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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 383 di giovedì 14 ottobre 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10,10.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bocchino, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Crimi, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Menia, Migliavacca, Migliori, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Sardelli, Stefani, Tabacci, Tremonti, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Rigoni - n. 2-00838)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Rigoni n. 2-00838, concernente iniziative urgenti per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per l'avvio dei lavori dell'infrastruttura autostradale Parma-Nogarole Rocca (Tibre), è rinviato ad altra seduta.

(Chiarimenti in ordine alla realizzazione del progetto di trasporto Civis di Bologna - n. 2-00833)

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00833, concernente chiarimenti in ordine alla realizzazione del progetto di trasporto Civis di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, signor Ministro, questa interpellanza urgente, fra l'altro, non per causa del sottoscritto, giunge all'attenzione del Parlamento con un certo ritardo, perché mi è stato comunicato da rappresentanti del Governo che, in seguito a circostanze istituzionali, non avevano la disponibilità di tempo per rispondere; nonostante sia stata presentata il 28 settembre, con un lasso di tempo abbastanza limitato rispetto ad oggi, vi è quindi un certo ritardo.
In ogni caso i problemi permangono e, in questo lasso di tempo, si sono ulteriormente aggravati. Questo atto ispettivo fa riferimento a precedenti atti ispettivi e riguarda il progetto Civis Metrotranvia di Pag. 2Bologna, che in questi anni ha provocato notevoli disservizi, perplessità - perplessità è un eufemismo - e devastazioni vere e proprie del centro storico medievale di Bologna, con contestazioni da parte di tutti i settori della società civile bolognese e che, in molti casi, hanno coinvolto anche responsabili del Governo.
La situazione, rispetto ad altre tre o quattro interpellanze che il sottoscritto ha presentato, è precipitata, anche in riferimento ad una verifica e ad una conseguente preoccupazione espressa dal presidente dell'Istituto italiano di sismologia sul fatto che il centro storico medievale di Bologna sia a rischio per il passaggio non solo dei filobus e degli automezzi, ma, soprattutto, per l'attraversamento del centro storico (già caratterizzato da una serie di lavori che lo rendono praticamente impercorribile) da parte del cosiddetto Civis.
La suddetta situazione si è ulteriormente aggravata perché un quotidiano locale, uno dei maggiori quotidiani locali - mi riferisco alla redazione bolognese del Corriere della Sera - ha pubblicato un dossier riservato degli istruttori di ATC, l'azienda che ha in cura la gestione e la manutenzione di questo automezzo, a dir poco preoccupante.
Leggo testualmente che questo dossier, consegnato anche a tutti i componenti della commissione tecnica ministeriale, che è composta da rappresentanti del Ministero e degli enti locali bolognesi, emiliani e romagnoli, fa riferimento a carenze significative in materia di sicurezza che riguardano sia i passeggeri sia il conducente, sia alla stessa possibilità di questo automezzo di non causare danni al manto stradale e soprattutto agli edifici, con le ripercussioni che ovviamente ne deriverebbero.
Vi sono alcune date e fatti significativi legati alla guida ottica, che si bloccherebbe se la telecamera si trovasse esposta al sole, e tutta una serie di controindicazioni, che non sto in questa sede ad illustrare.
Di fronte a ciò e al fatto che sono state investite cifre rilevantissime, credo che il problema di un ente locale consapevole delle sue responsabilità verso la cittadinanza - mi riferisco alla gestione precedente e alla fase commissariale, perché come lei sa, signor Ministro, il comune di Bologna è attualmente commissariato - sarebbe stato un logico ripensamento del tratto del Civis, almeno al fine di evitare danni ulteriori anche al centro storico.
In questo contesto, oltre alle preoccupazioni di Italia Nostra e a tutta una serie di riflessioni dei comitati civici, si è inserita recentemente anche un'ulteriore verifica dei ricercatori dell'Istituto italiano di sismologia, che hanno dimostrato che le due torri di Bologna, la Garisenda e la Asinelli, in particolare la Garisenda, rischierebbero un crollo per effetto del progetto. Questo dato è della settimana scorsa e vi è stata una relazione sottoscritta anche dal professor Enzo Boschi, presidente della Società italiana di sismologia e del quale ho chiesto l'audizione nella Commissione parlamentare competente, che dice che la torre Garisenda rischierebbe seriamente il crollo se questo progetto si realizzasse nella configurazione iniziale.
A tutto questo occorre aggiungere ben due inchieste giudiziarie: una promossa dal sottoscritto (un dossier di 21 pagine sulle modalità iniziali della legge sulla gara di appalto, in quanto il progetto è stato definito ed è stato aggiudicato ad una ditta per circostanze che non si sono poi verificate), e un'altra inchiesta giudiziaria, motivata da un esposto di Italia Nostra. Vi è quindi una situazione di estremo caos, conflittualità e incertezza, ribadita anche dal sovrintendente al Ministero per i beni e le attività culturali, che ha detto che sarebbe stato meglio per la sicurezza, per il decoro ambientale e per la tutela dei monumenti che il progetto Civis non fosse stato avviato.
Al riguardo io stesso ho fornito al Ministero tutta una serie di documentazioni e di articoli di stampa che mi riservo di ripresentare. Non sapevo infatti che fosse il viceministro Castelli a rispondere, ma agli altri suoi due colleghi sottosegretari, che mi erano stati indicati nelle Pag. 3settimane scorse come i responsabili del Governo incaricati di rispondere alla mia obiezione, avevo inviato l'intera documentazione.
A questo punto le inchieste giudiziarie sono talmente significative che lo stesso commissario del Governo ha consegnato un dossier voluminoso ed è in attesa di ulteriori decisioni.
Alla luce di questo, pur rendendomi conto che vi sono precise disposizioni di legge che regolano questa delicata materia, pur rendendomi conto della concorrenza di varie autorità istituzionali, nonché del ruolo, se si vuole, marginale, ma non troppo, del Governo, che pure ha la disponibilità e ha investito anche in termini economici, pur rendendomi conto della presenza della regione, della provincia e soprattutto del comune, io avanzo la mia richiesta.
Prego il Governo di accertare questi stessi fatti, ma sono conclamati, e di riferire sulle due indagini giudiziarie, sulle quali, purtroppo, vi è stato il silenzio da parte delle autorità preposte, perché mi risulta che né il prefetto di Bologna né il commissario di Governo abbiano riferito in una prima fase. Ribadisco che vi sono ben due indagini giudiziarie avviate e a buon punto sul progetto Civis delle quali si è occupata la stampa cittadina e i maggiori quotidiani, il Resto del Carlino e il Corriere della Sera, edizione di Bologna.
Alla luce di queste considerazioni, l'interpellanza non a caso è urgente, perché si rischia gravemente di ledere il tessuto artistico della città e quella tipicità degli ambienti medievali che rendono bella e famosa Bologna in tutta Italia e perché oltretutto ci sono problemi di sicurezza dei viaggiatori oltre che degli autisti, denunciati da ATC Spa in un altro dossier voluminoso.
Credo che sia dunque opportuno un ripensamento anche alla luce degli interessi della città di Bologna e soprattutto una sospensione del progetto in questa fase, con un'assunzione di responsabilità del Governo che incida sugli enti locali, i quali - non ho timore a esprimermi in questi termini - su tale vicenda si stanno comportando in modo irresponsabile.
Il progetto è stato definito, portato avanti da una giunta di centrosinistra. Pur riconoscendo - perché sulla stampa vi sono dichiarazioni dei maggiori collaboratori dell'ex sindaco, dei suoi predecessori, dei responsabili della provincia e della regione - che il progetto presenta alcuni aspetti che non sono assolutamente condivisibili, si è deciso di andare avanti comunque, prescindendo totalmente dagli interessi della città.
Occorre a questo punto, a mio modo di vedere, una pausa di riflessione, un «alt», un robusto «alt» definito dal Governo per la sua parte di responsabilità, che individui almeno i fattori che impediscono al progetto Civis di svolgere le finalità istituzionali per cui il progetto globale è stato concepito, alla luce di allarmi significativi che non sono ancora stati contestati.
Concludo esponendo l'ultima obiezione. Siamo in attesa - afferma il commissario di Governo - della pronuncia del comitato tecnico e della commissione tecnica. Ma quando di tale commissione tecnica fanno parte coloro che hanno predisposto il progetto, nutro seri dubbi sulla risposta, in un certo senso, quanto al farsi carico delle difficoltà sopravvenute (che forse dovevano essere previste), delle manchevolezze e delle lacune; oltre alla presenza di tre rappresentanti degli enti locali, i quali rispondono politicamente a chi li ha nominati, come è sempre successo, spesso non curandosi, al di là della loro volontà, di altri obiettivi che non siano quelli assegnati dal loro «datore di lavoro», cioè il comune di Bologna, la provincia, per una parte marginalissima, e la regione Emilia-Romagna.
Questa è la ragione per cui ho presentato l'interpellanza urgente in esame, insieme ad altri colleghi. Ringrazio il viceministro Castelli per la risposta che vorrà darmi.

PRESIDENTE. Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, ha facoltà di rispondere.

Pag. 4

ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, in merito all'interpellanza in argomento, si ricorda che il progetto è stato approvato con specifico accordo di programma dalla regione Emilia-Romagna, dalla provincia di Bologna, dai comuni di Bologna e San Lazzaro di Savena e da ATC Spa il 15 maggio 2007. Tale accordo ha recepito in atti l'esito della procedura di controllo, prevedendo che il progetto esecutivo, elaborato per stralci dall'ATI aggiudicataria della gara, fosse oggetto di verifica di conformità alle prescrizioni derivanti dalla procedura di controllo (oltre a procedure previste dalla legge regionale n. 9 del 1999, sia per la VIA sia per lo screening) e da quelle scaturenti dalla conferenza di servizi, ed inoltre soggetto a validazione da parte degli enti locali.
Giova peraltro rammentare che spettano al comune di Bologna, beneficiario del finanziamento, le scelte funzionali, gestionali ed esecutive proprie della stazione appaltante, ed al Ministero per i beni e le attività culturali le decisioni in materia di aspetti architettonici e archeologici.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti interviene invece nella procedura approvativa del progetto per il rilascio del parere tecnico-economico, nonché del nulla osta tecnico ai fini della sicurezza, ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980. Pertanto l'attività svolta dal Ministero costituisce solo una parte di una procedura approvativa più ampia che vede coinvolti, per le rispettive competenze, diversi enti locali ed amministrazioni.
Il Ministero per i beni e le attività culturali ha fatto conoscere che il progetto preliminare e quello definitivo del sistema Civis sono stati oggetto di autorizzazione negli anni 2002 e 2006, aprendo, in fase progettuale esecutiva, un tavolo di confronto con le amministrazioni procedenti al fine di minimizzare l'impatto delle opere nel contesto monumentale del centro antico di Bologna e, laddove possibile, per restaurare, valorizzare e riqualificare ampi tratti del tessuto urbano coinvolto nell'intervento.
A partire dal 2008, sono state analizzate e valutate le migliori soluzioni relative all'attraversamento del Civis attraverso gli assi urbani ottocenteschi e novecenteschi. Non è stata autorizzata la realizzazione delle opere previste in progetto in Strada Maggiore e Via di San Vitale, ma soltanto la ripavimentazione della sede stradale con opportuni dispositivi di dissipazione delle vibrazioni dovute al traffico.
Entrando nel merito dei quesiti posti dagli interpellanti, si ritiene opportuno ricordare che, trattandosi di un sistema di trasporto innovativo, è stata istituita una commissione di sicurezza avente la funzione di valutare e verificare gli automatismi di guida e la loro compatibilità con il tracciato. La commissione, istituita con direttiva del Ministero delle infrastrutture e trasporti il 2 maggio 2005, è composta da tre rappresentanti nominati dal Ministero che rappresento, un rappresentante ciascuno della provincia, del comune di Bologna e della società di trasporto pubblico bolognese ATC Spa. Tra i compiti della commissione rientra quello di svolgere le funzioni di commissione di agibilità per l'espletamento delle verifiche e delle prove funzionali volte ad accertare le condizioni di sicurezza dell'impianto. Alla commissione è stata demandata per legge la responsabilità di verificare la sussistenza delle condizioni di sicurezza per la circolazione stradale indispensabili per garantire il transito del mezzo nello specifico contesto della viabilità di Bologna.
I lavori della commissione sono attualmente in corso con la valutazione dei problemi di malfunzionamento evidenziati nell'interpellanza in esame. Va altresì rilevato che la società ATC, stazione appaltante e soggetto attuatore del progetto Civis, non ha ancora preso in consegna alcun mezzo, subordinando il passaggio di proprietà ai risultati delle attività della commissione di sicurezza, alle prove condotte dai propri autisti ed ai successivi adempimenti contrattuali. Pag. 5
Il comune di Bologna ha comunicato il proprio intendimento di attendere la conclusione dei lavori della commissione di sicurezza, riservandosi di assumere tutti i provvedimenti conseguenti alla luce di quanto potrà emergere dai lavori della commissione medesima.
Allo stato attuale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non può che attendere la conclusione dei lavori ai fini della verifica sulla sussistenza dei requisiti di sicurezza del realizzando impianto. Ovviamente, nell'eventualità che non sia possibile proseguire nella realizzazione dell'intervento sarà cura del Ministero interessare il CIPE circa le iniziative da intraprendere in merito al contributo assegnato, anche ai fini dell'eventuale blocco dei finanziamenti.
È evidente infine che qualunque iniziativa relativa al rapporto contrattuale in corso per l'esecuzione dell'intervento in parola è rimessa integralmente al soggetto beneficiario del contributo, ovvero al comune di Bologna, che se ne assume le conseguenti responsabilità.
Quanto, infine, alle indagini giudiziarie, si segnala che per dettato costituzionale il nostro Dicastero non ha alcuna possibilità di intervento.

PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, la risposta del rappresentante del Governo è esaustiva per alcuni punti mentre, per altri, a mio modo di vedere, si trincera troppo dietro un'autonomia degli enti locali e una sostanziale irresponsabilità dell'Esecutivo medesimo.
Di fronte ad alcuni fatti particolarmente significativi, credo che il Governo potrebbe incidere maggiormente - è quello che auspico - sul ruolo dei rappresentanti del medesimo nella commissione preposta ad una verifica delle situazioni di sicurezza di questo progetto.
L'ho detto, non faccio processi alle intenzioni, perché non è la prima volta che accade che i tecnici, nominati dagli enti che hanno di fatto affidato il lavoro, difendano il loro progetto a prescindere delle risultanze delle indagini, dei dossier documentati e della realizzazione pratica dell'opera iniziata.
I disagi dei cittadini di Bologna sono evidenti. Ho posto alcuni problemi che riguardano la possibilità o meno che certi edifici del centro storico, di epoca medievale, possano sussistere nonostante il passaggio di questo progetto chiamato Civis. A tale proposito ci sono molte problematicità e non c'è nessuna certezza, anzi la certezza è che questi edifici rischiano molto e gravemente di essere lesi nella loro identità e struttura (mi riferisco ad esempio alle due torri).
Su questo aspetto, denunciato - lo ripeto - dal presidente dell'Istituto italiano di sismologia, c'è stata la totale indifferenza degli enti locali (del comune di Bologna e del commissario di Bologna), i quali dicono di voler aspettare i risultati della commissione tecnica.
Allora, al Governo chiedo di farsi carico in ogni caso del dossier dei dirigenti e dei tecnici dell'ATC, non del presidente dell'ATC, che risponde politicamente a chi l'ha nominato, ma dei tecnici e dei dirigenti che denotano una serie di disfunzioni significative. Inoltre, gli chiedo di non entrare sicuramente nel merito dell'operato della magistratura, che una volta tanto fa il suo dovere, però di essere a conoscenza di due indagini particolarmente significative della magistratura bolognese su aspetti significativi di Civis e, in ultima analisi, di prendere in considerazione anche le dichiarazioni di esponenti istituzionali (tra cui anche quella, ultimamente, della sovrintendente ai beni architettonici e culturali la quale ha affermato che sarebbe stato meglio che il progetto Civis non ci fosse stato), oltre che di altri tecnici che sono stati chiamati da Italia Nostra e da diverse associazioni per la tutela ambientale e artistica di questo progetto. Si diceva una volta nei dibattiti conciliari: placet, non placet, placet iuxta modum; ecco, posso allora affermare: placet iuxta modum, cioè la mia è una soddisfazione parziale per la risposta del Governo, risposta che Pag. 6non imputo certamente al Viceministro Castelli, ma anche ad una caratterizzazione consociativa che da troppo tempo caratterizza l'operato di tutti i Governi. Credo che, invece, bisognerebbe, in certe circostanze, avere il coraggio di porsi anche contro l'opinione degli enti locali, sempre nell'ambito della legalità istituzionale, quando certe realizzazioni di fatto non rispondono a determinati criteri di legalità e, ovviamente, di interesse dei cittadini che dovrebbero essere i diretti beneficiari. Questa è la ragione per cui mi dichiaro ovviamente parzialmente soddisfatto, soprattutto per l'ultima parte in cui il Governo, tramite l'autorevole espressione dell'onorevole Castelli, si è dichiarato disponibile ad una seria riconsiderazione, per la parte di sua competenza, per quanto riguarda i finanziamenti e, indubbiamente, a porre in essere un'azione incisiva di stretta verifica di ciò che non va.
Il mio, allora, è un richiamo ad essere sempre più energici e decisi quando si tratta di verificare queste opere colossali che coinvolgono anche interessi che fuoriescono dalla struttura eminentemente amministrativa e a farsi carico veramente di denunce che sono motivate non da pure proteste politiche, ma dalla realtà dei fatti, che sono trasversali e vengono dagli ambienti più eterogenei della società bolognese, preoccupati per il mantenimento di un centro storico che è un autentico gioiello, come quello di tante città d'Italia. Allora, non vorrei che prevalesse la ragion di Stato per cui per tutelare una presunta pace istituzionale si sancisce la rovina di un centro storico e, soprattutto, un'illegalità e un'ingiustizia. Pertanto il mio è un invito al Governo a tenere gli occhi aperti, a condizionare in modo significativo i propri rappresentanti, a non farsi ingannare dai rappresentanti degli enti locali bolognesi ed emiliano-romagnoli, proprio nel supremo interesse di una corretta amministrazione (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Chiarimenti in merito ai tempi di realizzazione, ai costi e alle fonti di finanziamento dell'opera di ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria - n. 2-00850)

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare l'interpellanza Casini n. 2-00850, concernente chiarimenti in merito ai tempi di realizzazione, ai costi e alle fonti di finanziamento dell'opera di ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor Viceministro, qui ci troviamo a discutere, per l'ennesima volta, di un tema che non è solo responsabilità o necessità di questo Governo, ma che si trascina, che è lungo, come ci dimostrano solo le cifre, che parte da lontano. Infatti, quando si realizzò la Salerno-Reggio Calabria ci vollero 11 anni, adesso siamo nel rifacimento con le tecnologie degli anni Duemila e siamo ancora qui a parlarne dopo quasi il doppio del tempo. I fatti che sono avvenuti, le dichiarazioni che sono state fatte dal Presidente del Consiglio in quest'Aula non più tardi di una settimana fa, gli articoli di una serie di autorevoli testate della stampa nazionale, ci portano ancora a chiedere delucidazioni al Governo, ma più che per le notizie, proprio per i fatti stessi.
Infatti una settimana fa il Presidente del Consiglio diceva che la Salerno-Reggio Calabria sarebbe stata completata entro il 2013. Guardiamo nel sito dell'ANAS, 29 settembre 2009, si parla del 90 per cento entro il 2014. Il consiglio di amministrazione dell'ANAS di ieri, con tanto di annunci ufficiali, ha dichiarato che sarebbe stata completata la realizzazione per l'86 per cento entro il 2013. Dunque qui c'è un balletto di date che guardando le cifre - 86 per cento - in Italia potrebbe anche sembrare quasi Pag. 7completamento ma noi sappiamo cosa comporta non concludere l'opera entro il 2013 come è stato promesso, già oltre i tempi: vuol dire mancare 60 chilometri di questa autostrada. Oltretutto l'ANAS ieri annunciava che mancano anche 2 miliardi e mezzo di euro e, proprio il giorno in cui il Presidente del Consiglio in questa sede annunciava il completamento, 15 minuti prima la VIII Commissione, Ambiente, territorio e lavori pubblici, dava il parere favorevole alla delibera del CIPE che tagliava i fondi a quest'opera. Poi c'è tutta la vicenda che riguarda la gestione più pratica. Infatti ieri il consiglio di amministrazione dell'ANAS ha denunciato un'altra volta tutta una serie di atti criminosi che impediscono uno svolgimento rapido alle imprese che subiscono tutta una serie di atti criminosi. Come abbiamo letto in un articolo di un giornale la settimana scorsa - ma non ce lo doveva ricordare questa testata - si susseguono da tempo le voci della famosa tassa del 3 per cento che viene pagata. Smentite vere con i fatti non ne abbiamo mai avute. Dunque, nonostante vari interventi compiuti dalle autorità e dagli organi di polizia che sono stati messi in atto proprio per evitare questo massacro su un tratto autostradale che non riguarda il sud ma tutto il Paese, lo sviluppo economico e lo sviluppo turistico, un'autostrada che specialmente è stata utilizzata da moltissimi cittadini italiani che non provengono dal nostro Mezzogiorno. Poi l'ultimo fatto è quello che abbiamo appreso - anche su questo chiediamo delucidazioni - che l'ultimo tratto non verrebbe completato per motivazioni di impatto sulla città di Reggio Calabria. Da quello che leggiamo il sindaco avrebbe chiesto soluzioni diverse. Dunque, per ora si taglierebbe l'ultimo lotto che è di 22 chilometri. Se ne farebbe soltanto la metà però con costi che sono pari al 78 per cento, sempre da quello che apprendiamo, delle risorse che erano state stanziate per fare tutti i 22 chilometri, tenendo conto che l'ultima parte stralciata è proprio la parte più complessa perché sarebbe quella che passa in mezzo alle case all'interno del centro abitato di Reggio Calabria e dunque con un impatto di costi notevole.
Noi, signor Viceministro, le rivolgiamo una domanda senza polemica, ma proprio con l'impegno e l'intento, la sollecitazione e la voglia di collaborare a risolvere un problema che ormai, come dicevo, interessa tutto il percorso della cosiddetta seconda Repubblica e rivela l'incapacità di uno Stato a risolvere quello che è diventato l'emblema dell'incapacità di realizzare opere pubbliche importanti in questo Paese. Dunque le chiediamo tutto quanto ho appena esposto, aggiungendo una osservazione riguardante l'ultimo tratto. Si è parlato anche di un indennizzo importante alla società appaltatrice che non dovrebbe realizzare l'ultima parte ma proprio per questo le chiediamo se nel corso della realizzazione di quest'opera sono stati tanti gli indennizzi dati ad aziende che non hanno potuto, sembra, non per loro colpa - ma anche le colpe sarebbero sempre da accertare - completare i lotti e si sono viste recapitare importanti pacchetti di denaro dei cittadini italiani.

PRESIDENTE. Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, l'autostrada Salerno-Reggio Calabria è un progetto unico nel suo genere, in quanto attraversa gli Appennini lucani e calabresi per oltre il 50 per cento dell'intero percorso, pertanto più di 200 chilometri di autostrada si inerpicano su un tracciato di montagna impervio, che raggiunge la quota altimetrica autostradale più alta d'Europa, a Campotenese, in Calabria.
La complessità dell'opera è dovuta anche al fatto di aver dovuto progettare e costruire la nuova autostrada in sovrapposizione a quella esistente, mantenendo ininterrotto il flusso veicolare, con l'obbligo di ridurre al minimo il disagio degli Pag. 8utenti. Si ricorda che questa scelta, che oggi possiamo sicuramente definire sbagliata, è stata presa da Governi estranei a quello attuale.
I primi lavori di ammodernamento dell'A3 sono iniziati nel 1998, ma i lavori per la realizzazione della nuova autostrada hanno avuto un vero impulso nell'anno 2001 e pieno sviluppo successivamente all'introduzione della legge obiettivo, quindi a partire dal 2002. Il progetto complessivo è suddiviso in 58 interventi e, precisamente, in 12 macrolotti e 46 lotti. In precedenza vi erano stati soltanto 20 piccoli appalti relativi a singoli lotti, avviati a partire dal 1998, con un'estensione media inferiore a 7 chilometri per un investimento complessivo di appena 600 milioni di euro.
La stima per la realizzazione ex novo della vecchia autostrada senza traffico era stata calcolata in 11 anni, poi realizzata in realtà dal 1962 al 1974. Consideriamo quindi un successo tecnologico il fatto che l'attuale progetto di realizzazione di una nuova autostrada, in presenza del traffico, è stato stimato in 12-13 anni.
Allo stato, i lavori ultimati, in corso o in appalto sulla nuova autostrada che saranno completati entro il 2013, riguardano 383 chilometri, pari a circa l'86 per cento dell'intero nuovo tracciato (previsto in 443 chilometri), e gli stanziamenti ad oggi resi disponibili, che ammontano a 7,36 miliardi di euro, consentono di finanziare tutti gli interventi in esecuzione, appaltati, in fase di contrattualizzazione, contrattualizzati e non cantierati e quelli già in fase di gara d'appalto (come già detto, per complessivi 383 chilometri). Per la realizzazione delle tratte in avanzata fase di progettazione, per un'estensione di circa 60 chilometri, sono ancora necessari circa 2,5 miliardi di euro di nuovi finanziamenti. Il costo finale dell'intera opera di costruzione ammonterà a circa 9,8 miliardi di euro, ossia intorno ai 22 milioni di euro a chilometro, inferiore quindi, per esempio, a quanto impiegato per il passante di Mestre, per cui si sono spesi circa 30,5 milioni di euro al chilometro ed al costo prospettato per la variante di valico di circa 50,2 milioni di euro al chilometro.
Relativamente all'affidamento originario del tratto Scilla-Reggio Calabria il prezzo ammontava per l'intero tratto a 496 milioni di euro e con lo stralcio (Scilla-Campo Calabro e Campo Calabro-Reggio Calabria) sono stati decurtati 174 milioni di euro. Il costo dopo l'adeguamento è stimato in 415 milioni e la differenza è sostanzialmente composta dall'adeguamento dei prezzi che si è registrato nei sei anni intercorsi dall'approvazione del progetto esecutivo ad oggi.
Si evidenzia che se non ci fosse stato lo stralcio, i prezzi sarebbero comunque lievitati del 20 per cento circa per l'adeguamento dal 2002.
Per quanto riguarda il lamentato definanziamento da parte del CIPE, si ricorda che si tratta soltanto di una rimodulazione degli investimenti e non di un definanziamento; i fondi sono serviti alla costituzione del Fondo ambiente per l'assetto idrogeologico del Mezzogiorno, emergenza dettata ormai un anno fa dai drammatici fatti dell'alluvione di Giampilieri.
In ordine alla denunciata tassa del 3 per cento che sarebbe stata imposta dalla malavita organizzata a tutte le imprese che lavorano a qualunque titolo sull'autostrada, si possono rassicurare gli interpellanti che tale eventualità si ritiene sia da escludersi.
Infatti, la contabilità adottata dall'ANAS prevede procedure rigide e articolate basate sulla misurazione delle opere eseguite, sull'applicazione alle quantità accertate dei singoli prezzi contrattuali, offerti e previsti, il che fa sì che i pagamenti riconosciuti all'appaltatore siano precisi e conformi a quanto previsto nel progetto appaltato. Non sarebbe possibile, pertanto, riconoscere nei confronti dell'appaltatore lavori non effettuati o quantità non realizzate.
Gli onorevoli interpellanti hanno quindi rilevato i gravi aspetti attinenti la sicurezza e le infiltrazioni malavitose nella realizzazione dei lavori. Pag. 9
Voglio ringraziare gli interpellanti per aver riconosciuto l'impegno che questo Governo sta profondendo per combattere proprio le organizzazioni malavitose, a cui viene fatto riferimento a tutti i livelli e in tutte le aree del Paese, non solo nel Sud.
Proprio su questo argomento, si è tenuto nella giornata di ieri un apposito consiglio di amministrazione dell'ANAS alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteoli presso il cantiere del V macrolotto della nuova Salerno-Reggio Calabria, a Palmi, per discutere della situazione dei lavori e delle iniziative per il contrasto degli atti criminali intimidatori.
Lo straordinario impegno economico connesso ai lavori della nuova autostrada espone l'ANAS, così come gli appaltatori, i contraenti generali, gli affidatari e tutte le imprese impegnate nei lavori, ad una serie di azioni intimidatorie e a tentativi di infiltrazioni criminali. Dal 2005 al settembre 2010 si sono verificati 215 atti criminosi (attentati, intimidazioni, minacce, incendi dolosi di mezzi, furti, eccetera).
In particolare: 185 episodi criminosi sul V macrolotto (16 minacce a mano armata; 3 esplosioni di arma da fuoco contro mezzi di cantiere; 51 danneggiamenti a mezzi; 13 incendi dolosi; 102 furti); 17 episodi criminosi sul VI macrolotto (2 incendi; 7 danneggiamenti; 6 furti; 2 minacce).
Il sensibile minor numero di azioni criminali sul VI macrolotto è da attribuire, con molta probabilità, al più recente inizio dei lavori, avviati principalmente la scorsa estate.
Ricordo che il danneggiamento delle macchine da cantiere costituisce un'azione particolarmente grave. Si tratta infatti di mezzi sofisticati ad alta tecnologia, i cui pezzi di ricambio non sono di immediato reperimento e il cui danneggiamento provoca, quindi, il blocco dei lavori anche per settimane. In altre parole, il danno indiretto, principalmente dovuto ai maggiori tempi di costruzione, supera di gran lunga il valore dei danni materiali prodotti.
L'azione di contrasto alle infiltrazioni criminali ha consentito, in particolare sul V e VI macrolotto, di far pervenire dalle competenti prefetture 109 informative interdittive nei confronti di altrettante ditte, di cui 62 già contrattualizzate ed operanti, ed ha comportato l'estromissione forzata delle imprese dai cantieri, con immaginabili conseguenze legate ai lunghi tempi di allontanamento e la successiva sostituzione.
Inoltre, l'ANAS rivolge particolare attenzione al controllo dei materiali e, in speciale modo, alla produzione di calcestruzzi, in passato oggetto di tentativi di infiltrazione criminale soprattutto nella fase di fornitura. Per il solo V macrolotto sono stati fino a oggi impiegati circa 930 mila metri cubi di calcestruzzi, su cui sono stati effettuati 17.600 prelievi di calcestruzzo fresco e circa 1.750 carotaggi di calcestruzzo indurito.
In esito alle verifiche e controlli diretti sul V macrolotto e sugli altri principali cantieri, operati con l'ausilio del centro sperimentale stradale di Cesano, sono stati emessi singoli rapporti seguiti da successivi riscontri e follow up, nei quali si è accertata la rispondenza dei calcestruzzi utilizzati.
Dove i controlli sui materiali hanno dato risultati non conformi alla norma, l'alta sorveglianza ANAS ha contestato il lavoro svolto e in alcuni casi si è dovuto demolire e ricostruire le opere.
L'ANAS ha intrapreso un percorso di integrazione con le istituzioni pubbliche interessate alla sicurezza, alla trasparenza e alla legalità nei pubblici appalti. A questo fine è stato sottoscritto un accordo con la Direzione investigativa antimafia, con la quale è stato realizzato un progetto formativo rivolto a tutti i dirigenti e funzionari della DIA impiegati in attività del mondo dei lavori pubblici e che è finalizzato a fornire una conoscenza sui principali aspetti teorico-pratici, dalla individuazione dell'opera alla fase di gara, con particolare approfondimento delle tipologie di cantiere e di appalti.
Ad oggi sono già stati formati venti dirigenti della direzione centrale di Roma Pag. 10ed altri venticinque parteciperanno nei prossimi giorni al corso rivolto ai dirigenti di Firenze, Roma e Napoli. L'ANAS ha inoltre ipotizzato la realizzazione di una articolata ed integrata rete di videosorveglianza che al momento è parzialmente presente in alcuni siti (ad esempio nei campi base), per monitorare ventiquattr'ore su ventiquattro le diverse aree sensibili e particolarmente esposte. La videosorveglianza dovrà confluire presso le sale operative dirette e coordinate necessariamente da rappresentanti delle forze dell'ordine, unici abilitati all'intervento nel caso vengano commessi atti illeciti, peraltro anche coadiuvati da personale ANAS.
Le sale operative sarebbero ospitate in moduli, la cui realizzazione è già prevista nei capitolati speciali d'appalto, attualmente già allestiti nei campi base dei macrolotti. Adeguatamente attrezzate, potrebbero operare ventiquattr'ore su ventiquattro impiegando almeno due operatori delle forze dell'ordine coadiuvati da operatori dell'ANAS. In attesa dell'entrata a regime delle sale operative, tenendo conto della straordinarietà dei tempi presenti e della necessità ed urgenza di proteggere il lavoro, le maestranze e le opere in costruzione, questa società ha ritenuto che l'attuale situazione richieda ulteriori ed immediate iniziative eccezionali, limitate nei tempi e nei luoghi, quindi esplicitamente il quinto e il sesto macrolotto, per consentire il controllo del territorio e dei punti sensibili dei cantieri. Un controllo che può avvenire solo attraverso il presidio costante e reale da parte delle forze dell'ordine.
Concludendo, voglio confermare l'impegno assunto dal Governo per il completamento di tutti i lavori di ammodernamento per la fine del 2013.

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di replicare.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor Viceministro, la ringrazio anche per la risposta che ci ha dato che però non mi permette di dichiararmi soddisfatto per alcuni motivi: prima lei ci ha parlato della complessità dell'opera, di una progettazione che viene da lontano, di una scelta tecnica che non avete condiviso, dell'esigenza di mantenere al minimo il disagio degli utenti. Sono questioni che condividiamo ma che non si sono poi nella realtà trovate realmente applicate. Questo problema parte dal 1998, anno a partire dal quale si sono susseguiti vari governi, governi di centrodestra, di alcuni dei quali anche noi, come Unione di Centro, abbiamo fatto parte - preciso questo perché la correttezza mi sembra sempre d'obbligo - però la situazione è che, da dodici anni e più, questa opera non trova compimento. Gli interventi sono tanti, le risorse necessarie sono tante anche loro. Mi ha colpito anche il passaggio sull'adeguamento dei prezzi perché la lentezza porta anche a una serie di aumenti di costi notevoli che ricadono naturalmente, e specialmente adesso in tempi difficili, sulle tasche dei cittadini: il famoso Pantalone a proposito del quale, nonostante voi affermiate sempre di non infilare le mani nelle tasche, in un modo o nell'altro (giacché se non si infilano le mani nelle tasche si aumentano i costi, o comunque si danno meno servizi da un'altra parte) in pratica è come aumentare le tasse, perché le tasse servono per questo. Lei ha parlato di una rimodulazione degli investimenti all'interno delle valutazioni, dell'attività, fatta dal CIPE che ha chiesto un parere anche a noi componenti della VIII Commissione. La rimodulazione è accettata in base anche all'effettiva avanzata dei lavori ma qui non si tratta di una rimodulazione, qui sono passati soldi da opere infrastrutturali ad altro tipo di attività, necessaria, lo abbiamo sempre sostenuto, ma le risorse andavano trovate in altri capitoli perché altrimenti se tagliamo gli investimenti per fare la cosiddetta tutela del territorio, la manutenzione, rischiamo davvero di tutelare il territorio ma di non incentivare lo sviluppo.
Apprendo con soddisfazione la sua categorica affermazione che dice: non esiste questa tassa del 3 per cento. Essendo voci, Pag. 11prendo per buono quanto mi spiega il signor Viceministro. Ci auguriamo che siano voci che, alla fine, non trovino più rispondenza, anche se tutti noi, parlando con imprenditori (ma ognuno racconta la sua e, come dicevo, noi prendiamo per buono quello che ha detto), temiamo che purtroppo non sarà una tassa del 3 per cento, saranno altre modalità.
Anche l'elenco spaventoso dei danneggiamenti che percepivamo, ma non in numeri così elevati, ci dimostra che c'è un problema, reale e forte, di tutela: non delle aziende, che vanno tutelate, ma prima di tutto delle risorse dello Stato e di quei cittadini che, da tanto tempo, aspettano la realizzazione di un'opera che dimostra, per ora, la mancanza di uno Stato forte. E non parlo di un Governo, ma proprio di uno Stato in senso molto più ampio.
Dunque, come dicevo, se dovessimo ascoltare quanto affermato dal signor Viceministro, mi potrei dichiarare parzialmente soddisfatto e la ringrazio ancora per quello che ha detto, ma i fatti, purtroppo, continuano a essere diversi.
Il problema della legalità ci preoccupa perché, nonostante gli interventi che abbiamo riconosciuto (e lei ha apprezzato il nostro riconoscimento), i fatti di illegalità sono ancora tanti, numerosi, purtroppo non solo su questa opera.
Il Governo ha spiegato cosa è stato fatto e ha parlato anche di colpe di altri, ma il Governo da lei rappresentato esercita la guida di questo Paese da tempo, dunque bisogna guardare avanti e cercare di risolvere questo annoso problema. Infatti, si può attribuire anche una parte di responsabilità ad altri, ma sicuramente da parte vostra c'è una sbagliata e continuata capacità, o sbagliata volontà, di programmare.
Infatti, le tre dichiarazioni che ho citato nell'illustrazione dei nostri quesiti dimostrano che, in pochi giorni, l'ANAS ha detto una cosa, il Presidente del Consiglio ne ha detta un'altra e l'ANAS ha rivisto questa posizione col consiglio d'amministrazione di ieri. Non credo che in pochi giorni siano cambiate le programmazioni. Probabilmente da parte di qualcuno vi è la necessità di lanciare mediaticamente, attraverso i mezzi televisivi, uno spot, ma chi attraversa quelle infrastrutture tutti i giorni sa che, purtroppo, lo spot non funziona, basti pensare ai ritardi, ai costi, allo stare in automobile. Il Governo parla della famiglia, io dico sempre che la famiglia si tutela in tanti modi: anche tenere meno il lavoratore in automobile, per consentirgli di stare un po' più con i propri figli, rappresenta già una tutela e una difesa della famiglia. Invece noi, in tante iniziative, non glielo permettiamo.
Dunque, come dicevo, da parte vostra c'è una programmazione sbagliata, disordinata o, quanto meno, ottimista, molto ottimista: un piccolo imprenditore, quando costruisce un'abitazione, anche la più piccola, mette in conto alcuni imprevisti, che ci sono. Qui non ne è stato messo in conto nemmeno uno, qui non si cerca neanche di gestire gli imprevisti, ma si apprendono quando ce li troviamo di fronte.
Nel concludere, la ringrazio ancora per la sua risposta. Sono convinto che, da parte sua, vi sarà la volontà per spingere verso una soluzione positiva di questa opera. Riconosciamo, proprio alla sua persona, una praticità. Tuttavia, si tratta di una praticità che dovrebbe essere anche conseguente, non a lei, ma a tutto il Governo, perché i passi si fanno uno alla volta. Completiamo la Salerno-Reggio Calabria e il giorno dopo iniziamo a parlare di ponte sullo Stretto: l'impressione è che, per vestirsi, prima ci si metta il cappello e poi si pensi a tutto il resto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

(Iniziative per eliminare e prevenire i gravi danni all'ambiente causati dalla diffusione delle buste di plastica - n. 2-00841)

PRESIDENTE. L'onorevole Cosenza ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00841, concernente iniziative per eliminare e prevenire i gravi danni all'ambiente causati dalla diffusione delle buste di plastica (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

Pag. 12

GIULIA COSENZA. Signor Presidente, signor sottosegretario, il tema al centro di questa interpellanza urgente ha, a mio parere, grande importanza sul piano della tutela dell'ambiente, della salute umana, della conservazione dell'integrità e della bellezza del nostro Paese; per questo motivo sono già intervenuta altre volte su questo tema.
Ogni anno miliardi di buste di plastica vengono abbandonate nell'ambiente e particolarmente grave è la situazione relativa al mare. Il mondo scientifico ha definito nefasti gli effetti delle buste di plastica visto che sono necessari 20 anni affinché si degradino, e nel corso di questo periodo rilasciano sostanze chimiche dannose per l'ambiente, l'ecosistema marino e la salute umana.
Dall'altra parte viene causato un danno all'industria del turismo, così importante soprattutto per il Mezzogiorno del nostro Paese, perché, ovviamente, un mare inquinato e sporco allontana i turisti e rovina l'immagine del nostro Paese che, pure nell'immaginario collettivo internazionale, è culla dell'arte, della civiltà, del buon vivere e delle bellezze ambientali e paesaggistiche.
Soprattutto, penso che dovremmo essere all'avanguardia nella tutela dell'integrità del contesto ambientale e del mare che ci circonda, per proporci anche all'estero con una marcia in più, degna della fama che ci caratterizza, piuttosto che andare al traino dell'Europa che, periodicamente, ci richiama al rispetto delle direttive.
Queste preoccupazioni e questi auspici nascono dalla constatazione di dati inquietanti, come quelli contenuti nel rapporto «Rifiuti marini: una sfida globale» a cura del programma ambientale delle Nazioni Unite, che quantifica in circa l'8 per cento l'incidenza delle buste di plastica nel totale dei rifiuti che ogni anno l'inciviltà di troppe persone disperde nel mare Mediterraneo.
Ci rendiamo ben conto della gravità della situazione, e del perché sia necessario un cambio di mentalità verso un problema specifico di fronte al quale, nonostante una sensibilità crescente, sul piano generale vige ancora un sentimento di generalizzata indifferenza.
In generale la maggiore fonte di deturpamento e inquinamento originata dall'uomo nel Mediterraneo è costituita dai mozziconi di sigaretta, i quali rappresentano da soli il 27 per cento della spazzatura abbandonata in mare; poi figurano le buste di plastica, alle quali possiamo sommare, per analogia, anche le bottiglie di plastica, le quali sono invece al terzo posto. Nel complesso, la plastica costituisce la seconda peggiore minaccia per l'ecosistema marino e per l'economia legata al turismo nel mare Mediterraneo.
Il tema della riduzione delle buste di plastica non biodegradabili è, quindi, assolutamente cruciale per la tutela dell'ambiente, della salute e del buon nome dell'Italia. A confermarcelo ancora una volta - come spesso avviene per i temi legati all'ambiente, e rispetto ai quali l'Italia tende ad arrivare in ritardo - sono le esperienze effettuate in Paesi esteri, o a livello di legislazione comunitaria. Basta notare, infatti, come in molti Paesi, sia in Europa che al di fuori di quest'ultima, dalla Francia all'Australia, da alcuni Stati degli USA alla Cina, siano già stati presi provvedimenti in proposito, con la messa al bando delle buste di plastica.
Basti, ricordare che l'articolo 29 della direttiva europea 2008/98/CE sulla riduzione dei rifiuti, il cui decreto legislativo di attuazione è attualmente all'esame della Commissione ambiente della Camera dei deputati, impone agli Stati membri l'adozione di programmi di prevenzione dei rifiuti e che, soprattutto, l'articolo 10 della stessa direttiva, intervenendo sul nostro codice ambientale, inserisce proprio la plastica biodegradabile tra gli elementi a tutela dell'ambiente. Giova inoltre richiamare una precedente direttiva europea, la 94/62/CE, che includeva già tra le misure atte a prevenire la produzione di rifiuti non smaltibili, la stessa promozione della plastica biodegradabile.
Alla luce di tutto ciò, quella della ricerca, della produzione e della diffusione di plastica biodegradabile - non Pag. 13solo nel settore delle buste, ma più in generale in quello complessivo degli imballaggi - può e deve essere una strada da seguire. Per rendere ancora più chiari i motivi che mi hanno portato a presentare questa interpellanza col carattere dell'urgenza, vorrei aggiungere un ulteriore elemento, che poi è la motivazione principale, legato al fatto che, ormai, si avvicina la fine dell'anno, e con essa la scadenza entro la quale il Governo dovrebbe emanare il decreto attuativo di quanto previsto dall'articolo 1, commi 1129 e 1130, della legge finanziaria per il 2007, ovvero l'avvio di un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto di merci che non siano biodegradabili.
La previsione originaria, secondo cui tale fase sperimentale è propedeutica all'obiettivo finale cioè «il definitivo divieto della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'esporto delle merci», fissava alla fine del 2007 l'avvio operativo del programma attraverso un decreto del Governo. Tuttavia, successivamente, vari provvedimenti hanno progressivamente prorogato il termine fino a quello oggi in vigore del 1o gennaio 2011.
Mancano solo tre mesi alla fine del 2010 e anche alla luce degli stimoli che giungono sia dagli esperti del settore che soprattutto dalle iniziative di alcuni enti locali, a partire dal comune di Roma, che hanno varato e hanno annunciato ordinanze per bandire l'utilizzo delle buste di plastica nei territori di competenza, alla luce della finora mancata attuazione della previsione di cui alla legge n. 296 del 2006 è opportuno attivarsi per mettere in moto questo programma sperimentale.
In conclusione, signor sottosegretario, le chiedo quali siano le iniziative in atto o quali siano le iniziative che il Governo intende porre in essere per realizzare i seguenti due obiettivi: l'assunzione di un programma organico di misure che porti l'Italia a prevenire e contrastare i gravi danni ambientali al mare e al suolo causati dalla dispersione delle buste di plastica; il varo, entro il termine oggi in vigore del 1o gennaio 2011, del decreto per l'attuazione del programma sperimentale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che non siano biodegradabili.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente, la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, desidero ringraziare l'onorevole Cosenza per la completezza e la precisione con cui ha illustrato questa interpellanza. Mi accingo a rispondere alla stessa con altrettanta precisione.
Il prossimo 1o gennaio 2011 - come si è detto - entrerà in vigore il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica comunemente usati per l'asporto di merci, in quanto non sono biodegradabili. Il divieto - è già stato ricordato - era stato previsto nella legge finanziaria 2007 e la sua entrata in vigore, originariamente fissata per il 1o gennaio 2010, in considerazione delle contingenze derivanti dalla crisi economica internazionale, è stata prorogata di un anno e, come dicevo, l'entrata in vigore del divieto è prevista per il prossimo 1o gennaio 2011.
Ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, nonché per rafforzare gli interventi in materia di protezione ambientale e per sostenere le filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), prevede l'avvio di un programma sperimentale volto a promuovere la progressiva riduzione della commercializzazione dei sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e da norme tecniche apposite, fino all'entrata in vigore del divieto, individuando le misure da introdurre progressivamente mediante un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente Pag. 14e della tutela del territorio e del mare e con quello delle politiche agricole e forestali.
È stato costituito un gruppo di lavoro per mettere a punto le iniziative adeguate a pervenire gradualmente al definitivo divieto di commercializzazione dei suddetti sacchetti di plastica, posto che tale processo implica un radicale cambiamento dei comportamenti e del costume, senza tralasciare i risvolti sui processi produttivi coinvolti. A tal proposito, si sta predisponendo uno studio finalizzato all'approfondimento scientifico, propedeutico alla conoscenza della capacità produttiva del sistema industriale italiano, con i risvolti sul sistema della distribuzione, per verificare le condizioni per il rispetto dei termini fissati dalla normativa utile per la stesura del decreto attuativo che definisca modalità e tempi per un intervento a regime.
Per le finalità previste volte alla riduzione della commercializzazione di shoppers in plastica, è disponibile la somma di un milione di euro, stanziata dall'articolo 1, comma 1131, della legge n. 296 del 2006; somma effettivamente impegnata dal Ministero dell'ambiente con decreto del 24 dicembre 2008 per un bando di finanziamento denominato «Un sacco Bio». Queste sono le azioni da avviare: 1. l'analisi del ciclo di vita (LCA - Life Cycle Assessment) dei sacchetti biodegradabili; 2. campagne di informazione e sensibilizzazione: 3. distribuzione di sacchetti biodegradabili.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta promuovendo una massiccia e capillare campagna di informazione dell'opinione pubblica, per renderla edotta di questa importante novità normativa, ottemperando ai propri compiti istituzionali.
Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di «Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale», derivata dalla Convenzione di Aarhus, stabilisce che l'autorità pubblica ha la funzione ed il dovere di informare, ma anche quello, ancor più stringente, di garantire l'informazione ambientale per il pubblico il quale ha, quindi, un vero e proprio diritto all'informazione ambientale, azionabile con i metodi di cui alla legge n. 241 del 1990, con riferimento, fra gli altri, alle «(...) misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente (...)».
È indubbio, quindi, il particolare rilievo che il Ministero annette alla effettiva ed efficace informazione, sensibilizzazione ed educazione ambientale dell'opinione pubblica su una tematica come questa, così delicata, perché interessa non solo le categorie produttive, ma come si diceva e merita sottolinearlo ulteriormente, anche e soprattutto i cittadini nei loro stili di vita quotidiani.
La campagna di informazione e sensibilizzazione del Ministero è inquadrabile fra le misure previste dal citato comma 1130, quindi di «accompagnamento», in quanto volte a facilitare la conoscenza della nuova normativa, facendone comprendere le forti ragioni ambientali che sono alla base di una scelta così radicale come l'abbandono dei sacchetti di plastica, ossia gli shopper, così diffusi all'interno delle case di tutti gli italiani. Tale campagna, infatti, in un'ottica di diffusione degli obiettivi di tutela ambientale e di contrasto all'inquinamento, agevolerà l'opinione pubblica ad una celere, informata e, si auspica, condivisa accettazione del nuovo divieto che impatterà fortemente sulle abitudini di milioni di consumatori e, soprattutto, sulla organizzazione della piccola e grande distribuzione.
Il Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto in accordo con le associazioni rappresentative delle categorie, una iniziativa di distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale di borse realizzate in materiale riciclato e riciclabile, o riutilizzato, o in fibre naturali, Pag. 15dando così un'indicazione chiara ed univoca per privilegiare il ricorso al riuso, per la riduzione della produzione e della pericolosità di materiali che non sono biodegradabili e compostabili.
L'intenzione è quella di favorire la nascita di una «domanda responsabile da parte dei consumatori» attraverso il potenziamento dell'informazione e la diffusione dei comportamenti responsabili, scelte queste già intraprese da grandi operatori della distribuzione.
Vale la pena anche evidenziare che l'utilizzo dei sacchetti biodegradabili viene promossa anche per un'altra e diversa finalità. Come ricordava l'onorevole Cosenza nell'illustrare la sua interpellanza urgente, il Ministero dell'ambiente è impegnato attualmente nella definitiva stesura del decreto legislativo di recepimento della direttiva rifiuti 2008/98/CE, testo già approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri e posto all'attenzione delle competenti Commissioni parlamentari che hanno espresso il parere richiesto.
A tale proposito, con riferimento alla raccolta differenziata, è stato appositamente previsto che i rifiuti organici quali rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall'industria alimentare dovranno essere raccolti in modo differenziato con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.
Viene in tal modo sancito, estendendo l'ambito di introduzione dei sacchetti biodegradabili ben oltre il solo circuito commerciale, l'obbligo anche per i cittadini di utilizzare per i rifiuti organici i contenitori alternativi rispetto ai tradizionali sacchetti di plastica. Questi ultimi resteranno destinati alla raccolta differenziata avente ad oggetto la sola «plastica».

PRESIDENTE. L'onorevole Cosenza ha facoltà di replicare.

GIULIA COSENZA. Signor Presidente, anch'io, a mia volta, ringrazio il signor sottosegretario per la precisione e per aver dettagliato l'attività che il Ministero sta svolgendo. È chiaro che ciò che mi ha immediatamente confortato è che il Ministero intende rispettare il termine del 1o gennaio 2011; questo è un passo molto importante affinché attraverso la realizzazione di questo programma sperimentale si possa addivenire poi alla sostituzione completa dei sacchetti attuali con quelli biodegradabili.
Il sottosegretario ha illustrato bene la consapevolezza, in ambito governativo, che per attuare ciò occorre attivare tutta la filiera, sia a livello industriale, sia a livello distributivo, e coinvolgere i cittadini attraverso l'educazione ambientale, con programmi che facciano conoscere la necessità che questo si realizzi e quindi con una sensibilizzazione generale.
Siamo anche tutti consapevoli che non è un processo semplice e quindi c'è bisogno non soltanto di un monitoraggio attentissimo, ma anche di un impegno forte e costante affinché ciò si realizzi. Quindi confido che il sottosegretario svolgerà un'azione molto forte in tal senso, in quanto vedo che è condiviso l'obiettivo soprattutto a tutela del nostro Paese, oltre che per ottemperare ad un obbligo comunitario.

(Orientamenti del Governo circa la riforma della giustizia minorile - n. 2-00825)

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di illustrare l'interpellanza Ferranti ed altri n. 2-00825, concernente orientamenti del Governo circa la riforma della giustizia minorile (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

GUIDO MELIS. Signora Presidente, la nostra interpellanza muove dalla viva preoccupazione che negli ambienti prossimi alla giustizia minorile, e specificamente tra gli esperti e gli operatori del settore, sta suscitando in queste settimane Pag. 16il proposito del Governo di riproporre il decreto del Presidente della Repubblica già annunciato per la verità nel 2008 e all'epoca accantonato anche a seguito di molte e incisive critiche ricevute. Abbiamo già potuto sentire sul punto il Governo in occasione di una risposta ad un precedente atto parlamentare presentato dall'onorevole Palomba, rispetto al quale la nostra interpellanza si pone in ideale continuità.
Una breve premessa: il nuovo testo non si discosta o non si discosterebbe dal vecchio del 2008 nella determinazione, improvvidamente, a nostro avviso, confermata, di abolire di fatto l'autonomia organizzativa e gestionale del comparto organizzatosi dagli anni Novanta in un Dipartimento della giustizia minorile autonomo, pari grado rispetto agli altri dipartimenti del Ministero e anche nella distribuzione o meglio nell'intento di sparpagliare in questo caso le competenze del Dipartimento di giustizia minorile tra più soggetti organizzativi.
Non occorre che spenda troppe parole per dimostrare la specificità del settore minorile, del resto riconosciuta costantemente dalla stessa Corte costituzionale, anche con riferimento agli articoli 30, 31 e 32 della Costituzione, specialmente al 31, secondo il quale la Repubblica «protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».
Del resto, al di là delle norme, in questo campo, vale specialmente l'esperienza degli operatori, degli esperti del settore e perfino il buonsenso pratico, il buonsenso comune.
Il minore che delinque, a differenza dell'adulto, lo fa in una fase speciale della sua vita, nella quale, per fortuna, molto più elevati sono i margini di possibile ravvedimento e correzione. Le sue particolarissime condizioni psicologiche, dipendenti dall'età, sono fortemente diverse da quelle dei maggiorenni, come diverse possono e debbono essere le terapie di riscatto e le relative politiche pubbliche, il cui contenuto educativo deve naturalmente essere ancora più preponderante rispetto a quello delle politiche normali per gli adulti. Su questa materia esiste una sterminata letteratura anche internazionale, tanto da esimermi in questa sede dall'andare oltre.
La cancellazione dell'attuale Dipartimento per la giustizia minorile - perché di questo si tratterebbe - rischia di disperdere un patrimonio raro di competenze specialistiche, una riserva indiscussa di capacità professionali, che ci vengono riconosciute universalmente in campo internazionale.
Gli istituti penali del settore minorile, comunità di accoglienza, centri di prima accoglienza, uffici di servizio sociale, tre scuole di formazione - per citare le articolazioni vitali di questo complesso sistema rodato da anni di fruttuosa attività - devono, a nostro avviso, proprio per la loro spiccata specialità, continuare ad essere aggregati in un'unica linea di comando e di responsabilità, nella quale siano esaltate le peculiarità e le specializzazioni tecniche dei dirigenti e degli addetti.
Il Governo non molto tempo fa, rispondendo all'interrogazione n. 5-03528 dell'onorevole Palomba, a risposta in Commissione, è incorso, a questo proposito, in una serie di non risposte - non so definirle altrimenti - che ci preme ricordare e che abbiamo sottolineato nell'interpellanza urgente.
In breve, ho sostenuto che il provvedimento in parola discende dalle osservazioni intervenute da parte dei vari ministeri, osservazioni tali che suggerirebbero la cosiddetta riforma, ma nessuna di tali osservazioni riguarda specificamente la giustizia minorile e anzi ci piacerebbe che il Governo ove ci sbagliassimo, ci correggesse.
Il Governo parla di innovazioni normative che renderebbero inderogabile il provvedimento e accenna alla riorganizzazione del personale dirigenziale nell'ambito dei singoli comparti, ma questa riorganizzazione, che non contestiamo, non concerne comunque il tessuto delicatissimo degli uffici giudiziari. Pag. 17
Il Governo parla di necessari tagli della spesa, attuati anche in altri ministeri, ma a noi risulta che in altri ministeri si è proceduto a una revisione degli uffici dirigenziali ma non ad una così radicale e dolorosa riorganizzazione.
Il Governo parla di generale necessità di accentramento, quando qui l'unico accentramento del tutto improvvido - come ho già detto - riguarda la sola giustizia minorile. Non si tiene conto dell'antica tradizione decentrata in questo settore, che risale a parecchi decenni fa. Il problema, signor sottosegretario, non è tanto la scomparsa dal dipartimento di due direzioni generali ma la soppressione di questo decentramento.
Tale provvedimento, in realtà, non riduce il personale, che viene ridistribuito presso altri soggetti organizzativi, per cui non c'è un risparmio da questo punto di vista, mentre aumenta la complicazione. Un direttore di istituto avrebbe infatti, adesso, ben tre referenti appartenenti a tre diversi dipartimenti: il DOG, il Dipartimento dell'organizzazione, per il personale e le risorse civili, il DAP, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per quanto attiene alla politica penitenziaria e il Dipartimento della giustizia minorile per l'attuazione di provvedimenti giudiziari e per il trattamento dei minori. Dunque, la catena burocratica si complica, non la si semplifica.
Mi avvio rapidamente alle conclusioni. Signor sottosegretario, l'amministrazione, come lei certamente sa, è una realtà complessa che non si svolge e non si ordina soltanto attraverso norme, ma che vive, per fortuna, di competenze, di esperienze formatesi negli anni, di interrelazioni antiche tra gli operatori che vi si dedicano, di capacità di trasmettere al suo interno saperi speciali, che si consolidano nella quotidiana esperienza della realtà.
Uno degli errori classici nelle politiche di intervento nell'amministrazione del nostro Paese, specialmente quando esse si sono lasciate ispirare, come oggi avviene, solo dalla bussola del risparmio della spesa pubblica, è quello di operare astrattamente, senza un'adeguata consapevolezza della complessità dell'oggetto sul quale intervengono. Basterebbe leggere la documentazione del Dipartimento per la giustizia minorile, ad esempio il corposo studio recente sui flussi di utenza dei servizi - che ho qui con me, fra le mie carte -, per rendersi conto della complessità dei problemi e dell'importanza che ad essi si dedichino apparati dotati di una speciale conoscenza di essi.
Frammentare le funzioni dell'attuale Dipartimento della giustizia minorile, spezzarne la guida unitaria, confonderne le professionalità con quelle, pure rispettabilissime, di altre organizzazioni, diversissime per missioni e per processi culturali di formazioni, è un errore molto grave, sul piano della scienza dell'amministrazione e, se mi consente, anche sul piano del senso pratico, tanto più che a risparmi tutto sommato modesti, come sarebbe facile dimostrare, a noi sembra corrisponderebbe il prezzo di un probabile impoverimento dell'intero intervento in questo decisivo settore delle politiche sociali, per il riscatto e per la riabilitazione dei minori devianti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, per rispondere all'onorevole Ferranti, va prima di tutto premesso che lo schema del decreto del Presidente della Repubblica recante il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia è stato predisposto sin dalla fine del 2008.
Lo schema del decreto del Presidente della Repubblica è stato peraltro oggetto di alcune osservazioni da parte di Ministeri concertanti - segnatamente il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e il Ministero dell'economia e delle finanze - tali da comportare, di volta in volta, la modifica del testo e delle numerose relazioni ad esso allegate, ai sensi della specifica normativa in materia. Pag. 18
Si rendeva inoltre necessario procedere al ripetuto aggiornamento di tutto il progetto di riorganizzazione del Ministero, dovendosi tener conto dell'innovazione normativa intervenuta e dei provvedimenti predisposti dai diversi dipartimenti del Dicastero, per la riorganizzazione del personale non dirigenziale nell'ambito dei singoli comparti.
Ciò chiarito, è bene precisare che l'emanazione del regolamento in questione è diventata indispensabile a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 240 del 2006, che ha previsto il decentramento del Ministero della giustizia, nonché dagli altri provvedimenti normativi che hanno imposto una completa riorganizzazione del Ministero e tagli di personale impiegato e della spesa.
Rammento in questa sede, infatti, che l'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 testualmente prevede che «al fine di razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri» si provveda: alla riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale, procedendo alla riduzione in misura non inferiore al 10 per cento di quelli di livello dirigenziale generale ed al 5 per cento di quelli di livello dirigenziale non generale, nonché alla eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti; alla gestione unitaria del personale e dei servizi comuni; alla rideterminazione delle strutture periferiche, prevedendo la loro riduzione e, attraverso la realizzazione dell'esercizio unitario delle funzioni logistiche e strumentali, l'istituzione dei servizi comuni e l'utilizzazione in via prioritaria dei beni immobili di proprietà pubblica; alla riduzione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità) non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione.
A ciò è da aggiungere che l'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha, successivamente, proseguito la linea di razionalizzazione e riduzione degli organici nelle amministrazioni pubbliche intrapresa con la citata legge n. 296 del 2006 ed ha previsto che le stesse provvedano a ridimensionare gli assetti organizzativi esistenti, secondo principi di efficienza, razionalità ed economicità, operando la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale, in misura non inferiore, rispettivamente, al 20 e al 15 per cento di quelli esistenti.
A tal fine, le amministrazioni adottano misure volte alla concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali, attraverso il riordino delle competenze degli uffici e all'unificazione delle strutture che svolgono funzioni logistiche e strumentali, salvo specifiche esigenze organizzative, derivanti anche dalle connessioni con la rete periferica, riducendo, in ogni caso, il numero degli uffici dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale adibiti allo svolgimento di tali compiti. Adottano poi misure volte a ridurre il contingente di personale adibito allo svolgimento di compiti logistico-strumentali e di supporto in misura non inferiore al 10 per cento, con contestuale riallocazione delle risorse umane eccedenti tale limite negli uffici che svolgono funzioni istituzionali. Provvedono poi alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di ricerca, apportando una riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale.
Senza volersi addentrare nella complessa specificità della normativa, appare in ogni caso chiaro ed evidente come la disciplina citata preveda la necessità di unificare il più possibile le funzioni svolte all'interno delle pubbliche amministrazioni, al fine di concentrare l'esercizio delle funzioni istituzionali, imponendo, nel contempo, drastiche riduzioni di personale.
Nell'ambito del nuovo schema di regolamento, pertanto, si è provveduto ad Pag. 19accentrare in capo al Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria la gestione del personale civile di tutto il Ministero ed in capo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria la gestione del personale di polizia penitenziaria. Si è proceduto analogamente anche con riferimento alla gestione dei beni e servizi, accentrata nell'ambito del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria.
Il quadro sin qui delineato deve poi essere coordinato, in ogni caso, con il decentramento del Ministero della giustizia, anch'esso attuato nell'ambito del nuovo schema di riorganizzazione. Va tenuto conto, infatti, che il riparto di competenze tra amministrazione centrale e direzioni regionali previsto dal decreto legislativo n. 240 del 2006, importa necessariamente che la materia della gestione del personale, nonché quella dei beni e servizi dell'amministrazione, sia gestita in parte a livello centrale ed in parte a livello decentrato.
Sulla base di tali principi, previsti dalle disposizioni normative citate, nell'ambito del nuovo decreto di riorganizzazione, il Dipartimento della giustizia minorile non potrà mantenere la Direzione generale del personale e quella dei beni e servizi e sarà composto da due direzioni generali, rispettivamente competenti per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari e per le attività internazionali.
Ciò premesso il Ministro compirà ogni sforzo per salvaguardare la specificità del Dipartimento della giustizia minorile, che rimane cardine centrale dell'azione del Ministero della giustizia. Le modalità per la salvaguardia di tale specificità saranno oggetto di prossime iniziative istituzionali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Ferranti.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, non siamo soddisfatti di questa risposta; tra l'altro, dobbiamo anche sottolineare come le risposte di impronta burocratica stiano aumentando. Ieri lo abbiamo visto da parte del Ministro Maroni, oggi lo vediamo da parte della rappresentanza del Ministero della giustizia.
Mi dispiace, tra l'altro, che il nostro interlocutore non sia nemmeno il sottosegretario alla giustizia, in quanto la stessa risposta è stata data senza cambiare una virgola ad un'analoga interrogazione, presentata in Commissione giustizia, sulla cui base abbiamo ritenuto opportuno di riarticolare il nostro quesito.
Poiché, infatti, l'amministrazione della giustizia, secondo noi, non deve essere considerata come la cenerentola di tutte le amministrazioni, abbiamo ritenuto opportuno, anche per un rispetto istituzionale, riformulare la nostra interrogazione sulla base della risposta che la sottosegretaria aveva fornito in Commissione giustizia. In Assemblea, invece, ci troviamo a sentire la solita litania, fatta di parole astratte, di concetti non adeguati, in quanto ci deve essere spiegato quale razionale utilizzazione delle risorse, anche economica, può essere quella di realizzare una frammentazione dell'organizzazione del Dipartimento della giustizia minorile!
Se quelle leggi, che devono essere attuate, mirano ad una razionalizzazione, ad un risparmio delle risorse, ciò non vuol dire eliminazione delle specificità; anzi, nel risparmio e nel buon andamento di un'amministrazione, che sia razionalmente adeguata, bisogna valorizzare le specificità, senza realizzare una frammentazione di competenze.
Come esponeva nella prima parte della nota illustrativa il collega Melis, che ha approfondito tutti gli aspetti, anche quelli relativi alla risposta fornita in Commissione giustizia del sottosegretario Casellati, il Dipartimento per la giustizia minorile ha una gestione unitaria e competenze specifiche che riguardano tutti gli aspetti della giustizia minorile e risponde anche ad un principio di contabilità dello Stato su cui poi tornerò tra poco. Qui, invece, in base a questo progetto e in base soltanto ad una risposta generica, in cui ci viene detto che il Ministro terrà conto con successivi atti - e non si sa quali - della specificità della materia attribuita al dipartimento, ci troveremo di fronte ad una Pag. 20materia, la quale ha fin qui dato dei risultati, che deve essere valorizzata, che deve essere perfezionata, che deve tenere conto anzi di ulteriori collegamenti (che spesso non ci sono proprio nell'ambito della materia minorile, tra processi penali, materia civile, servizi sociali e sinergie necessarie), che sarà governata da tre dipartimenti.
Credo quindi che in questa sola figura e sola rappresentazione vi sia tutta l'irrazionalità e la schizofrenia di un Governo che non vuole migliorare il servizio giustizia. Siamo alle solite! È come quando nel 2008 si è pensato di risparmiare e razionalizzare il personale dell'amministrazione giudiziaria, tagliando le piante organiche così come erano: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori; le piante organiche che erano complete sono state tagliate e quelle che erano incomplete si sono fatte figurare come complete.
Oggi ci troviamo quindi una macchina della giustizia che è inadeguata, perché nessuno ha avuto il coraggio, la competenza e la volontà di realizzare quanto quella legge del 2006 chiedeva, ovvero una razionalizzazione delle risorse, che non vuol dire spezzettamento di competenze o mettere parte del personale sotto il DOG e magari altre parti sotto il DAP. È una gestione non conforme nemmeno alla recente riforma della contabilità della finanza pubblica, ovvero la legge n. 196 del 2009, realizzata da questo Governo, la quale prevede, al secondo comma dell'articolo 21, relativo al bilancio di previsione, che «La realizzazione di ciascun programma è affidata ad un unico centro di responsabilità amministrativa, corrispondente all'unità organizzativa di primo livello dei Ministeri, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».
Il programma indicato nel bilancio è denominato da sempre «Giustizia minorile», e ricomprende le spese del personale, di funzionamento, di investimento e per i minori; la legge di riferimento, quella che ripartisce i Dipartimenti nell'ambito del Ministero, prevede appunto il Dipartimento riguardante la giustizia minorile. Un unico centro, quindi, di responsabilità di spesa, con destinazioni e programmi di spesa che non potranno essere differenziati, che non possono essere differenziati. Ben altri dovrebbero essere i tagli da apportare nella gestione generale dell'amministrazione dello Stato: gli sprechi, le auto blu sovrabbondanti. Non tagliamo su settori che già sono stati penalizzati!
Mi dispiace che non sia purtroppo presente il rappresentante, che avremmo voluto avere di fronte: evidentemente c'è la vergogna di venire a dirci per la seconda volta le stesse cose che sono state ripetute una settimana fa! Noi, lo ripeto, abbiamo avuto il senso istituzionale di rivedere la nostra interpellanza urgente alla luce di quelle risposte, e di modularla quindi pensando che non si dovesse svolgere un dialogo tra sordi, ma che vi fosse la possibilità di costruire qualcosa. Non stiamo parlando di nostri interessi personali, non stiamo parlando di leggi ad personam: noi vogliamo che la giustizia funzioni e funzioni per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,35)

PRESIDENTE. Salutiamo la delegazione, presente in tribuna, degli alpini soccorritori del Vajont, nonché gli studenti e i docenti dell'Istituto tecnico-commerciale «Maffeo Pantaleoni» di Roma (Applausi).

(Iniziative di competenza del Ministro della giustizia in relazione alla gestione dell'ordine nazionale dei biologi - n. 2-00847)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00847, concernente iniziative di competenza del Ministro della giustizia in relazione alla gestione dell'Ordine nazionale dei biologi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

Pag. 21

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, com'è noto gli ordini professionali rappresentano degli organi ausiliari della pubblica amministrazione e svolgono non solo una funzione di rappresentanza e di tutela degli interessi professionali che rappresentano, ma hanno anche l'eminente compito di svolgere azioni di controllo sui comportamenti e sugli aspetti deontologici di una professione. È quindi particolarmente grave ed inquietante quando, negli ordini stessi, vengono meno i principi di trasparenza, di correttezza e di buona amministrazione dei fondi che costituiscono il patrimonio dell'ente e degli ordini professionali.
In un Paese in cui sovente si parla a sproposito di questioni etiche e di questioni morali, soprattutto quando chi infrange tali regole appartiene al mondo della politica, si trascura molto spesso il controllo su altri organi dello Stato e della pubblica amministrazione e si sottovaluta il controllo ispettivo dello Stato stesso o degli organi dello Stato su tali organi ausiliari della pubblica amministrazione.
Non mi dilungherò, perché l'interpellanza è abbastanza dettagliata, e confesso di essere anche abbastanza imbarazzato a parlare in termini negativi dell'ordine professionale al quale appartengo; ma credo che chi ha veramente a cuore gli interessi di una categoria non può esimersi dal chiedere che chi la rappresenta, chi ne gestisce l'ordine professionale, lo faccia con il massimo zelo, la massima onestà e la massima trasparenza.
Gli è che, da un esposto anonimo del febbraio di quest'anno, sono stati denunciati una serie di malversazioni di fondi, di appropriazione indebite, e di uso distorto dei fondi stessi per compiti e fini che non hanno nulla a che vedere con i compiti e le finalità istituzionali dell'Ordine dei biologi.
Sono stati fatti i dovuti passi anzitutto presso il Ministero della giustizia, sotto la cui egida è l'Ordine nazionale dei biologi che - converrà qui spiegare - è uno dei pochi ordini che non ha articolazioni né provinciali né regionali ma mantiene una sua organizzazione su base nazionale; fin dalla legge istitutiva del lontano 1967, è rimasto un organo centralizzato, quindi - come tale - con funzioni accentrate nelle mani di poche persone.
Dopo questa serie di denunce anonime e dopo questa serie di denunce presentate alla magistratura ordinaria e allo stesso Ministero, è emersa da una commissione interna la veridicità di alcuni fatti, dell'uso distorto del patrimonio dell'ente, con una lettera a firma dello stesso presidente pro tempore e di altri due componenti del Consiglio dell'ordine, che è l'organo che amministra l'Ordine dei biologi.
Ciononostante (nonostante questa forma di outing, questa forma di ammissione) e nonostante le sollecitazioni che noi abbiamo rivolto al Ministero della giustizia, abbiamo dovuto rilevare che il medesimo Ministero altro non ha fatto che pilatescamente lavarsene le mani: in altre parole ha preso questi esposti, li ha rinviati al Consiglio nazionale che è l'organo di controllo dell'Ordine nazionale dei biologi perché li trasmettesse alla Corte dei conti per la rilevazione degli eventuali abusi e delle varie responsabilità contabili che potessero venire a carico degli amministratori; di proprio dal Ministero (quanto all'esercizio del compito di controllo e di verifica, cioè della funzione ispettiva che la legge assegna specificamente al Ministero della giustizia) nulla è venuto.
Allora, questa interpellanza si è resa necessaria per ribadire alcune questioni: che il Ministero deve - a mio sommesso avviso - esercitare un controllo e una verifica ispettiva sulla sussistenza dei gravissimi fatti che sono stati denunciati, e che non si può pilatescamente limitare a rimandare i fatti denunciati dai biologi al Consiglio nazionale dei biologi stesso, per la semplice ragione che controllori e controllati sono pessimi reciprocamente, nel senso che chi ha commesso dei reati, degli abusi o delle infrazioni contabili certamente non potrà esercitare riflessivamente un efficace e oggettivo controllo del proprio operato. Pag. 22
Altrimenti il dettato di legge a cosa servirebbe, se non a dare al Ministero una terzietà, l'obiettività di un compito di verifica e di rilevazione dei fatti per quelli che sono?
Si tenga conto che in questi giorni si svolgeranno le elezioni per il rinnovo degli organi statutari e che molti di questi dirigenti, che ovviamente dovrebbero dar conto almeno per la parte che può loro riguardare, si accingono a ricandidarsi; quindi, anche le elezioni si svolgono sotto una cappa plumbea di mancata trasparenza e di mancato controllo ispettivo e di verifica esterna della fondatezza di quanto è già stato accertato e degli ulteriori fatti che si dovrebbero accertare.
Manifestando anch'io la doglianza della collega per l'assenza del sottosegretario al ramo (ma ovviamente sentiremo al Ministero che cosa si dice), formulo vivi auspici che il Ministero possa intervenire per far piena luce.
Formulo vivi auspici che lo possa fare la stessa magistratura che è stata investita della questione e che molto, molto a rilento prosegue nelle indagini. Tra me e me spesso mi chiedo che cosa sarebbe successo se queste infrazioni contabili, se questi reati contabili, se queste appropriazioni indebite, fossero state ascritte o ipotizzate a carico di un pubblico amministratore, di un sindaco, di un consigliere provinciale, di un consigliere regionale, di un parlamentare.
Prima la collega chiedeva protezione per la magistratura e personalmente mi associo a questa alta considerazione dell'ordine giudiziario, ma esso, molte volte, è sbilenco perché quello che non fa clamore, che non porta all'attenzione dei mass media e della stampa, viene sottovalutato.
Infatti, di fronte ad una confessione sulla veridicità dei fatti e delle appropriazioni indebite da parte dello stesso presidente dell'ente, che rileva la fondatezza delle cose che sono state denunciate, la magistratura, dopo ben nove mesi, altro non ha fatto che sentire i colleghi che hanno esposto la denuncia alla magistratura medesima.
Certo, altra solerzia, altra sollecitudine, avremmo registrato se queste cose si fossero potute imputare o ipotizzare per chi esercita la funzione di un ruolo pubblico, perché è bene ricordare in quest'Aula che stiamo parlando di un ente pubblico che, è accertato per tabulas, non ha mai pubblicato i bilanci negli ultimi dieci anni, senza che né la Corte dei conti né lo stesso Ministero di giustizia si siano mai chiesti - fosse anche per un atto di curiosità o di verifica per consuetudine - il perché un ente pubblico, che incassa oltre quattro milioni di euro all'anno, non pubblica i bilanci rendendo noti ed edotti i propri iscritti (e sono oltre cinquantamila) di come amministra i soldi dei medesimi iscritti all'Ordine nazionale dei biologi.
Questo ritenevo di dire senza coltivare la lusinga che possa succedere qualcosa di eclatante. Confido, però, che per l'autorevolezza del contesto nel quale mi è dato esprimermi e per l'attenzione del Governo, possa almeno il Ministero di giustizia provvedere ad una verifica ispettiva e a rilevare l'esatta sussistenza dei fatti, la gravità e, soprattutto, il danno erariale che ne viene, perché stiamo parlando di appropriazioni indebite che riguardano una cifra intorno ai 2 milioni di euro. E se questi sono stati sottratti al patrimonio dei biologi abbiamo il dovere di attivare tutte le procedure perché venga ricostituita l'integrità patrimoniale dell'ente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in risposta all'onorevole D'Anna posso riferire gli elementi informativi che sono stati acquisiti per il tramite del competente dipartimento del Ministero della giustizia.
Rappresento, infatti, che il Dipartimento per gli affari di giustizia veniva informato, con un esposto pervenuto in più copie, tra il 29 aprile e il 5 maggio Pag. 232010, di paventate irregolarità compiute nella gestione economica e finanziaria dell'Ordine nazionale dei biologi nell'arco temporale intercorrente tra il 2000 e il 2009.
La vicenda prospettata prendeva le mosse da una relazione in forma anonima riversata nell'esposto dai denuncianti con allegata documentazione contabile, apparentemente riferibile all'Ordine nazionale dei biologi e asseritamente comprovante talune ipotesi di appropriazione indebita e di malversazione.
In data 7 maggio 2010 il Ministero della giustizia provvedeva a segnalare tali fatti al presidente del Consiglio nazionale dei biologi rappresentando che, qualora all'esito della verifica condotta dal Consiglio fossero state ipotizzate irregolarità contabili, su quei fatti avrebbe dovuto essere interessata la procura regionale della Corte dei conti.
In data 8 giugno 2010, il Ministero - sempre su indicazione di fonte anonima - veniva informato con un ulteriore esposto che taluni membri del consiglio dell'ordine sarebbero stati carenti di elettorato passivo, in quanto pubblici dipendenti da iscrivere, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 396 del 1967, nell'elenco speciale e non nell'albo.
In data 21 giugno 2010, perveniva un ulteriore atto, qualificato come atto di invito e diffida, con cui l'onorevole D'Anna, nel riportarsi agli esposti menzionati, sollecitava il Ministero della giustizia all'esercizio del potere di vigilanza, a norma dell'articolo 46 della predetta legge.
Ciò premesso, è bene evidenziare che il consiglio nazionale dei biologi aveva provveduto, fin dal giugno 2010, a trasmettere alla procura regionale della Corte dei conti il primo esposto - di cui non si conosce l'esito - e a darne notizia all'amministrazione.
Il Ministero, peraltro, già in data 20 luglio 2010, era stato informato dall'ordine nazionale dei biologi che gli accertamenti condotti sui consiglieri menzionati nell'esposto non avevano fatto emergere alcuna irregolarità; la mancanza di censure veniva motivata a norma di legge, non essendo tassativamente ed indiscriminatamente vietata a tutti i dipendenti pubblici l'iscrizione nell'albo dei biologi (e, quindi, l'esercizio della libera professione), bensì soltanto a coloro ai quali il divieto è espressamente imposto dalle amministrazioni di appartenenza.
In ragione di ciò, stante la posizione regolare dei consiglieri, non sarebbe stato giustificato l'esercizio del potere di scioglimento del consiglio da parte del Ministero della giustizia, in relazione ai casi denunciati.
Per quanto riguarda, poi, le irregolarità contabili segnalate, si comunica che la questione in esame è attualmente al vaglio della procura regionale della Corte dei conti e della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma. Quest'ultima, invero, proprio per verificare la veridicità delle circostanze denunciate, ha rappresentato di aver delegato alla guardia di finanza gli opportuni accertamenti.
Allo stato, pertanto, in assenza di responsabilità preventivamente accertate nelle sedi opportune, l'esercizio del potere repressivo sollecitato dall'interpellante risulterebbe di tutta evidenza sproporzionato.
Nel caso di specie, infatti, non risulta che il consiglio dell'ordine dei biologi si trovi nell'impossibilità di funzionare, né che sussistano quegli «altri gravi motivi» di cui all'articolo 20 della legge n. 396 del 1967, in presenza dei quali è legittimo l'esercizio del potere di scioglimento del consiglio da parte del guardasigilli. Detto ciò, nel confermare la massima e costante attenzione dell'amministrazione della giustizia agli ulteriori sviluppi istruttori che emergeranno nelle sedi competenti, si fa presente che soltanto all'esito dei preventivi accertamenti, sarà possibile - nel rispetto della normativa vigente ed acquisito il parere del consiglio nazionale dei biologi - esercitare, ove necessario, il prescritto potere di vigilanza nella sua massima estensione.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Anna ha facoltà di replicare.

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VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, mi dispiace doverlo dire ma non sono soddisfatto perché non abbiamo avuto una risposta ma una mera elencazione cronologica dei fatti che noi avevamo già rappresentato nella nostra interpellanza urgente. Lo dico con grande imbarazzo perché appartengo ad un gruppo politico di maggioranza, ma amicus Plato sed magis amica veritas, ci diceva un poeta latino.
In questo caso della verità non c'è traccia, nel senso che noi conoscevamo lo stato dell'arte e dei fatti che non doveva essere riepilogato da qualche solerte burocrate del Ministero. Non abbiamo mai chiesto lo scioglimento degli organi amministrativi dell'ordine dei biologi, ma abbiamo soltanto chiesto che il Ministero verifichi, per la parte che lo riguarda, la veridicità delle informazioni contabili e delle appropriazioni indebite che gradirei la Presidenza e il Governo prendessero nella debita considerazione. Successivamente ai fatti esposti c'è un'esplicita ammissione scritta con una lettera aperta pubblicata per i biologi italiani dell'attuale presidente dell'ordine il quale ammette, con gli esiti di una commissione interna, la veridicità di buona parte dei fatti che sono stati qui narrati. Dunque, delle due l'una: se i fatti sono veri il Ministero ha il dovere di andarne ad accertare la portata, la fondatezza e di accertare le dimensioni della malversazione economica e gestionale dell'ordine.
Se questo non avviene, il Ministero viene meno alla sua precipua funzione delegatagli dalla legge istitutiva dell'ordine nazionale dei biologi. Io ovviamente proseguirò nella mia azione di stimolo e di ulteriore informativa al Governo, anche alla luce dei fatti che sono emersi successivamente e di cui nella risposta del Governo non vi è traccia.

(Iniziative volte a promuovere una politica di integrazione in favore degli alunni portatori di handicap - n. 2-00843)

PRESIDENTE. L'onorevole De Torre ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00843, concernente iniziative volte a promuovere una politica di integrazione in favore degli alunni portatori di handicap (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, dobbiamo tornare al motivo per cui è stata presentata l'interpellanza urgente in esame. I fatti si sono svolti a Chieri il 21 settembre scorso, quando l'assessore comunale all'istruzione, durante un consiglio comunale aperto, ha fatto alcune dichiarazioni riguardo alla presenza di alunni disabili nelle scuole. Tra l'altro, ha affermato: «Basta disabili a scuola. Non imparano e disturbano. Meglio per tutti una comunità, dove mandarli seguiti da personale specializzato». Quando il sindaco ha cercato di scusarlo e lui è stato in seguito interrogato, invece di smorzare ha rincarato la dose: «Qualche genitore si è sentito offeso? E perché mai? Ho detto soltanto quel che pensano tutti: quei ragazzi a scuola disturbano, bisognerebbe creare luoghi adeguati ai reali di bisogni di questi ragazzi. Oggi ci sono comunità specializzate. Non sempre mamma e papà sono d'accordo, ma è nostro compito convincerli. Lasciarli in classe con gli altri compagni è inutile! Ci sono ragazzi, qui da noi, che passano la mattina a dare calci e pugni ad un muro. Disturbano e non imparano nulla». E riguardo agli insegnanti a loro dedicati ha detto: «Non possono fare nulla. E quei ragazzi con l'istruzione non hanno nulla a che fare».
Alcuni giorni dopo un docente del conservatorio di Milano ha ancora ricalcato il concetto: «Troppi alunni disabili nelle scuole. Bisognerebbe reintrodurre la rupe Tarpea». Davanti a questi fatti possiamo scandalizzarci, possiamo sicuramente stigmatizzare chi dice queste cose e chi le appoggia, ma forse è nostro dovere chiedersi il perché vengono dette queste cose, chiederci perché nei giorni successivi, nelle trasmissioni radiofoniche che io ho seguito, alcune mamme hanno telefonato, una in particolare, dicendo ad esempio che lei preferisce portare suo figlio in un istituto specializzato; oppure Pag. 25perché, quando giriamo per il Paese e ci incontriamo con i genitori, questi genitori esprimono la loro preoccupazione che i loro figli non disabili siano rallentati nello studio dagli alunni disabili che sono in classe con i loro figli.
C'è qualcosa quindi che va migliorato, c'è qualcosa che ci deve interrogare profondamente ed alla quale tutto il Paese, ma soprattutto la scuola e soprattutto di chi ha competenza al Ministero dell'istruzione, deve dare una risposta. Nel tempo in cui io mi sono occupata di questo - lo cito solo perché dall'esperienza si possono capire alcune cose - ho compreso l'estrema debolezza che la scuola ha in questo settore. Lo ripeto: un'estrema debolezza.
Quando nel 2007 ricorrevano i trent'anni della legge Falcucci (legge n. 517 del 1977) ci siamo chiesti se occorreva commemorare questa legge, ricordarla o se invece non si doveva agire. Agire per che cosa? Agire per realizzare quello che è stato un grandissimo progetto, che appunto con legge n. 517 del 1977 è iniziato in questo Paese. Per capire l'importanza di quanto è avvenuto forse bisogna ritornare a che cosa è scritto nella legge n. 517 del 1977 e ritornare al perché questa legge è stata emanata dal Ministro Franca Falcucci.
Negli anni successivi il Ministro - era una senatrice - ha condotto un gruppo di indagine e di verifica dal quale è uscito un documento che andrebbe riletto, perché, come Franca Falcucci ha detto, non faceva posto nei banchi agli alunni con disabilità, ma cambiava il modo di essere della scuola. «La scuola» - vi era scritto - «proprio perché deve rapportare l'educazione alle potenzialità individuali di ogni allievo, appare la struttura più appropriata per far superare la condizione di emarginazione in cui altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati, anche se deve considerarsi coessenziale una organizzazione dei servizi sanitari e sociali finalizzati all'identico obiettivo». Questo progetto - si prosegue - «(...) passa attraverso un nuovo modo di concepire e attuare la scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino e ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale, precisando peraltro che la frequenza di scuole comuni da parte di bambini handicappati non implica il raggiungimento di mete culturali minime e comuni». E ancora: «(...) si dovrebbe giungere per questa via ad allargare il concetto di apprendimento affinché accanto ai livelli di intelligenza logico-astrattiva, venga considerata anche l'intelligenza sensorio-motrice e pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione».
In tale commissione non si nascondevano le difficoltà e si diceva che: «(...) la Commissione, mentre considera la realizzazione di un nuovo modo di essere della scuola, un obiettivo fondamentale, generale e irrinunciabile, ritiene che esso costituisca il punto di arrivo di un processo necessariamente graduale e realistico». Ora la domanda, grande come un macigno è: abbiamo noi percorso questa strada? Abbiamo noi realizzato tutto quando vi si prevedeva? Onestamente dobbiamo dire di no. Soprattutto negli ultimi anni, la scuola ha perso in competenza, l'ha persa nella sua direzione nazionale, dentro il Ministero e nelle sue direzioni regionali, l'ha persa dentro le singole scuole. Pertanto, il lavoro grande da fare è di rimettere in moto quanto contenuto in questo splendido documento. È una legge che ci invidiano in tutto il mondo, un processo che adesso sta avvenendo negli altri Paesi: in Francia, nell'Europa, in Inghilterra, si sta andando verso le scuole comuni per tutti, e forse noi vorremmo tornare indietro? E non solo in Europa, ma anche in Argentina e in altre parti del mondo: conosco documenti che vanno in questa direzione.
Ed è per questo che ritengo sia importante - questo è il motivo dell'interpellanza urgente in oggetto - che si prenda consapevolezza del grande lavoro che c'è da fare in tutte le direzioni. Tuttavia, per ricordare ciò che è iniziato e che in questo momento è fermo - e su questo si interpella il Governo - aggiungo che il 20 marzo 2008 è stata firmata presso la Pag. 26Conferenza unificata un'intesa volta a mettere insieme tutte le parti in causa, quindi, anche quanto prevedeva questo documento, anche il compito socio-sanitario nel territorio, per accogliere e accompagnare questi bambini e promuovere un successo scolastico loro adeguato, fino ad un progetto di vita per loro.
Ora questa intesa, a quanto mi consta, è soltanto un pezzo di carta: ovviamente, infatti, le cose non si attuano perché sono scritte, ma perché devono essere accompagnate da un lavoro attento dei Ministeri interessati, da un lavoro culturale fatto nelle scuole, da una formazione dei docenti e dei dirigenti. Per questo, in quel momento, è stato messo in piedi anche un altro progetto, I Care, che voleva formare non tanto i singoli insegnanti cosiddetti di sostegno, ma l'insieme delle singole istituzioni scolastiche in un progetto che le vedeva anche lavorare in rete. Infatti, non deve essere l'insegnante di sostegno ad accogliere il bambino il mattino sulla porta, e se non c'è, come purtroppo accade, si rimanda a casa il genitore con il figlio disabile, ma deve rappresentare tutto un nuovo modo di essere nella scuola.
Accanto a queste cose, qui va detto, con mia estrema preoccupazione che, tutto ciò che è avvenuto delle «riforme» nella scuola in questo tempo è andato in un'altra direzione.
Lo vediamo da cose simboliche, come ad esempio il voto: il voto è stato eliminato dalla legge n. 517 del 1977 perché ovviamente non per tutti ragazzi era opportuno dare un voto su riassunto, questo è facilmente comprensibile, e proprio perché bisognava valorizzare altre capacità degli alunni; cose simboliche come la compresenza dei docenti, il tempo pieno. Il documento preparatorio della legge n. 517 del 1977 sostiene che il luogo più adatto e naturale perché questa integrazione avvenga completamente e non riguardi solo la socializzazione, ma anche il successo scolastico più adatto ad ogni bambino, sia la scuola a tempo pieno. Ecco, sono questi due simboli che sono stati attaccati pesantemente, considerati quasi un danno dentro la scuola. Questo deve preoccupare più di un insegnante di sostegno in meno, perché riguarda il modo di essere della scuola, come diceva Franca Falcucci.
Quanto chiede questa interpellanza urgente è dunque che cosa intenda fare il Ministero. Intende dare seguito all'intesa? Intende, insieme al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, accompagnare la realizzazione di questa intesa? Intende proseguire nella formazione di tutti i docenti, formazione per cui erano stati impegnati quei soldi a ciò dedicati dalla legge n. 440 del 1997, ci sono 10,99 milioni di euro che sono in stand by perché in questo momento non possono essere dati agli istituti atipici poiché manca un regolamento. Erano state così formate 1.700 scuole, per cui in cinque anni si potevano far passare tutte le scuole del territorio italiano. Si intende dare seguito a questa cosa? Cosa si intende fare per la formazione dei docenti? Non solo degli insegnanti di sostegno - anche di loro dopo parlerò - ma di tutti i docenti e dei dirigenti scolastici. È stata inserita dalla VII Commissione di questa Camera, come condizione rispetto al regolamento di formazione dei docenti, l'indicazione che per tutti deve esserci l'insegnamento di didattiche e pedagogia speciale e che per gli insegnanti di sostegno - attenzione, essi non sono insegnanti di sostegno a una ragazzina o a un ragazzino, ma sono insegnanti di sostegno all'azione didattica della scuola - occorre predisporre, oltre a una solida formazione generale, anche la conoscenza delle specifiche disabilità; cosa che in questo momento è molto rara trovare all'interno della loro competenza. Accanto a questo si chiede che cosa intende fare il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca affinché si ricreino i motivi per cui noi abbiamo iniziato questa grande, splendida avventura dentro la scuola italiana che ha cambiato la cultura del Paese. In questo momento le condizioni culturali sono diverse, scusate il gioco di parole, ma in questo momento c'è un'intolleranza verso tutto ciò che è diverso, nella nostra vita Pag. 27quotidiana, nella nostra televisione quotidiana, nel nostro modo di pensare, anche quando non lo esprimiamo, dentro la nostra testa.
La cosa più importante, oltre alle azioni che ho nominato e alle altre che, sono sicura, il Ministro vorrà rappresentare alla VII Commissione, è pensare come ricreare il motivo di fondo, la convinzione che quando si cresce insieme si cresce più persone, si cresce anche più cittadini capaci di affrontare le cose dell'economia, della politica e della scienza, si cresce migliori. Per questo va presa posizione davanti a queste cose: non sono cose che vengono dette così colà da uno che ha sbagliato ad esprimersi, sono cose che ruotano nella nostra testa e che dobbiamo fermare, dobbiamo andare a ritrovare quel motivo vero e profondo che ci ha reso grandi nella scuola italiana (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, si conferma che tra le nostre specificità positive di maggior rilievo in ambito europeo c'è l'integrazione degli allievi diversamente abili, come prova il fatto che a tutt'oggi nessun altro sistema educativo presenta in materia norme avanzate come le nostre.
Si condividono, pertanto, le premesse dell'interpellanza, con le quali viene richiamato il proficuo percorso che l'integrazione scolastica ha compiuto nel nostro Paese dalla metà degli anni Settanta ad oggi, tenendo a riferimento due atti fondamentali quali la relazione conclusiva della commissione Falcucci e la legge n. 517 del 1977.
Vero è che il percorso fin qui compiuto, nonostante i significativi risultati raggiunti nel corso degli ultimi trent'anni, presenta ancora lacune e zone di criticità, soprattutto riferite all'integrazione tra servizi scolastici, sociali e sanitari, e alla rimozione di barriere culturali e materiali che ancora si frappongono alla completa integrazione scolastica e sociale dei soggetti disabili.
Un discorso a parte merita poi la formazione di tutti i docenti in materia di sostegno; ma di tale argomento si tratterà nel prosieguo della presente risposta.
Non è dato dubitare che la scuola italiana è una comunità accogliente, nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possono realizzare esperienze di crescita individuale e sociale. In tale ampio quadro di riferimento, la piena inclusione degli alunni con disabilità è un obiettivo primario che le scuole dell'autonomia perseguono attraverso un'intensa e articolata progettualità e una serie di azioni mirate, sia individualmente che in rete.
Le annuali direttive per l'individuazione degli interventi prioritari e dei criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie, per lo svolgimento del monitoraggio, per la valutazione dei risultati raggiunti, ai sensi della legge n. 440 del 1997, hanno sempre riservato una particolare attenzione all'assunzione di iniziative volte a dare un reale e produttivo sostegno agli alunni diversamente abili.
Si cita in particolare la direttiva n. 93 del 30 novembre 2009, che ha assegnato risorse finanziarie specifiche alle iniziative finalizzate al potenziamento e alla qualificazione dell'offerta di integrazione scolastica degli alunni con disabilità, promosse dalle istituzioni scolastiche, anche associate in rete, nell'ambito dei rispettivi piani dell'offerta formativa, nonché ad iniziative di formazione del personale docente che opera nelle classi con alunni con disabilità.
Com'è noto, l'intesa del 20 marzo 2008, adottata in sede di Conferenza unificata e recante alcune interessanti e rilevanti novità a livello di certificazione delle disabilità, di predisposizione della diagnosi funzionale, di elaborazione del progetto educativo individuale, di costituzione di scuole polo comprendenti i docenti di Pag. 28sostegno destinati a far fronte ai bisogni delle scuole del territorio di riferimento, a tutt'oggi non ha trovato effettiva applicazione per una serie di situazioni e circostanze legate in parte alla mancata definizione da parte della Conferenza stessa di regole e criteri applicativi, in parte alle obiettive difficoltà di coinvolgimento di tutti i soggetti e i livelli istituzionali interessati, in parte infine alla sostanziale inapplicabilità, a regime vigente, delle soluzioni indicate a livello di utilizzo del personale docente.
Si rammenta, a tale ultimo riguardo, che la previsione di un diverso assetto organizzativo e funzionale dei docenti di sostegno rimessa alla contrattazione sindacale non ha trovato, in via di principio, la condivisione delle parti sociali. Ad ogni buon fine si assicura che verranno ripresi opportuni contatti con la Conferenza e gli organi a vario titolo competenti, al fine di valutare e di dare seguito, per quanto possibile, ai contenuti dell'intesa.
Quanto alla rappresentata esigenza di formazione di tutto il personale docente in materia di integrazione degli alunni disabili, si fa presente che il Ministero condivide pienamente tale esigenza, peraltro più volte rappresentata anche dalle associazioni dei disabili. In tale ottica sono stati predisposti interventi e misure adeguati, riferiti all'intero percorso di qualificazione dei docenti, dalla formazione iniziale alla formazione in servizio.
Il regolamento sulla formazione iniziale dei docenti, che ha concluso recentemente il suo iter, per la prima volta ha previsto 31 crediti formativi universitari (CFU) per i docenti di scuola dell'infanzia e primaria e 4 crediti formativi universitari (CFU) per i futuri docenti di scuola secondaria.
Quanto alla formazione in servizio, si stanno mettendo a punto appositi strumenti e misure di accompagnamento e di sostegno, con specifico riguardo anche alle aree della disabilità, al fine di favorire l'inclusione scolastica degli alunni con disabilità e di fornire agli stessi un'offerta educativa e formativa qualitativamente elevata.
Una tappa fondamentale è stata raggiunta con l'emanazione delle linee guida per l'integrazione degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009. La premessa del documento citato riprende in pieno lo spirito inclusivo che ha così fortemente caratterizzato la relazione conclusiva della commissione Falcucci.
È importante considerare che, ai sensi del predetto documento, l'insegnante di sostegno deve recuperare un diverso ruolo nella scuola, non potendo il suo impegno limitarsi alla sola cura educativa dell'alunno con disabilità; in effetti, «è l'intera comunità scolastica che deve essere coinvolta nel processo in questione e non solo una figura professionale specifica a cui demandare in modo esclusivo il compito dell'integrazione».
Come già ricordato dall'onorevole interrogante, il Ministero ha anche promosso, per gli anni scolastici 2007-2008, 2008-2009, uno specifico piano nazionale di formazione per l'integrazione degli alunni disabili denominato «I care: imparare, comunicare, agire, in una rete educativa», che ha rappresentato una importante sfida per la qualificazione del personale scolastico, in quanto ha fondato gli interventi di miglioramento del processo di integrazione scolastica sulla metodologia della ricerca-azione, una metodologia che mette al centro dell'attività di ricerca proprio gli insegnanti, così come indicato dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999. Le scuole aderenti al progetto stesso hanno ricevuto un contributo di 10 mila euro. La conclusione del progetto in questione è prevista entro la fine del corrente anno solare.
Il monitoraggio del progetto, che per il momento ha coinvolto l'80 per cento delle scuole interessate, indica la partecipazione di oltre 20.000 insegnanti, di cui più di 14.000 curricolari.
Questo Ministero sta inoltre predisponendo la raccolta delle migliori »buone pratiche« del piano in questione, che verranno rese pubbliche entro la fine del 2010. Ciò consentirà alle scuole di attingere ad un archivio di attività progettuali Pag. 29utilizzabile a livello informatico, e finalizzato al potenziamento e alla diffusione della cultura dell'inclusione.
Inoltre, la relazione sugli esiti del progetto metterà in condizione gli interessati di poter individuare i punti di forza e di debolezza del piano «I care» e di progettare analoghe iniziative sulla base di una ragionata esperienza pregressa.
Infine, si fa presente che il Ministero si è sempre prodigato per la massima inclusione dei soggetti disabili e svantaggiati e per il contrasto e il superamento di culture e di comportamenti discriminatori e in violazione della pari dignità e par condicio di tutti gli alunni e in particolare di quelli in condizione di disabilità. Ne sono testimonianza le numerose e diffuse iniziative legate all'attivazione di progetti quali, a titolo di esempio, quello di «Cittadinanza e Costituzione» che ha coinvolto oltre 4.366 scuole di cui circa 400 premiate con un contributo ministeriale di 15 mila euro a scuola (o a rete di scuole) a dimostrazione della grande attenzione del Ministero per le tematiche che attengono alla educazione e alla cittadinanza.
Tra l'altro, al di là di azioni di sensibilizzazione e di formazione legate ai suddetti progetti, mette conto considerare come il Ministero abbia destinato nel contingente di 10 mila assunzioni autorizzate di personale docente ed educativo per l'anno scolastico 2010-2011 ben 5.022 posti per il sostegno, come risulta dall'apposita tabella allegata al decreto ministeriale n. 75 del 10 agosto 2010 al fine di continuare l'opera di stabilizzazione degli interventi didattici nei confronti degli alunni disabili che, com'è noto, subiscono in maniera assai più avvertita il disagio legato al cambio annuale dei docenti di sostegno.
Inoltre il Ministero medesimo ha impartito indicazioni e disposizioni ai responsabili degli uffici scolastici regionali e territoriali perché fossero intraprese tutte le iniziative utili all'attivazione di collaborazioni estese con le regioni, gli enti locali, le forze sociali e i soggetti a vario titolo competenti e interessati in materia di integrazione e di sostegno ai disabili. Tanto anche in applicazione di apposite intese e interazioni stabilite con la federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità.

PRESIDENTE. L'onorevole Argentin, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, intervengo in replica per dire che noi del PD siamo senz'altro convinti - come ha detto in sede di illustrazione la collega che mi ha preceduto - che si debba passare dalle parole ai fatti: abbiamo una grande necessità di cose concrete; e per cose concrete intendiamo che realmente vi sia un numero adeguato di insegnanti di sostegno nella scuola, non una formazione che privilegia alcune scuole rispetto ad altre, senza parametri o criteri che ci permettano di capire per quale motivo vi è una progettualità che privilegia alcuni rispetto ad altri.
Le dico francamente che la collega ha voluto segnalare un grande problema: quello culturale, dei diritti.
Dico ciò non solo come deputato, ma anche in veste di responsabile dell'handicap nel Partito Democratico nazionale. Questo mi permette di dirle che sono molte le disattenzioni che questo Governo (come alcuni precedenti, questo non è da negare) presenta nei confronti dei ragazzi con disabilità. Noi non chiediamo un principio di uguaglianza perché ognuno è diverso dall'altro ed è giusto che la diversità vada ad arricchire un gruppo di appartenenza quale può essere la classe. Tuttavia, ciò che non è tollerabile è che l'insegnante di sostegno venga definita un'insegnante di serie B, ad esempio, oppure che il suo ruolo possa essere messo in discussione continuamente dall'insegnante di ruolo la quale stabilisce che all'interno della classe l'insegnante di sostegno è strumento di aiuto e di collaborazione, ma non colei che invece ha un compito specifico che è quello di dare un senso all'integrazione vera e reale.
Credo che i nostri figli, i nostri ragazzi, negli ultimi vent'anni, avendo accanto Pag. 30una persona con disabilità nella propria classe non abbiano perso, ma abbiano conquistato grandissima capacità di essere insieme e di capire che la diversità può essere un patrimonio e non un limite. Credo che sia necessario rivendicare non soltanto l'importanza che il ragazzo e la classe condividano il problema della disabilità, ma anche che vada prevista in tutte le scuole - a differenza di ciò che prevede il decreto del Presidente della Repubblica n. 503, ad esempio - l'eliminazione delle barriere architettoniche. Mi chiedo come questo Ministero non abbia segnalato o sensibilizzato il Ministero dei lavori pubblici. Infatti, questo è un gravissimo problema che ancora oggi riguarda il 35 per cento delle scuole di questo Paese. Le assicuro che questo è un problema vero: andare in un laboratorio piuttosto che in un altro, essere sempre a pianterreno perché non c'è l'ascensore, rimanere in classe perché non si può raggiungere la palestra è una cosa indegna, soprattutto in un Paese che invece l'ha fatta da padrone e ha insegnato a tutti gli altri Paesi come si parla realmente di integrazione.
Quando sento dire che i ragazzi sbattono la testa al muro, gridano in una classe e possono in qualche modo disturbare gli altri, credo che ciò sia dovuto all'incapacità non del ragazzo di inserirsi, ma di chi lo deve inserire. Si è parlato sempre dell'intervento degli enti locali a supporto della classe (perché sono gli enti locali che hanno in mano la possibilità di intervenire a livello socio-sanitario), ma ancora nulla è mai stato realizzato. Credo che anche di questo abbia una grossa responsabilità il Ministero dell'istruzione, dei prototipi e delle cose concrete che ci sono oggi nel nostro Paese per quanto riguarda la possibilità di lavorare per molti ragazzi con l'aiuto di computer, di strumenti tecnologicamente più avanzati che valgono non soltanto per le persone con deficit motori, ma anche persone con deficit sensoriali, come i ciechi e gli audiolesi. Tutti questi sono strumenti che costano ben poco, sono dei programmi che noi inseriamo e - mi creda - con meno di 700 euro potremmo rendere e dare pari opportunità a tutti nella scuola.
Ciò non avviene perché non c'è la sensibilità giusta, secondo me, non c'è la voglia di cambiare le cose realmente. Nelle scuole i ragazzi extracomunitari sono stati separati dagli altri a causa di quanto è stato voluto in qualche modo da questo Governo, i nomadi, perché brutti e sporchi, non vanno inseriti all'interno della scuola (anche se abbiamo attualmente l'inserimento, ma poi non abbiamo le docce per creargli realmente delle pari opportunità); infine, a causa di una scalinata, un bimbo autistico non riesce realmente ad inserirsi nella classe perché non ci sono gli strumenti dovuti e necessari.
Non voglio fare demagogia, però voglio rivendicare una cultura ed un diritto che è quello di dire che la gente deve avere, o meglio che qualsiasi cittadino e qualsiasi studente deve avere pari opportunità. Difficilmente cito la mia persona, tuttavia credo che sia necessario in un contesto come questo.
Io oggi sono un deputato, sono sulla sedia a rotelle da 47 anni, ho due lauree, una in giurisprudenza e una in scienze politiche, ma quando mia madre mi ha accompagnato ad iscrivermi alla scuola media, ad 11 anni, si è sentita dire che ero un problema per la classe, che non dovevo essere integrata. Oggi sono un deputato della Repubblica, ma in passato mia madre è stata costretta a girare centinaia di scuole, ed ho 47 anni, quindi parliamo di 27 anni fa: non si tratta di una vita fa, è trascorso poco, veramente ancora troppo poco tempo.
Trent'anni fa questo mondo è stato cambiato ed oggi non ci sono più questi problemi. Io poi finalmente ho trovato una scuola, per quanto mi riguarda sono riuscita a trovare delle soluzioni, ma mi creda, signor sottosegretario, quest'anno, seguendo molte associazioni tra cui quella per i bimbi autistici, ho visto molte madri avere delle difficoltà, dopo trent'anni in cui non se ne erano più Pag. 31viste, per inserire i propri figli a scuola, perché, come è stato detto loro, ce ne sono troppi. Questo è accaduto in una città della Lombardia e in una città della Campania, quindi non cambia la cultura del nord o del sud, è proprio la cultura dell'accettazione e dell'accoglienza che manca. Stiamo diventando sempre meno tolleranti, come diceva la collega, c'è questa incapacità di condivisione e di accettazione del limite dell'altro, che un giorno potrà essere un patrimonio dell'altro, ma questo non lo si vuole vedere in alcun modo.
Comunque non voglio dilungarmi oltre, ciò che mi preme dire è: passiamo dalle belle cose ai fatti concreti. Se voi parlate di taglio degli insegnanti di sostegno non potete poi dire che realizzate progetti di 10 mila euro perché questo non basta. Non realizzate i progetti, mantenete perlomeno quello che assicura alle persone disabili la possibilità di frequentare la classe, cioè la quotidianità. È giusto fare degli studi specifici per capire come inserire un giorno i ragazzi nel migliore dei modi, ma è vero che un bambino o un ragazzo che va a scuola tutte le mattine deve trovare una risposta, che purtroppo oggi in Italia c'è sempre meno perché sono sempre meno gli insegnanti di sostegno.
Ed ancora, mi permetto di rivendicare fortemente, prima come disabile e poi come donna, che non è possibile che gli insegnanti di sostegno continuino ad essere solo le donne: questo è un problema vero, serio. Continuano ad essere le donne perché le donne sono più attente, forse hanno una maggiore apertura mentale, ma credo che sarebbe giusto che fossero un 50 per cento, perché credo che gli uomini che hanno un handicap devono avere la stessa possibilità di condividere con l'insegnante lo stesso pathos, le stesse emozioni che una donna può condividere con un'altra donna, cioè avere le stesse possibilità di arrivare alla progettazione, allo studio, al lavoro comune avendo una persona del proprio sesso accanto. Invece c'è questa grande differenziazione che questa volta nega non alle donne, ma agli uomini con disabilità di avere delle risposte chiare.
Vi assicuro che non volevo fare né demagogia, né chiacchiere: i diritti, prima di ogni altra cosa. La mia collega prima ha sollevato dei problemi veri e concreti, voi avete affermato delle cose importanti, se le realizzerete non soltanto la Federazione italiana per il superamento dell'handicap, quindi l'associazionismo, sarà con voi, ma anche la gente comune, le mamme e i papà che non riescono neanche ad arrivare all'associazione perché ogni giorno devono stare dietro ai loro figli ventiquattro ore al giorno. Vi ringrazio.

(Iniziative a sostegno dei contratti di solidarietà, anche attraverso apposite misure di rifinanziamento del fondo per la decontribuzione - n. 2-00842)

PRESIDENTE. L'onorevole Gatti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00842, concernente iniziative a sostegno dei contratti di solidarietà, anche attraverso apposite misure di rifinanziamento del fondo per la decontribuzione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, noi assistiamo al fatto che la crisi economica internazionale nel nostro Paese comincia a far evidenziare alcuni elementi ancora molto primitivi di ripresa e speriamo che questi elementi si rafforzino e si stabilizzino perché ci troviamo di fronte a dei dati molto contraddittori che continuano a preoccuparci. La questione, comunque, è che tali elementi non sono in grado di modificare in positivo il quadro occupazionale che si aggrava sempre di più e ci preoccupa.
Gli ultimi dati che abbiamo a disposizione, che vedono la disoccupazione in Italia all'8,2 per cento, vanno letti con molta attenzione, tenendo conto che rispetto all'Europa noi non contiamo la cassa integrazione in tutte le sue diverse forme, sebbene si tratti di persone che in effetti in questo momento non stanno Pag. 32lavorando, anche se hanno un'indennità e un supporto al reddito che sicuramente non permette loro di mantenere i livelli di vita del periodo precedente in cui lavoravano, però hanno almeno un elemento di supporto.
Quindi non contiamo tutti quelli in cassa integrazione e se questo dato, ossia l'8,2 per cento su base mensile, indica un miglioramento dello 0,2 per cento bisogna, tuttavia, che venga letto assieme ai dati relativi all'inattività. I dati relativi all'inattività indicano coloro che, ormai, non cercano nemmeno più lavoro perché hanno persino perso la speranza di trovarlo; si tratta per la maggior parte di donne. A tal proposito, negli ultimi giorni, abbiamo letto anche su Il Sole 24 Ore un articolo in cui si parlava del «balzo degli inattivi».
Questo è il quadro generale, sono queste le preoccupazioni che ci hanno orientato quando abbiamo presentato l'interpellanza urgente.
Il caso che presentiamo è quello del calzaturificio Lenci Calzature Spa, di Porcari in provincia di Lucca. La società ha avuto un andamento negativo: a partire dal mese di marzo del 2009, si è infatti verificato un calo degli ordinativi, che è arrivato al 30 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Questa tendenza continua: siamo di fronte ad un ulteriore ribasso per l'anno in corso.
A questo punto ci troviamo quasi di fronte a un caso di scuola, signor Presidente e sottosegretario: questa società, per la prima volta, ha dovuto fare un massiccio ricorso alla cassa integrazione, che però non ha risolto la situazione e, a un certo punto, ha avviato anche una procedura di mobilità per 21 dipendenti.
La società si è messa in contatto con gli enti territoriali. Ha utilizzato tutte le forme messe a disposizione, per esempio, dai centri per l'impiego della provincia di Lucca: i corsi di formazione per la riqualificazione professionale, l'ausilio per gli inserimenti e i reinserimenti lavorativi. Si è impegnata a continuare l'attività di partecipazione alle fiere campionarie internazionali nonostante avesse degli evidenti problemi di bilancio. Ha tentato di specializzare e rafforzare il proprio marketing. Infine, il 28 gennaio 2010, la società ha siglato un verbale di accordo per stipulare un contratto di solidarietà difensivo, che prevede una riduzione d'orario a rotazione fra i dipendenti, che arriva in certe situazioni fino al 50 per cento.
Si tratta di una società che, con i suoi circa 100 dipendenti, rappresenta un'azienda importante in un settore che ha visto tempi di grandi ristrutturazioni in Toscana, con una forte selezione dei punti produttivi già prima della crisi finanziaria del 2008. Ne sono rimasti pochi di questi siti di produzione di eccellenza, stabili, con prodotti che presentano più appeal, nel quadro toscano, nell'ambito del quale i dati relativi alla crisi sono anche peggiori delle medie nazionali.
L'ultima cosa che vorrei dire sul quadro generale è che gli ultimi dati del settore tessile, abbigliamento e calzaturiero evidenziano ancora una sofferenza. Si tratta di uno dei pochi settori, nel quadro dei dati positivi appena comunicati dall'ISTAT, che presenta ancora un segno negativo nel confronto mensile.
Dunque, questa azienda - come già spiegato in una comunicazione che fra poco illustrerò brevemente - contava su quanto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2009, relativo all'aumento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale, previsto per i lavoratori che accedano ai contratti di solidarietà, con la previsione di raggiungere per il 2009-2010 l'80 per cento della retribuzione. Contava, altresì, su quanto previsto dall'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 510 del 1o ottobre 1996 e dalla legge n. 608 di conversione del decreto, che prevede una significativa riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale per i datori di lavoro che stipulino contratti di solidarietà.
Nella comunicazione - che peraltro dovrebbe essere arrivata anche al Ministero, che ho visto in indirizzo nella lettera, Pag. 33ma che, per quanto mi risulta, ad oggi non ha ricevuto risposta - l'azienda dice che il 3 agosto 2010 è stato adottato dal Ministero il decreto n. 53530, che autorizza la corresponsione delle integrazioni salariali in favore dei dipendenti coinvolti nel contratto di solidarietà, ma nello stesso tempo non autorizza l'INPS alla concessione dello sgravio contributivo, a causa dell'esaurimento delle disponibilità finanziarie stanziate all'uopo.
È a questo punto che l'azienda riporta testualmente nella lettera: «Poiché la mancata concessione di tale beneficio espone la nostra azienda ad un non sopportabile aggravio di costi, chiediamo se non sia possibile che detto beneficio non possa essere recuperato in qualche modo» - segue una serie di considerazioni - «evitando così di dover riconsiderare la valenza degli accordi sindacali e procedere alla conseguente riduzione del personale». La sostanza è che se l'azienda non avrà sgravi contributivi o sarà costretta a licenziare.
È chiaro che questa comunicazione ha allarmato moltissimi soggetti che si erano impegnati per raggiungere l'accordo sindacale relativo al contratto di solidarietà, come le organizzazioni sindacali, le istituzioni locali e i lavoratori, che ci hanno fra l'altro investito del problema. Supponiamo che la situazione della Lenci Calzature Spa riguardi anche altre aziende che nello stesso periodo hanno attivato contratti di solidarietà. La situazione occupazionale continua ad essere molto pesante, la tensione sociale cresce, ed è per questo che abbiamo presentato in Assemblea l'interpellanza urgente in questione, nella quale chiediamo al Governo quali urgenti iniziative intenda assumere, anche attraverso apposite misure di rifinanziamento del Fondo per la decontribuzione, per evitare, fra l'altro, che un importante strumento, come i contratti di solidarietà, possa essere compromesso dalla mancata corresponsione delle agevolazioni contributive.
In conclusione, signor Presidente, mi preme sottolineare che proprio sull'importanza dello strumento dei contratti di solidarietà, lo stesso Ministro Sacconi si è più volte espresso. Mi riferisco a quanto ha dichiarato, commentando a luglio i dati OCSE, indicando nei contratti di solidarietà uno degli strumenti più importanti per contenere l'incremento della disoccupazione e conservare, con la base occupazionale, la base produttiva del Paese. Signor Presidente, chiedo al Governo atti conseguenti a queste dichiarazioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'onorevole Gatti chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda assumere affinché il ricorso ai contratti di solidarietà non venga pregiudicato dalla mancata corresponsione delle agevolazioni contributive previste dall'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 510 del 1996, convertito dalla legge n. 608 del 1996, in favore dei datori che fanno ricorso a tale strumento.
In proposito, mi sembra importante ricordare che il citato articolo prevede una riduzione contributiva, nei limiti della disponibilità preordinata nel Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (già Fondo per l'occupazione), in favore di quelle imprese che hanno stipulato contratti di solidarietà successivamente al 14 giugno 1995. Le modalità per il conseguimento della predetta riduzione sono stabilite e gestite dall'INPS.
La competente direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali può autorizzare annualmente l'erogazione del contributo sulla base delle rendicontazioni fornite, con cadenza annuale, dall'INPS e relative alle spese sostenute per l'erogazione dell'incentivo in questione, e della quantificazione, da parte dell'istituto medesimo, delle risorse necessarie per continuare ad erogare il contributo.
In virtù del meccanismo di rendicontazione con il quale occorre operare, il Pag. 34Ministero del lavoro e delle politiche sociali può autorizzare l'erogazione del contributo sulla base dei dati forniti dall'INPS. Mi sembra opportuno ricordare che annualmente sono rese disponibili, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, della legge n. 448 del 1998, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, risorse finanziarie per complessivi 5.160.000 euro da destinare ad incentivi alla riduzione dell'orario di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sulla base delle rendicontazioni fornite dall'INPS, potrà autorizzare l'erogazione di tali benefici con riferimento agli accordi di solidarietà stipulati negli anni successivi al 2005, tenuto conto della capienza degli stanziamenti a ciò destinati.

PRESIDENTE. L'onorevole Gatti ha facoltà di replicare.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, non sono soddisfatta della risposta per due motivi, uno di metodo e uno di dignità di questo Parlamento. A questa interpellanza urgente avrebbero dovuto rispondermi la settimana scorsa, visto che era in programma per allora.
Sono stata contattata dal Ministero, che mi ha assicurato l'intervento diretto del Ministero ma, siccome non vi era la disponibilità né del Ministro né del sottosegretario, andava rimandato lo svolgimento dell'interpellanza. Io oggi arrivo in Aula - mi scusi, signor sottosegretario, apprezzo moltissimo il fatto che lei sia qui - e mi ritrovo con un sottosegretario che non è del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Io allora stigmatizzo il fatto e segnalo alla Presidenza, che dopo un impegno preciso che ha comportato il fatto che io abbia rimandato l'interpellanza - tra l'altro un'interpellanza urgente - mi ritrovo oggi in Aula con un sottosegretario, che non può fare altro che leggere qualcosa che gli è stato preparato da uffici che, tra l'altro, non sono del suo Ministero. Mi sembra perlomeno un atto di scortesia istituzionale verso un deputato, che ha presentato un'interpellanza e a cui erano state fatte delle assicurazioni.
Andiamo però al concreto: mi viene letta una risposta dove si stabiliscono e dicono una serie di cose, assolutamente note, sia a noi, sia all'azienda, sia alle parti che hanno sottoscritto l'accordo. Il punto è che il Governo ha dato mandato all'INPS di erogare l'integrazione salariale per i dipendenti e non ha dato mandato all'INPS per erogare la decontribuzione per l'azienda.
Che intenzioni ha il Governo? Qual è lo stato del fondo? Se il fondo è esaurito, il Governo ha intenzione di rifinanziarlo? Badate, questo è un caso di scuola: abbiamo un calzaturificio, che è un settore particolarmente colpito negli ultimi anni da ristrutturazioni a livello generale e che mantiene soltanto alcune produzioni specifiche e di alta qualità; abbiamo un calzaturificio con circa cento dipendenti, anche questo un dato molto particolare, in un quadro dove la media aziendale vede il 90 per cento delle aziende sotto i nove dipendenti; abbiamo una situazione grave, la prima volta che questo calzaturificio ha dovuto chiedere la cassa integrazione in modo così massiccio (non aveva mai fatto ricorso alla cassa integrazione). Esso rappresenta quindi uno dei punti produttivi che più ha risentito della crisi ed è un caso di scuola perché ha tentato tutte le strade, ha offerto tutta la disponibilità e, in una condizione di difficoltà anche di tipo economico, ha continuato a partecipare alle fiere internazionali e ha rafforzato il settore del marketing.
In tutto questo non mi aspetto la risposta burocratica che mi descrive lo stato del fondo, ma aspetto che il Governo mi venga a dire se è disponibile o meno a prendere iniziative, e aspetto che lo venga a dire non solo in quest'Aula, ma che lo vada a dire all'azienda, che anche ha scritto al Ministero, e soprattutto a tutte le aziende che stanno aspettando. Badate, infatti, che i contratti di solidarietà sono lo strumento finale di una catena: vi è prima la cassa integrazione ordinaria, poi la straordinaria, poi quella in deroga, poi si Pag. 35arriva alla mobilità. Per evitare i licenziamenti si attivano i contratti di solidarietà nelle situazioni più sane, quelle in cui uno spera che passata la buriana forse si riesca a ripartire. Se non si rifinanzia il fondo, noi decidiamo che anche queste aziende dovranno chiudere.
A questo punto mi chiedo: questo Governo che prospettive dà a questo Paese e all'industria di questo Paese? Il Ministro Tremonti ha più volte detto che noi ci siamo salvati - lo dice lui - dalla crisi finanziaria, perché avevamo una base manifatturiera solida, perché la nostra economia aveva una base manifatturiera solida. Noi la stiamo distruggendo e non stiamo adottando strumenti conseguenti per riuscire a mantenere una garanzia nel nostro Paese.
Ora noi, signor Presidente, consegneremo questa risposta burocratica e secca da parte del Ministero all'azienda in questione, però riproporremo la questione in Commissione lavoro, sperando che almeno in quell'ambito ci sia la possibilità di parlare con qualcuno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prima di passare alla successiva interpellanza, onorevole Gatti, vorrei solo rispondere in merito all'incipit della sua replica. Non posso che prendere atto di quello che lei ha detto. Lei stessa ha stigmatizzato il comportamento del Governo, la Presidenza non può fare altro che prenderne atto e nient'altro, perché il Governo non è tenuto ad essere presente con un rappresentante competente per materia. È chiaro che è solo e soltanto dovuto a un fatto di buonsenso e evidentemente di cortesia, come lei l'ha definita.

(Iniziative per la revisione dei parametri previsti per l'accesso ai contributi a favore delle famiglie con disabili, con particolare riferimento alle spese sostenute per le cure - n. 2-00851)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00851, concernente iniziative per la revisione dei parametri previsti per l'accesso ai contributi a favore delle famiglie con disabili, con particolare riferimento alle spese sostenute per le cure (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, ho promosso con il gruppo UdC l'interpellanza urgente in esame perché la storia di Laura è esemplare di una famiglia che ama senza limiti e pienamente la propria figlia, colpita a 21 anni da una patologia sanitaria che dal 12 settembre 2002 la costringe in coma su un letto. Accanto a lei i genitori, che da allora si dedicano totalmente alla sua assistenza.
Nei giorni scorsi, nel piano di riscontro delle invalidità civili e degli assegni di accompagnamento è stata inviata a Laura la richiesta di sottoporsi a visita di controllo. Ciò ha determinato un dibattito forte, anche pieno di disillusione, di incomprensione rispetto alle istituzioni pubbliche, che denunciano in questo caso una disattenzione piena e totale nei confronti di Laura, delle persone come lei, trattandole più che altro come dei numeri, come delle pratiche; istituzioni pubbliche che dovrebbero invece accompagnare, sostenere la famiglia di Laura e tutte quelle famiglie che prestano generosamente, donano totalmente la propria vita all'assistenza di familiari ridotti alla condizione di coma vegetativo, come è Laura.
Siamo davanti, quindi, ad una situazione che interessa diverse migliaia di persone, che andrebbe a nostro giudizio affrontata con maggiore puntualità dalla normativa nazionale, che dovrebbe essere accompagnata da un più alto livello di umanità, e che dovrebbe saper guardare a queste realtà, a queste persone con una disponibilità, con uno spirito di solidarietà pari alle ambizioni, che questo Paese coltiva, di essere uno dei Paesi di più grande tradizione civile.
Nel pianeta della sanità, questa condizione rappresenta, come lei sa, certamente una specificità, che non può essere affrontata Pag. 36con i parametri ordinari vigenti per la disabilità, anche per quella di alta gravità. L'interpellanza urgente descrive senza alcuna enfatizzazione lo straordinario impegno dei genitori, la solidarietà vera, quotidiana delle persone vicine alla famiglia, la disponibilità di cittadini anche lontani, diversi, che sollecitati attraverso l'iniziativa di «Specchio dei tempi» hanno generosamente corrisposto alle difficoltà economiche della famiglia per affrontare spese straordinarie, ma mirate a garantire indispensabili presidi sanitari per l'esistenza di Laura.
Signor sottosegretario Viceconte, a fronte di questo slancio, di questa vitalità della società civile, della comunità che è vicina a Laura, noi abbiamo visto le istituzioni interpellate, tra l'altro con molta discrezione, con molta parsimonia come è nella abitudine delle persone che soffrono e che hanno situazioni di questo tipo, senza pretese esagerate. Hanno chiesto per Laura, non per loro, di essere aiutati a pagare un affitto (perché devono avere una casa che possa garantire una vivibilità minima di autosufficienza per tutto il nucleo familiare), un contributo per modificare l'automobile, per acquistare alcuni presidi sanitari. Qual è stata la risposta? Una risposta che ha visto la burocrazia di questi enti (siano essi a livello provinciale, comunale, regionale, nazionale) affrontare in modo assolutamente formale, letterale, una normativa già di per sé non puntuale e specifica sulla condizione di vita di queste persone.
In ultimo - come dicevo - la perla di questa situazione, come è già scritto anche nell'interpellanza, è stata data dalla richiesta di visita di controllo per le provvidenze alle persone totalmente inabili. Questo ha scatenato naturalmente l'indignazione dei familiari che venivano considerati ricchi dalle istituzioni perché insieme raggiungevano un reddito da pensione di duemila euro. Ha scatenato certamente anche una valutazione di grande disagio rispetto alla conoscenza che le stesse istituzioni avevano della situazione sanitaria e di vita di Laura.
Evidentemente, io credo che davanti a questo non ci si possa muovere soltanto in termini di approccio generale. Bisogna avere una normativa, bisogna avere un indirizzo (è quello che noi chiediamo in questo caso) da parte del Governo, delle regioni e degli enti locali, nel quale vi sia una risposta per un approccio che tenga conto effettivamente di quelli che sono gli oneri che le famiglie sopportano, che tenga conto della realtà di una vita che viene vissuta da tutti i familiari, tra l'altro anche con un grande risparmio per l'erario pubblico. Infatti - lei lo sa - concretamente, se questa persona e le altre centinaia o migliaia di casi analoghi venissero affidati alle strutture pubbliche vi sarebbero costi enormi.
Quindi, io credo che noi dobbiamo cogliere l'occasione di questo dibattito, di questa indignazione che si è manifestata nella mia provincia di Cuneo, ma che ha trovato anche tanta solidarietà attraverso la fondazione «Specchio dei tempi» da tutta la regione Piemonte e dal Paese. Credo che dobbiamo trovare una risposta e - come diciamo noi - un'iniziativa anche normativa che faccia sì che non si ripetano queste situazioni e che anche i limiti reddituali previsti per il sostegno a situazioni di questa natura siano naturalmente correlati alle esigenze di un'assistenza vera per un minimo di benessere e di qualità (che va comunque garantita da parte di un Paese civile come il nostro).
Questa deve essere, quindi, l'occasione per il Governo, per il Parlamento e per tutte le istituzioni per fare un passo in avanti.
Sicuramente abbiamo già delle provvidenze, dei sostegni e delle norme, ma credo - ed è questo il significato dell'interpellanza urgente del gruppo dell'UdC - che si richieda un ulteriore adeguato passo in avanti per dare delle risposte che siano vicine alle famiglie, ai genitori, alle persone colpite da queste patologie sanitarie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

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GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'onorevole Delfino, in maniera puntuale e precisa, richiama l'attenzione sulle difficoltà che incontrano le famiglie nell'assistenza e cura dei propri familiari in stato vegetativo e sull'accesso agli interventi economici ed assistenziali.
Preliminarmente, occorre considerare che è stato recentemente adottato, ed è in corso di registrazione alla Corte dei conti, il decreto interministeriale per la ripartizione del Fondo nazionale per le non autosufficienze per l'anno 2010. Di tale fondo, una quota pari a circa 20 milioni di euro è destinata a finanziare iniziative sperimentali, concordate con le regioni e le province autonome, dirette, tra le altre finalità, a rafforzare il supporto alle famiglie delle persone in stato vegetativo o in condizione di disabilità estrema.
Riguardo all'accertamento medico cui è stata sottoposta la persona richiamata nell'interpellanza, va ricordato che recenti disposizioni di legge hanno assegnato all'INPS il compito di realizzare un piano di verifiche straordinarie per accertare la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei beneficiari di prestazioni di invalidità civile. Nell'ambito di tali verifiche, si è reso necessario, anche per la signora residente in Borgo San Dalmazzo, accertare la sussistenza dei requisiti sanitari.
Su questo punto è utile osservare che l'INPS, nella lettera con la quale invita la persona a sottoporsi a visita, rammenta all'interessato che, qualora lo stesso sia titolare di indennità di accompagnamento ovvero destinatario di comunicazione per le patologie previste dal decreto ministeriale del 2 agosto 2007, può trasmettere, entro la data fissata per la visita, la documentazione sanitaria attestante lo stato invalidante alla commissione medica che, accertati i requisiti richiesti, dispone l'esonero dalla visita di revisione. Solo in presenza di tale documentazione la visita medica potrebbe risultare non necessaria qualora, dall'esame della stessa, il servizio medico legale valutasse di definire la revisione sulla base degli atti.
Il 1o ottobre 2010 è pervenuta al centro medico legale dell'INPS di Cuneo la certificazione del medico curante della signora con richiesta di visita domiciliare per impedimento fisico. Il servizio medico legale ha esaminato il fascicolo e, pur constatando che non vi fosse altra documentazione agli atti oltre al verbale di visita risalente all'anno 2003, ha comunque accolto la richiesta di visita domiciliare. Pertanto, allo stato attuale, l'Istituto è in stretto contatto con la famiglia della signora per concordare i tempi e le modalità per l'effettuazione della visita domiciliare con il chiaro obiettivo di andare incontro alle concrete esigenze degli interessati, fortemente condizionati dall'assistenza prestata.
La ASL di Cuneo riferisce che alla paziente sono stati concessi e autorizzati, nel corso di questi anni, tutti gli ausili per i quali era stata fatta specifica richiesta. In particolare, per quanto riguarda il lettino antidecubito, non risulta alcuna specifica istanza in tal senso e non sussistono, pertanto, allo stato ostacoli ad eventuali autorizzazioni in quanto, nonostante il mancato inserimento nel nomenclatore, sono stati sempre concessi ausili, anche di costi elevati, a seguito di richieste documentate da parte dei medici specialisti.
In proposito, si precisa che l'attuale nomenclatore dell'assistenza protesica (documento emanato dal Ministero della salute che stabilisce la tipologia e le modalità di fornitura di protesi e ausili a carico del Servizio sanitario nazionale) già include una serie di ausili (materassi antidecubito da associare a letti ortopedici) destinati alla prevenzione delle lesioni da decubito e da pressione. Ulteriori ausili sono inclusi nella proposta di aggiornamento del DPCM sui livelli essenziali di assistenza (LEA) attualmente all'esame del Ministero dell'economia e delle finanze per la pre-concertazione tecnica concernente la valutazione della compatibilità economico-finanziaria del provvedimento.

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Tuttavia, per fare fronte ad esigenze del tutto particolari che non possono essere soddisfatte altrimenti, è sempre possibile ricorrere all'istituto della «riconducibilità funzionale», previsto dall'articolo 1, comma 5, del decreto ministeriale n. 332 del 1999, in base al quale viene posta a carico dell'assistito la sola differenza tra il prezzo di acquisto del dispositivo incluso nell'elenco ed il prezzo del dispositivo scelto dal paziente. In questo caso, in base alla normativa nazionale e fatte salve eventuali diverse disposizioni della regione in materia, la condizione economica dell'assistito non viene in rilievo.
Con specifico riferimento ai contributi che singole regioni destinano ad interventi di carattere sociale (quale, ad esempio, il contributo per l'affitto, richiamato nell'interpellanza) occorre considerare che tali misure rientrano nella piena autonomia del livello di governo regionale in applicazione di quanto previsto dal Titolo V della Costituzione. In questo ambito, pertanto, è lasciata all'autonomia regionale la quantificazione delle risorse finanziarie da destinare ad interventi di carattere sociale, l'esatta classificazione degli stessi nonché la determinazione dei requisiti per l'accesso, comprese le condizioni reddituali dei cittadini.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, prendo atto di quanto anche in termini esaustivi ha esposto, nel senso di aver toccato tutte le questioni che abbiamo posto nell'interpellanza urgente: dalla questione dei limiti del reddito, alla questione degli ausili, alla questione della visita di accertamento.
Rispetto al merito della risposta vorrei invece soltanto ribadire tre questioni. La prima: noi riteniamo che sia maturo il tempo che il Ministero della salute, nell'ambito della conferenza di coordinamento con gli assessori regionali in materia di sanità, riprenda la questione delle persone in coma vegetativo perché è un tema rispetto al quale vi è un approccio complessivo fortemente inadeguato.
Lei ha citato i 20 milioni in via sperimentale per rafforzare il supporto e il sostegno. Ne prendiamo atto evidentemente in modo favorevole. Tuttavia, ritengo che vi sia la possibilità a quel tavolo di concertare prima ed emanare poi una direttiva attuativa d'indirizzo, d'intesa con le regioni, in modo che dalle regioni verso le ASL e verso le istituzioni locali ci siano precisi input e precise indicazioni che consentano anche un più agevole rapporto tra le famiglie che assistono in casa familiari in queste condizioni di salute.
Per quanto riguarda gli accertamenti previsti dal piano straordinario, avevo già assunto informazioni nella sede dell'INPS provinciale di Cuneo e, quindi, corrisponde pienamente a verità quanto è stato qui da lei affermato. Tuttavia, come io ho detto allora al primario, al responsabile, sarebbe opportuno che le cartelle sanitarie, poiché ci sono comunque rapporti, vengano acquisite senza procedere alla preventiva convocazione, perché questo risulta essere quasi un atto di mancanza di dialogo, di rapporto amicale che ci dovrebbe essere tra la pubblica amministrazione e i cittadini, in particolare i cittadini che versano in questa situazione.
In particolare sugli ausili, in qualche misura rimango sorpreso da quanto lei ha affermato perché nei rapporti non diretti che ho avuto con la famiglia (infatti era mia intenzione recarmi dalla famiglia dopo aver svolto questa interpellanza) avevo raccolto, da quanti sono vicini alla famiglia, un'indicazione sul fatto che vi erano stati dei dinieghi.
Lei qui ha affermato che questo non sarebbe successo e quindi sarà uno dei punti che verificherò.
In ultimo, la questione reddituale: al riguardo, poiché penso sia incontrovertibile il dato del costo veramente molto più pesante che avrebbe sulla finanza pubblica l'assistenza di queste persone presso istituzioni pubbliche, io credo che, come si può essere esonerati dalle visite per alcune patologie che colpiscono persone che vengono assistite in famiglia, le norme dovrebbero essere modificate. Pag. 39
Quindi, questa è la seconda indicazione che mi permetto di dare, anche a nome del gruppo dell'Unione di Centro: in questi rapporti della Conferenza Stato-regioni sulla sanità e sull'assistenza specificatamente, come vi è un elenco e un decreto ministeriale che esonera, così dovrebbe essere che, là ove vi sono situazioni come quella presa in esame dall'interpellanza urgente, i livelli reddituali per assicurare i contributi per le varie esigenze che vengono documentate dovrebbero essere ulteriormente innalzati.
Infatti, evidentemente, se non vi fosse il supporto in questo caso di associazioni della solidarietà della comunità più vicina alla famiglia di Laura, certamente i genitori non potrebbero far fronte a tutte quelle esigenze di carattere straordinario che maturano nel corso dell'assistenza al loro familiare.
La ringrazio e mi auguro che si possano registrare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi ulteriori passi in avanti su questa materia.

(Iniziative del Governo in relazione ai fenomeni di degrado connessi alla massiccia presenza di lavoratori immigrati stagionali nella piana di Gioia Tauro - n. 2-00846)

PRESIDENTE. L'onorevole Messina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00846, concernente iniziative del Governo in relazione ai fenomeni di degrado connessi alla massiccia presenza di lavoratori immigrati stagionali nella piana di Gioia Tauro (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola e ringrazio il Governo per essere presente. Siamo qui, ad un anno di distanza dai fatti gravi che si sono verificati a Rosarno, dove uno scontro tra poveri, immigrati da un lato e cittadini e dall'altro, ha portato a disordini straordinari e sopratutto alla violazione manifesta di quelli che sono i diritti primari, i diritti civili, che sul territorio vanno garantiti a chiunque, da un lato a chi arriva immigrato e dall'altro lato a chi vive su un territorio.
Siamo qui di nuovo, signor Presidente e signor sottosegretario, perché l'allarme è nuovamente stato lanciato. Il prefetto di Reggio Calabria qualche giorno fa, proprio il 1o ottobre, ha presieduto una riunione in prefettura, dove ha chiamato ad essere presenti alcuni sindaci della piana di Gioia Tauro e le forze dell'ordine, al fine di mettere in evidenza quello che è un rischio concreto che si può verificare anche quest'anno, cioè che i disordini verificatisi a Rosarno possano ripetersi.
L'obiettivo dell'incontro era di monitorare la situazione territoriale in vista dell'inizio della stagione della raccolta degli agrumi che ogni anno - e non solo l'anno scorso - richiama sul territorio calabrese e sul territorio di Rosarno migliaia di immigrati, clandestini e non, che vanno lì per la raccolta degli agrumi. È una sorta di migrazione nell'immigrazione, perché la stessa gente si sposta dalla Campania, dove finisce la raccolta dei pomodori, verso la Calabria, per la raccolta degli agrumi. L'obiettivo del prefetto e di questa riunione era quello di verificare le condizioni attuali, se sono mutate rispetto a quelle dell'anno scorso, in maniera tale da garantire i diritti a ciascuno, alle popolazioni del territorio e a chi arriva sul territorio.
Anche perché l'allarme che è stato lanciato è che ogni anno in quel territorio arrivano circa duemila immigrati, mentre pare che in quel territorio il lavoro disponibile oggi sia soltanto per poche centinaia di lavoratori. Quindi, immaginate l'elemento di disperazione in più: non solo duemila persone che arrivano e comunque lavorano anche se nelle mani della criminalità organizzata e con salari da fame; ma arrivano e non trovano nemmeno quella miseria di lavoro che gli veniva garantita, subendo anche minacce di morte, come anche l'anno scorso si è verificato.
Ci sono alcuni dati, che ho ritenuto di evidenziare, che riguardano un rapporto di Medici Senza Frontiere che ha operato Pag. 40nella zona e ha evidenziato che il 65 per cento degli immigrati stagionali vive in strutture abbandonate, il 55 per cento dorme per terra, il 64 per cento di essi non ha accesso all'acqua potabile e il 62 per cento non ha accesso a servizi igienici, e nella più totale mancanza di igiene contraggono infezioni e malattie di tutti i tipi. Non sono queste le condizioni che un Paese come l'Italia deve garantire. Certo, si deve regolamentare l'ingresso degli immigrati nel nostro Paese, e su questo riteniamo sia giusto intervenire, ma non si può far finta che chi arriva non esista o, peggio, facendo finta che esista, lo si mandi via o gli si consenta di vivere in condizioni di degrado assoluto, in violazione dei principali diritti umani.
Tra l'altro, rispetto all'anno scorso il problema dell'alloggio di tali lavoratori, anche di quelli in regola, che arriveranno, non è migliorato, ma è anzi peggiorato, perché alcune fabbriche, che ospitavano, seppur in maniera disumana, quei lavoratori, sono in ogni caso state abbattute. Per cui comunque quelle inagibili non consentiranno nemmeno un accampamento o qualcosa di questo genere.
Secondo i dati di un primo rapporto dell'INEA sugli immigrati in agricoltura, gli irregolari in Calabria arriverebbero al 95 per cento. Un dato che CGIL quantifica in 6 mila unità circa. Non solo: ci sono degli elementi, perché la procura di Palmi in questo senso è intervenuta, che dimostrano che non solo dietro ai fatti di violenza, ma anche sulla gestione del lavoro degli immigrati - soprattutto di quelli non in regola - intervengono organizzazioni criminali. Ci sono gli slogan, come «tolleranza zero», del Ministro Maroni e del Ministro Sacconi. Però, al di là delle belle parole bisogna anche concretizzare i fatti.
La conseguenza è che oggi molti produttori non ospiteranno nemmeno perché con i giusti controlli non avranno nemmeno le condizioni economiche per poterli ospitare.
Ricordo il Ministro Maroni che, in un intervento alla Camera sul punto e parlando proprio delle politiche di integrazione, diceva che le stesse rimangono di competenza delle autorità locali, della regione Calabria e, in un certo senso, degli stessi produttori agricoli che sono obbligati dalla legge Bossi-Fini ad assicurare un alloggio idoneo. Signor sottosegretario, basta andare in giro, e non credo che il Ministro Maroni non sia in condizioni di comprenderlo: i comuni interessati non sono in condizione di risolvere il problema, di supportare e di sopportare il peso dell'ospitalità di questi extracomunitari, perché sono veramente in cattive acque. Quindi, risolvere il problema non risolvendolo, alla fine, crea ovviamente soltanto disordini e rischi di una barbarie sociale che sul territorio si può verificare.
L'emergenza, ecco il motivo dell'urgenza dell'interpellanza, potrebbe scattare già tra qualche giorno (il signor prefetto non si sarebbe ovviamente fatto parte diligente se non ci fosse stato il motivo impellente, aveva giustamente anche altro di cui occuparsi). Quindi, si tratta di un rischio concreto, attuale.
Ci sono tanti fondi che sono stati - si dice - messi a disposizione e non sono stati utilizzati o addirittura utilizzati male. Ci sono interventi da parte dello Stato che non servono assolutamente a risolvere il problema: ne cito uno per tutti: per un bene confiscato al clan dei Bellocco, già della ex fabbrica della Beton Medma, sono stati stanziati 2 milioni di euro per la realizzazione di un centro. Allora, voi vi sarete detti: un centro per cosa, di accoglienza? Nel senso che se arrivano degli immigrati vi alloggiano e cerchi di consentire ai medesimi delle condizioni di vita normale.
Poi attenzione, successivamente, li controlli, verifichi che siano in regola, invece no: il centro a che cosa servirà, ammesso che venga realizzato? Il centro, che comunque non verrà completato prima di un anno, a giudicare dai dati che ci sono stati forniti, avrà tre grandi spazi: un primo spazio che si occuperà dell'intrattenimento e del supporto scolastico ai bambini. Ora, francamente, voi pensate che l'immigrato che viene, stagionale e in nero, con il suo Pag. 41carico di disperazione dalla sua terra, per raccogliere i pomodori a Castel Volturno o gli agrumi a Rosarno, venga con il suo bambino da mandare a scuola? Francamente non credo sia questo il tema.
La seconda questione riguarda l'area di formazione professionale e l'area di laboratorio: sono importanti ma, se queste persone non hanno ancora un lavoro, quale formazione vogliamo dare loro? Il tema è diverso, dobbiamo in questo momento garantirgli condizioni di vita minime, normali.
Vi è un ulteriore fatto: l'impatto - questo è un dato della Confcommercio, confermato anche dai dati della CIA - della criminalità nell'agricoltura: c'è una espansione enorme della malavita organizzata e della 'ndrangheta nel settore dell'agricoltura, gli investimenti sono sempre più forti. È sufficiente sottolineare come la maggior parte delle aziende sequestrate alla mafia, alla 'ndrangheta, alla criminalità organizzata, per un quarto sia rappresentato da aziende agricole. Evidentemente è un settore che in questo momento è fortemente attenzionato dalla criminalità organizzata e non si può sottovalutare un aspetto determinante, e cioè lo sfruttamento di lavoratori in nero o comunque in condizioni disumane che può essere fonte di ricchezza per la criminalità organizzata.
A questo punto la domanda, ascolterò poi la risposta del rappresentante del Governo, è questa: è passato un anno dal 7 gennaio 2010, data in cui si verificarono quei fatti, belle parole ne sono state dette tante, di allarme ve ne è stato tanto, di risultati a noi sembra di vederne pochi, sensazione, se non altro confermata dalla riunione in prefettura dove, se si è lanciato l'allarme, è perché la soluzione non è stata trovata. Per questo, speriamo di ottenere dal Governo una risposta positiva. Magari non ci siamo accorti che la soluzione c'è già e sul territorio non l'hanno vista ma ora spunterà la soluzione al problema, magari il Governo è intervenuto, è intervenuto affrontando la nuova emergenza umanitaria che si avvia, con l'apertura della stagione, a ripetersi e ha trovato anche una soluzione per garantire ai lavoratori stagionali dimore in luoghi dalle condizioni igienico-sanitarie adeguate e per evitare che pericolose tensioni sociali possano degenerare nuovamente in episodi di violenza. Speriamo, signor sottosegretario di non essercene accorti e speriamo che lei ora ci fornisca i dati della soluzione che avete già adottato e realizzato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il 28 gennaio 2010, il Consiglio dei ministri ha approvato un piano straordinario di vigilanza nei settori dell'agricoltura e dell'edilizia nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, che costituiscono i territori del Meridione più sensibili alle problematiche del lavoro irregolare e delle connesse infiltrazioni criminose.
Sulla base di tale piano e dei progetti già assunti dal Ministero dell'interno e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stata avviata, attraverso il coinvolgimento dei prefetti dei capoluoghi di regione, delle direzioni regionali e provinciali del lavoro, del comando carabinieri per la tutela del lavoro, del comando generale della guardia di finanza, dell'INPS e dell'INAIL, una attività ispettiva nei settori interessati ed è stato previsto un monitoraggio della stessa fino al 31 dicembre 2010.
Tale piano ha riguardato diecimila aziende agricole e ha visto la mobilitazione di ben 550 unità ispettive. In particolare, in occasione di specifici incontri tra i vertici delle amministrazioni coinvolte nella vigilanza, sono stati pianificati accessi ispettivi nei settori in questione, affidati a gruppi operativi misti composti da personale ispettivo del Ministero del lavoro, dell'INPS, dell'INAIL, nonché da militari dell'Arma dei carabinieri e della guardia di finanza.
Tali operazioni sono svolte in sinergia con i locali commissariati della polizia di Pag. 42Stato, impegnati nelle procedure di identificazione degli eventuali cittadini extracomunitari clandestini, per le operazioni di rimpatrio. Gli accertamenti ispettivi sono stati preceduti da attività di individuazione di specifici obiettivi connessi con le colture stagionali.
L'azione ispettiva è stata in particolare mirata a monitorare l'utilizzo ciclico di manodopera agricola e a rilevare fenomeni quali il caporalato, le truffe ai danni dell'INPS, realizzate mediante l'instaurazione di rapporti di lavoro fittizi, anche in considerazione dei possibili collegamenti con la criminalità organizzata.
In particolare, nella regione Calabria, è stato insediato un apposito tavolo regionale al quale hanno partecipato i prefetti della Calabria, i direttori regionali del lavoro, dell'INPS, dell'INAIL, i comandanti regionali e provinciali dei carabinieri, della guardia di finanza e i questori delle province calabresi.
Il tavolo ha individuato le aree di intervento dell'attività ispettiva e stabilito i criteri operativi. È stato, quindi, stilato un programma di ispezioni e l'attività di vigilanza si è avviata in tutto il territorio.
I controlli ispettivi volti a debellare il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori immigrati clandestini si inseriscono nell'obiettivo strategico fondamentale dell'azione ispettiva, che è, appunto, rappresentato dal contrasto al lavoro sommerso, in linea con le priorità annualmente individuate dal vertice politico, ed in particolare con la direttiva del Ministro del lavoro del 18 settembre 2008 e, più recentemente, con il piano triennale per il lavoro del 30 luglio 2010, nonché con l'atto di indirizzo del Ministro del lavoro del 5 agosto 2010.
In dettaglio, secondo i dati forniti dalla direzione provinciale del lavoro di Reggio Calabria, nel periodo che va da giugno a settembre 2010 sono state ispezionate 438 aziende agricole, di cui 103 sono risultate irregolari; i lavoratori irregolari sono risultati essere 291, di cui 43 extracomunitari.
In merito alla situazione degli alloggi, il comune di Rosarno, con il sostegno del Governo, sta lavorando alla realizzazione di un centro per la formazione lavoro e di accoglienza stagionale che consentirebbe di ospitare circa 150 lavoratori.
Sempre il comune di Rosarno ha avviato una serie di iniziative progettuali finalizzate non solo a prevenire situazioni di degrado igienico-sanitario ed assicurare ai lavoratori immigrati sistemazioni dignitose, ma mirate anche a porre le condizioni per favorire un'effettiva integrazione degli extracomunitari nel tessuto economico e sociale rosarnese.
Recentemente la situazione del comune di Rosarno e di quelli limitrofi è stata affrontata nel corso di apposite riunioni svoltesi presso la prefettura di Reggio Calabria - quale ufficio di rappresentanza del Governo sul territorio e di raccordo delle amministrazioni periferiche dello Stato - al fine di disporre di un quadro informativo aggiornato e di predisporre le iniziative più opportune per adottare soluzioni concrete in grado di escludere il ripetersi di situazioni analoghe a quella accaduta il 7 gennaio scorso.
Alla prima riunione, tenutasi lo scorso 1o ottobre, hanno partecipato la provincia di Reggio Calabria, la direzione provinciale del lavoro, l'azienda sanitaria provinciale, le associazioni rappresentative del comparto agricoltura, le espressioni del mondo sociale e le forze di polizia.
L'incontro è stato particolarmente utile per accertare la situazione esistente, sulla quale le forze dell'ordine e la polizia municipale di Rosarno concordano nel valutare la presenza attuale di circa un centinaio di immigrati nella zona di Rosarno e di altri settanta o cento circa, nel territorio dei comuni limitrofi. Le associazioni sociali hanno condiviso la valutazione ed hanno stimato il presumibile arrivo di circa 700-800 persone nella prossime settimane, molte delle quali avrebbero già inoltrato istanza per la concessione dello status di rifugiato politico.
Le associazioni del settore agricolo hanno, dal canto loro, confermato le difficoltà evidenti del mercato, certamente non in grado di assicurare profitti ai Pag. 43titolari delle locali aziende e, di conseguenza, non in condizione di permettere l'assunzione di un cospicuo numero di lavoratori.
Nel ribadire la problematicità della situazione globale, derivante anche dal continuo sopraggiungere di carichi di succhi di frutta provenienti dall'America Latina (in particolare, dal Brasile), qualitativamente non confrontabili con il prodotto italiano, ma molto più convenienti dal punto di vista economico, hanno riferito che il raccolto delle cosiddette clementine potrebbe anche essere effettuato, mentre le arance per uso industriale potrebbero essere lasciate sugli alberi e, quindi, fatte marcire.
Alla seconda riunione, tenuta il 6 ottobre scorso, invece, hanno partecipato la regione Calabria, i componenti delle commissioni straordinarie dei comuni di Rosarno e San Ferdinando, i sindaci dei comuni di Gioia Tauro, Laureana di Borrello e Rizziconi.
Gli amministratori comunali presenti hanno evidenziato la difficoltà di reperire sia immobili, sia mezzi economici sufficienti, per consentire l'installazione di strutture nelle quali ospitare i lavoratori stagionali, mentre hanno offerto la propria disponibilità ad intervenire con la collaborazione di esponenti del volontariato e di associazioni sociali, al fine di consentire un supporto a gruppi ristretti di persone.
Preso atto di ciò, il rappresentante della regione è stato invitato a rendersi promotore di tutte le iniziative possibili, siano esse legate alla fornitura di mezzi di sostentamento che alla concessione di tende e/o moduli prefabbricati o di qualsiasi altra soluzione alloggiativa temporanea, ove poter ospitare gli extracomunitari.
In materia di lavoro stagionale, in data 1o aprile 2010 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie per l'anno 2010. Con circolare in data 18 giugno 2010 sono state diramate specifiche istruzioni sull'applicazione del citato decreto, al fine di contrastare il fenomeno del lavoro in nero. In tali direttive è stata, in particolare, segnalata l'opportunità che, nell'ambito dell'istruttoria relativa alle domande di nulla osta, le direzioni provinciali del lavoro, al momento di rilasciare il prescritto parere, valutino con rigore gli esiti di specifici accertamenti da svolgere in merito alle singole posizioni dei datori di lavoro richiedenti.
Sono state, inoltre, impartite agli sportelli unici per l'immigrazione precise indicazioni affinché accertino l'effettiva volontà dei datori di lavoro di assumere il lavoratore richiesto, e diano l'opportunità di subentro di altro datore di lavoro, qualora il richiedente non sia più interessato.
Per quanto riguarda le iniziative dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), si è deciso di avviare una strategia specifica in grado di andare oltre il supporto legale alle vittime della discriminazione, incidendo così sulle cause strutturali delle discriminazioni, poiché uno dei maggiori problemi di inserimento lavorativo degli immigrati è la grande difficoltà di accesso al mercato del lavoro in fase di selezione del personale.
Si è pensato, quindi, di creare un'opportunità di incontro tra domanda e offerta coinvolgendo le aziende e alcune categorie di soggetti svantaggiati, tra cui gli stranieri, favorendo così un incontro agevolato tra aziende e persone che spesso vengono discriminate nel mondo del lavoro. In questa ottica, già dal 2008 è nata l'iniziativa «Diversità lavoro», cui hanno aderito importanti aziende, istituzioni e associazioni, finalizzata a far incontrare domanda e offerta per l'inserimento lavorativo di persone di origine straniera o con disabilità.
Infine, si fa presente che sotto l'aspetto della prevenzione e repressione di possibili turbative e dei fenomeni illeciti, vi sono state già diverse operazioni che hanno portato a provvedimenti cautelari per reati, anche associativi, legati all'immigrazione clandestina ed al suo sfruttamento. Pag. 44
In ogni caso, permane elevata l'attività di capillare monitoraggio nei territori del comune di Rosarno e di quelli limitrofi da parte delle forze di polizia, al fine di disporre di un quadro costantemente aggiornato della presenza di cittadini comunitari ed extracomunitari in quelle aree.

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti della scuola media statale Via martiri d'Ungheria di Scafati, in provincia di Salerno, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.
L'onorevole Messina ha facoltà di replicare.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, signor sottosegretario, ho ascoltato con attenzione nella speranza di trovare una risposta, che purtroppo non è arrivata.
Il suo lungo intervento - che sostanzialmente non fa altro che ripetere ciò che è stato detto all'interno della interpellanza - può essere racchiuso in una sola parola: ispezioni. Lei è andato avanti nel suo intervento segnalando tutta una serie di attività ispettive e di monitoraggio: 10 mila aziende monitorate, tavolo regionale, individuate le basi di intervento, studiato il programma; fatti meritori, indubbiamente, perché la realtà bisogna monitorarla, controllarla e conoscerla. Tuttavia, dopo che è stata monitorata, controllata e conosciuta, bisogna avere anche la capacità e - aggiungo - la volontà di dare soluzione ai problemi.
Ciò perché non si può sottovalutare o far finta che non esista tutto quello che è accaduto in quest'anno. Noi, infatti, non stiamo avvisando di un rischio che verrà: un prefetto ha sollevato il problema; non monitoriamo per vedere se tali fatti accadranno, perché sono già accaduti l'anno scorso e anche due anni fa, e sono finiti entrambi con disordini e sparatorie. È un danno annunziato, non un fatto nuovo o un'emergenza attuale per cui il Governo dice: vi è un'emergenza, andiamo a vedere che succede.
Lo sapete già dall'anno scorso, lo sapete già da due anni fa, e ancora oggi, a due anni di distanza, dite che state ispezionando e monitorando. Ciò è giusto - ripeto - ma non è una soluzione ai problemi. Basta prendere alcuni dati. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), per esempio, il 27 aprile (quindi non ieri, ma qualche mese fa), ha sollevato la questione dicendo che, da quanto emerge dal rapporto, i controlli delle autorità - questo è un fatto grave e una denunzia grave alla quale credo che voi dobbiate rispondere - si limitano a verificare la regolarità della presenza dello straniero sul territorio italiano senza influenzare le condizioni di sfruttamento sul lavoro di cui è vittima la manodopera straniera. Delle due l'una: o ciò che viene detto dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni è vero (e probabilmente, rispetto a quello che lei ha dichiarato, lo è, considerato che si è limitato a dire che avete fatto ispezioni, ispezioni ed ispezioni) e dall'altra parte, invece, non si interviene su quella che è la causa e la volontà di sfruttare lavoratori in nero che non si risolve solo attraverso le ispezioni.
Vado avanti. Non avete tenuto conto di ciò che dicono gli investigatori e l'antimafia perché non ieri, ma l'8 gennaio del 2010, investigatori, carabinieri, polizia e forze dell'ordine parlano di problema di ordine pubblico che nasce da una situazione sociale esplosiva in cui trovano spazio intolleranza e razzismo. Non parla una parte politica, ma investigatori, carabinieri, forze dell'ordine e polizia e ancora l'antimafia, che è intervenuta sempre in quella data a dire che la criminalità organizzata calabrese tende ad investire - lo dicevo prima - sempre più in agricoltura e lo dimostra il sequestro di aziende agricole (un quarto del totale). Non parla una parte politica, ma l'antimafia che denunzia questo stato di cose. Rispetto a ciò il Governo cosa ha fatto? È trascorso un anno e al di là delle ispezioni nulla è stato detto in più.
Le cito alcuni interventi. Cito per primo il Ministro Galan perché credo che in politica bisogna avere anche la dignità di assumersi la responsabilità del ruolo che si ha e - aggiungo - di rispettare la parola Pag. 45data. Il Ministro Galan, il 25 giugno, intervenendo sui fatti di Castel Volturno e di Rosarno, dice (è tra virgolette, quindi spero non lo smentisca il Ministro stesso): «Bisogna inventarsi programmi di interscambio con i Paesi da cui vengono quei lavoratori per accogliere quelli di cui abbiamo bisogno ed evitare casi come Rosarno». Non mi risulta siano stati fatti interventi in questo senso. Poi, il 28 aprile, incontrando gli studenti di una scuola di Montebelluna, il Ministro Galan dice: «Tra le mie prime uscite pubbliche ci sarà una visita a Rosarno, voglio incontrare cittadini e istituzioni». Se c'è andato non se n'è accorto nessuno, ma le posso garantire che il Ministro Galan dopo l'impegno preso - e credo che uscite pubbliche ne abbia fatte da quando si è insediato - a Rosarno non ci ha proprio messo piede.
Ma continuiamo. Infatti, ogni settore interessato ha dato un suo impegno un anno fa, ma non ha risposto e quindi non ha dato la soluzione ai problemi. Il Ministro Sacconi, il 13 gennaio 2010, intervenendo ad una trasmissione RAI sottolinea il paradosso di aree come quella di Rosarno dove c'è un'altissima disoccupazione italiana e poi si usa il clandestino in forme irregolari per lavori di raccolta. Si tratta di una denunzia forte da parte del Ministro del lavoro, ma sono passati nove mesi e chi ci governa non deve denunziare paradossi ma deve risolvere i problemi, e non è certo solo e semplicemente con le ispezioni o con i tavoli che si risolvono i problemi.
Da ultimo, cito il Ministro dell'interno Maroni, perché anch'egli ha una responsabilità. Abbiamo avuto modo di discutere in quest'Aula, proprio con il Ministro Maroni, anche con toni accesi e forti a proposito un altro intervento. Direi al Ministro di non intervenire dopo, perché ha un dovere morale e istituzionale, che è quello di prevenire, e se oggi c'è un fatto annunziato non si può dire «va bene, ma cosa posso fare, se succede qualcosa poi magari mando le forze dell'ordine». Non è più sufficiente, soprattutto quando è un fatto che si ripete volta per volta.
Signor sottosegretario, non mi voglio dilungare oltre, ma sicuramente i fatti ispettivi che lei ha indicato, di fatto, con i tavoli che si sono succeduti, prima in prefettura (peraltro, anch'io ho incontrato i sindaci) e poi con la regione, scaricano sui sindaci non solo la responsabilità morale, che invece avete voi perché il fatto è stato sollevato, ma anche la responsabilità materiale ed economica di sopportare il carico di queste persone che arriveranno. Infatti, sottosegretario, lei stesso afferma che è previsto che arrivino circa 700-800 persone, ma dal momento che non c'è lavoro per loro sarà una disperazione sulla disperazione! Queste persone arriveranno, non avranno alloggio, non saranno accolte ed inoltre non avranno nemmeno una possibilità minima di lavoro: qualcosa va fatto, e convocare il tavolo non basta.
La regione Calabria, da un lato, taglia le risorse alla sanità, dall'altro lato, devo dire in modo contraddittorio, aumenta le spese di rappresentanza del presidente della regione in una contraddizione purtroppo forte in termini istituzionali; quindi non si potrà certo far carico di andare a coprire i costi e la logistica di un problema che si sta verificando.
Voi avete il dovere di garantire nel nostro Paese i diritti civili e di garantirli a tutti. Tutti significa i cittadini di Rosarno, che hanno diritto a vivere serenamente nella loro città, ma anche i cittadini extracomunitari che arrivano e che, se non sono in regola certamente devono essere mandati a casa perché chi entra nel nostro Paese deve essere in regola, però chi si trova qui, prima di essere mandato a casa, non può essere buttato in mezzo alla strada e lasciato lì a morire, ma, al contrario, va comunque aiutato. In questo modo si fa un favore alla criminalità organizzata che al sud sguazza in queste situazioni: sguazza e si arricchisce nei disordini, nei disagi sociali, nelle contraddizioni che si verificano sul territorio.
L'emergenza Calabria è forte: lo dimostrano le bombe, il bazooka al procuratore, le forze dell'ordine sotto pressione, così come i giornalisti; si tratta di persone a cui va tutta la nostra solidarietà, ma lo Stato Pag. 46non può essere assente né può andare avanti con proclami che poi non sono soluzioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IGNAZIO MESSINA. È questo il federalismo che volete, con l'abbandono del sud? I guai li lasciamo al sud e al nord lasciamo il meglio? Noi non siamo d'accordo, ma non come cittadini del sud, come cittadini italiani!
Noi l'abbiamo detto: per favore, non venite poi dopo a riferire se qualche fatto grave si dovesse verificare, perché a quel punto, se dovessimo trovarci nuovamente in quest'Aula ad ascoltare il Governo che viene a riferire su fatti che si verificheranno, non dovete venire a riferire, in quel caso dovete venire solo ed esclusivamente a presentare le vostre dimissioni per manifesta incapacità. Ve lo abbiamo detto, lo sapete perfettamente, lo hanno detto i vostri prefetti, lo hanno detto le forze dell'ordine: il problema esiste e avete il dovere di risolverlo.
Signor sottosegretario, in questo senso non è in discussione la credibilità del vostro Governo, è in discussione la presenza dello Stato in una terra in questo momento sotto pressione, martoriata e di scontro sociale e di guerra...

PRESIDENTE. Ha terminato il tempo a sua disposizione, onorevole Messina.

IGNAZIO MESSINA. Concludo, Presidente. È in discussione non la presenza in generale dello Stato, ma di uno Stato credibile e il rispetto della legge che in questo caso viene meno.

(Chiarimenti in merito al riconoscimento, ai fini dello stato di servizio, della partecipazione del colonnello dell'Aeronautica Gianmarco Bellini ad operazioni ONU in Iraq - n. 2-00798)

PRESIDENTE. L'onorevole Gidoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00798, concernente chiarimenti in merito al riconoscimento, ai fini dello stato di servizio, della partecipazione del colonnello dell'Aeronautica Gianmarco Bellini ad operazioni ONU in Iraq (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, mi viene da dire, come premessa, last but not least, considerata l'ora!
Nell'illustrare la nostra interpellanza urgente faccio un salto indietro al tempo della prima guerra del Golfo negli anni 1990-1991. La sera del 17 gennaio 1991 alla prima ondata d'attacco parte il primo stormo e in questo c'era il famoso equipaggio di Bellini e Cocciolone, l'unico che in una serata di maltempo riesce a rifornirsi, ad attraversare il deserto, a raggiungere l'obiettivo, cui segue l'attacco e poi una «banale» sventagliata di mitraglia da 20 millimetri che abbatte quel gigante tecnologico che era il Tornado dell'equipaggio. Di qui la cattura e i 47 giorni di prigionia trascorsi - le assicuro, Presidente - non in un albergo di categoria cinque stelle superiore, ma sottoposto a violenze fisiche e psicologiche. Finalmente, il 3 marzo 1991, Bellini viene liberato, ricoverato su una nave militare USA come prigioniero di guerra liberato e di qui la constatazione che aveva due fratture alla colonna vertebrale ed una alla mandibola.
Poi ritorna in Italia e giustamente il Presidente della Repubblica vuole insignirlo della medaglia d'argento al valore militare.
Poi passa il tempo ed evidentemente sorgono dei dubbi normativi e legislativi.
Dunque chiediamo, con la nostra interpellanza, se sia stato riconosciuto sullo stato di servizio del colonnello Bellini il periodo di guerra cui ha presso parte con l'operazione ONU in Iraq, detta Locusta, dal 25 settembre 1990 al 7 marzo 1991, e conseguentemente se le ferite riportate in combattimento, riconosciute dalla commissione medica militare, siano state messe a matricola e conteggiate come tali, ex articolo 93 del regolamento per la disciplina delle uniformi e, se ciò non Pag. 47fosse, chiediamo per quale motivo vi sia questa evidente quanto ingiusta discrasia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, con riferimento alla descrizione dell'evento fatta dagli onorevoli interpellanti, faccio presente che i due militari prigionieri non sono stati considerati prigionieri di guerra perché mancava un vero e proprio stato di guerra con l'Iraq.
Inoltre, all'epoca della missione in oggetto, trova applicazione il Codice penale militare di pace, cosa che nei fatti ha impedito l'applicazione della legge di guerra, nonché del titolo IV libro III del Codice penale militare di guerra che contiene norme poste a tutela del prigioniero di guerra.
Ciò nonostante, sotto il profilo dello stato giuridico e del trattamento economico, non è stato arrecato nessun danno ai due militari, perché la legge di conversione n. 88, del 20 marzo 1991, relativa al decreto-legge n. 17 del 19 gennaio 1991, ha sanato la situazione, prevedendo - cito testualmente - che: «al personale, qualora impossibilitato a prestare servizio perché in stato di cattività o disperso, continua ad essere attribuito il trattamento economico ed assicurativo, nonché lo stipendio e gli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Il tempo trascorso in stato di cattività o di dispersione è computato per intero ai fini del trattamento di pensione e non determina detrazioni di anzianità».
Premesso quanto sopra, rappresento che nella documentazione matricolare del colonnello Bellini risultano trascritte le seguenti variazioni matricolari relative all'evento in questione: conferimento della medaglia d'argento al valore militare, conferimento del distintivo di bronzo per azioni belliche, riconoscimento di prestazioni di servizio per conto dell'ONU tra il 25 settembre 1990 e il 7 Marzo 1991, conferimento della croce commemorativa concessa dal sovrano saudita, conferimento della medaglia commemorativa per la liberazione del Kuwait.
In ordine al secondo quesito, circa la trascrizione a matricola delle ferite, risulta che sia stata regolarmente trascritta la variazione relativa all'infermità contratta per causa di servizio.
Riguardo alla possibilità di fregiarsi del distintivo d'onore di «ferito di guerra», ai sensi dell'articolo 93 del regolamento per la disciplina delle uniformi, faccio presente che non risulta pervenuta alcuna domanda in merito alla Direzione generale per il personale militare e preciso che, alla stregua della normativa vigente, non è possibile dare il distintivo di guerra ma solo quello di servizio per le motivazioni precedentemente addotte e rappresento che lo stesso organo può concedere l'autorizzazione a fregiarsi del distintivo d'onore di «ferito in servizio» ai sensi dell'articolo 94 del citato regolamento, a seguito sempre di un'istanza dell'interessato, previo parere di apposita commissione medica e sempre che si tratti di «ferita o lesione con esiti gravi di mutilazioni o di permanenti alterazioni nella funzionalità di organi importanti o interessanti in modo grave e con esiti permanenti tessuti molli, ossa e organi cavitari».
Con riferimento poi alla più generale questione relativa all'estensione dei benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti al personale militare che, per conto dell'ONU, abbia prestato servizio in zone d'intervento, di cui alla legge n. 1746 dell'11 dicembre 1962, assicuro che la problematica è alla costante attenzione del Dicastero.
Al riguardo, voglio sottolineare che il Ministero della difesa è già orientato a considerare impiegato per conto dell'ONU, con il diritto alle conseguenti variazioni matricolari, tutto il personale che ha prestato servizio inquadrato nella Forza multinazionale, sia «sotto diretto comando ONU», sia su «mandato dell'ONU sotto diverso comando», nelle zone Pag. 48d'intervento e nei periodi così come indicato dalle apposite disposizioni dello Stato maggiore della Difesa.
In ragione di tali considerazioni, sono state avviate tutte le opportune azioni nei confronti dei competenti organi previdenziali per risolvere, in via amministrativa, la questione a legislazione vigente, ferma restando la disponibilità a promuovere gli eventuali interventi normativi altrimenti necessari, laddove non si potesse dar luogo a quanto detto con un atto puramente amministrativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Gidoni ha facoltà di replicare.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, signor sottosegretario, è evidente che apprezziamo la volontà del Governo ad avviare un procedimento che dovrebbe portare a atti legislativi volti a chiudere queste vicende.
È ovvio che quello che sta succedendo nel nostro nuovo modo di operare, con il nostro esercito anche all'estero, pone qualche volta i nostri militari in situazioni che non trovano un inquadramento chiaro nell'attuale quadro normativo e legislativo, per cui riteniamo che questa disponibilità sia assolutamente apprezzabile e dichiaro fin da ora la disponibilità della Lega Nord Padania a sostenere tutte le iniziative che il Governo vorrà promuovere in tale direzione.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,50).

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo su un tema: libertà di informazione e tutela della persona, in particolare riguardo all'insieme mediatico e giudiziario che deriva dal triste caso di Sara Scazzi.
Non intervengo come contribuente né come padre, perché riservo a questa fase una parte di indignazione che magari non attiene all'Aula, ma, Presidente, credo che vadano fatte due riflessioni e sollecitazioni di competenza parlamentare.
Il tema della libertà di informazione deve essere sempre legato alla tutela della persona. Sicuramente c'è una tutela del diritto di informazione, del diritto di informarsi, ma esiste anche il diritto della personalità, quindi della privacy, della riservatezza, dell'intimità, dell'identità, della dignità che l'informazione è in grado di ferire; stiamo parlando della protezione dei dati personali.
Mi sembra che questo minimo di principi sia stato ferito pesantemente, quindi sorgono alcuni interrogativi.
Il primo, Presidente. Credo che ci sia un tema di attualità, ovvero la fuga di informazioni. Mi sembra che dalla Procura, in tempo reale, siano uscite alcune informazioni sensibili, fortemente lesive dei diritti di una minorenne, peraltro defunta. Credo che il verbale di un determinato interrogatorio, con la messa alla berlina, in qualche modo, mediatica di alcuni fatti estremamente tristi, non attenga al diritto di informazione e abbia leso pesantemente non solo determinati diritti ma anche obblighi della magistratura. Credo perciò che anche il Governo possa legittimamente andare a verificare la fuga di informazioni che ci è stata.
Il secondo interrogativo attiene anch'esso alla sfera giudiziaria: il fatto che intervengano continuamente in televisione, in tempo reale, dei testimoni, o dei possibili protagonisti di una scena giudiziaria, potrebbe a mio giudizio inquinare le indagini. Forse nessuno si è posto questo interrogativo. Pag. 49
Esiste inoltre, Presidente, un diritto dei minori. Oggi giustamente li oscuriamo, non abbiamo pubblicità di minori, mettiamo una fascetta sui minori, ma abbiamo visto su Internet determinate foto e vi sono delle storie tristi, messe costantemente sul giornale e quant'altro.
Esiste inoltre, Presidente, un obbligo del servizio pubblico. Io credo che qualcuno - e anticipo che la Lega Nord Padania farà il proprio dovere in sede di Commissione di vigilanza - dovrebbe vigilare sui rapporti di chi ha gestito questa trasmissione (com'è noto, è notizia di stampa) e verificare se abbia qualche legame personale con qualche procuratore. Io mi chiedo se il fatto che la conduttrice della trasmissione di Rai Tre sia anche la compagna di un determinato procuratore non ha portato a far trapelare, in diretta, alcune informazioni attraverso canali privilegiati.
Credo che una trasmissione che ha fornito in diretta una notizia riservata di questo tipo non sia stata un buon servizio della televisione pubblica. È vero che, in qualche modo, la diretta interessata non ha detto «no», ma credo che ci dovesse essere una censura a priori sulla trasmissione.
Vorrei anche sapere, signor Presidente, se alcune di queste trasmissioni, come mi risulta, paghino per poter avere dei protagonisti in televisione. Vorrei sapere - magari sarà oggetto di un atto ispettivo - se sono stati offerti soldi, non dico dalla televisione privata, che è censurabile sotto altri profili, ma dalla televisione pubblica, per poter partecipare, a familiari protagonisti, purtroppo, di un triste episodio.
Lascio queste considerazioni, signor Presidente, e la ringrazio dell'attenzione, ma credo che in qualche modo un freno, o quanto meno una voce critica, debba sorgere in questo sistema. C'è buona televisione, cattiva televisione, buon esempio, cattivo esempio. C'è una buona televisione, in questo momento, che porta speranza, e quindi un buon esempio, che arriva dal Cile, ma c'è una cattiva televisione e un cattivo esempio che arrivano dalla televisione italiana.

PRESIDENTE. Grazie dell'intervento, onorevole Polledri. Ha posto delle riflessioni su due piani diversi. Per quanto riguarda le questioni attinenti alla procura, sa meglio di me che può tranquillamente usare lo strumento del sindacato ispettivo per conoscere come stanno le cose, a cui sicuramente il Governo risponderà.
L'altro piano è quello della Commissione di vigilanza, alla quale, non solo attraverso l'intervento del suo gruppo, ma anche personalmente, può porre la questione concernente eventuali emolumenti ai partecipanti delle trasmissioni. Anche per quanto riguarda la tutela della privacy e tutto il resto che lei ha egregiamente esposto, potrà rivolgersi alla Commissione di vigilanza.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 18 ottobre 2010, alle 15:

1. - Discussione del disegno di legge:
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, approvato, con modificazioni, dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 1441-quater-F).
Relatore: Cazzola.

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2. - Discussione delle mozioni Esposito ed altri n. 1-00437, Delfino ed altri n. 1-00439 e Ghiglia ed altri n. 1-00442 concernenti iniziative volte alla realizzazione della linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Torino-Lione.

3. - Discussione delle mozioni Capitanio Santolini ed altri n. 1-00394, Zampa ed altri n. 1-00361, Di Giuseppe ed altri n. 1-00367, Mussolini ed altri n. 1-00371 e Mosella ed altri n. 1-00453 concernenti iniziative a tutela dei minori stranieri non accompagnati.

La seduta termina alle 13,55.