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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 554 di martedì 29 novembre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 16,05.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 23 novembre 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Albonetti, Alessandri, Barbi, Bongiorno, Borghesi, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Iannaccone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Antonio Martino, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Pianetta, Pisicchio, Razzi, Reguzzoni, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci, Vitali e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio del conferimento di incarico a un Ministro.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 25 novembre 2011, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, la informo che con mio decreto in data odierna, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito al Ministro senza portafoglio dottor Piero Gnudi, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche l'incarico per gli affari regionali».

Annunzio della nomina di un Viceministro e dei sottosegretari di Stato (16,09).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data odierna, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data odierna, adottati su mia proposta, sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato i seguenti sottosegretari di Stato:
alla Presidenza del Consiglio dei ministri: professor Giampaolo D'Andrea; dottor Antonio Malaschini; professor Carlo Malinconico; dottor Paolo Peluffo;
agli affari esteri: dottoressa Marta Dassù; dottor Staffan De Mistura;
all'interno: dottor Carlo De Stefano; dottor Giovanni Ferrara; professor Saverio Ruperto;
alla giustizia: professor Salvatore Mazzamuto; professor Andrea Zoppini;
alla difesa: professor Gianluigi Magri; dottor Filippo Milone;
all'economia e alle finanze: professor Vittorio Umberto Grilli, al quale è stato attribuito il titolo di Viceministro; dottor Vieri Ceriani; dottor Gianfranco Polillo; Pag. 2
allo sviluppo economico: professor Claudio De Vincenti; professor Massimo Vari;
alle politiche agricole, alimentari e forestali: professor Franco Braga;
all'ambiente e alla tutela del territorio e del mare: ingegner Tullio Fanelli;
alle infrastrutture e ai trasporti: dottor Mario Ciaccia; dottor Guido Improta;
al lavoro e alle politiche sociali: professor Michel Martone; professoressa Cecilia Guerra;
all'istruzione, all'università e alla ricerca: dottor Marco Rossi Doria; professoressa Elena Ugolini;
ai beni e alle attività culturali: dottor Roberto Cecchi;
alla salute: professor Adelfio Elio Cardinale.

Cordialmente, firmato: Mario Monti. Roma, 29 novembre 2011».

Ai sottosegretari e al Viceministro rivolgo l'augurio di buon lavoro da parte della Presidenza e di tutta l'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo). È un applauso isolato che rappresenta tutti ovviamente. Grazie, onorevoli.

Modifica nella composizione della Giunta per le autorizzazioni (16,11).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Giunta per le autorizzazioni il deputato Vincenzo D'Anna in sostituzione del deputato Silvano Moffa, dimissionario.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (16,12).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, l'onorevole Elio Vittorio Belcastro.

Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge costituzionale: Cambursano ed altri; Marinello ed altri; Beltrandi ed altri; Merloni ed altri; Lanzillotta ed altri; Antonio Martino ed altri; d'iniziativa del Governo; Bersani ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (A.C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-A) (ore 16,13).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione, in prima deliberazione, del testo unificato dei progetti di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Cambursano ed altri; Marinello ed altri; Beltrandi ed altri; Merloni ed altri; Lanzillotta ed altri; Antonio Martino ed altri; d'iniziativa del Governo; di iniziativa dei deputati Bersani ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
Ricordo che nella seduta del 23 novembre 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4205-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della I Commissione (Affari Costituzionali), onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima che l'Assemblea passi all'esame degli emendamenti e ai voti, desidero ringraziare tutti coloro che in queste settimane hanno lavorato, in spirito di concordia e di costruzione, nella piena consapevolezza del momento difficile che attraversiamo e con la conseguente responsabilità, alla importantissima e, per Pag. 3tanti versi, rivoluzionaria riforma costituzionale, che ci accingiamo oggi ad approvare in prima lettura.
Ho già avuto modo di sottolineare, durante la discussione sulle linee generali, quanto concreto e costruttivo sia stato l'apporto dei gruppi parlamentari in tutte le sedi in cui si è lavorato.
Voglio ora ringraziare anche il Ministro per i rapporti con il Parlamento, il professor Piero Giarda, il quale, non appena insediato, si è reso disponibile, su mandato del Governo, a seguire l'iter parlamentare della riforma, arricchendolo di tutta la sua scienza ed esperienza su queste difficili e delicate questioni.
La rapidità con la quale le Commissioni hanno dovuto concludere l'esame del provvedimento in sede referente - dovuta ai tempi ristretti che la congiuntura politico-economica internazionale ha imposto all'Italia per l'approvazione di questa riforma - non ha ovviamente permesso di affrontare fino in fondo in quella fase tutte le numerose questioni che erano state sollevate nel corso del dibattito e dell'indagine conoscitiva.
Nell'ottica di affinare progressivamente il testo e di chiarire - innanzitutto a noi stessi - il disegno della epocale riforma che si rende necessario attuare, i presidenti, nella loro qualità di relatori, insieme con il Governo, nella persona del Ministro Giarda, hanno portato avanti la riflessione sul testo anche dopo la conclusione dell'esame in sede referente.
Nel complesso, il testo che le Commissioni propongono - quello risultante dalla proposta definita al termine dell'esame in sede referente e dagli emendamenti presentati dalle Commissioni - è un testo largamente condiviso nell'impianto di fondo, anche se permangono, com'è emerso nella riunione del Comitato dei diciotto, svolta oggi, e come era forse prevedibile, divisioni su alcuni aspetti di maggiore o minore dettaglio.
Inevitabilmente, data la delicatezza e complessità della materia e data la rapidità con cui si è dovuto procedere, si tratta di un testo ulteriormente migliorabile. Di quanto tempo potremo disporre per ragionare ancora, dipenderà in gran parte dall'evoluzione dello scenario internazionale.
In ogni caso, voglio ora accennare al contenuto degli emendamenti e articoli aggiuntivi che le Commissioni hanno presentato al testo, dei quali i relatori raccomandano naturalmente l'approvazione. Mi soffermerò sulle proposte emendative 1.100, 1.101, 1.0100, 2.100 e 3.100, mentre il presidente Giorgetti illustrerà il contenuto dell'emendamento 4.100.
Innanzitutto, devo spiegare che l'orientamento emerso è stato quello di intervenire sulla Costituzione vigente nel modo più attento possibile, razionalizzando e contenendo le novelle, sia in termini di numero di articoli toccati, sia in termini di tenore e stile delle modifiche: si è cercato cioè di formulare nella maniera più asciutta e concisa possibile le modifiche da apportare all'articolo 81 e agli altri articoli, in armonia con lo stile generale del nostro testo costituzionale.
Conseguentemente, la gran parte della disciplina di dettaglio che il «testo A» inserisce nell'articolo 81 viene dagli emendamenti delle Commissioni spostata in una legge costituzionale. Nella nuova formulazione proposta, l'articolo 81 prevede che lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico e che il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Rispetto al «testo A», a parte il trasferimento della disciplina di dettaglio in un articolo della legge costituzionale che non modifica la Costituzione, pur tracciando il quadro della riforma, e del quale dirà il presidente Giorgetti, si è eliminato il riferimento al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, che è stato inserito nell'articolo 97 della Costituzione, dove viene sancito, come principio generale, quello secondo cui «le pubbliche amministrazioni, in coerenza Pag. 4con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico».
La modifica dell'articolo 97 ha la funzione di generalizzare l'obbligo di equilibrio di bilancio, rendendolo valido per tutte le pubbliche amministrazioni della Repubblica. È, questa, una soluzione di compromesso, forse non completamente soddisfacente, che ha permesso di non modificare la prima parte della Costituzione, come da più parti è stato chiesto, e nel contempo di sottomettere al nuovo principio anche le pubbliche amministrazioni non immediatamente riconducibili né allo Stato (che è vincolato mediante la revisione dell'articolo 81) né alle autonomie territoriali (che sono vincolate mediante la revisione dell'articolo 119).
L'altra rilevante modifica proposta è la soppressione dell'articolo 2 del «testo A», e quindi della previsione di una facoltà della Corte dei conti di promuovere il giudizio di legittimità costituzionale di una legge per la violazione dell'obbligo di copertura finanziaria di cui al terzo comma dell'articolo 81, che - lo ricordo - nel nuovo testo proposto all'Aula prevede che ogni legge che preveda nuove spese debba indicare i mezzi per farvi fronte.
Il ripensamento sulla costituzionalizzazione del potere di impugnativa delle leggi da parte della Corte dei conti è dipeso in particolare dal timore che attribuire un così rilevante potere di condizionamento dell'attività legislativa ad un organo esterno al Parlamento e al circuito politico-elettorale potesse alterare il sistema di bilanciamenti costituzionali che connota la democrazia parlamentare. Naturalmente questo non incide in alcun modo sul prezioso ruolo svolto che già oggi la Corte dei conti svolge in materia di controllo sulla spesa pubblica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della V Commissione (Bilancio), onorevole Giancarlo Giorgetti.

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, nel ringraziare non formalmente tutti i colleghi intervenuti nella discussione sulle linee generali per l'importante contributo offerto nel merito del dibattito, ritengo in primo luogo significativa la circostanza che tutti abbiano mostrato particolare consapevolezza della delicatezza della congiuntura economica e finanziaria affrontata dal nostro Paese, richiamando puntualmente le decisioni assunte negli scorsi mesi nell'ambito dell'Unione europea e gli impegni presi dall'Italia con particolare riferimento al cosiddetto Patto euro plus.
In questo senso deve senz'altro rilevarsi favorevolmente il fatto che anche la discussione sulle linee generali abbia confermato l'ampia convergenza tra le diverse forze politiche in ordine all'inserimento del principio del pareggio di bilancio nella nostra Carta costituzionale, testimoniato del resto dalla circostanza che sulla materia sono state presentate oltre al disegno di legge governativo ben sei proposte di legge di iniziativa parlamentare.
Quanto ai contenuti degli interventi, desidero preliminarmente sottolineare come le osservazioni formulate abbiano stimolato riflessioni dei relatori e del Governo (nella persona del Ministro Giarda) avvenute negli ultimi giorni anche attraverso incontri informali che hanno preceduto l'odierna riunione del Comitato dei diciotto, delle Commissioni riunite, che ha approvato gli emendamenti richiamati dal presidente Bruno. A questo riguardo, con riferimento alla necessità segnalata dall'onorevole Cambursano di definire le conseguenze degli eventuali scostamenti, ricordo che la lettera d) del comma 1 dell'articolo 4-bis (che si propone di introdurre) ribadisce che nei casi nei quali le Camere possano autorizzare il ricorso all'indebitamento esse debbano altresì prevedere un piano di rientro.
È, inoltre, previsto che la legge rinforzata definisca il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati rispetto alle previsioni, al superamento del quale si dovrà intervenire con specifiche misure di correzione.
Pur comprendendo le preoccupazioni espresse dall'onorevole Marinello in ordine alla possibilità che il concorso dello Stato Pag. 5al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali degli enti territoriali possa determinare una deresponsabilizzazione di tali enti e un indebolimento dei vincoli di finanza pubblica, ritengo che la nuova formulazione, individuata nell'ambito dell'articolo 4-bis che proponiamo di introdurre, che non fa più riferimento alle funzioni fondamentali degli enti territoriali, rappresenti una soluzione equilibrata alle esigenze che si pongono in questo campo.
Ritengo importante sottolineare, infatti, che, da un lato, le regioni e gli enti locali sono chiamati a raggiungere un equilibrio di bilancio in termini nominali, senza tener conto degli effetti del ciclo economico, e che, dall'altro, agli enti territoriali è attribuito il gettito di entrate fortemente influenzate dall'andamento del ciclo stesso.
La formulazione che proponiamo di introdurre non intende, quindi, cristallizzare una volta per tutte i livelli delle prestazioni riconosciuti in un preciso momento storico, dal momento che lo Stato potrà sempre, nell'esercizio della sua potestà legislativa esclusiva, rideterminare per il futuro il contenuto. La disposizione che intendiamo introdurre rappresenta semplicemente una norma di chiusura, volta a garantire che, in presenza di un calo delle entrate dovuto al ciclo economico, sia comunque assicurato il finanziamento delle funzioni attribuite con legge statale.
Con riferimento alle considerazioni dell'onorevole Tassone, pur prendendo atto delle perplessità da lui manifestate in ordine all'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ritengo che le modifiche che abbiamo proposto superino, almeno parzialmente, alcune delle osservazioni rispetto ai singoli aspetti del provvedimento.
In particolare, vorrei sottolineare che si è provveduto a precisare maggiormente l'ambito applicativo della riforma in discussione, introducendo nella Costituzione, all'articolo 97, una disposizione riferita al complesso delle pubbliche amministrazioni. Tale precisazione ci è parsa senz'altro utile dal momento che l'introduzione di un principio di carattere generale consente di estendere il principio dell'equilibrio di bilancio, non solo allo Stato e agli enti territoriali, ma anche alle altre amministrazioni pubbliche, quali, ad esempio, le università, gli enti di previdenza ed assistenza, alle quali si riferiscono i vincoli finanziari previsti a livello europeo dal Patto di stabilità e crescita.
Per quanto attiene, poi, alle considerazioni dell'onorevole Della Vedova, preciso che le proposte emendative presentate dalle Commissioni sono in primo luogo volte a preservare lo stile sintetico della nostra Carta costituzionale, ma, allo stesso tempo, demandano, sempre attraverso una norma di rango costituzionale, ad una legge rinforzata le questioni attinenti alla definizione di aspetti più tecnici riguardanti, ad esempio, la disciplina delle verifiche preventive e consuntive e delle misure di correzione.
Le Commissioni non hanno ritenuto di accogliere la proposta che gli enti territoriali partecipino agli oneri derivanti dalle sanzioni comminate dalla Corte di giustizia europea a causa delle leggi regionali. Segnalo, tuttavia, che la lettera d) del comma 2 dell'articolo 4-bis che si intende introdurre rimette alla legge rinforzata il compito di individuare le modalità attraverso le quali gli enti territoriali concorreranno alla sostenibilità del debito pubblico.
Per quanto riguarda, invece, le considerazioni relative all'introduzione di limiti, anche quantitativi, alla spesa pubblica formulati in particolare dai colleghi Della Vedova, Calderisi e Stracquadanio, osservo che le Commissioni hanno recepito tale sollecitazione nella lettera e) del comma 1 dell'articolo 4-bis che si intende introdurre, facendo riferimento espressamente a regole della spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo.
Gli interventi dei colleghi Bressa e Calderisi si sono soffermati prevalentemente su questioni di carattere istituzionale che esulano, quindi, dalla competenza della Commissione bilancio. Ritengo, tuttavia, opportuno soffermarmi sulla questione sollevata dall'onorevole Calderisi relativa Pag. 6al rafforzamento del controllo parlamentare sulla finanza pubblica. Concordo con lui sul fatto che, fino ad ora, il tempo e l'attenzione dedicati a questi temi dalle Camere sono stati particolarmente scarsi. Proprio in quest'ottica, nell'articolo 4-bis proponiamo di istituire, presso il Parlamento, un organismo indipendente cui siano attribuiti compiti, analisi, verifiche e valutazioni in materia di finanza pubblica, recependo, in questo modo, la direttiva sui quadri di bilancio recentemente adottata nell'ambito dell'Unione europea, direttiva che richiede, appunto, la costituzione di organismi indipendenti in questo settore.
Sottolineo al riguardo come l'organismo in questione abbia natura esclusivamente tecnica, non politica, e in tale prospettiva vadano valutati i compiti ad esso attribuiti. La denominazione prescelta e la stessa definizione dei relativi compiti ricalcano, del resto, la terminologia da tempo invalsa in ambito europeo ed un modello già ampiamente sperimentato in numerosi Paesi dell'Unione europea e al di fuori di essa.
Nello stesso articolo 4-bis, recependo una sollecitazione formulata nel Comitato dei diciotto proprio dai colleghi Bressa e Calderisi, è ribadito l'affidamento alle Commissioni parlamentari competenti delle funzioni di controllo della finanza pubblica, sottolineando la centralità del ruolo che il Parlamento è chiamato ad esercitare in questo settore.
Da ultimo osservo che negli interventi degli onorevoli Zaccaria e Duilio si è osservato come, nel quadro delle politiche volte a coniugare rigore di bilancio e crescita economica, debbano valutarsi con attenzione le proposte volte a introdurre nella Costituzione la golden rule volta a consentire il ricorso all'indebitamento per investimenti con particolare riferimento alle opere infrastrutturali. Si tratta di un tema particolarmente delicato sui quali i relatori hanno riflettuto a lungo. Si è tuttavia deciso di confermare tale deroga all'equilibrio di bilancio solo per gli enti territoriali, prevedendo tuttavia che debbano individuarsi meccanismi volti a garantire che per il complesso di tali enti sia assicurato l'equilibrio di bilancio. Tale compensazione potrà avvenire non solo a livello nazionale ma anche a livello delle singole regioni. Un'analoga deroga non è invece evidentemente possibile per lo Stato in ragione dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, avendo ascoltato le relazioni dei due presidenti, Bruno e Giorgetti, che hanno reso un accurato rendiconto dei lavori svolti dall'Assemblea nella settimana scorsa e nel corso delle numerose riunioni ed incontri che abbiamo avuto presso le Commissioni riunite bilancio e affari costituzionali, il Governo deve soltanto ricordare di aver prestato la propria attività a servizio di questo lavoro delle Commissioni e non ha nulla da aggiungere alle considerazioni svolte nelle relazioni dei due presidenti della Commissione bilancio e della Commissione affari costituzionali.

(Esame degli articoli - A.C. 4205-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle Commissioni.
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, l'articolo premissivo Marinello 01.01 è stato ritirato dal presentatore.
Avverto inoltre che le Commissioni hanno presentato le proposte emendative 1.100, 1.101, 1.0100, 2.100, 3.100 e 4.100, che sono in distribuzione. Ricordo che il termine per la presentazione dei subemendamenti è già stato fissato per le ore 17 di oggi.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante Pag. 7procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

DONATO BRUNO, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, se lei ha intenzione, di riprendere i lavori alle 17, orario in cui scade il termine per la presentazione dei subemendamenti, se ci potesse lasciare un quarto d'ora in più per fare un lavoro compiuto, ci potremmo riunire nella sala del Governo, e quindi eventualmente convocare l'Assemblea per le ore 17,15 o 17,20, o l'ora che lei ritiene più opportuna (al limite anche 17,30 visto che non conosciamo il numero dei subemendamenti). Questo consentirebbe di avere il quadro completo, sia da parte nostra - e parlo anche a nome del presidente Giorgetti - sia, credo, da parte del Governo.

PRESIDENTE. Mi sembra che la proposta del presidente Bruno sia funzionale. Se non vi sono obiezioni, a questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17,20.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 17,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Sull'ordine dei lavori.

LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, il gruppo parlamentare della Lega Nord ha la necessità di capire come l'attuale Governo si stia confrontando con gli altri Paesi per frenare questa pericolosissima crisi economica.
Riteniamo sia urgente che il Presidente del Consiglio dei ministri, professor Monti, venga a riferirci (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) sulle azioni che lo Stato italiano e gli altri Paesi dell'Unione europea intendono avviare per evitare ciò che da più parti si sta prospettando, vale a dire il rischio di fallimenti multipli dei bilanci dei vari Paesi, compreso il nostro.
È di queste ore la notizia che l'interesse per collocare i nostri buoni ordinari del tesoro è ormai all'8 per cento: qualcuno ci ha ricordato che acquistarli a queste condizioni è come lanciare un salvagente di piombo ad una persona che sta per annegare. Dunque, vi sono evidentissimi problemi da affrontare.
Purtroppo, se le ricette interne sono quelle che stiamo leggendo anche in queste ore, vale a dire l'aumento dell'ICI, le tasse patrimoniali, l'aumento dell'IVA, siamo evidentemente sulla strada sbagliata, perché più tasse significano meno lavoro e, quindi, meno occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se, invece, l'Unione europea, magari su un nostro suggerimento, intervenisse per arginare la crisi, autorizzando l'inizio di una nuova stagione di investimenti infrastrutturali - potrebbe essere un secondo piano Marshall -, le prospettive occupazionali sarebbero diverse da quelle negative che stiamo subendo.
Vorremmo sapere se, a livello internazionale, i Governi, compreso il nostro, intendano affrontare i veri problemi che hanno generato questa crisi, affrontando, ad esempio, l'enorme massa finanziaria che, alla voce «derivati», sfiora ormai 500 mila miliardi di dollari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), una cifra equivalente a 250 volte il nostro debito pubblico, che è il quarto a livello mondiale. E quando parliamo di derivati, sappiamo che parliamo di moltiplicatori di Pag. 8invenzioni finanziarie. Pertanto, vorremmo poter comunicare anche questo al Presidente del Consiglio.
Vorremmo sapere se il Presidente Monti ha discusso di questo con gli altri leader mondiali o se tutti intendono subire queste devastazioni, com'è stato fatto finora.
Abbiamo, inoltre, la necessità di capire se, oltre all'aumento delle tasse, sia previsto di dare seguito al processo, già avviato in questo Paese, di miglioramento della spesa pubblica, insistendo sulle voci relative alla spesa standard obbligata e al federalismo fiscale per liberare risorse e creare posti di lavoro veri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per questi motivi, signor Presidente, e per poter calibrare anche il nostro lavoro parlamentare, chiediamo a lei di farsi interprete presso la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché il Presidente stesso venga a relazionare in Aula su come intenda affrontare questi temi per evitare che la crisi degeneri ulteriormente. Infatti - ahimè, ahinoi -, abbiamo bisogno di un Governo che governi e che, magari, dia indicazione anche gli altri Paesi dell'Unione europea.
Noi siamo molto preoccupati, perché, finora, dall'inizio dell'attività di questo nuovo Governo tecnico, abbiamo solo sentito parlare di aumento di tasse e non degli argomenti che ho proposto e sui quali vorremmo poter ascoltare e dialogare con il Presidente del Consiglio, professor Monti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Luciano Dussin. È presente il Ministro per i rapporti con il Parlamento, che riferirà direttamente al Presidente del Consiglio. Le ricordo, inoltre, che il 1o dicembre è prevista una Conferenza dei presidenti di gruppo per un'eventuale calendarizzazione della sua richiesta.

In ricordo dell'onorevole Rossella Ottone.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo).
Onorevoli colleghi, come sapete, lo scorso 14 novembre, è venuta a mancare, dopo una lunga malattia, la onorevole Rossella Ottone, già membro della Camera dei deputati nella XIV e nella XV legislatura.
Nata a Cengio il 4 marzo 1948, titolare di un'azienda tessile, ha sempre dedicato, sia nella sua attività di imprenditrice, sia come dirigente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, profonda attenzione e grande impegno ai problemi del lavoro e dell'imprenditoria femminile.
Ha iniziato la sua carriera politica nell'amministrazione provinciale di Ferrara, di cui è divenuta, nel 1999, vicepresidente. Come membro di questa Camera è stata componente e segretario della Commissione politiche dell'Unione europea, facendosi altresì promotrice di iniziative legislative contenenti misure a tutela delle categorie più deboli dei cittadini, della maternità e del lavoro femminile e per il superamento delle discriminazioni di genere.
Con la morte di Rossella Ottone scompare una figura di grande sobrietà, una donna tenace e concreta di cui tutti ricordiamo l'impegno profuso, sia nella vita civile, sia nelle istituzioni locali e nazionali.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi).

MARINA SERENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, Rossella Ottone è stata in Parlamento dal 2001 al 2008, lasciando tra i colleghi e le colleghe che l'hanno conosciuta il ricordo di una persona mite, seria, profondamente radicata nel suo territorio. Pag. 9
Imprenditrice tessile, aveva ricoperto - come lei ha ricordato -, per alcuni anni, l'incarico di vicepresidente della provincia quando, nel 2001, venne eletta per la prima volta alla Camera nel collegio di Ferrara-Cento sotto il simbolo de L'Ulivo.
Rossella portò in Parlamento innanzitutto la sua esperienza di piccola imprenditrice e di dirigente della CNA. La sua convinta militanza politica nelle fila dei Democratici di Sinistra prima, e del Partito Democratico poi, non le impedirono mai di tessere relazioni e di creare occasioni di collaborazione con le colleghe degli altri gruppi.
In particolare, si fece promotrice dell'associazione interparlamentare Impresa/Donna/Europa alla quale aderirono deputate e senatrici di tutti i gruppi, con l'obiettivo di monitorare il mondo dell'imprenditoria femminile e di dare un contributo concreto al suo sviluppo attraverso un'azione di lobby finalizzata al rilancio di misure e strumenti specifici di sostegno dell'impresa femminile come la legge n. 215 del 1992.
Nel promuovere e guidare quell'iniziativa trasversale, così come in tutta la sua attività parlamentare, in particolare nella Commissione politiche dell'Unione europea, Rossella Ottone dimostrò sempre competenza, tenacia, concretezza. Non faceva grandi discorsi, studiava gli atti in discussione, interveniva puntualmente in Commissione e in Aula quando era necessario, aveva grande disponibilità ed una presenza assidua a tutte le iniziative promosse dal gruppo.
Per lei l'impegno politico e parlamentare dovevano produrre qualcosa di utile alla vita quotidiana delle persone, delle famiglie, delle imprese e delle comunità locali. Rossella Ottone era quanto di più distante dalla politica fatta di mera immagine e di comunicazione fine a se stessa.
Il suo modo sobrio di costruire le iniziative, di superare le difficoltà, di raccontarti anche i momenti tristi della sua vita privata e familiare si combinava con un carattere gioviale, positivo, aperto e generoso. Ricordo con grande affetto e piacere le serate che organizzava ogni tanto a casa sua qui a Roma, con i prodotti buoni della sua terra, come occasioni per stare tra colleghi, per scambiare idee e conoscersi meglio.
Rossella è stata una brava parlamentare, una persona perbene che ha vissuto la politica come servizio per la sua comunità, per le donne, per il mondo del lavoro e delle piccole imprese. Sapeva praticare la buona politica e credo le farebbe piacere sapere che noi, che l'abbiamo conosciuta in quest'Aula, la ricordiamo così (Applausi).

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei associarmi alle parole di ricordo che sono state pronunciate in quest'Aula per la scomparsa che è stata ricordata.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli articoli - A.C. 4205-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli del testo unificato.
Ha chiesto di intervenire il relatore per la V Commissione, Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le volevo segnalare che per un mero errore materiale all'emendamento 4.100 delle Commissioni riferito all'articolo 4-bis, comma 1, alle lettere b) e c), dopo la parola «ciclo», occorre aggiungere la seguente: «economico». Era sfuggito nell'originaria versione.

PRESIDENTE. Ne prendiamo atto. Pag. 10
Avverto che sono stati presentati subemendamenti agli emendamenti delle Commissioni. Tali subemendamenti sono in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4205-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4205-A ed abbinati).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, ho scelto di intervenire nella discussione sul complesso degli emendamenti perché le Commissioni hanno appena depositato una riformulazione piena del testo della correzione dell'articolo 81 della Costituzione e su questa vorrei esprimere il mio giudizio complessivo e poi indicare come voterò al termine di questo nostro esame.
I due relatori, l'onorevole Bruno e l'onorevole Giorgetti, hanno indicato bene, con molta ampiezza di argomentazioni, non solo i contenuti della riforma che essi propongono dell'articolo 81 della Costituzione, ma anche le origini di questa iniziativa legislativa. Tali origini sono una decisione del Consiglio europeo del marzo scorso che chiede a tutti i Paesi membri dell'Unione europea di rafforzare la disciplina posta a presidio della stabilità dei bilanci.
L'Italia, in un certo senso, appare non solo come firmataria di questa decisione in seno al Consiglio europeo, ma anche - dobbiamo dirlo - come un Paese che porta con sé da molto tempo grandi squilibri di bilancio e un enorme debito pubblico. Pertanto, capisco che il presidente della Commissione affari costituzionali, il presidente della Commissione bilancio e le forze politiche nel loro complesso non si sentano di (per così dire) non recepire un'impostazione che arriva con la forza di un impianto suggerito dall'Europa di fronte ad una condizione molto difficile della moneta unica europea.
Quindi, capisco che il Parlamento possa affrontare, con lo spirito con cui la sta affrontando, questa discussione con una convergenza tra le principali forze politiche parlamentari.
Tuttavia, signor Presidente, debbo sollevare un problema e una discussione perché, secondo me, questa norma, di cui - lo ripeto - comprendo l'origine, rischia però - e lo spiegherò brevemente - di aggravare i problemi davanti ai quali si trova la moneta unica.
Noi ci troviamo ovviamente in un momento molto difficile ma, onorevoli colleghi, ci sono essenzialmente due possibili interpretazioni estreme della crisi dell'euro.
Un'interpretazione è che la crisi dell'euro sia frutto degli squilibri finanziari, e in particolare di bilancio, di alcuni dei Paesi membri: la crisi della Grecia, della Spagna, del Portogallo, dell'Italia si scarica nelle sue conseguenze sulla moneta unica e l'indebolisce.
Questo, in parte, è certamente vero, onorevoli colleghi, perché è evidente che noi, con il nostro debito pubblico, abbiamo accentuato le difficoltà di finanziamento dell'Europa. La mole di titoli del debito pubblico che vengono presentati ogni anno è accresciuta da quello che è il debito pubblico italiano; la scarsa fiducia nella moneta è accresciuta dalla condizione di disordine della finanza pubblica greca, dalla crisi del sistema bancario spagnolo e così via.
Ma, onorevoli colleghi, vi è anche un effetto di crisi nei Paesi europei - e, altrimenti, sarebbe insufficiente la nostra discussione su un tema da cui dipende la vita dell'Europa e dei nostri concittadini - che discende dalla moneta unica. È vero, cioè, che noi dobbiamo assumerci le nostre responsabilità per quelli che sono stati gli errori di conduzione delle finanze pubbliche, ma è possibile dire che tutta la crisi dell'euro sia figlia degli errori di bilancio della Grecia o dell'Italia o della Spagna Pag. 11o c'è anche, a monte o accanto a questo, una responsabilità della politica economica europea?
Siamo certi, onorevoli colleghi, che a causa del tasso di cambio dell'euro nei confronti del dollaro, che ha indebolito così tanto le capacità competitive e l'industria esportatrice di un Paese come l'Italia, non ci sia un effetto sulla crisi economica del nostro Paese che proviene da una politica monetaria della Banca centrale europea che ha tenuto un tasso di cambio che ha determinato la crisi dell'impresa esportatrice del nostro Paese?
Siamo certi che un tasso di cambio meno alto nei confronti del dollaro non avrebbe aiutato l'economia greca, attraverso i proventi del turismo - del turismo americano, del turismo internazionale - ad avere una bilancia dei pagamenti, una condizione fiscale e finanziaria migliore e meno tesa di quella che si è avuta? Siamo cioè certi, onorevoli colleghi, che noi dobbiamo far ricadere la colpa della crisi dell'euro esclusivamente sui Paesi che hanno fatto gli errori che noi abbiamo commesso, o dobbiamo mettere in discussione la politica economica dell'Europa?
Infatti, la politica economica dell'Europa, onorevoli colleghi, in questi anni ha avuto un solo faro, che è l'articolo 105 del Trattato di Maastricht, secondo cui il compito della Banca centrale europea è il mantenimento della stabilità dei prezzi. E, in questo, la Banca centrale europea ha fatto bene perché i prezzi sono sempre rimasti sotto quel 2 per cento che si era indicato come il limite della stabilità dei prezzi. Ma, durante questi anni in cui i prezzi erano stabili, ci si è occupati in Europa della crescita dell'Europa?
Come si fa a dire (come ci dicono le autorità europee, e ce lo dicono): «voi dovete risanare i bilanci, ma dovete anche avere maggiore crescita»? Io non lo so nella mia conoscenza delle questioni economiche e della politica economica. Per una politica di crescita, servono o possono servire, ma certamente possono servire, strumenti di carattere fiscale: abbassare selettivamente le imposte sul lavoro, sull'impresa, sugli investimenti, incoraggiare gli investimenti attraverso sgravi fiscali.
Oppure può servire aumentare gli investimenti pubblici attraverso una maggiore spesa per la ricerca scientifica, per l'università, per la scuola, per le infrastrutture e per l'ambiente. Siamo cioè certi che mettere insieme, da una parte, la politica monetaria (che ha come unico obiettivo la stabilità dei prezzi) e, dall'altra, la politica di bilancio (nella quale vengono riposte tutte le possibilità di sostenere la domanda complessiva dei nostri paesi) sia la risposta alla crisi dell'euro? O rischia di essere una fase ulteriore della crisi? È una situazione nella quale dalla crisi dei bilanci si va alla deflazione e dalla deflazione si va ad una nuova crisi dei bilanci.
Che cosa ci dice l'OCSE? Che cosa ci dice la Comunità europea? Che cosa dice, professor Giarda, al Governo Monti la Comunità europea? Che l'Italia dovrà compiere un nuovo sforzo per portare il bilancio in pareggio nel 2013. Ma questo sforzo è il risultato delle conseguenze sul livello dell'attività produttiva dei tagli alla spesa pubblica che noi abbiamo fatto. Traggo da questo la conseguenza che non dovevamo fare i tagli? No, evidentemente, perché la condizione del nostro bilancio è insostenibile. Ma traggo la conseguenza che solo ed esclusivamente la politica del rigore della finanza pubblica è destinata a fallire, in quanto crea i buchi che poi la finanza pubblica deve colmare con altre misure restrittive. Guardate la condizione della Grecia che si avvita in queste condizioni!
Quindi, onorevoli colleghi, è questo il problema della spesa pubblica e del bilancio ed è questo il problema dell'euro. Su Il Sole 24 Ore di giovedì scorso, uno dei più rispettati economisti italiani, il professor Tabellini, rettore dell'università Bocconi (da cui provengono buona parte dei professori che impreziosiscono il Governo del nostro Paese in questo momento), scriveva che - diciamolo francamente - nell'euro c'è un errore di fondo costitutivo. Ma è un po' tardi, dieci anni dopo aver creato la moneta unica, scoprire che c'è un Pag. 12errore costitutivo nella moneta unica stessa! Bisognava in un certo senso capirlo prima. Molti lo avevano compreso, ma questa discussione in Europa non è stata possibile.
Il punto di debolezza della moneta unica è che nella sua impostazione era chiaro che cosa non bisognava fare, ma non c'era nessuno che facesse quello che, invece, bisognava fare. Era chiaro chi doveva tenere il piede sul freno. Non era chiaro che ci fosse un acceleratore, né chi dovesse avere il piede sull'acceleratore. Mancava il ministro europeo dell'economia. Mancava all'interno dei singoli paesi l'autorizzazione a fare la spesa o la diminuzione delle imposte. Sono vicende che noi abbiamo.
Oggi, signor Presidente, la ricetta che proviene da tutte le parti, il «toccasana» della crisi dell'euro è quello di dare alla Banca centrale il compito di prestatore di ultima istanza. Si vorrebbe che la Germania accettasse questa funzione. In quella discussione tra il presidente Sarkozy, il Presidente Monti e la cancelliere Merkel (non so come sia andata), vi debbo dire che, pur avendo espresso in questo momento molte riserve sulla politica economica dell'euro, ho molte riserve sull'idea di attribuire alla Banca centrale una funzione di prestatore di ultima istanza.
Infatti, la preoccupazione della Germania non è da buttare via, onorevoli colleghi: se alla Banca centrale si affida il compito di finanziare comunque i fabbisogni pubblici di tutti i paesi membri, questo è un incoraggiamento all'allegria finanziaria. Capisco che la cancelliera Merkel dica che la Germania non accetterà mai una misura di questo genere senza la garanzia che questi paesi non faranno più dei debiti. Il problema dell'euro non è che la Banca centrale europea non è prestatore di ultima istanza, perché essa deve diventarlo solo in momenti di crisi, come questo. Nei momenti di crisi la Banca centrale europea sarà costretta a fare ciò che sta facendo.
Il problema è se vi è una politica economica in Europa che impedisca ai paesi di finire nelle condizioni di crisi che impongono di avere un prestatore di ultima istanza. C'è una politica di sviluppo dell'occupazione. C'è una politica di sviluppo del reddito.
C'è una politica di sostegno della domanda, che si può fare abbassando i tassi di interesse e, dunque, invito la Banca centrale europea ad abbassare ulteriormente i tassi di interesse; una politica che consenta di non guardare soltanto ad un euro forte ma anche al bisogno di un'industria esportatrice forte, perché da questa dipende la forza dell'economia europea e, se è forte l'economia europea, sono forti gli incassi fiscali e il bilancio va in equilibrio.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non voglio svolgere un discorso troppo lungo, ma la conclusione a cui arrivo è che l'obbligo di stabilire il pareggio di bilancio, senza eccezioni, aggraverà, non oggi forse, perché in questo momento i mercati finanziari potranno vederlo con sollievo, ma nel medio tempo la possibilità di dare una risposta ai problemi del Paese. Avrei accettato volentieri, signor Ministro Giarda che, del resto, conosce bene questi problemi, una norma molto rigida che stabilisse, nella Costituzione italiana, che non una lira di spesa corrente possa essere finanziata in deficit e, cioè, che la spesa corrente dello Stato, delle regioni, dei comuni e di altro ancora non può, in nessun caso, essere finanziata con l'uso del debito. Tuttavia, considero cieco dire che per fare una scuola, nella città di Milano o nella città di Napoli o nel comune di Bergamo, vi deve essere un superamento delle entrate fiscali sulle spese correnti. La scuola vuol dire una prosperità e una produttività per il futuro e non possiamo scrivere una norma che, se applicata rigidamente, ucciderà definitivamente la spesa pubblica per investimenti. Questo costituisce un errore, onorevoli colleghi, sebbene capisco che è un errore che ha, per così dire, la convalida dell'Europa.
Voglio dire, Ministro Giarda, che ho pensato a come definire questa norma: essa è una norma irragionevole, scritta da persone ragionevoli e di questo le do atto, a lei e alla maggioranza ampia che sosterrà Pag. 13questa norma. Mi rendo conto, onorevoli colleghi, signor Presidente della Camera, delle condizioni strettissime in cui si muove questo discorso, ma desidero che nel Parlamento italiano rimanga almeno una testimonianza che, senza negare gli errori che abbiamo commesso e le nostre responsabilità, guardi al futuro dell'Europa. Se dieci anni fa fosse stato accettato quello che allora proponevano Prodi, Monti, io stesso o tanti economisti, cioè di escludere dal calcolo del Patto di stabilità le spese di investimento, oggi forse staremmo in Europa meglio di come stiamo e l'euro starebbe meglio di come noi stiamo.
Questa è la ragione per la quale, signor Presidente e ho concluso, non mi sento di votare queste norme. Ne capisco il significato e mi asterrò sul complesso di questi emendamenti e sul voto finale per lasciare una testimonianza di una diversa impostazione che deve essere data ai nostri problemi (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Voglio comunicare all'Assemblea che il collega Antonio Distaso in questi giorni ha avuto la gioia della nascita del quarto figlio, che è una figlia. Dopo tre maschietti, una bambina. Si chiama Francesca Maria. Gli facciamo i doppi auguri (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, il progetto di legge costituzionale che discutiamo oggi in Aula deriva da alcuni impegni assunti dal nostro Paese nell'ambito delle politiche dell'Unione europea. In particolare, deriva dal Patto Euro Plus, adottato l'11 marzo 2011, nel quale sono previsti meccanismi rafforzati per il concorso alla stabilità delle finanze pubbliche e per il coordinamento delle politiche fiscali.
Si prevede anche in quel Patto che i singoli Paesi adottino delle regole giuridiche interne per garantire l'equilibrio dei bilanci. Le modalità con cui queste regole vengono inserite negli ordinamenti nazionali sono scelte e prerogative dei singoli Paesi, ma queste regole devono valere sia a livello nazionale, che a livello subnazionale e la Commissione europea ha il compito, tramite una procedura del tutto nuova di consultazione, di assicurarsi, prima dell'adozione delle regole, che esse siano compatibili e sinergiche con quelle dell'Unione.
Il Governo italiano pro tempore, in carica in quella fase, in quel contesto prese l'impegno di introdurre la nuova regola all'interno della Carta costituzionale. Il Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore rese in tal senso comunicazioni alle Camere l'11 agosto 2011, proponendo anche una prima bozza di testo e incassando e raccogliendo, fin da quel momento, un ampio consenso parlamentare, anche da parte dei gruppi di quella che, allora, era l'opposizione, a lavorare per trovare una soluzione condivisa. Il Governo poi il 15 settembre presentò una nuova proposta, diversa da quella originaria; tutti i gruppi parlamentari hanno presentato le loro proposte e, negli ultimi giorni, voglio dirlo, con la sapiente regia del Ministro Giarda in sede di Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio, si è arrivati ad un testo ampiamente condiviso, che assume tale principio all'interno della Costituzione, ma con grande leggerezza e mantenendo il testo costituzionale come testo di valori e di principi, senza appesantirlo di eccessivi tecnicismi di tipo economico o finanziario.
Ho voluto ricostruire il percorso degli ultimi mesi perché ritengo che dobbiamo avere la consapevolezza in questo momento ed in questi giorni del fatto che, nonostante tutte le discussioni di tipo scientifico e intellettuale e le valutazioni storico-critiche che possiamo fare riguardo all'utilità di costituzionalizzare l'equilibrio di bilancio, dopo che il Paese Italia ha preso un impegno come questo, non siamo nelle condizioni in questo momento di modificare questo impegno. Dobbiamo anzi portarlo velocemente a termine perché, anche se questa legge costituzionale non ha un impatto concreto e immediato, tuttavia dimostra, a tutti i Pag. 14detentori di titoli pubblici italiani e a tutti gli osservatori europei ed internazionali che hanno evidentemente un problema di fiducia nei confronti della sostenibilità delle nostre finanze pubbliche, un dato politico molto importante, cioè che in questo Parlamento, in modo trasversale e unanime e quindi con una potenziale coerenza intertemporale tra i diversi Governi che potrebbero succedersi anche in futuro, c'è un'adesione convinta al principio dell'equilibrio delle finanze pubbliche. È quindi questa per noi una scelta obbligata: una politica diversa metterebbe in dubbio gli impegni presi e renderebbe ancora più vulnerabile e fragile la situazione già critica della finanza pubblica italiana. Tuttavia, è necessario dirsi con franchezza che questo impegno, il rigore di bilancio e tutti gli altri impegni a cui siamo chiamati per adempiere a paralleli altri vincoli che abbiamo preso concretamente nelle concrete misure di bilancio - sia quelle già approvate, sia quelle che saremo impegnati ad approvare - saranno condizioni necessarie, ma non sufficienti a garantire qualche probabilità positiva rispetto alla stabilizzazione delle gravi turbolenze finanziarie da cui è investito il nostro Paese ed il suo debito sovrano. Ha ragione, da questo punto di vista, l'onorevole La Malfa: senza una politica monetaria europea, che sia coerente con le politiche fiscali restrittive che devono fare i Paesi deficitari come il nostro, gli sforzi restrittivi delle politiche di bilancio potrebbero essere vanificati.
Vi sono tutte le condizioni, voglio ricordarlo, affinché la politica monetaria europea possa assumere questa coerenza a trattati invariati: innanzitutto, perché nei trattati è permesso alla politica monetaria di intervenire per obiettivi di stabilizzazione finanziaria e di crescita economica a condizione che tali obiettivi non compromettano l'obiettivo della stabilità dei prezzi (e con un tasso di inflazione ampiamente inferiore al 2 per cento, come oggi è il tasso di inflazione dell'Eurozona, una politica monetaria coerente con l'obiettivo della stabilizzazione finanziaria non compromette certamente la stabilità dei prezzi) e, in secondo luogo, perché le turbolenze finanziarie e speculative che hanno investito i debiti sovrani dell'Eurozona stanno bloccando il funzionamento stesso della politica monetaria europea. I segnali di politica monetaria che la Banca centrale europea dà tramite le manovre sui tassi di interesse hanno esiti totalmente diversi a seconda dei diversi Paesi dell'Eurozona e questo significa che la politica monetaria in questo momento non funziona, che la Banca centrale europea di fatto non può assolvere i suoi compiti e che, per poter tornare ad assolvere i suoi compiti, deve essere coerente, fare un'azione coerente affinché questi squilibri vengano superati.
Come spesso succede però l'impegno assunto con l'Europa ha portato il nostro Paese a fare sull'articolo 81 della Costituzione una riflessione, un ragionamento di grande importanza. Voglio ricordare che i costituenti, quando scrissero l'articolo 81, avevano in testa il pareggio di bilancio. L'attuale articolo 81 pone un vincolo di bilancio in pareggio, peraltro senza neanche tener conto del ciclo economico. È un vincolo secco che però, per come era stato formulato, con una legge di bilancio formale e non sostanziale, con una legislazione di spesa che, soprattutto, durante gli anni Settanta e Ottanta ha rincorso legittimamente i fabbisogni sociali e di intervento economico nella società italiana, non ha funzionato.
Peraltro, ricordiamoci anche che è almeno dal 1992 che il vecchio articolo 81 è già in qualche modo commissariato e sovraordinato rispetto ai trattati europei; è da quando è in vigore il Trattato di Maastricht e poi i trattati successivi, con i vincoli legati al Patto di stabilità e crescita, che il nostro articolo 81 ha ricominciato a funzionare grazie appunto ad una regola sovraordinata.
Io ritegno, a nome del gruppo del Partito Democratico, che anche grazie all'apporto equilibrato dei suggerimenti del Ministro Giarda, il nuovo articolo 81 che si propone in quest'Aula sulla base del lavoro emendativo e degli emendamenti presentati dai relatori sia un articolo Pag. 15molto convincente: assume il concetto di equilibrio tra entrate e spese e non altri concetti come per esempio quello di bilancio strutturale o saldo strutturale che avrebbero potuto essere più tecnicistici; inserisce in Costituzione il fatto che bisogna tener conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico; consente il ricorso all'indebitamento solo al fine di considerare gli effetti del ciclo e previa autorizzazione delle Camere, adottata a maggioranza assoluta dei componenti, al verificarsi di eventi eccezionali; estende la regola a tutte le pubbliche amministrazioni, sia centrali che locali; rimanda ad una legge rinforzata di contabilità e di finanza pubblica tutta una serie di ulteriori specificazioni relative ai contenuti della nuova legge di bilancio e del nuovo processo di bilancio anch'essi coerenti con il «Patto euro plus» e con le direttive dell'Unione europea ma che si è ritenuto, noi crediamo giustamente, di non introdurre in Costituzione. Quindi, le procedure di verifica preventiva e consuntiva sugli andamenti di finanza pubblica, l'accertamento delle cause degli scostamenti, i limiti massimi di questi scostamenti, la definizione degli eventi eccezionali di fronte a cui il Parlamento può impegnare il Governo a derogare rispetto ai limiti di indebitamento.
È infine molto importante l'istituzione di un organismo indipendente presso il Parlamento al quale attribuire compiti di analisi, di verifica e di valutazione in materia di effettivo raggiungimento della stabilità di bilancio, con organizzazione e funzionamento disciplinati dalle Camere, quindi una sorta di modello CBO (congressional budget office), come esiste negli Stati Uniti. Occorre, inoltre, l'estensione delle nuove regole anche agli enti locali e alle regioni, ma in tal caso con la possibilità di compensare fra loro eventuali ricorsi all'indebitamento, come oggi avviene anche in termini di Patto di stabilità.
Noi riteniamo - concludo signor Presidente - che il lavoro svolto dalle Commissioni sia molto positivo. Le proposte emendative presentate dai relatori vedono la nostra approvazione convinta. Non è un caso che il nostro gruppo non abbia presentato ulteriori emendamenti, ma soltanto un subemendamento che chiarisce un punto relativo alle funzioni di garante di ultima istanza dello Stato nei confronti delle spese essenziali di regioni ed enti locali nei cicli economici sfavorevoli. Mi auguro che su questo unico subemendamento ci possa essere un parere favorevole da parte del Governo e invito tutti i gruppi ad approvare velocemente questa riforma, perché dietro l'angolo ci stanno aspettando obiettivi di pareggio di bilancio veri, quindi concrete misure di rigore finanziario. Questo è più un manifesto teorico, ma dice all'Europa che l'Italia vuole fare il suo dovere e lo farà con qualsiasi maggioranza di Governo, per darsi quel rigore di bilancio che, insieme a politiche europee coerenti dal punto di vista monetario e della crescita, potranno farci uscire da questa pericolosissima crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, vorrei ritornare un attimo su quanto ha già ricordato l'onorevole Causi, che ha fatto un excursus di quanto è previsto dall'articolo 81 della Costituzione, di quanto i padri costituenti hanno già previsto all'interno della Costituzione vigente: la ricerca e la volontà del pareggio di bilancio. Ricordo però che l'articolo 81 della Costituzione, nella sua attuale formulazione, al di là purtroppo delle buone intenzione dei padri costituenti, non ha costituito un argine alla creazione dei disavanzi e del debito, altrimenti non saremmo qui, anche dopo aver cambiato il Governo, proprio per la ricerca del pareggio di bilancio, che comunque ci sarà anche grazie alle manovre che il gruppo della Lega Nord ha già votato. Dicevo che non ha costituito un argine alla creazione di disavanzi, soprattutto per l'interpretazione che è stata data dagli attori politici e anche dalla stessa giurisprudenza.
Chi adesso ricerca il pareggio come filiazione fa parte di tutti quei partiti Pag. 16politici che hanno creato il debito pubblico da cui adesso siamo colpiti, perché nella prassi e nella dottrina prevalente si riteneva che l'articolo 81 della Costituzione non ponesse limiti alla creazione di disavanzi quanto piuttosto si preoccupasse che la legislazione di spesa estemporanea adottata dal Parlamento non alterasse gli equilibri assunti nelle decisioni di bilancio. Si consolidò nel tempo, con l'avallo della giurisprudenza costituzionale, quindi dei professori costituzionali, la legittimità di coperture realizzate attraverso il ricorso a prestiti. La dissennata politica di spesa perseguita nel corso del ventennio, dagli anni Settanta agli anni Novanta, ha portato il rapporto debito pubblico/PIL dal 38 per cento del 1970 al 100 per cento del 1990, fino ad arrivare ai giorni nostri, come la Presidenza ben sa, a superare il 120 per cento.
Quindi, Lega Nord vede favorevolmente la ricerca del pareggio di bilancio in Costituzione perché è l'unico partito che fa del contrasto alla spesa pubblica irresponsabile dello Stato la sua bandiera politica da sempre. Gli altri non penso che possano vantare, per la filiazione da cui provengono, questa finalità di partito.
Per noi questo tesserino non è un bancomat, ma è una responsabilità istituzionale che vogliamo onorare ricercando la sobrietà di spesa e l'equilibrio di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Inoltre, la Lega Nord in più occasioni ha sottolineato, attraverso emendamenti, ad esempio in occasione dell'approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione, la necessità di porre limiti costituzionali anche alla pressione fiscale, nonché di esplicitare che l'imposizione fiscale a livello decentrato non debba essere aggiuntiva, ma sostitutiva di quella statale, altrimenti questo doppione non può che essere a danno del contribuente, delle istituzioni, dei cittadini.
Inoltre, voglio ricordare, proprio per il raggiungimento del pareggio di bilancio, tutte le iniziative caldeggiate dalla Lega Nord per quanto riguarda l'imposizione dei piani di rientro dal disavanzo sanitario per le regioni in deficit, con la possibilità di commissariamento e con il dovere di aumento delle aliquote IRAP e dell'addizionale IRPEF regionale, proprio per responsabilizzare gli attori politici a non creare buchi di bilancio, che poi Pantalone deve ricoprire.
Ricordo anche che i decreti legislativi per l'attuazione della delega sul federalismo fiscale hanno portato al contenimento del disavanzo proprio andando a colpire, con il decreto «premi e sanzioni», coloro che sforano i bilanci dei propri enti attraverso l'incandidabilità, l'ineleggibilità, la decadenza e il cosiddetto certificato di fallimento politico.
Perché dico tutto questo e ricordo il federalismo? Lo ricordo perché è l'unico metodo per riuscire ad avere una politica che raggiunga effettivamente la responsabilizzazione e la responsabilità degli attori.
Per venire agli emendamenti, ricordo l'articolo 11 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, che prevede, appunto, che il finanziamento delle funzioni fondamentali dei comuni, delle province e delle città metropolitane passi attraverso il finanziamento integrale in base al fabbisogno standard, che è assicurato da tributi propri comunali, ma anche da compartecipazioni al gettito di tributi erariali. Su questo punto, quindi, si fa riferimento, all'articolo 11, comma 1, lettera a), alle spese riconducibili alle funzioni fondamentali ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, come individuate dalla legislazione statale.
Ed è proprio su questo aspetto che il gruppo della Lega Nord ha presentato un subemendamento all'emendamento 4.100 delle Commissioni, perché vuole sottolineare quanto, anche in momenti di crisi, lo Stato debba adempiere a quanto previsto dalla legge sul federalismo fiscale, e quindi alla totale copertura delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, come previsto in un primo testo, voluto, ovviamente, anche dalle Commissioni e dal sottoscritto, che aveva già presentato una segnalazione in sede di dibattito, anche in funzione di quanto il professor Giarda, in veste di audito dalle Pag. 17Commissioni competenti, aveva portato in dote in seno al dibattito originale della modifica costituzionale di cui stiamo parlando.
Ecco perché, con il subemendamento 0.4.100.3 a mia prima firma, la Lega Nord vuole che al comma 1, lettera h), venga di nuovo previsto che tutte le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane siano finanziate, anche in caso di situazione ciclica di difficoltà, da parte dello Stato.
Invito, pertanto, l'Assemblea a prendere in seria considerazione questo subemendamento, perché fa sì che non venga vanificato il processo di riforma federale che la Lega Nord ha portato in dote al Paese e che è stato votato a larga maggioranza, quasi all'unanimità, da questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei svolgere, proprio in questa sede ed in questa fase dell'esame del provvedimento, una valutazione di carattere generale e complessivo, rifacendomi al dibattito che ho ascoltato, perlustrando con grande rispetto tutto il lavoro, che è stato svolto e si sta svolgendo nelle Commissioni riunite I e V, con rispetto, quindi, e soprattutto con un giudizio di carattere positivo nei confronti dei relatori.
Per dire la verità, noi abbiamo iniziato l'esame di tale modifica costituzionale prima della formazione di questo Governo. Abbiamo affrontato la questione con qualche slancio - qualcun'altro con meno slancio -, con qualche dubbio e con qualche perplessità. Se nelle Aule parlamentari dovessimo procedere per parole d'ordine, non credo questo sarebbe un dato costruttivo e non sarebbe neppure esaltante per l'istituzione parlamentare. Soprattutto, ritengo che sia fondamentale la ricerca su una materia così complessa, così articolata e, per alcuni versi, così defatigante.
Credo che la ricerca che stiamo conducendo abbia portato qualche risultato apprezzabile. Debbo dare atto al Ministro Giarda di aver fornito un contributo anche al «prosciugamento» del testo iniziale, che era stato presentato all'esame della I e della V Commissione e dell'Aula parlamentare.
Vi è sempre un aspetto certamente inquietante, quando si va in direzione di una riforma costituzionale e non c'è una sufficiente riflessione. Lo abbiamo detto per alcuni versi quando abbiamo esaminato il provvedimento di modifica dell'articolo 41 della Costituzione, lo diciamo anche ora nell'esame della modifica dell'articolo 81. In quella sede io avanzai qualche dubbio e qualche perplessità: stiamo modificando la Costituzione «a pezzetti ed a bocconi». Non credo che sia questo un dato costruttivo e razionale; non credo che sia produttivo ed esaltante; non credo che sia significativo; non credo che sia razionale. Tuttavia oggi l'articolo 81 viene ad essere affrontato nel quadro di una difficile situazione economica europea e nazionale.
Sono stati più volte richiamati quanto deliberato con il «Patto euro plus» nel marzo di quest'anno e la sollecitazione anche nei confronti dell'Italia per andare verso una soluzione che riguardasse il pareggio di bilancio. Ritengo che questo aspetto offra una sua giustificazione, ma non esima nessuno di noi, nel momento in cui ci proponiamo una riforma di ordine costituzionale, di riflettere su cosa significhi mettere le mani all'articolo 81.
Qualche collega poc'anzi faceva un riferimento: già nell'attuale articolo 81 è insito il pareggio di bilancio. Il costituente ne aveva discusso e aveva trovato quella soluzione, anche se alcuni analisti affermano chiaramente e con forza che quell'articolo 81 non ha funzionato: ci troviamo con un enorme debito pubblico dello Stato; i tassi e gli interessi sono enormi (e ritengo che questo dato e questo aspetto debbano essere verificati); l'avanzo di bilancio è del 3 per cento; c'è l'indebitamento. La situazione delle famiglie è migliore rispetto alla media europea, ma c'è questa situazione del debito pubblico su cui si deve porre mano. Ci sono le Pag. 18esigenze, quindi, di riequilibrare, di produrre, di dare una prospettiva allo sviluppo, più volte invocata, creando le condizioni e le risorse importanti all'interno del nostro Paese.
Detto questo, siccome si pone mano alla Costituzione, ritengo che il «Patto euro plus» non avesse richiesto proprio la costituzionalizzazione del pareggio del bilancio: aveva chiesto che il pareggio del bilancio fosse un momento di riferimento importante nell'attività del Parlamento e nell'attività ovviamente del Governo.
E posso pure capire che si vada ad una modifica dell'articolo 81, dove deve essere consacrato e sacralizzato il principio del pareggio del bilancio ma poi, come abbiamo visto e ascoltato, ci sono, accanto all'articolo 81, le subordinate, la specificazione. Ciò certamente nasce anche da uno sforzo e ritengo che il Ministro per i rapporti con il Parlamento, come dicevo poc'anzi, abbia dato un contributo molto forte. Però ci sono delle articolazioni e delle specificazioni, come quando si dice che i cicli economici e le situazioni di emergenza e gravi possono anche far rivedere l'equilibrio di bilancio, se c'è un voto della maggioranza assoluta da parte del Parlamento.
Non c'è dubbio che ci sono una serie di ipotesi, di subordinate, di eccezioni ed articolazioni che comprendono anche i Regolamenti di Camera e, ovviamente, domani anche del Senato, che avrebbero forse invitato questa parte ad essere materia di legge ordinaria o rinforzata e non di legge di carattere costituzionale, pur ravvisando certamente lo sforzo, in questo particolare momento e sul quale certamente il nostro partito è attento, da parte del Governo e di questa realtà che è venuta fuori che sostiene il Governo con grande responsabilità, avendo in questo momento, in questa fase della stagione politica, come dicevo poc'anzi, una responsabilità particolare ma soprattutto un progetto che noi vogliamo mettere a disposizione del Paese e delle forze politiche.
Detto questo, signor Presidente, abbiamo un dato importante: per esempio quando si parla di un organismo parlamentare indipendente che dovrebbe seguire il bilancio, non abbiamo capito che cosa significa «indipendente». È una nuova authority? È un organismo indipendente presso il Parlamento. Ma il Parlamento ha le Commissioni; si potrebbe fare una Commissione bicamerale, creare un equilibrio per l'esame e il monitoraggio ovviamente di tutti i movimenti di bilancio, per assicurare il pareggio del bilancio e nemmeno le Commissioni per materia o per competenza potrebbero svolgere questo lavoro.
Credo ci siano una serie di proposte emendative e di valutazioni, come quella della compensazione del debito per quanto riguarda le regioni, e un aspetto che ho voluto rilevare: come si fa a parlare di «Stato» e non di «Repubblica» nel momento in cui introduciamo una modifica di ordine costituzionale? Perché o c'è un riferimento alla complessità e pluralità delle autonomie locali, dei comuni, delle regioni, delle amministrazioni provinciali, delle autonomie locali in genere e complessivamente delle società che devono raggiungere il pareggio del bilancio oppure, se si prende in considerazione lo Stato, come recita l'articolo 14 della Costituzione con la modifica introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, si tratta di una parte e non coinvolgiamo le regioni. Al riguardo credo il Governo si trovi anche d'accordo, e nel dibattito e nella ricerca che conduciamo attraverso il confronto parlamentare si può raggiungere qualche obiettivo di carattere molto importante, significativo e quindi apprezzabile.
Concluderei a questo punto, signor Presidente, il mio intervento. Ho voluto esprimere qualche valutazione di ordine costituzionale, rinnovando la gratitudine mia per quanto ci riguarda, per il lavoro svolto anche e soprattutto dai relatori. Ci sono percorsi e momenti che devono vederci solidali in questo tipo di prospettiva, come noi siamo stati tutti concordi, su input anche dello stesso Ministro Giarda, quando si parlava dei vincoli europei. Noi siamo nell'Europa, e nell'Europa stiamo conservando la nostra sovranità con grande dignità e con grande decoro. Credo Pag. 19che tutto questo l'abbiano capito i colleghi ed il rappresentante del Governo. Noi siamo nell'Europa e accettiamo non i vincoli ma le politiche condivise dove partecipiamo con la nostra storia e ovviamente come nazione che ha concorso alla fondazione dell'Europa.
Ritengo che questi siano gli aspetti più importanti e fondamentali perché non c'è dubbio, quando si parla di riforma costituzionale, che certamente c'è alto il senso di una responsabilità legato ad una vicenda particolare, ma le vicende particolari passano, mentre rischiano di rimanere invece alcune norme che potrebbero essere esposte ad alcune alterazioni. Ecco perché il nostro contributo e il nostro impegno sono svolti in sintonia con la nostra storia e la nostra sensibilità lungo un percorso ed una stagione politica che ci vede impegnati ancora una volta in prima persona (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, l'approvazione di questo provvedimento cade in un momento particolarmente drammatico per la finanza pubblica del nostro Paese e per tutta la situazione finanziaria ed economica dell'Europa, con un attacco forte alla moneta unica, la cui messa in discussione rischierebbe di far precipitare quello che è stato il grande sogno, il grande disegno dell'Europa unita. Ma la discussione parlamentare di questo provvedimento costituisce anche l'avvio dell'attività del Governo Monti e vuole rappresentare quindi in modo emblematico un'assunzione di responsabilità collettiva da parte del sistema politico e del Parlamento di quella che è la gravità della crisi e la necessità di assumere decisioni importanti e radicalmente diverse rispetto a quello che è stato il modello di gestione della finanza pubblica e del rapporto tra politica ed economia nel corso dei decenni a partire dalla Costituzione del 1947.
Noi ricordiamo che questo provvedimento era stato introdotto in Parlamento con eccezionale urgenza nell'agosto dell'anno scorso, con una convocazione straordinaria delle Commissioni parlamentari, quando vi era stato il primo campanello di allarme della crisi. Il fatto che solo oggi esso arrivi in Aula, testimonia la lentezza e l'inconsapevolezza del ritmo e della profondità della crisi, che hanno caratterizzato la precedente stagione politica, certo non unica responsabile ma sicuramente non irresponsabile per quello che oggi sta accadendo al nostro Paese. L'accelerazione che invece il Governo Monti, sin dal primo momento della sua costituzione, ha voluto imprimere all'approvazione di questo provvedimento - che dovrà essere portato come primo risultato alla riunione dell'8 dicembre in sede europea - vuole essere un segno molto, molto forte dell'impegno e dell'assunzione di responsabilità, da parte delle forze politiche italiane, nella battaglia per la riduzione del debito pubblico e per l'inversione del ciclo economico.
Noi sappiamo - e da qui era nata anche l'iniziativa parlamentare dei gruppi del Terzo Polo per la revisione dell'articolo 81 della Costituzione - che tale norma costituzionale, che era stata posta a presidio dell'equilibrio di bilancio e della responsabilità fiscale del legislatore, non ha certo dato risultati positivi, come dimostra con drammatica evidenza il fatto che l'Italia ha prodotto uno dei più alti debiti pubblici del mondo, raggiungendo nel 2011 il 120,3 per cento del PIL.
Nel corso dei decenni, in particolare dalla metà degli anni Settanta (si pensi che nel 1977 il rapporto deficit/PIL aveva raggiunto addirittura il 22 per cento), il legislatore ha forzato la lettura della suddetta norma costituzionale, identificando nell'indebitamento una fonte di finanziamento della spesa, alla pari delle altre, con ciò vanificando, con una continuità che potremmo definire cinica, lo spirito profondo di tale regola costituzionale, che avrebbe dovuto garantire la fedeltà al patto fiscale, sia in termini di valorizzazione del gettito dei contribuenti e della ricchezza prodotta dai cittadini, sia in termini di lealtà intergenerazionale. Pag. 20
Oggi il livello del debito rappresenta la distorsione strutturale del sistema italiano, aggravata dal fatto che nei decenni della formazione del debito, l'Italia non si è modernizzata, non ha fatto le riforme per la crescita, non ha realizzato le infrastrutture materiali e immateriali necessarie ad assicurare nel tempo la sua capacità competitiva; ed è ancora questa distorsione che condiziona oggi la stabilità finanziaria del Paese e grava sul futuro delle giovani generazioni, impedendo di sostenere le politiche necessarie alla crescita e alla competitività.
Peraltro, nel corso dei decenni, a partire dalla legge n. 468 del 1978, le leggi di contabilità, insieme ai Regolamenti parlamentari, hanno via via tentato di rendere più stringente il vincolo di copertura delle leggi attraverso l'obbligo di copertura della legge finanziaria e attraverso un rafforzamento procedurale e tecnico delle metodologie di analisi dei costi delle leggi. Tuttavia, le tecniche incrementali di costruzione dei bilanci e la mancata adozione di una metodologia zero based budgeting per la costruzione delle previsioni annuali che collegassero gli stanziamenti di bilancio con la verifica dei relativi programmi di spesa e le strutture amministrative ad essi dedicate, hanno fatto sì che, nonostante le regole di copertura, la spesa e il debito crescessero in modo esponenziale. E neppure si è ritenuto, nel corso degli anni, di introdurre almeno la cosiddetta golden rule, ovvero il principio che il debito è consentito solo per la copertura di spese di investimento. È stato solo il vincolo esterno introdotto dall'Unione europea (prima con il Trattato di Maastricht, e poi con il Patto di stabilità e di crescita) a rendere vincolanti negli Stati membri le regole di responsabilità fiscale che ora il Patto euro plus, adottato con le decisioni del Consiglio europeo del marzo scorso, ha ulteriormente rafforzato, stabilendo più forti vincoli quantitativi per le politiche di bilancio e stringenti obiettivi di riequilibrio.
In linea di principio, dunque, non avremmo nessuna necessità di modificare l'articolo 81 della Costituzione. Il vincolo di pareggio del bilancio è già costituzionalizzato attraverso il meccanismo di recepimento dei trattati contenuto nell'articolo 11 e quindi, è già incardinato nel nostro ordinamento. Ma il fatto che il Parlamento, invece, oggi, discuta e approvi, con una larghissima maggioranza, questa innovazione costituzionale, è un segno politico a mio avviso molto importante, perché si tratta di un passaggio che ha una doppia valenza: da una parte, si tratta di un atto che può rendere più credibile, in una fase grave e delicata della crisi economica e finanziaria che l'Italia sta attraversando, il risanamento strutturale - che è nei nostri obiettivi - e, dall'altra, la discussione in Parlamento e nell'opinione pubblica sulla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, deve costituire l'occasione per un profondo e irreversibile salto culturale del Paese, una presa di coscienza collettiva gravida di profondi cambiamenti nei comportamenti di tutti e di ciascuno, sulla necessità di ridurre la spesa pubblica, di vivere secondo le nostre reali possibilità, di non dissipare nella spesa corrente le risorse che servono a produrre e a costruire il futuro e a non scaricare sulle spalle dei giovani - che non potranno godere dei benefici previdenziali di cui noi oggi godiamo - anche il carico di un debito insostenibile.
Questo è anche il valore etico-politico della discussione e della decisione che ci apprestiamo ad adottare e, dunque, trovo fuori luogo quella sorta di renitenza e di riluttanza che alcune parti del Parlamento hanno e stanno manifestando, nell'approvare questa modifica costituzionale, come se fosse un'imposizione, loro malgrado. Credo che, invece, noi dobbiamo assumere tutta la valenza profonda di questa innovazione e coglierne le implicazioni che questo comporterà per il nostro futuro.
Il lavoro di elaborazione ed approfondimento del testo, che è stato svolto nelle Commissioni parlamentari riunite, anche con il contributo del Governo - che ringraziamo per questo - è stato importante.
Rimangono, a nostro avviso - che pure abbiamo ritenuto di non presentare emendamenti, proprio per segnare un metodo Pag. 21di collaborazione interattiva con il Governo, che mi auguro darà dei frutti anche sul piano del risultato finale dell'elaborazione legislativa - ancora dei punti da approfondire relativamente agli aspetti che storicamente - come accennavo - hanno rappresentato i punti di fragilità dell'articolo 81 e che hanno consentito la dilatazione della spesa nonostante l'obbligo della copertura finanziaria delle leggi. Certo, c'è nel testo un richiamo alle regole dell'Unione europea, ma non c'è - e questo, a mio avviso, andrebbe, invece, rimarcato - l'affermazione del principio del divieto di ricorrere all'indebitamento per realizzare il pareggio di bilancio o per provvedere alla copertura di maggiori spese o minori entrate.
Questo è un punto di ambiguità che è stato utilizzato come leva, prima dal legislatore e poi dalla Corte costituzionale, per ammettere l'indebitamento come forma ordinaria di copertura. Credo che occorra una norma di chiusura che segni una profonda discontinuità rispetto al passato.
Non è nemmeno prevista - è questo un altro punto che storicamente ha segnato la debolezza dell'articolo 81 - la giustiziabilità della violazione dell'obbligo di copertura da parte del giudice della legge. La violazione dell'articolo 81 non lede interessi o diritti soggettivi che, anzi, vengono dilatati grazie all'espansione della spesa, ma lede l'interesse collettivo all'equilibrio del bilancio e, dunque, quante volte sono caduti nel vuoto i rinvii delle leggi operati dal Presidente della Repubblica per violazione dell'articolo 81 perché non c'era un rimedio giurisdizionale che potesse caducare quella parte delle leggi.
In molte proposte di legge, tra cui quella avanzata da noi, gruppi del Terzo Polo, è contenuta la proposta di attribuire alla Corte dei conti il potere di agire in via diretta presso la Corte costituzionale per violazione dell'articolo 81 della Costituzione.
Credo che questo sia un punto molto importante che debba essere mantenuto, anche se vengono attivati altri strumenti di monitoraggio dell'andamento della spesa. Ritengo che questo non possa essere ignorato perché oggi siamo di fronte ad una drammatizzazione della crisi, ma la Costituzione è una norma che dura nel tempo, le cose si dimenticano presto e, tra qualche anno, potremmo ritornare a comportarci come in passato.
Ci sono poi alcune questioni che attengono all'intreccio tra questa legge e il federalismo fiscale. Rimangono, a mio avviso, delle ambiguità sulla valenza del vincolo del pareggio per quanto riguarda i bilanci delle regioni e degli enti locali e, soprattutto, sulla responsabilità che ciascun ente ha di conseguire l'equilibrio di bilancio attraverso il pareggio e senza dilatare l'indebitamento.
Certo, occorrono degli spazi di flessibilità che, soprattutto a livello locale, consentano il finanziamento degli investimenti in una fase molto restrittiva del ciclo, ma se questo è consentibile per gli enti locali in ambito regionale non è, a mio avviso, consentibile che le regioni possano indebitarsi scaricando l'una sull'altra o sul bilancio dello Stato gli effetti della loro eventuale irresponsabilità fiscale.
Vi è un altro aspetto che ritengo importante, che è stato introdotto interpretando in modo creativo l'indicazione della direttiva europea per il quadro dei bilanci pubblici: si prevede l'istituzione di un organismo indipendente per l'analisi degli andamenti di finanza pubblica nonché l'istituzione di un organo parlamentare, o l'attribuzione alle competenti Commissioni parlamentari della funzione di controllo - ritengo - sul Governo, cui spetta di gestire e attuare la spending review.
Questo è sicuramente un rafforzamento di una potestà insita, intrinseca nel ruolo del Parlamento e, per quanto riguarda l'organismo indipendente che si andrà a costituire sulla base della legge rafforzata a cui viene attribuito il compito di completare il nuovo quadro costituzionale, ritengo che si dovrà fare molta attenzione ad evitare che si replichino funzioni già attribuite ad altri organismi come la Corte dei conti o l'ISTAT. Il rischio, infatti, è che, alla fine, nessuno sia davvero investito della responsabilità del monitoraggio delle Pag. 22grandezze di finanza pubblica e che nessuno abbia effettivamente gli strumenti e il potere di definire lo stato dell'arte.
Ritengo che si sarebbero potute trovare anche altre soluzioni perché la direttiva europea è diretta a tutti i Paesi, quelli dotati di una Corte dei conti e quelli non dotati di una Corte dei conti, e dunque lasciava aperte molte soluzioni.
Si è optato per la scelta, di cui molto si è discusso nel nostro Paese, del modello Congressional budget office ma, fermo restando che negli Stati Uniti c'è una forma di Governo in cui i poteri parlamentari di bilancio sono assai forti rispetto a quelli del Governo, certo è che tale organismo andrebbe reso davvero forte in termini di poteri di accesso alle fonti e ai dati, di poteri di ispezione, di poteri d'indagine.
Altrimenti noi rischiamo davvero di creare un altro organismo debole, come deboli nella storia sono stati i poteri del Parlamento di accesso autonomo alle fonti informative di contabilità pubblica.
Con tutto questo credo che il nostro sia il massimo impegno al miglioramento del testo, perché, come è risultato dalle cose che ho fin qui detto, è massima la convinzione circa la necessità di una forte discontinuità sul piano della responsabilità finanziaria e fiscale.
Oggi stiamo pagando quello che non è stato fatto in passato. Dobbiamo mettere le basi affinché, se usciremo da questa crisi drammatica - come io mi auguro e come noi contiamo -, il futuro che noi porremo e costruiremo per i nostri figli e per i nostri nipoti sia migliore e possa consentire loro di investire e di costruire quello che uno Stato deve garantire ai suoi cittadini: formazione, qualità dei servizi, diritti civili, che oggi invece la nostra finanza pubblica rischia di non garantire più (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la delegazione Radicale nel gruppo del Partito Democratico ha presentato alcuni emendamenti al testo unificato uscito dalle Commissioni di riforma dell'articolo 81 della Costituzione. Infatti, riteniamo che certamente c'è l'emergenza e ci sono i mercati che ci chiedono di intervenire, ma riteniamo anche che questa sia una riforma molto importante e che questa riforma molto importante debba essere scritta anche bene, perché altrimenti il rischio è di addivenire ad una riforma della Costituzione che poi magari abbia bisogno di correttivi successivamente, e sappiamo quanto questo sia difficile da realizzare.
Quindi, con uno spirito di collaborazione piena nei confronti dell'Esecutivo noi abbiamo presentato questi emendamenti. Vorrei subito richiamare le parole pronunciate dal professor Monti, Presidente del Consiglio dei ministri, nelle sue dichiarazioni programmatiche al Senato solo pochi giorni fa. Riguardo a questa riforma egli ha detto: «Sarà opportuno studiare l'esperienza di alcuni Paesi europei che hanno affidato ad autorità indipendenti la valutazione del rispetto sostanziale della regola, dato che in questa materia la credibilità nei confronti di noi stessi e del mondo è un requisito essenziale». Ebbene, richiamo queste parole del professor Monti perché fra gli emendamenti che noi abbiamo presentato e che raccolgono il testo di una proposta di legge a mia prima firma presentata nelle settimane scorse vi è proprio l'introduzione di un Consiglio di stabilità, un'autorità indipendente che ha il compito di verificare che la regola dell'equilibrio o, meglio, del pareggio di bilancio sia rispettata, e che poi ha anche altri compiti di intervento su questa materia.
Allora, la disciplina che noi proponiamo e sulla quale richiamo l'attenzione del Governo prevede questo: prevede, anzitutto, che sia introdotto il principio del pareggio di bilancio in modo netto. Quindi, nemmeno si parla di equilibrio, ma proprio di pareggio. I saldi sono decisi dal Governo ed immodificabili dal Parlamento. Pag. 23Il Parlamento può intervenire solo sul come raggiungere quei saldi, ma non modificando i saldi.
Poi sono previste eccezioni al principio di pareggio di bilancio, perché naturalmente vi possono essere situazioni di particolare emergenza, che richiedono appunto delle eccezioni, ma queste eccezioni sono ben determinate. In particolare, si può contrarre al massimo un deficit pari al 3 per cento del prodotto interno annuo, però il bilancio che lo preveda deve essere approvato con maggioranza qualificata, cioè la maggioranza assoluta dei componenti.
Contestualmente, si deve prevedere un piano di ammortamento triennale, cioè di rientro, altrimenti, tale indebitamento non può essere fatto. Nel caso, invece, di crisi ancora più gravi, il Parlamento, con una maggioranza qualificatissima dei due terzi, potrebbe decidere anche di eccedere oltre il 3 per cento con riferimento al rapporto deficit-PIL. Tutto ciò, solo con la citata maggioranza qualificata e sempre con l'obbligo contestuale di prevedere un piano di rientro triennale.
La legge di bilancio, secondo la nostra proposta, diventa una legge sostanziale, non più solo formale. Ciò significa che, in quest'unica sede, possono essere decise nuove spese, purché, naturalmente, se ne indichi la copertura, e non solo per il primo anno - come avviene oggi -, ma per tutto il periodo in cui sono stanziati tali fondi. Ci preoccupiamo anche dei principi di trasparenza e di contabilità dei bilanci, che, naturalmente, devono essere ben compresi dai cittadini, prevedendo, inoltre, la possibilità di modificare la legge di contabilità dello Stato per introdurre sanzioni in caso di violazioni dei principi. Ciò per quanto riguarda l'articolo 1.
Abbiamo presentato ulteriori proposte emendative - che fanno sempre parte della proposta di legge che ho ricordato in precedenza -, che, per esempio, prevedono non solo che nella legge di bilancio si possano stabilire nuove spese con la copertura di cui ho parlato, ma anche che un quinto dei parlamentari di ciascuna delle Camere, oppure la Corte dei conti, possano addirittura adire alla Corte costituzionale nel caso in cui il principio del pareggio di bilancio, questa norma costituzionale, venga violato.
Attraverso un altro emendamento proponiamo l'introduzione del Consiglio di stabilità, un'authority ritenuta indispensabile anche dal Presidente del Consiglio Monti, e che spero egli stesso continui a ritenere tale. In questa materia, infatti, serve credibilità e, sicuramente, ritengo che sia essenziale affidare ad un'autorità con caratteristiche di indipendenza il vaglio del rispetto del pareggio di bilancio.
Quindi, in sostanza, nel presentare questa proposta di legge e questi emendamenti, ci siamo riferiti ad alcune esperienze europee che ci sembrano particolarmente riuscite anche nel configurare i compiti e la composizione del citato Consiglio di stabilità. Riteniamo che una norma siffatta sia più rigorosa e meno generica di ciò che prevede, invece, il testo unificato licenziato dalle Commissioni; riteniamo che essa mantenga, ugualmente, la flessibilità necessaria in una materia di questo tipo, ponendo, però, alcuni paletti.
Io credo che il nostro Paese trarrebbe un grande beneficio dalla scrittura del nuovo articolo 81 della Costituzione secondo tali principi. Per questo motivo, chiedo che non solo il Governo, ma anche tutte le forze politiche presenti in Parlamento, siano attenti a queste proposte, perché - lo ripeto -, esse si prefiggono solo di scrivere meglio questo testo, e non certo di intralciare o contrastare una proposta del Governo che, di per sé, ci vede ovviamente concordi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, oggi, siamo chiamati ad esprimere il nostro voto su una proposta di riforma costituzionale che assume un grandissimo rilievo di carattere non solo simbolico, ma anche normativo. Una riforma costituzionale su cui le competenti Commissioni di merito hanno lavorato moltissimo. Pag. 24
Bisogna dare atto alle Commissioni di aver lavorato con spirito unitario, ancor prima che tale spirito unitario diventasse l'impegno politico su cui è stata fondata la nascita del Governo presieduto dal professor Monti.
D'altra parte, questo è un periodo di forti incertezze, di tensioni internazionali, per cui il Paese deve reagire, così come si sta sforzando di fare, e lo deve fare con determinazione. L'Italia ha accumulato nel corso degli anni, ma direi negli ultimi decenni, un forte debito pubblico, frutto di politiche poste in essere negli anni passati, quando lo «sfondamento» del bilancio era sistematico, al punto da essere considerato addirittura fisiologico.
E mi pare di poter dire che la storia ci ha dato torto, perché ci consente di riconoscere il fallimento di quel tipo di politica economica, oggi fonte di un gravoso fardello che il nostro Paese porta con sé nel confronto con gli altri Stati europei.
Per poter restare in Europa e, soprattutto, tornare ad essere credibili, è necessario dare un segnale forte di cambiamento di rotta. Ecco perché, a mio avviso, i voti espressi oggi e domani assumono anche un forte valore simbolico: abbiamo scelto di modificare la nostra Carta fondamentale e di costituzionalizzare il principio del pareggio di bilancio, affidandogli un ruolo e un peso marcatamente e gerarchicamente superiori.
Per fare ciò si è partiti da un testo da ultimo condiviso nelle Commissioni di merito, anch'esso prova del raggiungimento di una unità di intenti che va esaltata e sempre più valorizzata, senza però smettere di tendere, così com'è stato fatto anche in quest'Aula, al miglioramento del testo sulla base degli apporti provenienti dalle varie parti politiche e dai suggerimenti tecnici ricevuti nel corso delle audizioni.
Personalmente, ma anche come gruppo, abbiamo guardato con favore le linee generali dell'intervento costituzionale in atto. Tenderei, però, ad una maggiore sobrietà della formulazione dell'articolo 81 della Costituzione che, a mio avviso, deve consistere nell'autorevole espressione del principio di pareggio di bilancio senza scadere in una formazione specifica della sua approvazione. In questa direzione vanno le proposte emendative presentate dalle Commissioni, dal Comitato dei diciotto, per cui mi sembra che sia stata recuperata, nel nuovo testo, la necessità della sobrietà del testo a cui prima facevo riferimento.
In effetti, non bisognava cedere alla tentazione di fare di questo testo un mini trattato di politica economica: la Costituzione non avrebbe tratto giovamento da una manovra simile. Invece, l'autorevolezza del testo che oggi si vuole modificare proviene proprio dalla natura delle norme che in essa trovano sede, che sono norme di principio, che abbiano, quindi, la funzione di guidare l'attività legislativa attraverso cui il Parlamento esprime la propria funzione di controllo sul bilancio che, storicamente, è prerogativa fondamentale riconosciuta al potere esecutivo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 19,05).

LORENZO RIA. La gestione, dunque, dell'attività finanziaria, terreno eletto di competenza del Governo, trova, nell'approvazione parlamentare, il proprio assunto democratico.
Con la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, il Parlamento e il Governo, insieme, si fanno carico di una scelta precisa, di un cambiamento netto, che imponga un certo rigore nella tenuta dei conti pubblici dello Stato e degli enti di cui all'articolo 119 della Costituzione, nonché di tutte le altre pubbliche amministrazioni.
La stessa previsione di casi eccezionali di ricorso all'indebitamento, autorizzati con deliberazioni conformi delle due Camere, adottate a maggioranza qualificata e con la contestuale previsione del relativo piano di rientro, si inserisce opportunamente nella tendenza che ho appena indicato, ovvero di mantenere un dettato costituzionale di principio.
L'equilibrio della gestione delle finanze è un principio che, per la natura stessa Pag. 25della materia cui afferisce, non può certamente essere formulato in maniera rigida, perché, diversamente, si correrebbe il rischio di paralizzare il sistema senza ottenere alcun miglioramento sul piano della situazione economica.
Credo che, in tale contesto, si inserisca l'utilizzo stesso dell'espressione: «equilibrio di bilancio» e non di «pareggio di bilancio», in quanto ciò che la norma costituzionale deve garantire è il rispetto del generale principio di contenimento del massimo del deficit più che un vero e proprio pareggio contabile tra entrate e spese. Ciò contrasterebbe con il contenuto di alcuni emendamenti proposti all'articolo 1 e all'articolo 4 del provvedimento con i quali si vorrebbe appunto sostituire il termine «equilibrio» con il termine «pareggio».
L'articolo 2 della proposta incide - o meglio a questo punto possiamo tranquillamente dire avrebbe inciso, perché uno degli emendamenti che sono stati proposti dalle Commissioni va nella direzione di sopprimere l'articolo 2 del provvedimento - sull'articolo 100 della Costituzione, introducendo la possibilità per la Corte dei conti di promuovere il giudizio di legittimità costituzionale per la violazione dell'obbligo di copertura finanziaria di leggi che importino nuovi o maggiori oneri, le cui modalità sarebbero da definire con legge costituzionale.
Su tale aspetto del provvedimento si sono innestati gli emendamenti relativi - ne faceva cenno il rappresentante della delegazione radicale - alla istituzione di un nuovo organo di controllo degli andamenti del bilancio denominato consiglio di stabilità. Tale organo sarebbe - ma, lo ripeto, possiamo dire sarebbe stato - deputato alla prevenzione della formazione di disavanzi di bilancio per mezzo della supervisione e della costante vigilanza sul mantenimento degli equilibri finanziari e del rispetto del principio del pareggio di bilancio, nonché sulla esistenza effettiva di fatti eccezionali che ne giustificano le eventuali deroghe.
Sul punto noi come gruppo, già in sede di discussione sulle linee generali con gli onorevoli Tassone e Mantini, avevamo espresso alcune perplessità che potevano ricondursi e possono ancora ricondursi - perché il testo che esaminiamo è ancora quello uscito dalle Commissioni - a due principali motivazioni.
In primo luogo, l'istituzione proprio ex novo di un organo ad hoc comporterebbe nuove spese e nuovi tempi di rodaggio, posto che l'attività ad esso attribuita non ha mai costituito finora oggetto specifico di normazione in mancanza di un principio del genere di quello che appunto ci accingiamo ad introdurre.
In secondo luogo, anche ammessa la possibilità che si deleghino le previste funzioni di supervisione a tale consiglio di stabilità (anche se l'emendamento che è stato presentato fa riferimento ad un organismo indipendente presso il Parlamento, ossia all'istituzione di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica), io propendevo per l'ipotesi che la sua regolamentazione non venisse disciplinata punto per punto in ambito costituzionale, sempre al fine di salvaguardare il ruolo primario della Costituzione come fonte di rango superiore. Tale organo potrebbe, dunque, così come mi sembra si stia facendo, essere semplicemente indicato in Costituzione e disciplinato nei suoi aspetti funzionali e operativi dalla legge. Ripeto, la contestuale soppressione dell'articolo 2 e la proposta modificativa dell'articolo 4 vanno proprio in questa direzione.
Pertanto, una volta effettuate tali osservazioni, non posso che ribadire nuovamente il generale favore del gruppo dell'Unione di Centro alla modifica costituzionale in esame con l'auspicio che l'introduzione del principio del pareggio di bilancio sia il primo passo di numerosi passi veloci e decisi - mi rivolgo agli autorevoli rappresentanti del Governo che sono presenti in Aula -, sul cammino del nuovo Esecutivo, a cui nessuno nega un elevatissimo grado di credibilità.
Sono passi diretti verso un nuovo Paese a cui, ce lo auguriamo tutti, nessuno Pag. 26negherà più questa stessa credibilità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, l'intervento sul complesso degli emendamenti che mi accingo a svolgere sarà molto breve perché è poco tecnico ma, spero, abbastanza politico. Ciò soprattutto perché il testo che sarà approvato dopo l'esame dell'Aula e secondo le modifiche che sono contenute negli emendamenti che abbiamo concordato con la Commissione soddisfa in massima parte le aspettative che, come Futuro e Libertà, abbiamo riposto sull'argomento della modifica costituzionale dell'articolo 81 e dell'introduzione in Costituzione del principio della parità di bilancio.
Gli emendamenti recepiscono in buona parte molte osservazioni che, sia come gruppo di Futuro e Libertà sia come Terzo Polo, abbiamo introdotto nel dibattito che si è svolto in Commissione sul testo derivato dall'elaborazione delle numerose proposte di legge sull'argomento. Onore al merito, al lavoro svolto dai relatori che sono stati capaci di sintetizzare in una prima scrematura un testo significativo. Gli emendamenti - lo ripeto - riguardano alcune osservazioni di forma e comunque gli elementi emersi dal dibattito e le proposte avanzate riguardano alcune osservazioni di forma per rendere il più leggero possibile il nuovo testo dell'articolo 81. Altre proposte, pur recepite negli emendamenti che discuteremo, ovviamente sono di contenuto più politico e tecnico e riguardano principalmente la legge costituzionale che dovrà disciplinare i principi e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni. È una legge sulla quale poi dovremo confrontarci in modo sereno e approfondito.
Noi, quindi, voteremo gli emendamenti che abbiamo concordato in Commissione con i relatori e con il Governo - a tal proposito, ringraziamo anche il Governo per il contributo che in questa fase ha voluto assicurare al dibattito - perché siamo consapevoli del fatto che l'impegno responsabile della nostra forza politica, cioè di Futuro e Libertà, così come ovviamente l'impegno delle altre formazioni che sostengono il Governo, consegnerà al Paese un risultato importantissimo che alza un argine robusto alla crisi dilagante, non fosse altro per il segnale che si offre ai mercati e ai nostri partner europei.
Questa riforma costituzionale rappresenta, quindi, un punto di svolta nella vita sociale e politica del nostro Paese che dovrà però essere accompagnato anche da un cambio di mentalità, in primo luogo, da parte della classe politica, di qualsiasi livello di Governo, che non potrà e non dovrà più ingegnarsi per costruire percorsi più o meno legali, per trovare modi nuovi e originali per indebitarsi fuori bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Vanalli, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, mi rivolgo a lei, che è stato anche Ministro per i rapporti con l'Unione europea, per precisarle che, in questo momento, svolgo, come i colleghi che sono già intervenuti, un intervento sul complesso degli emendamenti. Non ripeterò le cose che ho detto in sede di discussione sulle linee generali, contrariamente ai colleghi delle altre formazioni politiche e degli altri gruppi intervenuti, che sono entrati nel merito (o lo hanno fatto più di me) della proposta di modifica della Carta costituzionale. Lo farò adesso.
In quell'occasione, invece, mercoledì scorso, ho preferito parlare di Europa. Infatti, credo che questo sia il momento (come si suol dire «ora o mai più», alla luce anche delle cose che stanno capitando). Aprendo l'importante quotidiano economico del nostro Paese ho letto questa Pag. 27mattina un articolo dal titolo: «Il Parlamento batta un colpo». Ovviamente è un articolo e non è il Vangelo, ma ci dice espressamente che serve un trasparente dibattito parlamentare: «non ci sarebbe niente di più salutare di una full immersion europea del nostro Parlamento». Mi permetto di dire che è esattamente quello che ho segnalato l'altro giorno.
Ora, invece, entro nel merito della riforma che abbiamo al nostro esame. Come lei potrà constatare, la prima proposta di legge depositata alla Camera dei deputati è a mia prima firma (è l'A.C. n. 4205). L'ho presentata in una data non casuale, il 23 marzo di quest'anno. Sono passati oltre nove mesi. Lei mi insegna che in nove mesi succedono tante cose, anche importanti per la vita. In tale arco temporale non siamo riusciti ad approvare in via definitiva una modifica della Carta costituzionale come ci veniva chiesto espressamente dall'Europa. Questa richiesta è stata firmata, accettata e accolta dal Governo italiano, che ha sottoscritto il patto Europlus.
Noi dovevamo immediatamente, data la situazione in cui si trova il nostro Paese, procedere in tal senso. Invece, abbiamo tergiversato e l'elenco delle proposte di legge e anche la loro successione temporale sono lì a dimostrarlo. Infatti, l'accelerazione come lei potrà ben constatare è avvenuta dal 19 luglio in poi. E dal 23 marzo al 19 luglio? La memoria dovrebbe servire a qualcosa: avevamo approvato da quattro giorni (il 15 luglio) la prima manovra estiva pesante (circa 60 miliardi), dopo che una decina di giorni prima l'allora Ministro dell'economia ci aveva detto che, invece, sarebbe stato sufficiente un restyling di 6-7 miliardi e siamo arrivati a dieci volte tanto. Ma non era sufficiente, perché i mercati - quella bestia nera - hanno capito subito che non bastava, che era un rinvio quasi sine die, perché il pareggio di bilancio (di questo stiamo parlando) lo avremmo raggiunto - se andava bene - nel 2014 e ci hanno chiesto di fare prima, più in fretta e di accelerare.
Il risultato è stato che, qualche giorno dopo, il 5 agosto, è arrivata una lettera di un organismo, per il quale abbiamo grande rispetto, che, però, non è eletto democraticamente, è nominato. Ne abbiamo grande rispetto e lo diciamo, a maggior ragione, oggi il cui vertice apicale è rappresentato dall'ex governatore della Banca d'Italia. Tuttavia, credo sia il caso che ci si interroghi, come dice per l'appunto anche questo articolo, su quale ruolo devono avere i Parlamenti nazionali, quello italiano e degli altri Stati, e quello europeo rispetto agli organismi nominati, che si chiamino Commissione, Consiglio di Stato o Consiglio d'Europa, con Capi di Stato e di Governo.
Credo che, tutto sommato, abbiamo svolto un buon lavoro ed ero molto più ottimista fino a qualche ora fa. Adesso lo sono un po' meno, Presidente. Mi rivolgo anche - e lo ringrazio per la presenza - al neosottosegretario per i rapporti con il Parlamento per richiamare quello che disse il suo e nostro Ministro per i rapporti con il Parlamento, non più tardi della fine settimana scorsa, quando, in una riunione informale, proprio per avere da lui una lettura, tra virgolette, sul testo che la Commissione aveva licenziato, dando mandato ai due relatori di presentare in Aula, ci siamo avvalsi anche - credo si possa usare questo termine, che non è una bestemmia - dei suggerimenti importanti che provenivano dal nuovo Ministro.
Se non ricordo male, il Ministro, però, ci diceva anche un'altra cosa, ossia che il fare bene è una cosa molto importante, la più importante. Ma visto quello che stava succedendo fuori dal Parlamento, nel Paese, in Europa e nel mondo, probabilmente era ancora più importante, in questo momento, dare dei segnali forti. A chi? A quella bestia nera che sono i «mercati», i quali - e lo dico per la seconda volta in quest'Aula, dato che la prima risale a qualche tempo fa e mi veniva da esperienze professionali precedenti - guardano due aspetti: i conti e la credibilità. Lo ripeto, i conti e la credibilità.
Mi limito a questo secondo aspetto e vengo ora al merito. Sulla credibilità - lo Pag. 28dico, se volete, anche un po' ingenuamente - ero giunto già preparato, con una bozza di dichiarazione di voto, immaginando che tutto filasse liscio. Si trattava di una dichiarazione di voto assolutamente e convintamente favorevole, in quanto vi era per la prima volta un segnale forte, per l'appunto, all'Europa e ai mercati. Il Parlamento italiano, in questa prima lettura alla Camera dei deputati, dava un segnale forte e approvava, come mi auguro approvi, domani, all'unanimità, un testo senza equivoci, senza letture diverse da parte di quegli organismi che ci «faranno le pulci» su ogni virgola, non solo su ogni sostantivo e aggettivo che scriviamo nei testi, ma su ogni virgola. Non vorrei che il lavoro che stiamo facendo, grande, enorme ed importante, venisse vanificato dalla lettura di una norma che, lo dico subito, è la lettera f) dell'articolo 4-bis del testo al nostro esame.
Ma prima di entrare nel merito di questo, voglio svolgere qualche considerazione sugli aspetti positivi che abbiamo realizzato perché, altrimenti, non si capirebbe dove voglio arrivare rispetto a quello che ho appena detto. Abbiamo svolto riflessioni forti.
Cosa ci chiede oggi la situazione internazionale e soprattutto chi ci guarda con grande attenzione? Che la finiamo, una volta per tutte, con la «finanza allegra», che la politica nell'accezione deteriore del termine - intesa come semplice rincorsa al consenso a tutti i costi, tanto poi paga qualcun altro che verrà, ossia le nuove generazioni - si renda conto che non si può vivere più al di sopra delle nostre possibilità. Bisogna spendere secondo quanto abbiamo a disposizione. È come in una famiglia, il capofamiglia deve dire: «Guardate che gli introiti mensili sono x e possiamo solo spendere x, altrimenti se spendiamo x+1 c'è un deficit e, se l'anno dopo, spendiamo x+2 diventa un debito, che viene accumulato nel tempo». Noi ne conosciamo l'entità. L'OCSE ci ha detto ieri che ammonta nelle prospettive, per il 2012, sic stantibus rebus, al 127 o al 128 per cento del PIL, un dramma, più legato nella fattispecie non tanto all'aumento esponenziale in cifra assoluta del debito, ma al PIL che scende, quindi il numeratore fa aumentare il risultato rispetto al denominatore.
Signori, abbiamo finalmente capito che il ricorso all'indebitamento, cioè al debito sovrano, parola magica, non deve più andare oltre e abbiamo stabilito dei limiti ben precisi. In primo luogo, possiamo fare ricorso all'indebitamento soltanto per gli effetti ciclici negativi: è chiaro che se le cose vanno come stanno andando per un perdurare di tempo significativo, è ovvio che non possiamo cancellare i servizi minimi per i nostri concittadini e dobbiamo garantire che questi dispongano dei beni essenziali, che si chiamino salute, istruzione o servizi per la comunità nel suo complesso.
Tuttavia - e qui ci casca il primo «asinello» - chi può dare il via all'indebitamento, ovviamente per i cicli economici avversi? Il testo al nostro esame parla di maggioranza assoluta delle Camere. È già un gran bel risultato - lo riconosco - ma mi permetto di dire, soprattutto per quanto riguarda la definizione degli eventi eccezionali, in relazione ai quali ovviamente bisognerà mettere ulteriormente mano all'indebitamento per farvi fronte, e che abbiamo chiamato «gravi recessioni economiche, crisi finanziarie, grave calamità», che abbiamo usato questi aggettivi piuttosto significativi e forti perché il Parlamento, la politica, la partitocrazia - chiamateli come volete - sappiano che non si può più sgarrare, non ce lo consentono più. Non possiamo assumerci la responsabilità di mandare a fondo il Paese e l'Europa, nella quale abbiamo creduto convintamente. Parlo per me, ma credo di parlare per la stragrande maggioranza dei colleghi parlamentari qui presenti.
Per questo, abbiamo proposto una maggioranza ulteriormente rafforzata. L'emendamento a mia prima firma parla addirittura dei due terzi. È troppo? Posso convenire che è troppo, ma la maggioranza assoluta credo che sia in questo momento eccessivamente poco. Per questo, la soluzione della collega Lanzillotta concernente Pag. 29una maggioranza dei tre quinti poteva essere la soluzione, poiché implica il coinvolgimento dei parlamentari a prescindere dalle maggioranze. Spero che non ci sia mai una maggioranza dei due terzi, perché la democrazia è anche fatta di dibattito serrato, serio e di confronto. Confronto rispetto a cosa?
Rispetto alla definizione non dei cicli economici avversi perché questi, come ricordano spesso gli ottimi presidenti delle Commissioni qui presenti, sono definiti a livello europeo. Ma quali sono le gravi calamità, quali sono le gravi recessioni economiche? Deve essere maturato all'interno di un Parlamento con una maggioranza più ampia. Ecco perché chiedo ancora, probabilmente inutilmente ma lo faccio ugualmente e in modo ancora più convinto, anche pacato al di là del tono un po' forte della mia voce, ripensiamoci, perché anche questo è un segnale che noi diamo, e cioè il Parlamento italiano è una falange unita che vuole evitare che succedano le cose che sono alle nostre spalle. Vogliamo approfittarne? Questa è l'occasione.
Altro secondo intervento importante e positivo è quello relativo all'equilibrio tra le entrate e le spese, lo dicevo prima citando il buon padre di famiglia: «ehi ragazzino» dice il papà al figlio «guarda che puoi fare a meno del telefonino». Ecco, noi dobbiamo dire che delle cose superflue, data la situazione, si può e se ne deve quindi fare a meno. Ci deve essere equilibrio tra le entrate e le spese e questo equilibrio di bilancio vale per lo Stato, per noi, per il Governo e per il Parlamento, vale per i livelli istituzionali a scendere - regioni, province e comuni - e vale anche, ed è giusto che abbiamo inserito la modifica all'articolo 97 della Costituzione, per le pubbliche amministrazioni, perché anche loro sono compartecipi a tutti i livelli a che non si sfori e cioè che l'equilibrio venga mantenuto. Così come prevediamo anche che il limite massimo degli scostamenti negativi rispetto al prodotto interno lordo debba avere una correzione prolungata magari nel tempo, ma ci deve essere un impegno forte a rientrare non appena le condizioni ce lo consentiranno.
E vengo alla questione più delicata e che mi sta particolarmente a cuore, a cui ho accennato in precedenza: cos'è che non quadra a mio modesto parere, Presidente e sottosegretario D'Andrea, forte del richiamo che faceva il Ministro Giarda? All'articolo 4-bis, che si propone di introdurre con l'emendamento 4.100 delle Commissioni, leggiamo due lettere, la f) e la g). A parte il fatto che la lettera f) non era presente o meglio, c'era ma era riferita ad altro. È stato aggiunto successivamente questo capoverso che sto per leggere, non era nel testo licenziato a fine della settimana scorsa, ma non è della questione formale che faccio un problema bensì della sostanza. Leggo la lettera f): «l'affidamento alle Commissioni parlamentari competenti, secondo i Regolamenti della Camera e del Senato, della funzione di controllo sulla finanza pubblica sia con riferimento all'equilibrio tra entrate e spese sia con riferimento alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni».
Detto così va bene, peccato che sia in un contesto che fa immediatamente seguito con la lettera g), anzi, detto così è inutile, è superfluo perché chi conosce la legge di contabilità - la legge 31 dicembre 2009, n. 196 - che è stata approvata, mi corregga il presidente Giorgetti, all'unanimità da questo Parlamento, sa che essa già lo prevede e non solo, nel contesto di questi progetti di legge di cui stiamo discutendo è richiamato almeno un paio di volte il ruolo del Parlamento, è richiamato in modo forte e chiaro.
Qual è la mia preoccupazione? La mia preoccupazione è per chi leggerà - ecco dove sta la mia preoccupazione - questo testo che ho appena letto, con subito dopo la lettera g). Il testo della lettera g) riporta: «l'istituzione di un organismo indipendente presso il Parlamento al quale attribuire compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica, con organizzazione e funzionamento disciplinati dalle Camere» ed è importante anche Pag. 30questo perché chi parla, signor Presidente, è sottoscrittore anche di un altro emendamento, l'emendamento all'articolo 2 del vecchio testo ovviamente al nostro esame.
Questo emendamento prevede un vero e proprio organismo indipendente, anche funzionale, definito - lo ricordava anche il collega della componente radicale - consiglio di stabilità, una vera e propria authority di bilancio, il che è esattamente ciò che ci chiede l'Europa. Ho già ricordato nella discussione sulle linee generali, ma questa volta lo faccio ancora più convintamente e in dettaglio, che, tra i sei atti normativi approvati dall'Unione europea, volti a ridisegnare l'architettura della governance economica europea, che è stata approvata un mese e mezzo fa, il 4 ottobre, in materia di regole di bilancio, c'è una specifica direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri. Questa direttiva individua le caratteristiche necessarie dei sistemi nazionali di contabilità pubblica e di statistica, nonché i requisiti delle previsioni macro-economiche e di bilancio, in particolare attraverso la definizione di un quadro di bilancio a medio termine. Per quanto attiene alle regole di bilancio ed al controllo sulla loro attuazione, l'articolo 5 della direttiva (che deve essere attuata anche dallo Stato membro Italia entro il 31 dicembre 2013, data entro la quale dovremmo essere finalmente arrivati - lo temo fortemente - al pareggio di bilancio - o equilibrio se preferite chiamarlo così - e ripartire affinché questo pareggio venga mantenuto nel tempo) prevede che gli Stati membri si dotino di regole di bilancio numeriche specifiche per Paese, che promuovano effettivamente l'osservanza, nel corso di un quadro pluriennale per l'amministrazione pubblica nel suo insieme, dei rispettivi obblighi derivanti dal Trattato nel settore della politica di bilancio. Ma c'è poi il successivo articolo 6, che prevede che le regole di bilancio, tra l'altro, prevedano il controllo effettivo e tempestivo dell'osservanza delle regole, basato su un'analisi affidabile e indipendente eseguita da organismi - non è colpa mia - indipendenti od organismi dotati di autonomia funzionale (non funzionale dipendente dal Parlamento) rispetto all'autorità di bilancio dello Stato membro. Tale previsione va posta in relazione con l'articolo 4 della direttiva.
Quel soggetto di cui stiamo parlando deve svolgere una valutazione periodica, imparziale e completa, basata su criteri obiettivi, compresa la valutazione ex post. È vero che le esperienze degli Stati che già si sono dotati di simile organismo sono diversificate. Vi sono due modelli, uno più vicino al nostro, secondo il testo, sul quale ho convenuto, ma non sulla lettera f), non sulla sovrapposizione della lettera f) e della lettera g), ma sul testo al nostro esame - lettera g) - che è in qualche modo funzionale rispetto al Parlamento, il che vuol dire che si avvale della struttura del Parlamento. Ciò passi! Vediamo che cosa dirà chi ci farà le pulci. Per quanto riguarda la lettera f) l'ho già detto; si tratta poi di una inutile sovrapposizione delle due lettere, perché quanto è scritto è già presente nella legge n. 196 del 2009, approvata all'unanimità da questo Parlamento; è superflua. Ho sentito più volte i colleghi, che sono più esperti di me, come il presidente Bruno. Ho molto da imparare e lo dico senza polemiche e senza ironia. Io purtroppo non sono un cultore della Carta costituzionale e delle norme giuridiche.
Però mi fido, oltre che affidarmi, di quello che viene detto, cioè che le modifiche della Carta costituzionale dovrebbero avere alcune caratteristiche: sobrietà, chiarezza, inequivocità, snellezza, non sovrapposizione ad altra norma che, magari, è prevista nel capoverso successivo.
Ma quell'organismo superiore al nostro - lo dico non da componente della Commissione affari costituzionali, e quindi da ignorante, nel senso latino del termine: ignorare, non conoscere - nel momento in cui leggesse e leggerà quanto sta scritto, sono certo - vorrei sbagliarmi, ma sono solito dire, avendo il naso doppio, che mi sbaglio poche volte - che ci rimanderà indietro questo testo e obbligherà l'altro ramo del Parlamento a correggere il tiro. Pag. 31
Signor Presidente, stiamo andando incontro ad un obiettivo totalmente diverso da quello che giustamente - lo convenivamo tutti - ci indicava il Ministro Giarda, e cioè di fare bene e fare in fretta. Addirittura ci siamo presi carico, tutti noi, di interloquire con i rispettivi gruppi del Senato per accelerare l'iter di questo provvedimento, proprio per dire: cara Europa, cari mercati, l'Italia fa, una volta per tutte, sul serio.
Se questo testo ci viene rinviato per la terza lettura - come si dice, presidente Bruno? - nella prima ondata, nel primo tempo - ecco perché sono ignorante - di una riforma costituzionale, avremo di nuovo perso tempo e la reazione dei mercati, temo, da esperto, invece, in quella materia, che non si farà attendere. Ripensiamoci (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo, credo, nella seconda settimana dell'«era» post Berlusconi registrando che lo spread non ha ben presente questo spartiacque, perché nell'«era» pre Berlusconi era a 490 e oggi è a 498. Ma è diverso l'atteggiamento dei giornali, perché nell'«era» pre Berlusconi, con lo spread a 490, si diceva: «lo spread è arrivato persino a 490»; nell'«era» post Berlusconi si dice che «lo spread scende sotto 500». Quindi, lo stesso numero viene accolto oggi con trionfalismo e come una vittoria, mentre qualche giorno fa questo numero evocava scenari torbidi.
Qualche giorno fa non avevamo più tempo per poterci muovere: la Camera si riuniva di sabato e di domenica e una maggioranza politica, sicuramente squalificata agli occhi dei giornali e, successivamente, agli occhi dei partiti, approvava, con, credo, un clima non solo rispettabile, ma commendevole, tra maggioranza e opposizione, manovre per 250 miliardi di euro. La povera politica, tanto criticata dagli Stella e Rizzo, in due settimane ha approvato manovre per 250 miliardi di euro, maggioranza e opposizione, sicuramente sotto gli auspici del Presidente della Repubblica.
Questo silenzio è dovuto per i ringraziamenti e quant'altro, che vengono sempre pronunciati e che evito perché sono sempre annunciati. Oggi, giustamente, si è preso tempo. Vi erano altri provvedimenti: scopriamo che nell'«era» pre Berlusconi avevamo una lettera per cui dovevamo adempiere a 39-40 punti. Dipende dalle volte che Olli Rehn viene in Italia.
È trascorsa una settimana, ed i punti in questione sono arrivati a 36. La prossima volta, quando verrà Sarkozy e magari si fermerà quattro o cinque giorni, diventeranno 25. Se l'Edison sarà venduta prima, diventeranno 24; se non la vendiamo, diventeranno 25. Se poi vendiamo l'ENI, l'ENEL e via seguitando diventeranno 22-23. Quindi a seconda di quello che vendiamo, o del tempo trascorso, si viene ad avere uno sconto sui punti.
Chiedo scusa per queste amenità della conversazione, ma sicuramente oggi si pone un punto, promesso dall'euro plus a marzo e poi portato avanti dal Ministro Tremonti, che oggi viene discusso. È stato già ricordato come sicuramente oggi sia doveroso e forse insufficiente. Il termine «equilibrio» è un termine molto bello filosoficamente. Si fa un po' fatica ad immaginare, però, che ciò che vale per uno Stato, possa poi valere per un cittadino. Oggi, che un'impresa si presenti con un bilancio in equilibrio è difficile; difficilmente riesce a presentare un bilancio in pareggio, come difficilmente può sottrarsi dal portare i libri in tribunale.
Questo Paese nasce con una Costituzione che in qualche modo poneva una necessità. Adesso forse non è il momento di ricordarlo, ma sappiamo che c'è stato un percorso, con riferimento al quale la Costituzione, in qualche modo, non è arrivata a compiere quello che era il suo dovere. D'altronde negli anni tra il 1970 e il 1990 il rapporto tra il debito pubblico e il PIL è schizzato dal 38 per cento del 1970 al 100 per cento del 1990. Questo Paese ha retto alle sue divisioni fra nord e sud e, con una sinistra che con il partito Pag. 32comunista non poteva andare al potere, tra Stato assistenziale e assistiti. La maggior fatica che faceva in quegli anni la FIAT era quella di partire da Torino, arrivare a Roma con una valigetta vuota e tornare su con la valigetta piena.
Questo è stato sicuramente il collante, ovvero quello che ha tenuto in piedi il Paese. Non si può procedere così. Sicuramente abbiamo altri esempi da parte di altri Governi, come la riforma per porre un freno all'indebitamento del 35 per cento del PIL in Germania. Ricordo che il mio partito da tempo aveva auspicato ciò. C'è stata una riforma Miglio, che in qualche modo prevedeva la necessità di intervenire in tal senso. C'era un gruppo di Milano, che aveva pensato di introdurre appunto alcune forme di controllo. Poi venne anche D'Alema nel 1997, proponendo secondo me una misura intelligente, la famosa golden rule, cioè la possibilità di indebitarsi solamente per sopperire alle spese di investimento.
Quello che lo Stato non ha fatto in passato, cioè coniugare i due principi fondamentali di rischio e responsabilità, oggi viene inserito nella Costituzione. Però fate attenzione: ciò nella Costituzione è doveroso, ma faccio notare questo che il rapporto di parità tra il rischio e la responsabilità, è quello che in qualche modo, con questa riforma costituzionale, noi vogliamo dire. Noi non possiamo - e su questo credo che abbiamo concordato tutti - scaricare sulle generazioni future il debito, cioè fare nascere, come facciamo oggi, i nostri figli con un debito.
Io ragiono ancora in lire, signor Presidente. Sono un inguaribile romantico oppure un antesignano del futuro. Non si sa mai. Mi sembra che oggi in qualche modo si stia svolgendo un ragionamento da parte non solo degli euro scettici, ma anche da parte di qualche economista. La leva monetaria, che è mancata a questo Paese, ci ha consegnato in una situazione di recessione forzata, come quella che stiamo affrontando.
Questa impossibilità, quindi, di consegnare sulle generazioni future un deficit è un obbligo morale, ma quest'obbligo morale di responsabilità non valeva e non vale per quelli che sono gli artefici della crisi. Questa è una crisi di valori e il Presidente mi darà atto del fatto che in merito c'è un'ampia convergenza da tempo. Non per niente in una delle principali encicliche del Papa, che è stata scritta prima della crisi, la diagnosi è stata che si tratta non solo di una crisi economico finanziaria ma di una crisi di valori, di un modo di fare ricchezza, come è stato anticipato da tempo, con la finanza facile, allontanando il principio della responsabilità delle banche dal rischio, ovvero da quello che hanno sempre fatto le banche, cioè prendere crediti, soldi, sotto la propria credibilità e offrirli a credito sotto il proprio rischio.
Ad oggi abbiamo avuto generazioni di yuppie, di hedge fund e di subprime che hanno allontanato questo principio: più il rischio era maggiore, più si allontanava, più si guadagnava. Si sono create masse di debiti allo scoperto, di titoli spazzatura su cui si è teorizzato come fossero la manna o addirittura premi Nobel. È stato detto addirittura che erano una grande ricchezza. Queste sono state le cause della crisi, il rischio e la responsabilità che la tecnofinanza ci ha portato e su cui non si è fatto assolutamente niente.
Ricordo le parole di Einaudi che disse, dopo il 1929, che la responsabilità di chi aveva prodotto il deficit e in qualche modo aveva giocato sulla pelle delle persone non era stata punita. Non è stata fatta, ricordava Einaudi, un'operazione di verità, di equità e di controllo al riguardo, assolutamente no, negli Stati Uniti e neanche in Europa. Noi continuiamo a fare i compiti, continuiamo sotto assedio a tagliarci i viveri, a tagliare le risorse, a pulire le strade, ma non guardiamo chi ha creato questo sistema e chi sta attaccando questo Paese ovvero fondamentalmente questo sistema della tecnofinanza che non trova nessun interlocutore, nessuna trilaterale, nessun organismo di illuminati, non trova la Commissione europea, non trova la BCE, non trova nessuno che voglia compiere un'operazione di verità. Pag. 33
Non troviamo neanche un partner, perché questa Europa è una figlia di nessuno. Non ho mai visto una moneta che non abbia una banca. Lasciamo perdere il fatto che non abbia un sovrano - già questo ce la dice lunga - ma non ha dietro il sovrano un'autorizzazione politica. È una Europa molto misera quella che stiamo vivendo e avrebbe bisogno dei nostri padri costituenti, di De Gasperi e di Schuman e di altri che non condividevano soltanto la fede in un principio economico, in un Trattato di Maastricht, ma condividevano, forse, l'Europa delle cattedrali, dei valori, della solidarietà, dei principi irrinunciabili e non negoziabili. Forse quella è un'Europa molto più salda di quella fondata sull'euro che tutti vogliono «tirare».
Quindi, signor Presidente, chiedo scusa per la divagazione, ma dipende dall'ora e dalla passione che il mio movimento ha per la costituzione di un'Europa, nella fiducia che questo movimento ha per questo Parlamento, in cui noi crediamo fermamente, e anche per quanto riguarda la Costituzione, il vincolo della responsabilità, il vincolo della serietà e della solidarietà generazionale.
Queste sono alcune considerazioni che noi vogliamo offrire alla discussione, che vogliamo lasciare. C'è qualcosa da ripensare, c'è qualcosa da ripensare nel nostro rapporto con l'Europa economica.
Noi vogliamo sperare che, in qualche modo, questa parentesi di Governo voglia essere una parentesi favorevole al nostro Paese, e che non possa portare, in un futuro, a cessioni della sovranità, come stiamo vedendo, anche per quanto riguarda il bilancio.
Va bene l'equilibrio di bilancio, ma la politica fiscale (cioè l'individuazione di chi in qualche modo deve essere agevolato) e la politica di indirizzo economico le vogliamo mantenere in questo Parlamento. Non ci piace questa idea, che si è un po' affacciata qualche tempo fa con il Ministro Tremonti, che per quanto riguarda la sovranità economica di questo Paese (una sovranità che - è vero - deve essere responsabile) ci sia qualcuno di non eletto, di non rappresentato che, in qualche modo, da qualche altra parte, imponga a questo Parlamento un bilancio.
Questa è un'umiliazione che noi non vogliamo vivere, un'umiliazione che non tollereremo perché il mandato elettorale che abbiamo è quello di mantenere la responsabilità e di mantenere anche la sovranità del nostro popolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Sardelli).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Annunzio della nomina di un Ministro.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato in data odierna la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha nominato Ministro senza portafoglio il presidente di sezione del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi».

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi l'onorevole Paolo Bonaiuti in sostituzione dell'onorevole Jole Santelli, dimissionaria.

Sull'ordine dei lavori (ore 20).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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LUDOVICO VICO. Signor Presidente, intervengo per chiedere ad ella che si rivolga al Governo in ordine a delle vicende e ad una questione particolarmente importante che riguardano le comunità italiane colpite da alluvione.
Signor Presidente, sto parlando del marzo 2011, quando si sono verificati eventi alluvionali in Puglia, nelle Marche e in Abruzzo, e da allora (ovvero da otto mesi) quelle regioni, quelle popolazioni e le imprese attendono dalla Presidenza del Consiglio la prima ordinanza relativa alla nomina del commissario.
La stessa situazione riguarda - anche se più recentemente - le comunità e le popolazioni della Calabria e della Sicilia.
Signor Presidente, io mi permetto di rivolgere ad ella la richiesta, affinché la trasmetta al Governo e al sottosegretario qui presente questa sera con noi, di far presente al Governo che nel luglio scorso è stata approvata in quest'Aula una mozione con il voto unanime di tutti i gruppi parlamentari nella quale, e con la quale, il Governo assumeva l'impegno di redigere e promulgare le ordinanze e, nel contempo, di modificare la norma cui fare riferimento scritta nel cosiddetto milleproroghe, ovvero nello stesso marzo di questo anno.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, le regioni che ho appena citato hanno provveduto, a diverso titolo, nel destinare, nella forma di addizionale o di quote di bilancio regionale, le risorse loro disponibili come partecipazione al costo degli interventi da svolgersi. Mi permetto di segnalare che, non più tardi di quest'oggi, la Protezione civile nazionale ha reso un comunicato dal quale si evince che il problema, per essere affrontato e risolto, merita che il Governo assuma e destini le quote necessarie per l'avvio delle ordinanze.
Signor Presidente, vorrei altresì segnalare che, in questo stesso momento, in alcune di queste zone colpite dall'alluvione di marzo e, particolarmente, nella Puglia, in località Ginosa Marina, è in corso, da una settimana, uno sciopero della fame ed un blocco stradale. Mi permetto, nella richiesta e in maniera subordinata, di sollecitare un suo intervento nei confronti della Presidenza del Consiglio affinché, urgentemente, almeno nella giornata di domani o di dopodomani, le regioni e, in questo caso, quelle popolazioni, siano convocate e tranquillizzate per l'impegno del Governo, assunto - ripeto - in una mozione di luglio votata all'unanimità in questa importante Aula del nostro Paese.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vico. È qui il rappresentante del Governo e, quindi, lo invito a far presente, per quanto di sua competenza, le doglianze dell'onorevole Vico e anche le preoccupazioni e le aspettative dei cittadini di Ginosa Marina.

MASSIMO VANNUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, devo sottoporre a lei e al sottosegretario D'Andrea, che ha avuto la gentilezza di fermarsi, una questione molto urgente per la quale l'unica mia possibilità è di intervenire adesso in quest'Aula perché altre azioni, come atti di indirizzo, non sarebbero pertinenti e le spiego perché.
La questione riguarda l'avvio del digitale terrestre nelle Marche, il cosiddetto switch-off o spegnimento, che è previsto dal 5 al 21 dicembre 2011. Ciò crea molte preoccupazioni perché, ancora, a questa data, le emittenti locali non hanno nessuna frequenza certa. Gli aspetti sono due: la pesantissima penalizzazione dell'emittenza locale delle Marche e i forti disagi ai cittadini utenti. Non siamo in grado, quindi, di passare al digitale terrestre perché non ci sono, appunto, frequenze certe e perché le Marche, purtroppo, soffrono di linee non pulite. Già nel sistema analogico si verificano, in molte zone territoriali delle Marche, seri problemi di interferenza tra i segnali televisivi italiani e di altri Paesi esteri, come della Slovenia, della Croazia, della Bosnia-Erzegovina, dell'Albania e del Montenegro, problemi segnalati a suo tempo, ma non risolti. Pag. 35
La richiesta di rinvio della digitalizzazione è stata presentata dal presidente della regione Marche, Spacca, con una lettera al Ministro dello sviluppo economico e con una lettera all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che io stesso oggi ho provveduto ad informare. La questione è che i bandi per l'assegnazione dei diritti di uso delle frequenze sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale solo il 14 ottobre ed erano necessari diversi giorni per partecipare. Praticamente, quindi, è impossibile oggi per le aziende, se noi assegniamo le frequenze solo dopo lo switch-off del 5 o anche qualche giorno prima, avere la materiale possibilità di predisporre gli impianti sulle frequenze che verranno assegnate, perché i tempi commerciali di consegna non possono essere, come sappiamo, inferiori ai 60 giorni, con insopportabili danni economici per le aziende stesse.
Quindi, ci sono tutti gli elementi per dire che il 5 dicembre, se si spegnesse l'attuale sistema, le Marche non potrebbero usufruire dell'altro sistema.
Vorrei anche ricordare un fatto triste: infatti, è avvenuto anche un lutto proprio per tale questione. Un operatore, Renzo Salvadori, di Piandimeleto operava proprio per intervenire insieme ad altri, in presenza di situazioni atmosferiche cattive, per poter recuperare questo tempo e, purtroppo, ha perso la vita.
La stessa RAI che fa pubblicità per l'arrivo del digitale terrestre, con gli spot in onda, dice già che alcune zone non saranno più coperte dalla televisione digitale del servizio pubblico e consiglia di installare una parabola di ricezione satellitare. Le singole famiglie dovranno coprire queste esigenze, ma lei immagini cosa potrebbe accadere nelle molte zone in cui tutti correranno sui tetti a mettere parabole e antenne satellitari, e il disagio che si provocherà ai cittadini.
C'è una via molto semplice, sottosegretario D'Andrea, ossia suggerire al Ministro dello sviluppo economico di concedere una proroga di qualche mese perché si possa passare al digitale terrestre quando ci saranno le infrastrutture e le condizioni. Purtroppo, i tempi del bando, i tempi che ci siamo dati non sono compatibili con un avvio che non provochi disagio. Pertanto, ritengo che lei possa favorire un'intesa tra il Ministro dello sviluppo economico e l'Agcom per ottenere questa deroga.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vannucci. Il Governo è presente in Aula: colgo l'occasione per fare le mie congratulazioni al sottosegretario D'Andrea, augurandogli un'efficace e fruttuoso svolgimento dell'alto incarico a cui è stato chiamato (credo che sia la prima volta che interviene in Aula). Quindi, ritengo che si farà carico sicuramente di far presente al Governo quanto da lei affermato. D'altronde, esiste anche lo strumento delle interpellanze urgenti.

MASSIMO VANNUCCI. Però il 5 dicembre è domani!

PRESIDENTE. Il 5 dicembre è domani, però rafforza la sua richiesta.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, l'altro ieri sera, alle 20,15, a Kiremba, nel Burundi, sono stati uccisi due missionari e un terzo è stato ferito. Hanno perso la vita una suora croata, suor Lukrecija Mamic, di 63 anni e un mio concittadino, il dottor Francesco Bazzani, di 59 anni, di Cerea, un comune in provincia di Verona. Era da due anni che svolgeva questo servizio di volontariato presso la Casa delle Ancelle della Carità proprio in Burundi. Una terza persona, suor Carla Brianza, di 66 anni è stata ferita e, fortunatamente, ora è fuori pericolo.
Il tutto è accaduto a causa di una rapina alla Casa delle Ancelle della Carità dove - ripeto - la congregazione gestisce un'opera missionaria. I violenti, due giovani di 20 e 24 anni che avevano rapinato Pag. 36quattromila euro, sono già stati arrestati fortunatamente anche in questo caso.
Credo che sia doveroso esprimere alle famiglie e all'ordine religioso la vicinanza e la solidarietà di questa Camera e di questo Parlamento e sottolineare, in questa occasione, il servizio che queste persone operano con disprezzo del pericolo, e additarle ad esempio, evidenziando come, in un mondo sempre più egoista, esistano anche persone come queste consapevoli che il loro dono d'amore può portare anche, talvolta, la perdita della vita (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fogliardi, credo di esprimere i sentimenti di tutta l'Assemblea unendomi alle parole di cordoglio che lei ha espresso.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei mettere in evidenza una questione estremamente grave, che poi si richiama anche ad alcune situazioni già esposte da qualche collega che mi ha preceduto: è quella che si riferisce al maltempo e alle calamità naturali che hanno colpito alcune regioni e soprattutto la regione Calabria.
So bene che esiste lo strumento del sindacato ispettivo, però la vicenda a cui faccio riferimento, che è stata divulgata con sufficienti notizie da parte dei mass media, è di estrema gravità. Certamente è una calamità che ha colpito la provincia di Catanzaro, nonché quella di Reggio Calabria con smottamenti e anche la morte di una persona nella provincia di Catanzaro. Vi è stata però una situazione di una particolare gravità: mi riferisco - lo sanno anche tutti i colleghi - al deragliamento di un treno con il crollo di un ponte delle ferrovie tra Catanzaro e Lamezia Terme. Per pura combinazione - per miracolo, se si può gridare al miracolo - 21 persone si sono salvate. Il treno è uscito fuori dai binari, si è piegato dalla parte della roccia e dall'altra parte vi era il precipizio, però quel ponte ha ceduto. Le strutture erano già molto gracili e pericolanti; tale situazione era stata denunciata dal presidente dell'amministrazione provinciale di Catanzaro, Ferro, quasi un anno fa ma le Ferrovie non hanno fatto nulla.
Pertanto, c'è lo strumento del sindacato ispettivo, ma ritengo che il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti debba venire in Aula per dire cosa sta succedendo e cosa è successo. Vi è un'assenza drammatica delle Ferrovie dello Stato sia per quanto riguarda le attività manutentorie, a cui mi riferivo, sia sotto il profilo dell'ottusità, della miopia e di una disinvolta azione in negativo nei confronti della Calabria, con l'eliminazione di 21 treni proprio nella zona ionica-calabrese, reggina e catanzarese, con una mancanza di impegni seri per quanto riguarda questa regione (mi riferisco anche ai mancati programmi per quanto riguarda il porto di Gioia Tauro).
Dunque, sarebbe opportuno che il Ministro venisse in Aula. Possiamo anche presentare le interpellanze, ma se poi come risposte vengono divulgate, lo dico tra virgolette, delle veline dell'holding Ferrovie dello Stato, credo che non vada bene. Qualche responsabilità ci deve pur essere, bisogna pure individuare una responsabilità se un ponte cede e le strutture erano già pericolanti e tutto era stato denunciato. Chi non ha assunto gli accertamenti del caso? Chi non ha operato? In Calabria vi è stato anche il prefetto Gabrielli, responsabile della Protezione civile e c'è un problema di emergenza certamente da fronteggiare. Vi è stata una richiesta di dichiarazione di calamità naturale, ma vi sono anche i problemi della prevenzione su cui si è certamente mancato. Ritengo che vi siano dei responsabili. Pertanto, se il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti venisse in Aula - e questa è la richiesta che faccio formalmente - sarebbe certamente un dato importante. Non l'abbiamo chiesto prima perché ancora non c'era il Governo; adesso il Governo è completo nella sua compagine e non c'è dubbio che la presenza urge, anche per aprire un confronto, un dibattito e per capire se questo Ministro, Pag. 37il Ministro Passera, ha un progetto, delle indicazioni, ma soprattutto faccia prevalere il primato della politica - in questo caso lo possiamo dire - rispetto ad un'ottusità delle Ferrovie dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la Presidenza provvederà ovviamente a sollecitare il Ministro, ma lo può fare anche il rappresentante del Governo che è presente in Aula.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, abbiamo dato molti compitini al sottosegretario!

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, il sottosegretario ha questo compito ed è bene che si dia da fare per svolgerlo. Siamo sicuri che lo farà nel migliore dei modi. Rinnovo i migliori auguri.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 30 novembre 2011, alle 10:

(ore 10 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge costituzionale:
CAMBURSANO ed altri; MARINELLO ed altri; BELTRANDI ed altri; MERLONI ed altri; LANZILLOTTA ed altri; ANTONIO MARTINO ed altri; D'iniziativa del GOVERNO; BERSANI ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-A).
- Relatori: Bruno, per la I Commissione; Giancarlo Giorgetti, per la V Commissione.

2. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZOCCHI e CARLUCCI; MATTESINI ed altri: Regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici (C. 225-2274-A).
- Relatore: Dal Lago.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 20,15.