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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 626 di giovedì 26 aprile 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10,10.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 20 aprile 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Antonione, Barbi, Bergamini, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Gianni Farina, Renato Farina, Fava, Tommaso Foti, Franceschini, Grimoldi, Iannaccone, Lombardo, Lupi, Malgieri, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Rigoni, Stefani, Stucchi, Valducci, Vernetti, Vitali e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

TESTO AGGIORNATO AL 3 MAGGIO 2012

Discussione del Documento di economia e finanza 2012 (Doc. LVII, n. 5).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2012.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 19 aprile.
Ricordo che, analogamente a quanto avvenuto lo scorso anno (seduta del 28 aprile 2011), il procedimento si svolgerà secondo le modalità previste dall'articolo 118-bis del Regolamento, in base a quanto stabilito nel parere della Giunta per il Regolamento del 14 luglio 2010. In particolare, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 118-bis, le risoluzioni riferite allo schema della decisione di finanza pubblica devono essere presentate nel corso della discussione.

(Discussione - Doc. LVII, n. 5)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sarò brevissimo, intervengo soltanto per ricapitolare per punti quello che è il nuovo Documento di economia e finanza, nel quale è evidente uno sforzo per fornire un quadro realistico della situazione del Paese in un contesto internazionale che è ancora difficile da decifrare in modo compiuto.
Nel Documento, come gli onorevoli avranno potuto e hanno avuto modo di vedere, Pag. 2sono contenute le tendenze dell'economia italiana, le misure intraprese nell'azione di risanamento in una prospettiva che va anche oltre gli interventi realizzati dal Governo in carica, il quadro delle riforme impostate e l'impatto delle relative riforme sull'economia italiana.
Nelle analisi condotte in Commissione e negli interventi che si sono svolti da parte di autorevoli rappresentanti delle istituzioni (Banca d'Italia, Corte dei conti, e via dicendo), è venuta una conferma riguardo alle ipotesi di fondo e alla rappresentazione realistica dei problemi che vi sono ancora sul tappeto. Il dibattito in Commissione è stato intenso ed è approdato ad un documento che stressa notevolmente la componente europea, che è stato anche uno degli elementi di dibattito nel corso della discussione.
Credo che l'Assemblea continuerà ad approfondire i relativi problemi e, quindi, potrò eventualmente intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, mi si consenta di allegare agli atti del Documento di economia e finanza la relazione scritta, che consegno, se la Presidenza me lo consente. Essa, infatti, accompagna il Documento di programmazione licenziato dalla V Commissione (Bilancio), in quanto referente della stessa Commissione. Signor Presidente, mi autorizza a consegnare la relazione e a svolgere una breve sintesi orale?

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la Presidenza lo consente, tuttavia, non farà mancare un suo, ancorché sintetico, svolgimento della stessa.

AMEDEO CICCANTI, Relatore. La ringrazio, signor Presidente, l'ho chiesto per evitare che il mio intervento fosse eccessivamente lungo. Mi consenta, dunque, di focalizzare sinteticamente alcuni aspetti di carattere politico che, con tale relazione, ho voluto sottolineare.
La prima e più importante questione è quella di una riflessione del Parlamento italiano affinché diventi una sollecitazione del Governo italiano ai ventisette Stati dell'Unione europea ad accelerare il percorso di costituzione degli Stati Uniti d'Europa: un'Europa federale, dove la cessione di sovranità formale e sostanziale si identifichi con nuovi ruoli delle istituzioni europee, fondati sul consenso democratico.
La crisi finanziaria internazionale iniziata nel 2008 non si è chiusa. Da crisi del debito privato si è trasferita dagli Stati Uniti in Europa diventando crisi del debito pubblico, come dimostrano le tensioni sui mercati finanziari e sui debiti sovrani, a cominciare da quello italiano che è il più rilevante.
La liberalizzazione dei mercati finanziari ha trasformato il capitalismo economico in capitalismo finanziario senza regole e senza frontiere. Non vi è organismo internazionale che sia stato capace di costruire un sistema di regole per controllare la giungla dei mercati finanziari, dove le banche ne rappresentano solo una componente.
Solo la politica può scrivere le regole dei mercati finanziari. La politica, però, è debole perché si è nazionalizzata: invece di crescere e internazionalizzarsi alla pari dei mercati finanziari e costituire un valido contropotere di regole e trasparenza, si è ridimensionata dentro gli Stati nazionali. Gli Stati nazionali, così come sono, sono deboli di fronte agli attacchi speculativi della grande finanza globalizzata.
L'euro degli Stati nazionali e l'attuale modello della Banca centrale europea rischiano di non reggere l'urto della speculazione finanziaria sui singoli debiti sovrani, soprattutto perché il dollaro compete con l'euro in modo asimmetrico, avendo a sostegno un diverso modello di banca centrale, quale la Federal Reserve, che è prestatore di ultima istanza.
Sappiamo bene che non basta invocare un diverso assetto delle istituzioni monetarie, finanziarie e politiche europee, per ottenerle. Siamo abbastanza maturi per capire che i presupposti stanno in un Pag. 3diverso sistema di più profonda integrazione e comunitarizzazione delle politiche fiscali degli Stati membri.
Sappiamo che devono allinearsi soprattutto gli Stati a più bassa produttività totale dei fattori di sviluppo, in particolar modo quelli che oggi vengono definiti Stati PIGS. Sappiamo pure, però, che dopo l'esperienza della Grecia l'allineamento delle politiche fiscali verso gli Stati più virtuosi è reso più difficile da politiche di risanamento finanziario senza alcun sostegno alla crescita, ovvero politiche europee di accompagno verso le componenti economiche produttive della crescita che possano compensare, nel medio e lungo periodo, i sacrifici del breve periodo.
Condividiamo il quadro regolatorio e sanzionatorio previsto dal six pack, dal two pack e, da ultimo, dal trattato cosiddetto fiscal compact, per un più incisivo Patto di stabilità e crescita, che allinei tutti gli Stati dell'Eurozona verso comuni e virtuose politiche fiscali.
Ci sta bene un'Europa materna e severa, ma ci sta meno bene un'Europa matrigna e intergovernativa, fondata sugli assi e distante da un Parlamento europeo senza voce perché senza poteri decisori. Uno Stato senza moneta e senza budget - ossia senza più il controllo dei saldi di finanza pubblica perché con il Semestre europeo tale potere è stato spostato alla Commissione europea - è già di per sé uno Stato federato. Di tale federazione di fatto, però, non si godono i vantaggi perché se ne vedono solo i sacrifici. Un'Europa realmente federata potrebbe darci anche il vantaggio di politiche di supporto per la crescita. Alla lunga, un'Europa lontana e matrigna potrebbe rivelarsi tardiva sulla difesa dell'euro e rispetto alle sue ambizioni nello scacchiere mondiale.
Se questi sono gli obiettivi politici a cui bisogna mirare nel medio e lungo periodo, a maggior ragione nel breve periodo bisogna cercare di allineare le nostre grandezze macroeconomiche e finanziarie alla Strategia Europa 2020.
Il vincolo europeo è chiaro, previsto e già condiviso negli obiettivi dell'Agenda 2020. Non vi sono né deroghe né scorciatoie, soprattutto per l'Italia, con il suo rilevante debito pubblico. Destra, centro, sinistra, chiunque governerà l'Italia fino al 2020 dovrà essere legato a tale vincolo europeo e con il cosiddetto fiscal compact, anche dopo il 2020, per altri dieci anni almeno.
Lo stesso Primo Ministro, Monti, conclude il suo discorso introduttivo al Documento di economia e finanza con queste parole: «[...] la strategia per l'Europa 2020 ha un forte vantaggio. È un quadro di riferimento di lungo termine destinato a rimanere valido anche nell'alternanza di Governi con visioni programmatiche distinte». Questa autorevole affermazione fa giustizia delle pur legittime dispute ideologiche tra chi vorrebbe politiche neo-keynesiane (tornando al deficit-spending) e chi chiede una riduzione della pressione fiscale con tagli alla spesa pubblica, per rilanciare consumi ed investimenti.
Al partito delle tasse, contro il partito della spesa pubblica, il Ministro Monti antepone il partito della competitività e del merito, migliorando la produttività totale dei fattori della pubblica amministrazione, dell'istruzione, della ricerca, della giustizia, delle infrastrutture, del costo unitario del lavoro per unità di prodotto, del sistema produttivo italiano e via discorrendo. Sarà questo il primo dibattito da sviluppare per tornare a crescere. Solo dopo si potrà tornare a parlare dei dividendi e degli utili: lavorare di più e lavorare meglio, senza privilegi e posizioni dominanti; lavorare tutti partendo alla pari, senza vantaggi e tutele particolari; tasse e contributi per tutti, secondo redditi e possibilità umane e sociali. Questo è lo spirito delle riforme fatte e da fare del Governo Monti, che sono previste nel Documento di economia e finanza.
Gli stimoli per una discussione tra le forze politiche, le parti sociali e le autonomie territoriali sono tutti in questo Documento di economia e finanza. Come sostiene il Presidente Monti, spetta a noi tutti individuare le misure più idonee di rigore e di equità per far crescere l'Italia nell'ambito della Strategia Europa 2020. Pag. 4Oggi è un altro appuntamento, tra quelli più importanti, di questo dibattito già da tempo in corso (Applausi).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe (PD). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, anch'io mi permetto di chiederle di allegare il mio intervento al resoconto parlamentare che sarà redatto, limitandomi a svolgere tre considerazioni.
Condivido l'impostazione riassuntiva svolta dal sottosegretario, richiamando il dibattito che si è svolto ed evitando di entrare nel merito delle questioni proposte, ribadendo il concetto che il Documento di economia e finanza - che raccoglie e sintetizza in sé anche il Piano nazionale delle riforme - costituisce la visione che il Governo Monti dà al nostro Paese nel quadro della politica nazionale ed europea, ma anche un percorso, un tragitto che la società italiana dovrà attraversare con grande responsabilità, conoscendo le difficoltà obiettive che non sono solo di carattere economico e finanziario, ma sono anche relative allo status sociale del nostro Paese, a livello di uomo, che noi vogliamo ribadire e difendere, in una concezione democratica prevista e rafforzata dalla Costituzione italiana.
Io vorrei schematizzare il mio intervento in questo modo.
C'è un futuro da costruire e vorrei dire che, per costituirlo e renderlo adeguato alle esigenze dei giovani, categorie più deboli della società italiana, occorre guardare agli aspetti istituzionali e agli aspetti economico-finanziari. Perché ritengo sia fondamentale l'aspetto istituzionale? Perché si dice che noi, costretti, o necessitati, dalla Comunità europea, abbiamo dovuto costituzionalizzare il pareggio di bilancio per darci un tragitto di percorrenza adeguato. Ci siamo resi conto, al di là della norma che è stata votata, che tutto questo era nella Costituzione.
Allora vorrei mettere in evidenza questo concetto: affrontare le questioni istituzionali e costituzionali del nostro Paese richiede molta responsabilità e cautela. Pensate al tema delle province e al tema del difficoltà delle autonomie istituzionali che sentono il peso del Patto di stabilità. A tali enti dovremmo dare una risposta, anche in ordine alla considerazione dell'ente provincia, la cui riforma è stata molto pasticciata nella normativa vigente.
Ma c'è il problema del risanamento. I dati li conosciamo, signor sottosegretario: il PIL decresce, il debito pubblico aumenta, la disoccupazione aumenta. Le categorie fondamentali della macroeconomia sono quelle. Pensi il peso di queste categorie all'interno di una società debole qual è quella del Mezzogiorno d'Italia.
C'è un passato, quindi, da risanare e lo dobbiamo dire con molta obiettività. Il risanamento non è una camicia di Nesso, ma è un fatto volontaristico che gli italiani, il Paese e la politica devono sposare, se vogliamo dare una prospettiva ai giovani.
Serve il Governo tecnico? Io ritengo, per affermazione dottrinaria, che il tecnicismo istituzionale e anche governativo sia un ausilio a risolvere i problemi del Paese, ma deve ritornare la politica, devono ritornare i partiti, pienamente consapevoli di appoggiare fino in fondo il Governo per il lavoro che fa, affrontando, signor sottosegretario, il tema vero. È scritto nel DEF: c'è un piano di infrastrutturazione del Mezzogiorno. Io direi che è ancora poco. Dobbiamo predisporre un piano generale polisettoriale se vogliamo verificare in loco un cambiamento strategico nel Mezzogiorno d'Italia. Sono convinto che lo faremo. La mia soddisfazione è vedere che la politica è orientata sui grandi orizzonti e sono quelli che interessano la comunità nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

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PRESIDENTE. Onorevole Mario Pepe, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, il provvedimento che stiamo esaminando in questo momento particolare è importante e in qualche modo può farci fare delle riflessioni di carattere politico, perché ritengo che il quadro presentato dal Governo, che stiamo esaminando nelle Commissioni competenti, sia abbastanza trasparente e fa capire la situazione in cui oggi il Paese vive.
Il Documento fornisce, quindi, un quadro esaustivo della finanza pubblica, delle politiche di rigore che sono in corso di attuazione e degli interventi adottati per stimolare la crescita. Volevo agganciarmi a questa valutazione senza però sottrarmi a delle valutazioni di carattere politico, perché comprendiamo l'esigenza di far quadrare i cosiddetti conti, ma non dobbiamo dimenticare che dietro ogni scelta politica, economica e finanziaria - e anzi vogliamo ricordarlo - c'è sempre una persona in carne ed ossa.
Quindi, la valutazione di entrare con decisione e il prima possibile - lo dico, signor Presidente, al nostro Governo - nell'economia sociale e di mercato ritengo che sia un atto di dovere. Quindi, far quadrare i conti ritengo che sia importante, ma dobbiamo ricominciare a far parlare la politica con lo stesso linguaggio dei desideri e delle speranze dei cittadini. A questo proposito, signor sottosegretario, voglio sottolineare le difficoltà che noi riscontriamo, anche del nostro Paese, nei confronti delle istituzioni europee. Si tratta della difficoltà di inquadrare una posizione italiana nel fornire risposte tempestive ed adeguate alla crisi economica e finanziaria.
Riteniamo, cioè, che una politica europea sia necessaria affinché l'Unione europea veramente possa dare una risposta ai problemi di questa crisi straordinaria, che tocca soprattutto l'Europa. Quindi, un'integrazione politica europea di tipo federalista - lo ricordava il collega Ciccanti - mi sembra un obiettivo importante, che dobbiamo accelerare. Pertanto, noi invitiamo il Governo a perseguire questa linea politica, di cui già il Parlamento, in più occasioni, ha dato atto di indirizzo politico.
Coniugare l'interesse nazionale è impegno strategico per rafforzare l'integrazione europea ed è uno degli obiettivi fondamentali di un Governo animato da valori, valori che sono l'essenza della politica per cercare di rimettere al centro gli interessi del popolo, gli interessi della gente. Quindi, l'interesse nazionale è importante coniugarlo con il rafforzamento della strategia per l'integrazione europea. Questo soprattutto perché noi riteniamo che ci sia un problema, quello di mettere al centro questo indirizzo perché debba in qualche modo finire questa condotta di aggregazione tra Stati in Europa, che abbiamo più volte visto, volta a proporre soluzioni unilaterali lontane dal bene comune.
Ecco, quel quadro di famiglia europeo, che in molte occasioni su dossier importanti che riguardano l'intera comunità europea e internazionale, dove molte volte alcuni Stati si incontrano a dispetto di altri, è una opzione che noi riteniamo non utile all'aggregazione europea. Poi, andando per flash, visto il tempo limitato che mi è stato assegnato, vorrei che anche in questo momento storico noi possiamo parlare non solo dei conti economici, ma dei veri problemi che riguardano i nostri concittadini. Siamo in un momento difficile, in un momento particolare. Abbiamo bisogno di dare delle risposte. Molte volte la politica è chiamata a rispondere di questioni che non riguardano il bene comune e noi oggi dobbiamo dare un sostanziale aiuto al Governo. Vi sono molte questioni, molti dossier aperti, molte istanze dei cittadini, come quelle dei flussi di prestito destinati ad incrementare le linee di credito per le imprese: è necessario che tali linee di credito vadano anche alle stesse. Infatti, la Banca centrale europea ha dato disponibilità alle nostre banche e un'economia legata ad un'attività anche sociale e Pag. 6di mercato, che non è beneficenza, non può sottrarsi al finanziamento delle nostre imprese, delle nostre piccole e medie imprese, delle nostre microimprese. Il Paese ha, infatti, bisogno di rimettere in circolazione il lavoro, ha bisogno di rimettere in circolazione denari che possano in qualche modo non solo essere utili all'acquisto dei titoli di Stato. Ciò va bene, ma dobbiamo anche assegnare una percentuale importante affinché la pressione fiscale da una parte, ma, dall'altra parte, anche il finanziamento delle imprese possa essere un equilibrio naturale. Proprio per questa ragione noi invitiamo il Governo ad avere una visione molto particolare per quanto riguarda la politica dell'inasprimento, senza precedenti, della pressione fiscale.
Signor sottosegretario, capiamo bene che dobbiamo tentare di diminuire il nostro debito pubblico perché gli interessi gravano sul nostro Paese, su tutte le nostre famiglie, sulle imprese, sul futuro dei nostri giovani e sulle nuove generazioni. Allora, la pressione fiscale, per tutti quelli che hanno fatto un delitto a non pagare le tasse, deve esserci. Ma deve esservi un'Agenzia delle entrate, una pressione intelligente anche per capire chi può restituire questi denari eventualmente evasi, perché molte aziende stanno chiudendo, perché le norme sono troppo rigide. Quindi, invito anche il Parlamento e il presidente della nostra Commissione bilancio, che è qui, a mettere in campo dei provvedimenti importanti, affinché gli organi dello Stato non facciano una pressione indiscriminata sulle nostre aziende. Il recupero dell'evasione è importante, non a scapito della chiusura dell'azienda. Noi dobbiamo far pagare, ammesso che vi sia evasione, quelle aziende, piccole, medie e grandi, in misura delle loro capacità di far rimanere in vita le stessa aziende. Quindi, signor sottosegretario, il recupero delle risorse deve essere fatto in modo intelligente.
I flussi di prestito, quindi, sono questioni che riteniamo di vitale importanza. A questo proposito ritengo che vi sia, da parte del Governo, un'attenta valutazione del provvedimento per lo sviluppo. Siamo passati a una fase di repressione, a una fase di recupero, a una fase di indirizzo e abbiamo rimesso in piedi una politica anche verso l'Europa, con i correttivi che proponiamo e che proporremo con la nostra mozione. Però, è necessario intervenire per quanto riguarda la ripresa, le politiche per la famiglia, le politiche per la vita, le politiche per i nostri giovani e per tutto quello che può essere una lotta senza quartiere all'estrema povertà, perché tutte queste operazioni devono viaggiare, lo voglio ricordare al Ministro Passera, i cui provvedimenti di sviluppo, che attendiamo con grande attenzione in questa nostra Aula devono essere esaminati proprio in questa visione.
Concludo, signor Presidente, auspico che il nostro documento, che inquadra bene e che avrà il supporto anche dei nostri atti di indirizzo, che presenteremo come gruppo parlamentare, deve essere guardato nella visione di uno studio attento verso i cittadini, un recupero di credibilità del nostro Paese e, soprattutto, far sì che il Governo possa, in qualche modo, intervenire per lo sviluppo con meno repressione fiscale e accanimento, anche da parte di organi dello Stato, nei confronti dei nostri cittadini e delle nostre imprese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà, per due minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, intanto le preannunzio che chiederò, anche io, di poter consegnare il testo del mio intervento, visti i tempi molto stretti a mia disposizione.
Mi rimetterò a qualche considerazione sulla questione Europa, di come sta vivendo questo momento. L'Europa predica democrazia, nel suo quadruplice senso: pace, ordine, benessere, libertà, ma produce malessere sociale: più vincoli e meno libertà. Questo può portare alla balcanizzazione Pag. 7del vecchio continente, a meno che prenda finalmente coscienza che la strada maestra è quella della vera integrazione. I segnali che leggiamo oggi e che abbiamo appreso ieri fanno ben sperare (ce lo auguriamo).
Il 1989 sembrava aver suonato l'ora della democrazia occidentale. Venti anni dopo il bilancio non esalta. L'orizzonte è piatto. La democrazia è in questione, colpevole di non rispondere alle attese, e rischia di fungere da capro espiatorio della crisi. Alla fine degli anni Novanta, lo storico Mark Mazower ammoniva: «Oggi la democrazia sta bene agli europei, in parte perché è associata al trionfo del capitalismo e, in parte, perché comporta meno intrusione, nelle loro vite, di ogni altra alternativa. Gli europei accettano la democrazia perché non credono più nella politica» (quanto era previdente). Si è trattato di una precaria luna di miele, perché la bufera finanziaria opprime le democrazie continentali.

Testo sostituito con l'errata corrige del 3 MAGGIO 2012 PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.
Gli Stati pretendono di estrarre dai cittadini le risorse necessarie a fronteggiare i deficit di liquidità - o peggio, di solvibilità - ecco perché la democrazia rischia per davvero, se è diventata una lotta per il potere tra i primati dell'economia ed i primati della politica, e ahimè - sì, ho concluso - con il sacrificio dei valori e delle convinzioni che l'Europa dovrebbe incarnare. L'altro giorno, in Commissione, il professor Fitoussi ci ha detto chiaramente che l'euro poggia su un deficit di democrazia, o noi rilanciamo la democrazia per voler rilanciare l'euro o finirà l'euro, la democrazia e l'Europa (Applausi del deputato Mario Pepe (PD)).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.

Intervento aggiunto con Errata Corrige, aggiornamento al 3 MAGGIO 2012

RENATO CAMBURSANO. Gli Stati pretendono di estrarre dai cittadini le risorse necessarie a fronteggiare i deficit di liquidità - o peggio, di solvibilità - ecco perché la democrazia rischia per davvero, se è diventata una lotta per il potere tra i primati dell'economia ed i primati della politica, e ahimè - sì, ho concluso - con il sacrificio dei valori e delle convinzioni che l'Europa dovrebbe incarnare. L'altro giorno, in Commissione, il professor Fitoussi ci ha detto chiaramente che l'euro poggia su un deficit di democrazia, o noi rilanciamo la democrazia per voler rilanciare l'euro o finirà l'euro, la democrazia e l'Europa (Applausi del deputato Mario Pepe (PD)).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, inizierò questo intervento in discussione sulle linee generali non salutando i colleghi, ma salutando solo il sottosegretario Polillo, perché di colleghi ce ne sono proprio pochi e vedere quei pochi che ci sono davvero, io vi ringrazio, ma su un'Aula di 630 deputati vederne pochi...

MARINA SERENI. I banchi della Lega sono vuoti!

CLAUDIO D'AMICO. ...però se mi consentite di svolgere il mio intervento...vederne a dir tanto sette o otto - quelli che devono intervenire - è brutto!

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, si rivolga alla Presidenza e svolga il suo intervento.

CLAUDIO D'AMICO. È brutto anche perché il Presidente del Consiglio, nonché Ministro dell'economia e delle finanze, assente a questa discussione sul documento principale che dovrebbe dare un indirizzo alla politica del settore economico di questo Paese, dice nella prefazione al DEF, come ultimo paragrafo del suo intervento: «Questo Documento di economia e finanza propone una visione per lo sviluppo del Paese e una direzione di marcia. Mi auguro che offra uno stimolo per alimentare tra le forze politiche, le parti sociali e le autonomie territoriali, un dibattito concreto sulle sfide che attendono il Paese e sulle soluzioni migliori per creare più crescita, più occupazione e più equità».
Bene, signor Presidente, signor rappresentante del Governo - non Ministro, perché il Ministro non si degna di venire in Aula nel momento della discussione del Documento che lui ritiene fondamentale - questo dibattito auspicato direttamente dal Presidente del Consiglio viene svolto in una settimana che inizialmente era stata prevista come settimana di chiusura dell'Aula, date le varie festività e vista la vicinanza con le elezioni amministrative, sapendo che molti parlamentari, tutti, sono Pag. 8impegnati nella campagna elettorale. Ecco, il dibattito che il Presidente dice che si auspica molto ampio, invece è stato relegato in Parlamento a due giornate, lunedì e martedì di questa settimana, in Commissione, questa mattina in Aula con il voto questo pomeriggio, 26 aprile.
Ecco, signori, non è questo il modo per effettuare un vero dibattito politico, il vero dibattito politico che il Presidente del Consiglio auspica scrivendo la parte conclusiva del suo intervento di prefazione al DEF non è questo, e quello che è stato fatto portando il DEF in questi giorni ne è testimonianza. Testimonianza di cosa? Dell'assoluta mancanza di volontà del Governo di confrontarsi con il Parlamento e quindi con il popolo e con i cittadini che hanno eletto i propri rappresentanti, perché portare sistematicamente i provvedimenti di estrema importanza nel settore economico, ma non solo, all'attenzione delle Commissioni parlamentari negli ultimi giorni che precedono la scadenza dei decreti e quindi contingentando i tempi senza permettere il voto degli emendamenti in Aula, perché poi viene sempre richiesto il voto di fiducia, portando una discussione come questa, importante, sul DEF in una settimana in cui i parlamentari, non perché non hanno voglia di essere qui, ma perché sono impegnati nei comizi elettorali e sul territorio, ecco questo è voler continuare a mortificare il Parlamento e soprattutto è una mortificazione della democrazia, perché la democrazia prevede, da Costituzione, che i cittadini eleggano un Parlamento, che venga nominato un Governo che deve godere della fiducia di quel Parlamento e di quei cittadini e che le discussioni devono essere fatte qui.
Qui invece si decide in altri palazzi e, da quello che vediamo in questo documento, probabilmente le decisioni non sono state neanche prese a Palazzo Chigi, ma a Bruxelles o magari a Berlino, perché ormai la subalternità dell'Italia alla Germania è palese a tutti. Quindi, si sottrae ancora una volta il popolo, tramite i suoi rappresentanti, ad una discussione vera e seria su un provvedimento di estrema importanza. Si registra ancora l'assenza del Presidente del Consiglio, non solo nelle riunioni di Commissione bilancio nei giorni scorsi. Posso capirlo - difficilmente i Ministri vengono in Commissione bilancio, sbagliando - ma almeno la presenza in Aula, per una mattinata, non sarebbe costata molto. Allora, qui bisogna anche capire se il Ministro dell'economia e delle finanze possa essere lo stesso Presidente del Consiglio. Vedo che il Presidente del Consiglio incontra personaggi esteri, fa anche attività di rappresentanza ed è stato per diversi giorni in giro per il mondo. Noi abbiamo bisogno di un Ministro dell'economia al 100 per cento, non di un Ministro dell'economia che ha anche altre cose da fare. Abbiamo bisogno di un Ministro dell'economia che partecipi ai lavori parlamentari, almeno alle sedute di Aula su documenti così importanti.
Dobbiamo ricordare anche i fatti molto gravi avvenuti nella discussione di quei decreti-legge che il Governo ha approvato e che ha fatto ratificare dal Parlamento con dei voti di fiducia, addirittura senza le coperture. Perché se esaminiamo questo DEF, esso fotografa in teoria la situazione creatasi con quei provvedimenti portati avanti nei mesi scorsi e dà delle linee di intervento per il futuro, seguendo le direttive cosiddette dell'Unione europea. Ecco, quei provvedimenti adottati nei mesi passati sono stati portati in Parlamento in modo assolutamente scriteriato. Hanno addirittura evidenziato criticità enormi, addirittura all'atto delle coperture, quindi sono praticamente provvedimenti che vanno contro l'articolo 81 della Costituzione. È stato il Ministro Giarda, in quest'Aula a dichiarare, con riferimento ad uno di questi decreti-legge, che in effetti un articolo non era coperto, ma che si sarebbe poi trovata una soluzione con un provvedimento applicativo del Ministero. Queste cose non si possono permettere, soprattutto in un momento in cui stiamo chiedendo il sangue a tutti i cittadini italiani e, in modo particolare, padani.
Non solo: in un momento in cui si chiede il sangue ai cittadini, il Governo invece predica bene - per qualcuno, per Pag. 9noi predica male comunque - ma razzola ancora peggio. Pensate che, sempre nella seduta di ieri in Commissione bilancio, dopo aver affrontato la discussione sul DEF, abbiamo esaminato un provvedimento che stava quasi per passare inosservato, in una di quelle sedute di Commissione dove magari non c'è una grande partecipazione, dove le cose magari, se non si va a fargli le pulci, passano. Ci siamo trovati ad affrontare il tema della riorganizzazione del Ministero della salute. Mentre il Governo chiede sacrifici a tutti e chiede ai cittadini di pagare l'IMU, una tassa sconsiderata sulla casa, che verrà drenata per almeno il 50 per cento dallo Stato, il Ministro della salute chiede di raddoppiare lo stipendio al suo capo della segreteria tecnica - cosa sconcertante - con una proposta di riorganizzazione della propria segreteria particolare, che contiene cento persone.
Invece di arrivare a dei tagli, come si dovrebbe fare nella pubblica amministrazione, si mantiene ferma la spesa agli anni precedenti e, addirittura, a qualcuno si raddoppia lo stipendio, arrivando a dare 240 mila euro all'anno a un capo di una segreteria tecnica. Questo è quello che sta facendo il Governo, mentre chiede sacrifici a tutti i cittadini.
Quindi, questa premessa su come si sta comportando il Governo - non votato da alcuno, non eletto da alcuno, ma solo, in seconda battuta, da un Parlamento che, con una maggioranza che non è quella uscita dalle elezioni, lo ha sostenuto e lo sta sostenendo sempre meno, perché, se andiamo a vedere i voti delle fiducie, sono sempre in diminuzione - questa premessa nei confronti dell'operatività del Governo nel settore economico, era da fare ed era doverosa.
Noi non possiamo sottrarci dal dire queste cose. Lo dovremmo ripetere in continuazione, perché veramente si stanno scrivendo delle brutte pagine in questo Parlamento per l'atteggiamento che il Governo ha tenuto fino ad ora nel settore economico, un atteggiamento di chiusura completa al dibattito parlamentare e alle proposte migliorative dei provvedimenti.
Se si fosse davvero aperto il dibattito in Parlamento, si sarebbe capito che quella linea che il Governo ha seguito fino adesso, quella di andare a risolvere al più presto questo problema del debito pubblico - cosa promessa a qualche banchiere europeo - forse si poteva perseguire in modo diverso, senza distruggere completamente l'economia e le tasche dei nostri cittadini.
Infatti, quello che abbiamo sempre detto, e cioè che tutti i provvedimenti di tassazione che sono stati introdotti avrebbero depresso l'economia e la crescita, si sta dimostrando realtà. Non lo dice solo la Lega Nord Padania, ma lo dice anche la Corte dei conti. Una cosa straordinaria che è stata fatta dalla V Commissione (bilancio) in questi mesi - ed è passata un po' in sordina - e cioè una serie di incontri, di audizioni, con istituti, istituzioni, professori universitari, persone che se ne intendono di economia, ha dato un quadro molto più chiaro della situazione.
Ci siamo resi conto che in molte di queste audizioni veniva sottolineato che vi era una grossa pericolosità nell'attività del Governo degli ultimi mesi. Si tratta di un grosso rischio che è stato evidenziato anche, per arrivare alle ultimi audizioni, dall'audizione dei rappresentanti della Corte dei conti, auditi proprio riguardo al Documento di economia e finanza.
La Corte dei conti ci dice che le misure di prelievo fiscale con le quali si pensava e si pensa di recuperare risorse hanno innescato una forte recessione. Vi leggo qualche parola presa dal resoconto dell'audizione dei rappresentanti della Corte dei conti: l'urgenza del riequilibrio dei conti si è tradotta pertanto, inevitabilmente, nel ricorso al prelievo fiscale, forzando una pressione già fuori linea nel confronto europeo e generando le condizioni per ulteriori effetti recessivi, indotti dalle stesse restrizioni di bilancio. Quindi, questo prelievo fiscale continuo, ha innescato una parentesi recessiva. L'impatto negativo delle manovre correttive nel triennio 2012-2014 sarebbe di ben 2,6 punti percentuali con riguardo al PIL e di Pag. 103,5 punti con riguardo ai consumi delle famiglie; quasi 5 punti con riguardo agli investimenti fissi lordi.
Pertanto, questo sconsiderato prelievo fiscale operato dal Governo dei tecnici, che doveva tirare fuori dal cilindro qualcosa di nuovo e non lo ha fatto - si sono attaccati alla cosa più semplice e anche più stupida, aumentare le tasse, in modo da ottenere più soldi - ci si sta ritorcendo contro, perché di soldi ne arriveranno meno. Già è stato quantificato che la metà del prelievo previsto sarà vanificata dalla recessione.
Quindi, fino ad ora, lo specchio che ci dà il Governo, dicendo che si sono messe le basi per la sistemazione dei conti per fermare il debito ed iniziare poi nei prossimi anni a ridurre quella famosa percentuale di debito sul PIL, probabilmente non si riuscirà neanche a raggiungere per la recessione che si è innescata e ciò è molto grave.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole D'Amico.

CLAUDIO D'AMICO. È molto grave perché questo comporta una perdita ulteriore di posti di lavoro, difficoltà per le imprese, soprattutto le piccole, ad andare avanti, piccoli imprenditori costretti a chiudere, altri a gesti estremi, come il suicidio, perché questo sistema economico, messo in piedi da questo Governo, li sta massacrando. Di fronte alle sfide dei Paesi emergenti asiatici, noi rispondiamo distruggendo la nostra impresa.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole D'Amico.

CLAUDIO D'AMICO. Noi rispondiamo con un prelievo fiscale ai massimi livelli in tutta Europa. Non solo. Questi argomenti non siamo solo noi della Lega Nord Padania ad evidenziarli, ma lo stanno facendo anche autorevoli esponenti del mondo economico internazionale.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole D'Amico.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, mi scusi, ma ero stato avvisato di disporre di trenta minuti.

PRESIDENTE. Aveva sedici minuti a disposizione e sono già trascorsi, quindi la pregherei di concludere.

CLAUDIO D'AMICO. Io ero avvisato di trenta minuti: ho predisposto un intervento per trenta minuti.

PRESIDENTE. Alla Presidenza sono stati segnalati sedici minuti.

CLAUDIO D'AMICO. Io sono a metà dell'intervento, signor Presidente, perché avevo una tempistica di trenta minuti.
Già la situazione di presentazione di questo...

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, io ho davanti i tempi che mi sono stati segnalati dal suo gruppo. Se il suo gruppo la autorizza a parlare per altri dieci minuti, io la faccio parlare, altrimenti le tolgo la parola.
C'è qui il segretario d'Aula, chiedo a lui se la autorizza. Per quanti minuti nel caso, onorevole Volpi? Vorrei però che fosse chiaro che poi non ci sarebbe più tempo per la dichiarazione di voto. Finiamo qui?

CLAUDIO D'AMICO. Se si tagliano i tempi della dichiarazione di voto, allora preferisco fermarmi e far svolgere la dichiarazione di voto completa, però quello...

PRESIDENTE. Le concederò un minuto per concludere, onorevole D'Amico.

CLAUDIO D'AMICO. Questo va ulteriormente a scapito di un dibattito parlamentare che è stato tagliato completamente. Adesso non capisco perché i trenta minuti sono diventati sedici. Parla uno solo della Lega Nord Padania in discussione sulle linee generali e si deve esprimere con i tempi...

Pag. 11

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, se lei ha intenzione di usare questo minuto per stare nel merito va bene, altrimenti...

CLAUDIO D'AMICO. Ma no! Signor Presidente, mi permetta di concludere.

PRESIDENTE. ...altrimenti le tolgo anche quello, perché non dipende dalla Presidenza: dipende dal suo gruppo. Concluda, per cortesia.

CLAUDIO D'AMICO. Non è così, comunque non voglio perdere il mio minuto in una polemica. Magari la farò intervenendo sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. È passato il minuto, onorevole D'Amico.

CLAUDIO D'AMICO. Concludo, signor Presidente. Quindi per tutti questi motivi la Lega Nord Padania ha presentato una sua risoluzione alternativa, che contiene alcuni aspetti fondamentali e contiene anche qualcosa di nuovo, che non è assolutamente previsto nel DEF, perché noi ci rendiamo conto di alcune mancanze. Sottolineo solo uno dei punti nuovi che noi consideriamo, in trenta secondi, signor Presidente, e cioè quello del prelievo sistematico di denaro, che dovrebbe essere speso sul nostro territorio, ma viene portato all'estero.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Amico...

CLAUDIO D'AMICO. Quindi, su questo noi chiediamo che vi sia una rivalutazione...

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, la ringrazio.
È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che abbia fatto bene il Presidente del Consiglio ad introdurre il Documento di economia e finanza per il 2012, invitando tutti a provare ad immaginare come potrebbe essere - e come vorremmo che fosse - il nostro Paese nel 2020: più occupazione, città meno inquinate, bollette meno care, un'amministrazione pubblica più efficiente e più vicina ai cittadini anche grazie alle moderne tecnologie informatiche, un sistema scolastico più inclusivo ed avanzato, giovani ricercatori intenzionati a farsi valere senza dover espatriare, meno tasse da pagare ed un debito pubblico sceso sotto la soglia del 100 per cento del PIL.
Insomma, un'Italia più giusta, più equa e più libera. Credo anch'io, come è scritto nel Documento di economia e finanza, che questa introduzione non rappresenta un «diversivo astratto», bensì «l'essenza dell'esercizio che ogni anno l'Italia e gli altri Stati membri dell'Unione europea devono compiere preparando un programma di stabilità ed un programma nazionale di riforma nel quadro della strategia europea 2020, per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva». Avere richiamato questo possibile scenario, però, credo sia stato opportuno anche per un'altra ragione, e cioè che esso definisce bene in metafora ciò che dovremmo e potremmo essere, cioè definisce una meta finale dal valore concreto e simbolico, quella visione programmatica che richiamava il relatore nella sua relazione introduttiva. Perché questo sia possibile, però, si rende necessario riflettere sul cammino che abbiamo fatto finora, si rende necessario riflettere sugli anni perduti e sulle distorsioni accumulate - lo dico a chi ha dimenticato tutto quello che è successo in questo decennio perduto che abbiamo alle spalle - e si rende necessario pensare al cammino che ci resta da fare, più concretamente alle decisioni che dobbiamo assumere e alle politiche che dobbiamo porre in essere.
L'impresa, nonostante tutto, non ci deve spaventare. Del resto non c'è futuro senza memoria, come non c'è futuro senza progetti ambiziosi. Come dice il poeta, lo ricordo: «nessun vento sarà favorevole per chi non sa dove andare». Credo per converso che si debba ribadire che noi intendiamo andare verso l'Europa, verso l'Europa unita, nonostante tutto, nonostante le Pag. 12difficoltà di questo tempo che sembra regredire verso istinti neonazionalistici, che sembra segnare il ritorno a nuovi egoismi nazionali. È - questa - una convinzione che nasce, oltre che da ragioni culturali, dalla consapevolezza che in un mondo sempre più globale, nel quale si comincia a teorizzare la «transnazionalizzazione» della democrazia e «la necessità di una diversa modalità di fare politica, una modalità capace di modellare le mentalità» - mi riferisco al recentissimo volume sull'Europa pubblicato da Jürgen Habermas - la costruzione dell'Europa rappresenta, oltre che una necessità, forse l'unica possibilità che le conquiste sociali e culturali e il grado di benessere conquistato, possano essere, oltre che salvaguardati, seguiti da ulteriori avanzamenti individuali e collettivi. Un plauso, dunque, al Presidente Monti per quella introduzione che prefigura un possibile e auspicabile futuro per l'Italia e per l'Unione europea.
Entrando maggiormente nel merito, i problemi che ci troviamo ad affrontare, derivano dal fatto che i compiti da svolgere per conseguire questi obiettivi evocati nell'immagine introduttiva comportano problemi che non sono facili, anzi sono terribilmente complicati; sono compiti sempre più stringenti che richiedono di recuperare in poco tempo il tanto tempo perduto.
L'approvazione nel marzo scorso del fiscal compact, il patto di bilancio, la previsione, dopo un periodo transitorio, della necessità di abbattere il debito a ritmi impegnativi a partire dal 2015, la necessità di recuperare pesantemente sul fronte della competitività e della produttività, di dover superare i divari territoriali recuperando l'idea di un Mezzogiorno come risorsa piuttosto che come fardello, di riavviare il meccanismo della crescita economica, sono tutti obiettivi che richiedono comportamenti consequenziali e impegnativi.
Saremo in grado con un tale fardello di giungere in porto nel 2020? Io credo di sì, ma con una sottolineatura che va al di là del merito delle misure specifiche che abbiamo cominciato e che dovremo ancora assumere: per conseguire il risultato finale io credo sia innanzitutto necessario agire con un metodo che ricostituisca la risorsa più preziosa, anche da un punto di vista economico, che è quella della coesione nazionale, di un clima favorevole che faccia considerare gli inevitabili costi da sostenere come investimenti per il futuro. Trovandoci in questo momento in mezzo al guado, solo se i sacrifici da sopportare saranno considerati investimenti io penso che ce la potremo fare. Di questo sono persuaso, come sono persuaso che quella coesione nazionale potrà nascere solo se le prospettiva evocata dal Presidente Monti sarà resa credibile da parte di un sistema politico ed istituzionale che sappia urgentemente riacquistare autorevolezza e credibilità. Io credo che questa sia la prima emergenza nazionale.
Ciò detto, venendo al Documento di economia e finanza, considerati i vincoli sia interni che esterni al nostro Paese, mi sento di esprimere una valutazione positiva sullo stesso, sia relativamente al Programma di stabilità, sia al Programma nazionale di riforme. Mi potrei riferire, ma non lo faccio perché sono contenuti credo noti, alla progressione dei dati programmatici che consentono di realizzare condizioni strutturali di equilibrio dei nostri bilanci e quindi della finanza pubblica. Mi riferisco all'obiettivo di sottoporre, dopo un periodo di transizione, ad una severa progressione di rientro il debito pubblico del nostro Paese, al Programma di riforme, all'Agenda digitale, e così via. Tutti questi sono progetti che non possono che essere condivisi e semmai il compito del Parlamento sarà quello di accompagnarli con una declinazione in termini di decisioni normative consequenziali, e di verificarne l'esito in modo puntuale, secondo un rinnovato approccio alla cultura dell'accountability, cioè della resa di conto, che dovrà sempre più qualificare il lavoro del Parlamento negli anni a venire, un Parlamento che discute di ciò che si deve fare ma poi puntualmente va a controllare quali sono i risultati che si sono realizzati. Pag. 13
Oltre a tutto questo, grazie anche a tutto questo, mi permetto di aggiungere (avviandomi alla conclusione) che d'ora innanzi sarà necessario alzare il livello del nostro protagonismo in Europa, sia per evidenziare l'esigenza, sempre più ineludibile, di far corrispondere alla puntualità e cogenza delle impegnative decisioni che vincolano gli Stati nazionali una migliore e maggiore definizione dei gradi di democraticità delle procedure e degli organismi che quelle decisioni assumono (in una parola di una Unione europea più politica, dove le tecnostrutture ritornino ad essere serventi rispetto ai livelli di rappresentanza democratica), e sia per ridiscutere e correggere più nel merito quell'approccio eccessivamente unidimensionale che l'Unione europea ha assunto in questi anni rispetto alle questioni economiche e finanziarie che si sono drammaticamente poste, anche qui più esplicitamente alzando il livello della discussione circa l'esigenza di unire alle politiche di stabilità, decisioni di policy più esplicitamente mirate al tema della crescita.
Il Documento di economia e finanza privilegia un approccio più pragmatico rispetto alle dispute circa le linee di policy che vanno perseguite per fronteggiare la crisi e riavviare lo sviluppo; rifugge comprensibilmente dall'entrare nel merito di quali diverse politiche economiche si potrebbero adottare per rilanciare dall'essenziale sponda comunitaria il discorso del rilancio dell'economia continentale e del suo futuro. Se tutto questo appare comprensibile per l'economia del Documento che è stato presentato, da parte del Parlamento non si può sottacere però la necessità di tornare a discutere su questo tema per sostenere che è maturo ormai il tempo di passare, dopo il fiscal compact, al patto per la crescita; dopo il patto di bilancio al patto per la crescita.
Mi piace richiamare in questo senso lo stesso Presidente della BCE Mario Draghi, che in occasione di un recentissimo incontro con gli europarlamentari, ha avuto modo di esprimere queste considerazioni affermando che occorre essere più ambiziosi per ottenere la crescita e l'accumulazione, in quanto non bastano le riforme, e ricordando che negli ultimi 15 anni alcuni Paesi europei hanno visto una perdita di competitività e registrato una bassa crescita a prescindere dal livello del deficit pubblico e dal livello dei tassi di interesse, per cui occorre intervenire alla radice e creare un clima favorevole per il ritorno degli investimenti, cioè assicurare certezza e credibilità nelle istituzioni per far tornare gli investitori. Lo segnalo in particolare al sottosegretario che sta al telefono e non ascolta (e questo mi dispiace), comunque concludo Presidente dicendo che tutto questo è oramai necessario, e probabilmente questo approccio andava introdotto già in precedenza. Su questo tema e secondo questa linea di pensiero, in V Commissione (Bilancio) abbiamo anche approvato un documento finale su un'indagine conoscitiva sulla crescita, che è stata avviata in riferimento alla Comunicazione della Commissione europea sull'analisi annuale della crescita. Il Documento che ci apprestiamo a fare nostro con la risoluzione che lo validerà, contiene tutti gli elementi per restituire al nostro Paese il coraggio e l'ambizione di giocare in Europa un ruolo politico nella direzione di un maggiore impegno per la crescita. Potrebbe essere forse lo stesso prossimo Consiglio d'Europa di giugno, dopo quelli di gennaio e di marzo che sono stati dedicati ai temi della stabilità, ad assumere questo indirizzo, magari favorito, dico io - ho concluso Presidente - da uno scenario politico europeo nel frattempo cambiato. In ogni caso credo che sia tempo di osare di più. Questo Documento di economia e finanza ci fornisce, per i suoi contenuti, materiali e decisioni utili al riguardo. Anche per questo io credo che vada valutato positivamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi giudichiamo questo Documento di economia e finanza insufficiente e anche Pag. 14incompleto e in qualche caso omissivo, a partire dalle stime che vengono fornite e che sono le stime più favorevoli tra quelle che organismi nazionali ed internazionali hanno messo a disposizione. In particolare, rispetto alle stime del Fondo monetario internazionale, noi stiamo sottovalutando la situazione per cui già questo rappresenta un elemento sul quale svolgere una riflessione. Noi diamo una contrazione dell'economia italiana dell'1,2 per cento, quando il Fondo monetario internazionale la valuta all'1,9 per cento; persino la Commissione europea ci fornisce delle stime di una perdita, di una recessione più forte di quella che viene stimata dal Governo italiano. Ciononostante, noi avremo un deficit quest'anno del 2,4 per cento, ben oltre, anche con le stime che dicevo appunto da discutere, l'1,6 per cento previsto, e con un debito pubblico che arriverà a toccare il 123,4 per cento del prodotto interno lordo.
Una situazione, quindi, davvero grave e in parte sottovalutata, a nostro avviso, dal Governo italiano. Questi dati sono drammatici e penso a quelli sull'occupazione per la quale è previsto un tasso ben oltre il 9 per cento - esattamente il 9,3 per cento -, per non parlare poi del dato più grave tra tutti quelli già gravi che è quello della pressione fiscale, con una continua crescita di spesa pubblica e con una continua crescita di pressione che, dopo il picco dello scorso anno al 42,5 per cento del prodotto interno lordo, cresce ulteriormente con un record negativo che supera ormai il 45 per cento, cioè supera il record negativo persino del 1997 quando, per poter entrare nell'Unione europea, si dovette introdurre l'eurotassa.
Il vero problema, quindi, è che non c'è un percorso logico da parte del Governo, in un documento come questo, per dire come ne usciamo da tale situazione. È questo che noi contestiamo perché, al di là delle cifre, resta ciò che questo Governo ha fatto: ha aumentato le tasse - e qui vediamo i riflessi -, ha tagliato, ma ha tagliato le pensioni, cioè alle classi più deboli e, francamente, non vediamo provvedimenti per la crescita. Sulle liberalizzazioni, quel poco che aveva messo sul tavolo l'ha ritirato immediatamente; sulle province, salta fuori che, comunque, con la proposta che fa, di fatto non cancella il costo politico delle province, che non è quello degli amministratori, ma è quello della burocrazia di supporto agli amministratori. È lì che noi buttiamo al vento ogni anno 2 miliardi di euro che potrebbero essere risparmiati. E così su tanti altri elementi. Le semplificazioni può darsi che abbiano effetto, ma è come la questione delle auto blu di cui oggi parlano i giornali e sulla quale abbiamo interrogato il Governo: grazie, Presidente Monti, di aver messo in atto un decreto, che avrà forse efficacia fra quattro anni, ma qui c'è una casa che brucia e i provvedimenti devono avere un effetto immediato. Noi da tre anni proponiamo il blocco totale delle auto blu, salvo chiaramente casi tassativamente elencati, con un danno erariale per chi lo contravviene. E questa è l'unica misura che avrebbe un effetto possibile da domattina o fra un mese. Se noi continuiamo a prendere misure che avranno effetto forse tra tre o quattro anni, temo che la casa sarà totalmente bruciata. E qui non c'è il percorso per la crescita. Per questo noi proponiamo e chiediamo un impegno ben diverso del Governo, un impegno ben diverso sulla riduzione della pressione fiscale. C'è o no questo surplus che arriva dalla lotta all'evasione fiscale? Ci sono o no, come noi abbiamo indicato, misure per tagliare i costi della politica, che non sono stati minimamente toccati, di 15 miliardi di euro all'anno? 15 più 15 fa 30 miliardi. Ma cosa aspettiamo a usare immediatamente questi 15 miliardi per tagliare le tasse?
Invece continuiamo prima a balenare l'idea che colleghiamo la lotta all'evasione fiscale alla riduzione immediata delle tasse, poi a creare un fondo per tagliare le tasse e poi non se ne fa nulla, cioè misure mediatiche senza alcun riscontro. Qui il coraggio vero è quello di dire che immediatamente andiamo a tagliarle ai lavoratori e alle imprese, perché questo DEF dice che quest'anno la spesa delle famiglie calerà dell'1,7 per cento. Ma è un dato Pag. 15sottostimato. Infatti altri organismi individuano la riduzione in almeno il 2,3 per cento, cioè un disastro.
Questa è una recessione, una caduta dei consumi disastrosa che taglierà anche quel poco di attività che c'era all'interno del Paese. Ma vogliamo prendere quei 30 miliardi e metterli nelle tasche dei lavoratori attraverso l'aumento delle detrazioni fiscali? È evidente che questi non li lasceranno in tasca e li spenderanno dopodomani e perlomeno si riallineano un pochino i consumi rispetto al crollo che hanno avuto in questi anni. Ma che cosa aspettiamo a stanziare 15 miliardi a favore delle imprese, perché chi si immagina che l'occupazione si crei semplicemente così, per misure di carattere ordinamentale? L'occupazione si crea se le imprese investono, e come fanno le imprese ad investire di fronte a condizioni impossibili di convenienza economica?
Ed è evidente che il Presidente del Consiglio da buon economista lo sappia bene, ma deve vincere le resistenze che ci sono qui dentro in coloro che lo supportano e che di tagli ai costi della politica non vogliono sentir parlare. Infatti questa è la verità: guardate cosa sta accadendo alle province. Andate a vedere le proposte che stanno in Commissione affari costituzionali che alla fine salveranno tutte le province come oggi. Ma è questo che si vuol fare? Non si parli di antipolitica perché la gente fuori di qui non ne può più e quando vede continuamente auto blu che girano con le luci e per questo ogni anno si spendono miliardi di euro, è evidente che la gente si stufa e non potrà più sopportare a lungo situazioni di questo tipo. Eppure continuiamo ad avere spese militari, non abbiamo interrotto il programma dei 131 cacciabombardieri e che cosa aspettiamo a farlo?: è lì che dobbiamo spendere quattrini? E ancora: del debito pubblico non si parla più ma lo abbattiamo o non lo abbattiamo e quand'è che arrivano misure per la vendita dei beni pubblici, sia dei beni immobili sia delle partecipazioni, che è l'unico modo che oggi abbiamo in mano per poter abbattere quel debito? Che cosa aspettiamo a farlo? Eppure non se ne parla più.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI. Concludo rapidamente con la questione del credito. È ora di tornare alla separazione tra banche d'affari e banche commerciali (Applausi del deputato Giancarlo Giorgetti). Da qui è nato il disastro in cui ci troviamo ed è ora che si prenda coscienza anche di questo e che si inizi a ragionare in questi termini. Mi fermo qui, c'erano anche altre considerazioni da svolgere, magari le aggiungerò in sede di dichiarazioni di voto questo pomeriggio. Tuttavia è evidente che il nostro giudizio su questo DEF, da quanto ho detto, è negativo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, la domanda cui sarà necessario rispondere nelle prossime settimane è la seguente: è opportuno che ad una previsione di peggioramenti dei saldi di finanza pubblica si risponda con una manovra di correzione dei conti? La risposta non può che essere negativa. L'economia italiana non è in grado di reggere ulteriori aumenti della pressione fiscale tanto meno riduzioni del reddito disponibile dei lavoratori privati e pubblici. Questo è il punto. Inoltre le manovre restrittive hanno un effetto di peggioramento delle aspettative che può azzerare quello espansivo dei provvedimenti di riduzione del carico fiscale delle imprese e le altre eventuali misure per la crescita che il Governo dovrà adottare. Insomma con le manovre realizzate nel corso del 2011 l'Italia ha ampiamente fatto la sua parte. La recessione mette alla prova una volta per tutte le ragioni di una politica europea e non sono possibili scorciatoie che peraltro sarebbero gravide di ulteriori pesanti effetti sociali ed economici. Pag. 16
Onorevole rappresentante del Governo, ora non si tratta di contrapporre crescita a rigore, ma occorre cambiare l'orizzonte temporale del rigore.
Mi permetto ancora di dire, onorevole rappresentante del Governo, che occorre arrestare il declino dell'intero sistema produttivo nazionale. Io ritengo che sia insufficiente una politica mirata a sostenere l'esistente. Aggiungo che occorre e serve una traccia di chiara politica industriale per il Paese e occorre procedere a disegnare una strategia volta a riattivare il processo di accumulazione di capitale produttivo. Questa è la sfida del Governo e della maggioranza in carica. E se c'è un'area, in questo Paese, che può consentire di anticipare i contenuti di un piano nazionale per la crescita, ebbene questa è il Mezzogiorno d'Italia, per le seguenti ragioni. Primo: la presenza di risorse finanziarie e di capitale umano. Risorse finanziarie pari a 7 o 8 miliardi. Secondo: i programmi regionali, ovvero il POR. Terzo: il programma nazionale di ricerca e competitività, ovvero i piani operativi nazionali. Guardate, onorevoli rappresentanti del Governo, i driver prioritari sono energia, la cosiddetta catena ricerca-innovazione-produzione, le filiere territoriali sia sul versante dell'agroalimentare, della meccanica e dell'utensileria, quanto l'aerospazio e l'hi-tech.
Politiche industriali, insisto su questo: in Italia in questi anni le risorse finanziarie messe a disposizione sono state indirizzate, quando sono state rese disponibili, dalla legislazione che era verso la sua fine e dal Governo che lo ha rappresentato fino ad alcuni mesi fa, verso gli strumenti automatici a carattere orizzontale. Ora questo è avvenuto anche nei provvedimenti contenuti nel «salva Italia» e cito su questo la misura importante che è intervenuta sull'IRAP.
Questo tipo di misure e di incentivi, io mi permetto di suggerire nella discussione rapida delle prossime settimane, di indicare o almeno di osservare, che non sono sufficienti, perché vengono assorbite, col loro carattere orizzontale, dall'intero Paese, mentre abbiamo bisogno di misure selettive per l'intero Paese, ma anche per il Mezzogiorno. E queste misure selettive in materia di politica industriale devono andare nella direzione dell'innalzamento della dimensione media delle imprese. E ciò lo si può fare attraverso il sostegno alle reti di impresa, finanziando le operazioni di fusione di impresa e garantendo un accesso certo delle piccole e medie imprese al credito.
Se questo sarà l'indirizzo rapido delle prossime settimane, in direzione del Mezzogiorno, io mi permetto qui di suggerire con molta serenità che servirebbe un'azione aggiuntiva, che per tanti mesi e per tanti anni abbiamo discusso nel Mezzogiorno e in Italia, ed è la fiscalità di vantaggio. Insomma, io penso che lì vada fatto un ragionamento e mi avvio a concludere: in altre parole, un gradino fiscale rispetto al resto del Paese, rispettando il comma quinto dell'articolo 119 della Costituzione e aggiungendo che l'opposizione dell'Unione europea non ha più motivo di essere (vedi IRAP). Io penso che queste siano tracce e su queste il mio auspicio è che rapidamente si giunga al piano per la crescita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Pugliese, che era iscritto a parlare. Si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritta a parlare l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, nelle linee guida dell'Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza, si formulano le premesse su una constatazione che noi condividiamo, cioè quella relativa al ritardo infrastrutturale dell'Italia rispetto ai principali Paesi europei. Numerose analisi suggeriscono che questo ritardo infrastrutturale sia uno dei più rilevanti fattori di ostacolo al recupero di competitività dell'Italia. Per citarne solo una, la classifica stilata dal World Economic Forum per il 2008-2009, sulla base di indicatori quantitativi e qualitativi, pone l'Italia al cinquantaquattresimo posto nel comparto delle infrastrutture, su 134 Paesi analizzati. Pag. 17
Il persistente divario delle misure fisiche di dotazione infrastrutturale tra l'Italia e i principali Paesi europei sollecita richieste di aumento delle risorse finanziarie destinate alle opere pubbliche. Anche nell'allegato al DEF, tra le principali cause di ritardo infrastrutturale, viene individuato il progressivo inaridirsi delle risorse per gli investimenti. Di questo siamo tutti consapevoli, e non potrebbe che essere uno dei fattori principali; tuttavia, va evidenziato che, a fronte di un oggettivo ritardo infrastrutturale rispetto ai maggiori partner, negli ultimi tre decenni, la spesa pubblica per investimenti nel nostro Paese - sono dati della Banca d'Italia - è stata superiore alla quella media di Francia, Germania e Regno Unito. Se il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto ai principali Paesi europei si è ampliato negli anni, questo non sembra, dunque, essere solo dipeso da livelli di spesa inferiori.
Sulla scorta di tale dato, occorre accrescere la capacità d'impiego delle risorse finanziarie piuttosto che aumentare il volume delle risorse impiegate, senza apportare significativi miglioramenti alle modalità di realizzazione degli interventi, intervenendo, invece, sulle criticità che incidono negativamente sulla performance del Paese nella realizzazione delle infrastrutture. Di questo si fa un accenno nel documento allegato: noi avremmo chiesto misure più incisive, un segnale molto più chiaro da parte del Governo, anche per non reiterare i dati che già il Governo Berlusconi ci aveva propinato - dico io - senza un costrutto, senza un quadro organico rispetto alle misure da adottare velocemente in questo settore. In particolare, noi riteniamo che si debba intervenire energicamente sui fattori di criticità del sistema, che sono costituiti da diffusi fenomeni di illegalità - in questo settore ve ne sono moltissimi -, dall'incertezza del quadro finanziario, dalle carenze dei processi di valutazione e selezione delle opere, dalla sovrapposizione delle competenze dei diversi livelli di Governo, dai limiti della normativa che regola l'affidamento dei lavori e il monitoraggio del loro avanzamento.
In questo senso, il Governo Monti ha cominciato a dare delle indicazioni, che noi apprezziamo - che non sono riferite solo alle indicazioni di misure per il reperimento di risorse da capitali privati (penso al project bond o ad altre misure che hanno semplificato, in questi mesi, le procedure per il project financing) -, ma ha indicato solo - e noi vorremmo che su questo vi fossero misure più incisive - la necessità di rivedere, ad esempio, la «legge obiettivo». Mi riferisco a quella legge che si stabilì fosse il motore di una possibile svolta nelle politiche infrastrutturali del nostro Paese, che fu presentata nel 2001, rispetto alla quale, dopo undici anni, possiamo solo constatare di disporre di un bilancio negativo.
Abbiamo detto che il fronte del coinvolgimento dei capitali privati deve avere un impulso maggiore, tuttavia, si deve anche constatare che i bandi di gara, che sono cresciuti negli ultimi anni e che hanno fatto riferimento al capitale privato, hanno avuto anche un'altissima percentuale di fallimenti. Questa forte percentuale di fallimenti è stata causata da sovrapposizioni normative e, soprattutto, da incertezze sui costi e sui tempi effettivi dei lavori. Abbiamo constatato, in questi anni, in moltissime esperienze relative alla partecipazione privata alle gare e ai bandi, un attestarsi su livelli di appalti e di gare molto piccoli, che fanno riferimento ad opere la cui rendita è sicura, ma nella quale non sono stati prevalenti grandi progetti o contributi molto importanti in riferimento ad opere di cui ci sarebbe bisogno nel nostro Paese.
Sono entrata nel merito di questi aspetti, perché si fa sempre un grande riferimento al capitale privato, e non solo nel campo delle infrastrutture: mi riferisco anche al campo dell'ambiente. Oggi sentiamo dire dal Ministro dell'ambiente della possibilità di intervenire con il capitale privato.
Nello stesso tempo, mentre per quanto riguarda il tema delle infrastrutture e di Pag. 18tutto il comparto delle costruzioni - e faccio riferimento anche alle politiche abitative, all'edilizia scolastica e al piano delle carceri, tutti settori che richiederebbero una velocizzazione delle misure normative - si chiede anche la stabilizzazione delle regole, come è giusto che sia, per incentivare l'apporto e l'ingresso dei privati, non si fa altrettanto nel settore ambientale.
Lo cito e lo richiamo poiché in queste ore, nella discussione che alcuni Ministeri stanno affrontando con la Conferenza Stato-regioni in riferimento all'applicazione di un decreto ministeriale che farà ordine e riorganizzerà anche il sistema del comparto delle energie rinnovabili, ci si trova, invece, nella posizione opposta: quella in cui le regole non valgono per un periodo sufficiente affinché gli investitori possano partecipare e, in quel caso, si opera un'azione di scoraggiamento.

PRESIDENTE. Onorevole Mariani, la invito a concludere.

RAFFAELLA MARIANI. Noi, invece, sul piano delle infrastrutture ma soprattutto sul tema dell'ambiente, abbiamo la necessità di rispondere anche alle direttive comunitarie. Abbiamo la necessità di dare un segnale molto netto in campi che riguardano obiettivi ormai consolidati. Faccio riferimento soltanto alla green economy.
Ci terrei che il nostro Governo e questa maggioranza, in questa direzione, potessero dare un contributo molto più incisivo rispetto al raggiungimento degli obiettivi che, entro il 2020, il nostro Paese deve raggiungere. Dovremmo, nel settore dell'applicazione delle direttive comunitarie, richiamare molto spesso anche la semplificazione normativa del codice degli appalti.

PRESIDENTE. Onorevole Mariani, deve concludere.

RAFFAELLA MARIANI. Vi sono molte altre cose che dovrei sottolineare, ma spero che il Parlamento possa, in argomenti così importanti, avere tempi e modi per affrontarli e per dare anche suggerimenti utili al nostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Mariani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, il Presidente del Consiglio dei ministri, nel declamare le strategie economiche e finanziarie di questo Documento, ha voluto tracciare scenari e obiettivi da qui al 2020. Lo ha fatto con la caparbietà del visionario che, traguardando l'orizzonte, annuncia la terra promessa, ovvero uno Stato fondato sull'efficienza, su infrastrutture europee, con l'occupazione in crescita e il debito pubblico sotto la soglia del 100 per cento del prodotto interno lordo.
È lo stesso Presidente Monti, però, a crederci poco se, egli stesso, ha sentito il dovere di metterci in guardia su quelle profetiche annunciazioni e sottolineando, egli stesso, che riflettere su scenari come questi e sulle azioni necessarie non debba essere considerato un diversivo astratto. Il fatto stesso che il Presidente del Consiglio senta il dovere di affermare che il suo dire non è un diversivo astratto la dice lunga sulla sostenibilità di quanto preannunziato.
Se tale dubbio albergasse solo nella mente di un umile parlamentare insulare, si potrebbe tranquillamente eludere e sorridere di fronte a tale perplessità. Ma se a sollevare la sostanziale e sostanziosa critica sul percorso tracciato e sulle azioni proposte sono le due maggiori autorità del nostro Paese in materia di controllo finanziario ed economico, qualche evidente limite dovrà pur esserci. Non userò, però, onorevole Presidente, lo scudo delle pesanti censure della Corte dei conti e della Banca d'Italia per argomentare il mio dissenso su questo provvedimento. Spero, Pag. 19vista l'autorevolezza delle due istituzioni, che ne abbiate preso atto senza ulteriori sollecitazioni.
Oserò, invece, solo un richiamo ad una delle più elementari regole della conduzione agricola: quando si deve estirpare l'erba infestante, occorre evitare diserbanti che, insieme all'erba, facciano morire le colture produttive, inquinino i campi e rendano inutilizzabili le falde idriche. A voi che avete scelto la strada del diserbante fiscale, usandone quantitativi esorbitanti senza badare né ai campi, né alle colture, vorrei dire che forse è il caso di fermarvi. Non vi è crescita possibile in un terreno reso sterile e arido dal dissennato uso di questo diserbante: le imprese muoiono, i consumi si fermano, il lavoro diventa un'utopia.
Mi limito a questo, anche perché non spetta a me il giudizio nazionale generale su questo provvedimento.
Mi limito ad affrontare la questione infrastrutturale che affrontate nel Documento, dove dite, sostanzialmente, con il garbo di un lord inglese e l'agire di un boscaiolo irruento, che l'Italia può essere collegata con l'Europa al centro dei collegamenti portuali, aeroportuali, stradali e ferroviari. Lo ha fatto il Presidente del Consiglio - mi perdonerà il rappresentante del Governo - inforcando lenti di ingrandimento strabiche e miopi, ignorando il principio costituzionale che dovrebbe essere il fondamento di chi governa uno Stato, ovvero quello della coesione nazionale.
L'articolo 5 della Costituzione ha scolpito in maniera indelebile la definizione della Repubblica come una e indivisibile. Poi, all'articolo 3 della Costituzione è scritto che bisogna perseguire la coesione nazionale affermando che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. Questo Documento è, dunque, senza enfasi alcuna, una vera e propria violazione costituzionale, un attentato all'unitarietà e alla coesione del Paese. In questo Documento vi è un chiaro piano per espellere la Sardegna dal sistema Italia, che è la filosofia di fondo che costituisce il vero vulnus della incostituzionalità di questo Documento, un disegno che scardina, con l'apparente destrezza di un manipolatore di casseforti e però la proverbiale arroganza del dinamitardo, la già flessibile coesione nazionale.
Nei mesi scorsi, all'atto del suo insediamento, ho proposto al Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture alcuni dati di riferimento, che voglio richiamare per mia e nostra memoria. Per quanto riguarda, per esempio, le reti energetiche: fatto 100 l'indice dell'Italia, si ha 64 per il Mezzogiorno e appena 35 per la Sardegna; per le reti stradali fatta base 100 per l'Italia, si ha 87 per il Mezzogiorno e 45 per la Sardegna; per le reti ferroviarie, indice 100 per l'Italia, 87 per il Mezzogiorno e appena 15 per la Sardegna, tutto ciò senza misurare e sommare il divario insulare. Con questo Documento di economia e finanza sancite, dunque, un vero e proprio atto di secessione al contrario: state sostanzialmente dicendo che la Sardegna non fa più parte dell'Italia.
Lo dite quattro volte di seguito e lo fate nei quattro capisaldi della vostra azione pseudo-infrastrutturale: la prima volta, quando affermate di aver deciso di far coincidere pedissequamente le priorità nazionali con quelle degli investimenti di valenza europea; la seconda, quando affermate di voler puntare su quattro corridoi europei che escludono totalmente la Sardegna; la quarta volta lo fate in maniera subdola, ma evidente, quando sostenete che per fare le opere strategiche nazionali servono risorse private.
Quando introducete l'obbligatorietà di capitali privati anche per le infrastrutture sarde, state sostenendo, sostanzialmente, che il gap del divario insulare i sardi lo devono pagare due volte: la prima proprio per il divario stesso, la seconda sopportando l'ulteriore aggiuntivo costo di pedaggi, tariffe portuali, aeroportuali, stradali e ferroviarie. Tutto questo significa escludere la Sardegna dall'Italia e dal suo futuro. Tutto questo contrasta con quello che ha votato il Parlamento nel precedente Documento di programmazione economico-finanziaria lo scorso anno, e soprattutto con quello che ha introdotto l'articolo 22 Pag. 20della legge n. 42 del 2009. Se questa è - come è - la strategia di questo Governo, mai e poi mai potrò sostenerla, e votando contro questo Documento preannuncio sin d'ora una forte, netta e chiara opposizione ad un'azione incostituzionale e lesiva dei più elementari diritti di coesione, di equità e di rispetto della Sardegna e dei sardi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, la discussione sul DEF avviene in una fase molto difficile per il Paese: siamo ancora immersi nella crisi economica e nella crisi democratica. La politica è chiamata a dare risposte al Paese e a dire verità. Il DEF fotografa, senza infingimenti, la situazione dell'Italia, a partire dalla durezza delle manovre estive di fine anno. Perché quelle manovre e, in particolare, l'ultima? La risposta è: per evitare il fallimento dell'Italia, il default, un percorso sempre più simile a quello compiuto dalla Grecia. Non a caso, l'ultima manovra è stata definita «Salva Italia» ed è stata adottata da un nuovo Governo: ci si è resi conto che con quello precedente non si evitava il fallimento.
Ricordo questo passaggio perché ritorna nel dibattito il tema «continuità-discontinuità» delle manovre e delle azioni di Governo. Nel DEF sono riepilogati i contenuti delle stesse.
Vi sono importanti elementi di discontinuità. Ne ricordo alcuni contenuti nel «salva Italia»: più forti elementi di strutturalità e di certezza delle manovre. Si è superato l'interrogativo delle precedenti su come reperire 20 miliardi di euro dalla delega fiscale assistenziale ed era un'incertezza grave, perché erano 20 miliardi sui 60 della manovra. Si sono messe per la prima volta consistenti risorse per la crescita: un terzo della manovra (10 su 30 miliardi).
Le nuove entrate derivano soprattutto dalla patrimoniale come l'IMU e dalle rendite finanziarie. Vi sono più forti strumenti per la lotta all'evasione fiscale, si fanno pagare nuovamente gli scudati e poi si è ripreso il cammino delle liberalizzazioni interrotto alla fine della scorsa legislatura.
Parte consistente del dibattito in Commissione bilancio è avvenuta sugli effetti recessivi delle manovre. In particolare, su questo ha insistito la Lega attaccando la politica del Governo. Ci sono tre elementi che credo vadano sottolineati. Questo Governo fornisce stime sugli effetti recessivi delle manovre; quello precedente, sostenuto anche dalla Lega, non lo faceva.
L'effetto recessivo delle manovre aggregate è stimato, con un metodo, in 2,6 punti di PIL per il periodo 2012-2014 e in 2,1 punti di PIL per lo stesso periodo con un altro metodo, ma - c'è un «ma» molto grande - nel primo caso 2 punti su 2,6 sono attribuibili alle manovre del Governo Berlusconi e 0,6 alla manovra Monti. Nel secondo caso 1,9 punti su 2,1 sono attribuibili alle manovre del Governo Berlusconi e 0,2 alla manovra Monti. Cioè: i provvedimenti del Governo Berlusconi, sostenuto anche dalla Lega, sono stati ben più recessivi dei provvedimenti del Governo Monti, non sostenuto dalla Lega.
Infine (terzo elemento), nella manovra Monti vi sono anche misure per la crescita, in gran parte riduzioni fiscali per le imprese, come l'ACE per favorire la ricapitalizzazione delle imprese e la detrazione dell'IRAP della parte lavoro dall'IRES e dall'IRPEF.
Anche su questi aspetti emergono elementi per sostenere, quindi, l'azione del Governo Monti e il DEF e per sostenere il Governo fino alla fine della legislatura; quindi le valutazioni che compiamo come Partito Democratico vogliono essere un contributo soprattutto per migliorarlo. Vorrei farlo con una valutazione di carattere generale.
Questa crisi ha messo in rilievo il peso dei mercati finanziari nel determinare le scelte di politica economica. Si pone sempre più a tutti i livelli, da quello mondiale a quello nazionale, la questione del rapporto tra democrazia e mercati. Se le istituzioni devono limitarsi a fare presto, con poche discussioni ciò che di volta in volta Pag. 21chiedono i mercati e senza possibilità di scelta tra opzioni alternative, la politica diventa inutile. Non servono parlamenti e Governi, né Governi politici, né Governi tecnici. Bastano i Governatori delle banche centrali e i ragionieri dello Stato.
Occorre che la politica riacquisti sulle varie scale il suo ruolo di Governo dell'economia, di Governo della globalizzazione e non di ancella dell'economia, anzi ancor più della finanza. Questo tema va affrontato prima di tutto in Europa, l'area più sotto scacco della speculazione finanziaria. Le difficoltà dell'euro, più che dagli squilibri di finanza pubblica, su cui tra l'altro si sono scaricati i debiti privati causati dalla finanza privata, sono state determinate, più che da questo, dai differenziali di competitività tra le varie aree dell'euro e dall'inadeguatezza della governance economica europea.
Per questo ci vuole più politica, per fare gli Stati Uniti d'Europa e per darsi da subito più forti strumenti di governance comune, e occorre cambiare le politiche economiche: sì al rigore della finanza pubblica, ma accompagnato da politiche europee per la crescita, politiche solidali nell'interesse di tutti. La situazione europea non è statica; è in forte movimento sul piano politico. Il Partito Democratico vi ha contribuito con il manifesto dei progressisti europei firmato a Parigi. Chiediamo al Governo di sostenere in Europa politiche per la crescita e nella risoluzione al DEF questo è certamente un tema da sottolineare.
Venendo al Documento in senso più stretto, esprimo la condivisione di tre obiettivi fondamentali: rigore, crescita ed equità. Sul rigore condividiamo gli obiettivi, cioè sostanziale pareggio e pareggio strutturale nel 2013. I saldi non vanno cambiati, perché sarebbe in gioco la nostra credibilità. Ciò non toglie che, all'interno dei saldi così fissati, ci siano spazi di manovra che vanno indirizzati soprattutto alla crescita, nonché all'equità, perché la situazione del Paese e delle persone è difficile come non mai e azioni rilevanti non possono attendere.
Deve trattarsi di azioni per migliorare la produttività totale dei fattori, azioni di politica industriale e politica fiscale - uso ancora questo termine: politica industriale -, non solo riforma sulle regole. Per molti contenuti queste sono già comprese nel DEF, di fatto senza chiamarle così. Credo debbano avere una forte attenzione alcuni aspetti, come gli interventi per la ricerca, per i quali dobbiamo prefiggerci al 2020 l'obiettivo più ambizioso di una spesa pari all'1,53 per cento del PIL, essere più vicini all'obiettivo europeo del 3 per cento. In questo caso è soprattutto questione di ricerca privata e bisogna riattivare un vero credito d'imposta.
Con riguardo alla green economy, bisogna farne l'investimento più forte delle politiche industriali. Possiamo già, con ciò che è in campo, andare oltre il 17 per cento, più vicini al 20 per cento di fonti alternative per i consumi energetici. Per quanto riguarda gli investimenti e le infrastrutture, oltre a quelli nazionali va modificato il Patto di stabilità interno per consentire investimenti locali diffusi su tutto il territorio.
Quanto ai pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione, anche in tal caso vi è un'eredità pesante di Tremonti. Lo dice la stessa Corte dei conti sul rendiconto 2010: si tratta di polvere sotto il tappeto! Bisogna fare ciò che è previsto nel DEF e tutto ciò che sarà possibile per accelerare i tempi di pagamento. Al nord le mafie approfittano dei problemi di liquidità delle imprese per acquisirle e contaminare l'economia e bisogna monitorare i tempi di ritorno alla normalità, come si dice nel DEF, per l'erogazione del credito alle imprese da parte delle banche.
Poi sono necessarie politiche di sostegno ai settori strategici per il futuro. Non vi è solo una questione dimensionale e di capitalizzazione delle imprese, ma occorre anche non lasciarle sole nelle filiere fondamentali ad affrontare la competitività mondiale e nelle filiere in cui l'Italia è evocata. Si è abbandonato il progetto «Industria 2015» Pag. 22del Governo Prodi da parte del Governo Berlusconi. Questo tema va ripreso negli orientamenti di fondo.
Sono poi necessarie politiche fiscali per ridurre il carico da lavoro ai redditi medio bassi e alle imprese e con l'obiettivo di aumentare l'occupazione femminile, in particolare al sud. Senza questo intervento è impossibile avvicinarci agli obiettivi europei per l'occupazione. Per favorire l'occupazione femminile occorre rafforzare il welfare rivolto alla famiglia, all'infanzia e agli anziani.
Quindi, fermi i saldi, occorre recuperare risorse dalla spending review, ad esempio con il riordino delle agevolazioni e degli incentivi alle imprese, dalla lotta all'evasione fiscale, dallo spostamento di carico fiscale sui patrimoni, le rendite e le cose. Attenzione, però, all'aumento dell'IVA perché, senza riduzione dell'IRPEF per i più deboli, avremo solo l'aumento dell'addizionale IRPEF e delle accise, l'IMU e l'aumento dell'IVA. Quindi, ci vuole una forte attenzione. Occorre inoltre recuperare risorse ottenibili con una riduzione del debito attraverso dismissioni patrimoniali.
Concludo con un accenno al federalismo fiscale. È giusto richiamarlo nel DEF e richiamare i provvedimenti assunti, ma in essi vi sono contraddizioni: aumentate, con i forti tagli dei trasferimenti, l'inasprimento del Patto di stabilità interno. Occorre fare il punto della situazione, capire come siamo messi, cosa fare e, quindi, definire le priorità.
Pertanto, è necessario andare avanti con rigore, crescita ed equità, valutando positivamente il Documento di economia e finanza, ma operando contemporaneamente su tutti i tre tasti che sono negli obiettivi fondamentali del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, signor Ministro, sottosegretario, onorevoli colleghi, nel breve tempo che ognuno di noi ha a disposizione vorrei concentrarmi sui fondamentali obiettivi e sui contenuti del Documento di economia e finanza 2012 che oggi l'Aula è chiamata ad esaminare.
Il DEF 2012 costituisce, come sappiamo, il secondo Documento di programmazione adottato a seguito dell'avvio del nuovo processo di coordinamento delle politiche degli Stati membri dell'Unione europea e si inserisce nell'ambito di un complesso quadro regolatorio, comunitario e nazionale, caratterizzato da una rapidissima evoluzione normativa. In questo DEF si delinea una prospettiva di medio e lungo periodo, in cui gli impegni sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche sono una realtà per i provvedimenti già adottati.
Sul versante delle politiche economiche riteniamo che gli indirizzi che l'Italia ha adottato, nel rispetto del Patto di stabilità e di crescita europeo, possano essere conseguiti attraverso gli obiettivi di crescita definiti nella strategia di Europa 2020.
Sostanzialmente, onorevoli colleghi, il rigore finanziario, la crescita e l'equità sociale sono, appunto, gli assi portanti della politica economica del Governo Monti e, quindi, sono anche gli assi portanti di questo Documento, importantissimo, che oggi stiamo discutendo. Sono assi che trovano fondamento e condivisione all'interno delle linee programmatiche e metodologiche che sono già state delineate in sede europea - di cui ha parlato poco fa anche il collega Marchi nel suo intervento - e che, diciamo, individuano nel risanamento dei conti pubblici e nell'adozione di un programma di coerenti riforme strutturali i presupposti fondamentali per il rilancio della crescita e per il sostegno di uno sviluppo solido e duraturo.
In merito alla crescita economica, l'approccio estremamente pragmatico del Governo, enunciato nel DEF, si fonda sulla consapevole presa d'atto che nella fase attuale un rilancio della crescita non può essere sorretto da incrementi della spesa pubblica. In questo senso, ritengo che sia importante il lavoro che il Governo sta Pag. 23facendo sulla spending review, che mi sembra sia un procedimento molto più complesso di quanto non dica la parola stessa. Come dicevo, vi è questa presa d'atto, che impone che nella fase di rilancio della crescita non vi possa essere un incremento dei costi, ma vi debba essere, soprattutto, un impegno forte su incisive riforme strutturali, volte a introdurre nel sistema economico italiano maggiore efficienza, anche nella pubblica amministrazione, maggiore produttività, maggiore concorrenza e maggiore competitività, specie nel mercato dei prodotti e dei servizi che hanno particolare riguardo a settori strategici, come quelli connessi alla green economy e all'economia digitale.
Vorrei poi fare un riferimento particolare all'economia digitale, di cui poco si è parlato. Mi riferisco agli obiettivi di sviluppo delineati nell'Agenda digitale per l'Europa, cui il Governo Monti ha annunziato di voler dare attuazione attraverso la cabina di regia, per attuare la cosiddetta Agenda digitale italiana che, istituita nello scorso mese di marzo, ha il compito di accelerare l'attuazione appunto dell'agenda digitale italiana. Ricordo che entro il 30 giugno 2012 questa cabina di regia sarà chiamata a predisporre una relazione che riguarda la strategia italiana per un'agenda digitale, che si tradurrà concretamente in progetti operativi e in un pacchetto normativo, che il Governo dovrà emanare alla fine del mese di giugno, che si chiamerà decreto digitalia.
Dunque, il potenziamento degli interventi sulla crescita si rende effettivamente necessario se vogliamo evitare quel rischio di corto circuito tra rigore e crescita che il Presidente della Corte dei conti, Giampaolino, ha in qualche modo paventato nel corso della sua audizione alla Camera, due o tre giorni fa. Si tratta di un allarme condiviso, seppure con toni un po' più cauti, dal vicedirettore generale della Banca d'Italia, Rossi, che auspicando una perseveranza, sia nel rigore sia nella crescita, ha ammesso che le recenti riforme strutturali potrebbero, comunque, stimolare la crescita nel breve-medio periodo. Credo che dovremmo sicuramente condividere questi rilievi preoccupanti, ma penso che soltanto attraverso l'adozione di una strategia a due binari, orientata al rigore e, nello stesso tempo, alla crescita, sia possibile evitare quel circolo vizioso che rischia di condurre il Paese ad un progressivo ed inesorabile impoverimento.
In merito ai contenuti di questo DEF, di cui stiamo parlando, condivido l'impostazione, così come il relatore ha fatto nella sua relazione questa mattina. Quindi, condivido anche la tripartizione, vale a dire programma di stabilità, l'evoluzione della spesa nelle amministrazioni pubbliche e il programma nazionale di riforme (PNR). Mi concentro ora su quest'ultimo, perché è importante che siamo consapevoli che tra gli ostacoli che frenano lo sviluppo e che determinano, in qualche modo, la vulnerabilità dell'economia italiana vi sono i ritardi in termini di efficienza delle infrastrutture di trasporto generali e delle infrastrutture di trasporto energetico che, in qualche modo, alimentano il nostro Paese.
Vi è anche il ridotto uso rispetto all'Europa dell'economia digitale a cui ho fatto riferimento prima, cioè la scarsa dimestichezza degli italiani con la rete Internet, soprattutto nei confronti della pubblica amministrazione.
Per cui, signor Presidente, signor membro del Governo, noi cerchiamo di far sì che tra le riforme indicate ci sia sicuramente quella del risanamento del bilancio, ma ci sia anche una sorta di impegno del Governo a ripristinare la normale erogazione del credito nell'economia e ci sia una promozione forte della crescita e della competitività di tutto il sistema produttivo, soprattutto rafforzando gli investimenti nelle opere infrastrutturali. Nella Commissione di merito si è parlato molto anche di questi investimenti perché sono necessari per la ripresa dell'economia, in questo senso non possiamo non far riferimento a una novità introdotta nell'ordinamento italiano che riguarda la tematica del consenso con cui il programma nazionale delle riforme prevede di introdurre il débat public, proprio dell'esperienza francese, ovvero l'introduzione di una nuova Pag. 24procedura di consultazione delle popolazioni locali e delle associazioni portatrici di interessi diffusi che, sia pure nel rispetto di tempi certi e definiti, possa dar vita a una rivisitazione del processo decisionale per la realizzazione delle grandi opere, per evitare anche drammatici problemi sorti recentemente, mi riferisco soprattutto alla TAV e alle drammatiche situazioni determinatesi con le infiltrazioni di gruppi estremisti in Piemonte recentemente.
Quindi nell'affermare la positività e il lavoro svolto da questo Governo, penso in conclusione, onorevoli colleghi, che nell'esprimere un giudizio complessivamente positivo sul Documento in esame ribadisco che il Governo sta effettivamente ponendo in essere tutto ciò che in questa fase congiunturale difficile è possibile attuare, impostando una politica di riforme in Italia accanto alle quali certamente è necessario che siano posti in essere interventi di crescita sempre più incisivi affinché l'Italia possa tornare a crescere.
In merito alla possibilità di invertire la tendenza alla recessione a favore di una ripresa della crescita si è espresso anche ieri il presidente della Banca centrale europea durante un'audizione che si è svolta al Parlamento europeo, dove il presidente Draghi ha osservato che un consolidamento fiscale attuato solo attraverso l'aumento delle tasse sicuramente è recessivo, ma l'opera di risanamento è a metà del guado e quindi è necessario pensare anche a misure strutturali che facilitino la ripresa economica.
Sulla base di questi presupposti - ho concluso, signor Presidente - auspichiamo che il Governo adotti tutte le necessarie misure affinché le politiche pubbliche ispirate al rigore siano affiancate da interventi volti a stimolare la crescita e la ripresa economica del nostro Paese. Per queste ragioni voteremo a favore del Documento di economia e finanza 2012 di questo Governo.

PRESIDENTE. Colleghi, poiché è convocata per le ore 12 la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, dovrei ora sospendere la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. Lo svolgimento degli ulteriori interventi previsti nella discussione sulle linee generali del Documento di economia e finanza avrà luogo a partire dalle ore 16.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,58).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signora deputato Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola sull'ordine dei lavori. Intervengo perché da deputato del gruppo parlamentare Italia dei Valori, lista Di Pietro, mi sento oggi fortemente leso e colpito da quanto leggo sui giornali. Leggo sui giornali: partiti insostituibili. Leggo sui giornali: rifiutare i partiti dove può portare mai? Poi ancora vi è un invito ai cittadini a non scagliarsi contro i partiti con sfiducia preconcetta e aggressiva. E poi ancora: oggi si sono create le condizioni per fare le riforme ed è dunque possibile arrivare a soluzioni nelle condizioni attuali del Parlamento. Infine: bisogna arrivare alla fine della legislatura e non si dia fiato ai demagoghi di turno...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la interrompo perché le faccio presente che le parole del Presidente della Repubblica non sono oggetto di discussione in quest'Aula.

FRANCESCO BARBATO. Io voglio parlare di me e voglio evidenziare la mia...

PRESIDENTE. Tantomeno possono costituire...

FRANCESCO BARBATO. Per l'amor di Dio, Presidente...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Barbato, mi faccia terminare. Il suo tentativo Pag. 25di interloquire con le parole del Presidente della Repubblica, pronunciate nella giornata di ieri, non è un intervento che sta nello spazio che lei mi ha richiesto. Gli interventi a fine seduta sull'ordine dei lavori riguardano sollecitazioni, il richiamo di qualche aspetto, non lo svolgimento di una interlocuzione politica, men che meno con il Presidente della Repubblica.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, io voglio parlare di me.

PRESIDENTE. Quindi, onorevole Barbato, la invito a terminare, perché altrimenti le devo togliere la parola.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, concludo per dirle che io, da deputato di Italia dei Valori, lista Di Pietro, non sono iscritto a nessun partito e mi sento leso nella mia attività istituzionale parlamentare...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la ringrazio per il suo intervento. Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il Ministro della difesa.

(Intendimenti del Governo in ordine all'istituzione di una procura nazionale in materia di infortuni sul lavoro - n. 3-02223)

PRESIDENTE. L'onorevole Giulietti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02223, concernente intendimenti del Governo in ordine all'istituzione di una procura nazionale in materia di infortuni sul lavoro (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, sabato sarà la Giornata mondiale contro le morti sul lavoro e per la prevenzione. Noi, purtroppo, abbiamo ancora la maglia nera in Europa per i decessi diretti o indiretti, al di là del balletto delle cifre; frutto non di tragica fatalità - ha fatto bene a ricordarlo il Presidente Napolitano, che ha fatto di questo tema un tratto distintivo del suo settennato - ma frutto anche di un'organizzazione del lavoro spesso arcaica, di un sistema dei controlli spesso insufficiente e inefficace.
Da qui la proposta e la domanda: durante il processo Eternit a Torino e il processo Thyssen alcuni magistrati - il dottor Caselli, il dottor Guariniello e non solo - hanno chiesto l'istituzione di una procura nazionale contro le morti sul lavoro. Alcuni Ministri hanno espresso grande attenzione e sensibilità: per ora, non è accaduto nulla. Su questo vorremmo conoscere gli intendimenti del Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Giulietti, in risposta alla sua interrogazione, sulla base delle indicazioni che mi sono fornite dal Ministero della giustizia, ricordo che nel nostro Paese l'attenzione delle istituzioni al mondo del lavoro è massima. In più di un'occasione si è levato alto il monito del Presidente della Repubblica, che, nel ribadire l'inaccettabilità degli infortuni sul lavoro e delle morti bianche, ha richiamato le forze di Governo ad un maggiore impegno per dare concretezza a forme più adeguate di tutela.
La risposta non si è fatta attendere, tant'è che, nel mese di aprile, si sono susseguiti diversi incontri e gli esiti sono decisamente incoraggianti. Già il 13 aprile Pag. 26scorso è stata ricevuta al Quirinale una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e, proprio in tale occasione, è stata affrontata l'ipotesi di istituire una procura nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Inoltre, appena due giorni or sono, nel corso del convegno sulla sicurezza di impresa, organizzato da Confindustria in collaborazione con l'INAIL, le istituzioni, il mondo produttivo e le forze sociali sono state sollecitate - cito - «ad assumere tutte le misure necessarie per assicurare il rispetto delle norme poste a garanzia della vita e dell'integrità fisica dei lavoratori».
Vale la pena evidenziare che anche gli operatori del diritto non hanno mancato di attivarsi nella direzione indicata dal Presidente Napolitano e, nella doverosa applicazione della normativa vigente, hanno amplificato le forme organizzative esistenti, individuando all'interno delle maggiori procure alcune sezioni specializzate.
Ciò premesso, si ritiene che la strada attualmente percorribile sia quella di incentivare le prassi virtuose elaborate da singoli uffici giudiziari, grazie alle quali è stato già conseguito un potenziamento della sicurezza sul luogo di lavoro ed una maggiore specializzazione nel settore infortunistico.
Quanto, infine, all'istituzione di una procura nazionale, è necessario che tale proposta venga sottoposta ad un vaglio attento da parte degli organismi interessati, incentrato, soprattutto, sulle implicazioni connesse alla sua eventuale attuazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Giulietti ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Ministro, la ringrazio per il garbo e la sensibilità, ma ancora non ci siamo su un tema così delicato. In queste settimane noi sentiamo spesso ripetere le parole «flessibilità», «modernizzazione», «licenziabilità», «articolo 18». Non sentiamo ripetere con la stessa forza, con la stessa urgenza e con la stessa passione le parole «sicurezza sociale», «diritto all'esistenza», «sistemi di prevenzione», «potenziamento dei controlli», «potenziamento degli ispettori», «estensione delle garanzie», soprattutto nelle imprese più piccole.
La gran parte degli infortuni avvengono nell'edilizia, nell'agricoltura, nella catena del subappalto, in organizzazioni del lavoro precarie, se non, talvolta, persino malavitose. È un fenomeno preoccupante! Molti decessi sono di ragazze e ragazzi al primo impiego e molte delle norme del Governo Prodi, purtroppo, sono state devastate.
Noi vi chiediamo - e lo chiedo in particolare ai ministri coinvolti, alle Ministre Fornero e Severino Di Benedetto, e vi prego di farvene tramite con grande urgenza - di predisporre un piano nazionale, di usare magari i soldi della legge «mancia» per potenziare gli ispettori del lavoro e la medicina del lavoro, che mi paiono molto più urgenti, ma anche di avviare da subito il confronto con il Consiglio superiore della magistratura per la procura.
Signor Presidente Bindi, sta per essere sciolto quel pool di Torino. Molti dei magistrati che hanno lavorato con Caselli e Guariniello hanno terminato i dieci anni di permanenza. So che è una regola, ma quella regola va discussa con attenzione ed urgenza con il Consiglio superiore della magistratura. Non possiamo consentirci che un punto di eccellenza sia addirittura in qualche modo liquidato ancora prima che nasca una procura nazionale, che dovrebbe avere il compito non solo di reprimere, ma di prevenire e di affinare le migliori competenze.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Giulietti.

GIUSEPPE GIULIETTI. Anche se salvassimo una sola vita umana, avremmo fatto tutti insieme un lavoro davvero straordinario (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 27

(Elementi in relazione allo stato di attuazione delle disposizioni previste dai commi 220 e 221 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 in materia di confisca di beni per reati contro la pubblica amministrazione - n. 3-02224)

PRESIDENTE. L'onorevole Rossomando ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02224, concernente elementi in relazione allo stato di attuazione delle disposizioni previste dai commi 220 e 221 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 in materia di confisca di beni per reati contro la pubblica amministrazione (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, signor Ministro la crisi strutturale che attraversa l'Italia, a differenza degli altri Paesi, ha alcune caratteristiche specifiche. Tra queste vi è un'ingombrante e costosissima presenza del fenomeno della corruzione, che costa 60 miliardi di euro all'erario, ma soprattutto ha un costo in termini di sviluppo economico, di competitività e di produttività, tutte risorse che, tra l'altro, vengono a mancare su un altro versante di grande rilievo e di grande attualità, cioè quello della spesa e dell'impiego per fini sociali delle risorse del comparto pubblico.
Su iniziativa di diverse associazioni, tra le quali Cittadinanza attiva, e di alcuni parlamentari era stata presentata una proposta di legge, che poi ha avuto applicazione nella legge finanziaria, sull'impiego dei beni confiscati, derivanti da reati di corruzione, per fini similari a quelli che già sono in uso per i beni confiscati alla mafia.
Noi vorremmo sapere, appunto con questa interrogazione a risposta immediata, il numero dei processi per corruzione a cui risulta essere stata applicata questa normativa, l'entità e la tipologia dei beni confiscati, come siano state impiegate le risorse confiscate e quali siano gli interventi di edilizia scolastica e informatizzazione del processo, che erano i fini sociali per l'appunto individuati.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, i quesiti che sono stati indirizzati al Ministro della giustizia riguardano competenze diverse, molte delle quali sono di pertinenza di diversi ministeri, il Ministero dell'interno, dell'economia e delle finanze, fino al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
L'argomento è complesso e dettagliato e, pertanto, mal conciliabile con i tempi ristretti che ci sono imposti dal Regolamento parlamentare in materia di question time. La risposta sarà, quindi, sintetica cercando di distinguere tra le diverse competenze dei diversi ministeri.
Per quel che riguarda il Dicastero della giustizia, si fa presente che il decreto legislativo n. 159 del 2011, il cosiddetto codice antimafia, ha provveduto a recepire le modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 221, della legge finanziaria per il 2007. In merito si evidenzia, però, che il suddetto codice antimafia ha abrogato i commi 220-221 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 in seguito alla caducazione della legge n. 575 del 1965, in materia di disposizioni antimafia, così come modificata proprio dal predetto articolo 1, commi 220-221. Il suddetto codice non prevede le specifiche destinazioni del finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo, di cui al comma quinto dell'articolo 2-undecies della legge n. 575 del 1965.
Peraltro, nella vigenza dell'attuale disciplina trova applicazione una confisca estesa anche ai reati contro la pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306. La verifica della sua attuazione è stata richiesta ai diversi uffici giudiziari perché la direzione generale di statistica della giustizia effettua una rilevazione sulla base della quantificazione giuridica del fatto e non in relazione all'eventuale confisca dei beni. Pag. 28
Il dato numerico potrà, quindi, essere riferito soltanto dai singoli uffici giudiziari all'esito di un complesso monitoraggio avviato, ma non ancora concluso.
Allo stato, nella banca dati gestita dalla direzione generale della giustizia penale risultano, nel periodo compreso negli ultimi tre anni, ventuno procedimenti non ancora definiti nei quali è stata adottata una misura cautelare ai sensi dell'articolo 12-sexies citato, per un totale di 1114 beni di varia natura e tipologia.
Con riguardo poi agli interventi per l'edilizia scolastica di interesse del Ministero dell'istruzione, è in corso un lavoro istruttorio per pervenire alla definizione di un protocollo di intesa a più firme.
Venendo, infine, al Ministero dell'interno, il cosiddetto codice antimafia ha delimitato le competenze dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, non comprendendo i reati contro la pubblica amministrazione.
Come evidenziato dal Ministero, fino all'istituzione dell'Agenzia nazionale la competenza in materia di confische era attribuita all'Agenzia del demanio. Detto ciò, nella consapevolezza della complessità della materia determinata in parte da interventi normativi che si sono susseguiti nel tempo, si assicura che il Governo mantiene ferma l'azione sul monitoraggio già disposto con il coinvolgimento delle istituzioni competenti e non mancherà di informare dei suoi esiti il Parlamento nelle sedi opportune.

PRESIDENTE. L'onorevole Rossomando ha facoltà di replicare.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, mi soddisfa molto parzialmente la risposta, so che era complessa l'indagine. Mi limito ad alcune brevissime osservazioni: spero che il fatto che la normativa non sia stata trasposta nel codice antimafia sia frutto di una svista alla quale naturalmente noi come Partito Democratico ci impegniamo a porre rimedio approfittando della discussione della legge sulla corruzione, ampliando anche le ipotesi.
Abbiamo già prodotto delle proposte emendative con particolare riferimento a casi particolari di riparazione pecuniaria e credo comunque che sia assolutamente da ampliare questo aspetto, perché si tratta di reati che colpiscono la collettività - sono contro la pubblica amministrazione e, quindi, più di altri colpiscono proprio quel bene collettivo, quel bene comune che è rappresentato dall'attività tutta dello Stato - e, quindi, a maggior ragione l'impiego per fini sociali è particolarmente importante e utile.
Si tratta di strade anche molto concrete per dare attuazione e far fronte ad una questione di risorse per fini sociali di cui si sente molto il bisogno.
Seguiremo con impegno questo monitoraggio - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - perché certamente, stando più nello specifico del comparto giustizia, al di là dei tagli e della mancanza di risorse, un problema molto serio e concreto è dove vanno a finire quelle seppur magre risorse che vengono reperite a vario titolo da sequestri, confische e altro e che potrebbero essere utilizzate innanzitutto per far funzionare il comparto giustizia.

(Iniziative per garantire un adeguato servizio di trasporto ferroviario notturno e per incrementare l'offerta dei treni locali - n. 3-02225)

PRESIDENTE. L'onorevole Marmo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02225, concernente iniziative per garantire un adeguato servizio di trasporto ferroviario notturno e per incrementare l'offerta dei treni locali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ROBERTO MARMO. Signor Presidente, signor Ministro, l'interrogazione è volta a conoscere quali sono gli intendimenti del Governo, che iniziative intende assumere nei confronti del management di Trenitalia per garantire una maggiore sicurezza sui treni notturni, posto che sono stati eliminati quasi tutti i treni notturni (e risulterebbero Pag. 29essere pochissimi se non uno), assicurare a fronte di ciò adeguati collegamenti, standard di igiene e di sicurezza, e, posto che c'è una forte richiesta sulle tratte locali di ripristino di linee chiuse, rivedere la decisione della riduzione dei collegamenti notturni e al contempo incrementare l'offerta di treni locali.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, nell'ambito del servizio universale teso a garantire il diritto alla mobilità rientrano quei servizi, tra cui i treni notte, che per poter essere effettuati necessitano di un corrispettivo che è definito nell'ambito di un contratto di servizio nazionale per il periodo vigente 2009-2014 in quanto presentano un conto economico negativo.
Al riguardo Trenitalia nel 2011 ha registrato una perdita complessiva di rilevante entità derivante principalmente dal forte calo della domanda del servizio universale e dalla conseguente contrazione dei ricavi.
In tale ottica con l'orario in vigore dal mese di dicembre 2011, ferme restando le tratte servite, si è reso necessario procedere ad una riduzione della percorrenza dei treni notte più costosi e meno frequentati.
Il Governo, ben consapevole dei conseguenti disagi arrecati agli utenti, sta procedendo, a risorse invariate, nell'ambito dell'aggiornamento del secondo periodo contrattuale 2012-2014, ad una verifica della fattibilità tecnica di un prolungamento di alcuni collegamenti provenienti dal Sud attualmente attestati a Roma e da Bologna, e da rendersi eventualmente operativo a breve.
Circa la pulizia a bordo treno, allo scopo di elevare lo standard di pulizia dei rotabili che è risultata insoddisfacente, Trenitalia già quattro anni fa ha bandito nuove gare di appalto per alcune delle quali il subentro dei nuovi fornitori è tuttora in corso, basato com'è su capitolati più rigorosi nel tentativo di migliorare la qualità del servizio offerto.
In merito al flusso straordinario di immigrati richiamato dall'onorevole interrogante, Trenitalia ha comunicato di aver adottato ogni misura possibile per contenerne i disagi e che comunque l'ordine pubblico è garantito dalla polizia ferroviaria, come previsto dalla vigente normativa del decreto ministeriale n. 1211 del 1920.
Per quanto attiene poi ai servizi ferroviari regionali si evidenzia che le competenze in materia di programmazione e amministrazione degli stessi sono state trasferite alle regioni ai sensi del decreto legislativo n. 422 del 1997.
La problematica del ripristino delle risorse da attribuire alle regioni per il trasporto pubblico locale anche ferroviario è all'attenzione del Governo. Con l'articolo 30 del decreto-legge n. 201 del 2011 è stato elevata a 1,2 miliardi di euro la disponibilità sul fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011 e successiva legge di conversione.
Infine, ricordo l'accordo tra Governo, regioni e comuni del 21 dicembre 2011 sulle ulteriori risorse da destinare al trasporto locale, sulla base del quale è in corso con le regioni e gli enti locali un tavolo tecnico per la sottoscrizione del cosiddetto Patto per il TPL e dei servizi ferroviari regionali, volto ad efficientare e razionalizzare il settore.

PRESIDENTE. L'onorevole Marmo ha facoltà di replicare.

ROBERTO MARMO. Signor Presidente, prendo atto della risposta parzialmente soddisfacente, ma voglio ricordare che noi riteniamo che l'infrastrutturazione su rete ferroviaria sia un elemento di sviluppo e di crescita per questo Paese, e quindi occorra mettere ogni sforzo per incrementare tratte ferroviarie nazionali e locali, posto che la recessione che tutti conosciamo rende difficile l'acquisizione per talune fasce sociali di altri mezzi di trasporto.
Ricordo i pendolari, gli studenti, gli anziani per quanto riguarda le tratte regionali Pag. 30e locali, ma voglio ricordare anche per le tratte notturne nazionali quei pendolari che hanno solo quel mezzo di trasporto e quella possibilità. Le condizioni di sicurezza devono essere incrementate. Prendiamo atto di questa risposta ma chiediamo di più.

(Intendimenti del Governo in merito alla gestione commissariale dell'Aero Club d'Italia - n. 3-02226)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02226, concernente intendimenti del Governo in merito alla gestione commissariale dell'Aero Club d'Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ENZO RAISI. Signor Presidente, Ministro Giarda, spero di ravvivare un po' questo incontro e dibattito sul question- time perché lo vedo un po' addormentato. Fra l'altro, ci siamo lasciati, io e lei, proprio su questo tema due mesi fa, tema che riguardava l'ennesimo commissariamento dell'Aero Club d'Italia da parte del senatore Leoni. In quell'occasione noi chiarimmo anche le irregolarità amministrative e penali della sua gestione; in occasione dell'ultimo question-time addirittura denunciammo anche un nuovo malaffare di peculato, avendo lui usato soldi pubblici dell'Aero Club per pagare l'avvocato in una sua causa privata. Voi diceste che era stato lasciato perché doveva portare a termine il nuovo statuto, ma in questi due mesi Leoni ha cercato con dei sotterfugi di far passare il nuovo statuto dal Consiglio di Stato che l'ha bocciato e voi, invece di non riconfermarlo, due o tre giorni fa, il 16 aprile, l'avete riconfermato per l'ennesima volta in barba ai regolamenti previsti, sia dallo statuto dell'Aero Club che, appunto, anche dai ministeri. Noi allora ci attendiamo di capire chi è questo «santo protettore» che difende il senatore Leoni come presidente e commissario dell'Aero Club d'Italia.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ricordo che l'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 prevede che sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture pubbliche statali e partecipate dallo Stato, anche in forma associativa, nel rispetto di diversi principi e criteri fissati dallo stesso articolo. In attuazione di tale norma, l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 188 del 2010 ha previsto la modifica dello statuto dell'ente in parola stabilendo ulteriori specifici criteri direttivi.
Le procedure di revisione di tale statuto si sono rivelate complesse, anche in ragione della pluralità di amministrazioni ed organismi competenti ad esprimersi in proposito. Occorre anche sottolineare la peculiarità della disciplina in argomento soggetta ad indirizzi e direttive del CONI. Tale complessità ha determinato la necessità di tempi procedurali lunghi rispetto a quelli previsti per garantire il necessario coordinamento tra tutte le amministrazioni coinvolte. Da ultimo, a fronte del parere richiesto al Consiglio di Stato, da tale consesso è stato pronunciato, il 22 marzo 2012, un parere interlocutorio con richiesta di chiarimenti anche in ordine alle questioni sollevate nell'istanza, citata dall'onorevole, dall'avvocato Caputi Jambrenghi cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dato pronto seguito fornendo gli elementi richiesti. In attesa del parere definitivo del Consiglio di Stato ed al fine di permettere i successivi adempimenti, quali l'adozione del nuovo statuto e l'attivazione della procedura per la nomina dei nuovi organi di governo dell'ente, si è resa quindi necessaria la proroga dell'incarico al commissario straordinario per ulteriori tre mesi. Allo stato non sembra che fossero possibili per i ministeri concertanti scelte diverse da quella di addivenire ad una nuova proroga dell'incarico in questione. Ciò anche al fine di Pag. 31consentire la nomina dei nuovi organi di governo dell'ente e, quindi, il ripristino dell'ordinarietà della gestione dello stesso.
Una diversa valutazione avrebbe comportato un ulteriore allungamento dei tempi procedurali connessi all'esigenza, per un eventuale nuovo commissario, di approfondimento delle tematiche connesse all'emanando statuto. Quanto agli esposti indicati dall'onorevole, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riferisce che essi sono in corso di valutazione ed approfondimento da parte degli uffici nella consapevolezza che l'interesse pubblico attuale è quello di un pronto ripristino della piena funzionalità dell'ente.
La scelta di addivenire ad una nuova proroga, quindi, è dovuta alla necessità di garantire l'interesse pubblico prevalente e di consentire che al più presto i rappresentanti di ciascuna delle specialità degli sport aeronautici, attraverso l'espressione del diritto di voto in assemblea, partecipino alla designazione del presidente dell'Aero Club d'Italia, dei membri del consiglio federale, del presidente della commissione centrale sportiva aeronautica, dei membri del collegio dei probiviri, nonché del collegio dei revisori dei conti, in modo che l'Aero Club sia nuovamente governato da soggetti eletti secondo i meccanismi di rappresentatività specificamente previsti.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, chiaramente sono molto insoddisfatto perché la dottoressa Maria Teresa Di Matteo, che immagino sia il vicecapo di gabinetto che le ha prodotto quella risposta, le ha dato una risposta che contiene il falso. Infatti, il compito della revisione dello statuto prevedeva semplicemente la diminuzione da dieci a cinque consiglieri come previsto dalla legge Brunetta, il commissario non doveva fare altro.
Ma perché dico che le ha scritto il falso? Perché tra l'altro è stato usato un iter informale cioè per la prima volta si è presentata la richiesta di approvazione al Consiglio di Stato dello statuto dell'Aero Club d'Italia senza il parere, che non è stato richiesto né dato della Direzione generale del trasporto aereo la quale è stata tenuta al di fuori nonostante la legge e la norma lo preveda.
Non solo: neanche gli altri Ministeri sono stati chiamati ad esprimere un parere: ha tenuto tutto in mano questa dottoressa Maria Teresa Di Matteo la quale, non so a che titolo, l'ha firmato. Lo afferma il Consiglio di Stato, se si va a leggere la sentenza, non lo dice dunque Enzo Raisi ma lo afferma il Consiglio di Stato nel bocciare questo statuto. Dunque vogliamo capire: chi sta proteggendo questo commissario? Non è vero, caro Ministro, che state facendo approfondimenti perché qualche informatore ce l'ho anch'io all'interno dei vostri uffici e la Direzione nazionale del trasporto aereo è totalmente lasciata fuori da questa vicenda. Capivo con il precedente Governo, essendo il senatore Leoni facente parte del famoso «cerchio magico» dell'onorevole Bossi, e, conseguentemente, veniva costantemente confermato nonostante il regolamento prevedesse altro.
Non capisco come questo Governo continua a confermare una persona che ha distrutto l'Aero Club, che è sotto inchiesta amministrativa, penale, sta stravolgendo i regolamenti e c'è qualcuno nei vostri uffici, nei vostri gabinetti che lo sta difendendo, tenendo all'oscuro tutti i Ministeri. È un fatto gravissimo. Noi abbiamo votato un Governo tecnico affinché questi scandali finiscano e ci attendiamo che il senatore Leoni, secondo quanto previsto dalla legge, vada a casa. Vogliamo le sue dimissioni e la faccenda non finisce qua. La questione avrà conseguenze sul piano penale e amministrativo, procedimenti che abbiamo già avviato, e anche la dottoressa Maria Teresa Di Matteo dovrà spiegare perché ha firmato illegalmente quello statuto (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori).

(Intendimenti del Governo in relazione alla governance della RAI - n. 3-02227)

PRESIDENTE. L'onorevole Mura ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Pietro n. 3-02227, Pag. 32concernente intendimenti del Governo in relazione alla governance della RAI (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signor Ministro, il consiglio di amministrazione della RAI è scaduto ormai da diverse settimane. Alla luce di ciò la domanda che vogliamo rivolgere a lei e al Governo è molto chiara e molto semplice. Ed è la seguente: vogliamo sapere se il Governo intende riformare il sistema che attualmente regola la nomina del consiglio di amministrazione della RAI e, nel caso che si volesse procedere a legislazione vigente, quello che vogliamo sapere è se il Governo intenda rendere più trasparenti le procedure di nomina del consiglio di amministrazione della RAI per quanto riguarda le nomine di sua diretta competenza rendendo pubblici i curricula delle persone indicate. In sintesi, signor Ministro, quello che vogliamo far sapere agli italiani è se il Governo di tecnici presieduto dal professor Mario Monti intende liberare una volta per tutte la RAI dal controllo della politica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, con l'interrogazione a risposta immediata l'onorevole Di Pietro e altri pongono quesiti in ordine alla nomina del consiglio di amministrazione della società RAI, Radiotelevisione italiana Spa. La nomina del consiglio di amministrazione della RAI, il cui attuale mandato scade in occasione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2011, che è convocata per i prossimi 4 e 8 maggio rispettivamente in prima e seconda convocazione, è disciplinata dalle legge n. 112 del 2004 e dal decreto legislativo n. 177 del 2005, nonché dall'articolo 21 dello statuto della società che ha recepito la citata normativa. Le disposizioni in questione prevedono che il Ministero dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista di controllo, in occasione dell'assemblea convocata per il rinnovo del CdA in scadenza, presenti un'unica lista composta da nove membri di cui 7 indicati dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi di cui alla legge n. 103 del 1975 e i restanti due membri indicati dal MEF.
Nell'ambito dei membri indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze, il consiglio di amministrazione nomina il presidente, la cui elezione diviene efficace dopo l'acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della Commissione parlamentare. Pertanto il Ministero dell'economia e delle finanze, non appena la Commissione parlamentare avrà provveduto a designare i membri di propria competenza, in occasione della prossima assemblea ordinaria provvederà a presentare la lista dei candidati al consiglio di amministrazione di RAI radiotelevisione italiana Spa.
Per quanto concerne la richiesta degli interroganti di rendere pubblici i curriculum dei componenti del consiglio di amministrazione di nuova nomina, il Governo ritiene opportuna tale pubblicità e si impegna a rendere pubblico il curriculum dei componenti designati dal Ministero dell'economia e delle finanze, auspicando che analogamente si orienti la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per i componenti di propria designazione.
Con riferimento infine al quesito inteso a conoscere se si intendano avanzare proposte di riforma dei meccanismi vigenti di nomina del consiglio di amministrazione della RAI, si fa presente che, in considerazione dell'imminente scadenza del consiglio di amministrazione, per le prossime nomine non è ragionevolmente possibile intervenire con una modifica legislativa, anche in considerazione dell'esigenza di garantire continuità al servizio pubblico radiotelevisivo. Si assicura comunque che Pag. 33il Governo è seriamente intenzionato ad aprire un dialogo con il Parlamento al fine di giungere in tempi rapidi ad una riforma condivisa della governance della RAI.

PRESIDENTE. L'onorevole Mura ha facoltà di replicare.

SILVANA MURA. Signor Ministro, è chiaro che non posso essere assolutamente soddisfatta della risposta che lei mi ha dato, perché di fatto lei mi ha detto che il Governo non intende fare nulla, assolutamente nulla per riformare quelle che sono le nomine del consiglio di amministrazione della RAI. Dunque il Governo Monti, come Ponzio Pilato, se ne lava le mani e si gira dall'altra parte rispetto al destino della principale azienda pubblica di informazione del nostro Paese. Il Governo che per decreto non ha avuto problemi ad innalzare di diversi anni l'età pensionabile dei cittadini italiani, che vuole di fatto cancellare l'articolo 18 e che continua a mettere tasse su tasse, quello stesso Governo invece viene qui oggi e ci dice che non ha né il coraggio né la forza di toccare gli interessi tanto cari alla politica e ai partiti.
Da quando è nata, i partiti - e lo sappiamo tutti - hanno considerato la RAI e l'informazione pubblica una cosa loro, tant'è che vari giornalisti - e non solo i giornalisti, ma anche uomini di spettacolo - pur facendo dei grandi ascolti sono stati cacciati dalla RAI perché ritenuti scomodi.
Signor Ministro, ma se una riforma come questa, tesa a togliere il controllo della politica nella RAI, non la fa un Governo tecnico come il vostro, ma chi la farà mai questa benedetta riforma? Il finanziamento ai partiti, il numero dei parlamentari ed il controllo politico della RAI sono tre temi sui quali i partiti che contano, almeno nei numeri, qui in Parlamento fanno solo parole, ma non faranno mai fatti. L'Italia dei Valori è sempre rimasta fuori dalla RAI e in questi giorni sta raccogliendo le firme per togliere il finanziamento pubblico dei partiti; inoltre, è da tempo favorevole al dimezzamento dei parlamentari ed è per questo che non può essere che delusa ed amareggiata dalla vostra risposta e dire che se il Governo Monti intende procedere così, sicuramente si può dichiarare complice di quelli che non vogliono assolutamente togliere l'informazione pubblica al controllo della politica e dei partiti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative per l'aggiornamento del decreto del Ministro della difesa del 16 settembre 2003 al fine di ammettere la chirurgia refrattiva per mezzo di tecniche non incisionali (prk) anche per piloti e navigatori - n. 3-02228)

PRESIDENTE. L'onorevole Calgaro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02228, concernente iniziative per l'aggiornamento del decreto del Ministro della difesa del 16 settembre 2003 al fine di ammettere la chirurgia refrattiva per mezzo di tecniche non incisionali (prk) anche per piloti e navigatori (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

MARCO CALGARO. Signor Presidente, con decreto del Ministro della difesa del 16 settembre 2003 è stato stabilito l'elenco delle imperfezioni ed infermità che sono causa di non idoneità ai servizi di navigazione aerea e i criteri da adottare per l'accertamento e la valutazione ai fini dell'idoneità.
Il suddetto decreto viene applicato al personale dell'Aeronautica militare, nonché delle altre Forze armate, dei Corpi armati dello Stato e dei vigili del fuoco.
All'articolo 21 del citato decreto, vengono elencate le imperfezioni in materia di oftalmologia. In particolare, la lettera g) stabilisce che la chirurgia refrattiva, a determinate condizioni, è ammessa per il personale in servizio, ad esclusione di piloti e navigatori.
È concorde opinione, che la chirurgia refrattiva con tecnica laser non arrechi alcun tipo di pregiudizio in termini di salute, in generale, e dell'apparato oculare, in particolare: tale tesi è avvalorata, nei fatti, anche dalle posizioni assunte al riguardo Pag. 34dall'ente spaziale americano NASA e dalla forza aerea degli Stati Uniti d'America, la US air force. Lo stesso ente NASA, infatti, nell'ambito delle severissime regole previste per la concessione dell'idoneità a soggetti che vengono chiamati a svolgere l'attività di astronauta, ammette al servizio anche i soggetti che si siano sottoposti a chirurgia refrattiva con tecnica laser, e la stessa cosa fa la US air force.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO CALGARO. È chiaro come vi sia la necessità di un adeguamento periodico dei parametri di idoneità, che, infatti, è avvenuto con periodicità di quattro, tre, due anni.

PRESIDENTE. Onorevole Calgaro, formuli la sua interrogazione.

MARCO CALGARO. Mi scusi, signor Presidente, ma altri hanno proseguito ben più di me nell'illustrare la loro interrogazione.

PRESIDENTE. Onorevole Calgaro, non le consento di fare questa affermazione: le tolgo la parola, perché ha già parlato 42 secondi in più.
Il Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, ha facoltà di rispondere.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, i requisiti per l'idoneità al servizio della navigazione aerea, come ha ricordato anche l'onorevole interrogante, sono regolamentati dall'articolo 586 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, e dall'articolo 21 del decreto ministeriale del 16 settembre 2003.
Per venire incontro alle aspirazioni di quanti desiderano entrare a far parte delle Forze armate, si è ritenuto opportuno - in particolare, in questo caso dei piloti -, anche in considerazione delle nuove diagnostiche e tecniche di intervento, riconsiderare la compatibilità di alcune patologie, che di per sé non possono essere aprioristicamente fattore di discriminazione nella valutazione medico-legale dell'idoneità per l'espletamento del servizio.
In questo contesto e a tale scopo, con decreto ministeriale, in data 8 novembre 2011, è stato istituito un apposito gruppo di lavoro, formato da personale medico della difesa, di altri Ministeri e anche di esperti esterni, esattamente con il compito di individuare le modifiche da apportare al richiamato articolo 586 del testo unico delle disposizioni regolamentari.
Il gruppo di lavoro sta lavorando e, nell'arco di sei mesi - quindi, entro il mese di maggio -, valuterà le imperfezioni e le infermità, le cui modalità di accertamento possano essere riviste o aggiornate ai fini dell'idoneità del servizio di navigazione aerea, alla luce delle più recenti guide in ambito nazionale ed internazionale, e degli studi e delle tecniche più recenti, a cui ha fatto riferimento anche l'onorevole interrogante. Quindi, stiamo procedendo in questo senso.

PRESIDENTE. L'onorevole Calgaro ha facoltà di replicare.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto. Voglio solo far notare che i decreti di questo tipo sono stati aggiornati, a partire dal 1990, ogni due, tre, quattro anni, e che è ben dal 2003 che il decreto in oggetto non viene aggiornato. È chiaro che non è colpa di questo Governo se accade ciò. Mi dichiaro soddisfatto del fatto che al più presto si rivedano le regole, anche per essere compatibili, come Governo tecnico, con i tempi e con le decisioni attuate da organismi come la NASA.

(Chiarimenti in merito all'annunciato disegno di legge di riforma del settore della difesa - n. 3-02229)

PRESIDENTE. L'onorevole Cicu ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02229, concernente chiarimenti in merito all'annunciato disegno di legge di riforma del settore della difesa (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

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SALVATORE CICU. Signor Presidente, signor Ministro, il Governo, proprio in questi giorni - l'altro ieri -, presso il Senato, ha presentato il disegno di legge recante la delega per la riforma dello strumento militare. È noto, che non solo le risorse, sempre più scarse, assegnate al settore, ma anche altri elementi importanti, hanno fatto sorgere l'esigenza di mettere mano ad una complessiva riforma dello strumento militare.
Si tratta, dunque, di un provvedimento molto atteso dagli operatori del comparto difesa e da tutta l'opinione pubblica; tuttavia, non possiamo nasconderci la forte preoccupazione per gli annunci che ne hanno accompagnato l'iter di formazione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SALVATORE CICU. Pertanto, chiediamo di conoscere quali sono le misure che il Governo propone, se sono state messe a punto in piena condivisione anche con i Dicasteri dell'economia e del lavoro e quale impatto hanno avuto in sede di consultazione delle rappresentanze militari.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, ha facoltà di rispondere.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, come ha ricordato testé l'onorevole interrogante, il disegno di legge è stato presentato al Senato (Atto Senato n. 3271) per l'avvio del suo esame parlamentare. Prima dell'inizio dell'esame di questo disegno di legge - che è stato, ovviamente, approvato dal Consiglio dei ministri e, quindi, da tutti i Ministri - ho illustrato le sue linee generali sia in Parlamento, alle Commissioni competenti, sia alle rappresentanze sindacali e alle rappresentanze militari. Ulteriori coinvolgimenti di queste rappresentanze sono espressamente previsti dal disegno di legge delega nel corso dell'iter parlamentare e dell'adozione delle successive predisposizioni, se il provvedimento diventerà legge, dei decreti discendenti.
Signor Presidente, onorevoli deputati, colgo quest'occasione per ricordare l'importanza che il Governo - e certamente anche il Ministro della difesa - annette a questa riforma, la cui valenza strategica è tale da essere stata inclusa nel piano di riforma nazionale che il Governo ha presentato recentemente. Chiedo, pertanto, nell'esame di questa importantissima riforma, il più ampio sostegno - pur con le eventuali modifiche che sarà opportuno apportare - di questo Parlamento, per una riforma che, invero, è di importanza fondamentale per il futuro del nostro strumento militare.

PRESIDENTE. L'onorevole Cicu ha facoltà di replicare.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, è chiaro che comprendo la risposta del Ministro, che è un appello al sostegno alla riforma, che sicuramente, da parte del PdL, non è mancato e non mancherà, essendo il PdL sempre stato attento, come forza politica, alla tutela ed al sostegno di questo comparto, riconoscendo la specificità del suo ruolo e riconoscendo la grande strategicità che lo stesso riveste per la sicurezza della nostra comunità italiana, ma anche, in ugual misura, per quel processo di tutela e di garanzia della democrazia nei teatri a cui ci troviamo a partecipare.
Ma è evidente - come dicevo prima - che rispetto allo scarseggiare e alla riduzione delle risorse, vi è una naturale preoccupazione, che è quella di capire come e in che modo la tutela della posizione e delle legittime aspettative degli uomini e delle donne che compongono le nostre grandi Forze armate, verrà ad essere declinata concretamente nell'eventuale riduzione ipotizzata.
Ci rendiamo conto che tutto questo significa anche una disciplina pensionistica che dovrà essere verificata e valutata, per un comparto dove la specificità è valutata da tutto il Parlamento in maniera chiara e concreta. Per cui, vogliamo portare avanti, insieme a lei, signor Ministro, e insieme al Governo, con attenzione, con Pag. 36sensibilità e con dedizione, tutte le opportunità che derivano da questa proposta, perché riteniamo che le nostre Forze armate ne abbiano bisogno, per essere sempre più efficienti e per sentire il Paese sempre più vicino a loro.

(Orientamenti del Governo in merito all'ipotesi di riduzione del contingente militare italiano in Afghanistan - n. 3-02230)

PRESIDENTE. L'onorevole Pastore ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dozzo ed altri n. 3-02230, concernente orientamenti del Governo in merito all'ipotesi di riduzione del contingente militare italiano in Afghanistan (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, la cosiddetta transition strategy, adottata dalla NATO a Lisbona, sta producendo, senz'altro, apprezzabili risultati, come prova anche la prestazione resa dalle forze di sicurezza afgane in occasione degli assalti a Kabul del 15 aprile 2012.
Ciò nonostante, è evidente una tendenza degli Stati che partecipano alla missione ISAF, ad adottare decisioni sul futuro del proprio impegno in Afganistan al di fuori di qualsiasi coinvolgimento degli altri alleati, tanto che, ad esempio, il Premier australiano, la scorsa settimana, ha annunciato l'intenzione del Governo di ritirare le truppe, così come la Norvegia si accingerebbe a chiudere il proprio gruppo di ricostruzione provinciale. Su queste basi, quindi, chiediamo di conoscere se stanno maturando i presupposti per una consistente riduzione della presenza italiana in Afghanistan.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, ha facoltà di rispondere.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole interrogante e vorrei dire che nella riunione di Bruxelles, che si è tenuta qualche giorno fa, il 18 aprile, in preparazione del prossimo summit di Chicago, che si terrà tra qualche settimana nel mese di maggio, vi è l'orientamento a confermare la strategia, che a sua volta è stata formalizzata a Lisbona, che tutti gli alleati e tutti i Paesi di ISAF hanno definito con «in together-out together».
Naturalmente, nell'ambito di questa strategia, ci sarà una diminuzione progressiva delle forze dei vari Paesi, che si completerà alla fine del 2014. Nell'ambito di questa strategia, in cui l'Italia si riconosce e a cui del resto questo Parlamento, con l'approvazione dei «decreti missione», ha sempre dato sostegno, è previsto, anche per l'Italia - che ha avuto nel 2011 una presenza di circa 4 mila 200 uomini - una prima e iniziale riduzione, modesta, nel contesto del 2012 e poi una più progressiva riduzione nel 2013 e nel 2014, per arrivare al fine del 2014 al termine della missione ISAF.
Questa riduzione avverrà d'intesa con gli altri alleati, ed è vero che ci sono state dichiarazioni di questo o quel Paese, però posso confermare che negli incontri diretti, per esempio con il Ministro della difesa australiano, ho avuto conferma che l'Australia intende muoversi d'intesa con gli altri alleati. Quindi, c'è un progresso sostanziale di avanzamento che, però, terminerà nel 2014.
A Chicago, probabilmente, si parlerà anche di un post 2014, che non è ISAF, ma sarà una nuova forma di presenza per assistere gli afgani nel decennio della trasformazione. Ricordo che per l'Italia, a gennaio, il Presidente Monti ha firmato con il Presidente Karzai un accordo strategico di partenariato, nell'ambito del quale anche il Governo italiano intende mantenere una presenza, in forme e modi da definire, post 2014 che è una post ISAF presence.

PRESIDENTE. L'onorevole Pastore ha facoltà di replicare.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta Pag. 37e, nello stesso tempo, desidero esprimere l'apprezzamento perché in qualche modo egli sta riconoscendo la posizione che il movimento Lega Nord Padania ha sempre adottato sulle missioni italiane all'estero. Abbiamo sempre sostenuto l'impiego e l'impegno delle nostre truppe e siamo contenti dei successi che sono stati riportati sotto questo aspetto, ma abbiamo anche sempre espresso scetticismo circa la possibilità di esportare in Afghanistan un ordine politico democratico, vista la difficoltà di esportare la democrazia.
Quindi, riteniamo che si debba entrare in una fase nuova. Del resto, sarebbe incongruo rimanere in Afghanistan con i nostri 4 mila soldati mentre altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania stanno provvedendo a una riduzione consistente dei contingenti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA PIERA PASTORE. Del resto, i soldati afgani hanno dimostrato di saper dare buone prove, e gli afgani stessi ci chiedono un supporto esterno ed una garanzia politica, più che una presenza numerica, e su questo dovremmo concentrarci. Quindi, speriamo che davvero si sia intrapresa la giusta strada, e che si dia seguito a questa riduzione del contingente, anche per tutelare i nostri soldati, vista la pericolosità di alcune zone. La ringrazio, e speriamo che a questa risposta si dia seguito con decisioni concrete (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16 con il seguito della discussione del Documento di economia e finanza 2012.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buttiglione, Distaso, Ferranti, Giancarlo Giorgetti, Jannone, Lucà, Mantini, Paniz, Pecorella e Zaccaria sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione - Doc. LVII, n. 5)

PRESIDENTE. Dobbiamo procedere allo svolgimento dell'ultimo intervento previsto nella discussione generale.
È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza 2012, che ci è stato presentato - di ciò va dato merito al Governo - è un documento corposo, complesso, denso di dati e di proiezioni, che meriterebbero una riflessione e un approfondimento che la poca disponibilità di tempo non consente.
Il DEF si colloca in una fase di indebolimento del quadro congiunturale e deve rispondere alle pressioni dell'area euro, che hanno trovato voce anche nelle raccomandazioni della Banca centrale europea, che incoraggiano l'Italia a procedere a quelle riforme strutturali che dovrebbero stimolare il processo di crescita del nostro Paese. Dopo la pesante eredità raccolta dal Governo precedente, il documento indica un'agenda di interventi per il prossimo anno delineando un percorso che s'inquadra nella Strategia Europa 2020.
Se guardiamo l'insieme delle azioni prospettate dal Governo, non si può non convenire che i punti cardine sono basati sull'esigenza del riequilibrio dei conti pubblici Pag. 38italiani e dell'avvio di un programma serio di riforme strutturali che consentano una prospettiva di crescita che possibilmente dovrebbe stabilizzarsi su un rassicurante arco di tempo. Viviamo un momento difficile, le previsioni e le stime sull'andamento economico sono state riviste di nuovo al ribasso e le riflessioni sulla crescita della nostra economia stentano a far presa. Ma proprio per questa situazione, dobbiamo pensare ad un nuovo modello di sviluppo e di bene comune, ad una nuova frontiera delle solidarietà per il futuro del nostro Paese, affrontando prioritariamente i nodi del lavoro, dell'occupazione, del futuro dei giovani, del potere d'acquisto e di consumo delle famiglie italiane e della loro capacità di risparmio che si è notevolmente ridotta in percentuale del reddito disponibile.
Il Capo dello Stato è intervenuto ripetutamente per sollecitare le istituzioni e l'economia ad affrontare la situazione occupazionale dei giovani, ammonendo che nel Paese c'è una disoccupazione e inoccupazione giovanile che pesa sulle famiglie, una mancanza di prospettive di occupazione per i giovani che non si risolve senza riforme profonde. Un aspetto fondamentale della crescita è la conquista di nuovi spazi commerciali all'estero per le nostre imprese al fine di rendere il nostro Paese più attraente per gli investimenti esteri, cosa che sicuramente ne aiuterebbe lo sviluppo.
Io credo che il successo nei nuovi mercati emergenti troverà riscontri effettivi quanto più saremo in grado di far funzionare in modo sistemico il nuovo strumento di promozione dell'impresa italiana nel mondo, e cioè la nuova ICE, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Ma non basta, occorre anche attivare di più quei meccanismi sinergici di cooperazione tra le strutture del nostro Paese e la rete delle sue espressioni nel mondo, rappresentata in primis dalle Camere di commercio italiane e dalle comunità italiane all'estero, che rappresentano già ora un valore aggiunto grazie a quella diplomazia di cultura popolare che riescono a porre in essere in tantissimi Paesi.
Gli imprenditori di origine italiana all'estero, signora Presidente, assicurano un ragguardevole contributo alla nostra economia, ma si potrebbe fare di più, ad esempio per attirare i loro investimenti in Italia. Si tratta di un'opportunità da prendere in seria considerazione, che tuttavia necessita di politiche incentivanti e il riconoscimento del prezioso contributo che le comunità hanno dato e continuano a dare all'Italia. Io mi auguro, signora Presidente, che si riesca finalmente a innescare quella cultura di sistema Paese che porterebbe alla valorizzazione di tutte le nostre potenzialità, quelle in Italia e quelle all'estero, quelle espresse e quelle inespresse.
Ce lo insegna la Germania, campione del mondo delle esportazioni, che grazie a questa sua collaudata capacità, si candida ad essere un ulteriore pilastro da aggiungere al BRIC.
Ma per farlo bisogna smetterla di smantellare la nostra rete diplomatico-consolare. Chiedo a tal proposito che il governo mantenga fede alla risoluzione approvata in III Commissione (Esteri), in cui si chiedeva di riconsiderare le modalità di razionalizzazione degli uffici consolari.
Signor Presidente, concludo e preannunzio che consegnerò il testo del mio intervento. Ma perché il Governo non incarica i propri organi contabili e la Banca d'Italia di quantificare matematicamente - e non solo a parole - il contributo finanziario dato all'Italia dalle nostre comunità all'estero e a determinare l'indotto, turismo di ritorno in testa, che esse generano? Forse il Governo si ricrederà e non darà più per scontato che tutto ciò continui a perpetuarsi anche in presenza di politiche fortemente penalizzanti per le succitate comunità.
Concludo, Signor Presidente, chiedendo al Governo che si faccia carico di una necessità, quella di ascoltare le comunità emigrate per meglio decidere sul futuro della nostra rete diplomatica e consolare nel mondo. Pag. 39
Per questo, il Partito Democratico voterà a favore del DEF. Ma queste sono raccomandazioni veramente da prendere in conto.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Risoluzioni - Doc. LVII, n. 5)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Iannaccone ed altri n. 6-00106, Dozzo n. 6-00107, Donadi ed altri n. 6-00108 e Cicchitto, Franceschini, Galletti, Della Vedova, Tabacci, Cambursano e Commercio n. 6-00109 che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).

(Repliche del relatore e del Governo - Doc. LVII, n. 5)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI, Relatore. Signor Presidente, voglio ringraziare i colleghi di maggioranza per aver condiviso gli obiettivi di finanza pubblica e, soprattutto, per aver sottolineato l'importanza strategica della strategia europea 2020, entro la quale collocare tali obiettivi. Ringrazio, però, anche i colleghi di opposizione per aver colto lo sforzo del Governo nell'aver posto la crescita e l'equità tra le priorità del Documento di economia e finanza.
Comprendiamo gli spunti critici sull'insufficienza degli stimoli di natura espansiva che si ravvisano negli obiettivi di carattere programmatico, soprattutto nel breve periodo. Però, dobbiamo essere realistici. I vincoli di carattere europeo, segnatamente dell'Ecofin, non ci consentono deroghe dal pareggio di bilancio del 2013. Vi è, però, un vincolo di maggiore attenzione, che è quello dei mercati finanziari, che sfidano l'euro attraverso la speculazione sui differenziali di rendimento dei debiti sovrani degli Stati dell'Eurozona.
Non possiamo fare passi falsi. L'occhio giornaliero allo spread ci dà il livello di fiducia degli investitori esteri e nazionali verso le nostre politiche fiscali. Il Governo Monti ha cambiato il sentiment a livello mondiale. Non posso qui non ricordare i complimenti fatti direttamente dal Presidente Obama quando ha riconosciuto di aver salvato non l'Italia ma l'Europa e la standing ovation del Parlamento europeo, che non si ricordava dal suo insediamento.
La ripresa di fiducia sta, però, nella messa in sicurezza dei conti pubblici e nella solvibilità di lungo termine del nostro debito pubblico. Incertezze e ripensamenti sulla politica di rigore rilanciano la speculazione sui rendimenti dei titoli del nostro debito pubblico. L'aumento dei tassi di interesse li paga lo Stato, cioè la fiscalità generale, sottraendo risorse all'economia reale. La spesa per interessi per il 2011 è di 78 miliardi, con un aumento a 84 miliardi nel 2012, con un'implementazione di circa 6 miliardi. Tale implementazione è dovuta all'aumento dello spread degli ultimi mesi. Quindi, niente deficit spending.
Va bene lo spending review per eliminare la spesa inutile e la spesa improduttiva, va bene la lotta all'evasione fiscale, ma l'impegno del Governo, condiviso dalla maggioranza, è quello di destinare le risorse rinvenienti dalla riduzione della pressione fiscale, come prevede anche la nostra risoluzione.
Ai colleghi dell'opposizione chiedo, quindi, quali siano oggi gli spazi virtuosi nel breve termine da percorrere. Non va, inoltre, dimenticato che l'Italia si trova sottoposta ad una procedura di sorveglianza rafforzata dal 2011, a causa dello sforamento del 3 per cento dell'indebitamento.
Non va quindi dimenticato che dal luglio 2011 abbiamo una raccomandazione del presidente Barroso che ci chiede l'impegno Pag. 40su alcune riforme strutturali per rendere sostenibili i saldi di finanza pubblica nel medio-lungo periodo, quindi abbiamo un percorso obbligato. Chiunque fosse al Governo non potrebbe discostarsi da questa traiettoria di rientro del debito pubblico e di riduzione dell'indebitamento rispetto agli obiettivi di medio termine concordati in sede europea. Non rimane che la strada della competitività e del potenziamento dei settori strategici, è questa la sfida su cui è chiamato a dibattere questo Parlamento nell'interesse del Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, il sottosegretario Polillo. Poiché a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo, invito il rappresentante del Governo a dichiarare anche quale risoluzione intenda accettare. Ricordo inoltre che, in caso di approvazione della risoluzione accettata dal Governo, risulteranno precluse le altre risoluzioni presentate.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, dico subito che la risoluzione che il Governo intende accettare è la Cicchitto ed altri n. 6-00109.
Nella mia breve replica devo innanzitutto rispondere su un quesito che è stato posto e che oggi ha costituito un intenso dibattito su quasi tutti i giornali italiani, quello riferito all'acquisto di auto blu. Sull'argomento il Parlamento è già informato perché qualche tempo fa c'è stata una risposta proprio in quest'Aula del Parlamento che non posso che riprecisare: non si tratta di acquisto di auto blu, si tratta invece di una gara bandita da Consip per provvedere al rinnovo nel corso degli anni del fabbisogno di auto che interessano la pubblica amministrazione. Il numero di 400 è stato stabilito per dare la possibilità di bandire una gara e quindi di dare un parametro di riferimento necessario per valutare quello che sarà il fabbisogno di ricambio delle auto nei prossimi anni.
Aggiungo infine che per quanto riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze la scelta effettuata da molto tempo è un po' diversa perché noi utilizziamo esclusivamente auto prese in leasing oppure nel caso le auto della finanza che fanno parte del Ministero stesso.

FRANCESCO BARBATO. Basta auto blu! Basta auto blu!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, per cortesia!

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Per tornare alle questioni sollevate, mi limiterò soltanto ad un punto che però è stato elemento abbastanza centrale nella discussione che abbiamo avuto in Commissione. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti a sostegno della linea del Governo e anche le opposizioni che con il loro apporto critico ci hanno fatto e ci faranno riflettere su eventuali punti di debolezza delle analisi che abbiamo presentato. Il punto in discussione, che è stato un elemento centrale, è l'andamento della domanda interna, un argomento che ci permette anche di rispondere alle osservazioni della Corte dei conti che hanno rappresentato un momento molto alto del dibattito avuto in Commissione. Però c'è forse un equivoco che dobbiamo chiarire sin dall'inizio e cioè il fatto che la caduta della domanda interna non è tanto l'effetto delle manovre di contenimento, che pure vi sono state, quanto la causa stessa della crisi. Quindi quando ragioniamo in termini di domanda interna dobbiamo ragionare in termini di un elemento di debolezza strutturale dell'economia italiana più che della conseguenza stessa che ha determinato la manovra di risanamento.
Per argomentare questa mia tesi faccio riferimento ad alcuni dati incontrovertibili: negli anni passati abbiamo avuto un deficit della bilancia dei pagamenti intorno al 3 per cento del PIL, questo significa quindi che ogni anno dobbiamo fare ricorso all'indebitamento estero per circa 50 miliardi di euro. Questo stato di Pag. 41cose, cioè il continuo ricorso all'indebitamento con l'estero, ha spostato progressivamente il baricentro del debito pubblico italiano che prima era essenzialmente posseduto da cittadini italiani mentre oggi una parte crescente del debito estero italiano è in mano ai mercati internazionali.
Questa quota è progressivamente cresciuta ed ha profondamente modificato il profilo dell'andamento del debito, creando per esempio una differenza profonda con quanto avviene negli altri Paesi. Come è noto, il debito pubblico giapponese è pari a due volte il debito pubblico italiano, circa il 240 per cento del PIL, ma in quel caso non c'è problema di finanziamento e quindi di spread del debito pubblico stesso, perché la maggior parte, il 90 per cento, del debito giapponese è in mano a soggetti giapponesi. Ciò quindi non espone il Giappone all'andamento erratico dei mercati internazionali, cosa che invece avviene nel caso italiano. Il finanziamento estero dell'economia italiana può naturalmente crescere, cioè possiamo sostenere l'eccesso di consumi che abbiamo in Italia facendo ricorso all'indebitamento estero, come è avvenuto dagli anni Ottanta in poi per l'economia americana. Questo però significa che il costo del finanziamento è un costo che tende a crescere sia in conseguenza dell'elevata dimensione del debito pubblico, sia per il fatto che una quota crescente del debito italiano è finanziato dall'estero e naturalmente chi è disposto a finanziarci esige progressivamente tassi crescenti, come è visibile in quest'ultimo periodo nell'andamento dello spread. Quindi, se non aumentiamo il potenziale produttivo dell'economia, la domanda interna è destinata inevitabilmente a flettere ulteriormente e fletterà fino al punto in cui il deficit della bilancia dei pagamenti non sarà azzerato. Soltanto una condizione di equilibrio della bilancia dei pagamenti ci dice che il potenziale produttivo dell'economia italiana corrisponde esattamente alla quantità di consumi che la stessa economia italiana può avere in una prospettiva di medio periodo. La domanda interna italiana è costituita dal 75 per cento circa dai consumi delle famiglie e dal 25 per cento dai consumi pubblici. Ancora oggi i consumi pubblici eccedono la possibilità di finanziamento e per questo motivo, come è stato più volte rilevato, il Governo, non solo questo, ma anche quello precedente, è stato costretto a colmare il deficit attraverso un aumento del sistema fiscale. Naturalmente l'aumento del sistema fiscale ha compresso l'andamento dei consumi interni. Vi è stata quindi una forte riduzione dei consumi pubblici a svantaggio dei consumi privati. Purtroppo però non siamo ancora alla fine e questo ci fa esprimere forti preoccupazioni per gli andamenti futuri dell'economia italiana. Nel 2012, grazie alla manovra effettuata, il deficit della bilancia dei pagamenti scenderà dal 3 per cento a circa il 2,3 per cento. Questo comporterà una riduzione dell'esposizione dell'economia italiana nei confronti dell'estero dai 50 miliardi di cui dicevo in precedenza ai 35 miliardi per cui prevediamo di doverci continuamente indebitare per sostenere, ancora quest'anno, la domanda interna. Il progresso c'è stato, ma come vedete siamo ancora lontani dal realizzare una posizione di equilibrio. L'evidenza empirica a livello internazionale conforta la valenza di questa analisi. Prendiamo soltanto il caso della Spagna. La Spagna ha un deficit di bilancio che è il doppio di quello italiano, intorno al 5,3 per cento, ha però un debito molto inferiore a quello italiano, un po' più della metà, ed ha uno squilibrio della bilancia dei pagamenti pari al 3 per cento. Però avendo un reddito, un PIL, notevolmente inferiore a quello italiano, il tiraggio nei confronti dell'estero, cioè il 3 per cento del PIL spagnolo, determina un'esigenza di finanziamento a livello internazionale di 30 miliardi, contro i 50 miliardi di cui dicevo in precedenza e i 35 che ci sono adesso. Questo spiega perché lo spread italiano sui titoli di Stato sia progressivamente cresciuto anche nei confronti della Spagna, nonostante le condizioni e i fondamentali dell'economia italiana siano migliori.
Ecco quindi perché è spiegata la persistenza degli andamenti degli spread, il loro carattere erratico, il fatto che, a Pag. 42seconda delle condizioni di liquidità internazionale, noi possiamo avere un forte abbassamento come un crescente rialzo.
Lo sforzo e il tentativo di questo Documento di economia e finanza è quello di individuare i problemi strutturali dell'economia italiana ed è rivolto ad aumentare il potenziale di crescita della stessa economia, e quindi compensare la domanda interna con un equilibrio sostenibile della domanda della bilancia dei pagamenti.
È chiaro che, fin quando non avremo raggiunto questo punto di equilibrio, le condizioni dell'economia complessiva saranno condizioni precarie, alle quali sarà necessario rispondere con un aumento della produttività complessiva del sistema Italia, proprio per evitare un calo dei consumi, e quindi minori e peggiori condizioni di vita delle nostre popolazioni.
Questo era quanto volevo ribadire. Nel frattempo, concludo il mio intervento ribadendo il mio ringraziamento per il contributo dato in questi due giorni di intensa discussione, prima a livello di Commissioni e ora in Aula, a un documento così importante come il Documento di economia e finanza.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 5)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà, per due minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, non abbiamo alcuna difficoltà a confermare il sostegno al Governo, che abbiamo manifestato con molti voti di fiducia, nell'annunziare il nostro voto favorevole sul Documento di economia e finanza e, in particolare, sulla risoluzione a prima firma Cicchitto, che lo inquadra e lo colloca in una prospettiva.
Noi approviamo - lo abbiamo detto molte volte - ciò che il Governo ha fatto in questi primi mesi. Consideriamo che abbia fatto interventi indispensabili, come si dice in un linguaggio giornalistico, per allontanare l'Italia dal baratro verso il quale si stava indirizzando. Quindi, non abbiamo necessità di dire altro su questo punto.
Quello che vogliamo dire con forza al rappresentante del Governo è che ora bisogna investire risorse per la crescita, perché è assolutamente vero quello che dice e ripete il Presidente del Consiglio, il professor Monti, e cioè che il rigore è condizione essenziale per la crescita, ma è altrettanto vero che la crescita è condizione per realizzare gli obiettivi di una politica di rigore, perché senza crescita non vi sono le risorse fiscali con cui si possono realizzare questi obiettivi.
Per cui, crescita, rigore e anche equità sono, come disse il Presidente del Consiglio, esattamente parte della stessa strategia. Quindi, abbiamo bisogno di questa seconda fase che inneschi la crescita sul rigore, ed è quello che ci attendiamo fin dai prossimi giorni (Applausi del deputato Cambursano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà, per due minuti.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, il quadro tracciato nel Documento di economia e finanza conferma il permanere di una situazione di seria difficoltà per il Paese. Diamo atto al Governo di avere evitato uno shock distruttivo, ma, dopo i pesanti sacrifici chiesti al Paese con la manovra di fine anno, specie con le misure su pensioni e casa, ci saremmo aspettati un'evoluzione diversa. Pag. 43
Evidentemente, continuano a pesare fattori negativi generali e interni. La speculazione finanziaria non è stata affatto messa nelle condizioni di non nuocere, anzi, prosegue imperterrita nella sua devastante azione sull'economia reale. Ma certo, come ha rilevato il Presidente Monti, contribuisce al permanere dello scetticismo verso l'Italia anche il difficile parto di quelle riforme istituzionali, elettorali e del sistema di finanziamento dei partiti su cui erano state fatte impegnative dichiarazioni, così come influisce negativamente la rinnovata fibrillazione politica di questi ultimi giorni, che non favorisce certo il rafforzamento del Governo e della sua azione.
Un «nuovismo» assai singolare e sospetto, visto che i proponenti sono tutti di lungo corso e proprio tra gli artefici dei guai in cui oggi il Paese si dibatte.
Ci sembra poi francamente da irresponsabili evocare ancora una volta le elezioni anticipate.
Per il futuro, auspichiamo che prosegua adeguatamente l'azione intrapresa per contrastare l'evasione fiscale, così come quella per ridurre i costi inutili nella pubblica amministrazione tramite la spending review avviata dal Ministro Giarda, e che il Governo voglia perseguire con determinazione quell'azione, annunciata nel programma di Governo, di efficace contrasto alla corruzione, estesa in tutto il Paese come purtroppo confermano le recenti vicende, dalla sanità in Lombardia a Finmeccanica, che divora risorse pubbliche e pesa come un macigno sull'economia nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà per due minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, il gruppo Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia voterà contro il Documento di economia e finanza e contro la risoluzione conseguente che lo sostiene.
Si tratta di un documento grigio, triste e malinconico, che non dà nessuna speranza per il futuro. È un documento anticipato da una premessa, fatta dal Presidente del Consiglio, che è a meta tra la malafede e l'assenza totale di equilibrio ed evidentemente non faccio riferimento all'equilibrio fisico, ma a qualche altro tipo di equilibrio. La verità è che il nostro Paese, a causa delle manovre messe in campo da questo Governo, è entrato in una grave recessione e sarà il Paese europeo a pagare di più le scelte sbagliate di questo Governo.
Io voglio fare un esempio banale per fare capire, ad un Governo cosiddetto di tecnici e di professori, che con le manovre rivolte solo al rigore l'Italia sta perdendo qualunque possibilità di garantire il futuro alle nuove generazioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Quindi, onorevole Presidente, alla luce di queste considerazioni, noi ribadiamo il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà, per tre minuti.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non possiamo nasconderci in quest'Aula che il Governo ha assunto decisioni importanti in un contesto economico internazionale estremamente difficile anche per la politica. Forti di questa consapevolezza oggi condividiamo quanto previsto nel DEF 2012, con particolare riguardo all'importanza attribuita alla promozione della crescita - senza la quale ogni strategia di consolidamento finirebbe per annullare i suoi stessi effetti - così come al miglioramento delle condizioni di accesso al credito per le piccole e medie imprese.
Sul piano interno si prevede che la crescita non tornerà fino al 2013, previsione questa che non può prescindere dallo sviluppo economico del sud del Paese Pag. 44in termini di risorse, infrastrutture ed utilizzo effettivo dei fondi strutturali. È illusorio pensare che possa esservi risanamento senza sviluppo. Se la macchina dell'economia non riparte, se gli imprenditori non riescono ad investire e ad assumere e se i cittadini sono costretti a risparmiare anche sulle esigenze primarie, i prelievi fiscali si accaniranno su un organismo ormai fortemente debilitato.
Condividiamo le linee guida contenute nel DEF, che puntano a collegare le recente misure di liberalizzazione e semplificazione alla riforma del mercato del lavoro ed alla revisione del sistema fiscale, sistema che deve essere più flessibile ed innovativo e capace di dare incentivo agli investimenti. Sono tutte azioni che devono combinarsi ad interventi per sbloccare e riqualificare gli investimenti nelle infrastrutture, rafforzare il welfare, migliorare l'efficacia dell'istruzione e promuovere le opportunità dei giovani, condannati ad una rassegnazione che appare loro senza vie di uscita e che nel Mezzogiorno contribuisce ad accrescere le aree di disagio sociale.
Adesso, però, ai provvedimenti tesi a fare ripartire la macchina dell'economia italiana e ad uscire dalla recessione, vanno affiancate anche scelte politiche che sappiano rispondere alle legittime aspettative dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà, per tre minuti.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, la componente dei Repubblicani Azionisti esprime il proprio sostegno al Governo Monti e voterà a favore ma chiede maggiore ascolto sui temi che sono stati oggetto di una nota al Presidente Monti. Condividiamo l'analisi del vicedirettore generale della Banca d'Italia, il dottore Salvatore Rossi, che con riferimento al problema della gestione della spesa pubblica ha espresso l'auspicio che il Governo valuti l'adeguatezza di ciascuna spesa indipendentemente dal suo livello storico. Inoltre, un acuto editorialista de Il Sole 24 Ore, Luigi Guiso, ha svolto di recente analoghe considerazioni quando ha scritto che il vero obiettivo deve essere quello di ridurre stabilmente il numero e l'entità delle voci nel settore della spesa pubblica. I repubblicani sono convinti che il Governo si debba attivare con sollecitudine per un taglio selettivo e non indiscriminato della spesa pubblica. Non vediamo, purtroppo, al momento un'adeguata strategia del Governo per incidere sull'elevato livello della pressione fiscale. Esso non è più sopportabile dalle imprese e dai lavoratori dipendenti pubblici e privati. Tutto ciò crea la situazione di recessione in atto dell'economia italiana, il cui avvenire certamente non è roseo. Signor Presidente del Consiglio, siamo ai limiti di guardia della tenuta della coesione sociale. Vorremmo che il Governo ne prendesse atto e fosse cosciente di ciò. Mi avvio a concludere. Per queste ragioni i Repubblicani riproporranno nuovamente nei prossimi giorni, con una nota indirizzata al Presidente del Consiglio Monti, le loro proposte in materia di riforma strutturale e di gestione della spesa corrente (Applausi dei deputati del gruppo misto Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza si inserisce nel processo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea. I contenuti del documento sono apprezzabili; rigore, crescita ed equità ne sono le linee guida, sostenute da concretezza e pragmatismo. Concordo con la risoluzione che origina dalla relazione dell'onorevole Ciccanti. Paghiamo ora la penosa sottovalutazione della crisi a partire dal 2008, una linea di antieuropeismo strisciante, la pesante delegittimazione della rappresentanza politica italiana. Penso che oggettivamente Pag. 45bisogna immaginare che i guai che ci sono derivati dalla vicenda greca portano a considerare che abbiamo un fianco scoperto. Persino il voto francese, che pare andare nella giusta direzione, diventa occasione per rimarcare questa fragilità, il che lascia intendere che forse dobbiamo recuperare l'ispirazione profonda del nostro essere europeisti, riportandoci al federalismo pragmatico di Altiero Spinelli, che trova il suo naturale completamento in due statisti italiani come Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi. Forse, più dello slogan dei nostri amici della Lega «padroni a casa nostra», occorre recuperare l'idea di un federalismo pragmatico che intreccia la questione politico-istituzionale con quella economico-sociale. L'Europa non può crescere nella confusione istituzionale; deve maturare la consapevolezza che, nel volgere di poco tempo, dovremmo porre il problema di una nuova Convenzione europea, magari entro la fine del 2014, per elaborare un Trattato più federalista che consenta pure un'integrazione differenziata, secondo la quale gli Stati europei che non aderiscono entro un certo tempo possono recedere dall'Unione europea. C'è bisogno di un processo ordinato e controllato. Sul versante economico e sociale vi è ormai la convinzione che tutte le misure di rigore fiscale che i Parlamenti dell'area euro hanno ratificato non saranno sufficienti a tirar fuori dalla crisi sia l'Unione europea che l'Unione economica e monetaria.
Per queste ragioni - concludo - è necessario un rilancio delle politiche di sviluppo e dell'occupazione tra cui liberalizzazioni e infrastrutture, con la valorizzazione di tutti quegli strumenti, come il mercato interno, che già funzionano, mettendone in campo altri, come gli eurounionbond a garanzia reale, e infine potenziando in modo rilevante il bilancio comunitario in senso federale; con un bilancio comunitario che è l'1 per cento del PIL non si va molto lontano.
Concludo dicendo che, con la manovra di dicembre, abbiamo dato un contributo a questa idea dell'Europa che può essere forte e che va portata avanti nell'interesse non solo dell'Italia ma anche della stessa Germania. Monti ha le caratteristiche per rilanciare il contributo del nostro Paese per un'Europa più forte e più unita che serva a tutti. Sulla base di queste motivazioni noi diamo il nostro convinto assenso alla risoluzione che sostiene il Documento di economia e finanza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi richiamo in larga parte all'intervento svolto in discussione sulle linee generali nel quale avevo già tratteggiato il nostro giudizio di insufficienza e incompletezza di questo Documento di economia e finanza: insufficienza perché non traccia un percorso chiaro su come si può far uscire il nostro Paese dalla situazione di stallo in cui si trova, e su come realmente favorirne la crescita. Noi abbiamo anche rilevato che il Governo si è attestato su stime che sono largamente opinabili perché altri organismi interni e internazionali soprattutto hanno espresso dei giudizi molto più negativi sui fondamentali della nostra economia. Mi riferisco ad esempio alla riduzione di prodotto interno lordo accertata dal Governo nell'1,2 per cento; la stessa Commissione dava un valore più alto ma addirittura il Fondo monetario internazionale indica un valore di 1,9 per cento. Non parliamo dei consumi delle famiglie, giudicati in calo dal Governo nella misura dell'1,7 per cento, ma secondo altri organismi si parla di un 2,3 per cento in meno, cioè un disastro epocale per la nostra domanda interna e per la nostra economia. Per cui è davvero difficile, se non vengono tratteggiati alcuni elementi per noi fondamentali, dire come uscire da questa crisi. Ecco perciò quali sono in sintesi gli impegni che noi chiediamo. Noi partiamo dalla riduzione della pressione fiscale. Ci vuole coraggio, ci vuole coraggio Presidente Monti, bisogna accettare l'idea che le tasse si tagliano e si tagliano Pag. 46immediatamente. Dove reperire le risorse? Bene, si continua a dire che ci sono 12-15 miliardi recuperati dall'evasione fiscale.
Noi abbiamo indicato minuziosamente tagli ai costi della politica per 15 miliardi, smettetela di dire che è populismo. Si tratta di misure che possono essere attuate, dalle «auto blu» di cui si parla in questa giornata alle province che state per salvare per intero salvando quel taglio di 2 miliardi che era possibile, e di molte altre misure che noi vi abbiamo indicato: dai 25 mila amministratori delle società partecipate dagli enti locali, e così via. Allora attuate un taglio netto di queste spese, così come delle altre spese inutili che ci sono nell'ambito della pubblica amministrazione, e portatele immediatamente a riduzione della pressione fiscale. Date 15 miliardi di questi 30 possibili ai lavoratori, alle famiglie, attraverso l'aumento delle detrazioni fiscali che immediatamente verrebbero rimesse nel circuito produttivo per alimentare la domanda interna. Date 15 miliardi alle imprese che solo con un taglio delle tasse possono avere una convenienza ad investire e a creare occupazione, altrimenti l'occupazione è solo in discesa.
Il Governo accetta l'idea del 9,3 per cento, ma altri organismi internazionali dicono di più e non si fa riferimento a coloro che hanno smesso perché non ce la fanno più a cercare nuova occupazione, perché si sono stufati di farlo, e di fatto sono anche loro lavoratori disoccupati. E, invece, continuiamo ad essere evasivi sul blocco dell'acquisto dei cacciabombardieri, cosa che non ha senso. Decidetevi a chiudere anche questa partita. Decidete ad attuare misure di cui non parlate più. Ma il debito pubblico come lo tagliamo? Quando ci porterete delle proposte per la dismissione dei beni immobili? Quando ci porterete delle proposte per la dismissioni delle partecipazioni dello Stato? Quando metterete in condizione e vincolerete anche gli enti locali alla vendita dei loro beni immobili - si parla di 300 miliardi di euro nelle loro mani -, non allo scopo di reinvestirli, ma allo scopo di tagliare i debiti anche degli enti locali medesimi? Quando faremo tutto ciò? Eppure non ne indicate neanche la possibilità all'interno del Documento di economia e finanza. E noi abbiamo un Paese dove continua a scomparire la classe media, come ci dice anche l'indice di Gini, quello più conosciuto, che ci permette di dire se un Paese è realmente democratico o no perché ha una distribuzione dei redditi che privilegia la classe media e non, invece, le classi con le maggiori ricchezze e fortune. Quest'ultime, nel Paese, com'è noto e come le statistiche dicono, tengono e trattengono la grande quantità del patrimonio, quando, invece, vi è una fascia ormai altissima di pensionati - l'ultimo dato dice il 50 per cento - che prende meno di mille euro al mese. È impossibile vivere in queste condizioni.
Circa gli interventi per gli istituti di credito, è ora che riflettiate veramente sulla necessità di ritornare alla vecchia distinzione fra la banca di credito e la banca di affari, la banca commerciale, cioè quella che presta il credito, e la banca di affari, distinzione, caduta la quale, è nato il disastro a cui noi stiamo assistendo in questi anni. È ora di ripristinarla, ma nessuno ne parla; voi non ne parlate, voi non volete, eppure è un meccanismo che permetterebbe alla banca che gestisce il credito di fare quello che deve fare, ossia prendere il denaro dal risparmio e canalizzarlo con effetti produttivi presso le imprese, cosa che in questo momento non avviene. Anche di questo non c'è traccia nel DEF. Riguardo all'amministrazione della giustizia, noi vorremmo semplicemente che si lottasse per rendere certamente il processo, specie quello civile, più veloce, anche con meccanismi di natura tecnologica che lo rendano possibile, ma vorremmo pure che si reintroducessero alcune norme per impedire la corruzione altissima che c'è nel nostro Paese. Le norme sul falso in bilancio sono determinanti per colpire la corruzione, eppure di questo non si parla. Questo ritengo sia un altro elemento fondante che dovrebbe trovare spazio in questo DEF. Per non parlare poi di iniziative anche per l'ampliamento Pag. 47del regime dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità per i titolari di cariche pubbliche. Anche questo è un elemento per stroncare l'idea che chi è condannato può tranquillamente sedere in questi banchi. Non va bene, la gente è stufa di immaginare che persone che sono dedite o si sono dedicate a reati delinquenziali oggi possano tranquillamente stare qui. E ce ne sono tanti già condannati con sentenza passata in giudicato.
E sul piano europeo certamente c'è bisogno di una europeizzazione del debito attraverso gli eurobond e altre forme che permettano comunque di rendere il debito più legato, non soltanto al singolo Paese, ma a tutta la Comunità che, con il suo patrimonio, permetterebbe così anche di ottenere maggior credito internazionale e, quindi, una riduzione dei tassi. È necessaria anche la lotta ai paradisi fiscali. Inoltre, come da noi richiesto da tempo, serve una convenzione con la Svizzera che la Germania e la Gran Bretagna hanno già concluso e che noi, come si dice in Europa, non vogliamo perché aspettiamo l'Unione europea. Concludo, signor Presidente, aggiungendo semplicemente che abbiamo ovviamente presentato una nostra risoluzione che voteremo. Non voteremo quella che dice che tutto va bene così com'è stato indicato dal Governo nel DEF (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, il quadro delle previsioni tendenziali riportato dal Documento di economia e finanza per il 2012 indica che, nonostante le peggiori stime di crescita per questo anno, cioè 1,2 per cento in meno, il deterioramento del quadro di finanza pubblica rimane contenuto e dovrebbe consentire all'Italia di raggiungere il pareggio strutturale di bilancio nel 2013. Il DEF tuttavia indica anche nelle premesse che l'economia italiana sta progressivamente scivolando verso uno scenario preoccupante di recessione, peraltro evidenziato anche dal presidente della Corte dei conti che ha indicato chiaramente che le manovre necessarie e urgenti che il Governo ha dovuto assumere velocemente nei mesi scorsi, sommate alle manovre precedenti, possono determinare un quadro di recessione che, in modo preoccupante, potrebbe «mangiarsi» anche gran parte della consistenza delle manovre stesse. D'altra parte l'Italia vara manovre finanziarie per il riequilibrio dei conti pubblici da alcuni anni senza aver però mai realmente prodotto una riforma strutturale del bilancio pubblico che riducesse complessivamente sia le entrate sia la spesa pubblica, in particolare quella corrente, e con essa il peso dello Stato sull'economia. I continui aumenti della pressione fiscale e l'espandersi della spesa pubblica corrente con le connesse inefficienze e sprechi sono la concausa determinante del ristagno dell'economia italiana nell'ultimo decennio. Questa situazione di difficoltà strutturale risulta oggi ancor più grave per gli effetti evidenti della crisi economica mondiale e, d'altra parte, il quadro economico dell'Italia risulta ancor peggiore se si guardano le previsioni aggiornate pubblicate qualche giorno fa dal Fondo monetario internazionale nel nuovo World Economic Outlook. Sono necessari, quindi, interventi rapidi in grado di tamponare la situazione soprattutto sul fronte della crescita e dell'occupazione, ciò anche al fine di attenuare un impatto pesante sul piano sociale con conseguenze costose e difficili da gestire.
Le misure di assestamento dei conti pubblici sono state varate con la necessaria rapidità e decisione richieste dall'emergenza finanziaria. Grazie ad esse si sono prodotti effetti benefici in termini di recupero della fiducia dei mercati e di tenuta della finanza pubblica. Tuttavia il cammino dei provvedimenti successivi all'assestamento dei conti, in particolare quelli in tema di liberalizzazioni e riforme strutturali, non è sembrato altrettanto spedito e deciso come richiederebbe invece il contesto economico e dei mercati. La spinta riformatrice del Governo non deve subire Pag. 48rallentamenti o battute di arresto nel campo delle liberalizzazioni, delle semplificazioni e del riassetto del mercato del lavoro. In tema di modernizzazione della rete infrastrutturale del Paese e, quindi, di riduzione del gap che ci separa dagli altri Paesi avanzati è condivisibile la linea adottata dal Governo incentrata sulla revisione complessiva della pianificazione delle opere infrastrutturali mirata a dare priorità a quelle ritenute strategiche anche in funzione di una loro integrazione con le reti europee, semplificazione generale delle procedure tese a ridurre i tempi di approvazione e di cantierabilità delle opere.
Il nodo delle risorse finanziarie disponibili rimane tuttavia sostanzialmente aperto e la maggiore apertura ai capitali privati prospettata nel DEF, che è da considerarsi utile e che dovrebbe concretizzarsi attraverso una serie di modifiche normative e di incentivi, non sembra di per sé condizione sufficiente a mobilitare un adeguato volume di risorse. Si ritiene indispensabile un maggiore ammontare di risorse pubbliche per investimenti disponibile attraverso un taglio della spesa pubblica corrente da conseguire con un'accurata e incisiva spending review. Riteniamo che il Governo non debba arrestarsi ma debba accelerare il percorso della spending review dandosi anche scadenze certe e ravvicinate per un percorso di cui da molti anni si parla ma che oggi è improcrastinabile. I provvedimenti di riforma strutturale varati dal Governo, in particolare quello sulle liberalizzazioni, la semplificazione e lo sviluppo e la riforma del mercato del lavoro potranno esplicare propri effetti sull'economia soltanto in tempi lunghi, e lo stesso DEF valuta in un 5 per cento di PIL in più gli effetti positivi cumulati delle predette riforme ma specifica altresì che tali effetti si potranno esplicare completamente non prima del 2020.
Nel conto economico tendenziale delle amministrazioni pubbliche per gli anni 2012-2015 le voci di spesa per i consumi intermedi e per i contributi a fondo perduto si attestano ancora su livelli molto elevati, raggiunti dopo quasi due decenni di rapida ed ininterrotta crescita, tali da far ritenere che al loro interno continuino ad annidarsi inefficienze, sprechi e malversazioni.
Sulla scorta dei dati riportati nel DEF risulta evidente che ci sono ancora spazi per consistenti risparmi all'interno di queste voci della spesa pubblica ed esse possono e devono essere conseguiti con il varo degli opportuni provvedimenti.
Chiediamo al Governo di liberare risorse e di impegnarle per la crescita e per l'equità, avviando riforme e provvedimenti e concentrandole su sgravi fiscali in favore delle famiglie, sotto forma di deduzioni dal reddito imponibile per i carichi di famiglia, e delle imprese, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP, nonché aumentando gli investimenti pubblici in infrastrutture, ricerca e innovazioni, portando a compimento la strategia dell'agenda digitale, avviando un grande piano di conciliazione fra tempi di cura e tempi di lavoro, che consentirà di avvicinarsi il più possibile ai limiti fissati dall'agenda di Lisbona per l'aumento dell'occupazione femminile.
È importante che il Governo italiano contribuisca, incidendovi con determinazione, ad un piano europeo per la crescita e la stabilizzazione finanziaria che non punti solo sulla disciplina fiscale.
È evidente che le rilevanti difficoltà incontrate dalle istituzioni europee nel fornire risposte tempestive ed adeguate alla crisi economica e finanziaria confermano la necessità di compiere progressi decisivi sul piano dell'integrazione politica degli Stati europei, adottando un modello di tipo federalista.
Crediamo che la rinnovata fiducia e stima nei confronti del Governo italiano da parte degli Stati europei e dai capi di Governo europei possa permettere all'Italia di essere di nuovo protagonista e di essere trascinante in un nuovo quadro europeo di gestione delle emergenze finanziarie, ma anche di ristrutturazione dei modelli regolatori dell'economia da parte delle istituzioni europee sempre più forti ed integrate in un modello federalista. Pag. 49
Condividiamo la risoluzione presentata dal collega Ciccanti e dalla maggioranza sul Documento di economia e finanza per il 2012 ed annuncio il voto favorevole del gruppo parlamentare Futuro e Libertà (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario Polillo e signori colleghi deputati, l'Unione di Centro vota la risoluzione a prima firma Cicchitto ed altri e con essa il Documento di economia e finanza con il programma di stabilità ed il piano nazionale per le riforme.
Come ho avuto modo di sottolineare questa mattina, ma anche nella relazione di maggioranza, questo Documento di economia e finanza valorizza l'Europa, perché il Presidente Monti è un convinto europeista, perché l'Italia si è dimostrata convinta europeista, perché la maggioranza che sostiene questo Governo è convinta europeista, e in quanto tali hanno preso a riferimento, come linea di azione, la strategia Europa 2020.
Questo Documento di economia e finanza nasce in un contesto europeo difficile, dove la sua moneta, l'euro, ha rischiato il suo fallimento e con essa - tutti lo sappiamo - sarebbe finito anche il progetto europeo.
Le tensioni dei mercati finanziari nell'ultima parte del 2011 che hanno riguardato i debiti sovrani hanno messo in evidenza le criticità delle politiche fiscali di alcuni Stati dell'Eurozona tra cui l'Italia. Sono stati messi in evidenza anche alcuni ritardi e debolezze sedimentati dall'adesione all'euro del nostro sistema economico. Quello che ci preoccupa, però, è stata la debolezza delle istituzioni europee nel difendere la sua moneta. Le istituzioni europee, dominate dalla logica intergovernativa che predomina su quella comunitaria, hanno risentito di una visione nazionale condizionante, molto di più di quanto la sfida della finanza internazionale richiedesse.
Politiche e mercati finanziari non hanno giocato una partita alla pari: da una parte, i mercati finanziari, liberalizzati ed internazionalizzati, organizzati su logiche globali, dall'altra parte, i singoli Stati nazionali dell'Europa, condizionati da logiche e politiche interne ed elettorali, incapaci di fare massa critica per arginare la speculazione finanziaria internazionale.
Abbiamo preso coscienza di questo limite e abbiamo chiesto, anche nella risoluzione, più Europa, e non meno Europa. L'euro non è un limite, è una forza dell'Europa e dei suoi Stati membri; un'Europa senza euro renderebbe i suoi Stati più deboli, non più forti; da sola, senza Europa, non sarebbe più forte nemmeno la stessa Germania. Ricordo le parole del Presidente Ciampi: l'euro ci può anche creare problemi, ma senza staremmo peggio.
Attenzione: il problema che abbiamo di fronte è che, se ad un vincolo europeo di politiche fiscali che comportano sacrifici non corrisponde anche un vincolo di comunità e solidarietà europea, si allenta anche il vincolo degli Stati. L'euro e l'Europa, senza il consenso dei popoli, prima che degli Stati, sono più deboli di quanto li renda già deboli la speculazione finanziaria. Lo ha capito bene il Governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, che, con interventi mirati e con intelligente tempismo politico, ha immesso liquidità all'1 per cento in un sistema creditizio, evitando che la crisi di liquidità si trasformasse in crisi di solvibilità.
La liquidità immessa nel sistema creditizio e la messa in sicurezza dei conti pubblici degli Stati a rischio di debito sovrano, come l'Italia, hanno eroso redditi e risparmi, mettendo in difficoltà famiglie ed imprese, indebolendo consumi ed investimenti.
La ricchezza assorbita dalle banche e all'economia reale dal debito pubblico ha rischiato di creare un fenomeno di avvitamento, che avrebbe potuto portare anche al fallimento dell'euro e del sogno degli Stati uniti d'Europa. Pag. 50
Questo circolo vizioso è stato interrotto prima dal semestre europeo, con il «six pack» e il «two pack», poi dal trattato sul nuovo Patto di stabilità e crescita, il cosiddetto fiscal compact, che ha obbligato gli Stati membri dell'Eurozona al pareggio di bilancio.
Se, da una parte, questa richiesta di affidabilità dei bilanci degli Stati serviva a rassicurare i mercati finanziari sulla solvibilità a lungo termine degli Stati con più alto debito pubblico, come l'Italia, dall'altra parte, ha comportato manovre finanziarie durissime, come quella del 2011: per raggiungere l'obiettivo di medio periodo del pareggio di bilancio nel 2013, ha sommato effetti cumulativi per oltre 83 miliardi di euro, di cui due terzi di sole entrate.
Sento, a volte, che ci si lamenta della manovra Monti di 25 miliardi di euro, con il decreto-legge «salva Italia», perché è stata connotata per due terzi da entrate. Essa era nella continuità delle precedenti manovre; la discontinuità è stata che un terzo del decreto-legge «salva Italia» era finalizzato alla crescita e che i risparmi di spesa erano strutturali.
Un'altra caratteristica è stata lo spostamento del carico fiscale dai redditi alle rendite e ai consumi: ricordo le tasse sul rientro dei patrimoni «scudati», sui beni di lusso e sugli immobili. Quelle manovre hanno messo in sicurezza i nostri conti pubblici; banche e Stato hanno messo in sicurezza i loro bilanci, non rischiano più come si temeva alla fine del 2011.
Siamo usciti dalla crisi? No: ne abbiamo affermato il peggioramento. I ceti sociali più deboli, quelli che rappresentano l'ultimo anello della catena, ne hanno risentito di più, soprattutto le famiglie con figli a carico.
Vorrei citare tre dati dell'ISTAT per rappresentare l'attuale drammaticità dello Stato sociale ed economico dell'Italia: inflazione al 2,7 per cento su base tendenziale a marzo; il potere d'acquisto delle famiglie italiane tornato ai livelli del 2001; 569 mila giovani, tra i 18 e i 29 anni, occupati in meno dal 2008, di cui 89 mila nel 2011. Un bollettino di guerra.
Non ci sono risorse nelle casse dello Stato: anzi, ci sono debiti non dichiarati e debiti da liquidare, come quelli della pubblica amministrazione con imprese e fornitori per oltre 60 miliardi di euro.
Questo Governo ha dato una linea di marcia: recuperare ulteriori risparmi di spesa; far pagare le tasse agli evasori; migliorare la produttività totale dei fattori, per rendere l'Italia più competitiva. Questa è la strada per ridare speranza agli italiani: tornare a crescere con le nostre forze senza fare debiti sulle spalle delle future generazioni, anzi, togliendo loro debiti.
Questo sforzo del Governo, signor Presidente - e mi avvio alla conclusione -, l'UdC lo sosterrà, perché lasciare oggi solo Monti significherebbe lasciare a se stessi coloro che hanno bisogno di aiuto perché hanno bisogno dello Stato. Chi è economicamente forte non ha bisogno dello Stato.
L'UdC non abbandonerà le famiglie italiane, i giovani ed i disoccupati con i loro problemi e la loro solitudine sociale. Siamo con loro, lavoriamo per loro, con serietà, impegno e decisione, con le migliori intenzioni e le forze di cui disponiamo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Avverto che la risoluzione Cicchitto, Franceschini, Galletti, Della Vedova, Tabacci, Cambursano e Commercio n. 6-00109 è stata firmata anche dall'onorevole Moffa, la cui sottoscrizione deve intendersi collocata dopo quella dell'onorevole Della Vedova.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, il Documento di economia e finanza 2012 certifica con i numeri la nostra contrarietà politica ai provvedimenti che questa maggioranza eterogenea ha dato, purtroppo, in dote allo Stato.
Siamo qui a dibattere, ma ho sentito, sia in Commissione che in Aula, che nessuno è padre di questo Documento; nessuno Pag. 51vuole avere la paternità di tutte le azioni che sono state sin qui prodotte e che sono squisitamente un aumento della tassazione. Anzi, nei documenti che si propongono, al posto del DEF e del PNR, si parla di fare delle cose che sono il contrario delle politiche che sin qui sono state adottate da Monti. Mi riferisco a un minor rigore e ad una maggiore politica di crescita, che è quello che la Lega Nord dice da sempre, ma che in solitaria ha dovuto propagandare.
Ci sono anche dei dati politici: l'Italia non ha più la sua autonomia finanziaria, non ha più la sua autonomia di politica economica. Il tandem Merkel-Sarkozy ha dominato l'Europa ed ha portato allo sfacelo l'Europa, così come avevamo previsto.
Abbiamo inseguito lo spread, abbiamo inseguito un'austerità distruttiva per dare la possibilità alla Germania di avere investimenti sul proprio territorio, a discapito dei nostri, perché aveva dei tassi più bassi: questa è la genialità dei professori, che vanno sempre contro i popoli.
Bisogna citare i dati ed i numeri, perché qui tutti hanno parole, ma nessuno mette i numeri, perché quando si citano i numeri il DEF è preoccupante: il PIL meno 1,2 per cento nel 2012, dice il Governo; l'occupazione, l'anno prossimo, meno 0,6 per cento. Ma altri istituti forniscono delle cifre peggiori del 25 per cento: per l'IRS il PIL diminuirà dell'1,5 per cento; Prometeia parla di meno 1,5 per cento; il CER meno 1,4; Confindustria prevede per il prossimo anno un meno 1,6 per cento, grazie e per causa della vostra politica economica; sull'occupazione si prevede una diminuzione dell'0,8 per cento; meno 1,1 e meno 0,7 viene certificato da terzi. Quindi, devo dire che il Governo mette un po' la polvere sotto il tappeto, dando dei dati inferiori.
Le politiche del Governo: oltre alla tassazione - su cui tornerò dopo - è stato adottato il decreto liberalizzazioni e semplificazioni, ma sapete, con i numeri, quanto questo inciderà sulla crescita? Niente! Si prevedono maggiori consumi pari a 0,1 cento; maggiori investimenti pari a 0,5 cento; un aumento dell'occupazione pari a 0,2 per cento. Ci avete tenuto qui, con due decreti - di cui uno neanche coperto, da un punto di vista economico - e questi danno dei risultati pari a un buco nell'acqua!
Un pareggio di bilancio fantoccio, molto fragile, come viene definito dalla Corte dei conti, che non si raggiungerà nel 2013 se non, al massimo, con uno 0,5 per cento di scarto, ma si raggiungerà, probabilmente, nel 2015 o nel 2017, come dice l'FMI. E come si raggiunge? Si raggiunge con una tassazione eccessiva, sopra la media europea, e senza tagliare le spese improduttive. Il 50 per cento del PIL è spesa improduttiva, ed il 46,6 per cento sono nuove tasse.
Dei 206 miliardi del triennio (50-75-81 del 2012-2013-2014) ben il 70 per cento di queste entrate è di nuova tassazione, una vergogna internazionale. E il risultato di tutta questa tassazione sapete dove porta? Porta a meno 2,6 per cento del PIL nel triennio 2012-2014, meno 3,5 per cento dei consumi alle famiglie, meno 5 per cento degli investimenti fissi lordi e 75 miliardi bruciati in recessione.
Questi non sono dati del nostro abile ufficio studi, ma della Corte dei conti. Sono dati della Corte dei conti che certificano l'incapacità di programmazione economica di questa maggioranza di oltre 500 deputati che, ovviamente, fa passare tutto tramite fiducia. Sono mancate le politiche strutturali. Il federalismo fiscale, solo per fare uno sgarbo alla Lega e al nord, non è stato più preso in considerazione.
Sono stati dimenticati i costi e i fabbisogni standard ed è stata dimenticata la politica del federalismo demaniale. Si parla tanto di dismissione del patrimonio dello Stato, ma non si è proseguito in quella strada. È stata distrutta l'autonomia degli enti locali attraverso l'IMU prima casa e il 50 per cento della seconda casa allo Stato. Ricordo la tesoreria unica, che è una vera rapina di Stato nei confronti dei cittadini degli enti locali e la compartecipazione IVA che, da regionalizzata, è stata statalizzata in modo da non rendere Pag. 52più competitivo il rapporto tra eletto e commerciante, eletto ed imprenditore, per combattere l'evasione fiscale.
Non vi è alcun taglio alla spesa, anzi addirittura abbiamo visto le auto blu ed oggi in Commissione gli stipendi della riorganizzazione del Ministero della sanità. Gli unici tagli che avete fatto sono quelli alle pensioni, all'articolo 18 e agli enti locali per 12 miliardi nel triennio. Eppure i problemi ci sono comunque, a prescindere dagli attacchi strumentali che la Lega Nord subisce apposta perché unica forza di opposizione a questo Governo.
I problemi rimangono a prescindere da questo attacco politico. Bisogna proseguire sull'autonomia dei territori e risolvere la questione settentrionale, perché la questione meridionale ci ha stufato. Sono cinquant'anni che si parla di questa questione meridionale, ma la vera questione è la questione settentrionale e non quella meridionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Bisogna risolvere i problemi delle imprese e dei pagamenti, allentare il Patto di stabilità, nonché dare competitività alle piccole e medie imprese sostenendole attraverso il credito. Adesso parlate nella vostra risoluzione di obbligare le banche a dare credito (quelle banche che hanno preso in prestito i soldi della BCE all'1 per cento), ma non ci sono state azioni del Governo in tal senso quando la Lega Nord lo aveva richiesto, anche con emendamenti che sono stati ovviamente o resi inammissibili, o votati in maniera contraria.
Abbiamo anche fatto delle proposte, non solo all'interno della nostra risoluzione, ma anche attraverso una raccolta di firme per delle proposte di legge di iniziativa popolare. Si parla di separazione delle banche commerciali da quelle d'affari. Ma siete 550! Fate una legge al posto di fare delle risoluzioni! (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ci ha pensato la Lega Nord attraverso una raccolta di firme, così come dare maggiori possibilità alle famiglie attraverso una busta paga più pesante. La tutela della sovranità nazionale: se ne parla da sempre, ma l'unica forza politica che ha portato in dote al Parlamento questo tema è la Lega Nord e lo porterà anche attraverso questa raccolta di firme per una proposta di legge popolare.
Il federalismo istituzionale è ovviamente la risoluzione, insieme al taglio della spesa pubblica. Diciamo che stiamo vivendo in un momento storico che certifica quanto la Lega Nord da sempre dice, ossia innanzitutto che l'Italia è decisamente troppo «lunga» e la risoluzione per noi è l'indipendenza della Padania, cara Presidente della Camera.
Non c'è alternativa alla Padania per tutto lo Stato, non c'è alternativa a questa situazione nuova e, a mio avviso, bisogna anche iniziare a ragionare - è descritto nell'ultima parte della nostra risoluzione - dell'antieuropeismo che si sta creando, attraverso anche votazioni democratiche e prese di posizioni ufficiali come il voto in Francia e le dimissioni del Presidente olandese che giustamente ha detto che non avrebbe fatto il pareggio di bilancio sul sangue dei pensionati, cosa che invece noi abbiamo fatto senza alcun problema.
È chiaro che questo antieuropeismo potrebbe portare a un dissolvimento dell'area economica e monetaria dell'euro. Lo abbiamo scritto nella risoluzione ed è bene che si inizi a ragionare in questo senso. Per noi la soluzione è la Padania, è un'Europa non degli Stati, ma delle regioni, delle euro-regioni rispetto alle quali la Padania si candida, con autorevolezza, a regione dei produttori. Ovviamente voteremo favorevolmente alla nostra e contrariamente a tutte le altre risoluzioni presentate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, colleghi, quando, solo pochi mesi fa, abbiamo interrotto la negativa esperienza del Governo Berlusconi, che stava facendo precipitare l'Italia in una situazione del tutto simile a quella della Grecia, ci eravamo detti che per evitare la catastrofe avevamo Pag. 53bisogno di rigore e di risanamento, di crescita e di sviluppo, di equità e di solidarietà. Tutti questi criteri vanno praticati con politiche esplicite e convincenti ma, ecco il punto, nessuno escluso e tutti insieme.
Ogni giorno che passa ci convinciamo sempre più di quanto sia giusta questa impostazione anche perché ogni giorno che passa la crisi non accenna a diminuire, al contrario stiamo fronteggiando un suo inasprimento. È proprio il Governo a dircelo. I dati contenuti nel Documento di economia e finanza, ahimè, parlano chiaro: siamo in recessione. La caduta del PIL, le esportazioni che non crescono, la marea di disoccupati soprattutto tra i giovani, il crollo dei consumi e della propensione al risparmio delle famiglie, il valore più basso dal 1995, ci offrono un quadro preoccupante della nostra situazione economica e sociale, tant'è che con un apprezzabile atto di trasparenza l'Esecutivo abbassa sensibilmente le previsioni per l'anno in corso.
Che alternative abbiamo, dunque, se non perseguire con grande determinazione gli obiettivi che stanno alla base del programma del Governo Monti e dei partiti che danno vita, fino alla fine di questa legislatura, a questa inedita maggioranza? Ma, se siamo sulla buona strada, stiamo facendo tutto il possibile per realizzare questo ambizioso ma imprescindibile programma? In questa domanda sta il cuore del problema politico che abbiamo di fronte in queste settimane, e cioè di quanta continuità e di quanta discontinuità devono essere impregnate le politiche che pratichiamo?
I vincoli europei che confermiamo in ordine al risanamento dei conti pubblici sono un indubbio elemento di continuità che il Governo fa bene a perseguire, ma le politiche europee, egemonizzate dall'approccio corporativo del Governo tedesco e che interpretano i vincoli comunitari come una mannaia in mano alle economie più solide fino a produrre la drammatica gestione comunitaria della vicenda greca, meritano sicuramente una discontinuità. Per questo sosteniamo il Governo nell'azione che, con la presentazione del Piano nazionale di riforme, deve svolgere in Europa per richiedere e favorire una decisa svolta delle politiche comunitarie.
Gli sforzi che l'Italia sta facendo sono considerevoli e vengono apprezzati. Abbiamo, dunque, acquisito la credibilità necessaria per sostenere che l'Europa non deve rinunciare all'abbattimento dei debiti sovrani, ma deve contestualmente adottare politiche attive che consentano di uscire rapidamente dalla crisi. È arrivato il momento di avviare i project bond e gli eurobond, di legittimare gli sforzi della BCE come operatore di ultima istanza, di interagire costruttivamente con i mercati ma orientando, con una governance adeguata, la finanza a crescere ma per sostenere l'economia reale e non come una sovrastruttura.
In una parola, è arrivato il momento di procedere più spediti verso gli Stati Uniti d'Europa. Utopia? No, semplice realismo se vogliamo sopravvivere nel modo globale. C'è una qualche relazione tra questo ragionamento sull'Europa e le politiche nazionali? Io penso di sì. La politica di riforme strutturali descritta nel Documento di economia e finanza è convincente e necessaria. Senza una compiuta strategia di riforme che consolidi le nostre istituzioni - penso, ad esempio, alla giustizia e al federalismo - che renda competitiva la nostra economia, sostenibile la nostra società, il Paese non sarà nelle condizioni di ripartire e rischia di perdere la ripresa globale quando arriverà.
Senza, cioè, interventi urgenti e immediati rischiamo di non avere le energie sufficienti ed il clima di fiducia necessari anche a fare le riforme. In sostanza, se è indispensabile attrezzare un buon reparto di riabilitazione, e questo il Governo lo sta facendo, è altrettanto urgente attrezzare un ottimo pronto soccorso che tamponi l'emorragia.
In tale ottica il rigore e il risanamento sono tuttora indispensabili, perché se abbiamo evitato il precipizio non siamo ancora fuori dai rischi di una crisi della nostra finanza pubblica. Pag. 54
L'andamento altalenante e francamente non sempre, diciamo così, coerente dei mercati ci condiziona. Dobbiamo rispondere riconfermando il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 per poi continuare rafforzando l'avanzo primario, che è previsto addirittura al 5,6 nel 2015. A questo proposito è giusto ricordare, nel clima esasperato di antipolitica che ci circonda e che è in parte ingiustificato, che le Camere hanno in questi mesi - in pochi mesi - approvato, a larghissima maggioranza, la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, adottando una soluzione lungimirante che fa riferimento all'equilibrio di bilancio considerando il ciclo positivo-negativo.
Il raggiungimento del pareggio di bilancio ci consente di guardare con più attenzione al debito, che resta pesantissimo. È difficile pensare che un suo significativo abbattimento possa essere raggiunto con politiche ordinarie. Al tempo stesso, dobbiamo chiederci come faremo ad abbattere il debito se non riparte l'economia, se non arresteremo la discesa del reddito e del potere di acquisto delle famiglie. Se, dunque, non intendiamo deflettere dalla politica del rigore dei conti ma siamo, al tempo stesso, convinti e davvero determinati a far rilanciare l'economia, allora dobbiamo liberare ulteriori risorse che consentano di agire sia sul debito sia sulla crescita.
Tutto ciò è reso più difficile, da un lato, dalla stitichezza del credito sia alle imprese sia ai privati. Si tratta di un atteggiamento che, pur in presenza di una diminuita redditività del settore bancario, resta esagerato e poco lungimirante. Dall'altro, vi è la catena, che si allunga oltre il semestre, dei ritardi dei pagamenti pubblici e tra i privati. Bisogna reagire. È arrivato il momento di concludere la politica delle entrate attraverso le tasse. Per rimetterci in carreggiata sul deficit abbiamo accettato, con il decreto «salva Italia», una manovra correttiva di 20 miliardi basata sostanzialmente sulle imposte e sulle accise. Ma dobbiamo dirci, con sincerità e chiarezza, che la pressione fiscale a carico dei cittadini onesti è arrivata al suo massimo.
Certamente, esistono ancora ingenti spazi di aggressione dell'evasione fiscale, che con i suoi 120-150 miliardi di euro resta insopportabile. Il Governo sta agendo bene in questa direzione e le prime quantificazioni ci dicono che i risultati ci sono. Ma, i troppi suicidi di imprenditori e cittadini, l'emarginazione derivante dalla perdita del lavoro, l'aumento esplosivo della povertà assoluta e della non autosufficienza, l'impressionante numero di famiglie esposte al rischio di scendere sotto la soglia di povertà ci interrogano, come persone e come politici, ci coinvolgono direttamente nella nostra responsabilità e ci chiamano in causa. Dobbiamo ascoltare quelle voci, clamorose nei loro gesti o silenziose nella loro disperazione, e dobbiamo rispondere con scelte concrete, che siano da loro percepite come una possibilità di speranza, di riscatto, di potercela fare.
Dunque, almeno i risultati della lotta all'evasione fiscale vanno al più presto restituiti, sotto forma di allentamento della pressione fiscale. Il Governo ha, su questo punto, promesso e smentito. È comprensibile la preoccupazione di un peggioramento degli indicatori ma si prevede, come abbiamo detto, un avanzo importante. Dunque, diamo un segnale di riduzione delle tasse, ma non a pioggia bensì individuando precise priorità, a cominciare dal lavoro, dall'impresa, dalle fasce più esposte all'indigenza, salvo per una patrimoniale strutturale sulle grandi fortune. Dunque, se non vi è spazio per le tasse bisogna agire per liberare risorse nella riduzione della spesa pubblica. Si parla molto di spending review. Facciamola! È arrivato il momento di concretizzare gli interventi di risanamento, che riducano spese centrali e periferiche dello Stato.
Ma nei prossimi mesi è previsto anche l'aumento dell'IVA, che tanto preoccupa. Siamo sicuri che non vi sono alternative? L'ammontare delle entrate derivanti dalla riduzione delle detrazioni, pari a 250 miliardi, Pag. 55è spalmata in 700 voci. I tagli alla disabilità e non autosufficienza, alla famiglia, cultura, istruzione e ricerca, operati dal precedente Governo, gridano vendetta. Ma la gridano anche gli sprechi, i privilegi e gli eccessi.
È arrivato il momento anche di considerare la praticabilità di un piano di dismissioni e infine una quota di risorse va liberata ad un piano più concreto ed incisivo di pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Riformiamo il Patto di stabilità interno che sta uccidendo e bloccando i comuni.
Insomma, signor Presidente, gli sforzi che stiamo facendo tutti per i primi risultati raggiunti e per le sfide che ancora ci attendono meritano fiducia e il Governo dunque esprime con la risoluzione condivisa con la maggioranza un voto favorevole al Documento ma al tempo stesso merita fiducia il Paese che sta passando il guado di una crisi che è anche cambiamento di paradigma, di pensiero e di comportamenti. Tra i tanti modi per dare ai cittadini la percezione di una buona politica oltre alla moralità pubblica e privata c'è sicuramente anche la capacità di offrire soluzioni e strumenti che consentano di non rendere vani sacrifici e intravedendo un'uscita dal tunnel. Anche per questo messaggio è arrivato il momento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Mario Pepe (Misto-R-A)).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnati delle classi III e IV delle sezioni B e C dell'istituto professionale «Fossombroni» di Arezzo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.

LUIGI CASERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le analisi economiche confermano che la gravità della situazione in Italia e in Europa non tende ad attenuarsi, per cercare di salvaguardare la stabilità finanziaria del nostro Paese non possiamo prescindere nel breve periodo da azioni rigorose sui conti pubblici. Oggi approviamo il Documento di economia e finanza che partendo da un'attenta lettura dei dati congiunturali deve contenere elementi che determinano una visione di medio periodo però contraddistinta da sviluppo e crescita e la risoluzione che presentiamo a prima firma Cicchitto contiene una serie di elementi atti a dimostrare questo.
In questi giorni sta avvenendo quello che alcuni attenti economisti stanno definendo l'attualizzazione delle possibilità di impoverimento di lungo periodo, usando un termine finanziario particolare, attualizzazione. Di solito si attualizzano in finanza i flussi di cassa, le entrate future, non le aspettative, ma in realtà il mondo occidentale sta attualizzando delle aspettative e cioè attualizza il fatto che elementi remoti nel tempo vengano visti con una visione odierna e quindi questa determinazione crea una crisi economica immediata.
Nei prossimi anni si assisterà ad uno sviluppo sempre più consistente dei grandi Paesi continente, la Cina, l'India e il Brasile, e ad un declino dei Paesi vecchi più sviluppati. Questo elemento determinerà innanzitutto la necessità fondamentale di contrapporre ai nuovi Paesi in via di sviluppo la più grande realtà economica attualmente esistente, l'Europa. O i singoli Paesi europei comprendono che l'azione economica comune deve essere svolta in sede europea per cercare di evitare il declino degli stessi singoli Paesi o i singoli Paesi sono destinati a impoverirsi, a cominciare dalla Germania.
In questo quadro noi italiani dobbiamo innanzitutto comprendere che le principali scelte di sviluppo vanno prese in sede europea, con logiche europee e con una cultura europea, pretendendo però che tutti i cittadini europei partecipino alle grandi scelte e che la politica economica europea sia determinata da un insieme di Paesi e non solo da una cultura dominante. Per far questo è necessario che l'Europa possa avere una politica monetaria, di bilancio e fiscale comuni, quindi si inizi con un ruolo diverso della BCE che possa avere tutti i poteri di una vera banca centrale con interventi sia sulla moneta che Pag. 56come prestatore di ultima istanza, e questo elemento è inserito nella risoluzione che andremo ad approvare. Inoltre un ruolo di governo sui singoli bilanci dei Paesi europei che passi sì, come già sta avvenendo, attraverso interventi di indirizzo sulle spese, ma anche con un sostegno alle spese per investimenti attraverso i project bond e di stabilizzazione di parte dei debiti dei singoli Paesi attraverso l'emissione di stability bond.
Vedete, ho sentito l'intervento dell'onorevole Baretta che ha criticato quello che ha fatto il vecchio Governo, poi ho sentito esaltare gli eurobond, che stavano all'interno del nostro programma di governo e avevamo chiesto diverse volte di inserire gli eurobond nelle azioni di politica europea (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Se l'Europa farà questo, sicuramente i singoli Paesi avranno un futuro migliore. L'azione di Governo deve quindi avere come obiettivo la crescita - lo stiamo dicendo un po' tutti - però vediamo come poter declinare crescita e crisi finanziaria. Come? Cercando innanzitutto di reperire le risorse da destinare alla crescita soprattutto attraverso una forte riduzione dello stock del debito. Noi lo stiamo dicendo da circa sei mesi e ci accingiamo a presentare un programma preciso nei prossimi giorni. Abbiamo presentato varie ipotesi e penso che il Governo debba destinare tutte le risorse, sia mentali che fisiche, per affrontare questo tema. Il grande problema dell'Italia in questo momento è il debito. Pensare di avanzare senza pensare di ridurre lo stock del debito è una missione impossibile (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In secondo luogo, occorre una forte riduzione della spesa improduttiva. Visto che in questi giorni anche autorevoli membri del Governo stanno parlando di spending review, noi riteniamo che si debba mettere mano velocemente alla riduzione della spesa improduttiva, avendo degli obiettivi alti, iniziando dai 15 miliardi di cui si parla, ma sicuramente la spesa improduttiva è molto più alta, attraverso la revisione della spesa, l'eliminazione di duplicazione della spesa, ma anche ad esempio attraverso l'applicazione dei costi standard. Ricordiamoci che per mesi in questo Governo abbiamo discusso di costi standard, è necessario che in questo Paese tutte le amministrazioni locali e centrali si avvicino alla migliore azione sia in termini di costo che in termini di servizio. Non è più possibile andare avanti senza una visione che porti il Paese a far sì che a Milano come a Roma, a Bologna come a Reggio Calabria, la pubblica amministrazione non paghi gli stessi servizi con lo stesso costo. Penso che il Governo anche su questo tema debba fare un'azione forte.
Il terzo elemento contenuto nella risoluzione su cui vogliamo porre l'attenzione è la riduzione della pressione fiscale. Non possiamo pensare di fare crescita e sviluppo con l'attuale pressione fiscale. Questo ce lo dicono tutti gli italiani che si accingono in questi giorni a pagare una rata pesante di IMU, ma ce lo dicono tutti gli imprenditori che pagano le tasse giorno dopo giorno. O pensiamo di ridurre la pressione fiscale in Italia, iniziando da impresa e lavoro, che vuol dire intervenire sui debiti reinvestiti nelle imprese, cercando di ridurre il cuneo fiscale, oppure pensare di parlare di crescita è una semplice utopia. Su questo il Governo deve assolutamente cercare di rafforzare la propria azione, iniziando già dalla delega fiscale, inserendo questo famoso fondo di riduzione della pressione fiscale. Solo attraverso questi elementi noi possiamo pensare di fare sviluppo. Dobbiamo pensare di recuperare le risorse dalla riduzione dello stock del debito, dalla riduzione della spesa improduttiva da destinare a riduzione delle tasse e ad investimenti produttivi, investimenti produttivi che devono essere fatti, come dicevo prima, in sede europea attraverso gli eurobond e i project bond e in sede italiana destinando le risorse che si rendano disponibili attraverso gli investimenti di cui questo Paese ha bisogno.
Questi sono i quattro elementi contenuti nella risoluzione a prima firma Cicchitto che noi volevamo mettere in evidenza, che secondo noi sono fondamentali Pag. 57per cercare di dare al nostro Paese una prospettiva di crescita futura. Infatti, senza una prospettiva e senza una speranza di crescita futura - ritorno al discorso iniziale - questo Paese non potrà crescere. Quindi l'obiettivo che abbiamo tutti noi, che ha però fondamentalmente il Governo, è di ridare speranza ai nostri cittadini e ai nostri imprenditori che questo Paese potrà uscire dal guado e avere un futuro migliore. Spero che oggi i temi che sono stati posti in evidenza, che sono in buona parte condivisi dalla maggioranza del Parlamento, possano essere presi dal Governo e trasferiti in proposte di legge concrete, per ridare speranza e un futuro migliore al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà per un minuto.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, sarò molto breve, impiegherò molto meno di un minuto. Signori sottosegretari, intervengo per dire che, pure essendo in linea con il Partito Democratico, non posso dimenticare di essere responsabile del partito a livello nazionale per i diritti dei disabili.
Questo documento non risponde in alcun modo, se non con dei «no», alla disabilità, e quindi dice «no» al dopo di noi, dice «no» alla non autosufficienza, dice «no» al problema delle barriere architettoniche, dice «no» ai trasporti.
Quindi, essendo io qui a rappresentare un gruppo di persone che non hanno voce per parlare, dirò anche io, oggi, per la prima volta, a questo Governo di «no». Non dirò mai «no» alla vostra fiducia, ma dirò «no» rispetto alla negazione che avete fatto dei diritti alle persone con disabilità.

PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. LVII, n. 5)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cicchitto, Franceschini, Galletti, Della Vedova, Moffa, Tabacci, Cambursano e Commercio n. 6-00109, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Coscia, Mario Pepe, Scilipoti, Osvaldo Napoli, Paladini, Papa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 456
Votanti 445
Astenuti 11
Maggioranza 223
Hanno votato 389
Hanno votato no 56
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che il deputato Pezzotta ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Sono così precluse tutte le altre risoluzioni presentate.

Modifica nella composizione dell'ufficio di Presidenza di un gruppo parlamentare (ore 17,35).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito delle dimissioni da presidente del gruppo parlamentare Unione di Centro per il Terzo Polo dell'onorevole Pier Ferdinando Casini, comunicate con lettera pervenuta in data 23 aprile 2012, l'onorevole Gian Luca Galletti, con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che l'assemblea Pag. 58del gruppo, riunitasi in data odierna, ha provveduto ad eleggerlo presidente del medesimo gruppo parlamentare e ha altresì eletto l'onorevole Roberto Rao componente del comitato direttivo in sostituzione dell'onorevole Pier Ferdinando Casini.
Ad entrambi i nostri migliori auguri di buon lavoro.

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di maggio 2012 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di maggio 2012:

Giovedì 3 maggio (ore 11 e pomeridiana):

Svolgimento di interpellanze urgenti.

Alle ore 15 avrà luogo lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time).

Martedì 8 maggio (antimeridiana, con eventuale prosecuzione al termine delle votazioni):
Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 4003 ed abbinate - Norme per consentire il trapianto parziale di polmone, pancreas e intestino tra persone viventi.
Discussione sulle linee generali delle mozioni:
Moffa ed altri n. 1-00978 e Lenzi ed altri n. 1-00955 concernenti iniziative in materia di governance dell'INPS;
Vernetti ed altri n. 1-00996 concernente iniziative per la tutela dei diritti umani e politici in Ucraina, con particolare riferimento alla vicenda dell'ex Primo ministro Yulia Tymoshenko e di altri esponenti politici.

Martedì 8 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 9 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 10 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 11 maggio) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
proposta di legge n. 4003 ed abbinate - Norme per consentire il trapianto parziale di polmone, pancreas e intestino tra persone viventi;
proposta di legge n. 3466 ed abbinati - Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni.

Seguito dell'esame delle mozioni:
Moffa ed altri n. 1-00978 e Lenzi ed altri n. 1-00955 concernenti iniziative in materia di governance dell'INPS;
Vernetti ed altri n. 1-00996 concernente iniziative per la tutela dei diritti umani e politici in Ucraina, con particolare riferimento alla vicenda dell'ex Primo ministro Yulia Tymoshenko e di altri esponenti politici.

Mercoledì 9 maggio, alle ore 16, avrà luogo l'esame del documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Barani (Doc. IV-quater, n. 20), e della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Papa (Doc. IV, n. 23).

Lunedì 14 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):
Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 3221 - Conversione in Pag. 59legge del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione - scadenza: 23 maggio 2012);

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:
n. 5123 - Misure per garantire la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti e dei movimenti politici (ove concluso dalla Commissione);
n. 3160 ed abbinate - Disposizioni concernenti il limite di altezza per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate.

Martedì 15 (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 16 e giovedì 17 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 18 maggio) (con votazioni):
Seguito dell'esame del disegno di legge S. 3221 - Conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, concernente disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione - scadenza: 23 maggio 2012).

Seguito dell'esame delle proposte di legge:
n. 5123 - Misure per garantire la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti e dei movimenti politici (ove concluso dalla Commissione);
n. 3160 ed abbinate - Disposizioni concernenti il limite di altezza per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate.

Seguito dell'esame delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948, Ciccanti ed altri n. 1-00970 e Ossorio ed altri n. 1-01011 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 21 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:
n. 749 ed abbinate - Modifiche al codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi;
n. 2744 ed abbinate - Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria, naturale e microbica.

Discussione sulle linee generali delle mozioni:
Volontè ed altri n. 1-00922 e Farina Coscioni ed altri n. 1-01016 concernenti iniziative per la tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico;
Donadi ed altri n. 1-00898 concernente iniziative per la revisione della normativa comunitaria in materia di tassazione del risparmio e per la negoziazione Pag. 60di accordi fiscali con Paesi terzi, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

Martedì 22 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 23 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 24 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame delle proposte di legge:
n. 2094 - Modifiche al codice di procedura penale per la definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto;
n. 749 ed abbinate - Modifiche al codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi;
n. 2744 ed abbinate - Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria, naturale e microbica.

Seguito dell'esame delle mozioni:
Volontè ed altri n. 1-00922 e Farina Coscioni ed altri n. 1-01016 concernenti iniziative per la tutela del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico;
Donadi ed altri n. 1-00898 concernente iniziative per la revisione della normativa comunitaria in materia di tassazione del risparmio e per la negoziazione di accordi fiscali con Paesi terzi, con particolare riferimento alla Confederazione elvetica.

Nel corso della settimana avranno luogo le votazioni per l'elezione di un componente del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, di due componenti del Garante per la protezione dei dati personali e di due componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Nel corso della settimana potrà altresì avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 28 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
disegno di legge n. 4434 ed abbinate - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato);
proposta di legge n. 5058 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (Approvata dal Senato);
proposta di legge n. 244 ed abbinate - Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione in materia di democrazia interna dei partiti politici e norme in materia di finanziamenti pubblici e privati destinati ai medesimi soggetti. Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle leggi concernenti l'organizzazione e il finanziamento dei partiti politici;
proposta di legge n. 1895 ed abbinata - Modifiche al titolo XI del libro quinto del codice civile concernenti la disciplina sanzionatoria in materia di false comunicazioni sociali e di altri illeciti societari.

Discussione sulle linee generali delle mozioni:
Mantovano ed altri n. 1-00983, Fiano ed altri n. 1-01007 e Di Biagio ed altri n. 1-01018 concernenti iniziative in materia previdenziale per il personale dei comparti della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico;
Mecacci ed altri n. 1-00899 concernente iniziative politico-diplomatiche in relazione alla vicenda del cittadino russo Sergei Magnitsky.

Pag. 61

Martedì 29 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 30 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 31 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 1o giugno) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 4434 ed abbinate - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato);
proposta di legge n. 5058 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 (Approvata dal Senato);
proposta di legge n. 244 ed abbinate - Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione in materia di democrazia interna dei partiti politici e norme in materia di finanziamenti pubblici e privati destinati ai medesimi soggetti. Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle leggi concernenti l'organizzazione e il finanziamento dei partiti politici;
proposta di legge n. 1895 ed abbinata - Modifiche al titolo XI del libro quinto del codice civile concernenti la disciplina sanzionatoria in materia di false comunicazioni sociali e di altri illeciti societari.

Seguito dell'esame delle mozioni:
Mantovano ed altri n. 1-00983, Fiano ed altri n. 1-01007 e Di Biagio ed altri n. 1-01018 concernenti iniziative in materia previdenziale per il personale dei comparti della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico;
Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971, Di Stanislao ed altri n. 1-00987, Misiti ed altri n. 1-00988, Dozzo ed altri n. 1-00989, Pianetta ed altri n. 1-00993, Moffa ed altri n. 1-01004 e Ossorio ed altri n. 1-01009 concernenti misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice NATO;
Mecacci ed altri n. 1-00899 concernente iniziative politico-diplomatiche in relazione alla vicenda del cittadino russo Sergei Magnitsky.

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15).

Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti il giovedì o il venerdì, secondo l'andamento dei lavori.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di ulteriori documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Per quanto riguarda la discussione dei progetti di legge n. 5123, 4434 ed abbinate, 5058, 244 ed abbinate e 1895 ed abbinata, l'organizzazione dei tempi sarà valutata sulla base del testo che verrà licenziato dalle rispettive Commissioni di merito.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Pag. 62

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 3 maggio 2012, alle 11:

1. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

(Ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 17,40.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO AMEDEO CICCANTI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. LVII, n. 5.

AMEDEO CICCANTI, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza (DEF) oggi in esame costituisce il secondo documento di programmazione adottato a seguito dell'avvio, lo scorso anno, del nuovo processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri che si realizza nell'ambito del cosiddetto Semestre europeo.
Il documento s'innesta nell'ambito di un quadro regolatorio - comunitario e nazionale - che a seguito del riacutizzarsi della crisi dei debiti sovrani ha subito una forte evoluzione.
Con l'approvazione dei sei provvedimenti normativi dell'Unione europea che compongono il cosiddetto six pack, e con la prossima definizione degli ulteriori due regolamenti comunitari (cosiddetto two pack), che mirano a completare e rafforzare il pacchetto di riforme, rendendo più efficaci sia la procedura del semestre europeo, sia la parte preventiva e correttiva del nuovo Patto di stabilità e crescita, viene a configurarsi un complesso e sofisticato intreccio di norme e procedure destinato a cambiare radicalmente l'approccio alla politica economica degli Stati membri dell'Unione.
Tale nuovo assetto - che sarà a breve «consacrato» anche nell'ambito del «patto di bilancio» prospettato nel Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (cosiddetto Fiscal compact), firmato il 2 marzo 2012 e in corso di ratifica presso il Senato - introduce elementi di novità politico-istituzionali tali da configurare, implicitamente, una sostanziale modifica della Costituzione economica nazionale, anche al di là di quanto recentemente previsto nella riforma costituzionale che ha introdotto i principi del pareggio di bilancio e della sostenibilità del debito di tutte le amministrazioni pubbliche.
L'impatto della recente normativa comunitaria assume, infatti, una valenza che non si limita ad assicurare il consolidamento delle finanze pubbliche attraverso il rafforzamento delle regole e delle procedure per il rispetto dei parametri fissati dall'Unione relativi ai disavanzi e al debito, ma coinvolge le metodologie di analisi degli squilibri macroeconomici, le modalità e gli strumenti di definizione delle politiche pubbliche entro obiettivi squisitamente «politici» predefiniti e i tempi di attuazione delle stesse.
La politica economica nazionale di medio-lungo periodo s'inquadra ormai compiutamente entro la Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e solidale, la quale indica dettagliati target quantitativi e qualitativi cui devono tendere i programmi nazionali di riforma degli Stati membri in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale.
Il rigore finanziario, il rilancio della crescita e l'equità sociale - indicati dal Governo nel DEF quali assi portanti della politica economica nazionale - rispecchiano dunque perfettamente, sul piano domestico, gli indirizzi generali della politica comunitaria, e fanno sì che il margine Pag. 63di discrezionalità - o forse alcuni preferiscono parlare di «sovranità» - delle opzioni di policy nazionali debba necessariamente dispiegarsi all'interno della cornice istituzionale, metodologica e programmatica tracciata in sede europea.
Cornice che individua nel risanamento dei conti pubblici e nelle riforme strutturali i presupposti ineludibili per elevare il potenziale di crescita dell'economia e riattivare un percorso di sviluppo solido, sostenibile e duraturo.
Su questo punto, di fronte alle drammatiche e purtroppo crescenti ripercussioni sul piano dell'occupazione e della coesione sociale derivanti dalla crisi economico-finanziaria, il dibattito politico nazionale si fa spesso aspro.
Vi è chi, sulla base di un approccio di stampo neo-keynesiano, invoca il ricorso a politiche anticicliche di spesa, per fare fronte alla forte caduta degli investimenti produttivi e rilanciare per questa via l'occupazione.
O chi, giustamente, stigmatizza l'insopportabile livello raggiunto dalla pressione fiscale, auspicando interventi di alleggerimento del prelievo sulle famiglie e le fasce più deboli e con una più alta propensione al consumo, per rafforzare una domanda aggregata divenuta ormai asfittica.
Tutte queste posizioni, legittime e non prive di fondamento, s'infrangono dinanzi allo sguardo severo dei mercati finanziari, che non consente esitazioni, impedendo di rallentare il processo di consolidamento finanziario, pena il rischio dell'avvitamento in un circuito di bassa crescita e alti costi sul servizio del debito, che oltre a mettere davvero a repentaglio la sicurezza economica del Paese, potrebbe determinare effetti di contagio e avere serie ripercussioni sulla stessa tenuta della moneta unica.
In questo quadro, emerge l'approccio estremamente pragmatico enunciato dal Governo del DEF, che pur prendendo atto del fatto che il cuore del problema italiano è tornare a crescere e che non c'è ragione per rassegnarsi ad avere un tasso di sviluppo ormai da troppi anni costantemente sotto la media dell'Eurozona, rileva come nell'attuale fase la crescita non possa essere sorretta da stimoli espansivi della spesa pubblica, né, tantomeno, da politiche orientate alla mera competitività dei costi agendo sul versante delle dinamiche salariali, essendo improbabile contrastare la competitività delle economie emergenti conseguita con bassi costi del lavoro e minori diritti sociali.
Secondo il Governo occorre, piuttosto, agire in modo incisivo con riforme strutturali, volte a elevare la produttività totale dei fattori, iniettando nel sistema economico più efficienza, anche nella PA, più produttività - valorizzando il capitale umano e la capacità d'innovazione e d'investimento delle imprese - e più competitività e concorrenza nel mercato dei prodotti e di servizi, puntando al contempo su settori strategici e con grandi potenzialità, quali quelli connessi alla green economy e all'economia digitale.
Si tratta di una prospettiva strategica di medio-lungo periodo, ma che anche nel breve è destinata, come ci dimostrano le simulazioni effettuate nel DEF, ad avere impatti positivi sull'andamento di tutte le principali variabili macroeconomiche.
È del resto solo attraverso l'adozione di una «strategia binaria», orientata al contempo e con la medesima intensità e tempistica, sia al rigore che alla crescita, che è possibile evitare quel circolo vizioso in base al quale l'eccessiva contrazione della domanda aggregata derivante dalle misure di risanamento genera ulteriori rallentamenti della crescita, che a loro volta rendono più complesso il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e impongono nuove manovre di aggiustamento che condannano il Paese ad un impoverimento progressivo.
In questo scenario, prima di esporre, sinteticamente, i contenuti del documento all'esame della Commissione, ritengo necessario svolgere alcune brevissime considerazioni sul percorso di integrazione europea, un percorso avviato il secolo scorso ma ormai giunto a un bivio.
Al riguardo, rilevo che il nuovo assetto della governance economica europea, che a breve dovrebbe essere portato a compimento Pag. 64con l'approvazione del citato two pack e la ratifica del Fiscal compact, introduce norme e procedure per una sempre più stretta sorveglianza, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e di bilancio e per il coerente perseguimento degli obiettivi definiti dalla Strategia Europa 2020.
Se entro la sessione del prossimo 12 giugno il Parlamento europeo approverà le ultime proposta della Commissione di ulteriore modifica del Patto di Stabilità, a partire dalla prossima sessione di bilancio, il disegno di legge di stabilità e il disegno di legge di bilancio che saranno presentati dal Governo saranno valutati dalla Commissione europea, e qualora essa ritenesse il progetto di bilancio non conforme agli obblighi imposti dal Patto di Stabilità, potrebbe addirittura chiedere, entro due settimane dalla ricezione del progetto, la presentazione di un progetto di bilancio rivisto; al termine dell'esame del progetto di bilancio, al più tardi entro il 30 novembre di ogni anno, la Commissione adotterebbe, se necessario, un parere sul progetto stesso, da sottoporre alla valutazione dell'Eurogruppo.
Nella valutazione della prossima manovra triennale di bilancio la Commissione dovrà, pertanto, valutare, nel concreto e «numeri alla mano», il rispetto delle regole fiscali introdotte nell'ambito del Patto di stabilità rivisto, tra cui figurano, come è noto, quella concernente la riduzione - dopo il periodo transitorio che terminerà nel 2015 - di 1/20 dell'eccedenza del debito, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60 per cento, e la nuova regola della spesa, in base alla quale anche nei paesi che conseguono il proprio obiettivo di medio termine, l'aggregato di spesa della PA, espresso in termini reali al netto di alcune componenti, deve evolversi in linea con il tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale, che in Italia risulta molto basso (0,3 per cento).
Questi brevi cenni testimoniano l'estremo livello di compenetrazione raggiunto tra le politiche fiscali nazionali e comunitarie e credo rendano l'idea di come l'orizzonte che abbiamo dinanzi possa essere considerato ormai maturo per compiere un salto di qualità e promuovere una vera e più intensa unificazione «politica» dell'Unione europea, premessa necessaria per ridisegnare l'architettura, il ruolo e funzioni delle istituzioni europee, a cominciare da quello della BCE, e rafforzare in tal modo non solo il potenziale di crescita economica, ma anche il ruolo geopolitico dell'area in uno scenario globale che vede ormai come attori grandi blocchi di paesi.
Non è questa, forse, la sede propria per approfondire un dibattito di simile portata, ma credo che al di là delle diagnosi macroeconomiche e delle ricette di politica economica e di bilancio, il Parlamento italiano debba avviare una seria riflessione sui meccanismi della rappresentanza democratica, per verificare se il maggiore coinvolgimento dei Parlamenti nazioni nelle politiche europee sancito dal Trattato di Lisbona sia ancora sufficiente, nel mutato quadro della governance economica europea, ad assicurare la legittimazione democratica di scelte spesso ad alta intensità tecnica assunte dagli organismi comunitari, ma che celano in sé opzioni politiche fondamentali, destinate a proiettarsi nel tempo e nello spazio e ad incidere profondamente sulla vita dei cittadini e sull'attività delle imprese e di tutti gli operatori economici.
Le recenti innovazioni della governance economica europea hanno contribuito, almeno in parte, a smussare le critiche da più parti rivolte alle istituzioni comunitarie per il maggior peso da esse attribuito ai parametri finanziari rispetto agli obiettivi di crescita, occupazione e sostenibilità. L'intera impalcatura del Semestre europeo sembra ora incrociare in modo abbastanza coerente il percorso di risanamento strutturale delle finanze pubbliche con le analisi degli squilibri macroeconomici di ciascun paese e il livello di avanzamento delle riforme volte a conseguire i target nazionali nelle politiche sottese alla Strategia 2020.
Rimane però sullo sfondo il peso eccessivo attribuito alla sfera inter-governativa e alle tecnocrazie europee, rispetto al Pag. 65ruolo delle istituzioni democratiche e rappresentative, e va al contempo sviluppata ulteriormente una cultura economica che sappia davvero innalzare - con incisive azioni comunitarie anche di sostegno alla domanda interna - il potenziale di crescita dell'Area, per superare i differenziali che si registrano da anni con altre economie avanzate - in primo luogo gli Stati Uniti - e fronteggiare l'aggressività dei paesi emergenti e in via di sviluppo.
Per superare questi ostacoli occorre il rilancio di una forte iniziativa politica, che il Governo, con il convinto supporto del Parlamento, dovrà portare avanti con autorevolezza e determinazione.
Svolte queste premesse, e venendo al contenuto specifico del DEF, ricordo che la prima sezione espone il Programma di Stabilità, indicando il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica e degli obiettivi per l'anno in corso e il triennio successivo, con l'enunciazione degli effetti finanziari dei provvedimenti adottati nel corso del 2011 e nella prima parte dell'anno in corso, mentre la seconda sezione reca un'analisi dettagliata sulle tendenze della finanza pubblica, i risultati e le previsioni dei conti dei principali settori, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche.
In tale ambito, il DEF provvede anzitutto ad aggiornare le previsioni di crescita del prodotto alla luce del complessivo indebolimento del ciclo economico emerso nell'ultima fase dello scorso anno - in cui il PIL è cresciuto dello 0,4 per cento - rivedendo al ribasso di 0,8 punti percentuali le stime sull'andamento dell'economia italiana per il 2012, anno in cui si prevede una contrazione del prodotto dell'1,2 per cento, a fronte del -0,4 per cento indicato nella Relazione al Parlamento presentata nel dicembre scorso.
Tale scenario negativo riflette i segnali di rallentamento della crescita emersi negli ultimi due trimestri, in cui si è verificata un'inversione del ciclo, rispetto alla moderata ripresa dell'economia italiana registrata nella prima parte del 2011, imputabile a fattori esterni - quali il rallentamento dell'economia mondiale e il contestuale inasprimento delle tensioni sui debiti sovrani dell'area dell'euro - e interni - quali la debolezza della domanda interna, che ha risentito del clima d'incertezza e del peso dell'aggiustamento fiscale, e la restrizione del credito all'economia.
L'andamento congiunturale è atteso permanere debole per tutto il primo semestre del 2012, in ragione della debolezza della domanda interna e degli effetti di trasmissione delle tensioni sul mercato del credito, mentre un graduale miglioramento è atteso nella seconda parte dell'anno.
Una crescita ancora modesta è indicata per gli anni successivi. In particolare, nel 2013 il PIL è previsto crescere a un ritmo pari allo 0,5 per cento, per poi accelerare a partire dal 2014, con una crescita dell'1 per cento e dell'1,2 per cento nel 2015.
Tali stime appaiono sostanzialmente in linea con quelle formulate dalla Commissione europea - che indica una contrazione del PIL dell'Italia nel 2012 dell'1,3 per cento - e più ottimistiche invece di quelle del Fondo Monetario Internazionale, che nel più recente rapporto di aprile 2012 stima una flessione del PIL pari all'1,9 per cento nel 2012 e allo 0.3 per cento anche nel 2013.
Nel complesso, il DEF sottolinea come le prospettive economiche per l'Italia siano influenzate in primo luogo dall'evoluzione dello scenario globale e in particolare europeo, che presenta taluni rischi al ribasso - imputabili in primo luogo a una possibile recrudescenza della crisi del debito sovrano, al rallentamento delle economie emergenti e alle tensioni sui prezzi delle materie prime anche per ragioni geopolitiche -, ma anche potenzialità espansive, che potrebbero derivare da una più solida ripresa dell'economia statunitense e, nell'area dell'euro, dagli effetti delle riforme strutturali attuate e in via di elaborazione.
Sul piano interno, il PNR evidenzia, invece, in modo dettagliato, i problemi strutturali alla base del progressivo indebolimento della capacità di crescita dell'economia italiana rispetto alla media dell'Area Pag. 66dell'euro. Problemi che hanno influenzato la bassa crescita nel 2011 e che si riflettono in parte anche sulla crescita dei prossimi anni, tra i quali vi è soprattutto la scarsa dinamica della produttività, il cui andamento in Italia è stato comparativamente più debole rispetto a quello, pur in flessione, registrato nell'area dell'euro, ed è entrato in territorio negativo nell'ultimo decennio.
La minore crescita della produttività si è tradotta in una minore competitività sui mercati internazionali, tramite l'aumento del costo unitario del lavoro, che ha determinato saldi commerciali negativi e una perdita di quote di mercato sui mercati globali.
In proposito, il PNR offre alcune importanti indicazioni in ordine ai fattori alla base della riduzione della produttività italiana, rilevando come tra questi si possano annoverare: a) la diminuzione del peso relativo del settore manifatturiero e l'aumento di quello dei servizi, caratterizzato da un più elevato impiego del fattore lavoro, da livelli di efficienza inferiori e da una minore esposizione alla concorrenza internazionale: b) un modello di sviluppo basato prevalentemente sulle PMI manifatturiere, che mostrano una minore capacità di assorbimento di nuove tecnologie e di penetrazione sui mercati internazionali, in particolare su quelli dei paesi emergenti; c) una minore qualificazione del capitale umano.
In linea generale, il documento afferma - e questa analisi appare condivisibile benché non del tutto esaustiva - come il problema della produttività sia largamente dovuto a una ridotta crescita della produttività totale dei fattori (TFP) e, in misura inferiore, al basso contributo del capital deepening in particolare, il DEF, richiamando l'Alert Mechanism Report dello scorso febbraio, previsto dalla nuova procedura per la prevenzione degli squilibri macroeconomici, sottolinea come la perdita di quote sul mercato delle esportazioni sia un indice significativo della più generale perdita di competitività dell'Italia, che trova riscontro anche in un andamento non positivo del saldo della bilancia delle partite correnti, passato dal -0,5 per cento nel 2000 al -3,5 per cento del 2010. Le cause della diminuzione di competitività - che peraltro avviene in un contesto europeo di generale perdita di competitività - sono riconducibili non solo alle caratteristiche delle imprese esportatrici italiane, di ridotte dimensioni e con notevole inerzia nella specializzazione settoriale e geografica dei prodotti, ma anche al contesto istituzionale e macroeconomico nazionale, che registra una preminenza di settori in declino, una scarsa capacità di formazione ed utilizzazione di lavoratori con qualificazioni elevate, la riduzione della produttività totale dei fattori, in dipendenza di variabili riconducibili alla dotazione di infrastrutture, alla concorrenza (che incide poco sui servizi), all'innovazione. Ciò è alla base della crescita eccessiva del CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto), che determina effetti sfavorevoli sulla capacità di competere con i concorrenti esteri sul fronte dei costi.
Nel decennio 2001-2010 il CLUP e il tasso di cambio effettivo reale (basato sull'indice dei prezzi al consumo) hanno ripetutamente superato i valori di allerta indicati dalla Commissione. In tale periodo il tasso di variazione del CLUP (calcolato come variazione rispetto ai tre anni precedenti) è sempre stato positivo compreso tra il 5 e il 10 per cento. L'impossibilità di ricorrere (come avveniva in passato) a svalutazioni competitive non ha consentito di compensare, con variazioni del cambio nominale, il mancato contenimento dei costi. Si è, pertanto, determinato un pressoché continuo apprezzamento del tasso di cambio effettivo reale, con conseguente perdita di competitività.
In termini di crescita annua, dall'accordo di Maastricht ad oggi, il CLUP italiano, dato dal rapporto tra costo unitario del lavoro e produttività, è cresciuto ad un ritmo medio del 2,2 per cento, contro lo 0,5 della Germania. Poiché, secondo quanto riportato dalla Commissione Europea, il tasso di crescita dei salari nominali dell'Italia nell'ultimo decennio ha seguito l'andamento della media della zona Euro, il deterioramento della competitività Pag. 67di costo sembrerebbe ascrivibile, principalmente, al denominatore, ossia la produttività.
Il deterioramento della competitività che ne è derivato si è riflesso, a sua volta, nei costanti disavanzi delle partite correnti (in media intorno all'1,3 per cento del PIL), che hanno portato a un peggioramento della posizione debitoria nei confronti dell'estero e alla perdita di quote di mercato da parte dell'Italia.
Come evidenziato dalla Commissione europea, questa perdita di competitività si è tradotta in una crescita economica stagnante nell'ultimo decennio e in un tasso di disoccupazione elevato.
Rispetto ai risultati, modesti, raggiunti nel 2011, dal quadro macroeconomico contenuto nel DEF si evince come tutte le variabili manifestino un rallentamento nell'anno in corso. In particolare, si evidenzia la debolezza della domanda interna, solo in parte compensata da un contributo positivo delle esportazioni, e un forte deterioramento del mercato del lavoro.
In particolare, i consumi delle famiglie sono attesi ridursi nel 2012 dell'1,7 per cento, per poi riprendere a crescere gradualmente nel periodo 2013-2015, a un ritmo molto modesto (rispettivamente, dello 0,2, 0,5 e 0,7 per cento); sulla ripresa dei consumi privati pesa comunque l'indebolimento del mercato del lavoro.
La spesa pubblica dovrebbe continuare a contrarsi fino al 2014, per poi registrare un live aumento nell'ultimo anno del quadro previsivo.
Anche gli investimenti fissi lordi rifletterebbero la debolezza della domanda nell'anno in corso, registrando un'ulteriore diminuzione del 3,5 per cento, in conseguenza soprattutto della dinamica negativa degli investimenti in macchinari e attrezzature (-5,5 per cento), cui si somma una contrazione degli investimenti in costruzioni dell'1,6 per cento, meno intensa di quella registrata nel 2011. Gli investimenti fissi dovrebbero tornare a espandersi nel triennio successivo, sino a giungere a un valore positivo del 2,8 per cento nel 2015. In particolare, gli investimenti in macchinari sono previsti crescere in media del 3,6 per cento, mentre quelli in costruzioni tornerebbero a crescere a partire dal 2013, in media nel triennio dell'1,0 per cento.
Anche le importazioni presenterebbero un andamento negativo, registrando un calo del 2,3 per cento nel 2012, per poi recuperare negli anni successivi, fino al 3,9 per cento nel 2015.
Le esportazioni - che hanno costituito il traino della crescita economica nel 2010 e nel 2011 - continuerebbero invece a manifestare un andamento positivo anche nell'anno 2012 (1,2 per cento), sebbene assai meno brillante di quello registrato nel biennio precedente. Le esportazioni sono attese in crescita anche nel triennio successivo a un livello medio del 3,6 per cento.
Per quanto concerne la bilancia dei pagamenti, il saldo corrente è stimato migliorare sensibilmente, passando dal -3,1 per cento nel 2011 al -1,3 per cento nel 2015.
Particolarmente preoccupante appare la dinamica del mercato del lavoro, per il quale il DEF stima nel 2012 è una contrazione dell'occupazione misurata in unità di lavoro standard dello 0,6 per cento e un aumento del tasso di disoccupazione al 9,3 per cento, 0,9 punti percentuali in più rispetto al biennio precedente.
In particolare, il peggioramento della disoccupazione si è concentrato principalmente sulle generazioni più giovani, toccando il 32 per cento, con un picco del 44,9 per cento nel Meridione. Infine, nell'ultimo anno è aumentato il dualismo del mercato del lavoro, in quanto i contratti a tempo indeterminato sono diminuiti dello 0,8 per cento e quelli a tempo determinato sono aumentati del 4,7 per cento.
Una ripresa occupazionale è attesa realizzarsi soltanto a partire dal 2013, anno in cui l'occupazione, in termini di ULA, segnerebbe un valore positivo, fino a giungere allo 0,6 per cento nel 2015.
Il tasso di disoccupazione, pur collocandosi su un sentiero progressivamente decrescente, si manterrebbe al di sotto del Pag. 68livello registrato nel biennio 2010-2011 per tutto il periodo, attestandosi all'8,6 per cento nel 2015.
Con riferimento al quadro macroeconomico, il DEF reca interessanti valutazioni sia dell'impatto derivante dall'insieme degli interventi correttivi adottati nel 2011, sia dell'impatto sulla crescita imputabile ai più recenti interventi in materia di liberalizzazioni e semplificazioni.
Quanto alla prima analisi, le simulazioni effettuate con il modello econometrico del Tesoro (ITEM), evidenziano come l'insieme delle manovre di risanamento dei conti pubblici produca effetti negativi sul livello di attività economica, con un impatto complessivo sul PIL nei tre anni considerati (2012-2014), calcolato come differenza cumulata rispetto alla simulazione base tra i tassi di variazione, pari a 2,6 punti percentuali. Un impatto recessivo meno pronunciato (2,1 punti percentuali) rispetto alla simulazione su modello ITEM, si evince utilizzando un diverso strumento, il modello QUEST, sviluppato dalla Commissione Europea ed adattato all'economia italiana, che a differenza di ITEM tiene conto di alcuni meccanismi in grado di generare possibili effetti positivi sulla spesa privata a seguito di politiche credibili di risanamento della finanza pubblica.
Quanto ai possibili impatti determinati dai provvedimenti di liberalizzazione e semplificazione, con riferimento, in particolare ai decreti-legge n. 1 del 2012 e n. 5 del 2012, utilizzando il sistema QUEST sopra richiamato si determinerebbero, nel loro complesso, effetti positivi sulla crescita pari a 2,4 punti percentuali in un arco temporale di nove anni (2012-2020), con un impatto medio annuo di circa 0,3 punti percentuali, che risulta più accentuato nella prima parte del periodo.
Per quanto concerne la finanza pubblica, nel corso del 2011 l'Italia ha compiuto un consistente sforzo di risanamento dei conti, contemperando l'esigenza di consolidamento della finanza pubblica con interventi a favore della crescita economica e dell'equità.
L'azione di riequilibrio dei conti pubblici in vista in vista del raggiungimento del pareggio di bilancio è stata sviluppata in fasi successive e ha richiesto l'adozione di tre distinte manovre correttive, anche a fronte del peggioramento delle prospettive di crescita economica e della riaccendersi delle turbolenze sui mercati finanziari e delle tensioni sui debiti sovrani.
Il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2012-2015 contenuto nel DEF evidenzia come le misure adottate nella seconda metà del 2011 - dapprima il decreto-legge n. 98 del luglio 2011, volto a realizzare il pareggio di bilancio fissato nel DEF 2011 al 2014, poi il decreto-legge n. 138 dell'agosto 2011, finalizzato all'anticipo del pareggio già nel 2013 e, infine, il decreto-legge n. 201 del 2011, varato dal nuovo Governo a dicembre in presenza di un ulteriore indebolimento del quadro macroeconomico - consentano di confermare sostanzialmente il percorso di risanamento finanziario tracciato nella Relazione al Parlamento del dicembre scorso e dunque di raggiungere, nel 2013, il pareggio di bilancio in termini strutturali, in conformità con l'obiettivo concordato in sede europea.
In particolare, nel 2012 l'indebitamento netto scenderebbe al -1,7 per cento, al di sotto dunque del valore di riferimento del 3 per cento, riducendosi poi progressivamente negli anni successivi fino al stabilizzarsi su una situazione di pareggio nel 2015. In termini strutturali, tuttavia, ossia al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum, il pareggio di bilancio si realizza già nel 2013, anno in cui dovrebbe registrarsi un surplus strutturale pari allo 0,6 per cento del PIL, che oltrepassa, con ampio margine, l'obiettivo di bilancio di medio periodo (MTO) previsto dal Patto di Stabilità e crescita.
Negli anni successivi il saldo strutturale continua a mantenersi al di sopra dell'MTO.
Se tali previsioni trovassero puntuale conferma nel concreto andamento dei saldi di finanza pubblica, fin dal prossimo anno potrebbero rinvenirsi, pur nel rigoroso rispetto del Patto di stabilità, spazi di manovra Pag. 69per l'attuazione di misure atte ad incrementare il potenziale di crescita, che dovrebbero essere prioritariamente orientate a rilanciare le spese in conto capitale e ad alleggerire il prelievo fiscale sulle famiglie per sostenere i consumi e per questa via imprimere nuovo slancio alla domanda interna.
Inoltre, ulteriori margini di manovra potrebbero derivare dalla ulteriore emersione di base imponibile connessa al rafforzamento degli strumenti di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale - i cui effetti non sono prudenzialmente computati dal Governo nella definizione degli andamenti tendenziali dei saldi - i cui proventi dovrebbero essere, almeno in parte, destinati, in linea con quanto affermato nel DEF, alla riduzione delle aliquote fiscali nell'ambito di un più ampio disegno di riordino della fiscalità.
Il progressivo miglioramento del saldo strutturale e la ricostruzione di un consistente avanzo primario - previsto in aumento dal 3,6 per cento del PIL per l'anno in corso al 5,7 per cento nel 2015 - consentiranno inoltre la riattivazione, dal 2013, del percorso di discesa del debito pubblico in rapporto al PIL.
Per quanto concerne, in particolare, il debito pubblico, il nuovo quadro di finanza pubblica indica un'evoluzione ancora crescente per il primo anno di previsione.
Per il 2012 il rapporto debito/PIL dovrebbe attestarsi al 123,4 per cento, un dato di circa 3,9 punti superiore alla previsione riportata nel DEF dello scorso anno, che vedeva il 2012 come primo anno di inversione del trend.
In merito il DEF 2012 sottolinea come la dinamica del debito risulti influenzata, oltre che dall'andamento del fabbisogno e dal rallentamento della dinamica del PIL nominale, anche dai prestiti erogati dall'Italia ai paesi dell'area euro.
Al riguardo, il Documento riporta che l'ammontare previsto delle emissioni di debito EFSF, per la quota italiana, sarà pari a circa 29,5 miliardi di euro, cui vanno aggiunte le tranche di pagamento per la costituzione del capitale dell'organismo permanente ESM (European Stability Mechanism), pari a circa 5,6 miliardi per il 2012. Si tratta di interventi non previsti nella stima dello scorso anno, che rappresentano circa il 2,2 per cento del PIL, vale a dire 2,0 punti percentuali in più rispetto alla stima dello scorso anno.
Le stime per il 2014 e il 2015, che vedono il debito in rapporto al PIL attestarsi rispettivamente al 118,5 e al 114,4 per cento, evidenzia una riduzione significativa, essenzialmente conseguente all'entità dell'aggiustamento derivante dalle manovre di finanza pubblica approvate nel 2011.
Con riferimento, infine, alla nuova regola del debito introdotta nel Patto di stabilità e crescita con il cosiddetto six pack - che prevede dopo il 2015 la riduzione del debito a un ritmo medio di 1/20 dell'eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60 per cento in rapporto al PIL - il DEF segnala come sulla base delle ipotesi di finanza pubblica indicate, l'Italia risulterebbe in grado di rispettare il benchmark imposto dalla regola nel corso del periodo 2016-2018.
In proposito, rilevo peraltro come una consistente accelerazione della traiettoria di discesa del rapporto debito/PIL potrebbe essere impressa dall'adozione di un piano straordinario, anche mediante l'utilizzo di modelli di finanza strutturata, per la valorizzazione e dismissione dell'ingente patrimonio pubblico. Ciò comporterebbe la necessità di definire, in conformità al principio di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni previsto nella recente riforma costituzione che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio, un coinvolgimento anche degli enti territoriali, chiamati a fare la loro parte nel processo mediante intese volte a rimuovere gli ostacoli normativi e burocratici, non solo di carattere urbanistico, che possono impedire una compiuta valorizzazione del patrimonio, in particolare di quello immobiliare.
In ogni caso, occorrerà, come affermato nel DEF, supportare adeguatamente la ricognizione del patrimonio immobiliare Pag. 70delle Amministrazioni pubbliche, rafforzando al contempo il processo, avviato con la legge di finanziaria 2010, di valorizzazione del patrimonio pubblico a prezzi di mercato.
Più in dettaglio, mentre per il 2012 la riduzione dell'indebitamento netto è da riconnettersi principalmente a un consistente incremento delle entrate finali, l'andamento dell'indebitamento netto tendenziale previsto per gli anni 2013-2015 sarebbe sostanzialmente legato, secondo quanto riportato nel Documento, ad un andamento delle spese in graduale riduzione in rapporto al PIL.
Il quadro di previsione di finanza pubblica esposto nel DEF evidenzia, infatti, per quanto concerne le entrate finali, dopo un consistente aumento nel primo anno di previsione rispetto all'anno precedente (pari a 2,6 per cento punti percentuali di incidenza sul Pil, dal 46,6 al 49,2 per cento) un andamento sostanzialmente stabile negli anni successivi, posizionandosi al 49,1 per cento del PIL nel 2015. Analogo andamento presentano le entrate tributarie, che passano dal 28,8 per cento del PIL del 2011 al 31,2 per cento nel 2012 e, dopo un incremento annuo dello 0,4 per cento nel 2013, si prevede che tornino su valore pari al 48,7 per cento nell'anno terminale del periodo. Viene precisato che l'aumento 2012 delle entrate tributarie deriva dalle misure contenute nelle manovre adottate nel 2011, mentre per gli anni successivi la crescita risulta correlata all'aumento delle entrate Irpef ed Iva derivanti dal miglioramento del quadro macroeconomico.
La pressione fiscale, anche essa in aumento nel primo anno rispetto al 2011 (dal 42,5 al 45,1 per cento del PIL) cresce lievemente nel successivo biennio, per poi attestarsi al 44,9 per cento nel 2015.
Per quanto concerne la spesa, il quadro previsionale ne evidenzia un complessivo percorso di riduzione, con le spese finali che prevedono diminuire la loro incidenza sul PIL di circa 1,8 punti percentuali, dal 50,9 per cento del 2012 al 49,1 del 2015, per effetto principalmente di una riduzione della spesa corrente al netto interessi, che diminuisce, nel periodo, di 2 punti percentuali di PIL, nonché delle spese in conto capitale, pur con una riduzione molto più contenuta, dello 0,2 per cento (dal 3 per cento di Pil nel 2012 al 2,8 per cento nel 2015).
In ordine a tale ultima categoria di spesa il DEF evidenzia come la minor diminuzione rispetto a quella primaria sia dovuta alla necessità di realizzare un miglioramento della finanza pubblica che consenta di destinare nel tempo più risorse alla spesa per lo sviluppo.
Per quanto concerne la spesa per interessi, essa, già aumentata di 0,4 punti percentuali di PIL nel 2012 rispetto al 2011, continua ad aumentare anche negli anni successivi, fino alla quota percentuale di PIL del 5,8 per cento, a causa delle note tensioni connesse alle difficoltà sui debiti sovrani.
Il DEF ricorda come l'azione di riequilibrio finanziario sia stata accompagnata dall'adozione di diversi pacchetti di riforme strutturali finalizzati a rimuovere i principali vincoli che comprimono il potenziale di crescita dell'Italia, che produrranno, come accennato, un risultato positivo sulla crescita pari a 2,4 punti percentuali in un arco temporale di nove anni (2012-2020).
Di tali interventi si da conto nel Programma Nazionale di Riforma 2012, contenuto nella Sezione III del Documento, il quale - oltre all'analisi delle principali criticità dell'economia italiana - fornisce un quadro dettagliato delle riforme effettuate o avviate nel corso dell'ultimo anno in risposta alle raccomandazioni delle istituzioni europee, offrendo al contempo un panorama delle azioni avviate e delle riforme ancora «in cantiere» necessarie, nel quadro di un rafforzamento della sostenibilità delle finanze pubbliche, per potenziare la competitività del Paese, stimolare la concorrenza nel mercato dei prodotti, migliorare le condizioni del mercato del lavoro e conseguire target nazionali fissati nella Strategia Europa 2020.
Per quanto attiene all'analisi delle criticità e dei fattori che sono di ostacolo alla competitività e alla crescita del Paese, il PNR individua, tra le debolezze di fondo Pag. 71del sistema economico nazionale, la progressiva riduzione della produttività totale dei fattori, accompagnata da un alto costo unitario del lavoro rispetto agli altri paesi UE.
Tra i fattori che frenano lo sviluppo e che determinano la vulnerabilità italiana, sono indicati: l'elevato debito pubblico, accumulato in decenni, seppur controbilanciato dal livello del patrimonio pubblico e dalla ricchezza netta delle famiglie e delle imprese; l'economia sommersa e l'evasione fiscale; l'eccesso di regole ed oneri amministrativi che gravano sulle imprese, che costituiscono limiti alla concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi, da contrastare attraverso interventi normativi di liberalizzazione volti a perseguire anche una maggiore efficienza amministrativa; l'attuale sistema fiscale, che deve essere semplificato e reso più flessibile, innovativo e capace di dare incentivi agli investimenti; le problematiche strutturali del mercato del lavoro italiano, che mostra una performance notevolmente inferiore a quella europea; i divari territoriali nella qualità dei servizi pubblici; i ritardi in termini di efficienza delle infrastrutture di trasporto, in particolare ferroviario, nonché delle infrastrutture di trasporto energetico; il ridotto uso in Italia, rispetto all'Europa, dell'economia digitale e della rete Internet anche per i rapporti con la pubblica amministrazione; la ridotta propensione in Italia, rispetto alla media europea, degli investimenti in ricerca ed innovazione; il rischio di povertà relativa ed esclusione sociale relativa presente in Italia e i divari territoriali e infrastrutturali.
Le debolezze dell'economia italiana sono, inoltre, analizzate in una specifica sezione facendo riferimento agli indicatori alla base del nuovo meccanismo di prevenzione degli squilibri macroeconomici, introdotto alla fine del 2011 nell'ambito della nuova governance economica europea, che evidenzia come l'Italia, con riferimento ai risultati 2010, abbia superato i valori soglia di due indicatori, costituiti dal debito pubblico e dalla quote di mercato delle esportazioni, le cui cause sono state sopra richiamate nell'analisi del quadro macroeconomico.
Con riferimento agli squilibri macroeconomici ricordo, peraltro, che sono state avviate alcune azioni correttive, con riguardo in particolare al costo del lavoro - (sgravi fiscali sulla retribuzione legata alla produttività, semplificazioni in materia di lavoro, sgravi Irap e credito d'imposta per l'occupazione stabile nel Mezzogiorno - e alla competitività delle imprese - (introduzione dell'aiuto alla crescita economica - ACE, deduzione fiscale per il 2012 del costo del lavoro per donne e giovani con meno di 35 anni, introduzione di una maggiore concorrenza nei settori della distribuzione del gas e dei servizi professionali, introduzione delle Srl con procedure semplificate e costi ridotti per i giovani, istituzione del Tribunale delle imprese per accelerare le controversie relative all'attività d'impresa ed altro).
Per quanto concerne le riforme, il PNR procede ad una analisi delle misure adottate ed in corso di adozione volte a dare risposta alle Raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea nel luglio 2011 sul PNR dello scorso anno, descritte con riferimento alle specifiche criticità del sistema economico (bottleneck).
Al riguardo, il PNR indica le problematiche relative: al consolidamento fiscale e debito pubblico (bottleneck n. 1), sottolineando, tra gli interventi adottati nel corso del 2011, le manovre finanziarie per la riduzione del deficit e del debito pubblico e l'anticipazione al 2013 del pareggio di bilancio in termini strutturali, nonché l'intervento di riforma del sistema pensionistico, l'adozione anticipata dell'IMU e l'avvio di un processo di spending review. In tale ambito, si sottolinea la necessità di proseguire nell'attuazione della delega relativa al federalismo fiscale e di avviare la revisione dello strumento militare nazionale; alla competitività, salari e produttività (bottleneck n. 2) e al mercato del Lavoro (bottleneck n. 3), in relazione al quale - oltre a ricordare le misure già adottate di contrasto al lavoro sommerso, di promozione dell'occupazione, specie giovanile Pag. 72e femminile, e di semplificazione - il PNR sottolinea la presentazione al Parlamento nell'aprile 2012 di un disegno di legge di riforma organica del mercato del lavoro; al mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa (bottleneck n. 4) e al completamento delle infrastrutture (bottleneck n. 7). In particolare, per il rafforzamento della concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi, il PNR sottolinea il programma di liberalizzazioni che si è realizzato principalmente nel cosiddetto decreto «Cresci Italia» (decreto-legge n. 1 del 2012); per quanto concerne il sostegno alle imprese, il Documento richiama le misure per facilitare l'accesso al credito da parte delle imprese, per dare soluzione al problema dei ritardi dei pagamenti nei rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione, per la semplificazione amministrativa e per l'ammodernamento delle infrastrutture; all'innovazione, ricerca e sviluppo (bottleneck n. 5). Su tali aspetti, una prima direttrice ha riguardato misure per accrescere l'efficacia dei finanziamenti pubblici alla ricerca nel quadro degli orientamenti strategici fissati con il Programma Nazionale di Ricerca 2011-2012, mentre una seconda ha riguardato la spesa privata per la ricerca, con interventi sia dal lato dell'offerta che della domanda; alla riduzione delle disparità regionali (bottleneck n. 6), soprattutto attraverso misure volte ad accelerare l'uso dei fondi strutturali europei, basate sulla fissazione di obiettivi anticipati di impegno e spesa dei fondi per tutti i programmi.
In secondo luogo, il PNR descrive le iniziative che il Governo intende proporre per proseguire una sequenza coerente di riforme e avvicinare l'Italia agli obiettivi che si è data nel quadro della Strategia Europa 2020.
L'agenda di riforme s'iscrive nel solco degli impegni presi nell'ambito del Patto Euro Plus e degli orientamenti fissati dall'Analisi Annuale della Crescita 2012, confluiti nelle conclusioni del Consiglio europeo di marzo 2012, e indica cinque grandi priorità fissate in sede europea: portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita. Sul tema, il Governo afferma che proseguirà nella strategia di consolidamento del debito pubblico, cui concorre: l'adozione della riforma costituzionale volta all'introduzione del principio del pareggio di bilancio, in corso di promulgazione, la proposta di riforma del sistema fiscale, attraverso un disegno di legge di delega, il cui obiettivo è quello di operare un intervento organico e strutturale che incida su alcuni punti critici del sistema tributario italiano, il processo di analisi e razionalizzazione della spesa pubblica per migliorarne l'efficacia, la qualità e l'allocazione delle risorse tra i vari programmi (spending review); ripristinare la normale erogazione del credito all'economia. Il PNR conferma la linea di azione già intrapresa, volta a favorire l'afflusso di capitale di credito verso le imprese e rimuovere i fattori che hanno finora contribuito alla persistenza di problematiche riguardanti l'accesso al credito delle PMI; promuovere la crescita e la competitività del sistema produttivo. In tale settore il Governo preannuncia: un disegno di legge con l'obiettivo di rafforzare gli incentivi per riconoscere e premiare il merito in diversi ambiti, dalla Pubblica Amministrazione alla ricerca, dalla sanità al fisco; la revisione degli strumenti nazionali esistenti per l'incentivazione delle attività imprenditoriali; sul problema dei debiti commerciali accumulati dalle Pubbliche Amministrazioni verso le imprese, di voler anticipare l'adozione delle misure nazionali di recepimento della direttiva europea sui ritardi di pagamento, rispetto alla scadenza di aprile 2013; di dare piena attuazione, entro il prossimo anno, al Tribunale delle Imprese e alla riorganizzazione geografica degli uffici giudiziari; di rafforzare gli investimenti infrastrutturali, al fine di realizzare un sistema di infrastrutture di trasporto esteso ed efficiente per sostenere la competitività; di dare attuazione agli obiettivi di sviluppo definiti nell'Agenda Digitale per l'Europa; di intraprendere azioni volte alla conquista di maggiori spazi di mercati all'estero, nonché politiche di attrazione degli investimenti esteri in Italia; l'attuazione Pag. 73della nuova disciplina sulla golden share; lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi. In questa direzione, il Governo sottolinea la presentazione del disegno di legge di riforma che interviene ad ampio raggio su tutti i principali fattori di debolezza del mercato del lavoro e preannuncia taluni interventi finalizzati ad avere particolare impatto sulla disoccupazione giovanile e sulla tutela della famiglia e delle pari opportunità; modernizzare la PA. A tal fine il Governo preannuncia un nuovo programma di riduzione degli oneri amministrativi nei confronti delle imprese, da realizzarsi nel 2012-2015; il rafforzamento dell'azione di pianificazione e valutazione delle performance delle pubbliche amministrazioni; l'attuazione una strategia integrata di prevenzione e contrasto dei fenomeni di corruzione, anche attraverso la nuova disciplina dei reati contro la PA.
Le principali misure indicate nel Programma Nazionale di Riforma sono state sinteticamente riportate in un prospetto, allegato alla terza sezione del DEF, che si compone di diverse voci che hanno lo scopo di descrivere le riforme, quantificarne l'impatto sul bilancio pubblico ed evidenziarne la loro funzionalità rispetto agli obiettivi comunitari.
Le azioni di riforma si presentano raggruppate nelle seguenti macro-aree d'intervento: contenimento della spesa pubblica; energia e ambiente; federalismo; infrastrutture e sviluppo; innovazione e capitale umano; lavoro e pensioni; mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa; sostegno alle imprese; sistema finanziario.
Il DEF reca, infine, l'aggiornamento dei valori relativi all'impatto macroeconomico previsto nel PNR dello scorso anno, rilevando che alcune misure in esso contenute non sono state implementate nel corso dell'anno passato, ovvero sono state adottate con modalità diverse.
Complessivamente, il totale dell'impatto medio annuo per il PIL è di 0,4 punti percentuali sia nel periodo 2012-2014, sia in quello successivo, mentre aumenta a 0,6 punti percentuali nel periodo 2018-2010, quando si dispiegheranno compiutamente tutti gli effetti di medio lungo periodo delle riforme.
A conclusione di questa relazione, nel richiamare le considerazioni svolte in premessa in ordine all'esigenza improcrastinabile di imprimere un nuovo slancio al processo di unificazione dell'Europa mediante una risoluta iniziativa del Parlamento e del Governo, vorrei sottolineare come il Documento di economia e finanza 2012 costituisca al contempo una base di analisi macroeconomica e una piattaforma programmatica di ampio respiro strategico, il cui esame parlamentare dovrebbe poter proseguire al di là dei tempi, invero assai ristretti, di approvazione della relativa risoluzione parlamentare.
La vastità, eterogeneità e complessità dei temi in esso trattati suggeriscono di tenere aperto l'esame del documento, nelle sedi e con le modalità proprie che saranno individuate dagli Organi parlamentari, per approfondire tutti gli aspetti connessi a un processo di programmazione che tocca gli aspetti più rilevanti delle diverse politiche pubbliche.
Nel merito, rilevo come l'impostazione generale del documento non possa che essere condivisa, soprattutto laddove esso si sforza di porre sullo stesso piano programmatico il rigore, la crescita e l'equità.
Il percorso di risanamento finanziario delineato appare solido e coerente, così come lungimiranti appaiono gli indirizzi di riforma tracciati nel PNR.
A quest'ultimo riguardo, mi limito a rilevare che: ai fini del rigore, un più decisivo impulso dovrà pervenire dalla intensificazione delle attività di analisi e revisione spesa, anche attraverso l'individuazione di moduli operativi che vedano il coinvolgimento del Parlamento, e in particolare delle Commissioni di merito, nella definizione delle priorità dei programmi di spesa, anche al fine di avviare un processo di riordino normativo delle autorizzazioni legislative di spesa sottese a ciascun programma finalizzato alla definizione di «leggi di programma». In questa prospettiva, l'attività di spending review dovrà comportare anche un riesame delle funzioni Pag. 74assolte dalle diverse articolazioni delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, per individuare quelle da mantenere, quelle da sopprimere e quelle da rendere più efficienti, riallocando le risorse tra i programmi e nei programmi sulla base della definizione di costi e fabbisogni standard e tenendo conto degli obiettivi programmatici indicati nel PNR e nella Strategia Europa 2020. Il medesimo approccio dovrà essere esteso alle amministrazioni territoriali, ove dovrà proseguire, nell'ambito della completa attuazione del federalismo fiscale, il processo di definizione dei costi standard e degli obiettivi di servizio, ferma restando l'esigenza di definire i livelli essenziali delle prestazioni nelle materie diverse dalla sanità. Sempre ai fini del risanamento dei conti e in particolare ai fini dell'abbattimento dello stock di debito, un contribuito dovrebbe essere offerto da un rilancio del processo di valorizzazione del patrimonio pubblico, da attuare attraverso la definizione di un apposito piano straordinario; ai fini della crescita, particolare rilievo dovrebbe assumere l'annunciato progetto di riordino del sistema delle agevolazioni alle imprese, che andrebbe orientato selettivamente verso i settori a più alto valore aggiunto, privilegiando meccanismi automatici di natura fiscale di sostegno agli investimenti e all'occupazione. Inoltre, particolare cura dovrà essere riposta nelle azioni volte a superare i divari territoriali e in gap infrastrutturali e nei servizi che penalizzano in particolare il Meridione, che racchiude in sé uno straordinario potenziale di crescita; ai fini dell'equità, l'azione dovrà essere rivolta in primo luogo ad attutire le conseguenze della crisi sul piano della coesione sociale. A tal fine, fermo restando il rispetto del Patto di stabilità e il mantenimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, le risorse che dovessero rendersi disponibili, sia a seguito di un migliore andamento del quadro macroeconomico, sia a seguito della lotta all'evasione fiscale, dovrebbero essere prioritariamente destinate: a) alla riforma del mercato del lavoro e in particolare al rafforzamento degli ammortizzatori sociali e del sistemi dei sussidi di disoccupazione; b) alla riduzione del prelievo e delle aliquote fiscali, nazionali e locali, sul lavoro e pensioni dei ceti medio-bassi, con particolare attenzione alle famiglie numerose e monoreddito e alle giovani coppie.
Sulla base di queste indicazioni integrative, auspico che la Camera possa esprimere, con largo consenso, una valutazione favorevole al Documento di economia e finanza presentato dal Governo.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI MARIO PEPE (PD), RENATO CAMBURSANO, RAFFAELLA MARIANI E FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. LVII, n. 5.

MARIO PEPE (PD). Onorevole Presidente, colleghi deputati, stiamo per approfondire e per approvare un documento di essenziale importanza per la società italiana. Il DEF 2012 varato insieme al Piano Nazionale di Riforma (PNR) contiene le linee guida della strategia che il Governo intende seguire per rimuovere le criticità del nostro sistema economico e produttivo a cominciare dal disagio occupazionale che tocca quasi la metà delle famiglie e, con particolare gravità, i più giovani e le donne.
Giustamente nella introduzione al DEF si propone una visione per lo sviluppo del paese e una direzione di marcia.
Non solo quindi una visione organica delle dinamiche e delle strategie che dovranno interessare il rilancio del nostro paese ma viene anche indicata una direzione di marcia, un percorso, un tragitto che deve essere necessariamente e responsabilmente percorso.
La politica non può essere uno strumentario asettico e destorificato rispetto alle questioni della contemporaneità e neppure può essere ricostruita in una mera concezione culturale e paradigmatica, essa dovrà necessariamente essere ausiliatrice e collaboratrice delle scelte che in chiave economica e finanziaria sono state fatte in sede europea e dal Governo nazionale. Pag. 75
Effettivamente la politica deve diventare governo della polis autentica, di una comunità in crisi per le debitorie e le fiscalità contratte e mai evase nel passato.
La filosofia di fondo che presiede alla redazione e alla articolazione del DEF non può essere problematizzata e rimossa ritenendola una astrazione meramente ragionieristica ma deve essere storicizzata qui ed ora per diventare un ethos cogente per la politica, per le istituzioni, per i cittadini.
Ignorare le necessità della storia economica e finanziaria che coinvolge pienamente i paesi dell'Eurozona in sfida dialettica con economie più dinamiche e più stringenti, significa chiudersi in un solipsismo interpretativo e in una visione della vita greve e ritratta rispetto ai tempi.
L'Europa non ci ha costretto a fare delle scelte, ci ha sollecitato e ha promosso una politica di contiguità tra i paesi europei ispirata a un parametro fondamentale che è il fiscal compact deliberato dal Consiglio Europeo del 2 Marzo 2012.
Esso mira a rafforzare il pilastro economico della Unione Europea attraverso regole di disciplina e di coordinamento per determinare una governance dell'Eurozona adeguata, risanata producendo il pareggio di bilancio e il meccanismo economico di stabilità, il cosiddetto MES.
È vero, noi siamo andati oltre, abbiamo costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio modificando e integrando l'articolo 81 della Costituzione pur essendo convinti che essa è stata una fatica di Sisifo in quanto il pareggio di bilancio era già in Costituzione sapendo leggerla in maniera evolutiva.
Comunque era necessario ed è stato acquisito.
Possiamo dire con serenità che il Fiscal Frame Work, l'intelaiatura finale del DEF è fatta salva in quanto i parametri adottati e le procedure definitive consentiranno di conservare su livelli di rigore e di risanamento il bilancio dello Stato.
Possiamo solo risanare? Chiedere come un moderno ed esperto gabelliere balzelli sempre più profondamente gravosi ai cittadini, la cui precarietà oscilla tra il disincanto e la fine della vita? È necessario organizzare strumenti e disponibilità per attuare la crescita!
I trend relativi all'occupazione, alla crescita, allo sviluppo sono ancora incerti, puntano più verso il meno zero che verso l'indice di positività.
Ma è chiaro che i due aspetti risanamento e crescita si tengono insieme; quanto più avviene il risanamento dei conti pubblici, il riaccredito dell'economia, il superamento della stretta del credito tanto più è possibile realizzare un cambiamento in tutti gli aspetti del nostro paese.
È presente, e in maniera molto documentata e analitica, una agenda delle cose da fare nel programma nazionale di riforma che accompagna e esplicita in maniera operativa il programma di stabilità.
Il problema vero è che c'è una mancanza di capital deepening che crea una bassa produttività e non permette lo start up di nuove imprese che sono auspicate e sostenute nel documento di cui all'oggetto.
Due elementi suscitano ancora la nostra attenzione: uno relativo alle misure regionali delle varie regioni come si evidenzia a pagina 507 del DEF, l'altro il Piano, potremo dire il primo Piano, delle infrastrutture che deve essere messo in cantiere come viene chiarito a pagina 623 del documento.
Le regioni, che pur attendono la conclusione del processo federalista ai sensi della legge n. 42/09 e dei connessi decreti legislativi, non possono essere interlocutrici passive: esse devono concorrere al risanamento del nostro paese.
Tutto il sistema delle autonomie locali deve concorrere ma non possiamo assumere decisioni normative di improvviso cambiamento dell'assetto delle province. Rischiamo di togliere o di ridurre la qualità programmatica delle Province come enti cerniera di un territorio di area vasta. Pag. 76
Gli argomenti istituzionali e costituzionali vanno approfonditi con serietà, non possiamo continuare a tormentare come «vexata materia» la Costituzione Italiana. Una ulteriore riflessione la voglio esprimere per il Sud: occorre lavorare su riforme che rafforzino il Paese e su iniziative concrete per far sì che affluiscano risorse nei modi e nei tempi giusti. Lo sviluppo del Paese non può però prescindere dal riscatto del Mezzogiorno.
È tempo che il Governo rifletta sul suo modo di essere nel Mezzogiorno superando l'anacronistica ed opportunistica visione del Sud «palla al piede del Paese».
È vero che, se il Mezzogiorno non diventa scelta strategica, la forbice Nord-Sud aumenterà con grave rischio per l'intera Nazione; ciò richiede la corresponsabilità dei dirigenti e degli enti istituzionali a tutti i livelli combinata ad un intervento mirato dello Stato e la riconsiderazione della questione meridionale, troppe volte sacrificata a quella settentrionale.
Contrariamente a quanto troppo facilmente si sostiene, i trasferimenti al Sud si sono ridotti notevolmente; c'è stata una vera e propria appropriazione indebita di risorse che, destinate alle aree sottosviluppate, sono state con faciloneria dirottante verso altri interventi. Il Mezzogiorno è una opportunità e una risorsa, ma bisogna valorizzarla con interventi strategici mirati a cogliere le potenzialità e a creare nuove occasioni di crescita e di sviluppo.
Dunque, una riprogrammazione dei fondi strutturali che punti alla valorizzazione dei grandi poli culturali come motore di sviluppo territoriale ed alla promozione delle aree di rinascita industriale e occupazionale.
Tutto ciò a favore non solo del Sud ma di tutto il sistema Paese che continua ad arrancare. Inquadrare il problema del Mezzogiorno in un contesto nazionale è infatti l'unica possibilità di ripresa di tutto il Paese.
Non esistono singole misure, né singole idee: è necessario un Piano organico polisettoriale; occorre agire subito per evitare che la crisi possa avere un impatto duraturo e profondo sul potenziale di crescita dell'Italia.
Il Governo tecnico, se non produce questi orizzonti, al di là della facile applicazione di nuovi balzelli, si esaurisce in una inerte e improduttiva buona volontà.
Il Governo tecnico dovrebbe dare una spinta in avanti per affrontare le questioni essenziali del nostro paese con maggiore coraggio e con incisiva determinazione.

RENATO CAMBURSANO. Nel 2011: tre manovre di finanza pubblica per decine e decine di miliardi, per lo più di nuove entrate (quelle per il 2012 sono maggiori quelle adottate nel mese di luglio e agosto!) che pagano sempre i soliti. Con il Salva Italia il Governo Monti mette a posto i conti con la riforma delle pensioni, con maggiore lotta all'evasione fiscale.
Nel 2012: liberalizzazioni e semplificazioni: doverose, ma i cui effetti si vedono nel medio-lungo periodo.
Riforma del lavoro, troppo debole perché non sostiene a sufficienza i giovani ed i precari (che sono per lo più la stessa cosa). Nonostante tutto questo, il mondo sembra crollarci addosso.
Il rischio default Europa sta crescendo a dismisura (Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia) e ora anche (Francia, Olanda).
Il relatore on. Ciccanti, in Commissione parla dell'estremo livello di compenetrazione raggiunto tra le politiche fiscali nazionali e comunitarie e credo rendano l'idea di come l'orizzonte che abbiamo dinanzi possa essere considerato ormai maturo per compiere un salto di qualità e promuovere una vera e più intesa unificazione «politica» dell'Unione europea, premessa necessaria per ridisegnare l'architettura, il ruolo e le funzioni delle istituzioni europee, a cominciare da quello della BCE, e rafforzare in tal modo non solo il potenziale di crescita economica, ma anche il ruolo geopolitico dell'area in uno scenario globale che vede ormai come attori grandi blocchi di Paesi. Pag. 77
Ciccanti riteneva che forse non fosse questa la sede propria per approfondire un dibattito di simile portata, ma credo che al di là delle diagnosi macroeconomiche e delle ricette di politica economica e di bilancio, il Parlamento italiano debba avviare una seria riflessione sui meccanismi della rappresentanza democratica, per verificare se il maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali nelle politiche europee sancito dal Trattato di Lisbona sia ancora sufficiente, nel mutato quadro della governante economica europea, ad assicurare la legittimazione democratica di scelte spesso ad alta intensità tecnica assunte dagli organismi comunitari, ma che celano in sé opzioni politiche fondamentali, destinate a proiettarsi nel tempo e nello spazio e ad incidere profondamente sulla vita dei cittadini e sull'attività delle imprese e di tutti gli operatori economici.
Personalmente ritengo, e con me altri colleghi (ad es. l'on. Duilio), che questo sia il momento giusto: primo perché siamo in Parlamento, secondo perché il rischio Europa è alto.
L'Europa predica democrazia (nel suo quadruplice senso: pace, ordine, benessere e libertà) ma produce malessere sociale, più vincoli e meno libertà. Questo può portare alla balcanizzazione del vecchio Continente, a meno che prenda finalmente coscienza che la strada maestra è quella della vera integrazione.
Il 1989 sembrava aver suonato l'ora della democrazia occidentale.
Venti anni dopo, il bilancio non esalta. L'orizzonte è piatto, il comunismo è morto, ma il liberismo (come forma deteriore di capitalismo) l'ha fatto ammalare.
La democrazia è in questione, colpevole di non rispondere alle attese.
Rischia di fungere da capro espiatorio della crisi.
Alla fine degli anni novanta lo storico Mark Mazower ammoniva: «oggi la democrazia sta bene all'Europa in parte perché è associata al trionfo del capitalismo e in parte perché comporta meno intrusione delle loro vite di ogni altra alternativa. Gli Europei accettano la democrazia perché non credono più nella politica.
Una precaria luna di miele. La bufera finanziaria opprime le democrazie continentali. Gli Stati pretendono di estrarre dai cittadini le risorse necessarie a fronteggiare i deficit di liquidità, o peggio di solvibilità.
Negli USA sono sotto tiro iniquità ed errori non la sua legittimità democratica. Il tea party si scaglia contro Washington in nome dell'America. Qui si contesta rumorosamente l'idea stessa di Europa: Bossi, Le Pen, Orban, ... denunciano Bruxelles, simbolo di ogni nefandezza, mentre inneggiano alle loro piccole o grandi patrie.
«La democrazia è spazzatura» titolava la Frankfurter Allgemeine nei giorni in cui il tandem franco-tedesco bocciava senza appello l'idea di Georges Papandreu di sottoporre a referendum il piano di risanamento imposto alla Grecia: «chi si appella al popolo diventa una minaccia per l'Europa» (era il 1o novembre dello scorso anno). L'autore, Schirrmacher, condirettore del giornale, aggiungeva: «La furiosa lotta per il potere tra primato dell'economia e primato della politica si è conclusa con il sacrificio dei valori e delle convinzioni che l'Europa dovrebbe incarnare».
Sorprende che l'elogio funebre della democrazia europea sia pronunciato solo oggi, dopo che, per decenni, molti si sono sgolati a ripetere quanto l'Unione fosse governata da burocrazie non elette.
La rapidità degli eventi tende oggi ad amplificare la sfasatura tra i tempio dell'economia e i tempi della politica.
Martedì, il professor Fitoussi ce l'ha detto chiaro e tondo: «L'Euro poggia su un deficit di democrazia che si risolve solo con il federalismo europeo. Il Movimento Federalista Europeo lo va dicendo da tempo: "Il nuovo Patto di bilancio deve partire dall'Unione non dagli Stati. Agli Stati incombe l'obbligo del rigore; all'Europa l'obbligo dello sviluppo con un nuovo New Deal, fatto di investimenti non di ombrelli temporanei che riparino dalle bancarotte gli Stati periferici e non solo (Francia, Olanda, ...)"». Pag. 78
Presidente, colleghi, vi chiederete il perché di questa mia anche troppo lunga premessa, ma avevo provato ad avviare un serio dibattito su questi temi in occasione della dichiarazione di voto in prima lettura sulla riforma della Costituzione con la quale introducevano l'equilibrio di bilancio, che ora è legge.
Ma è nato e morto lì, salvo riemergere in Commissione bilancio, nei giorni scorsi.
Sì, so benissimo di essere stato uno strenuo sostenitore della necessità ed urgenza di modificare la nostra Carta costituzionale secondo quanto richiesto dall'Unione europea e di essere stato un accanito difensore del rigore (qualcuno, Duilio, mi chiamava «il tedesco»).
Ma nello stesso tempo questi temi caldi li ho sempre accompagnati ad altrettanta necessità e urgenza verso nuovi e corposi investimenti europei (Project Bonds, Eurobonds).
Qualcosa, in positivo, si sta muovendo. Ieri, il presidente della BCE (tanto criticato dagli oppositori nostrani, Lega e IdV per aver sostenuto la ricapitalizzazione del sistema bancario e finanziario europeo) Mario Draghi l'ha detto chiaro e forte: «Subito un Patto per la crescita. Troppe tasse creano recessione. È ciò che da tempo andavamo dicendo, indicando anche strade possibili, sia a livello europeo (Project Bonds, Eurobonds) sia a livello Paese (vedasi il Documento per la crescita approvato martedì in Commissione).
Sarebbe opportuno impostare, in Italia, manovre straordinarie rivolte all'abbattimento del debito pubblico, come dismissioni mobiliari e immobiliari e costituzione di fondi di investimento, al fine di liberare risorse da utilizzare, successivamente, come investimenti aggiuntivi in grado di accelerare il ritmo di crescita dell'economia nazionale, senza alcun pregiudizio per gli equilibri di finanza pubblica. In tal modo, di fronte alla previsione di una caduta del reddito nazionale del 2012, sarebbe possibile immettere nel sistema economico risorse capaci di innestare una ripresa dell'economia italiana.
A questo stesso fine potrebbe contribuire, infine, il completamento della spending review. I relativi risparmi di spesa, specie se di carattere strutturale, potrebbero dare luogo, unitamente alle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, alla riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, contribuendo, attraverso questa via, a favorire una più immediata reazione positiva dell'economia.
Il Governo dovrebbe valutare l'adozione di misure in grado di garantire positive ricadute sull'economia reale quali una riforma del Patto di stabilità interno che faciliti il finanziamento da parte degli enti locali di alcune indifferibili spese in conto capitale, in primo luogo per infrastrutture.
Non si tratta di contrapporre crescita e riforme. Quelle proposte e altre, che dirò dopo, sono misure credibili e non richiedono ulteriori aumenti di tasse. Anzi lo diciamo subito: no ad aumenti, no ai due punti percentuali in più di IVA compensati da revisione urgente delle detrazioni e deduzioni, ma riduzione delle aliquote per i redditi più poveri (lavoro dipendente e pensioni), riduzione del carico fiscale per lavoro e imprese, reintroduzione urgente del falso in bilancio (mio disegno di legge, prima di IdV) con relative pesanti sanzioni anche penali per società e partiti.
Bene ha fatto il Governo, con questo DEF a ribadire che occorre mettere sotto controllo i conti pubblici da contagi, fonte primaria di sfondamenti che produrrebbero aumenti del costo del servizio del debito.
Da noi i rischi vengono dall'aumento incontrollato della spesa corrente in generale e quella sanitaria in particolare, specie in alcune regioni.
Il Viceministro dell'economia, Vittorio Grilli, nella sua audizione in V Commissione, lunedì scorso, ha ridimensionato la portata della spending review, rimarcando gli aspetti recessivi.
Potrebbe anche avere questi effetti, se fatta non con seri criteri selettivi, ma sarebbe molto peggio per la nostra economia se non li facessimo questi tagli di spesa. Abbiamo bisogno di incassare il dividendo di credibilità (e lo avremo se dimostreremo rigore). Ogni riduzione del Pag. 79premio al rischio ha effetti espansivi. Condivido l'analisi del professor Tito Boeri quando scrive che »sarebbe un grave errore scambiare la ragioneria con l'economia. Alla grande contrazione dei redditi e dei diritti (il primo dei quali è il lavoro) e alla disperazione sociale che dilaga, si può e quindi si deve rispondere con un New Deal for Growth, un nuovo percorso per la crescita, che sia, federale e sovrastatale, come lo fu quello di D. Roosevelt. Sì, quindi, al Fiscal Compact, al Patto di bilancio, ma solo se viene affiancato da una politica europea di investimenti e occupazione.
Noi come Paese possiamo e quindi dobbiamo già fare qualcosa. Si è discusso a lungo di Credit Crunch che incombe sulla famiglia e sulle imprese.
Ma occorre prima di tutto parlare di Deposit Crunch.
Di qui l'iniziativa della BCE a sostegno del sistema bancario. Sì, tante sono le responsabilità del sistema finanziario soprattutto di stampo anglosassone. È giusto chiedere una netta separazione tra banche d'affari e banche commerciali, ma solo se a livello mondiale o almeno europeo. Così pure la tassazione sulle transazioni finanziarie.

RAFFAELLA MARIANI. L'Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza formula le sue premesse sulla constatazione del ritardo infrastrutturale dell'Italia rispetto ai principali Paesi europei.
Numerose analisi suggeriscono che il ritardo infrastrutturale sia uno dei più rilevanti fattori di ostacolo al recupero di competitività dell'Italia; per citarne solo una, la classifica stilata dal World Economic Forum per il 2008-09, sulla base di indicatori quantitativi e qualitativi, pone l'Italia al cinquantaquattresimo posto nel comparto delle infrastrutture su centotrentaquattro Paesi analizzati. In termini di qualità infrastrutturale, il nostro Paese scenderebbe al settantatreesimo posto, molto lontano da Germania e Francia ma anche da Paesi come la Spagna.
Il persistente divario nelle misure fisiche di dotazione infrastrutturale tra l'Italia e i principali Paesi europei sollecita richieste di aumento delle risorse finanziarie destinate alle opere pubbliche.
Anche nell'Allegato al DEF, tra le principali cause di ritardo infrastrutturale viene individuato, il progressivo inaridirsi delle risorse per gli investimenti.
Tuttavia, se è vero che la immissione di capitale pubblico stimola la crescita soprattutto favorendo gli investimenti in capitale privato, è pur vero che questo obiettivo non giustifica un generico invito ad accrescere la spesa in conto capitale, soprattutto nell'attuale contesto della finanza pubblica italiana, caratterizzato dalla necessità di ricondurre i conti pubblici su un sentiero sostenibile.
Peraltro, va evidenziato che a fronte di un oggettivo ritardo infrastrutturale rispetto ai maggiori partner europei, negli ultimi tre decenni la spesa pubblica per investimenti in Italia è stata superiore a quella media di Francia, Germania e Regno Unito (Studio di Banca d'Italia «Economia e politica delle infrastrutture in Italia» - 2012).
Se il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto ai principali Paesi europei si è ampliato negli anni, questo non sembra dunque dipendere da livelli di spesa inferiori.
Sulla scorta di tale dato occorre accrescere la capacità di impiego delle risorse finanziarie piuttosto che aumentare il volume delle risorse impiegate, senza apportare significativi miglioramenti alle modalità di realizzazione degli interventi, intervenendo sulle criticità che incidono negativamente sulle performance del Paese nella realizzazione delle infrastrutture.
In particolare, occorre intervenire energicamente sui fattori di criticità del sistema Paese, costituiti dai diffusi fenomeni di illegalità, dall'incertezza del quadro finanziario, dalle carenze nei processi di valutazione e selezione delle opere, dalla sovrapposizione delle competenze dei diversi livelli di governo, dai limiti Pag. 80della normativa che regola l'affidamento dei lavori e il monitoraggio del loro avanzamento.
In tema di finanziamenti e di attrazione del capitale privato, la attuale crisi economica e la carenza di risorse pubbliche per la realizzazione di opere di pubblico interesse ha nuovamente focalizzato l'attenzione sull'istituto della finanza di progetto quale strumento per attirare risorse private nella realizzazione di opere pubbliche.
Sul fronte del coinvolgimento dei capitali privati, deve constatarsi che i bandi di gara sono in crescita, ma si registra un'elevata mortalità dei progetti prima della loro definizione (Banca d'Italia, 2011). In generale, la piena assunzione da parte dei soggetti privati dei rischi tipici dell'attività di impresa, in fase di costruzione e gestione dell'opera, viene scoraggiata dalle sovrapposizioni normative e dalle incertezze sui costi e i tempi effettivi dei lavori.
Ciò premesso, in aggiunta alla innovazione costituita dalla nuova disciplina del project bond, occorre ripensare radicalmente all'istituto per accelerarne al massimo la diffusione anche in considerazione della possibilità contemplata nella decisione Eurostat del 2007 che gli Assets legati ai partenariati pubblico - privati non vadano classificati come attivi pubblici, e pertanto non vengano registrati nel bilancio delle amministrazioni pubbliche (off balance), quando vi sia un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata.
Dall'analisi dei contratti di Ppp realizzati in Italia, è evidente che, in generale, la piena assunzione da parte dei soggetti privati dei rischi tipici dell'attività di impresa, in fase di costruzione e gestione dell'opera, viene scoraggiata dalle sovrapposizioni normative e dalle incertezze sui costi e i tempi effettivi dei lavori.
Al contempo, si evidenzia il rischio che le Amministrazioni pubbliche utilizzino il ricorso alla concessione come strumento per aggirare i limiti all'indebitamento degli Enti pubblici, piuttosto che utilizzare le capacità progettuali del settore privato. Infatti, i contratti realizzati in Italia riguardano prevalentemente interventi poco complessi, capaci di generare flussi di cassa facilmente prevedibili e soggetti a un rischio di mercato presumibilmente contenuto; si tratta spesso di opere remunerate con un canone predeterminato e non sufficientemente legato alla qualità del servizio fornito.
In questo contesto, in aggiunta alle innovazioni già introdotte evidenziate nel DEF (allungamento fino a cinquanta anni concessione; progettazione più chiara, etc) l'introduzione del «corrispettivo di retrocessione», potrebbe costituire un utile strumento per favorire un ordinato subentro qualora gli investimenti non siano stati completamente ammortizzati prima del termine della concessione.
Al fine di ridurre l'onerosità finanziaria delle operazioni andrebbe, inoltre, ampliata la gamma di opere «connesse» affidabili in gestione al concessionario, in modo da consentirgli di anticipare i proventi della gestione comunque correlati ai costi di investimento.
Al fine di evitare ripensamenti, dovuti all'avvicendamento politico, bisognerebbe inoltre anticipare la conferenza di servizi preliminare sullo studio di fattibilità, specificando che le decisioni assunte in tale sede sono vincolanti per la Pubblica Amministrazione, fatta salva unicamente la sopravvenienza di elementi nuovi e rilevanti.
Parallelamente ad un approccio tradizionale di reperimento delle risorse private nel finanziamento delle imprese, andrebbe sviluppato un approccio innovativo della cd. ricerca della «cattura del valore», realizzabile chiamando a contribuire al finanziamento dell'infrastruttura coloro che avranno benefici futuri, sul piano immobiliare o commerciale.
In tema di procedure, dotare il sistema normativo di poche regole chiare e semplici seguendo la struttura delle Direttive comunitarie produrrebbe un effetto benefico sull'intero sistema.
Partendo dal presupposto che la normativa comunitaria in materia di appalti costituisce un valore acquisito e comune Pag. 81a tutti i Paesi dell'Unione europea, lo sforzo da compiere deve essere quello di conservare i principi fondanti di tale patrimonio comune di regole, per semplificarlo senza stravolgerlo, evitando di sopravvalutare l'aspetto giuridico delle procedure di gara la cui finalità, va rammentato, deve essere la scelta dell'offerta migliore in termini di migliore idea/prodotto rispetto al prezzo offerto.
Semplificazione e certezza delle regole come antidoto alla cultura della controversia radicata nel settore ed impedimento all'utilizzo degli appalti come strumento efficace di sviluppo innovativo.
In risposta alle difficoltà di lungo periodo nella programmazione delle infrastrutture, la Legge obiettivo del 2001 ha profondamente modificato norme e procedure relative a uno specifico segmento di opere, considerate prioritarie.
Dal 2001 la Legge obiettivo ha tentato di tracciare una corsia accelerata per la sola parte delle opere strategiche di primaria rilevanza nazionale. È però fallito sin dall'inizio il tentativo di individuare poche rilevanti priorità strategiche sulle quali indirizzare ingenti sforzi e fondi. Sono risultati poco selettivi sia i criteri di attribuzione delle priorità, sia il grado di definizione da richiedere ai progetti per considerarli ammissibili.
A distanza di dieci anni dall'introduzione della Legge obiettivo non si sono registrate significative accelerazioni nei tempi di realizzazione delle opere, né si è sciolto il nodo dei finanziamenti.
In ragione di ciò, in aggiunta agli strumenti già messi in campo dall'attuale governo, occorre :
a) emanare linee guida strategiche che identifichino chiaramente le priorità nazionali in linea con gli asset europei;
b) introdurre procedure standardizzate per definire le proposte di investimento, che consentano una prima selezione, in base alla coerenza con le linee strategiche e alla completezza della documentazione, eliminando ogni riferimento al riequilibro socio-economico tra aree geografiche.
c) prevedere procedure formalizzate per valutare i rendimenti economici e sociali dei progetti;
d) prevedere un serrato monitoraggio dell'avanzamento dei lavori, con la previsione di procedure per l'adeguamento degli stessi ai mutamenti di contesto.

In tema di consenso, nel quadro della governance del territorio l'Italia spicca in Europa per la numerosità dei livelli di governo, per la sovrapposizione delle competenze e per la carenza dei meccanismi di coordinamento.
Storicamente la normativa è stata fortemente diversificata tra comparti e tipologie di opere pubbliche; alla disciplina nazionale si è sovrapposta quella locale, con rilevanti differenze in funzione del grado di autonomia delle Regioni e delle Province.
Le competenze delle Regioni si estendono anche alle questioni relative alla localizzazione delle grandi infrastrutture, per cui anche se la Legge obiettivo del 2001 ha cercato di definire un ambito di prevalenza del livello decisionale nazionale su quello regionale, si è assistito ad un notevole contenzioso con gli Enti locali, progressivamente superato da diverse sentenze emesse dalla Corte costituzionale tra il 2003 e il 2005, che hanno evidenziato la necessità di coinvolgere le Regioni in intese sulla localizzazione delle opere, ma in mancanza di strumenti che favoriscano la partecipazione e il dibattito col territorio sulle possibili diverse opzioni.
In ordine alla due diligence sullo stato di avanzamento degli interventi, vi è evidenza che in Italia i tempi di realizzazione e gli scostamenti di costi rispetto alle stime iniziali siano superiori a quelli rilevati negli altri Paesi europei. Su tempi e costi di realizzazione influiscono, a loro volta, diffusi fenomeni di illegalità, ma anche problemi legati alla programmazione finanziaria e alla selezione delle opere.
È quindi utile ampliare il dettaglio delle informazioni relative alle singole infrastrutture, individuando basi dati e rilevazioni standardizzate e affidabili. Pag. 82
Ancor più rilevante sarebbe identificare metodologie ed elaborazioni largamente condivise, capaci di fornire un terreno tecnico adeguato a semplificare ed esplicitare i criteri di scelta degli investimenti.
Occorre stimolare la cultura e la prassi del monitoraggio, sia in corso d'opera, sia ex post, sull'efficacia degli interventi. In questa direzione, pur accrescendo il ruolo dei privati nella progettazione, nel finanziamento, e nella gestione delle opere, ciò che si affida all'esterno della PA deve essere indirizzato e controllato dall'azione pubblica, che negli anni continua a subire un impoverimento di competenze tecniche e amministrative.
Per quanto riguarda la riprogrammazione delle risorse, alla rilettura delle scelte compiute ed alla definizione di una nuova programmazione, deve aggiungersi la necessità di conferire certezza e continuità alle risorse.
L'esperienza internazionale mostra come spesso le pressanti esigenze di migliorare i conti pubblici si traducono in riduzioni degli investimenti pubblici. Per contrastare questa tendenza, in diversi Paesi (ad esempio nel Regno Unito e in Francia) sono utilizzate clausole di ring fencing, per le quali eventuali risparmi rispetto alle spese previste per investimenti pubblici non possono essere utilizzati per finanziare aumenti di spesa corrente. Bisogna infine, introdurre misure volte a ridurre la frammentazione delle fonti di finanziamento e dei centri di spesa, incentivando il ricorso al finanziamento parziale delle opere e la parcellizzazione in tanti lavori svolti contemporaneamente.
Sarebbe inoltre opportuna una gestione coordinata e unitaria di tutte le risorse finanziarie che contribuiscono al finanziamento della Legge obiettivo.
Questa funzione di coordinamento dei fondi potrebbe essere svolta entro le competenze del Cipe, cercando di ridurre, e non di accrescere, il numero degli interlocutori e delle strutture dalla possibilità di ottenere anche lavori compensativi, o costose varianti.
Per una cantierizzazione delle opere, la gamma di interventi elencati nel DEF individuati come obiettivi maggiormente legati al sostegno del settore delle costruzioni, va senz'altro condivisa e andrebbe idealmente ricondotta alle tre tipologie di interventi che il Governo dovrebbe perseguire:
1) un intervento dedicato a poche nuove infrastrutture realmente strategiche;
2) un ultimo intervento dedicato ai più urgenti completamenti di opere in corso e ai principali colli di bottiglia;
3) ultimo relativo alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle infrastrutture già esistenti. Idealmente la valutazione dei progetti dovrebbe accompagnare l'intero processo di programmazione, all'individuazione delle alternative tecniche con cui soddisfare i bisogni prioritari, alla stesura dei progetti, sino alla stima degli effetti delle revisioni proposte.

È importante inoltre definire delle procedure standardizzate, perché l'assenza di un quadro di riferimento unitario ha finora pregiudicato la comparabilità delle analisi.
Nel quadro delle scarse risorse finanziarie disponibili, si potrebbe inoltre accordare una qualche preferenza alle infrastrutture che tendono, almeno in parte, ad autofinanziarsi (come le autostrade tramite i pedaggi), oppure che evidenzino evidenti segni di congestione.

FRANCO NARDUCCI. Il Documento di Economia e Finanza 2012 che ci è stato presentato - di ciò va dato merito al Governo, è un documento corposo, complesso, denso di dati e di proiezioni che meriterebbero una riflessione e un approfondimento che la poca disponibilità di tempo non consente.
Il DEF si colloca in una fase di indebolimento del quadro congiunturale e deve rispondere alle pressioni dell'area euro, che hanno trovato voce anche nelle raccomandazioni della Banca centrale europea, che incoraggiano l'Italia a procedere a quelle riforme strutturali che dovrebbero stimolare il processo di crescita del nostro Paese. Pag. 83Dopo la pesante eredità raccolta dal Governo precedente, il documento indica un'agenda di interventi per il prossimo anno delineando un percorso che s'inquadra nella Strategia Europa 2020.
Se guardiamo l'insieme delle azioni prospettate dal Governo non si può non convenire che i punti cardine sono basati sull'esigenza del riequilibrio dei conti pubblici italiani e dell'avvio di un programma serio di riforme strutturali che consentano una prospettiva di crescita, che possibilmente dovrebbe stabilizzarsi su un rassicurante arco di tempo. Viviamo un momento difficile, le previsioni e le stime sull'andamento economico sono state riviste di nuovo al ribasso e le riflessioni sulla crescita della nostra economia stentano a far presa. Ma proprio per questa situazione dobbiamo pensare ad un nuovo modello di sviluppo e di bene comune, ad una nuova frontiera delle solidarietà per il futuro del nostro Paese, affrontando prioritariamente i nodi del lavoro, dell'occupazione, del futuro dei giovani, del potere d'acquisto e di consumo delle famiglie italiane e della loro capacità di risparmio, che si è notevolmente ridotta in percentuale del reddito disponibile.
Il Capo dello Stato è intervenuto ripetutamente per sollecitare le istituzioni e l'economia ad affrontare la situazione occupazionale dei giovani ammonendo che nel Paese c'è «una disoccupazione e inoccupazione giovanile che pesa sulle famiglie, una mancanza di prospettive di occupazione per i giovani» che non si risolve senza riforme profonde.
Un aspetto fondamentale della crescita è la conquista di nuovi spazi commerciali all'estero per le nostre imprese, ma anche rendere il nostro Paese più attraente per gli investimenti esteri, cosa che sicuramente aiuterebbe lo sviluppo. Io credo che il successo nei nuovi mercati emergenti troverà riscontri effettivi quanto più saremo in grado di far funzionare in modo sistemico il nuovo strumento di promozione dell'impresa italiana nel mondo e cioè la nuova ICE, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.
Ma non basta, occorre anche attivare di più quei meccanismi sinergici di cooperazione tra le strutture del nostro Paese e la rete delle sue espressioni nel mondo, rappresentata in primis dalle Camere di commercio italiane e dalle comunità italiane all'estero, che rappresentano già ora un valore aggiunto grazie a quella diplomazia di cultura popolare che riescono a porre in essere in tantissimi Paesi. Gli imprenditori di origine italiana all'estero assicurano un ragguardevole contributo alla nostra economia ma si potrebbe fare di più, ad esempio per attirare i loro investimenti in Italia. Un'opportunità da prendere in seria considerazione, che tuttavia necessita di politiche incentivanti e il riconoscimento del prezioso contributo che le comunità hanno dato e continuano a dare all'Italia.
Io mi auguro, signor Presidente, che si riesca finalmente a innescare quella cultura di sistema Paese che porterebbe alla valorizzazione di tutte le nostre potenzialità, quelle in Italia e quelle all'estero, quelle espresse e quelle inespresse. Ce lo insegna la Germania, campione del mondo delle esportazioni che, grazie a questa sua collaudata capacità, si candida ad essere un ulteriore pilastro da aggiungere al BRIC.
Ma per farlo bisogna smetterla di smantellare la nostra rete diplomatico-consolare e la diplomazia culturale di cui sono capaci i nostri Istituti di cultura italiani all'estero, che certamente per meglio operare andrebbero riformati e attrezzati alle nuove sfide. E invece il Governo pensa ad ulteriori chiusure delle sedi consolari, negando così la loro essenzialità per le comunità emigrate e per le imprese che operano nei mercati esteri. E ora, addirittura, nel «Rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica» allegato al DEF, si afferma che la ristrutturazione della rete diplomatico-consolare è necessaria e «la Pag. 84chiusura dei consolati e la trasformazione della rete estera potrebbe proseguire anche nei prossimi anni».
Chiedo, a tal proposito, che il Governo mantenga fede alla risoluzione approvata in Commissione esteri in cui si chiedeva di «riconsiderare le modalità di razionalizzazione degli uffici consolari, promuovendo un'accelerazione del processo di revisione e ammodernamento delle procedure amministrative, nonché l'informatizzazione destinata al funzionamento del "consolato digitale"; e si chiedeva una pausa di riflessione per operare meglio la razionalizzazione ma questa pausa non c'è stata.
Signor Presidente, ma perché il Governo non incarica i propri organi contabili e la Banca d'Italia a quantificare matematicamente e non solo a parole il contributo finanziario dato all'Italia dalle nostre comunità all'estero, a determinare l'indotto, turismo di ritorno in testa, che esse generano? Forse il Governo si ricrederà e non darà più per scontato che tutto ciò continui a perpetuarsi anche in presenza di politiche fortemente penalizzanti per le succitate comunità. Concludo, signor Presidente, chiedendo al Governo che si faccia carico di una necessità, quella di ascoltare le comunità emigrate per meglio decidere sul futuro della nostra rete diplomatica e consolare nel mondo.

Pag. 85

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Pdl n. 4003 e abb. - Trapianto parziale di polmone, pancreas e intestino tra persone viventi

Discussione generale: 6 ore

Discussione generale
Relatore 20 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Interventi a titolo personale 58 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 22 minuti
Popolo della Libertà 38 minuti
Partito Democratico 37 minuti
Lega Nord Padania 32 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 31 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti
Popolo e Territorio 31 minuti
Italia dei Valori 31 minuti
Misto: 31 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 3 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 3 minuti
Repubblicani-Azionisti 3 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
Pag. 86

Mozioni n. 1-00978 e n. 1-00955 - Iniziative in materia di governance dell'INPS

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

Mozione n. 1-00996 - Tutela dei diritti umani e politici in Ucraina

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 87

Pdl n. 3466 e abb. - Riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte delle regioni e degli enti locali

Seguito dell'esame: 8 ore.

Seguito esame
Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 13 minuti (con il limite massimo di 13 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 27 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 14 minuti
Partito Democratico 1 ora e 13 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 31 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 28 minuti
Popolo e Territorio 27 minuti
Italia dei Valori 26 minuti
Misto: 32 minuti
Grande Sud-PPA 9 minuti
Alleanza per l'Italia 5 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 3 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 3 minuti
Repubblicani-Azionisti 3 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
Pag. 88

Doc. IV, n. 23 - Domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Papa

Tempo complessivo: 2 ore e 30 minuti (*).

Relatore 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 21 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 44 minuti
Popolo della Libertà 22 minuti
Partito Democratico 21 minuti
Lega Nord Padania 10 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 9 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 8 minuti
Popolo e Territorio 8 minuti
Italia dei Valori 8 minuti
Misto: 18 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.

Pag. 89

Pdl n. 3160 e abb. - Limiti di altezza per l'ammissione ai concorsi per le Forze armate

Tempo complessivo: 10 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 5 ore e 30 minuti;
  • seguito dell'esame: 5 ore.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 15 minuti
Governo 10 minuti 10 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti 5 minuti
Tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 54 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 48 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 6 minuti 3 ore e 32 minuti
Popolo della Libertà 33 minuti 48 minuti
Partito Democratico 32 minuti 47 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti 23 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 30 minuti 20 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 30 minuti 18 minuti
Popolo e Territorio 30 minuti 18 minuti
Italia dei Valori 30 minuti 17 minuti
Misto: 30 minuti 21 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti 4 minuti
Alleanza per l'Italia 5 minuti 3 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 3 minuti 2 minuti
Movimento per le Autonomie-
Alleati per il Sud
3 minuti 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 3 minuti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti 2 minuti
Pag. 90

Mozioni n. 1-00896 e abb. - Misure a favore delle piccole e medie imprese

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 12 marzo 2012.

Pag. 91

Pdl n. 749 e abb. - Scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi

Discussione generale: 6 ore

Discussione generale
Relatore 20 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Interventi a titolo personale 58 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 22 minuti
Popolo della Libertà 38 minuti
Partito Democratico 37 minuti
Lega Nord Padania 32 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 31 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti
Popolo e Territorio 31 minuti
Italia dei Valori 31 minuti
Misto: 31 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 3 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 3 minuti
Repubblicani-Azionisti 3 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
Pag. 92

Pdl n. 2744 e abb. - Tutela e valorizzazione della biodiversità agraria

Tempo complessivo: 14 ore, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 8 ore.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 20 minuti
Governo 15 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 40 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 12 minuti (con il limite massimo di 12 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 26 minuti 5 ore e 18 minuti
Popolo della Libertà 39 minuti 1 ora e 13 minuti
Partito Democratico 38 minuti 1 ora e 11 minuti
Lega Nord Padania 32 minuti 35 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 32 minuti 30 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti 27 minuti
Popolo e Territorio 31 minuti 26 minuti
Italia dei Valori 31 minuti 25 minuti
Misto: 32 minuti 31 minuti
Grande Sud-PPA 9 minuti 8 minuti
Alleanza per l'Italia 5 minuti 5 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti 3 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 3 minuti 3 minuti
Movimento per le Autonomie-
Alleati per il Sud
3 minuti 3 minuti
Repubblicani-Azionisti 3 minuti 3 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti 2 minuti
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Mozioni n. 1-00922 e n. 1-01016 - Obiezione di coscienza in campo medico e paramedico

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

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Mozione n. 1-00898 - Tassazione del risparmio e negoziazione di accordi fiscali

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Pdl n. 2094 - Particolare tenuità del fatto

Seguito dell'esame: 6 ore e 30 minuti.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 25 minuti
Interventi a titolo personale 58 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 17 minuti
Popolo della Libertà 58 minuti
Partito Democratico 57 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 24 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 24 minuti
Grande Sud-PPA 6 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
Pag. 96

Mozioni n. 1-00983 e abb. - Personale del comparto della sicurezza

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

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Mozione n. 1-00899 - Vicenda del cittadino russo Sergei Magnitsky

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Mozione n. 1-00971 e abb. - Iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 22 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 25 minuti
Grande Sud-PPA 7 minuti
Alleanza per l'Italia 4 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 2 aprile 2012.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Risol. 6-109 456 445 11 223 389 56 38 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.