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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 578 di lunedì 30 gennaio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 16,05.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 25 gennaio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Farinone, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Lupi, Malgieri, Milanato, Moffa, Leoluca Orlando, Stefani, Stucchi e Vernetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ventiquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 16,06).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 26 gennaio 2012, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla II Commissione (Giustizia):
S. 3074 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri» (Approvato dal Senato) (4909) - Parere delle Commissioni I, III, V, VI, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'Amministrazione della difesa (A.C. 4864-A) (ore 16,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Pag. 2organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'Amministrazione della difesa.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4864-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Franco Frattini, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCO FRATTINI, Relatore per la III Commissione. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, svolgerò un intervento di presentazione di questo disegno di legge per la parte relativa alla Commissione affari esteri con alcune riflessioni generali di tipo politico e, poi, consegnerò un testo scritto con le osservazioni di dettaglio per non sottrarre eccessivo tempo ai lavori dell'Assemblea.
Come tutti i colleghi sanno, e i rappresentanti del Governo ovviamente, le missioni internazionali sono un fiore all'occhiello per l'Italia; sono una grande azione in cui il nostro Paese rappresenta nel mondo la sicurezza, la cooperazione, l'interesse alla stabilità e alla stabilizzazione di aree di crisi particolarmente sensibili e particolarmente importanti per la sicurezza del mondo intero, in continenti che, in sé, rappresentano oggi delle sfide per la comunità internazionale.
Evidentemente, per questa ragione, la Commissione affari esteri e la Commissione difesa - che è qui rappresentata dal presidente Cirielli, che è l'altro relatore -, con il loro lavoro, hanno esaminato insieme, con estrema attenzione e con grande scrupolo, questo decreto-legge - che ripercorre le linee di un'azione che inizia da lontano, che è stata guidata da Governi di segno politico diverso, tutti in sostanziale continuità nell'affermare la necessità di questo impegno dell'Italia - per cogliere intanto le novità, in un generale profilo di continuità.
Mi piace sottolineare che l'Italia, con le missioni internazionali, compie ogni giorno un investimento nella propria credibilità sulla scena internazionale, perché è presente con azioni, comportamenti e strategie che contribuiscono alla pace. Questo, ovviamente, determina per l'Italia un accumulo di credibilità, il cui venir meno sarebbe uno dei vulnera più gravi all'immagine del nostro Paese sulla scena internazionale.
Ecco perché, per la politica estera dell'Italia, per la politica di sicurezza e di difesa che l'Italia persegue, le missioni internazionali continuano e continueranno ad essere essenziali, finché nelle varie regioni del mondo vi sarà bisogno, e purtroppo ve ne è sempre di più, di maggior sicurezza, di più stabilità, di un rapporto fra i popoli che favorisca il dialogo rispetto all'azione delle guerre, dell'estremismo e del terrorismo.
Evidentemente, abbiamo alcune aree del mondo in cui l'Italia, da sempre, è impegnata; mi riferisco, per esempio, ai Balcani, regione particolarmente vicina dove, in questa versione del decreto-legge, il Governo ha deciso, apprezzabilmente, a mio avviso, di continuare a investire e anzi, per qualche aspetto, di intensificare una presenza italiana. Sappiamo quanto l'Italia e gli italiani, i nostri valorosi militari e civili, abbiano fatto e facciano, prima per la Bosnia, oggi per il Kosovo, nelle zone più delicate delle enclave serbe-cristiane.
Ricordo, ancora, l'Afghanistan, dove, a oltre dieci anni dall'inizio di una azione internazionale guidata dalle Nazioni Unite, evidentemente, i segni di un miglioramento si intravedono ma la stessa Conferenza internazionale di Bonn, poche settimane fa, ha potuto constatare che il percorso non è affatto completato. Occorrerà Pag. 3 fare molto e io credo che sia molto importante ciò che, prima il Governo Berlusconi e poi il Governo Monti, hanno confermato al Presidente afgano Karzai: l'Italia non abbandonerà l'Afghanistan neanche dopo che le forze combattenti, nel 2014, si saranno ritirate. Occorrerà una grande cooperazione civile per aiutare la stabilizzazione dell'Afghanistan che non si completerà, certamente, con il ritiro delle truppe, e quindi anche delle nostre truppe, nel vicino, anzi vicinissimo anno 2014.
Mi riferisco poi, ovviamente, ad una regione vicina a noi, mediterranea, il Libano, dove la missione italiana, iniziata nel 2006 e proseguita negli anni successivi, viene, ormai, da tutti indicata come il pilastro della credibilità dell'azione UNIFIL. Lì operiamo nel quadro di una missione internazionale; abbiamo avuto, per lunghi anni, il comando con un generale italiano, il valoroso generale Graziano, ed oggi torniamo al comando con il generale Serra. Il sottosegretario de Mistura e il Ministro Di Paola, soltanto due giorni fa, hanno testimoniato il passaggio delle consegne dal comando spagnolo, di nuovo, al comando italiano. Segno, questo, che tutti i partner di quella regione si fidano dell'Italia: i libanesi, gli israeliani, i Paesi arabi della regione, le Nazioni Unite; quindi, è questa un'altra missione su cui non si può immaginare di disinvestire o di eliminare l'impegno nazionale.
Vi sono molte altre missioni, e il testo scritto le analizzerà, in cui io credo che l'Italia abbia un ruolo da svolgere. L'Italia non è certamente una potenza globale paragonabile alle grandi potenze come gli Stati Uniti d'America, come la Cina, come l'India, ma il nostro è un Paese che negli ambiti regionali e macroregionali ha una parola da dire laddove altri Paesi hanno molto meno da dire; dico ciò, ovviamente, con orgoglio da italiano e non solo da ex Ministro degli affari esteri. Nel Corno d'Africa, in Somalia, ad esempio, l'Italia esercita un ruolo chiave che pochissimi Paesi al mondo possono e potranno esercitare. Plaudo quindi all'accentuazione, all'enfasi posta nel decreto-legge, da parte del Governo, sull'impegno contro la pirateria, per la stabilizzazione della Somalia, per il grande lavoro contro l'infiltrazione del terrorismo nell'Africa settentrionale e nella zona sahariana.
Così come plaudo all'inserimento, quale nuova missione, dell'impegno italiano per il Sudan. È un impegno nuovo, ma è un impegno di grandissima valenza strategica perché, dopo un referendum relativamente pacifico che ha separato il Sudan in due (Sudan e Sud Sudan), l'Italia è stata uno dei primissimi Paesi ad aprire un'ambasciata in Sud Sudan e, quindi, è assolutamente giusto che un'antenna italiana segua il percorso di stabilizzazione che sta consolidandosi - mi permetto di dirlo - sempre di più.
Non dimentichiamo, in conclusione, in questa mia introduzione, aree del mondo in cui quello dell'Italia è un impegno duplice: non soltanto, come nei casi ancora più noti anche all'opinione pubblica, con un impegno militare, ma vi è sempre, accanto all'impegno militare, un impegno civile, di cooperazione e di salvaguardia di soluzioni locali dove - penso all'Iraq - l'Italia è tuttora impegnata nella formazione e nell'addestramento del personale civile e militare ed in azioni lodevolissime di cooperazione allo sviluppo, quali ad esempio quelle volte ad aiutare le minoranze cristiane che in Iraq sono, in alcuni casi anche fisicamente, messe sotto attacco, in cui la cooperazione italiana può aiutare quelle che sono diventate, purtroppo, delle enclave abitate da cristiani che, da secoli e secoli, avevano scelto l'Iraq come luogo in cui far crescere i loro figli e che oggi rischiano di essere espulse da quei Paesi per la lotta, non più intestina, tra sunniti e sciiti. Quindi è un'azione altamente nobile di cooperazione civile che si affianca all'azione di sicurezza, di stabilizzazione e di difesa. Questo vale per l'Iraq come per l'Afghanistan, cui ho già fatto riferimento, ma vale moltissimo anche per il Pakistan, un Paese devastato: ancora oggi un attentato suicida a Peshawar dimostra che la situazione è tutt'altro che stabilizzata. Ecco allora che la presenza italiana, cui questo decreto dedica attenzione, anche per il Pakistan e Pag. 4quindi per la cooperazione regionale intorno all'Afghanistan, assume una caratteristica particolarmente importante.
In conclusione, signora Presidente e colleghi, credo si possa dire che questo decreto-legge, che merita un'approvazione in tempi rapidi e che è stato integrato e corretto dalle Commissioni con qualche emendamento (non emendamenti di sostanza), riaffermi i due pilastri dell'azione italiana che ci caratterizza nel mondo, un'azione ed un'identità italiana. L'Italia non porta mai con le sue forze di sicurezza la guerra, l'Italia porta sempre la pace, lo fa con interventi di cooperazione, di addestramento e di stabilizzazione. Questo credo, signori sottosegretari, sia il valore aggiunto di queste iniziative, per le quali raccomandiamo a tutta l'Assemblea l'approvazione rapida di questo provvedimento.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Frattini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore per la IV Commissione, onorevole Cirielli, ha facoltà di svolgere la relazione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel condividere quanto già affermato dal collega Frattini in merito alle valutazioni prettamente di politica estera connesse alle missioni internazionali mi limiterò ad una serie di valutazioni più strettamente attinenti alle questioni legate all'impegno militare e quindi di competenza della Commissione difesa, anche se in maniera succinta e consegnando in maniera puntuale un testo più approfondito relativamente alle valutazioni del decreto.
Voglio innanzitutto porre in evidenza come, dopo che da lungo tempo le Commissioni avevano espresso la necessità che il decreto-legge dovesse avere una copertura finanziaria annuale, il Governo sia ora riuscito, anche con risorse individuate nel decreto-legge «salva Italia», a prevedere una durata annuale. Riteniamo che questo sia particolarmente positivo proprio per dare stabilità all'impegno militare sul piano della copertura finanziaria, cosa che in passato comportava non pochi problemi.
Voglio sottolineare, ancora una volta, come è stato detto anche dal collega Frattini, che la continuità con il Governo Berlusconi, peraltro largamente condivisa da un voto quasi unanime del Parlamento, è confermata, negli impegni internazionali militari, da questo decreto-legge; in particolare, è posto l'accento sulla necessità di contrastare in maniera efficace non soltanto il terrorismo internazionale ma la stabilità complessiva nel mondo allo scopo di preservare l'Italia da minacce che, nel mondo globalizzato, sono sempre più minacce non convenzionali.
Su questa scia, oltre alla conferma delle missioni in Afghanistan e in Libano - atteso che quella nei Balcani rileva in maniera assai più diretta per la vicinanza dei confini -, credo che si possa anche valutare la missione di contrasto alla pirateria internazionale non soltanto nel Mediterraneo ma soprattutto nell'Oceano Indiano e nel Corno d'Africa. Anche dal punto di vista della tecnica militare l'opportunità, già prevista da decreti voluti dal Governo Berlusconi, di consentire alle compagnie di potersi dotare anche di personale non militare per la salvaguardia degli equipaggi, è stata ritenuta anche da questo Governo una cosa assolutamente positiva. Voglio, inoltre, segnalare un'ulteriore novità in questa direzione che ritengo anche utile per ulteriori spunti legislativi: prevedere per questi civili l'aver partecipato come volontari delle Forze armate a missioni internazionali di pace.
Chiaramente in linea con quello che era stato deciso nell'ultimo periodo del Governo Berlusconi, si è arrivati ad una riduzione progressiva quest'anno dell'impiego di militari in Afghanistan e in Libano; c'è, invece, un aumento in Bosnia, nei Balcani, nel Kosovo per esigenze collegate alla situazione politica specifica in Pag. 5evoluzione in quell'area molto vicina ai nostri confini orientali. Complessivamente, comunque, si risparmiano oltre 100 milioni di euro; ritengo ciò una cosa assolutamente positiva.
D'altro canto il decreto-legge contiene, ancora una volta, tutte le misure necessarie per garantire non soltanto l'efficienza delle nostre truppe ma soprattutto la sicurezza, anche sul versante dell'approvazione di una serie di ulteriori prosecuzioni di progetti e programmi d'arma che viaggiano in questa direzione.
Chiaramente la missione in Libia è stata aggiornata, in termini di prospettive, per il mutato scenario politico, quindi anche per quello che concerne il conseguente impegno dei nostri militari. Voglio sottolineare come il lavoro svolto nelle Commissioni riunite con il collega della Commissione affari esteri Frattini, allargato anche all'intervento di tutti i colleghi, sia stato positivo per reinserire la missione in Georgia che era stata inizialmente soppressa in coerenza con un disimpegno anche dell'Unione europea, ma sappiamo che quest'ultima aveva poi ribadito, per necessità tecniche, un'ulteriore prosecuzione. Chiaramente l'Italia, d'accordo con il Governo, non poteva certamente non fa parte della coalizione.
Il decreto-legge contiene anche alcune norme relative all'amministrazione della Difesa, che vanno tutte nella direzione di garantire una maggiore efficienza dello strumento militare proprio in vista di queste missioni internazionali, che più precisamente sono delineate nell'intervento scritto che consegnerò. Voglio sottolineare invece una questione che ha sollevato una serie di perplessità all'interno delle Commissioni sebbene poi alla fine risolte anche con l'ausilio della I Commissione (Affari costituzionali); mi riferisco all'introduzione all'interno del decreto-legge di alcune misure di semplificazione delle procedure relative ai programmi di interesse della Difesa, che autorizzano dei contribuiti pluriennali.
In particolare, si tratta di alcuni programmi: il satellite Sicral, gli elicotteri Combat-SAR, i veicoli di addestramento avanzato M-346 e l'implementazione della digitalizzazione della componente terrestre. Ovviamente, la Commissione difesa aveva già avuto modo, in maniera unanime, di esprimere la piena approvazione da parte della politica, quindi del potere legislativo, rispetto a queste scelte del Governo, ma abbiamo voluto ribadire quanto fosse necessario che su questi programmi d'arma, che impegnano finanziariamente in maniera consistente il Governo, vengano prese decisioni che possano essere controllate in maniera trasparente, efficace e tempestiva dal Parlamento stesso. Il dibattito che ne è sorto credo che sia stato assolutamente positivo. Alla fine, c'è stata una condivisione di vedute tra il Governo e le Commissioni, cosa che ritengo sia assolutamente positiva, che ha consentito anche di approfondire alcuni aspetti della legge, che oggi, anche alla luce del grande impegno internazionale militare dell'Italia, vanno sicuramente rivisti.
In definitiva, credo che il Governo abbia agito in maniera assolutamente positiva, ancora una volta, com'è stato detto, in continuità con gli impegni dei Governi precedenti, andando un largo appoggio e sostegno ai nostri militari, che necessitano sempre e costantemente, su tutti i fronti su cui siamo impegnati, segnatamente quello dell'Afghanistan, di avere un Parlamento coeso, che garantisca loro di avere sempre lì il massimo sostegno della nazione, che è rappresentata dalle Camere, che esprimono la sovranità popolare. Per questo motivo, auspico che, ancora una volta, il Parlamento possa, in maniera pressoché unanime - spero sempre che ci siano ulteriori allargamenti - consentire che queste missioni garantiscano un adeguato ed effettivo funzionamento della nostra azione internazionale, che è certamente volta a garantire la pace e la stabilità nel mondo, in coerenza con l'ONU, ma anche e soprattutto a garantire la difesa e la sicurezza della nostra nazione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

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PRESIDENTE. Onorevole Cirielli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli relatori, che hanno anticipato, a mio avviso, buona parte di quello che avrei detto anche io, quindi mi limito a fare alcuni commenti addizionali. Perdonatemi se di fatto quasi riproducono alcuni dei punti già trattati con molta efficacia dai relatori. Il primo punto è che, in un momento come questo, in cui c'è di fatto una situazione di tensione generale a causa di una situazione economica e finanziaria problematica non solo in Italia ma a livello mondiale, le potenzialità di instabilità nel mondo aumentano e, di conseguenza, vi è un motivo di più per fare molta attenzione alla nostra capacità di fare, in qualche maniera, la nostra parte, qualora fosse necessario.
Per quanto riguarda il secondo punto - ne ho cinque - apportare un sostegno alle missioni dell'ONU, della NATO e dell'Unione europea, non solo è nel nostro interesse nazionale, ma serve anche per rafforzare la gestione multilaterale delle crisi. Noi abbiamo l'interesse, come nazione, di vedere che le crisi siano gestite in maniera multilaterale, di conseguenza dobbiamo avere anche delle carte da giocare per poter influire in queste missioni multilaterali, il che fa parte della politica italiana da sempre: più contiamo, più possiamo far contare le nostre opinioni all'interno di queste missioni; e quindi dobbiamo esserci. Come è già stato detto dal Presidente della Repubblica, dal Primo Ministro Monti e dal Ministro Terzi, la nostra partecipazione a missioni internazionali aumenta la nostra visibilità e il nostro prestigio, ma anche la nostra capacità di essere presenti dov'è necessario, e nel futuro potrebbe esserlo in zone limitrofe, dove ci sono potenziali tensioni. Ad esempio, la domanda che ci si può porre è: ma tutto questo serve in fondo? È un investimento giusto? Qui permettetemi di ritornare al mio passato recente. Ero in tutte le missioni menzionate, onorevole Frattini. Ero presente di persona, dall'altra parte del tavolo, se mi permette.
Quindi, ho visto con quale attenzione l'altra parte del tavolo, quella della comunità internazionale, vedeva l'Italia quando era coinvolta. La domanda è: ma questo ha portato a qualcosa? A volte queste iniziative appaiono permanenti, lunghe, senza fine. Guardiamo i Balcani: io ero lì dieci anni fa, in tutte le zone che sono state menzionate: in Albania, in Croazia, in Bosnia Erzegovina e altrove. Guardiamo dove sono oggi i Balcani: abbiamo l'Albania e la Croazia membri della NATO, abbiamo la Croazia che, tra poco, sarà membro dell'Unione europea, abbiamo la Bosnia Erzegovina, il Montenegro e altre nazioni dei Balcani che partecipano come contribuenti all'ISAF, alle operazioni in Afghanistan. Quale grande differenza e quale giusto investimento, alle porte di casa, in una zona che potrebbe essere mitica in termini di balcanizzazione, e quindi di tensioni!
Ultimo punto, su questo: oggi il Libano, l'Afghanistan, il Corno d'Africa, il Sudan sono zone che suscitano preoccupazione. Sono stato recentemente in Libano - l'onorevole Frattini lo ha ricordato - e tre giorni fa ero ad Addis Abeba per la conferenza dei Paesi africani a livello di Unione Africana. Anche lì la preoccupazione era il Corno d'Africa e, per quello che ci riguarda, la pirateria.
Essere, quindi, coinvolti e presenti, ci dà una carta in più per potere, in qualche maniera, affrontare anche le crisi che sono attualmente in corso.
Riguardo al Libano - si è detto - quale onore essere richiesti dalle Nazioni Unite e dalle autorità libanesi di avere un generale del calibro del generale Graziano! La risposta è stata chiara e precisa: un ottimo generale, come sappiamo essere il generale Paolo Serra.
Il presidente Karzai è stato recentemente qui, pochi giorni fa, il 25 gennaio. Ci ha ricordato, bene o male, che, tutti insieme, anche con il contributo italiano, Pag. 7abbiamo contribuito a far sì che la situazione afgana appaia e sia diversa. La possibilità di un dialogo politico è lì, insieme alla possibilità e alla certezza che le donne in Afghanistan oggi contano molto di più che in passato: 69 donne nel Parlamento, 7 milioni di studenti, di cui il 36 per cento sono donne. Non sono piccoli progressi!
Certo, la strada è lunga, la faranno gli afgani, noi parteciperemo per quanto possiamo, ma l'investimento si vede. La presenza, ovviamente, non può essere e non è soltanto militare. Da qui l'importanza vitale da parte nostra - ce lo chiedono tutti - di fornire un forte contribuito con la nostra presenza civile e nella cooperazione internazionale. Questi sono due bracci fondamentali con i quali noi si possa contare e fare la differenza.
Concludendo, vi è anche un argomento che ci tocca da vicino: la pressione migratoria. Occupandoci di queste aree, aiutando militarmente ma, soprattutto, civilmente, in poche parole con la cooperazione internazionale - che, francamente, in questo momento andrebbe rafforzata in Italia - possiamo anche occuparci di una nostra attuale fonte di preoccupazione. In conclusione, vi siamo grati del vostro sostegno, perché riteniamo che quello che stiamo facendo sia la cosa giusta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la difesa, Filippo Milone.

FILIPPO MILONE, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Ministero della difesa si riconosce anch'esso nelle relazioni degli onorevoli relatori e presidenti di Commissione. Quindi, ho da aggiungere soltanto alcune notazioni di carattere tecnico, che, in qualche modo, prenderò dal testo che ho preparato.
Desidero, innanzitutto, ringraziare i relatori del provvedimento e coloro che sono oggi intervenuti a testimoniare la particolare attenzione con cui gli organi parlamentari seguono sempre i provvedimenti riguardanti i nostri militari impegnati in missioni internazionali. A tale proposito, mi limiterò a ricordare che il compito prioritario delle Forze armate è quello di garantire la difesa del territorio nazionale.
Come enunciato nell'articolo 11 della nostra Costituzione, è inoltre compito dell'Italia adoperarsi fattivamente per il raggiungimento di un ordine internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni. Siamo quindi chiamati a farci carico di questa azione all'interno delle organizzazioni sovranazionali quali la NATO, l'Unione europea e le Nazioni Unite.
Il nostro Paese da tempo ha scelto, nell'ambito di tali organizzazioni, una politica che persegua attivamente, sul piano internazionale, obiettivi di stabilità, di pace e di sicurezza, garantendo un fattivo contributo all'azione della Comunità internazionale. Grazie alla nostra presenza militare nelle regioni dove esistono minacce alla sicurezza internazionale, l'Italia può essere parte di quei consessi dove si elaborano ed attuano quelle scelte in materia di sicurezza che hanno diretti riflessi sugli interessi nazionali.
Lo sforzo complessivo che stiamo sostenendo è attualmente rappresentato dalla condotta contemporanea di 23 missioni in 22 differenti parti del mondo. Come è noto, in ottemperanza dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 107 del 12 luglio 2011, convertito con modificazioni nella legge n. 130 del 2 agosto 2011, il totale dei militari italiani impegnati in missioni internazionali si è recentemente ridotto. Con il decreto in esame la presenza media giornaliera si attesterà a circa 6.493 militari, rispetto alle 8.143 impiegati alla data del 30 settembre 2011.
Il Governo, in coerenza con il passato, ha razionalizzato la presenza militare all'estero e per il 2012 ha condotto un'attenta verifica delle condizioni politiche e militari in ciascuno dei contesti nei quali siamo impegnati, valutando i rischi e le tendenze in atto e calibrando il nostro impegno. Prevediamo che vi possano essere oscillazioni, con riduzioni in alcune missioni e incrementi, certamente contenuti, in altre, in aderenza al mutare delle condizioni sul campo. Pag. 8
Signori Presidenti, onorevoli deputati, desidero ora passare a descrivere i principali teatri dove siamo impegnati e dove opereremo nel corso di quest'anno.
In Afghanistan, dopo avere raggiunto il livello di 4.200 militari nel corso del 2011, prevediamo di avviare una prima fase di moderata riduzione verso la fine del 2012, in coerenza con l'evoluzione della situazione e con l'orientamento della comunità internazionale. Questo processo, che proseguirà sino al 2014 con l'obiettivo del pieno passaggio sotto la responsabilità afgana di tutto il territorio, rappresenta, evidentemente, lo sviluppo conclusivo dell'intera missione e, per molti versi, il paradigma dell'impegno internazionale, in supporto alla stabilità, contro il terrorismo, sotto il mandato dell'ONU. La missione ISAF ha, dunque, un obiettivo temporale ben preciso per il suo completamento. Il quadro evolutivo è positivo e abbiamo davanti a noi la prospettiva di un futuro migliore per il popolo afgano e per la stabilità dell'area. Registriamo una tendenza positiva in termini di crescita quantitativa e qualitativa delle forze di sicurezza afgane, militari e di polizia, fattore determinante per il successo della transizione. Tuttavia, quella della transizione è la fase più delicata dal punto di vista della sicurezza e della protezione del nostro personale militare e civile e di quella dei nostri partner afgani e della missione ISAF. La minaccia, pur complessivamente in diminuzione, potrà tuttavia manifestarsi, e si manifesterà, ancora in forma intensamente violenta, i ben noti «colpi di coda», come sempre accade nelle situazioni transitorie. È per questo che l'attenzione alla protezione del nostro personale deve essere ancora maggiore.
In Libano, nell'ambito della missione UNIFIL, condotta sotto l'egida dell'ONU, l'impegno rimane significativo. Dal livello di circa 1.500 militari presenti in media nel corso dell'anno appena trascorso - erano 1.780 nel primo trimestre - siamo ora scesi a circa 1.100, che prevediamo di mantenere quest'anno. Non cambia, anzi si accresce, il peso relativo dell'Italia, riconosciutoci a livello internazionale, che ha determinato la decisione di assegnarci nuovamente il comando della missione. I positivi risultati finora ottenuti da UNIFIL, rendono la situazione generale del Paese, al momento, relativamente stabile. Tuttavia, la vicina crisi siriana, la situazione dei campi profughi e le saltuarie violazioni dello spazio aereo libanese, inducono a ritenere incerta l'evoluzione del quadro di sicurezza generale dell'area.
Per questo è essenziale sostenere la presenza di UNIFIL.
Nei Balcani assistiamo al riacutizzarsi del conflitto etnico e politico nel nord del Kosovo. Visti i rischi potenziali di escalation della violenza, che da sempre caratterizzano l'area, la NATO, che ha la responsabilità della missione in piena intesa con l'Unione europea e le Nazioni Unite, ha al momento sospeso il processo di ulteriore riduzione del contingente di Kfor. In tale quadro l'Italia mantiene sul terreno un contingente dedicato soprattutto alla protezione di alcuni luoghi di culto serbi-kosovari, localizzati in aree popolate da albanesi nonché una compagnia di carabinieri, assegnata al comando della forza a Pristina.
L'Italia, secondo una programmata rotazione tra i Paesi dell'alleanza, deve garantire la disponibilità di un contingente di riserva pronto ad intervenire in caso di necessità. Prevediamo, pertanto, di dispiegare in primavera il contingente di riserva di circa 600 unità, che rimarrà in «teatro» per sei mesi in sostituzione della riserva austro-tedesca, che è presente in teatro dal settembre 2011.
In esito alla citata situazione verificatasi nel corso del 2012 prevediamo di avere in Kosovo circa 850 militari, un lieve incremento rispetto al livello raggiunto a fine 2011.
In Libia, come già indicato dal Ministro della difesa lo scorso 18 gennaio, in relazione ai possibili sviluppi dei contatti bilaterali tuttora in atto con le autorità di quel Paese, potrebbe rendersi opportuno e necessario procedere alla cessione di alcuni mezzi per le forze di sicurezza libiche. Per queste attività di cooperazione abbiamo previsto nel decreto-legge specifiche Pag. 9 risorse nonché una presenza media potenziale in Libia, nel corso del 2012, dell'ordine di 100 unità.
Ai teatri citati si aggiungono altre missioni di consistenza ridotta (pochi elementi o poche decine), che garantiscono comunque al nostro Paese di contribuire, nel contesto degli sforzi della comunità internazionale, ad una gestione condivisa della sicurezza.
Signor Presidente, onorevoli deputati, passo ora al teatro di intervento marittimo, ovvero l'area oceanica al largo del Corno d'Africa estesa alla parte nord occidentale dell'Oceano indiano. In tale regione la pirateria continua a rappresentare un grave pericolo per l'incolumità degli equipaggi delle navi mercantili e degli approvvigionamenti energetici del nostro Paese.
L'Italia per il contrasto alla pirateria contribuisce alternativamente alle operazioni Atalanta dell'Unione europea e Ocean Shield della NATO, garantendo nel 2012 la presenza di un'unità navale. Nel quadro delle iniziative volte al contrasto della pirateria si colloca anche la cessione a titolo gratuito di mezzi di trasporto e logistici alla Repubblica di Gibuti, che offre un importante punto di sostegno logistico nell'ambito dell'accordo di cooperazione fatto con quel Paese il 30 aprile 2002 e ratificato dalla legge 31 ottobre 2003, n. 327.
Sempre nel quadro del contrasto alla pirateria stiamo sostenendo anche la missione dell'Unione europea EUTM di addestramento delle forze somale, che in stretto coordinamento con le Nazioni Unite e l'Unione africana, sostiene la formazione militare per ufficiali e sottufficiali somali fornita dall'Uganda.
Signor Presidente, onorevoli deputati, mi avvio alla conclusione non prima di aver ricordato che l'azione del Governo nell'ambito delle missioni internazionali, pur in un quadro di attento contenimento della spesa pubblica, continua a mantenere una presenza del Paese quantitativamente e qualitativamente coerente con l'esigenza di confermare gli impegni assunti dall'Italia.
Signor Presidente, onorevoli deputati, ritenendo di interpretare il sentimento comune del Parlamento, colgo l'occasione per rinnovare nei confronti dei militari italiani tutto l'apprezzamento del Governo e mio personale, nel convincimento che l'impegno dei nostri soldati in diversi teatri operativi è importante sia per affermare il prestigio internazionale del nostro Paese, ma anche per garantire una maggiore sicurezza all'interno dei nostri confini nazionali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, il decreto-legge n. 215 del 29 dicembre 2011 reca la proroga di tutte le missione italiane internazionale delle Forze armate e di polizia per il consolidamento dei processi di pace e reca anche alcune disposizioni urgenti e necessarie per l'amministrazione della difesa.
Il primo capo, che comprende diversi articoli in cui si prorogano e si autorizzano le spese delle missioni per tutto il 2012, risulta ovviamente quello più importante e consistente. L'articolo 1 infatti prevede, al comma 1, l'autorizzazione alla spesa per la proroga della missione in Afghanistan, certamente la missione più importante, la più consistente ed anche la più costosa sia in termini finanziari, con oltre il 50 per cento del totale della spesa prevista, sia, purtroppo, dal punto di vista delle vite umane che abbiamo perduto in quel Paese. Il nostro impegno consiste nell'impiego di circa 4.000 militari, con 807 mezzi terrestri e 37 aeromobili. La spesa, come dicevo, è di circa 747 milioni di euro, a fronte di una spesa complessiva per tutte le missioni pari a 1 miliardo e 427 milioni di euro. L'Italia partecipa quindi con questo consistente impegno di uomini e di mezzi alla missione International Security Assistance Force (ISAF), guidata dalla NATO, sulla base delle risoluzioni 1386 (2001) e 1510 (2003) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, confermate da quella più recente, la risoluzione 2011 (2011), adottata il 12 ottobre Pag. 10del 2011. Nel quadro dei compiti della missione ISAF, tesa ad assistere il Governo afgano nel mantenimento della sicurezza, nel controllo del territorio e nella ristrutturazione del Paese, il contingente militare italiano, schierato ad Herat, che è nella zona ovest di quel Paese e in piccola parte a Kabul, svolge compiti di sicurezza, di ricostruzione e di governabilità, nonché di formazione, addestramento e sostegno logistico alle forze armate afgane che si vanno costituendo e rinforzando. Il personale dell'Arma dei carabinieri è anche impegnato in attività di addestramento della ANP (Afghan National Police) e della ANCOP (Afghan National Civil Order Police). Il fatto che il distretto di Herat sia già compreso nei territori consegnati alle autorità afgane già nella prima fase di transizione e che gran parte della provincia di Herat verrà consegnata nella seconda fase, che partirà certamente nel 2012, dimostra l'efficacia dell'azione dei nostri militari nel raggiungere gli obiettivi prefissati. Sono previsti vari step fino al 2014, mentre sarà importante, anche se meno impegnativa, la fase post 2014, che riguarderà il profilo operativo, il monitoraggio e anche un profilo strettamente finanziario.
Nel comma 2 si autorizza la spesa per la proroga della missione in Libano, che è la seconda missione per importanza e per consistenza di impegno, denominata UNIFIIL (United Nations Interim Force in Lebanon), compreso l'impiego di unità navali in coerenza con il mandato più volte ribadito dal Consiglio di sicurezza dell'ONU. Il compito dei militari italiani (sono in numero di circa mille e 100, con 647 veicoli e 4 aeromobili) si dispiega nell'assistere il Governo libanese al fine di prevenire il traffico d'armi, nel garantire il libero movimento del personale delle Nazioni Unite e dei convogli umanitari che tutte le associazioni dei Paesi donatori organizzano in questo periodo. Il costo certamente non è delle stesse dimensioni di quello dell'Afghanistan, però è molto consistente: la spesa in questo caso è di oltre 157 milioni di euro.
Il comma 3 autorizza la spesa di 98 milioni e 548 mila euro per due missioni NATO, una in Kosovo, e l'altra nell'area più ampia, l'area balcanica, dove si cerca di assicurare il cessate il fuoco. Qui operano 840 militari con 309 mezzi terrestri e un aeromobile. Dopo il comma 4, di scarsa importanza, vi è poi la proroga, prevista dal comma 5, della partecipazione di personale militare, concernente l'impiego di 287 unità, 3 navi e 3 aeromobili, che svolgono attività di prevenzione e protezione contro azioni terroristiche e di pirateria, con una spesa di circa 21 milioni di euro. I commi successivi, fino al comma 11, prevedono proroghe di piccoli impegni in vari Paesi. Il comma 11 invece proroga l'intervento nel Corno d'Africa che - come hanno sottolineato i relatori - risulta essere molto importante perché l'Italia ha una funzione essenziale in quei territori anche per proteggere il trasporto degli aiuti umanitari a quelle sfortunate popolazioni che soffrono di inaudite carenze di acqua, di cibo (sono popolazioni sfollate); noi utilizziamo in quel frangente 762 unità, 3 navi e 5 aerei per una spesa di circa 48 milioni di euro. Anche nel Corno d'Africa la nostra missione ha carattere veramente fondamentale.
Vi sono altre missioni, meno importanti nel senso quantitativo ma importanti dal punto di vista qualitativo, che riguardano un teatro operativo più ampio, quello degli Emirati arabi, del Bahrain, del Qatar, con 93 unità di personale, 6 mezzi terrestri, e una spesa pari a circa 22 milioni di euro. Vi sono altre entità minori, ma comunque il nostro Paese in tutto investe in queste missioni la considerevole cifra di un miliardo e 405 milioni di euro (non è una cifra da sottovalutare). Di fronte ad una cifra simile, è chiaro che a qualcuno può venire la tentazione, in tempi di crisi economica, di cercare di tagliare. Forse qualcosa si può tagliare, razionalizzare in alcuni settori, ma il nostro impegno non può essere in questo caso eliminato.
È sufficiente svolgere un ragionamento più approfondito delle questioni e ripensare al significato della nostra presenza in questi Paesi. Il nostro Paese si trova nella Pag. 11zona ricca del mondo, fa parte dell'Europa, è una delle Nazioni più avanzate, anche se non è una grandissima Nazione come possono essere gli Stati Uniti d'America o anche la stessa Germania. È certo un dovere per tutti i Paesi del primo mondo e del secondo mondo, dell'Europa e dell'America, collaborare con le organizzazioni internazionali per aiutare i Paesi meno fortunati perché bisogna organizzare lo Stato e combattere il terrorismo che si diffonde in quei Paesi per le difficoltà che si trovano nella vita di ogni giorno e che dilania, quindi, il tessuto di quei territori e porta lutti e morte in continuazione attraverso autobombe, scontri tribali oppure azioni terroristiche di forze organizzate. Altri articoli del presente decreto-legge trattano questioni del personale dell'amministrazione; ce ne sono alcuni, per esempio, come è stato sottolineato giustamente dal relatore e anche dal Governo, che autorizzano l'utilizzo delle armi da sparo e di guardie giurate per periodi di dodici mesi per combattere la pirateria navale nelle zone a rischio, pirateria che è diventata ormai una prassi per determinati pirati che partono dal Corno d'Africa in generale, riuscendo ad imbattersi in navi sguarnite sotto il profilo della difesa, per poi recarsi verso i porti della Somalia e chiedere riscatti considerevoli. Questo è un fatto importante che, evidentemente, era già previsto in provvedimenti che si erano preparati in precedenza nell'ultimo anno dopo le vicende delle navi italiane il cui equipaggio è stato tenuto in ostaggio per decine di mesi. L'articolo 9, infatti, prevede, per esempio, i conferimenti di incarichi di consulenza a enti ed organismi specializzati che si ritengono indispensabili per realizzare gli interventi nei Paesi indicati. Noi non è che svolgiamo solo interventi di un certo tipo, ma, soprattutto, cerchiamo di favorire i processi di stabilizzazione e, per favorirli, abbiamo bisogno di personale esperto che possiamo non trovare all'interno dell'amministrazione. L'importante, però, è che non si ecceda e, comunque, si proceda subito alla proroga dei contratti in essere degli esperti di cooperazione allo sviluppo in quanto, senza questa proroga, si renderebbe impossibile qualunque attività di cooperazione prevista nello stesso decreto-legge che andiamo a convertire.
Come si può evincere, quindi, facendo attenzione e facendo anche qualche raccomandazione, la componente politica del gruppo Misto Grande Sud-PPA ritiene che non si possa recedere in questo campo, ma bisogna andare avanti e continuare ad aiutare questi Paesi sfortunati non solo fino a quando saranno presenti le nostre Forze armate in quei Paesi, ma anche successivamente. E, pertanto, sosterrà questo decreto-legge e voterà favorevolmente quando si tratterà di convertirlo in quest'Aula.

PRESIDENTE. Dal momento che si sta svolgendo contemporaneamente la riunione dell'Ufficio di Presidenza, che come è noto riveste particolare rilievo istituzionale, mi vedo costretta a sospendere, peraltro con accordo intercorso tra i gruppi, la seduta per un'ora, per poi riprendere e completare l'ordine del giorno, in particolare la discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 215.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente noi non possiamo che convenire, vista anche la rilevanza e l'importanza dell'Ufficio di Presidenza. Diciamo che un anno è fatto di 365 giorni e credo che la capacità di programmare gli incontri dell'Ufficio di Presidenza, dell'Aula e via dicendo tutto sommato sia, nonostante vi sia un Governo di tecnici, anche nelle capacità nostre, del Parlamento. La prossima volta magari è da auspicare che, se si deve convocare un Ufficio di Presidenza, essendovi tutta la mattina, magari la sera o addirittura il giorno dopo, sia possibile convocarlo non necessariamente in concomitanza con l'Aula, sapendo perfettamente che, poiché Pag. 12almeno uno dei Vicepresidenti deve essere in Aula, ciò comporta necessariamente che si debba sospendere la seduta.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 18.

La seduta, sospesa alle 17,05, è ripresa alle 18,15.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garofani. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, il passaggio parlamentare per il rifinanziamento delle missioni internazionali è, non da oggi, occasione per una larga, e spesso larghissima, convergenza politica, che si traduce in un voto favorevole ai decreti proposti dai Governi, nella consapevolezza che questa unità parlamentare è elemento indispensabile per dare forza all'azione dei nostri militari e anche dei tanti civili che, sotto le insegne nazionali, lavorano su frontiere difficili e pericolose, non solo per la credibilità internazionale e il prestigio del nostro Paese, ma per corrispondere attivamente alla responsabilità di dover contribuire alla sicurezza collettiva in un sistema globale e multilaterale.
È la disponibilità ad assumere questa responsabilità nel contesto delle nazioni e delle istituzioni sovranazionali alle quali l'Italia, secondo il dettato costituzionale, partecipa, che misura non tanto il livello delle nostre ambizioni sul tavolo della diplomazia, ma la reale adesione a un sistema di relazioni e organizzazioni internazionali senza le quali la pace e la giustizia sarebbero più fragili e al di fuori di quelle sopravvivrebbero soltanto egoismi nazionali e rischiosi unilateralismi, i cui esiti nefasti abbiamo, purtroppo, sperimentato in tempi non troppo lontani. Anche in questa occasione, dunque, non mancherà il sostegno convinto del gruppo del Partito Democratico al decreto-legge che rifinanzia le missioni.
Nel motivare questo voto vorrei svolgere anche una riflessione più generale sulla politica di difesa e sicurezza e sul rapporto, in particolare, tra Governo e Parlamento, e poi pochissimi appunti nel merito del provvedimento, che è stato già illustrato dai relatori.
Occorre dire, innanzitutto, che è sempre più difficile declinare l'affermazione di una forte convinzione multilateralista con le responsabilità che ne conseguono, in un tempo come quello che viviamo, caratterizzato da una grave crisi mondiale, la cui morsa si sta stringendo in maniera violenta su tutte le economie mondiali, provocando incertezze, incertezze dei mercati, tensioni sociali, emergenze economiche e finanziarie che dettano ai Governi, a tutti i Governi, nuove risposte e nuove priorità per i bilanci pubblici, perché anche il bene delle sicurezza richiede risorse consistenti, la cui disponibilità risulta non sempre facile da spiegare alle opinioni pubbliche nazionali quando i terreni su cui si è chiamati a operare, per quella costruzione, sono lontani, lontani talvolta migliaia di chilometri dalle nostre frontiere. E quella distanza, che è anche fisica, tra ciò che si vede e ciò che non si riesce a vedere, tra ciò che si tocca nelle difficoltà di tutti i giorni e ciò che è un bene immateriale, difficile da percepire o misurare, rende molto sbilanciato, agli occhi di un normale cittadino, il rapporto costi-benefici del nostro impegno nelle missioni. Cosicché, è abbastanza frequente imbattersi in affermazioni polemiche del tipo: «Non ce lo possiamo più permettere». Le risposte diventano oggettivamente difficili quando semplicemente ci si trova di fronte a chi ti chiede se sia più urgente, necessario o indispensabile trovare la copertura per garantire le pensioni, dare lavoro ai giovani precari o spendere per le missioni militari o per finanziare i programmi di armamenti.
Queste domande, questi dubbi hanno tante ragioni e tante radici, alcune anche giustificate. Alcune - è inutile nasconderlo - sono frutto residuo di vecchi apparati ideologici sempre più minoritari, che hanno fatto dell'antimilitarismo una loro bandiera. Altre hanno a che fare con nobili scelte di coscienza, con ragioni etiche, religiose, e altre ancora sono il frutto, Pag. 13invece, di molto meno nobili calcoli elettoralistici e scorciatoie demagogiche che non meriterebbero neanche molte parole se non fossero ripetute anche all'interno delle sedi parlamentari per diventare facilissimo terreno di propaganda. Sono, tuttavia, domande, interrogativi e dubbi che non riguardano soltanto la nostra opinione pubblica, ma che animano il dibattito in tutto il mondo e in tutto il mondo della politica, e tutte le amministrazioni, i Governi e le forze politiche si stanno misurando con questo tema: come riuscire a garantire un livello adeguato di sicurezza globale riducendo o razionalizzando le spese militari.
Si tratta di una strada stretta, spesso scomoda e in salita, eppure, una forza politica affidabile e di Governo non può smarrirsi lungo percorsi alternativi. Non ci sono scorciatoie rispetto ad una piena assunzione di responsabilità su temi relativamente ai quali si tratta di assumere scelte che possono risultare impopolari, ma che, spesso, sono inevitabili e necessarie.
Nel consesso delle Nazioni Unite, nella NATO, nell'Unione europea, in tutte le sedi sovranazionali di cui facciamo parte, siamo chiamati a dare il nostro contributo e a rafforzare il nostro ruolo, sapendo che non potremmo chiedere ad altri quello che non dovessimo riuscire noi stessi a garantire. E, tuttavia, molto si potrà fare per dare finalmente vita ad uno sforzo europeo che sul piano della sicurezza e della difesa consenta di razionalizzare mezzi e risorse, recuperando il terreno che, in questi ultimi anni, purtroppo, abbiamo perduto rispetto a cooperazioni che già si sono avviate.
La ridefinizione di nuove linee strategiche nelle politiche globali e multilaterali per la sicurezza dovrà, dunque, procedere di pari passo con l'adeguamento delle risorse disponibili. Il Governo ha annunciato una sua urgente iniziativa per ridisegnare e ridimensionare lo strumento militare, cercando di non incidere su operatività ed efficienza. Poiché sicurezza e difesa, con gli strumenti militari necessari a realizzarle, sono elementi decisivi della politica di un Paese, e nel contesto mondiale rappresentano un segmento imprescindibile della politica estera, è assolutamente necessario che questa riflessione coinvolga il Parlamento e la sua responsabilità di indirizzo.
Per queste ragioni, il gruppo del PD ha presentato, nelle scorse settimane, una proposta per dar vita ad una Commissione bicamerale che affronti il tema del modello di difesa, che è la cornice imprescindibile all'interno della quale si colloca la riflessione sui numeri, sugli strumenti, sui programmi d'arma necessari, sulle risorse. Non si tratta di intaccare le prerogative costituzionali del Governo, ma, invece, di ricercare le condizioni per costruire attorno ad un tema così sensibile e decisivo per gli interessi nazionali il più largo consenso, anche in un momento tanto difficile. Rendere più forte il ruolo di indirizzo del Parlamento su questa materia è interesse di tutti, in primo luogo, di un Governo che sa di dover assumere scelte, che inevitabilmente, risulteranno impopolari, io direi, soprattutto, per un Governo tecnico.
Questa convinzione è la stessa che ci ha spinto ad impegnarci a lavorare con una legge quadro sulle missioni, che, oltre a mettere ordine nelle diverse norme che riguardano il personale, affronti anche il nodo del rapporto tra Parlamento e Governo nel processo autorizzativo, garantendo anche una più puntuale, stringente e rigorosa azione di monitoraggio nelle missioni, per verificare la reale corrispondenza tra gli obiettivi che presiedono alle missioni stesse e la capacità-possibilità di realizzarli effettivamente.
Vengo ora a poche puntualizzazioni nel merito del decreto-legge che abbiamo alla nostra attenzione e, in particolare, all'articolo 5. Meritano un chiarimento, secondo il nostro gruppo, le finalità che intendevano raggiungere gli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione difesa ai commi 3 e 4 dell'articolo 5: ne ha parlato, nella relazione introduttiva, il nostro presidente Cirielli.
La normativa in vigore prevede, attraverso l'emanazione di decreti ministeriali, Pag. 14il concorso da parte dello Stato di un'acquisizione di sistemi d'arma. Lo Stato può sostenere una quota degli oneri derivanti dai mutui o altre operazioni finanziarie che le imprese contraggono per la produzione dei vari sistemi d'arma. La quota di concorso da parte dello Stato è fissata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato di concerto con il Ministro competente.
Questa previsione normativa viene modificata, come abbiamo detto, con l'articolo 5, comma 3, del decreto-legge, semplificando il procedimento per ragioni direttamente collegate all'esigenza della difesa. È evidente che, attraverso la procedura semplificata, si intende accelerare alcuni programmi e ritardarne altri. Quando la Commissione si esprime sui programmi, è chiamata a valutarne non solo la congruità, ma anche il livello di priorità.
L'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione difesa ha riconosciuto, all'unanimità, che il parere espresso dalle Commissioni parlamentari competenti riesce a fatica a valutare questi aspetti. Crediamo che proprio l'esigenza legittima di semplificare l'iter decisionale in una materia tanto delicata debba comportare il rafforzamento del potere di controllo da parte delle Commissioni parlamentari interessate. Si può ragionare su quale possa essere lo strumento migliore: un parere o una puntuale e periodica informativa resa dal Governo.
In ogni caso sarebbe stato sicuramente preferibile, su una materia così complessa, procedere in maniera più lineare, stralciando questa parte da un decreto-legge che ha altri contenuti, magari ipotizzando un rapido passaggio nelle Commissioni con un provvedimento centrato esclusivamente sulla semplificazione, sapendo che semplificare è importante, ma che è altrettanto importante la trasparenza, in una materia in cui, purtroppo, molte cronache, anche recenti, hanno sollevato inquietanti dubbi attorno ad un segmento della nostra industria che merita di essere difeso e preservato. Il miglior modo per fare ciò è cercare di prevedere procedure efficienti e trasparenti.
Le stesse valutazioni possono valere per l'articolo 5, comma 4, che interviene invece in materia di investimenti sui sistemi d'arma delegando ad un decreto, da emanare da parte del Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell'economia e della difesa, la possibilità di spostare risorse per 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2012 al 2016 e per ulteriori 125 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, tratte dall'autorizzazione di spesa per i fondi messi a disposizione dall'articolo 2, comma 180, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, per l'alta tecnologia aeronautica.
Concludendo queste riflessioni, per alcuni versi anche problematiche, vorrei ribadire che tutto ciò che ho detto non impedisce di esprimere una valutazione positiva del decreto-legge. Il voto favorevole del gruppo del Partito democratico è convinto ed è la premessa di un lavoro che proseguirà in Parlamento per cercare le risposte più convincenti, anche rispetto alle criticità che abbiamo rilevato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, oggi esaminiamo un provvedimento che, anche nella titolazione, vuole rappresentare un elemento di novità ma che, a nostro avviso, è in linea netta di continuità con i provvedimenti precedenti e addirittura, proprio a partire dal titolo, contiene una forzatura, una sorta di ingerenza, per usare un eufemismo, quando si parla di disposizioni urgenti per l'amministrazione della difesa.
Si tratta del tentativo, in qualche modo riuscito, di prevedere, in un decreto-legge che deve servire a rifinanziare le missioni internazionali all'estero, anche disposizioni urgenti per l'amministrazione della difesa. So che di questo parlerà in maniera più compiuta e con maggiore competenza Pag. 15 e incisività il mio collega Di Stanislao, però volevo segnalare questa innovazione che non favorisce certamente la linearità del provvedimento.
Dico ciò con estrema nettezza, ma da parte di un Governo che ha fatto capire di preferire correttezza, limpidezza nei suoi atti, ci saremmo aspettati una maggiore coerenza. A nostro avviso, e forse non saremo i soli a pensarla in tal modo, siamo di fronte ad una operazione poco trasparente di utilizzo dei fondi, in un ambito su cui tra l'altro, recentemente, si è sviluppato un grande dibattito critico soprattutto sulla rete, su Internet da parte di una opinione pubblica che manifesta sensibilità e chiede, senza mezzi termini, che in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo vi sia una riduzione delle risorse impiegate in ambito militare.
Di che cosa si tratta nello specifico? L'articolo 5, appunto, interviene in materia di efficientamento e ristrutturazione di arsenali, di personale in transito dai ruoli normali ai ruoli speciali e viceversa, di ufficiali dei corpi tecnici, di contributi pluriennali all'amministrazione della difesa; si interviene in materia di proroga per il triennio 2012-2015 delle attività e dei contributi a favore dell'Agenzia industrie difesa (AID) e, contemporaneamente, prevedendo il rinvio di tre anni della possibilità, per i cinque stabilimenti in crisi, di non essere posti in liquidazione.
Si interviene, insomma, in materia di investimenti sui sistemi d'arma, delegando per di più ad un decreto, che dovrebbe essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell'economia e della difesa, la possibilità di spostare risorse per 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2012 al 2016 e per ulteriori 125 milioni di euro per ciascuno dei successivi anni 2017 e 2018; risorse queste tratte dall'autorizzazione di spesa per i fondi messi a disposizione dalla legge n. 244 del 2007 per l'alta tecnologia aeronautica.
Qualcuno da questi banchi potrebbe chiedersi cosa ci azzecca con il carattere eminentemente politico e la significanza politica che hanno le nostre missioni internazionali e con l'obiettivo delle stesse, che dovrebbe essere, prima di tutto, un obiettivo di pace e di aiuto allo sviluppo, alla cooperazione, di peacekeeping o di peace enforcing. Invece, niente.
Non è questa l'unica novità, ve n'è anche un'altra: quella più evidente è che siamo di fronte ad un decreto-legge che avrà una durata annuale e non più semestrale. Questo va riconosciuto e dà anche attuazione ad un indirizzo più volte espresso nelle stesse Commissioni Difesa ed Affari esteri di Camera e Senato e anche nell'Aula di Montecitorio, nel senso di rafforzare l'elemento della certezza nell'erogazione delle risorse e nel mantenimento dei nostri contingenti nelle aree di crisi. Tuttavia, il decreto-legge esprime sostanzialmente - come dicevo all'inizio - un'automatica continuità con i precedenti provvedimenti e ciò evidenzia una mancanza di qualsiasi tipo di valutazione e analisi sulle strategie relative alle singole missioni e, quindi, sul significato stesso della presenza italiana e internazionale nei diversi contesti, senza considerare le mutate condizioni. Penso, ad esempio, a quella che è la principale missione dal punto di vista politico e dell'impegno di spesa, ossia quella in Afghanistan. Qui non si è nemmeno percepita la più piccola riflessione critica ed alcun conseguente cambio di presenza o di strategia di fronte ad un bilancio - come ha detto lo stesso relatore Frattini - non sempre linearmente positivo. Lo ha detto con il tono e con l'atteggiamento diplomatico che deriva anche dalla sua più recente esperienza e lo ha fatto nel corso della prima delle sedute delle Commissioni Affari esteri e Difesa che congiuntamente hanno esaminato il provvedimento.
E ad appesantire ancora di più questa mia considerazione - anzi nostra perché è una considerazione di tutto il gruppo dell'Italia dei Valori - è la recente intervista di quello che non posso non chiamare il «neo Ministro della guerra»: è un tecnico - lo sappiamo, per carità - anzi un ammiraglio, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, che, però, come tecnico ha annunciato davanti alle Commissioni non soltanto Pag. 16 di voler confermare l'acquisto degli inutili e costosi cacciabombardieri F-35 - anticipo che noi presenteremo prestissimo una nostra mozione su quello che consideriamo uno spreco scandaloso - ma anche di voler consentire ai cacciabombardieri italiani di colpire obiettivi in terra afgana.
Questo è un grave decisionismo del quale il Ministro Di Paola dovrà in qualche modo rispondere, però - lo voglio dire - ci rafforza, se ce ne fosse bisogno, nel nostro ribadire la richiesta di ritirare al più presto le truppe italiane da ormai dieci anni impegnate in Afghanistan. Forse sarebbe anche il caso di fare un bilancio, un consuntivo: quanto abbiamo aiutato la crescita della democrazia, quanto abbiano inciso sullo sviluppo di quel Paese, quanto abbiamo limitato l'influenza talebana nelle aree sottoposte al nostro controllo?
Del resto, di ritiro non siamo più soltanto noi a parlare: all'inizio è stato Obama a parlare di exit strategy, recentemente, di fronte all'uccisione di cinque soldati, anche il Presidente francese Sarkozy ha parlato della necessità di un ritiro da quel pantano.
Va anche poi detto che un mutamento delle regole di ingaggio per i caccia italiani in Afghanistan dovrebbe quantomeno essere adottato sulla base di una pronuncia esplicita del Parlamento, di un voto che possa esprimere una posizione ufficiale di Camera e Senato.
Inoltre, in questo modo temiamo - c'è questo rischio - di aprire la strada all'aumento delle vittime civili, con bombardamenti che finirebbero davvero per aumentare a dismisura la distanza tra i militari italiani e la popolazione locale.
Tuttavia, voglio cogliere un elemento positivo in questo provvedimento.
Questa novità positiva la voglio trovare là dove per una volta il decreto-legge non viene usato per modifiche sostanziali alla legge 26 febbraio 1987 n. 49 sulla cooperazione. C'è questo elemento positivo e si spera ci sia un chiarimento legislativo, se non altro perché viene stabilita per la prima volta una competenza, sebbene ancora non del tutto chiara.
C'è stata mercoledì scorso una prima audizione del neo Ministro Andrea Riccardi al Senato, tornerà dopodomani qui davanti alle Commissioni a Montecitorio, e forse capiremo un po' meglio qual è il suo ruolo e la sua funzione. Il provvedimento parla esplicitamente di una competenza per il nuovo Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione con il Ministro degli affari esteri, e di misure volte ad agevolare l'intervento delle organizzazioni non governative che intendano operare in Pakistan e Afghanistan per fini umanitari.
Peraltro, dicevo, nelle Commissioni riunite in sede referente alcuni emendamenti al decreto-legge hanno provveduto a circoscrive e risolvere la potenziale conflittualità tra i due Ministeri che ho citato, quel «d'intesa tra loro» però non basta perché occorre - insisto su questo - senza ulteriori ritardi che il Presidente del Consiglio definisca al più presto le deleghe del Ministro Riccardi in materia di cooperazione e di integrazione per fare in modo che la positiva innovazione, che ho appena citato, venga riempita di contenuti reali, operativi ed efficaci, passando soprattutto attraverso la modifica in senso sostanziale della legge 26 febbraio 1987 n. 49, ormai datata e rimaneggiata nel corso del tempo e forse non più all'altezza di affrontare sfide e scenari internazionali mutati profondamente.
Se questo accadrà, posso assicurare che il gruppo dell'Italia dei Valori non farà mancare un contributo positivo qualora se ne vorrà avviare il confronto nel merito, anche perché è fondamentale che si esplicitino presto le modalità di cogestione della materia da parte dei due Ministeri (esteri e cooperazione) scongiurando ogni duplicazione delle strutture e l'aggravio dei costi, come è stato sottolineato da vari colleghi anche in Commissione.
Insisto ancora un attimo su questo aspetto della cooperazione perché c'è un dato che va sottolineato: l'articolo 7 segnala una piccola inversione di tendenza. Siamo passati in questi anni dai 732 milioni di euro stanziati nel 2008 agli 86 milioni per la cooperazione allo sviluppo Pag. 17del 2012, c'è stato un taglio di oltre l'80 per cento che lo stesso Ministro Riccardi ha denunciato mercoledì scorso. Dicevo che qui c'è un dato positivo perché nel 2012 l'incidenza della cooperazione sul totale della missione tornerà ai livelli del 2010; sono previsti, infatti, interventi di cooperazione per 67 milioni di euro, il 4,8 per cento della missione. Ricordo che nel 2009 da lì erano iniziati a diminuire gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo e la loro incidenza sul costo complessivo del provvedimento, fino ad essere nel 2011 soltanto 41 milioni con un'incidenza del 2,7 per cento.
Signor Presidente, qualche perplessità ovviamente c'è ancora, non starò ad illustrarle tutte, altri interverranno e poi ci saranno anche le dichiarazione di voto, però voglio citare un ultimo articolo, l'articolo 8 che parla di contrasto alla pirateria. Ci sono disposizioni che rischiano di indurre alla costituzione di veri e propri depositi di armi negli Stati costieri di quell'area e sull'opportunità di questo tipo di intervento davvero invito il Governo ad un supplemento di riflessione anche in merito all'impiego di guardie giurate a bordo delle navi private che attraversano quello stretto che sono vieppiù a rischio di pirateria. Forse l'affidamento ai privati non è la risposta migliore.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, il primo grosso elemento di novità di questo provvedimento concerne il periodo per il quale è stata autorizzata questa volta la prosecuzione delle operazioni, che non è il primo semestre dell'anno, come è accaduto nel recente passato, ma l'intero 2012. In effetti, anche se alcune indiscrezioni della vigilia andavano in un'altra direzione, per noi non si è trattato di una vera e propria sorpresa.
Avevamo infatti capito come la presenza nella manovra Monti di una disposizione, che incrementava da 700 milioni ad un miliardo 400 milioni di euro il fondo per questa specifica fonte di spese, annunciasse l'intenzione del Governo di regolare la questione degli interventi militari all'estero con un unico provvedimento per tutto l'anno. Sulla questione siamo già intervenuti come Lega Nord per esprimere i nostri dubbi e le nostre preoccupazioni, ovvero che delle missioni che se ne parli una volta e poi non se ne parli più. Questo sarebbe un grave errore di fronte a teatri di crisi in rapida evoluzione.
Tornando al decreto-legge, esso contempla anche misure concernenti le attività della cooperazione allo sviluppo sui teatri di crisi, nonché norme relative al personale e all'organizzazione dell'Amministrazione della difesa, incluse delle previsioni sulla proroga di alcuni contratti dell'Agenzia industrie difesa e sulla semplificazione delle procedure per la realizzazione di programmi di investimento pluriennali di interesse delle Forze armate.
L'impressione che se ne trae è quella di un provvedimento forte, di grande valenza politica, rispetto al quale tuttavia non mancano ai nostri occhi elementi di perplessità. Noi non siamo pregiudizialmente contrari ad un impiego oculato dello strumento militare nazionale all'estero. Non si spiegherebbe altrimenti il voto favorevole assicurato dai nostri gruppi negli anni appena trascorsi. Comprendiamo infatti come in talune circostanze utilizzare la forza possa essere necessario ai fini del perseguimento degli interessi legittimi del nostro Paese, che aspira alla sicurezza del proprio territorio e a prosperare in un ambiente internazionale stabile. Non criticheremo in particolare le missioni e gli interventi con i quali, ad esempio, la nostra marina protegge il traffico mercantile in transito per le acque infestate dalla pirateria, né quelle che servono ad attestare la lealtà del nostro Paese all'occidente. Pensiamo ad esempio all'Afghanistan. Ma su alcuni punti riteniamo anche, con il nostro voto contrario e gli emendamenti che abbiamo presentato, di dover stimolare un dibattito ad alto profilo in quest'Aula e, se possibile, tra la nostra gente. Pag. 18
Intanto i costi di questo provvedimento: il bilancio dello Stato è sotto pressione e, come è noto, importanti sacrifici vengono ormai imposti a milioni di cittadini ed anche a funzioni pubbliche di alta rilevanza, come i servizi erogati dagli enti locali. Eppure, per le missioni delle Forze armate si riscontra una sostanziale invarianza delle spese coperte: 1,4 miliardi di euro, che significano solo 100 milioni in meno dello scorso anno, durante il quale però l'Italia ha partecipato ad un conflitto protrattosi dal 20 marzo al 31 ottobre. Noi riteniamo che qualcosa si potesse tagliare e vorremmo parlarne entrando nei dettagli.
Cominciamo proprio dall'Afghanistan, l'intervento più importante e costoso di tutti, stando almeno alla scheda tecnica allegata al disegno di legge presentato dal Governo. Per la nostra missione nel settore occidentale di quel Paese sono infatti stanziati più di 750 milioni di euro, che equivarranno ad una presenza media di oltre quattromila uomini in teatro. Oggi ce ne sono all'incirca 4.200. Ma davvero ci chiediamo e vi chiediamo ne servono così tanti proprio mentre nell'Afghanistan occidentale le aree rimesse all'esclusiva competenza degli afgani stanno aumentando? Ve lo chiediamo e sottoponiamo la questione - vorremmo aggiungere laicamente - alla considerazione di tutti i nostri colleghi presenti e lo chiediamo raccomandandovi di tener conto anche di due fattori. Il primo: mentre noi riduciamo forse di cento o centocinquanta effettivi il nostro apporto, cioè del 3 per cento, l'amministrazione Obama riporterà a casa entro settembre ben 23 mila uomini, dopo averne rimpatriati nei mesi scorsi altri 10 mila, per un taglio complessivo pari a un terzo della forza nell'arco di 12 mesi. I francesi hanno deliberato riduzioni della medesima consistenza, malgrado operino in un settore comparativamente più turbolento del nostro, ed anche tedeschi e inglesi si avviano a riduzioni non simboliche. Abbiamo quindi l'impressione che noi si voglia essere più realisti del re. Chiediamo: ce n'è l'effettivo bisogno? Per questo abbiamo proposto, come Lega, un taglio alla missione afgana proporzionale a quello deciso dagli Stati Uniti. Noi non intendiamo «rompere il fronte» - si intenda - ma neanche rimanere indietro rispetto a ciò che hanno deciso di fare i nostri alleati.
Il secondo: sappiamo dalla stampa internazionale, e soprattutto da quella statunitense, che è ormai alle porte, se non già avviato, un negoziato tra gli americani e gli emissari dei talebani, che a questo scopo stanno aprendo una loro rappresentanza a Doha, in Qatar. A nostro avviso, questa evoluzione della situazione merita di essere attentamente monitorata, per evitare ai nostri soldati e al nostro Paese di rimanere ingaggiati nel conflitto oltre il necessario.
Sul Libano, il nostro partito ha espresso da sempre perplessità, che la situazione attuale non fa che accrescere. I soldati dati all'UNIFIL 2, dovevano separare l'Hezbollah da Israele e favorire indirettamente il consolidamento dell'esperimento democratico promosso da Fouad Siniora e tutto il movimento legato agli Hariri. Ma cosa è accaduto? Oggi l'Hezbollah è forza di governo a Beirut e la sua vicinanza agli Assad lascia intravedere il pericolo che l'UNIFIL possa essere in qualche modo trascinata nello scoppio di un eventuale conflitto con la Siria, evenienza che ci preoccupa non poco, anche alla luce delle notizie che proprio in queste ore giungono da Damasco.
Quanto alla Libia, è tempo di archiviare, ovviamente, le polemiche sull'intervento militare italiano dei mesi scorsi, ma dobbiamo rimarcare, anche in questa sede, come la decisione di inviare un contingente di 100 istruttori militari a Tripoli, sollevi dei dubbi, sia per le modalità prescelte per comunicarla che nel merito della missione.
Per quanto riguarda le modalità, esiste una risoluzione, signora Presidente, che si chiama «Risoluzione Ruffino», che dal 2001 regola il procedimento di autorizzazione all'effettuazione di un intervento militare all'estero. Essa prevede che il decreto sia l'ultimo passo al quale il Governo si risolve, solo dopo aver constatato, Pag. 19anche informalmente, la sussistenza di una maggioranza in Parlamento disposta a sostenere la scelta. Non era il frutto di un capriccio, ed a questa procedura si sono, non a caso, attenuti tutti i Governi degli ultimi 11 anni, di centrodestra come di centrosinistra. Ora sono arrivati i tecnici e si è cambiato registro: devo dire che, personalmente, lo ritengo un brutto segno. Quanto al merito, è chiaro che anche noi vorremmo una Libia ricostruita e stabilizzata - ci mancherebbe! - ma constatiamo che la situazione non è rosea, che a Tripoli vi sono milizie islamiste che dettano legge nella capitale, mentre il Cnt è diviso ed oggetto di forti contestazioni e a Bani Walid, per chi non lo sapesse, sventola di nuovo la bandiera dei lealisti fedeli al vecchio regime, insorti solo per un torto fatto ad un anziano della tribù dei Warfalla. Non immaginiamo cosa possa accadere qualora i libici decidano, come è probabile, di giustiziare il figlio superstite di Gheddafi. Temiamo, quindi, che ci si cacci in un grosso guaio ed è per questo che proponiamo, con un nostro emendamento, di rinunciare a questo intervento.
Ripetiamo, inoltre, quanto già detto in altre occasioni, ovvero che gli interventi rimangono troppi, frammentati e spesso ingiustificati rispetto alla legittima ambizione di trarre dei dividendi politici per il nostro Paese sulla scena internazionale.
Veniamo alle osservazioni sulla parte «esteri» del provvedimento. Per quanto attiene alla cooperazione allo sviluppo, prima ancora di valutare il merito delle iniziative autorizzate dal decreto-legge in conversione, contestiamo la natura stessa dello strumento prescelto. Da molti anni segnaliamo e stigmatizziamo questa triste abitudine di immergere ed esaurire la pianificazione degli interventi di cooperazione del nostro Paese nel calderone del rinnovo delle missioni militari. È un metodo sbagliato sia in termini di principio che di risultato. La cooperazione allo sviluppo dovrebbe, infatti, rappresentare una categoria principe della politica estera di un Paese. Invece, continuiamo a dare il messaggio che è solo lo strumento riparatore dei disastri civili e sociali conseguenti ad azioni militari. La cooperazione non può, o almeno non dovrebbe, essere l'appendice consolatoria di un intervento armato. Dovrebbe invece venire prima, perché è forse l'unico strumento per prevenire le cause di molti conflitti, e non solo. Si dovrebbe evitare di pianificare la cooperazione allo sviluppo per decreto e con orizzonti temporali di corto respiro, dipendenti solo dai cicli di bilancio, riducendola, come capita oggi, ad una questione di mera spesa.
Abbiamo sempre sostenuto che l'aiuto ai Paesi in difficoltà, per favorirne lo sviluppo autonomo, è il vero strumento di prevenzione delle carestie, della povertà che porta alla disperazione, in molti casi all'esodo migratorio, in altri, purtroppo, alla violenza o al terrorismo. «Aiutiamoli a casa loro» ha più volte affermato il nostro segretario federale Umberto Bossi.
Per questo motivo gli interventi di aiuto dovrebbero essere pianificati su un orizzonte temporale lungo, funzionale alla politica estera complessiva del nostro Paese e pensati in maniera del tutto indipendente rispetto alle missioni internazionali. La ricostruzione post-missione è certamente necessaria e, in una certa misura, anche inevitabile, ma non può esaurire l'orizzonte della nostra politica di aiuto perché questo tipo di intervento non ferma la spirale di povertà e disperde gli sforzi.
Onorevoli colleghi, da molte legislature, ormai, la Lega Nord chiede una legge di riforma della cooperazione allo sviluppo che tenga conto di questi principi e che presupponga, a monte della programmazione degli interventi, una precisa riflessione sulle aree e sulle popolazioni su cui intervenire per non disperdere le risorse e presentare l'immagine di un Paese coerente, e efficace ed affidabile nel lungo periodo. Sottolineiamo questi concetti per l'ennesima volta, ben consapevoli che nemmeno questo Governo dei professori sarà in grado di imprimere la svolta di buonsenso che auspichiamo e, trattandosi di aiuto ai più poveri, diremmo anche di buon cuore. Pag. 20
Proprio su questo tema, seppure nascosti da una stampa accondiscendente e supina, stiamo infatti assistendo alla ben poco edificante lotta interna tra un Ministro degli affari esteri ed un Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione che si contendono, a suon di lettere, il portafoglio, economicamente importante, della cooperazione, in un'ottusa contrapposizione di potere degna della peggiore politica degli anni che furono e che noi, francamente, non rimpiangiamo.
Per tutte queste ragioni la Lega Nord assumerà un comportamento conseguente, rifiutando, questa volta, il proprio sostegno al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, cercherò di individuare alcuni percorsi che, in qualche modo, richiamano ad una memoria progressiva degli atti politici ed istituzionali che, poi, dovrebbero avere a che fare con una sintonia molto più forte e stringente con la comunità nazionale. Non parlo di etica per non scomodare le intelligenze e i cuori di alcuno.
Credo però che, attraverso questo ulteriore provvedimento, noi ed il Governo stiamo perdendo una grande occasione e la maggioranza che lo sostiene un'altra grande opportunità perché, mentre il Governo potrebbe avere l'alibi di non essere stato parte di questo percorso che porta, di volta in volta, a rilanciare il tema delle missioni internazionali, la maggioranza ne conosce benissimo la costruzione e lo sfogo verso cui si va. Allora, su questi temi credo che bisognerebbe avere molto più coraggio, molta più competenza e l'essere un Governo tecnico avrebbe dovuto significare la messa in campo di percorsi intelligibili, soprattutto se pensiamo che, rispetto a questi dati, evidentemente la messa in campo di un Ministro nel comparto della difesa avrebbe dovuto e potuto aiutare questa definizione.
Trovo, francamente, scoraggianti alcuni elementi che sono stati portati nel corso delle audizioni nelle Commissioni. Quando sento dire da alcuni rappresentanti del Governo che il decreto missioni è uno strumento essenziale della politica estera dell'Italia rabbrividisco, per un motivo molto semplice, perché questa avrebbe potuto essere l'occasione - mettendosi in sintonia ed in sinergia con il lavoro fatto dalle Commissioni - per produrre e promuovere un'azione straordinaria, questa sì, fortemente incalzante, questa sì, e in sintonia con il Paese e anche, in qualche modo, con il Capo dello Stato laddove ci si fosse indirizzati, finalmente, verso un percorso che avesse una sua finalità diretta, immediata e percepita anche da tutta la comunità nazionale, ossia finalmente, ad una legge quadro concernente le missioni internazionali.
Badate bene, si è persa una grande occasione da parte vostra, e si è persa una occasione straordinaria da parte della maggioranza che sostiene il Governo, perché tutto il lavoro era da noi stato fatto, quindi c'era anche il percorso concluso e chiuso perché vi era stata, da parte di tutte le forze politiche, attraverso le proposte presentate, una convinzione di una convergenza che era necessaria per smetterla con i decreti semestrali, per arrivare a quelli annuali, passando attraverso i trimestrali e i bimestrali. Credo che si sia persa una grande occasione perché, in questo modo, non si aiuta a cogliere il senso e la sostanza delle questioni.
Ancora una volta abbiamo a che fare con un decreto che ci dice che noi abbiamo una diversa necessità rispetto agli altri Paesi, perché noi ci comportiamo da grande nazione con grandissime ambizioni, di cui non siamo poi all'altezza nella definizione degli strumenti e nella declinazione degli impegni. Abbiamo infatti solo l'ambizione da mettere in campo, ma non siamo gli Stati Uniti, che almeno quando decidono di prendere delle decisioni, le prendono a prescindere dalle lobby o da chiunque li voglia strattonare. Qui, invece, in un contesto in cui si rende necessario altro, nella collocazione internazionale che ci vogliamo dare e nella presunzione che siamo forse i migliori o Pag. 21nel cerchio magico dei migliori, non riusciamo a cogliere l'essenza. Infatti ,nel cambiamento degli equilibri geopolitici mondiali, prima con l'allora Ministro ed ora con l'attuale, non siamo riusciti ad essere incisivi ed a portare avanti qualcosa di veramente alternativo.
Credo che rispetto a questi dati bisogna pensare in maniera molto più diretta e importante. Non possiamo pensare che anche oggi con questo Governo, che rappresenta l'esatta continuità con il passato Governo, si possa pensare di arrivare nel Parlamento con il decreto sulle missioni internazionali come se fosse un atto di routine, una presa d'atto, per così dire, di ratifica, a prescindere da quella che è la prerogativa del Parlamento.
Sono occasioni straordinarie, non solo di approfondimento, ma di decisione. Nelle grandi democrazie mondiali sono i Governi che vanno in Parlamento e presentano delle proposte, che poi il Parlamento decide di votare o non votare. Qui, invece, abbiamo a che fare con un Governo che decide di andare per la sua strada, sapendo che non c'è possibilità di dialogo e di comprensione. Ma non solo. Non c'è neanche la possibilità di approfondire alcuni strumenti fondamentali.
Qual è la diversità che si pone adesso in questi termini? È che noi partiamo dalle medesime riflessioni per arrivare a diverse considerazioni e a diverse scelte. Infatti è impensabile che, così come voi la ponete, nell'ambito di un decreto sulle missioni internazionali, a cui noi - noi! - abbiamo contribuito insieme ad altre forze politiche qualche tempo fa, qualche mese fa, a definire missioni internazionali di pace - infatti non c'era nell'oggetto il tema di missioni internazionali di pace - oggi ci troviamo da tutt'altra parte. C'è chi sostiene questo Governo senza chiedere a questo Governo il da farsi su una tempistica che non può essere rinviata sempre e comunque attraverso strumenti che non vanno a declinare il comune sentire della nostra nazione.
Allora, quando abbiamo un decreto e si incomincia di nuovo a pensare e ci si vuol fare credere che vi è stata una riduzione dell'impegno del personale negli scenari internazionali, non è vero. Noi sappiamo infatti che quando diciamo che si passa da 8.895 a 6.988 unità non è vero che si è ridotto il personale. Il personale è minore perché sono concluse alcune di quelle attività. Dite tutta la verità! Ditela sempre e ditela tutta, perché aiuta l'intero Paese a capire con chi stare in queste scelte così importanti, che non riguardano solo voi, ma riguardano l'intera comunità nazionale.
Quando poi si dice strumentalmente che si passa finalmente da 3,21 per cento e al 5,57 per cento per quanto riguarda i soldi per la cooperazione, se in realtà andiamo a vedere non le percentuali, ma le somme reali, si tratta di briciole rispetto a quanto invece si fa per interventi che non riguardano la cooperazione e gli interventi civili. Allora bisogna essere chiari. Cosa ne vogliamo fare di queste missioni internazionali? Noi abbiamo a che fare con alcuni scenari nei quali c'è un controllo, pur nella complessità del dato. Ma c'è anche qualcosa di diverso. Infatti noi non riusciamo a mettere in campo quello strumento che ci ha sempre contraddistinto. Il sottosegretario de Mistura diceva che il nostro investimento sono le missioni internazionali all'estero. È certo, però veramente non solo in questi termini, perché le missioni internazionali all'estero per noi sono state missioni di peacekeeping e peacebuilding. Ciò significa che siamo lì per interventi umanitari di ricostruzione e di addestramento. Punto. Ci hanno invece fatto fare qualcosa di diverso e qualcosa di altro, per cui neanche la partecipazione dei nostri militari alle missioni si è ben capita, perché si è dissolta nell'iniziativa Enduring freedom e non più nell'ISAF.
Su questi temi bisogna interrogarsi, perché credo che la figura del sottosegretario si sia fortemente «sbiadita», oggi, intervenendo in quel modo, quando qualche mese fa rilasciava dichiarazioni di tutt'altro genere, che segnalerò domani in occasione della dichiarazione di voto. Credo che non ci stiamo in questi elementi che voi ci portate, perché in un provvedimento così importante, viene introdotto Pag. 22qualcosa che non ha che fare con lo strumento delle missioni internazionali di pace. Lo ricordo ancora una volta: «di pace». Si tratta di quegli strumenti che riguardano l'Agenzia industrie difesa, che sono correlati poi all'articolo 6 sulla pirateria, ovvero gli strumenti di cui al comma 3 dell'articolo 5, dove si parla di sistemi d'arma.
Intendo dire che non possiamo mettere in campo tutte queste criticità, per non parlare di quell'elemento che potrebbe essere di assoluta novità in termini positivi, quando diciamo che la cooperazione finalmente entra in campo con il Ministero degli affari esteri. Sì, ma come la si va a declinare la cooperazione internazionale se è così difficile già di per sé metterla in campo in maniera autonoma? Credo allora che si creeranno tantissimi problemi, legati proprio all'attuazione in termini di accordo e di coordinamento di questo. Non solo: quali sono le risorse vere ed importanti da mettere in campo? Credo che non ci siano, ad oggi, risorse per questo tipo di intervento in maniera coordinata e raccordata. Forse togliendo quegli 8 milioni e mezzo dalla «mini-naja» può darsi ci possa essere uno start up rispetto a questi elementi di novità, ma credo che bisogna avere anche il coraggio in queste occasioni di poter fare finalmente un provvedimento che si avvicini a quello delle missioni internazionali.
Tutto quello che c'è stato, tutto quello che non ci può stare, noi lo abbiamo segnalato attraverso proposte emendative di qualità, che tendono ad espungere dal provvedimento tutti questi piccoli vagoni attaccati al treno che non aiutano a capire la consistenza della nostra presenza all'interno delle missioni internazionali. Ribadisco, ribadisco che c'è un lavoro fatto dalle Commissioni in maniera importante di cui voi non avete tenuto conto: avete calpestato il lavoro e la dignità di molti gruppi politici e dei singoli parlamentari che hanno lavorato su questo argomento. Non solo, diceva il collega Garofalo che si sta lavorando ad una Commissione bicamerale per quanto riguarda il modello di difesa. Ebbene, l'Italia dei Valori ha dato un grandissimo contributo, perché anch'essa ha presentato una proposta di legge, ed è in questo senso che bisogna andare. Se voi pensate ancora una volta di vivacchiare in questo modo state sbagliando veramente, perché ne abbiamo già viste tante in questi anni e non ci meritiamo ulteriormente, attraverso il tecnicismo che voi rappresentate, di essere così distanti dalle posizioni del Parlamento. Ci vuole rispetto del Parlamento, che significa rispetto per il Paese che non vuole più questa commistione, questa confusione di ruoli, questo giocare anche con le vite degli altri, perché abbiamo pagato tantissimo e caramente la presenza negli scenari delle missioni internazionali e abbiamo anche sempre segnalato che non tutto non sempre è bello e non tutto funziona.
E quando prendiamo come riferimento l'Afghanistan è proprio perché è quella la punta dell'iceberg, è lì dove si va sempre a colpire, perché non colpisce solo l'immaginario collettivo e perché sull'Afghanistan, il Paese, l'Italia si è sempre contraddistinta con propri modelli di intervento di carattere umanitario di addestramento e di ricostruzione e ha dovuto lentamente e progressivamente snaturare il proprio compito e per questo abbiamo avuto anche un trattamento che non ci meritavamo.
Dunque, questa proroga è una grande occasione mancata, perché si doveva e si poteva assolutamente fare di più, si poteva e si doveva fare assolutamente in modo diverso e soprattutto bisognava tener conto di tutti quegli elementi che attualmente il decreto-legge non contiene. Mi auguro che domani vi possa essere un dibattito serio, sano all'interno di questo Parlamento e a quella sede rinvio la discussione di tutte le proposte emendative presentate dall'Italia dei Valori perché credo che in quella sede debba essere il momento centrale di ripresa di dialogo, di dignità e anche di intervento da parte del Parlamento. Sono convinto che alcuni elementi che hanno caratterizzato fortemente il nostro dibattito in sede di Commissioni domani si possano riprendere e portare a compimento e mi auguro che su alcune questioni sulle quali l'Italia dei Valori si è Pag. 23trovata da sola, inspiegabilmente da sola quando tutti, all'unanimità, hanno votato alcune proposte emendative, domani qualcuno possa anche ripensare questi dati. Si tratterebbe di una conquista non di una forza politica, ma dell'intero Parlamento e dell'intera comunità e sono convinto che così daremo forza al provvedimento sulle missioni internazionali e così potremmo andare più speditamente, dopo ciò, a definire finalmente una legge quadro all'interno di un modello di difesa finalmente condiviso ed in linea con le tendenze dell'Unione europea.
Sono altresì convinto che in tal modo, finalmente, unitamente alla legge quadro, si possa determinare un percorso che ci porti a definire un modello di difesa e di sicurezza nazionale in linea con gli intendimenti europei attraverso la predetta Commissione bicamerale che, se utilizzassimo come strumento di lavoro, in sei mesi potrebbe dettare finalmente le linee guida di organizzazione e di intervento, che è quello che manca non solo per fare i decreti-legge, ma per poter avere finalmente, per la prima volta nella storia di questo Parlamento e del Governo, una legge quadro che risponda a delle missioni internazionali che siano effettivamente di pace e non siano invece delle missioni che attraverso la pace vogliono veicolare alcuni interessi che domani illustrerò nel mio intervento in sede di dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, oltre ai colleghi che hanno preso la parola nel corso di questo dibattito, ho ascoltato anche i relatori ed i rappresentanti del Governo (in particolare, il sottosegretario agli affari esteri ed il sottosegretario alla difesa). Ricordando analoghi dibattiti e confronti sul rifinanziamento e sulla proroga delle nostre missioni all'estero, non c'è dubbio che vi sono delle coincidenze, delle «vicinanze» rispetto alle valutazioni e alle ricostruzioni che abbiamo fatto sulle missioni del nostro Paese all'estero. Questo decreto proroga le nostre missioni dal primo gennaio 2012 fino al 31 dicembre 2012 e potrebbe essere considerato un fatto puramente tecnico anche se si tratta di un provvedimento molto ricco: vi è una serie di valutazioni, di considerazioni e di provvedimenti. Le nostre missioni sono riproposte certamente con la volontà di assicurare la nostra presenza e il nostro ruolo nello scacchiere internazionale.
Però vorrei chiedere a me stesso e ai relatori e al Governo (che ha fornito anche un contributo - per dire la verità - alla fine degli interventi dei due relatori) se non sia il momento di fare il punto di tali situazioni a livello internazionale, perché le uniche occasioni che l'Aula di Montecitorio ha avuto (anche se certamente la Commissione Affari esteri ha lavorato) per parlare dei problemi a livello internazionale sono state rappresentate da questi provvedimenti d'urgenza (tramite la decretazione) che prorogavano e hanno prorogato le missioni e il rifinanziamento delle missioni, ma non abbiamo mai avuto la possibilità di scandagliare gli atteggiamenti e le scelte sul piano politico a livello internazionale.
Molte delle missioni attuali sono missioni dimenticate e la riproposizione di tutto questo dovrebbe sollecitare noi altri, tutta l'Aula di Montecitorio, il Parlamento, e le forze politiche quindi, ad un confronto serrato con il Ministero degli affari esteri e il Ministero della difesa (quest'ultimo Ministero certamente rappresenta l'altra faccia della medaglia rispetto alla nostra strategia e al nostro impegno di politica internazionale). Bene il discorso per quanto riguarda l'Afghanistan. Rispetto ai nostri caduti, abbiamo sempre detto che il nostro impegno e la nostra missione continueranno. Tutto ciò va bene, tuttavia bisognerebbe capire - prendo ad esempio l'Afghanistan - quali siano le prospettive in questo momento in quel Paese, quali siano i processi di normalizzazione e di democratizzazione in quel Paese, quali siano le vicende anche di carattere economico che stanno caratterizzando questo Paese, fin dove e in quale Pag. 24misura il Governo legittimo di quel Paese controlla il territorio e se vi sono altre strategie; certamente, nel tempo (è stato anche ricordato in questa Aula), ridurremo la nostra presenza militare in Afghanistan, ma vorremmo capire qualcosa di più rispetto anche agli intendimenti del nostro Paese.
Quando nel nostro Paese abbiamo iniziato a discutere delle nostre missioni, si parlava di peacekeeping e di peace enforcement, per garantire la pace, per portare la pace.
E tutto il discorso certamente della solidarietà umanitaria e della cooperazione è intrinseco nella volontà e nell'impegno del nostro Paese nel consesso a livello internazionale. Ma vi è un altro problema che abbiamo sul tappeto e lo voglio dire al sottosegretario, che è l'unico interlocutore che ho come Governo in questo particolare momento. Mi compiaccio con lei e mi auguro che ci sia una soddisfazione o quantomeno un'attenzione anche da parte sua.
Il problema è che qui c'è da capire e da rivedere tutta una problematica che investe anche la NATO, l'ONU e gli organismi a livello internazionale. E non c'è dubbio che questi sono aspetti e dati su cui dovremmo anche riflettere, come dovremmo riflettere anche sul ruolo dell'Europa. Infatti, quando parliamo di cooperazione, non si tratta semplicemente di un problema nazionale; quando parliamo di cooperazione a livello internazionale, per recuperare popolazioni e comunità, per garantire in quelle realtà e in quei territori la pace e lo sviluppo della democrazia e dei processi di avanzamento civile e umano, le strutture internazionali, come l'ONU, dovrebbero anche avere un ruolo. E ce l'hanno il ruolo, ma bisognerà capire fino a dove l'hanno esposto questo ruolo, dove l'hanno affermato, dove è iniziato e dove è finito questo ruolo. Non c'è dubbio che il discorso vale anche per la NATO. Cambia lo scacchiere a livello internazionale, non c'è dubbio che anche il ruolo della NATO, non solo dovrebbe essere attenzionato più volte, ma dovrebbe essere anche adeguato, rispetto a quella che è stata la funzione della NATO fin dalla sua nascita, ai nuovi impegni sullo scacchiere internazionale stesso, alla nuova presenza a livello internazionale. Sono dati su cui voglio concentrare la mia attenzione e sollecitare l'attenzione, visto e considerato che la NATO ha svolto e deve svolgere a mio avviso un ruolo importante e fondamentale, dove sicuramente il nostro Paese deve avere un ruolo sempre più forte e sempre più convinto. Infatti, qui occorre partecipare a un consesso internazionale con scelte politiche in termini sempre più impegnativi.
Poi, in questo provvedimento vi è tutta una elencazione della nostra presenza. Bisognerebbe capire la Bosnia-Erzegovina. Capisco, ovviamente, l'UNIFIL in Libano, rispetto anche ai nuovi processi che ci sono, come la vicenda della Siria. Ma l'UNIFIL che fa? Vi è una presenza tecnica, impegnativa, ma bisognerebbe chiarire i ruoli, se essi finiscono così con le regole di ingaggio a suo tempo assunte. Capire pure il ruolo della nostra presenza in Libano o sul Corno d'Africa per quanto riguarda la lotta alla pirateria marittima, così come il ruolo dell'Unione europea ed altro ancora. Ma c'è questa sintonizzazione e questo concerto molto forte e molto intenso? E per quanto riguarda il nostro Paese, rispetto anche allo scacchiere internazionale, il ruolo dei servizi di sicurezza? L'AISE viene ad essere richiamata per quanto riguarda anche una postazione di risorse in bilancio a suo favore.
Vorremmo capire, per quello che si può dire, qualcosa sui servizi di informazione; molte volte non si dice perché sono segreti e con la scusa della segretezza non capiamo mai quello che fanno. Questo per essere estremamente chiari e corretti, anche in un rapporto che bisogna mantenere e che riguarda la sicurezza. Sappiamo cosa fanno i carabinieri, cosa fa la guardia di finanza. Sono stati prorogati gli impegni su alcuni scacchieri internazionali di questi corpi, che certamente si sono segnalati nel passato per il loro impegno e per la loro attività, come si sono segnalate le nostre Forze armate. E non c'è dubbio che Pag. 25noi dobbiamo essere sempre grati alle Forze armate, per il loro impegno, per la loro azione, per loro attività, però le Forze armate da sole non possono essere sufficienti a fare la politica estera all'interno del nostro Paese. Sono una parte della politica estera, poi bisogna completare. È necessario portare avanti un'azione sempre più coordinata, con una presenza sempre più articolata e incisiva, avendo ben chiare le nostre missioni. Non è possibile - e lo dico con estrema chiarezza - pensare di avere il riconoscimento per il semplice fatto che noi partecipiamo alle missioni. Questo è certamente un fatto importante e fondamentale.
Poi ci deve essere un seguito: il seguito di una strategia sempre più impegnata perché questo nostro Paese possa avere un suo ruolo, ma soprattutto capire - ripeto quanto dicevo all'inizio - questa nostra dislocazione (Cipro e adesso anche la Georgia), un mondo di presenze e soprattutto dove siamo impegnati in termini di grande forza: certamente questo mondo deve avere una sua caratterizzazione e una sua sintonia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 19,20).

MARIO TASSONE. Sono stato a seguire una serie di missioni nel passato e certamente ho potuto riscontrare che la nostra presenza viene ad essere apprezzata e valutata in termini positivi. Si è parlato moltissimo di cooperazione, si è parlato moltissimo di ruolo e di una forte capacità e azione del nostro Paese a dare in questa direzione tutto il suo sforzo. Anche per quanto riguarda la Libia non ho capito cosa significa che diamo mezzi dimessi. Ma in Libia che situazione c'è? Oggi, allo stato, al di là di quelle vicende che sono a tutti note e che abbiamo dovuto e potuto registrare, oggi qual è la situazione della Libia?
Molte volte ci entusiasmiamo e l'entusiasmo credo che sia importante e fondamentale, ma è necessario capire qualcosa: capire qualcosa nel Kosovo. Il Kosovo è una situazione a volte dimenticata: che situazione c'è oggi nel Kosovo? Che situazione c'è oggi nei Balcani? E queste cose certamente dobbiamo dircele, visto e considerato che vi era il presidente della Commissione difesa, visto e considerato che vi era il sottosegretario di Stato per la difesa - siccome lei non c'era, signor relatore - ho conservato quest'ultimo aspetto perché conosco la sua affettuosità, la sua signorilità e soprattutto la sua disponibilità, che commuove certamente tutti noialtri, dalla mattina alla sera. Sul problema della difesa, signor Presidente e signor sottosegretario, certamente considerato come è articolato tutto l'adeguamento anche dello strumento militare nel decreto, sembra che questo strumento militare sia adeguato semplicemente alle missioni e pian piano viene meno lo strumento militare nel nostro Paese. Questo è un passaggio sul quale certamente dovremmo capirci. Quella che è stata la proiezione del passato per quanto riguarda gli impegni a livello internazionale, certamente erano un'espansione di quelle che erano le Forze armate all'interno del nostro Paese.
L'articolo 11 della Costituzione parla di difesa del nostro Paese con gli impegni che sono previsti dalla Carta costituzionale. Ma non può essere semplicemente la nostra presenza internazionale per legittimare le Forze armate e per dare una forza aggregante e incidente sul territorio. Ritengo che una visione dovremmo pure adeguarla e averla anche definita, per evitare che anche i mezzi e gli strumenti, il materiale, le tecnologie siano soltanto un fatto contingente, ma non un fatto riaffermato, dove le Forze armate - le vedo con estrema tranquillità anche nel nostro Paese - sempre più indebolite, siano rafforzate anche per il ruolo meritorio che hanno, anche a livello internazionale. Questo è un dato su cui vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario, e come dicevo poc'anzi, del presidente della Commissione, che è anche relatore di questo provvedimento, perché ritengo che sia importante anche un confronto di questo genere. Anche per quanto riguarda gli armamenti, le armi, le tecnologie poiché Pag. 26poco prima ho richiamato i servizi di sicurezza: avete fatto qualche valutazione o c'è in atto quale indagine per capire che dove ci sono le aree calde ci sono alcune industrie coperte certamente, che forniscono armamenti nel nostro Paese, in violazione della norma, e di tutti i principi etici e quant'altro, a strutture e a forze che certamente operano per destabilizzare quei Paesi stessi dove dovrebbero portare la pace?
Io ritengo che questi sforzi dobbiamo pur compierli. A proposito di queste industrie, di che si tratta? Ci sono industrie? Queste grandi industrie della difesa sono sotto mentite spoglie o sotto altre etichette? Io ritengo che questo aspetto sia importante.
Sui cacciabombardieri sono state anche riproposte alcune valutazioni. A proposito della linea di volo poi, quale ulteriore obiettivo occorre raggiungere? I vecchi F135 e tutto quello di cui oggi si parla, tutti questi progetti per quanto riguarda gli armamenti ed il potenziamento degli armamenti hanno un senso ed un significato per quanto riguarda le Forze Armate oppure per alcune industrie, piccole industrie - ritorno ancora su questo discorso - che forniscono, in termini occulti certamente, anche ad aree calde, strutture e reparti rivoluzionari all'interno di alcuni Paesi?
Certamente ritengo che anche il nostro Paese rivesta un ruolo importante nell'area del Mediterraneo. La nostra presenza a livello internazionale è importante e fondamentale, soprattutto quando si parla della primavera di alcuni Paesi del Medi Oriente; dopo la primavera, vi sono fermenti e vi sono ovviamente tormenti: l'approccio alla democrazia ed alla pacificazione credo sia sempre più defatigante come obiettivo da perseguire, ma vi è una serie di problemi ed il nostro Paese deve giocare un ruolo importante e lo gioca attraverso le missioni. Ma le missioni senza una forte diplomazia, senza un forte ancoraggio e senza una forte azione rischiano di essere uno strumento, certamente importante e fondamentale, di cui noi andiamo orgogliosi, che tuttavia non dispiega ciò che è nella potenzialità che il nostro Paese - per il ruolo e per la storia che ha e per il potere culturale che esprime - potrebbe affermare e potrebbe garantire ed assicurare.
Si tratta di temi importanti e fondamentali e mi riferisco anche al personale ed ancora all'invio fuori ruolo in alcuni paesi e alla proroga di alcuni magistrati. Sarei curioso di capire qual è stato poi il risultato della presenza di questi magistrati, tanto per intenderci, perché non basta semplicemente la parola che vi è il magistrato dislocato o sei magistrati, per affermare che tutto è andato bene, e solo perché c'è stato il magistrato. So cosa hanno fatto i carabinieri, so cosa ha fatto la Guardia di finanza, so che cosa fanno le nostre Forze Armate, ma non so cosa fanno i magistrati. Non so cosa fanno le pletore di consulenti che molte volte si trovano in quei territori e non so nemmeno cosa fanno i servizi di sicurezza. Bisognerebbe saperlo, ma ciò significa discutere e dibattere in termini seri. Forse in un'Aula non piena si svolge la discussione sulle linee generali per adempiere ad un dettato regolamentare, tanto per passare la giornata, e per dire che abbiamo fatto la discussione sulle linee generali, ma si tratta di problemi e di interrogativi che ci poniamo in termini seri per capire dove bisogna continuare e potenziare le nostre missioni e dove alcune nostre missioni dovrebbero essere riconsiderate, riqualificate e riconvertite per svolgere un ruolo sempre più adeguato rispetto ai tempi, che si modificano, che cambiano; certamente la flessibilità credo sia un impegno sul piano politico e sul piano anche delle strategie che noi vogliamo portare avanti. Detto questo, siamo certamente per l'approvazione del provvedimento in esame. Nessuno mai ha pensato e immaginato di dire di «no». Però questo è stato l'errore del passato (non mi riferisco a questo Governo, perché questo Governo si è appena costituito): quello di pensare e di immaginare che, poiché si tratta di Forze Armate presenti sul territorio, il rifinanziamento o la proroga delle missioni sia un fatto obbligato. Infatti, chi è che si Pag. 27mette contro? Però ritengo che, attraverso questo tipo di operazione, vi sia stata ovviamente una linea di conduzione molte volte generica, non specifica e non convincente rispetto ad alcuni passaggi.
In conclusione, Signor Presidente, non vi è dubbio che il problema è quello di assicurare e di agire per mantenere la pace. Vi è la cooperazione a livello internazionale, ma le cooperazioni non si fanno a senso unico e vi sono le strategie, anche sul piano politico. Certamente va bene che Graziani sia libero e prenda il posto, i comandi e altro ancora, ma ritengo che tutto questo non sia sufficiente rispetto alla complessità delle problematiche rispetto alle quali certamente dovremo considerare i problemi internazionali fuori dall'ottica, molte volte, dei condizionamenti e delle manovre di carattere economico, assumendo il ruolo importante che dobbiamo ricoprire.
Tuttavia, il nostro ruolo non è esaustivo, né può essere espanso sino al punto di assumere sproporzionatamente il contenuto di ogni singolo impegno e degli impegni che complessivamente possiamo mantenere, ma non vi è dubbio che il nostro ruolo deve avere una caratterizzazione importante e fondamentale, anche per corrispondere al sacrificio delle nostre Forze Armate, al loro ruolo e, soprattutto, all'impegno che, a mio avviso, le Forze Armate devono svolgere sia fuori area sia nell'area interna, cioè sul suolo del nostro Paese.
Ritengo che questo sia il dato e l'aspetto su cui certamente avremo modo di confrontarci. Questo è un punto interrogativo, perché approvato questo decreto-legge, non si parlerà di problemi internazionali e dovremo andare a seguire la stampa per vedere quali saranno le evoluzioni. Ed un Paese che non discute di politica estera e non affronta il problema della politica estera, della difesa e dello strumento della difesa, penso sia un fatto molto importante. Molti anni fa vi era la «soglia» di Gorizia. Abbiamo cambiato la «soglia» di Gorizia e abbiamo volto lo sguardo altrove. Ritengo che «altrove» significhi che stiamo uscendo fuori dal nostro Paese, senza capire che le nostre missioni all'estero, il ruolo, la dignità e il decoro delle Forze Armate «riaffermano» certamente gli uomini delle Forze Armate. Tuttavia, anche il Paese deve avere questa consapevolezza e capire che certamente l'impegno si dispiega sia all'interno del Paese e della nazione, sia, ovviamente, nelle zone e nei territori fuori del nostro Paese.
Ritengo che questa sia la problematica da affrontare, ossia politica del Corno d'Africa; poi, si parla ancora del ruolo che ricopriamo in Somalia. Vi è, inoltre, il problema dei Balcani, quello del Kosovo, dell'Afghanistan, del ruolo che abbiamo ancora in Iraq e così via. O inseguiamo gli altri oppure abbiamo anche noi un ruolo importante. Se penso a quello che abbiamo fatto, ai sacrifici che abbiamo affrontato, al dispendio di vite umane - e il mio ricordo va a quanti sono caduti per difendere questi principi e questi grandi valori umani di dignità e di pace - ritengo che, all'insegna di tutto questo, abbiamo diritto di svolgere sempre più un ruolo importante e fondamentale.
Quindi, non è un atto ragionieristico o burocratico, né un'allocazione di risorse o l'evasione di una pratica ma, piuttosto, ritengo che questo sia un passaggio importante. Se riuscissimo anche a riempirlo di contenuti, valutando quelli che sono i contributi che vengono fuori, sarebbe certamente importante e fondamentale. Auspico anche che il Governo, che ha detto certamente molto - e, per quanto mi riguarda, ringrazio sia il rappresentante del Ministero degli affari esteri sia quello del Ministero della difesa - anche nel prosieguo del dibattito o in un altro momento, possa fare il punto della situazione per capire e per vedere, sempre di più, qual è la sua azione e quali possono essere gli aspetti da correggere, da rafforzare e da eliminare. Ritengo che questo sarebbe certamente un contributo dato al Paese stesso ma anche alla chiarezza e alle certezze che tutti quanti inseguiamo.

Pag. 28

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4864-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,30).

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, lo svolgimento della discussione sulle linee generali delle mozioni concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale e iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga, previsto ai punti 2 e 3 dell'ordine del giorno della seduta odierna, avrà luogo domani, martedì 31 gennaio, a partire dalle ore 9,45.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa (ore 19,33).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, del seguente disegno di legge, del quale la sottoindicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla I Commissione (Affari costituzionali):
S. 2326 - «Modifica della legge 12 aprile 1995, n. 116, recante approvazione dell'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione» (Approvato dalla I Commissione permanente del Senato) (4569).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 31 gennaio 2012, alle 9,45:

1. - Discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826, Fluvi ed altri n. 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Di Biagio ed altri n. 1-00842 e Leo ed altri n. 1-00843 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale (per la discussione sulle linee generali).

2. - Discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841 e Meta ed altri n. 1-00844 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga (per la discussione sulle linee generali).

3. - Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(ore 15)

4. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa del disegno di legge C. 4569.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (C. 4865-A/R).
- Relatori: Bressa, per la I Commissione; Gioacchino Alfano, per la V Commissione.

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6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché disposizioni urgenti per l'Amministrazione della difesa (C. 4864-A).
- Relatori: Frattini, per la III Commissione; Cirielli, per la IV Commissione.

7. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2011 (C. 4623-A).
- Relatore: Pescante.

Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2010 (Doc. LXXXVII, n. 4).
- Relatore: Fucci.

8. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00826, Fluvi ed altri n. 1-00830, Cambursano ed altri n. 1-00831, Moffa ed altri n. 1-00832, Dozzo ed altri n. 1-00833, Di Biagio ed altri n. 1-00842 e Leo ed altri n. 1-00843 concernenti iniziative per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

9. - Seguito della discussione delle mozioni Della Vedova e Toto n. 1-00828, Monai ed altri n. 1-00834, Misiti ed altri n. 1-00835, Moffa ed altri n. 1-00836, Lanzillotta ed altri n. 1-00837, Lo Monte ed altri n. 1-00838, Dozzo ed altri n. 1-00839, Galletti ed altri n. 1-00840, Valducci ed altri n. 1-00841 e Meta ed altri n. 1-00844 concernenti iniziative volte a favorire lo sviluppo delle reti a banda larga.

DISEGNO DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

I Commissione (Affari costituzionali):
S. 2326. - «Modifica della legge 12 aprile 1995, n. 116, recante approvazione dell'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione» (approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato) (C. 4569).

La seduta termina alle 19,40.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI FRANCO FRATTINI E EDMONDO CIRIELLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 4864-A

FRANCO FRATTINI, Relatore per la III Commissione. Onorevoli colleghi, le Commissioni riunite Esteri e Difesa hanno esaminato come sempre con grande attenzione ed approfondimento il decreto-legge sulle missioni internazionali, avvalendosi del supporto del Comitato per la legislazione e delle altre Commissioni permanenti competenti in sede consultiva.
La discussione parlamentare di questo provvedimento rappresenta ormai da anni un momento centrale di analisi e di indirizzo sulla collocazione internazionale del nostro Paese: oggi assume una rilevanza tanto maggiore perché il provvedimento interviene al termine di un anno chiave per gli equilibri geopolitici mondiali. Pag. 30
In questa prospettiva, ci muoviamo lungo una linea di sostanziale continuità con gli interventi adottati in passato e che hanno consentito all'Italia di svolgere un ruolo di primo piano nelle crisi internazionali, dai Balcani all'Afghanistan, dalla Libia al Libano, con piena conferma della nostra credibilità in tutti gli scenari interessati.
Desidero sottolineare positivamente il ritorno ad un arco temporale annuale, e non più semestrale, che consentirà una più funzionale ed efficace programmazione degli interventi. In tale ottica, le Commissioni hanno inteso prevedere in un articolo aggiuntivo un'informativa periodica al Parlamento da parte del Governo per fare ogni quattro mesi il punto.
Siamo pienamente consapevoli dell'onerosità, in termini di risorse umane e finanziarie, della partecipazione alle missioni internazionali di peace-keeping e di ricostruzione post-bellica: su tale opzione di fondo di politica estera si è registrato, ormai da anni, un largo consenso da parte delle principali forze parlamentari che considero una delle acquisizioni più importanti del confronto politico e che ritengo vada consolidata ulteriormente.
Questo impegno deve rimanere un punto fermo della nostra politica di difesa e di sicurezza e quindi della politica internazionale dell'Italia, come ha ribadito il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio augurale di fine d'anno rivolto ai nostri contingenti all'estero.
In questa linea si sono del resto espressi i Ministri Terzi e Di Paola nell'audizione svoltasi presso le Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato lo scorso 18 gennaio.
Non posso pertanto non rilevare con vivo compiacimento come malgrado il ridimensionamento dello strumento militare, recentemente prospettato dal Ministro della difesa, con questo provvedimento resti sostanzialmente inalterata la nostra piena capacità operativa nello svolgimento delle grandi missioni multilaterali di pace, in termini di uomini, strutture, mezzi e programmi: sappiamo bene infatti che è proprio sul rispetto di questo tipo d'impegni che si misura la credibilità e l'autorevolezza della nostra Repubblica sulla scena internazionale.
Significativa risulta comunque la riduzione dei contingenti assegnati alle diverse missioni: si passa complessivamente dalle 8.895 unità di personale appartenente alle Forze armate e di polizia autorizzate dal decreto-legge n. 107 del 2011 alle 6.988 unità previste dal presente provvedimento, come si evince dalla relazione tecnica. Tale riduzione è in larga misura ascrivibile alla conclusione degli interventi per la protezione dei civili e delle aree a popolazione civile e per il rispetto della no fly zone in Libia.
Si fanno invece più cospicui gli stanziamenti per le missioni dell'Unione europea e della NATO contro la pirateria: nel 2012 verranno infatti erogati 49,7 milioni di euro a fronte dei 20,8 milioni del secondo semestre 2011. Si aggiunge la partecipazione italiana alla missione ONU in Sud Sudan che è decisiva per l'instaurazione del nuovo Stato e per la stabilizzazione della regione.
Le Commissioni hanno poi preso atto della prosecuzione da parte dell'Unione europea della missione in Georgia ed hanno quindi reinserito l'autorizzazione di spesa relativa alla partecipazione italiana. Sull'entità e natura dei contingenti, rinvio naturalmente alla relazione del presidente della Commissione difesa che farà seguito al mio intervento.
Mi soffermo invece sulla dimensione civile, che conserva una valenza prioritaria nell'impianto di questo decreto-legge, anche per l'incremento delle risorse poste a disposizione di questa componente strategica (67,9 milioni nel 2011 a fronte dei 78,2 milioni per il 2012).
La componente degli interventi umanitari, di ricostruzione e di cooperazione allo sviluppo «pesa» in quest'ultimo decreto-legge per il 5,57% sul complesso degli stanziamenti per il 2012, laddove nel secondo semestre 2011 contava soltanto per il 3,21 per cento.
Mi preme sottolineare come proprio nella componente civile delle missioni di Pag. 31pace il nostro Paese abbia saputo sviluppare un'originale competenza, affiancando efficacemente alla dimensione propriamente militare una forte componente civile, di cooperazione allo sviluppo, con una significativa partecipazione delle principali ONG italiane operanti nel settore.
Segnalo sinteticamente che il testo del provvedimento recava alcune formulazioni e richiami normativi talora generici ed imprecisi che hanno necessitato di alcuni interventi di drafting, peraltro in larga parte evidenziati dal Comitato per la legislazione. Tali interventi hanno riguardato essenzialmente la specificazione del coordinamento tra le competenze istituzionali del Ministero degli affari esteri e l'innovazione costituita dalla presenza per la prima volta nella compagine governativa di un Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, il quale ha peraltro illustrato mercoledì scorso le sue linee programmatiche alle Commissioni esteri di Camera e Senato.
Ritengo senz'altro meritevole di considerazione l'indicazione della Commissione affari sociali di riservare particolare attenzione nella destinazione delle risorse all'assistenza sanitaria ed alla lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria. Auspico la presentazione di un ordine del giorno in tal senso.
In particolare l'articolo 7 autorizza la spesa per iniziative, interventi e attività di cooperazione allo sviluppo in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libano, Libia, Myanmar, Somalia, Sudan e Sudan meridionale, ad integrazione degli stanziamenti già assegnati dalla legge di stabilità per l'anno 2012 alla legge n. 49 del 1987.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, dobbiamo essere consapevoli del fatto che l'avvio della transizione richiede un impegno finanziario di dimensioni ancora maggiori che nel passato, per sostenere l'autorità del Governo legittimo nella fase di graduale passaggio di responsabilità per la sicurezza, lo sviluppo e la governance.
Alla Conferenza di Bonn è stata ribadita la comune consapevolezza dell'importanza di restare impegnati in Afghanistan sul piano civile anche dopo il 2014, quando sarà stato ultimato l'impegno militare della coalizione internazionale. Un Afghanistan stabile è una precondizione per la sicurezza globale ed europea. Va in questa direzione la firma a Roma di un accordo bilaterale di partenariato e cooperazione in occasione della visita del Presidente Karzai la scorsa settimana.
In Pakistan, dove ancora oggi si è consumato un attentato suicida di marca talebana nella città di Peshawar, si prevede il consolidamento delle iniziative volte ad incidere sulle condizioni di vita della popolazione: dagli interventi in corso nel settore dello sviluppo agricolo, rurale e del microcredito alla sicurezza alimentare (PAM e FAO) ed agli aiuti di emergenza.
Sul versante irakeno, nel corso del 2012 il nostro Paese intende proseguire l'azione della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo nel settore dell'assistenza tecnica, per la formazione nelle filiere legate ai settori produttivi ed a sostegno delle attività di due cliniche realizzate dalla cooperazione italiana nel Kurdistan e nella regione di Ninive, con un riferimento speciale alla significativa presenza delle comunità cristiane.
In Somalia, le linee di azione - tra l'altro ribadite dal rappresentante del Governo italiano in occasione della recente missione nel Corno d'Africa (novembre 2011) - prevedono il concreto sostegno al Governo federale di transizione in termini politici e per l'attuazione della civilian strategy di fornitura di servizi alla popolazione, nonché alle altre realtà regionali maggiormente impegnate nella lotta al terrorismo e nel contrasto della pirateria. Segnalo che è oggi a Roma il Primo Ministro somalo, Abdiweli Mohamed Alì, il quale, in vista della Conferenza di Londra di fine febbraio, ha chiesto all'Italia di esercitare un ruolo-guida nel processo di pace e di ricostruzione del suo Paese.
Per il Sudan, la strategia della cooperazione italiana, condivisa con i maggiori donatori e in sede di Unione europea, è fondata su un approccio equilibrato, volto ad evitare nel modo più assoluto l'isolamento del Nord nelle delicate circostanze attuali. Per quanto concerne il Sudan Pag. 32meridionale, nella cruciale fase che segue la proclamazione dell'indipendenza è stato individuato un pacchetto di iniziative che tengono conto della necessità di accompagnare la nascita del nuovo Stato, con particolare riguardo ai bisogni essenziali della popolazione e all'institution building.
Il Libano rappresenta l'altro grande teatro operativo che vede un forte impegno dei nostri contingenti: proprio il 3 gennaio scorso, dopo un intermezzo affidato ad un alto generale spagnolo, il comando della missione UNIFIL è tornato ad un generale italiano, Paolo Serra, che prende così il posto già ricoperto da un altro italiano, Claudio Graziano, che ha svolto il suo compito in maniera eccellente.
La crisi siriana - sempre più grave ed irreversibile - pone oggi in fibrillazione l'Iran e le milizie di Hezbollah rendendo ancora più importante l'impegno in Libano, la cui stabilità va aiutata nel pieno rispetto della sua sovranità.
Il decreto-legge prevede espressamente la realizzazione d'interventi nel settore institutional e capacity building a favore del Ministero dell'agricoltura libanese e un finanziamento da destinare a UNRWA, per continuare le attività di sostegno in favore dei rifugiati palestinesi e siriani in Libano e per attività di advocacy anche tramite Friends of UNRWA. È inoltre previsto, dall'articolo 8 del decreto-legge, il rinnovo del contributo italiano al funzionamento del Tribunale speciale delle Nazioni Unite per il Libano
In Libia ritengo che, dopo la nostra partecipazione all'operazione Nato, su mandato delle Nazioni Unite, ci sia sempre più spazio per una iniziativa italiana a favore di una politica europea. In tale prospettiva il decreto-legge prevede di proseguire la cooperazione con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni a favore dei minori esposti ai traumi della guerra nei centri di Tripoli, Misurata e Bengasi e di avviare, con l'UNESCO, un programma di formazione nel settore della tutela e preservazione del patrimonio culturale e archeologico.
È inutile nasconderci che tutto lo scenario del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale presenta oggi molti elementi di preoccupazione. Un anno fa, l'avvio della rivoluzione araba ha sorpreso tutto il mondo occidentale. Credo che spetti alle classi dirigenti europee - e soprattutto a quelle italiane - porre in atto una strategia positiva per orientare gli sviluppi futuri della regione verso la democrazia, muovendo da una politica di vicinato dotata delle risorse necessarie, di nuovi strumenti per favorire la formazione e la mobilità degli studenti, nonché l'accelerazione degli accordi commerciali volti a creare lavoro.
Su questo versante l'Italia può fare molto, forte della tolleranza e dell'apertura mentale con cui ha saputo stabilire solidi legami di amicizia nella regione, ma anche delle relazioni privilegiate con la Turchia e con Israele.
Per quanto attiene alla partecipazione italiana alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, disciplinata dall'articolo 8, spicca il finanziamento (1,2 milioni di euro) al progetto di controllo dei flussi di merci e persone alla frontiera libica, oltre ad interventi in Iraq, Afghanistan, e Yemen.
Desidero attirare l'attenzione sul fatto che una quota-parte dello stanziamento di cui all'articolo 8, comma 2, pari a 125.000 euro, risulta destinata all'Unione per il Mediterraneo, evidentemente a scopi meramente amministrativi. Purtroppo, tale esercizio sembra essere in una fase di prolungata crisi, proprio nel momento in cui ci sarebbe più bisogno di un rilancio del partenariato euro-mediterraneo.
Inoltre, si prevede la partecipazione ai Fondi fiduciari della NATO destinati al sostegno dell'esercito afghano e al settore elicotteristico ed ai Fondi delle Nazioni Unite destinati al Gruppo di contatto per la lotta alla pirateria ed al Middle East North Africa.
È quindi previsto il rafforzamento della partecipazione italiana alle iniziative dell'Unione europea nel campo della gestione civile delle crisi internazionali in ambito Pag. 33PESC-PSDC, nonché ai progetti di cooperazione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).
È rinnovata, poi, l'erogazione di un contributo straordinario in favore del Comitato atlantico italiano, inteso ad assicurarne la funzionalità. Il contributo straordinario è finalizzato a consentire il rafforzamento delle attività internazionali svolte dal Comitato atlantico italiano, attraverso il potenziamento dei programmi e delle iniziative di cooperazione nei settori dello studio, della ricerca e della formazione sui temi della sicurezza euro-atlantica.
Infine, nella prospettiva di rafforzare la cooperazione regionale nell'area dell'Europa orientale, è previsto un finanziamento di 2 milioni di euro per il Trust Fund InCe istituito presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo.
Vi confesso che sono rimasto molto deluso della recente decisione di rinvio del dossier dell'adesione della Serbia adottata al Consiglio europeo del 9 dicembre scorso, su pressione della Germania e dell'Austria. Confido che il rafforzamento della nostra presenza nei Balcani, ed in particolare in Kosovo, possa contribuire ancora una volta al superamento delle residue incomprensioni.
Auspico che a febbraio i ministri degli Esteri diano una valutazione pienamente positiva sia sulla Serbia che sul Montenegro, e che a marzo i Capi di governo confermino questa valutazione. La volontà di aderire all'UE dimostra infatti che vi è una sempre più forte domanda di Europa. Ecco perché occorre rilanciare con convinzione, anche in momenti complessi e difficili come quelli che stiamo attraversando, quell'idea di un'Europa più unita, politica ed economica, che sappia con le proposte e con i fatti dimostrare che i benefici di un'Unione più forte, allargata ed integrata sono enormemente più grandi delle paure egoistiche e dei nazionalismi senza futuro.
EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi come già evidenziato dal relatore per la III Commissione, onorevole Franco Frattini, il provvedimento al nostro esame reca le misure di attuazione delle missioni internazionali per l'intero anno 2012 ed il relativo finanziamento.
Le risorse necessarie sono infatti attinte dal fondo per le missioni internazionali che - a differenza di quanto avvenuto in passato - è stato integrato dal recente decreto-legge cosiddetto «salva -Italia» (decreto-legge n. 201 del 2011) in misura tale da assicurare la copertura delle spese per l'intero anno solare.
È stato già sottolineato come il decreto assicuri continuità all'azione del nostro Paese sul piano internazionale, sia pure con i dovuti aggiornamenti derivanti dalle mutate condizioni di taluni teatri operativi, quali in particolare, i Balcani, il Libano e soprattutto la Libia.
Non si tratta certo di una sorpresa.
Nel corso degli anni le linee portanti degli impegni assunti dall'Italia nel contesto europeo e mondiale hanno sempre registrato un larghissimo consenso da parte delle diverse forze politiche. Anche il nuovo Ministro della difesa, nel corso dell'audizione presso le Commissioni parlamentari, aveva da parte sua sostenuto la necessità di confermare le scelte di politica internazionale del precedente Governo.
Emerge tuttavia in modo sempre più pressante l'esigenza di coniugarle con una politica di rigore e di ottimizzazione delle risorse disponibili, non consentendo l'attuale congiuntura economica di incrementare i fondi da destinare a tali interventi.
Per il 2012, il provvedimento autorizza spese per lo svolgimento delle missioni internazionali di pace complessivamente inferiori per circa 114 milioni di euro rispetto a quelle sostenute nel 2011. Il risparmio deriva da uno sforzo di razionalizzazione dell'impegno in alcuni teatri - in accordo con i nostri alleati e con le istituzioni internazionali - e comunque senza rinunciare a quegli investimenti necessari a garantire l'efficienza e le capacità operative dello strumento militare.
Venendo ai contenuti del provvedimento, per i profili che riguardano specificamente la competenza della Commissione Pag. 34 Difesa, mi limito ad evidenziare le principali novità del testo in esame rispetto ai precedenti provvedimenti di analogo contenuto.
L'articolo 1 proroga il termine per la partecipazione italiana a tutte le missioni internazionali delle Forze armate e delle forze di polizia già previste nel precedente decreto, ad eccezione della missione EUPOL RD-Congo e di quella in IRAQ denominata Nato NTM-I per le attività di consulenza, formazione e addestramento delle forze armate e di polizia irachene.
Come già illustrato dal relatore per la III Commissione, in sede referente è stata disposta una nuova proroga anche della missione EUMM Georgia, non prevista nel testo originario.
Viene finanziata anche una nuova missione delle Nazioni unite (UNMISS) finalizzata al consolidamento della pace e della sicurezza nonché al sostegno allo sviluppo della Repubblica del Sud Sudan.
Inoltre, si autorizza la cessione a titolo gratuito alle Forze armate della Repubblica di Gibuti di mezzi di trasporto e logistici, nell'ambito dell'attività di cooperazione con la Repubblica di Gibuti nel settore della difesa.
Quanto alla Libia, il provvedimento in esame, per evidenti ragioni geopolitiche, modifica i presupposti giuridici e le finalità della missione in corso, che adesso si muove nel solco delle più recenti risoluzioni dell'ONU ed è rivolta al perseguimento di finalità di stabilizzazione del nuovo assetto politico, nonché di repressione del fenomeno della proliferazione delle armi e del materiale bellico. La norma esplicita che la disciplina concernente le missioni internazionali in materia di personale e di relativo trattamento indennitario si applica anche al personale impegnato in questa operazione nell'ultimo trimestre dello scorso anno. Ciò in quanto il precedente decreto prevedeva il termine delle operazioni al 30 settembre del 2011.
Segnalo che è stata inserita dalle Commissioni anche la previsione di un finanziamento per la cessione, a titolo gratuito, al Governo provvisorio libico di mezzi non più in uso alle Forze armate.
Come detto, le ulteriori spese autorizzate dal decreto riguardano missioni già previste nei precedenti provvedimenti, rimodulandole in ragione della mutata consistenza dei contingenti impegnati. In un quadro di progressiva riduzione del personale impiegato, già in atto nei decreti di proroga semestrale delle missioni adottati nel corso del 2011, mi limito a segnalare il ridimensionamento del contingente in Afghanistan (da 4200 a 4000 unità) e in Libano (da 1549 a 1100 unità), e l'incremento del personale per le missioni nei Balcani (da 560 a 848 unità).
In relazione all'esigenza di contrastare la pirateria, sono confermate e rafforzate la missione in corso nel Mediterraneo orientale della NATO (Active Endeavour) e quelle al largo della Somalia e nel Corno d'Africa dell'Unione europea (Atalanta) e della NATO (Ocean Shield).
Sempre per finalità di contrasto alla pirateria, sono introdotte disposizioni volte a rendere immediatamente operativi gli strumenti di autodifesa a bordo delle imbarcazioni, mediante il dispiegamento di Nuclei militari di protezione della Marina militare (NMP) o di servizi di vigilanza privata. Segnalo al riguardo che viene data la possibilità di impiegare per un periodo transitorio anche guardie giurate che non abbiano frequentato i corsi previsti per l'espletamento di servizi di sicurezza sussidiaria, purché abbiano partecipato per almeno sei mesi, quali appartenenti alle Forze armate, alle missioni internazionali in incarichi operativi, attestati dal Ministero della difesa.
L'articolo 2 detta disposizioni in materia di personale impiegato nelle missioni internazionali, che riproducono quelle attualmente vigenti, estendendole anche al personale che opera nella missione in Libia.
L'articolo 3 e l'articolo 4 recano, rispettivamente, disposizioni in materia penale e in materia contabile che rinviano integralmente alla disciplina già vigente riferita alle missioni. Pag. 35
Le Commissioni hanno integrato l'articolo 4 con una norma che estende alla contabilità ordinaria il regime di impignorabilità già previsto per le somme affluite nelle contabilità speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza. In particolare, la nuova disciplina riguarda i fondi destinati al pagamento di spese, principali e accessorie, per servizi e forniture aventi finalità di difesa nazionale e sicurezza, nonché agli emolumenti dovuti al personale amministrato dal Ministero della difesa. Si tratta di una misura analoga a quella già prevista per il Ministero della giustizia nonché per il Ministero del lavoro e della politiche sociali.
Desidero inoltre soffermarmi sull'articolo 5 che reca disposizioni per l'Amministrazione della difesa non presenti in precedenti decreti legge di proroga delle missioni internazionali.
Le disposizioni intendono agevolare lo svolgimento degli impegni internazionali cui le nostre Forze armate sono chiamate ad operare sul piano logistico e della riorganizzazione del personale. Ciò, in particolare, attraverso l'alimentazione del personale tecnico da destinare agli arsenali e agli stabilimenti militari e dei ruoli dei corpi sanitari di ciascuna Forza armata, ovvero del Corpo del genio navale della Marina militare.
La lettera e) dell'articolo 5, comma 2, è invece finalizzata a disciplinare i contributi e l'attività dell'Agenzia industrie difesa. Viene in particolare prorogato il termine - che scadeva il 31 dicembre 2011 - entro il quale le unità produttive gestite unitariamente dall'Agenzia devono raggiungere l'obiettivo dell'economica gestione. Tale scelta viene giustificata dall'esigenza di assicurare la prosecuzione del programma di risanamento e potenziamento produttivo di otto stabilimenti, alcuni dei quali hanno già raggiunto l'obiettivo dell'economica gestione, ovvero sono avviati al suo raggiungimento. Essi impiegano oggi 1.300 persone, dipendenti della Difesa e sono chiamati ad assicurare il diretto sostegno di attività logistiche correlate all'attività operativa delle Forze armate in Italia e all'estero, di problematica se non impossibile esternalizzazione.
Le Commissioni hanno esaminato in modo estremamente approfondito le disposizioni riguardanti la semplificazione delle procedure relative ai programmi di interesse della difesa e che autorizzano contributi fino al 2018 per la prosecuzione degli interventi per lo sviluppo tecnologico dell'industria aeronautica ritenuti prioritari.
In particolare si tratta dei programmi di acquisizione del satellite SICRAL 2 (Sistema italiano per comunicazioni riservate e allarmi), di elicotteri impegnati per le missioni di ricerca e soccorso in ambiente non permissivo (Combact SAR); di velivoli per l'addestramento avanzato M346, nonché per la realizzazione della digitalizzazione della componente terrestre (Forza NEC - Network Enabled Capabilities), oltreché del Sistema di Comunicazione Terrestre dell'Arma dei Carabinieri (SICOTE).
Nello specifico, in sede referente è stato inserito l'obbligo di acquisire il parere parlamentare sul decreto che, limitatamente al settore dei programmi di interesse della difesa, ne definirà le modalità di attuazione, sostituendosi quindi alle convenzioni sottoscritte dai dicasteri interessati previste dalla normativa previgente.
Peraltro, in prima battuta, vi era stata una larga condivisione della scelta di attribuire al parere parlamentare carattere cogente, salvo poi sopprimerne la natura vincolante in sede di recepimento di una specifica condizione della I Commissione (Affari costituzionali).
In relazione agli ulteriori pareri pervenuti dalle Commissioni in sede consultiva nonché dal Comitato per la legislazione, segnalo che la X Commissione (Attività produttive) ha espresso un parere favorevole, rilevando con soddisfazione le modifiche introdotte nel decreto che recepiscono l'esigenza, emersa anche nel dibattito di quella Commissione, di garantire alle decisioni adottate in materia di investimenti per le spese militari la massima trasparenza. L'osservazione posta nel parere Pag. 36 della XII Commissione (Affari sociali) riguarda l'esigenza di definizione delle coperture finanziarie per le attività eventualmente svolte dal Corpo militare della croce rossa, che appaiono comunque soddisfatte dall'attuale formulazione dell'articolo 2, comma 4.
Quanto infine ai rilievi espressi dal Comitato per la legislazione in ordine all'opportunità di chiarire l'efficacia retroattiva delle disposizioni di cui all'articolo 3, in riferimento alla missione in Libia, ritengo che tale retroattività - ovviamente nel quadro dei limiti costituzionali concernenti l'irretroattività della norma penale incriminatrice - sia desumibile chiaramente dal combinato disposto dell'articolo 3 e dell'articolo 1, comma 16, del decreto.