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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 586 di mercoledì 15 febbraio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 15.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 gennaio 2012.
(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, il Ministro della difesa, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(Orientamenti del Governo in merito alla prosecuzione dei progetti sperimentali per la valorizzazione e la valutazione del personale docente - n. 3-02081)

PRESIDENTE. L'onorevole Centemero ha facoltà di illustrare l'interrogazione Baldelli n. 3-02081, concernente orientamenti del Governo in merito alla prosecuzione dei progetti sperimentali per la valorizzazione e la valutazione del personale docente (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, signor Ministro, nello scorso anno scolastico, sono stati avviati due progetti sperimentali, quello per la «Valutazione per lo sviluppo delle scuole» e «Valorizza», collegati, chiaramente in coerenza con il cosiddetto decreto-legge Brunetta, nell'ottica dell'ottimizzazione della produttività del lavoro e della trasparenza e della performance all'interno delle pubbliche amministrazioni. Sono state coinvolte 110 istituzioni scolastiche e 1000 insegnanti proprio per trovare un metodo, in via sperimentale, da estendere, poi, a livello nazionale, per valutare i nostri docenti e, di conseguenza, anche le scuole.
Quindi, chiediamo al Ministro se e come intenda proseguire le sperimentazioni di cui abbiamo parlato, al fine di pervenire alla costituzione di quello che è un sistema nazionale di valutazione, che ci viene richiesto anche in ambito europeo, dall'Unione europea, per la valutazione delle istituzioni scolastiche e degli insegnanti.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Francesco Profumo, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO PROFUMO, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, la centralità della valutazione è oggi una questione ineludibile, come dimostrano anche i quesiti posti dalla Commissione europea al Governo italiano in tema di istruzione.
Ai fini dello sviluppo del sistema nazionale di valutazione, dopo i due progetti sperimentali «Valorizza», di durata annuale, e «Vsq» per la valutazione degli istituti scolastici, tuttora in svolgimento, è stata appena proposta alle scuole, in coerenza con le recenti raccomandazioni dell'Unione europea e con il quadro norma
tivo Pag. 2nazionale, una nuova iniziativa sperimentale, che deriva, in parte, dall'esperienza del progetto «Vsq».
Tale progetto, denominato «Vales» («Valutazione e sviluppo scuola»), sviluppa e perfeziona l'esperienza della prima fase di attuazione del progetto «Vsq», tenendo conto delle osservazioni provenienti dalle scuole già coinvolte, nonché di quelle provenienti da rappresentanti ed esperti del mondo della scuola. La nuova proposta è stata integrata anche con la valutazione dell'azione del dirigente scolastico, ulteriormente affinata nei metodi e negli strumenti ed estesa alle scuole del secondo ciclo di istruzione.
Le analisi valutative del contesto scolastico e della dirigenza scolastica saranno condotte da nuclei esterni di valutazione, che elaboreranno un rapporto di valutazione iniziale. Sulla base di tale rapporto, le scuole e i dirigenti scolastici saranno invitati a progettare un piano di miglioramento complessivo, i cui esiti saranno valutati al termine del percorso triennale. Il percorso di valutazione permetterà, inoltre, alla scuola di sviluppare la dimensione dell'accountability attraverso la pubblicazione dei risultati sul servizio «Scuola in chiaro», già attivato sul sito del Ministero, che punta alla condivisione e alla trasparenza dei dati.
Un secondo disegno sperimentale riguardante la professionalità docente è attualmente in fase di approfondimento e di confronto con le comunità professionali e con gli esperti del settore. Il progetto parte dagli esiti del citato «Valorizza» e si propone di calibrare le ulteriori azioni in materia di valorizzazione del personale docente, utilizzando anche i suggerimenti pervenuti dalle scuole e dagli insegnanti che hanno partecipato al percorso sperimentale lo scorso anno scolastico.
Il Ministero ha aperto un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali dei docenti e dirigenti scolastici, ricevendo numerosi spunti significativi per definire la proposta progettuale. Infine, sono stati già formalizzati con l'OCSE accordi per consentire a équipe internazionali di validare i progetti in tutte le loro fasi, garantendo così un confronto con le migliori esperienze internazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Centemero ha facoltà di replicare, per due minuti.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente insoddisfatta, anche se apprezzo il tentativo e l'intenzione del Governo di proseguire quella che è stata la scelta del Ministro Gelmini, di dare vita a questi progetti sperimentali di valutazione dei docenti.
Apprezzo molto, invece, l'aver introdotto la possibilità di valutare i dirigenti scolastici, ma ritengo che sia estremamente opportuno indicare con chiarezza quali siano gli organi competenti che si occuperanno di questa valutazione, con una distinzione ben precisa e con autonomia dell'uno rispetto all'altro. Parlo sostanzialmente di un sistema di valutazione nazionale che si fonda su tre pilastri o tre gambe, come le abbiamo definite: da una parte l'Indire, dall'altra parte l'Invalsi e poi il sistema di ispettori che devono dipendere dal Ministero, proprio per garantire una valutazione che deve essere a trecentosessanta gradi. Una valutazione che, giustamente, proseguendo con i progetti sperimentali, riguarda i docenti e i dirigenti scolastici, con una premialità, ma deve riguardare assolutamente, anche nell'ottica europea dell'accontability e dell'attrattività della nostra scuola rispetto al sistema internazionale, l'istituzione scolastica in toto, nella sua offerta formativa, nella sua struttura e nei servizi offerti. Questi elementi, questi tipi di valutazione, devono essere affidati, in modo distinto, a tre organismi che ne garantiscano l'autonomia, perché quando parliamo di valutazione, parliamo di accontability, di rendicontazione pubblica, ma parliamo anche di qualità. Valutazione della qualità della scuola significa anche possibilità di confrontare benchmarking tra le diverse istituzioni scolastiche, ma significa soprat

tutto Pag. 3andare a controllare quello che è il rispetto delle norme e quello che è il rispetto degli indicatori di qualità...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELENA CENTEMERO. ...e permettere così alle famiglie la libertà di scelta, grazie proprio alla pubblicazione, come diceva lei prima, di quelli che sono i risultati della valutazione.

(Intendimenti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in ordine al reclutamento del personale docente nella scuola - n. 3-02102)

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bachelet n. 3-02102, concernente intendimenti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in ordine al reclutamento del personale docente nella scuola (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, gli insegnanti sono il motore della nostra scuola e devono essere formati e scelti con modalità che garantiscano le loro competenze disciplinari e le loro attitudini didattiche, relazionali e formative. Per questo siamo convinti che occorra riformare il reclutamento e la formazione iniziale dei docenti, tenendoli fortemente collegati. È urgente da un lato rinnovare la classe insegnante del Paese, che è la più anziana d'Europa, anche modificando la normativa previdenziale recentemente approvata, consentendo ai docenti più anziani di andare in pensione, liberando così posti di lavoro, e dall'altro riteniamo indispensabile che lei, signor Ministro, dica al Paese come intenda riordinare il reclutamento degli insegnanti, evitando fughe in avanti di singole regioni, ed eventualmente indicendo subito i concorsi da lei annunciati. Ciò al fine di garantire un valido e veloce canale di accesso all'insegnamento, tanto ai migliori docenti già in graduatoria, quanto ai migliori laureati degli ultimi anni. Ci auguriamo che tutto questo possa avvenire in modo partecipato e condiviso.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Francesco Profumo, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO PROFUMO, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, in risposta a quanto rappresentato dagli onorevoli interroganti, faccio presente, anzitutto, che sul reclutamento del personale docente della scuola, attualmente articolato in due canali di alimentazione, graduatorie e concorsi, di pari incidenza, è in corso, su mia precisa indicazione, un approfondito esame, da parte dell'amministrazione, anche al fine di individuare modalità appropriate per consentire l'accesso ai ruoli dei docenti più giovani.
L'indizione di nuovi concorsi presuppone l'individuazione dell'effettiva consistenza dei posti vacanti e in tal senso il Ministero sta procedendo ad una ricognizione per accertare, nelle varie realtà territoriali, la disponibilità di posti e il relativo esaurimento delle corrispondenti graduatorie.
Sul tema sono intervenuti tre elementi di novità che, influendo sulla disponibilità dei posti da mettere a concorso, devono essere in tal senso attentamente valutati. Mi riferisco in primo luogo alle procedure sulla mobilità interprovinciale del personale inserito nelle graduatorie ad esaurimento, personale che, come è noto, anche alla luce di quanto deciso dalla Corte costituzionale con sentenza n. 41 del 2011, può transitare dalla graduatoria di una provincia a quella di un'altra, così modificando l'entità numerica delle graduatorie stesse. In secondo luogo mi riferisco al completamento, da parte delle regioni, dei piani di ridimensionamento della rete scolastica che, nel caso di chiusura o accorpamento di scuole o plessi, possono comportare variazione negli organici.
Infine il riferimento è alle nuove norme sui pensionamenti che, prorogando ulteriormente la permanenza in servizio del personale di ruolo prossimo al termine Pag. 4della carriera, limitano di fatto le disponibilità di posti da destinare alle immissioni in ruolo.
Una volta accertata la consistenza delle disponibilità, è mia ferma intenzione procedere immediatamente all'indizione dei concorsi sui posti vacanti e disponibili, tenendo conto delle legittime aspettative dei giovani che usciranno dai corsi di tirocinio formativo attivo (TFA) in fase di attivazione. Si valuterà altresì l'opportunità di introdurre elementi di semplificazione della procedura concorsuale, attraverso lo strumento regolamentare di cui all'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007 n. 244.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO PROFUMO, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Per quanto riguarda l'iniziativa della regione Lombardia, richiamata dagli onorevoli interroganti, devo segnalare di aver avviato con tutte le regioni un confronto generale che ha sullo sfondo l'operatività del titolo V della Costituzione nel campo dell'istruzione.
In tale percorso saranno affrontati temi di interesse comune e saranno ricercate soluzioni condivise, ivi inclusa la possibilità di avviare progetti sperimentali sul reclutamento, se del caso con forme innovative, ferma restando la competenza esclusiva dello Stato a dettare la disciplina della materia.

PRESIDENTE. L'onorevole Bachelet ha facoltà di replicare.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, sono molto parzialmente soddisfatto. Anzitutto perché l'impressione è che i tempi che abbiamo a disposizione in questa legislatura siano tali che ogni approfondimento possa rappresentare la non esecuzione di alcuni di questi progetti. In particolare ogni approfondimento del doppio canale che modifichi in altro modo questo consolidato dispositivo, si presta a difficoltà che provocano allungamenti e così anche ciò che è stato menzionato dal Ministro, cioè il fatto di utilizzare la legge del 2007 per semplificare i concorsi. Si direbbe, da parte di chi ha visto i pochi concorsi espletati negli ultimi venti anni, che ci sarebbe appena il tempo per fare una task force per espletare i concorsi con la legge vigente in ogni regione, onde evitare gli inconvenienti già visti con il concorso dei dirigenti con una non adeguata preparazione.
Inoltre è stato menzionato giustamente il problema del pensionamento, ma questo è un problema del Governo e quindi noi chiediamo al Ministro di farsi nuovamente portavoce presso i Ministri competenti, affinché questi provvedimenti, come ha detto anche nell'illustrazione l'onorevole De Pasquale, possano essere riconsiderati, perché è evidente che è inutile prendersela con l'invecchiamento se poi si varano provvedimenti che vanno esattamente nella direzione opposta.
Quanto all'esaurimento o meno delle graduatorie, mi permetto di dire che i dati di tutta la scuola suggeriscono che anche dopo la mobilità interprovinciale, esistono molte graduatorie esaurite, quindi mi permetto di consigliare un approfondimento di questi dati. Infatti ritengo che alcune discipline siano esaurite indipendentemente da quanto avvenuto in seguito alle altre due vicende, cioè il ridimensionamento e la mobilità, e pertanto almeno sui posti vacanti e disponibili sarebbe possibile bandire dei concorsi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Quanto al titolo V è evidente che se noi continueremo a non pensare all'attuazione del titolo V come fatto strategico per la scuola - apprezzo il fatto che il Governo abbia cominciato a far uno studio dei livelli di prestazione...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. ... e dei costi - , se questo progetto non avanza sarà difficile che tutto il resto possa essere sperimentato legittimamente.

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(Effetti sul settore farmaceutico derivanti dalle norme del decreto-legge sulle liberalizzazioni in materia di prescrizione e vendita dei farmaci - n. 3-02082)

PRESIDENTE. L'onorevole Pionati ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02082 concernente gli effetti sul settore farmaceutico derivanti dalle norme del decreto-legge sulle liberalizzazioni in materia di prescrizione e vendita dei farmaci (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO PIONATI. Signor Presidente, Ministro, inquadro il problema, che è relativo ad una norma del decreto sulle liberalizzazioni che riguarda, di fatto, l'obbligo, per medici e farmacisti, di prescrivere e di dispensare i farmaci generici rispetto a quelli specialistici.
Penso che ciò sia una contraddizione, nel senso che, rispetto alla volontà del Governo di ampliare l'occupazione nel nostro Paese, rischiamo, con questo strumento, invece, di ridurre ulteriormente l'occupazione. Pertanto, chiedo se il Governo - nella fattispecie lei, in particolare - abbia eseguito e fatto uno studio serio ed approfondito sul rapporto costi-benefici di questa norma, soprattutto per quel che riguarda - ripeto - i rischi di un ulteriore decremento dell'occupazione nel nostro Paese, in un momento in cui, invece, vi è assoluto bisogno e assoluta necessità, come il Governo stesso dice continuamente, di creare e di dare possibilità per incrementare i livelli occupazionali.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Renato Balduzzi, ha facoltà di rispondere.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole interrogante, perché dà la possibilità di chiarire un punto importante della norma introdotta nel decreto-legge sulle liberalizzazioni, il cui senso complessivo - dell'intero articolo - era quello di dare ai cittadini più possibilità per quanto riguarda il numero e la distribuzione delle farmacie, gli orari di apertura e anche per quanto riguarda il farmaco generico e la sua cultura.
Già in precedenza vi erano disposizioni che facevano carico al farmacista di informare il cliente dell'esistenza in commercio di medicinali equivalenti, consentendo, dunque, la sostituzione del medicinale prescritto ove non indicato come insostituibile dal medico. Quindi, non si tratta di una assoluta novità, ma solo di una precisazione e di un chiarimento, in quanto si prevede proprio che il medico, quando prescrive un medicinale non coperto da brevetto, debba dare informazioni al paziente circa l'esistenza in commercio di un medicinale equivalente, e che il farmacista proponga direttamente al paziente tale medicinale equivalente, lasciando, peraltro, la libertà di scelta al paziente stesso.
In questo senso le norme non violano la professionalità del medico, perché può esigere che il farmacista consegni il medicinale prescritto, e neanche mettono in difficoltà i medicinali branded, perché le norme consentono che il medico indichi il medicinale branded. La differenza è che il farmacista potrà suggerire e proporre un medicinale equivalente. Sotto questo profilo abbiamo chiarito, con un comunicato pubblicato sul sito del Ministero, che questo non significava impedire il farmaco branded, ma semplicemente rafforzare la possibilità di un farmaco equivalente.
Ove ciò non fosse sufficiente, vi è la disponibilità ad emendare la norma in sede di conversione in legge, per precisare questo punto. Sotto questo profilo - e concludo - la disposizione in esame non mette in pericolo i livelli né occupazionali né produttivi delle aziende farmaceutiche titolari di medicinali con marchio di fabbrica, perché è sufficiente che queste allineino i prezzi dei medicinali stessi a quelli dei corrispondenti medicinali generici e, quindi, possono mantenere del tutto inalterate le loro quote di mercato ma, complessivamente, crescerà la cultura del farmaco equivalente e vi sarà un risparmio per i cittadini.

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PRESIDENTE. L'onorevole Pionati ha facoltà di replicare.

FRANCESCO PIONATI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio dei chiarimenti e mi dichiaro parzialmente soddisfatto. Vorrei soprattutto pregarla di inserire, se possibile, questo chiarimento - che lei ha fatto qui in Aula, ma anche pubblicamente, perché come sa siamo in diretta televisiva - nel contratto nazionale di lavoro dei medici di base. Inserire, cioè, quest'obbligo di chiarire e di spiegare bene la differenza che esiste tra farmaco generico e farmaco branded, soprattutto lasciando al medico la possibilità di scegliere.
Infatti, come lei sa meglio di me, vi è un'equivalenza tra i due farmaci solo teorica, perché le quantità della parte attiva sono a volte leggermente differenti e, soprattutto, gli eccipienti - lo ripeto, come lei mi può insegnare - possono fare la differenza. Si tratta, tutto sommato - lo dico con spirito ovviamente costruttivo -, di tutelare la dignità del paziente, che potrebbe non voler cambiare, dopo tanti anni, un farmaco branded per un altro farmaco che non è conosciuto; di tutelare la scelta del medico, che non deve essere messa in contraddizione, poi, con le opportunità del farmacista di dirottare su altri farmaci ma, soprattutto, di tutelare le imprese farmaceutiche italiane, che sono un fiore all'occhiello della nostra industria di alta tecnologia, le quali, come lei sa, impiegano in modo diretto e indiretto quasi 130 mila persone e che hanno già subito negli ultimi anni una flessione di 8 mila unità lavorative.
Tutti i Paesi occidentali investiti da questa crisi finanziaria stanno cercando di risparmiare, quindi l'opzione del Governo è perfettamente legittima, ma stanno cercando anche di potenziare proprio le strutture di ricerca e di pregio dalle quali ci si aspetta nuova occupazione.
Quindi vorrei pregarla, come persona attenta a questa evoluzione, di contemperare le due esigenze e di evitare che si guardi solo una parte della medaglia, quella che riguarda i risparmi, andando poi a finire con un finto risparmio, perché se si risparmia qualcosa nella spesa pubblica, ma si mettono sulla strada 120-130 mila operai, sicuramente non si va nella direzione giusta. Soprattutto bisogna evitare di spingere queste aziende ad andare all'estero per produrre a basso costo, per restare competitive (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

(Problematiche concernenti il ritardo nei pagamenti dovuti dall'amministrazione militare alle imprese fornitrici - n. 3-02103)

PRESIDENTE. L'onorevole Rivolta ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dozzo n. 3-02103 relativa alle problematiche concernenti il ritardo nei pagamenti dovuti dall'amministrazione militare alle imprese fornitrici (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, ci sono imprese fornitrici del Ministero della difesa la cui esistenza è minacciata dal fatto di non riuscire a riscuotere i crediti nei confronti dell'amministrazione militare. È il caso di Mectex, un'azienda tessile d'eccellenza che opera ad Erba da oltre cinquant'anni e che ora rischia il fallimento. Mectex ha fornito alle Forze armate nel 2010 - su un bando del dicembre 2009 - divise e tende con componenti ad alta intensità di tecnologia, senza ottenere il corrispettivo, o meglio il 58,8 per cento è stato pagato solo lo scorso dicembre. Il committente militare, infatti, nei confronti di Mectex ha fatto ricorso a tattiche palesemente dilatorie, rinviando le consegne ed i controlli di qualità sul materiale ordinato, prima di emettere pretestuose valutazioni negative.
Questo è l'orientamento emerso nell'ambito dell'amministrazione della difesa, per ridurre le spese e disattendere le proprie obbligazioni contrattuali, che ha trovato espressione in norme in corso d'introduzione nel codice dell'ordinamento militare.

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PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rivolta.

ERICA RIVOLTA. Non solo, una disposizione introdotta all'articolo 4 del decreto-legge n. 215 del 29 dicembre 2011, in corso di conversione...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Rivolta.

ERICA RIVOLTA. ... pare implicare l'impossibilità di onorare gli impegni contrattuali poiché i creditori non potranno rivalersi.
Quindi, chiedo come intenda...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rivolta. Il Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, ha facoltà di rispondere.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, in merito all'interrogazione, vorrei far presente che la Direzione generale di commissariato e di servizi generali, che è la direzione competente per questo tipo di materia, risulta in regola con i pagamenti di tutte le ditte fornitrici che abbiano correttamente eseguito le provviste e che siano in regola con i diritti di legge.
In particolare, per quanto riguarda i pagamenti relativi alle forniture, esse vengono effettuate dopo l'esito favorevole del collaudo, la consegna dei materiali e dopo avere accertato la regolarità contributiva e il nulla osta da parte di Equitalia. Riguardo alla ditta Mectex si fa presente che essa ha partecipato a due forniture recentemente, a cui si fa riferimento, nell'ambito di due raggruppamenti di impresa.
Per la prima fornitura, è stata riscontrata una irregolarità contributiva presso l'INPS di Como per 1 milione 300 mila euro e per circa 500 mila euro in corso di accertamento. Pertanto, a seguito della trasformazione dei contributi non versati dalla ditta Mectex agli enti previdenziali in cartelle esattoriali emesse da Equitalia, la citata direzione generale ha provveduto al versamento della quota spettante alla ditta, che era di circa 682 mila euro, all'agente incaricato della riscossione.
Per quanto riguarda la seconda fornitura, i materiali sono stati forniti inizialmente con oltre cinque mesi di ritardo e inoltre sono stati giudicati non conformi - ripeto, non conformi - alle prescrizioni contrattuali e non utilizzabili. Pertanto, la direzione generale interessata ha emesso parere negativo al collaudo. Quindi, questi sono gli eventi che si sono verificati in relazione alla ditta Mectex.

PRESIDENTE. L'onorevole Rivolta ha facoltà di replicare.

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, ma la sua risposta non mi ha assolutamente soddisfatto. La sopravvivenza di molte aziende dipende dalla capacità dello Stato di vivere nel mondo reale, che è fatto di tempistiche precise, fatto da imprenditori che, nonostante mille difficoltà, continuano a combattere, dai quali il Governo Monti è molto, molto lontano.
Addirittura state cercando di codificare l'impossibilità di onorare i vostri debiti verso i vostri fornitori nel decreto proroga missioni, escludendo ai creditori la possibilità di rivalsa. Tutto ciò è vergognoso, signor Ministro, ed è opera solo del Governo Monti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Con queste norme voi condannate le imprese al fallimento. Sono imprese che in altri periodi avrebbero avuto la forza di superare mille difficoltà e ritardi, ma non ora, con l'attuale situazione del credito da parte delle banche, quelle banche verso le quali avete tanto riguardo. In precedenza ho parlato di tattiche palesemente dilatorie perché questo è il modo che l'amministrazione militare usa abitualmente, noncurante delle conseguenze per gli imprenditori, che per definizione accettano il rischio di impresa, ma che si ribellano quando è lo stesso Stato, che dovrebbe sostenere le piccole e medie imprese, a dar loro il colpo mortale.
Allora, forse bisognerebbe approfondire come sono stati fatti i bandi per le forniture: Pag. 8in modo tutt'altro che impeccabile. Bisognerebbe sottolineare come il tardivo pagamento dell'amministrazione militare sia stato eseguito solo al 58,8 per cento, ovvero l'importo dell'intero debito di Mectex verso lo Stato, a scapito di altre aziende creditrici della Difesa, come però non sia stato tempestivamente girato a Equitalia, con la quale Mectex aveva concordato un piano di rateizzo che non ha potuto onorare per non avere incassato per tempo dalla Difesa quanto dovutogli. Ciò comporta l'impossibilità di presentare un DURC regolare.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rivolta.

ERICA RIVOLTA. Io ricordo, signor Ministro, che Mectex è l'azienda che ha rappresentato con due prodotti l'Italia all'Expo di Shanghai e che veste gli olimpionici di nuoto, con i suoi tessuti di grande tecnologia. Io penso, signor Presidente, che al capezzale di tante piccole e medie imprese...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Rivolta, la prego.

ERICA RIVOLTA. Insomma, sono totalmente insoddisfatta dalla risposta del Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Orientamenti del Governo in merito al ricorso in opposizione in relazione al provvedimento del tribunale di Roma che ha dichiarato l'illegittimità per condotta antisindacale dell'insediamento delle sedi distaccate di rappresentanza operativa di tre Ministeri - n. 3-02104)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02104, concernete orientamenti del Governo in merito al ricorso in opposizione in relazione al provvedimento del tribunale di Roma che ha dichiarato l'illegittimità per condotta antisindacale dell'insediamento delle sedi distaccate di rappresentanza operativa di tre Ministeri (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signori del Governo, è vero, noi siamo all'opposizione ma, come abbiamo sempre detto, siamo un partito che laicamente guarda al Governo e all'operato del Governo. Sono convinto che, almeno questa volta, le nostre intenzioni corrispondono alla vostra azione di Governo e chiediamo un conforto su due questioni fondamentali. Avete sempre insistito sul fatto che bisogna semplificare le procedure e, quindi, snellirle, anche abrogando le province. Lei sa che l'Italia dei Valori ha raccolto 420 mila firme per l'abrogazione delle province, perché sono diventate un ente inutile e dispendioso per fare le stesse cose che possono fare altri.
Ciò premesso, siccome l'altro Governo, il 23 luglio, aveva fatto tre sedi distaccate a Monza di tre Ministeri (economia e finanze, riforme e semplificazione), siccome il TAR ha dichiarato la illegittimità di questa decisione e siccome il prossimo 20 febbraio c'è l'udienza, la domanda è: avete ritirato questa opposizione che ha fatto il Governo Berlusconi e, quindi, lasciate cadere questo distaccamento?

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. E soprattutto: li chiedete i danni a chi ha fatto spendere questi soldi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in risposta all'interrogazione parlamentare relativa all'istituzione delle sedi periferiche a Monza, in data 14 ottobre il giudice del lavoro aveva emesso un decreto con cui ha parzialmente accolto il ricorso delle organizzazioni sindacali, dichiarando Pag. 9l'antisindacalità della condotta tenuta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri consistente nell'istituzione di sedi periferiche della struttura di missione di supporto al Ministro della semplificazione normativa e del Dipartimento delle riforme istituzionali, omettendo l'informativa preventiva e, conseguentemente, impedendo la concertazione con le organizzazioni sindacali.
Con il medesimo decreto il giudice del lavoro ordinava all'amministrazione resistente di desistere dal comportamento antisindacale e di rimuoverne gli effetti. Il giudice, inoltre, ha declinato la propria giurisdizione in merito all'annullamento dei decreti, ritenendoli atti di alta amministrazione. La sentenza è, quindi, dichiarativa della condotta antisindacale dell'amministrazione e nulla statuisce in merito alla chiusura delle sedi come, invece, si è voluto sostenere.
Premesso ciò, le sedi di rappresentanza inaugurate nel luglio 2011, presso la reggia di Monza, non sono più operative dal giorno del giuramento del nuovo Governo. Gli uffici competenti della Presidenza del Consiglio hanno provveduto tempestivamente a far cessare l'operatività delle sedi oggetto di contestazione attraverso la dismissione di tutte le utenze e il ritiro di quanto vi era stato destinato, come i beni mobili. L'immobile era stato messo a disposizione a titolo gratuito dall'ente proprietario, che ora ne ha riacquisito la piena disponibilità. Nessuna unità di personale di ruolo o in comando ha mai preso servizio in quelle sedi, né tantomeno nessuna procedura di mobilità del personale è mai stata attuata e neppure programmata.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha, comunque, dato esecuzione al decreto del tribunale di Roma, non appena notificato, sentendo in proposito le organizzazioni sindacali. In data 9 novembre l'Avvocatura generale dello Stato aveva proposto opposizione al decreto emesso dal tribunale di Roma, relativamente alla dichiarazione del comportamento antisindacale dell'amministrazione e non in ordine alla chiusura delle sedi stesse, materia rispetto alla quale il giudice di primo grado aveva declinato la giurisdizione.
Infine, con nota del segretario generale del 9 febbraio 2012, è stata chiesta all'Avvocatura dello Stato la rinuncia al ricorso in opposizione, ritenendo cessata la materia del contendere, cioè la presunta condotta antisindacale.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, siamo all'opposizione, ma questo non vuol dire che dobbiamo fare un'opposizione preconcetta, come quella che ci ha preceduto, che fino a un paio di mesi fa faceva parte di un Governo che non pagava ai fornitori che davano il servizio - il Ministero della difesa - e oggi afferma che la colpa è dei fornitori che non prendono i soldi; è vostra, quando è da dieci anni che quei fornitori non prendono i soldi.
Cosa voglio dire con questo? Che quando ve le meritate le critiche ve le facciamo mentre quando non ve le meritate non ve le facciamo. L'Italia dei Valori ha chiesto, con una propria interrogazione parlamentare e oggi con un atto urgente, che venisse ritirata questa opposizione al provvedimento del TAR, perché era del tutto illogico mantenere tre sedi distaccate quando già con il decreto-legge n. 201 del dicembre 2011 avevamo deciso di superare le province (voi avete deciso di superare le province).
Pertanto, ci dichiariamo soddisfatti del quesito specifico a cui avete risposto, vale a dire che le sedi distaccate di Monza dei tre Ministeri non ci sono più. Vi chiediamo, inoltre, di fare qualcosa in più a questo punto. Attenzione a non tornare indietro, perché sapete che nel milleproroghe avete inserito una proroga. Nel decreto-legge n. 201 del dicembre 2011, infatti, avete disposto che entro il 30 aprile di quest'anno occorreva varare una legge per stabilire come dovevano essere distribuiti i nuovi organi elettivi delle province, visto che le province non devono andare più a elezioni. Con il milleproroghe avete Pag. 10già spostato questo termine di un anno. Ora, sono contento che credete di campare ancora un anno. Ma tra un anno, comunque, si dovrà andare ad elezioni. Voi pensate che il prossimo Parlamento abolirà le province?

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego di concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Allora - e concludo -, vi è un disegno di legge costituzionale che l'Italia dei Valori ha proposto, raccogliendo 420 mila firme. Denuncio qui, pubblicamente, la Camera e il Senato, che non danno risposta a 420 mila cittadini che chiedono che si discuta in Parlamento di questo disegno di legge (Applausi del deputato Barbato).
Inoltre, chiedo a lei, Governo, di assumere lei direttamente, visto che pubblicamente ha detto che vuole superare le province, questo disegno di legge, portarlo in Parlamento e vedere se questo Parlamento, una volta tanto, è degno del nome che porta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Problematiche concernenti la disposizione del decreto-legge n. 201 del 2011 che attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la facoltà di esprimere pareri sugli atti delle pubbliche amministrazioni - n. 3-02083) .

PRESIDENTE. L'onorevole Muro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02083, concernente problematiche concernenti la disposizione del decreto-legge n. 201 del 2011 che attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la facoltà di esprimere pareri sugli atti delle pubbliche amministrazioni (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

LUIGI MURO. Signor Presidente, illustrerò la mia interrogazione molto brevemente. L'articolo 35 del decreto-legge cosiddetto salva Italia ha - come prevede il titolo dell'interrogazione - dato la facoltà all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di esprimere pareri su tutti gli atti amministrativi, sui regolamenti e sui provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica.
Non solo: l'Autorità può anche impugnare tali atti avvalendosi dell'Avvocatura dello Stato. Noi riteniamo che ciò, nelle pieghe del più ampio provvedimento, metta in campo tre grosse disfunzioni. Innanzitutto, c'è una chiara invadenza rispetto all'esistenza dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ha già il compito di valutare le sue materie.
In secondo luogo, c'è una chiara incompatibilità, perché potrebbe esserci il caso che l'Avvocatura di Stato possa essere, da un lato e dall'altro, rappresentante. In terzo luogo...

PRESIDENTE. Onorevole Muro, la prego di concludere.

LUIGI MURO. In terzo luogo, c'è una sovrapposizione e uno sconfinamento nei suoi campi di attribuzione, creando quasi una gerarchia all'interno della pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, l'articolo 35 del decreto-legge n. 201 del 2011 amplia i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, conferendole la legittimazione ad agire dinanzi al giudice amministrativo contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica per far valere la violazione del principio delle regole di concorrenza.
Questa nuova competenza consentirà all'Autorità di portare all'esame del giudice amministrativo atti che prima poteva solamente segnalare all'attenzione dell'ente che li aveva adottati. Pag. 11
Con l'articolo 35 del decreto citato il legislatore ha individuato un soggetto istituzionale competente in materia di concorrenza, che può adire il giudice amministrativo e che si aggiunge agli interessati ed ai legittimati secondo le consuete regole processuali. In tal modo, molti degli ostacoli al buon funzionamento del mercato, che derivano nel nostro Paese da atti amministrativi che disciplinano in modo non adeguato le attività economiche, potranno essere espunti.
L'attribuzione della facoltà di adire il giudice amministrativo esclude qualsiasi rapporto di gerarchia tra l'Autorità garante e l'amministrazione, il cui atto viene impugnato. Soltanto il giudice resta competente a valutare ed eventualmente ad annullare l'atto, a seguito di contraddittorio paritario per la definizione tra le parti in causa.
Per tale ragione, la norma è pienamente coerente con il quadro costituzionale dei poteri.
La scelta dell'Autorità garante è dovuta alla circostanza che si tratta di un'istituzione che, da vent'anni, svolge una simile analisi della normativa e degli atti amministrativi e che ha dunque l'adeguata expertise per svolgere la nuova competenza. La scelta dell'Avvocatura di Stato è in coerenza con il fatto che l'Autorità, pur godendo di un alto tasso di autonomia e di imparzialità, è organo dello Stato e, come tale, rientra nel patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura, secondo le leggi proprie di quest'ultima.
In caso di conflitti di interessi, l'Avvocatura stessa potrà sollevare il problema del patrocinio che sarà risolto di volta in volta.
Si osserva, infine, che un simile potenziamento dell'attività dell'Antitrust si inserisce nel quadro delle misure volte ad onorare gli impegni che il Governo italiano ha assunto nell'ottobre del 2011 con l'Unione europea.

PRESIDENTE. L'onorevole Muro ha facoltà di replicare.

LUIGI MURO. Signor Presidente, purtroppo e mio malgrado, devo dichiararmi totalmente insoddisfatto della risposta perché non fa altro che reiterare il testo che già noi avevamo contestato.
È, quindi, evidente che non si parla a fondo della sovrapposizione con altre autorità e del potere di fatto esercitato, da cui viene lo sconfinamento rispetto alle competenze proprie dell'Autorità.
Quindi, mi dichiaro insoddisfatto e mi riservo attraverso il gruppo di presentare una proposta emendativa (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

(Iniziative di competenza per garantire il rispetto degli obblighi previsti dal contratto di servizio nella programmazione di RAI International - n. 3-02088)

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02088, concernente iniziative di competenza per garantire il rispetto degli obblighi previsti dal contratto di servizio nella programmazione di RAI International (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, come è noto dal 1o gennaio 2012 Rai International ha sospeso tutte le produzioni radio e TV. Tale decisione è stata assunta nella seduta del consiglio di amministrazione della RAI del 29 novembre 2011, a seguito della dichiarata progressiva riduzione degli stanziamenti all'editoria operati dal Governo.
Ad oggi, pertanto, la programmazione di Rai International è di fatto rappresentata per lo più da sintesi e registrazioni di programmi e di trasmissioni andate in onda sulle varie reti RAI e non più da una programmazione che potremmo definire «viva», nel senso di trasmissioni realizzate specificamente per le esigenze degli italiani all'estero.
Sono state spesso trasmissioni dedicate ai nostri connazionali all'estero molto conosciute ed apprezzate, quali Italia chiama Italia, Sportello Italia e Cristianità, che Pag. 12commenta l'Angelus del Papa e offre contenuti religiosi, e trasmissioni radiofoniche quali Notturno italiano.
Chiediamo pertanto al Ministro, nel caso in cui Rai International non dovesse riprendere la propria produzione autonoma, quali provvedimenti intenderà assumere in favore dei nostri connazionali all'estero.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, rispondo con gli elementi di valutazione che mi sono stati forniti dal Ministero dello sviluppo economico.
In data 5 luglio 2010 è stata stipulata tra il dipartimento per l'informazione e l'editoria e la RAI la convenzione per l'offerta televisiva, radiofonica e multimediale per l'estero Rai Internazionale di durata triennale.
Per gli anni 2010 e 2011 gli importi stanziati per la convenzione erano stati rispettivamente pari a 25 e 21 milioni di euro. La situazione economica, come è ben noto all'interrogante, ha provocato la necessità di operare tagli rilevanti in tutti i settori pubblici.
Per quanto concerne in particolare i fondi per l'editoria, i tagli decisi dal precedente Governo hanno avuto riflessi anche sul 2012 con una riduzione di ben il 70 per cento del corrispettivo della convenzione per l'estero, che è passato quindi dai 21 milioni del 2011 a 6 milioni 300 mila euro per il 2012.
Tale elevata riduzione è derivata, oltre che dalle consistenti minori disponibilità di bilancio, anche dalla scelta del passato Esecutivo di salvaguardare il più possibile le risorse da destinare alle convenzioni destinate a regolare le trasmissioni a favore delle minoranze linguistiche, per le quali la riduzione dell'importo rispetto agli anni precedenti è stata contenuta nel 33 per cento.
Queste reiterate riduzioni finanziarie hanno costretto la RAI a redistribuire le risorse disponibili, sacrificando trasmissioni autoprodotte. Di qui la necessità di individuare soluzioni in tempi rapidi in modo tale da pregiudicare il meno possibile l'offerta informativa.
In questa direzione l'azienda è riuscita a mantenere inalterati per i primi due mesi dell'anno i palinsesti delle trasmissioni delle minoranze linguistiche e di salvaguardare, per quanto riguarda Rai International, almeno le trasmissioni informative, inserendo tra l'altro la programmazione di Rai News 24, i diritti del calcio e le udienze papali.
Il Ministero dello sviluppo economico condivide lo spirito dell'interrogazione, ossia che Rai International costituisce un veicolo molto importante per l'immagine del sistema Italia nel mondo e di promozione del made in Italy, che in quanto tale merita un'attenzione privilegiata.
Per questa ragione, pur nella consapevolezza della diminuzione delle risorse disponibili, sarà cura del Ministero dello sviluppo economico continuare a monitorare la congruità della programmazione svolta dall'azienda e il rispetto del contratto di servizio, in modo che risulti garantita ai cittadini italiani residenti all'estero un'adeguata e approfondita informazione sulla realtà del nostro Paese.
Al contempo, al fine di assicurare un miglioramento del livello di offerta informativa e di soddisfare le esigenze dei nostri connazionali all'estero, il dipartimento per l'editoria, unitamente alla RAI, sta studiando una rimodulazione del riparto dei fondi tra le diverse convenzioni attualmente in essere.

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di replicare.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, siamo fiduciosi per quanto ha appena detto il Ministro circa lo spirito di condivisione della nostra interrogazione e il fatto di valutare positivamente la possibilità anche di rimodulare la distribuzione dei fondi destinati a Rai International e a quelle trasmissioni che contribuiscono a promuovere l'immagine dell'Italia Pag. 13nel mondo e a far sì che non si tratti di un semplice canale televisivo. Non è una semplice emittenza, ma è un modo per gli italiani tutti, ovunque presenti, di sentirsi più vicini.
Vorrei sottolineare anche un altro aspetto importante, cioè quello di coloro che lavorano per Rai International e che hanno contribuito a rendere grandi, importanti e molto seguite determinate trasmissioni. Sono unità professionali preparate e appassionante, che hanno acquisito un'importante esperienza, che andrebbe valorizzata e che contribuisce ad arricchire anche la portata contenutistica di queste trasmissioni e l'immagine della RAI.
Vorrei anche aggiungere che - è un suggerimento da parte nostra - senza voler toccare i fondi per l'editoria - sappiamo e ci rendiamo ben conto della situazione economica in cui versa il nostro Paese - forse si potrebbe pensare ad un'attivazione di cifre tutto sommato irrisorie. Addirittura, sono state stimate cifre intorno ai 70 mila euro per poter garantire almeno la sopravvivenza di alcune delle trasmissioni più importanti che ho citato, che sono state finora appannaggio di RaiInternational.
Confidiamo, quindi, nell'impegno del Ministero e nel fatto che la nostra interrogazione abbia dato anche voce a tutti coloro che lavorano per RaiInternational e a coloro che hanno avuto modo di seguire trasmissioni che hanno generato anche un'affettività da parte di molti italiani residenti all'estero.

(Elementi in merito alle previsioni relative alla rimozione della nave «Costa Concordia» naufragata presso l'Isola del Giglio - n. 3-02105)

PRESIDENTE. L'onorevole Bosi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02105, concernente elementi in merito alle previsioni relative alla rimozione della nave «Costa Concordia» naufragata presso l'Isola del Giglio (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, signor Ministro, è trascorso ormai un mese dal naufragio della nave Concordia. Adesso l'occhio è puntato sul relitto: non vorremmo, anche per la nostra immagine internazionale, che, dopo gli errori che hanno determinato il disastro, passi un'idea di scarsa efficienza nel recupero.
Chiediamo che si dia conto del progetto, dei tempi e delle forze impiegate. Insomma, abbiamo bisogno di trasparenza e di certezza, non solo nell'interesse della popolazione della costa toscana, ma anche per l'immagine dell'Italia.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, ha facoltà di rispondere.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, onorevole Bosi, condividiamo l'esigenza e l'urgenza di un'attività costante di monitoraggio sullo scafo, che ci consenta di collegare le operazioni di svuotamento dei serbatoi e di prevenzione dei rischi in modo tale da evitare rischi aggiuntivi rispetto a quelli già presenti.
Sappiamo che abbiamo una nave di 114.500 tonnellate, di 290 metri di lunghezza, di 35,25 metri di larghezza e 52 metri di altezza. Sappiamo che questa nave è adagiata su un fondale roccioso, in prossimità di una scarpata tra i 50 e i 90 metri di profondità.
Dunque, il monitoraggio della situazione della nave è fondamentale per la gestione di tutte le operazioni in corso e di quelle future.
Dal 12 febbraio è stata avviata l'attività di svuotamento dei serbatoi: anche questa è un'operazione complessa, perché il numero dei serbatoi è elevato, e dunque si tratta di lavorare per step successivi.
Nello stesso tempo è in corso di approvazione il piano di raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti provenienti dalla Costa Concordia e, anche in questo caso, il piano di gestione dei rifiuti deve essere contestuale e coordinato con quello di recupero degli idrocarburi. Pag. 14
Abbiamo, sostanzialmente, tre operazioni sulle quali stiamo lavorando: il recupero e lo smaltimento del materiale flottante, la rimozione delle acque nere e, infine, la rimozione e lo smaltimento di prodotti chimici e idrocarburi diversi da quelli contenuti nei serbatoi. La società Costa ha anche, sotto la sua responsabilità e, evidentemente, sotto la sua gestione finanziaria, il piano per la rimozione dello scafo.
In questa prospettiva, al fine di garantire interventi condivisi, in raccordo con la struttura commissariale, è stato costituito un comitato tecnico composto da rappresentanti di Fincantieri, del gruppo Rina, della Costa crociere, della società capogruppo Carnival corporation e da due esperti in fisica.

PRESIDENTE. La prego di concludere, Ministro Clini.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
Lo scorso 1o febbraio sono state invitate dieci società specializzate al fine di predisporre i progetti da presentare entro il 3 marzo che lo stesso comitato tecnico valuterà entro il 15 marzo.

PRESIDENTE. L'onorevole Bosi ha facoltà di replicare.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, signor Ministro, prendo atto che quanto chiedevamo come gruppo, ossia un termine per presentare un progetto, è stato da lei annunciato entro la metà di marzo e questo è già un elemento di soddisfazione.
Certo è che bisogna poi dare anche i tempi per la rimozione di questo relitto. Non è la prima volta che vi sono dei relitti addosso alla costa, anche in Toscana.
Quando si impiegano molte risorse e molte forze si ricorre anche a tutti mezzi di cui possiamo disporre. Noi siamo un grande Paese sotto il profilo della cantieristica nautica e anche delle forze specializzate della marina militare.
Vorremmo che emergesse con tutta chiarezza che l'Italia, di fronte a questo disastro che ci ha penalizzati a livello di immagine per le note vicende, non certo per colpa del Governo, ma degli operatori che hanno determinato il disastro, uscisse con un'immagine forte nella capacità di risolvere rapidamente un problema molto serio. Vedere questo relitto sdraiato, con molti medici al suo capezzale, ma senza movimenti concreti per la soluzione del problema non è un'immagine soddisfacente.
Ripeto, sono contento che lei abbia potuto darci una data, però continueremo a seguire l'evoluzione delle cose perché è in gioco la credibilità, come ho detto, del Paese, oltre che la nostra immagine turistica in una zona cruciale come quella dell'arcipelago toscano.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,10 con l'esame del disegno di legge di ratifica del Trattato relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Antonione, Bongiorno, Brugger, Caparini, Cicchitto, Colucci, Consolo, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Franceschini, Frassinetti, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leo, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Mazzocchi, Messina, Migliavacca, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Pisicchio, Paolo Russo, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta Pag. 15dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,16).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo per segnalare all'Aula una vicenda davvero inquietante, che si sta proprio appena consumando, perché ho qui l'sms che mi ha inviato uno dei tre testimoni di giustizia.
C'erano tre testimoni di giustizia che stamattina erano davanti al Viminale, in modo tranquillo e pacifico, che sono stati presi dalla polizia, portati nel commissariato di polizia del Viminale e poi dal commissariato di polizia sono stati tradotti in questura, dove era in corso addirittura una procedura per emettere nei loro confronti dei fogli di via.
Fogli di via per liberare dalla città di Roma tre testimoni di giustizia, che neanche vengono ascoltati dal Ministro dell'interno, a cui probabilmente hanno qualcosa da chiedere per la loro attività svolta. Infatti, grazie alla loro attività sono stati arrestati dei criminali e dei delinquenti.
Piuttosto che liberare i criminali, con il provvedimento «svuotacarceri» che ieri è stato licenziato dal Parlamento, invece si «inchiappettano» i testimoni di giustizia (Commenti). Allora, purtroppo, chiedo che si intervenga...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, per la verità il suo intervento era da rimandare alla fine della seduta. Ne ha facoltà, per due minuti.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, la ringrazio che mi concede la parola.

PRESIDENTE. È da Regolamento, per la verità.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Lo so, alla fine dei lavori.
Signor Presidente, chiedo al Presidente del Consiglio dei ministri Monti di venire a riferire in Aula sulla decisione della rinuncia - addirittura neanche della partecipazione - alla candidatura per le Olimpiadi 2020. È come se un medico dicesse al paziente: guarda, dato che ti ammalerai e dovrai spendere dei soldi, è meglio se ti ammazzi prima.
Ma che segnale diamo ai nostri giovani? Lo sport unisce! O, forse, è qualche regalo che si deve fare all'Europa? Ricordiamoci che noi dobbiamo sostenere l'Italia e questa era un'occasione importante per l'indotto, per quello che dà e per la crescita. E parlo del 2020. Beato chi ha un occhio!
Ma il Presidente del Consiglio vuole venire a riferire in Aula o decide lui autonomamente? Con quale criterio? Il Parlamento esiste, si sono espressi i partiti e si è espressa la società civile. Deve riferire in Aula!
Dobbiamo conoscere il vero motivo, il perché, sennò sembriamo brutti e cattivi. Non è così! Dobbiamo dare speranza. L'Italia deve crescere e non essere sempre mortificata e pensare allo spread, all'Europa, Pag. 16alla Merkel ed a Sarkozy. Facessero i loro interessi! Noi dobbiamo fare i nostri. Viva l'Italia (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

ROBERTO CASSINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CASSINELLI. Signor Presidente, intervengo - credo - «veramente» sull'ordine dei lavori a differenza di tante altre occasioni in cui questo strumento viene utilizzato con altre finalità. Mi risulterebbe - e spero di essere smentito - che nonostante l'Assemblea questa sera potrebbe tranquillamente esaurire l'ordine del giorno, esaurire tutti i lavori, chiuderebbe intorno alle 18-19, per riprendere i suoi lavori nella giornata di domani.
Questo perché dobbiamo comunque dare l'impressione all'opinione pubblica che il Parlamento lavora, che il Parlamento è presente. Non è la prima volta che questo si verifica. Chiedo che, se c'è necessità, l'Aula sia convocata e lavori il giovedì, il venerdì, anche il sabato e la domenica (credo di essere un testimone vivente della presenza in questa Aula), però trovo veramente inaccettabile il dilatare i tempi dei lavori d'Aula, occupando la struttura con dei costi di funzionamento che vanno a carico della collettività. Credo che un segnale di serietà che la gente può certamente apprezzare è quello di essere qua e lavorare quando c'è veramente la necessità di farlo, altrimenti è una finzione che non credo ci porterà da nessuna parte (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Cassinelli, nessuno ha deciso di concludere i lavori dell'Assemblea a quell'ora. È una sua previsione, e non so neanche perché l'abbia rilevato.

DANIELA SBROLLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, volevo soltanto intervenire per ricordare la sentenza storica di giustizia che è stata data ieri sul caso Eternit.
Lo volevo ricordare perché la risposta anche del Ministro della salute in questo senso è di grande respiro e di grande dialogo. Forse finalmente, dopo tantissimi anni, si potrà davvero intervenire anche sul risarcimento delle vittime e soprattutto sulla bonifica di quasi tutti i territori del nostro Paese. Questo darebbe davvero fiducia e speranza non solo alle migliaia di persone che sono morte e alle migliaia di persone che non ci sono più, ma andrebbe a lenire un pochino il dolore di tutti quelli che sono rimasti in vita e da troppi anni aspettano di vedere un po' di giustizia in questo Paese.
Mi permetto di dire che c'è già un dialogo con i Ministri competenti in questo senso, e sono io stessa prima firmataria di tre proposte di legge, come al Senato, sostenute dal senatore Casson, proprio per raccogliere le richieste delle associazioni che tanto stanno lavorando in questo senso. Pertanto, un grazie al Governo e un grazie ai magistrati per la sentenza importante di ieri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Trattato tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (Stati membri dell'Unione europea) e la Repubblica di Croazia, relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea, e dell'Atto relativo alle condizioni di adesione, con allegati, protocollo, Atto finale, dichiarazioni e scambio di lettere, fatto a Bruxelles il 9 dicembre 2011 (A.C. 4935) (ore 16,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica Pag. 17ed esecuzione del Trattato tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (Stati membri dell'Unione europea) e la Repubblica di Croazia, relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea, e dell'Atto relativo alle condizioni di adesione, con allegati, protocollo, Atto finale, dichiarazioni e scambio di lettere, fatto a Bruxelles il 9 dicembre 2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta dell'8 febbraio 2012.
Prima di passare alla discussione sulle linee generali, saluto, a nome di tutta l'Assemblea, l'ambasciatore Tomislav Vidosevic dell'Ambasciata della Repubblica di Croazia nella Repubblica italiana, che sta assistendo dalle tribune ai lavori inerenti la ratifica ed esecuzione del Trattato di adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (Applausi).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4935)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della III Commissione, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione.

STEFANO STEFANI, Relatore. Signor Presidente, colleghi, il Trattato di adesione della Croazia rappresenta l'atto conclusivo del processo di progressiva integrazione del Paese nell'Unione europea.
Atto che è stato avviato nel giugno del 2004, dopo che la prospettiva europea dell'intera regione dei Balcani occidentali era stata riconosciuta nel 2000 dal Consiglio europeo di Feira e confermata nel 2003 a Salonicco. L'Italia può considerare la conclusione di tale Trattato un successo della sua politica estera. Signor Presidente, non è che sia tanto facile andare avanti così!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia!

STEFANO STEFANI, Relatore. L'Italia - ripeto - può considerare la conclusione di tale Trattato un successo della sua politica estera, che ha coronato gli sforzi del Governo e del Parlamento che hanno, in ogni sede, sostenuto l'urgenza di procedere in tale direzione, non solo per la Croazia, ma per tutti gli altri Stati dell'area, in particolar modo per la Serbia. Siamo tutti consapevoli del fatto che la crisi dell'ex Jugoslavia potrà dirsi esaurita soltanto nel giorno in cui sarà stata pienamente realizzata l'integrazione europea della regione. L'adesione della Croazia, attesa per il 1o luglio del 2013, è un ulteriore tassello nel processo di riunificazione del continente sotto i valori della pace, della democrazia, della stabilità e dello sviluppo economico, e avviene dopo che nel 2009 questo Paese è entrato a Pag. 18pieno titolo a far parte della NATO. Un segnale incoraggiante, nonostante i tempi particolarmente critici che l'Unione europea sta vivendo, è venuto dal referendum, svoltosi nello scorso mese di gennaio, che ha registrato l'approvazione del Trattato da parte di due terzi dell'elettorato croato. L'Italia sente pertanto la responsabilità di essere in testa ai Paesi che ratificano per primi l'adesione della Croazia e ringrazio, a questo proposito, i gruppi parlamentari che hanno consentito il celere iter del provvedimento. Abbiamo approvato questo disegno di legge di ratifica nel giro di una settimana.
Ricordo che, nelle more del perfezionamento del processo di ratifica, la Croazia acquisisce il ruolo di osservatore attivo nell'Unione europea e che la Commissione europea continuerà a monitorare il rispetto degli impegni assunti nel corso del negoziato, con particolare riferimento ai settori relativi al sistema giudiziario e ai diritti fondamentali. L'Accordo si compone del Trattato di adesione vero e proprio, dell'Atto di adesione, con relativi allegati e protocolli, e dell'Atto finale, con le dichiarazioni e lo scambio di lettere fra l'Unione europea e la Repubblica di Croazia. Rammento che gli strumenti di ratifica dovranno essere depositati entro il 30 giugno 2013 presso il Governo della Repubblica italiana, tradizionalmente depositario dei trattati comunitari.
Le condizioni di adesione della Repubblica di Croazia sono disciplinate dall'Atto di adesione nella cui prima parte figurano i principi generali, mentre nella seconda parte sono indicati gli adattamenti dei trattati europei resisi necessari. La parte terza concerne le disposizioni modificative che incidono sulle politiche comunitarie. La parte quarta è, invece, dedicata alle disposizioni temporanee e transitorie applicabili alla Croazia nei diversi settori. Segnalo, in particolare, che la Commissione europea sarà integrata da un nuovo membro di cittadinanza croata a decorrere dalla data di adesione. La parte quinta dell'Atto di adesione reca le disposizioni applicative finali nel cui ambito si dispone che il Governo della Repubblica italiana rimette alla Croazia copia certificata dei trattati europei come vigenti. L'Atto di adesione è, infine, corredato di nove allegati e di un protocollo che costituiscono parte integrante dell'Accordo.
Attiro in particolare l'attenzione sull'allegato II relativo alla Convenzione di Schengen; il protocollo riguarda, invece, il contributo croato agli obiettivi di Kyoto sui cambiamenti climatici. Nell'Atto finale, che riepiloga i testi adottati e ribadisce l'accordo politico raggiunto, sono allegate una serie di dichiarazioni, tra cui quella austro-tedesca sulla libera circolazione dei lavoratori e quella croata relativa alla disposizione transitoria sulla liberalizzazione del mercato dei terreni agricoli.
Lo scambio di lettere conclusivo è invece volto a disciplinare le procedure di informazione e consultazione nel periodo intercorrente tra la firma del Trattato e la sua entrata in vigore.
Nel rilevare che dal presente Accordo non derivano nuovi oneri a carico del bilancio nazionale, ne raccomando la più celere approvazione in considerazione dell'indiscusso progresso per la stabilizzazione della regione balcanica che tale accordo sancisce e dei particolari legami economici, con un interscambio complessivo pari a 1,88 miliardi di euro nel primo semestre del 2011.
Siamo il primo partner commerciale della Croazia per i rapporti bilaterali che ci legano a quel Paese. Ciò anche grazie alla presenza di una comunità croata residente in Molise e dell'importante comunità italiana presente in Croazia, al cui miglioramento delle condizioni di vita il Parlamento è sempre stato molto interessato.
È una coincidenza casuale ma significativa il fatto che questa ratifica avvenga nel momento in cui si celebra in Italia la «Giornata del ricordo», dedicata alla tragedia delle foibe: la comune appartenenza europea è la più efficace risposta agli errori del passato e la strada maestra del processo di integrazione di cui l'Italia può e deve essere protagonista in nome della storia, della cultura, dell'economia e della geografia.

Pag. 19

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, intervengo molto brevemente solo per dire che ho apprezzato molto le parole del relatore, presidente Stefani, e lo ringrazio. Volevo anche ringraziare, a nome del Governo, la speditezza con cui il Parlamento sta affrontando questo importante Trattato. Credo che sarà un successo della politica estera del nostro Paese, dell'Italia, se riusciremo ad essere uno dei primi o il primo Paese a ratificare questo importante Accordo che, come diceva il presidente Stefani, non solo dimostra la validità della politica di allargamento in un'area così importante per l'Italia storicamente e dal punto di vista geopolitico per le nostre popolazioni, ma permette anche una vera e propria riunificazione dell'Europa in una direzione che a noi interessa evidentemente moltissimo.
Lasciatemi svolgere alcune considerazioni su due altri aspetti che mi sembrano importanti: il primo è che questa adesione della Croazia non rende più difficile, ma più facile semmai una futura adesione della Serbia. È un punto importante, perché il nuovo Governo croato ha già detto espressamente di essere favorevole all'ingresso della Serbia, mentre sono già avvenuti passi importanti di riconciliazione tra Croazia e Serbia. Dal nostro punto di vista, dal punto di vista cioè del Governo, è importante tenere molto fermamente sulla nostra agenda anche il futuro ingresso della Serbia, a condizioni naturalmente altrettanto vincolanti di quelle che hanno interessato la Croazia.
Un secondo aspetto che mi sembra importante è che quando parliamo dei costi e della fatica dell'allargamento per l'Unione europea dobbiamo ricordarci che anche il non allargamento ha dei costi, dei costi superiori a quello della possibilità di integrare i Paesi dei Balcani occidentali nell'Unione europea. Quindi, calcolando costi e benefici se volete, noi confermiamo di ritenere questa strategia, la strategia di progressiva adesione dei Paesi dei Balcani occidentali nell'Unione europea, quella più efficace possibile per la sicurezza europea, per la riunificazione del continente e per gli interessi nazionali del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, prima di tutto un breve excursus storico sulla questione relativa alla ratifica oggi al nostro esame.
La Croazia - è già stato ricordato e c'è il rischio, ovviamente, di ripetersi - ha presentato la domanda di adesione all'Unione europea fin dal febbraio 2003 e la Commissione europea stessa ha suggerito di farla diventare candidata ufficiale l'anno successivo, il 20 aprile del 2004. Dunque, lo status di Paese candidato è stato successivamente deliberato per la Croazia da un Consiglio europeo, quello del giugno del 2004, mentre i negoziati veri e propri per l'adesione fra l'Unione europea e la Croazia, che comprendono, com'è stato ricordato, 35 capitoli riguardanti l'intera gamma di politiche normative europee, sono cominciati nell'ottobre del 2005.
Si sono cercate e, alla fine, sono state anche trovate soluzioni per consentire, da un lato, un'agevole integrazione della Croazia nell'Unione europea e, dall'altro lato, per permettere all'Unione stessa di accogliere un nuovo membro. Quindi, oggi, dopo la Slovenia, la Croazia sarà la seconda delle sei Repubbliche di quella che una volta era la Federazione jugoslava a far parte dell'Unione europea, diventandone così, di fatto e di diritto, il ventottesimo Stato membro.
L'adesione, dopo la procedura di ratifica di tutti gli Stati membri e in Croazia, partirà, come ha ricordato il relatore, dal 1o luglio dell'anno prossimo, del 2013. Nelle more del perfezionamento del processo di ratifica del Trattato e della sua entrata in vigore, la Croazia acquisisce il ruolo di osservatore attivo nell'Unione europea, potendo partecipare in tale veste, senza però diritto di voto, alla maggior parte dei gruppi di lavoro consiliari e i relativi Consigli dell'Unione europea, oltre Pag. 20che ai comitati che assistono la Commissione, in linea con quanto previsto in occasione di precedenti allargamenti.
Dopo il suo ingresso ufficiale - mi riferisco alla Croazia, appunto - nell'Unione, questo Paese disporrà, in seno al Consiglio, di 7 voti su un totale di 352. Per l'adozione di atti legislativi a maggioranza qualificata sarà, dunque, necessario un minimo di 260 voti. Il croato sarà riconosciuto come lingua ufficiale dell'Unione europea e tutti gli atti della stessa Unione saranno redatti anche nella lingua croata.
Detto questo, vorrei svolgere qualche riflessione politica più propriamente intesa. Il referendum che si è tenuto lo scorso 22 gennaio, è vero, ha registrato l'approvazione del Trattato, così come richiesto, da parte dei due terzi dell'elettorato, tuttavia, agli osservatori più attenti è apparso un «sì» tiepido, molto tiepido, quello venuto dagli elettori, quelli che hanno parlato, addirittura, di un trionfo del «sì». In verità, il «sì» ha raggiunto il 66 per cento dei voti contro il 33 per cento dei «no». Tuttavia, la caratterizzazione più grande di questa tornata referendaria è stata la grande astensione: si è recato, infatti, alle urne soltanto il 43 per cento dei 4 milioni e mezzo di aventi diritto; il dato più basso mai registrato in qualsiasi tornata elettorale tenutasi in quel Paese.
Va detto, come hanno evidenziato taluni commentatori esperti conoscitori della regione balcanica, che su questa astensione hanno pesato vari fattori: la crisi che attanaglia l'Unione europea, una certa stanchezza elettorale dopo la recente consultazione politica, il timore che l'adesione stessa comporterà l'adozione di sacrifici, l'avvio delle privatizzazioni - non è che in Croazia non vedano le difficoltà in cui si muovono la Grecia, l'Italia, la Spagna e il Portogallo per restare all'interno dei parametri economici europei - e, non ultimo, quello banale, tra virgolette, della mancata revisione delle liste elettorali, che si dice avrebbe portato una partecipazione intorno al 60 per cento, se fatta per tempo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO EVANGELISTI. Ho finito il tempo? Chiedo scusa, signor Presidente. Allora mi fermo qui; semmai, poiché in seguito vi sarà anche una dichiarazione di voto, preannuncio fin da ora il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori. Finirò più avanti il senso del ragionamento che ho impostato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, signor sottosegretario, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, farò qualche riflessione sull'argomento all'ordine del giorno anticipando che tali riflessioni assorbono sostanzialmente la dichiarazione di voto che seguirà tra poco. L'ingresso della Croazia nell'Unione europea corona un lungo percorso di avvicinamento all'Unione e indica il traguardo da raggiungere per gli altri Paesi dei Balcani occidentali, a partire dalla Serbia, come è stato ricordato sia dal relatore che dal sottosegretario Dassù. La Croazia dopo la Slovenia è il secondo Paese della ex Jugoslavia a entrare nell'Unione e noi del Partito Democratico consideriamo questo fatto un risultato assolutamente positivo e voteremo, quindi, convintamente, a favore della ratifica del Trattato di adesione. Faremo ciò, a maggior ragione oggi, nel momento in cui l'Unione, nel suo insieme, non dà sempre prova di essere all'altezza dei tempi ed anzi i suoi ritardi e le sue titubanze alimentano incertezze e scetticismi riguardo alla sua capacità di diventare, in un tempo ragionevole, come richiederebbero le sfide del mondo globalizzato, non una mera confederazione di interessi fra Stati diversi, tenuta insieme da regole rigide e a volte cieche, come sono, in parte, quelle che governano l'euro, ma una vera federazione di Stati uniti e solidali, non soltanto quando le cose vanno bene e la prosperità è assicurata ma anche quando queste vanno meno bene e all'ordine del giorno ci sono sacrifici e aggiustamenti che comportano costi e scelte politiche difficili. Quindi, è un fatto Pag. 21quanto mai positivo che i croati, non ignorando questa situazione difficile, abbiano deciso in un referendum, a favore dell'adesione all'Unione. Certamente la partecipazione, è stato or ora ricordato, non è stata altissima ma il favore a larghissima maggioranza dei votanti c'è stato ed è stata una prova di fiducia di cui l'Unione dovrebbe fare tesoro ed è stata anche una dimostrazione che l'integrazione europea continua ad essere un orizzonte per il quale vale la pena impegnarsi. Sarebbe bene che l'Unione e i grandi Paesi che in essa esercitano oggi una leadership di fatto, ben oltre quanto prevederebbero i trattati e le regole comunitarie, non facessero del loro meglio per fare cambiare idea ad un numero crescente di cittadini europei se non ad interi popoli. Penso in questo caso alla Grecia, la cui classe dirigente ha colpe gravi per il dissesto finanziario in cui il Paese è finito, colpe che tuttavia non giustificano un aiuto, se può chiamarsi così visto l'andamento del debito greco e dell'economia greca in questi ultimi due anni, offerto a condizioni che sembrano fatte apposta per punire un popolo intero.
L'Europa che accoglie la Croazia è dunque un'Europa in crisi che non ha ancora trovato una via di uscita sicura da questa crisi; eppure è proprio questa via di uscita che l'Unione sta cercando e a cui anche la Croazia, che sarà membro a pieno titolo dell'Unione a partire dal luglio 2013, è chiamata a dare il suo contributo. La Croazia è uno Stato giovane che ha realizzato recentemente l'aspirazione all'indipendenza di un popolo antico quale è il popolo croato e la cui vicenda storica si è intrecciata, nei secoli, nel bene e nel male, a quella degli altri popoli dei Balcani, del Centro Europa e dell'area adriatica, quindi anche a quella del nostro popolo. È stata una storia complessa, carica di sofferenze; una storia di cui l'ultimo tragico episodio sono state le guerre a sfondo etnico e nazionale che hanno accompagnato, negli anni Novanta, la dissoluzione dell'ex Jugoslavia che fu il secondo tentativo, fallimentare, di riunire in un'unica entità statale, ancorché di tipo fortemente federale, il complesso mosaico etnico, linguistico e religioso dei popoli della regione. Il primo tentativo era stato il regno dei serbi, dei croati e degli sloveni, patrocinato dai vincitori della prima guerra mondiale su territori che erano stati, in parte, dell'impero asburgico e in parte dell'impero ottomano. La Croazia, che è nata dalla dissoluzione della Jugoslavia socialista e non allineata, del maresciallo Tito, è lo Stato di cui ora fanno parte territori abitati per secoli da popolazioni di lingua e cultura italiana e parte dei quali sono stati anche, per qualche tempo, province dello Stato unitario italiano. Di quelle popolazioni di lingua italiana nella Croazia di oggi, è rimasta una piccola minoranza, circa ventimila persone, di cui 15 mila nella regione istriana dove la lingua italiana è ufficialmente riconosciuta e la minoranza tutelata ancorché in modo non omogeneo. Proprio nei giorni scorsi sono stati ricordati gli episodi di feroce persecuzione etnica di cui furono vittime gli italiani in quelle zone di frontiera verso la fine della seconda guerra mondiale, ed è stato ricordato l'esodo dei 300 mila profughi italiani che abbandonarono le terre dalmate, istriane e giuliane in cui avevano vissuto per secoli.
Quei torti e quelle sofferenze inaudite che altri per noi incomprensibilmente relativizzano o addirittura giustificano con le memorie di altri torti e sofferenze inflitti da italiani a jugoslavi nel corso di quella terribile guerra devono essere riconosciute ed elaborate insieme e non debbono tuttavia impedirci, oggi, di guardare al futuro e di cogliere appieno il rilievo dell'adesione della Croazia all'Unione anche per il superamento di quella frattura.
L'adesione della Croazia all'Unione avviene sulla base dei valori condivisi dei diritti umani, dello Stato di diritto, della democrazia e della libertà. Si tratta di un successo della politica di integrazione e di allargamento che l'Italia ha sempre sostenuto e favorito, come ha giustamente sottolineato e ricordato il sottosegretario Dassù. Pag. 22
L'allargamento dell'Unione è una necessità e non è certo ad esso che debbono essere imputati i limiti e i ritardi del processo di unificazione politica dell'Europa. Basti ricordare che a bocciare il Trattato costituzionale a metà del decennio scorso e ad imporre il conseguente arretramento dell'impianto istituzionale europeo furono i referendum celebrati in Paesi fondatori dell'Unione come la Francia e l'Olanda.
Peraltro il processo di adesione della Croazia non è stato breve e non è stato semplice, subordinato innanzitutto alla richiesta alle autorità croate di una collaborazione piena e senza riserve con il tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia.
Dichiarato Paese candidato nel 2004 i negoziati di adesione si sono protratti dal 3 ottobre 2005 al 30 giugno 2011. Per la Croazia ciò ha comportato un cambiamento del sistema economico che è andato in profondità così come incisiva è la sottoscrizione del Patto di stabilità e di crescita e molto importante è l'adattamento, ancora in via di compimento, del sistema giudiziario e istituzionale.
Vorrei anche mettere in risalto che per l'Italia la Croazia è un partner anche economico di rilievo. L'Italia è il primo partner commerciale della Croazia con una bilancia commerciale in ampio attivo e questo pur in una situazione economica attualmente difficile perché la Croazia ha sentito fortemente gli effetti della crisi del 2008 con una forte recessione nel 2009 non ancora del tutto superata.
Ricordo che il Parlamento europeo il 1o dicembre scorso nel dare la sua approvazione all'adesione della Croazia ha invitato quel Paese a fare ulteriori sforzi. In primo luogo nel senso dell'attuazione delle riforme del settore giudiziario, in secondo luogo nel contrastare la corruzione, in terzo luogo nell'intensificare gli sforzi volti a perseguire i crimini di guerra e i casi di impunità in cui le vittime erano di etnia serba o i presunti responsabili appartenevano alle forze di sicurezza croate. Si è inoltre invitato la Croazia a proseguire la collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia ed infine a continuare a promuovere e ad agevolare efficacemente il rientro dei rifugiati e dei profughi, prestando particolare attenzione alla situazione dei rimpatriati di etnia serba.
Ora i cittadini di etnia serba in Croazia sono circa duecentomila ovvero il 4,5 per cento della popolazione, erano quasi il triplo quando iniziarono le guerre balcaniche all'inizio degli anni Novanta.
L'adesione all'Unione ha dunque contribuito in modo decisivo a far sì che in Croazia fossero realizzate riforme politiche ed economiche durature e di grande portata e che indicano la prospettiva da seguire per tutti i Paesi della regione e l'unica via per garantire un contributo essenziale alla democrazia, alla stabilità politica e allo sviluppo economico dell'intero nostro continente.
In questo senso sono importanti le dichiarazioni del Governo croato, anche esse qui ricordate, di voler favorire l'ingresso nell'Unione anche della Serbia e in questo senso l'Unione dovrebbe fare forse di più e intensificare gli sforzi perché i conflitti e le tensioni nella regione non sono ancora del tutto superati (vedi il Kossovo proprio in questi giorni e la persistente fragilità della Bosnia-Erzegovina). Tali sforzi vanno intensificati perché è soltanto nel quadro dell'Unione europea che è immaginabile un progressivo superamento dei solchi scavati dalle guerre degli anni Novanta ed una prospettiva di rapporti sempre più intensi e di tendenziale riunificazione e riconciliazione di Paesi legati dalla geografia e dalla storia e che hanno avuto e continueranno ad avere ancora bisogno l'uno dell'altro.
Questa prospettiva è nell'interesse dell'intera Europa, la Croazia da membro dell'Unione è chiamata a dare un contributo fondamentale proprio a questa prospettiva.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Pag. 23

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4935)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Stefani, rinunzia alla replica.
Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori, onorevole Borghesi?

ANTONIO BORGHESI. No, signor Presidente, chiedevo di intervenire in sede di discussione sulle linee generali.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, lei sa meglio di me, e mi insegna, che doveva iscriversi prima.
Tuttavia, lei ha la possibilità di intervenire per dichiarazione di voto sull'articolo 1.

ANTONIO BORGHESI. Benissimo, la ringrazio, signor Presidente.

(Esame degli articoli - A.C. 4935)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 4935), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, qualche giorno fa in, Commissione affari esteri, ricordavo la famosa frase di Churchill: «i Balcani hanno prodotto più storia di quanto siano riusciti ad assimilarne».
L'Unione europea può svolgere la funzione di superare questa realtà storica. Bisogna guardare con fiducia al futuro, senza peraltro dimenticare il passato, per evitare di ripetere errori che ancora oggi suscitano orrore e angoscia. Mi riferisco ai fatti degli anni Novanta, mi riferisco alle dolorose vicende che hanno vissuto tanti nostri connazionali, che hanno dovuto abbandonare quelle terre vessate dai comunisti di Tito, e che, precipitosamente, per salvarsi, hanno dovuto scegliere l'esilio e non hanno ricevuto ancora oggi gli adeguati risarcimenti. Avremmo potuto fare di più nel 1991 per tutelare le minoranze linguistiche italiane; avremmo anche potuto fare di più durante i negoziati di adesione.
Ma come dicevo all'inizio, dobbiamo salutare molto positivamente questo allargamento dell'Unione europea alla Croazia, perché esso rappresenta un passo positivo nel processo di integrazione nell'Unione europea dei Paesi balcanici occidentali, verso una riunificazione del continente. Riunificazione che deve avvenire per ulteriormente promuovere e rafforzare la democrazia, la pace, la stabilità e lo sviluppo economico e sociale. Per costruire una società aperta, una democrazia moderna e un'economia sociale di mercato efficace in tutto il nostro continente europeo. Questo è l'insieme degli obiettivi che dobbiamo prefiggerci.
L'ingresso di un nuovo Paese nell'Unione europea determina un notevole sforzo per allinearsi all'acquis comunitario. Anche per la Croazia il negoziato è stato complesso ed impegnativo e ha determinato profonde modificazioni di riforme interne. Tutto dovrà essere concluso positivamente entro il 1o luglio 2013. La Commissione europea dovrà monitorare il rispetto degli impegni assunti e siamo sicuri che questo ingresso sarà sostenuto positivamente dall'opinione pubblica croata. Al referendum del 22 gennaio 2012 circa i due terzi dei croati hanno votato a favore dell'adesione e la partecipazione è stata del 44 per cento. Probabilmente l'attuale situazione europea ha influenzato l'esito di questo referendum, per quanto riguarda la partecipazione, ma - ripeto - quello che conta sono le prospettive di sviluppo e stabilità dell'intero continente.
Dobbiamo comunque avere fiducia in questa prospettiva, anche con l'allargamento verso i Paesi dei Balcani occidentali. Pag. 24L'Italia, con questa ratifica - primo Paese - vuole dare un contributo positivo, vuole dare un concreto segnale positivo, e per questo il gruppo del PdL voterà a favore dell'articolo 1 relativo all'autorizzazione della ratifica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo che il clima di serenità e di pace nel quale approviamo la ratifica di questo Trattato - sulla quale, giustamente, come ha già detto il collega Evangelisti, vi sarà il nostro parere assolutamente favorevole - non debba far dimenticare che vi sono circa 140 mila esuli dal territorio della Croazia, che hanno dovuto abbandonare quei territori e ai quali sono stati confiscati tutti i beni che avevano.
Questo è un tema che in questo momento possiamo mettere in secondo piano, ma non va dimenticato. Allora, vorrei ricordare, e ricordare al Governo, se per caso ascoltasse però, signor Presidente...

PRESIDENTE. Presidente Stefani, per cortesia.

ANTONIO BORGHESI. Chiedevo al Governo di fare attenzione gentilmente. Stavo parlando dei 140 mila esuli dalla Croazia che hanno dovuto abbandonare il territorio ed a cui tutti i beni sono stati confiscati, per ricordare al Governo che ci sono delle Commissioni intergovernative che sono state create proprio per trattare quelle problematiche e che da tempo immemorabile sono sostanzialmente ferme.
Quindi, sì, va benissimo l'ingresso della Croazia nell'Unione europea, però il Governo provveda a darsi da fare perché si riprenda anche l'attività di quelle Commissioni intergovernative e si dia finalmente soddisfazione ai giusti risarcimenti di quelle famiglie italiane che hanno dovuto abbandonare i territori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Casini, Touadi, Pugliese, Mantini, Graziano, Cuomo, Siliquini, Scalera.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 499
Votanti 490
Astenuti 9
Maggioranza 246
Hanno votato
489
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Scalera ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 4935), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, anche io sottolineo la necessità di una riflessione che tenga conto di quanto sia ancora irrisolta la questione degli esuli istriano-dalmati che hanno dovuto abbandonare quei territori perdendo le loro proprietà e ottenendo negli anni solo dei modesti indennizzi.
Da questo punto di vista, forse, abbiamo sprecato un'occasione che poteva essere quella dell'adesione della Croazia all'Unione europea, proprio in quanto questo passaggio poteva essere uno spunto per risolvere questa annosa e irrisolta questione.
Abbiamo fatto uno sforzo analogo - lo ricordo - in occasione della ratifica del Pag. 25Trattato di amicizia con la Libia, quel Trattato che noi abbiamo contestato, ma che in quest'Aula è stato temperato, con la previsione di fondi da destinare ai nostri connazionali che, negli anni della requisizione e del colpo di Stato di Gheddafi, persero i loro beni confiscati dall'allora Raìs. Quindi, questo tema, che non ci impedisce di andare a ratificare questo Accordo, come Italia dei Valori, perché riteniamo che comunque sia le utilità dell'adesione della Croazia siano evidenti per il nostro Paese, non deve tralasciare il tema degli indennizzi e delle proprietà confiscate.
È un invito che facciamo al Parlamento tutto, che ha nei suoi cassetti alcune proposte di legge, tra queste anche una a firma del presidente Di Pietro e di tanti altri colleghi del mio gruppo, di prendere in esame e di mettere in agenda questo tema, perché è giusto e doveroso che, soprattutto una volta che sia stato ufficializzato il giorno del ricordo, che non più tardi di una settimana fa abbiamo celebrato, a questo ricordo non ci sia la dimenticanza di questa importante ferita, che è rimasta ancora aperta per centinaia di migliaia di persone, nostri connazionali. È una questione italiana, è una questione nazionale, non è solo una questione della marginale terra di confine dalla quale io provengo. Affrontiamola tutti con responsabilità e, in questo senso, l'appello va anche al Governo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Gelmini, Corsaro, Sardelli, Cesare Marini, Crimi, Rampelli, Bellotti, Vignali, Papa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 496
Astenuti 8
Maggioranza 249
Hanno votato
495
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Rao ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 4935), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Scilipoti, Patarino, Calderisi, Veltroni, Paolini, Bonaiuti, Marini, Goisis, Lo Presti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 503
Votanti 492
Astenuti 11
Maggioranza 247
Hanno votato
491
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Barbareschi e Gava hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4935)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 4935).
L'onorevole Callegari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4935/1.

CORRADO CALLEGARI. Signor Presidente, abbiamo presentato questo ordine del giorno, che ci auguriamo possa essere accolto dal Governo e condiviso da tutti i colleghi, perché riguarda una questione Pag. 26molto importante per un comparto, quello della pesca, in forte crisi, com'è dimostrato dalle agitazioni di questi ultimi giorni. Riteniamo che i progressi compiuti dalle Repubblica di Croazia nell'ambito del processo di stabilizzazione e associazione siano positivi e che il Paese abbia conseguito un livello di allineamento accettabile.
Tuttavia, come si legge dalle relazioni periodiche predisposte dall'Esecutivo comunitario, sono necessari ulteriori sforzi per rafforzare la capacità amministrativa e giudiziaria da cui dipende poi la reale attuazione delle norme comunitarie recepite nell'ordinamento interno. Questo fatto ci suggerisce una qualche preoccupazione in merito alla capacità del Governo di Zagabria di attuare efficacemente alcune misure in materia di politica della pesca e, in particolare, sul fermo pesca biologico nel mare Adriatico. Sappiamo tutti - perché questo Parlamento ha già affrontato la questione, quantomeno nelle Commissioni competenti - che gli stock ittici, nel bacino adriatico, sono sempre più ridotti. Lo sforzo messo in atto negli ultimi venti anni dai sistemi a traino ha superato la capacità di tenuta dell'ecosistema e la preservazione e il ripopolamento della flora e della fauna marine sono ormai una vera e propria emergenza.
L'arresto temporaneo dell'attività di pesca, disposto nel nostro Paese in attuazione del regolamento comunitario n. 1198 del 2006, è una misura che può essere efficace solo se attuata dall'insieme dei Paesi che si affacciano sul mare Adriatico. Diversamente, risulta non solo inutile ma addirittura dannosa per le imprese di pesca italiane, costrette al fermo e alla conseguente contrazione di reddito. Chi conosce la zona sa bene che nelle pescherie di Chioggia e di tutto l'alto Adriatico durante i periodi di fermo pesca si vende pesce fresco proveniente dalle marinerie croate.
Poniamo, quindi, questo problema, chiedendo l'impegno del Governo affinché la Croazia prosegua velocemente nel rafforzamento della capacità amministrativa necessaria ad attuare efficacemente, attraverso la predisposizione dei necessari controlli, le norme relative alla conservazione e preservazione degli stock ittici, a partire dalla data ufficiale di adesione all'Unione europea e, anche come osservatori attivi nelle istituzioni comunitarie, che offra la massima disponibilità a collaborare con noi al fine di limitare il più possibile, già a partire dal corrente anno, l'attività di pesca in concomitanza dei periodi di arresto obbligatorio stabiliti dall'Unione europea per i pescatori italiani.

ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo solo per affermare che mi sembrano convincenti le argomentazioni. È chiaro che è un vantaggio che la Croazia entri nell'Unione europea osservando regole comuni. Pertanto, chiedo di sottoscrivere l'ordine del giorno Callegari n. 9/4935/1.

PRESIDENTE. Prendo atto che anche l'onorevole Vannucci ha chiesto di sottoscrivere l'ordine del giorno Callegari n. 9/4935/1.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, la ringrazio, onorevole Callegari. In effetti, il settore della pesca è essenziale per l'economia del nostro Paese. Pertanto, è molto importante porsi nella prospettiva in cui lei si pone e, dunque, il Governo accetta l'ordine del giorno Callegari n. 9/4935/1.
Vorrei aggiungere che nello sforzo che va a dare seguito alla costruzione di una macroregione adriatico-ionica la questione della pesca sarà essenziale.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, deve esprimere il parere del Governo anche sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4935/2. Gli ordini del giorno sono due. Sul primo ha già espresso il parere Pag. 27del Governo. Sul secondo ordine del giorno qual è il parere del Governo?

MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo non accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4935/2 per le ragioni che vorrei brevemente esporre.
Prima di tutto, se le premesse che l'onorevole Di Stanislao richiama fossero vere, se le cose stessero effettivamente come lei descrive quando scrive «a mio avviso» e altro ancora, oggi semplicemente non saremmo qui. Oggi siamo qui, in una giornata che considero importante, se non storica anche per il nostro Parlamento, proprio perché con la Croazia vi è stata una trattativa serrata anche sul capitolo dei diritti umani e anche sulla questione dei crimini di guerra. Quindi, onorevole Di Stanislao, se le cose fossero così semplicemente non saremmo qui.
Il secondo punto invece riguarda il dispositivo. Lei passa da premesse drammatiche - e secondo me assolutamente non vere - a un dispositivo molto calmo in cui ci invita semplicemente a vigilare. Da questo punto di vista, le vorrei dire questo: esiste, in realtà, un meccanismo di verifica già previsto dall'atto di adesione, che continuerà ad essere operativo fino al momento dell'effettivo ingresso della Croazia nell'Unione europea che - come lei sa - avverrà nel 2013. Quindi, quello che lei ci invita a fare viene già fatto in base al Trattato di adesione.
Io, come Governo, sono contraria, per ragioni di merito e di metodo, a sentirmi impegnata a fare delle cose che, in quanto Paese che partecipa al processo europeo, faccio già. Come Italia, vigiliamo costantemente sul rispetto dei diritti umani.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Callegari n. 9/4935/1, accettato dal Governo.

LUCIANO AGOSTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO AGOSTINI. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'ordine del giorno Callegari n. 9/4935/1.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Agostini.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4935/2, non accettato dal Governo.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, prendo atto per l'ennesima volta dell'arroganza e della violenza con la quale lei, signor sottosegretario - ed il Governo di cui è portavoce - rappresenta alcuni temi (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Attenzione: non si fa mai abbastanza sui temi che ho rappresentato, tant'è che ho posto un problema nei termini della drammaticità che vivono le popolazioni e della vostra disponibilità, visto che voi siete così accomodanti e non prendete mai impegni. Proprio per questo, bisogna sempre presentare ordini del giorno che promuovono, valorizzano e non vanno ad intaccare il senso delle questioni, né nel merito né nel metodo. Questo poneva un problema in termini concreti ed essenziali.
Prendo atto della sua insensibilità e della - attenzione - residualità, anche in termini culturali, dell'istituzione che rappresenta. Prendo atto di ciò e sono talmente convinto delle argomentazioni che ho posto a lei ed al Governo e che rappresentano istanze concrete, che non voglio nemmeno porre in votazione il mio ordine del giorno. Infatti, qualora lo ponessi in votazione, darei in qualche modo una parvenza di disponibilità nei suoi confronti.
Pertanto, ritiro l'ordine del giorno a mia prima firma ma - attenzione - quello che lei, assieme ai suoi colleghi tecnici, state combinando in questo Parlamento sta a significare che non avete la minima sintonia rispetto alla comunità nazionale ed alla vita reale che noi, in qualche modo, stiamo cercando di rappresentare.
Attenzione, attenzione: non le è consentito di usare questi termini in questo Pag. 28Parlamento perché lo sforzo messo in atto nel Parlamento e nelle Commissioni da persone come noi va nella direzione di cogliere il senso estremo ed essenziale delle questione, in termini culturali, in termini di etica politica e in termini istituzionali. Anche lei, in qualche modo, quella arroganza non la porti in Parlamento. Porti disponibilità, porti cultura di Governo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) e anche...

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, moderi i termini...

AUGUSTO DI STANISLAO....abbia l'accortezza di ascoltare, perché è questo che deve fare il Governo.
Attenzione, un'ultima cosa: un Governo dovrebbe avere la capacità di arrivare in Aula con delle proposte, perché la disponibilità è del Parlamento. Lei vuole, insieme a gran parte dei suoi colleghi, espropriare il Parlamento anche di questa sua prerogativa. Siamo veramente alla farsa - lo lasci dire - siamo alla farsa! (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4935)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, intanto voglio rivolgere alla sottosegretaria Dassù delle parole esattamente opposte a quelle rivolte dal collega Di Stanislao (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia) e voglio ringraziarla per il lavoro svolto in queste prime settimane, da sottosegretario per gli affari esteri, e per il buon lavoro svolto all'interno della Commissione affari esteri, pienamente consapevole delle prerogative che la Costituzione attribuisce al suo ruolo e al ruolo del Parlamento.
Ciò detto, due parole in dichiarazione di voto. Condivido con quanti hanno sottolineato il momento storico del completamento delle procedure di adesione della Croazia all'Unione europea.
Credo che per l'Italia sia un fatto politicamente rilevante. Si conclude un lavoro più che decennale per completare, per risolvere e per stabilizzare in modo definitivo la crisi balcanica.
Credo che il voto referendario del mese scorso, quando, in un momento di massima crisi dell'Europa e delle istituzioni finanziarie europee, il 66 per cento dei cittadini della Croazia ha detto «sì» all'adesione all'Unione europea, abbia determinato una fase nuova della storia dei Balcani.
Si sono sprecate molte parole in questi anni sulla crisi balcanica. Voglio ricordare quanto grande sia stato l'impegno di tutti i Governi italiani in questi anni nei Balcani, un impegno oneroso, per la stabilizzazione, per il consolidamento delle istituzioni democratiche e per la tutela della sicurezza internazionale.
Oggi, con l'adesione della Croazia, si chiude un ciclo e se ne apre uno nuovo. Credo che a questo Governo spetti il compito di continuare il lavoro iniziato dai Governi precedenti per completare questo lavoro. Penso che una priorità ineludibile dei prossimi mesi sia, da parte del Governo italiano, il sostegno alla Repubblica di Serbia e il suo accompagnamento nell'avvicinamento alle istituzioni europee. Credo che strategicamente l'inclusione di tutti i Balcani occidentali all'interno delle istituzioni europee sia il disegno strategico entro il quale collocare la nostra azione. Per questi motivi il nostro sarà un voto convintamente a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, cerco di concludere il ragionamento Pag. 29che avevo avviato in sede di discussione sulle linee generali, quando ricordavo come l'appuntamento referendario del 22 gennaio scorso, che ha detto un «sì» tiepido all'adesione del popolo croato all'Unione europea, sia stato generalmente considerato un avvenimento fondamentale nella storia recente di quel Paese, che sembra favorire la fine del dilemma del dove collocarsi sullo scenario internazionale, dopo il collasso della ex Iugoslavia, con i conseguenti tragici conflitti che abbiamo visto con i nostri occhi nella prima metà degli anni Novanta e che tutti ricordiamo.
Possiamo dire, dunque, che questo esito elettorale abbia sancito una sorta di addio ai Balcani, perché la collocazione europea della Croazia rappresenta oggi certamente una fondamentale occasione per accelerare la modernizzazione del Paese, ma anche una sorta di protezione e assicurazione contro le turbolenze di quella regione.
Mancava, dunque, questo passaggio importante e decisivo alla Croazia, dopo la scelta di entrare nell'Alleanza atlantica e quella di avviare una normalizzazione dei rapporti con la Serbia.
Va ricordato in questo contesto che il grado di difesa dei diritti umani e la protezione delle minoranze etniche, in primo luogo quella serba, oggi rappresenta un quadro inimmaginabile nello scorso decennio.
Dunque, la Croazia per fare questo percorso ha avviato riforme in aree cruciali, rafforzando l'indipendenza e l'efficienza del sistema giudiziario, avviando una decisa lotta alla corruzione e al crimine organizzato, una delle questioni più importanti poste da Bruxelles, che ha portato al conseguimento di brillanti risultati. A mo' di esempio, voglio ricordare l'incarcerazione di molti imprenditori e persino di ex ministri, incluso l'ex Premier Ivo Sanader.
Per quanto riguarda il settore della politica della concorrenza, che poi è il cuore del mercato interno dell'Unione europea, la Croazia ha dovuto adottare piani di ristrutturazione per garantire la redditività del settore siderurgico e della costruzione navale in linea con le norme europee relative agli aiuti di Stato.
Insomma, come ha affermato Stefan Füle, il Commissario europeo per l'allargamento e la politica di vicinato, nei vent'anni trascorsi come Repubblica indipendente, la Croazia è straordinariamente cambiata. Ha compiuto grandissimi progressi verso il raggiungimento dei requisiti necessari per l'adesione all'Unione europea e questo impegno viene oggi in qualche modo ricompensato da parte dei Paesi europei.
Dunque, la ratifica da parte nostra di questo Trattato, come è già stato sottolineato dal relatore, ci deve maggiormente responsabilizzare, perché, come è noto - cito letteralmente -, l'Italia è tradizionalmente depositaria dei Trattati comunitari e gli strumenti di questa ratifica dovranno essere depositati entro la fine del giugno 2013 presso il Governo della Repubblica italiana.
In ragione di tutto ciò e delle considerazioni che ho svolto in sede di discussione sulle linee generali, confermo il voto convinto del nostro gruppo alla ratifica e all'esecuzione del Trattato relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, la ratifica del Trattato di adesione della Croazia all'Unione europea rappresenta senza dubbio uno degli step più significativi del percorso di edificazione del sistema Europa; un'Europa in cui il soft power ha perso smalto, la cui capacità di veicolare mission e progettualità ha subito un rallentamento. Essa ha anche, a seguito di una complessa congiuntura economica, una chiara difficoltà a definire una voce unica nelle politiche di vicinato e nella gestione dell'emergenza mediterranea. Ma, nonostante queste premesse, che però ci forniscono un quadro analitico reale, la Pag. 30voglia di Europa esiste, e ne possiamo trovare gli aspetti più fattivi proprio in questo percorso di integrazione.
Infatti, l'adesione di Zagabria conferma l'attrattività che ancora esercita il progetto Europa, rafforzando, di fatto, il ruolo delle potenzialità che questa può avere nel suo immediato futuro, contribuendo a porre le basi per una ripresa dello spirito europeo. Un esito positivo del negoziato di adesione all'Unione europea ha rilevanza anche per gli altri Paesi balcanici, perché la Croazia è la nuova porta dell'Europa che verrà.
Sono passati 9 anni dalla domanda di adesione di Zagabria all'Unione europea: si sono avvicendati 6 anni di negoziati, in cui la Croazia ha potuto definire una sua rinnovata identità, avviando un percorso di consapevolezza e di rafforzamento delle sue strutture istituzionali e democratiche e un cammino di autocoscienza pienamente europea.
La Croazia diventerà il 28o Stato membro dell'Unione. Il suo percorso europeo, con le dinamiche che ne sono conseguite, certamente rappresenta un capitolo nuovo per la storia e l'identità dell'Europa tutta, un'Europa che vuole guardare a se stessa e alle sue sfide con uno sguardo rinnovato, certamente più pragmatico, attraverso il quale riuscire a formulare nuove prospettive economiche, culturali e sociali.
L'ambizione ad essere parte dell'Unione europea e i criteri necessari per tale ottenimento sono uno sprone per la stabilizzazione istituzionale e la garanzia democratica di un Paese, così come il rafforzamento della struttura economica, della competitività e dello sviluppo del Paese e dell'intero sistema Europa.
Dunque, dall'integrazione si rinnova il futuro di Bruxelles e la sua capacità di essere sfidante e di collocarsi nello scacchiere internazionale. L'adesione della Croazia è dunque l'espressione di questo potenziale, un riferimento indiscusso delle possibilità dell'Unione europea e del percorso di crescita che altri Paesi possono intraprendere, come sottolineava il Presidente Van Rompuy in occasione della cerimonia per la firma del Trattato di adesione.
La Croazia ha svolto un ruolo da pioniere, dimostrando in maniera tangibile che il futuro dei Balcani occidentali in generale è nell'Unione europea e questa mantiene il proprio impegno a favore di questa prospettiva. La disponibilità e l'impegno del nostro Paese a supportare l'integrazione di Zagabria sono state particolarmente apprezzate dal Governo croato, a conferma che l'amicizia e la vicinanza tra Roma e Zagabria sono un elemento indifferibile della definizione di un ruolo prettamente europeo della Croazia.
In virtù di questo impegno rinnovato a fianco della Croazia, dobbiamo sottolineare l'importanza che ha in questo momento procedere alla ratifica del Trattato di adesione. La ratifica da parte dell'Italia come primo Paese tra i fondatori assumerebbe un significato importante e ragguardevole nel cammino di consolidamento del dialogo bilaterale, oltre che sancire il ruolo importante che il nostro Paese ha assunto nel percorso di integrazione di Zagabria.
La Croazia guarda a noi come un riferimento, oltre che come partner irrinunciabile e privilegiato, e noi abbiamo l'onore di supportarla in questo momento importante della sua storia.
Oggi diamo rinnovata concretezza all'impegno italiano consolidando, anche sul piano simbolico, il ruolo dell'Italia come protagonista ed interlocutrice affidabile per tutti i Paesi della regione.
Zagabria sarà un'importante frontiera esterna per l'Unione, il naturale prolungamento dell'Europa verso sud-est e, dunque, interlocutore irrinunciabile di Bruxelles con l'intera regione balcanica.
Siamo certi - intendo rinnovare questa consapevolezza - che la nuova configurazione dell'Europa dei 28 possa dare nuova linfa al progetto originario e che Zagabria possa rappresentare l'emblema del rinnovamento europeo.
Per tali ragioni dichiaro il voto favorevole di Futuro e Libertà per il Terzo Polo alla ratifica del Trattato di adesione in oggetto, oltre la mia personale soddisfazione da cittadino italo-croato (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

Pag. 31

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà per due minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, in un libro molto importante scritto all'indomani della caduta del muro di Berlino, un grande intellettuale tedesco, Ralf Dahrendorf, espresse una preoccupazione molto profonda per quelli che sarebbero stati gli sviluppi nell'Europa centro-orientale dopo la caduta del comunismo.
Egli disse che quel processo avrebbe messo in moto una serie di richieste di autodeterminazione dei popoli che, probabilmente, avrebbe trasformato l'Europa centro-orientale in un'area di profondi conflitti etnici, religiosi e anche di guerre.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (Ore 17,25).

GIORGIO LA MALFA. Quando, all'inizio degli anni Novanta, un probabilmente troppo anticipato riconoscimento da parte dell'Europa, su richiesta della Germania, dell'indipendenza della Slovenia mise in moto quei fenomeni che in Croazia, in Macedonia, in Serbia e in altre parti hanno insanguinato per anni la Jugoslavia, quella predizione di Dahrendorf sembrava essere stata fondamentalmente corretta.
Poi, però, l'Europa centro-orientale ha intrapreso un processo di sviluppo verso la democrazia molto più sereno dato dalla prospettiva dell'ingresso, da un lato, della NATO e, dall'altro, dell'Unione europea.
Quindi, sono lieto di questo voto che diamo oggi - e che, come ha detto il sottosegretario, è un voto per certi aspetti storico - e che un Paese dei Balcani come la Croazia, che fu parte di quella terribile vicenda negli anni Novanta, entri in questa nostra Unione europea, con la prospettiva che domani possano entrare anche altri Paesi di quell'area, in particolare la Serbia, di cui conosciamo le antiche tradizioni demopolitiche e democratiche, anche se poi insanguinate e macchiate dalle vicende di Milosevic.
È dunque un momento molto importante in cui l'Europa, allargandosi, garantisce la sicurezza democratica, lo sviluppo democratico, la tutela delle minoranze e tutto quello che in questi Paesi non vi sarebbe stato.
Tuttavia, onorevoli colleghi, devo dire, avviandomi alla conclusione, signor Presidente, che questo pone una contraddizione perché nel momento in cui l'Unione europea si allarga a 28, poi a 30 o a 32 Paesi - speriamo domani anche alla Turchia - diventa molto più difficile realizzare quei processi di integrazione politica, di cui la maggiore espressione è l'unione monetaria, che invece richiedono un grado di coesione e di vicinanza fra i Paesi che ne fanno parte molto maggiore di quello che vi può essere tra 28 Paesi di così differente storia e grado di sviluppo.
Dunque, la crisi che affrontiamo oggi, la crisi dell'euro - perché questa abbiamo sotto gli occhi - è, in un certo senso, la contraddizione in cui l'Europa si trova, conseguente al fatto, da un lato, di volersi allargare...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole La Malfa.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sto per concludere.
Questo è il problema. Nel momento in cui diamo un giudizio positivo sulla ratifica in oggetto il Parlamento deve anche riflettere sulle contraddizioni che questo comporta nel processo europeo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, dopo che l'Italia è stata tra i Paesi fondatori dell'Europa, la politica estera italiana, in questi ultimi anni, ha dimostrato di privilegiare l'apertura a tutte le nazioni che hanno chiesto di entrare in Europa.
Dopo i Paesi dell'Est, ha sempre caldeggiato e sostenuto soprattutto l'entrata Pag. 32dei Paesi balcanici, con tutte le conseguenze che da sempre questi hanno significato.
Certo che una ratifica per l'ingresso della Croazia in Europa, che segue quello della Slovenia, non è una ratifica come le altre, perché Croazia significa Istria, perché Istria significa esodo e l'esodo sta nei libri di storia e significa beni abbandonati che sono ancora lì, significa foibe.
A tale proposito, tengo a sottolineare che il Presidente della Repubblica, il 6 maggio, sarà in quelle zone per visitare Porzûs, peraltro nell'anniversario del terremoto. Il ricordo o un passaggio alle foibe sarebbe un grande gesto. È comunque un grande gesto quello che farà (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Le verità storiche, infatti, vanno lette bene per creare la distensione. Troppe volte in passato la verità e le verità di questo tipo sono state nascoste o, peggio ancora, sono state distorte.
La verità storica, per sanare queste ferite che ci sono, serve per chi non vive da quelle parti, per chi è giovane, soprattutto per i giovani. Ancorché sfumati, questi avvenimenti e questi fatti sono ancora vivi in tanti italiani ed in tante persone.
Pertanto questo disegno di legge di ratifica è importante e deve aiutare veramente ad andare oltre questa situazione. Noi sappiamo che l'allargamento è stato auspicato ed è da auspicare, non certo da forzare. Si tratta di rimanere nell'ambito delle regole da rispettare, perché quando questo non avviene - e in passato forse alcune leggerezze ci sono state - chi paga è complessivamente l'Europa, sono complessivamente gli Stati e, il più delle volte, i più deboli.
In tale situazione credo, quindi, che oggi in questo Parlamento si stia portando avanti un altro passaggio fondamentale per superare anche quelle incomprensioni che esistono ancora e che hanno creato tante difficoltà a tante persone e non solo persone, ma anche a movimenti, forze politiche ed associazioni che ancora si confrontano in quelle zone.
Pertanto, signor Presidente, nel dichiarare il voto favorevole del gruppo UdCpTP a questo disegno di legge di ratifica sull'adesione della Croazia all'Unione europea, do anche io atto al Governo ed al sottosegretario che i passaggi fatti sono positivi. Serva, però, questo ad andare fino in fondo affinché vengano eliminate del tutto queste situazioni e queste incomprensioni e affinché la verità storica, che serve a tutti, venga sancita e venga definitivamente a galla (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Lega Nord Padania ha sostenuto certamente l'opportunità dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea ed oggi, certamente, voterà a favore di questo disegno di legge di ratifica.
Il punto è, semmai, come si sia potuto rimandare così tanto questa decisione e come mai la Croazia, così vicina, così importante per noi arrivi a questo passo solo oggi, in coda, per così dire, ad altri Paesi, che sono membri dell'Unione a tutti gli effetti ormai da anni ma che, a nostro avviso, continuano ad essere ben lontani, soprattutto culturalmente e storicamente, dall'Europa che hanno immaginato i padri fondatori.
Secondo quale logica Cipro, isola immersa nel Medio Oriente, dai confini tuttora incerti e divisi territorialmente, è entrata a far parte a pieno titolo dell'Unione europea già nel 2004, mentre la Croazia è dovuta restare alla porta per così tanto tempo? L'esempio di Cipro può essere agevolmente esteso ad altri Paesi, ma la base del ragionamento resta la stessa: i criteri di adesione che vengono scelti ed applicati dai burocrati comunitari sono del tutto asettici rispetto alla storia dei Paesi dell'Europa ed al loro retaggio culturale e sociale.
Il risultato è che si è costruita un'Europa puzzle, con tasselli incoerenti tra Pag. 33loro, nella quale naturalmente è difficile identificarsi da parte delle popolazioni. Come possiamo sentirci europei nell'anima, se ciò che ci accomuna è solo la corrispondenza di direttive e regolamenti, di cui spesso facciamo anche fatica a comprendere i contenuti?
Mi dispiace che questa adesione, a nostro avviso particolarmente importante anche per i risvolti economici positivi conseguenti ad una partnership già oggi molto stretta con il nostro Paese, sia stata adombrata e per certi versi anche alterata sulla stampa e nell'opinione pubblica nella profonda crisi di fiducia che sta attraversando l'intera Unione europea.
La crisi finanziaria, la cattiva gestione della stessa da parte delle istituzioni comunitarie, la mancanza di Europa politica nelle reazioni al default greco, hanno evidentemente minato l'immagine di Europa, porto sicuro verso il quale i Paesi che chiedono l'adesione vorrebbero dirigersi. Ne è prova la bassissima affluenza al referendum di adesione croato del 22 gennaio scorso. Nel 2003 la volontà di adesione raggiungeva punte dell'80 per cento tra i croati, ma un mese fa al momento dell'adesione concreta la bassa affluenza al voto evidenzia che i favorevoli sono, di fatto, il 30 per cento. Certo, l'Europa non sta dando la migliore immagine di sé e stanno venendo al pettine, alla prima crisi seppur grave come quella che stiamo attraversando, tutti i punti irrisolti che abbiamo evidenziato come partito in questi anni, soli purtroppo nel panorama politico del nostro Paese.
È un'Europa fragile quella che non è costruita ascoltando il popolo, quella che rifiuta l'esito dei referendum sui Trattati, quella che affida ai burocrati non eletti le sorti e le vite di milioni di persone. Ne sanno qualcosa i greci e ce ne stiamo accorgendo noi, ed è naturale che anche i croati comincino a nutrire dei dubbi. Restiamo in ogni caso convinti che i Paesi balcanici, ed in primis la Serbia, debbano progressivamente avvicinarsi all'Europa, ed in questo occorre riconoscere che il nostro Paese ha mantenuto un profilo coerente che speriamo sinceramente il Governo tecnico intenda mantenere. È di buon auspicio la celerità con cui tutti i membri della III Commissione (Affari esteri) hanno lavorato per portare il provvedimento in esame all'attenzione dell'Aula, dove mi auguro ottenga il voto favorevole di tutti i gruppi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo Partito Democratico alla ratifica del Trattato di adesione della Croazia per le ragioni che ho illustrato - direi - ampiamente nell'intervento di poco fa in sede di discussione sulle linee generali, alle quali mi rifaccio. Dico soltanto in modo sintetico le tre ragioni che ci inducono a sostenere con un «sì» convinto la ratifica del Trattato.
La prima è che questo è un fatto positivo per l'Europa che vive in un momento di crisi e di difficoltà, e l'adesione della Croazia rappresenta un segno di come il processo d'integrazione continui a mantenere un'attrattiva ed un valore positivo per chi dell'Unione ancora non fa parte. La seconda, è un fatto positivo per l'Italia, per il nostro Paese, che supera contenziosi e contrasti con un vicino che è un partner importante per il nostro futuro, e vorrei anche dire incidentalmente che nel mio intervento non ho taciuto le verità storiche che qui sono state da più colleghi richiamate.
Aggiungo che il reciproco riconoscimento di queste verità storiche è il fondamento di un'amicizia vera e duratura e, quindi, a questo non possiamo che continuare a lavorare tutti insieme (noi italiani e i croati). La terza, è un fatto positivo per i Balcani nel loro insieme, perché l'adesione della Croazia indica la strada in cui lavorare perché sia seguita dall'adesione degli altri Paesi che ancora non fanno da parte dell'Unione europea, perché questa è la strada per la riconciliazione di questi popoli tra di loro, di cui c'è assolutamente Pag. 34bisogno (l'Europa intera ne ha bisogno), e perché in questo modo possa andare sotto l'ombrello dell'Unione il processo di riunificazione di quei Paesi, di quegli Stati e di quei popoli. Per queste ragioni il Partito Democratico voterà a favore della ratifica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gottardo. Ne ha facoltà.

ISIDORO GOTTARDO. Signor Presidente, colleghi, è con un certo stato d'animo che prendo la parola su questo argomento che conosco molto profondamente per aver partecipato in sede europea per ben sette anni al Comitato delle regioni presiedendo il Comitato paritetico per l'adesione della Croazia.
E questo mi ha consentito di vivere tutte le difficoltà, fin dagli approcci, di adeguamento dell'acquis communautaire croato, soprattutto gli atti relativi al decentramento e alla valorizzazione delle contee e dei comuni, cioè del processo di sussidiarietà.
Ciò mi ha permesso, inoltre, di conoscere anche le difficoltà che la Croazia ha incontrato per l'adeguamento del proprio sistema giudiziario, per la lotta alla corruzione, per la consegna alla giustizia di criminali di guerra che godevano, ovviamente, pure di protezioni popolari. La Croazia ha davvero fatto uno sforzo notevole per riuscire a creare le condizioni che le venivano richieste per aderire all'Unione europea. Questo va ricordato in onore del popolo croato e non solo delle proprie autorità. E per autorità intendo quelle locali, quelle delle contee, parlamentari, del Governo, delle ambasciate, cioè di chi ha negoziato quei dossier sull'adesione.
E devo dire anche che questo momento va ricordato, nonostante le difficoltà, perché ciò che va detto va detto e, cioè, che le difficoltà che sono state interposte non sono venute per volontà dell'Italia che è sempre stata, nonostante tutte le questioni relative agli esuli e ai beni abbandonati, un grande sostenitore della Croazia, in quanto ha messo davanti la valutazione politica e gli interessi politici complessivi dell'Europa rispetto alle questioni particolari. Purtroppo - e lo dico sottolineando questo tema - è intervenuta la Slovenia e ciò l'ho vissuta direttamente durante la Presidenza slovena. Eppure la Slovenia - e qui c'è l'onorevole Martino che all'epoca era Ministro degli esteri - godette apertamente del sostegno dell'Italia che non frappose nessun ostacolo all'adesione della Slovenia stessa all'Unione europea.
Sono fatti che consegniamo alla storia, consegniamo ormai agli archivi, a chi le ha vissute. Guardiamo avanti e guardiamo avanti con molto interesse perché questa adesione ha almeno tre o quattro risultati per noi fondamentali. Il primo: la stabilizzazione dell'Europa in un'area che sappiamo quanto fondamentale è per l'Europa stessa e per noi stessi, rispetto ai tempi vissuti. E non aggiungo altro perché le cose sono state dette da molti colleghi rispetto al tema dei Balcani e di quell'area lì.
Il secondo riguarda l'Adriatico: la Croazia confina con noi, direttamente, attraverso i mari, ed ha settori interessanti e un interscambio con l'Italia molto importante. Ma vi è una terza vicenda che riguarda la storia, i dolori della storia: non sono venuti, come è stato detto, da quelle terre 100-140 mila esuli, ma molti di più. Vengo da una regione, il Friuli Venezia Giulia, che conosce, ha conosciuto e continua a vivere i drammi di quell'esodo e di quelle difficoltà. Vi sono, in quelle terre italiane, che partono dal Friuli Venezia Giulia e hanno continuità nell'Istria e nella Dalmazia, persone, e anche molti colleghi parlamentari, che hanno vissuto, attraverso i propri genitori, i drammi dell'abbandono dei beni e di non vedersi restituita la dignità. Tutto ciò che abbiamo ricordato pochi giorni fa con la «Giornata del ricordo». Potremmo scrivere pagine lunghe ma non risolveremmo e non aggiungeremmo nulla a quello che di positivo abbiamo davanti. Queste terre sono state divise da confini e hanno impedito agli italiani di comunicare. Pag. 35
Signor sottosegretario, ancora oggi gli italiani che abitano in Croazia, per rientrare e per venire in Italia, devono, con il confine di Schengen tra la Slovenia e la Croazia, sottostare a lunghe code. Infatti, non è mai stato posto, come è previsto dal Trattato di Schengen, il passaggio per i cittadini comunitari. E gli italiani che abitano le terre di Croazia sono cittadini comunitari perché hanno il passaporto italiano e avrebbero diritto di usufruire di quelle agevolazioni.
Ebbene, voglio dire una cosa sola: l'Europa compie un grande miracolo per quelle popolazioni e per queste terre; le torna a riunificare, torna a superare i confini delle divisioni storiche e consente alle popolazioni italiane di poter tornare a circolare liberamente in un contesto europeo dove mercato, dove lavoro, dove cultura e dove anche amicizia e dialogo - penso alle nuove generazioni - davvero potranno ritrovarsi e ricredersi.
Pertanto il nostro voto favorevole è assolutamente convinto e facciamo auguri cari alla Croazia. Faccio presente ai colleghi che oggi ricordano come sia profondamente calato in Croazia l'entusiasmo per l'adesione all'Europa: certo, anni fa pensare di entrare in Europa era un miraggio, un bel sogno, mentre oggi l'Europa ha i suoi problemi e di questo sono consapevoli anche le popolazioni croate. Ma la Croazia entra in Europa ad affrontare insieme con noi - questo è l'auspicio - un'Europa davvero più coesa e un'Europa che sia più solidale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, mi consenta di fare un intervento, per così dire, a futura memoria per ricordare alcuni fatti e alcune date. Oggi si realizza l'obiettivo di una lotta radicale, del partito radicale, politica e istituzionale; una lotta di vent'anni che siamo riusciti a portare avanti anche grazie al sostegno di coloro, dei vari partiti nazionali, che si sono iscritti al Partito Radicale non violento transnazionale e transpartito e ci hanno consentito, già all'indomani della dissoluzione dell'ex Jugoslavia, di porre il problema dell'ingresso di quei Paesi nell'Unione europea.
Oggi si continuano a citare i Paesi balcanici, ma si pensa solo alla Serbia. La nostra lotta comprende anche l'ingresso della Bosnia, della Macedonia, del Kosovo e dell'Albania, cioè di quella enclave balcanica che è nel cuore dell'Unione europea. Ma appunto, a futura memoria: quando a Lubiana fischiavano le sirene degli allarmi della contraerea, lì c'era il Partito Radicale, c'era il consiglio federale del Partito Radicale riunito. Nel 1991, a Zagabria, sotto le bombe del criminale Milosevic, c'era il consiglio federale del Partito Radicale. Nel 1992, nella trincea di prima fila, a Osijek, per segnalare e significare che stavamo dalla parte degli aggrediti e non da quella degli aggressori, in trincea con la divisa croata c'erano i militanti radicali con Marco Pannella.
Questa è una storia, cari colleghi, che avete tentato e continuate a tentare di cancellare, la storia di quegli anni, in cui in questo Paese il servizio pubblico radiotelevisivo mandava le dirette non da Sarajevo, non da Lubiana, non da Zagabria, ma dalla Serbia di Milosevic, le dirette di Michele Santoro, confondendo i piani fra aggrediti e aggressori. Noi oggi con questo voto ristabiliamo una verità e ridiamo una dignità a quell'Europa che in quel momento fece finta di non sentire e di non capire e che ha aspettato vent'anni per riconoscere una necessità per l'Europa stessa di allargare i confini a quella enclave balcanica, a quei Paesi che sono circondati dai Paesi europei e a cui non è consentito svilupparsi e vivere insieme agli altri Paesi europei con le regole europee, a partire dal rispetto dei diritti umani fondamentali.
Qualcuno qui ha avuto il coraggio di chiedere al Governo che vigilasse sul rispetto dei diritti umani in Croazia. È una vergogna! Noi continuiamo a chiedere agli altri Paesi quello che non abbiamo il Pag. 36coraggio di chiedere a noi stessi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!
Noi siamo abitualmente condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per la violazione dei diritti umani fondamentali, dagli anni Ottanta! Signor sottosegretario, noi abbiamo, ormai, condanne di vent'anni in cui si continua a dire che, a causa della nostra giustizia, è in pericolo lo Stato di diritto. Da vent'anni, il Consiglio d'Europa e il Comitato dei ministri continuano a ripetere che, in questo Paese, è in pericolo lo Stato di diritto. Pertanto, io credo che dovremmo fare una riflessione più approfondita.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO TURCO. Sono contento dell'unanimismo, dell'unità che ci vede oggi insieme a votare per l'adesione e l'ingresso della Croazia nell'Unione europea. È stata una lunga lotta, dura e difficile, un obiettivo l'abbiamo raggiunto. Lo ribadisco: voglio ringraziare quei colleghi di altri partiti che, con la loro iscrizione al Partito Radicale, hanno consentito tutto questo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà, per due minuti.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, colleghi, ho voluto svolgere questo intervento a titolo personale per lasciare un segno, che è il segno dell'affermazione di un ricordo, di una posizione che è, prima di tutto, di carattere morale. Oggi parlo al Parlamento italiano e sono cittadino italiano, perché sessant'anni fa, o poco più, mia madre, che veniva dalla dolce terra dell'Istria, scelse l'esilio per essere libera e italiana; perché mio nonno, che era stato volontario nella Grande guerra, irredento dell'Istria, scelse l'esilio per essere libero e italiano.
Ebbene, oggi, mi trovo di fronte ad un passo che si compie nel grande scenario dell'unità europea. Io ho ben chiaro - e lo dico, anzi, da patriota, da europeo - che l'integrazione europea è un fatto necessario per lo sviluppo e il futuro di ognuno di noi; ho ben chiari quelli che sono gli interessi nazionali, economici e politici dell'Italia. L'Italia è il primo partner commerciale della Croazia e, quindi, mi rendo conto di cosa significhi la collaborazione, la cooperazione e gli investimenti.
Ma tutto ciò detto, preso atto che la Croazia di oggi è sempre una realtà molto, molto diversa da quella che faceva parte della Federazione jugoslava di Tito, so anche che, con riferimento alla mia storia personale e a quella della mia famiglia, mi trovo, comunque, di fronte ad un muro che non è mai stato abbattuto. Vi sono principi di giustizia con riferimento ai quali, rispetto ai tanti, ai troppi ai quali ho visto chiudere gli occhi senza giustizia - e a tanti altri succederà ancora -, un fatto, un interrogativo di carattere morale si pone.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO MENIA. I Presidenti d'Italia, di Croazia e di Slovenia, nel luglio del 2010, a Trieste, hanno voluto simboleggiare con un concerto della fraternità, con il maestro Muti, un grande atto di riconciliazione. Tuttavia, c'era anche un grande atto di ipocrisia, perché il passaggio che allora era stato richiesto - il fatto di andare ad inginocchiarsi di fronte alla grande foiba di Basovizza -, quell'atto, non l'hanno compiuto.
Di fronte a quel popolo dell'esodo, di fronte a coloro che, come dicevo, hanno lasciato tutto - terra, casa, ricordi, morti - dall'altra parte del confine, troppe cose non sono state risolte, e non le hanno mai viste con giustizia.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROBERTO MENIA. È una questione morale ed è anche, banalmente, una questione materiale. È un fatto interno: l'ultima legge che riconobbe un ulteriore acconto sugli indennizzi è quella che facemmo Pag. 37circa dieci anni fa in questo Parlamento, ma per quei beni essi non furono indennizzati. La Croazia, che è ben diversa dalla Jugoslavia di Tito, ha preso su se stessa tutte le eredità delle rapine titoiste e quelle eredità se l'è tenute ben strette: quei beni, quelle case, quelle proprietà rapinate dai comunisti fanno parte del patrimonio attuale della Croazia, che non si è certo sognata di riconoscere o di restituire a chi doveva venire.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Menia.

ROBERTO MENIA. Concludo subito, signor Presidente, ma è colpa di noi italiani se perdiamo la memoria nazionale. Noi italiani non sappiamo che Dubrovnik era l'antica Repubblica di Ragusa, la quinta Repubblica marinara italiana, che Spalato, che oggi chiamiamo Split, era la città di Diocleziano, del palazzo di Diocleziano, che Sebenico era la città di Niccolò Tommaseo e che Fiume la chiamiamo Rijeka o non sappiamo che a Pola c'è una arena che nasce prima del Colosseo di Roma. Magari, quando si celebra il giorno del ricordo, ed è una vergogna, Vespa non trova niente di meglio che invitare a Porta a Porta una storica negazionista (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Menia, la prego di concludere, sta prendendo più tempo di una dichiarazione di voto.

ROBERTO MENIA. Di fronte a ciò, per un fatto di coscienza, io non mi sento di votare a favore perché quella giustizia che tutto un popolo ha sempre richiesto, non l'ha mai vista né mai la vedrà perché finirà per estinzione fisica: sono passati sessanta, settant'anni e sono venuti i figli dei figli dei figli. Io quindi mi astengo e questo è un fatto, un segno, una protesta civile di fronte al mio popolo e alla mia storia (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, mi associo anch'io alle parole dell'onorevole Menia perché anche io ho vissuto un'analoga storia familiare, essendo nipote di chi è stato costretto ad abbandonare la propria terra, la propria casa, il proprio patrimonio per poter essere italiano, per continuare ad essere italiano. Noi abbiamo presentato una proposta di legge al riguardo, affinché, almeno i nomi delle città che vengono adesso chiamate in una lingua diversa, possano, almeno nel nostro Paese, essere identificate, nei testi che ricevono il sovvenzionamento statale, cioè ad esempio quelle del Touring Club, le guide turistiche e così via, anche con il nome italiano perché almeno non vada disperso quel patrimonio culturale italiano che, a fatica, resiste ancora in quelle terre e dove comunque è ancora presente, in maniera significativa, la comunità italiana (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, vorrei confermare anch'io che il provvedimento che stiamo per approvare, rappresenta, sicuramente, un momento storico per il nostro Paese, per la Croazia e, lo sottolineo ancora una volta, per l'intera Europa, la nuova Europa dei popoli e delle identità locali.
Nel ribadire la solidarietà e la comprensione per tutte le sofferenze che i popoli al di qua e al di là del confine, a nord est del nostro Paese, hanno vissuto, non posso non ricordare che però sarebbe stato possibile evitare tante di queste tragedie se non ci fosse stata la folle scelta del regime fascista di entrare in guerra a fianco della Germania e del Giappone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 38

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4935)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 4935, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Granata, Di Girolamo, Fontanelli, Sardelli, Vincenzo Fontana, Laboccetta, Gianni, Scalera, Cosentino, Viola, Gianni, Veltroni....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Ratifica ed esecuzione del Trattato tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (Stati membri dell'Unione europea) e la Repubblica di Croazia, relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea, e dell'Atto relativo alle condizioni di adesione, con allegati, protocollo, Atto finale, dichiarazioni e scambio di lettere, fatto a Bruxelles il 9 dicembre 2011» (4935):

Presenti 515
Votanti 485
Astenuti 30
Maggioranza 243
Hanno votato 483
Hanno votato no 2
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Gianni ha segnalato che non è riuscito a votare.

Seguito della discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841, Meta ed altri n. 1-00844 e Iannaccone ed altri n. 1-00860 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga (ore 18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841, Meta ed altri n. 1-00844 e Iannaccone ed altri n. 1-00860 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di martedì 31 gennaio 2012, è stata presentata la mozione Iannaccone ed altri n. 1-00860, ed è già stata iscritta all'ordine del giorno.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

Pag. 39

Testo sostituito con errata corrige volante MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in un tentativo di sintesi, che spero coronato da successo, esprimerò il parere del Governo congiuntamente su tutte le dieci mozioni oggi all'ordine del giorno, auspicando che gli elementi da me addotti siano sufficienti per toccare tutte le questioni che sono state proposte.
Dirò immediatamente che gli obiettivi delle mozioni in esame sono pienamente condivisi dal Governo, nella consapevolezza che favorire la realizzazione di infrastrutture e di reti a banda larga significa mettere in opera uno strumento funzionale alle strategie di produttività, di crescita e di innovazione, in coerenza con l'Agenda digitale europea, che rappresenta una delle sette iniziative faro individuate nella più ampia strategia «Europa 2020».
Tanto premesso, e venendo più in dettaglio ai problemi della banda larga di base, osservo che, oggi, il divario digitale italiano, come risulta del resto dal molte delle mozioni presentate, riguarda il 5,6 per cento della popolazione. Infatti, ad oggi, 3,4 milioni di italiani, nella propria abitazione, non possono navigare su Internet veloce. Proprio per questo sono stati finanziati interventi volti ad accelerare il completamento del Piano nazionale banda larga, al fine di rispettare, così, il primo obiettivo dell'Agenda digitale europea, vale a dire garantire al 100 per cento dei cittadini la connettività, entro il 2013, ad almeno 2 mbps.
A tal fine, il Ministero ha emanato il 29 dicembre scorso un bando di gara - il quarto intervento attuativo del Piano nazionale banda larga -, che interessa le regioni Sicilia, Basilicata, Campania, Molise, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna e Veneto, che prevede un investimento di oltre 95 milioni di euro IVA inclusa a valere su fondi di origine comunitaria in gran parte relativi al fondo agricolo per lo sviluppo rurale. Tale bando è volto all'abilitazione e all'offerta dei servizi a banda larga mediante la costruzione di circa 2 mila chilometri di rete in fibra ottica in oltre 400 aree comunali e subcomunali, in prevalenza in zone ad alta intensità rurale e distretti produttivi, per un totale di oltre 458 mila cittadini. Per la realizzazione del progetto saranno occupate oltre 700 persone per tre anni.
Inoltre, il piano di azione e coesione inviato dal Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale al Commissario europeo per le politiche regionali il 15 novembre scorso finanzierà il Piano nazionale banda larga e, unitamente ad ulteriori fondi comunitari già impegnati, consentirà di azzerare, entro il 2013, il divario digitale nel Mezzogiorno.
Inoltre, vorrei segnalare che il Governo ha definito un progetto strategico denominato «Agenda digitale italiana» per lo sviluppo della banda ultra larga e dei BETA Center. Si tratta di una iniziativa che prevede l'utilizzo diretto anche di fondi pubblici per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda digitale europea per il 2020.
Il citato progetto, elaborato dal Ministero dello sviluppo economico, è stato sottoposto a consultazione pubblica aperta a tutti gli stakeholders pubblici e privati. Il progetto in parola intende definire le misure per dotare l'Italia dell'infrastruttura necessaria a realizzare uno dei più importanti obiettivi dell'Agenda digitale europea, e cioè portare connettività ad almeno 30 mbps a tutti i cittadini, assicurando che almeno il 50 per cento delle famiglie si abboni a connessioni Internet da oltre 100 megabit.
Questo progetto strategico si sostanzia in due ambiti di intervento. Il sottoprogetto strategico banda ultralarga ambisce a sostenere gli investimenti nel settore, cercando di concentrare le risorse pubbliche nell'implementazione delle infrastrutture passive necessarie allo sviluppo di reti a banda ultralarga sia mobile che fissa, e cioè fibra ottica. Le aree di intervento in ottemperanza agli orientamenti comunitari...
MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in un tentativo di sintesi, che spero coronato da successo, esprimerò il parere del Governo congiuntamente su tutte le dieci mozioni oggi all'ordine del giorno, auspicando che gli elementi da me addotti siano sufficienti per toccare tutte le questioni che sono state proposte.
Dirò immediatamente che gli obiettivi delle mozioni in esame sono pienamente condivisi dal Governo, nella consapevolezza che favorire la realizzazione di infrastrutture e di reti a banda larga significa mettere in opera uno strumento funzionale alle strategie di produttività, di crescita e di innovazione, in coerenza con l'Agenda digitale europea, che rappresenta una delle sette iniziative faro individuate nella più ampia strategia «Europa 2020».
Tanto premesso, e venendo più in dettaglio ai problemi della banda larga di base, osservo che, oggi, il divario digitale italiano, come risulta del resto dal molte delle mozioni presentate, riguarda il 5,6 per cento della popolazione. Infatti, ad oggi, 3,4 milioni di italiani, nella propria abitazione, non possono navigare su Internet veloce. Proprio per questo sono stati finanziati interventi volti ad accelerare il completamento del Piano nazionale banda larga, al fine di rispettare, così, il primo obiettivo dell'Agenda digitale europea, vale a dire garantire al 100 per cento dei cittadini la connettività, entro il 2013, ad almeno 2 mbps.
A tal fine, il Ministero ha emanato il 29 dicembre scorso un bando di gara - il quarto intervento attuativo del Piano nazionale banda larga -, che interessa le regioni Sicilia, Basilicata, Campania, Molise, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna e Veneto, che prevede un investimento di oltre 95 milioni di euro IVA inclusa a valere su fondi di origine comunitaria in gran parte relativi al fondo agricolo per lo sviluppo rurale. Tale bando è volto all'abilitazione e all'offerta dei servizi a banda larga mediante la costruzione di circa 2 mila chilometri di rete in fibra ottica in oltre 400 aree comunali e subcomunali, in prevalenza in zone ad alta intensità rurale e distretti produttivi, per un totale di oltre 458 mila cittadini. Per la realizzazione del progetto saranno occupate oltre 700 persone per tre anni.
Inoltre, il piano di azione e coesione inviato dal Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale al Commissario europeo per le politiche regionali il 15 novembre scorso finanzierà il Piano nazionale banda larga e, unitamente ad ulteriori fondi comunitari già impegnati, consentirà di azzerare, entro il 2013, il divario digitale nel Mezzogiorno.
Inoltre, vorrei segnalare che il Governo ha definito un progetto strategico denominato «Agenda digitale italiana» per lo sviluppo della banda ultra larga e dei data center. Si tratta di una iniziativa che prevede l'utilizzo diretto anche di fondi pubblici per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda digitale europea per il 2020.
Il citato progetto, elaborato dal Ministero dello sviluppo economico, è stato sottoposto a consultazione pubblica aperta a tutti gli stakeholders pubblici e privati. Il progetto in parola intende definire le misure per dotare l'Italia dell'infrastruttura necessaria a realizzare uno dei più importanti obiettivi dell'Agenda digitale europea, e cioè portare connettività ad almeno 30 mbps a tutti i cittadini, assicurando che almeno il 50 per cento delle famiglie si abboni a connessioni Internet da oltre 100 megabit.
Questo progetto strategico si sostanzia in due ambiti di intervento. Il sottoprogetto strategico banda ultralarga ambisce a sostenere gli investimenti nel settore, cercando di concentrare le risorse pubbliche nell'implementazione delle infrastrutture passive necessarie allo sviluppo di reti a banda ultralarga sia mobile che fissa, e cioè fibra ottica. Le aree di intervento in ottemperanza agli orientamenti comunitari...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la prego: qui i colleghi vorrebbero essere certi che nel giro di qualche minuto avremo i pareri sulle mozioni presentate.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Pag. 40Presidente, avrei ancora una cartella da leggere. Se lei ritiene che io debba dare i pareri immediatamente, posso...

PRESIDENTE. Se potesse sintetizzare e passare ai pareri sarebbe preferibile, grazie.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Va bene.
Il Governo ha ritenuto questo progetto strategico (l'agenda che prevede la banda ultralarga e poi il sottoprogetto strategico data Center il quale prevede lo sviluppo di sistemi che favoriscano le piccole e medie imprese e le pubbliche amministrazioni), riducendo i costi legati alle tecnologie dell'informazione, ai consumi energetici e rendendo più efficienti i sistemi di information communication technology pubblici e privati.
Vorrei concludere ricordando il decreto-legge in materia di semplificazione e sviluppo approvato lo scorso 27 gennaio. In questo decreto-legge è prevista l'istituzione di una cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana e, con il coordinamento degli interventi pubblici volti alle medesime finalità da parte di regioni, province autonome ed enti locali. In vista dell'istituzione della predetta cabina c'è stato un primo incontro fra i Ministri coinvolti.
Ecco, detto questo, sono pronto a dare il parere del Governo sui singoli impegni che vengono richiesti nelle singole mozioni.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora possiamo procedere con i pareri sulle singole mozioni.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Con riguardo alla mozione Della Vedova n.1-00828 il Governo accetta il primo capoverso del dispositivo, a condizione che sia così riformulato: «ad intraprendere tutte le iniziative di carattere normativo per ampliare la copertura territoriale e i servizi di accesso a banda larga, riducendo il divario digitale e accelerando lo sviluppo della banda ultralarga in via prioritaria nei distretti industriali, al fine di migliorare la competitività e la produttività del sistema economico nazionale». Il secondo capoverso del dispositivo è accettato dal Governo.
Con riguardo alla mozione Monai ed altri n. 1-00834, il Governo accetta il primo capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel modo seguente «a porre in essere ogni atto di competenza volto a garantire che l'istituenda cabina di regia diventi al più presto uno strumento concretamente capace di perseguire con efficienza ed efficacia gli ambiziosi obiettivi sanciti a livello comunitario dall'agenda digitale europea». Il Governo accetta il secondo e il terzo capoverso del dispositivo. Il quarto e quinto capoverso del dispositivo non sono accettati dal Governo.
Il Governo accetta il sesto capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «a porre in essere ogni atto di competenza volto ad assicurare un utilizzo efficiente dello spettro-radio in ossequio a quanto disposto dai principi comunitari sul punto, al fine di garantire la massima valorizzazione delle risorse frequenziali per lo sviluppo della banda larga mobile». Il settimo capoverso del dispositivo è accettato dal Governo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «ad incentivare la circolazione dei contenuti digitali, al fine di incrementare la dotazione informatica nelle aziende». Il Governo accetta l'ottavo e il nono capoverso del dispositivo.
Il Governo accetta il decimo capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «a valutare con particolare attenzione l'analisi di impatto che la Commissione europea ha formulato per il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda digitale e della strategia Europa 2020 nel campo delle telecomunicazioni». Il Governo accetta l'undicesimo capoverso del dispositivo.
Con riguardo alla mozione Misiti ed altri n. 1-00835, il Governo non accetta il primo capoverso del dispositivo. Il Governo accetta il secondo capoverso del Pag. 41dispositivo. Il Governo accetta il terzo capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «a favorire lo sviluppo di reti fisse e mobili di nuova generazione nel territorio nazionale e, in particolare, nei territori situati nel Mezzogiorno d'Italia». Il Governo accetta il quarto capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «a favorire iniziative per assicurare la funzionalità, il buono stato e il potenziamento delle reti esistenti.».
Con riguardo alla mozione Moffa ed altri n. 1-00836, il Governo non accetta il primo capoverso del dispositivo. Il Governo accetta il secondo capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «sostenere che entro il 2013, in coerenza con l'agenda digitale europea, la banda larga copra l'intero territorio nazionale, dando la possibilità a cittadini e imprese di accedere ad un'infrastruttura strategica basilare per il sostegno alla competitività». Il Governo accetta il terzo capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «a sostenere la realizzazione di reti a banda larga e ultra larga nelle regioni meridionali e insulari». Il Governo accetta il quarto capoverso del dispositivo.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, su cosa intende intervenire? Sta parlando il Governo.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, esattamente per questo. Mi permetta un umile suggerimento, sottosegretario. Se per un impegno che ha un intero capoverso si cambia la prima parola iniziale, probabilmente è sufficiente dire che si cambia quella senza rileggere ogni volta ogni capoverso, perché altrimenti temo che arriviamo alle 20 e stiamo ancora leggendo le riformulazioni degli impegni. Cioè, dove si cambia una parola basta dire qual è la parola che si cambia.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, penso che abbia capito il suggerimento dell'onorevole Giachetti.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, laddove sarà possibile, seguirò senz'altro il suo consiglio. Con riguardo alla mozione Lanzillotta ed altri n. 1-00837, il Governo accetta il primo, il secondo, il terzo, il quarto e il quinto capoverso del dispositivo. Il Governo accetta il sesto capoverso del dispositivo, a condizione che sia riformulato nel seguente modo «ad agevolare le procedure autorizzative relative alla realizzazione delle reti di nuova generazione, prevedendo anche, ove necessario, l'attivazione di poteri sostitutivi dello Stato in considerazione del carattere strategico e di impegno europeo di tali interventi».
Il Governo accetta la mozione Lo Monte ed altri n. 1-00838, a condizione che sia riformulata la lettera c) del primo capoverso del dispositivo nel senso di sostituire le parole: «una politica per lo spettro radio e per la liberazione di nuove risorse frequenziali e per lo sviluppo delle reti wireless a banda larga» con le parole: «una politica di razionalizzazione dello spettro radio». Il Governo accetta il secondo capoverso del dispositivo della mozione Lo Monte ed altri n. 1-00838.
Il Governo accetta il primo e il secondo capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839. Il Governo accetta il terzo capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839, purché riformulato nel seguente modo: «a promuovere una strategia che si dimostri adeguata a permettere ai cittadini e alle imprese di sviluppare rapidamente una domanda di accesso a servizi innovativi, per contrastare l'erosione della propria competitività attraverso innovazioni di processo». Il Governo accetta, altresì, il quarto capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839. Il Governo non accetta il quinto capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839. Il Governo accetta il sesto e il settimo capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839. Il Governo non accetta l'ottavo e il nono capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839. Il Governo Pag. 42accetta il decimo e l'undicesimo capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839. Il Governo non accetta il dodicesimo capoverso del dispositivo della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839.
Il Governo accetta la mozione Galletti ed altri n. 1-00840.
Il Governo accetta la mozione Valducci ed altri n. 1-00841, a condizione che sia riformulata la lettera a) del capoverso del dispositivo, laddove si dice «per assicurare lo sviluppo e la diffusione delle reti fisse e mobili di nuova generazione (...)», nel senso di sostituire le parole: «di nuove generazione» con le parole: «a banda larga».
Infine, il Governo accetta il primo, il secondo e il terzo capoverso del dispositivo della mozione Meta ed altri n. 1-00844 (Nuova formulazione). Il Governo non accetta il quarto capoverso del dispositivo della mozione Meta ed altri n. 1-00844 (Nuova formulazione). Il Governo accetta, altresì, il quinto e il sesto capoverso del dispositivo della mozione Meta ed altri n. 1-00844 (Nuova formulazione). Il Governo accetta il settimo capoverso del dispositivo della mozione Meta ed altri n. 1-00844 (Nuova formulazione), a condizione che il testo di cui alla lettera b) sia riformulato nel seguente modo: «a garantire che l'utilizzo di fondi pubblici per lo sviluppo per reti a banda ultralarga offra il livello più alto possibile di apertura della rete in modo da permettere a tutti gli operatori, a prescindere dal loro grado di infrastrutturazione, di offrire alla clientela i servizi innovativi consentiti dalla rete»; che sia espunta la lettera e), dove si parla di telelavoro; che nella lettera f), che riguarda l'informatizzazione della piccola e media impresa, la parola: «sostenere» sia sostituita dalla seguente: «favorire».
Con questo, signor Presidente, ho terminato di esprimere i pareri sulle mozioni presentate.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, non ha ancora espresso il parere sulla mozione Iannaccone ed altri n. 1-00860.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, ne prendo notizia solo in questo momento.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, questo mi meraviglia.
Diamo qualche minuto al Governo per esaminare la mozione Iannaccone ed altri n. 1-00860 (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Colleghi, per cortesia, può accadere a chiunque di non aver avuto la possibilità di esaminare tutti i testi. Il sottosegretario ha chiesto qualche minuto per esaminare la mozione. Nel frattempo noi potremmo passare alle dichiarazioni di voto finale o sospendere la seduta per qualche minuto.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, noi abbiamo capito, già da ieri, dato il modo in cui sono state presentate le cose, che questo Governo avrebbe bisogno di un'azione propedeutica per lo studio di come si affronta l'Aula. Credo che questo faccia parte di una mancanza di rispetto e di interesse verso il Parlamento, che si sta dimostrando in tutte le occasioni.
Signor Presidente, non si può chiedere - e lo dico a lei - che si sospenda o che si inizino le dichiarazioni di voto, aspettando che il Governo dia un parere su una cosa in cui le dichiarazioni di voto dovrebbero poi dare un significato.
Chiedo veramente un'azione della Presidenza, anche attraverso il Presidente Fini, di fare qualcosa con questo Governo. Ieri abbiamo sentito delle oscenità regolamentari, che non erano assolutamente accettabili, oggi abbiamo visto anche come è stato approcciato questo pomeriggio dal sottosegretario - non gliene faccio una colpa, per carità!, ma non si può continuare così -. Questo è il Parlamento: studiano, studiano, studino anche un po' i Regolamenti e come si viene in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole Volpi, in realtà, va dato atto al sottosegretario di Pag. 43aver fatto un lavoro alquanto dettagliato e approfondito su tutte le mozioni, al punto tale che abbiamo assistito ad una riformulazione molto precisa, a pareri molto puntuali. Quindi, francamente non mi sento di accogliere il suo invito, lo riterrei veramente fuori luogo.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, volevo dire che anche a me il sottosegretario è parso - e lo dico con grande sincerità - negli ultimi 15 anni della mia attività parlamentare, tra i più precisi e puntuali nelle riformulazioni (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi...

LUCA VOLONTÈ. Se mi fosse parsa un'altra cosa, lo avrei detto. Non sono come te, che non hai bisogno del microfono per esprimere i tuoi commenti.
Quindi, signor Presidente, la procedura mi sembra semplice: se il sottosegretario ha bisogno di qualche minuto per valutare la mozione...

PRESIDENTE. Il sottosegretario è già pronto, onorevole Volontè...

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, allora concludo ringraziandolo per la sua precisione.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, proceda pure ad esprimere il parere sulla mozione Iannaccone ed altri n. 1-00860.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, mi scuso per questo contrattempo, per questo equivoco, però purtroppo la vicenda di queste mozioni ha avuto un iter piuttosto travagliato, con una serie di rinvii.
Per quanto riguarda questa mozione, il Governo accoglie gli impegni richiesti.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà, per due minuti. Sarò inflessibile sui tempi.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, ho l'impressione che il Governo abbia scorporato dalle mozione alcuni dei passaggi più stringenti delle stesse. Ho firmato la mozione Meta e Gentiloni perché è molto precisa sull'agenda digitale, ma condivido anche le mozioni presentate dall'IdV, da Linda Lanzillotta, dalla Lega, da Futuro e Libertà, da forze diverse, che concordano sulla necessità dello sviluppo tecnologico, perché, sottosegretario, è anche una questione democratica, di accesso alle reti.
Al Governo sottolineo tre questioni, che sono a latere. La prima: il Governo eviti, sottosegretario, qualunque intervento surrettizio nei prossimi mesi su questioni delicate come l'ACTA. Sottoponga al controllo del Parlamento questioni che riguardano questi temi.
La seconda: è stato votato un ordine del giorno che prevede che entro maggio vi sia l'asta per le frequenze digitali, condiviso da moltissimi. Lì c'è una quota parte delle risorse per rendere credibile quello che oggi votiamo. Se dovesse saltare quell'asta, saranno chiacchiere, è un'occasione persa.
La terza: si parla in tutte le mozioni dell'Autorità di garanzia per le comunicazioni, sottosegretario, voi ne avete ridotto il numero dei componenti e va brevissimo, ma bisogna operare per aumentare i poteri rapidamente, per consentire interventi a salvaguardia dei mercati e delle liberalizzazioni. Troppo spesso le authority si sono arrese - e lei lo sa - davanti ai santuari della conservazione del conflitto di interessi. Per dare gambe a questa mozione occorre dare forza, struttura e competenza alla futura Autorità di garanzia delle comunicazioni, che scade tra poche settimane (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro, per due minuti. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, il parere favorevole del Governo sulla nostra mozione è l'inizio di un segnale di cambiamento. Io lo interpreto così. È un pizzico di attenzione a quella parte del Paese, il Sud, che è rimasta fuori dai programmi attuali di questo Governo, quella parte del Paese che non ha i treni, che non ha gli aerei, che non ha le autostrade. Speriamo che abbia la banda larga in tempi brevi.
Questo impegno del Governo io lo vedo appunto come un cambiamento di rotta, mi auguro che di qui a poco si presti maggiore attenzione a quella che è la situazione di un Meridione che sta vivendo questa grave crisi in modo drammatico, e ancora il peggio deve venire. Sono fermamente convinto che uomini di buon senso non possono immaginare un'Italia e il decollo della stessa senza far decollare il Sud, che per politiche disgraziate di precedenti Governi è rimasto indietro rispetto all'altra parte del Paese. È un auspicio, è una speranza di un popolo che credo abbia il diritto e il dovere di essere considerato come l'altra parte d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta, per tre minuti. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, credo che sia molto importante e significativo che oggi tutte le forze politiche in questo Parlamento indichino in modo convergente un obiettivo strategico per l'azione del Governo, quello di completare la rete a banda larga e di lavorare immediatamente per realizzare quella rete NGN, senza la quale la distanza tra l'Italia e le altre economie sviluppate si allargherà. Il rischio che noi paventiamo - e che mi auguro che l'attenuazione di molti degli impegni scritti nelle mozioni non riveli e non accentui questo rischio - è che si lasci trascorrere il tempo e che Europa 2020 diventi un po' come l'Agenda di Lisbona, una figura retorica che alla fine del periodo non vedrà realizzati gli obiettivi. Noi, signor sottosegretario, monitoreremo l'azione del Governo e chiediamo che la cabina per l'agenda digitale ci presenti presto un timing molto preciso per l'adozione degli interventi necessari.
Il Parlamento farà da stimolo e da faro costante perché questa, che è un'azione strategica per la crescita del Paese, non sia marginale, ma sia al centro della politica per la crescita e per le infrastrutture (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà per dieci minuti.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo ha dimostrato particolare sensibilità su questo tema, come è stato ricordato, non solo recependo, di fatto, in buona sostanza, le richieste che la nostra mozione, ma anche le altre, proponevano alla sua attenzione, ma, in qualche modo, anche anticipando questa mossa nel decreto sulle semplificazioni, come è stato ricordato, che contiene l'istituzione di questa cabina di regia prodromica all'adozione dell'agenda digitale italiana, che l'Europa ci chiede di adottare.
Quindi, da parte dell'Italia dei Valori vi è la disponibilità ad assentire e a consentire quelle modifiche che il sottosegretario ci ha prospettato e chiediamo all'Aula un voto favorevole su questa mozione, che ha una valenza strategica nella logica di dare una prospettiva di crescita al Paese e di uscire da quelle paludi della recessione in cui ancora ci dibattiamo, perché è ormai un fatto acquisito, notorio, da tutti riconosciuto, che la prospettazione di un incremento delle nuove tecnologie della telecomunicazione, delle nuove barriere del digitale, possono dare veramente un'iniezione importante all'economia, all'occupazione, alla competitività del sistema. Pag. 45
Noi in Italia - l'ho ricordato nella discussione sulle linee generali - abbiamo un handicap rispetto agli altri Paesi, che ci viene proprio da una bassa alfabetizzazione informatica dei nostri cittadini, complice, forse, l'età media piuttosto avanzata della nostra popolazione. Abbiamo anche una non spiccata attenzione del mondo delle piccole e medie imprese a utilizzare l'e-commerce piuttosto che i pagamenti telematici piuttosto che l'offerta dei prodotti sul mercato virtuale.
Di tutto questo il Governo è consapevole. Vogliamo che si attuino delle politiche tese ad implementare la capacità di relazionarsi da parte del cittadino non solo verso la pubblica amministrazione, ma nelle dinamiche quotidiane, commerciali, avvalendosi di questa grande opportunità che ci viene dall'agenda digitale europea.
Da questo punto di vista, voglio ricordare anche la necessità di un coordinamento, che, del resto, la cabina di regia vuole in qualche modo assicurare, tra le politiche nazionali, fino ad oggi un po' sopite su questo importante ganglio economico, e le iniziative messe in campo dalle regioni e dagli enti locali.
Vi è, quindi, bisogno di un coordinamento, di valorizzare quelle che possono essere le best practice già attuate, e bisogna anche considerare il sistema delle nostre aziende operanti nel settore, che certamente vedono l'incumbent Telecom Italia in una posizione dominante rispetto al tema della rete fissa di nuova generazione, della cosiddetta banda larga su fibra ottica.
Lì il Governo dovrà adottare, insieme all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tutti quei presupposti affinché sia rispettato il principio del libero mercato, della pari opportunità di accesso, senza discriminazioni di sorta, per gli operatori che si trovano oggi particolarmente vessati e penalizzati nella capacità di competere con l'operatore che ha, di fatto, già il dominio del mercato sulla rete fissa di tipo tradizionale, affidata al rame.
Anche qui, le possibilità di rendere questo mercato più competitivo sono direttamente proporzionali alla capacità di metterci al passo con l'Europa e di creare una maggiore qualità dei servizi per i cittadini ed effetti calmieranti sulle tariffe, in un mercato concorrenziale che punti al meglio, piuttosto che alla salvaguardia di potentati economici ormai fuori dal tempo.
Confido, quindi, che il Governo abbia ben chiara questa responsabilità. Da parte del gruppo Italia dei Valori vi è la disponibilità, come abbiamo già dimostrato in alcuni passaggi della vita di questo nuovo Governo, a dare un contributo positivo, non pregiudizialmente contrario, nella logica di fare il bene della nostra comunità e far progredire l'intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Popolo e Territorio accetta la riformulazione proposta dal Governo della mozione Moffa ed altri n. 1-00836, così come è stata approvata.
Vorrei svolgere alcune brevissime conclusioni e considerazioni.
La prima, già accennata dai colleghi, evidenzia un fatto purtroppo negativo per l'Italia, ossia il basso utilizzo del sistema Internet e di tutto ciò che è collegato alle possibilità di utilizzare questa risorsa che la telematica mette a disposizione e, soprattutto, il gap tuttora esistente tra le zone dell'area settentrionale della nazione e quelle dell'area meridionale dovuto, soprattutto, alla scarsa diffusione del sistema della banda larga nelle regioni del Meridione. Infatti, siamo il «fanalino di coda», insieme alla Grecia, nell'utilizzo delle pratiche favorite dalle connessioni dovute alla banda larga.
Quindi, accogliamo favorevolmente il proponimento di rendere disponibili 800 milioni di euro derivanti dal decreto-legge n. 78 del 2009 per realizzare queste infrastrutture. Raccomandiamo al Governo, così come abbiamo fatto in altre circostanze, Pag. 46di farsi garante, innanzitutto, di una leale e libera competizione tra operatori pubblici e privati, non solo per la realizzazione della rete, ma anche per la gestione della stessa, tanto da assicurare e favorire un equo accesso, in termini di costi, alla banda larga e ultralarga, rafforzando la concorrenza nei servizi e favorendo gli attori del mercato impegnati nella costruzione delle reti in fibra ottica per una corretta linea di investimento.
Quest'ultima affermazione mi sembra un elemento peculiare rispetto alle altre mozioni ancorché, ripeto, accettiamo la riformulazione proposta dal Governo, rimarcando però, come gruppo Popolo e Territorio, che, in un momento in cui pare siano imminenti le proposte per le liberalizzazioni, siamo particolarmente interessati che questo Governo tenga ferma la barra verso una reale liberalizzazione dei servizi, una reale concorrenzialità e una reale possibilità di accesso a tutti i concorrenti.
Riteniamo che la competizione sia, come dicono i filosofi ed economisti liberali, un'espressione di collaborazione perché è nella competizione che ciascuno offre il meglio di sé al più basso prezzo e, in tal modo, si favorisce sia un'idonea realizzazione delle reti a banda larga ed ultralarga, sia un'equità e una facilità di accesso, anche in termini di costo, a queste stesse infrastrutture.
Quindi, siamo ben lontani dall'idea che lo Stato debba gestire e debba utilizzare in regime di monopolio queste opportunità perché, se liberalizzazione deve essere, questa deve essere reale, concreta e posta a vantaggio non tanto dei grand commis di Stato o delle partecipazioni statali, ma del mercato di concorrenza, che è sempre la migliore espressione e la migliore garanzia di efficienza e di economicità (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo e Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toto. Ne ha facoltà.

DANIELE TOTO. Signor Presidente, come abbiamo avuto modo di ricordare in sede di discussione sulle linee generali, una delle premesse di questa mozione sta nella competizione globale, alla quale anche l'Italia è chiamata a partecipare e che impone di adeguare gli strumenti tecnologici utilizzati agli standard dei Paesi più avanzati.
Tra questi strumenti di fondamentale importanza è senza dubbio la banda larga, ossia la capacità della rete informatica in termini di quantità e di velocità di trasmissione di dati.
Ciò che deve essere assolutamente evitata è l'inerzia rispetto allo sviluppo di un settore dal quale dipendono in misura decisiva e sempre più rilevante le prospettive di crescita a livello globale e la capacità dell'Italia di rimanere tra le economie più sviluppate. Questo è uno dei passaggi fondamentali di quella che è stata la relazione approvata all'unanimità e licenziata dalla Commissione IX nel 2008 per quanto riguarda l'indagine conoscitiva sulla banda larga.
La banda larga, dunque, come strumento decisivo è rilevante per la permanenza del nostro Paese nel novero delle economie più avanzate del mondo. Come è stato evidenziato in sede di discussione sulle linee generali, questa nella sua essenzialità è la ratio di una mozione concernente iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga.
È di tutta evidenza, infatti, che lo sviluppo di reti di nuova generazione rappresenti una delle chiavi tra le più importanti della modernizzazione di un Paese e, nel nostro caso di specie, in quanto criterio primario di competitività, di produttività oltre che di crescita e di innovazione.
Ebbene, in questo caso, come è stato ricordato, purtroppo, noi non siamo nelle condizioni migliori rispetto a quelli che sono qui i nostri competitors europei di pari livello. La nostra penetrazione per quanto riguarda la banda larga è pari circa al 22 per cento della popolazione, contro il 30 per cento di quello che si attesta in Francia e Germania. Per quanto Pag. 47riguarda, invece, la fibra ottica la penetrazione è del 10 per cento e gli investimenti sono fermi da molti anni.
Sono notevoli le analisi ed una in particolare è assolutamente autorevole, quella della Banca mondiale del 2009; esse dimostrano come ci sia una correlazione più che stretta tra lo sviluppo di un Paese e la penetrazione della banda larga. Nello studio della Banca mondiale si evidenziava che ad un aumento del 10 per cento della penetrazione della banda larga si assommava una capacità di crescita del PIL pari a 1,21 per cento.
Noi dobbiamo anche ricordare che questa mozione cade in un momento di grande criticità, ovvero di passaggio dopo che finalmente - dopo due anni - l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha dettato le nuove regole per le infrastrutture in fibra ottica. Come ha avuto modo di dire il presidente Calabrò in sede di audizione presso la IX Commissione, l'unbundling c'è e devo dire che non poteva essere altrimenti, vista la richiesta espressa da parte della Commissione europea. La previsione dell'unbundling, però, è temperata dalla previsione «ove tecnicamente possibile». Noi sappiamo che la rete di GPON, quella scelta dall'ex monopolista, non prevede la possibilità tecnica che ci sia un unbundling.
Oltre ciò, l'Autorità è intervenuta attraverso un principio, che è il sistema end to end, con il quale l'ex monopolista, su richiesta degli OLO, cioè dei cosiddetti nuovi players del mercato, si obbliga a portare la fibra. Ma già qui vi è un primo problema di criticità e cioè il corrispettivo, il prezzo che dovrebbe essere pagato per l'accesso. Anche qui, rispetto alla dichiarazione in Commissione, il presidente Calabrò è stato molto chiaro, e cioè si prevede la possibilità di un canone in luogo di un usufrutto. Noi guardiamo con molto favore a questa soluzione. Ricordiamo che la possibilità di un usufrutto avrebbe inciso sulla responsabilità degli OLO per quello che riguarda poi il rischio e si sarebbe arrivati, inoltre, ad un differimento delle decisioni finali strategiche sulla banda larga.
Qui bisogna essere molto chiari e molto diretti circa le prospettive di proiezione futura di un sistema certamente complicato, ma anche volano di sviluppo economico.
Occorre senza dubbio, dunque, definire un modello in grado di coniugare lo stimolo agli investimenti, eventualmente anche attraverso compartecipazione pubblica, creando al contempo le condizioni per una reale possibilità di competere. Ciò vuol dire senza dubbio che la costruzione di più reti in fibra - e ciò va detto forte e chiaro - parallele tra loro non è economicamente possibile, questo va precisato e rammentato, ma è anzi possibile e necessario incentivare forme di coinvestimento per la costruzione di un'unica rete che deve essere aperta e competitiva. E in questo caso va salvaguardato il principio della unbundling, e tale principio deve essere inoltre, rispetto all'ex monopolista, contemperato con un'azione di possibili condizioni di accesso che non possono che essere vantaggiose economicamente per gli operatori OLO e quindi per gli operatori alternativi.
Ebbene, il tema della banda larga è un tema di sviluppo del Paese, ed è un tema di vitale importanza, è un tema per il quale è stata individuata in circa 10-15 miliardi di euro quella che dovrebbe essere la spesa per una ricostruzione del sistema di banda larga nel Paese.
È importante che il Governo abbia ipotizzato che vi siano 800 milioni di euro, ma è necessario che ci si muova sotto questo aspetto perché - come abbiamo detto - la costruzione della banda larga rappresenta non solo una possibilità per questo Paese ma una crescita di competitività, di salvaguardia di quelli che sono gli strumenti economici di questo Paese, e di finale sviluppo di quello che noi possiamo e dobbiamo fare (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

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ROBERTO RAO. Signor Presidente, colleghi, sottosegretario, oggi in Aula manifesteremo una larga convergenza, al di là delle diverse mozioni, su una questione che ormai per fortuna è diventata patrimonio comune, e questo comune sentire l'abbiamo già registrato nel corso della discussione sulle linee generali per quei colleghi che erano presenti, e ha dimostrato come sia unanime la consapevolezza di quanto sia strategico lo sviluppo di Internet e della rete per la crescita del nostro Paese.
Su questo punto non c'è più nessuna riserva mentale tra di noi. In ciascuna mozione (questo è un dato certificato, al di là delle riformulazioni, delle parti accolte) è evidenziata la necessità di maggiore copertura della rete, la necessità di avere Internet più veloce, di capire che questa è un'occasione di sviluppo economico, cioè un volano irrinunciabile per la crescita del sistema Italia.
A questa consapevolezza si è aggiunta un'altra scelta motivata e impegnativa del Governo: dare il via ad una cabina di regia per l'agenda digitale. Non più annunci, non più promesse di attenzione, non più slogan elettorali dove una delle tre «i» era appunto Internet (ma poi ce lo siamo dimenticati con il tempo), ma fatti e atti concreti che nelle prossime settimane potremo valutare ed eventualmente apprezzare.
L'approvazione di queste mozioni e l'istituzione della cabina di regia del Governo segue altre iniziative intraprese nel corso di questa legislatura e di cui dobbiamo pure dare atto anche al precedente Governo. Ad esempio, la semplificazione per il wi-fi free e la modifica del cosiddetto decreto Pisanu sull'accesso appunto alla rete wi-fi senza inutili procedure burocratiche. È inutile dire che procedure burocratiche complesse rappresentano una contraddizione fattuale, in termini, rispetto alla semplificazione connessa all'uso della rete.
Insomma, se tutto questo andasse in porto potremo ben dire di aver compiuto in questa legislatura un significativo passo avanti sulla strada della modernizzazione di questo Paese.
L'ultimo tassello per completare questo importante lavoro potrebbe essere l'approvazione di un disegno di legge che definisca quelle misure urgenti per lo sviluppo della domanda di servizi digitali. Questa mattina ne scrive anche Il Corriere della Sera prendendo spunto da un pacchetto di norme elaborato dal collega Gentiloni e che mi vede tra i proponenti. È stato dato atto anche ad altri colleghi (a colleghi di altri partiti) che stanno lavorando nella medesima direzione. Quindi, c'è un comune sentire, una comune necessità di legiferare in questa direzione e possibilmente di farlo con un'ampia maggioranza.
Sarebbe un'occasione irripetibile per varare una legge di sostegno e supporto anche al lavoro della cabina di regia insediata dal Governo.
Sul piano degli investimenti della rete certo c'è ancora molto da fare, ma quando un obiettivo è largamente condiviso e si lavora tutti nella stessa direzione con più facilità potremo sperare di raggiungerlo. C'è da colmare questo spread digitale tra Italia ed Europa, ma anche tra nord e sud del Paese.
Ci sono ancora intere comunità - lo hanno ricordato prima i colleghi - prive della possibilità di connettersi ad Internet, come è stato illustrato in diverse mozioni oggi al nostro esame.
Occorre intervenire per realizzare la banda ultralarga, per evitare anche di trovarci a completare un tipo di copertura e scoprire poi che questa stessa copertura, nel momento in cui è completata, rischia di essere obsoleta. Ma, intanto, prioritariamente, sarebbe bene garantire almeno l'ADSL minima per tutti, una specie di salario minimo garantito.
Una velocità di connessione adeguata che permetta in pochi mesi di rendere Internet davvero accessibile a tutti gli italiani, anche a quei 5 milioni che si trovano in condizioni di grave divario digitale. Più di tremila centri abitati soffrono, Pag. 49infatti, di un deficit infrastrutturale che rende estremamente più complessa la vita dei cittadini.
Non possono esistere - e questo Governo lo ha capito - cittadini di serie A e cittadini di serie B. Più banda larga per restringere il Paese. Non possiamo avere - ripeto - uno spread digitale tra nord e sud come tra l'Italia e il resto d'Europa. Per usare un'immagine già vista occorre che in ogni parte d'Italia ogni cittadino possa aver diritto ad aprire un garage e, come Steve Jobs, con creatività, merito e capacità, costruire dal nulla una delle più grandi aziende dell'era tecnologica. Questa è una grande opportunità, soprattutto per quella parte del Paese - parlo del Mezzogiorno - che ha più problemi con le altre infrastrutture. Un impegno grande che deve vedere protagonisti tutti i livelli istituzionali dello Stato, compresi comuni, regioni e province - e abbiamo già degli esempi virtuosi in questo senso -, non per inseguire una moda della Rete, ma perché ormai si è ben compreso che la sfida all'innovazione tecnologica è una delle strade principali da perseguire, forse la principale, per realizzare uno degli obiettivi che in questa fase politica ed economica ciascuno deve porre al centro della sua attenzione: la crescita, l'efficienza, la concorrenza e il merito, uniti, ovviamente, al contenimento dei costi dell'apparato dello Stato.
Lo studio di Confindustria su questo secondo punto è chiarissimo: i risparmi per il nostro Paese potrebbero essere quantificati in quasi 40 miliardi di euro all'anno fra privato e pubblico, grazie allo sviluppo decisivo del telelavoro, dell'e-learning (1,4 miliardi di euro) e dell'e-government, alla digitalizzazione degli adempimenti fiscali e amministrativi, a risparmi enormi in termini di tempi e costi, anche sul versante sanitario e del settore giustizia - ne abbiamo parlato ieri -, tanto per citare due ambiti da cui i cittadini si aspettano proprio velocità, efficienza e semplificazione.
Per sviluppare, però, questa realtà, certi che il Paese ha in sé grandi potenzialità su questo settore, è necessario investire nell'infrastruttura necessaria su cui sviluppare il web, altrimenti, come ho detto durante la discussione sulle linee generali, è come avere un aereo molto tecnologico pronto a partire, ma non avere poi la pista per il decollo.
Attenzione a non concentrare tutto il nostro impegno solo su banda larga e ultralarga; la tecnologia evolve con tempi così rapidi che investire solo su un'opzione per lungo tempo, che potrebbe poi risultare obsoleta, non sarebbe un buon servizio agli utenti della Rete, ma siamo certi che la cabina di regia sarà molto attenta anche a questo tema.
Sarebbe sbagliato ridurre la questione solo a un problema di risorse e investimenti. Occorre superare anche un gap culturale che ci separa da altri Paesi. Esistono sacche di resistenza, sia nel privato che nel pubblico, nella pubblica amministrazione e nelle altre professioni, resistenze al cambiamento, resistenze spesso culturali, che il più delle volte fanno capo a persone poco alfabetizzate digitalmente, che hanno paura del nuovo e che, magari, spesso lo temono e, quindi, scoraggiano queste iniziative nella pratica quotidiana.
Per usare il linguaggio di Twitter, probabilmente questi andrebbero tutti «defollowati». Per questo occorre affiancare allo sviluppo della banda larga, all'interno della cabina di regia, la definizione di un piano per la scuola, per la formazione e l'aggiornamento dei lavoratori pubblici e privati che incentivi ancora di più la diffusione di una cultura digitale adeguata a tutti i livelli. Parole come PEC, la posta elettronica certificata, la firma digitale, che diamo troppo spesso per acquisite e scontate, ancora oggi non lo sono per tutti. C'è ancora molta zona grigia su cui lavorare.
Per queste ragioni sono convinto - e concludo signor Presidente - che un nuovo confronto parlamentare su un disegno di legge in questa materia, come quello richiamato all'inizio del mio intervento, sia non solo utile, ma necessario. Ringrazio ancora il collega Gentiloni Silveri per essersi fatto promotore di un impegno fattivo in questo senso che sono Pag. 50certo verrà condiviso nelle prossime ore anche dalle altre forze politiche che hanno già annunciato iniziative in questo senso, a partire dal Popolo della Libertà.
Quanto abbiamo ascoltato in sede di discussione sulle linee generali, quanto abbiamo fatto nei mesi scorsi e quanto emerge anche nelle diverse ipotesi di lavoro lascia ben sperare. Si tratta ora di lavorare e passare dalle parole ai fatti. Da qui alla fine della legislatura dobbiamo realizzare l'ultimo tratto di strada, vorrei dire quasi l'ultimo miglio necessario a centrare l'obiettivo. E se dovessi sintetizzare, signor sottosegretario, su Twitter queste parole e questo intervento direi che la banda larga per tutti non è un costo, ma un investimento che può farci risparmiare, tra pubblico e privato, circa 50 miliardi di euro e, ovviamente, metterei l'hashtag su agenda digitale (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, nel 1992 addirittura, alla corsa per le presidenziali, Clinton aveva messo al primo posto nella sua agenda dell'amministrazione statunitense le autostrade digitali. Dopo gli Stati Uniti sono arrivate Cina, Corea, India e Australia, che hanno investito ingenti somme di privati e del pubblico per l'infrastrutturazione.
Qui sono passati vent'anni e siamo esattamente ancora come eravamo nel 1992 o poco ci manca, in quanto siamo ancora alle prese con il monopolista Telecom, siamo ancora alle prese col fatidico doppino di rame. Non è certamente il cavo che porta con sé la modernizzazione o è elemento di moltiplicazione dell'economia, ma è ciò che consegue all'utilizzo del cavo, della rete in fibra, a creare un'organizzazione diversa dell'economia e a sviluppare delle opportunità che poi diventano anche opportunità di crescita. Basti pensare che al G8 a Parigi sono stati valutati, ogni due posti di lavoro resi obsoleti da parte del digitale, nuovi 5 posti di lavoro acquisiti, quindi un moltiplicatore anche di occasioni di occupazione.
Noi in questo panorama a che punto siamo? Noi siamo ad un punto disperato dal punto di vista della rete fissa. Mentre l'effetto del monopolista ha creato importanti opportunità anche grazie alle liberalizzazioni fatte per quanto riguarda il mobile, dove noi eccelliamo e dove riusciamo a creare una finestra su Internet, dove abbiamo degli indici che sono ben al di sopra di quelli europei, per quanto riguarda la rete fissa siamo ancora al palo. Allora vediamo cosa significa poi in termini concreti, perché se noi negli ultimi quattro anni abbiamo 300 mila utenti e quel numero non cambia, c'è qualcosa che non funziona, non funziona nelle politiche del Governo e non funziona nelle politiche industriali.
E mentre qua dormiamo altrove investono. Basti pensare alla Gran Bretagna, dove col Digital Britain hanno investito al punto di avere il 7,2 per cento del prodotto interno lordo per quanto riguarda l'industria di Internet e di avere, quindi, una quota ben più importante di quella riservata alla sanità. Per avere un termine di paragone, noi siamo fermi al 2,6 per cento; oppure alla Germania, dove stimano una crescita europea di oltre un milione di posti di lavoro o alla Francia, dove hanno messo sul piatto qualcosa come 4,5 miliardi.
È evidente che il punto fondamentale è la circolazione dei contenuti, delle transazioni e delle forme di comunicazione che contribuiscono a sviluppare l'ecosistema digitale, quindi a creare occasioni per la crescita e il recupero, per quanto ci riguarda, di competitività e la conseguente competitività anche a livello internazionale; oltreché la produttività anche la qualificazione dell'occupazione conseguente.
Ogni dieci punti di penetrazione della banda larga equivalgono ad un risparmio stimato - e questo è un calcolo fatto dalla Banca Mondiale - a 40 miliardi di euro. Quindi non staremmo qua a parlare di tagli, non staremmo qua a fare quello che voi avete fatto in modo pessimo con i tagli Pag. 51a cui ci avete abituati, ma staremmo parlando di crescita e di sviluppo. Allora vediamo com'è possibile attuare questo sviluppo. Prima di tutto noi abbiamo un problema che si chiama Telecom Italia e da questo non possiamo uscire.
C'è un incumbent che è proprietario della rete, che la utilizza ed impedisce l'accesso ad altri, non c'è autorità che tenga, che fa lobbying, e la sa fare bene. Ognuno sa fare i propri interessi: loro sanno fare i loro, mentre purtroppo, noi, il Parlamento italiano, non riusciamo a fare gli interessi di coloro che ci hanno eletto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi non siamo in grado e non siamo stati in grado di fare ciò; io per primo, che ho fatto parte di molti Governi in passato e ho governato otto anni sugli ultimi sedici, diciassette, ho le mie responsabilità.
C'è un dato di fatto incontrovertibile: questi soggetti hanno realizzato un cartello e stanno bloccando lo sviluppo e la crescita del nostro Paese. Noi stiamo facendo dei ragionamenti che, negli Stati Uniti, facevano nel 1992. Questa è una vergogna, è un ritardo abissale che noi ci portiamo dietro in termini di crescita e di sviluppo!
Dopo di che, certo, abbiamo creato un'economia, quella degli smartphone, del 4G: abbiamo visto come ha funzionato e quanto è andata bene la banda. Io mi ricordo, parlando con Tremonti, che si aspettava ben altri ricavi, di molto minori rispetto a quelli che sono arrivati. È logico che se c'è un'attesa, se c'è una richiesta di servizi, che, poi, vengono alimentati, il mercato si crea e si sviluppa. E quello è stato il nostro mercato, la nostra fortuna: laddove era bloccata la rete fissa, si è sviluppata quella mobile.
Qui interviene un ulteriore ragionamento che noi facciamo e che vogliamo che il Governo affronti, senza fare lo struzzo e senza nascondersi sotto la sabbia. Qui si tratta di affrontare un problema che è alle porte: sappiamo benissimo che, a Ginevra, la World radiocommunication conference di quest'anno deciderà di mettere a disposizione della broadband altre frequenze (stiamo parlando dei canali dal 50 al 60). Quindi, voi cosa volete fare? Qual è la vostra idea?
Signor sottosegretario, lei ha appena dichiarato di non essere favorevole su un passaggio fondamentale della nostra mozione, tra i più innovativi: quello in cui si parla di neutralità della rete (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e si torna a quel concetto contenuto nella cosiddetta legge Gasparri, che, fino a prova contraria, non avete ancora abrogato, in cui l'operatore di rete fa l'operatore di rete e mette a disposizione le risorse per chiunque voglia fornire contenuti. Questo è ciò che in Italia non viene fatto, perché c'è Telecom da una parte e ci sono altri operatori nel sistema radiotelevisivo nazionale duopolista, dall'altra parte, che lo impediscono.
Pertanto, quali sono le nostre proposte? Ovviamente, la neutralità, in linea con le direttive europee. Non possiamo, a fasi alterne, richiamarci all'Europa, laddove, invece, finalmente, questa può essere un'occasione di sviluppo.
Voi, inoltre, state parlando di liberalizzazioni: ci state «menando il torrone» con le liberalizzazioni, passando dai tassisti alle farmacie, quando c'è una sola ed unica liberalizzazione che si può fare con riferimento ad una risorsa pubblica. Mi riferisco all'etere e, di conseguenza, anche a ciò che sarà con la concessione dello Stato per quanto riguarda le reti di comunicazione. Voi neanche affrontate questo tema. Voi, ancora una volta, cedete alle lobby, cedete alle lusinghe di chi conta, non credo in termini elettorali, ma probabilmente, in termini di moral suasion, laddove conta, dove c'è il vostro mandante.
Il punto è che al Paese non serve la finta rete in rame da 2 megabit: al Paese serve la banda larga e ultralarga (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Altrove stanno ragionando in termini di 100 megabit. Certo, altrove non hanno il Governo più vecchio della storia della Repubblica italiana e anche del continente, perché voi sapete di avere un'età media di 63 anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

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PRESIDENTE. La invito a concludere.

DAVIDE CAPARINI. Stavo spulciando tra i vari Primi ministri europei e, soprattutto, ho collegato l'età media di chi governa rispetto allo sviluppo del digitale. Guarda caso, in Danimarca, che ha un Premier di 44 anni e un Ministro dell'economia di 27, si ha la maggiore penetrazione e diffusione della banda larga. Sarà un caso, sarà assolutamente un caso, ma, forse, il Governo sta capendo l'importanza strategica del tutto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

DAVIDE CAPARINI. Concludo, signor Presidente, ma aggiungo che il rappresentante del Governo ha sbagliato registro dando un parere contrario sulla richiesta - e su questo saremo spietati - di una rete neutrale, economica, aperta a tutti. Ma dove cavolo vivete? Siamo nel terzo millennio!

PRESIDENTE. Onorevole Caparini, ha terminato il tempo a sua disposizione, deve concludere, con parole più consone.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, dove vivete? Mi scusi, ma dove vive lei? Io ho usato un termine corretto. Sto parlando direttamente al rappresentante del Governo...

PRESIDENTE. Mi riferivo all'ortaggio!

DAVIDE CAPARINI. ...e non si permetta di interrompermi. Non si permetta di interrompermi!

PRESIDENTE. Le tolgo la parola, onorevole Caparini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi l'Aula ha discusso ampiamente, e l'aveva già fatto durante il corso della discussione sulle linee generali, su un tema rilevantissimo. È stato detto da tutti, in maniera più o meno unitaria anche se con toni diversi, rispetto ad un tema rilevante per il futuro del Paese, e cioè la necessità dello sviluppo dell'infrastruttura della rete a banda larga.
Tanti colleghi intervenuti prima di me hanno citato studi importanti dell'OCSE, della Banca mondiale, di Confindustria, quindi eviterò di ritornare su questi temi. Tutti questi studi rilevanti, comunque, hanno certificato come gli investimenti nello sviluppo del servizio di banda larga abbiano la possibilità di un ritorno consistente in termini di crescita economica, di innovazione, di produttività del sistema Paese. A questo scopo, è già stato ricordato, l'Europa ha definito una agenda, per il 2020, in cui si danno degli obiettivi ambiziosi: la copertura totale in termini di popolazione entro il 2013, del 100 per cento, con obiettivi di crescita della velocità in megabit pari a una prima tranche di 30 megabit, una seconda di 100 megabit e poi, parallelamente alla diffusione dell'infrastruttura, la diffusione dell'utilizzo di questi servizi. È questo il tema su cui io mi vorrei soffermare perché molti colleghi si sono soffermati sulla realizzazione delle infrastrutture, della fibra ottica, degli investimenti come elemento vitale affinché questo servizio si diffonda; occorre però investire anche in termini, direi, culturali. Infatti, la bassa diffusione dell'accesso alla rete, dell'utilizzo dell'e-commerce, dell'utilizzo dei servizi di pubblica amministrazione attraverso Internet, il basso utilizzo del sistema da parte delle piccole e medie imprese per la collocazione sul mercato dei loro prodotti non è solo e tanto un dato legato alle carenze di diffusione della rete di infrastrutturazione; tali carenze ci sono, sono rilevanti, necessitano di investimenti, soprattutto laddove c'è una domanda bassa, ma sono scarsamente diffusi per un deficit culturale. Allora, la discussione, e l'occasione che ci è data da questa mozione, deve servire anche a questo: deve essere uno stimolo al Governo affinché da una parte si intervenga con investimenti nelle infrastrutture, dall'altra si investa nella crescita culturale del sistema Paese perché, una volta dotato di infrastrutture, ma anche laddove queste infrastrutture in Pag. 53realtà ci sono già, ne venga incrementato l'utilizzo. Ad oggi, la nostra rete è sottoutilizzata rispetto alle potenzialità, non adeguata, non sufficiente, ma ancora sottoutilizzata.
Certo, pesano questi tre anni passati, perché in questi tre anni il Governo si è occupato d'altro. Il collega della Lega che è intervenuto utilmente prima di me, lo ha detto chiaramente: in questi tre anni ci si è occupati di altro (direi di TV digitale, ammesso che questo sia stato utile); si sono tolti e rimessi gli 800 milioni previsti nel bilancio dello Stato per intervenire in questo settore, tolti e rimessi così tante volte che nel frattempo non è stato fatto niente perché questi venissero utilizzati. L'occasione di oggi invece e un'occasione proficua; le mozioni registrano uno spirito unitario pur nella differenza dei toni e registrano l'apertura di una fase nuova.
Quindi, siamo contenti e orgogliosi, come Parlamento, di svolgere un ruolo propositivo e di sollecitazione al Governo, affinché in questo settore si riprenda l'iniziativa, andando a dotarsi, innanzitutto, in tempi rapidi, di un'Agenda digitale nazionale, che individui e realizzi concretamente gli interventi necessari per il raggiungimento degli obiettivi europei, e che intervenga anche su tali temi in termini di diffusione di consapevolezza collettiva, anche attraverso misure, a volte, tese a semplificare le disposizioni amministrative per l'utilizzo di questi strumenti. Direi che oggi si raggiunge un traguardo importante.
Colgo, infine, l'occasione per segnalare che è stata depositata una proposta di legge di iniziativa parlamentare, sostenuta dal PD e dal Terzo Polo, proprio per lo sviluppo dell'Agenda digitale. In questo senso, ci auguriamo che l'approvazione di queste mozioni rappresenti uno stimolo affinché questa proposta approdi il più rapidamente possibile nelle Aule di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, è stata molto opportunamente richiamata, sia dalla collega Velo, che mi ha preceduto, sia, con grande competenza, dal collega Rao, ma anche dagli altri colleghi, la larga convergenza di tutte le forze politiche su una questione ormai condivisa da tutti, e cioè che lo sviluppo del digitale è certamente strategico per lo sviluppo dell'Italia.
Da questo punto di vista credo che questa larga convergenza nasca anche dalla consapevolezza che la politica ha grandi responsabilità, per la distanza che ci separa ancora dal resto del mondo e dalla stessa Europa, di cui pure noi siamo soci fondatori. Si tratta di una responsabilità che, ovviamente, non va ugualmente ripartita, ma che certamente, in questi anni, ha pesato fortemente.
Pare che l'Italia non si sia mai sufficientemente resa conto che l'economia mondiale è profondamente cambiata in questi anni. La prima azienda al mondo per capitalizzazione è oggi la Apple, il cui valore di mercato equivale a quello di ventesima potenza economica della Terra, abbastanza per ricostruire la Grecia e abbastanza per risparmiare al nostro Paese una decina di manovre «lacrime e sangue».
Tuttavia, è ormai anche per noi un elemento di certezza - anche perché supportato da stime di studiosi e di organismi internazionali - che la diffusione delle tecnologie dell'informazione è alla base del recupero di produttività di un Paese, in quanto ne migliora la competitività internazionale e crea nuova occupazione qualificata. Da questo punto di vista è molto interessante il documento introduttivo al G8 di Parigi su Internet, il quale ha stimato che, sul versante dell'occupazione, il digitale comporta passaggi certo non privi di ripercussioni sociali per il numero di posti di lavoro che rende obsoleti, ma con un saldo netto assolutamente positivo tra posti di lavoro persi e posti di lavoro nuovi.
Studi di livello internazionale ci indicano che le reti intelligenti e di nuova generazione possono promuovere la crescita Pag. 54e generare risparmi. È accertato, parimenti, quasi una prova al contrario, che tra le cause del ristagno della nostra produttività vi è anche l'insufficiente utilizzo delle nuove tecnologie.
Le reti di nuova generazione sono autostrade informatiche in grado di veicolare traffico di dati a grandissima velocità, in sicurezza e senza strozzature. Per questo, e consapevoli di questo, ci sono Paesi come gli Stati Uniti, la Cina, l'India e l'Australia che investono in maniera molto significativa capitali pubblici e capitali privati e anche nei Paesi europei più digitalizzati come la Gran Bretagna, la Scandinavia e l'Olanda si va investendo, perché si è compreso, appunto, che queste autostrade sono il fondamento per realizzare la svolta digitale.
Non sono le autostrade, non sono i cavi a produrre ricchezza in sé, ma sono le loro prestazioni a rendere possibile l'accelerazione della crescita e dello sviluppo. L'Italia, lo abbiamo detto, sin troppo, sconta anche in questo campo una grande arretratezza storica legata allo scarso sviluppo economico ed industriale di alcune aree del territorio, sia, anche, la gestione per lungo tempo inefficace del gestore pubblico monopolistico.
In questo momento storico però, di rapido sviluppo tecnologico, proprio questo stato di arretratezza può rappresentare almeno una maggiore opportunità in termini di remunerazione dell'investimento nel campo delle reti intelligenti di nuova generazione, perché i benefici che se ne trarrebbero in termini di incremento di PIL sarebbero maggiori per l'Italia che per gli altri Paesi europei.
Voglio ricordare che si calcola che il PIL potrebbe crescere in pochi anni in Italia di 6-7 punti, contro i 3-4 punti di altri Paesi grazie ad un adeguato sviluppo delle reti. L'arretratezza del nostro Paese è d'altra parte sottolineata dai dati dell'Osservatorio europeo dell'agenda digitale di cui l'Europa si è dotata con l'intento di raggiungere i 101 obiettivi che sono già stati richiamati.
In particolare, perché ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando, vorrei ricordare che tra questi c'è il 100 per cento di copertura della popolazione entro il 2013 e il 100 per cento di copertura con un collegamento di velocità maggiore a 30 megabit per secondo al 2020.
Ma in questo momento in Italia stiamo discutendo dell'estensione della banda larga tradizionale ADSL fino a 20 megabit per secondo quando in altri Paesi lo standard di riferimento è già a 30, 50 e 100. Spesso nelle aree già coperte la stessa banda di 20 megabit al secondo propagandata dai gestori principali è di fatto una chimera.
Noi siamo appunto ben lontani dai traguardi del 2020 e questo Governo dovrà scontare e assumersi tutto il peso di recuperare il tempo perso. Siamo ben lontani dai traguardi anche se gli italiani che nella connessione in fibra sono fermi a 300 mila utenze e a poco più di 13 milioni di accessi a banda larga fissa ricorrono però in misura superiore alla media europea al mobile che non assicura tuttavia le stesse prestazioni del fisso.
La rete mobile, come è noto, non ha le stesse performance della rete fissa, ma soprattutto ha bisogno per svilupparsi dei collegamenti in fibra tra stazione radio base e centrali. Il ritardo italiano è reso ancora più grande rispetto a quello semplicemente delle infrastrutture quando andiamo a verificare il livello di alfabetizzazione e l'offerta dei servizi online a cittadini e imprese realmente attrattive.
Dai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall'educazione alla sanità e ai servizi garantiti dai comuni, il divario tra nord e sud, tra amministrazioni virtuose e amministrazioni pigre e incapaci è grande. Come sempre, abbiamo di fronte a noi due Italie. Il digital divide divide il nostro Paese, oltre che allontanarci dall'Europa. Occorre fare nostro, parafrasandolo, il pensiero che fu di Steve Jobs: non si può pretendere che la gente chieda ciò che ancora non conosce, ma non si può pretendere che la gente chieda ciò che non conosce e che non gli serve.
Bene, dunque, signor sottosegretario, che il decreto-legge sulle semplificazioni abbia messo lo sviluppo dell'economia digitale Pag. 55tra le priorità dell'agenda del Governo. Bene che abbia aperto concretamente la strada ad una stagione di cambiamenti per l'Italia, attuando un'agenda digitale e una cabina di regia. Occorre ora davvero investire. Il PD ha una proposta di legge - lo ha ricordato la mia collega poco fa -, da tempo depositata, per l'accesso universale alla rete.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Zampa.

SANDRA ZAMPA. Da questa potremo ripartire almeno per eliminare la divisione tra nord e sud (Commenti). Se non vi interessa, potete uscire. Non mi dispiacerebbe vedervi andare via.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zampa. Ci pensa la Presidente eventualmente a chiedere di uscire ai colleghi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, sottosegretario, lo so che a quest'ora prenderei sicuramente più applausi a dire che consegno l'intervento, ma penso che comunque stiamo parlando di un argomento - io mi auguro che questa sia solo una premessa, caro sottosegretario - relativo ad un documento che si chiama Agenda digitale italiana, che penso che il Parlamento dovrebbe approvare su tutta una serie di azioni non solo legislative, ma anche organizzative e operative che il Governo e il Parlamento dovrebbero mettere in atto per rispondere non alla volontà di questo o quello, ma per rispondere al grande cambiamento della società mondiale che è intervenuto negli ultimi vent'anni con l'arrivo di Internet.
Questo è un cambiamento che ha modificato la nostra vita, la vita delle imprese, la vita delle nostre famiglie. Con Internet ci sono state attività imprenditoriali che sono state chiuse, ma sono nate nuove attività imprenditoriali. Oggi un giovane può diventare un grande imprenditore inventandosi un'applicazione con cui viene venduto un prodotto e che viene venduta in tutto il mondo, a miliardi di cittadini del mondo, senza la necessità di grandi investimenti per poter imparare a fare questa applicazione, né grandi investimenti per distribuire questo prodotto. Quindi, questa libertà che ci dà la rete è un fatto fondamentale che cambia e ha cambiato profondamente il nostro modo di vedere.
Non c'è dubbio che tutti noi trascorriamo tante ore guardando uno smartphone, guardando un tablet, guardando un computer. La nostra vita è cambiata: possiamo conoscere dove si trova un ristorante guardando uno di questi mezzi; possiamo dare una risposta a qualsiasi domanda che ci venga in mente di ciò che è stata la nostra storia, di ciò che è la geografia, di ciò che può essere una curiosità che abbiamo; possiamo sapere qual è l'offerta teatrale o cinematografica in qualsiasi parte del mondo. Cioè, Internet, la rete, ci porta in casa, ci porta nelle nostre tasche, miliardi e miliardi di informazioni e con questi miliardi e miliardi di informazioni è cambiato radicalmente il nostro mondo.
Troppo poco è cambiato però il nostro Stato. Questa è la prima cosa. Quando parliamo di Agenda digitale, parliamo fondamentalmente di tre fondamentali pilastri: il primo è sicuramente quello delle infrastrutture, il secondo quello della domanda e il terzo è quello dell'offerta dei servizi.
Per quanto riguarda il tema delle infrastrutture mi limiterò ad alcuni flash, perché in pochi minuti non si può andare in profondità rispetto ai problemi delle infrastrutture. Tuttavia, possiamo dire che in Italia abbiamo, sul mobile, una forte competitività e una struttura che è all'avanguardia europea e mondiale, con una forte competitività e, quindi, con un'offerta, ai nostri cittadini, utenti e consumatori, molto alta al punto che negli ultimi tre anni abbiamo avuto una riduzione dei prezzi al consumo di oltre il 30 per cento. Non abbiamo la stessa situazione nell'altra infrastruttura, quella della rete fissa. Pag. 56
Molti si chiedono quale necessità vi sia della rete fissa perché oggi con il mobile si ha tutto. È vero, ma fino a un certo punto. Con il mobile ho sicuramente tante cose e ne avrò ancora di più con la quarta generazione, con la LTE, ma sicuramente non potrò avere tutte le opportunità che posso avere con il fisso e, quindi, ho un problema nel fisso perché il mercato non è libero né competitivo. Penso che qui il Governo debba intervenire, anche se in passato sono stati sbagliati percorsi di privatizzazioni, con soggetti privati che senza mettere soldi sono diventati proprietari di aziende e, in questo caso, di una rete di telecomunicazioni vitale per la nostra società (potrei fare un altro esempio anche per Aeroporti di Roma). Non è detto che, comunque, dobbiamo lasciare un Paese, l'Italia, arretrato perché questi beni sono di proprietà di privati. Ricordo, tuttavia, che sono soggetti a concessioni e che ci sono delle autorità che sono in grado di determinare effettivamente la proprietà di questi beni.
Pertanto, penso che rispetto a un aeroporto come quello di Roma, che non funziona, o rispetto alla minore concorrenza sulla rete fissa, che è sempre più determinante, prima o poi dovremo almeno sederci intorno a un tavolo, con gli attuali azionisti di queste grandi realtà economiche e sociali del nostro Paese, e cercare di individuare un percorso che consenta al mercato del fisso delle telecomunicazioni di essere più competitivo, più libero e di avere la possibilità di investire in quelle reti di nuova generazione che rappresentano una gamba importante di questo mercato.
Il secondo pilastro è quello della domanda. Abbiamo sicuramente un tema legato all'alfabetizzazione delle nostre imprese, delle nostre famiglie e dei nostri cittadini. Abbiamo sicuramente un problema che nella Commissione, che ho l'onore di presiedere, abbiamo definito di effettuare uno switch off con date certe di servizi dati dalla pubblica amministrazione. Non basta quello che avete scritto nel decreto-legge sulla semplificazione, che va nella giusta direzione così come la cabina di regia. Tuttavia, bisogna indicare delle date che siano perentorie. Non è possibile che uno studente universitario usi ancora del cartaceo o che lo usi un'università, visto che sicuramente gli universitari, almeno quelli in corso, sono molto più digitali di me e di molti altri professori universitari. Quindi, bisogna avere la forza di arrivare a determinare delle date. Dopo queste date non esiste più il cartaceo ma solo il digitale, in tutta una serie di servizi che vengono offerti dalla pubblica amministrazione. Penso che questo sia un fatto fondamentale e importante.
Concludo con l'offerta dei servizi. Spesso si dice che non è necessario investire nelle infrastrutture perché, comunque, non ci sono ancora i servizi che possono viaggiare su quelle infrastrutture. Quindi, fare i grandi investimenti, rispetto alla cosiddette reti di nuova generazione, non serve. Tuttavia, se nel mobile non vi fossero stati gli investimenti, le innovazioni tecnologiche, l'UMTS, 3G (domani 4G), LTE, probabilmente non avremmo mai usato gli smartphone. Ma quando sono stati fatti gli investimenti nelle reti mobili non c'erano gli smartphone. La stessa cosa vale per quanto riguarda le reti di nuova generazione, che comporteranno assistenza sanitaria a casa e tantissime attività che si potranno svolgere meglio, magari, nella propria abitazione che altrove. Questo vorrà dire anche risolvere, in parte, un problema di mobilità dei cittadini, che è un problema presente ovunque in tutto il mondo. Quindi, ci sono tutta una serie di opportunità.
Non dimentichiamoci la trasparenza che può dare la rete, per esempio sul tema delle autorizzazioni e concessioni che la pubblica amministrazione rilascia. Oggi dobbiamo avere l'amico dell'amico per sapere qualcosa in merito all'autorizzazione che ho richiesto per aprire un negozio, per poter ampliare la mia casa o per altre attività di qualsiasi natura. Penso che questo possa essere fatto in modo trasparente dalla rete e che io possa sapere, rispetto alla richiesta che ho fatto al comune o alla regione di competenza, su Pag. 57quale scrivania si trovi, perché è ferma e per quale motivo. Trasparenza e lotta alla corruzione: questo vuol dire anche investire nel digitale e nella rete.
Quindi, come presidente della Commissione trasporti, anche in base a quello che ho sentito e agli interventi che mi hanno preceduto, posso dire che sicuramente ci sarà, non solo il nostro interesse, ma anche la nostra continua attività e lo svolgimento del nostro compito per dare un contributo concreto attraverso un'agenda digitale italiana al Governo affinché, attraverso un'azione coordinata, si possa agire su domanda, su offerta servizi e su infrastrutture per dotare questo Paese di quella modernità che ha cambiato, solo parzialmente fino ad oggi, ma che cambierà ancora nei prossimi anni, la storia non solo dell'Italia, ma dell'intero mondo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Della Vedova e Toto n. 1-00828, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Repetti, Mondello, Goisis, Causi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 484
Astenuti 4
Maggioranza 243
Hanno votato
480
Hanno votato
no 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Monai ed altri n. 1-00834, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Laboccetta, Giro, Di Virgilio, Sardelli, Goisis, Mura, Murer, Castagnetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 472
Astenuti 9
Maggioranza 237
Hanno votato
470
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che le deputate De Girolamo e Schirru hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Misiti ed altri n. 1-00835, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Gianni, Cesare Marini, Orlando...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 489
Astenuti 2
Maggioranza 245
Hanno votato
487
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moffa ed altri n. 1-00836, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 58

Onorevoli Mazzuca, Giro, Nizzi, Granata, Mondello, Scilipoti, Miccichè, Cardinale...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 483
Astenuti 6
Maggioranza 242
Hanno votato
481
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lanzillotta ed altri n. 1-00837, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cassinelli, Gianni, Sardelli, Mondello, Cesare Marini, Bonaiuti, Galletti, Rampelli, Di Virgilio, Scilipoti, Rizzoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 489
Astenuti 3
Maggioranza 245
Hanno votato
487
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lo Monte ed altri n. 1-00838, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Barbareschi, Granata, Cesare Marini, Ghizzoni, Mondello, Giro, Garagnani, Mazzuca, Pizzolante, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 487
Astenuti 2
Maggioranza 244
Hanno votato
485
Hanno votato
no 2).

Passiamo alla votazione della mozione Dozzo ed altri n. 1-00839.
Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare distintamente le parti accettate da quelle non accettate dal Governo.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dozzo ed altri n. 1-00839, nel testo riformulato, ad eccezione del quinto, ottavo, nono e dodicesimo capoverso del dispositivo, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cassinelli, Cesare Marini, Barbareschi, Gianni, Paniz, Garagnani, De Girolamo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 484
Astenuti 5
Maggioranza 243
Hanno votato
482
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dozzo ed altri n. 1-00839, limitatamente al quinto, ottavo, nono e dodicesimo capoverso del dispositivo, non accettati dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Di Virgilio, De Girolamo, Mondello, Cesaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

Pag. 59

(Presenti 484
Votanti 460
Astenuti 24
Maggioranza 231
Hanno votato
73
Hanno votato
no 387).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Galletti ed altri n. 1-00840, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Pizzolante, Nizzi, Gianni, Pisicchio, Di Girolamo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 478
Astenuti 3
Maggioranza 240
Hanno votato
473
Hanno votato
no 5).

Prendo atto che il deputato Grassi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Valducci ed altri n. 1-00841, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini, Cassinelli, Giro, Pizzolante, Cesario, Tommaso Foti, Galletti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 486
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato
484
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Meta ed altri n. 1-00844 (Nuova formulazione), nel testo modificato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mondello, Mazzuca, Pizzolante, Tommaso Foti, Giro, Palumbo, Buttiglione...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 477
Votanti 474
Astenuti 3
Maggioranza 238
Hanno votato
472
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Iannaccone ed altri n. 1-00860, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mondello, Giro, Tommaso Foti, Tortoli, De Girolamo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 471
Votanti 466
Astenuti 5
Maggioranza 234
Hanno votato
463
Hanno votato
no 3).

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, lo svolgimento degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani.

Pag. 60

In morte dell'onorevole Giuseppe Lucchesi.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Giuseppe Lucchesi, già membro della Camera dei deputati dalla VII all'XI legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,45).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, voglio comunicare, ma è stato già fatto anche dai media, un ennesimo attentato ad un amministratore calabrese. Questa volta si tratta del sindaco di Taurianova: per l'ennesima volta gli hanno bruciato la stalla, dei box con dei cavalli dentro. Vi è anche un seguito, perché le minacce continuano anche in queste ore.
Più volte abbiamo richiamato l'attenzione anche dell'Assemblea e del Governo su questo «fenomeno» che vede oggetto di aggressione, e soprattutto di attentati, molti amministratori calabresi. Anche attraverso lo strumento del sindacato ispettivo non abbiamo avuto delle risposte esaurienti.
Ritengo che il Ministro dell'interno dovrebbe venire in Aula - questa è la richiesta che faccio, signor Presidente - per dare un quadro e fare il punto della situazione calabrese, che è arrivata già ad un punto di insostenibilità e ha rotto ogni argine. Credo che si sia capovolta anche la legge della statistica, del calcolo delle probabilità, perché, su mille attentati, ad esempio, non si è venuto a capo neanche di uno. Non vi è alcun responsabile assicurato, come si suole dire, alla giustizia. Ritengo che bisogna dare atto al sindaco di Taurianova del suo impegno, della sua attività e della sua professionalità.
Voglio ricordare che anche una parte di quella realtà, che allora era una sua amministrazione, lo «capovolse», tanto è vero che venne messo in minoranza e si sciolse per responsabilità di coloro che poi provocarono lo scioglimento del consiglio comunale e la messa in minoranza del sindaco.
Signor Presidente, questa è una richiesta non rituale, non liturgica. Prendo la parola in questo momento perché la situazione è grave, insostenibile.
Voglio ricordare che anche il Presidente del Consiglio regionale fu oggetto di aggressione, che anche il prefetto di Reggio Calabria è stato minacciato e ha ricevuto segnali incresciosi, che i consiglieri provinciali sono oggetto di questa situazione. Qui è in pericolo la democrazia. Vorrei capire chi andrà più a fare l'amministratore in Calabria? Chi si assumerà la responsabilità di guidare un'amministrazione se questo territorio sembra acquisito dalla criminalità organizzata?
Ecco perché credo sia necessario che il Ministro dell'interno venga in Aula a fare il punto della situazione, attraverso una riflessione attenta e la predisposizione di misure adeguate per contrastare questa criminalità, organizzata e non, che è presente e pervade le strutture di questa nostra regione, per restituire un minimo di agibilità democratica all'interno di questa Calabria e per rasserenare il clima rispetto a fatti intollerabili, che non si capiscono e che non sono certamente in linea con una società democratica e civile quale noi vogliamo essere (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo)!

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, intervengo per fare un breve appello per invitare il Governo a dichiarare lo stato di calamità naturale per l'alto Pag. 61Montefeltro e per le zone dell'alto pesarese falcidiate da una tempesta di neve che non ha precedenti se non di molti anni fa.
Vi sono economie messe in ginocchio, molte persone in difficoltà molto serie e molti piccoli imprenditori che faranno fatica a riprendersi. In più, una parte importante del patrimonio artistico e storico del Paese - mi riferisco principalmente ad Urbino, ma non solo - rischia veramente danni gravi ed incalcolabili ai quali le comunità locali, la provincia e la regione, non potranno da sole fare fronte.
Invito quindi il Governo, per suo tramite, a dichiarare urgentemente lo stato di calamità naturale per queste aree e a provvedere, di conseguenza, con interventi straordinari. Non si tratta di zone fittamente popolate, ma meritano comunque l'attenzione della comunità nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ANGELO CERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, intervengo per segnalare che sono quasi due settimane complete che la Puglia, il Gargano e il subappennino Dauno sono attaccati da questo maltempo che ha portato tantissime neve, gelo e ghiaccio in queste ore.
Dobbiamo lamentare, purtroppo, la mancanza di assistenza della Protezione civile regionale e, con essa, anche di quella nazionale. Se non vi fossero stati i centri comunali della Protezione civile moltissime strade, sia cittadine, sia provinciali, sia statali, probabilmente sarebbero state totalmente impercorribili.
Sono i comuni che in questa occasione, attraverso la propria Protezione civile comunale, hanno dato il meglio nell'assistenza, nell'aiuto al cittadino e nel creare quelle condizioni di agibilità delle strade comunali, ma anche di quelle provinciali e nazionali.
Parlo da sindaco: questa mattina, per la dodicesima volta, ho dovuto emanare una ordinanza di chiusura delle scuole. Dico questo per sottolineare quanto sia grave la situazione sul Gargano e sul subappennino.
Pertanto lamento proprio un'assenza in questo senso. Mentre assistevamo alle «carnevalate» romane tra Alemanno e il bravo responsabile della Protezione civile, noi purtroppo drammaticamente affrontavamo il maltempo. Mentre in alcune strade di Bari venivano depositati i sacchetti per una neve che non sarebbe mai arrivata ed a Roma per una neve che è stata una finzione, rispetto alla neve che invece è caduta in moltissime cittadine o promontori della nostra Italia, noi siamo stati in qualche maniera sommersi nella notizia.
Purtroppo la notizia è drammaticamente vera. Ci sono molte regioni che hanno bisogno dell'aiuto dello Stato. Molti comuni devono essere aiutati e risarciti per quanto era competenza dello Stato dare in quest'occasione. Credo che il Ministro ed e il responsabile della Protezione civile sarebbero dovuti intervenire attraverso un coordinamento più sentito con le regioni. Purtroppo ci siamo accorti che in questo momento la mancanza di questo raccordo tra il livello nazionale e quello regionale ha penalizzato tremendamente e pesantemente le cittadinanze e i comuni delle nostre province.
Pertanto, quello che chiedo è un intervento diretto sui comuni, anche attraverso la documentazione delle spese sostenute e attraverso tutto ciò che serve per contabilizzare veramente le spese che i comuni hanno sopportato in queste ore. Altrimenti si continuerà ad operare contro i comuni e contro le piccole comunità, che in queste ore sono le più tartassate dal maltempo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, prendo la parola per denunciare davanti all'Assemblea e alla Presidenza un Pag. 62atteggiamento incomprensibile del Ministero delle infrastrutture. È da ormai circa un mese che faccio seguito a precedenti interpellanze e numerosi atti di sindacato ispettivo concernenti la struttura Civis a Bologna. Si tratta di una metrotranvia che ha presentato parecchi difetti, e nonostante le previsioni, l'intervento della magistratura, la denuncia della Sovrintendenza delle belle arti, le comprovate dichiarazioni di pericolosità di essa da parte del presidente dell'Istituto italiano di sismologia e da tecnici della ATC esperti del settore, l'agibilità dell'infrastruttura è stata messa in forse con una revoca precisa da parte del sindaco di Bologna e dal presidente della ATC.
In particolare si è detto che i lavori sono sospesi nonostante lo Stato, il comune di Bologna, e la regione abbiano investito milioni e milioni di euro su questa struttura, senza nessuna spiegazione, nonostante motivate denunce e l'intervento della magistratura e dunque questa infrastruttura è stata bloccata. Il sottoscritto, facendosi forte dei suoi precedenti atti ispettivi e colloqui con i precedenti Ministri, che su questo problema hanno interloquito abbondantemente, ha chiesto al capo di gabinetto del Ministro delle infrastrutture la corrispondenza intercorsa tra il capo di gabinetto, il Ministro, il sindaco di Bologna e il presidente di ATC.
Credo che questa mia richiesta rientri in modo - direi - normale nelle competenze del parlamentare che si è già interessato ripetutamente a questo problema. Nonostante dodici telefonate intercorse tra il sottoscritto (e anche lettere) e gli uffici del Ministero, a tutt'oggi al di là di vuote parole (né sì, né no) non sono ancora riuscito ad avere copia di questa corrispondenza che riguarda questa infrastruttura e le giustificazioni che il comune di Bologna ha dato, o non ha dato, in merito alla decisione di soprassedere al proseguimento dei lavori che concernono la metrotranvia Civis.
Di fronte a questo fatto sento il dovere di denunciare quanto sopra all'Assemblea perché ritengo che l'atteggiamento degli organi ministeriali che si rimpallano la risposta (dal capo di gabinetto al direttore, al Ministro e in ultima analisi fanno riferimento al Ministro) rappresenti una risposta irrispettosa, totalmente indifferente a quelle che sono le prerogative, il diritto-dovere di un parlamentare di interessarsi della propria città di appartenenza in presenza peraltro di numerosi fatti che giustificano questo suo intervento.
Da ciò questa mia richiesta, questa mia denuncia, con la quale sollecito la Presidenza a farsi carico presso il Ministro competente di un problema che non riguarda il singolo parlamentare ma riguarda anche una lesione di quelle prerogative (ormai sono pochissime) che ci competono. Per questo siamo stati eletti dai cittadini e siamo stati invitati dai cittadini a farci carico di determinati problemi.

PRESIDENTE. Onorevole Garagnani, forse se lei presenta un atto di controllo ispettivo...

FABIO GARAGNANI. L'ho già presentato!

PRESIDENTE. Allora la Presidenza solleciterà il Governo a venire a rispondere per la competenza del Governo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 16 febbraio 2012, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione della proposta di legge:
LANZARIN ed altri: Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di sfalci e potature, di miscelazione di rifiuti speciali e di oli usati, nonché di misure per incrementare la raccolta differenziata (C. 4240-A).
- Relatore: Bratti.

Pag. 63

2. - Discussione delle mozioni Di Stanislao ed altri n. 1-00781, Pezzotta, Sarubbi ed altri n. 1-00408, Gidoni ed altri n. 1-00861 e Porfidia ed altri n. 1-00862 sulla riduzione e razionalizzazione delle spese militari, con particolare riferimento al blocco del programma per la produzione e l'acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35.

3. - Discussione dei disegni di legge:
S. 2117 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008 (Approvato dal Senato) (C. 4250).
- Relatore: Allasia.
S. 2913 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica dell'Accordo sui trasporti aerei tra gli Stati Uniti d'America, l'Unione Europea e i suoi Stati membri, firmato il 25 e 30 aprile 2007, con Allegati, fatto a Lussemburgo il 24 giugno 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4878).
- Relatore: Stefani.

(al termine delle votazioni)

4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 19,55.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 14 febbraio 2012, a pagina 51, seconda colonna, quinta riga, il numero «9/4909/46» si intende sostituito dal seguente «9/4909/47».

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 4935 - articolo 1 499 490 9 246 489 1 29 Appr.
2 Nom. articolo 2 504 496 8 249 495 1 29 Appr.
3 Nom. articolo 3 503 492 11 247 491 1 29 Appr.
4 Nom. Ddl 4935 - voto finale 515 485 30 243 483 2 27 Appr.
5 Nom. Moz. Della Vedova e a 1-828 rif. 488 484 4 243 480 4 25 Appr.
6 Nom. Moz. Monai e a 1-834 rif. 481 472 9 237 470 2 25 Appr.
7 Nom. Moz. Misiti e a 1-835 rif. 491 489 2 245 487 2 25 Appr.
8 Nom. Moz. Moffa e a 1-836 rif. 489 483 6 242 481 2 25 Appr.
9 Nom. Moz. Lanzillotta e a 1-837 rif. 492 489 3 245 487 2 25 Appr.
10 Nom. Moz. Lo Monte e a 1-838 rif. 489 487 2 244 485 2 25 Appr.
11 Nom. Moz. Dozzo e a 1-839 rif. p. I 489 484 5 243 482 2 24 Appr.
12 Nom. Moz. Dozzo e a 1-839 p. II 484 460 24 231 73 387 24 Resp.
13 Nom. Moz. Galletti e a 1-840 481 478 3 240 473 5 24 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 16)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Moz. Valducci e a 1-841 rif. 489 486 3 244 484 2 24 Appr.
15 Nom. Moz. Meta e a 1-844 n.f. rif. 477 474 3 238 472 2 24 Appr.
16 Nom. Moz. Iannaccone e a 1-860 471 466 5 234 463 3 24 Appr.