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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 388 di martedì 26 ottobre 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 12.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 ottobre 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Abrignani, Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Consiglio, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Farinone, Fava, Fitto, Formichella, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Moffa, Monai, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Ronchi, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interrogazioni (ore 12,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

(Iniziative di competenza in merito alla progressiva dismissione dall'uso scolastico dell'edificio sede della scuola secondaria di primo grado «Francesco Petrarca» a Padova - n. 3-00892)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Goisis n. 3-00892, concernente iniziative di competenza in merito alla progressiva dismissione dall'uso scolastico dell'edificio sede della scuola secondaria di primo grado «Francesco Petrarca» a Padova (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).

FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Goisis con la quale si chiede che l'immobile storico denominato palazzo Mussato, di proprietà del comune di Padova ed utilizzato come sede scolastica, venga sottoposto alle disposizioni di tutela previste dal Codice dei beni culturali e di conoscere quali iniziative e interventi di sostegno finanziario si intendano predisporre per mantenere la destinazione dell'immobile a scuola.
A tal proposito, voglio anzitutto confermare che alcune sale interne contengono cicli decorativi a stucco e affreschi di eccezionale interesse, che sono stati catalogati dalla competente soprintendenza per i beni storico-artistici nel 1987. L'edificio ha subito numerosi interventi incisivi Pag. 2e invasivi tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, proprio allo scopo di adattarne i volumi alla funzione scolastica.
La necessità di adeguare il palazzo alle normative antincendio e a quelle per il superamento delle barriere architettoniche ha comportato la progettazione di ulteriori lavori la cui invasività, in un primo momento - precisamente nel 2006 -, non ha consentito il rilascio del provvedimento di autorizzazione ai lavori da parte della competente soprintendenza per i beni architettonici.
Successivamente, nel 2008, sono stati autorizzati i lavori di adeguamento e anche di recente, dopo apposito sopralluogo, è stato suggerito un piano manutentivo generale per garantire la fruibilità in condizioni di sicurezza. Questo a testimonianza dell'attenzione con la quale l'amministrazione per i beni e le attività culturali ha seguito la vicenda, sia sotto il profilo della tutela sia sotto quello della sicurezza. Ciò è stato fatto per consentire al comune l'applicazione di quelle misure di conservazione che esso, in quanto proprietario, ha l'obbligo di assicurare.
Per quanto riguarda la richiesta di interventi finanziari, pur consapevole dell'importanza culturale e sociale del palazzo nel contesto cittadino, non posso che riferire che le risorse del Ministero, come quelle di tutte le amministrazioni dello Stato, hanno subito una decurtazione lineare che, al momento, non consente investimenti di tale natura.
Analoghe difficoltà per il necessario finanziamento sono state altresì fornite dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, allo stato, non è in grado di finanziare il progetto di restauro dell'edificio scolastico.
Si riferisce, da ultimo, sul regime autorizzatorio al quale sono sottoposti i beni culturali appartenenti agli enti pubblici territoriali, così come previsto dal capo IV del Codice dei beni culturali e del paesaggio, per rassicurare l'onorevole interrogante circa la puntuale applicazione della normativa in parola nell'ambito delle proprie competenze.

PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di replicare, per cinque minuti.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, mi confortano le ultime parole del suo intervento quando dice che questi beni culturali devono essere posti sotto tutela e che sarà compito del suo Ministero agire in questo senso, anche perché, se ci fermiamo esclusivamente alla competenza comunale, abbiamo assistito ad una - come posso chiamarla? - ignavia nei confronti di questo palazzo che, come anche lei ha detto, è un palazzo storico il cui progettista addirittura è morto, pensate, nel 1732 e quindi è veramente un palazzo di grande pregio.
Perché parlo di ignavia? Perché il sindaco, di sinistra, avrebbe dovuto fare il bando presso la regione per accedere ai finanziamenti che già erano stati predisposti dal Ministero stesso e dal Governo. Questo non è stato fatto e personalmente considero ciò una grande colpa, oltre che ignavia. Tuttavia, la cosa ancora più grave è che - non so se adesso si fermerà di fronte anche agli interventi e alla pubblicità che è stata fatta sui giornali - vorrebbero farne un palazzo residenziale, che dovrebbe contenere appartamenti di lusso.
Ciò significa che un bene che è stato lasciato alla collettività verrebbe alienato per 15 milioni di euro e in questo palazzo che è stato lasciato proprio perché diventasse un edificio scolastico diventerebbe proprietà soltanto di alcune élite. Senza contare che, venendo meno la possibilità di fruire di questo palazzo, sarebbe anche tolta una grande possibilità di formazione culturale, perché all'interno di questo palazzo, la scuola Petrarca oltre ad essere una scuola secondaria di primo grado, prevede anche, già da quasi vent'anni, il centro territoriale permanente che consente l'educazione di ottocento adulti con corsi serali e corsi professionali che sono riconosciuti anche in ambito europeo. Quindi verrebbe meno veramente una possibilità relativa all'offerta formativa creando un grave danno a tutta l'utenza. Pag. 3
È chiaro che la mia interrogazione è stata fatta proprio sull'onda di questa che io ritengo una ingiustizia enorme, non solo nei confronti degli studenti (adulti e curriculari), ma d'altra parte anche per quanto riguarda la cittadinanza che verrebbe privata di un bene che, lo ricordo, è stato lasciato proprio in eredità al comune perché svolgesse la funzione scolastica di diffusione della cultura e dell'istruzione. Inoltre, diventerebbe una gravissima occasione di speculazione, se è vero come è vero che vorrebbero costruire appartamenti di questo tipo.
Pertanto, mi ritengo soddisfatta avendo sentito il suo impegno e la sua preoccupazione in questo senso che converge anche con la mia preoccupazione. È chiaro naturalmente che mi farò anche parte attiva per esserle vicina e ricordarle ancora questa situazione nell'attesa che in qualche modo venga risolta la situazione. Ma le chiedo anche - non so se sia possibile - un suo intervento nei confronti del sindaco di Padova che, da questo punto di vista, mi sembra particolarmente sordo.

(Iniziative di competenza per la tutela del «Bastione della cornacchia» sito nel comune di Portoferraio (Livorno) - n. 3-01200)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Barani n. 3-01200, concernente iniziative di competenza per la tutela del «Bastione della cornacchia» sito nel comune di Portoferraio (Livorno) (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).

FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'Onorevole Barani con la quale si comunica l'avvenuto smantellamento, ad opera del Comune di Portoferraio, della costruzione a ridosso del Bastione della Cornacchia, la decisione dello stesso Comune di assegnare l'area di risulta all'amministrazione provinciale ed infine la prevista edificazione sul luogo di una nuova sede dell'APT e di alcuni uffici della Provincia di Livorno.
Con l'interrogazione si chiede altresì a questo Ministero quali iniziative intenda adottare al fine di evitare impopolari costruzioni che possono pregiudicare il valore storico culturale dell'area e per verificare l'attuale situazione del Bastione della Cornacchia.
A tale riguardo si conferma che la soprintendenza si è sempre opposta alla demolizione del Bastione del Cornacchino sul quale nel secolo XVIII venne costruita la Tonnara di Portoferraio, di cui restano le tracce delle ammorsature degli archi e delle travi sul fronte del superiore Bastione della Cornacchia e di cui si conservano, lato Darsena, le guide carraie di risalita in pietra rosata dell'Elba.
Per quanto riguarda invece le autorizzazioni rilasciate dalla competente soprintendenza si precisa che è stato imposto il mantenimento della volumetria, con l'esclusione della pesante porzione di copertura che è frutto di un ulteriore intervento più tardo. Nella porzione di Bastione è stata consentita la realizzazione di alcuni ambienti ipogei e di una scalinata di accesso mentre è stata negata la realizzazione di un varco completo e concesso solo l'ampliamento di una preesistente porta. La porzione di muro demolita verrà pertanto ricostruita con gli stessi materiali che però dovranno essere opportunamente intonacati, come intonacati erano originariamente i bastioni di Portoferraio. Questi vani erano in pessime condizioni strutturali e saranno risanati, la rampa di risalita viene mantenuta, gli intonaci del soprastante Bastione della Cornacchia verranno restaurati e ripresi.
Non è possibile infine, da parte di questa amministrazione, contestare la scelta del comune di assegnare l'area alla provincia di Livorno, mentre è vero che quanto autorizzato, se correttamente eseguito, manterrà integro il carattere del bastione e delle sue trasformazioni dal 1700 al periodo fra le due guerre. La sua Pag. 4demolizione, più volte auspicata, avrebbe portato ad una condizione che non è mai esistita.
Ricordo, a tale proposito, che le fortificazioni medicee di Portoferraio, si concludevano in mare proprio con il Bastione del Cornacchino, robustamente armato di cannoniere. Fino agli inizi del secolo XIX non esisteva, infatti, la strada attuale che costeggia la rada e la Darsena, dal momento che l'ingresso in città dalla campagna avveniva attraverso la cosiddetta Porta di Terra, collocata in posizione elevata. La demolizione inoltre avrebbe comportato il problema di risolvere il vuoto che si sarebbe creato alla base della muraglia del Bastione della Cornacchia, senza escludere il possibile insorgere di fenomeni di cedimento fondale.

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare per cinque minuti.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, sarò anche più breve perché ringrazio il sottosegretario ed il Ministro per i beni e le attività culturali, il senatore Bondi, per quello che stanno facendo per preservare le ricchezze culturali di questa nazione, di questo Paese, anche se amministrazioni cosiddette di sinistra continuano a tentare di attaccare per annullare la nostra storia e la nostra cultura.
È veramente vergognoso quello che l'amministrazione comunale di Portoferraio e l'amministrazione provinciale hanno tentato e stanno tentando di fare su una rilevante ricchezza, da un punto di vista ambientale e culturale, che questi Bastioni della Cornacchia rappresentano. Tutto ciò per metterci una sede dell'amministrazione provinciale. Sembra proprio che si voglia continuare a sperperare soldi pubblici, per la soddisfazione di chi non si è ben capito.
I punti che il sottosegretario ha toccato danno la prova dell'attenzione del Ministero per i beni e le attività culturali sulla sorveglianza e sulla verifica dell'adeguatezza degli interventi. Tuttavia, bisognerebbe vegliare un po' più sulla sovrintendenza e sui pareri espressi che a volte, magari, perché presi da impegni, trascurano certi particolari che non andrebbero ovviamente trascurati.
Sono convinto che il Ministero eviterà nuove impopolari costruzioni che possano pregiudicare questo valore storico-culturale in un'area - il Bastione della Cornacchia - che, secondo me, dovrebbe essere un'area da sottoporre all'attenzione dell'UNESCO per renderlo patrimonio dell'umanità.
Per terminare, è questo l'invito che faccio al sottosegretario che, assieme al Ministro, è sicuramente sensibile: tutelando tale sito come bene dell'umanità e sotto l'alto patrocinio dell'UNESCO, queste amministrazioni «catto-comuniste» la smetteranno di smantellare le nostre ricchezze culturali e ambientali nel nostro Paese!

(Iniziative in materia di raccolta ed equa distribuzione dei diritti d'autore per l'utilizzo di musica a scopo di lucro - n. 3-01120)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, onorevole Giro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Barbieri n. 3-01120 concernente iniziative in materia di raccolta ed equa distribuzione dei diritti d'autore per l'utilizzo di musica a scopo di lucro (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).

FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Barbieri relativa al diritto spettante per l'utilizzazione dei fonogrammi a scopo di lucro previsto dall'articolo 73 della legge 22 aprile 1941, n. 633 (cosiddetta legge sul diritto d'autore).
La predetta disposizione riconosce agli artisti interpreti ed esecutori, nonché ai produttori fonografici, il diritto ad un compenso per l'utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della diffusione radiofonica e televisiva, nelle pubbliche Pag. 5feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi.
Ai sensi di legge, la misura del compenso e le quote di ripartizione, nonché le relative modalità sono determinate secondo le disposizioni del regio decreto n. 1369 del 1942, in ragione delle quali è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o settembre 1975. Tale norma, in particolare, prevede che la misura del compenso dovuto dagli utilizzatori di fonogrammi ai titolari dei diritti sia commisurata, in mancanza di accordo fra le parti, al 2 per cento degli incassi lordi o delle quote degli incassi lordi corrispondenti alla parte che il disco o apparecchio occupa nella sua pubblica utilizzazione da parte delle categorie di utilizzatori di cui al primo comma del citato articolo 73 della legge sul diritto d'autore.
Ne deriva che, in base a tale disposizione, non esiste alcun monopolio nella fissazione delle tariffe, bensì la determinazione delle medesime è rimessa alla libertà negoziale dei contraenti. In un regime di libero mercato, quale quello in argomento, l'utilizzazione dei fonogrammi viene concessa a condizioni contrattuali economicamente differenti. Infatti, rientra nella libera determinazione dell'utilizzatore scegliere l'associazione rappresentativa che, grazie alla propria capacità negoziale, è in grado di assicurare la migliore prospettiva di economicità nell'acquisto della licenza necessaria per l'utilizzazione dei diritti fonografici. Ciò anche in un'ottica di semplificazione del sistema, al fine di consentire al soggetto obbligato la possibilità di individuare con maggiore semplicità l'interlocutore con cui contrattare il compenso dovuto.
In tale direzione si muove certamente l'accordo di collaborazione sottoscritto l'anno scorso - e valido fino a tutto il 2012 - dalla SIAE (società di gestione collettiva dei diritti d'autore storicamente presente sull'intero territorio nazionale con proprie sedi, filiali ed agenzie) e dalla Società consortile fonografici (SCF), consorzio composto da oltre 300 case discografiche major e indipendenti, rappresentative di larga parte del repertorio discografico nazionale e internazionale pubblicato in Italia (circa il 95 per cento del mercato). In ragione di tale accordo SCF ha conferito alla SIAE l'incarico, in esclusiva, di riscuotere, presso discoteche, discobar e locali analoghi, i compensi per i diritti spettanti ad artisti e produttori, riferiti alla diffusione di musica registrata nell'ambito di intrattenimenti.
Tale mandato si affianca a quello che l'AFI (Associazione fonografici italiani, che rappresenta e tutela gli interessi delle piccole e medie imprese di produttori audio, video ed editoriali, gestendo e ripartendo i diritti connessi loro spettanti per legge), per conto dei produttori associati, aveva già dall'inizio dell'anno 2009 conferito alla stessa SIAE per l'intero comparto dei diritti connessi e che, in ragione di accordi tra le parti interessate, appare compatibile con il mandato conferito dalla SCF.
Tale accordo, in particolare, ha consentito di superare anche numerose polemiche da parte degli utilizzatori nell'ambito della gestione dei diritti connessi ed ha consentito di fornire una risposta concreta alla richiesta di chiarezza nel settore della raccolta dei compensi spettanti ai produttori discografici, globalmente considerati.
Ciò detto, comunque, non si può non considerare come il compito delle istituzioni governative e parlamentari dovrebbe essere, piuttosto, quello di delineare un contesto normativo nel quale far sì che gli accordi negoziali così sottoscritti siano tali da assicurare un equo bilanciamento tra interessi certamente contrapposti (e, segnatamente, quelli dei titolari dei diritti e degli utilizzatori dei fonogrammi), ma tutti egualmente legittimi e meritevoli di tutela, anche al fine di addivenire ad un equilibrio di sistema con le tariffe convenzionalmente fissate in materia di diritti di esecuzione e di radiodiffusione di opere musicali tutelate dal diritto d'autore.
Alla realizzazione di tale importante obiettivo è certamente diretto l'impegno del Ministro.

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PRESIDENTE. L'onorevole Barbieri ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, la risposta del sottosegretario è saggia - d'altra parte, il sottosegretario Giro è una persona saggia -, perché ha colto le due o tre questioni che costituiscono oggetto dell'interpellanza. Pertanto, potrei anche limitarmi a dichiarare una parziale soddisfazione.
La parte finale è quella che giustamente il sottosegretario Giro ha evidenziato. È tutto vero quanto contenuto nella prima parte della risposta, ma è vero anche un altro dato incontestabile: il fatto che la Confindustria, non un'associazione qualunque, non la Confapi, non la Confesercenti, solleciti una maggiore attenzione su tali questioni evidenzia che, al di là dei protocolli e di altri aspetti che puntualmente il sottosegretario ha ricordato, vi è qualcosa che non va.
È vera la sollecitazione, che condivido, affinché siano approvate ulteriori norme legislative (di questo si tratta), ma il fatto che, nella sostanza, si esercitino pressioni rispetto alle persone affinché cessino di aderire ad un'associazione per aderire ad un'altra, a mio giudizio non è commendevole.
Tuttavia, constato che, da questo punto di vista, l'intendimento del Governo è quello di procedere in modo equilibrato: pertanto, non ho la minima ombra di dubbio che lo svolgimento di una sorveglianza affinché l'accordo fra SCF e FIPE venga confermato anche nelle virgole, sia un impegno che il Governo fa bene ad assumersi, anche richiamando il Parlamento a svolgere il proprio ruolo.

(Chiarimenti in merito a procedimenti disciplinari a carico di un rappresentante sindacale che opera nell'ambito del Dipartimento della protezione civile - n. 3-01068)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Lolli n. 3-01068, concernente chiarimenti in merito a procedimenti disciplinari a carico di un rappresentante sindacale che opera nell'ambito del Dipartimento della protezione civile (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, corre l'obbligo di evidenziare che il dottor Ciancio, oggetto dell'interrogazione, è stato destinatario di un unico provvedimento disciplinare, avviato su segnalazione del capo del Dipartimento della protezione civile, per l'accertamento della ritenuta inosservanza delle disposizioni previste dall'articolo 11, comma 2, del codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto ministeriale del 28 novembre 2000 e recepito nel contratto collettivo nazionale del personale del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Tale contratto, testualmente, dispone: «Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa».
Con decreto del 20 aprile 2010 del Dipartimento per le politiche di gestione e di sviluppo delle risorse umane della Presidenza del Consiglio dei ministri - a conclusione dell'attività istruttoria e delle argomentazioni rese dall'interessato e dai suoi rappresentanti nell'audizione del 16 febbraio 2010 per i fatti al medesimo contestati - veniva inflitta al dottor Ciancio la sanzione disciplinare del rimprovero scritto, ai sensi dell'articolo 64, comma 2, lettera a), del contratto collettivo nazionale del personale del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'accertata inosservanza delle disposizioni previste dall'articolo 11, comma 2, del citato codice di comportamento sull'obbligo di informazione dei rapporti con gli organi di stampa, al quale devono attenersi tutti i dipendenti della Presidenza Pag. 7del Consiglio dei ministri, evidente condizione che prescinde dalla posizione sindacale rivestita.
Nel citato provvedimento, peraltro, sono state esplicitate le motivazioni concernenti l'applicazione della sanzione del rimprovero scritto al predetto dipendente, dalle quali si evince che il dottor Ciancio, omettendo di informare il responsabile del suo ufficio dei suoi rapporti con gli organi di stampa, ha contravvenuto ai propri doveri di lealtà e diligenza verso l'amministrazione, doveri posti alla base del vincolo fiduciario che deve assistere il rapporto di lavoro dipendente.

PRESIDENTE. L'onorevole Lolli ha facoltà di replicare.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, ma non mi dichiaro soddisfatto, perché qui bisogna tornare ai fatti, che mettono in campo principi che - al di là della dimensione limitata del provvedimento disciplinare in oggetto - richiamano tutti noi ad un'attenzione maggiore.
È stato inflitto un provvedimento disciplinare ad un sindacalista, il quale è accusato di aver espresso alcune critiche ad un'azione particolare dell'amministrazione.
Faccio tre considerazioni, signor sottosegretario. La prima è una considerazione generale, di principio: i sindacalisti hanno questi strumenti, attraverso i quali esprimere civilmente le loro proteste. Addirittura - lei forse non lo sa - in un primo momento l'amministrazione ha cercato di negare che questo signore fosse un sindacalista, quasi che a scegliere chi sono i sindacalisti non sia il sindacato, ma la Protezione civile. Poi vi è stata una lettera formale attraverso la quale la CGIL ha spiegato che si tratta di un dirigente nazionale della Funzione pubblica e, almeno, questa questione è stata risolta. Successivamente si è tenuto, attraverso il tentativo obbligatorio di conciliazione, un incontro a cui l'amministrazione non si è presentata, tanto è vero che i legali del sindacato impugneranno questo provvedimento.
Insomma, o c'è un diritto costituzionale dei cittadini e, in modo particolare, dei sindacalisti di esprimere la propria opinione critica o non c'è.
Poi c'è un problema di merito: sapete su cosa questo signore ha espresso queste critiche? Sul progetto di trasformare la Protezione civile in una Spa, ha argomentato contro questa scelta. Contro la medesima scelta ci siamo pronunciati all'unanimità in quest'Aula. Si trattava di una proposta del Governo, poi ritirata dal medesimo sulla base di vari emendamenti dell'opposizione e della maggioranza e, alla fine, si è ritenuto - esattamente come aveva detto il dottor Ciancio - che il provvedimento fosse sbagliato, tant'è che è stato ritirato.
Infine - lasciatemelo dire proprio perché, avendo molto a che fare con la Protezione civile, ho una particolare simpatia e rispetto di questa struttura - noto che essa ha la tendenza a considerare, forse perché svolge funzioni importantissime - per carità, tutti lo riconosciamo - a sottrarsi a regole e leggi a cui tutti gli altri sono invece sottoposti. Che questa sottrazione alle regole possa avvenire nel rispetto di norme urbanistiche o di altre, strettamente riferite all'occasione in cui c'è un'emergenza, è ragionevole - sempre qualora rimanesse naturalmente strettamente limitata alle emergenze, invece abbiamo visto che ogni tanto si deborda - ma che addirittura valga anche con riguardo alle tutele dei propri dipendenti, dei lavoratori, francamente è inaccettabile.
Per questo ritengo questo atto, adottato dall'amministrazione, particolarmente grave.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

In morte dell'onorevole Guglielmo Lento.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Guglielmo Lento, già membro della Camera dei deputati nelle legislature XI e XIII. Pag. 8
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Annunzio della formazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto e della conseguente cessazione di altra componente.

PRESIDENTE. Comunico che è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, primo periodo, del Regolamento, e sulla base della richiesta pervenuta in data 21 ottobre 2010, la formazione, nell'ambito del gruppo parlamentare Misto, della componente politica denominata «Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani», alla quale aderiscono i deputati Elio Vittorio Belcastro, Giuseppe Drago, Antonio Gaglione, Arturo Iannaccone, Calogero Mannino, Antonio Milo, Michele Pisacane, Americo Porfidia, Francesco Saverio Romano, Giuseppe Ruvolo e Luciano Mario Sardelli.
Conseguentemente la componente politica denominata «Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano» si considera sciolta.
Comunico inoltre che il deputato Luciano Mario Sardelli, già vicepresidente del gruppo Misto in rappresentanza della disciolta componente, è stato confermato nella carica in rappresentanza della nuova componente.

Modifiche nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza del medesimo gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 22 ottobre 2010, il presidente del gruppo parlamentare Unione di Centro ha reso noto che l'assemblea del gruppo ha provveduto al rinnovo del comitato direttivo: vicepresidente Gian Luca Galletti; tesoriere Giuseppe Naro; segretario (per l'Assemblea) Angelo Compagnon; segretario (per le Commissioni) Amedeo Ciccanti; componente del direttivo Luca Volontè.
Ai deputati Gian Luca Galletti e Angelo Compagnon è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Annunzio dell'esercizio temporaneo delle funzioni del Presidente della Repubblica da parte del Presidente del Senato, ai sensi dell'articolo 86 della Costituzione.

PRESIDENTE. Comunico che da parte della Presidenza della Repubblica è stata trasmessa, in occasione della missione ufficiale all'estero del Capo dello Stato a decorrere dal 23 ottobre 2010, copia del seguente decreto, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, in data 21 ottobre 2010: «Le funzioni del Presidente della Repubblica, non inerenti allo svolgimento della missione all'estero, sono esercitate, ai sensi dell'articolo 86, primo comma, della Costituzione, dal Presidente del Senato a decorrere dal 23 ottobre 2010, e, precisamente, dal momento in cui il Capo dello Stato lascerà l'Italia e fino al suo rientro nel territorio nazionale».
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30.

La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 15,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato Pag. 9presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 2836-B) (ore 15,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 21 ottobre 2010.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2836-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Mariarosaria Rossi, che interverrà anche a nome del relatore per la Commissione affari esteri, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIAROSARIA ROSSI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia è stata firmata a Strasburgo quasi ventitré anni fa, il 13 novembre 1987, e sottoscritta in quella data dall'Italia. Se, dunque, non si può fare a meno di rilevare il lungo lasso di tempo intercorso tra la firma della Convenzione e l'avvio dell'iter di ratifica, occorre anche osservare che la legislazione italiana ha già dato attuazione alla maggior parte dei principi enunciati dalla Convenzione. Questa, comunque, rappresenta un importante strumento giuridico internazionale di contrasto al traffico internazionale di animali da compagnia, che costituisce un fenomeno in forte crescita anche per il ruolo che ha iniziato a svolgere la criminalità organizzata.
La parte del disegno di legge volta a sanzionare tale traffico è stata pressoché confermata dal Senato, salvo una precisazione, come vedremo, circa l'età degli animali il cui commercio costituisce un'ipotesi aggravata di illecito. L'obiettivo primario è quello di introdurre quanto prima una normativa che punisca severamente tale commercio, in considerazione soprattutto del periodo prenatalizio, nel quale il commercio illecito di animali aumenta vertiginosamente.
Ciò ha indotto le Commissioni riunite II e III in sede referente a non reintrodurre nel testo approvato dal Senato tutte quelle modifiche che in prima lettura la Camera aveva effettuato rispetto alla fattispecie di maltrattamento di animali, di cui all'articolo 544-ter del codice penale. Ritornare al testo della Camera significherebbe ritrasmettere il testo al Senato in attesa di una futura ed incerta approvazione non soltanto delle norme sui maltrattamenti, ma anche di quelle sull'illecito commercio di animali. Proprio per questa ragione, evidentemente, non sono stati presentati, qui in Assemblea, ulteriori emendamenti.
Passo ora alle parti che costituiscono l'oggetto di esame in seconda lettura. Le norme modificate dal Senato sono quelle di stretta competenza della Commissione giustizia e riguardano gli articoli 3 (Modifiche al codice penale), 4 (Traffico illecito di animali da compagnia), 5 (Introduzione illecita di animali da compagnia) e, in via consequenziale, 8 (Entrata in vigore). Pag. 10
L'articolo 3, in particolare, modifica gli articoli 544-bis e 544-ter del codice penale. Per quanto attiene all'articolo 544-bis, avente ad oggetto il delitto di uccisione di animali, il Senato non ha confermato le modifiche apportatevi dalla Camera, che erano volte a identificare la ragione della condotta con la sola mancanza di necessità e non anche con la crudeltà.
Il Senato ha quindi lasciata intatta la fattispecie del delitto di uccisione, ma ha aumentato la pena prevista dalla fattispecie vigente, che la Camera invece non aveva toccato. Attualmente tale reato è punito dal codice penale con la reclusione da tre a diciotto mesi, il Senato, invece, prevede la reclusione da quattro mesi a due anni.
Le modifiche più rilevanti hanno per oggetto l'articolo 544-ter, che punisce il maltrattamento di animali. Il testo approvato dalla Camera riscriveva integralmente tale delitto: in particolare, veniva eliminato il requisito della crudeltà nella condotta; veniva aumentata la pena con la reclusione da tre a quindici mesi o la multa da 3 mila a 18 mila euro in luogo dell'attuale reclusione da tre mesi a un anno o multa da 3 mila a 15 mila euro.
Veniva previsto esplicitamente che il delitto di maltrattamento sussistesse anche quando l'animale da compagnia fosse stato sottoposto al taglio o all'amputazione della coda o delle orecchie, alla recisione delle corde vocali, all'asportazione delle unghie o dei denti, ovvero ad altri interventi chirurgici destinati a modificarne l'aspetto o finalizzati a scopi non terapeutici. Veniva esclusa la punibilità nel caso di interventi eseguiti da un veterinario per scopi terapeutici o per impedire la riproduzione dell'animale o nel caso di interventi considerati dallo stesso medico veterinario utili al benessere di un singolo animale, nei casi stabiliti da apposito regolamento, che veniva disciplinato dai successivi commi 2 e 3 dell'articolo 3. Ricordo che sulla questione del cosiddetto taglio della coda si svolse alla Camera un dibattito particolarmente intenso, che coinvolse tutti i gruppi parlamentari ed il Governo.
Il testo approvato dal Senato ha eliminato le modifiche apportate all'articolo 544-ter, limitandole alla sola entità delle sanzioni previste dalla normativa vigente. In sostanza, la fattispecie del delitto di maltrattamento di animali rimane quella prevista dalla attuale normativa.
Conseguentemente il Senato ha anche soppresso il nuovo articolo 19-ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, avente ad oggetto l'emanazione di un apposito regolamento volto a individuare i casi in cui gli interventi chirurgici veterinari siano utili al benessere del singolo animale.
Sempre in conseguenza delle modifiche all'articolo 3, comma 1, il Senato ha modificato l'articolo 8 sopprimendo il comma 2, che differiva l'entrata in vigore delle modifiche apportate alle disposizioni del codice penale relative al delitto di maltrattamento degli animali.
Le modifiche apportate dal Senato agli articoli 4 e 5 incidono sulle fattispecie aggravate relative al caso in cui tali illeciti riguardino animali di età inferiore a dodici settimane, rispettivamente previste per il reato di traffico illecito di animali da compagnia, di cui all'articolo 4, comma 3, e per l'illecito amministrativo relativo all'introduzione illecita di animali da compagnia di cui all'articolo 5, comma 4.
Considerato che è proprio per consentire un'immediata entrata in vigore delle disposizioni dirette a sanzionare il traffico illecito di animali, ricordo che l'articolo 4 introduce in Italia questa nuova fattispecie penale. In sintesi la disposizione sanziona con la reclusione da tre mesi ad un anno e con una multa da 3 mila a 15 mila euro chiunque, tramite attività organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia privi di sistemi di identificazione individuale, delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale. La pena è aumentata se gli animali hanno meno di tre mesi. Inizialmente il testo fissava un'età di sole otto settimane, ma in seguito all'approvazione di un emendamento da Pag. 11me presentato in Commissione in prima lettura siamo riusciti ad innalzare questa età fino a dodici settimane.
Il disegno di legge in questione - come già detto - si pone quindi l'obiettivo di reprimere il triste fenomeno del traffico illecito di cuccioli, un traffico che nasconde un giro di affari da 300 milioni di euro l'anno, gestito da vere e proprie organizzazioni criminali, alle quali è possibile contestare, oltre al reato di maltrattamento di animali, i reati di falsificazione di documentazione, frode in commercio, truffa, esercizio abusivo della professione di medico veterinario.
Ogni anno, centinaia di migliaia di cuccioli, che provengono principalmente dall'Europa dell'est, vengono introdotti nel nostro Paese illegalmente. Giungono in Italia dopo viaggi lunghi ed estenuanti, durante i quali gli animali sono imprigionati in bagagliai di furgoni o di TIR. Le loro condizioni di viaggio sono drammatiche e il rischio di morte è molto elevato: basti pensare che un animale su tre non arriverà vivo a destinazione. La maggior parte di questi animali viaggia in piena clandestinità senza documentazione di viaggio. Successivamente gli stessi sono acquistati dall'importatore a prezzi irrisori e, poi, venduti in Italia, una volta falsificata la documentazione che trasforma la loro origine da est europea a italiana, a prezzi fino a venti volte superiori a quelli originari.
Rispetto al testo approvato dalla Camera, il Senato ha precisato che, nel caso in cui ricorra la circostanza aggravante secondo la quale la sanzione deve essere aumentata qualora l'animale abbia un'età inferiore a dodici settimane, tale requisito debba essere accertato. In realtà, trattandosi di un elemento di una fattispecie sanzionatoria, è sempre necessario che lo stesso sia accertato affinché la sanzione possa essere applicata. Pertanto, il Senato si è limitato a precisare ciò che è già implicito nel testo.
Concludo con l'auspicio che domani questo testo sia definitivamente approvato dal Parlamento affinché il traffico illecito di animali possa essere efficacemente contrastato (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene. È iscritto a parlare l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, affrontiamo oggi in Aula il passaggio conclusivo dell'iter parlamentare del disegno di legge del Governo: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno». Sì, i colleghi hanno sentito bene: la Convenzione europea fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987. Quasi un quarto di secolo fa, ventitré anni: un tempo lunghissimo, che dimostra come la nostra tanto decantata vocazione europea sia molto spesso più di facciata che sostanziale, cosa documentata dal fatto che, tra i Paesi della Comunità europea che avevano sottoscritto la Convenzione, fino ad oggi solo l'Italia ed i Paesi Bassi non avevano proceduto al suo recepimento nell'ordinamento nazionale.
Le norme in discussione, che arrivano così in ritardo, approvate allora certamente avrebbero avuto un significato di forte impatto sui comportamenti delle persone e sulla percezione del rapporto uomo-animale nella nostra società. Va certamente notato, d'altro canto, come, in questi lunghi anni, il nostro Paese abbia adeguato le norme nazionali di riferimento cercando, comunque, di tener conto, come diceva la relatrice nel suo intervento, di quanto era stato approvato con la Convenzione in questione senza, peraltro - e questo è il tema su cui incentrerò il mio intervento -, far loro assumere un preciso quadro di riferimento Pag. 12organico. Se, infatti, l'approvazione della legge n. 281 del 1991 introduceva alcuni riferimenti importanti al concetto di benessere e di protezione degli animali da compagnia, che trovavano origine proprio nella Convenzione del 1987, d'altro canto non offriva un quadro organico e compiuto all'argomento. Vorrei ricordare, tra le norme che, nel tempo, hanno trovato applicazione nella normativa del 1991 che citavo, soprattutto quelle che si riferiscono alle modalità di detenzione degli animali nei canili-rifugio, specialmente nel caso di animali randagi, alla previsione di alcuni principi fondamentali in tema di benessere animale, come quello di non causare inutilmente sofferenze e angosce in animali da compagnia, al divieto dell'abbandono degli animali, alla responsabilità, da parte dei detentori, della salute e del benessere degli animali, oltre a quelle relative alla detenzione degli animali stessi per fini di commercio o di lucro. Insomma, tutta una serie di norme che il nostro Paese in sostanza applicava mancando però il necessario inquadramento per far sì che la protezione degli animali e il loro benessere fossero inseriti in un contesto più definito di un corretto rapporto uomo-animale.
Negli anni, le norme che citavo, che si sono stratificate, sono state più l'espressione di adeguamenti congiunturali, sotto la pressione mediatica di questo o quel fatto, che non di una visione sistemica di questi temi e di un approccio che fosse in grado di tener conto dei diversi e complessi interessi in campo. Insomma, si è cercato nel tempo di ovviare più ai problemi contingenti che non ad offrire alla nostra comunità soluzioni permanenti. Non a caso, in questo settore, abbondano le ordinanze ministeriali, frutto, molto spesso, di un interventismo del momento e non di un progetto compiuto di quello che si sta facendo.
Il fatto di non recepire la Convenzione per un tempo così lungo è, a nostro parere, figlio di quella cultura dell'ordinanza - mi si passi il termine - e, nel contempo, di un confronto ideologico che non riusciva a sbloccarsi. Lo stesso lungo iter parlamentare per arrivare, finalmente, in questa legislatura alla sua approvazione, la dice lunga sul confronto che si è sviluppato e che ha visto, alla fine, un unico risultato e, cioè, il dilatarsi oltre misura del recepimento nel nostro Paese di norme che avevano il compito di regolare il rapporto uomo-animali in maniera più moderna e, certamente, più attenta alla aumentata sensibilità delle persone e alla dignità degli animali.
Ricordava prima la relatrice il lungo tempo nel quale ci siamo soffermati in quest'Aula, tra i gruppi parlamentari e con il sottosegretario Martini, sulla questione del taglio della coda. Devo dire anche con un po' di fastidio, personalmente, che quella discussione spesso è avvenuta fra i sorrisini di molti che pensavano che stessimo perdendo del tempo, perché vi erano cose molto più importanti da fare, mentre ciò che stavamo facendo era tentare di rimettere a confronto mondi troppo spesso distanti in maniera inconciliabile.
Allora, in quell'occasione, la politica ha trovato delle mediazioni su quel tema, dimostrando che si poteva tentare di andare avanti, e il fatto che il Senato in qualche misura su quel tema specifico abbia fatto marcia indietro evidentemente ha fatto arretrare quel tipo di confronto, ma certamente quello stesso confronto ha aperto nuove porte e nuove prospettive. Sono convinto, d'altro canto, che proprio la mutata sensibilità delle persone e il riconoscimento dei diritti degli animali, che potrebbero riassumersi, come sta scritto nella Convenzione, nell'evitare loro sofferenze inutili e gratuite e garantire loro adeguati standard di benessere, debbano trovare nella nostra società modelli di comportamento che potremmo definire virtuosi da parte delle persone che, prendendosi cura degli animali da compagnia, lo facciano «con senso di responsabilità».
D'altro canto, come legislatori dobbiamo tenere presente che nella nostra società moltissime persone non hanno alcun tipo di approccio con gli animali e ritengono di non dover subire imposizioni nella loro quotidianità per garantire agli stessi adeguati standard di benessere. Penso che le norme che stiamo esaminando Pag. 13abbiano un senso solo se sapremo contemperare queste necessità, facendole uscire da un confronto ideologico pro e contro, soprattutto tenendo conto del fatto che alla fine il benessere degli animali, in un rinnovato e corretto rapporto con l'uomo, porta inevitabilmente dei benefici alla comunità umana nel suo complesso.
Sono state ricordate le norme modificate dal Senato, soprattutto per quanto riguarda l'aggravamento delle pene per il commercio clandestino di cuccioli e specialmente - è stato ricordato anche dalla relatrice - per quelli provenienti dall'est, e l'inasprimento di norme del codice penale per quanto riguarda il maltrattamento e l'uccisione degli animali. Tutto questo renderà certamente più efficace il controllo delle attività in questo settore: è stato ricordato che il traffico di animali avviene non solo nel periodo prenatalizio e che purtroppo è un traffico continuo.
Vorrei porre all'attenzione dell'Assemblea il fatto che questo commercio non è semplicemente quello che proviene dai Paesi dell'est: da questo punto di vista va ricordato che vi è un commercio anche nazionale, dal sud verso il nord in modo particolare, naturalmente al di fuori dei controlli e delle verifiche sullo stato di salute di questi animali. Di fatto, aumentare il controllo su queste attività innalzerà lo standard igienico-sanitario dei nostri animali da compagnia. In questo senso il nostro sistema sanitario, attraverso i servizi veterinari e gli altri organi di controllo autorizzati, avrà uno strumento in più per garantire legalità e salute pubblica mediante il controllo delle malattie trasmissibili, perché questa è l'altra parte che molto spesso nel confronto ci dimentichiamo di sottolineare, cioè che inevitabilmente con standard di benessere più elevati, controlli sanitari più efficaci, la diffusione insomma di un sistema di attenzione maggiore a questi compagni della vita di moltissime persone si deve garantire appunto una sanità pubblica più elevata.
Dobbiamo tenere presente che la normativa attualmente in vigore sul controllo del benessere e sulla protezione degli animali non si occupa a caso di randagismo, perché è inserita nel contesto del controllo di una malattia antica, ma pur sempre pericolosa e sempre alle porte, come la rabbia.
Quindi, queste norme potranno garantire un più attento e adeguato monitoraggio delle transazioni nel settore del commercio degli animali da compagnia, punendo gravemente il traffico illegale di animali verso il nostro territorio, come dicevo prima, e dentro il nostro Paese. Non possiamo tacere in tal senso il lungo e positivo lavoro svolto dalle associazioni animaliste.
Ne cito una per tutte, la LAV - ma naturalmente ce ne sono molte altre e non vorrei far torto a nessuno - contro questa vergognosa pratica. Insomma, siamo di fronte ad un passo di civiltà giuridica, a un adeguamento di una norma che la Comunità europea aveva previsto nel 1987. È evidente che per tutte le cose dette fino ad ora le norme che recepiamo con la Convenzione del 1987 vanno a definire una cornice di riferimento ed un insieme di norme nazionali che devono trovare coerenza con i criteri enunciati prima.
Basta con l'emergenza, abbiamo detto! Basta con la politica delle ordinanze! Basta con l'emergenza dovuta a un cattivo rapporto tra animale ed uomo, troppo spesso usando e sfruttando gli animali! Basta con i drammi delle morsicature con conseguenze gravissime, magari su bambini, per l'uso irresponsabile da parte di alcuni proprietari di animali.
Dobbiamo procedere con rapidità alla revisione della legge n. 281 del 1991, sapendo che solo allora avremo completato il percorso che abbiamo intrapreso con la discussione di oggi. Questo è il primo passo. Le norme che approveremo rappresentano un punto fermo dal quale far procedere la discussione in un più maturo e finalmente acquisito - speriamo - rapporto uomo-animale, con benefici per i nostri amici a quattro zampe, ma soprattutto per la comunità intera (Applausi).

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PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ceccacci Rubino. Ne ha facoltà.

FIORELLA CECCACCI RUBINO. Signor presidente, prendo la parola per esprimere tutto il mio apprezzamento per questo storico provvedimento che autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata dall'Italia a Strasburgo ben 23 anni fa, esattamente il 13 novembre 1987, ma poi mai più adottata dal nostro Paese. Anche se con alcuni passaggi sofferti, specialmente al Senato dove il provvedimento è rimasto bloccato per quasi un anno, finalmente siamo arrivati alla conclusione di questo lunghissimo iter.
Non voglio entrare nel merito delle ragioni di questo ritardo, perché credo che il disegno di legge in discussione presenti, anche nella sua formulazione attuale, aspetti decisamente positivi che vanno a rafforzare la normativa nazionale in materia di protezione degli animali da compagnia. Infatti, si inaspriscono le pene per chi uccide o maltratta gli animali e si prevedono due nuove fattispecie di reato molto importanti: il traffico illecito di animali da compagnia e l'introduzione illecita di animali da compagnia, su cui è il caso di soffermarsi.
Il traffico internazionale di animali da compagnia ha assunto in questi anni una dimensione tale da diventare un business da centinaia di milioni di euro l'anno, risultando uno dei traffici illegali con la più alta redditività per i limitati rischi che si corrono. Una tratta che coinvolge ogni anno migliaia di cani e di gatti di razza importati falsificando i documenti, precocemente strappati alle cure delle loro madri, sottoposti a infernali viaggi e imbottiti di farmaci per farli sembrare sani all'acquirente. Si stima che la mortalità dei cuccioli nella fase che va dal trasporto ai primi mesi dopo l'arrivo in Italia raggiunga il 50 per cento.
Non solo, e questa è una cosa molto importante da sottolineare: come ha accennato prima anche l'onorevole Viola, la carenza dei controlli sanitari e la violazione della normativa in materia di vaccinazione (per esempio la vaccinazione antirabbica) comportano elevati rischi sanitari per il nostro Paese, con il pericolo della ricomparsa di malattie ormai date per sconfitte, come il cimurro e la rabbia.
Va detto che questo fenomeno è stato reso possibile da una legislazione finora carente e da strumenti di prevenzione e controllo inadeguati. Secondo un sondaggio della Federazione nazionale ordini veterinari italiani la documentazione che viaggia con questi cuccioli è considerata corretta solo nel 13 per cento dei casi. Nella stragrande maggioranza di essi, si stima intorno all'85 per cento dei casi, non c'è corrispondenza tra i dati registrati sul microchip e quelli del passaporto e, inoltre, pur effettuando i controlli, non è comunque possibile distinguere i microchip inoculati in Italia da quelli inoculati in altri Paesi dell'Unione europea, perché la serie numerica del codice del dispositivo elettronico non permette di identificare lo Stato di nascita. A tutto questo si aggiunge l'assenza di uno specifico reato di traffico e di introduzione illecita di animali da compagnia, che noi andiamo ad inserire con questo disegno di legge. Attualmente i trafficanti possono esser solamente denunciati per maltrattamento di animali o per inottemperanza dell'obbligo previsto dal regolamento della Comunità europea n. 998 del 2003 di microchippatura, di passaporto e di vaccinazione antirabbica.
Questo perché la nostra normativa non prevede per questi traffici una specifica fattispecie di reato. Con l'inserimento del reato di traffico e di introduzione illecita di animali da compagnia andiamo, quindi, a rafforzare il quadro degli interventi normativi messi in piedi dal Governo per contrastare questo spregevole fenomeno.
Un primo importante e decisivo passo, voglio ricordarlo, è stata l'ordinanza del Ministero della salute del 6 agosto 2008, prorogata di recente, - tra l'altro, è qui presente il sottosegretario Martini - che ha introdotto l'obbligo per i comuni di Pag. 15dotare la propria polizia locale e, in particolare quella di frontiera, di dispositivi di lettura dei microchip.
Non solo: nell'ordinanza suddetta sono state rese più stringenti le norme per la produzione e la commercializzazione dei microchip, con obbligo per i produttori e i distributori di registrarsi in un apposito elenco presso il Ministero della salute, a cui spetta il compito di assegnare la serie numerica dei codici identificativi; così da permettere la rintracciabilità dei lotti venduti, evitando duplicazioni e dispersioni che sono alla base dell'illegalità diffusa.
Infatti, la prassi di questi criminali è di far passare illegalmente i cani e i gatti «stranieri», sostituendo la finta documentazione del Paese d'origine con quella di arrivo - nuova data di nascita, nuovo microchip e nuovi vaccini - in modo da far diventare i cuccioli a tutti gli effetti italiani. Quindi, cuccioli prevalentemente dell'est Europa - allevati nelle cosiddette puppy mills, cioè fabbriche di cuccioli dove centinaia di fattrici per la riproduzione sono chiuse in piccoli box, con il solo compito di avere il maggior numero possibile di gravidanze - vengono acquistati a poche decine di euro e venduti ai clienti italiani ignari a prezzi fino a cento volte superiori, perché fatti passare, appunto, per cani italiani.
Con l'inserimento del reato di traffico e di introduzione illecita di animali da compagnia, portiamo a compimento, quindi, un disegno volto a realizzare un'efficace politica di contrasto al traffico dei cuccioli, dando concreti strumenti di intervento alla magistratura e alle forze dell'ordine, come la guardia di finanza, i carabinieri dei NAS e il Corpo forestale dello Stato, in prima linea nel contrastare questo fenomeno.
Pertanto, con l'approvazione del disegno di legge in esame, far passare illegalmente nel nostro territorio animali da compagnia diventerà per questi trafficanti alquanto più difficile, se non impossibile. Per questo motivo, auspico che, in quest'Aula, vi sia la più ampia convergenza per la sua approvazione (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, quando presiede lei, mi sento in dovere di intervenire, perché sono istituzionalmente protetto da una Presidenza importante.

PRESIDENTE. Praticamente c'è il cane da guardia...

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, quello in esame è un provvedimento - come hanno affermato i relatori che mi hanno preceduto - con riferimento al quale abbiamo perso del tempo; in questa classifica, l'Italia è sicuramente uno dei primi Paesi in Europa e non si dà per vinta: insomma, arriva sempre ultima o penultima.
Credo che, alla fine, alla base dell'intero provvedimento vi sia il buon senso. Al di là di alcune iniziative che all'interno del provvedimento stesso sono esplicitamente chiarite e al di là del fatto che abbiamo alzato la guardia su alcune situazioni, credo che alla base di esso - lo ripeto - vi sia il buon senso.
Possiamo stabilire per legge che dobbiamo dare l'acqua ed il cibo agli animali, e ciò è scritto chiaramente nel provvedimento. Ma chi non lo fa? Chi non ha quest'attenzione rispetto agli animali? Non riesco a capire la differenza che passa fra gli animali da compagnia e gli animali da utilità (credo che siano gli stessi animali: rivolgo, dunque, la domanda al sottosegretario e al Ministro), tuttavia, ritengo che, comunque, il provvedimento vada nel senso giusto. In un certo senso, infatti, abbiamo inasprito le pene dove dovevano essere inasprite, dove bisognava alzare la guardia e stare attenti.
Inoltre, vorrei rivolgere al sottosegretario - con il quale, su questa vicenda, ci siamo incontrati e scontrati (anche se penso che, alla fine, si sia trovata una soluzione) - una domanda relativa alla questione che dava più fastidio a tutti: mi riferisco alla questione contenuta nell'articolo 3 Pag. 16del provvedimento in oggetto e nell'articolo 544-ter del codice penale, concernente la crudeltà.
Siamo arrivati ad un compromesso, a fronte del taglio della coda e di alcune attività svolte sul nostro territorio, in special modo l'attività della caccia; tutto ciò, sentito il parere dell'associazione dei veterinari a cui ha fatto seguito un regolamento. Mi chiedo se il regolamento vada introdotto prima dell'approvazione di questo provvedimento o successivamente; la cosa assume rilevante importanza poiché si viene così a regolare il tipo di attività, sentiti comunque i veterinari. Ecco vorrei una risposta dal sottosegretario alla domanda se esiste già questo regolamento o se seguirà. E bisognerà seguire tale vicenda con una certa attenzione perché credo sia la parte più importante del provvedimento: mette a rischio l'attività di moltissimi allevatori e comunque di specie che hanno raggiunto una tipicità su tutto il territorio mondiale. Al riguardo, faccio un esempio su cui nessuno mi può smentire: quest'anno il campionato del mondo di bellezza è stato vinto a New York da un cane italiano, il bracco italiano con la coda mozza. Vi è quindi alle spalle un'economia importantissima da tutelare, che ha guadagnato negli anni questa discrezionalità e questa eccellenza.
Un'altra delicata situazione che deve essere portata all'attenzione del Ministero è quella che si crea in presenza di animali oggetto di provvedimento di sequestro e di confisca che vengono affidati ad associazioni nominate o indicate nel provvedimento del Ministero. Molto spesso, o comunque in più di una circostanza, si sono verificati degli episodi sgradevoli. Queste stesse associazioni sono spinte a fare delle denunce, a volte senza fondamento, perché in conseguenza di esse viene immediatamente assegnata a loro la tutela di questi animali, dietro ovviamente corresponsione del compenso che il Ministero, o la ASL locale riconosce a queste associazioni. Spesso queste ultime si sono rivelate poco serie e allora io chiedo al Ministero e al sottosegretario che questi provvedimenti e queste associazioni vengano, di fatto, più controllate, più monitorate e che svolgano veramente l'attività prevista e intervengano veramente dove ve ne è la necessità. Non voglio fare esempi specifici ma due anni fa è accaduto che un allevamento importantissimo, di livello mondiale, credo si trovi in Toscana, sia stato cancellato di fatto dall'intervento di una di queste associazioni perché si ritenne che gli animali lì ospitati venissero maltrattati; ma non erano assolutamente maltrattati. La visita è stata fatta in un momento successivo ad un periodo di due o tre giorni continui di pioggia per cui i cani, lasciati in libertà, in completa libertà, quindi si presume a loro agio, erano effettivamente sporchi di fango. I controlli sono intervenuti in quella circostanza e avendo trovato i cani sporchi, di fatto la conseguenza è stata la confisca: tutti i cani sono stati portati presso questa associazione Abbiamo perso un patrimonio perché questi cani negli anni si sono persi, sono stati dispersi in tutto il territorio regionale, nessuno più è riuscito a ricostruire questo allevamento. L'allevamento Del Vento, mi pare così si chiamasse. Comunque questo è uno degli esempi, e denota un'attività importantissima su cui però bisogna fare molta attenzione. Alla fine, anche se non vorrei dilungarmi oltre su un provvedimento che vede anche l'Italia dei Valori esprimere un voto favorevole, credo che l'atteggiamento, l'approccio rispetto agli animali è diverso, dipende dalle situazioni. Io non posso concepire che un cane possa essere un animale da compagnia: l'animale da compagnia è comunque un animale, io ho sicuramente la passione per gli animali e li tratto come se fossero degli animali, non li tratto come se fossero dei cristiani. Non posso portare un cane in casa, in cucina o nel letto con la coperta, perché non posso fare questo discorso al pastore dell'Alta Val Seriana o dell'Alta Val Brembana. Il discorso sulla crudeltà deve prendere in considerazione cani che svolgono un lavoro, una professione e che hanno una loro utilità e cani da compagnia.
Credo che l'attività funzionale sia quella in cui spera il cane, l'animale, mentre ritengo che quella del cane da Pag. 17compagnia che dorme nel letto con il padrone o la padrona, sia la distorsione dell'animale: quello non è più animale.
Su questo provvedimento, comunque, noi esprimeremo voto favorevole, e speriamo che - per quanto riguarda l'altra faccia della medaglia, cioè la repressione del commercio - si possano inasprire le pene e arrivare a soluzioni ancora più determinate.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento oggi in discussione rappresenta da oltre un ventennio un atto dovuto al Consiglio d'Europa. Con questo disegno di legge di ratifica e di esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, il nostro Paese, finalmente, anche se in estremo ritardo, compie un ulteriore passo in avanti nel cammino di civiltà che la storia ci impone.
L'attenzione diffusa e crescente dell'opinione pubblica nei confronti della tutela e del benessere degli animali - in particolare di quelli più vicini all'uomo - non può più essere ignorata o sottovalutata. Sono milioni, in Italia, le persone sensibili a queste tematiche, in linea con ciò che hanno dimostrato i più evoluti studi etologici, e cioè che gli animali sono esseri senzienti, dotati di intelligenza e capaci di provare sentimenti.
Il legislatore, quindi - di qualsiasi colore politico esso sia - deve capire, una volte per tutte, che è necessario garantire, con norme chiare, il rispetto dei diritti di tutti gli esseri viventi, soprattutto di quelli più deboli, umani o animali che siano.
Questo testo normativo rappresenta, in tal senso, una nuova e importante conquista da parte del nostro Paese nel campo della tutela giuridica degli animali. Tutela giuridica che, quando è precisa e ben articolata, contraddistingue sicuramente i Paesi del mondo più moderni, evoluti e democratici.
In sostanza, il disegno di legge presentato dal Governo, oltre a ratificare e a dare esecuzione a una Convenzione del 1987 - ormai in parte superata e migliorata dalla normativa nazionale esistente - introduce nella legislazione italiana alcune importanti novità.
In particolare, l'articolo 3 del provvedimento modifica l'articolo 544-bis del codice penale, inasprendo le pene - già introdotte nel 2004 con la legge n. 189 - per chi uccide un animale. Con l'entrata in vigore della nuova legge, infatti, chi si macchia del delitto di uccisione di animali verrà punito con la reclusione in carcere per un periodo che può variare tra i 4 mesi e i 2 anni. Anche l'articolo 544-ter del codice penale - che introduce il delitto di maltrattamento di animali - è stato rielaborato, prevedendo un inasprimento della pena, per cui chi provocherà un danno alla salute di un animale rischierà il carcere dai 3 ai 18 mesi, o la multa dai 5 ai 30 mila euro.
Le sanzioni, onorevoli colleghi, ci sono, mi appello perciò ai mezzi d'informazione, affinché ne diano un'adeguata comunicazione, e alla magistratura, affinché non minimizzi mai i reati di maltrattamento e uccisione di animali e punisca in modo esemplare chi si macchia di questi orrendi delitti.
L'articolo 4, poi, introduce in Italia una nuova fattispecie penale: il traffico illecito di animali da compagnia. In sintesi, la disposizione sanziona, con la reclusione da 3 mesi a un anno e con la multa da 3 a 15 mila euro, chiunque, tramite attività organizzate, introduca nel territorio nazionale animali da compagnia privi di sistemi per l'identificazione individuale, delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale.
La pena, dato rilevante, aumenta se gli animali sono cuccioli e hanno meno di tre mesi. Inizialmente il testo fissava un'età limite di sole otto settimane ma, grazie a un emendamento da me proposto in Commissione giustizia durante la prima lettura del testo, siamo riusciti a innalzare quest'età a dodici settimane.
Il disegno di legge si pone, quindi, l'obiettivo di reprimere il triste fenomeno Pag. 18del traffico clandestino di cuccioli, e rappresenta dunque un importante passo in avanti nel campo della tutela degli animali da compagnia.
Permettetemi, però, di sottolineare che per rendere questa nuova fattispecie di reato immediatamente perseguibile - in considerazione del fatto che in prossimità delle festività natalizie il commercio illegale di cuccioli aumenta a dismisura - si è voluto lasciare invariato il testo del provvedimento licenziato dal Senato.
In sostanza, si è deciso di non apportare nessuna modifica al testo di modo che, dopo la sua approvazione da parte di quest'Aula, possa diventare subito legge. Si è trattato sicuramente di una scelta saggia, che ho condiviso, finalizzata a velocizzare l'iter che porterà all'approvazione definitiva del provvedimento e alla sua entrata in vigore.
Tuttavia, non posso non esprimere il mio disappunto per ciò che è accaduto al Senato, dove con un colpo di spugna si è abrogata la proposta, per cui tanto avevamo lavorato alla Camera, che faceva rientrare nel delitto di maltrattamento di animali l'amputazione della coda e delle orecchie, la recisione delle corde vocali e l'asportazione delle unghie e dei denti, per lo più durante interventi chirurgici non terapeutici ma destinati solo a modificare l'aspetto dell'animale.
Non si trattava di una forzatura e sarebbe stato opportuno mantenere tale impostazione, dal momento che la stessa Convenzione europea del 1987 detta, tra l'altro, questa linea. All'articolo 10, infatti, è scritto che gli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un animale, sottoponendolo a sofferenze inutili e a dolori lancinanti, devono essere vietati. Concedetemi, allora, di chiarire che ai cani non è richiesto essere belli o di razza e con questo mi rivolgo all'onorevole Cimadoro, che mi ha preceduta. Ciò che è importante è che un cane sia un affidabile compagno di vita per l'uomo e che sia capace di donargli affetto incondizionato e queste caratteristiche, onorevole Cimadoro, si ritrovano anche nei meticci e nei trovatelli che si adottano al canile, sempre grati e devoti al padrone che li ha salvati da una vita di stenti. E poi chi stabilisce questi assurdi standard di razza? Chi lo dice che gli alani o i boxer siano più belli con le orecchie e la coda tagliate e non come vengono al mondo e cioè con le orecchie teneramente all'ingiù e la coda lunga che scodinzola allegramente quando incontra il proprio padrone? Ecco perché, insieme ad altri colleghi parlamentari, ho intenzione di presentare un ordine del giorno che possa impegnare il Governo a non archiviare il problema ma ad affrontarlo in un altro provvedimento normativo, in modo che si possa porre fine a tante crudeltà sugli animali - in particolare sui cani - completamente gratuite.
Ritengo, infine, importante ribadire alcuni principi fondamentali della Convenzione europea che il disegno di legge sia approssima a ratificare. In particolare, vorrei sottolineare che l'articolo 3 della Convenzione vieta l'abbandono di animali da compagnia, già punito nel nostro Paese con l'arresto, lo ricordo, fino a un anno o con l'ammenda da mille a diecimila euro. Inoltre, l'articolo 6 fissa un limite d'età per l'acquisizione di un animale da compagnia, stabilendo che nessun animale dovrebbe essere venduto a minori di 16 anni in mancanza dell'esplicito consenso dei genitori.
La Convenzione vieta, inoltre, ogni forma di addestramento dannosa alla salute e al benessere dell'animale, soprattutto se lo si costringe a prestazioni superiori alle sue capacità naturali. L'articolo 9, poi, stabilisce che gli animali da compagnia non possono essere impiegati in pubblicità, spettacoli, esposizioni e competizioni qualora in tale attività ne venga messo a rischio il benessere.
Per questo ritengo sia di fondamentale importanza ribadire, ancora una volta, la necessità di controlli da parte delle ASL e di ispezioni da parte delle forze dell'ordine frequenti e accurate, sopratutto nei circhi, nelle mostre, nelle esposizioni itineranti, nelle gare sportive, nei pali e nelle feste popolari dove sono coinvolti animali. Tali controlli sono, naturalmente, indispensabile anche nei canili lager, dove è necessario Pag. 19scoraggiare e punire severamente la condotta di chi li gestisce senza scrupoli, costringendo gli animali a vivere qualunque tipo di violenza.
La Convenzione invita anche a scoraggiare il dono di animali da compagnia come premio, omaggio o ricompensa, oltre che un loro acquisto irresponsabile che porta inevitabilmente all'aumento degli animali abbandonati. Un cane non è un giocattolo ma una grande responsabilità e come tale deve essere considerato.
In virtù della ratifica di questa Convenzione, infine, mi auguro si possa anche dare attuazione all'articolo 5 della legge n. 189 del 2004, che prevede l'integrazione nei programmi didattici delle scuole di attività formative che possano educare i più piccoli al rispetto degli animali. Troppo spesso mi accorgo, infatti, che proprio le giovani generazioni sono pericolosamente indifferenti alla sofferenza degli animali, troppo lontane dal sentimento di pietas e da un rapporto empatico con gli altri esseri viventi che ci deve inevitabilmente contraddistinguere.
Dobbiamo perciò lavorare anche per questo: per diffondere sempre di più il valore del rispetto di tutti gli esseri viventi, compresi gli animali. Domani, signor Presidente e onorevoli colleghi, voterò «sì» a questo disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia.
Sarà un «sì» convinto e deciso, dato con orgoglio al lavoro del Parlamento e a quello del Governo che mi auguro possano continuare a lavorare concretamente per una tutela giuridica degli animali sempre più evoluta e al passo con i tempi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2836-B )

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la II Commissione rinuncia alla replica. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, la discussione sulle linee generali ha posto in evidenza un generale accordo sulla necessità di pervenire all'approvazione al più presto di un disegno di legge di ratifica che aspetta ormai da 23 anni.
Sono state sollevate alcune questioni ed una di esse riguarda il regolamento sulla cui importanza è inutile qui soffermarsi, perché condivido quanto è stato affermato.
Il regolamento, da approvare entro 90 giorni, dovrà essere sottoposto all'esame delle Commissioni e sarà cura, sia del Governo, sia del Parlamento, valutarne i singoli aspetti. Come è stato richiamato nell'ultimo intervento, credo che ciò possa essere un inizio.
La legislazione del nostro Paese è già adeguata per molti aspetti a quelli che sono i principi della Convenzione, però certamente sviluppi ulteriori possono essere possibili anche dopo l'approvazione di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00445 concernente iniziative volte a garantire l'accesso al credito di famiglie e imprese, in relazione ai nuovi parametri stabiliti dall'accordo «Basilea 3» (ore 16,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00445, concernente iniziative volte a garantire l'accesso al credito di famiglie e imprese, in relazione ai nuovi parametri stabiliti dall'accordo «Basilea 3» (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario). Pag. 20
Avverto che sono state presentate le mozioni Fluvi ed altri n. 1-00462, Misiti ed altri n. 1-00463, Occhiuto ed altri n. 1-00465, Borghesi ed altri n. 1-00466 e Cicchitto ed altri n. 1-00467 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Montagnoli, che illustrerà anche la mozione Reguzzoni ed altri n. 1-00445, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, illustro a nome del gruppo Lega Nord una mozione che riteniamo importante e fondamentale soprattutto in questo momento economico. A due anni di distanza dal crack Lehman Brothers i Governatori centrali delle banche europee sono riusciti a trovare un'intesa per la modifica degli accordi «Basilea 1» e «Basilea 2» ed hanno chiuso praticamente quello su «Basilea 3».
Sono trascorsi due anni da questa crisi finanziaria mondiale che ha generato tantissime problematiche e l'accordo in esame presuppone che si rafforzi il capitale delle banche. Si tratta di una misura giusta, perché non c'è sistema finanziario ed industriale che non stia in piedi con il supporto delle banche, sia per la gestione corrente, sia per la gestione degli investimenti.
Noi mettiamo davanti quello che è il sistema impresa, quello che è il sistema del nostro Paese. L'Italia, che anche in questa situazione molto difficile, lo dico a nome della Lega Nord, anche per merito di questo Governo, ha saputo, meglio degli altri Paesi, superare quasi in maniera definitiva questa difficilissima situazione economica.
Anche i dati derivanti dagli stress test hanno evidenziato che le banche italiane hanno risposto in maniera migliore rispetto alle altre realtà. Abbiamo visto quello che è accaduto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Da noi il Governo e il Parlamento hanno risposto bene fin da subito nel 2008, adottando provvedimenti come i «Tremonti bond» che hanno dato stabilità al mercato e hanno fatto proseguire l'economia.
È evidente che in questi due anni di crisi molto pesante, ai livelli del 1929, come detto da più parti, il nostro tessuto economico, fatto soprattutto da piccole e medie imprese, ha subito però gli effetti della crisi del sistema finanziario e il Parlamento - all'unanimità, direi - ha approvato anche delle misure per far sì che si sostenga il sistema bancario, ma è fondamentale che le banche sostengano le imprese.
Se andiamo a vedere, sappiamo che questo non sempre è successo. Sappiamo anche che si è dato mandato, tramite il Ministero dell'interno, alle prefetture per una verifica e un monitoraggio dell'attività delle banche. Abbiamo notato che sul territorio ci sono realtà che sono legate al territorio, come le banche cooperative, le banche popolari e le banche più piccole che hanno ancora un rapporto diretto e fiduciario con gli imprenditori e che hanno assistito le aziende in questa fase. Le altre banche, magari le più importanti, hanno un po' abbandonato il collegamento con la realtà produttiva.
Sappiamo che il 90 per cento del nostro tessuto economico è fatto da piccole e medie imprese. Con questa mozione vogliamo ribadire: difendiamo il sistema delle piccole e medie imprese! Vanno bene gli accordi, ma prendiamo atto anche di ciò che in questi anni è successo a livello europeo. Non vogliamo un'Europa fatta da burocrati e da banchieri che ci impongono delle norme spesso a danno dell'intero sistema. Questo non lo accettiamo! Per tali ragioni, è nata questa mozione che parla oggi di tutelare le piccole e medie imprese e di impegnare il Governo ed il Parlamento, insieme alla Banca d'Italia e Pag. 21all'ABI, a monitorare questo accordo che, in maniera sintetica, aumenta i parametri di garanzia che già «Basilea 1» e «Basilea 2» avevano previsto per le banche.
Sappiamo che le banche, nello svolgere la loro attività, vendono titoli, concedono crediti alle aziende e, quindi, si assumono dei rischi. L'accordo che hanno sottoscritto i governatori presuppone che si aumentino i capitali che le banche devono tenere. Si ha, quindi, una specie di cassaforte per evitare le crisi che si sono verificate in questi ultimi due anni. Questo va bene, tuttavia tali vicende hanno dato vita a molte discussioni a livello di stampa e a livello anche dei nostri settori produttivi. Va bene garantire solidità al sistema bancario, ma quello che non deve succedere è che ciò avvenga a discapito delle aziende. Ciò significa che non devono aumentare i tassi di interesse per i prestiti alle aziende e che le banche debbono garantire il credito alle famiglie e alle imprese. Si nota un mondo diviso in due: quello dell'economia reale, sana che chiede, soprattutto in questa fase economica difficile, di garantire il credito e non chiudere i rubinetti. Questo è messaggio che la Lega sottoscrive. Abbiamo poi i governatori che stanno pensando principalmente al sistema bancario, a garantire il sistema delle banche. Siamo ben chiari su quella che deve essere la linea di questa maggioranza e di questo Governo che ha a cuore il nostro tessuto economico e sociale. Su questo noi ci impegniamo.
È pur vero che alla fine si è mediato sull'accordo rispetto ai primi ragionamenti: l'applicazione sarà graduale, inizierà dal 2013 per essere a regime nel 2020. Sappiamo anche che, dai dati, le nostre banche sembrano collocarsi su posizioni migliori rispetto agli istituti di credito di altre realtà europee. Tuttavia, nelle ultime settimane ci sono già stati quattro aumenti di capitale a livello europeo: lo ha fatto la Deutsche Bank, la Banca nazionale greca, ultimamente, anche il Banco Popolare di Verona, una banca solida, del territorio. Questo ha avuto conseguenze a livello di dividendi, a livello finanziario, di Borsa e vi è stato un messaggio del Financial Times che ha alluso anche ad altre banche italiane (Monte dei Paschi), e soprattutto le principali (Intesa e Unicredit), con dei calcoli che si avvicinano per entrambe le banche, al fine di stare all'interno di questi nuovi parametri, di 8 miliardi di euro. Ciò significa che le banche potrebbero chiederlo ai soci, ma anche, in base ad alcune allusioni, che potrebbero essere dati meno dividendi.
Sappiamo che le banche - è un tema all'ordine del giorno - hanno anche al loro interno le fondazioni e togliere dividendi significa togliere dei fondi alle fondazioni che li utilizzano nel territorio.
Oggi gli enti locali e le istituzioni sociali hanno bisogno delle risorse che debbono essere utilizzate nel territorio. Ecco perché veramente teniamo a questa mozione. Non ho ancora avuto modo di leggere le mozioni degli altri gruppi, ma penso che già il Parlamento si sia espresso in questi due anni sull'economia, sulla tutela delle nostre piccole e medie imprese e che, quindi, ci possa essere una unanimità di consensi.
Il Governo ha fatto degli interventi e noi gli chiediamo di andare avanti in questa battaglia per le aziende, per la tutela dei risparmiatori che in questi anni hanno perso anche un po' di fiducia nel sistema che è stato inondato di prodotti tossici e di derivati. È una cosa che non deve assolutamente succedere ed è lì che bisogna colpire a livello internazionale. Quindi, ci auguriamo che tutti gli Stati e tutte le realtà produttive sottoscrivano questi accordi e cerchino di rispettarli.
Chi ha creato i danni relativi all'economia finanziaria - è il caso della Lehman Brothers, di Fannie Mae e delle tante altre realtà - non sono sicuramente i piccoli, ma le grosse realtà che hanno mangiato i soldi dei cittadini. Il popolo italiano è composto da tanti piccoli risparmiatori e dobbiamo assolutamente riconquistare la fiducia dei risparmiatori. Questo è un impegno che deve venire dal Parlamento nell'evitare questi prodotti, nella tutela delle banche che sanno essere vicine - verifichiamolo - al sistema.
Una volta il sistema funzionava perché c'era il direttore di banca che direttamente Pag. 22parlava con l'imprenditore: c'era un sistema di fiducia, che oggi tende a non esserci più. Sicuramente questo deve uscire anche da Basilea. Le scelte debbono essere legate al territorio, anche nel nostro Paese in cui c'è una realtà produttiva importantissima, che è la Padania. Vi è una realtà un po' più difficile, che è quella del sud. Quindi, anche il sistema del credito deve essere valutato attentamente per cui tuteliamo le nostre aziende e il nostro patrimonio di risparmiatori e apriamo un ragionamento che è stato fatto parlando di Basilea e dei vincoli che ci vengono imposti. Qualcuno ha sostenuto - è un'idea giusta che rilancio anche al sottosegretario Giorgetti, che so essere impegnato a tal proposito - che in questo campo occorra una Basilea anche per i comuni. Discutiamo di queste cose perché è impensabile che non si distinguano gli enti virtuosi dai non virtuosi, come le aziende virtuose dalle non virtuose.
È impensabile che ci siano gli enti locali che hanno voglia di fare e disponibilità liquida sui conti correnti e che non possono utilizzare in favore dell'economia. Quindi, ben venga l'accordo su Basilea per il sistema bancario, ma non possiamo pensare che poi ci mettano il vincolo giustissimo per le nostre PMI, del pagamento a 60, anzi, a 30 giorni, ma poi abbiamo i vincoli di spesa del patto di stabilità. Qualche volta poi si va da qualche cittadino o da qualche imprenditore, che non conosce queste logiche, e gli si dice: «Guarda che io ho 5, 10, 20 milioni sul conto corrente, ma per i vincoli del patto di stabilità non li posso spendere». Quindi, qualcuno a livello comunitario o i governatori centrali o qualcun altro mi deve spiegare e mi deve dare una via d'uscita perché tutti vogliono pagare velocemente. Nessuno dice di no. Paghiamo a 60 giorni, a 30 giorni, ma modifichiamo queste norme che stanno facendo danno soprattutto alla nostra economia, che ha voglia di fare, che ha gli imprenditori che ci credono e che vuole uscire da questa situazione difficile.
Pertanto, oltre a questa mozione occorre un rilancio della tutela delle nostre aziende, dei comuni e del principio che il Parlamento sta piano piano facendo uscire del federalismo e della responsabilità. Si tratta di una della battaglia che penso dobbiamo fare tutti quanti insieme. La Lega da sempre è nata per sostenere le piccole e medie aziende e la responsabilità. In questo momento e in questa congiuntura internazionale difficile, c'è bisogno di provvedimenti importanti e di alzare la voce anche a livello comunitario.
Qualche anno fa, in piena crisi finanziaria, mentre negli Stati Uniti si diminuivano i tassi di interesse per dare una mano all'economia, a livello centrale, nel periodo peggiore, il presidente della Banca centrale ha pensato di alzare i tassi, cosa che assolutamente non si doveva fare. Per tale motivo non abbiamo mai condiviso questa Europa che ci impone dei provvedimenti spesso a danno della nostra economia, che non è come quella francese o come quella tedesca, ossia fatta di grandi aziende, di grandi gruppi; noi abbiamo una specificità, una particolarità, rappresentata da tantissime piccole e medie imprese. Questa è l'Italia da Bolzano alla Sicilia e questa è la realtà che dobbiamo assolutamente tutelare a livello comunitario.
Pertanto, invito i colleghi a valutare la mozione che abbiamo presentato con la quale intendiamo impegnare l'ABI e la Banca d'Italia in questa fase di quasi dieci anni di applicazione della normativa in oggetto per tutelare il patrimonio del nostro Paese e per far sì che noi, meglio degli altri, possiamo uscire da questa crisi economica. Quello che ha realizzato il Governo in questi due anni è stato importante, fissando i conti, sostenendo il sistema e anche richiamando, quando occorreva, quelle istituzioni che non sono collegate al territorio.
Nelle ultime settimane abbiamo visto qualche istituto di credito perdere pian piano i collegamenti con il nostro territorio e questo ci preoccupa perché non dovrebbe accadere. A tal proposito abbiamo presentato alcune interrogazioni con le quali invitiamo gli organi competenti a monitorare esattamente le quote Pag. 23sociali in quanto ne va della nostra economia, del nostro sistema Paese e su questo la Lega farà fino in fondo la propria parte. Vi ringrazio dell'attenzione e invito il Governo insieme al Parlamento ad assumersi l'impegno di monitorare l'applicazione di questo accordo di Basilea per la tutela delle nostre piccole e medie imprese e del nostro patrimonio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccuzzi, che illustrerà anche la mozione Fluvi ed altri n. 1-00462, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, la nostra principale preoccupazione è che ancora oggi, a circa due anni dall'esplosione della crisi internazionale che ha bruciato miliardi di dollari e di euro, fatto fallire istituti di credito, ridimensionato aziende ed imprese, prodotto milioni di disoccupati, messo in discussione l'intero sistema finanziario mondiale e ha fatto tremare la stabilità di intere nazioni, stiamo assistendo ad una fase di ripresa troppo debole, altalenante e contraddittoria per produrre un reale, robusto ed efficace rilancio dell'economia, dei consumi e dell'occupazione.
Anche se la recessione sembra stia per terminare, gli indici di produttività di molti Paesi, soprattutto dell'area europea e nordamericana, evidenziano una chiara difficoltà nell'invertire la tendenza. Per fare un esempio indicativo basta citare il superindice OCSE relativo ad agosto 2010, che rafforza i segnali di rallentamento della crescita economica, già peraltro evidenziatisi negli ultimi mesi. Il superindice relativo ai Paesi OCSE scende, infatti, di 0,1 punto ed è il quarto mese consecutivo che mostra variazioni irrilevanti o una crescita negativa.
Un quadro ancor più pesante investe soprattutto il nostro Paese. Anche qui bastano pochi numeri a certificare una crisi ancora aperta: è quasi raddoppiata l'incidenza dell'indebitamento netto sul prodotto interno lordo, passata tra il 2008 ed il 2009 da 2,7 a 5,3 per cento; per la prima volta il saldo primario è risultato negativo, meno 0,6 per cento sul PIL; il sistema produttivo, caratterizzato soprattutto dalle nostre piccole e medie imprese, versa attualmente in grave difficoltà perché si è già verificato un forte calo di fatturato, di produzione e soprattutto dei livelli occupazionali, aggravato peraltro dalle problematiche di accesso al credito delle quali ci occupiamo oggi.
È infatti sull'occupazione che continuano a confluire tutte le dinamiche negative del sistema economico e produttivo. La disoccupazione a giugno 2010 è salita all'8,5 per cento, si tratta del livello più alto dal terzo trimestre del 2003. In questo contesto va aggiunto che fra i ragazzi tra i 15 e i 24 anni uno su tre è attualmente senza lavoro e che per quanto riguarda la cassa integrazione nell'anno in corso sono state autorizzate oltre 925,7 milioni di ore con un aumento che supera il 50 per cento rispetto al dato precedente e le previsioni per i prossimi mesi non sono certo incoraggianti. Milioni di persone in tutto il mondo hanno perso il posto di lavoro, la propria abitazione, visto fallire la propria piccola azienda familiare, hanno perso una parte del reddito e subito un peggioramento delle condizioni di vita senza avere alcuna responsabilità per quello che è accaduto: pagano in tanti per le responsabilità di pochi.
Ecco perché sul piano etico, prima che economico o geopolitico, è assolutamente inaccettabile che, ad oggi, non vi siano ancora regole a livello internazionale che possano scongiurare in via definitiva che le attività finanziarie speculative e aggressive possano provocare una nuova crisi a livello globale.
Stanno emergendo, purtroppo, in tutta la loro pericolosa evidenza i limiti della legge Dodd-Frank di riforma del sistema finanziario statunitense. Nonostante le finalità iniziali, che prevedevano la salvaguardia di cittadini e limiti operativi alle istituzioni finanziarie spregiudicate, ogni cambiamento sostanziale, nella pratica, sembra assente. Non sono stati, infatti, previsti il frazionamento dei maggiori operatori Pag. 24del settore, la sostanziale riduzione di attività ad alto rischio dei grandi gruppi speculativi o l'auspicata separazione tra banche commerciali e banche d'affari. La diretta conseguenza di questa incertezza normativa è che la redditività legata a strumenti finanziari opachi delle banche d'affari americane - come ad esempio la Goldman Sachs e la Morgan Stanley - sta tornando pericolosamente ai livelli pre-crisi.
Le dinamiche che hanno portato alla recessione sembrano riproporsi sul mercato immobiliare degli Stati Uniti, tanto che la stessa Federal Housing Administration ha annunciato che il deposito medio della cauzione per avere un mutuo è pari al 4 per cento del valore dell'immobile. Anche il Ministro Tremonti ha recentemente affermato come la massa di investimenti internazionali in derivati sia tornata ai livelli precedenti alla crisi e la Banca dei regolamenti internazionali ha stimato nel 2009 che il totale degli investimenti in derivati è stato pari a 592 trilioni di dollari, circa 10 volte il PIL globale. Si tratta di un trend certificato anche dalla recente indagine di Mediobanca sui dati delle banche negli Stati Uniti europee e giapponesi, che viene segnalato in recupero di redditività nel 2009, grazie ai profitti da trading.
Molti analisti e Capi di Governo sono inoltre concordi, in questo contesto, sul fatto che il prossimo G20 che si terrà a Seul, inaugurato due anni fa proprio per far fronte alla crisi del sistema finanziario mondiale, abbia perso coesione interna e rischi di non produrre alcun risultato o decisione reale, a causa del duro scontro di interessi e di percezioni tra Paesi debitori - Stati Uniti e Regno Unito in testa - e Paesi creditori come la Cina. Al tempo stesso, per quanto ci riguarda, occorre comunque evidenziare come le cause della crisi non si possano ricondurre soltanto all'eccesso di avidità e di intenti speculativi nelle attività finanziarie, ma risalgono al fatto che i consumi sono stati troppo spesso sovvenzionati dall'indebitamento delle famiglie, dagli squilibri del sistema e dalle disuguaglianze sociali e di reddito.
È venuto il momento, a nostro avviso, di lavorare per superare un modello di sviluppo insostenibile che è affidato alle sole forze del mercato ed è fondato sulla regressione economica e sociale del lavoro e sulla finanza irresponsabile, capace soltanto di alimentare a debito i consumi delle classi medie. È venuto il momento oggi di ricostruire un patto nuovo tra capitale e lavoro, che sia capace di riqualificare lo sviluppo e di mettere al centro la persona. Si tratta di un progetto che non può essere portato avanti in maniera autonoma da singoli Stati, ma deve avere una regia condivisa in sede internazionale per produrre, soprattutto nell'era della globalizzazione, effetti concreti sulla qualità della vita della popolazione, sulla stabilità e sulla sostenibilità del sistema economico e finanziario, sostenibilità guidata da un Governo mondiale sovranazionale. Si tratta di concetti introdotti quasi quarant'anni fa da Enrico Berlinguer in un'altra fase difficile che colpì l'intero sistema produttivo e sociale, come la crisi energetica e l'austerità che ne derivò. Oggi - come allora - le parole di Enrico Berlinguer assumono un significato quanto mai attuale. Se la crisi è globale, vi è la necessità di instaurare un nuovo equilibrio politico del pianeta, non più gestibile soltanto sulla base dei rapporti di scontro o competizione. Occorre una governance globale, un multipolarismo responsabile a fronte di un mondo sempre più unico e interdipendente, che non può essere retto solo dalle sovranità nazionali e dalle loro relazioni. È innegabile come le organizzazioni internazionali ed i vertici internazionali si siano dimostrati, al di là di misure tampone per limitare gli effetti della recessione, fino ad oggi incapaci di produrre azioni di risanamento stabili e soluzioni condivise.
In Italia, le politiche del Governo hanno aggravato la recessione, senza preservare i conti pubblici da un ulteriore peggioramento, causato dall'aumento della spesa pubblica e dalla diminuzione delle entrate fiscali. I tagli alla scuola e all'università hanno ulteriormente appesantito le condizioni di vita degli italiani. In assenza Pag. 25di stimoli all'economia e di politiche fiscali a sostegno di famiglie e imprese, il sistema bancario italiano ha visto un aumento significativo delle sofferenze, ma ha retto all'urto della crisi, alla quale, peraltro, non ha concorso. Ciò si deve sia alla sua adeguata solidità patrimoniale, come hanno dimostrato gli stress test, che al fatto che la sua attività caratteristica sia legata soprattutto al credito tradizionale, al territorio, almeno per la parte maggiore, alla preponderante quota di prestiti all'economia rispetto a quelli finanziari e alla struttura della raccolta basata sui depositi e le obbligazioni.
Un'attività che in questa fase è sottoposta ad una doppia sofferenza: per l'andamento dell'economia e per il margine di intermediazione molto basso in relazione ai tassi vigenti, al contrario di quelle banche di cui abbiamo detto prima, che sono orientate alla finanza e che continuano a produrre utili.
Per questo occorre ribadire ancora una volta che la speculazione selvaggia deve essere limitata non solo da norme condivise, relativamente ai livelli patrimoniali, ma soprattutto da una nuova cultura imprenditoriale e da valori di responsabilità sociale. Questo è in sintesi un approccio culturale e valoriale serio, adeguato alla sfida che Basilea 3 pone al sistema Paese.
Il Partito Democratico ritiene che la riscrittura delle regole non sia neutra e che debba avere un impatto su un modello di sviluppo che deve rimettere al centro la persona, correggere i gravi squilibri ambientali e di ricchezza del pianeta come quelli sociali, diffondere una nuova cultura di impresa come la responsabilità sociale. È una sana cultura del risparmio, contrapposta al debito per consumi, che non lascia tracce durevoli nella vita delle persone e sottrae risorse alle generazioni future.
I governi, il nostro Governo, ed i Parlamenti, devono essere protagonisti di questa fase storica, guai a delegare tutto, come hanno fatto, agli organismi internazionali che si sono dimostrati sin qui incapaci di porre limiti all'aridità dei mercati finanziari e dove siedono, tra l'altro, ancora tanti responsabili della crisi.
A questo appuntamento il Governo italiano arriva però in condizioni di gravissima debolezza che potrebbe avere un ulteriore impatto negativo sulla nostra economia.
L'armonizzazione delle regole di Basilea 3, per quanto riguarda l'ordinamento italiano, non potrà avvenire attraverso la leva fiscale. Il sistema bancario italiano non potrà assolutamente ricevere aiuti di Stato. Lo stato della finanza pubblica non lo consente per ragioni prima di tutto di equità, oltre che di doveroso rigore.
In primo luogo, la riforma fiscale che proponiamo punta ad abbassare la prima aliquota dell'IRPEF dal 23 al 20 per cento, per liberare risorse a vantaggio dei redditi più deboli che hanno sofferto maggiormente la crisi e che hanno subìto una forte erosione del potere d'acquisto. La CGIL ha calcolato per i lavoratori dipendenti una perdita di circa 5.400 euro negli ultimi dieci anni.
In secondo luogo, vogliamo innalzare dal 12,5 al 20 per cento la tassazione sulle rendite finanziarie, ad esclusione dei titoli di Stato, ed abbassare quella sui conti correnti e sui certificati di deposito dal 27 al 20 per cento.
Pertanto, se gli accordi di Basilea 3 e con essi le nuove direttive europee da recepire avessero un impatto penalizzante per il sistema bancario italiano, ciò si aggiungerebbe ad un'altra asimmetria competitiva che è quella fiscale, quella della deducibilità dall'IRES delle perdite sui crediti, che si possono scontare solo in 18 anni. Ciò ha già gravi ripercussioni sui finanziamenti alle imprese e alle famiglie italiane.
Quindi, il sostegno che può provenire dal sistema bancario nella nostra economia, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, sta proprio qui, nella capacità del Governo innanzitutto, e poi del Parlamento, di ottenere regole che paradossalmente non favoriscano le centrali della Pag. 26finanza speculativa per penalizzare il credito tradizionale e dunque in ultima istanza il sistema Paese.
La nuova normativa dovrà trovare attuazione omogenea non solo in Europa ma a livello globale, e non dovrà ripetersi quello che è già successo con Basilea 2, che, come sappiamo, non viene applicato negli Stati Uniti.
Questo tanto per richiamare la responsabilità e smascherare la demagogia di chi, come la Lega Nord Padania, detiene la golden share di un Governo che ormai è più in decomposizione che moribondo, e che non può limitarsi a dare la colpa ai banchieri centrali.
Nell'elaborazione delle direttive che sto per elencare, il percorso che coinvolge i Parlamenti nazionali è anche ascendente e non solo discendente; i Parlamenti possono cioè intervenire anche nella fase di elaborazione del testo e non solo, come spesso accade, nella fase di recepimento nell'ordinamento nazionale.
Gli accordi di Basilea 3 sono soltanto un tassello del complesso mosaico della riforma del sistema finanziario, una riforma che prevede oltre 12 direttive, sulle quali presto anche il Parlamento italiano sarà chiamato ad esprimersi.
Si tratta quindi di misure necessarie, sollecitate in primo luogo dai consumatori, sulle quali si devono misurare gli istituti di credito; si tratta di una discussione che deve trovare ampio spazio nel dibattito parlamentare e nell'efficace azione di Governo.
Queste sono le sfide che avranno davanti a sé il Parlamento ed il Governo, nell'interesse delle famiglie e delle imprese, anche perché, onorevoli colleghi, il Governo in questi mesi non ha prodotto alcun provvedimento efficace sul credito, né di riforma né di sostegno alle aziende e ai nuclei familiari, che sempre in maniera maggiore registrano difficoltà di pagamento delle rate dei mutui contratti e di accesso ai finanziamenti.
Le uniche misure efficaci in questa direzione sono state le moratorie e la sospensione delle rate, che hanno riguardato le piccole e medie imprese ed i singoli cittadini, attuate, ricordiamo, prima grazie ad iniziative autonome e di responsabilità sociale di alcune singole banche, poi sono state fatte proprie dalla stessa ABI che le ha trasformate in accordi di sistema, senza che nessuno da parte del Governo vi abbia messo alcunché.
Sono proposte autonome che hanno fatto da contraltare al fallimento delle iniziative promosse dal Governo e che si sono dimostrate assolutamente inefficaci e, talvolta, addirittura costose e controproducenti. Basti pensare all'istituzione del tetto del 4 per cento sugli interessi delle rate, quando la crisi e il mercato li avevano già portati al 2 per cento, o alla famosa rinegoziazione, un provvedimento che ha creato solo ed esclusivamente costi e burocrazia in più e che si sono inevitabilmente trasformati in costi aggiuntivi per la clientela delle banche. Non può essere certo di consolazione per i cittadini e per le aziende ricordare come le uniche misure efficaci sul credito risalgano ormai al Governo Prodi: sto pensando ad esempio alla portabilità gratuita, che oggi rappresenta oltre il 10 per cento del mercato dei mutui, al fondo per la sospensione delle rate per le famiglie in difficoltà, all'aumento del 10 per cento del tetto delle detrazioni sui mutui, ora fissato in 4 mila euro. Sono tutte misure che hanno prodotto e stanno producendo effetti concreti a sostegno del potere d'acquisto. Purtroppo, in questi due anni di governo di centrodestra, le proposte del Partito Democratico in materia di credito, mutui e sostegno alle imprese sono state puntualmente e ripetutamente ignorate dalla maggioranza, spesso senza neanche un democratico contraddittorio parlamentare. Mi riferisco ad un ulteriore aumento delle detrazioni per i mutui prima casa, aggiornato e rivalutato rispetto agli attuali parametri, ad una maggiore trasparenza e regolamentazione efficace delle attività di intermediazione finanziaria e di mediatori del credito, alla proroga della moratoria per la sospensione delle rate per famiglie e imprese in difficoltà, alla istituzione di un fondo di garanzia pubblico sui finanziamenti Pag. 27a medio e lungo termine anche garantiti dai confidi concessi dalle banche alle aziende.
Anche la mozione presentata dal Partito Democratico su «Basilea 3» va in questa direzione, con l'obiettivo di regolamentare, con normative certe ed universali, il mercato, tutelando al tempo stesso il sistema economico e produttivo nazionale, fornendogli strumenti adeguati alle sue peculiarità per affrontare le sfide della globalizzazione, a partire dall'esigenza di incentivare il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese per facilitarne l'accesso al credito, introducendo le agevolazioni fiscali significative per chi aumenta o raddoppia il proprio capitale con un intervento di abbassamento dell'aliquota IRES per dieci o per vent'anni. L'effetto positivo sarebbe duplice: incentivare gli imprenditori a reinvestire nella propria azienda e il conseguente aumento del dimensionamento e, dunque, del fatturato.
In questo contesto, appare sempre più necessario coordinare e rafforzare gli interventi dei fondi di garanzia sia pubblici che privati come i confidi, che nella crisi hanno svolto un ruolo cruciale per garantire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. In questi mesi le strutture dei confidi si sono rafforzate, anche grazie ad operazioni di aggregazione che ne hanno aumentato le capacità di offrire garanzie aggiuntive a quelle del sistema bancario. In questa ottica occorrerà operare per aumentare le garanzie disponibili sul mercato del credito alle piccole e medie imprese, anche con il pieno coinvolgimento del Mediocredito centrale e la Cassa depositi e prestiti. Queste sono le proposte del Partito Democratico che speriamo raccolgano l'attenzione del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00463. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, com'è già stato detto, i governatori ed i capi delle autorità di vigilanza del G20 hanno approvato, su proposta del comitato di Basilea sulla supervisione bancaria, un nuovo accordo, il cosiddetto Basilea 3. Questo certamente è uno dei problemi posti sul tavolo, ma ce ne sono tanti altri che evidentemente l'Europa ha affrontato e su cui noi dobbiamo ritornare. Questo accordo è importante perché è intervenuto proprio in rapporto alla crisi, prima finanziaria poi economica, che ha colpito l'intero pianeta. Questo accordo impone soprattutto requisiti patrimoniali più severi, affinché le banche possano essere operative, per consentire loro di disporre di maggiori risorse per affrontare eventuali crisi, come quella che è stata denominata crisi dei subprime, che ha messo in ginocchio il sistema finanziario e l'economia internazionale.
L'entrata in vigore è, per così dire, graduale: cominciamo nel 2013 per arrivare al 2019 ed entrare definitivamente in vigore nel 2020.
L'Accordo però deve certamente intervenire ed agire su quelli che sono ritenuti i requisiti chiave imposti alle banche nella loro attività e che vengono misurati dal rapporto tra il patrimonio di vigilanza (cioè i fondi sui quali una banca può contare in una fase di necessità) e il totale delle sue attività per tenere conto delle effettive caratteristiche del rischio.
L'Accordo avrà un'approvazione politica che interverrà - credo - nel prossimo novembre a Seul. L'applicazione di questo Accordo, però, rischia di avere un serio contraccolpo a livello sociale, in quanto le banche, per adeguarsi ai nuovi criteri, potranno ricapitalizzarsi, oppure ridurre gli impieghi, oppure procedere ad una stretta creditizia che si ripercuoterebbe inevitabilmente sulle piccole e medie imprese e soprattutto sulle famiglie.
Nel nostro Paese vi è anche la situazione del Mezzogiorno, che vive già un'estrema difficoltà di accesso al credito da parte di imprese e famiglie. Con l'applicazione di Basilea 3 la difficoltà potrebbe aggravarsi, impedendo la ricostruzione e il sostegno al sud di medie e piccole imprese che, da sempre, rappresentano Pag. 28la spina dorsale di un efficace e duraturo sviluppo economico e un volano occupazionale indispensabile.
L'accordo Basilea 3 quindi può diventare un'importante innovazione se le banche torneranno a prestare maggiore attenzione ai progetti, alla qualità dei progetti imprenditoriali da finanziare, in modo che nel giudicare questi progetti non si guardi solo al bilancio dell'azienda ma anche al suo trend di sviluppo, agli investimenti e alla possibilità di espansione nel territorio. L'applicazione quindi deve essere corretta nelle diverse aree geografiche del Paese e questo deve rappresentare un requisito fondamentale affinché si possa evitare l'effetto distorsivo nelle diverse economie presenti sul territorio italiano, effetto che amplierebbe il profondo differenziale già esistente tra il centro-nord e il centro-sud.
Le imprese e le famiglie del sud scontano già un costo del credito superiore di gran lunga rispetto a quello praticato al centro-nord. Il Movimento per le Autonomie vuole impegnare il Governo ad assumere iniziative di competenza propria, al fine di evitare che l'applicazione di questo accordo possa penalizzare l'accesso al credito alle famiglie (non dobbiamo dimenticare che le famiglie sono dei risparmiatori eccezionali nel nostro Paese) e alle piccole e medie imprese, in modo tale che si possa avviare la ripresa economica del nostro Paese.
Intendiamo inoltre impegnare l'Esecutivo ad adottare ogni iniziativa di competenza che garantisca l'accesso al credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese anche nei territori meridionali (dove è più difficile), e a monitorare e ad accompagnare l'applicazione dell'accordo Basilea 3 affinché questo possa avere effetti positivi nelle aree sottoutilizzate del nostro Paese, che hanno dovuto affrontare gli effetti della crisi economica proprio dando vita ad un patto di grande solidarietà verso i lavoratori del centro-nord, quando non si sono opposte allo spostamento dei fondi che erano destinati al Mezzogiorno per pagare la cassa integrazione sopratutto ai lavoratori del nord. È stato un atto di grande solidarietà ed è per questo che è necessario, nell'applicazione di Basilea 3, tenere presente che al sud il danaro non può costare il doppio che al centro-nord (come avviene adesso). Per questo, come Movimento per le Autonomie, abbiamo presentato questa mozione, e riteniamo che il Governo, la maggioranza, e il Parlamento - speriamo nella totalità - debbano accogliere le nostre proposte.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00465. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo per illustrare la mozione che reca la mia firma e quella di altri colleghi del gruppo Unione di Centro. È una mozione che abbiamo redatto cercando di sintonizzarci sulle ansie e le preoccupazioni di moltissime famiglie e soprattutto delle moltissime imprese del nostro Paese che ormai da un po' di tempo sono alle prese con una stretta creditizia che aumenta gli effetti della crisi del nostro sistema economico.
L'abbiamo redatta, però, con un po' di preoccupazione perché - e lo voglio ricordare - uno dei primi provvedimenti che quest'Aula si trovò ad affrontare e ad approvare fu proprio il provvedimento cosiddetto salva-banche. Vorrei ricordare ancora che, qualche mese fa, su iniziativa, come oggi, della Lega Nord Padania, fu approvata una mozione della Camera dei deputati che chiedeva una sorta di sospensione degli accordi di Basilea 2. Oggi, discutiamo di questa mozione che, invece, prevede un intervento per vigilare affinché l'applicazione degli accordi di Basilea 3 non abbia effetti troppo negativi sul nostro tessuto economico.
Come dicevamo, interveniamo anche con un po' di preoccupazione perché, a fronte delle ansie e delle preoccupazioni di molte imprese e di molti piccoli imprenditori, vi è il rischio che, al contrario, il Parlamento consumi semplicemente un rito, impegnando il Governo, come ha fatto qualche mese fa sulla mozione per Basilea 2, ma senza avere effettivamente l'ambizione di intervenire concretamente Pag. 29sul problema, dando semplicemente la possibilità, magari a qualche gruppo politico, di utilizzare questo argomento sul territorio per dimostrare una «pelosa» sensibilità al problema, fortemente avvertito dagli imprenditori, come è la questione dell'accesso al credito.
Ci auguriamo, invece, che l'occasione sia davvero utile e proficua per impegnare il Governo a vigilare davvero sugli effetti degli accordi di Basilea 3. Chiunque abbia un minimo di responsabilità, avendo registrato, in questi anni, quanto gravi possano essere le ripercussioni di un sistema finanziario costruito, avendo i piedi d'argilla, sull'economia reale e sui settori produttivi del nostro Paese, non può che accogliere con favore il fatto che, attraverso accordi come quelli di Basilea 3, si renda più solido il sistema finanziario stesso. Questi accordi, infatti, come sosteniamo nella nostra mozione, servono appunto a costruire un sistema più severo ed omogeneo, un quadro di regole che rappresenta la condizione necessaria per rendere più solido il sistema finanziario: la condizione necessaria a renderlo più solido ed anche a stimolare, da parte delle banche e degli istituti di credito, comportamenti virtuosi che possano, in qualche modo, evitare i comportamenti perniciosi che sono stati, invece, alla base della crisi finanziaria che, poi, ha riverberato i suoi effetti sull'economia reale.
Come dicevamo, questo accordo rappresenta la condizione necessaria, ma non sufficiente, ad evitare la crisi, perché la crisi finanziaria di qualche anno fa nacque per effetto del comportamento di colossi come Fannie Mae e Freddie Mac che, in qualche modo, avevano funzionamenti che prescindevano, per esempio, dalle regole di Basilea 2.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17)

ROBERTO OCCHIUTO. Per cui, per evitare le crisi, forse più che regole che interessino semplicemente la patrimonializzazione degli istituti di credito sarebbe necessario potenziare il sistema di controllo e di supervisione sugli istituti di credito e sugli istituti finanziari.
In ogni caso, l'accordo di Basilea 3 è necessario, ma su di esso occorre vigilare per evitare che si realizzino quei timori e quelle preoccupazioni sulle nuove regole che aumentano il vincolo di patrimonializzazione per le banche. Questi timori, infatti, che sono anche nostri, li abbiamo raccolti da Confindustria, da Mussari persino, il responsabile dell'ABI, e da Profumo in una lettera che egli scrisse alla vigilia della definizione di Basilea 3.
Vorrei ricordare, ma altri colleghi lo hanno fatto prima, che, in particolare, il rapporto tra il patrimonio delle banche e, cioè, il capitale azionario più le riserve di bilancio e loro attività, salirà in sostanza dal 2 al 4,5 per cento.
Inoltre, per effetto di quel cuscinetto che le banche centrali possono prevedere fino al 2,5 per cento può perfino salire al 7 per cento. La preoccupazione è che questo aumento di vincoli in ordine alla patrimonializzazione e alla capitalizzazione delle banche possa determinare da parte delle stesse una riduzione degli impieghi, quindi una stretta creditizia e un aumento dei ricavi, perché saranno portate a rendersi più efficienti riducendo gli utili oppure, appunto, diminuendo i costi o aumentando i ricavi. Quindi, se dovessero aumentare i ricavi, vi sarebbero evidentemente degli effetti sugli spread e dunque sui tassi di interesse e ci potrebbero essere degli effetti - e lo stiamo già vedendo: le cronache degli ultimi giorni lo dimostrano - sui tagli riguardanti il costo del lavoro, ossia il personale delle banche.
Noi abbiamo deciso di raccogliere queste preoccupazioni nella nostra mozione. Infatti, se è vero come è vero che le banche italiane forse sono meno esposte ai rischi che Basilea 3 comporta per gli istituti di credito, perché le nostre banche sono già abbastanza patrimonializzate e soprattutto hanno una qualità del patrimonio tale da dover rendere meno difficile e difficoltoso l'adeguamento ai parametri di Basilea 3, e se è vero quindi che le nostre banche stanno un po' meglio delle Pag. 30banche del resto d'Europa, ad esempio, è anche vero che il nostro sistema economico è fatto di piccole e piccolissime imprese che sono assolutamente bancocentriche, cioè si finanziano soprattutto attraverso le banche. Allora, per quanto graduali possano essere - così com'è previsto - i tempi di adeguamento delle banche ai vincoli di Basilea 3, ci preoccupa l'atteggiamento che le banche potrebbero avere, cioè quello di ridurre gli impieghi, determinando conseguenze ancora più gravi sulla crisi economica del nostro Paese.
Vorrei segnalare anche che la situazione potrebbe persino peggiorare a causa dell'adozione e dell'applicazione della direttiva anticrisi, che è attualmente in discussione a Bruxelles, che riscrive le regole sul fondo interbancario di garanzia dei depositi e che inciderebbe in maniera decisa sui bilanci aziendali, una volta applicata, perché imporrebbe alle banche di prevedere accantonamenti in dieci anni pari all'1,5 per cento dei loro depositi. Credo che sia doveroso, da parte del Parlamento, ma soprattutto da parte del Governo, guardare a quello che sta accadendo e che potrebbe accadere nel sistema creditizio del nostro Paese almeno con la stessa attenzione che sta rivolgendo a tale sistema il Parlamento europeo.
Vorrei ricordare che il rischio di pesanti ricadute sull'economia è così avvertito nel resto d'Europa che il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di ben 68 punti, in cui si chiede una più attenta analisi delle conseguenze del nuovo accordo per l'economia, un maggior coinvolgimento delle autorità europee e l'eliminazione di ogni possibile asimmetria regolamentare con gli altri Paesi esterni all'Unione europea. Infatti, è vero: noi discutiamo dei vincoli da porre per le nostre banche, ma a volte dimentichiamo che ne stiamo discutendo perché qualche anno fa vi è stata la più grande crisi finanziaria degli ultimi decenni e che questa crisi finanziaria ha avuto inizio non in Europa, non in Italia, ma negli Stati Uniti, dove i vincoli e i controlli sono assai meno stringenti che da noi.
Quindi il nostro Governo dovrebbe farsi promotore presso l'Unione europea e soprattutto presso il G20 che si riunirà nel mese di novembre affinché queste stesse regole e gli stessi vincoli vengano applicati anche fuori dall'Europa, perché spesso i problemi nascono proprio là dove questi vincoli non esistono e soprattutto là dove il controllo e la supervisione sono assai più blandi.
Vorrei anche evidenziare il rischio che Basilea 3 può produrre in ordine alla vita e alla funzionalità del sistema dei confidi.
Se c'è uno strumento, che in molte regioni è riuscito, in qualche modo, ad attenuare il credit crunch che abbiamo avuto negli ultimi anni, è proprio quello dei confidi, che sono finanziati, a volte, anche con fondi regionali e che permettono alle imprese di poter prestare garanzie alle banche, ottenendo, in qualche modo, un'attenuazione del problema legato alle difficoltà di accedere al credito. Bene, è opportuno vigilare affinché le regole di Basilea 3 non penalizzino troppo gli istituti prestatori di garanzie come i confidi, che, per definizione, sono tra le istituzioni più attente alle piccole e medie imprese.
Chiediamo, in conclusione, con la nostra mozione che si possa vigilare affinché gli istituti bancari non ricorrano ad aumenti degli spread, applicati per realizzare accantonamenti di capitale per poter rientrare nei nuovi parametri patrimoniali previsti da Basilea 3, attraverso una riduzione degli impieghi che graverebbe soprattutto sulle famiglie e sulle aziende sottopatrimonializzate.
Chiediamo al Governo di impegnarsi anche a valutare l'opportunità di prevedere misure di sostegno per le operazioni di capitalizzazione o per operazioni volte ad accrescere la dimensione delle imprese italiane. Proprio la dimensione troppo ridotta delle imprese italiane, la loro sottocapitalizzazione, il fatto che si capitalizzino, esponendosi presso le banche soltanto in questo modo, nella maggior parte dei casi, rappresenta un fattore di estrema vulnerabilità per il nostro sistema economico. Pag. 31
Chiediamo ancora che il Governo si impegni a verificare attentamente che l'imposizione del nuovo corso di regole non generi svantaggi competitivi sui mercati internazionali e che tenga in considerazione le indicazioni della citata risoluzione del Parlamento europeo, prima di legittimare l'introduzione di nuove regole nel corso del prossimo incontro di Seul del G20, che si terrà nel mese di novembre.
Chiediamo, infine, che il Governo si impegni a considerare prioritarie, nella stesura delle proposte finali, l'indicazione di nuovi principi volti a ridurre il ruolo ufficiale delle agenzie di rating.
Vorremmo, peraltro, che il Governo si impegnasse a far leggere compiutamente le regole poste alla base di Basilea 2 e di Basilea 3 che - è vero - prevedono vincoli patrimoniali per le banche e prevedono la considerazione di un rating per le imprese, ma già in Basilea 2 si dava la possibilità alle banche di valutare override, per così dire, cioè al di fuori del rating, anche criteri qualitativi appartenenti all'impresa e all'imprenditore. Si chiedeva, cioè, alle banche di erogare il credito non soltanto in ragione di freddi meccanismi o calcoli.
Ebbene, noi abbiamo partecipato a questa discussione con una nostra mozione. Ma, per concludere, così come dicevo all'inizio del mio intervento, l'auspicio che rivolgiamo all'Aula è quello di utilizzare questa occasione non per consentire a qualcuno di fare l'ennesimo spot a buon mercato e di dire che si è intervenuti sul problema del credito alle imprese, ma per fare in modo che il Governo assuma davvero degli impegni e che soprattutto poi li mantenga, rendendo conto al Parlamento di come li ha assunti e di come li ha mantenuti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Messina, che illustrerà anche la mozione Borghesi ed altri n. 1-00466, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, anche l'Italia dei Valori ha depositato una mozione per sottoporre a questo Parlamento la questione importante e seria del recepimento degli accordi di Basilea 3, che vedranno la luce al G20 di Seul organizzato per il mese di novembre.
Prima di entrare nel merito, vorrei svolgere soltanto una premessa su alcune questioni relative ai lavori dell'Aula, che riguardano parzialmente l'argomento. Voglio lamentare la carenza dei lavori di quest'Assemblea, a dispetto delle intenzioni preliminari che il Presidente della Camera, onorevole Fini, aveva assunto all'inizio della legislatura. Egli, infatti, aveva affermato che i lavori dell'Assemblea si sarebbero protratti dal lunedì al venerdì, lasciando presagire un'attività intensa e seria, soprattutto, in un momento di grave difficoltà per il Paese; in realtà, l'Assemblea si trova a dover «lavoricchiare», a «tirare a campare», proprio perché non ha possibilità di esaminare provvedimenti seri, di cui il Paese ha bisogno.
Non possiamo, certo, considerare questo come una risposta alla mancanza della manovra finanziaria. Qualcuno dice che, poiché la manovra finanziaria non è stata ancora approvata, i provvedimenti non possono essere realizzati, perché manca la copertura finanziaria. Anche questo non è vero, è una pietosa bugia: infatti, presso varie Commissioni, giacciono - e, in parte, sono anche istruiti - numerosi provvedimenti che non necessitano assolutamente di una copertura finanziaria, che non creano una spesa per lo Stato, ma che anzi, paradossalmente, apporterebbero alle casse pubbliche notevoli benefici economici. Ne cito tre per tutti.
Abbiamo presentato, e giace da tempo, la proposta relativa all'abolizione delle province, da cui si otterrebbe un grosso beneficio: l'abolizione delle province non comporta un costo, tuttavia, questo Governo, che all'inizio si era fatto carico della questione, non ne parla più. Inoltre, abbiamo presentato un provvedimento - il collega Barbato è qui accanto a me - concernente l'Agenzia antifrodi assicurative: chiediamo che venga trattato celermente, perché si sta perdendo tanto tempo. Infine, abbiamo depositato un disegno di legge concernente l'aumento delle Pag. 32royalties sui petrolieri che, in Italia, pagano il 7 per cento, mentre in tutto il mondo, pagano il 50 per cento.
Vedete, dunque, quanti soldi entrerebbero nelle casse dello Stato e quanto lavoro quest'Assemblea e questo Parlamento dovrebbero e potrebbero svolgere. Questo, però, non accade: certamente, vi è una responsabilità politica del Governo, ma purtroppo anche - devo dirlo - di chi non permette che questi provvedimenti vengano portati all'esame dell'Assemblea.
D'altronde, in quest'ultimo periodo, ma non solo, siamo stati abituati ad occuparci di case in giro per il mondo - da chi possiede una casa a Montecarlo, a chi possiede case ad Antigua - mentre le persone normali, cioè quelle che non hanno parenti con case nei posti importanti della terra - le stanno perdendo. Infatti, i lavoratori, non arrivando a fine mese, hanno contratto un mutuo per raggiungere un sogno - quello di una casa per sé e per i propri figli - ma, purtroppo, non potendo pagare quel mutuo, stanno perdendo le case, che vengono vendute all'asta. Il Ministro Tremonti dice sempre che va tutto bene, che in Italia la crisi è superata e che non vi sono problemi, ma al contrario, il Paese normale - quello a cui ci rivolgiamo con la nostra mozione -, che rappresenta il fulcro e il perno della nostra economia, sta soffrendo, e non poco.
In quest'ottica, si inserisce il recepimento dell'Accordo «Basilea 3», che va valutato sotto alcuni aspetti: «Basilea 1» del 1988, «Basilea 2», che è stato firmato nel 2004, ma è entrato in vigore nel 2008 e, infine, «Basilea 3» che, come dicevo, entrerà in vigore nel 2010, in seguito all'accordo che dovrebbe essere realizzato dal G20, che si svolgerà a Seul nel mese di novembre.
Qual è l'obiettivo che si propone l'Accordo «Basilea 3»? È chiaro che, nei principi, è corretta l'intenzione di avere come obiettivo la gestione delle attività a rischio del sistema bancario e, quindi, di cercare di tenere in piedi un'economia solida. Sicuramente, il principio è encomiabile, ma il problema è come si arriva a questa conclusione e come si raggiunge questo obiettivo. È qui che, a nostro modo di vedere, sorgono i problemi.
Alcune questioni, infatti, vanno attenzionate: innanzitutto, gli effetti dell'Accordo di «Basilea 3». Diciamolo francamente: l'Accordo «Basilea 2» non ha particolarmente giovato alle imprese normali che vi sono in Italia. Infatti, alcuni non sono più riusciti ad accedere al credito in un momento di crisi finanziaria perché, andando in banca a chiedere un credito - non a chiedere un nuovo credito, ma una proroga delle linee di credito che avevano già ottenuto in precedenza - si sono sentiti rispondere: poiché hai sforato i parametri di «Basilea 2», non possiamo più garantire il tuo credito; anzi, al contrario, ti invitiamo al rientro.
Questo è accaduto ad aziende, imprese sane perché formate dal lavoro di famiglie che da generazioni cercavano di svolgere una attività imprenditoriale seria nel nostro Paese, al nord come al sud. Sentivo l'intervento del collega della Lega Nord Padania che mi ha preceduto, collega della Padania, di questa Repubblica inventata che parlava di questa economia sana della Padania alla quale bisognerebbe far riferimento mentre al sud il credito sarebbe a rischio. Io ritengo che il credito sia a rischio al nord e al sud e ci siano imprese sane sia al nord, che io non chiamo Padania ma chiamo nord dell'Italia, sia al sud. Queste sono le imprese che vanno tutelate, non con una logica da quartierino, con una logica settaria, ma al contrario con una logica seria di verifica economica. Parlavo prima degli effetti del provvedimento sulle grandi banche. Queste ultime sono chiamate a capitalizzare, in questi giorni qualcuna lo sta già facendo, il Banco Popolare ha già iniziato, perché i requisiti di common equity che vengono imposti da questo accordo Basilea 3 portano sostanzialmente il capitale di garanzia, che tra l'altro in molti casi fino ad oggi è stato un capitale fittizio (impegnato ma non depositato) dal 2 al 4,5 per cento quindi sarà un notevole intervento con entrata in vigore a partire dal 2015. Viene oltretutto creato, e per questo ci vuole Pag. 33sostanzialmente un miliardo di euro, che non è poco, e che le banche dovranno sottrarre agli investimenti, un cuscinetto, un buffer di altri due punti e mezzo da usare nei momenti di difficoltà e questo dovrà andare a regime nel 2018 portando sostanzialmente quella percentuale che oggi è del 2 per cento al 7 per cento. Immaginate quindi una capitalizzazione delle banche che renderà certamente le grandi banche più solide, ma dall'altra parte sottrarrà all'economia reale del Paese notevoli fonti di investimento. In sostanza, questo sistema di Basilea 3, se non ben controllato, comporterà una penalizzazione per le banche, e lo sono quasi tutte in Italia, tranne le grandissime che hanno un approccio leggermente diverso, che fanno banca in maniera tradizionale cioè fanno opera di intermediazione, intervengono e finanziano attività improduttive. Penalizzazione rispetto a quelle che sono le banche straniere, le banche diverse da quelle italiane, che al contrario sono indirizzate più sull'investment bank che è una forma di gestione di capitali senza investimenti nell'economia reale. L'effetto pericoloso può aversi anche sulle piccole banche, queste non possono e non devono essere sottovalutate, non sono solo tre grandi istituti a fare l'economia italiana, sono anche, con un ruolo territoriale importante, le tante banche di credito cooperativo che ci sono sul territorio italiano, quelle costituite da soci della cooperativa che creano capitali per poter finanziare le attività economiche sul proprio territorio. Le banche popolari hanno un ruolo territoriale fondamentale nell'economia italiana, economia fondata prevalentemente, per l'80 per cento da piccole e medie imprese. Basilea 3 interviene anche e pericolosamente su questo punto. Due possono essere le ipotesi: nella migliore questi istituti sarebbero costretti a ridurre gli impieghi, quindi penalizzando le piccole aziende sul territorio, per poter capitalizzare. Ancora oggi queste hanno una capitalizzazione superiore a quella richiesta dagli standard attuali, ma se questi standard aumentano evidentemente anche le piccole banche saranno costrette ad accantonare denaro sottraendolo al territorio. Nella peggiore delle ipotesi, se queste piccole banche, banche di credito cooperativo, banche popolari, non saranno in grado di poter aumentare questi capitali di riserva, viene messa in discussione la loro stessa esistenza. Alcune banche rischiano certamente la chiusura e questo a danno dell'economia a meno che non si pensi, e questo noi vorremmo scongiurarlo, che venga snaturata l'attività delle banche in Italia. Le banche italiane sono banche che vivono il territorio, che devono finanziare il territorio, non sono banche che devono soltanto fare movimenti di grandi capitali o grandi operazioni finanziarie, abbiamo visto cosa è successo nel mondo, e questo ci ha salvato da una crisi finanziaria.
Nel mondo vi erano banche che non finanziavano impresa vera e che non mettevano sul tavolo soldi per attività produttive vere e sane. Certo, in un momento di crisi ci può essere un margine di rischio, e ci possono essere aziende che, in buona fede, vanno male - qualcuna in malafede, sì -, ma abbiamo resistito perché abbiamo investito in economia vera, e non in un'economia virtuale. Non vorremmo che venisse snaturata questa funzione delle banche, che in Italia deve essere svolta con ancora maggiore energia.
L'effetto più grave che si può verificare a cascata, ovviamente, è sulle piccole e medie imprese. Già Basilea 2 - lo accennavo prima - ha dato la sensazione agli imprenditori e a chi lavorava di rendere le banche forti con i deboli e debole con i forti, perché abbiamo visto che i grandi gruppi industriali, alla fine, nonostante non avessero situazioni floride, riuscivano, comunque, a ottenere i propri finanziamenti e ad avere confermate le proprie linee di credito. I piccoli, al contrario, quelli che presi uno ad uno non fanno economia, ma che messi insieme sono la forza dell'economia italiana, hanno visto le banche non troppo amiche, in un momento in cui, dopo aver dato per anni e anni interessi - e quindi vantaggio legittimo alle banche che li avevano finanziati - si sono visti chiudere la porta nel momento del bisogno. Pag. 34
Per quanto riguarda nord e sud vi è una sperequazione forte nel credito, e non vorremmo che, con un intervento ulteriore, Basilea 3 venisse male interpretata ed usata come alibi per danneggiare ulteriormente il sud a vantaggio di aree più forti del Paese. Non è così che si risolvono i problemi. Abbiamo visto ciò che accade al sud: vuoi un credito, come lo garantisci? Mentre al nord vogliono sapere cosa vuoi fare con i soldi, se l'idea imprenditoriale è sana, buona e seria, al sud ti dicono: a me non interessa la tua idea imprenditoriale, ho interesse e voglio sapere quali sono le garanzie che mi dai, possibilmente in immobili, perché altre cose possono essere poco garantite.
Stretta all'attività creditizia delle imprese: la nostra economia - lo ribadisco - è fatta di piccole e medie imprese con meno di 20 dipendenti, e queste sono quelle che soffriranno di più.
Un'altra questione che va evidenziata è il credito alle famiglie: non vorremmo che un'interpretazione non corretta di Basilea 2 danneggiasse anche le famiglia. L'Italia dei Valori è impegnata per la tutela delle piccole e medie imprese, per le famiglie e per un'economia sana del Paese. Bisogna farlo, però, con atti concreti, non soltanto con enunciazioni di principio, e cito due interventi autorevoli per tutti, a dimostrazione che questa è un'esigenza vera, non un'invenzione o un gioco delle parti.
Cito il presidente dell'ABI, Giuseppe Mussari, che il 7 ottobre - non quindi qualche anno fa - ha dichiarato espressamente: l'impianto delle nuove regole «con un approccio estremamente rigoroso sul capitale e la scelta di far passare in secondo piano altre misure è penalizzante per le economie che fanno perno sulle banche per il loro finanziamento» (come appunto è l'Italia), e dice ancora: «il rigore degli incrementi richiesti - perché bisognerà incrementare, secondo i parametri richiesti, nella capitalizzazione delle banche - pur alla portata delle banche italiane potrebbe avere conseguenze per la ripresa dell'economia provocando la riduzione delle risorse disponibili per il suo finanziamento»; non parla soltanto l'Italia dei Valori ma parla, in questo momento, il presidente dell'ABI.
Anche la Banca d'Italia è intervenuta in questi giorni con il suo vicedirettore, Anna Maria Tarantola, che ha dichiarato - sostanzialmente sulla stessa scia -: «la debolezza della struttura finanziaria delle piccole imprese potrebbe incidere negativamente sulle condizioni di accesso al credito».
In un momento di crisi devi finanziarie, devi mettere in moto l'economia, e non contrarla, perché in un momento di crisi, ovviamente, se contrai ulteriormente l'economia, magari avrai grandi istituti di credito con capitali consolidati, ma dall'altra parte avrai un'economia che non va più avanti e un Paese che si ferma.
Mi avvio alla conclusione dicendo: finanziare le imprese sane e le piccole e medie imprese, finanziare le famiglie (su questo bisogna porre l'attenzione), finanziare il tessuto sano dell'economia italiana e non usare Basilea come alibi per consolidarsi, provocando al contempo una contrazione dell'economia.
Il Governo faccia la sua parte una volta tanto, lasci la tutela delle grandi banche e delle grandi industrie e guardi alle famiglie e all'economia vera.
Il Governo non garantisca gli speculatori con gli scudi fiscali. Invano il Ministro dell'economia e delle finanze si meraviglia che i bankers sono tornati e che gli speculatori sono a piede libero. Ma, certo, questo è normale, perché abbiamo varato lo scudo fiscale ed è chiaro che i bankers sono tornati e gli speculatori, con i soldi che hanno fatto rientrare dall'estero, sono a piede libero.
Si pensi, invece, al contrario, agli imprenditori onesti che sono il perno dell'economia italiana. È per questo motivo che noi, con la mozione in esame, chiediamo che il Governo intervenga e si faccia garante per fare in modo che vi sia un ordinato svolgimento, all'atto del recepimento della normativa e dell'Accordo Basilea 3, dell'attività di credito da parte delle banche, affinché esso non sia di Pag. 35ostacolo agli obiettivi di sviluppo e di espansione sui mercati delle imprese finanziate.
Il Governo si occupi anche di farsi promotore di proposte volte al coordinamento, almeno europeo, per l'applicazione omogenea - e, quindi, su tutto il territorio e senza discriminazioni - delle nuove regole stabilite da Basilea 3 in tutti i Paesi membri.
Il Governo vigili - e questo punto è importante - affinché i nuovi accordi non siano invocati quali alibi rispetto all'erogazione del credito delle imprese, in particolare di quelle piccole imprese cui abbiamo fatto riferimento, anche adottando opportuni strumenti affinché la stabilità delle banche non sia perseguita penalizzando i flussi di credito alle imprese. Anche su questo punto impegniamo il Governo ad adottare gli strumenti necessari, al fine di evitare che alle aziende che hanno chiuso in perdita il bilancio 2009, a causa della recessione ma che sono sane e che reagiscono, vengano bloccati i progetti. Quelle aziende sono il perno dell'economia, non lo dimentichiamo, anche se per un anno il bilancio è stato negativo. Quelli sono bilanci veri, probabilmente. Sono bilanci che hanno verificato una crisi e l'hanno riportata, a discapito di tanti bilanci falsi che sono stati consentiti e che, al contrario, continuano a ottenere finanziamenti nonostante l'economia virtuale che riportano.
Impegniamo, infine, il Governo ad alleviare le eventuali criticità per l'accesso al credito alle piccole imprese e alle famiglie e a intervenire - e anche questo è un fatto che sottolineiamo - per rafforzare le attività del Fondo rivolto alle piccole e medie imprese, che dovrà consentire l'incremento delle somme a disposizione per dare modo, appunto, alle imprese di avere garanzia per i propri crediti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bernardo, che illustrerà la mozione Cicchitto ed altri n. 1-00467, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, sottosegretario Giorgetti, onorevoli colleghi, anch'io intervengo per sottolineare alcuni aspetti che riguardano la mozione presentata dal Popolo della Libertà in ordine a un argomento estremamente delicato e di grande attualità, come dimostrato anche dal dibattito che si alimenta nel Paese, anche in queste settimane e attraverso i mezzi di informazione, a seguito degli incontri che si sono verificati a livello europeo. Ricordo il G20 e i ruoli importanti che i rappresentanti del mondo del credito, a cominciare dalla Banca d'Italia, ricoprono all'interno di organismi internazionali previsti, nell'ambito della sfera dei sistemi economici, dalla Commissione e da quella realtà europea che oggi mette bene in evidenza cosa significhi fornire delle risposte necessarie, utili e giuste all'ultima crisi che si è verificata all'interno dei confini europei - e mi riferisco alla Grecia e alla risposta che necessariamente è stata data, anche attraverso un'azione coordinata dei Governi.
Certamente su questo punto il Governo italiano ha fornito un grande contributo a una risoluzione che immagina anche di entrare nel merito dell'applicazione di Basilea 3, dal momento che si arriva poi a recepire le disposizioni che riguarderanno l'intero sistema del credito e del mondo delle banche presenti all'interno dei confini dell'Unione europea immaginando, appunto, il suo significato e il suo valore essenziale e portante nei confronti dell'interesse delle imprese.
Si tratta di quelle valutazioni che ognuno di noi può mettere in campo a sostegno di una politica economica che abbiamo ritenuto e riteniamo giusta aver fatto dal 2008 in poi e delle diverse iniziative che qualcuno ha voluto interpretare come a sostegno del mondo del credito (delle banche), ma che in realtà avevano come unici beneficiari le famiglie e il mondo delle imprese italiane.
Si è trattato, quindi, di sostenere, attraverso l'emissione di bond ed un'attenta valutazione del mondo bancario italiano che, come spesso viene ricordato, ha tenuto, soprattutto in relazione anche a quanto è successo al di là dei nostri Pag. 36confini (mi riferisco alla crisi dei mercati, quindi alla crisi dell'economia reale) nel Regno Unito e negli Stati Uniti con riferimento alle banche d'affari.
Queste ultime sono realtà che - qualche collega probabilmente lo ha dimenticato - non sono soggette a controllo, come invece lo sono le banche tipiche, quelle presenti nel nostro Paese (ed alludo, ovviamente, a quelle a prevalenza italiana). Le banche italiane hanno resistito. Un risparmio che dobbiamo riconoscere soltanto alle famiglie italiane e al mondo delle imprese.
Tra le diverse iniziative che il Governo ha messo in campo, peraltro senza andare troppo in là nel tempo, ve n'è una che è stata tra le più importanti: il sostegno alle piccole e medie imprese, coinvolgendo anche il mondo relativo alla Cassa depositi e prestiti e ad istituti di credito importanti a dimensione europea (quelli che, in termini di importanza, riguardano il mondo del credito italiano). Questo significa per noi un sostegno reale alle imprese; ed è per questo che lo ricordiamo nella mozione. La politica economica intrapresa dal nostro Governo nel corso di questi anni ha evitato quello che è capitato in altri Paesi d'Europa o al di là dei confini europei, se si volge lo sguardo all'estero, vale a dire che siamo stati in grado di dare sostegno alle piccole e medie imprese.
Nella mozione diciamo di stare attenti alle implicazioni dell'applicazione graduale di «Basilea 3» e a quel rigore a cui veniamo portati anche come mondo del credito rispetto a dei parametri che vengono individuati, che non riguarderanno certamente soltanto il sistema bancario nostro, ma ovviamente anche le banche presenti in altri Stati.
Mi riferisco a quello che può significare, come è riportato oggi nelle pagine economiche dei giornali, un aumento di capitale all'interno del sistema del credito nella sua legittima autonomia e quello che può provocare anche in Borsa, nonché a quella che può essere, ed è, la sua ricaduta in termini di effetti ciclici anche con riferimento al sostegno del mondo del credito, soprattutto in merito all'erogazione di prestiti alle piccole e medie imprese.
Perché, vedete, l'intelaiatura di questo sistema socio-economico, per quello che riguarda l'Italia, si basa sulle piccole e medie imprese e quindi su un microsistema economico che ha necessità di vedersi alimentato il credito. Le diverse iniziative messe in atto da questo Governo sono andate nella direzione di favorire un percorso in maniera spalmata, giusta e legittima quale quello che è rappresentato dalla dimensione italiana.
Pertanto, vogliamo mettere in evidenza che si continui con l'azione che il Governo ha sostenuto e ha avuto modo di sostenere attraverso i diversi interventi nel corso di questi due anni, allo stesso tempo con una attenzione giusta e necessaria perché l'erogazione del credito a sostegno dello sviluppo economico del Paese si basa sulla struttura socio-economica rappresentata dalle piccole e medie imprese, con una ricaduta sul tessuto delle famiglie italiane.
Occorre, quindi, mettere in evidenza quello che «Basilea 3» dice nel chiedere rigore e una stretta su quelle che sono le diverse dinamiche con cui poi si affrontano passaggi importanti. Penso a quanto sta accadendo in direttive recepite anche dal nostro Stato per le società di rating e per quello che riguarda organismi internazionali che a volte, però, condizionano lo stato di salute di un Paese e, conseguentemente, penso anche alle ricadute.
Questo vogliamo che capiti anche attraverso una mozione come quella in esame, che non è un effetto spot, né come purtroppo, ascoltando alcuni colleghi, è stato detto, una misura con una dimensione da «gossip».
Tuttavia, pensando bene alle esigenze del Paese e allo stato di salute delle famiglie e delle imprese italiane, credo che ci sia poco da fare battute e immaginare anche che alcuni colleghi abbiano una ricetta vera che riguardi il rilancio dell'economia di questo Paese. Forse qualcosa abbiamo sentito oggi. Sono un po' perplesso nel momento in cui si entra nel merito di alcuni argomenti con una semplicità Pag. 37che poi non trova riscontro nelle cose reali, su ciò che significhi prevedere delle azioni laddove anche il Governo italiano mette la sua esperienza, la sua ricetta e, guarda caso, all'interno degli organismi internazionali economici poi risulta la formula vincente.
Avviandomi alla conclusione - perché devo dire che abbiamo le idee piuttosto chiare e stanno nelle risposte date nel corso di questi due anni - una giusta attenzione va rivolta anche nei confronti di quelle realtà, e mi riferisco a quel mondo del credito con cui questo Governo ha fatto passi importanti in momenti difficili. Vi è stato un confronto serio e forte nei riguardi di questo mondo chiedendo che vi fosse un'attenzione reale nei confronti delle piccole e medie imprese, ma con l'occhio rivolto anche alle piccole e medie banche che sono presenti sul territorio e che hanno un rapporto diretto e forse più costante con il mondo delle famiglie e con quello delle imprese. Ciò ovviamente senza nulla togliere ai colossi che il nostro Paese oggi vanta.
Bene i richiami di quegli organismi che rappresentano il mondo delle banche. Penso al presidente di ABI che, anche all'interno del Monte dei Paschi, di cui si parla ancora oggi, ricopre un ruolo importante, e quindi alla giusta attenzione che una persona che rappresenta il mondo bancario può mettere in evidenza. Faccio, poi, riferimento anche alle audizioni dei rappresentanti della Banca d'Italia presso le Commissioni competenti. Da qui si è messo in evidenza quali sono e quali possono essere i rischi, da una parte, per il mondo del credito, dall'altra, per le famiglie italiane e per le imprese. Pertanto, il senso è il richiamo e l'invito a mantenere desta l'attenzione su questi argomenti.
Dobbiamo anche ricordare che si parla di misure che andranno ad avere un effetto ed un'applicazione reale da oggi ai prossimi anni, ai prossimi 9 anni, perché parliamo di scadenze che andranno dal 2013 al 2019. È bene monitorare nei passaggi intermedi l'applicazione di «Basilea 3» affinché ciò ci consenta di concorrere a pieno titolo con il sistema bancario a livello mondiale, e quindi guardando con uno sguardo giusto agli Stati Uniti, ma, nello stesso tempo, per capire ciò che avviene all'interno dell'Europa avendo la consapevolezza che il nostro sistema ha retto grazie all'intelaiatura data dal patrimonio delle famiglie italiane e dal sistema delle imprese. Con riguardo a ciò, non mancherà quindi il sostegno da parte del Governo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, le nuove regole predisposte dal Comitato di Basilea si prefiggono lo scopo di prevenire l'eccessiva assunzione di rischi da parte delle banche e di rendere il sistema finanziario più solido e prudente. Lo scorso settembre, i governatori ed i capi delle autorità di vigilanza del G20 hanno approvato le proposte del Comitato di Basilea che saranno sottoposte al vaglio dei Capi di Stato e di Governo agli inizi di novembre. Pertanto, le nuove regole si applicheranno ad un'ampia platea di Paesi e saranno recepite nella legislazione dell'Unione europea. Esse sono state oggetto di un'ampia consultazione con il sistema bancario ed entreranno in vigore all'inizio del 2013. Il lungo periodo transitorio dovrebbe favorire un graduale adeguamento delle strategie operative delle banche ed evitare ricadute sulla ripresa economica.
Sugli aspetti della riforma ancora rimasti aperti, quali l'introduzione di regole specifiche per le banche e sistematicamente rilevanti, il Financial stability board emanerà entro l'anno ulteriori raccomandazioni. Pag. 38
In proposito giova precisare che la portata globale della crisi che ha colpito il sistema finanziario internazionale dal 2007, generando effetti dirompenti sull'economia dei principali Paesi, ha richiesto alle autorità una risposta coordinata a livello internazionale, per delineare regole omogenee ed evitare che l'assunzione eccessiva di rischi in giurisdizioni con sistemi di vigilanza poco rigorosi si scaricasse anche su sistemi come quello italiano, basati su modelli di business meno rischiosi e su una più incisiva azione di controllo da parte delle autorità.
La riforma proposta dal Comitato di Basilea richiede alle banche di detenere più capitale e di migliore qualità. La crisi, peraltro ha anche smentito la convinzione che qualsiasi esigenza di liquidità possa essere fronteggiata grazie a mercati finanziari ben sviluppati e integrati. Infatti, i soli presidi patrimoniali, soprattutto in condizioni difficili, non sono sufficienti a garantire la stabilità degli intermediari e del sistema nel suo complesso, ma devono essere affiancati da specifiche regole sulla liquidità.
Al verificarsi della crisi le autorità pubbliche si sono trovate a dover intervenire con risorse ingenti per evitare il fallimento di grandi operatori, che potevano generare ripercussioni sistemiche. Per evitare simili situazioni è essenziale limitare il più possibile sia la probabilità che istituzioni sistematicamente rilevanti falliscano, sia che il sistema finanziario e l'economia reale nel suo complesso debbano subirne le conseguenze. Il patrimonio rimane comunque il presidio essenziale nella regolamentazione prudenziale delle banche. Infatti, secondo la Banca d'Italia, livelli di capitale adeguati e di elevata qualità aumentano la capacità degli intermediari di assorbire le perdite e affrontare future crisi; garantiscono che essi siano in grado di sfruttare le opportunità di crescita e di sostenere le famiglie e le imprese, anche nei momenti difficili; accrescono la fiducia degli investitori e dei risparmiatori.
Riguardo al rischio di liquidità il Comitato di Basilea ha proposto due regole: la prima richiede che le banche mantengano uno stock di riserve liquide, che consenta di superare una fase di stress della durata di trenta giorni senza dover ricorrere al mercato o al rifinanziamento presso la Banca centrale; la seconda risponde all'esigenza di evitare squilibri strutturali nella composizione delle passività e delle attività di bilancio su un orizzonte temporale più lungo. Analogamente, per i ratios patrimoniali, anche per gli indicatori di liquidità, è stato previsto un periodo transitorio: dopo una fase di osservazione iniziale, l'indicatore di breve termine entrerà in vigore nel 2015, quello strutturale nel 2018.
Il Financial Stability Board e il Comitato di Basilea hanno operato avendo ben presenti due necessità: da un lato assicurare una riforma rigorosa, capace di promuovere un sistema finanziario più stabile, dall'altro minimizzare le potenziali ricadute negative della riforma sulla crescita economica, soprattutto in una fase di ripresa ancora incerta quale quella attuale.
Le proposte di riforma rese note lo scorso settembre hanno suscitato sul mercato reazioni diverse. Da una parte, banche e imprese hanno lamentato un'eccessiva severità, preoccupate rispettivamente del costo associato a più elevati requisiti di capitale e delle possibili ricadute sul finanziamento degli investimenti e dunque sulla ripresa; dall'altra, alcuni osservatori hanno considerato le proposte non sufficientemente incisive, se si ottiene che le nuove regole non comporterebbero un effettivo miglioramento della solidità per patrimoniale, in quanto le banche avrebbero già mezzi patrimoniali sostanzialmente in linea con i nuovi requisiti; inoltre la fase transitoria sarebbe così lunga che eventuali necessità di capitale sarebbero facilmente soddisfatte con l'autofinanziamento.
Comunque, nei mesi scorsi le autorità hanno condotto analisi volte a stimare il possibile impatto della riforma sulla crescita economica. Le analisi sono state condotte con riferimento ai Paesi del G20 Pag. 39e hanno stimato sia i costi di breve e medio periodo, sia i benefici netti di lungo periodo.
La crisi economica mondiale, che ha investito anche il nostro Paese e dalla quale ancora oggi stentiamo a uscire, è costata all'Italia circa 6 punti percentuali di prodotto nel biennio 2008-2009. Pur essendo il nostro un sistema bancario fondamentalmente sano, ancorato a un modello di intermediazione attento alle esigenze degli operatori economici, stiamo comunque osservando una prolungata contrazione dei prestiti alle imprese, che ha in parte riflesso le esigenze di alcuni intermediari di riequilibrare le condizioni di liquidità e di capitalizzazione.
Per quanto riguarda il credito alle imprese, i possibili effetti della riforma, soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni, potranno risultare diversificati. Le imprese più indebitate verso il sistema bancario potrebbero subire maggiormente le conseguenze di un possibile irrigidimento delle politiche creditizie. I dati della Centrale dei bilanci indicano che le imprese con meno di 50 addetti presentano una struttura finanziaria relativamente fragile ed una elevata esposizione nei confronti del sistema bancario. Il grado di indebitamento delle piccole imprese risulta significativamente più elevato rispetto a quelle delle imprese di maggiori dimensioni, anche tenendo conto di altre caratteristiche, come l'area geografica o il settore economico di appartenenza. Il maggior indebitamento delle piccole imprese si riflette in una più contenuta capacità di sostenere oneri finanziari. A causa della sostanziale assenza di canali di finanziamento alternativi al credito, la dipendenza delle piccole imprese dalle banche è più elevata della media.
Questi elementi di debolezza non sono, tuttavia, sufficienti a delineare un quadro completo dei possibili effetti della riforma; vanno infatti adeguatamente considerati i diversi fattori che potrebbero attenuare l'impatto su queste imprese. In primo luogo, è possibile stimare che le imprese con meno di 20 addetti sono finanziate in misura minore dalle banche più grandi e complesse che subiranno il maggiore impatto della riforma; la quota di credito concessa da questi intermediari alle piccole imprese è pari a circa il 45 per cento, contro un valore prossimo al 53 per cento per le imprese medio-grandi. Inoltre, un buon numero di banche italiane di medie e piccole dimensioni, già oggi è caratterizzato da livelli di patrimonio superiori a quelli richiesti dalle nuove regole. Questi intermediari hanno saputo assicurare, anche durante la crisi, un sostenuto flusso di credito all'economia; pertanto, le piccole imprese potranno continuare a beneficiare del dinamismo di queste banche che rappresentano un loro interlocutore naturale, soprattutto per il radicamento nel territorio e la spiccata capacità di incorporare nel processo creditizio le informazioni qualitative sul merito di credito della clientela.
A parità di merito creditizio, i finanziamenti alle piccole e medie imprese impegnano una quantità di patrimonio significativamente inferiore a quella richiesta a fronte dei prestiti concessi a imprese di maggiore dimensione. La gradualità con cui le nuove norme entreranno in vigore, però, potrà contenere l'impatto anche sull'economia reale. L'obiettivo indicato dai leader del G20 per la riforma prudenziale che si va delineando in sede internazionale è ridurre la probabilità che si ripetano crisi drammatiche, come quella vissuta recentemente, ed evitare che i loro effetti si ripercuotano con tale intensità sulle imprese e sulle famiglie. Pertanto, le finalità di fondo possono essere riassunte nel miglioramento dei profili di capitale, della liquidità degli intermediari bancari e in una maggiore omogeneità delle regole a livello internazionale. Secondo la Banca d'Italia un più severo ed omogeneo quadro di regole rappresenta la condizione necessaria per rendere più solido il sistema finanziario e costituisce anche uno stimolo per l'adozione di comportamenti virtuosi da parte delle imprese.
Si precisa, infine, che il nuovo impianto regolamentare conferma i meccanismi previsti da Basilea 2, che indirettamente Pag. 40incentivano le imprese a rafforzare l'equilibrio finanziario e patrimoniale. In particolare, per quanto riguarda le piccole e medie imprese, su iniziativa del Ministero dell'economia è stato costituito il Fondo italiano di investimento che favorisce la capitalizzazione delle imprese e con essa la capacità di accedere direttamente ai mercati finanziari.
Con riferimento al Mezzogiorno la Banca d'Italia ha precisato che i divari finanziari in quest'area sono più elevati, ossia le difficoltà di accesso al credito e il costo dei finanziamenti risentono in larga misura della fragilità del sistema produttivo, della sua bassa produttività, del contesto che non facilita l'attività di impresa. Pertanto, è necessario recuperare competitività, accrescere la produttività. Iniziative volte all'irrobustimento del tessuto produttivo, al recupero dell'efficienza, al miglioramento del contesto ambientale in cui l'attività economica si svolge potranno contribuire non solo allo sviluppo economico dell'area, ma anche a ridurre i divari finanziari rispetto al centro nord, in larga misura riflesso degli squilibri reali dell'economia.
In merito alle conseguenze per le banche italiane derivanti dalle nuove norme, si fa presente che il Comitato di Basilea, anche su impulso della Banca d'Italia, ha definito una proposta che attenua gli effetti penalizzanti connessi alla presenza di imposte anticipate nei bilanci bancari, riducendone la deduzione dal patrimonio degli intermediari.
Per quanto riguarda, infine, le agenzie di rating, la Banca d'Italia ha precisato che il Stability Board ha già previsto, nell'ambito del quadro regolamentare delineato per l'industria finanziaria, di ridurre la rilevanza dei rating nella supervisione, al tempo stesso accrescendo la concorrenza tra le agenzie di rating e controllando efficacemente l'integrità dei loro processi decisionali, nonché la trasparenza dei loro giudizi.

PRESIDENTE. Avverto che il parere del Governo sarà espresso nella prossima seduta.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Lo Presti: Esclusione dei familiari superstiti condannati per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un ente di previdenza dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta (A.C. 3333); e delle abbinate proposte di legge: Schirru ed altri; Fedriga ed altri (A.C. 3311-3479) (ore 17,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa del deputato Lo Presti: Esclusione dei familiari superstiti condannati per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un ente di previdenza dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Schirru ed altri; Fedriga ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 13 ottobre 2010 (vedi resoconto stenografico).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3333)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto altresì che l'XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Pelino, ha facoltà di svolgere la relazione.

PAOLA PELINO, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la proposta di legge oggi all'esame dell'Assemblea, composta di un unico articolo, è volta ad Pag. 41escludere dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta, nonché dal diritto alla cosiddetta «una tantum», con effetto retroattivo, i familiari superstiti condannati, con sentenza passata in giudicato, per omicidio del pensionato o dell'iscritto.
Al riguardo, vorrei preliminarmente informare l'Assemblea che la Commissione Lavoro - al termine dell'esame in sede referente - ha approvato all'unanimità, e senza alcuna modifica, questo provvedimento di iniziativa del collega Lo Presti, al quale sono abbinate anche due ulteriori proposte di legge, a prima firma dei colleghi Schirru e Fedriga.
La Commissione Lavoro, infatti, a conclusione dell'esame preliminare, ha ritenuto preferibile adottare come testo base la proposta di legge A.C. 3333, per l'appunto di iniziativa dell'onorevole Lo Presti, che è apparsa la più appropriata - per il suo contenuto sintetico e diretto - a disciplinare efficacemente questo argomento. Naturalmente, vorrei che fosse chiaro che anche le proposte dei colleghi Schirru e Fedriga hanno per me analoga validità.
Alla proposta di legge, come detto in precedenza, non è stato presentato - in sede di Commissione - alcun emendamento, a conferma della validità del suo impianto e, soprattutto, delle sue finalità, che hanno portato a conferire alla sottoscritta, nella seduta del 9 giugno scorso, un mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea.
Venendo, dunque, alle finalità della proposta di legge, sottolineo che con essa si intende sanare un'evidente anomalia del nostro ordinamento giuridico, che - allo stato attuale - non prevede l'esclusione dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta del familiare superstite, nei casi in cui questi sia stato condannato per omicidio dell'avente diritto; a seguito dell'eventuale decesso di tale soggetto, pertanto, l'omicida può comunque percepire, a legislazione vigente, il beneficio previdenziale. Infatti, la normativa applicabile in materia nulla prevede nel caso di omicidio del dante causa; per cui il soggetto che si renda colpevole di tale aberrante delitto non è escluso dal diritto di percepire la pensione di reversibilità o indiretta. Tra l'altro, proprio a conferma dell'esistenza di un vuoto normativo difficile da colmare con una semplice interpretazione, la stessa Corte costituzionale ha ribadito più volte che la pensione di reversibilità o indiretta spetta ai superstiti iure proprio e non iure successionis, con la conseguenza che non rilevano le ipotesi di indegnità a succedere previste dal codice civile.
Orbene, a fronte di tali evidenti lacune di carattere normativo, la Commissione Lavoro ha dovuto constatare che si sono verificati, di recente, alcuni casi di omicidio, in cui il coniuge, colpevole di tale efferato gesto nei confronti della moglie o del marito, ha poi chiesto e ottenuto dagli enti previdenziali la pensione di reversibilità o indiretta.
Purtroppo, gli enti previdenziali, per escludere il diritto dell'uxoricida, in tali casi non hanno potuto neanche fare ricorso ad interpretazioni oppure ad estensioni analogiche, considerato che, quando si restringono o si comprimono diritti soggettivi, come nel caso del diritto alla pensione, non è possibile ottimizzare il rinvio a questo tipo di fonti.
Proprio in relazione a quanto esposto, dunque, la Commissione che rappresento oggi in Aula, per finalità di giustizia sociale e di eticità, ha ritenuto che fosse doveroso colmare il descritto vuoto legislativo.
Al riguardo, anche per evitare possibili fraintendimenti o critiche sulla presunta natura illiberale di questa proposta di legge, vorrei che si prestasse bene attenzione ad un fatto: non stiamo chiedendo di sottrarre all'omicida il diritto alla propria pensione, eventualmente maturata nel corso degli anni spesi al lavoro, bensì di evitare che l'omicida, dopo aver ucciso il coniuge, possa addirittura beneficiare della pensione nel frattempo maturata dal defunto.
Si tratta con tutta evidenza di una questione di natura diversa, e pertanto meritevole di massima attenzione da parte delle Camere. Pag. 42
Passando quindi ad esaminare il provvedimento nel dettaglio e rinviando alla documentazione degli uffici per la ricostruzione della normativa vigente, ricordo che con il comma 1 dell'articolo 1 si intende escludere a regime il diritto alla pensione per i familiari superstiti che si macchino del delitto di omicidio nei confronti del dante causa, una volta emessa la sentenza di condanna passata in giudicato.
Con il comma 2 del medesimo articolo si intende disciplinare la fase transitoria, revocando il diritto alla pensione di reversibilità o indiretta per tutti i superstiti che già si trovano nella situazione indicata alla data di entrata in vigore della legge.
Faccio presente, peraltro, che la proposta di legge non comporta alcun onere aggiuntivo per il bilancio dello Stato, ricordando a tale proposito che la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere favorevole. Segnalo altresì che anche le altre due Commissioni competenti in sede consultiva, la I Commissione (Affari costituzionali) e la II Commissione (Giustizia), hanno espresso parere favorevole.
In conclusione, non mi resta che auspicare la sollecita approvazione di un provvedimento di alto valore sociale, che appare necessario al fine di ristabilire nell'ordinamento principi di giustizia e di equità.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, innanzitutto intendo ringraziare a nome del gruppo che rappresento il presidente e la XI Commissione (Lavoro) tutta per la celerità con cui si è giunti all'esame in Assemblea di questo provvedimento, che ha come finalità l'esclusione dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta, nonché dal diritto alla cosiddetta una tantum, con effetto retroattivo, dei familiari superstiti condannati con sentenza passata in giudicato per l'omicidio del pensionato ovvero dell'iscritto.
È indubbia la rilevanza sociale che esso riveste, i connotati di equità e di eticità che lo caratterizzano, i profili dinnanzi ai quali non ci sono state posizioni discordanti legate alle logiche di partito, bensì si è registrato un consenso unanime.
Il comune intento è di porre fine agli abusi e alle storture legislative, nonché di ristabilire nell'ordinamento principi di giustizia sociale. Troppi i fatti di cronaca - uxoricidio, parricidio, matricidio - dai quali è emerso nel tempo che il familiare superstite, autore del delitto, e come tale condannato con sentenza passata in giudicato, gode tranquillamente della pensione di reversibilità o indiretta, come se il dante causa fosse deceduto non già per mano sua bensì per un evento estraneo ad esso.
Solo per fare qualche esempio, ricordo il caso di Perugia, dove un uomo è stato condannato a trent'anni di reclusione per aver ucciso la moglie nel 2003, ed oggi gode della pensione di reversibilità. O ancora il caso di Nuoro, dove nel 1998 una guardia forestale sparò alla moglie con la pistola di ordinanza, in camera da letto, mentre la figlia di sei anni dormiva nella stanza accanto. Processato con rito abbreviato e condannato a 14 anni di reclusione, è stato rimesso in libertà nel 2007 e come primo atto post carcere, ha richiesto all'INPDAP, ente di previdenza della moglie, la pensione di reversibilità a scapito della figlia ancora minorenne.
Purtroppo, la normativa vigente fissa dei limiti per il riconoscimento del diritto alla pensione ai superstiti nei casi di separazione e di divorzio, ma nulla dice riguardo al caso che stiamo trattando, cioè nel caso in cui sia stato ucciso il coniuge avente diritto alla pensione. Conseguentemente, gli enti previdenziali, dinanzi alla richiesta del trattamento di reversibilità o indiretto, in presenza dei requisiti contributivi minimi richiesti, non possono che procedere all'erogazione del trattamento.
Oltre a questo, signor Presidente, vorrei ricordare che domani in Commissione - mi auguro anche in Aula in discussione Pag. 43sulle linee generali - avremo anche un altro provvedimento che riguarda sempre la sospensione dei trattamenti previdenziali per soggetti che si sono macchiati di atroci reati, relativi cioè ad atti di criminalità organizzata oppure di terrorismo, e spero che da parte di tutti i gruppi parlamentari vi sia la stessa solerzia che si è avuta per questo provvedimento.
C'è una proposta di legge della Lega Nord, abbinata a quella a prima firma Lo Presti, nella quale è prevista una misura di retroattività giusta; al comma 2, in particolare, giustamente è addirittura scritto che i soggetti di cui al comma 1, che sono titolari di una pensione di reversibilità e indiretta, perdono il diritto al relativo trattamento a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge.
Se tale principio è stato dichiarato costituzionale per questo provvedimento e quindi non sorgono problemi in tal senso, non vedo perché lo stesso concetto non possa essere traslato in altre proposte di legge. Quindi, mi auguro che non passi un concetto in base al quale l'uxoricida giustamente - lo ripeto - non percepisca la pensione di reversibilità anche nel caso in cui la sentenza sia già passata in giudicato, ma questo non valga nel caso di mafioso o terrorista.
Invito, dunque, tutti i gruppi parlamentari alla responsabilità. Per concludere, cari colleghi, si tratta di una lacuna ordinamentale - quella sull'uxoricidio, di cui appunto stiamo discutendo - che noi, in quanto legislatori, abbiamo il dovere di colmare per ragioni di giustizia ed equità. Pertanto, auspico, a nome del gruppo che rappresento, la Lega Nord, una rapida approvazione del provvedimento da parte di quest'Aula.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, com'è ormai noto, il progetto di legge concernente l'esclusione del coniuge uxoricida dal diritto al trattamento pensionistico di reversibilità, di cui sono stata prima firmataria, aveva lo scopo di introdurre una modifica alla normativa vigente in materia previdenziale che si riteneva urgente e necessaria per il superamento dell'iniquità rappresentata dalla non esclusione dal diritto al trattamento pensionistico di reversibilità del coniuge superstite nei casi di uxoricidio, intendendosi per uxoricidio l'omicidio commesso verso il proprio coniuge, sia esso il marito o la moglie.
All'indomani della presentazione del suddetto progetto di legge, diversi parlamentari della maggioranza, come l'onorevole Fedriga, l'onorevole Lo Presti e il senatore Delogu, ed altri dell'opposizione, come la senatrice Roberta Pinotti del Partito Democratico, hanno ritenuto opportuno presentare proposte di legge simili, facendo sì che, grazie anche a questo attivismo legislativo, si riuscisse ad accelerare l'iter del provvedimento, che finalmente potrà essere approvato dall'Aula anche grazie alle sollecitazioni del Partito Democratico.
È stato infatti il nostro rappresentante di gruppo, onorevole Franceschini, nella Conferenza dei presidenti di gruppo, a chiederne l'iscrizione all'ordine del giorno dell'odierna seduta, riconoscendo alla norma un particolare rilievo nell'attività parlamentare, tesa a superare il vuoto normativo esistente sulla materia o meglio a sanare un'anomalia dell'ordinamento legislativo, ma allo stesso tempo - e mi dispiace sottolinearlo - anche per ovviare all'inerzia legislativa che si registra in questa legislatura.
Comunque noi oggi - come Commissione Lavoro - proponiamo l'approvazione di una norma riconducibile ad una materia di legislazione esclusiva statale, che non richiede copertura di spese né le cosiddette clausole di salvaguardia concernenti i diritti soggettivi e le relative compatibilità finanziarie, che sono necessarie, in quanto la materia in oggetto è regolata da fonti di rango primario.
La Commissione Lavoro si è decisa ad adottare come testo base la proposta A.C. 3333 dell'onorevole Lo Presti alla quale sono state abbinate le proposte Schirru ed altri C. 3311 e Fedriga ed altri C. 3479, Pag. 44proposte che prevedono che tutti i familiari superstiti condannati con sentenza passata in giudicato, non solo per delitti di uxoricidio, ma anche di fratricidio, parricidio e matricidio, perdano il diritto alla pensione di reversibilità, o indiretta ovvero all'indennità una tantum, nonché la revoca del trattamento per coloro che già godono delle prestazioni ai superstiti pur non meritandole in quanto colpevoli del decesso del dante causa. Sappiamo bene che la pensione di reversibilità costituisce l'erogazione previdenziale che alla morte del lavoratore assicurato, pensionato per vecchiaia, anzianità, o inabilità, spetta ai componenti del suo nucleo familiare, ovvero al coniuge, ai figli e - in particolari condizioni - anche ai nipoti minori, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle naturalmente se a carico. Sottolineiamo che la sua funzione è appunto proprio quella di assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita dei superstiti del lavoratore alla morte di quest'ultimo. Indubbio - lo voglio richiamare - è poi l'alto valore degli articoli 30 e 31 della nostra Costituzione sull'istituto familiare, che affrontano la questione dei diritti della famiglia e di ogni singolo componente, e in particolare di come si debba tenere conto di nuovi rapporti che possano intercorrere nell'ambito familiare (non solo tra i coniugi ma anche tra genitori e figli, compresi quelli illegittimi), e della necessità di condizioni economiche dignitose che lo Stato deve essere in grado di assicurare. Nel formulare quindi l'articolo della proposta di legge in esame abbiamo voluto guardare alla realtà quale essa è della famiglia italiana, e come oggi si trova anche nella sua complessità. La realtà attuale è purtroppo anche quella dove germogliano ostilità, conflitti, rancori, violenze e opportunismi, orientati a determinare supremazia, arricchimento personale, e la ricerca anche di una propria posizione economica. Riteniamo che il matrimonio non debba essere una soluzione di comodo. Il legame tra marito e moglie e figli deve essere stabilito sull'affetto, sul rispetto reciproco. Queste sono le basi per un rapporto unito e solido, basato sul valore morale della solidarietà, valore che non può e non deve mai essere diminuito e umiliato. Purtroppo, di fronte all'uxoricidio, all'omicidio del coniuge, nonostante avvenga una vera e propria frattura della solidarietà familiare, l'omicida appunto non è escluso dal diritto di ricevere la pensione di reversibilità, venendo così meno lo stesso principio fondamentale del trattamento pensionistico, la sua funzione solidaristica. Per legge al coniuge spetta il 60 per cento, l'80 al coniuge con figli, e al figlio - quasi sempre si tratta di minorenne o di studente - solo il 20 per cento. Qui si tratta di una situazione paradossale, un muro legislativo contro il quale tutti i percorsi intrapresi dai legali che tutelano i minori si sono dovuti interrompere. Sono situazioni che vediamo ripetersi da decenni.
Nello specifico, ricordo il caso del 1999 nella provincia di Catania o a Perugia; in particolare un uomo condannato a trent'anni per aver ucciso nel 2003 la moglie gode dell'80 per cento della pensione di reversibilità, mentre il figlio minore della vittima ha solo il 20 per cento.
Ed è recente e tristemente famoso, perché ha goduto anche di una maggiore attenzione da parte dei media, il caso della giovane nuorese il cui padre ha ottenuto la pensione di reversibilità della moglie che aveva ucciso nel 1998. Solo dopo nove giorni dalla scarcerazione ha chiesto, infatti, la pensione di reversibilità che veniva versata sul conto della figlia. Particolari agghiaccianti e la sofferenza perpetuata per tutti questi anni sono già da sé un valido motivo per approvare la legge, ma anche i dati e le statistiche più in generale confermano quanto sia urgente un provvedimento legislativo di questo tipo. Infatti, più in generale, le statistiche comunitarie rilevano che, in Europa, la violenza rappresenta la prima causa di morte delle donne nella fascia di età tra i 16 ed i 50 anni e, nel nostro Paese, si ritiene che ogni tre morti violente una riguarda donne uccise da un marito, un convivente o anche un fidanzato. Nello specifico del nostro Paese, secondo un rapporto EURES-ANSA del 2009, si conta un omicidio in famiglia ogni due giorni. Negli ultimi 7 Pag. 45anni sono state complessivamente circa 1.500 le vittime di questa situazione. Ogni dieci giorni un padre, un marito (l'autore è nel 93 per cento dei casi un uomo), pianifica il proprio suicidio allargato trascinando con sé il coniuge o il partner o altri familiari. Ma se in Italia, nel 2009, si registra un calo del 64,5 per cento - valore più basso degli ultimi trent'anni -, è altrettanto vero che in famiglia si uccide. I femminicidi hanno subito un incremento significativo nell'ultimo decennio. La maggioranza delle vittime restano gli uomini, ma le donne uccise sono passate dal 15,3 per cento del totale, nel periodo 1992-1994, al 23,8 per cento, nel biennio 2007-2008.
Riguardo all'ambito in cui si è consumato il femminicidio, il rapporto EURES-ANSA ha evidenziato che il 70,7 per cento è stato compiuto, nel 2008, all'interno di contesti familiari. Si è osservato, infatti, che la vittima è una donna in un caso su quattro. Le più colpite sono anche le anziane, con numerosi omicidi di coppia, e il rischio più alto è anche nell'età feconda in cui le donne sono uccise prevalentemente all'interno dei rapporti di coppia. È vero anche che non si possono sottovalutare le vittime di sesso maschile, proprio in questi ultimi mesi, tra l'altro, sempre più protagonisti di efferati fatti di cronaca. Ricordo, infatti, il caso di «Lady Mercurio», la donna di 61 anni originaria di Terralba, cagliaritana d'adozione, che ha cercato di assassinare il marito settantacinquenne almeno tre volte. O il caso, a Treviso, poche settimane fa, della donna che ha assoldato due killer - parrebbe due vecchi amanti - per compiere l'omicidio del marito. Inoltre, vi sono numerosi altri casi.
Penso che sia piuttosto complesso dare una lettura univoca di tali fatti e delle suddette statistiche, anche perché non è stato possibile conoscerli nel dettaglio, non ci sono i dati. Parte delle cause, comunque, possono essere iscritte tra le conseguenze di una società sempre più precaria, caratterizzata anche dall'insicurezza, dalla sfiducia nel futuro. Una società in cui si è perduto un punto di riferimento, come sempre più frequentemente accade per mancanza di lavoro, di riferimenti familiari e, soprattutto, di una rete di supporto. Appare sempre più difficile e incontrollabile, quindi, la possibilità di costruire rapporti solidi e forti all'interno della famiglia.
D'altro canto, se si escludono i casi attribuibili a patologie psichiche, anche la rottura identitaria successiva alla decisione del partner di interrompere la relazione può essere a volte causa di simili gesti. È altresì vero che nell'ultimo decennio si è assistito ad una più spiccata tendenza sia alla segnalazione degli episodi da parte della vittima alla polizia in specifiche categorie professionali, quelle più colte (insegnanti, medici, assistenti sociali), sia la conseguente individuazione e persecuzione di colpevoli da parte della magistratura.
La violenza che si consuma all'interno delle mura domestiche, lontano da testimoni e con modalità che rendono difficile il reperimento delle prove (si pensi alla violenza psicologica) risente ancora di un retaggio culturale che tende a minimizzarla e a giustificarla, riducendo i comportamenti lesivi a meri conflitti coniugali o tra conviventi, destinati ad essere contenuti all'interno delle mura domestiche. Onorevoli colleghi, non è sbagliato per questo richiamare l'urgenza di una nuova politica finalizzata al recupero dei valori anche più elementari di cui la famiglia si deve riappropriare e un potenziamento anche della rete dei servizi sociali e della mediazione familiare, affinché queste ultime possano mediare sui disagi, sui conflitti familiari e portare tempestivamente all'attenzione pubblica ogni segnale di instabilità che possa essere anticipazione di gravi delitti.
È evidente che l'uxoricidio, oltre a rappresentare un crimine terribile, costituisce una profonda ferita per l'intera società, in virtù dell'interesse dei figli, che subiscono le conseguenze peggiori di questi drammi familiari in termini psicologici, appunto ritrovandosi all'improvviso doppiamente orfani di un genitore assassinato e di fatto Pag. 46anche dell'altro, che si è macchiato del reato di omicidio contro il proprio coniuge.
È pensando ai minori e pensando ai bambini che è stata approntata anche la proposta di legge in esame e quindi è arrivato il momento di colmare questa vacuità legislativa con l'approvazione della proposta di legge in esame (il testo Lo Presti), necessaria ad escludere chi si è macchiato di un crimine così grave dal diritto al trattamento pensionistico di reversibilità, nell'interesse proprio del sereno sviluppo dei figli, quelli che hanno bisogno di assistenza per evitare che siano vittime inermi di queste sciagure (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, svolgerò alcune brevi considerazioni con riguardo alla proposta di legge in esame, sulla quale già altri colleghi si sono espressi in sede di discussione generale. La proposta di legge in esame consta di un solo articolo, molto semplice nella sua formulazione e riguarda però un problema che purtroppo è stato sollevato da diversi enti previdenziali, che hanno eccepito un vuoto nella nostra legislazione con riferimento al diritto del coniuge o del familiare superstite che abbia provocato la morte del dante causa alla pensione di reversibilità. È un paradosso evidentemente del nostro ordinamento, un vuoto legislativo che abbiamo ritenuto di colmare con urgenza, per restituire legalità e giustizia in situazioni al limite del paradosso.
Cosa accadeva fino ad oggi (lo ricordo per chiarirlo a noi stessi ancora una volta)? Chi avesse provocato con dolo (ovviamente spiegherò poi anche il contenuto dell'emendamento correttivo introdotto in questi giorni dalla Commissione lavoro) la morte di un proprio familiare, da cui poi avrebbe potuto ottenere in via di reversibilità la pensione erogata al medesimo familiare, aveva appunto il diritto di mantenerla.
E nonostante l'atto particolarmente odioso commesso contro il proprio dante causa, il nostro ordinamento non prevedeva alcun tipo di rimedio che potesse far venire meno questa situazione veramente paradossale. Al che, è chiaro che si è reso necessario l'intervento legislativo proprio perché le vie medio tempore percorse in sede giurisprudenziale non avevano sortito l'effetto che invece, con questa legge, intendiamo ottenere.
La giurisprudenza non è potuta intervenire, i vari tribunali non hanno potuto svolgere alcuna funzione in questa materia proprio perché il diritto o la successione nel diritto alla pensione avviene iure proprio e non è collegata al diritto successorio, e quindi non avviene iure successionis. Per cui, le ipotesi di indegnità previste dal codice civile, che avrebbero potuto consentire all'ordinamento di rimediare a questa situazione, non potevano essere utilizzate in subiecta materia.
Da qui, ripeto, la necessità dell'intervento legislativo che consta di un articolo molto semplice, che non parla né di uxoricida, né di omicidio del coniuge, ma, in modo molto più ampio e generale, contempla tutte le ipotesi in cui venga provocata la morte del familiare da parte del soggetto che poi ottiene in via di reversibilità la pensione medesima.
Ovviamente, il riferimento è stato fatto all'omicidio volontario, all'articolo 575 del codice penale, ma è sorto poi legittimo il dubbio se nell'ambito della fattispecie dell'omicidio in generale potesse essere poi ricompresa la fattispecie dell'omicidio colposo. La Commissione, grazie ad un emendamento all'uopo presentato, ha inteso proprio regolamentare espressamente l'ipotesi di esclusione dal diritto alla reversibilità della pensione per l'ipotesi di omicidio volontario, di omicidio preterintenzionale e di omicidio conseguente ad altro delitto (l'ipotesi, per esempio, di sequestro di persona a cui consegue l'omicidio medesimo).
L'emendamento che approveremo nell'ambito della seduta di domani servirà ad integrare e a rendere completa questa fattispecie e a far sì che, da quando questa Pag. 47legge entrerà in vigore, non si assista più allo scandalo di soggetti, condannati per omicidio della moglie o del padre o di altro familiare da cui hanno diritto alla reversibilità pensionistica, che possano continuare a beneficiare di questa provvidenza da parte dello Stato, pur essendo magari anche in galera a scontare pene gravi come l'ergastolo.
Quindi si colma un vulnus, una deficienza del nostro ordinamento e si conseguono finalità di giustizia e di eticità. In questo senso è l'intervento del legislatore e confidiamo soltanto in una celere approvazione della nostra proposta anche da parte dell'altro ramo del Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame consta di un unico articolo e intende mettere in rilievo i drammatici fatti di cronaca, in cui sono sempre più spesso protagonisti coniugi uxoricidi che chiedono ed ottengono dagli enti previdenziali la pensione di reversibilità o indiretta. Gli enti previdenziali, per escludere il diritto dell'uxoricida in tali casi, non hanno potuto neanche fare ricorso a interpretazioni o estensioni analogiche dal momento che, quando si restringono e si comprimono i diritti soggettivi, come nel caso del diritto alla pensione, non è possibile utilizzare fonti interpretative.
L'esigenza di approdare ad un parere condiviso scaturisce dalla normativa vigente che stabilisce che, in caso di morte del lavoratore subordinato, ai familiari superstiti è riconosciuto il diritto ad un trattamento pensionistico a titolo proprio, a condizione che siano a carico del lavoratore stesso e al momento del decesso. Si presumono a carico del coniuge i figli minori, mentre è necessaria la prova per gli altri familiari. La sua funzione è di assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita dei superstiti del lavoratore alla morte di quest'ultimo.
In base all'attuale normativa, la pensione ai superstiti è gestita dall'INPS e può essere: una pensione di reversibilità, se il defunto era già titolare di pensione diretta (vecchiaia, o anzianità del vecchio ordinamento, inabilità); una pensione indiretta, se il defunto, alla data del decesso, aveva almeno 15 anni di contributi, oppure era assicurato da almeno cinque anni, di cui almeno tre versati nel quinquennio precedente. Nell'ipotesi in cui non sussista il diritto alla pensione di reversibilità, al coniuge superstite o, in mancanza, ai figli minori, studenti o inabili, spetta un'indennità una tantum.
Riteniamo doveroso colmare l'evidente «vuoto» legislativo, escludendo dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta, nonché dal diritto all'indennità una tantum, i familiari superstiti condannati, con sentenza passata in giudicato, per l'omicidio del pensionato o dell'iscritto. È necessario sanare l'anomalia dell'ordinamento legislativo, che non prevede l'esclusione dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta del familiare superstite nei casi in cui questi sia stato condannato per omicidio, con sentenza passata in giudicato, in danno del pensionato o dell'iscritto. La legislazione in materia, infatti, nulla prevede nel caso di omicidio del dante causa, pertanto, il soggetto che si macchi di tale diritto non è escluso dal diritto a percepire la pensione di reversibilità o indiretta. Tra l'altro, la Corte costituzionale ha ribadito, più volte, che la pensione di reversibilità o indiretta spetta ai superstiti iure proprio e non iure successionis, con la conseguenza che non rilevano le ipotesi di indegnità a succedere previste dal codice civile.
Nel corso del dibattito in sede referente, la Commissione lavoro ha ritenuto opportuno dare una sollecita approvazione al provvedimento in oggetto, attesa la sua elevata rilevanza sociale. Il provvedimento è approdato in Aula dopo una rapida approvazione delle Commissioni permanenti interessate, con il parere favorevole delle Commissioni Affari costituzionali, Giustizia e Bilancio. Nello specifico, hanno tutte concordemente evidenziato che il testo, così com'è formulato, ha la finalità di colmare una lacuna del nostro ordinamento, Pag. 48estendendo, in sostanza, anche alle pensioni di reversibilità o indirette la disciplina prevista dal codice civile in materia di indegnità a succedere, mentre la Commissione bilancio ha osservato che non sembra presentare profili di criticità sotto il profilo finanziario.
Il testo reca disposizioni riconducibili alle materie di previdenza sociale e ordinamento penale, che l'articolo 117 della Costituzione, comma 2, lettere l) e o), attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, motivo per il quale si è ritenuto necessario intervenire con apposita proposta di legge.
Per quanto evidenziato, nel preannunciare il voto favorevole dell'Unione di Centro, riteniamo opportuno giungere ad una condivisibile e rapida approvazione del provvedimento in oggetto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, già negli interventi che mi hanno preceduto, sono state ben sottolineate ed evidenziate non solo le caratteristiche di «vuoto» legislativo, ma anche le incongruenze che si verrebbero a creare.
A questo punto, preme evidenziare e sottolineare il senso della proposta di legge in oggetto, in considerazione del presupposto dell'erogazione previdenziale. Quest'ultima, infatti - come, giustamente, si è detto e si dice - è collegata alla funzione solidaristica che essa intende soddisfare.
Questo presupposto, considerato unitamente al fatto che già esiste, ma non ricopre il caso in esame (il caso dell'indegnità a succedere), proprio per questa funzione solidaristica che in determinate situazioni è considerata preminente, è esattamente il motivo per cui si chiede che questa erogazione non possa avere luogo nel caso del coniuge uxoricida sopravvissuto alla persona deceduta.
Qui è importante sottolineare come il vincolo familiare che si presuppone abbia la solidarietà nel suo contenuto, possa essere considerato in relazione al nucleo familiare in un ordinamento moderno. La novità che viene sottolineata da questo intervento è il fatto che la famiglia non può essere considerata automaticamente, in sé e per sé, come un presupposto dal quale derivano una serie di benefici e di erogazioni, ma sempre più frequentemente e opportunamente si guarda alle comunità affettive, ai vincoli che si costituiscono in relazione a quella solidarietà e a quel sostegno che in concreto ed effettivamente si vengono a verificare.
Ecco perché in questo caso il fatto che ci sia stato un evento omicidiario che vede tra le vittime uno dei due coniugi anche conviventi, separati o divorziati, diventa una frattura di quella funzione previdenziale che ha come base il vincolo solidaristico e per questo motivo deve venir meno l'erogazione.
Qui troviamo anche la dimostrazione di un'evoluzione della legislazione, del pensiero del legislatore e anche di come viene assunta, interpretata la famiglia in tutte le sue composizioni e formazioni. Il fatto che il legislatore elimini la possibilità dell'accesso a questo tipo di erogazione non può che riaffermare, in questo caso in negativo, questo principio in una coerenza di sistema che ci piace sottolineare.
Giustamente sono stati menzionati dei gravissimi fatti di cronaca che purtroppo vedono un aumento dei casi omicidiari nei quali per lo più sono vittime persone di sesso femminile. Da questo punto di vista è già stato detto, ma mi sembra importante riaffermarlo, che questo intervento non ha solo il senso di colmare un vuoto ma certamente ha anche il senso importante di dare un segno tangibile di riprovazione sociale, di come si stia su un versante completamente diverso e di come tutto quello che attiene al pubblico e allo Stato intenda sanzionare questi comportamenti. Dare un segno pubblico di disapprovazione pensiamo sia molto rilevante e possa fare una piccola parte nel contrastare un fenomeno che non può assolutamente essere contrastato soltanto da interventi di ordine pubblico i quali, tra l'altro, nei casi in questione, necessariamente Pag. 49e purtroppo, intervengono quando l'evento si è già consumato. È quindi necessario che ci sia una serie di interventi tangibili che stabiliscano una consapevolezza ed un senso di non impunità, in senso molto ampio, che devono assolutamente andare oltre quella che è l'indispensabile sanzione penale di questi comportamenti.
Ecco perché questo intervento - e concludo - non ha soltanto il senso importantissimo di colmare una lacuna, un vuoto e un'incongruenza del sistema, ma anche quello di dare un segno di quella che è la politica nei confronti delle persone e della loro dignità. Vogliamo interpretare in questo senso anche il richiamo all'etica, che non può essere soltanto retorico ma accorato nel riaffermare la dignità della persona così gravemente messa in discussione da questi tempi moderni che presentano carattere di grande durezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, è stata già ampiamente spiegata, interpretata e sottolineata la valenza dei provvedimenti oggi all'esame, ma voglio anch'io sottolineare alcuni aspetti.
Ringrazio l'onorevole Schirru per aver fatto da apripista, depositando per prima la proposta di legge A.C. 3311 alla quale è seguita quella dell'onorevole Lo Presti e, successivamente, quella dell'onorevole Fedriga.
Durante il lavoro in Commissione - come altri hanno affermato - si è ritenuto, all'unanimità, di far approdare al più presto, in Aula, le proposte, proprio per cercare di colmare un vuoto per una situazione di gravità tale che viene assolutamente sottolineata in questi provvedimenti.
Sono provvedimenti che chiedono di escludere dall'avente diritto dell'assegno di reversibilità il coniuge o i familiari che commettono delitti di questa gravità. Certo è che la legge italiana - per come è stata fatta, e per come diceva testè l'onorevole Rossomando, che ha sottolineato la valenza e l'importanza solidaristica del nucleo familiare in questo senso - anche quando negli anni è venuta avanti con modifiche, le quali sono state fatte tenendo presenti i cambiamenti culturali che sono avvenuti, non ha mai pensato di intervenire in questo senso proprio perché alla base vi è questo elemento di solidarietà, che crediamo sicuramente importante.
Tuttavia, se questo viene meno, credo sia assolutamente doveroso che si ponga rimedio, perché o il trattamento spetta al coniuge - anche se separato o divorziato, a patto che non abbia contratto, appunto, un nuovo matrimonio - o diciamo che non ci sia un delitto di questo tipo, che veramente compromette e mette in discussione le basi a fondamento della legge esistente sul provvedimento pensionistico oggi in vigore.
Inoltre, ancor più sottolineato nel provvedimento - e veramente importante - è che si ponga rimedio perché, addirittura, questa parte, dopo aver commesso questo delitto, toglie al figlio, al più debole, anche ai giovani, così come è successo nei casi che sono stati menzionati e dai quali sono partite le proposte di legge per porre rimedio a tanto.
Credo che, anche recentemente, anche se sono passati degli anni - nel 1996 vi è stata un'ulteriore modifica riguardo alla reversibilità, quando si è ritenuto di mettere dei paletti, perché credo che ciò fosse condizionato dalla situazione economica rispetto alla reversibilità e rispetto a quanto fosse il reddito dell'altro coniuge in quel momento -, in quel frangente, non si è pensato di porre un limite, in qualche modo, rispetto ad avvenimenti di questo tipo.
Ecco perché ringrazio l'onorevole Schirru e gli altri onorevoli che hanno presentato proposte di legge in tal senso. Quella dell'onorevole Schirru è partita proprio dalla denuncia di Vanessa, il cui padre, uxoricida, ha ottenuto da Linda - togliendo alla stessa figlia - la pensione di Pag. 50reversibilità della moglie che aveva ucciso nel 1998; proposta partita, dunque, proprio da un fatto concreto; una denuncia molto forte. Credo che sia giusto, sacrosanto e doveroso che il Parlamento e noi legislatori concludiamo l'iter in tempi brevissimi, auspichiamo anche nella giornata di domani.
Ecco perché quel caso che ho citato e gli altri numerosi casi che si sono verificati aspettano, appunto, che in qualche modo venga fatta giustizia in questo senso.
Gli episodi di cronaca quotidianamente raccontano, purtroppo, troppo spesso di donne uccise dai propri compagni. Al di là delle denunce verbali e delle richieste di pene certe e di discorsi sulla certezza della pena, come l'onorevole Rossomando prima ricordava, le tre proposte al nostro esame, dopo l'iter in Commissione in cui vi è stato un consenso unanime come citavo prima, se fossero approvate al più presto renderebbero un po' di giustizia rispetto alla troppa violenza che le donne troppo spesso subiscono.
Cito solo alcuni dati ma credo che siano importanti. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la violenza contro le donne rappresenta la prima causa di morte per il sesso femminile fra i 25 e i 44 anni. Dai dati dell'ISTAT del 2007 emerge che in Italia il 14,3 per cento delle donne, dai sedici ai settant'anni, ha subito violenza e questa violenza avviene sempre all'interno della famiglia o da parte dei compagni.
Pertanto, credo che sia doveroso evidenziare che è un bene che le denunce siano aumentate moltissimo e continuano ancora ad essere in netto aumento grazie anche all'entrata in vigore della legge specifica sullo stalking. Si è registrato un più 4 per cento nel 2009 rispetto al 2008 e nei primi sei mesi di quest'anno si è addirittura raggiunto il più 12 per cento. Ma questo non può assolutamente bastarci né ci può accontentare, perché occorre intervenire con aiuti concreti, finalizzati ed esigibili in tempo utile. Questo al nostro esame potrebbe essere uno per dare un segno e per aiutare le donne a fronte di questi dati che ci dicono che sono proprio le donne, nel 99 per cento dei casi, le vittime di violenze e le vittime dei loro carnefici. Inoltre, vi deve essere un impegno per le associazioni, perché sono spesso queste ultime a farsi carico di tali problemi. Ricordo Telefono Donna e altre associazioni di donne. Si tratta di un impegno che diventa di giorno in giorno più faticoso, perché tali associazioni sono lasciate troppo sole a fronte di tante e tali richieste, che prima citavo, e a fronte della complessità delle situazioni da affrontare.
Per questi motivi ci aspettiamo dal Governo coerenza e rispetto verso gli impegni assunti, impegni presi in molte occasioni con annunci di risorse che, però, assolutamente non arrivano. Dunque, vi sono più denunce e più richieste di aiuti ma meno risorse messe in campo. Questo non può andar bene né ci può lasciare assolutamente indifferenti.
Tra un mese ricorrerà la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Vorremmo che vi fosse un dato tangibile, oltre agli spot. Occorre ragionare seriamente su strutture pubbliche socio-sanitarie perché oggi è tutto molto frammentato negli interventi e questi sono molto differenziati tra regione e regione. Oggi mancano ancora procedure e protocolli efficaci per agire concretamente sui casi, con una presa in carico globale, condivisa e certa. Pertanto, la beffa diventa ancora più grande quando si aggiunge a tanti drammatici casi ed è ancora più grande quando il coniuge omicida, quasi sempre un uomo, seppur colpevole di un delitto così atroce ha diritto, comunque, a ricevere la pensione di reversibilità.
È evidente che l'uxoricidio, oltre a rappresentare un crimine gravissimo, costituisce una profonda ferita, come è già stato ripetuto ampiamente ma lo voglio sottolineare ancora, per l'intera società, in virtù dell'interesse dei figli che subiscono le conseguenze peggiori di questi drammi familiari in termini psicologici, ritrovandosi all'improvviso doppiamente orfani di un genitore assassinato e, di fatto, anche dell'altro genitore che si è macchiato del reato di omicidio contro il proprio coniuge. Pag. 51
È, quindi, doveroso da parte nostra e da parte del legislatore colmare questo vulnus legislativo con l'approvazione delle presenti proposte di legge. Quella a prima firma Schirru si compone di due soli articoli - come anche le altre, appunto - e propone di escludere chi si è macchiato di questo crimine così grave dal diritto - e non solo il compagno, il marito o in genere il coniuge ma anche i familiari - proprio per aiutare anche i figli che assistono da vittime a queste sciagure.
È importante, a mio avviso, segnalare, in un momento così difficile per chi vive momenti così tragici e spesso purtroppo non intravede una pena che sia corrispondente a un reato così grave, quello che oggi con questo provvedimento si vuole giustamente perseguire.
Certo, magari ce ne vorrebbero anche altri, però questo è un segnale importante che rende giustizia alle donne che sono vittime e come tali devono essere protette e tutelate, come raccomandano, appunto, le principali organizzazioni internazionali e che il nostro Paese ha recepito.
Per essere conseguenti a quanto raccomandato anche dalle organizzazioni internazionali tutte le istituzioni devono rendere effettivamente esigibile questo diritto di civiltà, il diritto di tutte le donne di vivere libere dalla paura. Questo provvedimento nei casi più disperati, cui non vorremmo mai assistere, almeno inverte la china drammatica dell'oggi, almeno non permette a chi si macchia di un tale delitto di avere poi anche dei benefici, poiché si tratta di un'ulteriore beffa anche contro i figli minori che si trovano, come dicevo all'inizio, doppiamente orfani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3333)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Pelino.

PAOLA PELINO, Relatore. Signor Presidente, sono soddisfatta per i lavori relativi all'argomento in esame e voglio sottolineare che, oltre alla proposta di legge Lo Presti, la stessa valenza hanno anche le altre due proposte a prima firma Schirru e Fedriga e quindi mi ritengo soddisfatta per come è stata accolta questa iniziativa legislativa.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, intervengo solo per ribadire la condivisione di molti, anzi praticamente tutti i temi, gli argomenti e le sollecitazioni che sono state formulate dagli onorevoli partecipanti a questa discussione e per sottolineare come questo provvedimento sia particolarmente significativo perché introduce un nuovo indirizzo legislativo in materia di conseguenze della consumazione del reato e della condanna per omicidio del familiare titolare di pensione, come è stato detto.
L'approvazione della proposta di legge è anche un modo chiaro, univoco ed inequivoco per tutelare in senso ampio le vittime di azioni violente, così come viene richiesto da più parti ad iniziare dall'Unione europea. Per tale ragione il Governo auspica l'approvazione, con la più ampia maggioranza, del provvedimento e ringrazia il relatore e la Commissione di merito per il lavoro svolto.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della contraffazione della pirateria in campo commerciale, istituita con Pag. 52deliberazione della Camera del 13 luglio 2010, ha proceduto in data odierna alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente, il deputato Giacomo Stucchi; vicepresidenti, i deputati Giuseppe Galati e Ludovico Vico; segretari, i deputati Filippo Ascierto e Anna Teresa Formisano.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 27 ottobre 2010, alle 10:

(ore 10 e ore 16).

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 2836-B).
Relatori: Mariarosaria Rossi, per la II Commissione; Antonione, per la III Commissione.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Reguzzoni ed altri n. 1-00445, Fluvi ed altri n. 1-00462, Misiti ed altri n. 1-00463, Occhiuto ed altri n. 1-00465, Borghesi ed altri n. 1-00466, Cicchitto ed altri n. 1-00467, Polidori ed altri n. 1-00468 e Mosella ed altri n. 1-00469 concernenti iniziative volte a garantire l'accesso al credito di famiglie e imprese, in relazione ai nuovi parametri stabiliti dall'accordo «Basilea 3».

3. - Seguito della discussione della proposta di legge:
LO PRESTI: Esclusione dei familiari superstiti condannati per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un ente di previdenza dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta (C. 3333).
e delle abbinate proposte di legge: SCHIRRU ed altri; FEDRIGA ed altri (C. 3311-3479).
Relatore: Pelino.

4. - Discussione della proposta di legge:
FEDRIGA ed altri: Disposizioni concernenti la sospensione e la revoca del trattamento pensionistico per i soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale o condannati per reati di terrorismo o di criminalità organizzata (ove conclusa dalla Commissione) (a partire dalle ore 16, dopo la conclusione del punto precedente) (C. 3541).

(ore 15).

5. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 18,55.