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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 596 di giovedì 1 marzo 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,30.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 febbraio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Berardi, Casini, Centemero, Cicchitto, Commercio, Gianfranco Conte, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Lupi, Mecacci, Melchiorre, Misiti, Moffa, Narducci, Nucara, Pisicchio e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Approvazione in Commissione

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di ieri, mercoledì 29 febbraio 2012, la VII Commissione permanente (Cultura) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge: Esposito ed altri: «Disposizioni per la valorizzazione e la promozione turistica delle valli e dei comuni montani sede dei siti dei giochi olimpici invernali "Torino 2006"» (4805).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per la bonifica del territorio dall'amianto - n. 2-01365)

PRESIDENTE. L'onorevole Lenzi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Miotto n. 2-01365 concernente iniziative per la bonifica del territorio dall'amianto (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti) di cui è cofirmataria.

DONATA LENZI. Signor Presidente, la recente sentenza del tribunale di Torino che ha riguardato il caso dell'Eternit ha riacceso l'attenzione dei mezzi di informazione su un problema grave che affligge il nostro Paese da decenni e che presenta molti aspetti che non riguardano onestamente solo il suo Ministero ma toccano tutte le attività di Governo ed è diffuso in tutta Italia.
L'uso dell'amianto nella costruzione degli edifici è stato nel nostro Paese lungo almeno vent'anni. Solo nel 1992 si è intervenuti dopo una fase dura di confronto parlamentare, di resistenza a pressioni molto forti, per denunciare le conseguenze gravi per la salute dell'utilizzo di questo materiale e per dare vita ad un progetto complessivo di bonifica e ricordo, anche se nell'interrogazione non l'abbiamo riportato, anche per la previsione di un risarcimento Pag. 2per i lavoratori attraverso l'INAIL. Tutto ciò ha avuto uno stop, non è stato portato avanti nello stesso modo sia tra le regioni sia su tutto il piano nazionale per quanto riguarda i risarcimenti dei lavoratori colpiti, per quanto riguarda le bonifiche delle aree inquinate, la loro individuazione, la decisione dove andare a stoccare il materiale. Noi sappiamo che quasi il 60 per cento dell'Eternit recuperato da procedimenti di bonifica viene in realtà poi smaltito in siti esteri, quindi anche con costi rilevanti per questi interventi. Ricordo che il Governo Prodi, con la legge n. 244 del 24 dicembre del 2007, aveva stanziato, in un fondo apposito, una somma di 5 milioni di euro per procedere al rilevamento e alla bonifica, almeno degli edifici pubblici; e penso in particolare alle scuole, nelle quali l'eternit era stato adoperato soprattutto per costruire i tetti.
Questo fondo tuttavia è stato svuotato successivamente dal Governo Berlusconi e i fondi sono stati utilizzati per la riduzione dell'ICI. Sappiamo che il censimento che doveva essere fatto a livello nazionale vede due regioni assolutamente inadempienti, la Calabria e la Sicilia e due, la Campania e la Puglia, che hanno effettuato un censimento soltanto parziale. Peraltro questo censimento è stato fatto con criteri tra di loro non omogenei e, quindi, i risultati potrebbero essere in qualche modo discutibili e rendere più difficile la possibilità di intervento.
Si pensi poi alle cure necessarie per le patologie delle persone che sono state esposte all'amianto e alla fibra «fiberfrax», patologie riconosciute dall'INAIL e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) - che adesso è stato soppresso - ma anche alle conseguenze che hanno subito i familiari delle vittime o quello che abitavano - questo è stato proprio anche il caso della sentenza di Torino - in zone nelle quali si effettuavano questi tipi di lavorazioni.
Messo tutto insieme, ci si rende conto che bisognerebbe avere il coraggio di affrontare la questione nella sua complessità con decisione e senza aspettare ancora, perché da troppo tempo ormai si contano le persone che sono decedute in attesa di una giustizia che non arrivava.
Pertanto, la domanda che le rivolgiamo, signor Ministro, è cosa intenda fare il Governo nei confronti di questa situazione, quali iniziative opportune intenda adottare e, infine, se arriverà anche la relazione che la normativa prevede che debba essere inviata al Parlamento. Devo dirle che per noi è importante, ma sarebbe ancora più importante che in quella relazione vi fossero elementi positivi e impegni presi e rispettati.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Renato Balduzzi, ha facoltà di rispondere.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, ringrazio per questa interpellanza urgente che offre l'occasione di fare il punto su una questione particolarmente sensibile e sulla quale l'impegno del Ministero è massimo.
Cessata l'attività della Commissione prevista dalla legge del 1992, nell'aprile del 2008, venne istituito un gruppo di studio volto a verificare lo stato di attuazione, la rispondenza delle norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto e all'implementazione di azioni volte al loro completamento. Il gruppo di studio aveva durata triennale e, proprio in questi giorni, è stato elaborato il relativo rapporto, con le schede operative: è molto interessante e sono lieto di lasciarlo agli atti dell'Assemblea, depositandolo presso la Presidenza.
Per quanto riguarda le azioni del Ministero della salute, abbiamo implementato, nell'ambito dei programmi di sanità pubblica del Centro nazionale per il controllo delle malattie, specifiche azioni - è una decisione dei primi di febbraio - volte a rafforzare la sorveglianza epidemiologica e a creare una rete di presa in carico degli esposti, degli ex esposti e della popolazione in generale. Abbiamo inserito nei prossimi programmi di ricerca una rinnovata attenzione alle patologie asbesto e amianto correlate. Questo allo scopo di riportare ad evidenza una questione che, per sua natura, Pag. 3tende inevitabilmente ad andare sotto traccia e diventare impalpabile.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato, come ricordava l'interpellante, una mappatura importante, arrivando a censire circa 30 mila siti: già questo dato mostra l'importanza del problema ed anche la difficoltà di poter pervenire, in tempi brevi, ad una completa soluzione; oltre, naturalmente, ai dieci siti di interesse nazionale. Si sta completando questa mappatura, in cui il Ministero competente è assolutamente impegnato.
Per quanto attiene al quesito sul Fondo per le vittime dell'amianto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali precisa che un'estensione del diritto del beneficio, evidentemente, richiede una normativa differente, rispetto alla quale anche il Ministero della salute non può che considerare favorevolmente eventuali iniziative anche di tipo parlamentare.
Per quanto riguarda, invece, le iniziative volte a prevedere incentivi per favorire la sostituzione delle superfici contenenti amianto con altre superfici ecosostenibili o destinate alla produzione di energia, come i pannelli fotovoltaici, il Ministero dello sviluppo economico precisa che esiste un apposito strumento, contenuto nel decreto ministeriale 5 maggio 2011, che introduce uno specifico premio per le iniziative di installazione di pannelli fotovoltaici in abbinamento alla rimozione delle coperture in cemento-amianto.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, in merito alla richiesta di porre in essere iniziative volte a rifinanziare il Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici, a cui faceva riferimento l'interpellante poco fa, ricorda che, ovviamente, qualsiasi incremento di questa dotazione richiede un'apposita iniziativa legislativa rispetto alla quale occorre trovare le risorse adeguate. Anche da questo punto di vista, c'è, evidentemente, un'attenzione e un impegno da parte di tutto il Governo.
Per quanto riguarda, infine, il Ministero della salute, oltre alle azioni già ricordate in ordine al Centro per il controllo delle malattie e alle iniziative per potenziare e coordinare una rete di ricerca, abbiamo preso l'occasione da una vicenda recente - che poi è culminata nella ricordata pronuncia torinese - per ripartire da Casale Monferrato, cioè dalla città dove, storicamente, il problema si è posto con maggiore evidenza e dove si è iniziata, venticinque anni fa, una battaglia che ha condotto, poi, a qualche risultato.
Tutto questo in vista della seconda Conferenza nazionale governativa sull'amianto - la prima fu nel 1999 - che sarà preparata insieme a tutti i soggetti coinvolti, dai centri di ricerca, alle regioni e, naturalmente, alle associazioni delle famiglie e dei familiari delle vittime. Sarà una conferenza operativa, volta a disegnare insieme a tutti gli altri Ministeri interessati le linee di condotta riguardo a questa situazione.
Per quanto riguarda, infine, la menzionata relazione, il mio impegno è di avviare un'iniziativa affinché essa, prossimamente, possa essere presentata.

PRESIDENTE. L'onorevole Miotto ha facoltà di replicare.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, non possiamo che apprezzare, davvero, tutto il lavoro fatto dal Governo e le iniziative che ha adottato il Ministro in questo campo, soprattutto in questi mesi e in queste ultime settimane, non solo per quanto riguarda la vicenda Eternit, ma, in generale, anche per gli impegni che sono stati qui esposti.
Tuttavia, signor Ministro, intendo sottolineare l'esigenza di una più pressante iniziativa nei confronti dei colleghi del Governo - o meglio, mi rivolgo al Governo nel suo insieme - affinché i grandi obiettivi della crescita sui quali si sta impegnando il Presidente del Consiglio, non vedano trascurati gli investimenti, non solo per quanto riguarda gli interventi pubblici, ma anche per quelli a sostegno di tutte le iniziative regionali concernenti la ricerca e l'assistenza, nonché l'estensione delle prestazioni sanitarie. Lei sa, signor Ministro, Pag. 4che occorre correggere quel decreto del 2011 che ha limitato ai lavoratori gli indennizzi e le prestazioni.
È evidente che, in questo caso, ci troviamo di fronte ad un fatto straordinario, ad un inquinamento ambientale che coinvolge migliaia di persone. Ogni cinque minuti, nel mondo, muore una persona a causa dell'amianto. In Italia sono 120 mila i morti all'anno a causa dell'amianto e si sa che, purtroppo, probabilmente, dovremo registrare picchi più rilevanti nei prossimi anni. Quindi, questa è davvero un'emergenza. Ritengo che - e in tal senso sottolineo nuovamente la richiesta già espressa nell'interpellanza - vadano sollecitate le regioni, innanzitutto riguardo al registro degli esposti, cosa che non costa; così come per l'anagrafe dei mesoteliomi, che non costa, i programmi sanitari di monitoraggio, di controllo medico, la cura degli esposti. Insomma, attivare gli osservatori epidemiologici è un'iniziativa che noi vedremmo con grande interesse e apprezzeremmo molto. Certo, vi è poi il tema delle bonifiche, tuttavia, ripeto, queste vanno collegate anche al grande obiettivo della crescita che il Governo ha più volte, in questa sede, annunziato.
Occorre, inoltre, correggere - come già detto - il decreto del 2011. Apprezziamo che il tavolo abbia prodotto questa relazione, che lei oggi ha qui presentato, e veramente noi la sosterremo se indirà la Conferenza nazionale: sarebbe la seconda dopo tanti anni. Mi verrebbe da dire: dopo quarant'anni, finalmente, anche nel Parlamento vi è una iniziativa rinnovata. Se quarant'anni sono pochi... però, insomma, apprezziamo almeno questo ritrovato interesse e queste iniziative che, a mio avviso, danno speranza a tante popolazioni e a vasta parte di tante realtà, le quali, nell'esposizione ai rischi dell'amianto, hanno visto un grave, grave pericolo per la propria salute e, purtroppo, lo vedono anche per il prossimo futuro.
La ringrazio, quindi, signor Ministro, e non mancheremo di esprimere tutto il nostro sostegno alle iniziative che lei ha, oggi, in questa sede, annunziato.

(Iniziative per la disciplina e la diffusione della terapia dell'agopuntura - n. 2-01353)

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01353, concernente iniziative per la disciplina e la diffusione della terapia dell'agopuntura (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, signor Ministro, l'argomento che oggi affrontiamo con questa interpellanza urgente riguarda non solo l'agopuntura, ma la medicina integrativa, della quale da anni si parla all'interno del nostro Paese, ma, oltre che nel nostro Paese, nel mondo si parla di questo argomento.
La medicina integrativa, come lei ben sa - e sicuramente meglio di me - è una medicina che dovrebbe essere utilizzata a supporto delle terapie omeopatiche. Molte volte, però, non viene utilizzata, o viene utilizzata in un modo non perfettamente corretto, come invece dovrebbe essere utilizzata. Ciò avviene all'interno del nostro Paese per una serie di motivazioni: perché non vi è una legislazione che garantisce chi opera in questo settore e perché non vi sono dei servizi all'interno delle strutture sanitarie, per cui, molte volte, la difficoltà di avere tali servizi all'interno delle strutture sanitarie nazionali convenzionate porta il cittadino a rivolgersi ad operatori del settore, cioè a medici - o meglio, a operatori che dovrebbero essere medici, ma qualche volta rischiamo di non incontrare medici che operano in questo settore - e ad operatori del settore che, per una serie di motivazioni, non sono tutti perfettamente in grado di poter esercitare quel ruolo di medico integrativo o il lavoro di medico non convenzionale. Ciò anche perché, in questo momento, non vi sono, ufficialmente, dei corsi di laurea o di specializzazione - ma più che corsi di laurea, corsi di specializzazione - del settore per quel che riguarda le discipline integrative e le discipline non convenzionali.
Detto questo, sappiamo - perché è stato dimostrato - che le medicine integrative Pag. 5sono tantissime, cioè tantissime sono le medicine non convenzionali, ma quelle che utilizziamo con maggior frequenza sono quattro o cinque: l'agopuntura, la fitoterapia, l'ortomolecolare, l'ayurvedica e tante altre, ma quelle che si utilizzano con maggior frequenza sono queste discipline.
Sappiamo perfettamente che con l'integrazione, per esempio, della medicina classica con la medicina integrativa, e in modo particolare l'ortomolecolare, si è riusciti ad ottenere degli ottimi risultati nel campo delle neoplasie, e non solo in tale campo, ma anche in quello delle malattie degenerative. Non diciamo ciò perché lo leggiamo dai giornali, perché, con un lavoro presentato nel 1998 a Florianopólis, si è riuscito a dimostrare che, su 108 pazienti trattati con medicina integrativa e medicina allopatica, 106 pazienti, a distanza di sedici mesi, erano ancora in vita, ed erano pazienti affetti di neoplasie. Le neoplasie che erano state messe al vaglio, cioè che erano state studiate, erano neoplasie del polmone, neoplasie del fegato, neoplasie dell'utero e così via. Questo lavoro ha dimostrato che, effettivamente, un supporto vi è, cioè una validità dal punto di vista scientifico e, tutto sommato, si potrebbe dire che non solo con l'ortomolecolare - perché in quel caso è stata utilizzata l'ortomolecolare insieme all'agopuntura - si riescono ad ottenere grandi risultati.
Ciò perché, quando parliamo di ortomolecolare, parliamo di cosa? Parliamo di alcune sostanze che il medico conosce perfettamente bene. Ortomolecolare sembra un vocabolo strano, ma ortomolecolare significa utilizzare alcuni farmaci, quali le vitamine, ormoni ed altre sostanze che sono sostanze allo stato naturale che danno, come si è visto, un ottimo risultato. Però, per capire e per renderci conto ancora meglio di cosa stiamo parlando dico che si tratta, per esempio, delle molecole che utilizziamo nel campo dell'ortomolecolare, che è l'alfatopofenilacetato, il betacarotene, l'acido retinoico, che sono sostanze che tutti i medici conoscono dagli studi di chimica biologica. Sono sostanze che agiscono sul metabolismo cellulare, sulla velocità di crescita della cellula e che agiscono sulla morfologia cellulare.
Conosciamo queste sostanze perfettamente, sappiamo di cosa si tratta e sappiamo dai nostri studi universitari che danno risultati ottimi quali, per fare un esempio, il rallentamento della velocità di crescita. Una delle sostanze utilizzate all'interno dell'ortomolecolare è la bromocriptina, che tutti conoscono, o anche l'acido retinico, che viene utilizzato per la normalizzare la morfologia cellulare. Pertanto, ci dovrebbe essere un'apertura mentale da parte dei legislatori, per far sì che questo argomento si ponga seriamente alla loro attenzione. Coloro i quali hanno il ruolo di legiferare nell'interesse del Paese dovrebbero prendere in seria considerazione un eventuale inserimento di queste sostanze e di queste discipline all'interno di un sistema che dia la disponibilità al cittadino di utilizzarli in modo costante e più corretto di come non si faccia.
Ma, prima di andare avanti, vorrei parlare un momento anche dell'agopuntura. Infatti, quando se ne parla, molte volte sentiamo - e questo mi duole - in modo particolare i mass media e qualche giornalista molto mediocre che generalizzano, chiedendo «ma l'agopuntura che cos'è?», senza avere conoscenza di quello di cui stiamo parlando.
Basterebbe vedere attentamente i lavori che sono stati svolti nell'ultimo periodo dall'università di Tokio nel campo della agopuntura Ryodoraku per rendersi conto che tale agopuntura è stata utilizzata, come l'agopuntura tradizionale cinese, ma è un'altra storia, nel campo delle patologie neoplastiche, in modo particolare per alleviare tutti gli effetti collaterali dei chemioterapici e tutti gli effetti collaterali del post-intervento. Cosa significa? Che un paziente affetto da neoplasia che utilizza il chemioterapico e ha degli effetti collaterali (banalissimi per noi che stiamo all'esterno, ma violenti per il paziente, come nausea, vomito e così via), utilizzando un protocollo Pag. 6aggiuntivo dell'agopuntura potrebbe eliminare sino al 99 per cento l'effetto collaterale.
Inoltre, nel paziente terminale si può utilizzare l'agopuntura per eliminare gli effetti di quel collaterale che diventa veramente drammatico e un calvario per il paziente neoplastico, il quale già è ammalato di neoplasia, e nel momento in cui ci sono sintomatologie aggiuntive alla patologia, quale per esempio il dolore, la sua patologia diventa veramente un calvario ancora più forte di quello che ha. Con il dolore costante nel paziente terminale, l'utilizzo dell'agopuntura ha dimostrato una riduzione del dolore di almeno il 60 per cento. Pertanto, non capisco perché non si debba prendere in considerazione questa riflessione che facciamo in Aula, che è, piuttosto, un argomento che tutti conoscono e che tutti sanno. Anzi, molti di coloro che parlano di agopuntura e che conoscono l'argomento, per una serie di motivazioni, cercano di discreditarla, ma non ne capiamo il perché. C'è un'altra riflessione che è stata dimostrata dal policlinico dell'università di Messina. È stata dimostrata anche la validità dell'agopuntura, ma quando parliamo di agopuntura parliamo di agopuntura in generale, mentre in questo caso mi riferisco alla moxibustione, che cammina parallelamente all'agopuntura. È stato dimostrato dal policlinico universitario di Messina e dall'ospedale Barone Romeo di Patti che la moxibustione, applicata a partire dalla trentaseiesima alla trentottesima settimana di gravidanza - ma, correttamente, dovrebbe essere applicata tra la trentaseiesima e l'inizio della trentasettesima settimana - alla donna con il feto in posizione podalica può essere risolutiva. Basterebbe applicare un trattamento con moxibustione, come è stato dimostrato non dalle parole che dice Scilipoti in Aula, ma da quello che è stato fatto in questi ospedali: ci può essere al 99 per cento, quindi quasi nella totalità dei casi trattati, a meno che non vi sia una patologia forte, un mutamento della presentazione podalica in presentazione cefalica del feto, con la conseguente eliminazione del taglio cesareo, ciò che potrebbe significare, non solo un beneficio per la donna, perché non subisce un intervento chirurgico, ma anche un beneficio nel campo del sistema sanitario nazionale, con una riduzione di spese per lo stesso sistema sanitario nazionale. Capisco che quando parlo di queste cose molti ritengono che siano astratte e che si tratti di argomenti che sono fuori, come si suol dire, dalla normalità e che siano fantasie.
Ma - lo dico per coloro i quali non ne hanno conoscenza, lei, signor Ministro, ne ha conoscenza più di me, ma per coloro i quali fanno altri mestieri e non il medico, che si occupano di politica, fanno i giornalisti - basterebbe documentarsi su questi argomenti per rendersi conto che quello che stiamo dicendo all'interno di quest'Aula corrisponde alla realtà. Corrisponde alla realtà perché lei sa, signor Ministro, dalla chimica biologica e dalla farmacologia, che abbiamo studiato all'università, che l'axeroftolo palmitato, se viene utilizzato in un determinato modo, ha un effetto che è positivo sulla membrana cellulare. Se noi dovessimo utilizzare l'acido retinoico non faremmo altro che far sì che avvenga un processo di normalizzazione della membrana cellulare e l'alterazione della membrana cellulare, lei mi insegna, è il primo passo della formazione della malattia neoplastica.
Qual è il motivo perché, con riguardo alla malattia neoplastica, per dirla sinteticamente e per capire di cosa stiamo parlando, utilizziamo e parliamo di ortomolecolare e di agopuntura? Parliamo di ortomolecolare e di agopuntura perché quando noi utilizziamo in ortomolecolare l'acido retinoico, che sappiamo tutti che non fa altro che agire sulla membrana cellulare e conseguentemente normalizzarla, la bromocriptina riduce la velocità di crescita della cellula e ciò significa che interveniamo dal punto di vista scientifico, ma vero, reale, sui due fattori principali per l'instaurarsi all'interno dell'organismo della patologia neoplastica.
Quindi, se dovessimo in questo momento sostenere delle tesi astratte, credo che non avrebbe significato fare questa chiacchierata. Pag. 7Ma noi non facciamo altro che sostenere delle tesi che sono state dette da altri. Si tratta di tesi che sono state già dimostrate e queste sostanze sono state applicate regolarmente, fisiologicamente all'interno di alcune strutture ospedaliere, non in Italia, ma fuori dall'Italia, vedi, per esempio, nei Paesi anglosassoni e in Paesi come il Giappone, la Cina e altri Paesi del mondo.
Detto questo, dobbiamo dire che in questo momento in Italia abbiamo circa 4 milioni di italiani che utilizzano, parlando nel settore specifico dell'agopuntura, l'agopuntura e circa 12 milioni le medicine non convenzionali. Ma, per tornare un attimo all'agopuntura, a chi si rivolgono questi 4 milioni di cittadini che utilizzano l'agopuntura? I cittadini si rivolgono in questo momento, sul territorio nazionale, a persone, cioè a medici e quasi medici. L'ho detto poco fa e lei sa benissimo che in questo momento in Italia non sono tutti medici quelli che esercitano l'attività di medico agopuntore, ma ci sono persone che non sono medici. Questa è già una riflessione che il legislatore dovrebbe tenere in seria considerazione per dire: attenzione ma, se non sono tutti medici, ciò che significa, che noi sul territorio nazionale abbiamo delle persone che mettono le mani addosso ai nostri concittadini non avendo la competenza per esercitare il ruolo? Sì.
Quindi, se ciò effettivamente dovesse corrispondere alla realtà - usiamo il condizionale - allora dovrebbe immediatamente innestarsi un meccanismo per dire: allora che facciamo, lasciamo questi 4 milioni di cittadini in mano anche a delle persone non competenti oppure cerchiamo e vediamo come risolvere il problema e legiferare in modo tale che da domani mattina tutti coloro i quali utilizzano la disciplina dell'agopuntura siano medici, e siano medici con una certa formazione? E la formazione qual è? La formazione deve essere quella fatta all'interno degli istituti qualificati o all'interno delle università per avere un attestato e consequenzialmente per poter operare.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Scilipoti.

DOMENICO SCILIPOTI. Mi accingo a concludere, soltanto un minuto, un minuto e mezzo per concludere, signor Presidente. Un'altra riflessione che dobbiamo fare è: ma quanti sono i cittadini che oggi non hanno la possibilità di poter usufruire di un protocollo terapeutico agopunturale perché in questo momento, così com'è messa la situazione, il medico agopuntore non è che pretende, ma la parcella varia da 80 a 110, 120 euro? Di conseguenza, vi sono cittadini che non possono usufruire di quella disciplina che potrebbe esser molto utile per loro. Non dico utile nel campo delle patologie funzionali. E per funzionali, lei sa meglio di me, parliamo di patologie che vanno dall'emicrania, alla lombosciatalgia, al problema di alterazione della deambulazione, oppure parliamo di artrosi scapolo-omerale, di questi argomenti, ma parliamo anche di temi molto più importanti, cioè a dire di pazienti neoplastici che con l'agopuntura potrebbero vedere accentuato e migliorato il protocollo di terapia che loro stanno utilizzando perché, come noi abbiamo dimostrato e come altri hanno dimostrato, vi è l'effetto che in matematica si chiama
calcolo multifattoriale.
Infatti, abbiamo visto che l'agopuntura, messa insieme ai protocolli farmacologici, non fa altro che aumentare anche la possibilità di cura del protocollo farmacologico classico e allopatico.

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, deve concludere, anche perché dopo lei ha altri dieci minuti. Quindi, concluda rapidamente, altrimenti sono costretta a toglierle la parola.

DOMENICO SCILIPOTI. Faccio la domanda.

PRESIDENTE. La formuli velocemente...

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Ministro, quale è la domanda? Non è arrivato Pag. 8il tempo per riflettere attentamente non dico su tutte le discipline della medicina non convenzionale, ma almeno su una, che è quella dell'agopuntura e cercare di regolamentarla e metterla in mano a professionisti seri e dare la possibilità ai cittadini italiani di poterne usufruire seriamente e senza nessun effetto collaterale?

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Renato Balduzzi, ha facoltà di rispondere.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, come gli onorevoli interpellanti sanno, il nostro ordinamento ha sviluppato nel tempo quella che chiamerei una strategia dell'attenzione nei confronti di queste medicine. Cosa si sta facendo e si è fatto? Noi abbiamo certamente in atto una serie di azioni volte a migliorare i processi valutativi di queste terapie e di queste tecniche, sulla linea evidentemente di quanto si è fatto e si fa per i farmaci. Sotto il profilo formativo, è dal 2000 che il Ministero della salute, insieme al Ministero dell'università, ha elaborato delle linee guida per il master in medicina tradizionale cinese. Nel corso del decennio, ci sono state alcune importanti iniziative universitarie in materia, e ci sono ancora. Recentemente, la conferenza dei presidi dei corsi di laurea delle facoltà di medicina ha dedicato una giornata proprio al problema di come inserire dentro il corso di studi della formazione medica questa problematica. Le conclusioni di questa giornata sono abbastanza interessanti, perché - pur prendendo atto della mancanza ancora di una sufficiente evidenza scientifica in generale sulla generalità di queste tecniche e, quindi, della impossibilità da questo punto di vista di prevedere nei curriculum dei corsi di laurea in medicina appositi corsi professionalizzanti - è stata sottolineata - credo che anche il Ministero di questo non possa che prendere atto positivamente - l'importanza di una informazione corretta nei corsi di laurea in medicina, in particolare nella fase finale del corso di laurea stesso in ordine alle CAM, ovvero alla medicina alternativa e complementare.
A tutto questo aggiungiamo evidentemente, come ho accennato all'inizio, l'esistenza di studi controllati sull'agopuntura, volti a verificarne, come l'onorevole interpellante sottolineava, non soltanto la tradizionale funzione della terapia del dolore, ma anche funzioni ulteriori. Ancora recentemente, all'interno dell'università di Firenze è stato sviluppato un percorso volto a verificare la possibilità di utilizzare l'agopuntura in un terreno apparentemente molto nuovo: quello dell'infertilità. Quindi, esiste tutta una strategia dell'attenzione, per così dire, che il nostro ordinamento a vari livelli ha sviluppato e sviluppa. Rispetto a questa strategia personalmente, come Ministro pro tempore promuoverò - l'occasione per annunciarlo è proprio questa risposta all'interpellanza - nel corso del 2012 un apposito forum per fare il punto, d'intesa naturalmente con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con le regioni, sulla situazione, così da passare da quella che l'inizio ho chiamato una strategia dell'attenzione ad un vero e proprio piano che sottolinei al meglio il carattere complementare, ma non marginalizzato, della medicina integrativa. Per sintetizzare, in conclusione, signor Presidente, onorevole interpellante, almeno sull'agopuntura è tempo di fare qualcosa di più della strategia dell'attenzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di replicare.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio della sua riflessione, però mi permetta di farne un'altra.
Forse utilizzo troppo spesso il termine «riflessione», ma faccio una riflessione ad alta voce. Capisco le sue perplessità e la sua buona volontà nel dire che è arrivato il tempo per regolamentare l'agopuntura. Faremo una conferenza e, di conseguenza, prenderemo delle decisioni. Ma in attesa che ciò si verifichi, che cosa dobbiamo fare? Quanto tempo passerà? Un anno, due, tre o quattro? Non lo sappiamo. Questi argomenti sono già stati affrontati. Io Pag. 9non ero ancora in Parlamento, ero fuori, ma sentivo da qualche altro Ministro che ha ricoperto la sua carica prima di lei che vi era la disponibilità. Però, tutto sommato, questo poi si è tradotto nella buona volontà, ma di chi? Di concreto, nell'interesse dei cittadini vi è stato ben poco.
Cosa voglio dire? Oggi chi ha un problema di lombosciatalgia non ha la possibilità di ricorrere alla terapia dell'agopuntura - ossia di queste medicine integrative - perché nell'ambito dei sistemi sanitari nazionali non è prevista e, non essendo prevista, non vi sono ambulatori. Pertanto, quel cittadino è costretto a rivolgersi a un medico esterno, che sostiene di esercitare l'attività di agopuntura. Ma non siamo sicuri che si tratti di un medico agopuntore. Può anche darsi che sia un medico specializzato, ad esempio, in ginecologia o in cardiologia e poi, poiché ha difficoltà ad esercitare la professione nella propria branca specialistica, si inventa di fare l'agopuntura, con un attestato di tre mesi o di quindici giorni o grazie ad un viaggio in Cina.
Questo significa due cose, come dicevo precedentemente. In primo luogo, per ritornare al cittadino che non viene garantito, quel cittadino, che non può usufruire della terapia all'interno del Servizio sanitario nazionale, si rivolge a questo medico e deve sborsare da 80 a 120 euro. In secondo luogo, egli non ha la garanzia che quel signore, che sta esercitando l'agopuntura, quel collega, quel medico (dico signore perché qualche volta vi è qualcuno che dice di essere agopuntore ma non è neanche medico) applichi quel protocollo terapeutico.
Tutti lo sappiamo e ricordo che su questo punto molti giornalisti mediocri, lo dico tra virgolette, ci hanno «giocato sopra» affermando che l'agopuntura non fa male e non fa bene; in realtà essa fa male quando è esercitata in modo errato e fa bene quando è esercitata in modo corretto, solo che gli effetti non si vedono immediatamente, ma si vedono nel lungo periodo.
Dunque, quando parliamo di agopuntura esistono due meccanismi che lei ha citato: la medicina tradizionale cinese, che si basa prevalentemente sull'energetica, e l'agopuntura ryodoraku che si basa, invece, su una sperimentazione seria e rigorosa sotto il profilo scientifico. Vi sono, dunque, non due teorie, ma due meccanismi di interpretazione: il primo è quello tradizionale intendendo, in questo momento, la medicina tradizionale cinese e, nell'ambito della medicina tradizionale cinese, la fitoterapia, la moxibustione e altre discipline, che sono l'alimentazione. L'altra disciplina, che è sempre figlia della stessa madre, è l'agopuntura ryodoraku, che si basa solo su una tecnica di applicazione di aghi che sono utilizzati con il sistema del meccanismo occidentalizzato.
Perché questa riflessione? Perché a mio avviso, signor Ministro, voi siete un Governo tecnico e potete fare tutto, in questo momento. Molte volte la democrazia è bella, però quando si comincia a parlare si riesce ad ottenere molto poco. Oggi in questo settore vi sono molte persone che parlano e pensano di essere i primi della classe e cercano di difendere alcune lobby o alcuni interessi personali (chi è presidente di una scuola, chi è vicepresidente di un'associazione) perché devono portare acqua al proprio mulino. Ritengo, dunque, che lei, con il suo gruppo di lavoro e il suo gruppo di studio presso il Ministero, debba fare una valutazione e poi seriamente prendere immediatamente una posizione e dare la possibilità ai cittadini italiani, non su tutto il territorio nazionale e anche in una forma transitoria e sperimentale, di recarsi in alcuni ambulatori sul territorio nazionale e di usufruire di quella disciplina della medicina non convenzionale o integrativa che si chiama agopuntura.
Faccio un'altra riflessione. Prima di ricoprire la carica di parlamentare, che occupo in questo momento, mi occupavo di medicina.
Sono stato nel gruppo di lavoro del professor Van Nghi al policlinico universitario di Messina, dove siamo riusciti a dimostrare la validità dell'agopuntura nel campo Pag. 10dell'analgesia. Che cosa abbiamo fatto all'università di Messina? È stato tutto documentato e portato all'attenzione di tutti: erano presenti illustri colleghi, medici come me, e - anche se questo termine ormai non si utilizza più - «baroni universitari», che hanno vagliato con grande attenzione quello che abbiamo fatto, ossia l'applicazione dell'analgesia nel campo della chirurgia.
Siamo riusciti a dimostrare - non soltanto al policlinico universitario, ma anche in altri posti, quali l'ospedale Barone Romeo di Patti, l'ospedale Lagoa di Rio del Janeiro e l'ospedale, di cui in questo momento mi sfugge il nome, di Buenos Aires - che l'applicazione di aghi in chirurgia e nel settore della ginecologia, nello specifico nella revisione della cavità dell'utero, senza l'utilizzo di farmaci, consente di ottenere grandi risultati. Nello specifico, la paziente, ha subito l'intervento da sveglia, senza la necessità di essere addormentata: perciò abbiamo risparmiato i farmaci e abbiamo eliminato gli effetti collaterali che la paziente poteva avere dall'assunzione dei farmaci. L'intervento si è svolto nel giro di cinque minuti e la paziente, dopo dieci minuti, si è alzata, è andata in bagno ed è andata via. La perdita ematica è stata ridotta del 75 per cento. Non è questa una dimostrazione valida del fatto che effettivamente l'agopuntura potrebbe essere qualcosa di utile per l'italiano e per il cittadino, nonché per lo Stato per ridurre le spese sanitarie e conseguentemente investire in modo diverso?
Oggi la mia «riflessione» in Aula - e ritorno sempre a questa parolina che mi piace utilizzare - è volta a porre l'attenzione su questo argomento, che lei conosce benissimo. Cosa mi permetto di sottolineare con forza? Signor Ministro, è importante sentire tutti, è importante continuare il percorso iniziato dai sui predecessori, volto a parlare, a discutere, ad invitare, a sentire le associazioni, a parlare con le università nelle quali hanno fatto piccole cose, ma sarebbe anche opportuno oggi - in attesa di fare questo percorso che durerà sei mesi, un anno, due anni, non sappiamo esattamente quanto - che lei prendesse in mano questa situazione e si documentasse per il tramite dei suoi collaboratori. Sono ben disponibile a dare il supporto piccolissimo delle mie conoscenze attraverso anche dei lavori che sono stati realizzati nel mondo, glieli posso fornire - ma i suoi collaboratori li hanno - e sono disponibile a prestare la massima collaborazione per dare la possibilità ai cittadini italiani di poter usufruire anche di questa disciplina meravigliosa, una disciplina medica, che dovrebbe essere integrata, a tutti gli effetti, nella medicina omeopatica.
Lei sa meglio di me, signor Ministro, che la medicina non è né allopatica, né integrativa, né convenzionale o non convenzionale: la medicina è una e deve servire per aiutare l'essere umano ad abbattere il più possibile le sofferenze e a vivere più a lungo e in modo migliore. La medicina è una: non c'è medicina buona o cattiva, medicina integrativa, allopatica od olistica. La medicina deve essere una e deve essere messa in mano a coloro i quali abbiano la competenza per poterla praticare e, oltre alla competenza del medico, deve esserci anche la possibilità per il cittadino di usufruire di qualcosa che potrebbe dare benessere alla propria vita perché la vita è importante.
Dovremmo lottare, prima che per il lavoro e per tutte le altre cose, per dare vita e per tutelare la vita. Questo è ciò che mi permetto di sottolineare ancora alla sua attenzione.
Un'altra riflessione mi permetto in chiusura: non si può fare il medico agopuntore con un corso di tre mesi o aderendo ad associazioni che organizzano corsi una volta al mese. L'agopuntura è una specializzazione seria, che si deve praticare all'interno delle università anche in collaborazione con gli istituti, andando all'università e studiando. Non è solo una materia, non è solo la tecnica di applicazione degli aghi. L'agopuntura è qualcosa di più complicato, l'agopuntura è parlare un linguaggio diverso, l'agopuntura deve essere integrata alle conoscenze dell'allopatia, l'agopuntura non è in alternativa, Pag. 11ma è una disciplina che va aggiunta alle conoscenze del medico allopatico. Non ci si può inventare medici agopuntori per sbarcare il lunario.
Dobbiamo prendere in seria considerazione di mettere in mano alle università, in collaborazione con gli istituti che esercitano sul territorio nazionale, la formazione, che non è una materia tecnica...

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, la invito a concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. La formazione non è tecnica dell'agopuntura ma è concetto, filosofia, applicazione, semiologia...

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, deve concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Questo è molto importante perché la semiologia...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Barani ed altri - n. 2-01377)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Barani ed altri n. 2-01377, riguardante elementi in merito all'esondazione del fiume Magra e alla conseguente inondazione della città di Aulla, in provincia di Massa Carrara.
Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente è rinviato ad altra seduta.

(Chiarimenti in merito ai poteri del comandante del nucleo militare di protezione imbarcato a fini di protezione di navigli mercantili da atti di pirateria armata - n. 2-01381)

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01381, concernente chiarimenti in merito ai poteri del comandante del nucleo militare di protezione imbarcato a fini di protezione di navigli mercantili da atti di pirateria armata (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, signor sottosegretario, il grave episodio verificatosi a largo delle coste indiane a circa 30 miglia a ovest dalla costa meridionale indiana nell'Oceano indiano, che ha portato al fermo di due fucilieri del battaglione San Marco con l'accusa di avere ucciso due pescatori del posto scambiati per pirati, è purtroppo l'ultimo e il più grave degli episodi occorsi nell'attività di difesa delle imbarcazioni commerciali da parte di nostri contingenti militari.
Ancora prima di questi sanguinosi episodi verificatisi al largo delle coste del Kerala, già sabato 11 febbraio di quest'anno un altro nucleo del battaglione San Marco aveva sventato, senza esplosione di colpi, due tentativi di arrembaggio nel mare Arabico, prima ai danni della Jolly Arancione, una portacontainer da quarantamila tonnellate e una lunghezza di 240 metri che navigava nel tratto di mare davanti alla Somalia e sulla quale viaggiava un contingente militare italiano, e poi, a distanza, impartendo direttive via radio, al comandante di un mercantile maltese su cui i pirati si erano diretti successivamente.
Nel caso dei militari a bordo della nave mercantile Enrica Lexie, sebbene noi concordiamo con il Governo nel rivendicare la giurisdizione dello Stato italiano, in quanto il fatto, secondo le informazioni disponibili, si è verificato in acque internazionali e dunque la nave in quella situazione va considerata come un'estensione del territorio italiano e, in ogni caso, i fucilieri, avendo agito per conto dello Stato italiano, avrebbero dovuto godere di un'immunità funzionale tale da non renderli passibili di arresto da parte di autorità straniere e, nel caso in cui avessero commesso effettivamente i reati per cui sono accusati in India - lo dico da magistrato militare - andrebbero semmai giudicati Pag. 12in Italia dai tribunali militari italiani in virtù del codice penale militare di pace, ebbene tutto ciò premesso il punto che preme sottolineare è rappresentato dai rapporti tra il comandante della nave e i nuclei militari di protezione a bordo delle navi.
Come è noto, infatti, grazie all'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, gli armatori possono imbarcare, dietro richiesta degli armatori stessi e con oneri a carico di essi, nuclei militari di protezione della Marina, per proteggere le navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria individuati con decreto del Ministro della difesa del 1o settembre 2011. Si è trattato quindi di un intervento legislativo forte, dettato dal preciso scopo di garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale in rotte che sono difficilmente percorribili in sicurezza dalla flotta mercantile italiana.
Successivamente, l'11 ottobre 2011, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 del citato decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, è stato siglato il Protocollo di intesa tra il Ministero della difesa e la Confederazione italiana armatori (Confitarma), al fine di facilitare l'individuazione delle modalità più opportune per l'esercizio delle attività di protezione da parte del nucleo di protezione militare imbarcato sulle navi.
Partendo dal presupposto che l'obiettivo di tale atto di sindacato ispettivo non risiede, evidentemente, nell'accertamento delle responsabilità sull'episodio che si è verificato il 15 febbraio ultimo scorso e su cui sono tra l'altro attualmente in corso indagini relative ad un'inchiesta giudiziaria italiana e una indiana e su cui vi è da parte delle più alte autorità politiche e diplomatiche italiane la massima attenzione, intendiamo mettere in evidenza la difficoltà di raccordo tra la nuova disposizione rappresentata dall'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, e le necessità di tutela giuridica delle Forze armate italiane a bordo delle navi mercantili, anche in ossequio al puntuale rispetto delle norme di diritto internazionale.
Negli episodi richiamati relativi alla nave Enrica Lexie, si è infatti affacciata una legittima riflessione su chi, a prescindere da quanto sia avvenuto nella realtà dei fatti e dalle motivazioni che hanno condotto l'imbarcazione a dirigersi verso le acque territoriali indiane, avesse la potestà di decidere i movimenti della nave nel caso in cui quest'ultima fosse stata vittima di un attacco di pirateria.
La norma richiamata all'articolo 5 del citato decreto-legge n. 107 del 2011, infatti, pur chiarendo la finalità di protezione del naviglio mercantile da atti di pirateria armata, non offre risposte chiare e puntuali nel caso in cui insorga un contrasto tra ordini e comandi impartiti dal comandante della nave (e dall'armatore), da una parte, e dal comandante del nucleo militare di protezione, dall'altra.
Occorre, dunque, a questo punto, fare chiarezza su tale ipotesi di contrasto tra ordini impartiti da diversi soggetti a bordo delle imbarcazioni sottoposte a possibili attacchi di pirateria per dare certezza ed efficienza rispetto alle finalità perseguite e, non ultimo, a garanzia dello stesso nucleo di protezione militare a bordo delle navi.
Chiediamo pertanto se i ministri interpellati non ritengano di assumere iniziative normative, in ambito nazionale ed eventualmente anche in sede ONU, in ragione dell'estensione e della globalità del fenomeno della pirateria, iniziative che siano il più possibile chiare, tese a precisare se, in caso di attacchi di pirateria o depredazione armata, sia il comandante della nave (o l'armatore) a decidere oppure il comandante del nucleo militare di protezione imbarcato, valutando l'opportunità, in questa direzione, di introdurre il principio che gli ordini assunti dal comandante della nave che possano ripercuotersi sullo status giuridico e dunque sulle sorti dei militari italiani all'estero impegnati nel contrasto alla pirateria internazionale siano sempre preceduti da un parere obbligatorio Pag. 13e vincolante del comandante del nucleo di protezione militare imbarcato sulle navi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gianluigi Magri, ha facoltà di rispondere.

GIANLUIGI MAGRI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Melchiorre e gli onorevoli Tanoni e Brugger, perché hanno affrontato un tema che sta a cuore a tutti i cittadini italiani, che in questo momento vede impegnati i Ministeri degli affari esteri e della difesa in un'opera che speriamo possa avere successo. Quindi, preliminarmente, voglio ribadire come il Governo italiano stia affrontando con il massimo impegno questa vicenda, nella convinzione che l'obiettivo assolutamente prioritario sia riportare in Italia i due militari coinvolti, in particolare riportarli alle loro famiglie. Colgo l'occasione non solo per esprimere ai militari e alle loro famiglie ancora una volta la solidarietà del Governo, ma per assicurare con fermezza nuovamente questo impegno.
Concordiamo con quanto espresso dall'onorevole Melchiorre sul fatto già ribadito che i militari italiani sono organo dello Stato italiano e quindi godono di immunità sulla giurisdizione e che la tutela dei nostri militari in operazioni di pace e di antipirateria è una priorità assoluta del Governo italiano e dell'Italia. Questo vuol dire che concretamente i nostri militari continueranno ad essere seguiti e tutelati con la massima attenzione.
Per venire al nucleo più specifico di quanto richiesto, in merito ai rapporti tra il comandante della nave mercantile e il comandante del nucleo militare di protezione, con particolare riferimento alla potestà di decidere i movimenti della nave in caso di attacco, si rappresenta quanto segue. Prima di tutto, l'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 107 del 2011, convertito dalla legge n. 130 del 2011, prevede che al comandante di ciascun nucleo militare di protezione faccia capo la responsabilità esclusiva dell'attività di contrasto alla pirateria.
In tale contesto, al personale militare sono attribuite le funzioni di ufficiale e di agente di Polizia giudiziaria ai soli fini dei reati di cui agli articoli 1135 e 1136 del codice della navigazione, concernenti gli atti di pirateria.
Di conseguenza, la volontà del legislatore è chiaramente rivolta a far salve le attribuzioni del comandante del mercantile in ordine a tutti gli aspetti dell'attività di navigazione non correlati alla funzione militare di tutela. Tra l'altro, lo schema di Convenzione tra il Ministero della difesa e i singoli armatori annesso al Protocollo d'intesa tra il Ministero della difesa e la Confitarma, all'articolo 4, punti 1 e 2, prevede espressamente che le scelte inerenti alla navigazione e alla manovra della nave siano di competenza del comandante del mercantile.
L'articolo 4.6 della citata Convenzione prevede che, in caso di minaccia e rischio determinato da attacco armato, il comandante della nave non possa addurre ragioni di sicurezza per cedere alla minaccia senza un'espressa manifestazione di volontà da parte del comandante del nucleo militare di protezione. Al di fuori di queste ipotesi, quindi, vige il principio di non interferenza tra attività demandate ex lege al comandante del mercantile e le funzioni attribuite al comandante del nucleo di protezione.
Ma l'onorevole Melchiorre, giustamente, ribadisce che nel caso in esame questa norma, apparentemente così chiara, non ha avuto una concreta applicazione. Ci rendiamo conto che ci siamo trovati di fronte ad un comportamento anomalo, che in parte non ha rispettato le norme del diritto internazionale, e che, nello svolgimento dei fatti citati, vi sono state alcune anomalie che hanno reso vano quello che declama la normativa in atti.
È per questo che la Forza armata sta approfondendo la questione, per valutare la necessità o meno di proporre eventuali integrazioni alla normativa vigente o, quanto meno, al testo dello schema di Convenzione summenzionato, ribadendo il fatto Pag. 14che deve essere valutata la possibilità o meno di comprendere situazioni anche anomale rispetto alla corretta applicazione del diritto internazionale, come richiamato giustamente dall'onorevole Melchiorre e come ribadito sia dal Ministero degli affari esteri sia dal Ministero della difesa.

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di replicare.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, siamo soddisfatti nella misura in cui ci attendiamo che vi sia, come il sottosegretario ha detto, questa riflessione da parte dei Ministri competenti a integrare le disposizioni attualmente in vigore con norme che siano più chiare, nel senso di indicare specificamente, cosa che di fatto non vi è né nella Convenzione né nell'articolo 5 del decreto-legge n. 107 del 2011, effettivamente, prima, durante e dopo l'attacco, chi sia a decidere.
Sappiamo che, in virtù delle norme di diritto internazionale, e in particolare del diritto della navigazione, il comandante è sovrano sulla nave. Evidentemente, nella citata Convenzione si prevede ciò che specificamente il comandante deve fare, come pure nell'articolo 5 del decreto-legge n. 107 del 2011 si indica ciò che specificamente compete al nucleo militare di protezione.
Voglio anche ricordare che, proprio nel citato articolo 5, all'ultimo comma, il 5-ter, si prevede, a proposito non tanto dei militari, quanto piuttosto dei contractors, che in un futuro decreto, che troverà la sua applicazione il 31 marzo 2012, saranno chiariti i rapporti tra il personale di cui al comma 4, cioè i contractors, non già i militari italiani, e il comandante della nave durante l'espletamento dei compiti di cui al medesimo comma.
Questo ci fa comprendere come il legislatore del 2011 abbia inteso porsi un problema da risolvere in futuro. Peccato - questo lo dico da magistrato militare e, soprattutto, da italiana - che il legislatore del 2011 non abbia fatto altrettanto con riferimento ai nostri militari.
Quindi, siamo fiduciosi che vi sia, da un lato, l'intenzione di sollevare la questione anche sul piano internazionale - perché si tratta di una problematica che investe non soltanto il nostro Paese, ma tutti i Paesi che si trovano a dover frequentare i mari infestati da navi pirata - e, dall'altro, una volontà chiarificatrice espressa in una norma che integri l'articolo 5 e che specifichi chiaramente cosa si debba fare prima, durante e dopo l'atto di pirateria; che si chiarisca, quindi, se la decisione spetta al comandante della nave o al comandante del nucleo di protezione o, come noi abbiamo suggerito, vi sia la possibilità di non interferire eccessivamente sulle prassi del diritto della navigazione ormai acclarate, secondo cui il comandante è sovrano sulla nave, e che in questi specifici casi si preveda un parere obbligatorio vincolante richiesto dal comandante della nave al comandante del nucleo militare di protezione.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della classe IV C dell'Istituto Marconi di Dalmine, provincia di Bergamo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Intendimenti del Governo in merito alla crisi siriana - n. 2-01362)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Biagio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01362, concernente intendimenti del Governo in merito alla crisi siriana (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, gentile sottosegretario, ci troviamo ad un anno esatto dall'inizio delle ostilità in Siria nei confronti del Governo di «Assad il giovane» con la feroce repressione che ne è conseguita.
I venti della «primavera araba», soffiati anche in quella terra, hanno generato un'emergenza imponente sotto il profilo politico, sociale e umanitario dinanzi alla quale la comunità internazionale tenta, in qualche modo, di definire una strategia di indirizzo fattiva e risolutiva, con tutte le evidenti difficoltà, ma le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Pag. 15
La città di Homs è diventata il simbolo di questo inferno: una città martire, una città fantasma, in cui la paura, il sangue e la repressione sono diventati il comune denominatore di un regime che non ha intenzione di cedere e dinanzi al quale l'atteggiamento degli interlocutori internazionali sembra davvero poco incisivo. Appare palese il fatto che il Presidente Assad abbia perso ogni legittimità di fronte al suo popolo e la lunga scia di sangue che lega gli eventi dallo scorso maggio ad oggi ne rappresenta la prova più drammatica.
La comunità internazionale non può rimanere ferma dinanzi a tutto questo. Soltanto ieri il Governo di Assad ha negato il visto di ingresso al Sottosegretario generale per gli affari umanitari dell'ONU, che ha ribadito che questo diniego avviene nonostante le ripetute richieste di incontrare le più alte cariche siriane per discutere della situazione umanitaria e la necessità di un accesso senza ostacoli alle popolazioni colpite dalla violenza. Signor sottosegretario, converrà sul fatto che un riscontro di tale natura si presta a poche interpretazioni.
Secondo i dati dell'ONU, dall'inizio della repressione sono morte più di 7.500 persone, molte delle quali bambini. Secondo le testimonianze riportate dal Nunzio Apostolico di Damasco, sono stati giustiziati anche dei minori, nel completo e totale spregio delle più semplici norme di rispetto umano.
La configurazione della Siria sta evolvendo e sta cambiando il suo tessuto sociale e la coscienza di un popolo che non può più essere soggiogato ad un potere che non riconosce più. L'atteggiamento di Assad il giovane di attaccare l'informazione, colpendo anche i giornalisti stranieri, è un segnale di pesante scollamento nei confronti della realtà e di noncuranza circa le conseguenze che queste azioni possono avere sulla conservazione stessa del potere. In un contesto di tentacolare globalizzazione informatica, quanto si sta verificando è doverosamente ripreso dai social network e sta lentamente cambiando l'immagine del Paese, considerato da sempre un riferimento per il mondo arabo.
Infatti, come il sottosegretario Dassù ha riferito in occasione di un confronto in Commissione affari esteri, si intravede un ruolo più defilato dell'Arabia Saudita e del Qatar. Poi, di contro, Assad proclama il referendum nell'ambito delle sue personalissime riforme per condividere con il voto popolare le disposizioni della nuova Costituzione. Un paradosso: la libertà di voto sotto assedio. Non c'è che dire.
Ma a questa evoluzione sociale, quanto geopolitica, si aggiunge un'empasse sistematica. Le difficoltà dell'ONU nella definizione della risoluzione e la posizione di Mosca e di Pechino ci forniscono una lente attraverso cui guardare questa tragedia.
Erdogan, il Premier turco, ha definito quest'empasse come un fallimento per il mondo civilizzato. È una sintesi che non si può non condividere e che evidenzia, in tutta la sua drammaticità, le debolezze di un sistema di intervento internazionale, che sembra paradossalmente essere indietreggiato qualche decennio, quando le contrapposizioni erano animate da una visione ideologica, per quanto anacronistica, ma non solo da mere esigenze di realpolitik. Oggi sembra non esistere l'esigenza di far fronte comune, almeno su temi di portata umanitaria ed etica.
A questo punto ci chiediamo se il Governo non ritenga opportuno fornire ulteriori e più dettagliati elementi sulle gravi evoluzioni della crisi siriana e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche di concerto con le istituzioni europee, al fine di far cessare ogni forma di violenza e di fermare un grave conflitto che sta investendo l'intero Paese con enormi ripercussioni anche di natura umanitaria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Marta Dassù, ha facoltà di rispondere.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Di Biagio, onorevoli interpellanti, Pag. 16vi ringrazio sia per la ricostruzione che la vostra interpellanza urgente offre sulla gravità della crisi interna alla Siria, con i drammatici risvolti umanitari che lei richiamava - la sorte di centinaia di bambini ne è il sintomo più lacerante - sia per l'opportunità che voi offrite al Governo di riflettere di nuovo, ancora una volta, sulle possibili azioni da compiere, come parte dell'Unione europea sul piano bilaterale e nell'ambito delle Nazioni Unite.
In parte riprenderò quanto il Ministro degli affari esteri Terzi di Sant'Agata ha già affermato davanti alle Commissioni esteri riunite di Camera e Senato, nella sua audizione del 15 febbraio scorso, ed in parte cercherò di offrire un aggiornamento sugli sviluppi più recenti, come lei, del resto, ha appena fatto.
La crisi siriana, che in effetti descriverei come una guerra del regime alawita contro una parte importante del proprio popolo, quindi, come una guerra civile, sta provocando dei costi umani inaccettabili. È quanto viene affermato da tutte le fonti internazionali credibili ed è quanto risulta alle nostre fonti. In altri termini e per rispondere ad uno degli interrogativi della vostra interpellanza, "non si stanno falsando i dati" (cito tra virgolette): è la realtà.
Il regime di Bashar Al Assad continua a fare un utilizzo massiccio della forza contro i propri civili. Le notizie sono quelle che lei ricordava: esecuzioni arbitrarie, torture e violenze anche nei confronti dei bambini che si succedono. Dopo il veto russo-cinese alle Nazioni Unite, il regime di Assad si è sentito nelle condizioni politiche internazionali di potere schiacciare ulteriormente l'opposizione e di poter intensificare ulteriormente la repressione.
Un attacco massiccio contro la città di Homs ha provocato 300 vittime solo negli ultimissimi giorni. Si aggiungono, come lei ricordava, le uccisioni di diversi giornalisti anche stranieri. Lasciatemi ricordare, dal momento che si trattava di una delle più note corrispondenti di guerra, l'uccisione ad Homs di Marie Catherine Colvin, che aveva appena scritto un lungo reportage per il Sunday Times.
Davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l'Alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay, ha evocato i dati allarmati già ricordati nella sua interpellanza.
Ha parlato di oltre cinquemila vittime ma alcuni giorni dopo, il 28 febbraio, il vicesegretario generale per gli affari politici delle Nazioni Unite, Lynn Pascoe, ha sostenuto, dopo aver notato che le forze a disposizione dell'opposizione sono minime rispetto alle armi pesanti utilizzate dall'esercito siriano, che le vittime civili accertate sono oltre settemila e cinquecento. Ha anche detto che è impossibile stimare cifre esatte ma ha sostenuto che rapporti credibili indicano che siamo di fronte a più di cento vittime civili al giorno e, a questo punto della crisi siriana, i profughi sono venticinquemila, mentre settantamila sono gli sfollati. Sono dati che indicano tutta l'entità della crisi umanitaria e, con dati del genere, Bashar Al Assad ha perso credibilità e legittimità per il suo popolo e per gran parte della comunità internazionale.
La comunità internazionale ha accettato in linea di principio il criterio che i popoli esposti alla brutalità dei regimi vadano protetti. Esiste, come ha ricordato il Ministro Terzi nella sua audizione, la responsabilità di proteggere. Nel caso della Siria, tuttavia, non esistono ad oggi le condizioni internazionali per un intervento militare che possa tradurre nella pratica il principio della responsabilità di proteggere i civili dagli attacchi. L'opinione del Ministro Terzi è che, dopo i veti russo e cinese alle Nazioni Unite, un intervento simile a quello libico non sia replicabile nel caso della Siria.
Se la situazione è questa, credo che le due possibilità che restano, almeno per ora, siano le seguenti: anzitutto il canale umanitario, che lei già ricordava. È vero, Valerie Amos, vice segretario generale per gli affari umanitari, ha appena espresso la profonda delusione delle Nazioni Unite per l'impossibilità di accedere in Siria a Pag. 17negoziati sugli aiuti. L'ONU d'altra parte sta nominando un Humanitarian Coordinator che affiancherà Kofi Annan che è stato appena nominato quale inviato speciale per la Siria. L'8 marzo si riunirà a Ginevra, sotto gli auspici di ONU e Lega Araba, un forum umanitario, promosso dalla coalizione dei «Friends of Syria», fra cui il nostro Paese. Il canale umanitario quindi è decisivo.
Al Consiglio di sicurezza è in preparazione una nuova bozza di risoluzione che è centrata sugli aiuti umanitari. Kofi Annan ha appena dichiarato che le agenzie umanitarie devono avere accesso al Paese e, dato che mi sembra interessante e importante, il Ministro degli esteri cinese ha appena sostenuto che appoggerà l'invio di aiuti umanitari. Ci potrebbe essere uno sviluppo importante perché, come lei giustamente ricordava, il veto cinese insieme a quello russo è ciò che ha reso impossibile un'azione incisiva delle Nazioni Unite. Quindi, c'è prima di tutto il canale umanitario, cui il nostro Paese partecipa in molte vesti: come Paese centrale dei «Friends of Syria», come Stato membro dell'Unione europea sul piano bilaterale e come Stato appartenente alle Nazioni Unite.
In secondo luogo, accanto al canale umanitario deve esserci un canale politico. La nostra idea è che sia essenziale aiutare l'opposizione a unificarsi attorno al Consiglio nazionale siriano che abbiamo riconosciuto come parte legittima dell'opposizione al regime di Bashar Al Assad e con cui manteniamo contatti anche attraverso l'inviato speciale del Ministro degli esteri per il Mediterraneo, Maurizio Massari, che ha avuto in questo senso consultazioni in Turchia. Tra l'altro, sabato prossimo, proprio in Turchia, il Ministro Terzi discuterà di crisi siriana con il Ministro turco Ahmet Davutoglu. La nostra tesi è che, di fronte a questa tragedia, che ha per noi i rilevanti aspetti geopolitici che lei ricordava - il nostro impegno in Libano lo testimonia - gli attori chiave sono in effetti due: la Lega Araba e le Nazioni Unite.
Dopo aver richiamato il nostro ambasciatore a Damasco, come gli altri Paesi europei, abbiamo sostenuto fortemente l'azione della Lega araba per la ricerca di una soluzione pacifica e democratica alla crisi. Abbiamo accolto gli esiti della riunione ministeriale della Lega araba del 12 febbraio al Cairo, e abbiamo soprattutto appoggiato la proposta dell'invio di una forza di pace congiunta della Lega araba e delle Nazioni Unite su cui d'altronde la decisione spetta al Consiglio di sicurezza.
Il 16 febbraio, a New York, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione sulla Siria presentata dall'Egitto che contiene tutti gli elementi importanti di cui ci sarebbe bisogno e cioè la cessazione delle violenze ed applicazione dei diritti umani e l'applicazione di questo piano d'azione della Lega araba. Come già ricordavo, poi, il 22 febbraio Ban Ki-moon, d'intesa di nuovo con il segretario generale della Lega araba Elaraby, con cui il Ministro Terzi è in regolare contatto, ha nominato Kofi Annan, ex Segretario generale dell'ONU, quale inviato speciale non solo delle Nazioni Unite ma anche della Lega araba per la crisi in Siria.
A livello europeo è importante l'ultimo Consiglio Affari esteri del 27 febbraio, che ha approvato una nuova tornata di sanzioni contro il regime siriano, che includono misure finanziarie nei confronti della banca centrale siriana e l'estensione di misure restrittive, travel bans e asset freeze, per sette Ministri. Insieme ai partner europei l'Italia ha già adottato un'ampia gamma di misure restrittive, studiate per ridurre al massimo gli impatti negativi sulla popolazione civile e per incrementare al massimo la pressione sul regime. Infine, come lei sa, le iniziative per favorire una soluzione politica sono state al centro della conferenza degli amici del popolo siriano, dei «Friends of Siria» che si è tenuta a Tunisi il 24 febbraio scorso e a questa riunione, a cui ha partecipato il Ministro Terzi, sono intervenute sessanta delegazioni che di nuovo hanno sostenuto, con un appoggio molto esplicito, le iniziative della Lega araba.
L'impegno del nostro Paese va esattamente in queste direzioni che ho appena richiamato. Pag. 18Sul piano umanitario cerchiamo di fare il possibile, anche sul piano bilaterale. Già a dicembre abbiamo fornito medicinali per un valore di 200 mila euro ai rifugiati siriani in Libano e stiamo organizzando nuove ipotesi di intervento a sostegno della popolazione civile. E infine stiamo proseguendo questa azione che già le descrivevo, di apertura verso le varie componenti dell'opposizione siriana che aderiscono ai principi della non violenza, della democrazia e dei diritti umani, appoggiando in particolare gli sforzi intrapresi dal Consiglio nazionale siriano, che abbiamo riconosciuto come un rappresentante legittimo della popolazione siriana.
Quindi per riassumere: canale umanitario e grande sforzo politico sul piano bilaterale in appoggio alla Lega araba e alle Nazioni Unite. Non mi sento di dire se tutto questo basterà, ma certamente testimonia uno sforzo molto esplicito e continuativo nel nostro Paese nella direzione indicata giustamente dalla vostra interpellanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Biagio ha facoltà di replicare.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, gentile sottosegretario, la ringrazio per quanto esposto in quest'Aula, e le dichiaro la mia soddisfazione per la sua risposta che ci evidenzia ancora volta la portata di questo dramma geopolitico e sociale in una terra di crisi. Certamente non sfugge a nessuno il carattere, per così dire, particolare della questione siriana. La sua posizione e i suoi interessi lasciano emergere una posizione certamente delicata a differenza degli altri Paesi coinvolti nella cosiddetta «primavera araba»; sono toccati equilibri molto più complessi nell'area mediorientale, che coinvolgono le grandi potenze e lo scacchiere internazionale.
Si è parlato di rafforzamento delle sanzioni e di inasprimento delle posizioni di Bruxelles. Siamo arrivati al dodicesimo round di sanzioni contro Damasco e il bagno di sangue purtroppo non sembra essere stato minimamente arginato.
Come ho accennato in precedenza, la posizione di Mosca e di Pechino deve essere necessariamente posta sotto i riflettori. Troppi gli interessi geopolitici, troppi gli equilibri messi a repentaglio: e nel frattempo, cosa aspettiamo? Il numero delle vittime continua a crescere e i civili e i ribelli siriani continuano ad immolarsi in nome di un cambio di regime che, in fondo, il resto della comunità internazionale non vuole. È di qualche ora fa, la notizia che le forze d'élite del presidente siriano hanno colpito, ancora una volta, la roccaforte ribelle di Homs, in quello che appare uno degli attacchi più feroci al baluardo dell'opposizione, dopo settimane di assedio e di bombardamenti.
In tutto questo, dov'è l'Unione europea? Sembra che l'attenzione dell'Unione europea continui a focalizzarsi sulle crisi economiche e sui delicati equilibri che si evidenziano da qualche mese. Doveroso aggiungerei, ma questa priorità rischia di far dimenticare l'attenzione su terre ostili, creando condizioni non proprio facili né affidabili nelle regioni di vicinato. A quanto pare, le sanzioni di Bruxelles hanno poco potere persuasivo, il che ci fa temere, comunque, l'ipotesi di un intervento militare, già ventilato dagli USA, che, però, nessuno auspica. La comunità internazionale si trova in una palese situazione di complessità: non sembrano esserci le basi di un intervento militare di peacekeeping, ma bisogna ragionare concretamente in virtù di un escalation di violenza senza precedenti.
Rasmussen, Segretario generale della NATO, ha dichiarato che l'unica strada percorribile in Siria è quella che conduce alla soddisfazione delle legittime aspirazioni del popolo siriano all'introduzione della libertà e della democrazia. Sicuramente è ottima aspirazione, ma non è chiaro in che modo la comunità internazionale possa supportare questa legittima evoluzione. Vogliamo ribadirlo a chiare note: noi non legittimeremo mai una violenza crudele nei confronti di un popolo che lotta contro la tirannia, con lo spauracchio dell'integralismo islamico di Al Qaeda, perché il legittimo desiderio di libertà di un popolo deve essere rispettato. Pag. 19
Il primo passo sarebbe, come il Ministro Terzi di Sant'Agata ha auspicato, quello di una risoluzione del Consiglio di sicurezza, questa volta senza veti né calcoli di realpolitik, che perlomeno imponga una tregua umanitaria per consentire l'apertura del Paese, per dare almeno un minimo sostegno ad una popolazione stremata da una violenza intollerabile. Auspico che, attraverso l'autorevolezza del Ministro Terzi di Sant'Agata, l'Italia si faccia portavoce e protagonista della valorizzazione del ruolo dell'Europa comunitaria in questa realtà.

(Orientamenti del Governo circa una possibile visita ufficiale in Myanmar (Birmania), al fine di sostenere il processo di democratizzazione del Paese - n. 2-01372)

PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01372, concernente orientamenti del Governo circa una possibile visita ufficiale in Myanmar (Birmania), al fine di sostenere il processo di democratizzazione del Paese (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, abbiamo presentato questa interpellanza urgente perché è indubbio che negli ultimi due anni e, in particolare, dalla liberazione di Aung San Suu Kyi nel novembre 2010, la Birmania - il Myanmar - sia andata incontro ad un processo di rapida e positiva transizione, di rapido e positivo cambiamento.
Già dal discorso di insediamento del Presidente, nella seconda parte del 2011, qualche mese fa, si sono notati primi cenni di apertura e, da allora, i passi intrapresi dal regime sembrano essere incoraggianti. Tutto ciò a partire dal fatto che vi sono stati dei primi concreti passaggi in vista di una riconciliazione nazionale; che, in questi mesi, sono state firmate intese importanti con quasi tutte le minoranze etniche; che la Lega nazionale per la democrazia oggi è un partito legale e che Aung San Suu Kyi parteciperà alle prossime elezioni suppletive del 1o aprile. Vi sono stati sicuramente passaggi importanti, che mostrano un fermento nel Paese, che non può non vedere l'Italia e l'Unione europea molto interessate a seguirne molto da vicino gli sviluppi.
Negli ultimi mesi, ministri degli affari esteri e primi ministri di tutto il mondo, si sono recati in Myanmar per compiere visite ufficiali, segnando con la propria presenza - fisicamente e anche simbolicamente - l'apertura o l'auspicata apertura ad una nuova fase ed incoraggiando, così, il consolidamento, ad oggi, di segnali che vanno rafforzati e concretizzati.
Tra loro, ne cito qualcuno: il Segretario di Stato americano Hillary Clinton, il Ministro degli esteri francese, quello inglese, quello giapponese, diversi ministri della Repubblica federale tedesca e, da ultimo, il Commissario europeo per lo sviluppo. Inoltre, è di qualche giorno fa l'annuncio che Catherine Ashton, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea, ha annunziato la sua visita per il mese di aprile in Myanmar: ciò contestualmente, oltretutto, alla decisione presa dal Consiglio europeo di allentare alcune sanzioni sul Paese proprio in vista di un sostegno e di un incoraggiamento a proseguire sulla via dell'apertura e delle riforme nel Paese.
L'Italia è stata, in questi anni, un interlocutore importante, soprattutto dei movimenti più democratici di opposizione nel Paese, sia per iniziative politiche che si sono svolte negli ultimi anni in Italia, ma anche e soprattutto, più di recente, per il ruolo svolto negli ultimi anni da Piero Fassino, in qualità di inviato speciale dell'Unione europea per il Myanmar-Birmania.
L'Italia è anche uno dei quattro paesi con un'ambasciata in funzione nella capitale ed è, sicuramente, uno dei paesi che maggiormente ha, non solo svolto un ruolo in questi anni, ma anche dimostrato interesse a capire da vicino cosa succede in quel Paese, a sostenere e ad incoraggiare le trasformazioni in atto.
Proprio in questo ultimo anno, crediamo quindi che potrebbe essere significativo Pag. 20segnare questa attenzione, questa presenza e questo incoraggiamento italiano verso questi primi segnali di apertura, attraverso una visita ufficiale - che, come sappiamo, oltretutto, il Ministero degli affari esteri aveva iniziato a considerare - proprio per sostenere tali segnali di apertura, nonché per incoraggiare e favorire, con gli strumenti che possiamo avere, i futuri passaggi di riconciliazione nazionale: quest'ultima, infatti, sarebbe strategica non soltanto per il futuro della Birmania, ma anche, ovviamente, per la stabilità di tutta l'area.
Pertanto, con questa interpellanza urgente chiediamo quali valutazioni esprima il Governo italiano sui recenti sviluppi del processo politico birmano e se non ritenga utile ed urgente programmare, sin dalle prossime settimane, in particolare in concomitanza con l'appuntamento elettorale fissato per il 1o aprile, una visita ufficiale in Myanmar, per assicurare il pieno sostegno italiano agli sforzi in atto per la pacificazione e democratizzazione, nonché per fare in modo che i passaggi intrapresi in relazione al rispetto dei diritti umani fondamentali e al pieno sviluppo sociale ed economico del Paese, possano trovare ulteriori sviluppi e consolidamenti e, quindi, per segnare una presenza ufficiale italiana che sia tesa ad incoraggiare questo tipo di processo e a valutarne da vicino gli sviluppi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Marta Dassù, ha facoltà di rispondere.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio gli interpellanti e, in particolare, l'onorevole Mogherini Rebesani per avere sollevato una questione di grande interesse per gli scacchieri geopolitici internazionali - in fondo è uno dei pochi casi incoraggianti di evoluzione positiva di una situazione - nonché per avere anche ricordato che il nostro Paese, in realtà, è stato tra i Paesi europei più conseguenti e più lungimiranti nell'avere auspicato l'esito a cui stiamo assistendo.
Lasciatemi prima ricordare per un momento cosa sta accadendo in Birmania. Il Governo italiano condivide le valutazioni dell'onorevole Mogherini Rebesani. Anche noi riteniamo che il Governo civile birmano nato dalle elezioni del novembre 2010 stia favorendo un'evoluzione politica positiva nel Paese, che va incoraggiata. Vi sono da registrare, in particolare, segnali concreti di apertura.
Li cito in ordine: l'avvio di riforme economiche e l'allentamento della censura sulla stampa, prima rigidissima; le nuove leggi sulla libertà sindacale e di manifestazione; la creazione di una Commissione parlamentare per il rispetto dei diritti umani; gli incontri ripetuti con Aung San Suu Kyi ed il ritorno alla legalità del suo partito; e, infine, l'avvio di negoziati di pace - come lei ricordava, giustamente - con la maggior parte delle minoranze etniche e tre successive fasi di liberazione di prigionieri politici.
Incoraggiante mi pare, in particolare, il negoziato avviato dal Governo birmano con vari gruppi etnici, in particolare i ribelli delle minoranze karen e shan, che erano in guerra da decenni per richiedere una maggiore autonomia e, da ultimo, di una serie di cessate il fuoco firmati con queste varie milizie etniche nell'ambito del processo di distensione lanciato dal Presidente Thein Sein. Inoltre, pochi giorni fa le autorità birmane hanno raggiunto un accordo preliminare di pace con i ribelli della minoranza mon. Come lei ricordava, si tratta, finalmente, di sviluppi incoraggianti, dopo anni di totale chiusura del regime militare. Il Governo italiano, con il ruolo particolare che è stato svolto da quello che era l'allora inviato speciale dell'Unione europea per il Myanmar, onorevole Fassino, aveva in effetti cercato di incoraggiare, negli ultimi anni, questo tipo di sviluppi, sia sul piano bilaterale che attraverso l'Unione europea, promuovendo un dialogo attento a rappresentare gli aspetti problematici che, chiaramente, vi erano, senza, tuttavia, far venir meno uno spirito anche costruttivo.
È stato questo approccio che ci ha portati, nell'aprile del 2011, in occasione Pag. 21dell'ultimo rinnovo delle sanzioni europee in vigore contro Myanmar, a promuovere e ad ottenere anche un rallentamento dell'impianto sanzionatorio europeo, proprio per incoraggiare maggiori aperture. Quindi, il punto da cui lei parte credo sia molto giusto. Vi sono stati alcuni Paesi europei - l'Italia è tra questi, insieme alla Germania - che sono stati, da lungo tempo, favorevoli ad incoraggiare un'evoluzione consultiva del Governo birmano, e ciò malgrado l'opposizione di alcuni altri Stati membri, che erano favorevoli, invece, ad un impianto esclusivamente e puramente sanzionatorio.
Questi sviluppi che abbiamo appena ricordato, dal novembre 2010, hanno portato ad un ulteriore allentamento delle sanzioni dell'Unione europea, in occasione del Consiglio affari esteri del 23 gennaio scorso.
In quell'occasione sono state sospese le misure restrittive in materia di rilascio dei visti nei confronti di 87 persone, fra i quali figurano il Presidente stesso, Thein Sein, i Vicepresidenti, i Ministri e i Presidenti dei due rami del Parlamento. Sempre in quell'occasione, il Ministro Terzi ha ricordato che questo tipo di traiettoria e divisione era stata impostata, per conto dell'Unione europea, dall'onorevole Fassino. In occasione del Consiglio affari esteri del 23 gennaio, l'Alto rappresentante, Catherine Ashton, ha espresso l'intenzione di mobilitare altre risorse europee per finanziare la commissione dei diritti umani e per finanziare capacità di capacity building - scusate il bisticcio di parole - in questo Paese.
La Ashton ha inoltre aggiunto di aver concordato con Aung San Suu Kyi stessa di effettuare una missione in Birmania solo dopo le elezioni, ad aprile, intendendo, in quell'occasione, di inaugurare ufficialmente il nuovo ufficio dell'Unione europea - la delegazione europea - e di portare con sé, sempre che le elezioni suppletive si siano svolte correttamente - una consistente dote di misure aggiuntive. In questo contesto si inserisce anche la visita in Myanmar - che lei ha ricordato -, nel febbraio scorso, del Commissario allo sviluppo, Piebalgs, il quale ha confermato l'intenzione della Commissione europea di passare dalla dimensione esclusivamente umanitaria del proprio impegno ad interventi anche nei settori della salute, dell'educazione e dell'agricoltura, mobilitando 150 milioni di euro per il periodo 2012-2013.
Questo è il contesto generale. È appunto un contesto in cui, lei dice giustamente, l'Italia è stato uno dei grandi promotori di un'evoluzione possibile e poi apparentemente è in qualche ritardo rispetto ai suoi partner europei. Quindi, vorrei rispondere adesso su questo punto specifico. Credo che sul piano bilaterale, in coerenza con queste posizioni europee e nel rispetto delle limitazioni che ancora esistono sul piano sanzionatorio, che abbiamo contribuito ad allentare, in realtà stiamo già facendo delle cose importanti, in particolare abbiamo riavviato l'aiuto allo sviluppo verso Myanmar.
Nel novembre 2011, infatti, il Governo ha presentato all'ambasciatore birmano in Italia una proposta di conversione di un debito di circa 4,5 milioni di euro risalente al 1982, mentre nel dicembre 2011 la cooperazione italiana ha approvato cinque progetti, per un importo totale di circa 1,7 milioni di euro. Quindi, da una parte ci stiamo muovendo sul piano della cooperazione bilaterale e, dall'altra, abbiamo impostato quest'azione di allentamento delle sanzioni sul piano europeo. Per quel che riguarda la visita bilaterale, che certamente ci sarà, lei ci richiama al bisogno di svolgerla senza perdere, diciamo così, ulteriore tempo.
La posizione italiana è che questo sia giusto che avvenga dopo le elezioni di aprile. Diciamo che l'Italia ha preso la stessa posizione di Catherine Ashton e in effetti stiamo studiando le date possibili in quell'occasione, quindi dopo le elezioni di aprile. Lei ricordava giustamente che una visita bilaterale era già stata impostata prima del cambio di Governo. Certamente ci sarà, la nostra scelta è, coerentemente alla scelta dell'Alto rappresentante dell'Unione europea, che ciò possa avvenire dopo le elezioni suppletive di aprile.

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PRESIDENTE. L'onorevole Pistelli, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

LAPO PISTELLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, sì, siamo soddisfatti. È evidente che la scelta di presentare un'interpellanza di questo segno è il messaggio in sé e non c'è bisogno di spendere molte parole. Credo che veniamo da alcuni anni nei quali, in generale, l'attenzione verso il quadrante Asia è stata forse inferiore al dovuto e notiamo con piacere come, nel calendario delle visite che il Governo, a vari livelli, dal Presidente del Consiglio al Ministro degli affari esteri, sta programmando in questi tre mesi di attività, l'Asia torni ad essere giustamente centrale. Dal Summit della Corea sulla non proliferazione con l'estensione, a questo punto immagino confermata, in Cina e in Giappone del Presidente del Consiglio, tutto lascia pensare che finalmente l'Italia riguarda anche verso questa parte del mondo, nella quale sta avvenendo un trasferimento globale di potere economico e politico.
In questo quadro ci sembrava utile sottolineare - questo era il senso dell'interpellanza - come un Paese che si è speso limpidamente per il processo di transizione in Birmania, non dico non fosse fra gli ultimi, ma almeno fosse nel drappello di testa di quelli che, nel momento in cui le cose cambiano, è pronto ad affacciarsi. Personalmente, nel mese di settembre dell'anno scorso, avevo presentato un'interrogazione in Commissione per chiedere al Governo all'epoca quale orientamento avesse davanti ad una delle decisioni che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite doveva assumere in una sessione che in realtà sembrava dedicata a tutt'altro nei media, cioè al tema della statualità palestinese, dove ancora c'erano all'ordine del giorno proposte di alcuni Paesi europei relative a commissioni di inchiesta sulla violazione di diritti umani in Birmania, cioè quell'atteggiamento più duro che lei ha richiamato nella sua risposta.
Proprio alla luce di questa rapidissima transizione, che nessuno, devo dire, immaginava avvenisse con tappe così veloci per come si stanno dipanando, il senso del nostro strumento di sindacato di indirizzo è quello di spingere il Governo ad essere in questa parte del mondo in generale e ad essere in particolar modo in Birmania anche perché - non è stato forse fin qui richiamato - in Italia, seguendo una tradizione che non si applica soltanto alla Birmania, sono state moltissime, ad esempio, le amministrazioni locali che in questi anni hanno dato segni di solidarietà politica e personale simbolica alla leader Aung San Suu Kyi, ad esempio concedendo cittadinanze onorarie, premi, riconoscimenti mentre la leader birmana era agli arresti domiciliari.
Quindi, insomma, questo motto di simpatia e di solidarietà che il nostro Paese ha sempre avuto verso la Birmania e verso la libertà in Birmania potrebbe oggi essere suggellato dalla scelta del Governo di pagare una visita bilaterale, cosa che altri partner europei hanno già fatto.
Condivido, a questo punto, la scelta, siamo al 1o marzo, di attendere le elezioni. Del resto, la stessa Aung San Suu Kyi ha detto in più di una occasione, anche perché - passatemi questa parentesi un pochino più vernacolare - fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, preferisce anche lei assumere lo status di membro del Parlamento prima anche di potersi dedicare, a sua volta, ad una operazione di diplomazia internazionale, riaccettando i molti inviti che ha ricevuto fuori dalla Birmania e quindi potersi muovere liberamente, potendo contare su un processo di transizione davvero solido e dal quale non avere poi sorprese.
Per cui rinnoviamo soltanto al Governo il seguente invito: certamente aspettiamo le elezioni di aprile, però poi, quanto prima, lasciamo questo segno, che è un segno non soltanto utile nella economia delle relazioni internazionali del Paese, ma anche secondo me utile per fare da sponda a un sentimento profondo, popolare che c'è nel nostro Paese di simpatia verso la battaglia per la libertà e la democrazia in Birmania.

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(Iniziative per la regolamentazione del settore del gioco d'azzardo - n. 2-01346)

PRESIDENTE. L'onorevole Gibiino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01346. concernente iniziative per la regolamentazione del settore del gioco d'azzardo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

VINCENZO GIBIINO. Signor Presidente, nel momento in cui è stata presentata questa interpellanza urgente vi era poco risalto nei giornali e nelle televisioni, mentre oggi non si parla d'altro e non ci fa che piacere. Registriamo che il gioco d'azzardo in Italia è la quinta industria dopo la FIAT, dopo la Telecom e dopo l'ENEL; 500 euro spesi pro capite nel gioco d'azzardo, ma leggiamo sui giornali che si arriva a un picco a Pavia, per esempio, di 3 mila euro a persona. Nessuna altra attività economica, soprattutto in questo momento di crisi, registra un'impennata e una crescita così forti.
Trentacinque miliardi registrati per il 2007, quarantadue nel 2008 per arrivare ad oltre cinquanta miliardi l'anno scorso e già le stime di questi due mesi sono di otto miliardi. Ma quello che preoccupa è che c'è una facilità di accesso per il gioco d'azzardo, ad esempio il «gratta e vinci» raddoppia il suo fatturato (se mi si consente questa parola), ma al momento della presentazione di questa interpellanza urgente non erano noti i nuovi giochi che oggi vediamo così ampiamente pubblicizzati nei media: «win for life», «viva l'Italia», «grattacieli» e poi ancora i casinò on-line.
Le regioni più colpite ovviamente sono quelle più povere dal punto di vista sociale, ma anche della debolezza psicologica della popolazione. Guardiamo alla Sicilia, alla Campania, alla Sardegna. Soprattutto risalta una terra che è stata coinvolta in un disastro, in un terremoto importante che ha avuto vittime e che colpisce evidentemente la debolezza del popolo di quel territorio che si attacca a una speranza, che è quella di andare in un tabaccaio prendere un «gratta e vinci» e magari cambiare la sorte della sua vita: mi riferisco ovviamente all'Abruzzo.
Le famiglie a basso reddito, viene registrato, investono nel gioco d'azzardo il 6,5 per cento della propria ricchezza, il che significa che c'è ampia possibilità per il mercato dell'usura di entrare in questi meccanismi nelle fasce deboli della popolazione. Il 47 per cento per esempio colpisce gli indigenti, il 56 per cento il ceto medio e il 66 per cento i disoccupati.
Ma c'è anche un problema: viene registrata tra l'1,5 e il 3 per cento una valutazione comportamentale di parte della popolazione italiana, per cui possiamo ritenere che ci troviamo di fronte ad un problema di gioco d'azzardo patologico, che diventa un serio disturbo del comportamento.
Mi fa piacere leggere oggi sui quotidiani le dichiarazioni del Ministro Riccardi che affronta a viso aperto il problema del gioco d'azzardo e non lo fa a titolo personale, ma lo fa come Governo. Ma quello che ci preoccupa - e vorremmo in questo senso anche una risposta - è quanto l'autonomia dei Monopoli di Stato su questo settore debba essere così ampia, senza controllo da parte del Governo e del Parlamento, e se non ci debbano essere commissioni che vadano a verificare se il gioco d'azzardo debba essere spinto al punto tale che le operazioni di marketing e di pubblicità portino le persone a giocare perché poi alla fine il fatturato sia alto.
Ma dietro questo fatturato? Auspico che questo Governo dia oggi una linea su quello che è mancato nel passato, cioè una politica costruttiva e seria sul gioco pubblico e sugli impatti negativi che questo comporta. Comunque, in ogni caso quando c'è un grande volume d'affari, c'è una grande attenzione delle mafie e della criminalità organizzata. Viene stimato, ma poi occorre andare nel concreto a capire che i 10 miliardi circa vengono gestiti dalla criminalità organizzata. Le direzioni distrettuali antimafia e le forze dell'ordine intervengono fortemente, se è vero, com'è vero, che in territori come Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Potenza, Reggio Calabria Pag. 24e Caltanissetta importanti sono stati gli arresti. Le infiltrazioni criminali sono importanti perché questo è un sistema così poco controllato che possono diventare le cosiddette «lavanderie legali». Anche il grande mondo del calcio, di circa 3 miliardi di euro di scommesse, diventa uno strumento per poter operare in maniera illecita.
Cosa si chiede a questo Governo? Si chiede un impegno affinché i messaggi pubblicitari non siano semplicemente finalizzati a fare fatturato, perché dietro questo c'è la debolezza delle famiglie, ma si domanda anche di iniziare a fare delle campagne informative presso le scuole medie. Molti consigli provinciali e comunali hanno iniziato a votare ordini del giorno all'unanimità perché non siano aperti vicino alle scuole pubbliche centri dove potere, nelle pause scolastiche o nel doposcuola, andare a giocare. Inoltre, si chiedono trasparenza nelle società di gioco e un'estensione del rigore della legislazione antimafia anche alle società che poi sono concessionarie di questi giochi, per capire chi sia dietro questi strumenti.
Chiediamo anche che vengano recepite le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, che ravvisa nel gioco d'azzardo compulsivo una forma morbosa che viene chiaramente identificata come patologia clinica e che può rappresentare, a causa della sua diffusione, un'autentica malattia sociale. Per questo, chiediamo di prevedere la responsabilità civile dei gestori nei riguardi delle famiglie dei ludopatici.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, vorrei ricordare che non è la prima volta che ci occupiamo di gioco d'azzardo nella risposta ad atti di sindacato ispettivo presentati da parte degli onorevoli deputati. Lascerò poi presso la Presidenza una documentazione abbastanza voluminosa sulle cose che abbiamo fatto per cercare di contenere un fenomeno che preoccupa il Parlamento, ma preoccupa altrettanto il Governo, anche per il motivo che deriva dal fatto che, in una situazione di crisi come l'attuale, in effetti la propensione al gioco tende ad aumentare, se non altro nel disperato tentativo di far fronte ai problemi della quotidianità, che sono problemi che la crisi rende sempre più difficili da affrontare. Questo è il primo aspetto del problema.
Il secondo aspetto è che, di fronte ad un dato che è innanzitutto di carattere sociologico e culturale, l'azione di contrasto - sappiamo - è indispensabile e necessaria, ma incontra anche dei limiti di carattere oggettivo. Con riferimento al rilievo fatto che forse l'autonomia delle amministrazioni è eccessiva in questo campo, almeno negli anni passati, specialmente una decina di anni fa, quando l'amministrazione era molto più ingessata e aveva una tipologia di intervento molto più formalizzata a quelli che erano i giochi tradizionali, abbiamo visto che gran parte del mercato del gioco d'azzardo si era trasferito dal gioco legittimo al gioco clandestino. L'amministrazione si è, quindi, trovata nell'esigenza di inseguire le innovazioni che venivano introdotte nel gioco clandestino nel tentativo di riportarlo sotto il controllo di legalità.
Questo nel presupposto, che ritengo giustificato, che le conseguenze del gioco clandestino sono di gran lunga peggiori di un gioco che, invece, viene comunque garantito con criteri di trasparenza, di controllo e anche di limitazione, da parte dell'amministrazione pubblica.
Quindi, questo è stato il motivo per cui l'autonomia dell'amministrazione nel campo dei giochi è dovuta aumentare, fino a creare una struttura di grandissima efficienza, che oggi trova riscontro non solo nel controllo del gioco d'azzardo in Italia, ma che viene considerata come consulente da parte di altri Paesi nell'impostazione e nella soluzione dei problemi anche dall'estero.
Quindi, all'interno dell'amministrazione si sono radicate consapevolezze, conoscenze, skill e Pag. 25preparazione tali da consentire di poter impostare una macchina amministrativa di grande efficienza che ci viene, come dicevo, invidiata e utilizzata anche all'estero per affrontare un problema che, ovviamente, non è soltanto di carattere nazionale ma di carattere internazionale, anche se negli altri Paesi forse il fenomeno è ancora più esteso di quanto non avviene in Italia.
Dico questo non perché voglio fare autocelebrazioni o per sottovalutare l'importanza delle affermazioni che sono state fatte nell'illustrazione dell'interpellanza urgente che, da un punto di vista personale, condivido. Chi vi parla in vita sua non ha giocato nemmeno una schedina del Totocalcio e, quindi, potete immaginare qual è il mio atteggiamento nei confronti del gioco. Però, questo corrisponde a criteri di etica personale e la storia insegna che l'etica rimane un fatto personale su cui l'organizzazione pubblica può interferire attraverso momenti di persuasione, di acculturamento e di consapevolezza da accrescere, ma non può trasformarsi da un'etica privata a una pubblica perché altrimenti i rischi, come la storia insegna, diventano di gran lunga superiori ai problemi che si intendono risolvere.
Su alcuni elementi specifici, all'interno di questo discorso di carattere più generale, vorrei affrontare alcuni problemi che sono stati enunciati dall'interpellante mentre nella relazione scritta, che è molto lunga, ampia e articolata, darò conto di tutto ciò che è stato fatto per contrastare il fenomeno e che, in questa sede, enuncerò soltanto per grandi capitoli.
Un primo problema molto serio è quello della pubblicità. Sul problema della pubblicità generalmente l'esempio che si fa è che non possiamo fare la pubblicità di tabacchi e sigarette mentre facciamo la pubblicità del gioco d'azzardo. Vorrei ricordare che non facciamo la pubblicità per le sigarette perché vi è una specifica direttiva europea che ce lo impedisce - o che ce lo consiglia, si potrebbe dire - che abbiamo recepito nell'ordinamento giuridico italiano, e che, sempre a livello europeo, vi è una grande sensibilità essenzialmente sul tema delle sigarette. Sapete che è in fase di elaborazione, anche se con grande contrasto, una direttiva che addirittura prevede la possibilità che non vi sia il logo sul pacchetto di sigarette, così adottando misure di carattere molto più stringente per quanto riguarda non solo la pubblicità ma anche il commercio e la vendita dei prodotti derivanti dal tabacco. Questa è la ragione della difformità e mentre le sigarette non possono essere pubblicizzate invece lo può essere, anche se con alcune cautele, il gioco d'azzardo.
Però, la risposta, in questo caso, per motivare questa diversità è abbastanza ovvia, perché non consentiamo soltanto la pubblicità del gioco d'azzardo, ma anche la pubblicità, per esempio, dell'alcol, che ha effetti sociali forse di gran lunga più dannosi della ludopatia. Naturalmente si potrebbe pure impostare una sorta di visione proibizionistica. Però, anche qui l'esperienza dimostra che ogni qual volta si è tentato di arrivare a forme estreme di proibizioni gli effetti sono stati controproducenti.
Comunque, il problema della pubblicità esiste, è un problema che non possiamo affrontare soltanto in Italia, ma perlomeno a livello europeo. Nel frattempo, cerchiamo di limitare almeno la pubblicità stessa oppure accompagnamola, quando questa viene prodotta specialmente dai media e dalla televisione, da forme di cautela del tipo «gioca bene», «gioca senza esagerare».
Mi rendo conto che si tratta di palliativi, ma nell'attuale ordinamento giuridico europeo rimane un limite un po' invalicabile.
Vorrei riferire brevemente su tutte le complesse azioni che abbiamo sviluppato e che stiamo ancora sviluppando: l'azione di contrasto è stata una delle caratteristiche continue e permanenti dell'amministrazione e - consentitemi di dirlo - non soltanto per motivi di lotta al crimine organizzato, ma anche perché dai giochi - non voglio nasconderlo - derivano entrate dello Stato molto rilevanti ed è quindi chiaro Pag. 26che ridurre la zona del gioco illegale significa anche aumentare le disponibilità finanziarie dello Stato.
L'ultima novità, che sarà contenuta addirittura nel decreto fiscale che presenteremo al Senato nei prossimi giorni, concerne un corpo di agenti, che potrei definire «Serpico» dal nome del famoso detective americano che tanto successo ha avuto nei film. Si tratta di gruppi di agenti che faranno finta di essere giocatori per vedere se, nei singoli esercizi, vengono rispettate tutte le norme di legge.
Questo è soltanto un esempio per dimostrare come il problema sia particolarmente avvertito dal Governo e come si cerchi di inseguire anche delle forme poco ortodosse - se volete - rispetto al tradizionale modo di affrontare le organizzazioni illegali per cercare di ridurre le coordinate del gioco illegale, che ha tante sfaccettature. Infatti, è gioco illegale, per esempio, anche quello di un minore che si accosta alle macchinette, perché - come sapete - un minore di 18 anni non può praticare il gioco d'azzardo. Questa lotta continua è il tentativo di contenere e di introdurre sempre elementi di maggiore trasparenza e responsabilità.
È stato recentemente costituito - questo è il secondo capitolo - un vero e proprio gruppo di intelligence presso l'Amministrazione dei monopoli di Stato, composto dai vertici dell'amministrazione, che si avvale anche di tutte le forze dell'ordine, con dei focus predeterminati per capire quali siano le ulteriori forme di contrasto che possono essere intraprese.
Della campagna pubblicitaria abbiamo già detto. Abbiamo poi creato uno sportello che si chiama Infoazzardo, al quale è possibile arrivare nei casi più clamorosi di ludopatia. Esiste un numero verde al quale si può ricorrere con l'assoluta garanzia dell'anonimato nell'eventualità in cui l'effetto compulsivo diventi irrefrenabile.
Della tutela dei minori ho già parlato.
Per quanto riguarda la lotta contro la ludopatia, stiamo varando un decreto ministeriale, con il concorso della Conferenza Stato-regioni, che è in fase di avanzata elaborazione e che, quanto prima, sarà presentato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,30).

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Stiamo costituendo dei reparti specializzati dedicati esclusivamente alla lotta contro la criminalità organizzata nel campo dei giochi. Questa è, in verità, una linea di tendenza di tutta l'amministrazione finanziaria. In particolare, nell'ultimo incontro della task force contro l'evasione fiscale con il Presidente Monti è stata data un'indicazione molto precisa per specializzare i compiti della Guardia di finanza - e ciò con la totale concordia del generale della Guardia di finanza, Di Paolo - e per specializzare i gruppi di finanzieri per quanto riguarda alcune tipologie di reato, per esempio la falsificazione, l'evasione fiscale, il controllo non solo delle entrate, ma anche della spesa e così via.
Quindi, all'intero di questa visione di carattere generale, ci sarà un gruppo di un reparto specializzato proprio per il controllo del gioco d'azzardo. Infatti, l'innesto dell'elettronica in questo comparto - voi sapete che vi erano molto più nel passato delle macchine che bastava commutare per trasformare gli apparecchi legali in apparecchi illegali - costituisce una continua lotta con gli hacker, quindi abbiamo bisogno di un reparto specializzato che non sia soltanto di contrasto, ma anche capace di comprendere le sofisticazioni tecnologiche che vengono continuamente introdotte, in un comparto che ha la dimensione detta dall'interrogante e che fa realizzare profitti ingenti, come quelli citati.
Infine, è previsto anche un intervento del Servizio sanitario nazionale: potremmo forse accogliere il suggerimento di vietare la presenza di giochi - anche se è un po' più difficile - in prossimità delle zone a rischio come le scuole o dove ci sono bambini. Mi sembra un suggerimento interessante e me ne farò portavoce nei Pag. 27confronti dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
L'ultima considerazione: il reato di gioco d'azzardo per la verità già esiste e viene perseguito, vorrei soltanto dare alcuni dati. Abbiamo denunciato ed in parte arrestato - perché dipende dalla gravità del reato - 3.574 persone nel 2009 e 4.856 persone nel 2011. Mi rendo conto che, rispetto alla complessità ed anche alla latitudine del fenomeno, i numeri sono ancora molto piccoli, e purtroppo sono destinati a crescere. Questo significa che l'area del gioco illegale cresce in misura maggiore, perché naturalmente gli arresti e i controlli hanno un certo lag, cioè un certo ritardo, però questo dimostra che c'è un impegno continuo e costante da parte del Governo e dell'amministrazione.
Naturalmente siamo assolutamente disponibili a recepire tutti i suggerimenti che provengono dal Parlamento, perché credo che in questo campo non ci sia distinzione fra Governo e Parlamento, ma siamo tutti quanti uniti nel tentare di regolare una materia che in effetti, per le implicazioni di carattere culturale e di costume, ha le dimensioni che sono state ricordate, ma che è molto difficile da controllare e da eliminare, perché, se non ci fosse il controllo legale sui giochi, ci sarebbe solo illegalità.

PRESIDENTE. L'onorevole Giammanco, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, voglio naturalmente ringraziare innanzitutto il sottosegretario per la risposta puntuale ed esaustiva, che sicuramente abbiamo apprezzato, così come lo ringrazio anche per il suo appello all'unità e a lavorare insieme, Governo e Parlamento, affinché naturalmente si possa arginare un fenomeno negativo come quello connesso alla dipendenza dal gioco d'azzardo.
Nello stesso tempo voglio incoraggiare comunque l'Esecutivo a perseguire con costanza la sua attività di Governo per prevenire i rischi connessi al gioco, dalla ludopatia al sovraindebitamento da gioco, dalla pubblicità ingannevole fino al pericolo di cadere nella morsa dell'usura. Voglio ricordare che anche il cardinal Bagnasco, nel corso di un convegno sul gioco d'azzardo tenutosi a Genova, ha parlato di vera emergenza sociale, di storture culturali ed educative che, se non riprese e corrette, rischiamo di coltivare illusioni devastanti a cui seguono infelicità e depressione.
Aldilà delle stime sulla diffusione delle ludopatie in Italia, spesso formulate su scarse basi scientifiche, sono troppi in Italia i giocatori patologici e compulsivi; riteniamo dunque che il fenomeno debba essere affrontato con serietà e competenza. Appare più che mai necessario promuovere la sicurezza nel gioco mediante campagne di informazione e sensibilizzazione sui rischi collegati all'ossessione del gioco.
Ciò che chiediamo a gran voce, signor sottosegretario, è la diffusione di un'educazione alla responsabilità: la gente va responsabilizzata per evitare l'insorgere di atteggiamenti ossessivi legati al bisogno quasi fisiologico di giocare. In genere il ludopata-tipo è un signore di mezza età, di estrazione sociale medio-bassa, ma la patologia ha iniziato a colpire anche i più giovani e le donne e molti di loro - lo voglio ricordare - sono disoccupati. Se gli uomini prediligono slot machine, skill game, scommesse e ippica, le donne invece preferiscono Bingo e Lotto e secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sono circa un milione e mezzo le persone a rischio di ludopatia, tutto questo in un Paese come il nostro che detiene il primato mondiale per la spesa pro capite nel gioco. L'Italia infatti è sul podio dei Paesi in cui si gioca di più e per questo motivo credo che sia strettamente necessario non abbassare la guardia.
Signor sottosegretario, nessuno vuole arrivare a una qualche forma di proibizionismo, lungi da noi - per carità - chiedere questo, ma non si possono sottovalutare i rischi connessi alla dipendenza dal gioco d'azzardo, ancor più perché si tratta di un'attività legalizzata e il Pag. 28Governo, quindi, ha il dovere di sentirsi parte in causa e ha il dovere di regolamentare in modo attento il settore, al di là dell'etica più o meno personale che investe tutti noi, ma comunque il Governo è parte in causa.
Quel che è cambiato nel tempo sono le occasioni per poter giocare: agli inizi degli anni Novanta c'erano in larga scala solo il Totocalcio, il Lotto e le scommesse ippiche. Oggi, stando allo studio «Gioco e giovani - Rapporto 2009», effettuato dalla società Nomisma di Bologna, che si occupa di ricerche economiche di settore, le possibilità di gioco legale sono notevolmente aumentate e si è passati dalle tre occasioni di gioco dei primi anni Novanta alle quindici attuali. La tentazione è continua con l'invasione di lotterie istantanee, sale Bingo, slot machine (se ne contano circa quattrocentomila), sale scommesse (se ne contano circa duemila), scommesse on line con carte prepagate, mini casinò dei centri commerciali come playcity, aperti 365 giorni l'anno e concepiti come cittadelle per il gioco alla portata di tutti. È un sistema che ha innescato un giro di affari talmente remunerativo che non può non attrarre la criminalità organizzata.
Preoccupa anche il fenomeno dei baby scommettitori perché, nonostante i divieti previsti per i minorenni, come ben ricordava lei, signor sottosegretario, è sempre più difficile proibire il gioco, in particolare on line, da parte di questi ragazzini, e il numero degli adolescenti che gioca il proprio denaro è notevolmente in crescita.
La mania del gioco, dunque, ha mille sfaccettature. In più, come ha ricordato il sottosegretario, con la crisi economica in corso l'utopia della vincita al gioco alimenta la speranza del riscatto sociale, per cui anche chi prima era più restio oggi appare più propenso al gioco.
Per concludere, signor sottosegretario, ci auguriamo che la nostra interpellanza urgente e le argomentazioni che l'hanno accompagnata possano aprire una seria e approfondita riflessione sulla reale necessità di porre in essere iniziative volte a limitare la dipendenza dal gioco, mettendone in luce, specie tra i più giovani, effetti e rischi, nella convinzione che solo l'educazione possa portare alla consapevolezza e dunque alla capacità di valutare fino a che punto sia corretto spingersi quando si gioca.

(Iniziative per fissare un tetto massimo ai compensi complessivamente percepiti dai vertici apicali delle società non quotate e controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze e interventi in relazione alla variazione dei compensi recentemente deliberati dal consiglio di amministrazione di Sace Spa - n. 2-01360)

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-01360, che ha testé sottoscritto, concernente iniziative per fissare un tetto massimo ai compensi complessivamente percepiti dai vertici apicali delle società non quotate e controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze e interventi in relazione alla variazione dei compensi recentemente deliberati dal consiglio di amministrazione di Sace Spa (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, il sottoscritto e l'Italia dei Valori interpellano il Ministro dell'economia e delle finanze sulla seguente questione.
In questi ultimi mesi, numerosi organi di stampa nazionale e locale hanno focalizzato la loro attenzione, pubblicando inchieste di grande interesse per l'opinione pubblica, sull'annosa questione relativa ai tagli delle retribuzioni dei manager pubblici. Come è noto, durante la discussione in Parlamento del decreto-legge n. 201 del 2011, il cosiddetto «salva Italia», quindi con molte aspettative, la previsione di porre un tetto alle laute retribuzioni dei dirigenti delle aziende statali è stata vanificata a seguito dell'approvazione di una disposizione, inserita all'ultimo istante, secondo la quale, sebbene le retribuzioni dei manager pubblici non possano superare per legge il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione Pag. 29(ovvero circa 305 mila euro lordi annui), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, possono essere previste deroghe motivate - quindi già cominciamo ad aprire la porta - per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni.
Qui, quando dico che apriamo una porta, pensiamo a tutte le amministrazioni dello Stato in senso lato, quindi alle regioni, alle province, ai comuni, che sono centinaia. Si va dai segretari ai direttori generali o ai segretari che assumono anche la carica di direttore generale, ai ruoli di avvocatura degli enti locali e territoriali. Sono migliaia!
Invito veramente, ogni tanto, a fare una ricognizione sulla quantità e sui compensi dati. Faccio un esempio, perché io provengo dalla terra bergamasca: un segretario comunale di un comune di 7-8 mila abitanti è arrivato a prendere quasi 300 mila euro all'anno, perché ha assunto una serie di ruoli e incarichi. Naturalmente, in questo caso, a volte, anche le amministrazioni sono deboli, perché hanno bisogno comunque di queste figure, e quindi accettano anche ricatti di questo tipo. Ecco perché ho ripetuto che non bisogna assolutamente aprire il varco.
Stavo dicendo che viene stabilito un tetto massimo per i rimborsi spese, ai sensi dell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Peraltro, nell'ambito di applicazione di tale disposizione non rientra nemmeno la disciplina dei compensi per gli amministratori con deleghe delle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, stante la presenza di un'ulteriore norma all'interno del medesimo decreto-legge, ovvero l'articolo 23-bis, dove si prevede, per questa particolare tipologia di amministratori pubblici, una disciplina differente rispetto a quella prevista dal già citato articolo 23-ter.
L'articolo 23-bis dispone, infatti, tra le altre cose, che i consigli di amministrazione delle società non quotate e controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella determinazione degli emolumenti da corrispondere agli amministratori investiti di particolari cariche, possano includere una componente variabile, che non potrà risultare inferiore al 30 per cento della loro componente fissa e che dovrà essere corrisposta in misura proporzionale al grado di raggiungimento degli obiettivi annuali, oggettivi e specifici determinati preventivamente dal consiglio di amministrazione.
Alla luce di quanto previsto da tale norma, appare singolare - questo è l'oggetto specifico dell'interpellanza - ma, soprattutto, di eccezionale gravità, il fatto, o meglio, la circostanza che, proprio, nel periodo intercorrente tra la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge chiamato, ripeto, «salva Italia», il 6 dicembre 2011, e quella della relativa legge di conversione, il 27 dicembre 2011, nell'arco temporale di appena tre settimane, ed esattamente il 15 dicembre 2011 - quindi, giusto gli otto giorni per convocare il consiglio di amministrazione - nell'ordine del giorno del consiglio di amministrazione di una società non quotata e controllata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, segnatamente la SACE Spa (l'agenzia di credito all'esportazione, che assume, di fatto, in assicurazione e/o in riassicurazione i rischi a cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all'estero), fosse approvata, sulla base delle valutazioni di un apposito «comitato di remunerazione» (quindi, in otto giorni hanno convocato il consiglio di amministrazione e si sono inventati un comitato di remunerazione), una variazione spropositata del trattamento economico da corrispondersi sia nei confronti dell'amministratore delegato, il dottor Alessandro Castellano, sia del presidente del consiglio di amministrazione, l'ambasciatore Giovanni Castellaneta.
Si tratterebbe, in particolare, per quanto attiene al dottor Castellano, di una variazione del trattamento economico composto: di un compenso fisso annuo pari a 355 mila euro lordi - già diverso dai 305 mila euro lordi a cui si riferisce la legge - da corrispondersi con cadenza Pag. 30mensile posticipata; di un compenso variabile annuo fino al 50 per cento del compenso fisso annuo, da corrispondersi al raggiungimento di obiettivi annuali (altri 177.500 euro); e ancora, di una parte variabile di lungo termine da determinarsi conformemente ai criteri adottati per gli altri vertici aziendali e da corrispondersi al raggiungimento degli obiettivi definiti dal piano strategico della società (ai precedenti 355.000 più 177.500 euro lordi, che in totale danno ben 532.000 euro lordi, si aggiungerebbe un'ulteriore quota svincolata, come è evidente, da qualsiasi parametro di riferimento certo e assimilabile, sia al compenso fisso che a quello variabile annuo). E mi riferisco anche al dividendo sugli emolumenti da corrispondere in funzione degli obiettivi che si raggiungono. Dunque, qualcuno potrebbe dire: «se prevediamo dei compensi per gli altri vertici della società, voglio anch'io la mia parte». Probabilmente, quindi, quando si dovrà stabilire l'importo da proporre al consiglio di amministrazione, vi sarà sempre una quota che interesserà anche lui stesso.
Nel caso del Presidente Castellaneta, si parte, invece, da una componente fissa pari a 200.000 euro lordi, cui se ne potrebbe aggiungere un'altra, a carattere variabile, di ben 100.000 euro e, infine, un'ulteriore, non definibile, componente variabile da applicarsi pro quota per l'effettiva vigenza della carica. Insomma, anche qui scatta un conflitto in cui verranno determinati altri compensi, senza sapere chi debba stabilirne il limite.
La Sace Spa rappresenta solo un esempio di società non quotata controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze esistente nel nostro Paese. In particolare, potrebbero essersi verificate analoghe situazioni, ad avviso dell'interpellante, completamente inammissibili, da considerarsi un affronto vero e proprio a tutti quei cittadini che arrivano a fatica a fine mese, con un mutuo a carico e con la benzina, il gas, l'elettricità, la scuola e il trasporto urbano aumentati senza alcuna possibilità di limitarne le conseguenze sulle famiglie. Ebbene, l'atteggiamento di un sano e buon amministratore pubblico sarebbe quello di prudenza, in attesa che il Parlamento trasformi in legge un decreto già firmato.
Come dicevo, vi sono altre società quali, ad esempio, l'Invitalia, l'Anas, la Consap Spa, la Consip Spa, l'Enav Spa, le Ferrovie dello Stato Spa, Fintecna Spa, il Gestore servizi energetici-Gse Spa, l'Istituto poligrafico zecca dello Stato, Italia lavoro Spa ed altre che, a loro volta, controllano altre società, sono centinaia. Anche i comuni, le province e le regioni prendono questi cattivi esempi. Ecco perché bisogna assolutamente riprendere la fermezza su questa strada scelta dal Governo Monti.
Chiediamo dunque quali iniziative, anche normative, intenda assumere il Governo al fine di fissare un tetto massimo ai compensi complessivamente percepiti dai vertici apicali delle società non quotate e controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze che non risulti superiore al trattamento economico complessivo del primo Presidente della Corte di cassazione e, in particolare, se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo non intenda assumere iniziative in merito alla variazione dei compensi recentemente deliberati dal Consiglio di amministrazione di Sace Spa, avviando, altresì, una verifica immediata su analoghe situazioni che potrebbero essersi verificate nell'ambito di altre società pubbliche non quotate e controllate al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, rispondo rapidamente alle osservazioni esposte dall'onorevole Piffari ricordando che il problema da lui sollevato è un problema reale che deriva, però, da un allargamento della forbice verificatosi sia a livello nazionale, sia internazionale, nella distribuzione del reddito, conseguenza dei processi di globalizzazione.
Naturalmente, quando vi sono divaricazioni di questo genere, è inevitabile che Pag. 31i punti di riferimento, anche per le dinamiche retributive in Italia, diventino quelli che si riscontrano in altri Paesi.
Questo in modo particolare avviene per le banche il cui management, come riferiscono tutti i giornali finanziari, ha raggiunto livelli molto elevati di retribuzione, per i quali si sta cercando di provvedere attraverso direttive della Banca d'Italia, per quanto riguarda il rapporto tra retribuzione effettiva e benefit di varia natura, comprese le stock option, che devono rispondere a determinati criteri.
Il Governo finora si è mosso facendo, per così dire, pulizia in casa propria e stabilendo quelli che possono essere i tetti retributivi per quanto riguarda i dirigenti delle amministrazioni che dipendono direttamente dal Governo stesso.
Per gli altri aspetti sollevati, invece, stiamo predisponendo un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, che richiede però una fase istruttoria molto complessa di tipicizzazione delle società da collocare in due distinte fasce, all'interno delle quali saranno previsti tetti massimi di retribuzione per i dirigenti.
Appena avremo completato questa fase istruttoria - in risposta del resto a quanto emerge dalla stessa interpellanza urgente, quando si chiede di verificare a 360 gradi quale deve essere il comportamento dei dirigenti pubblici - saremo in grado di fare un ulteriore passo in avanti rispetto alla direzione auspicata, che è quella della razionalizzazione delle retribuzioni di tutti coloro che hanno a che fare con la pubblica amministrazione. Si tratta, quindi, di un work in progress.
Certo, nelle more della definizione di queste norme, si sono verificati i casi, che sono stati denunciati dall'interpellante, che però sotto un profilo strettamente giuridico - e quindi non do un giudizio etico dei comportamenti - hanno risposto direttamente alle leggi in essere. Infatti, nei casi citati, c'è stata una delibera del consiglio di amministrazione, oltre un assenso del collegio sindacale, al quale, come ricorderò, partecipa anche un magistrato della Corte dei conti, che assiste alla seduta del consiglio di amministrazione stesso.
Quindi, in assenza di una disciplina diversa, anche quelle retribuzioni - per quanto torno a dire non entro nel merito degli aspetti etici del problema - da un punto di vista giuridico, erano in qualche modo legittime ed il Governo su esse più fare ben poco.

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di replicare.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, il sottosegretario l'ha presa alla lunga...

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sono stato sinteticissimo!

SERGIO MICHELE PIFFARI. La risposta è sintetica, però lei è partito da lontano. Come dire, scendo con l'acqua, quest'anno non si scioglie la neve, ma di solito capita così. Sono arrivato a Roma anche io.
L'allargamento della forbice e la questione della globalizzazione possono esservi.
Però, credo che più di globalizzazione si debba parlare di decadenza che si è registrata in questi anni, dal punto di vista etico almeno, per quanto riguarda l'amministratore pubblico, il quale un tempo faceva anche un giuramento di fedeltà nei confronti dell'amministrazione e che successivamente è stato tolto, non era più importante. Ognuno poi ha pensato a sé, e quindi c'è la corsa alla poltrona e il modo di fare cassa indipendentemente dalla responsabilità, quale che sia.
Fa piacere che si stia lavorando naturalmente anche in questo senso e quindi sulla questione delle banche e delle aziende che hanno carattere internazionale e quindi non sempre possiamo imporre misure solo con leggi nazionali, però queste regole si invocano anche quando si giustificano i compensi ai calciatori, altrimenti, poiché le società in Spagna, in Pag. 32Francia o in Inghilterra pagano molto di più, i suddetti andrebbero lì a giocare. È giunto il momento di dire ai giocatori e anche ai dirigenti che vadano pure da altre parti, ce ne sono ancora migliaia, milioni in Italia capaci di sostituirli, se è questa l'unica questione cui dobbiamo attenerci.
Mi auguro che nelle due fasce del tetto massimo vi sia il massimo rigore, sperando che non si apra sempre ogni volta una porticina, altrimenti succede come quando si cerca di bloccare l'acqua con le dighe: magari all'inizio c'è solo una goccia, poi due, tre, ma tutti i giorni diventa un'alluvione. Dobbiamo evitare di lasciare anche uno spiraglio alla goccia oppure, se c'è, quella goccia deve essere controllata tutti i giorni.
È un problema intanto dello Stato che deve dare l'esempio, specialmente per quanto riguarda le prime società, quelle controllate direttamente dal Ministero dell'economia, ma naturalmente, lo ripeto, dobbiamo essere molto attenti e severi anche per quanto riguarda il resto perché sono migliaia le situazioni di degrado che sfuggono, situazioni che spesso vengono segnalate da inchieste della stampa e dal lavoro della procura; tocca a noi però fare tutto il lavoro. Il loro è un aiuto, un di più, ma non possiamo pensare che sia la stampa, attraverso lo scandalo, o la procura a risolvere le questioni.
Il sottosegretario ha detto bene: a proposito della società che abbiamo richiamato, oggetto dell'interrogazione, la SACE Spa, vi è giustamente il Collegio dei revisori dei conti nonché la presenza di un magistrato della Corte dei conti. Ebbene, forse vi sono anche troppi incarichi perché o si fa il magistrato della Corte dei conti e si controllano i conti o si fa il revisore dei conti, controllando i conti e partecipando. Insomma, anche i troppi incarichi in questo senso, come i contenziosi e i lodi che nascono tra aziende pubbliche e altre imprese, rappresentano un aspetto di disagio e degrado sul territorio. Non sappiamo più che ruolo si svolge: il ruolo di Corte dei conti e quindi di richiamo a tutte le amministrazioni pubbliche o il ruolo di professionista in qualità di componente del Collegio dei revisori dei conti? Forse anche in ciò dovremmo porre attenzione e quindi invito il Governo che sta lavorando su questo decreto-legge a controllare questi aspetti.

PRESIDENTE. Per ragioni tecniche, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12,15.

(Iniziative volte a favorire l'accesso al credito e a salvaguardare l'economia del Mezzogiorno - n. 2-01378)

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01378 concernente iniziative volte a favorire l'accesso al credito e a salvaguardare l'economia del Mezzogiorno (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, quando si è insediato questo Governo, non in virtù di un voto di sfiducia del Parlamento nei confronti del precedente Governo - il Governo votato dalla maggioranza degli italiani - il Presidente Monti lo definì un Governo di impegno nazionale. Già in quell'occasione ebbi a dire che quando un Paese si trova in una condizione di difficoltà e di emergenza e valuta che sia necessaria la convergenza delle forze politiche, la soluzione più opportuna, rispetto ad una condizione di difficoltà, è quella di mettere insieme tutte le forze politiche, così come in parte è avvenuto - almeno una maggioranza ampia in Parlamento - forze che si sono presentate alle elezioni con posizioni contrapposte, e formare un governo politico.
Continuo a rimanere di quell'idea. Un vero governo di solidarietà nazionale, è un governo politico, con politici che devono trovare le soluzioni ai problemi. Perché dico questo? Il Governo dei tecnici è stato salutato con grande favore da parte della stampa, è stato spinto dai poteri forti, che Pag. 33in Italia ci sono. Non è vero, infatti, come ha sostenuto il Presidente del Consiglio quando si è insediato, che in Italia non ci sono i poteri forti. In Italia i poteri forti ci sono e hanno spinto per l'insediamento di questo Governo che si è presentato al Parlamento con un decreto-legge che con enfasi è stato definito decreto-legge «salva-Italia», che ha prodotto disastri sociali le cui conseguenze si vedranno ancora di più nei prossimi giorni: interventi che hanno massacrato i pensionati, che hanno massacrato le famiglie, come l'aumento delle tasse, la reintroduzione dell'ICI sulla prima casa. Tali interventi hanno imposto ancora una volta il blocco dei salari del pubblico impiego, salari già estremamente bassi. Cosa vanta questo Governo? Dei parametri macroeconomici sarebbero diventati più positivi, in modo particolare questo famoso spread, ma qual è l'interrogativo che ci dobbiamo porre? È stato questo Governo o non sono stati gli interventi che sono stati fatti, ad esempio, dalla Banca centrale europea che hanno determinato la riduzione dello spread? È sotto gli occhi di tutti che da quando si è insediato questo Governo, ad esempio, le banche italiane hanno avuto prima, qualche tempo fa, 116 miliardi di euro ad un tasso estremamente conveniente dell'1 per cento; ieri altri 129 miliardi di euro e poi finalmente la signora Merkel si è decisa ad evitare il fallimento, il default della Grecia.
Se non ci fossero stati questi due interventi, il Governo dei tecnici non avrebbe ottenuto alcun risultato. È sotto gli occhi di tutti, che sono stati interventi esterni a determinare il miglioramento di un unico parametro, che è il cosiddetto spread. Tutto il resto sta andando a rotoli, l'Italia sta andando a rotoli. E, in questo panorama di disastro complessivo della nostra economia, sta andando ancora più a rotoli il sud, che avete dimenticato. Mi riferisco alla parte più debole del Paese, che avrebbe avuto bisogno di una politica mirata e specifica, che il precedente Governo, anche in virtù delle nostre sollecitazioni, aveva pensato di poter recuperare ad una condizione di sviluppo attraverso il Piano per il sud.
Questa parte da voi è stata completamente abbandonata ed è la causa che ha determinato anche il nostro atteggiamento politico nei confronti di questo Governo, che è di opposizione. È un Governo, infatti, che non affronta il problema che, se risolto, sarebbe la vera grande opportunità di crescita per l'Italia: l'Italia non cresce per le alchimie che state mettendo in campo, ma cresce se cresce il sud, se il sud diventa un'opportunità e non un problema. Invece, questo Governo continua su una strada sbagliata, e noi siamo passati all'opposizione per denunciare questa situazione.
In questo contesto, se le banche italiane hanno ricevuto tanti soldi dalla Banca centrale europea, perché non danno il danaro alle imprese e alle famiglie? Per quale ragione questi soldi, questo fiume di danaro che è stato dato alle banche italiane non viene destinato allo sviluppo e alla crescita? Grazie ai vostri interventi mirabolanti l'Italia, quest'anno, andrà in recessione, e ci sarà un calo di un punto e mezzo del nostro PIL. Inoltre, è previsto che per la crisi del credito - il cosiddetto credit crunch -, circa 25 mila aziende chiuderanno, con una perdita secca di 625 mila posti di lavoro. Allora spiegateci: se questa è la situazione, che senso ha andare in giro a vantare meriti rispetto al salvataggio del nostro Paese, quando la situazione sociale sta precipitando in maniera drammatica?
Nell'ambito di questa crisi del credito, vi è un contesto ancor più delicato che vorrei sottoporle, onorevole rappresentante del Governo: il costo del danaro è stato sempre più alto al sud rispetto che al nord. Questa è una condizione che non si può sopportare, perché il sud è già fortemente penalizzato. Io rabbrividisco quando sento dire che il costo della vita al sud è inferiore rispetto che al nord: al sud, la vita costa di più; ma lei sa, ad esempio, signor sottosegretario, quanto deve pagare un autotrasportatore per transitare sullo Stretto di Messina? Io penso che lei non sappia, vada ad informarsi, e capirà per quale ragione i costi sono molto più elevati e l'economia meridionale è più svantaggiata: perché non vi Pag. 34sono quelle infrastrutture che sono necessarie per lo sviluppo di un territorio. E questo Governo ha detto chiaramente che il ponte sullo Stretto non è un'opera strategica e non deve essere realizzato.
Pertanto, con l'interpellanza urgente in oggetto, chiediamo al Governo di farsi carico di questa difficoltà: in primo luogo, di una condizione generale di chiusura.
Per quanto riguarda le banche, mi auguro che qualcuno di voi si informi a quali condizioni esse concedono i mutui alle famiglie o i prestiti alle imprese, e che non legga soltanto i giornali economici, i quali, non dicono sempre la verità. Le banche applicano tassi di interesse molto, ma molto più elevati rispetto al costo che esse stesse pagano per approvvigionarsi di denaro. Una banca prende il denaro all'1 per cento, ma perché lo deve dare al 6, al 7, all'8 per cento o anche di più? Per quale ragione il costo del denaro deve essere superiore al sud, rispetto che al nord? Per quale motivo le famiglie, oggi, non possono avere né prestiti, né mutui per acquistare la casa, soprattutto le giovani coppie, in modo particolare i giovani precari? Le banche italiane, per avere i soldi dalla Banca centrale europea, si fanno garantire dal Tesoro. Per avere questi 129 miliardi di euro, vi è stato il Tesoro che ha dovuto garantire per 89 miliardi di euro. Se le banche italiane non restituiscono i soldi alla Banca centrale europea, sarà lo Stato italiano che dovrà restituire questi soldi. Allora, invece di garantire le banche, perché non si pensa a garantire il credito per le famiglie e per le imprese, a misure più efficaci?
E, soprattutto, le chiediamo: ho letto che proprio ieri vi sarebbe stata un'intesa per una moratoria per i crediti delle piccole imprese, ma noi chiediamo che vi sia un azzeramento del differenziale dei tassi di interesse tra nord e sud. Un Governo responsabile, che si pone il problema dello sviluppo vero del Paese, interviene su questi campi. Alla fine, faremo il bilancio di questi mesi di Governo, che io mi auguro siano fino all'aprile dell'anno prossimo, ma che poi si cambi e si volti pagina. Infatti, è vero che la politica si deve rinnovare, deve cambiare radicalmente, che si deve rinnovare la classe politica, però è anche vero che, senza la politica e senza i partiti, i problemi di un Paese non si risolvono. E allora guai a dare l'idea che la malattia sia ancora più grave rispetto a quella che è la condizione vera di un Paese.
Questo è un Governo di emergenza. Si dice e si è detto che questo Governo ha consentito di recuperare la credibilità in Europa, ma ammesso che questo sia vero - e probabilmente è vero perché questo Governo ha eseguito in maniera acritica le imposizioni della Francia e della Germania -, è anche vero che questo Governo sta dando un colpo mortale alla credibilità del nostro sistema democratico. Noi non siamo in un sistema di presidenzialismo parlamentare, come è stato definito l'attuale sistema da Panebianco. Noi siamo in una grave condizione di democrazia sospesa, proprio a causa della presenza di un Governo che non riesce a dare soluzioni ai problemi.
Pertanto, le voglio ribadire solo questo: noi non faremo mai una opposizione pregiudiziale, anche se le cose che ho detto potrebbero dare questa idea. Noi facciamo una opposizione sui contenuti. Se questo Governo riuscisse a dare risposte concrete alle questioni che solleviamo anche attraverso questa interpellanza, non esiteremmo a riconoscere i meriti di questo Governo e a votare anche quei provvedimenti che vanno nella direzione di superare questo divario tra nord e sud, il quale, a nostro avviso, è la condizione fondamentale per la crescita del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare l'onorevole Iannaccone, che ci ha Pag. 35ricordato la genesi di questo Governo, ma anche rassicurarlo: siamo in un Governo che è nella pienezza dei suoi poteri e dei vincoli di carattere costituzionale. Tutte le altre definizioni appartengono un po' alla sociologia, al dibattito sui giornali, ma, da un punto di vista giuridico, il Governo trova il suo fondamento nel voto di fiducia del Parlamento, e finché la fiducia del Parlamento rimarrà alle scelte compiute dal Governo, sarà un Governo pienamente legittimato dal punto di vista costituzionale. Tutte le altre definizioni appartengono più a un dibattito giornalistico, che non all'esatto percepimento dell'essenza del fenomeno.
Così come il termine «poteri forti»: non so se personalmente sono stato nominato da qualche potere forte, che non riesco a vedere. Vedo molti poteri deboli, tra l'altro, in questo momento, nella situazione italiana. Faccio parte di questo Governo perché ho avuto la fiducia del Parlamento, e nei confronti del Parlamento rispondo del mio operare. Mi sembra che questa debba essere la chiave giusta per interpretare i fenomeni di carattere generale ai quali ella ha fatto riferimento, così come sul Governo darei un giudizio molto meno manicheo, non è bianco e nero, ma è un Governo che sta cercando di fare il possibile - non dico che faccia tutte le cose nel migliore dei modi possibili -, di fronte ad una situazione oggettiva che ha le caratteristiche che conosciamo e sulle quali non mi dilungo.
Sottolineo questo elemento per dire che gli eventuali successi del Governo - se mai vi saranno - non sono successi di un gruppo di tecnici calati da Marte, ma sono il frutto di una collaborazione interna tra Governo e Parlamento, e tutte le forze politiche che sostengono il Governo avranno, di fronte all'opinione pubblica, i meriti e i demeriti che l'azione del Governo riuscirà a sviluppare.
Detto questo, come problema di carattere generale su cui inquadrare il fenomeno, lei parla di abbandono del sud. Su ciò, essendo, tra l'altro, una persona che si è sempre occupata dei problemi del Mezzogiorno da un punto di vista teorico-culturale, non condivido questa sua impressione. Non la condivido perché noi stiamo creando i presupposti di carattere generale, con le liberalizzazioni, i decreti fiscali e tutta la manovra che abbiamo sviluppato, per far sì che a un problema secolare, come quello del Mezzogiorno, si possa oggi rispondere in termini più moderni, rispetto al passato.
Non siamo più ai tempi di Gunnar Myrdal, oppure degli studiosi che vedevano il caso del Mezzogiorno come elemento emblematico per descrivere il rapporto nord-sud - come Vera Lutz, per citarne uno - o i rapporti fra il mondo sviluppato e i Paesi sottosviluppati, come era negli Sessanta o Settanta, quando si diceva di prendere il caso del Mezzogiorno italiano perché rappresentava il punto di caduta di squilibri di carattere più generali che caratterizzavano tutta l'economia mondiale.
Ciò perché quelli che erano una volta i Paesi sottosviluppati e che, quindi, avevano un po' le caratteristiche del Mezzogiorno, oggi sono i Paesi che dominano la scena internazionale, basti pensare all'India e alla Cina. La stessa Africa, che sembrava un continente perduto, oggi, sebbene con uno sviluppo a macchia di leopardo, ha Paesi che hanno un ritmo di crescita che sono addirittura superiori a quelli della Cina. Mi riferisco a Paesi di cui si parla poco e che sembrano addirittura sconosciuti, come la Somalia; e la Nigeria ha tassi di crescita del PIL dell'11 per cento all'anno.
Quindi, mentre abbiamo risolto il problema del sottosviluppo - o meglio, in parte si è risolto - in grandi parti dell'economia mondiale, il Mezzogiorno continua ad essere elemento persistente e caratteristica specifica della situazione italiana. Questa è oggi la riflessione che tutti siamo impegnati a fare: come mai il Mezzogiorno - che, torno a dire era stato il caso di studio per cercare di svelare la perversità del rapporto tra centro e periferia, tra nord e sud, facendo derivare da quel tipo di analisi tutta una serie di considerazioni che valevano a livello internazionale, e che, Pag. 36quindi, se avessimo seguito quella logica, oggi i problemi del Mezzogiorno dovrebbero essere risolti, come sono stati risolti o parzialmente avviati a soluzione i problemi degli altri Paesi -, invece, è rimasto al palo.
Questo è il grande tema, su cui non servono gli anatemi, non servono i giudizi duri e non servono le critiche, ma serve più che altro un'esigenza di riflessione che investa il Governo, come deve investire anche il Parlamento. Sono convinto che ciò sia possibile attraverso una serie di provvedimenti di carattere generale (penso soltanto al provvedimento sulle liberalizzazioni per quanto riguarda la parte delle infrastrutture), i processi di semplificazione che abbiamo introdotto e la possibilità di maggiori finanziamenti delle infrastrutture. È chiaro che fino a quando nel Mezzogiorno le infrastrutture saranno quelle che sono la stessa concezione di un mercato meridionale non esiste. Il Mezzogiorno importa il 20 per cento del suo prodotto interno lordo dalle aree più sviluppate del Paese e allora l'interrogativo che pongo alla mia attenzione, ma anche all'attenzione dell'onorevole interpellante è: come mai una domanda così consistente, quale è il 20 per cento dell'intero PIL del Mezzogiorno, non ha dato luogo alla formazione di imprese che in loco consentissero di razionalizzare i rapporti commerciali tra le aree di importazione e le aree di esportazione?
Troppo lungo sarebbe dilungarci sulle cause. Una delle cause, per esempio, è il grado di inaffidabilità da parte di grandi aree del Mezzogiorno, perché sappiamo che sono predominio della criminalità organizzata, e questo è un elemento che scoraggia le imprese a collocarsi nel Mezzogiorno, anche se lì possono realizzare una forte riduzione dei costi di produzione. Si tratta di problemi di natura estremamente complessa. Su questo il terreno è aperto, nessuno ha le soluzioni in tasca e c'è bisogno di un grande confronto, un confronto sereno per individuare quelle che sono le ricette più moderne (direi così), in sintonia con quello che sta avvenendo a livello internazionale per risolvere un problema storico della nostra economia.
Vengo alle altre considerazioni più specifiche per dare anche un po' di informazioni per quanto riguarda il rapporto tra banche e i diversi territori. Lei ci chiede di informarci sullo spread, cioè sulla differenza tra i tassi di interesse praticati nelle altre zone del Paese e nel Mezzogiorno. La posso tranquillizzare, dicendo che questa è una preoccupazione costante da parte del Governo. Non solo siamo informati di quello che avviene, ma stiamo cercando di fare il possibile per cercare di ridurre questo spread attraverso elementi di forzatura delle normali tendenze di mercato. Parlo di normali tendenze di mercato perché la differenza dei tassi bancari nel Mezzogiorno rispetto al resto dell'Italia è innanzitutto un problema storico. Dura da cinquant'anni, più o meno, non si è accentuato in questi anni, ma in questi anni abbiamo cercato di realizzare, nei limiti del possibile, un processo di convergenza. Deriva dal fatto che se noi seguissimo senza interventi quello che Giulio Tremonti avrebbe detto «mercatismo» oggi gli spread tra il Nord e il Sud sarebbero ancora maggiori e lo sarebbero per un semplice motivo: il premio per il rischio di investire nel Mezzogiorno è di gran lunga superiore al premio del rischio di investire nel centro-nord. Questo non solo perché c'è un'economia in cui vi sono vaste aree dominate dalle organizzazioni criminali e che quindi presentano elementi di sicurezza inferiori, ma proprio perché la debolezza del tessuto produttivo del Mezzogiorno fa sì che l'investimento nel Mezzogiorno sia molto più rischioso.
Come fare su questo punto? L'idea è quella di cercare di realizzare il più possibile le riforme di carattere strutturale, specie per quanto riguarda le infrastrutture che uniscano e creino il mercato. Infatti, il mercato non è un'invenzione degli economisti, non è uno schema teorico. Questo ce lo ha insegnato proprio il Presidente Monti, non riferendosi al caso del Mezzogiorno, ma quando era Commissario europeo, in questo bellissimo studio che Pag. 37ha fatto sull'essenza del mercato unico europeo. Sosteneva che il mercato funziona solo se è fortemente interconnesso, solo se ha un reticolo di infrastrutture che consentano, in effetti, un movimento reale sulle merci. Se le infrastrutture mancano, non è che c'è solo difficoltà di approvvigionamento, ma viene meno anche il concetto stesso di mercato. Quindi, con le cose che stiamo facendo sul processo di liberalizzazione cerchiamo di accelerare al massimo le procedure che consentiranno specialmente l'utilizzo dei fondi comunitari in un progetto di modernizzazione complessivo.
Questa era stata, come lei sa benissimo, una riflessione avviata già nel precedente Governo e, in particolare, dal Ministro Fitto. Io ritengo che quella posizione sia estremamente giusta, da un punto di vista non politico, ma come studioso della materia, e credo che il Governo non intenda minimamente abbandonare quel tipo di prospettiva e ritornare, per esempio, invece a quella che è stata una vecchia politica meridionalista degli anni passati, in cui l'esigenza di spendere i fondi comunitari, che poi non abbiamo speso, si è tradotto in un intervento a pioggia, poco programmato, disseminato in mille rivoli, che non ci hanno consentito né di spendere quei soldi, perché, come lei sa, la capacità di spesa nel Mezzogiorno negli anni passati è stata molto modesta, e al tempo stesso di non realizzare. Abbiamo fatto il superfluo e non abbiamo realizzato il necessario.
Detto questo, però mi vorrei soffermare sul contenuto più specifico della sua interpellanza e darle un po' conto, sulla base di una tabella, che, tra l'altro, consegnerò, la quale dimostra l'interesse che il Governo ha nel seguire in modo non dico quotidiano, perché i dati quotidiani non ci sono, ma a livello settimanale e mensile lo scarto che si verifica tra i tassi di interesse che si praticano nel centro-nord e quelli del Mezzogiorno.
Il 28 febbraio 2012 abbiamo firmato un accordo ulteriore, che segue già quelli firmati nel 2009 e nel 2011 e che hanno permesso di sospendere oltre 260 mila mutui a carico delle imprese per complessivi 65 miliardi di euro di debito residuo sospeso e 15 miliardi di euro di rate già maturate. Quindi, come vede, non siamo alla moratoria, siamo però ad una forte dilazione dei tempi.
Le linee di intervento sono state: operazione di sospensione dei finanziamenti, sospensione per 12 mesi della quota capitale delle rate di mutuo e per 12 o 6 mesi della quota capitale prevista nei canoni di leasing immobiliare e mobiliare a favore delle imprese del Mezzogiorno; operazione di allungamento dei finanziamenti: possibilità di allungare la durata dei mutui, di spostare in avanti fino a 270 giorni le scadenze del credito a breve termine per esigenze di cassa con riferimento all'anticipazione di crediti certi ed esigibili e di allungare, per un massimo di 120 giorni, le scadenze del credito agrario di conduzione; operazioni per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività: anche alla luce delle agevolazioni fiscali previste dal decreto-legge n. 201 del 2011, per le imprese che avviano processi di rafforzamento patrimoniale, le banche si impegnano a concedere un finanziamento proporzionale all'aumento dei mezzi propri realizzati immessi nella conduzione dell'impresa.
Tra le altre iniziative che abbiamo sviluppato, vi è l'avvio dell'operatività della Banca del Mezzogiorno. Come sapete anche questo è un vecchio programma del vecchio Governo e quindi vi è una linea di continuità con le cose fatte anche dal precedente Governo, proprio per questo pragmatismo che ci guida nell'azione quotidiana, nel senso di non sottolineare troppo se si trattava di un Governo di centrodestra o di centrosinistra, abbiamo cercato di sviluppare quelle azioni che riteniamo utili nell'interesse del Paese. Dicevo, l'avvio dell'operatività della Banca del Mezzogiorno con l'apertura dei primi 50 uffici postali abilitati nel gennaio 2012. I propri clienti hanno già richiesto preventivi di finanziamento e sono state deliberate alcune operazioni.
Come previsto dal piano industriale, il completamento del roll-out prevede il Pag. 38coinvolgimento di ulteriori 200 uffici postali entro fine marzo. L'avvio dell'operatività conclude una procedura avviata nel dicembre 2010 con l'acquisizione del 100 per cento del capitale sociale di MedioCredito Centrale da parte di Poste Italiane.
La Banca del Mezzogiorno opera come un'istituzione finanziaria di secondo livello, appoggiandosi inizialmente alla rete postale e coprendo tre aree chiave: credito industriale e agrario di medio e lungo termine, al fine di sostenere finanziariamente gli investimenti delle imprese industriali e agricole operanti nel Mezzogiorno; banca di garanzia, allo scopo di supportare i confidi nella loro attività e favorirne l'evoluzione e il consolidamento attraverso la fornitura di servizi specialistici e di controgaranzia agli stessi e di cogaranzie alle imprese garantite direttamente da questi ultimi; merchant bank per il Mezzogiorno, con attività di consulenza e piccole e medie imprese che hanno progetti di sviluppo e bisogno di finanza più strutturata.
Per quanto riguarda le ultime considerazioni, e concludo rapidamente, in base alle ultime informazioni pubbliche (depositerò poi presso la Presidenza la tavola), alla fine del 2010 i tassi di interesse bancari sui prestiti a breve termine praticati alle imprese meridionali risultavano pari al 6,2 per cento, superiori di 1,4 punti a quelli relativi al Centro-nord. Attribuendo alla clientela bancaria meridionale la stessa composizione settoriale e dimensionale della clientela del Centro-nord - perché naturalmente il nanismo del Mezzogiorno implica un aumento del tasso di interesse - si può stimare che solo due decimi di punto di tale divario siano ascrivibili alla diversa struttura produttiva delle due aree.
La parte prevalente del divario - 1,2 punti - riflette la più elevata rischiosità delle imprese del Mezzogiorno e risente anche del contesto esterno meno favorevole, come dicevo prima. Un divario del costo di finanziamento sfavorevole alle imprese meridionali caratterizza anche i prestiti a medio e lungo termine. Con riferimento ai prestiti delle famiglie, a dicembre 2010 il tasso annuo effettivo globale (TAEG) medio sui prestiti per l'acquisto di abitazioni si attestava al 3,2 per cento nel Mezzogiorno, un valore superiore di circa tre decimi di punto a quelli del resto del Paese.
Infine, l'ultima considerazione per quanto riguarda il comportamento delle banche è che, rispetto al rifinanziamento da parte della BCE, fino ad ora non abbiamo visto grandi risultati, nonostante nel decreto «salva Italia» avessimo previsto un tavolo tecnico fatto dal MEF, dall'ABI e dalla Banca d'Italia per dirottare parte della maggiore liquidità delle banche verso le attività produttive e l'economia reale, in parte perché le banche si trovavano in uno stato di semi-solvibilità. Quindi, era logico che una parte di questa liquidità andasse a consentire alle stesse aziende di credito di esercitare le loro funzioni. Tuttavia, c'era anche un altro motivo, più sottile, che la stampa non ha colto: quel finanziamento precedente era soltanto ad un anno; era, quindi, a breve termine. Ciò rendeva difficilmente compatibile la possibilità di un impegno a medio e lungo termine nei confronti delle aziende.
Con gli accordi di questi ultimi giorni, invece, il finanziamento della BCE sarà non solo molto più consistente, ma avrà una durata triennale e questo consentirà alle banche di realizzare quelle cose, almeno si spera, che fino adesso non hanno realizzato. Tuttavia, mentre nel caso precedente, i poteri, che rimangono sempre limitati nei confronti delle banche, la moral suasion del Governo, erano limitati da questi limiti oggettivi nella disponibilità di credito a breve, con le nuove emissioni da parte della BCE naturalmente si ampliano le possibilità per esercitare da parte del Governo una azione più penetrante, cosa che - non dubiti - faremo non solo nell'interesse del Mezzogiorno, ma di tutta l'economia italiana.

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di replicare.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, la risposta ampia ed articolata del Pag. 39rappresentante del Governo chiaramente non mi consente solo di dire solo se sono soddisfatto o meno, ma dovrò sviluppare un ragionamento. Non posso non partire dalla considerazione preliminare del rappresentante del Governo, il quale ci ha ricordato che, dal punto di vista giuridico, il Governo attualmente in carica è nella pienezza dei poteri, avendo ottenuto la fiducia del Parlamento. Tuttavia, è evidente che bisogna tener conto di tutti gli aspetti: un Governo deve avere la fiducia del Parlamento, ma prima deve avere la fiducia dei cittadini. Deve passare attraverso il voto, altrimenti potremmo avere un Parlamento nominato non si sa da chi e conseguentemente un Governo nominato non si sa da chi.
Continuo a sostenere la tesi che se ci fosse stato un Governo politico sostenuto dalla stessa maggioranza noi avremo ottenuto risultati migliori: da un lato, avremmo ottenuto il risultato di dare maggior tranquillità ai mercati; dall'altro lato, non avremmo inciso sulla vita quotidiana degli italiani in maniera così negativa come sta facendo questo Governo. Infatti, è fuor di dubbio che la condizione degli italiani sta peggiorando e peggiorerà.
Non c'è nessun motivo che ci spinge a ritenere che le condizioni dell'economia italiana miglioreranno. Avremmo dovuto avere un Governo politico di solidarietà nazionale. Condivido questa interpretazione. Ci sono poteri deboli? Certo, che ve ne sono. È un potere debole lo stesso potere della politica. Ma ci sono i poteri forti, che prima non c'erano, tanto è vero che prima non vi è stata mai la necessità di fare un Governo di tecnici, anche quando in Italia vi era la cosiddetta democrazia bloccata o democrazia incompiuta, perché il Partito comunista non aveva tutti i requisiti democratici (si riteneva allora anche per ragioni internazionali) per sostituire la Democrazia Cristiana e i suoi alleati al potere. Tanto è vero che un grande statista di quell'epoca, Aldo Moro, sostenne che la democrazia italiana non era una democrazia bloccata o incompiuta, ma era una democrazia difficile, nel senso che c'era una democrazia forte che aveva chiaramente un elemento anomalo, ossia l'assenza di alternanza.
Qui, invece, ci troviamo di fronte ad un'anomalia assoluta, ad un assurdo di un Governo tecnico sostenuto da una maggioranza politica che, però, alle elezioni si era presentata su fronti contrapposti. Mentre prima Moro e Berlinguer si incontravano alla luce del sole, adesso altri leader, o presunti tali, si devono incontrare nei sottoscala e sostenere un Governo che sta producendo danni.
Mi auguro che le sue teorie, esposte qui, a favore del Sud possano produrre risultati. Ma sa perché non chiamo più la questione meridionale così ma la chiamo «questione del Sud»? Perché chiamando ancora la questione meridionale in quel modo facciamo riferimento ad una questione che non è mai uscita dall'accademia e dalla teoria, mentre se facciamo riferimento alla questione del Sud facciamo riferimento ad un territorio sottosviluppato, che ha oltre il 30 per cento di giovani disoccupati - anzi, siamo quasi al 50 per cento - e che ha un deficit infrastrutturale che non si avvia ad essere colmato e nemmeno questo Governo sta facendo nulla per colmarlo.
Veniamo ora alle banche, onorevole rappresentante del Governo. Le banche devono dare i soldi. Se poi la Banca centrale europea ha fatto il «trucchetto» di dare i prestiti ad un anno perché le banche acquistassero solo il debito pubblico, è un trucco che abbiamo svelato senza fare, in un certo senso, grandi approfondimenti. Se le banche ritengono che non possono dare soldi alle imprese e alle famiglie, allora la Banca centrale europea che li dà a fare quei soldi? Se li tenga, la Banca centrale europea, questi soldi. Se non devono andare alle imprese e alle famiglie, rimangano nelle tasche della Banca centrale europea! Non si crei l'illusione che i soldi andranno alle famiglie e alle imprese.
Dunque, mi auguro che il Governo si impegni. La sua risposta è stata ampia e mi auguro che le cose che lei ci ha rappresentato potranno essere attuate. Ma Pag. 40dobbiamo dare uno scossone. Il Sud ha bisogno di un'iniezione di fiducia. È evidente che vi sono problemi legati al fatto che non vengono spesi tutti i fondi che sono a disposizione. Ma è anche vero che lo Stato non dà al Sud i soldi che deve dare, che l'intervento straordinario prima e i fondi europei dopo sono sostitutivi dell'intervento ordinario. Ci sono le Ferrovie e l'ANAS che non investono nella percentuale che dovrebbero investire, il 45 per cento. Continuano a investire il 28, il 27 per cento. Pertanto, vi sarà un divario che crescerà sempre di più.
Noi stimoliamo il Governo e vogliamo essere - per così dire - un pungolo forte perché, quando si parla di Sud, non ci deve essere il timore di parlare di una questione che riguarda l'intero Paese.
Al Sud non nasceranno nuove imprese, le imprese esistenti sono costrette a chiudere e c'è una stretta sul pubblico impiego, che sta facendo ridurre notevolmente l'efficienza dei servizi essenziali. Penso alla sanità, nell'ambito della quale non si possono sostituire gli infermieri e i medici e si devono chiudere i reparti perché manca il personale.
Come vogliamo affrontare questa questione? Solo con riferimenti teorici? No, ci vogliono interventi concreti. Cominciamo dal credito, perché ci sono tanti giovani che vogliono intraprendere iniziative autonome e non vogliono essere assistiti e ci sono tante giovani coppie che vogliono acquistare una casa. Aiutiamo chi vuole intraprendere un'attività economica e i giovani che vogliono acquistare una casa.
Noi verificheremo, signor rappresentante del Governo, quali saranno le prossime iniziative. Le garantisco che non siamo manichei, ma valutiamo i fatti e quelli che stiamo valutando ci fanno esprimere un giudizio fortemente negativo sulla natura politica di questo Governo, che riteniamo un'anomalia totale, e sulle politiche di sviluppo di questo Governo.
Anche per quanto concerne, ad esempio, le liberalizzazioni, sa quanti taxi ci sono nella mia città? Ad Avellino ci sono due taxi. Spiegatemi, liberalizzando i taxi, quanti posti di lavoro create. Quando mi spiegherete quanti posti di lavoro create, forse voteremo a favore dei vostri provvedimenti.

(Elementi in merito alla presentazione dello schema di decreto per il riparto delle somme destinate alla copertura del credito di imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 70 del 2011 - n. 2-01380)

PRESIDENTE. L'onorevole Savino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01380, concernente elementi in merito alla presentazione dello schema di decreto per il riparto delle somme destinate alla copertura del credito di imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 70 del 2011 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, il tema su cui interpelliamo il Governo riguarda - come si è detto - la mancata adozione del decreto interministeriale per l'utilizzo del credito di imposta per le imprese che assumeranno personale a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia.
Con l'approvazione, lo scorso anno, del cosiddetto decreto sviluppo, il Governo di allora ha stabilito di destinare i fondi strutturali europei alle imprese del Mezzogiorno - Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia - che assumono a tempo indeterminato soggetti svantaggiati o molto svantaggiati. Questo intervento, che è stato fatto anche per porre rimedio ai forti ritardi accumulati nell'impiego di questi fondi strutturali, ha rappresentato un segnale molto importante per il rilancio economico ed occupazionale del Mezzogiorno.
La misura, in concreto, consiste in un bonus, concesso sotto forma di credito di imposta, ai datori di lavoro che incrementano il numero di lavoratori e lavoratrici assunti a tempo indeterminato, assumendo soggetti svantaggiati in base ai requisiti Pag. 41previsti dalla Commissione europea. Il predetto bonus corrisponde, per ogni neoassunto, alla detrazione del 50 per cento del costo salariale.
Le regioni del Sud - come è noto e si è ampiamente dibattuto poco fa - risultano caratterizzate da una maggiore difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro e, purtroppo, sono anche quelle con il tasso più alto di lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati. Parliamo - per chiarire il concetto - di lavoratori privi di impiego da oltre sei mesi o da oltre ventiquattro mesi, ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale, ovvero che abbiano superato i cinquant'anni di età, o che vivano soli o con più di una persona a carico, od occupati in professioni e settori con un elevato tasso di disparità uomo-donna. Sono invece definiti «lavoratori molto svantaggiati» quelli privi di lavoro da almeno due anni.
Vediamo brevemente in cosa consiste questo bonus. È un credito d'imposta pari al 50 per cento dei costi salariali per ogni neoassunzione, ma può essere operativo sempreché la neoassunzione comporti un incremento della base occupazionale, che si calcola sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato e il numero medio dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato occupati nei dodici mesi precedenti le nuove assunzioni. Per fare un esempio, se un'impresa con sede in una delle regioni del Mezzogiorno assume due lavoratori svantaggiati in quanto disoccupati da più di sei mesi, se il costo salariale per ogni lavoratore è pari a 2 mila euro mensili e la differenza tra il numero dei lavoratori a tempo indeterminato dopo le due assunzioni e quello dei dodici mesi precedenti è pari a due, allora il bonus fiscale è riconosciuto per entrambi i neoassunti e genererà un credito d'imposta per ciascun lavoratore pari al 50 per cento.
Il bonus quindi non troverà applicazione - è quindi importante il tema dell'incremento della base occupazionale - o decadrà se il numero complessivo dei dipendenti sarà inferiore alla media occupazionale nei dodici mesi precedenti le neoassunzioni, ovviamente però non si calcolano diminuzioni dovute a pensionamenti o a dimissioni volontarie. Inoltre, il bonus decadrà se i neoassunti non conserveranno il posto per almeno tre anni - anche questo è un aspetto importante e anche in questo caso ovviamente non si calcolano le dimissioni volontarie - o, nel caso in cui si tratti di piccole e medie imprese, se non si conserva per due anni. Inoltre, decadrà se verranno accertate violazioni non formali in materia fiscale o previdenziale relativamente al lavoro dipendente che comportino sanzioni pari o superiori a 5 mila euro o in caso di violazione della normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro o nel caso in cui siano stati emanati provvedimenti definitivi per condotta antisindacale.
La misura del credito d'imposta è prevista pari al 50 per cento e, come definito dal regolamento (CE) n. 800/2008, non essendo previste espresse ipotesi di incompatibilità, lo stesso potrà essere anche utilizzato contestualmente ad altre agevolazioni in materia di lavoro, però per l'effettivo utilizzo di questo credito d'imposta occorre l'adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale che, oltre a stabilire - questo è un aspetto molto importante - i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle regioni meridionali che potranno attingere al bonus, dovrà stabilire le disposizioni di attuazione, così come previsto dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, che ha istituito l'incentivo.
A tutt'oggi questo decreto non è stato ancora emanato e questa interpellanza nasce quindi dalla necessità di accelerare i tempi per l'applicazione di questa disposizione; del resto è abbastanza grottesco il fatto che la stessa disposizione sia nata per porre rimedio ai ritardi accumulati nell'impiego dei fondi strutturali europei e per dirottare queste risorse sugli incentivi Pag. 42fiscali per le imprese del Sud che assumono, e mi pare che invece si stiano accumulando ulteriori ritardi.
Anche la Commissione europea il 6 ottobre 2011 ha dato il via al credito d'imposta per l'assunzione a tempo indeterminato nelle aree del Sud Italia e il Ministro per la coesione territoriale, in attuazione degli impegni assunti con lettera del Presidente del Consiglio inviata al presidente della Commissione europea e al presidente della Consiglio europeo il 26 ottobre del 2011, e allo scopo di qualificare l'impiego delle risorse comunitarie a disposizione delle regioni del Mezzogiorno, aveva predisposto il Piano di azione e coesione inviato lo scorso 15 novembre al Commissario europeo per le politiche regionali Hann, che prevedeva tra l'altro interventi a favore dell'occupazione nelle regioni del Mezzogiorno.
Ancora, il presidente dello SVIMEZ nel corso di un'audizione alla Camera dei deputati il 16 febbraio scorso ha affermato che l'Italia e il Mezzogiorno in particolare saranno caratterizzati nel 2012 da una nuova fase di recessione, con un calo medio delle unità di lavoro che al Sud sarà dell'1,6 per cento - quindi di molto superiore a quello previsto al Nord, previsto pari al 0,7 per cento -. Il Mezzogiorno come è noto è caratterizzata da un altissimo livello di disoccupazione giovanile e femminile e negli ultimi anni anche purtroppo degli over cinquanta, quindi si riduce anche la fascia dei cosiddetti occupati forti. Le donne diplomate al Sud con meno di 24 anni sono disoccupate per il 39 per cento contro il 19 per cento al Nord e anche quelle laureate con meno di 24 anni al Sud hanno un tasso di disoccupazione altissimo, pari almeno al 36 per cento. Per i giovani le cose non vanno meglio, conosciamo il dato generale, che è abbastanza inquietante e parla di una disoccupazione per quanto attiene ai giovani tra i 15 e i 24 anni pari al 31 per cento.
Anche in questo caso, per esempio, al Sud la situazione è peggiore rispetto al Nord. Infatti, se consideriamo la fascia tra i 25 e i 34 anni, risulta disoccupato l'11 per cento dei giovani. Lo ripeto: anche per quanto riguarda i non più giovani, ma comunque in età non pensionabile, vi è un tasso di disoccupazione in costante crescita, che al Sud si aggira intorno al 7,6 per cento, contro il 5 per cento della media nazionale.
Inoltre, contrariamente a quanto si è affermato ultimamente - c'è stata anche un po' di polemica -, ossia che i giovani non si muoverebbero e non andrebbero a cercare lavoro, in realtà è esattamente il contrario. I giovani si muovono e vanno a cercare lavoro dove c'è e al Sud evidentemente non c'è. Secondo un'indagine elaborata dall'ISFOL con il dipartimento demografico de La Sapienza, il 72 per cento dei giovani tra i 20 e i 34 anni è disponibile a migrare pur di trovare un lavoro, il 17 per cento pensa di doversi trasferire all'estero e quasi il 10 per cento è in un altro continente. Per esempio, per quanto riguarda gli aspetti numerici, nel 2010 dalle regioni meridionali si sono spostate 250 mila persone, di cui 114 mila stabilmente e 134 mila sono pendolari. Solo nel 2010, quasi 60 mila laureati si sono spostati dal Sud al Nord per motivi di lavoro.
È necessario, dunque, assumere ogni iniziativa per consentire l'effettivo utilizzo di questo credito di imposta per il nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno, necessità resa sempre più cogente per sostenere la ripresa delle imprese e lo sviluppo dell'occupazione nel meridione d'Italia, e non permettere che il Sud perda le sue migliori risorse sia in termini produttivi sia in termini di risorse umane.
Tanto premesso, si chiede di sapere quali siano i tempi di adozione di questo decreto, che stabilisca i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle regioni e le disposizioni di attuazione, così come stabilito dal decreto-legge n. 70 del 2011, anche al fine di garantire il rispetto delle condizioni che consentano l'utilizzo dei suddetti fondi strutturali comunitari per il cofinanziamento di questo credito di imposta nei termini previsti dalla normativa comunitaria.

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PRESIDENTE. Saluto gli allievi e i docenti dell'Istituto polispecialistico San Paolo di Sorrento, che stanno assistendo ai nostri lavori, anche se di rango ridotto, dalle tribune (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Gianfranco Polillo, ha facoltà di rispondere.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevole Savino, non ripeterò le cose che abbiamo già discusso. Condivido purtroppo l'analisi che lei ha fatto del Mezzogiorno, sulle criticità e le difficoltà che incontriamo. Sono problemi noti al Governo e, nei limiti delle scarse risorse disponibili, cercheremo di farvi fronte.
Voglio dare invece una risposta puntuale sulle questioni che lei ha sollevato, perché in effetti il credito d'imposta in questa situazione così difficile per l'economia italiana e per l'economia del Mezzogiorno può rappresentare almeno una boccata d'ossigeno. Le faccio presente che è pervenuto al Ministero dell'economia e delle finanze da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo schema di decreto di natura non regolamentare attuativo della misura del credito d'imposta di cui al decreto-legge n. 70 del 2011, che lei stessa ha richiamato.
Cerco di semplificare al massimo la procedura che dovremo seguire: una volta condiviso - c'è una discussione in atto - lo schema di decreto tra Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero per la coesione territoriale, occorrerà acquisire il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che è una complicazione non da poco ai fini della realizzazione del provvedimento in tempi rapidi.
Nel frattempo, l'Agenzia delle entrate dovrà adottare un apposito provvedimento recante i termini e le modalità per la fruizione del contributo stabilito all'articolo 59 del decreto-legge n. 5 del 2012, che è in corso di conversione.
Sulla questione il Ministero del lavoro ha comunicato che i fondi attualmente destinati a sostegno del credito d'imposta sono a carico del Fondo sociale europeo dei programmi operativi 2007-2013 delle regioni Abruzzo, Molise, Basilicata, Sardegna, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Gli importi sono stati già individuati e formalizzati nel Piano di azione coesione condiviso dal Governo, dai presidenti delle regioni del Mezzogiorno e dalla Commissione europea.
La normativa è quella dettata dal regolamento, che considera il regime di aiuti compatibile con il mercato comune, allorché vengano rispettate le condizioni previste. I requisiti di ammissibilità sono previsti dal citato regolamento e richiamati dalla legge n. 106 del 2011.
Le regioni assicurano l'applicazione delle regole di trasparenza e di imparzialità attraverso idonei meccanismi di pubblicità ed informazione sul credito d'imposta, per garantire la partecipazione di tutti i potenziali beneficiari. La ricezione e l'ammissibilità delle istanze saranno effettuate utilizzando requisiti e condizioni esplicitate anche dall'Agenzia delle entrate, alla luce di quanto previsto dalle disposizioni in materia.
Il Ministero del lavoro ha, infine, soggiunto che il Piano di azione coesione prevede la possibilità di convogliare sulle priorità individuate, fra cui il credito di imposta per l'occupazione, anche ulteriori risorse - questa è una buona notizia - individuate in relazione ai processi in corso di revisione dei Programmi operativi nazionali e regionali cofinanziati dai fondi strutturali nell'attuale periodo 2007-2013.
A tal fine, il comitato di attuazione del Quadro strategico nazionale, nell'ultima seduta, che risale a qualche giorno fa, il 27 febbraio, ha approvato criteri e modalità per l'accelerazione e l'incremento dell'efficacia nell'utilizzo delle risorse comunitarie e nazionali dei Piani operativi 2007-2013.
Onorevole Savino, come vede, nonostante tutto, ci stiamo muovendo in modo abbastanza celere, nella speranza di poter Pag. 44concretizzare questo indispensabile aiuto per i giovani del Mezzogiorno nei tempi più stretti possibili.

PRESIDENTE. L'onorevole Savino ha facoltà di replicare.

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, in primo luogo, per l'attenzione che ha riservato a questo tema e per l'indiscutibile sensibilità che dimostra rispetto alle ragioni che sosteniamo relativamente all'esigenza di portare maggiore attenzione alle istanze del Sud. La replica precedente ne è una testimonianza.
Tuttavia, non posso dichiararmi del tutto soddisfatta, in quanto giudico l'aspetto dei tempi di adozione e della concreta operatività di questo incentivo, ovviamente, assolutamente rilevante. Ribadisco che questo sblocco è prioritario e necessario per alimentare un rilancio economico del Mezzogiorno. Lei stesso prima lo ha detto: per molti versi, il Sud è rimasto al palo.
Credo che lo storico divario tra Nord e Sud del Paese non possa più essere a lungo tollerato e che, se vogliamo in qualche modo rilanciare il Paese, come auspichiamo si possa fare con l'impegno da parte di tutti, lo si debba fare pensando di operare e di agire come sistema Paese.
A mio avviso, la necessità di ridurre questo gap attuale tra Nord e Sud del Paese rappresenta e si pone, senza dubbio, come un obbligo e come una questione che, sebbene meridionale, riguarda tutti noi. Per cui, se si possono impiegare degli strumenti in grado, come lei ha sottolineato, di dare una boccata di ossigeno rispetto a questa situazione, non possono essere a lungo procrastinati.
Comprendo anche l'aspetto più problematico, a mio avviso, che è quello dell'individuazione della quota di cofinanziamento regionale. Sappiamo tutti che le risorse delle regioni, notoriamente, non sono illimitate, e questo probabilmente può ritardare l'intesa tra il Ministero dell'economia e delle finanze e i governatori, tuttavia ciò non può ridurre l'urgenza di mettere mano quanto prima a questo decreto e rendere il prima possibile operativo questo incentivo.
Inoltre, e mi avvio a concludere, non intendo fare della demagogia sulla demagogia, strumentalizzando alcune affermazioni recenti circa l'attitudine dei giovani alla stanzialità; i dati che ho illustrato - non voglio polemizzare - ci dicono esattamente il contrario.
Questi dati sono, a mio avviso, molto preoccupanti. La migrazione massiccia di giovani, quasi sempre laureati, dalle regioni del sud del Paese verso il nord - si parla, nel 2010, di 60 mila giovani laureati che dal sud si sono spostati verso il nord - avviene e rappresenta certamente un problema che amplifica ulteriormente il divario tra nord e sud del Paese e, soprattutto, priva il Meridione delle proprie migliori risorse.
Quindi, chiarito il fatto che i giovani si spostano, non possiamo, a mio avviso, giudicare questo un fenomeno positivo, ma tutt'altro. Stare vicino casa, per i giovani, non dipende certamente dalla pigrizia o da una incapacità di mettersi alla prova, ma dal tipo di lavoro di cui dispongono che quasi sempre è precario, con stipendi bassi, privo di tutele, di assistenza, di welfare. A fronte di lavoratori iperprotetti, i nostri giovani non lo sono affatto.
Quindi, sollecito vivamente il Governo ad attivarsi, nel tempo più breve possibile, per sbloccare le risorse del Fondo sociale europeo per il Mezzogiorno d'Italia.

(Iniziative di competenza al fine di rivedere la normativa in materia di liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi - n. 2-01379)

PRESIDENTE. L'onorevole Bragantini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bitonci n. 2-01379 concernente iniziative di competenza al fine di rivedere la normativa in materia di liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, i sottoscritti Pag. 45chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, fatte alcune considerazioni. Gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici, sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane. La grave crisi internazionale - che negli ultimi anni si è manifestata in tutti i Paesi, ma, soprattutto, in Europa - ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico, colpendo, quindi, anche il settore del commercio, in particolar modo quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato. Il Governo attuale, attraverso l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevede la liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione familiare, di usufruire del turnover del personale. Alcune regioni italiane, come il Veneto, hanno impugnato il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime. La regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato, nel mese di dicembre 2011 e quasi contemporaneamente all'emanazione del decreto-legge 201 del 2011, la legge regionale n. 30 del 2011 che, all'articolo 3, comma 4, stabilisce che le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano, dunque mettendo in rete sia gli operatori del settore, piccoli e medi e grandi, sia il comune che fa da regia, senza imporre. Numerosi comuni del Veneto, come hanno riportato molti quotidiani locali, hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria, come Ascom e Confesercenti, che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa. Organi di stampa locali riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, come molte altre, ha raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni; la norma, così come concepita, rischia, pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero a quel principio che intende invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, esercizi che rappresentano invece una ricchezza, avvantaggiando così la sola grande distribuzione organizzata.
Per tutti questi motivi chiediamo se il Ministro interpellato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per rivedere la disposizione in materia di liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, così come oggi prevista dalla legislazione statale.
Per inciso, come abbiamo già ribadito prima, tale disposizione va a vantaggio solo della grande distribuzione organizzata, magari anche di gruppi stranieri o di grandi cooperative che operano sul nostro territorio, ma va a penalizzare tutta la moltitudine dei piccoli commercianti, soprattutto quelli a conduzione familiare, fra i quali alcuni storici che sono molto importanti per il nostro tessuto economico e sociale.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti nel sottolineare l'importanza dell'economia nazionale degli esercizi commerciali - importanza che il Governo condivide pienamente - ritengono che la previsione contenuta all'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 (convertito in legge con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214) metta a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado di usufruire del turn over del personale.
Al riguardo, faccio presente quanto segue. Il primo comma del citato articolo 31, modificando la disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 (convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2006), sancisce la liberalizzazione del regime degli orari di apertura e di chiusura delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.
In particolare, la più recente previsione esclude l'applicabilità agli esercizi di vendita e di somministrazione, in qualunque comune ubicati, delle prescrizioni relative al rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio.
L'eliminazione dei limiti e delle prescrizioni in materia di orari è correlata alla necessità di adeguare la disciplina nazionale ai principi previsti dall'ordinamento comunitario in tema di libera concorrenza tra gli operatori e pari opportunità di accesso al mercato. Si tratta perciò di un intervento normativo che si adegua a quelle prescrizione del diritto dell'Unione europea, che impongono di eliminare gli ostacoli all'esercizio delle attività economiche, che non siano giustificati da motivi imperativi di tutela di interessi irrinunciabili e che non siano proporzionati a tali eventuali esigenze.
L'intervento statale, rientrante per di più nell'esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, così come previsto dall'articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione, non comporta ingerenza nelle competenze regionali. Al riguardo, rammento che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 288 del 2010 e n. 430 del 2007, ha già affermato che la legislazione statale, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, può intervenire in materie regionali, nella misura in cui la situazione sia strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale. Per converso, deve ritenersi che non siano compatibili con l'assetto costituzionale della ripartizione delle competenze tra Stato e regioni gli interventi regionali in contrasto con la norma statale di cui oggi discutiamo.
Quanto alle preoccupazioni evidenziate dagli interpellanti, rilevo innanzitutto che la disposizione statale che liberalizza gli orari non comporta obblighi di alcun genere per l'esercente stabilendo anzi il principio generale della libera determinazione dell'orario. In altre parole, essa consente al medesimo esercente la facoltà di organizzare l'orario di lavoro in relazione alle specifiche esigenze della propria attività, anche se di piccola dimensione, e alla fascia di mercato nella quale egli opera, garantendogli la reale possibilità di rispondere alla richiesta di servizio nella maniera da lui ritenuta più adeguata ed efficace. Al tempo stesso, appare ragionevole escludere ogni automatica connessione tra tale liberalizzazione degli orari ed i paventati rischi di chiusura dei piccoli esercizi, specie se si considera che la precedente analoga liberalizzazione, pur limitata ai soli comuni turistici, non ha determinato simili rilevanti conseguenze negative.
Vorrei infine rassicurare circa l'interesse anche del Governo alla tutela delle piccole e medie imprese del settore commerciale Pag. 47per salvaguardare il pluralismo dell'offerta ed in particolare di quella di qualità e di prossimità, interesse che può certamente essere perseguito con misure diverse più proporzionate rispetto al permanere di ingiustificati vincoli alla libertà di impresa.
Il Governo ritiene pertanto che non possa essere condivisa la richiesta di rivedere la predetta disposizione di liberalizzazione, fermo restando invece l'impegno a monitorare attentamente l'evoluzione congiunturale e strutturale del sistema distributivo, anche al fine di valutare gli eventuali ulteriori e diversi interventi da assumere a maggior tutela delle piccole e medie imprese anche in tale settore.

PRESIDENTE. L'onorevole Bragantini, ha facoltà di replicare.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, non mi considero assolutamente soddisfatto per due o tre motivazioni ma potrebbero essercene molte di più. All'università ho fatto una tesi sulla grande distribuzione e sui problemi etici che poteva comportare. Uno di questi problemi era l'assorbimento dei consumatori per un raggio molto vasto per quanto riguarda i negozi di vicinato o familiari, come si suol dire. Ciò per ovvi motivi, perché è vero che un commerciante - come dice il sottosegretario - può decidere di tener chiuso la domenica, nessuno lo obbliga, diciamo semplicemente con la nostra legge che si può tenere aperto la domenica, ma se nel raggio di utenza possibile ci sono negozi che lo fanno, ciò vuol dire che questo piccolo negozio - che non può, per mille motivi, perché non ha possibilità di prendere ulteriore personale, perché magari questi commercianti hanno un'età di quaranta o cinquant'anni e dunque non possono tenersi liberi in altri giorni della settimana, anche perché la loro clientela abituale ha altre esigenze - avrà di sicuro una diminuzione di fatturato e pertanto sarà costretto a chiudere, perché non può andare a sopperire a questa problematica. Dunque non è vero che questa normativa vada a risolvere un problema, ma a nostro avviso va a crearne.
Ho affermato prima che la regione Veneto, sentite le varie associazioni di categoria e secondo la sua competenza costituzionale, ha approvato una legge che ha concesso, oltre al mese di dicembre (non sono previste le aperture domenicali; parliamoci chiaro, la maggior parte dei negozi chiudevano la domenica), ulteriori sedici possibilità di apertura, nel corso dell'anno, dando però delega ai comuni di armonizzare il sistema, sentendo sia i commercianti di vicinato sia la grande distribuzione.
E insieme i vari comuni e queste associazioni di categoria hanno trovato una soluzione che andasse bene sia per la grande distribuzione, sia anche per i piccoli commercianti, in modo da traghettare un nuovo sistema di vendita e in modo che non vi fossero contraccolpi troppo pesanti, anche perché sappiamo tutti che i negozi di vicinato dovranno fare un ulteriore passo di sviluppo per caratterizzarsi in maniera differente da quello che era negli anni Sessanta e Settanta. Questo è indubbio: è ormai tesi comune nelle università già dagli anni Novanta.
D'altro lato non sono soddisfatto dal punto di vista della competenza del Governo, che dice di essere intervenuto sulla concorrenza e non sul commercio, che è di competenza delle regioni. Infatti, a vostro avviso, siete andati a togliere un limite, una barriera all'entrata di nuovi operatori nel settore italiano. Non è vero che è stata tolta una barriera, perché c'era una regola che valeva per tutti, e non è che andava ad impedire a qualche operatore, magari francese, di venire in Italia, o di venire a fare il commerciante, sia nella piccola sia nella media o, come sta accadendo molto spesso, nella grande distribuzione.
Dunque a nostro avviso questa materia non è di competenza del Governo. Si doveva lasciarla alla competenza delle regioni e forse si sarebbe trovata una soluzione migliore per salvaguardare i piccoli, Pag. 48i medi e anche i grandi. Questa era la soluzione migliore. Voi invece avete voluto fare qualcosa di anomalo, a nostro avviso: infatti capisco che qualcuno abbia detto di fare come a New York dove si può andare alle tre di notte nei drugstore a comprare qualsiasi cosa, ma là c'è un'altra economia, c'è un altro costo del lavoro, c'è un'altra imposizione fiscale, ci sono altre abitudini.
Se si vuole delineare un percorso, soprattutto in campo economico, che possa non creare danni alle nostre società, soprattutto quelle piccole, bisogna prevedere un percorso graduale, non con scalini così alti che vanno a creare più danno, a distruggere le piccole e medie imprese esistenti; e a vantaggio di chi? Di poche grandi imprese di grande distribuzione che adesso magari si fanno concorrenza, ma in futuro, forse, quando ci si renderà conto che ad aver creato tanti centri commerciali si sono impoveriti i nostri centri cittadini e le nostre città, ormai sarà troppo tardi. Non siamo troppo distanti da ciò. La grande distribuzione organizzata, ormai già da più di dieci-quindici anni si è trasformata al suo interno: da semplice punto dove si vendeva la merce, si è cercato di caratterizzarla offrendo quei servizi che la bottega e il vicinato davano da sempre: ad esempio vendendo un formaggio particolare con un consulente che spieghi con cosa possa essere mangiato o come possa essere utilizzato, offrendo quindi un servizio che è proprio del commercio di vicinato e non della grande distribuzione. Anche la grande distribuzione si è accorta che deve dare qualcosa in più: non soltanto la merce ma anche un servizio. Dunque stiamo attenti a distruggere i nostri piccoli negozi, perché quando ci accorgeremo che le nostre città e i nostri centri storici non avranno più i loro negozi, che offrono anche, come ho detto prima, un servizio sociale, forse sarà troppo tardi. Chiedo ancora al Governo di ripensarci e di ricercare soluzioni migliori che vadano incontro ai nostri commercianti e anche alla grande distribuzione. Comunque non mi considero assolutamente soddisfatto.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Paglia - n. 2-01368)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Paglia n. 2-01368 è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 1o marzo 2012, il deputato Giuseppe Ossorio, iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha chiesto di aderire alla componente politica «Misto Repubblicani-Azionisti».
Il rappresentante di tale componente, con lettera in pari data, ha comunicato di aver accolto tale richiesta.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 13,37).

PRESIDENTE. Con lettera in data 1o marzo 2012, il presidente della Commissione affari costituzionali, anche a nome del presidente della Commissione attività produttive, ha rappresentato che gli uffici di presidenza delle Commissioni riunite, in ragione dell'elevato numero degli emendamenti presentati e dell'oggettiva complessità del provvedimento, hanno convenuto sull'esigenza di differire alla seduta di mercoledì 7 marzo l'inizio dell'esame in Assemblea del decreto-legge in materia di semplificazione, già previsto a partire da lunedì 5 marzo.
I lavori della settimana 5-9 marzo saranno pertanto così articolati. Nella seduta di lunedì 5 marzo, alle ore 15, avrà luogo la discussione sulle linee generali del progetto di legge costituzionale recante l'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale. Seguirà la Pag. 49discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica riguardanti il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi e la modifica della Convenzione tra la Repubblica di Mauritius e l'Italia per evitare le doppie imposizioni.
Il seguito della discussione del progetto di legge costituzionale e dei due disegni di legge di ratifica avrà luogo martedì 6 marzo, alle ore 15.
A partire da mercoledì 7 e nelle giornate di giovedì 8 e venerdì 9 marzo avrà luogo l'esame del decreto-legge in materia di semplificazione, nonché l'eventuale seguito degli argomenti previsti nel corso della settimana e non conclusi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 5 marzo 2012, alle 15:

1. - Discussione del progetto di legge costituzionale:
CAMBURSANO ed altri; MARINELLO ed altri; BELTRANDI ed altri; MERLONI ed altri; LANZILLOTTA ed altri; ANTONIO MARTINO ed altri; D'iniziativa del GOVERNO; BERSANI ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (Approvato, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-B).
- Relatori: Bruno, per la I Commissione; Giancarlo Giorgetti, per la V Commissione.

2. - Discussione dei disegni di legge:
Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi, con allegati, fatta a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione (C. 4945).
- Relatore: Barbi.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Port Louis il 9 dicembre 2010 (C. 4946).
- Relatore: Picchi.

La seduta termina alle 13,40.