Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 553 di mercoledì 23 novembre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 15,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Malgieri, Stucchi e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ventisette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Irrogazione di sanzioni ai sensi dell'articolo 60 del Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza nella odierna riunione ha preso in esame gli episodi avvenuti nel corso della parte antimeridiana della seduta dell'Assemblea del 26 ottobre 2011, nonché durante la sospensione della seduta medesima. L'Ufficio di Presidenza, visti gli articoli 12 e 60 del Regolamento della Camera dei deputati, ha deliberato di irrogare ai deputati Claudio Barbaro e Fabio Rainieri la sanzione della censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo di 2 giorni di seduta, con decorrenza immediata. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 60, comma 3, del Regolamento, le decisioni in tema di sanzioni adottate dall'Ufficio di Presidenza sono comunicate all'Assemblea e in nessun caso possano essere oggetto di discussione. Invito gli onorevoli Claudio Barbaro e Fabio Rainieri, ove siano presenti, a lasciare l'Aula in ottemperanza alla decisione adottata dall'Ufficio di Presidenza.

Annunzio di petizioni (ore 15,07).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge:
GIULIO MANFREDI, da Torino, e numerosissimi altri cittadini, chiedono modifiche alla disciplina dell'otto per mille in materia di scelte non espresse da parte dei contribuenti e per la più equa ripartizione delle relative risorse (1324) - alla V Commissione (Bilancio);
DANIELE BELLU, da Albignasego (Padova), chiede:
un programma di interventi per favorire lo sviluppo del Sud attraverso il turismo (1325) - alla X Commissione (Attività produttive);
misure per promuovere la partecipazione azionaria dei lavoratori alla proprietà delle imprese e l'affidamento ai privati delle attività non essenziali della Pag. 2pubblica amministrazione (1326) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VI (Finanze);
una legge organica per favorire la piena occupazione (1327) - alla XI Commissione (Lavoro);
SALVATORE DENARO, da Vittoria (Ragusa), chiede l'approvazione di misure in favore degli obbligazionisti e dei piccoli azionisti della società Alitalia (1328) - alla VI Commissione (Finanze);
FRANCESCO PORTOGHESE e altri cittadini, da Portici (Napoli), chiedono misure urgenti per migliorare le condizioni di vivibilità e la sicurezza del loro comune (1329) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
EMILIO MANAÒ, da Rimini, chiede l'istituzione delle giornate nazionali dell'Orgoglio omosessuale (1330) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
WANDA GUIDO, da Penna in Teverina (Terni), chiede l'introduzione del divieto di caccia nella giornata del 4 ottobre, solennità in onore di San Francesco d'Assisi (1331) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
LORENZO SIMIONATO, da Torino, chiede l'attribuzione alle regioni di competenze in materia di sostanze stupefacenti, anche al fine di sperimentare soluzioni alternative alle politiche proibizioniste (1332) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
l'introduzione di forme di pensionamento anticipato per i dipendenti pubblici, al fine di creare nuovi posti di lavoro per i giovani (1333) - alla XI Commissione (Lavoro);
l'introduzione di un'imposta patrimoniale sui patrimoni di valore superiore ai 500.000 euro (1334) - alla VI Commissione (Finanze);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
misure per vietare le «raccolte a punti» organizzate dagli esercizi commerciali per fidelizzare la clientela (1335) - alla X Commissione (Attività produttive);
nuove norme contro la contraffazione dei prodotti commerciali (1336) - alla X Commissione (Attività produttive);
la sostituzione della festività di Ognissanti con quella del 2 novembre per la commemorazione dei defunti (1337) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
misure per evitare l'utilizzo dei programmi informativi della RAI per la promozione di specifici prodotti (1338) - alla VII Commissione (Cultura);
norme per limitare la possibilità di successione testamentaria da parte di persone fisiche o giuridiche estere, ivi compresa la Chiesa cattolica (1339) - alla II Commissione (Giustizia).

Sull'ordine dei lavori (ore 15,10).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, le voglio dire che quella odierna è un'eccezione che non avrà seguito un domani - naturalmente se ci sono altri colleghi che vogliono intervenire adesso possono farlo - poiché, per quanto mi riguarda, per quanto riguarda la mia Presidenza, tutti gli interventi sull'ordine dei lavori saranno svolti a fine seduta. Prego, onorevole Barbato, ha facoltà di intervenire.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, io intervengo perché quando ho ascoltato la relazione del neopresidente del Consiglio, senatore Monti, egli ha detto in modo molto chiaro che ha grande rispetto per il Parlamento.
Io per la verità nella giornata di oggi da deputato della Repubblica non mi sono sentito rispettato nella mia Commissione, la Commissione finanze, dove puntualmente Pag. 3ogni mercoledì si svolge il question time, che io prontamente ogni martedì consegno; sempre in Commissione finanze vi erano delle risoluzioni, tra cui una abbastanza importante che ho presentato e che riguarda misure di politica tributaria per fronteggiare la grave crisi finanziaria; non se ne è potuto discutere, perché anche in questo caso mancava la presenza del Governo, non vi erano i sottosegretari che solitamente presenziano ed accompagnano i lavori della Commissione.
Allora io intervengo, signor Presidente, per stigmatizzare questo comportamento, che non ritengo utile né per il Parlamento né per il Paese. Infatti, mi rivolgo al Presidente Monti o piuttosto al professor Monti, tecnico, sciolto da vincoli politici o meglio dalle pastoie della contrattazione politica da manuale Cencelli e così discorrendo: io vorrei che, poiché è nato sotto una stella ben precisa di un Governo di emergenza per salvare questo Paese, non ritardi ed eviti di non rispettare il Parlamento. Infatti io oggi e tutti gli altri colleghi non abbiamo potuto fare il nostro lavoro in Commissione, nelle altre Commissioni altrettanto e neanche in Aula si sono svolte le attività che solitamente si fanno.
Dunque per questa ragione stigmatizzo il ritardo con cui ci si sta ponendo rispetto alla nomina dei sottosegretari e Viceministri ed invito il Presidente del Consiglio Monti a risolvere questa pratica, perché lui che è un tecnico deve dare risposte subito al Parlamento ed al Paese. Egli sa molto meglio di me che in politica come ancora di più in economia il tempo non è una variabile indipendente e dare una risposta o assumere un provvedimento tra una settimana non è la stessa cosa che farlo oggi. Per questa ragione invito il Presidente Monti a rispettare davvero il Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, non voglio entrare nel merito del suo intervento ma ricordo che ieri in Conferenza dei presidenti di gruppo si è deciso di sospendere solo per questa settimana proprio il question time e quant'altro in vista dello stato dell'arte in cui è l'Esecutivo. È stata una decisione presa conformemente e concordemente da tutti gli intervenuti alla Conferenza dei presidenti di gruppo.

Discussione del testo unificato dei progetti di legge costituzionale: Cambursano ed altri; Marinello ed altri; Beltrandi ed altri; Merloni ed altri; Lanzillotta ed altri; Antonio Martino ed altri; d'iniziativa del Governo; Bersani ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (A.C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-A) (ore 15,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione in prima deliberazione del testo unificato dei progetti di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Cambursano ed altri; Marinello ed altri; Beltrandi ed altri; Merloni ed altri; Lanzillotta ed altri; Antonio Martino ed altri; d'iniziativa del Governo; di iniziativa dei deputati Bersani ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 22 novembre 2011.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4205-A ed abbinati)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Ha facoltà di parlare il relatore e presidente della Commissione bilancio, onorevole Giancarlo Giorgetti.

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, io Pag. 4introduco l'argomento e poi il presidente Bruno entrerà nei dettagli dei contenuti della proposta formulata dalle Commissioni riunite. L'antefatto immediato degli otto progetti di legge costituzionale all'esame dell'Assemblea è rappresentato dal Patto euro plus, approvato dai Capi di Stato e di Governo della zona euro nella riunione dell'11 marzo scorso, su impulso franco-tedesco, e condiviso dal Consiglio europeo del 24-25 marzo.
Hanno aderito al Patto, che resta aperto all'adesione degli altri Stati membri dell'Unione europea, anche Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania.
Il Patto impegna gli Stati aderenti ad adottare misure volte a perseguire i seguenti obiettivi: sostenibilità delle finanze pubbliche, competitività, occupazione e stabilità finanziaria. Una specifica attenzione è dedicata al coordinamento delle politiche fiscali.
Nell'ambito del Patto, ai nostri fini rileva l'impegno degli Stati aderenti a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio dell'Unione europea fissate nel patto di stabilità e crescita. Gli Stati hanno la facoltà di scegliere lo strumento giuridico nazionale che preferiscono, a condizione che abbia natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio, norma costituzionale o normativa quadro). Ciascun Paese potrà inoltre scegliere le caratteristiche della regola (ad esempio, freno all'indebitamento, regola di spesa, regola sul saldo primario), purché essa si dimostri idonea a garantire la disciplina di bilancio a livello nazionale e subnazionale. È infine prevista la facoltà di consultare la Commissione prima dell'adozione definitiva della regola di bilancio individuata a livello nazionale.
Ricordiamo, inoltre, come, nella lettera inviata il 5 agosto scorso al Governo italiano dal Governatore della Banca centrale europea e dal Governatore della Banca d'Italia, venga ritenuta «appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio».
Tale iniziativa si basa su presupposti teorici che risalgono almeno all'ultimo decennio del secolo scorso ed esprime, per quanto riguarda l'Europa, soprattutto gli orientamenti manifestati da alcuni economisti a partire dall'introduzione dell'euro e fatti propri dalle istituzioni internazionali esperte in materia di finanza pubblica, quali l'OCSE e il FMI.
Le proposte di riforma elaborate in quella fase erano volte ad ovviare agli squilibri di bilancio, nonché a limitare la crescita del debito pubblico e l'adozione di politiche procicliche, perseguendo tre linee di azione: introdurre regole fiscali numeriche, rafforzare il ruolo dei Ministri dell'economia e favorire politiche di bilancio orientate al medio termine, creare istituzioni fiscali indipendenti in grado di contribuire all'elaborazione di previsioni e analisi macroeconomiche attendibili.
Per quanto riguarda l'Unione europea, l'esigenza alla quale si intendeva corrispondere era quella di creare a livello nazionale un quadro regolatorio coerente con le regole europee, ed in particolare con i parametri contenuti nel Trattato di Maastricht.
Per assicurare la sostenibilità delle politiche fiscali, rendendole meno volatili, meno procicliche e i più coerenti nel tempo, si auspicava l'adozione di regole sull'equilibrio del bilancio, sul debito e sulla composizione dei bilanci. Le condizioni della stabilità finanziaria erano identificate nel carattere pluriennale del bilancio e nell'individuazione di obiettivi di medio termine. È esattamente la fotografia del Patto euro plus.
Le regole nazionali erano intese come funzionali a garantire il conseguimento e, finalità non meno rilevante, la conferma nel tempo dei livelli di deficit e di debito pubblico previsti dalle regole europee e ritenuti necessari a garantire la stabilità dell'euro.
Come è noto, la Germania nel 2009 e la Spagna nello scorso settembre hanno scelto la via della riforma costituzionale per l'introduzione di regole fiscali del tipo Pag. 5di quelle che abbiamo ora descritto. Anche la Francia sta procedendo in questa direzione.
La modulazione di tali regole ad opera sia delle Costituzioni tedesca e spagnola sia delle proposte di legge costituzionali al nostro esame - con l'eccezione della proposta Marinello n. 4525 che ha una genesi diversa - riflette fondamentalmente gli esiti del contributo fornito dagli economisti che hanno da tempo teorizzato il principio del pareggio del bilancio.
L'equilibrio del bilancio conosce, in particolare, tre fondamentali eccezioni: i fattori ciclici, gli eventi eccezionali e le spese di investimento. La validità di questa ultima deroga al principio del pareggio di bilancio, in tempi recenti, è stata peraltro oggetto di critiche e riserve, che hanno, con tutta evidenza, condizionato, ad esempio, la riforma costituzionale tedesca, che ha previsto il superamento della cosiddetta golden rule.
Altri punti fondamentali della letteratura economica a cui ci riferiamo riguardano l'applicazione del principio del pareggio del bilancio a tutti livelli di Governo, la necessità di prevedere l'effettuazione di verifiche del rispetto delle regole fiscali non solo ex ante ma anche ex post; la previsione che le regole fiscali non possano essere sospese ad opera di una maggioranza semplice dell'organo parlamentare; l'introduzione di meccanismi di correzione, possibilmente automatici, degli squilibri di bilancio che si dovessero verificare; l'introduzione di regole sulla spesa; la necessità di un fondamento costituzionale delle regole fiscali.
Un profilo assai delicato della discussione in atto tra gli economisti, che costituisce anche in questo caso un'ottima chiave di lettura dei progetti di legge al nostro esame (come del resto delle riforme costituzionali tedesca e spagnola e di quella francese in itinere) riguardano la natura delle regole fiscali che secondo alcuni dovrebbero essere espressamente previste al fine del contenimento della spesa.
In altri termini, al fine di garantire l'effettività del principio dell'equilibrio del bilancio, dovrebbero essere previste regole volte a controllare l'evoluzione della spesa. Le Commissioni non hanno ritenuto di inserire nel testo unificato una previsione in tal senso. In ogni caso non si tratterebbe di definire una specifica regola di spesa ma di limitarsi a prevedere la disciplina di tale strumento (peraltro, già noto in diverse forme al nostro ordinamento contabile) in sede di definizione del contenuto della legge di bilancio attraverso principi da approvare con maggioranza qualificata.
L'applicazione di regole di spesa, in linea di principio sicuramente virtuose, determina una serie di problemi ampiamente esplorati dagli economisti, se non altro in ragione del fatto che alcune tipologie di spesa non sono di per sé comprimibili, come le spese per interessi, ovvero hanno una funzione anticiclica, ad esempio quelle legate ai sussidi di disoccupazione, e sarebbe quindi irrazionale, proprio sotto il profilo economico, comprimerle. Una disciplina della materia dovrebbe in ogni caso rifletterne la complessità e risultare adattabile alla contingenza economica, non potendo pertanto che essere definita da una fonte subcostituzionale.
Terminata l'esposizione della matrice economica, sostanzialmente unitaria, delle proposte di legge all'esame dell'Assemblea, che ha senz'altro agevolato la predisposizione del testo unificato, vorremmo ora fornire alcune brevi chiavi di lettura generali dell'impianto del provvedimento. La riforma che stiamo esaminando ha un solo fondamentale obiettivo: assicurare il rispetto, a livello nazionale, dei principi e delle regole stabiliti dal Trattato di Maastricht e dal Patto di stabilità e crescita per i Paesi che hanno aderito all'euro.
Il pareggio di bilancio è funzionale, in una prospettiva di medio periodo valida per tutti i Paesi dell'euro, ad assicurare il rispetto dei parametri europei in termini di deficit e di debito pubblico. Va detto, per inciso, che in una prospettiva di lungo periodo il limite all'indebitamento potrebbe risultare addirittura eccessivo, ma è chiaro che ci troviamo a dover affrontare Pag. 6un'emergenza in modo tempestivo. Occorre dare un segnale politico forte ai mercati, chiarendo che l'Italia e l'Europa hanno imboccato in modo duraturo la strada del rigore.
Le stesse deroghe al principio del pareggio di bilancio che si propone di introdurre a livello nazionale coincidono, per molti aspetti, con quelle già previste nell'ambito del Patto di stabilità e crescita e la relativa attivazione non potrà che essere concordata in sede europea. Aggiungiamo che, a nostro avviso, nei casi in cui tale coincidenza non dovesse verificarsi, le deroghe andrebbero valutate con grande attenzione essendo suscettibili di determinare un conflitto, nella fase applicativa, tra regole costituzionali e regole europee.
Dobbiamo, per altro verso, essere consapevoli di come, nonostante tutte le possibili verifiche ex ante, squilibri di bilancio siano sempre possibili. Occorre certo limitarne il verificarsi rendendo disponibili, ad esempio, previsioni macroeconomiche più affidabili e realistiche, soprattutto per quanto riguarda i tassi di crescita del prodotto interno lordo. La stessa dinamica della spesa non può essere prevista con una certezza assoluta, anche perché influenzabile da oscillazioni del ciclo economico originate assai spesso da fenomeni internazionali e quindi sottratte al nostro controllo. Se l'economia langue, la spesa in rapporto al PIL tende ad aumentare. Dobbiamo quindi avere ben chiaro come i progetti di legge in esame non intendano introdurre dei limiti irragionevoli e quindi insostenibili alle dinamiche del bilancio, ma prevedere meccanismi, il più possibile automatici ed effettivi, quali i piani di ammortamento e i conti di controllo, volti ad assicurare che in tempi brevi e certi, vengano in evidenza e si ponga rimedio agli squilibri di bilancio attraverso gli interventi di riduzione di spesa e di incremento delle entrate ritenuti politicamente più opportuni.
La costituzionalizzazione del principio dell'equilibrio di bilancio ed il sostanziale divieto di indebitamento, se non in particolari circostanze e determinate condizioni, è di per sé destinata a condizionare l'operato degli organi di Governo di ogni livello territoriale. La violazione di tale principio avrebbe senz'altro conseguenze a livello politico e di opinione pubblica, facilitando anche una pronta e ferma reazione delle istituzioni europee.
Prima di cedere la parola al presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, non posso non accennare alle particolari circostanze in cui le Commissioni hanno concluso l'esame in sede referente e che sono destinate a condizionare anche l'andamento dell'esame in Assemblea.
La conclusione dell'esame in sede referente è stata, in qualche misura, accelerata alla luce della crisi politica che ha determinato le dimissioni del Presidente del Consiglio del precedente Governo e la nascita dell'Esecutivo in carica. Anche se i lavori delle Commissioni non hanno risentito dell'evoluzione della situazione politica istituzionale in corso al momento della conclusione dell'esame in sede referente, e hanno continuato ad operare in un clima di grande collaborazione e di ampia convergenza riguardo alle decisioni da assumere, alla luce di quanto stava maturando, è stata unanimemente valutata l'opportunità di concludere i lavori nei tempi, in realtà piuttosto ristretti, stabiliti dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, riservandosi di approfondire alcune questioni nel corso dell'esame in Assemblea.
Occorre inoltre a questo punto acquisire l'avviso del nuovo Governo in merito al lavoro sin qui svolto sulla base di determinati presupposti che attengono in particolare alle modalità attraverso le quali si intende attuare il Patto euro plus coinvolgendo direttamente in via prioritaria le responsabilità dell'esecutivo. Dall'attività svolta dalle Commissioni è emersa, infatti, una generale condivisione della scelta di introdurre in Costituzione il principio del pareggio di bilancio e una volontà, altrettanto unanime, di rispettare l'impianto della nostra Costituzione anche nel cimentarsi con una materia ad alto contenuto tecnico e che più si esamina nei Pag. 7dettagli e più ci si imbatte in opinioni molteplici e in fenomeni transitori tipici della scienza economica.
Allo stesso tempo non era e non è intenzione delle Commissioni adottare una disciplina costituzionale non attendibile, per così dire, rispetto alle finalità per le quali in ambito europeo si è convenuto di inserire nelle Costituzioni nazionali le regole fondamentali del Patto di stabilità e crescita. Per questo le Commissioni hanno assunto un atteggiamento estremamente aperto e attendono con la massima disponibilità il contributo che il Governo vorrà dare all'esame del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore e presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno.

DONATO BRUNO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente il testo che le Commissioni portano all'esame dell'Assemblea è frutto di un approfondito e costruttivo confronto tra i gruppi condotto a partire da ben otto progetti di legge costituzionale, tra cui quello del Governo. Si tratta dei seguenti atti Camera: n. 4205 Cambursano ed altri, n. 4525 Marinello ed altri, n. 4526 Beltrandi ed altri, n. 4594 Merloni ed altri, n. 4596 Lanzillotta ed altri, n. 4607 Antonio Martino ed altri, n. 4620 del Governo e n. 4646 Bersani ed altri.
Le Commissioni hanno iniziato l'esame degli otto progetti di legge assegnati il 5 ottobre scorso, con le relazioni introduttive dei presidenti, e hanno subito deliberato di procedere ad una indagine conoscitiva di approfondimento della materia, che si è svolta nelle sedute del 17, 18, 24, 25 e 26 ottobre 2011.
A conclusione dell'indagine conoscitiva, il 3 novembre scorso, le Commissioni hanno deliberato di adottare come testo base per il seguito dell'esame il disegno di legge del Governo. Va detto che, da parte di alcuni gruppi, e in particolare di quello dell'Italia dei Valori, era stata espressa la richiesta che i presidenti elaborassero un testo unificato dei progetti di legge in esame, facendovi confluire non soltanto i migliori suggerimenti provenienti dagli stessi progetti di legge, ma anche quanto emerso dall'indagine conoscitiva e dalle audizioni.
La limitatezza dei tempi a disposizione ha però suggerito di non seguire questa strada. Per l'elaborazione di un testo unificato sarebbe stato necessario, infatti, più tempo di quello disponibile. Si è pertanto preferito, da parte dei presidenti, proporre l'adozione del disegno di legge del Governo come testo base, in modo da avere un testo di riferimento per gli emendamenti e poter poi riflettere su questi ultimi al fine di arrivare ad un testo il più possibile condiviso.
Così è avvenuto e gli emendamenti presentati sono stati discussi, in modo costruttivo, nell'ambito di un Comitato ristretto che si è riunito l'8 e il 9 novembre 2011 e che ha elaborato un nuovo testo del provvedimento.
Considerato che nella redazione di questo nuovo testo le Commissioni hanno svolto un ruolo di primo piano, si è deciso, di comune accordo, di rivedere la decisione precedentemente assunta e di procedere all'adozione di questo nuovo testo come nuovo testo base, in modo che il lavoro svolto dalle Commissioni non figurasse come mero contributo alla modifica del disegno di legge del Governo, ma - con più aderenza a quanto in effetti avvenuto - emergesse nella sua autonomia: esso è frutto infatti di un impegno condiviso che ha condotto alla definizione di un articolato del tutto nuovo - un testo unificato dei progetti di legge costituzionale in esame - al quale il Governo ha contribuito, con il suo disegno di legge, al pari dei gruppi. Questi ultimi hanno conseguentemente convenuto di rinunciare a chiedere un termine per la presentazione di emendamenti al nuovo testo base, riservandosi di presentarne eventualmente in Assemblea.
Quanto al testo unificato licenziato dalle Commissioni, questo si compone di cinque articoli: i primi quattro recano modifiche agli articoli 81, 100, 117 e 119 Pag. 8della Costituzione, mentre l'ultimo articolo reca disposizioni di carattere organizzatorio.
Le Commissioni hanno innanzitutto ritenuto di non modificare la prima parte della Costituzione, anche in considerazione della difficoltà di individuare una collocazione appropriata per la disciplina in questione.
L'articolo 1 del provvedimento sostituisce l'articolo 81 della Costituzione. Il testo proposto prevede, al primo comma: «Lo Stato, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio». In base al secondo comma, «l'equilibrio del bilancio è assicurato tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico, prevedendo verifiche, preventive e consuntive, nonché misure di correzione». Ciò significa che l'equilibrio di bilancio da perseguire deve avere natura strutturale, non potendo essere insensibile all'andamento del ciclo economico. Le Commissioni, differenziandosi sul punto dalle scelte compiute del Governo, hanno precisato, in linea con la disciplina europea, che ciò deve avvenire anche quando il ciclo economico è favorevole, generando avanzi da utilizzare nelle fasi critiche.
Il medesimo comma chiarisce che il ricorso all'indebitamento è inoltre consentito al verificarsi di eventi eccezionali e di una grave recessione economica che non possono essere affrontati con le ordinarie decisioni di bilancio. Nella fattispecie le Commissioni hanno espressamente richiamato un'ulteriore ipotesi di ricorso all'indebitamento non presente nel testo del Governo - la grave recessione economica - ma coerente con il Patto di stabilità e crescita. Il ricorso all'indebitamento è autorizzato con deliberazione conforme delle due Camere, adottate a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, e deve essere accompagnato dalla definizione di un percorso di rientro.
Sempre al secondo comma è precisato che nelle fasi avverse del ciclo economico, o al verificarsi di eventi eccezionali, o di una grave recessione economica, lo Stato deve concorrere a garantire, ove necessario, il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione) nonché delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane (articolo 117, secondo comma, lettera p)).
Tale previsione assegna allo Stato, l'unico degli enti che costituiscono la Repubblica, il compito di perseguire l'equilibrio di bilancio in termini strutturali e di poter comunque ricorrere, nei limiti anzidetti, all'indebitamento, di assicurare, in coerenza con l'articolo 117 della Costituzione, lo svolgimento dei compiti fondamentali degli enti territoriali, anche al verificarsi di emergenze economiche o di altra natura.
Al terzo comma è previsto: «Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». La disposizione - ove, rispetto al testo vigente del quarto comma, le parole «ogni altra legge» sono sostituite dalle parole «ogni legge» - è coerente con la soppressione dell'attuale terzo comma, in base al quale con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. In sostanza, si prevede che anche la legge di bilancio, avendo perso il carattere di legge formale e pertanto inidonea a prevedere nuove entrate o nuove spese, qualora importi nuove o maggiori spese, debba reperire le risorse per farvi fronte. Per rafforzare la responsabilità del legislatore è stato reso più severo il tenore del comma: non basta, infatti, che la legge che prevede spese «indichi» i mezzi per farvi fronte; occorre che essa «provveda» a tali mezzi. Si tratta di una formulazione già avanzata durante i lavori dell'Assemblea costituente, ma che era stata scartata a beneficio di quella attuale.
Il quarto comma riproduce, in sostanza, l'attuale primo comma dell'articolo 81, salvo precisare che l'approvazione annuale, da parte delle Camere, del bilancio e del rendiconto consuntivo presentati dal Governo, avviene con legge. Pag. 9
Il quinto comma riproduce l'attuale secondo comma: «L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi».
Il sesto comma è invece nuovo e prevede: «Il contenuto della legge di bilancio e i princìpi e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera». Si prevede quindi una fonte nuova, di livello subordinato alla Costituzione, ma sovraordinato alla legge ordinaria, per la legge di contabilità e finanza pubblica.
Inoltre, in tal modo la legge statale viene espressamente autorizzata a disciplinare l'intera pubblica amministrazione e in particolare gli enti che, seppure di livello nazionale, non rientrano nell'amministrazione statale, quali gli enti di previdenza e assistenza.
In tal modo l'equilibrio di bilancio risulta assicurato con riferimento a tutti gli enti rilevanti ai fini del rispetto del Patto di stabilità e crescita e della definizione del conto economico delle amministrazioni pubbliche definito secondo il SEC (Sistema europeo dei conti) 95.
L'articolo 2 novella l'articolo 100 della Costituzione per prevedere che la Corte dei conti possa promuovere il giudizio di legittimità costituzionale di una legge per la violazione dell'obbligo di copertura finanziaria di cui al terzo comma del nuovo articolo 81. A tal fine si prevede la revisione della legge costituzionale che, ai sensi dell'articolo 137 della Costituzione, stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale. In particolare, potrà essere previsto il ricorso in via diretta della Corte dei conti alla Corte costituzionale.
L'articolo 3 modifica l'articolo 117 della Costituzione inserendo le materie della stabilizzazione del ciclo economico e della armonizzazione dei bilanci pubblici tra quelle riservate alla legislazione esclusiva dello Stato e, conseguentemente, eliminando quest'ultima materia (armonizzazione dei bilanci pubblici) dall'elenco di quelle attribuite alla legislazione concorrente dello Stato e delle regioni.
L'articolo 4 interviene poi sull'articolo 119 della Costituzione, ove sono modificati il primo e il sesto comma ed è aggiunto un nuovo ultimo comma. L'attuale primo comma prevede che i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. La modifica proposta prevede che gli enti territoriali debbano anche concorrere all'adempimento dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea: quest'ultima modifica è stata introdotta su proposta dei relatori al momento del conferimento del mandato a riferire in Aula.
Col riferimento ai vincoli europei si è così esteso alle autonomie territoriali quanto previsto, al primo comma del novellato articolo 81, per lo Stato. È inoltre precisato che l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa debba essere esercitata nel rispetto dell'equilibrio tra le entrate e le spese dei relativi bilanci, prevedendo verifiche, preventive e consuntive, nonché misure di correzione. Si tratta, in sostanza, di una norma di responsabilizzazione finanziaria analoga a quella introdotta per lo Stato all'articolo 81.
Il sesto comma dell'articolo 119 - ai sensi del quale gli enti territoriali possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento - è modificato per precisare che il ricorso all'indebitamento deve essere accompagnato dalla definizione di piani di ammortamento. È inoltre posta la condizione che per il complesso degli enti medesimi, ovvero per il complesso degli enti di ciascuna regione, sia rispettato l'equilibrio dei bilanci.
Infine, è aggiunto all'articolo 119 un nuovo comma, in base al quale la legge di contabilità, approvata a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere, ai sensi del nuovo sesto comma dell'articolo 81, deve anche stabilire, nel rispetto del principio di coordinamento, le modalità sulla base delle quali i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni Pag. 10assicurano l'equilibrio dei propri bilanci e concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Le modifiche introdotte all'articolo 119 della Costituzione assicurano, nel loro complesso, la piena attuazione del principio dell'equilibrio dei bilanci nei confronti delle regioni e degli enti locali, vincolandoli a concorrere con lo Stato agli adempimenti che derivano alla regione dall'appartenenza all'Unione europea. Tali finalità vengono perseguite anche attraverso l'attribuzione allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di stabilizzazione della finanza pubblica (materia attualmente non menzionata dal testo costituzionale) e con la trasformazione, da concorrente a statale esclusiva, della competenza legislativa in materia di armonizzazione dei bilanci.
L'articolo 5, infine, stabilisce che la predetta legge di contabilità, di cui al sesto comma dell'articolo 81, sia approvata entro il 30 giugno 2013 e che le modifiche alla Costituzione si applichino a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014.
Sul testo unificato sono stati acquisiti i pareri favorevoli delle Commissioni II (Giustizia), VI (Finanze) e XIV (Politiche dell'Unione europea), mentre la Commissione parlamentare per le questioni regionali non si è espressa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo aveva presentato un disegno di legge su questo argomento.
Devo dire preliminarmente che sono un po' imbarazzato a riprendere i miei interventi alla Camera dopo undici anni e sei mesi. Ho la tentazione di fare una citazione de La Sonnanbula di Bellini, l'aria iniziale di Raimondo, quando dice «Vi ravviso, o luoghi ameni, in cui lieti, in cui sereni, sì tranquillo i dì passai della prima gioventù».

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. Professore, sulla lirica è forte, questo lo sappiamo. Adesso vediamo il resto.

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. La lirica è il mio forte, grazie (Applausi).
All'origine di questa discussione ci sono diverse proposte di legge d'iniziativa parlamentare e un disegno di legge del precedente Governo, che sono ritenuti molto rilevanti per la situazione di emergenza della vita del nostro Paese, a cui il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento nel suo discorso programmatico.
Devo dire che sono molto lieto, a nome del Governo, che la discussione su questo provvedimento sia stata messa in calendario così rapidamente. È la prima apertura dei rapporti tra Governo e Parlamento che caratterizza questo pezzo finale della legislatura. Ho avuto già modo di intervenire nei lavori delle Commissioni e ho apprezzato molto la disponibilità dei due presidenti e delle Commissioni a ragionare e a discutere con il Governo dell'assemblaggio delle diverse proposte d'iniziativa parlamentare nel disegno di legge di settembre, presentato per iniziativa del Ministro dell'economia e delle finanze.
Mi auguro che la discussione, e poi la conclusione dei lavori su questo disegno di legge, possa avvenire in tempi ragionevolmente rapidi in modo che si possa procedere verso l'esame e l'approvazione da parte del Senato della Repubblica, al fine di offrire all'attenzione del mondo che ci sta osservando le prime iniziative concrete, di particolare rilievo, perché vanno a modificare il testo della nostra Costituzione a dimostrazione che questo Governo si sta impegnando, con la collaborazione, l'assistenza, l'aiuto del Parlamento, a realizzare gli impegni che avevano caratterizzato l'insediamento del Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, grazie Ministro Giarda, mi permetto Pag. 11di darle il bentornato. Abbiamo apprezzato anni fa la sua esperienza e, quindi, sicuramente le sue capacità. Avremo altre occasioni, incominciando da oggi, di riprovarla, perché siamo certi che i contributi che darà saranno di grande rilievo.
Ringrazio anche il Ministro Fornero per la presenza. È un fatto eccezionale che abbiamo in discussione sulle linee generali la presenza di ben due Ministri. Credo sia un fatto assolutamente eccezionale, in positivo naturalmente.

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. È un fatto irripetibile!

MANUELA DAL LAGO. Mancano i sottosegretari!

RENATO CAMBURSANO. È così. Ringrazio anche i due presidenti relatori, il presidente Bruno e il presidente Giorgetti, per il lavoro fatto fin qui, come relatori appunto.
Tuttavia, non posso non citare anche il contributo dato dal Ministro Calderoli prima e dal Ministro Giarda nell'unico appuntamento e incontro che abbiamo avuto proprio nella giornata di ieri. Dico subito che è stato fatto fin qui un ottimo lavoro. Da parte del neo Ministro sono stati annunciati suggerimenti in progress, che valuteremo con grande attenzione, ma che non debbono essere letti (come invece qualche quotidiano ancora oggi ha fatto) come se rappresentassero una sorta di rinvio sine die, di ritardo e di rallentamento dei lavori per arrivare all'approvazione di questo provvedimento. Anzi, semmai è quella di tentare di avere un testo definitivo approvato - mi auguro - all'unanimità o quasi da questo Parlamento e che abbia un iter spedito nell'altro ramo del Parlamento. Sarebbe un bel segnale che diamo ai mercati e anche all'Europa.
Vorrei rivolgere solo due note ai relatori, ma anche (la prima soprattutto) al Governo, riguardanti entrambe l'articolo 4-bis. Avevo presentato una proposta emendativa al testo del Governo che riguardava l'istituzione di una autorità di bilancio per prevenire la formazione dei disavanzi di bilancio e per assicurare la costante vigilanza sull'equilibrio dei conti pubblici.
Il testo arrivato all'esame dell'Assemblea non la contempla, ma allo stesso tempo, signor Ministro, le voglio ricordare che la direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio, approvata in via definitiva il 4 ottobre scorso e che dovrà essere recepita entro il 31 dicembre del 2013, all'articolo 4 prevede che le previsioni macroeconomiche per la programmazione di bilancio siano soggette ad una valutazione periodica, imparziale e completa, basate su criteri obiettivi (leggo testualmente), compresa la valutazione ex post. Il successivo articolo 6 di questa direttiva prevede il controllo effettivo e tempestivo dell'osservanza delle regole, basato su un'analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti o dotati di autonomie funzionali rispetto all'autorità di bilancio degli Stati membri.
La proposta di modifica che avevo presentato e che ripresenterò, qualora si rendesse necessaria, stabiliva e stabilisce una modalità di attuazione di una disposizione comunque vincolante anche per l'Italia. Va sottolineato come l'organismo al quale fa riferimento la direttiva abbia natura tecnica e non politica, come per esempio una Commissione bicamerale per il controllo dei conti pubblici. Quindi, questa è una prima osservazione che credo sia utile tenere in debito conto, visto che il suggerimento - o meglio l'input - ci arriva direttamente proprio dalla Commissione con la direttiva che ho citato.
La seconda nota nel merito riguarda la maggioranza richiesta per legiferare sul ricorso all'indebitamento. Il testo, così come è uscito dalle Commissioni, che ha avuto anche il mio avallo avendo io espresso parere favorevole al mandato ai relatori, prevede la maggioranza assoluta. Mi permetterò, qualora non venga accolta nell'iter definitivo, di ripresentare anche qui un emendamento che prevede, invece, esclusivamente e solo per il ricorso all'indebitamento, una maggioranza ancora più qualificata, per esempio dei due terzi. Pag. 12
Fin qui per quanto riguarda gli aspetti di merito. Ora vorrei svolgere qualche osservazione di natura più squisitamente politica. L'Italia, signori ministri, è la chiave di volta della crisi del debito in Europa. Una volta, pochi mesi fa, si diceva che era troppo grande per fallire. Oggi, invece, si dice che è troppo grande per essere salvata. Il fabbisogno di rifinanziamento dell'Italia nel prossimo trimestre è circa tre volte superiore al debito della Grecia, dell'Irlanda e del Portogallo messi insieme.
Nouriel Roubini, quello che qualcuno ha definito il «dottor sventura», ma che ci ha azzeccato parecchie volte - io aggiungo purtroppo ma, di fatto, le ha indovinate, si fa per dire indovinate - ha recentemente detto che l'Italia - cito testualmente, signor Ministro - «sarà obbligata a ristrutturare il proprio debito nel 2012», che è domani. Mi auguro, per davvero, che ciò non accada. Siamo qui per evitare che ciò debba accadere. Bisogna fare in fretta. Occorre agire subito perché siamo già troppo in ritardo. Abbiamo perso mesi preziosi. Ieri, come lei ben sa, i BTP a dieci anni hanno sfiorato il 7 per cento, quelli a due anni hanno superato il 7,3 per cento e quelle a tre anni si sono avvicinati al 7,5 per cento. Avrà sicuramente letto anche lei, signor Ministro, che Credit Suisse ha ipotizzato che, nel breve, il tasso di interesse dei BTP sfiorerà il 9 per cento (se non addirittura lo supererà). Per noi sarebbe davvero un grave problema. Quindi, piena fiducia - lo dico e lo ripeto - al Presidente Monti e al Governo che si è appena insediato. Ma è ovvio che con quanto sta avvenendo nel nostro Paese, fuori dal nostro Paese, in Europa e non solo, l'urgenza e i fatti richiedono davvero interventi qualificati e immediati.
I leader politici dell'Eurozona si trovano a dover fronteggiare ardue sfide. Per salvare l'euro dal collasso e l'Europa dall'emarginazione devono escogitare un radicale trasferimento di poteri dallo Stato-nazione all'Europa, limitando drasticamente la possibilità di esercitare la sovranità di budget a livello nazionale e, allo stesso tempo, conferendo autorità a un nuovo livello di Governo federale. Devono fare tutto ciò velocemente, così da assicurare gli investitori finanziari che l'Eurozona opterà e continuerà ad optare per l'integrazione e non per la disintegrazione, accettando anche il rischio di perdere le elezioni e di ritrovarsi con una più stretta base di potere nazionale e complicate procedure di riforma costituzionale.
Presidente, vorrei potervi leggere quanto ha dichiarato l'ex cancelliere tedesco, Helmut Schmidt, quando vi è stato il passaggio delle consegne da Trichet al nostro Draghi. Schmidt diceva: «I critici tedeschi della BCE dovrebbero riconoscere che il tasso di inflazione negli ultimi 12 anni è stato più basso che nei 12 anni precedenti, con il marco e la Bundesbank». Schmidt ha poi puntato il dito sull'Unione europea (cito testualmente) «incapace di frenare le turbolenze e l'incertezza su un Patto di stabilità violato per primo da Germania e Francia». Ma, soprattutto, ha affermato che le lacune nel disegno dell'Unione monetaria non possono essere una scusa per violare gli obblighi di solidarietà europea. «Sono abbastanza vecchio» ha aggiunto Schmidt, «per ricordarmi il piano Marshall, il piano Schuman di aiuti alla Germania e la Conferenza di Londra sul debito tedesco, in cui le obbligazioni sono state riscadenzate in modo che l'ultima rata è stata pagata l'anno scorso. La Germania ha avuto un periodo ben lungo per ripagare i suoi debiti. Il successo dell'Europa» ha concluso «di un'Europa che deve essere consapevole del suo peso decrescente nel mondo e del suo rapido invecchiamento è anche nell'interesse dei singoli Paesi». Dovremmo farne tutti tesoro di queste affermazioni. È evidente che il dito era puntato proprio sulla sua succeditrice, Angela Merkel, che, invece, non ha questa visione europeista. Peraltro, questo le è stato anche rinfacciato da un ex Cancelliere tedesco, Helmut Kohl, anche lui dello stesso partito della Merkel.
L'11 marzo, otto mesi e mezzo fa, veniva approvato, dai Capi di Stato e di Governo, il «Patto euro plus», il cui obiettivo era ed è quello di garantire un Pag. 13uniforme equilibrio finanziario strutturale negli Stati membri dell'Unione. Da quel giorno ne è passata tanta di acqua sotto i ponti e, anzi, parecchia è anche uscita dagli alvei.
Da più parti si è detto che gli organismi europei, soprattutto quelli non eletti, hanno commissariato l'Italia e, prima ancora, la Grecia. Ripeto quello che ho detto il 12 di questo mese, quando abbiamo approvato la legge di stabilità. Il problema sollevato è ben più grande: di fatto, l'Europa già domina la vita quotidiana dei cittadini con le sue leggi e le sue direttive, di fatto governa quel che accade negli Stati che la compongono, indirizzandoli, aiutandoli e, qualche volta, anche costringendoli.
Quando Mario Monti, ora Presidente del Consiglio, scriveva: «nella sostanza le decisioni principali sono state prese ultimamente da un Governo tecnico sovranazionale. Anche se le forme sono salve, la primazia della politica è intatta.» diceva solo una parte della verità e la diceva sul Corriere della sera il 7 agosto di quest'anno: Il Governo sovranazionale è apparentemente tecnico, ma politico nell'essenza. Di fatto, viviamo già in un sistema che oltrepassa lo Stato italiano e tutti gli Stati della Comunità, un sistema che è in parte sopranazionale ed europeo, ma purtroppo, in parte, anche caotico perché l'economia mondializzata non è regolata perché l'Europa non è ancora una federazione.
Mi permetta, signor Presidente, di cogliere l'occasione di questa discussione sulle linee generali nell'Aula della Camera per alcune brevi riflessioni a cui tengo particolarmente, che hanno molto a che fare con il provvedimento al nostro esame. Vi chiedo innanzitutto che cos'è la democrazia in un universo dove contano più i poteri anonimi o distanti dentro gli Stati. Come l'Italia sa, ci sono poteri occulti e mafiosi, che spesso e volentieri la fanno da padrone. Il potere del popolo è definito sovrano dalla nostra Costituzione. Cos'è questa sovranità presentata come assoluta, che i princìpi populisti usano alla maniera di uno specchio per vedervi riflessa la natura della propria sovranità, quando con tutta evidenza nessun attore - Governi nazionali e singoli popoli - è assolutamente sovrano? Come resistere alla furia dei mercati, a questo quinto potere che ci umilia e ci declassa? Parlare di quel che deve avvenire all'Europa è di massima urgenza. Spero se ne possa parlare quando, un giorno, quest'Aula dovrà finalmente prendere in esame il quadro finanziario europeo 2014-2020. Considerare che l'Europa è la prima urgenza vuol dire non sdraiarsi sull'illusione ed inforcare finalmente occhiali diversi da quelli attraverso cui si è fin qui scrutato e descritto il mondo. Ogni volta che parliamo d'Italia commissariata e che constatiamo come la Banca centrale europea e la Commissione europea governino al nostro posto, tutti stiamo usando le lenti sbagliate. Gridare al commissariamento, come con toni per fortuna misurati è stato fatto anche nelle Commissioni riunite - è stato detto da colleghi proprio in quell'occasione -, significa ignorare che la moneta unica è nata per creare in Europa uno spazio comune, una polis allargata, all'interno della quale ogni cosa è destinata a mutare: i comportamenti, gli obblighi e l'idea di sovranità nazionale.
Non siamo defraudati della sovranità perché le decisioni prese dall'Europa al posto degli Stati sono fondate su regole convenute in comune e democraticamente controllate dal Parlamento europeo. C'è defraudamento se i sacrifici chiesti ai greci e agli italiani vengono decisi a Berlino o a Francoforte, senza controllo delle istituzioni dell'Unione europea.
La lettera di Trichet e di Draghi del 5 agosto - lo ricordava il presidente Giorgetti - poteva essere letta con quegli occhiali, ma certamente non «euro plus», non il Patto che ha avviato quello che stiamo facendo in questo momento in Aula.
Ernesto Rossi, già nel 1952, parlava della sovranità assoluta come di un principio anacronistico e ormai completamente illusorio e proclamava che senza la Costituzione di un vero e proprio Governo sovranazionale l'Europa si metterebbe agli ordini della potenza più forte, che allora Pag. 14sappiamo che era quella americana ed oggi non si sa più quale sia perché ce ne sono parecchie che si affacciano.
Invocare, come è stato fatto anche di recente, l'interesse nazionale in contrapposizione a quello dell'Unione europea è non solo inutile, ma addirittura dannoso. Quando nel 2003 Francia e Germania, con la complicità, non disinteressata, del Governo Berlusconi, allora Presidente di turno del Consiglio europeo, violarono il Patto di stabilità, fu un fatto grave, che ancora oggi pesa nei rapporti tra europei. È quello che il professor Monti, in un articolo del 20 giugno scorso, chiamava eccesso di gentilezza e deferenza reciproca tra Paesi dell'Unione. Il rischio nazionalista esiste ancora, per esempio quando si discute del Fondo europeo di stabilità finanziaria. Il metodo per governarlo è intergovernativo ed è un metodo insano. Se l'euro sta male è perché è una moneta senza Stato. Lo diceva uno dei suoi principali fondatori, Tommaso Padoa Schioppa, il compianto, che ammoniva dicendo che occorreva che questo Stato, quello sovranazionale, o qualcosa che assomigli ad uno Stato, infine nascesse. Che le politiche economiche degli Stati dell'Unione europea siano non già coordinate, ma unificate e sottoposte ad un'unica autorità governativa sovranazionale è un imperativo categorico. Se manca, come ora manca, la volontà di costruire una Unione potente, il vecchio continente prepara per se stesso declino e catastrofi, anche democratiche, a causa dei populismi in ascesa e delle paure di cui si nutrono.
I piccoli Stati come l'Italia sono fuscelli trascurabili, che il vento spazza via, e rischia anche la Germania in crisi planetarie come quelle attuali. Scusatemi se l'ho fatta un po' troppo lunga, ma ho la sensazione - forse me lo dice il mio naso doppio - che siamo alla fine dei nostri giorni. Ho riscritto questa pagina perché domenica sulla stampa ho letto un articolo di Jacques Attali, il quale diceva, tra l'altro, che tutta l'Europa adesso deve fare delle scelte coraggiose, compresa la Germania, che è molto più malata di quello che crede. Indicava poi tre cose urgenti da fare: puntare sulla BCE, sugli eurobond e sul federalismo budgetario. È chiaro che la sorveglianza sui bilanci nazionali deve essere fatta a livello europeo e aggiungo che tutto questo va fatto presto, diciamo - egli concludeva - entro la fine dell'anno, poi l'euro esploderà e sarà il caos per tutti. Il grande fratello mercato ci osserva e ci fa pagare cara e amara ogni scelta inappropriata. Il professor Nuzzo il 17 ottobre scorso, in Commissione ci diceva che bisogna commisurare le spese in base alle risorse a disposizione. Questo è un dato che ci vincola. È proprio ciò che stiamo cercando di fare: inserire nella Carta costituzionale un impegno forte a non ricorrere all'indebitamento, se non in casi eccezionali. Questo impegno avremmo dovuto assumerlo molto prima, visto che il nostro debito sovrano era il più alto in Europa. Ma almeno avremmo dovuto farlo all'indomani dell'approvazione della sottoscrizione da parte del Governo italiano, l'11 marzo scorso, del Patto Euro Plus. Siamo appunto in ritardo. L'obiettivo indicato da Euro Plus è quello di garantire un uniforme equilibrio finanziario strutturale negli Stati membri dell'Unione europea. Tale esigenza è direttamente connessa all'avanzamento del processo di integrazione europea, partito nel 1992 con il Trattato di Maastricht, che ha ormai condotto alla creazione di un'unione monetaria e di un coordinamento crescente delle politiche economiche tra gli Stati dell'eurozona, coordinamenti e vincoli sempre più stringenti, dopo che la crisi finanziaria ha messo a forte rischio l'esistenza dell'euro e dell'Europa. In quest'ottica la costituzionalizzazione delle regole di pareggio di bilancio negli Stati dell'Unione europea potrebbe essere letta proprio come un primo passo verso un successivo trasferimento delle politiche fiscali e di spesa a livello sovranazionale, come dicevo già in premessa.
Tali considerazioni rendono però ancora più evidente come il dibattito sulla riforma delle regole di bilancio e sulla utilità di un equilibrio di finanza pubblica a livello domestico non possa prescindere da una contestuale e seria riflessione Pag. 15sulle prospettive di sviluppo dell'integrazione sovranazionale e sull'opportunità di ulteriori riforme ai Trattati dell'Unione europea.
Al termine del vertice franco-tedesco del 16 agosto 2011 il Presidente francese e la Cancelliera tedesca hanno inviato al Presidente del Consiglio europeo un quadro di proposte che, oltre all'istituzione di un governo economico per l'Unione europea - l'Eurocouncil - e alla introduzione di un'effettiva tassazione sulle transazioni finanziarie - finalmente - prevede l'inserimento dell'obbligo del pareggio di bilancio nella Costituzione di tutti i Paesi della zona euro. La Spagna ha provveduto nel giro di pochi giorni, con una maggioranza ampia ha modificato l'articolo 135 della propria Costituzione, nella nostra Carta costituzionale la finanza pubblica è trattata, come ben sa il Ministro, in due punti, entrambi posti però nella seconda parte della Costituzione. Ecco perché noi con piacere constatiamo che è stato comunemente concordato di non modificare la prima parte, che invece sarebbe stata intaccata dalla proposta di legge del Governo precedente.
Riguardo all'articolo 81 invece, relativo al bilancio dello Stato e inserito nel Titolo I e all'articolo 119 nell'ambito del Titolo V relativo a regioni, province e comuni, una modifica costituzionale ispirata alle regole europee deve riguardare sia il livello centrale che le autonomie territoriali, agendo su entrambi gli articoli richiamati. L'equità intergenerazionale, valore fra i primi nelle motivazioni che sollecitano una gestione sana della finanza pubblica o l'adesione ai principi economico-finanziari che derivano dall'appartenenza all'Unione europea, ha suggerito un richiamo alla prima parte della Costituzione, ma la nostra Costituzione, a differenza di quella tedesca o francese, ha recepito solo indirettamente, attraverso l'articolo 11, l'adesione all'Unione europea, mentre i vincoli derivanti dai Trattati sono citati nella Carta, ma nella seconda parte, cioè all'articolo 117, come condizionamento nell'esercizio delle potestà legislative di Stato e regioni.
L'introduzione di un vincolo costituzionale non deve essere pensato come un sostituto del Patto di stabilità e crescita o della disciplina di mercato, che rimangono essenziali, è anche un modo per rafforzarne l'operare. Il problema, come ci ha detto il professor Bruni, da affrontare consiste nella tendenza all'eccessivo indebitamento pubblico che risulta dagli incentivi del decisore politico e nella credibilità dei suoi impegni di politica di bilancio, credibilità ridotta dal possibile subentrare di convenienze a deviare da tali impegni.
Signor Presidente, credo di dovermi interrompere, visto che mi segnala che sono terminati i minuti a mia disposizione. Mi interrompo per rispetto della democrazia, per rispetto delle regole e per rispetto dei colleghi. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Salutiamo le tre classi della scuola media De Sanctis-Moscati, di Foggia che insieme, allievi e docenti, assistono ai nostri lavori (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi è il primo giorno d'attività d'Aula dopo il voto di fiducia di venerdì e ritengo non sia assolutamente casuale che iniziamo i nostri lavori con un provvedimento così importante, un provvedimento di natura economica e sappiamo tutti come la materia economica sia alla base di questa fase, nuova, straordinaria della politica italiana e quindi alla base della nascita del nuovo Governo.
Quindi, l'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, derivante da ben sette proposte di legge di iniziativa parlamentare e da un disegno di legge del precedente Governo, è Pag. 16sicuramente un'iniziativa ampiamente condivisa e che troverà in quest'Aula, ovviamente con le legittime osservazioni derivanti dalle reciproche posizioni politiche e dalle reciproche e talvolta diverse maniere di intendere la questione, sicuramente un esito positivo e concordato.
Devo subito fare una piccola notazione, non me ne voglia il Ministro per i rapporti con il Parlamento, ma, per il rispetto che io debbo a quest'Aula, professor Giarda, non è il Governo che su questa materia chiede al Parlamento collaborazione, così come lei ha detto, è esattamente l'inverso. Questa è tipicamente un'argomentazione politica, è un'argomentazione parlamentare, un'alta argomentazione politica e un'alta argomentazione parlamentare, che nasce e deriva da un'iniziativa parlamentare, appunto da sette proposte di legge. Oggi è il Parlamento che sta decidendo, sta discutendo e delibererà su questa materia, evidentemente avvalendosi, ovviamente, del consenso e della collaborazione del Governo. Non è soltanto una questione, come lei capisce, formale, ma, per quanto ci riguarda, è assolutamente una questione sostanziale.
La norma oggi in esame, come ha detto già il presidente Giorgetti, è figlia del Patto Euro Plus approvato dai Capi di Stato e di Governo della zona euro nella riunione dell'11 marzo scorso e condiviso dal Consiglio europeo del 24-25 marzo, cui abbiamo liberamente aderito. Deriva cioè dalla partecipazione volontaria del Paese all'Unione europea. Il Patto impegna gli Stati aderenti ad adottare misure volte a perseguire i seguenti obiettivi: sostenibilità delle finanze pubbliche, competitività, occupazione e stabilità finanziaria. Una specifica attenzione è dedicata al coordinamento delle politiche fiscali: ciascun Paese potrà scegliere le caratteristiche della regola, ad esempio freno dell'indebitamento, regola di spesa, regola sul saldo primario, purché essa si dimostri idonea a garantire la disciplina di bilancio a livello nazionale o subnazionale. È infine prevista la facoltà di consultare la Commissione prima dell'adozione definitiva della regola di bilancio individuata a livello nazionale.
Il testo in esame dà anche seguito alla nota lettera inviata al Governo italiano dal Governatore della Banca centrale europea e dal Governatore della Banca d'Italia che ritenevano appropriata anche una riforma costituzionale che rendesse più stringenti le regole del bilancio.
Intanto, devo subito sottolineare che queste cose che sto già dicendo in premessa hanno dato la stura a tutta una serie di osservazioni, peraltro corrette, da parte di coloro che sostengono che costituzionalizzare il pareggio di bilancio comporti l'introduzione di elementi di rigidità dei bilanci pubblici, impedendo, ad esempio, il deficit spending in funzione anticiclica e trasformando il Ministro dell'economia e delle finanze, se non addirittura la Ragioneria generale dello Stato, in una specie di dominus della spesa pubblica, questo anche al di là di quanto non gli garantisca la recente riforma della legge di contabilità che già consente al Ministero dell'economia e delle finanze di interferire e fermare la spesa delle singole amministrazioni qualora il tiraggio di tesoreria risulti in incremento rispetto a determinate soglie. Tuttavia, queste osservazioni cedono di fronte all'analisi della situazione italiana, situazione italiana che, ricordiamo, è sempre da inscrivere in una situazione economica europea e globale.
In primo luogo ce lo chiedono i mercati internazionali, per bocca della BCE, e anche i partner europei. Modifiche costituzionali in tal senso sono state approvate non solo dai Paesi poco virtuosi, come la Spagna, ma anche dai Paesi cosiddetti virtuosi, come ad esempio la Germania, e anche la Francia si appresta a seguirci su questa strada.
In secondo luogo il sistema di legiferare in deficit è stato l'alibi con il quale le classi politiche dei decenni precedenti, penso ad esempio gli anni Settanta e anni Ottanta, hanno creato l'attuale debito pubblico. L'idea keynesiana di sostenere l'economia creando debito riguardava espressamente le spese per l'investimento in grandi opere pubbliche, invece in Italia l'indebitamento è stato utilizzato per sostenere i consumi, per mantenere la pace Pag. 17sociale e per sostenere quella sindacale, finanziando imprese e comparti decotti. Una sorta di patto, patto oggi, alla luce delle evenienze degli ultimi anni e degli ultimi mesi, assolutamente scellerato. Si è rimproverato di dire la verità al nostro Governo, di avere portato il debito pubblico al 120 per cento, dimenticando che gli è stato consegnato ben oltre il 100 per cento da quarant'anni di Governi consociativi e che questa maggioranza si è trovata di fronte ad una serie di crisi economiche, ad iniziare dalla crisi dei subprime del 2008.
Inoltre l'attuale formulazione dell'articolo 81 in materia di copertura delle leggi ha consentito la creazione di deficit perché il sistema del limite di copertura triennale delle leggi, per cui dal quarto anno in poi le leggi di spesa si potevano sostanzialmente incrementare in maniera quasi automatica mediante l'utilizzo di entrate aleatorie, è un sistema che sin qui evidentemente ha creato condizioni di finanza pubblica al di fuori di qualsiasi controllo. Devo anche osservare che il lavoro svolto dalle Commissioni è stato assolutamente positivo per alcuni aspetti, però per altri - a mio avviso - ha creato e sta creando degli indirizzi che, per quanto mi riguarda, ritengo assolutamente non condivisibili.
Infatti l'espressione del testo proposto alle Commissioni che desta più preoccupazione, e che non si ritrova peraltro nel testo del Governo originariamente presentato - e che, con tutta probabilità, solleverà obiezioni comunitarie in quanto costituisce una vera e propria falla nel sistema del vincolo del pareggio di bilancio - è contenuta nell'ultimo periodo del secondo comma del nuovo articolo 81. Leggo testualmente la parte interessata: nelle fasi avverse del ciclo economico al verificarsi di eventi eccezionali o di una grave recessione economica lo Stato concorre a garantire, ove necessario, il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p).
In sostanza si sostiene che il welfare è al di fuori del ciclo economico, che esso può procedere ad un infinito ampliamento indifferentemente dalla situazione economica. Questo è un punto essenziale, onorevoli colleghi, perché questa posizione fin qui è stata sostenuta da una serie di sentenze da parte dei tribunali ordinari, dei tribunali amministrativi, financo della Corte costituzionale, da tante sentenze in cui si afferma che i diritti soggettivi sono indifferenti ai limiti di spesa, contribuendo conseguentemente all'esplosione della spesa assistenziale. Non sono bastate le lezioni del Cile del 1973, dell'Argentina degli scorsi anni, e della Grecia di quest'anno, Paesi dove un welfare insostenibile ha dapprima alimentato il debito e poi ha portato alla bancarotta e alla guerra civile.
Si dice che la regola del pareggio di bilancio è necessaria anzitutto per assicurare equità intergenerazionale, che oggi non è garantita, in quanto le generazioni più vecchie stanno godendo di benefici il cui onere finanziario ricadrà sulle generazioni più giovani. L'equità tra le generazioni è un principio di ordine etico-morale enunciato già nelle teorie economiche classiche. Tale principio viene dimenticato proprio nel punto in cui esso andrebbe maggiormente riaffermato. È noto infatti che uno dei motivi principali per il quale i nostri giovani soffrono un gravissimo malessere è costituito dal fatto che non è possibile investire su di loro, in quanto il grosso della spesa sociale va in assistenza, quindi va indirizzato verso un canale che riguarda altri, che riguarda le passate generazioni, ma sicuramente non loro. Questa stessa idea è espressa dalla proposta Bersani sul pareggio di bilancio, anche se nel posto sbagliato, cioè nell'articolo 53 riguardante l'imposizione fiscale, ove si recita: la Repubblica assicura il rispetto del principio di equità tra generazioni in ambito economico e sociale. Si trova anche nella proposta Merloni e Martino, ma riferito all'articolo 23 della Costituzione. Si trova anche nel disegno di legge costituzionale sui giovani che abbiamo approvato qui, in quest'Aula, ora al Pag. 18Senato, col numero 2921, correttamente riferito all'articolo 31 sulla famiglia: la Repubblica, tra l'altro, informa le proprie scelta al principio di equità tra le generazioni.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Marinello.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ritengo sia opportuno - mi avvio alle conclusioni - riportare questa saggia norma nel provvedimento che ci compete. Presidente, le chiedo altri due minuti...

PRESIDENTE. Onorevole Marinello, deve concludere.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Intanto preannunzio che presenterò degli emendamenti. Una cosa comunque è certa, che per quanto ci riguarda faremo il possibile affinché sia garantita comunque e in ogni luogo la centralità del Parlamento e la centralità delle Aule parlamentari su una questione così delicata (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Salutiamo il presidente ed alcuni componenti della Commissione per le elezioni e le immunità del Consiglio nazionale della Repubblica slovacca, che dalla tribuna seguono i nostri lavori (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, ho a disposizione 45 minuti (Commenti del deputato Cambursano).
È il vantaggio dell'opposizione. Almeno questo lo abbiamo. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, signori ministri, come voi ben sapete l'aggressività e le tensioni che, negli ultimi mesi, hanno investito l'area dell'euro, a causa della grave situazione dei debiti sovrani di alcuni suoi Stati membri, hanno comportato la necessità, anche per il nostro Paese, di finalizzare una riforma per introdurre, all'interno della Carta costituzionale, un principio in grado di prevedere disposizioni specifiche e più restrittive al fine di raggiungere e mantenere gli obiettivi di finanza pubblica.
Oggi è in discussione la modifica in particolare dell'articolo 81 della Costituzione per l'inserimento del principio del pareggio di bilancio; tematica - giova ricordarlo - posta all'attenzione dal precedente Governo nello scorso aprile e, più precisamente, nel corso della presentazione del Documento di economia e finanza 2011 presentato allora alle Camere. Credo questo fosse e sia il segno tangibile che il Governo precedente aveva ben individuato le necessità e le priorità da affrontare sui diversi aspetti relativi all'equilibrio di bilancio.
Ci piace anche sottolineare, peraltro, come Lega Nord Padania, come l'Italia non sia l'unico Paese che si stia adoperando ad un piano di riforma di questo tipo; la Germania, come detto poco fa dall'onorevole Marinello, ha attuato questa riforma già a partire dal 2009, mentre in Francia analogo progetto di legge costituzionale è stato votato dal Parlamento nel luglio 2011 e in Spagna la legge di revisione costituzionale sul pareggio di bilancio è stata adottata dal Parlamento ed è entrata recentemente in vigore. Una dimostrazione evidente di come, nonostante le difficoltà economiche e la complessa situazione politica, il Governo avesse iniziato in maniera concreta ad allineare la propria normativa di bilancio agli ordinamenti degli altri Paesi europei.
La tematica del pareggio di bilancio, signor Presidente, è a molti comunque sconosciuta e non pienamente nota, anche e soprattutto per la sua presunta complessità. Ciò non si può certo dire tuttavia, onorevoli colleghi, per una parte del Paese, in particolare il nord, laddove la maggior parte degli enti pubblici applica da lungo tempo la regola secondo cui, all'interno di un sistema, debba sussistere un equilibrio tra il totale delle entrate e il totale delle uscite. Una regola di sana e corretta buona gestione economica, prima che un principio costituzionale, nata all'interno delle stesse famiglie; una regola che, a quanto Pag. 19pare, se oggi il nostro Paese è gravato da oltre 1.800 miliardi di euro di debito pubblico, non tutti hanno applicato, soprattutto nel passato, ma qualcuno continua a non applicare anche in questi anni recenti. Esempi ne potremo fare poi in materia.
A questo riguardo vale forse già la pena di ricordare quale sia e quanto pesante sia, oltre le spese indebite, il peso che grava sull'erario derivante anche dall'evasione fiscale, un fenomeno deprecabile come pochi che ogni anno si stima causi il mancato gettito di oltre 150 miliardi di euro, uguale a ben tre, se non più, manovre finanziarie. L'attività del precedente Governo in tal senso aveva dato buoni risultati con un recupero fiscale che, nei tre anni scorsi, è passato da 5 miliardi di euro a quasi 10. Ma quando vi sono aree del Paese, come il centro-sud, dove l'evasione fiscale è al 55 per cento, mentre nel resto del Paese è stimata al 20,7 per cento, voi capite che sconfiggere l'evasione per ridurre il debito diventa una priorità della quale bisogna iniziare a farsi carico in maniera decisa e repentina. Per questa priorità ci aspettiamo dal nuovo Governo, che è nato come Governo tecnico per ridurre il debito pubblico e per risanare l'economia, evidenti e chiare proposte programmatiche. Scendendo nell'articolato della disposizione, la norma prevede l'introduzione nella Costituzione del principio del pareggio di bilancio, correlandolo ad un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall'ordinamento europeo.
Le modifiche che vengono proposte intervengono direttamente su alcuni articoli della Costituzione (l'81, il 100, il 117 ed il 119), andando ad incidere sulla disciplina di bilancio dell'intero aggregato dei diversi livelli di Governo e, quindi, anche degli enti territoriali e delle pubbliche amministrazioni. Più specificatamente, la proposta normativa in esame novella l'articolo 81 della Costituzione, laddove viene prevista l'introduzione del principio del pareggio di bilancio, in base al quale lo Stato, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio; pareggio che viene assicurato e garantito anche attraverso apposite verifiche, sia a consuntivo sia a preventivo, allo scopo di assicurare l'equilibrio nelle diverse fasi del ciclo economico, anche grazie al fatto che viene confermato, come così peraltro attualmente previsto, come spetti alle Camere l'annuale approvazione della legge di bilancio e del rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
Un punto di rilevante importanza è la questione relativa alle eventuali deroghe alla regola generale del pareggio, laddove viene previsto il ricorso all'indebitamento solo nel caso in cui si vengano a verificare casi ed eventi eccezionali o in concomitanza con una grave recessione economica, tale per cui la contingenza della situazione imporrebbe certamente decisioni non affrontabili con le ordinarie decisioni di bilancio. Al fine di rendere concretamente straordinario il ricorso all'indebitamento, che comunque deve prevedere un percorso di rientro chiaro, viene previsto come questo sia consentito con sole deliberazioni conformi delle due Camere ed attraverso una procedura aggravata. Per quanto riguarda poi la disciplina di bilancio degli enti territoriali, il testo interviene sulla materia prevedendo una modifica all'articolo costituzionale di riferimento, il 119, specificando come l'autonomia finanziaria di comuni, province e città metropolitane venga assicurata nel rispetto dell'equilibrio tra le entrate e le spese dei relativi bilanci e prevedendo anche in questo caso appositi controlli. Non solo, ma all'interno del medesimo articolo 119 viene precisato come il ricorso all'indebitamento sia subordinato alla contestuale definizione di piani di ammortamento e alla condizione che per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio. Non vorremmo però che gli equilibri di bilancio venissero poi rispettati in futuro facendo decreti come quello appena approvato dal Consiglio dei ministri su Roma capitale, da dove Pag. 20poi eventualmente andiamo a pagare i debiti ad esempio della sanità attraverso il Governo e attraverso tutti i cittadini italiani.
Volgo forse verso la conclusione e quindi non utilizzerò i 45 minuti messimi a disposizione, onorevoli colleghi, esprimendo un orientamento favorevole del gruppo Lega Nord al presente provvedimento, essendo esso stesso un provvedimento predisposto dal precedente Governo e assolutamente migliorato dalle due Commissioni riunite. Non posso tuttavia esimermi, prima di concludere, dal rammentare che se il Paese è giunto ad una situazione di tale criticità per quanto riguarda il debito pubblico e se il pareggio di bilancio dovrà diventare ora un obbligo costituzionale, lo si deve in gran parte a tutte quelle amministrazioni dissennate che nel corso dei decenni passati - ed anche questo veniva ricordato bene dall'onorevole Marinello poco fa - hanno sperperato centinaia di migliaia di risorse pubbliche in spese inutili, in assunzioni inutili e non produttive, spesso in accordo o per compiacere anche richieste di associazioni varie, fossero esse sindacali o confindustriali o altro. Penso ad esempio alle false pensioni di invalidità, spreco intollerabile di denaro pubblico, con pochi, relativi e scarsi controlli da nord, dove l'11 per cento delle pensioni di invalidità è fasullo, al sud, dove ben il 48 per cento di pensioni è fasullo.
È uno sperpero di risorse, proprio ora in un momento di difficoltà economica, che si sarebbero potute e potrebbero ora essere utilizzate in altro modo. Penso, ad esempio, al caso della regione Campania che, sul finire del 2009, stanziò oltre 600 mila euro per sostenere dei corsi di raccolta differenziata in quel dei Caraibi per insegnare ai poveri e sfortunati abitanti delle isole come raccogliere e differenziare la spazzatura. Noi crediamo che la spesa pubblica debba essere predisposta in altra maniera.
Penso, dunque, a tutti quegli enti e a quelle associazioni che hanno utilizzato il denaro pubblico, ritenendolo denaro di tutti e di nessuno in particolare, per rispondere ai propri desiderata e non ai veri interessi dei cittadini. Mi auguro di vedere, nelle proposte che il Consiglio dei ministri presenterà a questo Parlamento, proposte serie e vere per operare tagli e per cambiare il modo di amministrare questo Paese.
Vorrei aggiungere che la Lega Nord, che da sempre ha combattuto e combatte contro sprechi e sperperi, non può essere pertanto favorevole - e non sarà favorevole - a quei provvedimenti che porteranno a continuare metodologie precedentemente portate avanti. Vorrei aggiungere altresì, dopo aver ascoltato in precedenza l'intervento del Ministro, che anche se in questo momento esprimiamo un parere favorevole al provvedimento costituzionale in oggetto, il parere definitivo lo esprimeremo solamente nel momento in cui avremo di fronte a noi, e nelle nostre mani, gli emendamenti proposti dal Governo, e potremo, dunque, valutarli nella loro pienezza.
Vorrei permettermi anch'io di aggiungere - l'aveva già detto l'onorevole Marinello, ma credo che sia giusto ripeterlo - quanto segue. Il Ministro prima si raccomandava a tempi rapidi. Credo che non sia stato il Parlamento a chiedere di non iniziare oggi le votazioni su questo argomento. Da ciò che risulta credo che sia stato il Governo, anche comprensibilmente, a chiedere un allungamento dei tempi per poter approfondire il provvedimento che oggi stiamo valutando da un punto di vista generale. Per quanto ci riguarda e per quanto mi riguarda, martedì prossimo dovrebbe essere il momento della votazione: ci auguriamo che non vengano posti problemi per rinviare il provvedimento oltre la giornata di martedì, già prevista per votare.
Vorrei inoltre permettermi di dire: non dimentichiamoci ciò che ci siamo sentiti ripetere molto spesso in quest'Aula nei due anni e mezzo trascorsi e, cioè, che il Parlamento non era valutato per la sua piena efficacia così come doveva essere valutato per le sue potestà. Ci auguriamo di non dover iniziare a dire queste stesse frasi che ci sono state rinfacciate in passato. Pag. 21Noi non ci sentiamo di supporto, ci sentiamo un elemento fortemente istituzionale e rappresentativo dei cittadini: da essi siamo stati mandati qui a rappresentarli e a legiferare.
Vorrei concludere con una piccola considerazione. Sentivo prima un collega parlare della necessità che l'Europa diventi un momento più potente e più forte di decisione sulle economie nazionali: un'economia transnazionale, una finanza transnazionale. Devo dire, invece, che sono molto preoccupata di ciò che sto leggendo in questi giorni, di ciò che propone il Cancelliere tedesco Merkel. Ci siamo già accorti in questi ultimi tempi che, oggi, solamente due Paesi dell'Unione europea decidono le sorti dell'intera Europa.
Tuttavia, devo anche dire che vorrei riuscire a capire come sia possibile fare una normativa fiscale comune per le imprese, come sia possibile creare un Governo dell'economia europea, ancorché non esiste un Governo politico dell'Europa; ma soprattutto come sia possibile fare tutto questo senza, prima, poter armonizzare i debiti e come sia possibile poter pensare di cedere così completamente, in maniera abnorme, la sovranità nazionale a una sovranità che finora non è stata europea ma è stata solamente una sovranità tedesca (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, inizio con l'essere fuori dal coro, raccogliendo il suggerimento e la sollecitazione dell'onorevole Giorgetti ed esprimendo, quindi, la mia valutazione: desidero dare atto ai relatori, sia all'onorevole Giorgetti, che all'onorevole Donato Bruno, di avere svolto, fino a questo momento, un lavoro encomiabile, in una materia certamente non facile, non agevole, ma così complessa quale mettere mano all'articolo 81 della Costituzione.
Ciò, come è stato qui ricordato, sulla base di progetti di legge presentati dai colleghi nonché sulla base di un qualche incipit, tanto per usare un eufemismo, da parte dell'Europa, così come veniva ricordato sia dall'onorevole Bruno che dall'onorevole Giorgetti. Ricordo il «Patto euro plus», dell'11 marzo scorso, su impulso franco-tedesco, condiviso dal Consiglio europeo del 24 e 25 marzo e con l'adesione dei Paesi che sono stati qui richiamati dai relatori. Ritengo che ci sia un dato estremamente importante: l'esigenza di mettere mano ai problemi dell'economia, e quindi anche partendo dal bilancio, per combattere e contrastare quella che è una crisi planetaria, a livello soprattutto europeo, a livello di realtà globalizzata della nostra economia, che riguarda anche il nostro Paese, ma non soltanto. Tutto questo parte da una valutazione che è venuta fuori anche nella discussione che abbiamo tenuto nella I Commissione e dalla consapevolezza, o quanto meno dal giudizio negativo, pronunciato da parte di alcuni, sull'articolo 81 e sulla sua scarsa funzionalità. C'è un dato, ed è un quesito che io mi sono posto e che ho potuto anche esplicitare: certamente il «Patto euro plus» del marzo di quest'anno ha invitato e sollecitato i Paesi, compreso il nostro, ad assumere delle iniziative consequenziali legate alla crisi economica.
Signor Presidente, la prima valutazione che io faccio e sottopongo ai colleghi dell'Aula e al Governo è la seguente: era proprio necessario mettere mano alla modifica dell'articolo 81 e costituzionalizzare, quindi, il pareggio di bilancio? I tempi sono ristretti ma io ritengo che si sia puntato più all'annuncio che altro, perché, se i tempi sono così ristretti da mettere mano ad un articolato provvedimento che riguarda il bilancio, forse era più giusto e più agevole provvedere con legge ordinaria, visto e considerato che una legge di modifica costituzionale ovviamente porta, necessariamente, ad una dilatazione dei tempi: sono previste quattro letture e tra le due letture, dopo aver completato il passaggio tra Camera e Senato o viceversa, ci vogliono altri sei mesi per riprendere la lettura e andare verso la fase definitiva e conclusiva del provvedimento di modifica costituzionale. Pag. 22
Allora non c'è dubbio, signor Presidente, che questo è l'interrogativo che mi pongo, ma l'interrogativo e la preoccupazione sono venuti fuori proprio dal lavoro delle Commissioni stesse e dal lavoro dei colleghi relatori, quando nell'articolo 81 si è passato su una serie di definizioni, perché si doveva tenere presente la situazione di crisi, i cicli economici e i livelli essenziali dei servizi - che certamente sono importanti e fondamentali - e quei diritti che sono insiti nella Costituzione e certamente non possono essere violati.
E poi ci sono anche delle storie del passato, perché in un certo momento di crisi e di difficoltà c'è bisogno anche dell'indebitamento per fronteggiare le situazioni di carattere economico, e qui si fa riferimento al verificarsi di eventi eccezionali. Ma quali sono gli eventi eccezionali? Chi registra gli eventi eccezionali? Chi certifica gli eventi eccezionali? Chi delibera gli eventi eccezionali? Certamente sarà il Parlamento, poi si è discusso se a maggioranza qualificata o meno. Inoltre, gli eventi eccezionali sono comunque condizionati da una valutazione di carattere politico che può essere restrittiva, che può essere elastica, ma che certamente nasce dalla discrezionalità e rischia di non legarsi profondamente al dato economico, ma partire ed avere anche la sopravvenienza di una valutazione politica di carattere complessivo, che molte volte si può anche discostare - o spesso si discosta - dai dati di carattere prettamente economico.
Poi c'è un altro aspetto su cui voglio ovviamente marcare qualche mia perplessità - e lo dico ai colleghi che sono adusi vivere nella dottrina ed essere portatori di dottrine - e cioè: come si può pensare di immaginare l'avvio di una rivisitazione di carattere costituzionale dell'articolo 81 partendo dallo Stato? Un principio costituzionale dovrebbe far riferimento alla Repubblica che è costituita dallo Stato, dalle regioni, dai comuni e dalle aree metropolitane giusto il Titolo V e l'articolo 114 modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre del 2001, n. 3, tanto per intenderci e per capirci. Ma si può considerare lo Stato, soltanto lo Stato?
Poi c'è tutta la problematica di rendere armonioso, per quanto riguarda il controllo del bilancio, il coinvolgimento delle regioni, il coinvolgimento dei comuni e il coinvolgimento delle aree metropolitane, e devo aggiungere che è doveroso fare riferimento in questo momento alla legge sul federalismo fiscale che questa Camera ha approvato - e certamente non l'ha approvata il mio gruppo -, la legge 5 maggio 2009, n. 42, che pone anche dei problemi per quanto riguarda i temi che si inseriscono sull'argomento del pareggio di bilancio.
Allora certamente si deve considerare lo Stato; e le regioni? Per quanto riguarda le regioni bisogna certamente procedere ad un'armonizzazione - e mi rivolgo anche al professor Giarda - con riferimento alle loro competenze primarie, e come si fa? Bisogna certamente rivedere anche gli articoli 117 e 119 della Costituzione. Sono stato sempre dell'avviso che bisognerebbe affidare alla Stato - come competenze primarie e non concorrenti - le materie dell'ambiente, della pubblica istruzione e della sanità. Non c'è dubbio su ciò, perché non so come si fa ad armonizzare il bilancio dello Stato per cercare di decurtare le perdite e quindi renderlo armonioso dal momento che la responsabilità, il principio costituzionale è riferito semplicemente allo Stato.
Ma poi anche il provvedimento, anche il lavoro svolto dalle Commissioni fa queste previsioni attraverso un articolato: l'articolo 1, l'articolo 2, l'articolo 3 e l'articolo 4, ché certamente, una volta definito il principio sul pareggio del bilancio sul piano costituzionale, ci sono una serie di modifiche di eccezione e di valutazione proprio della legge ordinaria. Non so come si possa concepire tutto questo e questo tipo di articolazione e inserirlo come principio fondamentale della Carta costituzionale. Questo è il dato e queste sono le perplessità.
E debbo dire che il professor Giarda, quando non era Ministro per i rapporti Pag. 23con il Parlamento - e le faccio anche gli auguri di buon lavoro; non vorrei essere nei suoi panni in questo particolare momento, per carità, perché la guardo con grande simpatia e con grande rispetto, signor Ministro - è stato l'unico degli auditi che si è dichiarato a favore della costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, di fronte a economisti che sono venuti presso la I e la V Commissione in sede di audizioni.
Ma il professor Giarda sta dando anche un contributo, che ho apprezzato moltissimo, perché va nella direzione di quelle che sono le mie perplessità. Infatti, quando enfatizziamo l'Europa - debbo fare un assunto e aprire una parentesi, che certamente non è di legger tono, non è un'apertura di parentesi tanto per usare delle deviazioni di pensiero o delle devianze dei comportamenti della nostra attività e della nostra iniziativa -, a quale Europa ci riferiamo, visto e considerato che vi è bisogno di un'Europa politica, di politica economica, di una governance dell'economia e di una politica delle finanze? Soprattutto, oggi vi è un dibattito molto forte e molto acceso sulla BCE, che dovrebbe essere l'istituto di riferimento e ovviamente conclusivo di alcuni aspetti e di alcuni dati.
Parliamo dell'Europa, ma dell'Europa abbiamo capito qual è l'impulso, che è stato l'impulso franco-tedesco, il quale ha sempre una vocazione consolare che, per la verità, non è mai venuta meno e, ovviamente, parlare nella Carta costituzionale di vincoli dell'Europa, per noi che siamo partecipi dell'Europa, credo sia soprattutto un'anomalia.
Non voglio qui entrare nel discorso della sovranità del nostro Paese, ma dico che non è certamente un linguaggio che può essere accettato, nella Carta costituzionale, parlare di vincoli dell'Europa. È vero che la primazia e il primato della politica, in questo caso anche della sovranità degli Stati, possono entrare in crisi, ma ritengo che vi sia, per quanto riguarda la Carta costituzionale, un'area che deve essere considerata intangibile, rispetto a quelli che possono sembrare condizionamenti esterni, ma soprattutto valutazioni estranee a quelli che sono, invece, i riferimenti valoriali su cui una Carta costituzionale deve muoversi.
Ritengo, anche, che vi siano anche altri problemi. Parlavo prima degli eventi eccezionali e dell'«ove necessario». Ma l'evento eccezionale e l'«ove necessario» è anche una contraddizione profonda: se vi è l'evento eccezionale, bisogna capire come si va a certificare l'evento eccezionale. E in merito al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, credo che vi sia anche un aspetto, un dato che deve essere considerato con molto scrupolo e soprattutto con estrema consapevolezza.
Ritengo che vi siano delle valutazione ulteriori da fare. Ho avanzato anche in Commissione la mia valutazione, certamente considerando anche la situazione particolare in cui versa il nostro Paese. Tuttavia, anche l'eccezionalità e le congiunture di carattere economico, anche a livello di politica internazionale, non posso certamente inficiare quella che è la salvaguardia di tutta l'impalcatura della Costituzione. Ritengo che vi poteva essere una legge ordinaria - qualcuno parla di legge rafforzata, e questo ci chiedeva, in fondo, l'Europa - dove potevamo anche fare queste previsioni, ristrutturare il bilancio e le politiche economiche, perché non basta il principio costituzionalizzato sul pareggio di bilancio per risolvere i problemi economici del nostro Paese. Inoltre, potevamo ovviamente pensare ad una delega, così come previsto nell'articolo 40 della Costituzione per quanto riguarda il diritto di sciopero, ma non certamente ad un articolo di rango costituzionale che si è costruito in termini di legge ordinaria.
Non v'è dubbio, signor Presidente, che vi sono delle valutazioni - come dicevo poc'anzi -, sul piano politico, di opportunità. Dopo di me parlerà l'onorevole Mantini, che svolgerà un discorso strutturato, come sa far lui, in termini di maggiore puntualità e di maggior efficacia anche sul piano di ordine costituzionale e di ordine economico, come vi saranno anche altri colleghi del mio partito, membri Pag. 24della V Commissione, che, così come hanno fatto in Commissione, daranno anche in Aula un contributo.
Certamente, quando si pone mano ad una materia come questa, bisogna anche vedere quali siano gli effetti non soltanto sul piano economico, ma anche quelli che riguardano il principio della sovranità e la politica, perché non sono ininfluenti rispetto all'economia e ai percorsi che un Parlamento è chiamato a svolgere.
Sono dati di riferimento che dobbiamo ben tenere presenti perché, nel momento in cui si fanno delle scelte, queste ultime condizionano e influiscono sull'atteggiamento, sul futuro e sul progresso dell'attività parlamentare e dell'attività politica all'interno del nostro Paese.
Rimangono in piedi i quesiti a cui facevo riferimento poc'anzi, signor Presidente, che sono importanti e fondamentali. Si era detto anche che si doveva porre mano, almeno in questo senso andavano i contributi e alcune proposte di legge sull'articolo 53 della Costituzione, ma si è preferito - questo lo voglio ricordare - porre mano all'articolo 81 della Costituzione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Il dato su cui vorrei un chiarimento, se fosse possibile da parte dei bravissimi relatori e dal Ministro Giarda che si è assunto l'onere di seguire questa materia, è relativo all'articolo 114 della Costituzione e alla definizione di Stato, regioni, province, comuni e aree metropolitane tra materie concorrenti e materie esclusive dello Stato.
Ritengo che qui vi sia una valvola di sfogo e di sicurezza, perché esistono una pluralità di pubbliche amministrazioni, non soltanto delle autonomie e degli enti locali, che certamente dovrebbero essere ricondotte alle sagge e alle sane politiche.
Di questo si parla e su questo dovremmo basare la nostra sfida, senza un'apparente professione di fede rispetto ad un dato che costituzionalizziamo e poi lasciamo indefinito, dilatandolo nei tempi quando sarà concluso l'iter legislativo. La ringrazio, signor Presidente, anche per l'attenzione che ha prestato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signor Ministro, l'agosto scorso, in una prima grave fase di questa crisi, alle Commissioni riunite di Camera e Senato l'allora Ministro dell'economia indicò, tra le misure di sistema che potessero accompagnare le misure e le manovre che si stavano facendo di correzione del disavanzo e di previsione del pareggio di bilancio, la nuova costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, sostenendo l'iniziativa parlamentare che già era in corso.
Naturalmente, sappiamo che il problema che abbiamo è quello di equilibrare un rigore nella scrittura di un articolo costituzionale con l'efficacia, a partire da un articolo 81 nella sua versione attuale che, come sappiamo, rispondeva all'obiettivo che ci poniamo, salvo poi essersi dimostrato del tutto inefficace a garantire anche solo il tendenziale pareggio di bilancio.
Proprio per questo, e nel momento in cui ci si accinge a riscrivere l'articolo 81 della Costituzione, credo sia non solo comprensibile - per i tempi brevissimi che ci separano dalla avvenuta costituzione del Governo, ma per il tipo e la complessità della materia - che l'Esecutivo si prenda ancora qualche giorno consentendo al Governo di meglio precisare qual è la posizione e l'opinione sul testo uscito dalle Commissioni, prima di passare alla fase emendativa, e che siano fuori luogo le polemiche.
Non ho obiezioni, ma ho alcune considerazioni che desidero lasciare agli atti. Ho un testo in cui, grazie agli uffici, in qualche modo dovrebbe essere presente quella che è una prima impostazione che il Governo, da parte sua, darebbe alla riscrittura dell'articolo 81.
Mi ponevo una domanda, professor Giarda, e so che poi su questo interverranno Pag. 25anche altri colleghi: il collega Lo Presti con una considerazione più generale e, sul punto specifico, anche il collega Calderisi. Io capisco l'aver tolto dall'articolo della Costituzione il riferimento alla grave recessione, che sarebbe già tra gli eventi eccezionali, ma quella quanto meno è di per sé una valutazione di tipo arbitrario e politico; sulla recessione ci si potrebbe infilare in complicati calcoli a partire dalla teoria della dottrina economica agli effetti reali. Però, quello che mi chiedo è se in questa formulazione, così come la possiamo vedere dal testo che ho a disposizione, alla fine il rischio non sia di ricadere nell'articolo 81 precedente, cioè di prevedere un rafforzativo, ma senza strumenti che in qualche modo «inchiodino» la politica e le forze parlamentari alla loro responsabilità, che è di fatto, collega Cambursano, l'unico principio, l'unico fondamento vero che si può dare ad un efficace politica di azzeramento del deficit di bilancio.
Quindi, la cosa che mi chiedevo è se - va bene l'aver tolto il riferimento alla grave recessione economica, quindi con un'impostazione di principio con i disavanzi e gli avanzi che in corrispondenza del ciclo si compensino - l'aver invece tolto l'autorizzazione conforme delle Camere, adottata per quanto riguarda i piani d'indebitamento e di rientro dall'indebitamento in casi eccezionali, non rischi in qualche modo di togliere anche la forza politica d'assunzione di responsabilità con un voto esplicito nei casi di un indebitamento dovuto al verificarsi di eventi eccezionali. Così una prima valutazione ha a che fare con il rischio di lasciare che anche questo articolo 81 resti in qualche modo facilmente lettera morta.
Un secondo elemento... ma posso anche attendere.

PRESIDENTE. Ministro Giarda...

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Quindi, dicevo, signor Ministro, in merito alle correzioni che vedo apportate in un testo auspicato dal Governo, vorrei, ma ci sarà modo nel prosieguo della discussione, che in qualche modo evitassimo di ricadere nell'articolo 81, come l'abbiamo conosciuto.
Quindi, mi chiedevo per quale ragione sia stata tolta quella parte contenuta nel testo delle Commissioni che indicava la necessità di un voto delle Camere nel caso d'indebitamento, pur essendo tale indebitamento consentito in presenza di eventi eccezionali e però accompagnato dalla formulazione immediata di un piano di rientro. Posso anche capire ragioni di pulizia lessicale in un testo costituzionale, tuttavia rischiamo di affidarci unicamente ad un senso di responsabilità che si può facilmente superare, se nemmeno c'è bisogno di un voto esplicito. Vi sono altri due elementi, altre due considerazioni.
Mutuando anche dall'esperienza tedesca, la prima riguarda un riferimento, che può essere forse fatto correggendo l'articolo 117, al fatto che, qualora vi fossero sanzioni comminate allo Stato dovute a sentenze della Corte di giustizia europea in conseguenza di leggi regionali su materia di competenza esclusiva regionale, si potrebbe prevedere quanto meno una compartecipazione alle sanzioni da parte delle stesse regioni. Probabilmente questo potrebbe essere un elemento utile da introdurre come modifica delle norme costituzionali sul federalismo e non direttamente dell'articolo 81.
Così come, sempre riguardo la finanza locale, si potrebbe imporre un limite ai salvataggi statali per i comuni in dissesto, prevedendo misure di salvaguardia straordinaria e anche la necessità che i comuni in qualche modo debbano vendere cespiti patrimoniali non legati alle loro funzioni e alla possibilità di fornire servizi ritenuti essenziali in casi di dissesto per evitare che poi comunque la clausola di salvaguardia vada in capo alla finanza pubblica. Quindi, queste erano semplicemente alcune considerazioni. Tuttavia, quella che credo resti in qualche modo ancora da affrontare sia la prima.
Chiudo con una considerazione sulla spesa pubblica. È vero che la norma che, ad esempio, era stata prevista dal professor Nicola Rossi in uno dei primi testi di Pag. 26costituzionalizzazione del pareggio di bilancio che erano circolati (e che prevedeva di fissare per Costituzione un tetto alla spesa pubblica) forse era di per sé draconiana e troppo limitativa dell'autonomia di politica economica e fiscale degli esecutivi. Però forse un richiamo alla necessità di stabilire in qualche modo preventivamente da parte del Governo con l'approvazione dal Parlamento un tetto, un limite o un'indicazione quantitativa anche di spesa pubblica e entrate in prospettiva forse potrebbe essere opportunamente inserito in questa discussione (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei scusarmi per il mio apparente cattivo comportamento di cui ho dato esempio prima. Ma è in primo luogo l'inesperienza di importanti componenti del Governo e, in secondo luogo, di importanti capigruppo della maggioranza, che adesso lo sostiene...

GIANCARLO GIORGETTI, Relatore per la V Commissione. La colpa, quindi, è della maggioranza!

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Le chiedo scusa. A parte le mie battute, volevo scusarmi. Non è mia abitudine.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, partirei da una premessa se volete ovvia, ma essenziale. Le Costituzioni sono destinate a durare più a lungo dell'andamento dei cicli economici e delle teorie che ad essi si applicano. Questa constatazione ci dovrebbe indurre a pensare alla modifica dell'articolo 81, seguendo una modalità che, nel corso della sua audizione presso la Commissione affari costituzionali svolta sul tema lo scorso ottobre, il professor Piero Giarda, oggi Ministro Giarda (che saluto con grande cordialità e al quale auguro buon lavoro) consigliava dover essere temperata.
Quindi, la riforma dell'articolo 81 è necessaria, ma ben temperata. Mi pare che lo sforzo fatto nelle Commissioni abbia prodotto un risultato positivo. Certo ancora è migliorabile, ma è positivo. Per capire meglio quale debba essere l'approdo di questa riforma necessaria dell'articolo 81, consentitemi una breve ricostruzione della storia costituzionale dell'articolo 81 stesso, per capire come le sue interpretazioni siano sempre state figlie del tempo e della cultura politica del tempo in cui venivano fatte.
L'articolo 81 è scritto da Mortati e Vanoni con l'importante tutoraggio di Luigi Einaudi. Mortati e Vanoni erano due costituenti favorevoli all'introduzione in Costituzione dei diritti sociali, ma erano anche preoccupati per programmi realistici di attuazione degli stessi e avevano pensato l'articolo 81 in questo modo.
Faccio riferimento alla seduta del 24 ottobre 1946 della seconda sottocommissione, in cui Vanoni interveniva così dicendo (cito letteralmente): «Il quarto comma dell'articolo 81 è garanzia della tendenza al pareggio del bilancio, attuazione del principio che non si devono fare spese che per il momento la finanza nazionale non può sopportare. Il Governo» sottolineo il Governo «deve avere la preoccupazione che il bilancio sia in pareggio e la stessa esigenza non può essere trascurata da una qualsiasi forza che si agita nel Paese e che avanza proposte che comportino maggiori oneri finanziari». Vi era già allora un esplicito riferimento al Governo. Così era l'articolo 81 della Costituzione ai tempi della Costituente e anche nell'interpretazione che ne venne data nella prima fase di storia repubblicana. Pag. 27
La definitiva riplasmazione dei principi dell'articolo 81 della Costituzione è stata opera, sul piano della dottrina negli anni Sessanta, di Valerio Onida, nel suo fondamentale libro Le leggi di spesa nella Costituzione. È cambiato il tempo e la cultura politico-economica. L'articolo 81 della Costituzione non intendeva incorporare il principio del pareggio di bilancio e nemmeno quello della tendenza al pareggio. La sua logica è rivolta a permettere una gestione della politica finanziaria statale, impostata dal Governo e consentita dal Parlamento, ma condotta in maniera ordinata secondo un piano prestabilito. La legge di bilancio ha un valore sostanziale, può disporre provvedimenti nuovi, incisivi sugli sviluppi futuri della finanza, e può prestabilire fondi speciali in previsione dell'approvazione di future leggi. I fondi non cadono sotto il divieto del terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione di nuove spese, perché non predispongono una spesa attuale. Quando la copertura è garantita dai fondi speciali il quarto comma è rispettato. La copertura si fa sul disavanzo legittimamente.
La sentenza n. 1 del 1966 della Corte costituzionale conferma la tesi di Onida. Questa diventa la lettura ortodossa dell'articolo 81 della Costituzione. Allora, nella metà degli anni Sessanta, non vi era la segnalazione di un pericolo di cui la politica doveva essere consapevole e farsi interprete. Una politica di alti e protratti disavanzi avrebbe comportato lesioni gravi di vari e importanti beni costituzionalmente protetti. Qui nasce il problema che porterà, alla fine degli anni Settanta, allo sfondamento sistematico del bilancio. Nel 1979 più del 40 per cento della spesa era finanziato con il ricorso al debito.
Tale percezione del pericolo negli ultimi decenni del Novecento verrà assumendo sempre più rilevanza, nella convinzione che gli Stati della democrazia sociale non debbano abbandonare l'idea della legittimità di un regolare disavanzo di bilancio ma di adottare, via via, misure particolari di salvaguardia, a contenimento di disavanzi che creano problemi sociali oltre che economico-finanziari. Questa dimensione della creazione di problemi sociali, oltre che economico-finanziari, intendo sottolinearla particolarmente. La riprenderò più avanti, perché comporta una delicata questione di costituzionalità.
Arriviamo, alla fine, al Trattato di Maastricht. L'articolo 104, lettera c), primo comma, recita: «Gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi». La normativa comunitaria esprime, in maniera esemplare, l'accettazione dell'esistenza dei disavanzi come ordinario - e non straordinario - strumento della gestione delle finanze statali ma, al tempo stesso, manifesta tutta la logica preoccupazione di chi, aderendo al sistema di valori del modello sociale, vede con chiarezza tutti i pericoli insiti, per quei valori, nelle politiche di spesa fondate su disavanzi eccessivi e operanti sullo sfondo di debiti pubblici complessivi di gigantesca entità. Quello che ci indica il Trattato di Maastricht è, dunque, il principio sociale della dovuta moderazione dei disavanzi.
A mio modo di vedere, questa impostazione resta e non cambia anche dopo la conclusione del vertice europeo del marzo di quest'anno, il Patto euro plus, dove si invitano gli Stati membri partecipanti affinché si impegnino a recepire nella legislazione nazionale la regola di bilancio dell'Unione europea fissata nel Patto di stabilità e crescita, nelle forme giuridiche che ritengono più appropriate purché abbiano una natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte. La prova che assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio non debba contraddire il principio sociale della dovuta moderazione dei disavanzi la dà proprio la Costituzione tedesca riformata.
L'articolo 109 del Grundgesetz, pur addentrandosi in definizioni di dettaglio che poco si adatterebbero all'impostazione sobria e asciutta della nostra Costituzione, al terzo comma così recita: «I bilanci del Bund e dei Länder sono - e qui cito il termine tedesco - grundsätzlich, cioè in linea di principio, pareggiati senza entrate dal credito. Ripeto grundsätzlich, in linea di principio. Non smarriamo, per qualche Pag. 28ossessione nostrana, questa saggezza germanica. Questo è il quadro costituzionale entro cui dobbiamo muoverci.
Per concludere, due valutazioni di tipo strettamente costituzionale, altri del mio gruppo affronteranno temi più specifici. La prima: l'introduzione di un divieto troppo rigido di indebitamento, oltre che incidere sulla qualità delle politiche di stabilizzazione e sull'autonomia delle scelte e degli strumenti per realizzarla, avrebbe l'effetto di porsi in tensione, se non in contrasto, con altri diritti fondamentali.
A questo proposito, si deve ricordare che, in primo luogo, tutti i diritti costano poiché richiedono, per la loro effettiva attuazione, l'impiego di risorse. Ciò è ora stato formalmente riconosciuto nella lettera m) dell'articolo 117. In secondo luogo, i diritti sociali ed il principio di eguaglianza sostanziale di cui sono espressione sono diritti fondamentali, che non possano essere sospesi o limitati oltre il loro livello essenziale neanche dal legislatore costituzionale.
Come ha affermato in più occasioni la Corte costituzionale italiana e in maniera analoga, da ultimo, anche quella tedesca i diritti sociali sono diritti fondamentali che qualificano la forma di Stato e non possono venire abrogati o vanificati neanche da leggi costituzionali.
La seconda valutazione conclusiva: nel 2008 non è stata approvata alcuna legge di spesa di iniziativa parlamentare, nel 2009 si ripete sostanzialmente questo trend e credo di poter dire anche se non ho dati definitivi che lo stesso sia avvenuto nel 2010.
Voi tutti sapete come nasce il Parlamento. Siamo nella seconda metà del 1.200: i comuni inglesi vengono convocati in Parlamento per esaminare quali finanziamenti potessero essere accordati da loro al sovrano. L'importanza della contrattazione consisteva proprio nella sua tacita, ma inequivocabile contestazione dell'assolutezza del potere. La forza stessa del Parlamento stava nella possibilità che ci fosse questa contrattazione. Così nasce l'articolazione e la separazione dei poteri. Nel momento in cui la funzione legislativa, per la complessità del mondo contemporaneo, va razionalmente condivisa con l'Esecutivo, con l'Europa e con le regioni, il Parlamento deve poter esaltare le sue funzioni di controllo. La riforma dell'articolo 81 è l'occasione per cominciare a farlo.
Per questo - ho concluso, signor Presidente - è importante cominciare a definire organismi e procedure parlamentari - ripeto parlamentari - di controllo sulla finanza pubblica e sull'azione dell'Esecutivo, al fine di concorrere seriamente e responsabilmente alla valutazione delle politiche pubbliche. Da qui bisogna cominciare in attesa di una riforma costituzionale del Parlamento e del bicameralismo, ma oggi è tempo di porre le basi e l'occasione della riforma dell'articolo 81 è quella giusta. Non perdiamola! Un Parlamento forte, come presidio democratico contro avventure politiche economiche e finanziarie, è una garanzia per tutti. Torniamo protagonisti del riscatto della democrazia parlamentare! È il tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor deputato Presidente, deputati, il provvedimento sul quale oggi si interviene, che mira alla modifica dell'articolo 81 della Costituzione, è sicuramente l'affermazione, o meglio l'introduzione di un principio importante nel nostro Paese, volto a portare questo Stato verso il pareggio di bilancio.
Spero che questo lavoro legislativo che qui si produce non serva per una pura questione ragionieristica. Infatti, non è solo e tanto un problema di numeri, ma il problema centrale è un altro: da questo momento, con questa iniziativa che si mette in campo, con un nuovo Governo in carica vogliamo che si dia un totale cambio di passo alla politica. Come cambiare il passo della politica? Semplice: forse non c'è bisogno né di nuove leggi, né di nuovi regolamenti, né di modifiche della Costituzione, Pag. 29occorre semplicemente riallacciare la politica alla morale e all'etica.
Riallacciare la politica alla morale e all'etica significa tenere conto di ciò che, ahinoi, sta succedendo in questi giorni, che è sotto i nostri occhi. Purtroppo si ha conferma di quanto già accadeva in quella disgraziata Prima Repubblica, che è continuato anche in questa Seconda Repubblica. La Corte dei conti ci ha detto che la corruzione in Italia costa 60 miliardi l'anno. È lì che deve fare la sua parte la politica per riallacciarsi alla morale. La corruzione e tutto ciò che sta succedendo in questi giorni - mi riferisco alla spaccato increscioso quanto inenarrabile che ci viene dalla vicenda Finmeccanica - ci conferma che è scoppiata un'arteria del nostro Stato, che sta avendo un'emorragia continua. Questa arteria della corruzione probabilmente, anzi sicuramente, ha accresciuto il debito pubblico del nostro Paese. Ormai abbiamo visto come funzionava il gruppo Finmeccanica, giusto per avere l'ultimo esempio. Il gruppo Finmeccanica nelle mani della politica si era trasformato in una sorta di bancomat a cui attingevano i partiti e la politica. Non servono le giustificazioni con la faccia arrossita che ascoltiamo in questi giorni da parte di alcuni politici, perché non ci basta e non serve a nulla la ridicola giustificazione dell'UdC di Casini, in cui per la verità si dice che le bustarelle sicuramente non le portava santa Maria Goretti. Il fatto grave non riguarda chi portasse le bustarelle nelle sedi dei partiti, se le portasse santa Maria Goretti o Di Lernia o Anemone o Totò Riina. Il problema è un altro: i partiti devono impedire che le bustarelle arrivino nelle loro sedi. Questo è il punto di fondo, se vogliamo parlare al di là della maschera dell'ipocrisia che troppo spesso è nella politica, nei partiti e anche in questo Parlamento. Noi dell'Italia dei Valori chiamiamo le cose con il loro vero nome, perché siamo stanchi di questo balletto dell'ipocrisia con il quale la politica si sta rigenerando e riciclando in questa Seconda Repubblica, nonostante sia stata condannata con l'avvento del Governo Monti, con cui la politica, o meglio una certa politica, è stata commissariata. Dunque, per la verità non basta quanto leggevo poco fa in una notizia d'agenzia in cui uno dei membri del consiglio di amministrazione di Finmeccanica, Galli, della Lega, dice che nei prossimi giorni il consiglio di amministrazione prenderà le misure adeguate. Forse Galli non ha capito bene: se ne devono andare via tutti, compreso Galli, perché non è ammissibile che questi consigli di amministrazione servissero solo per la spartizione. Ciò riguarda ancora di più Galli, perché appartiene ad un partito che cammina «a doppia poltrona», perché egli è anche presidente della provincia di Varese. Non basta una poltrona, ne occorre un'altra. Allora, è questo il sistema a cui bisogna dire basta, al carrozzone pubblico, dove tutti ingrassano e mettono le mani, i partiti e certi politici. Basta a questi consigli di amministrazione in società pubbliche, basta telefonini, basta segretarie, basta auto blu. Basta casta! Questo è quello che vi diciamo. Mi avvio alle conclusioni per dirvi che ho apprezzato molto - perciò chiedevamo l'azzeramento dei consigli d'amministrazione di tutto il gruppo Finmeccanica - l'introduzione edulcorata del Ministro, quando ci ha parlato della sonnambula di Bellini. Però, spero che non siamo passati dal volgare Governo del «bunga-bunga» ad un Governo che parla di sonnambuli, perché oggi in questo Paese l'unica vera sonnambula è la politica. Concludo quindi invitando il Governo ad andare avanti, soprattutto sulla questione morale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro per i rapporti con il Parlamento, professor Giarda, prima di esaminare il testo al nostro esame, con le modifiche ed i suggerimenti - chiamiamoli ancora così - che il Governo nella sua persona ha ieri formulato in una riunione ancora informale nelle Commissioni bilancio e affari Pag. 30costituzionali, perché ci sono a nostro avviso tre o quattro questioni di grande rilevanza che questo testo, con le sue proposte ed i suoi suggerimenti pone, e che vanno esaminati con attenzione perché riteniamo che sia fondamentale assicurare a questo provvedimento, che riveste grande importanza, un adeguato rigore, non vogliamo che questa modifica dell'articolo 81 possa prestarsi, come il vigente articolo 81, a nuove elusioni e aggiramenti, sarebbe una cosa inaccettabile, quindi bisogna fare molta attenzione. Ma prima di venire all'esame di queste questioni, molto concrete, del testo credo innanzitutto sia necessario fare qualche premessa di carattere generale. L'importanza del tema, questa riforma costituzionale che prevede l'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione lo richiede. Questo principio, a nostro avviso, va introdotto nella Costituzione non solo perché c'è una grave crisi finanziaria di inaudita violenza che ha investito l'occidente e perché l'Europa ci chiede regole di bilancio in grado di garantire la sostenibilità del nostro debito pubblico, ma perché si tratta di una regola condivisibile, opportuna e necessaria in sé, che avremmo dovuto darci da molto tempo.
Dobbiamo introdurlo nella Carta innanzitutto per una ragione di equità tra le generazioni, quello che stiamo vivendo ne costituisce una chiara dimostrazione: le generazioni più anziane della società hanno goduto di benefici sotto forma di una maggiore spesa il cui prezzo viene pagato dalle nuove generazioni. Si tratta di un principio di ordine etico-morale che dovrebbe e potrebbe essere addirittura inserito tra i principi fondamentali - come articolo 11-bis, ad esempio - della nostra Carta costituzionale, ma non ne voglio fare assolutamente una questione ideologica, va bene anche nell'articolo 81, se ben formulato.
Dobbiamo introdurre questo principio nella consapevolezza che la discussione in ordine alla costituzionalizzazione del pareggio del bilancio non può essere ridotta a questione di natura meramente contabile e finanziaria, il tema coinvolge la concezione stessa della democrazia, investe uno dei pilastri dell'intero edificio istituzionale, attraverso la Costituzione fiscale infatti vengono fissate le regole fondamentali entro le quali si svilupperanno le successive attività economiche e finanziarie degli apparati pubblici, in altre parole con la Costituzione fiscale si definiscono compiutamente le relazioni fra libertà e autorità, fra diritti individuali, diritti sociali e doveri fiscali che rappresentano il cuore dei sistemi politici. Sotto questo punto di vista siamo di fronte di fatto, che lo si voglia o no, ad una ridefinizione della nostra stessa forma di Stato. In particolare si tratta di definire nuove regole tra gli attori istituzionali e in particolare quelle tra Governo e Parlamento, del resto la stessa origine del parlamentarismo è intimamente legata a forme di controllo sull'esercizio dei poteri di spesa e delle connesse potestà impositive da parte del sovrano, anche se invero nel nostro Paese la questione si è posta sostanzialmente e singolarmente in modo invertito: è stato il Governo ad esercitare per lungo tempo un ruolo di controllo e di gendarme rispetto alle tendenze del Parlamento ad adottare decisioni di spesa.
Il radicale cambiamento della considerazione collettiva dei disavanzi di bilancio che si è registrato a partire dalla seconda metà del secolo scorso, in particolare con la diffusione delle teorie economiche di Keynes, ha fatto smarrire qualunque valutazione di ordine anche vagamente morale che era la base delle teorie economiche classiche. Oggi discutiamo dell'opportunità di introdurre dei vincoli costituzionali al saldo di bilancio. Vincoli giuridici, inimmaginabili nei secoli scorsi, rappresentano oggi un necessario surrogato dei vincoli morali venuti meno.
Non sono un economista e non voglio cimentarmi su questo terreno, ma a me sembra che l'obiezione fondamentale che incontra la politica del deficit spending non risieda né nelle pur numerose e piuttosto fondate perplessità avanzate dalla teoria economica, né nella valenza etica e morale del principio del pareggio di bilancio. I problemi maggiori emergono quando si Pag. 31prova a collocare le teorie keynesiane all'interno del concreto funzionamento dei sistemi politici democratici contemporanei, un funzionamento condizionato fortemente, come dimostrano anche le verifiche empiriche, dai cicli politici di bilancio connessi allo svolgimento delle elezioni, cioè alle politiche di incremento della spesa pubblica o del deficit, o di diminuzione delle tasse, attuate dai Governi in vista delle elezioni, con il chiaro intento di usare tale strategia al fine di ottenere la rielezione. Insomma, lo short-termism che caratterizza le moderne democrazie di massa riduce drammaticamente gli spazi per un uso coerente e ragionevole della politica di deficit spending.
Non solo, il passaggio dai principi della finanza neutrale, bilancio originariamente in pareggio, a quelli della finanza funzionale, utilizzo del saldo di bilancio in funzione anticiclica, ha finito per tradire del tutto le stesse premesse dalle quali partivano le teorie keynesiane. Keynes non ha mai teorizzato che il bilancio pubblico potesse essere permanentemente in deficit, come è accaduto in Italia per decenni, Keynes ha piuttosto spostato l'orizzonte dell'equilibrio di bilancio dal singolo esercizio al ciclo economico: per raggiungere l'obiettivo della piena occupazione, che secondo Keynes non è garantito dalla spontanea dinamica del mercato, occorre stabilizzare l'alternarsi dei cicli economici, compensando le fasi di deficit della domanda privata aggregata con un surplus di domanda pubblica finanziata in deficit e, viceversa, compensando le fasi di eccesso di domanda privata aggregata con avanzi di bilancio. Ma questo schema si è rivelato, in concreto, del tutto impraticabile. Non vi è dubbio, infatti, che se per un decisore politico chiudere un bilancio in disavanzo è decisamente conveniente, del tutto controindicato è chiudere un bilancio in avanzo. Registrare un avanzo di bilancio, infatti, altro non vuole dire che chiedere ai contribuenti più risorse di quante possano essere destinate all'erogazione dei servizi ai cittadini. Ma la scelta di realizzare risparmi necessari per ripianare i disavanzi passati, utili per mettere da parte risorse da utilizzarsi a fronte di difficoltà future, è scelta normale per il buon padre di famiglia, è strategia che può essere adottata da un monarca illuminato, consapevole che toccherà a lui medesimo ripianare i disavanzi creati, ma diventa del tutto illusoria se affidata alla lungimiranza dei governanti eletti democraticamente e, quindi, sottoposti ad una verifica a scadenza ravvicinata del consenso elettorale. In questa prospettiva il keynesismo implica una visione elitaria e tecnocratica del funzionamento della politica, una visione lontana anni luce dalla realtà delle contemporanee democrazie di massa.
L'esperienza italiana, ma non solo italiana, degli ultimi decenni ha registrato quello che potremmo definire il paradosso del keynesismo: l'accettazione della prospettiva discrezionale nella politica di bilancio ha finito per annullare gli spazi per qualunque politica di bilancio. In effetti, scorrendo la serie storica del deficit di bilancio, il Ministro Giarda la conosce molto bene, negli ultimi decenni è arduo rintracciare un qualunque legame tra andamento del deficit e ciclo economico. Spesso il saldo di bilancio ha svolto non una funzione anticiclica, ma, calpestando l'insegnamento keynesiano, il suo esatto opposto, una funzione prociclica. Basti, del resto, pensare al fatto che i decenni nei quali più profondi sono stati i disavanzi di bilancio e nei quali si è, quindi, accumulato un debito sempre più ingovernabile, sono stati i decenni di espansione dell'economia. Al contrario oggi l'Italia, e non solo l'Italia, è paradossalmente impegnata in rigorose politiche di riduzione del disavanzo, fino all'obiettivo storico del suo azzeramento, proprio in una fase economica recessiva. In questo senso, l'introduzione di un vincolo all'equilibrio di bilancio, semmai accompagnata da una clausola di flessibilità per i bad times, non rappresenta necessariamente l'abbandono completo dell'approccio di Keynes, ma potrebbe piuttosto essere interpretato come l'unico modo per cercare di proteggere Keynes dalla cattiva politica keynesiana. Pag. 32
È indubbio che nelle intenzioni dei nostri padri costituenti l'articolo 81 avrebbe dovuto assicurare la naturale tendenza al pareggio di bilancio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,30)

GIUSEPPE CALDERISI. Così, del resto, si espressero testualmente sia Ezio Vanoni, firmatario dell'emendamento che sarebbe poi diventato norma costituzionale, sia Luigi Einaudi. Peraltro, se assai rigorose furono le intenzioni dei costituenti, affatto diversi furono gli esiti dell'applicazione della previsione costituzionale. Naturalmente, una puntuale ricostruzione delle cause che condussero al sostanziale fallimento dell'articolo 81 della Costituzione è opera complessa, che non può in ogni caso prescindere da una valutazione dell'evoluzione della generale cultura politica ed economica del dopoguerra.
L'affermazione dei moderni sistemi democratici di massa, l'ampliamento della sfera di intervento dello Stato, la costruzione dei moderni sistemi di welfare, il susseguirsi di periodi di forte crescita economica sostenuti da una significativa dinamica demografica, furono tutti fattori che determinarono una profonda modifica nella stessa percezione dei problemi della finanza pubblica.
La mia esperienza di deputato, iniziata nel lontano 1982 (ero allora deputato radicale, fortemente contrario a qualsiasi violazione dell'articolo 81 della Costituzione, proprio nella Commissione Bilancio allora presieduta dall'onorevole Giuseppe La Loggia che aveva come funzionaria della Commissione l'onorevole Linda Lanzillotta, che mi dispiace di non vedere qui), è stata un'esperienza che purtroppo ha toccato con mano i tanti modi con i quali sono stati aggirati i vincoli dell'articolo 81 della Costituzione, vincoli di copertura previsti dall'articolo 81, ma forzati in tanti modi, nonostante le modifiche delle leggi n. 468 del 1978, n. 362 del 1988, e successive.
Abbiamo purtroppo visto come siamo passati attraverso meccanismi per cui si coprivano le spese in modo assolutamente inadeguato, solo per il primo anno; l'indebitamento considerato come una forma legittima di copertura, legittimità sancita da una sentenza della Corte costituzionale, la n. 1 del 1966; sentenze della Corte peraltro che, in applicazione del principio uguaglianza, hanno esteso benefici ad una platea enorme di cittadini senza nessuna copertura finanziaria, e questo dovrebbe essere un problema che dovrebbe ancora preoccuparci, anche se la Corte ha un po' cambiato giurisprudenza e tendenze; dopo la legge n. 468, l'articolo 1 che fissava i saldi votato alla fine come risultante delle decisioni di spesa adottate in precedenza; finanziarie con deficit a doppia cifra negli anni Ottanta, anche superiori al 20 per cento del PIL, con le relazioni di minoranza dell'allora Partito Comunista Italiano che dicevano che queste finanziarie erano recessive, cioè che si spendeva poco - Ministro Giarda - finanziarie con deficit di oltre il 20 per cento - lo ripeto - considerate recessive; finanziarie modificate con i meccanismi degli emendamenti vol au vent di Cirino Pomicino, ma questa è già altra questione; finanziarie per le quali ogni navetta parlamentare costava dai mille ai duemila miliardi di lire, con emendamenti votati a scrutinio segreto (e che battaglia ci volle per eliminare il voto segreto sulle decisioni di spesa).
Quindi, abbiamo avuto una sistematica elusione e forzatura dell'articolo 81 da parte dell'intero sistema politico, ma in particolare da parte delle due maggiori culture politiche del Paese, quella democristiana postdegasperiana e quella comunista, con una compartecipazione in gran parte subalterna di quella laico-socialista, che ad un certo punto è stata almeno capace di alcune rotture di quelle egemonie (ricordo il decreto di San Valentino, e appunto la battaglia per abolire il voto segreto, battaglie per le quali peraltro ha pagato poi prezzi politici molto salati e molto elevati). Fatta questa ricostruzione, fatte queste premesse, veniamo alle questioni che - dicevo all'inizio del mio intervento - pone il testo al nostro esame. Pag. 33
Dobbiamo introdurre questo principio del pareggio di bilancio, dobbiamo riformare l'articolo 81, dobbiamo farlo bene, in modo rigoroso, evitando, dicevo, che le nuove regole possano nuovamente essere soggette ad aggiramenti ed elusioni. Però dobbiamo fare molta attenzione perché da questo punto di vista il testo al nostro esame, a maggior ragione - non so se mi sbaglio, il Ministro mi dirà - con le modifiche che ha suggerito il Ministro Giarda nella riunione informale del Comitato dei diciotto delle Commissioni I e V, non ci appare sufficientemente adeguato e rigoroso, perché i vincoli da esso previsti si prestano con una relativa facilità ad essere elusi ed aggirati.
Ci sono almeno tre questioni (anche una quarta, ma innanzitutto vediamo le prime tre). Esaminiamo la prima. Il nuovo articolo 81 fa riferimento al cosiddetto saldo strutturale, un concetto tecnicamente molto complesso, che richiede calcoli e valutazioni difficili, inevitabilmente soggette ad alea e discrezionalità, anche a consuntivo, figuriamoci in via preventiva, oltre al fatto - come ho già detto - che è molto astratta ed illusoria l'idea che un Governo nelle fasi favorevoli del ciclo metta da parte l'avanzo per compensarlo nelle future fasi avverse.
Basti ricordare i famosi «tesoretti» del Governo Prodi. Ma credo che qualunque Governo avrebbe difficoltà in questo senso. Ma anche a prescindere da questo, con le modifiche suggerite dal Governo, verrebbe incluso nel computo di tale saldo strutturale, cioè nella compensazione di disavanzi e avanzi delle fasi avverse e favorevoli del ciclo economico, anche il caso di grave recessione economica, senza che questo richieda un'esplicita autorizzazione da parte delle Camere. Insomma, ci si affida ad un'impostazione tutta tecnocratica, che potrebbe comportare un ricorso all'indebitamento anche consistente. Non sappiamo neppure di quale ammontare; potrebbe essere dello 0,5 per cento del PIL? Ma, forse, dell'1, del 2, del 3 o del 4 per cento. Una grave recessione economica, infatti, potrebbe avere questa natura. Tutto ciò senza una decisione consapevole delle Camere, senza un'esplicita autorizzazione delle Camere, senza una precisa e chiara assunzione di responsabilità politica di Governo e Parlamento. Nel testo che ha suggerito il Governo, l'autorizzazione viene addirittura cancellata.
Questo per noi è assolutamente inaccettabile. Se proprio si deve fare riferimento al cosiddetto saldo strutturale - e qui veniamo alla proposta -, allora possiamo anche fare questo riferimento, ma almeno mettiamo un tetto, un limite; non so, lo 0,5 per cento o ci dica il Governo quale può essere tale tetto. Poniamo un limite oltre il quale c'è comunque bisogno di un'esplicita autorizzazione delle Camere con un piano di rientro, con una precisa assunzione di responsabilità politica. Infatti, credo che solo basandoci sul principio di responsabilità politica, il grande assente della storia repubblicana, noi possiamo inserire nella Costituzione dei vincoli che abbiano una qualche speranza di essere rispettati e non elusi. Il problema è, quindi, del principio di responsabilità politica, ossia come ancoriamo il principio del pareggio di bilancio al principio di responsabilità politica.
E questo si pone anche con riferimento ad altre due questioni e passo alla seconda. Come ha detto anche il collega Bressa, occorre rilanciare il ruolo del Parlamento nel settore del controllo sulla finanza pubblica perché, nonostante i tentativi succedutisi negli ultimi anni - basti pensare da ultimo alla riclassificazione del bilancio per missioni e per programmi -, il controllo parlamentare sulla finanza pubblica rimane marginale, rimane la Cenerentola del nostro sistema istituzionale. Le Commissioni bilancio, le Commissioni di settore delle due Camere, dedicano, infatti, pochissimo tempo e nessuna energia all'attività di controllo sulla quantità e sulla qualità della spesa. Ma ciò rappresenta il venir meno di una delle funzioni fondamentali della rappresentanza parlamentare e questa assenza paradossalmente finisce per indebolire lo stesso Governo, che potrebbe controllare assai meglio l'attività Pag. 34degli apparati amministrativi sotto la sua direzione se avesse un efficace stimolo parlamentare.
Per queste ragioni, riteniamo che sia opportuno che nella stessa Costituzione si renda esplicito il principio del controllo parlamentare sulla finanza pubblica. Al testo che ha proposto il Ministro Giarda, che demanda ai Regolamenti parlamentari la costituzione di un organismo indipendente, si deve, a mio avviso, premettere l'istituzione di una Commissione parlamentare bicamerale a composizione paritaria tra maggioranza ed opposizione. Come PdL, lo abbiamo chiesto anche nella proposta di riforma del Regolamento, che, purtroppo, non è mai stata discussa, di controllo sulla finanza pubblica, sia con riferimento all'equilibrio tra entrate e spese sia con riferimento alla qualità e all'efficacia della spesa, con l'ausilio di un organismo tecnico comune, munito dei requisiti di indipendenza e imparzialità. Ben venga, quindi, l'organismo tecnico imparziale ed indipendente...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, non sono ancora arrivato al termine del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, ha ancora 39 secondi a sua disposizione.

GIUSEPPE CALDERISI. Vengo velocemente alla terza questione, che è quella di fissare in Costituzione un limite al livello massimo delle spese. Sono contrario ad introdurre in Costituzione, come hanno proposto altre iniziative parlamentari, un tetto rigido, tipo il 45 per cento, alla spesa pubblica. Non si può fare.
Credo che però bisogna, in sede di decisioni di programmazione annuale di finanza pubblica, demandare annualmente alle Camere il compito di stabilire il livello massimo della spesa pubblica alla quale dovranno conformarsi sia la legge di bilancio sia le leggi di spesa approvate successivamente. Si tratta di un meccanismo di trasparenza e di assunzione di responsabilità, quale che sia il Governo: quale che sia il livello massimo della spesa pubblica che si proponga, vi sia un'assunzione chiara ed esplicita di responsabilità politica. Anche qui questo è il problema principale che noi poniamo.
Vi è un'ultima questione, la quarta (questa la poniamo con forza, anche se ci rendiamo conto che è una vera e propria rivoluzione copernicana nel nostro sistema): quella del potere del Governo. Infatti in tutti gli altri Parlamenti il Governo può porre il veto alle decisioni di spesa del Parlamento: lo prevede l'articolo 113 della Costituzione tedesca (lo ricordava il professor Barbera nel suo recente articolo su Il Sole 24 Ore); è il potere che ha il Cancelliere dello scacchiere; in Francia addirittura - io sono contrarissimo ad una norma del genere - si fa divieto, all'articolo 40, alla presentazione da parte dei parlamentari di leggi ed emendamenti di spesa: non si possono neanche presentare in Francia. Io non sono per questa strada.
Noi innoviamo profondamente, col pareggio di bilancio, la nostra Costituzione, Una violazione della copertura finanziaria di una legge non va a riguardare soltanto l'incostituzionalità di quella legge: mette in gioco la costituzionalità dell'intero bilancio ed il Governo ne è responsabile. Come possiamo introdurre questo principio, se non dotiamo il Governo di quei poteri che ha poi in tutti gli altri sistemi parlamentari? Qui mi rendo conto che il salto culturale è profondo, il mio auspicio è che vi sia una riflessione anche su questo quarto punto, ma mi rendo conto che la questione è difficile e solo con il consenso si potrà inserire una norma del genere.
Tuttavia sulle prime tre questioni di maggiore rigore per rendere effettivo e sostanziale il cambiamento che noi proponiamo dell'articolo 81 della Costituzione, per fare un nuovo articolo 81 effettivamente rigoroso con il principio del pareggio di bilancio, occorre fare massima attenzione ai meccanismi che introduciamo: siano meccanismi non affidati alla tecnocrazia, siano meccanismi di rigore Pag. 35affidati alla responsabilità politica che Governo e Parlamento si devono assumere di fronte al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, signor Ministro e onorevoli colleghi, l'Unione di Centro ha sostenuto con convinzione e direi con entusiasmo la nascita del Governo Monti, nella piena consapevolezza del difficile momento che attraversa il Paese, dei necessari cambiamenti politici e delle urgenti riforme da realizzare.
Vi è una vasta azione di riforme necessaria al rilancio dell'Italia, in coerenza con gli auspici dell'Europa e nel rispetto dei principi di rigore e di risanamento, di equità e di sviluppo: riforma delle pensioni, in direzione di un sistema pienamente contributivo e di un vero patto tra generazioni; più liberalizzazioni: 6 mila società pubbliche locali certamente sono troppe ed il pubblico è bene che faccia regole, controlli e gare per prestazioni che riguardano gli utenti, ma che i servizi in forma imprenditoriale siano svolti dal mercato in regime di concorrenza; più flexicurity, per garantire più sicurezza ai lavoratori - sono molti i lavoratori che non ce l'hanno - e anche più sicurezza agli imprenditori che vogliano trasformare ed innovare le aziende; una riforma fiscale che sposti il carico dalle imprese e dal lavoro al patrimonio, in particolare ai grandi patrimoni e anche su alcuni settori dei consumi; dismissione dei beni pubblici e degli asset patrimoniali, che preveda una vera e reale valorizzazione. Insomma, noi condividiamo queste linee del Governo e molto altro ancora, che ritroviamo nella relazione programmatica del Governo Monti.
Siamo davvero lieti ed anche orgogliosi di poter sostenere quest'agenda con il conforto di una vasta, vastissima maggioranza nazionale. È nell'ambito di queste azioni che si pone al nostro esame il principio dell'obbligo di pareggio del bilancio da riconoscere in Costituzione. Naturalmente, noi sappiamo che, accanto alle necessarie riforme che noi come Italia dobbiamo fare con rigore, occorre realizzare alcune condizioni a livello europeo nell'ambito di un'azione che porti ad avere più Europa.
La prima condizione è che il sistema finanziario dell'area euro debba avere al più presto un unico organismo di vigilanza ed un'unica autorità di bilancio. La seconda condizione è che la cosiddetta Eurolandia davvero trarrebbe un grande beneficio dal fatto di avere un mercato dei titoli di Stato unificato che coprisse una fetta importante del debito pubblico di ciascuno Stato membro. La terza condizione è che occorre una disciplina molto più efficace sulle politiche strutturali e sulle politiche di spesa dei singoli Stati. Tuttavia, nulla di ciò sarebbe accettabile né possibile senza un progresso sostanziale dell'Europa verso un'unione politica.
Dal Trattato di Maastricht in poi, come ribadito dal nuovo Patto di stabilità, abbiamo, com'è noto, due parametri da rispettare: un rapporto debito pubblico-PIL da contenere nel 60 per cento e un deficit pubblico che, sempre rispetto al PIL, non deve superare il 3 per cento. Come autorevolmente osservato dalla dottrina economica, questi due parametri, che sono commisurati al reddito nazionale, tengono conto solo in parte del principio che, in realtà, è implicito nella norma stessa e, cioè, il principio secondo il quale finanziare in deficit la spesa pubblica è utile solo se ciò contribuisce alla crescita del reddito nazionale.
Esistono, ovviamente, altri criteri di stabilità dei bilanci pubblici: uno è quello di ammettere l'indebitamento solo per le spese di investimento, dovendo essere sempre in pareggio il bilancio di parte corrente; un altro criterio è quello di riferire il necessario pareggio al cosiddetto bilancio strutturale, cioè quello che non varia con il ciclo economico. Alcuni scelgono il modello tedesco, che è quello del pareggio del bilancio strutturale, cioè al netto del Pag. 36ciclo economico, mentre altri guardano al modello francese, che è quello del pareggio del bilancio di parte corrente.
La nostra Costituzione, nell'affermare all'articolo 81 il principio dell'annualità del bilancio e dei consuntivi approvati dalle Camere, dispone che con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi né nuove spese. Com'è noto, la Corte costituzionale, nell'interpretazione di questa disposizione, pur negando che essa costituzionalizzi il principio del pareggio di bilancio, ha ripetutamente sottolineato che la norma in questione esprime il principio del tendenziale equilibrio finanziario dei bilanci dello Stato, tanto su base annuale quanto su base pluriennale. Ciò significa che, mentre l'obbligo di copertura va osservato nei confronti delle spese che incidono sopra un esercizio in corso, lo stesso rigore non sarebbe richiesto, per la Corte, per gli esercizi futuri.
Questo è il punto su cui occorre un cambiamento. Ed è proprio da qui la rilevanza del suggerimento rivolto dalla BCE ai Paesi dell'Unione europea di inserire nelle rispettive Costituzioni il principio del pareggio di bilancio. Si tratta di un suggerimento che il precedente Governo ha fatto proprio con l'approvazione di uno schema di disegno di legge costituzionale, nel quale, pur proclamandosi l'equilibrio delle entrate e delle spese, giustamente, si prevedono delle deroghe - peraltro, sulla falsariga di un testo già a suo tempo approvato dalla cosiddetta Commissione D'Alema e del progetto di revisione costituzionale da poco approvato dalla Spagna -, nelle fasi avverse del ciclo economico ovvero ricorrendo uno stato di necessità non sostenibile con le ordinarie decisioni di bilancio. Tale stato di necessità deve essere dichiarato dalle Camere in ragione di eventi eccezionali, con voto espresso a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
Nel testo sin qui elaborato, con un serio, vero, confronto parlamentare, dalle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio siamo andati in questa direzione avvicinandoci al modello tedesco del 2009. Ci siamo fatti carico dei dubbi nell'articolata distinzione tra le nozioni di pareggio del bilancio di competenza, di cassa o di competenza economica e nel riferimento al bilancio preventivo e consuntivo. Proponiamo anche, con il testo ora al nostro esame, un'opportuna modifica all'articolo 117 della Costituzione al fine di meglio garantire il coordinamento finanziario tra Stato e altri livelli di governo, anche con riferimento all'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi; concetto questo che, mi rivolgo al Governo, riteniamo davvero debba essere mantenuto.
Abbiamo poi evidenziato il rilievo del principio dell'obbligatorio recupero degli eventuali disavanzi nei bilanci successivi, principio che noi del gruppo dell'Unione di Centro avremmo voluto meglio specificato. Naturalmente ci siamo posti anche il problema dei controlli, sia ante che post e dei rimedi giudiziali; siamo arrivati ad un certo approdo, ma non ci sfugge la validità di altre soluzioni, ad esempio quella secondo cui sarebbe assai importante, per la finanza pubblica, se venisse modificato il primo comma dell'articolo 16 della legge n. 400 del 1988 con il quale alla Corte dei conti venne sottratto il controllo preventivo di legittimità sugli atti governativi aventi forza di legge, adottati con decreto del Presidente della Repubblica, e cioè i decreti-legge e i decreti legislativi delegati. Un tale controllo sulla legittimità degli atti del Governo, ancorché aventi forza di legge, come ricordato da un'autorevole dottrina, era stato infatti introdotto in Italia già ai tempi di Camillo Cavour, era rimasto in vigore anche sotto il fascismo, trovava e trova un chiaro, ancorché forse solo implicito, fondamento normativo nell'articolo 100 della Costituzione che recita: la Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo.
Naturalmente oltre ad un rafforzato ruolo della Corte dei conti nel controllo degli atti che possono incidere negativamente sul principio di pareggio del bilancio, si possono ipotizzare altre soluzioni, altri rimedi. Un'altra via è quella dell'istituzione Pag. 37di una autorità indipendente di controllo, un Fiscal Council, esperienza già presente in altri Paesi che forse potrebbe essere realizzata unendo le migliori strutture e specializzazioni esistenti, a basso costo, e persino, in alternativa, secondo qualcuno, ad una più onerosa e lunga riforma costituzionale. È chiaro che una tale idea merita un approfondimento, vorremmo dire sia con riferimento all'an che al quomodo, come realizzarla. Non possiamo sottacere i profili di onerosità connessi all'istituzione ex novo di una tale autorità in tempo di necessario rigore. Forse però, come abbiamo anticipato nei primi commenti e in sede parlamentare, è possibile realizzare ugualmente una tale soluzione a livello parlamentare, coordinando le sinergie esistenti tra Camera e Senato e con l'ausilio della Ragioneria generale dello Stato, della Corte dei conti e dell'ISTAT. È un tema da approfondire e l'Unione di Centro è disponibile, in modo aperto e costruttivo, ad ogni proposta del Governo su questo e su altri punti.
Intanto, e mi avvio alle conclusioni, dobbiamo qui dire, con molta chiarezza, di condividere le prime bozze che provengono dal Governo sulle modifiche del testo, riservandoci per serietà un esame più completo con il gruppo e quindi una posizione più definitiva. Soprattutto un punto, illustre Ministro, mi permetto tuttavia di sottolineare con molta forza rivolgendomi al Governo per i suggerimenti e i testi che vorrà fornire ma anche a tutti i colleghi e alle responsabilità delle forze politiche nell'Aula: occorre un testo costituzionale più snello, più adeguato alla Carta costituzionale, un testo meno regolamentare, meno pretenzioso nella disciplina di tutti i pur necessari aspetti che invece ben possono trovare una sede di disciplina legislativa appropriata alla luce del comma sesto dell'articolo 81, e quindi con la legge che disciplina il bilancio secondo il principio che abbiamo qui introdotto.
È un aspetto molto importante perché ovviamente, e non solo per ragioni accademiche, la Costituzione è la Costituzione e non va invasa con norme e discipline tutte forse necessarie, ma che hanno sedi diverse. Dunque un principio essenziale, più asciutto, una riscrittura in tal senso cui, invito, invitiamo, da subito come Unione di Centro, tutti i gruppi nel lavoro che abbiamo ancora dinanzi nei prossimi giorni.
Rigore, equità, sviluppo, come dicevo, è la teoria deposta alla base di ogni azione di risanamento e di riforma bene illustrata nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente Monti. A questi imprescindibili riferimenti, in una fase tanto difficile per l'Italia, ma anche densa di opportunità e di cambiamento, l'Unione di Centro e tutto il Terzo Polo ispirano con convinzione la propria azione politica di sostegno al Governo in carica a partire da questo primo importante provvedimento sull'obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione. Un principio che riteniamo utile all'azione presente, doveroso per le generazioni future (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, non sottrarrò molto tempo alla vostra attenzione, il mio intervento sarà molto breve perché di fatto non abbiamo un testo completo sul quale discutere.
Ieri in Commissione bilancio l'intervento del Governo ha rimesso in pista tutta una serie di questioni che adesso starà ai bravissimi relatori ricomporre, anche con l'aiuto della Commissione, per definire un provvedimento atteso, fondamentale, il primo di una lunga serie di interventi che l'Europa ci chiede e che cominciamo a sviluppare adesso.
Ci stiamo assumendo una grande responsabilità: la modifica della Costituzione è sempre un momento delicato, solenne e difficile soprattutto quando sviluppiamo una considerazione.
C'è stato un progressivo degrado della qualità della legislazione negli ultimi cinquant'anni e la Costituzione tuttavia rimane ancora un caposaldo di coerenza Pag. 38normativa e di capacità di un legislatore d'altri tempi di affrontare in modo semplice e coerente questioni fondamentali per la vita di un Paese che ci hanno guidato fino ad oggi. Quindi, dobbiamo stare molto attenti a quello che facciamo soprattutto quando interveniamo su una parte così fondamentale. Introdurre, come ci chiede l'Europa e come è giusto fare (forse si sarebbe dovuto fare già allora, ma erano altri tempi e c'era una coscienza diversa) il pareggio di bilancio in Costituzione pone problemi non indifferenti, soprattutto di coordinamento anche con quelle che sono le normative dei Trattati europei che ci guidano in questa nostra nuova avventura.
Allora dobbiamo stare molto attenti perché ogni volta che viene cambiato l'impianto costituzionale ciò può portare a successivi contenziosi che certamente non fanno l'interesse e il bene del Paese. Abbiamo sicuramente di fronte l'esigenza di non scimmiottare altre Costituzioni - che poi Costituzioni non sono, magari sono leggi fondamentali che non hanno la stessa valenza che ha la nostra Carta costituzionale - che affondano le loro radici su tradizioni completamente diverse dalle nostre.
Quindi quando interveniamo sulla Carta costituzionale abbiamo anche, credo, il dovere di tenere presente quali sono i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico che è sempre stato all'avanguardia, tranne, come ho detto all'inizio, i casi di degrado che purtroppo sono sotto gli occhi di tutti.
Allora sviluppiamo, evidentemente, un intervento coerente e cerchiamo di essere soprattutto chiari, per evitare che eventuali errori possano ripercuotersi negativamente in futuro.
Mi limiterò a sottolineare quali sono, a nostro avviso, i punti fondamentali, i punti fermi di questa riforma, che, ovviamente sono riportati da tutte e tre le ipotesi di testo al nostro esame che sono contenute nel quadro sinottico sviluppato dalle Commissioni riunite affari costituzionali e bilancio della Camera, dove abbiamo il testo approvato dalle Commissioni, quello con le modifiche che sono state richieste e quello contenente i suggerimenti che sapientemente il Ministro Giarda ha inteso sottoporre alla valutazione delle Commissioni nella riunione di ieri.
Tra i punti fermi, sicuramente, il principale è quello che i fisiologici disavanzi di bilancio nelle fasi avverse del ciclo economico vadano compensati con gli avanzi delle fasi favorevoli, al che nessuno potrà più illudersi, come in passato, che i «tesoretti» che si accumulano nelle fasi espansive possano poi essere utilizzati per aumentare i margini di spesa pubblica. Così come un punto sul quale sicuramente non si può transigere è che l'ulteriore ricorso all'indebitamento sia consentito solo al verificarsi di eventi eccezionali e, quindi, non in una normale recessione. Poi, su cosa si intenda per grave recessione, sicuramente nel futuro il dibattito sarà abbastanza intenso.
È chiaro che l'indebitamento abbia bisogno della definizione di un piano di rientro, che è autorizzato dalle Camere a maggioranza assoluta, e che sarà oggetto di giudizio da parte della Corte dei conti, giudizio che sarà poi regolamentato da una legge costituzionale. Su ciò l'onorevole Della Vedova ha già sollevato un punto di domanda: non è forse un po' eccessiva questa cessione di sovranità nei confronti della Corte dei conti, che potrà giudicare, non soltanto la legge di bilancio in sé - che è un atto fondamentale sul quale, evidentemente, noi muoviamo qualche riserva - ma anche le condizioni di sostenibilità del debito approvate con legge dalle Camere?
Anche questo è un punto fondamentale, sul quale bisogna capire se, effettivamente, la cessione di sovranità del Parlamento nei confronti della Corte dei conti sia una cessione che, in qualche modo, potrà essere mitigata e come potrà esserlo.
Altro punto essenziale è quello del ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali, che è consentito per spese di investimento - senza la garanzia dello Stato - e solo se a livello regionale è rispettato l'equilibrio tra entrate e uscite. Di fatto questo nuovo corso Pag. 39affiderebbe alle regioni il compito di mediare tra comuni e province e, quindi, di farsi garante dell'equilibrio finanziario generale.
Altro punto sul quale concordiamo, anch'esso fondamentale e che ritroviamo nelle varie ipotesi normative, è che, comunque, è affidato allo Stato il compito di garantire i livelli di finanziamento delle spese essenziali di cui all'articolo 117 della Costituzione, così come è interessante - e anche questo è un punto fermo sul quale ci soffermiamo - la introduzione di un organismo tecnico di audit comune a Camera e Senato che potrà sicuramente migliorare la produzione legislativa del Parlamento.
Ovviamente il nostro è un atteggiamento molto responsabile e assolutamente favorevole a seguire e a sostenere il percorso di questa legge, soprattutto a far sì che esso si esaurisca in tempi rapidissimi.
È quello che l'Europa evidentemente ci chiede e di cui abbiamo bisogno, soprattutto per affrontare, a mio avviso, quello che è il vero problema della sicurezza dei conti pubblici che è stato sottolineato in modo puntuale e molto stringente da un commento del Financial Times. Proprio intervenendo a commento di queste iniziative che in Europa si stanno sviluppando per costituzionalizzare il pareggio di bilancio, ha detto che senza un fondamentale cambio di mentalità - che è per l'appunto quello che occorre - maggiori restrizioni porteranno solo maggiore ingegnosità legale (quindi un'ingegnosità costruttiva legale) volta a trovare i modi migliori per indebitarsi fuori bilancio.
Quindi, l'appello del Financial Times è quello che intendiamo raccogliere e fare nostro: dobbiamo cominciare anche noi ad abituarci a cambiare mentalità rispetto a questa tematica. Cambiare mentalità significa soprattutto agevolare in tempi rapidissimi l'approvazione di questo provvedimento.
In questo senso, sono sicuro che i due relatori, con l'ausilio delle Commissioni e soprattutto del Governo che ha già - come ho detto all'inizio del mio intervento - dato delle indicazioni ben precise potranno svolgere un ottimo e tempestivo lavoro, facendo in modo anche - questo è un auspicio che lascio a questo dibattito - che il Senato voglia approvare senza tentennamenti e senza rilanci il lavoro che svolgeremo alla Camera.
Infatti, un percorso costituzionale così delicato dovrebbe presupporre, a mio avviso, anche una certa elasticità da parte dell'uno o dell'altro ramo del Parlamento nel valutare positivamente quello che comunque il Governo, tecnici competenti e parlamentari coscienziosi hanno fatto nel loro settore e nel ramo del Parlamento interessato per primo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, assume certamente un particolare significato il fatto che la prima discussione che si tiene in Aula dopo l'insediamento del nuovo Governo si svolga su un tema tanto importante quanto delicato qual è la riforma dell'articolo 81 della Costituzione.
Intervenire per modificare la Costituzione è sempre un esercizio di grande responsabilità e come tale va affrontato da ciascuno di noi. La Costituzione italiana è, a tutt'oggi, un affresco prezioso, ben conservato ed attuale nei valori, nei messaggi e nei significati che propone. Si tratta di un'opera viva non di un pur inestimabile reperto da museo, perciò è naturale che debba essere soggetta alla necessaria manutenzione, ma è bene essere convinti che, quando vi si mette mano, bisogna operare con la prudenza e la competenza che ogni manutenzione richiede, tanto più quando si tratta di oggetti «di grande valore».
Soprattutto bisogna agire con la convinzione che, per quanto figlia della storia, una Carta costituzionale deve avere l'ambizione di sopravvivere al tempo storico congiunturale dei costituenti. Negli ultimi tempi, al contrario, abbiamo troppe volte assistito ad una eccessiva disinvoltura nel proporre innovazioni troppo dettate per l'appunto dalla congiuntura dei rapporti di forza economici e sociali dei climi politici. Pag. 40
Quello che alcuni detrattori considerano un limite della Costituzione italiana (essere il prodotto di un grande compromesso tra cultura e valori politicamente tra loro antagonisti) resta invece una delle sue maggiori originalità. Il merito dei padri costituzionali fu dunque duplice: da un lato, mettere i propri valori e la propria visione del mondo al servizio di un bene comune e, dall'altro, pensare, mentre discutevano e scrivevano, all'Italia futura e non solo a quella nella quale vivevano.
Abbiamo noi la stessa coscienza e lo stesso approccio? Il quesito si fa ancora più stringente se guardiamo al merito del tema che siamo chiamati ad affrontare. La crisi economico-finanziaria che stiamo vivendo è a ragione considerata la più grave da cento anni a questa parte.
La sua evoluzione, rapida e soffocante, è arrivata ad aggredire gli Stati sovrani, la loro autonoma politica di bilancio, la loro sostenibilità finanziaria e, in sostanza, la loro solvibilità, sicché si parla della possibilità del fallimento di uno Stato, pur con comprensibile apprensione, ma con la stessa valutazione tecnica che si applica a qualsiasi azienda operante nel mercato.
Tutto ciò induce ad importanti novità: dalla crisi del concetto di Stato nazionale, con i suoi poteri e prerogative, così come lo abbiamo conosciuto, all'esigenza di corrispondere a questa crisi con una più audace progettualità politico-istituzionale che assuma ad esempio l'unità politica dell'Europa ed una nuova governance globale; di una più coraggiosa analisi sulla natura dei mercati contemporanei, che sia in grado di distinguere tra il ruolo propulsivo e anche di giudizio sull'operato economico finanziario di chiunque, che essi debbono svolgere a salvaguardia dell'interesse dei risparmiatori e degli investitori, da quello inquietante svolto dagli speculatori che inquinano quell'azione positiva, finendo talvolta per stravolgerla e piegarla ad interessi occulti non perché misteriosi, ma perché insindacabili; all'urgente ridefinizione di un ruolo moderno della politica delle istituzioni globali che siano in grado di interagire alla pari con i soggetti economico finanziari, perché anche alla politica spetta il primario compito di tutelare gli interessi dei risparmiatori e degli investitori, soprattutto nella loro veste di produttori e di cittadini.
Non è questa la sede per approfondire questa decisiva, quanto appassionante, discussione, se non per un punto. Tra le tante risposte e garanzie che i malconci Stati nazionali e i loro Governi democraticamente eletti sono tenuti a dare ai propri cittadini, prima ancora che ai mercati, vi è la tenuta in ordine dei propri conti pubblici. Veniamo - ahinoi - da un lungo periodo nel quale questo concetto non è stata la priorità dei Governi, non solo in Italia, come possiamo ben vedere, ma in molti Paesi del mondo, certamente dell'Europa, la quale ha tentato con le regole del Patto di stabilità europeo di affrontare questa questione, ma l'obiettivo non è stato raggiunto per l'eccessiva rigidità tecnocratica da un lato, e, dall'altro, per l'assenza, come abbiamo già evidenziato, di un vero progetto politico di Stati Uniti d'Europa.
Il risultato è che vengono privilegiate le specifiche condizioni dei singoli Stati membri. Si pensi ancora in queste ore alla discussione tardiva sugli eurobond o sul ruolo di ultima istanza della BCE, entrambi ostacolati dagli interessi tedeschi. Per l'Italia il fenomeno è più acuto per le molteplici ragioni che ben conosciamo e che si sovrappongono da qualche decennio. È in questo contesto che è cresciuta la convinzione che l'obiettivo del risanamento di bilancio non fosse solo una questione contabile, ma diventasse necessario sostenerlo anche con interventi legislativi che lo rendessero più cogente.
Il metro di misura del risanamento è un bilancio non in rosso. Trattandosi in questo caso di Stati, dunque di bene pubblico, il discrimine non è obbligatoriamente l'avanzo, che pure non guasta, ma è certamente l'abbattimento del disavanzo. Il pareggio di bilancio assume dunque il significato di salute pubblica di uno Stato. Questo concetto va ormai acquisito anche in via teorica, ma soprattutto va assunto in ragione della congiuntura storica nella quale viviamo, che sarà piuttosto lunga. La Pag. 41crisi attuale, infatti, ci prospetta una strutturale riduzione della ricchezza della crescita, almeno nell'Occidente industrializzato al quale apparteniamo, e la nuova geopolitica internazionale, che sposta l'asse della crescita verso nazioni che hanno tutte dimensioni di continenti, acutizza il fenomeno, il che, sia detto non tanto per inciso, rende ancora più necessario avere come bussola di ogni politica il trinomio indissolubile risanamento, crescita, equità.
Il punto più avanzato di quest'impostazione, che è diventata terreno comune della riflessione europea, è quello di rendere talmente stringente l'obiettivo del pareggio di bilancio da inserirlo addirittura nelle Costituzioni nazionali. Credo che ci rendiamo tutti conto della natura di un passaggio così rilevante, anche per le ragioni che ho portato all'inizio del mio intervento sulla delicatezza di un intervento di modifica costituzionale. Ma credo anche che, se guardiamo con ragionevole obiettività alla non entusiasmante prospettiva economica futura cui ho fatto riferimento poco sopra e se abbiamo la convinzione che tenere i conti in ordine è decisivo per operare politiche protettive ed espansive, quest'occasione non vada perduta. Diciamo dunque «sì» ad una modifica della Costituzione che faccia diventare senso comune la salute dei conti pubblici.
Questa scelta è motivata anche dalla constatazione che la nostra Costituzione, che pur ci offre già con l'articolo 81 una buona risposta al problema, non ha impedito l'accumulo di un debito pubblico insostenibile. Le ragioni di questa situazione non sono principalmente imputabili al dettato costituzionale, bensì alla sua non corretta applicazione avvenuta nel corso degli anni. Ciò non toglie che il risultato negativo sia sotto gli occhi di tutti e che non possiamo continuare così.
Se dunque non basterà modificare la Costituzione per risanare i conti, ma serviranno politiche di scopo ben più efficaci di quelle sino ad ora adottate, è anche evidente che buone e stringenti regole, a cominciare da quelle più importanti e solenni, ci aiuteranno e stimoleranno a raggiungere presto e a praticare meglio questo obiettivo che ci siamo prefissi.
Va a questo punto precisato un aspetto politicamente rilevante della questione. È stato il dibattito europeo che ha posto all'ordine del giorno la questione delle modifiche costituzionali delle regole di bilancio negli Stati membri. Ciò ha portato molti Paesi ad affrontare il tema, pur con diverse articolazioni tra assunzione del principio del pareggio o diversamente del principio del contenimento del debito. Tuttavia, è anche vero che, per quanto stiamo dicendo, dobbiamo vivere questa scelta non come un'imposizione, un ulteriore commissariamento che ci viene dall'Europa, ma come una nostra intima convinzione della bontà del percorso di risanamento.
L'Italia, cioè, assume i vincoli europei dettati anche dai trattati ai quali liberamente e convintamente aderiamo, ma affrontiamo la modifica della Costituzione perché siamo convinti che sia un bene per noi e che, pur stimolati dall'Europa, a questo punto siamo risoluti nel pensare che faremo questo passo anche se non ci fosse richiesto. In tal senso, la riscrittura dell'articolo 81 alla quale ci accingiamo può, per quanto ci riguarda, valorizzare questa scelta come una nostra decisione pur nel contesto di una partecipazione comunitaria.
Ma proprio la convinta assunzione del pareggio di bilancio, inteso come buona politica di ogni politica di governo, rende controversa non tanto la sua assunzione anche nel dettato costituzionale, quanto - come qualcuno, invece, sostiene - la sua assunzione come vincolo inderogabile ed assoluto. Già la Corte dei conti sollevò questo problema nella sua audizione e molti degli esperti ascoltati hanno sottolineato come il principio del pareggio di bilancio non possa impedire - in specifiche e ben definite situazioni - politiche pubbliche che affrontino il rischio del disavanzo in funzione di emergenza o situazioni imprevedibili.
Ecco perché, come peraltro avviene nella Costituzione tedesca tante volte citata, Pag. 42dove le eccezioni sono addirittura codificate, bisogna tener conto del problema sollevato. Richiamo a questo proposito l'intervento dell'onorevole Bressa che abbiamo ascoltato poco fa. Si pensi alle emergenze causate da eventi naturali drammatici, che impongono aiuti e sostegni alle popolazioni o ad una congiuntura economica particolarmente negativa rispetto alla quale sono in gioco i beni essenziali del lavoro, del reddito, della tutela, ai quali far fronte anche con politiche di investimenti per lo sviluppo. Uno Stato moderno ed efficiente deve aver chiaro che non esiste un pozzo senza fondo anche in tema di solidarietà e tutele. Ma quello stesso Stato moderno e solidale deve mettere nel conto che politiche di salvaguardia dei beni comuni sono le fondamenta di una politica sociale e di ripresa.
Vanno, dunque, riconosciute le situazioni eccezionali che, diversamente dal passato, vanno però decise attraverso una assunzione di responsabilità collettiva rappresentata da un voto qualificante del Parlamento e vanno accompagnate da politiche di rientro, misurabili nel tempo e nelle modalità. È indubbio anche che questa nuova prassi non possa riguardare solo lo Stato centrale, ma la Repubblica e, dunque, gli enti locali e le altre istituzioni od enti pubblici.
Come possiamo tradurre tutto ciò in maniera equilibrata in un testo di carattere istituzionale? Il lavoro fatto in queste settimane ha già dato i suoi frutti e ben vengano, come ha detto il presidente Giorgetti questa mattina, i contributi che il nuovo Governo vorrà apportare in particolare su questo delicato aspetto della questione. Ecco perché mi permetto di consigliare al collega Calderisi, che ha posto poco fa nel suo intervento numerosi paletti e importanti «inaccettabilità» su un testo che, peraltro, non abbiamo mai preso in considerazione e discusso.
Se dunque, signor Presidente, signor Ministro, tutti questi saranno i principi ai quali si ispirerà la nuova stesura dell'articolo 81 della nuova Costituzione che vogliamo realizzare con il consenso più ampio possibile - direi unanime - delle forze politiche presenti in questo Parlamento e con il concorso del Governo con le conseguenti modifiche correlate agli altri articoli e alla legge costituzionale che dovrà applicarli, potremo dire di aver fatto un notevole passo avanti non solo nella gestione del bilancio e più in generale della cosa pubblica, ma anche della nostra cultura democratica.
Nell'occasione nella quale lo scorso anno svolsi il compito di relatore della riforma del bilancio, perché non dobbiamo dimenticare che questo Parlamento ha già operato unanimemente sulla strada delle regole che ci stanno portando ad una nuova visione dei conti pubblici, parlai di democrazia del bilancio. Ebbene, è di questo che stiamo discutendo oggi e che voteremo, mi auguro, tutti insieme nei prossimi giorni. Sempre più nella fase storica che viviamo, infatti, la democrazia politica si trova di fronte ad una sfida che deve saper affrontare a viso aperto dato che i tempi dell'economia non coincidono con i tempi della democrazia. La rapidità con la quale la globalizzazione e la tecnologia consentono ai mercati di agire sembra inconciliabile con i tempi del consenso delle politiche e delle decisioni politico-istituzionali. Se, da un lato, è del tutto evidente che la democrazia deve rinnovare se stessa, diventare più agile, trasparente e - uso volutamente questo termine - interattiva, dall'altro, la politica deve accelerare la definizione di nuove regole del gioco economico e finanziario che rimettano al centro il popolo sovrano. Questo orizzonte si chiama democrazia economica. Mi auguro e sono certo che anche attraverso le decisioni che stiamo prendendo in questi giorni su questo argomento ci incamminiamo, con più consapevolezza e coraggio, in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante Pag. 43del Governo, intervengo quale firmatario di una delle proposte di legge costituzionale che sono state discusse in Commissione, quella a prima firma del collega Antonio Martino, che ha una corrispondente proposta nell'altro ramo del Parlamento, a prima firma Nicola Rossi e sottoscritta anche da altri senatori. Volevo richiamare all'onorevole Della Vedova, che però non vedo qui, il fatto che quello che lui prima ha discusso non essere presente in questo ramo del Parlamento è invece presente, cioè un testo che introduca elementi di limite di tetto alla spesa pubblica nella disciplina del bilancio. Pertanto, si potrà discutere anche di questo.
Non rifaccio qui la storia dell'articolo 81 della Costituzione e della sua mancata applicazione nel corso degli anni. L'intervento del collega Calderisi, che sottoscrivo pienamente, ha attraversato tutto questo iter e anche, in qualche misura, l'intervento del collega Bressa ne ha messo in rilievo alcuni aspetti, anche se quello che lui ha ritenuto essere, in un certo senso, un'evoluzione positiva del nostro diritto costituzionale la considero, invece, la falla che si è aperta nel bilancio pubblico e che ci ha portato a questa considerazione, cioè quella per cui i diritti costituzionali debbano essere garantiti a qualunque costo senza porre limiti, appunto, al costo. Questa purtroppo è esattamente la teoria politica e l'approccio ideologico in base al quale oggi ci troviamo in questa situazione di crisi finanziaria e fiscale che dilania il Paese e che ne determina la sua probabile entrata in recessione.
Prima di tutto, signor Presidente, ci si deve chiedere se la natura costituzionale di questa discussione sia di tipo più parlamentare piuttosto che di interazione con il Governo. È evidente quello che ha affermato il collega Marinello prima, cioè che siamo del tutto in un ambito di rilievo costituzionale. Questo è ancora più evidente dalla collocazione dell'articolo 81 nell'ambito delle norme costituzionali. Esso è in quel Titolo della Carta, nella seconda parte della Costituzione, dedicato proprio alle prerogative e alla funzioni delle Camere e, quindi, non potrebbe esserci nulla di più relativo al Parlamento di questa discussione. In questo credo che il Governo, qualunque Governo, debba, in qualche modo, arretrare di fronte all'iniziativa dei parlamentari, tanto più un Governo, in un certo senso, che per sua stessa formazione e natura ha un debole legame con il consenso popolare ed è nato in circostanze del tutto eccezionali.
Ho sentito, a questo proposito, parlare - signor Ministro, mi rivolgo a lei, ma anche alla presidente ed al presidente della Commissione - di riunioni informali del Comitato dei diciotto con il Governo. A parte la considerazione che non ne ero informato ed avrei potuto anche prendervi parte - ma questo è poco rilevante perché attiene ai singoli diritti di un parlamentare - non trovo una buona prassi il fatto che si portino su tavoli informali proposte di un Governo, il cui assetto non è ancora completo e che dovrebbe avere un'interazione con il Parlamento un po' più rigorosa e articolata, tanto che invito il Ministro per i rapporti con il Parlamento a farsi interprete presso il Presidente del Consiglio di questo mio rilievo di natura formale.
Siamo in una condizione in cui si dice che è stata sospesa la democrazia perché, nel momento in cui un Governo non è stato sfiduciato formalmente dalle Camere, è stato sostituito di corsa perché si è detto che altrimenti lo Stato rischiava la bancarotta. Ebbene, tanta precipitazione dovrebbe tradursi oggi almeno in un po' di sollecitudine a ripristinare le normali procedure e prassi parlamentari. Quindi, prendo atto di quello che è stato detto, ma considero inesistenti sul piano formale alcuni tipi di proposte del Governo e non indirizzerò al Governo rilievi o critiche, non conoscendo alcuna sua posizione ufficiale, essendosi il Governo peraltro riservato di parlare successivamente, non essendo intervenuto neanche nelle fasi di apertura di questa discussione.
Veniamo alle questioni di merito.

PRESIDENTE. Onorevole Stracquadanio, la prego di concludere.

Pag. 44

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, le chiedo ancora due minuti, li ha concessi a tutti. Mi faccia soltanto dire due cose.

PRESIDENTE. Onorevole Stracquadanio, le concedo trenta secondi.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Va bene, mi bastano trenta secondi. La nostra proposta è stata considerata dagli altri che sono intervenuti troppo rigida perché fisserebbe dei limiti numerici alla spesa pubblica e un rigore eccessivo nei meccanismi per ridurre l'indebitamento.
Ebbene, voglio far presente che avremmo bisogno di un po' di rigore dopo una storia nella quale il debito pubblico dimostra che fine abbiamo fatto e dopo che questo Parlamento e tutti i Governi hanno approvato il Trattato di Maastricht che, quanto a rigidità dei suoi parametri, non è secondo a nessuno. Se la disciplina europea è stata rafforzata in questo senso, tanto che abbiamo tempi e ritmi per rientrare al 60 per cento del rapporto tra debito e PIL, non vedo perché non adottare discipline altrettanto rigide nell'utilizzo del danaro pubblico, che è esattamente la funzione principale del Parlamento.
Quindi, mi riserverò, assieme ad altri colleghi, di presentare numerosi emendamenti e avremo modo di esporvi tutti i problemi durante la loro illustrazione.

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO DINO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione: non c'è un testo o un'opinione del Governo sugli elaborati e le decisioni che hanno assunto le due Commissione. Ho chiesto un incontro per essere aggiornato sullo stato di avanzamento dei lavori, i due presidenti hanno ritenuto di farlo nel contesto di un incontro al quale sono stato invitato e nel quale mi sono permesso di segnalare alcune osservazioni di tipo personale, essendomi occupato di questa materia nell'ambito di un'audizione a cui ho avuto l'onore di essere stato invitato a parlare.
Ho preferito fare l'interlocutore comunicativo piuttosto che restare lì, solo come uno scolaretto ad apprendere quali erano state le formulazioni della Commissione. Quindi ho reagito perché mi hanno dato delle carte ed ho espresso le mie reazioni su queste carte. Penso che continuerò a fare così, ossia ad esprimere delle posizioni riflessive di una persona di media intelligenza, che continuerà a dire la propria fino a quando si arriva a momenti formali delle decisioni, nelle quali ci saranno proposte del Governo che si confrontano e che vengono messe in discussione.
Ritengo che, pur essendo in un Parlamento, così come gli onorevoli deputati possono parlarsi tra di loro, anche il rappresentante del Governo abbia il diritto di esprimere opinioni e posizioni su singoli pezzi, prima che si formalizzino gli aspetti della discussione. Siccome penso di poter stare qui un po', continuerò a farlo, senza pregiudicare nulla dei poteri, dei diritti e dei doveri di ciascuno di noi, che siamo occasionalmente protagonisti di questa vicenda pubblica. Non so se forse il mio è un comportamento anomalo, ma non fa danni a nessuno e penso che aggiunga un po' di vivacità alle opinioni che vengono espresse dai singoli partecipanti a questo processo di decisione politica senza coinvolgimento. Quando sarà il momento, il Governo si esprimerà nelle sedi formali e il Parlamento esprimerà le sue opinioni. Volevo però chiedervi di accettare questo modo di essere in Parlamento, anche se a volte può avere aspetti un po' di informalità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, da molti anni le politiche del bilancio pubblico dei Paesi appartenenti all'Unione europea, e ancora di più di quelli che Pag. 45hanno assunto l'euro come moneta comune, si realizzano all'interno di precise regole comunitarie. La crisi globale scoppiata nel 2007-2008 e la sua trasmissione ai debiti sovrani europei hanno condotto l'Unione ad assumere iniziative per rafforzare queste regole con proposte tendenti ad introdurre una nuova disciplina del Patto di stabilità e crescita, centrata sulla convergenza verso l'obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio e comprendente anche nuovi criteri per la redazione dei bilanci nazionali e meccanismi di sorveglianza e di correzione, insomma tutto quello che va sotto il titolo di riforma della governance economica dell'Unione. Per i Paesi della zona euro questa linea di azione è stata rafforzata dal «Patto euro plus», in cui si prevedono meccanismi rafforzati per il concorso alla stabilità delle finanze pubbliche e per il coordinamento delle politiche fiscali. Lì si prevede anche l'impegno degli Stati aderenti a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio fissate nel Patto di stabilità e crescita. Gli Stati hanno libertà di scelta in ordine allo strumento giuridico da utilizzare, di livello costituzionale ovvero di normativa quadro. Anche l'esatta forma della regola sarà decisa da ciascun Paese, ma la regola deve valere a livello nazionale e subnazionale e la Commissione europea ha il compito, tramite una nuova procedura di consultazione, di assicurarsi, prima dell'adozione, che la regola sia compatibile e sinergica con quella dell'Unione. Il Governo italiano in questo contesto ha preso l'impegno di introdurre la nuova regola all'interno della Carta costituzionale. Il Ministro dell'economia e delle finanze ha reso in tal senso comunicazioni alle Camere l'11 agosto del 2011 proponendo una prima bozza di testo e potendo registrare fin da quel momento un ampio consenso parlamentare, esteso anche ai gruppi dell'allora opposizione, a lavorare nel merito per una soluzione condivisa. Il Governo il 15 settembre ha poi depositato una proposta di legge, in più punti differente rispetto alla bozza dell'11 agosto. Lavorando a partire da quella proposta e dalle altre presentate dai gruppi parlamentari e anche in seguito ad un serrato programma di audizioni tecniche, le Commissioni affari costituzionali e bilancio sono arrivate a definire un testo base, a partire dal quale si svolge la nostra presente discussione. È importante ricordare che questo testo base ha fatto sue alcune proposte suggerite, in sede di audizione del 25 ottobre, dal professor Piero Giarda. In particolare, è del professor Giarda l'idea di usare come regola il concetto di equilibrio fra le entrate e le spese, piuttosto che gli altri concetti variamente proposti: equilibrio dei bilanci, contenimento del debito, saldo strutturale, pareggio strutturale eccetera, con la motivazione - riporto dal testo di Giarda - che una Costituzione dovrebbe contenere solo proposizioni principali che esprimono concetti semplici.
Ricordo questo passaggio non per mero citazionismo accademico, ma perché credo che neppure lui potesse prevedere, a neppure un mese da quella audizione, di diventare oggi il Ministro incaricato di seguire, per conto del Governo, l'iter di questo importante provvedimento, e a lui naturalmente vanno i miei più sinceri auguri di buon lavoro per il nuovo incarico.
Ho voluto ricostruire il percorso degli ultimi mesi perché ritengo che, nonostante tutti i distinguo e i caveat che tanto dibattito scientifico, sia giuridico sia economico, ha sviluppato intorno all'opportunità di costituzionalizzare il principio di equilibrio di bilancio, nel contesto attuale, l'impegno assunto dal nostro Paese debba inderogabilmente essere rispettato. L'Italia è al centro di una crisi di fiducia e l'ultima cosa che può permettersi in questa fase, direi in questi giorni, è di non rispettare gli impegni presi.
Anzi, l'impegno va rispettato in tempi brevi, raggiungendo in via preventiva, tramite consultazioni informali, il consenso necessario ad approvare fin dalla prossima settimana un testo definitivo, che non venga modificato dalla seconda o terza lettura del nostro bicameralismo, il quale sarà pure perfetto, ma che in questa circostanza gli osservatori europei ed internazionali Pag. 46farebbero difficoltà a comprendere. Diamoci allora qualche giorno finale di lavoro, con la regia del Ministro Giarda, per apportare le ultime modifiche e limature al testo licenziato dalle Commissioni, con l'obiettivo di semplificarlo ulteriormente, ma, soprattutto, di coagulare intorno ad esso la più ampia convergenza.
Nell'attuale contesto storico, d'altra parte, perseguire concretamente il pareggio di bilancio, mantenendo l'impegno sulla data del 2013, è per l'Italia una scelta obbligata. Una politica diversa aggraverebbe pesantemente lo squilibrio finanziario attraverso l'aumento della spesa per interessi, danneggerebbe ancora di più la crescita economica ed aumenterebbe la percezione del rischio Paese da parte degli investitori, fornendo, così, nuovo spazio di manovra agli attacchi speculativi in corso.
Una regola costituzionale varata con il massimo del consenso può segnalare ai detentori dei titoli del debito pubblico italiano la ferma volontà del Paese di raggiungere il pareggio e di mantenerlo nel tempo, ben più di quanto sia possibile attraverso ordinari provvedimenti congiunturali dei Governi pro tempore.
Tuttavia, è necessario dirsi con franchezza che il rigore di bilancio, il raggiungimento del pareggio nel 2013, l'impegno multipartisan alla coerenza intertemporale di politiche finanziarie volte a ridurre il rapporto tra il debito e il PIL sono condizioni necessarie, ma non sufficienti, a contribuire, con qualche grado di affidabilità, alla stabilizzazione delle gravi turbolenze finanziarie da cui è investita l'Italia e il suo debito sovrano.
Se guardiamo i manuali di politica economica, l'odierna situazione italiana, caratterizzata da un forte deficit nella bilancia corrente dei pagamenti e da un elevato rapporto tra debito pubblico e PIL, avrebbe bisogno di politiche fiscali restrittive e di politiche monetarie espansive. Ma ci sono due grandi differenze fra i manuali di politica economica e il contesto dell'Eurozona.
La prima è che l'Italia non controlla la politica monetaria. Ergo, il suo sforzo, così come quello degli altri Paesi in squilibrio, compresa la Francia, deve essere aiutato da coerenti politiche monetarie e di stabilizzazione finanziaria in ambito europeo. La seconda è che l'Eurozona, nel suo complesso, ha numeri aggregati ben più confortanti nella bilancia dei pagamenti e nel rapporto tra debito e PIL in relazione anche ad altre aree monetarie.
Ergo, l'Eurozona ha risorse e potenzialità per definire una cornice di crescita aggregata a compensazione dell'effetto deflattivo delle politiche di aggiustamento affrontate dai Paesi deficitari; una compensazione che può nascere da azioni che coinvolgano i Paesi dell'euro e quelli dell'Unione nel loro insieme e anche da un corretto mix di politiche asimmetriche tra Paesi deficitari e Paesi eccedentari all'interno dello spazio europeo.
Confidiamo allora che il nuovo Governo italiano, con la sua riconquistata autorevolezza e la forte reputazione europeista, possa svolgere un ruolo attivo per sostenere e favorire quei cambiamenti di politica economica dell'Unione e dell'area euro che sono indispensabili per costruire, accanto alle politiche fiscali nazionali restrittive, le altre condizioni necessarie a dare speranza di successo all'obiettivo della stabilizzazione finanziaria dell'Italia.
E non ci associamo per nulla ai critici dell'operato del nuovo Governo nei suoi primi giorni di vita. Bene ha fatto il Presidente Monti a mettere l'Europa al primo punto della sua agenda, perché è lì che va ricostruito un rapporto fiduciario che si era palesemente e pericolosamente incrinato negli ultimi mesi ed è da lì che va definita la seconda e indispensabile gamba delle politiche di contrasto alla crisi dei debiti sovrani.
Come spesso è accaduto nella nostra storia nazionale, tuttavia, lo stimolo europeo può essere trasformato in opportunità. È stato così nel lavoro di riscrittura dell'articolo 81 della Costituzione, un articolo che aveva implicito nella volontà dei costituenti il pareggio di bilancio, ma che non ha funzionato, soprattutto a partire dagli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta del passato secolo, cioè da quando Pag. 47si è ampliata la sfera di intervento dello Stato nell'economia e nella società e la corrispondente legislazione di spesa, e almeno fino a quando, con i Trattati europei degli anni Novanta, a partire dal 1992, il vincolo sovraordinato ha costretto l'Italia ad un maggiore rigore di finanza pubblica.
Non mi convince del tutto la ricostruzione storica fatta dall'onorevole Calderisi poco fa, non è questo il momento di farne un'altra, ricorderei soltanto all'onorevole Calderisi che non ha detto nulla sugli ultimi dieci anni, cioè sul periodo intercorrente tra il 2001 e oggi, durante il quale il Paese ha perduto l'occasione storica di stabilizzarsi con bassi tassi di interesse garantiti dalla copertura di un euro stabile, conquistato con i sacrifici degli anni Novanta.
Comunque tre mi sembrano le novità più importanti del testo su cui posso soffermarmi.
La prima è il criterio di compensazione ciclica tra avanzi e disavanzi. Vorrei su questo ricordare che tale criterio risponde in pieno alle prescrizioni della teoria economica di Keynes, in particolare in tema di stabilizzatori automatici del bilancio pubblico. Non si fa un buon servizio a Keynes, infatti, imputando alle sue teorie l'eccessiva accumulazione dei debiti pubblici nelle economie dell'Occidente. Keynes confinava chiaramente nel breve periodo, e quindi nel ciclo, il ruolo del finanziamento in disavanzo della spesa pubblica. Nel lungo periodo, invece, la teoria di Keynes sulle condizioni di stabilità finanziaria e di crescita del sistema capitalistico mette al centro, da un lato, la politica monetaria e, in particolare, il livello dei tassi di interesse, che secondo Keynes deve essere basso, molto basso, più che la politica fiscale poiché, appunto, è la politica monetaria e sono i tassi di interesse gli strumenti per ridurre l'incertezza previsiva sul futuro e la volatilità delle aspettative, e, dall'altro, Keynes privilegiava la propensione al consumo e quindi la struttura della progressività del sistema fiscale piuttosto che, invece, le modalità di finanziamento della spesa pubblica.
La seconda novità riguarda l'allineamento della regola di bilancio fra Stato, enti pubblici, regioni e autonomie territoriali. Un argomento, questo, che permette anche di migliorare alcune modifiche agli articoli 117 e 119 della Costituzione, riformati nel 2001. Nella proposta si introduce tra le competenze dello Stato la stabilizzazione del ciclo economico, anche questo, peraltro, su suggerimento del professor Giarda. Si tratta di una dimenticanza della riforma del 2001, mentre la nuova formulazione è coerente con un ordinato sistema di federalismo fiscale nel quale gli enti subnazionali hanno una prevalente funzione di tipo allocativo, piuttosto che redistributivo oppure, appunto, di stabilizzazione. Ne deriva una garanzia di ultima istanza da parte dello Stato sui livelli essenziali delle prestazioni i quali potrebbero subire, nel corso del ciclo, gli effetti negativi della variabilità dei gettiti dei tributi locali, garanzia che comprende opportunamente anche le funzioni fondamentali di cui alla lettera p) dell'articolo 117 della Costituzione, che in parte coincidono con la lettera m), ma in parte sono dotate di un loro pari rango costituzionale, oltre che di analogo valore in termini di coesione sociale. Infine, il nuovo testo consolida per le spese di investimento di regioni ed enti locali il procedimento della compensazione di comparto, ormai ben sperimentato, attraverso un Patto di stabilità interno prevedendo anche la possibilità di realizzarlo all'interno dei singoli territori regionali.
La terza novità riguarda la nuova legge rafforzata di contabilità e finanza pubblica che completerà un ciclo di riforme cominciato con la legge n. 196 del 2009.
In quella sede verranno definite le modalità per l'attività di verifica e correzione da applicare allo Stato, ma anche alle altre amministrazioni pubbliche centrali e locali. Penso sarebbe utile ricordare in questa sede il principio del coordinamento. L'esperienza degli ultimi venti anni ha dimostrato che è la carenza di coordinamento ad avere determinato andamenti di finanza pubblica aggregati difficilmente prevedibili a causa, appunto, dei Pag. 48comportamenti non coordinati dei diversi livelli di Governo. D'altra parte, i nuovi istituti di coordinamento, introdotti proprio nella legge n. 196 del 2009 in coerenza con quanto previsto dalla legge n. 42 delle 2009 sul federalismo fiscale, non sono stati per ormai due anni - concludo, Signor Presidente - mai applicati dal Governo, nonostante quello dimessosi pochi giorni fa fosse un Governo a forte priorità politica federalista (a parole).
Credo quindi che il richiamo al principio di coordinamento, se non in Costituzione almeno nel testo di legge di modifica costituzionale che dà indirizzi per la nuova legge rafforzata di contabilità di finanza pubblica, possa consolidare l'impegno da parte di tutte le istituzioni della nostra Repubblica a concorrere alle politiche necessarie di stabilizzazione finanziaria e di riduzione del rapporto tra debito e PIL (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, è la seconda volta in questa legislatura che stiamo avviando un percorso monografico di riforma costituzionale ampiamente condiviso. Non è stato sempre così, ma questo è un punto nevralgico, quello che affrontiamo oggi, perché il diritto del bilancio nella logica della Costituzione si svolge entro il quadro dei rapporti tra Parlamento e Governo, anzi costituisce il momento essenziale di questo rapporto caratterizzato da una equilibrata distribuzione di poteri in base al quale il Parlamento - l'organo rappresentativo della sovranità popolare - autorizza il Governo - l'organo che provvede all'elaborazione e all'attuazione dell'indirizzo politico - a gestire su base annuale l'ordinamento finanziario di entrata e di spesa. Appropriato mi pare quindi il richiamo che ha fatto l'onorevole Baretta alla democrazia del bilancio, perché proprio questa è la chiave di lettura di queste norme costituzionali. In una configurazione ideale del sistema di finanza pubblica, l'equilibrio consacrato nel bilancio annuale e il puntuale obbligo di copertura delle leggi dovrebbero astrattamente produrre una situazione di costante pareggio dei conti pubblici. È stato giusto chiedersi dunque se il principio del pareggio di bilancio trovasse già il suo fondamento nell'attuale articolo 81 della Costituzione, ma il dubbio è stato risolto in chiave negativa dalla prevalente dottrina, la quale ha escluso che il costituente abbia inteso esprimere in maniera rigida questa scelta già nel testo attuale: nessuna preferenza rispetto ad una determinata teoria economica, ammessa la possibilità del disavanzo, temperata dall'obbligo di copertura.
Quindi, è stato appropriato il percorso che si è intrapreso su questo argomento e che approda in Aula sulla base di un testo che vorrei considerare quello stampato, perché ho sentito alcuni colleghi che hanno fatto anche divagazioni più o meno ragionevoli su altre ipotesi, ma noi oggi ragioniamo del testo che è stampato e che naturalmente ci consente di partire da un punto importante, che è quello di un testo condiviso; non sappiamo se sarà il testo perfetto il testo che adotteremo alla fine del procedimento di revisione costituzionale ma, certo, questo valore, questo punto di partenza con il quale iniziamo qui il dibattito è molto importante. Interveniamo sulla Costituzione non solo e non tanto per rispondere ad una sollecitazione europea (ci sono state a questo proposito critiche di molti colleghi costituzionalisti, Luciani tra tutti voglio citare), quanto per dare una maggiore incisività ad un principio non rigido di equilibrio del bilancio. Questo principio del resto lo ha ricordato Baretta, ma nelle audizioni l'aveva ricordato molto bene il professor Giarda - oggi Ministro - il quale aveva detto proprio che la crescita molto elevata dell'indebitamento è la dimostrazione più evidente che non tutti i paletti, pur previsti dalla Costituzione, abbiano tenuto in maniera soddisfacente.
Ma le modalità che abbiamo scelto per intervenire sulla Costituzione, che inizialmente erano state concepite in maniera Pag. 49molto espansiva - dobbiamo ricordare i testi di partenza, con i quali si ipotizzava di intervenire sull'articolo 11 e sull'articolo 53 -, sono state ridimensionate in maniera significativa. Oggi si interviene soltanto sull'articolo 81 e sugli articoli 117 e 119. Questo è l'asse portante. Durante l'esame nelle Commissioni congiunte si è deciso di toccare anche l'articolo 100, ma si tratta di un modo di intervenire molto discreto perché si interviene sull'articolo 100 medesimo, laddove si parla dei poteri più incisivi della Corte dei conti con riferimento al giudizio in via principale, ma si rimette poi la disciplina ad una legge costituzionale. Era quello che aveva suggerito anche il professor Lupo, ossia di non trattare tutto direttamente in Costituzione, ma mediante leggi costituzionali.
Non si tocca il principio di equità tra le generazioni, non perché non sia giusto ricordarlo, ma perché qualche settimana fa l'abbiamo già inserito in un'altra norma costituzionale. L'economia degli interventi sulla Costituzione, quindi, ha giustificato un'omissione da questo punto di vista. La stessa riscrittura dell'articolo 81 è stata effettuata con sobrietà, per circoscrivere le possibilità di ricorso all'indebitamento, vietato in linea generale, ma consentito con maggioranza qualificata. Credo che il modo con cui si è intervenuto sulle maggioranze qualificate - ce ne sono due previste in questo testo - sia molto sobrio. Anche qui, infatti, i colleghi che sono intervenuti nelle audizioni hanno ricordato l'esigenza di rinforzare, ma non troppo, perché evidentemente rinforzare è una garanzia, troppo può diventare una paralisi. La garanzia, però, che abbiamo voluto mantenere e che mi pare giusto mantenere è quella dei livelli essenziali delle prestazioni - ne ha parlato Causi e, quindi, posso esimermi - nelle fasi avverse del ciclo economico e durante il verificarsi di eventi eccezionali. È un principio di importanza cardine per evitare di pregiudicare i contenuti essenziali dello Stato sociale. E qui Manin Carabba aveva svolto un intervento da richiamare.
Di grande rilievo è anche il sesto comma, quello nuovo, che, sempre a maggioranza qualificata, impone di attribuire contenuti di legge rinforzata - e questo è molto importante, perché si tratta evidentemente di una legge che non può poi essere modificata da una legge successiva - alla legge di attuazione costituzionale in materia di bilancio. Non si crea, in questo modo, la categoria delle leggi organiche, che noi non abbiamo nella nostra Costituzione, ma una legge comunque tipica che è destinata ad incidere significativamente sullo stesso contenuto e sulla nozione di bilancio dello Stato.
È importante, infine, sottolineare che la legge a maggioranza qualificata è calibrata con un quorum minimo richiesto per tener conto, appunto, di quelle osservazioni dei costituzionalisti durante le audizioni tenute nelle Commissioni riunite. Qualcuno ha detto che la maggioranza assoluta non costituisce più una garanzia in un sistema introdotto con legge elettorale maggioritaria. Ma vorrei dire che l'esperienza di questi anni, ed anche quella del periodo più recente, testimonia che anche questo primo scalino di irrigidimento non è privo di significato, come dimostra del resto anche la prudenza con la quale si interviene o si è intervenuti sui Regolamenti delle Camere, che pure sono presidiati da una maggioranza qualificata ridotta. Abbiamo lavorato, vorrei dire anche qui in maniera microchirurgica, sulle garanzie di effettività e sui controlli. Avevamo pensato e qualcuno aveva proposto poteri più rilevanti del Presidente della Repubblica in sede di controllo preventivo sulle leggi, chiedendo maggioranze qualificate, ma questa ipotesi è stata scartata. Si è lavorato sulla Corte costituzionale, ma non sui suoi poteri ordinari, perché, come sappiamo, la Corte costituzionale, quando interviene in materia di bilancio, interviene tardi. A volte, inoltre, può fare anche dei danni, perché la distanza di tempo può in qualche modo pregiudicare l'efficacia dell'intervento stesso. Abbiamo lavorato sull'intervento della Corte dei conti, quindi, che non è stata chiamata in causa, come volevano alcuni costituzionalisti, ad esempio Pace, con il controllo preventivo sui decreti-legge o sui decreti legislativi Pag. 50che, naturalmente, pone problemi di non piccola portata nei rapporti tra Governo e Parlamento, ma proprio con un meccanismo di impugnativa in via principale. Anche questo è stato un intervento molto misurato.
Infine, io personalmente, aderendo alle sollecitazioni di alcuni colleghi - mi ricordo in particolare del collega Brancasi - avrei voluto che il ricorso all'indebitamento fosse consentito esclusivamente per finanziare investimenti che aumentino il patrimonio pubblico o la capacità produttiva del Paese, perché mi sembra una norma di maggiore garanzia e di maggior rigore. Tuttavia capisco che non è che tutti possiamo avere accolte le indicazioni che facciamo.
Concludo, signor Presidente, dicendo che il fattore estremamente positivo dal quale partiamo è l'unità di intenti raggiunta. È ovvio che a questo punto si possa e si debba tener conto del contributo del Governo, ma mi pare indispensabile che questo contributo debba essere utilizzato possibilmente senza disperdere il valore dell'unità raggiunto, che costituisce un qualcosa in più che possiamo spendere anche al di fuori dei confini del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, signor Ministro, intanto anch'io mi unisco all'augurio di molti colleghi per un buon lavoro, sia a titolo personale sia come compagine governativa. Mi permetta di dire, alla fine di questa batteria di interventi, essendo io l'ultimo a parlare, che, pur sentendomi un poco sotto esame, essendo stato lei il mio professore all'università, ma nello stesso tempo essendo stato detto tutto sulla materia, penso di limitarmi a delle cose essenziali e quindi a non incorrere nel rischio di avere da parte sua qualche osservazione da professore in questo caso.
Noi stiamo cercando di modificare il testo della nostra Costituzione perché ci è richiesto dall'Europa. È una delle prime avvisaglie, diciamo così, di quella che è una realtà che si sta modificando sotto i nostri occhi, per cui il tema della sovranità, che ha portato a suo tempo i padri costituenti ad elaborare un testo non sulla base di elementi esogeni, oggi fa i conti con una realtà che è profondamente mutata evidentemente e che, sia pure non scrivendo sotto dettatura, ci richiede obiettivamente di dover mettere mano al testo costituzionale, oltre che perché è giusto, sulla base delle considerazioni che sono state già svolte, perché i presidi che erano stati appostati - in particolare mi riferisco all'articolo 81 - hanno mostrato la corda col passare degli anni; ciò anche perché si deve tener conto di questa condizione in cui si trovano i diversi Paesi, in particolare per quanto attiene al livello delle aspettative che razionalmente e irrazionalmente determinano conseguenze che possono diventare disastrose. Nel nostro caso è quella miscela tra in primo luogo debito che è situato oramai sulle cime degli Himalaya, in secondo luogo speculazioni a livello internazionale e in terzo luogo una crescita che sembra quasi diventata un dato strutturale per quanto riguarda la sua dimensione, che io definisco rachitica. Questa miscela può diventare esplosiva per quanto riguarda la realtà di un Paese come il nostro, che da solo rappresenta come sappiamo il 16 per cento, come sappiamo, del PIL europeo e può tirarsi dietro tutta la realtà dell'euro, dell'Europa e probabilmente anche una crisi a livello mondiale.
Non che sia sufficiente, evidentemente, modificare il testo costituzionale affinché ciò possa essere evitato, ma è una condizione, come dicono i matematici, necessaria anche se non sufficiente perché si possa fare il nostro dovere, se così si può dire, cercando di modificare il testo costituzionale affinché si realizzi ciò che auspicavano i padri costituenti, che già parlavano di pareggio di bilancio nel 1946: vorrei ricordarlo, in questo non vi è alcuna cesura né semantica, né sostanziale, né sul piano delle intenzioni. Ricordo in particolare l'intervento di Ezio Vanoni il 24 Pag. 51ottobre del 1946. Sono poche righe, ma mi piace ricordarle qui: «Il quarto comma dell'articolo 81 è garanzia della tendenza al pareggio di bilancio, in attuazione del principio che non si devono fare spese che per il momento la finanza nazionale non può sopportare. Il Governo deve avere la preoccupazione che bilancio sia in pareggio e la stessa esigenza non può essere trascurata da una qualsiasi forza che si agita nel Paese e che avanza proposte che comportino maggiori oneri finanziari». Era il 1946.
Le cose sono andate un po' diversamente nonostante si siano appostati ulteriori presidi di carattere legislativo; in questo caso, penso alla legge n. 468 del 1978 e alla legge n. 362 di dieci anni dopo, cioè del 1988. Insomma, le cose non sono andate così: la nostra condizione economico-finanziaria di bilancio ha visto progressivamente crescere il livello del debito, venendo da lontano questa patologia. Le cose non sono andate così per una serie di ragioni che non sto qui ad esplicitare, anche perché questo non è il mio obiettivo né avrei il tempo per farlo.
Vorrei solo ricordare che, in tutti questi anni, abbiamo ragionato in termini di «tendenziale» e di «programmatico» - per onestà intellettuale, riconosco che questo andamento è stato citato in Commissione anche dalla collega Lanzillotta -, abbiamo parlato di previsioni di spesa per i primi anni. Diciamo la verità, quando si approvava una norma, poi, come un fiume carsico, essa si inabissava sotto terra e non se ne stimavano più gli effetti nel medio e nel lungo periodo.
Abbiamo avuto fenomeni di sottostima delle spese e di sovrastima delle entrate e, mancando un vero sistema di accountability, come si dice, alla fine, ci siamo trovati a fare i conti con un dato che, progressivamente, vedeva maturare deficit annuali e, accumulando deficit, faceva crescere il debito ai livelli di cui stiamo parlando.
Bisogna, quindi, andare oltre l'articolo 81 della Costituzione per recuperare un'etica della responsabilità anche in materia di bilancio sia per quanto riguarda lo Stato, sia per quanto riguarda gli enti pubblici, sia per quanto riguarda quella pletora di enti che ricadono nel perimetro della pubblica amministrazione, che appartengono però ad una categoria individuata in sede statistica (Eurostat e dintorni). Bisognerà trovare il modo - lo dico al professor Giarda - anche di indicare ciò nel testo costituzionale. Tuttavia, a mio modesto parere - lo ha detto anche il professor Giarda e in relazione a ciò ripeto quanto egli ha detto quando è stato audito in quanto professore e adesso Ministro (come hanno ricordato molti colleghi) -, bisognerà predisporre un testo il più essenziale e il più semplice possibile. Più aggiungiamo qualche parola e più ci complichiamo la vita: semmai, rinviamo le declinazioni alle leggi. Pertanto, io ripeto cose che hanno detto anche altri colleghi per avviarmi verso la conclusione.
Certamente, è necessario inserire il discorso del principio di equilibrio di bilancio fra Stato ed enti pubblici, come abbiamo scritto nel testo base - lo dico anche all'indirizzo dell'onorevole Stracquadanio -, che stiamo qui commentando, anche se non è chiaro se nella categoria degli enti pubblici possiamo far rientrare quella serie di realtà di cui parlavo prima. Infatti, potrebbe darsi - bisogna almeno specificarlo - che in questa categoria, forse, intendiamo riferirci a ciò che è previsto nell'articolo 114 della Costituzione attuale.
Bisognerà in secondo luogo, come principio generale, temperare sull'anno il principio dell'equilibrio di bilancio - opportunamente è stato scritto - con riferimento all'andamento del ciclo e a circostanze eccezionali e, io direi, anche impreviste. Infatti, in ordine alle circostanze eccezionali, ricordo che, con riferimento al fenomeno dei grandi eventi, abbiamo costruito un sistema - parlando d'altro in questa sede - di ordinanze di protezione civile per cui ci siamo allargati a non finire. Quindi, direi circostanze eccezionali ed impreviste, ovviamente, prevedendo, in caso di indebitamento di queste fattispecie, che vi sia un piano di rientro in termini certi. Pag. 52
Bisognerà prevedere un organismo di controllo: si è scritto la Corte dei conti, sia per quanto riguarda il rivolgersi alla Corte costituzionale sia per quanto riguarda l'azione di filtro che svolge nei riguardi di ciò che possa eccepire soprattutto la minoranza. Personalmente sono d'accordo, in attesa che con riferimento alla Corte dei conti, come ad altri organi costituzionali, prima o poi, nel nostro Paese si arrivi a discutere organicamente di una rivitalizzazione e razionalizzazione di organi costituzionali, che, a mio parere, è necessaria, visto che qualche organo costituzionale, forse, potrebbe anche essere chiuso e qualche altro, forse, potrebbe anche essere rivitalizzato.
Concludo, semplicemente dicendo che lascio tutto ciò alla sua valutazione, signor Ministro, perché da qualche parte bisognerà parlarne. Mi riferisco ad un tema che abbiamo evocato anche in sede di Commissione, cioè al tema della golden rule in particolare, perché, anche cercando di rispondere - in questo caso, signor Ministro, lei, da audito, ha posto la questione -, mi piacerebbe che ne discutessimo anche in sede di confronto Parlamento-Governo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LINO DUILIO. Signor Ministro, lei diceva che ci dobbiamo chiedere - e concludo, signor Presidente - se il nostro dato relativo ad un andamento del PIL a questi livelli, negli ultimi dieci anni, a tassi medi tra lo 0 e lo 0,5 per cento è un dato strutturale oppure è un dato ciclico.
Infatti, a seconda della domanda, questo ha a che fare anche con ciò che stiamo scrivendo nella Costituzione sul pareggio di bilancio e rinvia poi a come possiamo uscire da questa situazione per perseguire obiettivi di crescita.
Ebbene, io credo che se noi ci limitiamo a mettere queste cose essenziali dentro la Costituzione per poi rinforzare le declinazioni dentro una legge di stabilità che dovremo probabilmente riscrivere, affrontando analiticamente i problemi che evocavo in precedenza, questo elemento ci potrà aiutare nell'affrontare poi le grandi questioni che abbiamo sotto i nostri occhi e che riepilogo nel trittico che ho visto con piacere venire recuperato anche dal Presidente del Consiglio, professor Monti, e cioè: equità, stabilità e sviluppo. È un trittico a noi caro perché ci ricorda il compianto Ministro Padoa Schioppa e ci ricorda anche un periodo in cui avevamo cominciato, o meglio, avevamo tentato di cominciare, e un poco c'eravamo riusciti, sia pure per poco tempo, a mettere a posto i conti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che lo svolgimento delle repliche da parte dei relatori e del rappresentante del Governo potrà avere luogo la prossima settimana, prima del passaggio al seguito della discussione del provvedimento.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mazzocchi e Carlucci; Mattesini ed altri: Regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici (A.C. 225-2274-A) (ore 19,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Mazzocchi e Carlucci; Mattesini ed altri: Regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 22 novembre 2011.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 225-2274-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Pag. 53
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, presidente della Commissione Attività produttive, onorevole Dal Lago, ha facoltà di svolgere la relazione.

MANUELA DAL LAGO, Relatore. Signor Presidente, il testo unificato che parte dalle proposte di legge n. 225 dell'onorevole Mazzocchi e n. 2274 dell'onorevole Mattesini ed altri, è volto all'introduzione di una regolamentazione del settore commerciale dei materiali gemmologici, a garanzia sia degli operatori sia dei consumatori. Credo che il fatto qualificante di questa legge sia proprio quello di aver cercato, nel suo interno, sia di tutelare i consumatori che di permettere agli operatori di muoversi in modo più semplice e più veloce nella loro operatività.
La Commissione ha effettuato un'approfondita istruttoria del provvedimento in un clima di grande collaborazione, che poi ha visto la proposta approvata, vorrei dire, all'unanimità, e ha prodotto un testo che prevede controlli adeguati nel settore della gemmologia tenendo presente quello che ho già detto prima e cioè che comunque non complicasse l'attività delle imprese.
All'articolo 1 del provvedimento si parla dell'ambito di applicazione dello stesso e in esso rientrano i materiali utilizzati nella produzione di gioielli, monili e oggettistica in genere. Sono stati suddivisi in minerali di origine naturale, minerali sintetici, prodotti artificiali, perle naturali e via di seguito.
L'articolo 2 reca le definizioni di materiale gemmologico, sia quello naturale, che quello trattato, sintetico, artificiale, composito, agglomerato.
Gli articoli da 3 a 6 riguardano l'obbligo di applicare le relative denominazioni a tali materiali, utilizzando una nomenclatura individuata, rinviando alla norma UNI EN 10245 che è la norma tecnica riguardante la nomenclatura dei materiali gemmologici. Per la denominazione di questi materiali è vietato l'uso dei termini «semiprezioso» e «fino». Specifiche denominazioni sono previste per le perle naturali e coltivate oppure quelle di coltura. Inoltre, la denominazione dei materiali gemmologici trattati - prevedono sempre gli articoli in questione - deve essere completata dall'indicazione del trattamento che gli stessi hanno subito. Se i trattamenti cui sono state sottoposte le gemme non sono stabili nel tempo, se ne deve dare informazione mediante una nota da mettere a disposizione e consegnare all'acquirente.
L'articolo 7 prevede il divieto all'importazione, esposizione, alla detenzione a scopo di vendita o distribuzione a titolo gratuito di materiali e di prodotti gemmologici la cui denominazione risulti diversa da quella prevista dal testo unificato in esame.
Le denominazioni previste dal provvedimento devono essere indicate su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nonché sulle etichette o i cartellini che lo accompagnano. Inoltre, l'uso di dette denominazioni è il solo consentito per indicare i prodotti anche verbalmente, e per quelli esposti nelle manifestazioni espositive, nelle fiere e nelle mostre di carattere commerciale.
L'articolo 8 estende l'applicazione di tali prescrizioni sulle denominazioni ai casi in cui i prodotti siano proposti al consumatore in vendite all'incanto, anche se derivanti da operazioni di credito su pegno, da antiquari o mediante una tecnica di comunicazione a distanza.
L'articolo 9 prevede che il Ministero dello sviluppo economico curi la realizzazione di campagne di comunicazione pubbliche, con cadenza almeno annuale, dirette a promuovere nei consumatori la conoscenza delle problematiche connesse alla qualità delle gemme, nell'ambito delle risorse destinate per legge alle iniziative di comunicazione di pubblica utilità.
Le regioni inoltre possono promuovere corsi di qualificazione per i soggetti che operano nel mercato gemmologico, volti alla conoscenza dei materiali, alla loro lavorazione e alla loro commercializzazione. La partecipazione ai corsi di qualificazione Pag. 54è volontaria e si conclude con il rilascio di un'attestazione di qualifica dell'operatore. I relativi oneri sono a carico dei partecipanti.
L'articolo 10 passa a considerare le norme in materia di responsabilità degli operatori e di tutela dei consumatori. Il testo unificato prevede che il venditore rilasci, su richiesta dell'acquirente, una dichiarazione in cui sono descritti i materiali gemmologici venduti (siano essi sfusi o montati). Tale dichiarazione diviene obbligatoria in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali. I contenuti della dichiarazione saranno stabiliti dalle norme attuative. La dichiarazione deve comunque contenere sempre l'indicazione del Paese dal quale è originata l'ultima importazione in Italia.
L'articolo 11 dispone che, in caso di controversie sul contenuto di tale dichiarazione, la risoluzione delle stesse è demandata a un collegio arbitrale istituito presso la camera di commercio nella cui circoscrizione ha sede l'acquirente. Gli oneri della procedura arbitrale sono a carico dei soggetti interessati.
Con gli articoli 12 e 13, le misure di tutela degli acquirenti risultano rafforzate dalla possibilità, qualora si rendesse necessario accertare la correttezza delle dichiarazioni (non solamente quella di cui sopra rilasciata dal venditore, ma anche quelle contenute nei documenti commerciali o pubblicitari e via dicendo) di autorizzare i laboratori abilitati, iscritti in un apposito elenco tenuto dalle camere di commercio, ad effettuare un'analisi dei materiali gemmologici e rilasciare le relative certificazioni. Anche in questo caso ovviamente gli oneri relativi alla tenuta degli elenchi e per l'attività di vigilanza e controllo sui laboratori è a carico dei soggetti che richiedono le iscrizioni.
Infine l'articolo 14 reca disposizioni sanzionatorie. Salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni della disciplina prevista si applica la sanzione amministrativa pecuniaria: da 1.000 a 10.000 euro per chiunque effettui l'analisi dei materiali gemmologici e rilasci le certificazioni senza essere iscritto nell'apposito elenco; da 200 a 2.000 euro per chiunque detenga per la vendita o ponga in commercio materiali privi di documenti o accompagnati da documenti riportanti indicazioni diverse da quelle richieste dalla legge ovvero indicazioni che con queste possono essere confuse (le sanzioni sono moltiplicate per dieci nel caso di vendite a distanza o fuori dei locali commerciali); da 200 a 2.000 euro per il venditore che rifiuti di rilasciare la prescritta dichiarazione (le sanzioni sono moltiplicate per dieci nel caso di vendite a distanza o fuori dei locali commerciali). In caso di reiterazione delle violazioni, alle sanzioni amministrative pecuniarie consegue la sospensione dell'esercizio dell'attività per un periodo da quindici giorni a sei mesi.
Queste pene non sono eccessive però è la prima volta che vengono previste delle pene.
Ne abbiamo discusso in Commissione, perché, effettivamente, il collega qui presente, se non sbaglio, le voleva maggiorate.

GABRIELE CIMADORO. Volevo la crocefissione.

MANUELA DAL LAGO, Relatore. Non è neanche sbagliato. Secondo l'articolo 15 i materiali gemmologici sfusi o montati, legalmente prodotti o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, possono essere liberamente immessi sul mercato nazionale, a condizione che sia garantito un grado di tutela e di informazione del consumatore equivalente a quello previsto dalla nostra legge.
Infine, l'articolo 16 prevede espressamente l'emanazione di un regolamento di attuazione della legge con decreto ministeriale, entro sei mesi, però, dall'entrata in vigore della legge e, ovviamente, l'articolo 17 ne disciplina l'entrata in vigore, che avverrà a 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. Pag. 55
È iscritto a parlare l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo innanzitutto per esprimere il mio più vivo apprezzamento per l'ottimo lavoro svolto dalla X Commissione, presieduta dall'onorevole Manuela Dal Lago, grazie al quale oggi l'Aula può iniziare la discussione sul testo unificato delle proposte di legge concernenti la regolazione del mercato dei materiali gemmologici.
Tale testo non solo percepisce in gran parte i contenuti della proposta di legge a mia firma presentata nelle scorse legislature e ripresentata in quella corrente, il 29 aprile 2008, ma, ancor più importante, recepisce le istanze espresse dalle stesse organizzazioni orafe.
Vorrei sottolineare all'Aula l'importanza di introdurre una normativa nazionale in grado di regolamentare in modo chiaro ed esauriente il settore gemmologico, ove persiste, allo stato attuale, uno stato di incertezza e confusione, che interessa negativamente sia gli operatori che i consumatori. Stabilire una sorta di tracciabilità della filiera delle gemme al fine di tutelare, da un lato l'utente finale, ovvero il consumatore e, dall'altro, responsabilizzare l'operatore, ovvero l'orafo, rappresenterebbe quella risposta tanto attesa da un settore che necessita di una fase di riordinamento e rilancio attraverso l'adozione di regole chiare e certe.
Il provvedimento di cui oggi si discute volge proprio in tal senso, dal momento che disciplina in modo puntuale e sistematico l'ambito di applicazione con una descrizione puntuale e con una precisa articolazione che il presidente che ha testé esposto nella sua relazione. Pertanto, mi consenta, Presidente, di consegnare il testo integrale del mio intervento, tranne alcune osservazioni che svolgerò adesso. Mi siano consentite alcune brevi osservazioni.
In un'ottica volta a ostacolare la concorrenza sleale italiana e straniera sussistente in tale settore, ritengo che il provvedimento oggi in discussione rechi quelle norme adatte a colmare il vuoto legislativo, onde impedire il manifestarsi di quei comportamenti scorretti o illeciti che, colpendo gli operatori, arrecano danni gravissimi all'intero settore, che costituisce, tra l'altro, una voce importante nella nostra bilancia dei pagamenti. Un settore, quale quello gemmologico, che è in continua evoluzione, e impone la conoscenza e la corretta descrizione dei materiali lavorati quale sinonimo di quell'alta professionalità che ha contraddistinto - e continua a contraddistinguere - i tanti artigiani e piccoli imprenditori grazie ai quali, non solo il settore della gioielleria, può vantare di essere uno dei rami di notevole rilievo per l'economia del nostro Paese, ma i suoi prodotti, apprezzati in tutto il mondo, ci consentono di mantenere quella posizione di prestigio che il made in Italy orafo ha saputo conquistare nel mondo.
Garantire gli operatori e al contempo gli stessi consumatori, onorevoli colleghi, significa privilegiare la qualità dei prodotti rispetto al maggior profitto immediato di chi, approfittandosi della nebulosità delle informazioni esistenti in tale settore, vuole solo danneggiare l'intera professione, creando negli stessi consumatori la sfiducia nei confronti dell'intero comparto. Per concludere, onorevoli colleghi, auspico che il provvedimento in esame possa trovare il più ampio consenso possibile (Applausi).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzocchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, porgo il mio personale augurio, e anche dell'Italia dei Valori, al Governo. È la prima volta che prendo la parola da quando il Governo si è insediato, per cui faccio un auspicio: che sia un Governo di rigore e impopolare, soprattutto impopolare, anche per quanto riguarda noi, quest'Aula Pag. 56e tutto il palazzo nell'insieme della pluralità delle iniziative e dell'apparato pubblico. Credo che più impopolari sarete e meglio faremo a questo Paese. Se l'ancora di salvataggio vostra salta, saremo messi piuttosto male.
Abbiamo parlato prima, infatti, di debito pubblico e dell'articolo 81 della Costituzione. Stiamo ora parlando di gemmologia. Capisco che probabilmente se al TG Parlamento uscisse la gemmologia come contenuto del lavoro che stiamo facendo - il Paese sta bruciando e noi parliamo di gemmologia - probabilmente qualche problema ci sarà. Credo anche però, per la verità, che questo settore abbia diritto ad avere una regolamentazione e quanto meno delle regole che valgano per tutti, soprattutto - come diceva la presidente prima - a tutela dei consumatori.
In questo settore ci sono degli squilibri e delle situazioni talmente drammatiche che non si riesce ad arginarle. Abbiamo dei resoconti della guardia di finanza e dei segnali sulle truffe, nonché informazioni su tutto quello che succede. Oggi stesso il gruppo dell'Italia dei Valori, a mia firma, ha presentato in X Commissione un'interrogazione sui negozi «Compro oro» (si chiamano così). Probabilmente la regolamentazione di questo settore poteva trovare uno spazio anche in questo provvedimento, perché dall'indagine della guardia di finanza risulta che in questi ultimi anni sono arrivati a più di 20 mila punti vendita.
Si arriva e si va in questi negozietti, dove molto spesso si contrabbanda della roba rubata, molto spesso senza un listino (non c'è una categoria, non c'è un dato o comunque dei listini di fatto non ufficiali e non ufficializzati). La gente purtroppo adesso vi si reca anche per necessità perché molto spesso non riesce ad arrivare alla fine del mese e deve vendere qualcosa di prezioso, cadendo in mano a questi negozietti che sono di fatto degli usurai autorizzati. In questo settore la guardia di finanza parla di un lordo di 3 miliardi di euro, per cui non si tratta di un fenomeno irrisorio, ma di un problema molto serio.
Tornando alla gemmologia, credo che il lavoro svolto in Commissione in modo bipartisan, come di solito avviene nella nostra Commissione, cerca di portare qualcosa di serio, di operativo e di utile al Paese. L'Italia occupa un posto di primaria importanza nel mercato internazionale dell'oreficeria, sia per la grande quantità di materiale prezioso lavorato ed esportato in tutto il mondo, sia per l'elevato consumo a livello nazionale.
Ciononostante, per una serie di fattori non è agevole disporre di statistiche omogenee rispetto a questo settore. Partendo da queste considerazioni, Assicor (l'Associazione intercamerale di coordinamento per lo sviluppo produttivo dell'oreficeria, argenteria e affini) ha fornito dei dati, anche se molto relativi, a partire soltanto dal 2002.
Il settore dell'oreficeria, argenteria e affini, nei suoi due comparti della produzione e della distribuzione, contava 36.326 imprese attive (per cui era per noi un mercato abbastanza importante) con una occupazione di oltre 103 mila addetti (per cui un settore importantissimo).
Le cifre sono sempre relative al 2002-2001: 4.600 milioni di euro. In complesso, nel settore, il comparto relativo alla distribuzione assume rilievo soprattutto con riferimento alla numerosità imprenditoriale, pari a 23.836 imprese (65,6 per cento del totale) contro le 12.490 relative alla produzione (34,4 per cento).
Nel caso dell'attività di produzione, il comparto largamente più significativo è quello della fabbricazione di oggetti di gioielleria e articoli annessi, mentre per quanto riguarda la componente distributiva, l'osservazione nel dettaglio fa emergere il commercio di orologi, articoli di gioielleria e argenteria, ma anche quote significative per la riparazione di orologi e gioielli.
Nel 2001, a livello nazionale, le esportazioni complessive del settore dei metalli preziosi sono ammontate a 9.501 milioni di euro, mentre le importazioni sono state di 14.466 milioni di euro, con un saldo Pag. 57commerciale negativo di 4.965 milioni di euro a fronte di un valore positivo di 8.875 milioni di euro per quello nazionale.
La vocazione all'attività sui mercati esteri del settore è molto accentuata. Effettuando una stima del fatturato complessivo del compatto emerge come le vendite all'estero rappresentino una percentuale superiore al 55 per cento, con un dato di eccellenza per il nordest e un dato, al contrario, molto basso per il Mezzogiorno, in cui l'attività riguarda più il commercio interno che la produzione.
All'interno del settore, l'apporto più consistente delle esportazioni è costituito dai gioielli e dagli articoli di oreficeria (60 per cento). La quasi totalità delle importazioni ha riguardato, invece, i metalli preziosi (87 per cento di importazioni). Nel 2001 il mercato più importante per la destinazione delle merci del settore è stato quello europeo (52,9 per cento), in modo particolare l'Unione Europea. L'Europa è anche il principale fornitore di beni preziosi (70,6 per cento delle importazioni).
Alla data del 30 giugno 2002 il settore dell'oreficeria, argenteria e affini nel suo complesso, a livello di macroaree presenta un elevato livello di concentrazione rispetto al complesso delle attività imprenditoriali. Anche se la maggioranza delle imprese risulta localizzata nel Mezzogiorno, che raccoglie il 31 per cento delle imprese orafe nazionali, il centro Italia raccoglie il 24,5 per cento delle imprese totali contro il 18 per cento delle imprese complessive. Tale scarto è quasi per intero attribuibile alla regione Toscana, che da sola assorbe il 12,5 per cento delle imprese del settore. Particolarmente penalizzato risulta essere il nordest che, pur comprendendo entro i propri confini una delle province storiche del settore, quale è Vicenza, vede un differenziale negativo di 2,6 punti percentuali.
Segmentando il dato complessivo del settore nelle componenti produttiva e distributiva, si nota, in particolare, come nel centro sia particolarmente concentrata la componente produttiva dell'intero settore. Al contempo, la componente produttiva risulta essere invece relativamente meno presente nel Mezzogiorno, caratterizzato invece - come si diceva - dal comparto distributivo.
Il settore orafo-gioielliero, per originalità e qualità delle sue produzioni, è inoltre uno tra i settori del made in Italy che più ha contribuito all'immagine dell'Italia nel mondo. Il comparto detiene ancora il sesto saldo commerciale attivo con l'estero e come saldo attivo è al primo posto tra quelli del comparto moda ed accessori. Le esportazioni rappresentano i due terzi della produzione orafa. Si tratta di un settore produttivo che si concentra in alcuni distretti di punta, come Vicenza, Arezzo, Valenza Po e Napoli per l'oreficeria e la gioielleria in oro; Padova, Firenze e Palermo per l'argenteria. Si pensi che nella provincia di Arezzo, principale polo di produzione orafa, la rilevanza del settore dell'oro, sul totale della produzione provinciale, è del 39 per cento, il 15 per cento nella provincia di Alessandria e il 10 per cento nella provincia di Vicenza. Queste tre province insieme coprono più dell'80 per cento del prodotto nazionale. In totale, il comparto produttivo del settore conta, secondo i dati Unioncamere, circa 11 mila unità locali attive, che sono passate dalle 12.876 del 2004 alle 11.421 del 2008, con un calo di ben 1.455 unità in soli 5 anni. Per cui, da qui si evince e si capisce la difficoltà del settore anche poco regolamentato, mal supportato o mai supportato dall'economia nazionale.
Il settore, a livello occupazionale, è in netto calo rispetto agli anni precedenti, dando lavoro diretto ad oltre 45 mila addetti, senza calcolare il valore della filiera distributiva (24 mila punti vendita). In maniera diretta ha subito un calo dell'occupazione, quindi, di circa 30 mila addetti in poco più di dieci anni. Ad oggi gli occupati sono al di sotto dei 40 mila, di cui quasi 20 mila in cassa integrazione. Di tale settore, Arezzo rappresenta il 27 per cento degli occupati ed il 35 per cento del fatturato del settore. Dall'inizio del 2000 il settore è entrato in una fase di grande sofferenza e rallentamento che ne ha compromesso la leadership mondiale, dal primo al secondo posto tra il 2000 ed Pag. 58il 2004 e dal secondo al quarto posto al 2008. Dal 2003 ad oggi la produzione di oggetti in oro e argento è calata in modo drammatico per le difficoltà incontrate sul mercato interno e su quello estero.
Espongo le ultime due osservazioni e concludo, signor Presidente. La motivazione importante, naturalmente, che riguardava il perché dell'approvazione e dell'accoglimento, da parte di Italia dei Valori e dell'unitarietà della Commissione, è data dagli obiettivi. Gli obiettivi perseguiti dalla proposta di legge in esame si possono, infatti, riassumere sostanzialmente in quattro punti: tutelare maggiormente il consumatore, che sarà informato in maniera chiara e inequivocabile sulle caratteristiche del prodotto che intende acquistare; responsabilizzare l'operatore - sia importatore, grossista, fabbricante o dettagliante - della denominazione e della qualità delle merci che propone alla sua clientela; ostacolare la concorrenza sleale di operatori italiani o stranieri, che spesso per incompetenza oppure per dolo usano terminologie ingannevoli o inappropriate, sfruttando l'ignoranza del consumatore; tutelare la professionalità degli operatori che si muovono con trasparenza sul mercato dei materiali gemmologici.
Infine, si ricorda che sono circa 11 mila le imprese operanti nel comparto attualmente impegnate nella produzione insieme ai 20 mila dettaglianti, cui corrisponde un fatturato di circa 6,5 miliardi di euro. Credo che sia un settore al quale dare un minimo di attenzione da parte del Governo.
Auguro ancora al Governo lunga vita e soprattutto nessuno potrà ritirare o togliere la spina a questo Governo, perché chi toglierà la spina - si ricordi, signor Ministro - perderà le elezioni.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mattesini. Ne ha facoltà.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, in un momento di crisi come questo parlare di gemme e di pietre preziose può sembrare in qualche modo improprio. Può sembrare di volersi riferire semplicemente ad una nicchia e, quindi, ad un privilegio per pochi. Invece, così come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, la gemmologia è una componente essenziale del comparto orafo-argentiero-gioielliero, uno dei settori del made in Italy che più ha contribuito all'immagine dell'Italia nel mondo.
Si tratta di un settore produttivo che si concentra in alcuni distretti di punta. In particolar modo, si parla di Arezzo, Vicenza e Valenza Po. Possiamo dire che il settore orafo-argentiero è proprio uno dei paradigmi più significativi dell'organizzazione distrettuale della produzione. Infatti, le tre province (Arezzo, Vicenza e Alessandria) sedi dei principali distretti concentrano da sole circa il 75 per cento delle esportazioni nazionali e costituiscono, quindi, un punto di riferimento imprescindibile anche rispetto alla politica dei distretti produttivi.
Riferisco anche alcuni dati particolarmente significativi. Ricordo che sono circa 10.600 le unità produttive in tutta Italia, tra l'altro con una percentuale che va al 4,5 per cento dei dipendenti per ogni unità produttiva, dando lavoro diretto ad oltre 60 mila addetti, senza calcolare il valore della filiera distributiva, perché ci sono 24 mila punti vendita in Italia, ma anche dell'indotto. Si pensi, infatti, ai sistemi fieristici piuttosto che alle assicurazioni o al sistema di sicurezza o al trasporto valori, che davvero danno un quadro di grande importanza di questo settore.
Sappiamo che l'Italia è stata per molto tempo leader mondiale nella lavorazione e nel commercio dei preziosi, ma che tale primato è ormai insediato nell'ambito del processo di globalizzazione. È stato detto - e lo ripeto - che comunque questo rimane un settore determinante per la nostra economia, perché questo comparto detiene ancora il sesto saldo commerciale attivo con l'estero e come saldo attivo è al primo posto tra quelli del comparto moda e accessori.
Voglio dire che nello specifico delle pietre preziose va ricordato, tra l'altro, che il mercato italiano costituisce ad oggi ancora il principale polo mondiale per la Pag. 59lavorazione di pietre tagliate. Si tratta di un patrimonio inestimabile sia dal punto di vista della storia del design, oltre che da un punto di vista strettamente economico. Questo settore - già dal 2000 e non soltanto con questa crisi - è entrato in una profonda sofferenza approfondita e rafforzata da questa crisi che ne ha compromesso la leadership mondiale.
Infatti, negli ultimi anni (e i dati sono riscontrabili anche dal calo della produzione, oltre che dalle difficoltà della cassa integrazione e dai licenziamenti, quindi dal calo dell'occupazione) la produzione di gioielli è calata in modo drammatico sia sul mercato interno che su quello estero. Un esempio tra tutti sono gli Stati Uniti, che sono il nostro principale mercato di sbocco, dove le esportazioni sono diminuite in questi dieci anni del 75 per cento in termini di valore.
Parallelamente, sono aumentate in modo impietoso le quote di mercato dei nostri principali competitor sui nostri mercati di esportazione. Quindi, si parla di India, Cina, Thailandia e Turchia, ma anche in Italia il fatturato è sceso del 25 per cento. Chiaramente, come ho detto, la crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo ha aumentato in modo esponenziale le difficoltà del comparto. Infatti, il continuo incremento delle materie prime preziose, che da oltre un anno e mezzo stabiliscono record giorno per giorno nelle quotazioni, hanno una ricaduta sulle imprese in termini davvero di grande difficoltà, perché portano incertezza, il blocco degli ordini, la riduzione dei margini, la maggiore esposizione finanziaria nei confronti del sistema bancario.
Faccio un esempio a titolo esemplificativo. Nel 2010 il valore dell'oro è aumentato di oltre il 32 per cento e nel solo primo trimestre del 2011 del 35 per cento con gli aumenti successivi che tutti noi conosciamo.
Ma, altresì, l'argento è cresciuto, nel 2010, del 45 per cento e, nei primi quattro mesi del 2011, di ben il 90 per cento. Pertanto, comprendiamo tutti quali sono le difficoltà di un settore che, in un certo senso, ha davvero ancora i magazzini pieni e che sta appunto vivendo, diciamo così, uno dei suoi momenti peggiori.
Questo è un settore che necessità di serie politiche di sostegno, a partire dal miglioramento delle condizioni di accesso dei gioielli sul mercato internazionale. Infatti, a causa dei dazi, per esempio, i gioielli italiani non possono raggiungere, a prezzi concorrenziali, circa il 60 per cento dei consumatori mondiali. Valga un esempio per tutti: un gioiello italiano, per entrare in Cina, paga dal 25 al 30 per cento di dazio; un gioiello cinese, per entrare in Italia o in Europa, paga il 2,5 per cento. Come a dire che davvero serve, invece, voltare pagina. È necessaria reciprocità e una politica commerciale europea tesa a ridurre e azzerare queste barriere che, di fatto, aumentano solo la concorrenza sleale e il mercato nero.
Ma non è certo questa la sede per approfondire le tematiche complesse del settore. Tuttavia, credo fosse giusto dare la cornice complessiva in cui si inserisce questo provvedimento, anche perché con questa proposta di legge, che, appunto, è il testo unificato delle proposte di legge n. 225 e n. 2274, intendiamo tutti dare un contributo al rafforzamento, invece, del made in Italy andando proprio a regolamentare un settore dove è presente non solo questa problematica generale, di cui si diceva, ma anche un quadro di insufficiente regolamentazione. Quello che vogliamo fare e che serve a questo settore è, invece, una risposta rigorosa, concreta, ma anche positiva, che persegua la trasparenza del mercato, la specializzazione di tutta la filiera e la tutela del consumatore. Nello specifico, il provvedimento si pone alcune finalità e, in particolare: in primo luogo, tutelare il consumatore facendo in modo che esso possa essere edotto, in modo chiaro ed inequivocabile, sulle caratteristiche del prodotto che vuole acquistare; in secondo luogo, rendere responsabile l'operatore, sia esso importatore, grossista, fabbricante o dettagliante, della denominazione della qualità delle merci che propone alla clientela; in terzo luogo, ostacolare la concorrenza sleale di alcuni Pag. 60operatori, italiani o esteri che siano, che spesso, per incompetenza ma anche per dolo, usano terminologie ingannevoli e poco appropriate e sfruttano, in qualche modo, l'ignoranza del consumatore, perché oggi è davvero complicato saper distinguere e avere tutti gli elementi che possano permettere di capire che tipo di pietra abbiamo davanti. L'ultimo obiettivo è quello di voler fornire agli operatori uno strumento che, finalmente, da un lato ne esalti le professionalità e, nel contempo, li tuteli in un processo che tiene insieme e vede tenere insieme trasparenza ma anche semplificazione.
Intendo ora descrivere un po' la filiera delle gemme, che è complessa. Si parte dalla miniera per passare al trasporto nei luoghi di lavorazione per poi passare ai centri di raccolta e di vendita commerciale dei prodotti tagliati che, appunto, sono pronti per essere utilizzati dai produttori di gioielleria e da altre figure industriali e commerciali. A questo punto, intervengono i cosiddetti importatori, cioè quei grossisti di gemme che in tutto il mondo selezionano, acquistano e propongono ai propri clienti ciò che hanno recepito sui mercati internazionali o, direttamente, presso le taglierie dei luoghi di produzione. Si tratta di un cammino, come si vede, complesso. Ma a questo punto del cammino si comprende che le figure commerciali - che rappresentano un punto del provvedimento -, che immettono le gemme nel mercato finale, sono molte e di diversa tipologia. Si va dal commerciante all'ingrosso, che distribuisce, con la propria rete di rappresentanza, i negozianti, alle forme di distribuzione che avvengono presso le fiere del settore, alla vendita televisiva, fino alla vendita abusiva da parte di operatori, italiani e stranieri, non inquadrati fiscalmente né muniti di licenza di alcun tipo, che si propongono direttamente ai privati senza alcun controllo (basti ricordare l'esempio delle spiagge ma potremmo farne anche altri).
Dunque, siamo partiti proprio da queste considerazioni e anche da questa complessità della filiera per proporre, invece, soluzioni normative adeguate rispetto a un punto fondamentale che è quello di come gli operatori ufficiali possano, invece, svolgere la loro attività in un mercato controllato e con maggiori garanzie per il cliente e che non sia, al contempo, un mercato appesantito. Si pone, insomma, in generale, la necessità di definire norme atte a delineare un percorso anche di tracciabilità della filiera delle gemme. Tuttavia, va precisato - ci tengo in modo particolare e dirò due cose su questo punto - che questo aspetto, quello della tracciabilità che è un aspetto essenziale anche per la certificazione della qualità, non può trovare pienezza nella sola normativa italiana perché necessita, in primo luogo, di specifica normativa europea e di altrettanti specifici accordi internazionali, ad esempio in attuazione del Protocollo di Kimberley.
Tale Protocollo, sotto le forti pressioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, fu ratificato nel 2000 da 16 Stati africani che erano coinvolti nel commercio di diamanti.
Questo Protocollo contiene una serie di misure contro l'estrazione e l'esportazione di diamanti dai luoghi di guerra. Con questo Protocollo si obbligano le compagnie diamantifere a certificare il percorso di ogni singola pietra, con una sorta di carta d'identità della pietra, nella quale viene indicato il luogo di estrazione e di lavorazione, una carta di identità che serve per certificare che il diamante sia conflict free, ovvero esente dal conflitto perché è ormai chiara - anche se purtroppo non così diffusa come dovrebbe essere - la consapevolezza che il commercio di quelli che vengono chiamati «diamanti insanguinati» sia un grave problema internazionale, che contribuisce ad alimentare direttamente i conflitti armati, così come il traffico illecito e la proliferazione degli armamenti. È bene dire che, nonostante il Protocollo di Kimberley, che non ha trovato poi adeguata rispondenza, ancora oggi il 50 per cento delle pietre preziose in circolazione è proveniente da Paesi in guerra e naturalmente non si parla soltanto di diamanti, ma anche di rubini, di giade e così via. Mi viene in mente, Pag. 61per esempio, la Birmania e ricordo, a tal proposito, che nel 2008 il Governo americano ha introdotto l'embargo contro l'importazione di rubini e giade birmani ed anche l'Unione europea, alla fine del 2010, ha approvato una risoluzione per proporre una legge comunitaria per garantire la tracciabilità dei minerali importati.
Mi sono soffermata su questo aspetto proprio perché ritengo che il tema della tracciabilità delle pietre sia un elemento importantissimo, ma anche per sottolineare come, senza specifiche normative europee, ciò che possiamo fare con la normativa nazionale e che stiamo facendo, che costituisce un fatto importantissimo, senza danneggiare però il nostro mercato, è però parziale. In tal senso, colgo l'occasione per sollecitare il Governo - valuteremo se presentare anche uno specifico ordine del giorno - ad attivarsi nei confronti dell'Unione europea proprio per sollecitare una normativa che vada nel senso della tracciabilità e della trasparenza, che punti sull'eticità delle imprese e su un processo di responsabilità, tenuto conto di quello che ho detto rispetto al fatto che il 50 per cento delle pietre in circolazione proviene da Paesi in guerra e sono utilizzate come elemento di continua proliferazione degli armamenti e del traffico illecito.
La proposta di legge è stata rappresentata in modo molto chiaro dalla relatrice, voglio soltanto sottolineare in modo esemplificativo alcuni passaggi che mi sembrano particolarmente essenziali. Mi riferisco, per esempio, all'introduzione precisa della denominazione di materiali gemmologici. Questo è un elemento importantissimo anche perché, alla luce delle tecnologie esistenti che sono sempre più raffinate per la sintesi dei materiali, per i trattamenti di quelle naturali e per la produzione di quelle artificiali, la garanzia per chi lavora in questi settori, ma anche per l'utente finale, è qualcosa di particolarmente importante. Anche per questo ritengo rilevanti i commi 3 e 4 dell'articolo 3, così come tutto l'articolo 4, nel quale si stabilisce, ad esempio, l'obbligo di un'indicazione chiara sui documenti commerciali e pubblicitari che accompagnano i materiali gemmologici dei processi chimici o fisici a cui sono sottoposti. Parimenti importante è l'articolo 7, che stabilisce l'obbligo di indicare su tutti i documenti commerciali pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nonché sulle etichette, le denominazioni, cioè di stabilire e indicare in modo chiaro se quel prodotto che ci si accinge ad acquistare è naturale, piuttosto che trattato, sintetico, di coltura o artificiale. Altrettanto importante è l'articolo 9, che prevede a carico del Ministero dello sviluppo economico la realizzazione di una campagna di comunicazione pubblica, con cadenza almeno annuale, proprio per promuovere anche nel consumatore la conoscenza delle problematiche connesse alla qualità delle gemme, dando anche strumenti di autotutela. Altrettanto importante è - proprio perché c'è un tema di qualificazione della filiera degli operatori - l'indicazione relativa ai corsi di formazione promossi dalle regioni, ma di carattere volontario e a carico dei soggetti che frequenteranno questi corsi, che sono comunque elementi di grande qualificazione del proprio lavoro.
Concludo dicendo che naturalmente ci sono questioni - l'ho detto all'inizio - che vanno al di là. Le questioni importanti in questo settore che dovranno essere affrontate da questo Parlamento e da questo Governo sono le questioni dei dazi, piuttosto che del prestito d'uso, tuttavia questa proposta di legge è un atto importantissimo per i suoi contenuti, che attengono alle soluzioni importanti e più utili perché ne abbiamo ragionato e le abbiamo condivise con le categorie economiche proprio per la regolamentazione del settore. C'è anche un punto politico - lo dico a noi stessi, ma anche al Governo - relativo al fatto che questo settore finalmente sente che la politica e le istituzioni si fanno carico delle problematiche dello sviluppo, che non sempre hanno trovato la giusta attenzione.
Anche se devo dire che in questo ramo del Parlamento questo è già avvenuto, anche ormai un anno e mezzo fa, con Pag. 62l'approvazione del provvedimento per la regolamentazione del mercato dell'oro. Anche allora, come oggi, la Commissione ha lavorato in modo unitario e in tempi rapidi. Purtroppo quel provvedimento che è stata approvato in sede legislativa in Commissione e quindi sostenuto da tutti i gruppi parlamentari è fermo ormai da un anno e mezzo al Senato. L'auspicio che rivolgo a noi stessi, ma soprattutto a tutti gli operatori e lavoratori del settore, è che insieme a questo testo unificato possa essere sbloccato anche quel provvedimento. L'ultimo tema che ritengo importante - lo sottolineava, parlando della sua interrogazione, il collega dell'Italia dei Valori che mi ha preceduto - è il tema dei «compro oro», perché questo è un settore nel quale serve un'attenzione speciale. Noi del Partito Democratico, ormai alcuni mesi fa, abbiamo depositato una proposta di legge che va proprio a regolamentare i «compro oro», che non rappresentano soltanto un settore che ha necessità di essere normato. C'è infatti il tema di come le famiglie si approcciano e di come vengono tutelate, ma c'è anche un tema che riguarda l'economia e che non è sconnesso dal futuro di questo settore, che concerne la legalità di questo settore. Naturalmente non vale per tutti, perché non bisogna fare di tutta un'erba un fascio. Ci sono «compro oro» che hanno una grande qualità professionale, ma molto spesso, come ci dicono anche i risultati delle indagini della Guardia di finanza e di altri, questo è diventato uno dei principali settori dove si fa riciclaggio. Quindi, tutte queste questioni vanno tenute insieme, ma penso che noi, con il lavoro che ci accingiamo a fare approvando questo provvedimento, abbiamo dato e daremo un segnale politico importante ad un settore che davvero ha bisogno di essere aiutato a ritrovare un confronto e un ascolto permanente da parte della politica e delle istituzioni, a partire dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 225-2274-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della Commissione attività produttive, onorevole Dal Lago.

MANUELA DAL LAGO, Relatore. Signor Presidente, non desidero replicare, vorrei invece chiederle cortesemente, anche a nome del presidente Giorgetti della V Commissione e del presidente Bruno della I Commissione, se martedì è possibile anticipare la discussione di questo provvedimento rispetto al testo unificato di modifica dell'articolo 81 della Costituzione. Ciò anche a fronte del fatto che su questo provvedimento, ancorché possano essere presentati emendamenti entro lunedì, comunque c'è una tale sintonia all'interno della Commissione che il Comitato dei nove non avrà problemi ad arrivare presto alla presentazione in Aula delle proposte definitive, mentre la I e la V Commissione - mi spiegavano - hanno ancora qualcosa da limare probabilmente con il Governo e avrebbero bisogno di qualche ora in più.

PRESIDENTE. Onorevole Dal Lago, le ricordo che l'ordine del giorno è stato stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo e come tale non è nella nostra facoltà cambiarlo in questa sede. Eventualmente, martedì l'Assemblea sovrana potrà invertire i punti all'ordine del giorno, quindi si valuterà in base ai lavori relativi ai due provvedimenti e decideremo insieme a quale dare la precedenza.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la ringrazio della sua risposta e pregherei tutti noi di tenere conto che è chiaro che dobbiamo considerare l'ordine Pag. 63del giorno della seduta di martedì esattamente come è. Quindi anche i vari lavori propedeutici devono essere svolti in modo tale che martedì sia possibile cominciare con l'esame del testo unificato di modifica dell'articolo 81 della Costituzione, senza dare già per scontato che seguiremo l'ordine del giorno, visto che la discussione doveva cominciare oggi. Giustamente, il Ministro ci ha fatto le sue considerazioni e la Conferenza dei presidenti di gruppo ha deciso di rinviarlo alla settimana prossima. Sotto molti punti di vista riterrei molto più opportuno, senza nulla togliere all'importanza dell'argomento, che martedì fossimo nelle condizioni di iniziare con l'esame del testo unificato di modifica dell'articolo 81, per le evidenti ragioni politiche che abbiamo di fronte. Lo dico semplicemente perché la sua risposta è giustissima e la comprendo, ma contemporaneamente rivolgo un invito a tutti noi a fare in modo che questo sia uno spunto in più per lavorare proficuamente nelle prossime ore ed avere il provvedimento sull'articolo 81 della Costituzione in condizione di essere esaminato dalla Camera martedì prossimo.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, non a caso ho detto che valuteremo lo stato dei lavori relativi ai due provvedimenti, auspicando naturalmente, anche da parte nostra, che venga rispettato l'ordine del giorno.
Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la VII Commissione permanente (Cultura) ha proceduto all'elezione del deputato Maria Coscia a segretario, in sostituzione del deputato Maria Letizia De Torre, dimissionario dalla carica.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,45).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, prendo la parola perché sento il dovere di porre all'attenzione del Parlamento quanto è accaduto in questi giorni in alcune aree del Mezzogiorno, in particolare della Sicilia. Una nuova triste tragedia si è abbattuta sulle nostre comunità. Le cause non sono solo legate ad una calamità naturale, ma anche alla negligenza, mi permetto di dire alle responsabilità degli uomini e delle istituzioni, che hanno usato violenza nei confronti di alcuni territori negli anni. Basta citare alcuni dati della Protezione civile, secondo cui nel 91 per cento dei comuni siciliani sono presenti abitazioni con rischio idrogeologico e soltanto il 16 per cento di questi comuni svolge opere di mitigazione del rischio idrogeologico. Sono state colpite, in particolare, le città di Saponara e di Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia, in provincia di Messina.
I danni sono rilevanti, non solo sul territorio. Signor Presidente, quello che è molto grave è che hanno perso la vita in questa triste circostanza un bambino, un giovane e un adulto. Nell'esprimere il cordoglio personale del mio gruppo e del mio partito, il Partito Democratico, ai familiari delle vittime, voglio qui ricordare che, circa un anno fa, questo stesso territorio fu devastato da altre calamità naturali; in modo particolare, a Giampilieri vi furono 34 morti.
Le promesse non sono state mantenute. Il Governo ha più volte qui posto all'attenzione del Parlamento interventi che poi non sono arrivati nel territorio: pochissimi aiuti e incomprensibili pastoie burocratiche. Vi sono stati anche contrasti immotivati tra il Governo nazionale, quello regionale e gli enti locali. Signor Presidente, concludendo, la ringrazio per avermi dato ancora una volta la parola. Pag. 64Chiedo, però, che il Governo venga qui a riferire su questi fatti così gravi, come è stato fatto per altre comunità. Tra l'altro - dico questo amaramente - tanti organi di informazione non stanno dando la giusta e rilevante attenzione a quanto è accaduto in quest'area del Paese. È un rammarico che nulla ha a che vedere con quello che è stato fatto per altre comunità, giustamente, ma anche questi territori credo che debbano essere posti all'attenzione dell'opinione pubblica. Stasera voglio porli all'attenzione del Parlamento e del Governo, perché il Governo venga qui e dica cosa è stato fatto e, soprattutto, quello che si può fare per mettere in protezione interi territori che presentano gravi rischi idrogeologici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Signor Presidente, nell'unirmi alle parole che sono state dette, vorrei informarvi che abbiamo verificato oggi pomeriggio un primo provvedimento attuativo dell'ordinanza a suo tempo presa, che, in realtà, è già operativo in termini di variazione di bilancio. Un secondo provvedimento, - mi scuso, ma, per essere qui, non sono in grado dirvi esattamente la cifra - lo firmerò tra 15 minuti, appena rientro al Ministero.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Nell'unirmi, naturalmente, ai sentimenti di cordoglio e di solidarietà espressi dall'onorevole Burtone, prendo atto delle parole del Ministro come immediata risposta alla sua sollecitazione.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 29 novembre 2011, alle 16:

1. - Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge costituzionale (per lo svolgimento delle repliche di cui all'articolo 83, comma 3, del Regolamento e per il seguito dell'esame):
CAMBURSANO ed altri; MARINELLO ed altri; BELTRANDI ed altri; MERLONI ed altri; LANZILLOTTA ed altri; ANTONIO MARTINO ed altri; D'iniziativa del GOVERNO; BERSANI ed altri: Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale (C. 4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-A).
- Relatori: Bruno, per la I Commissione; Giancarlo Giorgetti, per la V Commissione.

2. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZOCCHI e CARLUCCI; MATTESINI ed altri: Regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici (C. 225-2274-A).
- Relatore: Dal Lago.

La seduta termina alle 19,55.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO RENATO CAMBURSANO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DEI PROGETTI DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 4205-A ED ABBINATI

RENATO CAMBURSANO. Come richiamare la correzione ciclica presente nelle regole sovranazionali? Un orientamento europeo della nuova regola costituzionale dovrebbe sollecitare ad adottare un riferimento analogo, ma la correzione per il ciclo presuppone complessi calcoli econometrici per misurare l'output gap. Pericoloso, da un punto di vista istituzionale, sarebbe un sistema che prefiguri un mancato rispetto della norma costituzionale (magari anche con conflitti di fronte Pag. 65alla Corte Costituzionale) a causa di divergenze su una metodologia di calcolo.
Inoltre, l'implementazione di tali procedure a livello di singolo ente porrebbe problemi pratici di un certo rilievo; se è possibile l'applicazione al bilancio dello Stato (e forse) a quelli regionali, tutte da chiarire sono le modalità di attuazione agli enti più piccoli. Alle modalità di inclusione degli enti territoriali nel saldo da pareggiare, si collega il problema più generale della necessaria coerenza tra il disegno di legge governativo e il progetto di Federalismo. Di conseguenza dovrebbe rassicurarci la legge attuativa della modifica costituzionale, approvata con maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Tale legge dovrebbe disporre un disegno preciso dei sottogruppi di enti territoriali, per tipologia e, forse, macroregione, la definizione dei quali (sottogruppi) è necessaria per rendere fattibile la realizzazione e il monitoraggio, davvero molto complicati, del pareggio dei conti del complesso degli enti, richiesto dal combinato disposto dell'articolo 3, lettera b) e dall'articolo 1 del disegno di legge governativo.
Di qui dipende la necessità di modificare l'articolo 117 della Carta per riportare l'armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario fra le materie di esclusiva competenza dello Stato, sottraendola alla concorrente competenza legislativa delle regioni.
Nel caso di scelta su un vincolo che operi a livello di singolo ente, l'articolo 119, comma 6, dovrebbe essere modificato al fine di condizionare la possibilità prevista per le Autonomie di indebitarsi (con l'accensione di mutui o le emissioni obbligazionarie) per effettuare spesa in conto capitale.
Ai fini di un enforcement ex post vi sarebbe la necessità di definire meccanismi che regolino i casi in cui i bilanci si chiudono in disavanzo. Per esempio, procedure che impongano che l'eventuale scostamento sia riassorbito entro un certo numero di esercizi successivi, oppure che debba essere deliberato un piano di ammortamento simultaneamente alla legge che registra il disavanzo. Si tratterebbe di dettagli attuativi da rinviare alla legge di contabilità, ma che vanno tenuti in evidenza da subito.
Nel caso in cui sia privilegiata una formulazione che introduca un vincolo per l'intera Amministrazione Pubblica, due sono i problemi:
1) la formulazione costituzionale sarebbe più complessa perché dovrebbe mantenere un termine di generalità tale da consentire che singoli enti possano essere in disavanzo, pur tuttavia sancendo il vincolo di pareggio aggregato;
2) occorrerebbe individuare a quale livello debba operare la compensazione.

Anche in questo caso, la golden rule indicata dall'articolo 119 della Costituzione, andrebbe vincolata ai principi del bilancio in pareggio della P.A. Almeno nella legge attuativa va disposto il divieto che l'indebitamento in conto capitale - permesso dalla regola aurea degli enti territoriali - venga usato per conferimenti a società partecipate e va anche disposto quanto occorre perché il principio del pareggio non venga eluso con la fornitura di garanzie pubbliche su debiti formalmente privati. Nel disegno di legge a mia prima firma ho fatto riferimento alla possibilità che la legge attuativa preveda la definizione precisa degli investimenti da finanziare anche in deroga al pareggio di bilancio, cioè con ricorso al deficit.
Confermo qui la «bontà» di tale mia indicazione, confermata anche dall'audizione del Professor Bruni del 24 u.s., quando diceva di inserire nella Costituzione la possibilità che la legge attuativa preveda una speciale procedura per un'accurata e ineludibile definizione di alcuni interventi che in seguito al Piano di riforma e crescita concordati in sede comunitaria e a speciali considerazioni contemplate nei programmi di stabilità presentati alla Commissione, possano essere finanziati con emissioni di titoli pubblici da rimborsarsi con uno specificato piano di ammortamento. Pag. 66
Se il vincolo del pareggio deve essere credibile, deve tradursi in ineludibili clausole fiscali di salvaguardia e, eventualmente, in un vero e proprio blocco fisico delle emissioni nette di titoli pubblici.
Se nel 2005 la Riforma del Patto di stabilità e crescita (introduzione degli obiettivi di medio termine e della correzione ciclica del saldo), è stata completata proprio per consentire, nei periodi «cattivi» (bad times), l'operare di stabilizzatori automatici (e, se necessario, l'adozione di misure discrezionali tali da far fronte al mutato contesto economico) senza rischiare di «superare» l'asticella del fatidico 3 per cento richiamato dai trattati, anche a livello domestico sarebbe opportuno che la regola costituzionale preveda margini di flessibilità nell'applicazione del vincolo di pareggio. Anche in questo caso si tratta di strumenti solo da menzionare nell'ambito costituzionale e la cui definizione dovrebbe essere rinviata alla legislazione attuativa, ma la cui soluzione tecnica dovrebbe essere sciolta prima di pervenire alla stesura della nuova formulazione costituzionale.
Oltre alle modifiche della Costituzione devono essere fatti ulteriori passi necessari per rendere credibile il messaggio del pareggio di bilancio. Questo non solo per chiarire le linee direttrici della legislazione di attuazione (in particolare, gli elementi già segnalati: quale saldo, quale definizione, l'esistenza di correttivi per il ciclo, gli ambiti di applicazione, i percorsi sanzionatori - che tratterò subito dopo - ), ma anche per verificare quali altre modifiche sarebbero necessarie per costruire un frame work fiscale credibile.
Testimonianza è il pacchetto di modifiche proposto nell'ambito della Nuova Governance Europea, che include la proposta di direttiva sui requisiti minimi di bilancio, la quale sollecita, a livello nazionale, sia la introduzione di regole sulla spesa e il rafforzamento nei budgetary frame work di medio periodo, anche con la definizione di procedure top down, sia un investimento nella trasparenza, nella qualità delle statistiche, nell'adozione di previsioni macroeconomiche precedenti.
Conclusioni. «Visto che la nostra Costituzione ha felicemente accompagnato una storia di finanza pubblica che, più dissennata forse non avrebbe potuto essere, penso ci sia solo da guadagnare se prudenza e saggezza nella gestione dei bilanci pubblici trovino un loro esplicito riconoscimento nella nostra Costituzione attraverso una regola che richiami il pareggio di bilancio».
Quello che è mancato e manca e che invece va estremamente rafforzato è la struttura di controllo sulla spesa, non come dato puramente formale, ma come utilità, opportunità a vantaggio della spesa. È la nostra proposta emendativa di tetto di spesa. «Un debitore che non controlla le spese che fa, è un debitore inaffidabile: per questo o non ha credito o riesce a ottenerlo solo ai costi più alti di mercato» (Nuzzo): è ciò che sta avvenendo.
Un ultimo problema da «risolvere». Quello che Bruni ha chiamato di «giustiziabilità» intesa come validazione delle stime e delle previsioni contabili sulle quali si fonda il meccanismo di disciplina del bilancio e la validazione dei provvedimenti legislativi che, se non realizzano la disciplina, diventano anticostituzionali in base al nuovo testo della Carta.
È evidente il rischio di coinvolgere la Corte costituzionale in un continuo contenzioso. Senza contare la delicatezza delle necessarie normative circa la procedura per adire la Corte e la titolarità del diritto di farlo.
Si tratta di precisare i ruoli, le responsabilità e i tempi per il loro esercizio: del Governo, del Parlamento, della Corte dei conti, della Presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale.
Un ruolo importante andrebbe assegnato anche a un nuovo organo, la cui istituzione è da tempo suggerita da molti, anche in sede europea, e che dà buona prova in quasi tutti i Paesi dov'è stata creata un'autorità di bilancio indipendente. Quella che già il 16 marzo il Prof. Bruni chiamava organismo indipendente sulla contabilità nazionale, del quale - diceva - «il Parlamento potrebbe diventare lo sponsor e il riferimento principale» Pag. 67e del quale mi feci immediatamente sponsor. Fra i membri dell'Autorità di Bilancio Indipendente potrebbero trovare posto anche rappresentanti di organi comunitari delegati a presidiare il raccordo per la disciplina di bilancio nazionale e quella europea.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ANTONIO MAZZOCCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 225-2274-A

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per esprimere il mio più vivo apprezzamento per l'ottimo lavoro svolto dalla X Commissione, presieduta dall'onorevole Manuela Dal Lago, grazie al quale oggi l'Aula può iniziare la discussione sul testo unificato delle proposte di legge concernenti la regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici.
Tale testo non solo recepisce in gran parte i contenuti della proposta a mia firma presentata nelle scorse legislature e ripresentata il 29 aprile 2008 ma, ancor più importante, recepisce le istanze espresse dalle stesse organizzazioni orafe.
Vorrei sottolineare all'Aula l'importanza di introdurre una normativa nazionale in grado di regolamentare in modo chiaro ed esauriente il settore gemmologico ove persiste, allo stato attuale, uno stato di incertezza e confusione che interessa negativamente sia gli operatori che i consumatori.
Stabilire una sorta di tracciabilità della filiera delle gemme al fine di tutelare da un lato l'utente finale ovvero il consumatore e, dall'altro responsabilizzare l'operatore ovvero l'orafo rappresenterebbe quella risposta tanto attesa da un settore che necessita di una fase di riordinamento e rilancio attraverso l'adozione di regole chiare e certe.
Il provvedimento di cui oggi si discute volge proprio in tal senso dal momento che disciplina in modo puntuale e sistematico l'ambito di applicazione con una descrizione puntuale cosa debba intendersi per materiale gemmologico, materiale gemmologico naturale, materiale gemmologico trattato, materiale gemmologico sintetico, materiale gemmologico artificiale, materiale gemmologico composito, materiale gemmologico agglomerato o impastato, vetro artificiale, perla o perla naturale, perla coltivata o di coltura con o senza nucleo, imitazione di perla o perla imitazione (articoli 1 e 2).
È inoltre previsto che ai materiali così descritti vengano applicate apposite denominazioni (articolo 4) e che le stesse debbano essere indicate su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nonché sulle eventuali etichette o cartellini che lo accompagnano e sono le uniche denominazioni che possono essere usate, anche verbalmente, per indicare i prodotti. (articolo 7).
Ciò vale anche nel caso in cui i prodotti vengano venduti all'incanto, anche se derivanti da operazioni di credito su pegno, da antiquari o mediante una tecnica di comunicazione a distanza (articolo 8).
Verranno attivati onde rispondere all'esigenza di una sempre maggiore conoscenza e qualificazione dei soggetti interessati da parte del Ministero dello sviluppo economico campagne di comunicazione e dalle regioni corsi di qualificazione all'esito dei quali verrà rilasciato un apposito attestato (articolo 9).
Viene inoltre garantita un'efficace forma di tutela per gli utenti finali, consistente nella possibilità, offerta all'acquirente, di richiedere al venditore una dichiarazione in cui siano descritti i materiali gemmologici venduti siano essi sfusi o montati.
Tale tutela risulta rafforzata dal fatto che tale dichiarazione dovrà essere rilasciata obbligatoriamente in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali e dovrà sempre contenere l'indicazione del Paese dal quale è originata l'ultima importazione in Italia (articolo 10).
Qualora occorresse invece accertare la correttezza della dichiarazione si potrà Pag. 68ricorrere ai laboratori autorizzati a rilasciare le apposite certificazioni (articolo 12).
Infine vengono previste sanzioni amministrative pecuniarie per chi viola le norme di cui al presente provvedimento.
In un'ottica volta ad ostacolare la concorrenza sleale italiana e straniera sussistente in tale settore ritengo che il provvedimento oggi in discussione rechi quelle norme adatte a colmare il vuoto legislativo onde impedire il manifestarsi di quei comportamenti scorretti o illeciti che, colpendo gli operatori, arrecano danni gravissimi all'intero settore che costituisce, tra l'altro, una voce importante nella nostra bilancia dei pagamenti.
Un settore quale quello gemmologico che è in continua evoluzione impone la conoscenza e la corretta descrizione dei materiali lavorati quale sinonimo di quella alta professionalità che ha contraddistinto e continua a contraddistinguere i tanti artigiani e piccoli imprenditori grazie ai quali non solo il settore della gioielleria può vantare di essere uno dei rami di notevole rilievo per l'economia del nostro Paese ma i cui prodotti, apprezzati in tutto il mondo, ci consentono di mantenere quella posizione di prestigio che il Made in Italy orafo ha saputo conquistare nel mondo.
Garantire gli operatori e, al contempo, gli stessi consumatori, onorevoli colleghi, significa privilegiare la qualità dei prodotti rispetto al maggior profitto immediato di chi, approfittandosi della nebulosità dell'informazione esistente in tale settore, vuole solo danneggiare l'intera professione creando negli stessi consumatori una sfiducia nei confronti dell'intero comparto.
Per concludere, onorevoli colleghi, auspico che il provvedimento in esame possa trovare il più ampio consenso possibile.