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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 563 di martedì 20 dicembre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 12.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 dicembre 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Antonione, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Tommaso Foti, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leo, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lusetti, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pisicchio, Reguzzoni, Paolo Russo, Stefani, Stucchi e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della mozione Vannucci, Abrignani, Adornato, Di Pietro, Pisicchio, La Malfa ed altri n. 1-00768, concernente iniziative per il completamento del corridoio Baltico-Adriatico lungo la dorsale adriatica (ore 12,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Vannucci, Abrignani, Adornato, Di Pietro, Pisicchio, La Malfa ed altri n. 1-00768, concernente iniziative per il completamento del corridoio Baltico-Adriatico lungo la dorsale adriatica (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che è stata presentata la mozione Iannaccone ed altri n. 1-00789 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00768. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Vari, sono contento che ci sia lo Sviluppo economico a seguire i lavori di questa mozione. Riassumo i termini della questione, un po' anche per lei, Presidente Leone, perché parliamo anche della sua terra, la terra di Puglia, quindi vorrei anche la sua attenzione, che arriverà.
La mozione parte da una proposta di Regolamento della Commissione europea del 19 ottobre 2011, la n. 650, che si pone l'obiettivo della revisione degli orientamenti per la rete transeuropea di trasporto TEN-T. Quindi, si tratta di una proposta di Regolamento. Non siamo più Pag. 2nella fase della comunicazione, che era un'ipotesi puramente indicativa, qui abbiamo proprio una proposta di Regolamento nella prospettiva finanziaria dell'Unione europea per gli anni 2014-2020.
La Commissione dice che la proposta di Regolamento prende le mosse, nasce, è conseguente alla consultazione che c'è stata sul Libro verde; consultazione alla quale l'Italia ha partecipato e questo Parlamento ha anche formulato le proprie convinzioni. Questa revisione prevederebbe che i trenta progetti prioritari a suo tempo individuati, tra l'altro individuati sotto la Presidenza italiana, vengono riconfigurati in dieci corridoi di trasporto multimodali europei. Vorrei fare notare ai colleghi che le variazioni incidono pesantemente sull'Italia, basti pensare alla modifica del Corridoio Berlino-Palermo, del quale abbiamo sempre parlato. Infatti, questo Corridoio verrebbe esteso da Berlino verso il nord Europa, fino ad Helsinki, e poi prenderebbe la via dell'Italia, attraverso Monaco e Verona, per arrivare a Napoli e non ricongiungersi più con Palermo ma, attraverso Bari, con La Valletta.
Ho citato questo Corridoio, ex Corridoio Berlino-Palermo, oggi Helsinki-La Valletta, perché esso si interconnette pesantemente con, invece, il tema della nostra mozione, che è quello del Corridoio Baltico-Adriatico, appunto perché questo collegamento da Napoli verso Bari consiglierebbe di fermare il Corridoio del quale invece noi ci occupiamo da Helsinki a Ravenna. Cosa succede dei dieci corridoi, sottosegretario? Quattro di questi corridoi riguardano l'Italia. Il Corridoio 1, del quale parliamo, il Corridoio Baltico-Adriatico, collega Helsinki a Ravenna.
Il Corridoio 3 collega il Mediterraneo da Algeciras in Spagna fino alla frontiera ungherese e ci interesserebbe per i collegamenti che conosciamo (Lione-Torino, ed altro). Il Corridoio 5, che ho citato (Helsinki-La Valletta) invece sovvertirebbe molta programmazione fatta nel nostro Paese per arrivare al Corridoio 9 di Genova-Rotterdam attraverso Milano-Novara (cosiddetto terzo valico appenninico), che non verrebbe invece intaccato in questa variazione.
Con questa ipotesi, voglio ancora chiamarla così, ben quattro regioni del nostro Paese resterebbero tagliate fuori (Marche, Abruzzo, Molise e Puglia) e ci sarebbero secondo me ripercussioni negative su Calabria e Basilicata. Le regioni si sono mosse in questo senso. Credo che l'esclusione, come ci scrive il presidente della regione Marche, dell'Italia centrale e meridionale dai principali nodi infrastrutturali rischia di compromettere definitivamente il protagonismo del quadrante adriatico centro-meridionale e di comportare una ulteriore emarginazione del centro-sud con l'esclusione di porti come quello di Ancona, di Pescara, di Vasto, di Termoli fino a Bari e a Brindisi.
Già il Parlamento nei suoi atti, ai quali ho fatto riferimento nella consultazione sul libro verde, si è espresso due volte su questo argomento, con una parere della IX Commissione che chiedeva una chiarificazione volta a garantire uno sviluppo equilibrato ed integrato della rete con particolare attenzione ai collegamenti delle aree marginali con le grandi reti europee di trasporto, anche al fine di rendere più fluidi i collegamenti tra le diverse sezioni. Questo Parlamento ha altresì approvato nelle Commissioni congiunte IX e X il 28 ottobre 2009 una risoluzione Boffa, Lazzari, Vico n. 8-00052, che evidenziava la necessità di garantire il collegamento tra il Corridoio 8 Bari-Varna e il Corridoio 1 Berlino-Palermo, che oggi non ci sono più, al fine di garantire il pieno coinvolgimento delle regioni dell'Italia meridionale nei flussi connessi ai suddetti Corridoi.
C'è poi, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, un'altra forte contraddizione: il nostro Paese sta lavorando attivamente - ed è fra i più attivi - per la creazione della cooperazione territoriale nel bacino del Mediterraneo attraverso la macroregione adriatico-ionica. Bene, il Comitato delle regioni, che si è riunito nella XCII sessione plenaria l'11 e il 12 ottobre 2011, ha deliberato, in tale senso, un documento molto importante. Si tratta di una decisione Pag. 3storica: ha invitato la Commissione ad operare attivamente e dare realtà a questa macroregione ionico-adriatica. Infatti, questa regione comprende tre stati membri dell'Unione europea: Italia, Grecia e Slovenia; due Paesi sono candidati all'ingresso nell'Unione europea: Croazia e Montenegro; tre paesi sono candidati potenziali: Albania, Bosnia-Erzegovina e Serbia. In tutti questi Paesi è stato attivato il processo di elaborazione di una strategia europea per la macroregione adriatico-ionica.
Si tratta di iniziativa... mi scusi signor Presidente, ho chiesto la sua attenzione all'inizio perché sto parlando della sua terra...

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, mi scusi. C'era un problema tecnico, che ho risolto...

MASSIMO VANNUCCI. Non vorrei che fosse registrata la sua distrazione proprio su questo argomento. La macroregione adriatico-ionica per crescere ha bisogno di progetti integrati. Quindi, se nelle grandi reti europee non abbiamo nessun Corridoio che le passa - l'unico si ferma a Ravenna - voi comprenderete che anche questa avrebbe poco senso.
Un'ultima considerazione la voglio fare sulla dorsale adriatica.
Sarebbe incredibile che la dorsale adriatica rimanesse fuori dalle reti europee TEN-T. Conosciamo i problemi di quest'area e, soprattutto, il gap ferroviario. Incredibilmente, l'area non è interessata dall'alta velocità. Ha una rete ferroviaria che viaggia, in gran parte, adiacente al mare.
Pensiamo, per un attimo, cosa succederebbe se ci dessimo, nel nostro Paese, sottosegretario, questo sì, un grande progetto Paese, ad esempio per arretrare la ferrovia dalla spiaggia, dove di fatto attualmente è, da Pesaro fino a Termoli, in Molise, per oltre 300 chilometri. Avremmo uno sviluppo turistico che è stato mortificato proprio da questa infrastruttura, situata in quel luogo, e avremmo aree che assumerebbero valori decuplicati che potrebbero, in parte, ripagare gli investimenti necessari. Ebbene, proprio l'area che più ne ha bisogno rimane fuori e non si guarda, invece, alle opportunità e alle convenienze che ho citato in precedenza. Ma, soprattutto, non la si lega alla questione centrale e principale, se vogliamo dimostrare coerenza, che è il forte legame con la macroregione adriatico-ionica.
In conclusione, signor Presidente, la decisione del Regolamento della Commissione europea - voglio chiamarla la decisione eventuale - è in contrasto con precedenti atti del Parlamento italiano. Ho citato la IX Commissione, la risoluzione, e ho citato la mozione a prima firma degli onorevoli Boffa, Vico, Lazzari ed altri. È contrastata da tutti i gruppi italiani nel Parlamento europeo. Ho qui la documentazione, del nostro servizio studi, esteri, che ci dà conto di tutte le iniziative di tutti i parlamentari europei rispetto a questa revisione, soprattutto per la soppressione del corridoio Berlino-Palermo che si interconnette esattamente con il corridoio baltico-adriatico, con questo incredibile stop a Ravenna. Quindi, tutte le forze politiche dell'Unione europea sosterrebbero il Governo in questa iniziativa, dopo che avremo - mi auguro - approvato la nostra mozione.
Venendo poi a parlare un po' di geopolitica, è in contrasto e in contraddizione con la vocazione mediterranea dell'Italia, alla quale dobbiamo puntare. È sbilanciata questa decisione, testimonia la prevalenza che la Commissione europea - dico una parola grossa, ma è confermata dai fatti - sta dando al rilancio di progetti di sviluppo dell'asse est-ovest mentre, invece, l'Italia e l'Europa avrebbero bisogno di integrarsi maggiormente nel Mediterraneo per scambi di ogni tipo, sia commerciali sia culturali. È, quindi, necessario spostare l'attenzione da questo asse e, invece, interessarsi all'asse nord-sud. Ma in queste decisioni c'è questo spirito, cioè c'è la finalità dell'Europa, c'è la linea di tendenza, c'è dove si vuole andare insomma, se vi è una scelta mediterranea o no. Quindi, l'Italia deve giocare un ruolo forte e determinante in questo senso. È in Pag. 4contrasto, come le dicevo, con la creazione della macroregione adriatico-ionica che deve sostanziarsi, appunto, su progetti comuni. In sintesi, è dannosa per l'Italia, perché esclude quattro regioni dalle reti europee.
Per tutte queste ragioni, noi chiediamo l'approvazione della mozione in esame. Siamo aperti, anche rispetto ad altri gruppi, ad altre modifiche per concordarle, ovviamente, con il Governo. Però, le ho detto che siamo intervenuti velocemente perché la proposta di Regolamento è del 19 ottobre. Credo che vi sia il tempo necessario. Il Governo ha fatto questi primi giorni di assestamento e credo che oggi sia in condizione per preparare un dossier e questo mi sembra abbia le basi per essere un buon dossier dell'Italia per l'Europa e che possa essere sostenuto a testa alta, senza nasconderci niente, per difendere il nostro Paese ma per difendere, soprattutto, lo spirito europeo, per difendere il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo. Quindi, impegniamo il Governo ad assumere iniziative in questo senso. Siamo disponibili a lavorare, come gruppo del Partito Democratico, su questa ipotesi, sia in questo Parlamento sia nel Parlamento europeo.
Pensiamo di trovare e ci auguriamo di trovare da parte del Governo la massima condivisione, il massimo sostegno e il massimo impegno per, da domani, quando sarà approvata la mozione, dare corpo e far sì che questa rappresenti un documento di lavoro sul quale tutti insieme lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00789. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, la nostra mozione punta a mettere in evidenza che le scelte compiute dalla Commissione europea penalizzano fortemente le aree meridionali del nostro Paese. In modo particolare, dalle scelte che sono state fatte a livello europeo alcune aree importanti verrebbero escluse dai Corridoi e cioè la dorsale adriatica delle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, zone che hanno un rilievo particolare quanto a potenzialità di crescita e di sviluppo.
Non voglio spendere molte parole per sottolineare come, ad esempio, nel nostro Paese al sud c'è solo l'8 per cento del tracciato dell'alta velocità, si tratta di scelte fortemente penalizzanti compiute a livello nazionale e che non mi sembra che questo Governo intenda invertire, basta far riferimento a quanto dichiarato dal Ministro Passera rispetto all'utilizzazione di 4 miliardi 900 milioni che verranno distribuiti dal CIPE nei prossimi giorni e che prevedono per il sud solo poche briciole, per circa 130 milioni di euro e che invece ci sono atti impegnativi che prevedono che per i fondi in conto capitale il 45 per cento deve essere destinato alle aree dell'ex obiettivo 1, alle aree cosiddette svantaggiate, che devono chiaramente essere interessate da investimenti per raggiungere le finalità di convergenza che sono previste a livello nazionale e a livello comunitario. Questo scelte della Commissione europea sono particolarmente sciagurate, penalizzanti per il sud e quindi noi abbiamo inteso come gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud), presentare una nostra mozione autonoma - fermo restando che condividiamo pienamente la mozione che è stata presentata dagli altri gruppi parlamentari - in cui abbiamo voluto evidenziare che anche da parte della Commissione europea c'è una forte penalizzazione di aree del nostro Paese che invece richiedono interventi mirati per superare quel gap in termini infrastrutturali che ne impedisce lo sviluppo e che ne impedisce la possibilità di competere ad armi pari con le altre aree del nostro Paese e con l'intera Europa.
È evidente che se non si dovesse correggere questa impostazione a livello comunitario ci sarebbero delle conseguenze particolarmente pesanti per aree già fortemente penalizzate e quindi con la nostra mozione puntiamo ad evidenziare questo Pag. 5aspetto, onorevole rappresentante del Governo, e ad evidenziarne un'altro, perché le aree più interne del nostro Paese, quelle che Rossi Doria definiva l'osso rispetto alla polpa della fascia costiera sono ancora più penalizzate.
Per fare un esempio che conosco bene, essendo irpino e della provincia di Avellino, quest'ultima è completamente esclusa dall'alta velocità, unica provincia nella regione Campania, ma anche le altre aree più interne, come ad esempio Benevento e il Molise, sono fortemente penalizzate. Ricollegandoci a questa scelta sciagurata della Commissione europea, spero che il Governo voglia impegnarsi a modificarla in qualche misura, per correggere questo vero e proprio obbrobrio, ma di questi tempi, a dire la verità, dall'Europa non dobbiamo aspettarci nulla di buono, ammesso che esista ancora l'Europa, che è stata completamente alterata nei suoi tratti principali dal cosiddetto asse franco-tedesco, che molte sciagure sta procurando al nostro Paese e non solo.
Quindi, per concludere, signor Presidente, con la nostra mozione impegniamo il Governo ad adoperarsi nelle competenti sedi europee, affinché queste possano valutare la possibilità di completare il corridoio Baltico-Adriatico, estendendolo al sud verso le regioni meridionali e ad evidenziare a livello europeo l'esigenza di non escludere le aree interne del nostro Paese dalle connessioni ferroviarie ad alta velocità che dovranno scaturire dai corridoi transeuropei previsti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, questa mozione a prima firma Vannucci, che anche io, assieme ad altri colleghi dell'Italia dei Valori, a partire dal presidente Di Pietro, ho sottoscritto, nasce da una grande ingiustizia che è stata perpetrata, causata probabilmente da una forte disattenzione che il precedente Governo ha avuto in Europa, unitamente ad un prestigio inesistente. Prestigio che invece, a partire dall'attuale Presidente del Consiglio, che lungamente ha avuto un ruolo fondamentale in Europa all'interno della Commissione europea, ma anche passando attraverso il Ministro per gli affari europei ed altri illustri rappresentanti del Governo, il Governo attuale può ritenere di avere. Quindi, può ritenersi in grado di intervenire pesantemente e subito in Europa, così come - faccio solo una rapida digressione - a favore dell'esclusione dalla direttiva Bolkestein dei balneari, ma questa è un'altra questione della quale riparleremo a breve. Come dicevo, grazie alle competenze e alla conoscenza dei ruoli, delle dinamiche e del prestigio di questo Governo, crediamo che si possa far cessare o comunque rimediare a questa ingiustizia che rappresenta anche una forte incoerenza - mi sia consentito di dirlo - da parte dell'Europa.
Noi rispondiamo ad un allarme e ad un grido elevato dal presidente della regione Marche, Gian Mario Spacca, ma anche dalle altre regioni interessate. In sostanza, succede che recentemente, con grande spolvero di stampa e con lodi a se stessa dell'Unione europea e anche da parte nostra all'Unione europea, sono state varate tre macro regioni: la danubiana, ma anche - guarda caso - la baltica e la adriatico-ionica. Alla regione adriatico-ionica, come dice il nome stesso, appartengono le nazioni europee che si affacciano sull'Adriatico e sullo Ionio, nazioni che, in parte, sono già componenti dell'Unione europea e, in parte, vi entreranno nel breve, nel medio e nel lungo termine.
Quindi, risulta del tutto assurdo, collegandomi ai fatti di cui parlerò tra poco, la finalità delle realizzazioni infrastrutturali - previste nella loro spina dorsale essenziale entro il 2030 e nel loro completamento entro il 2050 - con la filosofia secondo la quale, entro il 2050, dovrebbe essere realizzato uno spazio unico europeo di trasporti, basato su un sistema competitivo ed efficiente, in grado di soddisfare le esigenze di mobilità di beni e persone in base a standard di qualità elevati e - questa è la parte più importante - di garantire l'accessibilità a tutte le regioni Pag. 6dell'Unione europea, comprese quelle ultraperiferiche, favorendo in tal modo la coesione economica, sociale e territoriale. Questa è la finalità di questa operazione europea, rivista dalla Commissione il 19 ottobre 2011, attraverso quelli che vengono definiti i «dieci corridoi», dei quali quattro interessano l'Italia e uno interessa, anzi, non interessa le regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, mentre noi chiediamo che, quanto prima, interessi anche porti straordinariamente importanti, classificati tra i primi nostri porti italiani, che sono quelli di Ancona, Bari, Brindisi e, indirettamente, per connessione con Bari e Brindisi, anche il porto di Taranto. Ebbene, questo corridoio, che parte da Helsinki, si ferma, nelle previsioni dell'Europa, a Ravenna.
Ora, a nostro giudizio, il problema non è solo quello della connessione anche con le zone cosiddette ultraperiferiche, come potrebbe in qualche modo sembrare, pensando soprattutto alla Puglia per ovvi motivi logistici. Qui entra in campo anche una problematica di altro tipo che, a mio giudizio, interessa anche le convenienze strutturali, logistiche ed economiche dell'Europa, perché se è vero, come è vero, che l'Europa deve avere nel proprio Meridione - costituito proprio, tra l'altro, dalle regioni meridionali dell'Italia, a partire dal centro, rappresentato dalle Marche e dal porto di Ancona - una proiezione verso oriente - e il porto di Ancona era storicamente definito la porta d'oriente da dove è partito anche San Francesco per i suoi pellegrinaggi in oriente - ebbene, non si capisce come l'Europa possa pensare di interrompere le proprie connessioni infrastrutturali a Ravenna e non ad Ancona, Pescara, Bari, Brindisi o Taranto.
Signor sottosegretario, evito di approfondire ed esporre nuovamente la storia che è stata già ben raccontata dai colleghi Vannucci e Iannaccone che mi hanno preceduto, ma ci sembra che l'Italia debba intervenire, con tutta la ritrovata attuale autorevolezza di questo Governo - anche, come dicevo prima, per le esperienze dei singoli svolte recentemente in Europa -, nei gangli decisionali europei perché poco possono, come è noto, a causa della configurazione burocratica della gestione dell'Unione europea, i nostri parlamentari europei, dato che i poteri decisionali sono in mano alla Commissione e alle riunioni dei ministri, dei Capi di Governo e dei Presidenti delle ventisette repubbliche e monarchie appartenenti all'Unione europea.
Noi crediamo e siamo certi che lei, signor sottosegretario, se ne farà immediatamente interprete, presso il Presidente del Consiglio e presso i ministri competenti, perché possa riaprirsi questa decisione del 19 ottobre scorso della Commissione europea, perché ci sono chiarissimi interessi non solo delle regioni interessate, ma anche chiarissimi interessi italiani e, come dicevo poc'anzi, interessi dell'Europa, che non può - e concludo come ho iniziato - cadere in quest'enorme contraddizione di costituire una macroregione baltica, una macroregione Adriatico-ionica, prevedere di metterle in connessione, ma arrivando solo fino a metà o poco più della macroregione Adriatico-ionica.
Ciò sarebbe incoerente dal punto di vista degli interessi economici e dal punto di vista degli obiettivi che si propone la realizzazione delle dieci reti infrastrutturali, ovvero i dieci corridoi. Oltre che con gli enti interessi delle quattro regioni delle principali città, che ospitano i porti dell'Italia, ciò sarebbe, a nostro modesto avviso, in contrasto forse non con gli interessi di alcuni, ma dell'Unione europea nel suo insieme.
Quindi la preghiamo, signor sottosegretario, di intervenire rapidamente e significativamente, perché venga posto rimedio a quest'incoerenza, quest'ingiustizia che va contro gli interessi dell'Italia e dell'Europa stessa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il prolungamento del corridoio Pag. 7Baltico-Adriatico, così come è stato ampiamente descritto dai colleghi che mi hanno preceduto, riteniamo con questa mozione debba proseguire, dal punto previsto nel terminale di Ravenna, fino alla Puglia, ovvero sino al porto di Brindisi, ricomprendendo quindi l'intera costa adriatica.
È questo, infatti, un obiettivo strategico non solo di una parte dell'Italia, cioè quella sul versante orientale, ma ritengo di tutto il bacino mediterraneo nella sua parte medio-orientale, come anche qui il collega Iannaccone ha rappresentato per quanto riguarda il contesto meridionale nel nostro Paese.
Il corridoio Baltico, senza il corridoio Adriatico, pensiamo sia una scatola semivuota e, comunque, un'opera incompiuta. Questo corridoio Baltico-Adriatico, se si fermasse a Ravenna, non potrebbe svolgere una funzione strategica: si limiterebbe ad essere soltanto un ramo della parte centrale dell'Europa, senza quell'ambizione - che invece potrebbe avere con costi assai ridotti - di saper guardare alla parte sud dell'Europa.
Il corridoio Adriatico rappresenta un punto fondamentale dell'asse di riferimento integrativo del corridoio Baltico. I nodi di interconnessione e di interscambio per la domanda di trasporto merci e passeggeri, di livello sia nazionale che internazionale, stante l'interfaccia dei Paesi Balcanici, rappresentano di per sé un sistema evoluto di infrastrutture intermodali, per rendere il finanziamento europeo aggiuntivo e anche un moltiplicatore di valore.
Si tratta di agganciare la futura integrazione europea dei Paesi Balcanici, come è stato ricordato, ad una rete transeuropea, e si tratta di relazionarsi con il versante occidentale del Paese, dove insistono le cinque più grandi città italiane, a fronte della rarefazione del versante orientale che deve rappresentare la porta verso l'oriente. Noi del versante Adriatico siamo stati sempre penalizzati dalla cosiddetta guerra fredda per sessant'anni, e l'Italia si è sviluppata tra Torino, Genova, Firenze, Roma e Napoli. Le cinque più grandi metropoli, come ricordavo, si trovano tutte sul versante occidentale.
Questa visione geopolitica del nostro Paese che ne ha caratterizzato sessant'anni di sviluppo, oggi può essere superata dopo che i Balcani si sono in qualche modo ordinati secondo un ordine internazionale e si avvicinano oggi, con speranza e ambizione, ad entrare nell'Unione europea.
Il riequilibrio tra Est ed Ovest si coniuga anche con il riequilibrio tra Nord e Sud, agganciando il Corridoio 5 tra Spagna ed Ucraina. Il Corridoio Baltico nasce anche dall'esigenza di mettere in rete infrastrutture già esistenti. Esso accrescerà le relazioni tra i Paesi della nuova Europa allargata, il Nord-Est e l'alto Adriatico. Alcune stime dicono che la messa in atto dell'asse Adriatico-Baltico porterà ad una crescita del PIL europeo valutata in 20 milioni di euro e ad un aumento del traffico commerciale del 7 per cento.
La revisione della rete europea TEN-T, che è stradale, ferroviaria, marittima, fluviale ed aeroportuale, è una conseguenza del Libro Bianco del 28 marzo 2011, che illustra una strategia di ampio respiro fino al 2050. Questa strategia si inserisce nella creazione della macro-regione Adriatico-ionica, approvata in sede plenaria l'11 ottobre 2011 dal Comitato delle regioni e noi confidiamo molto in essa, non soltanto per quanto riguarda gli interessi prettamente regionali ma anche in vista di una più ampia area di relazioni internazionali che su essa stanno confluendo. La strategia Adriatico-ionica, insieme alle strategie europee per il Baltico e il Danubio, possono creare interconnessioni e sinergie anche infrastrutturali che costituiscono un asse ideale tra il nord e il sud dell'Europa. Il corridoio Adriatico nel suo insieme, fino a Brindisi, costituisce un ponte diretto per avvicinare il centro dell'Europa, dal Baltico al Mediterraneo, con le comunità del Mar Nero.
La peculiarità del corridoio Adriatico è il basso impatto ambientale e il limitato uso energetico, perché si caratterizzerebbe per l'utilizzo delle cosiddette «autostrade Pag. 8del mare». Il nostro sistema portuale è articolato con le sue reti intermodali proprio per poter ricevere e catturare il trasporto merci che avverrebbe solo sul mare. L'Adriatico, infatti, costituirebbe la linea di collegamento tra il traffico merci dello stretto di Suez e dei Paesi del Maghreb e del Medio Oriente, verso il nord dell'Europa. Questo ponte unisce ambiti territoriali ad elevata produttività - ovviamente quelli del Baltico e del Centro Europa - con aree con alti livelli di disoccupazione, basso reddito e sviluppo demografico intenso, dove quindi vi è una domanda di sviluppo potenziale.
Queste aree territoriali in ritardo di sviluppo hanno una rete di piccole e medie imprese che hanno bisogno di mercati, di aprirsi, di collegarsi e di comunicare, soprattutto con mercati ed aree più sviluppate. Il corridoio Adriatico, per la minore lunghezza delle rotte mediterranee, offre anche razionali alternative per il riequilibrio della sempre più congestionata area dei porti anseatici dove gravitano merci destinate ai porti del Sud Europa, destinate a transitare sul corridoio Berlino-Palermo, a forte impatto ambientale perché si snoda sulla terraferma.
Il sistema della portualità dell'Adriatico integra i rami intermodali della dorsale appenninica, ampliando gli spazi operativi e funzionali del nostro sistema economico. Oggi l'80 per cento del trasporto tra il Baltico e il Mediterraneo avviene su gomma attraverso il corridoio austriaco e il Brennero, con un forte impatto ambientale.
Riteniamo quindi che non ci siano le convenienze localistiche e regionali a sostenere questo nostro interesse, ma un disegno strategico di tipo continentale che dovrebbe impegnare pertanto il Presidente Monti nella ritrovata autorevolezza del nostro Paese nel dialogo con i Paesi fondatori dell'Unione europea. Questa mozione è stata firmata da oltre 40 deputati di tutti i partiti, e questo in qualche modo ne rappresenta, appunto, il disegno strategico ad ampio respiro e non la rivendicazione di un mero interesse particolare di tipo territoriale. Credo che l'autorevolezza del nostro Primo Ministro Monti sia la condizione che ci fa ben sperare nella rappresentazione nelle sedi decisionali a livello, ovviamente, di Consiglio europeo, perché la Commissione nella sua evoluzione, nella sua istruttoria sul regolamento che sta predisponendo possa considerare questa nostra istanza come utile soprattutto per l'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, mi limito a ricordare alcune direttrici di carattere politico, economico e sociale che devono impegnare il Governo. Lo dico andando direttamente al cuore dei temi e dei problemi perché altre riflessioni e altre problematiche sono state già sollevate da altri collegi. È evidente che c'è qualcosa che non va, e questo qualcosa che non va deve essere portato a soluzione da questo Governo, il Governo dei tecnici, il Governo del «noi» e «voi», questo Governo che ci deve far vedere qual è la sua cifra di coerenza, di capacità di penetrazione in Europa, di capacità di risoluzione, laddove ha fallito la politica del Governo precedente.
Questa è una bella sfida che vi si pone attraverso questa mozione, perché credo che sia una mozione che vi chiami a responsabilità, vi inchiodi al vostro ruolo tecnico, che ci deve poi dimostrare come si possa ottenere un risultato importante non solo e non tanto per l'Italia, non solo e non tanto per alcune regioni del centro-sud d'Italia, ma anche e sopratutto per voi, per far capire di che pasta siete fatti, per far capire se avete buone argomentazioni sulla base delle nostre sollecitazioni (che evidentemente sia così). Mi limito a parlare di alcune questioni che riguardano il corridoio Baltico-Adriatico, che si ferma a Ravenna, delle questioni legate alla mobilità dei beni e delle persone, della elevata qualità. Mi limito a parlare della garanzia di accessibilità a tutte le regioni, comprese quelle ultraperiferiche (termine bruttissimo Pag. 9ma serve almeno a far capire di che cosa parliamo). Questo elemento che dovrebbe favorire la coesione economica, sociale e territoriale, paradossalmente si smarrisce lungo il percorso di questo corridoio che si ferma evidentemente in un contesto nel quale poi l'Italia si frattura, si rompe, si spezza in due.
Mi limito a significare che le quattro regioni che rischiano di rimanere fuori e che in questo momento stanno fuori sommano una decina di milioni di abitanti, con tutto ciò che ne consegue: il sistema di micro e medie imprese; una economia solida e forte che rappresenta l'ossatura anche di quella italiana; la capacità di essere competitivi al di là delle inopportunità che non si sono presentate attraverso il Governo di centrodestra di questi anni. Allora la sfida qual è? È che questo Governo deve farsi sentire senza se e senza ma. Non ci venga a raccontare la storiella per cui non è più possibile intervenire e che i giochi sono fatti, perché non ci crederemmo, non sarebbe serio da parte vostra.
Per altro vi è stata anche la nomina di un Ministro per la coesione territoriale. Si faccia sentire, ci dimostri come si possa perseguire una coesione territoriale e come si possa recuperare non solo e non tanto il gap tra nord e sud d'Europa, che si somma al gap tra nord e sud d'Italia, ma come si possa recuperare questo insieme di elementi di negatività all'interno di un contesto di politica economica europea che questo Governo persegue.
Peraltro noi siamo completamente in armonia per alcuni aspetti di carattere generale, non su alcuni elementi che riguardano questa manovra che ci avete proposto. Credo che, in coerenza con le cose che sono state dette dal Capo del Governo e con la nomina di un Ministro per la coesione territoriale, alcuni elementi oggi non possano e non debbano più aspettare.
Infatti, questo tipo di corridoio così concepito non favorisce l'integrazione europea, cosa che noi perseguiamo da convinti europeisti, ma, di fatto, rappresenta una mortificazione per intere collettività, con il conseguente azzeramento delle opportunità sociali ed economiche. Il suo completamento diventa necessario, non solo e non tanto per noi, ma anche e soprattutto per l'Europa, per le sue reti di mobilità. Ma è fondamentale per il centro-sud d'Italia. Mi auguro che ci siano le necessarie spinte politiche da parte vostra perché bisogna in definitiva legare queste regioni alle regioni del Nord Italia e collegare l'Italia all'Europa attraverso questi momenti così importanti che noi rappresentiamo con grande convinzione, ma che voi da tecnici dovreste perseguire indicando la bussola e la rotta, essendo capaci di raggiungere quegli obiettivi che certa politica, soprattutto del centrodestra, non ha saputo raggiungere e cogliere, non essendo stata in grado di essere competitiva e di mettere in campo un dialogo competitivo con l'Europa per rappresentare di più e meglio le esigenze della nostra Italia, quella più vera, quella più forte, quella che rappresenta veramente la spina dorsale della nostra economia.
Siamo di fronte ad un'Europa delle opportunità che colgono gli altri Paesi e siamo, invece, di fronte ad un'Europa delle occasioni perdute che riguarda l'Italia e, soprattutto, il centro-sud d'Italia. Non faccio il difensore d'ufficio, ma dico che un'Europa senza l'Italia e gran parte di questa Italia può rappresentare la sponda verso il Mediterraneo, è evidentemente un'Europa che non funziona. Non è ad una, due o tre velocità, ma non funziona, è un'Europa che non c'è, che non esiste. E, allora, cerchiamo di essere convincenti come fanno altri Paesi europei che ci impongono politiche, economie e finanza.
Cerchiamo di essere quelli che sanno convincere l'Europa che, senza l'Italia e senza questa parte d'Italia, non si possono raggiungere quei traguardi che abbiamo sempre detto e sostenuto. Peraltro - e concludo -, se l'Europa è nata per includere, in questo momento, con tale corridoio, l'Europa non fa altro che escludere. Esclude l'Italia, non il sud d'Italia, ma esclude l'Italia. Allora chiedo che l'Italia con questo Governo faccia sentire la sua voce perché l'unico modo per rappresentare Pag. 10degnamente la nostra volontà di essere europeisti convinti è quello di passare attraverso le opportunità che si colgono. E dovremmo fare in modo, attraverso questo piccolo, ma grande e significativo atto politico, economico e anche finanziario di opportunità in chiave strategica, di superare il «noi» e il «voi» che spesso afferma il Presidente del Consiglio Monti. Mi auguro che cogliate questa opportunità perché noi la nostra parte la facciamo per intero. Aspettiamo qualche segnale importante perché non è pensabile che possiamo avere un Paese delle opportunità, un Paese delle mortificazioni e, complessivamente, un'Italia che azzera le proprie occasioni di rilancio, di sviluppo e anche di dignità di carattere europeo. Mi auguro che facciate sentire la vostra voce perché noi siamo solerti e pronti a stimolare ed intervenire, ma noi finiamo qua. Soprattutto noi dell'Italia dei Valori possiamo fare questo tipo di intervento, ma ci vorremmo collegare in maniera organica alle cose dette dagli altri colleghi perché, quando bisogna fare squadra, bisogna farla tutti quanti insieme per gli interessi dell'Italia e, in questo caso, per gli interessi di quella Italia che ci proietta nel Mediterraneo e che ci potrebbe far diventare finalmente, e non a chiacchiere, competitivi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Camillis. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, io parto mettendo in evidenza una cosa in particolare: quello che, signor sottosegretario, può, è e deve essere il ruolo dell'Italia nello scenario nuovo del Mediterraneo che si va costruendo e quello che può esser ancor di più il ruolo del Sud Italia in questo scenario. È chiaro che se la divisione Nord-Sud all'interno dell'Italia diventa una divisione Nord-Sud all'interno dell'Europa, queste condizioni di differenziazioni infrastrutturali non ci porteranno là dove gli obiettivi dell'Europa ci dicono di andare. È come se si cogliessero delle contraddizioni di fondo tra le cose che si dicono e quelle che poi si fanno e si realizzano.
Questo corridoio ha un ruolo strategico per la posizione che l'Italia ricopre, per i mercati dell'area del Mediterraneo e per l'area del Baltico. Noi dobbiamo riuscire ad incidere in decisioni che rappresentano la vita o la morte di un territorio, in particolare tengo a citare alcune regioni della nostra Italia: Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. E se queste aree rimangono completamente escluse da quello che è in questo caso il blocco di un corridoio che deve arrivare a Ravenna piuttosto che prevedere il coinvolgimento dei porti a partire da Ancona, passando per Termoli, Bari, Brindisi, ma anche Taranto, perché poi la questione è strettamente connessa? E come non leggere i dati dell'ultimo anno, che vedono l'abbandono dei nostri porti da parte delle multinazionali dei mercati del mare? Vi sono dati allarmanti per quanto riguarda le multinazionali di trasporto, soprattutto quelle che gestiscono il trasporto con container, che stanno scegliendo di abbandonare i nostri porti per andare ad esempio verso la Grecia o verso la Spagna. Come non affrontare tali questioni? Infatti, se l'Italia, l'Italia meridionale, rimane esclusa da questa partita, noi avremo perso come Italia e avremo perso come Europa.
Noi riteniamo che le cose che la mozione in esame sollecita siano non utili, siano indispensabili. È per questo che ritengo di dover fare un appello a lei, signor rappresentante del Governo, ad intervenire in tutte le sedi europee in modo determinato per far sì che questa non sia una richiesta-postilla, ma sia una posizione chiara del Governo rispetto a qualcosa a cui non si può rinunciare. Infatti questo non è qualcosa in più, è qualcosa in meno che viene dato all'Italia, all'Italia meridionale, da un punto di vista infrastrutturale. D'altra parte il gap Nord-Sud a livello italiano in gran parte si gioca sul gap infrastrutturale. E che cosa facciamo adesso? Continuiamo questo percorso anche all'interno dell'Europa, costruendo collegamenti Est-Ovest molto forti e poi abbandonando parte delle aree meridionali a loro stesse? In un momento, tra l'altro, in cui lo scenario del Mediterraneo Pag. 11e dell'area del Baltico sono lo scenario aperto, sono lo scenario verso cui noi possiamo investire e puntare, non solo da un punto di vista commerciale, ma anche da un punto di vista culturale. Allora è inimmaginabile che ci possano essere dei tronconi di viabilità e di comunicazione, perché questa sarebbe una diminutio. Qui non bisogna inventarsi nulla, bisogna semplicemente costruire le cose come vanno costruite. La programmazione in questo caso di questo corridoio va da qui al 2030, pertanto non è una programmazione a domani, è una programmazione a lungo termine di cui noi dobbiamo tener conto. Vorrei, infine, chiedere di sottoscrivere la mozione in esame.

PRESIDENTE. Dulcis in fundo, è iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la ringrazio per il dulcis e anche per l'in fundo. So che non sfuggirà alla Presidenza la gioia di concludere questo primo punto all'ordine del giorno.
L'occasione della presentazione della proposta di regolamento da parte della Commissione europea sulla rete transeuropea di trasporto è stato lo spunto, per il collega Vannucci e per altri colleghi sottoscrittori di questo documento, per sollecitare il Governo, rappresentato dal sottosegretario Vari. Rivolgiamo un appello, in questa sede, alla sensibilità di quest'ultimo a livello europeo e alla sua lunga esperienza di attività da magistrato, affinché il Governo affronti, nelle sedi competenti, una concertazione con gli altri Stati per riuscire ad ampliare il corridoio così previsto Helsinki-Ravenna, affinché giunga sino al termine della peninsularità italiana, l'area adriatico-ionica, e gli Stati nazionali possano - è l'auspicio del testo della mozione - valorizzare anche le reti infrastrutturali, i porti di Ancona, Bari, Brindisi ed anche il ruolo del porto di Taranto. Ciò per tante delle ragioni espresse dalla collega De Camillis e da coloro che sono intervenuti in questa discussione generale con riferimento al primo argomento che affronteremo oggi pomeriggio.
Mi auguro che, nella coralità di quest'Aula, tutti i gruppi contribuiscano a dare un sostegno a questa iniziativa, che riguarda, sì, è vero, come hanno sottolineato alcuni, la valorizzazione di strutture di trasporto e portuali del Sud, ma che si inserisce anche in un quadro più organico di sviluppo, di collegamento e di coesione europea, che riguarda tutti e dieci i corridoi e che pone il nostro Paese e le sue infrastrutture in una posizione strategica nell'ambito continentale.
Quindi, nel sottoscrivere anch'io il testo di questa mozione, mi auguro che il Governo possa fornire un parere positivo sul testo in discussione e che l'Aula intera, senza eccezione alcuna, si pronunci a favore e in sostegno di questo documento. Ciò per dare più forza al Governo nelle sedi in cui questo percorso, questo corridoio, potrà essere rinegoziato in maniera più compiuta, in modo da essere un interlocutore che abbia alle spalle anche un momento di sostegno forte da parte di quest'Aula del Parlamento, per poter negoziare e salvaguardare così gli interessi dell'Italia nell'ambito di un progetto di coesione europea di cui tutti quanti noi come Stati membri andiamo orgogliosi.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la ringrazio per il dulcis e anche per l'in fundo. So che non sfuggirà alla Presidenza la gioia di concludere questo primo punto all'ordine del giorno.
L'occasione della presentazione della proposta di regolamento da parte della Commissione europea sulla rete transeuropea di trasporto è stato lo spunto, per il collega Vannucci e per altri colleghi sottoscrittori di questo documento, per sollecitare il Governo, rappresentato dal sottosegretario Vari. Rivolgiamo un appello, in questa sede, alla sensibilità di quest'ultimo alla sua lunga esperienza di attività di magistrato anche a livello europeo, affinché il Governo affronti, nelle sedi competenti, una concertazione con gli altri Stati per riuscire ad ampliare il corridoio così previsto Helsinki-Ravenna, affinché giunga sino al termine della peninsularità italiana, all'area adriatico-ionica, e affinchè gli Stati nazionali possano - è l'auspicio del testo della mozione - valorizzare anche le reti infrastrutturali, i porti di Ancona, Bari, Brindisi ed anche il ruolo del porto di Taranto. Ciò per tante delle ragioni espresse dalla collega De Camillis e da coloro che sono intervenuti in questa discussione generale con riferimento al primo argomento che affronteremo oggi pomeriggio.
Mi auguro che, nella coralità di quest'Aula, tutti i gruppi contribuiscano a dare un sostegno a questa iniziativa, che riguarda, sì, è vero, come hanno sottolineato alcuni, la valorizzazione di strutture di trasporto e portuali del Sud, ma che si inserisce anche in un quadro più organico di sviluppo, di collegamento e di coesione europea, che riguarda tutti e dieci i corridoi e che pone il nostro Paese e le sue infrastrutture in una posizione strategica nell'ambito continentale.
Quindi, nel sottoscrivere anch'io il testo di questa mozione, mi auguro che il Governo possa fornire un parere positivo sul testo in discussione e che l'Aula intera, senza eccezione alcuna, si pronunci a favore e in sostegno di questo documento. Ciò per dare più forza al Governo nelle sedi in cui questo percorso, questo corridoio, potrà essere rinegoziato in maniera più compiuta, per poter negoziare e salvaguardare così gli interessi dell'Italia nell'ambito di un progetto di coesione europea di cui tutti quanti noi come Stati membri andiamo orgogliosi.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Discussione della mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00770 concernete iniziative per la revisione dei requisiti previsti dall'Autorità bancaria europea (EBA) e dall'Accordo «Basilea 3» in materia di patrimonializzazione delle banche e per l'accesso al credito di famiglie e imprese (ore 13,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Reguzzoni ed Pag. 12altri n. 1-00770, concernente iniziative per la revisione dei requisiti previsti dall'Autorità bancaria europea (EBA) e dall'Accordo «Basilea 3» in materia di patrimonializzazione delle banche e per l'accesso al credito di famiglie e imprese (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state, altresì, presentate le mozioni Fluvi ed altri n. 1-00785, Ciccanti, Lo Presti ed altri n. 1-00786, Borghesi ed altri n. 1-00787, Mosella ed altri n. 1-00788 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno discusse congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Maggioni, che illustrerà anche la mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00770, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la nostra mozione vuole, ancora una volta, ribadire e sottolineare l'importanza della sistema creditizio per le imprese del nostro Paese, in particolare, per quelle piccole e medie imprese che hanno nel sistema creditizio una sorta di appoggio finanziario per compensare quelli che sono i naturali flussi di cassa delle imprese stesse.
Ebbene, un sistema creditizio che noi abbiamo imparato a conoscere, e, anzi, questo Paese può vantarsi di aver portato a livello europeo le capacità di fare credito, le capacità di creare un sistema bancario già nei secoli scorsi, quando negli altri Paesi europei tale sistema non era così evoluto come invece lo era sul nostro territorio nazionale. Ebbene, come dicevo, l'importanza di fare credito sta anche nella forma bancaria. Quest'ultima nel nostro Paese ha una solidità, ha una capacità di fare banca in modo legato al territorio ed in particolare legato alle necessità che il nostro sistema imprenditoriale detiene storicamente.
Purtroppo, questa crisi finanziaria, che è esplosa nel 2008, ma che ha radici ben profonde, è una crisi finanziaria che, dobbiamo ribadirlo, è esplosa non a causa del sistema finanziario e bancario italiano, ma ha cause da ascrivere al sistema di fare banca, al sistema di fare finanza dei Paesi anglosassoni, in particolare degli Stati Uniti. Sono diventate ormai quasi un caso da manuale le tristi vicende della banca Lehman Brothers, che fallì nel 2008 negli Stati Uniti portando all'attenzione di tutti quello che era un sistema finanziario, un sistema di fare banca, che nulla aveva a che vedere con i corretti sistemi bancari. Purtroppo dobbiamo ricordare che quella crisi si fondava su un sistema bancario traballante; ricordiamo che la crisi finanziaria di Lehman Brothers si basava sull'utilizzo dei subprime, cioè sull'utilizzo di strumenti finanziari legati a mutui che non avevano ragione di essere erogati, mutui che nel nostro Paese mai si sarebbe nemmeno immaginato di poter concedere. Ebbene, negli Stati Uniti questo avvenne, e quando si esagera con forme che finanziariamente non riescono a reggere, l'esito poi diventa tristemente noto a tutti.
La crisi finanziaria generata nel sistema bancario statunitense si è poi trasferita al resto del mondo occidentale e ha colpito tutti i Paesi dell'area euro. In particolare, uno strumento che è stato individuato nel 2010 è stato quello di riscrivere l'Accordo «Basilea 2», di portarlo ad un nuovo Accordo, «Basilea 3», con l'obiettivo di garantire e di chiedere, per non dire di imporre, al sistema bancario internazionale dei principi di solidità che rendessero le maggiori banche europee e occidentali in grado di tollerare, sopportare, potenziali shock finanziari derivanti dal sistema. Un Accordo, quello di «Basilea 3», che noi della Lega Nord Pag. 13criticammo sulla base anche di quanto era stato portato alla luce nel corso di alcune audizioni che tenemmo in X Commissione (Attività produttive), quando molto chiaramente il presidente dell'ABI e la vicedirettrice della Banca d'Italia dissero che, indubbiamente, per il sistema bancario italiano, «Basilea 3» avrebbe purtroppo portato ad una contrazione del prodotto interno lordo. Un Accordo, «Basilea 3», che probabilmente per le nostre banche non era necessario perché quando si fa banca in modo solido, quando non si utilizzano strani strumenti prodotti dell'ingegneria finanziaria, la solidità diventa intrinseca all'istituto di credito in sé, e quindi un Accordo che evidentemente serviva più ad altre banche, ad altri Stati e in particolare alle banche americane.
Peraltro le banche americane non risulta abbiano ancora implementato «Basilea 2» e quindi si arriva a «Basilea 3» per loro, ma non hanno ancora implementato l'Accordo precedente contrariamente a quanto fatto invece nel nostro Paese. Ebbene, il Consiglio europeo di fine ottobre ha deciso che tra le misure volte a stabilizzare e a dare ancora più concretezza e solidità al patrimonio delle banche l'indice Core Tier 1 debba passare al 9 per cento, che viene indicato come un livello di grande solidità. Va detto che questo 9 per cento è necessario perché i titoli di Stato che sono detenuti in portafoglio da parte delle banche europee hanno avuto una contrazione del valore e quindi è necessario compensare questa diminuzione di valore con un aumento del capitale.
Va ricordato che precedentemente a questo Accordo il valore di mercato non veniva iscritto a bilancio dalle banche europee, ma in seguito a questo Accordo sarà necessario valutare i titoli di Stato al valore che avevano a fine settembre scorso. Pertanto dare corso a questa decisione ha avuto la conseguenza di colpire fortemente quelle banche che avevano la colpa di detenere in portafoglio titoli di Stato. Allora, viene da chiedersi cosa debba detenere una banca in portafoglio. È giusto che tenga titoli di Stato, ma non si capisce allora perché, a fronte di una richiesta ben precisa, a fronte di quanto presente in portafoglio ed appunto legato ai titoli di Stato, non sia avvenuto altrettanto per i titoli che giornalisticamente sono stati definiti titoli tossici. Quindi si è puntata molto l'attenzione sulle nostre banche che hanno titoli di Stato in portafoglio, a differenza di altre banche che hanno in portafoglio titoli decisamente peggiori a livello di qualità e liquidità.
Noi abbiamo evidenziato ed evidenziamo con questa mozione come ci sia un forte rischio, derivante dal fatto che se si chiede ulteriore capitale, ulteriore patrimonializzazione, c'è il rischio che si riduca la capacità di credito dei nostri istituti. Una ridotta capacità di credito ha un impatto negativo sulla capacità produttiva delle nostre imprese, e se le imprese producono meno fatalmente anche lo Stato ne ha pregiudizio in termini di gettito fiscale. Meno gettito fiscale significa più difficoltà a chiudere i bilanci da parte dello Stato e questo si riverbera inevitabilmente su quello che è il valore dei titoli di Stato in sé che sono detenuti in portafoglio dalle nostre banche. Alla fine, quindi, diventa un sistema che rischia di avvitarsi su se stesso.
Le banche italiane hanno meno rischio in portafoglio rispetto alle altre e lo testimonia una recente ricerca di Mediobanca. Le banche del nostro Paese hanno una leva finanziaria inferiore rispetto alle altre banche europee ed hanno un sistema di impiego basato sulla raccolta che viene fatta attraverso l'emissione di titoli di debito piuttosto che sulla liquidità dei conti correnti a differenza invece delle altre banche europee che dipendono in modo molto forte dal mercato interbancario.
Come dicevo prima, c'è e si evidenzia, quindi, una diversità di trattamento conseguente a questo Accordo di fine ottobre, dove alla fine sembrerebbero venir premiate quelle banche che hanno in portafoglio titoli scarsamente liquidi, frutto di derivati e di forme di ingegneria finanziaria, al posto, invece, di banche che dovrebbero essere incentivate e che dovrebbero essere ulteriormente messe in condizione Pag. 14di erogare credito, quali ad esempio le banche del nostro Paese che - lo ripeto - non hanno titoli tossici ai livelli delle altre banche europee, ma hanno in portafoglio titoli di debito pubblico.
Quindi, la nostra mozione ha l'obiettivo di impegnare il Governo affinché intervenga a livello europeo e venga pertanto messa in discussione questa metodologia di calcolo che colpisce il nostro sistema bancario e, ahimè, non precisa e non interviene a sufficienza, invece, sulle altre banche europee, che non hanno titoli di Stato, ma hanno titoli di qualità ben peggiore. Quindi, la nostra richiesta di impegno al Governo è volta anche a chiedere appunto al Governo di garantire una precisa azione volta a fare in modo che non ci siano delle contrazioni nella capacità di erogare credito alle nostre imprese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vaccaro, che illustrerà anche la mozione Fluvi ed altri n. 1-00785, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO VACCARO. Signor Presidente, colleghi, quella che è oggi la mozione voluta all'ordine del giorno dalla Lega ci consente di fare una riflessione importante in un momento difficile, oserei dire critico, in una giornata anche molto particolare. Ciò, infatti, alla luce di quello che sta accadendo oggi, a valle del Consiglio europeo dell'8 e del 9 di dicembre, con la possibilità che la Banca centrale europea, proprio in queste ore, ha di concedere credito a tre anni a tutto il sistema bancario per somme illimitate al tasso dell'1 per cento a fronte di collaterali, quindi di garanzie, che consentono di spingere tantissimo nella direzione dell'accesso al credito e, quindi, nel finanziamento di quella condizione che nel calcolo richiamato dai colleghi della Lega, con un calcolo da rivedere, è quello che poi porta alle imprese il denaro.
Noi non possiamo rivedere questo calcolo. Non abbiamo intenzione di chiedere una revisione tout court di un calcolo perché non pensiamo che l'autorità, l'EBA, possa essere sollecitata da un Parlamento nazionale quando ha appena adottato una misura a valle di un mandato che viene dal Consiglio europeo, quello dell'ottobre scorso. C'è un principio di incoerenza, quindi vi è grande attenzione per la scelta di dibattere intorno a questo tema. È una grande occasione per il Parlamento italiano. È una possibilità, lo dico ai colleghi che stanno lavorando alacremente, anche in queste ore, per definire una mozione che possa rappresentare una posizione del nostro Parlamento che, io spero, poi possa vedere il Governo d'accordo con la capacità di compattare un largo fronte di forze politiche, le stesse - se possibile, questo è un auspicio - che hanno dato e, aggiungo, rinnovato la fiducia al Governo Monti.
La discussione in atto si muove all'inizio di una delle fasi più difficili per la vicenda europea e per la vicenda economica globale. La Lagarde ha parlato di grande depressione: siamo in recessione. Tutto questo qualche mese fa sembrava un rischio sventato, si sperava tutti di poter essere fuori dal tunnel e, invece, stiamo capendo altro in queste ore, precisamente in queste ore, le stesse ore che segnano nel dibattito internazionale il rifiuto dell'Inghilterra e di tutti i Paesi terzi che il Regno Unito ha richiamato in causa per contribuire alla provvista di 200 miliardi di euro, utile al Fondo monetario internazionale, che ci dicono di «no».
Oggi siamo a 150 miliardi di euro. Non è detto che si riesca a raggiungere rapidamente la soglia dei 200 e, se questo non accade, è in discussione tutto, è in discussione il meccanismo di stabilità che a luglio dovrebbe garantire il futuro e la tenuta dell'euro e dell'Europa.
A questo punto, dal nostro punto di vista, si inserisce la politica. Bisogna dire chiaramente al Paese e all'Europa, ai governanti europei, che per noi è giunto un punto di non ritorno: o si fa l'Europa o si muore. Questa è la realtà, la condizione in cui noi ci troviamo. O si fa l'Europa o si muore: lo ha ricordato ieri il Presidente della Repubblica ricevendo per gli auguri il corpo diplomatico, quando ci ha ricordato che non esistono vie di uscita nazionali ad una crisi così devastante. Esiste Pag. 15una sola, grande possibilità, quella di un rilancio, che solo una politica che sa sognare, che sa traghettare un popolo dalla difficoltà ad una condizione nuova di impegno, può di fatto disegnare e definire. Noi sappiamo che c'è il rischio di un credit crunch, ma possiamo andare oltre nella riflessione. Possiamo dire di essere già in pieno credit crunch. Le banche hanno avuto difficoltà enormi negli ultimi mesi ad approvvigionarsi sul mercato, a fronte di centinaia di miliardi di euro, o di dollari, a seconda delle stime internazionali, necessari per il funding delle banche. Siamo riusciti a malapena a trovare 20-30 miliardi al mese per risolvere queste necessità. Tutto ciò a danno delle imprese che, a valle di questo sistema di difficoltà, non hanno trovato nella banca di riferimento la possibilità di avere tutto ciò che serve per superare la difficoltà. Abbiamo, quindi, un rilancio politico da fare. Dobbiamo chiedere che la revisione dei Trattati ci porti verso l'adozione di un bilancio federale, che consenta poi alla Banca centrale europea di emettere gli eurobond e, quindi, costruire un sistema di garanzie paneuropeo che, come dicono alcuni commentatori (faccio riferimento specifico al bellissimo articolo di Onado e Resti su www.lavoce.info), costituisca un grande bazooka da brandire di fronte alla speculazione internazionale che sente odore di sangue. Quando il mercato pensa che tu hai un problema, tu hai un problema: questa è la realtà dell'economia e della finanza internazionale. Noi abbiamo un problema, ma quando diciamo «noi» lo diciamo come se fossimo qui nel Parlamento di una regione d'Europa e non più solo nel Parlamento italiano che amministra autonomamente il suo destino. Questo è il punto di discrimine.
Noi possiamo, quindi, bilanciare e lo dobbiamo fare chiedendo un passo in più a marzo, cercando anche un recupero con la nostra diplomazia di fronte alla difficoltà che il Regno Unito sta registrando nel dare una disponibilità a sostenere questo processo di rilancio. Lo dobbiamo fare anche sacrificando un po' di più quello che è sacrificabile. Ieri il Presidente Draghi ha ricordato che il sistema bancario può alleggerirsi un po' di costi, di compensi a favore degli impieghi per le piccole e medie imprese soprattutto. Lo può fare, può dismettere degli investimenti che non sono strategici, anche a costi attuali. Lo può fare e lo deve fare. Forse anche questa, come la peste manzoniana, può essere l'occasione per alleggerire un sistema che ha fatto cose che non sempre erano utili alla crescita e allo sviluppo della nostra economia. Bisogna fare dei passi in avanti, bisogna farli sapendo che c'è poco, pochissimo tempo. Con il collega Bernardo lavoriamo insieme in Commissione bilancio. Ho anche parlato poc'anzi con lui e lui proseguirà idealmente questa riflessione con il contributo del Partito che rappresenta.
Abbiamo bisogno di dimostrare all'Europa che il Parlamento italiano parla con una voce autorevole, fatta di numeri importanti e di una larga coesione, a sostegno di un Governo che ci deve aiutare a recuperare, come sta facendo, credibilità. Possiamo farlo, parlando anche delle riforme (lo dico al rappresentante del Governo che è qui e che ascolta con pazienza e disponibilità). Bisogna fare in modo che il private equity in Italia diventi una possibilità per le nostre aziende. Bisogna che gli investitori istituzionali vadano in quella direzione, verso il private equity che in Italia lavora e che può fare operazioni non solo di intervento con partecipazione ma anche di venture capital o di turnaround, perché le aziende in difficoltà hanno bisogno sì di soldi ma anche di management che possa traguardare la crisi, restituendo poi alla proprietà un'azienda risanata.
Vi sono delle difficoltà a fare operazioni di questo tipo. Dobbiamo farle, però, cogliendo l'occasione dei prossimi mesi di lavoro e sapendo e dicendo agli italiani che siamo al bivio finale: o si fa l'Europa o si muore e noi siamo per costruirla fin d'ora (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00786. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, con il fallimento della Lehman Brothers si è certificato anche il fallimento di «Basilea 2» e delle regole che stabilizzano il sistema bancario. Si parla adesso di «Basilea 3», ossia di nuove regole che possano ridurre al minimo i rischi di fallimento delle banche.
L'obiettivo di «Basilea 3» è quello di rafforzare la regolamentazione del capitale e della liquidità delle banche, aumentandone qualità e quantità del patrimonio aziendale. L'applicazione di «Basilea 3» potrebbe costare alle banche europee tra i 250 e i 400 miliardi di euro, con la conseguente restrizione del credito per imprese e famiglie. In una fase di recessione, come quella che sta vivendo l'Italia, una rarefazione del credito rischia di soffocare il sistema produttivo, soprattutto quello delle piccole e medie imprese, poco capitalizzato e molto indebitato.
Lo scorso 9 dicembre il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha sottolineato l'importanza dell'aumento di capitale delle banche. Visco, però, ha concluso: «È una decisione firmata con piena cognizione dai Capi di Stato e di Governo». Ossia, il Presidente del Consiglio Berlusconi, quindi il precedente Governo, ben sapeva degli effetti negativi che si sarebbero riversati sul sistema economico italiano firmando l'Accordo dello scorso 26 ottobre, con il quale si alza il Core Tier 1 dal 7 al 9 per cento, ossia il rapporto tra la quota più solida e disponibile del patrimonio della banca, che è appunto il Tier 1, e il totale delle attività a rischio ponderate. Le maggiori banche italiane, ad eccezione di Mediobanca, stanno tutte al di sotto di tale parametro.
Il Consiglio europeo dello scorso 26 ottobre ha, però, introdotto anche nuovi criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali, che prevedono la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico, quando prima venivano calcolati a valore di acquisto. Per determinare l'ammontare dei maggiori requisiti patrimoniali è stato utilizzato un apposito esercizio dell'EBA, ossia dell'Autorità bancaria europea, da cui è emerso un fabbisogno aggiuntivo di capitale, per le banche italiane, di circa 14 miliardi e 800 milioni di euro. Tale obiettivo di ricapitalizzazione dovrà essere raggiunto entro il prossimo 30 giugno 2012, cioè tra appena sei mesi. Le autorità di vigilanza nazionali, nel caso nostro la Banca d'Italia, sotto l'egida dell'EBA, l'European Banking Authority, dovranno assicurare che i piani delle banche, intesi a rafforzarne il capitale, non comportino la riduzione della leva finanziaria e garantiscano il flusso di credito per l'economia reale.
È di tutta evidenza la difficoltà a garantire il flusso di credito. Allo stato delle cose in Italia siamo al credit crunch, ovvero alla stretta creditizia. Nonostante le banche neghino o minimizzino il problema, il fenomeno esiste ed è percepito soprattutto dalle piccole e medie imprese che sempre più spesso si trovano la porta chiusa del credito. Tutte le banche italiane hanno cominciato a ridurre gli affidamenti, in particolar modo sui clienti più deboli dal punto di vista finanziario. Sebbene nell'ultimo mese il tasso di interesse base, come l'Euribor, si sia ridotto all'1 per cento a seguito dei tagli della BCE, gli spread applicati dalle banche si sono mossi in direzione opposta, aumentando più che proporzionalmente. Il risultato che si è ottenuto sono affidamenti inferiori ad un prezzo più elevato. Alcuni primari istituti bancari hanno scritto a migliaia di imprese la seguente lettera: «Con la presente la informiamo che la situazione mondiale dei mercati finanziari ha determinato un riprezzamento del costo del credito e una crescita del costo del denaro per le banche. Per tali motivi ci vediamo costretti a variare le condizioni applicate al conto inviandole la proposta di modifica unilaterale del contratto».
Il fenomeno sta diventando generale e devastante, le banche non riescono più a fare la raccolta a medio-lungo termine sui mercati all'ingrosso, si finanziano a breve Pag. 17con la Banca centrale europea, un intero continente rischia però di essere congelato. Allo stato degli atti si discute se il panico che si sta creando nel sistema bancario sia stato creato dall'EBA, guidato dall'italiano Andrea Enria, o dal Consiglio europeo, per il quale l'EBA ha solo svolto un ruolo di istruttoria tecnica. Credo che la responsabilità sia del decisore finale che è quello politico, cioè il Consiglio europeo dello scorso 26 ottobre. L'EBA ha rappresentato una crisi di liquidità che è reale e la necessità di far fronte al rischio di fallimento delle banche chiedendone una maggiore patrimonializzazione, soprattutto in una fase di recessione dove il tasso di sofferenza sale e i depositi calano. L'EBA ha dettato le regole ed i percorsi per la patrimonializzazione ma questa competenza spettava al Consiglio europeo che ha la responsabilità di averle scritte sotto dettatura, senza valutarne le conseguenze per i rispettivi Stati di appartenenza.
La malattia delle banche è oggi causata da due virus: i titoli del debito pubblico dei Paesi PIIGS e i cosiddetti titoli tossici dei mutui subprime. Questi due virus determinano condizioni di solidità delle banche che sono diverse tra Stato e Stato. Le banche italiane che detengono appena il 7-8 per cento dei titoli tossici nei propri bilanci non possono essere considerate alla pari con altre banche europee che ne registrano il 60-70 per cento. A parti inverse ragioniamo sui titoli del debito sovrano. È sbagliata quindi una regola uniforme per tutte le banche e soprattutto è penalizzante per il nostro Paese la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico. Questo parametro di valutazione ha avuto un doppio effetto negativo sull'Italia: il primo è quello oggettivo di alzare il Core Tier 1 e quindi richiederne una maggiore capitalizzazione, il secondo è aver creato una crisi di fiducia dei mercati verso i titoli del debito sovrano perché ritenuto a rischio.
Giusta è stata, pertanto, la reazione indignata dell'ABI che non solo ha rivendicato di aver superato i vari stress test imposti dall'EBA, ma anche che non hanno avuto bisogno di un euro di aiuto pubblico durante la crisi della bolla immobiliare del 2008, a differenza di altre banche europee. Non solo: l'ABI rivendica per le banche italiane anche una situazione strutturale degli attivi ponderati per il rischio più elevati rispetto alle banche degli altri Paesi europei, così come rivendica - con orgoglio anche della Banca d'Italia - dei modelli interni di valutazione del rischio più solidi di altre banche europee.
Di fronte alle decisioni dell'EBA e del Consiglio europeo le banche italiane si trovano a questo punto ad un bivio: aumentare il capitale o ridurre gli impieghi frenando la ripresa. Intesa Sanpaolo e BPM hanno già aumentato il capitale.
L'UniCredit sta procedendo per circa 8 miliardi, il Monte dei Paschi di Siena, per 3 miliardi 200 milioni, e l'UBI Banca, per un miliardo 300 milioni. Le banche italiane hanno bilanci veritieri e sono solide, anche se sono a corto di liquidità non rischiano l'insolvenza. La ricapitalizzazione, secondo la Banca d'Italia, può avvenire attraverso la convertibilità di strumenti finanziari in azioni ordinarie, affinché i capitali siano trasformati in termini qualitativi. In tal senso, è utile ampliare quanto più possibile la gamma di strumenti convertibili e utilizzabili a tal fine.
Altro percorso a breve e medio termine è la riduzione dei dividendi, bonus e dividendi azzerati, fino al raggiungimento dell'obiettivo del 9 per cento del Core Tier 1. Prima di arrivare al prestito del fondo «salva Stati», c'è sempre la raccolta, che tra depositi e conti correnti della clientela raggiunge il 41 per cento nel nostro Paese sul totale dell'attivo ed è tra i più alti e sopra la media europea, che è del 36,7 per cento. La questione è che il costo della raccolta in un anno è cresciuto all'1,9 per cento, ossia di 0,5 per cento, mezzo punto, e secondo l'ABI determina la diminuzione dello 0,2-0,3 per cento di PIL. Un deterrente alla raccolta è rappresentato dagli alti volumi di emissione delle obbligazioni bancarie, che giungeranno a scadenza nel 2012. È necessario, secondo alcune correnti di pensiero, che i Governi intervengano Pag. 18per garantire le obbligazioni bancarie favorendo così la raccolta. Valuti il sottosegretario questa opportunità.
Si tratta, quindi, di far ripartire un'ordinata azione di ricapitalizzazione senza pesare sugli impieghi. Si tratta cioè di tenere bene in evidenzia quel secondo pilastro che l'EBA ha chiamato «flusso di credito all'economia reale», ossia quelle misure aggiuntive per evitare il credit crunch. Bloccare la spirale europea è un'esigenza mondiale, per evitare che la paralisi dei prestiti contagi anche gli Stati Uniti. È di qualche giorno fa la notizia che la Federal Reserve stia per adottare nuovi standard che richiedono ai giganti finanziari di avere maggiori capitali. Lo riportava il Wall Street Journal, ripreso dall'ANSA, secondo cui ci si appresta ad accettare alcune regole di Basilea 3 da adottare in questi giorni. Anche i maggiori istituti di credito bancari americani stanno reagendo energicamente, ma la paura Lehman Brothers è sempre latente.
Noi ci associamo pertanto alla reazione che non è soltanto dell'ABI, ma anche del sistema bancario tedesco e austriaco. Abbiamo ritenuto di condensare questa nostra risposta in una ipotesi di risoluzione che, signor Presidente, verrà consegnata a codesta Presidenza, affinché possa essere discussa in Parlamento ed avere il sostegno della più ampia maggioranza che sostiene questo Governo. Il primo Ministro Monti potrà così presentarsi in sede di Consiglio europeo per potere rivedere in qualche modo, come meglio preciserò in dichiarazione di voto, i termini con cui è stata affrontata la questione lo scorso 26 ottobre, che penalizza enormemente il sistema bancario italiano.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00787. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei solo ricordare a me stesso e a chi ascolta alcuni aspetti, senza usare tecnicismi, perché in questi casi è facile cadere nei tecnicismi.
Quello che mi sembra di dovere rilevare è che siamo in una situazione in cui, per le ragioni che dirò, oggi il sistema e l'Europa chiedono alle banche italiane uno sforzo di capitalizzazione che, in proporzione, è molto più forte rispetto ad altre banche, ad esempio quelle tedesche o francesi. Basti pensare che, mentre si chiede una ricapitalizzazione di 15 miliardi di euro alle banche italiane, se ne chiede una di soli 13 miliardi a quelle tedesche e di soli 7 miliardi a quelle francesi.
La cosa strana è che le banche italiane hanno soltanto il 6,8 per cento del patrimonio di vigilanza in titoli tossici, mentre la media di titoli tossici detenuti dalle altre banche europee è del 65 per cento, persino banche tedesche e francesi hanno delle quote altissime. Ci si chiede come sia possibile che, pur avendo noi una percentuale così bassa di titoli tossici, ci venga chiesto di ricapitalizzare più degli altri. Ciò deriva dal fatto che si è deciso di cambiare il criterio di valutazione del rischio, passando ad un criterio cosiddetto mark to market, cioè valutando i titoli in possesso delle banche non secondo il loro valore nominale, ma secondo il prezzo corrente.
Allora cosa succede? Poiché i buoni del tesoro italiani, come valore corrente, sono scesi per effetto dell'andamento dei mercati, come è noto, si dice: «Se ti valuto considerando il prezzo corrente tu, se vuoi avere una situazione e un certo rapporto» - tra l'altro il cosiddetto Core Tier è stato aumentato, passando al 9 per cento, rispetto al 5 per cento di prima, il che ha reso ancora più problematico e importante avere una forte capitalizzazione - «valuto questi titoli secondo il loro prezzo di mercato e, quindi, necessariamente, devi integrare la differenza tra il loro valore nominale e il valore di mercato dei titoli stessi». Questo senza tenere conto del fatto che, evidentemente, questi titoli, anche se dovessero essere venduti in questo momento avrebbero un prezzo più basso del loro valore nominale, quando arriveranno a scadenza saranno integralmente rimborsati, al 100 per cento. Siamo quindi in presenza di una situazione ipotetica che Pag. 19potrà verificarsi solo nel caso di una vendita immediata, in questo momento, di quei titoli.
L'effetto, però, si ripercuote in modo complesso sulla concessione del credito perché, essendo questa legata alla patrimonializzazione, il primo effetto che questo tipo di richiesta di capitalizzazione ha determinato è che le banche hanno generalmente operato nel senso di bloccare la concessione di nuovi crediti e, addirittura, in molti casi, di pretendere il rientro dei crediti già concessi.
Credo che sia inimmaginabile una possibilità di crescita e di sviluppo del Paese se il sistema bancario non offre credito alle imprese. Ancora peggio è se, come sta capitando, quel poco che viene concesso alle piccole e medie imprese lo si concede ad un tasso di interesse del 10-11 per cento. Voi ditemi se esiste un investimento industriale, in questo momento, che può rendere un ritorno così elevato da permettere di pagare tassi di questo genere. È assolutamente impensabile.
Si è detto allora che la situazione può salvarsi in altro modo perché, proprio da oggi, la Banca europea, di fatto, concederà credito pressoché illimitato - non proprio illimitato, ma una quantità elevatissima di immissione di liquidità - attraverso prestiti alle banche ad un tasso d'interesse solamente dell'1 per cento. Questo scatenerà un meccanismo per cui le banche saranno persino invogliate ad investire in buoni del tesoro e, quindi, anche in titoli del debito pubblico, perché sfrutteranno il differenziale di interesse tra l'1 per cento, tasso al quale avranno questi prestiti, e il tasso di rendimento dei buoni. Qualcuno si azzarda a dire che questo rilancerà il nostro Paese, mentre qualcun altro fa delle osservazioni molto concrete.
Infatti, se poi fra sei mesi, quando si rifaranno gli stress test alle banche, ci troveremo in una situazione che non è risolta e nella quale questi titoli pubblici verranno valutati, non al loro valore nominale, ma al loro valore di mercato, perché mai queste banche dovrebbero investire, affrontando poi un alto rischio, nel momento in cui si andrà a fare questa valutazione con gli stress test e questi titoli saranno considerati al loro valore di mercato e non al loro valore nominale?
Si prevede per questo indebitamento delle garanzie. Tra queste garanzie una è prevista dalla manovra che abbiamo approvato qui la settimana scorsa: si offre alle obbligazioni delle banche la garanzia dello Stato. Quindi, per così dire, c'è un riciclo continuo, per cui io garantisco che tu dopo riuscirai a prendere i soldi che devi ridare a me. È un meccanismo un po' complicato. Sembra, alla fine, come quando facevamo da ragazzi a matematica le operazioni: forse ci sono delle semplificazioni da fare.
Si arriverebbe o si potrebbe arrivare probabilmente ad un meccanismo diretto, quello che, peraltro, l'Europa o alcuni Stati europei non vogliono, che è l'intervento diretto, come sarebbe logico, della Banca centrale europea, che fino ad oggi non è ammesso.
Per tornare e per chiudere la questione, noi con la nostra mozione - ma credo non diversamente dalle altre - proprio alla luce di questo fatto chiediamo al Governo di monitorare la fase di transizione in vista della piena attuazione degli accordi di «Basilea 2» e «Basilea 3», nonché l'andamento dei tassi di interesse e delle spese delle commissioni applicate dalle banche alle famiglie ed alle imprese.
Chiediamo di predisporre iniziative proprio per evitare una crisi del credito, soprattutto verso le piccole e medie imprese, anche subordinando quelle garanzie, di cui parlavamo prima, in riferimento all'articolo 8 del decreto-legge che abbiamo approvato qui la scorsa settimana. Mi riferisco cioè al fatto che il risultato finale di queste garanzie che lo Stato offre debba essere il credito alle imprese, perché viceversa la vicenda sarebbe drammatica.
Chiediamo poi di intervenire, per quanto possibile, per chiedere che questo criterio, che vede l'attribuzione non del valore nominale o cedolare dei titoli, ma del loro prezzo corrente e che penalizza Pag. 20molto soprattutto gli istituti di credito italiani, possa in qualche modo essere rivisto.
Tale è l'impegno che noi chiediamo al Governo con questa nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Gianfranco Conte ed altri n. 1-00790 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno e dalle ulteriori mozioni presentate, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (vedi allegato A - Mozioni).
È iscritto a parlare l'onorevole Bernardo, che illustrerà anche la mozione Gianfranco Conte ed altri n. 1-00790, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Polillo - che ringrazio per la sua presenza qui oggi ed avendolo visto, direi perennemente, insieme ad altri colleghi del Governo durante l'approvazione della manovra da parte della Camera -, vorrei svolgere soltanto alcune riflessioni, anche perché i colleghi che mi hanno preceduto, nel sottolineare i contenuti delle mozioni che i gruppi hanno presentato, hanno messo in evidenza quale sia l'esigenza da parte del sistema Paese.
Si tratta di tutelare una situazione nel rispetto di quelli che sono accordi che si sono susseguiti nel corso degli anni precedenti, fino ad arrivare a «Basilea 3»; tappe da cui non ci si può poi allontanare e in base alle quali non si possono ora ovviamente disattendere alcuni impegni assunti a livello europeo.
Si tratta di dare continuità a quanto anche il Governo precedente aveva inteso fare a livello di organismi internazionali nel campo della finanza e rispetto all'esigenza di quel sistema di piccole e medie imprese che rappresenta l'impalcatura del sistema Italia, in un rapporto rinnovato tra mondo del credito, banche e chi alimenta occupazione - e verso cui noi sosteniamo vada fatto qualcosa di più, andando a guardare anche la manovra recentemente approvata per quello che riguarda la crescita - in modo che, sotto il profilo delle banche e stante la situazione attuale, ci sia un'attenzione da parte del Governo a svolgere un ruolo fondamentale e differente nella compagine europea, mettendo in risalto quella specificità del nostro sistema, del mondo del credito e del risparmio che abbiamo sempre voluto riconoscere a favore delle famiglie italiane e delle nostre imprese, avendo oggi il Parlamento italiano - credo che ciò vada ricordato - numeri utili ed adeguati per ottenere quelle risposte che noi vorremmo avere rispetto a una dimensione sovranazionale, allo scopo di dare il segnale che, se si parla di rilancio dell'economia, il mondo delle banche può essere a fianco del mondo delle imprese.
Non possiamo disattendere gli impegni di «Basilea 3». Oggi, ciò risulta essere calzante, si è tenuta in sede di Commissione VI (Finanze) - ma già la medesima Commissione aveva elaborato alcuni testi su questo argomento - un'audizione, che giudico importante, dei rappresentanti di una delle principali società di rating a livello internazionale, mi riferisco a Moody's. Noi abbiamo di fatto contestato in diverse occasioni la fotografia che questa realtà offre, anche per il ruolo che giocano le società americane che detengono buona parte del mercato, nella valutazione della solvibilità degli Stati, del mondo delle banche e delle imprese quotate, ed abbiamo formulato un invito, mettendo insieme più formazioni politiche, ossia quello di dare vita ad una società di rating pubblica a livello europeo che possa assolvere ai compiti che altri svolgono senza rendersi però conto che rischiano di pregiudicare l'economia di un sistema Paese come il nostro, ma anche di realtà a livello europeo e degli Stati Uniti, non dimenticando che Moody's, rispetto a considerazioni che vengono trasferite da questa audizione al mondo delle banche, al ruolo che avrebbe «Basilea 3» e a come l'Italia sarebbe in grado di rispondere attraverso il suo sistema bancario, ha ipotizzato l'impossibilità Pag. 21di ritornare ad un livello di competitività simile a quello raggiunto in passato, nell'ambito di un'economia che ha delle esigenze nuove rispetto ai mercati attuali.
Il senso di una mozione che vede presenti in Parlamento molte forze politiche che hanno sostenuto il Governo all'atto della fiducia e successivamente in una manovra dalla quale, forse, alcune formazioni come quella cui appartengo, il Popolo della Libertà, avrebbero voluto qualcosa di diverso, ci porta responsabilmente a dare al Governo, oggi rappresentato dal sottosegretario Polillo, l'indicazione di una mozione il più ampiamente unitaria, che metta in evidenza come il Paese avverta l'esigenza di presentarsi di fronte all'Europa per sottolineare le specificità proprie del sistema bancario italiano e del mondo delle imprese.
Condividiamo la dichiarazione del Governatore della Banca centrale Draghi con il ruolo che svolge la Banca d'Italia in termini di vigilanza e di controllo rispetto alla liquidità delle nostre banche, che non sono in sofferenza come le banche di altri Paesi europei, e sulla necessità che possano ricevere quel segnale positivo di liquidità che deve poi andare nella direzione di sostenere lo sviluppo e l'azione propositiva di crescita delle aziende e delle piccole e medie imprese italiane, di chi lavora all'interno del sistema produttivo che ha bisogno di avere a fianco un mondo del credito che è certamente più sano di altri.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Il seguito della discussione è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la Repubblica italiana e la Fondazione europea per la formazione professionale, con allegato, fatto a Torino il 22 gennaio 2010 (A.C. 4710) (ore 13,58).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la Repubblica italiana e la Fondazione europea per la formazione professionale, con allegato, fatto a Torino il 22 gennaio 2010.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la Fondazione europea per la formazione professionale (ETF) è un'Agenzia specializzata dell'Unione europea, istituita nel 1990 dal regolamento (CEE) n. 1360/90 del Consiglio, e divenuta operativa nel 1994. La Fondazione svolge funzioni di informazione, analisi, consulenza e sostegno ai programmi di assistenza dell'Unione europea in materia di sviluppo del capitale umano, allo scopo di aiutare i Paesi in transizione e in via di sviluppo a sfruttare il potenziale delle proprie risorse umane mediante la riforma dei sistemi di istruzione, formazione e mercato del lavoro. L'ETF è dotata di un bilancio autonomo di circa 20 milioni di euro annui, con entrate che provengono essenzialmente da un contributo dell'Unione europea. L'Italia sostiene le attività della Fondazione tramite contributi volontari a valere sui fondi della cooperazione allo sviluppo. L'Agenzia ha iniziato le proprie attività nei Paesi allora Pag. 22candidati all'adesione all'Unione europea, per poi estenderle ai Paesi dell'Europa orientale, dell'Asia centrale, del Mediterraneo, e dei Balcani occidentali. Vorrei qui ricordare, signor Presidente, proprio nei termini di cooperazione con l'area del Mediterraneo, che abbiamo vissuto la «Primavera araba» e che, quindi, questo strumento potrebbe essere veramente un buon sistema per la formazione dei nuovi quadri dirigenti in quell'area.
In base al nuovo regolamento l'attività della Fondazione è indirizzata ai Paesi destinatari dei programmi di assistenza dell'Unione europea, di preadesione, di vicinato e partenariato, e di cooperazione allo sviluppo. La Fondazione è dotata di personalità giuridica e impiega circa 120 unità di personale. I suoi organi statutari sono il consiglio di amministrazione e il direttore.
I rapporti tra la fondazione e l'Italia che la ospita a Torino sono regolati dall'Accordo di sede fatto a Bruxelles il 19 dicembre 1994, con due scambi di note, e ratificato dall'Italia ai sensi della legge n. 111 del 1997. La relazione illustrativa segnala come, in seguito alla riforma della disciplina statutaria del personale in servizio presso le istituzioni dell'Unione europea, introdotta dal regolamento n. 723/2004 del Consiglio, sia emersa la necessità di una revisione dell'Accordo di sede. Il nuovo statuto, entrato in vigore nel 2004, ha infatti introdotto la categoria di agente contrattuale, che al termine del 2007 ha completamente sostituito la preesistente figura dell'agente ausiliario. Il nuovo Accordo di sede, che si compone di un preambolo e di 15 articoli, ricalca il modello dell'Accordo sottoscritto tra l'Italia e l'Autorità per la sicurezza alimentare avente sede a Parma, Accordo sottoscritto il 27 aprile 2004 e ratificato dall'Italia con la legge n. 17 del 2006.
L'Accordo dispone che la Fondazione, gli edifici della sede, i suoi beni ed archivi sono inviolabili, immuni da atti esecutivi e coercitivi, esenti da ogni tipo di tributi e da dazi e restrizioni all'importazione ed esportazione di beni destinati ai fini istituzionali; dispone inoltre che il personale goda dei privilegi e immunità riconosciuti dal Protocollo delle Comunità europee vigenti in materia.
Il disegno di legge consta di quattro articoli che recano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica dell'accordo, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria del provvedimento e la norma sull'entrata in vigore del provvedimento stesso prevista per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame riveste un'importanza particolare per quanto concerne il sostegno ai programmi di assistenza dell'Unione europea in materia di sviluppo del capitale umano. Vorrei, quindi, brevemente ricordare alcuni punti. In particolare, che le agenzie di cui stiamo parlando, tipiche dell'Unione europea, sono organi indipendenti, specializzati e decentralizzati che hanno lo scopo di fornire consulenza alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri e rappresentano la risposta al desiderio di decentramento geografico e alla necessità di far fronte ai nuovi compiti di carattere giuridico, tecnico e scientifico. Un'agenzia dell'Unione europea, come nel caso specifico, è un organismo di diritto pubblico, distinto dalle istituzioni comunitarie e dotato di personalità giuridica, viene istituita con un atto di diritto derivato e svolge compiti molto specifici di natura tecnico-scientifica ovvero di gestione. È il caso anche della Fondazione europea per la formazione professionale (European Training Foundation - ETF), oggetto della Pag. 23ratifica oggi al nostro esame che è, appunto, un'agenzia dell'Unione europea riconosciuta ai vari livelli, iniziati nel 1989, e costituita nel 1990. Insomma, dal 1993 è operativa con sede a Torino.
Questa Fondazione opera nel contesto della politica delle relazioni esterne dell'Unione europea, con l'obiettivo di assistere i Paesi terzi nello sviluppo del capitale umano e coopera con gli altri organismi pertinenti dell'Unione europea, in particolare con il Centro europeo per la cooperazione professionale di Salonicco al fine di promuovere sinergie e complementarietà nelle rispettive attività. L'ETF ha iniziato la propria attività nei Paesi allora candidati all'adesione all'Unione europea per poi estenderla ai Paesi dell'Europa orientale e dell'Asia centrale nel 1994, del Mediterraneo nel 1998 e dei Balcani occidentali nel 2000.
In base al nuovo regolamento istitutivo, l'attività della Fondazione può indirizzarsi ora ai Paesi destinatari dei programmi di assistenza dell'Unione europea di preadesione, di vicinato e partenariato e di cooperazione allo sviluppo. Si tratta di una ratifica che ha un certo rilievo e, quindi, rispetto a tale ratifica il nostro gruppo non farà senz'altro mancare il proprio contributo in sede di approvazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nell'intervenire in discussione sulle linee generali su un provvedimento che proviene da una Commissione diversa da quella di mia appartenenza, ossia la Commissione lavoro, che, tuttavia, ha una competenza primaria in materia di formazione professionale, vorrei anzitutto dire che esprimiamo grande soddisfazione per l'approdo in Aula del disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la Repubblica italiana e la Fondazione europea per la formazione professionale. Infatti, è noto agli addetti ai lavori che la Fondazione europea per la formazione professionale è un'agenzia specializzata dell'Unione europea, istituita dal regolamento (CEE) n. 1360 del 1990 del Consiglio e divenuta operativa nel 1994. Essa svolge importanti funzioni di informazione, analisi, consulenza e sostegno ai programmi di assistenza dell'Unione europea in materia di sviluppo del capitale umano. Essa persegue la finalità di aiutare i Paesi in transizione e in via di sviluppo a sfruttare il potenziale delle proprie risorse umane mediante la riforma dei sistemi di istruzione, formazione e mercato del lavoro.
La Fondazione è una struttura di eccellenza nel campo della formazione ed è dotata di un bilancio autonomo di circa 20 milioni di euro annui, con entrate provenienti essenzialmente da un contributo dell'Unione europea. L'Italia ne sostiene l'attività tramite contributi volontari a valere sui fondi della cooperazione allo sviluppo. La Fondazione, peraltro, è dotata di personalità giuridica ed impiega oltre centoventi unità di personale nell'ambito della propria attività di istituto.
Questo dato dovrebbe dare la dimensione della rilevanza strategica di tale organismo.
È, dunque, importante che il Parlamento sostenga una rapida ratifica dell'accordo in esame, che mira a revisionare l'accordo di sede fatto a Bruxelles il 19 dicembre 1994 e ratificato dall'Italia ai sensi della legge n. 111 del 1997, volto proprio a regolare i rapporti tra la fondazione e l'Italia, che la ospita a Torino.
Senza addentrarmi nella descrizione dettagliata del provvedimento - che è stato peraltro oggetto di esame della Commissione esteri - vorrei soltanto ricordare alcuni aspetti di interesse per quanto concerne la materia dei rapporti di lavoro, come emersi anche nel corso dell'esame in sede consultiva presso la Commissione lavoro, che ha espresso un parere favorevole.
L'articolo 11 dell'accordo indica la composizione e lo status giuridico del personale della Fondazione. La ridefinizione delle figure professionali dello stato giuridico di tale personale è avvenuta in Pag. 24seguito alla riforma della disciplina statutaria del personale in servizio presso le istituzioni dell'Unione europea, ossia dal regolamento (CE, Euratom) n. 723 del 2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, che ha introdotto la nuova categoria di agente contrattuale, sostituendo, al termine del 2007, la previgente figura dell'agente ausiliario. Ciò ha reso necessaria la ridefinizione dei rapporti tra la Fondazione europea e l'Italia, e dunque la necessità di una revisione dell'accordo di sede. Le modifiche apportate al vigente accordo di sede riguardano quindi, in particolare, l'introduzione, al comma 1, delle figure di «agente a contratto» ed «esperto nazionale in formazione professionale» e l'eliminazione della figura di «agente ausiliario», in conformità alle modifiche intervenute a livello dell'Unione europea; sono state inoltre eliminate, dalla categoria di personale esterno, le figure dell'esperto a contratto e dell'incaricato di studi.
Lo stesso articolo 11 prevede che i privilegi e le immunità concessi al personale della Fondazione mirano unicamente a garantire il funzionamento senza ostacoli della fondazione stessa e l'indipendenza delle persone che ne fruiscono, prevedendo in particolare che i funzionari, gli agenti temporanei e gli agenti a contratto dalla Fondazione, tra l'altro, sono esenti da imposte nazionali sugli stipendi, salari ed emolumenti versati dalla Fondazione. In questo caso, il vigente accordo di sede è stato modificato nel senso di eliminare la previsione per cui non si tiene conto dei redditi esenti per il calcolo delle imposte su altri redditi.
Si mette quindi in evidenza l'articolo 12, che dispone che i funzionari, gli agenti temporanei e gli agenti a contratto sono iscritti al regime di sicurezza sociale dell'Unione europea, mentre gli agenti a contatto con contratto di durata inferiore ad un anno possono optare tra l'iscrizione al regime di sicurezza sociale dell'Unione europea ed il regime di sicurezza sociale dell'ultimo Paese di iscrizione. Si prevede, altresì, che gli agenti locali sono iscritti al regime italiano di sicurezza sociale e i contributi previsti dalla normativa in vigore sono corrisposti dalla fondazione. Salvo che, in quest'ultimo caso, la Fondazione è esente dall'obbligo di versamento dei contributi dovuti agli istituti italiani di sicurezza sociale e di quelli relativi all'assicurazione contro le malattie, sulle retribuzioni corrisposte dalla Fondazione, a suo nome, al proprio personale. Il personale di cittadinanza italiana è tenuto comunque a versare i contributi di assicurazione contro le malattie relativi ai redditi riportati nella dichiarazione fiscale annuale e non versati dalla Fondazione, a suo nome.
Infine, si fa presente che l'articolo 13 (recante disposizioni particolari), dispone, al comma 1, circa l'impegno della Fondazione a informare le autorità italiane ogni qualvolta un membro del personale prenda servizio o termini le proprie funzioni e a comunicare alle stesse, almeno una volta l'anno, l'elenco del personale di cui all'articolo 11, comma 1, dei coniugi e dei familiari a loro carico. Sulla base di tale elenco, il Ministero degli affari esteri rilascerà ai funzionari, agli agenti temporanei, agli agenti a contratto e agli agenti locali della Fondazione, ai loro coniugi e ai familiari a loro carico, agli esperti nazionali distaccati e agli esperti nazionali in formazione professionale, una speciale carta di identità che attesti che il titolare di tale carta è un funzionario della Fondazione o il coniuge o il familiare a carico di tale funzionario.
In conclusione, preso atto del contenuto del provvedimento e valutate positivamente le sue finalità, ritengo che vi siano le condizioni per una rapida approvazione della legge di ratifica da parte della Camera.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica. Pag. 25
Pertanto il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.
Secondo quanto previsto all'ordine del giorno della seduta odierna le ulteriori discussioni generali avranno luogo nella parte pomeridiana della seduta, al termine delle votazioni.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,12).

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intendo sottoporre alla sua attenzione, e chiedo che ci sia un intervento del Ministero per i beni e le attività culturali, un fatto increscioso accaduto nella mia regione.
Il 13 di questo mese, si è svolta l'assemblea dell'Associazione marchigiana attività teatrali (AMAT). Ne parlo in questa sede, perché essa riceve un cospicuo contributo statale nonché regionale; è un'associazione di cui sono soci i comuni delle Marche, nonché le province, la regione, comunità montane e università.
È avvenuto che l'assemblea sia stata convocata in maniera irregolare, in quanto sarebbe dovuto pervenire il relativo invito cinque giorni prima, e invece, a molti comuni, non è nemmeno pervenuto, o è pervenuto il giorno stesso o il giorno prima.
Tutto ciò ha comportato il rinnovo dell'organo amministrativo attraverso una lista presentata dal presidente uscente, che ha rappresentato, di fatto, la perpetuazione dell'organo amministrativo già esistente; non è stata consentita la presentazione di una lista alternativa; non è stato consentito nemmeno di decidere il numero variabile, com'è previsto dallo statuto, dei componenti del direttivo. Sono stati esclusi dalla rappresentanza nel direttivo comuni estremamente importante, in quanto la ripartizione ha risposto unicamente ad una spartizione politica, per così dire.
Quindi io chiedo con forza - e interrogherò in tal senso anche il Ministro per i beni e le attività culturali - che, trattandosi di ente che fruisce di cospicuo intervento economico statale, ed essendo sottoposto al controllo sia dello Stato che della regione, venga quanto meno effettuata un'ispezione, un'approfondimento su questa mia denuncia. Infatti, io non credo che un tema sensibile ed importante in cui tutte le sensibilità devono essere rappresentate, possa essere gestito, come da troppo tempo avviene nella mia regione, da «figuri» che ne effettuano una gestione ristretta e monoculturale, che assorbe e spreca quantità eccessive di denaro pubblico.
Quindi, signor Presidente, la prego di rendersi interprete di questa mia denuncia, alla quale faranno seguito sicuramente altri atti.

PRESIDENTE. La ringrazio dell'intervento, onorevole Favia. Lei sa che la Presidenza non può che prendere atto di questo. Comunque, la ringrazio lo stesso per l'intervento e la invito ad utilizzare i mezzi e gli strumenti del sindacato ispettivo, come farà nel migliore dei modi.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 15,45.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Boniver, Buttiglione, Castagnetti, Cicchitto, De Biasi, Fallica, Gregorio Fontana, Jannone, Palumbo, Pescante e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

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Sull'ordine dei lavori (ore 15,46).

ILEANA ARGENTIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, ho chiesto la parola sull'ordine dei lavori per la grande gravità della situazione che sta avvenendo sui giornali per quanto concerne gli stipendi erogati ai nostri commessi. Sui giornali di oggi, o meglio proprio su il Giornale e su Libero, è stato possibile riscontrare veramente all'opera questa macchina che infanga tutti qui all'interno del Parlamento, per cui anche gli assistenti parlamentari sono stati infangati rispetto ai loro stipendi, a quanto guadagnano e a quanto normalmente hanno all'interno delle loro prestazioni lavorative. Viene addirittura detto che entrando prendono più di duemila euro, circa tremila a dire il vero, e si parla di cifre intorno ai novemila euro per chi è entrato da più di un anno. Questa è una cosa inesatta, vergognosa; hanno degli stipendi che possono essere paragonati a quelli degli enti pubblici in genere; i ragazzi lavorano al di là dell'orario e oltretutto non vengono pagati gli straordinari per chi lavora dentro l'Aula anche se noi decidiamo di fare per ore e ore ostruzionismo o cose di questo tipo e non hanno la forza contrattuale per rivendicare questo loro diritto e rispondere a queste calunnie. Mi permetto quindi, come deputato del Partito Democratico, di evidenziare questa questione e di denunciarla fortemente perché loro, rispetto a noi deputati che siamo sì nella macchina del fango, ma possiamo fare una agenzia, possiamo parlare alla radio o dire la nostra in televisione, loro non possono farlo.
Chiedo quindi alla Presidenza una attenzione e una risoluzione per questa questione; tra l'altro il numero dei nostri assistenti parlamentari non è assolutamente pari a quello che viene scritto su questi giornali ma sono tutti dipendenti della Camera e quindi è un'altra storia e i termini con cui vengono scritti questi articoli sono anche di una grande violenza verbale. Per questi motivi le chiedo di prendersi l'onere, e credo l'onore, di tutelare questa categoria fino in fondo e di dare delle risposte che permettano ai ragazzi di svolgere il loro lavoro nel migliore dei modi non avendo paura di indossare una divisa magari negli spostamenti tra un palazzo e l'altro.

PRESIDENTE. La ringrazio per l'intervento, onorevole Argentin, devo dirle che la stima che la Presidenza ha nei confronti dei funzionari in genere ma degli assistenti parlamentari in particolare rimane immutata nonostante quello che si legge sui giornali, quell'esercizio che oramai sta prendendo piede. La ringrazio e l'attenzione della Presidenza sarà sicuramente alta.

Seguito della discussione della mozione Vannucci, Abrignani, Adornato, Di Pietro, Pisicchio, La Malfa ed altri n. 1-00768, Iannaccone ed altri n. 1-00789 concernente iniziative per il completamento del corridoio Baltico-Adriatico lungo la dorsale adriatica (ore 15,47).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Vannucci, Abrignani, Adornato, Di Pietro, Pisicchio, La Malfa ed altri n. 1-00768 e Iannaccone ed altri n. 1-00789 concernenti iniziative per il completamento del corridoio Baltico-Adriatico lungo la dorsale adriatica (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che sono state testé presentate le mozioni Gianni e Moffa n. 1-00791 e Desiderati ed altri n. 1-00792. (Vedi l'allegato A - Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione.

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Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,48)

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata una nuova formulazione della mozione Vannucci, Abrignani, Adornato, Di Pietro, Pisicchio, La Malfa ed altri n. 1-00768 il cui testo è in distribuzione e che è stata sottoscritta anche dagli onorevoli Baldelli, Desiderati, Gianni e Iannaccone. Pertanto l'ordine dei firmatari di tale mozione così riformulata è il seguente: Vannucci, Baldelli, Desiderati, Adornato, Gianni, Di Pietro, Pisicchio, Iannaccone, La Malfa ed altri.
Avverto inoltre che le mozioni Iannaccone ed altri n. 1-00789, Gianni, Moffa n. 1-00791 e Desiderati ed altri n. 1-00792 sono state ritirate dai presentatori.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, che esprimerà altresì il parere sulla mozione all'ordine del giorno nella nuova formulazione.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, onorevoli colleghi...

PRESIDENTE. Scusate onorevoli colleghi, anche la Presidenza fa fatica a capire quello che sta dicendo il sottosegretario quindi chiederei di abbassare la voce.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. La presentazione di una mozione unitaria ha un suo significato e cioè esprime il significato dell'importanza condivisa di questo tema da parte di tutte le forze politiche.
Vorrei, se mi è consentito, evidenziare soltanto alcuni punti e cioè che anche al Governo non sfugge l'importanza, evidenziata a più riprese questa mattina nell'ambito della discussione sulle linee generali, della necessità di un network ferroviario e anche stradale tale da costituire un reale collegamento a livello europeo nell'ambito della politica di coesione territoriale. Tuttavia, partendo appunto da questa premessa poi ci vogliono coerenza e consequenzialità di svolgimento anche concreti e quindi io condivido pienamente quello che ho ascoltato questa mattina su quello che occorre per portare a compimento questo disegno.
Si tratta di temi che il Governo ha ben presenti. Tanto per fare un esempio quello di prevedere a corollario della realizzazione del corridoio Baltico un potenziamento di tutta la linea adriatica e ciò attraverso una serie di interventi per l'ammodernamento e il potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria sia con riferimento alla sezione di confine, sia con riguardo alla tratta adriatica e cioè quella tratta nella quale sono ricomprese quelle regioni quali Marche, Abruzzo, Molise e Puglia...

PRESIDENTE. Mi scusi, signor sottosegretario vorrei solo ricordarle che non siamo in fase di replica, ma il Governo in questa occasione deve semplicemente esprimere il parere sulla mozione riformulata.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Lo sto motivando Signor Presidente.

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PRESIDENTE. Ovviamente lo sta motivando però la pregherei di essere sintetico.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, cercherò di arrivare subito alla conclusione e cioè che saranno assunte da parte del Governo tutte quelle iniziative il cui obiettivo sia quello di far sì che tutta la linea adriatica, opportunamente collegata con altri assi infrastrutturali, nazionali e corridoi europei anche est e ovest, risulti unitariamente potenziata.

PRESIDENTE. Quindi qual è il parere signor sottosegretario?

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà. Onorevole Favia lei sa che ha a disposizione un tempo molto ridotto.

DAVID FAVIA. Sì, signor Presidente mi è stato detto che possiamo arrivare a cinque minuti.

PRESIDENTE. In realtà il tempo è di tre minuti e 50 secondi.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, anzitutto devo ringraziare il sottosegretario che è stato molto sensibile ed ha ascoltato con attenzione la discussione sulle linee generali questa mattina e ha espresso parere favorevole molto a ragion veduta.
Ho saputo da poco che è stato un componente della Corte dei conti europea, quindi ha compreso l'incoerenza che è sottesa a questa situazione. Ricordo rapidamente qual è la situazione. Abbiamo una progettazione dell'Europa di fare dieci canali infrastrutturali, dei quali quattro riguardano l'Italia e uno riguarda questa nostra mozione. Questo canale, questo corridoio prevede l'infrastrutturazione per quanto riguarda i trasporti di merce e persone, quindi ferrovie e strade, da Helsinki fino a Ravenna. Contemporaneamente e recentissimamente sono state varate dall'Europa tre macro regioni: quella Danubiana e quelle Baltica e Adriatico-Ionica. Queste ultime due verrebbero messe in connessione proprio da questo corridoio, fatto sta però che la connessione con la macro regione adriatico-ionica si chiuderebbe a Ravenna.
È noto a tutti che i traffici dell'Italia e dell'Europa verso l'Oriente non possono che partire dall'Europa e, quindi, dall'Italia centromeridionale. Risulta pertanto assurdo che questo canale, questo corridoio di infrastrutturazione cessi a Ravenna e tralasci completamente le regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia con i porti, importantissimi nelle graduatorie italiane ed europee, di Ancona, Pescara, Bari, Brindisi e, per via derivata rispetto a Bari e Brindisi, di Taranto. Sarebbe effettivamente un gravissimo dispendio di denaro pubblico non arrivare fino a queste regioni in quanto sarebbe assurdo far bloccare i traffici su Ravenna.
Noi comprendiamo che possono esserci interessi trasversali per bloccare il corridoio Baltico-Adriatico da Helsinki a Ravenna, ma crediamo altresì che la debolezza in base alla quale abbiamo subito questo sfregio - chiamiamolo proprio così - del vecchio Governo possa essere abbondantemente compensata ed anche rilanciata da figure in Europa assolutamente autorevoli, come il Presidente del Consiglio, come il Ministro per gli affari europei e come, per l'appunto, il sottosegretario che ci sta ascoltando.
Quindi, nel preannunciare - ma ovviamente dalle mie parole è del tutto chiaro - il voto favorevole alla mozione del gruppo dell'Italia dei Valori, che ha sottoscritto peraltro la mozione a partire dal presidente Antonio Di Pietro e poi da parte di tutti i deputati delle regioni interessate, Pag. 29io auspico al di là dell'approvazione, che quanto più sarà unanime da parte della Camera dei deputati tanto più sarà forte in sede europea, che il Governo si interessi immediatamente, attraverso i suoi massimi rappresentanti in Europa, in sede di Commissione europea e in sede di assemblea dei ministri competenti, affinché venga modificata immediatamente...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Favia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianni. Ne ha facoltà.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, colleghi, intervengo solo per ricordare alla Presidenza e ai colleghi che questa del corridoio Berlino-Palermo sta diventando ormai una storia infinita. Prima viene previsto il finanziamento, poi arriva un certo Almunia, il Commissario europeo per la concorrenza, il quale ritiene che le risorse concesse devono essere restituite. Vi è, cioè, un atteggiamento strano dell'Unione europea che, da un lato, ci indica una serie di condizioni di sopravvivenza come Paese, si prende le nostre risorse e che, dall'altro, con riguardo alle risorse per le cinque regioni che sono individuate nell'obiettivo 1, prima ce le dà e poi si creano le condizioni per toglierle.
Quindi, è una richiesta forte, perché questo Governo, che sappiamo essere molto attento e ben visto nell'Unione europea, possa esercitare un ruolo fino in fondo per confermare non solo l'asse Palermo-Berlino, ma anche le risorse che sono già state date per il porto di Augusta che rappresenta l'unico porto hub d'Europa e che può rappresentare per il Paese, non solo per la Sicilia, una fonte attrazione di investimenti e di sviluppo dell'economia e quant'altro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toto. Ne ha facoltà.

DANIELE TOTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema posto all'attenzione del Governo, per impegnarlo alle iniziative ad esso conferenti in sede comunitaria e anche bilaterale con riguardo agli Stati dell'area adriatico-jonica, è un tema ben rilevante per il nostro Paese e, in particolare, per l'area orientale del centro-meridione che rischia di essere emarginata rispetto a processi infrastrutturali fondamentali e nella progettazione e realizzazione degli assetti strategici del sistema della mobilità delle merci e delle persone in ambito comunitario.
Lo scenario di tali assetti è declinato nella rete transeuropea di trasporti TEN-T, programma che rappresenta lo strumento attraverso il quale l'Europa si prefigge lo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto alla stregua delle statuizioni dell'articolo 155 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nel quale è disposto, tra l'altro, che la comunità stabilisce un insieme di orientamenti che contemplino gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee. In detti ordinamenti, sono individuati progetti di interesse comune e poi ancora si prevede che questa comunità intraprenda ogni azione che si rilevi necessaria per garantire l'interoperabilità delle reti.
Il programma TEN-T è, dunque, l'estrinsecazione progettuale e, quindi, l'attuazione delle disposizioni di uno dei due trattati fondanti della Comunità europea, quello sul suo funzionamento. Come la mozione illustra con dovizia di dettagli, nella prefigurazione della rete transeuropea di trasporto sono stati individuati alcuni corridoi che interessano la parte centrale dell'Unione e, tra questi, alcuni che coinvolgono il territorio italiano. Uno di essi è il cosiddetto corridoio Baltico-Adriatico relativo al progetto di collegamento di Helsinki con Ravenna, nel quale sono previsti collegamenti ferroviari di notevole importanza: quello che collegherà Vienna a Ravenna transitando per Udine e Venezia e quello che collegherà Trieste con Ravenna ugualmente transitando per Venezia.
Rimarrebbero esclusi, quindi, stando alle esistenze fino ad ora riscontrabili, da questo come dagli altri corridoi in progettazione nelle altre aree dell'Italia, precisamente Pag. 30le aree coincidenti con i territori delle regioni adriatiche delle Marche, dell'Abruzzo, del Molise e della Puglia. Si precluderebbe, quindi, in tal modo l'interconnessione con altri significativi corridoi europei. Inoltre, tale esclusione confligge in termini programmatici e strategici con la valorizzazione dell'area Adriatico-Ionica che la presenza di Stati membri, di Stati candidati e di Stati che guardano con favore ad un loro futuro ingresso nell'Unione è riguardata con grande interesse dalla Comunità, come spiega con dovizia di elementi la mozione in esame.
L'esclusione, quindi, di porzioni rilevanti e importanti di territorio italiano (nei quali insistono, peraltro, importanti infrastrutture quali i porti di Ancona, Bari e Brindisi) dallo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto arrecherebbe un vulnus speciale e importante, non solo in danno a quelle aree geografiche ed economiche (che naturalmente ne subirebbero i negativi e perniciosi effetti con immediatezza e con grave pregiudizio a medio e lungo termine), ma per l'intero Paese, per vedere negletta una parte cospicua della realtà territoriale, ma anche in ultima istanza della stessa Comunità europea. Infatti, negligere le parti importanti della sua realtà geografica, economica e sociale, riverberebbe effetti comunque incidenti anche sulle realtà contermini e soprattutto sulla competitività e sull'efficienza complessiva del sistema strategico di trasporto e sugli obiettivi che il programma TEN-T si prefigge.
Tali obiettivi riguardano gli aspetti qualificanti delle ragioni d'essere dell'Unione ed erano stati già enucleati con approfondite analisi nel libro bianco «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte». Nella prefazione del libro Loyola de Palacio, allora commissario europeo ai trasporti, scriveva: "I trasporti contribuiscono anche a riavvicinare i cittadini europei e, come politica comune, costituiscono un fondamento del progetto europeo. Si avvertono, però, sempre di più, segni di inceppamento.
La congestione, i problemi ambientali e gli incidenti legati ai trasporti aumentano continuamente e penalizzano sia l'utenza che l'economia. Se non si interviene, il costo della congestione rappresenterà, da solo, l'1 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione nel 2010, mentre paradossalmente le regioni periferiche restano mal collegate ai mercati centrali».
Sarebbero dunque sufficienti anche solo queste considerazioni per dar conto della gravità dell'esclusione delle regioni sopramenzionate dal programma TEN-T attraverso l'estromissione dei relativi territori dalla rete delineata nei corridoi da realizzare, in particolare di quello Baltico-Adriatico.
Alla luce delle riflessioni testè enunciate e, più in generale, degli obiettivi di fondo perseguiti e delle stesse strategie elaborate con progettualità, come quella denominata TEN-T, balza evidente e stridente l'analisi anche superficiale delle risultanze che si segnalano nei programmi, così come noti, riconnessi alla rete transeuropea dei trasporti, l'emarginazione di realtà locali che, tuttavia integrerebbero, assicurandoli, la completezza e la fruibilità di una rete complessa e integrata che faccia leva sull'intermodalità e sull'interoperabilità.
Escludendo, dunque, un'area importante dell'Italia e dell'Europa dal grande progetto TEN-T, come se fosse una sorta di propaggine insignificante o una specie di enclave imperfetta, se si considera l'ottica adriatico-ionica poc'anzi richiamata, si mina in modo cospicuo la funzionalità stessa di quella rete e si penalizza in modo miope, inutile ed iniquo una parte dell'Europa che, con fasi diversificate nella tempistica, ha però visto notevoli sostegni e investimenti comunitari, in paradossale contraddizione rispetto alle esclusioni di cui la mozione interpreta il disagio sociale più profondo.
In più, si concorre a determinare problemi sul piano economico, sociale e culturale fatalmente alimentati dalla dicotomia tra processi inclusivi, come quelli del programma TEN-T, e pratiche esclusive quali quelle segnalate nell'attuazione del medesimo programma. Pag. 31
Nel convincimento dunque che non vi possono essere ragioni fondate - nemmeno di gradualità di interventi - per giustificare la mancata integrazione di quelle aree nei progetti di rete, finalizzati ad un modello europeo qualitativo di mobilità, nell'impegno che la mozione in discussione si propone di sollecitare al Governo è da considerare anche un appello all'Europa, che auspico il più condiviso possibile per dar voce alle speranze e alle prospettive di sviluppo di terre anche personalmente care e indiscutibilmente comunque degne della nostra attenzione e del nostro sostegno (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'Istituto tecnico commerciale Giovanni Calò di Francavilla Fontana, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amedeo Ciccanti. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16,35).

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signori sottosegretari, onorevoli colleghi, l'Unione di Centro per il Terzo Polo esprime il proprio voto favorevole sulla mozione, così come riformulata, a prima firma Vannucci.
Riteniamo che essa rappresenti un impegno per il Governo affinché possa inserire l'Italia, soprattutto quella in ritardo di sviluppo, nel circuito delle aree avanzate del Centro Europa. Riteniamo, infatti, che lo sviluppo non debba essere monetizzato. L'infrastrutturazione del Meridione può avere un salto di qualità se ad alto valore aggiunto. L'infrastrutturazione delle aree deboli del nostro Paese non richiede grandi opere pubbliche, ma solo una rete intermodale di raccordo con i maggiori porti di attracco dell'Adriatico e dello Ionio, che si affacciano sulle tratte delle cosiddette autostrade del mare. Si tratta anche di creare una piattaforma mediterranea con le risorse logistiche ed infrastrutturali dell'Italia meridionale perché rappresentano il terminale europeo su cui si innestano i traffici commerciali provenienti dallo stretto di Suez, dal Medio Oriente e dai paesi del Maghreb che, dopo la «Primavera araba», dovrebbero conoscere un nuovo modello di sviluppo. Se l'Europa non si apre verso il Mediterraneo dal lato mediorientale, lascia ampi spazi di mercato ad India e Cina, soprattutto a quest'ultima che, sull'Africa, sta giocando una partita importante, tutta sua, sovrastando l'Europa.
Le potenzialità agro-alimentari dell'Africa subsahariana confluiscono verso lo stretto di Suez, se sanno che, attraverso un sistema di trasporti e comunicazioni dell'Italia meridionale, possono saltare verso il nord.
Diversamente, prenderanno la strada mediorientale e cinese. Ho detto durante la discussione sulle linee generali che il corridoio Adriatico è un ponte non solo ideale ma reale, non solo tra nord e sud ma anche tra est e ovest, stante la ritrovata pace nei Balcani. Verso la fine degli anni Novanta le regioni dell'Adriatico, dal Triveneto alla Puglia, persero una grande opportunità, quella di inserire il corridoio adriatico tra i progetti prioritari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. L'inserimento, con un emendamento del Parlamento europeo, del corridoio adriatico tra i quattordici progetti individuati dai vertici dei Capi di Stato e di Governo, poi recepiti nella posizione comune del 19 giugno 1995 dal Consiglio dei ministri dei trasporti dell'Unione europea, non ebbe poi la fortuna sperata.
Riteniamo pertanto il prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico a tutta la costa adriatica fino a Brindisi, come un'opportunità da non perdere. L'esclusione di tale prolungamento approvato dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dal Comitato delle regioni è ingiusto e dannoso per il nostro Paese; facciamo quindi appello al Governo perché sostenga il documento recentemente approvato dal Comitato delle regioni Pag. 32affinché il corridoio e con esso le previste connessioni intermodali venga prolungato verso il sud al fine di ricomprendere l'area del Mediterraneo. Riteniamo che l'attenzione del sottosegretario, che ha dato a questo dibattito il rilievo e il significato che meritava, sia foriera delle attese, delle aspettative e delle ansie non solo della popolazione della fascia adriatica ma anche del Mezzogiorno e di tutta l'area del Mediterraneo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone, per due minuti. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, abbiamo presentato una nostra mozione autonoma per sottolineare due aspetti: in primo luogo, che la Commissione europea, con una decisione bizzarra, ha ridisegnato le reti transeuropee dei trasporti, dimenticandosi completamente di un'area importante e determinante per lo sviluppo del nostro Paese come il Sud; in secondo luogo, per sottolineare come sia fondamentale collegare anche le parti più interne, quella parte che Manlio Rossi Doria, un noto studioso della questione meridionale, definiva «l'osso».
Abbiamo accettato di condividere insieme ai proponenti di altre mozioni una mozione unica perché occorre dare un segnale di unità del Parlamento italiano rispetto a decisioni sempre più anti-italiane dell'Europa e della Commissione europea e per evitare che la parte più in difficoltà del nostro Paese, il Sud, subisca decisioni sbagliate oltre che del Governo in carica anche da parte della Commissione europea.
Quindi, condividendo la mozione unitaria, preannunzio il voto favorevole della componente Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud) su questa mozione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Desiderati. Ne ha facoltà.

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, grazie anche al Governo ed ai colleghi di tutti i gruppi siamo riusciti a presentare una mozione unitaria su un tema così importante, inserendo determinati contenuti. Spesso le mozioni unitarie rischiano di diventare talmente ampie da risultare un po' generiche, ma, in questo caso, sono stati affrontati temi molto importanti. Noi come Lega chiediamo al Governo un impegno per quanto riguarda le nostre infrastrutture. Abbiamo due corridoi molto importanti, il vecchio corridoio 5 (Kiev-Lisbona) e il corridoio dei due mari (Genova-Rotterdam) che sono già in fase di realizzazione; chiediamo che vi sia un intervento del Governo per accelerare i lavori, ma vorrei anche che il Governo cogliesse l'importanza di questa mozione, al di là di quello che vi è scritto nello specifico, poiché è uno sprone che proviene dal Parlamento.
In Italia viviamo un grave gap infrastrutturale rispetto a molti competitori europei. Sappiamo anche noi, essendo stati al Governo, quanto sia difficile intervenire sulle infrastrutture, ma bisogna, per questo, impegnarsi molto.
Per cui esprimo il parere favorevole della Lega Nord sulla mozione in oggetto, con l'augurio al Governo di portare a casa dei risultati il prima possibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, la Commissione europea il 19 ottobre 2011 ha presentato una proposta di Regolamento con la quale si prospetta una revisione degli orientamenti riguardanti la rete transeuropea di trasporto TEN-T, allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'Unione in maniera intermodale e interoperabile.
Nello Spazio unico europeo dei trasporti, che si dovrebbe definire tra il 2030 (fase della rete centrale) e il 2050 (fase della rete globale), è assolutamente incomprensibile Pag. 33l'esclusione della macroregione adriatico-ionica. Per dirla in breve, dei dieci corridoi necessari per realizzare l'efficienza e la competitività dei trasporti e delle reti intermodali europei, solo un corridoio raggiungerebbe il sud del nostro Paese, dal lato tirrenico fino a Napoli, ossia il Corridoio 5 Helsinki-La Valletta, mentre l'altro, quello Baltico-Adriatico, si fermerebbe a Ravenna.
Le ipotesi formulate dalla Commissione europea, quindi, tagliano fuori una fetta importante dell'Europa di oggi e di domani, contravvenendo, a nostro parere, al principio espresso sia in sede di Unione, sia in sede di Comitato delle regioni, per cui è indispensabile rafforzare e completare le reti di collegamento e di scambio che possono rendere più incisiva una politica territoriale tra Stati membri, come l'Italia, la Grecia e la Slovenia, Paesi candidati, come Croazia e Montenegro, e aree a candidatura potenziale, come l'Albania, la Bosnia, l'Erzegovina e la Serbia.
Alcune regioni italiane - come già detto anche dagli altri colleghi in sede di discussione sulle linee generali, svoltasi questa mattina - come Marche, Abruzzo, Molise e Puglia verrebbero «bypassate» nell'ipotesi della creazione di una rete europea disinteressata all'Adriatico meridionale e allo Ionio. Abbiamo già detto e riconfermiamo che si tratta di una scelta incomprensibile. Infatti, da un canto, il capolinea posto a Ravenna escluderebbe porti come Ancona, Pescara, Vasto, Bari, Brindisi e l'interconnessione basilare che, attraverso il porto di Taranto, ci può fare estendere verso gli altri corridoi europei, depotenziando, come il sottosegretario ci ha ricordato nel suo intervento, il core network dei porti; dall'altro, il piano TEN-T da 50 miliardi di euro prevede, per il settore dei trasporti, i collegamenti ferroviari e quindi ne deriverebbe l'esclusione dell'alta capacità dell'intera dorsale adriatica, dalle Marche, passando per l'Abruzzo e il Molise, fino alla Puglia. Aggiungerei, onorevole sottosegretario, malinconicamente, tutto ciò all'indomani della soppressione di ben quindici treni di lunga percorrenza sulla dorsale adriatica e la sostituzione degli Eurostar con gli Intercity.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario rappresentante del Governo, con la risoluzione Boffa, Lazzari e Vico n. 8-00052, approvata in Commissioni riunite IX e X il 28 ottobre 2009, avevamo evidenziato la necessità di garantire il collegamento tra il Corridoio 8, Bari-Varna, e il Corridoio 1, Berlino-Palermo, secondo le modifiche prospettate per il Corridoio Helsinki-La Valletta, al fine di garantire il pieno coinvolgimento delle regioni dell'Italia meridionale nei flussi connessi ai suddetti corridoi.
Oggi, con la mozione Vannucci ed altri n. 1-00768 (Nuova formulazione), rinnoviamo al Governo l'impegno ad assumere le iniziative in tutte le competenti sedi decisionali dell'Unione europea e a concertare, con i Governi nazionali degli Stati che gravitano nell'area della macroregione Adriatico-ionica, tutte le iniziative necessarie per valutare, sulla base di uno studio istruttorio adeguato, la praticabilità del completamento del corridoio Baltico-Adriatico verso Sud, lungo la costa adriatica, comprendendo i porti di Ancona, Bari, Brindisi e Taranto.
Per ciò esprimeremo voto favorevole ed apprezziamo il consenso espresso dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.

ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione il parere del Governo, la riformulazione che qui è stata presentata dal sottosegretario e le ragioni dei colleghi che sono intervenuti, del mio gruppo e degli altri gruppi, relativamente alle mozioni presentate, che hanno sicuramente una grande importanza per le reti di trasporto europee.
Vorrei interloquire con il Governo, facendo una raccomandazione e mettendo in evidenza un tema che credo debba essere al centro dell'attenzione per non Pag. 34commettere errori su una questione così rilevante. Come è stato ricordato, la mozione riguarda la proposta della Commissione europea presentata il 19 ottobre 2011. Va riconosciuto che il Governo italiano è stato particolarmente attivo, in tutta le sedi di negoziazione, tanto da riuscire a far inserire nella proposta finale della Commissione europea il Corridoio Baltico-Adriatico, andando ad estendere il vecchio progetto prioritario, che collegava il Baltico a Vienna fino ai porti del nord Adriatico (in coerenza con il corridoio merci già delineato nel Regolamento europeo).
Quindi, a seguito di tale decisione della Commissione europea, le priorità europee per l'Italia sono molto vantaggiose, tanto che, signor sottosegretario, occorrerà difenderle nei prossimi mesi in sede di Consiglio e Parlamento europei dalla possibilità di depotenziarle. Infatti - ed è questo il tema su cui voglio interloquire, chiedendo anche un suo parere in proposito - come si sa, c'è un forte tentativo dei porti del Mar del Nord di impedire che l'Europa sprechi finanziamenti per attrezzare il Mediterraneo con ferrovie, strade e canali di accesso ai porti dell'alto Adriatico, dell'alto Tirreno o agli hub di Gioia Tauro, di Taranto, della Francia mediterranea e della Spagna, perché si teme che tali eventuali traffici possono fare concorrenza.
Ritengo, allora, che il Governo italiano debba stare molto attento nel presentare questa proposta senza mettere in discussione l'acquisizione della Commissione, perché l'eventuale messa in discussione di quanto già stabilito dalla Commissione può comportare il rischio di perdere anche quanto ottenuto con la proposta del 19 ottobre.
Va ricordato, infatti, che quello che è stato ottenuto è il frutto di un equilibrio non ancora del tutto consolidato, con riflessi sulle relazioni diplomatiche tra l'Austria, la Slovenia e l'Italia, tesi ad includere nel corridoio sia il braccio italiano (Klagenfurt, Trieste, Venezia, Bologna e Ravenna) sia il braccio sloveno (Maribor e Koper), oggi non compreso nella proposta della Commissione europea.
Credo, quindi, che sia significativo ed importante approvare una mozione che vada nel senso che qui è stato proposto dal collega Vannucci e che ha visto la sottoscrizione di molti gruppi con il parere favorevole del Governo. Attenzione, che però non si metta radicalmente in discussione quella che è ad oggi l'acquisizione del Governo italiano e cioè che non si perda quanto ad oggi si è ottenuto, ovvero che vi sia un'estensione del Corridoio Baltico fino ai porti del nord Adriatico, un'acquisizione che va assolutamente mantenuta.
In questo senso, chiedo al Governo di avere un'attenzione particolare e di agire in tutte le sedi competenti, perché quello che eventualmente di aggiuntivo può essere ottenuto non metta in discussione un'acquisizione così importante ovvero che il Corridoio Baltico arrivi fino ai porti dell'alto Adriatico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti dell'Istituto tecnico commerciale «Francesco Zuccarelli» di Pitigliano (GR), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccioli. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, cari colleghi, credo che la mozione di cui sono cofirmatario - e la mozione unitaria sulla quale ho apposto la mia firma - sia quanto mai opportuna. Vorrei svolgere, al di là dei ragionamenti che sono stati fatti qui e che condivido quasi totalmente, una valutazione politica.
È un grave errore dell'Unione europea sbilanciarsi solo sul centro Europa. Questo atteggiamento disattento, indifferente, userei addirittura talvolta il termine «ostile» nei confronti dell'Europa del Mediterraneo, è di grave pregiudizio al completamento della nostra Unione, che deve diventare politica oltre che economica e di funzioni. Pag. 35
In realtà, dietro questa vicenda - è il caso di parlarne, non si può sempre lasciare il problema sotto traccia - esiste una squallida operazione di concorrenza. Tutti sanno che oggi il centro manifatturiero del mondo si trova soprattutto nell'estremo Oriente, in Cina, Vietnam, Corea, fino a giungere alla Turchia. È lì che si lavorano la maggior parte delle materie prime che vengono poi portate in Europa. Ciò avviene, nel caso delle merci provenienti dall'Oriente, attraverso il canale di Suez, attraverso giorni di navigazione delle navi cosiddette «giramondo», che portano al loro interno centinaia di containers.
Ebbene, se le navi «giramondo» trovassero una rete di trasporti valida soprattutto in Italia, che rappresenta la penisola stagliata nel mare Mediterraneo - ovviamente il punto naturale di attracco sarebbero le nostre basi estreme di Taranto e di Gioia Tauro e i due Corridoi, il Tirrenico e l'Adriatico - potrebbero servire tutto l'insieme dei Paesi del centro e nord Europa.
Invece, alcuni interessi forti economici vogliono che questa rete di comunicazione, che riguarda in questo caso soprattutto il Corridoio Adriatico, non sia realizzata e non funzioni, perché le navi devono arrivare allo stretto di Gibilterra attraverso altri giorni di navigazione, affinché, con un aumento notevole dei noli, cioè dei costi della navigazione, possano sbarcare nei porti del nord Europa, di Rotterdam e della Germania, con uno spostamento economico notevolissimo dei dazi doganali.
I Paesi del sud Europa non incassano complessivamente miliardi di euro di dazi doganali che entrano nell'Unione europea perché incassati dai Paesi del nord Europa.
Ebbene, credo che il Governo italiano debba trattare. Questo Governo, che dovrebbe essere - così si dice - gradito alla Francia, alla Germania e ai Paesi del nord Europa, deve finalmente sfondare su questo aspetto del sistema complessivo dei trasporti e bloccare gli investimenti nei trasporti che sono privilegiati verso il nord Europa marginalizzando la regione Adriatica.
Aggiungo - e mi avvio alla conclusione - che l'Europa del futuro non può essere miope, centralizzata e chiusa in se stessa; deve essere un'Europa aperta verso i Paesi emergenti dell'Asia e dell'Africa, verso la cosiddetta «primavera araba», e un passaggio di comunicazioni di un sistema di trasporti attraverso il Corridoio Adriatico-Balcanico è fondamentale in vista di questo progetto.
Quindi, bisogna evitare - questa è la mia conclusione - che tante persone, a partire da chi vi parla, che hanno avuto grande entusiasmo nei confronti dell'idea europea, comincino a diventare insofferenti nei confronti dei meccanismi attuali dell'Unione e addirittura ostili verso quest'idea dell'Europa.
Con questa conclusione preannuncio il voto favorevole sul documento in esame, proposto unitariamente da questo Parlamento.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vannucci, Baldelli, Desiderati, Adornato, Gianni, Di Pietro, Pisicchio, Iannaccone, La Malfa ed altri n. 1-00768 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Coscia, onorevole Giammanco, onorevole Traversa, onorevole Ravetto, onorevole Soglia, onorevole Mantini, onorevole Farina Coscioni, onorevole Bianconi, onorevole Calderisi... Pag. 36
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 489
Votanti 475
Astenuti 14
Maggioranza 238
Hanno votato 475
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Sposetti, Zinzi, Boccia e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00770, Fluvi ed altri n. 1-00785, Ciccanti, Lo Presti ed altri n. 1-00786, Borghesi ed altri n. 1-00787, Mosella ed altri n. 1-00788 e Gianfranco Conte ed altri n. 1-00790, concernenti iniziative per la revisione dei requisiti previsti dall'Autorità bancaria europea (EBA) e dall'accordo «Basilea 3» in materia di patrimonializzazione delle banche e per l'accesso al credito di famiglie e imprese.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00770, Fluvi ed altri n. 1-00785, Ciccanti, Lo Presti ed altri n. 1-00786, Borghesi ed altri n. 1-00787, Mosella ed altri n. 1-00788, e Gianfranco Conte ed altri n. 1-00790, concernenti iniziative per la revisione dei requisiti previsti dall'Autorità bancaria europea (EBA) e dall'accordo «Basilea 3» in materia di patrimonializzazione delle banche e per l'accesso al credito di famiglie e imprese (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto, altresì, che è stata presentata la risoluzione Reguzzoni n. 6-00097 che porta le firme dei rappresentanti di tutti i gruppi (Vedi l'allegato A - Risoluzione).
Prendo atto che le mozioni all'ordine del giorno si intendono ritirate.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla risoluzione testé presentata.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime grande soddisfazione per l'intesa unitaria raggiunta ed esprime, altresì, parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, noi sappiamo che il sistema bancario italiano è un sistema solido, che, se pure ha risentito duramente della crisi finanziaria che ha investito i mercati mondiali, ha sostanzialmente retto e non ha avuto bisogno dell'intervento pubblico come invece è accaduto negli altri Paesi.
Non possiamo negare che ad oggi le banche italiane sono in sofferenza e vivono momenti di difficoltà anche per la forte stretta imposta dalle regole di Basilea 3, soprattutto a seguito della raccomandazione formale diffusa dall'Autorità bancaria europea.
Questa si rivolge anzitutto alle banche dotate di valenza sistemica, quelle cioè in grado di incidere profondamente sull'economia strutturale dell'intera comunità europea ed internazionale, imponendo a queste di avviare un'operazione di ricapitalizzazione, in modo tale da rispettare le nuove direttive sul coefficiente patrimoniale delle banche.
Ma in questo caso i rimedi tendono ad aggravare il male invece di curarlo. Infatti, l'obiettivo di garantire la stabilità degli istituti bancari attraverso un'ulteriore pressione sulla loro struttura patrimoniale ha aggravato di fatto la crisi, costringendo le banche a varare aumenti di capitale in un momento congiunturalmente poco opportuno, limitando in questo modo ancora Pag. 37di più l'erogazione del credito. Questa riduzione si è tradotta, sia nel rallentamento dei prestiti alle famiglie, in particolare del credito al consumo e degli altri prestiti diversi dai mutui, sia nella decelerazione dei finanziamenti alle imprese nel loro complesso e, in particolare, a quelle piccole e medie su cui in quest'Aula, qualche mese, fa siamo già intervenuti.
È evidente che il rispetto dei nuovi requisiti patrimoniali imposti da Basilea 3 rappresenta un costo per le banche. Imporre agli istituti di credito un'ulteriore stretta genererebbe un rischio concreto di strozzare l'economia rendendo più difficile la crescita nel nostro Paese.
Proprio per questo rischio incombente di un avvitamento dell'economia, la Banca centrale europea, grazie al decisivo intervento del Presidente Mario Draghi, ha posto le basi per ipotizzare una via d'uscita dalla stretta creditizia. Secondo questo piano la Banca centrale europea si è impegnata ad offrire alle banche linee di liquidità per 36 mesi all'1 per cento, mettendo a disposizione fino a 2 mila miliardi di euro. Il collaterale di garanzia offerto dalle banche dovrà essere costituito da titoli di Stato dell'Eurozona, da obbligazioni emesse dalle stesse banche e da crediti cartolarizzati.
Ma vi è di più: dalle banche territoriali di piccole dimensioni che servono imprese medio-piccole e che solitamente sono prive di titoli pubblici nel loro portafoglio, la Banca centrale europea accetterà come collaterale di garanzia i mutui e i debiti della clientela certificati dalla banca creditrice.
Si tratta, tuttavia, secondo quanto affermato dallo stesso Presidente Draghi, di un sistema temporaneo e non infinito, ma che, evidentemente, almeno nell'immediato, concede respiro alle banche.
Tale apertura al credito effettuata dalla Banca centrale europea è fondamentale in quanto incentiva l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, che rappresentano il tessuto principale della realtà industriale italiana. La caratteristica essenziale di tali aziende è data dalla loro stretta dipendenza dal credito bancario. Il debito con le banche incide sulle piccole e medie imprese per circa il 40 per cento del totale della loro passività. La riduzione del credito per le imprese equivale a minori finanziamenti, minori investimenti e conseguenti ridotte possibilità di crescita.
Ciò detto, noi auspichiamo che, soprattutto con l'applicazione rigorosa delle regole di Basilea 3 e la revisione effettuata dalle autorità bancarie europee, si colga l'opportunità di adottare misure volte a garantire un'effettiva trasparenza nel rapporto banca-impresa, sia dal lato della trasmissione di tutte le informazioni aziendali, che dal lato della diffusione dei criteri di valutazione utilizzati.
Come Alleanza per l'Italia, noi abbiamo a cuore e conosciamo la delicatezza del tempo e la particolare congiuntura che l'Italia e l'Europa attraversano. Per questo, si richiede un supplemento di impegno da parte delle istituzioni. Anche per tale motivo abbiamo accolto la proposta di convergere in una mozione unitaria, così come anche sottolineato dal Governo, in modo da essere uniti in un'azione che richiede al Paese, in questo momento e in questo tempo, una convergenza unitaria. E per questo, vi è il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi richiamo all'intervento che ho svolto questa mattina durante la discussione sulle linee generali. Mi dichiaro soddisfatto del fatto che si è riusciti a trovare una convergenza su una mozione comune che pone gli stessi impegni al Governo rispetto a quella da noi presentata prima. Ribadisco, quindi, il nostro voto favorevole sulle richieste contenute nella mozione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

Pag. 38

CHIARA MORONI. Signor Presidente, è ovvio che condividiamo la necessità europea e, forse, globale di un rinnovato quadro di regole prudenziali a maggior presidio della stabilità bancaria e del governo dei rischi.
È evidente che, di fronte a un salto di paradigma anche degli equilibri finanziari globali, la comunità finanziaria globale deve ripensare le regole e i metodi per garantire la stabilità finanziaria.
Riteniamo, tuttavia, necessario un intervento che eviti i criteri stringenti fissati nel documento di Basilea 3 e nella decisione dell'Autorità bancaria europea, che riteniamo potrebbero portare ad una pericolosa contrazione del credito e ad un impoverimento dell'economia reale in un momento di grave congiuntura economica che vede nell'accesso al credito, soprattutto delle medie e piccole imprese italiane, un fattore determinante e dirimente rispetto alla possibilità di riprendere la strada della crescita e dello sviluppo del nostro Paese.
Riteniamo indispensabile calibrare adeguatamente e modulare gli interventi e garantire un congruo periodo di transizione, ma soprattutto effettuare preliminari e accurate analisi di impatto macro e microeconomico.
Riteniamo che Basilea 3 non tenga nella debita considerazione le cause che hanno portato alla crisi finanziaria e ricordiamo che di quella crisi finanziaria le nostre banche non sono responsabili e che i nostri istituti di credito hanno retto meglio degli altri; questo anche per il profondo legame con il territorio, per la prevalenza della quota di prestiti all'economia rispetto a quelli finanziari, per un metodo di raccolta basato su depositi e obbligazioni piuttosto che sui mercati all'ingrosso.
Come ci ricorda l'ABI, di cui abbiamo ascoltato l'audizione, l'approccio rigoroso sul capitale e la scelta di far passare in secondo piano altre misure è penalizzante per le economie come la nostra che fanno perno sulle banche per il loro finanziamento.
Ci preoccupa la norma che impone alle banche di spesare, aumentando in modo corrispondente il capitale di vigilanza, le perdite a valore di mercato maturate sui titoli di Stato dei loro rispettivi Paesi detenuti in portafoglio, non tenendo in considerazione che, normalmente, nei portafogli delle banche i titoli di Stato vanno a scadenza ed, evidentemente, vengono rimborsati alla pari.
La norma dovrebbe servire a prevenire le perdite legate ad un eventuale fallimento dello Stato emittente, ma è evidente che nel caso del fallimento eventuale di uno Stato, che non ci auguriamo, le banche finirebbero comunque gambe all'aria per i buchi che si aprirebbero in un simile scenario nei loro attivi a seguito dell'insolvenza a catena di tutti i clienti privati nazionali da essa finanziati.
Tale norma è fortemente penalizzante per le banche italiane che detengono titoli di debito italiano e finisce con il privilegiare in modo paradossale le banche di investimento estere che detengono titoli strutturati legati a cartolarizzazioni e derivati ad alto rischio. Infatti per tale attività, tra cui sono compresi i titoli cosiddetti tossici, la raccomandazione dell'EBA non prevede la contabilizzazione ai valori di mercato.
Siamo preoccupati per l'impatto negativo che questa norma potrebbe avere sull'investimento delle banche italiane nelle prossime emissioni di titoli di Stato italiano e, quindi, evidentemente sulle conseguenze che potrebbe avere sui tassi di rimborso dei titoli italiani da parte dello Stato italiano e sull'equilibrio e la stabilità dei conti pubblici italiani e, in senso più ampio, sulla tenuta dell'euro. Siamo anche preoccupati per l'impatto negativo che, inevitabilmente, avrebbe sulla regolazione del credito al sistema produttivo italiano, e sappiamo quanto quest'ultimo ne abbia bisogno in questa congiuntura.
Ribadiamo, quindi, la necessità di introdurre un periodo transitorio con meccanismi graduali di introduzione delle nuove regole dettate dall'EBA. Ciò per meglio valutare le conseguenze delle nuove regole sul ciclo economico in una fase Pag. 39delicata per l'economia del nostro Paese e non penalizzare né porre in situazione di svantaggio gli istituti di credito italiani rispetto agli istituti di credito stranieri che noi non vogliamo escludere; ma non vogliamo nemmeno porre le nostre banche in una condizione di svantaggio di cui quelle straniere potrebbero approfittare nel mercato globale del credito (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, onorevoli sottosegretari e colleghi, dalla discussione generale è emersa una critica forte verso l'attuazione dell'esercizio dell'Autorità bancaria europea. Un giudizio parimenti negativo l'ho espresso verso la decisione del 26 ottobre scorso del Consiglio europeo, che ha approvato le modalità di una ripatrimonializzazione delle aziende bancarie in modo uniforme, senza distinzione di tipologia, di sistema e con tempi così stretti da arrecare danno all'economia di quei Paesi in recessione come l'Italia.
Come ho avuto modo di sottolineare l'Italia ha un doppio danno: quello di vedersi valutare a prezzo di mercato e non di acquisto i titoli pubblici del proprio debito sovrano e quello di vedersi penalizzata a causa dell'implicito riconoscimento di scarsa affidabilità e credibilità di detti titoli di Stato. Su questi temi la critica è stata pressoché unanime e raccogliere il dibattito in una risoluzione parlamentare è la naturale conseguenza di una forte volontà parlamentare da consegnare al Governo perché possa rappresentarla nelle sedi competenti. Guadagnare tempo rispetto alla data del 30 giugno 2012 quale termine ultimo per procedere alla ricapitalizzazione delle banche è un orientamento non solo dell'associazione bancaria italiana, ma anche delle associazioni interbancarie austriache e tedesche.
Un'altra necessità avvertita è stata quella di prevedere una distinzione tra banche domestiche a vocazione retail, il cui Core Tier 1 al 9 per cento si ritiene eccessivo, ed è il caso delle banche italiane, che sono prime in Europa nel campo della raccolta. Il messaggio politico che intendiamo mandare al Governo, perché sia rappresentato al Consiglio europeo, è l'introduzione di meccanismi correttivi per la ponderazione del rischio di credito relativo al prestito per famiglie ed imprese.
Non mettiamo quindi in discussione l'utilità della ricapitalizzazione delle banche, ma il modo con cui è stata prospettata dall'EBA e dal Consiglio europeo dello scorso 20 ottobre. Vogliamo garantire la sicurezza del credito, ma vogliamo anche che sia garantito il credito. Il sistema bancario italiano sta già procedendo sulla strada della ricapitalizzazione. Abbiamo una crisi di liquidità, ma i nostri bilanci sono solidi perché veritieri. Non ricorreremo certo al Fondo «salva Stati» per ripatrimonializzare le nostre banche. Ci sono le condizioni per fare da soli e con le nostre forze. Vogliamo solo essere messi nella condizione di farlo. Saremo nella condizione di farlo solo se i contenuti di questa risoluzione saranno alla base dell'esercizio dell'European Banking Authority, che abbiamo messo in qualche modo sotto osservazione nel dibattito di questa mattina (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signori del Governo, la scorsa settimana si è conclusa con l'approvazione della manovra finanziaria, sulla quale la Lega ha espresso forti e motivate perplessità, tali da spingerci a non votarla. L'abbiamo infatti ritenuta eccessivamente sproporzionata sul versante delle tasse, iniqua ad esempio per quanto riguarda le pensioni ma non solo e carente dal punto di vista delle misure per lo sviluppo economico. Grazie al nostro contributo con alcuni emendamenti Pag. 40approvati nelle Commissioni bilancio e finanze e con gli ordini del giorno approvati in Aula abbiamo cercato di apportare miglioramenti nell'interesse di cittadini, famiglie ed imprese. È proprio su questo solco di proposte concrete, finalizzate ad incidere positivamente nella vita quotidiana delle famiglie e delle imprese, che si è mossa la mozione presentata da noi, affrontando uno dei problemi che in questa determinata fase economica si sta dimostrando particolarmente allarmante.
Partiamo dalla convinzione che la sussistenza stessa e lo sviluppo del sistema imprenditoriale del nostro Paese - soprattutto, le piccole e medie imprese, che ne rappresentano la colonna portante - sono strettamente legati a quanto è in grado di fare il sistema creditizio per finanziare non solo la gestione corrente delle spese che devono affrontare le imprese, ma per supportarne anche gli investimenti.
La scarsità di denaro liquido detenuto dalle imprese ha diverse cause. Una di queste è senz'altro il ritardo nei pagamenti dei debiti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione, ma anche tra le imprese stesse. Un tema che lo stesso Ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, in un'audizione presso la Commissione ambiente alla Camera ha definito «drammatico»: la cifra spaventosa - per usare l'aggettivo usato dallo stesso Ministro - non è lontana dai 100 miliardi di euro, e non dobbiamo aver pace finché questa cosa non sarà smontata.
Il fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali rappresenta un vero ostacolo alla crescita delle imprese e colpisce in modo particolare le imprese di piccola dimensione che sono già fortemente provate dalla difficoltà di accesso al credito bancario. Le lunghe attese per incassare quanto fatturato riducono la liquidità delle aziende e, nei casi più gravi, le mettono a rischio di fallimento con conseguenze assolutamente dannose per la filiera produttiva.
Un secondo ed altrettanto aspetto fondamentale e motivo della scarsità di liquidità da parte delle imprese, specie medie e piccole, è la difficoltà di accesso al credito. Per capire meglio la situazione attuale, credo che bisogna fare necessariamente un passo indietro.
La genesi della pesante crisi economico-finanziaria che ha investito i mercati di tutto il mondo ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono. Il crack di Lehman Brothers del 2008 ha fatto drammaticamente emergere il problema della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse.
Nel 2010, il Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria ha riscritto l'Accordo cosiddetto «Basilea 2» per arrivare al «Basilea 3», che mira a rafforzare il patrimonio delle banche al fine di scongiurare nuove catastrofi finanziarie. Successivamente, il Consiglio europeo del 26 ottobre 2011 ha inasprito i requisiti minimi patrimoniali delle banche e, dal rispetto dei nuovi requisiti fissati dall'European Banking Authority, deriverebbe una ricapitalizzazione pari a circa 14,7 miliardi di euro per gli istituti di credito italiani penalizzati dalla valutazione a prezzi di mercato dei BOT e BTP che detengono in portafoglio. Tutto ciò, in un momento in cui il nostro debito sovrano è sottoposto ad evidenti pressioni speculative e soggetto a grande deprezzamento, con la conseguenza di dover aumentare il capitale aggiuntivo necessario per rispettare i nuovi limiti europei.
D'altro canto, per quanto riguarda le attività più rischiose, tra le quali si ritrovano i titoli cosiddetti tossici, l'Autorità bancaria europea non ha applicato il criterio di contabilizzazione ai valori di mercato. Forse - è una domanda che mi pongo - perché detenuti soprattutto dalle banche francesi e tedesche, penalizzando, di fatto, gli istituti di credito tradizionali e privilegiando le attività ad alto rischio collegate alla detenzione di titoli strutturati legati a cartolarizzazioni e a derivati tipiche delle banche di investimento? Pag. 41
Ciò che può sembrare una disquisizione puramente tecnica per pochi addetti ai lavori ha, invece, conseguenze pesanti per una platea molto vasta.
Infatti vi è la reale e poco piacevole prospettiva, per le banche italiane, di restringere ulteriormente l'erogazione del credito verso le famiglie e le imprese con conseguenze che possono essere disastrose per l'economia in un momento in cui le necessità delle nostre piccole e medie aziende e delle famiglie sono esattamente l'opposto.
Siamo convinti, signor Presidente, che il rispetto dei nuovi requisiti patrimoniali penalizzi eccessivamente gli istituti di credito italiani rispetto a quelli francesi o a quelli tedeschi. Le nostre banche hanno certamente una struttura di bilancio meno rischiosa rispetto ai concorrenti europei e recenti ricerche specializzate lo testimoniano; sono questi elementi che sicuramente il Governo, e in particolar modo il Ministro Passera, conoscono anche meglio di noi. Chiediamo, quindi, al Governo di alzare la voce in Europa a tutela delle nostre banche, di intervenire per arrivare ad una revisione dei metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche e, in particolare, per rivedere la rivalutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico detenuti dalle banche stesse. Non è pensabile che lo Stato torni ad entrare direttamente nel capitale delle banche e non è parimenti tollerabile che le nostre banche aprano ai grossi gruppi creditizi stranieri. Troppe, secondo noi, sono le concessioni che l'Italia ha fatto sia alla Francia che alla Germania.
Chiediamo, inoltre, che il Governo vigili sull'attuazione dell'Accordo «Basilea 3»; a pagare non dovranno essere le nostre imprese e le nostre famiglie. Il rispetto dei nuovi requisiti richiesti dall'Autorità bancaria europea e da «Basilea 3» deve comunque garantire adeguate risorse finanziarie al nostro sistema produttivo in questa particolare fase di crisi.
Mi rendo conto che il nostro Governo, composto da eminenti personalità dell'alta cultura e dell'alta finanza, voli molto alto e forse alcune questioni pratiche come questa risultino molto lontane. Noi, semplici parlamentari, voliamo invece molto basso ma ciò ci permette di avere un rapporto diretto e ravvicinato con il territorio, le famiglie e le imprese e di conoscerne le reali ed urgenti necessità. Questa del credito è una di quelle esigenze.
Sono sicura che il Governo e il Parlamento, non a parole, ma nei fatti, vorranno essere al fianco delle famiglie e delle imprese in questo momento così difficile, approvando questa risoluzione sulla quale annuncio il voto convintamente favorevole del gruppo della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, il Partito Democratico voterà naturalmente a favore di questa risoluzione e lo farà con alcune premesse politiche ed alcune condizioni di merito che vorrei svolgere brevemente. Il Partito Democratico ha sostenuto con convinzione la nascita del Governo Monti, ha votato compatto la manovra economica varata venerdì scorso, dopo averla modificata in parti significative, nel dibattito tenutosi in Commissione e con il voto dell'Aula di venerdì.
Mi preme ribadire che lo abbiamo fatto consapevoli della necessità di salvare il Paese dalla catastrofe tutelando i risparmi delle famiglie, il lavoro di milioni di persone e consapevoli che occorre il contributo di una grande forza nazionale, come noi siamo, per rimettere in cammino l'Italia e garantire un futuro ai nostri concittadini. Abbiamo detto chiaramente che venivano prima di tutto gli interessi del Paese e che nel contempo i sacrifici inevitabili imposti dalla crisi non potranno e non dovranno rimanere fini a se stessi, ma dovranno essere accompagnati da politiche di cambiamento profondo e reale. Sacrifici sì, ma cambiamento sì. Cambiamenti sull'impianto istituzionale per rendere il Pag. 42Paese più moderno, efficace ed efficiente, per riaccordare i fili consunti tra le istituzioni democratiche, le loro sedi di rappresentanza costituzionale e la società civile.
Cambiamenti nell'economia per renderla più aperta, più concorrenziale, dinamica, capace cioè di mobilitare intelligenze, risorse, opportunità di intraprendere una professione per le giovani generazioni ed al contempo di superare privilegi i cui costi si scaricano sui cittadini consumatori.
Cambiamenti sul piano dell'equità colpendo patrimoni, operazioni finanziarie per troppo tempo protette, combattendo con strumenti reali l'evasione fiscale.
Cambiamenti sul piano della crescita, favorendo le imprese e il lavoro a discapito della rendita improduttiva.
Abbiamo detto che la manovra uscita dall'Aula la scorsa settimana conteneva segni positivi e segni da correggere nella direzione da noi indicata, ed il nostro impegno, fin da oggi - e proseguirà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane - sarà rivolto in quella direzione. Tuttavia, qui oggi riteniamo utile e necessario segnalare un punto cruciale che il nostro Paese ha di fronte e la cui soluzione è stata costitutiva del nostro impegno nel dare piena fiducia ad un Governo presieduto dal senatore Monti. Questo nuovo Governo risponde innanzitutto all'esigenza di far sì che il nostro Paese riprenda il posto che gli spetta in Europa. Sta qui il paradigma della svolta che esso, a nostro parere, deve rappresentare, ed i primi passi in questa direzione il senatore Monti li ha compiuti con tempestività e con apprezzabili risultati.
Abbiamo, altresì, aggiunto che occorrono misure e dati concreti per la crescita come condizione non rinviabile per abbattere il debito, per far ripartire la produzione, dare vita ad una nuova fase espansiva che produca nuove opportunità di lavoro e di intrapresa.
Il nostro Paese sta entrando in una fase di recessione, le previsioni ufficiali per i mesi che abbiamo di fronte ci indicano che il Paese non cresce e non crescerà l'anno prossimo, al contrario si prevede una fase di contrazione della produzione industriale con tutte le ricadute negative sul gettito e sull'occupazione.
Tra i punti cruciali, tra le cause primarie di tutto ciò, c'è lo squilibrio del Patto di stabilità interno che impedisce al sistema della pubblica amministrazione di pagare le imprese fornitrici e l'impossibilità di queste ultime di ricorrere al credito. Si è così creata una paradossale ma, drammatica situazione, di un vasto sistema di imprese che, dopo aver svolto e concluso regolarmente il proprio lavoro, da un lato non vengono pagate dal committente e dall'altro non hanno accesso al credito. Il risultato è che non fallisce soltanto l'impresa che non ha saputo stare sul mercato, ma falliscono le imprese che il loro lavoro lo hanno fatto, l'hanno saputo fare e continuano a farlo bene, ma che sono strozzate da un lato dal fatto che non vengono pagate e dall'altro dal fatto che hanno il vincolo drammatico del credito.
Ciò aggiunge crisi a crisi, nuova disoccupazione, sempre meno liquidità. Il Patto di stabilità interno va rivisto accelerando le procedure di pagamento delle pubbliche amministrazioni e consentendo ai comuni di aprire migliaia di cantieri con la possibilità di farlo in poco tempo o immediatamente.
Anche sul credito bisogna intervenire e qui viene il merito anche di questa risoluzione, e su questo c'è una particolare urgenza che deve vedere il nostro Paese muoversi con la massima tempestività.
È vero ed apprezzabile come nella manovra che abbiamo appena approvato ci siano più risorse per il Fondo di garanzia, ma ciò rischia di essere reso vano dall'entrata in vigore, il 1o gennaio 2012, delle nuove regole sul credito bancario.
Il 31 dicembre si concluderà infatti il periodo di deroga concesso da «Basilea 2» alle banche italiane per effettuare la segnalazione dello sconfinamento dopo centottanta giorni ed anche in Italia, in linea con quanto già avviene negli altri sistemi bancari europei, la segnalazione dovrà essere attivata dopo novanta giorni. Gli Pag. 43effetti potrebbero essere pesanti, devastanti perfino, sia per le imprese che per le banche.
Per le imprese, infatti, lo sconfinamento comporterebbe la segnalazione in centrali rischi e, di conseguenza, la possibile revoca delle linee di credito, la richiesta di immediato rientro dall'esposizione e la segnalazione a tutte le banche della presenza di crediti sconfinanti, con l'effetto per l'azienda di essere considerata insolvente per il sistema e, quindi, con l'effetto fallimento.
Gravi sono anche le conseguenze per gli istituti di credito: dopo 90 giorni questi sarebbero, infatti, costretti a classificare i crediti sconfinanti come crediti deteriorati, con un aggravio dei requisiti patrimoniali, già molto stringenti, che richiederebbero nuovi accantonamenti.
A peggiorare il quadro, già molto compromesso, intervengono poi i criteri voluti dall'EBA, di quotazione dei titoli cosiddetti «in pancia» alle banche; la valutazione di questi al prezzo di mercato, piuttosto che a quello di realizzo, penalizza, infatti, le banche italiane favorendo quelle francesi e tedesche. È già qui evidente come, nel recente passato, l'Italia sia stata ai margini, se non addirittura esclusa, dalla dinamica europea concernente decisioni rilevantissime, come queste che sono state assunte con il precedente Governo e di cui oggi paghiamo le conseguenze.
Vi è, quindi, l'esigenza di un immediato recupero del ruolo dell'Italia in Europa anche in questo campo; immediato perché parliamo di giorni o di poche settimane, anche perché le nuove regole non riguardano tutti, almeno nell'immediato. Infatti, la direttiva comunitaria che recepisce Basilea 3, prevede delle eccezioni. Gli Stati membri possono derogare al termine di 90 giorni, e quindi lo alzeranno a 180, ma solo per crediti in capo a banche che dispongono di determinati requisiti, che riguardano persone fisiche e piccole e medie imprese con fatturato non superiore a 5 milioni di euro e con un'esposizione non superiore ad un milione di euro.
È un'opportunità da valutare da parte delle piccole e medie imprese, ma è un'opportunità che però potrebbe valere solo per il 2012, perché dal 1o gennaio 2013, in base al testo attuale di Basilea 3, non ancora promulgato dal Parlamento europeo, il nuovo termine di 90 giorni si estenderà a tutti, nessuno escluso.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Marchignoli.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Per tutte queste ragioni, e ho concluso, chiediamo un'iniziativa da parte del Governo. Com'è del tutto evidente anche da queste considerazioni, il contesto europeo è più che mai l'ambito decisivo su cui agire per la crescita, la ripresa e la ripartenza di un'idea di Europa, senza la quale potrebbe essere insufficiente qualsiasi manovra nazionale, per quanto anch'essa fosse ineccepibile sotto ogni profilo. Di una stagione europea fondata sugli esclusivi e miopi interessi nazionali, quando anche su miopi interessi elettoralistici e calcoli locali, abbiamo già pagato abbondantemente le conseguenze.
È ora di rimettere in campo un'altra idea di Europa, più aperta, coraggiosa e fondata su un'idea di ampia e reale comunità, unita da un medesimo destino. Questo il nostro Paese può finalmente farlo e noi chiediamo al Governo Monti, che ne ha la credibilità e ha tutto il nostro sostegno, di far sì che l'Europa torni a fare l'Europa e soprattutto ad esserlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il sottosegretario Polillo, oggi abbiamo avuto modo di approfondire un argomento estremamente delicato e di grande attualità che riguarda proprio il recepimento di Basilea 3 e di cosa poi possa significare, per le banche italiane, il continuare a dare quel credito necessario al sistema delle imprese e al sistema Italia, in un momento come quello che oggi viviamo. Pag. 44
Devo dire che oggi ci siamo soffermati a lungo, entrando nel merito di quello che significhi un atteggiamento uniforme e unitario, che ci porti oggi ad elaborare una risoluzione che dia la necessaria forza all'attuale Governo, ma senza dimenticare che ciò avviene in continuità con il Governo precedente, con quello che già esso aveva fatto allo scopo di ottenere il giusto ruolo all'interno dell'Europa, arrivando anche a fare scelte diverse dagli alleati - dai partner a livello europeo - perché potesse emergere quella specificità che è propria del sistema bancario italiano.
Si vuole, inoltre, dare quel giusto conforto, che avremmo voluto fosse stato dato dal Parlamento italiano nelle scelte importanti, anche nel corso dell'azione del precedente Governo.
Credo che oggi otteniamo un risultato importante nel mettere assieme su contenuti importanti quello che ha già dichiarato il governatore Draghi, nell'offrire quella liquidità necessaria al mondo del credito e delle banche, con il giusto contributo del ruolo che svolgono le banche centrali nazionali e che svolgerà la Banca d'Italia, nel fare in modo che quanto verrà trasferito a sostegno della liquidità delle banche italiane, possa essere utilizzato nella giusta direzione. Ciò significa soddisfare le necessità di quelle piccole e medie imprese che rappresentano l'impalcatura reale del sistema Italia, per potersi rilanciare in quella crescita che noi riteniamo necessaria.
Non dimentichiamo che da poco abbiamo approvato una manovra. Il Popolo della Libertà ha espresso la sua posizione molto chiaramente. Ha anche sostenuto quanto fosse necessario ed importante, nel rilancio della crescita, avere comunque un ruolo fondamentale di partenariato con il mondo del credito, sapendo che noi, nel momento in cui entriamo nel merito di Basilea 3, dobbiamo comunque rispettare le intese derivanti dal suo recepimento, anche in termini di scadenze temporali necessarie.
La logica non è quella di mettere discussione sui contenuti di cose già fatte, ma di dare i giusti strumenti e, quindi, consentire anche al sistema Paese, di arrivare a quei risultati dei quali noi oggi abbiamo bisogno. Ecco perché ovviamente esprimiamo voto favorevole. Lo abbiamo fatto oggi illustrando le mozioni e condividendo con tutte le formazioni presenti qui in Parlamento la necessità di dare quella forza e quell'impulso al Governo, che gli permetta di presentarsi di fronte all'Europa - come ha già fatto nel passato - ma come deve a maggior ragione fare oggi, con riferimento a scadenze temporali importanti e necessarie per raggiungere quel traguardo affinché il sistema delle imprese italiano e il mondo delle famiglie, abbiano il necessario conforto in un momento come questo.
Ecco perché, concludendo, diciamo che il rispetto di cui noi abbiamo bisogno da parte dei partner europei, è collegato con il dato importante della specificità, che è stata messa in evidenza, relativa allo stato di salute delle banche italiane, che è tale grazie al risparmio delle famiglie e del mondo delle imprese. Così come è concepito da noi, è totalmente diverso dallo scenario delle altre banche. Quindi, immaginare di pagare noi gli effetti negativi di altri, non ci porterebbe verso la strada giusta.
Ecco perché invitiamo il Governo, con questa mozione, a proseguire nella giusta direzione con la necessaria forza - come avremmo voluto poter fare anche noi in passato con il Presidente Berlusconi - dando oggi il testimone a chi sta conducendo, per conto del Governo, un'azione importante nell'interesse della nostra comunità produttiva (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, ho sentito interventi interessantissimi all'interno di quest'Aula; ma una delle riflessioni più interessanti Pag. 45che è stata fatta, è quella secondo cui le banche non hanno chiesto contributi allo Stato italiano per il momento di difficoltà che stavano attraversando. Non so quanti dei parlamentari presenti (spero di sbagliarmi perché lo sanno tutti, escluso qualcuno) sanno che il rapporto fra le banche italiane e lo Stato italiano è così stretto da far diventare la Banca d'Italia ormai banca privata e dei banchieri italiani. Che cosa voglio dire con questo? Quale è la riflessione? Perché mi soffermo per un attimo su questa riflessione fatta da un collega nel sostenere (e lo ha sostenuto legittimamente e con molta correttezza) che le banche italiane si sono comportate in modo corretto nei confronti dello Stato italiano?
Lo sostiene perché è persona perbene, però a lui sfugge che le banche italiane sono proprietarie della Banca d'Italia per l'83 per cento. Ciò vuol dire che le banche italiane hanno già preso dagli italiani - e prendono ogni anno - il denaro che una volta era dello Stato e degli italiani.
Che cosa voglio dire, per essere più esplicito e per capirci meglio? Il valore reale della carta di 500 euro, che i cittadini italiani hanno in tasca, è pari a 0,20 centesimi; il resto tra 0,25 centesimi e 500 è quello che effettivamente poi viene messo in circolazione e, conseguentemente, è quella valuta che viene utilizzata da parte della Banca d'Italia.
Fino a qualche anno fa - e precisamente fino a trentacinque o quarant'anni fa - la Banca d'Italia, essendo dello Stato, stampava la moneta e quella moneta aveva il costo effettivo dello stampaggio e del colore di quella carta di 500 euro: la differenza veniva utilizzata dallo Stato, che la utilizzava per fare infrastrutture e per pagare gli stipendi dei lavoratori che lavoravano per conto dello Stato. Oggi questo non avviene più. Non avviene più perché quel denaro, che una volta andava nelle casse dello Stato, oggi va nelle casse delle banche perché le banche sono proprietarie, vale a dire azioniste e conseguentemente quel dividendo - che viene chiamato dividendo positivo - non va più nelle casse dello Stato, ma va a finire nelle casse di questi banchieri, che non hanno interesse di ricostruire l'Italia, né di costruire un Paese sereno e dare una mano d'aiuto ai lavoratori italiani.
È stata fatta questa affermazione - a mio avviso in buona fede - cioè è stato detto ai colleghi parlamentari all'interno di questa Aula e, in modo particolare, ai colleghi che sono presenti all'interno di questo Parlamento da trent'anni e che hanno costruito anche la strategia per far diventare la Banca d'Italia privata e non più pubblica, che il comportamento utilizzato sino ad oggi - e quello che si sta utilizzando da parte delle banche - sicuramente non è un comportamento di grande correttezza. Cosa dovremmo fare all'interno di questo Parlamento? Dovremmo intervenire invece in modo serio e concreto nei confronti delle banche e dire loro di restituire quello che hanno preso impropriamente e ridare ciò che è del cittadino al cittadino, cioè ridare la Banca d'Italia agli italiani e allo Stato italiano. Così potremmo non solo sanare il debito pubblico, ma anche creare le condizioni per rilanciare il nostro Paese e conseguentemente dare un futuro ai nostri figli.
Se questo non dovesse essere messo in atto, vuol dire che o facciamo finta di non capire o di non sentire o qualcuno è complice all'interno di questo Parlamento a favore delle banche e non degli interessi dei cittadini italiani.
Io personalmente non voterò né a favore né contro questa risoluzione non riconoscendo la legittimità di questo Governo, il quale non ha fatto altro che «espropriare» la democrazia parlamentare e popolare. Per queste ragioni, non lo riconosco. Non riconoscerlo non significa votare «sì» o votare «no», ma astenersi perché sia il «sì» che il «no» significherebbero riconoscere direttamente e indirettamente questo Governo.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Pag. 46

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Reguzzoni, Gianfranco Conte, Fluvi, Ciccanti, Moroni, Borghesi, Mosella ed altri n. 6-00097, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli, Nicolucci, Bruno, Cesario, Lussana, Raisi, Perina, Commercio, Antonione, Napoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 502
Votanti 496
Astenuti 6
Maggioranza 249
Hanno votato 496
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Boccia, Brandolini e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,45).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e in particolare sul punto 12 all'ordine del giorno che prevede l'elezione di un segretario di Presidenza aggiuntivo da assegnare al gruppo della Lega Nord Padania. Le motivazioni di questa elezione sono illustrate nel parere che il Presidente della Camera ha sottoposto alla Giunta per il Regolamento e che questa ha approvato all'unanimità. Dunque nel merito di quel parere mi astengo dallo svolgere considerazioni.
La questione che qui intendo sottoporre alla Presidenza e all'Aula tutta è comunque attinente a quanto emerso in quella seduta della Giunta. Come riporta il resoconto infatti il Presidente Fini, su sollecitazione dell'onorevole Favia, ha precisato che le modalità della clausola di invarianza finanziaria relative all'elezione di un membro aggiuntivo dell'Ufficio di Presidenza della Camera sarà oggetto di specifica determinazione dello stesso Ufficio quale organo competente. In relazione a questa esplicita precisazione e alle tesi sostenute dal Presente Fini in Conferenza dei presidenti di gruppo e successivamente in forma pubblica, la questione che si pone è quella di valutare un rinvio dell'elezione del segretario di Presidenza aggiuntivo per consentire che preliminarmente l'Ufficio di Presidenza della Camera possa deliberare in merito all'assenza di costi aggiuntivi che questo nuovo membro dello stesso dovrà comportare, delibera che allo stato non è stata ancora adottata.
Se oggi l'Aula infatti procedesse all'elezione del nuovo segretario di Presidenza quale sarebbe il suo trattamento economico? Quali saranno le sue prerogative in merito alla possibilità di disporre di nomine per la propria segreteria e quant'altro previsto per i membri dell'Ufficio di Presidenza? Alla luce del Regolamento e della prassi è di tutta evidenza che per il nuovo segretario si dovrebbero attuare le regole attualmente in vigore per gli altri membri dell'Ufficio di Presidenza non essendo stata adottata alcuna delibera specifica. Poniamo anche che l'eligendo collega assuma un impegno formale a non avvalersi delle prerogative economiche e organizzative previste per i membri dell'Ufficio di Presidenza; è comunque evidente che una situazione simile sarebbe insostenibile e difficilmente applicabile dal punto di vista amministrativo.
Dunque sarebbe molto meglio non aggiungere forzature e confusione a quella già arrecata alla prassi e allo stesso Regolamento da questo precedente, prevedendo che prima l'Ufficio di Presidenza deliberi in merito alla totale invarianza Pag. 47finanziaria ed immediatamente dopo si proceda all'elezione. A tal fine, sottopongo alla sua attenzione la possibilità e l'opportunità di rinviare ad altra seduta il punto n. 12 all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, ricordo, come tra l'altro lei stesso ha ricordato, che la Giunta per il Regolamento con parere espresso nella riunione del 7 dicembre 2011 ha deliberato di consentire la deroga e di procedere all'elezione di un ulteriore segretario di Presidenza appartenente al gruppo della Lega Nord Padania. Tra l'altro, con parere - tra virgolette una «decisione» che in realtà è un parere perché si tratta di un organo consultivo della Presidenza - all'unanimità, come lei ha ricordato correttamente.
Questa decisione è stata tra l'altro portata già in Ufficio di Presidenza per un'informativa, anche sottolineando quello che lei ha ricordato, cioè la cosiddetta clausola di invarianza e sicuramente l'Ufficio di Presidenza che porrà poi attuazione a questo aspetto si atterrà a quella clausola di invarianza. Per intenderci, anche se eletto così come previsto nell'ordine dei lavori, il costo sarà sicuramente inalterato rispetto al costo complessivo della gestione dell'Ufficio di Presidenza.
Tra l'altro la sua precisazione non è stata fatta oggetto di osservazione neanche durante la Conferenza dei presidenti di gruppo, che ha deciso la calendarizzazione e non vi è stata osservazione alcuna su questo aspetto. Per cui riepilogando, la Giunta per il Regolamento ha espresso parere positivo sull'elezione di un ulteriore membro e la clausola di invarianza che la stessa Lega Nord Padania aveva sottoposto all'attenzione anche della Conferenza dei presidenti di gruppo tempo addietro sarà sicuramente rispettata quando l'Ufficio di Presidenza stabilirà definitivamente le modalità per l'attuazione di questo nuovo segretario che non comporterà sicuramente costi aggiuntivi.
Comunque, essendo la questione prevista nei lavori della Conferenza dei presidenti di gruppo, rimane iscritta all'ordine del giorno. Eventualmente, quando arriveremo al punto, lei potrà proporre un rinvio e vedere se verrà accettato dall'Assemblea.
La Presidenza non può autonomamente, al di fuori della Conferenza dei presidenti di gruppo e indipendentemente dalla decisione dell'Aula, estromettere dal calendario dei lavori il punto riguardante la votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi ritengo molto soddisfatto della sua risposta perché, comunque, queste sue precisazioni sono state verbalizzate.
Mi permetta soltanto di aggiungere che la questione non è stata sollevata durante la Conferenza dei presidenti di gruppo, alla quale io stesso ho partecipato, perché già questa mattina avrebbe potuto svolgersi la riunione dell'Ufficio di Presidenza che avrebbe potuto deliberare in merito.
Comunque, la ringrazio per l'osservazione. Mi ritengo soddisfatto. Riproporrò la questione nel momento in cui arriveremo al punto 12 dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, le ricordo che la riunione dell'Ufficio di Presidenza non si è svolta questa mattina, ma si svolgerà giovedì.

Seguito della discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la Repubblica italiana e la Fondazione europea per la formazione professionale, con allegato, fatto a Torino il 22 gennaio 2010 (A.C. 4710) (ore 17,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la Repubblica italiana e la Pag. 48Fondazione europea per la formazione professionale, con allegato, fatto a Torino il 22 gennaio 2010.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
Avverto altresì che la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 4710).
Avverto, in particolare, che la Commissione bilancio ha formulato una condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Tale condizione sarà posta in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

(Esame degli articoli - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica e dei relativi emendamenti.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 4710), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Duilio, Ceroni, Di Virgilio, Narducci, Gianni, Zinzi, Cesare Marini, Sposetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 484
Votanti 482
Astenuti 2
Maggioranza 242
Hanno votato
482).

Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 4710), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Stradella, Speciale, Calgaro, Lussana, Ravetto, Ceroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 481
Votanti 479
Astenuti 2
Maggioranza 240
Hanno votato
479).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 e dell'emendamento 3.100 che recepisce la condizione formulata dalla Commissione bilancio al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione (Vedi l'allegato A - A.C. 4710).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 3.100.

PRESIDENTE. E il Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.100, da votare un ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 49

Onorevoli Sanga, Scilipoti, Ravetto, Girlanda, Cesare Marini, Sposetti, Bonaiuti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 486
Votanti 484
Astenuti 2
Maggioranza 243
Hanno votato
484).

Prendo atto che i deputati Cesare Marini e Distaso hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini, Stasi, Lussana, Concia, Scilipoti, Razzi, Ginoble, Tommaso Foti, Negro... ancora l'onorevole Scilipoti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 482
Votanti 480
Astenuti 2
Maggioranza 241
Hanno votato
480).

Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 4710), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Bossa, D'Anna, Lussana, Sanga, Mondello, Vella... ancora l'onorevole Lussana... ancora l'onorevole Vella... L'onorevole Vella ancora non riesce a votare... Ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 487
Astenuti 2
Maggioranza 244
Hanno votato
487).

Prendo atto che il deputato Gava ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 4710).

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4710/1.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4710/1, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, intervengo soltanto per ricordare come ovviamente il voto sarà favorevole ma Pag. 50vorrei spendere due parole nell'occasione della stipula del nuovo Accordo fra l'Unione europea e la Fondazione europea per la formazione professionale, che da circa quindici anni opera a Torino per assistere alla transizione democratica in molti Paesi dell'est europeo.
Vorrei sottolineare l'importanza strategica di quest'attività, non soltanto ovviamente per il sistema territoriale in cui viene collocata, ma per il lavoro importantissimo che svolge di consolidamento di istituzioni democratiche nell'Europa ex comunista.
Credo che il lavoro svolto in questi anni di partenariato e di cooperazione con molti Paesi del Mediterraneo e con i Paesi dei Balcani occidentali sia un'attività non solo meritoria, ma strategica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 18).

GIANNI VERNETTI. Soprattutto l'aver intuito nel 1994 di realizzare e di promuovere tale fondazione credo, oggi, con quanto sta accadendo alle porte di casa nostra nel Mediterraneo, rappresenti un'ulteriore opportunità.
Quindi, per l'insieme di questi motivi e per rivolgere un apprezzamento al lavoro svolto al management e al personale della Fondazione europea per la formazione professionale, preannunzio il voto favorevole del nostro gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo su questa ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la nostra Repubblica e la Fondazione europea per la formazione professionale, fatto a Torino il 22 gennaio 2010; vorrei prima di tutto far notare che le ratifiche finalmente si portano in Parlamento nei tempi previsti, mentre, in passato, abbiamo purtroppo riscontrato distanze di anni prima di ratificare i Trattati.
La Fondazione svolge la funzione di formazione, analisi, consulenza e sostegno ai programmi di assistenza dell'Unione europea in materia di sviluppo del capitale umano, allo scopo di aiutare i Paesi a sfruttare il potenziale delle proprie risorse umane mediante la riforma dei sistemi di istruzione e soprattutto formazione e mercato del lavoro.
Ricordiamo che la Fondazione ha iniziato la propria attività nei Paesi allora candidati all'adesione all'Unione europea, per poi estendersi ai Paesi dell'Europa orientale e dell'Asia nel 1994, poi del Mediterraneo nel 1998 e dei Balcani occidentali nel 2000.
Sostanzialmente si tratta di una Fondazione che ha un bilancio autonomo. Come si evidenzia nel preambolo e nei quindici articoli dell'Accordo in esame, l'Italia principalmente riconosce alla Fondazione la personalità giuridica, inclusa la capacità di stipulare contratti, acquistare e cedere beni mobili e immobili e stare in giudizio; si rivede il ruolo del direttore e si disciplinano i beni e gli archivi della Fondazione. In conclusione, desidero sottolineare due aspetti: la sede di questa Fondazione è a Torino, e questo va bene per il nostro Paese e il provvedimento, a nostro avviso, così come è articolato, anche se nel mio esame sono andato velocemente, contribuisce ad accrescere il prestigio del nostro Paese che già ospita altre rilevanti agenzie oltre, come ho già detto prima, ad avere a Torino la sede della medesima Fondazione. Per tali considerazioni, il gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo esprime voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Fondazione europea per la formazione professionale è un'agenzia specializzata dell'Unione europea nata sulla base della necessità, riconosciuta ai vertici dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, di accompagnare i prevedibili processi di riforma politica ed Pag. 51economica dell'Europa centro-orientale con una cooperazione nel campo dell'istruzione scolastica e professionale, in rapporto al programma di assistenza. La base giuridica della Fondazione mira a sviluppare e a meglio qualificare l'azione della Fondazione conferendole una più ampia competenza per materia e per aree geografiche e modificando la struttura degli organismi di gestione interna. Lo scopo della Fondazione è quello di aiutare i Paesi in transizione e in via di sviluppo a sfruttare il potenziale delle proprie risorse umane mediante la riforma dei sistemi di istruzione, formazione e mercato del lavoro, nell'ambito della politica per le relazioni esterne dell'Unione europea.
A tal fine, la Fondazione svolge la funzione di formazione, analisi, consulenza e sostegno ai programmi di assistenza dell'Unione europea in materia di sviluppo del capitale umano. I rapporti tra la Fondazione e l'Italia che ne ospita la sede sono regolamentati dall'Accordo stipulato a Bruxelles nel 1994, con due scambi di note ratificati dall'Italia nel 1997, nonché dalle intese amministrative riguardanti la messa a disposizione del complesso di villa Gualino, situata nella stupenda cornice della collina torinese, concluse tra la città di Torino, la regione Piemonte e la Fondazione di cui all'allegato 1 del suddetto Accordo. L'Accordo in esame, che ha lo scopo di disciplinare lo stato giuridico della Fondazione e dei suoi funzionari in territorio italiano, si compone di un preambolo, riformulato e aggiornato, con i riferimenti in esso contenuti che si richiamano alla decisione con la quale il Consiglio europeo ha fissato la sede della Fondazione a Torino e al Regolamento che istituisce la Fondazione nel 2008.
Inoltre, nell'Accordo si stabilisce che alla Fondazione si applichi il Protocollo sui privilegi e le immunità della Comunità europea del medesimo regolamento, che stabilisce che alle persone della Fondazione si applicano le norme e i regolamenti applicativi relativi ai funzionari e agli altri agenti della Comunità europea. Viene richiamata la necessità di prevedere altre disposizioni relative all'applicazione di alcuni articoli del Protocollo inerenti ad altri aspetti. Per tutto quello che è stato affermato il voto della Lega Nord sarà unanimemente favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, sarò breve, ma il mio intervento prescinde dall'approvazione di questo disegno di legge di ratifica, su cui anche noi siamo favorevoli, per svolgere un'osservazione. L'approvazione di questa ratifica è la dimostrazione di come lavoriamo male in questo Parlamento. È di certo una testimonianza palmare di come un Accordo di sede come questo, una ratifica di questo genere andrebbe discussa e approvata in sede di Commissione, sgravando in tal modo l'Aula e francamente dovrebbe essere al centro della nostra attenzione la necessità di cambiare il nostro modo di lavorare. Un Parlamento che nella seduta plenaria affronta un tema che - senza offesa - è una «minuzia», lo dico tra virgolette, come questa, è un Parlamento che lavora male (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, come è stato detto dai colleghi l'European Training Foundation svolge attività a sostegno dei programmi di sviluppo del capitale umano a favore dei Paesi in transizione; opera in 30 Paesi (Nord Africa, Balcani, Medio Oriente) e lo staff è costituito da circa 120 persone di cui 50 sono nostri connazionali. Ma voglio soltanto sottolineare una cosa, il metodo particolarmente interessante utilizzato da questa Fondazione, cioè la partnership con i vari Pag. 52Paesi. In questo caso voglio anche sottolineare un accordo particolarmente importante e qualificato.
Penso ad esempio all'accordo stipulato con il Politecnico di Torino relativo alla formazione imprenditoriale. Quindi, Torino da questo punto di vista rappresenta veramente un centro importante per la formazione. Penso ad esempio anche alla sede torinese dello staff college delle Nazioni Unite, che rappresenta un centro estremamente qualificante per la preparazione di personale a livello internazionale. Il relatore ha ampiamente illustrato le esigenze di revisione tra l'Italia e la Fondazione per tener conto del nuovo statuto che riforma la disciplina del personale impegnato presso le istituzioni europee, e in particolare per l'introduzione della figura di agente contrattuale.
Anch'io convengo con il collega Compagnon sul fatto che il Governo è stato sollecito nel presentare questo disegno di legge di ratifica, perché - come sappiamo - è stato presentato dal ministro Frattini il 24 ottobre del 2011, e quindi confermo senz'altro il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4710)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 4710, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Pisicchio... Onorevole Pianetta... Onorevole Pizzolante... Onorevole Lussana... Onorevole Mondello... Onorevole Zinzi... Onorevole Mantini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sede tra la Repubblica italiana e la Fondazione europea per la formazione professionale, con allegato, fatto a Torino il 22 gennaio 2010» (4710):

Presenti 479
Votanti 477
Astenuti 2
Maggioranza 239
Hanno votato 477
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che la deputata Samperi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, passiamo ora alle residuali discussioni sulle linee generali che non si sono svolte questa mattina.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge Fallica ed altri; Nastri e Carlucci; Meta ed altri: Disposizioni per l'introduzione della patente nautica a punti e delega al Governo in materia di sanzioni per le violazioni commesse dai conducenti di imbarcazioni (A.C. 841-3644-4153-A) (ore 18,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Fallica ed altri; Nastri e Carlucci; Meta ed altri: Disposizioni per l'introduzione della patente nautica a punti e delega al Governo Pag. 53in materia di sanzioni per le violazioni commesse dai conducenti di imbarcazioni.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 841-3644-4153-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Prego i colleghi di allontanarsi in silenzio. Il relatore, onorevole Terranova, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIACOMO TERRANOVA, Relatore. Signor Presidente, le proposte di legge in esame intendono affrontare il tema della sicurezza nella navigazione da diporto che ha fatto registrare negli ultimi anni un consistente aumento degli incidenti concentrati soprattutto nella stagione estiva. Lo strumento che si intende introdurre è quello della patente a punti per le unità da diporto, mutuandolo dalla positiva esperienza maturata dal 2002 per la patente di guida dei veicoli a motore. L'oggettiva diminuzione delle infrazioni al codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, conseguita all'istituzione del sistema dei punti nella patente automobilistica, induce, infatti, a ritenere che questo tipo di meccanismo possa essere utilmente applicato anche nel campo della navigazione da diporto, nella prospettiva di una concreta responsabilizzazione degli utenti e di un conseguente innalzamento dei livelli di attenzione e di cautela nella conduzione delle imbarcazioni e dei natanti.
Il testo che oggi giunge all'esame dell'Aula rappresenta la sintesi di tre proposte di legge che la Commissione trasporti ha esaminato ed approfondito nel corso del 2011. Il testo che ne è derivato recupera in larga parte, con alcuni adeguamenti ed integrazioni, i contenuti della proposta già discussa nella precedente legislatura dalla Commissione trasporti, il cui iter non si era completato a causa della conclusione anticipata della legislatura stessa. Passando ad una sintetica illustrazione dell'articolato, segnalo in primo luogo l'articolo 1 che, al comma 1, specifica le finalità del provvedimento volto, appunto, a tutelare la sicurezza della navigazione da diporto attraverso la riduzione delle violazioni delle norme e degli incidenti che ne possono derivare.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, il relatore è davvero in difficoltà. Vi prego, quindi, di fare silenzio e prego quelli che vogliono uscire di farlo con un po' di ordine.

GIACOMO TERRANOVA, Relatore. Più che una difficoltà è un'oggettiva impossibilità ad andare avanti con un frastuono di questo genere. Se, poi, si completa l'uscita dei colleghi possiamo riprendere.

PRESIDENTE. Già detto, onorevole Terranova.

GIACOMO TERRANOVA, Relatore. La ringrazio. Il secondo comma istituisce la patente nautica a punti per il comando e la condotta di natanti, imbarcazioni e navi da diporto.
L'articolo 2 dispone che alla patente a punti sia attribuito un punteggio di 20 punti annotato nella banca dati, istituita ai sensi del successivo articolo 3, che può subire decurtazioni in base alla gravità delle violazioni. Dell'accertamento delle violazioni, cui sono collegate riduzioni del punteggio della patente nautica, deve essere data notizia al personale addetto alla stessa banca dati, e attraverso la frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dalle scuole nautiche ovvero da soggetti pubblici o privati a ciò autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possono essere riacquistati fino a sei punti sulla patente. La mancanza per due anni di violazioni di norme di comportamento da cui derivino decurtazioni del Pag. 54punteggio determina l'attribuzione di due punti fino ad un massimo di dieci punti. Alla perdita totale del punteggio il titolare deve sottoporsi nuovamente all'esame per il conseguimento della patente nautica.
L'articolo 3, comma 1, istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una banca dati dei soggetti abilitati alla condotta o al comando di natanti, di imbarcazione e di navi da diporto; il comma 2 precisa gli elementi informativi che devono essere riportati nella banca dati tra i quali il dato relativo alle violazioni commesse e agli incidenti in cui il soggetto sia rimasto coinvolto nonché l'eventuale decurtazione del punteggio applicato alla patente. Il comma 3 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un archivio nazionale delle unità da diporto, nel quale sono indicati i dati relativi alla costruzione, al costruttore e agli eventuali sinistri in cui siano incorse le unità. Il comma 4 demanda ad un regolamento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di stabilire le modalità di costituzione e di aggiornamento periodico della banca dati e del relativo archivio nazionale. Il comma 5 reca l'autorizzazione di spesa per l'attuazione dell'articolo e la relativa copertura finanziaria.
L'articolo 4 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina delle sanzioni per le violazioni delle norme di comportamento dei conducenti in possesso della patente nautica, sulla base di una serie di principi e criteri direttivi, specificamente dettagliati.
In particolare, i decreti dovranno indicare le norme di comportamento la cui violazione determina l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie e individuare le norme di comportamento la cui violazione determina l'applicazione della decurtazione di punti della patente nautica e l'indicazione del numero dei punti decurtati anche in relazione alla gravità della violazione, avendo particolare riguardo alla sicurezza della vita umana e della navigazione. I decreti dovranno inoltre prevedere casi di sospensione o di revoca della patente nautica, nonché il rilascio di un certificato di abilitazione professionale per i soggetti che svolgono a livello professionale l'attività di conduzione di natanti, imbarcazioni o navi da diporto, tenendo conto dell'eventuale decurtazione di punti dalla patente nautica a seguito di violazioni delle norme di comportamento.
Gli schemi di decreto verranno trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti.
L'articolo 5 prevede l'emanazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per l'istituzione degli sportelli telematici del diportista, presso le imprese di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, abilitate quali sportelli telematici dell'automobilista.
L'articolo 6 reca una norma transitoria, prevedendo che alle patenti in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge venga attribuito il punteggio di 20 punti.
L'articolo 7 autorizza il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ad aggiornare, con proprio decreto, da emanare di concerto con il Ministro della salute, i requisiti visivi e auditivi richiesti per il conseguimento della patente nautica.
L'articolo 8 disciplina l'uso del dispositivo acustico supplementare di allarme e del dispositivo di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu da parte dei conducenti di natanti adibiti a servizi di polizia o antincendio, limitandolo ai casi di espletamento di servizi urgenti di istituto. Infine l'articolo 9 modifica l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 in materia di autenticazione della sottoscrizione degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di beni mobili registrati, estendendo alle imprese di consulenza automobilistica la possibilità di autenticare le sottoscrizioni degli atti relativi a tali beni.
Il testo unificato reca alcune disposizioni volte a recepire le condizioni formulate dalla Commissione bilancio nel proprio Pag. 55parere favorevole, ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. In particolare, l'articolo 2, comma 5, prevede che, con il decreto con cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce i criteri per il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di aggiornamento, si dovrà definire altresì l'importo delle tariffe da porre a carico dei richiedenti al fine di garantire la copertura integrale dei costi dei corsi di aggiornamento svolti dalle amministrazioni pubbliche.
Inoltre, è stata riformulata la copertura finanziaria prevista dall'articolo 3, comma 5, relativa all'istituzione e al funzionamento della banca dati.
La Commissione invece non ha recepito, durante l'esame in sede referente, un'ulteriore condizione, posta dalla Commissione bilancio, sempre ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, relativa alla soppressione dell'articolo 6-ter, divenuto ora articolo 9, in quanto si è riservata di svolgere un approfondimento al riguardo in vista dell'esame in Assemblea.
Ricordo che tale articolo mira ad estendere alle imprese di consulenza automobilistica sia la possibilità di autenticare la sottoscrizione degli atti concernenti l'alienazione di beni mobili registrati sia la possibilità di eseguire per via telematica all'Agenzia delle entrate la formalità della registrazione, ove prescritta, degli atti relativi ai beni mobili registrati nel PRA, ai fini dell'imposta di registro.
A seguito dell'approfondimento svolto è risultato che l'onerosità dovrebbe riguardare non la norma nel suo complesso, ma solo l'ultima parte della norma stessa, laddove si introduce la possibilità per le agenzie di pratiche auto, di registrare, per via telematica, all'Agenzia delle entrate gli atti relativi ai beni mobili.
Peraltro, l'obbligo di registrazione degli atti di natura traslativa o dichiarativa sussiste solo per i veicoli individuati dall'articolo 7 della tariffa, parte prima, del Testo Unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986): unità da diporto, natanti, imbarcazioni e navi. Ai sensi dell'articolo 11-bis della tabella del medesimo Testo unico, tuttavia, sono esonerati dall'obbligo di registrazione gli atti relativi ai veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico (PRA).
Ne consegue che l'introduzione della nuova disposizione comporterebbe a carico della finanza pubblica nuovi oneri derivanti dai cospicui investimenti che l'Agenzia delle entrate dovrebbe effettuare per adeguare le procedure informatiche ai nuovi servizi che dovrebbe rendere. Si tratterebbe, peraltro, di oneri sicuramente superiori ai benefici che potrebbero derivare dai citati investimenti, tenuto conto della presumibile esiguità del numero di atti che verrebbero registrati, non sussistendo come detto, per gli autoveicoli, l'obbligo di registrazione. Tutto ciò considerato, al fine di superare tali criticità, sarebbe sufficiente sopprimere, anziché l'intero articolo 9, soltanto la sua ultima parte.
Riguardo alle condizioni e alle osservazioni poste dalle altre Commissioni competenti per materia, appare opportuno accogliere, durante l'esame in Assemblea, l'osservazione effettuata dalle Commissioni I e XIV riguardo alla possibilità di coordinare le disposizioni in materia di archivio nazionale delle unità da diporto, contenute nell'articolo 3, comma 3, con le disposizioni relative ai registri delle unità da diporto contenute nel titolo II, capo I, del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, che attua la direttiva 2003/44/CE.
In particolare, si potrebbe prevedere che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con il medesimo regolamento di cui all'articolo 3, comma 4, con il quale si stabiliscono le modalità di costituzione e di aggiornamento periodico della banca dati e dell'Archivio nazionale, provveda al coordinamento del funzionamento dello stesso Archivio nazionale con quello dei registri di iscrizione previsti dall'articolo 15 del codice della nautica da diporto di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171.

Pag. 56

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il testo che è stato sottoposto alla nostra attenzione recepisce integralmente alcune osservazioni che erano state fatte dal precedente Governo e, quindi, lo riteniamo essere maggiormente congruente con la normativa vigente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, signor sottosegretario dottor Improta e onorevoli colleghi, intervengo anche in qualità di capogruppo dell'Italia dei Valori nella Commissione trasporti per sostenere così un atteggiamento prudentemente favorevole rispetto a questa normativa che ci accingiamo a discutere e, forse, anche ad approvare.
Infatti, da un lato, vi sono elementi positivi tesi ad introdurre il sistema della patente a punti anche nel settore della nautica da diporto, con la finalità di rendere più sicura la guida dei natanti, delle imbarcazioni o delle navi da diporto in un settore che frequentemente, soprattutto nei mesi estivi, registra incidenti molto importanti con vittime spesso tra i bagnanti, legati alle condotte di guida non sempre prudenti ed acconce di quelli che possiamo definire i pirati del mare.
Quindi, se è vero che, dal 1o luglio 2003, quando fu inserita anche nel nostro Paese la patente a punti nel settore della circolazione stradale, vi è stata una sensibile diminuzione della sinistrosità stradale - che, come si evince, almeno, dai rapporti della polizia stradale e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, può essere conseguente a quella maggiore cautela, a quella prevenzione generale che può indurre l'automobilista a una guida più prudente per evitare la detrazione dei punti dalla sua patente -, con la stessa prospettiva, vogliamo trasporre, nell'esperienza della nautica, un sistema di deterrenza, qual è quello della patente a punti, con l'auspicio che possano determinarsi analoghe situazioni, con statistiche maggiormente indulgenti nell'ottica della minore sinistrosità.
Tuttavia, è anche vero, per la verità, che a otto anni dall'introduzione della patente a punti nel settore della circolazione stradale, la percezione di quale sia l'efficacia deterrente di questo sistema, fra gli italiani è assai diminuita. Un recente sondaggio dice che il 68 per cento degli automobilisti ritiene che non vi siano conseguenze sul miglioramento della sicurezza stradale per effetto della patente a punti, ma certo è che, in questi otto anni, 68 milioni di punti sono stati decurtati e 275 milioni di punti sono stati, invece, accreditati a fronte della mancanza di violazione di norme rilevanti del codice della strada agli automobilisti più virtuosi.
Pertanto, se questo è il sistema adottato ormai non solo in Italia, ma in diversi Paesi europei, forse, è bene sperimentare tale sistema anche nel settore della nautica e della conduzione delle navi o delle imbarcazioni o dei natanti del nostro Paese.
Vi sono, peraltro, alcune criticità in questa normativa - così come configurata dopo l'esame in Commissione e i pareri che le altre Commissioni sono state chiamate ad esprimere sul testo unificato di queste proposte - che ci lasciano ancora dei margini di perplessità. È bene che siano focalizzate queste lacune, auspicando che, magari, con la buona iniziativa del Governo o del relatore, si possa provvedere ad emendare tali criticità nell'ambito del nostro lavoro parlamentare.
Mi riferisco, in particolare, a due aspetti che penso siano rimasti irrisolti nonostante il monito che sia la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera con il parere espresso al riguardo sia la XIV Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea) hanno rimarcato nelle loro osservazioni.
In particolare, temo che la delega che, all'articolo 4, comma 1, lasciamo al Governo sia eccessivamente indeterminata e che non si individuino criteri direttivi né specifiche indicazioni sulla natura delle Pag. 57condotte da sanzionare e sulla qualità delle sanzioni che a queste devono essere ricollegate.
Da questo punto di vista, rilevo quanto espresso dalla Commissione affari costituzionali proprio per rispettare il canone dell'articolo 76 della Costituzione che, in qualche modo, stabilisce che il Parlamento, se vuole, può delegare al Governo la normativa di dettaglio, ma deve individuare criteri e specifiche direttive affinché questa delega sia rispondente ad una specifica richiesta parlamentare.
In questo specifico punto la Commissione affari costituzionali ci ammoniva con una condizione che doveva essere rispettata per avere il parere favorevole della Commissione stessa. Ci diceva, cioè, che appariva necessario definire con maggiore dettaglio il principio direttivo della delega legislativa di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a): in particolare è necessario che la norma indichi al Governo i criteri da seguire per l'individuazione delle norme di comportamento da prescrivere e delle sanzioni in caso di relativa inosservanza.
Ebbene, la normativa che abbiamo all'esame mantiene questa genericità; è una sorta di delega in bianco che, a nostro giudizio, non è rispondente ai canoni costituzionali e non tiene in considerazione questa condizione al rispetto della quale siamo stati chiamati da parte della I Commissione permanente.
Il secondo aspetto di criticità è relativo al fatto che - soprattutto in momenti di crisi come quelli che stiamo attraversando, con manovre che mensilmente, o quasi, ci chiamano a sacrifici e ci invitano tutti ad una maggiore sobrietà nelle spese e al contenimento degli oneri pubblici, oltre che all'inasprimento fiscale e ai sacrifici per i pensionati - in questo contesto e con questo orizzonte così stretto e così angusto, prevedere oggi la duplicazione di un registro teso a individuare le unità da diporto, quale quello contenuto nell'articolo 3, comma 3, del testo in esame, sembra una spesa superflua e possibilmente da evitare, anche perché non parliamo di pochi euro.
La copertura finanziaria per l'istituzione del nuovo registro, oltre che per la banca dati, totalizza 600 mila euro per il 2012, per la sua istituzione, e 100 mila euro per il 2012 e per gli anni a venire, per la sua gestione.
Per questi motivi sia la I che la XIV Commissione permanente ci hanno chiesto di coordinare questa normativa con il codice della nautica da diporto, approvato con il decreto legislativo n. 171 del 2005, che ha istituito il registro delle unità da diporto. Da qui il monito delle Commissioni: attenzione a coordinare le disposizioni in materia di archivio nazionale delle unità da diporto, che andiamo a costituire con questa nuova normativa, con le disposizioni relative ai registri delle unità da diporto contenute nel titolo II, capo I, del codice della nautica da diporto che, lo voglio ricordare, era attuativo della direttiva comunitaria che, in materia, ha istituito una maggiore uniformità di regolamentazione a livello europeo.
Allora, delle due l'una: o questo coordinamento, che ci veniva richiesto dalla I e dalla XIV Commissione, doveva comportare una sorta di assorbimento del nuovo registro in quello esistente, oppure la duplicazione è in re ipsa; si vanno a costituire due registri con spese assolutamente superflue e sovrabbondanti, quando invece ve ne è già uno che potrebbe essere integrato con le richieste di informazioni che andiamo ad individuare negli articoli precedenti, in maniera tale che non si vada a sperperare denaro pubblico, soprattutto, come ricordavamo, in un momento di crisi come quella che ci sta attanagliando.
Allora, anche qui, lo sforzo che ho trovato tra gli emendamenti presentati, è uno sforzo non efficace perché l'unico emendamento, su cui peraltro è stato espresso il parere favorevole del relatore, riguarda il coordinamento non già delle norme istitutive di questo nuovo registro con quelle preesistenti già in vigore che hanno istituito l'altro, ma semplicemente questo emendamento - si tratta dell'emendamento Miccichè, su cui vi è il parere favorevole del relatore - chiede il Pag. 58coordinamento tra i registri; in qualche modo, quindi, dando per scontato che la duplicazione, che volevamo evitare, invece si vada proprio a realizzare.
Allora, noi dell'Italia dei valori non ci stiamo. Chiediamo una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell'Assemblea nell'individuazione di un meccanismo che eviti questa duplicazione di costi, eviti questa proliferazione della burocrazia, cercando di fare fronte a queste esigenze nuove. Mi riferisco a quella della patente a punti con la banca dati, ma anche a quella del registro navale, del registro delle imbarcazioni da diporto che già esiste e che, in qualche modo, può venire semplicemente integrato con le nuove esigenze, senza che ce ne sia un secondo dei cui costi possiamo certamente fare a meno.
Quindi, con questo auspicio e con questa annunciata richiesta di approfondimento, che io mi sento di dover avanzare già da oggi al relatore ed ai membri del Governo, siamo disponibili al confronto e siamo disponibili a misurarci nel merito dei provvedimenti, sapendo che tutto è perfettibile e che, sotto questi due profili che ho voluto ricordare, c'è certamente molto da migliorare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, credo che questo testo unificato vada fuori dai limiti e, quindi, chiedo se sia possibile rinviarlo in Commissione e ripensarci, visto che ci si è pensato già per molto tempo: due anni ed oltre, ed oggi si propone qualcosa che non ha nessun significato, secondo me.
Ogni tanto si dice che il Parlamento non lavora, ma se poi si lavora e si fanno queste proposte, credo che forse questo è il motivo per cui non bisognerebbe lasciarci lavorare. Infatti, il problema è che introduciamo una patente che esiste già, introduciamo un sistema di patente a punti pensando di diminuire gli incidenti in mare. Il concetto è questo e, quindi, ammiro chi lo ha pensato, ma chi fa questo ragionamento lo fa perché non è mai stato in mare.
Io ho una patente dal 1974, illimitata, e chi va in mare sa di che cosa sto parlando. Intanto, vi è il limite dei 200 metri e non si può, entro questa distanza, neanche mettere in moto. Chi lo fa, lo ha fatto prima e lo farebbe anche dopo, con o senza introduzione dei punti, perché i pazzi ci sono, quelli che girano con il fuoribordo tra i bagnanti ci sono, e ci potrebbero essere anche domani e comunque sempre.
Inoltre, abbiamo già una normativa che afferma che si può «dare gas», come si dice in termini marinareschi, «pompare sulla leva del gas» oltre il miglio, perché sotto il miglio si deve andare sotto i dieci nodi, una velocità normalissima; ed infatti cinque nodi sono quelli previsti nell'ambito portuale.
Con questo testo diamo una delega al Governo, che ne ha già combinata una mica da ridere tassando quelli che hanno le barche. Il risultato è pari a zero: pochi soldini, ma abbiamo già fatto scappare moltissima gente dai porti e stiamo rovinando un settore che cominciava a riprendersi un po', mentre adesso sono legnate e non se ne parla più.
In questo sistema verrà fuori poi la fantasia di qualcuno che dirà che, con la delega al Governo, sarà quest'ultimo ad indicare le norme di comportamento, ad indicare le violazioni e le decurtazioni. Poi vi inventerete il palloncino, poi ve ne inventerete di tutti i colori.
Qui in mare gioca solo esattamente il buonsenso. Non vado oltre perché questa è una cosa che va fuori dal pensiero per uno che va in mare. In mare c'è saggezza, bisognerebbe magari dire quando si danno le patenti nautiche; poi verrete a dire che dovranno prendere la patente anche quelli che hanno il gozzo di quattro o cinque metri e vanno a pescare totani.
Qui ce ne inventiamo di tutti i colori, così ci saranno i registri, i seicentomila euro, i centomila euro, ed ecco che ci inventeremo un'altra categoria di ispettori.
Voi non sapete cosa esiste in mare. Se un soggetto entra in mare, dopo cinque Pag. 59minuti arrivano i carabinieri, dopo dieci, arriva la finanza, dopo quindici, arriva la polizia, adesso anche la guardia forestale. Se un altro soggetto vuole «uscire» in mare, ma la giornata è sbagliata, torna indietro, in porto, perché non è possibile affrontare il mare per chi lo vuole, per chi lo ama, per chi lo vede come un momento di svago, un momento di rilassamento. Il mare infatti ti dà quella distensione che ti rilassa anche l'anima. Voi volete inventarvi delle cose tanto che, quando qualcuno ha intenzione di «uscire» in mare, deve cominciare a tremare!
Quando si attribuiscono le patenti nautiche, bisognerebbe farlo non solo perché il motore è superiore ai 40 cavalli, mentre, se è inferiore, non le si concedono. Magari si potrebbe richiedere di fare le prove in mare; in realtà queste già esistono, ma per le patenti relative alle imbarcazioni più piccole, quelle per le imbarcazioni da diporto non si fanno, mentre si prevedono per quelle un po' più grandi, oltre i 12 metri. Le prove in mare si fanno quando è calmo, ma anche quando è agitato perché è in questo frangente che si vede se un soggetto sa andare per mare. In quel momento si capisce chi sei. Quando si esce con il mare calmo, in genere non si riflette, non si ascoltano i bollettini e, magari, se ci si trova in mezzo al canale e sopraggiunge una mareggiata, una «maestralata», come si dice da noi, ci si trova ad affrontare il mare grosso e ci si comincia a spaventare. In questo caso vi sono forse i problemi e cominciano a partire gli SOS: «venitemi a prendere perché non so più dove sono». Magari, forse, con riferimento ad una prova nautica per una patente, che già esiste, si può incidere un pochino. Magari solo in quel caso si può prevedere di fare prove affrontando diverse condizioni del mare, dal calmo all'agitato o al super agitato.
Ma andarsi ad inventare una cosa del genere va fuori da ogni regola. Avete, cioè, fatto un danno con la tassa, ne rifate un altro con la patente a punti, dopodiché vi inventerete anche, perché è naturale che venga fuori, il palloncino e andando avanti così voi il mare non lo farete più vivere a nessuno, anzi lo farete diventare antipatico anche a chi ha la patente ormai da venti, trenta, quarant'anni come ce l'ho io. È una pazzia assoluta.
Mi dispiace, il principio forse è buono, come la volontà di evitare i danni, ma nessuno ha intenzione di tirare una barca sugli scogli o uscire quando il mare è agitato o andare in mezzo alla folla e così via. Ci sono i famosi errori, i famosi incidenti, che si verificano perché se sei, ad esempio, un pescatore subacqueo - qualche volta capita anche a me che lo sono - vai oltre i limiti, ti porti nella zona dei natanti e poi è evidente che qualcuno magari ti trancia con l'elica; può anche succedere. Ma non credo che si verifichino tutti questi incidenti per inventarsi una cosa del genere. È assurdo.
Per tutti voi, per tutti coloro che la pensano così, mi dispiace ma io, ad esempio, non ho mai avuto incidenti in mare. Lo ripeto, è dal 1974 che vado in mare. Il mare è una tranquillità e una serenità, anche quando è agitato. Il mare è un momento diverso. Metteteci i vincoli, inventatevi una montagna di multe, inventatevi qualcosa di nuovo, toglieteci anche quella soddisfazione e allora, fate un po' come volete.
Caro Presidente, forse sulla spinta di espressioni del tipo: «non fate mai niente», «dovete fare», «dovete mettere», o di piccole pressioni, magari di qualche lobbista esterno, ci si inventa una patente perché bisogna fare questo e bisogna fare quello; magari per qualcuno, attraverso le agenzie e via seguitando, ci inventiamo queste cose che non servono a niente, servono solo a dire: lasciamo perdere. Poi vi inventerete anche la patente, lo ripeto, per le barche da quattro metri, da tre metri, per chi esce a remi e va a pescare i totani nelle sere di ottobre, novembre, con il mare un po' più freddo e quando quindi si pesca un po' di più.
Queste sono le mie piccole osservazioni. Mi dispiace, le ho fatte a braccio, perché dovevano essere esposte dal mio collega Desiderati che ha seguito il provvedimento e che in qualche maniera ha anche contribuito al suo iter. Pag. 60
Però, quando l'ho letto e l'ho visto ho pensato che qui siamo all'orlo, al limite, quasi alla pazzia.
Questo è un provvedimento, per chi ama il mare, come chi vi parla e tanti altri che hanno la barca, che supera ogni limite. Qui siamo in un Paese che fa nascere questo provvedimento, poi se ne inventa un altro, poi ne nasce un altro e se ne inventa un altro ancora e, insomma, diventa una catena. Poi in mare ci andrà chi ci dovrà andare e ci andranno quelli che hanno i megayacht, come avviene adesso. Ci saranno le società di comodo per farli funzionare, ma poi scenderanno e gireranno con le barchette a tranciare lo stesso la gente che, magari, sta facendo il bagno.
Vi ripeto e vi chiedo di ripensarci; mi rivolgo a voi che ci avete lavorato (e mi dispiace), a voi che pensate giustamente di evitare che possano accadere incidenti. Naturalmente non si viene istruiti nel momento del conseguimento della patente né si dice cosa fare. No, perché bisogna istruire facendo delle multe, decurtando dei punti e attuando delle costrizioni, da parte di questo Stato che è sempre al di sopra.
Lo ripeto, quando sei in mare, in 10 mila ti arrivano sulla «gobba». In 10 mila prima ti fanno vedere una cosa, poi un'altra e poi, quanto gli hai fatto vedere tutto, non va bene lo stesso. Questo non è il modo di andare in mare.
Dunque, rispetto la vostra buona volontà, rispetto i colleghi, rispetto tutto, ma vi ho voluto esternare un pensiero che è fatto dalla gente di mare e che suggerisce di ripensarci, di riportare il provvedimento in Commissione, di rivederlo o, meglio, di non rivederlo e basta. Lasciamolo lì e lasciamo che il mare ci offra sempre le condizioni giuste per potervi navigare senza tanti vincoli, perché se ci vincolate anche lì, allora è finita.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tullo. Ne ha facoltà.

MARIO TULLO. Signor Presidente, credo che il relatore abbia illustrato molto bene il contenuto del testo unificato della Commissione, che è il frutto del lavoro che è stato svolto dal 2008 ad oggi.
Voglio dire che, già nella passata legislatura, la Commissione trasporti era praticamente arrivata a concludere i lavori rispetto all'introduzione della patente nautica a punti, che riassume un po' la filosofia di quello che ha portato, in un certo senso, la patente a punti per chi guida l'automobile e i motocicli.
In più, si introduce l'elemento dello sportello telematico del diportista che vuole essere non un eccesso di burocrazia, come diceva prima il collega e amico Chiappori, ma anche un'idea di cosa succede in mare e un'idea, in qualche maniera, di quella che è oggi un'evoluzione positiva. Mi soffermerò molto cercando di avere una chiara idea di cosa succede sui nostri mari, anche ragionandoci, proprio perché vi è l'interesse di difendere chi va per mare e chi costruisce queste bellissime imbarcazioni.
Non credo che vi sia un'eccessiva burocratizzazione. Non vi è nessuna costrizione e vi è, anzi, la difesa anche dell'industria, di chi costruisce le nostre barche e le nostre navi, che sono anche esportate nel mondo, per far sì che una disciplina maggiore possa anche garantire di essere ben visti dall'opinione pubblica (provo a dire così).
Vi sono leggi che possono apparire scomode. Prima il collega Chiappori ha affermato che si costringe la gente. In realtà, la legge che ha introdotto il casco - a quell'epoca ero un giovane motociclista, ma ormai ho un po' di anni - l'ho patita, ma è stata una legge giusta. Non ci ha impedito di andare in moto, ma ci ha detto di andarci con più responsabilità.

GIACOMO CHIAPPORI. Ma è un altro discorso!

MARIO TULLO. Non è prevista l'introduzione del palloncino e non credo che sia prevedibile, né sarei a favore della sua introduzione. Però, contemporaneamente, quando si guida una barca potentissima bisogna augurarsi che si sia nel pieno delle proprie facoltà e che non si sia bevuto. Pag. 61
Dunque, non vi è alcun accanimento né contro i diportisti né, tanto meno, rispetto all'industria che costruisce queste imbarcazioni. Piuttosto, voglio trovare l'occasione per parlare, nel corso della discussione sulle linee generali, per riuscire a far capire come il nostro lavoro sia stato proprio determinato dall'evitare l'eccessiva burocrazia e, soprattutto, teso ad evitare di danneggiare un settore fondamentale della nostra economia, un settore dinamico, in difficoltà in questi ultimi anni dettati dalla grande crisi e che, comunque, mantiene una posizione di leadership nel panorama mondiale della costruzione delle imbarcazioni e in un mondo di competizione sempre più sfrenata.
Abbiamo faticato, cercando di avere equilibrio per non creare ulteriori problemi a questo straordinario mondo, che vede industrie artigianali e piccole e medie imprese, dove l'articolazione della filiera è molto lunga, molto specificata e articolata, fatta di straordinarie capacità industriali e artigianali.
È un settore che va monitorato anche da parte del Governo ed è uno dei temi che porremo quando ci sarà la discussione sul cosiddetto decreto per la crescita; è un settore che dà lavoro a 120.000 occupati diretti. Mi dispiace che il collega Chiappori sia andato via, ma credo che le motivazioni che lui ha dato siano vere: si tratta di 120 mila occupati diretti e altrettanti indiretti. C'è il tema della progettazione, della costruzione dei cantieri, dell'impiantistica, della tecnologia, della motoristica e degli arredamenti primari e complementari. Vi è il tema della manutenzione, del rimessaggio, delle potenzialità nei porticcioli e dell'indotto.
Noi pensiamo di poter aiutare questo settore provando a introdurre norme concernenti un utilizzo anche più corretto delle barche nei nostri mari. Tale settore, nel passato, è stato anche visto, per colpa di alcuni furbetti, come un settore nel quale si evade il fisco. Non abbiamo la stessa visione di questo settore, che va sostenuto e aiutato, e non penso che venga penalizzato con l'introduzione della patente nautica.
Lo voglio dire anche pensando al prossimo provvedimento sulla crescita. Anche a tal proposito, l'onorevole Chiappori ha fatto riferimento alla norma recentemente introdotta nella manovra: noi abbiamo avuto modo di interloquire con il Governo, abbiamo votato quella norma, ma dico qui, a chi rappresenta oggi il Governo, di stare attento a quella norma e di trovare il modo di monitorare quanto accade - so che c'è la sensibilità per farlo - perché, se le cose dovessero andare in una certa direzione, bisognerà cambiare rapidamente, cercando, in un momento in cui il Paese fa sacrifici, di chiedere, a chi può possedere certe imbarcazioni, di dare il proprio contributo, magari in un'altra forma se ci accorgeremo che quella, a un certo punto, porta le barche fuori dall'Italia.
Tornando alla questione centrale, ossia alla patente a punti, credo che tale provvedimento sia un deterrente ad un uso scorretto delle barche, e che sia teso a prevenirlo. Già in mare operano - è vero - anche altre normative (c'è il codice della nautica da diporto, il codice della navigazione e, per certi versi, le ordinanze della capitaneria), ma se uno sa - credo che vadano tutti responsabilmente per mare - che ha una dotazione di punti e che il rispetto di certe disposizioni e l'utilizzo del buonsenso possono aiutare a disincentivare un uso scorretto della barca, credo che rispetti queste norme. Pertanto, ritengo che vada sostenuta questa proposta.
Il relatore ha già illustrato e motivato ampiamente gli articoli, quindi non li ripeto. Credo che questo aumento costante negli anni di chi va per mare - che è un andare per mare diverso da quello degli antichi pescatori, da chi lo faceva anche per vivere, ma che è fatto molto di divertimento - debba essere accompagnato da un uso corretto di quei mezzi.
Credo che il provvedimento vada in questa direzione. È limitato solo a quelli che posseggono la patente nautica, quindi non è rivolto a tutti quelli che vanno per mare, e questo sarebbe stato un limite anche rispetto all'industria nautica. Contemporaneamente, anche l'introduzione Pag. 62dello sportello del diportista può darci un quadro più completo di ciò che si muove in mare e della nostra capacità di esposizione.
L'onorevole Monai ha fatto riferimento alla necessità di evitare i doppioni: credo che nelle deleghe al Governo ci siano tutte le condizioni per evitare un'eccessiva burocratizzazione, ossia quello che noi abbiamo cercato di fare con il lavoro di questi due anni. Credo che si tratti di un provvedimento studiato, che arriva ad un risultato e che garantisce equilibrio, rigore e buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garofalo. Ne ha facoltà.

VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, farò poche considerazioni perché il relatore è già stato molto chiaro nell'esporre i contenuti e le finalità del testo unificato. Esso nasce da un lavoro già condotto in Commissione nelle precedenti legislature, ma ripreso in questa legislatura, che parte da alcune proposte di legge degli onorevoli Fallica, Nastri e Meda, che dimostrano una sensibilità ampia rispetto al tema della sicurezza anche in mare.
È un tema che la Commissione ha ritenuto giustamente di riprendere e di ridiscutere proprio perché la rilevanza della sicurezza e di quanto abbiamo osservato negli ultimi anni rispetto alla crescita di natanti e, di conseguenza, del traffico per mare ha probabilmente reso indispensabile un impegno in una direzione nuova, che non è quella di vietare l'utilizzo dei natanti o di andare per mare o, come ha detto l'onorevole Chiappori, di prevedere ulteriori difficoltà, ma di rendere più sicuro e più sereno anche un ambiente nel quale oggi la circolazione di questi mezzi non è più rara ed è, purtroppo, spesso affidata a persone che non sempre hanno la perizia che, probabilmente, l'onorevole Chiappori riconosce anche a se stesso.
Tra l'altro, ha fatto bene anche il collega Tullo a ragionare, facendo riferimento all'introduzione del casco per le moto: chi ha avuto sempre il piacere di guidare un motociclo probabilmente, anzi sicuramente, ha visto il casco come un elemento di fastidio nell'utilizzo di un mezzo che spesso si adoperava più per diletto che per trasporto; nel momento in cui si è arrivati ad utilizzare come mezzo di locomozione il motociclo, alla pari del quadriciclo, per il quale sono state introdotte le cinture di sicurezza ed altri sistemi di sicurezza, anche in quel caso bisognava uniformare le situazioni, creando una condizione di maggiore sicurezza per chi guida ed anche per viene trasportato.
Analogamente vorrei ricordare un'altra vicenda della quale ci troviamo spesso a dibattere: la sicurezza nei campi da neve, sulle piste da sci. Sappiamo che spesso ci troviamo di fronte ad incidenti che nascono per un eccesso di affluenza sulle piste da sci; mi riferisco, oltre a chi utilizza gli sci tradizionali - i famosi sci -, anche a coloro che usano gli snowboard e quindi anche nuovi attrezzi per praticare uno sport. Quindi mi sembra sbagliato ragionare in termini di costrizione; dobbiamo adeguare tutto quello che è consentito dalla legge per rendere più sicura la vita e la circolazione delle persone, in tutti i settori in cui avviene. Se dovessimo parlare sempre di costrizione, allora dovremmo pensare che è una costrizione il controllo che si esegue negli aeroporti prima di entrare nell'area sterile.
Di fronte a tutto ciò, abbiamo ormai capito che la sicurezza è il bene principale da preservare e bene ha fatto il relatore a sottolineare in tutti i passaggi le cose che sono state evidenziate ma anche le misure che non sono state inserite nella proposta di legge (infatti vi sono ancora ampi gradi di libertà). Bisogna tener conto che, anche a proposito del mare, già vi sono sanzioni molto pesanti, ma sono solo sanzioni di carattere pecuniario e forse mai è stato previsto un sistema sanzionatorio diretto proprio a punire chi non è capace o abile nell'uso del natante appunto con la decurtazione dei punti, rendendo questo sistema Pag. 63premiale per chi è accorto e prudente e penalizzando chi invece trascura tutto ciò.
Purtroppo, gli incidenti sono cresciuti (basterebbe citare una serie di statistiche) e mi riferisco anche a quelli subìti da tanti sub che si sono trovati, così viene detto, nella scia o nelle rotte delle imbarcazioni, ma avrei preferito non sentire queste parole perché non credo che un sub si metta in una certa posizione rischiando di essere «preso» dall'elica. Penso che il più delle volte vi sia una certa trascuratezza: forse, molti non sanno - anche coloro i quali hanno da tanti anni la patente nautica - che su molte imbarcazioni ormai vi sono il pilota automatico e tanti dispositivi che, tante volte, chi si mette alla guida di questi mezzi non sa usare. Quindi, ben venga una legge che, giustamente, si preoccupa di tutto ciò. Tra l'altro, vorrei anche dire, come succede anche per le vetture, che chi è prudente e rispettoso delle norme non ha nulla da temere, anzi paradossalmente sarà premiato.
Quindi, come sempre, le sanzioni sono per coloro i quali si mettono nella condizione di riceverle. Tanto è vero che la proposta di legge in oggetto prevede che, quando saranno successivamente stabiliti i criteri per l'esercizio della delega da parte del Governo, la determinazione della decurtazione del punteggio dovrà essere stabilita in base alla gravità della violazione, avendo particolare riguardo - così è stabilito - alla sicurezza della vita umana e della navigazione, alla tutela e al rispetto dell'ambiente e delle aree protette, alle dotazioni di sicurezza e al comando responsabile in condizioni non influenzate dall'assunzione di sostanze alcoliche o di droghe, alla navigazione in presenza delle necessarie coperture assicurative, a tutela dei terzi e dei naviganti e alla specificità di particolari abilitazioni professionali o di mezzi di vigilanza e soccorso. Dunque, l'obiettivo non è quello di ridurre o ridimensionare l'uso dei mezzi nautici.
Stiamo invece dimenticando quante siano le norme oggi esistenti che non consentono di andare in tante aree con il natante. Forse queste potrebbero essere considerate come una limitazione, non l'istituzione della patente nautica a punti. Sapete quante aree protette vi sono nelle quali non si può andare con i natanti? Forse oggi questa normativa dovrebbe essere rivista, eppure, per sicurezza, si è stabilito di allontanare i natanti da alcune aree, anche da alcune nelle quali non esistono spiagge, ma magari vi è un costone di roccia o qualcosa che deve essere protetto in nome dell'ambiente. Rispetto a tutto questo, torno a dire che la patente nautica a punti non è certamente qualcosa che limiterà l'uso dei natanti o l'utilizzo di imbarcazioni da diporto.
Credo sia giusto che la perdita totale del punteggio comporti la sospensione della patente nautica sino al superamento di un esame di idoneità, così come credo sia giusto premiare la mancanza di violazioni per un paio di anni, prevedendo anche una premialità attraverso i punti. Credo che tutto questo sia stato giustamente sottolineato dal relatore.
Mi fa piacere segnalare anche una modifica, introdotta in Commissione, che precisa che il decreto ministeriale - al quale è demandata l'individuazione dei criteri per il rilascio dell'autorizzazione per lo svolgimento di corsi di aggiornamento volti a fare acquistare punteggio per la patente nautica e la determinazione dei programmi e delle modalità di svolgimento dei medesimi corsi - stabilisca anche l'importo delle tariffe da porre a carico dei richiedenti, al fine di garantire la copertura integrale ed esclusiva dei costi di tali corsi, anche qualora siano svolti dalle amministrazioni pubbliche.
Il relatore ha già parlato dell'articolo 3 del testo in esame, che prevede l'istituzione di una banca dati dei conducenti, sempre ai fini della tutela della sicurezza in mare, e di un archivio nazionale delle unità da diporto, che raccoglierà tutti gli elementi informativi che riguardano i natanti.
Dopo avere sottolineato questi aspetti, anch'io auspico che il provvedimento in oggetto possa ricevere una rapida approvazione da parte di entrambi i rami del Parlamento, considerata appunto l'importanza Pag. 64dell'introduzione dello strumento della decurtazione dei punti per ottenere, lo sottolineo, una responsabilizzazione ed un innalzamento dell'attenzione nella conduzione delle imbarcazioni, a tutela della sicurezza della circolazione in mare. La patente a punti è uno strumento che ha dimostrato ampiamente la sua efficacia in campo automobilistico, in Italia come in altri Paesi europei.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 841-3644-4153-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Terranova, visto il clima silenzioso che c'è in Aula.

GIACOMO TERRANOVA, Relatore. Signor Presidente, approfitterò del clima certamente favorevole e anche della facilità derivante dal potere parlare senza leggere il testo.
Vorrei limitarmi a svolgere una considerazione relativa all'intervento del collega Chiappori che, in qualche modo, ci ha un può spiazzati perché, oggettivamente, si è collocato al di fuori del dibattito che si è tenuto all'interno della Commissione.
Non vi è alcuna voglia, da parte di alcuno, anche da parte di chi, come me, proviene da un'isola e quindi il mare lo conosce e lo ama, di limitare qualcosa che tocchi la fruizione del mare. Si tratta soltanto di rispettare il principio della sicurezza, che vale ovunque, sulla terra, sul mare e su qualunque mezzo di trasporto che possa mettere a rischio la vita di altri. È fondamentalmente allo scopo di contemperare le esigenze della sicurezza dei fruitori del mare, con quelle dell'industria che produce tali mezzi di trasporto, che si può e si deve trovare un modo di garantire entrambe, attraverso l'introduzione di una modalità che, rispetto alle caratteristiche dei testi originariamente presentati dagli altri parlamentari, è stata alleggerita e ricondotta ad un'armonizzazione tra le regole che valgono sulla strada e quelle che devono valere anche per chi guida un mezzo in mare.
Per di più discutiamo di una limitazione e di una maggiore attenzione per chi è già dotato di una patente. Non si tratta, quindi, di condizioni aggiuntive di limitazione, ma semplicemente di un dovere di maggiore diligenza da parte di chi è già dotato di un titolo abilitativo. Non dimentichiamo, quindi, che per le imbarcazioni che non raggiungono né determinate dimensioni né motorizzazioni particolarmente significative, questo limite non c'è.
Credo che stia tutto qui il segno che si è voluto dare ad un ambito che, rispetto alla terra, è molto meno regolamentato. Si tratta soltanto dell'inizio dell'applicazione di un principio di maggiore attenzione rispetto ad una condizione che io trovo di doverosa armonizzazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, vorrei far presente all'onorevole Monai che, ovviamente, il passaggio in Parlamento dei decreti legislativi potrà consentire un esercizio ulteriore sulla delega da parte del Governo.
Per quanto riguarda il riferimento alle due banche dati, c'è un passaggio di supporto importante, ovvero si passa da una banca dati cartacea ad una telematica. Probabilmente questo andava chiarito meglio, da parte del Governo, in Commissione. È però chiaro che si tratta di un salto tecnologico importante, che favorirà anche la fruizione di tutti i destinatari di queste norme.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,07).

PRESIDENTE. Avverto che l'esame della proposta di legge n. 1475 ed abbinata Pag. 65non è stato concluso dalla Commissione; pertanto, essendo iscritta all'ordine del giorno subordinatamente al verificarsi di tale condizione, la stessa non verrà esaminata dall'Assemblea.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 19,08).

ALESSANDRO BRATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, le chiedo di intervenire nei confronti del Ministro dell'interno, al fine di poter ottenere la risposta - e spiegherò le motivazioni - all'interpellanza n. 2-00573, da me presentata come primo firmatario il 22 dicembre 2009 e poi sollecitata il 13 luglio 2010.
È un'interpellanza relativa ad un caso che in questi giorni sta riempiendo le pagine di numerosi quotidiani; riguarda la morte di un calciatore, Denis Bergamini, mio conterraneo, avvenuta il 18 novembre 1989. Il caso era stato archiviato come suicidio. Successivamente però, a seguito di una serie di indagini e di una memoria presentata dall'avvocato della famiglia, a fine giugno di quest'anno, il procuratore di Castrovillari, il dottor Giacomantonio, ha deciso di riaprire tale caso, cambiando il capo di imputazione in reato di omicidio volontario.
Dopo appunto ventidue anni sono state acquisite prove, che sono state ampiamente documentate. Tra queste prove si chiedeva a suo tempo, come oggetto dell'interpellanza - ed oggi questa situazione diventa ancora più importante - se corrispondesse al vero che all'epoca furono trasferiti due poliziotti che sostenevano si trattasse di omicidio e non di suicidio.
A questa domanda non ho mai ottenuto una risposta. Visto che il caso è stato di recente aperto, ed è un caso importante, chiederei a lei, signor Presidente, di farsi davvero parte attiva in modo da avere una risposta rispetto ad un particolare che può essere anche una prova rilevante nel prosieguo del procedimento.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,09).

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, cari colleghi, ci troviamo davanti ad un nuovo Esecutivo, chiamato a risolvere la grave crisi economica che minaccia il nostro Paese. Questo, tuttavia, non vuol dire che solo l'economia debba essere al centro del dibattito in Italia: ci sono altri problemi urgenti che riguardano i cittadini.
Primo fra tutti è il caso della piccola Martina, due anni, rapita qualche mese fa dal padre in Tunisia, praticamente ostaggio in Tunisia e anche del Governo tunisino, senza che la madre possa avere alcun contatto con lei. Non solo Martina, ma anche altre sei bambine sono tenute in ostaggio in Tunisia. Il 6 gennaio avrà luogo l'udienza definitiva che deciderà circa l'affido al padre della bimba. Il Ministro degli affari esteri continui la pressione sulla Tunisia perché riconosca la sentenza italiana di decadenza dalla patria potestà affinché Martina possa tornare in Italia, a casa sua, dalla madre.
Il secondo problema riguarda l'esito della Conferenza dei presidenti di gruppo in merito alla calendarizzazione della proposta di legge sull'abrogazione dell'articolo 36 della legge 16 giugno 1939, n. 1045, concernente l'igiene e l'abitabilità degli equipaggi a bordo delle navi mercantili nazionali, allo scopo di eliminare definitivamente un elemento di palese e totale discriminazione razziale ancora presente nell'ordinamento giuridico italiano e, a seguire, della proposta di legge concernente il divieto di indossare gli indumenti del burqa e del niqab che si pone come non più derogabile, vista l'avanzata salafita, estremista ed oscurantista che ha conquistato il nord Africa e che dilaga ormai in alcune zone soprattutto del nord Pag. 66del nostro Paese e in tutto l'Occidente. Ne va della libertà delle donne immigrate e delle seconde generazioni in Italia.
In conclusione, richiamo una tematica sulla quale ho interrogato il Ministro della salute, il professor Balduzzi e spero di avere al più presto una risposta, ovvero la dolorosa vicenda dei malati di SLA.
Il professor Paolo Zamboni dell'Università di Ferrara ha individuato una insufficienza venosa cronica cerebrospinale in grandissima parte di coloro che sono affetti da SLA. Stando allo studio in oggetto essi ne sono affetti prematuramente, ma con un intervento semplicissimo e di ridottissimo costo economico, l'angioplastica liberatoria delle vene, si riuscirebbe a risolvere il problema; ma la sperimentazione è stata bloccata nel nostro Paese e molti di questi pazienti con i familiari sono costretti ad andare in Romania ed in altri Paesi. Spero in una risposta rapida ed esaustiva per problemi che non hanno nulla a che vedere con l'economia, ma che toccano in maniera ugualmente pesante la vita degli italiani.

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Sbai, per le questioni così importanti che lei ha richiamato all'attenzione dell'Assemblea.

Annunzio della nomina di un Viceministro.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 19 dicembre 2011, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la S.V. che, con decreto del Presidente della Repubblica in data odierna, adottato su mia proposta, previa approvazione da parte del Consiglio dei ministri, a norma dell'articolo 10, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, della delega di funzioni conferita dal Ministro delle infrastrutture e i trasporti, è stato attribuito il titolo di Vice Ministro al sottosegretario di Stato presso il medesimo dicastero, dottor Mario Ciaccia. Con viva cordialità. Firmato: Mario Monti».

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 21 dicembre 2011, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FALLICA ed altri; NASTRI e CARLUCCI; META ed altri: Disposizioni per l'introduzione della patente nautica a punti e delega al Governo in materia di sanzioni per le violazioni commesse dai conducenti di imbarcazioni (C. 841-3644-4153-A).
- Relatore: Terranova.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00769, Monai ed altri n. 1-00772, Meta ed altri n. 1-00773 e Biasotti ed altri n. 1-00778 concernenti iniziative in materia di accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, con particolare riferimento alla questione dell'operatività della compagnia Singapore Airlines presso l'aeroporto di Malpensa.

3. - Votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza.

4. - Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Sbai (Doc. IV-quater, n. 16).
- Relatore: Castagnetti.

5. - Discussione di una domanda di autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici del deputato Granata (Doc. IV, n. 16-A).
- Relatore: Gava.

Pag. 67

6. - Discussione di una domanda di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti di Vincenzo Lo Zito (Doc. IV, n. 22-A).
- Relatore: Castagnetti.

7. - Discussione di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche nei confronti del deputato Romano (Doc. IV, n. 24-A).
- Relatori: Samperi, per la maggioranza; Cassinelli, di minoranza.

8. - Dimissioni dell'onorevole Pirovano.

La seduta termina alle 19,15.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 4710.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. La Fondazione europea per la formazione professionale (European Training Foundation - ETF) è un'agenzia specializzata dell'Unione europea, istituita dal regolamento (CEE) n. 1360/90 del Consiglio, e divenuta operativa nel 1994.
La Fondazione svolge funzioni di informazione, analisi, consulenza e sostegno ai programmi di assistenza dell'Unione europea in materia di sviluppo del capitale umano, allo scopo di aiutare i Paesi in transizione e in via di sviluppo a sfruttare il potenziale delle proprie risorse umane mediante la riforma dei sistemi di istruzione, formazione e mercato del lavoro.
L'ETF è dotata di un bilancio autonomo di circa 20 milioni di euro annui, con entrate che provengono essenzialmente da un contributo dell'Unione europea. L'Italia sostiene le attività della Fondazione tramite contributi volontari a valere sui fondi della cooperazione allo sviluppo. L'Agenzia ha iniziato le proprie attività nei Paesi allora candidati all'adesione all'Unione europea, per poi estenderle ai Paesi dell'Europa orientale e dell'Asia centrale (1994), del Mediterraneo (1998) e dei Balcani occidentali (2000). In base al nuovo regolamento, l'attività della Fondazione è indirizzata ai Paesi destinatari dei programmi di assistenza dell'Unione europea di preadesione (IPA), di vicinato e partenariato (ENPI) e di cooperazione allo sviluppo (DCI).
La Fondazione è dotata di personalità giuridica e impiega circa 120 unità di personale; i suoi organi statutari sono il Consiglio di amministrazione e il Direttore.
I rapporti tra la Fondazione e l'Italia, che la ospita a Torino, sono regolati dall'Accordo di sede fatto a Bruxelles il 19 dicembre 1994, con due scambi di note, e ratificato dall'Italia ai sensi della legge n. 111 del 1997.
La relazione illustrativa segnala come, in seguito alla riforma della disciplina statutaria del personale in servizio presso le istituzioni dell'Unione europea, introdotta dal regolamento n. 723/2004 del Consiglio, sia emersa la necessità di una revisione dell'Accordo di sede. Il nuovo Statuto, entrato in vigore nel 2004 ha infatti introdotto la categoria di agente contrattuale, che al termine del 2007 ha completamente sostituito la preesistente figura dell'agente ausiliario.
Il nuovo accordo di sede, che si compone di un preambolo e di 15 articoli, ricalca il modello dell'Accordo sottoscritto tra l'Italia e l'Autorità per la sicurezza alimentare (EFSA), avente sede a Parma, il 27 aprile 2004 e ratificato dall'Italia con la legge n. 17 del 2006.
È confermata quale sede della Fondazione, tramite la città di Torino e la regione Piemonte, il complesso di Villa Gualino, con le modalità previste dall'Allegato 1 che è considerato parte integrante dell'Accordo.
Particolare rilievo assume l'articolo 2, introdotto ex novo, per cui l'Italia riconosce alla Fondazione personalità giuridica, inclusa la capacità di stipulare contratti, di Pag. 68acquisire e cedere beni mobili e immobili e di stare in giudizio; attribuisce inoltre al Direttore la rappresentanza della Fondazione per le finalità dell'Accordo di sede.
L'Accordo dispone che la Fondazione, gli edifici della sede, i suoi beni ed archivi sono inviolabili, immuni da atti esecutivi e coercitivi, esenti da ogni tipo di tributi e da dazi e restrizioni all'importazione ed esportazione di beni destinati ai fini istituzionali; che il personale gode dei privilegi e immunità riconosciuti dal Protocollo delle Comunità europee vigenti in materia.
Il disegno di legge consta di quattro articoli che recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria del provvedimento e la norma sull'entrata in vigore del provvedimento, prevista per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
In particolare, l'articolo 3, prevede un'autorizzazione di spesa di 40.000 euro annui a decorrere dal 2011, a cui si provvede utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri del fondo speciale di parte corrente iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011. Tale spesa è da ricollegarsi, come si legge nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, all'esenzione dall'IVA su acquisti e importazioni di mobili ed effetti personali per il personale assunto dalla Fondazione.
Auspico una celere conclusione dell'iter del disegno di legge in esame, ricordando in proposito che la Commissione bilancio ha espresso un parere favorevole nel presupposto che il provvedimento sia approvato in via definitiva entro la fine di quest'anno.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Vannucci e a 1- 768 n.f. 489 475 14 238 475 43 Appr.
2 Nom. Risol. Reguzzoni e a 6-97 502 496 6 249 496 42 Appr.
3 Nom. Ddl 4710 - articolo 1 484 482 2 242 482 42 Appr.
4 Nom. articolo 2 481 479 2 240 479 42 Appr.
5 Nom. em. 3.100 articolo 86 - 4-bis Reg. 486 484 2 243 484 42 Appr.
6 Nom. articolo 3 482 480 2 241 480 42 Appr.
7 Nom. articolo 4 489 487 2 244 487 42 Appr.
8 Nom. Ddl 4710 - voto finale 479 477 2 239 477 42 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.