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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 567 di martedì 10 gennaio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 15.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 dicembre 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bindi, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Della Vedova, Donadi, Fava, Tommaso Foti, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leone, Lo Monte, Melchiorre, Migliori, Milanato, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Reguzzoni, Stefani, Stucchi e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte del deputato Mirko Tremaglia (ore 15,03).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, nella giornata del 30 dicembre scorso, una dolorosa perdita ha colpito la Camera dei deputati: è mancato, infatti, il nostro collega, onorevole Mirko Tremaglia.
La figura dell'onorevole Tremaglia sarà commemorata dal Presidente della Camera nel corso della seduta di giovedì 12 gennaio. Desidero intanto esprimere fin d'ora, a nome mio personale e a nome di tutta l'Assemblea, il più profondo cordoglio e le più sincere condoglianze alla famiglia e al gruppo di appartenenza del collega scomparso. Era anche mio amico personale.

Proclamazione di un deputato subentrante (ore 15,04).

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito del decesso del deputato Mirko Tremaglia avvenuto in data 30 dicembre 2011, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta del 22 ottobre 2008 - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 -, che il candidato che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 8 - Il Popolo della Libertà nella medesima IV Circoscrizione Lombardia 2, segue immediatamente l'ultimo degli eletti, risulta essere Luigi Fabbri.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la IV Circoscrizione Lombardia 2, Luigi Fabbri. Al nuovo collega rivolgo i miei auguri e gli auguri di tutta l'Assemblea.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

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Modifica nella composizione del comitato direttivo di un gruppo parlamentare (ore 15,06).

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 22 dicembre 2011, il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ha reso noto che il deputato Raffaele Volpi è stato nominato segretario del gruppo.

Su lutti dei deputati Anna Teresa Formisano e Gianclaudio Bressa.

PRESIDENTE. Comunico che la collega Anna Teresa Formisano è stata colpita da un grave lutto: la perdita del padre.
Alla collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Comunico che il collega Gianclaudio Bressa è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Discussione della relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale (Doc. XXII-bis, n. 2) (ore 15,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 22 dicembre 2011.
Avverto che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione - Doc. XXII-bis, n. 2).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, onorevole Fava.

GIOVANNI FAVA, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. Signor Presidente, vorrei dire a lei e ai colleghi che noi abbiamo condotto un'intensa attività in questo anno di vita della Commissione - lo dico anche ai rappresentanti del Governo -, nell'ambito del quale abbiamo diviso l'attività della Commissione stessa su basi tematiche molto ampie, quali sono appunto quelle che dobbiamo affrontare quando parliamo del tema della contraffazione in senso lato.
La contraffazione è un fenomeno importante che ormai abbraccia quasi tutte le categorie merceologiche.
Noi abbiamo scelto di procedere nella suddivisione di tali categorie e di creare una sorta di priorità per quelle che ritenevamo fossero le più importanti; siamo partiti, quindi, dall'agroalimentare, la nostra Commissione, adesso, sta approfondendo il tema del tessile, e siamo andati avanti via, via con altre questioni che ci sono state e che ci vengono poste continuamente.
Le dimensioni del problema sono, a dir poco, preoccupanti e danno il senso di come il sistema sia, in questo momento, sostanzialmente a rischio anche per una tematica che molto spesso viene sottovalutata dai cittadini. Nell'ambito di quest'anno di ricerche intense e di incontri che si sono sviluppati sia in termini di audizioni all'interno della Commissione stessa sia all'esterno con incontri bilaterali Pag. 3che sono sfociati anche con una missione al Parlamento europeo, abbiamo riscontrato una discreta sensibilità sul tema agroalimentare, molto più forte su questo tema che non su altri perché è evidente che il cittadino consumatore molto spesso è portato ad avere una maggior propensione, ad essere attento rispetto al materiale, al prodotto che viene consumato, che viene ingerito e che viene servito normalmente nelle famiglie nell'ambito della vita domestica di ognuno di noi. Ciò tuttavia non è sufficiente per poter frenare un settore ancora in crescita, quale quello delle merci alimentari contraffatte.
Abbiamo constatato che, sul versante del mercato interno, esiste un fenomeno che ha dimensioni preoccupanti: abbiamo avuto la possibilità di verificare e valutare stime che ci sono state fornite e che ci indicano cifre che sono comprese fra un minimo di 3 miliardi e mezzo e un massimo di 6 miliardi di euro, comunque un giro di affari abbastanza importante, di prodotti e merci che vengono contraffatte all'interno di un sistema che incide decisamente e direttamente sui consumi dei cittadini.
Allo stesso modo, abbiamo un problema nel mercato esterno perché, se è vero che in giro per il mondo esistono quantità altrettanto importanti di merci contraffatte, è anche vero che esiste un fenomeno tutto italiano che non è un fenomeno di contraffazione in senso stretto ma che lo è, molto, in senso lato: quello del cosiddetto italian sounding. Da questo punto di vista, anche in questo caso, ci sono stime inquietanti: si considera che in giro per il mondo esistano prodotti che vengono commercializzati semplicemente con dei richiami generici al made in Italy, ma che di made in Italy non posseggono nulla né in termini di processo produttivo, né di materie prime o di altro, per valori che oscillano fra i 50 e i 60 miliardi di euro.
Voi capite bene, allora, che se noi valutiamo il dato base e cioè il valore totale delle esportazioni dei prodotti agroalimentari che escono dal nostro Paese e che assomma, ogni anno, a circa, mal contati, 23 miliardi di euro, ci rendiamo conto che siamo di fronte ad una realtà che effettivamente presenta un lato positivo, perché vuol dire che abbiamo un mercato potenziale decisamente ampio che potremmo incontrare fronteggiando questo tipo di fenomeno, ma, dall'altro, sappiamo anche che abbiamo una limitazione forte alle nostre esportazioni data dal fatto che in giro per i Paesi di questo globo ci sono molti prodotti che i compratori erroneamente sono convinti essere italiani o essere prodotti made in Italy ma che italiani non sono.
Questo incide anche, molto spesso, sulle abitudini e sul gusto dei cittadini stessi; una delle cose più pericolose sta proprio nel fatto che in determinati territori, in particolare nel Nord America, negli Stati Uniti e in Canada, ma anche in Messico - i tre principali Paesi interessati da questo fenomeno -, si è quasi fatta l'abitudine a un gusto, su determinati prodotti, che nulla ha a che vedere con la realtà. Qualche cittadino americano si è abituato a pensare che quel tipo di prosciutto o piuttosto quel tipo di formaggio sia effettivamente Prosciutto di Parma o sia effettivamente Parmigiano-Reggiano o Grana Padano, cosa che in realtà non è perché magari viene prodotto in Messico, in Guatemala o da altre parti, in territori e con prodotti che nulla hanno a che vedere, nemmeno lontanamente, con le nostre peculiarità.
Di fronte a questo tipo di numeri e di questo tipo di prodotti abbiamo elaborato una relazione che ha avuto, con il proficuo contributo di tutti i gruppi interessati, nell'ambito della Commissione stessa, un iter decisamente lungo ma comunque condiviso.
Siamo arrivati all'approvazione in sede finale di questa relazione che è avvenuta all'unanimità dei presenti, e questo fa ben sperare sul fatto che si possa provvedere già entro la fine di questo dibattito a promuovere, su iniziativa dei gruppi stessi che compongono la Commissione, una risoluzione che, domani, chiederemo possa essere messa in votazione in Parlamento. Pag. 4
Mi limito, in questa fase, a ricordare molto schematicamente come si sia fatta una serie di valutazioni in ordine a questioni prevalenti, perché è interessante scoprire quali siano le problematiche, ma altrettanto interessante è provare a suggerire delle formule o avere delle idee su come uscire dai problemi. Possiamo allora affermare con ragionevole certezza - e penso di parlare a nome di tutta la Commissione - che la preoccupazione più grande che avevamo all'inizio, cioè che ci fosse un sistema giuridico insufficiente all'interno del nostro Paese, è sostanzialmente cosa non vera. Possiamo dirlo con grande tranquillità e serenità: abbiamo raffrontato il nostro sistema con quello degli altri Paesi membri dell'Unione europea in particolare e abbiamo visto che anzi il nostro sistema è forse uno dei più all'avanguardia dal punto di vista sia della qualità delle norme sia dell'attenzione con la quale il legislatore ha posto le norme in essere ed è sicuramente un modello stesso per tutti i Paesi che dovrebbero prenderlo a riferimento.
Abbiamo delle forti perplessità, però, sull'applicazione delle leggi stesse. Purtroppo abbiamo avuto la possibilità - e lo vedrete leggendo la relazione - di vedere quanto queste norme molto spesso abbiano difficoltà ad essere applicate sia per la scarsa preparazione dei soggetti in campo - non per scarso interesse, perché devo dire che da questo punto di vista le forze dell'ordine stanno dando grande attenzione e tutte le forze in campo si stanno strutturando al proprio interno per istruire in modo corretto il personale - sia molto spesso proprio per una difficoltà da parte anche della magistratura stessa a percepire questo come un problema vero. Noi invece continuiamo a pensare che esso sia di maggiore interesse se ci accorgiamo, come ci siamo accorti nell'ambito della relazione stessa, che molto spesso questi fenomeni, i fenomeni di contraffazione, per le dimensioni stesse del problema hanno ingenerato all'esterno dei fenomeni che ormai, con una certa ragionevole certezza, possiamo affermare che abbiano raggiunto la criminalità organizzata e viceversa la criminalità organizzata ha dimostrato interesse nei confronti di questi settori.
Quindi noi crediamo, così come c'è stato sottoposto in termini di valutazione dal procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso, che sia forse il caso di cominciare a considerare i reati che stanno intorno al mondo della contraffazione - in senso più esteso, ovviamente non solo nel campo agroalimentare - come reati che possono essere considerati al pari di altri reati associativi che vengono normalmente perseguiti con l'attenzione e l'interesse che ben conosciamo da parte delle forze dell'ordine.
Allora noi, in un quadro legislativo che ha dato risposte efficaci ed efficienti in termini di produzione normativa e in un settore dove riscontriamo qualche difficoltà in termini di applicazione concreta, anche se le forze dell'ordine sono molto impegnate, dov'è che siamo molto deboli? Noi riteniamo di essere in questo momento molto deboli nei confronti del resto del pianeta in generale, ma in particolare nei confronti dell'Unione europea. C'è una debolezza di fondo dei rapporti che ha fortemente caratterizzato le politiche di questo Paese nei confronti dell'Unione europea o viceversa che ha fatto sì che questo Paese abbia subito politiche poco attente rispetto alle peculiarità e alle qualità del sistema nostro.
Vorrei portare la vostra attenzione, ad esempio, sul tema delle indicazioni geografiche protette piuttosto che sul tema delle marchiature e delle etichettature. Sono tematiche di assoluta attualità e per il sistema-Paese Italia sono tematiche vitali, perché è indiscutibile che se noi abbiamo qualche spazio, ancora qualche margine di crescita, in un mercato globale come questo ce l'abbiamo su un segmento di qualità che si eleva o che migliora e in quel contesto questo tipo di miglioramento deve essere tutelato e riconosciuto.
Quindi noi abbiamo la necessità di far sì che questo Parlamento si faccia carico di investire anche le forze politiche presenti all'interno del Parlamento europeo. Non è una nostra competenza ovviamente, Pag. 5però anche da questa platea noi abbiamo sicuramente la possibilità di lanciare un appello, affinché si porti in Europa un'istanza giusta e necessaria come quella di poter continuare in una lotta di tutela e di garanzia nei confronti di quei prodotti che sono per noi, in questo momento, l'unico mercato di sviluppo potenziale che possiamo vedere nel breve e medio periodo.
Allora, per concludere, tengo a ringraziare, in questa fase, i colleghi che hanno collaborato attivamente, in particolare l'onorevole Cimadoro - che richiama la mia attenzione perché voleva essere citato, ma penso che avrà possibilità di farlo direttamente con il suo intervento - e gli altri che seguiranno, che daranno il loro contributo, e con i quali si è condiviso un lungo percorso di valutazione, il quale è contenuto in questo documento, che è un documento di sintesi, che solleva alcune questioni di ordine politico di stretta attualità e, credo, di grande interesse per tutto un sistema che non può essere messo in discussione per disinteresse o per disattenzione.
Il Parlamento italiano ha dimostrato interesse nei confronti di queste tematiche istituendo la Commissione stessa; deve continuare a far sì che queste tematiche restino al centro dell'agenda politica, perché sono di interesse di tutti i cittadini, in quanto colpiscono direttamente i consumatori così come i produttori e, in questo caso, quindi, quasi l'universalità dei soggetti coinvolti. Per fare ciò abbiamo bisogno, assolutamente, che vi sia, anche in questo caso - e lo auspico -, condivisione sul testo di una risoluzione che sto facendo distribuire ai colleghi, con i quali vi è già un accordo, che, domani, potrebbe essere votata dal maggior numero di soggetti disponibili a farlo fra i presenti dell'Assemblea della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà.

ANGELO ZUCCHI. Signor Presidente, come già detto dal presidente, la Commissione ha indubbiamente svolto un lavoro puntuale, un lavoro efficace, e consegna al Parlamento indicazioni utili e preziose per futuri adeguamenti legislativi e anche indicazioni altrettanto utili per operazioni sempre più efficaci e atte a contrastare il fenomeno della contraffazione.
La contraffazione nel comparto agroalimentare presenta specifiche peculiarità che non sono riscontrabili in altri comparti dell'industria, dati dal fatto che, se in generale il fenomeno contraffattivo consiste nella copia illegale di un marchio industriale, nel caso nell'agroalimentare l'inganno al consumatore riguarda spesso, invece, l'origine geografica del prodotto o la sua composizione.
Per dare un'idea concreta del fenomeno basti pensare che, a livello dell'Unione europea, i sequestri di prodotti agroalimentari, dal 2006 al 2009, sono cresciuti del 128 per cento; oppure che nel nostro Paese, come viene riportato nella relazione, nell'ultimo triennio la Guardia di finanza ha sottoposto a sequestro oltre 3.700 tonnellate di merci e quasi 6 milioni e mezzo di litri di prodotti alimentari contraffatti. Un panorama di illeciti, quindi, sempre più crescente. Illeciti che avvengono in un settore che, giova ricordare, rappresenta un pilastro nell'economia italiana. L'industria alimentare italiana, infatti, è terza in Europa, dopo la Germania e la Francia, ed è la seconda manifattura dopo il metalmeccanico (vanta un fatturato di 124 miliardi di euro).
La contraffazione nel settore agroalimentare avviene su due piani distinti. Il primo, dando false informazioni al consumatore sul contenuto del prodotto che acquista. Siamo di fronte ad una vera e propria truffa e a false dichiarazioni sia sulla provenienza ma anche sulla qualità del prodotto, con etichette false. Da questo punto di vista, le indicazioni contenute nella relazione, pur riconoscendo che l'assetto normativo italiano sia uno dei più evoluti tra i Paesi industrializzati, su alcuni provvedimenti da assumere per migliorare ed estendere anche ai prodotti a denominazione gli strumenti di repressione Pag. 6 già previsti, vanno nella giusta direzione. Quindi, aumentare, se possibile, norme di repressione.
Ma il dato più significativo, ed anche, secondo me, il più preoccupante, riguarda il secondo piano sul quale avviene la contraffazione nel settore agroalimentare: vi è un giro d'affari che tocca i 60 miliardi di euro, cioè una cifra 2,6 volte superiore rispetto all'attuale valore delle esportazioni italiane dei prodotti agroalimentari. Questo giro d'affari si chiama italian sounding (è stato ricordato dal presidente), che è la forma più diffusa e subdola di imitazione del made in Italy del settore. Stiamo parlando di quel mondo che ha nei vari «parmesan» (prodotto in tutte le parti del mondo), nel «pecorino romano» (prodotto in Romania con latte vaccino), nel «pompeian oil» (prodotto nel Maryland), nella «fontina danese», nel «Trieste italian toast espresso», californiano, o nell'«amaretto Venezia» (fatto in Germania), i suoi prodotti di punta.
È quel mondo che sfrutta il nome e l'immagine del made in Italy, in particolare quello agroalimentare, e ne fa un business parallelo a danno chiaro dei consumatori, oltre che dei produttori italiani (intendo quelli veri).
Molti paradossi sono legati a questa forma di contraffazione. Il primo fra tutti è che se, per ipotesi, un produttore italiano volesse mettere in commercio il proprio pecorino romano, fatto davvero in Italia con latte di pecora, per esempio in Romania, si troverebbe costretto a cambiare nome al proprio prodotto in quanto uno uguale, se pur non originale, esiste già in quello Stato.
Ma i danni sono soprattutto economici e di immagine per il nostro Paese: la bilancia commerciale dei prodotti agroalimentari italiani è in negativo da oltre dieci anni. Sono 3,9 i miliardi di euro che con segno meno si registrano nel 2009. Se solo recuperassimo il 6,5 per cento del giro di affari dell'italian sounding arriveremo al pareggio di bilancio nel settore con tutti i vantaggi che ciò porterebbe all'intero sistema Paese, ma la tendenza è di segno opposto. Infatti, negli ultimi dieci anni il fenomeno dell'italian sounding è aumentato del 180 per cento.
Questo uso fraudolento del nome Italia nel mondo, questo depauperamento del patrimonio nazionale di prodotti e di nomi, rappresenta il vero e più significativo problema politico sul quale io penso ci si debba soffermare. Sono necessarie risposte di politica economica che riguardano il nostro Paese, ma più in generale l'Europa. Siccome l'italian sounding di fatto non costituisce un reato, viaggia in una sottile linea di confine tra il lecito e l'illecito, solo una scelta politica di difesa dei consumatori e di difesa dei produttori può garantire una adeguata risposta al problema.
Per questo il tema non può e non deve essere circoscritto solo all'Italia, ma dovrebbe essere esteso almeno al panorama europeo, anche se l'Italia in Europa è certamente il Paese che ha per la sua cultura, la qualità dei suoi prodotti e la presenza forte delle sue tradizioni, la maggiore sensibilità.
Lo dimostra il fatto che - unico Paese - ci siamo dotati di una legge che prescrive l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti sia per i prodotti freschi che per i prodotti trasformati. Quello dell'obbligo di indicazione dell'origine del prodotto può essere uno straordinario strumento di deterrenza verso il fenomeno dell'italian sounding.
Sappiamo quali difficoltà la nostra legge stia incontrando in Europa, anche se recentemente lo scenario sembra destinato a cambiare e si sono registrate significative aperture in ambito europeo sul recepimento dei principi da noi espressi nella legge, ragione per cui dovremmo sicuramente intensificare la nostra azione in ambito europeo anche approfittando della partita che lì si è aperta sulla riforma della politica agricola comune.
Si aprono occasioni di negoziati dai quali non dobbiamo escludere la questione etichettatura. Intanto, però, da subito in Italia potremmo dar corso a quei decreti attuativi necessari per applicare la legge sull'etichettatura, per individuare i prodotti Pag. 7 e le relative filiere ai quali applicare l'obbligo di indicare l'origine e la provenienza della materia prima in etichetta.
Partiamo da qui come primo segnale di rinnovato impegno al quale far seguire la sensibilizzazione della comunità europea. Sappiamo, quindi, che larga parte della contraffazione ha bisogno, per essere contrastata, di un intervento politico, un intervento volto a costituire un nuovo diritto internazionale sui marchi che riconosca anche la tutela di prodotti a denominazione.
Sappiamo le difficoltà che si stanno riscontrando in ambito del WTO, della situazione di stallo che i negoziati stanno avendo ormai da anni, eppure sappiamo anche che le risposte non possono che venire da lì. Per questo riteniamo che l'Italia debba riscriversi un ruolo di iniziativa in ambito europeo ad alto valore strategico e che altrettanto l'Europa debba fare in ambito del WTO.
Sono necessari accordi bilaterali, accordi multilaterali ed è necessario accrescere la sensibilità mondiale sulla sicurezza alimentare. E dunque, in Europa e soprattutto nel resto del mondo in cui siamo ancora meno tutelati, quella che si deve combattere è una battaglia culturale, una battaglia che porti al centro della discussione - certo in armonia con il mercato, con il profitto, con la convenienza per le industrie - la libertà del consumatore di poter scegliere ciò che vuole mangiare.
Servono campagne informative e di sensibilizzazione e serve un'etichettatura ancora più specifica che riguardi anche le materie prime e tutta la filiera.
Serve la creazione di un accordo vincolante sul commercio internazionale all'interno del WTO e l'estensione a tutti i prodotti dell'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei componenti alimentari. Ma soprattutto, poiché non siamo così sprovveduti, sappiamo che questa battaglia si vince solo se tutti i protagonisti della partita si rendono responsabili del miglioramento della situazione: serve quindi un codice deontologico per le imprese produttrici.
Non potremo mai vietare ad un prodotto americano di chiamarsi, per esempio, «Italianissimo», ma potremo chiedere a chi lo produce di evidenziare al massimo l'origine americana del prodotto e delle materie prime che lo compongono. Questo sì. Deontologia delle imprese a favore della libertà dei consumatori. Questa battaglia riguarda la libertà e, quindi, un concetto di civiltà che, insieme con i nostri prodotti alimentari, vogliamo esportare come cultura made in Italy. Esportare buoni prodotti e buone pratiche; esportare qualità e condividere civiltà e libertà.
Mi permetto di usare termini così impegnativi come libertà, cultura, civiltà, parlando di prodotti agroalimentari, perché il discorso della tutela del made in Italy è un discorso di rispetto per chi lavora e produce e per chi consuma. Noi abbiamo l'obbligo di informare i consumatori e renderli liberi di scegliere ciò che vogliono comprare e mangiare. Credo che non sia questione da poco. Ed è per questo che chiediamo al Ministro dell'agricoltura di farsi garante di questa battaglia presso l'Unione europea, di portare all'attenzione dell'Europa la necessità di creare regole certe e chiare all'interno delle quali il mercato abbia la sua sacrosanta libertà di azione.
Regole però che tutelino la correttezza dei prodotti messi in commercio a garanzia dei produttori stessi e dei consumatori. Regole che prima devono essere adottate e condivise e rispettate in Europa e poi dall'Europa dovranno essere esportate in tutto il mondo. Questo, Ministro, le chiediamo: di essere bandiera di questa battaglia in Europa e dall'Europa verso il mondo interno. Il mercato è globale e la contraffazione è globale. Se saranno globali anche le regole di rispetto, questo odioso fenomeno potrà essere combattuto. Non c'è altra via.
Su questo tema mi permetta una chiosa, Presidente. Vorrei accennare a un caso paradossale che ci riguarda da vicino. Nel 1990 nasce la SIMEST Spa. È una società il cui capitale sociale è detenuto a maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico e che offre consulenza per l'internazionalizzazione Pag. 8 delle imprese italiane. Secondo una denuncia presentata da Coldiretti, questa società sembrerebbe interessata, e forse anche responsabile, attraverso una sua partecipazione in una società che si chiama LACTITALIA Srl, ad un caso di italian sounding. Noi abbiamo presentato su questo argomento un'interrogazione al Ministero dello sviluppo economico, alla quale non abbiamo ancora ricevuto risposta. Mi sembra l'occasione più propizia per sollecitarla.
Aggiungo a conclusione del mio intervento un richiamo per me necessario. Oggi, con l'approvazione di questa relazione, mettiamo a disposizione al dibattito di quanti vorranno occuparsene uno strumento di conoscenza importante e puntuale, uno strumento che potrà favorire non solo una discussione adeguata, ma anche l'assunzione di decisioni e comportamenti di quanti nel settore vorranno declinarla per il futuro del nostro agroalimentare. Per questo voglio anche ricordare un prossimo e ormai vicino appuntamento fin qui forse eccessivamente sottovalutato, almeno per quello che riguarda i suoi contenuti. Mi riferisco a Expo 2015.
Il contenuto lì proposto, «nutrire il pianeta», calza con i temi della relazione e della nostra discussione di oggi. Expo 2015 potrebbe essere, anche da questo punto di vista, una grande occasione per l'Italia, perché potrà essere occasione e sede di discussione ma anche, perché no, di accordo tra Stati e partecipanti su questi temi. Accordo sulla sicurezza alimentare, sulla quantità ma anche sulla qualità, sulla sua salvaguardia, sulla sua continuità produttiva, sulla sua continuità di commercializzazione, su come salvaguardare le identità contro la contraffazione. Una straordinaria occasione che dovremmo non perdere.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Rossi. Ne ha facoltà.

LUCIANO ROSSI. Signor Presidente, credo che sia giusto e doveroso evidenziare che in poco più di un anno questa Commissione (istituita dalla Camera appena il 13 luglio 2010) è riuscita a produrre un documento, ma anche una serie di riflessioni, spunti ed approfondimenti di significativa importanza. Infatti, ha innanzitutto trovato nella struttura della Camera, ma anche nei commissari tutti - nessuno escluso - un coinvolgimento, una partecipazione ed un contributo positivo e costruttivo senza preclusioni e preconcetti, tanto da arrivare all'approvazione unanime in Commissione del 6 dicembre di un documento così importante. Esso rappresenta certamente una definizione e un'elencazione nero su bianco finalmente di temi che molti conoscevano, altri immaginavano, tanti altri purtroppo subivano.
Dunque, si tratta di un documento che penso possa definirsi come un macigno in uno stagno dell'Europa. Il rischio è che diventi un sassolino nella dimensione degli oceani, perché il problema è senz'altro nazionale ed europeo, ma soprattutto di dimensione internazionale e globale. Dunque, su questo tema mi auguro che le riflessioni scaturiranno non solo dai contributi offerti nella discussione sulle linee generali, ma anche poi in un atto concreto che, come dirò poi più tardi, noi del Popolo della Libertà ci accingiamo a sottoscrivere insieme al presidente Fava con una condivisione assoluta.
Signor Presidente, la relazione si compone di 9 capitoli con conclusioni precise, cioè elementi che dicono e che rappresentano finalmente una situazione di allarme che non va esasperata, ma che nello stesso tempo, come è successo nel passato, non va sottovalutata. Si tratta senz'altro di contributi importanti, che hanno di fatto determinato la stesura di questo documento molto importante. Torno su questa significativa valutazione che noi vogliamo fare nei confronti della relazione, frutto delle audizioni e di un lavoro serio. Infatti, in poco più di un anno si è prodotto un tale lavoro, laddove generalmente si immagina che le commissioni vengano istituite per rimandare o non risolvere i problemi.
In questo caso, mi sembra che la Commissione stia testimoniando il segno dei Pag. 9tempi con la concretezza che serve su un tema certamente di dimensione globale dove non sarà facile per nessuno trovare la soluzione, ma è necessario per tutti proporre e dare valutazioni precise sulle tante aspettative che vi sono nel settore.
Nella sostanza, all'interno di ognuno dei nove capitoli sono stati raccolti i contributi delle audizioni che si sono tenute in Commissione. Si tratta di audizioni pregevoli che meritano di essere attenzionate e lette integralmente. Questa, infatti, è una sintesi del lavoro che in Commissione è stato fatto, perché dai protagonisti (poi dirò in maniera sintetica e sommaria chi sono stati) di fatto emergono prese di posizione e conoscenze che non possono obbligarci ad ulteriori esitazioni. I numeri del falso sul capitolo del fenomeno della contraffazione sono drammatici in termini di fatturati, ma anche di occupazione, signor Presidente. Qui parliamo di 130 mila possibili occupati che vengono di fatto sottratti al lavoro perché arriva in Italia merce contraffatta.
Dunque, vi è un significato non solo economico. Infatti, se lo volessimo ricondurre o ridurre semplicemente all'aspetto tipicamente economico commetteremmo un errore che non ci fa capire la dimensione e il significato di questa contraffazione. Personalmente rimango sorpreso in qualche compiacenza di troppo da parte degli acquirenti, se non fosse per il fatto di una convenienza momentanea. Tuttavia, si tratta certamente di una azione non positiva per l'interesse del nostro Paese: nello stesso tempo si finanzia e si sostiene un mercato che non va né sostenuto né tanto meno finanziato. Dunque, si tratta di temi molto importanti che sono rappresentati.
Nel secondo capitolo si parla giustamente del coinvolgimento del crimine. Se anche su questo tema volessimo sottovalutare la gestione che viene fatta dalle associazioni e dalle organizzazioni malavitose nazionali e sovranazionali commetteremmo un grandissimo errore.
Infatti, la certificazione, anche a seguito delle audizioni da parte della Direzione investigativa antimafia ma anche dalla Direzione nazionale antimafia e poi di altri contributi ancora, certifica con assoluta certezza, appunto, il coinvolgimento e la gestione diretta delle associazioni malavitose, rendendo noto, in particolare, il ruolo della camorra e poi, purtroppo, quello di tante altre organizzazioni, certamente con un'attenzione sulla distribuzione sul territorio del ruolo che la Repubblica popolare cinese di fatto rappresenta con i suoi prodotti.
Ebbene, tengo a dire su questo punto che è necessario evidenziare queste presenze che nel 2002 rappresentavano 682 unità nel territorio nazionale - parlo dei money transfer, signor Presidente - e che sono diventati 34 mila nel 2010. Su questo tengo a dire, insieme ad altri colleghi parlamentari, che abbiamo presentato un'interrogazione la quale a nostro avviso non sta ricevendo le attenzioni che merita. Mi riferisco a questa modifica dell'articolo 128-quater del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, concernente gli agenti di attività finanziaria. Dunque, nel 2002 vi erano 687 money transfer, mentre nel 2010 vi sono 34 mila sportelli nel territorio nazionale, sebbene qualcuno - in realtà molti - non si è reso conto di cosa stiamo parlando.
I principi legislativi, al capitolo 3, sono presenti. Bene ha ricordato il presidente Fava che in Italia ci muoviamo da protagonisti dentro questo settore ma poi l'applicazione di quelle leggi e di questi provvedimenti tarda e delle volte non arriva e, di conseguenza, vi è anche il rischio di subire un effetto boomerang rispetto a realtà che giustamente si devono dotare di strumenti legislativi per proteggere, garantire, gestire e conoscere tutto questo ed altri che, invece, di tutto questo non hanno alcuna cognizione e «se ne fregano altamente». Chiaramente, questo determina una globalizzazione scompensata ma questo, ohimè, è un altro argomento.
Nel capitolo 4 - «Gli altri principali soggetti istituzionali coinvolti nella lotta alla contraffazione» - abbiamo avuto contributi straordinari. Il dottor Catricalà, oggi peraltro chiamato ad assumere un Pag. 10ruolo di Governo, come Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Agenzia delle dogane, la guardia di finanza sempre in primissima linea, l'Istituto nazionale per il commercio estero, il Corpo forestale dello Stato, l'Arma dei carabinieri, la «benemerita», e di conseguenza facciamo attenzione su queste cose che se lette attentamente - e non nella sintesi condivisa e votata all'unanimità in Commissione che viene riportata - mostrano tante altre conoscenze e tanti altri arricchimenti senz'altro utili per capire la difficoltà di questa situazione e vi sono anche elementi che indicano come e dove poi incidere per determinare un cambiamento necessario.
È chiaro che nella contraffazione si può e si deve parlare - e si è anche parlato, per la verità Presidente - di tante ramificazioni. Oggi ci occupiamo di un settore limitato ma che ha, comunque, gli stessi coinvolgimenti. Ci occupiamo della contraffazione in chiave alimentare e, dunque, di un qualcosa che riguarda solo questo specifico argomento. Sebbene la contraffazione vada vista nella sua interezza, è giusto, tuttavia, focalizzare la nostra attenzione su un tema così importante qual è quello dei prodotti alimentari.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Luciano Rossi.

LUCIANO ROSSI. Ciò detto, poiché i tempi sono contingentati mi auguro ...

GABRIELE CIMADORO. Puoi andare avanti ancora un po'!

LUCIANO ROSSI. No, no. Qui serve la concretezza, non servono le parole. Ci sono documenti precisi, vi è una presa di posizione precisa e vi una risoluzione che vede come primo firmatario il presidente Fava. Noi del Popolo della Libertà convintamente sosterremo questa risoluzione, che speriamo domani venga approvata a maggioranza, anche se penso che sarà approvata all'unanimità, dato che così bene abbiamo fatto in Commissione in questi pochi mesi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, dichiaro da subito, prima di iniziare il mio intervento, di avere già sottoscritto la risoluzione predisposta dal presidente Fava, che è il risultato di un lavoro, di tutta la Commissione, che è durato più di un anno, e di audizioni ed è relativa ad un piccolissimo, a questo punto, come ricordava prima l'onorevole Luciano Rossi, spazio della contraffazione, quello agroalimentare che, comunque, nel nostro Paese diventa di importanza nazionale e rilevante e che occupa spazi, cifre e numeri che, come abbiamo sentito prima, sono importantissimi.

GABRIELE CIMADORO. Ringraziamo già il Parlamento (e la Commissione per il lavoro svolto) che ha avuto la sensibilità, o comunque l'avvertenza e l'avvedutezza, di creare questa Commissione, voluta da tutto l'arco costituzionale e da tutti i partiti presenti in Parlamento. Il gruppo dell'Italia dei Valori aveva avuto già dall'inizio della legislatura una sensibilità, non dico maggiore rispetto ad altri, ma è un fatto che noi di tale gruppo abbiamo presentato per primi qualche interrogazione riguardo al Made in o all'Italian sounding; era già nell'aria e tutti sapevano - e sapevamo - quale immenso settore economico coinvolgeva la contraffazione, soprattutto nel nostro Paese e soprattutto in alcune regioni dove essa non è un fenomeno anormale, ma è diventata quasi sistema.
Su questo aspetto dovremmo impegnarci su una risoluzione che la Commissione presenterà all'unanimità. Una delle osservazioni - o forse l'osservazione più importante - che noi faremo su tale relazione, concerne la mancanza di fondi, fondi che stiamo chiedendo ormai da molti anni in diverse situazioni.
Credo che questo fenomeno vada affrontato dando la possibilità di agire a tutti i settori interessati, a tutte le forze dell'ordine impegnate e alla magistratura, che hanno fatto e stanno facendo un Pag. 11lavoro egregio. Tuttavia, purtroppo, senza risorse riusciremo a portare a casa poco. Dovremmo impegnarci molto di più in Europa perché questo problema è sentito in Europa e soprattutto in Italia perché l'Italia ha anche e soprattutto nell'agroalimentare, lasciando perdere altri settori che sono di primarissima importanza, un interesse vastissimo, più di tutti gli altri Paesi presenti in Europa.
Per questa ragione, qui dovremmo avere la forza di alzare di più la voce perché l'Europa ci dia una mano dando una concreta possibilità, a noi e a tutti gli altri Paesi che stanno intraprendendo questa strada di correttezza, di far venire a galla tutto quel lavoro nero fatto di cifre importantissime e di un mercato illegale che noi dovremmo piano piano smantellare negli anni. Probabilmente ci vorranno decenni, ma insistiamo: non abbiamo problemi che ci impediscano di andare avanti con la perseveranza e la tenacia che contraddistingue gli italiani.
Lo scorso 6 dicembre la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, ha approvato all'unanimità la relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare. Tale documento analizza la normativa di riferimento del comparto e presenta una sezione dedicata alle modalità operative dei soggetti istituzionali che operano in Italia per contrastare il fenomeno, offrendo un quadro articolato della patologia contraffattoria del settore alimentare in due ambiti specifici: industriale, e cioè legato al consumo della massa, e di qualità europea certificata - DOP, IGP e SGP - con un approccio alla problematica che non vede nelle sanzioni repressive l'unica soluzione per la lotta alla contraffazione. La relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare evidenzia la necessità di avviare iniziative di comunicazione per educare la cittadinanza al consumo consapevole e all'acquisto di prodotti agroalimentari di qualità. Ciò anche perché tutto quello che è alimentare - è risaputo - riguarda la salute, per cui diventa una cosa più importante ancora rispetto alla contraffazione di borse, borsette, abbigliamento vario e moda.
La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della contraffazione e della pirateria in campo commerciale ha dedicato un'attenzione particolare allo scenario offerto dai mercati esteri, dove i consumatori a causa del dilagare del fenomeno del cosiddetto Italian sounding, ovvero l'evocazione in etichetta dei prodotti tipici italiani, spesso rischiano di non riuscire a distinguere un vero prodotto italiano dalla sua imitazione. Questo è uno dei problemi mondiali.
In particolare, con riferimento alla contraffazione nel campo agroalimentare e alla citata problematica del cosiddetto Italian sounding, si segnala, come del resto rilevato dalla relazione approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, che il primo rapporto sulle «agromafie» del 2011, presentato da Eurispes e Coldiretti, descrive sul punto una situazione piuttosto allarmante: si va dalle false mozzarelle di bufala al concentrato di pomodoro cinese avariato e spacciato come made in Italy, fino ai prosciutti ottenuti dai maiali olandesi e venduti come nazionali (con tanto di fascia tricolore); ai grandi marchi di vini contraffatti, all'olio di semi imbottigliato come extravergine o al Chianti prodotto in California.
Secondo il primo rapporto sulle «agromafie» del 2011, il problema dell'Italian sounding sta diventando un problema sempre più frequente per l'indotto del made in Italy.
Nel 2009 il settore dell'industria alimentare italiana ha registrato un fatturato di 120 miliardi di euro - i colleghi hanno già menzionato tali cifre, cosa che va bene ed è giusto fare perché stiamo parlando di cifre importantissime, che potrebbero probabilmente da subito risolvere il problema economico del nostro Paese - mentre il settore agroalimentare propriamente detto - escluso perciò il settore della silvicoltura - ha registrato un fatturato di 34 miliardi di euro. Il giro di affari complessivo vale Pag. 12circa 150 miliardi di euro, quindi il 10 per cento del PIL, cosa che direi essere piuttosto importante e a cui dovremmo dedicare del tempo e delle risorse.
Nel nostro Paese sono state importate nel 2009 circa 27 miliardi di euro di materie prime che sono state alternativamente vendute direttamente nel nostro Paese, quindi con un marchio «made in», o trasformate tramite almeno un processo industriale-alimentare, che secondo la normativa europea attuale possono fregiarsi del marchio «made in». Queste merci, pur contenendo prodotti agricoli non italiani, sulla base dell'attuale normativa possono essere rivendute all'estero con il marchio made in Italy; ciò significa che su 27 miliardi di euro di importazione, una parte di queste materie prime importate, sono state senz'altro riesportate come made in Italy. Si stima che almeno un prodotto su tre nel settore agroalimentare importato in Italia, sia trasformato nel nostro Paese e poi venduto sul nostro mercato interno e all'estero con il marchio made in Italy. La diretta conseguenza di questo fenomeno è presto detta: sulla bilancia dei pagamenti almeno 9 miliardi di euro nel solo 2009 sono stati spesi per importare dei prodotti alimentari esteri che sono stati poi rivenduti come prodotti di eccellenza italiani; ma il dato impressionante da questo punto di vista, come sottolinea il rapporto sulle «agromafie», emerge applicando questa proporzione al fatturato complessivo di 154 miliardi di euro: circa il 33 per cento della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, pari a 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio made in Italy.
Tra le contraffazioni agroalimentari più diffuse, secondo i carabinieri del NAS, il Corpo forestale dello Stato e l'Ispettorato centrale repressione frodi, ci sono il vino con marchi inesistenti o il miele con l'aggiunta illegale di zucchero. Il fatto poi che in Italia siano stati importati 63 milioni di cosce di maiale dall'estero, di fronte ad una produzione di 26 milioni di cosce, sta a significare che tre prosciutti su quattro venduti in Italia in realtà derivano da maiali allevati all'estero anche se agli occhi dei consumatori sembrano tutti italiani.
Questa è la riflessione che dobbiamo fare sulle problematiche relative all'Italian sounding e più in generale sul fenomeno della contraffazione. Si rammenta come il nostro gruppo sia intervenuto a livello parlamentare attraverso la presentazione della mozione n. 1-00684 a mia firma, discussa ed approvata dalla Camera dei deputati il 28 luglio 2011 sia, più recentemente, attraverso la presentazione il 29 novembre 2011 dell'interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-14044. La risposta che fu data del sottosegretario Ravetto era caratterizzata da piena disponibilità e accoglienza riguardo alla disponibilità di risorse immediate per poter andare avanti in tale direzione, ma non ne è seguito ancora nessun risultato tangibile.
Spero che questo Governo voglia prendere in seria considerazione questa vicenda e che vi impegni delle risorse.
Da tempo il gruppo dell'Italia dei Valori si batte: affinché vengano rafforzate le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'agropirateria sui mercati interni ed esteri; affinché venga potenziato il controllo della diffusione delle merci contraffatte su siti di compravendita on line, come eBay, (anche questo è un mercato nuovo che si è aperto al mondo ed a questi prodotti alimentari e bisogna quindi metterci mano), e siano promosse le opportune iniziative affinché l'Unione europea, oltre al nostro Paese, si faccia carico di portare avanti dei regolamenti a livello di World trade organization (Organizzazione mondiale del commercio) nell'ottica di riordinare l'intera normativa in materia; affinché vengano avviate specifiche campagne informative nelle scuole di istruzione primaria e secondaria sulla gravità del fenomeno della contraffazione, rafforzando al contempo gli strumenti di sensibilizzazione dei consumatori italiani utilizzati sino ad oggi dalle istituzioni pubbliche; affinché le dogane italiane vengano dotate di ulteriori strumenti tecnologici Pag. 13 adeguati al controllo qualitativo delle merci, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica; affinché vengano adottate iniziative urgenti finalizzate a contrastare il dilagante fenomeno dell'italian sounding, ovvero l'evocazione in etichetta dei prodotti tipici italiani, che penalizza gravemente le produzioni agroalimentari nazionali (si registra in proposito una carenza di strumenti di tutela a livello internazionale a causa della mancanza di una normativa che renda obbligatoria l'indicazione in etichetta della vera origine del prodotto agroalimentare); affinché SIMEST Spa (Società italiana per le imprese all'estero Spa, ovvero l'azienda italiana partecipata al 76 per cento dal Ministero dello sviluppo economico che assiste le imprese italiane che investono all'estero) promuova e tuteli concretamente le aziende e le produzioni del nostro Paese, senza agevolare società, anche di rilievo internazionale che, di fatto, minacciano la produzione italiana, per di più tramite una società che per statuto dovrebbe svolgere l'attività contraria (sul punto noi abbiamo avuto una risposta evasiva in Commissione - ma non era il tema di quella seduta della Commissione - dalla responsabile della SIMEST rispetto ad una interrogazione da noi presentata, ma ci aspettiamo una risposta scritta più concreta per avere garanzie su ciò che noi abbiamo il dubbio sia avvenuto); affinché venga garantita la prosecuzione dei servizi forniti dalla rete degli IPR Desk all'estero, garantendone l'immediata collocazione presso gli uffici delle rappresentanze diplomatiche; e, infine, affinché venga superato l'attuale stallo della normativa dell'Unione europea sul marchio obbligatorio di origine.
L'unico aspetto veramente rilevante che non viene minimamente toccato dalla relazione in questione - anche nella prima parte a carattere più generale - è quello relativo all'esiguità delle risorse finanziarie attualmente previste per sostenere la lotta alla contraffazione, la competitività e lo sviluppo delle imprese. Infatti nella relazione non si dice nulla, ma proprio nulla, sulle risorse: sia di quelle destinate a combattere il fenomeno della contraffazione, sia di quelle destinate alla competitività e allo sviluppo delle imprese attraverso, in particolare, la ricerca e l'innovazione. Eppure arginare il dirompente fenomeno della contraffazione, che minaccia i consumatori e le imprese del nostro Paese, significa - soprattutto nel caso alla contraffazione agroalimentare - assumere provvedimenti concreti, a livello nazionale, tesi ad incrementare le risorse finanziarie attualmente previste per combattere il mercato del falso. Ora, a parte gli stanziamenti specifici per la lotta alla contraffazione ridotti nell'ultima legge di stabilità di ben 138 milioni di euro, ciò che preoccupa più in generale è che, nell'ambito di questa stessa legge, sia previsto un taglio delle dotazioni finanziarie rimodulabili di tutto il Ministero dello sviluppo economico, per un ammontare complessivo pari a 3,78 miliardi di euro nel 2012, a 2,6 miliardi di euro nel 2013 e a 1,87 miliardi nel 2014.
Sarebbe stato, dunque, preferibile che nell'ambito della relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare avesse potuto trovare spazio quantomeno un richiamo sulla necessità di adottare iniziative dirette ad incrementare le risorse attualmente previste per sostenere la lotta alla contraffazione, la competitività e lo sviluppo delle imprese.
Ciò detto, comunque rimane la firma e la disponibilità dell'Italia dei Valori a sottoscrivere la risoluzione del presidente Fava. Ringrazio il presidente per il lavoro svolto, tutti i commissari della Commissione e il Parlamento, che ha avuto la sensibilità e la voglia di aprire i lavori e dare la possibilità alla Commissione di lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bergamini. Ne ha facoltà.

DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, penso che, con l'istituzione di questa Commissione di inchiesta contro la Pag. 14contraffazione e la pirateria, questo Parlamento abbia compiuto un atto di grandissima responsabilità politica, perché il fenomeno della contraffazione è un disvalore, un vero e proprio male che aggredisce il mondo globalizzato, e lo fa con numeri che fanno rabbrividire.
Una stima della Banca Mondiale, peraltro non recentissima, afferma che il fenomeno della contraffazione vale circa 350 miliardi di euro annui. Dunque, è un male che drena risorse e che, in particolare per quanto riguarda il nostro Paese, aggredisce il cuore del sistema Italia. Lo aggredisce perché, naturalmente, crea un pesante danno economico alle imprese, ne frustra gli investimenti in ricerca e sviluppo, ne frustra la competitività, genera disoccupazione. È stato stimato che, se il fenomeno contraffattivo, che in Italia vale circa 7 miliardi di euro, venisse debellato, si creerebbero 130 mila posti incrementali di lavoro in questo Paese. Esso aggredisce il cuore del nostro sistema di ricchezza, perché genera danni importanti ai consumatori. Questo è tanto più vero per il settore agroalimentare!
Genera un danno all'erario, evasione fiscale, mostra collusione con la criminalità organizzata, determina fattori di sfruttamento di soggetti deboli. Questi sono tutti elementi chiave per capire quanto urgente e fondamentale sia un'opera coordinata di prosecuzione e di sviluppo del contrasto al fenomeno contraffattivo. Ecco perché l'istituzione di questa Commissione è stata così importante politicamente, ecco perché credo che il lavoro svolto in questo anno sia stato importante per tutti gli attori e i destinatari, purtroppo spesso inconsapevoli, del fenomeno contraffattivo.
Ci siamo focalizzati non soltanto, naturalmente, sul fenomeno della contraffazione agroalimentare, che pure è una componente molto importante, primariamente proprio perché i maggiori danni in termini di salute arrivano da questo elemento. Ma non è l'unico: la contraffazione ha una capacità straordinaria di mutare, di evolversi. Lo dimostrano i dati vertiginosi sull'utilizzo, per esempio, delle nuove tecnologie e di Internet per la diffusione della contraffazione.
Quindi, è importante un monitoraggio attento e coordinato del fenomeno, che cambia sempre volto, continuamente, si evolve, è velocissimo. Nel corso del lavoro della Commissione abbiamo audito tantissimi players, tantissimi attori, tantissime istituzioni, che, a diverso titolo, sono impiegate nel contrasto alla contraffazione. Abbiamo ritenuto in questa relazione di delineare alcune ipotesi di linee guida, che preghiamo il Parlamento e il Governo, che ci ascolta con tanta attenzione, di recepire, anche attraverso la risoluzione che i miei colleghi hanno già presentato.
Innanzitutto, vi è l'importanza di un monitoraggio di questo fenomeno, che è fondamentale e che non può essere naturalmente svolto solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale, e ci tornerò tra brevissimo. Vi è poi l'importanza estrema della tutela legale. Il presidente della Commissione diceva che l'apparato giuridico, per quello che riguarda il contrasto alla contraffazione nazionale, è uno tra i più avanzati, un modello, si può dire, per altre nazioni. Tuttavia, è sulla questione dell'applicabilità e della necessaria rilevanza da dare a questo fenomeno che vi sono ancora possibilità di miglioramento e di rafforzamento.
Altro aspetto importante: sono tante le istituzioni chiamate, a diverso titolo, ad essere operative e attive nel settore del contrasto alla contraffazione, ma, talvolta, la funzione di coordinamento è quella più difficile. Tante funzioni non significano necessariamente funzionalità. Più volte abbiamo riscontrato la necessità di potenziare un'azione di coordinamento tra i vari attori chiamati ad operare in questo settore.
Riguardo al fenomeno dell'italian sounding i miei colleghi parlamentari si sono già espressi. Si tratta di un fenomeno che, ancora una volta, ha un costo pesantissimo per la ricchezza del nostro Paese, che si aggira intorno ai 50 miliardi di euro, se lo consideriamo globalmente. È chiaro che gli unici ad essere interessati a tutelare il Pag. 15marchio made in Italy siamo noi. Forse anche altri Paesi e altre reti lo fanno, ma certo non così bene come noi. Quindi, in tema di italian sounding è necessaria un'attenzione primaria perché si tratta di un valore importante ed in crescita sottratto al nostro Paese.
Ricordiamo anche che il fenomeno della contraffazione, naturalmente, si sviluppa nelle fasi di crisi economica e di crisi della ricchezza, ossia nelle fasi discendenti. Questo è un dato già provato perché in queste fasi le persone hanno meno possibilità di spesa e, quindi, sono più portate a risparmiare. Questo è ancora più vero per quanto riguarda il settore agroalimentare. Dobbiamo sapere che in questi anni di crisi economica il fenomeno contraffattivo è destinato ad aumentare vertiginosamente e, quindi, deve essere contrastato con maggiore forza.
Un ultimo aspetto, non meno importante degli altri, è quello che riguarda un'attenta campagna di prevenzione e comunicazione, fondamentale perché, tra le tante cose, in quest'anno di lavoro abbiamo anche compreso che da parte dei consumatori - non mi piace tanto questo termine, preferisco definirle persone - spesso non vi è la coscienza del danno che si produce nell'acquistare beni contraffatti.
Nella maggior parte dei casi, come hanno già detto i miei colleghi, non vi è la consapevolezza di acquistare prodotti contraffatti perché la contraffazione è fatta talmente bene che non si riconosce, quindi è un imbroglio.
Nei casi, però, in cui si è coscienti di acquistare qualcosa di contraffatto - questo, per altri aspetti, non vale necessariamente per il settore agroalimentare - non si ha comunque la consapevolezza di compiere un atto illecito, non si sa che si va ad attivare una rete illecita di attività e non si valuta attentamente il potenziale di rischio che noi stessi ci assumiamo nell'acquistare beni contraffatti.
Quindi, la campagna di prevenzione per acquisire una maggiore consapevolezza di che cosa è il fenomeno contraffattivo e di come non bisogna, in alcun modo, né direttamente, né indirettamente, favorirlo è un altro elemento chiave che è emerso, in questo anno di lavoro, dall'ascolto di tutti coloro che abbiamo audito.
Concludo dicendo che credo sia essenziale che tutti noi, nelle nostre diverse vesti istituzionali, ci facciamo carico di rivolgerci agli organi comunitari con grande fermezza. Infatti, è emerso che uno degli elementi di maggiore criticità sta proprio nel fatto che, a livello internazionale, e più specificamente a livello comunitario, è difficile articolare un contrasto alla contraffazione compatto. Spesso le sensibilità e le regole cambiano. Faccio un esempio su tutti: le tariffe portuali variano da Paese a Paese. Questo ha, di fatto, spostato verso il Nord Europa, in particolare verso Rotterdam e Amburgo, le destinazioni preferite per l'arrivo delle merci contraffatte in Europa. Prima erano i porti del sud, uno su tutti Napoli, adesso vi è stato uno spostamento verso il nord dovuto proprio al fatto che le tariffe portuali sono meno costose e, quindi, è più conveniente fare arrivare merce contraffatta nel Nord Europa.
Per tutto questo, per una maggiore spinta a livello comunitario per fare sì che il fenomeno del contrasto alla contraffazione si rafforzi in questi anni, credo sia necessario l'intervento congiunto di tutte le istituzioni e di tutte le forze del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di una risoluzione - Doc. XXII-bis, n. 2)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Fava, Sani, Bergamini, Anna Teresa Formisano, Raisi, Cimadoro, Mistrello Destro ed altri n. 6-00098, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Doc. XXII-bis, n. 2). Pag. 16
Il rappresentante del Governo ha comunicato alla Presidenza che si riserva di intervenire nella seduta di domani, in occasione della quale esprimerà il parere sulla risoluzione presentata.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Laffranco ed altri n. 1-00761 e Pedoto ed altri n. 1-00730 concernenti iniziative in sede comunitaria in relazione a misure in materia di composizione ed etichettatura dei prodotti alimentari destinati alle persone intolleranti al glutine (ore 16,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Laffranco ed altri n. 1-00761 e Pedoto ed altri n. 1-00730, concernenti iniziative in sede comunitaria in relazione a misure in materia di composizione ed etichettatura dei prodotti alimentari destinati alle persone intolleranti al glutine (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 22 dicembre 2011. Avverto altresì che sono state presentate le mozioni Binetti ed altri 1-00797, Palagiano ed altri 1-00798 e Mosella ed altri 1-00799 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni all'ordine del giorno.
È iscritto a parlare l'onorevole Laffranco, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00761. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, insieme a numerosi colleghi abbiamo ritenuto opportuno presentare questo atto parlamentare perché riteniamo doveroso sollecitare un intervento del Governo su questa tematica che non deve essere sottovalutata. È stato molto importante che la Presidenza della Camera abbia ritenuto di iscrivere all'ordine del giorno questa nostra mozione, così com'è stato molto importante e significativo che anche colleghi di altri gruppi abbiano ritenuto opportuno intervenire con un proprio documento in merito.
Questo documento e comunque il tema che il documento tratta sono importanti perché stiamo discutendo di una vera e propria patologia, la celiachia, che colpisce in Italia oltre 100 mila persone ad oggi - gli studi scientifici sembrano peraltro dimostrare che si tratta di una patologia, ahimè, in forte aumento - rispetto alla quale l'Europa sta assumendo un indirizzo che non riteniamo corretto; quindi, riteniamo giusto coinvolgere il Governo nel tentativo di verificare la possibilità che l'Europa cambi tale indirizzo.
La celiachia è una malattia genetica, irreversibile e multifattoriale, una malattia che, ahimè, le decisioni che si stanno prendendo in Europa tenderebbero a considerare soltanto come uno stile, una condizione alimentare. Così non è, perché coloro che sono affetti da questo tipo di malattia rischiano, assumendo del glutine o prodotti che contengono anche in piccola percentuale del glutine, la propria vita.
È di tutta evidenza, dunque, che, nel quadro di un tentativo di semplificare alcune procedure, che potrebbe anche dirsi apprezzabile e che è quello che intende intraprendere la Commissione europea, si rischia al contrario, per un verso, di non capire che siamo in presenza di una malattia e non di uno stile di vita, per un altro verso, che non siamo in presenza di soggetti normali, ma di una categoria di soggetti deboli che sono appunto coloro che sono affetti da celiachia.
Non si può banalizzare la malattia in una condizione alimentare e banalizzare il prodotto dietetico senza glutine da elemento essenziale «salvavita» per i celiaci Pag. 17in un prodotto con una indicazione nutrizionale generica, come se il fatto che ci sia scritto «senza glutine» potesse servire a tutti i consumatori indistintamente. Saremmo, peraltro, in presenza di una definizione in qualche misura ingannevole, perché non è affatto vero che un prodotto senza glutine serva alla salute di tutti, non sta scritto da nessuna parte e non è né scientificamente né ragionevolmente sostenibile.
Soprattutto questa procedura che l'Europa si sta accingendo a definire e che, come dicevo, potrebbe essere utile ai fini di una semplificazione per l'insieme degli utenti e dei consumatori, finirebbe, tra l'altro, per mettere in crisi e far venir meno in qualche misura una serie di procedure che attengono alla produzione, alla notifica e al controllo degli alimenti che sono senza glutine e che rappresentano degli autentici «salvavita» per coloro che sono affetti da questo tipo di malattia.
Dunque, questo potrebbe portare alla sottostima della celiachia (tra l'altro, questo concetto è contenuto anche nella quarta relazione al Parlamento del 2010, che è stata pubblicata nello scorso novembre); porterebbe ad una scarsa conoscenza della celiachia come malattia anche da parte della stessa classe medica o, almeno, di una parte; diffonderebbe, come dicevo poc'anzi, informazioni non veritiere sugli aspetti benefici del «senza glutine». Ciò produrrebbe, quindi, una serie di conseguenze, a nostro avviso, estremamente negative.
Mi si consenta, però - senza dilungarmi troppo, perché il ragionamento è talmente semplice che credo che non vi sia la necessità di tergiversare troppo né di addentrarsi nei tecnicismi -, di svolgere una considerazione sull'approccio con cui l'Europa, talvolta, interviene nella vita quotidiana.
Questo è il classico caso in cui vi è un deficit culturale da parte dell'Europa. Infatti, posso anche comprendere che in Europa, dove si fa un uso dei prodotti con glutine minore rispetto a quello che viene fatto in Italia, vi sia una minore cognizione della questione. Tuttavia, nel momento in cui la questione viene rappresentata, vi è l'incapacità, o si mostra, comunque, l'incapacità da parte dell'Europa di recepire culturalmente il fatto che vi è una nazione come l'Italia in cui l'utilizzo del glutine, invece, è estremamente diffuso e che, proprio perché è estremamente diffuso l'utilizzo di alimenti con glutine, ciò rappresenta un gravissimo pericolo per coloro che non possono assumere il glutine, perché ne avrebbero conseguenze drammatiche, financo mortali.
È proprio un problema di carattere culturale: il tutto non può essere ridotto, come in questo caso, ad una necessità, pur apprezzabile, di semplificazione delle procedure per la generalità degli utenti. Esistono categorie che hanno delle difficoltà - in questo caso, difficoltà che possono portare anche a conseguenze definitive - di cui non si può non tenere conto. A meno che non si immagini - io non lo voglio fare, ma vi è chi lo ha fatto - che vi siano le solite potenti lobby che abbiano maggiore interesse a rendere per i consumatori più semplice il consumo di determinati prodotti.
Sgombriamo il campo dalla speculazione, dalla strumentalizzazione e anche dal fatto che noi si ritenga, magari, possibile che vi sia un tentativo di questo genere. Tuttavia, è necessario avere la consapevolezza che esiste una questione di carattere culturale in ordine al fatto che in Italia vi è un consumo formidabile di prodotti con glutine che rappresenta un forte pericolo, in questo caso, per almeno - questi sono i dati fino ad oggi conosciuti - 100 mila persone, e che studi dimostrano come si tratti di dati in incremento, perché, negli ultimi anni, la scoperta della celiachia è, purtroppo, esponenzialmente cresciuta.
Pertanto, noi riteniamo che, di fronte a questa situazione, non si possa fare a meno di chiedere l'intervento del Governo affinché manifesti - se quest'Aula recepirà non solo questo nostro atto, ma anche quelli presentati dai colleghi del Partito Democratico e dell'UdC, che mi sembra che vadano sostanzialmente e assolutamente nella medesima direzione - una Pag. 18decisa opposizione a questi intendimenti manifestatisi in sede di Commissione europea, nei documenti pubblicati il 20 giugno dello scorso anno.
Un intervento che consenta di correggere l'impostazione europea, di far rivivere il regolamento, che prevedeva una serie di questioni che noi abbiamo cercato brevemente di illustrare, ed anche di evitare l'abrogazione di fatto di un decreto che oggi è in vigore nel nostro territorio nazionale. Tale provvedimento prevedeva anche una questione relativa alla gratuità nell'utilizzo dei prodotti senza glutine, che, come dicevamo, sono dei prodotti salvavita e, come tali, in qualche modo, devono essere garantiti almeno alle fasce sociali che hanno maggiori difficoltà di carattere economico.
Quindi, in conclusione, signor Presidente, noi speriamo ed auspichiamo che quest'Aula voglia approvare non solo questo nostro atto di indirizzo, ma anche - lo dico già fin da ora a nome del Popolo della Libertà - gli atti di indirizzo presentati dai colleghi degli altri gruppi, perché, come dicevo, vanno tutti nella medesima giusta direzione.
L'auspicio è che, naturalmente se l'Aula recepirà questi atti, il Governo voglia, rapidissimamente, farsi interprete in sede europea di questo indirizzo del Parlamento italiano, intervenendo e facendo pesare questa posizione. Posizione rispetto alla quale c'è possibilità di recepimento anche da parte di altri Paesi europei e che comunque merita, a prescindere, di essere sostenuta, semplicemente perché è una posizione giusta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grassi, che illustrerà anche la mozione Pedoto ed altri n. 1-00730, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, credo che questa discussione verta su una tematica che dimostra come la legislazione italiana, nella fattispecie, sia molto più avanzata di quella europea. Ne traggo, ovviamente, la conclusione che il tentativo europeo di semplificare e di uniformare comporterebbe, per lo Stato italiano, un passo indietro rispetto alla legislazione attuale; credo, invece, che l'Europa debba fare esattamente il contrario. Questa mozione non rappresenta un attacco all'Europa; è l'esigenza di un'Europa migliore, che, se mai, metta da parte il termine «consumatore», anche in queste circostanze, e pensi piuttosto al «cittadino paziente».
Illustro questa mozione che l'onorevole Pedoto, insieme ad altri colleghi del Partito Democratico, ha presentato, non soltanto accademicamente, ma ne parlo perché vivo direttamente l'esperienza di alcuni ragazzi celiaci tutti appartenenti alla stessa famiglia. Credo, e mi rivolgo al Governo, attraverso il sottosegretario alla salute, che, invece, nel campo della celiachia, si debbano fare ulteriori passi avanti e si debba, ovviamente, respingere completamente il tentativo di indietreggiare richiestoci dall'Europa. Ha ragione il collega, onorevole Laffranco, penso che il Parlamento, domani, unitariamente, approverà una mozione che dica, tutti insieme, all'Europa: attenzione, l'uniformità si fa salendo e non scendendo.
In data 20 giugno 2011 la Commissione europea ha adottato la proposta di regolamento finalizzata alla revisione delle disposizioni in materia di prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare. La proposta prevede, all'articolo 17, l'abrogazione del regolamento (CE) n. 41/2009, relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, la cui applicazione è prevista a decorrere dal primo gennaio 2012, qualche giorno fa, quindi.
La proposta della Commissione europea prospetta per ragioni di semplificazione, che nel caso di specie respingo al mittente, l'inclusione della disciplina dei prodotti senza glutine e con contenuto di glutine molto basso nel campo di azione del regolamento (CE) n. 1924/2006, avente ad oggetto l'armonizzazione delle disposizioni nazionali concernenti le indicazioni figuranti in comunicazioni commerciali, Pag. 19etichettature, presentazioni e pubblicità di prodotti alimentari ad uso corrente. Il regolamento, adottato sulla base della direttiva n. 89/398/CEE relativa all'allineamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, è una normativa specifica finalizzata a soddisfare le esigenze nutrizionali di quelle categorie di persone il cui processo di assimilazione, o il cui metabolismo, è perturbato ovvero versano in condizioni fisiologiche particolari e possono ricevere un beneficio dall'ingestione controllata di talune sostanze alimentari. La proposta di regolamento comunitario cancellerebbe, di fatto, dalle etichette dei prodotti alimentari la definizione di «prodotto dietetico» e ridurrebbe la dicitura «senza glutine» ad un'etichetta generica; ecco qui il passo indietro di cui parlavo prima.
La celiachia è «una intolleranza permanente al glutine ed è riconosciuta come malattia sociale» (articolo 1 della legge n. 123 del 2005) a cui consegue la necessità di eliminazione totale del glutine dalla dieta di chi ne è affetto.
Il glutine è un processo proteico contenuto in grano tenero, grano duro, farro, segale, kamut, orzo ed altri cereali minori. In Italia la prevalenza della celiachia, sia nei bambini che negli adulti, è attualmente stimata intorno all'1-1,5 per cento della popolazione.
Secondo alcune stime, i potenziali celiaci sarebbero circa 600.000, quelli diagnosticati appena 60.000 e, ogni anno, sono circa 2.800 i nuovi casi diagnosticati. Questo dimostra come questa malattia abbia una potenzialità di crescita notevole.
La distribuzione della malattia celiaca è considerata omogenea a livello mondiale, sebbene presenti una più elevata incidenza in Europa e nei Paesi con popolazione di origine europea. Allo stato attuale, i prodotti per celiaci, sostitutivi degli alimenti con glutine sono considerati, in Italia, prodotti dietetici e garantiscono la totale sicurezza per il consumatore celiaco che, è bene ricordarlo, ove non facesse riferimento a questi prodotti, rischierebbe la morte, per cui si tratta di un campo sul quale l'attenzione deve essere totale.
In Italia, i prodotti senza glutine sono elencati nel registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine. La proposta della Commissione europea, secondo noi, in un'ottica di armonizzazione e semplificazione, non tiene sufficientemente conto della necessità di tutelare le categorie sensibili e vulnerabili di consumatori. La Commissione europea dimentica che si tratta di consumatori deboli, di consumatori da proteggere, di pazienti da difendere.
La proposta di regolamento della Commissione europea, ove accolta, può comportare, di fatto, e secondo me lo comporta, un arretramento della legislazione nazionale ed un indebolimento della tutela oggi riconosciuta nel nostro ordinamento a questi particolari soggetti con specifico riferimento ai bambini.
Quindi, la mozione impegna il Governo a promuovere, in sede comunitaria e nell'ambito delle rispettive competenze, tutte le iniziative volte a tutelare una categoria di cittadini sensibili, come i celiaci, dai rischi alla salute connessi all'abrogazione del regolamento di cui abbiamo parlato prima.
Voglio aggiungere un'ultima riflessione. Vi sono due risoluzioni, una approvata in data 2 agosto 2011 dalla 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato e l'altra approvata dalla 14a Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) del Senato in data 26 luglio 2011 che ci danno forza e quindi ci inducono a riflettere su questo arretramento.
Vorrei dire al Governo, tramite il sottosegretario alla salute, che noi avvertiamo un'esigenza diversa riguardo al tema: quella di dotare le scuole e gli ospedali della possibilità, che credo sia un diritto per i malati celiaci, di offrire determinate prestazioni alimentari; infatti molti istituti oggi sono totalmente sprovvisti di apparecchiature in grado di consentire a queste persone, ricoverate o studenti, di mangiare Pag. 20come le altre, tant'è che in molti ospedali i pazienti sono costretti a portarsi il cibo da casa.
Vi è anche un altro problema: quello di prestare molta attenzione ai prezzi dei prodotti per celiaci in quanto, in alcune regioni d'Italia, nelle quali ai ragazzi celiaci viene concesso un buono pasto, esso, spesso, è spendibile soltanto nelle farmacie e ciò consente una differente impostazione di prezzi fra farmacie ed altri negozi, a danno dei celiaci.
Concludo con l'auspicio, che credo sia una certezza, di un'approvazione unanime da parte del Parlamento di queste mozioni, che saranno ovviamente unificate, che indurrà il Governo a mantenere alto il livello di scontro, seppur dialettico e politico, con l'Unione europea, nonché a rivedere in positivo la normativa sulla celiachia, ricordando sempre che siamo di fronte, non a «consumatori» come afferma l'Europa, ma a cittadini particolarmente sensibili e deboli come i malati di celiachia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00797. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, molto di quello che dirò, che è contenuto anche nella nostra mozione, in gran parte riecheggia ciò che è stato detto dai colleghi Laffranco e Grassi. Tuttavia, tengo a sottolineare alcuni aspetti molto concreti della nostra mozione. Il primo aspetto è quello che riguarda il tema della normativa a livello dell'Unione europea e il tema della normativa a livello nazionale. Ci troviamo davanti ad un problema molto particolare, in cui uniformare le leggi può risultare abbastanza problematico, perché la celiachia, concretamente, è una patologia a cui si riconosce la doppia eziologia: una è di tipo familiare, l'altra di tipo ambientale e, quindi, particolarmente legata alle abitudini alimentari dei cittadini.
Nel caso specifico, cosa accade? Che in un Paese in cui si tendono a mantenere vincoli, rapporti e relazioni, è abbastanza facile che patologie a forte espressione familiare tendano, in qualche modo, a mettere radici più profonde e, quindi, a diffondersi con maggiore facilità all'interno di un gruppo più omogeneo. Nello stesso tempo, siamo di fronte ad abitudini alimentari condivise e penso, ad esempio, nella dieta mediterranea, ai cibi a base di glutine che occupano un posto molto concreto e particolare; un aspetto per cui la cucina del made in Italy è particolarmente conosciuta in tutto il mondo è proprio la ricchezza dei suoi «primi» e di una serie di alimenti come le pizze che fanno della dieta italiana un must nella cultura internazionale. È evidente che tutto ciò richiede una normativa di protezione per tali pazienti, che non si pone per altri contesti geografici in cui non esiste familiarità e non si crea familiarità, proprio perché non esistono, o è molto basso, il numero di malati portatori di questa patologia e, soprattutto, perché le abitudini alimentari sono totalmente diverse.
È evidente che non si possono uniformare delle normative, perché ciò che in un contesto ha un'espressione sotto il profilo epidemiologico più alta e sotto il profilo alimentare più marcata, manca totalmente negli altri contesti. È questa una prima osservazione, magari di carattere forse più generale, ma che fa della celiachia e, quindi, anche di questa norma, emblematicamente, una sorta di modello culturale di riferimento, un approccio alla riflessione che ci dice come le diversità non possono essere trattate tutte nello stesso modo, perché non è giustizia trattare in modo uguale casi che sono intrinsecamente disuguali.
Di fatto, la normativa che si pretende di abrogare a livello dell'Unione europea con questo processo di semplificazione, peraltro teoricamente lodevole, e che dovrebbe essere già in vigore da circa dieci giorni, perché prevista per il 1o gennaio, si riferisce, come è stato già citato, all'articolo 17, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 41/2009, alla modifica totale delle norme che riguardano la composizione e l'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine. Pag. 21
Mi auguro che questo cambiamento - peraltro non so quanto si farà in modo che possa essere adeguatamente evidenziato -, in Italia, precisamente per ciò che ho detto prima, per le diverse condizioni ambientali, per le diverse abitudini alimentari e per la diversa presenza e incisività epidemiologica della patologia sul territorio italiano, non venga realizzato. Tuttavia, mi auguro anche che in qualunque altro Paese dove vi fosse pure un numero molto meno rilevante di pazienti, il cambiamento dell'indicazione sopra l'etichettatura abbia quel grado di visibilità che, invece, abitualmente, non c'è. Quindi, molte volte, le cose cambiano senza che il cittadino ne abbia conoscenza e ne abbia consapevolezza.
Non a caso, nella norma che è stata approvata in Italia proprio da questo Parlamento il 4 luglio del 2005, quando si parlava delle norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia, oltre a definire la celiachia una malattia sociale, sono state previste una serie di indicazioni positive di cui forse in questo momento la più importante, evidente e chiara è quella che dava diritto alla erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine.
In realtà, abolendo l'articolo 17 del regolamento in questione, verrebbe meno proprio questa indicazione che è quella che crea il vincolo normativo (si tratta di prodotti identificati come strettamente dietoterapeutici proprio per la carenza assoluta di glutine).
Nella legge del 4 luglio del 2005, tra gli obiettivi principali che venivano assegnati, c'erano proprio quelli di natura, chiamiamola così, educativa, ossia gli obiettivi di educazione del personale medico, ma anche degli insegnanti nel caso in cui i bambini vivano un'esperienza di tempo pieno a scuola e gli obiettivi più ampi di tutta la popolazione. Infatti, basta davvero che un elemento sia stato anche semplicemente contaminato perché questo possa creare danni gravi ai bambini.
Ora non ci troviamo più fortunatamente in Italia davanti a casi di celiachia gravissima. Non ci dimentichiamo che nei Paesi e soprattutto nei tempi storici in cui questa patologia ha avuto la sua espressione più alta, proprio perché caratterizzata da una grande perdita di sostanze e da una grave forma di diarrea e quindi anche da uno scarso assorbimento a livello intestinale di prodotti di cui il nostro organismo ha bisogno, questi bambini non crescevano.
Le carenze che si potevano riportare erano gravissime, non solo sul piano dell'anemia e quindi in un certo senso dell'esposizione del soggetto a condizioni di maggiore fragilità davanti a patologie di natura infettiva o altro, ma anche sotto il profilo neurologico, quindi si avevano veramente dei quadri gravi.
Ora forse quadri di questa vivacità, di questa intensità e di questa drammaticità non si conoscono in questo momento in Italia, però si conoscono le crisi acute che si possono presentare in pazienti quando, all'improvviso, vengono esposti ad alimenti contenenti glutine in un organismo che non possiede più a nessun livello quelle difese di tipo immunitario che avrebbero potuto tutelarlo.
Pertanto, il tema per noi della protezione, della tutela e quindi del circoscrivere questi elementi perché non vengano a contatto con altri e quindi non diano luogo a forme di contaminazione che risultano appunto in seconda istanza tanto pericolose (forse anche più pericolose), richiede proprio anche una prudenza rinnovata.
Non si tratta solo di questi elementi, che pure, in un contesto come quello che stiamo vivendo in questo momento, possono risultare molto gravi per le famiglie. Penso, ad esempio, alla mancata somministrazione gratuita di tali alimenti in un periodo in cui le famiglie vanno incontro a processi di impoverimento molto gravi, considerato anche che si tratta di una patologia che, essendo cronica, richiede un certo supporto per tutta la vita. Penso però anche alle situazioni che in maniera acuta possono presentarsi e, probabilmente anche involontariamente, scatenare crisi gravissime in questi pazienti. Allora qual è la nostra richiesta, che mi sembra essere totalmente convergente rispetto anche Pag. 22a quelle delle altre due mozioni? Prima di tutto rigettare, rifiutare la normativa europea.
Peraltro, questa è una linea che è stata già scelta subito prima dell'estate dal Senato. Il Senato italiano ha espresso parere negativo nei confronti di questa norma comunitaria. Bisogna poi riconoscere ed apprezzare, in un momento forse in cui lo stesso lavoro parlamentare ogni tanto sembra entrare in una sorta di crisi e di problematicità, il lavoro che il Parlamento italiano aveva svolto nel 2005. Ricordo, per quello che vale, che la prima proposta di questa normativa venne avanzata dall'onorevole Toia, e poi è stata approvata a maggioranza assoluta nel nostro Parlamento. Quindi, per quale ragione dovremmo rimettere in discussione una norma approvata poco più di due legislature fa con convinzione e determinazione da tutto il Parlamento?
Il terzo elemento, che sorprende anche dal punto di vista epidemiologico - forse il nostro sottosegretario potrà anche richiedere di attivare un'indagine di approfondimento -, è che la celiachia sia in aumento nonostante le cure che si stanno mettendo, nonostante l'attenzione concreta e particolare con cui in Italia vengono trattati i pazienti celiaci, con questa cura praticamente che prevede per loro la somministrazione gratuita di questi cibi, che sono cibi salvavita. Quindi non mi stupisco nemmeno più di tanto che tali cibi vengano venduti esclusivamente in farmacia perché, trattandosi proprio di farmaci salvavita, questo sottolinea il rapporto immediato e diretto che questi cibi hanno rispetto alla tutela e alla garanzia della salute.
Tuttavia in Italia la celiachia è in aumento e sono in aumento i casi conclamati. Sono circa 1,5 i pazienti ogni cento cittadini, quindi non a caso la celiachia viene identificata e chiamata una patologia sociale e non una malattia rara. L'aumento di questa patologia ci dice che ci deve essere qualche altro fattore per cui, mentre noi ci aspetteremmo una riduzione della patologia, proprio per il fatto che gli interventi che si stanno facendo sono interventi adeguati sul piano normativo, sul piano dietetico, sul piano della consapevolezza, sul piano della diagnostica precoce e anche sul piano delle riabilitazione di questi pazienti, nonostante tutto questo il numero di pazienti è in aumento.
Allora allentare proprio ora i livelli di vigilanza, ridurre proprio ora quelli che sono stati i canoni di educazione del paziente, sottrarci anche alla responsabilità condivisa - responsabilità che evidentemente riguarda in modo prioritario il Ministero della salute, però chiaramente riguarda tutto quanto il Governo - e ad una disponibilità di attenzione e di servizio nei confronti di quelle che sono le categorie più fragili, mi sembra che davvero potrebbe rappresentare un passo indietro nel livello di cultura giuridica, perché la nostra norma è migliore e più avanzata nel livello di competenza e anche di sensibilità sociale e perché noi tuteliamo prima, più e meglio questi pazienti. Si tratterebbe di un passo indietro con riguardo al livello di educazione alla salute, perché questo indubbiamente diminuirebbe l'impatto della cultura che si è andata accumulando e stratificando in questi giorni e ci renderebbe - me lo lasci dire, Presidente - inutilmente succubi, ancora una volta, di una norma europea che non si vede perché ci debba essere imposta, laddove noi siamo davvero un passo avanti sotto tutti questi profili che ho appena elencato.
Per cui mi auguro che domani, come è stato detto dal collega Grassi e anche dal collega Laffranco, ci sia una sorta di mozione unitaria. Penso che siamo tutti disposti ad arrivare ad un prodotto unico e condiviso, che impegni però il Governo con forza e con determinazione in quello che è un obiettivo di prevenzione forse delle conseguenze secondarie, però è un obiettivo di intervento precoce che può permettere davvero a questi pazienti di avere una qualità di vita il più possibile simile a quella di tutti gli altri (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palagiano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00798. Ne ha facoltà.

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ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, lei mi consentirà di fare una premessa medica a quello che è un argomento medico, su cui si dovrà pronunciare la Camera, quindi il morbo celiaco o malattia celiaca o sprue celiaca o enteropatia da glutine. Credo che sia importante sottolineare in questo momento, in sede di discussione sulle linee generali, di cosa stiamo parlando per convincere il Governo ad accettare la mozione dell'Italia dei Valori, che vedo essere abbastanza simile a quella delle altre forze politiche, che tende a proteggere una classe di cittadini più deboli, cioè cittadini malati poiché intolleranti al glutine o ad una frazione del glutine.
Mi riferisco alla gliadina, quella proteina a peso molecolare 15 mila che, anche se digerita, anche se frazionata dagli enzimi presenti nel corpo umano, è tossica per certi soggetti. Si tratta di una patologia che, secondo i testi sacri della medicina, l'Ugo Teodori per esempio, il Trattato nazionale di patologia medica, ha un'incidenza dello 0,03 per cento. Ma se andiamo a vedere invece le voci della società italiana di celiachia e di altre società internazionali, si vede che si tratta di una patologia in costante aumento che interessa, come diceva prima la collega Binetti, un cittadino su cento o qualche volta su centocinquanta. Stiamo parlando di 600 mila vittime della celiachia presenti in Italia, che come tali vanno tutelati.
Si tratta di una malattia che può insorgere nei bambini subito dopo lo svezzamento, quando si passa dall'alimentazione del latte a quella mista, oppure che può insorgere in soggetti più grandi, nella seconda e terza decade di età, per esempio durante la gravidanza, in seguito ad un'anemia che non viene curata, che non può essere curabile. Si tratta di soggetti che sono stanchi, che hanno questa astenia che può sfociare nella inanizione, si può anche morire per cachessia; bambini che non crescono, da qui l'importanza della prevenzione e della cultura. Oggi la malattia è in aumento probabilmente perché la classe medica italiana, molto preparata, ha più a cuore, è più a conoscenza e quindi è più sensibile al problema.
Oggi esiste una etichettatura dei cibi. Sappiamo che esistono dei cibi che contengono gliadina e ci riferiamo al grano, all'orzo, alla segale, al farro e, quindi, queste persone non possono - a differenza delle altre - mangiare la pasta, il pane e la pizza. Si tratta di soggetti che, anche se ingeriscono frazioni infinitesimali di questa proteina, vanno incontro ad una malattia grave: ad una degenerazione dei villi intestinali (dell'intestino tenue e ci riferiamo in particolar modo al digiuno più che al duodeno o all'ileo) e che porta un cattivo assorbimento, una sindrome da malassorbimento, che deve essere curata ma non attraverso i farmaci. Non c'è un farmaco che faccia guarire da questa malattia. L'unico farmaco è, per così dire, la dieta.
Bisogna evitare che anche delle frazioni infinitesimali e la contaminazione di cibo possano avvenire, perché in questi casi si ha una esfoliazione ed un ispessimento della mucosa intestinale che porta al malassorbimento del ferro, del calcio, del sodio e del potassio. Quindi, dobbiamo soltanto pensare - noi legislatori - di mantenere questa normativa cui faceva riferimento l'onorevole Binetti, che mi ha preceduto, che tassativamente indicava nei prodotti dietetici, che oggi il sistema sanitario nazionale passa a questi sventurati malati di celiachia, quella precisione e quella stringenza. «Senza glutine» vuol dire che il contenuto di gliadina è inferiore a 20 milligrammi per chilo di alimento.
Se si va al di fuori di questa specificità, si entra nella genericità della normativa europea, di cui si è parlato oggi, che vuole invadere un po' il nostro campo, ma lo fa per dare una semplificazione che, crediamo, per molti cittadini diventi una complicazione. I malati di celiachia, infatti, dovrebbero a nostro avviso essere tutelati di più rispetto al comune consumatore.
Voglio ricordare che c'è un altro problema e a questo proposito mi rivolgo al Ministro della salute che non vedo, ma che sicuramente leggerà il resoconto domani Pag. 24(ma va bene anche il sottosegretario, che è un medico come suggerisce la collega Benetti). C'è, infatti, un problema tutto italiano, che è quello dei farmaci. In Italia non esiste una normativa per la quale si debba segnalare se un farmaco contenga, per esempio, delle tracce di glutine. È lasciato soltanto alla spontaneità della Federfarma (la federazione dei farmacisti) di avere sul sito Internet un software nel quale si va ad inserire il farmaco che si vuole somministrare e ci dice se contiene effettivamente questa proteina tossica.
Noi vorremmo che tale spontaneità dei farmacisti diventi legge di Stato e sia obbligatorio indicare ciò su tutti i farmaci, per esempio sulle compresse e sui fermenti lattici (che potrebbero avere effetti devastanti su questi cittadini). Vorremmo che ci fosse l'obbligatorietà di mettere una spiga di grano per indicare che quel farmaco non è adatto ai celiaci. Così come c'è la faccina sorridente sui prodotti da banco delle parafarmacie e delle farmacie, vorremmo che ci fosse questa indicazione. Questo sarà l'oggetto di una proposta di legge che presenteremo nei prossimi giorni e invitiamo anche le altre forze politiche ad intervenire con sinergia. Invitiamo, inoltre, il Governo ad essere sensibile a questo problema affinché si possa uscire dalla genericità ed affrontare con la dovuta competenza i problemi dei celiaci.
Per questa ragione la mozione dell'Italia dei Valori invita il Governo affinché possa innanzitutto fare in modo che venga accolta, come ha fatto già il parere espresso dalla XII Commissione del Senato, questa innovazione del regolamento europeo che vorrebbe abrogare questa norma più generica sull'etichettatura dei prodotti a base di glutine e affinché possa essere conservata l'etichettatura che indichi categoricamente qual è la quota di glutine presente in tutti i cibi e, ci auguriamo, anche nei farmaci (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, la discussione che si è sviluppata fino ad ora e gli stessi contenuti delle mozioni presentate sono - mi pare di poter dire - la conferma di una presa di coscienza sincera e comune della Camera, così come del resto è avvenuto negli scorsi mesi in Senato.
Vi sono, quindi, tutte le condizioni perché questa consapevolezza e questa presa di coscienza possa essere rafforzata domani con un voto comune della Camera. Credo che un pronunciamento del Parlamento di questo tipo sarebbe un segnale importante e darebbe al Governo più forza nel confronto in sede europea. Questo lo chiede con forza anche l'associazione italiana celiachia e le altre associazioni europee che da tempo si sono mobilitate contro questo provvedimento che rischia di colpire e che colpisce i diritti e le garanzie per la salute di tutti quei cittadini affetti da tale patologia. Il provvedimento, come è stato ricordato, comporta la cancellazione dalle etichette dei prodotti alimentari della definizione di prodotto dietetico, riducendo anche la dicitura «senza glutine» ad un'etichetta generica e producendo, quindi, un arretramento sostanziale nella tutela delle persone affette da celiachia. Trasferire, insomma, la tutela dei consumatori celiaci, portatori - è stato ricordato anche questo, ma è giusto sottolinearlo ancora - di una specifica patologia, a un regolamento generale, il regolamento sui claims nutrizionali e salutistici, che interessa la generalità dei prodotti alimentari destinati al comune consumatore, appare inappropriato oltre che inaccettabile.
Si sa che oggi l'unica terapia disponibile per la malattia celiaca è l'esclusione totale e permanente dei cereali contenenti glutine dalla dieta. Non è sbagliato, quindi, dire che la dieta agglutinata per il celiaco è da considerarsi al pari di un vero e proprio farmaco salvavita, dato che non esiste altra terapia per la remissione della sintomatologia relativa alla malattia celiaca. Questo lo ha affermato anche, nell'illustrare la nostra mozione, di cui è prima firmataria l'onorevole Pedoto, il deputato Grassi. Come dicevo, non esiste altra terapia se non una stretta osservanza Pag. 25di questa dieta, che è da considerarsi quindi obbligatoria per prevenire soprattutto l'insorgenza di patologie autoimmuni e neoplastiche.
Riflettiamo bene su questo punto. Chiediamo che questa riflessione parlamentare venga, con la necessaria determinazione, trasferita a Bruxelles dal nostro Governo. La qualità della vita dei consumatori celiaci è profondamente condizionata dalla possibilità di avere informazioni dettagliate sugli ingredienti di ciascun piatto, proposto a un ristorante o a una mensa, o di ciascun prodotto in vendita in un supermercato. Il glutine, infatti, può essere «nascosto» nei cibi e perfino in alcuni farmaci, come additivo, conservante o aroma. È, quindi, necessario richiedere informazioni dettagliate su ogni singolo prodotto che si desidera acquistare o utilizzare. La cronaca si incarica spesso di segnalarci casi di persone, con frequenza bambini, che assumono prodotti, o alimentari o farmacologici, senza avere la dovuta informazione e avendo, quindi, le reazioni di intolleranza o allergiche che un celiaco purtroppo ha.
Ricordo poi che stiamo parlando di una patologia largamente diffusa, spesso non semplicemente e non subito diagnosticabile, che investe, come sembra, la vita di oltre l'1 per cento della popolazione europea. Parliamo di casi accertati perché, lo ripeto, la diagnosi si fa spesso al termine di un percorso diagnostico assai complesso.
Del resto, possiamo andare in Europa, come hanno ricordato alcuni deputati nei loro interventi, a testa alta, perché la nostra legislazione, frutto di interventi effettuati nel corso degli anni dai Governi e dalle Camere, è tra le più avanzate. Essa prevede alcuni punti - e con questo mi avvio a concludere - importanti, come la riconferma dell'erogazione gratuita dei prodotti dietetici senza glutine, lo sviluppo di attività finalizzate a permettere una diagnosi precoce della malattia e a facilitare, quindi, la prevenzione della stessa, lo sviluppo di progetti finalizzati a garantire un'alimentazione equilibrata e sicura anche fuori casa, l'erogazione gratuita di pasti senza glutine nelle mense delle strutture scolastiche, ospedaliere o in quelle pubbliche, l'educazione sanitaria del cittadino celiaco e della sua famiglia e la formazione e l'aggiornamento professionale permanente del personale sanitario e di quello delle strutture ricettive, ristorative e alberghiere.
Poi ci sono stati altri accordi che le regioni e le province autonome hanno a loro volta siglato con lo Stato e, alla fine, si può davvero dire che l'Italia contiene al suo interno - tra Stato centrale e regioni - una delle legislazioni più avanzate, che oggi viene messa in discussione dalle nuove normative comunitarie.
Credo che l'Aula, pronunciandosi all'unanimità, dia un segnale molto chiaro, lo dia agli organi comunitari e lo dia - anche di speranza - all'associazione che rappresenta i malati di celiachia in Italia.
Si potrebbe, per concludere, osservare - come hanno fatto i colleghi del Senato - che la proposta della Commissione appare debole anche da un punto di vista giuridico ed ingiustificata: non è giustificata né in un'ottica di proporzionalità, né in un'ottica di sussidiarietà. Non si ravvisa infatti la necessità di procedere all'abrogazione di un regolamento comunitario che, al contrario, reca una disciplina necessaria e soddisfa pienamente le esigenze dei pazienti. L'eliminazione di questa normativa implicherebbe un evidente arretramento della tutela delle persone affette da questa patologia anche rispetto agli elevati standard di salvaguardia previsti dal nostro ordinamento. Insomma, se in Europa dovesse davvero essere applicato ovunque - anche nel nostro Paese - questa direttiva faremmo un passo indietro.
Sono convinto quindi che si possa dare questo pieno mandato al Governo, perché occorre mantenere la tutela garantita sino ad oggi ai consumatori celiaci, un esito questo peraltro auspicato - come dicevo - e che potrà rafforzare i livelli di qualità del nostro sistema sanitario e, più in generale, di impegno alla tutela della salute dei nostri cittadini (Applausi).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fogliato. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO FOGLIATO. Signor Presidente, intervengo sulla mozione del gruppo della Lega, che è in corso di presentazione in questo momento. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è la prima volta - e temo non sia neppure l'ultima - che il nostro Parlamento si trova ad affrontare provvedimenti adottati dalle istituzioni europee che - per usare un eufemismo - ci lasciano piuttosto perplessi e che testimoniano la lontananza di queste istituzioni dalle necessità reali dei nostri concittadini. In questo caso, si tratta della proposta di regolamento COM(2011)353 adottata nel luglio scorso dalla Commissione europea che, per dichiarate esigenze di semplificazione, prevede tra gli altri punti anche l'abrogazione del regolamento CE n. 41/2009, relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, la cui applicazione prevista decorre dal 1o gennaio di quest'anno.
Non voglio credere che si sia trattato di una proposta volta ad accanirsi in modo specifico contro i celiaci, contro cioè una delle categorie sensibili di consumatori, che si stima sia composta nel nostro Paese di oltre 110 mila persone, che hanno bisogno di una dieta sanitaria e salvavita particolarmente stringente. Infatti, la patologia dei celiaci richiede, come unica terapia, l'adesione ad un'alimentazione che escluda completamente il glutine per tutta la vita. Non voglio pensare che la proposta COM353 sia stata volutamente pensata per danneggiare i celiaci, ma in sostanza questo avviene perché comporterebbe, di fatto, la cancellazione dalle etichette dei prodotti alimentari della definizione «prodotto dietetico», riducendo la dicitura «senza glutine» ad un'etichetta generica. Questo non lo possiamo accettare.
Ricordo ai colleghi che attualmente i prodotti senza glutine sono considerati prodotti dietetici e godono di una specifica normativa che ne garantisce la sicurezza per il consumatore celiaco in termini di assenza di glutine.
Fino ad oggi la categoria dei celiaci è stata garantita da una disciplina normativa stringente sia per quanto concerne i requisiti nutrizionali specifici sia in punto di controlli che adesso verrebbero meno, per cui per gli alimenti senza glutine ci si dovrebbe accontentare di regole generali e non più specifiche.
È dal 1977 che gli alimenti destinati a regimi dietetici speciali vengono sottoposti ad una rigorosa disciplina europea attraverso l'applicazione di regole consolidate a tutela appunto delle categorie più vulnerabili dei consumatori e noi riteniamo che sia giusto così e che si debba continuare con questa tutela. A nostro avviso questa proposta della Commissione europea non semplifica affatto la vita dei consumatori ma la complica a tutto danno dei celiaci. Anche i colleghi del Senato hanno avuto modo di esprimere contrarietà su questa proposta della Commissione europea e ciò testimonia la posizione condivisa e unanime del nostro Parlamento a salvaguardia di un'etichetta specifica per gli elementi per i celiaci.
È giusto quindi che il Governo intervenga su questo tema e manifesti in ambito comunitario la propria contrarietà alla proposta della Commissione europea adottata il 20 giugno scorso, sottolineando la necessità di tutelare i celiaci dal rischio di essere gravemente danneggiati da una nuova normativa. Francamente non se ne avverte la necessità e il bisogno. Spero che il nostro Governo, formato da tecnici, non avrà difficoltà a farsi intendere dagli euroburocrati di Bruxelles su questa materia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario di Stato per la salute Adelfio Elio Cardinale.

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ADELFIO ELIO CARDINALE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, se permette vorrei fare alcune considerazioni. Credo che lo spirito, la sostanza e l'articolazione delle varie mozioni sia molto simile e il Governo e il Ministero conoscono la proposta di regolamento europeo. Certamente nel nostro Paese questi prodotti per i celiaci sono considerati dietetici, mentre se perdessero questo status come propone l'Europa certamente si avrebbe un danno per questi pazienti. Pertanto i delegati italiani continueranno a mantenere questa posizione di netta contrarietà, questo lo posso dire fin d'ora, perché le nuove dizioni che si propongono sembrano quelle delle confezioni di carne in scatola e di tonno, se viene degradata la questione del prodotto dietetico.
Debbo dire che pur essendoci secondo le norme europee la possibilità di opporsi - con quelli che vengono chiamati cartellini rossi, gialli o arancioni - solo la Germania e il Portogallo sono completamente d'accordo su questa posizione italiana e io concordo che è una posizione d'avanguardia e certamente è una posizione avanzata. Le proposte europee comporterebbero una dequalificazione e lo dimostra la passione di tutti gli intervenuti perché semplificare significa considerare il malato un semplice consumatore o così come molti lo chiamano un «utente»: non è questo lo spirito della medicina. Pertanto il problema, come qualcuno ha detto, è culturale e culturale-scientifico e non dobbiamo essere - come mi pare abbia affermato uno dei relatori - inutilmente succubi, perché c'è anche un problema di dequalificazione conoscitiva che può portare ad una scarsa conoscenza della celiachia così come è avvenuto per la tubercolosi che si credeva ormai scomparsa per cui i medici, specie i giovani, non sanno come affrontarla.
Sono d'accordo anche con qualcuno che ha proposto di fare una ricerca considerata la crescita di questa malattia che a un tempo è ambientale, familiare e genetica e anche di inserire in tutti i prodotti farmacologici la notazione «ove siano presenti delle proteine dannose». Pertanto credo di poter assicurare che il Ministero farà tutto il possibile perché condivide appieno queste preoccupazioni, la malattia in Europa è meno conosciuta per cui si tratta di una situazione borderline, fra la malattia sociale e la malattia rara.
Voi sapete quanto poco si faccia per le malattie rare, che poi sono circa 5 mila, per cui nella somma interessano milioni di persone. Domani daremo un parere articolato su questa mozione, anticipando fin da ora la piena consapevolezza e il pieno supporto del Ministero per evitare che ciò possa avvenire.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge S. 2271 - d'iniziativa dei senatori Casson ed altri: Norme in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalità informatica (Approvata dalla 2a Commissione permanente del Senato) (A.C. 4166) (ore 17,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dalla 2a Commissione permanente del Senato: Norme in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalità informatica.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 22 dicembre 2011.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4166)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Rossomando, ha facoltà di svolgere la relazione.

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ANNA ROSSOMANDO, Relatore. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la proposta di legge oggi in discussione, approvata in sede deliberante dalla Commissione giustizia del Senato, è composta di quattro articoli e interviene su particolari aspetti della materia della criminalità informatica. In particolare, è diretta ad estendere le ipotesi di confisca obbligatoria ai beni informatici utilizzati per la commissione di reati informatici, a prevedere che tali beni sequestrati e poi confiscati siano destinati a particolari esigenze di ordine pubblico e, infine, a stabilire che le suddette disposizioni valgano anche per i beni informatici utilizzati per commettere alcuni reati di contraffazione. Sostanzialmente, gli elementi caratterizzanti e di novità riguardano la previsione della confisca obbligatoria, ma soprattutto in quanto collegata alla destinazione che viene successivamente data a questi beni confiscati, e, in particolar modo, alla possibilità di sequestrarli e darli in cosiddetta custodia giudiziale già in una fase non ancora definitiva del procedimento. Orbene, l'esigenza di intervenire sulla particolare materia della confisca dei beni informatici utilizzati per la commissione dei reati informatici nasce dalla constatazione del forte squilibrio tecnologico tra le dotazioni informatiche messe a disposizione delle forze di polizia e quelle invece comunemente utilizzate dalla criminalità. Naturalmente, non per colmare questo grande squilibrio, ma sostanzialmente per cercare almeno di intervenire e di attuare le indagini, già attualmente le forze di polizia utilizzano spesso computer che vengono acquistati con le proprie risorse, per il pieno utilizzo dei quali, tra l'altro, ci sono degli ostacoli, perché non si possono utilizzare i programmi dell'ufficio, in quanto il caricamento di questi programmi non è autorizzato su un computer che non appartenga all'amministrazione. Quindi, usufruiscono di vecchi modelli che sono in via di rottamazione concessi in comodato d'uso da società che forniscono alle forze dell'ordine i materiali per le intercettazioni telefoniche ovvero fanno affidamento su lasciti da parte di imprese che hanno già usufruito di risultati di indagini di polizia che sono state recentemente condotte. Naturalmente tutto questo stride ed è in contrasto con la consapevolezza che appartiene a tutti noi del fatto che le nuove tecnologie costituiscono una sfida impegnativa per tutti coloro che operano nel contrasto della criminalità, in particolar modo con riferimento a quella criminalità che si caratterizza per essere sovranazionale e per fare ormai un uso massiccio di mezzi tecnologici sofisticati di natura informatica.
A questo proposito è necessario ricordare che, nel settembre del 2007, i Ministri della giustizia di Italia, Portogallo, Francia, Spagna, Slovenia e Germania hanno affermato, in una dichiarazione congiunta, proprio quanto sia importante il rafforzamento della dimensione tecnologica a livello europeo, al fine di aumentare l'efficacia della lotta alla criminalità transnazionale.
Mi verrebbe da ricordare, anche se sono lontani i tempi in cui si discuteva della Costituzione europea, quello spazio di libertà, giustizia e sicurezza europea che aveva sullo sfondo proprio la possibilità di impiegare strumenti utili e qualificati. Con il provvedimento in esame, pertanto, si cerca di colmare questo squilibrio tecnologico tra le dotazioni informatiche delle forze di polizia e quelle della criminalità, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, limitandosi a modificare le norme in materia di confisca (questo aspetto mi sembra di una straordinaria attualità).
Dalla relazione di accompagnamento al progetto di legge originario, presentato al Senato, che ha come primo firmatario il senatore Casson, si evince che l'idea di intervenire su tale materia nasce dalla considerazione che nelle indagini in materia di criminalità informatica spesso ci troviamo di fronte a beni suscettibili di confisca ai sensi dell'articolo 240, primo comma, del codice penale, perché si tratta di cose pertinenti al reato, ma, ciononostante, questa disposizione ha creato alcuni Pag. 29 problemi di natura interpretativa e letterale, come testimoniano anche alcune pronunce giurisprudenziali.
Infatti, si deve considerare che, trattandosi di beni informatici o telematici - computer fissi, ma soprattutto portatili, cellulari di ultima generazione utilizzati per le connessioni ad Internet, supporti di archiviazione di informazioni, programmi informatici ed altro, tutti strumenti di un certo valore, ma, allo stesso tempo, soggetti a rapido deprezzamento - il prolungato non uso di questi strumenti conduce e ha condotto alla perdita del loro valore intrinseco.
Contemporaneamente, sono beni non deperibili, e quindi possiamo dire ragionevolmente che l'uso di questi beni non inciderebbe sul valore estrinseco in sé e neppure, qualora vi fosse una sentenza di assoluzione, precluderebbe una loro restituzione agli aventi diritto.
Perciò, in questa situazione si è ritenuto necessario prevedere per legge una destinazione di questi beni a soggetti istituzionalmente interessati al loro riutilizzo, quindi per fini di ordine pubblico, per finalità meritevoli di tutela. Questo - è opportuno ricordarlo - sulla falsariga di una legislazione che già esiste nel nostro ordinamento in materia di beni sequestrati nell'ambito, ad esempio, di attività di contrasto alla pedopornografia, al contrabbando, al traffico di droga o alla prevenzione e repressione dell'immigrazione clandestina, nonché in linea con le previsioni dell'ultimo pacchetto sicurezza in materia di beni sequestrati con misura di prevenzione patrimoniale ai sensi della normativa antimafia.
L'articolo 1 modifica l'articolo 240 del codice penale, che disciplina la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il profitto o il prodotto. In particolare, alla lettera a) si interviene sul secondo comma, prevedendo la confisca obbligatoria dei beni informatici o telematici utilizzati per la commissione di reati prevalentemente informatici. Con questa modifica vi è una normativa puntuale e più stringente e la disposizione richiama delitti informatici già previsti dal codice penale.
La lettera b) sostituisce il terzo comma dell'articolo 240 del codice penale, disponendo che, come già previsto per gli altri casi di confisca obbligatoria, non si proceda all'applicazione della misura se beni o strumenti informatici appartengano a persona terza, estranea al reato. Inoltre, si stabilisce che la confisca di beni e strumenti informatici è obbligatoria anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, cosa che, peraltro, è già stabilita anche dall'articolo 445 del codice di procedura penale.
L'articolo 2 modifica le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale e introduce l'articolo 86-bis. In questo caso tocchiamo il punto, che ha particolare rilievo pratico e di novità, mediante il quale è disciplinato l'impiego dei beni e degli strumenti informatici utilizzati per la commissione dei reati informatici.
Al primo comma, in sostanza, si prevede che quando i suddetti strumenti, già in sede di indagine, risultino essere stati utilizzati per il compimento di uno dei reati elencati, debbano essere sequestrati e affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta, i quali li utilizzano per contrastare la criminalità informatica, ovvero ad altri organi dello Stato che li impiegano, comunque, per finalità di giustizia. Lo strumento utilizzato è quello della custodia giudiziale con facoltà d'uso.
Al secondo comma si disciplina, poi, la fase successiva alla condanna, e quindi la confisca dei suddetti beni, prevedendone l'assegnazione a coloro che già li hanno custoditi ai sensi del comma precedente. Quindi vi è una custodia giudiziale a cui segue un'assegnazione.
Vorrei dire che in sede di audizione - dove hanno avuto particolare rilievo le esperienze fatte dal tribunale di Milano, da cui è partita l'iniziativa, presso il quale vi sono stati i casi più eclatanti, che hanno dato luogo anche a pronunce giurisprudenziali - abbiamo teso ad approfondire l'aspetto, sicuramente quello più delicato Pag. 30che merita una descrizione più puntuale, relativo all'intervento, già nella fase dell'indagine, dell'assegnazione.
Vorrei sottolineare che, per come è strutturata la norma, è necessaria una correlazione proprio con il tipo di reato rispetto alla strumentalità che viene verificata attraverso la valutazione del magistrato, anche per il successivo impiego. Cito velocemente i casi in cui questo strumento viene già applicato nel nostro ordinamento e dai quali emerge che questo sistema viene adottato già nella fase delle indagini. Mi riferisco all'attività di contrasto alla pedopornografia e alle altre fattispecie di reato per le quali è prevista legalmente la possibilità di operare «sotto copertura», oppure alle operazioni di contrasto al contrabbando e al traffico di stupefacenti, o alle operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dell'immigrazione clandestina. Altri casi più facilmente riconoscibili, perlomeno per gli operatori di giustizia, sono, ad esempio, il sequestro e l'utilizzo di autovetture che poi vengono impiegate come autocivetta per appostamenti ed altro e che, quindi, sono, a tutti gli effetti, mezzi efficacemente utilizzati già nel corso delle indagini. Molto recentemente abbiamo adottato questo sistema anche nell'ambito del codice delle leggi antimafia e nelle misure di prevenzione. Quindi la novità consiste nel fatto che con il suddetto strumento, del quale si fa un uso più sofisticato e puntuale rispetto ai casi citati che già esistono, si va a colmare una lacuna assolutamente macroscopica nella disponibilità di mezzi e strumenti.
Mi avvio alla conclusione. L'articolo 3 interviene sulla disciplina delle operazioni «sotto copertura» previste dall'articolo 9 della legge n. 146 del 2006 e introduce il comma 9-bis, prevedendo che i beni informatici o telematici confiscati nell'ambito dei procedimenti penali per delitti contro la personalità individuale, ovvero quelli che vanno dalla riduzione in schiavitù alla tratta di persone, così come tutti quelli che comprendono il delitto di sfruttamento sessuale dei minori, sono assegnati agli organi di polizia giudiziaria che ne abbiano fatta richiesta per l'impiego nelle attività «sotto copertura», ovvero per lo svolgimento dei compiti dell'istituto. È superfluo ricordare che siamo molto lontani dal pensare ad operazioni di polizia di pedinamento sulla base dello stile dei film anni Cinquanta. Oggi, per ottenere un minimo di efficacia, occorre ben altro.
Infine, l'articolo 4 stabilisce che le disposizioni precedenti in tema di confisca e di destinazione dei beni sequestrati e confiscati sono applicate anche quando i beni e gli strumenti informatici sono utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale, ossia di tutti quei reati che riguardano la contraffazione. Anche qui, quindi, il tratto comune è quello di condotte caratterizzate da una particolare tecnicalità e sofisticazione dei mezzi impiegati.
L'altro aspetto, che ritengo utile nella discussione che eventualmente seguirà, è l'indicazione di circoscrivere un caso di confisca obbligatoria - quindi un intervento, ricordiamolo, di una certa pregnanza da parte dell'autorità giudiziaria e quindi dello Stato - individuandolo giustamente con riferimento alle singole figure interessate, perché ha una sua motivazione precipua e, da questo punto di vista, ritengo corretto che non vi sia un riferimento generalizzato. Quindi da un lato abbiamo altri tipi di esperienze alle quali siamo accomunati da alcune esigenze particolari che giustificano questo tipo di intervento.
Noi non abbiamo modificato in sede di Commissione il testo che ci è arrivato dal Senato e dopo il relativo approfondimento non erano stati presentati emendamenti in sede di Commissione. Peraltro sono state avanzate alcune osservazioni in particolar modo dalla I Commissione (Affari costituzionali) e dalla XII Commissione (Affari sociali). La I Commissione (Affari costituzionali) ha avanzato osservazioni prevalentemente riguardo al profilo di un migliore coordinamento fra le norme, in particolare tra l'articolo 4 e l'articolo 474-bis del codice penale, alla necessità di chiarire meglio il riferimento alla questione della contraffazione di medicinali Pag. 31ed infine anche con riferimento al modo di operare anche in presenza di applicazione di pena su richiesta delle parti, il che sarebbe già previsto nell'articolo di procedura che interviene su queste materia - e cioè l'articolo 445 del codice di procedura penale - per forse meglio capire se non ci sia una ripetizione superflua.
Tutto questo però lo abbiamo appreso e recepito e pensiamo di poterlo superare e chiarire meglio in sede di Comitato dei nove, in modo da lasciare ancora la discussione aperta ai colleghi e ovviamente anche al parere del Governo presente in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene. È iscritta a parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la legge che ci apprestiamo a votare questa settimana è un provvedimento con un forte valore simbolico. Va innanzitutto a riempire un vuoto legislativo, ma è al tempo stesso un intervento concreto con il quale si mette a disposizione delle forze inquirenti uno strumento di lavoro efficace, in grado di dare un beneficio oggettivo al quotidiano contrasto alla criminalità informatica. Da oggi infatti i mafiosi sanno che tutte le apparecchiature tecniche che usano per fini criminali da domani potranno essere utilizzate contro di loro. La proposta di legge in questione prevede infatti, come illustrava bene la relatrice onorevole Rossomando, che tutti i beni informatici o telematici confiscati nel corso di indagini contro la criminalità informatica, siano computer, portatili, cellulari, dischi per l'archiviazione di materiali, iPad o altro, possano essere assegnati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne hanno fatto espressa richiesta. Il disegno di legge prevede dunque che polizia giudiziaria, carabinieri e guardia di finanza, possano ricevere ed utilizzare quelle apparecchiature informatiche o telematiche che loro stessi hanno contribuito a scoprire e a confiscare.
Certo, signor Presidente, è molto duro dover ammettere che queste apparecchiature telematiche confiscate alle mafie, sono spesso più all'avanguardia di quelle in dotazione alle forze di polizia. È duro doverlo riconoscere, perché può suonare come una sonora sconfitta dello Stato, come se lo Stato si dovesse quasi accontentare di utilizzare le attrezzature confiscate anche per meglio far fronte ai devastanti tagli apportati al settore sicurezza dal Governo precedente. Ma proprio queste condizioni di forte disagio in cui versano le forze dell'ordine, rendono ancora più urgente e necessario assegnare loro le apparecchiature sequestrate per contrastare meglio la criminalità informatica.
Tale accorgimento di certo non è sufficiente ad affrontare in modo risolutivo il problema della criminalità informatica, ma è un aiuto concreto a ridurre quel gap allarmante che esiste tra la dotazione informatica a disposizione delle forze dell'ordine e le modernissime strumentazioni di cui si dotano, invece, le organizzazioni criminali.
Da diversi anni, infatti, l'abuso della rete e l'utilizzo di apparecchiature informatiche all'avanguardia sono diventati una delle nuove frontiere del crimine organizzato. Basti pensare, ad esempio, all'uso di sniffer, di quegli strumenti, cioè, che vengono applicati sui computer, all'insaputa dell'utente, al fine di intercettare informazioni riservate come password, messaggi di posta elettronica, dati personali vari, oppure, ad altri sistemi illegali - il phishing, per esempio -, con i quali vengono carpiti illegalmente dati sensibili per l'accesso a carte di credito o account bancari.
Le mafie hanno capito al volo quanto gli convenga ricorrere alle nuove tecnologie ed hanno imparato ad usarle molto Pag. 32bene perché, oltre ad essere ideali per organizzare segretamente le più svariate azioni criminali o per riciclare ingenti capitali da un Paese all'altro, spesso sono in grado di garantire la massima impunità.
Infatti, se le mafie dispongono di una sempre maggiore dimestichezza con i nuovi mezzi informatici, e ne hanno di sempre più moderni, per quanto riguarda le forze dell'ordine e la polizia giudiziaria, si riscontra invece, spesso, una totale obsolescenza delle apparecchiature a loro disposizione. Fa male doverlo ammettere, ma questo è il risultato di anni di ingenti tagli apportati in modo lineare al comparto sicurezza dal Governo Berlusconi.
Frequentemente agenti dei carabinieri, della polizia e della guardia di finanza, si vedono costretti ad utilizzare computer vecchi, attrezzature datate, addirittura in rottamazione, non idonee ad un contrasto serio al crimine organizzato. A volte, per poter mandare avanti le indagini e fare fronte alle penuria di attrezzature informatiche, essi devono ricorrere, addirittura, all'acquisto di tasca propria di personal computer. Tutto questo dimostra quanto sia presente e pericoloso il rischio che le nostre forze inquirenti siano considerevolmente più deboli delle organizzazioni criminali alle quali stanno dando la caccia.
Un intervento legislativo come questo, sia pur contenuto e di certo non risolutivo nel contrasto alla criminalità informatica, può però dare un supporto immediato ed importante al lavoro degli organi inquirenti, assegnando loro efficaci attrezzature per il contrasto alla criminalità. La proposta di legge prevede anche la destinazione di quei beni informatici che siano stati confiscati nel corso di indagini inerenti la pedopornografia, anche on line. Fino ad oggi, la normativa prevedeva solo la vendita di tali beni. Spesso, però, tale vendita si concludeva in un nulla di fatto a causa di due aspetti direttamente correlati tra di loro: da un lato la veloce diminuzione del valore dei beni e, dall'altro, l'eccessivo tempo intercorso tra il sequestro e la vendita dei beni stessi. Anche su questo punto, dunque, la proposta di legge in discussione migliora in modo concreto e puntuale il contrasto al fenomeno criminale.
La proposta di legge avrebbe, forse, potuto prevedere in modo più palese la possibilità da parte delle forze dell'ordine di usare i beni informatici confiscati non solo ed esclusivamente per il contrasto di reati e, in particolare, di criminalità informatica, ma anche per il normale uso d'ufficio dell'istituto.
Le singole forze inquirenti soffrono talmente tanto dei tagli apportati dal Governo Berlusconi, che le normali dotazioni d'ufficio sono terribilmente lacunose e rendono particolarmente arduo il lavoro a cui sono chiamate quotidianamente. A causa della carenza di idonee attrezzature, per tanti agenti di polizia giudiziaria diventa spesso un'impresa anche solo predisporre rapporti, trascrivere i verbali delle deposizioni, compilare relazioni, indipendentemente dal contrasto al crimine informatico. Ecco perché dare loro la possibilità di utilizzare gli strumenti informatici confiscati anche per il normale lavoro d'ufficio, può rappresentare un aiuto di non poco conto; ma è prevedibile ed augurabile che, nella sua applicazione, alla legge si tenda a dare un'interpretazione estensiva e di buonsenso, che vada proprio in questa direzione.
Pertanto - e mi avvio alla conclusione -, il provvedimento in esame è un piccolo passo, ma è un passo concreto, oggettivo, reale, che va nella direzione giusta.
Tuttavia ciò non è esaustivo; anzi, è necessario potenziare l'impegno nel contrasto alla criminalità informatica non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale. Poco fa l'onorevole Rossomando ricordava come, già nel 2007, i ministri della giustizia di importanti Paesi europei, quindi non soltanto l'Italia ma anche la Germania, la Francia, la Spagna, il Portogallo e la Slovenia, avessero affermato, in una dichiarazione congiunta, quanto sia importante il rafforzamento della dimensione tecnologica a livello europeo, proprio per fare fronte a quella criminalità che conosce sempre di più una dimensione transnazionale. Pag. 33
Le mafie, da tempo, hanno capito la straordinaria duttilità dei nuovi mezzi di comunicazione, li usano al meglio, anche per potenziare al massimo i profitti dei loro affari internazionali. Ecco perché dobbiamo far sì che l'antimafia sia nelle condizioni di disporre di questi strumenti e di utilizzarli al top. La norma in esame dà un contributo proprio in questa direzione.
È dunque molto positivo ed importante che il Governo abbia accettato la calendarizzazione di questo provvedimento presentato al Senato dal collega Casson; non un annuncio solenne, ma poi inconsistente, come ci eravamo dovuti abituare, negli ultimi anni, in materia di antimafia, bensì un contributo preciso, concreto ed efficace. Questa è la strada che dobbiamo perseguire, anche perché sappiamo molto bene che è necessario dotare le forze investigative antimafia di risorse sufficienti; da un lato devono poter disporre di attrezzature informatiche adeguate, al passo con i tempi, capaci di superare e anticipare quelle in uso alla criminalità organizzata; dall'altro devono venire messe nelle condizioni di potersi aggiornare al meglio, attraverso una continua formazione professionale.
Su questo fronte è importante che ci sia una grande sensibilità da parte del Governo. Si parte dal presupposto che investire in legalità non significa spendere, bensì significa rilanciare la crescita. Tra le priorità del Paese è necessario che ci sia, anche, il perseguimento della legalità perché anche questo contribuisce, in modo sostanziale, allo sviluppo del Paese. L'uso sempre più efficace dell'informatizzazione può portare benefici straordinari da questo punto di vista; vanno favoriti gli investimenti sia nelle tecnologie avanzate che nelle risorse umane.
Insomma, onorevoli colleghi, se è vero che dobbiamo agire per abbassare lo spread tra bund tedeschi e titoli di Stato è anche vero che dobbiamo agire per azzerare lo spread tra legalità ed illegalità. Annullare questo differenziale significherebbe, finalmente, dare un grande rilancio alla crescita del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame è stato approvato in sede deliberante dalla Commissione giustizia del Senato e non modificato dalla Commissione giustizia della Camera. Preme ricordare, preliminarmente, come i ministri della giustizia di Italia, Portogallo, Francia, Spagna, Slovenia e Germania abbiano affermato, in una dichiarazione congiunta, quanto sia importante il rafforzamento della dimensione tecnologica a livello europeo, al fine di aumentare l'efficacia della lotta alla criminalità transnazionale.
La proposta di legge è volta ad introdurre nell'ordinamento misure finalizzate a colmare il forte squilibrio tecnologico tra le dotazioni informatiche messe a disposizione delle forze di polizia e quelle comunemente utilizzate dalla criminalità.
L'articolo 1 introduce alcune modifiche al codice penale in materia di confisca obbligatoria dei beni informatici o telematici utilizzati per la commissione dei reati informatici. L'innovazione è riferita ai soli reati informatici previsti dal codice penale, ricomprendendo, oltre alle ipotesi indicate dalla legge n. 48 del 2008, anche le truffe commesse con l'utilizzo di strumenti informatici, fattispecie, queste, in costante aumento. Si sottolinea, al riguardo, come la denominazione «beni informatici o telematici» sia volutamente ampia al fine di ricomprendere, alla luce delle elaborazioni giurisprudenziali, qualsiasi res tipicamente utilizzata per la commissione dei richiamati reati. Conformemente a quanto previsto in generale, anche le norme sulla confisca dei beni informatici e telematici non possono trovare applicazione quando la cosa «appartiene a persona estranea al reato» (articolo 1).
Le norme modificano il codice penale estendendo le ipotesi di confisca obbligatoria ai beni informatici utilizzati per commettere reati appunto informatici. Pag. 34
Si prevede, altresì, che i beni informatici, che in sede di indagini risultino essere stati utilizzati per il compimento di uno dei reati elencati, debbano essere sequestrati ed affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta e che li utilizzano per contrastare la criminalità informatica ovvero ad altri organi dello Stato che li impiegano comunque per finalità di giustizia.
Mi verrebbe da dire che questo provvedimento rappresenta uno sberleffo istituzionale nei confronti dei mafiosi e dei criminali in genere, poiché i beni che essi hanno usato per commettere i loro reati si ritorcono a loro svantaggio in quanto verranno utilizzati nella lotta dello Stato contro di loro.
Detti beni, qualora siano successivamente confiscati, sono assegnati alle amministrazioni che ne facciano richiesta e che già li abbiano avuti in uso ovvero agli organi di polizia che ne facciano richiesta o ad altri organi dello Stato (articolo 2).
I beni informatici e telematici confiscati nell'ambito di procedimenti penali per delitti contro la personalità individuale, articoli da 600 a 604 del codice penale, sono assegnati agli organi di polizia giudiziaria che ne abbiano fatto richiesta per l'impiego nelle attività sotto copertura ovvero per lo svolgimento dei compiti di istituto (articolo 3).
Si prevede, infine, che le disposizioni precedenti sono applicate anche quando i beni e gli strumenti informatici sono utilizzati per commettere i reati di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale anche con riferimento ai medicinali falsi, contraffatti, aventi una composizione qualitativa-quantitativa diversa da quella dichiarata (articolo 4).
Più in dettaglio, l'articolo 1 modifica l'articolo 240 del codice penale che disciplina la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere reato e delle cose che ne sono il prodotto o profitto.
In particolare, viene prevista la confisca obbligatoria dei beni informatici e telematici utilizzati per la commissione dei reati prevalentemente informatici (numero 1-bis).
La disposizione richiama i seguenti delitti: accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (articolo 615-ter); detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso ai sistemi informatici o telematici (articolo 615-quater); diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (articolo 615-quinquies); installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (articolo 617-bis); falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (articolo 617-ter); intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (articolo 617-quater); installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (articolo 617-quinquies); falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche (articolo 617-sexies); danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (articolo 635-bis); danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (articolo 635-ter); danneggiamento di sistemi informatici e telematici, anche di pubblica utilità (articoli 635-quater e 635-quinquies); truffa (articolo 640); frode informatica (articolo 640-ter); frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (articolo 640-quinquies).
Inoltre, si dispone che, come già previsto per gli altri casi di confisca obbligatoria, non si proceda all'applicazione delle misure se beni e strumenti informatici appartengono ad una persona estranea al reato (primo periodo).
È, inoltre, stabilito che la confisca dei beni e degli strumenti informatici è obbligatoria, Pag. 35 anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, cosiddetto patteggiamento.
Con l'articolo 2 si introduce nel codice penale l'articolo 86-bis mediante il quale è disciplinato l'impiego dei beni e strumenti informatici utilizzati per la commissione dei reati informatici.
In particolare, il comma 1 prevede che i beni informatici, che in sede di indagine risultino essere stati utilizzati per il compimento di uno dei reati elencati, debbano essere sequestrati ed affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta, che li utilizzano per contrastare la criminalità informatica, ovvero ad altri organi dello Stato che li impiegano comunque per finalità di giustizia. Lo strumento è quello della custodia giudiziale con facoltà d'uso.
Il comma 2 disciplina la fase successiva alla condanna e, dunque, alla confisca dei suddetti beni, prevedendone l'assegnazione a coloro che già li hanno custoditi ai sensi del comma precedente ovvero ai medesimi organi di polizia che ne facciano richiesta o ad altri organi dello Stato.
In realtà, devo precisare che l'articolo 86-bis riguarda le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
L'articolo 3 interviene sulla disciplina delle operazioni sotto copertura contenute nell'articolo 9 della legge n. 146 del 2006. In particolare, la novella, introducendo il comma 9-bis, prevede che i beni informatici e telematici confiscati nell'ambito di procedimenti penali per delitti contro la personalità individuale (articoli 600-604 del codice penale, dalla riduzione in schiavitù alla tratta di persone, comprendendo tutti i diritti di sfruttamento sessuale di minori), siano assegnati agli organi di polizia giudiziaria che ne abbiano fatto richiesta per l'impiego nelle attività sotto copertura, ovvero per lo svolgimento dei compiti di istituto.
Infine, l'articolo 4 stabilisce che le disposizioni precedenti sulla confisca e sulla destinazione dei beni sequestrati e confiscati sono applicate anche quando i beni e gli strumenti informatici sono utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale. Viene inoltre precisato che le disposizioni precedenti si applicano ai beni utilizzati per la commissione dei suddetti reati anche con riferimento ai medicinali falsi o contraffatti aventi una composizione quantitativa diversa da quella dichiarata, o contenenti sostanze conservate, trasformate e realizzate in difformità degli standard stabiliti dalla normativa dell'Unione europea e dal decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219.
Si tratta, dunque, di una normativa che ha un significato simbolico, oltre che materiale, molto forte, attraverso il quale lo Stato avverte chi si serve di questi strumenti per commettere reati che tali strumenti saranno usati contro chi, in realtà, li usa.
Queste ragioni inducono il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori ad esprimere un giudizio fortemente positivo su questa normativa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, questo provvedimento rientra in una tecnica che possiamo definire disorganica di intervento legislativo in materia di reati a mezzo informatico. Evidentemente, ciò è dovuto al fatto che l'evoluzione tecnologica ha determinato chiaramente un'innovazione graduale della nostra legislazione, anche alla luce delle criticità e delle emergenze da affrontare attraverso le innovazioni legislative.
Ma è evidente che si tratta di un intervento che rientra in una serie di interventi normativi che sono da considerarsi certamente disorganici. Siamo infatti partiti da una serie di norme per poi arrivare alla ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica con una norma di legge del 2008.
Parto da una premessa, e la premessa è condivisibile anche con riferimento alla relazione che accompagna il provvedimento, e mi riferisco al fatto che sia necessario attribuire l'implementazione Pag. 36delle strumentazioni informatiche e tecnologiche agli organi inquirenti. Vi è una situazione difficile da affrontare: gli inquirenti sono spesso in una situazione di carenza di strumenti, si trovano a dover concorrere, nella loro attività investigativa, con soggetti, con delinquenti, che hanno a disposizione mezzi tecnologici più potenti, più innovativi, più costosi, migliori e, quindi, chiaramente, la loro azione parte da una posizione non certo di parità.
Penso però che lo strumento legislativo che si è voluto utilizzare per far fronte a questa carenza non sia certo il migliore. Ho visto che il Senato della Repubblica ha approvato il provvedimento all'unanimità ed addirittura in sede legislativa, ma io ritengo che alcune criticità vi siano, a partire dalla disorganicità e dalla mancanza di sistematicità della norma dell'articolo 1.
Infatti, l'articolo sulla confisca nel nostro codice penale prevede delle ipotesi generali; sono invece state inserite nel codice delle fattispecie specifiche all'interno di una norma che aveva una previsione assolutamente generale. Possiamo forse anche superare questo aspetto, ma ci preoccupa l'inserimento nell'articolo 2 dell'ipotesi in cui in sostanza siano i beni semplicemente sequestrati e non confiscati ad essere destinati alle forze di polizia.
È evidente che ci possano essere delle tesi che consentono anche di individuare un percorso di salvaguardia della prova. Infatti, occorre tenere conto del fatto che gli strumenti informatici sono portatori di dati sensibili e di elementi probatori che poi possono essere compromessi nel momento in cui questo utilizzo non venga svolto nel modo tecnicamente migliore possibile.
È stata presentata da parte dei competenti magistrati della sezione specializzata della procura di Milano una relazione molto interessante che evidenzia le tecniche attraverso le quali può essere salvaguardata la prova attraverso, ad esempio, l'estrazione dell'hard disk e la conservazione dello stesso. Questa è una cosa sicuramente possibile, ma mi chiedo quanto costi effettuare questa azione, a fronte chiaramente della delicatezza dello strumento probatorio.
Siamo consapevoli che vi sono in molte circostanze delle eccezioni da parte delle difese proprio nei processi che hanno a che fare con la materia informatica, laddove gli organi inquirenti incautamente vadano a compromettere la prova o semplicemente perché «tocchino» le parti sensibili del computer o semplicemente perché svolgano delle azioni che, in qualche modo, possono limitare la portata probatoria nell'ambito del processo.
Anche sotto questo profilo ci rimettiamo alla valutazione del relatore, e chiaramente anche del Governo, per individuare eventualmente strumenti che possano consentire un efficace bilanciamento tra l'interesse di poter usufruire del bene e anche quello di non compromettere lo strumento probatorio.
L'auspicio da parte nostra è che si cerchi di evitare nella materia dell'informatica un intervento graduale fatto di piccole norme, ma si arrivi magari a un codice organico dell'informatica in materia penale. Penso che ci sia adesso materiale sufficiente per rendere organica la materia, per affrontarla, per completarla e fare in modo che il Parlamento si caratterizzi per aver affrontato il tema in termini generali e complessivi.
Non tocco, per ciò che riguarda l'informatica ed anche alcuni reati che sono stati inseriti nell'articolo 240 del codice penale, il tema delle intercettazioni telefoniche, che ritengo in un certo senso sia caratterizzato da un humus comune con questa materia, però ritengo veramente che queste tematiche vadano affrontate insieme e in modo organico.
L'auspicio è che questo provvedimento possa tenerne conto. Non vi sono emendamenti specifici sugli aspetti che abbiamo riferito, però, perché il nostro gruppo possa esprimere un voto convinto sul provvedimento, è necessario mettere mano e far fronte ad alcune criticità che sono state evidenziate.

Pag. 37

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, discutiamo ora una proposta di legge in materia di misure di contrasto ai fenomeni di criminalità informatica, già approvata in sede deliberante dalla Commissione giustizia del Senato. È un provvedimento importante che va a mettere ordine e chiarezza in un settore dov'è finora mancato un approccio sistematico, ma soprattutto scelte che potessero incidere efficacemente contro i nuovi fenomeni di criminalità sviluppatisi a seguito delle nuove tecnologie informatiche.
La legge 23 dicembre del 1993, n. 547, ha introdotto nuove fattispecie di reato e ne ha modificato altre, facendo riferimento ai beni informatici. La legge 18 marzo 2008, n. 48, ha poi esteso le responsabilità amministrativa delle aziende per i reati informatici. Sono dunque già previsti nel codice penale numerosi reati che si configurano per l'uso, nella realizzazione dei fatti, delle nuove tecnologie. Altre fattispecie di reato sono peraltro previste in leggi speciali. Parallelamente vi sono state alcune modifiche del codice di procedura penale.
Con questo nuovo provvedimento si ampliano i casi in cui la confisca dei beni informatici e telematici, utilizzati per la realizzazione dei reati informatici, diventa obbligatoria. Si tratta in particolare dell'accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso ai sistemi informatici o telematici e di molti altri reati. È importante però notare come la confisca sia obbligatoria anche in caso di patteggiamento.
Ma l'aspetto più rilevante è previsto dall'articolo 2, dove si individua la destinazione dei beni informatici o telematici sequestrati o confiscati, in cui si afferma che i beni e gli strumenti informatici o telematici oggetto di sequestro «sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale con facoltà d'uso, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di contrasto ai crimini informatici, ovvero ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia». Di analogo tenore è l'articolo 3, relativamente ai procedimenti penali per delitti contro la personalità individuale: riduzione in schiavitù, tratta di persone, sfruttamento sessuale dei minori.
Ciò che è importante notare in questo provvedimento è l'effetto deterrente che si ottiene nei confronti di coloro che commettono questo tipo di reati. Non solo infatti si procede al sequestro e alla confisca, ma gli stessi beni vengono prima dati in custodia giudiziale con facoltà d'uso e poi, dopo la confisca, assegnati agli stessi che li hanno in custodia. È chiaro dunque l'obiettivo che si vuole ottenere, ossia far capire che non vi sarà alcuna tolleranza nei confronti di chi compie questo tipo di reati.
Nel contempo, si attribuisce alle forze dell'ordine la possibilità di avere la disponibilità di strumenti informatici professionali da usare alla pari rispetto a chi usufruisce di mezzi simili per commettere reati. Non bisogna poi dimenticare che, molto spesso, gli strumenti informatici in uso alle forze dell'ordine o sono largamente insufficienti o del tutto obsoleti. Ben venga dunque questo provvedimento. Si potranno combattere così molto più efficacemente reati che vengono commessi anche dalla criminalità internazionale che, attraverso l'uso di mezzi informatici, non solo non ha più confini ma non ha neppure più limiti.
La criminalità informatica cresce in misura esponenziale con l'apporto di tecnologie sempre più sofisticate e le leggi molto spesso non sono all'altezza della situazione perché vengono velocemente superate. Serve una normativa il più possibile uniforme a livello internazionale che colpisca duramente reati spesso difficilmente individuabili. Va fatto però un appunto che riguarda la tecnica normativa, ma non solo. Nel provvedimento, all'articolo 1, dove si prevede la confisca obbligatoria, sarebbe opportuno, anziché fare riferimento a singole fattispecie di reato, Pag. 38porre in essere una norma generale per rendere più coerente il sistema penale.
Ulteriori dubbi, inoltre, sorgono in ordine all'utilizzo di questi strumenti, sapendo però bene che bisogna salvaguardare le prove. Quindi, noi ci auguriamo che, in sede di discussione e di analisi poi degli emendamenti, il testo possa essere migliorato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4166)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Rossomando.

ANNA ROSSOMANDO, Relatore. Signor Presidente, direi che per quanto mi riguarda la discussione è stata esauriente. Ho preso nota dei singoli punti, che approfondiremo in contraddittorio, come si confà alla materia, nel Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

SALVATORE MAZZAMUTO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, vale anche per me: mi riservo di intervenire domani e successivamente nella discussione sugli emendamenti.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,55).

ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per ricordare in quest'Aula un giovane di 38 anni che è morto domenica. Mi riferisco ad un giovane vigile del fuoco, un precario della pubblica amministrazione, che è morto schiacciato da un automezzo durante un rimessaggio in caserma.
Intervengo intanto perché reputo importante che quest'Assemblea porti il suo cordoglio alla famiglia e ai suoi colleghi, in quanto si tratta di una tragedia veramente ancora inspiegabile che purtroppo si ripete, così come si ripetono nel corso di questi anni tragedie che riguardano i vigili del fuoco nell'ambito dell'espletamento del loro servizio, anche spesso in mansioni delicate e pericolose, oppure anche nell'ordinaria gestione dei loro mezzi.
Ritengo, inoltre, che la morte di questo giovane debba servire a questo Parlamento e a questo Governo per prendere atto del dramma di tanti giovani precari della pubblica amministrazione, che svolgono un lavoro pericoloso e che non sono tutelati dalle norme vigenti sul lavoro così come dovrebbe avvenire.
Chiedo che l'occasione drammatica di questo evento sia anche foriera di un ripensamento da parte nostra rispetto alle norme che regolamentano il rapporto di lavoro.
Quindi, mi auguro, signor Presidente, che lei - oltre al dovuto momento di raccoglimento di quest'Aula - colga anche l'occasione per segnalare al Governo come questo lavoro così pericoloso debba essere tutelato nelle forme migliori e si debba porre fine alle forme di precariato che ancora lo caratterizzano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Rosato, la ringrazio per l'iniziativa di questo intervento. Credo di parlare a nome di tutta l'Assemblea unendomi al cordoglio per questa giovane vita stroncata.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, credo che, anche se l'Aula oggi ovviamente non è piena, non si possa sottacere che il Governo Monti abbia già perso un pezzo. Pag. 39Oggi si è già dimesso il sottosegretario Malinconico. Il nome forse era già un programma. Credo che in quest'Aula ciò si debba sapere, perché questa è l'Aula dove la gente è rappresentata.
Noi abbiamo già un appuntamento con il Governo giovedì alle 9,30. Dico questo per suggerire, signor Presidente, che il Governo quando verrà in Aula con il Presidente Monti abbia almeno la voglia di spiegare, nella sua sobrietà, anche un passaggio come le dimissioni del sottosegretario Malinconico. Ciò non è marginale dopo 40 giorni di lavoro.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, concordo su un punto con l'onorevole Volpi. Indubbiamente, nel panorama politico degli ultimi anni, soprattutto quando la Lega era al Governo con il Presidente Berlusconi, non era mai accaduto che per cose molto, ma molto, ma molto più gravi un qualunque membro del Governo si fosse dimesso.
Almeno sotto questo punto di vista credo che sicuramente la decisione e la scelta del sottosegretario Malinconico rappresenti una novità assoluta e anche un buon costume di cui avevamo bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 11 gennaio 2012, alle 15:

1. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione della relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale (Doc. XXII-bis, n. 2).

3. - Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00769, Monai ed altri n. 1-00772, Meta ed altri n. 1-00773 e Biasotti ed altri n. 1-00778 concernenti iniziative in materia di accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, con particolare riferimento alla questione dell'operatività della compagnia Singapore Airlines presso l'aeroporto di Malpensa.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Laffranco ed altri n. 1-00761, Pedoto ed altri n. 1-00730, Binetti ed altri n. 1-00797, Palagiano ed altri n. 1-00798, Mosella ed altri n. 1-00799 e Fogliato ed altri n. 1-00801 concernenti iniziative in sede comunitaria in relazione a misure in materia di composizione ed etichettatura dei prodotti alimentari destinati alle persone intolleranti al glutine.

5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 2271 - d'iniziativa dei senatori: CASSON ed altri: Norme in materia di misure per il contrasto ai fenomeni di criminalità informatica (Approvata dalla 2a Commissione permanente del Senato) (C. 4166).
- Relatore: Rossomando.

La seduta termina alle 18.