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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 506 di giovedì 21 luglio 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale (ore 10,08).

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, dai tabulati delle votazioni di ieri risulterebbe la mia assenza durante la votazione sull'autorizzazione all'arresto dell'onorevole Papa. Siccome ero presente e ho partecipato alla votazione segreta, come anche i colleghi hanno potuto constatare, e ho votato nei termini annunciati dal rappresentante del mio gruppo, ossia esprimendo un voto favorevole, pregherei che fosse apportata la correzione.
Inoltre, segnalo un problema: nel voto segreto non mi è stato segnalato un malfunzionamento del sistema, così come invece appare per il voto palese, quindi l'ho scoperto ieri sera tardi dalle agenzia di stampa e, poiché si trattava di un voto molto delicato, è stata una cosa anche abbastanza sgradevole. Pertanto, raccomanderei che vi fosse un meccanismo di segnalazione, allorché il voto segreto non viene registrato.

PRESIDENTE. Onorevole Lanzillotta, prendiamo atto della sua segnalazione per la registrazione del voto e anche naturalmente per un'ulteriore verifica sul funzionamento del meccanismo di votazione.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, intervengo sul processo verbale per chiedere la rettifica dello stesso e comunque per fatto personale come previsto dal Regolamento, per quanto si è verificato ieri - lo rileggo nelle dichiarazioni dell'onorevole Franceschini che sono contenute a pagina 83 del resoconto stenografico della seduta di ieri - in rapporto a quanto si evince dal processo verbale.
Ha letto il segretario che la votazione è avvenuta - mi riferisco ovviamente a quella sull'onorevole Papa - con votazione segreta elettronica. Nel verbale si dà atto che le modalità della votazione sono avvenute a mezzo elettronico con scrutinio segreto, come previsto dagli articoli 49 e seguenti del Regolamento, in cui vi è la specifica regolamentazione del voto segreto che, quando riguarda le persone, è un voto segreto di particolare rilevanza.
Leggo nella dichiarazione dell'onorevole Franceschini quanto segue: «i deputati del Partito Democratico renderanno comunque palese il loro voto con un accorgimento tecnico che il nostro sistema di votazione consente e che spazza via in ogni caso tutti i tentativi di trucco, tutti i veleni che sono stati messi in circuito in queste ore».
Il verbale mi sembra, signor Presidente, rappresenti esplicitamente e con grande e purtroppo evidente chiarezza che da parte del Partito Democratico è stato posto in atto un accorgimento tecnico capace di bypassare la votazione segreta per evitare qualsiasi trucco...

Pag. 2

PRESIDENTE. Onorevole, non c'entra molto con l'intervento sul processo verbale.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Mi faccia concludere, signor Presidente. Vi è una distonia evidente fra le modalità di votazione, che sono quelle a scrutinio segreto a mezzo elettronico, e il sistema utilizzato dal Partito Democratico per aggirare il voto segreto.
A me sembra che questo non sia grave, bensì gravissimo e induca a ritenere che l'articolo 67 della Costituzione innanzitutto sia stato violato e che il verbale riproduca come regolare (direi non come invalida) una votazione che non ha rispettato i parametri di libertà di voto di ciascun parlamentare, che non può essere costretto ad esplicitare il proprio voto segreto per ragioni di partito, più che mai quando si tratta di voti sulle persone e sulla libertà delle persone.
Questo metodo è inaccettabile e credo non faccia per niente onore a nessuna parte politica, indipendentemente da chi lo abbia messo in atto. Signor Presidente, ravviso in questo verbale una clamorosa violazione di norme costituzionali e di norme regolamentari. Tenga conto che, quando non è possibile il voto elettronico, il nostro Regolamento prevede che si voti con la pallina bianca o nera versata nell'urna.
Siamo di fronte al rispetto del diritto del parlamentare di votare liberamente. Questo diritto ieri è stato conculcato pesantemente, mandando agli arresti un soggetto senza che vi sia stata libertà di voto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Bene.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Sto concludendo, signor Presidente, ho diritto ad almeno cinque minuti.
È un processo verbale che è clamorosamente violativo di questi parametri, che offende un Parlamento libero di votare, che offende la Costituzione e sacrifica, in nome di un interesse cinico ad un risultato politico, una libertà non soltanto fondamentale del parlamentare, ma la libertà...

PRESIDENTE. Onorevole Sisto...

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, mi faccia completare, ho cinque minuti...

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, lei sta intervenendo fuori...

FRANCESCO PAOLO SISTO. Sto chiedendo la rettifica del processo verbale.

PRESIDENTE. Non può chiedermi la rettifica, non c'entra nulla la rettifica del processo verbale.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Io sto chiedendo la rettifica del processo verbale nel conflitto che vi è tra aver riportato che è avvenuta una votazione segreta...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sisto, qual è l'oggetto della rettifica?
Lei può porre il problema che ha posto nel suo intervento. Erano stati annunciati altri interventi del suo gruppo in merito a ciò e da questo punto di vista, evidentemente, da parte della Presidenza - ci mancherebbe - non vi è alcuna obiezione. Ma lei può intervenire sul processo verbale per proporre una rettifica, chiarire il proprio pensiero oppure per fatto personale. Se lei non propone la rettifica del processo verbale, devo interrompere il suo intervento, che - lo ripeto - nel merito può essere svolto sicuramente sull'ordine dei lavori. Devo interromperla se lei non dice dove dovrebbe essere rettificato il processo verbale e fa delle considerazioni di politica costituzionale.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, accetto il suo invito e le rispondo immediatamente.
Chiedo che sia rettificato il processo verbale nella parte in cui, indicendo formalmente una votazione segreta mediante procedimento elettronico, debba invece dire «una votazione palese mediante procedimento Pag. 3elettronico», perché sostanzialmente quello che è successo ieri è che il voto non è stato segreto, ma è stato un voto palese, così violando clamorosamente la richiesta dei gruppi e giungendo ad una votazione - mi scusi se il termine può essere pesante - non veritiera rispetto a quelli che sono i metodi stabiliti dal Regolamento della Camera.
Chiedo formalmente questa rettifica sul processo verbale, ossia che la votazione da segreta con procedimento elettronico sia rettificata, per le dichiarazioni «candide», devo dire, del collega Franceschini, in una votazione palese con procedimento elettronico. E l'intervento della collega Lanzillotta di stamattina mi conforta in questa richiesta, perché la Camera deve avere il coraggio di dire la verità e di non nascondersi dietro il bypass dei trucchi così definiti. Se i trucchi comportano - e concludo, signor Presidente - il rispetto della Costituzione e delle regole parlamentari, che ben vengano i trucchi, ma i «contro trucchi» mi sembrano peggiori delle regole parlamentari.
Insisto per questa rettifica.

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, le faccio notare che il voto è stato dichiarato valido dal Presidente della Camera e di conseguenza - lo ripeto - in Aula si può svolgere, o nella sede dell'Ufficio di Presidenza o dove decidiamo, l'argomento in questione nei metodi e nei modi che decideremo, ma non è possibile passare alla rettifica di una votazione che è stata svolta assolutamente in maniera segreta e proclamata dal Presidente della Camera.
Un gruppo dichiara quello che intende dichiarare. Se volete che sia scritto nel processo verbale che l'onorevole Franceschini ha detto quanto riportato è un altro discorso, ma non che la votazione non si sia svolta in maniera segreta. Scusi onorevole Sisto, questo francamente è inconcepibile.

PIETRO FRANZOSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, voglio intervenire sulla scia di quanto poc'anzi ha detto il collega Sisto, per sottolineare se non sia il caso che questa Camera, dopo aver speso qualche centinaio di migliaia di euro sui vari sistemi di votazione che qualcuno si è messo in testa e che per correttezza nei confronti dell'esterno abbiamo portato avanti, per quello che è avvenuto ieri, non faccia un'indagine interna al fine di verificare se realmente, con questa strumentazione, esiste o non esiste lo strumento del voto segreto nel rispetto dell'individualità del parlamentare.
Infatti ciò che è accaduto ieri è fuori discussione, negarlo significa essere ciechi e non guardare o essere sordi e non sentire. Lo hanno detto tutti i mass media, lo ha detto Franceschini che fotografavano il voto, che vi erano le palline, per cui con l'indice sinistro, non con la mano come normalmente avviene, bisognava spostarsi su un determinato tassello perché dovevano essere controllati i parlamentari.
Questo poi non è accettabile per chi parla di dignità del parlamentare, del rispetto e della sensibilità individuale. Lo hanno detto tutti e alla luce di questo mi chiedo se non è arrivato il momento che il Presidente Fini in primis, con il Collegio dei questori e i capigruppo, non possa verificare se ieri vi è stato o meno il voto segreto.
Infatti, condivido che non c'è stato. Ma non solo lo condividiamo noi come parlamentari (e peraltro la cosa grave è che si è perpetrato questo aspetto mentre presiedeva il Presidente Fini), ma lo hanno detto i giornali e le televisioni che sono coloro che osservano dall'alto quello che avviene.
Quindi, di fronte a questo vulnus, ritengo che la Camera debba svolgere un'indagine seria e serrata per quello che è avvenuto ieri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

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PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, possiamo prima approvare il processo verbale?

SIMONE BALDELLI. Certo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bongiorno, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Lo Monte, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pisacane, Polidori, Prestigiacomo, Reguzzoni, Roccella, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Tabacci, Tenaglia, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori e per un richiamo al Regolamento (ore 10,20).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, gli articoli 49 e 51 del Regolamento prevedono e disciplinano i casi di applicazione, le modalità di richiesta e quelle di svolgimento del voto segreto in questa Assemblea. In relazione al voto segreto di ieri, il presidente del gruppo del Partito Democratico ha reso noto anticipatamente, signor Presidente, all'Assemblea che il proprio gruppo di appartenenza avrebbe aggirato la segretezza della votazione garantita dal sistema con procedimento elettronico, rendendo di fatto palese il voto espresso dal deputato attraverso una posizione inequivocabile delle dita all'interno del dispositivo di voto. Tale escamotage risulta documentato, signor Presidente, da filmati televisivi e da fotografie che diversi deputati hanno scattato con cellulari o con altri dispositivi ritenendo di potere o dovere dare prova di un'espressione del voto ormai evidentemente tutt'altro che segreta, almeno nei casi in cui i deputati lo hanno fatto.
Ci domandiamo che cosa sarebbe accaduto, signor Presidente, a parti invertite: se fosse stato il gruppo del Popolo della Libertà ad annunciare un atteggiamento simile in occasione, ad esempio, delle votazioni segrete sul cosiddetto testamento biologico, avvenute di recente. Chissà quanti strenui difensori delle garanzie delle libertà e della segretezza del voto dei parlamentari si sarebbero alzati dai banchi, magari dell'opposizione, proprio tra coloro che, invece, hanno promosso e applicato libertà di votazioni diverse sul voto segreto di ieri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Chiediamo, pertanto, alla Presidenza di valutare con grande attenzione se le modalità con le quali si è proceduto al voto nella giornata di ieri abbiano rispettato i principi contenuti nell'articolo 67 della Costituzione e il disposto degli articoli 49 e 51 del Regolamento. Inoltre, chiediamo se, a fronte di quanto accaduto, la Presidenza non ritenga di dover prendere atto del fatto, signor Presidente, che l'attuale Pag. 5sistema con procedimento elettronico non sia in grado di tutelare di fatto la segretezza del voto dei parlamentari e, di conseguenza, se non ritenga che a tal fine sia più opportuno utilizzare il sistema previsto dalla lettera del Regolamento al comma 3 dell'articolo 49, e richiamato anche al comma 2 dell'articolo 55, vale a dire l'espressione con le palline bianca o nera in maniera assolutamente riservata, o se la Presidenza non ritenga di immaginare quale altra forma di tutela della libertà del voto segreto del parlamentare, che è libertà di coscienza e che è garanzia di democrazia in questo Parlamento.
Ci sono state già alcune proposte da parte dell'onorevole Pannella in occasione della elezione del Presidente della Repubblica nel 1992 (come mi ricorda l'ottimo collega Calderisi). Se ne possono fare altre, però chiedo formalmente alla Presidenza di farsi carico di questo problema che, a mio avviso, è grande e che il gruppo del Popolo della Libertà non poteva non sollevare in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, lei pone una questione obiettivamente degna di essere presa in considerazione. Le ricordo che a fine mattinata si riunirà l'Ufficio di Presidenza e credo che quella sarà la prima sede nella quale potere quantomeno individuare il percorso per rispondere ai suoi interrogativi.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intanto ringrazio l'onorevole Baldelli di aver collocato il suo intervento nella sede propria, nel senso che il verbale ovviamente fotografa quello che è accaduto e, pertanto, non potevamo che fotografare il fatto che vi era stato, secondo le procedure della Camera, l'indizione del voto segreto. Il voto segreto vi è stato e ovviamente a verbale sono riportate anche le dichiarazioni dell'onorevole Franceschini, che non sono precisamente quelle citate dal collega Baldelli - e ora ritornerò su questo punto - e, dunque, ovviamente il verbale non poteva che fotografare la realtà - e mi rivolgo ai colleghi Sisto e Franzoso - e la realtà è esattamente quella. Se si propone una rettifica bisogna dimostrare che è avvenuto qualcosa di diverso da quello che nella realtà è accaduto. Ma questo era solo per spiegare le ragioni del mio intervento sull'ordine dei lavori.
Vorrei chiarire, signor Presidente. Penso che non vi sia bisogno di nessuna riunione, ma se se la si dovesse fare non abbiamo nulla in contrario, che sia la riunione della Giunta per il Regolamento, dell'Ufficio di Presidenza o di altro. Innanzitutto, vi è un fatto che deve essere chiaro all'onorevole Baldelli, come a chiunque altro di noi. Innanzitutto vi è la libertà di ciascuno di noi di agire secondo la propria coscienza e fare in modo che, nel rispetto del sistema, perché nessuno ha acceso una luce verde o bianca, vi sia la possibilità di rendere nota, anche se la votazione avviene a scrutinio segreto, la nostra opinione. Scusate, colleghi, potete urlare un pochino di meno? Niente...

PRESIDENTE. Onorevole Vaccaro, la prego.

ROBERTO GIACHETTI. Questo è il primo tema. Vorrei poi far sapere all'onorevole Baldelli che il gruppo del Partito Democratico ha fatto una riunione, prima dell'inizio della seduta in cui vi è stato quel voto, dove nessuno ha inculcato nulla a nessuno. Vorrei che il collega Baldelli fosse tranquillo. Non è che abbiamo obbligato a rendere palese il voto dei colleghi del Popolo della Libertà o abbiamo obbligato a rendere palese il voto di altri (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Ma non abbiamo neanche obbligato... ragazzi, state rilassati, sto solo spiegando, se vi interessa bene, altrimenti...

PRESIDENTE. Per cortesia, onorevoli colleghi. Continui, onorevole Giachetti.

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ROBERTO GIACHETTI. E non abbiamo obbligato a rendere palese il voto (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, lasciate che l'onorevole Giachetti svolga il suo intervento (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...onorevole Guido Dussin, la prego di accogliere l'invito della Presidenza. Dopo l'intervento dell'onorevole Giachetti ci sono vari deputati che hanno chiesto di parlare.

TOMMASO FOTI. Ragazzi a chi?

PRESIDENTE. Avevo appena richiamato l'onorevole Giachetti per fargli presente che spetta alla Presidenza mantenere l'ordine in Aula. Sì, forse è vero, qui di «ragazzi» ve ne sono pochi, come risulta dal colore dei nostri capelli.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non volevo offendere nessuno e, anzi, normalmente «ragazzi» è un complimento. Però, per carità. Tento di proseguire, se me lo consentite, nello spiegare. Quindi, stavo dicendo che nessuno ha obbligato nessuno e tantomeno sono stati obbligati i deputati del Partito Democratico. In una assemblea i deputati del Partito Democratico liberamente hanno deciso di fare quello che hanno fatto e non certo di «taroccare» il sistema di voto o altro ancora, ma di rendere esplicito il voto, attraverso una forma che è stata individuata. Nessuno è stato obbligato. I deputati vi hanno aderito e hanno voluto farlo, rendendo esplicita la propria volontà di voto.
Ora, vorrei spiegare all'onorevole Baldelli che abbiamo posto già in passato un tema. Per esempio, il voto segreto, come sapete, è segreto solo se si vota «sì» o se si vota «no». Quando votiamo, attraverso il sistema elettronico, con la votazione a scrutinio segreto e ci asteniamo quel voto, ad esempio, non è più segreto, perché tutti quelli che si astengono vengono individuati.
Vorrei dire, come è successo altre volte - e a me è successo e nessuno si è girato intorno - che quando votiamo (Commenti dei deputati dei gruppo Lega Nord Padania)...ma che succede? Ma piantatela, per favore. Stavo dicendo che quando votiamo con la scheda, onorevole Cicchitto - e tale modalità di voto è teoricamente ancora più segreta dello scrutinio segreto -, mi è successo, perché volevo farlo, di esibire il nome che avevo indicato nella scheda. In particolare, quando si è trattato dell'elezione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ho fatto vedere a tutti i deputati, mentre andavo a inserire la scheda nell'urna, in che modo avevo votato e così ho violato, anche in quel senso, la segretezza del voto. Dunque, non penso che sia in discussione il fatto che il voto sia stato segreto. Penso che sia in discussione - lei lo può criticare politicamente - il fatto che io, singolo deputato, o che i deputati del mio gruppo abbiano voluto rendere noto come votavano attraverso l'esercizio del voto segreto.
Quindi, lo hanno fatto - come si potrebbe fare tranquillamente, anche dichiarando espressamente il proprio voto - non «taroccando» qualcosa, ma utilizzando il dito indice perché sappiamo perfettamente che, ponendo il dito indice sul «sì» sarebbe stato impossibile, se non spostando la mano, spostare il dito sul «no». Lo abbiamo fatto noi singolarmente, per nostra scelta - senza imporlo a nessuno - perché politicamente ritenevamo indispensabile, per quanto ci riguardava, ovviare alla scelta, che ritenevamo assolutamente incongrua, sbagliata e non adeguata, di richiedere il voto segreto su un tema che presupponeva invece per noi la necessità - che abbiamo salvaguardato in questo modo - di dire chiaramente come avremmo votato all'Aula ed al collega Papa.
Non c'è stato alcun «taroccamento», ma l'esercizio di una libertà che è inconculcabile (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Colleghi, al di là delle valutazioni personali, chiedo aiuto ai presidenti Pag. 7dei gruppi che sono in Aula (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Colleghi - scusate un attimo -, non ho nessuna intenzione di frenare il dibattito, ma vorrei soltanto regolarlo, perché non possiamo trascorrere la mattinata così: non sarebbe un bell'esempio. Ricordo che è stato già convocato l'Ufficio di Presidenza, con un proprio ordine del giorno e, in quella sede, il problema potrà essere posto.
Adesso, alcuni colleghi hanno chiesto di parlare. Proverei a chiedere ai presidenti dei gruppi che sono in Aula di aiutarmi perché - secondo me - a questo punto si potrebbe dare la parola ad un deputato per gruppo ed eventualmente ad un altro deputato in aggiunta, ma non a tutti. Del gruppo del Popolo della Libertà hanno chiesto di parlare almeno cinque persone. Chiedo agli onorevoli Cicchitto e Baldelli di aiutarmi a tal proposito. Hanno chiesto di parlare gli onorevoli Zacchera, Laboccetta e Calderisi. Chiederei il loro aiuto perché, su questo tema, ritengo che bisogna chiudere il dibattito. Del gruppo della Lega Nord hanno chiesto di parlare gli onorevoli Reguzzoni, Polledri e Paolini. Del gruppo dell'Italia dei Valori hanno chiesto di parlare gli onorevoli Borghesi e Piffari. La mia proposta sarebbe quella di limitare il dibattito.

AMEDEO LABOCCETTA. No!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare, per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, intendo intervenire per un richiamo al Regolamento. Si tratta, pertanto, di un intervento che ha la priorità rispetto a quelli sull'ordine dei lavori. Intervengo per richiamare la Presidenza al fatto che in quest'Aula - proprio sotto la sua guida - il gruppo del Partito Democratico tenne inchiodato questo Parlamento due giorni interi con interventi sull'ordine dei lavori, all'inizio di seduta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
I deputati del mio gruppo non hanno chiesto di intervenire, ma credo che i colleghi del Popolo della Libertà debbano avere la possibilità di farlo per tutto il tempo che sarà necessario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei dire al collega Reguzzoni che è vero che si è rimasti inchiodati in quest'Aula, ma per interventi sul processo verbale, non sull'ordine dei lavori. Comunque, sulla questione deciderà il Presidente.
Voglio soltanto dire che sono davvero stupito degli interventi che ho sentito prima, a partire da quelli sul processo verbale perché sono, a mio giudizio, argomentati in modo capzioso e assolutamente al di fuori della norma regolamentare.
La segretezza del voto è un problema che attiene al singolo parlamentare, ma non sta scritto da nessuna parte che chi vota - ancorché con voto segreto - non possa dichiarare come ha votato. Quindi, trovo veramente - se mi permettete di dirlo - inutile una discussione come quella che si sta svolgendo, posto che mi pare di poter dire che i colleghi di maggioranza non hanno subito alcuna limitazione nella segretezza del loro voto e hanno votato come desideravano. Ciò non toglie che il sottoscritto - come qualcun altro dei miei colleghi - possa alzarsi o essersi alzato in piedi per dichiarare il suo voto - ancorché segreto - e quindi quale sarebbe stata la sua scelta.
Trovo pertanto, signor Presidente, che questa discussione sia assolutamente inutile e capziosa. Se qualcuno vuole parlarne nell'ufficio di Presidenza piuttosto che nella Conferenza dei presidenti di gruppo, lo faccia, ma mi sembra assolutamente improprio immaginare che ci siano state irregolarità nel voto di ieri.

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, questo Parlamento è stato criticato come un Parlamento di nominati ma è diventato un Parlamento di burattini che muovono il dito su comando. Credo che ciò dovrebbe porre un problema alla Presidenza. L'onorevole Baldelli ha giustamente posto un problema di dignità e di coscienza, io vorrei sapere se tutti coloro che ieri hanno votato con il dito in un determinato modo hanno votato così perché lo volevano o perché erano controllati dal vicino a destra, dal vicino a sinistra e da un altro. Mi dicono che c'era un sistema di controllo intrecciato di cui magari si sarebbe potuto rispondere con la prossima candidatura (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo, signor Presidente, è il Parlamento italiano, non è il soviet...

PRESIDENTE. Onorevole Polledri! Vorrei ricordarle che...

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, ho la parola!

PRESIDENTE. Sì, ha la parola ma non per offendere!

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, non sto offendendo. Io le chiedo di controllare, come ha detto l'onorevole Baldelli, e di chiedere al Senato come mai quella procedura così intelligente e così bella non è stata utilizzata. Io per protesta oggi, signor Presidente, rinuncio alle impronte finché dalla Presidenza non verrà svolta un'adeguata istruttoria per quello che è un tema di dignità (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Il mio gruppo ha lasciato libertà di coscienza e ci è stato detto libertà di coscienza perché volevamo chissà cosa. No, libertà di coscienza perché questo è un Parlamento di gente responsabile nominata dal popolo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Perché resti agli atti, la parola «burattino» non è delle migliori, onorevole Polledri.

SILVANO MOFFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri abbiamo chiesto in maniera aperta e lineare la possibilità di votare con il voto segreto e alcuni di voi hanno «brontolato». Ho cercato di spiegare in quella circostanza che il voto segreto veniva chiesto, come doverosamente dovrebbe essere fatto anche stando al Regolamento della Camera, ogni qualvolta si affronta una questione che concerne la persona. Avevamo anche detto in quella circostanza che il voto segreto si rendeva vieppiù indispensabile ieri, proprio perché avevamo avvertito una progressiva politicizzazione del voto, cioè il tentativo di trasformare una questione molto delicata e complessa ma ben circoscritta in un'altra terribile questione di ordine politico.
Voglio dire con grande chiarezza che, se c'è soltanto il dubbio, onorevole Presidente, che ci sia stato un minimo controllo del voto da parte di colleghi su altri colleghi, questo è un elemento di assoluta gravità rispetto al quale credo che la Presidenza abbia il dovere di garantire la segretezza del voto nella sua pienezza, perché una cosa è alzarsi in piedi e dichiarare volontariamente il voto, altra cosa è essere costretto a votare per seguire un ordine di scuderia quando il voto è segreto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà)!
Questo è il problema e su questo noi chiediamo una risposta chiara da parte dell'Ufficio di Presidenza, il voto segreto deve essere il voto più libero in una Camera veramente libera e democratica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà).

ANNA PAOLA CONCIA. Buffone!

PRESIDENTE. Onorevole Moffa, ricordo anche a lei che c'è un Ufficio di Pag. 9Presidenza convocato, altresì mi corre l'obbligo di dire che a questa Presidenza non è pervenuta nessuna denuncia di costrizione (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

SAVINO PEZZOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente... (Vivi commenti dei deputati Landolfi e Malgieri).

PRESIDENTE. Onorevole Malgieri, onorevole Landolfi, onorevole Landolfi! Onorevole Landolfi, la richiamo all'ordine. Prego, onorevole Pezzotta. Onorevole Landolfi... Onorevole Malgieri, la prego di non urlare.

GENNARO MALGIERI. Non mi scambi per un'altra persona.

PRESIDENTE. Onorevole Malgieri, la richiamo!

SAVINO PEZZOTTA. Mi sembra che ci sia un eccessivo nervosismo in questa Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico). Forse sarà meglio che ci diamo una calmata e cominciamo a ragionare.
Vorrei dire all'onorevole Polledri che mi sono sentito offeso dalle sue affermazioni e attendo delle scuse, perché io non sono un burattino. Se lui è un burattino, resti tale, ma non si possono offendere le persone, che sono qui perché sono state elette e perché sono persone libere, chiamandole burattini. Se l'onorevole Polledri pensa che siamo un insieme di burattini, mi deve anche dire chi è burattinaio, perché forse lui ce l'ha, io no (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico e Italia dei Valori).

GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, vorrei far presente a tutti colleghi che la questione che si è verificata ieri si pone non perché sia impedito a un deputato di dichiarare come ha votato anche in una votazione segreta, tant'è che c'è anche la dichiarazione di voto. Il problema non è questo, ma riguarda le dichiarazioni del presidente del gruppo del Partito Democratico, onorevole Franceschini, che vi leggo (sono tratte dal resoconto stenografico e le potete leggere tutti, sono due righe): «i deputati del Partito Democratico renderanno comunque palese il loro voto con un accorgimento tecnico che il nostro sistema di votazione consente». Sono affermazioni di una gravità inaudita che violano un articolo della Costituzione e gli articoli del nostro Regolamento. Questo è il problema. Questa è una dichiarazione pesantissima nei confronti dei deputati del Partito Democratico e questo non è ammissibile alla luce del dettato costituzionale e del nostro Regolamento.
Voglio ricordare che nel 1992, quando era in votazione l'elezione del Presidente della Repubblica, fu posta la questione della effettiva tutela della segretezza del voto con le schede, che veniva aggirata con espedienti tecnici diversi da quelli di ieri, ma identici nella sostanza. A questo fine la Camera predispose quelle strutture, quei cosiddetti catafalchi, che garantiscono che l'elettore abbia la scheda solo nel momento in cui entra nel seggio e che il suo voto non possa essere esibito in alcun modo.
Voglio ricordare anche all'onorevole Giachetti che il Presidente del Consiglio Giuliano Amato adottò un decreto-legge per vietare l'uso dei telefonini nelle cabine elettorali dei cittadini italiani, per evitare che l'elettore potesse essere costretto a fare una foto del proprio voto e far vedere come votava. Quindi, c'è un problema di tutela della segretezza che deve essere assicurata.
Per cui, signor Presidente, oltre a chiedere che, quando ci sarà il voto segreto, visto che questo sistema non garantisce e non tutela la segretezza del voto, si voti con il sistema delle palline, credo che si Pag. 10possano adottare accorgimenti tecnici da studiare e da predisporre con urgenza, per evitare che la mano sia visibile dal polso in poi e che, quindi, possa essere violata questa fondamentale norma del nostro Regolamento, a tutela delle prerogative previste dalla nostra Costituzione e della libertà del voto del parlamentare.

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, la ringrazio di questa proposta. Penso davvero che l'argomento sia stato sufficientemente approfondito e credo che tutte le soluzioni tecniche che vengono prospettate abbiano bisogno di un approfondimento.
La sua proposta, ad esempio, che è sicuramente interessante, è la più antica del mondo, usata da tutti i monaci, ma si può mostrare la pallina prima di metterla nell'urna.

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, riconosco che il tema che è stato posto, e cioè la tutela del segretezza del voto, è un tema che ha un fondamento per il futuro e per il presente. Quindi, voglio affrontarlo lasciando perdere assolutamente...(Proteste del deputato Zacchera, che si avvicina al banco della Presidenza)

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera! Onorevole Zacchera, la richiamo all'ordine (Commenti del deputato Zacchera)! Non ho riso di lei, la richiamo all'ordine!

AMEDEO LABOCCETTA. Ci faccia parlare!

PRESIDENTE. Onorevole Laboccetta, la richiamo all'ordine (Commenti del deputato Laboccetta)! La richiamo all'ordine (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Onorevole Laboccetta, l'ho richiamata all'ordine due volte! Sa cosa dovrebbe fare? Abbandonare l'Aula! Prego, onorevole Franceschini.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, mi stavo riferendo al tema che è stato posto, e cioè la segretezza del voto. Il voto segreto, naturalmente, può essere chiesto secondo il nostro Regolamento, può essere contestato politicamente, ma, come è avvenuto ieri, viene obbligatoriamente introdotto nell'Aula, se un gruppo con più di trenta deputati o trenta deputati lo richiedono. Questo è avvenuto ieri, e tolgo di mezzo il tema dello scontro politico.
Però, qui sono state attribuite determinate intenzioni, anche ieri, immediatamente dopo la votazione. Si è parlato di «controllo del voto». È del tutto evidente - è stato detto anche da alcuni interventi precedentemente - che il sistema di segretezza del voto è a tutela dei singoli deputati, ma non osta assolutamente a che il singolo deputato, volontariamente, dichiari il proprio voto, tanto è vero che è prevista la dichiarazione di voto sul voto segreto; tanto è vero, come ha ricordato in modo giusto, poco fa, il collega Giachetti, che è capitato tante volte che il singolo deputato, volontariamente, in presenza di un voto con scheda, esibisca la scheda quando esce dall'urna.
Non è assolutamente vietato in alcun modo, né viene messo in discussione il diritto degli altri parlamentari di votare segretamente per il fatto che, volontariamente, un singolo deputato renda palese il proprio voto. È assolutamente quello che è successo ieri! Leggo nuovamente le parole che ha letto il collega Calderisi. Ieri ho detto: «I deputati del Partito Democratico renderanno comunque palese il loro voto con un accorgimento tecnico che il nostro sistema di votazione consente». Ormai lo sanno tutti - è inutile avere ipocrisie in quest'Aula - che questo diventa possibile votando con l'indice della mano sinistra (è su tutti i giornali e vi sono fotografie, non di nostri parlamentari).
Credo che davvero questo tema non esista, perché il singolo deputato può volontariamente dichiarare il proprio voto. Ieri alcuni deputati del Partito Democratico - vi sono le fotografie - hanno anche Pag. 11sollevato un cartellino con scritto: «Io voto sì». Hanno violato il sistema di votazione?

GIUSEPPE CALDERISI. Tu l'hai violato!

DARIO FRANCESCHINI. Non confondiamo le due cose. Il sistema deve garantire la segretezza del voto per chi vuole votare segretamente. Se, nell'ambito di una votazione segreta, un singolo deputato vuole rendere manifesto e palese il proprio voto, proprio per non essere accusato, come avevate pensato di fare (Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Colleghi!

DARIO FRANCESCHINI. ...di un voto diverso dopo, questo lo può fare senza che la validità della votazione venga in alcun modo messa in discussione (Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, premetto che il problema è di fondo e, se questo problema non ha dalla Presidenza una risposta seria, che riguarda non solo quello che è avvenuto ieri, ma specialmente quello che riguarda il futuro, le dico che questo mette in discussione anche la nostra adesione a questo tipo di sistema di votazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Onorevole Franceschini, questo implicherebbe che il nostro gruppo verrebbe meno all'intesa che abbiamo realizzato per quello che riguarda questo sistema di votazione. Questo per essere chiari. Non accettiamo le polemiche e i ricatti sui doppi voti e così via.
Aggiungo anche un altro dato, che va al di là di questo, ossia che in quest'Aula va assicurata la possibilità per il singolo parlamentare di lavorare, scrivere e così via senza essere spiato o fotografato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Problema che la Presidenza deve garantire perché, oramai, questo non è più garantito in quest'Aula.
Veniamo al nodo. Onorevole Franceschini o il voto è segreto o il voto non è segreto, il punto è questo. Non si possono avere delle procedure che sono state rispettate attraverso la presentazione della richiesta di voto segreto con trenta firme o, per quello che mi riguarda, e me ne assumo la responsabilità, con la richiesta che ho presentato a nome di tutto il nostro gruppo. Voto segreto che fu realizzato anche nella vicenda assai delicata del testamento biologico. Io mi immagino quello che avrebbe detto l'onorevole Giachetti se il nostro gruppo, sulla vicenda del testamento biologico, avesse fatto quello che avete fatto voi per quello che riguarda il voto segreto sulla faccenda Papa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati della Lega Nord Padania), se, cioè, noi avessimo detto che il voto segreto lo adottavamo rendendo però pubblico il nostro voto.
Allora, onorevole Franceschini, lei, come il sottoscritto, è sempre molto chiaro nelle sue espressioni verbali. Lei ha detto: «I deputati del Partito Democratico renderanno comunque palese il loro voto con un accorgimento tecnico che il nostro sistema di votazione consente (...)». Ebbene, questa è la testimonianza più evidente che non vi è stato un voto segreto, che il voto segreto è stato violato con un accorgimento tecnico. Allora dico che vi sarebbero tutti gli estremi dell'invalidazione del voto che vi è stato ieri (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma, al di là di questo, siccome penso al futuro e siccome sono sicuro che, grazie al meccanismo che è stato messo in atto ieri, tragedie come quelle di ieri si ripeteranno in quest'Aula, ebbene, è necessario che quest'Aula abbia una garanzia reale del voto segreto, non una parodia del voto segreto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Popolo e Territorio)! Pag. 12
Allora, vi sono tanti meccanismi, ma mi riferisco, avendo un minimo di memoria storica, al meccanismo che fu adottato dal Presidente Scàlfaro il quale non adottò soltanto le palline, come riferito nel nostro Regolamento, ma vi era un sistema che assicurava e garantiva al singolo deputato di potere scorrere, di votare, senza controlli di alcun tipo. Questo è il voto segreto.
Siccome abbiamo visto che questo meccanismo può essere aggirato con la gherminella geniale che voi avete inventato, vi diciamo fin d'ora che questa cosa non si può ripetere e che, qualora non si ricorresse ad una procedura che garantisse realmente il voto segreto, per quello che ci riguarda, noi ritireremo la nostra adesione a questo meccanismo di voto che, evidentemente, non garantisce la riservatezza del voto quando questa è affermata nelle procedure dovute (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati della Lega Nord Padania)!

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, noi ieri, sapendo benissimo che le prerogative regolamentari consentivano, e forse anche qualcosina di più, nel caso in esame, il voto segreto, abbiamo ritenuto di chiedere ripetutamente, in mattinata con l'onorevole Bocchino, poi con l'onorevole Lo Presti e, infine, con il mio intervento, che si arrivasse ad un voto palese, ripeto, pur sapendo che non vi era nulla né di strano, né, tanto meno, di forzato nella richiesta del voto segreto.
Credo, però, che le ultime affermazioni del presidente Cicchitto siano affermazioni gravi, se ho ben compreso... (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

RENATO FARINA. Giustamente gravi!

BENEDETTO DELLA VEDOVA....cioè l'idea che da oggi in poi, nel momento in cui per qualsiasi questione vi sia un voto segreto, il gruppo di maggioranza in qualche modo non partecipa e non riconosce le regole. Credo che questo sia grave.
Accolgo le obiezioni mosse in qualche modo dal collega Calderisi sulla possibilità di fare una verifica, però intendiamoci: noi abbiamo chiesto il voto palese e non abbiamo dato alcuna indicazione tecnica. Io ho visto colleghi, da una parte e dall'altra, più o meno vicini, che hanno voluto platealmente mostrare o cercare di mostrare come votavano, ma credo che l'abbiano fatto esercitando una scelta chiara di voler dare un'indicazione. Tutti gli altri hanno votato - sicuramente i componenti del mio gruppo - senza scegliere di usare questo accorgimento.
Però, ripeto, discutiamone pure, posto che io non ho visto in alcun modo conculcata la libertà. Ho visto - ripeto - a destra e a sinistra persone e personalità che hanno scelto di rendere visibile il loro voto e questo avverrà comunque, con qualsiasi sistema.
Trovo però che dire, come è stato appena fatto, che non si partecipa più al voto con le regole vigenti, che sono state sempre accettate e mai messe in discussione, sia un piccolo...(Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), se ho ben compreso, andremo a vedere lo stenografico...

PRESIDENTE. Onorevole Della Vedova...

BENEDETTO DELLA VEDOVA. ...è un piccolo, dicevo, ma significativo salto di qualità.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, io penso che la complessità, la serietà e la gravità dell'argomento siano tali per cui, proprio in ragione del fatto che a fine mattinata è convocato l'Ufficio di Presidenza e, in ragione del fatto che ho applicato tutti gli articoli del Regolamento che consentono al Presidente di far svolgere una discussione e sviscerare un argomento in maniera ampia - come si è verificato facendo parlare più deputati per gruppo - a questo punto concederò la Pag. 13parola sull'ordine dei lavori, come prevede il Regolamento, a fine seduta agli altri onorevoli che l'hanno richiesta, ovvero gli onorevoli Laboccetta, Paolini, Dima e Zacchera; adesso procederemo con i punti all'ordine del giorno.

MARCO ZACCHERA. Ho diritto ad intervenire!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Reguzzoni, se vuole intervenire su questo argomento la pregherei di attendere. Lei ha già parlato su questo argomento ed ha già parlato il suo gruppo ampiamente. Chiede di parlare per richiamo al Regolamento?

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Prima ho parlato per richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Il suo è l'ultimo intervento.

AMEDEO LABOCCETTA. I capigruppo non sono titolari di diritti superiori!

PRESIDENTE. Onorevole Laboccetta! Prego, onorevole Reguzzoni.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, io prima avevo chiesto la parola per richiamo al Regolamento, adesso intervengo sull'ordine dei lavori, semplicemente per dare un senso di serenità alla posizione del nostro gruppo, nonostante le accuse che ieri, in via preventiva e in maniera alquanto direi sbagliata, l'onorevole Franceschini aveva voluto lanciarci.
Noi non abbiamo nessun problema, perché abbiamo ribadito più volte, prima e durante la seduta di ieri, che il nostro gruppo, avendo pur dato un'indicazione chiara, lasciava libertà di coscienza, perché un capogruppo non ha il diritto di imporre ai propri deputati questioni che attengono alla coscienza di ogni singolo parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Lei, invece, ha voluto fare questo, lo ha voluto imporre ai suoi deputati e il voto del Senato dimostra, lì dove non è stato voluto imporre nessun voto, che cosa altrimenti avrebbero fatto i suoi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Questo è innanzitutto un grave errore politico, un errore morale e di coscienza, ma è anche un segnale di estrema debolezza del gruppo dirigente del Partito Democratico. Detto questo... (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...sì, si esercita la forza perché si è deboli, perché vuol dire che non si controlla!

PRESIDENTE. Onorevole Reguzzoni, si rivolga a me!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Reguzzoni.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Io volevo sottolineare anche un altro fatto molto spiacevole. Ieri non ho fatto in tempo ad uscire dall'Aula che c'era già un'agenzia di stampa, la più importante del Paese, che citava il fatto che io avrei voluto nascondere le intenzioni di voto, fatto abbastanza singolare perché le mie dichiarazioni erano su tutti i giornali. Questo fatto si ripresenta sistematicamente per il nostro gruppo e per quelli che stanno alla mia sinistra, quindi per questo settore, perché i giornalisti e i fotografi, quando c'è seduta, stanno solo nelle tribune prospicienti a due settori dell'Aula. Quando accadono queste cose chiedo per cortesia - siccome ho già fatto questa richiesta diverse volte in sede riservata, e la rifaccio adesso, qui, pubblicamente - che i fotografi siano fatti accomodare in tutte le tribune dell'Aula e non solo nelle tribune sopra ai banchi in cui siedono i deputati della Lega.

Pag. 14

Seguito della discussione delle mozioni Poli ed altri n. 1-00620, Di Stanislao ed altri n. 1-00622, Miotto ed altri n. 1-00626, Mosella ed altri n. 1-00630 e Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682 concernenti iniziative per l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità (ore 11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Poli ed altri n. 1-00620, Di Stanislao ed altri n. 1-00622, Miotto ed altri n. 1-00626, Mosella ed altri n. 1-00630 e Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682 concernenti iniziative per l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità (Vedi l'allegato A - Mozioni)...

MARCO ZACCHERA. Presidente! Un minuto! Per fatto personale! Le chiedo di parlare un minuto!

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera, la richiamo all'ordine!
Come già preannunciato, nella seduta del 20 luglio 2011, essendo stati presentati emendamenti riferiti alle mozioni Poli ed altri n. 1-00620 e Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682 (pubblicati nell'apposito fascicolo in distribuzione), si procederà dapprima all'esame ed alla votazione degli emendamenti riferiti a ciascuna delle predette mozioni, previa eventuale dichiarazione di voto sui singoli emendamenti, indi in sequenza al voto delle singole mozioni, preceduto da un'unica fase di dichiarazioni di voto riguardante l'insieme delle mozioni presentate.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, onorevole Luca Bellotti, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sugli emendamenti presentati.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, con gli atti parlamentari presentati dagli onorevoli deputati si chiede al Governo di porre in essere ulteriori iniziative per l'incremento e la razionalizzazione dei controlli relativi alle pensioni di invalidità.
Si tratta di un tema che - come è noto - è stato affrontato in tutte le manovre estive a partire dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 dello stesso anno, che ha disciplinato il riordino e la semplificazione complessiva del procedimento di concessione delle prestazioni in favore degli invalidi civili e minorati civili, prevedendo altresì per il triennio 2010-2012 che l'INPS, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, effettui, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100 mila verifiche per l'anno 2010 e di 250 mila per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile.
I dati forniti a consuntivo dall'INPS relativamente alle revoche dei trattamenti di invalidità per l'annualità 2010 hanno evidenziato delle aree di criticità a livello geografico. Tuttavia, al fine di assicurare la sostenibilità di eventuali ulteriori iniziative anche normative al riguardo, si ritiene opportuno attendere gli esiti del piano di verifica triennale.
Voglio assicurare che il Governo avrà cura di sensibilizzare tutti gli attori coinvolti nella procedura di verifica affinché siano esonerati dalle visite straordinarie i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della salute del 2 agosto del 2007.
Da ultimo voglio ricordare che la delega per l'emanazione di uno o più decreti legislativi in materia fiscale e di assistenza sociale contenuta nella legge delega varata dal Consiglio dei ministri dovrà essere esercitata, fra l'altro, in base ai seguenti principi e criteri direttivi. Primo: revisione Pag. 15degli indicatori della situazione economica equivalente, con particolare attenzione alla composizione del nucleo familiare. Secondo: riordino dei criteri, inclusi quelli relativi all'invalidità e alla reversibilità dei requisiti reddituali e patrimoniali, nonché delle relative situazioni a carattere personale e familiare per l'accesso alle prestazioni socio-assistenziali.
Terzo: l'istituzione per l'indennità di accompagnamento di un fondo per l'indennità sussidiaria alla non autosufficienza ripartito per regione. Quindi, ritornando alle mozioni il Governo esprime parere favorevole alla mozione Poli ed altri n. 1-00620, in considerazione del fatto che un impegno in tal senso è già stato assunto dal Governo con la disposizione di cui all'articolo 18, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2011...

PRESIDENTE. Colleghi, è molto difficile seguire il sottosegretario se continua questo brusio in Aula. Prego, sottosegretario Bellotti, continui pure.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Come dicevo, il Governo esprime parere favorevole purché il primo capoverso del dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «impegna il Governo a favorire la promozione della stipula di apposite convenzioni tra le regioni e l'INPS aventi ad oggetto l'affidamento a quest'ultimo degli adempimenti in materia di accertamento sanitario dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, verificando in tale sede la possibilità di una effettiva maggiore collaborazione da parte delle aziende sanitarie locali, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 18, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98».
Il Governo si rimette all'Assemblea sulla mozione Di Stanislao ed altri n. 1-00622 in quanto le questioni che ci sono state rappresentate sono in gran parte già recepite dall'azione del Governo.
Il Governo si rimette all'Assemblea anche sulla mozione Miotto ed altri n. 1-00626 in quanto le osservazioni e i rilievi effettuati anche in questa direzione sono comprensivi comunque di un'azione del Governo.
Il Governo, altresì, si rimette all'Assemblea sulla mozione Mosella ed altri n. 1-00630.
Il Governo esprime, invece, parere favorevole sulla mozione Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682 purché sia riformulata, nel terzo capoverso del dispositivo, aggiungendo dopo le parole «iniziativa tesa a promuovere» il seguente inciso: «, conformemente a quanto previsto dal decreto-legge n. 98 del 2011,» e poi segue: «adeguati strumenti per rafforzare la collaborazione tra regioni (...)». Quindi questa integrazione si rende necessaria dalla manovra economica appena approvata.

PRESIDENTE. Sottosegretario Bellotti, il parere sugli emendamenti presentati?

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Il Governo esprime parere contrario sugli emendamenti presentati alle mozioni.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,04).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Esame degli emendamenti - Mozione n. 1-00620)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti alla mozione Poli ed altri n. 1-00620 (Vedi l'allegato A - Mozioni), che avverrà ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento. Pag. 16
Passiamo all'emendamento Farina Coscioni n. 1-00620/1.
Constato che l'onorevole Farina Coscioni non è in Aula.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere l'emendamento Farina Coscioni n. 1-00620/1 affinché possa essere votato, poi le dichiarazioni di voto sono affidate ai responsabili del gruppo nella Commissione competente.

PRESIDENTE. Sta bene. Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta che riprenderà alle 11,25 con votazioni immediate.

La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 11,25.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Farina Coscioni 1-00620/1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'emendamento in esame perché a me sembra che questa mozione, sulla quale l'onorevole Farina Coscioni ha voluto fare una puntualizzazione, abbia un obiettivo molto importante: cerca, intanto, di fare ordine in una normativa complessa, che richiede dal punto di vista dell'organizzazione istituzionale una chiarezza dei passaggi intermedi. Come è ben noto, si è cercato in un certo senso di centralizzare nell'INPS una parte delle funzioni non solo di controllo, ma anche quelle relative all'erogazione degli aiuti necessari. Ora, a tale riguardo, vi sono delle funzioni importanti che vengono a mancare. Da un lato, vi è una mancanza di informatizzazione adeguata, per cui si creano dei colli di imbuto tali per cui, dopo avere accelerato una parte delle pratiche, queste entrano in una fase di stallo. Secondariamente vi è un passaggio delle verifiche, che si espletano alla base, tra l'Asl e uno dei medici indicati dall'INPS, successivamente trasmesse, a livello centrale, all'INPS stessa: ciò rappresenta una strozzatura, la cui fatica viene tutto sommato a caricarsi su persone che si trovano già in difficoltà. Da questo punto di vista, riteniamo che il sistema attuale, mentre vuole garantire correttezza e trasparenza, fa pagare questo costo alle persone portatrici a vario titolo di disabilità, sia in termini di lunghezza delle procedure, per mancata informatizzazione del sistema, sia in termini di un controllo, perché, in questo momento, sta prevalendo quella che noi chiamiamo una sorta di cultura della diffidenza, per cui, di fatto, ogni quattro richieste per lo meno una viene dichiarata nulla. In questo senso, ci sembra che non tutto ciò che è fatto dal livello centrale rappresenti una garanzia adeguata e sufficiente al livello delle disabilità in questione. Quindi, da questo punto di vista, l'emendamento proposto da Farina Coscioni si innesta sul rigore degli accertamenti, però noi non vorremmo che il rigore degli accertamenti si traducesse in un rallentamento delle risorse che costituiscono uno dei più potenti ammortizzatori sociali di cui dispongono queste persone disabili e, dall'altra parte, si producesse anche una sorta di economia di scala, una di quelle tipologie di tagli trasversali occulti che ancora una volta si scaricano però sulle fasce più deboli. Quindi vorremmo che al rigore dell'accertamento corrispondesse però anche un rigore amministrativo, che si traduce nella tempestività e nella qualità del riconoscimento economico dovuto a questo tipo di pazienti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, desidero che sia messo a verbale che da questo momento in poi non intendo più votare con il sistema delle impronte. Infatti, Pag. 17stanotte ho riflettuto: stiamo trasformando il Parlamento in un campo di concentramento, usiamo le impronte per poter votare. Come diceva l'onorevole Franceschini, controlliamo il voto dei parlamentari. I giornalisti...

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole, che cosa ha a che fare questo suo intervento con l'emendamento in esame?

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. Non intendo votare... (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Grimaldi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, intervengo solo per esprimere il voto contrario su questo emendamento, in quanto la mozione formulata dal gruppo dell'Unione di Centro, primo firmatario Poli, ha una sua compiutezza e un suo senso esaustivo già nella formulazione originaria, con gli accorgimenti adottati anche dal Governo nell'illustrazione dei pareri.
Nella mozione si evidenzia la volontà di disincentivare e contrastare il malcostume dei cosiddetti falsi invalidi, come ampiamente esplicitato, ed, al contempo, si vuole intraprendere le misure per agevolare tutte quelle procedure necessarie per il riconoscimento delle invalidità.
In questo modo, garantiamo i diritti fondamentali di quei cittadini che realmente devono trovare una risposta al loro disagio, da parte della pubblica amministrazione e degli enti, affinché vengano tutelati, ma ciò nel rispetto della normativa in vigore, nei confronti di quelle persone che, invece, vogliono sfruttare situazioni e distogliere risorse pubbliche a scapito di chi realmente ne ha bisogno.
È chiaro che una situazione di questo tipo, nel nostro Paese, si sta affrontando con decisione anche con le misure messe in atto dal Governo, basti vedere i dati emersi dagli accertamenti svolti nei confronti delle false invalidità. Tuttavia, al contempo, occorre adoperarsi affinché tutte le procedure necessarie per il riconoscimento delle invalidità siano le più celeri possibile.
Se posso aggiungere un'altra cosa, occorre adoperarsi anche affinché, nelle procedure di controllo e verifica delle false invalidità, tutte le persone e tutti i professionisti atti a portare avanti questo compito, abbiano la dovuta cautela nelle revoche delle false invalidità, nel senso di non penalizzare chi realmente ne ha bisogno.
Tuttavia, nel contempo, occorre anche una dovuta e necessaria fermezza nei controlli, in quanto, per troppo tempo, nel nostro Paese, sono state utilizzate risorse pubbliche per tutte quelle persone che non ne hanno bisogno ed anzi truffano lo Stato e i cittadini - in particolar modo i veri invalidi, perché le risorse sarebbero destinate a loro - per interesse personale.
Basti vedere i casi eclatanti emersi dalla stampa e dagli organi di informazione, dove vi sono state vere e proprie associazioni a delinquere, che davano certificati falsi di invalidità a decine e decine di ciechi in determinati rioni di alcune città del Paese, i quali si vedevano riconosciuti soldi pubblici, a cui, ovviamente, non potevano accedere e non dovevano avere diritto.
Dunque, per quanto riguarda questa mozione, sulla quale la Lega voterà favorevolmente, chiediamo anche a tutti i colleghi, sia di maggioranza che di opposizione, di mantenere quella linea di coerenza presente nel testo originale, con le riformulazioni previste dal Governo, senza voler aggiungere altri capoversi agli impegni stessi, poiché risultano, da una parte, superflui, e, dall'altra parte, vanno forse a snaturare l'obiettivo della mozione stessa.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Pag. 18
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Farina Coscioni 1-00620/1, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Polledri non riesce a votare...

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, non do le impronte, l'ho già detto.

PRESIDENTE. Onorevoli Grimaldi, Villecco Calipari, Pescante... Qualcuno aiuti l'onorevole Polledri, che non riesce a votare. Onorevoli Cesaro, Barbareschi, Vignali, Scajola, Ruben...

ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, chiuda!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Onorevole Bertolini, ho aspettato fino all'ultimo momento perché alcuni suoi colleghi non riuscivano a votare. Quando succede il contrario, vi lamentate.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 487
Votanti 486
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato
199
Hanno votato
no 287).

Prendo atto che il deputato De Poli ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Farina Coscioni 1-00620/2, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,40)

PRESIDENTE. Onorevoli Polledri, Antonione, D'Amico, Grimaldi, Vignali, Galati...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 487
Votanti 486
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato
197
Hanno votato
no 289).

Prendo atto che i deputati Baretta e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame di un emendamento - Mozione n. 1-00682)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Farina Coscioni 1-00682/1 riferito alla mozione Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682 (Vedi l'allegato A - Mozioni), che avverrà ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, chiedo ai colleghi di esprimere un voto contrario su questo emendamento, perché vuole abrogare il primo capoverso del dispositivo della mozione, a prima firma Reguzzoni, che chiede al Governo l'impegno a verificare in maniera molto cauta, sulla base del monitoraggio dell'andamento del piano straordinario, la possibilità di assumere ulteriori iniziative, incrementando il piano di controllo degli invalidi, ovviamente in un contesto di garanzie e di rispetto anche delle esigenze degli invalidi e della loro personalità, che è contenuta nel resto della mozione.
Per cui, veramente, non si capisce perché bisognerebbe precludere all'INPS la possibilità di rafforzare questa situazione e questa fase - con tutte le cautele che Pag. 19vengano indicate - in un mozione che si propone, come le altre cose, di tutelare anche i diritti degli invalidi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che, trattandosi di emendamento soppressivo, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, si pone ai voti il mantenimento dell'inciso che l'emendamento tende a sopprimere.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento del primo capoverso del dispositivo della mozione Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682. Ricordo che il Governo ha espresso parere favorevole sul mantenimento di tale capoverso.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calearo, Grimaldi, Aprea, Granata, Ghizzoni, Paglia, Mazzuca, Vignali, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 294
Astenuti 195
Maggioranza 148
Hanno votato
292
Hanno votato
no 2).

È così mantenuto il primo capoverso del dispositivo della mozione Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, provo rapidamente ad entrare nel merito delle mozioni con alcune considerazioni. Non credo vi sia un solo cittadino onesto che non apprezzi l'attività che l'Istituto nazionale di previdenza sociale ha messo in campo in anni recenti per arginare il fenomeno dei falsi invalidi, uomini e donne che truffano lo Stato e quindi la collettività, che non è un'entità astratta, indefinita e vaga per cui recarle danno è come non danneggiare nessuno, ma è una realtà concreta che comprende tutti e ciascuno e del cui bene tutti dovremmo sentirci corresponsabili.
Simulare una condizione di invalidità è un atto particolarmente odioso. Bene dunque l'aver avviato finalmente controlli e verifiche per eliminare le prestazioni ingiustificate ed attivare nel contempo un meccanismo di deterrenza allo scopo proprio di indurre i potenziali «furbetti» a fare un passo indietro. Nel 2009 il piano di verifica sulla permanenza dei requisiti sanitari degli invalidi civili si è tradotto in 200 mila controlli effettuati.
Nel 2011 ne sono previsti 250 mila, stesso numero che l'INPS si propone di raggiungere nel 2012. I primi risultati hanno rivelato una situazione che ci deve far riflettere: circa il 30 per cento dei destinatari di pensioni di invalidità beneficiano di una condizione cui non hanno alcun diritto; così nel 2009 è stato cancellato l'11 per cento delle pensioni di invalidità sottoposte a verifica.
Nell'anno 2010 è stata revocata addirittura una pensione su quattro, pari al 23 per cento. Ebbene, dopo anni di immobilismo, che ha prodotto sprechi significativi, gli abusi e gli illeciti vengono via via finalmente svelati, uno dopo l'altro, regione per regione, e c'è un risparmio di soldi pubblici.
È un risultato questo che va considerato e non è da poco, particolarmente in tempi come quelli che stiamo attraversando di scelte difficili, dettate dalla necessità non più rinviabile di tagliare la spesa pubblica per cercare di raddrizzare il bilancio dello Stato. Ma il quadro, neanche a dirlo, non è poi così in linea con il ripristino del diritto.
I codici delle pensioni di invalidità erogate fanno riferimento anche - e vogliamo Pag. 20credere soprattutto - a persone che invalide lo sono davvero, uomini e donne che, come è avvenuto, si sono visti sospendere la pensione da cui dipende la loro sopravvivenza per non aver ricevuto la lettera dell'INPS che comunicava l'obbligo di sottoporsi a nuove visite mediche o che quelle visite le hanno anche fatte, subendo un iter burocratico che delle loro difficoltà non ha tenuto e non tiene conto.
Hanno nomi e cognomi le persone affette da malattie degenerative, costrette su sedie a rotelle, disabili, invalidi al 100 per cento, non vedenti che hanno dovuto e devono dimostrare che la loro condizione non è un'invenzione per tirare su un po' di soldi. Quindi, il rigore che deve guidare i controlli non può essere asettico; occorrono cautela, sensibilità, attenzione. I diritti reali devono essere salvaguardati; per arrivare a sanare le irregolarità la via obbligata non è quella di anestetizzare il buonsenso e il rispetto dovuto a chi convive con difficoltà drammaticamente evidenti.
Da qui la richiesta al Governo di prevedere azioni finalizzate a perfezionare i criteri di scelta dei campioni da sottoporre a verifica, così che ai controlli non debbano essere sottoposti anche i soggetti con patologie irreversibili. Vi è poi un altro aspetto da non trascurare, quello della procedura per la concessione delle prestazioni relative all'invalidità civile. Attualmente essa prevede un sistema basato sull'invio telematico delle domande da parte degli interessati con la relativa certificazione medica, mentre la decisione finale circa il rilascio dei benefici spetta all'INPS. In particolare, una volta ricevuta la relativa domanda, nella successiva fase di accertamento sanitario le commissioni ASL sono integrate da un medico dell'INPS; i verbali sanitari vengono redatti in formato elettronico e messi a disposizione degli uffici amministrativi per gli adempimenti del caso; la commissione medica superiore dell'INPS effettua il monitoraggio e la verifica finale complessiva dei verbali.
Si tratta di un iter che incontra ostacoli di varia natura, dovuti ad un utilizzo in alcuni casi parziale delle applicazioni informatiche, limitato ad alcune zone del territorio nazionale che sono in condizione di lavorare in maniera informatizzata. Tali difficoltà si traducono in effetti negativi sui tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile. Anche questo non è tollerabile. Coloro che si trovano nelle reali condizioni previste dalla legge per potere richiedere i benefici di invalidità devono avere la certezza del percorso da seguire a garanzia della tutela. Si devono adottare misure tese ad assicurare trasparenza, celerità ed uniformità di comportamenti su tutto il territorio nazionale per quanto riguarda gli adempimenti necessari per il rilascio dei benefici relativi all'invalidità civile.
La nostra mozione ha voluto sollecitare il Governo. Siamo lieti che il Governo non abbia quantomeno espresso parere contrario e chiediamo all'Aula di darci il conforto dovuto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, cerco di cogliere gli aspetti positivi di queste iniziative politiche, perché credo che entrambi gli schieramenti siano animati da una volontà non persecutoria, ma volta a ristabilire alcune regole che si sono allentate, se non completamente deprivate, lungo il percorso della disponibilità dello Stato rispetto alle categorie che veramente abbisognavano di cure, attenzioni e anche di risorse economiche e finanziarie.
Credo che oggi siamo arrivati a definire una volontà comune che evidentemente passa attraverso il Parlamento, ma anche azioni che si sono già in qualche modo determinate e che devono trovare assolutamente una finalizzazione da parte di coloro i quali devono applicare le volontà del Governo, del Parlamento e degli atti e dei documenti che noi produciamo, affinché non vi siano più quelle sacche di impossibilità di definire un percorso di monitoraggio, di controllo, per ridare finalmente Pag. 21dignità a coloro i quali sono portatori di deficit psicofisici. Ricordo che i disabili nel nostro Paese sono più di tre milioni e si tratta, quindi, di un dato che interessa il 15 per cento delle famiglie italiane. Credo che ciò che non funziona e non ha funzionato in questi anni è semplicemente questo: il rapporto dell'INPS con le ASL, dove vi è stata, per trovare un eufemismo, una scarsa sinergia.
Tuttavia, vi è un dato sicuramente che ha fatto scontare questo elemento e che è stato sempre meno caratterizzate sotto il profilo della prontezza dello Stato rispetto ai controlli, ossia quello della collaborazione reale sul territorio rispetto a chi ha più conoscenza dei dati e quindi può più prontamente intervenire. Ma non solo. Non solo risparmio delle risorse, non solo garantire e qualificare gli interventi, vi è un dato da cui risulta che, rispetto alle pensioni di invalidità, vi è stato un dormiveglia da parte dei Governi, che hanno consentito che queste diventassero degli ammortizzatori sociali, che non cogliessero interamente e pienamente il dato che prima ricordavo sotto il profilo numerico, ossia che venisse garantita pari dignità, così come ha affermato in maniera molto forte e pregnante il Consiglio d'Europa nel 2009. In quella sede, il Consiglio d'Europa ha riconosciuto, attraverso la ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, una serie di interventi che fossero non solo in grado di andare incontro a queste situazioni in termini filantropici, ma che garantissero finalmente dignità e diritti, che fossero pienamente riconosciuti e che sgombrassero il campo da tutti quegli elementi che hanno a che fare e che hanno avuto sempre a che fare sia con l'ammortizzazione sociale sia con la truffa, che troppo spesso è diventato il luogo caratterizzante di queste conseguenze e aspettative di carattere negativo.
Qui si sommano i ritardi che bene ricordava il presidente dell'INPS in un articolo dell'ottobre 2010. Si tratta di ritardi ingiustificati in qualche modo, perché non è più tollerabile che non si parlino gli enti che debbono applicare questi schemi di lavoro (l'INPS e l'ASL). Infatti, va tutto a detrimento delle persone che, invece, aspettano da tempo e da sempre dei provvedimenti non finalizzati solo al dato economico e finanziario.
Abbiamo semplicemente colto un campanello d'allarme, un segnale importante che viene dal Paese e da alcune categorie. Abbiamo chiesto al Governo - e in questo caso vi è stata una comune sensibilità da parte di tutte le forze politiche - che noi intendevamo attraverso questo provvedimento e questa mozione, come Italia dei Valori, impegnare il Governo a proseguire in maniera forte e importante il piano dei controlli già operanti (e questo va riconosciuto in qualche modo), ma che si desse finalmente la completa applicazione e controllo su quegli elementi che sono le diramazioni sul territorio. Insisto sempre sull'INPS e sull'ASL, che non solo debbono parlare e colmare ritardi, ma debbono controllare e soprattutto collaborare.
Abbiamo anche detto al Governo che bisognava e bisogna valutare l'opportunità di assumere iniziative in sede di Conferenza Stato-regioni per promuovere opportune forme di rotazione in ambito regionale dei componenti le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali e a valutare l'opportunità di prevedere che una quota parte dei risparmi conseguenti alla programmazione di attività di accertamento della sussistenza e/o della permanenza dei requisiti nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile possa essere finalizzata ad un adeguamento dei trattamenti economici di invalidità civile previsti dalla legislazione vigente ed erogati dall'INPS.
Inoltre, abbiamo chiesto al Governo di attivarsi affinché dai previsti controlli da parte dell'INPS vengano definitivamente esentati i cittadini portatori di handicap o di patologie per le quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 agosto 2007 e che, invece, ancora oggi si trovano spesso costretti ad ulteriori umilianti visite mediche.
Abbiamo chiesto ancora di attivarsi affinché venga effettivamente attuata la Pag. 22vigente disposizione per la quale ogni commissione medica delle aziende sanitarie locali deve essere integrata da un medico dell'INPS, anche al fine di evitare che, dopo la prima visita da parte dell'azienda sanitaria locale, la persona che ha presentato la domanda sia costretta, come ancora oggi troppo spesso avviene, a sottoporsi ad una seconda visita da parte dell'INPS. Abbiamo, inoltre, chiesto di garantire dei tempi più rapidi per la liquidazione delle prestazioni di invalidità, che sono attualmente di circa un anno dal momento della presentazione della domanda.
Per finire e non da ultimo, chiediamo di portare a definitivo compimento il processo di informatizzazione dell'INPS e a promuovere, per quanto di competenza, nelle opportune sedi istituzionali il completamento dell'informatizzazione delle stesse aziende sanitarie locali garantendo una indispensabile, maggiore e più stretta collaborazione tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le aziende sanitarie locali, attualmente del tutto insufficiente, stante che su circa quasi due milioni di domande presentate nel 2010 solo 900 mila sono già state esaminate dalle aziende sanitarie locali e di queste appena il 20 per cento è stata trasmessa all'INPS per via telematica, mentre il resto è stato inviato ancora in forma cartacea.
Mi auguro - per concludere - che vi siano le disponibilità affinché su questi temi, su questi argomenti e su questo dato - che dà anche la cifra morale ed etica di uno Stato - si sia tutti quanti insieme e che si dia la possibilità affinché si possano finalmente riconoscere concretamente gli adempimenti che vanno messi campo anche in virtù della Convenzione dell'ONU e delle disponibilità mostrate dalla Giornata europea della disabilità, a partire dal 2009 affinché il Governo e il Parlamento possano dare un segnale chiaro ed inequivocabile e si assumano per intero le proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, il gruppo di Popolo e Territorio aveva presentato una mozione autonoma sulla materia oggetto della discussione di questa mattina e cioè l'incremento dei controlli relativi alle pensioni di invalidità.
Avevamo colto, al di là dell'esigenza - che tutti avvertiamo - che si facciano dei controlli rigorosi per evitare che si incrementi il fenomeno delle cosiddette false pensioni di invalidità, un pregiudizio che ritengo debba essere, signor sottosegretario, combattuto nella forma più ferma e cioè che le pensioni di invalidità, quelle ritenute non meritevoli, vengano assegnate prevalentemente nelle regioni meridionali d'Italia. Questo non è vero, perché i dati statistici ci dicono che così è e perché deve cessare una forma di persecuzione rispetto ad una categoria di cittadini italiani che si trovano in condizioni di bisogno assoluto.
Voglio ricordare che l'articolo 38 della Costituzione statuisce: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato».
Questo vuol dire che vi è un diritto, sancito dalla Costituzione, per un cittadino per il quale viene certificata l'inabilità, di avere la dovuta assistenza da parte dello Stato. Pertanto, invito tutti a recuperare un minimo di serenità rispetto ad una vicenda che riguarda centinaia di migliaia di cittadini italiani e di famiglie che non si devono assolutamente sentire cittadini di serie «B» o, peggio ancora, vessati da forme di controllo dello Stato che cessano Pag. 23di essere forme di controllo e diventano, in molti casi, vere e proprie forme di persecuzione.
Dunque, abbiamo chiesto, con la nostra mozione, di valutare se non sia il caso, per coloro che si vedono riconosciuta un'invalidità, signor Presidente, per una sentenza passata in giudicato o per coloro che hanno malattie gravissime, inabili con invalidità invalidanti e non suscettibili di nessuna forma possibile di miglioramento, di non essere sottoposti ad ulteriori controlli. Questo vale, a mio avviso, per tutti ma vale, ancora di più, per le persone più anziane e per i bambini, perché questo sottopone loro e le famiglie a forme di controllo che diventano, come dicevo prima, vere e proprie vessazioni.
Pertanto, vogliamo cogliere la discussione su queste mozioni per impegnare il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e anche il Ministero della salute a vigilare con maggiore attenzione.
Ciò affinché meccanismi giusti di controllo non degenerino e producano danni a cittadini italiani che si trovano in condizioni di disagio e di difficoltà. Noi respingiamo con fermezza un tentativo che consiste nel fatto che, quando si parla di pensioni di invalidità, si faccia riferimento a fenomeni degenerativi presenti, in modo particolare, nelle regioni meridionali. Questo non è vero, lo respingiamo con fermezza e rivendichiamo il rispetto di un diritto sancito dalla Costituzione italiana.
Inoltre, onorevole sottosegretario, in molti casi, quando i controlli non vengono effettuati in tempo, viene sospesa la corresponsione dell'assegno mensile e si attende che questo controllo venga effettuato. Questo è un meccanismo assolutamente ingiusto perché, se non si effettuano le revisioni nei tempi previsti, secondo noi, gli assegni andrebbero comunque corrisposti, fermo restando che, se un controllo dovesse accertare che quella invalidità non è una vera invalidità, sarà poi lo Stato a prevedere un meccanismo di recupero e non il contrario. Smettiamola allora di alimentare forme demagogiche su argomenti estremamente delicati e di essere forti con i deboli e deboli con i forti! Non è più possibile esercitare forme di oppressione rispetto a cittadini italiani e a famiglie italiane che si trovano in condizioni di assoluto bisogno. Chi ha riserve mentali riteniamo che non debba alimentare questo sentimento di dubbio rispetto a quanto viene stabilito.
Per concludere, i principi contenuti nella nostra mozione erano questi. Abbiamo voluto, come gruppo di Popolo e Territorio, collaborare alla stesura di una mozione unica della maggioranza, che noi voteremo e voteremo secondo le indicazioni date dal Governo, ma ho tenuto a precisare il senso delle riflessioni che avevamo contemplato nella nostra mozione autonoma (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, le mozioni presentate e discusse mettono in evidenza, in maniera sostanzialmente bipartisan, la situazione disagiata che vivono le persone portatrici di handicap, spesso molto gravi, che devono imbattersi in controlli invasivi messi in atto soprattutto in questi ultimi anni e imposti per impedire il fenomeno di chi, non invalido, ha voluto arrogarsi i benefici concessi dallo Stato alle persone invalide.
Attraverso le mozioni si è voluto principalmente porre l'attenzione su un fenomeno purtroppo diffuso in tutta Italia, ma con una percentuale molto elevata soprattutto nel Meridione d'Italia, che è quella delle false pensioni di invalidità, erogate a discapito di chi ne avrebbe realmente bisogno. È evidente che in una società che invecchia, dove la quota di non autosufficienti è destinata inesorabilmente a crescere, le prestazioni assistenziali non potranno diminuire. I pensionati di invalidità civile erano quasi 2,4 milioni del 2006, sono quasi mezzo milione in più oggi e la spesa corrispondente, nonostante la frenata dell'anno scorso, è passata da 13 a poco più di 16 miliardi. In questo contesto è ancora più necessitante che la spesa vada a chi effettivamente ne ha diritto. Pag. 24
Purtroppo è tristemente diffuso il fenomeno delle pensioni di invalidità e delle indennità di accompagnamento che svolgono una funzione di vero e proprio ammortizzatore sociale e di scambio clientelare. Le verifiche statistiche parlano chiaro e confermano a grandi linee i risultati di alcuni studi che già negli anni scorsi hanno evidenziato numeri impressionanti secondo i quali circa il 30 per cento dei beneficiari di pensione di invalidità ne usufruiscono senza averne diritto. Aggiornate ad oggi, le stime ci mostrano che le sole prestazioni per beneficiari «puri», vale a dire con la sola pensione di invalidità, ammontano a circa 15 miliardi di euro all'anno che diventano più o meno 30 se consideriamo anche i beneficiari «multipli», ossia coloro che cumulano la pensione di invalidità con altri tipi di pensione a causa dei quali i controlli dell'INPS iniziati un paio di anni fa continuano a ritmo serrato e cominciano solo ora a dare i primi risultati.
Intendiamo, attraverso le mozioni discusse che ci apprestiamo a votare, affrontare il problema delle false invalidità dal punto di vista umanitario, quindi a tutela di chi è stato coinvolto in procedimenti burocratici poco rispettosi del loro reale stato invalidante. Vogliamo evitare che vi possano essere persone che si inseriscono falsamente all'interno di tali procedure contrastando la sottocultura dell'opportunismo e della furbizia che sottrae risorse alle persone che ne hanno realmente bisogno.
Nel corso del 2010 l'attività ispettiva dell'INPS ha portato alla cancellazione del 23 per cento delle pensioni di invalidità controllate, in aumento rispetto all'11 per cento del 2009. Questo aumento delle cancellazioni è imputabile all'affinamento del campione controllato, soprattutto per quanto riguarda alcune aree sensibili del Paese che sostanzialmente coincidono con quelle con il più alto numero di domande di pensione di invalidità.
Per impedire e interrompere il flusso delle false invalidità l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, ha introdotto un sistema di riconoscimento dei benefici di invalidità civile che richiede un rapporto sinergico tra l'INPS e le ASL nel quale l'interessato presenta in via telematica la domanda di invalidità abbinata al certificato medico telematico inviato direttamente dal medico di fiducia. L'obiettivo che si intende raggiungere è quello di eliminare le prestazioni ingiustificate e fare opera di deterrenza, cioè spaventare chi vuol fare il furbo.
Rispetto al passato la procedura per le pensioni di invalidità è stata completamente cambiata e ha portato ad un incremento di lavoro per l'Istituto nazionale di previdenza sociale. La legge oggi prevede che sia totalmente svolta per via telematica e l'ultima parola spetta all'INPS che, prima, invece era solo lo sportello pagatore, ma non entrava nel processo decisionale.
Adesso le commissioni mediche delle ASL dovrebbero essere integrate da un medico dell'INPS, purtroppo circa il 60 per cento delle commissioni mediche delle ASL sono integrate da un medico dell'INPS, mentre nel resto dei casi l'INPS interviene successivamente invitando il cittadino all'effettuare una seconda visita. Oltre ai risvolti sociali di questa doppia visita, questa mancanza di integrazione tra ASL e INPS fa sì che i tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità siano biblici: a fronte di un obiettivo dichiarato dalla stessa INPS di centoventi giorni, attualmente la media dei tempi è di quasi un anno.
In un momento in cui si chiede di intensificare i controlli con le dovute regole si toglie il lavoro a duemila precari assunti con contratti di somministrazione e lavoro dall'Istituto nazionale di previdenza sociale, senza preoccuparsi minimamente né della necessità di controlli e verifiche sempre più tempestive e immediate che richiedono più personale, onde evitare ritardi, né dei nuovi compiti attribuiti all'Istituto.
Proprio in funzione dei nuovi compiti assunti l'Istituto necessiterebbe di un incremento di risorse umane e non della riduzione, così com'è stata effettuata, che ha causato la perdita del posto di lavoro Pag. 25per circa duemila precari impiegati anche nei controlli relativi alle pensioni d'invalidità, pari al 6 per cento dell'attuale forza lavoro, con inevitabili ricadute sull'operatività dell'ente.
Purtroppo ancora oggi si rileva che l'utilizzo dell'applicazione informatica dell'INPS o in alternativa la realizzazione di cooperazioni applicative con i sistemi telematici delle ASL avviene in maniera parziale. Molte ASL utilizzano modalità differenziate, non standardizzate e al di fuori delle applicazioni informatiche previste, motivo per cui l'80 per cento dei verbali di accertamento delle ASL sono ancora cartacei. Ciò comporta in seguito alla trasmissione delle ASL all'INPS la necessità di attivare un successivo flusso procedurale di acquisizione degli stessi nella procedura informatica, al fine di trasformare le informazioni ricevute da cartacee in elettroniche con inevitabili ritardi.
I ritardi, frutto anche della difficoltà di monitorare e di definire tempestivamente le sottofasi del procedimento di accertamento dei benefici, non sono immediatamente evidenti a causa dell'indisponibilità del flusso interamente telematico. Come ha avuto modo di precisare il presidente dell'INPS Mastrapasqua, a causa di queste difficoltà di comunicazione tra INPS e ASL, i tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile sono molto lunghi.
In sintesi, l'INPS verifica ed effettua gli accertamenti utilizzando innanzitutto la documentazione medica, che è trasmessa all'istituto dalle Aziende sanitarie locali. Inoltre, nelle fasi di verifica di invalidità dovrebbe essere considerato il documento contenente le linee guida, secondo il quale sono escluse per definizione, a priori, dagli accertamenti alcune condizioni, come quelle dei minori con patologie validamente documentate, soprattutto concernenti la sfera psichica o con patologie di tipo genetico-malformativo, soggetti affetti da sindrome di Down, persone inserite in strutture di lungodegenza o in residenze protette, persone sottoposte ad interdizione legale, anziani con perdita dell'autonomia personale adeguatamente documentata, patologie neoplastiche di comprovata gravità.
È necessario, dunque, tradurre in atto e in comportamento queste linee, in modo da non disturbare i veri invalidi ma, nello stesso tempo, da accertare e scovare i falsi validi. È evidente, visti gli importanti risultati conseguiti, che si sta procedendo verso la giusta strada, anche se molto deve essere ancora fatto, nel rispetto di quanti, veri invalidi, hanno nella pensione di invalidità un valido sostegno. Riteniamo sia doveroso avere ogni cautela possibile atta a consentire quelle cautele che consentono e garantiscono il pieno rispetto di un'effettiva situazione di invalidità.
Per questi motivi, nella mozione, chiediamo che vengano sempre più rispettati i diritti dei veri malati, impedendo in ogni modo che debbano subire l'umiliazione di dimostrare il loro stato di reale ed evidente malattia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema delle pensioni di invalidità è molto caro alla Lega e rappresenta uno spaccato del nostro Paese, soprattutto delle differenze tra la Padania e l'altra parte dell'intero Paese. Questo Governo e questa maggioranza hanno iniziato una battaglia politica contro i falsi invalidi, i medici compiacenti, gli amministratori e dipendenti lazzaroni, per la difesa delle casse pubbliche, ma soprattutto dei veri invalidi, che più di tutti pagano quella che noi riteniamo essere una vergogna italiana. Siamo passati da 2 milioni 300 mila pensioni di invalidità del 2006 a 2 milioni 900 mila del 2010, ma soprattutto dai 6 miliardi di euro del 2001 ai 16 miliardi di euro del 2010, un punto di PIL e un dato che è quattro volte superiore alla media europea.
Questo ci deve far riflettere soprattutto in questi momenti difficili per l'economia, in cui abbiamo fatto una manovra finanziaria importante e pesante. Questi 10 Pag. 26miliardi di differenza in dieci anni, se fossero utilizzati nella maniera corretta, darebbero sicuramente una mano all'economia e alle casse, ma soprattutto a chi ha la vera invalidità. Qui ci sono le responsabilità in primis della riforma che voi della sinistra avete fatto nel 2001 dando la competenza alle regioni. Come dichiarava il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, qui alla Camera nel giugno 2010, sulla delega per il federalismo fiscale, la riforma del Titolo V della Costituzione ha fatto sì che dal 2003 al 2010, in un sol colpo, le pensioni di invalidità siano passate dal 3,3 al 4,7 per cento della popolazione.
Ho sentito anche colleghi lamentarsi dei riferimenti che si fanno a determinate aree del nostro Paese, ma i numeri non sbagliano e, ad oggi, la situazione è che abbiamo un tasso del 6,8 per cento di pensioni di invalidità in Umbria, del 6,6 in Sardegna, del 6,5 in Calabria, del 5,9 in Campania, del 5,8 in Abruzzo e, i fanalini di coda, i più onesti e i più corretti, sono la Lombardia e il Veneto con il 3,5 per cento.
Su questo il Governo ha cominciato a lavorare, inserendo nelle manovre del 2008, del 2009 e del 2010 dei controlli: 100 mila all'anno per quegli anni, 250 mila per il 2011 e per il 2012. I dati ci sono, chiari: nel 2009 si è arrivati al 20 per cento in meno di domande, perché, nel frattempo, la gestione è ritornata all'INPS, con l'11 per cento di pensioni revocate, pari a circa 600 milioni di euro di pensioni non erogate.
Si è proseguito anche nel 2011, con delle percentuali di revoche del 23 per cento, per 150 milioni di euro. Cosa dicono i dati? Le revoche hanno questi numeri: il 53 per cento in Sardegna, il 47 per cento in Umbria, il 43 per cento in Campania, il 42 per cento in Sicilia, e in Padania, nel nord, il 6 per cento in Lombardia e il 9 per cento in Piemonte e in Emilia. Questi sono i dati! Sono dati veramente pesantissimi, vergognosi, in questa realtà, e che con forza diciamo al Parlamento tutto.
Poi andiamo a vedere le richieste: nel 2010 sembra che il popolo italiano sia tutto impazzito, perché il 37 per cento delle domande viene fatto, sembra, da finti pazzi. I dati che riportano queste verifiche li leggiamo. Alla fine, la squadra mobile, indagando su omicidi compiuti da membri di due famiglie di nomadi, ha scoperto che 40 su 60 componenti di esse percepivano una pensione di invalidità. A Napoli un consigliere comunale aveva provveduto a sistemare tutta la famiglia, intascando fior di pensioni, e, in accordo con un CAF, si davano pensioni ai vicini di casa e agli amici degli amici, tutti colpiti da mali oscuri o da disgrazie e beneficiati dall'INPS.
Sono state fatte delle verifiche e delle inchieste: più di un centinaio di persone sono state arrestate e quasi dieci milioni di euro confiscati; finti ciechi, pazzi, persone cui avevano diagnosticato anche ipotesi infondate di cancro. Nel 2010, nella provincia di Napoli, l'INPS ha verificato il 55 per cento delle prestazioni e ne ha cancellate venti, perché venivano percepite in maniera disonesta. A Terzigno, che spesse volte abbiamo visto in televisione per la battaglia dei rifiuti, un residente su due ha una pensione. Penso che sia una cosa impensabile: nel mio comune, sarebbe come se, su 10 mila abitanti, 5 mila avessero una pensione dall'INPS. È una cosa inaudita!
L'altro giorno la guardia di finanza, a Palermo, ha verificato e riscontrato che centinaia di persone percepivano le pensioni di persone decedute, con un danno enorme per lo Stato. Ma vi è di più: false pensioni di invalidità, donne denunciate a Barletta; invalidità: in Calabria revocate il 35 per cento delle pensioni; truffa per le pensioni di invalidità, 21 indagati nell'area vesuviana; truffa per le pensioni di invalidità, 27 arrestati a Lecce; sono 81 i familiari che a Roma percepivano pensioni di invalidità. Andiamo avanti: i dati sono questi e sono talmente chiari che su questo il Governo, giustamente, sta lavorando. Questo è quello che riporta la nostra mozione in maniera ben chiara, con un impegno, che è quello di continuare in Pag. 27maniera ancora più importante e impegnativa, soprattutto verificando le aree dove vi sono i maggiori tassi di revoca.
Chiediamo anche la disponibilità che gli enti locali, come nella logica del federalismo fiscale e in quella dell'evasione, possano far parte di questa realtà, perché io, come tanti miei colleghi, sono sindaco. Se avessi la lista degli invalidi del mio comune, sicuramente potrei dare una mano per queste verifiche; considerando che sono quasi tre milioni i pensionati di invalidità, facendo 100 mila controlli all'anno, ci mettiamo trent'anni!
Non possiamo assolutamente permetterci di perdere tutto questo tempo per le casse dell'erario, ma, soprattutto, ripeto, per i veri invalidi, che pagano questa situazione e che percepiscono, magari, 280 euro al mese, di cui hanno assolutamente bisogno. Se le risorse vengono recuperate, per prima cosa dobbiamo darle ai veri invalidi.
Nella mozione chiediamo anche l'impegno del Governo a proseguire nella collaborazione con le regioni, con l'INPS, con gli enti locali, di proseguire nel processo di informatizzazione delle procedure, con l'obiettivo anche di evitare che i soggetti che hanno delle patologie irreversibili siano sottoposti più volte a verifica, ma, soprattutto, con l'intento di ridurre la tempistica tra la verifica e l'erogazione delle prestazioni.
Infine, stiamo discutendo di un tema importante, molto caro alla Lega, ossia la riforma del sistema fiscale e del sistema assistenziale, che ci auguriamo sia vicina.
Chiediamo al Governo un impegno affinché queste tematiche, nella riforma generale, siano inserite all'interno delle scelte che si faranno prossimamente, perché in questa situazione, in questa fase economica, avere la disponibilità di queste risorse è fondamentale anche per dare una mano a quei pensionati che vivono situazioni di difficoltà, ma soprattutto per offrire un esempio di onestà e correttezza che la Lega, con forza, dichiara in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, con la mozione in esame, depositata da tempo, chiediamo la verifica e la rivisitazione delle competenze attribuite all'INPS per l'accertamento dell'invalidità civile.
Infatti, con l'intento di ottenere tempi più brevi e modalità più chiare e trasparenti, siamo arrivati, invece, a gravissime inefficienze da parte dell'Istituto. Questo ha provocato disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi per vedere riconosciuto un diritto. Per molti questo è avvenuto anche in presenza di menomazioni irreversibili.
Si è scelto, da parte dell'Istituto, di ricorrere all'accertamento sanitario diretto dopo l'esame da parte delle commissioni presso le ASL. Anzi, le linee guida del direttore generale lo propongono come prioritario, soprattutto nei casi di severa minorazione dell'integrità psicofisica da cui derivino benefici assistenziali. L'INPS si era impegnata ad evadere le pratiche in centoventi giorni e, in presenza di difficoltà, che abbiamo denunciato più volte attraverso la presentazione di interrogazioni, l'uso della telematica non ha prodotto risultati, ma gravi ritardi nell'esame.
In risposta a molte interrogazioni che abbiamo presentato ci è stato detto che, di fronte a più di un milione di nuove istanze di riconoscimento per il 2010, per circa 1 milione 823 mila prestazioni, ne sono state messe in pagamento 462 mila, una cifra che comprende anche istanze del 2009. Le dichiarazioni dell'INPS e le notizie a cui si riferiva il collega della Lega sono state smentite nei fatti dagli stessi medici dell'INPS, oltre che dalle associazioni. Inoltre, quasi sempre nell'iter previsto, dopo le visite non si sono consegnati i verbali, nemmeno provvisori, impedendo a lavoratrici e lavoratori di beneficiare dei permessi e congedi previsti dalla legge. Assistiamo ad un iter dell'INPS che vanifica l'iter delle commissioni mediche ASL integrate da un medico INPS anche in caso di parere unanime. Se la lotta ai falsi Pag. 28invalidi è doverosa, e su questo conveniamo, non si può però portarla avanti cancellando i diritti.
Lo scorso anno, il 7 luglio, vi fu una grande mobilitazione delle associazioni e il Parlamento bocciò una proposta emendativa che restringeva i criteri per la concessione dell'indennità di accompagnamento. Da settembre 2010 vi è però un'interpretazione dell'INPS che stravolge la legge n. 508 del 1988. Le linee guida del direttore generale prevedono, ad esempio, che l'incapacità di deambulare debba essere permanente e non superabile con l'utilizzo di ausili. Dai dati di cittadinanza attiva si legge che il 49 per cento delle pratiche, una su due, è modificata dall'INPS riducendo le prestazioni. Vorrei ricordare all'Aula anche i dati dei ricorsi nei confronti dell'INPS nel 2009: su 137 mila cause concluse, per 64 mila è stato accolto il ricorso dei cittadini invalidi.
Per questo chiediamo un impegno al Governo perché riveda e modifichi la procedura, prevista dal decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009, che vede l'INPS controllore e controllato, emanando linee guida ed uscendo dalla colpevole sottovalutazione del problema. Chiediamo l'impegno ad evitare ulteriori controlli sui soggetti portatori di menomazioni irreversibili o di patologie escluse da visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante, come è previsto dalla legge e rispettando l'impegno preso dal Governo anche in risposta ad un nostro ordine del giorno, che aveva ottenuto parere favorevole.
Chiediamo, altresì, l'impegno a presentare al Parlamento una relazione esaustiva sulla situazione che si è venuta a creare.
Vorrei ricordare anche la manifestazione che si è tenuta il 23 giugno davanti al Parlamento, in cui è stata rappresentata da parte del terzo settore la difficoltà e lo stato di estremo disagio in cui si trovano le persone in stato di fragilità, in particolare i disabili. Molti di noi sono andati ad esprimere solidarietà e ad assumersi degli impegni, in particolare il nostro capogruppo Franceschini che, a nome del PD, ha chiesto la calendarizzazione di queste mozioni.
Mi dispiace dover dire che la situazione descritta nella nostra mozione, insieme ai tagli pesanti che avete fatto al welfare ed al recente segno della manovra, che abbiamo approvato la scorsa settimana, sancisce un chiaro attacco alle politiche socio-sanitarie pubbliche: un welfare depotenziato, presentato come un mero costo, anziché uno strumento per affermare il diritto alla salute, in particolare dei cittadini disabili.
Da ultimo vorrei ricordare che la manovra, approvata venerdì scorso, crea ulteriori problemi per gli invalidi, sia per la previsione, in giudizio, di costi al di sopra di un certo tetto, sia anche perché vi è la necessità di ricorrere ad una visita preventiva prima dell'avvio dei giudizi. Oltre ciò la manovra prevede la possibilità che le funzioni regionali di accertamento dei requisiti sanitari per il riconoscimento di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità possano passare dalle regioni all'INPS. Alla luce di quanto indicato nella mozione, non vedo la necessità di questa disposizione del provvedimento, ma credo, anzi, che questo aspetto sia fonte per noi di ulteriore preoccupazione. Non vorrei che fosse questa la strada scelta anche per riformare l'assistenza.
Vorrei però dire, in conclusione, che in questo momento apprezziamo lo sforzo che comunque si è fatto con queste mozioni di affrontare un disagio dei cittadini disabili, pur con le sottovalutazioni che noi riteniamo presenti in alcune mozioni. Credo che questo sforzo ci veda uniti nel modificare un iter troppo farraginoso, che l'INPS ha posto in essere.
Per tali ragioni annuncio che il PD si asterrà sulla mozione Poli ed altri n. 1-00620 e sulla mozione Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682, mentre voterà a favore delle altre mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

Pag. 29

CARMELO PORCU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in quest'Aula in questi anni abbiamo deprecato più volte e con forza il fenomeno dei falsi invalidi, fenomeno tipicamente italiano, che non rende onore alla nostra grande civiltà e che penalizza, per colpa di pochi truffaldini, i veri invalidi.
Ad onor del vero, signor Presidente, ci potrebbe essere un fenomeno più negativo e più biasimevole dei falsi invalidi ed è quello dei «falsi validi», coloro che non riescono a superare le barriere della comunicazione, della sensibilità e della partecipazione ai problemi delle persone che soffrono.
Ecco, noi vogliamo che ci sia un mondo di veri invalidi e di veri validi capaci di incontrarsi sulle vie del servizio ai soggetti più deboli e alla comunità più fragile. Allora bisogna sapere, quando parliamo di queste materie, di che cosa veramente stiamo parlando. Gli emolumenti economici che lo Stato dà agli invalidi in questo Paese non possono essere per nessuna ragione considerati mere prestazioni assistenziali o addirittura caritatevoli. Essi infatti discendono da dettati costituzionali e dalla millenaria civiltà che vede la società occuparsi dei soggetti deboli.
Questo è il fondamento dal quale noi partiamo. Allora, per rendere effettivo questo esercizio di un diritto, questo diritto inalienabile che la comunità deve garantire ai soggetti deboli, bisogna anche fare alcune altre precisazioni. A me sembra che l'idea del Governo di proporre per delega la riforma dell'assistenza, e di farlo entro brevi periodi, è una cosa assolutamente positiva perché questo è un settore - onorevoli colleghi - che bisogna riformare alla radice.
Il grande sforzo finanziario che molti in quest'Aula hanno anche oggi denunciato non corrisponde effettivamente ad una particolare utilità per i soggetti invalidi che ricevono questo aiuto da parte dello Stato. Stiamo parlando di una pensione - attenzione, onorevoli colleghi - che è di 260 euro mensili per chi ha anche il 100 per cento di invalidità civile. Voi capite bene che con 260 euro mensili uno - se ha lo sfortuna di essere un fumatore - non si compra manco le sigarette. Altrettanto si può dire per l'assegno di accompagnamento: quando una persona totalmente inabile, bisognevole di assistenza continua, prende soltanto 480 euro mensili mi sembra che il discorso possa finire qua.
Allora c'è una contraddizione italiana micidiale. Questa è tutta una finzione. Spendiamo miliardi e miliardi e agli invalidi toccano queste cifre. Bisogna cambiare radicalmente la situazione, e non mi si dica che questo è un fenomeno di adesso, che se ne deve occupare questo Governo, e che fa male il Governo a non occuparsene, perché è un fenomeno trentennale. L'impalcatura di questa organizzazione dello Stato proviene dagli anni Settanta. Dagli anni Settanta in qua ci sono stati Governi di centrodestra, Governi di centrosinistra, di tutti i colori, e nessuno ha avuto il coraggio di incidere in questo settore qua (Applausi della deputata Argentin). Allora, se vogliamo veramente occuparcene, ben vengano alcune linee di fondo.
La prima è di accentrare finalmente in un unico soggetto accertativo ed erogatore tutte le competenze. Questa duplice funzione di ASL e di INPS deve essere assolutamente considerata superata e superabile, e non può essere portata alla lunga perché incide negativamente sulla fruizione del diritto da parte degli invalidi, che non devono essere penalizzati né nel momento dell'accertamento con ritardi, né nel momento della successiva acquisizione del beneficio economico.
Questa è una cosa fondamentale che bisogna fare. Bisogna anche studiare di fare in modo che la riforma introdotta in Costituzione che vede questi settori, questa materia, appannaggio degli enti locali e in primo luogo della regione, non penalizzi ulteriormente gli invalidi. Allora, se noi facciamo le riforme costituzionali dobbiamo sapere quali incidenze avranno sui cittadini e anche sulla vita quotidiana dei cittadini. Vi assicuro che in questo settore le complicazioni per i veri invalidi sono aumentate anziché diminuire. Pag. 30
Cari amici, accolgo molto positivamente l'impegno del Governo di considerare questa partita una partita bipartisan. Rinvio all'esame della riforma che il Governo ci presenterà l'approfondimento di questi temi, però sappiate che noi verremo giudicati, oltre che per tutte le nostre altissime questioni della politica, soprattutto dal grado di risposta che sappiamo dare a questi cittadini. I veri invalidi e i veri validi chiedono a noi di occuparci di questi problemi e noi non li dobbiamo deludere (Applausi).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che, ove venisse approvata la mozione Poli ed altri n. 1-00620, il secondo capoverso del dispositivo della stessa assorbirebbe il primo capoverso della mozione Mosella ed altri n. 1-00630.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Poli ed altri n. 1-00620, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Polledri... onorevole Armosino... onorevole Simeoni... onorevole Grimaldi... onorevole Vignali... onorevole Maran... onorevole Napoli... onorevole Baretta... onorevole Scarpetti... onorevole Cosentino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 496
Votanti 296
Astenuti 200
Maggioranza 149
Hanno votato
296).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Stanislao ed altri n. 1-00622, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Grimaldi... onorevole Polledri... onorevole Lo Monte... onorevole Garagnani... onorevole Vignali... onorevole Franceschini... onorevole Bordo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 225
Astenuti 272
Maggioranza 113
Hanno votato
208
Hanno votato
no 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Miotto ed altri n. 1 -00626, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Polledri... onorevole Grimaldi... onorevole Paolini... onorevole Mazzuca... onorevole Vignali... onorevole Scilipoti... onorevole Bruno... onorevole Cesaro... onorevole Girlanda... onorevole Cicchitto... onorevole Berruti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 230
Astenuti 270
Maggioranza 116
Hanno votato
211
Hanno votato
no 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mosella ed altri n. 1-00630, per le parti non assorbite, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 31

Onorevole Luciano Rossi... Onorevole Cesaro... Onorevole Rampelli... Onorevole Vignali... Onorevole Gava...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 277
Astenuti 218
Maggioranza 139
Hanno votato
257
Hanno votato
no 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Reguzzoni, Cazzola, Moffa ed altri n. 1-00682, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Polledri... Onorevole Grimaldi... Onorevole Mazzuca... Onorevole Scandroglio... Onorevole Nola... Onorevole Scilipoti... Onorevole Gnecchi... Onorevole Vignali... Onorevole Gava...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 498
Votanti 293
Astenuti 205
Maggioranza 147
Hanno votato
286
Hanno votato
no 7).

Secondo le intese intercorse, è rinviato ad altra seduta l'esame degli altri argomenti iscritti all'ordine del giorno che prevedono votazioni.
Ho una serie di interventi sull'ordine dei lavori che, purtroppo, non posso fare svolgere perché in concomitanza con la convocazione dell'Ufficio di Presidenza: pertanto, tali interventi sono rinviati al pomeriggio. Vuol dire che, invece che a fine seduta, il Presidente di turno li farà svolgere alla ripresa della seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 14,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Brugger, Brunetta, Caparini, Cicchitto, Crimi, Dal Lago, Della Vedova, Fava, Franceschini, Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lo Monte, Martini, Misiti, Moffa, Leoluca Orlando, Pisacane, Reguzzoni, Roccella e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,31).

AMEDEO LABOCCETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto, desidero chiedere scusa al Presidente Bindi per il mio tono di questa mattina: lo dico sinceramente, sono molto rammaricato. Tuttavia, devo fare una premessa, che è la seguente.
Io non ritengo che i presidenti dei gruppi, onorevole Bindi, abbiano un diritto superiore rispetto agli altri deputati: è il mio punto di vista. È come dire che, poiché per un gruppo, ad esempio il Partito Democratico, ha parlato l'onorevole Pag. 32Franceschini, non possa parlare, ad esempio, l'onorevole Massimo D'Alema.
Detto questo, veniamo al punto. E mi scuso ancora, signor Presidente, ma, in questo momento, anzi, questa mattina, mia figlia si è laureata a Napoli, all'università Federico II, discutendo una tesi - guardi che strana coincidenza - intitolata: «Lobby e partiti politici». Questa notte ho pensato molto alla tesi di mia figlia.
Io sono qui, anche perché ieri avrei voluto dire alcune cose, ma diciamo che i tempi non me lo hanno consentito; in seguito, però, il Presidente Fini, correttamente, mi ha permesso di consegnare l'intervento, che oggi vedo fedelmente riprodotto sul bollettino della Camera. Anzi, non si chiama bollettino, come si chiama?

ANGELO COMPAGNON. Resoconto parlamentare!

AMEDEO LABOCCETTA. Resoconto parlamentare. Chiedo scusa, ma io sono un neofita! In seguito, però, il Presidente Fini ha messo in atto un'attività, dal mio punto di vista, molto discutibile sul piano politico e regolamentare. Ieri, il Presidente della Camera dei deputati ha commesso, a mio modo di vedere, un grave errore: ha permesso che si svolgesse in maniera palese una votazione che doveva restare segreta. La votazione di ieri, a mio avviso, va annullata e va ripetuta. La votazione di ieri, a mio avviso, è nulla.
Signor Presidente, io presenterò un esposto alla procura della Repubblica di Roma e al Consiglio superiore della magistratura, perché si valuti se, ieri, vi siano state evidenti illegalità o irregolarità, o se siano stati commessi reati in quest'Aula. Questa volta andrò io dai magistrati, sempre con grande rispetto e con grande serenità.
L'onorevole Franceschini, ieri - e l'ha pubblicamente confessato - utilizzava un artifizio, metteva in opera un raggiro, violava lui i Regolamenti e, forse, anche una legge dello Stato. E il Presidente della Camera - non so ancora se volontariamente o involontariamente - glielo ha consentito.
Signor Presidente, onorevole Bindi, alla luce di tutto ciò, poiché siamo nell'immediatezza del voto, chiedo che la Presidenza autorizzi la ripetizione del voto stesso. La votazione di ieri andava bloccata immediatamente: il Presidente della Camera doveva farlo subito, ma non lo ha fatto, portando così tutta l'Assemblea a seguirlo nel suo grave errore.
L'errore - chiamiamolo così - ha provocato la privazione della libertà di un parlamentare; l'errore - chiamiamolo così - portava il Presidente della Camera a comunicare l'esito della votazione illegittima alla procura della Repubblica di Napoli, che disponeva l'invio dei finanzieri a Roma per far arrestare l'onorevole Papa. Dal mio punto di vista, l'arresto è viziato da colpa grave di un'istituzione dello Stato. Credo che di questa materia debba occuparsi anche il Presidente della Repubblica, che andrò ad interessare.
Questo è il mio personale pensiero, che non impegna certamente il mio gruppo di appartenenza, ma, in piena coscienza, desideravo dire queste cose, a prescindere da ogni giudizio politico, etico e morale nei confronti dell'onorevole Papa. Io non ho alcun particolare feeling nei riguardi e nei confronti dell'onorevole Papa. Però, o l'onorevole Papa è il più grande bugiardo che io conosca, o è pazzo, o vi è qualcosa che non va.
Leggo dalle agenzie una dichiarazione di questa mattina del procuratore capo di Napoli, Lepore, che dice così: Papa non ha mai chiesto di essere sentito. Cosa vuol dire? Che se l'avesse chiesto l'avrebbero subito ascoltato e, forse, non arrestato? È tutta una vicenda che, secondo me, va chiarita e, vista la dichiarazione del procuratore capo Lepore, invito sempre Lepore a disporre subito l'interrogatorio dell'onorevole Papa. Gli avvocati possono insegnarmi che l'interrogatorio può avvenire entro cinque giorni; a me risulta sia stato fissato - lo leggo dalle agenzie - per sabato mattina. Se vi era tutto questo interesse ad arrestare Papa, perché non lo si interroga oggi, anziché aspettare sabato mattina? Vi era tutta questa urgenza? Pag. 33
Concludo, il voto di ieri è stato devastante, ha aperto un clima di veleni, signor Presidente: chi ha votato per l'arresto? Chi non ha fatto questa operazione? Chi l'ha fatta? Chi ha fotografato? Chi ha dimostrato che il voto avveniva in un certo modo? Non è certo cosa da poco. Chiedo un'ultima cosa attraverso questo intervento, e lo chiedo al presidente Pisanu, presidente della Commissione antimafia, al quale chiedo, signor Presidente, onorevole Bindi, di convocare ad horas la Commissione antimafia. Abbiamo sempre denunciato che le mafie controllano i voti con vari sistemi: possiamo noi dare l'esempio, come Parlamento, che controlliamo i voti con artifici e sistemi vari? È un esempio educativo che può dare lo Stato italiano, attraverso il Parlamento, agli elettori? I magistrati, giustamente, arrestano i camorristi che si mettono d'accordo per il gioco delle preferenze, i quali, poi, chiedono la prova o con fotografie o con sistemi particolari.
Credo che in quest'Aula, ieri, sia avvenuto un fatto molto grave, e chiedo che venga riunito subito l'Ufficio di Presidenza per valutare quello che è successo. So che vi è stata già una riunione, ma credo che ne dovrete fare ancora qualche altra (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Laboccetta. Per quanto riguarda il merito del suo intervento, vale quello che ho detto questa mattina interloquendo con i suoi colleghi che hanno toccato lo stesso argomento. La ringrazio per le scuse che ha voluto rivolgere alla mia persona e, naturalmente, io le formulo nei suoi confronti e nei confronti di tutti i colleghi, se vi è stato da parte mia un comportamento, nel dirigere i lavori, che possa essere ritenuto non rispettoso delle persone, perché quella non era, evidentemente, la mia intenzione.
Per quanto riguarda la parola data ai presidenti di gruppo, lei capisce bene che la richiesta di un presidente di gruppo significa che egli parla a nome del gruppo e non a titolo personale, questo non significa non poter intervenire a titolo personale.
Questa mattina ho deciso, a un certo punto, di interrompere, perché spetta alla Presidenza ordinare i lavori e, quando vi sono dei punti all'ordine del giorno, quelli hanno una priorità e, come poi lei sa, gli interventi sull'ordine dei lavori andrebbero svolti a fine seduta.

AMEDEO LABOCCETTA. Accetto serenamente.

PRESIDENTE. Quindi, su questo punto lei ha atteso, ha svolto il suo intervento e le problematiche sollevate saranno oggetto di valutazione nella sede propria. Tuttavia, colgo l'occasione anche per formulare gli auguri a sua figlia, che si è appena laureata.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, questa mattina lei ha deciso di richiamarmi all'ordine, probabilmente perché ero un pochino agitato. Io ero agitato, però, per un fatto molto preciso: avevo chiesto di parlare quando l'Aula era ancora deserta, avevano svolto il proprio intervento dieci oratori, sono venuto sotto il banco della Presidenza e lei mi ha riso in faccia.
Lei, può darsi, che volesse essere più ironica, meno ironica, ma io l'ho presa come un'offesa personale. Chiedevo soltanto di poter parlare un minuto. È vero che vi sono i presidenti di gruppo, ma vi è anche il diritto di poter intervenire su un tema così importante. Un minuto, a un parlamentare, di potersi esprimere, su cose diverse, tra l'altro, di quelle che erano in discussione, forse era dovuto. E voglio sperare che non l'abbia fatto apposta, però questo era il motivo della mia esasperazione.
Detto questo, sottolineo tre aspetti, che tuttora sono da chiarire. Innanzitutto, la Pag. 34collega Lanzillotta, stamattina, in apertura di seduta, ha detto: era accesa la mia luce, non risulta dalle votazioni. Amici, ma questo è gravissimo. O si sbaglia la Lanzillotta e, involontariamente, la luce si era spenta, o, se una parlamentare dice che ha votato e che era accesa la sua luce, il voto, non si capisce come mai, è stato attribuito o non è stato attribuito? Come è andata?
Questo è un aspetto molto grave, perché mi chiedo: ieri il mio voto è stato registrato in modo giusto? Non lo so. È una problematica seria in una votazione segreta, perché non vorrei che, come qui si riesce a criptare tutto (addirittura i google dei siti esteri), qualcuno di fatto non possa anche andare a controllare. Mi sembrerebbe strano che non sia controllabile poi effettivamente il voto espresso dai parlamentari per voto segreto. Signor Presidente, è molto serio quello che sto dicendo.
Il secondo aspetto riguarda i voti di astensione. Se c'è un tema sul quale molti di noi ieri erano perplessi era questo. Non è giusto che, quando c'è il voto segreto, se uno si astiene esca la pallina bianca. Non è giusto perché anche questa è un'espressione di voto, soprattutto in un caso come quello di ieri, dove oggettivamente credo che tre quarti del Parlamento non avessero in mano le carte obiettive per poter giudicare e alla fine si giudica secondo una sensazione o ordini di partito.
È inammissibile, come ho già detto altre volte. Quando si vota con scrutinio segreto a maggior ragione anche l'espressione del voto di astensione è importante. Ieri Papa è stato condannato per 13 voti. Se ci fossero state 27 persone che nel loro intimo avessero voluto astenersi (magari da una parte o dall'altra) non ci sarebbe stato questo risultato perché sono stati 13 i voti che hanno determinato il futuro di una persona.
Ma come è possibile che ieri (come anche le altre volte) sia stato espresso il voto di astensione - ho finito - in questa situazione? È un aspetto importante. Infine, vi sono altri due aspetti gravi. Non è possibile che ieri, durante la votazione, scattassero i flash. Sono stati visti i flash accesi delle macchine fotografiche e dei telefonini e la Presidenza non è intervenuta.
Allo stesso modo, non è più possibile, come parlamentare, che da un certo angolo venga fotografato, mentre adesso sono seduto qui e non riescono a fotografarmi; prima ero seduto lì e una volta sono andato sui giornali perché stavo facendo i giochini. E allora? Non erano cose pornografiche, era una giornata in cui ci saranno state otto ore di discussione, e allora? Uno non è libero di passare il tempo? Lo dico molto tranquillamente, ma non è giusto, perché poi salta fuori che uno non fa niente.
Io sono, secondo Openpolis, il cinquantatreesimo parlamentare in termini di attività che svolge, con un indice di produzione che è tre volte la media dell'Aula, eppure passo - perché poi dopo ti identificano - come un nullafacente e questo non è giusto.
Allora, siccome penso che in democrazia sia giusto fotografare, la Presidenza deve però imporre regole sulle modalità con cui vengono ripresi i lavori d'aula. Perché se uno si mette le dita del naso non è detto che debba stare tutto il giorno a mettersi le dita nel naso, ma poi escono fuori le fotografie in cui il parlamentare viene identificato e passa come quello che si mette solo le dita nel naso.
Questo non è corretto, quindi bisogna intervenire su tale aspetto. Scusi, signor Presidente, la sto tirando troppo lunga e non voglio mancare di rispetto per cui concludo, però veramente ci sono situazioni che non sono più corrette e non entro nel merito del discorso del collega Franceschini, perché, a mio avviso, è una cosa di un'enorme gravità e la Presidenza della Camera ha il dovere di intervenire.
Forse anche lei, come deputata, è stata ripresa ieri dalla Presidenza della Camera e non si fa così con i Vicepresidenti, però mi meraviglio che nessuno abbia detto nulla quando apertamente il capogruppo del Partito Democratico ha condizionato sicuramente psicologicamente decine e decine di parlamentari. Perché alcuni colleghi Pag. 35del suo gruppo, li ho sentiti io stesso stamattina, non erano molto teneri con il loro capogruppo, lo dico con lealtà.
Ho terminato, signor Presidente. Se non difendiamo anche la forma all'interno di quest'Aula, veramente questo Parlamento perde ogni sua credibilità dentro e fuori l'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera, se lei ha interpretato come irriverente il mio sorriso, davvero non lo era. È stato un momento abbastanza complicato e non è che ho fatto una gerarchia sugli interventi, ma ho seguito la regola dei capigruppo, di un deputato per gruppo, per di più alternando, sapendo bene che ci sarebbero stati interventi che avrebbero richiesto una verifica sul voto segreto di ieri e interventi che, invece, lo avrebbero difeso.
Per quanto riguarda il sistema di votazione, è stato segnalato e va assolutamente verificato che cosa sia successo ieri nel caso della collega Lanzillotta.
Per quanto riguarda le fotografie, essendone stata io stessa in qualche modo vittima (per fortuna in uno scambio in qualche modo affettuoso con un collega del gruppo della Lega), so bene che cosa vuol dire per chi si trova collocato in un certo punto dell'aula rispetto ai fotografi, perché rischia di non veder rispettati neanche i suoi aspetti assolutamente personali, quindi anche questo tema va sicuramente affrontato.

GIOVANNI DIMA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIMA. Signor Presidente, sarò ovviamente molto breve, non fosse altro che i colleghi che mi hanno preceduto hanno in parte sottolineato tutto ciò che volevo dire. In modo particolare, signor Presidente, la questione dei flash e delle fotografie è un fatto gravissimo perché è strettamente collegato alle affermazioni del capogruppo del Partito Democratico. Nel momento in cui è stato effettuato il voto in quest'Aula, si sono viste decine di flash fotografici, soprattutto dai banchi del centrosinistra e del Partito Democratico in modo particolare.
Sottolineo ciò perché è strettamente collegato alle esplicite affermazioni del capogruppo del Partito Democratico, il quale ha detto di avere strumenti palesi per significare all'Aula, al Parlamento, al Paese qual è la posizione del voto dei rappresentanti e dei parlamentari del Partito Democratico. E mi sono posto una domanda molto semplice, se non fosse appunto la fotografia attraverso il telefonino il modo palese per controllare il voto dei singoli parlamentari.
Allora, a questo punto, visto che in passato sono state anche aperte una serie di indagini nel momento in cui abbiamo visto, in consultazioni elettorali, amministrative, politiche, qualcuno che si recava alla cabina elettorale con la macchinetta fotografica o addirittura con il telefonino, mi pongo una questione molto semplice. Presidente Bindi, mi chiedo cioè se non sia necessario - a questo punto, assolutamente necessario - aprire un'indagine interna alla Camera dei deputati attraverso la rivisitazione o la visione del filmato dell'Aula che, in altre circostanze, l'Ufficio di Presidenza ha preso in esame per effettuare le dovute verifiche, quando vi è stato il momento di verificare i tumulti in Aula e quindi la responsabilità dei singoli parlamentari. Mi chiedo se a questo punto non sia necessario aprire un'indagine, non fosse altro - se ho capito bene - che l'Ufficio di Presidenza, che già si è riunito per la questione sollevata stamattina e da noi ripresa nel pomeriggio, non ha concluso i sui lavori.
Pertanto, se stamattina ho insistito molto nel volere intervenire era perché volevo collegare il mio intervento all'imminente riunione dell'Ufficio di Presidenza. Sono confortato dal fatto che l'Ufficio di Presidenza non ha completato questo lavoro, per cui chiedo formalmente alla Presidenza della Camera dei deputati di aprire un'indagine sul momento in cui si è votato ieri per verificare appunto gli scatti fotografici e per chiedere a quel punto ai deputati, che hanno utilizzato il Pag. 36telefonino per poi dimostrare, non so quando e in quale circostanza, la loro espressione di voto, per quale motivo lo hanno fatto e soprattutto se ciò non è strettamente collegato alle affermazioni gravissime del presidente del gruppo del Partito Democratico Franceschini (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Dima, volevo rassicurarla sul fatto che naturalmente l'Ufficio di Presidenza non ha assolutamente concluso l'approfondimento di tale questione, anzi è stato prevalentemente impegnato sul tema del bilancio della Camera, quindi la sua richiesta, anche se avvenuta nel pomeriggio, potrà sicuramente essere presa in considerazione. Ciò che ci tengo a precisare da subito, perché è tornato il tema della validità del voto, è che il voto è stato regolarmente proclamato e quindi, ai sensi dell'articolo 57 del Regolamento, deve ritenersi valido.
Do adesso la parola all'onorevole Cazzola, che so toccherà un argomento diverso da quello sin qui trattato e dopo passiamo all'ordine del giorno che prevede lo svolgimento di interpellanze urgenti. Ha facoltà di parlare, onorevole Cazzola.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, come lei ha detto, io parlerò di altri temi, di altre cose, e la ringrazio della sua cortesia per avermi dato la parola per parlare appunto di queste questioni. Voglio ricordare che oggi ricorre l'anniversario della morte di Giuseppe Federico Mancini, che è sicuramente uno dei più grandi giuslavoristi italiani.
Allievo di Enrico Redenti e di Tito Carnacini passò dagli studi della procedura civile a quelli di una nuova materia, quale era il diritto del lavoro nell'immediato dopoguerra: una materia che nasceva allora oberata ancora dai vincoli della cultura corporativa, che pure aveva inquadrato il diritto del lavoro all'interno di una particolare organizzazione dello Stato di cui nessuno ha dei rimpianti e che muoveva i suoi primi passi nel discrimine tra il diritto privato e diritto pubblico. Si tratta di una materia che poi, anche grazie a giuristi come Mancini, Gino Giugni e tanti altri, ha avuto quel peso e ha suscitato quelle passioni nell'ambito della cultura giuridica che tutti conosciamo oggi.
Mancini è stato il fondatore della scuola di diritto del lavoro di Bologna di cui fanno parte alcuni tra i più grandi giuslavoristi italiani. Molti di questi sono anche scomparsi. Cito Ghezzi, Montuschi, Carinci, Romagnoli o più giovani come Alleva, Mariucci e lo stesso Marco Biagi: un florilegio di culture e di orientamenti, anche politici, diversi che fanno la ricchezza di questa scuola. Fu poi per molti anni membro del Consiglio superiore della magistratura. Trascorsa questa esperienza, fu al centro di una vicenda molto triste ai tempi della Prima Repubblica, perché gli fu negata l'elezione alla Consulta nonostante il suo partito (il Partito Socialista) lo avesse proposto per molte volte.
Negli ultimi anni della sua vita si trovò a ricoprire incarichi in un contesto europeo nel senso che fu prima componente e poi presidente dell'Alta Corte di giustizia dell'Unione europea. Non ho altro da aggiungere, se non dire che - proprio perché sono stato non solo suo allievo, ma anche suo amico - sono orgoglioso di averlo potuto ricordare in quest'Aula.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cazzola.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito al commissariamento dell'Agea - n. 2-01146)

PRESIDENTE. L'onorevole Marco Carra ha facoltà di illustrare l'interpellanza Oliverio n. 2-01146, concernente chiarimenti in merito al commissariamento Pag. 37dell'Agea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

MARCO CARRA. Signor Presidente, leggo testualmente i primi due capoversi della nostra interpellanza urgente: il 23 giugno 2011, su proposta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stati sciolti gli organi statutari dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) ed è stato nominato un commissario straordinario. Il Ministro ha reso noto che il commissariamento si è reso necessario e non più rinviabile a seguito degli accertati e reiterati inadempimenti da parte degli organi di Agea, che non hanno provveduto alla nomina del direttore generale, nonché a seguito di varie inadempienze amministrative e gestionali che hanno comportato anche ripetute segnalazioni da parte dell'Unione europea.
Signora Presidente, signor sottosegretario, a noi questo commissariamento è risultato e risulta ancora oggi incomprensibile o fosse è fin troppo comprensibile. Non lo diciamo sulla base di argomentazioni campate in aria o strumentali ad una polemica politica fine a se stessa, ma lo diciamo perché anzitutto lo avete detto voi e cioè da quando abbiamo discusso in XIII Commissione (Agricoltura) - non molto tempo fa - un disegno di legge che prevedeva il recupero dei programmi di sviluppo rurale alla presenza del presidente di Agea ed è stato in qualche modo sbandierato come una grande vittoria il fatto che si fosse potuto adempiere a tutti i programmi grazie all'intervento di Agea. Quindi, sembrava che tutto funzionasse per il meglio. Questo lo abbiamo sottolineato recentemente attraverso il nostro capogruppo in Commissione anche qualche giorno fa quando abbiamo audito il Ministro Romano.
Secondariamente il 31 maggio scorso (cioè non un secolo fa) lei stesso, signor sottosegretario, rispondendo ad una opportuna interrogazione dell'onorevole Zucchi sui ritardi nell'approvazione dei bilanci di Agea, ha dichiarato che tutto andava bene.
Il bilancio preventivo 2011 era certamente stato approvato in ritardo, cioè il 21 dicembre dell'anno scorso, ma in ragione di una serie di fisiologici accertamenti ed approfondimenti e in ragione del fatto che per quanto riguardava i conti FEAGA del 2009 si era riscontrato un errore materiale che ha necessitato di alcune rettifiche. Nessun rilievo particolare è stato accertato dalla Commissione europea, la quale ha inoltre approvato la liquidazione dei conti dell'organismo pagatore Agea, relativi sia al FEAGA sia al FEASR, per l'esercizio finanziario dell'anno scorso, il 2010, e tale approvazione è avvenuta il 29 aprile 2011.
Pertanto, Agea - e queste sono cose che ha sostenuto anche lei, signor sottosegretario - avrà avuto sicuramente dei problemi ma sia voi sia la Commissione europea avete certificato il sostanziale buon funzionamento. Allora, che cosa è accaduto il 23 giugno scorso quando, appunto, Agea è stata commissariata? Perché si è deciso di commissariare Agea, peraltro togliendo - diciamocelo - una persona - sto pensando al presidente - espressione di questa maggioranza? La motivazione ufficiale, come ho letto prima, è scritta in modo estremamente chiaro nella nostra interpellanza urgente. Si tratta della mancata nomina del direttore generale poiché per quanto riguarda la seconda parte della vostra motivazione, cioè le inadempienze riscontrate anche dall'Unione europea, è ampiamente dimostrato, come peraltro ha affermato anche lei, che non è così.
Da questo punto di vista rileviamo - e lo voglio ribadire nella nostra interpellanza urgente - un punto particolare relativamente al commissariamento e cioè - e anche in questo caso leggo testualmente - che «il consolidato orientamento giurisprudenziale pur indicando nella situazione di paralisi degli organi di un ente vigilato un caso di legittimazione per un provvedimento di commissariamento, tuttavia ribadisce l'obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento di Pag. 38commissariamento, dovendosi sempre garantire l'effettività del contraddittorio pur in presenza di presunti indici di inerzia degli organi stessi».
Tutto questo non è avvenuto ed è l'ulteriore dimostrazione che questa motivazione non regge. Da questo punto di vista mi aggancio subito al primo dei tre quesiti che poniamo e cioè quali disposizioni siano state impartite dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali al presidente e ai consiglieri di amministrazione di Agea relativamente alla nomina del direttore generale. Dopodiché, pensiamo che tutto ciò sia accaduto in relazione all'ormai annosa vicenda delle quote latte e, in particolare, al pagamento delle multe, questione che avete riaperto un paio d'anni fa (allora era Ministro Zaia). Siamo, quindi, convinti che questo commissariamento sia giunto dopo un periodo di grande tensione tra i vertici di Agea, alcuni componenti del Governo e gli allevatori stessi. Non ci sfugge il fatto che una parte di coloro i quali non hanno appunto inteso aderire ai programmi di rateizzazione per il pagamento delle multe siano, in qualche modo, vicini a una forza politica di maggioranza, in particolare alla Lega Nord Padania. Tuttavia, voglio ricordare che i mancati pagamenti stanno generando dei costi ingenti nel bilancio pubblico, pari a circa due miliardi di euro, senza evidentemente contare le sanzioni che sicuramente giungeranno dalla Comunità europea, visto che proprio la stessa Commissione europea poco tempo fa - la direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione europea - ha inteso manifestare forte preoccupazione per la gestione che questo Governo sta portando avanti in materia di riscossione delle multe.
A questo va aggiunto, credo per amore di verità, che la stragrande maggioranza dei produttori, come è noto ma intendiamo ribadirlo, ha viceversa deciso di aderire ai programmi di rateizzazione previsti dalla legge n. 119 del 2003, che tutti abbiamo sostenuto, e questa parte cospicua degli allevatori ha investito circa un miliardo di euro per acquistare le quote necessarie e, quindi, per mettersi di regola.
Noi pensiamo che ci sia questo dato e cioè che il tema che ha portato al commissariamento sia questo. A tal proposito, registriamo anche un dato estremamente preoccupante, che sta accadendo nell'ambito del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali: stiamo assistendo alla nomina di persone che, dal nostro punto di vista, devono corrispondere squisitamente agli ordini che vengono loro impartiti dalla maggioranza e, appena qualcuno tenta di esercitare la propria funzione in autonomia e in ottemperanza alle leggi vigenti nazionali e comunitarie, si assiste all'epurazione.
È giusto ricordare che il presidente del consiglio di amministrazione di Agea aveva inteso avviare, attraverso Equitalia, una procedura energica di riscossione delle multe e che la maggioranza, attraverso la votazione della manovra qualche giorno fa, ha inteso liberare le cosiddette ganasce di Equitalia da questi produttori che non stanno rispettando le leggi, in barba a tutti coloro i quali, viceversa, si sono indebitati per rispettarle. È questa, dal nostro punto di vista, la ragione sostanziale di quanto avvenuto. Per questo - dicevo prima, in modo un po'paradossale - è assolutamente comprensibile il commissariamento di Agea.
Penso sia giusto sottolineare un altro aspetto, che va al di là dell'interpellanza urgente in quanto tale, ma attiene ad un'interrogazione che abbiamo presentato in riferimento alla quale ci aspettiamo una risposta piuttosto celere: se è vero che, in materia di quote latte e di quantità di produzione, dalle indagini del nucleo dei carabinieri del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - come affermano due autorevolissimi Ministri di questo Governo, cioè gli onorevoli Bossi e Calderoli - risulta che in tutti questi anni non si è mai superata la quota che ci è stata assegnata dall'Unione europea, è bene che il Governo si attrezzi e inizi ad adoperarsi per restituire tutti i soldi che sono stati pagati, dal 2003 in avanti, dai Pag. 39produttori che hanno inteso mettersi in regola.
Non è una provocazione, ma delle due l'una: non ci può essere il più fesso che si indebita, che paga e che rispetta le leggi e il più furbo che, viceversa, in virtù di una copertura politica, può permettersi di fare il buono e il cattivo tempo. Delle due l'una: o i soldi vanno restituiti a tutti, o altrimenti tutti devono assolutamente pagare.
Queste sono le considerazioni che intendevamo portare all'attenzione del Governo e dell'Assemblea relativamente a questo fatto accaduto alcune settimane fa. Esso - lo ripeto - appare nella sua forma incomprensibile perché le motivazioni formali, come è stato ampiamente dimostrato in base a fatti inoppugnabili, non reggono. Noi pensiamo che tutto questo sia accaduto per ragioni di sostanza che attengono al mantenimento di una rete di protezione nei confronti di uno sparuto gruppo di produttori.
Questi sono i quesiti che le sottoponiamo - lo ripeto - oltre a quello, cui facevo riferimento prima, volto a comprendere quali disposizioni sono state date da parte del Ministro relativamente alla nomina del direttore generale.
Chiediamo quali siano state le motivazioni che hanno determinato l'urgenza dello scioglimento degli organi statutari di Agea e se il commissariamento possa essere ricondotto alla posizione di fermezza che l'Agenzia ha avuto nell'esigere il pagamento delle multe delle quote latte, così come previsto dalla legislazione vigente. Da ultimo, chiediamo quali direttive siano state impartite al commissario straordinario per assicurare la piena e funzionale gestione di Agea.
In sostanza, vi chiediamo ancora una volta (fino ad oggi non abbiamo ottenuto risposta) di essere su questa materia i primi a rispettare le leggi vigenti in nome della trasparenza e del rispetto dei cittadini italiani che, attraverso le tasse, devono sobbarcarsi il peso di vostre scelte sbagliate, in nome di quei produttori che - lo ripeto - sono la maggioranza e hanno, in questi anni, rispettato lodevolmente le regole e le leggi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Roberto Rosso, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO ROSSO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, mi atterrò strettamente e rigidamente al testo concordato con gli uffici così da evitare fraintendimenti, confusioni e soprattutto atteso che risulta chiara la possibilità preannunciata da taluni di iniziative giurisdizionali che obbligano a mantenere una linea di doverosa misura.
In ordine alla paventata possibilità che i debitori per prelievi supplementari non siano sottoposti ad esecuzione - di cui parlava adesso l'onorevole Carra - è evidente che tali soggetti saranno escussi secondo i meccanismi vigenti di riscossione come previsti e indicati dalla legge.
In relazione alle ragioni del commissariamento di Agea esse sono indicate chiaramente nel provvedimento, si tratta di motivi condivisi dal Capo del Governo e che il Ministro ha già illustrato in una precedente audizione congiunta del 6 luglio 2011, al provvedimento pertanto mi rimetto. Il provvedimento di commissariamento rappresenta anche le ragioni di urgenza che hanno richiesto di emettere immediatamente l'atto senza la previa comunicazione all'interessato come prevede anche l'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

PRESIDENTE. L'onorevole Zucchi, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ANGELO ZUCCHI. Signor Presidente, devo dire che è perfino imbarazzante la risposta che abbiamo avuto e commentarla, quindi mi si consenta di dire che noi da subito abbiamo ritenuto poco chiare le ragioni del commissariamento di Agea. Voglio ricordare che Agea è l'ente pagatore in agricoltura e muove importi per circa 6 miliardi e mezzo di euro all'anno. Noi non difendiamo il funzionamento di Agea, vogliamo capire che cosa ha portato il Ministro Pag. 40in modo veloce e repentino al suo commissariamento e la poca chiarezza di questa iniziativa non è stata per niente migliorata dalla risposta del sottosegretario. Il Ministro sostiene che si è commissariata Agea perché il presidente di Agea e il consiglio di amministrazione sono stati inadempienti rispetto ad alcune procedure: da una parte non hanno nominato il direttore generale e dall'altra la situazione economica di Agea è poco efficace ed efficiente e avrebbe rischiato di mettere in discussione la sua funzione rispetto ai pagamenti europei.
Voglio ricordare al sottosegretario che il 31 maggio 2011 mi rispose - lo stesso sottosegretario Rosso del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - che dal punto di vista delle procedure economiche e del bilancio di Agea non c'erano problemi nel senso che il ritardo nell'approvazione del bilancio era dovuto a queste tecniche in relazione a un taglio dei trasferimenti statali e che i controlli che la Commissione europea aveva attivato erano controlli di routine, terminati in maniera normale senza che si eccepisse nessun tipo di cattivo funzionamento. Quindi escludiamo che la ragione del commissariamento di Agea possa essere stata per questioni inerenti la situazione economica o la gestione economica dell'ente. Veniamo alla seconda ragione: la mancata nomina del direttore generale. Ho chiesto al Ministro - ma naturalmente non ho ricevuto risposta - se erano mai state date indicazioni precise sui tempi e modi per arrivare a individuare la figura del direttore generale e se si fosse anche verificato da parte del Ministero quali erano state eventualmente le condizioni che non avevano portato alla nomina del direttore generale, così tanto per sapere.
Poiché non abbia ricevuto risposte e ci pare di poter capire che le due motivazioni sono poco sostenibili, incominciamo a pensare male sul commissariamento di Agea, cioè riteniamo che il commissariamento di Agea invece abbia a che fare molto con la questione delle quote latte. Voglio ricordare che ad aprile 2011 in Agea si è svolta l'audizione di un numero di allevatori di Cobas che si sono rivolti al presidente di Agea a cui hanno chiesto la sospensione dell'ingiunzione dei pagamenti trasferiti ad Equitalia, hanno ricevano una risposta negativa perché il presidente di Agea, messo lì dalla Lega Nord Padania, nel frattempo aveva consegnato ad Equitalia quest'ingiunzione di pagamento e ha risposto testualmente: io devo fare rispettare la legge, non mi potete chiedere di fare una cosa che non posso fare.
Uscendo dall'ufficio, i Cobas fanno questa dichiarazione: chiediamo al Ministro Bossi di commissariare Agea. Il Ministro Bossi non fa dichiarazioni, nessuno dice niente, dopo qualche mese commissariamo Agea. C'è una relazione fra una richiesta fatta da qualcuno e una iniziativa evidentemente presa da qualcun altro.
Ma la partita non finisce qui, perché in realtà che cosa troviamo in questa manovra finanziaria? Nel decreto-legge n. 98 del 2011, articolo 39, comma 13, viene stabilito che con apposito decreto sono stabilite le modalità per trasferire le attività di riscossione spontanea o coattiva di entrate erariali diverse da quelle tributarie da Equitalia ad enti e organismi pubblici, quindi in questo caso da Equitalia ad Agea.
Però Agea tra le proprie procedure per poter riscuotere questo credito deve fare riferimento al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639. Questo regio decreto si caratterizza per il fatto che la procedura coattiva non è immediatamente esecutiva. Infatti, essa comincia con l'ingiunzione, su cui il debitore può fare ricorso d'opposizione e l'autorità adita ha facoltà di sospendere il procedimento. Con un semplice ricorso e con un semplice decreto in calce al ricorso si può sospendere il pagamento, che è cosa ben diversa da quello che poteva fare Equitalia.
Quando, invece, Equitalia inizia la procedura coattiva il debitore può fare ricorso solo dopo aver pagato il debito. È molto diverso il procedimento che si sta prefigurando, però a questa operazione manca ancora un tassello: il presidente di Agea. Siccome recentemente quest'ultimo si è Pag. 41dimostrato rigido nel voler far rispettare le regole, forse è meglio che a capo di Agea ci mettiamo una figura più assoggettata ai nostri obiettivi. Allora, si commissaria Agea e si mette a capo probabilmente una figura che potrà agire senza mettere paletti rispetto agli obiettivi che la maggioranza e il Governo si sono dati.
Quali sono questi obiettivi? Allungare ancora il brodo, cioè evitare che questi «splafonatori» restituiscano le multe. Di quanti soldi stiamo parlando in un momento in cui chiediamo ai cittadini italiani di fare i sacrifici sui quali stiamo ragionando e che tutti insieme stiamo chiedendo? Un miliardo 800 milioni di euro. Questa è la questione.
Noi per 800 o 900 «splafonatori», che sono i più ostinati a ritenere di non dover rientrare dal percorso delle multe, stiamo trovando un'ulteriore soluzione che non li costringerà a restituire un euro. Questa è la questione e lo stiamo facendo calpestando qualunque regola e legge di questo Paese. Ci inventiamo delle soluzioni nel momento in cui agli italiani diciamo un'altra cosa, ossia che bisogna fare sacrifici.
Le rammento, signor sottosegretario, che questo miliardo 800 milioni di euro nel frattempo non costituisce un debito verso l'Europa, non è così. L'Europa lo trattiene a monte, non lo eroga attraverso i contributi della politica agricola comune. Vuol dire che questo miliardo 800 milioni di euro nel frattempo lo stiamo pagando tutti, quelli che bevono latte, quelli che non lo bevono e anche quelli che non hanno ancora i denti da latte, signor sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza in relazione alle difficoltà economico-finanziarie dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) fondazione Santa Lucia di Roma, nell'ambito del riordino del servizio sanitario della regione Lazio - n. 2-01145)

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01145, concernente iniziative di competenza in relazione alle difficoltà economico-finanziarie dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) fondazione Santa Lucia di Roma, nell'ambito del riordino del servizio sanitario della regione Lazio (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo brevemente perché non ricordo più se è la settima, l'ottava o la nona volta che affronto, in quest'Aula, l'argomento della fondazione Santa Lucia. Vorrei augurarmi che sia l'ultima, perché si arrivi ad una soluzione definitiva per questa fondazione.
Parliamo di un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) a livello nazionale che si occupa di neuroriabilitazione e di neuroscienze, di un'eccellenza della sanità in una regione dove, purtroppo, non troppo spesso si parla di eccellenza, mi riferisco, ovviamente, alla regione Lazio.
Parliamo di una struttura che ha 750 dipendenti e 450 studenti - che, in accordo con la facoltà di medicina dell'Università di Tor Vergata, studiano presso la struttura stessa materie inerenti le professioni sanitarie - e che è importante non solo e, soprattutto, dal punto di vista sanitario, ma anche da quello sociale.
In quella struttura sono state create riabilitazioni e strutture di sostegno per i giovani diversamente abili. Vi è una squadra di basket che ha vinto campionati italiani per i soggetti diversamente abili a livello nazionale ed europeo, campioni d'Europa più volte. Vi è una struttura di minibasket per bambini dai 9 ai 15 anni che hanno trovato nello sport, in quell'istituto, un motivo in più per sorridere, qualche volta.
Parliamo di una struttura che, grazie alla riduzione delle spese sanitarie, ormai dal 2005 è in perenne affanno. Le tariffe della riabilitazione - il Ministro lo sa meglio di me - sono ferme al 1994, ma, ahinoi, da quell'anno il costo della vita, secondo i dati ISTAT, è aumentato del 43 per cento, il costo del lavoro del 74 per Pag. 42cento e l'inadeguatezza delle remunerazioni dal 2005 ha causato un disequilibrio economico di circa 100 milioni di euro, quasi 100 milioni di euro, che non sono bruscolini, come si dice dalle mie parti. A fronte di questo vi è un'eccellenza nell'assistenza sanitaria e riabilitativa.
Come ho detto più volte, non ho paura a dichiarare che ogni giorno, in quest'Aula, colleghi di tutte le parti d'Italia, poiché sanno che conosco quella struttura, mi interpellano non per avere una raccomandazione, perché lì non vi è raccomandazione, ma per verificare se vi è una chance, una possibilità, per i giovani, per le donne, per le madri e per i padri che in quella struttura possono avere una speranza.
Vorrei anche dire un'altra cosa, signor Presidente, rivolgendomi al Ministro. In questa struttura, contrariamente a quello che succede altrove, vi sono DRG in entrata provenienti dalle altre regioni. Ciò significa che le altre regioni pagano la regione Lazio per i ricoveri che si fanno in quella struttura. Questi DRG - udite, udite - provengono anche da regioni del Nord Italia. Non vi sono soltanto il Centro o il Sud Italia che si rivolgono a quella struttura, perché evidentemente è riconosciuta come un'eccellenza. Di questo dovremmo essere tutti orgogliosi.
Vorrei rivolgermi al Ministro, conoscendo la sua sensibilità, perché non si può andare avanti così. Non si possono organizzare ogni mese una manifestazione o una mobilitazione delle mamme davanti alla regione Lazio sperando di avere la quota che spetta.
Ora non parlo più in veste di parlamentare, ma in qualità di mamma. Ho visto mamme di bambini dai 2 ai 12 anni che ogni giorno vanno presso l'Istituto accompagnando i loro figli, magari prendendo un permesso di lavoro, o a volte rinunciando definitivamente al lavoro, con la speranza che questi bambini, un domani, possano essere in qualche modo autonomi. Provate a dire ad una delle trecento mamme che ogni giorno si recano lì che da domani, «grazie» al taglio della spesa, questa struttura verrà chiusa. Provate ad immaginare che cosa può fare una mamma disperata; ripeto che parlo in qualità di mamma e non di parlamentare. Una mamma disperata perché non vede una via d'uscita per la situazione del proprio figlio può fare qualunque cosa.
Allora, chiedo al Ministro che si arrivi alla definizione di un piano annuale per la fondazione Santa Lucia, così come si è fatto per tante strutture di eccellenza in questa regione.
So bene del debito della regione Lazio: chi parla è stata amministratore di questa regione e, quindi, conosco bene tutta la situazione. Ma, nel momento in cui si decide anche di attuare dei tagli, si deve guardare bene dove si taglia e dove sono gli sprechi, perché di sprechi ce ne sono. Non si può fare di tutta un'erba un fascio.
Concludo ponendo un'altra questione. A tale struttura - ho scoperto questa situazione da poco - si rivolgono anche il Ministero della difesa e l'INAIL e non per casi di persone che vivono nella regione Lazio. Nel Santa Lucia, infatti, si trovano maggiori e militari dell'Esercito italiano, che in occasione di missioni di peacekeeping hanno riportato ferite o amputazioni. In accordo con il Celio di Roma c'è un reparto specializzato per gli amputati, perché ad un amputato va insegnato tutto, anche a ricamminare. Così avviene pure con l'Arma dei carabinieri o altri corpi di pubblica sicurezza, per persone che hanno subito incidenti in attività di servizio. Infine, l'INAIL chiede alla fondazione di ricoverare i propri assistiti - parliamo ovviamente di persone che hanno subito incidenti sul lavoro - con circa 40 pazienti l'anno, affetti da trauma cranico, coma, lesioni del midollo spinale, amputazione degli arti inferiori e gravi traumatismi e plurifratture.
Voglio allora rivolgermi al Ministro ed oltre quanto già chiesto - cioè un accordo quadro, che non sia per un mese o un accordo quadro tampone, ma che sia a lunga durata - voglio chiedere che si possa attuare - cosa che oggi non esiste - un protocollo di intesa tra il Ministero della difesa e l'INAIL con la Fondazione Santa Lucia e che queste prestazioni, che Pag. 43sono extra rispetto ai compiti precipui della fondazione, vengano sostenute extra budget dai ministeri di riferimento.
Credo che sia una misura che dobbiamo per questo tipo di situazioni ai nostri militari ed alle nostre forze dell'ordine e credo che sia anche una misura che dobbiamo ai lavoratori che per gravi incidenti sul lavoro sono costretti a rivolgersi a quella struttura, come atto di giustizia che può fare la politica e questo Parlamento.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, all'onorevole Anna Teresa Formisano vorrei anzitutto rappresentare che condivido la sua analisi riguardo all'eccellenza dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Santa Lucia.
Entro anche io nel merito, visto che come lei ha sottolineato non è il primo atto di sindacato ispettivo sul tema.
Gli attuali termini del contenzioso tra la fondazione Santa Lucia e la regione Lazio sono relativi a tre aspetti: la mancata copertura da parte della regione delle attività svolte, con riferimento alle annualità 2006-2010; il mancato riconoscimento delle tariffe corrispondenti alle attività di alta specialità erogate dalla struttura; la ridefinizione da parte della regione delle tipologie di posti letto, in quanto l'attuale dotazione, suddivisa fra codice 56 e codice 75, viene ritenuta dal Santa Lucia penalizzante, perché implica una riduzione delle prestazioni di alta specialità, in contrasto con quella che il Santa Lucia considera - ed è di fatto - la propria missione istituzionale.
C'è da considerare che con il decreto commissariale n. 9 del 10 febbraio 2011 vengono assegnati 200 posti letto che il decreto commissariale n. 80 del 2010 aveva riservato al codice 75. Con tale provvedimento, oltre ai 160 posti letto del Santa Lucia, si assegnano venti posti letto al San Giovanni Battista e venti posti letto alla casa di cura San Raffaele Cassino, e così risulta coperto l'intero fabbisogno regionale del codice 75.
Per entrare nello specifico del contenzioso, a fronte dell'inasprirsi dei rapporti tra Fondazione Santa Lucia e regione Lazio, il direttore generale della fondazione e la presidente della regione Lazio hanno chiesto la mediazione del Ministero della salute per risolvere il contenzioso di cui sopra.
Considerata la delicatezza e l'importanza della questione, come Ministro ho seguito personalmente gli incontri coordinati dal direttore generale della programmazione sanitaria, e devo dire che questo ha consentito di avvicinare le posizioni e le richieste della fondazione Santa Lucia a quelle che sono le esigenze rappresentate dalle regione Lazio.
Proprio in data odierna, onorevole Formisano, si è tenuto al Ministero della salute l'ultimo incontro con la proprietà della Fondazione Santa Lucia ed è stata identificata una soluzione sostanzialmente condivisa. Si tratta del quarto incontro, cui ho personalmente presenziato, con la fondazione Santa Lucia. Credo che l'intera vicenda si avvii molto brevemente alla concreta soluzione con la firma di un accordo definitivo tra regione Lazio e fondazione Santa Lucia.
Quanto alla richiesta dell'onorevole Formisano di procedere a un convenzionamento extra budget regionale con l'INAIL e il Ministero della difesa, considerata (in quanto ente privato) la caratteristica unica a livello nazionale dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Santa Lucia, sono già state avviate consultazioni con l'INAIL con ottime - devo dire - prospettive di risultato. Mi impegno qui in questa sede ad attivarmi immediatamente per concludere entro breve tempo analoghi accordi a livello nazionale con il Ministero della difesa.

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di replicare.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, tiro un sospiro di sollievo perché le parole che ho appena ascoltato dal Pag. 44Ministro Fazio mi fanno capire che forse è l'ultima interpellanza urgente che io debba fare sul Santa Lucia.
Vorrei ringraziare il Ministro Fazio per aver seguito personalmente questa vicenda. So che il Ministro conosce la struttura, e che anche la sua persona, nella sua veste di Ministro, ha fatto capire a chi non voleva capire che non parliamo di una clinica privata - l'errore di fondo molte volte è stato questo - ma parliamo di una fondazione e di un Irccs che è una struttura completamente equiparata ad una struttura pubblica.
Allora, Ministro, nel ringraziarla affido a lei e alla sua tenacia - ma io vigilerò su questo, stia certo - che anche sulla questione dell'INAIL e sulla questione del Ministero della difesa si faccia un protocollo di intesa direttamente con la fondazione Santa Lucia, perché queste persone, queste categorie possano avere una risposta di eccellenza ai drammi che hanno subito, anche (pensiamo ai militari all'estero) per difendere il nostro Paese. Ritengo che noi glielo dobbiamo, così come lo dobbiamo ai lavoratori che molte volte rischiano la loro vita anche inconsapevolmente e che si trovano a vivere una vita completamente diversa, e senza avere risorse familiari sarebbe veramente impossibile proseguire il percorso di vita.
Credo che questa oggi sia una faccia della buona politica in un momento in cui la politica viene bistrattata a destra e a manca. Mi consenta, Presidente, questa digressione. Oggi si dimostra in questa Aula che quando il bene comune è al primo posto ci si arriva; quando la politica si rimbocca le maniche per trovare una soluzione che realizza un interesse superiore, la politica, quella con la «p» maiuscola, riesce a trovarla.
Spero che presto il Ministro Fazio (io sarò disponibile se lo vorrà) possa andare a visitare quella struttura per verificare e toccare con mano quante persone quotidianamente ne beneficiano, e magari hanno un sorriso in momenti in cui non c'è un barlume di speranza.
In un mondo che corre, corre tanto, e che spesso si distrae rispetto a queste cose, oggi sono soddisfatta della risposta del Ministro, ma vigilerò, Ministro (lei sa bene che lo farò), sulla fine di questo episodio e sul protocollo d'intesa che le ho appena chiesto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

(Elementi in merito all'utilizzo dei fondi assegnati dal Governo per i progetti finalizzati a speciali unità dedicate allo stato vegetativo persistente e alle cure domiciliari - n. 2-01143)

PRESIDENTE. L'onorevole Toccafondi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01143, concernente elementi in merito all'utilizzo dei fondi assegnati dal Governo per i progetti finalizzati a speciali unità dedicate allo stato vegetativo persistente e alle cure domiciliari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, l'interpellanza oggi in discussione è stata firmata da numerosi colleghi, segno che il tema è particolarmente sentito. Si tratta dell'aiuto alle persone in stato vegetativo o di minima coscienza. È un tema che il Parlamento ritiene fondamentale; ne è segno il fatto che la maggioranza, in questa Camera, pochi giorni fa, ha votato il testo di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, testo che rappresenta - lo dobbiamo dire per l'ennesima volta, è importante - un «sì» alla vita e un «no» all'eutanasia. Un «sì» alla vita vuol dire anche e soprattutto, però, un impegno concreto e reale di tutti all'aiuto di persone che si trovano in questo stato e un aiuto alle loro famiglie. È dovere di tutti, non solo ricordare chi si trova in stato vegetativo o di minima coscienza con un pensiero, ma è dovere farlo con un'attività concreta. E, per quanto riguarda la politica, è dovere farlo con leggi e con risorse adeguate. Non a caso, anche il provvedimento sulle DAT, appena approvato dalla Camera, sottolinea, all'articolo 1, che: «la presente legge garantisce (...) politiche sociali ed economiche volte alla presa in Pag. 45carico del paziente(...)», e, di seguito, all'articolo 5 (Assistenza ai soggetti in stato vegetativo) si afferma che l'assistenza sanitaria alle persone in stato vegetativo o aventi altre forme neurologiche correlate è assicurata attraverso prestazioni ospedaliere, residenziali e domiciliari, secondo le modalità previste dall'apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L'assistenza domiciliare, di norma, è garantita dalle aziende sanitarie locali competenti della regione nel cui territorio si trova il soggetto in stato vegetativo.
Sempre all'articolo 5, si precisa che l'assistenza ai soggetti in stato vegetativo rappresenta livello essenziale di assistenza secondo le modalità previste dal predetto decreto.
Signor Ministro, innanzitutto occorre far chiarezza perché, su questo campo, di chiarezza, a volte, non vi è proprio la volontà di farla. Lo stato vegetativo è stato definito in vari modi, equiparandolo anche al coma, ma con il coma, come ora sappiamo, non può essere assolutamente confuso con esso. Indica una condizione clinica in cui il paziente è sveglio, ma non è cosciente. Le condizioni di queste persone possono - adesso lo sappiamo dire con certezza - migliorare, seguendo un percorso di riabilitazione e, per questo, sono necessarie, sia strutture nelle quali possano ricevere assistenza e cure adeguate, sia un intervento attivo della famiglia, soprattutto dopo la fase più acuta. Dico queste cose perché vi è ancora molta confusione sullo stato vegetativo. Il Libro bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza che lei conosce perché è stato presentato, poco più di un anno fa, il 7 giugno 2010, al Ministero della salute, ci dice che, siccome esiste ancora oggi una lacuna formale grave, è tempo di risolverla con un'ufficializzazione, sia nel Servizio sanitario nazionale, che in ambito sociale. Una volta raggiunta la stabilità clinica, le persone in stato vegetativo non vanno più considerate malati o pazienti, bensì persone con gravissima disabilità e, quindi, aiutate come tali, con gli strumenti idonei. In questo percorso, occorre sottolineare che la famiglia è attore principale. Chi finisce in stato vegetativo o di minima coscienza viene aiutato per la gran parte della sua famiglia e, allora, la possibilità che una persona in stato vegetativo torni a casa dipende dalla disponibilità dei suoi familiari a partecipare al lavoro di cure ed accompagnamento. Formarla e renderla partecipe è un lavoro che accomuna associazioni, operatori sanitari e non, volontari.
Sulla necessità di facilitare la domiciliarità per i pazienti occorre dire che i costi sarebbero di gran lunga inferiori anche per le casse del Servizio sanitario nazionale. La famiglia, se ben istruita e supportata, può produrre benefici per tutti: senza dubbio per il paziente che può vivere in un ambiente amico ma anche per il nucleo familiare che con l'ospedalizzazione soffre di un vissuto spezzato e interrotto. Attualmente vi è inoltre una giungla di discrezionalità: ci sono leggi e normative che variano da città a città, da regione a regione e da ASL a ASL e a volte le autorità sanitarie locali le applicano in forma del tutto discrezionale con il risultato che le famiglie hanno l'impressione di vivere come in una giungla di regole in cui vige l'applicazione discrezionale e la scarsa conoscenza.
Nel 2009 il Governo ha varato un piano operativo specifico per stati vegetativi e stati di minima coscienza attraverso progetti regionali finalizzati proprio per speciale unità dedicata allo stato vegetativo persistente e alle cure domiciliari. Il Governo per questo ha destinato 70 milioni di euro all'anno, già da tre anni, alle regioni per l'assistenza di questi pazienti: segni concreti questi di un Governo che sta dando risposte concrete ma occorre fare di più e meglio e per questo con l'interpellanza urgente in oggetto chiediamo al Governo di sapere quali iniziative abbia intrapreso per verificare come sono stati spesi i fondi finora assegnati dal Governo per speciali unità dedicate allo stato vegetativo persistente e alle cure domiciliari; se non sia opportuno prevedere un record dettagliato regione per regione di quali siano le strutture che utilizzano questi finanziamenti, individuando anche strumenti Pag. 46che possano informare le famiglie dell'esistenza di questi fondi e se in base al principio di sussidiarietà non si possano prevedere strumenti tipo voucher, che permettano di destinare direttamente alle famiglie quota parte del finanziamento così come peraltro già stanno facendo con ottimi risultati alcune regioni italiane.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole interrogante per aver sollevato questa importante questione. Come l'onorevole Toccafondi ha accennato, il Governo dal 2009 finanzia, nell'ambito dei fondi vincolanti degli obiettivi di piano, una linea «Promozione di modelli organizzativi assistenziali ai pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza». Questi sono finanziamenti che prevedono un 70 per cento delle risorse assegnate all'inizio della sperimentazione e un 30 per cento a consuntivo sulla base di progetti specifici.
Devo dire che, oltre a questo, altre iniziative sono state realizzate. Il 5 maggio 2011 è stato sancito in sede di Conferenza unificata l'accordo sulle linee di indirizzo per l'assistenza alle persone in stato vegetativo e di minima coscienza. Questo naturalmente già risponde ad alcuni interrogativi dell'onorevole Toccafondi in quanto nell'attuale gestione regionale della sanità evidentemente abbiamo un'autonomia regionale nella quale il Governo interviene con degli accordi Stato-regioni per dare delle linee di indirizzo che riguardano, come vedremo, i quattro punti sollevati dall'interpellanza.
Inoltre nell'anno 2011 è stata confermata la linea progettuale dedicata allo stato vegetativo ma è stato previsto che in questa linea possano confluire, oltre ai 70 milioni previsti per questa linea, anche parte dei 240 previsti per la non autosufficienza e, quindi, estendendo di fatto i finanziamenti a questa linea. Per quanto riguarda le domande specifiche, devo dire che per quanto attiene alla verifica di fondi assegnati alle regioni, attualmente non sono previste da parte del Ministero specifiche iniziative per la verifica dei fondi.
Peraltro, la verifica dei fondi avviene automaticamente al momento in cui avviene il consuntivo ovverosia viene erogato il 70 per cento e il 30 per cento non viene erogato a consuntivo se non sono state effettuate le prestazioni che erano previste.
Quindi, c'è un diniego dell'erogazione della quota residua: noi riteniamo che ciò garantisca, di fatto, che le risorse non vengano sprecate.
Naturalmente, oltre ai profili economico-finanziari, il Ministero si è anche fatto carico di definire, in accordo con le regioni, i percorsi assistenziali idonei a garantire la salute dei pazienti in stato vegetativo, cercando, quindi, di sganciare, di fatto, dalla modalità «per progetti» quella che deve essere un'assistenza da erogare in modo continuativo. A tale scopo, il 5 maggio scorso, in sede di Conferenza unificata, è stato stipulato un accordo recante le linee di indirizzo in materia.
L'obiettivo è quello di mettere a disposizione delle regioni modelli e requisiti organizzativi, anche di eccellenza, che agevolino la realizzazione di percorsi assistenziali conformi alle linee di indirizzo così definite.
È stata dedicata una particolare attenzione - mi riferisco all'accenno alle cure domiciliari - anche al fatto che, nella fase post acuta, sia assicurata l'assistenza nell'ambito di unità dedicate alla neuroriabilitazione intensiva in collegamento con la rete dei centri di riabilitazione e, poi, come dicevo, nella fase «di stato», la previsione di una soluzione di assistenza domiciliare integrata ed anche di un'assistenza residenziale in strutture extraospedaliere.
Per quanto concerne l'opportunità di prevedere un report dettagliato, regione per regione, si precisa che il citato accordo del 5 maggio 2011 prevede proprio l'istituzione di centri o funzioni regionali di riferimento, che hanno una funzione, di Pag. 47fatto, di osservatorio e banca dati, e che sono responsabili del controllo della corretta prassi diagnostico-terapeutica dei vari centri e della raccolta dati.
Quanto all'individuazione di strumenti dedicati all'informazione rivolta alle famiglie dei pazienti in condizioni di stato vegetativo, bisogna evidenziare che un elemento innovativo di grande portata contenuto nell'accordo - come si è visto - è proprio l'attenzione rivolta ai familiari delle persone in stato vegetativo, nella consapevolezza che, non solo il supporto nei loro confronti, ma anche il loro vero e proprio coinvolgimento nella definizione dei percorsi di cura, possa contribuire a migliorare il livello e la qualità dell'assistenza.
In tal senso, l'accordo del 5 maggio stabilisce, da un lato, che in tutto il percorso assistenziale, fin dalle prime fasi, devono essere previste modalità adeguate di informazione e comunicazione con le famiglie, di supporto ai familiari più impegnati nell'assistenza, con particolare riguardo ai caregiver, e, dall'altro lato, impegna le parti a promuovere, a livello nazionale e regionale, adeguate forme di consultazione con le associazioni dei familiari.
Proprio a questo fine, anche aderendo ad un'espressa richiesta da parte delle federazioni delle associazioni, recentemente il Ministero della salute ha invitato gli assessorati regionali a designare un proprio rappresentante con ruolo di referente regionale nei confronti delle associazioni stesse, affinché le associazioni possano avere un interlocutore istituzionale con cui rapportarsi e con cui collaborare nell'ambito dell'attuazione e dell'implementazione dell'accordo.
Infine, per quanto riguarda l'introduzione dei voucher, ci riferiamo, da un lato, alle linee guida, ma dall'altro lato, al concetto di autonomia regionale. Quindi, rappresentiamo che, ferme restando le esigenze di rispetto dell'equilibrio economico, le regioni, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, possano, e anzi, debbano avviare, in base agli accordi, iniziative in questo senso.
Specifichiamo che, nello stesso documento approvato con l'accordo del 5 maggio 2011, si conviene sulla necessità di promuovere forme avanzate di integrazione socio-sanitaria, anche supportate con forme di attribuzione mensile alle famiglie di risorse finanziarie, eventualmente rese disponibili dal sistema regionale dei servizi sociali.

PRESIDENTE. L'onorevole Toccafondi ha facoltà di replicare.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta e ringrazio il Ministro per tutte le risposte che analiticamente ha voluto far pervenire rispetto alle tante domande contenute nell'interpellanza urgente in oggetto. Dunque, il mio ringraziamento non è solo formale, ma anche sostanziale, perché egli ha dato molte risposte.
Penso che queste risposte, anche per mio tramite, per quanto possibile, saranno fatte conoscere alle tante associazioni e alle singole realtà o famiglie, che vivono questa condizione quotidianamente e sanno quanto sia difficile stare tutti i giorni di fronte a questa disabilità.
Innanzitutto sono soddisfatto delle forme di finanziamento che sono rivolte alle regioni, per il 70 per cento con risorse immediatamente destinate ma, con il 30 per cento, a consuntivo e su progetto. Questo è il segno che non sono soldi a fondo perduto alle regioni, ma si tratta di uno specifico progetto da attuare e rivolto, in particolare, agli stati vegetativi e agli stati di minima coscienza. Questo lo dico perché alcune regioni - è noto a tutti, leggendo articoli di organi di stampa - hanno utilizzato e stanno utilizzando - ma hanno i giorni contati - queste risorse anche per tutt'altro.
Sono soddisfatto perché il 5 maggio 2011, con la firma delle linee di indirizzo, si danno criteri oggettivi a tutte le regioni, e questi criteri sono stati stabiliti insieme alle regioni stesse. Sono soddisfatto perché secondo le linee di indirizzo i centri regionali di riferimento potranno verificare come sono spesi questi soldi, e perché Pag. 48nelle linee guida, rispettando l'autonomia regionale, sono caldeggiate forme di aiuto diretto alle famiglie attraverso i voucher, i buoni o la dote.
Questo è un aspetto fondamentale, perché, come sappiamo, questi pazienti, dopo la fase più acuta, sono accuditi con amore e professionalità, soprattutto dalle famiglie, sia all'interno di strutture intermedie sia all'interno della propria abitazione, ma finora erano lasciate sole. Questo Governo ha dato una risposta, da tre anni sta dando una risposta concreta. Penso che con la firma delle linee di indirizzo diamo una risposta a tutto tondo ad esigenze reali e concrete che il nostro Parlamento ben conosce.

(Intendimenti del Governo circa la nomina di un commissario straordinario ai fini del rinnovo del consiglio dell'ordine nazionale dei biologi - n. 2-01162)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di illustrare l'interpellanza Milo ed altri n. 2-01162, concernente intendimenti del Governo circa la nomina di un commissario straordinario ai fini del rinnovo del consiglio dell'ordine nazionale dei biologi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, insieme ai colleghi Moffa e Milo ho sottoscritto questa interpellanza urgente, che riprende un tema che è stato già sottoposto al Ministero della giustizia e, nella fattispecie, ebbi ad ottenere risposte dallo stesso sottosegretario Alberti Casellati.
Si tratta, in sintesi, di mettere in evidenza il termine di una lunga storia, nel corso della quale quest'ordine professionale ha dato corso (o meglio, l'attuale dirigenza) a tutta una serie di infrazioni e a tutta una serie di violazioni, sia della legge generale che dello statuto che disciplina l'ordine nazionale dei biologi, per la verità, fino ad ora impunemente, nonostante che, sia sotto il profilo penale che sotto il profilo della denuncia alla Corte dei conti, nulla è ancora avvenuto.
Per quanto concerne la specifica interpellanza odierna, lamentiamo il fatto che uno degli organi di questo ordine, cioè il consiglio nazionale dell'ordine dei biologi, che funziona in prima istanza da foro interno, abbia annullato tutte le procedure elettorali, con una motivazione assorbente le altre diciotto denunciate in ben cinque ricorsi.
Inoltre, pur giacendo queste sentenze presso gli uffici da poco più di un mese, alcun provvedimento è stato finora assunto ai sensi e per effetto di quanto definisce la legge istitutiva 24 maggio 1967 n. 369.
Sappiamo, inoltre, che pur essendo stata disposta, in epoca ovviamente successiva alla presentazione della nostra interpellanza urgente, un'ipotesi di schema di decreto per il commissariamento, questo si è arenato per un'impugnativa avverso ad una delle cinque sentenze rivolte al TAR che ha dato luogo ad una sospensiva inaudita altera parte di questa specifica sentenza.
Ora, è bene qui precisare al Governo che la competenza è assolutamente del tribunale civile, tant'è che in sede di seconda istanza il tribunale competente all'esame del ricorso è la sezione speciale presso il tribunale di Roma, con la composizione di un collegio che all'uopo dovrà essere formato per la valutazione delle motivazioni che i ricorrenti vorranno far pervenire.
Per cui ci troviamo di fronte ad una strumentale tattica per un ulteriore intervento dilatorio perché non si applichi nell'immediato, forse nell'attesa dell'imminente pausa ferragostana, e non si dia corso al commissariamento dell'ordine e quindi alla procedura prevista affinché presso questo ordine professionale si possano svolgere, in un clima di controllo, di certezza del diritto e di trasparenza le operazioni di voto.
Ricordo che è un ordine che ha una sua peculiarità, che è un ordine centralizzato e che, pur avendo ben 45 mila Pag. 49iscritti nell'albo dei votanti, sono risultati validi poco più di 2.400-2.500 voti, perché vige il voto per corrispondenza.
Abbiamo lamentato, tra l'altro, tutta una serie di aspetti: il mancato o tardivo invio delle schede agli aventi diritto, la mancanza dell'uso di posta raccomandata (quindi senza la possibilità di controllare l'invio), il fatto che sono state escluse migliaia di buste, perché sono state aperte e sono state (credo) private del documento di riconoscimento, il fatto che sono state consegnate già aperte al seggio elettorale e il fatto che, contrariamente a quello che impone la legge, centinaia di schede non risultano votate con il nome e il cognome del candidato, come la legge precipuamente e tassativamente impone, ma addirittura con il numero di codice di iscrizione all'ordine.
Sembra quasi che sia possibile ricordare non quindici nomi e cognomi, ma addirittura 15 codici da sette cifre ciascuno, come se i biologi fossero dei Pico della Mirandola in grado di ricordare questa immane serie di dati. Quindi, nonostante questa evidenza, ovviamente il consiglio nazionale ha tentato di acquisire le prove e il riscontro delle cose denunciate, ma gli è stato opposto un fermo diniego perché chi doveva controllare non potesse procedere alla verificazione dei fatti.
Ciononostante, è stato riscontrato un motivo assorbente per il quale tutti gli altri motivi che non sono stati verificati - lo ripeto: per l'atteggiamento ostativo ed ostruzionistico che l'attuale dirigenza ha messo in campo - il consiglio nazionale ha sciolto se stesso, annullando le elezioni, e ha sciolto il consiglio dell'ordine.
Ora, se noi avessimo avuto la nomina di un commissario tempestivamente, probabilmente non avremmo neanche dato adito a coloro i quali non vogliono scendere dal cavallo di trovare un ulteriore espediente tattico e dilatorio, rivolgendosi a chi non ha competenza giurisdizionale, perché è pacifico che il TAR non c'entra niente.
Poiché delle cinque sentenze, perché di cinque sentenze si tratta, una è stata impugnata e le altre quattro allo stato, quindi in questo momento, sono ancora esecutive, vi chiedo e mi chiedo chi stiamo aspettando per nominare questo commissario presso l'ordine nazionale dei biologi atteso che abbiamo sentenze esecutive pronunciate dal foro interno, da quello stesso consiglio nazionale che prendendo questa decisione ha sciolto se stesso, oltre che il consiglio dell'ordine. Quindi, la mia sollecitazione, signor Ministro, è quella di entrare, almeno una volta, in questa lunga storia di denunce e di esposti, nel merito delle questioni.
Non ci si può solo trincerare dietro l'alta vigilanza, quasi che l'alta vigilanza non sia altro che il prendere nota di tutte le nefandezze, di tutti i ritardi, di tutti gli accadimenti, di tutte le illegalità e le illegittimità che presso gli ordini professionale, posti sotto l'egida del Ministero della giustizia, impunemente si tengono. Si tratta, infatti, di un modo come un altro per non fare la vigilanza, cioè per svolgere in un ambito restrittivo una mera funzione notarile che non entra mai nel merito e che quindi non ha quell'azione preventiva e di controllo deontologico della legge e delle procedure che disciplinano la vita degli ordini professionali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, l'evidente e puntuale conoscenza da parte dell'onorevole D'Anna della questione riguardante l'ordine nazionale dei biologi agevola la mia risposta in questa sede. A norma di legge, infatti, è stato richiesto un intervento del Ministro della giustizia ai fini della nomina di un commissario straordinario il quale, nell'ambito delle sue prerogative, possa dare inizio alle procedure per il rinnovo del consiglio dell'ordine e del consiglio nazionale dei biologi.
Ebbene, devo comunicare che, sempre a norma di legge, tale potestà è stata di fatto temporaneamente inibita. Con decreto del 15 luglio 2011, infatti, il TAR del Pag. 50Lazio, in seguito ad impugnativa, ha sospeso in via cautelare la pronuncia n. 4 del 2011 del consiglio nazionale dei biologi, che annullava le operazioni elettorali e che, per l'effetto, sollecitava la nomina del commissario straordinario. Allo stato, quindi, deve ritenersi sospesa l'efficacia esecutiva della decisione del consiglio nazionale dei biologi e, con essa, qualsivoglia attività conseguente riconducibile a questa amministrazione.
Ad ogni buon conto, mi preme evidenziare che la decisione sulla domanda cautelare, così come statuito dalla sezione III quater del TAR Lazio, dovrebbe essere assunta a breve, essendo stata fissata per la discussione la camera di consiglio del 4 agosto 2011. Una volta acquisita la deliberazione finale sarà cura del competente dipartimento di questo Ministero adottare le iniziative di eventuale competenza secondo le prescrizioni di legge.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di replicare.

VINCENZO D'ANNA. Signor sottosegretario, sono parzialmente soddisfatto, nel senso che mi erano già note le cose che lei mi ha testé confermato. Ponevo l'accento su un'altra questione.
In primo luogo, sulla irritualità e sulla pretestuosità del ricorso ad un organo giurisdizionale non competente perché se si trattasse del Ministero dell'agricoltura o del Ministero del turismo e dello spettacolo lo capirei pure, ma stiamo parlando del Ministero della giustizia dove in tutti i gangli di quella amministrazione abbiamo a che fare con dei magistrati. Pertanto, credo che non valutare l'irritualità e la pretestuosità di una richiesta di sospensiva - lo ripeto - inaudita altera parte ad un organo che non è competente non debba essere stabilito da me che sono un povero parlamentare e un povero biologo, ma credo che questa elementare evidenza dell'irritualità e della irricevibilità del ricorso fatto al TAR dovrebbe essere stabilita dal direttore generale, dal capo di gabinetto e da tutti i magistrati che sono preposti a valutare queste circostanze.

In secondo luogo, le sentenze sono cinque e ne è stata appellata una: le altre quattro sono vigenti in questo momento. Per esempio, le sentenze n. 2, 3, 5, e 6 del 2011 (è stata appellata soltanto la n. 4) svolgono in questo momento la loro efficacia.
Quindi, vi chiedo se questi dopo il 4 agosto fanno un ricorso al tribunale dei diritti dell'uomo o all'ONU (o ad una qualsiasi associazione che non c'entri un fico secco) voi che cosa fate? Aspettate un ulteriore pronunciamento di questi enti che giurisdizionalmente non c'entrano? Questa era la domanda che ponevo rispetto a questa pretestuosità del ricorso e, lo ripeto, inaudita altera parte. Infatti, signor Ministro glielo voglio dire perché poi qua ognuno fa il suo mestiere: io interrogo e faccio il sindacato ispettivo, c'è una sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite dell'anno 2007 dell'ordine nazionale dei geologi che statuisce irricevibile il ricorso al tribunale amministrativo regionale perché la competenza è del tribunale civile, anzi della sezione speciale presso il Tribunale di Roma perché così è statuito in sede di appello.
Quindi, o al Ministero di grazia e giustizia ci sono dei magistrati che non si leggono le carte, perché non deve essere un avvocato amministrativista a fare questo rilievo. Quindi, delle due l'una: se questi il 5 agosto fanno un appello alle Nazioni Unite al tribunale per i diritti dell'uomo voi che aspettate? Aspettate impunemente e insipientemente che il tribunale dei diritti dell'uomo vi scriva che non è competente e arriviamo al mese di dicembre.
Allora, signor sottosegretario, la vogliamo dire o no una parola? Voi che cosa fate, i muti astanti? Non voglio invocare la politica perché voglio la certezza del diritto, ma voi non potete continuare a fare finta che non possiate e non dobbiate metterci il naso qui dentro. Perché voi siete il Ministero della giustizia non dell'agricoltura e delle foreste. Lo dovete sapere che il ricorso al TAR è dilatorio ed è irricevibile. Dovete sapere che oggi funzionano altre quattro sentenze che vi obbligano Pag. 51a nominare il commissario straordinario. Questo è quello che voglio dire e che voglio che resti agli atti.
Infatti, glielo dico in quest'Aula. Noi andremo fino in fondo perché ieri qui abbiamo scritto una pagina nefasta però una cosa è certa: anche i funzionari del Ministero della giustizia e i magistrati sono sottoposti alla legge perché non ci fermeremo. Noi vi chiediamo quello che la legge ci concede e non sarà l'insipienza di nessuno a creare motivi futili e dilatori perché non si nomini il commissario.

(Iniziative per la sicurezza del trasporto di merci pericolose su rotaia, chiarimenti in merito alla documentazione inviata alla Commissione europea e all'Agenzia per le ferrovie europee in relazione all'incidente ferroviario di Viareggio e misure a favore dei familiari delle vittime - n. 2-01136)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01136, concernente iniziative per la sicurezza del trasporto di merci pericolose su rotaia, chiarimenti in merito alla documentazione inviata alla Commissione europea e all'Agenzia per le ferrovie europee in relazione all'incidente ferroviario di Viareggio e misure a favore dei familiari delle vittime (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, sento la necessità di illustrare compiutamente questa nostra interpellanza urgente - lei mi perdonerà - non tanto alla sua persona quanto magari a chi ci ascolta da casa. Infatti, sono passati soltanto due anni, ma si fa fatica a ricordare lo schianto, le fiamme e il dolore di quella notte. Era il 29 giugno 2009 e un treno che trasportava GPL da Trecate a Gricignano, dal Piemonte alla Campania, appena fuori dalla stazione di Viareggio è deragliato incendiando una cisterna.
Ha causato 32 morti, un numero elevato di feriti, la distruzione di un intero quartiere e ha lasciato una ferita profonda in quella città. Di fronte a quella che viene ricordata come la strage di Viareggio, il nostro Paese è ancora in attesa di conoscere chi e in che modo avrebbe potuto evitare quel tragico incidente e se le imprese coinvolte, fra cui voglio ricordare Ferrovie dello Stato, Trenitalia, Rete Ferroviaria Italiana e FS Logistica, che sono tutte aziende di proprietà dello Stato, abbiano o no responsabilità in questa tragica vicenda.
Ovviamente spetterà all'autorità giudiziaria compiere tutti gli accertamenti e definire le responsabilità penali. Però, in questi giorni torna prepotentemente alla ribalta la mancata applicazione di una procedura detta di cabotaggio, imposta da una disposizione propria di RFI che l'8 luglio 2003 precisava: «La procedura operativa per la messa in servizio sulla rete ferroviaria italiana di contenitori cisterna utilizzati per il trasporto di merci pericolose non è prevista soltanto per i carri costruiti in Germania e in Francia». Quindi, questi carri sono esentati, ma tutti gli altri debbono sottoporsi a standard di conformità di sicurezza prima di entrare sulla nostra rete nazionale.
Ebbene, il carro in questione, quello che è deragliato e che ha causato l'esplosione della cisterna, portando morte e distruzione a Viareggio, era di proprietà della Gatx Rail Austria - non so se pronuncio bene - ed era stato costruito in Polonia. Quindi, necessariamente doveva soggiacere agli speciali controlli da parte di CE.SI.FER., una struttura deputata alla sicurezza, le cui funzioni sono oggi passate all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, ma che all'epoca dei fatti dipendeva direttamente da Rete Ferroviaria Italiana. Tale controllo sarebbe dovuto avvenire su richiesta dell'impresa ferroviaria che ne curava la trazione, ovvero di Trenitalia Spa, prima di essere utilizzata per il cabotaggio. Trenitalia, a quanto si sa, ha presentato sì la richiesta di ispezione a CE.SI.FER. ma soltanto per la cisterna e non per tutto il carro. Quindi, il controllo effettuato, se è stato negligente, non è per responsabilità di CE.SI.FER. ma per l'espressa richiesta di Trenitalia, che ha Pag. 52escluso dai controlli la parte inferiore, ovvero i carrelli, la struttura, i freni e gli organi di aggancio mentre, secondo la procedura di cabotaggio, era tenuta a farlo. Quindi, doveva essere ispezionato e verificato tutto il carro e non soltanto la cisterna.
Tra l'altro, dalle immagini e dalle notizie - e ancora in questi giorni è stato esperito un incidente probatorio proprio alla stazione di Viareggio - è visibile, anche ad occhi inesperti, una vistosa coltre di ruggine e pochissima vernice, sintomo di ossidazione pregressa e non di danneggiamento recente, di quello che era l'asse che poi si è spezzato.
Quindi, di fronte a tutto questo e di fronte alla gravità della situazione lo stesso rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella commissione d'inchiesta ministeriale, il dottor Franco Branciamore, non ha voluto sentir parlare di fatalità e ha dichiarato: «Quando c'è un incidente c'è sempre qualcuno che ha sbagliato». Ripeto, sto parlando ora non dal punto di vista penale, le cui responsabilità sono in corso di accertamento in altra sede, ma delle responsabilità propria di aziende che fanno riferimento allo Stato.
Ma questo non è tutto perché vi è un altro problema che fa parte della nostra interpellanza urgente. Il commissario europeo ai trasporti, Siim Kallas, ha riferito ai familiari delle vittime ricevuti in audizione che non è in grado, anche di fronte a una specifica interpellanza dei parlamentari europei Uggias e Niccolò Rinaldi, di dare risposte, perché non ha mai ricevuto alcune informazioni ufficiali dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti italiano sull'incidente e sulle sue cause.
Quindi, è impossibilitato anche ad immaginare interventi e correzioni in materia di trasporto di merci pericolose in ambito europeo.
Termino, facendo un ultimo riferimento: il 30 giugno scorso scadeva il periodo di tempo previsto per l'incarico affidato al presidente della regione toscana, Enrico Rossi, quale commissario straordinario alla ricostruzione della zona di via Ponchielli, quartiere a ridosso della ferrovia di Viareggio, che è stato il più danneggiato e colpito.
Ci sono state ovviamente le ricostruzioni - tutte in fase avanzata - ma rimane un problema che riguarda le elargizioni disposte dalla legge, che noi al momento del varo avevamo già individuato come non sufficienti.
Oltre alla ristrettezza dei finanziamenti c'è anche il problema che non tutti i familiari e i conviventi sono stati risarciti perché la legge è, da questo punto di vista, incompleta (chiedo scusa se non mi viene un'espressione più adeguata). C'è un vuoto normativo, per cui alcuni sono rimasti fuori da ogni tipo di riconoscimento dei danni e mai potranno ovviamente colmare il dolore e il lutto per i cari scomparsi in quell'occasione. Quindi, bisogna assolutamente trovare il modo di intervenire.
Pertanto, abbiamo chiesto tre cose al Ministero: quali iniziative normative, atti amministrativi o di indirizzo verso l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria abbiano emanato in questi due anni per migliorare la sicurezza del trasporto merci pericolose su rotaia; quale documentazione - se è stata inviata - sia stata spedita al Commissario europeo ai trasporti; infine, se il Ministero non valuti il caso di prorogare l'incarico del commissario straordinario, ossia del presidente della Toscana Rossi e, nel frattempo, mentre si porta a conclusione la fase della ricostruzione, di intervenire perché sia consentita l'elargizione economica anche a quei familiari che, fino ad oggi, ne sono stati esclusi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Aurelio Salvatore Misiti, ha facoltà di rispondere.

AURELIO SALVATORE MISITI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, intanto ringrazio gli interpellanti per la richiesta di spiegazioni rivolta al Ministero delle infrastrutture e alla Presidenza del Consiglio. Pag. 53
Ritengo di condividere totalmente le ragioni che hanno spinto all'interpellanza urgente, a due anni dalla tragedia che ha investito la città di Viareggio e ha provocato trentadue morti, centinaia di feriti e la distruzione di un importante quartiere della città.
Molte delle questioni riferite nelle premesse, pur condivisibili, sono oggetto di indagini che evidentemente porteranno, sicuramente, alla verità perché eventuali responsabilità di aziende verranno certamente fuori dalle indagini.
Il disastro ferroviario di Viareggio ha imposto - come sempre avviene, purtroppo, le grandi tragedie provocano poi una riconsiderazione delle questioni della sicurezza in tutti i campi dell'attività umana - un attento riesame dei processi manutentivi dei componenti ferroviari, da cui dipende la sicurezza delle procedure attualmente in uso e la necessità di istituire un sistema di controlli, che orienti il settore verso un continuo miglioramento dei livelli di sicurezza di tutto il trasporto ferroviario.
Infatti, il trasporto merci per ferrovia necessita di più stringenti misure sull'anagrafe dei comportamenti di sicurezza e sulla tracciabilità delle verifiche, soprattutto quando i carri sono adibiti al trasporto di merci pericolose.
Nel caso specifico del carro che ha causato il disastro a Viareggio, la lunga catena degli utilizzatori si è dimostrata infatti di notevole complessità poiché il carro cisterna in questione, costruito in Polonia nei primi anni Settanta, immatricolato poi in Germania e di proprietà della società Gatx rail con sede in Austria, è stato dato in affitto già da alcuni anni a società del gruppo Ferrovie dello Stato Spa per l'effettuazione del servizio di trasporto merci pericolose.
La trazione è stata affidata all'impresa ferroviaria Trenitalia Spa che la effettuava con propria locomotiva e proprio personale sulle linee ferrovie gestite da RFI Spa. La manutenzione del carro cisterna era stata effettuata in Italia da una società italiana, la ditta CIMA di Mantova, che ha utilizzato assili di ricambio - compreso quello che si è rotto - revisionati dall'officina tedesca Jungenthal-Waggon Gmbh di Hannover forniti dalla Gatx stessa.
Uno scenario così articolato di soggetti che, a vario titolo, intervengono nel trasporto ed a cui attengono diversi profili di responsabilità impone una regolamentazione chiara e condivisa che, sui principali componenti di sicurezza del rotabile ferroviario, obblighi i diversi operatori ad effettuare gli esami prescritti lasciando evidenza della loro storia manutentiva.
Tale esigenza è condivisa in ambito europeo ed infatti, a seguito della «Safety conference» dell'8 settembre 2009 indetta in conseguenza della tragedia di Viareggio, alla quale è intervenuto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la Commissione europea ha deciso di istituire una task force coordinata dall'Agenzia ferroviaria europea (ERA) alla quale hanno partecipato le autorità nazionali di sicurezza di molti Stati membri tra cui, per l'Italia, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie ed alcune associazioni europee degli operatori del settore.
La task force, la cui attività si è conclusa nel luglio 2010, ha svolto una prima fase di lavoro finalizzata all'individuazione di misure urgenti da prendere a seguito del ritorno di esperienza sulle rotture di assili in Europa (casi di Austria, Germania ed Italia) ed una seconda fase avente lo scopo di revisionare i differenti standard di manutenzione in Europa e per la definizione di un programma di armonizzazione. Tuttavia, le misure individuate dalla task force non sono state ancora rese obbligatorie a livello europeo nonostante siano ormai passati due anni da quel tragico 29 giugno.
Si ritiene che, davanti all'evidenza della necessità di un intervento normativo nel settore nel senso condiviso delle autorità nazionali di sicurezza di mezza Europa - giova ricordare che ai lavori della task force hanno partecipato Italia, Olanda, Francia, Germania, Gran Bretagna, Svezia, Lettonia, Belgio ed Austria, nonché rappresentanti di associazioni operanti nel settore del trasporto merci per ferrovia -, occorre prendere atto di una certa lentezza Pag. 54decisionale della Commissione europea nel varo della normativa auspicata; ciò anche alla luce del fatto che dal 29 giugno 2009 ad oggi consta che si sono verificate in Europa altre due rotture di assili con conseguenze sicuramente meno gravi di quelle di Viareggio, ma che anch'esse sarebbero state individuate preventivamente adottando su scala europea le misure previste dalla task force dell'ERA.
Nell'immediatezza del disastro ferroviario di Viareggio, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie ha adottato provvedimenti cautelativi basati sugli elementi a disposizione al momento in cui sono stati emessi, aventi carattere d'urgenza e di temporaneità, in attesa di interventi strutturali che le competenti autorità riterranno di adottare a livello internazionale.
I provvedimenti introdotti in Italia non hanno tardato a produrre un innalzamento del livello di sicurezza giacché, proprio grazie all'adozione di queste misure urgenti, sono stati fermati in Italia 18 carri che avrebbero potuto trovarsi nelle stesse condizioni di quello all'origine del disastro di Viareggio, scongiurando il verificarsi di altre rotture di assili del tipo di quello verificatosi a Viareggio come invece avvenuto in altri Stati dell'Unione europea.
Di fronte a tale situazione, il comportamento dilatorio della Commissione nell'emanare una normativa comunitaria che abbia carattere di cogenza per tutti gli Stati membri rafforza maggiormente la necessità delle iniziative introdotte in Italia che da carattere provvisorio stanno assumendo un carattere di norma stabile, attesi anche i buoni risultati ad oggi conseguiti in termini di sicurezza. Si ritiene importante evidenziare che i provvedimenti adottati dall'Agenzia italiana sono del tutto in linea con le risultanze della task force.
Al fine di creare le condizioni per poter valutare la possibilità di rimuovere le disposizioni temporanee introdotte in Italia, laddove però analoghe regole fossero rese obbligatorie su tutto il territorio dell'Unione, l'Italia si è fatta promotrice di una iniziativa presso la Commissione europea stessa avanzando, congiuntamente con la Germania, una proposta di decisione nell'ambito del Railway interoperability safety committee, tenutosi a Bruxelles il 2 e 3 marzo ultimo scorso, per rendere obbligatorie le regole di cui abbiamo parlato individuate dalla task force.
La proposta ha ricevuto l'interesse dei vari Stati membri che, sotto l'egida della Commissione stessa, si sono riuniti in un incontro informale tenutosi a Bruxelles il 6 aprile ultimo scorso, ma ha ricevuto il parere contrario dell'ERA, ente europeo, che ha ritenuto «prematuro e non opportuno che la Commissione, in questa fase, renda obbligatori i risultati della task force sulla manutenzione dei carri merci».
I rappresentanti degli Stati membri hanno tuttavia condiviso la proposta italo-tedesca votando a favore della predisposizione di una norma volta a rendere obbligatori i risultati della task force.
Sì può, quindi, affermare che l'Italia ha sollecitamente attivato prime misure cautelative idonee ad innalzare il livello di sicurezza del trasporto merci per ferrovia, nell'attesa che l'Unione europea adotti i necessari provvedimenti mitigativi delle criticità sul piano dei controlli eseguiti sugli organi dai quali dipende la sicurezza.
Va, altresì, segnalato che con il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 35, è stata recepita la direttiva 2008/68/CE - relativa al trasporto di merci pericolose - con la quale viene stabilito che il regolamento relativo ai trasporti internazionali delle merci pericolose per ferrovia, l'accordo internazionale per il trasporto delle merci pericolose su strada e l'accordo internazionale per il trasporto delle merci pericolose per vie navigabili interne, vengano estesi anche al trasporto nazionale al fine di armonizzare in tutta la comunità europea le condizioni di sicurezza del trasporto delle merci pericolose.
Nell'ambito poi delle misure assunte dalla direzione generale per il trasporto ferroviario del Ministero che rappresento, si ricorda quella per rafforzare il presidio della sicurezza in materia di trasporto per ferrovia in cisterna delle merci pericolose Pag. 55delle classi da 2 a 9, esclusa la classe 7 del citato RID. È stata infatti predisposta la circolare n. 30048 del 6 aprile 2010, che precisa gli adempimenti cui devono attenersi tutti gli operatori internazionali nella catena del trasporto di merci pericolose su ferrovia anche nell'ambito dei trasporti internazionali. La circolare reca in allegato specifiche check-list che devono essere compilate e sottoscritte dai vari operatori coinvolti nel trasporto di merci pericolose (mittente, riempitore, impresa ferroviaria e scaricatore), con la duplice finalità di ridurre i rischi di immettere sulla rete ferroviaria trasporti non conformi alle disposizioni e di creare una tracciabilità del trasporto.
A testimonianza dell'impegno del Governo sulla questione in esame, preciso che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 30 giugno 2011 è stata disposta la proroga, fino al 31 dicembre 2011, dello stato di emergenza in relazione alla grave situazione determinatasi a seguito dell'incidente ferroviario verificatosi nella stazione di Viareggio.
Faccio presente, infine, che presso il Senato è iniziato l'iter del disegno di legge n. 2750, d'iniziativa dei senatori Granaiola, Marcucci e Baldini, finalizzato proprio a modificare la cosiddetta legge Viareggio, per consentire misure di sostegno economico in favore dei familiari rimasti esclusi dal precedente provvedimento, nonché a prevedere la proroga automatica del commissario straordinario, qualora lo stesso decada dal proprio mandato prima che la procedura di assegnazione delle speciali elargizioni per i familiari delle vittime sia ultimato. Al riguardo il Governo si impegna a far sì che l'iter del provvedimento sia il più celere possibile.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, potrei dichiararmi parzialmente soddisfatto o forse anche parzialmente insoddisfatto, perché di fatto c'è una sola vera risposta ed è quella che l'incarico commissariale affidato al presidente Rossi fino al 30 giugno è prorogato alla fine di novembre. Poi ci sarà un rinnovo automatico, se non interverrà la modifica della cosiddetta legge Viareggio, che però è di iniziativa parlamentare e, quindi, non attiene alle responsabilità proprie del Governo.
Rispetto ai quesiti che abbiamo posto con la nostra interpellanza, indirizzata al Presidente del Consiglio e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ricordo che chiedevamo tre cose.
Innanzitutto, quali iniziative normative, atti amministrativi o di indirizzo verso l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria siano stati emanati in questi due anni. Dalla risposta e dalle ricostruzioni del rappresentante del Governo, l'unico vero elemento che colgo è l'emanazione della circolare dell'aprile 2010, ma siamo, appunto, a livello di una circolare e del potere giuridico che questa ha.
Per quanto riguarda tutto il resto, ho sentito parlare di intervento normativo di cui si sente l'esigenza, della necessità di un intervento normativo, di un chiaro e condivisibile intervento normativo; il sottosegretario ha ricordato la storia manutentiva, la safety conference, l'istituzione della task force e ciò che questa ha definito, che però non è ancora obbligatorio, e si scarica tutto sulla lentezza decisionale della Commissione europea che, indubbiamente, vi sarà, ma che non attiene al quesito che avevamo posto. Per questo motivo non posso dichiararmi soddisfatto.
Abbiamo poi chiesto anche quale documentazione, e in che data, sia stata inviata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla Commissione europea e all'Agenzia per le ferrovie europee (ERA). Su questo punto non è arrivata alcuna risposta.
Sottolineo, per quanto riguarda l'ERA, che quest'ultima avrà senz'altro la facoltà e anche l'obbligo di esprimere un parere, ma sicuramente questo non può essere vincolante per le decisioni che si devono assumere in ambito europeo.
Ecco perché sono soddisfatto per quanto riguarda la proroga del commissariamento, Pag. 56ma non per le altre risposte che sono state fornite o, meglio, non fornite.

PRESIDENTE. Desidero rivolgere il saluto mio personale e dell'Aula al Presidente dell'Assemblea parlamentare della NATO, onorevole Karl Lamers, in visita alla Camera e che sta assistendo ai nostri lavori. Buon pomeriggio (Applausi).

(Iniziative di competenza volte ad assicurare i finanziamenti alle scuole paritarie - n. 2-01164)

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01164, concernente iniziative di competenza volte ad assicurare i finanziamenti alle scuole paritarie (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, l'interpellanza in esame fa riferimento ad un fatto di cronaca che ha mobilitato l'opinione pubblica bolognese e suscitato una certa emozione. Mi riferisco al referendum che è stato promosso da un comitato di genitori contro i finanziamenti, peraltro limitati, del comune di Bologna alle scuole materne paritarie del comune medesimo.
Ora, a parte il fatto che il comune di Bologna ha erogato anche negli anni passati questi finanziamenti, limitati rispetto alle esigenze delle scuole materne, partendo dal presupposto che con le scuole comunali non si riesce a coprire la richiesta della popolazione scolastica e le esigenze di un'ampia fascia di popolazione, che aumentano sempre di più, nell'interpellanza che ho predisposto insieme ad altri colleghi pongo per l'ennesima volta - lo sottolineo: per l'ennesima volta - al Governo il problema della necessità di riaffermare, a livello nazionale, tenendo ferme quelle che sono le competenze delle regioni e dei comuni, alcuni diritti essenziali, come il diritto allo studio e la possibilità di fruire di alcuni interventi che riguardano l'assistenza e l'educazione, che sono configurati in modo diverso tra le varie regioni, ma che sono salvaguardati dalla Sicilia all'Alto Adige.
In che modo? Occorre intervenire per sancire la legittimità e l'indisponibilità di questi medesimi diritti e l'inammissibilità di referendum che, di fatto, sono una spada di Damocle su alcuni valori, ma soprattutto su alcuni diritti - mi ripeto - che sono riconosciuti come tali dalle leggi dello Stato, dalla Costituzione innanzitutto e ormai accettati unanimemente dall'opinione pubblica.
L'interpellanza scaturisce da questo paradosso: il comitato dei garanti, che a norma dello statuto del comune di Bologna ha deliberato - e giustamente a mio modo di vedere - l'inammissibilità del referendum, si è espresso con una maggioranza di un voto. Nel caso contrario un diritto inalienabile - ripeto - che è il diritto allo studio, riconosciuto anche dalla legge Berlinguer del 2000, che parla di sistema integrato di pubblica istruzione e di compresenza di strutture pubbliche e private (nel senso di paritarie), che formano il sistema pubblico e paritario, ebbene questo diritto garantito sarebbe stato completamento negato nel caso di successo del referendum. Siamo in presenza, peraltro, di materie che le regioni e lo Stato hanno normato e che trattano di diritti cosiddetti indisponibili.
Da qui la necessità, a mio modo di vedere, non già di interferire in quelle che sono le competenze delle varie regioni, ma di stabilire alcune regole ferme e di coprire un vuoto legislativo, sul quale si sono soffermati anche i garanti e che riguarda in tal caso la regione Emilia Romagna, per evitare che d'ora in poi minoranze, interessate ad una destabilizzazione - io la considero tale - della situazione scolastica di questa o quell'altra realtà, pongano in essere atti che, di fatto, ledono questi diritti essenziali.
Pertanto, l'interpellanza ha citato come motivazione base della medesima, l'intero parere dei garanti, un parere molto lungo e direi molto specifico e dettagliato, soprattutto nel fare riferimento alla normativa Pag. 57in vigore e si chiede - e chiedo - con l'interpellanza medesima al Governo se non sia il caso di fare decollare un provvedimento nazionale, che fissando alcune regole comuni, stabilisca che questi diritti valgono per tutto il territorio nazionale.
Altrimenti noi ci troviamo di fronte ad una profonda anomalia: regioni come la Lombardia, il Veneto e il Piemonte ed alcune regioni del Meridione normano questo settore che - ripeto - riguarda diritti essenziali della persona, in questo caso dello studente e del bambino, ed altre regioni non lo normano. Siamo di fronte ad una profonda ineguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Questo non mi pare giusto né opportuno. Si tratta - ripeto - di colmare questo vuoto, che non a caso è stato sottolineato da tre docenti universitari, che sono i garanti del comune di Bologna, e dalla maggioranza dei garanti che ha espresso un parere contrario alla liceità del referendum. Da qui le ragioni di questa mia interpellanza.
Ringrazio anticipatamente il Governo per la risposta.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Aurelio Salvatore Misiti, ha facoltà di rispondere.

AURELIO SALVATORE MISITI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, per incarico della Presidenza del Consiglio si risponde a questa interpellanza urgente dell'onorevole Garagnani ed altri n. 2-01164, concernente il diritto allo studio.
Gli onorevoli interpellanti evidenziano l'esigenza che siano definiti su tutto il territorio nazionale livelli essenziali ed inderogabili di diritti civili e sociali, con particolare riferimento al diritto allo studio. Detta esigenza viene posta prendendo spunto dalla situazione dei contributi per il sostegno alle scuole paritarie erogati dal comune di Bologna ed in riferimento all'avviso di inammissibilità espresso dalla maggioranza del comitato dei saggi del comune di Bologna in ordine alla richiesta di referendum «abrogativo» dei contributi comunali alle scuole dell'infanzia paritarie gestite da enti privati.
Sullo specifico caso segnalato il Ministero ha assunto informazioni dalla Direzione generale dell'Ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna, cui spetta la vigilanza su tutte le istituzioni scolastiche di quella regione, sia statali che paritarie gestite da enti locali e da privati.
L'Ufficio scolastico regionale ha in proposito comunicato che il comune di Bologna ha pubblicamente confermato che, allo stato attuale dei fatti e per l'anno scolastico 2011-2012, i contributi per il sostegno alle scuole per l'infanzia paritarie saranno erogati come stabilito, nei termini già noti agli onorevoli interpellanti.
Lo stesso ufficio ha inoltre riferito che, secondo notizie apprese dalla stampa, il comitato promotore del referendum avrebbe assunto la decisione di impugnare al TAR l'avviso espresso dal Comitato dei garanti del comune di Bologna circa la inammissibilità della suddetta richiesta referendaria. Venendo al tema generale sollevato nell'interpellanza - definizione dei livelli essenziali per la realizzazione del diritto allo studio - si comprendono e si condividono le preoccupazioni sottostanti all'esigenza rappresentata dagli interpellanti. In materia - come è noto - vige la legge n. 62 del 2000 che, oltre a dettare norme sulla parità scolastica, detta anche disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, ponendosi come quadro generale di riferimento per la sussidiarietà orizzontale in materia d'istruzione.
Per effetto di detta legge, la scuola paritaria appartiene al sistema nazionale di istruzione e, come tale, deve ricevere trattamento che non risulti discriminante nei confronti degli studenti che la frequentano, soprattutto a mente dell'articolo 33 della Costituzione che sancisce un equipollente trattamento scolastico. Come già riferito dal Ministro Gelmini in questa stessa sede lo scorso 31 marzo, rispondendo all'interpellanza urgente dell'onorevole Garagnani n. 2-00996, siamo consapevoli della insufficienza delle risorse destinate all'attuazione del principio costituzionale secondo cui gli studenti meritevoli, Pag. 58ancorché privi di mezzi, devono poter raggiungere i livelli più alti di istruzione.
Pur nell'attuale momento di difficoltà derivante dalla situazione finanziaria internazionale, siamo non di meno impegnati nella ricerca di soluzioni per poter rendere effettivo questo diritto destinando a tale scopo risorse da reperire da vari canali: tra questi, anche i risparmi derivanti dalla riprogrammazione dell'offerta formativa in attuazione delle note misure promosse dal Governo per la riqualificazione e la riorganizzazione della spesa pubblica per l'istruzione. Proprio in direzione dell'obiettivo costituzionale di consentire ai capaci e meritevoli di raggiungere i più alti gradi degli studi vanno, fra l'altro, le nuove norme su scuola e merito introdotte dall'articolo 9 del decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011.
In tale contesto si segnalano le disposizioni che disciplinano l'istituzione della Fondazione per il Merito, con lo scopo di promuovere la cultura del merito e della qualità degli apprendimenti nel sistema scolastico e nel sistema universitario, a tal fine avvalendosi anche della partecipazione di altri enti pubblici e privati e prevedendo apposite risorse finanziarie. Si fa presente che è in fase di ultimazione, da parte dell'apposito gruppo di lavoro costituito con decreto direttoriale del 9 marzo 2011, la predisposizione dello schema di decreto legislativo relativo alla riforma del diritto allo studio universitario e alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in attuazione dell'articolo 5, commi 1, lettera d), 6 e 7 della legge n. 240 del 2010 di riforma dell'università.
Si ricorda anche che la legge n. 1 del 2007 ha introdotto la valorizzazione delle eccellenze a favore degli studenti che frequentano i corsi di istruzione secondaria superiore delle scuole statali e paritarie, e definisce le misure specifiche e le risorse finanziarie per valorizzare i giovani che hanno conseguito risultati di eccellenza. In particolare, il decreto legislativo n. 262 del 2007, attuativo di tale legge, ha stabilito i criteri e le modalità per il riconoscimento delle eccellenze nei diversi settori dell'esperienza di apprendimento. Per quanto riguarda segnatamente il diritto allo studio, va evidenziato che - come è noto - la materia è affidata all'autonoma competenza delle Regioni.
Un'ipotesi di soluzione nel senso auspicato dagli onorevoli interpellanti non può quindi prescindere da una sintesi da ricercare in primo luogo in Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali; in detta sede vanno primariamente individuati e concordati i livelli minimi che le regioni intendono assicurare nella loro autonomia per garantire alle famiglie il diritto di scelta del percorso educativo dei figli.
Nella stessa sede, dunque, potranno essere contemperati i livelli essenziali delle prestazioni uguali per tutti gli studenti del territorio nazionale, tenendo presenti le differenze di costo della vita da una regione all'altra e determinando costi e fabbisogni standard secondo i principi e i criteri direttivi enunciati dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo. In considerazione delle competenze delle regioni in materia di diritto allo studio, abbiamo aperto un tavolo con le regioni medesime per addivenire ad un accordo che, nel rispetto delle competenze di tutti i soggetti istituzionali interessati (Stato, regioni e province autonome ed enti locali), assicuri l'unitarietà del sistema nazionale come risultante dell'esercizio delle funzioni attribuite a ciascun soggetto pubblico coinvolto.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, devo dichiarare che, soprattutto per quanto concerne l'ultima parte che ha toccato il problema di fondo sotteso alla mia interpellanza, mi dichiaro soddisfatto, con alcune precisazioni. Invito il Governo a proseguire su questa strada con estrema decisione e, visto che, probabilmente, ci si occupa oggi, giustamente, di quelle che sono le innovazioni nella scuola di Stato, lo invito anche a non confondere il rapporto Pag. 59fra scuola statale e paritaria con il diritto allo studio. Sono due cose completamente diverse. Con riferimento al diritto allo studio vi è una competenza che il sottosegretario ha evidenziato molto bene anche delle regioni, ma non esclusiva, per cui è giusto, come ho esplicitato pure nell'interpellanza, che vi sia un'azione concertata con le regioni per stabilire questo. Ma qua non si tratta di applicare, per esempio, il buono scuola della Lombardia o del Piemonte, cosa che a me andrebbe benissimo, bensì si tratta di stabilire questi livelli minimi che riguardano la fruizione di diritti essenziali. E occorre, pertanto, procedere su questa strada, di concerto con le regioni, ma anche - ed è questa una raccomandazione - con una legge ad hoc, una legge di principio, che stabilisca alcune linee essenziali alle quali le regioni devono attenersi. Infatti, un po' sull'esempio di quello che è successo in materia sanitaria ed assistenziale sui LEA, cioè sui livelli essenziali di assistenza, per quanto riguarda il diritto allo studio siamo in un terreno parzialmente affine e occorre procedere proprio su questo per evitare una disparità notevole in un settore come quello citato. Parlo di scuole materne, di scuole dell'infanzia, di cui vi è un bisogno disperato. Se queste scuole dell'infanzia dovessero chiudere, il comune, che è tenuto insieme allo Stato, non avrebbe la possibilità - il comune di Bologna e tutti gli altri comuni - di provvedere all'educazione ed alla fornitura di materiali necessari, stante le condizioni che noi ben conosciamo degli enti locali, anche perché aprire ex novo una scuola materna ha delle implicazioni economiche e sociali rilevantissime.
Da qui, l'invito al Governo, pertanto, a farsi carico in termini pressanti di questo problema ponendo in essere un'iniziativa legislativa che va posta in essere comunque perché è l'unica che può bloccare, in alcune regioni particolarmente ideologizzate, ma anche in altre, i cosiddetti referendum che, in realtà, non sono referendum che mirano a tutelare la libertà del cittadino, ma ledono di fatto la libertà del cittadino perché gli impediscono di fruire di questi diritti essenziali che dovrebbero essere comuni a tutti i cittadini. La parità scolastica è un'altra cosa, che auspico decolli nel nostro Paese, pur non sapendo quando avverrà, ma, comunque, è una cosa totalmente diversa. Qui si tratta, invece, di applicare fino in fondo diritti garantiti dalla normativa nazionale e da una serie di leggi nazionali, per cui credo che il Governo se ne debba fare carico con urgenza, definendo regole comuni e concertandole con le regioni in termini ben precisi. Detto questo, mi dichiaro soddisfatto e la ringrazio.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Pugliese n. 2-01151)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Pugliese n. 2-01151 è rinviato ad altra seduta.

(Elementi in merito a vicende relative all'attività dei commissari liquidatori dei consorzi agrari provinciali di Ferrara e di Rovigo - n. 2-01156)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01156, concernente elementi in merito a vicende relative all'attività dei commissari liquidatori dei consorzi agrari provinciali di Ferrara e di Rovigo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENZO RAISI. Signor Presidente, in realtà si tratta di un liquidatore. Infatti in questo Paese dove recentemente si è parlato molto di un fenomeno come Bisignani, cioè di personaggi che, passano i Governi e passano le maggioranze, eppure sono sempre ai vertici di certi apparati, in realtà ci sono anche i Bisignani di provincia. Parliamo proprio di questo avvocato, Giampiero Martini, peraltro avvocato nella mia città, che mi sembra che più che la professione di avvocato svolga quella di commissario perché è commissario al consorzio Pag. 60di Ferrara, è commissario al consorzio agrario di Rovigo e, come se non bastasse (infatti pare che questa attività non bastino), è anche commissario nella gestione del fallimento della società Mariella Burani, secondo quella che è la legge Prodi che riguarda questi due fallimenti: tutte nomine politiche, fatte con Governi diversi, che questi personaggi scavalcano. Vi siano Governi di centrodestra o di centrosinistra, questi vengono sempre nominati.
Ma veniamo al tema oggetto dell'interpellanza urgente che lo vede protagonista. In primo luogo faccio riferimento ad una vicenda in cui a mio parere si può parlare di vero e proprio peculato: l'avvocato Giampiero Martini, infatti, è stato prima nominato commissario liquidatore al consorzio agrario provinciale di Ferrara e poi, mantenendo questa carica, viene nominato anche commissario liquidatore al consorzio agrario di Rovigo. Che cosa accade? Che, guarda caso, nel momento in cui viene nominato commissario liquidatore al consorzio agrario provinciale di Rovigo, quest'ultimo non si rifornisce più dai normali fornitori ma si rifornisce per quel che riguarda i propri beni materiali dal consorzio agrario di Ferrara di cui lui stesso è commissario. Perché? Voglio essere malizioso e lo dico nella mia interpellanza perché tra i compensi di legge spettanti ai commissari liquidatori dei consorzi agrari, qualora sia stata autorizzata la continuazione dell'attività degli stessi, così com'è successo per Ferrara, è corrisposto un ulteriore compenso pari al 0,10 per cento dei ricavi lordi. Quindi che cosa accade? Ferrara ha un ulteriore ricavo da questo vendite e, quindi, grazie a queste vendite che lui stesso si commissiona, avrà uno 0,10 in più come riconoscimento economico. A casa mia si chiama peculato ma non sono un avvocato, altri sono avvocati. Abbiamo qui il rappresentate del Governo, caso mai ci dice se mi sbaglio o meno in questa mia interpretazione. Questi sono i fatti.
L'altro aspetto veramente molto simpatico della vicenda riguarda un contenzioso che era aperto all'interno del consorzio di Rovigo che aveva visto una lunga azione di responsabilità nei confronti di alcuni amministratori che c'erano in precedenza e che è costato più di un miliardo di vecchie lire al consorzio agrario di Rovigo. Infatti addirittura a un certo punto il trasferimento del giudizio fu portato al tribunale di Venezia e, quindi, tutti gli incartamenti furono portati sulle gondole con dei costi che sono stratosferici. L'avvocato Martini fa fare una perizia da un suo uomo di fiducia, un dottore commercialista per chiedere effettivamente di chi fossero queste responsabilità e il suo nominato specialista dice che in effetti c'è una responsabilità attribuibile a due commissari liquidatori, Giorgio Candeo e Dino Dal Monte, e stranamente però Giampiero Martini a un certo punto decide di abbandonare questa causa.
Di fatto non si capisce perché alla fine questa causa si blocca e nonostante siano state fatte delle spese, vi siano stati dei risarcimenti e così via, ad un certo punto tutto quanto si ferma.
Dunque, nella nostra interpellanza urgente, chiediamo quanto segue. Per quanto riguarda il primo specifico tema, quello relativo al presunto peculato, sarebbe interessante sapere se gli organi di vigilanza sono a conoscenza di questa vicenda, cioè del fatto che il commissario realizza operazioni di acquisto tra gli stessi consorzi agrari di cui è commissario, determinando un vantaggio economico per la sua persona per quanto riguarda i ricavi lordi. Chiediamo, quindi, se ciò corrisponda a verità e se corrisponda a verità che qualcuno sta controllando questa vicenda.
Signor rappresentante del Governo, posso assicurare che l'interpellanza urgente in oggetto è stata predisposta, ovviamente, con documenti alla mano, altrimenti, come lei sa, non sarebbe stata accettata da questo Parlamento. Quindi, se questa interpellanza urgente è stata accettata, è evidente che ho fornito prove di quanto sto dicendo.
È chiaro, quindi, che la vicenda è abbastanza grave, perché vi è un indebito arricchimento di una persona che - lo ripeto - è già clamoroso che sia commissario Pag. 61del consorzio di Rovigo, commissario del consorzio di Ferrara, commissario dell'azienda Burani, che è in regime di amministrazione controllata secondo la legge Prodi. Sono tutte nomine politiche: è strano che questi personaggi accumulino tutte queste cariche durante tutti i Governi. I Governi passano, mentre questi soggetti restano.
Nonostante tutti i vantaggi che tali soggetti ricevono dalle nomine della politica, noi siamo considerati una «casta». Poi, scopriamo che, in realtà, altri ricevono i veri guadagni in questo Paese e sono questi signori: lo dico anche a chi ci ascolta, così finiamo anche con questa storia della «casta» della politica, che è un po' ridicola. Infatti, sarebbe interessante se questi signori, che nessuno va mai a controllare, ci mostrassero la loro dichiarazione dei redditi, come facciamo noi, così capiremmo anche di cosa stiamo parlando.
Inoltre, vi è la questione straordinaria relativa alla rinuncia a chiedere i risarcimenti a colui che egli stesso, attraverso un'indagine che aveva svolto con un consulente, aveva verificato in un responsabile di una gestione precedente. Per carità, non era certamente di sua competenza, ma aveva portato ad un lungo processo, ad un lungo intervento giudiziario che è costato moltissimo al consorzio di Rovigo e che tutti i commissari prima di lui hanno mantenuto in piedi. Quindi, la cosa è indubbiamente molto strana.
Queste sono le questioni che pongo all'attenzione del rappresentante del Governo, nella speranza che mi dia delle risposte esaustive su una vicenda - mi consenta di dire - quantomeno inquietante.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Aurelio Salvatore Misiti, ha facoltà di rispondere.

AURELIO SALVATORE MISITI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio gli interpellanti, perché sollevano un problema relativo ad alcune province, ma è un problema che, come è stato messo in evidenza, è di carattere piuttosto generale.
In data 16 luglio 2008, è stato autorizzato il concordato del consorzio agrario provinciale di Ferrara, successivamente approvato dal tribunale di Ferrara in data 18 giugno 2009, tuttora in corso di esecuzione.
Per quanto concerne il consorzio agrario provinciale di Rovigo, si precisa che il tribunale di Rovigo, con sentenza n. 21/2010 del 22 dicembre 2009, ha approvato la stessa proposta di concordato, peraltro già eseguita. Infatti, in data 11 aprile 2011, il commissario liquidatore ha comunicato l'avvenuta esecuzione di tutte le operazioni e di tutti pagamenti previsti nella predetta sentenza di omologa.
Pende, inoltre, dinanzi al tribunale di Venezia la causa, che viene citata dagli interpellanti, promossa dal commissario, ingegner Rizzi, in data 19 agosto 1996, quale azione di responsabilità contro amministratori e sindaci del CAP di Rovigo: i signori Marchiori Dante, e così via.
Tale causa aveva comportato anche azioni cautelari e sequestri conservativi eseguiti sui beni dei signor Ferrari Leonardo, Giavarini Benedetto, Pelizza Alessandro, e tanti altri. L'azione pendeva in primo grado da dieci anni e non era stata svolta alcuna attività istruttoria. La procedura aveva già sostenuto costi per 350 mila euro circa ed erano previsti ulteriori costi per altri 300 mila euro. Quindi, mi sembra che la cifra, addirittura, esorbiti quella accennata.
L'azione promossa dalla liquidatela si poteva prevedere di esito più che incerto, probabilmente negativo, e comunque inopportuna, dal momento che: era stata iniziata probabilmente dopo il decorso della prescrizione quinquennale (pareri dell'avvocato Zanussi, pagine 8-10, del professor Galgano e del professor De Acutis, degli anni 2003 e 2005); era stata proposta sulla base del presupposto erroneo che il patrimonio netto del consorzio fosse stato Pag. 62azzerato durante l'esercizio 1987 (presupposto erroneo, dal momento che la perizia Ermini, perizia ordinata dal commissario, pagine 11 e 16) documenta che il patrimonio netto era stato azzerato durante l'esercizio 1989, il cui bilancio non era stato mai approvato dal consiglio di amministrazione del CAP, perché venne commissariato dall'autorità vigilante con commissariamento governativo il 4 aprile 1990, prima di essere posto l'ente in liquidazione controllata, in data 19 settembre 1991. Sicché, se i convenuti non avevano approvato il bilancio dell'anno 1989, ben difficilmente potevano essere considerati responsabili.
Inoltre, in grado di appello penale tutti i convenuti processati penalmente erano stati prosciolti, sicché non si erano avuti esiti penali a carico dei medesimi (alcuni erano già stati prosciolti in primo grado con formula piena), e questo indeboliva l'azione civile; l'azione di responsabilità era di esito probabilmente negativo, mentre era infondata o quanto meno non provata questa azione di responsabilità. Quindi, la procedura si esponeva, inoltre, persistendo nell'azione, dopo il parere e la perizia conseguiti, tutti negativi o perplessi, alla soccombenza nelle spese e al risarcimento dei danni in caso di sconfitta.
Anche l'amministrazione vigilante (allora Ministero dell'agricoltura), dopo il conseguimento dei parere della perizia predetti, era esposta al medesimo rischio (i convenuti avevano chiamato in causa l'allora autorità vigilante, Ministero dell'agricoltura, perché rispondesse dei danni richiesti ai commissari governativi, e quel Ministero era costituito in giudizio tramite l'Avvocatura dello Stato distrettuale di Venezia).
Anche i creditori avrebbero potuto rivolgere censure risarcitorie a fronte delle ingenti spese sostenute da una procedura la cui gestione era in perdita. Il persistere dell'azione di responsabilità aveva inoltre comportato conseguenze sociali gravi che ostacolavano il conseguimento del ritorno in bonis del CAP di Rovigo perché le azioni cautelari poste in essere dalla liquidatela avevano comportato il sequestro di aziende agricole del territorio polesano, con ciò creando un forte stato di disagio sociale che ha coinvolto e fortemente preoccupato, oltre che le associazioni di categoria, anche le rappresentanze sindacali dei lavoratori e le istituzioni ai vari livelli.
Dimostrazione della forte tensione sociale, che derivava dalla prosecuzione dell'azione di responsabilità, era comprovata dai numerosi inviti rivolti dalle associazioni sindacali e dalle istituzioni locali sia agli organi della procedura sia al Governo, affinché, prima ancora di avviare, anzi proprio allo scopo di favorire la fase concordataria, si addivenisse ad una soluzione bonaria dell'azione di responsabilità (si vedano, fra gli altri: gli atti allegati al progetto di concordato, quali il documento congiunto sottoscritto da Coldiretti, Associazione agricoltori, CIA, CGIL, CISL, UIL e SINARCA, in data 30 marzo 2004, con il quale è stata da tutti i presenti affermata con decisione la necessità di arrivare in tempi brevi, prima di tutto, alla soluzione dell'azione di responsabilità a carico degli ex amministratori; il verbale dell'incontro tenutosi presso la provincia di Rovigo in data 18 ottobre 2004, sottoscritto dal presidente e dal vicepresidente della provincia, CGIL, CISL, UIL, nonché dalla Confagricoltura, Coldiretti e CIA con il quale i sottoscrittori hanno evidenziato un accrescimento della tensione sociale nel territorio ed hanno sollecitato gli organi della procedura, in primis, di autorizzare l'atto transattivo a spese compensate, peraltro già richiesto dagli ex amministratori con conseguente liberatoria del sequestro cautelativo sui loro terreni).
I commissari che succedettero all'ingegner Rizzi si adoprarono costantemente per conseguire la transazione, commissionando i pareri favorevoli degli avvocati Zanussi, Galgano e De Acutis, transazione che fu poi deliberata dai loro successori nell'incarico, cioè dai commissari Martini, Simonetto e Maniero, i quali ottennero le debite autorizzazioni ministeriali.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17)

AURELIO SALVATORE MISITI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. In particolare, per quanto riguarda i direttori del CAP Guizzardi e Montanari e i commissari governativi Candeo e Dalmonte, dal momento che il commissario, dottor Rizzi, non esercitò mai contro di loro, né contro i direttori generali del CAP di Rovigo, l'azione di responsabilità, ma furono solo chiamati in causa da alcuni convenuti a rilievo, al momento della transazione generale gli eventuali diritti e l'azione stessa erano già da tempo prescritti, dal momento che i predecessori dell'avvocato Martini non interruppero la prescrizione con alcun atto.
Inoltre, un'attenta lettura della perizia del dottor Ermini, chiarisce che il perito non ha mai tratto conclusioni definitive contro i medesimi - il perito conclude testualmente: le perdite di gestione riferite ad operazioni poste in essere dopo la menzionata perdita del patrimonio netto sino al decreto di messa in liquidazione non rilevano ai fini della presente indagine - che non furono processati penalmente perché nemmeno l'autorità giudiziaria li trovò responsabili di qualcosa, nonostante indagini a largo raggio sulla gestione del consorzio agrario.
Quindi, per quanto attiene alla domanda degli interpellanti relativa al recupero delle somme che avrebbero dovuto essere risarcite dai due commissari governativi o dai loro eredi, è agevole rispondere che tale recupero era già impossibile al momento della nomina dell'avvocato Martini a commissario, dal momento che la prescrizione non era stata interrotta.
È anche il caso di osservare che tale recupero non competerebbe comunque all'autorità vigilante, cioè al Ministero dell'agricoltura, ma semmai al ceto creditorio della LCA CAP Rovigo, che, viceversa, non ha ritenuto di opporsi al concordato approvato dal tribunale di Rovigo con decreto del 27 dicembre 2009, disponendo così del proprio eventuale diritto.
Per quanto riguarda le spese legali pagate dalla liquidatela agli eredi del direttore del CAP Guido Guizzardi, esse furono debitamente autorizzate in data 7 febbraio 2008 dal direttore generale, dottor Leone, essendo tale ristoro delle spese legali dovuto in forza dell'articolo 21 del pertinente contratto collettivo nazionale di lavoro che prevede il rimborso delle spese legali per le cause intentate contro i dipendenti dei consorzi agrari. Nella circostanza la pretesa del professor Minguzzi fu ridotta ai minimi della tariffa legale.
Per quanto riguarda l'erogazione della liquidatela al dottore Dalmonte, si osserva che il medesimo ha percepito, previa autorizzazione ministeriale del 7 febbraio 2008 e transazione dell'insinuazione tardiva, l'importo dei compensi maturati quale commissario governativo e poi commissario liquidatore nella procedura, con rinunzia in transazione agli interessi.
Anche per la richiesta di un eventuale recupero di queste somme, che sono però oggettivamente dovute, vale quanto sopra considerato, cioè che il recupero stesso non appartiene al diritto-dovere dell'organo vigilante, ma semmai al ceto creditorio, il quale non lo ha coltivato non opponendosi al concordato approvato dal tribunale di Rovigo.
Per quanto riguarda le asserite forniture dal consorzio agrario di Ferrara, si deve precisare che la gestione del consorzio agrario di Rovigo, in liquidazione coatta amministrativa, era retta da un funzionario del consorzio con procura generale institoria e assoluta autonomia per quanto riguardava gli approvvigionamenti.
Questi approvvigionamenti avvenivano per la più gran parte da fornitori internazionali e nazionali di mezzi utili all'agricoltura e solo per piccola parte, e in ragione della assoluta convenienza, da altri consorzi agrari tra cui il consorzio agrario di Padova per i mangimi e società del gruppo consorzio agrario di Ferrara per i carburanti (ecco l'aspetto dei carburanti che è stato messo in rilievo dall'onorevole interpellante). È significativo che Pag. 64tale prassi veniva già praticata dai predecessori dell'avvocato Martini, cioè anche gli altri facevano la stessa cosa.
A specifiche richieste del commissario, avvocato Martini, il procuratore del consorzio, cioè quello che aveva la procura generale institoria per acquisire gli approvvigionamenti, effettuava frequenti ricerche di mercato per verificare la convenienza della fornitura dei carburanti che prevedeva la fornitura medesima con pagamento a 60 giorni senza garanzie, al prezzo minimo di mercato.
Solo le società Pagaso Spa, procuratore il signor Corso, e Deltacap Srl, presidente il signor Vittorio Lodi, aderivano a questa modalità e quando nel 2010 tale rapporto è cessato il consorzio agrario non ha più potuto gestire direttamente il servizio carburanti, non trovando più alcun fornitore disposto a vendere i prodotti senza garanzia fideiussoria, che attualmente viene richiesta sempre.
Il consorzio agrario di Rovigo ha ricavato quindi indubbio vantaggio da questo approvvigionamento e così gli agricoltori rodigini, mentre nessun indebito vantaggio economico personale può aver ricevuto il commissario, anche dal momento che le modalità della sua retribuzione sono stabilite da decreti ministeriali che non intervengono sui volumi d'affari delle società in bonis, quali Pegaso e Deltacap.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, non me ne voglia il sottosegretario, che ringrazio perché ha sostituito un collega e ha letto una relazione fatta dagli uffici probabilmente diretti dallo stesso commissario che è sotto l'occhio dell'interpellanza, tuttavia mi sembra ovviamente una presa in giro la lettura del testo di prima.
Partiamo dalla seconda domanda, perché così avete invertito l'ordine e quindi anch'io sono costretto a invertire l'ordine. Innanzitutto non avete dato risposta alla domanda perché ho chiesto a quanto ammontassero gli importi erogati e non si è parlato di cifre, cioè mi avete detto sulla base di, invece di, eccetera, ma nessuno ha detto mille euro, un milione di euro, tre milioni di euro. Mi avete semplicemente dato una serie di informazioni da cui dovrei in teoria cercare di capire quanti soldi sono stati dati per le spese legali dei chiamati in causa. Questa mi sembra già una cosa non corretta, perché se uno chiede le cifre a casa mia si danno delle cifre, non si danno degli indici. Questa è la prima cosa.
In secondo luogo, devo dedurre allora che il dottor Martini è una persona non in grado di svolgere quelle funzioni perché se la prima cosa che egli fa è di prendere un perito di sua fiducia, che è il dottor commercialista Nicola Ermini - preso, non si sa perché, a Firenze, comunque va bene così, tanto sappiamo che il circuito sono gli amici degli amici e va bene così, i circuiti di professionisti che trovano ricavo da questa nomina della politica, e chiudo qui la parentesi -, dopodiché questo dottore commercialista dice che effettivamente ai soggetti che sono sotto inchiesta, che sono la controparte della causa, sono addebitabili alcune imputazioni di carattere civile visto che il fatto penale - lo dico per chi ci ascolta - era già stato soluzionato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Quindi, in realtà l'aspetto penale non è che si è concluso perché sono stati assolti, ma perché quel reato non era più previsto dalla legge. Pertanto, anche in questo caso non prendiamoci in giro perché qui si gioca veramente sulle questioni come se uno fosse un ignorante. Non sono avvocato ma non sono ignorante, fino a lì ci arrivo.
Quel reato, che posso immaginare quale reato sia, che è stato tolto da questo Parlamento, non era più reato per cui è rimasta in piedi la causa civile. La causa civile va avanti e il primo atto che fa questo commissario è verificare se ci sono le condizioni per andare avanti e il perito da lui nominato dice di sì, che in effetti le condizioni ci sono. Certo che in una causa può anche soccombere, è normale, non è che uno fa una causa e sa di averla vinta, ciò vale per qualsiasi causa. Tuttavia, per tutelarmi, chiedo ad un perito se ci sono Pag. 65le condizioni per andare avanti, onde evitare di essere coinvolto casomai in un allungamento dei tempi della causa.
Faccio questa manovra dopodiché non si capisce perché, nonostante ho in mano questo atto del professionista che mi dice di andare pure avanti perché in effetti ci sono i motivi per ritenere che ci siano dei responsabili, blocco la causa e decido di concluderla, peraltro pagando le spese legali mie e degli altri e non mi dice neanche quanto ho pagato perché in questa interpellanza una delle mie domande era questa. Comunque non mi scompongo perché se non ci siamo capiti ci capiremo la prossima volta. Infatti, chi mi conosce sa che non mi fermo di fronte alla prima interpellanza non chiarita.
L'altro aspetto grave è che io capisco anche questo, poi se l'avvocato Martini ha voglia di scherzare va bene, però poi ne risponderà nelle sedi competenti.
Infatti, non è che può dire che, sino a quel momento, il consorzio agrario di Rovigo ha una serie di fornitori, arriva lui e questi fornitori non forniscono più, perché stranamente, per una serie di motivi di mercato, guarda caso, l'unico fornitore sulla piazza è proprio l'altro consorzio di Ferrara di cui lui è commissario; peraltro, lui avrebbe dovuto in un certo modo chiamarsi fuori perché il problema è a monte, se vogliamo. Come mai l'avvocato Martini ha due commissariamenti? Questo è il fatto grave! Il vero tema di questa vicenda è che l'avvocato Martini non dovrebbe essere commissario a Ferrara e, contemporaneamente, a Rovigo.
Questo è forse il vulnus della vicenda, perché genera ovviamente dei dubbi. Non so chi ha scritto il suo atto. Loro affermano che non riceve ricavi dalle vendite del commissariamento. Farò una verifica e, nella prossima interpellanza che presenterò, dirò se quello che avete detto è vero o meno. A me non risulta così, però per carità!
Io ribadisco che il vulnus è che questo signore sia commissario in tre realtà diverse, tra cui due che operano insieme. Questa già, secondo me, è una cosa straordinaria, che qualcuno dovrebbe spiegare al Parlamento e anche ai cittadini italiani, perché esistono questi «Bisignani di provincia» che - lo ripeto - passano i governi e rimangono sempre in piedi. Questo forse è il primo tema.
Quindi, ripeto, per concludere, non sono soddisfatto della seconda parte della risposta rispetto alla mia interpellanza perché di fatto non c'è stata. Non mi avete detto né quanto ha sborsato (se non gli indici), né tanto meno perché, dopo che si è fatto fare una perizia che dava ragione sul proseguimento della causa civile, non è stata fatta questa causa civile.
Consentitemi di dire che la motivazione per la quale questa causa civile poteva essere persa mi sembra ridicola, tanto più una volta che tu hai un professionista, che hai pagato come consulente per coprirti le spalle, che ti dice di andare pure avanti perché effettivamente ci sono gli estremi; è certo che le cause si possono pure perdere, ma le cause si fanno anche perché si ritiene di avere un minimo di ragione.
Sull'altra vicenda, partendo dal principio che dicevo prima che c'è una chiara incompatibilità fra le due nomine di commissario, consentitemi di insistere nell'affermare che le mie informazioni mi dicono che lui percepisce dei guadagni dal fatto che il consorzio agrario di Rovigo compra dal consorzio agrario di Ferrara perché ciò rientra nel famoso 0,10 per cento dei ricavi lordi che a lui sono destinati. Però, lo ripeto, ne prendo atto: chiederò copia di quello che lei ha letto, poi farò le dovute verifiche e nella prossima interpellanza, che posso già preannunciare, vedremo chi effettivamente aveva ragione.

(Elementi in merito alle vicende giudiziarie che coinvolgono componenti della famiglia Mubarak ed altri esponenti del precedente regime attualmente in stato di custodia cautelare o rinviati a giudizio - n. 2-01160)

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 66n. 2-01160, concernente elementi in merito alle vicende giudiziarie che coinvolgono componenti della famiglia Mubarak ed altri esponenti del precedente regime attualmente in stato di custodia cautelare o rinviati a giudizio (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, questa interpellanza urgente è frutto di un'iniziativa trasversale per le preoccupazioni che nutriamo in merito a vicende giudiziarie che riguardano la famiglia Mubarak, ma anche esponenti del vecchio regime egiziano.
Attraverso un lavoro di ricostruzione fatto a partire dalla stampa araba, abbiamo appreso una serie di informazioni che ci preoccupano molto sulle modalità con le quali si sta conducendo questo processo, che ha preso avvio il 13 aprile 2011, quando il procuratore generale de Il Cairo ha disposto sia a carico dell'ex presidente Hosni Mubarak che dei suoi due figli Alaa e Gamal una ordinanza di custodia cautelare che poi ha provveduto a reiterare senza assicurare - a quello che sappiamo - le condizioni minime di trasparenza e di certezza del diritto.
Si tratta di un'ordinanza che è stata adottata sulla base di accuse di corruzione e abuso d'ufficio. Un provvedimento analogo è stato adottato anche nei confronti della signora Mubarak, rispetto alla quale il malore che anche ha subito ci ha preoccupato rispetto al fatto che il medico che l'aveva in cura avrebbe rifiutato di modificare il referto clinico in modo che risultasse un parere favorevole circa il suo trasferimento in carcere.
Il processo è poi proseguito con l'apertura di un'ulteriore indagine a carico dell'ex Presidente egiziano, con l'accusa di aver ordinato, durante i giorni delle proteste, l'uccisione dei manifestanti da parte di agenti di pubblica sicurezza.
In data 1o giugno 2011 abbiamo appreso la notizia relativa alla decisione degli inquirenti di rinviare a giudizio l'ex Presidente Hosni Mubarak e i due figli, Alaa e Gamal, con l'accusa di corruzione, peculato e omicidio con la data fissata per la prima udienza del processo al 3 agosto e con la possibilità, già ventilata dal Ministro della giustizia, che gli imputati, se riconosciuti colpevoli, verranno condannati a morte.
Come dicevo, abbiamo ricostruito questi fatti da notizie apprese dai media arabi, che danno l'idea di un processo che si sta compiendo sotto la pressione di quella che è l'istanza della piazza, tant'è che ogni atto e ogni passo processuale praticamente segue a manifestazioni di piazza che sollecitano la magistratura ad accelerare i tempi.
A fronte di queste notizie sappiamo, però, anche che il Governo egiziano ad interim ha annunciato l'intenzione di voler ratificare lo Statuto di Roma, manifestando quindi la volontà di invertire la tendenza del corso che la giustizia ha seguito in Egitto nei precedenti 30 anni. Per questo, anche a fronte dell'importante impegno che il Governo italiano ha avuto a livello internazionale per quanto riguarda, in particolare, sia l'adozione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale sia l'approvazione, da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, della risoluzione per una moratoria universale delle esecuzioni capitali, abbiamo voluto, con questo atto di sindacato ispettivo, chiedere intanto al Governo di acquisire e riferire in Aula informazioni in merito al processo in corso e anche di conoscere se e quali iniziative si intendano adottare per assicurare agli imputati e agli indagati il rispetto dei diritti minimi, ossia il rispetto dei diritti umani e della persona, nell'ambito dei quali va assolutamente ricompreso il diritto alla difesa e ad un processo equo e trasparente, in linea con gli standard internazionali.
In particolare, vogliamo sapere se e quali iniziative si stanno promuovendo perché proprio in Egitto possa trovare attuazione quello che è il contenuto della risoluzione dell'Assemblea generale che chiede, appunto, ai Paesi che ancora mantengono e praticano la pena di morte di introdurre una moratoria delle esecuzioni capitali.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il 25 gennaio, giorno della rivolta in Egitto, scoppiavano le manifestazioni che avrebbero portato, l'11 febbraio, alle dimissioni del Presidente Mubarak e al suo esilio interno a Sharm el Sheik, con la sua famiglia.
Circa due mesi dopo, il 13 aprile, l'ex Presidente e i suoi figli, Alaa e Gamal, venivano fermati e posti in custodia cautelare, sulla base dei capi d'imputazione di corruzione e abuso d'ufficio. La medesima azione veniva poi intrapresa nei confronti dell'ex first lady, Suzanne Thabet, il 13 maggio, anch'essa accusata di corruzione e abuso d'ufficio, nel contesto della forte ondata giustizialista che sta interessando la società italiana, con pressanti richieste di piazza di processare i responsabili del precedente regime - suona familiare -, come l'ex Ministro dell'interno El Adli e l'ex Ministro del turismo Garana, già condannato a cinque anni di prigione per corruzione, nonché alcuni fra i principali uomini d'affari del Paese.
A questi primi passi è seguito, il 25 maggio, il rinvio a processo dell'ex Presidente Mubarak, nonostante il grave stato di salute in cui si trova l'ex Presidente, che appare adesso in via di peggioramento, con l'accusa di collaborazione con il precedente Ministro dell'interno El Adli e con le forze di polizia per il fine deliberato di uccidere i manifestanti, nonché di corruzione.
Lo stesso giorno venivano rinviati a giudizio anche Alaa e Gamal Mubarak, per rispondere all'accusa di corruzione. La data d'inizio del processo è stata fissata per il prossimo 3 agosto, davanti alla corte d'assise de Il Cairo.
Fin dai primi giorni della rivolta, il Governo italiano si è adoperato per sostenere una trasformazione pacifica e ordinata verso la democrazia del Paese, a sostegno delle legittime aspirazioni della popolazione egiziana e nell'ottica di un rapido ritorno ad una situazione di calma che possa evitare l'innescarsi di dinamiche conflittuali e destabilizzanti. Siamo tuttavia preoccupati per la volatilità della situazione e la mancanza di sicurezza e continuiamo a monitorare con attenzione gli sviluppi in corso nel Paese. In tal senso, il messaggio che abbiamo da subito veicolato alle nostre controparti egiziane è stato di disponibilità a proseguire il consolidato rapporto che unisce i nostri due Paesi, assistendo l'Egitto in termini finanziari e favorendo la ripresa economica, il turismo e l'occupazione, anche per rinnovare la fiducia dei giovani nell'avvenire ed evitare un ulteriore incremento delle tensioni. Sempre al fine di favorire la stabilità, stiamo inoltre lavorando insieme al Governo transitorio per dare maggiore sicurezza agli investimenti nel Paese in modo tale da evitare una contrazione dei finanziamenti stranieri ed, in particolare, della nostra presenza in Egitto.
In questo contesto, ci auguriamo uno svolgimento il più trasparente possibile dei processi in corso, che auspichiamo possano svolgersi nella legalità e nel pieno rispetto dei principi di equità e trasparenza. Il Governo italiano ha reiterato con costanza alle autorità egiziane l'aspettativa che - coerentemente con quei principi che hanno ispirato la rivoluzione - si adoperino affinché siano garantiti i diritti fondamentali e le libertà democratiche, garantendo agli imputati o agli indagati il diritto alla difesa. Tali priorità sono state ribadite - e continuano ad essere ribadite - in numerose occasioni ai rappresentanti del Governo egiziano e continuiamo a metterne in evidenza l'importanza fondamentale nel quadro dei nostri frequenti contatti bilaterali.
Per quanto attiene alla possibilità che agli imputati venga inflitta una condanna a morte, il Governo italiano continuerà a muoversi in piena coerenza con quei principi che lo hanno portato a svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere e sostenere la battaglia contro la pena capitale. Pag. 68
In tal senso, non abbiamo mai mancato di esprimere all'Egitto - Paese che ha finora mostrato tra le più forti ritrosie ad impegnarsi in questa direzione - l'auspicio che il quadro venutosi a formare con la «Primavera Araba» possa modificare la sua tradizionale posizione contraria all'abolizione della pena di morte.
L'Italia prosegue con convinzione questi sforzi, che, come noto, hanno portato - dopo la storica adozione della prima risoluzione sulla moratoria della pena capitale da parte dell'Assemblea Generale dell'ONU nel dicembre 2007, seguita da quella del 2008 - ad una terza risoluzione in materia nel dicembre del 2010, con 109 voti a favore, 35 astensioni e 41 voti contrari.
Vorrei anche aggiungere un mio auspicio personale, ossia che il popolo egiziano sappia giudicare l'ex Presidente Mubarak con la bilancia di Anubi, mettendo sul piatto i torti e i meriti di quell'uomo.

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di replicare.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, ringrazio molto il sottosegretario Craxi e mi considero parzialmente soddisfatta della sua risposta.
Condivido con lei il fatto che l'Egitto, all'ONU, è sempre stato in prima linea nel contrasto alla nostra iniziativa relativa alla risoluzione pro moratoria e penso che, proprio per questo, ora l'Egitto rappresenti il banco di prova, forse decisivo, di un vero cambiamento di regime nei Paesi arabi.
Proprio per questo credo che si debba rafforzare ulteriormente l'impegno per un esito giusto, che escluda totalmente la condanna a morte dell'ex Presidente e della sua famiglia, ma anche di eventuali altri esponenti del regime.
Sono certa che, se il Governo egiziano ad interim saprà garantire ai massimi responsabili del vecchio regime, a partire dall'ex Presidente Hosni Mubarak, i diritti fondamentali della persona e, quindi, anche un processo equo e trasparente che escluda la condanna a morte, ciò sarà la prova più evidente di una soluzione di continuità rispetto al passato.
Penso che, da questo punto di vista, ad esempio, anche gli aiuti finanziari che il nostro Governo, come ci ha comunicato, sta fornendo forse potrebbero essere anche condizionati ad un eventualmente maggiore o pieno rispetto dei diritti umani e dei principi di trasparenza e di equità del processo.
Credo che della vicenda Mubarak se ne debba fare un punto di forza e di priorità politica del nostro Paese rispetto all'impegno che si sta profondendo in tutta l'area del Nord Africa e Mediorientale.
Alla sottosegretaria Craxi voglio dire che ho colto nelle sue parole un senso profondo di impegno e, comunque, di umanità al punto che, quando parlava dell'ondata giustizialista che ha colpito l'Egitto, anziché dire ondata giustizialista «egiziana», ha detto «italiana», penso proprio perché questo caso la stia colpendo profondamente anche a fronte della dura esperienza personale che, in nome del giustizialismo, ha dovuto vivere.

(Iniziative volte a riassorbire le residue giacenze delle domande di cittadinanza italiana in America latina, con specifico riferimento alla grave situazione esistente nei consolati italiani in Brasile - n. 2-01161)

PRESIDENTE. L'onorevole Porta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01161, concernente iniziative volte a riassorbire le residue giacenze delle domande di cittadinanza italiana in America latina, con specifico riferimento alla grave situazione esistente nei consolati italiani in Brasile (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO PORTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, questa iniziativa parlamentare dedicata all'accumulo delle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana in alcuni consolati dell'America meridionale con specifico riferimento al Brasile cade in modo del Pag. 69tutto casuale in un momento di inaspettata attenzione per i rapporti degli italiani all'estero con la società e le istituzioni italiane: mi riferisco alla messa in discussione da parte di alcuni rappresentanti del Governo della stessa Circoscrizione Estero; di questa problematica ovviamente ci sarà modo di parlare in occasioni più dirette e specifiche.
La premessa a cui si legano le questioni qui richiamate è, tuttavia, comune e riguarda il riconoscimento di diritti fondamentali dei cittadini, sia che si tratti di ottenere una risposta chiara e precisa in ordine all'assorbimento delle procedure fissate dalla legge per vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana, sia che si tratti di vedere tutelata l'effettività dell'esercizio del diritto di voto, anch'esso tutelato dalla Costituzione e dalle sue leggi di applicazione.
Il punto centrale, in realtà, è proprio questo: ci sono quattro milioni e 400 mila italiani che vivono all'estero - secondo le nostre anagrafi, secondo l'anagrafe degli elettori - il cui numero, peraltro, è del tutto peculiare rispetto a qualsiasi altro Paese di storia e tradizioni simili alla nostra.
Si tratta di cittadini a pieno diritto, né più né meno di tutti gli altri che risiedono entro i nostri confini. Su un piano di principio sembrerebbe un'affermazione scontata, addirittura ovvia, ma vi assicuro, anche per l'esperienza fatta direttamente in Sudamerica, che non sempre è così.
Così non è non solo quando si tratti di esercitare concretamente i diritti di cittadinanza - che forse in un contesto straniero è possibile considerare di più difficile applicazione - ma anche quando si tratti di diritti individuali da esercitare nei confronti della pubblica amministrazione italiana sui quali non dovrebbero esservi interferenze o limitazioni di sorta.
Il fatto che parliamo poi di strutture amministrative decentrate in un'ampia raggiera internazionale non legittima parzialità o eccezioni, semmai dovrebbe richiedere una maggiore attenzione e responsabilità per assicurare a tutti i cittadini, anche a quelli che per tradizione familiare, necessità o scelta sono residenti all'estero, parità di trattamento e di godimento di servizi essenziali. Purtroppo, è il contrario di quanto avviene ultimamente, anche a causa delle limitazioni di risorse destinate alla nostra rete consolare, della riduzione del personale e dell'eliminazione di alcune strutture, tutte misure che hanno inciso seriamente su alcuni fondamentali diritti dei nostri cittadini. La questione dell'accumulo delle pratiche di cittadinanza risale ad anni precedenti a questa difficoltà, in particolare in America latina. Vari fattori ne hanno originato l'espansione, ma in Sudamerica il richiamo alle origini italiane è stato sempre molto vivo. In particolare, esso ha coinvolto e coinvolge oggi le giovani generazioni man mano che si sono attenuate le spinte omologanti della mondializzazione e si è rafforzata la ricerca delle radici e dell'identità in un quadro di più consapevoli relazioni interculturali. Il passaporto italiano, la cittadinanza italiana, in quanto anche cittadinanza europea, rappresenta ovviamente uno strumento di mobilità internazionale e anche una propensione forte al rispetto. La stessa introduzione del voto per corrispondenza, che ha permesso di esprimere rappresentanti diretti delle comunità nel Parlamento nazionale, e la sempre viva rete delle nostre associazioni, infine, hanno prodotto un'indiscutibile sensibilizzazione e lo sviluppo di una nuova grande attenzione verso l'Italia, anche questi espressi in altrettante domande di cittadinanza, nel significato pieno di questa parola. Mi sono soffermato su questi fattori oggettivi e soggettivi di relazione tra le nostre comunità del Sudamerica, del Brasile e dell'Italia, per sottolineare un concetto che a me sembra necessario per contrastare preoccupazioni ingiustificate o addirittura pregiudizi. Siamo di fronte, infatti, non ad opportunistiche operazioni volte ad approfittare di antichi legami che il tempo sembrava aver logorato, ma a spinte reali verso il recupero della propria identità e l'acquisizione di elementi anche giuridici, che corrispondono ad un'esigenza di mobilità internazionale del tutto Pag. 70in linea con i tempi che viviamo. In più vorrei rimarcare con forza che si tratta di richieste che non si traducono meccanicamente in oneri e aggravi di spesa per il nostro erario, semmai al contrario, se consideriamo le percezioni consolari che derivano da questo tipo di attività, dal momento che ad esse non sono collegate né per l'oggi né per il futuro prevedibili erogazioni di ordine socio-assistenziale o di altra natura. D'altro canto, è noto a tutti - spero - che l'area sudamericana e in particolare il Brasile stanno crescendo ad un ritmo esponenziale ben superiore a quello dell'Europa e che il solo Brasile cresce annualmente ad un ritmo del 7 per cento, un vero e proprio exploit rispetto alle nostre dinamiche. Ad ogni modo, questi dati relativi alle richieste di cittadinanza sono cresciuti molto negli ultimi anni e all'inizio di questo millennio. In alcuni casi, abbiamo avuto immagini non proprio edificanti di consolati assediati da persone che non chiedevano nulla di diverso dal riconoscimento di un loro diritto. Nella finanziaria per il 2008 il precedente Governo pensò giustamente di ricorrere, anche su suggerimento dell'amministrazione del Ministero degli affari esteri, nonché delle comunità italiane all'estero, ad un intervento straordinario, che si tradusse in una vera e propria task force da applicare alla grande giacenza di richieste e al superamento di queste interminabili e imbarazzanti file davanti ai nostri consolati.
Questo provvedimento è poi passato alla fase operativa e ha prodotto, come abbiamo scritto nella nostra interpellanza sottoscritta da parlamentari di tutti i partiti, degli effetti che oggi ci hanno spinto a chiedere delle spiegazioni al Governo perché, mentre in alcuni Paesi, come l'Argentina, l'Uruguay e il Venezuela, queste giacenze si sono praticamente azzerate, alla fine del 2010, in Brasile avevamo ancora oltre 200 mila pratiche di cittadinanza in attesa di essere esaminate.
Vorrei inoltre aggiungere che questa situazione in Brasile è aggravata dal fatto che le pratiche relative alle richieste degli abitanti dell'ex impero austro-ungarico, rispetto al quale esiste una legge specifica, nonostante, anche in questo caso, le mie ripetute sollecitazioni al Governo per sveltire il procedimento e per rafforzare l'apposita commissione operante presso il Ministero dell'interno, continuano ad essere giacenti nella loro quasi totalità, essendone state smaltite meno della metà, a distanza di parecchi anni.
Vorrei, quindi, che tutti, a cominciare, ovviamente, dal rappresentante del Governo e dalla stessa maggioranza, oltre che dall'opposizione, si rendessero conto che, alla lunga, uno squilibrio così acuto diventa insostenibile, sia dal punto di vista della risposta ai diritti dei cittadini, sia da quello di un'equilibrata gestione della situazione che si è venuta a creare intorno ai nostri consolati.
La situazione dei nostri connazionali in Brasile è ulteriormente aggravata dal fatto che, oltre alla giacenza di queste centinaia di migliaia di pratiche inevase, si è sviluppata, in modo esponenziale, una seconda e parallela linea di disfunzione che riguarda la legalizzazione degli atti da allegare alle pratiche di cittadinanza. In parole povere, i nostri concittadini in Brasile devono prima fare le loro belle file di attesa negli uffici brasiliani, poi devono fissare degli appuntamenti, in genere a distanza di anni, con i nostri consolati per avere la legalizzazione dei certificati acquisiti e, infine, devono fare la stessa trafila per presentare la domanda di cittadinanza agli uffici e, quindi, attendere ancora qualche anno per avere una definitiva risposta alla loro richiesta.
Questo, voglio sottolinearlo, indipendentemente dalla qualità del lavoro e dalla dedizione del personale attualmente impiegato nei consolati, che sta facendo molto per evitare che la situazione possa avere degli effetti ancora più gravi. Anzi, vorrei ringraziare chi tanto si sta adoperando, aggiungendo, semmai, che la liberazione di questo carico di lavoro che viene dal passato consentirebbe di applicare queste energie ai problemi più vivi ed attuali di una comunità che vive in uno dei Paesi più dinamici del mondo. Pag. 71
È vero, come è stato risposto in altra occasione dal Governo, che l'evasione di queste pratiche in Brasile è complicata dal fatto che questo Paese non ha aderito alla convenzione dell'Aja sul reciproco riconoscimento degli atti amministrativi, con la conseguenza di rendere le procedure più tortuose e laboriose, ma credo che proprio questo fatto, sul quale mi sono personalmente impegnato, ci debba, semmai, spronare ancora di più a procedere verso la stipula di un accordo bilaterale tra i due governi, accordo di cui si è parlato spesso negli scorsi anni.
Signor Presidente, concludo dicendo che in questi giorni si parla molto di sacrifici che i cittadini devono affrontare e del discredito delle istituzioni che deriva dall'inefficienza e dalla sordità dello Stato. Ebbene, i cittadini italiani che vivono in altre realtà del mondo meritano di essere considerati come gli altri e di destare le stesse preoccupazioni che gli altri destano, o per loro vale la regola dell'arrangiarsi, del subire, tanto la lontananza stempera le reazioni che si potrebbero manifestare verso la classe politica del Paese?
Credo che siano domande da porci soprattutto in un momento in cui la credibilità del Paese sul piano internazionale per noi è necessaria come l'aria che respiriamo. Confido, quindi, che il rappresentante del Governo risparmi, a noi ed a quanti sono in attesa di fatti concreti, una risposta semplicemente burocratica e convenzionale e dimostri, invece, di voler cercare una soluzione straordinaria ad una situazione particolare, che si è venuta a creare nei nostri consolati in Brasile.
Nel caso contrario, come il Governo sa, al cittadino non rimarrà che rivolgersi alle strutture legali amministrative e ricorrere al TAR, come è stato fatto da decine di persone in questi ultimi anni. Ed il TAR ha sistematicamente dato ragione loro, condannando la nostra amministrazione pubblica e i nostri consolati, perché il cittadino, come il TAR del Lazio ha riconosciuto, deve avere certezza dei tempi sia per il compimento degli atti amministrativi sia per il riconoscimento della cittadinanza.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Porta.

FABIO PORTA. Rispetto a tutte queste questioni, voglio una risposta dal Governo, sperando che sia chiaro che la ragione di questa interpellanza non risiede in una preoccupazione localistica particolare, ma si lega all'inderogabile necessità di assicurare il soddisfacimento dei diritti riconosciuti dalla legge, sottolineando, infine, che intervenire per risolvere questo problema potrebbe, semmai, rappresentare un vero e proprio investimento in materia di internazionalizzazione del Paese e di potenziamento del nostro rapporto con una delle principali economie del pianeta.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, sul piano generale mi preme sottolineare come i dati relativi al carico complessivo delle pratiche di cittadinanza in giacenza presso i nostri consolati in America Latina siano sostanzialmente positivi, avendo conosciuto una significativa contrazione nel periodo che va dall'inizio della presente legislatura ad oggi.
Particolarmente significativo in tale contesto appare il progressivo riassorbimento delle giacenze in Argentina, dove sono state smaltite oltre 400 mila pratiche. Confortanti risultano anche i dati, che lo stesso interpellante ha richiamato, che ci vengono dal Venezuela e dall'Uruguay.
Nonostante le ridotte disponibilità finanziarie, dovute alla congiuntura economica sfavorevole ed alle impellenti necessità di stabilizzazione della finanza pubblica, il Governo intende comunque continuare a sviluppare la sua azione per consolidare ulteriormente tale risultato positivo, affrontando in particolare la situazione Pag. 72dei nostri consolati in Brasile dove, nonostante una sensibile riduzione delle giacenze, vi sono ulteriori margini di miglioramento.
Posto quindi che in Brasile la nostra rete consolare, nel periodo considerato, ha comunque più che dimezzato le pratiche in giacenza, il Governo non intende far venire meno la sua attenzione ed il suo forte impegno. Nel 2011 è stata, infatti, stanziata una somma di 450 mila euro a beneficio della task force della cittadinanza per l'acquisizione di lavoro interinale da parte degli uffici consolari in Brasile, superiore rispetto ai 445 mila euro stanziati del 2010.
Grazie a tale impegno, in Brasile si è passati da circa 209 mila richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana, pendenti al 3 dicembre 2010, a circa 194 mila pratiche, giacenti al 30 giugno 2011, tenendo anche presente che nel corso dei primi sei mesi del 2011 sono state presentate circa 11 mila nuove richieste.
Il Governo ha anche fornito adeguata attenzione alle esigenze di personale di cui complessivamente necessita la rete consolare in Brasile. Voglio al riguardo ricordare che il Consolato generale di San Paolo, per quanto attiene al personale di ruolo, può contare attualmente su due funzionari diplomatici, due coordinatori amministrativi, un funzionario contabile, due funzionari consolari, quattro collaboratori amministrativi, sei assistenti amministrativi e due impiegati esecutivi, per un totale di 19 unità di ruolo. L'organico risulta essere in linea o superiore rispetto ad altre sedi, non solo dell'area, aventi carichi di lavoro analoghi.
Si noti al riguardo che San Paolo è uno dei pochissimi consolati generali in cui presta ancora servizio un funzionario diplomatico come vicario. Per quanto riguarda i contrattisti, non solo San Paolo ma anche le altre sedi in Brasile sono stati oggetto di attenzione prioritaria. Ciascuna di queste sedi è stata infatti potenziata con alcune unità a contratto aggiuntive: 3 a Brasilia, 3 a Curitiba, 4 a Porto Alegre, 3 a Rio de Janeiro, ben 9 a San Paolo, 3 a Belo Horizonte e 2 a Recife, per un totale di 27 unità aggiuntive assunte tra il 2009 e il 2010. Lo sforzo complessivo del Governo appare quindi adeguato alle esigenze. Eventuali ulteriori potenziamenti appaiono peraltro allo stato difficilmente praticabili a causa della condizione di pieno impiego del contingente dei contrattisti, questo anche per far fronte alle esigenze di altre sedi caratterizzate da un elevato rischio migratorio. Non appare peraltro percorribile la proposta di variazioni compensative all'interno del programma Italiani nel mondo e politiche migratorie, in quanto non vi sono attualmente altri capitoli di spesa con disponibilità di fondi residui, tenuto conto delle attività già in essere.
Venendo ora alle pratiche relative al riconoscimento di cittadinanza avanzate dai discendenti degli abitanti dell'ex Impero austro-ungarico, consentitemi di fornire alcuni elementi preliminari di ricostruzione di questa complessa vicenda. A seguito del Trattato di San Germano concluso dopo la prima guerra mondiale, vasti territori appartenuti al disciolto Impero austro-ungarico furono assegnati all'Italia. I soggetti ivi residenti alla data dell'entrata in vigore del Trattato (16 luglio 1920) hanno acquisito di diritto la cittadinanza italiana; le persone emigrate all'estero prima di tale data potevano, ai sensi dell'articolo 72 dello stesso Trattato, optare per la cittadinanza italiana mediante una dichiarazione di volontà da presentare ai consolati di residenza.
La legge 14 dicembre 2000, n. 379, concernente disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'Impero austro-ungarico e ai loro discendenti, consente quindi ai soggetti emigrati all'estero prima del 16 luglio 1920, che non si avvalsero della possibilità loro offerta dal suindicato articolo 72 del Trattato di San Germano, nonché ai loro discendenti, di ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana. I territori interessati dall'applicazione della legge n. 379 del 2000 si identificano con quelli ricompresi nelle attuali province di Trento, Bolzano e Gorizia e con quelli, Pag. 73già italiani, ceduti alla Repubblica Jugoslava in forza del Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 e del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975.
I beneficiari della legge possono ottenere il riconoscimento tramite apposita dichiarazione presso l'ufficiale di stato civile del comune in cui risiedono o intendono stabilire la loro residenza, ovvero presso l'autorità diplomatico-consolare, se residenti all'estero. La documentazione prodotta dall'interessato viene quindi esaminata da una apposita Commissione interministeriale insediata presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno e composta da rappresentanti del Ministero degli affari esteri, della giustizia, dell'Università La Sapienza di Roma, oltre che dell'amministrazione dell'interno. La Commissione si riunisce mensilmente ed ha il complesso compito di accertare il possesso dei requisiti previsti dalla legge, in particolare l'appartenenza al gruppo linguistico italiano degli avi dei richiedenti.
Risultano ad oggi esaminate 19 mila e 54 istanze di cittadinanza sulle circa 45 mila finora pervenute, in gran parte trasmesse tramite i consolati italiani in Brasile e Argentina. Si tenga tuttavia conto che, essendo il termine per la dichiarazione prevista dall'articolo 1 della già citata legge n. 379 del 2000 scaduto solo lo scorso 20 dicembre, altre istanze potrebbero ancora essere trasmesse dalla nostra rete consolare.

PRESIDENTE. L'onorevole Porta ha facoltà di replicare.

FABIO PORTA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per lo sforzo e il dettaglio della sua risposta, anche se non posso ritenermi soddisfatto perché noi nell'interpellanza chiedevamo tre cose. Innanzitutto delle misure straordinarie per risolvere un problema che va avanti da anni e che, tra l'altro, i dati che ci ha fornito il sottosegretario confermano impossibile da risolvere a questo ritmo e con le attuali strutture e risorse, e senza un impegno - ripeto - di natura straordinaria.

Lo stesso discorso vale per il potenziamento dell'organico consolare perché, nonostante i numeri, la rete e anche lo sforzo dei nostri funzionari nei consolati in Brasile, noi abbiamo una struttura sicuramente al di sotto, non soltanto della dimensione della nostra collettività - ricordo che in Brasile vive oggi la più grande collettività di italodiscendenti al mondo con numeri che si stimano in circa 30 milioni gli oriundi in quel Paese -, ma anche al di sotto delle straordinarie opportunità che quel Paese rappresenta dal punto di vista dell'internazionalizzazione commerciale ed economica. In questi giorni noi abbiamo ascoltato in Commissione affari esteri il direttore generale della Farnesina, l'ambasciatore Massolo, che, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla rete consolare, in qualche maniera ci ha confermato questi dati, ma ci ha confermato delle preoccupazioni, cioè che, nonostante l'America latina rappresenti per l'Italia una regione prioritaria, tanto per la dimensione della nostra collettività, quanto per l'opportunità di espansione e di penetrazione delle nostre imprese, la rete consolare ivi installata non è adeguata e, questo, in Brasile è particolarmente evidente.
Anche sulla situazione delle pratiche in esame presso la commissione istituita al Ministero dell'interno nell'aprire ai cittadini dell'ex Impero austro-ungarico, mi sembra che continuiamo ad essere lontani dagli obiettivi minimi accettabili nonostante, lo scorso anno, si sia concluso il termine per la presentazione delle domande di cittadinanza da parte di quei cittadini, termine rispetto al quale noi avevamo proposto una proroga, sia con degli emendamenti, che con un'apposita proposta di legge. Rispetto a questo quadro, noi continuiamo a dimostrare un'attenzione sicuramente al di sotto delle necessità rappresentate dalle nostre collettività ed un'attenzione sicuramente al di sotto della straordinaria opportunità che potrebbe costituire una maggiore presenza, anche tramite i cittadini di origine italiana in questi Paesi, e, purtroppo, il dato che in sei mesi si siano potuti espletare Pag. 74un numero di processi di cittadinanza così irrisorio in tutta la rete consolare del Brasile aumenta la nostra preoccupazione e aumenta sicuramente il disagio di questa nostra grande collettività che, oggi, è costituita da professionisti, da giovani, da rappresentanti del mondo delle istituzioni e delle imprese e, quindi, da personalità che potrebbero costituire, se adeguatamente supportate, un volano anche per la nostra economia e che, invece, se si vedranno respinti o comunque mortificati, anche con un'assenza di risposta da parte del Governo in questo campo, potrebbero, ovviamente, voltare e girare le spalle al nostro Paese. Credo che un Paese serio, grande, come il nostro, non può permettersi una situazione del genere. Non è serio, non è comprensibile, né giustificabile un'attesa che a volte sfiora i 10 anni per il riconoscimento di un diritto. Se non riusciremo a mettere mano a questa situazione, a trovare delle soluzioni adeguate, ne verrà intaccata anche la nostra credibilità internazionale.
Credo che lo scopo dell'interpellanza firmata da esponenti autorevoli di tutti i partiti era questo. Le risposte non sono sicuramente soddisfacenti. Spero che le nostre istituzioni possano comunque prendere atto di un problema e trovare risposte che, se non saranno messe a disposizione dei cittadini adibendo le istanze giuridico-legali, il prezzo che pagheremo come Stato italiano sarà molto più alto.

(Intendimenti del Governo per garantire la libertà religiosa in Eritrea in relazione alle iniziative di cooperazione economico-commerciale - n. 2-01165)

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01165 concernente intendimenti del Governo per garantire la libertà religiosa in Eritrea in relazione alle iniziative di cooperazione economico-commerciale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

RENATO FARINA. Signor Presidente, rinuncio all'illustrazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Come è noto, l'Eritrea è sottoposta ad un regime sanzionatorio delle Nazioni Unite in base alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1907 del 2009, che ha accentuato le tendenze di quelle autorità a percorrere la via dell'autarchia e dell'isolamento dalla comunità internazionale. L'isolamento e l'ulteriore rafforzamento del regime sanzionatorio nei confronti di Asmara non hanno finora contribuito alla causa del miglioramento della situazione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali ma hanno al contrario condotto il regime ad un'ulteriore involuzione.
Con gli obiettivi di promuovere e sostenere la crescita democratica e civile dell'Eritrea, e relazioni bilaterali costruttive, il Governo ha quindi avviato, nel corso degli ultimi due anni, un complesso e delicato processo di rivitalizzazione del dialogo bilaterale. Nei contatti con quelle autorità, non si è mai mancato di sottolineare l'importanza del rispetto dei diritti umani e della promozione delle libertà fondamentali per il popolo eritreo.
Il Governo è infatti ben consapevole delle forti criticità quanto al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea. Ed è proprio per questa ragione che tale tema rientra fra quelli principali del nostro dialogo bilaterale con Asmara. Anche a livello europeo abbiamo favorito, sin dai primi timidi segnali d'apertura al dialogo da parte eritrea nel 2008, l'inserimento della questione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel dialogo politico che i capi missione della UE ad Asmara intrattengono con le autorità locali. Tale questione ha quindi formato oggetto, negli ultimi due anni, di tre sessioni del dialogo politico che le ambasciate europee intrattengono con quel Governo.
La recente missione, cui fanno cenno gli onorevoli interroganti, si è recata ad Pag. 75Asmara per partecipare alla seconda sessione del tavolo bilaterale per la discussione di tematiche consolari, culturali ed economiche, esercizio avviato nell'ottobre scorso a Roma. La convocazione del secondo tavolo, è stata tuttavia condizionata da alcuni gesti da parte eritrea: la presentazione delle lettere credenziali del nostro ambasciatore, l'allentamento delle restrizioni imposte alla comunità diplomatica colà residente, e dei segnali positivi in merito alla nota questione della coscrizione obbligatoria dei religiosi.
A tale ultimo proposito, si ricorda infatti che recentemente il dipartimento per gli affari religiosi eritreo aveva annunciato di aver disposto l'arruolamento militare obbligatorio di tutti i religiosi di ogni confessione, ordine e grado di età inferiore ai 30 anni. Se ciò dovesse verificarsi circa 600 religiosi cattolici tra seminaristi, sacerdoti e parroci sarebbero costretti ad abbandonare parrocchie e conventi e a presentarsi nei campi di addestramento per prestare il servizio militare a tempo indeterminato. Grazie quindi al nostro intervento, le autorità eritree hanno deciso di esentare dal servizio militare sia le religiose dei vari ordini ivi attivi, sia i componenti del clero di vario livello che hanno compiti operativi nella conduzione delle parrocchie e di altre istituzioni cattoliche.
Tali sviluppi parziali, ma incoraggianti, hanno formato oggetto dei colloqui della recente missione nel Paese. Com'è noto, i gruppi religiosi sono sottoposti ad un rigido regime di registrazione obbligatoria e, allo stato attuale, solo quattro confessioni sono autorizzate ad agire nel Paese (Chiesa ortodossa Eritrea, Chiesa evangelica di Eritrea, Islam sunnita e Chiesa cattolica romana).
La delegazione ha, inoltre, affrontato altre tematiche bilaterali: il rinnovo dell'Accordo tecnico sullo status delle scuole italiane all'Asmara, la più grande istituzione scolastica statale fuori dai confini nazionali, e la situazione della comunità italiana colà residente, eredità dei trascorsi legami storici tra l'Italia e l'Eritrea e importante anello di unione tra i due Paesi.
Sul fronte culturale e della formazione scolastica, gli incontri realizzati con le competenti autorità eritree in vista del rinnovo dell'Accordo tecnico sullo status delle scuole italiane di Asmara e del loro personale hanno consentito di ribadire, nel rispetto della missione principale ed irrinunciabile della diffusione della lingua e dei modelli culturali italiani, la nostra disponibilità ad un'armonizzazione dei curricula e programmi offerti dalle scuole italiane, al fine di venire incontro all'esigenza di una maggiore integrazione fra i due sistemi educativi.
Tutto questo, nella prospettiva di dare una più adeguata risposta formativa alle esigenze della società e del mercato del lavoro locali, garantendo nel contempo ai giovani eritrei - che costituiscono oltre il 95 per cento degli studenti frequentanti le nostre istituzioni scolastiche - un percorso educativo e culturale più completo, aperto e diversificato rispetto a quello offerto dal sistema scolastico locale. Alcuni miglioramenti dello status dei docenti italiani della scuola sono stati, altresì, al centro dei colloqui con il Ministro dell'educazione.
Inoltre, alla luce del crescente interesse del mondo imprenditoriale italiano per le opportunità economiche del Paese africano, sono state affrontate alcune questioni economico-commerciali con le autorità eritree, al fine di verificare il quadro giuridico a tutela degli investimenti italiani nel Paese, in particolare nel settore della pesca.
A quest'ultimo riguardo, è stato avviato il negoziato per un'intesa tecnica tra il Ministero della salute italiano e il Ministero dell'agricoltura eritrea nel settore della pesca e dell'acquacoltura, per prevenire i rischi di trasmissione delle malattie infettive e parassitarie delle specie ittiche, e per prevenire la trasmissione all'uomo delle malattie degli animali e/o delle malattie derivanti dai prodotti di origine animale.
Riteniamo importante l'approfondimento delle relazioni commerciali e della Pag. 76collaborazione in alcuni settori tecnici quali quello sanitario, nella consapevolezza che la crescita economica e l'assistenza tecnica rappresentino strumenti determinanti per contribuire a migliorare la condizione socioeconomica della popolazione locale e, di conseguenza, ad alleviare le cause all'origine dell'ingente flusso di cittadini eritrei che fuggono dal Paese, finendo vittime di organizzazioni criminali internazionali.
Allargando il nostro orizzonte al contesto regionale, vorrei sottolineare come l'involuzione del regime eritreo affondi le sue radici anche nello stato di mobilitazione perenne al quale viene sottoposta la popolazione locale per fare fronte alla percepita minaccia militare dell'Etiopia, Paese che, come è noto, occupa, in violazione del diritto internazionale, alcuni territori eritrei.
La stabilizzazione del contesto regionale rappresenta, dunque, una condizione necessaria per favorire l'avvio di un graduale processo di democratizzazione dei Paesi del Corno d'Africa, ivi inclusa l'Eritrea.
Per questo motivo, l'Italia è impegnata, sia a livello bilaterale che a livello europeo, per contribuire alla normalizzazione delle relazioni tra L'Asmara ed Addis Abeba, nella consapevolezza che la risoluzione di tale conflitto congelato possa arrecare grande beneficio in termini di stabilità a tutti i Paesi della regione.
Vorrei concludere ricordando quanto il Governo sia fortemente impegnato a mantenere il Parlamento informato sulla sua azione. Ci atteniamo a questo impegno, ovviamente con maggior convinzione in materia di promozione di diritti dell'uomo e di libertà fondamentali, la quale rappresenta una tematica assolutamente prioritaria per il Governo e sulla quale si registra da sempre una piena sintonia con il Parlamento

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.

RENATO FARINA. Signor Presidente, a me sembra che l'interpellanza urgente in oggetto abbia avuto un successo, cioè abbia consentito finalmente di capire, con un'ampiezza di particolari, quale sia il lavoro del nostro Governo nei confronti del regime eritreo.
Mi dichiaro, quindi, soddisfatto di quanto riferito dall'onorevole Craxi, ma ribadisco un punto: tutto questo deve essere manifesto e reso chiaro, altrimenti si rischia di propagandare un'immagine dei nostri rapporti con l'Eritrea che sono di sostanziale accettazione dello status quo.
Mi riferisco, in particolare, al comunicato ufficiale espresso dal Ministero degli affari esteri e pubblicato dalle principali agenzie del Paese, che è un comunicato addirittura festoso. Le leggo l'inizio: rafforzare la cooperazione economico-commerciale con l'Eritrea, investendo su settori chiave come la pesca, il turismo e l'energia; questo l'obiettivo di una missione imprenditoriale ad Asmara appena conclusasi e guidata dal direttore centrale per i Paesi dell'Africa subsahariana della Farnesina.
Non vi è nessun accenno, in questo comunicato, a tutto quello che lei ha affermato, salvo dal punto in cui lei ha detto «inoltre», che è la parte finale della sua risposta.
Non capisco perché nei comunicati ufficiali non si accenni al fatto che si è intervenuti sui diritti umani: vi è un patto tacito di non parlarne? Non lo credo. Allora, si rafforzi la comunicazione, perché, altrimenti, di fatto si comunica un'idea di Eritrea che non esiste nella realtà.
Pertanto, sono molto contento che l'onorevole Craxi abbia espresso una politica del Governo che mi trova completamente concorde e, vorrei dire, ammirato.
Detto questo, mi permetto di segnalare all'opinione pubblica, oltre che a questa istituzione in cui parlo, qual è oggi la situazione dei diritti umani in Eritrea, facendo anche un po' di storia e anche contestando una piccola questione non marginale.
Primo: negli ultimi quindici anni la situazione dell'Eritrea, nel campo dei diritti Pag. 77umani, è peggiorata vistosamente, non vi sono mai state elezioni dal 1991 (da quando vi è stata l'indipendenze e l'ascesa di questo dittatore, di cui non faccio il nome) e la Costituzione del 1997 non è mai entrata in vigore. Secondo: nel 2001 vi è stato l'arresto di quindici tra ministri e generali che chiedevano riforme e rispetto della sovranità popolare; sono passati dieci anni senza nessun processo e sono quasi tutti morti nelle carceri del regime (sono carceri sotterranee nel deserto, spero si chieda conto di questo). Terzo: l'arresto domiciliare - che continua - e l'estromissione del patriarca della Chiesa ortodossa dalla sua sede canonica. Quarto: la totale assenza di libertà di stampa, di movimento, di associazione e di religione. Quinto: quello che oggi è il motivo dell'esodo di centinaia di migliaia di giovanissimi eritrei - ed è stato ben espresso dal sottosegretario - attiene alla militarizzazione del Paese, costringendo i giovani non a fare il servizio militare, ma la vita militare a tempo indeterminato, negando spesso il diritto allo studio. Sesto: la mancanza di una giustizia libera dal potere militare (non vi è giustizia indipendente).
Ultimamente anche la Chiesa cattolica è sotto attacco, e sono molto compiaciuto che il Governo abbia fatto pressione ed abbia ottenuto risultati - nel campo che ho appena citato - contro la coscrizione obbligatoria. Già nel 1995 il Governo ha tentato di limitare le azioni sociali caritatevoli della Chiesa e ha fatto chiudere tutte le riviste e i giornali che la Chiesa pubblicava.
Vi sono stati anche casi di esproprio dei beni della Chiesa. Da più di dieci anni si nega il visto a sacerdoti e suore che vogliono venire a completare i loro studi di teologia a Roma.
Questo rientra nella strategia del regime per indebolire la Chiesa cattolica sul piano intellettuale, sociale ed economico, dimenticando che, tra l'altro, la Chiesa cattolica, in particolare i frati cappuccini, sono stati determinanti nell'ottenere l'indipendenza. Inoltre, vi è stata l'espulsione dei missionari e così via.
Salto altre questioni che sono gravi e arrivo alla questione dell'embargo.
Se non ho afferrato male il concetto, la tesi del nostro Governo è che l'embargo sia un guaio e che le sanzioni ONU praticate abbiano accelerato la volontà del Governo eritreo di isolarsi e quindi, in qualche modo, costituiscano un alibi.
È una tesi interessante e che in gran parte è condivisibile, se non fosse che è il Governo eritreo che ha continuato a cercare il suo isolamento, però avvalendosi comunque di rapporti che consentissero il rafforzamento sul piano degli armamenti, questo è il guaio.
L'embargo significa sottrarre all'Eritrea la possibilità di accrescere delle ricchezze che non costituiscono ricchezze per il popolo, purtroppo, ma per il regime. Recenti vicende giudiziarie hanno messo in luce come ci siano viaggi anche in Italia di questo dittatore che si procura armi e così via per il suo divertimento personale, oltre che per armare il suo esercito.
Ricordo che l'Eritrea è il Paese, dopo la Nord Corea, più militarizzato al mondo. C'è uno studio che ha pubblicato l'Economist di recente da cui risulta che la Corea del Nord ha 48,7 militari ogni mille abitanti, l'Eritrea 37,3 e la Cina, che ha il più grande esercito del mondo, ne ha 1,7, ossia 35 volte in meno dell'Eritrea.
Tutto questo ci deve far pensare a cosa servano gli aiuti economici e se l'incrementare i rapporti commerciali ed economici non serva ad incrementare la distruzione della stabilità del Corno d'Africa. È questo il grande punto da affrontare. Certamente la politica ha il delicato compito di vigilare perché ciò non accada.
Ho totale stima in quello che fa il Governo. Detto questo, qui e in ogni sede, è opportuno sollevare il velo su un regime tremendo che alimenta anche quel flusso migratorio che poi spesso giudichiamo fatto di criminali e così via, mentre in realtà è composto di gente che si sottrae ad un regime terroristico.
Aggiungo un'ultima cosa che mi preoccupa molto e che probabilmente sarà oggetto di una prossima interpellanza sul fatto che esiste un controllo da parte del Pag. 78regime eritreo attraverso non ben identificati strumenti di intelligence sugli eritrei che riescono ad arrivare in Italia. Ci sono denunce fatte da persone e da organizzazioni di cui abbiamo stima, tanto che sono chiamate spesso a riferire in Comitato diritti umani della Camera dei deputati e che meritano, a mio avviso, grande attenzione.
Esprimo dunque soddisfazione per quanto detto, anche perché si dimostra come il Governo intenda veramente mettere in pratica quella risoluzione del 12 gennaio Mazzocchi ed altri per cui i rapporti internazionali sono tesi ai diritti umani ed, in particolare, al sostegno della libertà religiosa.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Iannaccone n. 2-01119)

PRESIDENTE. Avverto che per accordi intercorsi tra il Governo ed il presentatore lo svolgimento dell'interpellanza urgente Iannaccone e Sardelli n. 2-01119, concernente iniziative per la verifica della sussistenza di elementi per lo scioglimento del consiglio comunale di Montemiletto, è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea, prima settimana del calendario del mese di agosto 2011 e conseguente aggiornamento del programma (ore 18,12).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata così fissata l'organizzazione dei lavori dell'Assemblea dell'ultima settimana del calendario di luglio e della prima del calendario di agosto:

Martedì 26 luglio (ore 13):
Discussione sulle linee generali della mozione Esposito, Ghiglia, Allasia, Cambursano, Calgaro ed altri n. 1-00638 concernente iniziative per destinare le risorse disponibili presso l'Agenzia olimpica Torino 2006 a favore della regione Piemonte.

Martedì 26 (ore 16, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 27 e giovedì 28 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 29 luglio) (con votazioni):
Esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione sospensiva presentate alla proposta di legge n. 2802 - Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia.
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 4059-A/R - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (Approvato dal Senato) e del Doc. LXXXVII, n. 3-A/R - Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009.
Seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana in corso e non conclusi (si tratta di:
mozioni:
Cazzola, Gnecchi, Fedriga, Poli, Della Vedova, Moffa, Borghesi, Lanzillotta, Lo Monte ed altri n. 1-00690 concernente iniziative relative alla disciplina dei contributi pensionistici;
Nirenstein, Corsini, Polledri, Adornato, Della Vedova, Gianni, Vernetti ed altri n. 1-00669 e Leoluca Orlando ed altri n. 1-00687 concernenti iniziative relative alla crisi siriana;
Reguzzoni, Baldelli ed altri n. 1-00671, Cimadoro ed altri n. 1-00684, Moffa ed altri n. 1-00688, Anna Teresa Formisano, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte ed altri n. 1-00689 e Lulli ed altri n. 1-00696 concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della contraffazione e ad assicurare il rispetto dei re Pag. 79quisiti di sicurezza e di conformità dei prodotti all'ordinamento comunitario;

disegni di legge di ratifica:
n. 4142 - Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato del Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa;
n. 4143 - Protocollo emendativo della Convenzione del 1988 tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa ed i Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - OCSE - sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale;
n. 4192 - Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia dall'altra;
n. 4201 - Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri da un lato e la Repubblica sudafricana dall'altro, che modifica l'Accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione;
n. 4388 - Accordo di mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica argentina (Approvato dal Senato);
n. 4373 - Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale;
n. 4374 - Accordo che modifica per la seconda volta l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro;
n. 4433 - Accordo nel campo della cooperazione militare tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco, fatto a Taormina il 10 febbraio 2006 (Approvato dal Senato);
n. 4470 - Accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (Approvato dal Senato);
mozioni Cesa, Franceschini, Della Vedova, Di Pietro, Tabacci ed altri n. 1-00607 e Vannucci, Ciccanti, Favia ed altri n. 1-00693 concernenti iniziative in relazione ai danni causati dall'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito le Marche nel mese di marzo 2011;
proposta di legge n. 169 ed abbinate - Disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia).

Seguito dell'esame della mozione Esposito, Ghiglia, Allasia, Cambursano, Calgaro ed altri n. 1-00638 concernente iniziative per destinare le risorse disponibili presso l'Agenzia olimpica Torino 2006 a favore della regione Piemonte.

Lunedì 1o agosto (ore 15, con eventuale prosecuzione notturna):
Discussione congiunta del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2010 (Doc. VIII, n. 7) e progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 (Doc. VIII, n. 8).

Martedì 2 agosto (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nelle giornate successive) (con votazioni):
Seguito dell'esame congiunto del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2010 (Doc. VIII, n. 7) e progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 (Doc. VIII, n. 8).

L'esame del disegno di legge S. 2824 - Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia Pag. 80e disposizioni per l'attuazione delle Risoluzioni 1970 (2011) e 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Misure urgenti antipirateria (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 10 settembre 2011) sarà inserito in calendario in relazione ai tempi di trasmissione dal Senato.

Nel calendario di settembre sarà inserito il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1415-B - Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione pregiudiziale di merito presentate) e l'esame della mozione Franceschini ed altri n. 1-00694 presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, deputato Francesco Saverio Romano.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo mercoledì (dalle ore 15).

Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti giovedì o venerdì, secondo l'andamento dei lavori.

Il Presidente si riserva altresì di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 26 luglio 2011, alle 13:

1. - Discussione della mozione Esposito, Ghiglia, Allasia, Calgaro, Cambursano ed altri n. 1-00638 concernente iniziative per destinare le risorse disponibili presso l'Agenzia olimpica Torino 2006 a favore della regione Piemonte (per la discussione sulle linee generali).
(ore 16)

2. - Seguito della discussione della proposta di legge (per l'esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione sospensiva presentate):
SORO ed altri: Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia (C. 2802-A).
- Relatori: Costa, per la maggioranza; Concia, di minoranza.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
S. 2322 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4059-A/R).
- Relatore: Pini.
Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 (Doc. LXXXVII, n. 3-A/R).
- Relatore: Fucci.

4. - Seguito della discussione della mozione Cazzola, Gnecchi, Fedriga, Poli, Della Vedova, Moffa, Borghesi, Lanzillotta, Lo Monte ed altri n. 1-00690 concernente iniziative relative alla disciplina dei contributi pensionistici.

Pag. 81

5. - Seguito della discussione delle mozioni Nirenstein, Corsini, Polledri, Adornato, Della Vedova, Gianni, Vernetti ed altri n. 1-00669 e Leoluca Orlando ed altri n. 1-00687 concernenti iniziative relative alla crisi siriana.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni, Baldelli ed altri n. 1-00671, Cimadoro ed altri n. 1-00684, Moffa ed altri n. 1-00688, Anna Teresa Formisano, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte ed altri n. 1-00689 e Lulli ed altri n. 1-00696 concernenti iniziative volte a contrastare il fenomeno della contraffazione e ad assicurare il rispetto dei requisiti di sicurezza e di conformità dei prodotti all'ordinamento comunitario.

7. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato del Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Doha il 12 maggio 2010 (C. 4142).
- Relatore: Stefani.
Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo della Convenzione del 1988 tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa ed i Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - OCSE - sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, fatto a Parigi il 27 maggio 2010 (C. 4143).
- Relatore: Barbi.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia dall'altra, con Atto finale, fatto a Giacarta il 9 novembre 2009 (C. 4192).
- Relatore: Biancofiore.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri da un lato e la Repubblica sudafricana dall'altro, che modifica l'Accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione, firmato a Kleinmond, Sud Africa, l'11 settembre 2009 (C. 4201).
- Relatore: Osvaldo Napoli.
S. 2648 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica argentina, con Allegato, fatto a Roma il 21 marzo 2007 (Approvato dal Senato) (C. 4388).
- Relatore: Pianetta.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007 (C. 4373).
- Relatore: Scandroglio.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica per la seconda volta l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a Ouagadougou il 22 giugno 2010 (C. 4374).
- Relatore: Barbi.
S. 2622 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo nel campo della cooperazione militare tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco, fatto a Taormina il 10 febbraio 2006 (Approvato dal Senato) (C. 4433).
- Relatore: Narducci.
S. 2623 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, con Allegati, Protocolli, Pag. 82Dichiarazioni e Atto finale, fatto a Bridgetown, Barbados, il 15 ottobre 2008 (Approvato dal Senato) (C. 4470).
- Relatore: Stefani.

8. - Seguito della discussione delle mozioni Cesa, Franceschini, Della Vedova, Di Pietro, Tabacci ed altri n. 1-00607 e Vannucci, Ciccanti, Favia ed altri n. 1-00693 concernenti iniziative in relazione ai danni causati dall'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito le Marche nel mese di marzo 2011.

9. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
TOMMASO FOTI; IANNUZZI ed altri; IANNUZZI; BOCCI ed altri: Disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia (C. 169-582-583-1129-A).
- Relatore: Stradella.

10. - Seguito della discussione della mozione Esposito, Ghiglia, Allasia, Calgaro, Cambursano ed altri n. 1-00638 concernente iniziative per destinare le risorse disponibili presso l'Agenzia olimpica Torino 2006 a favore della regione Piemonte.

La seduta termina alle 18,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Poli e a 1-620 - em. 1 487 486 1 244 199 287 55 Resp.
2 Nom. em. 2 487 486 1 244 197 289 55 Resp.
3 Nom. Moz. Reguzzoni e a 1-682 - em. 1 489 294 195 148 292 2 55 Appr.
4 Nom. Moz.Poli e a 1-620 rif-voto finale 496 296 200 149 296 46 Appr.
5 Nom. Moz. Di Stanislao e a 1-622 497 225 272 113 208 17 46 Appr.
6 Nom. Moz. Miotto e a 1-626 500 230 270 116 211 19 46 Appr.
7 Nom. Moz. Mosella e a 1-630 495 277 218 139 257 20 46 Appr.
8 Nom. Moz.Reguzzoni e a1-682rif-voto fin 498 293 205 147 286 7 46 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.