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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 523 di giovedì 22 settembre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Brugger, Brunetta, Carfagna, Cesario, Cicchitto, Crimi, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, Lo Monte, Maroni, Meloni, Misiti, Moffa, Mura, Leoluca Orlando, Ravetto, Reguzzoni, Saglia, Stucchi, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Convalida di deputati.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta del 21 settembre 2011, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei deputati Sandro Oliveri, proclamato dal Presidente della Camera nella seduta del 14 luglio 2011, in sostituzione del deceduto deputato Ferdinando Latteri per la lista n. 14 - Movimento per l'autonomia nella XXIV circoscrizione Sicilia 1, e Francesca Cilluffo, proclamata dal Presidente della Camera nella seduta del 19 luglio 2011, in sostituzione del dimissionario deputato Piero Fassino per la lista n. 7 - Partito Democratico nella I circoscrizione Piemonte 1.
Concorrendo negli eletti le qualità richieste dalla legge, la Giunta ha deliberato di proporne la convalida.
Do atto alla Giunta di questa proposta e dichiaro convalidate le suddette elezioni.

Discussione di una domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Milanese (Doc. IV, n. 20-A) (ore 10,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Milanese.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione - Doc. IV, n. 20-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla Relazione della Giunta per le autorizzazioni, che propone all'Assemblea di negare l'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Gava.

Pag. 2

FABIO GAVA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce sulla richiesta di autorizzazione a eseguire la misura della custodia cautelare nei confronti del deputato Marco Mario Milanese.
Lo stesso Milanese era stato - nello scorso mese di luglio - destinatario di una domanda di perquisizione di talune sue cassette bancarie di sicurezza e di acquisizione di suoi tabulati telefonici. A tali domande, la Camera dei deputati ha già dato riscontro positivo nella seduta del 2 agosto scorso.
Per quanto riguarda i fatti, che sono molto ampi e complessi, faccio ovviamente riferimento alla relazione della Giunta per le autorizzazioni, che è agli atti. Mi limiterò, in questa sede, a ricordare che l'inchiesta cui le imputazioni si riferiscono muove lungo due filoni principali, uno attinente a una pretesa associazione per delinquere tra il Milanese medesimo, tale avvocato Paolo Viscione e altri soggetti, volta a commettere una serie indeterminata di reati di favoreggiamento e di corruzione; un secondo filone riguarda invece l'assegnazione degli incarichi nei consigli di amministrazione nell'ambito delle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Con riferimento al primo filone va anche ricordato che l'inchiesta nei confronti dell'avvocato Viscione inizia nel 2001 ed è condotta dalla procura della Repubblica di Benevento; viene archiviata nel 2002, viene riaperta, ai sensi dell'articolo 414 del codice di procedura penale nel 2004, salvo però richiudersi con una nuova archiviazione nel 2009. Nondimeno, il Viscione resta soggetto evidentemente pericoloso per gli inquirenti, giacché i suoi movimenti finanziari non sono convincenti sotto il profilo penale ed è per questo che a Napoli viene aperto un nuovo procedimento che acquisisce il fascicolo di Benevento, nel contesto del quale egli verrà arrestato insieme ad altri, tra i quali il figlio, il 14 dicembre 2010 e successivamente molte volte interrogato. È proprio nel corso di questi protratti interrogatori che Paolo Viscione denuncia il Milanese.
Passando ai motivi che hanno determinato, a maggioranza, la proposta di rigetto della richiesta da parte della Giunta per le autorizzazioni, vorrei innanzitutto precisare come, sul piano del metodo, deve essere ricordato a tutti i colleghi che l'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, affida alla Camera di appartenenza il potere di autorizzare l'esecuzione di determinati atti del procedimento penale a carico dei parlamentari. A differenza del primo comma della medesima disposizione costituzionale, però, non detta un criterio, ma rimette la concessione o il diniego dell'autorizzazione a una decisione dell'Assemblea.
Ciò non significa ovviamente che si tratti di una deliberazione totalmente libera o addirittura arbitraria; significa però che la propria Camera competente può scegliere il criterio e dimostrarne, secondo la propria elaborazione politica e concettuale, la ragionevolezza. Nel corso delle legislature repubblicane, il criterio seguito per denegare le autorizzazioni richieste è stato sempre quello del fumus persecutionis, dapprima inteso in senso soggettivo, come ricerca dell'eventuale intento persecutorio, poi anche inteso come verifica di elementi sintomatici di una costruzione procedurale che si possa ritenere viziata, illegittima o comunque in contrasto con la giustizia sostanziale (questo dal punto di vista oggettivo). Peraltro, nella prassi della Giunta per le autorizzazioni della Camera talora nemmeno si è fatto riferimento a questo criterio - questo è un punto molto importante - ma si è semplicemente posto il confronto tra le esigenze della giurisdizione penale e quelle della funzionalità dell'Assemblea parlamentare e del suo plenum. In questa chiave, l'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, è stato inteso come attributivo di un potere, quindi, di bilanciamento degli interessi.
È in questo quadro quindi che noi rileviamo come la generale propensione della Camera a considerare la concessione dell'arresto di un suo membro sia sempre stato un fatto grave ed insolito. È ben vero che non sempre le decisioni sono maturate all'unanimità, ma è altrettanto vero che di Pag. 3fatto la concessione si è avuta solamente in sette casi, inerendo peraltro a soli cinque deputati (Moranino, Saccucci, Negri, Abbatangelo e da ultimo - come certamente ricorderete - Papa). In tutti questi casi, tranne che per quello dell'onorevole Papa, i deputati avevano commesso fatti di sangue o di terrorismo ed erano già latitanti.
Nel contempo, vale la pena ricordare che per quanto riguarda l'onorevole Papa l'autorità giudiziaria, dopo la concessione dell'arresto da parte della Camera, non ha autorizzato l'onorevole Papa, che pure ne aveva fatto richiesta, a continuare a svolgere la propria funzione di parlamentare nemmeno per le votazioni più importanti come quelle sulla fiducia. Nella memoria depositata presso la Giunta - come del resto ha fatto anche a voce nell'Assemblea del 2 agosto 2011 - l'onorevole Milanese ha protestato la propria innocenza ed ha evidenziato gli elementi che, a suo giudizio, rivelerebbero l'intento persecutorio. I fatti ascritti a Marco Milanese sono ricondotti dalla pubblica accusa alla problematica della figura penalistica del concorso eventuale nel reato associativo, al favoreggiamento e alla corruzione. Essi poggiano in massima parte - giova qui assolutamente ripeterlo - sulle deposizioni di un solo collaboratore di giustizia, tale appunto Paolo Viscione. Tali deposizioni, oltre a non risultare, allo stato degli atti, riscontrate compiutamente, presentano - ad avviso della maggioranza della Giunta - diversi profili di inattendibilità. Questa conclusione è rafforzata da alcune evidenti incongruenze nell'impianto accusatorio. Per cominciare, l'inchiesta non chiarisce bene per qual motivo sarebbe altamente probabile che sia stato proprio Milanese ad aiutare Viscione a sottrarsi alle inchieste della magistratura. Appare anzi che l'indagine a carico di Viscione - già archiviata - venga riaperta e si protragga per vari anni prima di essere nuovamente archiviata. Inoltre, non è ben individuato il momento in cui vi sarebbe stata la rivelazione del segreto istruttorio in favore di Viscione, ben potendo essere altri a dare l'informazione perché interrogati nell'ambito della medesima inchiesta.
Al riguardo ancora Viscione sostiene che Milanese gli avrebbe fatto una rivelazione sul fatto che su di lui indagava un magistrato, tale dottore Ardituro, mentre risulta agli atti al contrario che il dottore Ardituro non era in quella sede giudiziaria e il titolare dell'inchiesta era il dottor D'Avino. Inoltre, Viscione sostiene di aver dato molte utilità economiche al Milanese con modalità che sono però in parte contraddette da altro teste, il Russo, e omette - il Viscione nel suo interrogatorio, anzi lo dice solamente a precisa richiesta del pubblico ministero - che per la candidatura a sindaco del paese di Cervinara, che, ricordo, è lo stesso paese anche dell'onorevole Milanese, il Viscione stesso premeva per il proprio genero Sergio Clemente, ma che il deputato Milanese - all'epoca vice-coordinatore del PdL in Campania - si oppose, e per questo evidentemente il Viscione ebbe un forte risentimento. Con questo dato, per la verità, il GIP Primavera non trascura di confrontarsi, ma perviene a una conclusione, quella dell'intrinseca attendibilità del collaborante, nonostante oltre a quanto indicato non esistano ad esempio telefonate tra Milanese e Viscione nel periodo in cui Viscione è stato intercettato pur in presenza di un rapporto tra i due così asseritamente intenso, continuo e di vecchia data, e pur in presenza dell'affermazione da parte di Viscione di essere stato più volte contattato telefonicamente dallo stesso Milanese.
Inoltre, un altro episodio, pure contestato al deputato Milanese, rivela l'insufficienza del quadro dei riscontri. Viscione, infatti, intendeva cedere la titolarità della società EIG di cui era proprietario e chiede aiuto al Milanese. Questi asseritamente lo mise in contatto con Massimo Ponzellini, presidente della Banca popolare di Milano, e con Gianni Lettieri, già presidente di Confindustria di Napoli. L'operazione andò a monte, non certo per colpa di Marco Milanese, ma chiaramente Viscione lo ritenne responsabile del mancato Pag. 4esito positivo. Deve essere anche sottolineato che, quando Paolo Viscione viene sentito, è ristretto in carcere, così come lo è suo figlio Vincenzo, e, in un passaggio a verbale, Viscione dice agli inquirenti con una certa chiarezza che è disposto ad addossarsi ogni addebito e a collaborare purché essi usassero una mano più morbida nei confronti del figlio.
Nel complesso, dunque, circa il filone d'indagine dell'associazione per delinquere finalizzata a favorire il gruppo Viscione non appare sufficientemente corroborato da superare il sospetto di una vendetta politica del Viscione, attuata attraverso la calunnia, rispetto alla quale l'autorità giudiziaria non ha frapposto un filtro che, forse, ci si aspettava frapponesse.
È per questo, inoltre, che il deputato Milanese ha sporto denunzia per calunnia contro Viscione in data 12 settembre 2011, anche per smascherare formalmente quelle che appaiono le falsità dette in suo danno. Quanto poi al filone della corruzione per una pretesa «vendita» dei posti nei consigli di amministrazione delle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, la Giunta ha acquisito il provvedimento di scarcerazione, disposto dal GIP Amelia Primavera, del dottor Barbieri e del dottor Marchese e ciò costituisce un ovvio elemento dell'attenuazione delle esigenze cautelari anche a carico dello stesso deputato Milanese. Nel momento, infatti, in cui si dice che sono venuti meno i pericoli d'inquinamento probatorio e di reiterazione del reato di corruzione per i corruttori, a maggior ragione questi pericoli saranno venuti evidentemente meno per il presunto corrotto, il quale, oltretutto, si è dimesso da molte settimane da consigliere politico del Ministro Tremonti e non ha, quindi, più il compito di fare indicazioni per le nomine, come, peraltro, è detto anche nel parere del dottor Piscitelli relativo all'istanza di scarcerazione. Va, inoltre, detto, con riferimento a questo secondo filone, che mai il dottor Barbieri e il dottor Marchese hanno attribuito sul punto una responsabilità specifica al Milanese.
In sostanza, per le ragioni sopra esposte, nonché per gli argomenti che si ritrovano riportati negli interventi dei colleghi a cui rimando, ritengo che manchi a carico del deputato Milanese in primis un quadro indiziario grave. Infatti, il legislatore, con riferimento al requisito dei gravi indizi di colpevolezza, ha posto, quale elemento centrale del quadro indiziario, appunto la gravità.
Sotto questo profilo, pertanto, va sottolineato come il concetto di gravità degli indizi non possa essere identificato evidentemente con quello di mera sufficienza, con una distinzione, sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista qualitativo, giacché per la sua integrazione occorre l'obiettiva precisione dei singoli elementi indizianti, che, nel loro complesso, devono essere convergenti, sì da consentire di pervenire, attraverso la loro coordinazione logica, a quel giudizio che, senza raggiungere il grado di certezza richiesto per la condanna, sia, però, già di alta probabilità dell'esistenza del reato e dell'attribuibilità di esso all'indagato. Può giungersi ad una conclusione di gravità solo laddove il quadro indiziario per essere grave resista, ad esempio, ad eventuali interpretazioni alternative, circostanza questa che evidentemente, per le ragioni sopra esposte, nel nostro caso non è avvenuta.
Altresì sembrano del tutto carenti le esigenze cautelari, in particolare con riguardo al requisito dell'attualità e della concretezza dei diversi pericoli ravvisati dall'accusa.
In linea generale, infatti, i pericoli in cui si traducono le esigenze cautelari devono essere concreti ed attuali. Nel caso non può non notarsi come tutti gli elementi probatori che potevano essere acquisiti risultano già agli atti; non sembra, pertanto, sussistere alcun pericolo reale di inquinamento probatorio. E ancora, con riguardo al pericolo di reiterazione del reato, non ricoprendo più l'onorevole Milanese il ruolo di consigliere politico del Ministro dell'economia e delle finanze e non facendo più parte la sua compagna dello staff del medesimo Ministro, appare Pag. 5insussistente anche tale esigenza sotto il profilo dell'attualità e della concretezza.
Infine, analoghe considerazioni vanno fatte rispetto al pericolo di fuga, tenuto conto che l'onorevole Milanese ha dichiarato in più occasioni di volersi sottoporre al giudizio e ogni suo comportamento del resto suffraga tale manifestazione di intenti.
Queste considerazioni ed i mancati riscontri da parte dell'autorità procedente su diverse contraddizioni del denunciante, cui ho fatto prima brevemente riferimento, fanno ritenere come sussistente l'ipotesi del fumus persecutionis.
Tutto ciò induce, quindi, l'Assemblea, ad avviso della maggioranza della Giunta, alla massima prudenza ed è per questo che, a maggioranza, la Giunta propone all'Assemblea di negare l'autorizzazione richiesta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la relatrice di minoranza, onorevole Samperi.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, noi oggi siamo in quest'Aula non per celebrare processi, né per assolvere né per condannare né per decidere se le misure cautelari siano opportune, valide o meno. Il compito che ci affida la Costituzione è quello di verificare se esista un intento persecutorio da parte della magistratura nei confronti dell'onorevole Milanese. Il procedimento giudiziario di cui ci stiamo occupando - l'ha già detto il relatore per la maggioranza - ha per oggetto diverse ipotesi di gravi reati: dalla rivelazione di segreto d'ufficio, alla corruzione, all'associazione per delinquere. L'inchiesta ha svelato un intreccio equivoco, ambiguo, torbido tra l'imprenditore Paolo Viscione e l'onorevole Milanese che, in concorso con pubblici ufficiali della Guardia di finanza ancora non identificati, otteneva per un verso informazioni giudiziarie e per l'altro il rallentamento delle indagini a carico dell'imprenditore.
Per le informazioni rivelate, ma soprattutto ostentando la garanzia di un esito favorevole dei procedimenti, l'onorevole Milanese aveva preteso dal Viscione ingenti somme di denaro - si parla di circa un milione di euro -, gioielli, prestigiosi orologi, viaggi, macchine di lusso. Nella relazione di minoranza a cui rinvio ho descritto analiticamente il materiale probatorio su cui il giudice si basa. Sinteticamente qui riferisco soltanto che i donativi effettuati dal Viscione in favore dell'onorevole Milanese - pagamento di un viaggio di soggiorno a New York, l'acquisto degli orologi presso la gioielleria Laurenti, l'acquisto delle macchine - vengono confermati e riscontrati attraverso bonifici, assegni, dichiarazione degli stessi fornitori.
C'è poi un altro filone di indagine, quello più inquietante, che riguarda le nomine di Barbieri e Marchese in società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze in cambio di somme di denaro. Anche per la ricostruzione del materiale probatorio di questo capo di imputazione rinvio alla relazione di minoranza. Mi preme qui invece affrontare un po' più estesamente il tema del fumus persecutionis. L'onorevole Milanese sostiene, nella sua memoria, che l'intento persecutorio consisterebbe nell'avere ricevuto dal giudice un trattamento più aspro proprio perché parlamentare, un trattamento diverso rispetto a quello applicato agli altri cittadini. Il procedimento sarebbe frutto di una rancorosa ricostruzione del Viscione e sarebbe stato usato dalla magistratura per costringerlo a rivelare notizie nell'ambito del procedimento sulla P4. L'onorevole Milanese rivendica invece la propria integrità, la propria ritrosia a frequentare persone indagate non foss'altro, egli dice, se non per l'esperienza maturata durante la sua funzione all'interno della Guardia di finanza. Ma a contraddire l'onorevole Milanese è lo stesso onorevole Milanese, supportando così profili di responsabilità e le esigenze cautelari avanzate dal GIP. Egli stesso afferma di acquistare in nero, di essersi fatto pagare dal Viscione gioielli e viaggi e a distanza di mesi, anzi di anni, di non avere ancora trovato il modo per restituire le somme, a suo dire solo anticipate dall'imprenditore. Pag. 6
Egli stipula un contratto di locazione di un prestigioso immobile di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni per la modica somma di 8.500 euro al mese, ma comincia a pagare la locazione solo dopo due anni, perché i ventidue mesi precedenti vengono scomputati per lavori di manutenzione dell'immobile, eseguiti solo in parte da un'impresa che riceveva dalla Sogei - società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze - i lavori e gli incarichi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Questi comportamenti contrastano con l'alto profilo e, quindi, confermano il giudizio di poca credibilità che dà il GIP, che supporta proprio con documenti le sue testimonianze. Ma vi è un punto politico, signor Presidente...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Saperi, il tempo è scaduto.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Vi è un punto politico, signor Presidente - e concludo - che è bene affrontare oggi. Vi è il timore da parte dei parlamentari di maggioranza che questo caso metta in crisi il Governo, che vi sia un legame tra le sorti del Governo e le sorti dell'onorevole Milanese. Infatti, quest'uomo, che ha concentrato in sé mille poteri che gli ha dato il Ministro Tremonti - dominus delle nomine, dominus negli spostamenti e nelle carriere degli ufficiali della Guardia di finanza - potrebbe mettere in ombra e potrebbe mettere in discussione le sorti del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Saperi, deve concludere.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Questo è ciò che questo Parlamento non deve fare: confondere i due piani. Il Parlamento - e concludo, signor Presidente - ha strumenti per fare la battaglia politica, ha strumenti e norme: non può confondere i due piani, perché rivelerebbe la sua fragilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Samperi.
Onorevoli colleghi, desidero informarvi che è in visita presso la Camera dei deputati una delegazione dell'Assemblea nazionale del Vietnam, guidata dal Vicepresidente Uong Chu Luu, che assiste ai nostri lavori dalle tribune. Alla delegazione rivolgo un cordiale saluto, sottolineato anche dal vostro applauso (Applausi).
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Palomba. Ricordo all'onorevole Palomba che, anch'egli, ha cinque minuti.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, in questi cinque minuti, non è possibile sintetizzare le undici pagine di relazione di minoranza, alle quali ho affidato una serena e pacata riflessione sulle risultanze compiute anche assieme ai miei colleghi di gruppo. Desidero invitare i colleghi - coloro che vogliono documentarsi - a leggere quelle considerazioni; desidero anche premettere che quelle considerazioni sono rigorosamente tecniche e non sono, invece, dettate da alcun malanimo nei confronti di nessuno, da alcun malanimo personale.
Dico subito che le conclusioni della Giunta sono aberranti ed intellettualmente scorrette, oltre che politicamente miopi, per le conseguenze che avranno sul buon nome delle istituzioni democratiche.
È una decisione assunta a strettissima maggioranza - un voto in più - ed è del tutto stridente con il desolante quadro che emerge dagli atti e che mette in evidenza una condotta ed una mentalità tipiche della spoliazione ed accumulazione metodica dei beni pubblici e privati, in presenza di un vorticoso giro di danari, gioielli, automobili di gran lusso, barche, dazioni dei prezzi dei viaggi, mancato pagamento di lavori, pieno ed autonomo potere decisionale nelle nomine dei più importanti enti economici controllati. Il Pag. 7tutto, in un quadro di immedesimazione personale di un potere immenso, di un potere enorme, qual è quello derivante da tre funzioni esercitate, e cioè: pregresso ufficiale, alto ufficiale della Guardia di finanza, con tutte le conoscenze che questo può comportare, plenipotenziario per le nomine nei più rilevanti enti economici e vicecoordinatore del Popolo della Libertà in Campania.
Secondo il GIP, Amelia Primavera, l'egregia indagine condotta è assolutamente complessa, straordinariamente dettagliata, priva di lacune istruttorie e pervasivamente convincente. Voglio ricordare che il GIP Amelia Primavera è quello stesso GIP che ha riscosso il plauso del collega Ghedini, quando ha dichiarato l'incompetenza territoriale di Napoli nei confronti di altro procedimento. Voglio dire, quindi, che è un GIP assolutamente imparziale, che ha dimostrato una rilevante autonomia di giudizio, che ha dichiarato che l'istruttoria fino a quel momento svolta era valida, ma che ulteriori elementi inducevano a ritenere che la competenza territoriale fosse di altri.
Pertanto, nessuna contestazione, nessuna accusa di parzialità o di fumus persecutionis possono essere mosse a questo GIP.
Ma vediamo brevemente alcuni fatti. Per quanto concerne il primo troncone - quello che riguarda i rapporti con Viscione - è rimasto acclarato, al di là di ogni ragionevole dubbio, in primo luogo, che al Milanese, approfittando della sua pregressa conoscenza e della sua funzione, sono stati pagati: un viaggio a New York per diverse migliaia di euro, gioielli che egli prelevava da due gioiellerie, pagati naturalmente dal Viscione, così come alcune rate di leasing per macchine di lusso di cui il deputato Milanese era evidentemente un cultore.
Infine, per quanto riguarda la questione della casa di via Campo Marzio, egli ha fatto eseguire da un imprenditore edile romano, che concorreva ad appalti pubblici e privati, lavori di ristrutturazione per 51 mila euro e li ha scomputati dal canone di locazione: quindi, sostanzialmente, se li è messi in tasca e li ha tenuti, utilizzando certamente quel suo rapporto con il Viscione.
Molto torbido è anche tutto il quadro che riguarda la questione delle nomine negli enti economici di maggiore rilievo, che egli faceva in assoluta autonomia per graziosa concessione del Ministro Tremonti e che, dagli atti, risultano essere collegate a vantaggi rilevanti dello stesso deputato Milanese.
Tutto questo mi porta a soffermarmi un attimo sulla sussistenza del fumus persecutionis: onestamente, il collega Gava, lo stesso deputato Milanese e lo stesso collega Paolini hanno detto che non vi è alcun intento persecutorio nell'operato della magistratura. Paolini lo ha detto chiaramente nella sua dichiarazione di voto. Dunque, in che cosa consisterebbe questo fumus persecutionis? Nel fatto che c'è uno dei personaggi di questo processo che lo accuserebbe falsamente.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA Relatore di minoranza. Ma questo è un problema che si vede all'interno del processo, non è una di quelle condizioni che hanno portato ad elaborare la teoria del fumus persecutionis, la quale tutela la Camera, non il deputato; essa tutela la funzione parlamentare da possibili intrusioni da parte di altri poteri dello Stato, come il potere giudiziario.
Tutta questa cosa non c'è, come svilupperò nella seconda parte della discussione, quando tratterò delle implicazioni politiche di questo fatto. Tutto ciò è, evidentemente, un pretesto, un'invenzione, per sottrarre ancora una volta un deputato, uno della casta, al giudizio della magistratura.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non so se risulti alla Presidenza che Pag. 8in questo momento, in queste ore, sono convocate le Commissioni. Capisco la libertà di ciascun deputato di essere presente in questa sede, così come di votare o non votare. Tuttavia, che vengano convocate le Commissioni nel momento in cui un deputato potrebbe desiderare di essere consapevole del voto che esprimeremo tra un'ora, un'ora e mezzo circa, mi sembra francamente un po' discutibile. Mi permetto di segnalarglielo.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, considero ragionevoli le sue considerazioni, quindi pregherò i presidenti delle Commissioni di valutare l'opportunità di sospendere i loro lavori, onde consentire ai colleghi che vorranno essere presenti di poterlo fare.
È iscritta a parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, vorrei svolgere innanzitutto una breve considerazione tecnica sulla sussistenza del fumus, così come ci è stata prospettata nella relazione di maggioranza.
In quest'ultima, sostanzialmente, si sostiene, per un verso, l'inattendibilità del principale teste - diremmo - d'accusa, Viscione, e, per l'altro, la parzialità di un trattamento che sarebbe riservato al parlamentare.
Sotto il profilo dell'inattendibilità, direi che questa tesi è assolutamente contraddetta dalle argomentazioni complete dell'ordinanza del GIP, le quali fanno riferimento ai due noti elementi dell'attendibilità intrinseca, ma soprattutto alla cosiddetta attendibilità estrinseca della chiamata di correo, che è assolutamente comprovata nella sussistenza di documenti e di dichiarazioni varie, vedi fra tutte i gioiellieri Laurenti e il gioielliere di Capri.
Vorrei aggiungere che la non sussistenza del fumus, da noi sostenuta, è alternativa alla tesi di maggioranza, e fa riferimento ad un fumus che abbiamo valutato in relazione alla fase delle indagini preliminari; quindi, non tanto come una prova di responsabilità, ma come una sussistenza di elementi per poter poi sostenere il giudizio e sostenere la fondatezza della richiesta di arresto.
Vorrei affrontare direttamente la questione del fumus: noi, molto spesso, ormai, discutiamo sul fatto che non si parla di fumus persecutionis ma si parla di altro e quindi noi, invece, tendiamo a richiamare l'attenzione sulla questione del fumus. In realtà, l'idea che mi sono fatta è che ci sia una percezione completamente diversa e che fa riferimento ad una ideologia diversa, a una cultura politica diversa, di che cosa si intenda per fumus. Nella relazione di maggioranza, questa volta, come già in passato, si usa il fumus per sostenere che la politica, o meglio, direi, il potere, non è sottoposto e non si deve sottoporre ad alcuna regola, non si fa processare, non passa attraverso le verifiche e le garanzie del processo, usa le prerogative e le garanzie istituzionali come tecnica difensiva processuale fuori dal processo, in alternativa al processo, sostanzialmente delegittimando il processo. È riprova di ciò che si rivendica come non solo legittimo, ma opportuno, il fatto di argomentare in queste sedi la difesa nel merito e non, ad esempio, davanti il tribunale del riesame. Non è questo il fumus a cui avevano pensato i padri costituenti; non si può sovrapporre un potere, quello dell'Assemblea legislativa, a quello della giurisdizione, senza incorrere nel privilegio. Questa non è, colleghi, difesa del Parlamento; voi vi arroccate in una falsa difesa del Parlamento, dando così l'immagine di una politica delegittimata, sotto assedio. Questa non è la politica in cui ci riconosciamo, in cui si riconoscono i cittadini, gli elettori, anche gli elettori dei colleghi della Lega Nord Padania che non so cosa avranno pensato, leggendo i giornali questa mattina. Oggi più che mai c'è bisogno di credibilità e di solidità della politica e delle istituzioni.
Infine, che cos'è il rifiuto di sottoporsi alla normale procedura del processo? Non è certamente la politica in rappresentanza del popolo - detto per inciso noi preferiremmo parlare di cittadini - ma è l'affermazione dell'arroganza e della prepotenza Pag. 9del potere, dove i cittadini sono tornati a essere sudditi e chi governa è tornato ad essere chi comanda; qualcosa di molto diverso dalle parole di libertà a cui molto spesso e a sproposito vi appellate.
Con il voto contrario a questa relazione di maggioranza noi vogliamo riaffermare, ancora una volta, il ruolo del Parlamento nella difesa della rappresentanza dei cittadini e delle istituzioni democratiche e repubblicane (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Laboccetta. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono decisamente e convintamente contrario alla richiesta dei magistrati della procura della Repubblica di Napoli che vorrebbero trasferire l'onorevole Milanese al carcere di Poggioreale. Io so, signor Presidente che cos'è l'interno di Poggioreale. La lettura degli atti mi ha convinto che nei confronti del collega Milanese non esistono i gravi indizi di reità e ancor di più le esigenze cautelari, requisiti necessari per poter privare della libertà sia un comune cittadino che un membro del Parlamento.
In queste settimane, signor Presidente, abbiamo assistito ad una campagna di stampa pesantissima nei confronti dell'onorevole Milanese, campagna di stampa alimentata, me lo si lasci dire, da fughe di notizie e da palesi violazioni del segreto di indagine che hanno consentito che, ben prima della discovery processuale, finissero in pasto all'opinione pubblica particolari dell'inchiesta; questi sì che dovevano rimanere segreti e invece sono stati diffusi scientificamente da ambienti vicini a determinate procure; sembra che Napoli faccia da capofila in questa discutibile attività.
I padrini dell'antipolitica hanno cavalcato tutto ciò, sperando prossimamente di sedersi in quest'Aula, e questo è chiaro a molti di noi. Penso che si voglia arrestare Milanese solo perché è un deputato. Si è dato credito a un unico testimone d'accusa, Paolo Viscione, che, come chiaramente emerge dall'incarto processuale - che ho letto dall'inizio alla fine -, aveva sia motivi di personale rancore nei confronti del collega sia un forte interesse a compiacere l'accusa. Spero non sia sfuggito a nessuno dei deputati che Viscione non ha mai digerito, né ha mai perdonato a Marco Milanese il fatto di non aver accolto una candidatura del genero a sindaco del comune di Cervinara. Lo dico ai tanti che, purtroppo, credo non hanno ancora letto le carte. Voglio sperare non sia sfuggito a nessuno che Viscione, addirittura senza averne fatto richiesta, signor Presidente, ha ottenuto dai magistrati della procura di Napoli il dissequestro e la restituzione di uno straordinario patrimonio.
Non ho poi compreso le ragioni, signor Presidente Fini - anzi, le ho comprese benissimo -, per le quali il Viscione sia ritenuto credibile e attendibile quando accusa Milanese e non quando invece egli rende dichiarazioni apertamente costituenti notizie di reato nei confronti di un altro deputato, un deputato «dipietrista» molto legato al dottor Marco Travaglio, che chiese al signor Viscione - ascolti bene, signor Presidente - 20 mila euro in contanti per sé e un'agenzia di assicurazione per la propria moglie. Tutto questo, cari colleghi, è scritto a chiare lettere nell'interrogatorio di Paolo Viscione del 19 dicembre 2010, che ho qui davanti a me e, se qualcuno fosse interessato a leggerlo, sono a disposizione per fornirlo. Il deputato di cui si parla è colui che costantemente si alza in quest'Aula per fare la morale a tutto il Parlamento, sto parlando del signor Franco Barbato.
Tutto questo la dice lunga sulla faziosità e la partigianeria, dal mio punto di vista, dei pubblici ministeri di Napoli. Ciò dovrebbe far riflettere tutti noi. Mi pongo, e pongo a voi una domanda: come mai Viscione è attendibile quando accusa Milanese e non è attendibile quando accusa Barbato? A Napoli c'è qualcosa che non torna e che non capisco, oppure capisco bene. Questa mia domanda la rivolgo soprattutto Pag. 10all'onorevole dottor Giandomenico Lepore, che sicuramente sta seguendo il nostro dibattito. Ciò perché, signor Presidente, mi è venuto un dubbio atroce: vuoi vedere che per la procura di Napoli si procede solo nei confronti di quei parlamentari che, sicuramente, hanno un grande impatto mediatico e sono ben conosciuti dal grande pubblico? Come dire: Milanese fa notizia e Barbato no. Ma questa è una discriminazione, non si possono trattare così i parlamentari, perché sono tutti parlamentari. Certo, Milanese fa notizia pesante: è questo il criterio che sceglie e muove la procura di Napoli? È una domanda che si sono posti in molti questi ultimi giorni, e credo sia una domanda legittima.
Milanese non ricopre più alcun ruolo all'interno del Ministero dell'economia e non ha alcuna possibilità di inquinare le prove. Milanese non intende sottrarsi al giudizio - che è auspicabile sia sereno - del suo giudice naturale. Milanese ha più volte chiesto di poter essere rapidamente giudicato, affinché possa far valere le sue ragioni. Milanese si è dimesso cautelativamente dal gruppo e dal partito. Cosa altro deve fare, Milanese? Milanese chiede di poter andare a giudizio da uomo libero; credo ne abbia tutto il diritto.
Signor Presidente, credo che lo scontro politico, che è bello e che fa anche molto bene alla democrazia, non possa spingerci a giocare con la vita e la libertà di un cittadino oppure a trattare questa dolorosa vicenda come una pratica da archiviare. Credo non sia giusto e non sia umano, per questo rivolgo un appello al Parlamento, una grande riflessione prima di esprimere il proprio voto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, contrariamente a quanto è stato detto, non siamo chiamati a decidere se mandare in galera il nostro collega, Milanese, sulla base di quanto accertato dalla magistratura, ma siamo chiamati a decidere se quanto finora ha fatto la magistratura, e le conclusioni che la stessa ha sin qui tratto, siano rispondenti alle leggi in vigore.
Inoltre, siamo chiamati a decidere se, nel fare questo, vi siano profili tali da poterci far dire o meno che vi sia stato un intento persecutorio nell'applicazione delle leggi in vigore nei confronti del collega Milanese.
La conclusione che io ho tratto in Giunta e che qui vi porto è la seguente: a mio avviso, non vi è fumus persecutionis nei confronti del collega Milanese, non almeno da parte dei magistrati, che è per l'essenziale quello che ci deve interessare.
Voglio chiarire, già per il voto che abbiamo espresso noi deputati nel caso del collega Papa e di quello che esprimeremo oggi, a chi ci ha contestato che con il nostro voto abbiamo tradito il nostro garantismo, che il garantismo è il rispetto della legge e, se la legge è sbagliata, la si cambia e non la si disapplica a seconda dei casi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Vorrei ricordare, inoltre, soprattutto ai colleghi della maggioranza, che quando ci contestate questi voti (il voto sul caso Papa, il voto oggi sul caso Milanese) lo fate nel nome dei nostri referendum, delle nostre lotte, delle nostre proposte di legge e, se oggi il collega Papa è in galera e se oggi il collega Milanese rischia di finire in galera, è a causa delle vostre leggi, della vostra inattività, della vostra incapacità di Governo.
Sono vent'anni che parlate di riforma della giustizia. Parlate di riforma della giustizia. Parlate di riforma della giustizia. Non una mezza riforma siete riusciti a fare. Dobbiamo insieme cambiare le leggi, non disapplicarle a seconda dei casi. Dobbiamo riformare la giustizia e per farlo riteniamo sia necessario ed indispensabile sgomberare il tavolo da tutto l'arretrato, anche quello in base al quale oggi siamo chiamati ad esprimere questo voto.
Dobbiamo sgombrare il tavolo perché non pesi sul presente e sul futuro. Per fare questo c'è una soluzione, una soluzione Pag. 11che anche per l'ennesima volta, dopo il caso Papa, voi e soprattutto voi della maggioranza continuate a rifiutare. La soluzione per sgomberare il tavolo è una: è l'amnistia, l'indulto, la depenalizzazione, la «decarcerizzazione».
Per il resto, potete continuare ad esercitarvi nell'emanare leggi per l'uno o per l'altro o invece a disapplicarle o applicarle a seconda delle convenienze per l'uno o per l'altro. Noi deputati radicali, noi militanti radicali, continueremo a lottare perché la legge sia uguale per tutti. Ci chiamate a votare oggi sul caso Milanese. Chiamateci a votare sulla riforma della giustizia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO TURCO. Chiamateci a riparare il danno che avete fatto voi quando avete tradito il referendum Tortora e la responsabilità civile dei magistrati. I cittadini italiani hanno detto «sì» e voi ne avete fatto merce di scambio e sapete perché (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, noi qui non dobbiamo giudicare della responsabilità penale di Marco Milanese, né esprimere giudizi di biasimo o di disagio morale. Dobbiamo avere la responsabilità di compiere fino in fondo il nostro dovere, utilizzando gli strumenti che la Costituzione ci ha assegnato di salvaguardia dell'integrità del Parlamento.
Con onestà intellettuale e senso delle istituzioni dobbiamo valutare se negli atti e negli elementi posti a base della richiesta della giudice Primavera emergono elementi concreti e oggettivi a sostegno della tesi della persecuzione giudiziaria.
I fatti contestati sono gravissimi: corruzione reiterata ripetuta abusando delle funzioni di consigliere politico del Ministro Tremonti, con delega pressoché esclusiva nei rapporti con la guardia di finanza e nella nomina per le società controllate dal Ministero. La gravità dei fatti, onorevole Gava, non appartiene soltanto ai fatti di sangue, ma è propria anche e soprattutto di quelle condotte che attaccano i gangli delle istituzioni e che presuppongono la strumentalizzazione, la devianza, l'asservimento della funzione pubblica a fini privati e personali.
La relazione di maggioranza è viziata nei suoi presupposti di fatto e nelle argomentazioni logiche e rivela tutta la sua debolezza intrinseca perché è completamente e interamente schiacciata sulla difesa Milanese, anch'essa inverosimile. Infatti, da un lato non smentisce gli episodi in fatto - l'ha detto la nostra relatrice di minoranza, onorevole Samperi -, ossia le elargizioni, le regalie, le macchine, i denari in contanti, i favori personali; dall'altro attribuisce valenza esclusiva per motivare la persecuzione giudiziaria all'eventuale ritorsione di Viscione, che da amico intimo diventa nemico solo perché non sarebbe stata sostenuta la candidatura del genero a sindaco di Cervinara. Il giudice a questo proposito ha dedicato un intero paragrafo proprio per valutare le dichiarazioni di Viscione che, onorevole Gava, non è un collaboratore di giustizia, come lei lo chiama nella relazione, ma è semplicemente un correo che rende auto ed etero dichiarazioni accusanti.
Viscione e il genero hanno subito il carcere e, per le proprie condotte e per le proprie responsabilità, non hanno avuto alcun trattamento premiale. Il fatto che Viscione, dopo aver elargito favori, soldi e situazioni di privilegio allo stesso Milanese, si sia poi inteso tradito da quelle aspettative che il Milanese gli aveva fatto credere e abbia reagito, non rappresenta l'elemento della persecuzione giudiziaria, ma è un elemento di accusa che poi è stata corroborata dai riscontri estrinseci, numerosi e attendibili dal giudice in oltre tredici pagine dell'ordinanza, sui quali nulla è stato detto per smentire nella relazione di maggioranza, che addirittura afferma che non ci sarebbero i gravi indizi, quasi fosse un tribunale d'appello, un tribunale del riesame. Ma qui né il riesame né l'appello è stato attivato dal collega Milanese. Pag. 12
La tesi che si vuole far accreditare dalla relazione di maggioranza è inverosimile. È inverosimile e irragionevole e dimostra ancora una volta la tendenza di questa maggioranza di Governo di proteggere e fare scudo alla persona del parlamentare più che alla funzione del Parlamento. È un volere interferire ad ogni costo con l'esercizio del potere giudiziario, al di fuori di ogni previsione costituzionale. Si tratta di un altro - perché ce ne sono stati altri - atto abnorme di arroganza che non ha giustificazione in uno Stato democratico, che costituisce l'estrinsecazione, più volte affermata in quest'Aula purtroppo dai colleghi della maggioranza, di un'idea che l'incarico politico, la funzione parlamentare implica di per sé una tutela rafforzata rispetto agli altri cittadini, un privilegio, una sorta di immunità che lo differenzia da quella che, invece, è la situazione del cittadino comune.
È un modo di pensare che non possiamo condividere, che non condividiamo, che è totalmente diverso da quello che sosteniamo per il quale, invece, chi occupa incarichi di responsabilità istituzionale ha oneri maggiori di serietà e rigore, che comunque tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e la funzione di parlamentare non può costituire uno scudo di impunità. L'Aula di Montecitorio non può trasformarsi in un giudice di appello (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Chiedo ai relatori se intendono replicare, avvertendoli tuttavia che i due relatori di minoranza hanno già esaurito il tempo a loro disposizione e anche il relatore di maggioranza, se ritiene di intervenire, non avrà più di un minuto a disposizione.
Prendo atto che i relatori di minoranza non intendono replicare.
Ha facoltà di replicare per un minuto il relatore per la maggioranza, onorevole Gava.

FABIO GAVA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo solamente per precisare alcune questioni. Nelle relazioni di minoranza ho sentito parlare anche della questione relativa alla casa di Roma. Ciò attiene ad un altro procedimento, in corso a Roma, e non è materia di questa discussione. Allo stesso modo, aver parlato di questo tourbillon di gioielli, orologi, macchine da corsa, eccetera, che hanno una loro spiegazione economico finanziaria spiegata dettagliatamente nella memoria di Milanese, mi sembra creare un fumus ed un alone intorno alla figura del deputato Milanese.
Credo che dobbiamo rimanere agli atti. Siamo in presenza di un unico accusatore, che aveva sicuramente motivo anche di avere della acrimonia nei confronti di Milanese. Alcune delle affermazioni di questo accusatore sono contraddette in atti e non sono state approfondite, altre affermazioni sono assolutamente generiche e, quindi, prive di riscontrabilità. Credo che il concetto di gravità cui ho fatto riferimento sia quello che ho esposto nella mia relazione, che si trova agli atti. Credo, quindi, che per questa ragione - oltre che per quanto è stato detto da altri colleghi intervenuti in questa direzione - la Camera dovrà in questa decisione avere tutta la prudenza del caso.

(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 20-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Constato l'assenza dell'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A), che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà per due minuti.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, forse sarebbe sufficiente motivare le nostre scelte sul caso in questione con un rinvio ai ragionamenti giuridici da noi svolti nel recente caso riguardante l'onorevole Papa. Nell'uno come nell'altro caso, infatti, l'Aula impropriamente Pag. 13è stata evocata come sede giurisdizionale. Si tratta di una locazione che, in realtà, non le compete e di questo sarebbe il caso che la foga riformatrice della politica italiana si facesse carico, immaginando un organo terzo per l'assunzione di decisioni che non possono lontanamente correre il rischio di venire piegate alle ragioni della politica e delle sue maggioranze. Il compito di quest'Assemblea, dunque, si deve limitare a valutare se il magistrato intenda perseguire il parlamentare in ragione del suo mandato.
In questa valutazione, ogni deputato deve avere la capacità di astrarsi da ogni estranea considerazione, aspirando alla condizione di una sorta di «anaffettività valutativa», che non è facile esprimere per chi esercita una funzione politica e non giurisdizionale. Occorre, pertanto, tergere il nostro discernimento da ogni considerazione sull'etica pubblica malata, che potrebbe aver ispirato la condotta del deputato, così come emergerebbe dalle carte offerte alla nostra valutazione.
Certamente lo sgretolamento di un tessuto etico, l'involgarimento dei costumi, il senso di impunità, l'autopromozione al rango di intoccabili legibus solutis sono i menù di cui è condita questa nuova antropologia politica che si è insediata in Italia da 17 anni. Tuttavia, non è questo l'oggetto della nostra valutazione. L'oggetto è, invece, la richiesta di una procura connessa ad accuse circostanziate. Intorno a queste accuse, abbiamo svolto la nostra valutazione giungendo a considerare il comportamento dei magistrati non viziato da intento vessatorio nei confronti del collega deputato. Per questo, pertanto, voteremo contro la decisione della Giunta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà per dieci minuti.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi dell'Italia dei Valori non possiamo certo essere accusati di essere incoerenti: abbiamo sempre ragionato su questi casi in termini rigorosamente istituzionali e costituzionali. Abbiamo cioè sempre ritenuto che il Parlamento non possa sostituirsi ai giudici nel fare i processi.
Abbiamo sempre sostenuto che alla magistratura occorre lasciar fare il proprio mestiere, senza interferenze della politica. Abbiamo sempre sostenuto che il fumus persecutionis tutela il Parlamento e non il singolo parlamentare, mentre spesso questa categoria inventata, perché non esiste nella Costituzione, è stata utilizzata strumentalmente ad usum Delphini, cioè per salvare volta per volta l'insalvabile, soprattutto nei confronti di persone che nel Parlamento esercitano un potere attraverso i loro partiti di appartenenza.
Non vogliamo derogare, neanche in questa circostanza, alla nostra linea. Lo abbiamo dimostrato nel primo intervento e attraverso la dettagliata relazione di minoranza. Quelli sono i nostri principi, ai quali vogliamo attenerci. Non vogliamo che la politica entri nelle questioni che riguardano i rapporti tra magistratura e parlamentari. Ma non siamo noi ad averlo fatto. Sono altri a volerla «buttare in politica». Sono quelli che vogliono prescindere dai fatti, per come si sono effettivamente verificati, che vogliono prescindere dagli atti e che vogliono forzare la situazione per dare una spiegazione politica del perché in questo caso vogliono, come in altri casi hanno tentato di fare, salvare il politico di turno che ha dei problemi nei rapporti con la magistratura.
Dunque, chi è che «la butta in politica»? È facile verificarlo. Il Ministro Bossi, segretario del partito della Lega Nord Padania, ha detto con chiarezza: Noi votiamo contro l'arresto di Milanese non perché vi sia il fumus persecutionis, non perché vi sia qualche magistrato che lo fa diventare un perseguitato politico. No, nessuno dice che Milanese è un perseguitato politico. Lo vogliamo salvare perché vogliamo che il Governo non cada. Vogliamo salvare il Governo. Questa è la dichiarazione del segretario del partito Pag. 14della Lega Nord Padania, cioè uno dei due puntelli di questa traballante maggioranza oramai al declino.
Ma vi è un altro fatto, che abbiamo letto oggi sui giornali, che inquieta. Si tratta della dichiarazione, che sarebbe stata attribuita al deputato Milanese, secondo la quale se egli finisse in galera non ci resterebbe per molto tempo da solo. Speriamo che questo non sia vero, però non stentiamo a credere che possa essere verosimile perché, come ha detto anche il GIP, imparziale e su cui nessuno ha avuto niente da ridire, il sistema di potere nel quale il deputato Milanese era inserito è tuttora in atto ed è tuttora presente. Le dimissioni sue e della dottoressa Bravi sono, in un certo senso, quasi per onore di firma. Esse non hanno né interrotto né reciso quei legami che hanno caratterizzato i rapporti tra l'onorevole Milanese e la politica di turno, compreso il Ministro Tremonti che non è una persona secondaria in questo scenario politico.
Se il Ministro Bossi ci invita a riflettere sui rapporti tra la decisione e la situazione politica siamo costretti a farlo, anche se a nostro avviso vi sarebbero tutti gli elementi per sostenere che bisogna votare contro la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, perché ci sono tutti gli elementi di carattere processuale e giuridico-istituzionale. Dunque, se siamo sfidati su questo terreno, se siamo costretti a prendere atto che vi è qualcuno che inserisce elementi politici all'interno di una valutazione che dovrebbe essere soltanto giuridico-istituzionale, lo facciamo e raccogliamo la sfida. Qual è la sfida? Pochi mesi fa ci siamo occupati di un'altra situazione. Quella era la cordata costituita dall'onorevole Papa, da Bisignani, da Letta e, in fondo, da Berlusconi.
Quella cordata per dinamiche interne alla stessa maggioranza, per l'accertata e non smentita posizione che ha assunto la Lega Nord Padania, è stata sconfitta. Ora ce n'è un'altra su questo tavolo, in questa Assemblea, la cordata Milanese-Tremonti-Bossi. Questo emerge non perché noi facciamo dietrologia né perché vogliamo buttarla in valutazioni, ma perché è la realtà dei fatti che lo impone, sono le ammissioni tranquille e serene dei protagonisti di questa vicenda che lo dicono.
La questione del legame tra il deputato Milanese e il Ministro Tremonti e del legame tra il Ministro Tremonti e il Ministro Bossi è oramai nota; tra l'altro, questa cordata non ha riscosso finora unanimi consensi all'interno della stessa coalizione. Sappiamo che il Ministro Tremonti è stato più volte contestato per la sua manovra, gli è stato più volte contestato che le diverse manovre sono un elemento di logoramento della coalizione, è stato contestato da illustri esponenti della stessa maggioranza del Popolo della Libertà, ci sono i dissidenti, c'è il sindaco Alemanno, la governatrice Polverini, il governatore Formigoni e tanti altri che non ne hanno certo apprezzato la condotta. Sappiamo anche che all'interno della Lega Nord Padania ci sono dei malumori.
Vogliamo dire questo: se proprio la vogliono buttare in politica, facciano pure, facciano il loro gioco, però noi dell'Italia di Valori non ci stiamo a buttarla in politica e abbiamo il dovere di denunciare che nella situazione così drammatica in cui si trova l'Italia, su questioni giuridiche, tecniche e istituzionali molto rilevanti si gioca ancora sulla pelle degli italiani e ci viene contestato addirittura il fatto che abbiamo denunciato questo logoramento istituzionale, il disastro sociale in cui si trova il nostro Paese per colpa di queste forze politiche che pensano soltanto a comandare l'una sull'altra all'interno della Lega Nord Padania, del Popolo della Libertà e del Governo. Ci viene contestato il fatto che noi denunciamo i rischi gravissimi, senza peraltro volerli anzi volendoli prevenire, di disordine sociale. Questo è veramente il colmo, non ce lo saremmo aspettati soprattutto da un partito che ha sempre parlato di «Roma ladrona» e che oggi agita la secessione soltanto per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dai fatti reali, cioè dal fatto che ha i piedi ben piantati a Roma e non se ne vuole schiodare in nessun modo.
Il caso Milanese è un caso politico per non far cadere il Governo, questo significa Pag. 15che interessa di più mantenere il potere a Roma piuttosto che fare gli interessi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) e osservare le leggi e le nostre istituzioni. Giochino pure questa loro partita, che è una partita tutta interna ai diversi partiti di Governo, ai rapporti fra di loro e all'interno del Governo, vuol dire che ancora una volta se dovesse vincere questa cordata il Presidente Berlusconi sarà ancora di più commissariato da questa cordata vincente.
A noi dà fastidio addirittura evocare queste questioni, però siamo costretti, siamo stati presi per il collo. Noi vogliamo invece denunciare questo sistema di potere e di giochi interni a questa coalizione che ha distrutto il Paese e che ha portato l'Italia al disastro, e se non si smetterà di continuare a fare questi giochi purtroppo potrebbe essere davvero troppo tardi. Ecco la ragione per la quale l'Italia dei Valori voterà convintamente contro la proposta della Giunta per le autorizzazioni, per riaffermare il primato dell'istituzione del Parlamento, per affermare la dignità istituzionale e costituzionale di questo Parlamento che è leso non dal fatto che ci occupiamo di questi problemi ma dal fatto che questioni che dovrebbero avere altri elementi di valutazione e di decisione siano invece così condizionati dalle battaglie politiche. E votiamo contro...

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Votiamo contro e mi richiamo alla libertà di coscienza, invitiamo i parlamentari a votare nella loro libertà di coscienza, a mettere da parte le questioni politiche di bottega per arrivare a ripristinare la piena dignità di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Futuro e Libertà per il Terzo Polo non può concordare, per motivazioni esclusivamente di diritto che ora esporrò, con le conclusione della Giunta, conclusioni prese - è l'unico passaggio politico che mi permetto di sottolineare - analogamente a quanto è avvenuto per il caso dell'onorevole Papa. Ecco perché chiedo agli amici della Lega qual è il fatto nuovo che è stato invocato.
Vedete, colleghi, desidero subito chiarire che qui non si tratta assolutamente di sostituirsi ai magistrati competenti, né, tanto meno, di giudicare in anteprima, per usare un termine che degrada la giustizia a spettacolo cinematografico, un collega. Qui si tratta unicamente di demandare solo ai magistrati il compito di dare un giudizio di colpevolezza o meno, ricordando la previsione costituzionale dell'articolo 27 per cui ognuno è innocente sino a sentenza passata in giudicato. Si tratta, però, di ravvisare, eventualmente, nel comportamento dei magistrati un fumus persecutionis. Solo in presenza di tale fumus, come è noto, scatterebbe lo scudo di cui all'articolo 68 della Costituzione. In buona sostanza, il legislatore costituzionale, con l'articolo 68, ha voluto tutelare il parlamentare da ogni abuso, in assenza del quale il parlamentare deve essere soggetto ai provvedimenti del magistrato come ogni cittadino.
Ciò doverosamente premesso, ricordo come le indagini esperite hanno avuto luogo a seguito della deposizione di un amico. Purtroppo questa è la situazione, l'abbiamo visto nel caso Penati e per altri versi, sono gli amici che tradiscono o che, inspiegabilmente o spiegabilmente, accusano i loro amici o ex tali. Questo Viscione chiama in correità, perché accusa anche se medesimo, e, insieme a tale Giovanni Sidoti e ad altri, accusa l'onorevole Milanese. Sarà colpevole o sarà innocente? Non lo sappiamo, non spetta a noi dirlo, ma nel corso di più interrogatori effettuati dall'autorità giudiziaria è emerso, secondo le carte, come il Viscione abbia procurato notevoli disponibilità economiche all'onorevole Milanese, alcune di queste utilità individuate con certezza, come i biglietti Pag. 16del viaggio in aereo effettuato con la sua compagna a New York, prenotati non, come sarebbe stato logico, dall'interessato, ma dal Viscione e pagati dallo stesso tramite una società di Malta. Tutte cose che, nel contesto generale, sono indicative di una possibilità di colpevolezza giudicata degna della misura cautelare da parte dei magistrati. Lo stesso Viscione ha saldato, tra il 2009 e il 2010, diversi debiti del parlamentare per acquisti effettuati presso due gioiellieri, uno di Roma e uno di Capri, aventi ad oggetto esclusivamente beni di lusso.
Lo stesso Viscione si è incaricato di saldare delle rate di automobili acquistate presso la Race Cars di Roma. Stiamo parlando di una Bentley e di una Ferrari, entrambe le auto in uso del parlamentare. Per carità, tutto potrebbe essere in astratto lecito, ma perché a pagare è sempre Viscione?
Gli inquirenti hanno agito come loro dovere - ecco perché dal punto di vista sostanziale qui non possiamo accusare i magistrati, perché hanno fatto il loro dovere - e durante le indagini è emerso anche che il Milanese aveva il compito di trovare dei papabili per collegi sindacali o consigli di amministrazione in società partecipate dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze. Secondo l'accusa l'onorevole Milanese si adoperò per far nominare nei consigli di amministrazione della Oto Melara e dell'Ansaldo Brera due persone che avevano rapporti economici con lui, Guido Marchese e Carlo Barbieri.
L'indagine dispone da questo punto di vista di fatti indiscutibili: le dichiarazioni del ragionier Sergio Fracchia; il provvedimento di revoca degli arresti domiciliari di Barbieri e Marchese, motivato dal GIP con l'avvenuto consolidarsi di elementi di colpevolezza a carico di costoro per il delitto di corruzione; preterizione poi - ha ragione il collega Paolini su questo punto - sul filone di indagine relativo alla Sogei perché trasferito per competenza a Roma; preterizione sull'appartamento dell'onorevole Milanese, utilizzato temporaneamente da un Ministro, previo versamento settimanalmente in contanti di circa mille euro, per un importo complessivo di 75 mila euro, versati tra il settembre 2008 e il giugno 2010 (si veda pagina 33 della memoria e pagina 70 dell'Atto Camera, Doc. IV, n. 20 «Domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Milanese»).
Dico ciò non per essere pignolo, ma per dimostrare che a volte i magistrati sono nel giusto. Ci saranno anche coloro che sbagliano, ma la maggior parte di loro sono nel giusto. Quello che è singolare è che lo stesso onorevole Milanese - e questo gli fa onore - dice: qui il fumus persecutionis nei miei confronti c'è, ma c'è da parte del Viscione.
Tuttavia questo è un particolare irrilevante. L'amicizia stretta e consolidata è confermata dallo stesso Viscione e questo comunque ha portato il medesimo Viscione ad essere informato su indagini tributarie o penali su lui o le sue società, per esempio la Artinvest Spa (vedi capi di imputazione a), b), c), d), e) e pagine 14-27 del predetto stampato). E però ha portato al Milanese dei vantaggi di natura economica. Poi i rapporti si sono interrotti tra i due. Il motivo pare sia per l'opposizione a che il genero di Viscione fosse candidato a sindaco di Cervinara, ma questa circostanza non è idonea a minare la credibilità del Viscione quale collaboratore di giustizia e persona informata sui fatti.
Quindi, vedete, i reati qui ci sono e - ripeto - non spetta a noi giudicarli. Non sono d'accordo sull'impostazione politica sostenuta da alcuni, perché noi dobbiamo applicare soltanto il diritto. Ma quando si parla di reati e si parla in rivelazione di segreti di ufficio, corruzione propria, associazione a delinquere, c'è di che meditare.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Ebbene, non voglio tediare oltre l'Assemblea e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento. Preannuncio Pag. 17soltanto il voto contrario alle conclusioni della Giunta per le autorizzazioni, prese peraltro a maggioranza di un solo voto.

PRESIDENTE. Onorevole Consolo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, colleghi, credo che sul delicato caso Milanese non spetti assolutamente a noi un giudizio di merito e neppure un giudizio di ordine morale sui comportamenti che emergono dall'inchiesta e dall'ordinanza con la quale si chiede di eseguire la misura cautelare della custodia in carcere, né credo che spetti al Parlamento esprimere giudizi sul tenore di vita di cui abbiamo letto abbondantemente sui giornali nelle settimane scorse perché, aldilà dell'opinione che ognuno personalmente se ne può fare, il collegamento di questo tenore di vita con eventuali attività illecite va assolutamente accertato all'interno del processo.
Noi non siamo giudici, colleghi, e lo voglio dire perché a volte emerge - anche all'interno della Giunta per le autorizzazioni, per la verità, si è manifestata questa tendenza - un atteggiamento assolutamente ipocrita sul quale mi vorrei brevemente soffermare. È l'atteggiamento di chi da un lato sostiene che bisogna stare nel merito della questione e all'interno di quel perimetro che l'ordinamento assegna al Parlamento quando si tratta di decidere sulla libertà delle persone e soprattutto sulla libertà personale di un deputato della Repubblica e quindi accertare se esistono il cosiddetto fumus persecutionis e le condizioni oggettive perché sia accettata la richiesta di tradurre in carcere un parlamentare, mentre dall'altro lato, in qualche misura, non si resiste alla tentazione di andare a sbirciare tra le carte per ergersi a giudici e svolgere un ruolo assolutamente anomalo che non spetta a noi parlamentari.
Abbiamo letto le carte che sono state consegnate alla Giunta per le autorizzazioni e abbiamo tratto il convincimento che ci siano tutte le condizioni per fare il processo. Lo si faccia e se Milanese è responsabile venga condannato, ma la condanna deve venire fuori da un processo e non dal Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio)!
Credo che questo vada detto con grande rispetto. Mi rivolgo soprattutto a chi, venendo dalla responsabilità svolta nel corso della sua vita di magistrato - lo voglio dire con franchezza all'onorevole Ferrante, all'onorevole Palomba - deve in qualche misura interrogarsi sul ruolo del parlamentare rispetto a quello del magistrato, perché a volte ho l'impressione - questo vale anche evidentemente per altre professioni che qui sono rappresentate - che ci si lasci un po' condizionare dalla mentalità, dall'approccio e dal modo di pensare tipico di un'attività e di una professione, che non si riesca a sufficienza a distinguere la funzione e il ruolo che il parlamentare deve avere. Ci si dimentichi di essere magistrato quando si è diventati parlamentari della Repubblica, se si vuole entrare nel merito delle competenze del Parlamento! Lo voglio dire anche perché nella questione in esame, rispetto alla quale noi di Popolo e Territorio ci sforziamo di non essere ipocriti e ci sforziamo di guardare le cose per quelle che sono e per come sono rappresentate nelle carte, l'unico elemento sul quale vorremo si riflettesse è che tutta l'accusa verte intorno alla veridicità delle dichiarazioni di un accusatore e della difesa di un accusato.
Allora con quale coraggio il Parlamento entra nel merito di una decisione che non può che spettare - ripeto - soltanto a un processo per capire chi dice la verità su queste questioni? Lo voglio dire anche perché in questa vicenda paradossale e incredibilmente acuita da tanti tatticismi politici c'è chi è arrivato a prefigurare che intorno alla questione Milanese si possa sferrare un terribile e definitivo attacco nei confronti del Governo. Questa mistificazione, questo uso politicizzato e strumentalizzato di una questione giudiziaria è davvero orripilante e fa tremare le vene Pag. 18ai polsi, perché l'antipolitica - signori dell'Italia dei Valori - è un germe che se si insinua nel Parlamento non verrà più in qualche modo governato da nessuno. Ci sarà un'azione di trascinamento che porterà via quello che è il senso profondo del ruolo e della dignità del Parlamento, che nessuno più ha il coraggio di difendere fino in fondo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà). Andiamo oltre le questioni Milanese e interroghiamoci su questo aspetto.
Oggi siamo qui ad assumere una decisione delicatissima mentre ancora c'è un parlamentare che da luglio è in carcere e si chiama onorevole Papa, un parlamentare rispetto al quale si diceva che c'era urgenza di tradurlo in carcere perché bisognava accelerare un processo e accelerare delle indagini. Mi domando dopo tre mesi cosa si sia aggiunto rispetto a quello che già si sapeva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania). Mi domando se è dignitoso per il Parlamento assistere impotenti a questo modo di interpretare la legge e di applicare il ruolo, alto e dignitoso, che un magistrato deve avere. Per queste ragioni, onorevoli colleghi, noi voteremo contro la richiesta di carcerazione nei confronti del collega Milanese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sì, noi dell'Unione di Centro avvertiamo tutto il peso del voto che stiamo per esprimere. È il peso di una condizione drammatica che riguarda, ad un tempo, l'Italia e le nostre coscienze: un Paese che è in serio pericolo, perché degradato dai mercati e dalle agenzie di rating, nonostante le dure manovre finanziarie approvate, un Paese degradato nella credibilità politica e morale del suo Governo. Non è per via giudiziaria però che usciremo da questa condizione. Non sarebbe giusto, non sarebbe democratico.
In questa condizione siamo chiamati, per la seconda volta in due mesi, a pronunciarci sull'arresto di un deputato. Non possiamo dirci felici, abbiamo però il dovere di reagire secondo l'auspicio stesso del Capo dello Stato mettendo da parte faziosità ed estremismi, e ritrovando la via della massima unità nazionale nelle sfide del risanamento politico, economico e morale. Noi lo facciamo ripartendo dalla bussola della Costituzione, nell'interpretazione rigorosa dell'articolo 68 e delle garanzie parlamentari di cui spesso si è abusato. Con il collega Dionisi, nell'intenso lavoro della Giunta per le autorizzazioni, ci siamo confrontati con il tema del fumus persecutionis, che è il nostro limite di giudizio. Non dobbiamo infatti fare noi un processo al processo, non ne abbiamo i mezzi, non ci è chiesto dalla Costituzione. Voglio dire di più. Quella di Milanese potrebbe persino essere una storia di ordinaria ingiustizia, ma non ci riguarda. Lo stabilirà il processo, con tutte le garanzie che spettano all'imputato. Con il collega Dionisi abbiamo cercato qualche sintomo di un atteggiamento persecutorio nella condotta e negli atti del giudice, del GIP di Napoli, non della procura perché è il GIP che ci ha inviato la richiesta di custodia cautelare. Onorevoli, colleghi, non li abbiamo trovati questi sintomi. Gli atti sono motivati, ragionevoli, sorretti da consistenti elementi di prova.
L'imprenditore Viscione, in cambio di informazioni riservate su indagini penali e tributarie, dichiara di aver fornito al Milanese consistenti utilità, principeschi viaggi a New York, rate di leasing per Ferrari ed altre auto di lusso, gioielli. Ci sono riscontri. Altri soggetti, come Guido Marchese e Carlo Barbieri, risultano essere stati nominati dal Milanese nei consigli di amministrazione della Oto Melara e della Breda e risultano anche aver rilevato una casa a Cannes di proprietà del Milanese stesso. E si potrebbe continuare, ma gli atti sono ormai noti, fino Pag. 19all'incredibile vicenda dell'appartamento di via di Campo Marzio, sublocato al Ministro Tremonti, un appartamento di prestigio, con un alto canone, virtuale però, perché il Milanese non paga un euro dato che tutto è in conto a scomputo di una ristrutturazione avviata, mai fatta, per circa 200 mila euro ad opera di un imprenditore romano che riceve appalti diretti da società vigilate dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Secondo quanto ufficialmente dichiarato negli atti dall'onorevole Milanese ed anche dal Ministro Tremonti, il primo ha ricevuto dal secondo 75 mila euro, mai dichiarati al fisco, per rapporti di sublocazione submensili, in modo da evitare la registrazione del contratto, con versamenti settimanali di 1.000 euro dati brevi manu. Una storia francamente davvero poco credibile. Nel corso delle audizioni di Milanese in Giunta, ho eccepito una certa incredulità sulla veridicità di questi fatti. L'onorevole Milanese me li ha confermati, affermando che la cosa era possibile perché lui ha avuto, fino a pochi mesi fa, la sua stanza vicino a quella del Ministro.
Qui mi fermo, mi fermo davvero, per carità di patria, nel suo senso più letterale. D'altronde, che gli elementi di prova a carico del Milanese siano seri è opinione diffusa, anche presso autorevoli parlamentari del PdL. Solo ieri l'onorevole Vitali ha testualmente dichiarato alle agenzie: «Nel caso Milanese ci sono indizi di reato più gravi rispetto alla vicenda Papa». Un giudizio, questo, condiviso da molti. Ed allora, come mai questo diverso orientamento della Lega Nord Padania rispetto al voto sul caso Papa? Lo dico con tutto il rispetto per le posizioni altrui: non si dovrebbe scoprire, solo per il collega Milanese, che c'è troppa custodia cautelare in Italia. Negli atti risulta che il giorno stesso dell'arresto del Viscione, l'onorevole Milanese svuota le sue cassette di sicurezza. Il generale D'Arrigo, ex comandante della Guardia di finanzia, dichiara che per loro Milanese è il referente politico da cui prendere ordini, in nome del Ministro. Dunque, la capacità di inquinamento è rilevante.
Cambiamolo pure, onorevoli colleghi, questo eccesso di carcerazione preventiva, a partire dalla nostra proposta di legge, che è stata presentata già da tre anni e che limita ad un tempo breve e certo la custodia cautelare per inquinamento delle prove. Ma cambiamola per tutti, non per uno solo. E non pensiate che arroccarsi nel bunker del potere e dei privilegi, nel voto di casta, sia la risposta ai problemi. Non è così per il Paese, né per voi stessi. Con il collega Dionisi ci siamo anche posti il problema di eventuali pregiudizi politici nella persona del giudice, non ne abbiamo trovati. Il GIP di Napoli è, peraltro, lo stesso che, solo due giorni fa, ha sottratto il caso Tarantini alla competenza della procura di Napoli, come chiesto dalla difesa di Berlusconi, per affidarlo a Roma. No, in tutta coscienza non abbiamo riscontrato elementi di persecuzione, secondo i compiti che ci sono affidati dalla Costituzione. Possiamo con ciò concludere che questo voto risolverà i problemi del nostro, incerto, Stato di diritto? Possiamo affidarci al giustizialismo e, dall'altra parte, alla legge sul processo lungo?
Possiamo arrenderci all'Italia dei conflitti permanenti, delle divisioni, delle secessioni? No, non possiamo. La nostra terza via indica un'altra Italia, fatta di solidarietà nazionale, di riforme, di conciliazione tra politica e giustizia. Un'Italia con meno custodia cautelare e processi più veloci, una giustizia più efficiente e sobria che non dimentica il motto di Bonaventura: ex silentio iustitia nutritur. Un'Italia che sa reagire alla corruzione del potere e alla riduzione della funzione pubblica all'interesse privato, personale, del politico al privato, che poi è il nocciolo della profezia di Tocqueville sulla decadenza della democrazia. È un'Italia che sa unirsi sulla grande politica come ha saputo fare nei momenti complessi della sua storia a partire dai giorni difficili, dai voti difficili e importanti, come quello di oggi che esprimiamo contro la proposta del relatore con responsabilità politica e in piena coscienza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

Pag. 20

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,38).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 20-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi dobbiamo decidere se il deputato Milanese debba patire o no la carcerazione preventiva perché questo è il nome non edulcorato della custodia cautelare. Possiamo farlo perché questo ci è consentito dall'articolo 68 della Costituzione che prevede che atti limitativi della libertà personale di un deputato debbano essere autorizzati dalla Camera di appartenenza sulla base della sussistenza o meno del cosiddetto fumus persecutionis, ossia il sospetto che dietro la richiesta vi sia un intento persecutorio che può essere diretto o indiretto. Spiego sul punto perché l'onorevole Di Pietro mi ha citato due volte in una trasmissione televisiva. Cosa voglio dire con questo termine indiretto? Se Tizio nasconde nell'auto di Caio un chilo di droga, poi avverte la polizia e lo fa arrestare, è indubbio che né il poliziotto né il magistrato che convalida l'arresto hanno intenti persecutori diretti verso il soggetto ma è indiscutibile che in concreto, in un caso del genere, Caio sia oggetto della persecuzione di Tizio. Il recente caso Strauss Kahn dovrebbe far riflettere molti. La carcerazione preventiva da molti invocata non è la soluzione di un problema, cari amici che avete parlato. Bisogna fare i processi. Stiamo vedendo che il deputato Papa da due mesi marcisce in carcere e questo è uno dei fatti nuovi e cosa si è ottenuto? Forse che è iniziato il processo, forse che il Papa è stato portato a processo; sta lì chissà per quanto? Infatti con le accuse rivolte può starci molto a lungo. E neanche - come ha detto giustamente il collega - gli sono mandate le convocazioni della Camera per esercitare le sue funzioni di parlamentare che, allo stato, non risultano sospese per legge.
Ma torniamo a noi: perché la Costituzione e le altre leggi riconoscono ai parlamentari ma anche al Presidente della Repubblica, a livello parlamentare, ai giudici costituzionali, ai diplomatici e ai Capi di Stato estero guarentigie più ampie di quelle del comune cittadino e ancora più ampie erano nel testo originale? Questo non è per caso ma perché queste figure svolgono funzioni istituzionali delicate che li espongono più di altre a rischi di ritorsioni, pressioni, vendette e ricatti con buona pace dei populisti e qualunquisti di ogni ordine e grado, in servizio permanente effettivo di complemento, aggregati aggiunti, in aspettativa e malattia che sono soliti irridere all'istituto richiamando il generico principio di uguaglianza dei cittadini. Ad essi ricordo che è poco probabile che ordiscano trame contro il battimazza di turno della fabbrica metalmeccanica mentre l'arresto di un capo di Governo o di un Ministro o di un deputato in certe condizioni può avere un effetto domino sull'intero Paese e provocare danni per miliardi ai cittadini per l'effetto che può provocare in borsa. Questa è la ragione dell'immunità. Non siamo tutti ugualmente a rischio come si direbbe.
In questo momento storico, mi rendo conto che mandare la gente in carcere - è inutile negarlo - è molto più popolare che non farlo e anche meno faticoso da motivare, perché, invece di leggere e studiare 10 mila pagine di atti pervenuti, si può ricorrere a comode, ma non neutrali, sintesi giornalistiche, che escono sempre con eccezionale tempismo, addirittura, prima - come è successo anche in questo Pag. 21caso - che la Giunta e, talvolta, gli stessi imputati, ne possano prendere fisicamente visione.
Ciò non è irrilevante, perché determina ipso facto l'imprinting delle tesi colpevoliste in un'opinione pubblica fino a quel momento vergine. Chiunque conosca un minimo i meccanismi di comunicazione di massa sa che è immensamente più difficile riuscire a modificare un'opinione che si è già formata, piuttosto che radicarla per la prima volta, quando si opera in assenza di tesi alternative. Ancora una volta, il caso Strauss Kahn insegna. È questa la ragione per cui gli ordinamenti anglosassoni, ad esempio, prevedono che la pubblicazione anticipata di atti e notizie processuali rispetto all'inizio del dibattimento possa essere punita addirittura penalmente a titolo di oltraggio alla Corte. Si ritiene, infatti, che conoscerli prima e fuori dell'Aula del tribunale e in assenza di contraddittorio, possa influenzare il giudice e, quindi, ne mini, anche inconsciamente, l'imparzialità e la libertà di valutazione.
In Italia, non è così. La vicenda oggi all'esame è stata ampiamente raccontata dalla stampa ben prima che le carte arrivassero alla Giunta. Tutti, me compreso, ci siamo fatti delle convinzioni e delle impressioni che, all'esame attento degli atti, non risultano così univoche. Sarebbe inutile ricordare le tante contraddizioni che l'unico accusatore rivolge al deputato Milanese. È lo stesso accusatore che dichiara espressamente, in un'intercettazione, in un interrogatorio, di essere non benevolmente disposto verso costui. Molte delle ricostruzioni dei fatti che motivano la richiesta non corrispondono o, meglio, non corrispondono i dettagli significativi alla realtà. Alcune compravendite immobiliari e mobiliari risultano effettuate in modo tracciabile per valori assolutamente compatibili con gli elevati redditi di natura lecita dichiarati dall'indagato tra il 2005 e 2009. Si pensi alla famosa villa a Cannes, che, alla fine, non è stata comprata da quelli che si assumono essere stati nominati, ma da una signora di Tokyo, la quale non risulta nominata in alcuna società pubblica.
Non si capisce davvero, perché se uno volesse farsi dare una «mazzetta» da acquirenti già noti per favorire delle nomine, invece di farsi dare del contante, come insegnano non commendevoli episodi accaduti in Lombardia, dovrebbe mettere in piedi una complicatissima triangolazione immobiliare e regalare ingenti somme a un mediatore, di cui non vi sarebbe alcun bisogno. Non è possibile elencare tutti, e non li faremo entrare qui, nel dettaglio, i molti e decisivi punti non chiari e contraddittori, o che trovano riscontro solo nelle parole dell'accusatore. Va, tuttavia, ricordato che lo stesso deputato Milanese, in sede di audizione, non ha parlato di persecuzione della magistratura, ma di una persecuzione attuata attraverso la magistratura ad opera del suo accusatore.
Non sta a noi dire se questo - e concludo - risulterà vero meno, perché - è sempre bene ricordarlo -, nonostante qualunque decisione noi oggi prenderemo, il processo andrà avanti e una sentenza stabilirà se il deputato Milanese sarà o meno colpevole. Se il quadro indiziario e probatorio, come si vorrebbe, è così chiaro e univoco, si dia subito inizio al processo - anche per l'onorevole Papa - e se l'imputato sarà ritenuto colpevole, venga punito.
Per le ragioni esposte dal relatore per la maggioranza, quelle personalmente riscontrate in atti e riferite al gruppo, la Lega Nord ritiene sussistente il fumus persecutionis nei modi già espressi, come descritti, e voterà contro l'autorizzazione all'arresto, che, per inciso, non appare indispensabile neppure con riferimento ai classici tre presupposti: pericolo di fuga, pericolo di reiterazione del reato e pericolo di inquinamento delle prove. Attesa la copiosissima mole di documentazione acquisita, il fatto è che le accuse si fondano in gran parte su chiamate di correità già verbalizzate ed acquisite e, dunque, immodificabili Pag. 22(Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta, ci troviamo a dover decidere su una richiesta della magistratura, che domanda di poter eseguire un provvedimento a carico di un nostro collega. È bene ricordare sempre, che non siamo un tribunale: non dobbiamo stabilire noi tra innocenza o colpevolezza; non sta a noi decidere se il collega Milanese meriti l'arresto o meno. Noi dobbiamo solo valutare se il comportamento del giudice che ha presentato la richiesta sia viziato da un accanimento nei suoi confronti. Dobbiamo decidere, cioè, se c'è fumus persecutionis nei confronti dell'onorevole Milanese.
Ci dobbiamo chiedere se il GIP di Napoli, Amelia Primavera, il giudice che chiede l'autorizzazione, sia mossa da una volontà di prevaricare il Parlamento, ovvero da un'ostilità preconcetta verso di noi e verso l'onorevole Milanese.
Colleghi, non possiamo che rispondere di «no» a questo quesito. Il GIP Amelia Primavera e i pubblici ministeri che le hanno chiesto la misura cautelare, non sono animati da alcun intento vessatorio o invasivo della sfera di autonomia della Camera. Di conseguenza, non possiamo definirlo un perseguitato politico o una vittima dello scontro tra politica e magistratura.
E c'è anche un fatto nuovo ed estraneo a questo procedimento, ma significativo e utile da ricordare: la correttezza di questo magistrato, la sua indipendenza da qualsiasi tipo di valutazione politica. L'assoluta imparzialità è manifestata - se mai ve ne fosse stato bisogno - dalla sua decisione di accogliere l'istanza presentata dall'onorevole Ghedini in qualità di legale del Presidente Berlusconi sulla competenza territoriale del caso Tarantini.
E se anche l'onorevole Ghedini riconosce il merito e l'importanza di quella decisione, assolutamente non scontata, ciò attesta che la dottoressa Primavera sta operando con serenità e senza pregiudizi, all'interno delle regole processuali che il Parlamento ha approvato.
Lo hanno spiegato bene le relazioni di minoranza dei colleghi Samperi e Palomba: il deputato Marco Milanese è coinvolto in un vorticoso giro di opachi acquisti di automobili, imbarcazioni, oggetti preziosi, pacchetti viaggio e affitto di immobili di pregio. Di queste utilità, egli sempre fruisce, mai paga. Cambia di frequente automobile: Bentley, Porsche, Ferrari. Ha due cassette di sicurezza a Roma e due a Milano: vi si reca spesso, fino al 14 dicembre 2010, in quel caso la mattina presto, in concomitanza con l'arresto di Paolo Viscione, poi non vi si reca più. Nell'arco di pochi mesi, versa molte migliaia di euro in contanti sul suo conto corrente: non le eccedenze di occasionali prelievi del bancomat, ma decine e decine di migliaia di euro, senza spiegazioni contrattuali.
Nomina nei consigli di amministrazione delle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, non docenti universitari o professionisti di rango, ma amici di Voghera; il sindaco di quella città è un altro suo conoscente. Questi personaggi vengono arrestati per corruzione con l'accusa che loro erano i corruttori e il deputato Milanese il corrotto. Successivamente, il giudice Primavera decide di porre termine alla custodia cautelare perché le prove acquisite sono solide e viene meno il pericolo dell'inquinamento delle stesse.
Il collega Milanese non ha saputo spiegare tali circostanze. Ci ha detto che è innocente e che è un perseguitato, ma non ha impugnato la misura cautelare presso il tribunale del riesame come fanno tutti gli imputati detenuti.
Egli non chiarisce dove sia la persecuzione da parte dei magistrati, i quali vogliono vederci chiaro relativamente ad un giro di acquisti di gioielli dove non compare mai uno scontrino fiscale o una ricevuta, relativamente ad un deposito, nella sua cassetta di sicurezza, di mille Pag. 23sterline d'oro, le quali prima sembrano sue e poi della moglie separata. Inoltre, i magistrati vogliono vederci chiaro in un rapporto che consentiva di scavalcare le ordinarie competenze e gerarchie nella Guardia di finanza e che fa dire al generale D'Arrigo che il collega Milanese era il plenipotenziario su quell'Arma, con tutte le conseguenze che questo ha, anche nei fatti che gli sono imputati di violazione del segreto istruttorio.
Nel suo operare per fini di arricchimento personale, l'onorevole Milanese coinvolge il Ministero dell'economia e delle finanze, la Guardia di finanza, nonché società pubbliche e strategiche per il Paese. Il quadro accusatorio dimostra che l'onorevole Milanese sfrutta la sua posizione e il rapporto diretto e fiduciario con il Ministro, e motiva, dunque, il perché di una richiesta di misura cautelare. Viceversa, le motivazioni addotte in Giunta e in quest'Aula dal relatore per la maggioranza sono, invece, le solite: quelle già sentite nell'ultima occasione sull'autorizzazione a procedere nei confronti del collega Papa.
Il richiamo all'indipendenza del Parlamento e la presunta persecuzione giudiziaria di cui anche il collega Milanese sarebbe vittima, così come la questione che alcuni deputati dell'opposizione si siano giovati in passato di voti negativi all'arresto, non solo rientrano nella litania della retorica spiccia, ma non costituiscono la base per un argomentare serio sui fatti di oggi.
Ogni caso fa storia a sé e, comunque, quando le richieste erano connotate da eccessi e da vizi palesi, anche la nostra parte politica lo ha riconosciuto.
Ma questo non è il caso dell'onorevole Milanese. Appare poi, in tutta la sua strumentalità, anche la tesi sostenuta per cui addirittura il fumus persecutionis venga non dal giudice ma da Paolo Viscione che si vuole vendicare di Milanese per questioni di candidature. Se il giudice Amelia Primavera è persona seria ed imparziale, come ha dimostrato ampiamente anche nel caso Tarantini, che ho ricordato poco fa, questo dovrebbe bastare anche nella sua capacità di valutare i testimoni, cosa che peraltro ha fatto con grande attenzione, confrontando ogni singola dichiarazione con le tante prove documentali raccolte, come si evince da tutte la documentazione che è pervenuta anche a questa Camera.
Nella relazione di maggioranza avete scritto che gli indizi non sarebbero sufficientemente riscontrati e che mancherebbero le esigenze cautelari. Sono giudizi infondati e immotivati; agli atti dell'inchiesta tutti gli elementi indiziari sono stati oggetto di verifica e controprova, ora documentale, ora testimoniale, o mediante il controllo dei tabulati. L'onorevole Milanese, non Viscione, incorre peraltro in numerose contraddizioni, queste, unite alle sue persistenti relazioni nella Guardia di finanza, dove, tra parentesi, ancora oggi sono in corso le indagini per identificare i complici, al suo ruolo di consigliere del Ministro, fino alla notifica dei provvedimenti giudiziari con tutta la rete di relazioni che ne consegue, sono un oggettivo sintomo sul piano dell'inquinamento probatorio.
Ai colleghi di maggioranza che giustificano il voto contro la richiesta del magistrato con la necessità di far sopravvivere questo Governo, rammento la crisi che sta colpendo, anche in queste ore, il nostro Paese; crisi che richiede di avere, ancora di più, un Parlamento legittimato per poter fare le scelte difficili che ci attendono ancora nelle prossime settimane.
I cittadini devono avere la convinzione, anzi la certezza, che chi siede qui non si considera superiore alla legge ma come primo ad essere soggetto alla legge. Oggi l'unico quesito che si pone alle intelligenze e alle coscienze di quest'Aula è se davvero noi pensiamo che Marco Milanese sia un perseguitato politico e che se fosse stato un cittadino come tutti gli altri sarebbe indagato. Ebbene, le risposte sono per noi certe: non è un perseguitato politico e se non fosse stato un parlamentare sarebbe già sottoposto alla custodia cautelare come Viscione, Barbieri e Marchese. Se c'è chi pensa che il problema sia l'uso eccessivo Pag. 24della carcerazione preventiva, come ho sentito anche oggi, l'occasione per sollevare le obiezioni non è questa, quella strumentale a tutela di un unico deputato, già di per sé privilegiato e tutelato in maniera rafforzata, ma la sede legislativa dove si fanno o si dovrebbero fare le riforme. Lo dico in particolare alla maggioranza che dal 2008 produce carcere per i più disgraziati; in carcere non c'è solo l'onorevole Papa, ma migliaia di detenuti in attesa di processo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); processi rallentati, ostacolati dalle vostre leggi e dal taglio delle risorse ai tribunali ed al personale che dovrebbe operare in quelle sedi.
In questa vicenda, la separazione dei poteri, l'autonomia del Parlamento e il fumus persecutionis non c'entrano affatto. Onorevoli colleghi, è bene ricordare che ci troviamo di fronte ad una vicenda che descrive unicamente ma puntualmente un sistema corruttivo gestito con grande disinvoltura da posizioni di grande potere e responsabilità.
Concludo, parlando per me, ma sono certo anche per tutti i miei colleghi: nessuno di noi spingerà con leggerezza quel tasto, non lo facciamo per una motivazione politica, lo ha detto con chiarezza il nostro segretario Bersani ieri, ma lo facciamo dopo un attento esame di merito dei fatti e per le conclusioni a cui siamo giunti. In base a questi fatti esprimiamo la nostra posizione che è a difesa di questo Paese e dei suoi principi costituzionali, che, fatte salve tutte le garanzie parlamentari, ci vogliono tutti uguali davanti alla legge. Per questo voteremo contro la proposta contenuta nella relazione di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il 20 luglio scorso questa Camera ha votato l'arresto dell'onorevole Papa. Il suo banco è qui, a tre metri da me, vuoto. Lo reclamava una forte spinta giustizialista alla quale questa Assemblea si è piegata. Dopo 63 giorni possiamo chiederci: quella magistratura inquirente, la stessa di Napoli che, ancora una volta, reclama, in via anticipata rispetto ad una sentenza di condanna, un'altra vittima, ha fatto buon uso della nostra grave decisione?
Grave non per mancanza di rispetto verso la magistratura, ma perché, come sostengono costituzionalisti eccelsi, da Zagrebelsky a Traversa, ha comunque intaccato quel plenum assembleare di questa nostra istituzione, che è l'espressione reale della democrazia. Lo è in quel numero di parlamentari che il popolo sovrano ha deciso con il suo libero voto, non in quella residuale che determinano provvedimenti giudiziali, che il tempo, sempre più spesso, acclara illegittimi o ingiustificati. L'onorevole Papa ha risposto alle domande di GIP e PM, per lui le prove sono state tutte raccolte, e non vi è rischio di un loro inquinamento, tanto che è già stato chiesto e disposto ad ottobre il giudizio immediato. Ma è ancora in carcere, reale ostaggio di un sistema giudiziario malato. Non gli vengono concessi gli arresti domiciliari forse proprio perché è un parlamentare e potrebbe esercitare il diritto di voto previsto da quella Carta costituzionale che è troppo facile invocare solo quando torna comodo.
Non occorre essere fini giuristi per esprimere un forte dissenso verso questo abnorme utilizzo della nostra sofferta decisione. Occorre il buonsenso, il richiamo alla logica dell'equilibrio e al rispetto di un intervento che questa Camera ha certo fatto con grande sofferenza verso sé stessa e con grande e mal ripagata fiducia verso gli inquirenti. Non è facile mandare in carcere un proprio componente: prima volta nella storia repubblicana per fatti non di sangue o di eversione armata. Nella Costituzione vi sono gli articoli 13: «La libertà personale è inviolabile»; 27: «L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»; e 67: «Ogni Pag. 25membro del Parlamento rappresenta la Nazione». Ci sarebbe anche l'articolo 15, sul rispetto della privacy, ma questa potrebbe sembrare, e non lo è, un'altra storia, perché attiene pur sempre ai rapporti magistratura-Parlamento.
Dunque, è stato giusto sacrificare questi principi all'aggressione di una condanna più mediatica o morale che giudiziaria? È giusto continuare a comprimere un bene così prezioso come la libertà, in via preventiva? Riflettiamoci, per un adeguato e coraggioso ripensamento dell'attuale quadro legislativo, nell'interesse non di qualcuno, ma dell'intera nazione. Il 40 per cento dei 67.500 detenuti è in attesa di giudizio, ed ogni anno passano nelle carceri italiane 90 mila persone senza una sentenza. Quante entrano invano? Arrestare un parlamentare significa incidere nel legittimo procedimento di formazione delle leggi, alterando il risultato del voto. È giusto rischiare di sovvertire il voto del popolo italiano con una misura restrittiva anticipata? Cosa sarebbe accaduto se ciò, ad esempio, si fosse verificato in Senato per chi governava nella scorsa legislatura? Non spetta alla magistratura far cadere un Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio)!
Dobbiamo accettare la richiesta di arresto in un momento nel quale il rapporto magistratura-istituzioni ha sviluppi non sempre improntati al reciproco adeguato riconoscimento dei rispettivi ruoli? Diciamocelo chiaramente, da parte di certi PM vi è solo la voglia di stare sotto i riflettori e vedere il proprio nome alla ribalta, financo violando le regole sulla competenza. A buon intenditore, poche parole (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Ricordiamoci, oggi, dei nomi altisonanti rotolati nella polvere, ricordiamoci in quest'aula dei colleghi Mannino o Margiotta. Così si sovvertono criteri logici e semplici: in un Paese civile un magistrato, che pubblicamente ed accanitamente accusa e poi nulla conclude, paga il suo errore, mentre da noi la forza della notorietà conquistata lo fa diventare assessore, sindaco o parlamentare europeo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio).
Noi abbiamo collaborato. L'onorevole Papa è stato arrestato, forse nella convinzione errata che offrire un sacrificio umano placasse l'ira anti-casta del popolo. Vogliamo continuare così, continuando a favorire la delegittimazione dell'istituzione parlamentare e frazionandoci alla ricerca di un effimero e temporaneo consenso elettorale? Oppure vogliamo dare una risposta forte che prescinde dall'uomo interessato, dal singolo parlamentare, e richiama il rispetto di quei principi costituzionali che prima ho ricordato?
Non aderiamo alla spinta antipolitica che non si accontenterà comunque, che vorrà un numero sempre più elevato di vittime sacrificali e che travolgerà noi, l'istituzione parlamentare e la stessa vita democratica del Paese. Viviamo un'epoca di grandi sovvertimenti, soprattutto per quanto concerne le realtà istituzionali. In un modo o nell'altro sono tutte messe in discussione, più di tutte questo nostro Parlamento. Ne siamo colpevoli? Può essere, ma questo non significa che sia legittimata la corsa a chi più fa per ridurne il valore.
Più lo si mortifica nella sua globalità e nei suoi componenti, più si crede di crescere nel consenso popolare; è vero, invece, l'opposto. Non sviliamo ulteriormente l'immagine dell'istituzione: più la lasciamo in balia delle urla scomposte di chi vuole solo l'antipolitica e più la alimentiamo.
Se Marco Milanese non fosse un parlamentare, sarebbe ancora attuale la richiesta del suo arresto, dopo la scarcerazione dei suoi coimputati, dopo il lungo decorso del tempo, dopo la denuncia per calunnia che ha inoltrato contro il suo accusatore, del quale ha reso nota una ampiamente plausibile ragione di risentimento nei propri confronti, e soprattutto dopo avere constatato la mancanza di riscontri oggettivi a buona parte delle accuse?
Non c'è in tutto questo un rilevante fumus persecutionis? La risposta non può Pag. 26che essere: sì, certo, c'è. Perché allora non applicare oggi il principio che ha ben sintetizzato proprio l'onorevole D'Alema, quando su Il Corriere della Sera del 2 settembre è stato il virgolettato: «ma verso Penati non si può che essere garantisti». E allora, perché per lui sì e per altri, per Milanese, no (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio)?
Il 20 luglio scorso molti qui dentro hanno abbandonato ogni rispetto del garantismo ed hanno ceduto alla piazza, quella piazza che chiederà prede, che chiede sempre più prede. Fate in modo che non ci sia un'altra vittima sacrificale e ricordiamoci che, di questo passo, può toccare a chiunque. In questo percorso che certa magistratura inquirente ha avviato non c'è la parola fine. Solo noi, con il nostro voto conforme alle conclusioni della Giunta, possiamo scriverla (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, ringrazio la sua cortesia per avermi consentito di consegnare all'Aula una riflessione: la vita degli uomini è breve, la vita delle istituzioni sfida l'eternità.
È stato detto che, quando si priva un uomo della propria libertà personale senza gravi motivi, il danno non si fa a quell'uomo, il danno si fa alla credibilità dell'istituzione. Per cui chiedo di votare contro l'arresto dell'onorevole Milanese non per difendere la sua libertà personale, ma per difendere la libertà dell'istituzione parlamentare che è stata gravemente ferita in quest'Aula e che ora rischia di morire definitivamente perché sta morendo dentro di noi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mario Pepe.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Concludo, Presidente. Fra qualche anno nessuno parlerà di Milanese e di Papa, ma il Parlamento continuerà a vivere perché è il simbolo della libertà e della democrazia.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. IV, n. 20-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che ai sensi dell'articolo 51, comma 2, ultimo periodo, del Regolamento è stata richiesta dal prescritto quorum di deputati la votazione a scrutinio segreto sulla proposta della Giunta in esame. La richiesta può essere accolta.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 52, comma 3, del Regolamento, chi ha sottoscritto una richiesta di votazione a scrutinio segreto deve essere presente al momento del voto, altrimenti la sua firma si intende ritirata.
Come avvenuto in precedenti analoghe circostanze (rimando alle sedute del 12 ottobre 2005, del 22 giugno 1993, del 13 giugno 1985), darò lettura dell'elenco dei deputati che hanno sottoscritto la richiesta al fine di verificarne la presenza in Aula: Amici, Barbato, Borghesi, Bossa, Briguglio, Cambursano, Cimadoro, Giorgio Conte, Damiano, Di Giuseppe, Di Pietro, Donadi, Duilio, Evangelisti, Fadda, Favia, Ferranti, Aniello Formisano, Gasbarra, Gatti, Granata, Lenzi, Levi, Lo Presti, Lolli, Losacco, Lulli, Messina, Meta, Monai, Moroni, Mosella, Mura, Naccarato, Angela Napoli, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Pompili, Porcino, Proietti Cosimi, Raisi, Rota, Strizzolo, Toto, Velo, Vernetti e Zazzera.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di negare l'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Milanese, di cui al Doc. IV, n. 20-A.
Ricordo che chi intende negare l'autorizzazione all'esecuzione della misura cautelare Pag. 27della custodia in carcere deve votare «sì», mentre chi intende concedere tale autorizzazione deve votare «no».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Prego i colleghi di stare seduti onde consentirmi di vedere se qualche collega non ha votato.
Onorevoli Galletti, Formisano, Stagno D'alcontres, Barba...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 617
Maggioranza 309
Voti favorevoli 312
Voti contrari 305

(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio - Vedi votazioni).

Prendo atto che il deputato Letta ha segnalato che non è riuscito a votare.

Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione: Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Belcastro (Doc. IV-quater, n. 18) (ore 12,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del seguente documento: Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta relativa all'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Belcastro (Doc. IV-quater, n. 18).
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Belcastro nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.

(Esame - Doc. IV-quater, n. 18)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Paolini.

LUCA RODOLFO PAOLINI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la vicenda è molto meno complicata della precedente. Innanzitutto, qui vertiamo su un campo di una richiesta di risarcimento danni in sede civile. In sostanza, l'onorevole Di Pietro chiede il risarcimento danni all'onorevole Belcastro, al direttore e all'editore del giornale che ha pubblicato la notizia di una intervista con la quale il giornalista riporta le opinioni del deputato Belcastro afferenti presunte irregolarità accadute durante il concorso di accesso alla magistratura dell'onorevole Di Pietro.
L'onorevole Belcastro è stato sentito in Giunta. Ha illustrato le proprie ragioni riferendo che non ha inteso mai rilasciare interviste od altro, bensì si confidava nel Transatlantico - e, quindi, intra moenia - con il collega Iannaccone. Il suo dialogo è stato occasionalmente carpito dal giornalista che poi gli ha chiesto conferma con una telefonata. Sulla base di questa vicenda, naturalmente la fonte dell'onorevole Belcastro era qualificata, perché faceva riferimento al segretario allora della commissione e il contenuto dell'articolo potete leggerlo negli atti allegati.
In buona sintesi, la Giunta ha concluso per la insindacabilità, in quanto l'opinione dell'onorevole Belcastro è stata innanzitutto espressa in via riservata e solo indirettamente pubblicata dal giornalista. È avvenuta intra moenia e comunque verte su una questione civilistica e, quindi, anche laddove l'onorevole Di Pietro...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Paolini. Pregherei i colleghi che non sono interessati di uscire dall'Aula, perché è impossibile ascoltare quello che sta dicendo il collega.

Pag. 28

LUCA RODOLFO PAOLINI, Relatore per la maggioranza. Comunque ho finito, signor Presidente. Quindi, dicevo che, anche laddove l'onorevole Di Pietro avesse delle ragioni (che in questo caso sono solo di natura economica e non penalistica), potrà vederle riconosciute conquistando il risarcimento richiesto dall'editore, dal giornalista e da altri soggetti. Quindi, il parere del relatore e della Giunta è stato a maggioranza di non sindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Belcastro.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola, ma parlare in questa situazione è assolutamente impossibile. È un caso che merita la medesima attenzione di quello di prima. È possibile «resettare» la turbolenza dell'Aula? È possibile avere attenzione per un caso che la merita tutta, signor Presidente?

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, attenda fino a quando non saranno ristabilite le condizioni per svolgere il suo intervento. Prego i colleghi che non intendono ascoltare di uscire dall'Aula. Onorevole Bruno dia lei l'esempio. Prego, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il deputato Belcastro ha riferito al giornalista Chiocci, che lo ha pubblicato su Il Giornale, di avere appreso dall'ex magistrato Filocamo che le prove scritte per l'accesso in magistratura sostenute da un altro deputato, l'onorevole Di Pietro, non avevano raggiunto la sufficienza. Da qui un articolo scandalistico, diffamatorio e assolutamente basato sulla falsità, che poneva in evidenza circostanze assolutamente impossibili da verificarsi.
Il relatore e la maggioranza della Giunta per le autorizzazioni hanno deciso che le dichiarazioni del deputato Belcastro erano coperte dalla insindacabilità, quel nobile strumento che la Costituzione appresta nei casi di voti dati e di opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. Secondo il relatore per la maggioranza la questione gode dell'insindacabilità perché è una questione comunque politica. Inoltre, il deputato persona offesa, a suo avviso, si può rivalere sul giornalista e sull'editore, come abbiamo sentito.
L'insindacabilità suppone il nesso funzionale con l'attività parlamentare. Nel caso in esame lo stesso deputato Belcastro ha detto che non intendeva attribuire alcun rilievo politico alle affermazioni che aveva fatto. Dunque, siamo dinanzi a una semplice diffamazione di un cittadino nei confronti di un altro cittadino, di un cittadino deputato nei confronti di un altro cittadino deputato. Si tratta, evidentemente, di una manipolazione ridicola di un istituto nobile che in questo caso non sussiste. Se l'Assemblea arrivasse a dire che sussiste l'insindacabilità, legittimerebbe la licenza di offendere da parte di qualcuno nei confronti di qualche altro.
Vorrei aggiungere anche un'altra cosa, signor Presidente. La tesi dell'onorevole Paolini, per cui comunque il deputato Di Pietro, il cittadino deputato Di Pietro, può rivalersi nei confronti di altri è parimenti ridicola e arbitraria. Chi è l'onorevole Paolini, chi è la maggioranza della Giunta per le autorizzazioni per dire nei confronti di chi si può adire il giudice per avere giustizia? Chi è lei per commettere questo arbitrio? In questo modo si toglie ad un cittadino, che è per giunta deputato, la possibilità di adire in giudizio perché il proprio onore sia ripristinato. Saranno poi i giudici ad accertare se ha colpa o non ha colpa, però tutto nasce dal deputato Belcastro perché Chiocci non si è inventato niente. Avrà travisato e ha travisato sicuramente, perché nella sua comparsa di costituzione di difesa il magistrato...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, mi permetta. Mi faccia recuperare il tempo che ho Pag. 29perso per il brusio in Aula. Il magistrato Filocamo ha detto, con chiarezza, che non sono vere quelle dichiarazioni a lui attribuite da Belcastro e riportate su Il Giornale. Il resto lo dirò in sede di dichiarazione di voto.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,20).

ENRICO LETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO LETTA. Signor Presidente, intervengo solo per dire che nella precedente votazione, come ho segnalato agli uffici, ho regolarmente votato ma poi, nel tabulato del voto, non compare il mio voto. Voglio dire questo per capire quello che è successo, ovviamente, e perché anche dal punto di vista politico i 305 voti contrari devono essere considerati 306, perché il mio voto, io presente, non è stato regolarmente conteggiato nei tabulati. Voglio che questo rimanga agli atti.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame - Doc. IV-quater, n. 18)

LUCA RODOLFO PAOLINI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo per fatto personale. L'onorevole Palomba dovrebbe fare la stessa domanda all'onorevole De Magistris che, sistematicamente, chiede l'insindacabilità, come europarlamentare, verso le querele per il risarcimento danni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, vorrei solo, a futura memoria, lasciare agli atti la comparsa di costituzione in risposta del dottor Filocamo, cioè la persona che secondo l'onorevole Belcastro gli avrebbe riferito ciò che egli, a sua volta, ha riferito ai giornalisti.
Qui delle due l'una, signor Presidente. Il dottor Filocamo si è difeso nella sua comparsa di risposta dicendo di non aver mai detto nulla di quello che l'onorevole Belcastro ha affermato, mentre l'onorevole Belcastro riferisce che glielo ha detto il dottor Filocamo. Ora abbiamo agli atti un dato certo: che come ha riferito l'onorevole Belcastro stesso, non è un'attività parlamentare e di tipo politico che egli ha inteso portare avanti, ma ha semplicemente riferito un fatto che qualcuno a sua volta gli ha detto e che a sua volta un magistrato di Cassazione, che dovrebbe essere creduto nell'immaginario collettivo, riferisce di non aver mai detto quello che Belcastro dice di aver detto.
A mia volta io a chi devo chiedere giustizia se uno dice di non aver detto ciò che ha detto e l'altro dice di averlo detto? Devo chiedere giustizia a un giudice, signor Presidente, non per avere un risarcimento danni, ma per avere una volta per tutte una sentenza che dica un fatto, e cioè che il concorso in magistratura a me non l'ha regalato nessuno, che non è stato strappato alcun verbale, che non è stato fatto alcun verbale falso e non è stato fatto alcun documento falso per aver vinto il concorso in magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Ed è vergognoso che voi per motivi politici state scegliendo un parlamentare rispetto ad un altro per un fatto personale su cui deve decidere la giustizia. Signor Presidente, prego di depositare presso la Presidenza questo fatto. Io non chiedo una vostra reviviscenza, chiedo che la storia giudichi la vostra insipienza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Belcastro, fresco di investitura come sottosegretario del Governo Berlusconi sorretto da Scilipoti, Razzi e Calearo, ha sostenuto con la stampa quotidiana - i fatti sono noti - che l'onorevole Antonio di Pietro avrebbe superato il concorso in magistratura con il trucco, senza merito e per l'intervento illecito sugli elaborati da parte del presidente, il dottor Carnevale.
Le imperizie linguistiche del collega Di Pietro possono evidentemente farci sorridere, ma per accusarlo di essere stato favorito nel superamento del concorso in magistratura, da una catena di reati che vanno dal falso materiale in atto pubblico all'abuso d'ufficio, ci vogliono le prove, anche perché quelle prove, se fossero state ammannite dal collega Belcastro, avrebbero portato alla sbarra addirittura lo stesso presidente della commissione e l'onorevole Di Pietro.
Il problema è che l'onorevole Belcastro dice poi in effetti, quando è stato ascoltato dalla Giunta per le autorizzazioni, di non sapere come l'onorevole Di Pietro abbia fatto ad imbrogliare quel concorso, dice solo che il dottor Filocamo, segretario della commissione, glielo avrebbe suggerito, ma anche lì senza precisare come. Di questa accusa l'onorevole Belcastro ha sdegnosamente sostenuto che la stessa non meritava nemmeno di essere trattata in Parlamento, quindi oltre a non fornire le prove non ha nemmeno chiarito in Giunta di aver svolto un atto ispettivo o di avere in qualche modo reso nota nell'Aula parlamentare la questione che egli ha poi lanciato nel dibattito politico.
Per concludere, signor Presidente e onorevoli colleghi, il collega Belcastro ha certamente ecceduto mettendo in discussione l'onorabilità di una persona ed ha anche rivendicato di non averlo fatto nell'esercizio della sua funzione di parlamentare. Tuttavia la questione del titolo di studio dell'onorevole Di Pietro e della sua abilitazione occupa ormai da tempo immemorabile le cronache italiane tanto da scadere a modesto fatto di discussione polemica tra opposte fazioni e per ciò stesso banale ed irrilevante, che getta disdoro non tanto su chi, come l'onorevole Di Pietro, è oggetto della diffamazione, quanto piuttosto su chi usa simili argomenti per tentare di compromettere la credibilità politica di una persona. Oramai l'onorevole Di Pietro è un leader riconosciuto di un grande partito e semmai queste accuse banali, trite e ritrite, lo vittimizzano e lo rendono forse meno antipatico.
Noi di Futuro e Libertà per il Terzo Polo, per concludere, onorevole di Pietro, onorevoli colleghi, su questa vicenda risibile e banale ci asteniamo e invitiamo lo stesso onorevole Di Pietro a ritirare l'atto di citazione. Non è un problema penale, ma di volgare pecunia. Dimostri la sua superiorità e non vada avanti. Per queste ragioni ci asteniamo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, non ripercorrerò i fatti, però a noi sembra, almeno questo è stato il giudizio emerso in sede di Giunta per le autorizzazioni, come io stesso ho detto, che questa querelle, questa attribuzione di un fatto specifico come l'avere alterato materialmente e strappato un compito, alterando la regolarità del concorso in magistratura dell'onorevole Di Pietro, sia un fatto e non un'opinione espressa nell'esercizio della funzione parlamentare, quindi non coperto da insindacabilità. È un fatto specifico che sarà accertato meglio in sede civilistica.
In sede di Giunta per le autorizzazioni abbiamo promosso uno specifico tentativo di conciliazione - ci sembrava la strada migliore - tra l'onorevole Di Pietro e l'onorevole Belcastro. Purtroppo, questo tentativo, che mi pare avesse ad oggetto Pag. 31l'offerta di un contributo ad una comunità, non è andato a buon fine. Di questo ci siamo tutti rammaricati, però ciò non può fare venire meno il nostro giudizio.
Noi possiamo e dobbiamo coprire con la garanzia dell'insindacabilità le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari nei limiti detti anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Obiettivamente, non qualunque fatto può essere insindacabile e questo sembra essere un fatto specifico, determinato, lesivo della dignità e dell'onorabilità che ciascuno potrà tutelare nelle sedi giudiziarie. Ci atterremo a questo giudizio, ferma restando l'ovvia ed individuale valutazione dei colleghi del gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il punto all'ordine del giorno su cui l'Aula sta ora discutendo riguarda il pronunciamento sull'insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti dell'onorevole Belcastro, procedimento pendente dinanzi al tribunale di Monza.
Il deputato Belcastro, secondo il citante, avrebbe riferito ad un giornalista le confidenze del segretario della commissione giudicante nel concorso per magistrato cui partecipò Antonio Di Pietro, ora deputato. Rinvio la descrizione dei fatti alla presentazione del relatore. Le dichiarazioni dell'onorevole Belcastro sono considerate dall'onorevole Di Pietro non solo offensive della sua dignità, ma anche diffamatorie, per cui chiede un risarcimento dei danni quantificati in un milione di euro, oltre ad altre somme a titolo di riparazione.
È opportuno svolgere alcune osservazioni. Secondo taluno, mentre in Aula si può dare del ladro o del mafioso ad una persona, fuori dall'Aula non si può esprimere alcun giudizio e neppure, come in questo caso, raccontare fatti per la verità mai verificati e confermati. Sicuramente non era intenzione dell'onorevole Belcastro offendere o diffamare, come pretenderebbe l'attore, ma semplicemente dare un giudizio morale su chi si propone come moralizzatore della vita pubblica e non solo. Chi fa politica ed è segretario di partito, come l'onorevole Di Pietro, e intende presentarsi come paladino della morale e della legalità, non può pensare di essere intoccabile e che su di lui non si possano esprimere giudizi.
Non è condivisibile la posizione del relatore di minoranza che, nel contestare la proposta della Giunta per le autorizzazioni, fa riferimento persino ad una possibile responsabilità civile della Camera, scomodando i precedenti relativi all'accertamento della violazione dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per casi di insindacabilità concessi in passato che lederebbero il diritto al giusto processo.
In questo caso, tra l'altro, visto che i convenuti sono più di uno e chiamati a rispondere in solido, l'onorevole Di Pietro potrebbero comunque trovare soddisfazione nei confronti degli altri.
È utile anche ricordare come, in occasione dell'audizione dell'onorevole Belcastro, gli sia stato chiesto da un collega di minoranza se avesse presentato atti ispettivi o altri atti parlamentari tipici sulla materia, ritenendo - si presuppone - che se li avesse presentati le sue dichiarazioni non sarebbero sindacabili. Non è questa un'interpretazione condivisibile della legge. Infatti un parlamentare è tale dentro e fuori dall'Aula.
Per questi motivi preannuncio il voto favorevole della Lega Nord alla proposta della Giunta e del relatore per la maggioranza, secondo la quale i fatti oggetto del procedimento civile di cui si discute concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

Pag. 32

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la questione è semplice e quindi rilascio poche schematiche osservazioni.
Come è già stato detto, si tratta, non dell'espressione di un'opinione, ma di un fatto determinato e che quindi deve essere esaminato con particolare attenzione. Le espressioni usate dal collega Belcastro sono state confermate da una telefonata con il giornalista e, quindi, non sono state carpite.
Noi diciamo che le espressioni del collega non sono riconducibili alla funzione parlamentare, non soltanto perché lo stesso collega Belcastro ha rivendicato un terreno squisitamente estraneo alla sede del Parlamento ma perché, se si concordasse con la tesi del relatore per la maggioranza Paolini, avremmo un'assurda prospettazione, per cui qualsiasi ipotetica contrapposizione tra protagonisti della scena politica ipotizzerebbe un'astratta funzione parlamentare.
Altrettanto incredibile, per così dire, è la questione sulla tutela giurisdizionale, che invece è una questione interessante. Così come è stato prospettato dalla relazione di minoranza, qualora si votasse per l'insindacabilità, si avrebbe una sottrazione alla tutela giurisdizionale della parte offesa, in questo caso l'onorevole Di Pietro.
Allora, la tesi sostenuta dal collega Paolini, ribadita successivamente da chi aderisce alla tesi stessa, è quantomeno aberrante sotto il profilo giuridico-processuale. In questo senso direi anche sbagliata e - mi perdonerete - alquanto rozza, perché si presuppone e si afferma che il processo civile è una sede esclusivamente deputata alla decisione sul risarcimento del danno, mentre - molto differentemente - la sede civile serve anche per accertare responsabilità, tant'è vero che vorrei ricordare, per lo meno ai colleghi che sono anche avvocati, che vi sono decisioni civili che stabiliscono che il danno è nullo, ma individuano delle responsabilità con altre conseguenze.
Sotto il profilo politico - e concludo con questa affermazione - invece è davvero un ragionamento aberrante, perché si verrebbe a sostenere che, pur in assenza di un collegamento funzionale con il fatto che stiamo esaminando, la solo qualità, ovvero la carica di parlamentare, produrrebbe una sorta di irresponsabilità. Quindi il parlamentare, per il solo fatto di essere parlamentare, è irresponsabile, diversamente dagli altri soggetti (editori, giornalisti ed altri), sui quali ci si potrebbe rivalere appunto per il danno.
Noi siamo per la responsabilità nelle condotte di ciascuno, in qualsiasi sede e nei rispettivi ruoli, e prima di tutti siamo per l'assunzione di responsabilità da parte di chi è stato eletto e rappresenta le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, intervengo sempre per fatto personale in replica alla collega Rossomando. Io non do mai del «rozzo» a chi esprime un'opinione diversa dalle mie!
Ripeto che l'onorevole Di Pietro chiede un danno civile - e non ha fatto una querela - e che l'accertamento della veridicità comunque verrà portato a compimento nei confronti degli altri convenuti.

ANTONIO DI PIETRO. Non è vero!

LUCA RODOLFO PAOLINI. Come non è vero?

PRESIDENTE. Onorevole ...

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, un momento... Onorevole Paolini, le ricordo il Regolamento, le ho dato la parola che lei ha chiesto per fatto personale, ma se poi lei interviene su osservazioni di carattere politico fatte da alcuni colleghi nei con Pag. 33fronti della sua persona in quanto relatore, non c'è alcun fatto personale, quindi la prossima volta sarò costretto a non darle la parola. Onorevole Di Pietro, vale anche per lei quello che ho detto prima.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, rispetto le sue osservazioni ed evito polemiche.

(Votazione - Doc. IV-quater, n. 18)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento di cui al Doc. IV-quater, n. 18, concernono opinioni espresse dal deputato Belcastro, nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Si assista l'onorevole Foti, per favore! Ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti 584
Votanti 521
Astenuti 63
Maggioranza 261
Hanno votato
300
Hanno votato
no 221).

Prendo atto che i deputati Giacomoni, Goisis e Laura Molteni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Portas e De Pasquale hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,40).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per chiedere alla Presidenza di sollecitare la risposta da parte del Governo alla mia interrogazione n. 4-12992 del 3 agosto scorso. Si tratta di un'interrogazione che ho proposto a seguito di un'intervista all'amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, che aveva preannunciato la messa in vendita dell'Ansaldo Breda, l'azienda che produce treni di Pistoia. Oltre a questo sollecito, preannuncio una nuova interrogazione, perché nel frattempo è venuto fuori che l'amministratore delegato Orsi, a margine di un'audizione in sede di XI Commissione (Lavoro) al Senato, ha dichiarato che c'è un interesse specifico della General Electric sull'Ansaldo Breda.
Quindi significa che questo amministratore delegato, fresco di nomina, riconducibile alla Lega Nord (la Lega dello spoil system) ha dato per scontato sia la vendita della Ansaldo SPS, leader mondiale nei sistemi ferroviari e nel segnalamento, sia di Ansaldo Breda, che è l'unica azienda italiana che costruisce treni ad alta velocità e per il trasporto locale e metropolitano. In pratica quello che sta avvenendo sembra un concentrarsi di Finmeccanica nel settore delle armi, abbandonando invece il settore civile del trasporto e probabilmente domani dell'energia, ovvero la direzione opposta rispetto all'andamento del mercato su questi prodotti. Significherebbe dunque - concludo - regalare ai francesi e ai tedeschi il nostro mercato distruggendo aziende che invece possono, opportunamente ristrutturate e riorganizzate, non solo competere nel nostro Paese ma partecipare ad importanti occasioni internazionali. Per questo, signor Presidente, le sarei grato se volesse sollecitare il Governo ad una risposta.

Pag. 34

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza interverrà nel senso da lei auspicato.

Per fatto personale.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo perché mi sembra che precedentemente sia stato fatto un accostamento tra me e l'onorevole Milanese, soprattutto dicendo che i pubblici ministeri di Napoli non usano lo stesso trattamento per tutti i cittadini o per tutti i deputati, nel caso di specie. Allora voglio innanzitutto dire una cosa. Penso che sia giusto che i pubblici ministeri mettano sotto inchiesta, deputati o non, chi commette dei reati e non chi non fa nulla e non commette reati (questo è quello che mi riguarda). Ma l'aspetto più inquietante, signor Presidente, è che quando ho visto il mio nome sui giornali in questa vicenda io immediatamente, il giorno dopo, ho contattato i magistrati che stavano facendo l'inchiesta, perché così deve fare un cittadino e ancora di più un politico o un parlamentare: se finisce in una inchiesta, deve correre subito dai magistrati, non deve scappare e cercare di evitare i processi e i magistrati. Per la verità, contattata la procura di Napoli, mi hanno detto che poiché non sono né indagato, non figuro nell'inchiesta, non sono neanche citato, non avevano urgenza di ascoltarmi.
A questo punto ho chiesto alla procura di poter presentare una memoria illustrativa esplicativa (perché, non essendo indagato, non posso neanche presentare una memoria difensiva) soprattutto per una ragione: per andare a fare chiarezza sui tentativi di manipolazione che sono stati fatti in questo caso e più segnatamente sul mio nome. Le dico subito, signor Presidente, che cosa è successo.

PRESIDENTE. Concluda però.

FRANCESCO BARBATO. È successo che il sottoscritto di professione fa l'assicuratore e lavora per tre compagnie tra cui già lavoravo per questa compagnia EG di cui è amministratore l'avvocato Viscione, che non conoscevo, e la mia società, la Barbato Assicurazioni ha versato 74.500 euro e 18 centesimi alla compagnia dell'avvocato Viscione. Un giorno mi contatta il direttore generale e mi dice che il proprietario di questa compagnia vuole conoscermi.
Lo incontro e pensavo fosse un maltese perché la compagnia è estera...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, deve concludere.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, se mi dà la possibilità perché sono stato citato...

PRESIDENTE. Sì, onorevole Barbato, ma il tempo è il tempo. La possibilità gliel'ho data, ma non può parlare quanto tempo vuole.

FRANCESCO BARBATO. ... significa, allora, che devo essere molto stringato. Nell'intercettazione che riguarda me e l'avvocato Viscione emerge il mio profilo, cioè quello che «tengo», non solo in Parlamento, ma anche nella vita privata. Dico, infatti, a questo avvocato che, con me, rapporti di altro tipo non se ne tengono, perché lavoro correttamente nella professione e nella politica. Mi ha chiamato per motivi politici...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato, può eventualmente consegnare per iscritto il resto del suo intervento. Io, però, ho il dovere di far rispettare il tempo.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,48).

MARIO PEPE (PD). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 35

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, sarò brevissimo. Ieri ci siamo recati, parlamentari dell'una e dell'altra coalizione, presso il Ministero dello sviluppo economico per partecipare ad un tavolo istituzionale sulla questione dell'Irisbus della valle dell'Ufita che interessa 700 lavoratori. Dopo aver atteso più di mezz'ora di essere convocati e coinvolti dal Ministro Romani, ci è stato detto che non potevamo partecipare all'incontro, importante per quanto riguarda la situazione occupazionale della FIAT nella valle dell'Ufita.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,50)

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, chiederei a lei, se possibile, di avere al più presto in quest'Aula un'informativa dettagliata del Ministro Romani ai parlamentari, sulla situazione dell'Irisbus nella valle dell'Ufita, provincia di Avellino. Le sono molto grato per la sua sensibilità e per la sua sollecitudine.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo per diverse ragioni. La prima, sul piano personale, affinché resti agli atti l'aberrazione con cui il relatore ha motivato le ragioni per cui non mi è stata data la possibilità di far valere in tribunale le mie rimostranze nei confronti del collega Belcastro in ordine alla sua palese diffamazione, avendo egli sostenuto che ho vinto il concorso in magistratura strappando i compiti che erano risultati insufficienti, anzi facendoli strappare, e, poi, falsificando i verbali, in concorso, ovviamente, con tante altre persone. Ebbene, è stato richiesto al Parlamento, e il Parlamento ha votato, di non concedere l'autorizzazione a poter procedere nei confronti dell'onorevole Belcastro, semplicemente perché tanto potrei chiedere il danno agli eventuali complici. Se a stuprare una bambina sono due stupratori, non è che si può procedere nei confronti di uno solo perché tanto, poi, il danno potrebbe pagarlo uno solo dei due stupratori. Vorrei ricordare a coloro che hanno votato negando questa autorizzazione che hanno violato la Costituzione e ogni legge dello Stato di diritto non permettendo ad un cittadino di far valere le proprie ragioni davanti ad un giudice. Secondo loro, infatti, le cause civili dovrebbero servire solo a stabilire il quantum del risarcimento del danno e non, invece, come è in prima battuta, l'an, cioè il reato effettivamente commesso e chi è l'autore del reato. Questo comporterà evidentemente che dovrò rivolgermi agli organi di giustizia, alla Corte di giustizia europea, la quale presumibilmente condannerà lo Stato italiano per diniegata giustizia, trasformando ancora una volta il nostro Parlamento in uno zimbello nei confronti di tutti gli altri ordinamenti europei (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Vorrei anche segnalare un aspetto ai colleghi di Futuro e Libertà che cavallerescamente hanno detto che votavano per l'astensione in quanto ormai la questione della mia laurea è diventato un gossip. Sarà un gossip per voi che leggete i giornali ma per me è uno stupro subito dal giorno in cui si è messa in discussione la mia laurea prima e poi il mio concorso in magistratura soltanto perché dà fastidio che, prima da magistrato e ora da politico, faccio il mio dovere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Ho diritto a che un giudice ristabilisca la verità in ordine al fatto che sono diventato magistrato, ho svolto il mio lavoro a seguito di un concorso regolarmente vinto e questo non lo si potrà accertare perché questo Parlamento, nei confronti di un proprio rappresentante del Parlamento ha ritenuto di denegare giustizia soltanto per motivi politici.
Infine e non più per fatto personale, signor Presidente, chiedo che la Presidenza metta all'ordine del giorno un'altra discussione parallelamente a quella che è stata fatta ieri sera. Ieri sera, senza alcuna fissazione dell'ordine del giorno, si è Pag. 36aperta la discussione sulle asserita irresponsabilità da parte mia della dichiarazione che ho reso a compimento di un discorso e di una osservazione vale a dire che il nostro Paese, l'Italia, sta bruciando a tal punto nella disperazione sociale e nella situazione economica, che la rivolta sociale è alle porte tanto che ci può scappare il morto. È un rischio concreto che ribadisco anche qui e per il quale voi mi avete ieri aperto una discussione in Parlamento.
Chiedo che in Parlamento - e concludo - venga aperta una discussione formale su un'altra dichiarazione che ritengo ancora più irresponsabile quella di un Ministro in carica, il Ministro per le riforme Bossi che da Ministro di questa Repubblica ha dichiarato che intende lavorare e sta lavorando per la distruzione dell'Italia e la secessione dall'Italia. Questo è un dibattito politico-parlamentare su cui chiedo formalmente, a lei signor Presidente, di voler aprire una discussione in Parlamento perché se è irresponsabile avvertire gli italiani che c'è il rischio di una rivolta sociale, ancor più irresponsabile è provocarla questa rivolta sociale con la minaccia di secessione da parte addirittura di un Ministro in carica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

WALTER VERINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, erano le 23,08 e le 05,08 ora italiana di questa mattina quando a Jackson, in Georgia, negli Stati Uniti, veniva annunciata l'esecuzione di Troy Davis, un quarantaduenne accusato di omicidio, un omicidio eventualmente commesso nel 1989 quando aveva 19 anni. Per la cronaca sette dei nove testimoni d'accusa, nel corso dei procedimenti, avevano ritrattato perché non più convinti della colpevolezza di Davis. È una notizia terribile, credo sia la sconfitta della giustizia che mai, in nessun modo, può essere vendetta. È una sconfitta dell'umanità e di chi si batte perché la vergogna della pena di morte sia cancellata dagli ordinamenti di tutti i Paesi. Sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo si erano mobilitati milioni di persone contro questa esecuzione per chiedere la grazia. Seicentotrentamila erano state le lettere che chiedevano clemenza recapitate alla corte della Georgia. Si erano mobilitate e levate voci e autorità morali: Benedetto XVI, Capi di Stato, ex Presidenti della Repubblica degli Stati Uniti. Amnesty International aveva raccolto un milione di firme per scongiurare questa esecuzione. Credo che anche in una giornata come questa sia giusto che il Parlamento italiano levi ancora la sua voce contro la barbarie della pena di morte. Un Parlamento che più volte si è espresso coralmente contro la pena capitale per richiamare anche il nostro Governo a continuare, intensificare e sostenere ancora di più in tutte le sedi internazionali le grandi battaglie per la moratoria e per l'abolizione di questa vera e propria vergogna.
Vorrei svolgere un'ultima considerazione. Nel pomeriggio, in una città del nostro Paese - per la cronaca, la città di Terni -, verrà consegnato un riconoscimento, un premio alla comunità di Sant'Egidio, da sempre impegnata per la pace e il dialogo, ma da sempre in prima fila anche contro la pena di morte. È una giornata amara per un riconoscimento come questo, ma, anche da questo piccolo fatto, può nascere ancora la speranza che la barbarie della pena di morte sia per sempre bandita dai nostri ordinamenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIANNI MANCUSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, vorrei richiamare l'interrogazione n. 4-12885. Questo atto, sottoscritto anche da altri sette, otto colleghi, è abbastanza giovane, nel senso che, rispetto ai tempi di attesa medi per la risposta ai nostri atti di sindacato ispettivo, ha soltanto due mesi. Tuttavia, desidero richiamarla e porla all'attenzione, affinché lei, signor Presidente, Pag. 37possa, a sua volta, farsi interprete presso il Governo, perché tratta del cosiddetto bracciale elettronico.
È una storia molto lunga, che ha inizio nell'aprile del 2001, con una fase di sperimentazione lunga e fallimentare, basata su poche unità. Poi, nel novembre del 2003, venne firmato il contratto con il gestore unico, Telecom, che doveva garantire, oltre all'installazione del personal identification device, anche l'assistenza tecnica.
Questo accordo costa allo Stato circa 11 milioni di euro all'anno e, soprattutto, è ancora valido, perché andrà in scadenza alla fine del 2011, tra pochi mesi. Quindi, circa 100 milioni di euro sono stati spesi per 400 braccialetti, i quali, verrebbe da pensare siano una sorta di gioielli ma, in realtà, sono di plastica e probabilmente saranno anche, ormai, obsoleti.
In tutta Europa e nel mondo civile, questo strumento viene utilizzato soprattutto per i cosiddetti reati minori: Dio sa quanto ce ne sarebbe bisogno anche nel nostro Paese! Quindi, negli armadi del Viminale, sono rimasti almeno 390 di quei 400 braccialetti elettronici che, probabilmente, saranno da buttare. Nel frattempo, continuiamo a pagare questo contratto con Telecom, che non è stato mai rescisso, e l'azienda continua a garantire il servizio in una centrale, che io credo sia fantasma, 24 ore su 24.
Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto chiedevamo quali iniziative il Governo intendesse porre in campo o per ripristinare l'utilizzo del dispositivo o, comunque, per porre fine al contratto in essere. Quindi, l'intervento di oggi è volto, soprattutto, a scongiurare il fatto che, non rescindendo per tempo questo contratto, si debba, magari, incorrere in un ulteriore allungamento. Pertanto, mi rivolgo a lei, signor Presidente, perché si faccia interprete presso il Governo per chiedere di fare mente locale sul quesito posto in tale atto.

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo per due motivi. Innanzitutto, vorrei chiedere che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto delle sedute odierne del testo della mia relazione di minoranza sul caso Milanese e che, se non è stato già disposto, venga trasmessa al GIP di Napoli.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba la Presidenza lo concede. Comunque sarà, sicuramente allegata, come normalmente avviene sempre.

FEDERICO PALOMBA. Secondariamente, vorrei rispondere ad un'affermazione avventurosa del collega Follegot sulla mia relazione di minoranza sul caso Belcastro, in cui ho affermato che possiamo citare in giudizio la Camera per una delibera che è contraria, non solo, all'articolo 24 della Costituzione, ma soprattutto alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Tale delibera, inoltre, trascura le numerose decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, che hanno ripetutamente sanzionato il Governo italiano per non avere consentito il giusto processo, proprio per un'applicazione assolutamente indebita ed illegittima dell'articolo 62 della Costituzione in materia di insindacabilità.
Non me lo sono inventato: nella mia relazione di minoranza sono citate le sentenze e i casi - anche abbastanza noti - in cui l'alta Corte di giustizia europea ha sanzionato il Governo italiano.
Pertanto, se dovessi rivolgere un consiglio al legale che tutela così egregiamente le ragioni del presidente Di Pietro, potrei dirgli: citiamo direttamente la Camera per danni, perché questo è un comportamento illecito oramai riconosciuto. E se il collega Follegot ha qualche problema, essendo vicepresidente della Commissione giustizia, può farsi informare dagli uffici della Camera.
Vorrei dire anche un'altra cosa: questa decisione è brutale, è contro il diritto e contro i diritti, e sarà, comunque, contemporaneamente spazzata via dalla Corte costituzionale in sede di elevazione del conflitto di attribuzione. Infatti, non esiste Pag. 38alcuna motivazione, alcuna legittimazione per cui la Camera possa approvare una così aberrante dichiarazione e motivazione come quella del relatore, per la quale un cittadino italiano - in violazione dell'articolo 24 della Costituzione, ossia del diritto di adire il giudice per tutelare i propri diritti - si debba vedere arbitrariamente sottratto il potere di ricorrere alla tutela giurisdizionale dei propri diritti, in una materia così grave e così rilevante, e se la veda sottratta dall'arbitrio del relatore e di coloro che si sono resi complici di questa vergognosa decisione.

ARTURO IANNACCONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, vorrei chiedere, attraverso la Presidenza della Camera, che il Ministro Romani venga a riferire in Aula rispetto alla vicenda Irisbus di Grottaminarda, in quanto ieri, insieme ad alcuni colleghi deputati e senatori, non abbiamo avuto la possibilità di partecipare ad un incontro, convocato dal Ministro presso il Ministero dello sviluppo economico, per ascoltare la proprietà dello stabilimento (la FIAT ) e i sindacati.
Dal momento che una delle accuse ricorrenti è che i parlamentari sono distanti dalle esigenze dei territori, ritengo che sia stato un errore non aver consentito a parlamentari di partecipare a quell'incontro. Ci siamo potuti limitare ad apprendere informazioni sull'esito di tale incontro dalle agenzie di stampa e dagli articoli che sono stati pubblicati immediatamente dopo di esso e nella giornata di oggi.
Desidero sottolineare un altro aspetto: quello stabilimento si è insediato in provincia di Avellino negli anni Settanta ed è uno di quegli stabilimenti che la FIAT ha potuto realizzare esclusivamente grazie agli aiuti di Stato. Non è stata un'operazione imprenditoriale e negli anni la FIAT ha potuto godere delle commesse pubbliche perché in quello stabilimento si producono autobus per il trasporto pubblico urbano.
La provincia di Avellino, in virtù di quella decisione, ha mutato radicalmente le sue vocazioni: una provincia a vocazione prevalentemente agricola si è avviata verso un modello di sviluppo prevalentemente, se non esclusivamente, di tipo industriale. Ora la FIAT non può, a distanza di circa trent'anni, accorgersi che quel tipo di investimento è improduttivo.
Siccome noi riteniamo che la FIAT non solo voglia penalizzare in modo particolare alcune aree del nostro Paese, per di più, quelle più svantaggiate, ma voglia addirittura abbandonare il nostro territorio nazionale, non si può far finta di nulla e, rispetto a questo episodio, chiediamo che vi sia un'informativa del Ministro. Un'ultima annotazione sulla vicenda legata al voto relativo all'onorevole Belcastro. Voglio precisare, signor Presidente, che si è trattato esclusivamente di una opinione espressa nell'esercizio delle proprie funzioni. Capisco che possa infastidire subire delle critiche e delle contestazioni, questo ci capita tutti i giorni, onorevole Di Pietro, su ogni piano, e quindi ritengo che ritornare sull'argomento, a più riprese, sia un errore. Recuperiamo tutti serenità, se possibile evitiamo di esercitare il nostro diritto di critica oltre un certo confine ma, trattandosi di lei - conosciamo la sua veemenza nell'esercizio di questo diritto di critica - ci saremmo aspettati un atteggiamento non voglio dire di comprensione ma comunque si tratta di normale dialettica politica; non mettiamo assolutamente in discussione il suo valore di leader politico, di tutto quello che ha fatto nella vita, come lei tante altre volte non dovrebbe mettere in discussione il valore di altri leader politici ed il valore anche professionale di tanti suoi colleghi che a turno capitano sotto la sua mannaia di ex pubblico ministero.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 39

LUCA RODOLFO PAOLINI. Intervengo Signor Presidente, perché le mie parole restino agli atti, riguardo alle dichiarazioni dell'onorevole Di Pietro: mi permetto di fargli osservare che paragonare una causa civile allo stupro di due bambine non è un paragone appropriato nel senso che lo stupro è perseguibile d'ufficio, essendo un reato penale, mentre la causa civile è a discrezione della parte iniziarla e continuarla.
Secondo argomento: lui chiede, con un atto civile ai sensi dell'articolo 2059 del codice civile, una sentenza di accertamento, quindi una sentenza dichiarativa di sussistenza di una causa di illiceità nelle dichiarazioni pubblicate dal Giornale e successivamente chiede un risarcimento di un milione di euro non ad una sola persona, cioè non al solo Elio Belcastro ma al signor Gianmario Chiocci, al signor Felice Filocamo, al signor Vittorio Feltri e alla Società Europea di Edizioni Spa. Ne consegue che, essendo una causa civile, a mio avviso naturalmente - sappiamo che il diritto è molto opinabile ma sono convinto di avere ragione e l'Europa gli darà torto se ricorrerà all'Europa -, venuto meno per altra causa il presunto corresponsabile Elio Belcastro, l'azione civile continuerà indifferentemente nei confronti del giornalista che, tra l'altro, non ha riportato solo le dichiarazioni di Belcastro ma ne ha aggiunte di sue e ha riportato anche le dichiarazioni di altri soggetti. Quindi questa sentenza costitutiva e di accertamento lui potrà comunque ottenerla in astratto e essendo il danno richiesto non pro quota ma in solido tra i vari concorrenti lui potrà chiedere indifferentemente l'intera somma che gli verrà corrisposta a titolo di risarcimento alla Società Europea di edizioni Spa, a Vittorio Feltri e così via. Quanto meno per omesso accertamento dei fatti dichiarati.

ANTONIO DI PIETRO. Non chiedo soldi, chiedo giustizia!

LUCA RODOLFO PAOLINI. Ho capito, ma sto replicando su questa che è la situazione giuridica.

ANTONIO DI PIETRO. Ma non le viene in mente che si possa chiedere giustizia?

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, ognuno svolge il suo intervento. Non siamo in una piazza. Onorevole Paolini, prego concluda.

LUCA RODOLFO PAOLINI. L'azione civile iniziata, per questa decisione della Camera, verrà o no interrotta? Io sostengo di «no»; il tribunale di Monza mi pare, o quello che è, continuerà tranquillamente nell'accertamento della verità e se l'onorevole Di Pietro avrà ragione, otterrà esattamente la stessa somma. Lui chiede giustizia e chiede un accertamento.
Il tribunale, anche dopo questa pronunzia della Camera, potrà comunque emettere una sentenza di accertamento, che farà fede e, quindi, gli darà soddisfazione anche nell'«onore», lo dico tra virgolette, e potrà comunque condannare i restanti co-convenuti al risarcimento delle somme dovute.
Quindi, a mio avviso, anche in sede europea non potrà lamentare una lesione del diritto, semmai, l'unico che, in teoria, potrebbe avvantaggiarsene, è l'onorevole Belcastro, che esce di scena con questa pronuncia, salvo che poi, a seguito del conflitto di attribuzioni che si assume verrà proposto, a seguito di una decisione della Corte costituzionale, rientri in campo. La ringrazio, signor Presidente, tutto ciò perché resti agli atti.

PRESIDENTE. Prima di proseguire - perché mi risultano ancora due richieste di intervento - viene fuori, non solo dalle reazioni, giuste o ingiuste che siano, l'anomalia di quello che stiamo facendo in merito ad interventi sull'ordine dei lavori, in coda ad un provvedimento votato e con commenti sul provvedimento.
Si tratta di una riflessione che questa Presidenza porterà all'attenzione del Presidente della Camera e anche della Giunta per il Regolamento, perché mi sembra siamo un po' fuori da quelli che sono i canoni, rispetto a quello che prevede il Regolamento per gli interventi sull'ordine Pag. 40dei lavori, ancor di più nel momento in cui siamo in presenza di un'appendice ad un dibattito svolto per un provvedimento precedentemente votato e, addirittura, per commenti sul voto o su quello che si è detto durante il dibattito.

MARCO PUGLIESE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO PUGLIESE. Signor Presidente, anch'io mi rivolgo a lei per quanto riguarda la vicenda Irisbus. Come è noto, lo stabilimento Irisbus è uno stabilimento che sta per chiudere, sito in località Valle Ufita, in provincia di Avellino, facente capo al gruppo FIAT Industrial.
Quello che è successo ieri presso il Dicastero dello sviluppo economico è stato poco elegante da un punto di vista umano e poco rispettoso da un punto di vista istituzionale, perché il Ministro Romani ha negato praticamente l'accesso alla riunione a tanti parlamentari lì presenti per assistere - come abbiamo sempre fatto - rispetto ad una vicenda, speriamo positiva, di questa vertenza.
Come ho già avuto modo di ricordare, anche attraverso un'interpellanza che ho presentato al Ministro la settimana scorsa, questo stabilimento conta circa 700 dipendenti, che per una realtà e una provincia piccola come quella di Avellino, che conta circa 500 mila abitanti, rappresenta un po' il cuore dell'economia, non solo dell'indotto lavorativo di tutta questa realtà. Mi appello a quanto già detto precedentemente, in maniera bipartisan, dal collega Pepe e dal collega Iannaccone, affinché il Ministro Romani venga urgentemente a riferire in Aula su quanto accaduto ieri. Infatti, non possiamo conoscere quanto successo leggendo le cronache giornalistiche o i comunicati stampa. Vogliamo sapere, anche attraverso gli atti di sindacato ispettivo presentati, quale futuro diamo a questo stabilimento, quali sono le intenzioni del gruppo FIAT Industrial e, soprattutto, qual è l'impegno del Governo a salvaguardia, non solo dell'occupazione locale, ma anche per trovare valide alternative per il prosieguo della produttività dello stabilimento e di tutto l'indotto.
Presidente Leone, rivolgo un appello a lei e alla sua sensibilità politica, perché rappresenti a Romani l'esigenza di venire immediatamente a riferire in Aula rispetto a questa questione molto delicata che, come ho avuto modo di dire più volte, purtroppo mette a repentaglio tanti posti di lavoro, non solo i 700 dell'azienda, ma anche tutto l'indotto, per una realtà economica che di per sé ha già tanti problemi.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, non si deve dispiacere se intervengo, perché penso che in questo Parlamento si stia svolgendo da troppo tempo un puntuale attacco alla magistratura, e, poiché mi piace sempre parlare con cognizione di causa, vorrei subito far riferimento a quanto avvenuto. Se nel Parlamento vi sono delle forze che ritengono che vi debba essere autonomia tra il ruolo della magistratura e quello della politica e, quindi, che ognuno deve fare il proprio mestiere, senza che nessuno interferisca sull'altro, allora, secondo me, sarebbe più opportuno che, non solo io, ma più di un deputato intervenisse su questa questione.
Mi riferisco, ad esempio, ai continui interventi che fa l'onorevole Laboccetta contro la magistratura. Iniziano tre anni fa... Signor Presidente, le devo parlare di questioni che riguardano fatti specifici per i quali naturalmente chiederò ...

PRESIDENTE. Se le sembra giusto criticare l'intervento di un altro deputato che non c'è neanche...

FRANCESCO BARBATO. No, sto parlando dei rapporti tra la magistratura e il Parlamento o la politica, se preferisce. Anzi, facciamo prima: innanzitutto chiedo al Consiglio Superiore della Magistratura che apra un fascicolo a difesa dell'onorabilità della procura di Napoli e, in secondo Pag. 41luogo, chiedo in questo consesso che nei confronti di un deputato, che tra l'altro fa parte della Commissione antimafia e che puntualmente svolge una attività di contrasto alle direzioni distrettuali antimafia, sia prevista l'incompatibilità rispetto alla sua presenza in tale Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, è lo stesso argomento che ha trattato nel suo intervento per fatto personale. Non mi può dire che si tratta di un altro argomento, né può fare richieste al CSM dal Parlamento... La prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Concludo, signor Presidente. Sto cercando di delineare l'attacco che in Parlamento si fa puntualmente alla magistratura e, più segnatamente, alle direzioni distrettuali antimafia. Poiché mi piace sempre parlare con cognizione di fatto, quando la procura di Napoli adotta un provvedimento cautelare nei confronti del Capo della mobile di Napoli, il dottor Pisani, l'onorevole Laboccetta afferma che la procura di Napoli ha fatto una «porcata». Esattamente così: una «porcata».
Quando il poliziotto Contrada era nel carcere per motivi di mafia ed è stato arrestato c'è stata una intermediazione (chiamiamola così) dell'onorevole Laboccetta che non solo si è presentato presso il carcere, ma ha sviluppato una serie di uffici per cercare di farlo venire fuori e fargli avere poi gli arresti domiciliari. Con l'onorevole Papa l'onorevole Laboccetta puntualmente ha fatto due visite, preparando una situazione di favore nel carcere di Poggio Reale....

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, le do due secondi e non può dire queste cose, per cortesia.

FRANCESCO BARBATO. Si è svolta un'attività da parte di politici e parlamentari in danno della magistratura.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 13,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte alla soluzione della vicenda relativa al sequestro della petroliera Savina Caylyn e alla liberazione degli ostaggi - n. 2-01204)

PRESIDENTE. L'onorevole Bossa ha facoltà di illustrare l'interpellanza Franceschini n. 2-01204 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), concernente iniziative volte alla soluzione della vicenda relativa al sequestro della petroliera Savina Caylyn e alla liberazione degli ostaggi, di cui è cofirmatario.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, lo scorso 8 febbraio la petroliera italiana Savina Caylyn della società armatrice Fratelli D'Amato di Napoli è stata attaccata e catturata dai pirati mentre era in navigazione nell'Oceano indiano a 880 miglia dalla Somalia. Da allora sulla Savina Caylyn i pirati tengono sotto sequestro 22 uomini di equipaggio: 5 italiani e 17 indiani.
Ai cinque uomini di equipaggio italiani viene consentito sporadicamente e molto rapidamente di effettuare telefonate a casa per rassicurare i familiari. Dai colloqui appaiono molto provati e spaventati da condizioni durissime di vita. Il 9 giugno scorso una foto è stata inviata a mezzo fax dai sequestratori somali ai familiari. In essa si vedono i rapitori tenere sotto tiro con i mitra alcuni marinai italiani della petroliera e altre quattro foto sono state mandate nei giorni successivi. Si vedono mitragliatrici puntate contro gli italiani che sembrano effettivamente davvero molto provati.
I pirati hanno lanciato un ultimatum: o le trattative avanzano in modo significativo entro questa settimana o cominceremo, dicono, a torturare gli ostaggi. Lo hanno riferito alcuni parenti dei marittimi sequestrati dopo aver ricevuto le veloci e drammatiche telefonate a casa dei loro Pag. 42congiunti. Secondo la testimonianza, e concludo, di Emanuela Massa, portavoce del coordinamento «Liberi Subito», dalle telefonate di giovedì scorso la situazione appare notevolmente aggravata. Sono tutti in condizioni fisiche pessime, ricevono dosi di acqua minima e sono allo stremo moralmente e fisicamente.
In un comunicato stampa, sabato scorso, il Governo ha precisato che per ora non si è percorsa la strada dell'intervento militare per la liberazione degli ostaggi su specifica richiesta delle famiglie e ha aggiunto che il Governo italiano non può sostenere alcuna azione che si traduca in favoreggiamento del fenomeno della pirateria. Di fatto la situazione è di stallo.
Chiedo pertanto al Governo quali iniziative ha assunto finora e quali intenda assumerne per la soluzione della delicata vicenda, per la salvaguardia della salute e della vita degli ostaggi, per la loro liberazione e quali siano i canali diplomatici sino ad ora messi in atto per tutelare i nostri cinque connazionali e con quali risultati.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, credo che ormai la vicenda della Caylyn sia conosciuta dai colleghi parlamentari, quindi risparmio la questione di ricostruire la storia. Voglio solo segnalare un aspetto della vicenda, a cui fa riferimento anche una parte dell'interpellanza.
Immediatamente dopo il sequestro, quindi parliamo ormai di sette mesi e mezzo fa, il Governo dispose il monitoraggio della Savina Caylyn attraverso la fregata Zeffiro, distaccata dall'operazione «Atlanta» dell'Unione europea. La nostra unità navale aveva imbarcato in quell'occasione anche squadre delle Forze speciali pronte ad un'eventuale azione di forza. Siamo nel momento in cui la Caylyn non è ancora arrivata al porto e quindi, appena dopo il sequestro, stava navigando verso il porto della Somalia. Tale dispositivo è stato successivamente richiamato quando, anche su richiesta dei familiari, è stato deciso di evitare un intervento che potesse mettere a repentaglio la vita degli ostaggi.
Voglio dire che, se allora si decise di non intervenire, oggi è praticamente impossibile immaginare un'azione del genere, tenendo conto che sono sulla nave ma vicino alla terra e non ci sono più solo cinque, li definirei, criminali o pirati, scegliete voi; non siamo inoltre in grado in questo momento di avere notizie dal punto di vista logistico. Quindi credo che si possa convenire tutti insieme che questo tipo di azione al momento non è possibile. Abbiamo mantenuto comunque la vigilanza sulla Savina Caylyn attraverso le unità della Marina militare impegnate nelle missioni Atlanta e Ocean Shield impegnate nell'area. Le stesse missioni dell'Unione europea e della NATO continuano ad assicurare analogo sforzo per raccogliere informazioni sulla situazione dell'equipaggio.
Perché questo? Vorrei fornire ulteriori precisazioni per evitare un altro tipo di ragionamento. Quando diciamo che il Governo italiano si è attivato e ha sempre assicurato la propria massima attenzione, così è avvenuto anche nell'incontro che hanno avuto i parenti dei sequestrati recentemente, credo non più di una settimana fa, con il sottosegretario Gianni Letta. Quello dell'Esecutivo, cioè del Governo, è un impegno articolato su tre linee: una è la diplomazia, una è l'intelligence e una è la difesa, le azioni militari. Se non riteniamo opportuno ragionare in termini di azioni militari, è ovvio che il Governo si impegni sul piano della diplomazia e dell'intelligence. Queste azioni sono coordinate dalla Presidenza del Consiglio.
Per quanto riguarda l'azione diplomatica, abbiamo messo in campo tutte le risorse disponibili, tenendo conto ovviamente - credo di non dire nulla di nuovo - che, quando parliamo di Somalia, non parliamo di un interlocutore Governo, parliamo di un Governo transitorio che ha voce ufficiale ed è ufficialmente il Governo, ma sappiamo perfettamente che Pag. 43altre sono le ramificazioni di questa struttura, chiamiamola «istituzionale», della Somalia. Quindi, quando diciamo che sono state messe in campo tutte le risorse disponibili, parliamo del Governo somalo, parliamo dei Governi regionali, parliamo di quello che noi sappiamo essere presente con un minimo di autorità sul territorio della Somalia.
Per quanto riguarda direttamente il Governo transitorio, proprio ieri c'è stato un incontro a New York tra il Ministro Frattini e il Premier somalo, cioè il Presidente del Consiglio somalo, e il Premier somalo ha ancora una volta garantito l'impegno del massimo sforzo del Governo transitorio somalo per la questione degli italiani della Caylyn.
Noi abbiamo attivato una capillare azione, devo dire anche con i paesi vicini che hanno comunque un'influenza sulla Somalia per ragioni che credo molti conoscano. Noi abbiamo un ambasciatore presso la Somalia che vive peraltro a Nairobi, quindi anche il Kenya è un partner privilegiato in questa vicenda, che compie una instancabile opera di sensibilizzazione a tutti i possibili livelli. In particolare, abbiamo sempre ribadito l'esigenza che non vi sia alcuna iniziativa che possa mettere in pericolo la sicurezza degli ostaggi, aggiungerei italiani e stranieri; infatti, ci sentiamo in parte, per non dire completamente, responsabili anche di 17 indiani a bordo. Anche a questo proposito, ricordo che sono due le navi sequestrate. È vero che la situazione della Caylyn è quella più all'attenzione dell'opinione pubblica, ma voglio ricordare che il Governo è impegnato anche con riferimento al problema della Rosalia Damato, della Società Perseveranza Navigazione, che ha a bordo 6 marinai italiani e 15 filippini.
Una delle azioni che è stata svolta anche con un certo rilievo di comunicazione, cioè di informazione, è quella dell'onorevole Boniver che, come sapete, è inviato speciale del Ministro Frattini per le emergenze umanitarie. Si è recata nel mese di luglio, ripercorro sono le ultime azioni, sia in Tanzania che a Gibuti per compiere un'azione di sensibilizzazione presso le autorità di due paesi confinanti, o meglio vicini, come nel caso della Tanzania, nell'auspicio che questi possano esercitare un'influenza positiva sugli eventi, soprattutto Gibuti, visto che è una Repubblica di etnia assolutamente vicina a quella somala. A seguito della missione Boniver, si è svolta ulteriormente una mia personale missione in Somalia. Sono stato personalmente a Mogadiscio, dove ho incontrato sia il presidente Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, sia quello della regione autonoma del Puntland, Farole, sia il presidente della Assemblea parlamentare, Sharif Hassan. Nello stesso tempo, abbiamo attivato altri canali. La Croce Rossa italiana collabora con la Mezzaluna rossa per cercare almeno di arrivare a qualche forma di assistenza medica e alimentare sulla nave.
Inoltre, vi è stato l'incontro di New York, di cui ho riferito prima. In quella sede, vi è stato l'impegno del Governo transitorio ad aprire un canale di dialogo con i rapitori. Ha tenuto anche ad inviare un messaggio alle famiglie degli ostaggi, affermando che la loro liberazione viene considerata un obiettivo della massima importanza per il Governo somalo. Come è già stato ampiamente detto, ribadisco che mi sto preparando ad un nuovo viaggio in Somalia, non solo nella capitale Mogadiscio, ma possibilmente nelle regioni più vicine al porto in questione. Quindi, anche in questo caso l'obiettivo è arrivare a contattare le «istituzioni» che in qualche modo governano il territorio somalo.
Tengo, infine, a sottolineare che sin dalle prime ore del sequestro l'unità di crisi della Farnesina ha avviato un rapporto costante con le famiglie dei marittimi italiani e preso contatto con l'armatore. Sottolineo, preso contatto, perché, come sapete, l'armatore è residente in Svizzera. Parla con noi attraverso un suo funzionario ed è uno degli attori di questa vicenda che fino ad ora, a giudizio del Governo, ha mancato le sue responsabilità.
Dal giorno del sequestro, le famiglie sono state ricevute più volte alla Farnesina. Io stesso ho passato più di cinque ore in un incontro con i parenti insieme al Pag. 44sottosegretario Scotti. Ho ascoltato le telefonate registrate. Ho parlato a lungo con ciascuno di loro e soprattutto con la moglie del comandante Lubrano, che è un po' la speaker di questo gruppo. Proprio il giorno in cui li ho incontrati, siamo stati anche ricevuti dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, che ha ribadito l'impegno del Governo.
Si tratta di una serie articolata di azioni che il Governo intende continuare a svolgere in modo energico e, qualcosa di più, direi con ancora maggiore impegno. Infatti, ci rendiamo conto che, al di là di questa minaccia di tortura, è già una tortura vivere sette mesi e mezzo su una nave senza potersi muovere, probabilmente senza energia elettrica, senza acqua, con tutto quello che ciò implica, anche a livello morale, di capacità di resistenza ad una situazione di questo tipo. Nella consapevolezza che tale obiettivo, cioè la liberazione degli ostaggi, non potrà essere raggiunto, almeno alla luce della situazione attuale, con un intervento militare, il Governo continuerà a mantenere elevata la pressione diplomatica ad amplissimo raggio. Si tratta di un'azione che sta svolgendo in un contesto regionale particolarmente complesso, come abbiamo sottolineato. Voglio concludere sottolineando che l'obiettivo primario, che sicuramente accomuna tutti noi, non solo in quest'Aula, è la tutela dell'incolumità degli ostaggi e la loro liberazione.
Proprio per questo, per continuare a perseguire tale obiettivo, dato il complesso quadro appena descritto, mi appello, anche personalmente, nel momento in cui ribadisco il mio impegno, come sottosegretario di Stato per gli affari esteri e, per chi mi conosce, anche come persona strettamente legata a quelle vicende e consapevole del danno che a quella realtà questo sequestro sta portando, anche al senso di responsabilità del Parlamento, affinché la vicenda possa continuare ad essere seguita con la dovuta discrezione che è necessaria in queste situazioni.
Non posso dire di più. Lo dico onestamente e con tutta lealtà. Non abbiamo precise informazioni sullo stato di salute dei nostri connazionali e dei 17 indiani che con loro condividono questa tragica esperienza. Posso solo ribadire, ancora una volta ai colleghi e al Parlamento, l'impegno massimo del Governo italiano, nel limite di quelle che sono le strade che possiamo percorrere.
Quando sottolineo l'aspetto del rapporto con l'armatore lo faccio perché vi sono altre questioni che, qualche volta legittimamente, sono state sollevate anche dai parenti. Devo riscontrare, inoltre, l'estrema sensibilità di chi non ha inserito, nell'interpellanza, l'altra possibilità. Credo che questa altra possibilità fuoriesca dalle competenze del Governo. Tengo a ribadirlo, non è una nostra intenzione, noi usiamo diplomazia e intelligence. Mi auguro che, anche attraverso l'attività che stiamo svolgendo in Somalia contro la carestia e la fame, ma anche a favore della stabilità della situazione, ciò possa consentirci, al più presto, di arrivare a quello che è l'obiettivo comune a tutti noi, la liberazione degli ostaggi, italiani e indiani.

PRESIDENTE. L'onorevole Bossa ha facoltà di replicare.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, ringrazio il Governo per la risposta, ma credo di dover sottolineare, unitamente a una punta di speranza, anche una certa insoddisfazione. Vede, signor sottosegretario, sono figlia di un uomo di mare e conosco la pazienza e la tenacia di chi lavora sulle navi. Le famiglie sono forgiate dalle lunghe attese. Le vite dei marittimi sono un tessuto di fatica e di resistenza, ma sette mesi di prigionia sono troppi, anche per la pelle dura della gente di mare. Questi nostri cinque connazionali vivono condizioni di grandissimo disagio. Vengono tenuti in condizione di estrema sofferenza e sono sotto la continua minaccia, come lei ben sa, di armi.
Ora, capisco perfettamente le esigenze di riservatezza che il Governo ha su questa vicenda, mi rendo conto che i canali diplomatici richiedono cautela e attenzione. Tuttavia, le ricordo che, in altre circostanze e in altre parti del mondo, il Pag. 45Governo si è attivato utilmente ed è riuscito a portare a casa gli ostaggi. Faccia lo stesso anche su questa vicenda, risolva in fretta la questione. Scegliete e agite subito.
Concludo augurandomi, con quella nota di speranza di cui dicevo all'inizio, che questa straziante vicenda trovi presto una soluzione positiva e che si possa davvero rapidamente restituire i nostri cinque connazionali alle loro famiglie. Su questo, vi assicuro, saremo molto attenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Chiarimenti in merito al rispetto della procedura di somministrazione e utilizzo della pillola abortiva Ru486 nelle strutture ospedaliere italiane - n. 2-01183)

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01183, concernente chiarimenti in merito al rispetto della procedura di somministrazione e utilizzo della pillola abortiva Ru486 nelle strutture ospedaliere italiane (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, rinunzio ad illustrare la mia interpellanza urgente, in quanto il titolo è già esaustivo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Eugenia Roccella, ha facoltà di rispondere.

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in merito all'interpellanza urgente in esame, prima di entrare nel merito della questione, mi preme sottolineare che l'argomento sollevato riveste una particolare importanza per il Ministero della salute. Questo perché vogliamo evitare che, attraverso l'affermarsi di una prassi medica, si possano scavalcare i principi e il dettato della legge n. 194 del 1978, sull'interruzione volontaria di gravidanza, fino a vanificarla o a modificarne, in concreto, drasticamente l'applicazione, come è avvenuto in altri Paesi europei. Nel merito, comunico che presso il Ministero della salute è stata istituita, il 6 aprile 2010, una commissione per la predisposizione di linee guida sulle modalità di utilizzo del farmaco Ru486 e per la definizione delle modalità per la raccolta dei dati utili al monitoraggio del suo impiego.
La commissione ha elaborato linee di indirizzo sull'interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine, cioè le due sostanze sintetizzate sotto la formula RU486, approvate in data 24 giugno 2010, secondo quanto proposto dal Consiglio superiore di sanità con il parere espresso in data 18 marzo 2010. In particolare, per assicurare la massima sicurezza al percorso dell'interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico nel rispetto della legge 22 maggio 1978, n. 194, le linee di indirizzo citate hanno stabilito il ricovero ordinario della donna fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento.
La commissione contemporaneamente alle linee guida, ha stabilito le modalità per effettuare il monitoraggio di tutto il percorso dell'aborto farmacologico (numero di procedure IVG, diagnosi, procedura e luogo della fase espulsiva, modalità e tempi del controllo successivo alla fase espulsiva, eventi collaterali, follow-up). Gli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano sono stati già invitati, con una nota del 7 maggio, dal Ministero della salute ad assicurare nel corso dell'utilizzo del farmaco RU486 l'adeguamento della prassi assistenziale all'indirizzo tecnico-scientifico espresso dal Consiglio superiore di sanità con il parere citato.
Preciso inoltre che la possibilità di utilizzare nell'interruzione volontaria di gravidanza il metodo farmacologico ha posto la necessità di un'integrazione nella rilevazione dei dati riferiti alle interruzioni volontarie di gravidanza in aggiunta a quelli già raccolti attraverso le schede ISTAT D12. Pertanto si è provveduto a formulare un questionario trimestrale, predisposto in tal senso per il sistema di sorveglianza, sia del Ministero della salute Pag. 46che dall'Istituto superiore di sanità. Preciso anche che la richiesta della compilazione delle schede trimestrali da parte delle regioni, di cui sopra, ha una valenza transitoria - la durata dovrebbe essere circa due anni - in quanto si è reso necessario per monitorare da subito le modalità di applicazione e gli esiti delle interruzioni farmacologiche della gravidanza fino al 2012. A quella data saranno infatti disponibili i dati provenienti dalle schede ISTAT D12 nuova edizione 2010, che sono state adattate e quindi riportano il riferimento a questo metodo farmacologico.
Aggiungo che il Ministero della salute sta ricevendo dalle regioni i dati degli ultimi trimestri che consentono di disporre di un quadro completo degli interventi di interruzione volontaria della gravidanza effettuati con metodo farmacologico. Gli elementi a disposizione ad oggi indicano alcune criticità e, di conseguenza, la necessità di necessari chiarimenti da avviare con le regioni. Il dettaglio del monitoraggio avviato sarà illustrato entro l'anno in un apposito documento che sarà presentato alle Commissioni parlamentari competenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di replicare.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, io mi dichiaro soddisfatto della risposta del Governo e faccio presente che questa interpellanza è stata firmata da colleghi anche degli altri partiti, non solo della Lega Nord. Potremmo definirlo un fatto regionale in qualche modo, ma non è così, è un fatto che ha un'ampia valenza politica, istituzionale ed un'ampia valenza sociale.
L'utilizzo da parte di una regione della RU486 - ma ne abbiamo avuto anche da parte di altre - in modo avventato, in modo strumentale, in modo non avveduto per la salute della donna prima di tutto e nel rispetto dei principi della legge 22 maggio 1978, n. 194, e anche delle linee guida, è un fatto che deve essere sottolineato con forza. La regione ha fatto politica, in qualche modo, ma a mio giudizio ha leso alcuni principi fondamentali, non solo costituzionali, ma che dobbiamo ricordare. Dobbiamo ricordare le linee guida che non sono state rispettate, quindi, in qualche modo, la regione Umbria non ha adempiuto a quelle che sono le linee fatte non tanto dal Governo, ma elaborate per la tutela della salute. Quindi, prima di tutto la tutela della salute delle donne, che è venuta meno come principio di precauzione e come principio clinico, e questo va denunciato fortemente. Cosa è successo dobbiamo dirlo chiaramente.
La RU486 è un farmaco da gestire con estrema avvedutezza, che crea e provoca ovviamente l'aborto. Vi sono stati dei morti in situazioni extraospedaliere, anche ultimamente, per cui la precauzione prevede che l'evento debba avvenire per forza in ambiente ospedaliero, per evitare complicanze dannose per la donna dal punto di vista psicologico - non sto qui a sottolineare alcuni traumi che sono stati evidenziati -, ma anche dal punto di vista proprio sanitario, perché le donne rischiano di morire fuori, rischiano di avere traumi, rischiano di essere sottoposte ad un intervento, rischiano la pelle, in qualche modo. Ora, che non vi sia rispetto di queste cose è un fatto molto grave, quindi un danno alle donne e alla salute da parte di quella regione e da parte di altri, sono molti i casi. Credo che bene faccia il Governo a monitorare, in tante regioni, in Emilia Romagna, e nelle altre regioni.
Secondo punto: il rispetto della legge credo che debba essere garantito. Va messo bene in chiaro che vi è un progetto politico da parte di una certa sinistra, radicale, relativista, che in qualche modo ha sposato l'idea del desiderio come legge e che è contraria alla legge n. 194 del 1978, che noi difendiamo. Sia ben chiaro, noi difendiamo una legge dello Stato, in tutte le sue parti, nella prima e nella seconda. Questa è una legge che, giustamente, individua l'aborto come un dramma. Vi è una parte anche del mondo di sinistra, anche femminista, che comincia a vedere come questo sia un dramma, un dramma su cui la legge ha avuto un Pag. 47effetto anche positivo. Infatti vi è stata una riduzione negli anni, fortunatamente, delle interruzioni di gravidanza. E non è un fatto privato, non è un fatto solamente tra la donna e il suo medico: la donna decide e il medico esegue, secondo un principio di autodeterminazione tanto caro, che è già stato discusso in un altro consesso e che è contrario alla Costituzione. La tutela della salute è un fatto pubblico, un fatto sociale, quindi la donna non è sola. Questo è un dramma che non appartiene solo alla donna e che, in qualche modo viene gestito da una rete. La legge n. 194 del 1978 è ben chiara. Nella prima parte lo Stato garantisce il diritto alla procreazione e, in qualche modo, vi è un processo non solo di riduzione del danno, ma anche di assunzione di corresponsabilità. Lo spirito della legge è che lo Stato dovrebbe - poi non sempre ci riesce - intervenire attraverso i consultori e attraverso un'apposita rete che possa rimuovere le cause, in soccorso di questa donna che sta prendendo una decisione molto importante, che prende una decisione perché vi sono gravi problemi immantinenti per la salute fisica e psichica. Questo dice la legge, non dice altro.
Quindi, si tratta di un tentativo chiaro, ideologico, perseguito sulla pelle delle donne e sulla pelle anche dei nascituri, ovviamente. A questo proposito, dovremmo ricordarci che anche il nascituro ha personalità giuridica, così come l'embrione. L'interruzione di gravidanza è un fatto sociale. Vi è una volontà politica evidente - che, per fortuna, non appartiene al centrodestra, ripeto, per fortuna, perché questo centrodestra si tiene saldamente con i piedi per terra - che vorrebbe ridurre, come è avvenuto in Francia, il fatto abortivo ad un fatto privato, mettendo la donna, forse in una condizione di apparente libertà, ma in realtà di grande solitudine, abbandonata a se stessa, abbandonata a dovere abortire da sola, con una pillola, in una casa, in un bagno. Questo è uno spettacolo che noi non vorremmo vedere, signor Presidente, che non ci appartiene, ci appartiene una forte solidarietà alla donna, ci appartiene una forte solidarietà a un dramma, ci appartiene una forte solidarietà all'embrione. Per questo noi crediamo che questo atto politico sia stato svelato anche oggi, in questa interpellanza, e troverà il Governo, ma anche le forze che lo sostengono, sul sentiero di questo diritto negato (Applausi).

(Rinvio dell'interpellanza urgente Lo Monte ed altri n. 2-01200)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Lo Monte n. 2-01200 è rinviato ad altra seduta.

(Orientamenti in merito al conferimento del diploma di prima classe di benemerito della cultura e dell'arte con medaglia d'oro allo scrittore Eugenio Corti - n. 2-01198)

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza, concernente orientamenti in merito al conferimento del diploma di prima classe di benemerito della cultura e dell'arte con medaglia d'oro allo scrittore Eugenio Corti n. 2-01198 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

RENATO FARINA. Signor Presidente, intervengo brevemente. Innanzitutto illustro la personalità di Eugenio Corti, che è troppo poco conosciuta ed io sono contento anche solo di «marcare» i resoconti della Camera con il suo nome.
Eugenio Corti è l'espressione più vera e più forte del Novecento lombardo in letteratura. Continua il lavoro di Manzoni con uno stile ed un metodo che possiamo riferire a Tolstoj e a Solzhenitsyn. Non lo dico io, lo dicono numerosi critici, soprattutto stranieri. In Italia, infatti, il fatto di essere uomo di cultura cattolica ha generato censura nei suoi confronti da parte della critica militante. Come sappiamo, in Italia la critica letteraria militante, a parte Pag. 48alcune eccezioni, è dominata da una visione marxista oppure storicista. E mi fermo qui a tale riguardo.
Quest'anno Eugenio Corti compie novanta anni. Tale ricorrenza è celebrata in tutta la Lombardia ma soprattutto in Brianza, dove risiede, perché il libro e romanzo Il cavallo rosso, saga lombarda, ha permesso la sua candidatura al premio Nobel per la letteratura. In via formale hanno aderito a quest'iniziativa la regione Lombardia - dove il consiglio regionale ha votato credo all'unanimità - così come la provincia di Monza e Brianza, diversi consigli comunali, grandi personalità e numerose persone del popolo.
Tra l'altro tra poco si aprirà una mostra qui alla Camera, il 5 ottobre, «Dalla Brianza al mondo», che lo riguarda. Inoltre la sua opera teatrale Processo e morte di Stalin, in prima dopo trent'anni a causa della censura, è stata rappresentata da Franco Branciaroli, che è uno dei più grandi attori italiani.
Tutto questo è per dire come sia un figura nello stesso tempo eminente ed oscurata. Allora aveva sorpreso positivamente tutti l'iniziativa del Ministro Bondi, perché fosse assegnata questa medaglia d'oro ad Eugenio Corti. Non era una circostanza per così dire privata, ma era un documento pubblico, con il quale il Ministro Bondi, attraverso l'ufficio stampa del Ministero per i beni e le attività culturali, documentava una formale proposta e procedure avviate per il conferimento del diploma di prima classe di benemerito della cultura e dell'arte con medaglia d'oro allo scrittore Eugenio Corti. Seguivano poi le benemerenze. Addirittura era stata fissata una data per l'assegnazione della medaglia e di colpo poi tutto questo non è più accaduto.
La vicenda ha amareggiato, perché la notizia era stata riportata sui giornali locali e questo aveva procurato molta commozione ed agitazione ad Eugenio Corti. Non accadendo nulla, io ho scritto una lettera all'attuale Ministro Galan, nel luglio scorso, chiedendo conto di questo. Naturalmente e purtroppo - ma dico «naturalmente» con amarezza - non ho ricevuto alcuna risposta.
Allora abbiamo pensato, noi deputati lombardi di più partiti, di chiedere ragione di questa mancanza e, se non altro, di sollecitare l'urgenza dell'assegnazione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interpellanza urgente con la quale viene richiesto al Ministro Galan se intenda o meno procedere al conferimento della medaglia d'oro, quale benemerito della cultura, allo scrittore dottor Eugenio Corti.
Come noto agli onorevoli interpellanti il riconoscimento dello Stato nei confronti delle persone e delle istituzioni che hanno contribuito con i propri studi e il proprio operato alla crescita morale, sociale, culturale e civile della nazione ha, in Italia, una lunga tradizione. Il diploma ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte, istituito nel 1950 e un tempo prerogativa del solo Ministero della pubblica istruzione, ha assunto, con l'istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, una veste più spiccatamente legata alle attività di studio e di tutela del patrimonio culturale ma anche ai meriti artistici in campi, con quello teatrale, cinematografico e letterario, che in Italia vantano maestri di fama internazionale.
La normativa che disciplina tale attività è costituita dalla legge 16 novembre 1950, n. 1093, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1952, n. 4553, regolamento per l'esecuzione della legge stessa. La normativa dispone che il conferimento dei diplomi venga fatto per decreto presidenziale, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali. Il procedimento prevede che tale proposta venga previamente approvata da una commissione nominata e presieduta dallo stesso Ministro. Questa commissione, composta Pag. 49per volontà del legislatore non solo di alti dirigenti dell'amministrazione statale ma anche di alte personalità della cultura e dell'arte, è chiamata pertanto a svolgere un compito importante, poiché il diploma e la medaglia costituiscono solo la testimonianza materiale della riconoscenza di questo Ministero verso persone ed istituzioni che, con la loro opera, hanno contribuito a tutelare, a studiare, a far conoscere e ad incrementare il nostro patrimonio culturale.
Il Ministro Bondi tuttavia, nel periodo del suo incarico, non ha mai convocato tale commissione e quindi non si è potuto procedere ad assegnare nessuna benemerenza negli anni 2009 e 2010. Le numerose proposte pervenute nel suddetto periodo, comprese quelle avanzate direttamente dal Ministro, verranno esaminate nell'ambito della suddetta commissione nella prima riunione utile che, assicuro, verrà convocata al più presto.
Io stesso prendo formale impegno davanti a quest'Aula parlamentare - che ha tutto il diritto e le prerogative giuste per sollecitare una decisione in tal senso - e davanti al collega, l'onorevole Renato Farina, affinché il proposito, formalizzato peraltro in una lettera del 3 marzo 2011 dallo stesso Ministro Biondi di assegnare la medaglia d'oro e il diploma di benemerenza al maestro Eugenio Corti, sia attuato, realizzato e compiuto. È un impegno che il Ministro ha assunto e credo che il Ministro Galan non avrà alcuna difficoltà a dare seguito a questa indicazione peraltro, lo ripeto, formalizzata in una lettera allo stesso maestro Corti del 3 marzo 2011.
Quindi io penso che l'appello che oggi in modo accorato, appassionato e legittimo il collega Renato Farina ha rivolto a quest'Aula e non solo al Governo, verrà accolto e procederemo quindi alla convocazione di questa commissione, che effettivamente non è mai stata convocata nel 2009 e nel 2010. Io stesso ho sollecitato l'ufficio del gabinetto affinché questo accada, perché dobbiamo assegnare delle medaglie a operatori innanzitutto del Ministero che sono impegnati in maniera appassionata e con grande competenza e senso anche del sacrificio talvolta nel difficile compito di tutela del patrimonio culturale, che la Costituzione ci assegna all'articolo 9. Io stesso ho richiesto che questa commissione venga finalmente convocata per dar seguito a questo lavoro istruttorio, rapidissimo, che verrà compiuto e per dare una risposta - come ho detto - alle molte domande che sono pervenute nel 2009 e nel 2010.

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.

RENATO FARINA. Signor Presidente, devo dire che l'ultima parte della risposta mi soddisfa perché mostra la forte intenzione dell'onorevole Giro, che parla anche a nome del Ministro, affinché questa medaglia d'oro sia assegnata. La parte, invece, che la precedeva e che è stata letta, è «burocraticamente gelida» e credo che segnali qualcosa che non deve accadere nel Ministero della cultura e cioè che non può essere anaffettivo come sembrano esprimere le parole lette e, credo, preparate dagli uffici del Ministero.
I Ministeri, oltretutto, non sono una proprietà personale, nel senso che, se un Ministro se ne va all'inizio dell'anno, non è che tutto quello che ha fatto prima e le domande che sono state presentate prima sono messe in un cassetto chiuso a chiave. Sono cose vive, la vita va avanti e occorre procedere velocemente.
Credo fortemente nella risposta e nelle intenzioni del sottosegretario onorevole Giro, che so essere persona molto sensibile. Desidero chiedere che tutto questo accada, sempre che vi sia un parere favorevole di questa commissione, prima della fine dell'anno, altrimenti, approfittando dell'insindacabilità che vi è in quest'Aula, prometto che andrò a fare qualcosa di brutto alla Fenice di Venezia. Così Galan, che è molto sensibile alle cose venete, più, forse, che alle altre, prenderà atto della mia intenzione.

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(Elementi in merito alla regolarità delle attività di estrazione del marmo nel Comune di Carrara - n. 2-01201)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01201, concernente elementi in merito alla regolarità delle attività di estrazione del marmo nel Comune di Carrara (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENZO RAISI. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, questa interpellanza denuncia veramente una delle anomalie storiche di questo Paese. Tutti sanno come funziona il sistema, conoscono le illegalità che questo sistema comporta, ma sembra quasi che tutti si voltino dall'altra parte. Spesso si parla di evasione fiscale, di incapacità da parte dello Stato di riscuotere quanto gli è dovuto, e qui abbiamo un esempio di una città intera che fa orecchie da mercante rispetto ad una situazione che, chiaramente, ha delle basi di illegalità incredibili, in cui sono coinvolte pubblica amministrazione, esponenti e apparati dello Stato che non fanno i dovuti controlli.
Cominciamo a illustrare qual è questa situazione: l'amministrazione del comune di Carrara, in palese contrasto con l'articolo 14 del regio decreto n. 1927, legge mineraria, permette l'estrazione del marmo dalle miniere cave facenti parte del patrimonio indisponibile degli enti locali - quindi stiamo parlando anche di un pezzo del nostro ambiente, del nostro territorio - senza avere rilasciato le necessarie concessioni - non vi è alcun tipo di regolamento: le rilasciano così, a titolo personale - come ammette, tra l'altro, il dottor Marco Tonelli, dirigente del comune stesso.
Un dirigente dice: è vero, non stiamo rispettando il regolamento. Lo dice rispondendo ad una richiesta di accesso ai documenti amministrativi relativi ai rilasci e ai rinnovi di concessioni per lo sfruttamento di agri marmiferi presentata da Mariapaola Antonioli in data 31 agosto 2010. La stessa amministrazione - questo è incredibile - con deliberazione n. 36 del 2002 ha emendato il precedente legittimo regolamento, peraltro mai applicato - quindi, non si applica il regolamento e poi lo si emenda - reintroducendo la perpetuità delle concessioni, che avranno così una durata di 29 anni con rinnovo automatico, in palese contrasto con la legge regionale n. 104 del 1995, che ne stabilisce la temporaneità e l'onerosità.
Abbiamo, cioè, un regolamento che non viene applicato e che poi viene emendato per assicurare la continuità di queste concessioni, che erano state rilasciate secondo quello che prevedeva il regolamento. La stessa deliberazione ha emendato l'articolo 10 del precedente regolamento, che prevedeva il rilascio delle concessioni in base al valore di mercato, stabilendo che l'esazione dei canoni avvenga in seguito ad un accordo con le associazioni di categoria o con le ditte impegnate nell'escavazione, le quali potranno, altresì, opporre il proprio veto a qualsiasi aumento, in palese contrasto con la legge n. 724 del 1994, articolo 32, comma 8, a sua volta confermata con sentenza n. 488 del 1995 della Corte costituzionale.
Il patrimonio pubblico, cioè, lo decidono quelli che hanno avuto illegalmente una concessione (questa storia di Carrara è incredibile). Con la deliberazione di giunta n. 63 del 2008, la stessa si è accordata con le associazioni di categoria degli escavatori per la determinazione degli oneri. Nonostante su una produzione lorda di circa 900 mila tonnellate di blocchi grezzi estratti per anno vi siano almeno 150 mila tonnellate di materiale qualitativamente molto superiore e nonostante le società di escavazione escluse sarebbero disposte ad ottenere la concessione pagando anche 200 euro per tonnellata, l'amministrazione ha negoziato un contributo, tra indennità ambientale ed affitto, di 13,50 euro per tonnellata.
In altre parole, dei concorrenti che sono stati inopinatamente esclusi dicono: siamo pronti a pagare 200 euro per tonnellata. Cosa fa il comune? Dice: no, non solo ti do la concessione in modo irregolare, ma in più mi accontento di 13,50 Pag. 51euro. Abbiamo bisogno di soldi ? Lo chiedo a lei che è sottosegretario: lo sa di quanti soldi c'è bisogno, no? Eccoli qua i soldi.
Dopodiché, tale accordo di esazione dei canoni, secondo gli interpellanti, appare del tutto privo ovviamente di fondamento giuridico e finalizzato a favorire un interesse privato a discapito delle casse comunali (quindi casse pubbliche).
Il danno riguarda anche l'ambiente, dobbiamo considerare l'impatto che questo ha rispetto all'ambiente (chi è nato a Carrara lo capisce bene).
L'amministrazione ha tentato, nel tempo, di aumentare il canone di indennità e di affitto, ma le società di escavazione (veri padroni di questa gestione), come documentato da diversi articoli apparsi sulla stampa locale, hanno regolarmente respinto ogni possibilità di mediazione.
La compravendita dei blocchi avviene in gran parte in nero. Lo ripeto: in nero. E questa è la parte forse più delicata del problema, perché si parla di lotta all'evasione, mentre qui abbiamo un ente pubblico che fa orecchie da mercante, chiude gli occhi (fa come la scimmietta: non vedo, non sento, non parlo) di fronte ad un'evasione palese, sotto gli occhi di tutti. E nessuna istituzione locale interviene di fronte ad un'evasione conclamata di un settore specifico, rispetto ad altri che sono pronti, invece, a fare il proprio dovere, a chi è rimasto escluso secondo una scelta che non è regolare, pronto a dare più soldi e a regolarizzare la situazione. No, noi diamo a delle persone, senza regole, in più rinunciando a una parte di entrata pubblica, e sapendo bene che tali soldi vanno in nero.
Quindi, la compravendita dei blocchi avviene in gran parte in nero, come ha denunciato più volte sulla stampa non Enzo Raisi, non un cittadino qualsiasi, ma il sindaco Zubbani; lo denuncia lui e la guardia di finanza non è mai intervenuta su questo.
Il valore globale del materiale estratto in blocchi (900 mila tonnellate, secondo i dati del comune) è di circa 300 milioni di euro, con un plusvalore di circa 250 milioni di euro l'anno, il 60 per cento dei quali derivati dalle sole cave di statuario. Il comune, nonostante versi in grandi difficoltà economiche (e questo è il massimo), incassa per i soli blocchi (900 mila tonnellate) una cifra pari a 6 milioni di euro circa. Quindi, un comune che è in deficit non riesce, nonostante abbia questa ricchezza naturale, ad ottimizzare le proprie risorse.
Una situazione come quella descritta, a fronte di leggi chiare e di una giurisprudenza in materia, è terreno fertile peraltro per una progressiva penetrazione della criminalità organizzata. Immaginate voi con «il nero» che cosa può entrare e che cosa possono fare.
Già nel 2002 una commissione consultiva, istituita dal comune con apposita deliberazione e formata dal professor avvocato Fabio Merus, dal professor avvocato Franco Battistoni Ferrara, dall'avvocato Cesare Piccioli e dall'avvocato Roberto Pegazzano, aveva chiaramente evidenziato le illegalità sopra esposte nella propria relazione giuridica conclusiva, ignorata completamente dalle amministrazioni succedutesi nel tempo. Il comune istituisce una commissione (è il comune a nominarla), e quest'ultima dice: signori miei, qua c'è qualcosa di illegale. Questa commissione viene totalmente ignorata.
Allora, la domanda è di quali elementi disponga il Governo, nell'ambito della sua competenza, anche sotto il profilo della prevenzione dei reati.
Si chiede, inoltre, se non si ritenga necessario (spero che dopo questa interpellanza intervenga qualcuno anche a livello di guardia di finanza) verificare perché, a fronte di ripetute e comprovate denunce di evasione nella compravendita di blocchi di marmo, la guardia di finanza non sia intervenuta per contrastare tale macroscopico fenomeno di illegalità diffusa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere.

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FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, desidero innanzitutto scusarmi con il collega onorevole Raisi perché io sarò portavoce del Ministero dell'economia e delle finanze di cui - come è noto - non sono parte.
Con il documento in esame gli onorevoli interpellanti chiedono chiarimenti in ordine ad alcuni fenomeni di illegalità relativamente ai permessi di coltivazione delle cave di marmo rilasciati dal comune di Carrara, e alla compravendita dei blocchi di marmo.
A tal riguardo, per quanto di competenza, l'Agenzia del demanio ha rappresentato che in linea generale le cave sono state trasferite, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 281 del 1970, al patrimonio indisponibile delle regioni, le quali esercitano altresì le relative funzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e che, di conseguenza, la materia è stata successivamente disciplinata da norme regionali.
Tuttavia, in tale quadro normativo, gli agri marmiferi di Carrara, mantenendo una speciale disciplina risalente agli Stati preunitari, appartengono al patrimonio indisponibile del comune che, come previsto dalla legge regionale 5 dicembre 1995, n. 104, rilascia le relative concessioni.
In particolare, per quanto concerne il quesito dell'onorevole proponente, il Comando generale della Guardia di finanza evidenzia in via preliminare che, conformemente alla direttiva generale annuale per l'azione amministrativa e la gestione del Ministro dell'economia e delle finanze, l'attività svolta dal Corpo a contrasto dell'evasione fiscale è diretta alla prevenzione ed alla repressione dei fenomeni più gravi e complessi, quali l'economia sommersa, le frodi, gli altri reati tributari, l'evasione internazionale, l'illecita costituzione di capitali all'estero ed i fenomeni evasivi connessi ad altri illeciti economico-finanziari.
Le strategie d'intervento dei reparti sono mirate ad individuare e sottoporre a controllo le categorie economiche ed i soggetti che, all'esito di mirate attività di analisi ed info-investigative, presentano gli indici di rischio di evasione e di illeciti economico-finanziari più elevati nell'ambito delle diverse circoscrizioni territoriali. Pertanto, il comparto dell'estrazione e della lavorazione del marmo costituisce una delle priorità d'intervento nell'ambito della provincia di Massa Carrara.
Ciò premesso - riferisce il Comando generale della Guardia di finanza - nell'ultimo quinquennio 2006-2011, al 31 agosto, i reparti territoriali del locale comando provinciale hanno eseguito complessivamente 53 attività ispettive (verifiche e controlli d'iniziativa) nei confronti di aziende operanti nel settore, che si sono concluse con i seguenti risultati: base imponibile proposta per il recupero a tassazione pari a 182.363.774 euro; IRAP evasa pari a 1.636.509 euro; IVA dovuta pari a 36.321.988 euro; IVA relativa pari a 187.749 euro.
Da notare, per completezza di informazione, che i controlli fiscali nello specifico settore scontano l'oggettiva difficoltà di attribuire un valore ai blocchi di marmo commercializzati. Ciò, infatti, dipende da molteplici variabili (tipologia, destinazione d'uso, colore, purezza, forma, venature), per cui non si dispone di prezzi di riferimento standard, essendo, peraltro, d'uso che le contrattazioni si svolgano direttamente presso le cave, alla presenza di compratori con i quali il prezzo viene concordato caso per caso.
Si precisa, infine, che il comando provinciale di Massa Carrara non risulta sia stato ufficialmente interessato da altri enti o istituzioni con trattazioni aventi ad oggetto l'evasione fiscale nel particolare comparto.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta che, però, mi può soddisfare in parte, nel senso che la mia era un'interpellanza di denuncia ed oggi la Guardia di finanza non può affermare di non sapere. Infatti, mi ha anche risposto, è tutto agli atti. Pag. 53
Spero, quindi, che, dopo questa interpellanza, vi sia un intervento più attento rispetto anche a quello già effettuato che, comunque, denota dei dati e dei numeri che non sono poco rilevanti. Nonostante abbiano fatto poche ispezioni, queste hanno prodotto molte informazioni sulle evasioni fiscali in quel settore.
Poi vi sono le complessità, come giustamente sosteneva chi ha redatto la risposta, complessità anche sul dare un valore a questo tipo di prodotto. È chiaro che dovranno trovare dei parametri. La Guardia di finanza è un corpo molto specializzato, di alta professionalità, e sa bene anche come poi arrivare ad individuare determinate situazioni.
Ripongo, quindi, la massima fiducia nella Guardia di finanza e spero che abbia la capacità di dar seguito a questa mia interpellanza.
Certo che monitorerò se questa mia interpellanza significherà poi sviluppare sul territorio un'attività conseguente ad una denuncia. Ripeto, per chi mi ha ascoltato, che è evidente che parliamo di un'attività che potrebbe riscuotere molti milioni di euro e non li riscuote e che è sotto scacco di una categoria privilegiata che ha avuto concessioni al di là delle regole e che produce una forte evasione fiscale.
Credo che questo meriti una forte attenzione da parte della Guardia di finanza e delle realtà ed istituzioni pubbliche che sono preposte al controllo della legalità e della riscossione delle imposte.

(Iniziative di competenza volte a tutelare l'emittenza locale in Toscana in vista del passaggio al digitale terrestre previsto per il mese di novembre 2011 - n. 2-01202)

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01202, concernente iniziative di competenza volte a tutelare l'emittenza locale toscana in vista del passaggio al digitale terrestre previsto per il mese di novembre 2011 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

RICCARDO MAZZONI. Signor Presidente, brevemente, abbiamo presentato questa interpellanza urgente perché in Toscana il passaggio al digitale è previsto per i primi giorni di novembre e le frequenze utilizzabili dalle 40 emittenti locali ora esistenti sono in tutto 18. Si profila, dunque, una situazione molto difficile da gestire, tenendo conto anche del fatto che non sarà possibile accendere una serie di canali in alcune postazioni in quanto assegnati alla Francia che ne rivendica la protezione.
Questi canali sono otto nelle postazioni di Monte Serra, Monte Argentario e Roselle e otto nelle postazioni di Camaiore-Monte Meto e Pedona, e di questi otto canali sette sono toccati alle TV locali.
Sintetizzando, ci saranno quattro emittenti con presenza su tutte le postazioni, sette parzialmente penalizzate, mentre tutte le altre sette saranno pesantemente danneggiate.
La nuova situazione, come si comprende bene, rischia di compromettere seriamente il comparto televisivo toscano sia in termini di fatturato che di occupazione e tutto questo, peraltro, in palese contrasto con la normativa vigente che prevede la riserva di un terzo delle risorse in favore delle TV locali.
La stessa Agcom concorda sul fatto che, per ciascuna area tecnica, almeno un terzo delle frequenze pianificabili sia destinato all'emittenza locale.
Dunque, per legge dovrebbero esserci almeno tredici frequenze regionali, un terzo delle risorse disponibili, aventi pari caratteristiche rispetto a quelle nazionali e non interferite. Ma questo per la Toscana non viene rispettato dalla delibera che individua quattro mux realmente regionali e sette invece penalizzati.
Ovviamente parliamo di reti reali, con postazioni di trasmissione identiche a quelle delle emittenti nazionali, come accade oggi nel sistema analogico, e non puramente teoriche. Non è, infatti, ipotizzabile servire città come Livorno, Pisa, Grosseto ed altre ancora da postazioni situate in direzioni opposte alle antenne di ricezione presenti nelle abitazioni dei cittadini Pag. 54con il conseguente risultato dell'oscuramento di molte televisioni locali nelle zone interessate.
Il bando, a nostro parere, ha previsto un premio sproporzionato in termini di punteggio (fino al 50 per cento) alle intese tra emittenti, che rischia di compromettere le posizioni di televisioni regionali, subregionali oppure provinciali a favore di iniziative improvvisate che potrebbero nascere sulla scia di questa opportunità offerta dal bando.
A titolo di esempio, piccole emittenti toscane in termini di copertura sommandosi ad altre emittenti piccolissime, senza dipendenti, alcune provenienti da altre regioni ma con coperture bassissime e titolari di uno o al massimo due impianti di trasmissione in Toscana, in virtù di questo enorme premio previsto dal bando, potrebbero balzare ai primi posti della classifica.
Nell'interpellanza abbiamo anche chiesto di sapere a che punto sono le trattative con la Francia per cercare di trovare una soluzione tecnica, peraltro possibile, in grado di rendere compatibili gli impianti italiani di Monte Serra con quelli francesi. E se è possibile che il Governo riservi una parte delle risorse incassate dalla vendita delle frequenze 61-69 agli operatori telefonici e già destinate alle TV locali per il futuro indennizzo nelle aree già digitalizzate, per incentivare qualche operatore toscano disposto a rinunciare alle proprie frequenze.
Questo libererebbe qualche canale per chi decide di continuare nell'attività o comunque potrebbe indennizzare chi non risulterà utilmente collocato nella graduatoria prevista dal bando.
Visto che lo switch off è previsto per i primi giorni di novembre chiedo, dunque, se il Governo ritiene utile e necessario intervenire rapidamente per scongiurare i danni che si profilano per l'emittenza locale toscana.
Tanto per essere chiaro fino in fondo, vorrei sapere se nella gestione del bando sarà fatto tutto il possibile per limitare al massimo le perdite dal punto di vista del pluralismo dell'informazione in Toscana.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la delibera n. 423/11/CONS, approvata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha approvato il piano di assegnazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre delle regioni Liguria, Toscana, Umbria e Marche, nonché della provincia di Viterbo.
Occorre premettere che la conferenza regionale delle radiocomunicazioni tenutasi a Ginevra nel 2006, ha avuto come oggetto la pianificazione del servizio di radiodiffusione terrestre sia televisiva che sonora in tecnica digitale, assicurando a tutte le nazioni partecipanti un'equa assegnazione delle risorse frequenziali.
A conclusione dei lavori, la conferenza ha raggiunto l'obiettivo dichiarato dell'equa ripartizione delle frequenze tra le nazioni sovrane, conseguendo un minimo di otto frequenze in ogni allotment pianificato.
Quindi in Toscana, sulla base di tale accordo internazionale, era disponibile un numero alquanto limitato di risorse (otto), con le quali, pertanto, l'Italia avrebbe dovuto pianificare la sua transizione del servizio televisivo dall'analogico al digitale, a partire da una situazione dell'uso dello spettro particolarmente complessa. Come è noto, infatti, decenni di sviluppo del mercato in assenza di un preciso piano di assegnazione da applicare, hanno creato un equilibrio interferenziale che ha consentito, di fatto, l'attività di centinaia di emittenti locali e decine di emittenti nazionali.
Per tale motivo, è stata condotta a partire dal 2006 un'intensa attività di coordinamento con i Paesi confinanti, soprattutto Francia, Svizzera, Vaticano e Slovenia per l'utilizzo e l'incremento in maniera armonizzata e non interferenziale delle risorse spettrali utilizzabili e che soddisfacessero le esigenze nazionali, nel rispetto del principio di un accesso equo. Pag. 55
A seguito di tale procedura, l'Italia e la Francia hanno concordato l'utilizzo non esclusivo, nelle aree di reciproco impatto (tra le quali rientra la Toscana), di tutti i canali in banda UHF. Pertanto, nell'accordo tuttora in via di consolidamento, i due Paesi hanno convenuto che si potessero utilizzare anche i canali destinati all'altro Paese, utilizzati però in maniera da non arrecare mutue interferenze nocive.
Per quanto riguarda tali trattative bilaterali tra Italia e Francia e relative agli impianti di Monte Serra, si fa presente che le negoziazioni tra i due Paesi sono tutt'ora in corso. Nella prossima riunione, programmata per il 27 e 28 settembre, tra i vari punti in agenda, è anche prevista la ricerca di compatibilizzazione tra gli impianti italiani della Toscana e della Liguria e quelli francesi della Corsica e delle Alpi marittime est ed ovest.
Più in generale e sulla base degli accordi di cui sopra, la pianificazione ha, inoltre, previsto l'utilizzo dei canali destinati alla Francia con alcune limitazioni su determinati siti di irradiazione incompatibili con le reti francesi e precisamente, con riferimento alla regione Toscana: Monte Serra - oggetto delle trattative citate sopra - Monte Argentario, Roselle, Camaiore-Monte Meto e Pedona.
Vigendo il principio di equivalenza dei siti, la pianificazione di ciascuna rete può essere realizzata utilizzando gli altri siti indicati nel Piano, consentendo così di ottenere percentuali di copertura adeguate alle caratteristiche del servizio, in ambito locale, per ciascuna delle frequenze indicate per tale servizio.
In altri termini, anche nell'impossibilità di utilizzare taluni dei siti per rispettare gli accordi con la Francia, non viene inibita la possibilità di ottenere coperture adeguate per un numero significativo di reti locali.
Per quanto sopra esposto, si ritiene che la pianificazione adottata non comporti e non preveda penalizzazioni specifiche per l'emittenza locale, rispondendo i criteri utilizzati ad un oggettivo adattamento a quella che è la realtà, allo stato, dei rapporti internazionali e della massimizzazione delle risorse conseguita, frutto di una lunga ed articolata attività di negoziazione.
Come riportato nel documento di pianificazione annesso alla delibera n. 423/11/CONS, che specifica la pianificazione di dettaglio della regione Toscana e come del resto fatto per tutte le pianificazioni precedenti, la stima di tali coperture - tutte di entità significativa - è stata ottenuta ipotizzando reti a singola frequenza (SFN), con impianti trasmittenti «ottimizzati», sia per quanto riguarda le potenze, che per quanto riguarda la configurazione del diagramma di irradiazione.
La stima, naturalmente, tiene conto delle limitazioni sopraddette su talune postazioni critiche. Quindi, la pianificazione adottata dall'Autorità prevede diciotto reti regionali con una copertura di servizio compresa tra il 66 e l'86 per cento della popolazione, con un numero cospicuo di reti (tredici) che superano il 70 per cento della popolazione servita.
Si può, pertanto, concludere che sussiste la possibilità di realizzare reti regionali in misura ben superiore a quanto ipotizzato dagli interpellanti.
In aggiunta a quanto sopra, nel merito della riserva del terzo delle risorse all'eminenza locale, la pianificazione adottata è quella che consente la massimizzazione dell'efficienza d'uso delle risorse.
Infatti, la sopracitata delibera mette a disposizione diciotto frequenze per l'eminenza locale, con le percentuali di copertura sopra indicate garantite anche in presenza di utilizzazioni da parte di Paesi esteri.
L'Autorità, dunque, ha garantito la riserva destinata dalla legge sia in termini di numero di frequenze, che di capacità trasmissiva.
Alla luce di quanto sopra, quindi, si ribadisce che non si possa parlare, di eventuali danni irreparabili all'emittenza locale toscana in virtù dello switch off imminente.
Per ciò che attiene al bando per l'assegnazione delle frequenze, esso prevede che vengano attribuiti quarantacinque Pag. 56punti in base al criterio della copertura effettiva del segnale da parte delle emittenti; trenta punti, in base al patrimonio al netto delle perdite; venti punti, per il personale occupato dalle emittenti e cinque punti sulla base della storicità delle medesime.
Per le emittenti più importanti, perciò - e che coprono vaste aree della regione - vi sono garanzie sufficienti.
Al tempo stesso, le possibilità di condividere una stessa frequenza e lo stesso multiplex favoriscono forme, appunto, di condivisione che consentono di assegnare risorse anche a soggetti che altrimenti sarebbero rimasti esclusi dalla ripartizione.
Per ciò che attiene alle misure economiche adottabili dal Governo, si è in attesa degli esiti della gara per le frequenze nella banda 800, che sono, al momento, particolarmente significativi. Solo nella giornata di ieri, con i ribassi, si è superata la cifra di 3,5 miliardi di euro. Come è noto, il 10 per cento della cifra viene destinata all'emittenza locale. Il Governo, al termine della gara, farà le opportune valutazioni circa lo stanziamento di questo 10 per cento, riservato all'emittenza locale, affinché venga eventualmente destinato sia alle aree già digitalizzate che a quelle in fase di digitalizzazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzoni ha facoltà di replicare.

RICCARDO MAZZONI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Saglia per le precisazioni che in parte vanno nella direzione di quanto da noi auspicato nell'interpellanza, anche se spero che le trattative con la Francia portino ad un risultato soddisfacente anche per l'emittenza locale toscana. Voglio dire che comunque al momento, stando così le cose, resteranno fuori dalle dieci alle quindici emittenti toscane e saranno penalizzate quelle più piccole. Voglio ricordare e sottolineare che nelle altre regioni in cui c'è stato il passaggio al digitale, dopo lo switch off, c'è stato un crollo quasi generale del fatturato, che va dal 30 al 50 per cento. Se consideriamo che altrove sono state assegnate ventotto frequenze per regione, mentre in Toscana saranno solo quattro quelle eccellenti, undici quelle accettabili, mentre sette saranno comunque penalizzate, non è difficile immaginare che in questa regione le cose andranno molto peggio.
Facciamo un caso pratico: Livorno e Pisa. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ipotizza di coprirla da un'altra postazione non definita e al momento non esistente. Va sottolineato che nel settore televisivo, a differenza del radiofonico e del telefonico, le postazioni devono essere poste in direzione di puntamento delle antenne. A Livorno e Pisa, ad esempio, tutte le antenne sono rivolte in direzione Monte Serra. Sette frequenze delle diciotto non potranno essere accese a Monte Serra per non disturbare la Francia. Una emittente potrebbe accendere l'impianto, ad esempio, sull'Isola d'Elba in direzione Livorno-Pisa. Il servizio teorico ci sarebbe, ma le televisioni sarebbero di fatto oscurate, poiché le antenne sono appunto rivolte in direzione opposta. Per questo motivo, la nostra preoccupazione nasce dalla constatazione che non è stata rispettata la riserva di legge a favore delle televisioni locali, che riserva un terzo delle frequenze disponibili.
Comunico anche che dall'emittenza locale toscana entro domani verranno notificati i primi ricorsi al TAR proprio su questo aspetto.
Voglio, inoltre, sottolineare che sono a rischio di spengimento o di subire comunque gravi danni, come operatori di reti, venti o venticinque emittenti sulle circa quaranta attualmente presenti in Toscana, anche se ovviamente potranno continuare ad operare come fornitori di contenuto.
Concludo dicendo che appare ingiusto che in metà dell'Italia le emittenti riceveranno contributi a fronte della perdita delle frequenze e nell'altra metà, invece, Toscana compresa, rischiano di non ricevere niente. In questo senso, la precisazione del sottosegretario mi sembra vada nella direzione giusta. Comunque sia è Pag. 57chiaro che il digitale è un processo nazionale in cui non possono essere usati due pesi e due misure.

(Iniziative relative alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, con particolare riferimento all'istituzione di un tavolo tecnico interistituzionale finalizzato alla tutela dei diritti degli attuali conduttori degli immobili - n. 2-01203)

PRESIDENTE. L'onorevole Paladini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Borghesi n. 2-01203, concernente iniziative relative alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, con particolare riferimento all'istituzione di un tavolo tecnico interistituzionale finalizzato alla tutela dei diritti degli attuali conduttori degli immobili (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i sottoscritti chiedono al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in riferimento al decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, una risposta in relazione all'evoluzione normativa da cui risultano interessati enti quali INPS, INAIL, INPDAP, Ipsema, INPDAI, ENPALS, Ipost, ENPAF ed il Fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali.
Il decreto prevedeva che entro cinque anni gli enti previdenziali di natura pubblica (di cui alla legge n. 70 del 1975) avrebbero dovuto completare un processo di dismissione dei loro patrimoni immobiliari, stabilendo il diritto di prelazione, che poteva essere esercitato dagli stessi inquilini, se in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori.
Con decreto si è, poi, provveduto ad imprimere un'ulteriore accelerazione al procedimento di dismissione mediante lo strumento della cartolarizzazione del patrimonio immobiliare e si è, quindi, provveduto al trasferimento, con decreto ministeriale, della proprietà degli immobili degli enti previdenziali alla SCIP Srl.
Successivamente, il decreto-legge n. 41 del 2004, ai fini della fissazione delle modalità di determinazione del prezzo di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, prendeva a riferimento i valori di mercato del mese di ottobre 2001. Per effetto di tale ultimo provvedimento, gli enti che avevano venduto, dopo il 2001 e fino al 2004, a prezzi maggiorati, venivano chiamati a risarcire i propri inquilini.
La normativa contenuta nei menzionati provvedimenti legislativi, mirava quindi a realizzare una dismissione equa e corretta per la proprietà e per gli inquilini. Poi, la legge n. 410 del 2001 riconosceva in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale il diritto di opzione.
Dal 2001 al 2009, una buona parte del patrimonio degli enti pubblici è stata cartolarizzata. Questi enti hanno ceduto in due diverse operazioni i loro immobili ad una società contenitore creata dallo Stato, la SCIP Srl (società cartolarizzazione immobili pubblici). Quest'ultima ha provveduto a venderli e a ripagare gli enti con titoli emessi su questi edifici. Un'operazione gigantesca, che si è interrotta all'incirca due fa, quando lo Stato, «in considerazione dell'eccezionale crisi economica internazionale e delle condizioni del mercato immobiliare e dei mercati finanziari», ha messo in liquidazione, con la legge n. 14 del 2009, il patrimonio della SCIP Srl, gestito da un fondo separato. Ciò, al fine di evitare la svendita degli ultimi palazzi rimasti alla società o, peggio, evitare che la SCIP Srl continuasse a esistere senza riuscire a vendere i beni rimasti.
Le aste, sia quelle di SCIP Srl, sia quelle organizzate dalle fondazioni, si sono trasformate a volte in un'ottima occasione per gli speculatori immobiliari e di professione. Nei casi in cui venivano venduti interi lotti, o quando la base d'asta era bassa e c'erano pochi aspiranti compratori, in tanti hanno acquistato a poco e rivenduto a molto. Pag. 58
In questo momento, INPS, INAIL, INPDAP e altri enti pubblici stanno ricevendo indietro le unità immobiliari invendute. Nel caso dell'INAIL, tanto per fare un esempio, sono più di 1.800 e hanno un valore di mercato di 342,5 milioni di euro, beni che saranno venduti all'asta, forse a partire già da questa estate. L'INAIL possiede immobili in affitto (esclusi quelli ricevuti indietro da SCIP Srl) per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro. Solo nel 2009, la vendita di novanta unità immobiliari ha portato nelle casse dell'ente oltre 22 milioni di euro.
L'INPDAP ha un patrimonio immobiliare che vale la metà, intorno ai 471 milioni di euro, ma in questa cifra è compreso anche il valore delle sedi. L'ente, che si occupa della previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, è nato nel 1994 dall'accorpamento di ENPAS e di altri enti.
Le nuove vendite hanno dato luogo ad un prezzo determinato dal valore di mercato dell'appartamento come se fosse libero e scontato del 30 per cento. Chi non intende acquistare ha diritto al rinnovo del contratto per altri nove anni dalla scadenza dello stesso, se il reddito familiare lordo complessivo è inferiore a 19 mila euro; in presenza di un ultrasessantacinquenne o un disabile, il limite sale a 22 mila euro.
Risulta agli interpellanti che molti enti pubblici non paghino la tassa di registro relativa alle unità abitative affittate, con la conseguenza che gli inquilini non possono produrre il modello F23.
La scelta di dismissione degli alloggi degli enti pubblici prima e di quelli privatizzati poi, insieme alla politica degli affitti che vengono portati ai livelli di quelli di mercato, sta contribuendo inevitabilmente ad aggravare l'emergenza abitativa - cambiando la natura e il ruolo di calmierazione del mercato abitativo di questo importante patrimonio - che vede in Italia oltre 430 mila famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui e oltre 230 mila sfratti di cui, nelle grandi città, quasi il 90 per cento per morosità.
Quanto sopra esposto ha portato in queste settimane a una forte mobilitazione da parte degli inquilini degli enti previdenziali.
Vorremmo sapere se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; se sia stato istituito il tavolo tecnico; se non si ritenga di assumere iniziative allo scopo di garantire il rinnovo contrattuale delle locazioni per tutti gli inquilini delle unità abitative di proprietà degli enti previdenziali pubblici; se non si ritenga, altresì, di assumere ogni iniziativa per la regolarizzazione degli immobili occupati senza titolo da parte di chi paga regolarmente i canoni di locazione; se non si ritenga, inoltre, di impartire le direttive necessarie affinché sia l'ente stesso a procedere al recupero delle morosità; se non si ritenga, soprattutto, di impartire le necessarie direttive affinché gli enti provvedano a pagare regolarmente la tassa di registro con il modello F23 ed, in ogni caso, per evitare che la sua mancata produzione ricada sugli inquilini che non hanno alcuna colpa; se non si ritenga, altresì, di dover assumere iniziative, di concerto con le regioni, al fine di garantire l'erogazione agli inquilini di mutui a tasso agevolato per l'acquisto dell'unità occupata; se non si ritenga, infine, di favorire l'acquisto da parte di comuni e regioni delle unità immobiliari in vendita, andando incontro alle esigenze di inquilini non in grado di esercitare l'opzione per l'acquisto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti, ha facoltà di rispondere.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente in oggetto illustrata dall'onorevole Paladini, che richiama l'attenzione sulla gestione e sulle alienazioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, vi è una grande attenzione anche da parte del Governo, essendo una materia non solo complicata, ma anche assolutamente Pag. 59importante anche per rideterminare un equilibrio di finanza pubblica, con tutte le valenze sociali annesse e connesse che ha.
In via preliminare, occorre considerare che il tema in esame rientra nella competenza primaria del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, trattandosi di questioni che incidono sulle politiche abitative del nostro Paese.
A seguito della risposta fornita in precedenza dall'allora sottosegretario, senatore Viespoli, all'interpellanza urgente n. 2-00785, nonché in occasione dell'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/4086/44 dell'onorevole Morassut, è stato istituito un tavolo tecnico interistituzionale a cui prendono parte il Ministero dell'economia e delle finanze, enti di previdenza e il Ministero che rappresento per la predisposizione di un articolato normativo sulle procedure di vendita del patrimonio immobiliare, finalizzato a favorire la ripresa delle attività di dismissione degli immobili degli enti previdenziali pubblici, disciplinando alcune problematiche che hanno rallentato il processo di vendita e prevedendo ipotesi di regolarizzazione abitativa.
Faccio presente che le proposte normative avanzate dal gruppo di lavoro del tavolo tecnico sono attualmente al vaglio dei competenti uffici ministeriali, al fine di valutarne anche le ricadute di carattere finanziario. L'impegno di questo Governo è di rendere pubbliche queste informazioni nel tempo più breve possibile.
Presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato inoltre istituito, con decreto del 22 novembre 2010, il comitato paritetico per il monitoraggio del Piano nazionale di edilizia abitativa, previsto dall'articolo 13 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009. Tale comitato è costituito da dieci membri, di cui cinque individuati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero dell'economia e delle finanze, di cui uno su proposta della Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica), mentre i restanti cinque componenti sono individuati dalla Conferenza unificata in rappresentanza delle regioni e degli enti locali.
Alcune delle principali questioni richiamate dall'interpellante potranno certamente essere affrontate nell'ambito di tale comitato, al quale, comunque, aggiungo che daremo anche da parte nostra tempestive e precise risposte.
Con riguardo alle altre questioni sollevate dall'interpellante relative al rinnovo contrattuale delle locazioni, al recupero delle morosità e al pagamento della tassa di registro, faccio presente che tali aspetti rientrano ovviamente nell'ambito di competenze gestionali di ogni singolo ente, il cui esercizio è sottoposto all'attività di controllo del collegio dei revisori.
Non sussistono pertanto le condizioni per ipotizzare un intervento normativo volto a regolarizzare tali aspetti e comunque ci rendiamo conto di quella che è la volontà espressa dall'interpellante che coincide con la evidente necessità di controllo da parte del Governo su queste questioni.
Analogamente, il ricorso allo strumento della direttiva ministeriale, come evidenziato dall'onorevole interpellante, non appare lo strumento più idoneo per regolare la fattispecie già ampiamente disciplinata da precise disposizioni di carattere legislativo e amministrativo. È comunque utile evidenziare che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno emanato quest'anno, il 10 febbraio, una direttiva congiunta indirizzata agli enti previdenziali ed assistenziali sia pubblici che privati, allo scopo di fornire, tra l'altro, puntuali criteri cui ispirarsi nell'assumere le decisioni inerenti alla gestione del patrimonio accumulato.
In particolare, con riferimento agli enti previdenziali ed assistenziali pubblici, la predetta direttiva detta specifici criteri in merito soprattutto a quella che credo sia una richiesta assolutamente condivisa di trasparenza nella gestione del patrimonio Pag. 60immobiliare, prevedendo che le procedure di selezione degli investimenti e dei sog-getti coinvolti nelle relative operazioni siano improntate ai principi di trasparenza e pubblicità.
Per quanto poi riguarda l'opportunità di adottare adeguate iniziative per la regolarizzazione degli immobili occupati sine titulo da inquilini che pagano regolarmente il canone di locazione, faccio presente che tale ipotesi è già contemplata, sebbene all'interno di precisi limiti temporali, nel nostro ordinamento dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 203 del 2005. Osservo che, nell'articolato proposto dal gruppo di lavoro del tavolo tecnico, che è stato precedentemente richiamato, è stata presa in considerazione la possibilità di estendere tale previsione alle posizioni debitorie maturate alla data del 31 dicembre 2010: quindi, è stata data anche una sorta di agevolazione.
Voglio ricordare, inoltre, che l'articolo 6, comma 8, del decreto legislativo n. 104 del 1996 prevede che le alienazioni possono essere realizzate attraverso mutui con condizioni agevolate in relazione ovviamente al reddito posseduto dall'aspirante acquirente, sulla base di apposite convenzioni tra l'ente previdenziale e gli istituti di credito eroganti.
Per ultimo, per quanto infine riguarda la possibilità di favorire l'acquisto da parte di comuni e regioni delle unità immobiliari in vendita, occorre considerare che una eventuale previsione in tal senso presenta evidenti criticità di carattere costituzionale in quanto determinerebbe oneri finanziari a carico dei diversi livelli di governo, con il rischio di lederne l'autonomia finanziaria garantita in primis dall'articolo 119 della Costituzione.
Queste sono alcune delle risposte in merito alle osservazioni che sono state proposte.

PRESIDENTE. L'onorevole Paladini, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, sarò brevissimo anche perché il Governo ha risposto quasi a tutto e quindi su questo mi ritengo soddisfatto.
Vi sono alcuni piccoli accorgimenti che vorrei consigliare, su questo tema, visto che il Governo esercita l'attività di controllo ed è importante anche naturalmente non solo attivare il tavolo tecnico interistituzionale ma poi anche dargli i suggerimenti. E soprattutto è importante da parte del Governo attivare ciò che abbiamo proposto noi attraverso la nostra interpellanza urgente proprio per garantire il rinnovo contrattuale delle locazioni per tutti gli inquilini delle unità abitative di proprietà degli enti previdenziali pubblici.
Sono questi temi importanti soprattutto per quelle che possono essere le competenze per la regolarizzazione degli immobili occupati senza titolo da parte di chi paga regolarmente il canone di locazione e inoltre per quello che riguarda le iniziative che le regioni potrebbero intraprendere attraverso l'erogazione agli inquilini di mutui a tasso agevolato per l'acquisto delle unità occupate. Capisco che il provvedimento di trasformazione sta andando incontro alle esigenze dei comuni e delle regioni per favorirne l'acquisto. Altre norme lo hanno previsto e quindi lo si potrebbe valutare attraverso un percorso dentro il comitato e dentro l'azione di Governo, soprattutto andando incontro alle esigenze degli inquilini non in grado di esercitare l'opzione di acquisto.
Credo che questi siano gli aspetti che possono esaminare sia l'opposizione che il Governo in un rapporto di interscambio e di relazione attraverso l'attività politica e parlamentare e quindi intervenendo anche sugli enti previdenziali pubblici, affinché in caso di dismissione siano mantenute ferme da parte degli enti previdenziali le condizioni previste. Credo che questi siano i temi essenziali che possono essere esercitati.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Pag. 61

Modifica nella composizione del Comitato per la legislazione.

PRESIDENTE. Comunico che, a norma dell'articolo 16-bis, comma 1, del Regolamento, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte del Comitato per la legislazione l'onorevole Beatrice Lorenzin, in sostituzione dell'onorevole Pietro Laffranco, dimissionario.

In morte dell'onorevole Emanuele Tuccari.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Emanuele Tuccari, già membro della Camera dei deputati nella V legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00661, sulla prospettiva dell'impegno italiano in Libia ed in Afghanistan, il cui esame era previsto a partire dalla seduta di lunedì prossimo, 26 settembre, è stata ritirata dai presentatori. Tale mozione non sarà pertanto iscritta all'ordine del giorno della predetta seduta come invece previsto nel vigente calendario dei lavori.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 26 settembre 2011, alle 13:

1. - Discussione delle mozioni Garavini ed altri n. 1-00655, Di Biagio ed altri n. 1-00663 e Zacchera ed altri n. 1-00672 concernenti iniziative relative alle procedure per il voto degli italiani all'estero, alla luce delle vicende delle ultime consultazioni referendarie.

2. - Discussione della proposta di legge:
VIETTI e RAO: Disposizioni in materia di attribuzione delle funzioni ai magistrati ordinari al termine del tirocinio (C. 2984-A);
e delle abbinate proposte di legge: FERRANTI ed altri; PALOMBA (C. 3046-4619).
- Relatore: Rao.

3. - Discussione del disegno di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 41, 45, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione (C. 4144-A);
e delle abbinate proposte di legge costituzionali: VIGNALI ed altri; VIGNALI ed altri; BELTRANDI ed altri; MANTINI ed altri (C. 3039-3054-3967-4328).
- Relatore: Bruno.

4. - Discussione del disegno di legge:
S. 1474 - Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 (Approvato dal Senato) (C. 2451-A);
e delle abbinate proposte di legge: ZELLER ed altri; FRONER (C. 12-1298).
- Relatore: Dozzo.

La seduta termina alle 14,45.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA SUL DOC. IV, N. 20

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Onorevoli Colleghi, a nome dei deputati risultati in minoranza nella seduta Pag. 62del 14 settembre 2011, riferisco sulla richiesta di autorizzazione a eseguire nei confronti del deputato Marco Mario Milanese, proclamato per la circoscrizione Campania 2, la misura della custodia cautelare in carcere.
Lo stesso onorevole Milanese era stato - nello scorso mese di luglio - destinatario di una domanda di perquisire talune sue cassette bancarie di sicurezza e di acquisire i suoi tabulati telefonici. A tali domande, la Camera dei deputati ha già dato positivo riscontro nella seduta del 2 agosto 2011.
La Giunta ha esaminato la domanda di arresto nelle sedute del 20, 27 e 28 luglio e 7, 13 e 14 settembre 2011. Il deputato Milanese è stato invitato per interloquire con la Giunta, opportunità di cui si è avvalso nella seduta del 13 settembre dopo aver presentato una memoria il 26 luglio e depositato ulteriori documenti lo stesso 13 settembre. La Giunta ha definitivamente deliberato sulla domanda il 14 settembre 2011, pervenendo a proporre il diniego dell'autorizzazione.
Anticipo subito che si tratta di una conclusione aberrante ed intellettualmente scorretta, oltre che politicamente miope per le conseguenze che avrà sul buon nome delle istituzioni democratiche. Quella decisione, assunta a strettissima maggioranza, è del tutto stridente col desolante quadro che emerge dagli atti e che mette in evidenza una condotta ed una mentalità tipiche della spoliazione e accumulazione metodica dei beni pubblici e privati, in presenza di un vorticoso giro di danari, gioielli, automobili di gran lusso, barche, dazioni (dei prezzi) di viaggi, mancato pagamento di lavori, pieno ed autonomo potere decisionale nelle nomine nei più importanti enti economici controllati, eccetera. Tutto ciò si è materializzato per il deputato Milanese in un tenore di vita e in redditi da capogiro, assolutamente sproporzionati rispetto alle disponibilità di un ufficiale in congedo sia pure accresciute da altre retribuzioni istituzionali, in presenza di una inestricabile ed inaccettabile commistione tra interessi e vantaggi privati e cariche pubbliche, favorita dalla immedesimazione personale e dalla sommatoria di poteri di diversa origine, quali quelli derivanti dalla posizione di: pregresso ufficiale della Guardia di Finanza (corpo nel quale ha mantenuto una grande sfera di influenza) con il bagaglio di conoscenze, anche riservate, che aveva accumulato; consigliere economico e delegato plenipotenziario (sulle nomine) del potente Ministro dell'economia e delle finanze. Il suo potere in quel versante era accresciuto dalla posizione di primo piano della sua compagna di vita, Manuela Bravi, portavoce dello stesso Ministro, a sua volta beneficiaria di consulenze e privilegi vari; vice coordinatore del PDL in Campania, secondo (si fa per dire) solo all'onorevole Cosentino.
Infatti, secondo il GIP del tribunale di Napoli, Amelia Primavera, «l'egregia indagine condotta dalla Guardia di Finanza e dalla DIGOS di Napoli, condensata abilmente dal PM nella richiesta di misura cautelare, è assolutamente completa, straordinariamente dettagliata, priva di lacune istruttorie e pervasivamente convincente. Gli elementi raccolti a carico dei singoli indagati sono univoci, concordanti e gravi e superano di gran lunga la soglia della gravità indiziaria richiesta dalla legge per la emissione della misura cautelare richiesta. Come già evidenziato, l'espletata attività di indagine ha acclarato inequivocabilmente la sistematicità, la continuità e la molteplicità delle azioni criminose poste in essere dagli stessi» (vedi pagina 69 della richiesta).
L'inchiesta, vasta e documentata, si riferisce a diverse ipotesi di reato, le quali vanno dalla rivelazione di segreti d'ufficio (articolo 326 codice penale), alla corruzione propria (articolo 319 codice penale) e all'associazione per delinquere (articolo 416 codice penale), imputazioni gravissime per un cittadino comune ma ancor più gravi per un titolare di diversi uffici pubblici ed un colonnello della Guardia di Finanza (sia pure in congedo).
Le imputazioni concernono due filoni principali.
Il primo concerne una ritenuta associazione per delinquere tra Milanese medesimo, Pag. 63tale Paolo Viscione e altri soggetti, volta a commettere una serie indeterminata di reati di favoreggiamento e di corruzione.
Il secondo filone riguarda invece il compito, affidato all'on. Milanese in qualità di consigliere politico del ministro Tremonti, di individuare soggetti idonei a ricoprire l'incarico di consiglieri d'amministrazione nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze. Al riguardo occorre ricordare che lo stesso Milanese fino a qualche settimana fa è stato consigliere politico del ministro Tremonti ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 227 del 2003 (Disciplina degli uffici alle dirette dipendenze del ministro dell'economia e delle finanze).
A) Primo troncone. Più in particolare, secondo l'accusa, il Viscione, unitamente al suo collaboratore Giovanni Sidoti, a Marco Milanese e ad altri soggetti ancora in corso di identificazione, avrebbero costituito nel tempo un sodalizio finalizzato a commettere atti illeciti, in particolare la rivelazione di segreti d'ufficio e atti di corruzione. Questa prima parte di accuse fa riferimento all'attività di Paolo Viscione, il quale è direttamente o indirettamente titolare di molte società operanti nel settore assicurativo e dei finanziamenti al dettaglio (il settore c.d. parabancario). Tra le società di cui Viscione era dominus palese od occulto si annoverano la ARTEINVEST, la EIG (con sede a Malta) e molte altre.
Un'attenta e non preconcetta lettura degli atti porta a capire che l'inchiesta ha disvelato un preoccupante intreccio tra il gruppo del Viscione e taluni ufficiali della Guardia di Finanza, che egli - evidentemente - «oliava» per ottenere una serie indeterminata di vantaggi, primo fra tutti il rallentamento delle inchieste a suo carico, le quali, infatti, in due casi sarebbero state archiviate.
È certo al riguardo che il deputato Milanese conoscesse da molti anni il Viscione, col quale era in grande confidenza, e che se ne servisse per ottenere vari vantaggi. Tra questi ve ne sono alcuni verificati al di là di ogni ragionevole dubbio:
I. nel Capodanno 2009-2010 il Milanese ha svolto un viaggio a New York insieme alla sua compagna Manuela Bravi, portavoce del ministro Tremonti da poco dimessasi. Il biglietto non è stato acquistato su Internet o presso un'agenzia di viaggi romana o comunque a cura del Milanese stesso, bensì è stato saldato (per un importo di diverse migliaia di euro) dalla EIG, società assicuratrice con sede a Malta e riconducibile al Viscione, la quale si è avvalsa di un'agenzia di viaggi di Aosta;
II. il Viscione ha saldato tra il 2009 e il 2010 diversi conti del Milanese per acquisti presso due gioiellieri, Stefano Laurenti di Roma e Costanzo Alberino di Capri. Gli acquisti avevano ad oggetto prevalentemente orologi di lusso (vedi pagina 59 degli allegati);
III. il Viscione si è incaricato di assumersi gli oneri di rate di leasing per l'uso fatto dal Milanese di automobili di lusso presso la Race Cars di Roma. Si tratta in particolare di una Bentley e di una Ferrari Scaglietti.
Si vedrà in seguito quale inverosimile spiegazione il deputato Milanese abbia offerto per questi episodi; ma val la pena sin d'ora precisare che essi s'incastonano in un quadro di rapporti continui e stretti tra Milanese e Viscione.
Tali rapporti - provati al di là di qualsiasi possibile perplessità dagli sms e dalle intercettazioni telefoniche (pagine 175-203 del faldone degli allegati) - sono del resto confermati dallo stesso onorevole Milanese nella sua deposizione innanzi ai magistrati, ai quali si è spontaneamente presentato il 29 marzo 2011: a pagina 713 del fascicolo allegato alla domanda di custodia cautelare si legge che - al momento della separazione dalla moglie nel 2006 - il Milanese, addirittura, in un momento di difficoltà emotiva e logistica, aveva affidato ai coniugi Viscione la sua stessa figlia.
Il sodalizio criminoso, secondo l'accusa, ha consentito, per un verso, al Viscione di essere informato preventivamente su indagini Pag. 64tributarie e od o penali su di lui medesimo o sulle sue società (per esempio la citata Arteinvest) (vedi capi d'imputazione A, B, C, D ed E, e le pagine da 14 a 27 dello stampato); per altro verso, il Milanese avrebbe ottenuto utilità economiche, quali quelle già citate, anche come corrispettivo della mediazione di altre operazioni, come per esempio il tentativo di cessione di una società, la EIG, dal gruppo di Viscione all'orbita dell'ex presidente della Confindustria di Napoli, Gianni Lettieri.
Ma non solo: dagli atti dell'inchiesta emerge che l'on. Milanese ha 4 cassette di sicurezza, 2 a Milano e 2 a Roma e che ad aprire queste ultime si recò con assiduità, circa 20 volte in un anno e mezzo, dal 31 luglio 2009 fino al 14 dicembre 2010, ultima data di apertura. Dopo tale data non vi si recò più, fino al luglio 2011, epoca in cui esse vennero sequestrate in attesa che la Camera concedesse la richiesta autorizzazione ad aprirle.
Ma è da notare che il 14 dicembre 2010 Viscione venne arrestato nelle prime ore del mattino (dalla latitanza, ha precisato il Milanese nel corso della sua audizione dinanzi alla Giunta per le autorizzazioni). In 36 minuti (si veda la relazione del consulente dell'ufficio, dottor Luigi Mancini) il deputato si recò all'apertura delle banche ed aprì le due cassette romane (egli da tempo viveva a Roma, cosicché nelle stesse aveva evidentemente riposto ogni cosa di suo interesse e di valore), a differenza di quanto avvenne per quelle di Milano, a disposizione della moglie separata. La fulmineità dell'apertura subito dopo l'arresto del Viscione non può spiegarsi se non con l'avvenuta conoscenza in tempo reale da parte del deputato, dell'arresto di Viscione: fatto che conferma il suo potere ed i suoi legami, che si ripercuotono sulla sua capacità di inquinamento probatorio; e difatti i magistrati, autorizzati dalla Camera all'apertura delle cassette, non trovarono niente, come si poteva ipotizzare fin troppo sicuramente.
Inoltre, dagli atti dell'inchiesta (vedi la perizia del già menzionato consulente tecnico del PM, dottor Mancini) emerge che nell'arco di circa un anno e mezzo Marco Milanese aveva versato sul suo conto corrente bancario circa 130 mila euro in contanti. Si tratta di un importo rilevante e privo di spiegazioni negoziali.
Vale la pena ora tornare ai gioielli e alle automobili.
Vi sono ben due gioiellieri che confermano quanto meno una disinvoltura di rapporti tra Viscione e Milanese, da un lato, e tra Milanese e i loro esercizi commerciali, dall'altro.
Alberino Costanzo, di Capri, ha affermato che in un'occasione Viscione aveva regalato alla moglie di Milanese un paio di orecchini del valore di 40 mila euro. Il fatto è confermato dallo stesso Milanese innanzi ai magistrati il 29 marzo 2011 (pagina 717 del faldone degli allegati). Egli però durante l'audizione presso la Giunta lo ha negato, salvo però sostenere che il valore dei monili era di 13 mila euro e non di 40 mila.
Stefano Laurenti, di Roma, ha dichiarato che in più occasioni Milanese si era recato da lui per prelevare orologi di valore (1 Frank Muller e 2 Patek Philippe) e che non li aveva pagati. In una circostanza egli aveva anche detto che uno degli orologi era per il ministro Tremonti (pagine 6 e 7 della richiesta del PM). Il costo di quegli orologi sarebbe stato poi saldato, per circa 50 mila euro, dal Viscione. Nella sua audizione Milanese ha sostenuto che intendeva pagare quegli orologi ma che lo stesso Viscione lo bloccò, adducendo che essi potevano essere scomputati da un credito che Viscione vantava con Laurenti. Tale versione - di per sé inverosimile - contrasta però con il fatto che Viscione ha pagato Laurenti con un assegno intestato alla di lui madre, Anna Nencioni (copia dell'assegno è agli atti dell'inchiesta: pagina 59 degli allegati). E comunque resta il fatto della dazione munifica di Viscione in favore del Milanese, che ha incassato il valore degli orologi a spese del Viscione stesso (la pretesa compensazione non esclude il danno per il creditore e l'arricchimento di Milanese).
Anche sul viaggio a New York, la spiegazione di quest'ultimo è del tutto ridicola. Pag. 65Egli ha sostenuto che aveva programmato diversi viaggi nel periodo in cui si stava separando dalla moglie e che tuttavia li aveva dovuti rimandare varie volte. Finalmente era potuto partire nel periodo Natale-Capodanno 2009-2010; ma non aveva voluto prenotare con la sua carta di credito giacché la sua ex moglie avrebbe ricevuto copia del rendiconto. È per questo che aveva chiesto al Viscione di occuparsi della prenotazione; lo stesso Viscione aveva saldato il conto (per diverse migliaia di euro) e non aveva poi voluto essere rimborsato. Anche in questo caso il Milanese ha usufruito di pagamenti effettuati da altri.
Risposte insoddisfacenti il deputato ha reso anche in ordine alle sterline d'oro di cui egli è stato possessore e che ha venduto di recente. Il direttore della banca (Credito artigiano di via della Conciliazione, a Roma) ha affermato che Milanese gli aveva detto senza ulteriori specificazioni che si trattava di un lascito ereditario. Dopo che la polizia giudiziaria aveva accertato che il signor Milanese, padre del deputato, fortunatamente godeva di ottima salute, Marco Milanese si è affrettato a scrivere nella memoria difensiva che il direttore di banca aveva equivocato e che il lascito ereditario proveniva dal padre della moglie. Queste sterline, dunque, secondo il codice civile non erano in comunione di beni ma erano di proprietà della moglie, che tuttavia, nonostante la separazione, le avrebbe lasciate nella di lui disponibilità affinché egli le vendesse e con il ricavato acquistasse una casa per la figlia Giulia. Ma è assai dubbio che le sterline fossero davvero della moglie: la macchinosa ricostruzione non spiega perché al momento del famoso acquisto per la casa della figlia, pur trattandosi di sterline sue, la dottoressa Taddeo, già in Milanese, non sia intervenuta né nella vendita dei preziosi né nell'acquisto della casa; e stride con la sua dichiarazione nel corso dell'audizione per cui avrebbe effettuato dei versamenti alla moglie, che però non raggiungevano il controvalore delle monete. Tante spiegazioni, nessuna spiegazione.
I colleghi della maggioranza accusano Viscione di non essere credibile ma si fidano ciecamente del Milanese, che però inciampa in una contraddizione dopo l'altra. Al contrario di quanto ha affermato in modo immotivato e preconcetto il collega Paolini nella sede della Giunta, vi sono tanti riscontri testimoniali pesanti a carico del collega Milanese. Alcuni sono stati già ricordati. Altri giova qui aggiungere. Il primo è costituito dalla deposizione di Cosimo D'Arrigo, già comandante generale della Guardia di finanza. Questi l'8 agosto 2011 asserisce testualmente: «Ho avuto rapporti con il ministro Tremonti fin dal suo insediamento del 2008. In quell'occasione conobbi sia il ministro sia l'onorevole Milanese e il ministro mi disse che per tutte le problematiche di ordine generale concernenti la Guardia di finanza potevo far riferimento al Milanese stesso. Sebbene il ministro mi disse che non mi sarebbe stato precluso - quando lo avessi ritenuto opportuno - un accesso diretto a lui, mi rappresentò che il delegato sugli affari del corpo era Milanese». Prosegue D'Arrigo: «Di fatto, nel quotidiano dei frequenti rapporti di carattere istituzionale che necessariamente si tengono tra la Guardia di Finanza e il ministro dell'economia il nostro referente è sempre stato l'on. Marco Milanese». Tutto ciò, spiega D'Arrigo al dottor Piscitelli, comportava «qualche problema pratico e di complessivo rallentamento» nell'attività, giacché Milanese raramente si faceva trovare.
Ma non per questo Milanese si disinteressava di taluni affari del Corpo. D'Arrigo ricorda che al momento di predisporre il piano d'impiego dei generali di corpo d'armata, Tremonti gli fece presente che il generale Spaziante doveva essere destinato a Roma, perché aveva problemi familiari dovuti alla separazione dalla moglie. D'Arrigo allora afferma: «Capii che il predetto Spaziante aveva verosimilmente utilizzato la sua notoria amicizia con il Milanese».
Quel che dice D'Arrigo è confermato da Paolo Iannariello, anch'egli appartenente al corpo della Guardia di finanza, il quale viene ascoltato in qualità di collaboratore Pag. 66del Milanese. Egli conferma gli incontri tra Milanese e Viscione presso la Presidenza del Consiglio al tempo in cui Giulio Tremonti era vicepresidente del Consiglio (2004-2005), ma dice anche che il Milanese si faceva vedere raramente al ministero (pagina 666 degli allegati).
Inoltre, è già di per sé curioso che un colonnello della Guardia di finanza in congedo (il cui reddito non supera i 3000 euro mensili netti) possa permettersi una Bentley, una Porsche e una Ferrari Scaglietti. Ebbene, dagli atti emerge che di fatto queste utilità venivano procurate al Milanese da Viscione. Milanese versava degli acconti di 10 mila euro e poi stipulava dei contratti di leasing. Ma non ne onorava le rate, lasciando che a farlo fosse il Viscione (pagina 322 degli allegati). Questo risulta dagli atti: dalle dichiarazioni degli addetti della concessionaria Race cars di Roma e dalle prove contabili. In nessuna parte della memoria o dell'audizione Milanese offre spiegazioni di questo vorticoso andirivieni di acquisti e permute in leasing di automobili il cui costo supera i 200 mila euro a pezzo.
A pagina 58 della sua memoria difensiva il Milanese sostiene che il Viscione lo aveva invogliato a comprarsi una Bentley del prezzo di quasi 235 mila euro. Il deputato ha sostenuto, non senza contraddizioni, che aveva dato in permuta una Porsche Carrera e una Mini Cooper, un anticipo di 10 mila euro e poi aveva acceso un leasing. Ed inspiegabilmente, a pagina 60 della memoria difensiva, ha affermato che alla fine dell'operazione era residuata una differenza in suo favore. Ma non è ben chiaro chi accenderebbe un leasing se dispone già di danaro o di beni da dare in compensazione che farebbero risultare l'operazione in attivo per l'acquirente fin dall'inizio.
Quando poi il Milanese sostiene che dalla documentazione contabile presso la Race cars emergono evidenze di pagamenti da parte del Viscione e che tutto ciò sia spiegabile con il fatto che anche Vincenzo Viscione, figlio di Paolo, aveva acquistato una Ferrari, omette di ricordare un altro elemento evidente, e cioè che presso la medesima Race cars era stata rinvenuta una cartellina che riportava in epigrafe il suo nome («Milanese») con riferimento proprio a una Ferrari Scaglietti.
Tutti i rilievi d'incompletezza e di parzialità nelle indagini di cui parlano i colleghi della maggioranza su questo primo filone d'indagine sono, dunque, privi di base fattuale e argomentativa.
Il deputato Marco Milanese (e con lui la maggioranza che vuole salvarlo) ha contestato l'affidabilità di Viscione come teste d'accusa in ragione dell'acrimonia che questi avrebbe maturato nei suoi confronti a causa di una vicenda politica locale.
Sergio Clemente, il genero di Paolo Viscione, intendeva presentarsi quale candidato sindaco nel paese di Cervinara (AV). Viscione chiese l'appoggio per tale candidatura a Milanese, il quale era vice-coordinatore del PdL in Campania, ruolo per cui Milanese aveva avuto l'investitura direttamente da Nicola Cosentino.
Milanese però rifiutò tale appoggio. Dagli atti risulta che Viscione prese molto a male tale posizione di Marco Milanese, tanto che si rivolse anche alla parte avversa. Dalle intercettazioni telefoniche emerge dunque che a partire dalla primavera del 2010 i rapporti tra Viscione e Milanese si sono guastati definitivamente.
Due precisazioni al proposito sono necessarie.
L'una, colta anche dal collega Mario Pepe durante l'audizione del deputato Milanese il 13 settembre, riguarda screzi tra Viscione e Milanese precedenti al 2010; l'altra inerisce alla scrupolosa verifica dell'impatto di tale rottura sulla credibilità intrinseca di Viscione come collaborante.
Il Milanese, nell'audizione, ha risposto che il Viscione è uomo dagli umori altalenanti e che i loro rapporti avevano degli alti e dei bassi. Ciò, per una volta, è vero: il Viscione - perdurando l'inchiesta di Benevento - era amareggiato nei confronti del Milanese, al quale aveva fornito ripetutamente utilità economiche, quasi sentendosi taglieggiato, senza tuttavia ottenere l'agognata archiviazione, la quale sarebbe arrivata solo nel 2009, epoca nella quale - come Pag. 67attestano le intercettazioni e gli sms - i rapporti erano tornati ad essere sereni.
Il GIP, cui dovrebbe andare il plauso di tutti i deputati della Giunta per l'accuratezza delle sue valutazioni, ha dal canto suo analizzato e verificato, con mente sgombra da pregiudizi e con scrupolosa imparzialità, la questione della credibilità di Viscione, desunta anche dalla circostanza che quest'ultimo ha reso dichiarazioni auto-indizianti, che gli costeranno verosimilmente una condanna, ed ha offerto un quadro che al suo interno è coerente. Quanto poi ai riscontri esterni, il GIP Primavera ha accertato che la pubblica accusa aveva proceduto a numerose verifiche trovando i riscontri (tra le tante si vedano gli interrogatori di Vincenzo Fortunato, capo di gabinetto del ministro Tremonti - pagina 630 degli allegati - di Flavio Cattaneo, che soggiornò con Milanese a New York - pagina 633 - e le deposizioni dello stesso Milanese che colloca Viscione tra i suoi amici di famiglia).
Se ci si occupa ora della questione della casa di via Campo Marzio, sebbene essa non faccia parte del compendio accusatorio riguardante il procedimento e la richiesta del GIP in esame, è solo perché essa colorisce ulteriormente la disinvoltura del deputato Milanese nel trattare aspetti che hanno rilevanti ripercussioni fiscali, politiche, di mentalità e di opportunità morale.
Fidando nella dabbenaggine dei suoi interlocutori, egli afferma di aver preso in locazione un appartamento dal Pio Sodalizio dei Piceni a 8500 euro al mese di canone. Egli altresì afferma di non aver abitato l'unità immobiliare perché si era trasferito a vivere con Manuela Bravi, ex portavoce del ministro Tremonti a disposizione del quale aveva posto l'appartamento. Il deputato Milanese afferma di avere ricevuto dal ministro, settimanalmente e in contanti, cioè versati direttamente nelle mani di Milanese, 1000 euro, senza ricevuta e senza tassazione. Per un ministro dell'economia e delle finanze e per un ex ufficiale della Guardia di finanza sembra davvero gravissimo! Tanto più che, secondo la perizia Mancini, egli avrebbe dovuto percepire dal ministro Tremonti 143.000 o 137.000 euro (a seconda del computo settimanale o mensile) mentre egli aveva affermato di averne ricevuti 75.000.
A questo aspetto si aggiunge che, a specifica domanda di questo relatore durante l'audizione, lo stesso on. Milanese ha affermato che l'accordo con l'amministratore del Sodalizio prevedeva che il costo dei lavori che egli avesse effettuato nell'abitazione sarebbe stato da lui scomputato dal canone. Ebbene, egli ammette che i lavori di ristrutturazione, per un importo di 51.000 euro, erano stati eseguiti dall'imprenditore edile romano Proietti, cui egli non li aveva pagati, detraendone il valore, comunque, dal canone di locazione.
Dunque, abbiamo che il Milanese non paga il canone tenendosi in tasca 51.000 euro, graziosamente pagati per lui da un imprenditore edile che concorreva in appalti pubblici e privati. Da questo intreccio tra ruolo pubblico e interessi privati il Milanese esce arricchito per dazioni eseguite da imprenditori: è un copione che abbiamo già visto anche in altri rapporti, riguardassero viaggi, gioielli, macchine di gran lusso o canoni di affitto. Mai che esca in perdita, o alla pari come qualunque cittadino.
B) Secondo troncone. L'episodio relativo al conferimento di incarichi ad amici nelle società partecipate direttamente o indirettamente dal ministero dell'economia e delle finanze è poi provato al di là di ogni ragionevole dubbio.
Al capo F dell'imputazione, si contesta al Milanese di essersi «venduto» incarichi nelle società Ansaldo Brera, Otomelara, Ansaldo energia, Sogin e Sace (a Guido Marchese) e Finservizi, del gruppo Ferrovie dello Stato (a Carlo Barbieri).
Carlo Barbieri non è un docente universitario di fama né un professionista affermato sul piano nazionale o internazionale. È il sindaco PdL di Voghera, come lo stesso Milanese ha rimarcato nella sua audizione. Guido Marchese è un professionista della stessa città lombarda. I loro nomi compaiono in un elenco acquisito Pag. 68presso il Ministero dell'economia e delle finanze (pagina 894 degli allegati), insieme ad altri nomi, con la relativa indicazione di affiliazione politica (vi sono alcuni nomi segnalati dal ministro La Russa, un altro dal sottosegretario Giovanardi, eccetera). Che questo sistema lottizzatorio fosse in vigore lo conferma lo stesso Milanese nella sua deposizione del 29 marzo (pagina 860).
Ma perché Milanese si ascrive la nomina di Marchese e Barbieri? La risposta è chiara e la dà l'agente immobiliare Sergio Fracchia (vedi pagina 34).
Marco Milanese e la moglie Annamaria Taddeo nel corso degli anni, a partire dal 1996-97, acquistarono due case a Cap Martin. Poi le vendettero e acquistarono, nel 2007, una casa a Cannes. Milanese altresì comprò quote di due società immobiliari di diritto francese (la Rivarma e la Castello). Dopo la separazione tra i coniugi, questi cespiti e valori dovevano essere smobilizzati. Sennonché, dato l'andamento non favorevole dei valori immobiliari, tale smobilizzo non sarebbe stato conveniente se non a un prezzo di circa un milione e 900 mila euro. Fracchia ricevette un'offerta non vincolante per questa somma da un tale Hoskins. Allora contattò Milanese; ma i due concordarono di non procedere a una vendita diretta ma di operare una triangolazione. Barbieri e Marchese avrebbero costituito una società (la Sogepa) di diritto francese per ricevere il prezzo di un milione e 900 mila. Tuttavia, la Sogepa avrebbe dovuto acquistare da Milanese, prima di vendere. Si concordò, quindi, di acquistare dall'onorevole Milanese al prezzo di un milione e 650 mila euro. Ma - stranamente - gli acconti versati al deputato provennero non dalla Sogepa ma dai conti personali di Barbieri e Marchese.
Hoskins poi si tirò indietro, come evidentemente Milanese temeva. Ecco che quindi i due professionisti di Voghera si trovarono in difficoltà. Successivamente, per loro buona sorte, Fracchia reperì una compratrice giapponese che pagò però soltanto un milione e 610 mila euro. L'operazione Sogepa risultò dunque in passivo di almeno 40 mila euro; ma in effetti lo fu di tutta la caparra già versata a Milanese. Si verificò che nelle stesse settimane di quegli eventi Guido Marchese, Carlo Barbieri e Giovanni Alpeggiani venissero nominati nei vari consigli d'amministrazione, come dall'elenco cui si è più sopra fatto riferimento.
Negli atti vi sono delle intercettazioni dalle quali si capisce chiaramente che l'illiceità di tutta l'operazione è ben evidente sia a Fracchia sia a Barbieri. E comunque parlano i provvedimenti giudiziari.
Carlo Barbieri e Guido Marchese sono stati tratti in arresto per corruzione, ma poi scarcerati in data 15 luglio 2011 con la seguente motivazione: «Permangono a carico degli indagati gravi e univoci indizi di colpevolezza in ordine al reato loro ascritto, in considerazione del fatto che le dichiarazioni rese nel corso degli interrogatori di garanzia non hanno minimamente scalfito il quadro probatorio emerso dall'espletata attività di indagine, trattandosi di dichiarazioni in più punti generiche e contraddittorie, e soprattutto sfornite di idonei elementi di riscontro». Il GIP Amelia Primavera dispone la scarcerazione solo perché era quindi venuto meno il pericolo di inquinamento probatorio relativo a quel filone di indagine.
Ecco quindi che l'episodio corruttivo, ai nostri fini, deve ritenersi accertato.
C) Insussistenza del fumus persecutionis. La maggioranza ritiene sussistente un «fumus persecutionis». Interessa qui particolarmente indagare sulla convinzione espressa dal deputato della Lega Nord, Luca Rodolfo Paolini, le cui dichiarazioni erano attese per le perplessità da lui mostrate fino ad allora, tanto da indurlo a rinunciare al ruolo di relatore offertogli dal Presidente della Giunta per le autorizzazioni. Ebbene, nel corso del suo intervento del 13 settembre in dichiarazione di voto egli «in via preliminare, [ha] osserva[to] come nel caso in esame non possa tanto ipotizzarsi un fumus persecutionis da parte del magistrato procedente, quanto dell'accusatore dell'onorevole Milanese, l'avvocato Viscione». Pag. 69
Sul piano della verifica dei fatti si deve dire che tutto quello che è stato sopra esposto porta a ritenere l'esatto contrario e che quindi le conclusioni della maggioranza sono chiaramente connotate da strumentalità e da un orientamento preconcetto. Basarsi sull'inaffidabilità di Viscione per dire che Milanese è un perseguitato per ragioni politiche è un grave sviamento fattuale e documentale.
Infatti, da quanto si è venuto esponendo risulta incredibile, quasi offensivo dell'intelligenza dell'opinione pubblica, parlare di fumus persecutionis. Questa categoria non esiste nella Costituzione: essa è stata elaborata nella prassi parlamentare asseritamente per una difesa del Parlamento e del singolo suo membro da possibili incursioni ad opera di altri poteri dello Stato, segnatamente dal potere giudiziario. Anche se poi è andata assumendo la connotazione di usbergo offerto costantemente al parlamentare per difesa corporativa. Quella categoria, dunque, tutela non il singolo deputato dal corso della giustizia, ma le Camere, affinché non siano private di un loro componente solo per volontà persecutoria dei giudici nei di lui confronti in quanto membro del Parlamento. In definitiva, quel «fumus» ricorre in presenza di un procedimento giudiziario che appare scorretto, indebitamente intrusivo dell'autonomia del Parlamento, svolto in dispregio della separazione dei poteri dello Stato.
Quando, dunque, il rappresentante della Lega Nord confessa che vede il «fumus persecutionis» non nell'operato della magistratura e nei suoi provvedimenti, ma nella condotta falsamente accusatoria del Viscione, riconosce automaticamente che la Camera non ha elementi o ragioni per negare l'arresto. Infatti, l'accertamento sulla veridicità delle accuse è operazione tipicamente endoprocessuale, che non può essere usurpata dal Parlamento. Se mi sono soffermato sull'analisi processuale non è certo per una finalità di sostituzione all'attività della magistratura, ma è solo per far emergere lo scrupolo usato dai magistrati - inquirenti e giudicante - nell'acquisire elementi probatori e nel sottoporli a rigoroso vaglio critico. Tutto il resto è strumentale tentativo di legittimare la difesa castale di un parlamentare (in questo caso inserito profondamente nei più delicati gangli di potere della maggioranza) al fine di sottrarlo proprio alla verifica processuale degli elementi probatori.
E quando il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, dice alla stampa che non apprezza l'arresto delle persone dice una cosa condivisibile e irrilevante al contempo. Condivisibile perché la libertà personale è sacra e non dovrebbe essere limitata senza serissimi motivi: principio che vale per Milanese come per le migliaia e migliaia di immigrati e di poveri cristi che non hanno avvocati dalle parcelle milionarie e amici parlamentari e che invece finiscono in galera; ma irrilevante perché le ragioni dell'arresto del collega Milanese sono già state vagliate da un giudice imparziale - il GIP Primavera - che i colleghi Paolini e Follegot riconoscono non essere animata da alcuno spirito persecutorio. E forse è per questo che il deputato Milanese non ha impugnato la misura dinanzi al tribunale del riesame.
Dunque, il deputato Milanese, se è accusato falsamente da una persona (peraltro in uno solo dei filoni di indagine) non a cagione del suo ruolo di parlamentare, ma per vicende del tutto personali, non può essere considerato un perseguitato politico. Quindi, non ci può essere quel «fumus persecutionis» che è stato elaborato per tutelare la funzione e l'attività del Parlamento e di un parlamentare.
L'opinione pubblica, gli elettori, i cittadini italiani e stranieri capiscono che si vuol dare al deputato Marco Milanese la patente di perseguitato politico. È un'operazione spericolata: su la Repubblica del 15 settembre 2011 lo stesso onorevole Gava prende le distanze dalla sua proposta; l'on. Milanese tra il 2004 e il 2008 ha dichiarato un reddito medio annuo di circa 400 mila euro lordi (con punte di 700 mila), una somma enorme per un colonnello della Guardia di finanza in congedo. Pag. 70
Quei danari gli provengono da consulenze, ha sostenuto durante l'audizione del 13 settembre. Ma, guarda caso, le consulenze gliele affidano essenzialmente due centrali societarie, la RAI e le Ferrovie, vale a dire due enti partecipati dal MEF del ministro Tremonti. Ed è sempre nelle società controllate dal MEF che egli collocherà i suoi amici di Voghera.
D) Le esigenze cautelari. Da quanto fin qui detto emerge con chiarezza che non si può affermare l'insussistenza delle esigenze cautelari o la loro strumentale costruzione per fini persecutori, valutazione oltre la quale il Parlamento non può spingersi. Ciò vale sicuramente per il pericolo di inquinamento probatorio. A tale riguardo il GIP Primavera, che ha disposto l'arresto, testualmente dice: «Le indagini da svilupparsi quindi appaiono particolarmente complesse e l'unico modo per ridurre i rischi di permeabilità ad ulteriori interventi del Milanese e di pregiudizio all'acquisizione e alla genuinità delle fonti di prova è quello di privare, nella misura massima possibile, l'indagato della possibilità di intrattenere rapporti con altri appartenenti alla Guardia di Finanza, possibilità che gli deriva in maniera privilegiata dalla posizione rivestita sino alle sue recenti dimissioni. A tale proposito, la scrivente ritiene che le dimissioni presentate il 28 giugno 2011 dal Milanese non facciano venir meno il pericolo, tuttora concreto ed attuale, di inquinamento probatorio, in considerazione del fatto che, nonostante la cessazione dall'incarico, permane una situazione di oggettiva vicinanza tra l'odierno indagato ed il Ministro Tremonti, al quale il primo è legato da un rapporto di stretta fiducia che prescinde dall'incarico formale rivestito dal parlamentare e sopravvive alle dimissioni rassegnate. Emblematica dell'attualità del rapporto fiduciario esistente tra i due uomini politici è la vicenda relativa all'immobile sito in Roma, alla via Campo Marzio n. 24, di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni. Le considerazioni sin qui esposte, la posizione del consigliere politico occupata sino a pochi giorni fa dal Milanese e il ruolo diretto sulla formazione delle "rose" di candidati per le nomine nelle società pubbliche rivestito sino alle sue recentissime dimissioni, costituiscono altresì fattore di forte pregiudizio nell'acquisizione e genuinità delle fonti di prova aventi ad oggetto le condotte contestate al capo F) dell'imputazione. Considerazione resa tanto più fondata sol che si pensi all'opera inquinante già svolta dal Milanese ed evidenziata dalle telefonate richiamate e commentate con riferimento alle condotte in oggetto (enfasi aggiunta). Appare evidente che la posizione di potere tuttora rivestita dal Milanese - malgrado, giova ripeterlo, le sue recenti dimissioni - gli consentirebbe un ampio margine di intervento e di pressione sulle persone oggetto delle successive investigazioni e, in generale, negli ambiti societari ed amministrativi dove queste dovranno ancora svilupparsi».
Insomma: un uomo potente, «ammanigliato» come si dice in gergo e come conferma il generale D'Arrigo.
In conclusione, nel caso in cui malauguratamente la proposta della Giunta fosse approvata, ci troveremmo dinanzi a un chiarissimo abuso dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, giacché rifiutare l'arresto (che è pur sempre un atto doloroso) del collega Milanese non avrebbe alcunché a che fare con le esigenze di autonomia e indipendenza del Parlamento e di separazione dei poteri dello Stato. Al GIP del tribunale di Napoli non resterebbe che elevare conflitto d'attribuzioni per chiara e illegittima interferenza della Camera nei confronti dell'autorità giudiziaria, per violazione del principio di legalità e del giusto processo.
E) Considerazioni finali. Un relatore di minoranza che fa parte di un'assemblea politica, quale la Camera dei deputati, convintosi che una categoria giuridico-costituzionale, quale il «fumus persecutionis», viene usata strumentalmente per coprire finalità politiche, ha il dovere di domandarsene le motivazioni.
Ebbene, esse sono da ricercare nel profondo dell'intreccio delle relazioni di potere interne ai vari settori della Lega Nord e del PdL ed anche ai rapporti Pag. 71reciproci tra i due partiti. A differenza del deputato Papa, il parlamentare Milanese, come ha detto lo stesso GIP, è tuttora inserito in un circuito di potere che trova i punti forti in un segretario di partito e nel ministro più influente del Governo. E tuttavia c'è da sperare che la Camera possa accogliere l'invito di questa relazione a ribaltare la proposta della Giunta votando a favore dell'arresto.
Questa ipotesi è legata certamente alla fiducia nel fatto che la Camera possa dare una testimonianza di rispetto per le istituzioni e per il sentimento di legalità diffuso nei cittadini, che vogliono le regole rispettate anche dalla politica e nei confronti dei politici. Ma è legata anche alla considerazione che i legami di potere attribuiti al Milanese e a chi lo difende sono patrimonio solo di parti di entrambi i partiti, mentre altre - forse maggioritarie - vedono con fastidio la concrezione di potere che sta intorno agli attori, diretti ed indiretti, di questa vicenda. In tal modo, bilanciate le motivazioni di "ragion politica", potrebbe sprigionarsi positivamente la libertà di coscienza e di difesa vera dell'istituzione parlamentare, che vuole affermata la pulizia di comportamento che possa rilegittimare la politica e riavvicinarla ai cittadini. Tanto più che si tratterebbe di un regolamento dei rapporti di potere nella maggioranza che non avrebbe effetti sulla tenuta del Governo, salve circostanze di enorme gravità allo stato non palesatesi: ma queste sono dinamiche che, secondo il relatore ed il gruppo politico di appartenenza, si devono giocare su altri tavoli, cioè quelli politici, e non sul piano dello stravolgimento delle regole e dei compromessi sull'etica delle condotte.
Ecco perché confido che la Camera voglia votare contro la proposta della Giunta.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO GIUSEPPE CONSOLO SUL DOC. IV, N. 20

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli Colleghi, il gruppo di Futuro e Libertà non può concordare, per le motivazioni di diritto che ora esporrò, con le conclusioni della Giunta per le Autorizzazioni a procedere, conclusioni prese peraltro a maggioranza di un solo voto.
Vedete colleghi, desidero subito chiarirlo, qui non si tratta di sostituirsi ai magistrati competenti e di giudicare sulla colpevolezza o meno dell'onorevole Milanese, questo è compito, ripeto, demandato ai soli magistrati, ma si tratta di ravvisare o meno la presenza, nella richiesta di arresto, di un fumus persecutionis nei confronti dell'onorevole Milanese stesso. È infatti noto a tutti che solo in presenza di tale fumus scatterebbe lo scudo di cui all'articolo 68 della nostra Costituzione.
In buona sostanza il legislatore costituzionale, nella nuova dizione di cui all'articolo 68, ha voluto tutelare il parlamentare da ogni abuso, in assenza del quale il parlamentare stesso deve essere soggetto ai provvedimenti del magistrato come qualsiasi altro cittadino!
Ciò doverosamente premesso, ricordo come le indagini esperite nei confronti dell'onorevole Marco Milanese abbiano avuto inizio a seguito della deposizione di un amico dell'onorevole Milanese, Paolo Viscione, da Cervinara (BN), il quale ha riferito all'autorità giudiziaria di un'intensa attività associativa delittuosa nella quale sarebbero coinvolti lo stesso Viscione, l'onorevole Milanese, tale Giovanni Sidoti ed altre persone, alcune ancora da identificare.
Come nel cosiddetto caso Penati tutto nasce da un accusatore, e lo stesso dicasi per il caso dell'onorevole Milanese. Nel corso di più interrogatori effettuati dall'Autorità Giudiziaria è emerso, secondo le carte, come il Viscione abbia procurato rilevanti utilità economiche all'onorevole Milanese.
Alcune di queste utilità economiche sono state individuate con certezza, vediamo quali.
Nel capodanno 2009/2010 l'onorevole Milanese, insieme alla sua compagna Manuela Bravi, ha effettuato un viaggio a New York, viaggio che non è stato prenotato, Pag. 72come sarebbe stato logico, dall'onorevole Milanese, ma, guarda caso, dal signor Viscione, il quale, tra l'altro, non operò su Internet o presso un'agenzia di viaggi del suo paese ovvero della Capitale, ove l'onorevole Milanese risiede ma è stato prenotato e saldato (per un importo di diverse migliaia di euro) da una società assicuratrice con sede a Malta, società riconducibile al Viscione, compagnia di assicurazioni che, per di più, si è avvalsa di un'agenzia di viaggi di Aosta.
Lo stesso Viscione, guarda caso, ha saldato, tra il 2009 e il 2010, diversi debiti dell'onorevole Milanese per acquisti che lo stesso aveva effettuato presso due gioiellieri, Stefano Laurenti di Roma e Costanzo Alberino di Capri. Questi acquisti avevano ad oggetto prevalentemente orologi di lusso.
Il Viscione si è incaricato anche di saldare le rate di leasing per l'uso di automobili assai costose presso la Race Cars di Roma. Si tratta in particolare di una Bentley e di una Ferrari Scaglietti, entrambe le auto in uso all'onorevole Milanese.
Per carità, tutto lecito, ma mi dite perché a pagare poi è sempre Viscione?
Gli inquirenti hanno, come era loro dovere, cercato riscontri su questi fatti e ne hanno reperito sia documentali sia investigativi (vale a dire intercettazioni telefoniche).
Durante le indagini è emerso anche che l'onorevole Milanese aveva l'incarico di individuare persone per consigli ovvero collegi sindacali delle società per azioni partecipate dal ministero stesso.
Secondo l'accusa, l'onorevole Milanese si adoperò per far nominare nei consigli d'amministrazione della Otomelara, dell'Ansaldo-Breda e di altre società Guido Marchese e Carlo Barbieri, persone che gli avevano fornito utilità economiche, configurandosi così il delitto di corruzione.
Da questo punto di vista, l'indagine dispone di alcuni fatti indiscutibili: le dichiarazioni di tale ragioniere Sergio Fracchia, il provvedimento di revoca degli arresti domiciliari di Barbieri e Marchese, motivato dal GIP poiché consolidati gli elementi di colpevolezza a carico di costoro per il delitto di corruzione.
Preterizione poi sul filone d'indagine relativo alla SOGEI, poiché trasferito per competenza a Roma.
Preterizione sull'appartamento in Via di Campo Marzio, utilizzato temporaneamente da parte del ministro dell'Economia, previo versamento settimanalmente ed in contanti, di circa mille euro, per un importo complessivo di settantantacinquemila euro versati tra il settembre 2008 ed il giugno 2010 (vedi pagina 33 della memoria e pagina 70 dell'atto Camera doc. IV, n. 20, Richiesta di custodia cautelare in carcere).
L'onorevole Milanese, sentito in Giunta, ha riconosciuto un rapporto di stretta amicizia con il Viscione, non ha contestato i magistrati ma ha ravvisato, il che è naturalmente per noi ininfluente, un fumus persecutionis nelle accuse del Viscione.
Una stretta amicizia che avrebbe consentito, per un verso, al Viscione di essere informato preventivamente su indagini tributarie e/o penali su di lui medesimo o sulle sue società (per esempio la Arteinvest) (vedi capi d'imputazione A, B, C, D e E, e le pagine da 14 a 27 del predetto stampato); per altro verso, al Milanese di ottenere utilità economiche anche come corrispettivo della mediazione di altre operazioni.
I rapporti fra i due si sarebbero guastati successivamente, quando l'onorevole Milanese si oppose alla candidatura a sindaco di Cervinara di un genero di Viscione. Tale circostanza però non è ritenuta - da sola - idonea a minare la credibilità del Viscione quale collaboratore di giustizia e persona informata sui fatti.
L'inchiesta, vasta, complessa e documentata, si riferisce dunque a diverse ipotesi di reato, le quali vanno dalla rivelazione di segreti d'ufficio, alla corruzione propria ed all'associazione per delinquere.
Vediamo ora i principali elementi di prova; in primis le affermazioni del gioielliere Pag. 73Laurenti, che ha confermato il prelievo degli orologi da parte dell'onorevole Milanese.
Risultano anche confermati gli stretti rapporti, peraltro ammessi dall'onorevole Milanese, esistenti, perlomeno fino al 2009, tra Viscione e Milanese.
Elementi di prova sono anche le dichiarazioni riscontrate di Viscione che sostiene di essersi sempre fatto garante dei pagamenti delle rate di leasing delle automobili di lusso di cui il Milanese fruiva e che prelevava versando soltanto un acconto di dieci mila euro (vedi in particolare gli interrogatori del 17 e 31 dicembre 2010 e del 7 gennaio 2011).
Agli atti è anche l'interrogatorio, in larga parte confermativo dei contenuti, di Viscione, di Giovanni Sidoti, una sorta di factotum delle società di Viscione.
Quanto poi alle vicende relative alla nomina di Barbieri e Marchese negli organi societari delle società partecipate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, agli atti risultano appunti su tali nomine, dai quali emergono la riferibilità politica e partitica dei vari candidati.
Per queste considerazioni (e per non usare un diverso metro di giudizio relativamente al caso dell'onorevole Papa), i parlamentari di Futuro e Libertà, non ravvisando attività persecutoria nella richiesta dei magistrati, preannunciano, mio tramite, di accogliere votando «rosso» la predetta richiesta dell'Autorità giudiziaria, in difformità con quanto concluso a maggioranza di un solo voto dalla Giunta per le autorizzazioni.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Segr Doc. IV, n. 20-A 617 617   309 312 305 3 Appr.
2 Nom. Doc. IV-quater, n. 18 584 521 63 261 300 221 4 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.