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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 423 di martedì 25 gennaio 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 11,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Brugger, Cimadoro, Cirielli, Donadi, Leone, Lo Monte, Lombardo, Melchiorre, Mura, Pescante, Sardelli e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 11,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Iniziative per garantire un numero adeguato di prime classi presso l'IPSSAR «P. Piazza» di Palermo - n. 2-00801)

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00801, concernente iniziative per garantire un numero adeguato di prime classi presso l'IPSSAR «P. Piazza» di Palermo (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, la vicenda è nota e la riassumo in poche battute. Nei mesi scorsi all'istituto IPSSAR «P. Piazza» di Palermo il dirigente scolastico del tempo aveva rifiutato l'iscrizione di circa 500 studenti, facendo venir meno di fatto - applicando la legge - 17 classi con circa 80 docenti e relativo personale ATA, proporzionato al numero di studenti e docenti.
Abbiamo presentato questa interpellanza per capire come sarebbe intervenuto il Governo. Credo che questo atto di sindacato ispettivo abbia già ottenuto i risultati sperati. Tuttavia, ho una certa curiosità di conoscere la risposta del Governo perché, in realtà, vi sono state differenti risposte nel corso del tempo. Ho la curiosità di capire quale sarà la risposta formale che resterà agli atti perché anch'io vorrò dare la mia versione dei fatti e anche riconoscere alcune cose che penso sia giusto riconoscere. Attendo la risposta dal sottosegretario Pizza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'atto in discussione concerne il mancato accoglimento, Pag. 2per l'anno scolastico 2010-2011, di un consistente numero di iscrizioni presso l'istituto professionale alberghiero e della ristorazione «Pietro Piazza» di corso dei Mille, a Palermo.
A tale riguardo, la competente direzione scolastica regionale, con note in data 19 luglio e 5 agosto 2010, ha comunicato che, appena venuta a conoscenza della situazione determinatasi presso il suddetto istituto, sono stati subito disposti accertamenti ispettivi dai quali sono emersi profili di non regolarità nella gestione delle iscrizioni e nel conseguente mancato accoglimento di 275 domande. Ciò in quanto il criterio adottato per l'individuazione delle domande di iscrizione ritenute non accoglibili è stato legato all'invio delle relative domande, da parte delle scuole di provenienza degli alunni, oltre il termine indicato nell'apposita circolare. Il termine può, peraltro, considerarsi ordinatorio e non perentorio.
Nella relazione ispettiva è stato evidenziato che, in presenza di soprannumero delle domande, «(...) sarebbe stato necessario coinvolgere il consiglio d'istituto, nonché il collegio docenti per le proposte preliminari, allo scopo di individuare quei criteri ritenuti più idonei per ottimizzare l'organizzazione dell'istituto e arginare le difficoltà sociali e personali dell'utenza». E ancora: «Il coinvolgimento degli organi di governo dell'istituto avrebbe, inoltre, garantito, presso tutte le componenti della scuola, visibilità e trasparenza non solo riguardo al problema del numero degli alunni iscritti e delle correlate problematiche di organico, ma anche alle questioni relative alla ricettività dei locali e alla sicurezza con riguardo al rischio dell'incendio sollevate dal dirigente scolastico».
Con la suddetta nota del 5 agosto 2010, il direttore scolastico regionale ha anche riferito, sulla base delle informazioni assunte dal dirigente competente per la provincia di Palermo, che per alcuni alunni l'iscrizione inizialmente negata è stata successivamente accolta, mentre gli altri alunni interessati si sono potuti iscrivere in altri istituti alberghieri della città o in altre scuole secondarie di secondo grado. Ha comunicato, inoltre, che tenendo conto della scadenza del contratto triennale e delle pregresse esperienze lavorative il dirigente scolastico in parola è stato assegnato ad altra scuola media superiore di Palermo.
Attualmente, come comunicato dalla direzione scolastica regionale lo scorso 21 gennaio, presso l'istituto professionale «Piazza» è in corso un'ulteriore visita ispettiva.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di replicare.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, devo dire che sono soddisfatto non tanto per la risposta attuale, ma per la risposta che si è registrata nel corso del tempo. Devo sottolineare che avere una risposta formale sei mesi dopo la presentazione dell'interpellanza mi sembra un po' troppo. Inoltre, è anche paradossale, perché trattandosi di scuole e dovendo definire l'apertura dell'anno scolastico e il suo corretto svolgimento bisognava intervenire in tempi reali. Devo dire che per fortuna a seguito della nostra interpellanza vi è stato un intervento diretto. Ringrazio il sottosegretario Pizza - e non avviene spesso che l'opposizione ringrazi il Governo - per il tempestivo intervento, ma lo stesso non è avvenuto rispetto all'interpellanza. Comunque, la stessa questione è stata sollevata da altri parlamentari - l'onorevole Siragusa - e si è avuta la risposta due mesi fa e il suo contenuto verosimilmente è identico alla risposta che si è data all'interpellanza cui si risponde oggi. Credo, dunque, che bisogna modificare un po' i comportamenti rispetto agli atti ispettivi che vengono presentati dai parlamentari.
Ritornando alla questione, credo che sia stato importante intanto dare un segnale con la rimozione - si è usato un eufemismo ma voglio usare il termine appropriato - di un dirigente scolastico che, in maniera arbitraria, aveva cancellato 17 classi e il diritto di 500 ragazzi di iscriversi in una scuola che avevano scelto. Parte di questi ragazzi, poi, hanno avuto la Pag. 3possibilità di iscriversi in quella scuola e un'altra parte è stata assorbita da altri istituti della città di Palermo, sia alberghieri sia non alberghieri. Credo che questo debba essere di monito perché nessun dirigente scolastico può vietare il diritto allo studio a nessun cittadino e a nessuno studente. Il nuovo dirigente scolastico, che ha sostituito il vecchio dirigente scolastico, è uno dei migliori dirigenti scolastici, credo, a livello siciliano per i risultati conseguiti e, dunque, apprezzo le procedure che sono state poste in essere e le scelte che sono state compiute.
Apprendo dalle parole del sottosegretario che il 21 gennaio è stata disposta un'altra ispezione per approfondire la vicenda. Credo che bisognerà fare pienamente luce su quanto accaduto quest'estate - lo affermo di nuovo - perché non abbia più a ripetersi una simile vicenda. Il diritto allo studio è sacro e, nonostante tutto quello che è stato messo in campo in questi mesi, va garantito a tutti gli studenti e a tutti i cittadini.
Pertanto, mi dichiaro soddisfatto per la risposta oggettiva nel corso del tempo e insoddisfatto per i tempi in cui giunge la risposta formale all'interpellanza, presentata il 28 luglio, quando ancora si doveva avviare l'apertura dell'anno scolastico.

(Iniziative normative concernenti le assunzioni di personale docente da parte degli enti locali che gestiscono istituti scolastici paritari - n. 2-00854)

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00854 concernente iniziative normative concernenti le assunzioni di personale docente da parte degli enti locali che gestiscono istituti scolastici paritari (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, la vicenda riguarda i licei di Enna e di Agira, che si trova in provincia di Enna, e il loro status: queste scuole sono riconosciute come scuole paritarie, ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62. Applicando il decreto-legge n. 78 del 2010 si sono venuti a creare degli inconvenienti per i quali non è stato possibile garantire il corretto svolgimento dell'anno scolastico perché la provincia ha potuto assumere - avendo il limite del 40 per cento di spesa - altro personale.
Abbiamo sollecitato l'intervento del Governo affinché anche in questi due licei provinciali si potesse garantire il corretto avvio ed il corretto svolgimento dell'anno scolastico e, pertanto, garantire, nel migliore dei modi, il diritto allo studio per gli studenti e anche per i docenti, che hanno il diritto di essere assunti e di svolgere la loro funzione in quel territorio. Abbiamo sollecitato degli interventi e aspettiamo di capire se - al di là delle risposte - verranno adottati interventi normativi, che possano superare quanto imposto non dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma dal vero Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ossia Giulio Tremonti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Nell'atto in discussione, l'onorevole interpellante ha segnalato le difficoltà della provincia regionale di Enna, ente gestore di due licei linguistici, funzionanti ad Enna e ad Agira, riconosciuti paritari ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62.
Le segnalate difficoltà deriverebbero dall'applicazione dell'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, che vieta agli enti, nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40 per cento delle spese correnti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.
Trovandosi la provincia di Enna nella situazione ipotizzata dalla suddetta disposizione della legge n. 122 del 2010, la Pag. 4provincia medesima ha dubitato di potere stipulare i contratti di lavoro necessari per il regolare svolgimento di tutte le attività didattiche previste dai vigenti ordinamenti, con i consequenziali riflessi sui requisiti richiesti dalla legge n. 62 del 2000 per il mantenimento della parità scolastica.
La questione centrale è, dunque, quella di stabilire se la citata disposizione della legge n. 122 del 2010 sia o meno applicabile al caso di specie, problema questo che investe primariamente la competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, mentre rientra nelle attribuzioni dell'amministrazione scolastica l'esercizio della vigilanza circa la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge n. 62 del 2000 per il riconoscimento e il mantenimento della parità scolastica.
Ciò premesso, in merito alla questione principale - l'applicabilità o meno al caso di specie della suddetta disposizione della legge n. 122 del 2010 - il Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 20 ottobre 2010, ha comunicato gli elementi informativi di competenza facendo presente quanto segue. La fattispecie in esame presenta caratteristiche peculiari che, ad avviso dello stesso Dicastero, consentono di escludere l'applicabilità del divieto di assunzione di cui trattasi. In particolare, la circostanza che i licei linguistici siano riconosciuti come scuole paritarie, ai sensi della legge n. 62 del 2000, e la presenza delle descritte modalità di reclutamento del personale a termine portano a ritenere la situazione in esame non riconducibile alla fattispecie astratta che il legislatore ha ritenuto meritevole di sanzione. La ratio del richiamato articolo 14 deve essere infatti rinvenuta nella volontà di impedire agli enti locali l'adozione di politiche espansive della spesa di personale, con riguardo a operazioni di reclutamento caratterizzate da un significativo margine di autonomia e discrezionalità, elemento questo che non si ravvisa nel caso di specie.
Nel sottolineare come la disposizione recata dall'articolo 14, comma 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 abbia una forte valenza operativa al fine della riduzione delle spesa di personale degli enti - tra cui la provincia di Enna - i cui indicatori in materia non appaiono virtuosi, si evidenzia l'esigenza che la medesima provincia adotti, con specifico riferimento alla spesa di personale su cui esistono margini di comprimibilità, ogni iniziativa volta a ridurre il rapporto tra spesa di personale e spesa corrente, rispettare i vincoli imposti dalla vigente normativa in ordine al contenimento complessivo della spesa di personale e di adottare una politica di programmazione pluriennale della spesa caratterizzata da un rigoroso percorso di contenimento, in ogni caso assicurando il rispetto del Patto di stabilità interno.
A seguito del sopra riportato avviso del competente Dicastero dell'economia e delle finanze, la provincia di Enna ha nominato i docenti necessari per il regolare funzionamento dei due licei linguistici paritari. Conseguentemente sono state superate le problematiche insorte per il mantenimento della parità scolastica, come risulta dalle comunicazioni dell'ufficio scolastico regionale per la Sicilia in data 23 e 27 ottobre 2010, confermate il 20 gennaio 2011.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di replicare.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, anche qui vale il ragionamento sviluppato prima. Eravamo a conoscenza dell'evoluzione e dello sviluppo della questione, affrontata quasi in tempo reale da quando l'abbiamo sollevata, ad ottobre, perché tardava ad arrivare il chiarimento richiesto dall'amministrazione provinciale di Enna.
Mi pare che ci sia stato sufficiente buon senso, perché non si può far perdere il mantenimento dei requisiti per essere scuola paritaria, occorre quindi garantire il diritto allo studio di quanti si sono iscritti in questi licei provinciali. Pertanto, almeno per una volta c'è stato il buonsenso da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.
Apprezzo anche il forte richiamo al rigore che è stato fatto nei confronti della Pag. 5provincia di Enna, perché da qualche anno a questa parte credo che l'attuale amministrazione rappresenti uno dei peggiori esempi di amministrazione. Capita raramente che un Governo richiami le proprie articolazioni politiche e amministrative sul territorio. Anche su questo aspetto c'è stato sicuramente un interessamento da parte del sottosegretario, ed io lo ringrazio perché anche in questa sede era stato interessato per le vie brevi e puntualmente c'è stato anche un attivarsi che ha consentito di risolvere un problema che poteva diventare parecchio drammatico per quelle realtà.
Resto convinto tuttavia della necessità non solo di applicare il buon senso - perché una volta può esserci e un'altra no - ma anche di individuare degli strumenti, magari non quello normativo, ma un elemento chiarificatore, ad esempio una circolare esplicativa, che superi i dubbi dell'ente provincia di Enna e non solo. Che questo possa farlo il Ministero dell'economia e delle finanze o il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per noi è indifferente, l'importante è che si abbiano delle regole certe - non solo l'arbitrarietà del buon senso che, ripeto, può esserci o meno - che restano pertanto necessarie. Mi auguro che il Governo si attivi in questo senso e posso definirmi parzialmente soddisfatto.

(Iniziative normative per attribuire poteri di controllo ai consigli comunali e provinciali sulla gestione delle aziende speciali e delle società per azioni partecipate da enti locali - n. 2-00793)

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00793, concernente iniziative normative per attribuire poteri di controllo ai consigli comunali e provinciali sulla gestione delle aziende speciali e delle società per azioni partecipate da enti locali (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, questa interpellanza scaturisce da numerose segnalazioni e da un vero e proprio senso di disagio che caratterizza i consigli comunali e provinciali in quanto tali e, in particolare - in genere tutti, perché è un loro compito istituzionale -, i consiglieri comunali di minoranza nei confronti della situazione delle ex aziende municipalizzate che, a seguito della riforma, sono state trasformate in società per azioni.
Pongo un problema fondamentale: il ruolo del consiglio comunale o provinciale, che ha subito un netto ridimensionamento per effetto dello strapotere delle giunte e dei sindaci. Nessuno intende contestare la legittimità e l'utilità sociale di provvedimenti che stabilizzano l'esecutivo a livello di enti locali, però è presente un deficit di democrazia sostanziale, in quanto i consigli comunali e provinciali si sono ridotti ad essere semplicemente delle assemblee dove si discute genericamente di alcuni problemi, ma non si incide in profondità sulle tematiche che riguardano la popolazione. I consiglieri sono stati eletti, a differenza degli assessori, i quali sono quasi sempre nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, senza nessuna interlocuzione diretta con la popolazione.
L'interpellanza fa riferimento alla Carta delle autonomie locali e si evidenzia che la maggior parte delle competenze del comune - e sotto un certo aspetto anche del sindaco - è stata trasferita alle aziende speciali trasformate in società per azioni, che di fatto controllano importanti realtà economiche, dove oltretutto si toccano interessi evidenti dei consumatori, dei cittadini in quanto tali.
Credo che a questo punto sarebbe importante, anzi doveroso, prevedere l'attribuzione di un qualche potere di controllo sulla gestione delle aziende speciali in cui gli enti locali hanno una partecipazione di maggioranza, oppure l'obbligo del parere favorevole dei consigli comunali e provinciali per le nomine degli amministratori delle aziende speciali, società per azioni, con partecipazione maggioritaria degli enti locali, proprio perché queste aziende stanno assumendo un'importanza economica e sociale rilevantissima nei loro territori. Pag. 6Pensiamo alle tariffe del gas, della luce, dell'acqua, ai rifiuti urbani. Si stanno consorziando con aziende o con società per azioni di altre città e tutto questo avviene nel silenzio o nell'ambito chiuso di alcuni consigli di amministrazione, determinati solo dalla maggioranza degli enti locali, di fatto privando i cittadini ed i consigli comunali, che ne sono l'espressione, di un potere di controllo. Sappiamo benissimo che ci sono le authority, ma anche i consigli comunali hanno doverosamente un potere di controllo sulla presenza dei comuni nelle società per azioni. Essi invece sono totalmente privati di questi poteri di controllo e non riescono nemmeno a tutelare i propri concittadini sulla validità di determinati aumenti o di determinate scelte economiche che incidono in modo rilevantissimo a questi livelli.
Si pone pertanto un problema di tutela non solo dei consumatori - riservata alle authority previste per legge, ma anche ai consigli comunali -, ma anche delle forme di democrazia moderna avanzata, che non erano previste trenta o quaranta anni fa.
Da qui deriva questa interpellanza che parte da alcuni fatti di cronaca che si sono verificati nella mia provincia, Bologna, e in Emilia Romagna di fronte ad atti di gestione verticistica di queste società per azioni o di queste aziende speciali. Si chiede al Governo la possibilità di un allargamento del potere di controllo dei comuni, che oggi è estremamente vanificato, se non nullo, per effetto dei recenti provvedimenti. Sono provvedimenti - concludo - che non si contestano nella loro validità (mi riferisco al ruolo dell'elezione diretta del sindaco e così via), però credo che uno dei limiti della Carta delle autonomie e di tali provvedimenti sia stato quello del rafforzamento, pur con alcune modifiche che sono state inserite ultimamente, dei poteri del sindaco e della giunta al quale avrebbe dovuto fare da pendant un rafforzamento dei poteri di controllo dei consigli comunali, ora totalmente inesistente o inefficace.
Ci si limita a fornire linee di indirizzo, senza incidere sulla res publica come, a mio modo di vedere, dovrebbe essere in una democrazia che prevede il bilanciamento dei poteri.
Da qui nasce l'interpellanza in oggetto che, a parere del sottoscritto, è molto importante non perché l'ho presentata io, ma perché fa riferimento ad un disagio veramente sentito nelle assemblee elettive.
Se crediamo nella democrazia e nei sistemi di democrazia partecipata, credo che occorra essere conseguenti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'onorevole interpellante, Fabio Garagnani, pone all'attenzione di quest'Assemblea un problema estremamente delicato quale quello del rapporto, che deve essere ispirato all'equilibrio, tra il sindaco e il consiglio comunale.
È una questione che emerge già nel dibattito parlamentare che accompagnò l'approvazione della legge n. 81 del 1993 sull'elezione diretta del sindaco e che poi ha trovato conferma nell'amministrazione concreta delle comunità locali.
Nel passaggio dal precedente sistema al nuovo e, quindi, da un'epoca in cui era il consiglio comunale ad eleggere il sindaco a quella attuale in cui il sindaco è eletto direttamente dal popolo, era pertanto inevitabile che, pur nella specificità delle diverse realtà territoriali, il problema posto dall'onorevole interpellante si manifestasse. In questo senso appaiono fondate le preoccupazioni espresse nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto.
Sta di fatto che, dopo la redazione del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, il problema non è stato mai trascurato, ma ha richiesto le dovute cautele per il timore di incidere su uno degli aspetti vitali della democrazia locale, rappresentato dalla riforma elettorale dei comuni.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, con la successiva legge n. 131 del 2003 e con la delineazione di nuovi Pag. 7rapporti tra Stato ed autonomie si è aperta la possibilità di intervenire su una materia così delicata, sulla quale il Governo si è più volte cimentato con il codice delle autonomie.
In questo quadro, la Camera dei Deputati ha approvato lo scorso 30 giugno il disegno di legge concernente: «Individuazione delle funzioni fondamentali di province e comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimenti di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, riordino di enti ed organismi decentrati», ora all'esame del Senato.
Proprio al fine di favorire l'equilibrio tra le componenti delle amministrazioni comunali e provinciali, evitando un eccessivo sbilanciamento a favore dell'organo esecutivo e a danno dell'organo consiliare, al quale devono competere i necessari poteri di controllo, l'articolo 19 del disegno di legge appena citato modifica l'articolo 42 del testo unico sugli enti locali (TUEL) in materia di attribuzioni dei consigli comunali e provinciali. È previsto, infatti, l'inserimento della lettera a-bis) al comma 2 di tale articolo che assegna al consiglio comunale «il controllo sulle dotazioni organiche dell'ente, delle aziende speciali e delle società non quotate nei mercati regolamentati».
È previsto, altresì, l'inserimento della lettera g-bis) che assegna, sempre al consiglio comunale, la competenza in materia di «ricapitalizzazione di società partecipate e finanziamenti da parte dei soci alle medesime».
Il citato disegno di legge, all'articolo 24, provvede, inoltre, ad introdurre nel TUEL l'articolo 147-quater (controlli sulle società partecipate), il quale, al comma 1, assegna all'ente locale il compito di definire «secondo la propria autonomia organizzativa» un sistema di controlli sulle società partecipate dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell'ente locale, che ne sono responsabili.
Il comma 2, per l'attuazione di quanto indicato al comma 1, prevede, in via preventiva, la definizione da parte dell'amministrazione degli obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, secondo standard qualitativi e quantitativi, e l'organizzazione di un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.
Sulla base delle informazioni di cui al comma 2, l'ente locale effettua il monitoraggio periodico sull'andamento delle società partecipate, analizza gli spostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive.
Pertanto, il complesso delle citate disposizioni dimostra l'attenzione con la quale il Governo e il Parlamento hanno delineato la nuova fisionomia istituzionale del consiglio comunale proprio nel senso auspicato dall'onorevole interpellante.
Tuttavia, è evidente la difficoltà di intervenire in una materia estremamente delicata in quanto l'ampliamento delle competenze del consiglio comunale non deve tradursi in una sottovalutazione del ruolo del sindaco, un ruolo che nasce proprio da un'investitura popolare e diretta.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto, anche se devo fare una raccomandazione, perché l'auspicio intanto è che il provvedimento venga approvato dal Senato; pongo inoltre il problema delle grandi Spa (a Bologna e in Emilia Romagna abbiamo HERA, a Roma vi sono altre società) i cui consigli di amministrazione ristretti prescindono spesso totalmente (in quanto si tratta di Spa) da ogni forma di confronto con i grandi enti locali, con i comuni capoluogo (ad esempio Bologna, Firenze, Milano, Roma).
Vi è dunque il problema di una qualche forma di controllo che non paralizzi le Pag. 8decisioni di questi enti che svolgono la loro attività in un sistema economico che ha proprie regole, ma che le verifichi e le orienti verso alcuni obiettivi precisi (ho parlato prima della tutela dei cittadini, in particolare dei consumatori). L'aumento o meno delle tariffe non può essere motivato asetticamente all'interno del consiglio d'amministrazione (in una grande holding dove si prendono le decisioni), ma deve essere verificato e discusso con i consigli comunali (spesso questo non accade) o deve essere almeno motivato in modo esaustivo.
Da qui la ragione della mia interpellanza, perché queste materie sono essenziali. Una volta c'erano le competenze dei comuni su gas, luce, acqua, rifiuti e nettezza urbana, trasporti ed altro, mentre oggi si rischia di prescindere completamente da ogni rapporto con il territorio. Il sottosegretario mi capisce, mi riferisco al rapporto tra consiglio comunale, territorio e popolazione. Deve esserci una connessione, che non può essere evitata.
Il mio auspicio è che s'individui (è una materia particolarmente delicata - lo ha detto lo stesso sottosegretario che ho ascoltato con attenzione - perché interferisce con una logica economica che tende a sfuggire alla logica della democrazia rappresentativa) una sintesi - credo sia possibile - che contemperi le due esigenze: tutela del ruolo del consiglio comunale e dei cittadini - lo sottolineo - e tutela della stabilità dell'esecutivo (che nessuno mette in discussione, ma su questo ci sarebbe da dire perché, ad esempio, molti assessori nominati dal sindaco non hanno un rapporto con il territorio come quello che ha un consigliere - soprattutto nelle grandi città - che è stato eletto e ha avuto centinaia e centinaia di preferenze). Anche su questo aspetto occorre fare attenzione.
Credo pertanto che occorra una visione più ampia, che faccia riferimento anche a queste nuove utilities, a questi nuovi bisogni della popolazione. Detto questo, mi dichiaro soddisfatto.

(Iniziative per verificare il corretto utilizzo degli autovelox nella provincia di Bologna - n. 2-00815)

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00815, concernente iniziative per verificare il corretto utilizzo degli autovelox nella provincia di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, si tratta della vexata quaestio degli autovelox. Ho già avuto occasione di interloquire con il qui presente sottosegretario e con altri esponenti del Governo, soprattutto facendo riferimento in questo caso ad una situazione veramente inusuale ed anomala.
Ho già chiesto che gli autovelox (c'è stata una direttiva del Ministro Maroni in agosto) siano controllati e rispondano ai requisiti predisposti dal decreto legislativo, con un'opera di persuasione ma anche incisiva da parte del prefetto del capoluogo interessato. Torno dunque a sollecitare un'opera di coordinamento da parte del prefetto, che non si limiti ad una presa visione o ad una verifica della situazione, o ad una interlocuzione rispettosa degli enti locali (perché evidentemente gli enti locali in qualche caso possono essere minacciosi e rivendicare la loro autonomia), e che consista invece in una verifica del rigoroso rispetto della legge e soprattutto nella verifica che questi strumenti non siano un modo per fare illecitamente cassa, ma rispondano alle esigenze di prevenire la sicurezza stradale.
In questo contesto ho voluto evidenziare l'atteggiamento della provincia di Bologna che, a seguito di una denuncia di due consiglieri, ha disattivato quindici autovelox (parlo di qualche mese fa, di tre-quattro mesi fa, per cui non è passato tanto tempo) non rispondenti alla normativa entrata in vigore negli ultimi mesi. Se non ci fosse stata la denuncia all'autorità giudiziaria, la provincia di Bologna non avrebbe disattivato un bel niente. In questo caso, credo di dovere richiamare la Pag. 9necessità di un intervento del prefetto e del Governo, non dico per sanzionare, ma per richiamare la provincia al rispetto della legge che così, con tanta tenacia degna di miglior causa, fa rispettare per quanto riguarda (anche in modo sbagliato) l'autovelox.
Gli apparecchi in questione non erano conformi alla normativa, da tempo sottolineata dal Governo, e sembravano rispondere - ed in effetti rispondevano - più ad una necessità di reperire fondi - esclusa esplicitamente dalla legge - che alla tutela dei cittadini.
In questa sede, si chiede al Governo di interloquire, ma anche di mettere in atto un'opera di persuasione, non tanto e non solo presso la magistratura e la Corte dei conti, dove ci sono già state iniziative, ma presso la prefettura di Bologna che deve monitorare di più. Non chiamo in causa il prefetto, anche se c'è stata, a mio modo di vedere, una certa disattenzione nei confronti della provincia per questo atteggiamento di sudditanza che, soprattutto nella rossa Bologna, caratterizza, da sempre, gli organi periferici del Governo nei confronti del potere della sinistra. E dobbiamo dirlo in modo estremamente chiaro: da sempre, da decenni, succede questo, perché, evidentemente, la sinistra è in grado di condizionare, minacciare o ricattare anche i rappresentanti del Governo!
Non faccio processi alle intenzioni, ma mi baso su dati di fatto e su una prassi consuetudinaria che dura da tempo immemorabile, in ogni settore, dalla scuola alla sanità e, in questo caso, riguardano provvedimenti che concernono le competenze del Ministero degli interni. Poi mi rendo benissimo conto della difficoltà del prefetto, non lo chiamo in causa uti singulus, ma chiamo in causa un sistema di Governo che deve pur rilevare l'autonomia e, a volte, anche la necessità di interventi drastici di chi rappresenta il Governo ed è incaricato di fare rispettare la legge.
In questo caso, credo che, sulla base della circolare del Governo e del provvedimento che è stato adottato a fine agosto sulla viabilità e sul controllo degli autovelox, sia necessario un intervento del Governo medesimo sul prefetto affinché verifichi attentamente che fatti come quelli che ho evidenziato non si ripetano e, soprattutto, ponga in essere, attraverso la conferenza provinciale - che dovrebbe essere convocata, a mio modo di vedere, presto -, degli interventi di verifica presso alcuni comuni della provincia di Bologna, di cui ho i nomi: Granarolo, San Giovanni in Persiceto, Crevalcore e Anzola, dove risultano postazioni di autovelox irregolari. Sono state segnalate da cittadini, ma le ho controllate personalmente e, quindi, credo che occorra tutta un'attività di controllo da porre in essere.
So benissimo che le prefetture sono oberate di compiti significativi e notevoli, però, qui siamo di fronte ad un provvedimento che incide, in modo sbagliato, rispetto alle finalità volute dal legislatore. Ribadisco che la legge che regola i limiti di velocità, a mio modo di vedere, è draconiana, non siamo più di fronte ad una legge che tutela la sicurezza del cittadino, ma ad una legge estremamente proibitiva, che vincola determinate libertà del cittadino stesso, soprattutto per quanto riguarda determinati parametri che non sono nemmeno rispettosi delle nuove normative dei centri storici, della sicurezza stradale, e così via.
Faccio ammenda circa il fatto che la lettera che ho mandato al prefetto di Bologna sia rimasta senza risposta; in realtà, era una lettera aperta e il prefetto non era tenuto a rispondere, però era indirizzata ai principali quotidiani della mia città. Ma ciò che mi interessa è che il Governo si attivi presso le prefetture affinché intervengano sugli enti locali renitenti o che, di fatto, hanno posto in essere violazioni della legge, perché questa normativa sia rispettata rigorosamente. In questo caso, credo che la conferenza provinciale prevista risponda alla necessità di cui sopra.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, Pag. 10onorevoli deputati, il 14 agosto 2009 è stata emanata, a firma del Ministero dell'interno, una direttiva per garantire un'azione coordinata di prevenzione e contrasto dell'eccesso di velocità sulle strade, intesa ad assicurare il coordinamento dei servizi di cui all'articolo 11, comma 3, del codice della strada.
La direttiva ha precisato, tra l'altro, che gli autovelox devono essere nella completa disponibilità degli organi di polizia stradale e che, per quanto riguarda l'installazione della segnaletica, la distanza a cui essa è collocata deve essere adeguata a garantire il tempestivo avvistamento in relazione alla velocità locale predominante.
La materia è peraltro in evoluzione, in quanto l'articolo 25 della legge n. 120 del 2010, che modifica il codice della strada, ha previsto che i dispositivi di controllo della velocità fuori dai centri abitati non possano essere installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dall'apposito segnale.
Le modalità di collocazione ed uso degli strumenti dovranno comunque essere definite da un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno. Alla predetta direttiva sono state allegate come parte integrante le istruzioni operative predisposte dal Dipartimento della pubblica sicurezza e dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali, in ordine alle quali i prefetti devono opportunamente sensibilizzare i sindaci ed i presidenti delle province, perché ne diano esecuzione attraverso i corpi o i servizi di polizia municipale e provinciale. In particolare sono stati definiti i criteri per il razionale impiego degli apparecchi finalizzati alla rilevazione delle infrazioni del codice della strada ed il procedimento relativo all'emissione del decreto, di competenza del prefetto, con cui vengono individuati i tratti di strada in cui è possibile installare i dispositivi di controllo. Sono state determinate altresì le modalità di accertamento e di contestazione.
Nella stessa direttiva è prevista, con riferimento all'attività di coordinamento delle prefetture, la competenza della Conferenza provinciale permanente, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 300 del 1999, quale sede di confronto, valutazione e pianificazione degli interventi. Nell'ambito di detta struttura è prevista l'istituzione di un osservatorio a cui è attribuito il compito di acquisire i dati sull'andamento del fenomeno infortunistico e di studiare l'efficacia dell'attività di contrasto adottata. Pertanto, attraverso gli appositi osservatori costituiti presso le prefetture, i prefetti hanno modo di effettuare fra l'altro le opportune verifiche in ordine all'uso legittimo ed appropriato degli apparecchi di rilevazione automatica della velocità.
La prefettura di Bologna ha comunicato che l'installazione di autovelox effettuata da parte degli enti locali e della provincia non risulta in contrasto con la vigente normativa per quanto attiene alla taratura, funzionalità e gestione. La rete degli impianti di rilevazione di velocità della provincia è composta di 20 postazioni fisse, in punti autorizzati, che permetterebbero il controllo di 29 direzioni di marcia. Di queste tuttavia ne vengono controllate 14, in quanto 14 sono i dispositivi di rilevazione in possesso dell'ente. In attesa del decreto attuativo della legge n. 120 del 2010 la provincia ha tra l'altro precisato di aver provveduto a sospendere il controllo per cautela su 7 direzioni di marcia, in quanto non era garantita la conformità degli impianti al dettato normativo, ed a riattivarlo su altre 7 direzioni, per le quali non si presentavano problemi di conformità.
Anche la prefettura di Bologna ha istituito in sede di Conferenza provinciale permanente, nel febbraio 2010, l'Osservatorio per la prevenzione ed il contrasto dell'eccesso di velocità, con il compito di raccogliere tutti i dati necessari ad avere un quadro approfondito della problematica, di svolgere analisi e predisporre proposte operative al fine di adottare soluzioni volte ad ottimizzare le modalità di contrasto alla guida ad alta velocità. La locale prefettura ha ripetutamente provveduto a richiamare l'attenzione degli enti Pag. 11territoriali e della provincia sulla necessità che la segnaletica venga sempre apposta in maniera tale da assicurarne la massima visibilità, allo scopo di garantire la peculiare funzione preventiva cui essa è destinata.
Infine, in relazione alla mancata risposta della prefettura di Bologna ad una nota dell'onorevole interpellante, quell'ufficio ha precisato che l'episodio si riferisce ad un suo comunicato stampa inviato alle agenzie il 13 aprile 2010, il cui contenuto ricalcava peraltro una lettera del 2 gennaio 2010, cui era stata data risposta a suo tempo.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente soddisfatto, nel senso che il sottosegretario ha risposto con dovizia di argomenti ed annunciando provvedimenti ed anch'io sono in attesa del decreto attuativo. Rimane il fatto che la provincia di Bologna ha disattivato gli autovelox dopo che vi è stata una denuncia all'autorità giudiziaria, non prima; denuncia che documentava esattamente i punti in cui le postazioni erano in difformità dalle previsioni della legge medesima. Soprattutto mi risulta che vi siano alcuni comuni del bolognese (e non solo di Bologna, ma in questo caso sto parlando di Bologna), dove questi provvedimenti non sono stati rispettati e mi riservo di verificarlo.
Vorrei precisare, inoltre, che la mia era una lettera aperta: rimane, dunque, nella facoltà del prefetto rispondere, non è obbligato. Tuttavia, quando si scrive una lettera aperta, è chiaro che essa è rivolta innanzitutto alle autorità incaricate a far rispettare quanto detto e, in secondo luogo, ai cittadini. Comunque, non è questo il problema, perché è chiaro che non avevo diritto, dal punto di vista istituzionale, ad avere una risposta; politicamente, ritenevo e ritengo di averne diritto, perché ponevo, e pongo, un problema profondamente sentito dai cittadini, soprattutto, per quanto riguarda il modo vessatorio con cui troppi comuni interpretano la normativa in oggetto. Quest'ultima, invece, dovrebbe essere interpretata cum grano salis e, soprattutto, con un'attenzione particolare alla regolarità dei dispositivi.
Detto questo, non vorrei ripetermi, perché ho già illustrato le mie considerazioni. Auspicando che il citato decreto attuativo venga posto in essere nel più breve tempo possibile, ringrazio il sottosegretario e - ripeto - dichiaro la mia parziale soddisfazione: non dipende da lui, ma anche dalle circostanze locali.
Lungi da me, però, l'idea di voler attaccare il prefetto di Bologna in quanto tale. Mi rendo conto che si trova in una situazione particolare, tuttavia, egli ha trovato lo strumento per far cassa e gli enti locali si sono precipitati subito ad individuare tale strumento. A mio avviso, questo non è il modo migliore per controllare o prevenire incidenti o disservizi ai cittadini.

(Chiarimenti in merito alla disabilitazione dei centralini di questure e prefetture per le chiamate all'estero - nn. 3-01228 e 3-01415)

PRESIDENTE. Avverto che le interrogazioni Melis n. 3-01228 e Maurizio Turco n. 3-01415, concernenti chiarimenti in merito alla disabilitazione dei centralini di questure e prefetture per le chiamate all'estero, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, rispondo congiuntamente alle interrogazioni che lei ha citato in quanto le stesse vertono su contenuti pressoché analoghi.
Voglio innanzitutto rassicurare gli onorevoli interroganti che, attualmente, i centralini delle questure e delle prefetture sono abilitati al traffico telefonico nazionale, mobile ed internazionale. Infatti, in Pag. 12seguito alla circolare emanata il 17 aprile 2008 dal Dipartimento della pubblica sicurezza, in attuazione del piano di contenimento delle spese telefoniche, solo i commissariati di pubblica sicurezza, comunque abilitati al traffico telefonico nazionale e mobile, devono transitare per i centralini delle questure e delle prefetture, esclusivamente, per le chiamate verso l'estero. Successivamente, alla predetta circolare, non sono state impartite ulteriori direttive e, peraltro, non sono pervenute dalla zona telecomunicazioni della Polizia di Stato lamentele in merito alla questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-01228.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua cortese risposta, che però - mi consenta - mi sembra, in qualche misura, reticente.
Infatti, quando, in agosto, fu avanzata la denuncia da parte del Coisp (che è un autorevole sindacato delle forze di polizia) e, allora, non vi fu alcuna smentita da parte del Ministero, deve esserci stato un periodo in cui almeno qualcuna delle prefetture, se non tutte, e qualcuna delle questure ebbero le linee internazionali disattivate. Dal tono della risposta, mi sembra che ciò non è escluso: non è detto, ma non è neanche escluso, se ho percepito bene ciò che ha detto il sottosegretario.
Se questo è avvenuto ed è stato corretto, ne prendiamo atto volentieri come una correzione opportuna. Naturalmente, però, non possiamo fare a meno di sottolineare che questo piccolo episodio - per fortuna, rientrato - si inserirebbe, allora, in una generale trascuratezza, in una tendenza, come si dice, ai tagli lineari e in una generale poca consapevolezza dei problemi reali delle forze di pubblica sicurezza in questo momento. Si tratta di problemi concreti e di questioni molto pratiche: la benzina per le automobili, il parco macchine invecchiato, i turni massacranti e le dotazioni ridotte. Davanti a Montecitorio, il 13 dicembre, si è svolta una manifestazione delle forze di polizia molto significativa nei confronti del Governo, con forti proteste e richieste, che, dunque, si inserisce in questo quadro.
Inoltre, l'episodio si inserisce in una certa sottovalutazione del ruolo degli uffici di immigrazione, che sono diventati, ormai, nel nostro Paese, un terminale di grandissima rilevanza, delicatissimo, che meriterebbero le cure del Governo e che dovrebbero essere il più possibile potenziati.
Dunque mi dichiaro parzialmente soddisfatto. Insoddisfatto, però, per quanto riguarda le notizie che non ci sono state date su ciò che è successo tra l'agosto 2010, quando fu fatta la denuncia dal Coisp, e quella circolare che ha citato il sottosegretario.

PRESIDENTE. L'onorevole Maurizio Turco ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-01415.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sicuramente concordo con quanto ha detto testè il collega Melis. Signor sottosegretario, lei, opportunamente, ha detto «attualmente», ma questa interrogazione era del mese di settembre 2010 quando i fatti denunciati accadevano.
Il Coisp è andato oltre. Non ha denunciato semplicemente che alcune questure o alcune prefetture avevano disabilitato le comunicazioni con l'estero. Il Coisp diceva testualmente che queste decisioni erano state prese a seguito di un intervento da parte dell'amministrazione centrale. Noi crediamo che nell'ambito di quelle che sono le prerogative e le responsabilità in capo all'amministrazione centrale sia necessario, nonostante attualmente tutto sia stato chiarito, non solo ristabilire l'ordinaria amministrazione, ma potenziare quelli che sono gli uffici destinati all'immigrazione, perché, come veniva ricordato, ormai sono quasi dei punti nevralgici nell'amministrazione dello Stato. Infatti, avendo fatto della politica contro l'immigrazione un punto centrale della politica del Governo, anche alla luce di quelle che sono ormai le critiche alla politica del Pag. 13Governo da parte di organismi internazionali, non vorremmo che, in un modo poco corretto, si sopperisca all'impossibilità di poter avere una legislazione come vorreste attraverso delle difficoltà di ordine burocratico, come quella che è accaduta tra l'agosto e il settembre 2010. L'intervento dell'amministrazione centrale era destinato non solo ad alcune, ma a tutte le questure e a tutte le prefetture.
Speriamo di non dovere intervenire in seguito perché si inventerà qualche altro modo per impedire a questi uffici di poter operare così come viene chiesto loro dalla legge.

(Iniziative normative per meglio salvaguardare il diritto di critica politica dei cittadini e degli eletti ridefinendo i confini del reato di diffamazione - n. 3-00754 e 3-00756)

PRESIDENTE. Avverto che le interrogazioni Raisi n. 3-00754 e Garagnani. n. 3-00756, concernenti iniziative normative per meglio salvaguardare il diritto di critica politica dei cittadini e degli eletti ridefinendo i confini del reato di diffamazione, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, sull'episodio citato nelle interrogazioni sono stati svolti accertamenti per il tramite della locale prefettura, all'esito dei quali posso riferire quanto segue.
Il consiglio comunale di Castel Maggiore, nella seduta del 26 marzo 2006, ha ratificato una deliberazione di giunta avente per oggetto il conferimento dell'incarico a tempo determinato per responsabile di staff del sindaco. La predetta ratifica è stata approvata a maggioranza, con il voto contrario della minoranza, comprendente anche quello espresso dal consigliere comunale citato nel documento parlamentare.
Il successivo 31 marzo, lo stesso consigliere comunale ha rilasciato ad un quotidiano locale un'intervista, a seguito della quale il sindaco di Castel Maggiore lo ha querelato.
Il 28 settembre 2009, il tribunale di Bologna ha condannato il menzionato consigliere a risarcire al sindaco la somma di 4 mila euro, per il danno cagionato con l'intervista.
Fin qui la vicenda sulla quale è intervenuta la pronuncia dell'autorità giudiziaria nei suoi poteri di accertamento e di indagine. Ma la vicenda stessa apre un altro orizzonte di analisi ed è quello da cui muovono gli interroganti.
Due sono i problemi: lo svolgimento del dibattito politico all'interno dell'aula consiliare e la dialettica politica che si sviluppa fuori dalle sedi istituzionali.
Sul primo punto la legislazione in materia di enti locali definisce in modo chiaro e completo il quadro delle prerogative che consentono ai consiglieri di minoranza di svolgere liberamente la propria attività di controllo sull'operato della maggioranza politica.
Mi riferisco, in particolare, all'articolo 43, comma 1 del Testo unico degli enti locali che prevede il diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alle deliberazioni del consiglio. Inoltre, un ampio diritto di accesso agli atti amministrativi dell'ente locale è riconosciuto ai consiglieri comunali, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 43, in base al quale compete loro il diritto di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del loro mandato.
I consiglieri possono, altresì, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 43, presentare interrogazioni, mozioni ed ogni altra istanza di sindacato ispettivo. Ciò premesso bisogna comunque ammettere che i toni, i contenuti e i limiti del dibattito politico sono aspetti totalmente estranei alla responsabilità del Governo e sui quali l'unica forma di intervento può essere svolta dal presidente dell'organo consiliare, competente a dirigere i lavori. D'altra parte, il comune è la prima istanza Pag. 14rappresentativa della società politica e nel circolo che viene a determinarsi tra eletti ed elettori saranno poi i cittadini a valutare i comportamenti in sede di rinnovo dei consessi. Resta ovviamente ferma la competenza della magistratura nel caso di ipotesi di reato che ogni cittadino può denunciare. A questo problema si connette strettamente l'altro, cui facevo prima riferimento, quello cioè della dialettica politica fuori dalle sedi istituzionali. Su di esso non si può che auspicare un clima di maggiore moderazione che consenta di ricondurre la politica nel rispetto di quei fondamentali principi di tolleranza e di equilibrio che debbono costituire la base di ogni convivenza civile.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00754.

ENZO RAISI. Signor Presidente, le ultime parole del sottosegretario sembrano un invito rivolto alla quotidianità a cui assistiamo tutti i giorni, soprattutto nelle ultime settimane.
Al di là del fatto che condivido naturalmente il pensiero del sottosegretario, il tema qui posto andava anche un po' oltre quello che ha correttamente illustrato il rappresentante del Governo. Il problema di fondo è che noi assistiamo, con questa sentenza nei confronti del consigliere comunale che in qualche modo è stato condannato per aver usato espressioni, diciamo, forti, al fatto che diventa molto labile il discrimine tra una critica politica e invece quello che è il rischio di ricevere una condanna penale per diffamazione, soprattutto nei riguardi di chi opera sul territorio, consiglieri comunali, provinciali, di quartiere.
Tra l'altro ciò è l'ultima cosa che a noi è rimasta in termini di immunità perché, soprattutto in sede di sindacato ispettivo, in Parlamento è garantita l'immunità. È evidente che da questo punto di vista l'esortazione che sta alla base di questa interrogazione è di cercare di trovare un sistema di tutela nell'esercizio delle funzioni da parte dei consiglieri di minoranza che in qualche modo ovviamente usano il sindacato ispettivo per cercare di fare quello che devono fare e cioè opposizione.
Il rischio di lasciare questo alla magistratura è giusto in termini di applicazione delle leggi, ma credo che dobbiamo colmare questa lacuna come organo legislativo, anche perché oggettivamente parlando, le sentenze su questa materia sono veramente le più diverse, possibili e immaginabili. Credo che il primo ad essere stato sorpreso dalla condanna sia stato il consigliere perché in altri casi ben più gravi la magistratura non gli ha riconosciuto la condanna; è chiaro ed evidente che siamo in balia di una situazione in cui probabilmente c'è un vuoto legislativo. Mi auguro che saremo in grado di colmare questa lacuna per poter lasciare ai cittadini che esercitano, fra l'altro spesso quasi gratuitamente, la funzione di consigliere comunale nelle province del nostro Paese, la possibilità, quantomeno di esercitare in pieno le proprie funzioni senza avere sempre il timore di poter incorrere in sanzioni penali da parte della magistratura.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00756.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente la risposta del sottosegretario che in parte non poteva essere diversa da quella che ha dato. Non posso però dichiararmi soddisfatto, anzi mi dichiaro insoddisfatto per due ragioni. Prima di tutto credo che sia anche competenza del Governo garantire il rispetto del ruolo istituzionale della minoranza quando questo, ovviamente, non trascende, nell'esercizio delle sue funzioni, in offese personali.
In questo caso siamo di fronte a una condanna nei confronti di un consigliere comunale che in un'intervista, basandosi su una sua critica svolta nel consiglio comunale, ha accusato il sindaco di sperperare danaro pubblico per la nomina di un esperto che - dico io - era esperto in feste de l'Unità e il consigliere chiedeva il Pag. 15curriculum di questa persona per cui credo sia bene conoscere i fatti.
Il giudice che ha condannato questo consigliere comunale, con una strana interpretazione, proprio facendo riferimento alla natura politica di questo consulente, ha dichiarato che le amministrazioni, pubbliche sono in larga parte gestite da un uomini provenienti da apparati di partito - e sottolineo le parole «da apparati di partito». Questo non implica né che l'azione amministrativa sia distratta a fini privati e neppure che programma di un partito non coincida con l'interesse pubblico. Non so questo cosa c'entrasse con la sentenza di condanna, ma c'è stata una chiara presa di posizione politica -e non vado oltre - del giudice.
Credo quindi che occorra da un lato porsi il problema, che affrontiamo quotidianamente, di una politicizzazione di una parte della magistratura. Non a caso nel mio atto di sindacato ispettivo faccio riferimento, oltre a questa di cui stiamo parlando, alla vicenda di un consigliere comunale del comune capoluogo, di Bologna - l'altra riguarda invece un comune della provincia - al quale, durante l'ultima campagna elettorale per le elezioni amministrative, è stato impedito, da parte di un giudice, di divulgare un opuscolo contro l'amministrazione perché si diceva che contenesse atti riservati che in realtà denunciavano le malefatte dell'amministrazione. Credo quindi che anche su questo punto - e l'ho dichiarato - ovviamente c'è stato un dibattito piuttosto ampio.
Si pone dunque il problema, da un lato, dei limiti in cui la magistratura deve intervenire nel dibattito politico ovviamente salvaguardando la dignità delle persone ed evitando la lesione del loro buon nome. D'altro lato vi è il diritto della minoranza di accedere a tutti gli atti e di criticare la gestione di determinati settori e soprattutto la nomina di determinati esperti quando questa nomina non è portata in consiglio comunale con le motivazioni che devono suffragare l'approvazione da parte del consiglio comunale.
Credo che dobbiamo quindi porci di fronte alla situazione di determinate realtà territoriali dove un consigliere comunale di minoranza, già non sufficientemente salvaguardato dalla legislazione in essere che concentra in capo al sindaco tutta una serie di poteri, non ha nemmeno la garanzia di esercitare il diritto di critica. Vorrei precisare che diritto di critica non di vuol dire diritto di offesa personale, ma vuol dire di critica, anche dura, perché in alcuni casi la critica deve essere dura, non facciamoci intenerire da un falso buonismo che non risolve certo i problemi della collettività. Pertanto quando la gestione della cosa pubblica non risponde a determinati criteri, il consigliere di minoranza ha diritto di fare critica anche durissima, sempre nella salvaguardia di quelli che sono gli elementi della civiltà giuridica, però la critica si giustifica. È improprio da parte della giunta e del sindaco che si avvale della giunta, querelare per diffamazione quando non ci sono estremi personali dicendo che è lesa la dignità del comune, quando invece sono in ballo critiche di natura politica. Ciò si è verificato in entrambi i casi, in particolare nel caso del comune di Castel Maggiore: il sindaco poteva querelare personalmente il consigliere invece l'ha fatto con una delibera di giunta.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Garagnani.

FABIO GARAGNANI. Concludendo credo che si ponga il problema, non di un'immunità che non ha senso, ma della salvaguardia del consigliere di minoranza attraverso un'ulteriore aggiunta, una modifica del codice penale: ciò sarebbe possibile modificando, ad esempio, il reato di diffamazione personale e specificando ulteriormente cosa si intenda per diffamazione.
Credo che questo possa essere benissimo fatto, certo non nel codice delle autonomie, ma ovviamente con apposita modifica della legislazione in essere, non istituendo salvaguardie che non hanno assolutamente senso, ma precisando meglio il confine che distingue il reato di diffamazione da quello che è invece l'esercizio Pag. 16di critica che qualunque consigliere può e deve svolgere.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Castagnetti, Gianfranco Conte, Jannone e Mazzocchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

FRANCESCO LARATTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, intervengo solo per richiamare un fatto gravissimo e richiamare l'attenzione del Governo e, in particolare, del Ministro dell'interno sulla grave situazione in corso presso il comune di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, che è uno dei centri più grossi della Calabria. Stamani un gruppo ben identificato di persone ha compiuto una vera e propria aggressione nei confronti dei consiglieri comunali di centrosinistra, i quali si stavano recando in municipio per rassegnare le dimissioni, provocare lo scioglimento del consiglio comunale e la caduta del sindaco di centrodestra, che viene accusato dal consiglio comunale, dai sindacati, dalle associazioni di categoria e dai cittadini di non avere difeso e garantito l'interesse generale della comunità in merito alla questione del diritto alla salute.
Ben quindici consiglieri comunali su venti, signor Presidente, hanno sottoscritto un documento di sfiducia, annunciando le dimissioni motivate dalla loro carica. Stamani qualcuno ha chiaramente istigato un folto gruppo di persone che, dopo gli episodi di intolleranza e aggressione, ha dapprima impedito l'accesso al municipio dei consiglieri comunali - soltanto undici di loro hanno potuto accedere presso gli uffici del comune scortati dai carabinieri per consegnare la lettera di dimissioni -, ma subito dopo è stato loro impedito di uscire dal palazzo municipale. Si tratta di un atto molto grave che è tuttora in corso. Sul posto sono intervenute le forze dell'ordine che stanno tentando di evitare che la situazione precipiti. Si tratta di un episodio gravissimo che non ha precedenti e che mette in evidenza le responsabilità da parte di quanti utilizzano il bisogno della gente al fine di pura speculazione politica.
L'esercizio della democrazia in questo caso risulta fortemente compromesso, offeso e calpestato. Nell'invitare tutti ad abbassare i toni dello scontro in momenti gravissimi come questo, chiediamo al Governo di intervenire per quanto di sua competenza per impedire che la democrazia possa essere ostaggio di persone che adottano mezzi violenti per affermare posizioni di parte. Serve invece molta prudenza e responsabilità da parte di chi esercita ruoli e funzioni politiche e istituzionali, perché senza di queste si rischiano scontri pericolosissimi che nessuno saprebbe poi come fermare. Noi tutti dobbiamo saper governare i problemi e i bisogni della gente senza arrivare allo scontro fisico, che porterebbe alla degenerazione del confronto politico fino al punto di non ritorno.

Annunzio di una delibera dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (ore 16,09).

PRESIDENTE. Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Pag. 17con lettera in data 20 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 215, la delibera del 19 gennaio 2011, con la quale l'Autorità ha preso atto che, in data 17 dicembre 2010, il sottosegretario di Stato alle infrastrutture e ai trasporti Bartolomeo Giachino ha risolto la situazione di incompatibilità collegata alla carica di amministratore unico della società «Mino Giachino comunicazione Srl studio di immagine e relazioni pubbliche», già dichiarata dall'Autorità, con delibera del 24 novembre 2010, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della citata legge n. 215 del 2004.
La predetta delibera è a disposizione degli onorevoli deputati presso gli Uffici della Segreteria generale.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

In ricordo di Tullia Zevi.

PRESIDENTE. Prego gli onorevoli colleghi di prestare un attimo di attenzione (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo).
Onorevoli colleghi, come è noto lo scorso 22 gennaio, qualche giorno prima della celebrazione del «Giorno della Memoria», è deceduta Tullia Zevi, autorevole esponente dell'ebraismo italiano, giornalista e scrittrice, una donna che avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 2 febbraio.
Giovanissima, a seguito della promulgazione delle leggi razziali fu costretta a trasferirsi con la famiglia prima in Francia e poi, alla vigilia della guerra, negli Stati Uniti, dove frequentò i circoli antifascisti ed iniziò la professione di giornalista e dove rimase fino al termine del conflitto. Per oltre 30 anni, dal 1960 al 1993, fu corrispondente per il giornale israeliano Maariv e in tale veste seguì, a suo tempo, lo storico processo ad Adolf Eichmann che si tenne a Gerusalemme.
Nel 1978 divenne vicepresidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane per poi esserne eletta, nel 1983, prima donna a ricoprire tale carica, presidente. Esercitò, quindi, tale funzione per i successivi 16 anni, fino al 1999. Fu proprio nel suo ruolo di guida degli ebrei italiani che firmò, nel febbraio 1987 con l'allora Presidente del Consiglio, onorevole Craxi, la storica intesa delle comunità ebraiche con lo Stato italiano. Nel 1994 le fu assegnato il premio nazionale «Cultura della pace» e nel 1998 fu eletta membro della commissione per l'interculturalismo del Ministero dell'istruzione e membro della commissione italiana dell'UNESCO.
Tullia Zevi ha dedicato gran parte della sua vita e della sua intelligenza a trasmettere il ricordo dell'olocausto, senza nulla concedere al sentimento della rivalsa e della vendetta ma cercando, piuttosto, di far comprendere, soprattutto ai più giovani, le ragioni e le dinamiche che hanno generato gli orrori della Shoah per evitare che simili tragici eventi possano ripetersi.
Esprimo a nome di tutta l'Assemblea il profondo cordoglio per la sua morte, ricordandone la figura di alto profilo morale e culturale e l'impegno civile e professionale che costituisce una testimonianza coraggiosa in difesa dei valori della memoria e della libertà e costituisce un esempio per le giovani generazioni.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

Pag. 18

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, vorrei trovare parole eleganti e schiette, intelligenti e colte, per ricordare la figura di Tullia Zevi, le parole che lei forse avrebbe utilizzato. Tullia Zevi è stata per molti anni la voce forte e chiara dell'ebraismo italiano. La sua schiena dritta e il suo capo alto, la voce che rappresentava chi nella storia di questo Paese essendo sopravvissuto ai campi di sterminio, come l'ebraismo italiano, reclamava con orgoglio il proprio posto nel Paese, nella propria patria, e lo reclamava come faceva Tullia Zevi per il desiderio di partecipare, a pari titolo di tutti gli italiani, alla crescita del Paese, alla battaglia per i diritti universali dell'uomo, per la tutela delle minoranze, per la salvaguardia della cultura come lingua universale del progresso.
Tullia Zevi fu protagonista, insieme a Bettino Craxi, allora Primo Ministro, della storica firma dell'intesa che riportò l'ebraismo italiano alla pari dignità con lo Stato italiano, dopo esserne stato espulso, come cittadini di serie B, con leggi razziste, fasciste del 1938, quarant'anni prima di quella storica firma.
Si può essere leader in molti modi: Tullia Zevi lo fu con la forza della propria identità ebraica, quella forza imperturbabile che trasmetteva decisione e serenità, quella forza che le permetteva la capacità di rappresentare insieme l'ebraismo osservante e quello laico; la capacità di stare nel mondo a testa alta, a difesa dei diritti dello Stato di Israele, dialogando, a pari titolo, con Israele, dalla diaspora. Ci mancheranno il suo sorriso elegante e la sua parola forte: in un mondo, nel quale spesso è difficile mantenere forte la propria identità ed avere contemporaneamente capacità di dialogo universale, ci mancherà la sua irremovibile parola quando erano in discussione i diritti fondamentali dell'essere umano. In una stagione nella quale a volte il futuro della memoria appare incerto sappiamo che l'avremo sempre accanto, sempre accanto a coloro che lottano per un futuro migliore (Applausi).

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, alle parole del Presidente che hanno onorato quest'Aula e a quelle del deputato Fiano, che sono state così importanti per rievocare la figura di Tullia Zevi, mi permetto di aggiungere un ricordo di carattere personale, ma che nello stesso tempo appartiene a quest'Aula: quando ho lavorato alla stesura della legge istitutiva del «Giorno della Memoria», il giorno che avevo indicato e che mi sembrava esemplare per quella legge era il 16 ottobre; volevo ricordare la razzia degli ebrei di Roma nella notte del 16 ottobre. I 1.017 ebrei dei quali quasi nessuno è ritornato nella città di Roma e nel silenzio delle sue istituzioni; la vita continuava come se nulla accedesse mentre quella tragedia si compiva in questa città.
Tullia Zevi mi ha indotto a pensare che la data avrebbe dovuto essere il 27 gennaio, perché il 27 gennaio, giorno dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è una data più grande, che comprende anche i prigionieri politici, coloro che sono stati deportati per essersi opposti alla dittatura, coloro che facevano parte dei giusti e che hanno difeso, a costo della loro stessa vita, molti cittadini d'Europa dagli orrori dell'ingiustizia razziale, i rom, i gay e le vittime di tutto l'universo concentrazionario nazista. Quella data accoglieva in un abbraccio tutti coloro che erano stati vittima di simile orrore. Siamo oggi a pochi giorni di distanza dal ritorno del «Giorno della Memoria», che per fortuna è rimasto vivo in questi dieci anni, e questa è una ragione in più per ripensare al contributo - tra tanti contributi - che Tullia Zevi ha dato alla preparazione e al perfezionamento di quella legge (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

FIAMMA NIRENSTEIN. Chiedo di parlare.

Pag. 19

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, ho avuto l'onore di conoscere Tullia da vicino in svariate circostanze. Negli anni in cui - per il mio lavoro di corrispondente - ero residente a Gerusalemme c'era in lei una particolare attenzione nei miei confronti. Credo che in realtà si trattasse dell'amore e della dedizione che partiva dalla sua mente e dal suo cuore nei confronti di Israele, nel senso che Tullia mi chiedeva sempre nei particolari - soprattutto nei terribili anni dell'Intifada - quale sarebbe stato il destino del nostro popolo, cui lei si è dedicata con tutto il suo essere. In me il ricordo di Tullia Zevi è vivissimo in tutta una serie di circostanze pubbliche e private e ho ammirato molto la sua azione.
Soprattutto ho ammirato il modo in cui ha disegnato la sua figura di ebrea italiana, perché a mio parere ha rinnovato agli occhi degli italiani l'immagine stessa degli ebrei in maniera moderna ed emancipata, quanto poteva esserlo Tullia come donna. Era piena di una grande grazia signorile e dotata di infinita bellezza, che amo qui da donna a donna ricordare, per la dolcezza del suo volto, la bellezza del suo sorriso, l'intelligenza chiara dei suoi occhi. Credo che questo ricordo personale, che è così intenso, sia presente in tutti noi e mi piace ridestarlo in ciascuno di coloro che l'hanno conosciuta.
Tullia Zevi è stata l'immagine stessa dell'ebraismo laico, un ebraismo che, ai miei occhi, è altrettanto importante quanto l'ebraismo religioso, perché ha disegnato un insieme di valori che per primi, secondo me, hanno indicato nella storia dell'umanità la direzione del pluralismo, dell'insieme dell'incontrarsi delle idee, dell'essere un vascello di idee, attraverso gli oceani, i cieli e i mari ed anche dell'essere una continua fonte di cultura e di apprezzamento per l'altro, per tutte quante le altrui caratteristiche che Tullia riassumeva in sé in quella caratteristica di grazia che le è sempre stata propria.
Credo che per tutti noi debba restare un esempio. Per concludere, desidero citare la frase che si dice sempre in ebraico quando una persona ci lascia: she jie sichra baruch, ossia che il suo ricordo sia benedetto (Applausi).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, mi ritrovo completamente nel ricordo dei colleghi che mi hanno preceduto, per cui non voglio aggiungere alcuna parola che a questo punto potrebbe essere superflua. Credo che la Camera dei deputati abbia fatto bene, con queste poche ma sentite parole dei colleghi, a ricordare una donna che è stata non solo una grande ebrea, ma soprattutto una grande italiana. In lei sono racchiuse e sintetizzate le qualità migliori della nostra comunità ebraica e credo che questo ricordo sia stato molto giusto. È giusto che la Camera dei deputati in futuro assuma iniziative apposite per ricordare Tullia Zevi, perché lo ha veramente meritato nel suo cammino terreno (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di rivolgere un caloroso applauso di saluto e di benvenuto alla delegazione del Consiglio nazionale federale degli Emirati Arabi Uniti, che è il Parlamento emiratino, guidata dall'onorevole Rashed Mosbah al Kindi Al Murar, delegazione in visita ufficiale in Italia e che sta seguendo i nostri lavori (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 16,45).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo solo per avere certezza che la Presidenza si farà promotrice presso il Governo perché si faccia luce sull'episodio che già il collega Laratta Pag. 20all'inizio della seduta ha posto all'attenzione della Presidenza. Si tratta dell'episodio increscioso che è accaduto in un comune della Calabria, dove dodici consiglieri sono stati in qualche modo forzosamente posti nelle condizioni di non poter uscire dai locali nei quali alcune autorità locali presumibilmente li hanno costretti. Quindi, signor Presidente, non chiedo che il Governo venga a riferire in Aula, ma che faccia luce sulla vicenda e trovi la sede che ritiene più opportuna per riferire in Parlamento dell'esito della verifica.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, la Presidenza provvederà nel senso da lei auspicato.

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2011

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia (A.C. 3996-A) (ore 16,46).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia.
Ricordo che nella seduta del 24 gennaio 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali e ha avuto luogo la replica del rappresentante del Governo, mentre il relatore vi ha rinunziato.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e 96-bis, del Regolamento, in quanto non strettamente attinente rispetto al contenuto del provvedimento in esame, l'emendamento Vernetti 4.31, non previamente presentato nel corso dell'esame in sede referente, volto ad autorizzare la spesa di 3 milioni di euro per la partecipazione di personale militare ad una nuova missione internazionale.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3996-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3996-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 3996-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 3996-A). Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 3996-A). Avverto che in tale ultimo parere la Commissione Bilancio ha formulato alcune condizioni sul testo del provvedimento, che verranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Avverto, infine, che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 2.50 e 5.50, che sono in distribuzione e con riferimento ai quali risulta alla Presidenza che i rappresentanti di tutti i gruppi abbiano rinunziato alla fissazione del termine per la presentazione dei subemendamenti.
Nessuno chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

GIANPAOLO DOZZO, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Evangelisti 1.2 e Tempestini 1.6, sui quali anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario, ed esprimono parere contrario sugli emendamenti Di Stanislao 1.4 e 1.5.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

Pag. 21

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Dozzo. Trattandosi di un decreto-legge, la pregherei di esprimere il parere su tutti gli emendamenti, dato che si è in presenza di un unico articolo.

GIANPAOLO DOZZO, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Barbi 2.10 ed Evangelisti 2.7, sui quali anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario, ed esprimono parere contrario sull'emendamento Tempestini 2.11, mentre raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 2.50 ed esprimono parere favorevole sull'emendamento 2.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Di Stanislao 2.9 e Evangelisti 2.16, mentre esprimono parere favorevole sull'emendamento 2.301, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento. Le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Tempestini 3.11, mentre esprimono parere favorevole sull'emendamento 3.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

PRESIDENTE. Onorevole Cirielli, la invito a completare il parere delle Commissioni.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Vernetti 4.30 e 4.31 e Di Stanislao 4.1, mentre raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 5.50.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dai relatori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Evangelisti 1.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 498
Maggioranza 250
Hanno votato
191
Hanno votato
no 307).

Prendo atto che i deputati Vannucci e Borghesi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tempestini 1.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Di Girolamo, Calearo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 493
Maggioranza 247
Hanno votato
190
Hanno votato
no 303).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 22

Onorevoli Scilipoti, Madia, Trappolino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 501
Votanti 451
Astenuti 50
Maggioranza 226
Hanno votato
198
Hanno votato
no 253).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.5...

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Di Stanislao, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo solo per segnalare una grave incongruenza ed il poco rispetto per coloro i quali si trovano in Afghanistan e rischiano costantemente la vita.
Credo non sia serio né accettabile prevedere all'interno di una norma, che peraltro deve essere assolutamente superata e messa da parte per far posto alla legge quadro, che vengano dati ai team provinciali di ricostruzione (PRT) solo 24 mila euro. È una cosa ignobile nei confronti di tutte queste persone che svolgono un'attività così meritevole ed è altrettanto ignobile che, in un altro articolo, con un altro emendamento, il Governo dia 300 mila euro alla Fondazione Iniziativa adriatico-ionica della quale non conosciamo assolutamente nulla, non sappiamo di cosa si occupi in Italia, non rendiconta nulla, non viene valutata né soppesata. Rispetto a questo, credo che vi debba essere un punto di domanda alla maggioranza, al Governo, al Ministro della difesa e al Ministro degli esteri.
Questo rappresenta un fatto assolutamente ignobile che ho già segnalato alle Commissioni riunite. Credevo che vi sarebbe stato un rinsavimento. Quanto meno, vi doveva essere un segnale - lo dico al sottosegretario Scotti e al sottosegretario Cossiga - laddove si potessero allocare diversamente le risorse e dire che per la suddetta Fondazione, che probabilmente riguarda qualcuno che ha un nome e un cognome ben definito all'interno del Governo, potevano bastare anche 100 mila euro - che sarebbero stati comunque troppi - mentre si potevano dare 200 mila euro ai PRT che svolgono un'opera assolutamente meritevole e rappresentano un modello di intervento a livello di missioni internazionali, riconosciuto da tutti i nostri partner, dall'ONU e dall'Unione europea.
Credo che oggi sia un momento in cui ci si possa fermare a ridiscutere e a pensare che se questo non si fa, evidentemente, non vi è alcuna volontà. Buttare in questo modo i soldi e queste esperienze è una mancanza di rispetto e di dignità nei confronti dei nostri militari che sono in Afghanistan a rischiare costantemente la vita. Loro non meritano questo affronto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Guzzanti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 502
Votanti 275
Astenuti 227
Maggioranza 138
Hanno votato
23
Hanno votato
no 252).

Prendo atto che il deputato Alessandri ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario. Pag. 23
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbi 2.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 507
Maggioranza 254
Hanno votato
249
Hanno votato
no 258).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Evangelisti 2.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cossiga...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 508
Maggioranza 255
Hanno votato
249
Hanno votato
no 259).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tempestini 2.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Leo, Calearo Ciman, Scanderebech, Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 505
Maggioranza 253
Hanno votato
247
Hanno votato
no 258).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.50 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256
Hanno votato
510).

Avverto che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.50 delle Commissioni, sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso un parere di nulla osta, risulta assorbito l'emendamento 2.300 delle Commissioni, formalizzato ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Stanislao 2.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, gli emendamenti Di Stanislao 2.9 e Evangelisti 2.16 sono in qualche modo collegati, perché rinviano sempre alla Fondazione Iniziativa adriatico-ionica, che assorbe così tanto dal bilancio, così risicato e «impermeabile» per qualsiasi tipo di emendamento da parte di maggioranza ed opposizione per interventi qualificati; mentre abbiamo ancora una volta la Fondazione Iniziativa adriatico-ionica che prende da questo Governo e da questa maggioranza 300 mila euro e non sappiamo che cosa ne faccia. Pag. 24
Qualcuno vuole venire a rendicontare il perché in Afghanistan si autorizza una spesa di 24 mila euro per i PRT ed invece si danno 300 mila euro alla Fondazione Iniziativa adriatico-ionica? Vengono concessi per fare cosa? Chi sta dentro? Quali sono gli interventi che essa produce? Quali sono le strategie? Quali sono le prerogative che ha? Qual è il punto di sfogo che può avere tale fondazione? Se il Governo decide attraverso i suoi rappresentanti di venire in Aula, se non oggi quanto prima, a valutare, a rappresentare e a rendicontare tutta l'attività, euro per euro, sarebbe utile per capire se si tratta di un'iniziativa importante e seria, o se è più seria ed importante quella di tutti quei militari che stanno rischiando la vita in Afghanistan.
Penso che si tratti di un comma da parte del Governo e della maggioranza assolutamente immorale che non meritava di essere portato all'attenzione dell'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 2.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Patarino, onorevole Pizzolante...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 508
Votanti 330
Astenuti 178
Maggioranza 166
Hanno votato
71
Hanno votato
no 259).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Evangelisti 2.16, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 330
Astenuti 180
Maggioranza 166
Hanno votato
70
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.301 da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Tassone ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 502
Astenuti 2
Maggioranza 252
Hanno votato
501
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Montagnoli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.300, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti. L'onorevole Pedoto ha votato. Onorevole Nizzi. L'onorevole Barbieri risulta votante ma non presente, prego pertanto di ritirare la sua tessera di voto. Pag. 25
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 507
Votanti 506
Astenuti 1
Maggioranza 254
Hanno votato
506).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tempestini 3.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Guzzanti ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256
Hanno votato
251
Hanno votato
no 259).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Vernetti 4.30. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, con questo emendamento si propone all'Assemblea di incrementare in modo significativo la dotazione finanziaria della presenza italiana in Sudan. Il Sudan nelle prossime settimane tornerà a rappresentare un'area importante per la sicurezza di quella parte d'Africa con dei riflessi importantissimi in tutta la regione. Qui si tratta di essere presenti come Italia nella missione UNAMID, di assistenza umanitaria in Darfur, e - con l'emendamento successivo - di attivare una presenza della missione delle Nazioni Unite in Sudan. Il tema è importantissimo - ritengo - perché voi sapete che il sud Sudan cristiano sta andando con un voto favorevole all'indipendenza, si separerà dal nord del Paese, e credo che una presenza italiana importante in quell'area sia significativa, per gli ovvi interessi che il nostro Paese ha nella stabilizzazione della Somalia, nella lotta alla pirateria, nella stabilizzazione del Corno d'Africa. Con questi due emendamenti si propone una dotazione finanziaria adeguata per permettere una presenza in quelle importanti missione di pace, entrambe sotto l'egida delle Nazioni Unite.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, abbiamo qualche perplessità - direi abbastanza ovvia - sulla copertura, ma condividiamo, comunque, il senso dell'emendamento in esame, e pertanto voteremo a favore dello stesso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vernetti 4.30, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moroni, onorevole Veltroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 505
Astenuti 1
Maggioranza 253
Hanno votato
248
Hanno votato
no 257).

Ricordo che l'emendamento Vernetti 4.31 è stato dichiarato inammissibile.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 4.1, non accettato dalle Pag. 26Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 506
Maggioranza 254
Hanno votato
248
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che il deputato Rugghia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.50 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Guzzanti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 502
Astenuti 2
Maggioranza 252
Hanno votato
502).

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3996-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3996-A).
L'onorevole Vernetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3996-A/9.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, questo ordine del giorno, che illustrerò brevemente, richiama in parte, ma svolgendolo in modo più compiuto, il tema che richiamavo prima nell'emendamento; si tratta, cioè, di come si sta evolvendo l'area nel sud Sudan e nel Corno d'Africa. La scorsa settimana abbiamo parlato di libertà religiosa, di persecuzione dei cristiani, e avremo a che fare, nelle prossime ore, nelle prossime settimane, con la nascita di un nuovo grande Stato indipendente nel centro dell'Africa, uno Stato popolato al 95 per cento da popolazioni di fede cristiana che si sta separando dalla dittatura di al-Bashir del nord del Sudan. Dal 2005 opera nell'area la missione delle Nazioni Unite in Sudan nella quale l'Italia non ha mai partecipato, la United Nations Mission in Sudan, ma abbiamo un ruolo politico nell'area di controllo degli accordi di pace e facciamo parte della commissione di monitoraggio e di valutazione del CPA, cioè l'accordo comprensivo di pace. Nei prossimi mesi, inoltre, quando sarà noto il risultato del referendum, nascerà un nuovo Stato indipendente.
Credo che, dal punto di vista geopolitico, una maggiore attenzione del nostro Paese sia importante e, quindi, con questo ordine del giorno si propone, sin d'ora, in occasione del prossimo provvedimento tra sei mesi, di valutare una significativa partecipazione italiana e di monitorare la situazione delle comunità cristiane nel nord del Paese. Alcuni osservatori prevedono il rischio di nuove grandi migrazioni di massa, di un nuovo fenomeno di potenziali milioni di rifugiati. Ancora, chiediamo di attivare la rete diplomatica per attrezzarsi e riconoscere il nuovo Paese, aprirci relazioni diplomatiche e promuovere una linea diretta di cooperazione economica.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3996-A/2.

Pag. 27

MARIO BARBI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno ci ripetiamo, ma ci sembra doveroso farlo ed attirare, quindi, l'attenzione dell'Aula e del Governo su una questione che continua ad essere irrisolta ed anzi si aggrava ossia la sottrazione e la riduzione dell'impegno italiano nella cooperazione allo sviluppo. Questo testo, nel titolo, parla di proroga degli interventi di cooperazione e sostegno dei processi di pace; ciò farebbe pensare che l'impegno di cooperazione fosse importante e significativo in tanti Paesi che pure in questo decreto-legge vengono menzionati come destinatari di risorse e di iniziative di cooperazione quali l'Afghanistan, il Libano, i Balcani, il Darfur, l'Iraq, la Georgia e la Somalia. In realtà, i fondi che vengono destinati a questo scopo sono pochi, appena il 3,6 per cento dei 754 milioni stanziati per questo semestre e la tendenza ci dice che le cose vanno peggiorando.
Negli ultimi tre anni, il Fondo di finanziamento delle missioni è andato via via crescendo e, proporzionalmente, quanto si destina alla cooperazione allo sviluppo, nell'ambito di questi impegni, è andato via via scendendo. Tra il 2008 ed il 2011, le spese complessive per i decreti in missione sono, infatti, aumentate del 50 per cento, mentre quelle per gli interventi di cooperazione si sono ridotte del 42 per cento. Anche qui - non posso che dirlo sommariamente in questa sede -, gli interventi di cooperazione allo sviluppo non sono un plus, qualcosa di sussidiario e di secondario, ma sono un elemento fondamentale per la riuscita delle operazioni di pace, per il contributo che danno a rispondere ai bisogni essenziali delle popolazioni coinvolte e anche per la ricostruzione del tessuto civile e sociale di quei Paesi interessati.
Questo avviene sullo sfondo di una generale smobilitazione delle politiche di cooperazione con le drastiche riduzioni di fondi alla cooperazione bilaterale e anche multilaterale. Per questo noi chiediamo al Governo di impegnarsi con questo ordine del giorno ad adottare tutte le iniziative utili al reperimento dei fondi necessari a ripristinare le risorse economiche che sono state progressivamente decurtate e destinate agli interventi di cooperazione sia in Paesi nei quali siamo impegnati con missioni internazionali sia più in generale per la cooperazione bilaterale e multilaterale.

PRESIDENTE. L'onorevole Touadi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3996-A/4.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, questo ordine del giorno vuole richiamare l'attenzione del nostro Governo sulla risoluzione 1769 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per quanto riguarda il dispiegamento dei caschi blu e del loro equipaggiamento in quell'area così martoriata e dove si sta svolgendo un vero e proprio genocidio, il Darfur, ad opera delle milizie Janjawid, un genocidio che ha già provocato tra 300 mila e 400 mila vittime e che riguarda la parte a nord ovest del Sudan. Noi riteniamo che la situazione del Sudan deve essere tenuta in altissima considerazione non solo in ragione della vastità, dell'entità geografica sudanese ma anche per il carattere geopolitico e geostrategico di questo importante snodo tra l'Africa, il Mar Rosso e il Medio Oriente. Dobbiamo assolutamente assicurare e garantire non solo la protezione dei civili nella zona del Darfur ma anche nel sud Sudan di cui parlerò tra poco perché attraverso il Sudan si sta giocando una partita politica e geopolitica molto importante. Si sta giocando una gigantesca ricomposizione geopolitica e geostrategica tra interessi occidentali e soprattutto tra interessi cinesi che riguardano l'approvvigionamento energetico, il petrolio segnatamente. Si sta svolgendo in questo Paese - aspettiamo i risultati - un referendum perché il sud Sudan possa staccarsi dal nord: un referendum che è atteso dal 1955 da parte delle popolazioni del sud e questo referendum ha risvolti geopolitici molto importanti in tutta la zona anche perché l'Egitto che dipende dal Nilo sta guardando con apprensione ciò che potrà avvenire, chi avrà il controllo Pag. 28delle fonti del Nilo e chi potrà intervenire sul corso inferiore del Nilo non è indifferente alla stabilità e alla prosperità dell'Egitto. Stiamo quindi parlando di un Paese talmente importante che la sua pacificazione e la sua stabilità riguarda non solo tutta l'area africana ma riguarda anche la posta in gioco dei nostri interessi geostrategici. Ecco perché noi richiamiamo l'attenzione del Governo affinché sia data piena attuazione alla risoluzione n. 1769 e quindi il dispiegamento di quelle forze anche dell'Unione africana che non sono ancora state dispiegate per proteggere i civili ma soprattutto per avviare un clima di stabilità, costringere il Governo di Khartoum al rispetto dei diritti umani. Ricordo che il presidente di questo Paese è stato incriminato dalla Corte penale internazionale e quindi la nostra attenzione deve essere altissima e il nostro coinvolgimento fattivo e concreto per assicurare stabilità, rispetto dei diritti umani e protezione dei civili.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Per quanto riguarda l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3996-A/1 lui ha annunciato due modifiche...

PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, esprima il parere sugli altri ordini del giorno.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine del giorno Barbi n. 9/3996-A/2 il Governo è profondamente consapevole della situazione, ma certamente non è un ordine del giorno impegnativo quindi il Governo lo accoglie come raccomandazione volendo tutti insieme cercare di invertire finalmente il drammatico trend negativo cui abbiamo assistito negli ultimi tre anni.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Maran n. 9/3996-A/3.
Riguardo all'ordine del giorno Touadi n. 9/3996-A/4, il Governo concorda con le osservazioni che sono state fatte e ne accetta il dispositivo.

PRESIDENTE. Quindi il parere è favorevole?

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sì, è favorevole. Riguardo all'ordine del giorno Vernetti n. 9/3996-A/9, vorrei pregare un minuto l'onorevole Vernetti di ascoltarmi. Al terzo punto del dispositivo «riconoscere»...

PRESIDENTE. Scusi, parla dell'ordine del giorno Vernetti n. 9/3996-A/9?

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Andiamo però per ordine, scusi onorevole Scotti. Sull'ordine del giorno Farina Coscioni n. 9/3996-A/5?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, questi ordini del giorno sono di competenza del Ministero della difesa. Sull'ordine del giorno Farina Coscioni n. 9/3996-A/5 non posso che confermare che nel quadro di quanto già dichiarato dal Governo verranno inserite anche queste ulteriori valutazioni, quindi il Governo lo accetta.
Sull'ordine del giorno Beltrandi n. 9/3996-A/6 faccio presente che vi sono, sia nella premessa sia nell'impegno, che fa riferimento alla premessa, alcuni errori di natura tecnica, perché non è lo Stato maggiore della difesa che eroga i trattamenti, ma al contempo è la Direzione generale per il personale militare. Quindi, se i presentatori sono d'accordo, fatti salvi gli errori tecnici della premessa, il Governo può accettare l'impegno nel senso di Pag. 29valutare eventuali iniziative normative volte a dare completa attuazione a quanto auspicato.

PRESIDENTE. Quindi il parere è favorevole se riformulato.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Sì signor Presidente, se riformulato in questo senso, in ragione della presenza di alcuni errori tecnici.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Vannucci n. 9/3996-A/7.

PRESIDENTE. E l'ordine del giorno Cirielli n. 9/3996-A/8?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo lo accetta.

PRESIDENTE. Prego onorevole Scotti, di nuovo a lei la parola.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, chiedevo all'onorevole Vernetti se nel dispositivo, al terzo punto, dove recita «riconoscere immediatamente il nuovo paese» si può sostituire la parola «immediatamente» con «di concerto con gli Stati partner dell'Unione europea». Questo è il testo dell'ordine del giorno approvato anche al Senato. Non ho bisogno di sottolineare le ragioni, perché siamo all'interno di un'Unione europea che ha un servizio internazionale...

PRESIDENTE. Quindi il parere è favorevole se riformulato nel senso proposto.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Aspetto che lui suggerisca la riformulazione.

PRESIDENTE. È una procedura un po' impropria, però...

AUGUSTO DI STANISLAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo solamente per dire che il nostro ordine del giorno inizialmente era un emendamento anticipatorio di una serie di iniziative politico-istituzionali per mettere in campo il Governo e la maggioranza. Abbiamo deciso di trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno per dire questo: di espungere dalla premessa, dal quinto capoverso, da «sebbene abbia» fino a «paralisi» l'intera frase. Poi, nella parte dispositiva, al primo punto introdurre la parola «a continuare a sostenere l'impegno politico» e via dicendo...

PRESIDENTE. Scusi onorevole Di Stanislao, cerchiamo però di rispettare un minimo di procedura: è il rappresentante del Governo che deve dare un parere ed eventualmente proporre una riformulazione, non è lei che deve riformulare a prescindere dal parere del Governo. Quindi, onorevole Scotti, dia il parere sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3996-A/1.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, a me non sembra un reato di lesa maestà!

PRESIDENTE. Non è un reato di lesa maestà, è un elementare e doveroso rispetto del Regolamento.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il rispetto del Regolamento viene prima di tutto. Il Governo accoglie l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3996-A/1 a queste condizioni: in primo luogo, che nel quinto capoverso della premessa, siano cancellate le parole da «sebbene abbia» fino a «dopo mesi di paralisi».

PRESIDENTE. Perfetto, quindi il parere è favorevole se riformulato nel senso proposto.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Inoltre, nel dispositivo «impegna a continuare a sostenere l'impegno politico» e via dicendo, vi è la Pag. 30parola «continuare a»: a queste condizioni il Governo accetta l'ordine del giorno in esame.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3996-A/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Barbi n. 9/3996-A/2, accolto dal Governo come raccomandazione e che l'onorevole Maran non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3996-A/3, accettato dal Governo.
Prendo atto, altresì, che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Touadi n. 9/3996-A/4 e Farina Coscioni n. 9/3996-A/5, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Beltrandi n. 9/3996-A/6, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che l'onorevole Vannucci non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3996-A/7, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Cirielli n. 9/3996-A/8, accettato dal Governo.

EDMONDO CIRIELLI. Sì, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, vi è stata una proposta emendativa che sottintendeva l'ordine del giorno in oggetto, che è molto delicato, perché riguarda una vicenda interpretativa. Pertanto - anche per lasciarlo agli atti - vorrei dire che le Commissioni, all'unanimità, hanno approvato un emendamento che integra la modifica degli articoli 603 e 1907 del codice dell'ordinamento militare. Esso è stato presentato in Commissione, al fine di prevedere il nesso di causalità in senso probabilistico; ciò in modo identico a quanto previsto dall'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005, e già sperimentato come più agevole sotto il profilo della prova.
L'ordine del giorno in oggetto mira a chiarire in maniera inequivocabile, al fine di evitare equivoci interpretativi - indubbiamente, a parere delle Commissioni, non era necessario, ma a parere del Ministero della difesa, invece, lo era tuttavia, eravamo in ritardo per presentare un emendamento -, che, tra i possibili fattori di rischio, vi è anche l'esposizione all'uranio impoverito e alle nano particelle prodotte dal materiale bellico. Pertanto, mira a coordinare gli articoli 1907 e 2185 del codice dell'ordinamento militare con la previsione, cui ho accennato, dell'articolo 603 del codice stesso.
Pertanto, anche per questo motivo, ritengo che sarebbe opportuno un voto dell'Assemblea in maniera chiara ed inequivocabile su questo punto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cirielli n. 9/3996-A/8, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Onorevole Pini... onorevole Buttiglione... onorevole Madia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 492
Astenuti 2
Maggioranza 247
Hanno votato
492).

Prendo atto che i deputati De Angelis e Laffranco hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Vernetti n. 9/3996-A/9, accettato dal Governo, purché riformulato.

Pag. 31

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal Governo, poiché mi sembra che il concerto con l'Unione europea, in questo caso, sia corretto.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3996-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, colgo nuovamente questa occasione non per dilungarmi eccessivamente sulle più importanti missioni militari, che vedono oggi il Parlamento impegnato in modo unanime in ordine alla loro proroga. Mi riferisco alle importantissime missioni in Afghanistan e alla presenza ancora importante nel sud del Libano, soprattutto, alla luce dei fatti recentissimi che rischiano di produrre una nuova e preoccupante condizione di instabilità.
Penso che sia un fatto positivo che, a differenza del passato, oggi, il Parlamento riesca, in un dibattito rapido, ma coeso, ad esprimere una forte e comune volontà. I nostri ragazzi, le donne e gli uomini impegnati nelle missioni militari all'estero hanno bisogno di un Paese unito, coeso, che abbia chiara la missione nella quale oggi sono, quotidianamente, impiegati.
Voglio ancora spendere soltanto due parole sull'area che io ritengo maggiormente importante per quel che riguarda il contrasto al terrorismo e la stabilizzazione nei prossimi mesi, che è appunto il Sudan e il Corno d'Africa. Apprezzo il Governo e sono felice che sia stato approvato l'ordine del giorno da noi proposto, perché ritengo che i prossimi mesi dovremo impegnarci a disegnare un nuovo impegno politico e militare dell'Italia nell'area.
Oggi abbiamo una situazione di rischi di nuova grande instabilità: il sud del Paese, con quattro milioni di cristiani, diventerà il primo nuovo Stato indipendente dalla decolonizzazione.
Il 9 luglio, passati sei mesi, quando si avranno i risultati del referendum, che appaiono scontati superando il 90 per cento, nascerà una nuova entità statuale indipendente. Io credo che sia importante per l'Italia affrettarsi fin d'ora, nei prossimi sei mesi, per predisporre una partecipazione militare alla missione delle Nazioni Unite in Sudan. Ciò per aumentare il nostro status politico nell'area e per dare un importante contributo alla stabilizzazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,30)

GIANNI VERNETTI. Aggiungo due parole, e concludo, sulla Somalia. È naturale che l'Italia venga vista dal Governo federale di transizione come un interlocutore importantissimo. Ebbene, oggi penso che dovremmo aggiornare l'analisi e la valutazione su cosa sta accadendo in Somalia. Non possiamo non notare come nel nord del Paese, l'ex Somalia britannica che praticamente è uno Stato indipendente e nel Puntland, la regione del nord-est, stanno aumentando le condizioni di autonomia e di statualità. Sono aree che hanno raggiunto importanti condizioni di stabilità e di pacificazione.
Io penso che l'Italia dovrebbe farsi parte attiva nei prossimi mesi per promuovere una conferenza regionale per la pace e la stabilizzazione. L'impegno nostro ed europeo nel contrasto alla pirateria è un fatto già importantissimo, ma è naturale che in un Paese come la Somalia, nel quale, con tutte le grandi difficoltà, si studia la lingua italiana - la nostra lingua viene parlata da decine di migliaia di giovani e di anziani - c'è una grande aspettativa per un maggiore ruolo del nostro protagonismo nell'area. Credo che non dovremmo deludere queste aspettative.

Pag. 32

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Vernetti.

GIANNI VERNETTI. Quindi, nell'annunciare il voto favorevole, invito il Governo a lavorare nei prossimi mesi a predisporre una maggiore attenzione su queste due aree.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruvolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, questo provvedimento è per noi un atto estremamente importante. Si tratta del rinnovo delle missioni internazionali - e questo è il fatto assai importante - e del sostegno allo sviluppo ai Paesi che hanno delle difficoltà notevoli di democrazia e un tasso di democrazia basso.
Votiamo convintamente questo provvedimento per tante ragioni, ma ce ne sono alcune che vorremmo specificatamente illustrare e dire per la nostra condivisione totale all'azione del Governo, a cominciare dallo sminamento umanitario, che riteniamo essere uno degli argomenti più importanti negli scenari dove, purtroppo, ancora la guerra è esistente e si sviluppa giorno dopo giorno. Questo è - ritengo - uno degli aspetti essenziali ed importanti dal punto di vista umanitario.
Per quanto attiene a ciò che stanno facendo le nostre Forze armate, le forze di polizia, ma, soprattutto, il mondo del volontariato attorno ai problemi ormai atavici dell'Afghanistan, questo avviene in una linea che non è più di repressione, ma soprattutto di collaborazione con una realtà assai complessa e difficile. Si sta adottando un sistema di ricostruzione di strade rurali nel sistema, soprattutto, dell'agroalimentare, ma anche sul piano dell'intervento sanitario. Ciò è anche dovuto a un'attività molto seria e intensa per il sostegno alla piccola e media impresa per fare progredire questa realtà assai martoriata.
Noi partecipiamo al fondo fiduciario della NATO per dare sostegno all'esercito afgano soprattutto perché possa essere messo nelle condizioni di mettere in regime il sistema della democrazia vera, della democrazia pura. In Iraq effettuiamo interventi molto significativi sul piano della formazione, della gestione delle acque, anche nel campo sanitario, così come avviene in Somalia con interventi agro forestali molto significativi e soprattutto che interessano un'area tanto repressa e depressa; abbiamo inoltre una partecipazione ai programmi FAO che si intensificano giorno dopo giorno per le necessità di queste regioni assai martoriate. Nel Sudan è necessario favorire una azione di dialogo tra le parti sudanesi che si contendono, e va dato merito al Governo nazionale, al Governo Berlusconi di aver intrapreso, anche con forme di dialogo vero, quanto necessario per poter realizzare una pace duratura e perenne. Interventi a favore degli sfollati sono stati fatti e sono previsti in questo provvedimento, così come la realizzazione di impianti idrici e igienici per tutta l'area dove essi sono presenti.
A mio parere questi sono atti molto importanti e significativi per quelle aree che necessitano di un'azione forte di sviluppo e soprattutto di poter trovare la democrazia, la pace e la serenità. Ricordo ancora la collaborazione con le organizzazioni che hanno provveduto a fare dei programmi di cofinanziamento, le cosiddette ONG, che hanno dato un grande contributo e l'Italia è molto presente da questo punto di vista. Il rifinanziamento del programma NATO rappresenta un'azione importante per aiutare l'esercito afgano e soprattutto per l'addestramento delle forze irachene. Oltre alle relazioni bilaterali e multilaterali che il Governo ha prodotto, c'è un'azione importante e significativa che va ascritta a questo Governo: il rafforzamento della partecipazione italiana alle iniziative dell'Unione europea.
Queste soprattutto sono le ragioni per le quali noi annunciamo il nostro voto favorevole, ma ora vorrei andare alle conclusioni. Troppo sangue è stato versato, è stato pagato un prezzo molto alto dai nostri militari, dagli uomini e dalle donne che hanno rappresentato con grande dignità Pag. 33e con grande professionalità il nostro Paese; a loro va il merito. Questo riconoscimento va soprattutto all'azione di coraggio e al grande senso di responsabilità delle nostre Forze armate e di polizia impegnate in queste azioni. Onore soprattutto alle vittime, ai caduti, ai servitori di pace; così li possiamo definire, servitori di pace per tutto quello che hanno dato: la loro vita. Speriamo che serva a qualcosa, a riportare la serenità e una pace concreta in quelle aree disperate.
Diamo pieno sostegno quindi a questo piano che noi definiamo un piano di sostegno alla pace nel mondo. Adesso però bisogna pensare e programmare diversamente per poter evitare altre vittime. Questo va fatto responsabilmente, insieme a tutti gli altri Stati che hanno sposato questa causa; un piano di rientro delle nostre Forze armate ormai si rende necessario.
Per tutto quanto detto in premessa ci onoriamo ancora una volta di poter votare questo provvedimento e soprattutto di rendere omaggio alle vittime che hanno subito delle difficoltà in alcuni Paesi durante il corso della nostra presenza nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, voglio ricordare ai colleghi di maggioranza e di opposizione che l'Italia è impegnata in trenta missioni in ventidue Paesi con un totale di quasi ottomila uomini impegnati. Siamo il primo Paese contributore di caschi blu tra i partner europei, il secondo Paese dell'Unione europea per numero di uomini impegnati nelle missioni all'estero ed il nono Paese contributore nelle operazioni militari e di polizia.
A fronte di tutto ciò, in relazione alla materia delle missioni internazionali, la normativa vigente non prevede una disciplina uniforme e stabile, concernente la loro autorizzazione e il loro svolgimento. La disciplina in materia di svolgimento delle missioni internazionali è pertanto contenuta nell'ambito di provvedimenti legislativi che di volta in volta finanziano le missioni stesse e che noi assolutamente non condividiamo. L'ultimo provvedimento di proroga ha finanziato delle missioni fino al 31 dicembre 2010 e pertanto, in vigenza delle missioni, è risultato necessario ricorrere ad una procedura di urgenza per il rifinanziamento.
Oggi ci troviamo di fronte ad un'ulteriore proroga per la prosecuzione delle iniziative in favore dei processi di pace e stabilizzazione dei Paesi coinvolti da eventi bellici e per la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali in corso. In particolare, siamo impegnati - lo ricordo - in attività di stabilizzazione con iniziative di cooperazione in Afghanistan, Iraq, Libano, Myanmar, Pakistan, Sudan e Somalia, e vengono previste le relative norme sul personale nonché quelle in materia penale e contabile.
Tale materia - mi riferito sempre alle missioni internazionali -, che è così importante e delicata, necessita e impone invece riflessioni altrettanto importanti e un'analisi dell'intero scenario militare in cui siamo protagonisti, piuttosto che continue proroghe. Il nostro contingente è impegnato in una serie di missioni complesse e difficili - lo ricordo - in Kosovo, dove la crisi di Governo apertasi lo scorso mese di novembre ha portato a nuove elezioni e ad una situazione di assoluta instabilità; in Congo, dove i continui scontri nel nord del Paese tra le forze congolesi ed i ribelli hanno provocato vittime civili e migliaia di profughi; nel Darfur, dove la situazione ha subito un ulteriore deterioramento, come testimoniano gli scontri tra Forze armate sudanesi, da un lato, e gli appartenenti ai movimenti armati, dall'altro; in Sudan, dove, in seguito alle operazioni di voto del referendum per l'indipendenza del sud del Sudan, si sono registrati violenze e scontri e il fallimento dei successivi colloqui tra le parti per eventuali intese; ancora in Libano, dove gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una Pag. 34crescente tensione, un clima nazionale che il Segretario generale dell'ONU ha definito di incertezza e di assoluta fragilità; in Somalia, dove lo scenario sta diventando particolarmente complesso e i recenti episodi rischiano di avere implicazioni gravi sul ripristino della stabilità del Paese e sugli equilibri della regione.
Ma lo scenario più drammatico, che sempre più si allontana dagli obiettivi e dai propositi che impegnano il nostro Paese nelle missioni internazionali, risulta essere ancora una volta quello dell'Afghanistan. Si tratta di una missione - lo ricordo - divenuta a tutti gli effetti di guerra e che ha visto la perdita di trentasei nostri soldati. L'Afghanistan è in una fase cruciale del conflitto e della sua lotta per uscire dalla povertà. Vi è una necessità oggettiva che le comunità internazionali facciano di più per aiutare gli afgani e creare situazioni e istituzioni efficaci per promuovere una crescita economica equa. In base al ruolo unico del sistema delle Nazioni Unite e all'ampiezza di competenze, il quadro delle Nazioni Unite a sostegno della strategia nazionale dell'Afghanistan si concentra - lo ricordo a maggioranza e opposizione, a tutti i colleghi - su tre aree prioritarie: la governance di pace e stabilità, la vita sostenibile e i servizi sociali di base, sostenuti da interventi su questioni trasversali, come diritti umani, parità tra i sessi, tutela dell'ambiente, lotta contro le mine e il narcotraffico.
Questi tre settori prioritari sono inquadrati in un contesto in cui l'ONU è nella posizione migliore per sostenere la strategia nazionale di sviluppo, concentrandosi sul nesso tra stabilità e alleviamento della povertà, in particolare per i più emarginati e vulnerabili. Eppure, a dieci anni dalla presenza della NATO con la missione ISAF, i cui obiettivi sono ricostruzione, stabilizzazione e addestramento all'interno di un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari, la situazione dell'Afghanistan è assolutamente peggiorata. Lo scorso novembre il Consiglio di sicurezza ha esteso per un altro anno la missione della forza ISAF, chiedendo ai Governi di aumentare la forza militare presente di 120 mila truppe per contrastare il terrorismo e Al Qaeda. In una risoluzione adottata all'unanimità, i quindici membri del Consiglio hanno riconosciuto il bisogno di rafforzare ulteriormente ISAF per soddisfarne tutte le esigenze operative, esprimendo inoltre grande preoccupazione per l'aumento di attività violente e terroristiche da parte dei talebani di Al Qaeda e altri gruppi armati illegali e criminali, compresi quelli coinvolti nei traffici di stupefacenti, oltre che per i crescenti legami tra terrorismo e traffico di droga.
La risoluzione ha anche chiesto all'ISAF e agli altri alleati di accelerare l'addestramento di forze di sicurezza nazionali afgane che siano autonome, affidabili ed etnicamente bilanciate per garantire la sicurezza e il rispetto dello Stato di diritto del Paese. Riconoscendo la natura interconnessa delle sfide che fronteggiano l'Afghanistan, la risoluzione ha poi chiesto al Governo sforzi ulteriori per accrescere la propria responsabilità a combattere la corruzione e promuovere la trasparenza, aiutando così l'Afghanistan a progredire in ambiti quali la sicurezza, la governabilità, i diritti umani, lo Stato di diritto e lo sviluppo.
Il Consiglio di sicurezza ha in seguito portato l'attenzione sul numero crescente di vittime civili, in particolare donne e bambini, per lo più causate dai talebani, da Al Qaeda e dai gruppi estremisti, sollecitando in questo caso l'ISAF e le altre forze internazionali a continuare negli sforzi sempre maggiori per prevenire le vittime civili.
È preoccupante anche il fenomeno del reclutamento, uccisione e menomazione di bambini soldato da parte dei talebani. Il 3 gennaio 2011 il Governo afgano ha affermato invece che le vittime straniere, militari e civili, sono a livelli record nonostante la presenza di 150 mila truppe guidate dalla NATO. Il 2010 è stato ritenuto l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze afgane. Bashary, il portavoce del Ministero Pag. 35dell'interno, ha dichiarato che 2.447 poliziotti afgani sono stati feriti, mentre 5.200 ribelli sono stati uccisi e 949 feriti, per un totale di 6.700 incidenti di sicurezza avvenuti nel 2010 come agguati, bombe su strada, attentati suicidi e lanci di razzi.
Le Nazioni Unite hanno detto che 2.412 civili sono stati uccisi e 3.800 sono stati feriti. Le forze straniere hanno subito un numero di decessi record, con 711 soldati uccisi ed è stato di gran lunga l'anno più letale per le truppe straniere.
Una revisione della strategia di guerra, rilanciata dal Presidente Obama il mese scorso, fa notare come siano stati fatti progressi contro i talebani e Al Qaeda ma che permangono gravissimi problemi. I leader della NATO hanno convenuto, al Vertice di Lisbona nel mese di novembre, di porre fine alle operazioni di combattimento e di sicurezza e di lasciare la responsabilità in mano a forze afgane entro il 2014. Obama ha promesso di iniziare a ritirare le truppe a partire dal 2011, ma i critici sostengono che la data del 2014, fissata dal Presidente Karzai, è troppo ambiziosa, che vi sono carenze in Afghanistan e nelle forze di sicurezza e che la fissazione di una data per il ritiro delle truppe rende più forti e temerari gli insorti.
Nella relazione inviata negli scorsi giorni alle Nazioni Uniti da Staffan de Mistura si dice che i prossimi mesi saranno duri e che vi sarà un peggioramento delle condizioni di sicurezza. I talebani sono ancora lì e programmano spettacolari attentati in tutto il Paese. Il momento che si accinge a vivere l'Afghanistan è uno dei più difficili e soprattutto pericolosi in assoluto, da quasi dieci anni a questa parte. Mentre gli alleati, a cominciare da Obama, hanno convenuto di attuare una revisione della strategia, l'Italia non ha affatto posto il problema. Ebbene, l'Italia dei Valori ritiene ormai da tempo - e oggi lo ribadisce, dinanzi all'ennesima richiesta di proroga delle missioni internazionali italiane - che è favorevole alle missioni laddove si parla di ricostruzione e stabilizzazione e addestramento e contro quelle missioni laddove diventano missioni di guerra e non vi è alcuna sicurezza per i nostri soldati. Nei casi in cui si smarrisce la mission l'Italia dei Valori è assolutamente contro.
A tale riguardo voglio ribadire che il gruppo dell'Italia dei Valori è vicino ai nostri soldati in maniera convinta ed esprime loro la solidarietà più piena per quello che hanno fatto, per come si sono fatti valere, per quello che sanno rappresentare e per come svolgono l'attività di cooperazione che spesso viene dimenticata all'interno dei decreti-legge che meccanicamente arrivano all'esame di quest'Aula. Non è, dunque, più ammissibile l'applicazione di disposizioni inserite di volta in volta nell'ambito di provvedimenti legislativi con cui si dispone un finanziamento per le missioni internazionali. È necessaria, invece, una legge di rifinanziamento sul trattamento economico e normativo del personale militare, impegnato su molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse.
È necessaria una serie di disposizioni tese a definire una normativa di carattere generale inerente le missioni internazionali cui partecipa l'Italia, facendo ricorso al personale delle Forze armate e delle forze di polizia che soddisfino le richieste che arrivano dalla comunità internazionale e dalla nostra opinione pubblica, con una legge ad hoc che disciplini organicamente la materia delle missioni all'estero.
Concludo il mio intervento affermando che il lavoro svolto in Commissione, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge riguardanti la legge quadro sulla partecipazione italiana alle missioni internazionali, si è recentemente concretizzato nella predisposizione di un testo unitario delle varie proposte, condiviso all'unanimità.
Tuttavia, non si capisce il perché la maggioranza e il Governo si ostinino ad impedirne l'approvazione: si tratta di un provvedimento che riguarda in termini di dignità e di capacità programmatica l'intero Parlamento e la nostra nazione. Il gruppo dell'Italia dei Valori per questi motivi voterà contro questo decreto-legge perché ritiene che si sia oltremodo smarrita la mission della nostra presenza, che Pag. 36non è più quella originaria e, pertanto, consegna a quest'Aula, ai parlamentari e al Paese la propria contrarietà allo svolgimento di missioni ancora in un contesto di guerra, segnalando che non abbiamo più l'antica vocazione e l'antica mission, che ci hanno caratterizzato fortemente...

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la prego di concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. ...perché, in questo caso mettiamo costantemente le vite dei nostri soldati in pericolo e non aiutiamo assolutamente né la cooperazione, né lo sviluppo, né la crescita di quel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruben. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO RUBEN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia esprime un voto favorevole al disegno di legge n. 3996-A. Davanti all'impegno dei nostri militari - è importante sottolinearlo anche in questa occasione, dopo aver sentito l'intervento del collega - non possono esserci «distinguo» e l'opera coraggiosa che essi svolgono in territori ostili ha il plauso e l'ammirazione dell'intero Paese e del Parlamento italiano.
È altresì importante ribadire che l'opera che i nostri militari svolgono è al servizio della democrazia e della difesa dei diritti umani e che il loro lavoro e la loro opera sono una garanzia di libertà per le popolazioni civili in quei luoghi martoriati. Se i nostri soldati non fossero in missioni di contrasto all'estero, nei luoghi di origine di alcuni gruppi terroristici, possiamo stare certi che la jihad e i suoi soldati, con i suoi fiancheggiatori europei, opererebbero all'estero, come è già avvenuto l'11 settembre 2001 a New York, l'11 marzo 2004 a Madrid e il 7 luglio 2005 a Londra, solo per citare alcuni episodi. È dovere di tutti ricordare che i nostri uomini - e non temo di usare il termine eroi - operano a difesa delle democrazie occidentali e, da quelle terre lontane, svolgono un lavoro di prevenzione e di contrasto che rende le nostre città più sicure e che fa apparire a noi, che stiamo comodamente a casa, il terrorismo come un fenomeno apparentemente lontano o apparentemente marginale. Se il terrorismo ci appare oggi meno aggressivo, lo si deve proprio all'impegno dei militari italiani all'estero, che rappresentano quella parte dell'Italia sana e fortificata nei sacri valori del dovere e dell'amor di patria.
Va anche detto che, con il voto di oggi, il gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia vuole cogliere l'occasione per esprimere un forte richiamo alle leadership di alcuni di quei Paesi indicati proprio nella proposta di legge perché si attivino con azioni concrete a difesa delle minoranze ed, in particolare, della minoranza cristiana. Non troviamo infatti corretto e soprattutto coerente che alcuni di questi Governi, che beneficiano della cooperazione internazionale, dei programmi di assistenza e, in particolare, dell'aiuto e del sostegno anche dell'Italia tacciano, o peggio rimangano inattivi, davanti alle discriminazioni e alle persecuzioni che subiscono le popolazioni cristiane in quelle aree. Mi sembra opportuno anche in questa occasione sottolineare questo aspetto, che ha per tutti noi una grande valenza (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcazzan. Ne ha facoltà.

PIETRO MARCAZZAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il partito dell'UdC si appresta a votare «sì» a questo disegno di legge. In un contesto sociale mondiale così variegato e contraddittorio e in uno scenario sempre più esplosivo riteniamo che la partecipazione a queste missioni di pace sia un dato indispensabile e da sostenersi con convinzione e determinazione. Del resto, proprio ieri ho avuto modo di trascorrere una giornata con i nostri giovani del 6o reggimento lancieri di Palermo, che si stanno preparando ad una Pag. 37prossima missione in Libano ed ho avuto modo di apprezzarne la particolare professionalità e quindi le doti umane davvero eccezionali, con le quali si cimenteranno in quel teatro, che richiede un contributo quanto mai consistente per la promozione dei diritti della persona, della pace e - mi permetto anche di dire - della cultura, di quella cultura che forse è lo strumento indispensabile per far sì che il mondo riesca a ritrovare le ragioni della pace rispetto a quelle della guerra.
Pertanto, il nostro è un sì convinto, anche forti della preparazione e dei valori che i nostri militari hanno e continueranno a portare nei vari teatri dove sono presenti, in cui purtroppo per molti anni a venire, guardando lo scenario internazionale, ci chiameranno ad intervenire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, preannunzio il voto decisamente favorevole della Lega Nord, però questa è anche l'occasione per svolgere alcune osservazioni ed alcune riflessioni. Portate pazienza, ma ci troviamo ancora una volta a rifinanziare le missioni internazionali in maniera anomala, perché lo facciamo di sei mesi in sei mesi, quando sappiamo benissimo che dovrebbero essere rifinanziate quanto meno per un anno.
Signor Presidente, queste cose dovremmo avere il coraggio di dircele e di ascoltarle. Stiamo rifinanziando le missioni in Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Sudan e Somalia. Lo so che in questo momento non è il caso di parlare nuovamente, con una espressione americana, di exit strategy, ma, anche se non volete chiamarla così, portiamo a casa i nostri ragazzi e domandiamoci ancora una volta cosa stanno a fare lì. Dobbiamo dircele queste cose. Per carità, per rispetto dei caduti, dobbiamo dire che non verremo mai via unilateralmente, senza sentire i nostri alleati, ma dobbiamo cominciare a parlarne, per cortesia. Vogliamo cominciare a parlarne. Poi occorre parlare del Libano: in questo momento la crisi di quella zona si sta acuendo. Lo so che non è comodo e forse non è produttivo politicamente parlando, ma abbiamo il dovere di parlarne e di dirci alcune cose.
Sono stato in missione in Afghanistan e vi posso assicurare che, contrariamente a quello che dicono alcuni, i nostri militari, soprattutto i nostri istruttori, i carabinieri, che sono assolutamente ben visti, che sono fra le truppe più considerate, a volte si chiedono cosa stanno a fare lì. Se non c'è un obiettivo chiaro o un target preciso, infatti, è difficile andare a dire ai nostri ragazzi: siete bravi, andate e il Paese è con voi.
Ci mancherebbe che il Paese non fosse con loro, a parte qualche alto prelato che poi si permette di non chiamarli eroi. Coloro che sono caduti sotto la nostra bandiera sono eroi e noi li consideriamo tali. Però, commetteremmo un falso se non decidessimo anche dal punto di vista economico, dell'onere economico che in questo momento il Paese sta sostenendo. Per carità, andiamo avanti, rifinanziamo le missioni, ma ridiscutiamo e riaffrontiamo serenamente i problemi, i sacrifici in vite umane e i costi di queste missioni. Lo ripeto: la Lega Nord voterà fermamente convinta per il rifinanziamento delle missioni, ma chiede che si rifaccia una ferma, precisa e serena discussione sull'argomento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, le notizie che giungono da Il Cairo, che parlano già di alcuni morti e di una probabile estensione di una rivolta che, come ben sappiamo, è iniziata nel Maghreb nelle scorse settimane, ci dicono come gli strumenti con i quali stiamo affrontando una materia così complessa, uno scenario internazionale così in movimento e che ci riguarda certamente assai da vicino, sono davvero obsoleti.
Voteremo a favore del rifinanziamento delle missioni, ma dobbiamo ribadire qui, Pag. 38con molta franchezza, la riserva sullo strumento. Proprio perché la situazione internazionale, ed in particolare quella che ci riguarda più da vicino e nella quale sono più presenti i nostri soldati, è così complessa e presenta tanti margini di incertezza, dobbiamo uscire da meccanismo per il quale, con un provvedimento para-amministrativo, noi rifinanziamo ogni sei mesi, con procedure sostanzialmente assurde, queste missioni, non potendo entrare neppure nel merito e cogliendo con difficoltà le modifiche e i cambiamenti che sono in corso sullo scenario internazionale, che ci riguardano da vicino proprio perché siamo presenti con i nostri militari.
Vorrei, quindi, esprimere qualcosa di più di un auspicio. Il Partito Democratico è disponibile per chiudere rapidamente in Commissione e poi in Assemblea questa benedetta questione di una legge per le missioni che dia ordine e consenta di affrontare con serietà queste tematiche in modo diverso, come si addice ad un Paese che ha e vuole mantenere un certo standing internazionale, in modo tale che questione politica e questione finanziaria possano procedere in modo corretto ed esaustivo, cosa che, invece, qui non siamo in grado di fare, se non per buona volontà e per disponibilità politica di alcuni e non di altri.
Penso che questo ce lo dice l'analisi della situazione. Noi stiamo riducendo, in omaggio ad una decisione delle Nazioni Unite, la nostra presenza nei Balcani, ma questa riduzione l'abbiamo accompagnata con una riflessione su ciò che cova in alcune aree dei Balcani? Abbiamo e stiamo accompagnando questa decisione di riduzione con un sovrappiù di iniziativa politica? Penso alla Bosnia, al rischio che l'ipotesi multinazionale non regga.
Pensiamo a ciò che cova ancora nel nord del Kosovo. Siamo sicuri, con quello che accade in Albania, che le questioni che affrontiamo con una riduzione delle presenze militari, o comunque con una riduzione delle presenze delle organizzazioni internazionali, non richiedano un di più di politica? E quale sede è adatta, quale sede è quella giusta per affrontare questo tipo di questione?
Guardiamo al Libano: in quel Paese ci avviamo ad una riduzione della presenza militare per ragioni varie che non voglio qui approfondire. Naturalmente, non abbiamo più il comando della missione, e quindi, per qualche verso, è giusta una riduzione.
Ma questa riduzione l'abbiamo pesata, la stiamo inserendo in una valutazione attenta di ciò che sta accadendo in quel Paese? Siamo oggi presenti con una missione che ha come obiettivo il disarmo di forze che, probabilmente, nel corso dei prossimi giorni, si troveranno al governo del Libano. Al di là delle valutazioni che possiamo dare sul cambio di Governo e sulla messa in minoranza di Hariri - è immanente il giudizio del Tribunale internazionale sulla morte del padre - siamo in condizione di dire che l'Italia non rincorre gli avvenimenti, ma è presente con un'iniziativa politica anche sul versante libanese?
Penso che potremmo continuare il quadro: quale presenza ci dobbiamo preparare ad avere in Sudan, dove probabilmente ci troveremo ad affrontare uno scenario grave, gravido oggi e grave domani, all'indomani della separazione tra il nord e il sud di quel Paese? Sono tutti esempi, ma pregnanti e significativi, della questione che abbiamo di fronte.
Quindi, abbiamo una riserva sullo strumento e manifestiamo - mi si consenta, signor Presidente - una preoccupazione per quanto riguarda l'Afghanistan. Sosteniamo la nostra presenza, manteniamo la nostra ispirazione, che è quella multilaterale, abbiamo ribadito e continuiamo a ribadire che guardiamo con fiducia alla politica che la forza multilaterale ha inaugurato, ma naturalmente non possiamo non vedere i rischi che l'indurimento del teatro di guerra comporta.
Nello stesso tempo, non possiamo non vedere i rischi che derivano da una riduzione della nostra capacità di presenza come Paese cooperante anche sul terreno civile, sul terreno della costruzione di Pag. 39occasioni per la società civile che vengono certamente smentite, ridotte, dalla diminuzione delle capacità finanziarie che investiamo in questo settore in Afghanistan.
Insomma, un quadro che si presenta carico di preoccupazioni, che ci porta a dire che, anche in relazione all'Afghanistan, dobbiamo monitorare con grande attenzione l'evoluzione della situazione, prevedere per la prossima scadenza del semestre della missione un approfondito, serio ed esaustivo dibattito sulla materia. Verranno al pettine le prime conclusioni dell'iniziativa americana di Petraeus. Dobbiamo essere in grado di esprimere una valutazione che oggi accompagniamo da preoccupazione e da valutazioni problematiche.
Infine, signor Presidente - concludo davvero - credo che, quando nei giorni passati abbiamo visto nello scorrere delle immagini televisive i funerali, il ritorno in patria, della salma del caporalmaggiore Sanna e a poca distanza i fotogrammi di altre vicende che riguardano le cronache giudiziarie e politiche di questo Paese, abbiamo tutti constatato - e non voglio dire altro - quanto è grande la distanza, lo iato, tra queste due Italie.
Ebbene, voglio dire qui in Aula, confinandolo al tema che abbiamo all'ordine del giorno, che questi soldati che difendono l'onore della patria, che trasmettono all'estero una buona e sana immagine del nostro Paese, hanno bisogno che in Italia chi deve decidere decida perché questa frattura, questo iato non lo possiamo sostenere, per loro e per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Holzmann. Ne ha facoltà.

GIORGIO HOLZMANN. Signor Presidente, le nostre Forze armate svolgono da molto tempo un compito impegnativo per garantire le libertà e la democrazia dei popoli che sono oppressi nei teatri dove le nostre forze sono impegnate.
In Afghanistan, dove sosteniamo il maggior impegno in termini di presenza delle nostre Forze armate e dove, purtroppo, sono anche maggiori i rischi per il nostro contingente, abbiamo anche dovuto pagare un elevato prezzo in vite umane. Questo sforzo generoso dei nostri militari è direttamente proporzionale al maggiore impiego delle nostre forze, al più ampio controllo del territorio che ci è stato assegnato, al maggiore livello di collaborazione e di cooperazione con le forze afgane. È per questo che, soprattutto negli ultimi tempi, si sono intensificati gli attacchi contro le nostre forze e contro il nostro contingente.
Essere presenti in quel Paese significa, però, anche onorare un impegno internazionale, dimostrare coerenza nella nostra politica estera a fianco degli Stati Uniti e dei maggiori Paesi europei. Significa avere impedito che un'intera nazione finisse, restasse nelle mani del fondamentalismo islamico, che avrebbe irrimediabilmente sostenuto anche il terrorismo internazionale. Significa porre le premesse per affrancare un intero popolo da un passato recente di violenza, di mutilazioni, di esecuzioni sommarie, di conculcamento delle più elementari libertà e di sottomissione delle donne.
Spesso si dimentica che, se oggi questo popolo può guardare con speranza al proprio futuro, lo deve anche all'impegno e al sacrificio dei nostri soldati. L'impegno dell'Italia non è però soltanto di tipo militare: la nostra peculiarità è quella di integrare la presenza delle Forze armate con azioni mirate alla ricostruzione di un intero Paese e al supporto tecnico necessario per ricostruire uno Stato, attraverso l'affermazione nel settore della giustizia, della diplomazia, della pubblica amministrazione e un impegno nel campo sanitario con numerose strutture, anche ospedaliere, e con la lotta a gravi malattie come la tubercolosi. Significa inoltre dare impulso al settore rurale con programmi mirati di cooperazione e significa ricostruire anche le strutture fondamentali di quel Paese, attraverso la costruzione di nuove strade nella zona di Herat, dove siamo stanziati. Pag. 40
Purtroppo, come già detto, i rischi della nostra missione sono aumentati in coincidenza della nostra più capillare presenza sul territorio e con l'aumento delle nostre capacità operative. Il Governo ha messo a disposizione del nostro contingente tutto il necessario e i mezzi più moderni, per ridurre le minacce e per garantire maggiore protezione ai nostri soldati. In questo senso anche l'industria italiana si è adoperata, predisponendo dei mezzi che sono all'avanguardia e che offrono il massimo livello di sicurezza oggi possibile, premesso che non esiste la sicurezza assoluta.
La presenza attualmente delle nostre Forze armate, che conta circa 8 mila uomini, si dispiega in venti Paesi, tra i quali, oltre all'Afghanistan, il Libano, la Bosnia, il Kosovo e anche la Somalia. In ogni luogo i nostri militari hanno garantito sicurezza e cooperazione ed hanno svolto - e svolgono - un'intensa azione di pacificazione, di interposizione e di controllo. Servire la patria all'estero è un valore importante, che non è né di destra né di sinistra: la patria è un bene di tutti. Per tale ragione auspico che, quando si affrontano questi temi che riguardano i nostri ragazzi che si trovano all'estero, si abbandonino le posizioni preconcette o precostituite e si abbandonino gli interessi di parte o di partito, per parlare invece della patria e degli interessi della nostra nazione e di tutto il mondo occidentale.
Non è un caso se i moderati di tutti gli schieramenti politici nel tempo hanno sostenuto le missioni all'estero, promosse dai vari governi in carica a quell'epoca. Sarebbe tuttavia riduttivo limitarci soltanto a queste, per quanto importanti, valutazioni. Essere presenti in determinati territori significa dare sicurezza, anche psicologica, alla popolazione civile; consente di ricostruire un tessuto sociale, di porre le fondamentali premesse per la rinascita e per garantire un futuro diverso alle nuove generazioni; significa preparare intere generazioni ad un avvenire - oltre che ad un presente - di pace, di progresso e di sviluppo.
Auspico, quindi, che il Governo prosegua nella sua azione, garantendo, come sta già facendo, il massimo supporto possibile alle nostre Forze armate - alle quali va il nostro più alto riconoscimento - e contribuendo, anche con azioni di cooperazione, al definitivo affrancamento delle popolazioni oppresse, impegnandosi, quindi, a garantire la sicurezza con le forze di interposizione al confine israelo-libanese, a pacificare i territori di Bosnia e di Kosovo e a rendere sicure le rotte marittime.
È per questo che esprimeremo voto favorevole sul disegno di legge di conversione del decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, in merito al parere che ho espresso sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3996-A/1, preciso che il Governo lo accetta a condizione che nel quinto capoverso della premessa siano cancellate le parole da «sebbene abbia» fino a «Sharmarke» e non fino a «dopo mesi di paralisi»: si tratta infatti di un rigo aggiuntivo che non avevo considerato.

Testo sostituito con l'errata corrige del 26 GENNAIO 2011 PRESIDENTE. Prendo atto che non vi è assenso. PRESIDENTE. Prendo atto che vi è assenso.

(Coordinamento formale - A.C. 3996-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Pag. 41

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3996-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3996-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Ravetto, onorevole Scilipoti, onorevole Cesare Marini, onorevole Scanderebech, onorevole Siliquini.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia» (3996-A):

Presenti 499
Votanti 498
Astenuti 1
Maggioranza 250
Hanno votato 479
Hanno votato no 19
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati Sarubbi e De Pasquale hanno segnalato che avrebbero voluto astenersi.

Seguito della discussione delle mozioni Amici ed altri n. 1-00512, Mura ed altri n. 1-00532, Binetti ed altri n. 1-00534 e Saltamartini, Lussana, Polidori ed altri n. 1-00538 concernenti iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame delle mozioni Amici ed altri n. 1-00512, Mura ed altri n. 1-00532, Binetti ed altri n. 1-534 e Saltamartini, Lussana, Polidori ed altri n. 1-00538, concernenti iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta di lunedì 24 gennaio 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che è stata presentata la mozione Calgaro ed altri n. 1-00539. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni presentate.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con grande attenzione gli interventi che si sono svolti ieri in quest'Aula. Vorrei ringraziare innanzitutto i colleghi e le colleghe che hanno contribuito a questa discussione, che si è svolta prevalentemente con toni pacati e spirito propositivo, su un tema che riguarda il nostro Paese innanzitutto ma anche tutto il mondo, perché la violenza sulle donne continua a rappresentare una gravissima violazione dei diritti umani e credo che una democrazia matura come la nostra non possa che impegnarsi per contrastarla anche al di fuori dei confini nazionali. Su queste due direttrici, il livello nazionale e quello internazionale, si è mosso dal giorno del mio insediamento, il Ministero per le pari opportunità. Mi conforta rilevare che molte delle osservazioni e degli inviti emersi dal dibattito e contenuti all'interno delle mozioni sono già stati realizzati, alcuni divenuti legge dello Stato, altri oggetto di accordi interministeriali o con le forze di polizia, altri ancora finanziati direttamente dal Ministero che ho l'onore di guidare. Tale circostanza naturalmente non potrà che influenzare positivamente il Pag. 42parere che avrò il dovere di esprimere al termine del mio intervento. Se me lo consentite vorrei fare alcune precisazioni a proposito del Piano nazionale antiviolenza, il primo del quale il nostro Paese si sia mai dotato e che è stato approvato lo scorso ottobre dalla Conferenza unificata e che aspetta la registrazione da parte della Corte dei conti che per la prima volta affronta il problema del contrasto alla violenza e del sostegno alle strutture attive sul territorio con una visione globale. Il Piano nazionale antiviolenza, attraverso un percorso partecipato, coinvolge tutti i soggetti interessati e prevede specifiche azioni di intervento nei settori socioculturale, sanitario, economico, legislativo e giudiziario. Pertanto, oltre ad essere uno strumento di orientamento e di supporto alla realizzazione di pratiche omogenee sul territorio nazionale, offre un utile quadro di riferimento per tutti i soggetti interessati, istituzionali e non istituzionali.
L'attuazione delle politiche di contrasto alla violenza sulle donne richiede, infatti, una forte sinergia tra i diversi attori coinvolti e un fecondo e attivo rapporto di cooperazione tra Governo, regioni, province e comuni, nell'ambito, naturalmente, dei ruoli loro assegnati dal titolo V della Costituzione.
Le finalità che si intendono realizzare con l'attuazione del Piano sono: assicurare un livello di informazione adeguato; garantire ed implementare una rete tra i centri antiviolenza e le altre strutture pubbliche e private di territori, in modo da assicurare un'adeguata assistenza alle vittime su tutto il territorio nazionale; assicurare lo sviluppo di tutte le professionalità che entrano in contatto con le tematiche della violenza di genere; prevedere una raccolta strutturata di dati e di informazioni del fenomeno per comprenderlo meglio e seguirne l'evoluzione; potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli. Tra gli obiettivi del Piano merita particolare attenzione la formazione degli operatori e delle operatrici che svolgono attività di prima accoglienza alle vittime di violenza: operatori sanitari dei dipartimenti di emergenza - accettazione, psichiatri, medici, ginecologi, psicologi, sociologi, operatori di accoglienza, operatori del 118, operatori di servizi sociali. Progetti simili sono già oggetto di sperimentazione in alcune realtà ospedaliere e costituiscono un valido punto di partenza per la realizzazione di percorsi di formazione del personale medico e paramedico. Inoltre, attraverso un'azione sinergica con il Ministro dell'interno e con quello della difesa, verrà affinata la formazione del personale delle forze dell'ordine per uniformare i metodi dell'accoglienza utilizzati nella gestione dei casi di violenza. Si intende, inoltre, garantire alle vittime un'assistenza immediata e trasversale, comprensiva di adeguate cure mediche e psicologiche e percorsi di sostegno tarati sulle esigenze dell'individuo, e comprensivi di patrocinio gratuito, tutela del posto di lavoro o sostegno per il reinserimento nel mercato del lavoro.
Per quanto riguarda la copertura economica, il Piano nazionale antiviolenza è stato finanziato, utilizzando il residuo stanziamento del Fondo vincolato alle azioni del Piano previsto dall'articolo 2, comma 463, della legge n. 244 del 2007, pari a 18 milioni di euro, oltre ad ulteriori risorse pari a cinque milioni di euro prelevate dal Fondo per le pari opportunità a valere sul capitolo 493 del bilancio di previsione per l'anno 2011 della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Particolare attenzione al problema è stata poi prestata nel corso del tempo anche all'interno di provvedimenti di altra natura, come quello per la ricostruzione dell'Abruzzo dopo il sisma che ha previsto la realizzazione di un centro antiviolenza in quella regione, che era carente di strutture di accoglienza, stanziando tre milioni di euro. Sul tema del contrasto alla violenza sulle donne il Ministero delle pari opportunità ha finanziato e diffuso numerose campagne di comunicazione e di sensibilizzazione istituzionale, campagne che sono state pianificate attraverso cross media, fatte di affissioni, spot radiofonici e televisivi, e anche di diffusione sul web. Il servizio «1522», che è stato promosso, è Pag. 43stato ampliato peraltro per accogliere le richieste di aiuto provenienti dalle vittime di stalking, come previsto dalla legge n. 38 del 2009.
A seguito della campagna informativa sul numero verde si è registrato un incremento pari al 73,2 per cento rispetto al totale delle chiamate al «1522» pervenute nel 2008, segno che sempre più donne trovano il coraggio di denunciare e soprattutto conoscono i mezzi per poterlo fare. Al fine di prevenire e combattere la violenza contro le donne perpetrata attraverso gli atti persecutori, il 15 gennaio 2009 è stata istituita, attraverso la firma di un Protocollo d'intesa con il Ministero della difesa, la Sezione atti persecutori: una task force dei carabinieri la cui attività si è sostanziata in un monitoraggio geografico del fenomeno di stalking in base alle denunce raccolte dalle varie questure. L'ampiezza e la drammaticità del fenomeno spiegano perché abbiamo anche fortemente voluto che alla legge sullo stalking si accompagnasse la firma di un Protocollo d'intesa con il Ministero dell'interno. Nel quadro delineato da questo Protocollo il Dipartimento per le pari opportunità ha provveduto alla stipula di due convenzioni, riguardanti il raccordo tra le forze dell'ordine e il servizio di accoglienza «1522», e la realizzazione presso la Direzione centrale della polizia criminale di una banca dati per la raccolta e la condivisione dei dati quantitativi e qualitativi sul fenomeno della violenza sessuale di genere.
Grazie a questo accordo con il Ministero dell'interno con una sola telefonata al «1522» è possibile chiedere e ottenere l'intervento delle forze dell'ordine. Fra le ulteriori azioni vorrei ricordare: le attività poste in essere a sostegno delle vittime di tratta; la pubblicazione di avvisi pubblici da parte del Dipartimento per finanziare programmi di assistenza sociale a favore delle vittime di tratta; il numero verde antitratta nazionale, in grado di fornire alle vittime e a coloro che intendono aiutarle tutte le informazioni sulle possibilità di aiuto e assistenza che la normativa italiana offre per uscire dalla situazione di sfruttamento, anche quello lavorativo e non solo sessuale.
La lotta contro la violenza, come qualcuno, nel corso del dibattito, ha voluto sottolineare, è soprattutto una battaglia culturale che abbiamo voluto condurre per le strade attraverso campagne di sensibilizzazione, ma, per la prima volta, anche dentro le aule delle nostre scuole. L'educazione al rispetto e alla non violenza, infatti, sono fondamentali per debellare il fenomeno della violenza contro le donne. Per questo scopo, attraverso la firma di un protocollo d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, abbiamo creato la settimana contro la violenza. Durante la seconda settimana di ottobre, i dirigenti scolastici sono stati invitati ad aprire le aule ai temi del contrasto alla violenza e del rispetto della dignità della persona, promuovendo momenti di riflessione che potessero coinvolgere studenti, docenti e genitori. La settimana contro la violenza ha coinvolto centinaia di istituti, da nord a sud del Paese, e, anche grazie alla collaborazione di associazioni e ONG, ha consentito alla cultura del rispetto e della non violenza di giungere laddove finora non era arrivata, anche sotto forma di proiezione di film, dibattiti, conferenze.
Mi sento, poi, di rassicurare anche chi, tra i colleghi, ha chiesto un intervento del Dicastero per le pari opportunità sul problema della raffigurazione sbagliata che media e pubblicità spesso offrono della donna. Questo tema, infatti, è stato oggetto di numerosi interventi poiché, nel corso di questi due anni, il Ministero per le pari opportunità, per iniziativa diretta o su segnalazione di associazioni e singoli cittadini, è ripetutamente intervenuto sullo IAP, l'istituto di autodisciplina pubblicitaria, sollecitando il ritiro di alcuni spot o manifesti lesivi della dignità femminile. Posso anticiparvi che questa collaborazione si concretizzerà domani in un protocollo, che firmerò con lo IAP, per chiedere ed ottenere in 48 ore il ritiro immediato di qualunque immagine offensiva e svilente della figura della donna. Fin qui, Pag. 44dunque, i problemi di casa nostra, ma il Ministero per le pari opportunità è stato anche in prima linea, a livello internazionale, perché il tema della violenza contro le donne e il sostegno alle vittime entrasse nell'agenda dei grandi del mondo. Questo grazie ad una iniziativa che l'Italia sta promuovendo, insieme ad altri Paesi, per l'adozione di una nuova risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite specificamente dedicata alla pratica delle mutilazioni genitali femminili ed anche grazie ad un'iniziativa promossa dal Ministero per le pari opportunità, in collaborazione con il Ministero degli esteri per l'organizzazione della prima conferenza internazionale contro la violenza sulle donne.
Concludendo, continueremo su questa strada senza farci condizionare né dalla crisi economica né da altre situazioni contingenti, convinti che la lotta alla violenza sulle donne, come è stato più volte ricordato dai colleghi che sono intervenuti, e, quindi, la condizione femminile, siano indicativi del grado di civiltà e di democrazia di un Paese. Proprio per questo, perché credo che il terreno su cui ci stiamo misurando è delicatissimo, non penso sia opportuno procedere in obbedienza ad esclusive convinzioni precostituite ideologiche che non tengano conto, non solo della delicatezza del tema, ma anche della realtà dei fatti e delle cose portate avanti. Pertanto, considerato il lavoro svolto, quello in corso di svolgimento e quello programmato, mi sento di poter dare parere favorevole a tutte le mozioni presentate eccetto quella dell'Italia dei Valori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, la violenza contro le donne è un fenomeno molto diffuso che non accenna a diminuire e tende, al contrario, a manifestarsi sotto diverse forme e modi, nella quotidianità, nella vita domestica e in circostanze particolari quali il cosiddetto stupro di guerra. Generalmente, la violenza usata contro le donne appare come un insieme di diverse tipologie di violenza. Nel caso della violenza domestica, ad esempio, vengono di frequente esercitate insieme la violenza fisica, quella psicologica, quella sessuale e quella economica. I dati sul fenomeno sono impressionanti: nel mondo, sono 135 milioni le donne e le bambine che hanno subito mutilazioni genitali, 2 milioni le bambine che, ogni anno, subiscono nuovi mutilazioni genitali; in Francia, sono 91 le donne che, ogni anno, muoiono assassinate dal proprio marito o compagno.
Il rapporto Eures-Ansa sull'omicidio volontario in Italia mostra che il 70,7 per cento di omicidi aventi come vittime donne nel 2008 è avvenuta all'interno della famiglia: le donne più colpite sembrano essere le anziane (36 vittime, pari al 24,5 per cento del totale), con numerosi omicidi di coppia o pietatis causa, ma si è registrato un alto numero di vittime anche tra le giovani donne, uccise prevalentemente all'interno di rapporti di coppia, per ragioni passionali: il 21,8 per cento delle vittime di sesso femminile ha infatti tra i 25 e i 34 anni (le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini: amici, parenti, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti; il 21 per cento delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori; il 22,6 per cento solo dal partner; il 56,4 per cento solo da altri uomini non partner; un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale; inoltre le vittime hanno subito, nella maggioranza dei casi, più episodi di violenza; la violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner; un altro dato significativo riguarda i diversi autori della violenza da cui emerge che il rischio di subire uno stupro, piuttosto che un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Tuttavia il dato di gran lunga Pag. 45più impressionante è relativo alla circostanza per cui, nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Il fenomeno raggiunge livelli elevatissimi: è pari a circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per 100 di quelle da partner. Per gli stupri si arriva al 91,6 per cento e per i tentati stupri al 94,2 per cento.
I centri antiviolenza e le case di accoglienza per donne maltrattate o violate svolgono un ruolo essenziale di sostegno e di primo intervento, oltre a garantire visibilità alla violenza al fine di far emergere il fenomeno nella sua stessa drammaticità e portata.
A fronte di un fenomeno che non sembra voler diminuire e segna, al contrario, un aumento delle richieste di aiuto e di gravità dei casi, noi chiediamo di adottare ogni azione necessaria a sensibilizzare l'opinione pubblica con particolare riferimento ai giovani circa il drammatico fenomeno della violenza contro le donne, di stanziare risorse e promuovere iniziative dirette a garantire un adeguato sostegno e un potenziamento dei centri antiviolenza e delle strutture di supporto a favore di donne maltrattate o violate; di costruire un progetto educativo che, lungo tutto il percorso scolastico, preveda una complessiva educazione e formazione al rispetto della dignità di ogni persona umana in ogni situazione economica e sociale, psichica e fisica ed in ogni momento della sua vita, con particolare riguardo alle situazioni di maggior debolezza come la nascita, l'infanzia, l'età avanzata e grandissima attenzione all'uguaglianza e pari dignità tra i sessi.
Inoltre chiediamo di predisporre ogni azione possibile volta a prevenire casi di violenza nei confronti delle donne (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polidori. Ne ha facoltà.

CATIA POLIDORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, vorrei anzitutto rilevare il fatto che c'è stata un'assoluta sottovalutazione mediatica riservata al delicato argomento in discussione oggi in questo Parlamento. Una cosa che riguarda milioni di persone già ferite, altre decine ne avvertono il pericolo è come messa in un cantone, è come se stessimo facendo una specie di celebrazione retorica forse perché in questo momento il gusto per il pettegolezzo politico supera di gran lunga la sostanza della politica stessa. Questa sottovalutazione riguarda tutti. In fondo, evidentemente riteniamo questo un elemento marginale per la politica, una sorta di dovere senza autentica centralità nella nostra proposta. Tutto questo, questa nostra dimenticanza, questa nostra marginalizzazione o riduzione al luogo comune del capitolo violenza sulle donne esige una vera e propria rivoluzione culturale. Una rivoluzione che riguarda tutti, donne o uomini, che insieme hanno il dovere di cambiare radicalmente rendendosi protagonisti. In effetti, benché nel progredito Occidente post-moderno alcuni diritti siano stati acquisiti e formalmente sanciti ormai da secoli, il loro rispetto non può ancora considerarsi una conquista irreversibile.
Oggi nel terzo millennio atteggiamenti che ritenevamo superati per sempre sembrano riemergere prepotentemente. La sopraffazione fisica e quella psicologica sono una tragica realtà tuttora pervicacemente presente nella cultura tanto orientale quanto occidentale a partire dalla dimensione domestica. La violenza di genere dalle varie e tante forme di discriminazione agli abusi fisici o sessuali, alle mutilazioni genitali senza dimenticare la violenza economica è un fenomeno ancora esistente assai diffuso anche nei Paesi economicamente e culturalmente progrediti.
Proprio in quanto culturale, il rapporto di genere è infatti esposto a mutamenti che non necessariamente seguono la via del progresso. Da qui l'invito ai colleghi ed alle colleghe a non cadere nella facile tentazione di strumentalizzare il delicato argomento in questione, sacrificando sull'altare del calcolo politico un tema purtroppo Pag. 46ancora attuale, che non affligge solo le donne, il loro corpo violato, oltraggiato e sfregiato e la loro psiche, parimenti ferita in modo spesso irreversibile, ma riguarda l'intera società. Il rispetto della femminilità è un diritto assoluto di colei che è la più grande espressione del mistero della vita.
Facciamo dunque sì che almeno in questa occasione non si lancino proclami altisonanti e non si levino cori a cui poi non seguono iniziative coerenti. Rifuggiamo almeno per una volta dalla vuota retorica e facciamolo nel rispetto delle vittime e per rendere onore al nostro ruolo di deputati della Repubblica italiana. Se impiegassimo a fini tattico-demagogici il dramma di migliaia di donne vessate ci renderemmo complici di chi si è realmente macchiato di quei crimini odiosamente lesivi della dignità e della libertà altrui. Piuttosto onoriamo questa Assemblea rendendola il luogo privilegiato in cui le istanze delle vittime della violenza trovano risposte. Di dare risposte concrete si è incaricato questo Governo, a cui va riconosciuto l'indiscusso merito di avere raccolto e fatta propria la richiesta di sicurezza proveniente dalla società, varando misure di contrasto nei confronti di ogni forma di violenza, nella convinzione che assicurare il fondamentale diritto alla sicurezza nelle case, nelle strade, nei luoghi di lavoro e di aggregazione sia uno dei principali doveri dello Stato.
In questo senso l'Esecutivo ha predisposto una serie di provvedimenti, compreso il pacchetto sicurezza, nell'ottica di rafforzare l'incolumità urbana da un lato e dall'altro reprimere reati che destano particolare allarme sociale. Il Governo ha introdotto la legge sullo stalking, che dopo 15 anni ha finalmente colmato un imbarazzante vuoto legislativo. Ancora una volta vale la pena sottolineare che la legge in questione, fortemente voluta dal Ministero per le pari opportunità, non solo punisce con la pena detentiva delitti a sfondo passionale, sentimentale o sessuale, ma agisce anche prevedendo tali tipologie di reato, al quale, nella maggior parte dei casi, si arriva dopo un penoso periodo di molestie e vessazioni anzitutto psicologiche. Reprimere sì, ma anche prevenire, educando quelli che saranno gli uomini e le donne di domani a tessere relazioni improntate alla parità ed al rispetto della persona, affinché la diversità, ivi compresa quella di genere, sia un valore in grado di fare la differenza. Mirabile esempio è stata la cooperazione inaugurata tra le pari opportunità e l'istruzione, in collaborazione con esperti dei carabinieri, polizia di Stato, polizia postale, telefono azzurro e altri soggetti competenti per coinvolgere studenti, docenti e genitori in un percorso di sensibilizzazione, formazione e informazione sulla violenza.
Fin quando non agiremo sulla cultura, sovvertendo l'aberrante mentalità alla base della violenza di genere, i soprusi, le vessazioni, l'accanimento sul corpo femminile, la sopraffazione psicologica oltre che fisica continueranno ad essere, come l'ha definita il Presidente Napolitano, un'emergenza mondiale, una piaga sociale che non conosce confini geografici né differenze di censo e che ancora ostacola il fattivo riconoscimento dei fondamentali diritti civili, sociali e culturali. Fino ad allora il rispetto di diritti acquisiti e formalmente sanciti ormai da secoli non potrà ritenersi una conquista irreversibile.
Se da un lato i media non fanno che diffondere ed amplificare l'immagine degradata e degradante della donna, i luoghi di confronto tra i due sessi, a partire dall'ambiente lavorativo, non hanno certo contribuito a segnare una significativa inversione di tendenza. La dignità della donna è violata anche quando la si umilia attribuendole epiteti tanto volgari quanto offensivi, a cui si conferisce un connotato sessuale, appellativi oltraggiosi, dispensati in maniera del tutto gratuita e riferiti alla mercificazione del proprio corpo, anche nell'ambito delle funzioni che una donna esercita durante il proprio lavoro, che con il lavoro ovviamente non hanno nulla a che fare.
Tutte le immagini pubblicitarie che rappresentano la donna solo come corpo hanno sicuramente contribuito ad incrementare quella violenza sottile che reca Pag. 47discredito e preconcetto verso le donne. Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali denuncia una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti. Si pone di certo un problema di declinazione di valori. Che messaggio diamo quando paghiamo infinite volte di più un tronista o una velina, termini ormai assunti dallo Zingarelli, di un insegnante elementare o di un ricercatore? Entrambi hanno meriti e diritto ad esprimere le proprie capacità, la scelta dipenderà da quali sono i meriti che si decide di premiare, nell'interesse di un obiettivo comune, indipendentemente dalle leggi di mercato.
Occorre, allora, agire per contrastare questa violenza ancestrale e sedimentata nell'immaginario, che va osteggiata a partire dai primissimi messaggi che i bambini ricevono dalla famiglia, dalla scuola e dalla società.
Dunque, è necessario da un lato, reprimere gli atti odiosamente lesivi della libertà e del diritto alla sicurezza e, dall'altro, prevenire ed educare. Questi sono i point pivot su cui concentrare gli ulteriori sforzi, quanto mai necessari, perché non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Infatti, la lotta è contro quanto di più difficile da contrastare: la mancata evoluzione della natura umana, di chi vuole prevalere sull'altro.
Il dolore delle donne violate non deve mai più essere un fatto privato, perché esso riguarda tutti noi, l'intera comunità. Per ogni donna violata, si infligge una ferita nell'intero corpo sociale ed è, quindi, con convinzione che annuncio il voto favorevole del gruppo Iniziativa Responsabile (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, il tema delle violenze contro le donne, unitamente alla tutela e all'affermazione dei loro diritti, rappresenta una questione drammaticamente e dolorosamente ancora aperta e di difficile soluzione in tutto il mondo. Le cifre citate nel corso della discussione sulle linee generali sono utili a capire che il fenomeno della violenza sessuale non è una peculiarità di uno o più Paesi, ma deriva, purtroppo, da tradizioni ancestrali presenti e radicate ovunque, che, per secoli, hanno visto considerare la donna come un semplice oggetto in balia dell'uomo, che poteva decidere persino della sua vita e della sua morte.
In molte zone del mondo, purtroppo, la situazione non si è modificata di molto e tante e giovani donne continuano a vivere una vita diversa ed inferiore rispetto agli uomini per i diritti a loro riconosciuti. In molti altri Stati del mondo, come quelli economicamente più sviluppati, tanta strada è stata fatta, ma ancora ne rimane da fare per poter affermare che una vera e, soprattutto, un'effettiva parità tra uomo e donna sia stata raggiunta.
La violenza e le discriminazioni hanno, purtroppo, una storia di lunghi secoli, dal ratto delle sabine in poi. Negli ultimi trent'anni, vi è stata, però, una sorta di salto di qualità di questa violenza, che è divenuta, al tempo stesso, più crudele e più scientifica.
Il corpo della donna è sempre stato considerato una sorta di trofeo di guerra nelle battaglie tra gli uomini e, quindi, lo stupro rappresentava qualcosa di inevitabile, un premio di guerra che più di qualche soldato si assegnava con la benevola indifferenza del suo ufficiale.
Da questa situazione, si è passati ad un'altra situazione completamente nuova, nella quale il corpo di donne e bambine diviene obiettivo militare, pianificato strategicamente a tavolino e non più frutto spontaneo della brutalità della guerra. L'umiliazione sistematica delle donne diviene, quindi, uno strumento di umiliazione e distruzione del popolo nemico. L'emblema di questo nuovo modo di concepire la guerra sono le guerre jugoslave e le violenze consumate ai danni delle donne bosniache, soprattutto, da parte dei serbi, ma anche da parte dei croati. Pag. 48
Questo esempio è indicativo per capire come l'emancipazione della donna che, negli ultimi cinquant'anni si è realizzata in larga parte del mondo, è stata accompagnata da contraddizioni non ancora risolte.
La comunicazione, la televisione e, soprattutto, la pubblicità hanno prodotto una sorta di inflazione del corpo femminile, utilizzato ovunque in maniera sempre più scoperta, ben oltre i limiti necessari. Per fare un esempio che ci riguarda da vicino, vi è stato un periodo nel quale due dei principali settimanali italiani - Panorama e L'Espresso - avevano sempre in copertina un'immagine femminile estremamente procace, nonostante il contenuto dei giornali fosse estremamente politico. Tutto questo - e non solo in Italia - ha prodotto anche a livello inconscio, l'identificazione della donna con il suo corpo e ha fatto di questo corpo una sorta di oggetto.
La questione della donna è qualcosa di estremamente complesso, che sarebbe riduttivo confinare soltanto nel recinto della violenza. Per quanto riguarda l'Italia, personalmente resto convinta che il vero problema da affrontare seriamente e cercare finalmente di risolvere sia quello di un'affermazione completa delle pari opportunità. Nel nostro Paese, non mancano leggi in questo senso, perché i principi di uguaglianza tra uomo e donna sono ben presenti a tutti livelli nel nostro ordinamento. Il vero problema rimane l'applicazione effettiva di questi principi nella vita concreta di tutti giorni.
In questo senso lo scenario reale è molto diverso da quello pratico. Ce lo dicono dati assai più freschi, recenti di quelli ormai noti relativi alle violenze. L'Italia è, purtroppo, agli ultimi posti europei per quanto riguarda l'occupazione femminile. Abbiamo clamorosamente mancato l'obiettivo che ci imponeva il Trattato di Lisbona, ovvero un livello di occupazione pari al 60 per cento entro il 2010, e noi non siamo andati oltre il 46,3 per cento: un risultato drammatico che ci pone di ben dodici punti al di sotto della media europea, che è pari al 58 per cento.
Le donne che lavorano, poi, devono fronteggiare disparità evidenti di carriera e di salario nei confronti dei colleghi uomini. Mancano, come ha ribadito un rapporto del luglio scorso del CNEL, politiche di conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di cura della famiglia; mancano gli asili nido; manca, in sintesi, tutto ciò che è indispensabile per permettere a una donna di poter lavorare e di poter ottenere avanzamenti di carriera al pari dei colleghi maschi, senza per questo dover rinunciare o sacrificare la propria famiglia.
Quanto sto dicendo emerge in maniera abbastanza chiara dalla lettura di un documento di recente pubblicazione, il cosiddetto Libro bianco delle donne. Si tratta di quindici proposte estremamente concrete per migliorare la condizione della donna, nate da un sondaggio condotto proprio sulla condizione femminile della donna in Italia. Se andiamo a guardare i risultati di questo sondaggio, vediamo che tra le priorità indicate dalle donne ci sono, al primo posto, le violenze intese nell'accezione più ampia; ma subito dopo c'è una lunga serie di questioni che vengono ritenute altrettanto indispensabili, quali i sostegni per la cura e l'assistenza di bambini e anziani, l'uguaglianza delle retribuzioni ed una maggiore facilità di accesso ai posti di responsabilità.
Dobbiamo, dunque, evitare di fossilizzare il dibattito esclusivamente sull'aspetto più eclatante ed odioso come quello, appunto, delle violenze, ma allargare il nostro raggio d'azione una volte per tutte. In questo senso, i risultati ottenuti fino ad oggi dal Governo sono stati piuttosto carenti. È vero che sul fronte della violenza, in questa legislatura, qualche risultato è stato ottenuto con l'introduzione del reato di stalking e con l'inasprimento delle pene relative ad alcuni reati sessuali, risultato ottenuto con il consenso dell'opposizione. Ma l'approccio e, dunque, i risultati sono stati comunque limitati, perché ancora una volta ci si è voluti limitare all'aspetto esclusivamente dell'ordine pubblico e della Pag. 49repressione, senza fare nulla, per esempio, per l'assistenza alle vittime i cui fondi sono stati azzerati.
Sempre volendo rimanere sul terreno della violenza nei confronti delle donne, ci domandiamo che fine ha fatto il tanto sbandierato provvedimento di legge governativo in materia di prostituzione, perché certamente non ci può essere violenza peggiore di tante giovani donne fatte schiave e costrette a prostituirsi sulle nostre strade. Il provvedimento Carfagna-Alfano, assai superficiale, è in alcune parti difficilmente condivisibile ma sarebbe comunque stato utile consentire al Parlamento di affrontare un tema fondamentale nella lotta alla violenza e alle discriminazioni nei confronti delle donne. Purtroppo, dopo tanti annunci, il testo è rimasto insabbiato al Senato e sarebbe bene che il Governo spiegasse perché questo accade, perché le motivazioni individuate in fretta e furia in questi giorni assai turbolenti a causa delle vicende che hanno riguardato il Presidente del Consiglio non sono convincenti. La ratifica della Convenzione di Lanzarote, che l'opposizione ha votato, riguarda gli abusi e i reati sui minori, ma non esaurisce affatto la materia della prostituzione.
Per quanto riguarda, invece, gli altri aspetti relativi alle politiche che consentono l'affermazione dei diritti delle donne, il bilancio del Governo è ancora molto più negativo. Dò atto al Ministro che il tema delle pari opportunità è colpevolmente considerato una sorta di cenerentola da tutti i Governi, buono per convegni e dibattiti, molto meno quando si tratta di destinare finanziamenti. Ma allo stesso tempo è evidente che questo Governo ha fatto meno degli altri.
In merito alle politiche di conciliazione dei tempi di lavoro, il Governo ha elaborato il cosiddetto piano «Italia 2020», i cui risultati sono ancora fantomatici. I fondi da destinare alle regioni per gli asili nido e per la realizzazione del progetto «mamme di giorno», più volte promessi a mezzo stampa dal Ministro, non sono ancora arrivati alle regioni.
Come ho avuto modo di dire in sede di discussione sulle linee generali in un dibattito come questo sarebbe ipocrita far finta di niente e girarsi dall'altra parte rispetto alle vicende che stanno riguardando il Presidente del Consiglio. È forse per questo che la nostra mozione, signor Ministro, non è stata accettata? Non spetta a noi sindacare sugli aspetti giudiziari o privati della vicenda, ma è nostro dovere porci il problema di quali ripercussioni producono sull'immagine della donna determinati comportamenti divenuti di dominio pubblico. Qui non si tratta di sindacare su abitudini e comportamenti del signor Silvio Berlusconi, ma piuttosto di affrontare la questione di un Premier che nella sua qualità di Premier...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SILVANA MURA... ho quasi finito, ha più volte recato danno all'immagine della donna e rafforzato i maggiori stereotipi propri delle mentalità più retrive. Prescindiamo pure dal «caso Ruby», e da tutto quello che gli gira intorno, perché la concezione pubblica che il Presidente del Consiglio ha delle donne l'ha dimostrato in diverse occasioni. Nell'ottobre del 2009...

PRESIDENTE. Deve concludere.

SILVANA MURA. Ho già esaurito i tempi?

PRESIDENTE. Se vuole può consegnare il resto del suo intervento.

SILVANA MURA. Tanto penso che tutte le donne italiane sappiano qual è la considerazione che il Presidente del Consiglio ha riguardo a noi donne.
Concludo quindi dichiarando il voto favorevole per la mozione di Italia dei Valori, per la mozione del Partito Democratico, per quella dell'Unione di Centro e del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia e voto contrario per quella del Popolo della Libertà e della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 50

PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole Mura, ma era ampiamente oltre il tempo a sua disposizione.

Differimento della convocazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale per l'elezione del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che la seduta della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, convocata per procedere all'elezione del presidente, avrà luogo domani mercoledì 26 gennaio 2011 alle ore 18,30, e non alle ore 14,30.

Si riprende la discussione.

(Ripresa delle dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia non ha presentato una specifica mozione in vista di questo dibattito e sinceramente ne sono lieta. Ne sono lieta perché credo che il tema della violenza sulle donne sia uno di quei temi sui quali non occorre cercare differenziazioni a tutti i costi ma piuttosto convergenze le più larghe possibili. La consapevolezza che tutti dovremmo avere è che in materia di tutela della libertà, della dignità e della sicurezza della donna l'Italia è cronicamente ritardo. Fino al 1981, quando gran parte delle parlamentari qui intervenute erano già maggiorenni, i nostri codici prevedevano ancora il delitto di onore e fino alla stessa data le nostre leggi prevedevano la facoltà di cancellare una violenza sessuale con il cosiddetto matrimonio riparatore. Fino al 1996 lo stupro era reato contro la morale e non contro la persona.
In questo dibattito, di cui ho seguito e letto quasi tutti gli interventi, molte colleghe si sono giustamente soffermate sulle allucinanti statistiche della violenza contro le donne nei Paesi che non riconoscono la parità tra i sessi. È stato mi sembra unanime il riconoscimento della stretta relazione tra la violenza e la mancanza di pubblico riconoscimento della dignità e della parità della donna, tanto più le donne sono uguali tanto più escono dalla condizione di vittime.
Mi chiedo quanto siano uguali oggi in Italia uomini e donne e me lo chiedo non solo sulla base delle statistiche sull'accesso al lavoro, ai servizi sul trattamento economico che vedono le italiane in coda alle classifiche europee, ma anche alla luce del confronto sull'immagine femminile che si è aperto nel Paese. In nessun Paese europeo il dibattito pubblico legittima come, abbiamo letto su un gran quotidiano italiano e ascoltiamo ogni giorno in televisione, l'uso dell'avvenenza o del proprio corpo come elemento di merito utile alla carriera. In nessun Paese la cultura popolare è incoraggiata ad ammiccare all'idea di donna oggetto.
Ciò - credo - non perché questa idea sia estranea alle persone, ma perché le istituzioni sono consapevoli delle conseguenze politiche che avrebbe un ritorno indietro, un ritorno ai tempi in cui il corpo delle donne e la loro dignità valevano un po' meno di quello degli uomini.
Ho molto apprezzato un passaggio dell'intervento dell'onorevole Goisis, del quale peraltro non vi è alcuna traccia nella mozione del Popolo della Libertà. Ella si è riferita al fatto che la nostra società fatica ancora - cito testualmente - a riconoscere il profondo disvalore della condotta maschile violenta, sessuale, fisica e psicologica realizzata contro le donne, anche a causa della confusione creata da alcuni modelli che vengono sistematicamente proposti. L'onorevole Goisis, unica tra le parlamentari di maggioranza, ha fatto riferimento all'immagine veicolata dai media: Pag. 51un'immagine poco dignitosa, se non degradata, delle donne. Il modello veline - ha detto l'onorevole Goisis, ricordando l'allarme che arriva anche dagli operatori scolastici - e tutte le immagini che rappresentano la donna solo come oggetto di desiderio o corpo erotico hanno sicuramente contribuito ad incrementare quella violenza sottile che reca discredito e preconcetto verso le donne.
Sono pienamente d'accordo con l'onorevole Goisis e le riconosco il coraggio di aver toccato un argomento tabù nel dibattito politico. Se il Governo ha fatto bene nell'approccio securitario al tema della violenza con leggi come quella sullo stalking, che funziona ed è probabilmente riuscita a prevenire molti delitti, poco o niente è intervenuto sul piano della cultura diffusa nell'immaginario collettivo. Come minimo - come ricorda la mozione dell'Unione di Centro - sarebbe necessario procedere all'approvazione del nuovo contratto di servizio RAI, che introduce misure per una più dignitosa rappresentazione dell'immagine femminile.
Ma più oltre sarà pur necessario prendere in considerazione e valutare appieno i motivi per cui nel nostro Paese, unico in Europa, dobbiamo ancora discutere nel 2011 su cose che in tutta Europa sono assodate, a cominciare dal fatto che la violenza sessista si combatte anche e soprattutto contrastando la cultura sessista che svalorizza e riduce ad oggetto le donne e che per contrastare tutto ciò non bastano leggi repressive o finanziamenti ai centri antiviolenza, ma serve innanzitutto una seria riflessione politica sui modelli proposti dalla società.
Non basta parlare di dignità della donna nelle mozioni e in Parlamento, ma bisogna farlo in pubblico, in televisione, e nei comportamenti che i nostri figli guardano, altrimenti la politica parla un linguaggio schizofrenico. Il voto favorevole di Futuro e Libertà a tutte le mozioni che verranno espresse è un incoraggiamento ad uscire da questa ambiguità perché non bastano i numeri verdi o le campagne contro i burqa per testimoniare che la donna non è oggetto da strapazzare. Bisogna crederci e dare l'esempio nelle scelte quotidiane (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà per cinque minuti.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, il tema che stiamo affrontando questa sera trova - credo - in realtà un consenso trasversale molto forte. Il «no» fermo, chiaro e dichiarato alla violenza è un «no» che nasce dalla consapevolezza che la violenza femminile ha una capacità di contagio drammatico. Una donna che ha subito violenza è una persona che a sua volta diventa poco capace di esercitare quell'etica della cura, quella capacità di trasmettere sicurezza, quella capacità di accoglienza che pure rappresentano elementi strutturali del suo ruolo e della sua possibilità di esprimere, all'interno della società in cui conviviamo, quella volontà di pacificazione che caratterizza la cifra di una cultura grande e forte, come quella che il nostro Paese vorremmo portasse avanti in tutta la sua esperienza politica, sociale e umana.
La violenza subita dalla donna ha una capacità drammatica di creare, ancora oggi, una sorta di vergogna e, pertanto, prima che una donna si decida a denunciare la violenza che ha subito molte volte si creano dei fenomeni di sofferenza che trasmettono instabilità e insicurezza nel contesto. Fa fede a questa affermazione il fatto che molte donne culturalmente evolute, con ruoli professionali anche brillanti e che, in qualche modo, potrebbero considerare il proprio luogo nella società affidato a un riconoscimento solido e forte, quando subiscono violenza tendono a negare la violenza subita come se a questa violenza corrispondesse, in qualche modo, una sorta di dimensione di colpa, come se la violenza subita rappresentasse, in qualche modo, qualcosa che le ha viste coinvolte, quasi avessero meritato di essere private di quel bene che pure, invece, le apparterrebbe come il bene della dignità. Pag. 52
Mortificare da questo punto di vista la donna non è, però, soltanto un fatto di violenza fisica. Non vi è soltanto la violenza che si traduce in un esercizio materiale di lividi, di percosse e anche, a volte, di quelle cadute indirette che producono fratture e vari altri traumi di questo tipo. Vi sono forme di violenza più sottili che sono le forme della violenza psicologica, le forme della violenza svalutativa, le forme di quella violenza che portano a dire «tu non vali, tu non servi o, comunque, tu vali di meno o, comunque, tu servi di meno e, comunque, senza di te il mondo potrebbe andare ugualmente avanti». Vi è quella sottile cancellazione della donna che rappresenta una delle forme più profonde di violenza che si possono esercitare e che si traduce, molte volte, nella discriminazione in ambito professionale, familiare e sociale.
Ma vi è anche quell'altro tipo di violenza verso la quale non possiamo chiudere gli occhi in questo momento. Si tratta della violenza riduttiva, quella che invece di considerare la donna a tutto tondo come una donna capace di idee, di cultura, di valore e di affetti la considera esclusivamente capace di una corporeità seduttiva e, in quanto tale, come portatrice di una corporeità da ostentare, da strumentalizzare e da ridurre ad oggetto di desiderio, privo di quella valenza di rispetto interpersonale che pure caratterizza veramente la qualità umana e di una società.
Questa forma di violenza è quella che ci viene rimandata costantemente e continuamente dal mondo della pubblicità, quella su cui si fermano a volte i nostri occhi sfogliando una rivista ma, soprattutto, quella che, in qualche modo, è indotta dalla televisione che oggi amplifica una serie di passaggi rendendoli a volte veramente disturbanti e che ha il triste compito e il triste ruolo di stimolare, invece, in persone psicologicamente forse più fragili, solo apparentemente più furbe e solo apparentemente alla ricerca di corto circuiti, l'idea che quel modo di essere possa essere un modo in cui le femminilità si realizza mentre, invece, è il modo tipico con cui la femminilità si mortifica. Anche contro questa violenza vogliamo dire «no», perché indirettamente questa ostentazione del femminile, questa seduttività mostrata in modo così adescante diventa, a sua volta, il motivo di fondo che può in seguito catturare una volontà di stupro e una volontà di una seduzione che va ben oltre le intenzioni delle donne.
A tutte queste forme di violenza diciamo un «no» che deve richiedere, però, una risposta articolata. Non è soltanto un no che riguarda, pertanto, la psicologia femminile, la sociologia, il mondo della politica, il mondo dei diritti umani ma è un no che riguarda anche, nella sua chiave preventiva, tutti quegli interventi che anche la formazione, con la scuola ma anche attraverso l'insieme e il complesso degli strumenti di comunicazione sociale con la loro ricchezza di mezzi, quali il cinema, la televisione e altri ancora, ci rimandano.
Dire «no» alla violenza significa dire «sì» a una riscoperta del valore della donna e del valore della femminilità. La nostra mozione non è qualcosa che voglia soltanto dire «no», ma è una mozione che pretende di mettere in fila una serie di sì che restituiscano dignità e che consentano di ridurre il danno che è stato perpetrato nei confronti della donna. Soltanto un intervento precoce che sia in grado di attivarsi davanti alle prime violenze subite permette di innescare dei processi di inversione di tendenza e di rimettere in gioco quelle risorse che possono, in qualche modo, restituire nell'autostima anche la capacità di opposizione e la capacità di allontanamento dal contesto familiare, da quello sociale o anche, qualche volta, da quello coniugale.
A tutto questo diciamo che è arrivato il momento che un «no», un «no» collegiale, un «no» corale di tutti noi possa davvero restituire la dignità alla donna. In un momento in cui - bisogna riconoscerlo - culturalmente troviamo tante ambiguità, tante parole in libertà, tante contraddizioni bisogna riconoscere la coerenza da parte del Ministro e apprezzare la disponibilità all'accoglimento delle mozioni.

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PRESIDENTE. Onorevole Binetti la prego di concludere.

PAOLA BINETTI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, ma vorremmo che la disponibilità ad accogliere le mozioni si traducesse anche nella contestuale applicazione di ciò che i dispositivi chiedono e che, di questo, si potesse trovare traccia nelle prossime decisioni del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, intervengo anch'io a nome dei colleghi e delle colleghe della Lega Nord, innanzitutto per ribadire l'importante lavoro che hanno svolto questo Parlamento e questo Governo in difesa di tutte le donne. L'abbiamo svolto attraverso l'approvazione della legge che prevede il reato di stalking, punito finalmente con pene molto più severe, tuttavia dobbiamo fare in questa sede ulteriori riflessioni ed essere tutti consapevoli di come la violenza sulle donne, la violenza contro la dignità delle donne, abbia un effetto devastante, moltiplicatore che non coinvolge e ferisce solo la donna nell'animo più profondo, ma moltiplica e fa continuare questa sofferenza e questa mancanza anche nell'ambito familiare e soprattutto nei figli. Quindi, si tratta di qualcosa di devastante: non per niente si usano nei conflitti più cruenti gli stupri di guerra proprio per spezzare una civiltà e per ferirne profondamente il cuore. Addirittura, in alcune parti del mondo, soprattutto nei conflitti più cruenti dell'Africa - quelli tribali - sono le stesse donne del clan, le suocere e le cognate che infieriscono sulle donne vittime di violenza. Tante riflessioni le dobbiamo fare anche sulla nostra società, una società che vede la violenza sulle donne in maniera a volte molto più subdola e diffusa di quanto si pensi. Infatti, è soprattutto in famiglia che avviene la violenza sulle donne e - come ricordavano le colleghe in precedenza - la violenza è non solo fisica, ma spesso psicologica ed è un fenomeno che non riguarda solo le famiglie e le frange ignoranti della società, ma tutti i comparti della nostra società in modo trasversale.
È evidente che bisogna fare anche un'altra importante riflessione, il Ministro Carfagna prima ci riferiva quello che si sta facendo rispetto ai media: è grottesco pensare che nel nostro Paese sia necessario mettere davanti a qualunque prodotto una donna mezza nuda. Lo stesso prodotto in altri Paesi d'Europa vede, ad esempio, la macchina senza una donna vicino. Quindi, dovremmo riflettere su questo profilo, che ci fa apparire veramente poco civili. Allo stesso modo, la moda che viene proposta sui giornali e nelle vetrine dei nostri negozi propone, per esempio, degli abbigliamenti anche per le teenagers, che sono assolutamente ammiccanti, più da frequentatrici di night, che da frequentatori di licei o di scuole in genere. Quindi, molto si può fare.
Sono molto soddisfatta del lavoro che si sta facendo nelle scuole non solo con il Ministro Carfagna, ma anche con il Ministro Gelmini, ma bisogna, a mio avviso, intensificarlo e utilizzare delle trasmissioni - che già ci sono - di educazione, incentivandole su più fasce orarie, con delle sfaccettature diverse. Per esempio, è un vero peccato che Radio 24 abbia abolito una trasmissione proprio sull'educazione delle famiglie come Questa casa non è un albergo. Si trattava di un momento educativo importante.
Così come riscontriamo il successo di una trasmissione che si basa proprio sul rispetto degli altri, come SOS Tata, per citare degli esempi positivi. Però, di fronte a questi esempi positivi, vediamo un modello imperante di violenza prima di tutto verbale, ma anche addirittura fisica. Questi modelli vanno comunque combattuti con convinzione e non tollerati dicendo che ormai la società ha queste modalità, perché le modalità che vediamo attraverso il video vengono poi riproposte pari pari anche in famiglia. Dunque, è difficile a scuola, se ci sono insegnanti sensibili, far Pag. 54capire al bambino ciò che vede a casa, perché papà, magari laureato o professionista, dice alla mamma: «taci tu che non capisci niente». Anche questa è violenza ed è diffusissima.
Quindi, vorrei anche fare una piccola osservazione proprio sull'esigenza più che di una educazione sessuale, che va benissimo, di un'educazione alla affettività. Un processo inarrestabile, che è quello dell'utilizzo di Internet per comunicare, sta portando ad una stortura, ovvero i ragazzi diventano incapaci di fare amicizie normali, come le facevamo noi un po' più vecchi. È tutto ristretto in una scatola e se non c'è il vivere l'amicizia dal vivo, il capire i momenti difficili e condividerli, difficilmente si può crescere. Se si condivide solo il divertimento o quattro battute su facebook, difficilmente l'amicizia sarà ad un livello più profondo e ci sarà la possibilità di far crescere qualcosa di duraturo. La stessa cosa vale per i rapporti: non penso che i ragazzi siano incapaci di creare delle relazioni affettive serie, ma semplicemente non gli viene più chiesto, se si facilita tutto dicendo di non preoccuparsi perché basta iscriversi ad un'agenzia per trovare il compagno della vita. Ma come è possibile? Soprattutto il concetto che ne viene fuori è un amore di possesso. Le cronache ce lo insegnano: durante i periodi di separazione e dopo le separazioni, cosa ci offre la cronaca? Ex mariti che uccidono le ex mogli, che uccidono addirittura i figli, cioè cose veramente strazianti, inaccettabili, che ci vengono proposte quasi ogni giorno.
Dunque, l'educazione che dobbiamo portare è il passaggio da un amore di possesso - nessuno può pensare di possedere un'altra persona, anche se l'ha sposata, anche se l'ha generata - ad un amore di libertà. Questo è un cambio culturale grandissimo. Infine, vorrei anche citare un aspetto che, a mio avviso, è molto importante. Questo stesso rispetto di cui ho parlato lo dobbiamo esigere anche da chi entra nel nostro Paese per lavorare, per vivere o per qualunque motivo. Non possiamo tollerare comportamenti che derivano da culture diverse dalla nostra, ma che si fondano su una mancanza di rispetto verso la donna. Quindi, chi viene in Italia deve adeguarsi alle nostre leggi, ma soprattutto deve difendere la dignità della donna (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, interverrò anche dando conto del contesto entro il quale è maturata questa mozione. Credo che sia importante, anche per definire gli orientamenti politici che assumeremo rispetto alle altre mozioni. Lo dico perché il 25 novembre scorso, individuato come giornata della lotta contro la violenza sulle donne nel mondo, siamo stati costretti a svolgere un intervento sull'ordine dei lavori perché non era previsto nessun elemento di discussione in merito a quella giornata. Proprio in quell'occasione ribadimmo con grande nettezza che era necessario svolgere una discussione di merito forte e consapevole, che assumesse come dato di responsabilità politica, per chi sta all'opposizione, ma anche per chi governa, un dare conto alle donne italiane. Lo dico perché ho apprezzato - ringrazio il Ministro per la sua presenza anche nella discussione sulle linee generali svoltasi ieri in Aula - anche gli interventi che hanno arricchito il dibattito.
Siamo contenti, onorevole Ministro Carfagna, che, dopo l'approvazione avvenuta due anni fa, con un voto unitario di quest'Assemblea che invitava il Governo a presentare al Parlamento una relazione circa gli indirizzi e le cose attuate, vi sia voluta un'ennesima mozione per avere e ascoltare qui, nel suo intervento, auspici e proponimenti. Credo questo sia per noi un punto sul quale dovremmo riflettere, soprattutto perché maturi dentro le aule parlamentari il senso e il rispetto delle istituzioni e del proprio dovere.
Signor Ministro, la nostra cultura politica, la cultura politica del gruppo a cui Pag. 55appartengo, ha nel corso del tempo maturato, proprio attraverso la questione della violenza sulle donne, livelli di grande trasversalità. Era una trasversalità che non riecheggiava sono nelle aule di questo Parlamento, ma aveva un forte connotato civile, lavorava fuori da queste aule. Vi era una sintonia con il Paese reale. Quella trasversalità non è mai stata tattica ed ha raggiunto obiettivi straordinari. Eppure, si sono succeduti in queste stesse aule, su questa questione, elementi diversi, che mettono in luce come dentro alla vicenda della violenza sulle donne e sul corpo delle donne si rimette di nuovo in discussione un'idea della libertà femminile.
Credo che a lei non sfugga - l'avrei citata come la definizione più esatta, quella data dalle Nazioni Unite - che la questione della violenza sulle donne attiene oramai a una grande questione di diritti umani e civili, che configura, proprio perché si tratta di diritti umani inviolabili, anche il livello di civiltà e di democrazia di un Paese.
È di questo Paese che vogliamo parlare, del Paese reale, e non di quello che appare dalle discussioni e dalla lettura dei giornali di queste settimane. Ci è voluto un tema così drammatico, che attiene non solo a un livello di protezione, ma alla capacità di stare dentro a un ragionamento, perché sulla violenza sulle donne lo Stato faccia non solo tutto il suo dovere, ma attivi le forme sinergiche perché questo non si riduca semplicemente ad una questione di innalzamento delle pene.
Siamo deluse, signor Ministro. Lo dico con grande franchezza, ma anche con grande serenità e, forse, anche in modo un po' dispiaciuto, perché il suo intervento, come gran parte delle premesse che sottostavano alla mozione del Popolo della Libertà, testimoniano una lontananza di merito. È una lontananza in contrasto con una delle caratteristiche proprie delle donne, la concretezza.
Si ha l'ennesima sensazione che siamo di fronte non alla capacità di un Governo di dire cose chiare, e lo dirò soprattutto su un punto che ci sta a cuore e che era l'oggetto vero della mozione di cui sono prima firmataria. Si trattava, soprattutto, di dare la sensazione che non siamo all'inizio della legislatura. Non abbiamo più bisogno di sentire pronunciamenti giusti, riferimenti teorici anche esatti, ma che poi trovano uno iato con la realtà concreta, con l'efficienza e la concretezza di alcuni atti.
Che lo stalking sia diventato un reato penale, signor Ministro, lei lo sa, perché ha avuto qui la prova di avere un grande senso di responsabilità anche da parte dell'opposizione; che dentro quel reato penale era necessario formare le forze dell'ordine e fare protocolli di intesa era un fatto del tutto ovvio, ma lei sa anche bene che, dentro quest'Aula, intorno a quell'argomento, vi sono stati insigni colleghi che hanno messo in discussione se le molestie sessuali potessero essere considerate un reato, quasi a dire che, ancora una volta, la cultura giuridica e i formalismi giuridici correvano il rischio di non interpretare il sentimento che, invece, maturava nella società, cioè che le molestie sessuali non erano solo un reato, ma erano il modo con cui ricomincia una vecchia logica sul corpo delle donne, il senso proprietario, la voglia, come dire, di affliggere quel corpo attraverso l'umiliazione, la violenza, la negazione del proprio diritto di soggettività.
Signor Ministro, avremmo voluto che dentro all'azione del Piano nazionale dei centri antiviolenza vi fosse meno vaghezza e più certezza.
Lei lo sa, Ministro, lo sanno le colleghe, perché ci arrivano le grida dei centri antiviolenza che vengono oggi costretti alla chiusura di un sostegno, l'unico vero e reale, che costruisce e sedimenta consapevolezza di sé, capacità e soggettività delle donne di «auto misurarsi» in questa vicenda e di trovare il senso del proprio essere complessivo ed una dimensione esistenziale. Ciò può avvenire soltanto attraverso quello che il mondo delle donne ha costruito con una splendida espressione: la relazione fra donne.
Quindi, lei ha ragione quando afferma che dentro questo occorre mettere al centro anche il tema della formazione degli Pag. 56operatori delle forze dell'ordine, perché stiamo parlando non solo di atti di violenza, ma anche di atti che colpiscono l'essere persona nella sua interezza e nella sua diversità.
Ebbene, lei ha continuato a dire che vi sarà un'attuazione del piano nazionale che dia finanziamenti ai centri antiviolenza. Intanto quei centri, come per esempio a Taranto o in paesi del Centro-nord o del Centro-sud, dicono che oggi sono costretti a ridurre notevolmente la prestazione così intelligente che si può mettere in campo in questo settore ed alcuni sono costretti anche a chiudere.
Perché avviene ciò? Vede Ministro, avevamo chiesto due anni fa di riferire anche circa l'attuazione del suddetto piano. Perché non l'ha fatto prima? Perché non si è presentata qui in Aula a fornire le linee di indirizzo? Riguardo a questa vicenda, quanto abbiamo discusso delle linee finanziarie? Se non vogliamo prenderci in giro, di questo si tratta. Avremmo dovuto sapere che diminuire i finanziamenti agli enti locali, i primi livelli di amministrazioni che dovevano rispettare anche il patto di stabilità, avrebbe significato tagliare sui servizi e spesso si taglia su quei servizi che meno si ritengono produttivi nella costruzione del consenso.
Bene, quei centri oggi chiedono non parole, ma certezze e queste certezze non le abbiamo ascoltate e non riteniamo di averle nemmeno, in qualche modo, avvertite nella discussione e nella premessa della mozione presentata dal gruppo Popolo della Libertà o nell'intervento del Ministro Carfagna.
Vede, Ministro, abbiamo anche ascoltato che lei ha espresso parere favorevole su tutte le mozioni tranne su quella presentata dal gruppo Italia dei valori. Cogliamo il senso di questa operazione, ma con altrettanta serenità diremo che noi invece voteremo a favore della mozione presentata dai gruppi Italia dei Valori e Unione di Centro, mentre su quella presentata dal gruppo Popolo della Libertà noi esprimeremo un voto contrario.
Non lo faremo a causa di un pregiudizio di natura politica. Non pensate di utilizzare questo elemento all'interno di una dinamica di ragionamento dialettico fra opposizione e maggioranza. Lo facciamo nel rispetto delle tante donne italiane (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori) che in questi giorni non solo chiedono più tutela, ma chiedono che su questi argomenti la concretezza non abbia mai valori diversi. Se si parla della violenza dovremmo essere uniti, anche a seguito dell'immagine di ciò che sta avvenendo nel modello di società che si produce e quasi passa come un modello di che cosa sia una donna. La donna non è solo corpo, non è solo bellezza, la donna è l'insieme di un soggetto forte e determinato che oggi si affaccia sulla scena politica di questo Paese e che richiederebbe che insieme ad una battaglia concreta sulla violenza...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Amici.

SESA AMICI. ...vi fosse l'impegno perché alle donne italiane si diano risposte concrete, perché sono quelle donne che la mattina escono, lavorano, studiano e chiedono rispetto per questo e non per altro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, devo dire che le parole dell'onorevole Amici mi hanno stupito e in un certo senso - mi permetta onorevole, io la stimo moltissimo - mi hanno profondamente delusa (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Oggi avete perso una grande occasione, quella di dimostrare la concretezza e la pragmaticità delle donne che sanno essere sì un corpo solo quando si tratta dei problemi reali delle donne del nostro Paese e non si fanno tirare per la giacca da una sterile polemica politica che finirà, come tante altre volte, nel cestino della spazzatura in cui finiscono molti quotidiani Pag. 57al termine della giornata (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Questo però, signori colleghi, segna la differenza: noi voteremo favorevolmente la vostra mozione perché, al di là delle condizioni e delle situazioni di merito, riteniamo che la questione della violenza nel nostro Paese non possa essere segnata da un'etichetta partitica o da un colore partitico e politico, di questo o quell'altro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Abbiamo fatto del tema e della lotta della violenza una bandiera politica, che non è delle donne di questo Paese, ma è del Paese intero, degli uomini e delle donne (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), che si devono battere per far sì che i diritti umani e civili delle donne siano una priorità del governo, negli enti locali e nelle amministrazioni, al di là delle decurtazioni dei fondi. Chi infatti, come me, è stato nelle amministrazioni sa che, purtroppo, quando queste questioni diventano penose questioni di genere, esse non escono dalla «cucina» della politica e non entrano nel salotto principale. Noi invece abbiamo portato questa vicenda nel salotto della politica nazionale e internazionale, organizzando qui a Roma un G8 contro la violenza delle donne, facendo sì che la questione entrasse nell'agenda politica di tutti i Paesi del mondo.
Questi sono i fatti: non alla fine della legislatura, ma nei primi passi, abbiamo votato la legge sullo stalking, la legge contro le molestie sessuali e leggi per l'inasprimento delle pene delle violenze sessuali e delle molestie sui luoghi di lavori, mentre le nostre consigliere di parità si stanno battendo nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, con i sindacati per riportare questo tema nell'agenda politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e non soltanto nelle riviste specializzate per poche persone, che si ritirano sempre e le leggono fra di loro.
Signori colleghi, di questa abbiamo dunque fatto una delle questioni principali di questo Governo, e non solo con l'approvazione della legge sullo stalking, ma avviando un coordinamento interministeriale con il Ministero dell'interno e con il Ministero della difesa e attivando un call center - e vi chiedo di provare, chiamandolo, questo call center - ci siamo raccordati per i problemi di quelle donne che oggi vengono più sfruttate delle altre nel nostro Paese, ovvero le immigrate, a cui vengono tolti i diritti civili, le bambine infibulate o fatte oggetto di tratta. Queste sono azioni che sono state realizzate nei primi due anni.
Oggi abbiamo un Piano nazionale contro la violenza sulle donne (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ebbene, che cosa prevede questo Piano, che è stato discusso nella Conferenza Stato-regioni e che ha passato il vaglio della Corte dei conti? Esso prevede la realizzazione, il potenziamento e la messa in rete dei centri anti-violenza, non «a pioggia», come è avvenuto fino ad oggi, ma in tutto il territorio nazionale, dalle Alpi alla Sicilia perché non vi siano donne di serie A e donne di serie B (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)
Infatti, cari signori, in questo Paese vi sono regioni che funzionano e altre che non funzionano. I centri e i modelli di eccellenza sono stati sotto governi amministrati - dobbiamo ammetterlo - da questo «brutto» centrodestra che non vi piace, ma che realizza le azioni di cui voi parlate dagli anni Settanta e che non avete realizzato, con i vostri ministri e le pari opportunità (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Siccome però questo è un dibattito e abbiamo detto che vogliamo attenerci al tema, voteremo favorevolmente le mozioni perché, al di là di questioni che ci infiammano, vogliamo vedere i fatti. E i fatti sono che le donne devono essere protette nel nostro Paese e devono essere sicure nel nostro Paese, devono sapere che vi sono delle istituzioni che le difendono e che questo avviene a prescindere da chi vuole strumentalizzare un dibattito (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 58

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! Abbiamo ascoltato con attenzione tutti, occorre ascoltare anche l'onorevole Lorenzin.

BEATRICE LORENZIN. Credo che a questo punto non mi rimanga che concludere che posso comprendere che la semplice elencazione dei fatti possa far male a chi vuole ideologizzare una battaglia politica, che invece appartiene a tutti, che non ha colori ed ha soltanto un unico motto, quello di proteggere le nostre giovani (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) da chi nelle proprie case o per strada attenta alla loro sicurezza. Per tali ragioni noi realizzeremo questo Piano nazionale contro la violenza, a prescindere dalle mozioni.
E ringraziamo le colleghe del centrosinistra per aver sollevato una questione che merita sempre maggiore attenzione. Non bisogna parlarne il 25 novembre, bisogna parlarne tutti i giorni, finché i dati dell'ISTAT non ci diranno che in Italia la violenza sessuale è soltanto una marginale presenza, e non una costante che purtroppo va avanti dal tempo dei tempi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà per un minuto.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, abbiamo affrontato un problema molto serio, molto importante, riguardo al quale la sensibilizzazione è sempre troppo poca, perché pare che la violenza sulle donne stia diventando una normalità. Sono importanti sicuramente l'informazione e la sensibilizzazione, perché non è possibile che in una società civile siano ancora le donne ad essere delle vittime.
Signora Ministro, lei ha sostenuto che anche in questo caso, per quanto riguarda l'informazione, protagonista deve essere la scuola, e io aggiungo: sempre la scuola. Ma mi chiedo, se non si tagliassero sempre fondi alla scuola, quante cose potrebbe fare la scuola, e non soltanto educare alla diversità del genere (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico). Lei, Ministro, non ha accolto la mozione dell'Italia dei Valori, eppure quella mozione conteneva gli stessi obiettivi delle altre mozioni. Purtroppo però l'onorevole Mura ha avuto il coraggio di riportare in Aula dei fatti accaduti in questi ultimi periodi al Presidente del Consiglio. Si è parlato di spazzatura, ma questa spazzatura certamente non l'abbiamo voluta noi.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANITA DI GIUSEPPE. Lei ha parlato di risorse e di azioni messe in atto, e che il suo Ministero metterà in atto. Noi staremo qui a controllare, e ci auguriamo che alle sue parole poi corrispondano i fatti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà per un minuto.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, non potevo non intervenire su questo tema che mi è sempre stato a cuore, e ho voluto attendere tutti gli interventi per vedere che su questo argomento è intervenuto solo un uomo. Il problema della violenza sessuale non è delle donne, è degli uomini, e noi abbiamo un atteggiamento quasi di orgoglio di tenerci questa nicchia. Non voglio arrivare, per avere successo, tra cinque anni a fare una mozione in Parlamento dove dobbiamo mettere in piedi degli strumenti contro la violenza sessuale sugli uomini. Sarebbe meraviglioso in alcuni casi, ma non lo voglio fare. Vorrei iniziative importanti. Mi hanno bloccato - perché incostituzionale - un provvedimento con il quale si dovrebbe eliminare il rito abbreviato nei casi di violenza sessuale e di omicidi contro le donne e i bambini. Perché incostituzionale? Sono segnali importanti, e occorre prevedere il 41-bis anche per chi commette questi reati contro le donne e i bambini. È un problema degli uomini, non delle donne. Siete voi...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mussolini. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Pag. 59

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Amici ed altri n. 1-00512, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman, onorevole Reguzzoni, onorevole Fogliardi, onorevole Scanderebech...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 442
Astenuti 53
Maggioranza 222
Hanno votato
442).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mura ed altri n. 1-00532, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Della Vedova... onorevole Scilipoti... onorevole Calearo Ciman... onorevole Polidori... onorevole Ferranti... onorevole Parisi... onorevole Landolfi... onorevole Scanderebech...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 445
Astenuti 47
Maggioranza 223
Hanno votato
193
Hanno votato
no 252).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Binetti ed altri n. 1-00534, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Goisis... onorevole Guzzanti... onorevole Codurelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 490
Votanti 482
Astenuti 8
Maggioranza 242
Hanno votato
479
Hanno votato
no 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Saltamartini, Lussana, Polidori ed altri n. 1-00538, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Garagnani... onorevole Sardelli... onorevole Carra... onorevole Codurelli... onorevole Motta... onorevole Antonino Russo... onorevole Leo... onorevole Volpi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 493
Maggioranza 247
Hanno votato
301
Hanno votato
no 192).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Calgaro ed altri n. 1-00539, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti... onorevole Calearo Ciman... onorevole Farina Coscioni... onorevole Moles... onorevole Della Vedova... onorevole Di Virgilio... onorevole Codurelli... onorevole Togni... Pag. 60
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 486
Astenuti 7
Maggioranza 244
Hanno votato
486).

Sull'ordine dei lavori (ore 19,40).

FRANCESCO TEMPESTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, le notizie e le informazioni che giungono, tramite le agenzie di stampa, su ciò che sta accadendo in Egitto, parlano di alcuni morti, ma, soprattutto, di grandi moti e di grandi movimenti popolari ai quali la polizia e le forze dell'ordine stanno reagendo - sempre stando alle informazioni di agenzia - in modo molto duro per la particolare situazione che si è determinata nel Mediterraneo, nel Maghreb ed ora nel Mashrek. Penso - e così pensa il Partito Democratico - che il Governo debba venire a riferire alla Camera dei deputati al più presto perché va fugata ogni ombra e vanno diradate, se possibile, tutte le preoccupazioni. In caso contrario, dobbiamo fare in modo che il Parlamento ed il Governo del Paese siano in grado di affrontare nel modo migliore questa possibile difficilissima crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Tempestini, ovviamente la Presidenza si attiverà, nelle forme dovute, per informare il Governo della sua richiesta, così come lo farà anche per l'intervento sull'ordine dei lavori che ha effettuato oggi pomeriggio l'onorevole Laratta.
Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che il seguito dell'esame delle mozioni Ghizzoni, Zazzera ed altri n. 1-00491 e Buttiglione, Granata, Tabacci, Melchiorre ed altri n. 1-00533, presentate a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro per i beni e le attività culturali, senatore Sandro Bondi, avrà luogo domani, mercoledì 26 gennaio, a partire dalle ore 16, dopo lo svolgimento del question time.

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di febbraio 2011 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di febbraio 2011:

Lunedì 31 gennaio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali della mozione sul rilancio dell'economia e sostegno alle piccole e medie imprese (in corso di presentazione).

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 3720 ed abbinata - Interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili.

Discussione sulle linee generali delle mozioni:
Bosi ed altri n. 1-00488 e Di Biagio ed altri n. 1-00451 concernenti iniziative in materia di concessione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa;
Oliverio ed altri n. 1-00513 concernente iniziative in materia di riforma della politica agricola comune (PAC).

Pag. 61

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 2774 - Concessione di contributi per il finanziamento della ricerca sulla storia e sulla cultura del medioevo italiano ed europeo.

Martedì 1o (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 2 e giovedì 3 febbraio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame della mozione sul rilancio dell'economia e sostegno alle piccole e medie imprese (in corso di presentazione).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 3720 e abbinata - Interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili.

Seguito dell'esame delle mozioni:
Bosi ed altri n. 1-00488 e Di Biagio ed altri n. 1-00451 concernenti iniziative in materia di concessione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa;
Oliverio ed altri n. 1-00513 concernente iniziative in materia di riforma della politica agricola comune (PAC).

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2774 - Concessione di contributi per il finanziamento della ricerca sulla storia e sulla cultura del medioevo italiano ed europeo.

Lunedì 7 febbraio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
disegno di legge n. 3994 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Araba Siriana (ove concluso dalla Commissione);
proposta di legge n. 3921 - Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri;
proposta di legge n. 2011 ed abbinate - Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori;
proposta di legge n. 668 e abbinata - Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo (ove concluso dalla Commissione).

Martedì 8 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 9 e giovedì 10 febbraio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 11 febbraio) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 3994 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Araba Siriana (ove concluso dalla Commissione).

Seguito dell'esame delle mozioni Bocchino ed altri n. 1-00436, Giulietti, Zaccaria, Tabacci, Evangelisti, Nicco ed altri n. 1-00441, Sardelli ed altri n. 1-00496, Lo Monte ed altri n. 1-00503 e Cicchitto ed altri n. 1-00504 concernenti iniziative per la tutela della qualità e del pluralismo dell'informazione nel servizio pubblico radiotelevisivo, con particolare riferimento al contratto di servizio.

Seguito dell'esame delle proposte di legge:
n. 3921 - Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri; Pag. 62
n. 2011 ed abbinate - Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori;
n. 668 ed abbinata - Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo (ove concluso dalla Commissione).

Lunedì 14 febbraio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali della mozione Di Pietro ed altri n. 1-00530 relativa alla definizione di un piano per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan.

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 41 ed abbinate - Disposizioni in favore dei territori di montagna (ove non si verifichi la sussistenza dei presupposti per il trasferimento alla sede legislativa).

Martedì 15 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 16 e giovedì 17 febbraio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 18 febbraio) (con votazioni):

Seguito dell'esame della mozione Di Pietro ed altri n. 1-00530 relativa alla definizione di un piano per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2008-A/R ed abbinate - Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.

Seguito dell'esame della proposta di legge n. 41 ed abbinate - Disposizioni in favore dei territori di montagna (ove non si verifichi la sussistenza dei presupposti per il trasferimento alla sede legislativa).

Nel corso della settimana, in relazione ai tempi di trasmissione dal Senato, sarà inserito il disegno di legge S. 2518 - Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (scadenza: 27 febbraio 2011).

Nel corso della settimana potrà altresì avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lunedì 21 febbraio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
disegno di legge n. 3915 - Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione (ove concluso dalla Commissione);
proposta di legge n. 2350 ed abbinate - Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata dal Senato).

Martedì 22 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 25 febbraio) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 3915 - Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione (ove concluso dalla Commissione);
proposta di legge n. 2350 ed abbinate - Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata dal Senato).

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15).

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Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti il giovedì o il venerdì, secondo l'andamento dei lavori.

Il Presidente si riserva di inserire in calendario l'esame della domanda di autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nei confronti del deputato Berlusconi (Doc. IV, n. 13), in relazione ai tempi di conclusione dell'esame da parte della Giunta per le autorizzazioni (il relativo contingentamento sarà stabilito all'atto dell'inserimento in calendario).

Il Presidente si riserva altresì di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di ulteriori documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempia per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

L'organizzazione dei tempi per la discussione della mozione sul rilancio dell'economia e sostegno alle piccole e medie imprese sarà pubblicata successivamente alla sua presentazione.

Per quanto riguarda la discussione dei progetti di legge nn. 3915 e 2350, l'organizzazione dei tempi sarà valutata sulla base dei testi che verranno licenziati dalle Commissioni.

Nell'ambito del programma sarà inserito il disegno di legge n. 3866 - Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, nonché i seguenti disegni di legge, attualmente all'esame presso il Senato:
S. 2384 - Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 9 marzo 1948, n. 812, recante nuove norme relative all'Ordine della Stella della solidarietà italiana (Approvato dalla Camera - ove modificato dal Senato);
S. 2322 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (ove trasmesso dal Senato) (A.S. 2322).

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 26 gennaio 2011, alle 10,30:
1. - Seguito della discussione delle mozioni Bocchino, Galletti, Vernetti, Lo Monte, Melchiorre ed altri n. 1-00531, Di Stanislao ed altri n. 1-00535, Tempestini ed altri n. 1-00536 e Antonione, Stefani, Sardelli ed altri n. 1-00537 concernenti iniziative per il rispetto dei diritti civili e politici in Bielorussia.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

3. - Seguito della discussione delle mozioni Ghizzoni, Zazzera ed altri n. 1-00491 e Buttiglione, Granata, Tabacci, Melchiorre ed altri n. 1-00533, presentate a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro per i beni e le attività culturali, senatore Sandro Bondi.

La seduta termina alle 19,45.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Pdl n. 3720 e abb. - Assunzioni obbligatorie e quote di riserva in favore dei disabili

Tempo complessivo: 10 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 4 ore e 30 minuti.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 15 minuti
Governo 20 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 40 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 14 minuti 2 ore e 55 minuti
Popolo della Libertà 35 minuti 42 minuti
Partito Democratico 35 minuti 39 minuti
Lega Nord Padania 32 minuti 20 minuti
Unione di Centro 31 minuti 17 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 31 minuti 16 minuti
Italia dei Valori 30 minuti 15 minuti
Iniziativa Responsabile 30 minuti 15 minuti
Misto: 30 minuti 11 minuti
Alleanza per l'Italia 11 minuti 4 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti 3 minuti
Liberal Democratici - MAIE 5 minuti 2 minuti
Minoranze linguistiche 5 minuti 2 minuti
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Mozione n. 1-00448 e abb. - Concessione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 5 minuti
Partito Democratico 59 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro 24 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Iniziativa Responsabile 21 minuti
Misto: 17 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

Mozione n. 1-00513 - Riforma della politica agricola comune (PAC)

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 5 minuti
Partito Democratico 59 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro 24 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Iniziativa Responsabile 21 minuti
Misto: 17 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Pdl n. 2774 - Finanziamento della ricerca sulla storia e sulla cultura del medioevo

Tempo complessivo: 12 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 6 ore e 30 minuti.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 30 minuti
Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 59 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 14 minuti 4 ore e 11 minuti
Popolo della Libertà 35 minuti 1 ora e 1 minuto
Partito Democratico 35 minuti 56 minuti
Lega Nord Padania 32 minuti 28 minuti
Unione di Centro 31 minuti 24 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 31 minuti 23 minuti
Italia dei Valori 30 minuti 21 minuti
Iniziativa Responsabile 30 minuti 21 minuti
Misto: 30 minuti 17 minuti
Alleanza per l'Italia 11 minuti 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 5 minuti 3 minuti
Minoranze linguistiche 5 minuti 3 minuti
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Ddl di ratifica n. 3994 - Accordo di cooperazione culturale Italia-Siria

Tempo complessivo: 2 ore.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 19 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 21 minuti
Popolo della Libertà 18 minuti
Partito Democratico 20 minuti
Lega Nord Padania 8 minuti
Unione di Centro 7 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 7 minuti
Italia dei Valori 7 minuti
Iniziativa Responsabile 6 minuti
Misto: 8 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Liberal Democratici - MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
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Testo sostituito con errata corrige volante Pdl n. 3921 - Riforma della contabilità pubblica
Tempo complessivo: 14 ore, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 8 ore.
  • Discussione generale Seguito esame Relatore 20 minuti 30 minuti Governo 20 minuti 30 minuti Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti Tempi tecnici 50 minuti Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) Gruppi 4 ore e 14 minuti 4 ore e 52 minuti Popolo della Libertà 35 minuti 1 ora e 12 minuti Partito Democratico 35 minuti 1 ora e 6 minuti Lega Nord Padania 32 minuti 32 minuti Unione di Centro 31 minuti 27 minuti Futuro e Libertà per l'Italia 31 minuti 26 minuti Italia dei Valori 30 minuti 24 minuti Iniziativa Responsabile 30 minuti 24 minuti Misto: 30 minuti 21 minuti Alleanza per l'Italia 11 minuti 7 minuti Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti 6 minuti Liberal Democratici - MAIE 5 minuti 4 minuti Minoranze linguistiche 5 minuti 4 minuti
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    Pdl n. 3921 - Modifiche alla legge n. 196 del 2009 (Contabilità e finanza pubblica)

    • discussione generale: 6 ore;
    • seguito dell'esame: 8 ore.
    Discussione generale Seguito esame
    Relatore 20 minuti 30 minuti
    Governo 20 minuti 30 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
    Tempi tecnici 50 minuti
    Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore e 14 minuti 4 ore e 52 minuti
    Popolo della Libertà 35 minuti 1 ora e 12 minuti
    Partito Democratico 35 minuti 1 ora e 6 minuti
    Lega Nord Padania 32 minuti 32 minuti
    Unione di Centro 31 minuti 27 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 31 minuti 26 minuti
    Italia dei Valori 30 minuti 24 minuti
    Iniziativa Responsabile 30 minuti 24 minuti
    Misto: 30 minuti 21 minuti
    Alleanza per l'Italia 11 minuti 7 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti 6 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 5 minuti 4 minuti
    Minoranze linguistiche 5 minuti 4 minuti
    Pag. 69

    Pdl n. 2011 e abb. - Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

    Discussione generale: 6 ore.

    Relatore 20 minuti
    Governo 20 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti
    Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore e 14 minuti
    Popolo della Libertà 35 minuti
    Partito Democratico 35 minuti
    Lega Nord Padania 32 minuti
    Unione di Centro 31 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 31 minuti
    Italia dei Valori 30 minuti
    Iniziativa Responsabile 30 minuti
    Misto: 30 minuti
    Alleanza per l'Italia 11 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 5 minuti
    Minoranze linguistiche 5 minuti

    Pdl n. 668 e abb. - Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con l'ergastolo

    Discussione generale: 6 ore.

    Relatore 20 minuti
    Governo 20 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti
    Interventi a titolo personale 56 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore e 14 minuti
    Popolo della Libertà 35 minuti
    Partito Democratico 35 minuti
    Lega Nord Padania 32 minuti
    Unione di Centro 31 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 31 minuti
    Italia dei Valori 30 minuti
    Iniziativa Responsabile 30 minuti
    Misto: 30 minuti
    Alleanza per l'Italia 11 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 5 minuti
    Minoranze linguistiche 5 minuti
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    Mozioni n. 1-00436 e abb. - Pluralismo dell'informazione nel servizio pubblico radiotelevisivo

    Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*)

    Governo 25 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti
    Tempi tecnici 5 minuti
    Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore 20 minuti
    Popolo della Libertà 1 ora e 5 minuti
    Partito Democratico 59 minuti
    Lega Nord Padania 29 minuti
    Unione di Centro 24 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
    Italia dei Valori 21 minuti
    Iniziativa Responsabile 21 minuti
    Misto: 17 minuti
    Alleanza per l'Italia 6 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
    Minoranze linguistiche 3 minuti

    (*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 22 novembre 2010.

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    Mozione n. 1-00530 - Definizione di un piano per il ritiro del contingente italiano in Afghanistan

    Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

    Governo 25 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti
    Tempi tecnici 5 minuti
    Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore 20 minuti
    Popolo della Libertà 1 ora e 5 minuti
    Partito Democratico 59 minuti
    Lega Nord Padania 29 minuti
    Unione di Centro 24 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
    Italia dei Valori 21 minuti
    Iniziativa Responsabile 21 minuti
    Misto: 17 minuti
    Alleanza per l'Italia 6 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
    Minoranze linguistiche 3 minuti

    (*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

    Pag. 72

    Pdl n. 41 e abb. - Disposizioni in favore dei territori di montagna

    Tempo complessivo: 16 ore, di cui:

    • discussione generale: 6 ore e 30 minuti;
    • seguito dell'esame: 9 ore e 30 minuti.
    Discussione generale Seguito esame
    Relatore 25 minuti 30 minuti
    Governo 25 minuti 30 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
    Tempi tecnici 1 ora
    Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 22 minuti (con il limite massimo di 14 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore e 30 minuti 5 ore e 58 minuti
    Popolo della Libertà 41 minuti 1 ora e 26 minuti
    Partito Democratico 40 minuti 1 ora e 19 minuti
    Lega Nord Padania 33 minuti 40 minuti
    Unione di Centro 32 minuti 33 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 32 minuti 32 minuti
    Italia dei Valori 31 minuti 30 minuti
    Iniziativa Responsabile 31 minuti 30 minuti
    Misto: 30 minuti 28 minuti
    Alleanza per l'Italia 11 minuti 10 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 9 minuti 8 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 5 minuti 5 minuti
    Minoranze linguistiche 5 minuti 5 minuti
    Pag. 73

    Ddl n. 2008-A/R e abb. - Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza

    Seguito dell'esame: 7 ore e 30 minuti (*).

    Relatori 20 minuti
    (complessivamente)
    Governo 20 minuti
    Richiami al Regolamento 10 minuti
    Tempi tecnici 40 minuti
    Interventi a titolo personale 1 ora e 7 minuti (con il limite massimo di 11 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
    Gruppi 4 ore e 53 minuti
    Popolo della Libertà 1 ora e 6 minuti
    Partito Democratico 1 ora e 10 minuti
    Lega Nord Padania 32 minuti
    Unione di Centro 28 minuti
    Futuro e Libertà per l'Italia 27 minuti
    Italia dei Valori 24 minuti
    Iniziativa Responsabile 24 minuti
    Misto: 22 minuti
    Alleanza per l'Italia 8 minuti
    Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 6 minuti
    Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
    Minoranze linguistiche 4 minuti

    (*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nelle sedute del 6 e del 7 ottobre 2009.

    VOTAZIONI QUALIFICATE
    EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

    INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
    Votazione O G G E T T O Risultato Esito
    Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
    1 Nom. Ddl 3996-A - em. 1.2 498 498 250 191 307 56 Resp.
    2 Nom. em. 1.6 493 493 247 190 303 56 Resp.
    3 Nom. em. 1.4 501 451 50 226 198 253 56 Resp.
    4 Nom. Votaz. annullata per motivi tecnici Annu.
    5 Nom. em. 1.5 502 275 227 138 23 252 56 Resp.
    6 Nom. em. 2.10 507 507 254 249 258 56 Resp.
    7 Nom. em. 2.7 508 508 255 249 259 55 Resp.
    8 Nom. em. 2.11 505 505 253 247 258 55 Resp.
    9 Nom. em. 2.50 510 510 256 510 55 Appr.
    10 Nom. em. 2.9 508 330 178 166 71 259 55 Resp.
    11 Nom. em. 2.16 510 330 180 166 70 260 55 Resp.
    12 Nom. em. 2.301 504 502 2 252 501 1 55 Appr.
    13 Nom. em. 3.300 507 506 1 254 506 55 Appr.

    F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
    Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

    INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 24)
    Votazione O G G E T T O Risultato Esito
    Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
    14 Nom. em. 3.11 510 510 256 251 259 55 Resp.
    15 Nom. em. 4.30 506 505 1 253 248 257 56 Resp.
    16 Nom. em. 4.1 506 506 254 248 258 56 Resp.
    17 Nom. em. 5.50 504 502 2 252 502 56 Appr.
    18 Nom. odg 9/3996-A/8 494 492 2 247 492 57 Appr.
    19 Nom. ddl 3996-A - voto finale 499 498 1 250 479 19 54 Appr.
    20 Nom. Moz. Amici e a. 1-512 495 442 53 222 442 51 Appr.
    21 Nom. Moz. Mura e a. 1-532 492 445 47 223 193 252 51 Resp.
    22 Nom. Moz. Binetti e a. 1-534 490 482 8 242 479 3 51 Appr.
    23 Nom. Moz. Saltamartini e a. 1-538 493 493 247 301 192 51 Appr.
    24 Nom. Moz. Calgaro e a. 1-539 493 486 7 244 486 51 Appr.