Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 619 di mercoledì 11 aprile 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 11,30.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 aprile 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bocchino, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Lombardo, Lupi, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pisicchio, Rigoni, Stefani, Tenaglia, Valducci e Vico sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale gli onorevoli Enzo Raisi e Catia Polidori, in sostituzione, rispettivamente, degli onorevoli Carmelo Lo Monte e Arturo Iannaccone, dimissionari.

Modifica nella composizione della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (INCE).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (INCE) il senatore Alfredo Mantica, in sostituzione del senatore Vincenzo Fasano, dimissionario.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 11.35).

MAURO PILI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, intendo sottoporre alla Presidenza, e per essa al Governo, quanto sta avvenendo sulla continuità territoriale aerea da e per la Sardegna. In tal senso, ho presentato una puntuale interrogazione nei giorni scorsi ed una nella giornata di ieri. Per Pag. 2entrambe, signor Presidente, le chiedo di sollecitare una rapida risposta del Governo, anche per le implicazioni che potrebbero scaturire ad un mancato tempestivo intervento sulla vicenda da parte dell'Esecutivo.
Sul tema della continuità territoriale questa Camera si era espressa nei mesi scorsi in maniera unanime, accogliendo quella proposta che avanzai, ormai tre anni fa, sulla tariffa unica per residenti e non residenti. Allora, come oggi, sostenni che per realizzarla non sarebbe stato necessario alcun tipo di costo, né per lo Stato, né tantomeno per la regione.
La conferenza di servizi, di cui fanno parte anche organi e funzionari dello Stato, ha ritenuto, invece, di prevedere compensazioni alle compagnie aeree per oltre 200 milioni di euro. Si tratta, come emerge nell'interrogazione che ho presentato, di una previsione destituita di ogni fondamento, che si configura come una vera e propria regalia alle compagnie aeree.
Basti pensare che in quelle compensazioni sono calcolati gli ammortamenti di aeromobili da tempo fuori produzione e di Airbus 320 che vengono contabilizzati come nuovi, quando invece hanno superato anche essi i 15-17 anni di vita. Con quegli ammortamenti previsti per un Airbus si sarebbe potuto comprarne tre volte. Tutto questo è grave, signor Presidente, e vi è la necessità di una puntuale e urgente verifica da parte degli organi competenti.
A questo si aggiunge che nelle ultime ore un quotidiano sardo ha titolato: «Continuità aerea, c'è un accordo. Alitalia e Meridiana avrebbero deciso di spartirsi la gara che scadrà giovedì». Signor Presidente, considerato che tale indiscrezione, se confermata, costituirebbe di fatto una notizia di reato, sarebbe necessario che il Governo procedesse con la massima urgenza a fornire le più opportune e tempestive risposte alle interrogazioni che sulla questione ho reiteratamente presentato. Tutto questo per evitare che soldi pubblici finiscano per diventare un indebito regalo alle compagnie aeree a danno della Sardegna e dei sardi.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,38).

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, approfitto per segnalare a lei ed anche al Governo alcune interrogazioni urgenti presentate in queste ore - so che è irrituale - , in primo luogo dall'onorevole Miglioli del Partito Democratico. Si tratta di un'interrogazione molto ampia e dettagliata, ma posizione analoga ha espresso anche l'onorevole Cazzola. Mi riferisco alla chiusura, non motivata in modo comprensibile da alcuno, di uno dei più importanti siti italiani del lavoro. Il Ministero del lavoro - e mi risulta non per disposizione del Ministro - ha chiuso nelle ore scorse il sito www.dplmodena.it, dell'ufficio provinciale.
Signor Presidente, è uno dei siti più letti in Italia da coloro che avevano bisogno di informazioni sulla sicurezza sociale, sulla previdenza e sull'immigrazione. Si tratta di un sito premiato dal Ministro Sacconi e indicato come uno dei migliori siti in tutti i saloni nazionali della pubblica amministrazione. Le ragioni formulate nella lettera della direzione generale sono incomprensibili. Bisogna omologare ai profili di comunicazione istituzionali i siti, ma evidentemente è accaduto qualcos'altro che non è comprensibile.
Il Ministro se ne sta occupando. La richiesta, signor Presidente, è però che si discuta rapidissimamente e che il Ministro - sottosegretario D'Andrea, lei è così sensibile ai temi della comunicazione - faccia l'unica cosa possibile quando viene oscurata una fonte di informazione: prima si riapre il sito, poi si fa l'inchiesta. Tuttavia il problema è riaprire il sito, perché in rete si è creato un forte movimento promosso da numerosi professori, docenti e cittadini, coordinato dal professor Scorza, che dice: ma non si era mai visto un bavaglio di questa natura, cosa mai sarebbe Pag. 3accaduto in altre stagioni di fronte ad un oscuramento di un sito di questa natura?
Quindi, perché innescare polemiche inutili? Se, com'è probabile, il Ministro non lo ha promosso e non era stato neanche informato, per cortesia, si risponda alle interrogazioni già subito nelle prossime ore nei modi e nelle forme dovute, ma si riapra il sito evitando, in un Paese già tormentato da troppi oscuramenti di siti di informazione, di creare un'ulteriore polemica e un ulteriore oscuramento. Non è una piccola cosa, riguarda comunque le modalità di esercizio dell'articolo 21 della Costituzione in questo Paese ed è ancora più grave se un sito viene chiuso dalla pubblica amministrazione o dal Governo (Applausi di deputati dei gruppi Misto e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Giulietti, sarà cura della Presidenza sollecitare il Governo sulle due questioni che sono state poste nei due interventi.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (A.C. 5052-A) (ore 11,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari della Lega Nord Padania, del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la V Commissione (Bilancio), onorevole Alberto Giorgetti, ha facoltà di svolgere la relazione.

ALBERTO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame è da porre in relazione ad una procedura d'infrazione in corso da parte dell'Unione europea in merito alla disciplina nazionale concernente l'esercizio dei poteri speciali attribuiti allo Stato nelle società privatizzate. La procedura, in seguito al cambio di Governo, è stata sospesa in modo da consentire al nuovo Esecutivo di esaminare la problematica e di affrontarla in maniera organica.
Mi pare di poter dire che, al termine dell'esame in sede referente, è possibile affermare che la risposta fornita ad un'urgenza attraverso il consueto strumento del decreto-legge riveste, circostanza che raramente si verifica in un contesto legislativo dove l'emergenza sistematicamente invocata si coniuga di norma con la provvisorietà, un'indubbia solidità e stabilità e fornisce una risposta organica e coerente alle criticità evidenziate in sede europea rispetto alla disciplina previgente.
Questo avviene, va detto subito, quando i nostri principali partner europei sono dotati di normative, anche inadeguate, che lasciano molto a desiderare sotto il profilo del rispetto del diritto dell'Unione europea. Abbiamo precedenti vari in diversi Paesi e credo che, da questo punto di vista, un passo in avanti dovrebbe essere fatto anche dagli altri Paesi. L'adeguamento ai principi affermati nei trattati europei, attuato con il disegno di legge al nostro esame, non avviene peraltro sacrificando i legittimi interessi nazionali che ogni disciplina Pag. 4in materia di poteri speciali relativi ai settori societari strategici deve necessariamente tutelare. Ed è questo che sta in particolar modo a cuore agli aspetti connessi alla V Commissione (Bilancio).
In tal senso, il punto di equilibrio individuato con il provvedimento in esame si pone come un possibile riferimento nel quadro delle normative nazionali in materia che, come accennato, ad un esame obiettivo meriterebbero, chi più e chi meno, una complessiva revisione. L'istruttoria svolta dalla Commissione è stata breve ma intensa.
Devo ringraziare in tal senso ovviamente anche il lavoro svolto, congiuntamente con la VI Commissione, dai due presidenti e, in particolare, dal relatore Causi che ha approfondito in modo puntuale una serie di questioni. L'istruttoria è avvenuta in stretto coordinamento con il Ministro per le politiche dell'Unione europea che ringrazio per la sua collaborazione. Devo dire che credo che il gruppo di lavoro abbia prodotto un documento molto positivo ed incisivo. Decisiva è stata la partecipazione estremamente costruttiva di tutti i gruppi parlamentari nella definizione del testo da sottoporre all'Assemblea. Ciò ha consentito di esaminare tutti gli aspetti più rilevanti della materia e di effettuare i necessari approfondimenti giungendo, ove necessario e compatibile con gli indirizzi di fondo del provvedimento, ad introdurre alcune significative modifiche.
Nel corso dell'esame istruttorio, le Commissioni bilancio e finanze hanno tra l'altro voluto verificare la solidità dell'impianto normativo anche attraverso l'audizione informale di alcuni dei principali campioni nazionali (si tratta di un tema che sta particolarmente a cuore alla programmazione economica): ENI, ENEL, Telecom, Terna, che sono direttamente interessati al provvedimento. Mi pare di poter dire che l'impostazione generale del decreto-legge è stata sostanzialmente condivisa da tutti i soggetti auditi.
Credo che siano arrivati anche degli spunti di interesse (in particolar modo l'onorevole Causi), tradotti in attività emendativa anche da parte dei relatori. L'impostazione generale del decreto-legge è stata condivisa da tutti i soggetti e oggetto di particolare apprezzamento sono stati: l'estensione dei poteri speciali esercitabili dal Governo al complesso delle società operanti in determinati settori, anziché alle società pubbliche o privatizzate; la puntuale definizione delle condizioni di esercizio del contenuto dei poteri speciali; la sostituzione del potere di autorizzazione con il potere di opposizione da esercitarsi nei confronti dei soggetti comunitari o extracomunitari; il rinvio ad una fonte secondaria del compito di individuare reti, impianti, beni e rapporti di rilevanza strategica in relazione ai quali esercitare i poteri speciali; l'aggiornamento da effettuare almeno ogni tre anni dell'atto di individuazione degli assetti strategici.
La preoccupazione di fondo espressa dai soggetti auditi ha riguardato la necessità di procedere con estrema attenzione, previa consultazione dei soggetti più direttamente coinvolti, all'attuazione della normativa in essere, soprattutto per quanto riguarda la puntuale individuazione dei beni, delle reti, degli impianti e delle tecnologie da considerare in modo strategico. È evidente come vi sia la preoccupazione, del tutto comprensibile, di evitare un'applicazione inutilmente estensiva della disciplina in esame con l'inevitabile conseguenza di creare un eccesso di burocratizzazione ed appesantire l'attività. Mi pare chiaro che su questo l'attività svolta dagli emendamenti (e auspico anche da parte degli ordini del giorno) possa chiarire questi aspetti.
Gli elementi forniti nel corso delle audizioni, così come altre informazioni e valutazioni, hanno suggerito alle Commissioni una serie di modifiche: in primo luogo, un intervento importante che abbiamo deciso di raccogliere proviene dal Comitato per la legislazione prevedendo che l'individuazione degli asset strategici e, più ampiamente, la definizione di una disciplina di settore vengano adottate con regolamenti da sottoporre - come hanno raccomandato le Commissioni affari costituzionali, giustizia, difesa, e via seguitando Pag. 5- al previo parere delle Commissioni parlamentari competenti (questione rilevante). È sembrato, in particolare, necessario assegnare un ruolo al Parlamento, anche al fine di assicurare la pubblicità e l'apertura del procedimento di attuazione oltre che al settore societario all'intera opinione pubblica, poiché la disciplina in questione intende tutelare interessi generali della collettività.
Un'eccezione è stata peraltro effettuata con riferimento all'individuazione degli asset strategici per la difesa e la sicurezza nazionale (unico elemento che per davvero ha meritato una piena attenzione e, passatemi il termine, autonomia). In tal caso, è stata confermata la possibilità di provvedere con decreto del Presidente del Consiglio, sia pure previa trasmissione dello stesso al Parlamento che verrà dunque informato a tempo debito e potrà, qualora lo ritenga opportuno, attivarsi nelle forme previste dai regolamenti parlamentari.
Lo stesso dicasi per i provvedimenti amministrativi di esercizio dei poteri speciali che verranno comunque comunicati alle Camere. Inoltre, il Parlamento sarà aggiornato attraverso una relazione annuale del Presidente del Consiglio dei ministri. Insomma, abbiamo cercato di lavorare evitando appesantimenti alla vita societaria. A tal fine, ci si è innanzitutto preoccupati di consentire al Governo la possibilità di modulare l'esercizio dei poteri speciali esercitandoli in modo conforme alle specifiche caratteristiche della minaccia ovvero delle situazioni eccezionali idonee a determinare un grave pregiudizio degli interessi nazionali.
Concludendo, signor Presidente - su altre questioni ovviamente sarà più puntuale il relatore Causi - è stato chiarito - cosa che a noi sta particolarmente a cuore - il carattere straordinario e residuale della normativa in esame, che ha ad oggetto realtà eterogenee, oggetto di una comune disciplina solo in virtù dell'identità degli interessi generali che il provvedimento in esame intende tutelare, caratteristica diversa rispetto ad altri provvedimenti varati da altri Paesi europei, che erano sostanzialmente in appendice a percorsi di privatizzazione di aziende che avevano avuto storie diverse, connesse ovviamente alle realtà specifiche dei vari Paesi. Ne consegue che tale normativa può trovare applicazione esclusivamente con riferimento a fattispecie per le quali non si ravvisa altra possibilità di inquadramento nei diversi specifici ambiti dell'ordinamento giuridico relativo ai settori interessati. Riteniamo che questo possa essere un elemento di innovazione significativa e di estremo interesse per l'Europa e riteniamo che il lavoro svolto nelle Commissioni per il miglioramento di questi aspetti sia già un risultato di assoluto rilievo.

PRESIDENTE. Il relatore per la VI Commissione, onorevole Causi, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, il decreto-legge relativo ai poteri speciali dello Stato sugli assetti societari delle imprese operanti in settori strategici e di interesse nazionale contiene una riforma del decreto-legge n. 332 del 1994. Era stata lì definita, nel momento in cui si dava inizio al processo delle privatizzazioni, la golden share che lo Stato manteneva a se stesso nelle imprese pubbliche collocate sul mercato. La filosofia sottesa all'esercizio di quei poteri, una filosofia di tipo autorizzatorio e discrezionale e con un ambito di tipo soggettivo, cioè le imprese ex pubbliche, si è scontrata con la giurisprudenza comunitaria e ha attivato procedure di infrazione non solo per l'Italia, ma anche per altri Paesi europei, fra cui anche la Francia e la Germania. Lo spirito schiettamente comunitario del Governo Monti e la presenza alle politiche comunitarie di Enzo Moavero non poteva non esprimersi nel tentativo di chiudere quel procedimento di infrazione e di proporre alla Commissione europea un approccio innovativo il quale, anche prendendo spunto dall'esperienza del Belgio, aspira a diventare benchmark all'interno dell'Unione. Il potere speciale, quello che oggi potremmo Pag. 6chiamare il golden power che lo Stato mantiene a se stesso, nasce da una nuova filosofia. Sarà di tipo oppositivo e prescrittivo e solo in ultima istanza interdittivo e avrà un ambito di applicazione di tipo oggettivo. Si applicherà cioè a tutte le società e non soltanto a quelle partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici, società operanti nei settori strategici della difesa e della sicurezza nazionale, nonché a quelle che possiedono attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Le attività di rilevanza strategica vengono definite - cito il testo del decreto-legge - come: «le reti e gli impianti, ivi compresi quelli necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale». In riferimento alla categoria dei servizi pubblici essenziali è - io ritengo - una delle più significative modifiche introdotte durante i lavori in Commissione grazie al lavoro del relatore Alberto Giorgetti, dei presidenti e di tutti i gruppi politici che hanno lavorato in Commissione. Il golden power quindi è più morbido, è più soft della golden share, ma ha un ambito applicativo potenzialmente più vasto. I perimetri degli oggetti di rilevanza strategica verranno definiti da appositi DPCM per il settore difesa e sicurezza. Nel corso dell'esame in sede referente è stato inserito un termine per l'approvazione dei DPCM, pari a novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, ed è stata anche introdotta la previsione di trasmissione contestuale alle Commissioni parlamentari competenti. Negli altri settori la definizione degli oggetti avverrà tramite regolamenti da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, anche questo a seguito delle modifiche approvate, come il collega Alberto Giorgetti poco fa ha ricordato, durante il lavoro in sede referente.
I pareri parlamentari devono essere espressi entro il termine di 20 giorni, decorso il quale i regolamenti possono essere comunque adottati. I DPCM e i regolamenti in questione andranno aggiornati almeno ogni tre anni.
Gli atti societari che hanno una potenziale incidenza sull'attività strategica andranno notificati al Governo, che dovrà valutare la sussistenza di una minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale ovvero degli altri settori per gli interessi pubblici relativi al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.
Nel valutare le potenziali minacce, il Governo dovrà rispettare i principi di proporzionalità e di ragionevolezza e potrà intervenire, attraverso DPCM adottati su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, da trasmettere contestualmente, come specificato in sede referente, alle Commissioni parlamentari competenti, con tre armi di crescente potenza: primo, condizioni prescrittive all'acquisto di partecipazioni; secondo, veto all'adozione di delibere da parte degli organi societari; terzo, opposizione all'acquisto di partecipazioni.
Nel caso di veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza, in sede referente sono state incluse le modifiche di clausole statutarie eventualmente adottate ai sensi dell'articolo 2351, terzo comma, del codice civile - vale a dire l'introduzione di limiti al diritto di voto condizionati al raggiungimento di una misura massima di possesso azionario - ovvero introdotte ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del già citato decreto-legge n. 332 del 1994, dove è previsto un limite massimo di possesso azionario pari al 5 per cento.
Per le attività strategiche comprese nell'articolo 2 del decreto-legge, quelle relative, cioè, ai settori dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, la seconda arma, il veto, può esercitarsi in presenza di una situazione eccezionale. In sede referente si è chiarito che l'eccezionalità va ricondotta nell'ambito delle situazioni non disciplinate dalle normative di settore nazionali ed europee. Pag. 7
È stato, inoltre, precisato che nel computo della partecipazione rilevante ai fini dell'acquisto si tiene conto della partecipazione detenuta da terzi con cui l'acquirente ha stipulato patti parasociali. Nel caso in cui le attività di rilevanza strategica si riferiscano a società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze è stato introdotto nella procedura di predisposizione di regolamenti volti ad individuare gli attivi di rilevanza strategica il coinvolgimento del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per i rispettivi ambiti di competenza.
La terza arma del golden power, e cioè l'opposizione all'acquisto, si può innescare contro qualsiasi soggetto solo nel caso della difesa e sicurezza nazionale, mentre negli altri settori è applicabile solo a soggetti esterni all'Unione europea, nel rispetto degli accordi internazionali vigenti (chiarimento, quest'ultimo, che è apparso necessario introdurre in sede referente).
Contro l'esercizio del potere speciale del Governo è possibile opporsi e il decreto-legge dispone che i processi di merito si svolgano, con rito abbreviato, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR del Lazio). Vengono stabilite sanzioni di tipo pecuniario e di nullità degli atti per i soggetti che non dovessero ottemperare alle decisioni governative, rafforzate, di intesa con il Governo, durante la fase referente.
Nell'articolo 3 sono contenute norme generali e transitorie, nonché le abrogazioni derivanti dal provvedimento, che sono state precisate nel corso dell'esame in sede referente, al fine di includervi tutti i provvedimenti riguardanti la previgente disciplina.
In particolare, è stato introdotto, come l'onorevole Giorgetti ha già detto, un nuovo articolo, il quale prevede che, a decorre dall'anno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il Presidente del Consiglio dei ministri trasmetta al Parlamento, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sull'attività svolta sulla base dei poteri attribuiti dal presente decreto-legge, con particolare riferimento ai casi specifici e agli interessi pubblici che hanno motivato l'esercizio di tali poteri.
Per dare una valutazione politica del percorso che il decreto-legge apre, è bene ricordare che l'Unione europea non vieta l'esistenza di imprese pubbliche; chiede, però, che il mercato dei capitali sia libero, e che quindi le imprese a parziale partecipazione pubblica collocate sul mercato dei capitali non siano soggette a poteri di tipo discrezionale ed imprevedibile.
Lo Stato può mantenere un golden power, un potere speciale, ma lo deve fare in relazione a interessi nazionali e con forme adeguate e proporzionali alle minacce.
Nel corso delle audizioni presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera, le principali imprese nazionali a controllo pubblico coinvolte nella riforma - come ENI, ENEL, Terna, Finmeccanica, oltre a Telecom, che non è a controllo pubblico, ma possiede importanti attivi strategici - hanno manifestato adesione e condivisione sul nuovo modello dei poteri speciali, esprimendo, semmai, qualche preoccupazione per la complessa gestione degli adempimenti che la riforma impone.
La perimetrazione dell'attività strategica dovrà adottare metodologie che tengano conto delle specificità tecnologiche dei diversi settori e il Governo dovrà ben organizzarsi al suo interno per gestire un'ingente mole di informazioni di cui, tramite le notifiche, verrà a disporre.
Queste preoccupazioni sono state condivise dai relatori, dalle Commissioni referenti e dal Governo, sono alla base di alcuni ordini del giorno che dettano indirizzi per i futuri decreti e regolamenti attuativi e hanno dato spunto a modifiche del testo iniziale.
In particolare, si è stabilito che le disposizioni attuative comprendano, attraverso i previsti regolamenti e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, anche la definizione delle modalità organizzative per lo svolgimento delle attività propedeutiche all'esercizio di poteri speciali e definiscano, altresì, le tipologie Pag. 8di atti e di operazioni infragruppo alle quali non si dovrà applicare l'obbligo di notifica.
I trattati europei, in ogni caso, non si oppongono alla discesa in campo dello Stato tramite strumenti di diretta proprietà. Resta possibile, ad esempio, utilizzare la Cassa depositi e prestiti e i suoi fondi per interventi nell'economia, anche attraverso la partecipazione al capitale d'impresa.
Per un'eventuale difesa di un'impresa pubblica da una scalata ostile, resta ferma la disciplina della poison pill, introdotta nel 2006. Restano, altresì, ferme le disposizioni del 1994, che permettono di introdurre limiti statutari all'esercizio del diritto di voto, o al possesso azionario, per le società operanti nei settori strategici e negli altri pubblici servizi, oltre che nel settore bancario e assicurativo, laddove applicabili.
Per effetto di ciò, oltre che del fatto che tali limiti decadono solo a fronte di offerte pubbliche di acquisto o capaci di raggiungere la soglia del 75 per cento del possesso azionario, non vi sono imprese a partecipazione pubblica, nei settori e con i meccanismi definiti dal decreto-legge in oggetto, in cui il proprietario pubblico rischi di perdere il controllo, a meno che non decida volontariamente di farlo.
Resta, infine, allo Stato l'azione di moral suasion e di indirizzo.
Con i nuovi poteri speciali, allora, non si sta smantellando l'intervento pubblico nell'economia, lo si sta riscrivendo entro regole compatibili con l'Europa, che ne cambino la natura.
L'esercizio del nuovo golden power, quindi la possibilità di limitare la libera circolazione dei capitali, deve essere ben motivato, opponibile in sede giurisdizionale e limitato ai settori dove esistono interessi strategici di rilevanza nazionale.
Se un'infrastruttura giuridica, che riduce la discrezionalità degli interventi dei governi pro tempore, è in grado di aumentare il grado di certezza da parte degli investitori, si può allora anche «lanciare il cuore» oltre l'ansia della presente fase critica e sperare che questa riforma, insieme alle altre che il Governo Monti sta portando avanti, consenta al nostro Paese di recuperare fiducia e attrattività nei confronti degli investitori internazionali, un recupero di cui avremmo, in verità, tanto bisogno, alla luce della strutturale debolezza patrimoniale e finanziaria delle nostre imprese, anche di quelle più grandi.
Se altri Paesi in Europa sembrano più capaci del nostro nella difesa delle loro attività strategiche, questo è meno il risultato delle norme vigenti in tema di poteri speciali e più, invece, un risultato di sistema, cui concorrono la struttura finanziaria, patrimoniale e tecnologica di un capitalismo italiano che non ha superato alcune storiche fragilità che, in taluni casi, emergono sotto forma di scarsa o inefficiente contendibilità degli assetti proprietari, piuttosto che sotto quella di eccesso di contendibilità, o sotto forma di una direzione politica altalenante e troppo spesso condizionata dai conflitti di interesse, o che, in altri casi, sono figlie degli errori compiuti durante il processo delle privatizzazioni e che, quindi, in generale, vanno ricondotte alla difficoltà del Paese di fare sistema, di confrontarsi da pari a pari all'interno dello spazio europeo e di dotarsi di una moderna politica industriale.
In conclusione non è certo il nazionalismo economico la ricetta adeguata a riportare l'Italia sul sentiero della crescita. Quella del ripiegamento nazionalistico e localistico sarebbe, anzi, una scelta controproducente, visto che restiamo la seconda economia europea per volume di export manifatturiero e visto che non ci mancano, per fortuna, importanti esempi di successo nel campo dell'internazionalizzazione sia di medie che di grandi imprese.
Uno Stato più forte non è necessariamente uno Stato più invasivo e, anzi, alcune esperienze recenti di Stato invasivo nelle decisioni sulla struttura proprietaria delle imprese non sono da tutti considerate un buon esempio (vedi il caso di Alitalia). Uno Stato più forte è uno Stato in grado di gestire informazioni, decisioni e azioni per le questioni di rilevanza Pag. 9strategica per il futuro del Paese mettendo in campo un'ampia gamma di strumenti compresi i nuovi poteri speciali e organizzandoli in modo non burocratico, restando dentro le regole dell'Europa, della trasparenza e dell'assenza dei conflitti di interesse.
Mi permetta, signor Presidente, di concludere ringraziando in modo vero e sincero tutti gli uffici che ci hanno assistito nel corso dell'esame di questo provvedimento che, come tutti avranno capito, ha un'altissima densità tecnica e specifica e che le Commissioni non avrebbero potuto affrontare se non con la collaborazione del Governo, ma anche con la collaborazione sempre vigile ed intelligente dell'ufficio bilancio della Camera, del dottor Cabras, dello staff della Commissione finanze, del dottor Profili, della dottoressa Petrucci e del Servizio studi e, in particolare, del dottor Ceresani. A tutti loro va il nostro ringraziamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ventucci. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI. Signor Presidente, negli anni Novanta l'Italia ha ridotto la sua partecipazione azionaria nelle imprese pubbliche con un numero di privatizzazioni aventi lo scopo di fare cassa, allorquando appariva evidente che l'Accordo di Maastricht avrebbe comportato il controllo dei nostri conti pubblici sui parametri fissati e concordemente sottoscritti dai Paesi membri, in funzione della creazione della moneta unica e non certo, da parte nostra, per un benefico ridimensionamento della sfera pubblica.
Abbiamo comunque contribuito alla costruzione dell'Unione europea, che nei fatti sembra piuttosto un consorzio dove gli Stati membri sono in competizione l'uno con l'altro con la prevalenza dell'asse franco-tedesco.
Lo spread, la ricapitalizzazione delle banche, i conti falsati della Grecia, l'impotenza nella disgregazione della Iugoslavia, l'invasione di prodotti extracomunitari senza le peculiari garanzie che, al contrario, la Commissione europea chiede per quelli prodotti nell'Unione e, da ultimo, la discutibile operazione in Libia dimostrano quanto poco lo spirito dei padri fondatori dell'Unione sia stato seguito.
Di contro, è con un mesto scetticismo che si pone attenzione ad alcune delibere di Bruxelles sulla composizione organolettica della pasta alimentare, della cioccolata, dei legumi ed altro similare. Non che sia cosa da poco la dimensione delle zucchine, ma, considerando l'attuale grave crisi dell'economia reale, è imperativo che ci si occupi ancor più dell'organizzazione socio-economica, che è vitale per una popolazione di 500 milioni di abitanti in un'Europa che, purtroppo, ancora crede di essere l'ottocentesco gestore delle sorti dell'intero mondo e resta immobile di fronte ad una globalizzazione finanziaria e mercantile le cui regole ormai sono inadeguate e non solo nel vago rapporto di reciprocità, ma in quello essenziale dell'ambiente, della salute, del futuro delle giovani generazioni, in sostanza, di un minimo benessere per tutti.
Altro che colbertismo o riferimenti culturali che affondano nel passato, vivi solo nel simbolismo dei Marx, dei Lenin, di Keynes ed altri che avevano a che fare con un altro uomo, un altro stile di vita, altre prospettive di un mondo che oggi annovera quasi 7 miliardi di abitanti.
Né va meglio il rapporto temporale nella gestione economico-amministrativa della stessa Unione in funzione di quanto la modernità scientifica pone a disposizione con l'elettronica e l'informatica. Ne è esempio la denuncia di infrazione che l'Unione rileva sulla non conformità di un provvedimento nazionale ai principi che regolano i trattati europei ed il tempo necessario perché ci si possa adeguare. Pag. 10
Infatti, con il presente provvedimento diamo seguito ad un'infrazione rilevata dalla Corte di giustizia su di una legge che risale al 1994, ben 18 anni or sono.
Ma è necessario andare avanti e credere nell'Unione europea. Si è intervenuto sulla disciplina della golden share, un istituto di origine britannica che, a partire dagli anni Novanta, regola i poteri che possono essere esercitati dal Governo durante il procedimento di privatizzazione di aziende pubbliche.
Con il decreto-legge al nostro vaglio si agisce modificando i poteri speciali di governance societaria e gli strumenti adeguati alla difesa delle scalate ostili da parte di investitori nei confronti delle società pubbliche o private che operano nei settori sensibili rispetto agli interessi dell'Italia quali la difesa e la sicurezza nazionale o di rilevanza strategica come i settori dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni.
È la medesima logica, per certi aspetti, di salvaguardia e tutela delle aziende di interesse nazionale con cui opera il decreto-legge n. 34 del 2011, che autorizza la Cassa depositi e prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale a tutela delle ricadute sul sistema economico produttivo del Paese che, ovviamente, comprende tra l'altro anche i livelli occupazionali.
Quel decreto-legge, tuttavia, che voleva contrastare l'acquisto della Parmalat da parte di investitori francesi, appartiene a quei ritocchi legislativi che si sono succeduti nel tempo per salvaguardare la funzione di azionista forte da parte del Governo, così come le norme inserite nella legge finanziaria del 2006 sulla cosiddetta poison pill, la pillola avvelenata ricordata dal relatore Causi che mantiene inalterato il potere di introdurre un limite massimo al possesso azionario, esteso dal presente decreto-legge anche ad altri settori strategici.
La lentezza dell'azione italiana nei confronti delle richieste della Commissione europea, viene interrotta con l'attuale provvedimento d'urgenza che segue quanto già deciso con nuove regole da Francia e Germania che hanno avuto, a loro volta, difficoltà su un argomento sensibile come la sicurezza e la difesa strategica del proprio Paese. Decisioni condizionate da quanto dettato dall'intero sistema normativo comunitario proprio perché le normative nazionali relative a processi di privatizzazione riferentesi alla golden share possono presentare contrasti o incompatibilità con alcuni principi fondamentali dello stesso ordinamento comunitario, soprattutto nei rapporti con Paesi extracomunitari, ben sapendo quanta influenza economica sull'Europa possono esercitare i Paesi del Medio Oriente o degli Stati Uniti d'America.
I relatori hanno lavorato ed illustrato egregiamente i termini tecnici del provvedimento ed è doveroso rilevare come nelle Commissioni riunite V e VI, investite dall'esame del decreto, sia stato effettuato un proficuo lavoro, insieme al Governo, per inserire quei correttivi che hanno dato al provvedimento una solidità normativa tale da poter costituire una valida base per un modello applicativo anche in altri Stati membri. Una disciplina che ridefinisce le norme antiscalata, applicabile anche ai servizi pubblici essenziali, composta da un insieme di norme che riguardano i poteri speciali del Governo sugli asset societari di più comparti cosiddetti strategici del Paese.
Premesso che la Corte di giustizia sostiene che le disposizioni nazionali configurano restrizioni inadeguate o sproporzionate ai fini del conseguimento dei legittimi obiettivi, è significativa la decisione del Governo, ai limiti della infrazione pronunciata dalla stessa Corte, sulla disciplina dei poteri di veto che potranno essere esercitati soltanto contro soggetti esterni all'Unione europea nel caso di trasporti, energia e comunicazione, mentre per la sicurezza nazionale e la difesa il Governo si riserva un veto anche contro i Paesi comunitari.
Qualche dubbio rimane nella normativa laddove si fa riferimento alla gestione dei notevoli flussi informativi che affluiranno all'Esecutivo circa le attività istruttorie per l'esercizio dei poteri speciali Pag. 11previsti dal decreto. Non è un'osservazione da poco in quanto le pastoie burocratiche della nostra pubblica amministrazione, qualunque sia il settore specifico, spesso riescono a vanificare rapporti sostanziali faticosamente raggiunti dalle imprese, pubbliche e private, in un mondo che la globalizzazione ha reso orizzontale e con richieste di decisioni temporali sotto il segno della rapidità.
Ricordo, a tale proposito, che anni addietro una delle nostre migliori industrie cantieristiche navali non ebbe in tempo le necessarie autorizzazioni per la fabbricazione e l'esportazione di oltre una decina di pattugliatori, motoscafi armati considerati dal diritto internazionale come strumenti di difesa costiera e non di offesa, e la lungaggine burocratica e fiscale fu tale che quella commessa fu tolta all'industria italiana e tranquillamente realizzata da un nostro partner membro dell'Unione europea.
Tale burocrazia potrebbe far accadere quanto paventato in sede di audizione dalla società Terna nell'esempio ove si ipotizza che per spostare un traliccio ad una distanza di pochi metri per esigenze tecniche si debba istruire un'informativa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, che potrebbe nuocere non solo all'economia aziendale, ma addirittura al godimento di diritti costituzionalmente sanciti a favore della comunità.
Infine si condivide l'impianto emendato del decreto che, nel garantire le esigenze di autonomia, preserva in ambito nazionale le capacità dei vari settori oggetto del provvedimento. Si prende atto che la nuova disciplina consente all'Italia di allinearsi alle misure già adottate da altri Stati membri, superando l'esigenza, richiesta dalla Commissione, di circoscrivere la facoltà di esercizio dei poteri speciali, nonché di individuare criteri o procedure per l'attivazione dei poteri stessi al fine di consentire ai soggetti interessati di ricorrere avverso le decisioni pubbliche assunte in merito.
Pertanto, nel concludere, anticipo il voto favorevole del mio gruppo, che ha contribuito alla stesura finale del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, egregi colleghi, nel procedere con l'esame di questo importante provvedimento desidero fare una sottolineatura iniziale, secondo me molto importante, nel ringraziare anche il Ministro Moavero Milanesi, qui presente. Devo dire che l'esperienza che abbiamo fatto fin qui per l'esame, l'approfondimento, e il miglioramento di questo provvedimento, importantissimo, è la dimostrazione di come si dovrebbe operare nel rapporto tra Governo, Commissioni e Aule parlamentari. Esprimo infatti soddisfazione per come si sono svolti i lavori, per il rapporto costruttivo che c'è stato, in particolare tra i due relatori (che ringrazio, in particolare il collega Causi e il collega Alberto Giorgetti), ma con tutte le Commissioni. Devo dire che c'è stato un apporto costruttivo, significativo di tutti i gruppi parlamentari, anche quelli che momentaneamente sono oggi all'opposizione. È un esempio che secondo me dovrebbe essere seguito anche da qualche altro Ministro nel prosieguo dell'esame di altri provvedimenti che sono all'attenzione delle Aule parlamentari o delle Commissioni. Come molto bene è stato già detto (in particolare, dal collega Causi), questo decreto, fatto dal Governo, ma portato all'esame e all'approfondimento delle Commissioni con interventi migliorativi e costruttivi in un dialogo - ripeto ancora una volta - utile non solo a realizzare un obiettivo politico di carattere generale, ma anche a valorizzare il ruolo degli organi parlamentari (tra questi le Commissioni), si è reso necessario per intervenire con riferimento ad un'infrazione notificata addietro al nostro Paese (al nostro Governo).
Qui, faccio un'altra sottolineatura in maniera sintetica, c'è un altro aspetto molto importante, molto positivo. Grazie al Governo - qui credo che l'esperienza Pag. 12del Ministro sia stata utilissima, e ha fatto bene anche il collega Causi a ringraziare i funzionari delle due Commissioni, che hanno fatto un lavoro egregio di supporto all'esame in Commissione - si è impostato un provvedimento con dei contenuti che sono posti in maniera armonica, non confliggente con le direttive generali dell'Unione europea, rispondendo all'infrazione a suo tempo notificata, e allo stesso tempo - a mio modo di vedere - si riesce a perseguire l'obiettivo fondamentale del provvedimento, quello di mettere, lo dico in sintesi e tra virgolette, in sicurezza da azioni ostili, da scalate, da qualcosa che possa mettere in discussione l'interesse nazionale con riferimento a settori strategici. Credo che questo lavoro debba essere ancora di più apprezzato, perché purtroppo - non lo dico per polemica - abbiamo alle spalle tre anni e mezzo in cui si è lavorato in maniera esattamente opposta, dando giù molto spesso all'Unione europea, dicendo che c'è un'oppressione, una posizione preconcetta.
Invece si tratta ragionevolmente, come si sta facendo con questo provvedimento, di trovare il giusto punto di equilibrio tra gli interessi del Paese e gli interessi, più ampi, dell'Unione europea. Credo che con questo provvedimento e con il suo contenuto ci collochiamo appunto in una posizione di grande equilibrio, che tiene conto di questi due interessi, che non sono - e non devono mai essere - confliggenti, ma anzi devono essere complementari. Infatti - e aggiungo subito un'altra riflessione che avevo avuto modo di svolgere anche in sede Commissione - questo provvedimento certamente oggi è necessario, ma noi dobbiamo guardare oltre, dobbiamo guardare avanti, perché l'Unione europea, soprattutto i Paesi dell'area euro, devono porsi l'obiettivo di armonizzare gradualmente, non solo la politica monetaria, ma anche la politica fiscale ed economica e una politica anche di maggiori, più efficaci e più trasparenti controlli sulle attività, in particolare legate al mondo della finanza.
Per cui, credo che l'obiettivo a medio-lungo termine debba essere quello di fare sistema a livello di Unione europea per poter reggere alle sfide planetarie che sono davanti a noi. Infatti, ci sono i colossi della Cina e dell'India, pur con qualche battuta d'arresto, come si legge in questi giorni, nella crescita; ma ci sono altri Paesi emergenti, rispetto ai quali l'Europa deve riuscire a mettere insieme politiche economiche, fiscali e finanziarie e anche scelte legate ai settori strategici. Evidentemente, infatti, ci sono alcune potenze, al di fuori dell'Unione europea, che dispongono oggi di risorse, di liquidità ingenti, che possono intervenire anche su settori e aziende strategiche, non solo per il nostro Paese, ma anche per l'Unione europea. Questo provvedimento, quindi, è necessario, opportuno e importante e lo reputo una fase di passaggio verso ulteriori provvedimenti, sempre di intesa «ovviamente» in sede comunitaria, che rafforzino una vera e propria integrazione che, logicamente, prima di tutto deve essere ancora di più politica. Per cui, secondo me, il provvedimento va collocato in questo quadro.
È stato detto, in particolare - lo cito ancora, spero non si arrabbi - dal collega Causi, che questo intervento è modulato a seconda dei settori che devono essere tutelati. Sicurezza e difesa hanno un certo tipo di contenuto normativo per quanto riguarda appunto le azioni a difesa e a tutela dell'interesse strategico nazionale, altri settori hanno altri percorsi, che sono stati qui richiamati molto bene. Sottolineo un punto importante e riconosco anche la sensibilità e l'attenzione del Governo quando ha accolto tutta una serie di emendamenti, di proposte migliorative, in particolare quella riferita al comma 1 dell'articolo 2. La Commissione, infatti, oltre ad aver inserito i pareri delle Commissioni competenti, atto, anche questo, che va a rafforzare il ruolo del Parlamento attraverso l'impegno e la funzione delle rispettive Commissioni, ha anche inserito le parole: «(...) ivi compresi quelli necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali». Questo è un punto importantissimo. Oggi abbiamo una situazione con problemi e difficoltà, ma anche potenzialità, e questo è un «codicillo», un inserimento, Pag. 13importante in quanto guarda al futuro e consente al Governo anche di intervenire con una certa flessibilità alla luce di quella che potrà essere l'evoluzione proprio nel campo di alcuni servizi pubblici strategici. Per cui, anche questo punto è importante, accanto ad altre modifiche che sono state accolte.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Strizzolo.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, vado alla conclusione, non senza aver ribadito che il provvedimento aiuta sicuramente a rendere un contesto più chiaro e, quindi, più attrattivo per gli investitori stranieri.
E ciò anche se noi, per migliorare la competitività complessiva del sistema Italia ed avere una migliore attrattività per quanto riguarda gli investitori stranieri, certamente dobbiamo intervenire in due punti fondamentali, che sono quello del fisco - che oggi non ha certezze, perché vengono modificate continuamente le regole relative a quella che è la tassazione in diversi settori di intervento, mettendo in difficoltà l'investitore, che deve invece programmare con un grado di certezza ragionevole l'impianto fiscale e i propri business plan - e anche il settore della giustizia civile.
Concludo sottolineando, signor Presidente, che nel nostro Paese noi abbiamo avuto la grande esperienza dell'IRI. Poi ci sono state le polemiche nella parte finale, ma è stata una grande esperienza, che ha consentito a questo Paese di crescere. Mi riferisco ovviamente al fatto che alcune società ex pubbliche, che derivano dall'esperienza dell'IRI, sono fra le più importanti non solo che oggi abbiamo in Italia, ma fra le più importanti a livello europeo ed internazionale. Ciò per dire che - cito ancora il collega Causi - l'intervento pubblico in economia, se effettuato nel rispetto del quadro normativo delle direttive europee, è ancora oggi importante ed utile soprattutto per il nostro Paese, che deve riprendere un cammino di crescita in campo economico per affrontare le sfide che abbiamo di fronte. Quindi, un parere ed un giudizio altamente positivo del lavoro fatto e del contenuto del testo che stiamo esaminando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anch'io vorrei innanzitutto dire che questo provvedimento nasce come forse dovrebbero nascere le norme in questo Parlamento, cioè attraverso la discussione e l'apporto di tutti i gruppi, e credo che nelle Commissioni sia stato fatto un buon lavoro, proprio perché tutti hanno potuto esprimere i punti di vista ed in larga parte molti di questi punti di vista sono anche stati accolti e considerati.
Mi pare che siano sei i punti che caratterizzano il provvedimento: il fatto di prevedere appunto questi poteri speciali, che valgono al di là della proprietà pubblica dei soggetti che operano in quei certi settori dove si interviene; il fatto che la sede della decisione viene individuata nella Presidenza del Consiglio dei ministri; il fatto che si specificano con norme di rango legislativo i criteri di esercizio di questi poteri, senza rinviare ad altri decreti; il fatto della rilevanza strategica degli ambiti oggettivi in cui si prevede l'intervento, che risultano più circoscritti rispetto a prima; la graduazione di questi poteri speciali, a seconda che si tratti dei settori della difesa e della sicurezza ovvero quelli dell'energia, trasporti e comunicazione.
Diciamo che un intero sistema si delinea in modo più dinamico. Le modifiche che sono state approvate vanno appunto in questa direzione. Si sono trasformati i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri in regolamenti e questo pare opportuno. Si è semplificata la definizione delle fattispecie di esercizio dei poteri, sostituendo la nozione di minaccia effettiva di grave pregiudizio a quella di situazione eccezionale di minaccia effettiva di grave pregiudizio. È stato coinvolto il Parlamento, Pag. 14sia nella definizione dei settori sia nell'esercizio dei poteri previsti, e questo è particolarmente importante a mio giudizio. Sono state individuate perfino le modalità organizzative interne all'Esecutivo per lo svolgimento di queste attività e si è cercato di evitare nuovi oneri o nuova burocrazia a carico delle imprese. Inoltre, ultimo ma non meno importante, si sono ricomprese anche le reti e gli impianti connessi ai servizi pubblici essenziali. Ben otto delle proposte emendative del nostro gruppo sono state in qualche modo accolte o assorbite attraverso emendamenti dei relatori, quindi noi ci riteniamo, sotto questo profilo, del tutto soddisfatti.
Sono rimasti due punti, con riferimento ai quali noi abbiamo, comunque, presentato degli emendamenti per l'Aula. Il primo è che l'attuale lettera c) dell'articolo 1 non fornisce ancora elementi utili per valutare quando il livello di partecipazione al capitale raggiunto mediante acquisto sia in grado di compromettere, in quel caso specifico, gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. Noi proponevamo, e proponiamo, che questo livello sia definito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
In secondo luogo, ci sembrava che si dovesse poter mantenere il potere di opposizione ai patti parasociali, che era già contenuto nell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 332 del 1994. A noi sembra che, forse, una riflessione ulteriore ed ultima possa essere fatta, in quest'Aula, sull'opportunità o meno di mantenere questo potere di opposizione ai patti parasociali.
Complessivamente, comunque, il giudizio del nostro gruppo è un giudizio positivo e, quindi, ci sarà il voto positivo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in discussione norma i poteri speciali che il Governo deve detenere sugli assetti societari di imprese nazionali operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. S'intende, perciò, introdurre anche nel nostro ordinamento, similmente a quanto già previsto, per esempio, in Belgio e in altri settori strategici, un istituto riconducibile alla cosiddetta golden share. Con tale dizione, si indicano sinteticamente, nel diritto dell'Unione europea, tutti i regimi nazionali che riservano all'Esecutivo determinate prerogative di intervento sulla struttura azionaria e nella gestione delle imprese appartenenti ai settori strategici nazionali.
Così è il testo arrivato alle Commissioni competenti, su cui la Lega Nord ha lavorato, affinché ulteriori asset strategici venissero inclusi fra i settori rilevanti, ai fini di tutelare maggiormente le nostre imprese dalle scalate esterne, sia europee che extraeuropee. Il tema - non lo nascondiamo - è molto importante, soprattutto oggi, quando le sopite liberalizzazioni stanno forse prendendo corpo, stando, ad esempio, alla volontà del Governo Monti di separare ENI da SNAM, o viceversa. Questo è, quindi, un tema importante, un tema fondamentale, perché, in questo periodo storico in cui l'economia nazionale non ha fattori di crescita positivi, in cui le grandi imprese faticano ad aumentare i propri redditi, in cui il prodotto interno lordo si ridimensiona rispetto alle stime previste, ecco che la possibilità di acquisizioni straniere di asset strategici nazionali può diventare veramente concreta.
Fare le liberalizzazioni quando le imprese nazionali non hanno ancora avuto la possibilità di acquisire quote pubbliche, può essere veramente pericoloso, e questa è la nostra preoccupazione. Un esempio potrebbe essere l'ENEL, a cui viene fatto obbligo di collocare una serie di Genco, proprio per poter liberalizzare il sistema elettrico. Tuttavia, non è che, adesso, i francesi, per esempio, possono venire qui a fare lo shopping dei nostri asset strategici e, poi, noi siamo obbligati a pagare le bollette al monopolista d'oltralpe, così da Pag. 15favorire e sostenere l'imprenditoria francese e non quella nostra, quella locale e, quindi, quella padana. E perché le imprese nazionali non hanno la possibilità di acquisto? Perché la nostra economia deriva da un periodo particolare in cui, meno di vent'anni fa, il 65 per cento del prodotto interno lordo, in Italia, era dello Stato, con - lo ricordiamo - l'IRI, l'ENI, l'EFIM.
Il 65 per cento del PIL era generato dallo Stato in un sistema inefficiente e protetto. Non è facile pensare che, in diciotto anni, si sia riusciti a passare da un sistema protetto, inefficiente e costoso, ad un sistema efficiente e, quindi, di mercato. Ecco, quindi, che, se si privatizza un sistema dove lo Stato ha una presenza così importante, è doveroso chiedersi chi lo può comprare.
L'impresa privata, in un sistema così fortemente statalizzato, non nasce e non ha le risorse per comprare. Grandi imprese, talvolta inventate attraverso finanziamenti dedicati, con banche che hanno finanziato le acquisizioni dalle privatizzazioni, hanno creato solo situazioni di stagnazione perché l'impresa, costruita in una «provetta bancaria» comperata al 100 per cento con il debito, non investe, in quanto tutto il suo cash flow che arriva, se arriva, serve ad estinguere il debito contratto. È, dunque, normale che la golden share, in questa particolare situazione, non sia più procrastinabile.
La Lega Nord Padania aveva già presentato una propria proposta di legge - la n. 4733, a prima firma Polledri - che affrontava la questione in oggetto, quella relativa ai poteri di intervento del Governo nell'ambito di operazioni di cessione delle partecipazioni di capitale delle società di rilevante interesse nazionale, nonché nell'ipotesi di cambiamento della destinazione delle infrastrutture essenziali per lo svolgimento di attività strategiche individuabili nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei pubblici servizi, dei trasporti, della comunicazione, dell'energia, delle assicurazioni, dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e, ovviamente, anche dell'alta tecnologia. Dunque, rispetto al testo del Governo, limitato ai settori difesa, sicurezza, energia, trasporti e comunicazioni, la Lega Nord Padania voleva - e vuole ancora adesso - inserire anche i pubblici servizi, le assicurazioni, le intermediazioni finanziarie, la ricerca e l'alta tecnologia.
Dopo il lavoro delle Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze), il Governo e i relatori hanno recepito le nostre istanze, inserendo anche i servizi pubblici essenziali negli asset strategici, a cui la nuova normativa può far riferimento attraverso l'emanazione di appositi regolamenti; questi ultimi devono avere il parere preventivo delle Camere e questo è un fatto importante per restituire centralità a questa istituzione e alla politica. La Lega Nord Padania ha richiesto questo e lo ha ottenuto.
Rivendichiamo, però, ancora un ulteriore passo in avanti e mi riferisco alle tesi contenute negli emendamenti, che richiedono al Governo di riferire alle Camere, qualora il regolamento adottato sia difforme dal parere identico delle Commissioni parlamentari competenti. Si tratta di un tema che riproponiamo direttamente con emendamenti in Aula.
La nostra preoccupazione, però, è quella che stiamo costruendo un sistema poco rigido per la salvaguardia delle nostre imprese, mentre altri Stati europei - come la Francia e il Belgio, in testa - hanno costruito un sistema molto più rigido e molto più protetto, a discapito della concorrenza e della libera circolazione dei capitali, tanto invocata dall'Unione europea. Talvolta, infatti, pare che la stessa Commissione europea adotti, in effetti, due pesi e due misure, in riferimento allo Stato che ha di fronte. In quest'ottica, quindi, la Lega Nord Padania chiede che alcune delle disposizioni del provvedimento, come quella di cui all'articolo 2, comma 5, debbano essere estese anche ai soggetti interni all'Unione europea, così come la legislazione francese consente.
Difatti, oltralpe, si esercitano i poteri speciali anche nei confronti di imprese di altri Stati dell'Unione europea in sette settori ulteriori rispetto a quelli della difesa Pag. 16e della sicurezza, che la Lega Nord Padania ha elencato nel suo articolo aggiuntivo presentato in Commissione e che viene ripresentato anche in Aula. Inoltre, l'esempio belga, a cui noi abbiamo ispirato la proposta Polledri, prevede poteri di controllo pubblico assai rilevanti.
La legislazione belga, infatti, consente al Governo di nominare due rappresentanti nei consigli di amministrazione delle imprese che svolgono attività di rilevanza strategica, con una disposizione che sembra applicabile anche con riferimento a imprese degli Stati membri dell'Unione europea. La Corte di giustizia si è espressa a favore della legittimità della normativa belga, in quanto compatibile con i principi fondamentali del diritto comunitario, in quanto garanzia dell'approvvigionamento minimo di gas naturale in caso di crisi energetica, stante la dipendenza del Belgio - come dell'Italia - dalle risorse energetiche straniere. Tale situazione, come ho detto, è totalmente simile, identica alla nostra; ecco perché un maggior rigore nazionale significa anche una maggiore salvaguardia dei nostri interessi e, quindi, una maggiore salvaguardia di quelli che sono i nostri asset strategici nazionali e tecnologici.
Il decreto-legge prevede due situazioni differenziate fra i poteri speciali attribuiti al Governo in caso di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi nazionali per i settori della difesa e della sicurezza nazionale, normati dall'articolo 1, e i poteri speciali inerenti agli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, normati dall'articolo 2 e, a loro volta, suddivisi fra soggetti acquirenti europei o extraeuropei.
Nel primo caso, quello regolato dall'articolo 1, si prevede la possibilità, per il Governo, di imporre specifiche condizioni e, quindi, di porre un veto all'adozione di delibere e formulare l'opposizione all'acquisto, quando il livello delle partecipazioni al capitale con diritto di voto sia in grado di compromettere gli interessi nazionali.
Nel secondo caso, normato dall'articolo 2, oltre ai settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, in Commissione è stata aggiunta anche l'operatività dei servizi pubblici essenziali, così come richiesto dal gruppo della Lega Nord Padania. I poteri speciali si declinano in due misure che sono differenti: se l'acquirente è europeo, l'impresa che adotta delibere che abbiano effetti sull'azienda medesima, elencati puntualmente dal comma 2, deve notificare entro dieci giorni al Presidente del Consiglio l'avvenuta modifica, così lo stesso Governo può esprimere il veto alle delibere, imponendo specifiche prescrizioni o condizioni e può, altresì, ingiungere alle società e alle eventuali controparti, di ripristinare, a proprie spese, la situazione anteriore. Si tratta, quindi, di una situazione di controllo a valle dell'atto; non c'è un vero e proprio potere autorizzatorio. Se invece l'acquirente è soggetto esterno all'Unione europea, questo deve notificare al Presidente del Consiglio il progetto di acquisizione sul quale il Governo può imporre condizioni di impegni diretti a garantire la tutela degli interessi nazionali, può opporsi all'acquisto e, ovviamente, durante l'iter di verifica, ogni atto è sospeso o nullo. Ecco che la Lega Nord Padania sostiene che si potrebbe intervenire in fase autorizzatoria anche per la fattispecie di acquisto intereuropeo e che si dovrebbe inserire la clausola di ripristino della situazione anteriore, anche nella situazione e nella fattispecie extraeuropea. Per entrambe le situazioni manca, però, la possibilità del Governo di poter nominare i suoi membri nel CdA della società così come avviene nella legislazione belga.
Siamo in fase di discussione sulle linee generali, già avviata in maniera approfondita, ma questa situazione deve essere ancora analizzata dall'Aula, quindi, ribadiamo che la nostra richiesta è quella che il Governo valuti in maniera positiva quelli che sono gli emendamenti del gruppo della Lega Nord Padania che, a nostro parere, potrebbero rendere più rigida questa nuova normativa sulla cessione delle partecipazioni strategiche e, quindi, importanti per la nostra nazione. Tuttavia, questa rigidità non è una chiusura nei confronti Pag. 17dell'Unione europea e nei confronti di eventuali entrate nel mercato nazionale da parte di altri gruppi extraeuropei, ma è la salvaguardia di quelle che sono imprese importanti, imprese strategiche, a cui noi tutti teniamo.
Non vogliamo assolutamente che si passi attraverso una svendita delle partecipazioni, soprattutto in un momento storico come quello odierno, dove vi è una grave crisi economica e dove il valore delle imprese potrebbe diminuire rendendone così molto appetibile l'acquisto anche da parte di gruppi stranieri. Quindi, la Lega Nord Padania apprezza l'iniziativa della proposta del Governo, ma questo provvedimento può essere sicuramente modificato e migliorato con l'apporto degli emendamenti del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania. Quindi, auspichiamo che nel prosieguo dei lavori il provvedimento venga modificato con l'approvazione dei nostri emendamenti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il collega che mi ha appena preceduto si interrogava sul perché i francesi abbiano potuto fare shopping a man bassa in Italia e non vi sia stata reciprocità, e cioè che l'imprenditoria italiana sia andata all'estero. Credo che la risposta sia una sola, e cioè che qualcuno ha preferito esportare all'estero i quattrini senza investirli, né in Italia né fuori dall'Italia, mentre invece i nostri cugini d'oltralpe hanno pensato bene di fare shopping da noi. Perché gli imprenditori italiani - non generalizzando, ovviamente - si sono comportati così? Perché erano, per l'appunto, protetti da un potere politico che si esercitava per lo più creando degli steccati, in modo tale che si evitassero alcune operazioni. Ma questo è un vizio italico che risale alla notte dei tempi. Pensiamo, per esempio, all'Alfa Romeo e alla Ford, quando era interessata all'acquisto della medesima: se avessimo avuto concorrenza in Italia anche nel settore dell'automobile, probabilmente non ci saremmo trovati nelle condizioni in cui, poi, proprio quel gruppo torinese che si chiama FIAT si è poi dovuto trovare.
Ma proprio queste norme a tutela dell'imprenditoria hanno trovato, ovviamente, un muro da parte dell'Unione europea, tant'è che nel novembre del 2009 è stata aperta una procedura di infrazione in ordine alla disciplina generale dei poteri speciali attribuiti allo Stato nell'ambito delle società privatizzate nel corso degli anni Novanta (ENI, ENEL e così via), in quanto ritenuta lesiva della libertà di stabilimento e della libertà di circolazione dei capitali, quindi contro gli articoli 43 e 56 del Trattato dell'Unione.
Il 24 novembre scorso, la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia - deferimento che non è stato ancora depositato proprio perché si è in attesa di questo provvedimento - e bene ha fatto il Governo sia ad emanarlo, sia a seguirlo con attenzione, come dimostra la presenza del Ministro. Infatti, non è da sempre, ricordo ben poche volte che un Ministro competente, nel senso pieno della parola - oltre che al sottosegretario per i rapporti con il Parlamento - seguisse con attenzione la discussione sulle linee generali di un provvedimento, e di ciò lo ringrazio personalmente.
Quindi, questo provvedimento serve per rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale relativa ai poteri speciali del Governo. Ma quella del novembre del 2009 non era la prima condanna dell'Italia in questa materia. Solo pochi mesi prima, il 26 marzo dello stesso anno, l'Italia veniva condannata per la disposizione dell'articolo 1, comma 2, del DPCM 10 giugno 2004. Tuttavia, non eravamo e non siamo stati soli in questo tentativo di frapporre limiti ai principi della concorrenza e della contendibilità delle imprese in ragione del conferimento al Governo nazionale di potere discrezionale sulle operazioni di acquisto di partecipazione azionarie.
Per definire i criteri di compatibilità comunitaria riguardo alla disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea aveva adottato sin dal 1997 un'apposita Pag. 18comunicazione, con la quale affermava che l'esercizio di tali poteri debba comunque essere attivato senza discriminazioni, ed è ammesso se si fonda su criteri obiettivi stabili, resi pubblici e se giustificati da motivi di interesse generale. La Commissione ammetteva un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro, qualora esso fosse giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, purché fosse esclusa qualsiasi interpretazione che poggiasse su condizioni di ordine economico.
Aggiungeva poi la Commissione il principio della proporzionalità, vale a dire l'attribuzione allo Stato solo dei poteri strettamente necessari per il conseguimento dell'obiettivo perseguito. La disciplina della golden share, introdotta in diversi Paesi, ha presentato profili di incompatibilità con i principi dell'ordinamento comunitario, in particolare laddove è apparsa limitare i principi della concorrenza e contendibilità delle imprese.
In Italia il primo intervento legislativo risale al 1994 (il più volte citato decreto-legge n. 332 del 31 maggio 1994) quando si mise mano al processo di privatizzazione delle imprese di proprietà pubblica. La Corte di giustizia, già sin dal 23 maggio del 2000, procedeva con una procedura di infrazione e la Commissione ha di nuovo inviato, nel febbraio del 2003, una lettera di messa in mora del Governo italiano per violazione degli articoli 43 e 56 del Trattato comunitario.
Modifiche furono introdotte dalla legge n. 350 del 24 dicembre 2003 (la legge finanziaria per il 2004), ma anche questa disciplina è stata oggetto di rilievi da parte della Commissione europea. In buona sostanza fino ad ora si emanavano provvedimenti, salvo poi che questi venissero richiamati o deferiti alla Corte di giustizia dalla stessa Commissione europea.
Ulteriori diritti speciali in capo all'azionista pubblico sono stati previsti dalla disciplina codicistica delle società, nonché dalla legge finanziaria 2006, che ha introdotto nell'ordinamento italiano uno strumento, esistente anche in ordinamenti di altri Paesi, ossia la famosa poison pill - la pillola avvelenata - che consente, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate in mano pubblica, di deliberare un aumento di capitale grazie al quale l'azionista pubblico può accrescere la propria quota di partecipazione, vanificando così il tentativo di scalata non concordata.
Ed eccoci all'ultimo provvedimento antecedente a quello al nostro esame: l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 31 marzo dello scorso anno, che ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti ad assicurare partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore operativo, di livelli occupazionali, di entità di fatturato, ovvero di ricadute per il sistema economico e produttivo del Paese.
In particolare, sono state definite - cito tra virgolette perché è importante e sono certo che il Ministro ascolterà con attenzione - di rilevante interesse nazionale «le società di capitali operanti nel settore della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, della comunicazione, dell'energia, delle assicurazioni, delle intermediazioni finanziarie, della ricerca, dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei servizi pubblici».
In buona sostanza, con l'articolo 7 si è dato potere alla Cassa depositi e prestiti - Ministro, chi le parla è stato anche consigliere di quell'importante strumento per lo più ancora pubblico o, meglio, del Ministero dell'economia - per evitare che qualcuno allungasse le mani su partecipazioni di aziende italiane. L'individuazione dei requisiti per la qualifica di società di interesse nazionale è stata effettuata poi con decreto del Ministro dell'economia il 3 maggio del 2011.
Al di fuori dei settori sopra indicati sono considerate di rilevante interesse nazionale le società che possiedono - attenzione - un fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e un numero medio di dipendenti non inferiore a 250. Ma allora la domanda è: perché questa norma? È compatibile con quello che stiamo facendo? Pag. 19
Affrontiamo, intanto, il tema del perché di questa norma. Si ricorderà - non certamente il Ministro, perché non ancora in quest'Aula, ma sicuramente le notizie gli saranno arrivate - che nel contempo qualcuno, per esempio Bernard Arnault aveva acquistato Fendi e poi Bulgari, che François Pinault aveva acquistato Gucci e Bottega Veneta, ma soprattutto che Lactalys si stava bevendo Parmalat - nel senso letterale del termine - e anche che EDF stava allungando le mani su Edison.
Tutto questo dopo quanto era già avvenuto nel campo finanziario: BPN Paribas che si era appropriata di BNL e Crédit Agricole di Cariparma. Questa è stata l'unica arma che il Governo di allora, cioè il penultimo, quello precedente a questo, ha saputo fare. Nel contempo la Cassa depositi e prestiti ha costruito il Fondo strategico italiano che oggi ha una dimensione enorme, ossia 7 miliardi di euro a disposizione.
Lo dico anche qui in Aula, Ministro, dopo averlo fatto presente in Commissioni riunite bilancio e finanze, perché ho la sensazione che chi dovrà esaminare il provvedimento in oggetto, in discussione stamani, lo farà alla luce della doppia azione legislativa italiana, il decreto in esame e l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011, e si troverà quindi di fronte ad un Giano bifronte. Non vorrei che ricadessimo nell'ennesima procedura di infrazione, visto che ne abbiamo collezionate così tante.
Il risultato disattenderebbe non solo, che è un obiettivo alto, quello di stoppare la procedura avviata a novembre, ma soprattutto quello più ambizioso, corretto, giusto di fornire - lo cito tra virgolette - «una regolazione strutturale dei poteri speciali del Governo a tutela di interessi preminenti dello Stato in taluni settori strategici essenziali». Questo è quanto ha detto il sottosegretario Polillo in Commissioni riunite.
Ma anche il Ministro Moavero, qui presente, si interrogava affermando - sto leggendo il resoconto - che «tali rilievi», rispetto alle contestazioni degli organismi europei, «si concentrano innanzitutto sulla previsione, nella disciplina del decreto-legge n. 332, di un potere autorizzatorio in capo allo Stato, nonché» - attenzione - «sull'attribuzione allo stesso Stato di un potere discrezionale in materia di acquisizione di partecipazioni (...)». Ecco perché le chiedo se questo è compatibile con l'articolo 7 del decreto-legge n. 34.
Vado avanti. Da qui la necessità di pervenire ad una precisa perimetrazione complessiva del campo di applicazione della nuova normativa con quella del citato decreto-legge n. 34, nonché con la legislazione vigente in materia di servizi pubblici locali. L'Italia deve difendere, sì, le proprie aziende che esercitano attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale e per il sistema energetico, trasportistico e delle comunicazioni, ma deve coniugarlo anche con un grande apertura verso i mercati europei e non solo.
Abbiamo bisogno come il pane che mangiamo e come l'aria che respiriamo di investimenti all'estero e nel nostro Paese. È giusto il richiamo alla reciprocità tra Stati: o l'Unione europea diventa un vero mercato unico o non crescerà mai una vera unione economica e politica. Quindi, anche in tal caso cito di nuovo il Ministro qui presente quando afferma (mi riferisco sempre al resoconto): «al di là di tali aspetti rileva come il motivo fondamentale, per il quale occorre dare soluzione a tale questione, risieda innanzitutto nell'esigenza di migliorare l'immagine del Paese e di modernizzarlo anche al fine di incentivare gli investimenti, i quali sono spesso scoraggiati dagli elementi problematici insiti nel quadro normativo». Come non essere d'accordo con lei, Ministro.
I poteri speciali esercitabili, tralascio perché sono stati ben rappresentati dai due relatori, riguardano distintamente, con strumenti ovviamente diversi, i due macro sistemi o settori, quello della difesa e della sicurezza nazionale, dove sono previsti in dettaglio gli strumenti, ma anche quelli relativi all'attività nei settori dell'energia, dei trasporti e della comunicazione - concludo, signor Presidente -, dov'è prevista innanzitutto, rispetto a questo Pag. 20secondo macro settore, la notifica al Governo delle delibere adottate da una società che abbia per effetto modifiche della titolarità della fusione o della scissione.
È poi prevista la possibilità per il Governo di sottoporre a specifiche condizioni delibere, atti e operazioni che diano luogo ad una situazione di eccezionale minaccia e di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi sia alla sicurezza sia al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità e all'approvvigionamento.
Infine, il Governo ha la possibilità di esercitare il potere di veto nel caso in cui il soggetto acquirente, originario di un paese extraeuropeo, si stabilisca all'interno dell'Unione attraverso l'acquisto di una azienda o di un suo ramo. In questi casi, però, sono necessari due presupposti (e concludo per davvero): la presenza di legami tra gli operatori coinvolti e le organizzazioni criminali con soggetti o enti ad essi collegati (questo mi pare doveroso visto il momento in cui viviamo); il secondo presupposto è che l'intervento sulla società debba essere idoneo a garantire la continuità degli approvvigionamenti, il mantenimento e la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti, nonché il libero accesso al mercato.
Queste sono, signor Presidente concludo, le ragioni per le quali personalmente ovviamente non posso che votare a favore di questo provvedimento compiacendomi e ringraziando il Governo per la tempestività con la quale ha voluto adottare questo provvedimento, per il lavoro svolto nelle Commissioni, laddove si sono corretti, integrati e modificati (mi pare di poter dire all'unanimità) quei passaggi che potevano ancora esporre il provvedimento medesimo a criticità. Rimane, come ho detto prima, la compatibilità rispetto all'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, signor Ministro, la cosiddetta «azione dorata» o «golden share» di origini britanniche è entrata nel nostro ordinamento facendo riferimento alle proprie origini così come accadeva negli anni Novanta. Essendo stata un po' troppo italianizzata, probabilmente con questo provvedimento, che ha il merito di far ordine, diventerà un po' meno britannica e un po' più europea.
Il decreto-legge interviene finalmente su una disciplina che necessitava una riformulazione delle condizioni e dell'ambito di esercizio dei poteri speciali dello Stato soprattutto su quelle società operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale e in alcuni ambiti definiti di cosiddetta rilevanza strategica. Faccio riferimento a energia, trasporti e comunicazioni. Questo decreto-legge dopo 18 anni mette ordine in ambiti molto delicati richiamati nella relazione del collega Causi. Ciò deve spingerci ad un supplemento di valutazione su tutto il tempo perso e su tutto quello che c'è ancora da fare rispetto agli assetti dentro questi settori e soprattutto al ruolo dello Stato.
Intanto, rispetto all'assetto previgente che si riferiva specificatamente all'esercizio dei poteri speciali da parte dell'azionista pubblico sulle imprese nazionali oggetto di privatizzazione, i poteri speciali definiti dal provvedimento in esame (il quale, prendiamo atto anche da questa discussione sulle linee generali, è appoggiato, oltre che dai partiti che sostengono il Governo, anche dagli altri gruppi parlamentari) non sono più legati in maniera esclusiva alla partecipazione azionaria pubblica, bensì riferiti alle società pubbliche e private operanti nei settori a cui ho fatto riferimento prima di cosiddetta rilevanza strategica.
In particolar modo, l'articolo 1 del decreto-legge reca questa nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale.
In sintesi, per effetto di queste norme, attraverso decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e quindi attraverso una disciplina secondaria, saranno affidate le Pag. 21seguenti funzioni: l'individuazione non casuale di attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale, in rapporto alle quali potranno essere attivati i cosiddetti poteri speciali; un concreto esercizio dei poteri speciali e l'individuazione di ulteriori disposizioni attuative. Nel corso dell'esame in sede referente - signor Presidente rivendico il lavoro svolto dal Parlamento, in particolar modo dalle Commissioni parlamentari competenti - è stato inserito un termine per l'emanazione di DPCM, pari a novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge da trasmettere alle stesse Commissioni parlamentari competenti, ed è stato chiarito che i DPCM individuano le tipologie di atti o operazioni all'interno di un medesimo gruppo esclusi dalla disciplina in esame. Il Governo potrà pertanto imporre specifiche condizioni (si tratta di un'innovazione importante rispetto al quadro esistente) di partecipazione in imprese strategiche nel settore della difesa e della sicurezza e potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza, incluse, secondo le integrazioni introdotte in Parlamento, le modifiche di clausole statutarie eventualmente adottate ai sensi dell'articolo 2351, comma 3, del codice civile, vale a dire l'introduzione di limiti al diritto di voto condizionati al raggiungimento di una misura massima di possesso azionario. Sono finalmente - aggiungo puntualmente - disciplinati gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali e le conseguenze che derivano dagli stessi e dalla loro violazione. Sempre in sede referente, nel corso dell'esame, è stata prevista la nullità delle delibere, altra innovazione nella disciplina italiana, adottate con il voto determinante delle azioni o quote acquisite in violazione degli obblighi di notifica, nonché delle delibere o degli atti adottati in violazione o in adempimento delle condizioni imposte. Inoltre, i decreti che individueranno le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale dovranno essere aggiornati almeno ogni tre anni, così nel caso in cui Parlamento e Governo, per una serie di motivi simili a quelli che abbiamo per fortuna alle nostre spalle, dovessero in qualche modo dimenticare queste necessità, lo ricorderà la normativa stessa, quindi l'aggiornamento dovrà essere fatto obbligatoriamente ogni tre anni. Altro passaggio sul quale l'intervento del Parlamento è stato importante, quindi con il connubio tra la proposta fatta dal Governo e le modifiche fatte in Parlamento, è quello che consente, attraverso l'articolo 2 del decreto-legge, di definire poteri speciali anche nei comparti dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. I poteri speciali esercitabili nel settore dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni consistono nella possibilità di far valere il veto dell'Esecutivo sulle delibere, sugli atti e sulle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge ovvero di porre condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazione da parte di soggetti esterni all'Unione europea in società che detengono attivi strategici e, in casi eccezionali, di opporsi anche all'acquisto stesso. Anche questo passaggio fa sì che la cosiddetta azione dorata, la cosiddetta golden share, abbia un'anima europea e non un'anima britannica anni Novanta un po' italianizzata, come il Ministro Moavero sa bene. Nel corso dell'esame in sede referente, gli obblighi di notifica sono stati estesi - altro passaggio importante - anche alle delibere, agli atti e alle operazioni aventi ad oggetto il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie riguardanti l'introduzione di limiti al diritto di voto condizionati al raggiungimento di una misura massima di possesso azionario ovvero di un limite massimo di possesso azionario pari al 5 per cento.
Il passaggio, che definirei di reciprocità, previsto nell'articolo 3 è l'altra vera innovazione del provvedimento. Tale articolo reca norme generali e transitorie, nonché abrogazioni derivanti dal provvedimento, che sono state precisate nel corso dell'esame in sede referente. Si segnala la previsione di una condizione di reciprocità Pag. 22operante per l'acquisto da parte di un soggetto estraneo all'Unione europea di partecipazioni in società che detengono attivi di rilevanza strategica, nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia o dall'Unione europea.
È quindi abrogata - aggiungerei, finalmente - la disciplina dei poteri speciali indicata all'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332. L'abrogazione ha luogo a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti ovvero dei regolamenti che completano l'individuazione dei singoli settori. Cessano, pertanto, di avere efficacia dalla data di entrata in vigore di questi decreti le disposizioni retributive dei poteri speciali.
Infine, e concludo, signor Presidente, il Codice del processo amministrativo viene modificato, al fine di estendere il rito abbreviato del processo amministrativo e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo TAR del Lazio ai provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali nei settori disciplinati dal presente decreto-legge.
È per queste ragioni, signor Presidente, che questo provvedimento, molto probabilmente, otterrà il voto convinto di tutto il Parlamento, perché consente, attraverso il lavoro congiunto fatto dal Governo e dal Parlamento stesso, di mandare in soffitta, dopo 18 anni, norme nate probabilmente in un dato momento storico anche per difendere gli assetti esistenti, ma che poi, non avendo avuto alcuna modifica, alcuna manutenzione e alcun adattamento allo scenario europeo, che nel frattempo era profondamente cambiato, sono diventate norme che hanno prodotto solo infrazioni comunitarie.
Per questa ragione, possiamo ritenere che, dopo la conversione in legge del decreto-legge, finalmente potrà esserci una golden share europea in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signora deputato Presidente, ringrazio il Ministro per il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, adottato dal Governo, perché interviene su una materia molto importante. Infatti, è importante delimitare ed inquadrare i poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché nelle attività di rilevanza strategica nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, soprattutto nell'attuale momento storico di un'economia globalizzata, dove soprattutto i grandi fondi sovrani allungano le mani in modo abbastanza indisturbato, mettendo nelle vene dell'economia una tendenza a valorizzare sempre di più l'aspetto finanziario rispetto all'aspetto industriale.
Cosa significa? Significa che anche noi, tra l'altro, in Italia abbiamo iniziato a subire questa forma di «patologia», per cui troppo spesso i nostri imprenditori e i nostri industriali preferiscono, anzi, si dilettano di più ad avviarsi verso attività speculative e finanziarie. Insomma, preferiscono giocare in Borsa con vendite azionarie piuttosto che dedicarsi prioritariamente all'attività manifatturiera e industriale.
Penso che questo sia il vero momento della crisi del nostro Paese.
Infatti, in Italia, nel settore industriale, non abbiamo solo una crisi economico-finanziaria, ma anche, innanzitutto, una crisi etico-morale perché, ripeto, troppo spesso gli imprenditori sono diventati «prenditori» in quanto hanno privilegiato l'aspetto finanziario, il raggiungimento immediato della ricchezza, dell'utile, non facendo crescere le industrie, la ricerca, insomma l'attività manifatturiera e la produzione, ma privilegiando l'altro aspetto speculativo-finanziario.
Allora, per la verità, noi guardiamo con piacere al provvedimento in oggetto perché vuole aprire un varco che serva, soprattutto, ad aiutare questo Paese a ritrovare... questo spread così alto - perché questo è lo spread più alto, non solo quello dei nostri titoli rispetto ai bond tedeschi, lo spread più alto che l'Italia ha verso la Germania, gli Stati Uniti d'America, insomma Pag. 23verso le altre democrazie occidentali - è dovuto soprattutto alla crisi etico-morale di questo Paese.
Questo è il punto principale e il punto di partenza, tanto è vero che altri Paesi, come la Germania, non sono nelle nostre condizioni critiche dal punto di vista economico-finanziario perché non hanno una crisi etico-morale.
Naturalmente, in tutto questo, vi è la grande responsabilità della politica. Nulla quaestio per il Governo, anche perché è in attività da pochi mesi, mentre vi sono stratificazioni di responsabilità decennali della politica.
Quando, in sede di Commissioni riunite bilancio e finanze, la settimana scorsa, abbiamo audito, ad esempio, delle grandi società a capitale pubblico «coperte» dal provvedimento sulla golden share - mi riferisco ad ENI, Finmeccanica, ENEL, Terna - queste ci hanno dato «l'ok» in quanto vedono con favore il provvedimento in oggetto. Questo è giusto, perché si tutela la strategicità di queste aziende.
Però, ho rivolto una domanda a Finmeccanica, signor Ministro, e la prego di portare poi in seno al Governo queste considerazioni, ma soprattutto questo lavoro parlamentare. A Finmeccanica ho detto che è importante tutelare, ad esempio, ENI. Ad ENI ho detto: «Certo, siete strategici, importanti, per il nostro Paese, ma ENI è responsabile, o quantomeno corresponsabile, della chiusura del comparto chimico, settore strategico dell'industria italiana».
Sono stato nella cosiddetta isola dei cassintegrati a Porto Torres, in Sardegna, dove vi sono centinaia di lavoratori che si sommano a quelli di Porto Marghera e di Ravenna. Un intero comparto chimico che da quattro anni langue ed è chiuso in Italia.
Noi oggi importiamo il PVC, il materiale con cui costruiamo le scarpette da ginnastica, dalla Germania. Per queste ragioni aumenta lo spread, perché non vi è una politica industriale vera in questo Paese.
Sa cosa mi ha risposto ENI, signor Ministro? È vero che la società Vinyls era strettamente collegata ad ENI e, quindi, la sua sopravvivenza poteva dipendere da noi, ma queste sono scelte politiche, dipendono dal Governo, dalla politica, sono loro che devono intervenire. Noi, alla fine, siamo esecutori, anche perché è l'azionista Tesoro a decidere, non noi. Allora, ecco cosa deriva dalla mancanza di una politica industriale nel nostro Paese.
Allora, va bene questo provvedimento golden share. «No», invece, a mani straniere sulle nostre aziende strategiche.
Signor Ministro, Governo, lo dico a voi che siete tecnici, io dico anche «no» alle mani dei partiti nelle nostre aziende a capitale pubblico. Dico «no» alle mani dei partiti in Finmeccanica, in Terna o in Fincantieri. Queste società strategiche, però, non devono poi diventare il bancomat dei partiti, dove vanno i partiti a spiluccare, a fare cassa ed a prendere fondi neri, altrimenti poi vanifichiamo questo provvedimento oggi importante sulla golden share, se continua a funzionare il solito andazzo dei partiti tutti, tranne l'Italia dei Valori, che stanno in consigli di amministrazione e stanno con le mani nella marmellata, come si sta vedendo anche in questi giorni.
Allora, noi dell'Italia dei Valori stiamo molto attenti soprattutto affinché queste industrie abbiano una funzione strategica soprattutto per il lavoro. Vi parlavo di Vinyls per il settore chimico. Io, ad esempio, le mie feste pasquali, signor Ministro, le ho trascorse presso un'industria, la più grande industria alimentare italiana, la AR Industrie Alimentari Spa, a Sant'Antonio Abate, in provincia di Napoli, dove hanno avviato la procedura di mobilità nei confronti di 227 lavoratori fissi, che sommati agli stagionali e all'indotto sono 1.500 unità, che non hanno un futuro dal mese di giugno.
Ci sono, infatti, dei «prenditori» che hanno preso finanziamenti pubblici, finanziamenti europei, regionali e nazionali, e poi addio. Hanno aperto altre aziende che hanno regalato ai giapponesi, alla Mitsubishi e intanto gli italiani pagano le conseguenze. I campani sono lì, a Sant'Antonio Abate. Sabato sotto la pioggia ero con Pag. 24loro, perché c'era la rabbia e l'indignazione di lavoratori e lavoratrici, anzi di signori lavoratori e signore lavoratrici, di cui la politica non si interessa. Domenica sono stato a sentire la santa messa di Pasqua nel loro stabilimento industriale a Sant'Antonio Abate per stare loro vicino, perché questo è il compito della politica.
Noi dell'Italia dei Valori così vogliamo davvero avere in Italia industrie che funzionino e che producano, perché da lì deriva la ricchezza vera.
Per noi, anche questo aspetto, anzi, soprattutto questo aspetto, è strategico: le industrie legate al lavoro, all'occupazione ed alla produzione, perché da lì viene la vera ricchezza.
Allora, va bene questo provvedimento e con grande piacere diciamo di aver lavorato in Commissione e una serie di emendamenti nostri, dell'Italia dei Valori, è stata accolta. Qual è la nostra intenzione, noi dipietristi cosa vogliamo, o meglio, come vogliamo riportare l'etica e la morale nelle istituzioni e nell'economia? Attraverso atti parlamentari. Infatti, abbiamo presentato degli emendamenti che prevedevano delle aggravanti delle sanzioni.
Ad esempio, l'emendamento 1.1, con cui chiedevamo di modificare l'articolo 1 al comma 4, prevedeva il raddoppio della sanzione dall'1 al 2 per cento, ed è stato recepito dai relatori e dal Governo - e vi ringraziamo - perché è una norma che aumenta la sanzione rispetto ai furbetti, a chi non rispetta le regole, a chi non si adegua alle convenzioni, insomma a chi vuole prendere strade da furbi.
A questi furbi l'etica e la morale deve dire che oggi, invece, c'è la strada sbarrata per i furbetti.
Quindi, vi ringraziamo per l'accoglimento di questi nostri emendamenti, che sono serviti per dare etica e morale al provvedimento, perché significa che non ci interessano i «prenditori». Non li vogliamo i furbetti, anzi con delle norme gli diamo un bel calcio nel sedere, molto tranquillamente, perché in questo Paese dobbiamo fare pulizia di queste cricche che naturalmente non fanno bene all'economia, al lavoro ed al Paese.
Allora, noi vi ringraziamo anche per quanto riguarda invece la possibilità, che abbiamo previsto in altre proposte emendative, di coinvolgere il Parlamento. Noi abbiamo dato molta importanza a queste proposte emendative che avete recepito, perché è un riconoscimento del ruolo del Parlamento, della funzione delle Commissioni, è la dimostrazione che, quando si lavora insieme, quando funziona il Parlamento, vengono fuori dei provvedimenti legislativi sicuramente migliorati. Infatti, anche con il contributo di noi dell'opposizione, dell'Italia dei Valori, che è un'opposizione costruttiva e propositiva, vi abbiamo dato dei suggerimenti, voi li avete recepiti e abbiamo migliorato la norma.
Ad esempio, noi siamo adesso nella fase legislativa e il Parlamento ha una funzione non solo in questa circostanza, ma anche successivamente, cioè quando ci saranno i DPCM e i regolamenti attuativi da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, che devono ritornare al Parlamento nelle Commissioni di competenza. Questo è un atto di seria democrazia, insomma, così funziona davvero il Parlamento bene.
Con questi atti si dà importanza al Parlamento, signor Ministro, anzi mi farebbe piacere se lei portasse al Governo quest'altro messaggio dell'Italia dei Valori.
Come funziona questo lavoro del Parlamento, specie in un momento come questo in cui abbiamo un Governo tecnico che non ha un riconoscimento popolare, elettorale e democratico? Potremmo mutuare questo stesso iter - che voi con l'approvazione di queste proposte emendative avete recepito, ovvero attribuire delle funzioni alle Commissioni e al Parlamento - anche, ad esempio, nei confronti di tutte le Authority in scadenza. Penso all'Agcom, all'Authority per la vigilanza sui lavori pubblici, penso ad esempio al Garante per la protezione dei dati personali, alla RAI, al Comandante generale della Guardia di finanza, che sono nomine che naturalmente noi vogliamo lasciare nell'ambito di chi vi provvede, perché si sente dire già che le spartizioni tra i partiti stanno avvenendo; invece, ecco, è più europeo se noi mutuiamo Pag. 25questo meccanismo: chi aspira a diventare l'Authority di vigilanza sui lavori pubblici o vuole andare in Agcom o in RAI, deve presentare dei curricula. Allora, arrivassero i curricula di quelli che si vogliono candidare; dopodiché, in questo modo, chi vuole candidarsi ed aspira a guidare un'Authority si deve recare in audizione nelle Commissioni competenti, come avviene già in Europa, dove le Commissioni rivolgono una serie di domande al candidato e gli chiedono qual è il suo programma, qual è il suo percorso, se è vero che ha fatto queste cose e non ha fatto queste altre o, addirittura, se c'è una parte oscura nella sua attività.
Insomma, se funzionasse così, signor Ministro e Governo, vedrete che molti non parteciperanno neanche, non presenteranno neanche i curricula, perché così si ha trasparenza vera nella pubblica amministrazione; e metteremmo davvero dei tecnici lì a fare bene il loro mestiere.
Facciamolo funzionare così il Governo, facciamolo confrontare in questo modo parlamentare alla luce del sole.
Infatti, signor Ministro, noi non vogliamo che l'attuale fattispecie di Governo in un certo qual modo possa emulare quello che succede in Ungheria. Non so se lei sa che in Ungheria tutto avviene con decreto legislativo, fa tutto il Governo; quindi, il provvedimento viene trasmesso al Parlamento solo per la ratifica, ma la ratifica non significa che poi in Parlamento si approvano emendamenti e modifiche. No.
Tutto avviene prima che il Governo decida, e una volta che ha deciso, massimo in 6-7 giorni, il Parlamento poi approva tutto. È la ragione per la quale è stata avviata anche una procedura di infrazione nei confronti dell'Ungheria. Noi non vogliamo che funzioni così, non vogliamo che ci sia qualcuno al Governo che concordi prima quello che si deve fare alla faccia del Parlamento e della democrazia. Per tradurglielo in nomi e cognomi, non vogliamo che i provvedimenti e le iniziative si decidano preventivamente a Palazzo Chigi con « ABC». Chiaro? Perché questa non è democrazia e non è trasparenza, o quanto meno non è la democrazia che prevede la Costituzione italiana.
Noi dell'Italia dei Valori annunciamo il nostro voto favorevole su questo provvedimento perché si è avviato un percorso giusto sul provvedimento de quo, e speriamo che si traggano spunti per continuare anche in seguito a lavorare così, perché è la politica vera, che si fa in questo modo alla luce del sole, nelle istituzioni competenti, in Parlamento e nelle Commissioni. Lì si lavora e si fanno le leggi e, se si rispetta la Costituzione, cioè se funziona così, sicuramente faremo delle leggi migliori che faranno ancora meglio alle italiane e agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Forcolin. Ne ha facoltà.

GIANLUCA FORCOLIN. Signor Presidente, signor Ministro, siamo qui oggi per discutere ed analizzare il decreto-legge inerente agli interventi legislativi da adottarsi al fine di salvaguardare gli assetti societari delle società operanti in settori reputati strategici per l'interesse nazionale. È un decreto che però - come tutti noi sappiamo - interviene anche sulla disciplina della cosiddetta golden share, tanto che ormai noi tutti abbiamo imparato a definire questo decreto come decreto golden share, tale è l'importanza del tema all'interno del provvedimento.
Si intende, pertanto, introdurre anche nel nostro ordinamento, in modo simile al Belgio e per settori strategici, un istituto riconducibile a questa golden share. Proprio con questa dizione si indicano, infatti, in modo sintetico nel diritto dell'Unione europea tutti i regimi nazionali che riservano all'Esecutivo determinate prerogative di intervento sulla struttura azionaria e gestionale delle imprese che appartengono a settori strategici dell'economia. Provvedimento che non a caso riformula e rivede le condizioni e l'ambito di esercizio dei poteri speciali dello Stato sulle società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, oltre che in ambiti di Pag. 26attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, e delle comunicazioni.
Un decreto importante, quindi, che ridefinisce l'ambito oltre che le condizioni e le procedure di esercizio dei poteri speciali, quali ad esempio la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni, piuttosto che di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie. Questioni e tematiche certamente condivisibili che rappresentano nel complesso un passo in avanti rispetto all'attuale assetto vigente, laddove oggi la normativa di settore si riferisce per lo più all'esercizio dei poteri speciali da parte dell'azionista pubblico sulle imprese nazionali oggetto di privatizzazione operanti nei settori dei servizi pubblici.
Il testo attuale, viceversa, lega tali poteri non più in maniera esclusiva alla partecipazione azionaria pubblica quanto piuttosto alle società, siano esse pubbliche o private, che operano in determinati settori e che, soprattutto, svolgono una attività di strategica rilevanza.
Viene, quindi, superato il limite precedente che circoscriveva tali attività esclusivamente a quelle operanti nei settori dei servizi pubblici.
L'attuale provvedimento in discussione oggi si basa principalmente su due articoli. Il primo reca una disciplina in materia di poteri speciali esercitabili dall'Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale. Anche attraverso appositi decreti verranno quindi individuate tali attività strategiche per il sistema di difesa e sicurezza nazionale così da attivare poteri speciali.
La norma nello specifico fissa con precisione il requisito per l'esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa, individuato nella sussistenza di una minaccia ovvero nella presenza di un grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.
Non solo, ma l'Esecutivo potrà imporre anche specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche del settore della difesa e della sicurezza, imponendo così il veto all'adozione di delibere relative a operazioni straordinarie o di particolare rilevanza, opponendosi anche, eventualmente, all'acquisto di partecipazioni qualora, ad esempio, l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale tale da compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionali.
Il secondo articolo, invece, riguarda la disciplina dei poteri speciali nei comparti dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, laddove, così come nel primo articolo, vengono affidate le funzioni di individuazione degli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni e l'esercizio dei poteri speciali. Tali poteri consistono nella possibilità di far valere il veto dell'Esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti assets strategici, imponendo specifiche condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all'Unione europea in società che detengono attivi strategici, arrivando perfino, in taluni casi, a opporsi all'acquisto.
Vi è poi, invero, anche un terzo articolo, recante le norme generali e transitorie, nonché le abrogazioni derivanti dal provvedimento e rese esplicite nel corso dell'esame in sede referente. E, a tal proposito, mi sento in dovere di evidenziare ai rappresentanti del Governo come quando un testo e una norma vengono condivisi dai rappresentanti politici in modo costruttivo, il prodotto finale non può che essere un buon risultato da qualunque parte lo si voglia analizzare. Il provvedimento, infatti, analizzato nel corso delle settimane scorse nelle Commissioni preposte, quali la bilancio e la finanze, ha visto un positivo e costruttivo contributo, che ha consentito di rivedere alcune parti del testo modificandolo, adattandolo e apportandovi complessivamente anche alcuni interventi che hanno migliorato la versione iniziale dello stesso testo.
La Lega Nord ha lavorato in particolare affinché ulteriori asset strategici venissero inclusi tra i settori rilevanti per tutelare le nostre imprese da scalate estere, sia europee Pag. 27che extraeuropee. Pensiamo, inoltre, alla precisazione in base alla quale viene previsto che i pareri parlamentari debbano essere espressi entro un termine di venti giorni dalla data di trasmissione degli schemi di regolamento alle Camere e che, decorso tale termine, i regolamenti possano essere comunque adottati. O pensiamo alle indicazioni in materia di obblighi di notifica, piuttosto che ai chiarimenti appositi in materia di veto alle delibere. Possibile che non fosse immaginabile utilizzare questa stessa strategia anche per altri testi governativi politicamente ed economicamente magari anche più importanti di quello oggi in discussione? Questa apertura poteva esserci da parte del Governo anche in precedenti occasioni.
La Lega Nord trova condivisibile il provvedimento, ma auspica e incentiva il Governo a fare propri anche gli interessanti e doverosi spunti provenienti dalle proposte di legge del nostro gruppo a riguardo proprio della golden share. Ci riferiamo soprattutto alla nostra proposizione, espressa anche in una proposta di legge a prima firma del collega Polledri, che affrontava le questioni in oggetto e che richiedeva l'estensione del concetto di settore strategico anche ai settori di difesa, infrastrutture, pubblici servizi, oltre che energia, assicurazioni, intermediazione finanziaria, ricerca e alta tecnologia. Un ampliamento che noi tutti riteniamo importante, anzi doveroso, al fine di consentire, anche in questi importanti ambiti economici, un controllo e una verifica maggiori da parte dell'Esecutivo sulle società in essi operanti. Dobbiamo riconoscere che, dopo il lavoro delle Commissioni V e VI, il Governo e i relatori hanno recepito, come ho già ricordato, alcune nostre istanze inserendo anche i servizi pubblici essenziali negli asset strategici a cui la normativa può fare riferimento, attraverso l'emanazione di appositi regolamenti, i quali, con il parere preventivo delle Camere, ridaranno centralità a questa istituzione, ma anche - credo - alla politica.
La nostra preoccupazione, però, dobbiamo confermarlo, rimane quella dettata dal fatto che si stia procedendo con un sistema secondo noi poco rigido per la salvaguardia delle nostre imprese, mentre molti altri Paesi europei lavorano per un sistema oltre modo protetto, che rende difficile la concorrenza e la libera circolazione di capitali tanto auspicate dalla stessa Unione europea. Ci sembra che l'esempio ispirato dalla nostra proposta, come dicevo del collega Polledri, abbia trovato pareri favorevoli anche da parte della Corte di giustizia europea, per cui le perplessità rimangono sempre sui due pesi e due misure che l'Unione europea adottata a seconda dello Stato membro a cui si trova di fronte. Mi sia consentita, però, anche ora che il mio intervento sta per volgere al termine, una quanto mai opportuna puntualizzazione sul modus operandi utilizzato analizzando il provvedimento in discussione, che evidenzia chiaramente che quando un testo legislativo, qualsiasi sia la sua natura, la sua portata o il suo impatto economico, viene condiviso in modo costruttivo, non potrà che trovare l'avallo politico di chi politicamente dovrà poi rispondere dello stesso.
Ecco, ora siamo in fase di discussione generale e la Lega Nord ha ripresentato alcuni emendamenti per l'Aula che aveva ritirato in Commissione e per la logica dell'atteggiamento propositivo sempre avuto e sempre dimostrato dal nostro gruppo, sarà nostro l'impegno di convincere l'Aula stessa a votare le nostre proposte emendative e richiamare il Governo al dialogo sui temi contenuti, un Governo che mai è stato disponibile al confronto in questi mesi e che solo oggi ha aperto gli spazi alla discussione, con un atteggiamento costruttivo e rispettoso della buona prassi politica. Speriamo dunque che, con l'approvazione delle nostre proposte emendative oggi in Aula, l'Esecutivo voglia finalmente raddrizzare la propria rotta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

Pag. 28

ANGELO CERA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, con il decreto-legge oggi al nostro esame il Governo ha inteso fornire innanzitutto una risposta alla procedura di infrazione aperta e temporaneamente sospesa dalla Commissione europea in riferimento alle norme contenute nel decreto-legge n. 332 del 1994. Nell'introdurre una modifica alla disposizione contestata dalla Commissione, tuttavia, è parso opportuno fare un passo oltre la mera sanatoria della procedura d'infrazione, fornendo una regolazione strutturale dei poteri speciali del Governo a tutela di interessi preminenti dello Stato in taluni settori strategici essenziali.
Il decreto-legge infatti propone una nuova disciplina riguardante i poteri esercitabili dall'Esecutivo rispetto ad imprese operanti nei settori della difesa e sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, con una importante novità, in quanto ora il Governo potrà far valere i suoi poteri nei confronti di qualsiasi persona giuridica. In passato infatti questo ruolo di protezione era riferito esclusivamente all'azionista pubblico nei confronti di imprese nazionali oggetto di privatizzazioni operanti nei settori dei servizi pubblici (difesa, trasporti, telecomunicazioni, fonti di energia). Ora, i soggetti giuridici interessati dall'eventuale l'utilizzo dei poteri speciali da parte del Governo potranno essere sia pubblici sia privati. L'unica caratteristica indispensabile sarà lo svolgere un'attività di rilevanza strategica in determinati settori a livello nazionale.
Quanto al contenuto del provvedimento, si segnala che il testo risulta conforme ai principi desumibili da una copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia europea su questa materia e risultano altresì compatibili con la nostra Carta costituzionale, in quanto, pur limitando di fatto la libertà di iniziativa economica, riesce però a trovare una conferma costituzionale nell'articolo 41, secondo comma, in quanto questa limitazione è funzionale alla sicurezza nazionale, considerata anche sotto il profilo economico-strategico. Difatti, il decreto-legge su cui discutiamo per la conversione riguarda una nuova disciplina per l'esercizio dei poteri speciali che il Governo, nel suo complesso, può esercitare nei settori della difesa e sicurezza nazionale e per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Detti poteri speciali sono differenziati: nel settore della difesa e sicurezza nazionale sono più penetranti rispetto a quelli esercitabili nelle attività inerenti l'energia, i trasporti e le comunicazioni.
Difatti, se da una parte, il Governo può esercitare i suoi poteri speciali solo in presenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, dall'altra parte, tali poteri devono essere utilizzati in forma trasparente, ossia sulla base di un ambito oggettivo previsto dalla legge, con una casistica prevista e con un mezzo di proporzionalità tra mezzi e fini.
Possono, quindi, essere imposte condizioni specifiche sulla sicurezza delle forniture, delle informazioni, dei trasferimenti tecnologici, delle esportazioni, dell'acquisto di partecipazioni in imprese del settore della difesa. Allo stesso modo, il diritto di veto, che, nella previgente normativa poteva essere posto ad libitum, con questo decreto-legge può essere limitato ai soli casi di fusione o scissione delle società, di trasferimento di azienda, di rami di essa e di società controllate, di trasferimento all'estero della sede sociale, di mutamento dell'oggetto sociale, di scioglimento della società, di cessione di diritti reali. Il Governo, inoltre, può opporsi all'acquisto, a qualsiasi titolo, se ne consegue una partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale.
Un aspetto rilevante di questo decreto-legge che ci accingiamo a convertire in legge è che i diritti speciali, com'è stato sottolineato dal relatore Causi, non sono più esercitati nelle società a controllo pubblico - come prevede la normativa previgente, ossia la cosiddetta golden share -, Pag. 29ma verso tutte le società operanti nei settori strategici, anche quelle riconducibili agli enti locali.
L'ambito di intervento dello Stato, come detto, si estende alle reti, agli impianti, ai beni e ai rapporti di rilevanza strategica per i settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. In questi tre settori, si prevede la possibilità di graduare l'esercizio dei poteri speciali secondo un criterio di proporzionalità rispetto all'interesse pubblico da tutelare. Il potere di veto, per esempio, non si esercita attraverso una pregiudiziale sull'attività contrattuale, ma attraverso l'imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni, nella misura di assicurare gli interessi pubblici strategici.
Tale graduazione degli interventi dello Stato può essere colta anche nelle formule giuridiche utilizzate: si passa dalla tutela degli interessi vitali dello Stato della normativa previgente agli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, e alla rilevanza strategica per il settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni della normativa in esame. Su questi settori, opera il diritto interno dell'Unione europea, che garantisce già, per tutti i Paesi europei, il diritto di stabilimento e libera circolazione dei capitali, stabiliti dagli articoli 49 e 63 del Trattato dell'Unione europea. Il problema è stabilire in modo puntuale e circoscritto cosa si intenda per attività di rilevanza strategica, quali asset di società private e privatizzate sono strategici per il nostro Paese. La legislazione previgente indicò nell'approvvigionamento minimo dei prodotti petroliferi, energetici, materie prime e beni essenziali alla collettività, l'attività rilevante degli asset da ritenere strategica. Così come la sicurezza e l'integrità della rete, la segretezza delle comunicazioni, la fornitura del servizio universale e delle prestazioni obbligatorie in materia di giustizia possono ritenersi attività strategiche per le comunicazioni.
È evidente che, su queste materie, i poteri dell'intervento dello Stato, sia di interdizione che di mitigazione delle scalate a società italiane da parte di società europee, devono essere commisurati alla salvaguardia delle politiche di settore, laddove siano finalizzate al soddisfacimento di servizi e bisogni essenziali dei cittadini. L'esercizio di tali poteri, ovviamente, dev'essere motivato, non può essere sommario e generico. Non può essere una motivazione, ad esempio, l'interdizione al diritto di voto o l'assunzione di una partecipazione pari al 5 per cento di una società prestatrice di servizi pubblici, o inferiore, come nel caso di ENI e Finmeccanica, dal momento che si configurerebbe come una violazione della libera circolazione del capitale. Non è, quindi, la proprietà che rileva nei beni delle società in parola, ma l'attività che essi svolgono. L'Italia, infatti, il 26 maggio del 2009 è stata condannata dalla Corte di giustizia europea in quanto il decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, come dicevo prima, così come modificato e integrato dalla legge n. 350 del 2003, ossia la legge finanziaria per il 2004, con i relativi DPCM attuativi, non conteneva le precisazioni e le circostanze concrete per le quali possono essere esercitati i poteri speciali, in quanto essi devono essere fondati su condizioni oggettive e controllabili.
La casistica europea non è delle migliori per essere presa a riferimento. Il Regno Unito usa la golden share come azione speciale di una quota azionaria per esercitare la propria influenza nelle decisioni fondamentali della società a partecipazione pubblica interessata. Spagna e Francia, invece, adottano un regime di tipo autorizzativo. Alcune operazioni societarie possono essere fatte solo se elencate dalla legge e, quindi, autorizzabili. La Corte di giustizia europea ha già dichiarato tale regime autorizzatorio in contrasto con il diritto comunitario in quanto troppo discrezionale e, quindi, privo di criteri oggettivi. È di tutta evidenza come la mancanza di trasparenza e di criteri selettivi preordinati di interdizione da parte dello Stato si trasformi in una deterrenza, in un ostacolo all'investimento diretto e di portafoglio nelle società dei settori indicati, dissuadendo i potenziali investitori stabiliti in altri Stati membri. Pag. 30
Con questo decreto-legge, signor Ministro, crediamo che l'Italia diventi un punto di riferimento per altri Paesi europei verso un processo di liberalizzazione dei settori cosiddetti strategici. La Germania ci insegna come si possano garantire i servizi essenziali attraverso società private. L'unico processo di privatizzazione è stato quello delle società pubbliche a seguito della riunificazione. I servizi di comunicazione sono privatizzati, dalle poste alle telecomunicazioni, per non parlare di banche e assicurazioni. Insomma, l'impronta del cancelliere Kohl è ancora evidente nel programma di privatizzazioni.
Per quanto possano essere utili i poteri di interdizione degli Stati, va detto che l'Italia, pur potendoli usare ad libitum dal 1994 attraverso la golden share nelle società privatizzate, in realtà non se ne è mai servita. La Francia, con il patriottismo economico di Chirac è stata la più protezionista e lo è ancora, però fino alla prossima sentenza della Corte di giustizia europea.
Siamo quindi soddisfatti, come Unione di Centro, del lavoro svolto dalle Commissioni riunite V e VI (Bilancio e Finanze) e dell'ottimo lavoro dei relatori che hanno recuperato, con i loro emendamenti, alcune indicazioni del Comitato per la legislazione sulla decorrenza delle nuove norme e sull'abrogazione di quelle previgenti, così come hanno recuperato alcune indicazioni delle società privatizzate in merito alla semplificazione delle procedure relative alla notifica delle variazioni di fattori patrimoniali e all'allungamento dei tempi di valutazione del Governo. Siamo d'accordo quindi sull'uso dello strumento normativo del regolamento in luogo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per l'attuazione dei poteri speciali inerenti agli atti strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni di cui all'articolo 2, comma 7, e nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, di cui all'articolo 1.
Concludo ribadendo la nostra condivisione rispetto all'operato del Governo nell'adeguarsi alla situazione europea; tuttavia, riteniamo opportuno che l'Unione debba fornire una soluzione complessiva e definitiva a livello europeo, soprattutto in riferimento alla legislazione stessa dei settori strategici, anche perché solo con una normativa europea l'Unione potrà reggere all'impatto della globalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Alberto Giorgetti, relatore per la V Commissione, e l'onorevole Causi, relatore per la VI Commissione, rinunciano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signora Presidente, signori deputati, vi ringrazio di questa discussione che ha mostrato una presa di padronanza della normativa che stiamo discutendo, e che è in via di approvazione, di livello veramente magistrale. Di ciò, innanzitutto, come cittadino e come membro del Governo, sono assolutamente grato al Parlamento. Penso che i lavori, anche nell'ambito delle Commissioni parlamentari, siano stati estremamente proficui; ringrazio i due relatori, l'onorevole Alberto Giorgetti e l'onorevole Causi; ringrazio anche chi ha proposto gli svariati emendamenti che hanno permesso di migliorare il decreto-legge presentato dal Governo, soprattutto sotto il profilo, sottolineato anche oggi durante la discussione, del ruolo maggiore del Parlamento rispetto ad una normativa e in una materia che richiede una grande attenzione da parte dell'insieme delle istituzioni del Paese.
Attraverso questo decreto-legge, proposto dal Governo, si è voluta ridisegnare una disciplina che oramai risaliva, lo abbiamo Pag. 31sentito dire, a 18 anni fa; era, quindi, una disciplina che aveva subito un certo processo di invecchiamento e che era stata anche sottoposta a diverse censure a livello di Unione europea, un insieme di Paesi liberamente aderenti, del quale noi anche facciamo parte, che ha come obiettivo quello di creare condizioni, non solo di libero scambio di beni, ma anche di libertà di circolazione degli investimenti, oltre che delle persone e dei servizi. Queste censure dell'Unione europea, non si sono rivolte unicamente alla normativa italiana, ma hanno colpito normative di svariati Paesi che hanno il medesimo oggetto; ed è alle norme del Trattato da una parte e alla giurisprudenza, oramai abbastanza copiosa, della Corte di giustizia, che ci siamo ispirati nel redigere questo decreto-legge.
Siamo estremamente grati, oltre che lieti, lasciatemelo dire, del fatto che il Parlamento abbia discusso tale provvedimento in maniera così approfondita e si sia anche espresso, come ho avuto modo di sentire ancora questa mattina, in termini così positivi. Ringrazio chi ha voluto riconoscere al Governo, e a me personalmente, un atteggiamento partecipativo; devo dire che lo ritengo mio dovere, e soprattutto, quindi, ringrazio la costruttività con la quale i membri del Parlamento hanno partecipato a questi lavori.
Attraverso questa norma - nel momento in cui sarà approvata - l'Italia si doterà di una legislazione indubbiamente più moderna, una legislazione che non ha un intento protezionistico. Direi che è una legislazione che vuole essere trasparente, vuole essere eticamente corretta e vuole cercare di coniugare due esigenze fondamentali per il nostro Paese. La prima - l'hanno detto svariati di coloro che sono intervenuti oggi, e lo si era sentito anche in Commissione - è quella di essere aperta agli investimenti. Non creiamo condizioni di crescita in Italia e non creiamo condizioni di occupazione in Italia se non siamo anche aperti ad investimenti non necessariamente di capitale italiano. Il senso stesso dell'esistenza dell'Unione europea ci porta a questo, ma direi il buonsenso e il buon governo ci dovrebbero portare a questo; e questa è una delle esigenze.
La seconda delle esigenze è quella, comunque, di garantire agli organi di Governo e allo stesso Parlamento, che interverrà nella definizione della normativa attuativa, un meccanismo di vigilanza e di supervisione, che permetterà, nei casi che la normativa considererà, in modo trasparente, come non conforme agli interessi tutelati dai Trattati europei stessi, di intervenire in maniera non discrezionalmente autorizzatoria, ma, all'occorrenza, sulla base di criteri chiari e definiti ex ante, alla luce quindi di procedure chiare e definite ex ante, con possibilità di ricorso in sede giurisdizionale e con eventuali - come abbiamo sentito - condizioni, veti od opposizioni.
Noi, come Governo, siamo convinti e siamo lieti di condividere in larga misura la convinzione, con il Parlamento, che questa normativa sia conforme a quanto ci chiede l'ordinamento europeo. È una normativa italiana, tuttavia, che deve essere in primo luogo conforme a quanto è il nostro dovere di Governo italiano e di Parlamento italiano. Sappiamo, e ci rendiamo conto, che vi sono alcuni snodi di questa normativa che richiederanno un approfondimento di discussione in sede di Unione europea, sui quali, probabilmente, la Commissione europea, nella sua funzione di guardiano della legittimità comunitaria, poserà il suo sguardo. Noi, con l'appoggio ed il sostegno che potrà venire da quest'Aula parlamentare, e poi anche nella lettura successiva, ci faremo parte attiva, evidentemente, nel sostenere le ragioni di questa normativa in sede europea e di riferire al Parlamento sull'andamento di questa discussione.
Vi ringrazio ancora una volta per quanto ascoltato questa mattina; ne ho preso attenta nota e nella prossima riunione del Comitato dei nove avremo modo di parlare di alcune delle istanze di ulteriore emendamento che sono state proposte. Sono sicuro che condurremo a termine brillantemente il compito che il cittadino e le imprese si aspettano da noi (Applausi).

Pag. 32

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alle ore 16 di oggi.
Avverto che, considerata l'ora ed il numero di deputati che hanno chiesto di intervenire, lo svolgimento della discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge in materia di interporti e di piattaforme territoriali logistiche, previsto al punto 2 dell'ordine del giorno dell'odierna seduta, è rinviato ad altro momento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Viceministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il Ministro dell'interno.

(Iniziative in materia di politiche di sviluppo per il Mezzogiorno, con particolare riferimento alla dotazione del fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) - n. 3-02196)

PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02196, concernente iniziative in materia di politiche di sviluppo per il Mezzogiorno, con particolare riferimento alla dotazione del fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, è noto che il PIL pro capite del Mezzogiorno d'Italia è circa la metà di quello del nord del Paese. La crisi economica ha colpito il Mezzogiorno facendone regredire ancora di più la già depressa economia. La disoccupazione giovanile femminile ha raggiunto livelli nel sud paragonabili a quelli dei Paesi dell'est più povero.
Il gap infrastrutturale, anche rispetto al nord, costituisce un ulteriore ostacolo alla ripresa economica del Mezzogiorno. Ventotto miliardi di fondi FAS sono stati sottratti al sud come certifica il CNEL. Noi domandiamo al Governo quale politica economica ha in programma per invertire queste tendenze dell'economia meridionale, consentendo così all'Italia di salvarsi e in quale direzione vuole investire i fondi FAS futuri e quelli da recuperare.
Noi di Grande Sud diciamo che i FAS e i fondi comunitari vanno concentrati su grandi infrastrutture ferroviarie: Napoli-Palermo e Napoli-Bari.

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole interrogante per il quesito da egli posto. Al riguardo si fa presente che, nell'ottica di incentivare l'occupazione per il tramite dell'investimento di capitali nelle regioni del Mezzogiorno, l'articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106 e di recente modificato dall'articolo 59 del decreto-legge 9 febbraio 2012, ha introdotto un credito di imposta di favore dei datori di lavoro che, nel periodo compreso tra il 14 maggio 2011 ed il 13 maggio 2013, assumano in tali aree territoriali lavoratori dipendenti a tempo indeterminato definiti nell'accezione comunitaria «svantaggiati» o «molto svantaggiati».
L'agevolazione rientra tra gli strumenti specifici previsti a livello europeo dal Patto Euro plus del 24 e 25 marzo 2011 al fine della promozione della produttività nelle regioni europee in ritardo di sviluppo e risponde ai requisiti attualmente previsti dalla Commissione europea. Attualmente i lavori di predisposizione del decreto attuativo sono ormai in fase di ultimazione.
Al fine di favorire lo sviluppo del Paese, in particolare nel Mezzogiorno, sono state Pag. 33previste misure finalizzate ad incrementare la dotazione infrastrutturale, introducendo agevolazioni fiscali per attrarre investimenti di capitali privati. Inoltre, il Governo sta valutando una serie di ulteriori misure, sempre finalizzate all'attrazione di detti capitali.
Per ciò che concerne le misure già in atto, l'articolo 18 della legge di stabilità per il 2012 ha previsto la possibilità di finanziare infrastrutture mediante defiscalizzazione. In particolare, è previsto che possa essere ridotto o azzerato il contributo pubblico a fondo perduto per le società di progetto relativo alle nuove strutture stradali o autostradali da realizzarsi con il sistema di finanza a progetto, nonché per le nuove opere di infrastrutturazione ferroviaria e metropolitana e di sviluppo ed ampliamento dei porti e dei collegamenti stradali e ferroviari inerenti ai porti nazionali appartenenti alla rete strategica europea.
Per quanto concerne poi, come richiesto, la realizzazione di infrastrutture nelle regioni meridionali, il Governo ha dato corso ad una operazione che garantisce al Mezzogiorno un valore globale di risorse pari a 9,6 miliardi di euro. Tale azione è stata caratterizzata sia dallo sblocco di interventi adottati approvati dal CIPE prima del 31 dicembre 2008, ma mai cantierati, sia attraverso l'utilizzo dell'apposito fondo per le infrastrutture strategiche, sia attraverso la conferma di interventi ritenuti indifferibili.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. In particolare ricordo, in primo luogo, il Piano per il sud, approvato il 13 agosto 2011 e registrato alla Corte dei conti il successivo 28 dicembre.
In secondo luogo, per quanto riguarda gli interventi per il Mezzogiorno inseriti nel Piano per il sud, si provvederà alla redazione di appositi contratti infrastrutture e sviluppo, i cosiddetti CIS. A tale riguardo, il Governo ha stabilito che tali contratti siano stipulati per i corridoi stradali e ferroviari. È già pronto, peraltro, il contratto per il corridoio Napoli-Bari, che a tutti gli effetti rappresenterà il primo esperimento di CIS e, quindi, consentirà l'avvio immediato dell'intera procedura.
Sempre nell'ambito del Piano per il sud vi sono quote finanziarie per dare l'avvio ad altri interventi strategici, tra i quali è possibile in questa sede evidenziare gli interventi stradali per la Termoli-San Vittore, l'asse ferroviario Napoli-Bari-Lecce-Taranto e l'asse Salerno-Reggio Calabria.

PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di replicare.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, intanto la ringrazio per aver fatto un riassunto delle questioni che riguardano gli argomenti che ho sollevato nell'interrogazione a risposta immediata. D'altra parte questo tipo di risposte era già abbastanza noto perché noi abbiamo sempre seguito tale questione. Tuttavia, non vediamo un impegno nuovo e successivo perché la fiscalità di vantaggio ancora è di là da venire e speriamo che essa abbia degli effetti positivi. Abbiamo però delle certezze, rappresentate ad esempio dal mancato studio di fattibilità del quadruplicamento ferroviario che va da Salerno a Palermo.
Lei capisce che se non c'è questo investimento le ferrovie del Mezzogiorno rimarranno un secolo indietro rispetto a tutto il resto del Paese. Parliamoci chiaro, questo è un fatto che dipende molto dalla situazione delle ferrovie. Per esempio, noi abbiamo il sistema ferroviario italiano che è un unicum, è un sistema ferroviario in cui c'è una holding da cui dipendono tutti gli altri; sono 15 le società che dipendono, e il controllo avviene solo dal punto di vista finanziario, nel senso che ogni anno si approva il bilancio e basta.
Quindi riteniamo che bisogna avere una chiarezza sul recupero dei fondi FAS perduti, ossia 28 miliardi di euro che il CNEL ha segnalato, ha certificato, e questi vanno concentrati nelle infrastrutture ferroviarie Pag. 34che sono le uniche dove non è possibile in qualche modo attirare fondi privati. Su quelle stradali e autostradali ciò è possibile e vedremo come; seguiremo l'impegno del Governo e speriamo che il Governo accolga il nostro desiderio di arrivare a realizzazioni concrete.

(Chiarimenti in merito ad un bando di gara del Ministero dell'economia e delle finanze concernente l'acquisto di «auto blu» - n. 3-02197)

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Pietro n. 3-02197, concernente chiarimenti in merito ad un bando di gara del Ministero dell'economia e delle finanze concernente l'acquisto di «auto blu» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario all'economia, sul sito Internet del Ministero è comparso questo bando con una previsione di base d'asta di quasi 10 milioni di euro per l'acquisto di «auto blu». Noi ci chiediamo e le chiediamo come sia giustificabile un provvedimento, un'asta, una spesa di questo tipo, quando con provvedimenti successivi ne è stata prevista la riduzione: sia con decreti del 2010 entrati in vigore nel 2011, sia con un decreto del 2011 che ha ulteriormente previsto la riduzione dell'uso di «auto blu», sia con due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che hanno previsto la riduzione. Ma come è compatibile una spesa di 10 milioni di euro per acquistare nuove «auto blu» quando se ne devono dismettere migliaia?

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, grazie onorevole per il quesito. Al riguardo, acquisiti elementi informativi dalla società CONSIP, si fa presente quanto segue. La gara per la fornitura di acquisto di berline medie con cilindrata non superiore ai 1.600 cc e dei servizi connessi ed opzionali in favore della pubblica amministrazione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 2012, è finalizzata alla stipula di una convenzione, ai sensi dell'articolo 29 della legge n. 488 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni.
In particolare, la società Consip stipulerà con l'aggiudicatario della suddetta gara una convenzione tramite la quale l'aggiudicatario medesimo si impegna a fornire alle amministrazioni i beni e i servizi ivi indicati ai prezzi così come ribassati in sede di offerta economica e con specifiche determinanti dalla lex specialis di gara fino ad un quantitativo massimo di 400 autovetture.
Come indicato dalla documentazione di gara, il predetto quantitativo non è garantito né vincolante per Consip e per le amministrazioni contraenti. Infatti, la convenzione è uno strumento di acquisto a disposizione delle pubbliche amministrazioni che consente loro di decidere i tempi e i modi di utilizzazione in base alle loro effettive esigenze soprattutto nel rispetto dei vincoli normativi esistenti.
Giova in proposito precisare che la legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, stabilisce che la cilindrata delle auto in servizio non può superare i 1.600 cc e, pertanto, la citata gara risponde a tale dettato normativo.
Inoltre, tutti gli acquisti effettuati dalle pubbliche amministrazioni debbono rispondere alle disposizioni recate alla legge n. 112 del 2010, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge n. 78 del 2010, che all'articolo 6, comma 14, prevede che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione non possano effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Il predetto limite Pag. 35può essere derogato per il solo anno 2011 esclusivamente per effetto dei contratti pluriennali già esistenti.

PRESIDENTE. Viceministro Grilli, la prego di concludere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. Come previsto poi dal suddetto articolo 6, comma 14, le citate limitazioni non trovano applicazione per le autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, le cui esigenze specifiche sono soddisfatte dalla medesima convenzione che, oltre all'acquisto di autovetture, prevede la possibilità di acquistare gli allestimenti specifici per l'espletamento dei suddetti servizi.

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di replicare.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, tutto mi aspettavo da lei fuorché una risposta burocratica di questo tipo, perché mi permetta di voler considerare una barzelletta il fatto che si vogliano convincere i nostri cittadini che stanno al di fuori del Palazzo che noi facciamo un bando di gara da 10 milioni di euro di auto blu perché la legge ha stabilito che d'ora in avanti dovranno avere meno di 1.600 cc di cilindrata. Infatti, nessuno vietava che si continuasse ad andare avanti con le vecchie macchine fino al loro esaurimento.
Signor sottosegretario, per la gente che fuori di qui sta soffrendo (le famiglie, i lavoratori, i pensionati) immaginare che lo Stato italiano in questo momento, con questa situazione di difficoltà, spenda 10 milioni di euro per auto blu veramente credo che sia incomprensibile.
In secondo luogo, secondo il Ministro dell'innovazione del precedente Governo (secondo calcoli ammessi e portati da lui), noi spendiamo ogni anno 4 miliardi di euro in auto blu e certamente abbiamo salutato con favore che il Presidente del Consiglio facesse un decreto per ridurle. Tuttavia, gli effetti non li vediamo e quando usciamo di qui vediamo questa città piena di macchine con tanto di segnalatori che girano.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. Inoltre, non basta questo: spendiamo ulteriormente 10 milioni di euro. Nessuno, nessun contribuente onesto capirà una scelta di questo tipo da parte di un Governo tecnico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, mi permetto di ricordarle che il dottor Grilli è Viceministro.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo scusa!

(Misure per sostenere gli investimenti dei comuni che hanno rispettato il patto di stabilità, al fine di incentivare lo sviluppo dell'economia locale - n. 3-02198)

PRESIDENTE. L'onorevole Causi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Ventura n. 3-02198, concernente misure per sostenere gli investimenti dei comuni che hanno rispettato il patto di stabilità, al fine di incentivare lo sviluppo dell'economia locale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, con questa interrogazione vogliamo segnalare al Governo che esiste un bacino, una riserva di domanda di investimenti pubblici. Questo bacino e questa riserva stanno dentro i comuni, che storicamente fanno il 70 per cento degli investimenti pubblici del Paese, ma soprattutto sono investimenti di piccolo taglio immediatamente attivabili e che, quindi, possono effettivamente avere una concreta funzione anticiclica. Pag. 36
Noi qui citiamo gli investimenti, ad esempio, per la messa in sicurezza del territorio, ovvero per gli edifici scolastici.
Quindi, vorremmo che il Governo mandi qualche segnale ai comuni in termini di alleggerimento del Patto di stabilità su alcune spese in conto capitale che abbiano, appunto, la caratteristica di essere immediatamente attivabili e di avere ricadute sul tono congiunturale dei nostri territori.
Crediamo che un segnale ai comuni sia necessario, anche in relazione alle diverse vicende che intrecciano, in questo momento, il Governo con i comuni, quali l'IMU, le sue difficoltà attuative, la necessità di rivedere i fondi di riequilibrio, il coordinamento fra IMU e federalismo fiscale. Crediamo che sia urgente dare un segnale ai comuni, per esempio sul decreto-legge che in questi giorni è in discussione alla Camera sulla semplificazione fiscale, in questa direzione.

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevole, grazie per il quesito. Per quanto riguarda il pagamento dei fornitori delle pubbliche amministrazioni, si fa presente che il legislatore è già intervenuto più volte allo scopo di introdurre norme che consentano il superamento delle relative criticità, che a noi sono ben presenti.
Si sono susseguiti, negli anni, interventi normativi. Ricordo l'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2009, che ha imposto alle pubbliche amministrazioni di adottare, entro il 31 dicembre 2009, le opportune misure organizzative per garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti. Tale disposizione è stata seguita poi da diverse altre norme. Ricordo che successivamente è stato emanato il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, che consente la possibilità di compensazione dei crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.
Ma, più recentemente, il nuovo comma 3-bis dell'articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, così come sostituito dall'articolo 13 della legge 12 novembre 2011, n. 183, dispone che regioni ed enti locali, su istanza del creditore, entro il termine di 60 giorni, debbano certificare, nel rispetto della normativa vigente in materia di Patto di stabilità interno e fatte salve le eccezioni previste dal comma 3-ter, i crediti aventi ad oggetto le somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, certi, liquidi ed esigibili, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari. Scaduto il termine predetto, su nuova istanza del creditore, alla certificazione provvede la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, che, ove necessario, nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell'ente territoriale.
Infine, è stato introdotto l'articolo 35 del decreto-legge n. 1 del 2012, il cosiddetto «decreto liberalizzazioni», il quale prevede l'incremento dei fondi speciali per reiscrizioni dei residui passivi perenti di parte corrente e conto capitale negli importi, rispettivamente, di 2 miliardi di euro e di 700 milioni di euro per l'anno 2012. È prevista, altresì, una modalità alternativa di estinzione, tramite assegnazione di titoli di Stato nel limite massimo di 2 miliardi di euro.
Da ultimo, il decreto-legge in conversione, n. 16 del 2012, recante disposizioni in materia di semplificazione tributaria, efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, approvato dal Senato e in corso di esame presso la Commissione VI (Finanze) della Camera, interviene, all'articolo 12, in materia di certificazione dei crediti relativi a somministrazioni, forniture e appalti, al fine di consentire al creditore, oltre che alla cessione pro soluto a favore delle banche e Pag. 37degli intermediari finanziari, anche la cessione pro solvendo, che riteniamo sia un'importante nuova possibilità.

PRESIDENTE. L'onorevole Ventura ha facoltà di replicare.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, signor Viceministro, lei ha risposto solo a una parte dell'interrogazione a risposta immediata, perché il punto centrale che abbiamo posto è quello dello sblocco, attraverso una rivisitazione del Patto di stabilità, così come da impegno nel decreto-legge «salva Italia», per consentire ai comuni di sbloccare una serie di investimenti.
Vorrei insistere un momento su questo punto, perché in un momento in cui dobbiamo rialimentare lo sviluppo - e l'onorevole Causi ci ha detto che il 70 per cento degli investimenti sono ascrivibili agli enti locali - questo blocco sta portando a un corto circuito che riguarda attività di numerose imprese, piccole e medie, e che non consente ai comuni di intervenire.
Noi siamo convinti che può esserci una gradualità, ma gli interventi sull'edilizia scolastica, sulla difesa e la messa in sicurezza del territorio potrebbero essere questioni che iniziano a sbloccare e rivedere i criteri, così rigidi, del Patto di stabilità che sta, in sostanza, impedendo ai comuni virtuosi di poter investire.
Lo sblocco degli investimenti credo che sarebbe un aiuto anche per lo sviluppo, compresa un'accelerazione per ciò che riguarda il pagamento delle forniture agli enti locali, perché si capisce che tutto questo insieme sta determinando criticità molto forti nei territori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative per reperire fondi a favore del bilancio dello Stato, con particolare riferimento all'ipotesi di una forma di noleggio delle opere d'arte inutilizzate attraverso aste telematiche - n. 3-02199)

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02199, concernente iniziative per reperire fondi a favore del bilancio dello Stato, con particolare riferimento all'ipotesi di una forma di noleggio delle opere d'arte inutilizzate attraverso aste telematiche (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, signore Viceministro, oggi tutti sappiamo che il momento è difficile, pertanto dovremmo trovare nuovi percorsi per reperire fondi. Lei sa bene, signor Viceministro, che nei nostri depositi e nei nostri musei ci sono tante opere d'arte catalogate, ma non utilizzate, o sottoutilizzate. A nostro giudizio, potrebbe essere utile far sì che si metta in atto un noleggio sicuro di queste opere d'arte affinché si possano reperire fondi da utilizzare per il nostro debito pubblico e per aiutare le famiglie e le imprese che si trovano in difficoltà. Basta solo intervenire per prendere quelle opere d'arte che in questo momento si trovano nei depositi e nei musei e fare un'asta telematica, gestita dal Ministero, per ricavare dei fondi da utilizzare per le famiglie indifese e per le piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevole Scilipoti, la ringrazio per il quesito. Questa è una materia molto delicata, di cui il Ministero dell'economia e delle finanze non è il principale responsabile, per cui abbiamo, in questo caso, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e questa risposta tiene conto ovviamente delle considerazioni di tale Dicastero.
Ci sono delle difficoltà e dei limiti a questo tipo di iniziative. In primo luogo, l'idea stessa di potere, in qualche modo, monetizzare il patrimonio culturale nazionale per far fronte al deficit pubblico potrebbe, in verità, suscitare forti perplessità in gran parte dell'opinione pubblica, Pag. 38sempre più sensibile al tema della tutela dei beni culturali, patrimonio della nazione e delle generazioni future. In secondo luogo, è evidente che si tratterebbe in ogni caso di entrate non strutturali e difficilmente quantificabili a priori, certamente forse d'aiuto, ma non risolutive per cogliere l'obiettivo dell'abbattimento, in modo significativo, del nostro debito pubblico.
Inoltre, è importante menzionare che un'attività di questo tipo potrebbe mostrare dubbi di compatibilità con l'articolo 9 della Costituzione, che obbliga la Repubblica a tutelare il patrimonio storico ed artistico della nazione e non sembra, a prima vista, autorizzare forme di noleggio del patrimonio artistico ad uso privato.
Peraltro, in precedenti occasioni in questa stessa legislatura, il Governo aveva ipotizzato, ma mai neppure formalizzato per forti difficoltà ed opposizioni significative già riscontrate in fase preparatoria, un intervento normativo volto a favorire l'emersione del patrimonio archeologico cosiddetto sommerso, nella forma del deposito oneroso presso il detentore. Come già riferito, anche questo tentativo ha trovato forti difficoltà, sia di tipo politico che obiettivi problemi tecnici di attuazione.
Ciò posto, il Governo non mancherà comunque di esaminare con la massima attenzione e sollecitudine ogni eventuale iniziativa parlamentare su questo argomento.

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di replicare.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, signor Viceministro, la ringrazio, lei ha dato una risposta che mi soddisfa però debbo dirle, signor Viceministro, che i suoi consulenti o chi le ha preparato questa relazione come risposta al mio question time non hanno letto bene la mia interrogazione, perché tutte le perplessità che lei oggi ha portato in Aula sono all'interno del mio question time, c'è la domanda e anche la risposta, perché parliamo di noleggio sicuro, di prestare idonee garanzie fideiussorie bancarie per coloro i quali prendono queste opere d'arte.
Non chiediamo che opere d'arte come le nostre vadano in sede privata, ma dovrebbero andare nei musei di tutto il mondo, per dare la possibilità agli italiani che sono fuori e anche a coloro i quali non sono italiani e apprezzano l'arte di vedere queste nostre opere, che in questo momento non sono nemmeno esposte, sono negli scantinati - mi permetta l'uso di questo vocabolo - dei musei, basterebbe prenderle, fare un'asta telematica - non cederle né venderle - a scadenza di 5-6 mesi, affidarle a dei musei, dare in noleggio, che è di competenza poi dello Stato italiano che quel noleggio cioè quella competenza potrebbe tradurla in aiuti, non soltanto per abbattere il debito pubblico, ma per aiutare le famiglie bisognose che in questo momento in Italia sono molte, con figli minori a carico, con persone che sono diversamente abili, e dare un aiuto alle piccole e medie imprese che si trovano in molte difficoltà e con queste difficoltà sicuramente non riusciranno né a sopravvivere loro né a rilanciare il PIL del nostro Paese.
La ringrazio, ma la pregherei, signor Viceministro, di prendere in seria considerazione questo question time e farlo valutare attentamente per trovare quelle risorse che in questo momento sono tenute negli scantinati dei nostri musei e che potrebbero dare un aiuto non soltanto allo Stato italiano, ma anche al popolo italiano.

(Elementi in ordine all'ammontare di titoli del debito pubblico detenuti da istituti bancari - n. 3-02200)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Vizia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dozzo n. 3-02200, concernente elementi in ordine all'ammontare di titoli del debito pubblico detenuti da istituti bancari (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

GIAN CARLO DI VIZIA. Signor Presidente, signor Viceministro, secondo i dati Pag. 39contenuti nel supplemento al bollettino statistico «Finanza pubblica, fabbisogno e debito» della Banca d'Italia, a gennaio 2012 il debito pubblico italiano ha toccato la soglia di ben 1.935 miliardi di euro, in rialzo di ben 37, quasi 38, 37,9 miliardi rispetto ai 1.897 miliardi registrati nel dicembre 2011. In questo contesto quindi è doveroso da parte del Governo monitorare e indirizzare con attenzione il comportamento del sistema bancario, che è stato il principale elemento di innesco della crisi internazionale a causa di operazioni su prodotti finanziari ad altissimo rischio, ma anche necessario e indispensabile supporto del sistema produttivo attraverso il credito all'impresa reale e alle famiglie.
L'interrogante chiede di sapere, signor Presidente, quale ammontare di titoli del debito pubblico del nostro Paese era detenuto da istituti bancari a dicembre 2011 e quanto ne sia invece stato collocato o detenuto presso istituti bancari da allora ad oggi, dopo le due aste promosse dalla Banca centrale europea rispettivamente il 21 dicembre 2011 ed il 28 febbraio 2012.

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole per il quesito, che, nel richiamare l'attenzione sulla situazione della finanza pubblica italiana e il differenziale di rendimento dei titoli italiani rispetto agli altri titoli, chiede di conoscere l'ammontare dei titoli di debito pubblico del nostro Paese detenuto da istituti bancari a dicembre 2011, e quello di oggi, dopo le due aste della BCE.
Al riguardo si fa presente che i dati disponibili sono quelli della Banca d'Italia, riportati nel supplemento al bollettino statistico «Moneta e banche» del 6 aprile 2012, che sono però aggiornati solo fino a febbraio 2012, e quindi anche quelli di febbraio sono ancora dati provvisori.
I titoli sono valutati al prezzo di mercato, e quindi le variazioni della consistenza riflettono sia l'andamento dei corsi sia gli acquisti netti effettuati. Da tali dati emerge che i titoli pubblici italiani nei portafogli delle banche residenti sono passati da 224 miliardi 144 milioni di euro, di cui 209 miliardi 639 milioni di euro costituiti da titoli di Stato dal dicembre 2011, a 281 miliardi 710 milioni di euro, di cui 267 miliardi 358 milioni di euro rappresentati da titoli di Stato nel febbraio 2012, con un valore di gennaio 2012 pari a 252 miliardi 233 milioni di euro, di cui 273 miliardi 866 milioni di euro in titoli di Stato.
Gli incrementi di febbraio rispetto a quelli di dicembre, circa 57,6 miliardi di euro per l'aggregato di titoli pubblici e 57,7 per i titoli di Stato, appaiono di entità sensibile, specie se comparati al fatto che nel corso del 2011 si sono registrati, accanto a diminuzioni di consistenti in alcuni periodi, incrementi mensili che non hanno mai superato il massimo di circa 7,4 miliardi di euro per i titoli pubblici, 7,5 per i titoli di Stato. Giova infine precisare che sul consistente di gennaio e febbraio potrebbe aver inciso la prima asta BCE di fine dicembre 2010, ma relativamente poco può avere influito verosimilmente la seconda asta, che si è svolta nell'ultimo giorno di febbraio.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Vizia ha facoltà di replicare.

GIAN CARLO DI VIZIA. Signor Presidente, signor Ministro, oggi lo spread è calato notevolmente, ma ci chiediamo se sarà mica dovuto al fatto che sono finite le risorse che ci aveva erogato la Banca europea, quei ben 139 miliardi di euro che, purtroppo, non sono andati a finire per lo sviluppo economico e alle famiglie italiane, ma che abbiamo proprio la preoccupazione siano andati invece a favorire operazioni speculative. È proprio notizia di oggi l'ammonimento del Fondo monetario internazionale per il quale occorre provvedere ad una proficua politica finanziaria atta ad aiutare le famiglie o sarà recessione infinita. Questa è una notizia di oggi. Pag. 40
Nell'Eurozona alcuni Paesi hanno un'attività poco sostenuta, tra questi ci sono l'Italia e la Francia, l'Italia, con meno 0,1 per cento e la Francia, con meno 0,01 per cento. Quindi, occorrono misure urgenti che siano finalizzate all'erogazione di credito per lo sviluppo e per le famiglie. Negli ultimi mesi il ricorso al credito - oltretutto il Ministro Passera l'ha ricordato anche ieri, nella sua relazione - è fortemente rallentato. Dunque, si rende necessario andare incontro alle esigenze delle famiglie per dare sviluppo al nostro Paese, che ne ha veramente bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Iniziative in merito a richieste di restituzione delle somme percepite dai giudici di pace a titolo di indennità forfettaria mensile - n. 3-02203)

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02203, concernente iniziative in merito a richieste di restituzione delle somme percepite dai giudici di pace a titolo di indennità forfettaria mensile (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, signor Ministro, centinaia di giudici di pace in questo momento in tutto il Paese attendono di sapere le motivazioni in base alle quali vengono decurtate le loro già magre indennità di una somma mensile riconosciuta da una norma di legge di qualche anno fa, che prevede un'indennità di rimborso forfettario per spese di formazione, aggiornamento e espletamento dei servizi generali d'istituto, dalla quale inopinatamente da qualche tempo il Ministero - senza emanare alcuna circolare che smentisse in qualche modo una circolare interpretativa del 2006, che indicava chiaramente i parametri in base ai quali questa indennità doveva essere corrisposta - provvede a trattenere 258 euro mensili da queste, come detto, già magre indennità. Noi vogliano sapere la ragione per la quale tutto ciò sta accadendo, senza alcun preavviso.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in merito all'interrogazione dell'onorevole Lo Presti, il Ministero della giustizia segnala che con la circolare cui ha fatto riferimento si è provveduto a fornire un quadro sistemico della materia, che condiziona la corresponsione dell'indennità forfettaria mensile nei confronti dei giudici di pace all'effettivo servizio svolto. Ad essere esclusa è, infatti, la sola corresponsione dell'indennità nei casi in cui il giudice di pace, formalmente investito della carica, non è ancora stato chiamato ad esercitarla in concreto, ovvero quando lo stesso è assente dal servizio per una qualsiasi causa che sia stata regolarmente comunicata al giudice di pace coordinatore.
Peraltro, anche con la successiva circolare del dicembre 2006 sono stati esplicitati alcuni aspetti controversi, precisandosi che non vi è alcuna divergenza nemmeno tra la circolare dell'aprile 2005, che riguarda le ipotesi di assenza dal servizio del giudice di pace per malattia ovvero per altro impedimento, e le successive circolari emanate in materia.
Nel dettaglio, è stato ribadito che in tutti i casi in cui il giudice di pace non tenga l'udienza tabellarmente fissata, senza comunicare le ragioni dell'assenza, dovrà essere detratta sia l'indennità di udienza per l'udienza non tenuta sia l'indennità forfettaria mensile, a far data dal giorno della prima udienza tabellare non tenuta fino al giorno che precede l'udienza in cui il giudice di pace abbia ripreso la propria attività.
Non vi è alcun contrasto, quindi, tra circolari successivamente intervenute in materia, dal momento che è stato ritenuto che il giudice di pace debba essere considerato in servizio anche quando non celebri udienza. Detto ciò, si fa presente che tutte le richieste di restituzione di somme rivolte ai diversi uffici del giudice di pace scaturiscono dalla verifica in concreto Pag. 41della non corretta applicazione di quei principi e criteri fissati dalla legge n. 374 del 1991 ed esplicitati nelle circolari che ho ricordato.
Quanto ai modi e alle forme utilizzate per il recupero delle somme, si rappresenta che trattasi di materia di pertinenza dei singoli uffici giudiziari periferici, a cui spetta il compito di valutare il quantum entro cui esigere il dovuto. Infatti, già con circolare del Dipartimento per gli affari di giustizia del 2004 è stato previsto...

PRESIDENTE. La prego di concludere, Ministro Giarda.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento.. ..il recupero mediante trattenuta sull'ammontare delle indennità maturate. In ogni caso, appare auspicabile che anche le attività di recupero dell'indebito siano improntate a criteri di opportunità e di equo comportamento, visto che, vertendosi in tema di attribuzione di pubbliche funzioni, non può trovare applicazione il combinato disposto degli articoli 545 del codice di procedura civile e 1246 del codice civile, applicabili, invece, ai rapporti di lavoro o impiego subordinato.
In questa sede comunico, a nome del Ministro Guardasigilli, che il Ministro è interessato alla problematica evidenziata e il suo intendimento è di adoperarsi nei termini prima esplicati, tenuto conto, comunque, della normativa vigente e dei principi in essa sanciti.

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di replicare.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Ministro, le cose non stanno proprio nei termini da lei descritti. Per carità, poi è chiaro che, se viene affidato a ciascun ufficio periferico il criterio in base al quale procedere al recupero di queste somme, è evidente che ciascun ufficio si determina in modo assolutamente indipendente ed autonomo, ed ecco che si possono creare delle distorsioni.
La questione è un'altra: vengono trattenute le indennità specifiche relative alla formazione, a prescindere dal fatto che per l'assenza venga eventualmente detratta l'indennità collegata alla presenza in udienza. Questa indennità, come recita la norma e come hanno individuato tutte le circolari in materia, è legata esclusivamente all'attività del magistrato, su cui grava veramente una grande responsabilità, anche in termini qualitativi, e non soltanto quantitativi, dell'amministrazione della giustizia italiana, nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni, al fine di permettere allo stesso un costante aggiornamento, una costante formazione e la possibilità di svolgere in modo compiuto i servizi generali di istituto.
Quindi, le questioni che questa interrogazione intende sollevare non stanno proprio come gli uffici le hanno prospettato, signor Ministro. Il contenzioso...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Lo Presti.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, vorrei qualche secondo in più anche io, come quelli che ha recuperato il signor Ministro.

PRESIDENTE. Ha due secondi, onorevole Lo Presti.

ANTONINO LO PRESTI. Il Ministro ha avuto qualche secondo in più, ma non voglio polemizzare, signor Presidente. Il contenzioso si scaricherà sul Ministero, sarà, evidentemente, importante e porterà, probabilmente, nuovi aggravi di spese. Allora, sarebbe opportuno che il Ministero diramasse delle coordinate precise a tutti gli uffici per il recupero di queste indennità, se e in quanto non dovute.

(Misure a favore dei comuni e degli enti locali in relazione agli impegni finanziari assunti in occasione dell'eccezionale ondata di maltempo dei mesi di gennaio e febbraio 2012 - n. 3-02201)

PRESIDENTE. L'onorevole De Poli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02201, concernente misure a favore Pag. 42dei comuni e degli enti locali in relazione agli impegni finanziari assunti in occasione dell'eccezionale ondata di maltempo dei mesi di gennaio e febbraio 2012 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO DE POLI. Signor Presidente, nei mesi di gennaio e febbraio 2012 il nostro Paese è stato colpito da eccezionali precipitazioni nevose senza precedenti, che hanno colpito, soprattutto, il Veneto, l'Emilia-Romagna, in modo particolare Bologna e Parma - che credo lei conosca - Marche, Puglia, Lazio, Abruzzo, Basilicata, Campania e molte altre regioni.
Il fenomeno, imprevedibile per durata e continuità, ha costretto le amministrazione comunali ad un potenziamento dei mezzi e degli operatori, sia per garantire la mobilità sulla viabilità principale dei mezzi pubblici e privati, sia, soprattutto, per garantire la salvaguardia della pubblica incolumità dei moltissimi edifici e degli esercizi esistenti, dalle scuole a tutto il resto.
Si chiede di sapere, quindi, quali sono le iniziative che il Governo intende intraprendere per fare fronte a queste gravi situazioni che ho appena evidenziato.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interrogazione a risposta immediata n. 3-02201, iscritta all'ordine del giorno, gli onorevoli De Poli ed altri chiedono di conoscere le iniziative che il Governo intende adottare per fare fronte alle ingenti spese sostenute dai comuni per garantire i necessari interventi a favore delle comunità colpite dall'emergenza neve, verificatasi nello scorso febbraio.
Premetto che gli interventi predisposti nella fase dell'emergenza sono stati coordinati dal Capo del Dipartimento della protezione civile, in virtù del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2012, con il quale è stato dichiarato l'eccezionale rischio di compromissione degli interessi primari, ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge del 4 novembre 2002, n. 245, convertito dalla legge del 27 dicembre 2002, n. 286.
Con lo stesso provvedimento le regioni sono state anche autorizzate a reperire, attraverso i sindaci e i centri di coordinamento istituiti a livello provinciale, i beni, i mezzi e i materiali pubblici o privati necessari a fare fronte all'emergenza.
Il Dipartimento della protezione civile ha qui comunicato che, a conclusione della relativa ricognizione, gli oneri straordinari rappresentati dalle regioni e dalle altre componenti del sistema nazionale di Protezione civile, ammontano complessivamente a circa 375 milioni di euro, di cui solo 15 sono riferiti a spese autorizzate dallo stesso Dipartimento. Questo quadro ricomprende anche il dato finanziario relativo al comune di Roma che, come è noto, è stato interessato da precipitazioni di particolare intensità.
In relazione alla possibilità di considerare le spese sostenute dagli enti territoriali in deroga ai vincoli del Patto di stabilità, ricordo che la questione è stata valutata in due successive riunioni tenutesi il 9 febbraio e il 29 marzo di quest'anno. Quest'ultima riunione è avvenuta proprio nell'ambito del tavolo di lavoro sul Patto di stabilità, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. In tale occasione il Governo, pur condividendo, in linea di massima, l'esigenza rappresentata da parte degli enti locali, si è riservato di effettuare ulteriori approfondimenti circa la percorribilità di tale ipotesi, in considerazione della necessità di reperire idonei mezzi di copertura finanziaria, al fine di evitare effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole De Poli ha facoltà di replicare.

ANTONIO DE POLI. Signor Presidente, signor Ministro, come lei sa, la legge n. 10 del 26 febbraio 2011, nel momento in cui viene dichiarato lo stato di calamità, fa Pag. 43scattare per le regioni l'aumento immediato delle accise. La cosa non è stata fatta in moltissime di queste regioni, e, non l'hanno fatta proprio per evitare questo.
Altrettanto sappiamo, purtroppo, che il Fondo nazionale di protezione civile è stato azzerato già tre anni fa, e non è stato ancora implementato.
Quindi, per evitare lo stato di crisi, si sta aspettando un provvedimento legislativo, il cui iter è lungo, per dare delle agevolazioni fiscali alle imprese, degli aiuti ai comuni e per riprendere tutte quelle opere che sono state interrotte in seguito al verificarsi della calamità.
È importante e fondamentale ad esempio, come già è stato fatto, che nell'ambito del rapporto fra Stato e regioni, siano definiti i costi. Ma questi costi devono essere chiaramente ben coperti, perché, nel momento in cui sono stati definiti senza copertura, dobbiamo dare anche delle indicazioni per far sì che vi siano, come diceva anche lei prima signor Ministro nella sua relazione, delle deroghe al Patto di stabilità.
Se questo non viene fatto, si corre veramente il rischio che poi anche eventuali risorse, che ancora oggi non ci sono, non possano dare quei frutti diretti al territorio per venire fuori da questo momento di grave danno, che hanno subito appunto dalle precipitazioni nevose (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

(Intendimenti del Governo in merito all'ubicazione della sede principale dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ed elementi in ordine all'attività dell'Agenzia - n. 3-02202)

PRESIDENTE. L'onorevole Santelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02202, concernente intendimenti del Governo in merito all'ubicazione della sede principale dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ed elementi in ordine all'attività dell'Agenzia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, signor Ministro, con il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, poi convertito in legge, come sappiamo, è stata istituita l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
In quel momento il Governo Berlusconi decise di istituire la sede principale dell'Agenzia a Reggio Calabria per dare un significato preciso a quella che doveva essere la lotta alla 'ndrangheta. Teniamo anche conto che si era da poco tenuto un Consiglio dei ministri straordinario con l'approvazione del Piano antimafia. Pare che adesso, nella relazione annuale dell'Agenzia stessa, si preveda la possibilità di spostare la sede principale da Reggio Calabria a Roma o a Palermo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI. È chiaro che per noi è particolarmente interessante sapere qual è l'intendimento del Governo in materia.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interrogazione all'ordine del giorno l'onorevole Santelli chiede di conoscere l'orientamento del Governo in relazione alla proposta di spostare da Reggio Calabria la sede principale dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Al riguardo ricordo che il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, successivamente trasfuso nell'articolo 110 del codice antimafia, ha individuato la sede principale dell'Agenzia nazionale nel territorio del comune di Reggio Calabria, all'indomani Pag. 44di gravi episodi intimidatori che avevano interessato gli uffici giudiziari di quella città. Ne consegue che ogni eventuale nuova collocazione della sede principale dell'Agenzia non potrebbe che discendere da un intervento correttivo dello stesso codice. Tuttavia, al momento, una scelta in tal senso non è all'attenzione del Governo, anche perché il quadro esistenziale dell'Agenzia pone in evidenza, come è noto, altre necessità che richiedono priorità ed impegno. Quanto all'incidenza della nuova disposizione di legge sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ogni più compiuta ed esaustiva valutazione potrà essere effettuata solo in una fase più avanzata, ove si consideri che sono appena entrati in vigore i tre regolamenti di funzionamento, che consentiranno all'Agenzia nazionale di esercitare a pieno regime tutte le sue funzioni.
Nella fase di start up potrà senz'altro rivelarsi utile l'apporto fornito dagli appositi nuclei di supporto, istituiti presso le singole prefetture, soprattutto allo scopo di velocizzare l'attività istruttoria, finalizzata a liberare i beni confiscati dai gravami ipotecari, che costituiscono una delle criticità più rilevanti ai fini della loro destinazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Santelli ha facoltà di replicare.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, signor Ministro, innanzitutto ovviamente sono particolarmente soddisfatta della notizia che non è all'attenzione del Governo la possibilità di spostare l'Agenzia.
Ricordo al Parlamento - non devo ricordarlo certamente a lei - la peculiarità della situazione della lotta alla 'ndrangheta, soprattutto negli ultimi tempi, e l'enorme sforzo sostenuto proprio in relazione alla sottrazione dei patrimoni. Su questo si gioca la grande partita dello Stato contro la criminalità organizzata. Chiaramente quella che è la vita poi dell'Agenzia sarà da verificare. Io sono stata la relatrice del decreto-legge sulla sicurezza che l'ha istituita. Molti erano i punti, ovviamente peculiari, su cui bisognava assumere delle decisioni che, come giustamente lei ha detto, potremo probabilmente assumere in un momento successivo.
Ci sono ancora dei problemi per quanto riguarda l'assegnazione dei fondi e dei beni. Mi permetto di segnalare ancora una volta la possibilità di una vendita o di un comodato d'uso, ovviamente particolarmente controllato anche dalle prefetture, cosa che potrebbe consentire anche una maggiore visibilità dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con il seguito della discussione del decreto-legge recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boniver, Bruno, Buttiglione, Castagnetti e Leone sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante Pag. 45procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Commemorazione dell'onorevole Miriam Mafai.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, com'è noto, lo scorso 9 aprile è venuta a mancare, all'età di 86 anni, Miriam Mafai, autorevole giornalista e scrittrice, componente della nostra Camera nella XII legislatura.
Nata a Firenze il 2 febbraio 1926, entrò giovanissima nella Resistenza, per poi dedicarsi all'attività politica nelle file del Partito comunista italiano, divenendo, nei primi anni Cinquanta, assessore al comune di Pescara, dove si occupò, in particolar modo, della gestione degli aiuti per gli sfollati e gli indigenti.
Intrapresa la carriera giornalistica, al termine degli anni Cinquanta, fu corrispondente da Parigi per il settimanale Vie Nuove, divenendo poi redattore parlamentare de l'Unità. Dalla metà degli anni Sessanta al 1970, fu direttore di Noi Donne e, successivamente, inviato speciale per Paese Sera.
Nel 1976, contribuì alla nascita del quotidiano la Repubblica, del quale è stata autorevole editorialista fino ai suoi ultimi giorni di vita. Dal 1983 al 1986, ha ricoperto la carica di presidente della Federazione nazionale della stampa italiana.
A partire dagli anni Ottanta, al giornalismo, Miriam Mafai ha affiancato la scrittura di importanti saggi, alcuni dei quali - «Pane Nero. Donne e vita quotidiana nella Seconda guerra mondiale» e «Botteghe oscure addio. Come eravamo comunisti» - ebbero particolare successo editoriale.
Allo scioglimento del Partito comunista, aderì al Partito democratico della sinistra, entrando nel consiglio nazionale.
Eletta alla Camera nel 1994, si iscrisse al gruppo Progressisti federativo, è stata componente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni, della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e della Commissione speciale per il riordino del settore radiotelevisivo. Nel corso della sua attività parlamentare, si fece promotrice, insieme ad altri colleghi, di iniziative legislative per la tutela delle categorie più deboli e, in particolare, fu l'animatrice della proposta di legge, poi divenuta legge, in materia di contrasto della violenza sessuale.
Sia nella sua prestigiosa attività di giornalista e scrittrice, sia nella sua appassionata militanza politica, Miriam Mafai ha sempre mantenuto un costante e stretto legame con il movimento per l'emancipazione delle donne.
Miriam Mafai è stata una delle più importanti personalità femminili del Paese: una donna coraggiosa e lucida, nell'attività giornalistica e di scrittrice così come nell'impegno politico, che ha profuso con profonda passione e con un'umanità aperta e critica, costantemente animata da una profonda adesione ai valori della laicità e della libertà.
La Presidenza ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Invito, pertanto, l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

Pag. 46

WALTER VELTRONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

WALTER VELTRONI. Signor Presidente, si può, nella vita di una persona che ha deciso di dedicare la propria esistenza alla politica, essere, al tempo stesso, molto militanti e molto liberi? A questa domanda, la vita di Miriam Mafai ha dato una risposta positiva. Vorrei dire che di Miriam, del suo lavoro di donna impegnata in politica, di giornalista, di persona appassionata alla vita civile del nostro Paese, questa può essere forse la sintesi: sempre da una parte, sempre con grande autonomia intellettuale.
La passione politica, quella che porta a scegliere di impegnarsi per cambiare le cose, che motiva il corso di un'esistenza, e, al tempo stesso, il senso critico e cioè la coscienza dell'autonomia, del proprio giudizio e della propria valutazione, la costante compagnia del dubbio: Miriam è stata così, fin dall'inizio della sua vita; staffetta partigiana, a Roma, in quella città che lei ha magicamente descritto in «Pane nero »; donna che veniva da una famiglia, quella di Mario Mafai, e di Antonietta Raphäel, di intellettuali e che, in quella Roma segnata dalla guerra, dal fascismo e poi dell'occupazione nazista, si incontrò con il popolo della città, mischiandosi fino a confondere i ruoli.
Come lei, Presidente, ha ricordato giustamente, Miriam ha dedicato la sua vita all'emancipazione delle donne, alla difesa e alla rivendicazione costante dei loro diritti e l'ha fatto con grande passione; lo ha fatto stando, soprattutto, dalla parte delle donne più deboli, di quelle che si trovavano in una condizione sociale di maggiore difficoltà. Da qui le è nata, e l'ha testimoniato in quest'Aula e fuori da quest'Aula, nei suoi scritti, una coscienza della necessità di affermare i diritti, quei diritti che un Paese come il nostro deve saper riconoscere contro ogni forma di discriminazione. C'era in lei una profonda laicità; c'era il senso che questa laicità dovesse essere attenzione e curiosità nei confronti degli altri, ma dovesse essere saldamente collocata nella difesa e nel presidio dei diritti fondamentali.
Fu militante del Partito Comunista, convinta, e con un rapporto con questa storia sempre segnato da quella doppia dimensione: passione e senso critico. Miriam segnò, ad un certo punto, un elemento di discontinuità con la storia del Partito Comunista italiano ma mantenendo la nostalgia, in qualche misura, per quella originale comunità umana che era un partito dentro il quale c'erano tante culture, tante esperienze e tanti punti di vista tra di loro diversi.
Grande giornalista a Paese Sera e poi a la Repubblica, di quella generazione di donne giornaliste, Lietta Tornabuoni, Oriana Fallaci, Camilla Cederna, Rossana Rossanda, Luciana Castellina, che ha scritto una pagina importante nella storia dell'informazione italiana. Compagna per molti anni di Giancarlo Pajetta con il quale condivideva un senso dell'umorismo e una costante capacità di rendere le cose non paludate e di guardarle con un occhio attento e divertito; una donna, insomma, che faceva convivere passione e senso critico. Qualcuno ha scritto in questi giorni: « voce scomoda della sinistra »; io penso che questo sia un elogio per la persona e per la sinistra. Mi fa fatica pensare che nella storia rimangano le voci comode; rimangono spesso le voci scomode, cioè le persone che stanno da una parte, ma ci stanno essendo se stesse, con la loro autonomia di giudizio, con il loro senso critico, con le loro idee, con i loro dubbi e anche, però, con la loro costante passione per la libertà (Applausi).

FLAVIA PERINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FLAVIA PERINA. Signor Presidente, cari colleghi, mentre l'Italia si interroga sul senso dei partiti e della democrazia stessa, questo ricordo di Miriam Mafai ci offre l'occasione di restituire una prospettiva e un senso all'espressione: impegno politico. La biografia della Mafai, giornalista, Pag. 47scrittrice, militante del PCI e anche parlamentare, per un breve periodo, ci racconta cosa significa avere una visione della polis e cercare di realizzarla con gli strumenti che si posseggono, nel suo caso la scrittura, la parola e l'autorevolezza personale conquistata sul campo. I diritti civili, e in particolare quelli delle donne, sono stati il terreno su cui la Mafai ha scelto di impegnarsi, costruendo un racconto che non ha influenzato solo la sinistra o il femminismo. Noi Donne, il mensile che diresse negli anni Settanta, era letto e studiato anche da noi, ragazze di destra; e anche da quelle letture e dai dibattiti che suscitarono, nacque l'esperienza dei gruppi femminili della nostra area. È singolare constatare come, con alcune delle ragazze di sinistra che scrivevano su quelle pagine, e con le quali all'epoca non si riuscì mai ad avere un confronto, neppure verbale, si siano scoperte, negli ultimi anni, sintonie.
Penso a Roberta Tatafiore, che è stata autrice di una delle rubriche più popolari sul giornale che ho diretto, e penso, soprattutto, a Miriam Mafai. Quando due o tre anni fa la questione femminile è riemersa, in Italia, con tutta la sua forza, nacque con lei un'interlocuzione significativa, con contratti e riflessioni comuni non occasionali. Ci stupimmo a vicenda di quella sintonia, e a vicenda riconoscemmo che sì, forse davanti a questioni che rappresentano le precondizioni della politica, i diritti, il rispetto delle persone, l'impegno civile senza remunerazione, le libertà e l'emancipazione dal familismo e dal maschilismo, le vecchie etichette avevano perso molto del loro senso.
Per questo, oggi, la morte della Mafai colpisce anche noi, e per questo, personalmente, mi sono commossa davanti al suo feretro. Era la testimone di un'apertura intellettuale non comune, era un esempio di cosa significa fare politica per convinzione e non per calcolo, in un Paese che, purtroppo, non ne offre moltissimi. Con i suoi scritti ed il suo impegno ha contribuito a consegnare alla mia generazione un Paese più giusto verso le donne di quello precedente, e non so quanti di noi, alla fine della nostra carriera, potranno dire lo stesso (Applausi).

FERDINANDO ADORNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, credo che su Miriam Mafai abbia già detto tutto, stamane, sua figlia alla cerimonia funebre, ma non volevo far mancare la voce del nostro partito e quella mia personale, per l'amicizia che avevo con Miriam, ma soprattutto perché credo che lei sia stata una delle donne più interessanti del Novecento. Arte, cultura, giornalismo, politica: dalla famiglia e dalle sue scelte di vita aveva dentro di sé un caleidoscopio di immagini e suggestioni che Miriam riusciva a far convivere, assimilando tutto ogni volta, e non con l'eclettismo superficiale che, invece, contraddistingue molti intellettuali di oggi. Era donna del popolo e donna delle élite, era una donna dialettica in tutti i sensi, nel senso che conciliava gli opposti.
Avendola conosciuta, posso dire che in lei vi erano insieme buonsenso e raffinatezza intellettuale, allegria e serietà; a volte un po' malinconica, qualcuno la giudicava anche un po' cinica; vi erano insieme espressività e riservatezza, dolcezza e serenità, amore per le sfumature ed intransigenza morale: tutte cose che è difficile far convivere, ma lo si può fare solo avendo una grande umanità, un'umanità straordinaria e un'intelligenza straordinaria, che Miriam aveva. Era anche una donna nel vero senso della parola: se le facevi un complimento si schermiva, se invece le facevi una critica si appassionava, si incuriosiva e stava lì fino a che questa critica non era stata sviscerata. Non volendo usare troppe parole, voglio solo dire che l'ultima critica a Miriam è il rimprovero di non esserci più (Applausi).

Pag. 48

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (A.C. 5052-A) (ore 16,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali ed il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunziato.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 5052-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 5052-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 5052-A).
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 5052-A), che è distribuito in fotocopia.
Constato l'assenza dell'onorevole Fugatti, che ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, intervengo su questo decreto-legge relativo ai poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché nei settori strategici dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Sicuramente si tratta di un tema importante, quello della difesa, una delle nostre priorità nazionali. Il Governo ha presentato questo testo per il quale abbiamo presentato degli emendamenti per cercare di migliorarlo.
È evidente che è una questione che va avanti da tempo quella della difesa delle nostre aziende a livello nazionale e internazionale, la difesa del made in. Qui si è posto il tema su alcuni settori. Abbiamo presentato una serie di emendamenti in primis all'articolo 1, in cui si chiedeva il coinvolgimento, oltre che del Parlamento, anche di rappresentanti nominati dal Governo in quelli che sono i settori fondamentali della difesa e della sicurezza nazionale.
Mi riferisco a due emendamenti che ritenevamo di buonsenso. Il primo proponeva che si potessero inserire due membri di nomina governativa all'interno delle società e che potessero essere all'interno del consiglio di amministrazione per valutare eventuali atti e proporre l'annullamento delle eventuali delibere fatte in questi due settori.
Ma il tema principale riguarda l'articolo 2, in cui si citano i settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Sappiamo quante sono le realtà importanti a livello nazionale che in questi anni abbiamo visto farci portare via da sotto agli occhi, magari anche con pochissimi soldi. Noi su questo abbiamo presentato degli emendamenti che il Governo in questa sede non ha valutato, in primis per allargare le attività che sono previste nel decreto, prevedendo che oltre all'energia, ai trasporti e alle comunicazioni ci siano anche altre realtà in cui ci possa essere il veto, piuttosto che l'annullamento, da parte del Governo.
Gli altri settori che abbiamo citato sono le infrastrutture ed i servizi pubblici. Abbiamo la fortuna di avere molte realtà Pag. 49dove si gestiscono i servizi pubblici all'avanguardia. Tuttora c'è un cambiamento, tra l'altro, della normativa sui famosi servizi pubblici in house. Da sempre la Lega difende quelle realtà virtuose e magari invece si dà il via a gare in quelle realtà in cui i servizi pubblici locali vengono gestiti molto male.
Le cronache di tutti i giorni ci segnalano queste realtà, per cui il tema dei servizi pubblici lo riteniamo fondamentale come difesa del territorio insieme alle assicurazioni, l'intermediazione finanziaria, alla ricerca e all'alta tecnologia. Abbiamo società all'avanguardia a livello internazionale. Ciò che possono fare il Governo e il Parlamento è la difesa del famoso made in, che tanti in quest'Aula nominano, ma poi a fare i fatti concreti è la Lega che comunque da sempre è fautrice di difesa del territorio.
Su questo abbiamo impostato anche degli emendamenti. Un paio il Governo, a dire la verità, ce li ha anche accolti, ossia quello del parere delle Commissioni parlamentari perché, nel momento in cui ci sono delle scelte fondamentali per la tutela del territorio e del Paese, il Parlamento tutto è giusto che dia una valutazione e questi due emendamenti del gruppo della Lega sono stati accolti dal Governo.
Certo, si poteva fare di più. Riteniamo sia un primo passo nella difesa delle nostre realtà produttive, delle nostre società. Ci sono tanti altri settori che ci vedono primeggiare a livello internazionale, ma su cui dobbiamo ancora fare passi in avanti. Citiamo, per esempio, il settore dell'agroalimentare e quelle realtà che sono sicuramente un fiore all'occhiello del nostro Paese a livello internazionale, come il settore del tessile e del calzaturiero.
Questo è un primo passo in avanti che ci vede come gruppo favorevoli, ma sicuramente la spinta del Governo e di tutto il Parlamento deve essere di tutelare tutte quelle realtà produttive che veramente fanno la differenza a livello internazionale. Noi seguiremo e porteremo avanti le nostre battaglie a livello parlamentare.
A livello europeo, sappiamo che in sede comunitaria ci sono mentalità diverse. Ci sono Paesi che mirano a far sì che ci siano dei Paesi (i famosi del far east come la Cina, piuttosto che l'India) che stanno entrando nei nostri mercati e stanno invadendo le nostre società. Vogliamo difendere le nostre aziende, vogliamo difendere le nostre piccole e medie aziende e vogliamo difendere le grosse realtà che stanno facendo bene in questo momento di difficoltà economica.
È un messaggio forte, che deve arrivare al Parlamento, di fiducia di chi investe, di chi fa produzione, di chi fa crescita, di chi fa occupazione. Questo è un primo messaggio, per cui noi porteremo avanti le nostre proposte emendative, cercheremo di discutere delle altre materie che riteniamo corretto che il Governo e il Parlamento devono tutelare. Con riguardo ai due emendamenti accolti dal Governo, lo invitiamo sul punto, sull'articolo 2, in cui si parla di altri settori, di valutare il prosieguo per la difesa delle nostre realtà, per la difesa del made in Italy.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, la ringrazio anche per avermi reinserito nella lista degli iscritti. Questo che andiamo a trattare oggi in Aula è un tema importante. È un tema strategico di cui magari oggi sui quotidiani, sulla stampa non si parla molto, ma in altri periodi, in altri momenti, quando si è trattato di parlare della difesa delle nostre imprese di fronte ad eventuali acquisti che arrivavano da Paesi stranieri, è diventato spesso un tema rilevante. Quindi oggi magari passa un po' in sordina, però sappiamo che è un tema importante per il nostro Paese.
Noi diamo atto al Governo di avere messo in campo questo tema. Sappiamo che vi era una procedura d'infrazione sulla nostra precedente disciplina e sappiamo che, quindi, si è dovuto intervenire per ottemperare a questa procedura d'infrazione. Noi diciamo, come Lega, che l'impostazione generale è un'impostazione Pag. 50che, tutto sommato, va un po' nella linea di quello che la Lega aveva sempre detto, perché noi da quest'Aula, in vari atti legislativi, atti ispettivi parlamentari, abbiamo sempre posto il tema della difesa delle nostre attività imprenditoriali/industriali da eventuali acquisti, cosiddetti shopping, esteri appunto sulle nostre imprese. Abbiamo sempre detto che qui ci vogliono sistemi di difesa, come hanno altri Paesi, e che qui ci vuole un modo per tutelare le nostre imprese.
Questo disegno di legge comunque sia, al di là di aspetti che poi noi non condividiamo, va in questa direzione. La Lega riconosce questo, riconoscendo di essere stato il primo, se non tra i primi partiti a porre il tema della difesa delle nostre imprese. Tutti ricordiamo qualche mese, un mese fa, adesso i tempi esatti non li ricordo, cosa accadde sul tema Lactalis-Parmalat. In quel caso si vide praticamente che le norme che erano in campo non furono sufficienti a non permettere quello che in altri Paesi non sarebbe stato permesso. Dopodiché in quel tema subentrò anche un'incapacità del nostro sistema economico, del nostro sistema finanziario, del nostro sistema industriale che fondamentalmente non aveva le risorse per porre un particolare tipo di freno a quell'operazione. In quella circostanza ne uscì anche un particolare momento di debolezza del nostro sistema economico e del nostro sistema imprenditoriale.
Quindi questo provvedimento, che all'articolo 1 affronta i temi della sicurezza e all'articolo 2 i temi relativi al settore dell'energia e delle comunicazioni, riguarda un argomento - lo ripetiamo - importante. Noi riconosciamo che diversi temi, che sono stati posti in sede di discussione in Commissione da parte della Lega, sono stati accolti. Ringraziamo anche il Ministro, che è stato sempre presente anche in Commissione, e questo va riconosciuto, però poniamo altri temi che riteniamo rilevanti. Innanzitutto, se andiamo a guardare il particolare tipo di sistema che viene introdotto, noi diciamo che è un sistema simile a quello del Belgio.
Si tratta cioè di un sistema di opposizione ad eventuali azioni di acquisto di nostre imprese o di nostre azioni di imprese e quant'altro. Si ricalca cioè il sistema vigente in Belgio e che, a fronte di controlli, sentenze della Corte di giustizia europea e di altri atti della Commissione europea, è stato ritenuto corretto.
Si tratta, quindi, di un sistema di opposizione e, da quanto abbiamo capito, pare che questo provvedimento voglia un po' essere il modello, così com'è stato discusso con la Commissione europea, che poi potrà essere anche accolto da altri Paesi. Infatti, questo provvedimento è ampio anche nelle modalità di difesa che il Governo, il Presidente del Consiglio o chi per esso può mettere in campo. Quindi, ci pare di aver capito durante la discussione che questo provvedimento possa essere visto anche come un modello per altri Paesi, come modello di opposizione. Magari anche altri Paesi che non hanno una normativa di questo tipo potranno metterla in atto dopo che il nostro Paese lo ha fatto.
In Commissione abbiamo annunciato che ci va bene quanto è stato fatto, però rileviamo che un altro Paese, la Francia, in alcuni particolari settori (questo è il nostro articolo aggiuntivo Fugatti 1.01) attua un sistema di difesa più forte, più importante e più incisivo. Lì si va sul modello che definiamo della autorizzazione. La Francia, su sette particolari settori, attua il cosiddetto modello di autorizzazione, che è più incisivo di quello che noi andiamo a mettere in campo. Si è detto che la Francia ha una procedura di infrazione su questa legge che ha messo in campo. È vero, però è ferma dal ottobre del 2006.
Ciò significa che la Francia ha messo in atto un modello di difesa che ha utilizzato, per esempio a quanto ci risulta, nel caso Nestlé. Nei sette settori della legge francese non c'è il settore alimentare. Però, per caso, la Nestlé aveva una casa da gioco all'interno del suo organigramma. Essendo il settore delle case da gioco inserito tra i sette settori che la Francia pone come obiettivi di difesa, ecco che nel caso della Nestlé venne (almeno secondo le informazioni Pag. 51che abbiamo di quel tempo) utilizzato questo sistema per porre un limite. Noi questo sistema non potremmo utilizzarlo se ci limitiamo a prendere in considerazione solo quello scritto nel testo.
Quindi, ci chiediamo: perché non facciamo anche noi come la Francia e per particolari sette, cinque, tre, dieci settori non impostiamo quel modello di difesa che hanno loro? La risposta che ci viene data da più parti è che in Francia su quel sistema venne posta una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Questo è vero, però quella procedura di infrazione, che per noi andò avanti per la precedente legge, per la Francia si fermò all'ottobre del 2006. Non è mai andata avanti.
Quindi, ci chiediamo: c'è un problema di forza politica del nostro Paese, c'è un problema di rappresentanza politica del nostro Paese nell'ambito europeo per cui, se noi dovessimo mettere in atto un tipo di legislazione come quella francese, andremmo subito in procedura di infrazione e poi magari subito a sentenza? Ma perché la Francia può farlo e l'Italia no? Questo è un tema che noi abbiamo posto ai relatori e al Governo e che intendiamo porre ancora in questa sede.
Infatti, se ragioniamo sul sistema di difesa delle nostre imprese va benissimo. Però dobbiamo farlo così come lo fanno gli altri Paesi.
Altrimenti, accadrà che la Francia farà un disegno generale, con il sistema di opposizione che stiamo facendo noi, e poi si terrà, su quei sette particolari settori, il sistema di autorizzazione, che è molto più incisivo. Dunque, quando poi magari il nostro Paese o altri Paesi saranno interessati a una particolare industria francese, che magari ha una piccola partecipazione in questi sette settori - e quando li leggiamo capiamo che sono anche settori non del tutto strategici -, la Francia avrà un potere di difesa molto più forte e più incisivo del nostro. Quindi, questo è un tema che riteniamo, in questa sede, di dover ancora porre, nonostante riconosciamo che in questo decreto-legge siano stati fatti dei passi in avanti.
Nel Comitato dei nove abbiamo appreso con piacere - e lo riconosciamo al Governo - lo sforzo fatto di aver accolto i miei emendamenti 2.40 e 2.34. Questi emendamenti vanno nella direzione di dare maggiore possibilità di intervento al Parlamento. Qual è il tema? Il tema è che qui ci sono poteri importanti messi nelle mani del Presidente del Consiglio, perché dall'articolo 2, comma 3, si capisce che è il Presidente del Consiglio che può decidere di compiere determinate azioni per difendere le imprese da un'eventuale azione estera. Quindi, vi è un forte potere nelle mani del Presidente del Consiglio. È giusto? Non è giusto? Noi crediamo che anche il Parlamento debba essere investito di questi temi. Dunque, abbiamo presentato l'emendamento per consentire alle Commissioni parlamentari di esprimere un parere rafforzato. In effetti, nel testo originario vi era questa possibilità o, meglio, il decreto veniva inviato alle Commissioni parlamentari, le quali esprimevano un parere e null'altro. Noi, invece, abbiamo posto il tema del parere rafforzato, che era un modo per mettere in luce anche le prerogative del Parlamento - perché, altrimenti, tutto restava in mano ai Ministeri e al Presidente del Consiglio - e il tema è stato accettato. Quindi, è stato fatto un altro passo avanti su emendamenti della Lega.
È chiaro che durante la fase della discussione sui singoli emendamenti porremo ancora alcuni temi e, in particolare, quello di cui abbiamo discusso, vale a dire di questa diversità tra la legge italiana, che ci apprestiamo ad approvare, e soprattutto quella francese, che è tuttora in vigore. Noi andiamo ad attuare un tema che va nella stessa direzione di quello che viene fatto in Belgio. Questo ci trova in linea di massimo d'accordo, ma riteniamo che non si debba permettere ad altri Paesi, semplicemente perché magari hanno un potere politico maggiore o perché hanno una rappresentanza migliore negli uffici europei che contano, di potersi difendere con norme più forti rispetto a quelle di cui oggi disponiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 52

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, questo al nostro esame è un tema sicuramente molto importante. Finalmente il Governo è riuscito, anche mediante il nostro apporto, a dare una risposta anche se noi la consideriamo non del tutto soddisfacente. Direi che normare la golden share in questo momento sia assolutamente non procrastinabile.
La Lega Nord aveva già presentato una propria proposta di legge, a firma dell'onorevole Polledri, che affrontava questa problematica rilevante. Dunque, si affidano poteri di intervento al Governo nell'ambito di cessioni di partecipazioni di capitale in società che hanno una rilevanza strategica a livello nazionale.
Ciò avviene anche in altre ipotesi, come il cambiamento della destinazione di infrastrutture, anche queste essenziali per lo svolgimento di attività di carattere strategico, individuabili in settori quali quelli della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei pubblici servizi, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni, delle intermediazioni finanziarie, della ricerca e della tecnologia. Rispetto al testo del Governo, limitato alla difesa, alla sicurezza, ai trasporti ed alle comunicazioni, il gruppo della Lega Nord voleva - e vuole ancora - inserire anche i pubblici servizi, le assicurazioni, l'intermediazione finanziaria e tutto ciò che è legato all'alta tecnologia.
Dopo il lavoro delle Commissioni congiunte V e VI, i relatori hanno recepito le nostre istanze, inserendo anche i servizi pubblici essenziali negli asset strategici, a cui questa nuova normativa può fare riferimento attraverso l'emanazione di appositi regolamenti, che devono avere il parere preventivo delle Camere, fatto questo importante per ridare centralità al Parlamento.
A tal proposito, ringraziamo anche il Governo per l'apertura ed il parere positivo agli emendamenti della Lega Nord e riconosciamo un ulteriore passo in avanti da parte del Governo. Mi riferisco agli emendamenti Fugatti 2.34 e 2.40, che chiedono al Governo di riferire alle Camere qualora il regolamento adottato sia difforme dal parere identico delle Commissioni parlamentari competenti. Questo è un tema su cui, quindi, c'è un parere favorevole da parte del Governo - adesso attendiamo il responso dell'Aula - ed è sicuramente un passo importante in avanti.
Tuttavia, la nostra preoccupazione è che si stia costituendo un sistema poco rigido per la salvaguardia delle nostre imprese, mentre altri Stati europei (Francia e Belgio in testa) - è stato ricordato anche dai colleghi - hanno costruito un sistema molto protetto a discapito della concorrenza e della libera circolazione dei capitali e delle imprese, tanto invocata dall'Unione europea. Talvolta, infatti, pare che la stessa Commissione europea applichi diversi pesi e diverse misure a seconda del Paese o dello Stato che gli sta di fronte.
In quest'ottica, infatti, la Lega Nord chiede che alcune disposizioni del provvedimento siano estese anche ai soggetti interni all'Unione europea, cosa già consentita dalla legislazione francese. In effetti, in Francia si esercitano poteri speciali anche nei confronti di imprese di altri Stati dell'Unione europea in sette settori ulteriori rispetto a quelli della difesa e della sicurezza. Sono materie che sono state più volte elencate da parte della Lega Nord nell'articolo aggiuntivo Fugatti 1.01 presentato in Commissione.
Inoltre, direi che l'esempio belga, a cui noi abbiamo ispirato la nostra proposta, prevede poteri di controllo pubblico assai rilevanti. La legislazione belga, in effetti, consente al Governo di nominare due rappresentanti nei consigli di amministrazione delle imprese che svolgono importanti attività di rilevanza pubblica strategica, con una disposizione che sembra applicabile anche con riferimento alle imprese di Stati membri dell'Unione europea.
La Corte di giustizia si è espressa a favore della legittimità della normativa belga in quanto compatibile con i principi fondamentali del diritto comunitario, poiché Pag. 53garanzia di approvvigionamento minimo di gas naturale in caso di crisi energetica, stante la dipendenza del Belgio - e penso che sia equiparabile anche all'Italia, quindi alla nostra nazione - da risorse energetiche straniere. Ecco perché maggior rigore nazionale significa anche maggiore salvaguardia degli asset strategici nazionali.
Il decreto prevede due situazioni differenziate tra i poteri speciali attribuiti al Governo in caso di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi nazionali per i settori della difesa e della sicurezza nazionale, normati dall'articolo 1, e i poteri speciali inerenti agli asset strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, normati dall'articolo 2.
Quindi il giudizio della Lega Nord è finora positivo per quanto riguarda il testo e soprattutto per quanto riguarda l'ultima modifica apportata, e ringraziamo il Governo per il parere favorevole espresso sugli emendamenti della Lega Nord. È certo che, come abbiamo ripetuto anche negli interventi precedenti, forse si poteva anche fare qualcosa di più, ma crediamo che già questo testo sia necessario, attendevamo da tempo questa risposta e quindi per ora - e vedremo nel prosieguo - il nostro è un parere positivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Forcolin. Ne ha facoltà.

GIANLUCA FORCOLIN. Signor Presidente, ricordavamo che è un provvedimento che tratta un tema importante e che riformula e rivede le condizioni e lo spazio di esercizio dei poteri speciali dello Stato appunto sulle società operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, oltre che in ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. È quindi un decreto importante, che definisce gli ambiti e le condizioni e le procedure di esercizio di questi poteri, ad esempio la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni, o porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie, quindi questioni e tematiche condivisibili e che rappresentano nel complesso un passo in avanti rispetto all'assetto esistente e vigente.
Il provvedimento infatti, già analizzato nelle scorse settimana dalle Commissioni bilancio e finanze, ha visto un positivo e costruttivo contributo, che ha consentito di rivedere alcune parti del testo anche modificandolo, adattandolo e apportando complessivamente alcuni interventi che hanno migliorato la versione iniziale dello stesso testo. La Lega Nord ha lavorato in particolare affinché ci fossero ulteriori asset strategici e venissero inclusi ulteriori asset fra i settori rilevanti per tutelare le nostre imprese in particolare dalle scalate estere, siano esse europee che extra-europee, pensiamo solo alla precisazione in base alla quale viene previsto che i pareri parlamentari debbano essere espressi entro un termine di 20 giorni dalla data di trasmissione degli schemi di regolamento alle Camere, o pensiamo alle indicazioni in materia di obblighi di notifica o ai chiarimenti appositi in materia di veto a queste delibere.
Quindi, la Lega Nord trova condivisibile il provvedimento, ma auspica e incentiva il Governo a fare propri anche gli interessanti e doverosi spunti provenienti appunto dal nostro gruppo e dalle proposte emendative che la Lega ha proposto e depositata proprio a riguardo della golden share. Ci riferiamo soprattutto alla nostra proposizione, espressa anche da una proposta di legge già depositata dal collega Polledri, che oggi viene tradotta, in molti versi, in emendamento e che richiedeva l'estensione del concetto di settore strategico anche ai settori della difesa, delle infrastrutture e dei pubblici servizi oltreché energia, assicurazione, intermediazione finanziaria, ricerca e alta tecnologia, un ampliamento che noi riteniamo sicuramente importante - anzi doveroso - al fine di consentire anche in questi importanti ambiti economici un controllo e una verifica maggiore da parte dell'Esecutivo sulle società in esso operanti.
Dobbiamo anche riconoscere che, dopo il lavoro delle Commissioni V e VI, il Governo e i relatori hanno recepito, come Pag. 54abbiamo già ricordato anche con i colleghi che mi hanno preceduto, le nostre istanze, inserendo anche i servizi pubblici essenziali negli asset strategici, alla cui normativa può far riferimento attraverso l'emanazione di appositi regolamenti, gli stessi regolamenti che con parere preventivo delle Camere ridanno anche una certa centralità a questa istituzione, ma anche alla politica. Resta comunque viva la nostra preoccupazione - dobbiamo confermarlo in questa sede - per il fatto che si stia procedendo con un sistema secondo noi poco rigido per la salvaguardia delle nostre imprese, mentre molti altri Paesi europei lavorano con un sistema oltremodo protetto, che rende difficile la concorrenza e la libera circolazione di capitali tanto auspicata dalla stessa Unione europea.
Ora siamo in fase di discussione sul complesso degli emendamenti e la Lega Nord ha ripresentato alcuni emendamenti per l'Aula che aveva ritirato nei lavori delle Commissioni, alcuni peraltro già accolti poco fa nelle Commissioni, quindi c'è comunque sicuramente un'apertura per la logica e l'atteggiamento sempre propositivo dimostrato dal nostro gruppo, fin dall'inizio del lavoro. Quindi, oggi in Aula sarà nostro l'impegno di convincere i colleghi parlamentari e richiamare il Governo con le nostre proposte emendative al dialogo sui temi contenuti. Dico questo perché ritengo importante l'esito di questi emendamenti e quindi le considerazioni di voto sugli emendamenti che adesso andremo a votare, perché per il nostro gruppo comporterà anche la decisione di votare a favore o meno sull'intero testo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole D'Amico, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Nessuno chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Fugatti 1.12 e 1.9, Barbato 1.7, Polledri 1.3, Borghesi 1.8, Fugatti 1.10 e sull'articolo aggiuntivo Fugatti 1.01.

PRESIDENTE. Trattandosi di un decreto-legge, inviterei i relatori ad esprimere il parere su tutti gli emendamenti.

ALBERTO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Polledri 2.10 e Fugatti 2.19.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Fugatti 2.34 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: «Al comma 1-bis, dopo il secondo periodo aggiungere i seguenti: Qualora i pareri espressi dalle Commissioni parlamentari competenti rechino identico contenuto, il Governo, ove non intenda conformarvisi, trasmette nuovamente alle Camere lo schema di regolamento, indicandone le ragioni in un'apposita relazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti sono espressi entro il termine di venti giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il regolamento può essere comunque adottato».
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Fugatti 2.20, Duilio 2.50, Polledri 2.9 e 2.8, Fugatti 2.33 e 2.17, Duilio 2.51.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Fugatti 2.40, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: «Al comma 9, dopo il terzo periodo, aggiungere i seguenti: Qualora i pareri espressi dalle Commissioni parlamentari competenti rechino identico contenuto, il Governo, ove non intenda conformarvisi, trasmette nuovamente alle Camere lo schema di regolamento, indicandone le ragioni in un'apposita relazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti sono espressi entro il termine di venti giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il regolamento può essere comunque adottato». Pag. 55
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Fugatti 2.18, 3.10 e 3.01.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dai relatori.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Fugatti 1.12 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo dunque ai voti.
Avverto che stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 1.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 486
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato
44
Hanno votato
no 442).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fugatti 1.9, formulato dal relatore.

MAURIZIO FUGATTI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, lei ha parlato sul complesso degli emendamenti. Pregherei un suo collega, che è cofirmatario dell'emendamento, di prendere la parola. Il Regolamento è chiaro al riguardo. Nessun collega che ha firmato l'emendamento Fugatti 1.9 intende intervenire?

MAURIZIO FUGATTI. È una materia molto tecnica!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 1.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sposetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 485
Astenuti 5
Maggioranza 243
Hanno votato
45
Hanno votato
no 440).

Prendo atto che il deputato Pompili ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Barbato 1.7, formulato dal relatore.

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi pensiamo che la lettera c) del testo attuale non fornisca elementi utili per valutare quando il livello della partecipazione al capitale, raggiunto mediante l'acquisto, sia tale, come è scritto nel testo, Pag. 56da compromettere, nel caso specifico, gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale.
Noi vorremmo che la definizione di quando questo avvenga non sia lasciata al libero arbitrio del decisore del momento, ma credo si possa ragionevolmente stabilire prima qual è il livello di partecipazione che fa scattare questo interesse della difesa o della sicurezza nazionale, posto che esso non può dipendere caso per caso, momento per momento.
Per questo, con l'emendamento in oggetto chiediamo che questo livello venga definito da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbato 1.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 493
Astenuti 4
Maggioranza 247
Hanno votato
60
Hanno votato
no 433).

Prendo atto che il deputato Gianni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Polledri 1.3 formulato dai relatori.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Intervengo per illustrare l'emendamento Polledri 1.3.
Chiediamo che al comma 1, dopo la lettera c), si aggiunga la lettera c-bis) con cui si preveda la nomina di due rappresentanti del Governo nel consiglio di amministrazione delle imprese operanti nei settori di cui stiamo parlando. I due rappresentanti del Governo partecipano al consiglio di amministrazione a titolo consultivo. Questo perché riteniamo importante che il nostro Governo possa avere la possibilità di verificare, proprio all'interno dei consigli di amministrazione, quello che sta avvenendo. Sono settori che riteniamo strategici e, quindi, chiedo che i colleghi facciano sì che questo nostro emendamento possa passare, perché lo riteniamo molto importante e riteniamo di poter dare al Governo una possibilità di controllo maggiore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Polledri 1.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Zeller...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 494
Astenuti 3
Maggioranza 248
Hanno votato
41
Hanno votato
no 453).

Prendo atto che i deputati Gianni e Realacci hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Borghesi 1.8 formulato dai relatori.

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Pag. 57

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, questo è il secondo, e anche l'ultimo, dei nostri emendamenti. Anche qui, la legislazione previgente, il decreto legislativo del 1998, prevedeva la possibilità di opporsi ai patti parasociali. Ora, io ho fatto un'ipotesi teorica, una situazione teorica.
Dunque, immaginiamo che in una di queste imprese che si considera strategica e, quindi, rilevante ai fini di un intervento con poteri speciali del Governo, entri un socio straniero e il Governo ritenga di non dover bloccare o far valere questi poteri speciali per impedire questa acquisizione perché, ad esempio, ritenuta non particolarmente rilevante in termini quantitativi. Però, potrebbe successivamente capitare che quel socio entri in un patto parasociale con gli altri soci teso, comunque, a favorire il socio straniero, diciamo così. Allora, verrebbe vanificata la possibilità del Governo di intervenire per impedire che un soggetto estero, in qualche modo, vada ad interferire in modo molto marcato su un'attività che noi riteniamo strategica. È un caso teorico. Certo, è un caso teorico, ma è un caso possibile.
Allora perché non lasciare al Governo la possibilità di intervenire e di opporsi a patti parasociali, qualora eventualmente li ritenesse, da questo punto di vista, non sufficientemente tali da garantire la non interferenza del socio straniero sull'attività ritenuta strategica? Da qui nasceva la nostra proposta emendativa che invitiamo l'Aula ed anche il Governo ed i relatori a valutare, perché si tratta di un caso possibile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 1.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 489
Astenuti 5
Maggioranza 245
Hanno votato
60
Hanno votato
no 429).

Prendo atto che il deputato Gianni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fugatti 1.10 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, con questo emendamento noi chiediamo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, possano essere nominati due rappresentanti nell'ambito del consiglio di amministrazione delle società in questione, i quali possano proporre al Ministro competente l'annullamento di deliberazioni societarie ritenute in contrasto con la politica nazionale nei settori della difesa e della sicurezza.
Riteniamo ciò importante, perché sono settori fondamentali, nei quali non si può lasciare il consiglio di amministrazione deliberare magari in contrasto con l'interesse nazionale. Quindi pensiamo che sia corretto che due rappresentanti nei consigli di amministrazione siano nominati dal nostro Governo e possano proporre l'annullamento delle delibere.
Sono emendamenti forse forti, ma sono emendamenti che devono testimoniare e testimoniano che abbiamo come interesse primario e fondamentale, quello nazionale.
Quindi, riteniamo che sia corretto che almeno questo emendamento venga approvato. Per questo richiedo ai colleghi un'attenta valutazione e un voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Pag. 58
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 1.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 496
Votanti 491
Astenuti 5
Maggioranza 246
Hanno votato
42
Hanno votato
no 449).

Prendo atto che la deputata Mastromauro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Fugatti 1.01 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, in questo caso spero si possa trovare una condivisione, in quanto non andiamo a inventare niente, onorevoli colleghi. Andiamo solo ad allungare la lista dei settori che devono essere considerati nell'articolo 1. Noi chiediamo quindi che le norme previste dall'articolo 1 si applichino anche nei settori: case da gioco; sicurezza privata; lotta alle frodi sanitarie e all'impiego delle armi chimiche; intercettazioni; tecnologia dell'informazione; sicurezza dei sistemi di informazione; esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso. Questo perché? Non perché ce lo siamo inventati la notte scorsa, onorevoli colleghi, ma perché questo è quello che prevede la legislazione francese, ovvero la legislazione di un grande Paese dell'Unione europea, che nel suo ordinamento ritiene che in questi settori vi sia un forte interesse nazionale.
Quindi, cambiando questo disegno di legge, approvando questo articolo aggiuntivo, noi non andremmo a fare niente di diverso da quello che viene fatto in altri grandi Paesi dell'Unione europea. Quindi non c'è nulla che osta all'approvazione di un articolo aggiuntivo come questo. Noi chiediamo che il voto, nonostante il parere contrario del Governo, sia favorevole perché lo riteniamo importante.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Fugatti 1.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 489
Astenuti 3
Maggioranza 245
Hanno votato
45
Hanno votato
no 444).

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Polledri 2.10, formulato dal Governo.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, qui chiediamo di aggiungere dopo il comma 1, primo periodo, dopo le parole: «e delle comunicazioni», le seguenti: «, delle infrastrutture, dei servizi pubblici, delle assicurazioni, dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'alta tecnologia». Pag. 59
Siamo sempre sulla linea delle proposte emendative precedenti volte ad ampliare le possibilità di controllo e di intervento. Quindi, seguendo la stessa linea delle nostre proposte emendative, noi continuiamo sperando nella condivisione dai gruppi che, fino a questo momento, non hanno supportato queste nostre idee; però noi confidiamo, andiamo avanti e non demordiamo, perché non vogliamo mollare e fare un passo indietro. Porteremo anche questo emendamento in votazione ed ognuno si assumerà la responsabilità di bocciarlo, perché in futuro, quando potranno verificarsi pasticci in questi settori, ci potremo ricordare che fu la Lega Nord Padania a proporre emendamenti che avrebbero potuto evitare tali pasticci. Quindi invito tutti i colleghi a riflettere in modo serio su queste cose: non bocciare proposte emendative solo perché c'è un parere contrario del Governo in questo momento in carica, ma riflettere su ogni cosa, su ogni voto, cosa che spesso non viene fatta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Polledri 2.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 488
Astenuti 4
Maggioranza 245
Hanno votato
46
Hanno votato
no 442).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Franceschini ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fugatti 2.19, formulato dal Governo.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, qui chiediamo che siano aggiunti alla lista il settore bancario e gli altri pubblici servizi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,40)

CLAUDIO D'AMICO. La linea è sempre quella delle proposte emendative che ho illustrato precedentemente. Almeno in questo caso, visto che si parla di settore bancario e visto che sappiamo quello che è successo nel settore bancario negli ultimi anni e i danni che sono stati causati spesso al settore bancario o dal settore bancario, chiediamo una condivisione e l'approvazione di questo emendamento per inserire anche quei servizi nella lista.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.19, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sposetti, onorevole Servodio, onorevole Motta, onorevole Raisi, onorevole Mondello, Presidente Casini, onorevole Mondello, onorevole Coscia.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 497
Astenuti 3
Maggioranza 249
Hanno votato
44
Hanno votato
no 453). Pag. 60
Passiamo all'emendamento Fugatti 2.34. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.34 nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Farina Coscioni? Presidente Casini? Onorevole Cuomo?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 499
Votanti 493
Astenuti 6
Maggioranza 247
Hanno votato
480
Hanno votato
no 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sposetti? Onorevole Carfagna? Onorevole Maurizio Turco?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 492
Astenuti 5
Maggioranza 247
Hanno votato
49
Hanno votato
no 443).

Passiamo all'emendamento Duilio 2.50. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo perché, se fosse possibile, vorrei che il relatore, e auspicabilmente il Governo, ripetessero le motivazioni che nel Comitato dei 18 sono state fornite per invitare al ritiro sia dell'emendamento Duilio 2.50 sia dell'emendamento Duilio 2.51, che sono proposte emendative da me presentate sostanzialmente perché il Parlamento venisse non solo reso edotto delle decisioni assunte dal Governo su una materia particolarmente rilevante per la politica industriale del nostro Paese (ricordo che stiamo parlando dei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni); con questi due emendamenti all'articolo 2, si chiede che gli schemi di decreto del Governo, sostanzialmente degli atti amministrativi - che quindi portano al Parlamento la decisione come fatto compiuto - vengano trasmessi alle Camere prima della loro adozione definitiva. Ci è stato spiegato che vi sono motivi che ineriscono all'efficacia e alla tempestività della decisione e via dicendo. Ora, siccome non si tratta di materie come quelle dell'articolo 1, che attengono a questioni anche rilevanti sul piano della segretezza militare e via dicendo, ma alla più ampia materia della politica industriale, mi farebbe piacere, per l'intelligenza dell'Aula, che si rafforzassero e si ripetessero queste motivazioni affinché io, che sto riflettendo sull'invito al ritiro, possa decidere se ritirare o meno queste proposte emendative.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, rispondo volentieri all'invito del onorevole Duilio. La premessa è che questa normativa, come è stato spiegato anche nel corso della discussione di questa mattina, ha due obiettivi: il primo è quello di rendere il nostro Paese e le nostre realtà imprenditoriali interessanti per investimenti di capitale anche di provenienza non italiana, che sono molto importanti per la crescita e per la creazione di posti di lavoro; il secondo obiettivo è quello di tutelare degli Pag. 61interessi riconosciuti a livello anche di normativa europea. Per coniugare questi due obiettivi, è anche molto importante che l'investitore abbia modo di avere una risposta in tempi rapidi e che venga ridotto il numero delle incertezze quanto all'iter necessario per la risposta. I due emendamenti proposti dall'onorevole parlamentare, avrebbero come effetto, non tanto di creare una seconda istanza rispetto alla potestà decisionale del Governo, quanto quello di aumentare effettivamente una potenziale incertezza, aumentando altresì, sicuramente, i tempi della presa di posizione.
Questo, a nostro parere, può creare un elemento contraddittorio con lo spirito della normativa proposta e, forse, anche delle difficoltà maggiori al momento del suo esame a livello di autorità dell'Unione europea.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Duilio 2.50 lo ritira.
Prendo atto altresì che, a questo punto, poiché l'emendamento Duilio 2.50 è stato ritirato, l'onorevole Fugatti non chiede più di intervenire.
Passiamo all'emendamento Polledri 2.9.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Polledri 2.9 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione.
Signor Presidente, con questa proposta emendativa, noi chiediamo di sostituire le ultime parole del comma 3 dell'articolo 2. Riteniamo, infatti, che tale comma sia specificato in modo poco esaustivo e, quindi, vorremmo esplicitarlo in modo migliore, forse, più fermo.
Chiediamo, quindi, solamente una modifica per rendere più ferme e più forti le previsioni dell'articolo 2, comma 3, prevedendo le parole: «all'approvvigionamento minimo delle risorse energetiche dei beni essenziali alla collettività, alla continuità dei servizi pubblici e alla sicurezza degli impianti utilizzati nell'ambito dei servizi pubblici essenziali». È una piccola modifica, che però, riteniamo significativa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Polledri 2.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Misiti... onorevole Cazzola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 488
Astenuti 7
Maggioranza 245
Hanno votato
44
Hanno votato
no 444).

Passiamo all'emendamento Polledri 2.8.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Polledri 2.8 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, anche in questo caso, sulla falsariga di quanto abbiamo già chiesto in precedenti proposte emendative, chiediamo che, dopo il comma 6 dell'articolo 2, sia aggiunto un comma 6-bis, che prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri possa nominare due rappresentanti nel consiglio di amministrazione delle imprese elencate al comma 1.
Questi consiglieri di amministrazione partecipano alle sedute del consiglio a titolo consultivo. Inoltre, i due rappresentanti di nomina governativa, possono proporre al Presidente del Consiglio dei ministri l'annullamento di una delibera del consiglio di amministrazione avente ad oggetto anche materie diverse da quelle Pag. 62elencate al comma 2, entro quattro giorni dall'adozione della delibera stessa. Anche questo è un elemento di garanzia.
Abbiamo apprezzato l'approvazione, con una modifica, della precedente proposta emendativa, che è stata approvata con il favore del Governo. Chiediamo, anche in questo caso, che il Governo possa cambiare il parere, altrimenti, ci rimetteremo al voto dell'Assemblea per un eventuale parere favorevole dei singoli parlamentari.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Polledri 2.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Garagnani... onorevole Pizzolante...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 489
Astenuti 5
Maggioranza 245
Hanno votato
45
Hanno votato
no 444).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Fugatti 2.33.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fugatti 2.33 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, ci proponiamo di sostituire una parte del primo periodo del comma 5. Non sto a leggerla tutta perché è abbastanza lunga, ma riteniamo che la nuova versione riscritta sia assolutamente migliorativa rispetto a quella presente attualmente nel testo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.33, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Carfagna, Pizzolante, Porfidia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 485
Astenuti 5
Maggioranza 243
Hanno votato
42
Hanno votato
no 443).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Fugatti 2.17.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fugatti 2.17 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, non capisco perché in questo caso non ci sia l'approvazione da parte del Governo infatti noi chiediamo che la previsione dei 15 giorni previsti al comma 6 dell'articolo 2 - ove si prevede che: «entro quindici giorni dalla notifica di cui al medesimo comma 5, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri, da trasmettere contestualmente alle Commissioni parlamentari competenti», si segnali la minaccia - sia portata da 15 giorni a 30 giorni. È difficile capire la Pag. 63motivazione contraria a questo emendamento e per questo chiediamo che sia votato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli D'Amico, Maroni, Goisis, Migliori, Galletti, Froner....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 491
Astenuti 4
Maggioranza 246
Hanno votato
44
Hanno votato
no 447).

Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Duilio 2.51 lo ritira.
Passiamo all'emendamento Fugatti 2.40.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'emendamento Fugatti 2.40 formulato dal relatore.

MAURIZIO FUGATTI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione e insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.40, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Paolini, Mistrello Destro, De Camillis....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 496
Votanti 491
Astenuti 5
Maggioranza 246
Hanno votato
466
Hanno votato
no 25).

Passiamo all'emendamento Fugatti 2.18.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fugatti 2.18 formulato dal relatore.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, anche qui, seguendo l'idea che abbiamo avuto di permettere la nomina da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di due rappresentanti nei consigli di amministrazione, chiediamo che si possano nominare due rappresentanti, sempre da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, nelle società operanti nei settori previsti in questo articolo.
Questi due rappresentanti possono proporre al Ministro competente l'annullamento di deliberazioni societarie ritenute in contrasto con la politica nazionale nei settori importantissimi dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Anche qui sarebbe importante riuscire ad avere la possibilità di questi due rappresentanti. Si è visto che il Governo ha accettato, con una piccola riformulazione, i nostri due emendamenti che chiedevano che le Commissioni parlamentari, quando esprimono un parere ed il Governo non intenda recepirlo, quest'ultimo debba poi ripresentare lo schema di regolamento alle Commissioni. Tuttavia, non si è voluto fare il passo in più, quello di permettere anche l'inserimento di due persone nei consigli di amministrazione.
Secondo me e secondo noi potrebbe essere, invece, un fattore decisivo, soprattutto in questi settori, perché l'energia è il settore fondamentale. Sappiamo tutti cosa può accadere quando vi sono problemi nel settore energetico: tutti i nostri approvvigionamenti possono essere messi in discussione. Pag. 64Vi sono problematiche così enormi che è giusto che vi sia - e vi debba essere -, da parte del Governo, la possibilità di inserire delle persone che possono vigilare su ciò che viene fatto. Quindi, riteniamo ancora più che per gli altri settori, che questi siano settori fondamentali, e chiediamo un voto favorevole, almeno in questo caso, sulla possibilità di nominare due persone nel consiglio di amministrazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 2.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, De Girolamo, Tortoli, Pezzotta.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 498
Votanti 494
Astenuti 4
Maggioranza 248
Hanno votato
50
Hanno votato
no 444).

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Fugatti 3.10 non accedono all'invito al ritiro formulato dai relatori.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fugatti 3.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Madia, Sposetti, Goisis, Pili, Ruben.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 492
Astenuti 5
Maggioranza 247
Hanno votato
45
Hanno votato
no 447).

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Fugatti 3.01 formulato dai relatori.

CLAUDIO D'AMICO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, siamo arrivati all'ultima delle nostre proposte emendative; si tratta di un articolo aggiuntivo che ha una grossa valenza e, quindi, desidererei leggervi le parti principali, perché riteniamo che questo segua anche direttive che non sono solo dell'Unione europea, ma anche del Fondo monetario internazionale. Quindi: al fine di garantire la piena attuazione dei principi in materia di diritto di stabilimento, libera prestazione dei servizi e libera circolazione di capitali, di cui, rispettivamente agli articoli 49, 56 e 63 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ovvero di tutelare la sicurezza di attività economiche di carattere strategico, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere stabiliti limiti quantitativi alle quote dei diritti di voto o del capitale detenute in società quotate nei mercati regolamentati da fondi sovrani, come individuati dalla comunicazione della Commissione europea, nonché dalla regolamentazione adottata in sede di Fondo monetario internazionale e di Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che facciano riferimento a Stati esterni all'Unione europea.
Anche quello dei capitali è uno dei settori decisivi sui quali dobbiamo vigilare e sui quali riteniamo che sia corretto applicare norme come questa che proponiamo, in modo da far sì che ci sia una maggiore possibilità da parte del nostro Pag. 65Governo (dal Presidente del Consiglio al Ministro dell'economia) di controllare, istituendo anche dei limiti quantitativi alle quote di diritti di voto o di capitale detenute da società in questo settore.
Questo, come quello dell'energia, è uno dei settori fondamentali e quindi riteniamo che questo disegno di legge, con una simile aggiunta, possa riuscire a raggiungere un ottimo livello legislativo. Altrimenti, ci limiteremo a fare una cosa un po' monca che sarebbe stato possibile fare meglio. Come spesso accade negli ultimi mesi, questo Parlamento legifera spesso su pressione del Governo con decreti-legge e in modo non corretto e non preciso. In questo caso c'è la possibilità di migliorare sensibilmente il provvedimento, anche con l'approvazione di questo articolo aggiuntivo e quindi, per questi motivi, chiediamo il voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Fugatti 3.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Rosato, Tanoni, Tempestini.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 493
Astenuti 4
Maggioranza 247
Hanno votato
46
Hanno votato
no 447).

Prendo atto che il deputato Rosato ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Avverto che, consistendo il disegno di legge in un solo articolo, dopo l'esame degli ordini del giorno si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5052-A). Nessuno chiedendo di parlare per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il prescritto parere.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine del giorno Porfidia n. 9/5052-A/1, il Governo può accoglierlo con una riformulazione che, con riguardo alla parte dispositiva, reciterebbe: «a valutare l'opportunità di esercitare poteri attribuiti dal presente decreto anche al fine di» e poi continuerebbe «realizzare il piano di interventi», e così via.

PRESIDENTE. Quindi, sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/5052-A/1 il parere del Governo è favorevole con riformulazione.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Sull'ordine del giorno Iannaccone n. 9/5052-A/2 il parere del Governo è favorevole con la seguente riformulazione nella parte dispositiva: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di esercitare i poteri attribuiti dal presente decreto-legge anche al fine di» e poi continuerebbe con il punto 1 e il punto 2.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Belcastro n. 9/5052-A/3, anche in questo caso il Governo può esprimere un parere favorevole a fronte di una riformulazione che reciti, nella parte dispositiva: «a valutare l'opportunità di esercitare i poteri attribuitigli dal presente decreto-legge anche al fine di» e poi continuerebbe con la parte che inizia dalle parole «reperire le risorse necessarie» sino alla conclusione dell'ordine del giorno stesso. Quindi ci sarebbe, nella parte dispositiva, l'inserimento della frase «a valutare l'opportunità di esercitare», come ho detto poc'anzi.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Galli n. 9/5052-A/4, anche in questo caso Pag. 66possiamo accoglierlo, esprimendo parere favorevole con la seguente riformulazione (mi riferisco sempre alla parte dispositiva): «impegna il Governo a promuovere l'armonioso sviluppo degli assets strategici elettrici per soddisfare con sempre maggiore efficacia ed efficienza le esigenze della nazione valutando l'opportunità di predisporre un apposito Piano elettrico nazionale». Questo per quanto riguarda il primo capoverso della parte dispositiva.
Per quanto riguarda il secondo capoverso della parte dispositiva, la riformulazione che proponiamo è la seguente: «presentare il piano, sentite tutte le forze sociali ed economiche, al fine di un confronto con le stesse, e sentito il Parlamento, affinché rappresenti la guida per future azioni di Governo e dell'Autorità per l'energia» e continua fino alla fine del testo dell'ordine del giorno stesso. L'ordine del giorno Galli n. 9/5052-A/4 è, quindi, accettato a condizione che sia riformulato.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Borghesi n. 9/5052-A/5, proporremmo anche in questo caso parere favorevole con una riformulazione che inserisca, prima della parte dispositiva, dopo le parole «impegna il Governo», le parole «a valutare l'opportunità di». Il resto del testo rimarrebbe invariato.
Con riguardo all'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5052-A/6, anche in questo caso il Governo può esprimere un parere favorevole con una riformulazione che è la seguente: dopo le parole «impegna il Governo» inserire le parole «a valutare l'opportunità nell'esercitare i suoi poteri speciali» e continuerebbe con l'attuale formulazione. Quindi, inserire le parole «a valutare l'opportunità di».
Con riguardo all'ordine del giorno Mura n. 9/5052-A/7, la posizione del Governo è anche in questo caso di chiedere una riformulazione. La riformulazione sarebbe la seguente: sempre con riguardo alla parte dispositiva, dopo le parole «impegna il Governo», inserire le parole «a valutare l'opportunità di trasmettere al Parlamento», con soppressione dell'attuale data indicata, «una relazione contenente i dati completi», come recita l'attuale parte dispositiva.
Infine, per quanto riguarda l'ordine del giorno Barbato n. 9/5052-A/8, il parere del Governo è favorevole. Il Governo accetta l'ordine del giorno senza variazioni.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Santelli n. 9/5052-A/9 è stato ritirato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Porfidia n. 9/5052-A/1, Iannaccone n. 9/5052-A/2, Belcastro n. 9/5052-A/3, Galli n. 9/5052-A/4, Borghesi n. 9/5052-A/5, Di Stanislao n. 9/5052-A/6, accettati dal Governo, purché riformulati.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Mura n. 9/5052-A/7, accettato dal Governo, purché riformulato.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo in quanto cofirmatario perché francamente, signor Ministro, la pregherei di riconsiderare l'idea di inserire le parole «a valutare l'opportunità di trasmettere una relazione». Non mettiamo la data, se è la data che pone dei problemi, ma credo che possa essere accolta una spiegazione, una relazione del Governo su quel tema.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, il Governo si esprime favorevolmente, quindi accetta l'ordine del giorno Mura n. 9/5052-A/7 con una riformulazione che si limita a togliere la data di termine.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mura n. 9/5052-A/7, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Barbato n. 9/5052-A/8, accettato dal Governo. Pag. 67
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole del gruppo Popolo e Territorio che condivide fortemente questo provvedimento anche perché questo segna un'inversione di tendenza per quanto concerne l'atteggiamento che lo Stato deve avere nei confronti dell'impresa e della libera iniziativa.
La golden share è stata per il passato uno dei marchi di infamia dello statalismo, dello Stato imprenditore e dello Stato pervasivo ed ha consentito, tra l'altro, oltre che il mantenimento di industrie decotte, la facoltosa elargizione di ammortizzatori sociali a queste stesse imprese, quindi con l'aumento sensibile del debito pubblico che oggi è alla base della crisi che il popolo italiano sta pagando sulla sua pelle.
È stata anche per il passato foriera di corruzione ed è ancora nella memoria di tutti l'operazione Enimont-Gardini, che fu fatta sulla base della golden share che lo Stato intese esercitare allorquando Gardini, comprate le azioni alla metà del prezzo, aveva deciso di smantellare una buona parte delle industrie chimiche decotte per rilanciare la chimica italiana verso traguardi di efficienza e di redditività propri dell'impostazione imprenditoriale.
Allora il potere politico decise di arginare questa modernizzazione degli impianti, l'obliterazione delle fabbriche vetuste ed obsolete, dei veri e propri stipendifici utilizzati come ammortizzatori sociali esercitando la golden share e ricomprò dopo 7-8 anni al doppio del costo le stesse azioni che aveva venduto a Raul Gardini, dopo avere regalato allo stesso circa un migliaio di miliardi di vecchie lire sotto forma di gratificazioni, di sgravi di imposta e di sgravi contributivi.
Quindi, la famosa «madre di tutte le tangenti» (Cusani poi ci disse a chi fu distribuita), che ha portato alla caducazione di buona parte dei partiti della Prima Repubblica, era un elemento marginale dello sperpero che lo Stato aveva determinato con la golden share e con le politiche pauperistiche ed assistenziali con la pesante intrusione all'interno del sistema produttivo italiano. Quindi, noi regalammo, lo Stato italiano regalò e buttò al vento circa 2.500 miliardi nel silenzio più assoluto e abbiamo impiccato un'intera classe politica e un'intera generazione di politici e di partiti per appena 300 milioni di lire («appena» si fa per dire perché erano certamente reati che andavano perseguiti).
Ma in quest'Aula - dove ogni tanto l'onorevole Di Pietro fa riecheggiare quei tempi - ancora oggi nessuno ha il coraggio, l'interesse e la voglia di ricordare i guasti dello statalismo. Ancora una volta ci si attarda a parlare di riforme elettorali, istituzionali e costituzionali senza che nessuno dichiari l'orizzonte valoriale politico ed economico di riferimento. Ovviamente sotto l'imposizione della Comunità economica europea (che ci obbliga - è bene dirlo in quest'Aula - a modificare quella legge perché ostativa della libera circolazione dei capitali e della libera impresa ed è, quindi, contro i trattati della Comunità economica europea) noi abbiamo modificato obtorto collo la vecchia golden share.
Così abbiamo evitato almeno che questo potesse essere utilizzato in campo economico o nei campi dell'impresa che non fossero strategici, come la difesa e la tutela degli interessi nazionali dove è, comunque, logico che lo Stato difenda imprese strategiche nel campo della produzione di armi, di energia e dei trasporti, se all'utilizzo di questa formula scellerata viene posto, come base, la tutela dei superiori e diffusi interessi nazionali. Quindi, vogliamo complimentarci con il Governo, ancorché ci rendiamo conto che quel poco Pag. 68di liberalismo economico che introduciamo con questo provvedimento viene introdotto perché vi è un entità politica superiore, che è la Comunità europea, che ci impone di fare queste cose.
Ovviamente, siamo in tutt'altre faccende affaccendati. Ma, la riforma dei partiti, quella elettorale, la riforma del finanziamento pubblico ai partiti, può cominciare ed è efficiente se vi è una riforma dell'idea, del ruolo e della funzione dello Stato che non può che essere uno Stato efficiente, minimo, che detta le regole, fornisce all'impresa e agli imprenditori le infrastrutture, fornisce alla società gli incentivi per mantenere alti la competizione e i livelli di occupazione che sono garantiti dalla competizione e non certo dalla presunzione di uno Stato che ha esercitato il diritto di veto anche per mantenere in piedi le industrie decotte, di cui prima ho fatto cenno, nell'operazione Enimont e nell'operazione Gardini.
Ancora oggi mi chiedo, nel campo dell'acciaio, quanto sia costato Bagnoli, quanto costi l'Ilva di Taranto, quanto sia costato Gioia Tauro, quanto siano costati, all'erario e agli italiani, queste forme di statalismo intransigente che attraverso la golden share si sono determinate nel corso degli anni. Pertanto, ben venga questo decreto-legge, ben venga la limitazione dell'uso di questa formula e di questo diritto di primogenitura nefasta che è compatibile con le forme di Stato autoritarie, socialisteggianti e marxisteggianti e non, invece, dello Stato liberale e democratico quale vuole e deve essere l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Raisi, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Constato l'assenza dell'onorevole Ciccanti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, abbiamo già espresso, in sede di discussione sul complesso degli emendamenti, la posizione generale della Lega su questo provvedimento che, da una parte, ci vede favorevoli perché il tema viene finalmente affrontato e perché viene affrontato anche nella direzione che la Lega più volte aveva auspicato, cioè dando la possibilità al nostro Paese di difendersi di fronte ai potenziali rischi di una compravendita di imprese in settori più o meno strategici da parte di imprese estere.
Era un tema sul quale nel nostro Paese girava, negli anni scorsi, una posizione generale molto, ma molto liberista. Adesso, con questo decreto-legge, vengono posti alcuni paletti chiari in alcuni settori, si imposta un metodo di opposizione che è simile - o che comunque si rifà - al percorso che è già stato avviato in altri Paesi europei - soprattutto in Belgio - e lo si fa non con riguardo a specifiche aziende, come magari accadeva con la legislazione prima vigente, per la quale siamo incorsi nella procedura di infrazione, ma lo si fa potenzialmente con riguardo a tutte le aziende, anche a quelle già privatizzate e crediamo che si venga ad impostare anche un modello che può essere utile per altri Paesi europei.
Da quanto abbiamo capito, questo provvedimento e questo modello sono già stati discussi dal Governo italiano con la Commissione europea e ci pare di capire che questo sia visto come un modello al quale anche altri Paesi possono fare riferimento. Tuttavia non neghiamo che il coraggio che c'è stato in questo provvedimento comunque sia poco rispetto a quello che avremmo voluto che ci fosse. Già nella discussione in Commissione e nella discussione in Aula sugli emendamenti abbiamo fatto presente che crediamo si venga a creare una sorta di doppio binario della difesa delle realtà industriali tra l'Italia e altri Paesi. Noi oggi impostiamo il cosiddetto regime di difesa che si rifà - come abbiamo detto - al sistema belga, che è un sistema di opposizione. Esistono altri sistemi, come quello francese, che sono sistemi di autorizzazione, Pag. 69molto più incisivi. Il collega D'Amico prima ha spiegato quali sono i sette settori in cui la Francia può intervenire con il proprio regime di autorizzazione, che è molto, ma molto più incisivo.
Abbiamo già spiegato che, per quanto abbiamo potuto rilevare dai fatti accaduti negli anni passati, sappiamo benissimo che l'acquisizione della Nestlé francese da parte di altri soggetti è stata bloccata perché la Francia aveva, tra i sette settori interessati nei quali poteva optare per l'autorizzazione preventiva, le case da gioco. Cosa c'entrano le case da gioco con la Nestlé? La Nestlé aveva una partecipazione nelle case da gioco e lì non avvenne nulla.
Pertanto, noi abbiamo proposto la possibilità che anche in Italia ciò possa essere previsto nella legge. Ci è stato detto legittimamente e giustamente che in Francia è in corso per quel particolare tipo di legge una procedura di infrazione. Noi abbiamo risposto che la procedura di infrazione tuttavia è ferma dall'ottobre del 2006 e siamo nel 2012, quindi sono cinque anni e mezzo che la procedura di infrazione è ferma. Perché è ferma? Noi diciamo che è ferma perché la Francia politicamente probabilmente, all'interno degli organi europei competenti, ha una certa rilevanza politica. Allora ci si è posti il problema in Commissione di cosa accadrebbe se l'Italia dovesse introdurre questo sistema. Sicuramente incorreremmo in una procedura di infrazione e poi non si sa. Noi abbiamo detto: Quello che è accaduto per la Francia non potrebbe accadere per l'Italia? Dobbiamo decidere preventivamente che noi siamo meno forti politicamente in Europa rispetto alla Francia? Questo è un tema che abbiamo posto sul quale non abbiamo trovato riscontro. Su altri riconosciamo che il Governo è venuto incontro ad alcune istanze che la Lega ha posto, sia in Commissione che in Aula.
Da ultimo - e ringraziamo un'altra volta il Ministro che ha lavorato sia in Commissione che in Aula e non è frequente che un Ministro partecipi a tutti i lavori delle Commissioni - abbiamo rilevato il tema del parere rafforzato da parte delle Commissioni competenti.
Prima sul testo c'era semplicemente il parere inviato alle Commissioni competenti, sono stati approvati due emendamenti della Lega in cui vi è quasi un doppio parere, un parere rafforzato da parte delle Commissioni. Ciò perché crediamo che il Parlamento e quindi anche la politica su un tema su cui adesso non se ne parla ma quando arriverà il momento di un caso specifico se ne parlerà molto possa dire la propria rispetto al Governo, perché noi non vogliamo che tutto questo potere di decidere se intervenire o meno - e come intervenire, eventualmente - sia nelle mani del Governo.
Quindi sono stati approvati i nostri emendamenti e noi di questo riconosciamo il lavoro svolto dal Governo e dai relatori per la sensibilità provata, però riteniamo ancora che il testo sia insufficiente rispetto ai temi che noi abbiamo posto, riteniamo che questa comunque sia anche una piccola vittoria della Lega perché la Lega per prima ha posto il tema della difesa delle proprie industrie e delle proprie imprese, lo fece quando tutti ci ridevano dietro e ci dicevano che dovevamo essere liberisti, il libero mercato vuole questo, il movimento dei capitali quest'altro, e sembravamo quelli che gridavano «al lupo! Al lupo!» sbagliando, poi le cose sono andate avanti, ci sono stati i casi Lactalis, Parmalat e quant'altro, adesso vediamo che anche altri convergono sulle nostre posizioni. La nostra posizione però è un po' più spinta per cui, pur riconoscendo il lavoro svolto dal Governo su questo tema - un lavoro che riteniamo importante - e pur riconoscendo che tante cose da noi espresse in Commissione e in Aula sono state accolte, la Lega comunque esprimerà un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei ribadire il voto favorevole del Pag. 70gruppo che rappresento. Come ho già avuto modo di affermare nel corso della discussione sulle linee generali, noi riteniamo che questo provvedimento sia nato e sia stato discusso e abbia recepito i contributi di tutti e quindi sia stato un momento anche di buona attività legislativa del Parlamento. Da parte nostra abbiamo visto recepire otto proposte emendative anche attraverso l'assorbimento da parte degli emendamenti del relatore, c'erano ancora alcune cosette sulle quali avremmo voluto vedere un diverso atteggiamento magari della maggioranza e del Governo ma complessivamente non posso che ribadire il giudizio positivo del gruppo e quindi conseguentemente il voto favorevole in sede di voto finale.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, l'onorevole Raisi e l'onorevole Ciccanti mi dicono che erano presenti in Aula ma non avevano sentito: eccezionalmente darò loro la parola anche se li avevo dichiarati decaduti, pregandoli naturalmente...direi che l'onorevole Borghesi ha dato il buon esempio per quanto riguarda interventi in dichiarazione di voto per chi viene riammesso. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, cercherò di essere il più breve possibile e la ringrazio per questa deroga. Con questo decreto-legge in materia di poteri speciali dello Stato sugli assetti societari di imprese operanti in settori a rilevanza strategica per il Paese l'Italia risponde alle comprensibili richieste della Commissione europea di adeguare la legislazione nazionale in materia ai principi di libera concorrenza e stabilimento.
Va dato atto al Governo di essersi mosso in tempi rapidi evitando l'apertura formale di una procedura di infrazione e modernizzando settori in cui gli eccessivi margini di libertà lasciati al socio pubblico rischiavano di rappresentare una distorsione della concorrenza sotto il profilo comunitario ma anche sotto quello strettamente nazionale.
La nuova norma riduce la portata dell'intervento statale tipizzando i poteri speciali esercitabili dal Governo negli ambiti della difesa e della sicurezza nazionale così come nei settori dell'energia, dei trasporti, dei servizi pubblici locali e della comunicazione. Rispetto a questi ultimi settori è bene aver specificato che il potere di veto del Governo sarà esercitabile esclusivamente ove l'eventuale soggetto acquirente sia originario di un Paese extra UE e nei casi in cui vi siano rapporti fra l'acquirente e Paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o che intessono rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche nonché nel caso in cui il nuovo assetto societario metta a rischio gli approvvigionamenti o la sicurezza degli impianti.
La previsione di un maggior rilievo del Parlamento, attraverso una relazione annuale dell'Esecutivo sull'applicazione delle norme e il coinvolgimento delle Commissioni parlamentari rispetto ai regolamenti emanati in materia dal Governo, conferisce all'intera disciplina un maggior grado di trasparenza e democrazia. Riteniamo apprezzabile che la nuova norma non discrimini rispetto ai poteri speciali dello Stato tra imprese controllate o partecipate dall'azionista pubblico e imprese a capitale totalmente privato. È opportuno infatti che il ruolo di controllo degli interessi strategici nazionali che lo Stato rivendica per sé non coincida e non si sovrapponga a quello ormai antistorico di Stato imprenditore. Al contrario, la nuova disciplina sui poteri speciali può addirittura favorire la dismissione di patrimonio pubblico, misura peraltro opportuna e utile per ridurre lo stock del debito pubblico senza che ciò mette a repentaglio gli interessi primari del Paese, l'approvvigionamento di risorse energetiche, le comunicazioni e i trasporti. Con uno Stato arbitro e controllore, dotato di poteri robusti ma chiari, limitati anche come ambito di applicazione ma effettivi, cadono molte delle obiezioni possibili alle privatizzazioni.
L'inquadramento di questo provvedimento nello scacchiere comunitario merita Pag. 71una riflessione, come ha sottolineato il Ministro Moavero Milanesi, che a nome di Futuro e Libertà ringrazio per il lavoro svolto. Con la riforma della golden share apportata da questo decreto-legge l'Italia ha ora una maggiore credibilità nel chiedere che a livello comunitario si trovi un quadro comune di regole. È difficile, forse ormai impossibile, procedere senza una disciplina comune a tutti i Paesi, senza che questo non crei situazioni di squilibrio e tensioni evidenti. Non è più tempo, su un tema così delicato, di andare avanti in ordine sparso e asimmetrico. Grazie all'approvazione di questo decreto insomma l'Italia non solo supera le obiezioni comunitarie, ma si dota di un assetto regolatorio avanzato che equipara i settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazione e tutte le imprese comunitarie, italiane e non. È una riforma che consente ora al Governo italiano di farsi portavoce e capofila di un'azione di stimolo alla Commissione e agli altri Paesi europei, affinché tutti si dotino di una legislazione altrettanto lineare, trasparente e neutrale rispetto ai partner continentali. Fuori dai denti, se consentiamo la scalabilità da parte di un soggetto comunitario dell'ENI, dell'ENEL o magari in futuro di Trenitalia - noi riteniamo che sia pacifico e ormai auspicabile farlo - non possiamo più consentire che in un altro Paese comunitario le imprese italiane subiscano veti de iure o de facto, come avvenne qualche anno fa con l'impresa francese Suez.
Per concludere, il gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo voterà a favore del provvedimento. Ne riconosce l'urgenza e l'opportunità. Lungi dal ridurre il ruolo dello Stato italiano nei settori considerati strategici, lo valorizza, senza peraltro inibire il libero svolgimento della concorrenza interna e comunitaria. Grazie alla rapidità con cui convertiamo in legge il decreto-legge e alla tempestività con cui il Governo lo ha redatto e presentato alle Camere, l'Italia aggiunge un ulteriore tassello alla sua credibilità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti, al quale rivolgo la stessa preghiera. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, accolgo il suo invito, facendo osservare che oggi, come è stato ricordato questa mattina dal signor Ministro, dopo diciotto anni per fortuna si arriva alla conclusione di una vicenda che ci ha visti in un lungo contenzioso con la Commissione europea, da una parte, e la Corte di giustizia, dall'altra. Si chiude pertanto una vertenza che i provvedimenti legislativi che si sono succeduti dopo il 1994 - parlo della finanziaria 2004 - non erano riusciti a superare. Noi ci liberiamo di un peso che per la nostra economia era diventato così grande da rendere il nostro sistema economico un sistema protetto, soprattutto per quanto riguarda alcune aziende ritenute strategiche. Credo che oggi possiamo approvare - l'Unione di Centro per il Terzo Polo preannuncia il suo voto favorevole in tal senso - un provvedimento di grande significato, che può essere un punto di riferimento per altri Paesi europei, penso soprattutto a quelli che sono sotto procedura di infrazione. Abbiamo non soltanto liberalizzato il nostro sistema, ma lo abbiamo reso più trasparente, con regole certe, valutabili oggettivamente ex ante.
Abbiamo superato la regola della golden share per dire che l'intero sistema economico italiano, attraverso alcune attività ritenute strategiche, può difendersi, eventualmente, rispetto agli obiettivi di politiche di settore che vengono approvati dal Governo e dal Parlamento.
Per cui, l'Unione di Centro intende ringraziare il Governo, i relatori, le Commissioni V e VI, che hanno lavorato in termini di grande impegno, con un confronto aperto. Voglio ringraziare personalmente il Ministro Moavero Milanesi per avere dimostrato una grande capacità di relazione con il Parlamento, che rende sempre più vicino un Governo cosiddetto dei tecnici all'attività politica di tipo assembleare, come il primato del Parlamento, Pag. 72che intendiamo riaffermare in ogni occasione, vuole essere.
Signor Presidente, concludo il mio intervento chiedendo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto, che contiene considerazioni di carattere politico, ma più significativamente di carattere tecnico, a sostegno di questo provvedimento, rimettendomi, per il resto, alle ottime valutazioni di carattere politico e tecnico che sono state fatte in sede di discussione sulle linee generali da parte del mio collega Cera (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, credo che, al di là del contenuto specifico di questo importantissimo provvedimento, sia opportuno mettere in evidenza alcuni aspetti di carattere politico. Innanzitutto, in termini molto rapidi e sintetici, devo sottolineare il fatto che, finalmente, vi è un'inversione di tendenza da parte del nostro Paese e da parte del nostro Governo nei rapporti con l'Unione europea rispetto a quello che abbiamo alle spalle.
Questo provvedimento è il frutto di un lavoro serio e approfondito in sede di Commissioni, con una disponibilità importante del Governo. Il signor Ministro, che ha seguito costantemente l'esame del provvedimento, può confermare quello che sto dicendo, perché vi è stato un rapporto altamente costruttivo nei lavori che si sono svolti nelle due Commissioni bilancio e finanze.
Credo che l'altro punto politico da mettere in evidenza sia che si è recuperato - lo dicevo questa mattina in sede di discussione sulle linee generali - anche un rapporto più corretto e più armonioso tra il Governo e gli organi parlamentari, valorizzandone la capacità di proposta. Mi dispiace rilevare un fatto: io, personalmente, ma anche il Partito Democratico, mi attendevo, forse, un voto di astensione da parte del gruppo della Lega Nord, proprio perché, in sede di Commissioni, vi è stato un dibattito costruttivo. Il Governo e i due relatori hanno accolto anche alcune proposte significative del gruppo della Lega Nord, che vanno a rafforzare il ruolo delle Commissioni che saranno, di volta in volta, chiamate ad esprimere un parere nei successivi atti che il Governo dovrà produrre. Quindi, si tratta di un recupero, sul piano del rapporto politico e istituzionale, molto importante nel momento in cui vi è una crisi generale di sfiducia dei cittadini verso le istituzioni, verso la politica e verso i partiti.
Poi, vi è un altro punto molto importante: questo provvedimento dimostra che è possibile, con ragionevolezza, ma anche con una visione proiettata verso il futuro, trovare un punto di incontro serio, dignitoso e costruttivo tra le necessità di tutelare e difendere gli interessi del nostro Paese con queste norme, che vanno a tutelare le aziende e le imprese che hanno una rilevanza strategica, e gli interessi più generali dell'Unione europea. Noi riteniamo che questo passaggio sia rilevantissimo in questo provvedimento. È la dimostrazione che non si deve gridare contro l'Europa e contro le istituzioni europee.
Anzi, è opportuno, è necessario, che il nostro Paese, nelle sedi comunitarie, riprenda con forza, con vigore, il ruolo che è proprio di un Paese che è stato fra i fondatori dell'Unione europea. In quelle sedi si devono difendere gli interessi del Paese e portare avanti l'interesse complessivo dell'Unione europea, a fronte anche delle grandi sfide mondiali che abbiamo di fronte a noi. Quindi, anche questo è un punto politico importante che si può evincere dal percorso di questo provvedimento e dal suo contenuto finale dopo, appunto, l'approvazione di alcuni emendamenti prima nelle Commissioni, molto importanti, e poi anche qui in Aula.
Credo che con questo provvedimento non solo si metta «in sicurezza» una serie Pag. 73di imprese strategiche per quanto riguarda i settori che sono qui richiamati, ma si aumenti anche, dando maggiore certezza e maggiore trasparenza, la capacità attrattiva verso gli investitori stranieri, siano essi della UE, siano essi appartenenti a Paesi extra Unione europea. Ma è proprio qui il punto importante. Noi riteniamo, come Partito Democratico, che serva sempre più coraggio, sempre più Europa, per risolvere anche il problema che abbiamo non solo noi. Ma noi siamo il secondo Paese a produzione manifatturiera dell'Europa e abbiamo la necessità di fare ripartire l'economia, di farla ricrescere, perché sta lì la chiave di volta, accanto ai provvedimenti molto duri, molto pesanti, che sono stati messi in campo in questi mesi e in queste settimane per mettere in sicurezza, effettivamente, l'equilibrio dei conti pubblici. Ed è per questo che riteniamo un passaggio importante questo provvedimento, che testimonia che vi è disponibilità al dialogo.
Io mi auguro - e concludo, signor Presidente - che l'esempio del percorso fatto nelle Commissioni e in Aula su questo provvedimento nei rapporti con il Governo sia seguito anche per altri provvedimenti, con un dialogo più stringente con il Governo. È per questo che, nel dichiarare il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico, ringrazio i relatori e quanti hanno contribuito effettivamente a migliorare questo provvedimento, che rappresenta un punto importante nel ruolo che l'Italia si deve riprendere nelle sedi comunitarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ventucci. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI. Signor Presidente, accolgo l'invito alla sintesi. Riferendomi all'intervento di stamani in sede di discussione sulle linee generali, brevemente ricordo che si interviene sulla disciplina della golden share, un istituto di origine britannica che, a partire dagli anni Novanta, regola i poteri che possono essere esercitati dal Governo durante il procedimento di privatizzazione di aziende pubbliche.
Con il decreto-legge al nostro vaglio si agisce modificando i poteri speciali di governance societaria e gli strumenti adeguati a difesa delle scalate ostili da parte di investitori nei confronti delle società, pubbliche o private, che operano nei settori sensibili rispetto agli interessi dell'Italia, quali la difesa o la sicurezza nazionale, o di rilevanza strategica, come i settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Abbiamo constatato, in sede di discussione nella V e nella VI Commissione, un indirizzo comune dei commissari sulle soluzioni messe in atto dal Governo, emendandola con un consenso pressoché unanime, anche grazie ad un egregio lavoro svolto dai relatori Alberto Giorgetti e Causi con il Ministro Moavero Milanesi. Pertanto, si prende atto che la nuova disciplina consente all'Italia di allinearsi alle misure già adottate da altri Stati membri, superando l'esigenza richiesta dalla Commissione di circoscrivere la facoltà di esercizio dei poteri speciali, nonché di individuare criteri o procedure per l'attivazione dei poteri stessi, al fine di consentire ai soggetti interessati di ricorrere avverso le decisioni pubbliche assunte in merito.
Pertanto annuncio il voto favorevole del mio gruppo, che ha contribuito alla stesura finale del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Ventucci, l'invito alla sintesi non era rivolto a lei, ma ai colleghi che avevo dichiarato decaduti e che ho riammesso ad intervenire.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, darei per scontato, per chi ha un po' di memoria, che i radicali voteranno a favore di questo provvedimento.
Era il 1997, quindici anni fa, quando proponemmo un pacchetto di venti referendum Pag. 74per liberare il mercato. Lo facemmo in un momento in cui il debito pubblico, cioè la rapina della partitocrazia a danno dei cittadini, aveva raggiunto una cifra, a nostro avviso, già preoccupante. La partitocrazia decise che era meglio continuare a rapinare i cittadini, meglio continuare ad arricchirsi e continuare ad aumentare il debito a carico di ciascun cittadino.
In quei venti referendum c'è buona parte di quelle riforme che oggi sono indispensabili. C'era la golden share, ma c'era anche l'articolo 18. Ricordiamo bene quali erano le motivazioni contro quei referendum ed oggi siamo contenti, contentissimi, che siete arrivati tutti a condividere queste riforme. Ma siamo anche molto preoccupati per questa vostra incapacità di prevenire, prevedere e provvedere a quelle che sono le emergenze concrete del Paese. Solo così questa riforma avrebbe avuto un significato molto più forte, cioè quello di evitare la situazione nella quale siamo e dalla quale non siamo usciti. Con l'attuale legge - che ripeto voteremo favorevolmente perché raccoglie proprio quella che era la richiesta referendaria - oggi mettiamo un pannicello caldo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Maurizio Turco.

MAURIZIO TURCO. Ma ancora siamo lontani da liberare il mercato, non solo come l'Europa ci chiede, ma come dovremmo fare per rispetto a quei cittadini che sono stati indebitati indebitamente dalla partitocrazia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, per un disguido tecnico non sono arrivate alla Presidenza due proposte di ordini del giorno che erano state predisposte dai relatori e discusse nel Comitato dei diciotto e su cui io voglio soltanto ricordare e lasciare agli atti due importanti impegni che chiediamo al Governo di assumere.
Il primo è quello di definire, nell'ambito della predisposizione dei decreti, di cui al comma 1 dell'articolo 1, volti ad individuare le attività di rilevanza strategica per il sistema della difesa e della sicurezza nazionale, quella parte degli attivi inerenti il settore delle telecomunicazioni, la quale in virtù della stretta connessione con le esigenze di difesa e di sicurezza nazionale deve essere inclusa nella disciplina di cui all'articolo 1.
Il secondo impegno che chiediamo al Governo, di cui abbiamo discusso nelle Commissioni riunite anche stamattina ed in sede di discussione sulle linee generali, è che nel predisporre i decreti che individuano gli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, quelli di cui all'articolo 2, comma 1, a perimetrare le suddette attività strategiche, si adottino metodologie che tengano conto delle specificità tecnologiche dei diversi settori, prevedendo anche forme di condivisione con gli operatori del settore, tra cui procedure di pubblica consultazione. Inoltre, nei provvedimenti di attuazione della disciplina così introdotta, chiediamo che il Governo predisponga una procedura di notifica improntata a criteri di proporzionalità e semplificazione degli adempimenti, anche mediante la predisposizione di modelli standard e la previsione di modalità telematiche di comunicazione, al fine di non aggravare le incombenze poste a carico delle società pubbliche o private che possiedono asset strategici.

PRESIDENTE. Onorevole Causi, il suo intervento resta ovviamente agli altri, anche se non possiamo riaprire la fase degli ordini del giorno.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza Pag. 75sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5052-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 5052-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi prendano posto... onorevole De Girolamo, onorevole Goisis, onorevole Concia... l'onorevole De Girolamo non riesce a votare... onorevole Crosetto... I colleghi hanno votato tutti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni» (5052-A).

Presenti 445
Votanti 443
Astenuti 2
Maggioranza 222
Hanno votato
401
Hanno votato
no 42
(La Camera approva - Vedi votazionia ).
Secondo le intese intercorse lo svolgimento degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato ad altra seduta.

Su lutti dei deputati Vinicio Giuseppe Guido Peluffo ed Enrico Farinone.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Vinicio Giuseppe Guido Peluffo è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Comunico altresì che il collega Enrico Farinone è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
Al collega la Presidenza della Camera ha fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 18,55).

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intervengo per segnalare alla Presidenza di questa Camera che dall'inizio di questa legislatura, avendo presentato assieme ai miei colleghi della delegazione radicale oltre mille interrogazioni a risposta scritta al Ministro della giustizia, non ho mai ricevuto una risposta se non per quelle interrogazioni che ho richiamato in sede di Commissione giustizia, quindi una risposta orale.
Ora, se esiste l'atto di sindacato ispettivo, mi chiedo come tutto questo sia possibile, anche perché dalle notizie che ricevo, il Ministero della giustizia mette in moto tutti i meccanismi per ottenere le risposte. Mi arrivano segnali dal DAP che gli uffici sono impegnati a reperire queste risposte quindi mi chiedo come mai - con il precedente Ministro mi ero praticamente arresa - anche il Ministro Severino a queste interrogazioni non risponde mai. Pag. 76Aggiungo che ho appena depositato una interrogazione che si riferisce ad un ergastolano che ha 76 anni, si chiama Vito Mangiaracina: è immobilizzato, con le piaghe da decubito, completamente sporco e trascurato, tanto che il suo perito ha detto se non lo si stia inducendo al suicidio. Noi sappiamo che la pena di morte non c'è in Italia però ci rendiamo conto ogni giorno di più che c'è la pena fino alla morte sicuramente per chi sta in carcere nelle condizioni di detenzione che sono una vergogna per questo Stato democratico. Lo ripeto, non sono le esagerazioni della delegazione radicale ma sono le parole che spesso hanno ripetuto anche lo stesso Ministro della giustizia e persino il Presidente della Repubblica. Mi chiedo quando si decida di intervenire (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole, la Presidenza solleciterà il Governo circa le risposte da lei giustamente rivendicate nella sue interrogazioni.

ALDO DI BIAGIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, volevo richiamare l'attenzione di quest'Aula su una situazione drammatica che attualmente coinvolge centinaia di malati di CIDP. Parlo di una patologia rara, che coinvolge il sistema nervoso periferico, con risvolti dolorosi ed invalidanti. Ai problemi che già vessano la categoria di pazienti che in più occasioni ho fatto presente al Ministro, per quanto riguarda l'impossibilità di accedere alle cure c'è da aggiungere che mi risulta che dal dicembre del 2011 la regione Lazio non stanzia fondi per l'acquisto dei medicinali che potrebbero aiutarli, vale a dire le immunoglobuline. La mancata somministrazione del farmaco rischia di portare ad un drammatico peggioramento delle condizioni dei malati. Come è possibile che in un Paese civile si verifichi tutto questo, signor Presidente? Il Ministero deve intervenire, deve dare ascolto a questo terribile grido di dolore.

PRESIDENTE. Onorevole, le ricordo che lei ha a disposizione appunto atti di sindacato ispettivo per proporre al Ministro ed al Governo interrogazioni o interpellanze.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, volevo sollecitare una risposta da parte del Governo su due i miei atti di sindacato ispettivo. Il primo è un'interrogazione a risposta scritta, la n. 4/13171, rivolta al Ministro per i beni e le attività culturali, visto che vi è stata una sentenza della Corte di Cassazione del 20 maggio 2010 che ha affermato che il personale artistico, teatrale e cinematografico di cui all'articolo 40 di un regio decreto-legge del 1935, deve ritenersi escluso dall'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione volontaria sia a requisiti normali sia ridotti.
Siccome sulla base di questa sentenza c'è stata una circolare dell'INPS del 5 agosto dell'anno scorso, che ha appunto escluso dal diritto all'indennità di disoccupazione tutte le figure artistiche dei lavoratori dello spettacolo anche assunti come lavoratori dipendenti quali registi, scenografi, coreografi, tecnici delle luci, attori, musicisti, cantanti e danzatori, riconoscendo l'indennità solo alle figure tecniche e amministrative, chiedo di sapere quali siano gli intendimenti del Ministro circa l'adozione al più presto di una disciplina integrale sullo status professionale dei lavoratori dello spettacolo, prevedendo preventivamente l'abolizione appunto di questo regio decreto-legge del 1935, nonché del regolamento n. 2270 del 1924.
L'altra interrogazione per la quale chiedo una risposta è la n. 4/11425, in cui ho ricordato come il consiglio regionale della Toscana, nel mese di luglio 2010, avesse approvato una mozione che sottolineava la carenza d'organico e dei mezzi del Corpo dei vigili del fuoco sul territorio toscano e manifestava la propria preoccupazione, Pag. 77in particolare per la prevista rimozione dal territorio stesso degli elicotteri - ho concluso - modello AB 412 e insieme chiedevo perché non sono state ancora pagate le prestazioni di straordinario ai vigili del fuoco che sono intervenuti: nel caso dell'esplosione della stazione ferroviaria di Viareggio nel giugno 2009, nell'alluvione del fiume Secchia del dicembre 2009, nell'esercitazione internazionale della protezione civile del novembre 2010, nel terremoto in Abruzzo e nelle emergenze di Messina intervenute fra il 2009 ed il 2010. Pertanto chiedo al Governo di garantire la dignità professionale almeno alle donne e agli uomini del corpo dei vigili del fuoco, che garantiscono un servizio indispensabile di tutela e soccorso della comunità tutta.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza si farà carico di sollecitare il Governo.

FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, prevengo anche un suo suggerimento a proposito della facoltà del parlamentare di predisporre interpellanze per chiedere al Governo un parere o determinati interventi su problemi che riguardano sia il territorio nazionale sia il proprio collegio di elezione.
Si tratta di un problema che, credo, riguardi tutti noi, cioè la possibilità che ha un parlamentare di accedere agli atti in riferimento ad alcuni atti di sindacato ispettivo presentati - nel mio caso esattamente venti -, che concernono determinate situazioni verificatesi nella propria città.
Il Ministero e, in questo caso, l'ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ricevuto precise domande rivolte dal sottoscritto per avere la corrispondenza intercorsa fra gli organi tecnici del Ministero e il sindaco della mia città: parlo di due autorità istituzionali che hanno un compito ben preciso ed anche il dovere di rendere pubblici certi atti. Ebbene, tale ufficio ha eccepito, anche sulla base di una delibera dell'Ufficio di Presidenza della Camera, l'impossibilità del parlamentare di accedere ad alcuni atti rispetto ai quali non ha un interesse diretto.
Da qui, oltre a sollecitare interrogazioni che ho presentato, a cui non ho ancora avuto risposta, la decisione di intervenire in Aula per porre questo problema, che riguarda ognuno di noi: più interesse diretto di essere parlamentare e di avere sollecitato il Governo a risposte precise in merito ad un problema con atti di sindacato ispettivo, non so quale possa esservi. Da qui, la mia ferma protesta, ma anche la richiesta alla Presidenza della Camera - perché è un problema che, oggi, riguarda il sottoscritto, e, domani, un qualunque altro collega - di poter accedere agli atti di qualsiasi Ministero inerenti l'attività del Governo medesimo.
Credo che non possano né debbano esserci segreti d'ufficio, se non motivati - ma non credo -, se non in casi estremamente particolari che riguardano la sicurezza dello Stato. Non si tratta di relazioni fra privati, ma di un normale atteggiamento e comportamento che il Governo ha nei confronti di un ente locale. Il parlamentare ha il diritto di avere la corrispondenza intercorsa: se vi sono motivazioni che ostano, prego l'Ufficio di Presidenza di farsene carico, chiarendo, una volta per tutte - ripeto il concetto -, la possibilità del parlamentare di accedere a determinati atti che riguardano la sua attività di parlamentare e di rappresentante degli interessi della nazione, oltre che del territorio in cui è eletto.

PRESIDENTE. Onorevole Garagnani, ciascuno di noi, ciascun parlamentare ha la possibilità di rivolgere al Governo atti di sindacato ispettivo: questo è lo strumento con il quale controlliamo l'attività del Governo, anche nei confronti degli enti locali. Ciò non significa che possiamo avere accesso a tutti gli atti. È il Governo che è tenuto, naturalmente, a rispondere Pag. 78alle nostre interrogazioni e alle nostre interpellanze: lei formuli quelle che deve formulare per le relazioni e i fatti che interessano. Non credo che si possa andare oltre questo aspetto.

PAOLA BINETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, il mio intervento di questa sera vuole soltanto sollecitare una mozione che ho presentato a firma di oltre settanta colleghi di tutti gli schieramenti, circa tre mesi fa, concernente la proposta di un codice etico da vivere nel Parlamento.
Non c'è dubbio che, in questo momento, tutti i problemi che stiamo vivendo mettono il dito nella piaga: mettono, cioè, in evidenza la carenza di una sorta di riflessione etica da parte nostra su comportamenti che non sono necessariamente di rilevanza penale, ma che, probabilmente, sono comportamenti di stile. Si tratta di quei comportamenti in ordine ai quali il Paese si aspetterebbe che i suoi parlamentari - quelli che ha eletto comunque sia, qualunque sia la legge elettorale, ma, di fatto, li ha eletti - fossero all'altezza della situazione.
Sollecito questo dibattito non perché io difenda specificatamente la proposta di codice etico che ho presentato, non è questo l'obiettivo, ma lo sollecito perché credo urgente affrontare in sede parlamentare, per dare una risposta al Paese, una riflessione su questi temi, una riflessione su quali siano gli impegni che i parlamentari intendono assumersi oggi per oggi e oggi per domani, proprio come garanzia di aver capito che il cancro del Paese, in questo momento, non è solo e non è tanto la crisi economica, ma è proprio questa crisi etica che avvelena tutti i gangli del nostro sistema. Signor Presidente, vorrei sollecitare un dibattito su questo tema, un dibattito aperto, un dibattito schietto, un dibattito da cui possano emergere posizioni, anche diverse tra di loro, proposte che in qualche modo possano trovare punti di convergenza o punti di divergenza, però mi sembra che il Paese si aspetti che noi riusciamo a svolgere un confronto forte su temi importanti, su temi che non devono riempire soltanto le prime pagine dei giornali ma devono occupare il nostro modo appassionato di riflettere sulla nostra identità e sulla nostra presenza qua dentro.
Signor Presidente, mi affido a lei perché veramente si possa, davvero, aprire un dibattito su questo tema e spero che la proposta del codice contenuta in questa mozione possa essere un modo per innescare un processo virtuoso di riflessione a cui possa seguire poi un processo ancora più virtuoso di presa di decisioni e di impegni concreti nei confronti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Onorevole Binetti, come lei sa, il calendario dei lavori delle nostre sedute viene deciso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, ed è in quella sede che si decide quali, tra le mozioni che sono state presentate, discutere. Quindi, io penso che l'interlocutore della sua richiesta debba essere il presidente del suo gruppo, il quale può richiedere l'iscrizione all'ordine del giorno della mozione da lei presentata. La Presidenza, da questo punto di vista, è arbitro delle decisioni dei gruppi.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 12 aprile 2012, alle 9,30:

1. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
VELO ed altri; NASTRI: Legge quadro in materia di interporti e di piattaforme territoriali logistiche (C. 3681-4296-A).
- Relatore: Toto.

Pag. 79

2. - Seguito della discussione delle mozioni Borghesi ed altri n. 1-00866, Terranova ed altri n. 1-00990, Rao, Briguglio ed altri n. 1-00991, Romani ed altri n. 1-00992, Caparini ed altri n. 1-00994, Oliveri ed altri n. 1-00995, Pionati ed altri n. 1-01002 e Peluffo ed altri n. 1-01005 concernenti iniziative in relazione al piano nazionale di assegnazione delle frequenze, con particolare riferimento all'emittenza locale.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani, La Malfa, Boniver, Pezzotta, Paglia, Mosella, Commercio ed altri n. 1-00971, Di Stanislao ed altri n. 1-00987, Misiti ed altri n. 1-00988, Dozzo ed altri n. 1-00989, Pianetta ed altri n. 1-00993 e Moffa ed altri n. 1-01004 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice NATO.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Vincenzo Antonio Fontana ed altri n. 1-00855, Binetti ed altri n. 1-00927, Iannaccone ed altri n. 1-00958, Miotto ed altri n. 1-00959, Palagiano ed altri n. 1-00962, Lo Monte ed altri n. 1-00964, Laura Molteni ed altri n. 1-00967, Stagno d'Alcontres ed altri n. 1-00981 e Sardelli ed altri n. 1-01006 concernenti iniziative in ordine alle modalità di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896, Lombardo ed altri n. 1-00901, Fluvi ed altri n. 1-00910, Misiti ed altri n. 1-00911, Crosetto ed altri n. 1-00913, Borghesi ed altri n. 1-00916, Mosella ed altri n. 1-00924, Polidori ed altri n. 1-00929, Cambursano ed altri n. 1-00948 e Ciccanti ed altri n. 1-00970 concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.
(al termine delle votazioni).

6. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 19,10.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO AMEDEO CICCANTI SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5052-A

AMEDEO CICCANTI. Il decreto-legge su cui discutiamo per la conversione, riguarda la disciplina dei poteri speciali esercitabili dal Governo sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Posto che il settore della difesa e della sicurezza nazionale ha una normativa differenziata rispetto alle altre attività elencate rimane da ragionare sul significato della rilevanza strategica delle imprese - non solo pubbliche o a partecipazione pubblica - soprattutto in un quadro di mercato interno disciplinato abbastanza dettagliatamente dalla normativa comunitaria.
Parlo di questo tema perché su questo punto ci sono due scuole di pensiero: quella delle privatizzazioni e quella opposta che mira a mantenere il controllo pubblico dei cosiddetti «gioielli di famiglia».
Mi riferisco, ovviamente in via principale, all'ENI, all'ENEL, alle Poste Italiane, a Trenitalia e a Finmeccanica.
Mi riferisco anche a quanti hanno commentato in senso critico questo decreto-legge dopo che il Primo Ministro Monti aveva incontrato,qualche settimana fa, il Commissario europeo per gli Affari interni Michel Barnier, con il quale si è anche parlato della cosiddetta «Golden Share» che lo Stato mantiene nelle grandi imprese pubbliche privatizzate.
Il direttore de Il Mondo - che non è un giornale dalla grande tiratura tra i lettori de Il Manifesto - ha commentato in senso ironico che se «la francese Total volesse Pag. 80lanciare un'OPA sull'ENI, o la tedesca EON puntasse alla conquista dell'ENEL, o l'inglese British Aerospace muovesse all'attacco di Finmeccanica» adesso si possono pure accomodare, perché il Governo italiano non avrebbe nulla da obiettare.
Un altro filone critico riassunto dallo stesso direttore de Il Mondo - che però merita più attenzione - è quello che rileva le conseguenze negative sulla attenuazione del valore della Golden Share.
Ci si preoccupa cioè del rischio della «svendita» delle quote di partecipazione azionaria dello Stato nelle grandi imprese a partecipazione pubblica che ho elencato, in una fase di crisi dei mercati azionari.
Crediamo però che le preoccupazioni espresse siano eccessive ed allarmistiche rispetto al contenuto del decreto-legge che condividiamo ed approviamo.
Cominciamo con la questione della «rilevanza strategica».
Per quanto riguarda le imprese a partecipazione pubblica, bisogna ritenere che l'aggettivo «strategico» sia riferito al fatto che siano essenziali alla crescita economica, ovvero essenziali al funzionamento del nostro sistema economico.
Prima osservazione: da quando è stata istituita la «golden share» da parte del Governo su alcune imprese nazionali privatizzate nel 1994, lo stesso Governo non si è mai avvalso dell'esercizio di tale potere speciale.
Seconda osservazione: le maggiori aziende a partecipazione pubblica italiane sono tutte quotate in Borsa ed hanno ceduto quote importanti dei loro asset.
Penso al 3,93 per cento posseduto in ENI, al 31,24 per cento in ENEL; al 30,20 per cento in Finmeccanica.
Quello che conta però è il controllo pubblico di queste aziende.
Certo, sotto al 30 per cento di ENEL e Finmeccanica il rischio della perdita del controllo si pone.
Questa però è la vera questione: il controllo!
Serve davvero il controllo?
Credo che dobbiamo essere molto pragmatici ed uscire dagli schemi ideologici.
Margaret Thatcher, negli anni '80, le privatizzazioni le fece veramente! Grandi conseguenze non le ebbe, eppure privatizzò le ferrovie ad eccezione del gestore della rete.
In Europa i migliori servizi ferroviari sono quelli svedesi, totalmente pubblici e quelli britannici, totalmente privati.
Sempre seguendo i migliori benchmark nei servizi di pubblica utilità, nelle poste, le migliori imprese europee sono quella olandese, totalmente privata e quella svedese/danese (si sono fuse tre anni fa) completamente pubblica.
Rispetto a questi casi noi abbiamo le Poste Italiane e le Ferrovie dello Stato italiane, che sono pubbliche al 100 per cento, che sono lontane anni luce in termine di qualità/prezzo.
Quindi noi abbiamo il controllo di due importanti asset pubblici delle comunicazioni e dei trasporti, ma non danno né in termini di crescita né in termini di funzionamento della nostra economia, alcun reale vantaggio, ancorché seguitiamo a definirli strategici.
Strategici per che cosa?
Sono strategici perché li definiamo ideologicamente tali e come tali non si possono privatizzare.
Sono «gioielli di famiglia»?
Con un debito pubblico che sfiora 2.000 miliardi di euro a fronte di un PIL di poco più di 1.500 miliardi di euro si può pensare ancora che ci siano «gioielli di famiglia»? Se ci sono, sono già ipotecati!
Il problema quindi del controllo andrebbe risolto dalla valutazione dei rendimenti finanziari delle quote di partecipazione nelle varie attività di impresa operanti nei cosiddetti settori strategici e verificandoli con analoghi servizi di pubblica utilità di altri Stati europei più efficienti negli stessi settori.
Si tratta quindi non di discutere sul controllo, ma di come eventualmente collocarlo sui mercati finanziari di borsa, affinché non si realizzi una «svendita».
Innanzitutto il discorso riguarda le aziende che non danno dividendi, ossia profitti, specialmente nel trasporto pubblico. Pag. 81
Vendere gli asset significa ridimensionare gli oneri gravanti sul bilancio pubblico.
Se non danno ricchezza, non hanno un livello di domanda e di occupazione paragonabile con quello di altri paesi europei, con alti livelli tariffari e costi maggiori per i contratti di servizio universali, come possono essere definiti «gioielli di famiglia»?
Se poi entrano nelle casse dello Stato alcune decine di miliardi di euro per ridurre il debito pubblico, crediamo sia buona cosa.
La questione più importante però, non è vendere buone aziende per fare cassa, ma dismettere aziende che sono strutturalmente in disavanzo e generano debiti oltre che inefficienze.
Va ricordato che 100 punti base di spread in meno rispetto ai bund tedeschi, portano a regime un risparmio di circa 15 miliardi di euro.
Questo decreto-legge rivede il ruolo dei poteri speciali non solo nell'uso della «golden share» da parte del Governo e non più del solo Ministero dell'economia e delle finanze e del solo Ministero dello sviluppo economico, ma riferito a tutte le società private dei settori sensibili e adegua la normativa italiana a quella europea, superando sia la procedura di infrazione 2009/2255 tuttora in essere da parte della Commissione europea e sia adeguandosi alla sentenza di condanna della Corte di giustizia delle Comunità europee del 26 marzo 2009.
Detto per inciso, la storia di questo provvedimento inizia nel 1994, prosegue con la legge finanziaria 2004, si conclude con la richiamata sentenza della Corte di giustizia e rappresenta la storia poco coerente con il nostro declamato e riconosciuto spirito europeistico.
Anzi, possiamo dire che il nostro Paese si scontra con le istituzioni europee soccombendo.
Riconosciamo invece a questo Governo di aver messo la parola fine a questo lungo braccio di ferro con la Commissione europea.
Condividiamo quindi la differenziazione del trattamento riservato alle attività di società che operano nel settore difesa e sicurezza nazionale rispetto alle attività di altri settori.
È giusto infatti riconoscere alle imprese pubbliche e private, quindi anche a quelle non privatizzate, l'esercizio di poteri speciali da parte del Governo per imporre speciali condizioni ovvero il diritto di veto alla vendita di quote azionarie di controllo, quando ricorrano la sussistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e sicurezza nazionale.
Così come è giusto attenuare l'uso dei poteri speciali per le attività di altri settori come quelli delle comunicazioni, trasporti e materie energetiche.
In tali settori è giusto specificare in quali ambiti detti poteri speciali di interdizione devono essere esercitati e le modalità con cui debbono essere esercitati.
La Corte di giustizia ha sanzionato la genericità delle fattispecie rispetto alle quali il diritto di opposizione del Governo italiano sarebbe stato esercitato.
Indefinita era infatti la discrezionalità dei poteri di opposizione rispetto agli obiettivi perseguiti, così come sproporzionato era il nesso di causalità tra criteri e poteri esercitabili.
A parte la questione difesa e sicurezza nazionale, rilevante e decisoria per le altre attività, è la circostanza che la loro disciplina non contrasti con le direttive dei settori regolamentati dell'energia, del gas naturale e delle telecomunicazioni, ovvero della comunicazione elettronica.
Quindi la violazione della norma comunitaria inerente la libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento, è rintracciabile nell'inibizione generica all'acquisto di quote societarie di imprese privatizzate, e non, quindi del controllo dell'azionariato e della gestione delle stesse imprese.
Con questo decreto-legge è stato chiarito come e quando il Governo può esercitare i poteri speciali sulla propria golden share, e su altre società private con criteri di trasparenza e proporzionalità. Pag. 82
È evidente che per le attività dei settori ritenuti di rilevante valore strategico diversi da quello della difesa e sicurezza nazionale, adesso sarà più complicato intervenire in opposizione alle scalate di investitori stranieri, anche extracomunitari, ma questo è salutare per un reale e vero libero mercato e per garantire il diritto alla concorrenza.
A chi contesta questo assunto con fatti e circostanze registrati in altri Paesi europei, ricordo norme sulla libera concorrenza e sia per il citato principio di reciprocità, che dall'approvazione del presente decreto-legge favorisce le società scalatrici italiane, potendo vantare una legislazione interna più favorevole di quella protezionistica francese.
Sicché ritengo che per il futuro siano irripetibili le circostanze che nel 2008 penalizzarono l'ENEL quando tentò di entrare nel mercato elettrico francese e Parigi impose una fusione tra Suez e Gaz de France per fermare l'impresa di stato italiana; così come sono state finora fermate le società delle autostrade e dell'alta velocità italiane.
Si tratta però di rafforzare la regola della reciprocità perché sopperiscano ai vuoti della legislazione europea. Adesso l'Italia è più forte su questo terreno di confronto.
Ecco perché siamo favorevoli all'approvazione della conversione di questo decreto-legge!

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 5052-A - em. 1.12 490 486 4 244 44 442 32 Resp.
2 Nom. em. 1.9 490 485 5 243 45 440 32 Resp.
3 Nom. em. 1.7 497 493 4 247 60 433 32 Resp.
4 Nom. em. 1.3 497 494 3 248 41 453 32 Resp.
5 Nom. em. 1.8 494 489 5 245 60 429 32 Resp.
6 Nom. em. 1.10 496 491 5 246 42 449 32 Resp.
7 Nom. articolo agg. 1.01 492 489 3 245 45 444 32 Resp.
8 Nom. em. 2.10 492 488 4 245 46 442 32 Resp.
9 Nom. em. 2.19 500 497 3 249 44 453 31 Resp.
10 Nom. em. 2.34 rif. 499 493 6 247 480 13 31 Appr.
11 Nom. em. 2.20 497 492 5 247 49 443 31 Resp.
12 Nom. em. 2.9 495 488 7 245 44 444 31 Resp.
13 Nom. em. 2.8 494 489 5 245 45 444 31 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 20)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 2.33 490 485 5 243 42 443 31 Resp.
15 Nom. em. 2.17 495 491 4 246 44 447 31 Resp.
16 Nom. em. 2.40 rif. 496 491 5 246 466 25 31 Appr.
17 Nom. em. 2.18 498 494 4 248 50 444 31 Resp.
18 Nom. em. 3.10 497 492 5 247 45 447 31 Resp.
19 Nom. articolo agg. 3.01 497 493 4 247 46 447 31 Resp.
20 Nom. Ddl 5052-A - voto finale 445 443 2 222 401 42 30 Appr.