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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 604 di mercoledì 14 marzo 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Boniver, Brugger, Caparini, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Delfino, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Tommaso Foti, Franceschini, Frassinetti, Giancarlo Giorgetti, Jannone, Lucà, Mazzocchi, Messina, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Pecorella, Pisacane, Pisicchio, Paolo Russo, Strizzolo, Stucchi, Valducci e Zeller sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Per un richiamo al Regolamento (ore 10,05).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, capisco che, di questi tempi, il Regolamento ormai è un qualcosa di accessorio e non una stella polare, però già ieri sera ho posto la questione della convocazione di Commissioni in assenza di quella che è stata richiamata come prassi, ossia l'unanimità della Conferenza dei presidenti di gruppo. Come ci è stato poi detto ieri, sempre in quest'Aula, dal presidente della Lega, questa unanimità non c'era.
Credo che, in via eccezionale, dal momento che sono state già fatte le convocazioni e quant'altro, si possa anche prevedere che questo fatto sia già accaduto e, quindi, «cosa fatta capo ha», però non può costituire precedente. Nel nome della prassi si fa di tutto e di più in quest'Aula, in questa Assemblea, ma questa non è documentata come una prassi in atto in quest'Aula.
Le chiedo, dunque, per piacere di voler stabilire che quanto è stato affermato ieri sera non costituisce precedente e, quindi, le convocazioni, così come sono state fatte per alcune Commissioni nella giornata di oggi, non possono costituire, come metodo, un precedente.

PRESIDENTE. Sulla premessa che il Regolamento non è un accessorio, altrimenti non le avrei potuto concedere la parola, le rispondo con riferimento alla questione posta ieri, proprio da lei, circa la convocazione di una Commissione in pendenza della votazione della questione di fiducia.
Faccio presente che il Regolamento non contiene alcuna norma che imponga tale sospensione, né, conseguentemente, la possibilità di derogarvi con il consenso unanime. Si tratta, infatti, di limitazione all'attività della Camera e dei suoi organi, affermatasi esclusivamente in via di prassi. Pag. 2Sempre in via di prassi, si è affermata la competenza della Conferenza dei presidenti di gruppo in ordine alla determinazione dello svolgimento delle varie attività delle Commissioni successivamente alla posizione della questione di fiducia.
Con specifico riferimento alla convocazione delle Commissioni riunite VI e X sul decreto-legge liberalizzazioni iscritto nel calendario dell'Assemblea a partire dal 19 marzo ed in scadenza il 24 marzo, la prassi è nel senso che, pur in pendenza della votazione fiduciaria ed a prescindere dalla verifica del consenso unanime, è consentita la riunione delle Commissioni sia in sede referente, sia in sede consultiva, al fine di adempiere all'obbligo di riferire all'Assemblea sui provvedimenti d'urgenza, così da non pregiudicare la programmazione; ciò anche alla luce della natura di atto dovuto propria della deliberazione sui disegni di legge di conversione nei termini costituzionali.
Peraltro, nel caso di specie, come chiarito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, l'esigenza di convocazioni in pendenza delle 24 ore è stata rappresentata alla Presidenza della Camera dalla presidente della X Commissione, anche a nome del presidente della VI, informando altresì di avere comunque verificato su di essa l'unanimità dei gruppi nelle Commissioni riunite. In sede di Conferenza dei presidenti gruppo, il presidente del gruppo della Lega Nord ha manifestato il suo dissenso sul punto, che, però, come chiarito nella stessa riunione, non vale ad impedire la procedibilità dell'esame in Commissione del decreto-legge per le ragioni dette.
Quanto, poi, alla convocazione delle Commissioni per lo svolgimento di attività conoscitive, faccio presente che, per una prassi assolutamente costante, esse sono consentite anche in pendenza della votazione della fiducia, non incidendo sul rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo. Peraltro, il più delle volte l'autorizzazione è stata comunque subordinata alla presenza di un consenso unanime dei gruppi: infatti, nel caso di specie, come precisato nella Conferenza di ieri, i presidenti delle Commissioni I e V hanno informato la Presidenza dell'accordo unanime tra i gruppi, sussistente anche su tale attività.

Informativa urgente del Governo sull'uccisione di un cittadino italiano rapito in Nigeria e sull'arresto di due militari italiani in India (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'uccisione di un cittadino italiano rapito in Nigeria e sull'arresto di due militari italiani in India.
Dopo l'intervento del Ministro degli affari esteri interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli affari esteri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata.

GIULIOMARIA TERZI di SANT'AGATA, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzitutto rinnovare il più profondo cordoglio mio personale e dell'intero Governo alla famiglia dell'ingegnere Franco Lamolinara e a quella del suo collega britannico Christopher McManus.
Ho rappresentato il Governo lunedì, alla cerimonia funebre di Franco Lamolinara, per rendere l'estremo saluto al nostro connazionale barbaramente ucciso, manifestare le condoglianze alla sua famiglia e testimoniare i forti sentimenti di solidarietà di tutto il Governo. Stando tra le migliaia di cittadini di Gattinara, raccolti attorno al dolore composto e così intenso della famiglia Lamolinara, si coglieva il senso profondo della solidarietà e dei valori del nostro Paese nella sua interezza. Pag. 3
Noi siamo tutti profondamente colpiti da questa tragedia, una tragedia che ci ha messo davanti alla dura realtà in cui migliaia di italiani sono esposti a grave minacce per il solo fatto di lavorare in regioni a rischio. Sono italiani coraggiosi e generosi, che fanno fronte al pericolo con alto senso di professionalità e che con la loro opera contribuiscono al benessere delle loro famiglie e dell'Italia.
Franco Lamolinara non voleva essere un eroe, voleva fare il proprio lavoro; ma in alcune parti del mondo fare il proprio dovere è una scelta eroica che si può anche pagare con la vita. Franco Lamolinara era l'espressione della parte più dinamica della nostra società, quella che ci fa apprezzare e riconoscere ovunque per la nostra capacità di coniugare l'inventiva con l'efficacia delle soluzioni. Il signor Presidente della Repubblica ha giustamente sottolineato che Franco Lamolinara apparteneva a questa schiera di italiani che fanno onore al nostro Paese, portando in tutto il mondo il meglio della nostra creatività (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori).
Sono convinto che i drammatici sviluppi di questa vicenda impongano al Governo l'esigenza di fare ogni chiarezza sugli eventi, sia precedenti che immediatamente successivi al brutale assassinio. Sono in corso gli approfondimenti per la parte di competenza dell'intelligence, presso il COPASIR, dove sono stati auditi il direttore dell'AISE, generale Santini, e stamattina il Ministro della difesa Di Paola e dove interverrà, domani, il prefetto De Gennaro.
C'è forte volontà del Governo, sotto la guida del Presidente del Consiglio, di procedere in totale trasparenza e nelle sedi opportune, condividendo con il Parlamento tutte le informazioni di cui disponiamo.
Vorrei inoltre cogliere l'occasione di questa informativa per fare il punto su modalità, strutture e risorse con le quali il Ministero degli affari esteri contribuisce a prevenire e a risolvere i casi di sequestro di connazionali.
La dolorosa vicenda di Franco Lamolinara è iniziata, signor Presidente, nella notte del 12 maggio 2011, quando l'ingegnere, dipendente della ditta italiana di costruzioni Stabilini, è stato sequestrato da un gruppo armato insieme al suo collega inglese, Christopher McManus, mentre si trovavano nelle loro abitazioni nello Stato di Kebbi, nel nord-ovest della Nigeria, dove l'impresa italiana stava costruendo una filiale della Banca centrale di Nigeria.
Per tutta la durata del sequestro, l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri ha mantenuto strettissimi contatti con la famiglia dell'ingegnere. Sono state costanti le telefonate, molteplici gli incontri alla Farnesina e, nel corso di tali incontri, l'unità di crisi ha tenuto sempre al corrente la famiglia dell'attività politico-diplomatica e delle informazioni che erano pervenute da parte degli organi investigativi.
Sin dalle prime fasi del sequestro, l'unità di crisi ha avviato contatti diretti con l'ambasciata del Regno Unito a Roma e le competenti autorità italiane hanno mantenuto uno stretto coordinamento con quelle britanniche di sicurezza.
Queste ultime hanno permesso, tra l'altro, di ottenere prove che i due ostaggi erano ancora in vita in queste ultime settimane, dato che si era potuto ottenere un video del 24 febbraio in cui entrambi gli ostaggi apparivano in buone condizioni.
Quanto alla tragica giornata di giovedì 8 marzo, vorrei fornire alcuni elementi di maggiore dettaglio. La comunicazione formale è pervenuta in occasione degli incontri che l'ambasciatore del Regno Unito, Prentice, ha avuto alle ore italiane 11,30 con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, e successivamente, alle 13,30, con il Segretario generale della Farnesina, ambasciatore Giampiero Massolo.
Come illustrerò più avanti, al momento dei due colloqui, l'ambasciatore Prentice sapeva che l'operazione era già stata decisa, Pag. 4 che era probabilmente in corso, ma non era al corrente dei dettagli operativi. L'ambasciatore Prentice veniva informato dell'esito dell'operazione solo successivamente all'incontro, che ho menzionato, con l'ambasciatore Massolo, con il quale riprende poi contatto a partire dalle 15,30, aggiornandolo e confermando, purtroppo, il tragico decesso dei due ostaggi.
È intorno alle ore 16 che il Primo Ministro britannico, Cameron, chiama il Presidente del Consiglio Monti - con il quale mi trovavo a Belgrado per partecipare al vertice bilaterale con la Serbia - e, nel corso della conversazione, il Premier Cameron comunica al Presidente del Consiglio che l'operazione condotta dalle forze di sicurezza nigeriane, con il sostegno operativo di quelle britanniche, intesa a liberare gli ostaggi, si era purtroppo conclusa così tragicamente. Nella stessa telefonata, il Premier britannico esprimeva profondo cordoglio per l'assassinio da parte dei sequestratori dell'ingegner Lamolinara, rammaricandosi profondamente del drammatico esito dell'azione militare, decisa nella convinzione che quella fosse l'ultima possibilità per salvare gli ostaggi. Cameron ha inoltre manifestato il suo personale rammarico e le sue condoglianze in una lettera indirizzata direttamente alla signora Lamolinara e, a testimonianza della vicinanza del Regno Unito, l'ambasciatore britannico Prentice ha presenziato alle esequie svoltesi l'altro ieri. Vorrei cogliere l'occasione per ringraziarlo ancora per questo suo gesto significativo.
Nel colloquio telefonico con il Presidente Monti, di giovedì pomeriggio, il Primo Ministro Cameron ha precisato che, di fronte al grave e imminente pericolo, l'operazione era stata avviata, informando le autorità italiane solo quando essa era già in corso, e a questo punto il Presidente Monti ha richiesto con fermezza al suo interlocutore di fornire un dettagliato resoconto degli eventi e stessa richiesta ho formulato anch'io nel corso dei colloqui che ho avuto venerdì e sabato scorsi, a Copenaghen, con il Ministro degli affari esteri britannico William Hague.
Ho sottolineato a Hague l'inaccettabilità per l'Italia di non aver avuto indicazioni precise della decisione di far scattare l'operazione. Il collega mi ha personalmente ribadito l'assoluta non intenzionalità di questa tardiva comunicazione e ha aggiunto, ai rilievi che gli opponevo, che si è trattato del precipitare di una situazione sul terreno e non affatto del timore che, per parte nostra, ci si fosse potuti opporre al blitz, finito poi così tragicamente.
Con il Ministro Hague abbiamo convenuto sull'urgenza di condividere tutte le informazioni per facilitare la ricostruzione e fare piena luce sugli eventi. Al contempo abbiamo sottolineato che Italia e Regno Unito continueranno ad essere fianco a fianco nella lotta contro ogni forma di terrorismo, sulla base dell'ottima collaborazione che abbiamo con Londra, in tutte le operazioni internazionali di mantenimento della pace. Il collega britannico mi ha anche anticipato che intende effettuare una visita a Roma nei prossimi giorni.
Più in particolare, secondo la ricostruzione dei fatti pervenutaci da Londra e illustrata ieri dal Ministro della difesa, Hammond, alla Camera dei Comuni, la richiesta di autorizzazione è stata discussa dall'apposito comitato, presieduto dal Ministro degli affari esteri Hague, che ne ha informato subito dopo il Primo Ministro Cameron, e solo successivamente l'ambasciatore del Regno Unito a Roma ha informato le autorità italiane che l'operazione - come ho già detto - era in corso. Va aggiunto che l'iniziativa militare ha fatto seguito a un'azione britannico-nigeriana lanciata contro il gruppo terroristico Boko Haram già la sera del 6 marzo. Come sappiamo, Boko Haram è stato costituito tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del 2000, con l'obiettivo di estendere la sharia, la legge islamica, a tutta la Nigeria a fini destabilizzatori.
Solo più di recente, nel 2010, è stata confermata un'evoluzione in senso chiaramente jihadista di questo movimento. Il gruppo sarebbe composto da alcune centinaia di operativi e da qualche migliaia di sostenitori esterni. Secondo quanto risulta al Governo, il sequestro del nostro connazionale Pag. 5 e del cittadino britannico è opera di una frangia separatista del movimento, nota anche come «Al Qaeda in Nigeria».
L'operazione del 6 marzo avrebbe portato all'arresto di un significativo numero di terroristi, il cui leader si sarebbe però sottratto alla cattura. Si è appreso che alcune rivelazioni, acquisite la sera del 7 marzo dai terroristi arrestati, avevano permesso di individuare il luogo di detenzione dei due ostaggi e da tale sviluppo era maturata nei britannici la convinzione che gli ostaggi fossero in un pericolo molto imminente di vita.
Abbiamo provveduto a richiedere un rapporto circostanziato anche al Governo nigeriano quale Paese dove è avvenuta l'operazione.
Non appena avuta conferma del decesso di Franco Lamolinara, i funzionari dell'unità di crisi della Farnesina hanno informato i diretti familiari (la moglie, la sorella) e gli stessi funzionari, insieme a quelli della nostra ambasciata in Nigeria, si sono adoperati con massima tempestività per il rimpatrio, con un volo militare italiano, della salma dello scomparso ingegnere, decisione che mi è parsa opportuna, dato che Londra aveva offerto un rientro congiunto, ma su un volo in partenza ore più tardi.
Vorrei citare a questo punto alcuni elementi che ci sono stati anticipati dall'ambasciatore britannico Prentice e che sono già stati illustrati ieri pomeriggio in sede parlamentare a Londra. Li cito: «(...) Chris e Franco sono stati rapiti da uomini armati la sera dello scorso 12 maggio a Birnin-Kebbi, nella zona nord-occidentale del Paese. Nei giorni immediatamente successivi al rapimento non si conosceva con certezza l'identità dei rapitori, né le loro motivazioni, né tantomeno il luogo di detenzione. Con il passare delle settimane non è stata avanzata alcuna richiesta e si è capito chiaramente che, a differenza di altri rapimenti verificatisi in Nigeria, questo non era un sequestro di natura puramente criminale. In seguito - prosegue la nota dataci dall'ambasciatore Prentice ieri - abbiamo verificato che Chris e Franco erano stati presi da terroristi che appartenevano a una costola di Boko Haram, collegata ad Al Qaeda nel Maghreb islamico (...). Il nostro obiettivo è stato chiaro sin dal principio: garantire il rilascio di Chris e Franco in condizioni di sicurezza. Abbiamo seguito la politica da tempo adottata da successivi Governi britannici, che consiste nel non fare grosse concessioni né pagare riscatti ai rapitori di ostaggi. È la politica giusta - prosegue la nota -, non solo il pagamento di riscatti ai terroristi è illegale ai sensi del diritto britannico e internazionale, ma premia i rapitori e pertanto aumenta il rischio di futuri rapimenti (...). Durante la detenzione i rapitori hanno espresso una serie di minacce attraverso un video e attraverso contatti telefonici diretti con i familiari di Chris: era chiaro che erano pronti a uccidere Chris e Franco. Tuttavia i rapitori non hanno mai in nessun momento formulato richieste sensate. Durante i dieci mesi di detenzione abbiamo lavorato a stretto contatto con il Governo nigeriano per trovare gli ostaggi. In quel periodo di stretta collaborazione abbiamo fatto anche preparativi per un tentativo di un loro recupero (...). Dopo un intenso periodo di impegnativa attività investigativa, nella tarda serata del 7 marzo, abbiamo ricevuto informazioni credibili e dettagliate sul luogo di detenzione. Abbiamo valutato che la finestra a nostra disposizione per garantire la liberazione era molto limitata. Avevamo inoltre motivo di ritenere che le loro vite fossero in pericolo imminente e crescente e avremmo dovuto agire molto rapidamente per avere una qualche probabilità di salvarli (...). Il Primo Ministro è stato messo pienamente al corrente della situazione e ha autorizzato l'avvio di un'operazione di liberazione guidata dai nigeriani, con il supporto britannico. Successivamente, appena è stato possibile, il nostro ambasciatore a Roma - prosegue sempre la nota inglese - ha informato le autorità italiane che si stava avviando l'operazione. In Nigeria le forze di sicurezza del Paese, con il supporto britannico, hanno lanciato l'operazione in un comprensorio di Sokoto, dove pensavamo Pag. 6fossero detenuti i due ostaggi. Le forze di intervento sono state aggredite con colpi mirati di arma da fuoco mentre tentavano di entrare. Una volta entrate, le nostre forze hanno trovato Chris e Franco già morti in fondo al comprensorio. Siamo ancora in attesa di avere conferma dei dettagli, ma dalle prime indicazioni emerge con chiarezza che entrambi gli uomini sono stati uccisi dai loro rapitori prima di poter essere liberati. Durante l'operazione, che è durata circa due ore, le forze di intervento hanno ucciso tre uomini armati.
Si è trattato di un'operazione difficile, che doveva essere condotta con grande rapidità, tenuto conto dell'impellente minaccia per le loro vite. Desidero esprimere la nostra riconoscenza» - prosegue ancora questa nota che riporta elementi, come ho detto, utilizzati ieri in Parlamento dal Ministro della difesa inglese - «ai membri delle forze nigeriane, che hanno rischiato la vita in questa operazione. Un soldato nigeriano è stato ferito. Desidero inoltre ribadire» - ha detto ancora il Ministro Hammond - «la nostra profonda gratitudine al presidente Jonathan e alle autorità nigeriane per il loro costante sostegno». La morte di Chris McManus e Franco Lamolinara sono una terribile tragedia. E qui finiscono gli elementi del rapporto delle autorità britanniche che ci sono stati forniti per via diplomatica.
Nella giornata di venerdì 9 marzo, il Presidente del Consiglio ha convocato il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR). Nel corso della riunione è stato deciso che, oltre a riunirsi periodicamente a livello di Ministri, il CISR rimarrà attivato in permanenza sotto il coordinamento del direttore generale del DIS, prefetto De Gennaro. È stata inoltre concordata la partecipazione dei Ministri degli affari esteri, dell'interno, della difesa, della giustizia, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze per intensificare il monitoraggio delle singole situazioni e condividere le linee di azione.
Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei ora passare ad una breve informativa sul caso dei nostri due militari, dei due marò, il maresciallo Massimiliano Latorre e il sergente Salvatore Girone, detenuti in India. Su questa vicenda vorrei ribadire che è massimo l'impegno per riportarli alle loro famiglie da parte del Governo, che ha sempre improntato al principio di collegialità ogni sua decisione su questo caso, ciò anche per garantire coerenza all'azione delle varie amministrazioni coinvolte, in primis Difesa, Giustizia ed Affari esteri.
Un pensiero di profondo cordoglio e solidarietà va anche alle famiglie dei due pescatori indiani a cui ci sentiamo vicini. Abbiamo testimoniato la nostra vicinanza nei loro confronti nei contatti con le autorità indiane a tutti i livelli, centrali e locali, e intendiamo farlo direttamente con loro non appena le tensioni e le emotività del momento si saranno un po' attenuate.
Anche la decisione di confermare la mia programmata visita in India è stata sottoposta a una valutazione preventiva del Governo e, in questo contesto di collegialità, si è pure inserita la mia decisione, immediata al momento dei fatti, di inviare in India il sottosegretario per gli affari esteri De Mistura e il team interministeriale composto da funzionari di alto livello dei Ministeri degli affari esteri, della difesa e della giustizia.
In merito alla vicenda, il 15 febbraio i marò sulla Enrica Lexie hanno comunicato alle autorità italiane di aver registrato, alle ore 12,28 italiane, un attacco da parte di sospetti pirati e di aver messo in atto graduali azioni dissuasive, inclusi colpi di avvertimento, al termine delle quali il naviglio sospetto si è allontanato. Successivamente, alle ore 15 italiane, le autorità indiane hanno chiesto al comandante della Enrica Lexie di dirigersi verso il porto di Kochi, precisando che avevano arrestato alcuni sospetti pirati e necessitavano di una collaborazione per identificare gli autori dell'attacco.
Alle ore 15,30 il Comando operativo interforze della Difesa ha ricevuto dal capo team del nucleo militare di protezione Pag. 7 - i marò a bordo della Lexie - la comunicazione che la compagnia armatrice aveva deciso di accogliere la richiesta indiana, autorizzando la deviazione di rotta. Quindi, alle ore 17,48 di quel giorno, l'Enrica Lexie è arrivata alla fonda nelle acque territoriali indiane e alle ore 18 il capo team, maresciallo Latorre, ha riferito di aver appreso dalla compagnia armatrice che era circolata la notizia della morte dei due pescatori.
È stato più volte sollevato l'interrogativo sul perché la nave sia entrata nelle acque indiane e sul perché i militari italiani siano scesi a terra. L'ho detto pubblicamente da diverso tempo, in diverse occasioni: siamo tutti certamente d'accordo che la nave non sarebbe dovuta entrare in acque indiane e i militari, di conseguenza, non avrebbero dovuto essere obbligati a scendere a terra.
Nel primo caso - l'ingresso della nave in acque indiane - si è trattato del risultato di un sotterfugio della polizia locale, in particolare del centro di coordinamento per la sicurezza in mare di Bombay, che aveva richiesto al comandante della Lexie di dirigersi nel porto di Kochi per contribuire al riconoscimento di alcuni sospetti pirati.
Sulla base di questa richiesta, il comandante della Lexie, acquisita l'autorizzazione dell'armatore, decideva di dirigersi in porto e il comandante della squadra navale e il centro operativo interforze della difesa non avanzavano obiezioni, in ragione di una ravvisata esigenza di cooperazione antipirateria con le autorità indiane, non avendo essi nessun motivo di sospettare.
Nel secondo caso, quello della consegna dei marò, tengo a precisare che essa è avvenuta per effetto di evidenti, chiare e insistenti azioni coercitive indiane.
Tengo a ribadire che, da Ministro degli affari esteri, non avevo titolo, né autorità, né influenza per modificare la decisione del comandante della Enrica Lexie. Tuttavia, già da quelle primissime fasi, era urgentissimo riaffermare nei fatti, nei comportamenti concreti e nelle decisioni operative - e non soltanto nelle pur sempre fondamentali dichiarazioni motivate che le autorità del Governo italiano stavano esprimendo senza alcuna acquiescenza -, la nostra opposizione completa alla pretesa indiana di aver diritto esclusivo ad avviare investigazioni, accertamenti o interrogatori nei confronti del personale a bordo della Enrica Lexie. L'episodio era accaduto, infatti, per unanime riconoscimento, in acque internazionali, esattamente a 22 miglia dalla costa indiana e, quindi, sicuramente in una zona che la Convenzione di Montego Bay, la prassi e la dottrina internazionale riconoscono totalmente sottratta alla giurisdizione e alla sovranità dello Stato costiero.
Aggiungo che la missione militare dell'Unione europea «Atalanta», di cui facciamo parte, come sapete, contempla la possibilità di inviare nuclei militari armati posti sotto il comando e il controllo della missione europea e con chiare regole di ingaggio. La presenza di questi nuclei a bordo è conforme anche alle risoluzioni dell'ONU, che invitano tutti i Paesi a contribuire alla lotta alla pirateria al largo delle coste somale e nelle zone limitrofe.
Già da quei primi momenti il Ministro degli affari esteri, in stretto raccordo con il Ministro della difesa, con quello della giustizia e con il Presidente del Consiglio, ha impostato una strategia ben definita per quanto riguardava la questione della giurisdizione e ha previsto le risposte da dare via via alle pretese indiane. Le risposte sono state innanzitutto guidate dalla situazione che si veniva a creare a seguito dell'attracco della Lexie nel porto di Kochi e, nelle ore successive, dall'azione coercitiva, che ho già menzionato, che veniva portata a compimento da oltre 30 uomini armati della sicurezza indiana, saliti a bordo per prelevare i nostri marò, il maresciallo Latorre e il sergente Girone, e portarli a terra sotto custodia della polizia locale.
Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei sottolineare che la consegna e la discesa a terra dei marò sono avvenute nonostante un'opposizione fermamente posta in essere dalle nostre autorità diplomatiche e militari presenti sulla Lexie. Pag. 8Mi riferisco alla presenza del console generale Cutillo e all'intero team formato dall'ambasciatore a New Delhi, Giacomo Sanfelice, dall'addetto per la difesa e dagli esperti legali. In quella circostanza alla richiesta di discesa a terra dei marò è stato opposto il più fermo diniego, accettando soltanto che venissero poi fatti scendere a terra senza che si creasse un contrasto più diretto e molto più preoccupante.
Una volta avvenuta la consegna alle autorità indiane - un fatto avvenuto con grande spirito di responsabilità e disciplina da parte dei nostri militari presenti sulla nave, dato che possiamo solo immaginare le drammatiche e assai più gravi conseguenze che avrebbe prodotto una resistenza alle richieste indiane effettuata con l'uso della forza e la crisi gravissima che ne sarebbe derivata - l'azione del Governo ha seguito, quindi, una linea che si è immediatamente e pragmaticamente adeguata ad alcune esigenze prioritarie, una volta che i marò sono stati presi in custodia prima e poi portati in istituti carcerari (all'inizio in custodia ma sotto il controllo della polizia indiana). La prima priorità è stata quella di ottenere, dalle autorità indiane, la sicurezza fisica dei nostri militari in un ambiente fortemente ostile, che si era determinato nell'intero Stato del Kerala alla notizia dell'uccisione dei due pescatori.
Fanno perlomeno rabbrividire le immagini pubblicate sulla copertina di alcune riviste locali con le fotografie di Latorre e Girone additati irresponsabilmente dall'opinione pubblica indiana come assassini, banditi del mare e uccisori di pescatori.
La seconda priorità che il Governo ha seguito è stata quella di eseguire immediatamente tutte le azioni che assicurassero la più efficace presenza italiana in tutte le indagini, a cominciare dalla perizia balistica. È così che abbiamo ottenuto - e non senza molte discussioni e difficoltà - la partecipazione di due eccezionali esperti in questa materia, appartenenti ai carabinieri, quali osservatori delle operazioni concernenti questa perizia. In secondo luogo, abbiamo insistito affinché la difesa legale in tutti i gradi di giudizio, a cominciare da quello presso l'Alta Corte del Kerala sulla nostra eccezione di giurisdizione, che è ancora in corso, e la predisposizione di una difesa per le eventuali fasi successive con il coinvolgimento di avvocati di fiducia indiani, italiani e internazionali avvenisse con costante impegno e presenza di un team qualificatissimo, come dicevo, di giuristi italiani e internazionali.
È in tale contesto che, dopo aver attentamente valutato e discusso collegialmente con gli altri Ministri interessati la situazione, ho deciso di effettuare la mia visita a New Delhi e a Kochi per trovare i nostri marò. Non vi era certo in me, da Ministro degli affari esteri, alcuna illusione sul fatto che questa visita avrebbe risolto in un momento, miracolosamente, una posizione indiana che era apparsa sin dal primo momento di estrema fermezza e legata anche a sviluppi politici che stavano maturando in quelle ore e che tuttora stanno proseguendo nello Stato del Kerala. Ho ritenuto però essenziale, come l'hanno ritenuto gli altri miei colleghi di Governo, che il Ministro degli affari esteri si recasse personalmente in India per esprimere pubblicamente - cosa che ho fatto - all'opinione pubblica indiana e alle autorità indiane al più alto livello l'assoluta inaccettabilità sul piano giuridico e diplomatico delle pretese e del comportamento indiani. Abbiamo ritenuto altrettanto essenziale poter riaffermare, con i miei incontri a New Delhi, i principi fondamentali della sovranità italiana su organi dello Stato italiano, quali sono i militari impegnati in azioni internazionali di contrasto alla pirateria, e riaffermare la giurisdizione esclusiva italiana su una nave battente bandiera italiana in acque internazionali.
Era ed è nostro dovere mostrare, innanzitutto, ai due militari il sostegno e la vicinanza delle istituzioni di tutto il Paese in un momento per loro così difficile. Ho spiegato perché si è deciso di confermare la mia visita, ma nulla come la grandissima dignità, il profondo senso dello Stato Pag. 9che ho riscontrato nei nostri militari nella guest house di Kochi la sera del 28 febbraio mi ha confermato che quella è stata la scelta giusta.
Nelle circostanze che si sono venute a creare con l'avvenuta presa, in forma - sottolineo - coercitiva, dei nostri militari da parte indiana, era ancora più importante ottenere dall'India perlomeno una qualche collaborazione affinché le indagini venissero condotte con la presenza di esperti italiani (vedasi la prova balistica) e affinché la dignità, la sicurezza, la possibilità di restare in contatto con i nostri uomini venissero sempre e comunque garantite. Questi aspetti sono stati assolutamente al centro della mia visita in India, così come erano stati oggetto, sin dalle prime ore successive all'evento, della mia telefonata e della mia lettera al Ministro degli esteri Krishna, così come sono stati poi ripresi nella lunga conversazione telefonica che il Presidente del Consiglio Mario Monti ha avuto con il primo ministro Singh.
Riporto alcuni elementi sia della lettera che delle conversazioni telefoniche perché vi sia davvero chiarezza sulle posizioni da noi espresse formalmente, per iscritto, e a più riprese anche nei contatti al più alto livello politico.
Nella mia lettera del 17 febbraio, come nella telefonata al ministro Krishna, ho espresso il più vivo rammarico per le due vittime indiane e ho indicato che «l'Italia condivide l'obiettivo di stabilire i fatti al di là di ogni dubbio». Ho inoltre aggiunto che «il Governo italiano ritiene che sulla base dei principi del diritto internazionale la giurisdizione sul caso appartiene esclusivamente alla magistratura italiana», perché i fatti si sono verificati in un'azione antipirateria, perché quest'azione si è effettuata in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana e perché ne sono stati protagonisti militari italiani, organi dello Stato italiano. Ho al contempo sottolineato che «le autorità italiane intendono lavorare insieme alla parte indiana per individuare una procedura concordata per stabilire la verità» e che «a tal fine il Governo aveva deciso l'invio in India di una missione di funzionari di alto livello»; cosa che poi è avvenuta con una collaborazione da parte delle autorità indiane.
Ho anche rimarcato la forte speranza che le autorità indiane si astenessero da ulteriori azioni unilaterali. Nel colloquio telefonico con il Primo Ministro Singh, il Presidente Monti ha fermamente ribadito il concetto della giurisdizione italiana sulla base dei principi del diritto internazionale, evidenziando che i nostri marò stavano svolgendo un compito di protezione nell'ambito di una missione internazionale contro la pirateria in conformità a chiare risoluzioni dell'ONU, a raccomandazioni dell'IMO e alla legge italiana.
Il Presidente del Consiglio ha inoltre attirato l'attenzione di Singh sul fatto che l'episodio rischiava di minare alle radici gli sforzi della comunità internazionale contro la pirateria e di costituire un precedente estremamente pericoloso per tutti i contingenti impegnati in missioni internazionali di pace. Il Presidente Monti ha riaffermato anche con fermezza il diritto dei nostri due militari ad un trattamento adeguato al loro status di rappresentanti dello Stato italiano, in piena sicurezza, e ad avere un alloggio distinto da altri detenuti. Egli ha quindi espresso al Primo Ministro indiano la sensazione che Italia e India devono lavorare assieme per individuare una soluzione basata sulla giustizia e sul diritto internazionale.
Signor Presidente, onorevoli deputati, in questo contesto vorrei soffermarmi un istante sull'eccellente lavoro che, sin dall'inizio di questa vicenda così complessa, sta svolgendo l'importante team ad alto livello operante a Kochi e a New Delhi sotto la direzione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri Staffan de Mistura. Desidero ringraziarli pubblicamente nel modo più sentito. Da quasi un mese, da quando cioè ho deciso, d'intesa con la Presidenza del Consiglio e con gli altri Ministri competenti, di inviarle in loco, queste persone hanno svolto un lavoro di grande efficacia, in condizioni difficilissime, con molti ostacoli, un lavoro che ha garantito però la sicurezza, la dignità, la Pag. 10fiducia e le speranze dei nostri militari e del personale ancora bloccato sulla nave.
Ho avuto pochi minuti fa un'ulteriore aggiornamento dall'ambasciatore d'Italia in India e posso comunicare che rientra oggi a Roma il sottosegretario de Mistura e abbiamo inviato il Direttore centrale per l'Asia Perugini per proseguire l'azione di de Mistura finché non sarà possibile un suo rientro. L'ambasciatore Sanfelice e tutto il team interministeriale è a Kochi, domani è prevista un'udienza dell'Alta Corte del Kerala sulla questione della giurisdizione, ma pensiamo che non sia ancora conclusiva e siamo sempre in attesa dei risultati della prova balistica.
Nel frattempo proseguiamo un'azione diplomatica a tutti i livelli ufficiali e riservati (il Presidente del Consiglio, io stesso, gli altri Ministri) con la ferma volontà di assicurare il momento in cui i nostri uomini potranno tornare ai loro cari. In queste ore la nostra attenzione è rivolta alla prova balistica, all'udienza presso l'Alta Corte e all'eventuale procedimento penale. Abbiamo avviato un'azione di sensibilizzazione a tutto campo e a tutti i livelli attraverso importanti Paesi amici e organizzazioni internazionali per trovare una soluzione concreta che consenta di riportare rapidamente a casa i nostri uomini. Abbiamo interessato l'Unione europea e i Paesi membri più influenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, il Segretario generale delle Nazioni Unite, i Paesi a noi più vicini e più amici in Asia e nel Mediterraneo.
Anche ieri il Presidente del Consiglio Mario Monti ha avuto un importante colloquio con l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton, la quale gli ha riferito degli ultimi contatti che ha avuto con le autorità indiane. Con l'India, l'Unione europea è legata da un importante rapporto di cooperazione, anche nel campo della lotta alla pirateria. Il capo della diplomazia europea, che ha concordato, con il Presidente del Consiglio, di rimanere in stretto contatto, era già stato, nei giorni precedenti, da me sensibilizzato sulla vicenda, in occasione della riunione informale dei Ministri degli esteri tenutasi a Copenaghen venerdì e sabato scorsi, e, nei giorni precedenti ancora, dal Presidente del Consiglio. In tutte queste occasioni di incontri, di sensibilizzazione, di passi, di attività diplomatica, ma anche di attività sul piano informale e più riservato, abbiamo ottenuto anche un sostegno pubblico alla posizione italiana, espresso alla stampa, da parte di importanti Paesi, nella preoccupazione condivisa del pericolo che il precedente indiano possa avere gravi ripercussioni negative sull'efficacia delle operazioni internazionali di contrasto della pirateria e del terrorismo.
I nostri partner internazionali sono soprattutto preoccupati (e lo sono quanto noi, in molti casi) degli effetti della negazione del principio fondamentale che i militari impegnati all'estero in missioni autorizzate dalla comunità internazionale debbano essere giudicati dai loro Paesi, ma siano, invece, giudicati da altri; che possano non essere giudicati dai Paesi ai quali questi militari appartengono e sia, invece, pretesa, dai Paesi nei quali si svolgono operazioni di pace, una giurisdizione esclusiva sulle eventuali accuse nei loro confronti.
Vorrei infine accennare, signor Presidente, onorevoli deputati, al ruolo della Farnesina, del Ministero che ho l'alto onore di dirigere, di fronte al proliferare di nuove fattispecie di rischio non più limitate alla sola instabilità politica. Tali crescenti rischi necessitano di un sempre maggiore contributo operativo ed informativo di organi dello Stato, dell'intelligence, delle Forze armate, che, nel rispetto della propria autonomia, sostengono e collaborano con il Ministero degli affari esteri.
Il Ministero si avvale, in particolare, dell'unità di crisi, che rappresenta uno strumento operativo flessibile in grado di reagire con tempestività alle situazioni che mettono a rischio l'incolumità dei nostri connazionali. Attraverso l'unità di crisi, la Farnesina opera essenzialmente su due fronti.
Il primo è un fronte che potremmo definire esterno. Esso si sostanzia in attività di carattere politico-diplomatico, Pag. 11messe in atto, soprattutto, attraverso la rete delle nostre ambasciate e dei nostri consolati. A tali attività si aggiungono specifiche missioni politiche dirette a mantenere elevata l'attenzione dei Governi coinvolti, ovvero ad acquisire diretti elementi dalle controparti istituzionali.
Nello specifico caso del compianto ingegner Franco Lamolinara, per esempio, era stata già prevista a breve una missione in Nigeria del mio rappresentante speciale, onorevole Margherita Boniver, che ringrazio - desidero veramente ringraziarla - per le numerose missioni che efficacemente continua ad effettuare e che ha effettuato in passato. Questa missione avrebbe dovuto svolgersi tra pochi giorni, ma, malauguratamente, è avvenuto quel che è avvenuto.
Sul secondo fronte, che definirei di carattere più interno, la priorità dell'unità di crisi è data ai rapporti con le famiglie dei connazionali sequestrati. Con i familiari dei nostri connazionali in difficoltà, in queste situazioni così tragiche, l'unità di crisi mantiene costanti contatti e trasmette le informazioni rese disponibili dalle fonti investigative o dalla catena militare, come nel caso dei sequestri di nostre navi mercantili ad opera dei pirati somali. È un'attività particolarmente delicata, sia per l'esigenza di un continuo flusso informativo sia per la sensibilità richiesta da un lavoro che influisce così profondamente sulla sfera emotiva dei familiari coinvolti. È anche compito dell'unità di crisi trasmettere all'autorità giudiziaria ogni utile informazione sulle vicende che coinvolgano i nostri connazionali.
Per dare una dimensione del fenomeno e dell'impegno richiesto alle strutture della Farnesina, vorrei ricordare che, nel corso dell'ultimo anno, sono stati trattati ben 14 casi di sequestro, di cui tre, purtroppo, risoltisi tragicamente: Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza nell'aprile 2011; Mario Procopio, ucciso in Brasile nell'aprile 2011; Ruggero Bruno, ucciso in Ecuador nel giugno 2011. Desidero ricordarli con il più profondo cordoglio, così come desidero ricordare con vivo cordoglio tutte le vittime del terrorismo e rinnovare la solidarietà alle loro famiglie per le persone che, come l'ingegnere Lamolinara giovedì scorso, negli ultimi mesi sono state barbaramente trucidate da atti terroristici o di criminalità organizzata.
Se in momenti come questo il Governo deve ribadire il suo fermo impegno ad attivare e proseguire l'azione sul piano internazionale nel modo più incisivo, per perseguire e reprimere questi orrendi crimini, credo sia anche di fondamentale importanza il senso della memoria: la memoria degli italiani che nel mondo hanno pagato con la vita il loro impegno di lavoro in condizioni e in regioni ad alto rischio, con la consapevolezza piena di correre quei rischi per sostenere le loro famiglie e il prestigio del nostro Paese. Per loro non sono mai sufficienti le nostre espressioni di affetto, di solidarietà e di riconoscenza.
Molti sono i casi conclusisi positivamente: solo negli ultimi tre mesi, la liberazione dell'operatore di Emergency Francesco Azzarà, dei cinque marittimi della Savina Caylyn e dei sei marittimi della Rosalia D'Amato. La Farnesina sta facendo di tutto per riportare a casa e restituire all'affetto dei loro cari gli altri italiani tuttora nelle mani dei rapitori. Mi riferisco a Rossella Urru, rapita in Algeria, nei campi saharawi, nel febbraio 2011; a Giovanni Lo Porto, rapito in Pakistan, a Multan, nel gennaio 2012; a Maria Sandra Mariani, rapita a Tindouf, in Algeria, nel febbraio 2011; ai sei marittimi della Enrico Ievoli, nave sequestrata il 27 dicembre 2011 dai pirati somali al largo dello Yemen.
Signor Presidente, onorevoli deputati, l'unità di crisi della Farnesina è attiva 24 ore al giorno, fronteggia tutte le emergenze che coinvolgono i nostri connazionali all'estero e fornisce informazioni di sicurezza su tutti i Paesi del mondo, anche tramite un sito web, aggiornato continuamente, in tempo reale, che consente la registrazione dei connazionali momentaneamente presenti all'estero. Gli stanziamenti di bilancio per l'unità di crisi sono, però, diminuiti da oltre 7 milioni e mezzo di euro nel 2006 a circa 5 milioni nel 2011. Pag. 12Le integrazioni attribuite dal decreto missioni si sono ridotte da 15 milioni di euro nel 2009 agli 11 attuali, di cui ben 10 assorbiti dalle missioni di protezione e scorta. Per svolgere bene questi delicati compiti occorrono stanziamenti adeguati. Dobbiamo, quindi, trovarli per continuare ad investire per la sicurezza dei nostri connazionali nel mondo.
Sempre a questo proposito, e più in generale, devo informare che le risorse della Farnesina sono in diminuzione più forte e più rapida di quanto comunemente si ritenga e di quanto ritengano anche gli osservatori informati. Negli ultimi due anni il personale di ruolo è diminuito di circa 1.000 unità e altre 1.300 unità, su un totale di 4.900 impiegati di ruolo, saranno perse nel 2012 e nel 2013 per effetto del blocco del turnover e per altri motivi; una perdita superiore al 40 per cento in soli quattro anni.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi si consenta un'osservazione di carattere generale. Il terrorismo internazionale e i sequestri non colpiscono solo l'Italia, ma tutti i Paesi con proiezione internazionale, Paesi di portata e di interesse globale. Maggiore è la realtà di globalizzazione di un Paese, più si è esposti, soprattutto noi che abbiamo collettività così grandi e lavoratori così numerosi all'estero. Nessuno Stato può vincere da solo questa sfida che richiede un intenso, gravoso, continuo coordinamento internazionale. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto uno sforzo a livello multilaterale per affrontare il problema. L'Italia ha collaborato alla definizione della strategia globale di controterrorismo delle Nazioni Unite e della strategia comune per il controterrorismo dell'Unione europea. L'Italia partecipa al Global counter terrorism forum che ha creato meccanismi per lo scambio delle migliori procedure e per il coordinamento dell'assistenza tecnica. In tale quadro abbiamo fortemente voluto il coinvolgimento di Stati non occidentali, come la Nigeria, che ci hanno fornito la prova dei collegamenti tra gruppi terroristici di diversa matrice, come Al Qaeda, Boko Haram e Shabaab. Quindi un'attività di raccordo fondamentale per conoscere e cooperare nel prevenire fenomeni terroristici. La natura così articolata del fenomeno esige inoltre di continuare a fornire assistenza tecnica ai Paesi o alle aree più a rischio, come l'Afghanistan, il Sahel e il Corno d'Africa.
Signor Presidente, onorevoli deputati, ho ritenuto essenziale, oltre che doveroso, nel quadro di costanti e frequenti rapporti con il Parlamento, con le Commissioni e con l'Aula, rendere un'informativa su quanto avvenuto e sull'azione finora svolta dal Governo di fronte a questi episodi così drammatici. Le piaghe dei sequestri e della pirateria minacciano la vita dei nostri cittadini, gli investimenti delle nostre imprese e la sicurezza del Paese. Per contrastare questi fenomeni dobbiamo agire con assoluta unità di intenti, con uno sforzo condiviso e unitario di tutte le istituzioni, perché sono in gioco interessi vitali della nostra nazione.
Il Governo, sotto la guida del Presidente del Consiglio, è determinato a fare il massimo e conta sul sostegno e sulle indicazioni che il Parlamento vorrà continuare ad assicurare per vincere insieme queste sfide (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Liberal Democratici-MAIE).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, innanzitutto intendo esprimere la mia solidarietà alla famiglia dell'ingegnere Lamolinara, colpito in questo modo così crudele. Vorrei anche dire al Ministro degli esteri che il nostro è un atteggiamento positivo e costruttivo, in un momento così difficile per ciò che riguarda la sicurezza dei nostri connazionali all'estero. Pag. 13
Lei ha potuto anche vedere quanto è volatile e reversibile il concetto di credibilità internazionale, nel senso cioè che questo Governo, salutato da tutta l'opinione pubblica come uno straordinario titolare di credibilità internazionale, in quest'ultima fase ha visto contestata questa credibilità. Noi non ci atteniamo a questa volatilità dei concetti, ma riteniamo che bisogna concentrarsi sulle difficoltà del momento.
Lei, signor Ministro, ha contestato l'utilità di polemiche frontali in politica estera, specie in momenti così delicati. Siamo d'accordo con lei e, infatti, per quello che ci riguarda, siamo stati molto misurati. Invochiamo anche la reciprocità: è un dettaglio, ma avremmo preferito da parte sua toni più misurati nella polemica con l'onorevole Maroni. Lo diciamo al netto dei nostri rapporti, che non sono in questo momento dei migliori, con il gruppo della Lega Nord Padania.
Detto questo, il problema fondamentale è quello di affrontare queste vicende senza complessi di inferiorità e anche senza ingenuità, nel senso cioè che noi vediamo che c'è una globalizzazione e ci sono tante strutture internazionali, ONU, NATO, Unione europea ma c'è anche una politica di potenza, mai così forte, portata avanti dai singoli Stati nazionali, anche da Stati che sono nostri alleati: dalla Germania, dalla Francia, dall'Inghilterra e anche da altre nazioni all'interno dell'Unione europea. Questa politica di potenza noi l'abbiamo trovata ad esprimersi nelle due vicende più drammatiche che stiamo vivendo: quella in Nigeria e quella in India.
Per la vicenda in Nigeria ho una lettura parzialmente diversa dalla sua, che però può darci una chiave di spiegazione più logica di una serie di fatti. In Nigeria si sono confrontate e misurate due strategie e due filosofie di fondo. La nostra era tutta proiettata verso la liberazione degli ostaggi, in assenza però del controllo sul territorio, che era tenuto rigorosamente e ferreamente in mano dai nigeriani e dagli inglesi. La logica, la strategia, la filosofia degli inglesi e dei nigeriani era un'altra: l'obiettivo principale era quello di liquidare il gruppo, il nucleo terrorista che aveva fatto l'operazione militare e che ne aveva fatte altre. Queste due logiche non hanno trovato in effetti un punto di incontro e dobbiamo anche dirci che, se leggiamo gli avvenimenti sulla base di questa differenza profonda, capiamo anche alcune cose che altrimenti possiamo definire come irragionevoli. Nessuno infatti può sostenere che un'azione militare di quel tipo, fatta di giorno e in modo scoperto, avesse per obiettivo quello di salvare la vita degli ostaggi. Quell'azione militare aveva per obiettivo la liquidazione per via militare del nucleo armato, mettendo nel conto la possibilità che gli ostaggi possono essere salvati oppure che possono non essere salvati.
Questa diversità di filosofia c'è stata fin dall'inizio in questa vicenda. L'unico appunto che io mi sento di rivolgere al Governo è che, quando noi abbiamo avuto notizia - e ne abbiamo avuto notizia in gennaio - che era arrivato un nucleo armato di truppe speciali sul campo, questo implicava che c'era un'altra ipotesi in fase di realizzazione. Su questa questione, probabilmente, andava fatto in tempi rapidi - e certamente non mezz'ora prima quando l'intervento armato era già partito - un confronto tra il nostro Governo da una parte, che doveva tutelare un ostaggio, e il Governo inglese e il Governo nigeriano dall'altra, che stavano in quel modo sul campo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cicchitto.

FABRIZIO CICCHITTO. Per concludere, signor Presidente, signor Ministro, voglio dire anche che, per quanto riguarda l'altra vicenda, mentre sottolineiamo tutto il nostro appoggio all'azione che il Governo sta facendo per riconquistare alla giurisdizione italiana chi doveva rimanere nella giurisdizione italiana, c'è anche il fatto che vanno chiarite fino in fondo - e non ci sembra che in questa vicenda lo siano state - le regole di ingaggio e specialmente il fatto che, nel momento in cui militari italiani intervengono a tutela ed a difesa di una nave, chi deve decidere Pag. 14la rotta e il comportamento di questa nave non possono essere più il comandante e l'armatore di essa, ma deve essere l'autorità militare italiana, che si sta spendendo in difesa di essa.

PRESIDENTE. Onorevole Cicchitto, deve concludere.

FABRIZIO CICCHITTO. Questo è un tema sul quale credo una riflessione andrà fatta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). In questo quadro, con queste caratteristiche, con queste valutazioni e anche con questi limiti, noi confermiamo la nostra solidarietà al Governo per l'azione che esso deve fare rispetto a questi due militari e agli altri nove italiani che stanno in una condizione di grande difficoltà, come lei sa benissimo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, mi consenta innanzitutto, signor Presidente, di esprimere il nostro cordoglio e la nostra solidarietà alla famiglia dell'ingegner Lamolinara, un italiano che con il suo lavoro onora il Paese, e ne rappresenta per davvero, lo ha detto anche il Presidente Napolitano, la parte migliore. Innanzitutto in relazione alla ricostruzione dei fatti, cominciando da quanto è accaduto nel nord della Nigeria, il Ministro ci ha fornito un quadro sufficientemente completo della dinamica dei fatti. Ne ricaviamo profonda insoddisfazione per il comportamento tenuto nel corso della crisi dal Governo britannico e sono propri i rapporti stretti e consolidati tra i nostri due Paesi che ci consentono di essere franchi. È stato un comportamento innanzitutto discutibile sotto il profilo delle evidenti di carenze informative che, pur nella concitazione della fase finale, non trovano giustificazione. Lei ha parlato di ritardo non intenzionale, ci mancherebbe altro, ma anche perché, almeno questa è la nostra impressione, agli inglesi non è apparso sufficientemente chiaro che lì si decidevano le sorti di un ostaggio di nazionalità italiana e l'Italia è un Paese che ha sempre espresso un diverso orientamento in materia di priorità da riservare all'obiettivo della salvezza della vita degli ostaggi.
Italia e Gran Bretagna sono probabilmente portatrici, in questa materia, di orientamenti e di strategie diverse. Restiamo convinti che il nostro orientamento esprima anche un valore, un'idea del come stare in un mondo sempre più difficile e più aspro, ma nel quale bisogna tenere sempre, nonostante tutto, in primo piano la vita, pur nella doverosa tutela della legalità internazionale. Questa triste vicenda ci imporrà qualche riflessione impegnativa sul futuro dei servizi e della loro operatività, che va garantita nel modo più adeguato, proprio per corrispondere a quell'orientamento di fondo che vogliamo perseguire. È questo il percorso che ha già avviato il Copasir e che non potrà non riguardare il tema del coordinamento politico-operativo delle politiche esterne di sicurezza.
Quanto è accaduto e si sta purtroppo protraendo in India, sulle coste del Kerala, richiama per alcuni versi questi concetti. Al sotterfugio usato dalle autorità di polizia per l'ingresso della nave italiana nelle acque territoriali indiane e alla successiva azione coercitiva della polizia per imporre lo sbarco dei due marò, non si poteva e non si può che rispondere ribadendo, come ha fatto il Governo, la piena legittimità della giurisdizione italiana, con la conseguente messa in atto di tutte le iniziative tendenti ad affermare questo punto. Convincente la scelta di de Mistura di parlare con gli interlocutori, calati in clima elettorale molto caldo e caratterizzato, come sappiamo, da un'assertività che è un po' la cifra della nuova India.
Quello che più conta è che il Governo abbia messo in atto tutte le iniziative utili per un pieno coinvolgimento della comunità internazionale nella gestione della crisi. L'Italia non deve affrontare da sola questo difficile passaggio, perché ciò che Pag. 15c'è in ballo chiama in causa proprio la comunità internazionale. Se si nega il principio che i militari impegnati in azioni internazionali, come nel caso riguardante la lotta alla pirateria, e che quindi operano conformemente alle risoluzioni delle Nazioni Unite, vanno sottoposti alla giurisdizione nazionale, se si nega questo diritto, il rischio per l'efficacia e la continuità dell'azione internazionale diviene molto alto. Per quello che ci riguarda dobbiamo lavorare su un punto, quello della catena di comando, meglio di quanto abbiamo fatto probabilmente sinora. Se non si dovesse pervenire ad un chiarimento efficace sul punto, mi riferisco alla Convenzione tra Marina e Confitarma, occorrerebbe riconsiderare con più approfondimento la materia. Oggi naturalmente il nostro obiettivo è che i nostri due soldati possano tornare in Italia. Lo possiamo sperare perché consapevoli delle buone ragioni che abbiamo.
Dobbiamo operare con fermezza, ma anche con sentimenti di amicizia nei confronti dell'India ed in particolare nei confronti di quelle comunità, di cui dobbiamo cogliere preoccupazioni, sentimenti di dignità con i quali dobbiamo misurarci.
Concludo sul punto della nostra politica estera e di sicurezza: si può certo fare di più e meglio in termini di gestione delle crisi e di operatività, ma dobbiamo essere consapevoli che per tutelare i nostri interessi e anche i nostri valori di cui sono testimonianza i tanti volontari italiani, la Urru per tutti, impegnati nel mondo e per stare a livello delle mutate esigenze di sicurezza che impone un mondo profondamente cambiato occorre da un lato un potenziamento di tutti gli strumenti dell'azione esterna del Paese, ma anche la consapevolezza che la dimensione nazionale è ormai oggettivamente insufficiente e occorre anzitutto più Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, colleghi, desidero prima di tutto esprimere a nome del mio gruppo e mio personale la partecipazione al dolore della famiglia dell'ingegner Franco Lamolinara e anche un profondo rispetto per questa famiglia che ha vissuto così tanti mesi di ansia e paura per un proprio caro con una dignità e una riservatezza che mi hanno colpito profondamente. Ancora oggi dimostrano fiducia nelle istituzioni ed una straordinaria forza nell'affrontare questo terribile lutto. Questo ci impone, se già non fosse dovuto, di fare chiarezza sulla vicenda, ben più delle cose e al di là delle cose che ci ha detto oggi il signor Ministro, e spero questo in breve tempo.
Infatti, non si tratta soltanto di prestigio perduto nei confronti degli inglesi, signor Ministro, non ne facciamo questioni di puntiglio, ma si tratta di capire come e se il nostro Paese è in grado di tutelare i nostri cittadini che in altre parti del mondo sono vittime di sequestri e di bande criminali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). E ci ha detto proprio oggi, signor Ministro, che sono ancora molti. Voglio assicurare parimenti il nostro sostegno per ogni azione che possa contribuire a riportare in patria i nostri marò, il marò Latorre e il marò Girone.
Tuttavia questo non esonera lei, la struttura operativa che lei dirige e il Governo che lei rappresenta dall'assumersi le responsabilità che derivano dalla pessima gestione di questo caso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Lei viene qui oggi a distanza di quasi un mese dall'incidente che ha visto purtroppo la morte di due pescatori indiani a svolgere un'informativa che in tutta sincerità non fa la dovuta chiarezza sui nodi fondamentali e, se possibile, mette ancora più in evidenza il comportamento inadeguato tenuto nelle circostanze.
Signor Ministro, i militari La Torre e Girone sono due fucilieri del reggimento San Marco della marina militare, un reparto d'élite delle Forze armate italiane, addestrate per missioni difficili e pericolose. Si trovavano a bordo dell'Enrica Lexie non certo per propria scelta e nemmeno per denaro mercenario come ha Pag. 16erroneamente inteso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) lady Ashton, definendoli con imperdonabile superficialità dei contractors. Si trovavano a bordo della Lexie a rappresentare lo Stato in virtù di un dispositivo di legge e di un accordo siglato dal Ministero della difesa con Confitarma, sotto l'ombrello di una Risoluzione delle Nazioni Unite. Si tratta quindi di militari di uno Stato sovrano in missione di sicurezza e, come tali, avrebbero dovuto godere di uno stato giuridico tutelato dalle convenzioni di immunità diplomatiche e dalla Convenzione di Montego Bay sui diritti del mare. In ogni caso, qualunque decisione che potesse attentare alla loro incolumità avrebbe dovuto essere oggetto della decisione responsabile delle autorità italiane.
Signor Ministro, dalle sue parole, non chiarissime sul punto a dir la verità, trapela che gli indiani avrebbero, con un trucco, un trucco abbastanza puerile direi, lasciato intendere che entrare nelle acque territoriali sarebbe servito alle indagini e non avrebbe avuto conseguenza per gli italiani a bordo. Sulla base di queste affermazioni, evidentemente inattendibili, il comandante della nave, sentito l'armatore, fatte forse un paio di telefonate forse - forse - al comando della marina militare, decide di fare entrare la Lexie nel porto di Kochi, con tutte le conseguenze che lei ci ha illustrato e conosciamo.
È ridicolo che oggi qui venga a dirci che da parte sua lei non era d'accordo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ci dica piuttosto, se lei non voleva, chi in realtà ha assunto direttamente una decisione così sbagliata, un'azione da sprovveduti, da creduloni, sulla base di una bugia della polizia locale di una regione dell'India (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). A me risulta che i militari del nucleo a bordo della Lexie avrebbero potuto ricevere solo ordini dai vertici militari, da quella catena di comando che non ha per niente funzionato. Oppure, signor Ministro, dobbiamo ritenere che noi imbarchiamo i nostri militari di eccellenza, addestrati con grande investimento pubblico, per tutelare l'attività commerciale privata di armatori, per difendere il loro carico, la loro nave e la loro utilità su loro richiesta, e poi questi armatori possono decidere della vita e della morte dei nostri ragazzi e, quando le cose si mettono male, darli in pasto a Stati esteri che si prendono gioco di noi, per portarseli tranquillamente a casa con la loro nave (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Stefani.

STEFANO STEFANI. Sì grazie, Presidente, porti pazienza.

PRESIDENTE. Io ce l'ho, il Regolamento non la porta.

STEFANO STEFANI. Ma stiamo scherzando? Come poteva il comandante della nave prendere questa decisione? E lo Stato italiano dov'era in quel momento? Il Ministro degli affari esteri dov'era? Gli indiani si stanno rivelando il peggior partner, tanto più se pensiamo che questi nostri nuclei militari nelle acque somale hanno difeso e stanno intervenendo in arrembaggi e sequestri che vedono tra le vittime anche molti cittadini indiani.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Stefani.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, come tutti gli altri!

PRESIDENTE. Chiedo scusa onorevole: i tempi sono uguali per tutti e lei ha sforato di un minuto e 20. Non mi può venire a dire: «gli altri» (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Ministro, ha ragione lei: Lamolinara è uno degli eroi involontari che fanno grande questo Paese, pur nel dolore e nella sofferenza, rispetto ai quali ci uniamo al Pag. 17cordoglio per la sua famiglia. Noi le rinnoviamo il sostegno, a lei personalmente, per la stima che abbiamo, ed al suo Governo, anche in considerazione del fatto che questo è uno degli ennesimi momenti in cui questo Paese ha bisogno di essere unito e di parlare con una sola voce, chiara e forte.
Vede, faccio solo due riflessioni, il tempo non mi consente di affrontare tutto quello che vorrei. In primo luogo, anche se apprezziamo le mosse e le parole distensive che lei ha scelto di usare verso la Gran Bretagna, saremmo ipocriti se non dicessimo che non ci convince la questione della non intenzionalità, il che significa non essere in malafede nel non comunicare in tempi certi e giusti, ma essere in buona fede nel non comunicare in questo caso è ancora più grave, perché dimostra una distrazione e una superficialità che non meritiamo e direi che per una volta non dobbiamo essere più inglesi degli inglesi. A parti rovesciate, ci immaginiamo quale campagna sarebbe partita dal Regno Unito e noi certamente non vogliamo questo, ma vogliamo che il nostro Governo faccia presente al Governo britannico, ancora più di quanto abbia già fatto, nelle forme diplomatiche e riservate, che l'Italia non accetta questa conduzione di un affare, di una questione così delicata.
Non so se ci sia una diversità di filosofie, è probabile, però ci sono anche blitz che finiscono con la salvezza degli ostaggi. Quindi, non la metterei sul campo della filosofia, ma su quello di una mancata relazione, che diventa grave dal punto di vista dei rapporti diplomatici. Il Presidente Napolitano ha fatto bene, in qualche modo, ad alzare la voce nei giorni scorsi, chiedendo chiarimenti. Chiarezza, lei ha detto: chiarezza ancora occorre - nonostante la sua ricostruzione sia stata apprezzabilissima - e ad essa bisogna arrivare.
Sappia anche che il grande consenso parlamentare, che anche oggi è stato testimoniato a lei e al Governo, consente di non rifugiarsi nel rimpallo di responsabilità; consente, sulle catene di comando e sui vari episodi, di essere trasparenti. L'Italia lo consente a lei e a questo Governo, così come lo consente e lo pretende il dovere che abbiamo nei confronti della famiglia Lamolinara e dei due marò, ai quali e alle cui famiglie, da qui, vogliamo rivolgere la nostra solidarietà.
Per quanto riguarda i marò, è chiaro che le perizie, gli avvocati e il team di giuristi di cui lei ha parlato sono tutte cose apprezzabilissime, ma la nostra sensazione è che la questione, come è ovvio, non si risolva a carte bollate o a perizie balistiche, ma si risolve se diventa una questione eminentemente politica, non solo dell'Italia, ma della comunità internazionale. Dev'essere chiaro agli indiani, ma anche all'Unione europea e al Palazzo di vetro, che ogni atto compiuto contro i due marò è un atto compiuto contro l'Italia e contro l'Unione Europea (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
Se questa è la verità - e lo è - essa deve diventare linea politica del Governo. Occorre, quindi, mettere in moto tutti i meccanismi, non solo con la signora Ashton, come è ovvio, ma, ripeto, a livello di Unione europea e di Palazzo di vetro, affinché questa questione venga assunta nell'agenda internazionale con il rilievo che il nostro Paese merita.
Vorrei svolgere un'ultima riflessione (e siccome è un momento importante, questo della pacificazione tra Maroni e il Ministro Terzi, chiedo i trenta secondi che perdo!). Cari colleghi, tutto ciò riguarda noi, perché queste vicende dimostrano una cosa molto chiara: altro che un Governo a sovranità limitata, che si limita solo all'economia, noi abbiamo bisogno di un Governo a piena sovranità, il quale, nell'arco di tempo a sua disposizione, possa affrontare con grande capacità e con grande unione del Paese tutte le questioni, e quelle di cui stiamo discutendo non sono certo le minori.
Quindi, è un Governo - anche il Presidente del Consiglio, oltre a lei, Ministro Terzi - che deve prendere queste vicende come elementi chiave della tenuta dell'Italia nel mondo e alzare la voce con il garbo di cui siamo capaci, ma con la forza e la determinazione che i due marò e questo Pag. 18Paese meritano (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, signor Ministro degli affari esteri, per un curioso gioco del destino riscontro che oggi affrontiamo due vicende diverse, ma che, paradossalmente, sono comunque unite da alcuni elementi.
Il primo - senza dubbio doveroso - è l'espressione di quei sentimenti che ci fanno uomini: l'umanità, la pietà, la solidarietà, che è doveroso che questo Parlamento, come espressione della nazione, sappia testimoniare prima di tutto alla famiglia dell'ingegner Lamolinara e, sotto altro verso, alle famiglie di quei marò che sono lontani, e più lontano ancora anche a quei pescatori, comunque siano andate le cose.
Credo che poi vi sia un altro elemento - in questo caso è una parola - comune a tutti e due i casi, ossia il sequestro: da una parte, è il sequestro di criminali, di terroristi, affiliati - come lei ci ha spiegato - al gruppo di Boko Haram, che è una propaggine di Al-Qaeda; all'altra parte, si tratta - diciamolo con nome e cognome - di un sequestro di Stato.
Sul primo versante, la ringrazio per la chiarezza con cui ha delineato quanto è accaduto e anche perché ha detto chiaramente - anzi, ha ripetuto - le espressioni con cui, da una parte, il Presidente del Consiglio e, d'altra parte, il Capo dello Stato, hanno affermato che, comunque, è inaccettabile il comportamento delle autorità inglesi, laddove hanno fornito al nostro Paese - che era palesemente coinvolto essendo italiano uno dei degli ostaggi - una comunicazione non tempestiva.
Signor Ministro, lei ci ha raccontato della corretta opera svolta dall'unità di crisi della Farnesina e dei rapporti del nostro Governo con il Regno Unito, in particolare del fatto che l'ambasciatore Prentice comunicava e interloquiva con il nostro Governo avendo coscienza assoluta di una operazione programmata, ma teoricamente, perché si è trattato di un'operazione che egli ha rincorso e che non sarebbe stata a lui, in quel momento, tempestivamente comunicata. Di conseguenza tutta la catena avrebbe fatto sì che l'operazione si sia svolta e noi ne avessimo preso atto in ritardo. Gli inglesi vogliono affermare la assoluta non intenzionalità, ne prendiamo atto, ma a mio modo di vedere restano comunque palesi elementi d'ombra sui quali apprezzo il fatto che lei abbia riaffermato la forte volontà del Governo di totale trasparenza e di condivisione anche con il Parlamento.
Lei ha voluto riaffermare - e lo ha fatto anche il Capo dello Stato - che ci sono italiani coraggiosi e generosi che portano alto il nome di questo Paese nel mondo; lo ha fatto Lamolinara, purtroppo testimoniando il suo ingegno e le sue capacità con la vita; dall'altra parte, abbiamo un'altra questione tuttora aperta, che è quella dei marò, sulla quale penso ci siano da dire parole chiare.
Credo che la linea che lei ha seguito sia comunque corretta perché è innanzitutto pragmatica; lei tiene necessariamente conto dei pesi che ci sono in campo e della situazione. Il sottosegretario de Mistura, che rientra oggi, ci ha fatto presente che la situazione è estremamente difficile; c'è un clima ostile che si respira e vi sono le elezioni in corso; anche per noi è stato orrendo vedere i titoli dei giornali con la scritta «italiani assassini», con tanto di fotografia.
Però tutto ciò detto, credo che l'Italia debba rivendicare con forza una serie di elementi: quello della sovranità, perché dobbiamo tutelare gli organi dello Stato e i nostri marò hanno operato come organi dello Stato all'estero; quello della giurisdizione e della bandiera nazionale della forza militare che era sull'Enrica Lexie; infine, quello della collaborazione nella lotta alla pirateria. È chiaro che i nostri due soldati hanno agito nell'ambito di una funzione ufficiale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO MENIA. Mi avvio a concludere velocemente, signor Presidente. Pag. 19
Qui c'è ancora una questione che si pone. Voglio rimarcare le parole che ha detto proprio la nostra medaglia d'oro, il deputato Gianfranco Paglia, secondo il quale non è ammissibile continuare ad imbarcare militari veri per difendere navi private. Non si tratta di contractors, come invece ha affermato, per esempio, lady Ashton. Anche su questo aspetto credo che una pressione seria nei confronti dell'Unione europea vada fatta, perché se la baronessa in questione testimonia una sorta di antipatia nei nostri confronti - e io personalmente la ricambio -, in questo caso mi pare del tutto evidente che non si possa affermare che si trattasse di contractors, perché erano invece militari in forza, su mandato ONU, per svolgere un'azione antipirateria.
Noto peraltro un ulteriore elemento che è del tutto particolare: vi sono Paesi - e penso proprio ai Paesi del BRICS - che diventano, certo, forze economiche, ma che però molto hanno da fare a proposito di tutela della legislazione internazionale e dei principi internazionali. Infatti, se l'India può permettersi di sequestrare i nostri soldati o il Brasile può permettersi di non renderci un terrorista come Cesare Battisti, significa evidentemente che qualcuno deve fare i conti con tutto ciò.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Menia.

ROBERTO MENIA. Concludo riaffermando al Ministro Terzi di Sant'Agata la nostra solidarietà per l'impegno con cui svolge la sua missione e riaffermando che sia giusto (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo - Congratulazioni)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Menia.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, consentite anche a me, a titolo personale e a nome di tutto il gruppo di Popolo e Territorio, di esprimere un profondo cordoglio alla famiglia dell'ingegner Lamolinara e una vicinanza davvero forte ai nostri marò che eviterei di ritenere militari catturati: sono, invece, dei militari che sono stati sequestrati. Cominciamo ad usare i termini giusti per definire esattamente le questioni.
Vede, signor Ministro, non ho difficoltà a riconoscere nella sua relazione una ricostruzione puntuale e certosina di tutti i fatti per come si sono svolti.
Tuttavia, proprio dalla sua relazione emergono degli elementi che richiedono, davvero, un supplemento di chiarezza e uno sforzo deciso per capire qual è oggi la situazione del nostro Paese in termini di rispetto nel contesto internazionale e qual è l'esercizio della sovranità che noi possiamo esercitare per difendere i nostri uomini, le nostre persone che sono impegnate all'estero e i nostri militari.
Io mi auguro - glielo dico con grande franchezza - che sulla vicenda dei due ostaggi che sono stati assassinati si faccia davvero chiarezza, ma una chiarezza completa, perché di questo abbiamo assolutamente bisogno. Inoltre, mi auguro - e lo dico sottovoce - che lei sia in grado di smentire quelle voci che stanno circolando in queste ore in alcuni ambienti e che addirittura lasciano presumere che vi sia stato, da parte italiana, nelle ultime settimane, un passo in avanti nelle trattative, anche in relazione ad un eventuale pagamento per il rilascio degli ostaggi, perché non vi sono dubbi - e non è mera filosofia, lo voglio dire agli amici dell'UdC - sul differente atteggiamento che connota la Gran Bretagna rispetto al nostro Paese su questioni di tale natura. Non sappiamo certo da oggi che, da parte degli inglesi, vi è una contrarietà a qualunque tipo di trattativa, in situazioni di questo genere.
È evidente, quindi, che non è assolutamente ininfluente capire esattamente qual è anche il livello del rispetto che si ha nei nostri confronti. In altri tempi, quando avevamo un minimo di capacità e di autorevolezza nel contesto internazionale, non avremmo lasciato che la decisione fosse assunta da un comandante, per quanto capace, di una nave mercantile, Pag. 20quando a bordo vi sono dei militari che stanno lì in base ad accordi internazionali per consentire la lotta alla pirateria. Non si può risolvere la questione soltanto dichiarando l'impotenza e la poca autorevolezza nei confronti di queste situazioni.
E veniamo ai marò. Noi siamo assolutamente convinti del fatto che l'azione diplomatica, per quanto efficace e importante, e per quanto delicato sia il rapporto con le autorità indiane in questo contesto, non possa essere assolutamente scevra anche della capacità di far rispettare le regole di diritto internazionale. Il diritto non si afferma soltanto sul piano diplomatico: qualche volta il diritto si afferma anche con la capacità di produrre una forza che, in qualche modo, sia capace di contrapporsi - lo dico con chiarezza - a quello che lei ha detto essere il contesto nel quale si è consumato il sequestro dei nostri marò. Lei ha parlato di chiare ed evidenti azioni coercitive degli indiani.
È evidente che tutto questo richiama una responsabilità più complessiva nel contesto europeo. Certo, alla responsabile per la politica internazionale della Unione europea bisogna ricordare che i nostri militari non sono agenti privati; bisogna ricordare che quando si entra in campo a quel livello anche le parole hanno un peso, e credo che questo sia uno degli elementi sui quali bisogna ritornare per creare condizioni di autorevolezza del nostro Paese. Soltanto così saremo in grado di portare a casa i nostri marò.
Voglio ricordare al Parlamento che in quel Governo e durante quel Governo che è stato fortemente contestato, vi erano azioni molto difficili che si sono determinate nei confronti del sequestro di alcune persone, ma coloro che erano stati presi in ostaggio sono stati riportati a casa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, capisco la delicatezza del momento. Vi sono ancora tanti, troppi nostri connazionali sequestrati in giro per il mondo.
Quindi, bisogna dare anche l'immagine di un Paese che nella sua massima espressione, quella del Parlamento, è coeso e unito nel sostegno a tutte le azioni e iniziative che il Governo intenderà mettere in campo per riportare a casa Rossella Urru, Giovanni Lo Porto, Sandra Mariani e altri ancora sequestrati a bordo di una nave.
Però, spero che il Ministro comprenderà quello che in diplomazia si chiama un «linguaggio franco» e permetterà che io dichiari di non essere del tutto soddisfatto della sua relazione. Le spiego il perché, o almeno ci provo.
Capisco che il nostro è un bicameralismo perfetto e che non c'è nulla che vieti di riproporre nell'Aula di Montecitorio esattamente lo stesso discorso pronunciato 24 ore prima nell'Aula del Senato, però avrei preferito che fosse arricchito con qualche elemento e con qualche risposta agli stessi elementi di interlocuzione che le sono stati proposti nell'altro ramo del Parlamento.
Voglio anche esprimere in questo modo un elemento di solidarietà a lei, in maniera particolare, che si ritrova a dover gestire situazioni così tanto difficili in così poche settimane e in così pochi mesi, soprattutto perché arriva a questa responsabilità dopo la parentesi non proprio esaltante del precedente Esecutivo in politica estera (e non solo). Quindi rimane un problema di credibilità e di stima e noi francamente speravamo che non accadesse in maniera così drammatica quanto è accaduto in India e quanto è accaduto in Nigeria. Però mi faccia dire che mi aspettavo qualche cosa di più anche nella ricostruzione.
Parlo subito dei marò e inverto l'ordine dei fattori. Lei ha addirittura parlato di un sotterfugio, ma è difficile credere che ci sia stato un sotterfugio. Se le dinamiche sono quelle che lei ha spiegato qua, come si può pensare che i marò a bordo e il capitano della nave fossero così pronti a riconoscere eventuali pirati catturati dalle autorità indiane?
Quindi c'è qualcosa che non torna, c'è qualcosa che non torna nella filiera del Pag. 21comando; non si sa bene chi ha dato le autorizzazioni e, se queste sono state date dall'armatore, evidentemente ci sono delle responsabilità che vanno denunciate e chiamate in causa e questo non è ancora avvenuto.
E poi: servono davvero i periti balistici? Forse un'autopsia e il confronto delle pallottole che hanno colpito i marinai con le munizioni in dotazione ai nostri marinai è sufficiente per chiarire se loro hanno eventuali responsabilità nell'accaduto.
Un punto, però, deve essere chiaro, e su questo siamo assolutamente con lei: eventuali responsabilità devono essere accertate, verificate e valutate dagli organismi giurisdizionali italiani, perché i fatti sono appunto avvenuti in acque internazionali e per questo noi dobbiamo reclamare il diritto-dovere delle autorità giudiziarie italiane a valutare il comportamento.
Però - lo ripeto -, ci sono troppe cose che non tornano in questa vicenda, che chiamano in causa sicuramente il clima elettorale nel Kerala, ma chiama in causa soprattutto un problema di credibilità e di stima nei confronti del nostro Paese.
Quanto invece alla vicenda del povero Franco Lamolinara, è del tutto evidente che anche in questo caso è entrato in conflitto, oltre alla credibilità e alla stima, un elemento di valutazione differente fra noi e gli inglesi. Sappiamo che in genere gli inglesi e gli americani sono portati a non trattare e rifuggono dall'idea di pagare un riscatto, almeno a parole, almeno nelle espressioni, poi cosa avvenga in maniera riservata non lo sappiamo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Però qui c'è un dato: nel caso di specie ha usato la parola «inaccettabile», così come ha detto che è inaccettabile la situazione dei due marò. Allora si impone una domanda: che cosa avete fatto e che cosa avete intenzione di fare rispetto a due situazioni che voi stessi definite, quali rappresentanti del Governo italiano, inaccettabili? Di fronte a situazioni inaccettabili non ci possono essere che risposte ferme.
Ovviamente nessuno pensa di dichiarare guerra all'India né alla Gran Bretagna, ma ci vuole una precisa e ferma determinazione a livello diplomatico.
Anche perché - e concludo su questo, signor Presidente - c'è un dato che mi ha colpito nella sua ricostruzione. Lei ha parlato di due ore di battaglia a Sokoto, in Nigeria, e tre uomini armati uccisi dall'altra parte. A fronte di un blitz, e non si può definire blitz quando dura due ore, a fronte di una battaglia in cui erano impegnate le teste di cuoio - le chiamiamo così - inglesi e contingenti nigeriani, dall'altra parte c'erano soltanto tre uomini armati? È un po' debole come ricostruzione e forse, anche da questo punto di vista, dovremmo non accontentarci delle conclusioni cui è giunto il suo omologo inglese. Vorremmo su questo davvero più chiarezza anche nelle settimane a venire (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, anche noi di Grande Sud sosteniamo il Governo anche nel comportamento tenuto in queste due vicende, delle quali almeno una è stata molto sfortunata, avendo perso un giovane ingegnere professionista che faceva il suo lavoro con la sua impresa. Certo, dobbiamo notare che vi è stata una tempestività abbastanza notevole del Governo anche nell'informazione che ha dato al Senato ieri e qui alla Camera oggi con un rapporto dettagliato, che noi sostanzialmente non possiamo che apprezzare.
I rapporti con la Gran Bretagna, che sono ottimi, non possono certamente essere messi in discussione dall'episodio, pur gravissimo, come quello che ha portato alla morte di questi due ingegneri prigionieri della frazione di Al Qaeda dei ribelli nigeriani. Noi facciamo veramente, come gruppo, le condoglianze alla famiglia ed esprimiamo la solidarietà a tutti coloro che hanno sofferto e che soffrono per questo avvenimento. Pag. 22
È vero, gli inglesi volevano liberare gli ostaggi - loro hanno da sempre un'altra mentalità e un'altra linea - con ogni mezzo, anche quello militare. Gli italiani hanno sempre pensato, nei quattordici episodi, non solo questo Governo, ma tutti gli altri Governi precedenti, sia quello Berlusconi sia quello Prodi, a liberare gli ostaggi utilizzando la trattativa. Credo che questa sia la via migliore, perché ha portato in numerosi casi alla liberazione degli ostaggi. Speriamo che sarà liberata così anche la Urru, speriamo che non ci sia bisogno di blitz. Quindi, abbiamo il rammarico soltanto che l'episodio abbia portato a questa morte.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Misiti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Infine, dico soltanto una parola, anche con l'India abbiamo la necessità di affermare che l'Italia fa parte dell'Europa, fa parte dell'ONU, e insieme, italiani, europei e anche le organizzazioni internazionali, devono aiutare a riportare a casa i due marò (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signor Ministro, si sono verificate due dolorose circostanze, la prima, quella che in Nigeria ha visto purtroppo un esito tragico con la morte dell'ingegnere Lamolinara, alla cui famiglia va il nostro cordoglio accorato della componente del gruppo Misto Alleanza per l'Italia, e la seconda, in India, che coinvolge due militari italiani ingiustamente carcerati. Due dolorose circostanze, dunque, hanno posto all'attenzione mondiale la condizione dei nostri concittadini.
Riguardo ai due marò detenuti in India, esprimo anch'io, come fatto qualche altro collega, una richiesta volta a superare l'attuale contraddittorio, condizione in cui si trovano i nostri soldati chiamati ad esercitare una funzione militare di tutela della nave avendo però come comandante un civile. È chiaro che devono essere ridefinite le regole di ingaggio dei nostri militari, rendendo coerente come modello di efficienza il rapporto tra il nostro Ministero della difesa e gli armatori.
Va dato atto, peraltro, al Presidente Monti di avere opportunamente precisato quali fossero gli esiti del colloquio con l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, che nella dichiarazione della Ashton erano apparsi sfumati.
Sappiamo bene che l'appartenenza ad un ordinamento sovranazionale, come l'Unione europea, può comportare la cessione di una quota di sovranità. Questo, tuttavia, non potrà mai significare il sacrificio e la rinuncia al massimo impegno per tutelare l'integrità e la libertà personale dei nostri concittadini.
Nella drammatica vicenda, che è costata la vita all'ingegnere Lamolinara, abbiamo dovuto registrare una distanza rispetto al comportamento del Regno Unito che ci ha ferito.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pisicchio.

PINO PISICCHIO. Evidentemente, il principio dell'anteriorità della persona umana e della sua vita rispetto a tutte le ragioni di Stato, sancito dalla nostra Costituzione e dal diritto naturale - e con questo mi avvio a concludere -, non ha rappresentato il principio ispiratore della condotta delle forze d'assalto britanniche. Questo è un fatto grave, opportunamente stigmatizzato dal nostro Governo, cui va la nostra piena condivisione. Resta il fatto che un italiano innocente è stato strappato alla vita e alla sua famiglia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia e del deputato Cambursano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonione. Ne ha facoltà.

ROBERTO ANTONIONE. Signor Presidente, signor Ministro degli affari esteri, colleghi, anche da parte nostra ci vogliamo associare alle sue parole di cordoglio e di Pag. 23apprezzamento nei confronti di quello che lei ha chiamato un eroe, l'ingegnere Lamolinara, che è deceduto, in questo triste momento e in questa triste vicenda, in Nigeria.
È un momento difficile non per il Governo ma per l'intero Paese rispetto a queste due vicende, delle quali lei ci ha parlato, signor Ministro. Credo che dobbiamo fare ogni sforzo per restare vicini ed evitare qualsiasi polemica. È indubbio, comunque, che anche dalle sue parole, nella ricostruzione dei fatti, il Governo inglese non si è comportato in maniera, in un certo senso, positiva.
Lei lo ha definito un ritardo non intenzionale, ma è già stato osservato che se non si tratta di ritardo voluto, comunque sia, mette in evidenza una difficoltà di rapporto che sussiste almeno nei nostri confronti. Se l'ostaggio fosse stato statunitense sicuramente il Governo inglese - lei lo sa perfettamente - non si sarebbe comportato così. Pertanto, è giusto rimarcare questo elemento.
Per quel che riguarda la vicenda dei due marò, ai quali, ovviamente, va tutta la nostra solidarietà, anche su questo tema quello che lei ci ha riferito mette in evidenza un atteggiamento, nei nostri confronti da parte del Governo indiano, molto discutibile e, quindi, dobbiamo compiere ogni sforzo per cercare di portare i nostri due connazionali a casa. Qui si giocherà il prestigio, che tante volte è stato evocato da parte dell'opinione pubblica, nei confronti del nostro Governo.
Voi oggi avete questa responsabilità: portare a casa, al più presto, i due marò e il Parlamento deve fare ogni sforzo per stare vicino all'azione che state compiendo e sulla quale noi esprimiamo certamente un giudizio positivo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Antonione.

ROBERTO ANTONIONE. Voglio concludere dicendo questo. Di queste due vicende, pur negative, e di questa esperienza dobbiamo farne, comunque, tesoro. Nel primo caso credo che il Governo debba mettere in evidenza, in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza, il fatto di essere interpellati per tempo se dovessero accadere altre situazioni nelle quali ostaggi nostri connazionali, insieme ad ostaggi di altri Paesi, fossero - ovviamente non ce lo auguriamo - nella stessa situazione che si è verificata in Nigeria. Quindi, occorre preventivamente mettere in chiaro che qualsiasi azione deve essere concordata prima e per tempo con il nostro Governo.
Analogamente, per quel che riguarda le nostre Forze armate sulle navi che vanno a cercare di dare una risposta alla pirateria, bisogna che sia chiaro, anche in questo caso, che quando vi sono le nostre Forze armate non può essere il comandante della nave ad avere l'ultima parola sulle decisioni della rotta ma deve essere il Governo italiano, attraverso il Ministero della difesa, a poter dare quella che deve essere la decisione finale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia - PLI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Urso. Ne ha facoltà.

ADOLFO URSO. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, ovviamente quando si tratta di politica estera si deve sempre cooperare, agire e parlare con estrema responsabilità, a prescindere dai ruoli politico-istituzionali, perché la politica estera riguarda la tutela dell'Italia, del nostro Paese.
In questo caso, signor Ministro, occorre chiedersi se questi due episodi siano stati due episodi sfortunati - può accadere - o due episodi che denotano falle nella nostra politica estera e di sicurezza, alle quali dobbiamo ovviamente sopperire.
Questo a prescindere ovviamente dalle singole responsabilità o dalle responsabilità di questo Governo. Nel caso dell'ingegnere Lamolinara è evidente che è inaccettabile l'atteggiamento che il Governo inglese ha avuto e che sono puerili le scuse che ha accampato.
Nel caso dei due marò, un episodio peraltro ancora aperto, voglio sottolineare Pag. 24che esistono due fronti sui quali occorre operare: uno è quello che prima veniva evidenziato del rapporto con gli armatori: c'è qualcosa che non è andato - lei stesso lo ha evidenziato - e quindi occorre sopperire cambiando e imponendo le norme ai nostri armatori per tutelare coloro che li tutelano, cioè i nostri militari.
L'altra falla - se mi permette - riguarda la politica estera europea che si evidenzia anche nella gaffe - chiamiamola così - di ieri, emersa dai giornali di oggi, della baronessa Ashton, non a caso anche lei un'inglese. La gaffe - quella di definire «guardie private» i nostri marò - può derivare da una scarsa informazione che lei ha avuto da noi e quindi dal Ministro degli affari esteri, o da una sua attitudine a confondere perché - quando si tratta dell'India - gli inglesi confondono spesso. La baronessa Ashton si è comportata - e si comporta - in questo modo perché è inglese e tutela più gli interessi evidenti della Gran Bretagna in India e dell'India in Gran Bretagna storici ed economici, o si comporta - e si deve comportare - come Ministro degli affari esteri dell'Europa e quindi anche dell'Italia? È questo l'elemento in più che volevo portare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro degli affari esteri per la ricostruzione accurata che ha fatto dei due tragici episodi di cui parliamo. Essa è esauriente. Avrei due richieste specifiche.
Sul primo degli episodi - la dolorosa morte dell'ingegnere Lamolinara - c'era stato un accordo tra il Governo italiano precedentemente in carica ed il Governo inglese circa la gestione di queste trattative e dell'episodio? Circa il secondo episodio, quando l'armatore della Enrica Lexie e il Comando della difesa sono stati interpellati - come lei ha detto - si sapeva già che erano morti due pirati o pescatori indiani? A parte queste richieste, in relazione alle quali sarei grato al Ministro di qualche ulteriore chiarimento, è bene che il Parlamento riaffermi con forza la sua unità, nei suoi larghi numeri, a sostegno di questo Governo nell'azione di politica estera indispensabile per portare a casa i nostri due soldati ingiustamente trattenuti in India.
Signor Presidente, vogliamo qui ribadire con molta forza questa piena solidarietà al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, voglio innanzitutto esprimere, a nome del gruppo di Noi Sud, la solidarietà e la vicinanza ai familiari dell'ingegnere Lamolinara e, al contempo, esprimere il rammarico per come si è rivolto al Parlamento questa mattina il nostro Ministro degli affari esteri, trattandoci come dei lettori distratti di cronaca e non fornendoci alcuna valutazione politica da parte del Governo su queste due vicende che hanno messo in discussione la credibilità, la sovranità ed il rispetto che il nostro Paese deve avere.
Noi non siamo solo un Paese a democrazia limitata per la natura del Governo che in questo momento è in carica: siamo un Paese a sovranità limitata, non il Governo a sovranità limitata di cui ha parlato Adornato. Siamo un Paese a sovranità limitata nel senso che qualunque Paese straniero, in questo momento, proprio per la nostra debolezza politica, ritiene di poter assumere decisioni che riguardano anche noi.
È evidente, signor Ministro, che nei confronti del Governo britannico dobbiamo assumere una posizione forte e ferma perché un'azione improvvida e non concordata con l'Italia ha determinato la morte tragica di un nostro connazionale.
Non ci possiamo limitare ad una presa d'atto ma dobbiamo svolgere tutte quelle iniziative politiche e diplomatiche che ribadiscano la nostra assoluta contrarietà rispetto a quello che si è determinato. Pag. 25Rispetto alla vicenda dei marò, il Governo deve porre in essere iniziative, rispetto a quello che è stato definito un sequestro, ed io condivido; i nostri militari non sono prigionieri dell'India ma sono stati sequestrati in India anche per l'azione coercitiva, come lei l'ha definita, che le autorità indiane hanno fatto a danno dei nostri marò. Quindi, signor Ministro, solo in questo noi le possiamo essere solidali, sperando che la sua azione abbia successo, vada avanti con decisione e determinazione, perché in questo avrà l'appoggio del Governo per riportare a casa i nostri marò.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,55).

MARIO BACCINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, la ringrazio perché sull'ordine dei lavori è importante sottolineare alcuni passaggi anche del nostro intervento per lasciare agli atti delle posizioni, per cui le chiedo signor Presidente di poter rilasciare una nota che ritengo sia utile anche a futura memoria.
A questo proposito, signor Presidente, vorrei ringraziare il Ministro Terzi di sant'Agata per l'esauriente esposizione, perché ritengo che la gestione delle relazioni...

PRESIDENTE. Onorevole Baccini, nel corso degli interventi sull'ordine dei lavori non è possibile consegnare note.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, stavo appunto informandola che sull'ordine dei lavori è importante sottolineare alcuni aspetti. La gestione delle relazioni internazionali - avendo l'opportunità anche di avere qui il Ministro e considerati i dibattiti che ci sono stati anche a livello di media per sottolineare queste posizioni - richiede determinazione e misura come lo stesso Ministro ci ha ricordato. Quindi per conseguire questo risultato, signor Presidente, nella fattispecie il ritorno a casa dei nostri marò - è uno degli aspetti importanti - il Governo a mio parere ha ben disposto le leve in possesso dell'Italia perché in politica estera ritengo che ogni piccolo passo in avanti sia un successo, l'importante è non andare indietro.
Signor Ministro, il Governo credo che stia facendo bene la sua parte nella cooperazione per la lotta alla pirateria e l'autorevolezza delle Forze armate che hanno sottolineato questo aspetto, quindi voglio sottolineare che il Governo ha inviato in India - lo ha detto il Ministro - una squadra di primissimo ordine del Ministero degli affari esteri, nonché dei Ministeri della difesa e della giustizia. Si tratta di un difficile e articolato confronto in corso con una delle maggiori nuove potenze nello scenario internazionale, l'India, sottoposta anch'essa a forti tensioni interne.
Non è alzando i toni del dibattito politico italiano che facilitiamo un esito positivo, quindi dobbiamo dimostrare coesione e sostegno intorno all'operato del Governo. Quando sono in gioco i nostri connazionali, occorre mettere da parte divisioni politiche e bene fa il Ministro Terzi di Sant'Agata a sottolineare questa vocazione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, rubo solo due minuti della sua pazienza e lo faccio a fine seduta perché non ritenevo di intervenire quando lei ha letto lo speech in relazione all'intervento dell'onorevole Maurizio Turco perché ovviamente non volevo rubare tempo al dibattito.
La ragione è anche, la pregherei di credermi, che sto parlando assolutamente a titolo personale come qualunque deputato può fare a fine seduta e non intendo Pag. 26impegnare minimamente il mio gruppo in una mia personalissima analisi che durerà pochi secondi e che ritengo di lasciare a verbale. Non voglio neanche aprire alcuna polemica e lo faccio anche con la convinzione che ovviamente lei in questo momento è in una posizione di autorevole rappresentanza della Camera.
Lei, però, ha svolto anche, nella sua attività politica, ruoli importanti all'interno del suo gruppo, sia quando era alla maggioranza sia quando era all'opposizione. Voglio credere e sono convinto che, probabilmente, se in questo momento lei fosse in quella posizione, sarebbe più in sintonia con me rispetto alla piccola considerazione che faccio, in ordine alla quale, ovviamente, non potrà adesso essere in sintonia, in quanto, giustamente, lei rappresenta lo speech che ha letto e deve non solo difenderlo, ma, ovviamente, anche valorizzarlo.
Mi permetto di intervenire solo perché, quando tocchiamo le questioni regolamentari, signor Presidente, ovviamente noi dobbiamo tenere conto che apparteniamo temporalmente ad un momento, ma, temporalmente, dopo qualche anno, dopo qualche vicenda, potremmo trovarci in un altro. Dobbiamo sempre avere la cura di sapere che le regole devono servire per tutelare sia quelli che in questo momento sono alla maggioranza sia quelli che sono all'opposizione.
Come sa, ho sempre contestato che i precedenti - lo sanno gli uffici, che giustamente devono utilizzarli quasi per obbligo, anzi, loro per obbligo, noi per scelta - potessero di per sé rappresentare un obbligo alla loro applicazione anche quando il precedente raffigura plasticamente la contraddizione stessa della norma che viene interpretata.
Spesso ci troviamo - lo sappiamo, signor Presidente, ed è stato fatto da tutti i Presidenti della Camera negli anni - con articoli del Regolamento che vengono violati e ciò assume la fattispecie di precedente e, spesso e volentieri, poiché noi deputati dobbiamo fare riferimento a quello che troviamo scritto, e i precedenti non li troviamo scritti, noi siamo convinti di agire attraverso il rispetto di un articolo del Regolamento ed escono fuori precedenti che dicono che quel Regolamento può essere «interpretato», lo dico tra virgolette, anche in un altro modo.
Questo non dà alcuna garanzia a ciascuno di noi rispetto a quello che possiamo o non possiamo fare qui dentro. Perché faccio riferimento a questo? Nello speech, signor Presidente - ho veramente concluso - si fa riferimento a quello che è successo in Conferenza dei presidenti di gruppo, dicendo che vi è una prassi, che è fatta di una serie di precedenti. Lei ha fatto anche riferimento al fatto che nel Regolamento non esiste la considerazione relativa al fatto che le Commissioni, piuttosto che l'Aula, non possano lavorare nel momento in cui è posta la fiducia.
È chiaro che - lo sappiamo perfettamente - la questione di fiducia è stata introdotta negli anni Settanta e non è neanche tutelata dalla Costituzione; è regolata esclusivamente dai Regolamenti di Camera e Senato. Però, nell'articolo 154 del Regolamento, in una norma transitoria, signor Presidente, ancorché non specificamente facendo riferimento alle Commissioni, al secondo comma si prevede che «In via transitoria e fino all'approvazione di una nuova disciplina della questione di fiducia, l'eventuale posizione di essa da parte del Governo nel corso dell'esame di un progetto di legge sospende, salvo diverso accordo tra i gruppi, il decorso dei tempi previsti dal calendario in vigore, che riprendono a decorrere dopo la votazione della questione stessa».
Signor Presidente, so perfettamente che questa previsione non è allineabile alla fattispecie...

PRESIDENTE. Infatti!

ROBERTO GIACHETTI. No, signor Presidente, lei sa perfettamente che...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la previsione si riferisce ai tempi, forse, principalmente.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, lo so perfettamente. Gliela sto citando Pag. 27 perché, innanzitutto, pur essendo una norma che interviene sui tempi, quando procediamo ad un'interpretazione, forse possiamo andare a cercare delle norme più prossime, nell'interpretazione, alla realtà.
Ho veramente finito, signor Presidente, ma mi permetto semplicemente di dire che in tutto il nostro Regolamento - questa è la questione a cui volevo fare riferimento - ogni volta che si prevede che vi sia, perché viene concepita, la possibilità di una deroga rispetto alle norme regolamentari, il punto fondamentale, che è la ratio e la filosofia di tutte le vicende, è che vi sia un accordo tra i gruppi.
Non contesto che si possa anche andare oltre, ma il presupposto dell'accordo dei gruppi, signor Presidente, penso che sia, in taluni casi, addirittura qualcosa che supera l'autonomia del Presidente. Laddove il Presidente non può arrivare, secondo me, in alcune norme regolamentari, si prevede la possibilità ulteriore che un accordo dei gruppi possa invece arrivarvi.
Ho finito, non voglio fare accademia e non voglio neanche rubare tempo a lei né a nessun altro, però, vedrà - io non vi sarò: mi auguro che lei vi sarà e certamente vi sarà qualcun altro, sicuramente gran parte dei nostri giovani eroici dirigenti della Presidenza - scommetto che, tra 10 o 15 anni, quello speech che lei ha letto oggi costituirà un precedente, per cui abbiamo portato a sistema qualcosa che dovrebbe essere soltanto un'eccezione.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la risposta non può che essere legata allo speech letto da me in precedenza. La ringrazio comunque della riflessione, che è, forse, di natura più generale, legata ad una possibilità di inserire nel Regolamento, se tutti sono d'accordo, i precedenti che oramai sono regolamentati, sia pure indirettamente. Bisogna che la stessa riflessione, di natura generale, che lei ha appena svolto venga fatta all'interno di un'eventuale riforma del Regolamento. La ringrazio ancora della sua riflessione.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 19,30.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 19,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buttiglione e Consolo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di componenti politiche del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 14 marzo 2012, il deputato Giancarlo Pittelli, già iscritto alla componente politica del gruppo parlamentare Misto «Liberali per l'Italia-PLI», ha chiesto di aderire alla componente politica del gruppo parlamentare Misto «Grande Sud-PPA».
Il rappresentante di tale componente, con lettera in pari data, ha comunicato di aver accolto tale richiesta.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per la semplificazione.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far Pag. 28parte della Commissione parlamentare per la semplificazione il deputato Francesco Laratta, in sostituzione del deputato Antonio Misiani, dimissionario.

Su un lutto del deputato Sergio Antonio D'Antoni.

PRESIDENTE. Comunico altresì che il collega Sergio Antonio D'Antoni è stato colpito da un grave lutto: la perdita del fratello Giuseppe. Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3111 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale (Approvato dal Senato) (A.C. 4999-A) (ore 19,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo della Commissione (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, il testo approvato dal Senato, il testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione e le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione vedi l'allegato A al resoconto della seduta del 13 marzo 2012 - A.C. 4999-A).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 4999-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, noi Liberal Democratici siamo consapevoli che salvare l'Italia, ovvero l'obiettivo che si è posto l'Esecutivo Monti, è un'operazione doppiamente complessa. Significa risolvere problemi importanti che da anni si trascinano senza essere mai stati affrontati con risolutezza, ma significa anche realizzare tutto questo con una evidente esiguità di tempo a disposizione.
Le lancette dell'orologio sono state ormai sostituite molto più prosaicamente da indicatori economici ancor più inclementi, se pensiamo allo spread, agli indici della borsa, ai numeri della cassa integrazione guadagni e agli outlook di crescita per il nostro Paese. Non basta, dunque, agire se non lo si fa celermente. Il voto di fiducia di oggi sul decreto ambiente si è reso necessario per garantire una sollecita approvazione del provvedimento, ma soprattutto per mantenere intatta la struttura del provvedimento così come delineata nel decreto-legge n. 2 del 25 gennaio 2012.
Ripristinare sostanzialmente il provvedimento nel testo originario risponde al duplice requisito di rispettare il richiamo operato dal Capo dello Stato il 23 febbraio scorso in merito all'eccessivo arricchimento dei decreti-legge in sede di conversione e, contestualmente, evitare di intervenire in una materia così significativa come quella ambientale con interventi disorganici, episodici, quando non anche disordinati.
Il decreto-legge ambiente ha cambiato pelle per ben tre volte: la prima nella sua conversione, così come uscita dal Consiglio Pag. 29dei Ministri, la seconda arricchito di 8-9 articoli, a nostro avviso non tutti condivisibili, la terza grazie ad un testo tornato ad occuparsi dei soli tre argomenti originari, ossia l'emergenza Campania, un chiarimento necessario sul divieto di commercializzazione dei sacchi da asporto merci a quasi un anno e mezzo dall'entrata in vigore e le disposizioni sui materiali di riporto destinate a velocizzare l'infrastrutturazione del Paese.
Sono provvedimenti seri, necessari, che meritano di essere affrontati con sollecitudine. Per questo motivo noi Liberal Democratici voteremo convintamente la fiducia, così come è sempre avvenuto dall'insediamento del suo Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, siamo all'ennesima richiesta di fiducia senza che nessuno di quelli che in passato si sono stracciate le vesti rispetto alle tante richieste di fiducia faccia sentire la propria voce a difesa del ruolo e della funzione del Parlamento.
Noi vogliamo sottolineare ancora una volta che il Parlamento è sotto sequestro, perché le sue funzioni non vengono rispettate da parte del Governo e perché i parlamentari non possono svolgere la loro funzione.
Il gruppo Noi Sud non voterà la fiducia al Governo, e non la voterà perché questo Governo sta ancora una volta archiviando la questione più rilevante nel nostro Paese, che è la questione del Sud e le difficoltà nelle quali versa la parte più debole del nostro Paese. Questo è un Governo che può vantare un solo dato positivo, l'abbassamento dello spread, che non è il frutto delle scelte del Governo, ma il risultato di alcune scelte che hanno fatto l'Europa e la Banca centrale europea e che non erano state fatte in passato, come i prestiti che vengono dati alle banche.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Il Governo ha aumentato le tasse, ha messo in ginocchio la nostra economia e sta assistendo inerte allo shopping che stanno facendo imprese tedesche e francesi rispetto a marchi italiani.
Per queste ragioni, signor Presidente, noi voteremo contro la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, la componente Repubblicani-Azionisti del gruppo Misto voterà favorevolmente la fiducia al provvedimento recante misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale.
Eravamo convinti che il Governo dovesse porre la questione di fiducia già in sede di discussione in Commissione ambiente. Ne siamo più convinti e determinati oggi che il provvedimento arriva in Aula.
Sì, forse si poteva meglio perfezionare il provvedimento, perché soffre di frammentarietà e soffre un poco anche di confusione nella sua gestione complessiva ma, come abbiamo detto in Commissione, il meglio è nemico del bene. Che vi siano motivi di straordinarietà ed urgenza è nelle cose e, se non vi fosse un'opposizione politica pregiudiziale sugli atti di questo Governo, oggi non staremmo qui a discutere.
Tuttavia, vorremmo suggerire al Ministro Clini in primis, ed al Governo poi, che una seria rivisitazione di tutta la legislazione in materia ambientale va fatta, rivisitando e portando a termine il testo unico sulle leggi relative all'ambiente. L'ambiente è una risorsa imprescindibile dello sviluppo e siamo certi che il Ministro ed il Governo sapranno apprezzare le opportunità che si offrono al Paese su questo tema.
Con questo decreto forse - forse - finalmente, porremo fine al disastro della Campania, realizzando i termovalorizzatori, Pag. 30 che da anni sono lì, senza mai trovare fine e senza mai trovare uno sbocco. Eviteremo così di mandare i rifiuti in Olanda e di pagare i Paesi europei per ricevere i rifiuti italiani per poi importare l'energia che si produce da quei rifiuti. Paghiamo, quindi, due volte la stessa cosa. Con i termovalorizzatori, che mi auguro si realizzeranno in Campania, questo balletto e questo via vai di rifiuti e di energia finiranno, con guadagni per l'Italia, per la Campania e per l'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, il largo consenso che il decreto alla nostra attenzione ha riscontrato, nell'altro ramo del Parlamento e nel dibattito in Commissione alla Camera, evidenzia le ragioni di un'urgenza oggettiva, che non avrebbe bisogno di ulteriori commenti.
Del resto, una parte significativa del provvedimento è dedicata all'intervento volto a superare la crisi dei rifiuti in Campania, un'emergenza nazionale dai risvolti drammatici, che ha posto per troppo tempo un'ipoteca inaccettabile sullo sviluppo economico della regione, compromettendo il canone di civiltà del suo meraviglioso capoluogo e sfregiandone l'immagine nel mondo.
Il decreto, dunque, compie passi concreti per superare l'emergenza rifiuti di una regione che detiene il triste primato del più alto numero di reati ambientali, con un giro di affari di svariati milioni di euro e il coinvolgimento di 80 clan malavitosi, che ha registrato quasi 1.000 tra arresti e denunce e 348 sequestri per reati legati al ciclo dei rifiuti.
Le misure che affrontano la criticità nella gestione dei rifiuti in Campania appaiono ispirate da concretezza e da senso di realismo. Così vanno interpretate le previsioni relative alla realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti, da situarsi presso gli impianti STIR e la realizzazione dell'impianto di Giugliano. Così è da intendere anche la norma che spinge a stabilire rapporti di leale collaborazione tra la regione Campania e le regioni destinatarie dei rifiuti urbani non pericolosi, collaborazione necessaria, da realizzare attraverso intese bilaterali.
Ma il provvedimento contiene anche misure altre, che adempiono alle indicazioni dell'Unione europea in materia di smaltimento rifiuti, quali le disposizioni sui materiali di riporto e quelle relative alla commercializzazione dei sacchi per l'asporto di merci, i cosiddetti shopper, con la messa al bando della plastica, scelta europea, promossa dall'Italia.
Va dato atto alla Commissione ambiente di avere operato con sensibilità e di aver adempiuto con sensibilità e attenzione alla pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2012, sul nesso ineludibile tra decretazione di urgenza e potere di conversione, nesso opportunamente richiamato dal Presidente della Repubblica. Così nel testo non compaiono più gli articoli che riguardavano il comparto, importantissimo, dei rifiuti agricoli e più in generale l'area della green economy, con innovazioni normative non secondarie anche sul piano delle misure di semplificazione del comparto agricolo. Il veicolo rappresentato dal disegno di legge in materia di ambiente, recentemente licenziato dalla Camera ed ora in discussione al Senato, può però rappresentare l'occasione opportuna per recuperare disposizioni condivise e necessarie. Pertanto l'impianto del decreto, che giunge alla nostra valutazione è interamente condivisibile e per questa ragione esprimo, a nome dei deputati di Alleanza per l'Italia, il voto favorevole alla fiducia posta dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

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SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, rappresentanti dei Governo, Ministri, sottosegretari, sottosegretario Fanelli, siamo alla solita fiducia. Sì, la solita, perché è diventata probabilmente la strada più comoda e la vorrei chiamare la via di Ponzio Pilato. In questo decreto, però, c'è una novità, è una novità in questa legislatura molto importante: nel quadro dei lavori sia del Parlamento che del Governo vediamo la Costituzione, finalmente, nella sua centralità.
C'è stata una sentenza della Corte costituzionale recentemente, la n. 22 del 2012, c'è stato l'ultimo richiamo, perché ne aveva già fatti altri, del Presidente della Repubblica, sulla questione - fondamentale - della omogeneità delle norme contenute nei decreti e della effettiva urgenza. Dobbiamo tenerlo presente questo, sempre e comunque. Mi auguro che queste siano buone prospettive, se son rose fioriranno. Auguriamocelo, però, perché non vorrei, lo ripeto, che sia diventata una scusa. Questo decreto è stato emanato dal Governo il 25 gennaio scorso e nello stesso giorno pubblicato. Contiene tre articoli. C'è la questione dei rifiuti in Campania, c'è una questione legata ai sacchetti di plastica, importante, e c'è una questione legata alle terre di scavo.
Tre articoli, tre argomenti, ma non c'è alcuna omogeneità. Potremmo individuarla all'interno della necessità e dell'urgenza, direi somma urgenza, ma non l'ho trovata. Il 23 febbraio, un mesetto dopo, c'è stata l'approvazione del Senato, che con il suo lavoro - e con il parere del Governo - ha inserito nel provvedimento altri argomenti, con otto articoli. Sono questioni oggettivamente importanti, sicuramente non urgenti (però sono state inserite): questioni sui rifiuti da attività agricole, sui materiali vegetali, agricoli, forestali; una questione legata agli oli usati, rifiuti speciali; un'altra legata al raggruppamento di rifiuti da apparecchi elettrici, insomma RAEE; la questione della certificazione della qualità, come premiarla, l'EMAS del 2000 e l'ISO 9000, di come incentivarla; come poter usare o riusare abiti usati senza considerarli rifiuti pericolosi e quindi non farli scomparire dalla filiera del riuso.
Oggi invece ci troviamo a far diventare legge, attraverso questa ennesima richiesta di fiducia del Governo, praticamente il testo originario (con ancora piccole modifiche e correzioni, ma è quello composto dai tre articoli ricordati). Forse questa presa di conoscenza e di coraggio andava fatta al Senato, almeno per rispetto delle Camere, delle istituzioni tra di loro, perché siamo arrivati noi a dover correggere il Senato, cosa sicuramente non gradita.
Perché Italia dei Valori dice basta, dice «no» a questi ulteriori decreti? Perché così facendo non affrontiamo le questioni, le deleghiamo sempre ad altri. La materia dei rifiuti, in particolare in Campania, è una questione che si ripresenta dal 1994, eppure continuiamo a chiamarla emergenza, con ogni tanto qualche innovazione e quindi la chiamiamo in altra maniera. L'Italia dei Valori insiste nel tornare alla normalità, come avviene in tutte le regioni d'Europa, come avviene in tutte le città d'Italia, affrontando il problema con l'assunzione delle responsabilità, non con le deleghe ad altri. Mi riferisco alla responsabilità degli amministratori locali, provinciali, regionali, delle comunità locali. Mi sono permesso di dire che forse nel decreto andava prevista la necessità di rinchiudere tutti gli amministratori in una stanza unica, in conclave, e di lasciarli a pane ed acqua fino a quando non uscivano con una soluzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Così succede nel resto d'Europa.
L'Europa siamo noi, siamo tutti noi, non è qualcun altro che viene a dirci cosa fare. Ci siamo detti, lo abbiamo scritto, lo abbiamo sancito attraverso documenti ufficiali, che prima di tutto bisogna ricordarsi che la materia prima si esaurisce, e che quindi è ora di smetterla, è ora di finire di consumare materie all'infinito.
Dobbiamo abituarci al riciclaggio, al riuso, ma la via maestra per fare questo, lo sappiamo ormai con certificazione da parte di tutti, la buona maniera, la buona pratica da applicare è la raccolta differenziata Pag. 32 che ormai in tantissime città, nella maggior parte delle città di Italia e d'Europa si sta facendo. Crediamo che l'emergenza in Italia non sia sicuramente la questione dei rifiuti in Campania o il mercato dei sacchetti di plastica o - come abbiamo detto - delle terre di scavo. Si, può esserci qualche emergenza in qualche scavo, e la magistratura ci sta lavorando. Spero che il decreto non venga utilizzato per evitare in quei pochi o tanti casi il lavoro che invece la magistratura sta facendo per ricordarci a tutti i guai che qualcuno magari combina.
Tutti gli italiani affrontano altri problemi: il lavoro, la sanità, l'istruzione, il futuro dei nostri figli. C'è un'emergenza casa che sta diventando esplosiva e non l'abbiamo mica risolta con quei decreti sul piano casa alla Berlusconi. Dobbiamo riaffrontarla con coraggio questa questione.
In questa legislatura abbiamo visto affrontare il problema dei rifiuti della Campania in tanti altri decreti. Ve li voglio ricordare perché pare che il Parlamento, la Camera dei deputati, ma anche il Senato della Repubblica, si stia specializzando in emergenza rifiuti in Campania. Abbiamo approvato un primo decreto-legge a maggio del 2008, il n. 90. Si trattava di un nuovo modello di gestione. Il sottosegretario di Stato, titolare della Protezione civile, diventa commissario straordinario. Ampi poteri: gli si mette a disposizione una parte di Esercito e si decide che le aree dove si lavorano i rifiuti diventano di interesse nazionale e, quindi, bisogna metterci i militari a presiederle. Inoltre, c'è un'esautorazione da parte dei tribunali ordinari perché anche il lavoro della procura può ingombrare, può rendere inefficace la risoluzione di questo problema. Così pensiamo.
Ci sono questioni che vengono passate alle province, non pronte a questo, ma in Campania succede. Diamo vita ad un altro decreto-legge pochi mesi dopo, il 6 novembre del 2008, il n. 172, con il quale decidiamo di inasprire le pene. Però, scopriamo che non possiamo creare delle pene solo per i cittadini campani e, quindi, stabiliamo che le stesse valgono anche per il resto delle regioni se andranno in emergenza. Ma c'è un decreto-legge anche il 30 dicembre del 2009, il n. 195, vi è una delega alle province e un altro decreto-legge il 26 novembre del 2010, il n. 196, con cui si ritorna ai commissari straordinari. Vi è la realizzazione di questi impianti STIR, novità per la Campania e, quindi, per tutto il territorio dove la tritovagliatura dei rifiuti e l'imballaggio, come un bel vestito, diventano uova di Pasqua da mandare in giro per l'Europa.
Ancora decreti-legge: il n. 225 del 2010 e il n. 94 del 1o luglio 2011, che è decaduto e, quindi, non serve più a nessuno. Nessuno, peraltro, si è accorto che è stato presentato un decreto d'urgenza e che per sette mesi l'urgenza non c'era.
L'Italia dei Valori spera e si augura che abbiamo il coraggio di far decadere anche questo decreto-legge e tornare alla normalità affrontando con serenità la questione dei rifiuti in Campania, della plastica e delle terre di scavo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, intervengo senza amor di polemica nei confronti di nessuno. Forse non sono la persona più idonea all'interno di questo Parlamento per citare un personaggio illustre, ma visto che sono parlamentare ogni tanto mi diletto nella lettura. Non a caso ho trovato una delle riflessioni di Palmiro Togliatti il quale, in riferimento ai Governi tecnici, aveva un pensiero condiviso non soltanto da me, ma credo anche da molti parlamentari presenti in quest'Aula.
Togliatti aveva molto rispetto della sovranità popolare e definiva i Governi tecnici come i peggiori Governi che possano esistere, Governi che non lavorano a favore della volontà popolare, ma lavorano contro la volontà popolare e non rispondono ai cittadini.
Questo era un pensiero molto forte di un personaggio importante della nostra Pag. 33storia e del mondo della politica, un giudizio pesantissimo nei confronti dei Governi tecnici che sono Governi illegittimi che non rappresentano il popolo e che usurpano un ruolo.
Tuttavia, quanti Governi tecnici ci sono stati in Italia? Diversi: il Governo tecnico Amato nel 1992, i Governi Ciampi e Dini dal 1993 al 1996, ma il comportamento di questi Governi tecnici non è stato come quello di oggi, di questo Governo che tecnico è integralmente e non ha la competenza per poter rappresentare il Parlamento italiano e il cittadino italiano in quanto non eletto dal popolo.
Detto questo, e non è amor di polemica ma è una riflessione ad alta voce, vorrei soffermarmi un attimo sui Governi tecnici. Perché nasce il Governo tecnico? Credo che i miei illustri colleghi all'interno di questo Parlamento sappiano che i Governi tecnici nascono in momenti particolari, ma per svolgere uno o due punti di un programma, poi alzarsi e andarsene.
Invece questo Governo tecnico non ha la pretesa di risolvere uno o due punti all'ordine del giorno, non ha la pretesa di parlare di due punti del programma, ma ha la pretesa di legiferare e, guarda caso, siccome il Parlamento deve legiferare ma deve esercitare anche le funzioni di indirizzo e di controllo, cioè a dire deve indicare l'indirizzo politico, questo Governo pretende di indicare anche l'indirizzo politico senza rispondere al cittadino italiano.
Tuttavia, la riflessione che facciamo ad alta voce all'interno di questo Parlamento è un'altra. Ci interroghiamo e ci poniamo un'altra domanda: perché questo Governo tecnico pone in continuazione la questione di fiducia come se fosse una prassi di normalità? Tutti conoscono la motivazione: nasce dalla debolezza del Governo, pensando che all'interno del Parlamento ci possano essere i rappresentanti che lo sostengono che non convergono su quella scelta, consequenzialmente ponendola in minoranza, oppure dal forte ostruzionismo che c'è in Aula. E qual è questo ostruzionismo sul decreto-legge in esame? Qual è stato e quale doveva essere l'ostruzionismo su questo decreto-legge? Non c'era ostruzionismo, cari amici e componenti del Governo. Non c'era ostruzionismo di 60 o 70 parlamentari che volevano creare difficoltà, ma c'era la volontà politica da parte dei parlamentari di maggioranza e di minoranza di dibattere questi argomenti, affrontarli e cercare di dare il massimo nell'interesse del Paese e nell'interesse del popolo italiano.
Invece, da parte del Governo c'è stata la chiusura totale e c'è stato un veto nel dire: seguitemi, punto e basta, comando io e voi siete soltanto un numero all'interno di questo Parlamento e dovete accondiscendere a quanto diciamo.
Questi atteggiamenti, questa maschera, questo abito che avete in questo momento sicuramente non è l'abito che si meritavano i cittadini italiani. Il Governo tecnico nasce al di fuori della corretta dinamica parlamentare e nasce perché ci sono difficoltà all'interno del Parlamento, e non da parte di tutti i parlamentari ma da parte di alcuni leader politici che in questo Parlamento hanno creato le condizioni di delegittimazione, buttando a terra un Governo eletto dal popolo e non avendo il coraggio di affrontare due temi fondamentali: il tema dell'economia e il tema della riforma elettorale, oggetto della richiesta di referendum abrogativo.
Allora dobbiamo porci una domanda e dire: voi, cari amici parlamentari, che a tutti i costi avete voluto abbattere un Governo eletto democraticamente dal popolo, avevate la possibilità di mettere in piedi un Governo alternativo per dimostrare agli italiani la vostra competenza e il coraggio di esercitare il ruolo che il popolo vi aveva dato, che era il coraggio del ruolo di fare delle scelte nel campo dell'economia e assumere una decisione ferma, ferrea nel campo del referendum abrogativo e della riforma elettorale. E questo non c'è stato.
Allora, è vero, il Governo tecnico è legittimo, ma la grande responsabilità all'interno del Parlamento chi ce l'ha? Il Governo tecnico o coloro i quali hanno creato la delegittimazione del Parlamento e conseguenzialmente hanno indotto e Pag. 34hanno creato le condizioni di mettere dei personaggi all'interno di un Governo che non hanno le caratteristiche per poter rappresentare dal punto di vista politico il Paese?
È una domanda forte quella che ci dobbiamo porre e certamente una riflessione la dobbiamo fare benevola nei confronti del Capo dello Stato, che ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione ha fatto e ha messo in campo quello che per una parte non gli era concesso, ma era in un momento difficile della storia di questo Paese e l'ha fatto, cioè ha fatto questa struttura di Governo tecnico, vale a dire ha messo un Governo tecnico al comando di questo Paese. Questo Governo tecnico dovrebbe tutelare il Paese, ma il Paese non lo tutela.
Allora, per chiudere la prima parte della mia riflessione, con grande amarezza dico che responsabilità ve ne sono tante all'interno di questo Parlamento, ma le responsabilità maggiori ce le hanno coloro i quali sono presenti in quest'Aula da vent'anni e che dovevano essere luce e faro per l'impostazione di una politica nell'interesse del Paese; ma si sono dimostrati completamente estranei a questa logica, e si sono dimostrati invece consapevoli e si sono dimostrati coscienti alla logica dell'odio, della distruzione e della delegittimazione del Parlamento.
Per concludere, signor Presidente, voglio entrare anche in merito a quello che è il provvedimento, per poi esprimere la nostra posizione sul decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Onorevole deve concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Vi sono tre articoli, signor Presidente e signor Ministro, e di questi tre articoli uno parla della problematica che riguarda i rifiuti della Campania. E mi dispiace sentire il sindaco di una città che ancora parla di rifiuti, quando i rifiuti nel 2012 non dovrebbero più esistere, ma dovrebbe esistere un linguaggio completamente diverso e si dovrebbe parlare non di rifiuti ma di risorse all'interno di una città come Napoli. Quando sentiamo il sindaco di quella città che sperpera un miliardo per portare questi rifiuti fuori, sicuramente non è un buon comportamento.
Concludo dicendo che la posizione di Popolo e Territorio è per votare la fiducia, ma la mia posizione è di votare contro la fiducia a questo Governo, che non riconosco (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo e Ministro Clini, il provvedimento oggi al voto di fiducia è senz'altro condizionato da un'oggettiva urgenza e tratta argomenti complessi, sui quali convergono interessi e istanze che di certo non poco hanno contribuito a determinare il corso dell'iter presso le Commissioni di merito. Difatti lo stesso è arrivato alla Camera completamente deformato da interventi non proprio armonici e assimilabili operati al Senato.
Con questa premessa, sicuramente complessa, abbiamo dovuto fare i conti con un decreto-legge che si era arricchito di troppe sbavature che lo appesantivano e lo trasformavano, sviando di fatto l'originale ratio, con la conseguenza di introdurre nuove criticità e problematiche. Abbiamo avuto l'onere di riportare il decreto-legge entro determinati e ragionevoli binari, facendoli anche portatori di quanto auspicato dal Presidente Napolitano, lo scorso febbraio, che ha sottolineato, nell'ambito dell'esame dei provvedimenti, l'esigenza di attenersi a criteri di stretta attinenza delle proposte di modifica. Per tale ragione vogliamo ringraziarlo per l'attenzione e la sobrietà istituzionale che lo hanno sempre caratterizzato.
Come gruppo di Futuro e Libertà abbiamo cercato di cogliere, da queste misure a tutela dell'ambiente, un'opportunità che però si è esaurita in breve; un'occasione per esprimere un confronto Pag. 35aperto e vivace con il Governo, mirato a rettificare la normativa vigente in materia di gestione dei rifiuti e di emergenza in Campania, di sanzioni e di sottoprodotti.
Purtroppo, però, tutto ciò non è stato possibile. A rendere più complesso lo scenario si è aggiunta l'esigenza di fare in fretta e, quindi, di operare con lo strumento del decreto-legge.
Pertanto, non si può certo dire che l'austerità di queste disposizioni ci abbia soddisfatto, signor Ministro, né tantomeno che sia andata nella direzione delle nostre legittime ambizioni. Non si introducono misure ambiziose e lungimiranti, ma si fanno dei piccoli passi che per quanto limitati possono, comunque, essere un punto di partenza.
Di certo, non sarà sfuggito a nessuno il fatto che su questo decreto-legge sia visibile l'influenza dei gruppi parlamentari e dei loro giochi di equilibrio; veti incrociati, soprattutto dei due principali partiti di maggioranza, che hanno, di fatto, condizionato le scelte di ciò che era giusto far passare o meno. La conseguenza più evidente di ciò è stato il margine ristretto di azione che privilegia l'interesse comune anziché quello di parte; certamente siamo consapevoli del fatto che l'esigenza di arrivare subito a una legge si colloca oltre tutto questo e ci chiama a una responsabilità in tal senso; pertanto ribadiamo, in questa sede, la nostra fiducia al Governo su un provvedimento che è necessario, urgente e indifferibile, ma che lascia aperte troppe finestre e troppi nodi ancora da sciogliere.
Voglio pertanto evidenziare l'auspicio che il Governo possa emanciparsi da questo teatrino dei pesi e contrappesi esercitato dai partiti nelle Commissioni perché la priorità, in questo momento, è rappresentata dalla ripresa economica del nostro Paese; una ripresa che passa attraverso il miglioramento della normativa in materia ambientale. Per cui, i cosiddetti interessi dei parlamentari dovrebbero essere lasciati al di fuori di queste dinamiche, almeno in questo determinato momento. Priorità nazionale, interessi di partito, non si conciliano e su questo non si può che essere d'accordo.
Questa è stata la premessa per il nostro intervento in Commissione ambiente; vogliamo credere che sia possibile ragionare con un'altra prospettiva che esca dalla gestione emergenziale dei problemi dei rifiuti in Campania anche con ulteriori interventi migliorativi, che si risponda alle esigenze delle aziende italiane e del lavoro, anche per quanto riguarda i divieti di commercializzazione degli shopper, e che si armonizzi la disciplina in materia di configurazione di sottoprodotto e il suo utilizzo come strumento di valorizzazione produttiva ed economica.
Ci sono tutti gli ingredienti per rendere l'Italia, ancora sotto il profilo ambientale, un Paese capace di guardare avanti, ma questo ci impone consapevolezza e pragmatismo. Siamo certi che tutto questo possa realizzarsi perché noi di Futuro e Libertà abbiamo avuto la forza e il coraggio di guardare lontano e vi invitiamo a fare, coraggiosamente, lo stesso, lavorando per il bene e la crescita della nazione.
La fiducia di Futuro e Libertà a lei, Ministro, e al Governo Monti, su questo provvedimento, risponde a queste legittime aspirazioni (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, ministri, colleghi, il gruppo dell'UdC voterà la fiducia al provvedimento in esame con convinzione, assicurando, oggi come ieri, il nostro pieno sostegno al Governo Monti, e lo faremo confortati dai risultati conseguiti dall'Esecutivo in termini di risanamento economico, di credibilità e affidabilità ritrovate sul piano europeo ed internazionale.
Coloro che oggi incensano la linea della Cancelliera Merkel, fatta di risanamento, lavoro e sviluppo, solo ieri l'additavano come nemica del nostro Paese, unicamente Pag. 36perché ci aveva indicato la strada, difficile e dolorosa, per uscire da una crisi che avrebbe potuto travolgere l'Italia. E avevamo ragione anche quando liquidammo come sterili polemiche quelle sollevate, nell'agosto scorso, a seguito della famosa lettera della BCE, che aveva segnalato puntualmente le priorità su cui il Governo doveva concentrarsi. Oggi possiamo dire con orgoglio che, pur non essendo completamente usciti dal tunnel, perlomeno intravediamo una speranza: che l'Italia non è più lo scolaretto dell'Europa cui affidare i compitini, anzi, un Paese da guardare come esempio.
Certamente l'azione del Governo non poteva e non doveva puntare solo alla riduzione dello spread - tornato comunque a livelli sostenibili - ma ad avviare, come di fatto sta facendo, una serie di riforme e di interventi strutturali finalizzati a recuperare competitività e crescita. Il sistema Paese è fermo da più di un decennio, con un PIL in discesa ed un'occupazione in calo, così come i consumi delle famiglie, ma siamo anche un grande Paese, capace di tirare fuori il meglio di sé nelle difficoltà e di intraprendere una fase nuova di ricostruzione e di ripresa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).
Se si possono fare dei rilievi al Governo Monti, questi riguardano l'atteggiamento un po' timido - avuto nelle liberalizzazioni - nel liberalizzare alcuni settori dell'economia, ma in questo dobbiamo dire che non è certamente stato aiutato da una parte della maggioranza politica che lo sostiene. Ecco perché noi diciamo che non bisogna restringere il campo d'azione del Governo, limitandolo in un recinto angusto fatto solo di provvedimenti di natura economica.
Nell'agenda del Governo non possono esistere argomenti tabù, anche perché in questo modo non faremo un servizio al Paese e non renderemo forte, autorevole e legittimato a governare con coraggio l'Esecutivo, che la politica ha chiamato al capezzale dell'Italia. Quindi noi diciamo: avanti con le riforme, a tutto campo, da quella del mercato del lavoro a quella sulla giustizia. Perché uno Stato efficiente non vive a compartimenti stagni, e per poter crescere, per rilanciare l'economia e l'occupazione non può prescindere da una giustizia civile e penale e da una efficace normativa anticorruzione, capaci di dare certezza del diritto e dei tempi ai cittadini e ai settori produttivi del Paese.
Onorevoli colleghi, in merito al provvedimento al nostro esame partirò da una considerazione preliminare, che investe, però, ancora una volta, il nostro modo di legiferare, nonostante una sentenza della Corte costituzionale e il monito del Presidente della Repubblica. Credo che, alla luce dei fatti, la riforma dei Regolamenti e l'armonizzazione delle procedure fra i due rami del Parlamento sia urgente e necessaria, in quanto non è la prima volta che siamo di fronte a provvedimenti stravolti nel contenuto - come in questo caso - a causa delle sostanziose modifiche apportate ai tre temi originari del testo, con materie spesso non rispondenti ai criteri di omogeneità, necessità e urgenza ribaditi dalla citata sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale.
Siamo costretti ad un'opera di sfoltimento - tanto per usare un eufemismo - che ha portato alla soppressione di molti degli articoli inseriti dal Senato. Si trattava, peraltro, di articoli che avevano una loro importanza, Ministro Clini, e che erano stati sollecitati da categorie e dal territorio, ma che proprio per la loro rilevanza meriterebbero di essere trattati in una sede diversa, con un provvedimento organico in materia ambientale.
Passando poi al contenuto del provvedimento, il nostro gruppo voterà la fiducia perché, al di là delle considerazioni svolte e nonostante i numerosi decreti-legge che dal 2008 si sono succeduti per risolvere l'emergenza rifiuti in Campania, riteniamo nostro dovere quello di giungere ad una normalizzazione di questa vicenda, ricordando al tempo stesso che la Campania non rappresenta l'unico esempio negativo. Sono di questi giorni le notizie allarmanti relative alle difficoltà che stanno emergendo nella regione Lazio e bene ha fatto il Ministro Clini a convocare il tavolo Pag. 37istituzionale per esaminare la situazione prima di dover essere costretti in quest'Aula ad esaminare dei provvedimenti riguardanti l'emergenza rifiuti della capitale.
L'augurio è che finalmente, con questo decreto-legge, si possa passare dall'emergenza ad una gestione ordinaria e che si possa chiudere la stagione dei «no» a prescindere e delle ostilità preconcette o, peggio, strumentali a lucrare consenso politico, per realizzare gli impianti che servono al Paese. Il tema della vicenda rifiuti in Campania non è vicenda contenibile solo sul piano tecnico, è una vicenda che investe la responsabilità degli amministratori ed è lo specchio del loro operato, della loro politica e, quindi, delle istituzioni in Campania e nel Mezzogiorno.
Solo prendendo atto di questa semplice verità si potranno mettere alle spalle anni di commissariamento fallimentare. Concludo, signor Presidente, ribadendo il convinto voto di fiducia a nome del gruppo dell'Unione di Centro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Togni. Ne ha facoltà.

RENATO WALTER TOGNI. Signor Presidente, prima della dichiarazione di voto direi che emergono due dati, due considerazioni da fare. La prima riguarda questo Governo che, per l'ennesima volta, è costretto a ricorrere alla questione di fiducia perché i due maggiori partiti che lo sorreggono e lo sostengono non hanno trovato evidentemente un accordo su questo decreto-legge. Naturalmente il PdL era schierato a difesa strenua del presidente della regione Campania e, per contrapposti motivi, i rappresentanti del PD lo volevano attaccare.
Questo ha generato in Commissione ambiente, l'VIII Commissione, alcune situazioni di tensione molto marcata che addirittura ha indotto il rappresentante del Governo, dopo avvertimenti e minacce varie tra un gruppo e l'altro, a chiedere di sospendere la seduta per trovare un accordo. Un accordo è stato trovato e ha visto addirittura il PD votare contro un proprio emendamento. È veramente incredibile, dal punto di vista politico, che questo si possa così realizzare con un Governo cosiddetto tecnico.
L'altra questione, che balza subito all'occhio, è l'opposizione ondivaga dell'Italia dei Valori, perché chiaramente abbiamo capito che gli fa piacere che ci sia questo decreto-legge che va in direzione di aiutare il loro sindaco, cioè De Magistris, sindaco di Napoli, quel sindaco che si era presentato dopo le elezioni come un novello Harry Potter (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), un mago che avrebbe fatto scomparire d'incanto i rifiuti di Napoli adottando dei provvedimenti come la raccolta differenziata, che è giusto che ci sia e che è completamente assente in quelle zone, non ricorrendo così a quelli che sono i termovalorizzatori, cioè gli impianti necessari assolutamente a risolvere il problema.
Purtroppo per loro questo mago è risultato, più che un mago, un illusionista e anche di cattiva specie perché ha illuso tutti con queste iniziative e ha illuso anche se stesso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Però, venendo al decreto-legge, come più volte ricordato durante l'esame dello stesso, esso affronta per l'ennesima volta l'atavica vicenda dell'incapacità della regione Campania, e del comune di Napoli in particolare, a far fronte alla corretta gestione dei loro rifiuti.
Così il Governo, questo Governo di tecnici, con il pretesto obiettivo di adempiere alle indicazioni rivolte all'Italia dall'Unione europea, visto che siamo in infrazione in materia di trattamento dei rifiuti, in questo caso ha autorizzato la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR o di altre aree confinanti; dunque, con questo pretesto, di fatto, rafforza il ruolo dei commissari straordinari regionali che tanti Pag. 38danni hanno già fatto prevedendo, appunto, il potenziamento delle loro funzioni per la realizzazione delle discariche.
Per quanto ci si possa sforzare, francamente noi della Lega Nord - e, come noi, tutta la popolazione della Padania - veramente non riusciamo a capire come la regione Campania da venti anni non sia in grado di gestire i propri rifiuti, anzi, precisiamo, quelli di Napoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), calcolando che l'emergenza è iniziata nel 1994 e oggi, nel 2012, siamo ancora qui a parlare di questo problema.
Credo, perciò, che occorra fare un'analisi oggettiva di questa grottesca emergenza ed iniziare a ragionare profondamente sulle cause e sulla genesi della malagestione verificatasi in alcune zone della Campania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Si tratta, principalmente e chiaramente, di un problema di educazione ambientale che deriva dalla malagestione politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e che va ben oltre all'appartenenza ideologica degli amministratori interessati, visto che si sono succeduti il sindaco del Partito Democratico, Rosa Russo Jervolino, il mega fanta presidente di regione, Bassolino, e oggi vi sono Caldoro e De Magistris. Ebbene, vi è un ampio arco costituzionale di incapaci e di inetti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), volendo essere buoni e moderati come sappiamo essere, che non sono stati in grado di gestire i rifiuti a Napoli!
Tutti, alla fine, non hanno trovato di meglio, per risolvere la questione dei rifiuti di Napoli, non già di incidere sull'efficienza della gestione e sull'educazione ambientale dei cittadini ma di ricorrere a un escamotage molto semplice, che è quello di prendere i rifiuti prodotti da loro e portarli da un'altra parte, magari nelle regioni del nord o all'estero e producendo così un circolo vizioso e malevolo - lo chiamerei - che comporta un costo eccezionale nello smaltimento dei rifiuti, perché portarli in Stati come la Germania, l'Olanda o, addirittura, più a nord costa moltissimo allo Stato. Ma, tanto, a questo punto cosa succede? A loro non interessa, perché loro non pagano mai e noi ci siamo stufati di pagare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Per questo, soprattutto in questa sede, noi della Lega Nord non vogliamo far passare inosservata quest'ennesima beffa ai danni delle comunità del nord, dove si adottano le migliori soluzioni ambientali per la gestione dei rifiuti, e di tutti i cittadini italiani che rispettano le regole in tema di rifiuti stessi, denunciando che questo decreto-legge, attraverso un principio che postula il requisito della straordinaria necessità ed urgenza, in realtà cerca di reintegrare misure già in parte applicate in questi anni e che si vogliono ulteriormente applicare a una regione soltanto del nostro Paese, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti visto che, in pratica, si sono mangiati centinaia di milioni di euro per non risolvere nulla (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La Lega Nord Padania, giova ricordarlo, non ha mai condiviso e, anzi, non tollera che la regione Campania possa smaltire i propri rifiuti in altre regioni, soprattutto, come dicevo prima, per una banale regola, ossia che ciascuno è responsabile dei rifiuti che produce a casa propria e ha l'obbligo di smaltirli all'interno del proprio territorio.
Proprio nel caso estremo e di urgente necessità in cui la regione Campania si trovasse momentaneamente nelle condizioni di far uscire dai suoi confini i propri rifiuti per inviarli ad altre regioni ciò dovrebbe avvenire con il consenso appunto dell'altra regione coinvolta.
Questa semplice condizione non siamo riusciti ad averla in questi quattro anni di maggioranza ma siamo riusciti in minoranza a farla valere; infatti abbiamo proposto un emendamento, fatto proprio dal relatore, recepito nel comma 2-bis dell'articolo 1, che recita: «lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata». Pag. 39Questa per la Lega Nord è una grande vittoria perché applichiamo così una parte di federalismo.
Avrei ancora moltissime cose da dire, signor Presidente, però capisco che il tempo è tiranno, voglio solo ricordare una cosa ancora: ogni anno la spesa media della Campania per il settore rifiuti è di circa 780 milioni di euro, una cifra da capogiro che ci fa veramente gridare vendetta. Concluderei con una locuzione latina che ben si addice alla situazione: Quousque tandem abutere, Campania, patientia nostra? Fino a quando, dunque, Campania, abuserai della nostra pazienza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Pertanto, nella convinzione di fare gli interessi di tutti i popoli padani, noi non voteremo la fiducia al Governo su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, questo provvedimento contiene diverse misure tutte urgenti e rilevanti...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, lasciate parlare il collega Morassut.

ROBERTO MORASSUT. Noi ne condividiamo in gran parte il contenuto e lo voteremo sostenendo con il voto di fiducia la proposta del Governo; voteremo favorevolmente un provvedimento che abbiamo tuttavia contribuito a migliorare in molti punti, anche se ancora esso presenta aspetti sui quali abbiamo espresso rilievi critici sia al Senato che nel corso del lavoro delle Commissioni alla Camera, rilievi critici che manteniamo aperti e che confermiamo anche in questa occasione.
Il decreto-legge interviene fondamentalmente su tre questioni: il tema dei rifiuti in Campania, il divieto di commercializzazione dei cosiddetti shopper e la questione dei materiali da riporto. Sul primo punto c'è stata una discussione molto aperta con posizioni diverse all'interno della maggioranza; una di queste - non l'unica per la verità - riguarda la decisione di prolungare il mandato dei commissari straordinari regionali che attualmente esercitano in luogo della regione Campania tutte le funzioni in materia di gestione delle attività di smaltimento e trattamento dei rifiuti.
L'emergenza rifiuti in Campania è stato uno dei temi di maggior rilievo della vicenda politica italiana negli ultimi anni, ha destato l'attenzione dell'opinione pubblica fino a diventare un tema politico e di confronto elettorale, è stato persino utilizzato a fini politici in una fase per fortuna ormai molto lontana, per costruire il mito di un decisionismo e di un efficientismo che in poco tempo si è rivelato del tutto infondato.
L'emergenza rifiuti in Campania non solo non è terminata ma si è aggravata; il presidente Caldoro a due anni dalle elezioni regionali del 2010 ha coperto le sue responsabilità e ha messo le sue competenze, le prerogative ed i poteri che spettano alla regione in capo a commissari che ancora oggi si chiede di prorogare, con poteri di assoluta deroga che non hanno prodotto alcun risultato.
L'emergenza rifiuti in Campania è stata oggetto, come tutti sanno, di almeno cinque decreti-legge tra il 2008 e il 2010, provvedimenti che si sono caratterizzati tutti per un impianto derogatorio rispetto alla normativa vigente e che, collega Togni, con il Governo Berlusconi la Lega ha votato tutti senza eccezione alcuna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È venuto ormai il tempo, dunque, di restituire alle comunità locali e alle istituzioni, in primo luogo alla regione e ai comuni, la titolarità piena delle azioni e delle responsabilità in questa materia. È tempo che finisca l'assoluta inerzia del presidente Caldoro, che deve assumere su di sé ogni competenza e ogni responsabilità per individuare i siti delle discariche e degli impianti. Il motivo di questa nostra Pag. 40posizione critica su questo punto è duplice. In primo luogo, c'è un'esigenza di semplificazione e di coordinamento dell'azione pubblica per contrastare l'emergenza. Otto commissari straordinari e otto strutture amministrative e burocratiche producono una moltiplicazione di azioni, di iniziative e di procedimenti, che muove in senso totalmente contrario alla necessità di snellire e semplificare e, soprattutto, in senso contrario alla trasparenza e all'efficienza. Ma soprattutto pensiamo che vada restituita responsabilità e trasparenza e che questo sia in primo luogo nell'interesse delle popolazioni locali. Vi è la necessità di costruire un clima di solidarietà anche delle altre comunità regionali e dell'opinione pubblica nazionale nei confronti di popolazioni che hanno subito disagi gravissimi e continuano a subirne e che non possono, però, essere assimilate, come spesso grossolanamente si fa da parte di quelle forze politiche che speculano sulle separazioni territoriali, per arrivare ad una situazione in cui il cattivo uso della cosa pubblica da parte di amministratori dilaga. Occorre ripristinare efficienza e, sempre per restare sul tema della normalità e della trasparenza delle procedure, abbiamo posto il tema del superamento di un regime derogatorio che oggi riguarda anche la riscossione della TARSU e della TIA, ancora indirizzate in capo alle province, per le quali peraltro il Governo nel decreto-legge «salva Italia», con il consenso del Parlamento, ha chiesto sostanzialmente di avviare un processo di abolizione. Quindi, è chiara la nostra posizione su questo primo aspetto del decreto-legge: la necessità di concludere la lunga stagione delle deroghe, restituire trasparenza al sistema, puntare sull'informazione e sulla consapevolezza dell'opinione pubblica e sulla responsabilità delle istituzioni, per restituire efficienza all'azione contro l'emergenza. Lo dico anche in relazione - uscendo dal tema per un attimo - alla vicenda del Lazio, dove la autoesclusione di fatto della regione dalla responsabilità in prima linea del Governo nella materia dei rifiuti sta portando ad una situazione di caos, ad una difficoltà di decisione che rischia di essere pagata duramente dalle popolazioni di Roma e della provincia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per altri aspetti del decreto-legge noi abbiamo apprezzato il fatto che il Governo ed il Ministro abbiano recepito la nostra richiesta di anticipare di un anno, al 31 dicembre di quest'anno, la presentazione del Piano nazionale di prevenzione dei rifiuti e delle relazioni annuali conseguenti. È un modo per dare un impulso a tutto il sistema, anticipando anche prima del termine della legislatura, quindi di una fase presumibilmente di stasi delle attività, un atto importante che va nella direzione della responsabilità collettiva nazionale su tutta la materia. Un secondo aspetto importante è quello che riguarda le proroghe per la commercializzazione dei sacchi da asporto. È una misura ragionevole, tenuto conto che non tutto il settore produttivo collegato a questo ambito appare oggi ancora pronto ad adeguarsi. Questa misura che abbiamo proposto e che è stata accolta parla soprattutto alla rete delle piccole e medie imprese che operano in questo settore. In attesa dell'emanazione del decreto del Governo, che dovrà perfezionare la definizione delle varie tipologie degli oggetti e dei sacchi, molte imprese potranno accedere al fondo rotativo per Kyoto per riconvertire le proprie attività. Si conferma in questo modo l'intrapresa di una strada giusta in questo segmento in direzione di una green economy costruita con passi concreti e progressivi, ma nello stesso tempo con l'attenzione alle imprese che vogliano partecipare senza incidere sull'occupazione, ma riconvertendo e modernizzando le attività. L'ultimo punto - e concludo - che vogliamo mettere in luce nel dichiarare il nostro voto complessivo di sostegno al provvedimento è quello che riguarda i cosiddetti materiali di riporto, che vengono inclusi con il testo nella definizione di suolo nel codice dell'ambiente. I materiali di riporto cosiddetti storici, cioè quelli utilizzati in passato, a certe condizioni vengono considerati sottoprodotti, fin quando con il prossimo decreto-legge sulle liberalizzazioni si provvederà Pag. 41 a disciplinare tutta la materia dei materiali e delle rocce da scavo. È una misura evidentemente transitoria, che mira ad evitare impacci, complicazioni e vuoti normativi in una materia che ha dirette ricadute sul tema delle opere pubbliche e dell'edilizia.
Ed è una misura che accoglie le preoccupazioni che sono state manifestate durante l'iter del provvedimento dalla comunità degli operatori economici e delle rappresentanze sindacali per il rischio di interruzioni, sanzioni e violazioni normative. Ci stupisce il voto contrario della Lega, che, evidentemente, con questo voto si mette di traverso rispetto ad un'esigenza fortemente sentita dalla comunità imprenditoriale del mondo dell'edilizia, così forte soprattutto in alcune regioni del Nord, tra cui la Lombardia.
Quindi, nel ribadire il nostro voto favorevole, lasciamo però aperti alcuni elementi critici, che sono di stimolo al Governo e al Parlamento. La materia dei rifiuti in Campania e in tutte le situazioni di potenziale criticità, Lazio compreso, non può essere trattata ancora troppo a lungo in maniera derogatoria. Ci auguriamo e chiediamo al Governo che questa occasione possa essere un momento di riflessione in vista dell'elaborazione del Piano nazionale per i rifiuti.
Le popolazioni che vivono disagi gravi possono farlo con maggiore consapevolezza di fronte alla verità dei fatti e affrontare anche decisioni difficili, se si ristabilisce un clima di fiducia e di complicità trasparente tra chi è chiamato ad assumere decisioni e le comunità amministrate. Ci auguriamo che su questi aspetti si possa tornare a parlare presto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, come noto, è stato profondamente modificato dalla Commissione ambiente in sede referente, che ha soppresso numerose disposizioni aggiuntive in considerazione della recente sentenza della Corte costituzionale che ha stabilito l'illegittimità delle disposizioni che appaiono estranee rispetto all'oggetto e alle finalità del testo originario del decreto-legge.

PRESIDENZA VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 20,40)

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Il decreto-legge prevede una serie di norme riconducibili a tre direttrici: la disciplina del trattamento dei rifiuti in Campania, il divieto di commercializzare sacchi non biodegradabili per l'asporto, l'esclusione dei materiali di riporto dall'applicazione della normativa sui rifiuti, al fine di sbloccare importanti opere pubbliche.
In particolare, l'articolo 1 reca misure volte a fronteggiare situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti nella regione Campania. Evidenzio che le disposizioni previste si inseriscono in un quadro di continuità con misure già adottate responsabilmente dal nostro Governo, il Governo Berlusconi, al fine di traghettare la Campania verso un ritorno alla gestione ordinaria in un quadro normativo compatibile con quello nazionale.
Il medesimo articolo include, inoltre, misure che riguardano la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR con le altre aree confinanti, nonché il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche e la possibilità di aumentare la capacità ricettiva degli impianti di compostaggio nazionale.
L'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, detta, invece, norme finalizzate a favorire la realizzazione di impianti per la gestione dei rifiuti nella Campania. Ricordo inoltre, come confermato anche dal Ministro Clini al Senato, che, in primo luogo, il decreto-legge non Pag. 42modifica la normativa vigente, secondo cui il trasferimento dei rifiuti urbani dalla Campania è possibile solo in virtù di accordi tra regioni. In secondo luogo, a conclusione dell'importante incontro che si è svolto a Bruxelles sul problema dei rifiuti campani, il Governo ha concordato un percorso che consente all'Italia di interrompere la procedura di infrazione e di evitare le sanzioni.
L'articolo 2, modificato sempre nel corso dell'esame al Senato, reca la proroga del termine relativo all'entrata in operatività del divieto definitivo di commercializzazione dei sacchi non biodegradabili per l'asporto merci, i cosiddetti shopper, fino all'emanazione, e comunque entro il 31 luglio 2012, di un apposito decreto di natura non regolamentare, adottato dai Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, e notificato all'Unione europea.
L'articolo 3 reca disposizioni sui materiali di riporto e altre disposizioni sui rifiuti. In particolare, i commi 1 e 4 dell'articolo 3 recano norme riguardanti i materiali di riporto cosiddetti «storici», ossia quelli utilizzati in passato che sono inclusi nella definizione di «suolo», e pertanto esclusi dall'applicazione della normativa sui rifiuti.
Il provvedimento rappresenta, a mio giudizio, un passaggio significativo e importante sia sotto il profilo dell'intervento per quanto concerne il completamento del ciclo in relazione alla questione dell'impiantistica, che è una delle questioni più importanti e rappresentative, sia per quanto riguarda l'esigenza di recuperare tempo lungo il processo di normalizzazione, attraverso la possibilità della mobilità dei rifiuti all'interno delle diverse regioni, e non solo, e una maggiore attenzione e contrasto rispetto alla filiera criminale del rifiuto.
Mi preme evidenziare inoltre, onorevoli colleghi, come l'esame del provvedimento nel corso dell'iter iniziato al Senato e successivamente giunto alla Camera dei deputati abbia subito profonde modifiche e ricorsi ad una tecnica legislativa non sempre condivisibile.
Evidenzio altresì un atteggiamento che definirei paradossale e contraddittorio da parte del gruppo Partito Democratico il quale nel corso del dibattito in sede referente presso la XIII Commissione del Senato - come si legge dai verbali - e, successivamente, anche in Aula, si è espresso, nel complesso, favorevolmente sull'intero impianto normativo del provvedimento, mentre alla Camera dei deputati sono emersi dei distinguo, per certi versi clamorosi per una forza di maggioranza che sostiene il Governo Monti, arrivando, addirittura, a chiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di fare «saltare» il decreto-legge.
In conclusione, è ovvio che si poteva fare di più e meglio, ma ci auguriamo che la spinta legislativa conseguente a questo testo produca risultati concreti ed efficaci e costituisca un viatico fondamentale per intraprendere un percorso di semplificazione, a sostegno delle politiche ambientali del nostro Paese che, come sappiamo, richiedono costantemente azioni preventive efficaci ed immediate per l'elaborazione e la gestione di un programma nazionale per la manutenzione, la sicurezza e la revisione degli usi del territorio, e che possa rappresentare un'infrastruttura importante nel nostro Paese che ha nella bellezza del territorio, e non solo, una fonte di incomparabile ricchezza.
Per questo annuncio che voteremo a favore della questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Dovremmo ora attendere le ore 21 per procedere all'appello nominale, tuttavia, avendo acquisito il consenso di tutti i gruppi presenti, procediamo direttamente alla votazione sulla questione di fiducia.

Pag. 43

(Votazione questione di fiducia - Articolo unico A.C. 4999-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per appello nominale dell'articolo unico del disegno di legge n. 4999-A, di conversione del decreto-legge in esame, sulla cui approvazione senza emendamenti, ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi che ne hanno fatta motivata richiesta.
Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio)

La chiama avrà inizio dall'onorevole Cuomo.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama)

STEFANO STEFANI. Basta! Stanno facendo anticipare il voto a troppi deputati!

GIANCARLO LEHNER. Basta così! Ognuno voti quando è il suo turno!

ENZO CARRA. È una buffonata!

PRESIDENTE. Onorevole Enzo Carra, non glielo consento! (Commenti del deputato Enzo Carra). Onorevole Enzo Carra, non glielo consento! Va bene? Primo, perché la lista non l'ho fatta io: è stata fatta prima. E secondo perché, prima o poi, tutti ne usufruiscono e, quindi, inviterei tutti ad essere un po' corretti (Commenti).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 21,48)

(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 21,50)

(Segue la chiama)

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, nel testo della Commissione, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 544
Votanti 538
Astenuti 6
Maggioranza 270
Hanno risposto 458
Hanno risposto no 80.

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Agostini Luciano
Albini Tea
Albonetti Gabriele
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Amici Sesa
Antonione Roberto
Aracu Sabatino
Argentin Ileana
Armosino Maria Teresa Pag. 44
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Bachelet Giovanni Battista
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barbi Mario
Barbieri Emerenzio
Baretta Pier Paolo
Beccalossi Viviana
Bellanova Teresa
Bellotti Luca
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Biasotti Sandro
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Bocciardo Mariella
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonaiuti Paolo
Bonavitacola Fulvio
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bordo Michele
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Bucchino Gino
Burtone Giovanni Mario Salvino
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Cannella Pietro
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Carra Enzo
Carra Marco
Casero Luigi
Casini Pier Ferdinando
Cassinelli Roberto
Castagnetti Pierluigi
Castellani Carla
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Causi Marco
Cavallaro Mario
Cazzola Giuliano
Cenni Susanna
Centemero Elena
Cera Angelo
Ceroni Remigio
Cesa Lorenzo
Ciccanti Amedeo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cilluffo Francesca
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Colucci Francesco
Commercio Roberto Mario Sergio
Concia Anna Paola
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo Pag. 45
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Micheli Paola
De Nichilo Rizzoli Melania
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
D'Ippolito Vitale Ida
Di Virgilio Domenico
Duilio Lino
Esposito Stefano
Fabbri Luigi
Fadda Paolo
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Gianni
Farina Renato
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Fontanelli Paolo
Formichella Nicola
Formisano Anna Teresa
Foti Antonino
Franceschini Dario
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Froner Laura
Fucci Benedetto Francesco
Galati Giuseppe
Galletti Gian Luca
Galli Daniele
Garagnani Fabio
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Germanà Antonino Salvatore
Ghiglia Agostino
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gianni Giuseppe
Gibiino Vincenzo
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Gozi Sandro
Granata Benedetto Fabio
Grassano Maurizio
Grassi Gero
Graziano Stefano
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannuzzi Tino
Iapicca Maurizio
Laffranco Pietro
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Landolfi Mario
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo Pag. 46
Lenzi Donata
Leone Antonio
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lisi Ugo
Lolli Giovanni
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Moro Doris
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mancuso Gianni
Mantini Pierluigi
Mantovano Alfredo
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marcazzan Pietro
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Cesare
Marmo Roberto
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martinelli Marco
Martino Pierdomenico
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melchiorre Daniela
Melis Guido
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Mereu Antonio
Merlo Giorgio
Meta Michele Pompeo
Miccichè Gianfranco
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Moffa Silvano
Mogherini Rebesani Federica
Mondello Gabriella
Morassut Roberto
Moroni Chiara
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Murer Delia
Murgia Bruno
Muro Luigi
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nastri Gaetano
Nicco Roberto Rolando
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nucara Francesco
Occhiuto Roberto
Oliveri Sandro
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Orsini Andrea
Ossorio Giuseppe
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Parisi Arturo Mario Luigi
Parisi Massimo
Pecorella Gaetano
Pedoto Luciana
Pelino Paola
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Antonio
Pepe Mario (Misto-R-A) Pag. 47
Pepe Mario (PD)
Perina Flavia
Pes Caterina
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pezzotta Savino
Pianetta Enrico
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Pionati Francesco
Pisacane Michele
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pistelli Lapo
Pittelli Giancarlo
Pizzetti Luciano
Pizzolante Sergio
Poli Nedo Lorenzo
Polidori Catia
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcu Carmelo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Repetti Manuela
Ria Lorenzo
Roccella Eugenia
Romani Paolo
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rossomando Anna
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Santelli Jole
Santori Angelo
Sardelli Luciano Mario
Sarubbi Andrea
Savino Elvira
Sbai Souad
Sbrollini Daniela
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scarpetti Lido
Scelli Maurizio
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Siragusa Alessandra
Sisto Francesco Paolo
Soro Antonello
Speciale Roberto
Sposetti Ugo
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Tabacci Bruno
Taddei Vincenzo
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Terranova Giacomo
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Testoni Piero
Tidei Pietro
Toccafondi Gabriele
Tocci Walter
Torrisi Salvatore Pag. 48
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Vaccaro Guglielmo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Vella Paolo
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventucci Cosimo
Ventura Michele
Verini Walter
Versace Santo Domenico
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Vito Elio
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Hanno risposto no:

Alessandri Angelo
Allasia Stefano
Barbato Francesco
Bianconi Maurizio
Bitonci Massimo
Bonino Guido
Borghesi Antonio
Bragantini Matteo
Buonanno Gianluca
Callegari Corrado
Caparini Davide
Cavallotto Davide
Chiappori Giacomo
Cimadoro Gabriele
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Girolamo Nunzia
Desiderati Marco
Di Giuseppe Anita
Di Stanislao Augusto
Di Vizia Gian Carlo
Donadi Massimo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Evangelisti Fabio
Fabi Sabina
Fava Giovanni
Favia David
Fedriga Massimiliano
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Forcolin Gianluca
Formisano Aniello
Fugatti Maurizio
Gidoni Franco
Giorgetti Giancarlo
Goisis Paola
Iannaccone Arturo
Isidori Eraldo
Lanzarin Manuela
Maggioni Marco
Martini Francesca
Meroni Fabio
Messina Ignazio
Molteni Laura
Molteni Nicola
Monai Carlo
Montagnoli Alessandro
Munerato Emanuela
Mura Silvana
Mussolini Alessandra
Negro Giovanna
Orlando Leoluca
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Paolini Luca Rodolfo
Pastore Maria Piera
Piffari Sergio Michele
Pini Gianluca
Polledri Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rivolta Erica
Rondini Marco
Rota Ivan Pag. 49
Scilipoti Domenico
Simonetti Roberto
Stefani Stefano
Stucchi Giacomo
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Vanalli Pierguido
Volpi Raffaele
Zazzera Pierfelice

Si sono astenuti:

Bergamini Deborah
Brugger Siegfried
Moles Giuseppe
Nola Carlo
Pili Mauro
Zeller Karl

Sono in missione:

Boniver Margherita
Buonfiglio Antonio
Buttiglione Rocco
Cirielli Edmondo
Consolo Giuseppe
Delfino Teresio
Foti Tommaso
Grimoldi Paolo
Jannone Giorgio
Leo Maurizio
Lussana Carolina
Rigoni Andrea
Russo Paolo
Strizzolo Ivano
Vitali Luigi
Volontè Luca

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 21,55).

PRESIDENTE. Comunico che, come convenuto a seguito della odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, l'esame degli ordini del giorno avrà luogo domani, giovedì 15 marzo, dalle ore 9 (con votazioni a partire dalle ore 10).
Le dichiarazioni di voto finale, con ripresa televisiva diretta, avranno luogo a partire dalle ore 12 e la votazione finale intorno alle ore 13,30.
Nel pomeriggio di domani si procederà quindi allo svolgimento delle interpellanze urgenti.
Gli altri argomenti previsti per la settimana in corso (mozioni Di Stanislao ed altri n. 1-00781 e abbinate sulla riduzione e razionalizzazione delle spese militari, con particolare riferimento al blocco del programma per la produzione e l'acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35; proposta di legge n. 2094 - Modifiche al codice di procedura penale per la definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto; mozioni Montagnoli ed altri n. 1-00896 e abbinate concernenti misure a favore delle piccole e medie imprese in materia di accesso al credito e per la tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni; mozioni Palagiano ed altri n. 1-00384 e abbinate concernenti iniziative per il potenziamento della «medicina di genere»; mozioni Servodio ed altri n. 1-00869 e abbinate concernenti iniziative in materia di uso e sviluppo delle agroenergie, con particolare riferimento agli impianti alimentati a biomasse) sono rinviati alla prossima settimana, dopo gli argomenti previsti per la medesima.

Convalida di deputati (ore 21,56).

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei seguenti deputati: Marco Airaghi, proclamato dal Presidente dal Camera nella seduta del 1o febbraio 2012, in sostituzione del dimissionario deputato Antonio Giuseppe Maria Verro per la lista n. 8 - Il Popolo della Libertà nella IV Circoscrizione Lombardia 2; Daniele Galli, proclamato dal Presidente della Camera nella seduta dell'11 gennaio 2012, in sostituzione del dimissionario deputato Marco Zacchera per la lista n. 4 - Il Popolo della Libertà nella II Circoscrizione Piemonte 2.
Concorrendo negli eletti le qualità richieste dalla legge, la Giunta ha deliberato di proporne la convalida. Pag. 50
Do atto alla Giunta di questa proposta e dichiaro convalidate le suddette elezioni.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 21,58).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):
S. 3174 - «Conversione in legge del decreto-legge 27 febbraio 2012, n. 15, recante disposizioni urgenti per le elezioni amministrative del maggio 2012» (approvato dal Senato) (5049) - Parere della V Commissione.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto al comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 15 marzo 2012, alle 9:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3111 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale (Approvato dal Senato) (C. 4999-A).
- Relatore: Tommaso Foti.

(al termine delle votazioni)

2. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 22.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 13 marzo 2012:
a pagina 18, seconda colonna, quarantaduesima riga, il numero «9/4990-A/4» si intende sostituito dal seguente «9/4940-A/4».
a pagina 19, prima colonna, trentaquattresima riga, il numero «9/4990-A/60» si intende sostituito dal seguente «9/4940-A/60».