione sulla questione deve essere guidata dalla moral suasion.
Rimane un punto fermo il fatto che l'Italia abbia largamente assimilato il processo di delegittimazione dell'arma nucleare, per cui l'utilità della bomba viene progressivamente svalutata e deprezzata, tanto in prestigio quanto in autorità. L'Italia si mostra disponibile ad ulteriori riduzioni o alla completa eliminazione delle Ant, processo però che punta a completare in un'ottica di multilateralismo e, continuando ad attribuire un irrinunciabile valore alla solidarietà della Nato, mira ad evitare strappi e fughe in avanti che possano incrinare i principi di coesione ed indivisibilità della sicurezza euro-atlantica.
È necessario prediligere un approccio graduale e cooperativo, con l'apertura di una discussione, il più possibile pacata, Pag. 64nelle sedi opportune per addivenire ad una decisione collegiale che tenga conto delle percezioni di sicurezza di tutti i partner, compresi quelli che sentono il bisogno, seppur residuale, di essere rassicurati dalla presenza in Europa di armi nucleari tattiche americane.
La ragione militare che aveva giustificato l'iniziale schieramento delle Ant in Italia è pressoché svanita, non essendoci più una chiara e ben definita minaccia alla sicurezza del paese. Marginale è divenuta anche la ragione politica dell'originario interesse per questo tipo di arma, vale a dire il suo valore politico-simbolico per accrescere il prestigio internazionale del paese, il suo rango all'interno dell'Alleanza e il rapporto privilegiato con gli Usa. Ormai, l'architettura militare del nostro paese si è trasformata da un sistema statico e territoriale ad uno più leggero e dinamico, pensato per la proiezione della forza all'estero con compiti di peacekeeping, gestione e prevenzione delle crisi.
Già, a partire dai primi anni '90, l'Alleanza infatti ha proceduto ad una significativa riduzione delle quantità e delle tipologie delle forze nucleari tattiche schierate sul suo territorio, mantenendole al «livello minimo sufficiente per salvaguardare la pace e la stabilità». Questo cambiamento era stato poi sancito dal Concetto strategico adottato dall'Alleanza nel 1999 secondo cui: «l'obiettivo fondamentale delle forze nucleari degli Alleati è politico: preservare la pace, prevenire atti coercitivi e qualsiasi forma di guerra».
Anche secondo il nuovo Concetto strategico approvato a Lisbona nel 2010: «con i cambiamenti nel contesto di sicurezza dopo la fine della Guerra fredda, abbiamo ridotto drasticamente il numero di armi nucleari ospitate in Europa e la nostra dipendenza dalle armi nucleari all'interno della strategia della Nato. Cercheremo di creare le condizioni per ulteriori riduzioni in futuro».
Anche l'Ue, nel suo insieme, si è affermata come un importante attore nella lotta alla diffusione delle armi di distruzione di massa. Il Parlamento europeo si è espresso a chiare lettere per la progressiva riduzione e, in prospettiva, eliminazione di tutte le Ant. 11 10 marzo 2010 ha approvato, con voto bipartisan, una risoluzione che «richiama l'attenzione sull'anacronismo strategico delle armi tattiche nucleari e sulla necessità che l'Europa contribuisca alla loro riduzione ed eliminazione dal proprio territorio nel contesto di un dialogo di più ampio respiro con la Russia».
Non possiamo, tuttavia, sottovalutare l'indeterminatezza della posizione della Turchia, che sembra attribuire un maggior valore a queste armi in considerazione della sua particolare collocazione geo- strategica e delle specifiche esigenze di sicurezza del paese anche in relazione al pericolo di un possibile sviluppo nucleare del vicino Iran.
Confermo, a nome del Gruppo di Futuro e Libertà, il voto favorevole a questa mozione, invitando il governo a svolgere un ruolo sempre più attivo a sostegno delle misure di disarmo e non- proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali proprie e, soprattutto in vista del prossimo vertice Nato di Chicago (maggio 2012), auspichiamo che l'Italia diventi parte attiva nel dibattito sul futuro del deterrente nucleare all'interno dei confini europei, nel quadro di un processo negoziale con la Federazione russa sul controllo degli armamenti.
Sosteniamo, pertanto, convintamente l'opportunità di addivenire - tramite passi misurati, concreti e comunque concertati tra gli alleati - ad una progressiva e ulteriore riduzione, nella prospettiva della completa eliminazione delle armi nucleari.
Concludendo, spero vivamente che la questione venga affrontata da una prospettiva più ampia, con un approccio olistico alla sicurezza che comprenda anche gli armamenti convenzionali, perché - oggi più che mai - abbiamo bisogno di una visione onnicomprensiva della sicurezza continentale. Mi auguro che si cominci, al più presto, ad affrontare senza pregiudizi la sicurezza euro-atlantica, superando, una volta per tutte, la logica paralizzante di reciproci condizionamenti. Pag. 65
L'Italia si caratterizza - e si continuerà a caratterizzare - per l'impegno incondizionato nel settore della non-proliferazione e una sorta di «vocazione» a promuovere, in linea con la strategia dell'Unione europea contro la proliferazione, un contesto favorevole per far progredire il Tnp in tutti le sue componenti (non proliferazione, disarmo, uso pacifico dell'energia nucleare), cercando di universalizzare il regime multilaterale che lo sostiene.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA NN. 3744 E ABB., 4975, 5018 E 5044

Progetti di legge di ratifica nn. 3744 e abb., 4975, 5018 e 5044
Tempo complessivo: 2 ore per ciascun progetto di legge di ratifica.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 13 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 27 minuti
Popolo della Libertà 13 minuti
Partito Democratico 13 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 6 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 5 minuti
Popolo e Territorio 5 minuti
Italia dei Valori 13 minuti
Misto: 18 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Mogherini Rebesani e a 1-971n 478 477 1 239 477 33 Appr.
2 Nom. Moz. Di Stanislao e a 1-987 483 290 193 146 19 271 33 Resp.
3 Nom. Moz. Misiti e a 1-988 rif. 485 461 24 231 460 1 33 Appr.
4 Nom. Moz. Dozzo e a 1-989 n.f. 483 463 20 232 463 33 Appr.
5 Nom. Moz. Pianetta e a 1-993 n.f. 486 465 21 233 465 33 Appr.
6 Nom. Moz. Moffa e a 1-1004 rif. 486 466 20 234 465 1 33 Appr.
7 Nom. Moz. Ossorio e a 1-1009 n.f. 484 462 22 232 462 33 Appr.
8 Nom. Ddl 5178 - Chiusura compl. em. 380 378 2 190 327 51 37 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.