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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 534 di giovedì 13 ottobre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 11.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri (ore 11,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
Ha facoltà di intervenire il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi.

SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio), cari colleghi, sono qui per chiedere il rinnovo della fiducia al Governo che ho l'onore di presiedere.
Un incidente parlamentare, di cui la maggioranza porta la responsabilità e di cui mi scuso personalmente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), ha determinato, martedì scorso, una situazione anomala, che dobbiamo sanare con un voto di fiducia politico. Il Governo chiede che gli sia confermata la fiducia del Parlamento, perché è profondamente consapevole dei rischi che corre il Paese. Lo chiede perché è convinto che i tempi imposti dai mercati non sono minimamente compatibili con quelli di certe liturgie politiche. Lo chiede perché consapevole di essere l'unico soggetto democraticamente abilitato a difendere gli interessi nazionali, qui ed ora, con l'urgenza imposta dalla crisi. Non vi nascondo la gravità dell'incidente parlamentare di martedì, ma ciò non può avere improprie conseguenze sul piano istituzionale.
Il Rendiconto generale dello Stato è un atto dovuto ed il Governo non può sottrarsi alla sua responsabilità, che è costituzionalmente prevista. Ferme ovviamente le risultanze contabili del Rendiconto, il Governo presenterà al Parlamento un nuovo provvedimento, di un solo articolo, al quale aggiungerà come allegati le tabelle ed i dati contabili e di gestione delle singole amministrazioni e delle aziende autonome. Il provvedimento sarà adottato dopo la conclusione di questo dibattito, sarà nuovamente sottoposto al vaglio della Corte dei conti e sarà presentato al Senato.
Il Governo ha il dovere di farlo ma, siccome qualcuno contesta che ne abbia il potere, ritengo utile qualche precisazione, non per partecipare alla disputa tecnico-giuridica che dilaga sui giornali in queste Pag. 2ore, ma solo per lasciare agli atti del Parlamento una precisa assunzione di responsabilità.
La legge sul Rendiconto generale dello Stato e delle aziende autonome appartiene alla categoria delle cosiddette leggi formali, ovvero dei provvedimenti legislativi che hanno soltanto la forma di legge, ma non ne hanno le caratteristiche sostanziali. Infatti, il Rendiconto è costituito da una serie di risultanze e dati contabili, elaborati in sede consuntiva di bilancio dell'anno precedente da parte della Ragioneria generale dello Stato e asseverati dalla magistratura contabile, la Corte dei conti, con apposito giudizio di parificazione, che attesta la veridicità dei dati ed il rispetto dei vincoli finanziari posti dalla legge.
Nell'approvare la legge sul Rendiconto, il cui contenuto è inemendabile perché è comprensivo di dati esclusivamente contabili ormai consolidati, il Parlamento conferisce una copertura legislativa al procedimento di accertamento e di verifica del bilancio dell'anno precedente.
In caso di votazione negativa di una Camera parlare di sfiducia nei confronti del Governo è quindi del tutto improprio perché il Rendiconto è un atto squisitamente di riscontro contabile, e non rientra, infatti, nell'elenco di cui all'articolo 7 della recente legge di riforma, la n. 196 del 2009, la legge che individua gli strumenti della programmazione finanziaria per i quali è certamente necessaria una consonanza tra Esecutivo e Parlamento. L'equiparazione, proclamata dai partiti della minoranza, tra Rendiconto e leggi di bilancio e di stabilità è pertanto del tutto forzata e strumentale. Il Governo quindi intende porre rimedio al negativo episodio del rigetto dell'articolo 1 del Rendiconto, nel doveroso rispetto dei poteri del Parlamento, ma anche di quanto disposto dall'articolo 81 della Costituzione. A questa soluzione non c'è alternativa per il bilancio e per il funzionamento stesso dello Stato, come del resto sul piano politico non c'è alternativa credibile a questo Governo nelle Assemblee elettive di Camera e Senato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio). Infatti non è un fattore aritmetico quello che decide, è un fattore politico di eccezionale rilevanza. Perché?
Primo, perché è finita l'epoca in cui i Governi li faceva una casta di capipartito (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio). Ora i Governi li fanno gli elettori, e li fanno votando per un simbolo in cui è esplicitamente indicato il capo della coalizione candidato alla Presidenza del Consiglio. L'alta vigilanza arbitrale del Presidente della Repubblica, peraltro impeccabile (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio), sorveglia sul regolare funzionamento delle istituzioni e stimola civilmente e moralmente i soggetti della politica, senza fare politica. Il Parlamento controlla, legifera, dà e toglie apertamente la fiducia politica, ma quando una maggioranza e il suo leader la perdono la parola deve ritornare agli elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio). Questo è il sale della democrazia parlamentare nell'epoca del bipolarismo. Questa è la regola che protegge la stabilità degli Esecutivi e la loro autorevolezza, chiunque governi, e questa norma democratica, che è stata autorizzata dalla prassi costituzionale e che stata smentita a caro prezzo anche nel recente passato da pasticci e da ribaltoni, questa norma democratica dobbiamo custodirla come un tesoro se non vogliamo che cadano sulle istituzioni elettive la diffidenza ed il dispregio che il partito degli sfascisti lavora a pieno tempo per diffondere (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).
Secondo, perché le opposizioni esercitano un legittimo diritto-dovere di critica, anche aspra, ma sono oggi frastagliate e divise, anzi sono addirittura sparite (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio), e concentrano su chi vi parla una campagna demolitoria aiutata dalle calunnie di cui è autore un circuito mediatico-giudiziario, Pag. 3ma non hanno né un Esecutivo di ricambio né un programma definito da proporre agli elettori.
Terzo, perché una crisi di Governo al buio oggi determinerebbe la vittoria del partito declinista, catastrofista, speculativo, in azione da mesi in Europa e in Italia. Io sono qui, e con me una maggioranza politicamente coesa, al di là degli incidenti d'Aula, sono qui con la mia maggioranza per testimoniare che l'Italia ce la fa, ce la farà, e può rilanciarsi battendo la strategia del pessimismo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Popolo e Territorio e Misto-Repubblicani-Azionisti). Il cuore - lo sappiamo e lo vediamo - del sistema bancario europeo è sotto attacco della speculazione. I mercati finanziari si comportano in modo volatile, minacciando la stabilità dell'euro, che è il pilastro della costruzione europea.
Ma faremmo torto alla verità dei fatti se non si ricordasse che la moneta unica ha un vizio d'origine, in quanto non esiste ancora un'autorità europea che possa coordinare le politiche fiscali e che possa emettere bond. La crisi economica subirà una svolta positiva solo nel momento in cui l'Europa si dimostrerà capace di fare un passo avanti decisivo nell'unità politica, nel coordinamento delle politiche economiche, nel coordinamento delle politiche della difesa, nel coordinamento della politica estera. Finché rimarremo un grande corpo economico con una piccola testa politica la crisi economica rischia di trascinarsi insoluta, con il pericolo che l'Europa possa diventare un fattore destabilizzante dell'intera economia mondiale. In questo grande teatro, l'Italia ha un debito enorme, che abbiamo ereditato dal passato, ma un debito reso sostenibile grazie all'azione di questo Governo che ha garantito un deficit inferiore a quello dei nostri partner, che ha garantito un avanzo primario da primi della classe. L'Italia ha, inoltre e soprattutto, un sistema produttivo, gravato certo da molte rendite e chiusure corporative e dalla fragilità indotte da una lunga epoca di scarsa crescita, ma vitale, esportatore, ricco e vivo in molte parti del Paese che sono, a giudizio di tutti, come e più di una Baviera d'Europa.
I nostri problemi li conosciamo: il mancato sviluppo di sani investimenti che producano lavoro nel Sud, sebbene i dati dell'occupazione ci mettono largamente al di sopra dei Paesi dell'Unione europea che hanno cifre di inoccupazione che arrivano sino al 25 per cento; abbiamo un'economia sommersa che si può far emergere virtuosamente solo attraverso una radicale riforma fiscale e una contestuale lotta all'evasione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio); conosciamo lo stato della pubblica amministrazione, pletorica, inefficiente, che spesso si traduce quasi in un'oppressione burocratica nei confronti dei cittadini e delle imprese; conosciamo la situazione della giustizia civile, con tempi inaccettabili (non parlo della giustizia penale per amor di patria); sappiamo e conosciamo il gap nelle nostre infrastrutture rispetto agli altri principali Paesi con cui ci dobbiamo confrontare (si calcola che il costo in più della logistica, dovuto al fatto che per trent'anni non si sono costruite arterie stradali e ferroviarie al pari di quello che hanno fatto gli altri Paesi, comporta un 34 per cento in più della nostra spesa nella logistica medesima); infine, abbiamo un problema di contrattazione sindacale, di mercato del lavoro e di dimensione asfittica di molte imprese che l'associazione degli industriali dovrebbe affrontare, insieme al Governo e alle parti sindacali responsabili, visto che la vecchia lotta di classe è tramontata per sempre.
I cambiamenti, così insistentemente evocati, possono tuttavia derivare solo da uno sforzo corale della comunità nazionale e da una grande battaglia civile, politica, culturale. Il nostro Governo comunque andrà avanti, senza farsi condizionare da nulla, se non dal rispetto della Costituzione e dagli impegni europei. A chi ci chiede di fare un passo indietro rispondiamo chiaramente che mai come in questo momento sentiamo la responsabilità di non accondiscendere a questa richiesta, Pag. 4non per preservare dei poteri, ma nella convinzione che, oggi, questo Governo non abbia alternative credibili e che le elezioni anticipate non sarebbero una soluzione per i problemi che abbiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio). Mi domando: c'è, in questo Parlamento, qualche persona di buon senso che può veramente credere che un Governo tecnico avrebbe più forza di un Governo democraticamente legittimato, come lo è il nostro, nell'assumere quelle decisioni difficili, a volte impopolari, che la crisi impone?
Oggi il nostro primo compito, il nostro primo dovere è di mettere l'Italia al riparo dalla crisi economica e di farlo tutelando i risparmi e gli interessi delle famiglie e delle imprese ed assumendoci la responsabilità delle nostre scelte, diversamente da un Governo tecnico, che mai si sottoporrebbe al giudizio degli elettori. Abbiamo perseguito questo obiettivo con una manovra impegnativa e dolorosa, che garantisce per la prima volta il pareggio di bilancio entro il 2013, un traguardo inimmaginabile fino a poco tempo fa, che è giusto diventi un impegno vincolante anche per il futuro, con una specifica clausola inserita nella nostra Costituzione.
Ora, come tutti voi sapete, ci accingiamo a presentare un provvedimento a favore dello sviluppo, nella consapevolezza che una politica di rigore senza contemporaneamente promuovere una politica per la crescita rischia di condurre alla stagnazione dell'economia e, di conseguenza, ad un ulteriore peggioramento degli stessi conti pubblici. Una cosa deve essere chiara: noi vogliamo sconfiggere la strategia della paralisi e del pessimismo. Lo faremo con il decreto sviluppo, che è solo un mattone che intendiamo mettere nella costruzione del muro contro la sfiducia. Il pareggio di bilancio ci sarà. Il nostro sistema di credito sarà protetto sia dall'intervento necessario del sistema economico e monetario in cui siamo onorevolmente inseriti fin dalla sua fondazione, sia dalla ripartenza del Paese.
Continueremo a lavorare nell'interesse delle famiglie e delle imprese per il bene dell'Italia, anche se contro di noi è stata montata una campagna di inusitata violenza da un'opposizione unita solo dall'antiberlusconismo, ma divisa su tutto, a partire dall'economia: basti pensare che il suo primo atto di governo sarebbe quello di respingere al mittente la lettera della Banca centrale europea.
Vogliamo dunque utilizzare al meglio la parte restante della legislatura per completare il risanamento del Paese, per avviare una fase strutturale di crescita e per completare il nostro programma di riforme, riforme che sono necessarie ed indispensabili per la modernizzazione del Paese. Quali sono queste riforme lo conoscete, sono già approvate dal Governo e sono già alla vostra attenzione: la riforma dell'architettura istituzionale dello Stato, indispensabile per consentire a chi governa di agire con la rapidità e l'efficienza imposte dai tempi e per dare voce ai territori, attraverso un'adeguata rappresentanza nel Senato federale; la riforma del fisco, per ridurre il carico tributario sui soliti noti e portare gli evasori nell'area dei contribuenti virtuosi; la riforma della giustizia, per realizzare una giustizia giusta, al servizio del cittadino e porre fine all'uso politicizzato che da troppo tempo ne viene fatto.
Chi nell'opposizione vuole continuare ad erigere patiboli di carta, chi ama spregiare il proprio Paese, chi vuole gridare più forte e lapidare ogni giorno un nuovo capro espiatorio sappia che ci troverà come ostacolo insormontabile sulla sua strada, sempre ed in qualunque circostanza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).
Chi invece vuole fare proposte concrete e discutere ed intanto prepararsi alle elezioni del 2013, dando una prova di responsabilità civile agli italiani, sarà, anche nel confronto dialettico, un interlocutore valido ed utile al Paese. Le istituzioni si difendono con la serietà e con la responsabilità e non facendo perdere tempo al Paese. Pag. 5
Vi ringrazio e vi invito a confermare la fiducia nel nostro Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Popolo e Territorio e Misto-Repubblicani-Azionisti).

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
È iscritto a parlare l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà. Onorevole, le ricordo che ha dieci minuti.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, mi permetta di iniziare questo mio intervento, segnalando che oggi siamo qui a causa di una colpevole leggerezza dei parlamentari della maggioranza, che hanno consentito, con la loro assenza, due giorni fa, un incidente di percorso parlamentare, con riferimento al quale, come ha già fatto non avendone responsabilità il Presidente del Consiglio, avvertiamo forte la responsabilità e la necessità di scusarci di fronte a tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).
Riteniamo che sia doveroso, in quest'occasione, dire di fronte agli italiani e a noi stessi, che è finito il tempo della ricreazione e che la possibilità e la necessità di ricostruire la credibilità della politica passa anche e, soprattutto, attraverso l'assunzione di responsabilità che tutti noi - dal più giovane dei deputati al più titolato dei ministri - dobbiamo nell'esercizio delle nostre funzioni. Tuttavia, signor Presidente, è altrettanto palese che su questo incidente di percorso si sia avviata un'operazione - l'ennesima - di speculazione politica da parte di un'opposizione che ha cercato di creare un sillogismo per cui il venir meno di un voto parlamentare avrebbe, di per sé, determinato l'assenza della fiducia nei confronti del Governo; un'operazione contrapposta alla nostra valutazione che, per l'appunto, si richiama ad un incidente di percorso.
In particolare, si è determinata la circostanza - l'approvazione di un rendiconto, che, sostanzialmente, è un atto dovuto - su un provvedimento che ha già esaurito la propria attualità e che non ha la possibilità di vedere alcun intervento emendativo, perché, si tratta di validare numeri e conti che hanno già esaurito la loro storia. Ciò ha portato, signor Presidente, il 17 settembre del 2008, per fare solo un esempio, questa maggioranza a votare compattamente per l'approvazione del Rendiconto generale dello Stato per il 2007 - per intenderci, quello che portava dal 1o gennaio al 31 dicembre la responsabilità dell'allora Presidente del Consiglio, onorevole Romano Prodi -, con la votazione favorevole di 416 deputati, di cui ben 178 del gruppo del Popolo della Libertà, e con soli 30 voti contrari, di cui 2 del Partito Democratico e 28 dell'Unione di Centro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). È evidente, che la buona educazione non si può chiedere a chi non ce l'ha e a chi preferisce speculare in una stagione economicamente difficile per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
È per questo che, oggi, senza indugio, il Presidente Berlusconi ha inteso mettere se stesso e il proprio Governo di fronte alla responsabilità di riassumere la fiducia delle Camere per sciogliere il dubbio, una volta per tutte, che si sia trattato esclusivamente di un incidente, di cui siamo colpevolmente responsabili.
Oggi, però, l'opposizione sfrutta anche - bisogna riconoscerlo, signor Presidente - una curiosa interpretazione della Giunta per il Regolamento, per effetto della quale la mancata approvazione di un articolo, del primo articolo di un provvedimento, ne determinerebbe nei fatti il decadimento complessivo. Una Giunta - è giusto ricordarlo, signor Presidente -, la cui rappresentanza non corrisponde alle maggioranze che, in questo Parlamento, si sono consolidate.
Ciò, in modo esattamente contrario a quanto lei stesso, signor Presidente Fini, ha inteso voler difendere il 21 maggio 2008, quando aveva integrato la composizione Pag. 6della Giunta con un rappresentante del gruppo Misto appartenente alla stessa maggioranza, per garantire - sono parole sue, Presidente Fini - un equilibrato rapporto numerico tra la maggioranza e l'opposizione. Dunque, 7 a 5, allora, a favore della maggioranza; curiosamente, 7 a 5, oggi, a favore dell'opposizione, nel momento in cui la corretta rappresentanza proporzionale dei numeri della Giunta rispetto alla maggioranza che sostiene il Governo non sembra più essere, purtroppo, in cima ai suoi pensieri (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Oggi, addirittura, le opposizioni scelgono la strada dell'Aventino, con la sola eccezione della delegazione dei deputati Radicali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio), ai quali va la nostra stima - quale che sia il contenuto del loro giudizio, che esprimeranno di qui ad un attimo, nei confronti del Governo - per il senso delle istituzioni che, una volta di più, vogliono insegnare anche a quella parte dell'emiciclo.
Voi scegliete la strada dell'Aventino per sostenere una truffa «al quadrato». Non solo: avete più volte cercato sotterfugi più o meno di vecchio stampo per sovvertire con alchimie parlamentari l'esito di un voto che, esso solo, può legittimare un Governo ad operare. Oggi provate a sostenere che il Governo sarebbe sfiduciato per il venir meno della maggioranza parlamentare in una votazione nella quale tutto era in discussione, tranne la fiducia espressa al Governo.
È un peccato - voglio rilevarlo - che alla scelta di scappare dal Parlamento partecipi anche il partito che è stato formato, voluto e costituito dal Presidente della Camera dei deputati, mentre è nel pieno esercizio delle sue funzioni istituzionali. Lo riteniamo uno schiaffo al Parlamento e un insulto agli italiani che vedono, proprio nello svolgimento del corretto dibattito parlamentare, la possibilità di esprimere, attraverso noi che siamo i loro delegati, le loro sensibilità. È uno schiaffo che date soprattutto agli elettori del centrosinistra e dell'opposizione, i quali - tramite voi, che siete i loro rappresentanti parlamentari - intendono dirci in faccia i motivi e le argomentazioni per i quali non si riconoscono nella nostra azione di Governo e che oggi sono «zittiti» dalla vostra colpevole e vergognosa assenza da questi banchi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
L'Aventino, d'altra parte, è da mesi una vostra tentazione, che ritorna nei refrain pubblici e privati, sui quali ci avete un po' annoiato, nonostante l'Aventino sia condannato dagli esiti della storia: voglio ricordare che anche autorevoli commentatori - certamente nessuno dei quali ascrivibili alla nostra parte politica - lo hanno ricordato.
Lo ha cominciato a ricordare Stefano Cappellini - ottimo redattore di Liberazione, poi de la Repubblica e, oggi, de Il Riformista, tre organi di stampa non esattamente assimilabili alle simpatie del Governo - il quale, in più occasioni, riguardo all'Aventino dice che la proposta, che «non gode certo di buoni precedenti storici», comporta la necessità di «disertare le istituzioni», ma si tratterebbe di «un atto antidemocratico». Egli prosegue dicendo: «L'idea che l'opposizione si renda "complice" di qualcosa, qualunque cosa, semplicemente facendo il suo dovere, cioè dando fino in fondo battaglia in aula, è la prova definitiva che il male che si sta divorando la nostra democrazia, lo svuotamento e la decadenza del Parlamento sovrano, non è certo solo figlia del Porcellum (...). Il virus ha attecchito bene, eccome, anche a sinistra, dove le trombe del primitivismo, del massimalismo un tanto al chilo, suonano a tutte le ore e spesso riescono a coprire, quando non a zittire, la voce della politica» (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Lo dice ancora Sergio Romano, ricordandoci la storia, quando dice che i tentennamenti degli aventiniani dimostrano al Paese che l'opposizione non ha un progetto e non è in grado di accordarsi su un Pag. 7Governo alternativo. Esattamente ciò che già spiegato egregiamente il Presidente Berlusconi nel suo intervento.
E da ultimo, lo stesso presidente Franceschini, non sei secoli fa, ma il 18 settembre scorso, meno di due settimane fa, ha avuto modo di dire: purtroppo le soluzioni drastiche è provato che non funzionano. Anche la coerenza è provato che non le funzioni, onorevole Franceschini (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
E ancora, per rispondere al curioso tentativo di associare la caduta del Governo al voto, ci rimettiamo un'altra volta alle parole di terzi, in questo caso le parole dell'emerito Presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida, il quale proprio ieri diceva che la bocciatura del Rendiconto non implica dimissione automatica del Governo, quanto piuttosto la verifica del rapporto di fiducia da parte del Parlamento: «Tecnicamente il rendiconto non è una legge autorizzativa, è piuttosto una legge ricognitiva. Se ci sono provvedimenti successivi che dipendono da esso c'è un condizionamento. Ma secondo me non ci sarebbero problemi a ripresentarlo nella stessa forma. Il ne bis in idem non è un ostacolo, perché bisogna guardare alla sostanza. O il rendiconto è sbagliato, e allora si boccia, o è giusto e allora si può rivotare lo stesso testo». Siamo d'accordo con l'emerito Presidente della Corte costituzionale.
Peraltro, se valesse la tesi per cui la bocciatura del Rendiconto lo renderebbe non ripresentabile, questa tesi - lo voglio dire in chiaro a quelli che, una volta di più, cercano le scorciatoie della furbizia dialettica - varrebbe erga omnes: non si potrebbe dire che questo testo non può essere ripresentato da questo Governo e magicamente potrebbe, invece, esserlo da qualunque altro Governo, il quale avrebbe, a differenza di questo, la sola differenza di non essere legittimato dal consenso popolare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Insomma, si tratta, sempre e solo, del tentativo di prendere delle scorciatoie per arrivare al Governo senza chiederlo agli italiani.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Allora, al Presidente Berlusconi vogliamo dire che avrà la fiducia perché ci riconosciamo nel programma che ha illustrato, ci riconosciamo nell'azione politica che sta svolgendo e che ha svolto e che non mancherà l'impegno e la maggiore responsabilità di tutti noi perché questa nuova fase della crisi economico-finanziaria possa vedere, con la sua guida, il successo del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, abbiamo apprezzato il senso di responsabilità, di rispetto istituzionale ma soprattutto di rispetto nei confronti dei cittadini in base al quale, dopo l'incidente che si è verificato sull'approvazione del rendiconto di bilancio - un incidente grave che non abbiamo inteso minimizzare - lei ha deciso comunque di presentarsi qui alle Camere con questo importante momento di confronto e di verifica che si avrà nella giornata di oggi e con la votazione della questione di fiducia nella giornata di domani. Ciò per certificare che questa maggioranza non solo ha i numeri per poter andare avanti a governare nell'interesse del Paese, ma per certificare anche che questa maggioranza ha slancio, ha idee per dare al Paese quelle risposte che chiede, per dare concretezza, quelle idee e quelle risposte concrete che, in questo momento, i cittadini si attendono.
Allora, signor Presidente del Consiglio, in questo momento, che sicuramente è un momento non facile - ha elencato anche lei quelli che sono i problemi del Paese - non possiamo condividere né il pessimismo, Pag. 8né i catastrofismi, né le accuse di coloro che vorrebbero addossare la responsabilità di una crisi, che è a livello internazionale, unicamente a questo Governo, che vorrebbero addossare a noi tutta questa responsabilità.
Noi dobbiamo difendere l'operato del Governo perché in un momento di congiuntura internazionale non facile abbiamo saputo, con scelte anche coraggiose, con scelte anche dolorose, approvare delle manovre finanziarie che hanno messo i nostri conti al riparo dalle speculazioni internazionali e hanno dato le risposte che l'Europa ci chiedeva. Ci hanno consentito di ottenere, a breve, uno storico risultato, quello del pareggio di bilancio.
Ma forse, in quest'ultimo periodo, signor Presidente del Consiglio, abbiamo dato l'impressione, mi consenta l'utilizzo di un termine calcistico, di giocare un po' troppo in difesa. Ora, signor Presidente del Consiglio, è il momento di tornare a giocare, ma intendo a governare, all'attacco (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Popolo e Territorio).
Lei ha ragione quando dice che il nostro Paese ce la può fare - lo ha detto anche ieri il governatore della Banca d'Italia, Draghi - ma per farcela occorre avere coraggio e noi questo coraggio lo aspettiamo da lei e da questo Governo. Soprattutto, bisogna andare avanti nel percorso delle riforme e del cambiamento, bisogna dare al Paese le riforme necessarie. Vede, signor Presidente, la Lega Nord Padania è nata per il cambiamento, è nata per le riforme, è nata per il federalismo, in questi tre anni e mezzo la Lega Nord Padania è stata un elemento di forte stabilità e di garanzia per il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e la nostra permanenza all'interno del Governo è stata proprio dettata e ha avuto come ragione di essere la realizzazione di una riforma epocale, la riforma di tutte le riforme: il federalismo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Oggi, noi stiamo cercando di adottare misure per rispondere a quello che è l'enorme debito pubblico che abbiamo ereditato, ma per ridurre la spesa pubblica la medicina migliore sarà il federalismo fiscale. Quando il federalismo fiscale sarà veramente a regime, quando avremo la possibilità di non avere più delle spese basate sulla spesa storica ma finalmente sui costi standard, i cittadini con trasparenza sapranno e potranno giudicare quali sono gli enti spreconi che amministrano male le loro risorse e quali sono invece gli enti e le regioni virtuose e potranno giudicarli e mandarli a casa. Questo finalmente ridurrà la spesa pubblica, e vi sarà un meccanismo virtuoso che premierà coloro che sono in grado di amministrare bene le nostre risorse.
Però, signor Presidente bisogna andare avanti su questa strada. Il federalismo ha segnato un passaggio importante, e devo dire che è stato anche uno dei pochi passaggi. Ciò grazie al Ministro Bossi, al Ministro Calderoli e a tutti coloro che hanno collaborato con spirito di condivisione all'interno di questo Parlamento. Non è facile trovare la condivisione, perché l'opposizione, al di là delle parole, in questi tre anni, non ha mai avanzato delle proposte, è sempre stata sull'Aventino, dal punto di vista programmatico, signor Presidente. Il federalismo fiscale è stata un'eccezione.
Bisogna andare avanti sulla strada, appunto, del cambiamento, nel proseguimento del completamento del percorso federalista. Lei, giustamente, ha parlato di riforma dell'architettura istituzionale dello Stato: bisogna andare avanti senza indugio. Occorre porre fine al bicameralismo perfetto, che non è più in grado di dare delle risposte al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Si tratta di un meccanismo che è ormai inefficiente e i fatti di questi giorni lo hanno dimostrato. Bisogna dare veramente istanza alle esigenze territoriali e, quindi, occorre un Senato delle regioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Inoltre, occorre procedere senza indugio anche alla riduzione del numero dei parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Pag. 9
Signor Presidente, la Lega Nord ed il suo Governo, nella legislatura dal 2001 al 2006, avevano già approvato un'importante riforma costituzionale, la cosiddetta devolution. In quella riforma vi era già la riduzione del numero dei parlamentari e, quindi ne possiamo rivendicare con orgoglio la paternità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ci fu poi un referendum confermativo, che probabilmente i cittadini non capirono, perché ci fu una propaganda sbagliata, soprattutto da parte dell'opposizione, che adesso invece invoca questo tipo di riforme, e i cittadini non capirono e, quindi, la riduzione del numero dei parlamentari si bloccò. Ma adesso dobbiamo andare avanti, senza indugio e con tempi certi, perché, Presidente, abbiamo apprezzato il suo discorso e la centralità che ha dato a questo argomento, però avremmo gradito che vi fosse un'indicazione certa dei tempi.
Abbiamo davanti diciotto mesi di legislatura: dobbiamo dare dei tempi certi ai cittadini entro i quali completare questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio).
Questo glielo avevamo chiesto nel nostro raduno di Pontida, torniamo a chiederglielo adesso. Questa è la credibilità che ci chiede il Presidente Napolitano, questa è la credibilità che ci chiedono i cittadini e il Paese che ci ascolta (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Popolo e Territorio - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, oggi non dovremmo stare qui. Non dovremmo stare qui perché il voto che, come lei ha ricordato, è stato segnato da un incidente parlamentare sul Rendiconto generale dello Stato, non comportava automaticamente le sue comunicazioni e una nuova richiesta di fiducia.
Siamo qui anche per una bizzarra conclusione assunta dalla Giunta per il Regolamento. Non vorrei perdere molto tempo su quella che può apparire una vicenda solo tecnica, perché quella vicenda, invece, ha profonde implicazioni politiche ed istituzionali. La Giunta per il Regolamento, a maggioranza, e condizionata da una scelta errata da parte del Presidente della Camera, ci costringe oggi a sviluppare una discussione sulla fiducia al Governo e ad una verifica sulla maggioranza, perché un componente che di quella Giunta per il Regolamento faceva parte in quanto designato dal gruppo Misto e da esponente della maggioranza, non è stato sostituito, come doveva essere sostituito, da un altro esponente del gruppo Misto della maggioranza, ma, per una scelta certamente autonoma, ma non indipendente, è stato sostituito con un esponente dell'opposizione, alterando così i rapporti all'interno della Giunta per il Regolamento tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Per cui oggi assistiamo a un paradosso.
Si sente ogni tanto citare l'eventualità che, se un ramo del Parlamento, pur esprimendo una maggioranza parlamentare, non dovesse essere nella condizione di portare avanti i suoi lavori, potrebbe addirittura essere sciolto.
Ma noi non abbiamo alcun strumento per, non dico, imporre, ma per far riflettere su chi svolge alti compiti istituzionali di terzietà sul fatto che, quando viene meno per propria responsabilità la praticabilità della funzione parlamentare, si dovrebbe far da parte.
Quando sento il Presidente della Camera parlare da capo partito e come uno dei leader dell'opposizione, ribadendo di essere stato sempre terzo rispetto ai lavori della Camera, è un classico esempio in cui il Presidente della Camera non è stato terzo, ma si è imposto in un dibattito parlamentare che non avremmo dovuto tenere (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Partirei da questo dato e arriverei al secondo, che è di natura politica. Spero di Pag. 10avere il tempo per fare qualche riflessione sulle tante cose che hanno fatto il Governo e questa maggioranza. Oggi parliamo con i banchi pieni solo per la presenza dei deputati della maggioranza. L'opposizione non c'è, ma il dato nuovo - e invito i colleghi a riflettere su questo aspetto - è che non c'è quella parte di opposizione che ritiene di essere il centro del centro, che ritiene di essere la parte più moderata dello schieramento politico e che, per non risultare isolata nell'ambito delle opposizioni, che hanno fatto una scelta estremista e anti-istituzionale, è stata anch'essa risucchiata dall'estremismo e dall'attacco alle istituzioni che nulla fanno immaginare per il bene del nostro Paese.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, non so se lo scampanellio mi segnala che sono già trascorsi cinque minuti. Intendo mantenermi chiaramente nell'ambito dei tempi che mi sono stati assegnati. Le trasmetteremo tutte le valutazioni positive su quello che ha fatto il Governo, dall'economia alle leggi che hanno difeso l'ispirazione del nostro Paese.
A quel mondo cattolico che mostra inquietudine voglio ricordare che abbiamo approvato leggi a tutela della vita e della famiglia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Questo è un Governo e questa è una maggioranza che hanno difeso le radici profonde del nostro Paese.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, ha la nostra fiducia, vada avanti e concluda il programma. Vogliamo arrivare al termine della legislatura, indicando le priorità, i tempi e soprattutto fornendo una risposta a quella parte del Paese, la più debole, che si trova nel Sud (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Iannaccone.
È iscritto a parlare l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, oggi siamo qui impegnati in questo dibattito che è surreale perché non si sarebbe dovuto svolgere. Sappiamo tutti che cosa è successo in Aula martedì pomeriggio. C'è stato - dobbiamo dirlo e sottolinearlo - anche un atto di leggerezza e forse anche qualche cialtroneria da parte di esponenti della maggioranza, ma c'è stato un comportamento irresponsabile da parte dell'opposizione che ancora qui e oggi registriamo di fronte a quei banchi vuoti.
Ma c'è stato anche qualche comportamento discutibile da parte di chi, da arbitro (ossia da soggetto terzo), dovrebbe guidare i lavori di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e sorvegliare su quanto accade nelle Commissioni.
Ha detto bene il collega Iannaccone che ha fatto esattamente la cronistoria di quanto è accaduto nella Giunta per il Regolamento. Ma, collega Iannaccone, il nostro è il Paese di Fregoli, quel grande trasformista che riusciva in un tempo assolutamente rapido nello stesso atto della stessa commedia a svolgere diversi ruoli. È quello che accade in politica.
Dobbiamo dirlo in questo momento importante e anche, per certi versi, drammatico del Paese: non è possibile che l'arbitro, un soggetto terzo, svolga nella politica italiana un comportamento di natura diversa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo dobbiamo dirlo. Mi dispiace, Presidente della Camera, ma non sarei onesto con me spesso se sottacessi, almeno in questo momento, quel che penso.
Ma, caro Presidente, oggi noi, di fronte a quest'Aula vuota, dobbiamo pure svolgere altre considerazioni. Disertare il Palazzo - così come anche oggi registrava un commentatore del Corriere della Sera, Antonio Polito, certamente soggetto non politicamente a noi affine o vicino - sa più di astensione che di impegno, una mossa Pag. 11più vicina all'antipolitica che alla politica. Si trasferisce quindi l'ago della lotta politica in un posto diverso da quello deputato all'esercizio della democrazia. Sappiamo che questo è un precedente pericoloso che di fatto legittima e può legittimare comportamenti della piazza e comportamenti che, in altri momenti storici, hanno portato a pagine drammatiche della storia del nostro Paese.
Sappiamo, tra l'altro, che nella città di Roma sabato si aspettano dei gruppi eversivi, come i black bloc e i no global, che provengono da diversi Paesi d'Europa e che questi gruppi estremamente pericolosi possono anche saldarsi con movimenti velleitari del nostro Paese. Il nostro certamente è un Paese forte, è una democrazia forte, è un Paese che non ha paura di questo, ma evidentemente maggior senso di responsabilità da parte della politica, di tutta la politica, e soprattutto di quei signori, di quei partiti che oggi hanno disertato l'Aula, non guasterebbe.
Questa è anche una mancanza non solo di senso civico, ma anche uno spregio nei confronti dell'interesse sovrano del Paese. Infatti, provare gioia e manifestare entusiasmo per una spallata nei confronti del Governo è un atto comprensibile. Capisco anche che si prova e si lavora per mettere in difficoltà il Governo e la maggioranza, ma quando si lavora per mettere in difficoltà il Paese, specie in un momento così drammatico dell'economia nazionale e dell'economia globale, è solo senso non del dovere, ma di irresponsabilità.
Quei signori sono ancora figli di una cultura antica, la cultura del «tanto peggio, tanto meglio», quando forze politiche erano «in intelligenza» con i nemici del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Mi meraviglio che le forze centriste, o «sedicenti centriste», di questo nostro Parlamento siano ancora una volta «complici» e «conniventi». L'opposizione, tutti i giorni, i giornali, le televisioni, chiedono una cosa ossessivamente in questo momento, chiedono che il Presidente del Consiglio faccia un passo indietro, vogliono che il Governo si dimetta, che si vada ad elezioni oppure che si formi un cosiddetto governo tecnico. Queste soluzioni che loro propongono non farebbero male al Popolo della Libertà, alla Lega Nord, all'attuale maggioranza, ma farebbero male unicamente ed esclusivamente al Paese. E, quando dicono che questo Governo e questa maggioranza non hanno più i numeri per garantire stabilità al Paese, mentono sapendo di mentire.
Hanno dimenticato che, durante il periodo 2006-2008, accadeva in un'Aula del Parlamento italiano, in particolare al Senato, una scenetta ben più grave di quella di oggi. Hanno dimenticato le volte in cui «andavano sotto», quasi tutti i giorni, nelle Commissioni e in Aula, e quella scena addirittura patetica dei senatori a vita portati quasi in barella, portati con le autoambulanze, inchiodati al banco al di là di ogni ragionevole comportamento e di ogni ragionevole sensibilità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Lo hanno dimenticato perché la loro memoria è breve, ma lo hanno dimenticato perché soprattutto odiano. E lei, Presidente, ha ragione di dire che qui vi è un'opposizione che odia perché odiano non soltanto i loro avversari, ma odiano soprattutto il Paese e sono contro il bene comune. È questo il motivo, caro Presidente, perché lei - come ha detto il nostro segretario - deve ancora fare tre passi in avanti. Io non voglio qui ricordare pedissequamente quelli che sono i risultati, quelli che sono stati i risultati dell'azione di Governo. Potrei parlare del miglioramento dei conti pubblici, dell'avanzo primario, del pareggio di bilancio nel 2013, dei successi ottenuti da questo Governo nei confronti della lotta alla criminalità organizzata, del numero dei latitanti arrestati. Queste cose le sappiamo, le abbiamo dette, le conoscono tutti.
Oggi la questione è ben altra: in un momento di estrema difficoltà andare ad elezioni anticipate, oppure andare ad un «pasticciaccio», ad un cosiddetto Governo tecnico o di tecnocrati, farebbe assolutamente male al Paese. Pag. 12
Oggi il Paese ha bisogno di una maggioranza seria e responsabile; di un Governo e di una maggioranza seri e responsabili, così come noi abbiamo. Ha bisogno anche di una opposizione seria e responsabile per portare qui in quest'Aula, di fronte agli italiani e nell'Aula del Senato, le questioni veramente importanti ossia la riforma del fisco, le riforme dell'impianto costituzionale, la riforma della giustizia, che non può più aspettare. Anzi, se proprio ho una remora, personalmente ritengo che questa riforma dovevamo farla sin dal primo giorno della legislatura, addirittura con un voto di fiducia, visto che in questo Paese sulle questioni importanti non si riesce mai a trovare una convergenza.
Quindi, signor Presidente, colleghi del Popolo della Libertà, della Lega e della maggioranza, dobbiamo esprimere ancora una volta un voto di fiducia convinto perché il Paese ce lo chiede, il Paese ne ha bisogno e perché siamo convinti che, operando su questa direzione e in questa maniera, rispondiamo positivamente ad un interesse sovrano, che è quello di consegnare a chi verrà dopo di noi un'Italia migliore di quella che noi abbiamo trovato. Sono convinto che abbiamo ancora il tempo per fare alcune riforme importanti, per migliorare ulteriormente i conti pubblici, per presentarci al turno elettorale naturale del 2013 con le carte in regola.
Poi saranno i cittadini italiani a decidere. Poi sarà il popolo sovrano, ma certamente non le congiure di palazzo agevolate tutti i giorni da qualche manutengolo di palazzo. Abbiamo il dovere di dire queste cose e di dirle agli italiani. Abbiamo il dovere, signor Presidente, di dirle ai colleghi dell'opposizione, facendo un appello a quei colleghi dell'opposizione che oggi sono fuori da quest'Aula, perché costretti dai loro gruppi dirigenti. Li abbiamo incontrati ieri, l'altro ieri e anche questa mattina. Parecchi di loro hanno dubbi su quello che stanno facendo. Parecchi di loro vorrebbero essere qui, anche a contestare e a fischiarci, vorrebbero essere qui per incarnare e per interpretare il ruolo che i cittadini hanno dato loro. Invece, sono costretti a restare fuori e sanno benissimo che questa scelta è assolutamente disastrosa e sarà sicuramente grave e peserà non soltanto oggi, ma anche nelle prossime settimane e nei prossimi mesi di questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Noi comunque abbiamo il coraggio delle nostre idee, abbiamo la forza nei nostri cuori e, signor Presidente, abbiamo soprattutto la coscienza pulita. Quindi, signor Presidente, auguri e andiamo avanti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Desiderati. Ne ha facoltà per sette minuti.

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ministri, onorevoli colleghi, faccio il sindaco e ho un senso pratico molto spiccato. Oggi non dobbiamo trovare la fiducia del Parlamento, ma della Nazione. Per fare questo dobbiamo passare necessariamente attraverso un riavvicinamento al territorio e alla nostra gente. Allora le farò un esempio che magari qualcuno ha anche letto sui giornali.
Tempo fa una compagnia straniera, la Singapore Airlines, ha chiesto la possibilità di «fare dei voli» su Milano Malpensa. Lei sa, signor Presidente, che da quando c'è stata la privatizzazione di Alitalia, questa ha scelto come hub esclusivo Fiumicino, facendo perdere cinque milioni di passeggeri a Milano Malpensa e, quindi, più o meno, tra posti diretti e indiretti, 5 mila posti di lavoro.
Singapore Airlines chiede al Governo e al Ministro dei trasporti di «poter fare dei voli» su Milano per posizionare un hub che potrebbe andare a Milano o a Barcellona e, quindi, correttamente vuole capire se c'è sviluppo di traffico a Milano oppure «no». Ringrazio il Governo e il Ministro che in questi giorni ci hanno fornito rassicurazioni sul fatto che ciò verrà concesso, ma sono trascorsi tanti mesi, troppi mesi. Quindi, invito tutti ad un senso di praticità molto più spiccato. Pag. 13
Lei ha citato, nel suo discorso, il «decreto sviluppo», che è uno strumento certamente importantissimo, ma che dovrà guardare anche alle cose piccole. Il rilancio della nostra economia non passa dalle opere faraoniche, non passa dal ponte di Messina, ma passa dall'attenzione al territorio e dalle piccole cose che la nostra gente si aspetta. Quindi, abbiamo la necessità di stare vicini alla nostra gente e di fare quello che si aspetta.
Le faccio un altro esempio. Questa estate abbiamo ratificato una manovra finanziaria in cui vi era un principio corretto, che era quello del risarcimento dell'aeroporto del comune di Trapani per il fatto che ha perso i diritti di imbarco sui passeggeri, essendo stato l'aeroporto da cui sono partiti i voli militari per la missione in Libia. Ebbene, il giusto risarcimento al comune di Trapani sapete chi lo paga, con quello che abbiamo approvato ad agosto? Non lo paga il Governo o qualche Ministero, ma lo pagano i comuni che ospitano tutti gli altri aeroporti d'Italia. Cioè, noi abbiamo fatto e abbiamo applicato un federalismo nel modo più scorretto possibile. Risarciamo il comune di Trapani di un ingiusto danno che ha subito, facendolo pagare a tutti gli altri comuni d'Italia che ospitano gli aeroporti. Questo, Presidente, non va bene.
Le ho portato un esempio della mia terra, che è la Padania. La Padania, poi, è quella terra che qualcuno dice che non esiste perché non la trova sulle cartine, ma è la terra che paga le tasse e con le sue tasse mantiene tutta la nazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Dunque, invito lei e tutto il Governo ad avere molta più attenzione per il territorio. Ritroveremo la fiducia della nostra gente se ricominciamo a fare le cose per loro. Le cose grandi sono importanti, ma anche quelle piccole. L'attenzione ai dettagli non è cosa da poco. Quando diciamo - e lei sa che anche noi, come Lega, ci siamo impegnati su questo - di fare in modo che non vi siano troppi tagli agli enti locali, Presidente, lo sosteniamo perché gli enti locali erogano l'80 per cento dei servizi ai cittadini italiani.
Visto che ho l'occasione di parlare a tutti voi, chiedo anche uno sforzo: cominciamo a guardare veramente dove vanno e come vengono distribuite le risorse ai comuni italiani. Abbiamo i comuni del nord, come il mio, che prendono 41 euro pro capite, per tutto l'anno, da gestire per i nostri concittadini. Il comune di Napoli, caro Presidente, prende 300 euro pro capite per lasciare l'immondizia per strada (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Dunque, cominciamo a fare delle azioni di giustizia e a premiare veramente i comuni virtuosi che non necessariamente sono tutti in Padania. Ve ne sono anche nel sud. Credo che a Salerno vi sia un esempio di buona gestione. Cominciamo a premiare i sindaci e i territori bravi e vedrà che tutta la nazione ne guadagnerà e, soprattutto, riconquisteremo la fiducia dei cittadini, che è quella che dobbiamo cercare, non la fiducia parlamentare che va e viene ed è «attaccata», come dire, alle ambizioni personali di qualcuno. Noi dobbiamo conquistare la fiducia degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà per cinque minuti.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, mia madre mi diceva che non vi è fumo più tossico, per la mente dell'uomo, di quello che si sprigiona dall'incenso. Lo faceva perché tenessi bene a mente il contesto delle cose, senza mai montarmi la testa.
Ebbene, inizio questo mio dire innanzitutto per confermarle la fiducia del gruppo di Popolo e Territorio, ma anche per dirle che se quest'Aula è semivuota ci sarà qualche problema che va oltre l'incidente parlamentare ed è un problema che sottopongo alla sua intelligenza. Infatti, credo che vi sia una sola persona in Pag. 14Italia - e quello che dico è vergin di servo encomio - che possa portare l'Italia fuori dalla crisi: quest'uomo è Silvio Berlusconi, a patto e a condizione che faccia quello che è in grado di fare e quello che ha promesso di fare.
Io rappresento una categoria di imprenditori e di professionisti sanitari, vengo dal mondo delle imprese e dal mondo del lavoro e non necessariamente devo ripetere questa esperienza che - mi consenta di dirlo - non è esaltante. Sono arrivato qua perché sono convinto che l'Italia abbia bisogno della rivoluzione liberale e della speranza che lei ha dato, dal 1994 in poi, alle persone oneste, agli imprenditori, ai professionisti e a quelli che producono ricchezza in questa nazione. Stia attento, signor Presidente, molti le elargiscono incenso, pochi le dicono che deve svegliarsi dal torpore della politica politicante, nella quale purtroppo l'hanno trascinata, lei deve ritornare ad essere e a fare con decisione e determinazione quello che ha promesso al popolo italiano.
Signor Presidente, una nazione che ha 9 milioni di pensioni senza il montante contributivo e che deve vendere 100 miliardi di euro di bond e di buoni del tesoro per pagare quelle pensioni è una nazione che è stata dissanguata dalla politica politicante, dal clientelismo, dall'assistenzialismo e dal criptosocialismo che alberga ovunque lo Stato mette le proprie mani. Luigi Sturzo diceva che lo statalismo rompe il nesso etico che c'è tra la ricompensa ed il merito perché, nel momento in cui è lo Stato a gestire, decide non come l'imprenditore, rischiando sulla sua pelle, ma usando la leva della spesa pubblica, che ha consentito negli ultimi trent'anni di elargire gratificazioni ai contemporanei e di addossarne il costo ai posteri che, come tali, non protestano e non votano.
Ebbene, signor Presidente del Consiglio, gli indignados sono i posteri che sono arrivati nell'epoca in cui devono pagare il conto per i contemporanei di allora. Allora lei è con le spalle al muro, come lo è questa nazione e può uscire da questa situazione soltanto riformandola e non facendo i giochini, può uscirne soltanto confermando il bipolarismo con l'indicazione del Premier sulla scheda.
I politici di mestiere - non faccio i nomi per decenza -, molti dei quali sono anche assenti, ritornando al sistema proporzionale ed alla politica politicante, rielaborerebbero se stessi perché sanno fare solo questo. Lei è un imprenditore, un uomo di estrema intelligenza, si liberi dei cortigiani e faccia quello che noi professionisti le chiediamo: faccia Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, vi sono alcune evidenze nel mondo e nella realtà, che solo un'ideologia cieca può negare. La prima - evidente a tutti - è una situazione economica internazionale complicatissima e non certo per colpa del nostro Governo, la seconda è che il nostro Paese è esposto, da diversi mesi ormai, ad una speculazione finanziaria senza precedenti e - come ha detto giustamente lei - è evidente che in questa fase una crisi di Governo provocherebbe una situazione tale da mettere a rischio non solo il presente, ma anche il futuro del nostro Paese e quello dei nostri figli.
Peraltro, vorrei dire, se ci fossero, ai rappresentanti dell'opposizione che, in caso di una crisi al buio, non vincerebbero certo loro, ma sicuramente vincerebbe un altro partito che non è politico, ma che è quello della speculazione.
Così come è innegabile - ed è un altro dato di fatto - lo sforzo fatto in questi tre anni e mezzo dal Governo per tenere in ordine i conti pubblici - come ha riconosciuto l'Europa - ma anche per l'economia e per l'occupazione. Proprio in questi giorni un rapporto dell'Isfol ha dichiarato e certificato che, grazie alle politiche fatte in questi anni dal Governo per mantenere l'occupazione, abbiamo salvato 700 mila posti di lavoro. I dati Pag. 15sull'occupazione ci danno una crescita, seppure lieve: la disoccupazione, seppure in modo lieve, cala, la produzione industriale - è un dato di queste ore - in quest'anno è aumentata del 4,3 per cento.
La stessa Borsa italiana in questi giorni sta andando bene. Lo ha detto chiaramente lei nel suo intervento signor Presidente del Consiglio, noi siamo contro il declinismo, perché siamo realisti non perché siamo ebeti, e abbiamo fondate ragioni per essere realisti, per guardare la realtà e quindi avere uno sguardo positivo perché nel nostro Paese i fattori per competere ci sono tutti.
Abbiamo un sistema produttivo forte, un sistema imprenditoriale unico al mondo, il primato del tasso imprenditoriale - cioè del rapporto delle imprese sulla popolazione - che gode di una caratteristica antropologica che tutto il mondo ci invidia: la capacità di costruire, di fare sacrifici, di creare bene per sé e per le proprie famiglie. Penso a quei 4 milioni e mezzo di piccoli imprenditori che dovremmo sempre ringraziare e non dimenticarci mai di farlo. Ma abbiamo anche un sistema sociale vivo, capace di rispondere ai bisogni in modo creativo, tante volte molto più di quanto sia in grado di fare il pubblico.
Noi vogliamo guardare a questo positivo che c'è ed è tanto, contro ogni declinismo. Sappiamo anche ovviamente, perché siamo realisti, che ci sono delle difficoltà, come sappiamo altrettanto che la crescita e la soluzione alla crisi non stanno certo nelle ricette della sinistra. Le politiche in deficit spending, le politiche keynesiane che vorrebbero, si stanno dimostrando in questi anni disastrose e comunque sono disastrose in tutti i Paesi con un debito pubblico molto alto, così come la ricetta delle patrimoniali, la vecchia idea molto semplice di portare via risorse che avrebbe solo come effetto di impoverire la nostra economia oltre ad essere ingiusta. Vorrei liquidare queste posizioni con una frase del grande Churchill, che diceva «I socialisti sono come Cristoforo Colombo: partono senza sapere dove vanno. Quando arrivano non sanno dove sono. Tutto questo con i soldi degli altri» (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).
Sappiamo anche che dobbiamo fare tanto per la crescita, abbiamo sulle nostre imprese il problema della burocrazia, il problema di una giustizia civile che rallenta, un problema di oppressione fiscale forte che toglie risorse agli investimenti, abbiamo anche un problema serio, proprio in questi mesi, di liquidità e anche su questo fronte si è fatto tanto, ma dobbiamo andare ancora avanti, dobbiamo portare avanti la riforma dell'articolo 41 della Costituzione che è stata avviata con decisione, il decreto sviluppo e anche la riforma fiscale, una riforma fiscale che premi chi in questo nostro Paese produce il bene per tutti: le imprese che investono, ma anche le famiglie che investono sul futuro facendo figli.
La ricerca presentata la settimana scorsa dalla Conferenza episcopale italiana sulla natalità ci impone una riflessione seria: i dati al 2050 sono molto preoccupanti, ma sulla natalità o interveniamo oggi o il 2050 arriverà subito. Certo, ci vuole gratuità perché il risultato magari non lo vedremo subito, ma lo possiamo fare per responsabilità. Così come dobbiamo dare risposte ai giovani che oggi sono evidentemente la fascia più colpita dalla crisi, abbiamo tassi di disoccupazione troppo alti ma sappiamo anche che l'occupazione non cresce per decreto, cresce se le imprese sono libere di operare, possono investire e possono creare ricchezza per tutti, così come dobbiamo favorire la nascita di nuove imprese giovanili dove l'ostacolo principale resta la burocrazia.
In questi giorni abbiamo ricordato tutti Steve Jobs, che ha aperto l'azienda nel garage. Se da noi una persona prova ad aprire un'azienda nel garage arriva la ASL e la chiude (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), se non è l'ASL è l'ARPA, se non è l'ARPA sono i vigili del fuoco. Se una persona realizza software - che fra l'altro è una nuova forma di impresa che non richiede grandi Pag. 16risorse finanziare alle spalle - che lo faccia nel garage, nel sottoscala, anche in camera sua purché lo faccia!
Dobbiamo anche continuare a lavorare sul debito perché il debito è l'ipoteca che lasciamo sul futuro delle giovani generazioni. Credo che gli italiani possono accettare i sacrifici se glieli chiediamo - e lo facciamo realmente - per i loro figli.
Moltissimo possiamo fare anche a costo zero, tantissimo. Semplificare a noi non costa nulla, complicare costa tanto alle imprese. Dobbiamo modificare l'ISEE, abbiamo un ISEE che premia per l'80 per cento gli evasori e non tiene conto della famiglia; davanti a Montecitorio ieri c'erano le famiglie numerose e c'era un padre di famiglia che diceva: «Ho 44 mila euro di reddito e nove figli, sono fuori dall'ISEE, secondo lei sono ricco»? Lascio ai colleghi la risposta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ebbene, sappiamo però anche che i conti in disordine non fanno crescita e di questo siamo certi. Sappiamo anche che differenza c'è tra costi improduttivi e investimenti che fanno crescere e, pur nelle difficoltà di un bilancio pubblico e di un debito frutto dell'impostazione economica della sinistra, faremo di tutto per aiutare e valorizzare chi costruisce, chi si rimbocca le maniche e chi si impegna per il bene comune. Signor Presidente, tutti noi però dobbiamo - mi rivolgo non solo al Governo, ma anche alla maggioranza - fare una considerazione e rivolgere una domanda. Penso che l'Italia ce la farà se tutti, ciascuno nel suo ruolo, qualunque cosa facciamo - parlo di noi italiani - ci impegneremo fino in fondo per farcela, proprio perché da questa situazione si esce solo con l'impegno di ciascuno. La domanda è questa e la faccio innanzitutto a me stesso: come possiamo chiedere impegno, sacrificio e responsabilità ai nostri cittadini se non dimostriamo di essere i primi ad impegnarci, a fare sacrifici e ad essere responsabili? Questo evidentemente vale anche nell'azione di questo Parlamento, perché noi abbiamo un imperativo morale verso gli italiani: essere uniti per fare tutto quello che dobbiamo fare. Abbiamo la forza per farlo, abbiamo l'esperienza di Governo per farlo e allora facciamolo, perché il Paese premierà chi costruisce e chi si impegna. Di certo non premierà chi si tira fuori, come vediamo oggi in questa Aula, perché questa non è l'ora degli interessi di parte; è l'ora del bene comune e della gratuità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà per sette minuti.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, abbiamo apprezzato la sua relazione, perché l'abbiamo trovata pacata, costruttiva e soprattutto - se mi permette - scevra da inutili polemiche. Riteniamo che questo non sia il momento delle polemiche. Queste possiamo lasciarle agli altri, a coloro che in questi anni ci hanno dimostrato che sanno solo polemizzare e contestare, ma non sanno progettare, proporre e promuovere. Credo che in questo Parlamento - soprattutto noi della maggioranza - dobbiamo essere qui per lavorare, perché questo è quello che ci chiedono i cittadini che noi, come lei giustamente ha fatto notare, siamo stati chiamati ad amministrare. Signor Presidente del Consiglio, condivido con lei che sono stati fatti grandi passi avanti in questo periodo per il contenimento della spesa pubblica, che è stato fatto un grande passo avanti nel momento in cui abbiamo approvato, non molto tempo fa, la potestà dell'azzeramento dei debiti e soprattutto l'impossibilità di poter fare nuovi debiti per la prima volta in questo Paese, fatto estremamente importante. Condividiamo altresì nella sua relazione la parte nella quale ella ritiene che oggi sia soprattutto il momento di ripensare lo sviluppo economico del Paese. Permetta a me allora, in qualità di presidente della Commissione attività produttive, di fare alcune brevi considerazioni. Oggi abbiamo bisogno di aiutare le nostre imprese a operare e lavorare, ma soprattutto, signor Presidente del Consiglio, cercando Pag. 17di capire - ponendoci una domanda che mi auguro trovi una risposta nel decreto che ci presenterete a breve - che le piccole imprese sono completamente diverse dalle grandi imprese. In questo Paese dobbiamo smetterla di fare regole uguali per tutti, nel momento in cui le situazioni, anche territoriali, sono diverse (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dobbiamo capire che nel nostro Paese ciò che può valere per FIAT non può certamente valere per chi finora ha supportato l'economia di questo Paese, il piccolo artigiano con i suoi cinque o dieci dipendenti. Signor Presidente del Consiglio, le chiediamo con forza che all'interno delle regole che lei vorrà proporci e ci sottoporrà ci siano grandi differenziazioni tra ciò che compete alla piccola e ciò che compete alla grande impresa.
Chiediamo grande semplificazione. Noi parliamo con le imprese, parliamo con i cittadini, parliamo con i lavoratori! Non chiedono soldi, come pare faccia capire il presidente di Confindustria Marcegaglia, chiedono di poter vivere e di poter lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Poter vivere e poter lavorare, signor Presidente, significa grande deregulation. Poter vivere e poter lavorare significa lasciare a casa la burocrazia e lasciare libertà alle nostre imprese. Poter vivere e poter lavorare per la piccola e piccolissima impresa, signor Presidente, significa soprattutto permettere loro di potere utilizzare l'autocertificazione, ma di utilizzarla veramente e di utilizzarla perché la riteniamo valida.
Poter vivere e poter lavorare vuol dire anche non fare leggi con cui si parte dal presupposto che l'imprenditore che abbiamo di fronte sia un farabutto, ma riconoscere che gli imprenditori sono gente onesta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), gente che lavora, gente che ha creato - soprattutto la piccola impresa - la produttività e l'economia del Paese.
Poter vivere e poter lavorare significa anche pagamenti in tempi certi e, quindi, applicare quanto prima e velocemente la direttiva europea sui ritardi di pagamento e non permettere che vi siano, come accade in questo periodo, imprese pubbliche - e faccio riferimento ad esempio alle ferrovie italiane - che pagano le piccole imprese anche con due anni di ritardo dal momento in cui hanno consegnato i lavori, impedendogli quindi di poter ulteriormente progredire e di poter lavorare.
Ma credo anche, signor Presidente del Consiglio, che dobbiamo muoverci nel mondo del lavoro, perché se è vero com'è vero - e lei lo ha accennato - che la disoccupazione nel nostro Paese è minore rispetto ad altri Paesi europei, è anche altrettanto vero che nel nostro Paese la disoccupazione femminile e la disoccupazione giovanile sono ancora delle punte e delle note estremamente dolenti. E allora, ad esempio, signor Presidente del Consiglio, le chiediamo con forza di poter iniziare a portare avanti delle regole. Sul part-time, ad esempio, possiamo applicare delle riduzione di fiscalità contributiva alle nostre imprese e delle deduzioni fiscali ai nostri lavoratori. Questo consentirebbe alle imprese di assumere più donne e di cominciare ad assumere anche i nostri giovani, che oggi piangono e, ancora a trent'anni, sono spesso senza lavoro.
Ma io, se mi permette, vorrei rivolgere un appello ai suoi ministri, che molto spesso, secondo me, presentano disegni di legge che sono a volte avulsi ed al di fuori dei veri interessi del territorio. Forse perché molto spesso - e lo dico con il cuore - ascoltate troppo i vostri funzionari ed ascoltate poco i parlamentari, che il territorio lo conoscono, che il territorio lo vivono e che del territorio sentono le problematiche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ed allora chiediamo anche su questo punto un rapporto diverso. Lo chiedo in particolare, come presidente della Commissione attività produttive, al Ministro Romani, lo chiedo al Ministro Brambilla, ma lo chiedo anche al Ministro Prestigiacomo, se penso - mi perdoni Ministro - al Sistri: non si può pensare di applicare regole nuove a tutti!

Pag. 18

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Dal Lago.

MANUELA DAL LAGO. Concludo, signor Presidente, solo trenta secondi.
Applichiamole ai grandi, che possono, le regole nuove! Togliamole ai piccoli, ai quali creiamo incombenze ulteriori e difficoltà maggiori.
E quindi, nel darle la fiducia e nel ribadire la voglia di andare avanti, questo è l'augurio che io le rivolgo e la richiesta che contemporaneamente avanzo: pensiamo ai cittadini, non pensiamo alle opposizioni, pensiamo di più a parlare con chi conosce il territorio e non con i burocrati che avete all'interno dei vostri ministeri, che poco conoscono il territorio e sanno semplicemente fare leggi per garantire se stessi, ma non per garantire i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà, e Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Abbiamo ora tre interventi a titolo personale, per non più di due minuti ciascuno.
È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, noi deputati della delegazione radicale non voteremo la fiducia a questo Governo, ma siamo qui presenti in Aula per la fiducia che riponiamo e per il rispetto che abbiamo delle istituzioni (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio), che invece non dimostrano di rispettare coloro i quali non ascoltano le parole del Presidente della Repubblica Napolitano nel momento in cui pone il problema della giustizia e delle carceri.
Noi siamo qui per dire che c'è una prepotente urgenza di intervento, non solo per le carceri da dove si esce solamente nella bara (e sono 50 i suicidi di quest'anno), ma anche per i 5 milioni di procedimenti arretrati, dei quali almeno 200 mila l'anno cadono in prescrizione. È questa l'amnistia vergognosa che si fa nel nostro Paese. Noi invece chiediamo con la non violenza - io sono al ventinovesimo giorno di sciopero della fame, assieme a Marco Pannella - amnistia per la Repubblica...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Bernardini.

RITA BERNARDINI. A lei, signor Presidente Fini, volevo ricordare una storia antica. Quando tutta l'unità nazionale partitocratica se ne andava dall'Aula quando parlava Almirante rimanevano solo i quattro deputati radicali (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio). Oggi purtroppo si è persa questa bussola.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà, per due minuti.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei soltanto fare, nella mia piccola esperienza politica perché qui dentro ci sono altri personaggi che hanno molta più esperienza politica di me, una riflessione su quello che è successo oggi politicamente, cioè l'assenza delle opposizioni, l'assenza di coloro i quali parlano a voce alta e dicono che il dibattito politico è il sale della democrazia. Io cerco di essere attento a quello che sta succedendo in questi giorni. C'è una battaglia a un personaggio che si chiama Silvio Berlusconi. Non voglio entrare nel merito e non voglio dare dei giudizi, ma voglio dire che la mia modesta riflessione, il mio modesto pensiero intravede una logica trasversale di vecchi personaggi che sono presenti all'interno di questo Parlamento da trent'anni e che hanno determinato lo scatafascio dell'Italia, che hanno portato il Paese in questa crisi, perché il debito pubblico non nasce oggi, ma nasce da circa quarant'anni. Guarda caso, questi personaggi riescono a trovare una linea d'intesa politica per mettersi tutti assieme e per determinare un altro scatafascio, dicendo che l'unico problema di questo Pag. 19Paese si chiama Berlusconi. L'unico problema di questo Paese si chiamano coloro i quali sono presenti all'interno del Parlamento da quarant'anni e cercano di dire che oggi sono il nuovo, ma sono il vecchio e il peggio del vecchio. Questo è quello che sta succedendo. Spero che gli italiani stiano attenti e guardino attentamente i personaggi che stanno tramando (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A). Ne ha facoltà per due minuti.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio, è arrivato il momento di capire il motivo di questa Aula desolatamente vuota, e non bisogna perdere il contatto con la realtà, perché quando in momenti come questi si perde il contatto con la realtà si finisce per essere tiranneggiati dai propri fantasmi. In questi giorni convulsi della vita politica italiana un sentimento di nostalgia si è impadronito dei deputati. Stanno nascendo gruppi e movimenti che si ispirano a partiti del passato. In questo clima si inserisce l'episodio che ha portato alla bocciatura del Governo. C'è un tentativo di ritorno al passato, al partito-Stato, e ora noi dovremo scegliere tra passato e presente. Ebbene, signor Presidente del Consiglio, se dobbiamo scegliere tra passato e presente non abbiamo dubbi, scegliamo l'avvenire. E se - come dicono - nell'avvenire non c'è posto per Berlusconi, tanto meno ci può essere posto per D'Alema e Bersani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), i quali non solo appartengono al passato, ma sono prigionieri del passato.
Signor Presidente, noi le daremo ancora fiducia perché siamo convinti che lei può traghettare l'Italia fuori della crisi, ma lei la deve guidare, non assecondare nelle proprie debolezze.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Mario Pepe (Misto-R-A).

MARIO PEPE (Misto-R-A). Concludo, signor Presidente, rivolgendomi ai colleghi dubbiosi e ricordando le parole che pronunciò Benedetto Croce in quest'Aula: «Ciascuno di noi si ritiri nella sua coscienza e procuri di non prepararsi, col suo voto poco meditato, un pungente e vergognoso rimorso».

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

(Annunzio di una risoluzione)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Cicchitto, Reguzzoni e Moffa n. 6-00096, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzione).
Prima dare la parola al Presidente del Consiglio, onorevole Berlusconi, per replicare, con riferimento agli interventi degli onorevoli Corsaro e Iannaccone, desidero precisare che l'integrazione della composizione originaria della Giunta per il Regolamento è stata disposta all'inizio della legislatura per assicurare la presenza dell'unico gruppo rimastone escluso, il gruppo Misto, a seguito dell'applicazione del criterio di proporzionalità. Ciò secondo quanto previsto dal Regolamento e dai criteri da esso espressamente stabiliti che, lo ricordo ai colleghi, sono quelli della rappresentatività e «per quanto possibile, della proporzionalità». È solo in conseguenza di tale integrazione, decisa dalla Presidenza ad inizio legislatura, che si determinò allora un rapporto numerico a vantaggio della maggioranza. Quanto alle richieste di integrazione della composizione avanzate successivamente, ho chiarito ieri in Giunta, come avevo già fatto il 29 marzo scorso, che la situazione attuale vede rappresentati tutti i gruppi, compresi quelli costituiti nel corso della legislatura, Vede, quindi, rispettato in pieno il criterio di rappresentatività. Quanto al criterio di proporzionalità, risultano attualmente sottorappresentati sia il gruppo del Popolo della Libertà sia quello del Partito Democratico, per cui, volendo procedere ad Pag. 20un'ulteriore integrazione della Giunta per assicurare la massima proporzionalità tra i gruppi, i rapporti tra maggioranza ed opposizione resterebbero comunque inalterati. Infine, quanto al rappresentante del gruppo Misto, nominato originariamente nell'ambito del gruppo Partito Democratico e poi passato al gruppo Misto, faccio presente che la sua permanenza in Giunta è avvenuta con il consenso della presidenza del gruppo Misto, che non ha ritenuto di sottoporre alla Presidenza della Camera diverse indicazioni. Come è possibile constatare, la Presidenza, quindi, ha agito nella più scrupolosa osservanza del Regolamento e dei criteri da esso indicati ai fini della composizione della Giunta per il Regolamento medesima.

(Replica e posizione della questione di fiducia)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri.

SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi per gli interventi a supporto del nostro Governo e per le indicazioni che hanno voluto darci che raccoglieremo e vaglieremo con molta attenzione, anche con colloqui che siamo disponibili a tenere nei prossimi giorni, chiedendo a loro di farci pervenire le suggestioni che ritengono positive perché stiamo lavorando intensamente alla formulazione ed alla preparazione del decreto per lo sviluppo e per la crescita del Paese. Autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo, a nome del Governo, la questione di fiducia sull'approvazione della risoluzione Cicchitto, Reguzzoni e Moffa n. 6-00096 (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio), vi ringrazio.

PRESIDENTE. Avverto che, essendo stata posta la questione di fiducia alle ore 12,32, la votazione per appello nominale avrà luogo domani, venerdì 14 ottobre, a partire dalle ore 12,30. Le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia avranno inizio alle ore 11.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 14 ottobre 2011, alle 11:

Seguito delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.

La seduta termina alle 12,35.