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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 588 di lunedì 20 febbraio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 15,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 15 febbraio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Caparini, Cicchitto, Colucci, D'Alema, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Leone, Lussana, Milanato, Moffa, Leoluca Orlando, Pagano e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente venti, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che la componente politica «Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud», costituita nell'ambito del gruppo Misto, in data 16 febbraio 2012 ha eletto il deputato Roberto Mario Sergio Commercio quale rappresentante della componente, in sostituzione del deputato Carmelo Lo Monte, dimissionario.
Comunico altresì che, con lettera pervenuta in data 17 febbraio 2012, il presidente del gruppo parlamentare Misto ha reso noto che il deputato Roberto Mario Sergio Commercio è stato nominato vicepresidente del gruppo in rappresentanza della componente politica «Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud».

Discussione della proposta di legge: Tenaglia ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto (A.C. 2094-A) (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Tenaglia ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 16 febbraio 2012.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2094-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Pag. 2
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Tenaglia, ha facoltà di svolgere la relazione. Sappiamo tutti quanto sia esperto e sintetico.

LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, cercherò di essere sintetico nei limiti della necessità di esporre una proposta di legge che è particolarmente tecnica, ma che ha anche dei profili di rilievo di politica giudiziaria non indifferenti.
La proposta di legge che oggi siamo chiamati ad esaminare è diretta ad introdurre nel nostro ordinamento penale, in particolare nella generalità del diritto penale degli adulti, l'istituto del proscioglimento per particolare tenuità del fatto. Noi siamo di fronte ad un istituto che è già previsto per il diritto penale dei minorenni ed è un istituto che è già previsto per il diritto penale di competenza dei giudici di pace. Quindi, attualmente questo istituto ha un'applicazione limitata.
Con questa proposta di legge si vuole estendere l'applicazione dell'istituto a tutto il diritto penale degli adulti con delle attenzioni, delle specificità e delle particolarità proprie di questo particolare settore del diritto penale.
Il nostro ordinamento tradizionalmente prevede, in via generale, una sola risposta alla domanda di giustizia penale, alla pretesa punitiva dello Stato, che è il processo che si conclude con sentenza. Questa sola risposta - sia pure con i temperamenti che sono venuti negli anni con la previsione dell'istituto della depenalizzazione, con la previsione nel diritto penale del giudice di pace di questo istituto, con la previsione, per esempio, dei riti alternativi - ossia questa previsione del processo con sentenza è oramai entrata in crisi. Lo vediamo tutti: è entrata in crisi perché i tempi della giustizia penale non sono idonei ad una risposta pronta alla pretesa punitiva dello Stato.
La prescrizione è spesso la fine quasi fisiologica di molti processi e, soprattutto, dei processi per fatti più gravi e per reati gravi. Spesso i processi per i reati contro la pubblica amministrazione vedono la prescrizione come unica fine e la risposta a questo problema è certamente nell'irrigidimento delle norme, nella revisione delle norme sulla prescrizione, ma anche nella creazione di varie strade che deve percorrere la pretesa punitiva dello Stato.
Con questa proposta di legge vogliamo indicarne una, quella dell'istituto della particolare tenuità del fatto, ovvero di un diritto penale minimo che aiuti la deflazione, cioè aiuti il sistema penale a smaltire i processi e anche a concentrare le forze sui processi più gravi, ad evitare la vergogna della prescrizione per i reati che più interessano alla nostra collettività.
Queste considerazioni sono importanti perché innanzitutto questo è un istituto non incompatibile con il principio di obbligatorietà dell'azione penale. Non intacchiamo il principio costituzionale. È, piuttosto, un istituto che va nella direzione della specificazione e della effettività dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Del resto, l'istituto della particolare tenuità del fatto, insieme all'istituto della messa in prova e dell'affidamento in prova, vengono da gran parte della dottrina e sono contenuti in gran parte delle proposte di riforme sistemiche del processo penale avanzate da commissioni di riforma del codice di procedura penale e del codice penale istituite da Governi di segno opposto. Sono proposte condivise, sono comuni, e anche questa ha registrato in Commissione, nel corso della discussione sulle linee generali, una condivisione quasi unanime delle finalità dell'istituto.
Quindi, l'obbligatorietà dell'azione penale non viene intaccata e, anzi, l'effettivo esercizio dell'azione penale per tutti quei reati il cui accertamento processuale è reso alquanto gravoso proprio dall'eccessivo carico di lavoro degli uffici giudiziari viene rafforzata. In altre parole, viene rafforzata la diversa risposta in termini di giustizia alle diverse esigenze del sistema.
La finalità del provvedimento è quella di consentire sin dalla fase delle indagini preliminari per il pubblico ministero di richiedere l'archiviazione per tutti quei Pag. 3fatti che, pur costituendo reato, si presentano con caratteristiche di particolare tenuità, cioè con un contenuto offensivo modesto che non richiede «la macchina del processo», bensì una risposta che abbia le stesse caratteristiche di effettività, ma non gli stessi costi.
Si fa normalmente, in questi casi, l'esempio del furto della mela al supermercato. Se rubo una mela in un supermercato è un furto, ma il danno per il proprietario del supermercato è tenue. Certamente, se rubo una mela alla vecchietta che ne ha comprate tre, quel fatto sarà furto, ma non sarà tenue. Come vedete, è un sistema che nella sua tipicità si regge. Tanto più che nel prosieguo della relazione vedremo che noi abbiamo dato a questo concetto di particolare tenuità un contenuto ancora più stringente, aggiungendovi i concetti della occasionalità e della non ripetitività.
Quindi, diciamo che si è fatto uno sforzo di tipizzazione e di previsione delle decisioni enorme, sforzo che certo potrà essere continuato e ulteriormente valorizzato nei lavori che in quest'Aula si svolgeranno e che, mi auguro, avranno lo stesso carattere di collaborazione, di condivisione e di confronto, per la soluzione dei problemi, che hanno avuto in Commissione.
Credo che questo punto, la particolare tenuità del fatto, non deve essere accertato necessariamente in contraddittorio con l'interessato e pronunciato con una sentenza che impone una verifica di un fatto penalmente rilevante. In ciò si coglie tutta la potenzialità deflattiva della particolare tenuità del fatto, la quale non potrebbe esplicarsi se l'accertamento fosse affidato a uno sviluppo processuale talmente avanzato da imporre l'adozione della sentenza. Per tale ragione, l'istituto è stato strutturato incentrandolo sull'accertamento di una responsabilità soltanto in ipotesi in cui si può fare a meno di valutazioni approfondite sulla personalità dell'autore del fatto.
Questa è, in un certo senso, la colonna portante del provvedimento, al quale il lavoro in Commissione ha aggiunto due corollari fondamentali che sono, in primo luogo, la tutela della parte offesa, che sicuramente è stata fatta oggetto di una rete fortissima di tutele e, in secondo luogo, la particolarità che, comunque, questo provvedimento, anche se solo di archiviazione, ha in nuce l'accertamento di un fatto e di una responsabilità.
Naturalmente, dovevamo anche tener conto degli sviluppi giurisprudenziali che quest'istituto ha avuto soprattutto nell'ambito del diritto minorile. Quindi, in tutto lo svolgimento del procedimento o del processo penale è possibile questa declaratoria e, quindi, sia davanti al giudice per l'udienza preliminare sia davanti al giudice dibattimentale.
In questo istituto è importante focalizzare l'attenzione sulla tipizzazione dei casi in cui il fatto può essere considerato di particolare tenuità. Per quanto attiene a questa questione si è cominciato, nei lavori di Commissione, dalla norma contenuta nella mia proposta di legge, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, il fatto è di particolare tenuità. Quindi, condotta concreta e conseguenze. Da questo si è cominciato.
Ma ci si è chiesti: dobbiamo tener conto della personalità dell'autore della condotta? Su questo punto si sono confrontate due impostazioni che, peraltro, sono presenti anche in dottrina, su questo istituto, e che hanno attraversato la discussione delle Commissioni parlamentari di riforma del codice penale e del codice di procedura penale, sia quella istituita dall'allora Ministro Castelli, sia la Commissione Nordio, sia la Commissione Riccio, istituita nella scorsa legislatura. Queste due visioni possono avere una contaminazione e non sono antitetiche. Vi è chi dice di tener conto solo della condotta e vi è che dice di tener conto anche della personalità dell'imputato o dell'indagato. Noi abbiamo fatto questo.
In Commissione si è ritenuto di specificare anche dal punto di vista soggettivo questa nozione, dando rilevanza al requisito Pag. 4 della non occasionalità, ritenendo che la ratio deflattiva debba essere bilanciata nel caso in cui il fatto non grave di reato non sia un episodio occasionale. Se faccio cinque furti tutti i giorni del chilo di pane, o cinque truffe in un mese di 100 euro ciascuna non si tratta più di un fatto di particolare tenuità. Occasionalità e non ripetitività sono dentro il concetto di particolare tenuità, non occasionalità e ripetitività sono fuori da questo concetto.
L'istituto ha una tipizzazione non solo oggettiva, ossia di condotta, ma anche soggettiva perché in Commissione, su questo punto, riscontrando una condivisione ampia, abbiamo anche escluso dall'applicazione dell'istituto le condotte tenute da autori che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
Poi abbiamo specificato il concetto di non occasionalità, facendo riferimento ai reati della stessa indole, che hanno nel codice penale una definizione molto precisa.
Quindi, le pur comprensibili preoccupazioni sulla sicurezza, sulla risposta giudiziaria e sull'effettività del processo sono fugate, a mio avviso, da questi paletti, anzi proprio un istituto come questo - fermo restando la possibilità di specificarlo meglio perché tutto è perfettibile - deve lasciare tranquilli, sia per la prevedibilità delle decisioni che verranno emesse, sia perché questo istituto consentirà di aumentare quel grado di risposta effettiva del processo nei reati più gravi.
Altra questione è quella della tutela della parte offesa. Il lavoro in Commissione è stato diretto - oltre all'attività di tipizzazione che ho cercato di esplicitare - essenzialmente ad individuare una rete di protezione della parte offesa, che facesse sì che la stessa avesse anche una tutela maggiore - se è possibile - rispetto alla generalità delle ipotesi di processo penale, in questo caso, addirittura prevedendo qualcosa di più in termini di oneri di informazione nei confronti della parte offesa. Quando vi è un decreto di archiviazione nella fase delle indagini preliminari per tenuità del fatto, la parte offesa deve essere obbligatoriamente informata, non solo quando lo richieda, ma anche quando non lo richieda. Questo crediamo vada nel senso da tutti auspicato di una piena tutela delle parti offese.
Vi è un'altra questione. Certamente nel processo del giudice di pace c'è una norma, l'articolo 34, che prevede dei requisiti per la pronuncia del fatto di particolare tenuità che noi abbiamo modificato, in un certo senso...

PRESIDENTE. Onorevole Tenaglia, la prego di concludere.

LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, ho esaurito il tempo a mia disposizione?

PRESIDENTE. Onorevole Tenaglia, ha ancora due minuti e siccome ha accennato ad un'altra questione vorrei allertarla perché due minuti passano velocemente.

LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, se può essere buono, visto che l'uditorio è attento anche se non molto folto...
Per quanto concerne l'altra questione, vorrei rispondere a due problemi con riferimento a questo punto.
In particolare, vorrei rispondere ad una questione sollevata dalla Commissione Affari costituzionali - che a questo proposito ringrazio per averlo fatto - in maniera molto precisa, che riguarda la necessità di specificare gli effetti dell'opposizione presentata alla parte offesa. Qui abbiamo ritenuto che il richiamo ai principi generali fosse di per sé sufficiente, però ci rendiamo conto di questo problema e che è meglio prevenire le differenze interpretative. Quindi credo che in sede di Comitato dei nove questa questione possa essere affrontata anche nel senso indicato dalla Commissione Affari costituzionali, specificando questo effetto. È chiaro che l'effetto dal punto di vista generale è quello del richiamo alla normativa generale in materia di opposizione all'archiviazione in fase di giudizio nelle indagini preliminari, quindi in prosecuzione Pag. 5 dell'indagine preliminare. L'altra questione sollevata dalla I Commissione riguarda la necessità di adeguare la normativa sulle attenuanti per particolare tenuità rispetto all'istituto che viene introdotto. Nel testo originario c'era questa specificazione, tanto è vero che anche il Governo aveva presentato un emendamento sul punto. Nel corso della discussione in Commissione si è ritenuto di non addivenire a questa modifica perché l'introduzione di questo istituto già non era stata necessaria nel diritto minorile e nel diritto del giudice di pace, essendo rimasta la normativa sulla particolare tenuità in via generale. Concludo augurandomi che i lavori d'Aula consentano di migliorare questo testo, che non è né un'amnistia, né un indulto, né una depenalizzazione; è semplicemente un istituto che aiuterebbe la risposta giudiziaria e l'efficienza della giustizia.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Tenaglia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, credo sia doveroso da parte mia, visto che il relatore con molta sobrietà non poteva farlo, rivolgere a lui personalmente, anche come presentatore del disegno di legge, ma anche all'intera Commissione e a tutti i gruppi parlamentari un preventivo ringraziamento per l'impegno che è stato profuso in questo provvedimento e per la qualità intensa e non contraddetta degli interventi e delle proposte. Preciso subito che qui si tratta di un provvedimento che, al di là dello stesso titolo, che fa riferimento alla tenuità del fatto, che farebbe pensare ad una norma quasi «bagatellare», può essere invece uno degli elementi portanti di una significativa riforma del diritto penale, sia processuale che sostanziale. Si tratta di una norma che, non a caso, il relatore ha qualificato come norma aperta, come norma che sicuramente anche in Aula può essere suscettibile di miglioramenti, che per quanto dirò in seguito può fare da battistrada e da apripista a modifiche più profonde ed anche più sistematiche del sistema non solo del processo penale, ma anche del diritto penale sostanziale. Molto spesso in quest'Aula abbiamo usato, a seconda del proprio punto di vista, le parole riforma epocale, quindi non voglio commettere questo errore, anche perché quasi tutte le riforme epocali non hanno poi avuto come esito norme di diritto positivo. Però, qui si tratta di fare riferimento, come premessa e come già il relatore ha accennato, alla necessità di un mutamento culturale e di politica giudiziaria nel rapporto fra il legislatore e l'applicazione delle norme nella concretezza del processo
Credo che per fare funzionare questo istituto, come, più in generale, tutti gli istituti del processo penale, dobbiamo aprire una nuova stagione di rapporti tra il legislatore, il Parlamento, e il giudice, la magistratura. Infatti, sullo sfondo vi è l'ipotesi di cominciare ad elaborare un diritto penale che, se dispiace chiamare «minimo» perché può essere considerato contraddittorio rispetto alla potestà sovrana del diritto penale stesso, quanto meno dobbiamo ricominciare a definire appropriato ed adeguato.
Dobbiamo comprendere che, pur non abbandonando la tradizione continentale della autosufficienza delle norme e nell'individuare l'astrattezza e la rilevanza delle fattispecie criminose, dobbiamo introdurre dei principi nuovi attraverso i quali si possa aprire uno spazio di reciproca fiducia tra il legislatore e l'opera dell'interprete perché rimanga saldo il principio del giudice funzionario che, da un lato, applica le norme e le cala nella Pag. 6fattispecie concreta e, dall'altro, proprio per il cambiamento del processo che abbiamo approvato oramai più di un decennio fa, è terzo e libero di esaminare gli argomenti che, liberamente, le parti processuali, accusa e difesa, gli propongono, e improntare la sua interpretazione anche ad una maggiore libertà.
Il legislatore quindi, come in questo caso, introduce non più una norma che richiama astrattamente soltanto una fattispecie criminosa, ma delle norme di punibilità concreta sì determinate nelle loro condizioni, ma che poi spetta all'interprete calare nella circostanza effettuale del processo.
Quindi, l'opera del giudice non può essere vista con diffidenza perché non è un'opera officiosa, né imperiale, né graziosa, ossia di grazia e di benevolenza, ma è un'opera inquadrata all'interno di un nuovo schema adeguatamente solido del nuovo sistema processuale.
Tra l'altro, da qui deriva la questione, già proposta, del non affievolimento, o meglio della rivisitazione costruttiva, della obbligatorietà dell'azione penale che non viene limitata da queste nuove norme, ma rideterminata come nozione che produce anche una concreta punibilità, alla luce di una valutazione delle circostanze oggettive e soggettive che già la norma individua e che l'interprete è chiamato, in questa visione moderna, ad applicare.
Dunque, non solo vi è una necessità, direi persino «ontologica», di adeguare le nuove norme del processo penale allo schema astratto dello stesso che abbiamo delineato nel 1988 e nel 1989, ma vi è il bisogno di esprimere fiducia nell'attività degli interpreti affinché questo si attui in maniera proficua e, soprattutto, perché il diritto penale rappresenti la risposta adeguata e forte dell'ordinamento a condotte lesive e non, invece, un modo per intralciare inutilmente le aule di giustizia.
Proprio a questo proposito, anche per fugare dei dubbi, abbiamo a disposizione dei dati recenti in base ai quali, per esempio presso il tribunale per i minorenni, abbiamo verificato che una disposizione simile, non uguale - non lo diciamo per evitare che si possa creare una diffidenza inutile verso questo tipo di istituto e verso l'applicazione di un istituto simile nel diritto penale comune - viene applicata a poche centinaia, alcune migliaia, di casi, quasi sempre nei casi di guida illecita e, più in generale, nelle questioni attinenti la patente di guida, o l'ingiuria, o i danneggiamenti ed è sempre applicata in caso di imputati incensurati e privi di carichi pendenti.
Vi è quindi, tra l'altro, una funzione deflattiva che anche nel processo minorile è assolutamente opportuna perché evita di intralciare le aule di giustizia con centinaia di microprocessi che, spesso, sottendono soltanto una volontà delle parti di confliggere e che, invece, potrebbero essere risolti nella più adeguata sede civilistica per il risarcimento del danno.
Il provvedimento in esame configura ipotesi di punibilità, tanto è vero che consente di intervenire in tutte le fasi del processo, da quella delle indagini preliminari, che si può concludere con la richiesta di archiviazione per tenuità del fatto, a quella dell'udienza preliminare e, quindi, alla fine, anche a quella del giudicato.
In questo caso c'è una previsione ulteriore che ritengo opportuna, che è quella di un effetto di giudicato attivo della disposizione processuale, il che fa temere ancor meno che vi possa essere un qualche conflitto astratto tra gli interessi delle persone offese dai reati e la loro tutela giurisdizionale, che pure ovviamente preme - e deve premere - al Parlamento.
I temi che si sono affacciati sono stati già ampiamente trattati dal relatore con compiutezza. Mi limito ad aderire all'ipotesi, che è stata già prospettata e che peraltro la Commissione affari costituzionali aveva sollevato, che è quella delle ulteriori specificazioni sulle funzioni della persona offesa. Appare evidente che si vuole fare riferimento sistematicamente all'articolo 408 del codice di procedura penale e quindi a tutte le facoltà nel procedimento in capo alla persona offesa dal reato, con le limitazioni che il relatore Pag. 7ha già prospettato (per esempio rispetto al processo dinanzi al giudice di pace altre sono le forme e le figure di tutela).
Comunque, va anche ribadito che è stata ulteriormente riqualificata anche la condizione soggettiva, per cui anche nell'articolo 530-bis, così come la Commissione lo aveva configurato, vi sono anche degli elementi soggettivi, che consentono di escludere la ricorrenza della fattispecie della tenuità anche quando, come la norma nuova recita, non vi sia occasionalità per la condizione di delinquente abituale, professionale o per tendenza o per l'iterazione di altri reati della stessa indole.
Quindi, fra l'altro, si tratta anche in tal caso di una norma, come dire, flessibile, ma adeguatamente rigorosa, che consente da un lato all'interprete di escludere dei fatti veramente bagatellari e, per converso, impedisce all'interprete una generosità o eccessiva o infondata. Questo va detto anche a fugare gli ulteriori dubbi sulla natura per così dire buonista di questo provvedimento.
È in realtà un provvedimento sistemico, che dovrebbe essere anzi approvato rapidamente, pur nell'eventuale opportunità di ogni necessaria modifica del testo affinché sia ancora meno discutibile. Dovrebbe essere approvato rapidamente soprattutto perché la sperimentazione di questo provvedimento nelle aule di giustizia sarebbe un'altra delle forme totalmente alternative a norme di grazia, di beneficio o di favore, che potrebbero suscitare allarme o riprovazione sociale. Qui, invece, siamo certi - il legislatore è certo - che si affida al magistrato, ovvero all'autorità giudiziaria, il compito di determinare quando in concreto la potestà punitiva dello Stato merita di essere dispiegata e quando, invece, la potestà punitiva deve dedicarsi ad altre faccende.
Quindi anche sotto questo aspetto, anche a nome del gruppo, esprimo fin d'ora l'intendimento positivo verso questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor sottosegretario, gli ordinamenti statuali individuano i beni giuridici da tutelare con norme penali. La legge penale è il compendio dei beni che uno Stato decide di proteggere con sanzioni di tipo penale, che sono diverse da quelle amministrative e interdittive.
Andando avanti così, però, gli ordinamenti giuridici moderni si sono accorti che si è dato luogo ad una sorta di ipertrofia del sistema penale. Noi stessi lo vediamo in questo Parlamento: sforniamo continuamente nuove norme penali. Contestualmente, però, assistiamo ad altri fenomeni, e cioè al fatto che il sistema penale nel suo complesso non riesce a condurre a termine tutti i processi che inizia e non riesce a perseguire tutti i casi in cui si può ravvisare un'infrazione penale. E così abbiamo 180 mila prescrizioni all'anno, segno di una complessiva incapacità del sistema penale di mantenere le stesse promesse che esso fa nel momento nel quale circonda un bene giuridico di una tutela particolare, come quella penale.
Perciò gli Stati si stanno interrogando su che cosa fare. Lasciamo da parte la teoria più estrema che è quella abolizionista, che pure trova numerosi studiosi dalla sua parte, per la quale il sistema penale è troppo costoso, inutile ed inefficace ed è meglio abbandonarlo e ricorrere, anche per il peso delle conseguenze che esso prospetta, ad altri tipi di sanzione, di precetto e di configurazione dell'illecito. Ma tralasciando questa estrema soluzione che, non risponde solo a considerazioni efficientiste ma è evidentemente anche di tipo ideologico, gli Stati stanno valutando i possibili rimedi. Un'ipotesi è quella di contingentare, ridurre i casi in cui lo Stato decide di tutelare con una norma penale un bene giuridico. Fin dall'inizio, così, si può avere una produzione normativa che invece di minacciare sanzioni penali prevede sanzioni diverse come quelle di tipo amministrativo o interdittivo; a posteriori si hanno delle revisioni periodiche dell'apparato Pag. 8 normativo penale che, per esempio, in Italia hanno portato trenta anni fa con la legge 24 novembre 1981 n. 689, ad un processo corposo di depenalizzazione. Nessuno se ne è doluto, nessuno ha visto un cedimento o una resa dello Stato di fronte a queste situazioni, anche perché sovente le sanzioni interdittive, pecuniarie o di altro genere hanno un'efficacia pressoché analoga a quella penale.
Un'altra ipotesi attraverso la quale gli ordinamenti giuridici intendono deflazionare e sgonfiare la pressione del sistema penale è quella che si riscontra nei Paesi che non prevedono l'obbligatorietà, ma la facoltatività, dell'azione penale e che sono prevalentemente gli ordinamenti di Common law. In quegli ordinamenti, fermo restando l'apparato normativo penale, la polizia stessa o il pubblico ministero hanno la facoltà di operare la cosiddetta diversion e cioè l'allontanamento, l'espulsione dal circuito penale di fatti lievi di cui si valuta, nel momento in cui se ne viene a conoscenza, non sia opportuno lo Stato si occupi ulteriormente attraverso un processo. Nei Paesi in cui, come il nostro, è prevista l'obbligatorietà dell'azione penale, noi non possiamo ricorrere alla diversion, perché tutti i reati devono essere perseguiti. E così nel diritto minorile abbiamo sperimentato una espulsione precoce dal circuito penale di una serie di casi e anche di una serie di soggetti. Nel diritto penale minorile era stato più semplice, perché il processo è esso stesso sofferenza, mentre tutti i processi, compresi i procedimenti penali, devono tendere alla rieducazione del minore. Bilanciando i molteplici interessi - quello a che il minore non senta di essere avviato su una china di devianza, quello per cui il processo è fatica, sofferenza e costo per tutti, quello per cui ci si trova di fronte a fatti di rilievo banale - è sembrato opportuno conciliare tutti questi interessi attraverso la previsione della tenuità del fatto e quindi del non luogo a procedere in questi casi.
Chi ha pensato a questo strumento (e io per primo ne sono un po' autore ed artefice) si è domandato se ci fosse una lesione del principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale; ma si è visto che non c'è perché non si tratta di una forma di diversion bensì di una procedura di garanzia che passa attraverso la decisione non della polizia, non del pubblico ministero, ma di un giudice che dichiara il non luogo a procedere.
Qual è «l'in sé» di questa previsione? È il fatto che, pur restando fermo il principio di offensività (che è immanente in tutti i casi in cui si decide di tutelare un bene giuridico con la sanzione penale), si valuta che, in concreto, in quel determinato caso l'offensività del fatto specifico non sia tale da giustificare la continuazione del processo. Quindi, sostanzialmente, mentre per il minore c'è un interesse superiore da tutelare, e cioè quello che egli sia espulso il più rapidamente possibile dal circuito penale, nel nostro caso c'è un'esigenza di comparare interessi diversi.
Gli interessi diversi che si comparano nascono dal fatto che il sistema penale è così ampio, che il corpus normativo è così diversificato e grande, che si pone l'esigenza di decidere che cosa condurre a termine. Non si viene meno - lo ricordava il relatore Tenaglia - al principio di obbligatorietà dell'azione penale perché questa viene esercitata: il procedimento viene iniziato, ma viene troncato perché manca il concreto interesse dello Stato alla prosecuzione del processo. È un problema di economia di mezzi. Perciò gli Stati possono benissimo decidere che, in presenza di determinati requisiti, in questo caso quelli della tenuità del fatto e dell'occasionalità del comportamento, sia meglio non spendere le risorse del sistema penale che possono e debbono essere invece utilizzate per la persecuzione di fatti assai più gravi che mettono - quelli sì - in pericolo l'ordinamento giuridico e la società.
Questa misura del proscioglimento per tenuità del fatto e per occasionalità del comportamento appartiene alla categoria delle misure e degli strumenti di deflazione pre-condanna. Non è cioè strumento di deflazione carceraria nel senso che i Pag. 9processi arrivati a conclusione attraverso una condanna non vengono poi eseguiti nella sanzione in quanto vi sono espulsioni dall'esecuzione penale. Lo abbiamo visto recentemente con la situazione del condono, e lo abbiamo visto meno recentemente con il provvedimento «svuotacarceri», che a noi sono sembrati una modalità attraverso la quale lo Stato, che finalmente era riuscito a portare a termine un processo con una condanna, si arrende e dice di non essere in condizione di portarla all'esecuzione.
Qui siamo invece nel livello in cui lo Stato, che deve perseguire reati gravi - da quelli della mafia alla criminalità organizzata, da quelli contro l'ambiente a quelli contro la persona, contro la libertà delle persone, dagli articoli da 600 a 609-octies del codice penale, ad altre tipologie di reati, come i reati contro la pubblica amministrazione, i reati connessi con la corruzione, il falso in bilancio, cosa di cui si sta discutendo in questi giorni -, decide che quando un fatto presenta un'offensività minima esso non se ne deve occupare perché si deve concentrare su fatti o fenomeni più gravi. Quindi, c'è un bilanciamento di interessi pubblici: da una parte quello al perseguimento dei reati che più offendono la collettività, dall'altra lasciare indietro i reati che presentano un limitatissimo allarme sociale, e non per prescrizione.
Quindi nessuno può parlare di misure perdoniste o lassiste. Si tratta solo di un problema di bilanciamento di interessi. Ci pare, perciò, che occuparsi di una modalità deflattiva come questa sia un fatto importante.
Come dicevo, nel diritto minorile questo istituto ha connotazioni diverse ed opera sul processo. Poi vi è il problema della parte civile che, nel diritto penale minorile, non ha ingresso nel processo, perché il minore è una persona da salvaguardare in tutti i passaggi del procedimento. Invece, in questa proposta, la parte civile viene tutelata, attraverso la previsione specifica che sia sempre e comunque ammessa l'azione civile per il risarcimento del danno, se viene accolto il nostro emendamento di natura sostanziale, e, nello specifico procedimento, attraverso la previsione che il non luogo a procedere per tenuità del fatto equivale ad una sentenza di condanna. In pratica l'accertamento del fatto e della responsabilità fa comunque stato anche nei procedimenti civili, amministrativi e disciplinari. Quanto all'occasionalità, nel diritto minorile è vista non nel senso soggettivo, ma in quello oggettivo, per cui un ragazzo può anche commettere diversi fatti connotati dalla tenuità, ma, in considerazione dell'evolutività della sua personalità, può anche essere più volte beneficiario di questo provvedimento. Invece, nel testo che è all'attenzione dell'Assemblea, l'occasionalità viene prevalentemente spostata sulla persona e, quindi, vi è l'esclusione per la recidiva.
Vi è poi un problema molto serio e molto grande che noi vogliamo da subito mettere in evidenza: nel diritto penale minorile non c'è limitazione all'applicazione del proscioglimento per la tenuità del fatto. In quel sistema penale specifico, si giustificano questa disposizione e la discrezionalità del giudice nel decidere perché, nel processo penale minorile, viene specificamente in considerazione la personalità del ragazzo, presa in considerazione anche per reati diversi. Ad esempio, anche la rapina impropria, che può consistere ad esempio nel sottrarre dalla tasca dell'amico - che poi reagisce - un pacchetto di sigarette o anche uno status symbol come può essere il cellulare, può essere considerata come un fatto di lieve entità, con la conseguenza che anche per reati di quel genere è possibile applicare il proscioglimento per tenuità del fatto.
Per i maggiorenni, invece, si possono esprimere riserve, nel senso che in tutti gli ordinamenti questa previsione della tenuità del fatto viene applicata ai reati bagatellari. Il fatto che non siano previsti limiti alla platea dei delitti cui possa essere applicata desta perplessità per diverse ragioni. La prima perché non vorremmo che, in questo modo, vi fosse una banalizzazione del precetto penale di modo che una persona spera magari di farla franca se capita con un giudice Pag. 10comprensivo, se non compiacente, il quale, anche per reati di una certa gravità, pensa o decide che possano essere di lieve entità. Può determinarsi, quindi, un forte allarme sociale.
La seconda ragione, è quella del dubbio di costituzionalità sotto il profilo del principio della ragionevolezza. Se l'ordinamento si vuole concentrare sui fatti più gravi, e, quindi, può essere giustificato il fatto che su fattispecie meno rilevanti ci sia una minore attenzione o, addirittura, l'esclusione dal circuito penale, per i reati di maggiore allarme sociale si potrebbe dire che non conta soltanto la tenuità di quella singola condotta, ma conta la gravità della previsione generale per la quale lo Stato ha deciso di sottoporre a sanzione penale una determinata condotta.
Ci poniamo quindi, il problema che un ampliamento senza confini e senza limiti della possibilità di proscioglimento per tenuità del fatto incorra in una seria questione di costituzionalità per irragionevolezza, sotto il profilo che non è giustificato, oltre un certo limite, prevedere che si possa prosciogliere per tenuità del fatto. Sarebbe strano che anche nei casi di fatti gravi puniti con pene molto forti lo Stato possa smentire se stesso, dicendo che, da una parte, ravvisa una grave offensività in sé per quei delitti e, dall'altra parte, però, è disposto a tollerare un'infrazione, considerandola tenue.
Noi crediamo che, nel momento in cui si estende al sistema penale generale una disciplina deflattiva di questo genere, sia assai opportuno ricorrere alla previsione di limiti. Abbiamo presentato in questo senso diverse proposte emendative: abbiamo previsto che ciò si possa applicare soltanto nei casi previsti all'articolo 550 del codice di procedura penale; abbiamo anche previsto delle esclusioni, e cioè che tale disciplina si applichi a tutti i casi, eccetto quelli previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale; o che possano esservi esclusioni di diverso tipo, come per i reati previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario; oppure, per tipologie di reati come quelli contro l'ambiente, contro la libertà sessuale, o connessi con l'infortunistica sul lavoro. Questo ci sembra un invito forte al Parlamento a porsi questo problema, perché non vorremmo che un'applicazione indifferenziata, poi, facesse crollare questo istituto di fronte alla Corte costituzionale.
A chi vuole dire «no» a tutti i costi, sostenendo che questo sarebbe un provvedimento lassista, vogliamo dire di fare attenzione, perché, se passasse la loro linea, si rischierebbe che per occuparsi dei reati bagatellari, lo Stato non riesca più ad occuparsi di quelli più gravi, come quelli legati alla criminalità organizzata e alla corruzione, dei quali, purtroppo, lo Stato si è occupato poco finora, anche perché gli strumenti erano inadeguati.
Pertanto, dobbiamo metterci d'accordo, dobbiamo intenderci su una cosa: se vogliamo che, innanzitutto, siano portati a compimento i processi che riguardano i reati più gravi, qualcosa dobbiamo inventare. In altri termini, dobbiamo cedere sul fronte di fatti assolutamente irrilevanti, che poco allarme sociale creano e poco danno producono per la collettività; chi non vuole questo, si copre gli occhi, dicendo che l'ordinamento penale si deve occupare indifferentemente dei reati di mafia o del furto della mela al supermercato. Noi non crediamo che sia così, e per questo motivo chiediamo di fare attenzione, perché chi sostiene che del furto della mela ci si deve occupare nello stesso modo con cui ci si occupa del reato di mafia e di criminalità organizzata sta sostanzialmente favorendo l'impossibilità di occuparsi anche dei reati di mafia.
Ecco la ragione per la quale un istituto di questo genere va preso in considerazione in maniera positiva, ma per quello che è, per quello che deve essere e per quello che può essere, cioè la deflazione di fatti minimali, allo scopo soltanto di potersi occupare dei beni giuridici tutelati, che sono quelli più offensivi per la società, e che ho anche esemplarmente richiamato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scelli. Ne ha facoltà.

MAURIZIO SCELLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, credo che la relazione svolta dal relatore, il collega onorevole Tenaglia, sia stata molto ampia ed esaustiva.
Questo è un provvedimento di cui c'è, non dico urgenza, ma sicuramente la necessità di procedere con rapidità, per fargli acquisire, il prima possibile, efficacia di legge al fine di intervenire in maniera determinata affinché l'enorme carico, l'enorme mole di lavoro che grava sui tribunali italiani possa alleggerirsi.
È un provvedimento che ha, indubbiamente, un'efficacia deflattiva e soprattutto mette i pubblici ministeri, i tribunali, i giudici che sono chiamati a giudicare, nella condizione di compiere una sorta di equazione: equiparare cioè l'insussistenza del fatto alla tenuità del fatto; un fatto che è talmente poco rilevante da poter essere, appunto, equiparato ad un fatto che non sussiste.
Questa è una proposta di legge che va assolutamente condivisa e che mette in condizione il Governo di trovare una soluzione al problema, soprattutto, in un momento come questo in cui è chiamato a un lavoro enorme: la legge n. 148 dello scorso anno dà al Governo una delega per riformare la geografia giudiziaria, per cercare di salvaguardare risorse importanti per il mondo della giustizia, operando anche dei tagli che sono visti con grande angoscia e grande ansia da parte dei cittadini; si parla, infatti, della delega per l'azzeramento delle sezioni staccate, ma quel che più genera preoccupazione, ansia ed angoscia è l'accorpamento o la soppressione di circa cinquanta tribunali in tutta l'Italia.
È una situazione molto difficile quando si va a toccare una realtà così delicata che determina orgoglio, che determina un centro di interessi di tipo sociale, che incide nettamente sullo sviluppo, sulla crescita, sulla maturazione, sul sentirsi parte di quella cittadina; credo che la soppressione o accorpamento di un ufficio giudiziario determini un contributo notevole allo stato di depressione, di depredazione, ad un atteggiamento nei confronti del Stato che non è di fiducia, di sostegno, ma quasi di chi si sente vittima di un atteggiamento punitivo.
Credo, quindi, che si possa evitare tutto questo, facendo anche ricorso a provvedimenti di legge come questo che tendono ad alleggerire, e di molto, il carico degli uffici giudiziari di tutta Italia. Abbiamo visto quanto un provvedimento più o meno analogo abbia inciso per quello che riguarda i procedimenti di fronte ai giudici di pace e al tribunale dei minori - addirittura alcune statistiche parlano del 30 per cento dei procedimenti pendenti che sono stati definiti attraverso l'archiviazione per la particolare tenuità del fatto - quindi, credo che estendere tali previsioni a tutto l'ordinamento penale, quindi anche al diritto penale degli adulti, possa rappresentare un vantaggio e un'economia non da poco.
Mi permetto poi di sottolineare un altro aspetto; noi siamo dei legislatori, siamo i rappresentanti del popolo e siamo quelli che, credo, possiamo dare un contributo più efficace quanto più si faccia proprio quello di cui si parla. Ritengo che condividere le esigenze di chi è fuori dalla Camera dei deputati o dal Senato, farle proprie, sentirle sulla propria pelle, possa essere un contributo importante per far sì che progetti di legge possano trovare il prima possibile la loro approvazione, la loro concretizzazione, la propria entrata in vigore, il prima possibile. Allora, a proposito di questa proposta di legge non ho potuto, in questi giorni, che andare a riguardare qualche pagina del mio passato. Sono stato commissario straordinario della Croce rossa italiana e insieme a tantissimi, meravigliosi, straordinari volontari e dipendenti della Croce rossa italiana, abbiamo scritto pagine di solidarietà nazionale e internazionale, anche mettendo a rischio la nostra vita.
Allora, quando arriva un avviso di garanzia, quando si è destinatari di un procedimento penale, nel quale si viene accusati di aver compiuto un falso ideologico, Pag. 12 avendo scritto agli amici della Croce rossa, in qualità di commissario straordinario: «carissimi amici vi comunico che la Croce rossa italiana ha dei nuovi dirigenti», ed uno di questi non è laureato, ma viene indicato nella stessa lettera, nella quale è scritto: «carissimi amici vi comunico che (...)», come dottore, tutto ciò produce un'istruttoria da parte della procura, un rinvio a giudizio. Ed il giudice sulle indagini preliminari di Roma, il dottor Mattioli, ha impegnato quattro pagine di una sentenza per dire che quell'atto, che avevo sottoscritto, conteneva delle indicazioni, delle falsità innocue ed irrilevanti in quanto prive della capacità di conseguire uno scopo antigiuridico; prima ancora, attesa la natura dell'atto, una mera missiva interna indirizzata agli associati che infatti si apre con un confidenziale «carissimi amici». Esclusivo contenuto, quindi, per così dire politico e programmatico, per altro generalissimo e privo di qualsiasi effetto e di rilevanza esterna. Deve escludersi quindi che possa trattarsi di atto pubblico. Per tutte queste ragioni dichiara il non luogo a procedere.
Ebbene, questo procedimento, signor Presidente, signor sottosegretario, ha prodotto in me una grande sofferenza ed una grande frustrazione, così come trovarmi sul banco degli imputati a dover rispondere del nulla, soprattutto di un procedimento che non aveva provocato offesa a nessuno, che non costituiva parti civili, che non costituiva un allarme sociale, che non provocava nulla se non il dover accertare se questa missiva configurasse o meno un falso ideologico. Ma anche qualora, ammesso e non concesso, l'avesse configurato, non ci sarebbe stato alcun tipo di conseguenza.
Credo quindi che, se fosse stata in vigore questa legge, avrei ottenuto un'archiviazione immediata, avrei evitato frustrazione, sofferenza e dolore e probabilmente il dottor Mattioli avrebbe potuto utilizzare meglio il tempo che ha utilizzato per scrivere quattro pagine di sentenza per dire che quella lettera era stata inviata a titolo amichevole e per potere evitare che mascalzoni, delinquenti e criminali potessero essere avvantaggiati in altra maniera e che potessero compiersi delle prescrizioni con riferimento ad altri procedimenti e reati più gravi e quindi potesse, in qualche modo, venir meno quel sacrosanto principio al diritto di giustizia che spetta a qualsiasi cittadino.
Quindi, da un punto di vista personale prima ancora che come orgoglioso rappresentante del Popolo della Libertà, manifesto la piena condivisione e sostegno al progetto di legge che ha come primo firmatario l'onorevole Tenaglia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pastore. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, questo provvedimento introduce modifiche all'ordinamento penale processuale, modifica diversi articoli del codice di procedura penale al fine di consentire la conclusione del procedimento in ogni stato e grado in cui sia accertata la tenuità del fatto per cui si procede.
In estrema sintesi il testo prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta, la sua occasionalità e l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose, il fatto è di particolare tenuità.
Il provvedimento quindi introduce una nuova fattispecie giuridica, la particolare tenuità del fatto, e si attribuisce a tale istituto una valenza di carattere generale al posto di quella meramente eccezionale prevista dalla legislazione vigente che ne limita la rilevanza ai soli reati di competenza del giudice di pace e ai reati commessi da minori.
Di conseguenza, la sentenza di non luogo a procedere può essere pronunciata d'ufficio nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo, in quello abbreviato e nel dibattimento. Quindi con questo provvedimento si evita il carcere e soprattutto il tribunale ed il processo a coloro che commettono, ad esempio, un furto di particolare tenuità. Pag. 13
Ma è bene sottolineare che la particolare tenuità può verificarsi per qualsiasi tipo di reato. Infatti, la particolare tenuità viene individuata in riferimento alle modalità della condotta, alla sua occasionalità, all'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della condotta. Inoltre, la valutazione circa la particolare tenuità è rimessa alla discrezionalità del giudice, e cioè si affida al giudice la discrezionalità di valutare se il reato è occasionale e che tipo di conseguenze produce.
Il progetto di legge, infatti, prevede solo dei paletti minimi, chiarendo che la condotta può esser ritenuta non occasionale solo quando il suo autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso, in precedenza o successivamente, altri reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, per le modalità della condotta e l'esiguità delle sue conseguenze dannose o pericolose, sia di particolare tenuità. Quindi, cosa succederà con l'introduzione di questa nuova fattispecie giuridica? Cosa succederà nel caso di particolare tenuità del fatto? Si verificherà la declaratoria d'ufficio con sentenza di questa nuova fattispecie giuridica a carattere generale; si avrà la richiesta di archiviazione del pubblico ministero al giudice, da notificare alla persona offesa; si avrà la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere in sede di udienza preliminare; e la pronuncia di una sentenza di proscioglimento con l'introduzione di questo nuovo articolo nel codice di procedura penale.
È opportuno anche sottolineare che la Commissione affari costituzionali ha esaminato la proposta di legge di cui stiamo discutendo alla luce di alcuni principi costituzionali, in particolare il principio di legalità, di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione; il principio di soggezione del giudice solamente alla legge, di cui all'articolo 101, secondo comma, della Costituzione; e il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale prevista dall'articolo 112 della Costituzione. In conseguenza, la Commissione affari costituzionali ha espresso un parere favorevole, con due condizioni e un'osservazione. Le condizioni riguardavano la necessità di coordinare il nuovo articolo 530-bis del codice di procedura penale con le fattispecie penali in cui la particolare tenuità del fatto è causa di attenuazione della pena anziché di proscioglimento, precisando, anche, rispetto alle previsioni del codice penale, che la tenuità del fatto è causa di non punibilità.
L'altra condizione riguardava la necessità che la Commissione di merito specificasse quali fossero gli effetti dell'opposizione presentata dalla persona offesa. L'osservazione, invece, invitava a valutare l'opportunità di ricomprendere o meno, tra le previsioni del testo in esame, i reati di violenza contro la persona. Ritengo abbastanza grave il fatto che la Commissione giustizia non abbia recepito il parere della I Commissione. Ho ascoltato poco fa il relatore, che ci ha detto che in sede di Comitato dei nove interverranno. Auspico che, proprio in osservanza dei principi costituzionali, il Comitato dei nove possa procedere con correttezza e con precisione.
Ma tornando a questa proposta, vediamo quali sono gli obiettivi. Secondo il proponente, che è un parlamentare del Partito Democratico, l'obiettivo è quello di ridurre il carico dei procedimenti penali in presenza di vicende che risultano di scarsa offensività e tali da non giustificare l'impiego della costosa risorsa del processo. Ma vorrei evidenziare come la costosa risorsa del processo fa parte della nostra tradizione giuridica ed è espressione di civiltà. La costosa risorsa del processo è essa stessa la garanzia della legalità.
Allora, se si vogliono evitare modifiche al codice di procedura penale come quella che stiamo esaminando, mi permetto di avanzare un'altra proposta: sarebbe meglio eliminare l'obbligatorietà dell'azione penale, perché con questo provvedimento manteniamo l'obbligatorietà dell'azione penale e costringiamo, quindi, a procedere, per poi dichiarare un proscioglimento. Meglio sarebbe, quindi, evitare l'obbligatorietà dell'azione penale, dando la possibilità di esaminare solamente quei reati che creano un danno e sono pericolosi per Pag. 14l'opinione pubblica, evitando quindi di perseguire - come è stato detto - chi si è limitato a rubare una mela al supermercato. Ma vediamo un altro aspetto.
Questo è un provvedimento di iniziativa parlamentare, ma su questo provvedimento come è intervenuto il Governo? È intervenuto con proposte che sono state contestate da tutti i gruppi politici, perché attribuivano troppa discrezionalità al giudice sulla definizione del reato tenue ed è intervenuto con un emendamento che intendeva riconoscere al giudice piena discrezionalità nel valutare l'occasionalità del reato, sopprimendo dal testo la norma, che invece era stata concordata in Comitato ristretto, secondo la quale è sempre esclusa la possibilità per il giudice di ritenere non occasionale la condotta del soggetto che ha commesso in precedenza altri reati, oltre a quello per cui si procede.
Il Governo è intervenuto con un emendamento con il quale si sopprimeva la norma che impone l'avviso alla parte offesa della richiesta di archiviazione. È intervenuto ed ha ottenuto che non venisse inserita la formula della recidiva. Sempre grazie ad una proposta del Ministro Severino, si stabilisce che la sentenza di archiviazione possa essere pronunciata non solo nell'udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo, ma anche nel corso del dibattimento ordinario.
Nonostante lo stupore che l'atteggiamento del Governo ha creato e che è stato espresso in Commissione dagli esponenti del Partito Democratico, del Popolo della Libertà e dell'Italia dei Valori, poi, come sempre, un accordo si è trovato. Dico «come sempre» perché così succede da quando i maggiori gruppi presenti in Parlamento sostengono il Governo Monti. Le cose non vanno bene, ci sono sempre dei problemi, ma poi l'accordo si trova. Evidentemente c'è chi riesce a mandare giù dei grossi rospi, ma in questo caso non vanno a vantaggio della legalità e della sicurezza.
Detto come si è comportato il Governo, è lecito chiedersi da che parte stia questo Governo. Infatti, per diminuire il numero dei processi pendenti e per ridurre il sovraffollamento delle carceri si arriva ad abdicare al principio di legalità. Ai cittadini onesti si preferiscono i disonesti. Ancora una volta si riscontra un atteggiamento favorevole per chi commette reati e non certo per chi i reati li subisce.
È un provvedimento «svuota processi» in linea con quello esaminato pochi giorni fa da questa Aula, ossia il provvedimento «svuota carceri». È un indirizzo che il Governo Monti e il Ministro della giustizia Severino sembrano voler perseguire per snellire la macchina della giustizia, un provvedimento che rappresenta una rivoluzione per il nostro sistema giudiziario e che anticipa altre riforme del Ministro, tutte nella stessa direzione: la depenalizzazione per i reati minori, la «messa alla prova», le misure alternative al carcere.
Ma allora è bene chiedersi dove sia la certezza del diritto, dove sia la certezza della pena e dove sia il rispetto delle regole. Sappiamo che nel nostro Paese la giustizia non funziona, sappiamo che nel nostro Paese la giustizia non è giusta, ma rispetto a questo provvedimento il rimedio è peggio del male, perché non tiene conto dei diritti dei cittadini, non tiene conto dei diritti delle vittime e non tiene conto della funzione rieducativa della pena.
Per risolvere i problemi dovuti alla irragionevole durata dei processi, ai lunghissimi tempi del procedimento, alla scarsa credibilità del sistema giudiziario, è necessario intervenire, ma nel contempo garantire la sicurezza e la legalità e non vanificare il lavoro delle forze dell'ordine. Allora, bisogna intervenire in un altro modo; ad esempio far lavorare di più i magistrati, adottare e mantenere disposizioni sulla responsabilità dei magistrati che tengano conto anche dei numerosissimi errori giudiziari.
Quando poi sento, come ho sentito, che si auspica una reciproca fiducia tra legislatore e interprete, allora se penso alle proteste dei magistrati, se valuto la realtà processuale e lo stato della giustizia, credo che sia un auspicio poco concreto e poco credibile. La Lega Nord su questo provvedimento Pag. 15si è dichiarata contraria sin dall'inizio, tanto che abbiamo presentato emendamenti soppressivi degli articoli e abbiamo votato contro il mandato al relatore.
Questo non è un provvedimento, come poco fa ho sentito definirlo, buono o buonista; questo è un provvedimento vergognoso, questo è un provvedimento insostenibile.
Mentre lo «svuota carceri» minava la certezza e l'effettività della pena, lo «svuota processi» compromette la certezza del diritto e rischia di scardinare il nostro sistema giuridico, provocando una vera e propria depenalizzazione di tutti i reati. Con l'approvazione di questa proposta di legge, i reati definiti discrezionalmente di particolare tenuità andranno tutti verso il proscioglimento o l'archiviazione, determinando una resa incondizionata dello Stato alla criminalità. È un provvedimento, questo, proposto e voluto da magistrati a favore dei magistrati e contro i cittadini onesti.
La Lega Nord esige il rispetto delle regole della Costituzione, vuole una giustizia giusta, certa, in base alla quale chi ha commesso un reato deve pagare e deve pagare rimanendo in carcere. Pertanto, continuo a confermare la contrarietà del movimento Lega Nord a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2094-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Tenaglia, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, a questo punto preferisco rinviare a domani.

PRESIDENTE. Prendo atto quindi che anche il rappresentante del Governo rinunzia alla replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della relazione sui punti nascita approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (Doc. XXII-bis, n. 3) (ore 16,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sui punti nascita approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
Avverto che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione - Doc. XXII-bis, n. 3)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritto a parlare l'onorevole Fucci. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fatto che l'Assemblea della Camera dedichi la propria attenzione, con il dibattito di oggi e poi con l'esame della relativa risoluzione nella seduta di domani, al tema dei punti nascita è, a mio parere, un fatto di enorme importanza. Come parlamentare che prima di questa parentesi nelle istituzioni Pag. 16ha praticato quotidianamente la professione di medico ostetrico ginecologo ospedaliero, sono convinto del fatto che uno dei temi di maggiore rilievo con riguardo alla situazione della sanità in Italia riguardi proprio il livello delle prestazioni offerte dai punti nascita e il modello che sta alla base della loro distribuzione sul territorio.
Ecco, in estrema sintesi, la motivazione alla base del lavoro che oggi presentiamo all'attenzione dell'Assemblea. Per questo desidero - me lo consentirà, Presidente - ringraziare il presidente Orlando e tutti i commissari, che senza distinzione di appartenenza politica, hanno da subito accolto e supportato la mia proposta iniziale alla base di questo lavoro, cominciato ben due anni fa, il 1o marzo del 2010, con il primo ciclo di audizioni. In effetti, l'attenzione ai punti nascita è sempre stata una delle priorità della nostra mission di Commissione di inchiesta, che ha cercato di condurre un organico filone di inchiesta a partire dai noti e tristi casi di presunta malpractice accaduti in sala parto.
Nell'ambito della riorganizzazione, per cercare di ottimizzare i punti nascita del sistema sanitario nazionale, abbiamo estrapolato, con la relazione al nostro odierno esame, una visione sia pur generale e forse non corretta al 100 per cento, ma comunque indicativa per la prima volta della situazione sanitaria relativa all'ostetricia nella nostra nazione. È emersa una situazione di grande difficoltà. In generale, è emerso che abbiamo pochi parti, molti medici, poca tecnologia, poca assistenza neonatale, difficoltà di collegamento oppure molti parti, ma pochi medici. L'assurdo è che in proporzione ci sono più medici nei piccolissimi ospedali che nei grandi ospedali e c'è molta tecnologia che molte volte non viene altamente utilizzata.
I miei trent'anni di ostetricia mi hanno portato a chiedere che la Commissione di inchiesta, oltre ad approfondire i casi singoli che venivano alla nostra osservazione, puntasse ad una ricerca organica, come dice spesso il presidente Orlando, non tanto del colpevole di un episodio di presunta malasanità, ma dei suoi motivi di fondo.
Conosciamo la realtà di molti ospedali, punti nascita e presidi ospedalieri, specialmente del Meridione. In queste realtà - è opportuno sottolineare - agiscono ed operano figure di altissima professionalità che molte volte sono coinvolti in questioni di malasanità, o presunta tale, perché non supportate da una organizzazione o da una componente tecnologica in grado di metterli in condizione di offrire alla partoriente la maggiore tranquillità e sicurezza possibile per l'evento più bello che possa interessare una donna: la nascita di un bambino.
Tutti ricordano ciò che è avvenuto l'anno passato: sembrava che partorire in una sala parto italiana significasse essere condannati, umiliando così le professionalità di coloro che quotidianamente si dedicano con forza e dedizione alla propria opera medico-sanitaria. Con la relazione approvata in Commissione - lo ripeto - all'unanimità, ci siamo resi conto che in Italia continuano ad esistere realtà che non sono più in grado di assicurare l'evento nascita nei termini di quella sicurezza a cui tutti aneliamo.
Quando il 70 per cento dei punti nascita ha una produttività inferiore ai mille parti all'anno, con una grossa concentrazione nel Sud di punti nascita dove i parti non superano il numero di 400 o 500 l'anno, è possibile che ciò sia l'annuncio di un evento avverso. Quando riscontriamo punti nascita privi della assistenza «h24» non solo del ginecologo, ma anche del pediatra e dell'anestesista, quando in molte realtà l'anestesia epidurale, che potrebbe essere un ulteriore supporto all'evento nascita, continua ad essere solo un sogno, quando in molte realtà territoriali mancano le unità di terapia intensiva neonatale (le UTIN) o i collegamenti diretti o la possibilità di trasporto in utero per situazioni di emergenza, ci rendiamo conto che non è più possibile sostenere quanto molti ancora sostengono, e cioè il desiderio di partorire se non proprio sotto Pag. 17casa, in una struttura che assicuri al nascituro l'impronta o il timbro della nascita nel proprio paese.
Ci dobbiamo assumere le nostre responsabilità. Dobbiamo fortemente puntare a far sì che nella gente subentri il bisogno non del parto o del presidio o del punto nascita della propria realtà territoriale, ma di un parto che avvenga nelle condizioni di maggiore sicurezza possibile e la questione dei tagli cesarei è evidentemente una diretta conseguenza di questa disorganizzazione.
Al riguardo è stato, infatti, approfondito l'importante aspetto del numero eccessivo di tagli cesarei, che vede un innalzamento della percentuale con l'Italia ai primissimi posti a livello mondiale e, nell'ambito nazionale, la prevalenza delle realtà meridionali, per non parlare poi delle strutture convenzionate o di quelle private, dove c'è una percentuale di cesarei che in alcuni casi ha toccato il 92 per cento in termini di percentuale.
Se da una parte c'è la programmazione sanitaria e quindi l'appropriatezza, e dall'altra parte ci sono le società scientifiche che con il loro contributo professionale hanno offerto un supporto indispensabile, non possiamo dimenticare che ci sono anche i cittadini e le commissioni chiamate a valutare quando le cose non vanno nella giusta direzione e si forma nel cittadino un fenomeno di delusione rispetto ai livelli di qualità assistenziale che noi dichiariamo, ma forse non controlliamo o potremmo controllare in maniera più adeguata.
Oggi la situazione demografica in Italia è tale che la rete costruita negli anni '60 per un milione e centomila nascite, oggi dà effetto a 550 mila nascite, di cui mediamente il 14-16 per cento riguarda persone che spesso non parlano la nostra lingua e non sono in grado di utilizzare le nostre strutture, semplicemente perché le indicazioni sono scritte in una lingua che non comprendono, oppure perché il follow up durante e dopo la gravidanza avviene in lingue poco conosciute. Il problema c'è, il Paese sta cambiando e in Italia un neonato su quattro non appartiene ad una famiglia con la nostra formazione e cultura.
Nella stesura della relazione, la Commissione ha perseguito una metodologia scientifica. Ha cercato cioè di andare alle radici del problema, utilizzando un metodo statistico. Con una analisi che si definisce cluster analysis, cioè analisi per gruppi, lo statistico ha identificato gruppi di ospedali che praticano meno di 500 parti all'anno, ma ha anche identificato un gruppo più cospicuo, il 67 per cento di tutti i punti nascita, che non solo è al di sotto dei 500, ma che è anche più debole. «Debole» significa aspettarsi che in quel tipo di struttura, dati il numero dei medici, dei parti, le attrezzature, la prossimità della terapia intensiva neonatale, la presenza o l'assenza della neonatologia, e la situazione orografica, vi sarà quasi certamente, o potrebbe esserci, una criticità.
Non è più un problema ginecologico-ostetrico di assistenza al parto, ma un problema di programmazione e di organizzazione. In questo senso, la relazione è complementare all'enorme numero di dati che sono già in possesso del Ministero della salute.
Per quanto riguarda l'analisi ginecologica, colpisce anche che nei piccoli ospedali, o in quelli più deboli, un medico pratichi circa quattro parti al mese. Non commento questo dato perché chiunque di noi abbia fatto sport o abbia provato a suonare uno strumento, sa che con quattro allenamenti o quattro esercizi al mese, poco si può fare. In compenso, mediamente nelle piccole strutture per definizione lavorano non meno di 8-9 medici. Ma se consideriamo i punti nascita che praticano un numero di parti dieci volte superiori, cioè circa 2.500 parti e anche più, essi non hanno un numero di medici dieci volte superiori ma ne hanno il doppio e ogni medico strutturato fa circa 15 parti al mese. Mi sembra, dunque, che vi sia un'enorme disparità.
Quando poi si affronta il versante penalistico, cosa che ha fatto la Commissione con la sua relazione, bisogna anche esaminare Pag. 18 come si muore quando si nasce, verificando l'effettiva incidenza di sinistri riferibili all'attività professionale medico-chirurgica e, in particolare, di sinistri relativi all'attività ginecologico-ostetrica. Un obiettivo della relazione era, per un verso, verificare quanti sono i procedimenti penali per lesioni colpose o omicidio colposo, riferibili all'attività medico-chirurgica, e qual è il numero, invece, riferibile alla specialità ostetrico-ginecologica e, quindi, in questo caso, nella stragrande maggioranza, alla vicende della gravidanza e del parto.
Il risultato che va messo in evidenza è che i numeri, soprattutto con riferimento alle lesioni, sono molto bassi. La percentuale di lesioni, riferibili all'attività ostetrico-ginecologica, ha come indice medio lo 0,16 per cento su un totale di procedimenti registrati pari a un numero di 553.741. Non diversa è la situazione riferita agli omicidi colposi, dove abbiamo 75 episodi su un totale di procedimenti rilevati, per omicidio colposo, pari a circa 6.586. Le sale parto non sono, quindi, da un'analisi semplice di quanto affermato, luoghi penalisticamente pericolosi.
Il secondo dato è il numero bassissimo di condanne. Nel periodo di osservazione, cioè il secondo trimestre del 2010, su tutti questi procedimenti sono state rilevate soltanto due condanne che si riferiscono, peraltro, a lesioni colpose. Per quanto riguarda, invece, i procedimenti per omicidio colposo, non registriamo alcuna condanna nel periodo preso in considerazione, mentre registriamo una percentuale di archiviazioni del 35 per cento, che assorbe quasi tutti i procedimenti che si sono conclusi. Il 35 per cento dei procedimenti penali relativi a omicidi colposi riferibili all'attività medico-chirurgica si chiude, quindi, nella fase delle indagini preliminari. Si tratta, evidentemente, di ipotesi accusatorie che, nella fase delle indagini preliminari, si rivelano del tutto infondate. Ciò rafforza l'esigenza di affrontare, in prospettiva, la questione della medicina difensiva e delle polizze assicurative. Allo stato, vi è una sola compagnia che assicura i medici ginecologi e i costi sono straordinari. Si parla, addirittura, di 12 mila euro l'anno per un medico che lavora in ospedale. Il costo è così elevato perché le assicurazioni non hanno ancora i dati per stabilire le tabelle di rischio, cosa questa che permetterebbe alle compagnie di abbassare i premi assicurativi.
La relazione, anche in questo senso, rappresenta un'opportunità sul piano economico, in un'epoca di tagli, e sul piano culturale. Come indicano i dati, infatti, il tasso di fecondità è di 1,34 figli e non vi è evoluzione. Ciò rappresenta un problema economico, così come l'età media all'arrivo del primo figlio. Penso che in un sistema così complesso, possano essere trovati valori in grado di far muovere le istituzioni verso la creazione di un'autorità che prescinda dalla visione regionale. Lo sponsor dei punti nascita non può essere il governatore, alla prese con un piano di rientro, ma la nazione, attraverso una visione che prenda atto dei valori che sono connessi al punto nascita. Confido che la Commissione continui su questo solco e possa rappresentare, per tutti gli addetti del comparto materno-infantile, un supporto a cui rivolgersi per trovare sollecitazioni e miglioramenti utili e, in ultima analisi, creare le condizioni di sicurezza a cui le nostre future mamme hanno diritto.
Concludo, signor Presidente, ribadendo il mio ringraziamento al presidente Leoluca Orlando e a tutti i commissari per l'interesse dimostrato verso questo argomento, così come sottolineo la preziosa collaborazione degli uffici.
È inoltre doveroso da parte mia, in veste di coordinatore di questo filone di indagine, evidenziare l'alto livello della collaborazione offerta dai consulenti della Commissione e dalle società scientifiche del settore, con le quali è stato instaurato un rapporto davvero proficuo.
Credo che il Ministero della salute - o chi vorrà, anche a livello regionale, occuparsi seriamente del problema dei punti nascita - potrà trovare nella nostra relazione elementi utili al miglioramento della situazione materno-infantile in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

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PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, rappresenta un punto d'arrivo di grande interesse per imprimere ai punti nascita del nostro Paese una spinta positiva che ne migliori, a tutto campo, la qualità del servizio offerto. Nell'intervento vorrei soffermarmi, in particolare, su tre punti: l'organizzazione delle cure neonatali in Italia ed il potenziamento della TIN, la riduzione dei parti cesarei - su cui però si è a lungo soffermato il collega Fucci, per cui posso trattarlo più velocemente - e poi l'ipotesi di nuovi modelli di formazione per venire incontro alle nuove esigenze che stanno emergendo.
Sul versante socio-sanitario, prima ancora che su quello politico, si avverte la necessità di rivisitare l'intero percorso nascita di cui il parto rappresenta l'evento culminante, ma non unico, un percorso che inizia prima della gravidanza stessa quando una coppia comincia a desiderare di avere un figlio e scopre che ci sono difficoltà, per cui ha bisogno di accertamenti e di aiuti specifici.
Nella medicina materno-infantile, ostetrico e ginecologo, neonatologo e pediatra, insieme ad una miriade di altri esperti, costituiscono un pull di competenze tutte al servizio della vita che nasce. In Italia questo percorso ha raggiunto un elevato livello di qualità e di sicurezza, però si sta creando un vero e proprio paradosso: mentre si riduce la richiesta degli interventi sul piano quantitativo, cresce il livello di sofisticazione nelle richieste di tipo qualitativo. Basti pensare a due fatti importanti: la procreazione medicalmente assistita, sul fronte ostetrico e ginecologico, a cui si accompagna il sempre più frequente ricorso alla terapia intensiva neonatale, che coinvolge neonatologi con un elevato profilo di competenza clinico-tecnologica. In un percorso-nascita sicuro non basta ottenere un parto sicuro, occorre anche che il bambino che nasce, per quanto fragile, possa trovare subito un'accoglienza adeguata e una team di eccellenza se è necessario.
È necessario partire dalla ridefinizione dei criteri per la razionalizzazione dell'offerta assistenziale: dotazione ottimale di posti letto nei reparti di ostetricia e neonatologia, numero minimo di parti per punto nascita, tipologia di professionisti indispensabili per rispondere alle esigenze della medicina materno-infantile, con livelli di specializzazione richiesti, parametri per la classificazione delle strutture sanitarie in base a livelli di complessità. Contemporaneamente, occorre disegnare nuovi modelli organizzativi capaci di integrare livelli e setting assistenziali diversi in ambito territoriale e ospedaliero, per differenziare i percorsi per la gravidanza fisiologica da quella a rischio o patologica.
Per valutare attentamente la qualità dei percorsi-nascita, è importante la distinzione semplice, ma essenziale, tra gravidanza fisiologica e gravidanza patologica, per ricordare che una donna che mette al mondo un bambino non è una malata e il parto non è una malattia. In questi ultimi anni si è ecceduto nella medicalizzazione della gravidanza e del parto. Ciò ha contribuito ad azzerare quasi completamente i rischi del parto, rendendo l'evento nascita uno dei più sicuri nella vita di una persona. Ma se la gravidanza fisiologica richiede assistenza a basso grado di tecnologia, ma ad alto grado di competenza, formazione e umanizzazione, la gravidanza patologica, che comprende circa il 10 per cento delle gravidanze, richiede, oltre a quanto già detto, un alto grado di tecnologia, altissima competenza e formazione, perfetto coordinamento di risorse umane e tecnologiche, completo bilanciamento tra territorio e strutture disponibili.
Ci sono gravidanze che prevedono un parto fisiologico, ma che possono diventare patologiche nel volgere di pochi minuti. L'esperienza e le risorse necessarie per governare l'assistenza alla gravidanza ed al parto, sono molto specifiche e richiedono un perfetto equilibrio tra qualità e numero delle prestazioni ed una continua Pag. 20 verifica di tutto il processo. Uno degli argomenti di maggiore rilievo nel campo della medicina materno-infantile riguarda il numero e il livello qualitativo dei punti nascita.
Le cronache degli ultimi anni e le analisi formulate da vari esperti, compresa la nostra relazione, hanno individuato nel nostro Paese un numero molto grande, a volte eccessivo rispetto alla popolazione interessata, di punti nascita, non sempre però adeguatamente attrezzati, anche perché in alcune strutture viene effettuato un numero di parti molto, troppo limitato. Nell'inchiesta condotta dalla Commissione di inchiesta della Camera si evince come, molte volte, a fronte di un'immagine di malasanità e quindi di scarsa valenza professionale degli operatori, in realtà vi siano spesso conclusioni giudiziarie positive per l'interessato e per il professionista, confermando che in molti casi non c'è un rapporto diretto tra evento negativo e scarsa valenza professionale. Nelle aziende sanitarie manca spesso, a cominciare dal direttore generale, un effettivo interesse verso il comparto materno-infantile, per cui le risorse dedicate alla medicina materno-infantile sono piuttosto scarse. Manca ancora, specialmente nel Meridione, una rete che assicuri l'interconnessione ottimale tra punti nascita e terapia intensiva neonatale. La neonatologia ha raggiunto traguardi impensabili negli ultimi venti anni. Oltre alle acquisizioni scientifiche derivanti dalla ricerca, l'elevata tecnologia specifica della terapia intensiva neonatale consente attualmente la sopravvivenza di neonati di peso e di età gestazionale estremamente bassi. L'unità operativa complessa di neonatologia e terapia intensiva neonatale è un reparto di cura neonatologica altamente specialistico. Vengono qui curati sia i neonati estremamente prematuri, sia quelli a termine, affetti da varie patologie. Uno degli aspetti qualificanti l'assistenza in terapia intensiva neonatale è l'attenzione al controllo del dolore nel neonato. Le attuali conoscenze scientifiche dimostrano che anche i neonati prematuri sono in grado di percepire dolore, sfatando un vecchio pregiudizio sull'immaturità anatomica e funzionale delle vie dolorifiche in questi bambini. Il personale sanitario può utilizzare in maniera routinaria scale di misura del dolore per impiegare in maniera appropriata ed efficace farmaci analgesici ed altre procedure antidolorifiche, quali il contenimento corporeo attraverso appositi nidi di contatto fisico, marsupioterapia, eccetera. Il controllo del dolore costituisce un tema di notevole rilevanza al quale negli ultimi anni è stata dedicata particolare attenzione. Attualmente, si sa che il neonato sente dolore, dato che fin dalla nascita possiede la maturità anatomico-funzionale necessaria. Ha memoria delle esperienze dolorose e il dolore procura un danno potenziale, in quanto, alterando il flusso cerebrale, comporta un aumentato rischio di emorragie intraventricolari e periventricolari. Le conseguenze a lungo termine nel lattante possono essere: disturbi del sonno, dell'alimentazione e del carattere. Per questo è necessario ricorrere alla terapia del dolore nel neonato quando sono in corso manovre invasive, applicando linee guida nazionali soprattutto nei reparti di terapia intensiva neonatale. A questo punto, diventa necessario affrontare una specifica riflessione etico-clinica: il rischio dell'accanimento terapeutico nelle terapie intensive. Ora sappiamo che per accanimento terapeutico si intende l'ostinazione in trattamenti futili, da cui cioè non si possa ragionevolmente attendere un beneficio per la salute o un miglioramento della qualità di vita, oppure in trattamenti i cui possibili benefici non siano proporzionati alla gravosità dei mezzi utilizzati, specie quando tali mezzi siano straordinari. Tuttavia, va sottolineato che i risultati ottenuti dalla neonatologia attuale sono proprio frutto di approcci assistenziali basati sull'uso di mezzi eccezionali, spesso gravosi per i piccoli pazienti. Delineare un confine tra assistenza ordinaria e straordinaria semplicemente sulla base della distinzione tra mezzi ordinari e straordinari è arduo, in quanto, nella pratica, la terapia intensiva neonatale e la maggior parte dell'assistenza ordinaria è costituita da mezzi Pag. 21straordinari. Non è semplice stabilire il punto in cui l'assistenza neonatologica intensiva sconfina nell'accanimento terapeutico, ma tale valutazione in ultima analisi consiste nel giudizio prudenziale che tiene conto anche della specificità della singola situazione clinica, non solo di un'individuazione a priori di valori soglia o di tipologie di mezzi impiegati. Ogni caso va esaminato tenendo conto del rispetto della persona, della sacralità della vita, della dignità della morte e il giudizio deve basarsi sull'adeguatezza medica ed etica tra mezzi e interventi. In Italia si fornisce assistenza specializzata al neonato secondo i livelli assistenziali definiti dalla società italiana di neonatologia. È una classificazione per livelli di assistenza che in un certo senso si affianca a quella dei punti nascita suddivisi in cluster, ma che non tutela completamente il bambino a rischio. Ad esempio esiste un primo livello, il nido, in cui si trovano culle per l'assistenza ai neonati fisiologici con la possibilità di offrire cure minime per i neonati con rischio anamnestico o con patologia minima. C'è poi un secondo livello di terapia intermedia, che accoglie i neonati con età gestazionale inferiore alle trentadue settimane e peso inferiore ai millecinquecento grammi. C'è poi un terzo livello di terapia subintensiva, dove ci si occupa di neonati che sono clinicamente compromessi e pertanto richiedono interventi diagnostici o terapeutici invasivi e/o con necessità di costante monitoraggio.
Vi è, infine, un quarto livello, la terapia intensiva vera e propria, dove ci si occupa di neonati con età gestazionale inferiore a 32 settimane, con un peso inferiore a 1.500 grammi, in ventilazione assistita con intubazione tracheale, che richiedono una nutrizione parenterale protratta e che, comunque, presentano un'evidente compromissione delle funzioni vitali.
Nella stragrande maggioranza dei punti nascita non si va oltre il primo livello che assicura un trattamento «nido», mentre occorrerebbe raggiungere almeno il secondo livello per garantire ai neonati i livelli essenziali di sopravvivenza.
Signor Presidente, vorrei sottolineare che, per rendere più sicura la nascita, abbiamo bisogno che si presti un'attenzione clinica forte e profonda, specifica per il bambino e quindi, perlomeno, di trasformare molte delle strutture «nido» in strutture di assistenza di secondo livello per essere coerenti con gli impegni che vogliamo assumere con il provvedimento in discussione (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Signor Presidente, infine, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Binetti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, ho seguito con attenzione il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta, un lavoro complesso e articolato che fotografa lo stato di salute dei punti nascita italiani. Questo studio si attendeva da tempo e ci consente di inquadrare, nei particolari, luci ed ombre di un sistema. Si tratta di un argomento rilevante che ci aiuta a leggere, anche in una chiave analitica diversa, tutte le criticità che ruotano intorno all'evento della nascita in Italia.
Proprio per questo, vorrei veicolare uno spunto di riflessione che possa arricchire quanto già individuato dalla relazione in oggetto. Vorrei rivolgere un plauso al lavoro svolto dal Presidente Leoluca Orlando e dalla Commissione stessa, la cui sensibilità e il cui pragmatismo hanno consentito un'analisi puntuale.
L'attualità, continuamente, impone una riflessione sui casi di chiara o presunta malasanità legata ai punti nascita. Lasciatemi evidenziare che, come sottolinea la relazione in esame, il maggior numero di criticità si verifica nelle cosiddette strutture robuste, di classe C, quelle di eccellenza, dove, a mio avviso, l'atteggiamento del personale medico di fronte all'evento Pag. 22nascita è molto più sicuro e, talvolta, purtroppo, anche più superficiale, probabilmente perché lavorare in una grande struttura dà più sicurezza sotto più profili.
In collaborazione con le associazioni che se ne occupano, sto svolgendo un'indagine sul fenomeno della morte perinatale e sulla sua notevole frequenza nel nostro Paese; un argomento solo sfiorato dalla relazione in oggetto. Stando ai dati, in Italia, 9 bambini al giorno muoiono in prossimità della nascita o subito dopo e, dietro questi drammi, non sempre vi sono patologie, ma presunte negligenze, purtroppo. Nella sola città di Roma, negli ultimi mesi, sono state decine i casi di morte perinatale. Paradossalmente, alcune di queste sono avvenute in strutture di grande eccellenza come gli ospedali «Gemelli», «Policlinico Umberto I» e «Fatebenefratelli», dove purtroppo, molto spesso, le gestanti sono considerate un semplice numero e non delle persone.
Una buona parte di questi casi è oggetto di inchieste delle quali già possiamo immaginare la conclusione. Infatti, come si evidenzia nella relazione in oggetto, il numero di condanne è bassissimo, di contro quello delle archiviazioni è cospicuo; vogliamo cominciare a chiederci il perché? Sicuramente la cosiddetta negligenza medica è un argomento difficile da gestire, ma, paradossalmente, esiste e chissà perché non è mai sanzionata. Forse perché riconoscere la responsabilità medica è come cercare un ago in un pagliaio, o perché i presupposti di tale riconoscimento devono essere rinvenuti dai medici stessi in qualità di consulenti d'ufficio o di parte e, si sa, i medici non causerebbero mai un danno ad altri medici. La morale della favola è che i casi di giustizia su questo versante si contano sulle dita di una sola mano.
Come è stato evidenziato, sicuramente in strutture di livello C sono concentrati i fattori di criticità o di patologie legate alla gravidanza, ma una buona percentuale di mortalità perinatale che si verifica in queste strutture non è legata a patologie materne o fetali. Questo è un dato che deve far riflettere sulla qualità assistenziale che queste strutture dovrebbero dare, ma che non danno, o, meglio che non tutti hanno la fortuna di poter ricevere. Parliamo di una qualità compromessa da turni insostenibili, di superficialità professionale legittimata dalla mole di lavoro e di scarsa, anzi nulla, informazione data ai pazienti.
Certo, la gestione dei piccoli punti nascita nel nostro Paese merita attenzione ma, dati alla mano, sembrano questi le eccellenze e non già i grossi punti nascita dei policlinici. Se prendiamo ad esempio il Policlinico Gemelli, il pronto soccorso ostetrico-ginecologico è stato affidato in alcuni turni a personale privo di esperienza, sottoposto a turni massacranti e con un contratto da precario. Contemporaneamente, questo personale deve gestire il reparto e le urgenze. Quindi, una paziente dovrebbe essere assistita dalla fortuna, perché se incappa in quel turno, con quel medico, la possibilità di un'assistenza non tempestiva aumenta, con le conseguenze drammatiche che i media ci mostrano.
In occasione di un'interrogazione a risposta immediata ho affrontato il tema della scarsa informazione, nonché assistenza, che viene prestata alle pazienti con morte perinatale. Il Ministro si è mostrato interessato all'argomento ed è per questo che chiediamo un impegno fermo su questo versante della gestione dei punti nascita, quello meno pubblicizzato e maggiormente doloroso.
Per quanto riguarda invece i dati relativi al ricorso al cesareo, desidero fare un appunto. Se è vero che i cesarei in gravidanza fisiologica non sono mai consigliabili, è anche vero che permettono di ridurre le morti in utero tardive. Se si intende avviare campagne di riduzione dei cesarei, si dovrà comunque aumentare la vigilanza sulle gravide dalla trentacinquesima settimana in poi. Ma abbiamo gli strumenti? Le risorse ci sono? Ho qualche dubbio. Senza tutto questo c'è il rischio che il numero dei morti in utero raddoppi, ad esempio al Sud, considerando che al momento sono tre su mille, ma con il triplo dei cesarei degli altri Paesi. Pag. 23
In molti ospedali italiani non si danno informazioni, non si analizzano i rischi, tutto è affidato al caso. Un'eventuale informazione in più sui rischi legati alla gravidanza è vista come terrorismo psicologico nei confronti di future mamme. Il risultato è quello di creare ignoranza su un rischio reale e incombente, che alimenta il dramma consequenziale di un isolamento sotto il profilo medico e sociale per le famiglie colpite. Sono ancora troppi i punti da affrontare al fine di migliorare la prevenzione dei casi evitabili (circa il 30 per cento del totale) e di rendere omogenea la pratica assistenziale in caso di morte in utero perinatale, adeguando agli standard europei e internazionali l'assistenza medica e psicologica in Italia.
Infatti in questo campo siamo il fanalino di coda dell'Europa. Anche per questa ragione esprimo qualche perplessità sull'accorpamento dei punti nascita. Si andrebbe a caricare di lavoro quelli più grandi e si andrebbe ad intaccare un presidio che almeno presta attenzione ai pazienti. Voglio ribadirlo ancora una volta: non è sempre la quantità sinonimo di qualità. Un punto di nascita di livello C può presentare dei seri rischi di affidabilità a causa di un ingorgo di lavoro e di un incremento della precarietà, tipica delle grosse strutture. Il Governo deve tener conto anche di questo, perché la soluzione non è solo nel tagliare e nell'accorpare, ma nel migliorare e non possiamo permetterci che nel 2012 muoiano nove bambini al giorno anche per presunta negligenza medica.
L'Italia ambisce ad essere un Paese moderno ed avanzato, ma è da questi particolari che si capisce il livello di un Paese. Non possiamo più rimandare. Abbiamo l'obbligo morale, civile ed istituzionale di intervenire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente mi associo a quanto detto dal collega Fucci e dalla collega Binetti, che mi trovano completamente d'accordo sulle loro riflessioni.
Tuttavia, signor Presidente, con tutto il rispetto che ho per il sottosegretario per la giustizia, avrei sperato e pensato che fosse presente il Ministro della salute o il sottosegretario per la salute. Perché altrimenti a chi parliamo?

PRESIDENTE. Al Governo, come lei sa. E ringraziamo il sottosegretario presente.

LUCIO BARANI. Per l'amor di Dio, lo ringraziamo però siamo di fronte...

PRESIDENTE. Domani si materializzerà anche il competente rappresentante del Governo.

LUCIO BARANI. Speriamo, signor Presidente.
Siamo in sede di discussione sulle linee generali e di fronte ad una relazione che, insieme a quello che hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, ha lanciato un grido di allarme. Infatti sono stati messi in discussione, da questa relazione, il 72 per cento dei punti nascita. È questo, onorevole Fucci, che come relatore in sede di Commissione ci hai spiegato: che hai suddiviso, in maniera mirabile - con il supporto del lavoro di tutta la Commissione e insieme al presidente Orlando - i punti nascita in classi A, B e C; la classe A l'hai suddivisa in A1, A2 e A3, secondo il numero dei parti, ovvero se siano sotto i 500, dai 500 ai 1000 e sopra i 1000. Hai inoltre ovviamente ritenuto di tenere in considerazione, per la classificazione di queste strutture, anche il numero di posti letto, di personale medico, di ginecologi, di ostetriche, di attrezzature e ci hai detto - ed è emerso - che il rischio per il nascituro è esponenzialmente maggiore se si scende dalla classe C alla classe A1. Quindi è emerso che sui punti nascita di piccole dimensioni, dove non c'è la guardia medica ventiquattr'ore su ventiquattro, dove non c'è la doppia guardia ginecologica, dove mancano le attrezzature per il trasporto in utero, lo STAM, o per il trasporto di emergenza neonatale, quello che hai chiamato STEN - questo chiede la Commissione al Governo e al sottosegretario Pag. 24 qui presente, in base a tutti questi dati - è necessario un intervento urgente, come ha detto la collega Binetti, ed immediato del Governo - nel rispetto delle competenze che possiede e di quelle che sono conferite anche alle regioni o alle province autonome nell'ambito della Conferenza Stato-regioni - ed occorre impegnarlo su alcuni punti che vorrei ricordare. È del resto questa l'importanza del lavoro che abbiamo svolto per mesi, per più di un anno, nel corso del quale abbiamo mandato dei questionari alle procure e a tutte le regioni ed elaborato dati, effettuando un lavoro che da anni non veniva svolto, o che forse non era mai stato fatto. E allora quello che la Commissione, all'unanimità di tutte le forze politiche presenti, chiede al Governo, è l'attivazione, proprio nell'ambito delle linee d'azione approvate dalla Conferenza Stato-regioni, di un'organica azione di monitoraggio periodico sui punti nascita, con particolare riferimento all'accorpamento di quelli con un numero di parti insufficienti a garantire l'auto-addestramento degli stessi operatori, nonché con riferimento al numero e all'appropriatezza dei parti cesarei e all'applicazione delle relative linee guida, perché si è visto, da parte della Commissione, che più piccoli sono gli ospedali, più piccoli sono i punti nascita, meno parti naturali e più parti cesarei hanno luogo in essi. L'onorevole Fucci e l'onorevole Binetti hanno fornito anche i dati statistici - che non vi sto ovviamente a ripetere - e hanno ritenuto di chiedere al Governo l'impegno affinché in questi punti nascita vi sia una presenza di guardia medica ostetrica e ginecologica e di pediatri neonatologi ventiquattro ore su ventiquattro, perché si è visto che nei punti nascita di classe C, quelli che hanno appropriatezza al cento per cento e che sono ideali, le malpractice, cioè le lesioni del nascituro, sono infinitamente inferiori rispetto agli altri. Inoltre hanno ritenuto di chiedere al Governo l'impegno ai fini dell'emanazione di linee guida relative proprio al trasporti in utero verso centri di IIIo livello delle gravidanze a rischio materno e/o fetale, e ancora ai fini della diffusione del servizio di trasporto di emergenza neonatale.
La Commissione, tra l'altro, ha analizzato il fatto che l'Italia non è uguale dalle Alpi alla Sicilia e c'è, quindi, differenza tra regione e regione: in alcune regioni le nostre donne sono più fortunate perché hanno una attenzione maggiore e ci sono più centri di tipo C e di tipo B, e meno di tipo A1, A2, A3, quelli con parti ovviamente insufficienti. È emerso addirittura che vi sono certi punti nascita in cui il medico fa un parto alla settimana, alcune volte un parto ogni quindici giorni, mentre in quelli di tipo C abbiamo in media 290-300 parti, quindi il ginecologo fa 4-5-6 parti la settimana, dunque c'è un auto-addestramento, c'è un aggiornamento costante.
Chiediamo al Governo un altro impegno, sempre di concerto con regioni e province autonome. Apriamo una parentesi, speriamo che nella rivisitazione dell'articolo 117 della Costituzione, alla quale alcune forze politiche di maggioranza di questo Parlamento si sono impegnate, vi si anche la rivisitazione dell'abiura che è stata fatta in sede di modifica del Titolo V, riportando allo Stato la possibilità e la capacità di intervenire, lui, dove le regioni non sono in grado di farlo, perché le donne in base alla Costituzione (qui si sta parlando dei punti nascita) come i nascituri sono uguali in tutte le regioni italiane e province autonome, e non ci deve essere una disparità di trattamento.
Chiediamo allora - concludo - al Governo di promuovere la classificazione del rischio al momento del ricovero a cui devono seguire specifici percorsi assistenziali - come ha ben illustrato la collega Binetti - differenziati per la corretta valutazione del rischio della donna in occasione del primo parto che rappresenta la base per una valida impostazione di un piano di assistenza appropriato e per la precoce individuazione delle potenziali complicanze.
Termino dicendo - visto che è presente il sottosegretario per la giustizia - che le condanne nel 2010 secondo semestre sono Pag. 25state solamente due a fronte di una percentuale di circa il 35-40 di archiviazioni, e c'è solo una compagnia assicurativa italiana che assicura il rischio ginecologico e che pretende da ogni operatore 12 mila euro all'anno. Che cosa comporta ciò sottosegretario per la giustizia? Che nei nostri reparti di ostetricia e ginecologia c'è una medicina difensiva che comporta maggiori costi e non sempre con i maggiori costi c'è una maggiore sicurezza per la madre e per il nascituro (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro per il Terzo Polo).

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, grazie della sua cortesia e della sua gentilezza. L'onorevole Palagiano si rammarica perché i mezzi di trasporto hanno ritardato. Avrebbe voluto leggere un importante intervento, da me condiviso.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale dell'intervento redatto dell'onorevole Palagiano che faccio mio. Chiunque lo leggerà, vedrà che questo intervento risuona della saggezza e della profondità professionale dell'onorevole Palagiano.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di una risoluzione - Doc. XXII-bis n. 3)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Fucci, Leoluca Orlando, Barani, Burtone, Laganà Fortugno, Polledri, Patarino, Nucara, Porfidia e Binetti n. 6-00104, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzione).
Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nella seduta di domani in cui esprimerà, altresì, il parere sulla risoluzione presentata. Ovviamente sarà il ministro o il sottosegretario competente per materia.
Ringrazio il rappresentante del Governo che si è fermato anche per questo punto dell'ordine del giorno.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 21 febbraio 2012, alle 12:

1. - Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione della proposta di legge:
TENAGLIA ed altri: Definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto (C. 2094-A).
- Relatore: Tenaglia.

3. - Seguito della discussione della relazione sui punti nascita approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (Doc. XXII-bis, n. 3).

(al termine delle votazioni)

4. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti Pag. 26da disposizioni legislative. Differimento di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 4865-B).

La seduta termina alle 17,10.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LANFRANCO TENAGLIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2094-A

LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, la proposta di legge in esame è diretta ad attribuire all'istituto della particolare tenuità del fatto una valenza di carattere generale in luogo di quella meramente eccezionale prevista dalla legislazione vigente, che ne limita la rilevanza ai soli reati di competenza del giudice di pace ed ai reati commessi dai minori, sia pure sulla base di presupposti diversi, che rispondono a ratio diverse. La proposta di legge in esame condivide in parte la medesima ratio dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 274 del 2000, che disciplina per i procedimenti innanzi al giudice di pace l'istituto della particolare tenuità del fatto, differenziandosi da quella propria del processo minorile, essendo improntato sulle esigenze educative del minorenne, la cui personalità è in corso di formazione.
Così come per i giudizi innanzi al giudice di pace anche per l'istituto di carattere generale la ratio è in primo luogo la deflazione. Alla base dell'istituto vi è l'idea che, nel caso in cui ricorrano tutti i requisiti previsti dal legislatore affinché un fatto possa essere considerato di particolare tenuità, il processo rappresenta un onere eccessivo per lo Stato secondo una valutazione complessiva costi-benefici. Tra i benefici vi è quello di porre rimedio a quanto è sotto ai nostri occhi: il rallentamento (fino alla paralisi) di tutta la macchina giudiziaria a causa di una miriade di processi che hanno per oggetto reati con un livello di offensività bassissimo e, quindi, a discapito di processi relativi a reati più gravi.
Questa considerazione è importante specialmente se da una prima lettura del provvedimento potessero sorgere dubbi della compatibilità dell'istituto con il principio costituzionale della obbligatorietà dell'azione penale. A parte la considerazione che si tratta di un istituto che ha già superato il vaglio di costituzionalità non toccando in alcun modo tale principio, occorre invece dire che in realtà l'istituto è diretto proprio a dare concretezza ed effettività a quel principio, consentendo l'effettivo esercizio dell'azione penale per tutti quei reati il cui accertamento processuale è reso alquanto gravoso proprio dall'eccessivo carico di lavoro degli uffici giudiziari.
La ratio del provvedimento si coglie in tutta la sua chiarezza se si tiene conto che viene prevista la possibilità per il pubblico ministero di richiedere l'archiviazione per tutti quei fatti che, pur tipici, si presentano già ad una prima delibazione con un contenuto offensivo talmente modesto da non giustificare l'impiego della costosa risorsa del processo. A tale proposito vi è forse l'esigenza di reintrodurre nel testo, per eliminare qualsiasi dubbio interpretativo, la modifica all'articolo 125 del codice di procedura penale previsto dal testo in esame relativamente all'archiviazione, stabilendo che il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione anche quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, il fatto è di particolare tenuità.
La particolare tenuità del fatto quindi non deve essere accertata necessariamente in contraddittorio con l'interessato e pronunciata con una sentenza che impone una verifica di un fatto penalmente rilevante. In ciò si coglie tutta la potenzialità deflativa della particolare tenuità del fatto, la quale non potrebbe esplicarsi se l'accertamento fosse affidato a uno sviluppo processuale talmente avanzato da imporre l'adozione della sentenza. Per tale ragione l'istituto è stato strutturato incentrandolo sull'accertamento di una responsabilità Pag. 27soltanto «in ipotesi», che può fare a meno di valutazioni approfondite sulla personalità dell'autore del fatto.
Naturalmente, la particolare tenuità del fatto assume rilevanza in tutti gli ulteriori snodi dell'iter processuale fino alla sentenza dibattimentale, che sarebbe di proscioglimento.
A ben vedere è quindi di fondamentale importanza individuare i casi in cui un fatto possa essere considerato di particolarità tenuità.
Il lavoro della Commissione si è incentrato proprio su questo tema che insieme a quello della tutela della parte offesa sono sembrati i più rilevanti.
Per quanto attiene alla questione dell'individuazione della nozione di particolare tenuità si è partiti da quella contenuta nella proposta di legge, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, il fatto è di particolare tenuità. A ben vedere si tratta di una nozione che si incentra sulla condotta concreta e sulle sue conseguenze, risultando del tutto irrilevanti le considerazioni sull'autore del reato.
In Commissione si è ritenuto, invece, di soggettivizzare tale nozione dando rilevanza al requisito della non occasionalità, ritenendo che la ratio deflattiva debba fare un passo indietro nel caso in cui il fatto non grave di reato non sia un episodio occasionale. Inoltre, si è ritenuto che la pericolosità di coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza è tale da poter fare una valutazione astratta e generale circa l'inapplicabilità dell'istituto a costoro.
Si è quindi previsto che il fatto sia archiviato o che sia pronunciata sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta, la sua occasionalità e l'esiguità delle sue conseguenze dannose o pericolose, il fatto è di particolare tenuità. Si è quindi precisato che la condotta può essere ritenuta non occasionale solo quando il suo autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso, in precedenza o successivamente, altri reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, per le modalità della condotta e l'esiguità delle sue conseguenze dannose o pericolose, sia di particolare tenuità.
Altra questione estremamente delicata è quella della tutela della parte offesa.
Il testo di partenza non prevedeva particolari disposizioni relative alla parte offesa, al contrario di quanto previsto dall'articolo 34 del decreto legislativo n. 274 del 2000, relativo ai procedimenti innanzi ai giudice di pace, prevedendo che nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento e che, se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono.
Nel corso dell'esame referente la Commissione si è posta la questione se potesse apparire di dubbia giustificazione una normativa che richiama l'interesse della persona offesa con riferimento solo ai procedimenti innanzi al giudice di pace. Ci si è chiesti se ciò poteva considerarsi incongruente, considerato che in tal caso il legislatore avrebbe tenuto conto di questo interesse paradossalmente solo per i reati che recano una minore offensività, quali sono quelli di competenza del giudice di pace. All'esito di questa valutazione si è ritenuto che anche nella nuova normativa si sarebbe dovuto tenere conto della parte offesa, senza tuttavia che ciò dovesse significare la necessità di riprodurre specificamente quanto previsto dal predetto articolo 34.
In primo luogo è apparso opportuno intervenire sull'articolo 408 del codice di procedura penale relativo alla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, stabilendo che, quando il pubblico ministero abbia richiesto l'archiviazione per essere il fatto di particolare tenuità, l'avviso della richiesta di archiviazione debba essere notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa Pag. 28senza che sia necessario che questa - come invece avviene per gli altri casi di richiesta di archiviazione - abbia chiesto in precedenza di essere informata dell'eventuale archiviazione. Si è previsto che nell'avviso debba essere precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione.
A tale proposito, la Commissione Affari Costituzionali ha apposto al parere favorevole una condizione con la quale si chiedeva che venissero specificati gli effetti dell'opposizione presentata dalla persona offesa. La Commissione Giustizia non ha ritenuto dare seguito a tale condizione in quanto in realtà non vi è bisogno di alcuna specificazione, considerato che gli effetti dell'opposizione sono i medesimi che il codice prevede per tutte le altre richieste di opposizione ad una archiviazione: la prosecuzione delle indagini. La parte offesa dovrebbe dimostrare che in realtà il fatto non può essere considerato di particolare tenuità secondo i parametri previsti dalla legge. La peculiarità della nuova disciplina si limita unicamente alla previsione di una informazione d'ufficio, anziché su richiesta preventiva della parte offesa, finalizzata a mettere comunque la parte offesa nella condizione di opporsi.
Devo dire che da parte di alcuni e dal Governo stesso, come dimostra l'articolo soppressivo presentato in Commissione, non sarebbe neanche necessaria questa «attenzione» per la parte offesa, la quale dovrebbe avere l'onere di chiedere preventivamente di essere informata. In realtà, è apparso invece opportuno prevedere l'informazione d'ufficio considerato l'alto grado di discrezionalità di questo tipo di archiviazione rispetto agli altri casi di archiviazione.
Proprio per tutelare le ragioni della parte civile, si è previsto l'obbligo per il giudice di pronunciarsi anche sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, analogamente a quanto attualmente fa in relazione alle sentenze di condanna (articolo 6, che novella l'articolo 538 c.p.p.) ovvero alla estinzione del reato per amnistia o per prescrizione (articolo 7, che novella l'articolo 578 c.p.p.).
La circostanza che si tratti di un proscioglimento del tutto particolare ha indotto la Commissione a prevedere che la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dei confronti del prosciolto per particolare tenuità del fatto nonché nel giudizio per responsabilità disciplinare (articolo 8, che sostituisce l'articolo 651 c.p.p., e articolo 9, che novella l'articolo 653 c.p.p.)
Considerato che la non occasionalità del fatto costituisce uno degli elementi necessari per la valutazione della sua particolare tenuità, si è prevista l'iscrizione per estratto nel casellario giudiziale del provvedimento con il quale l'imputato è stato prosciolto per particolare tenuità del fatto (articolo 10, comma 2). A questo proposito, si segnala che, in base alla normativa vigente, i decreti con cui il giudice accoglie la richiesta di archiviazione del p.m. non debbono essere iscritti nel casellario giudiziale. Né la proposta di legge prevede che il decreto di archiviazione per particolare tenuità debba essere iscritto nel casellario giudiziale. Appare pertanto opportuno valutare se, in base alla proposta di legge, il magistrato sia in grado di conoscere se la particolare tenuità sia già stata dichiarata in precedenza con decreto di archiviazione nei confronti di un medesimo soggetto.
In merito al procedimento penale minorile, per il quale, come si è detto, è già previsto il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, si prevede che la sentenza può essere pronunciata d'ufficio non solo dal giudice nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, ma anche all'esito del dibattimento.
Relativamente al rito penale dinanzi al giudice di pace, viene abrogato l'articolo Pag. 2934, che attualmente esclude la procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto. La finalità perseguita con l'abrogazione è quella di applicare anche ai procedimenti davanti al giudice di pace la disciplina generale sulla particolare tenuità introdotta nel c.p.p.
Una questione della quale si è occupata attentamente la Commissione è quella del rapporto tra il nuovo istituto e quelle circostanze attenuanti basate proprio sulla tenuità delle conseguenze dannose. In particolare, ci si è chiesti se vi sia un contrasto tra norme, considerato dalla particolare tenuità di un medesimo fatto potrebbero derivare allo stesso tempo conseguenze inconciliabili: condanna con (eventuale) riconoscimento di una attenuante e proscioglimento. Alla Commissione non è parso necessario procedere ad un ordinamento, per quanto inizialmente, quando si è adottato il nuovo testo della proposta di legge, si era ritenuto il contrario, prevedendo una serie di coordinamenti. La stessa Commissione Affari Costituzionali nel parere ha apposto una condizione con la quale si evidenziava la necessità, ai fini applicativi della norma e per una fondamentale esigenza di chiarezza e coerenza dell'ordinamento, di coordinare il nuovo articolo 530-bis del codice di procedura penale con le fattispecie penali in cui la particolare tenuità del fatto è causa di attenuazione della pena anziché di proscioglimento, quali gli articoli 648, comma 2, 323-bis, e 311 del codice penale, l'articolo 2640 del codice civile e l'articolo 12, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Come si è detto la Commissione non ha ritenuto necessario od opportuno procedere ad un coordinamento. Nel corso dell'esame degli emendamenti l'onorevole Manlio Contento ha evidenziato esplicitamente le ragioni per le quali sarebbe stato più opportuno non modificare le circostanze attenuanti già previste dall'ordinamento. In primo luogo si tratta di istituti che appartengono ad ambiti diversi avendo l'uno natura sostanziale e l'altro natura processuale. Il giudizio volto a valutare se la particolare tenuità del fatto sia tale da consentire il proscioglimento dell'imputato precede quello che viene fatto per valutare se sia applicabile la circostanza attenuante. Naturalmente l'attenuante potrà essere applicata solo nel caso in cui l'esito della prima valutazione sia stato negativo. Si tratta di valutazioni che hanno parametri diversi e che quindi non si sovrappongono. È innegabile che in astratto si potrebbero configurare dubbi interpretativi a causa della omogeneità delle formulazioni, tuttavia si è tenuto conto che l'istituto processuale della particolare tenuità del fatto è già previsto per il giudice di pace e per il processo minorile e che non si sono posti problemi di coordinamento con le attenuanti sopra richiamate. Proprio per tale ragione si è ritenuto che la modifica della formulazione di tali attenuanti avrebbe potuto suscitare ulteriori problemi interpretativi sulla loro portata.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI PAOLA BINETTI E FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE SUL DOC. XXII-BIS, N. 3

PAOLA BINETTI. Il lavoro della Commissione Errori sanitari rappresenta un punto d'arrivo di grande interesse per imprimere ai Punti nascita del nostro Paese una spinta positiva che ne migliori a tutto campo la qualità del servizio offerto.
Nel mio intervento mi soffermerò in particolare su tre punti: l'organizzazione delle cure neonatali in Italia: il potenziamento della TIN; la riduzione dei parti cesarei; nuovi modelli di formazione.
Sul versante socio-sanitario, prima ancora che su quello politico, si avverte la necessità di rivisitare l'intero percorso nascita, di cui il parto rappresenta l'evento culminante ma non unico. Un percorso che inizia prima della gravidanza stessa: quando una coppia comincia a desiderare di avere un figlio e scopre che ci sono difficoltà, per cui ha bisogno di accertamenti e di aiuti specifici. Nella medicina materno-infantile ostetrico e ginecologo, Pag. 30neonatologo e pediatra, insieme ad una miriade di altri esperti costituiscono un pool di competenze, tutte al servizio della vita che nasce. In Italia questo percorso ha raggiunto un elevato livello di qualità e di sicurezza, però si sta creando un vero e proprio paradosso: mentre si riduce la richiesta degli interventi sul piano quantitativo, cresce il livello di sofisticazione nelle richieste di tipo qualitativo. Basta pensare a due fatti importanti: la procreazione medicalmente assistita (PMA) sul fronte ostetrico-ginecologico a cui si accompagna il sempre più frequente ricorso alla terapia intensiva neonatale (TIN), che coinvolge neonatologi con un elevato profilo di competenza clinico-tecnologica. In un percorso nascita sicura non basta ottenere un parto sicuro, occorre anche che il bambino che nasce, per quanto fragile, possa trovare subito un'accoglienza adeguata, una TIN d'eccellenza, se necessario.
È necessario partire dalla ridefinizione dei criteri per la razionalizzazione dell'offerta assistenziale: dotazione ottimale di posti letto nei reparti di ostetricia e neonatologia; numero minimo di parti per punto nascita; tipologia di professionisti indispensabili per rispondere alle esigenze della medicina MO con i livelli di specializzazione richiesti; parametri per la classificazione delle strutture sanitarie in base al livello di complessità, eccetera. Contemporaneamente occorre disegnare nuovi modelli organizzativi, capaci di integrare livelli e setting assistenziali diversi - in ambito territoriale e ospedaliero - per differenziare i percorsi per la gravidanza fisiologica da quella a rischio o patologica.
Per valutare attentamente la qualità dei Percorsi nascita è importante la distinzione, semplice ma essenziale, tra gravidanza fisiologica e gravidanza patologica, per ricordare che una donna che mette al mondo un bambino non è una malata e il parto non è una malattia. In questi ultimi anni si è ecceduto nella medicalizzazione della gravidanza e del parto, ciò ha contribuito ad azzerare quasi completamente i rischi del parto, rendendo l'evento nascita uno tra i più sicuri nella vita di una persona. La gravidanza fisiologica richiede assistenza a basso grado di tecnologia (ecografia, strutture alberghiere accoglienti e famigliari) ma alto grado di competenza, formazione e umanizzazione (preparazione al parto, mediazione culturale, parto analgesia, organizzazione e coordinamento delle varie figure professionali). Mentre la gravidanza patologica (circa il 10 per cento delle gravidanze) richiede, oltre a quanto già detto, un alto grado di tecnologia, altissima competenza e formazione, perfetto coordinamento di risorse umane e tecnologiche (sala operatoria, laboratorio, centro trasfusionale, terapia intensiva per la madre e per il neonato), completo bilanciamento tra territorio e strutture disponibili. Ci sono gravidanze che prevedono un parto fisiologico, ma che possono diventare patologiche in pochi istanti. L'esperienza e le risorse necessarie per «governare» l'assistenza alla gravidanza e al parto sono molto specifiche, richiedono un perfetto equilibrio tra qualità e numero delle prestazioni e una continua verifica di tutto il processo.
Accanto ai provvedimenti di politica sanitaria, occorre insistere anche sul piano culturale, promuovendo la diffusione di comportamenti clinici appropriati nella pratica assistenziale quotidiana. È questione di medical education, una sorta di sapere esperto che dovrebbe diventare capillare per poter coinvolgere non solo tutti i vari professionisti dell'area materno-infantile, ma anche le società scientifiche, le associazioni di pazienti e soprattutto il mondo femminile, che ne è il protagonista per eccellenza.
Uno degli argomenti di maggiore rilievo nel campo della Medicina materno-infantile riguarda il numero e il livello qualitativo dei punti nascita. Le cronache degli ultimi anni e le analisi formulate da vari esperti hanno individuato nel nostro Paese un numero molto grande, a volte eccessivo rispetto alla popolazione interessata, di punti nascita, non sempre però adeguatamente attrezzati, anche perché in alcune strutture viene effettuato un numero di parti molto limitato. Ciò porta in alcuni casi il personale impiegato a non avere i necessari standard di professionalità e Pag. 31neppure un adeguato supporto tecnologico, sia perché non acquisiscono la competenza che solo l'esperienza e la pratica clinica possono offrire, sia perché, pur avendola acquisita in passato, nel non esercitarla perdono di abilità e di agilità. È il costo altissimo del non aggiornamento da mancanza di opportunità: quello che più facilmente induce poi ad eventi critici che non si riesce a controllare adeguatamente.
I Punti nascita. In Italia esistono poco meno di trecentocinquanta punti nascita che sono suddivisi in tre cluster, in base ad alcuni parametri che includono il numero dei parti, il tipo di professionisti impegnati, le dotazioni tecnologiche e i modelli organizzativi.
Il cluster «A» consiste di duecentoquarantanove unità relativamente più piccole (pochi letti, pochi medici, ostetrici e neonatologi, pochi parti). Rappresenta il 72,4 per cento dei punti nascita valutati. In media vi si fanno cinquantasei parti/mese, hanno diciannove posti letto accreditati, nove medici (tra neonatologi, anestesisti, medici di laboratorio, eccetera) e dieci ostetrici in organico.
Il cluster «B» è formato da settantaquattro unità di medio-grandi dimensioni (21,5 per cento dei punti nascita valutati). Fanno in media centotrentasei parti/mese, hanno trentanove posti letto accreditati, diciotto medici in organico con diverso profilo professionale tra cui i neonatologi, ventitré ostetrici-ginecologi.
Nel cluster «C» confluiscono i presidi maggiori. Sono solo diciotto nell'insieme dei punti nascita valutati (5,2 per cento): in media i parti per mese sono duecentottantotto, i posti letto accreditati sessantacinque, i medici in organico con diverso profilo professionale ventitré e gli ostetrici in organico cinquantadue.
Il cluster «A», il più numeroso, ma anche il più fragile ed eterogeneo, a sua volta può essere suddiviso in A1, A2, A3, a seconda del numero dei parti che vi si effettuano in un anno: Al, Punti nascita con meno di cinquecento parti l'anno. Non c'è Terapia intensiva neonatale (TIN); A2 punti nascita con un numero di parti l'anno compreso tra cinquecento e mille, dotati spesso - ma non sempre! - di una TIN di primo livello; A3 punti nascita di grandi dimensioni, oltre mille parti, TIN altamente specializzata, con professionisti di elevata competenza professionale in grado di farsi carico di donne in condizioni di salute molto complesse.
Nei punti nascita italiani si effettuano in media circa novanta parti al mese, ma nei piccoli centri vi sono strutture che effettuano meno di ventotto parti al mese, mentre negli ospedali più grandi (la classe C) si arriva a quasi duecentonovanta parti al mese. La maggior parte dei punti nascita italiani sono «fragili» per numero di parti e per numero ridotto di medici/ostetrici e di neonatologi.
Nell'inchiesta condotta dalla Commissione d'inchiesta della Camera si evince come molte volte, a fronte di un'immagine di malasanità e quindi di scarsa valenza professionale degli operatori, in realtà spesso vi siano conclusioni giudiziarie positive per l'interessato e per il professionista, confermando che in molti casi non c'è un rapporto diretto tra evento negativo e scarsa valenza professionale. Nelle aziende sanitarie manca spesso, a cominciare dal direttore generale, un effettivo interesse verso il comparto materno-infantile, per cui le risorse dedicate alla medicina materno-infantile sono davvero scarse. Manca ancora specialmente nel Meridione una rete che assicuri un'interconnessione ottimale tra punti nascita e TIN.
Sempre più frequentemente nascono bambini immaturi e sottopeso da mamme in età avanzata che spesso si sono sottoposte a PMA; le attrezzature tecnologiche nelle TIN sono scarse e non sempre di ultima generazione, i letti sono pochi e a fronte di frequenti parti gemellari, per cui i bambini vengono smistati in TIN diverse, obbligando le mamme a fare salti mortali per vedere e allattare i propri bambini; il trasporto materno infantile è ancora problematico e tutt'altro che tempestivo, mentre è noto che per i neonati fragili lo Pag. 32spostamento rappresenta un elevato fattore di rischio per la loro stessa sopravvivenza.
Terapia intensiva neonatale (TIN). La neonatologia ha raggiunto traguardi impensabili venti anni fa. Oltre alle acquisizioni scientifiche derivanti dalla ricerca, l'elevata tecnologia specifica della terapia intensiva neonatale consente, attualmente, sopravvivenze di neonati di peso ed età gestazionale estremamente bassi. L'Unità Operativa Complessa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale è un reparto di cure neonatologiche altamente specialistico. Vengono qui curati sia i neonati estremamente prematuri che quelli a termine, affetti da varie patologie.
Uno degli aspetti qualificanti l'assistenza in Terapia Intensiva Neonatale è l'attenzione al controllo del dolore nel neonato. Le attuali conoscenze scientifiche dimostrano che anche i neonati prematuri sono in grado di percepire dolore, sfatando un vecchio pregiudizio sull'immaturità anatomica e funzionale delle vie dolorifiche in questi bambini. Il personale sanitario può utilizzare in maniera routinaria scale di misura del dolore per impiegare in maniera appropriata ed efficace farmaci analgesici ed altre procedure antidolorifiche quali il contenimento corporeo attraverso appositi «nidi», il contatto fisico, la marsupio-terapia, l'utilizzo dello zucchero, eccetera. Il controllo del dolore costituisce un tema di notevole rilevanza sanitaria al quale negli ultimi anni è stata dedicata particolare attenzione. Attualmente si sa che: il neonato sente dolore, dato che fin dalla nascita possiede la maturità anatomico-funzionale necessaria per la percezione di stimoli dolorosi; il neonato ha memoria delle esperienze dolorose; il dolore procura un danno potenziale, in quanto alterando il flusso cerebrale comporta un aumentato rischio di emorragie intraventricolari e periventricolari.
Le conseguenze a lungo termine nel lattante possono essere i disturbi del sonno, dell'alimentazione e del carattere. Per questo è necessario ricorrere alla terapia del dolore nel neonato quando sono in corso manovre invasive, applicando le linee-guida nazionali soprattutto nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (TIN).
A questo punto diventa necessario affrontare una specifica riflessione etico-clinica: «il rischio dell'accanimento terapeutico». Per accanimento terapeutico si intende l'ostinazione in trattamenti futili, da cui cioè non si possa ragionevolmente attendere un beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita, oppure in trattamenti i cui possibili benefici non siano proporzionati alla gravosità dei mezzi utilizzati specie quando tali mezzi siano straordinari. Tuttavia, va sottolineato che i risultati ottenuti dalla neonatologia attuale sono proprio frutto di approcci assistenziali basati sull'uso di mezzi eccezionali e spesso molto gravosi per i piccoli pazienti, al confine con l'accanimento terapeutico. Delineare un confine tra assistenza ordinaria e straordinaria semplicemente sulla base della distinzione tra mezzi «ordinari» e «straordinari» è arduo, in quanto nella pratica della terapia intensiva neonatale la maggior parte dell'assistenza ordinaria è costituita da mezzi straordinari. Infatti, è peculiare della terapia intensiva neonatale il sostegno artificiale delle funzioni vitali (respiratorie, cardiocircolatorie, renali, gastroenteriche) ancora immature. Non è semplice stabilire il punto in cui l'assistenza neonatologica intensiva sconfina nell'accanimento terapeutico: tale valutazione, in ultima analisi, consiste in un giudizio prudenziale che tiene conto anche della specificità della singola situazione clinica, non solo di una individuazione a priori di valori soglia o di tipologie di mezzi impiegati. Ogni caso va esaminato tenendo conto del rispetto della persona, della sacralità della vita e della dignità della morte e il giudizio deve basarsi sull'adeguatezza medica ed etica dei mezzi e degli interventi.
Nella TIN il rapporto tra medico e familiari deve garantire che si farà di tutto per non far soffrire il bambino e per preservarlo da trattamenti inutili o perfino dannosi, evitando alla famiglia aspettative Pag. 33illusorie che potrebbero produrre ulteriore difficoltà nell'accettazione dell'evento morte del proprio figlio con evidente. Ma occorre anche tener conto che la possibilità di esiti a distanza di tipo neuro-comportamentale e neuro-sensoriale non possono costituire fattore condizionante l'assistenza e gli interventi terapeutici. Pertanto, il giudizio di accanimento terapeutico non include una disamina sulla qualità della vita, ma solo sulla possibilità di vita. In quest'ottica la presenza di un neuro-neonatologo in TIN può essere davvero estremamente utile, perfino indispensabile.
Organizzazione delle cure neonatali in Italia. In Italia si fornisce assistenza specializzata al neonato secondo i livelli assistenziali definiti dalla Società Italiana di Neonatologia e dalla Società Italiana di Medicina Perinatale. È una classificazioni per livelli di assistenza che in un certo senso si affianca a quella dei punti nascita, suddivisi in cluster, ma che non tutela completamente il bambino a rischio. Ad esempio esiste un primo livello: nido, in cui si trovano culle per l'assistenza ai neonati fisiologici, con la possibilità di offrire cure minime, per i neonati con rischio anamnestico o con patologia minima. C'è poi un secondo livello: terapia intermedia, che accoglie neonati con età gestazionale inferiore alle trentadue settimane e/o peso inferiore ai 1.500 grammi. Oppure neonati patologici che richiedono un monitoraggio. C'è poi un terzo livello: terapia subintensiva, dove ci si occupa di neonati che sono clinicamente compromessi e che pertanto richiedono interventi diagnostici o terapeutici invasivi e/o con necessità di costante monitoraggio. C'è infine un quarto livello: la terapia intensiva vera e propria, dove ci si occupa di neonati con età gestazionale minore di 32 settimane e/o peso inferiore a 1.500 grammi, nei primi giorni di vita, di neonati in ventilazione assistita con intubazione tracheale, di neonati che richiedono una nutrizione parenterale protratta e che comunque presentano un'evidente compromissione delle funzioni vitali e/o che richiedono interventi diagnostici e/o terapeutici invasivi.
Nella stragrande maggioranza dei punti nascita non si va oltre il primo livello, che assicura un trattamento-nido, mentre occorrerebbe raggiungere almeno un secondo livello per garantire ai neonati i livelli essenziali di sopravvivenza. La terapia intensiva neonatale è presente, in media, nel 27,6 per cento dei punti nascita: nel 9,3 per cento delle strutture Al e nel 54,1 per cento delle strutture B. I punti nascita C dal canto loro sono dotati di terapia intensiva neonatale nel 100 per cento dei casi. In media, nel 19,2 per cento dei punti nascita non vi sono strutture dedicate di neonatologia/pediatria (43 per cento negli Al, 2,7 per cento nei punti nascita B). Il trasporto postnatale in culla o prenatale in utero (STEN/STAM) non è disponibile in una percentuale media variabile da 31 per cento (STEN) a 39,5 per cento (STAM).
In realtà troppo spesso si sottovaluta il rapporto ottimale che dovrebbe esserci in ogni ospedale tra letti di ginecologia, margine di rischio che possano nascere bambini fragili (immaturi o sottopeso) e letti di TIN. Ogni bambino ha diritto di trovare fin dalla sua nascita un luogo che lo accolga nel migliore dei modi, tutelando fin da subito il suo diritto alla vita subito e alla salute.
Nel Lazio ad esempio, secondo i dati dell'Agenzia Sanità Pubblica, nel 2008 sono nati circa seicentocinquanta neonati con un peso alla nascita inferiore a 1500 grammi. Per la mancanza di posti di letto nelle TIN degli ospedali in cui erano nati, molti di loro sono stati trasferiti in altri centri, spesso lontani, dove c'era disponibilità di un posto libero nella TIN. I neonati trasferiti hanno un rischio di morte 250 per cento più elevato di quelli curati nell'ospedale dove nascono. Inoltre il rapporto neonati in TIN/infermieri non deve scendere sotto 2:1.
La rianimazione dei neonati è un fatto di giustizia che va tutelato in tutti i modi possibili. Pag. 34
Nel 2006 alcuni neonatologi italiani, subito smentiti dalla Società italiana di neonatologia, dal Comitato nazionale di bioetica, dal Consiglio superiore della sanità, elaborarono la cosiddetta Carta di Firenze, con la quale intendevano individuare linee teoriche di non intervento per quei bambini la cui qualità di vita futura fosse giudicata «non accettabile». È compito della Politica, della società, ma soprattutto della Medicina materno-infantile verificare che in nessun modo si creino situazioni che permettano l'eutanasia dei bambini, con la scusa che la loro futura qualità della vita possa essere molto, troppo, bassa e senza possibilità di miglioramento. Per questo auspichiamo che aumentino i letti di TIN mentre si riducono i Punti nascita, concentrando le nascite in luoghi adeguati.
La TIN non è solo un luogo in cui si accolgono bambini appena nati in difficoltà, è anche uno dei punti a più alta densità culturale: clinica, tecnologica, psicologica ed organizzativa. È un servizio che assorbe risorse economiche in misura decisamente inferiore a quelle che consente di risparmiare in termini di prevenzione di patologie successive e di probabili disabilità.
I parti cesarei. La frequenza del taglio cesareo nei paesi industrializzati ha da anni un andamento in ascesa. In Italia il ricorso al taglio cesareo è passato dall'11 per cento nel 1980 al 38 per cento nel 2008. Una percentuale che si discosta notevolmente dagli standard europei riportati nel rapporto Euro-Peristat sulla salute materno-infantile pubblicato nel dicembre 2008. In Italia la percentuale dei tagli cesarei presenta un'ampia variazione, oscilla tra il 15 e il 60 per cento sul totale dei parti, distribuiti geograficamente a macchia di leopardo. Si registrano marcate differenze intra-regionali tra punti nascita con una diversa tipologia amministrativa e un diverso volume di attività, con percentuali di taglio cesareo nettamente superiori alla media nazionale nei reparti con basso numero di parti e nelle strutture private accreditate (60,5 per cento) e non accreditate (75 per cento) rispetto a quelle pubbliche (34,8 per cento). Per questo è necessaria una riflessione che consenta di ridurre progressivamente il numero dei tagli cesarei nell'ambito dei reparti ostetrici, rispettando sempre però l'appropriatezza terapeutica dell'intervento in rapporto alle condizioni cliniche della madre e del bambino.
In questo caso può essere utile usare il sistema di classificazione elaborato dal professor Robson, che ha permesso di identificare dieci classi diverse, in cui il rischio cresce mano a mano che ci si sposta verso le classi più alte. Uno studio condotto nel 2008 in Emilia-Romagna sulla base di questa classificazione mostra come gli ospedali con un minor numero di parti l'anno presentano una maggiore incidenza di tagli cesarei rispetto alle strutture di maggiori dimensioni. In alcune strutture del Sud Italia, i dati evidenziano un'incidenza addirittura doppia: questa variabilità mette in evidenza come ci siano dei fattori determinanti che non hanno un fondamento medico e moltiplicano il numero dei tagli cesarei al di là di qualsiasi valutazione sul grado di appropriatezza terapeutica. Ma la classificazione dell'emergenza/urgenza nel ricorso al taglio cesareo pur essendo fondamentale, perché favorisce una rapida ed efficace comunicazione nell'ambito del team di sala parto (medico specialista in ostetricia e ginecologia, anestesista, ostetrica e infermiere), con conseguente migliore qualità dell'assistenza, non è sufficiente. Lucas ha fornito una classificazione che tiene conto anche della convenienza di anticipare il parto per varie ragioni e del desiderio della donna di sottoporsi ad un cesareo.
In Italia viene comunemente utilizzato un sistema a codici di colore di comprensione immediata: facile da comunicare e da condividere: codice rosso - pericolo immediato per la vita della madre e/o del feto; codice giallo - compromissione delle condizioni materne e/o fetali che non costituisce un immediato pericolo di vita; codice verde - assenza di compromissione delle condizioni materne e/o fetali, ma necessità di anticipare il parto; codice Pag. 35bianco - parto da inserire nella lista operatoria in base alle disponibilità del punto nascita.
La classificazione è di supporto per la valutazione degli esiti e dell'allocazione delle risorse e di ausilio nella realizzazione di studi comparativi.
In Italia il numero dei punti nascita ammontano ad un totale di trecentoquarantotto, con una correlazione diretta tra la dimensione dei punti nascita e l'andamento dei tagli cesarei, occorre anche verificare che siano garantiti gli indispensabili livelli di sicurezza per la madre e per il bambino, attraverso un'alta qualità dell'assistenza offerta ad entrambi. Non a caso nell'aumento del numero dei cesarei giocano un ruolo importante altri due fattori: una diversa remunerazione e un incremento del contenzioso medico-legale. Ci sono infatti delle forme speculative sui DRG evidenti nella sperequazione del numero di parti cesarei operati presso le case di cura private o convenzionate rispetto alle strutture pubbliche. Promuovere la diffusione del parto indolore può essere utile per limitare il ricorso al taglio cesareo anche in relazione all'autodeterminazione della donna. Occorre garantire alla donna una piena libertà di scelta, ma il suo consenso va opportunamente costruito mediante un'idonea formazione attraverso la scuola, i corsi di preparazione alla nascita nonché la de-medicalizzazione della gravidanza e del parto.
La disponibilità di parto analgesia senza ticket è in media del 25,6 per cento per i punti nascita A1 (i più piccoli) e sale fino al 77,8 per cento per le strutture classificate «C», i più grandi. Parallelamente, la percentuale media di reale effettuazione di parto analgesia parte da 9,7 per cento nelle strutture A1 fino a 34,6 per cento per i punti nascita C. In media, la parto analgesia per i parti naturali viene effettuata nel 15,3 per cento dei casi.
Ma in tema di confronto tra i costi del parto cesareo e quelli del parto normale ci sono anche considerazioni diverse; taluni ritengono che il parto cesareo sia meno oneroso rispetto a quello vaginale, dal momento in quest'ultimo caso occorre garantire l'operatività di una turnazione H 24 del personale medico e ostetrico. Sembra infatti che il business vero e proprio sul parto cesareo non sia rappresentato tanto dalla maggiore remunerazione in termini di DRG, quanto dal costo organizzativo notevolmente inferiore rispetto al parto naturale. Per questo è necessario classificare i tagli cesarei in modo obiettivo, sulla base di una più attenta valutazione dell'appropriatezza, al fine di limitare il ricorso al taglio cesareo in tutte quelle situazioni medico-cliniche che ne impongano la necessità.
In definitiva, abbiamo bisogno di intervenire nel campo della medicina materno-infantile per garantire non solo sicurezza alla nascita, ma anche tutta la prevenzione possibili rispetto a forme successive di disabilità. Per questo è necessario poter contare su medici Ostetrici e medici neonatologi di elevata competenza capaci di un'intensa ed efficace collaborazione tra di loro, sia per prevenire possibili rischi che per intervenire il più precocemente e il più correttamente possibile.
Vogliamo ridurre i cesarei non necessari, costo inutile per il SSN (Servizio Sanitario Nazionale), per recuperare un'ecologia positiva della nascita, demedicalizzandola, per restituire alla vita che nasce tutta la sua naturalezza. L'evento nascita può e deve tornare a crescere nel nostro Paese anche attraverso politiche demografiche che incentivino le nascite, rimuovendo gli ostacoli, compreso il dolore: della mamma e del bambino, consentendo ai piccolissimi che nascono gravemente sottopeso o troppo immaturi di sopravvivere senza troppe conseguenze.
Servono risorse, ma serve lungimiranza per spendere oggi e risparmiare domani. Anche a questo serve la medicina neonatale. Si tratta in definitiva di: uniformare i comportamenti a livello professionale attraverso adeguate linee guida; curare i pazienti secondo le più aggiornate conoscenze, a cominciare dalla riabilitazione neuro-psico-motoria dei piccolissimi; utilizzare tecnologie e farmaci solo a fronte di una evidenza scientifica; monitorare Pag. 36l'efficacia e la validità delle linee comportamentale sulla base dei risultati ottenuti.
Serve un'intensa campagna di informazione nel Paese per aiutare le donne a vivere la maternità con serenità, senza sentirsi sole, condividendo questa esperienza nell'ambito della loro famiglia, coinvolgendo il più possibile i padri, e non permettendo alle madri di sentirsi sole, o spaesate subito dopo il parto con il rischio che cadano in una depressione post-partum non meno insidiosa come rischio dell'intero percorso nascita.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ricordo che l'intervento è anche a nome dell'onorevole Palagiano.
L'indagine sui punti nascita è il frutto di uno studio combinato tra il Parlamento e società scientifiche, ricordo l'AOGOI (e rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni, mondo scientifico e territorio) attraverso l'invio di due tipi di questionari agli Assessorati alla sanità di tutte le regioni e alle Procure. Prende in esame trecentoquarantaquattro strutture su un totale di cinquecentosettanta e in un periodo che va dal 1o gennaio 2009 al 31 agosto 2010. Si tratta della prima analisi del genere che viene eseguita in Italia.
Dallo studio emergono dati interessantissimi come quello relativo alla media dei parti mensili dei punti nascita italiani (novanta e cioè mille all'anno circa). Ricordo che il PNPN (Piano nazionale punti nascita) ha fissato a quota cinquecento il livello limite accettabile, mentre in ben ottantasei strutture il numero di parti scende a quota trecentotrentasei.
C'è da segnalare la grande eterogeneità delle strutture italiane, non solo per ciò che concerne il numero dei parti espletati, ma anche in riferimento al personale in organico e al numero dei posti letto di ciascuna struttura.
È evidente che cliniche convenzionate o ospedali che effettuano meno di cinquecento parti l'anno difficilmente garantiscono standard di sicurezza e qualità e che, pertanto, nel 2010 l'allora Ministro della Salute F. Fazio, in accordo con la conferenza Stato-Regioni, aveva deciso di chiudere. Si tratterebbe proprio di quegli ottantasei presidi presi in esame dall'inchiesta.
La Commissione ha diviso le strutture in tre classi:
A) A1 meno di 500 parti, A2 meno di 1000 parti, A3 più di 1000 parti - che comprende duecentoquarantanove unità dove si effettuano in media cinquantasei parti al mese, con diciannove posti letto accreditati, nove medici e dieci ostetriche in organico;
B) comprende settantaquattro unità medio-grandi con media di centotrentasei parti/mese, trentanove letti accreditati, diciotto ginecologi e ventitré ostetriche/ci in organico;
C) con i diciotto presidi maggiori che effettuano in media duecentottantotto parti/mese, sessantacinque posti letto convenzionati, ventitré medici e cinquantadue ostetrici in organico.

Al di fuori di queste classi vengono annoverate tre strutture: il Fatebenefratelli di Milano, il Sant'Anna di Torino e gli Ospedali civili di Brescia che presentano un numero di letti e un organico superiore alla norma.
Dall'indagine conoscitiva, di encomiabile precisione e puntualità visti i numerosi episodi di presunta malasanità registrati negli ultimi anni, emerge un dato inquietante e cioè che la maggior parte delle strutture risulta inadeguata.
Oltre il 70 per cento delle strutture risulta troppo «piccolo» per garantire qualità e sicurezza. In primis la Campania, la Sicilia e il Trentino-Alto Adige dove le strutture inidonee si attestano sul 50 per cento circa del numero totale.
Le regioni più virtuose, e cioè dotate di strutture con media di parti superiore ai 250/mese risultano essere le Marche, l'Emilia Romagna e il Lazio.
Il problema dei TC (23 per cento in Friuli-Venezia Giulia e Campania al 61 per cento). Dall'analisi conoscitiva della Commissione emerge che la percentuale dei parti operativi è maggiore nelle strutture Pag. 37più piccole, che, come detto, sono maggiormente presenti nel Sud dell'Italia. Infatti varia dal 44 per cento che è la media dei punti nascita della classe A1 al 32,8 per cento nei presidi di classe C che peraltro ricovera il maggior numero di gravidanze a rischio e cioè i casi maggiormente complicati da patologie preesistenti alla gravidanza come il diabete, l'ipertensione, le nefropatie, le cardiopatie o insorte durante la gravidanza come le gestosi ipertensivo-demo-nefrosiche (edemi delle estremità, proteinuria e ipertensione) che mettono a repentaglio la vita della donna, ma anche quella del nascituro.
Inoltre la quota dei TC è molto più alta nelle strutture private, al di là della loro dimensione, attestandosi intorno al 50 per cento contro il 37 per cento delle strutture pubbliche.
È vero, la mortalità connessa al parto è sensibilmente diminuita nonostante i media riportino sparuti episodi di decessi durante il parto o nel post-parto. È notizia dell'anno scorso quella che secondo l'Università di Washington, l'Italia sarebbe al primo posto per sicurezza nel parto, riportando solo quattro decessi delle neomamme su centomila nuovi nati, ma la statistica non fa riferimento alle modalità con cui avviene il parto. Tale dato positivo, secondo alcuni autorevoli esperti, sarebbe da ascriversi all'eccessivo ricorso del TC, che, aggiungo personalmente non è esente da rischi, comportando complicanze infettive, trombo-emboliche ed anestesiologiche oltre a problemi respiratori per il feto.
È noto a tutti, ed è materia di discussione, proprio in questi giorni in Commissione AS, che il medico, molto spesso, per evitare di imbattersi in controversie giudiziarie, al minimo rischio di distocia del parto preferisce operare, ricorrendo a quella che viene definita medicina difensiva. Nella branca ostetrico-ginecologica la medicina difensiva è rappresentata dall'eccessivo ricorso al TC che in Campania raggiunge e supera il 60 per cento.
In Italia il parto cesareo è in costante aumento, passando dall'11 per cento del 1980 al 37 per cento di oggi, mentre tutti gli altri paesi europei, tranne il Portogallo, hanno tassi al di sotto del 30 per cento, che scendono al 15 per cento in Olanda e Slovenia.
È necessario però precisare che il ricorso al parto operativo non è ascrivibile alla sola medicina difensiva. La gestante è spesso spaventata dal travaglio di parto e soprattutto dal dolore e, pertanto, non essendo in grado di garantire la necessaria collaborazione, richiede di essere operata. In realtà non tutte le strutture garantiscono il parto indolore attraverso l'anestesia epidurale o peridurale continua che è garantita solo dal 16 per cento delle strutture ospedaliere a fronte di una richiesta che arriva al 90 per cento. Anche in questo caso sono le strutture maggiori a garantire maggiormente la parto-analgesia.
Altro problema preso in esame dal rapporto della Commissione è quello del numero dei medici in organico nei punti nascita. Il loro numero varia da una media che va da sette a ventitré unità.
Nelle strutture minori, che effettuano circa trenta parti al mese ve ne sono otto, che salgono a meno di venticinque in un punto nascita di classe C.
Per cui una struttura che effettua dieci volte il numero dei parti ha un organico doppio, o al massimo triplo, col risultato di maggiore efficienza e minori costi.
Il numero delle ostetriche segue un andamento simile, anche se il loro numero supera quello dei medici.
L'indagine conoscitiva mette luce anche sulla doppia guardia e cioè sulla presenza di due medici ginecologi durante il turno di guardia e per tutte le ventiquattro ore (in alternativa alla reperibilità). Una condizione essenziale poiché consente l'esecuzione rapida di tagli cesarei urgenti o di emergenza, oltre all'espletamento di due parti in contemporanea. Dalla modulistica dell'indagine conoscitiva emerge che la doppia guardia è disponibile nel 40 per cento dei punti nascita italiani. Anche in questo caso sono le grosse strutture a garantire questo servizio nel 94 per cento dei casi, mentre nelle piccole unità crolla al 23 per cento. Analogo discorso vale per la doppia guardia ostetrica. Pag. 38
Altro fattore che mette in sicurezza le sorti - non della donna, questa volta - ma del neonato è la presenza della TIN (terapia intensiva neonatale) nel punto nascita. I parti espletati prima della trentatreesima o trentaquattresima settimana, ma talvolta anche alla trentacinquesima settimana necessitano di un reparto dedicato alla terapia del prematuro/immaturo che può essere «piccolo» in assoluto (inferiore a 2 Kg di PC), «piccolo per l'epoca gestazionale» o affetto da distress respiratorio o da emorragie subaracnoidee che possono essere risolte solo se trattate adeguatamente.
Un reparto di TIN è presente nel 27,6 per cento dei punti nascita italiani, con punte minime del 9 per cento per le strutture minori e del 50 per cento di quelle intermedie. Tutti i punti nascita di classe C sono, infine, dotati di TIN.
Non voglio proseguire nell'elencare altri dati, che emergeranno, comunque, nel dibattito in Aula durante la discussione generale, ma voglio sottolineare il dato relativo all'età media delle madri che è di 31,4 anni, mentre l'età media di quelle che sono alla prima gravidanza scende a ventinove anni.
L'indagine conoscitiva dei punti nascita realizzata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario ha portato alla luce dati interessantissimi che evidenziano criticità nel percorso nascita al fine di individuare le soluzioni più efficaci per riorganizzare e ottimizzare la rete italiana secondo i principi di efficacia, efficienza e sicurezza.
L'indagine rileva una buona organizzazione a macchia di leopardo così com'è del resto tutta l'organizzazione sanitaria italiana. Per queste ragioni auspichiamo che venga applicato su tutto il territorio nazionale l'accordo raggiunto dal precedente Ministro Fazio, nel 2010, con la conferenza Stato- Regioni e che punta alla chiusura dei punti nascita che non rispondono a determinati requisiti e quindi a rischio. Circa gli episodi di malasanità relativi alla disciplina ostetrico-ginecologica, verificatisi specialmente nel Mezzogiorno d'Italia (e che hanno suscitato particolare clamore mediatico) l'analisi dei questionari cui hanno risposto circa novanta procure italiane ha messo in evidenza che i procedimenti per lesioni colpose vengono archiviati subito nel 40 per cento dei casi mentre i casi che vanno a giudizio hanno fatto registrare solo due condanne su trecentocinquantasette procedimenti penali. I contenziosi giudiziari sono comunque in aumento, non tanto per un peggioramento dell'assistenza sanitaria, quanto per un deterioramento del rapporto fiduciario tra medico e paziente o forse anche in tempi di crisi per l'illusione di ottenere un risarcimento senza sostenere alcun costo legale anche grazie a deprecabili spot dei media di studi legali che incentivano il contenzioso.
In realtà, secondo le Procure, il 98,8 per cento dei procedimenti per lesioni colpose si conclude in un'archiviazione. Il che significa che non sono emersi elementi di responsabilità soggettiva, di dolo, di colpa o di negligenza, imprudenza e imperizia. Ma non significa che non ci sono responsabilità funzionali e organizzative.
La prima indagine conoscitiva del Parlamento italiano ha per scopo l'analisi dettagliata, regione per regione, dei punti nascita al fine di garantire a tutti i cittadini italiani il diritto alla salute - di mamme e neonati - ma anche il diritto alla professionalità dei medici che troppo spesso vedono intaccata la propria onorabilità e professionalità, senza alcun motivo, nell'espletamento della loro professione, ma se mai da carenze delle strutture sanitarie in cui operano. Paradossalmente gli episodi di presunta malasanità interessano maggiormente le strutture del Sud Italia ed in particolare quelle sottoposte ai piani di rientro. Le regioni che spendono di più offrono in pratica un'assistenza sanitaria peggiore (Calabria, Sicilia e Campania).
Il percorso nascita, al pari degli altri settori che interessano le altre branche della medicina vede luce ed ombre sull'intero territorio nazionale. L'analisi dei risultati ha evidenziato delle criticità grazie alla fattiva collaborazione tra Istituzioni e società scientifiche. Collaborazione che purtroppo non è consuetudine poiché Pag. 39la politica in campo sanitario troppo spesso si arroga il diritto di operare scelte autonome e non condivise dagli operatori del settore. Da questo punto di vista la politica dovrebbe fare un passo indietro lasciando la sanità ai medici e alla medicina. Nella revisione del percorso nascita, tuttavia, è necessario avere il coraggio di assumere anche delle decisioni impopolari, ma necessarie e far capire al cittadino che non è salutare avere un ospedale malfunzionante e male attrezzato sotto casa ma è necessario un ospedale ben funzionante e ben attrezzato che gli salvi la vita! Per queste scelte dobbiamo far valere le ragioni della buona politica cui deve essere permesso di fare non un passo indietro ma due passi in avanti.