Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 362 di venerdì 30 luglio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antonione e Bocci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,05).

PIER LUIGI BERSANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, in queste ore, accadono fatti di assoluto rilievo politico ed istituzionale che meritano di essere valutati subito, all'apertura dei lavori di questa Camera. I fatti sono evidenti e non possono essere in alcun modo aggirati o elusi.
Il Capo del Governo certifica, in modo solenne, la frattura incomponibile nel maggior partito della maggioranza. Un dissidio insanabile che il Paese ha visto, via via, motivarsi attorno a dei temi, come la legalità, la democrazia e le grandi questioni sociali, con riferimento ai quali l'opposizione, dal primo momento, ha indicato la criticità ed il limite di questo Governo. Inoltre, il Presidente del Consiglio ha, di fatto, sfiduciato il Presidente della Camera, arrogandosi un potere che non ha, che non è suo, perché il Presidente della Camera è di tutti, anche di quelli che non lo hanno votato.
Davanti a fatti come questi, credo che il Parlamento debba tornare ad essere la casa della discussione democratica: il Presidente del Consiglio faccia la cortesia di venire in Parlamento a spiegarci e a consentirci di discutere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Mi rivolgo ai colleghi delle varie articolazioni della maggioranza, che questa mattina non sono molto mattinieri: per cortesia, non ci si venga, adesso, a propinare lo stanco rito retorico per cui è successo, ma non è successo niente; che, sì, ci stiamo massacrando, ma andremo d'accordo; che il motore si è rotto, ma la macchina va. No, il Paese non ha questi tempi, il Paese ha delle altre esigenze.
È ora di capire - ho detto così due giorni fa - che siamo oltre le colonne d'Ercole di una fase e che bisogna assumersi delle responsabilità. Ho detto anche che la prima questione è di ristabilire il principio basico di una democrazia, per cui un cittadino deve potersi scegliere il proprio parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E da lì in poi, ognuno faccia la sua proposta per Pag. 2il futuro di questo Paese; un Paese che ha bisogno di futuro e - lo ripeto - di una proposta per il futuro.
Ma di questo avremo tempo per discutere. Adesso, il problema è: non si pensi che ad agosto si possa andare «a tarallucci e vino» su una faccenda di questo genere. Il Presidente del Consiglio venga urgentemente in Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, prendo atto che in questo Parlamento, in questa Camera dei deputati, vi è una sede nella quale si scherza: quella della Conferenza dei presidenti di gruppo. Infatti, si è svolta una riunione dei presidenti di gruppo non prima, ma dopo i deliberati del Popolo della Libertà e abbiamo tracciato un percorso completamente diverso da quello ipotizzato, poco fa, dall'onorevole Bersani.
Allora, o alla Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri vi erano degli irresponsabili, ma non è certamente questa la valutazione personale e politica (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)... è inutile che gridate perché non mi impressionate assolutamente; strillate pure quanto volete, perché questo è il vostro metodo di fare politica e di confrontarsi in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! È avvenuto già una volta!

PRESIDENTE. Onorevole Cicchitto, parli al Presidente.

TERESA BELLANOVA. Ma piantala!

FABRIZIO CICCHITTO. Ci sto due ore qua, di fronte ai vostri strilli. È chiaro? Strillate pure, io rimango qui.

PRESIDENTE. Permettiamo di concludere l'intervento sull'ordine dei lavori.

FABRIZIO CICCHITTO. Non è nella loro mentalità quella di lasciar parlare gli avversari politici, evidentemente (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Cicchitto, parli al Presidente, prego prosegua.

FABRIZIO CICCHITTO. Parlo al Presidente e parlo all'Aula: vorrei poter esprimere il mio pensiero. Nella Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri abbiamo deciso un percorso che è stato definito dopo, e non prima, la riunione del Popolo della Libertà; quindi, prendo atto che la Conferenza dei presidenti di gruppo, secondo il Partito Democratico, è carta straccia che si butta per aria poche ore dopo la sua conclusione. Questo ci porta ad esaminare l'opportunità di continuare a recarci a riunioni che, evidentemente, sono considerate, dal maggior partito di opposizione, della carta straccia: questa era la prima questione.
La seconda questione è la seguente: certamente, si è aperta una questione seria all'interno del Popolo della Libertà, ma contemporaneamente, e questo dato l'onorevole Bersani non lo può trascurare, abbiamo, tutti insieme, votato la quintessenza di un'operazione che riguarda tutto il Paese, cioè la manovra economica. La votazione di ieri, fatta nella consapevolezza di un dibattito in corso, fa, diciamo così, fede rispetto alla tenuta della maggioranza e del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Quindi, non vedo affatto il motivo per cui il Presidente del Consiglio debba venire qui a riferire non so di che cosa, di un confronto politico che si apre e si è aperto all'interno del Popolo della Libertà (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi di lasciare finire il presidente Cicchitto.

FABRIZIO CICCHITTO. Ma allora quante volte, durante il Governo Prodi, voi sareste dovuti venire in Aula a riferire Pag. 3delle contraddizioni che si erano aperte all'interno del vostro partito e del vostro schieramento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)? Pertanto, non vedo le ragioni per cui il Presidente del Consiglio debba essere chiamato in questo modo a riferire in Aula. Devo anche dire, e lo dico fino in fondo, che evidentemente si è aperto fra di noi un confronto politico assai serio e assai serrato, nel quale si è messo in questione il rapporto, all'interno del Popolo della Libertà, fra noi ed il Presidente Fini. C'è stato da parte nostra, in seguito a questo confronto, anche il fatto di constatare che è venuto meno un rapporto che ha riguardato il momento nel quale noi abbiamo eletto il Presidente Fini a Presidente di questa Assemblea. È una questione politica che poniamo anche all'Assemblea perché è evidente che il Presidente Fini debba riflettere su questo dato, che è venuto meno questo tipo di rapporto. Ebbi modo di dire, già a suo tempo, che il Presidente Fini doveva riflettere sulla sua figura di Presidente della Camera che rischiava di diventare anche presidente e leader di una corrente all'interno del Popolo della Libertà. Questo problema si è posto ed è stato posto in modo molto netto nel documento del Popolo della Libertà. Questo però implica un chiarimento politico ed istituzionale che andrà fatto ma che non richiede, per quello che riguarda la nostra valutazione, il fatto che il Presidente del Consiglio debba venire a riferire sulla maggioranza per quello che riguarda il Governo, che nessuno ha messo in discussione e che ha avuto una sua verifica nella riunione e nell'Assemblea ieri (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FURIO COLOMBO. E non avete niente da dire su questo?

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, ha tutta la possibilità per poter intervenire con tranquillità.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, lungi da noi dall'entrare nel merito di questioni interne di qualsiasi partito, tanto meno del partito di maggioranza relativa, e nemmeno del venir meno degli impegni presi nelle Conferenze dei rappresentanti di gruppo.
L'intervento di questa mattina, infatti, non ha messo in discussione - o quanto meno noi non lo mettiamo in discussione - il risultato di ieri. Tuttavia, è chiaro che, quando cominceremo a discutere sui provvedimenti, ognuno farà la sua parte.
Detto questo, però, credo sia doveroso sottolineare in quest'Aula come, da tempo, tutta l'opposizione - e noi dell'UdC in particolare - chiediamo che questo Parlamento non venga svuotato.
Vi è stato infatti, un eccesso di fiducie, di decreti, e più volte ci siamo richiamati alla Presidenza della Camera come persona e figura garante di questo Parlamento e della democrazia. Più volte abbiamo detto che questo Parlamento è stato svuotato del suo ruolo.
Quello che è successo ieri sera, anche se è successo all'interno di una forza politica, non può passare inosservato. È stato messo in discussione - per una loro visione interna - il Presidente della Camera.
Tuttavia, il Presidente della Camera non è solo un personaggio politico, ma è la terza carica dello Stato, il rappresentante dell'istituzione, e dobbiamo pensare che, se non abbiamo senso e rispetto delle istituzioni, in generale, qualunque sia il colore che queste hanno, certamente facciamo venir meno i principi fondamentali della democrazia.
Per cui, ferma restando tutta quella che è l'autonomia, credo che una risposta o qualcosa, la maggioranza, questo Governo, il presidente di questa maggioranza, il Presidente del Consiglio debba dirla.
Non penso che metà del Parlamento, o quasi metà del popolo italiano rappresentato in quest'Aula, non abbia il diritto di Pag. 4ascoltare cosa succede alle istituzioni, non cosa succede al partito di maggioranza relativa.
Fermi restando gli impegni che abbiamo preso anche ieri, continuiamo a dire in quest'Aula che, quando si toccano i principi base della democrazia e delle istituzioni, ognuno deve prendersi le sue responsabilità.
Credo che il Presidente del Consiglio abbia il dovere di portare in quest'Aula la parola di tranquillità, o di non tranquillità, della sua visione rispetto alle istituzioni.
Questa è la posizione del UdC (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

CARLO MONAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche l'Italia dei Valori considera la gravità delle considerazioni non risoltesi con documenti interni al partito del Popolo della Libertà, e che attengono alla vita di quel movimento politico, e le dichiarazioni oggi annunciate in Aula dall'onorevole Cicchitto sottolineano come la gravità della situazione imponga un elemento di chiarezza da parte del Presidente del Consiglio.
Non è accettabile che quest'Aula venga insultata e sfregiata dalla contestazione di sfiducia verso il Presidente Fini, come se questa cosa dovesse essere acqua fresca sulla quale dovremmo chiudere un occhio o entrambi gli occhi.
Vi è una situazione di grave incertezza sulla tenuta di questo Governo e sulla garanzia istituzionale che questa istituzione deve dare al Paese.
Per questo motivo, mi pare vi sia l'emergenza di un intervento chiarificatore da parte del Presidente del Consiglio, sul quale anche l'Italia dei Valori converge.

GIANPAOLO DOZZO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, noi della Lega non ci siamo meravigliati della richiesta di questa mattina dell'onorevole Bersani. Già ieri sera, infatti, alle 23, c'era una fonte Ansa secondo la quale questa mattina avrebbe chiesto dei chiarimenti.
Quello che mi sorprende, però, non è tanto la richiesta di far venire in Aula il Presidente del Consiglio a riferire di questioni interne al PdL: è un gioco delle parti, per carità.
Infatti, giustamente, Cicchitto faceva riferimento alle volte in cui, all'interno del PD e di Rifondazione comunista - quando eravate assieme -, vi sono state lotte interne e in Parlamento si è discusso di tutto ciò solo una tantum.
Comunque, è una richiesta che fa parte della questione.
Quello che non ho capito, caro collega Bersani, è questo fatto di lanciare il sasso e poi ritirare la mano. Infatti, lei ha fatto riferimento ad una questione ben precisa, ossia, se non ho capito male, quella della riforma elettorale affinché noi parlamentari potessimo essere eletti direttamente dal popolo, come se adesso non lo fossimo.
Ma, al di là di ciò, collega Bersani, lei ha fatto una richiesta per una presunta riforma elettorale, di cui ha detto che parleremo a tempo debito: ma perché non parlarne subito? E perché non richiedere da subito di tornare a votare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Qual è il perché di questa sua titubanza? Me lo spieghi: è perché forse non siete pronti? Noi della Lega siamo sempre pronti, e lo sapete benissimo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), visto che, purtroppo, dal 1994 (ossia da quando faccio parte di questo Parlamento), ne ho viste di cotte e di crude e non ho mai cambiato posizione, sono sempre stato qui nella Lega e non come tanti di voi che hanno cambiato e fatto il salto della quaglia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ma, al di là di tutto questo, abbia un po' di coraggio e chieda, per una buona volta, con una richiesta esplicita, di andare Pag. 5a votazioni, da subito però, da domani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per fatto personale l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, mi dispiace chiedere la parola per fatto personale, anche perché ha già parlato il segretario del partito, però l'onorevole Cicchitto - capisco che queste sono ore di molto nervosismo ed è comprensibile -, parlando a nome dei residui del suo gruppo parlamentare, ha detto che c'è stato probabilmente un atteggiamento irresponsabile da parte di chi era presente alla Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, cioè il sottoscritto, perché, come è vero, ieri abbiamo assunto degli accordi circa i lavori della giornata di oggi e di questa settimana.
È vero che erano già successi dei fatti. Era successo che gli onorevoli Bocchino e Granata fossero stati deferiti ai probiviri. Subito dopo la Conferenza dei presidenti di gruppo è successo qualche piccolo dettaglio: per esempio, il Presidente del Consiglio ha detto che il Presidente della Camera se ne deve andare, immaginando che tra le sue proprietà rientri anche la Presidenza della Camera.
Voglio qui ricordare che noi non abbiamo votato il Presidente Fini ma che, dal momento in cui è eletto, è il Presidente di questa Camera che, in base alla Costituzione, non può essere nemmeno formalmente sfiduciato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). È successo un altro piccolo dettaglio, ossia che il gruppo del PdL non c'è più, ma è stata annunciata la costituzione di un altro gruppo parlamentare.
Allora, penso che, di fronte a queste piccole sfumature del dibattito interno della maggioranza, il minimo sia non soltanto - come abbiamo già fatto - chiedere che il Presidente del Consiglio venga in Parlamento, ma anche comunicare formalmente, come avrei fatto - perché, come l'onorevole Cicchitto sa bene, anche nel pieno dello scontro politico cerco di fare della correttezza una cosa che va mantenuta - che, per noi, gli accordi parlamentari sulla programmazione dei lavori assunti nella Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri sono superati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sarà ovviamente compito della Presidenza riferire le richieste pervenute sia da parte dell'onorevole Bersani sia da parte degli altri colleghi dell'opposizione, in modo che il Presidente possa ovviamente tirare le conclusioni e prendere decisioni nel merito.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ricordo che su questa parte non si apre un dibattito. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, il collega presidente Cicchitto è persona, oltre che di qualità, di lunga esperienza, quindi non metto in dubbio che il suo invito al Presidente della Camera a riflettere verrà accolto. Altresì, il presidente Cicchitto sa benissimo che, a partire dal documento di ieri, tante parole sono state pronunciate in alcune fasi concitate rispetto al ruolo del Presidente della Camera, a quello che succederà in futuro e perfino al suo permanere nel suo ruolo; quelle parole lasciano il tempo che trovano, sono inutili, e forse per tutti è bene che si smetta di discuterne.
Quanto alle questioni sollevate dall'onorevole Bersani, comprendo chiaramente la sua richiesta. Tuttavia, tenevo a sottolineare che nella discussione che abbiamo avuto in tanti membri (ancora non so per quanto) del gruppo del Popolo della Libertà tutto è stato in discussione salvo che la lealtà al patto con gli elettori e il sostegno al Governo, quale che possa essere in futuro l'eventuale nuova articolazione della composizione parlamentare della maggioranza.

Pag. 6

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, su questo tema è chiusa la discussione. Riferirò ovviamente al Presidente della Camera che, come ho detto, prenderà le decisioni nel merito. Ad ogni modo, prego, onorevole Buttiglione, ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, intervengo solo per segnalare l'opportunità di dare notizia tempestivamente all'Assemblea di quello che sarà lo svolgimento ulteriore dei lavori. Forse, a questo punto, è opportuno convocare una Conferenza dei presidenti di gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, anche su questo, come Vicepresidente, riferirò al Presidente della Camera.

Discussione del disegno di legge: S. 2262 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo (Approvato dal Senato) (A.C. 3646) (ore 9,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Garofalo, ha facoltà di svolgere la relazione.

VINCENZO GAROFALO, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, già approvato dal Senato, reca norme per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo nel periodo estivo, e per la nomina di un amministratore unico delle società Tirrenia e Siremar, interessate dal procedimento di dismissione da parte di Fintecna.
Il Senato ha introdotto alcune disposizioni in materia di autotrasporto e per il sostegno al settore aeronautico. Va segnalato che le norme in tema di autotrasporto sono state dapprima inserite nel decreto-legge n. 78 del 2010, nel corso dell'esame presso la Commissione bilancio del Senato, per poi essere stralciate, e inserite con un emendamento nel decreto-legge in esame.
L'articolo 1, comma 1, lettera a), prevede la nomina di un amministratore unico della società Tirrenia di Navigazione Spa e Siremar Spa, destinato a restare in carica fino al 30 settembre 2010, ovvero fino alla data di cessione dell'intero capitale di Tirrenia, se precedente. Il decreto di nomina è stato firmato il 14 luglio scorso.
La lettera b) esclude la responsabilità civile ed amministrativa per i comportamenti, gli atti e i provvedimenti posti in essere dagli amministratori unici, dai componenti del collegio sindacale, dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, ponendola a carico esclusivamente delle società interessate.
La lettera c) consente l'erogazione di nuovi finanziamenti o il completamento dell'erogazione di finanziamenti già concessi in favore della Tirrenia, da parte di banche e intermediari autorizzati. Pag. 7
La lettera d) concede la garanzia dello Stato, mediante Fintecna, sui crediti di cui alla precedente lettera c), alle condizioni e nei termini previsti dalla comunicazione della Commissione europea 2009/C 16/01 del 22 gennaio 2009.
L'articolo 1-bis, introdotto dal Senato, reca disposizioni in materia di autotrasporto di cose per conto terzi e di sostegno del settore aeronautico.
Va segnalato che le norme in tema di autotrasporto costituiscono il risultato di un confronto che si è sviluppato negli ultimi mesi fra il Governo e le organizzazioni del settore, al fine di predisporre un intervento volto a contrastare le difficoltà economiche e di mercato che caratterizzano in questa fase l'attività delle imprese di autotrasporto. Alla sottoscrizione dell'accordo è mancata l'adesione della Confindustria, che peraltro ha espresso dissenso soltanto sulla norma relativa ai costi minimi e non sulle restanti parti dell'accordo stesso.
Il comma 1 modifica l'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. La lettera a), in particolare, sostituisce il comma 4 dell'articolo 83-bis con quattro nuovi commi. Va ricordato che il vigente comma 4 prevede che, per i contratti di trasporto in forma scritta, anche in attuazione di accordi volontari di settore stipulati nel rispetto della disciplina comunitaria della concorrenza, prezzi e condizioni sono rimessi all'autonomia negoziale delle parti.
Il nuovo comma 4 prevede che, ai fini della tutela della sicurezza stradale e della regolarità del mercato dell'autotrasporto per conto terzi, nel contratto di trasporto in forma scritta l'importo a favore del vettore deve essere tale da consentire almeno la copertura dei costi minimi di esercizio, che garantiscano, comunque, il rispetto dei parametri di sicurezza previsti dalla legge.
I costi minimi vengono individuati nell'ambito degli accordi volontari di settore, conclusi tra organizzazioni associative di vettori rappresentati nella consulta generale per l'autotrasporto e per la logistica e organizzazioni associative dei committenti.
Il comma 4-bis dispone che se gli accordi sui costi minimi, di cui al comma precedente, non siano conclusi entro nove mesi dalla entrata in vigore della legge di conversione in esame, i costi saranno determinati, entro i successivi trenta giorni, dall'Osservatorio sulle attività di autotrasporto di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 284 del 2005. Ove anche tale determinazione non venga effettuata, si dovranno applicare, ai fini della determinazione del corrispettivo, i criteri di cui ai commi 6 e 7 dello stesso articolo 83-bis, che riguardano le modalità di valutazione dei costi e dei corrispettivi da utilizzare per i contratti di trasporto non stipulati in forma scritta.
Il comma 4-ter prevede che, se dalla fattura risulti indicato un corrispettivo inferiore rispetto a quello determinato secondo i precedenti commi 4 e 4-bis, l'azione del vettore nei confronti del mittente per ottenere il pagamento della differenza si prescrive entro un anno a decorrere dalla conclusione della prestazione di trasporto.
Il comma 4-quater stabilisce, in deroga alle disposizioni dei commi precedenti, che la determinazione dei corrispettivi per il vettore, nei contratti in forma scritta, viene rimessa all'autonoma contrattazione delle parti quando la prestazione venga effettuata entro un limite di cento chilometri al giorno.
In relazione a queste norme, va ricordato che, in occasione dell'esame del decreto-legge n. 78 del 2010 presso il Senato, l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha inviato una segnalazione al Parlamento e al Governo nella quale si sottolinea come la previsione di accordi volontari volti alla individuazione di costi minimi di esercizio, finendo per tradursi nella fissazione di tariffe minime, non costituisce uno strumento idoneo per garantire il soddisfacimento di standard qualitativi e di sicurezza del servizio, ma piuttosto per assicurare condizioni di redditività Pag. 8anche a coloro che offrono un servizio inefficiente e di bassa qualità. L'Autorità auspica pertanto che l'esigenza di garantire il rispetto dei parametri di sicurezza possa essere soddisfatta attraverso misure più coerenti con i principi della concorrenza.
Va sottolineato che la segnalazione del Garante pone in rilievo elementi meritevoli della massima attenzione da parte del legislatore. Si deve rilevare, tuttavia, che la norma di cui si tratta non appare direttamente volta alla determinazione di tariffe minime, quanto alla definizione di un livello di costi minimi di esercizio, con la finalità di garantire il rispetto di adeguati parametri di sicurezza.
Il comma 4-quinquies prescrive al vettore di consegnare al committente, al momento della conclusione del contratto, un'attestazione, di data non anteriore a tre mesi, rilasciata dagli enti previdenziali da cui risulti la corretta posizione dell'azienda in relazione al versamento dei contributi assicurativi e previdenziali.
La lettera b) del comma 1 sostituisce il comma 12 dell'articolo 83-bis, il quale attualmente dispone che il termine di pagamento del corrispettivo relativo ai contratti di trasporto di merci su strada, nei quali siano parte i soggetti che svolgono professionalmente operazioni di trasporto, è fissato in trenta giorni dalla data di emissione della fattura da parte del creditore, salvo diversa pattuizione scritta fra le parti, secondo le disposizione del decreto legislativo n. 231 del 2002. Il nuovo testo del comma 12 eleva il termine di pagamento del corrispettivo ad un massimo di sessanta giorni.
Il comma 2 dell'art 1-bis novella il decreto legislativo n. 286 del 2005, recante: «Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore».
La lettera a) del comma 2 introduce l'articolo 6-bis, che disciplina i tempi di attesa ai fini del carico e dello scarico e le conseguenze del superamento del periodo massimo prefissato, prevedendo che il tempo massimo di attesa per l'effettuazione delle operazioni di carico e scarico, denominato periodo di franchigia, non può essere superiore a due ore.
La lettera b) del comma 2 sostituisce i commi 4 e 5 dell'articolo 7. Il nuovo comma 4 disciplina la responsabilità per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni dei limiti di velocità o per mancata osservanza dei tempi di guida e di riposo quando il contratto di trasporto non è stato stipulato in forma scritta. La norma prevede che a bordo del veicolo debbono trovarsi le istruzioni scritte fornite al vettore relative all'esecuzione della specifica prestazione di trasporto; qualora le suddette istruzioni non si trovino a bordo o prevedano modalità di trasporto incompatibili con il rispetto delle disposizioni del codice della strada sopra indicate, le sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni contestate al conducente si applicano al vettore e al committente. Il nuovo comma 5, anch'esso applicabile ai contratti di trasporto non stipulati in forma scritta, per tutelare esigenze di sicurezza sociale, impone al committente, o a un suo delegato, di riportare sulla scheda di trasporto il numero di iscrizione del vettore all'Albo nazionale degli autotrasportatori.
Le lettere c) e d) del comma 2 novellano l'articolo 7-bis, che ha istituito la scheda di trasporto, finalizzata a favorire le verifiche, che deve essere compilata dal committente e conservata a bordo del veicolo.
Il nuovo comma 5 prevede che i documenti di trasporto equipollenti alla scheda di trasporto, individuati dall'articolo 3 del decreto ministeriale del 30 giugno del 2009, possono sostituire quest'ultima, ai fini dell'obbligo di conservazione a bordo del veicolo.
Il nuovo comma 6 prevede che, per le violazioni connesse, relative alla scheda di trasporto, ai conducenti di veicoli immatricolati all'estero si applichino le stesse sanzioni previste per i conducenti di veicoli immatricolati in Italia, non solo in caso di trasporti internazionali, ma anche di trasporti effettuati in Italia. Per i conducenti di tali veicoli si prevede, inoltre, il pagamento Pag. 9immediato delle sanzioni pecuniarie in misura ridotta o, in alternativa, il versamento di una cauzione.
La lettera f) del comma 2 sostituisce l'articolo 8, che, nell'ipotesi di contratto di trasporto in forma scritta, disciplina la procedura per l'accertamento della responsabilità del vettore, del committente, del caricatore e del proprietario della merce trasportata.
La lettera g) del comma 2 inserisce l'articolo 11-bis, in materia di imballaggi delle merci. Va segnalato in particolare il comma 1, il quale prevede che, qualora la merce da trasportare sia imballata, ovvero stivata su apposite unità per la sua movimentazione, il vettore, al termine dell'operazione di trasporto, non ha alcun obbligo di gestione e non è tenuto alla restituzione degli imballaggi o delle unità di movimentazione utilizzate.
Il comma 4 dell'articolo 1-bis, infine, integra la lettera b) dell'articolo 4, comma 5, del decreto-legge n. 40 del 2010, il cosiddetto decreto incentivi, che concerne una delle finalità tra cui ripartire le risorse disponibili iscritte in conto residui del Fondo per la finanza d'impresa. Tali risorse devono essere destinate, tra l'altro, ad interventi a favore del settore dell'alta tecnologia per le finalità e i soggetti beneficiari di cui all'articolo 1 della legge n. 808 del 1985, che costituisce il principale provvedimento a sostegno del settore aeronautico. Il comma in esame specifica che l'assegnazione delle risorse a tale settore può avvenire anche attraverso l'istituzione di un apposito fondo di garanzia da affidare, mediante apposita convenzione, all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, il decreto-legge, nato per affrontare il problema relativo alla privatizzazione della Tirrenia, ha visto una modifica sostanziale dei contenuti completamente estranea alla materia che ne ha determinato l'emanazione.
Quale relazione, infatti, possiamo ritenere ci sia tra gli autotrasporti e le linee marittime di collegamento con le isole? Ci troviamo così, nostro malgrado, a dover discutere di due problemi diversi, con interessi diversi, problematiche diverse, da rettificare con un solo voto.
Uno dei problemi che affliggono il nostro Paese in campo legislativo è proprio la mancanza di certezza degli adempimenti di legge, dovuta alla difficoltà di individuazione delle normative. Questo provvedimento ne è una conferma.
A ciò, poi, dobbiamo aggiungere un'altra anomalia non condivisibile, che riguarda la questione dello scarico delle responsabilità civili e amministrative rispetto ai comportamenti, gli atti e i provvedimenti dei nuovi amministratori, subentrati nella gestione della fase straordinaria. Queste responsabilità vengono, invece, poste ad esclusivo carico della società interessata. La disposizione in oggetto - adottata sulla falsariga dello schema già precedentemente previsto per la questione Alitalia - appare, quantomeno, inopportuna e presuppone la possibilità di un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale, sui poteri del commissario straordinario.
Si presume, infatti, che vi siano alcune violazioni degli articoli della Costituzione con riferimento al principio di eguaglianza, al diritto alla difesa, alla responsabilità dei dipendenti pubblici e al principio del buon andamento della pubblica amministrazione.
Dobbiamo, comunque, prendere atto che, dall'adozione del decreto-legge ad oggi, non è cambiato qualcosa, ma è cambiato tutto perché, di fatto, viene annunciato dai giornali che la vendita di Tirrenia e Siremar è diventata realtà. La Tirrenia si trasferisce in Sicilia, Fintecna cede il gruppo a Mediterranea holding: così, infatti, titolano i giornali di ieri.
La Fintecna cede il gruppo all'unico concorrente che ha portato il capitale da 10 a 25 Pag. 10milioni e si assume il debito di 554 milioni di euro, considerando i 657 milioni di debiti e i 103 milioni di crediti.
Ora è bene qui evidenziare che la vendita di una così grossa ed importante compagnia, per quanto legata ad interessi di bilancio dello Stato che vende e della società che acquista, non può peggiorare un sistema di collegamenti marittimi di per sé già pessimo, ma deve tendere come minimo al miglioramento di quanto già in essere. Devono essere, quindi, garantiti e migliorati tutti i servizi di collegamento marittimo tra le isole ed il continente, compresi quelli che oggi sono considerati meno convenienti, ma comunque indispensabili alle comunità locali.
Nel leggere gli articoli di stampa su questa vicenda, riscontriamo seri dubbi nel merito, dubbi che i sindacati dichiarano di voler affrontare incontrando subito il Governo e la società, per verificare e valutare il piano di impresa e la sua sostenibilità finanziaria e sociale, affrontando in particolare la tutela occupazionale e contrattuale.
Ci rendiamo conto della complessità dell'operazione, dovuta tra l'altro alla dimensione della società Tirrenia, e a tutto ciò che essa rappresenta, che deve essere trasferita all'acquirente, cui vanno aggiunti i vincoli che regolano l'attività di pubblico interesse. Pertanto, riteniamo necessario perseguire un percorso trasparente che deve essere coerente con il quadro comunitario, ma soprattutto - lo ripetiamo - deve tener conto degli interessi delle nostre comunità, che devono vedersi garantiti tutti i servizi sino ad oggi esistenti.
Diciamolo francamente: la conclusione della gara per la privatizzazione non elimina quei dubbi sui reali vantaggi che porterebbe l'operazione di vendita della Tirrenia con la Siremar. Sono dubbi che si sono avuti sin dall'apertura della gara, che all'inizio vedeva interessate sedici società, diventate otto, poi due, quindi una. Quei dubbi restano. I motivi sono diversi, ma certamente il più importante è quello relativo alla decisione di accorpare nella stessa gara Tirrenia e Siremar. Come tutti sappiamo, alla fine del 2009, grazie ad un accordo con il Ministero dei trasporti, Campania, Toscana e Sardegna hanno acquisito a titolo gratuito le compagnie regionali Caremar, Toremar e Saremar proprio per semplificare la procedura di gara.
Non aderì a questo la regione Sicilia, perché aveva ravvisato nel frattempo lo stato di eccessivo indebitamento della Siremar, che oggi viene posta in vendita con Tirrenia. Questa situazione ha creato perplessità nell'Unione europea, che da Bruxelles ha fatto osservare come oggi non siamo di fronte ad una vera privatizzazione, in quanto non si è tenuto conto proprio della necessaria separazione dalla società madre Tirrenia di tutte le società che collegano i centri interni alla regione di appartenenza, come appunto la Siremar, che non è stata privatizzata perché portava con sé 40 milioni di debiti. Qualcuno dice che con 40 milioni la Grecia garantisce i collegamenti di tutte le isole che compongono quella nazione.
Andiamo pure alla privatizzazione, ma pensiamo a quel bene comune che attualmente non è ben visibile, anche perché va ribadito che i soggetti che hanno acquistato la compagnia usufruiranno di cospicui finanziamenti statali del valore di 72,6 milioni annui, per otto anni per chi acquista Tirrenia, e di 55,6 milioni annui, per dodici anni per Siremar.
A questo punto manifestiamo qualche perplessità per l'acquisto delle due compagnie da parte della Mediterranea holding, il cui azionista di riferimento è la regione Sicilia, il cui capitale sociale, piccolo rispetto ai debiti della Tirrenia, non può essere ritenuto sufficiente a garantire la qualità del servizio. Facciamo notare che quando Siremar poteva essere ceduta gratuitamente non è stata rilevata, mentre ad oggi viene acquisita. Forse perché gode, come abbiamo detto, di finanziamenti ausiliari.
Da qui la necessità che il Governo si renda garante della produttività della cessione di Tirrenia, promuovendo l'incontro richiesto dai sindacati, a cui dovranno partecipare anche i rappresentanti dei governi delle regioni interessate. Pag. 11
Per quanto riguarda l'introduzione dell'articolo 1-bis, avvenuta al Senato, come abbiamo già detto, evidenzia la difformità di materia dall'oggetto del decreto-legge previsto in fase di adozione, che raffigura, ancor di più, l'ormai consuetudinario ed inadeguato utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza, per sanare, a sua volta, criticità su svariate tematiche di intervento non concesse dal dettato costituzionale allo strumento del decreto-legge.
L'introduzione della disciplina prevista dal comma 1 dell'articolo 1-bis, che dispone un sistema di regolazione tariffaria minima, per consentire la copertura del costo minimo di esercizio, al fine di garantire la sicurezza stradale e la regolarità del trasporto di merci in conto terzi, configura la possibilità di essere soggetta a procedura di infrazione da parte dell'Unione europea, come tra l'altro, per un caso analogo, è già avvenuto recentemente in Grecia, per potenziale aiuto di Stato e distorsione del mercato, in violazione delle regole della concorrenza nel libero mercato stesso.
Sulla questione è forte la contrarietà anche da parte dell'Antitrust e di Confindustria, che hanno espresso forti perplessità sull'attuazione della norma. Per concludere, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, siamo di fronte a un decreto-legge che pone seri dubbi sia sul metodo sia sul contenuto, e che, comunque, se verrà approvato, occorrerà seguire con particolare attenzione, per valutarne l'efficacia nell'interesse generale del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tullo. Ne ha facoltà.

MARIO TULLO. Signor Presidente, con questo intervento, a cui seguirà l'intervento della collega Velo, vogliamo motivare il nostro voto contrario su questo decreto-legge. È un voto contrario che va letto come una forte criticità sul merito del decreto-legge stesso e, soprattutto, su tutta la vicenda Tirrenia per come si sta concludendo. Vi sono criticità e grande preoccupazione: preoccupazione per gli utenti, per quello che Tirrenia rappresenta, per il servizio che deve svolgere e anche per i lavoratori della stessa.
È talmente forte la nostra criticità e contrarietà che ci ha visti anche presentare una questione pregiudiziale, che verrà illustrata dal collega Meta. Spetterà, quindi, a lui motivare la questione pregiudiziale, che è motivata anche da un sistematico ricorso alla decretazione d'urgenza. Anche in questo caso, secondo noi, non ve ne era la necessità: la decretazione non è stata dettata solo dall'idea, in questo caso, di favorire la transizione, accompagnando l'acquisizione di Tirrenia da parte dei nuovi soggetti che la gestiranno, ma, come ha appena detto adesso il collega che mi ha preceduto, è stato inserito anche il tema riguardante l'autotrasporto, su cui, da parte nostra, abbiamo dato la disponibilità (su questo interverrà in maniera compiuta l'onorevole Velo); in qualche maniera, accusiamo anche questa idea e questo uso distorto della decretazione.
In più vi è una questione che riguarda anche la responsabilità degli amministratori, che viene completamente annullata, facendo ricadere le decisioni che verranno assunte da qui al 30 settembre totalmente sulla società. Ma è tutta la faccenda di questa gara, di come il Governo ha accompagnato questa gara che ci è apparsa pasticciata, confusa, incerta, determinata anche, da un certo punto, da poca trasparenza. Soprattutto, ci riferiamo a come questa vicenda si sta concludendo: registra un clima intorno a sé di grande incertezza. Eppure Tirrenia, se pur complessa come vicenda, non era Alitalia per dimensioni e valori in campo: la si poteva chiudere meglio; la si chiude, invece, analogamente ad Alitalia.
Soprattutto, Tirrenia passa dallo Stato in mano ad una cordata che vede come suo protagonista principale un ente pubblico, la regione Sicilia, su cui tornerò nuovamente dopo. Eppure era una gara che era partita con 16 pretendenti: sei operatori del settore, un operatore attivo nei servizi della logistica, Airon, holding di Pag. 12partecipazioni, un fondo infrastrutturale italiano, sei importanti fondi privati internazionali.
Alla fin fine si è arrivati a una sola offerta e in merito al decreto-legge vorrei fare notare che prima è stato annunciato, poi emanato da un Consiglio dei ministri e pubblicato dopo molti giorni, quando ancora la gara non era di fatto conclusa. È stato annunciato infatti due giorni fa da parte di Fintecna e del Governo, dopo un aggiustamento anche di investimento di capitale, il consenso alla cordata Mediterranea Holding e le firme definitive saranno apposte il 4 agosto e il 15 settembre (da questo punto di vista credo che, ahimé, sarà forse possibile per chi si è ritirato - lo immagino, non lo so - usare questo elemento del decreto-legge per tentare dei ricorsi).
Mediterranea Holding è partecipata al 37 per cento dalla regione Sicilia. In un primo momento vi era una seconda partecipazione da parte della regione attraverso la sua finanziaria, ma poi c'è stato un arretramento perché le infrazioni europee, nelle quali, secondo noi, c'è ancora il rischio di incorrere, sarebbero state nette e palesi; si è quindi ricorso a un imprenditore greco, che ha accompagnato la cordata.
Vi è una reazione dalla parte economica della regione Sicilia, attraverso il presidente della associazione degli industriali, ma vorrei riportare in questa sede le preoccupazioni perché la regione, attraverso il suo presidente, si sente impegnata in un'operazione così grande e importante e, con tutto il rispetto per la regione Sicilia, forse anche più grande delle sue possibilità e vocazioni. In altre regioni infatti, in questo senso, il Governo ha favorito un processo che noi abbiamo condiviso, responsabilizzando Lazio, Campania, Sardegna a farsi carico delle società Saremar, Caremar, Toremar, accompagnandole in un processo che le porterà poi ad avviare gare per una privatizzazione di quelle linee.
Non si capisce perché la regione Sicilia non abbia concorso come le altre a gestire quel servizio, concorre invece in un'operazione più grande di lei. Il 7 luglio scorso su il Riformista, in un'intervista di Angela Gennaro, il presidente della regione Sicilia dichiara: «Mi auguro francamente che le richieste dei governatori delle regioni vengano tenute nel giusto conto, altrimenti saranno costretti a contrarre la spesa per i cittadini». La giornalista gli fa notare: «Onorevole Lombardo, Tremonti dice che voi governatori del sud i soldi non li sapete usare». Lombardo replica: «L'anno scorso siamo stati aggrediti perché eravamo stati i più scrupolosi a presentare un piano di investimento di fondi FAS di 4,313 miliardi. Lo abbiamo fatto l'estate scorsa, con una delibera del 31 luglio, pubblicata poi in Gazzetta Ufficiale. Il Governo - che, invece, come si vede, è veloce - ad oggi, dopo un anno, non ha ancora fatto il relativo decreto di attribuzione di quei 4 miliardi». Sempre in quell'intervista il presidente Lombardo afferma poi: «Dopo di che, io non so dove prendere i soldi». Detto ciò, va rilevato che lo stesso presidente è poi pronto a fare un investimento insieme a dei privati, che impegna fortemente la regione Sicilia, sollevando appunto, come ho già detto, criticità forti da parte del mondo economico, produttivo, imprenditoriale e industriale siciliano.
Non si capisce dunque il perché di questa operazione. Soprattutto la confusione e l'incertezza hanno portato anche recentemente la Corte dei conti e la Fintecna stessa ad esprimersi al punto tale che, quasi ad annuncio fatto, si è dovuto procedere ad un aumento del capitale con un milione di euro versati subito, 25 milioni che verranno versati nell'arco di dieci anni mentre nel frattempo ci si fa carico del debito con la compartecipazione fortissima da parte dello Stato.
Abbiamo avuto il Viceministro Vegas in Commissione, che devo ammettere ha prodotto una relazione molto articolata e puntuale, in cui manifestava la preoccupazione che dinanzi a una conclusione negativa della gara si sarebbe prodotta e generata una situazione di assoluta ingovernabilità della società e soprattutto l'interruzione del servizio. Pag. 13
In quell'occasione il Viceministro Vegas ha giustamente fatto riferimento agli impegni per le convenzioni di dodici anni per quanto riguarda le compagnie regionali, di otto anni per quanto riguarda la Tirrenia, ma ha parlato poi di un vincolo di un solo anno da parte della nuova proprietà, perché in quell'anno non può vendere né l'azienda, né rami dell'azienda.
Manca, a nostro avviso, invece un impegno sulla durata delle convenzioni sia della società Siremar sia della Tirrenia, ma soprattutto ad oggi secondo l'annuncio fatto dal Governo e da Fintecna - ma, torno a ripetere, ancora in assenza delle firme finali del 4 agosto e del 15 settembre - manca un piano industriale. Non conosciamo il piano industriale, lo abbiamo chiesto in Commissione al Viceministro Vegas ed abbiamo chiesto un incontro con il Ministro Matteoli che però è saltato all'ultimo momento: non conosciamo il piano industriale né lo conoscono le organizzazioni sindacali e quindi siamo preoccupati per quanto riguarda sia i collegamenti sia le certezze che devono essere assicurate ai lavoratori del gruppo.
Torno a ripetere: vi sono ancora passaggi cruciali e chiediamo ancora al Governo di aprire il tavolo anche perché i proponenti della cordata iniziano ad avere visioni diverse. Da una parte il presidente della regione Sicilia annuncia con entusiasmo questa operazione e che sposterà la sede centrale aziendale da Napoli alla Sicilia, esalta il periodo della flotta di Stato quando era sotto il controllo dei Florio ed annuncia che non vi saranno tagli all'occupazione se non quelli che aveva previsto Tirrenia nel confronto con le organizzazioni sindacali.
L'amministratore delegato della nuova società che rileverà Tirrenia, Alexandros Tomasos, va invece in direzione opposta: vi è dunque contraddizione tra i soggetti che si stanno proponendo per la gestione della Tirrenia. Lui parla infatti di esuberi anche se poi, incalzato dalle organizzazioni sindacali, ha fatto una parziale retromarcia. Da questo punto di vista ci vuole chiarezza: è giusto che non solo le organizzazioni sindacali ma anche il Paese sappiano chi acquisisce Tirrenia, quale piano industriale e di sviluppo propone, quali collegamenti e quali linee verranno salvaguardate e rafforzate e, soprattutto, quale sarà il destino dei lavoratori della Tirrenia e delle loro famiglie.
Come dicevo all'inizio del mio intervento, vi è un dissenso di merito rispetto al decreto-legge e all'operazione complessiva che riguarda la Tirrenia. Mi siano però consentite una riflessione, visto che parliamo di economia del mare (perché di questo si tratta quando parliamo di Tirrenia, considerato pure che in quest'Aula si parla poco di questa economia che invece è importante per il nostro Paese), nonché alcune considerazioni di carattere più generale (tra l'altro il cabotaggio marittimo e le autostrade del mare, che erano state fortemente volute dai Governi di centrosinistra, sono stati via via abbandonati da questo Governo).
Mi spiace che questa mattina sieda al banco del Governo il sottosegretario Giachino che sta mettendo un impegno serio - lo voglio riconoscere qui in maniera seria e motivata - rispetto ai temi della portualità e della logistica, ma complessivamente il nostro giudizio sul Governo è fortemente negativo. Siamo ormai a metà legislatura dentro un quadro politico che non ci consente di capire neppure se questa legislatura terminerà, ma questo Governo per quanto riguarda l'economia del mare è da bocciare. È stata annunciata una riforma della legge n. 84 del 1994 che era ed è stata importante per la crescita dell'economia del mare e della portualità nel nostro Paese; è stato annunciato un confronto al Senato sulla base di proposte diverse avanzate da noi, da altri gruppi ed ovviamente dalla maggioranza attraverso il presidente della Commissione Grillo. Ci siamo confrontati seriamente perché condividevamo l'idea di una nuova legge sui porti, ma quel processo si è arenato. Il Governo ha messo in campo prima - consentitemi - un niente annunciando un Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria, poi, dopo alcuni mesi, una proposta in un altro Consiglio di Ministri ed ora annuncia un suo disegno di legge in conflitto con la Pag. 14proposta che le Commissioni avevano discusso. Nel frattempo non si procede sull'autonomia finanziaria dei porti ed in questo senso mi rivolgo anche ai colleghi della Lega, che sono federalisti: anche noi in questo senso ci sentiamo federalisti e volevamo che le risorse dei porti rimanessero in quota parte nei porti italiani per un loro rilancio ed una politica di investimenti che è stata fatta in questi anni di crisi del settore (le merci infatti non viaggiano a causa della grave crisi internazionale). Negli altri porti infatti sono stati fatti investimenti e realizzate infrastrutture, mentre noi ci siamo fermati ed abbiamo rinunciato anche agli investimenti e a quei fondi che i Governi precedenti avevano disposto.
Si è arrivati così ad un paradosso: penso alla mia città, al porto di Genova, e al forte contenzioso tra l'autorità portuale ed il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture in merito ad un'area vasta come quella delle acciaierie di Cornigliano, per la quale si rivendicavano 70 milioni sulla base di un patto sottoscritto tra i diversi enti.
Il Ministero ha fatto ricorso, obiettando: non dobbiamo più darle perché è prevista l'autonomia finanziaria. Non prendiamoci in giro: non solo non c'è l'autonomia finanziaria, ma avete anche pensato in una certa fase di tagliare le poche risorse che arrivavano dalle tasse di ancoraggio; fortunatamente alcune autorità portuali non vi hanno seguito in questo senso.
Ma soprattutto, tornando alle navi, vi è una crisi serissima nel settore della cantieristica. Non è stato invidiato, sottosegretario Menia, quando ha visitato Confitarma in questo inverno per le critiche che ha subìto, per i tagli fortissimi che sono stati introdotti al doppio registro internazionale; siete stati celeri, invece, nell'affrontare la questione dei megayachts di oltre 24 metri.
Vi è quindi tutto un sistema, legato all'economia del mare, che è fortemente compromesso. A questo sistema noi pensiamo, e siamo preoccupati che la vicenda di Tirrenia si possa aggiungere ad un settore che registra già molte situazioni di crisi. Torno a ripetere: da parte nostra vi sarà un voto contrario, mentre poi articolerà la collega Velo la nostra posizione sulla parte che riguarda l'autotrasporto, che avete inserito nel decreto-legge in esame; e vi chiediamo, chiediamo fortemente al sottosegretario Giachino di seguire questa vicenda. A mio modesto parere essa non è infatti ancora conclusa, e necessita invece di un'attenzione continua per vedere da qui a pochi giorni (ormai di questo si tratta) se vi sarà la firma definitiva, e come si possa garantire, prima di tutto ai lavoratori, ai cittadini italiani, ma anche al Parlamento di conoscere il vero piano industriale che ha portato il Governo e Fintecna ad esprimere un parere positivo sulla cordata che si propone di gestire Tirrenia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, come Italia dei Valori anche noi abbiamo una pregiudiziale perplessità su questo tipo e questo metodo di lavoro, che ci costringe a mescolare profili e materie così diverse come quella, da una parte, inizialmente affidata al decreto-legge di cui stiamo discutendo la conversione, che, voglio ricordarlo, riguarda le società Tirrenia e Siremar e, dall'altra parte, questo vagone, che più di un vagone è un convoglio di vagoni affiancato al tema del trasporto marittimo, che si è realizzato con l'espediente procedurale di agganciare alla locomotiva, o meglio alla flotta della navigazione marittima il tema dell'autotrasporto su gomma.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 10).

CARLO MONAI. Esso infatti, come sappiamo, ha un'unica attinenza al trasporto marittimo, per quanto riguarda il cabotaggio dei veicoli che, con i mezzi della Pag. 15Tirrenia, vengono trasbordati dalle due sponde siciliane e sarde a quelle della terraferma.
Ma certo è che tale aggancio funzionale tra le due materie ben poco rileva nell'ambito di un meccanismo legislativo, che dovrebbe viceversa affrontare tematiche omogenee e, soprattutto nell'ambito della conversione di un decreto-legge, avere ancora più selettivo il filtro della pertinenza degli emendamenti al tessuto normativo fondante il decreto-legge medesimo. Cosa che nel provvedimento in esame non verifichiamo, per una sorta di compulsione legislativa che ci costringe a discutere di temi così diversi in un meccanismo che vuole eludere il normale iter legislativo che avrebbe dovuto essere seguito, a nostro giudizio, sia dal Governo che dal Parlamento nell'affrontare tematiche così delicate e settoriali come quelle dell'autotrasporto. Sappiamo che esso è in grande difficoltà, nella competizione globale, soprattutto con i Paesi dell'est, ma non per questo deve avere una frettolosa valutazione, con risultati, di cui parleremo poi, assai improbabili e poco chiari anche dal punto di vista dell'applicazione pratica di questi provvedimenti.
Veniamo comunque alla prima parte di questo ragionamento che riguarda il gruppo Tirrenia e la privatizzazione di queste società marittime, Tirrenia e Siremar. Facciamo un breve excursus sul tema industriale. Il gruppo Tirrenia è una delle principali realtà che abbiamo nel cabotaggio marittimo nazionale e opera i collegamenti tra il continente e le isole maggiori; inoltre con la controllata Siremar garantisce collegamenti con la Sicilia e le altre isole minori della regione. È un segmento del trasporto molto importante perché garantisce continuità territoriale nazionale affidando alle società di navigazione la possibilità di collegamento sia di persone, sia di merci, sia di veicoli per queste importanti comunità regionali con la terraferma. Nel corso del 2009 i trasferimenti dello Stato al gruppo Tirrenia, fatti proprio per garantire questo servizio pubblico essenziale, sono stati di circa 210 milioni di euro e, nella logica della piena liberalizzazione del settore in conformità ai principi comunitari, si è voluto anche avviare quel meccanismo di privatizzazione di Tirrenia, con - anche qui - momenti di criticità e di dubbia trasparenza per le vicende legate al bando di gara per la privatizzazione di queste società che ha avuto - come vedremo - delle significative novità e sorprendenti epiloghi.
Tirrenia di Navigazione Spa è società controllata totalitariamente da Fintecna, a sua volta società interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze. Tirrenia, a sua volta, è proprietaria dell'intero pacchetto azionario di Siremar. Tirrenia nasce nel 1936 grazie alla fusione delle flotte della Compagnia italiana transatlantica e della società Florio, nonché della Compagnia sarda di navigazione e della Società adriatica di navigazione. Costituiva, quindi, alla vigilia della seconda guerra mondiale, uno dei maggiori complessi armatoriali del Mediterraneo. Nel corso degli anni Ottanta, dopo aver avuto una notevole implementazione dei traffici nel dopoguerra, Tirrenia intraprese un processo di ammodernamento e di razionalizzazione della flotta, costituendo delle società regionali (sempre controllate dalla società madre) per il collegamento di altre regioni come il Lazio, la Campania, la Toscana, con le isole minori. Nasceva così il gruppo Tirrenia costituito da Tirrenia di Navigazione Spa e da questo firmamento di società satelliti (la Siremar, la Caremar, la Saremar e la Toremar) esercenti i collegamenti regionali con le isole minori, Sicilia, Campania, Lazio, Sardegna e Toscana.
Con il 1991 abbiamo poi una convenzione tra lo Stato italiano e il gruppo Tirrenia per l'esercizio di alcune tratte di cabotaggio marittimo di interesse pubblico, al fine di garantire sempre questa continuità territoriale nazionale, e questa convenzione, scaduta il 31 dicembre 2008, è stata prorogata per legge al 30 settembre 2010 sempre nella logica di favorire il processo di privatizzazione. Nel 2009 si è ipotizzato il trasferimento a titolo gratuito alle regioni più interessate ai trasporti Pag. 16satellitari, quelli legati alla società figlie della Tirrenia di Navigazione Spa, della Saremar alla Sardegna, della Toremar alla Toscana e della Caremar alla Campania e al Lazio.
Si tratta di una società, la Tirrenia di Navigazione Spa, che, pur con i volumi importanti del suo piano industriale, e grazie anche ai circa 200 milioni di euro l'anno di sovvenzioni statali per l'esercizio dei servizi convenzionati, ha maturato sempre bilanci positivi, intorno a 15 milioni di euro l'anno di utile netto e, nel triennio 2007-2009, risultati di poco superiori a 10 milioni di euro nei diversi esercizi. Con l'approssimarsi della scadenza della convenzione al 31 dicembre 2008, la legge ha perseguito l'obiettivo della liberalizzazione e ha previsto che ci potessero essere nuove convenzioni, con scadenza non inferiore al 31 dicembre 2012, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE e con dei meccanismi di efficientamento tesi a ridurre i costi di servizio per l'utenza e flessibilità tariffarie che non fossero distorsive del principio della concorrenza e del libero mercato.
Con il decreto-legge 3 giugno 2008, n. 207, il termine delle convenzioni, che scadevano al 31 dicembre 2008, è stato prorogato di un anno, fino, appunto, al 31 dicembre 2009. Questa privatizzazione, però, ha subito delle particolari situazioni di rallentamento e di complicazione, vuoi per la realizzata cessione dei rami di azienda di queste società satelliti alle regioni, vuoi perché si è, in qualche modo, recepito un indirizzo del Parlamento teso a garantire anche, con la risoluzione del presidente della Commissione trasporti, Valducci, il mantenimento di salvaguardia dei livelli occupazionali e di tutela nei confronti dei lavoratori del gruppo Tirrenia di Navigazione Spa.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 marzo 2009, sono stati definiti i termini e le modalità per realizzare le privatizzazioni del gruppo Tirrenia. Si è, inoltre, previsto che ci fosse la totale alienazione delle partecipazioni detenute dal Ministero dell'economia e delle finanze in Tirrenia di Navigazione Spa, con ricorso a procedure competitive, trasparenti e non discriminatorie, col potenziale acquirente, a norma del decreto-legge n. 332 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 474 del 1994.
Questa finalità di una privatizzazione trasparente e non discriminatoria è stata poi declinata con un bando, pubblicato il 22 dicembre 2009, con cui Fintecna Spa ha avviato l'invito a manifestare interesse alla platea dei potenziali competitor, nazionali ed europei, i quali potevano aderire sia individualmente sia in cordata o anche attraverso delle newco, delle società di nuova costituzione. Vi era la premessa che si trattasse di soggetti che avessero una qualche solidità patrimoniale, non inferiore a 10 milioni, e, inoltre, erano stati richiesti alcuni specifici impegni: stabilità dell'assetto proprietario per un certo periodo di tempo, mantenimento del servizio universale e di continuità territoriale con le isole e presentazione di un piano industriale per Tirrenia e uno per Siremar, da cui si rilevassero anche i livelli occupazionali previsti.
Nel febbraio scorso sono pervenute a Fintecna ben sedici manifestazioni di interesse: sei da operatori di settore come Grimaldi Napoli grandi navi veloci, Moby, Caronte e Tourist, Corsica Ferries nonché la cordata composta da gestioni armatoriali, Tomasos transport and tourism, e una da un operatore attivo nei servizi logistici, la società Transferry. Un'altra proposta è pervenuta da Airon che è una holding di partecipazioni nella commercializzazione e produzione di yacht di lusso, una dal fondo italiano per le infrastrutture F2I e ben sei da parte di importanti fondi di private equity internazionali, una da una newco che è la Mediterranea Holding di Navigazione che è società creata appositamente dalla regione Sicilia, che detiene il 37 per cento delle azioni, da Lauro Spa, 28 per cento, e dal fondo CAPE della regione siciliana, 35 per cento.
Di fronte a tutto questo ventaglio di proposte, entro il termine del 28 giugno è pervenuta a Fintecna un'unica offerta di acquisto da parte - guarda caso - di quella newco che è stata costituita appositamente Pag. 17e che vede una straordinaria presenza maggioritaria della Sicilia, vuoi per diretta partecipazione della regione, vuoi attraverso il fondo CAPE di cui ho citato la partecipazione. Tutte le altre quindici manifestazioni di interesse sono naufragate, non hanno declinato offerte di acquisto. Questo, se vogliamo, è già un elemento di forte perplessità, di una certa preoccupazione per il fatto che l'unica società sopravvissuta a queste ipotesi di privatizzazione sia in realtà una società che è in mano maggioritariamente ad un altro ente pubblico, che non è lo Stato ma un «parastato» come la regione Sicilia, della quale conosciamo le articolazioni strutturali come una sorta di regione che ha sempre rivendicato una sua autonomia anche garantita dallo statuto speciale, il più datato della storia repubblicana che, ricordo, è stato approvato addirittura prima della Costituzione repubblicana.
Quindi la singolarità di questa privatizzazione sta nel fatto che lo Stato di per sé privatizza affidando una società di navigazione non più a sé ma ad una regione che di fatto si sostituisce allo Stato per lo svolgimento dello stesso servizio di navigazione per la quale la Commissione europea voleva una privatizzazione ben diversa. Infatti se privatizzazione deve essere, vuol dire che deve esserci una competizione sul mercato, una regola di trasparenza tra operatori del settore che magari mettono a frutto le loro competenze settoriali e specifiche, il loro know-how maturato anche in altre analoghe attività e si mettono a fare industria, a fare impresa attraverso la regola del libero mercato in un mercato così particolare come quello della navigazione marittima che prevede importanti finanziamenti, strutture industriali molto solide e una sorta di mission a lungo raggio con un investimento importante di obiettivi e risorse.
Già questo fatto che da sedici importanti operatori solo ed esclusivamente Mediterranea Holding di Navigazione, abbia offerto l'acquisto di questa società è di per sé un elemento che ci lascia molto preoccupati e che getta un'ombra un po' lunga e sospetta sulla trasparenza del meccanismo seguito dal Ministero per arrivare alla privatizzazione di queste società.
Inoltre, vi è una situazione di criticità creditizia: infatti, con la legge del 20 novembre 2009, n. 166, avevamo previsto l'estensione al personale in esubero del gruppo Tirrenia dei meccanismi di integrazione salariale per un importo di 15 milioni di euro, per un periodo di dodici mesi, a partire dal 2010. Questo, non solo della garanzia del fronte della garanzia del mantenimento occupazionale in un momento in cui si era determinato un esubero di lavoratori (196 unità per Tirrenia e 15 per Siremar), ma anche nell'ambito del piano industriale che era stato elaborato da Tirrenia nella logica delle convenzioni.
Come si diceva, vi è stato un momento di criticità creditizia che ha visto alcune banche creditrici chiedere il rientro delle linee di credito accordate a Tirrenia e Siremar, con una conseguente criticità nella gestione finanziaria di queste società. Il 6 luglio 2010, il Consiglio dei ministri approvò il decreto-legge n. 103 per assicurare la continuità del servizio di pubblico cabotaggio marittimo e favorire la stabilizzazione della situazione finanziaria di Tirrenia, consentendo a Fintecna di concludere, nei tempi previsti, il processo di privatizzazione in corso. Con il citato decreto-legge sono stati istituiti degli amministratori unici, i quali resteranno in carica fino al 30 settembre 2010 o un tempo inferiore legato alla privatizzazione.
Il termine del 30 settembre 2010, tuttavia, è dietro l'angolo, perché mancano, ormai, un paio di mesi a questa scadenza e, certamente, il mese agostano non potrà che rendere ancora più incerta la conclusione positiva di questi eventi. In questo quadro, ci troviamo di fronte non solo ad una trattativa complicata, che ha perso quella molteplicità di interlocuzioni che erano state prospettate dalla presentazione di ben sedici inviti e dimostrazioni di interesse, ma anche ad una criticità finanziaria che ha tagliato i cordoni del credito in questo momento di stasi. Pag. 18
Pertanto, la preoccupazione che abbiamo oggi, che questo provvedimento si profili all'orizzonte come di breve durata e con le criticità che affiancano un meccanismo di privatizzazione così opinabile e così opaco, affiancata anche al timore che il patrimonio sociale della Mediterranea Holding non sia sufficientemente solido per garantire un'effettiva privatizzazione di buona durata e di buon esito finale, ci costringe ad esprimere, come Italia dei Valori, un voto contrario rispetto al provvedimento stesso. Infatti, abbiamo già visto azioni analoghe gestite dal Governo in maniera dissennata, come è accaduto, all'inizio della legislatura, per la vicenda Alitalia. Anche in quel caso, sotto la logica della continuità territoriale della compagnia di bandiera che, a suo tempo, era posseduta, in gran parte, dal Ministero dell'economia e delle finanze, era necessaria una privatizzazione.
Che cosa è successo? Che, alla fine, anche in quel caso abbiamo nominato un commissario, abbiamo messo in stato di decozione la società e tutti gli oneri sociali sono stati presi a carico dello Stato, ed è stato poi affidato ad un nuovo imprenditore, la CAI, tutto il meglio, tutta la ciccia, tutta la polpa di questa importante e strategica azienda del Paese che oggi non è più del Paese ma è di una cordata di imprenditori privati che sta facendo i suoi interessi, lasciando ovviamente allo Stato i costi sociali di quella operazione. E allora anche qui noi, di fronte ad uno scenario così fosco, con scadenze così impellenti, con operatori che si sono dissolti nel nulla e hanno lasciato una società sull'orlo del baratro, abbiamo la preoccupazione che il Governo stia facendo non il bene di questa società ma un'operazione di facciata che, alla fine, magari faccia mantenere in capo allo Stato alcuni costi e poi non faccia altro che trasferirli alla regione e quindi sempre alla pubblica amministrazione intesa in senso lato. Ciò, con lo scaricabarile di un problema che ancora oggi non vede una soluzione efficace e con prospettive molto incerte di gestione competitiva e affidata al libero mercato, di società così importanti e anche, direi, appetibili per il mercato, se è vero che ben sedici erano state le dichiarazioni di interesse. Da questo punto di vista, la preoccupazione ci impone di chiedere al Governo e al Parlamento una maggiore possibilità di traguardare con piani industriali più solidi, con meccanismi di trattative più ampie, più internazionali, la dismissione di questi importanti settori del Paese.
Veniamo poi all'autotrasporto: questo tema sappiamo essere stato oggetto di un tavolo tecnico per il quale va dato atto, anche da parte di Italia dei Valori, al sottosegretario Giachino di aver speso molte energie e di avere ottenuto anche dei significativi risultati. Certo è, però, che, se tutti abbiamo a cuore, come abbiamo a cuore anche noi di Italia dei Valori, il tema del miglioramento del comparto dell'autotrasporto e della tutela degli imprenditori e delle maestranze che lavorano in questo importantissimo settore industriale del Paese (che, per la verità, pecca nella situazione italiana di una eccessiva frammentazione e di una gracilità, di una debolezza del tutto eccezionali nel contesto europeo), da una parte, vi è il metodo di un provvedimento molto articolato che viene buttato così un po' «fuori sacco» all'approvazione dell'Assemblea e senza una riflessione approfondita e meditata da parte del legislatore; dall'altra, vi è un supino recepimento di una sorta di accordicchio tra alcuni degli operatori e delle rappresentanze di settore di questi comparti. Tale accordo, che tra l'altro ha visto assente o meglio non consenziente Confindustria e quindi un elemento di grande rappresentatività nel contesto della committenza, e che voleva in qualche modo trovare la sintesi tra opposti interessi, è stato recepito dal Governo e imposto alla nostra approvazione senza un'adeguata ponderazione delle ricadute che provvedimenti di questo tipo possono avere nell'ambito del comparto e dell'ordinamento normativo più generale. Perché? Perché questo provvedimento ha, da una parte, un approccio protezionistico anticoncorrenziale che stabilisce dei minimi tariffari Pag. 19obbligatori individuati, anche qui, con un meccanismo del tutto macchinoso, molto cervellotico.
Infatti, non si dice che i minimi tariffari vengono adottati con decreto ministeriale, entro 30 giorni, quindi, certezza di norme e certezza di diritti, ma si affida il meccanismo ad una contrattazione che dovrebbe avvenire entro un termine stabilito.
Tuttavia, se tale contrattazione, affidata alla Consulta generale dell'autotrasporto e per la logistica e alle organizzazioni associative di vettori, non dovesse concludersi in un primo termine di nove mesi, scatta un secondo termine, affidato all'Osservatorio sulle attività di autotrasporto, e, se anche quest'ultimo organismo non determinasse questi costi minimi, interverrebbe un terzo attore che, entro un anno, stabilirà i costi minimi di trasporto.
Bisogna tener presente che i suddetti costi minimi di trasporto hanno un'incidenza notevolissima nel rapporto privatistico e contrattuale, perché consentono al vettore di pretendere giudizialmente l'integrazione di questi costi dopo avere spiccato una fattura che altri costi evidenziava.
Capite quale criticità porterà l'applicazione di questa norma, rispetto a contratti che sono stati ufficializzati da emissione di fattura? Ci troveremmo con un contenzioso che farà riferimento a dei costi minimi del tutto opinabili ed incerti, superiori a quelli della trattativa contrattuale.
Questa è una forzatura del tutto inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Desiderati. Ne ha facoltà.

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, oggi ci apprestiamo ad approvare un disegno di legge molto importante, che affronta due temi: quello, ormai noto, della privatizzazione dell'azienda Tirrenia, e quello che, invece, interviene in materia di autotrasporto. Vorrei soffermarmi sui punti che ritengo più rilevanti.
In particolare, per quanto riguarda l'autotrasporto, il provvedimento in esame interviene sulla definizione dei tempi dei pagamento, introducendo tempi certi.
Troppo spesso abbiamo avuto aziende che sono fallite pur avendo crediti: non sono andate male perché non avevano lavoro, ma perché non riuscivano ad incassare; questo provvedimento interviene in materia, e garantisce alle aziende di fare lavoro e di incassare il dovuto.
Nell'ambito di ciò, per l'introduzione della garanzia del riconoscimento dei costi minimi di esercizio, l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha fatto dei rilievi. Tuttavia, tali rilievi non sono condivisibili perché non si stabiliscono delle tariffe minime, e non si decide quanto debba essere il ricavo delle aziende, ma semplicemente si definiscono e lasciamo alla contrattazione volontaria delle aziende i costi minimi di esercizio.
Quest'ultimi presentano indubbi vantaggi perché consentiranno l'emersione del «nero», garanzie importanti per gli utenti, anche in materia di sicurezza, nonché di impedire, alle grandi cooperative di trasporto, di uccidere i piccoli trasportatori - quelli che in gergo si chiamano padroncini - utilizzando in modo sleale manodopera straniera pagata molto meno della nostra.
I costi minimi di esercizio sono, quindi, una garanzia importante perché impediscono quella pratica odiosa del dumping nascosto, che hanno utilizzato i grandi trasportatori a scapito dei piccoli.
Come è noto, la Lega Nord è sempre vicino alla piccola impresa, che è il tessuto economico che manda avanti l'Italia.
Siamo quindi assolutamente d'accordo sull'introduzione dei costi minimi di esercizio.
Poi c'è un'altra questione rilevante, che ha avuto i suoi esiti in questi giorni e ce li avrà a breve, che è quella della privatizzazione della Tirrenia. Credo che a tutti sarebbe piaciuto che, dopo le sedici disponibilità e manifestazioni di interesse, fossero arrivate molte più offerte e invece ne è arrivata una sola.
Si tratta di un'offerta che ha destato anche qualche perplessità, una holding il Pag. 20cui 37 per cento è detenuto dalla regione Sicilia, il cui presidente, qualche giorno fa, ha detto che ha finito i soldi e quindi qualche perplessità oggettivamente ce l'abbiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
D'altra parte, è l'unica offerta che è arrivata e, dovendo procedere alla privatizzazione entro il 30 settembre, se non si fosse andati all'aggiudicazione avremmo avuto solo un'altra strada, ossia quella dello spezzatino delle rotte, uno spezzatino che non avrebbe consentito di garantire il lavoro, i lavoratori e le tratte onerate per consentire la continuità territoriale della nostra nazione.
Quindi, mantenendo un po' le perplessità, ma sperando che l'offerta di Mediterranea Holding sia seria e ci sia un progetto industriale a lungo termine che voglia salvare i lavoratori e che voglia dare vita ad una azienda sana, non possiamo fare altro che prendere atto di questo.
Non vorrei dilungarmi perché i colleghi hanno già ampiamente discusso questo disegno di legge e concluderei, ringraziando il Governo e il sottosegretario Giachino per l'attenzione, soprattutto in merito all'autotrasporto. Ricordo a tutti che eravamo molto vicini ad un blocco dei TIR e sappiamo quanto danno faccia il blocco degli autotrasporti all'economia della nazione.
Siamo certi, con questo disegno di legge, di aver scongiurato questo rischio. Oggi la nazione ha bisogno di lavorare e non di scioperare, quindi ringrazio ancora il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Biasotti. Ne ha facoltà.

SANDRO BIASOTTI. Signor Presidente, ho sentito gli interventi, sia in Commissione, sia in Aula, della minoranza ed obiettivamente mi lasciano un po' perplesso. Infatti, venendo al nocciolo delle questioni, occorre dire che si tratta di due questioni che sono state contestate (quella della privatizzazione della Tirrenia e quella dell'autotrasporto) come non attinenti e come questioni da non discutere in un unico decreto-legge.
Credo, invece, che le due questioni abbiano assoluta attinenza. Per quanto riguarda Tirrenia parliamo di trasporto passeggeri, ma anche di trasporto merci. È uno dei capisaldi dell'oggetto sociale di questa società. Quando parliamo di autotrasporto, parliamo di trasporto merci e quindi si tratta di un argomento che ha un'assoluta attinenza e un'assoluta urgenza nel momento in cui ci avviciniamo soprattutto ad un uso intensivo delle due situazioni di trasporto.
L'urgenza, soprattutto nel primo caso, ossia quello della privatizzazione della Tirrenia, era quella di poter trovare un amministratore che potesse procedere alla privatizzazione e, se questo amministratore avesse avuto una responsabilità civile e amministrativa, non l'avremmo trovato.
Infatti, occorreva un amministratore che assumesse un impegno per tre mesi sino a settembre e con le capacità per una privatizzazione così importante e così consistente. In caso di rischio avremmo trovato solo delle persone di secondo o di terzo livello e non è quello che vuole questo Governo.
Quindi, era assolutamente necessario, come lo è stato nell'altro caso, ossia quello di Alitalia. Si tratta di due casi completamente diversi anche se affini, nel senso che due società così importanti e gestite dallo Stato hanno prodotto un sostanziale fallimento, un fallimento originato da anni e anni di Governi di tutti i tipi e che hanno portato al sostanziale crack di entrambe le strutture.
Ma, nel caso dell'Alitalia, non abbiamo trovato una cordata pronta ad intervenire e abbiamo dovuto formarla, anche con imprenditori che nulla avevano a che fare con il trasporto aereo. Caso diverso è quello della Tirrenia. Certo, anch'io avrei preferito che delle sedici offerte iniziali ve ne fossero state diverse per metterle in concorrenza e poter dare migliori garanzie sia al trasporto, sia al collegamento con le isole, sia al personale, ma ne è rimasta una. Pag. 21
Ne è rimasta una, ma di assoluto livello, rilievo ed esperienza, formata da gente del settore. Vi è la Flotta Lauro, che credo abbia esperienza cinquantennale in un settore importante come i trasporti proprio fra isole, anche se minori, e il continente. Inoltre, vi è la TTT Lines, altra società di notevole livello e così via, con altre società e strutture, con la stessa partecipazione del presidente della Confitarma. Si tratta di una compagine di cui sono contento, sono delle persone coraggiose a prendersi un fardello di questo tipo: una società con 540 milioni di debiti. Quindi, questo era quello che doveva fare il Governo.
Voi trovate appigli di consonanza e di costituzionalità: ma avreste voluto il fallimento? Andiamo al nocciolo! L'alternativa era il fallimento e lo spezzettamento, come ha detto molto bene il collega Desiderati. Non vi sono alternative: l'unica era portare i libri in tribunale e licenziare migliaia e migliaia di dipendenti, che oggi, invece, hanno una garanzia. Abbiamo sentito le dichiarazioni del presidente Lauro e dell'amministratore Tomasos: parliamo di 200-250 esuberi su migliaia di dipendenti. Credo sia un grande passo avanti nella privatizzazione di una società che ha creato solo debiti allo Stato e non vantaggi. Finalmente, questa privatizzazione non ne creerà più. Certamente, il Governo vigilerà, ma credo sia un grandissimo passo avanti.
La seconda questione è quella dell'autotrasporto: anche in questo caso, credo sia un settore formato al 90 per cento da microaziende di padroncini e che deve essere tutelato. Si tratta di un settore che da vent'anni è massacrato. Nessun Governo ha mantenuto gli impegni con le associazioni di categoria. Allora, questo Governo, forse per la prima volta nella persona del sottosegretario Giachino, che per fortuna ha la delega di questa materia così importante, si è preso a cuore la questione e in due anni ha trattato con tutti anche con le associazioni della committenza e questo è un fatto nuovo da mettere in risalto.
Fino ad ora, il Governo era intervenuto esclusivamente quando c'era la rottura delle trattative tra associazioni dell'autotrasporto e della committenza. Arrivava sempre in extremis. Quindi, abbiamo un Governo che per due anni ha lavorato, anche dando poco, lo faccio anche come critica, in difesa dell'autotrasporto. Per due anni non abbiamo avuto scioperi e voi che cosa contestate? Avete riconfermato in Assemblea 120 emendamenti che sono di ostruzionismo, non siete entrati nel merito.
Questo decreto-legge dice che noi riconosciamo i costi minimi, non le tariffe minime. Ricordiamoci l'iter delle tariffe a forcella del 1984: quelle erano tariffe minime mai rispettate da nessun cliente, piccolo, grande, statale, pubblico, italiano o straniero. Non sono mai state rispettate, anzi i trasportatori venivano tassati sulle tariffe minime che non percepivano e questo era ingiusto. È per questo che poi il Governo ha deciso di abolirle. Oggi parliamo di costi minimi, ma nel momento in cui la sicurezza - abbiamo approvato per fortuna all'unanimità il nuovo codice della strada - è determinante per la salvaguardia della vita di migliaia di persone che ogni anno muoiono, voi fate ostruzionismo sui costi minimi. Inoltre, attenzione: sono costi minimi teorici, perché poi sono derogabili da accordi di settore e di programma, in base a quantità e a contratti di durata. Poi non saranno rispettati comunque e il trasportatore non ha difese perché la prescrizione scade in un anno e perché, se fa una rivalsa nei confronti del suo committente, questi non gli affida più il lavoro.
Sono questioni che forse voi non avete approfondito: è un momento di grave crisi per un settore necessario per l'economia dell'Italia. Infatti, noi vorremmo certamente un trasporto pubblico su ferrovie come succede nei paesi civili, ma le ferrovie non funzionano. Abbiamo sentito in Commissione l'amministratore e il presidente delle Ferrovie che ha allargato le braccia quando abbiamo parlato di trasporto merci. Ha ammesso il completo fallimento. Pag. 22
Quindi, se noi le merci le vogliamo, se abbiamo i nostri cittadini che vanno a comprare nei supermercati e vogliamo le consegne immediate dei prodotti, dobbiamo difendere chi oggi questi prodotti ce li consegna sottotariffa e sottocosto: si tratta di una categoria che non è tutelata.
Mi rivolgo ai colleghi liguri: noi abbiamo un porto di Genova che dopo cinquant'anni non ha ancora trovato la sede di un autoparco, e questa è la vostra opposizione? Parliamo di una categoria che è fatta di piccole imprese, di imprese che lavorano, che non hanno la sicurezza per portare avanti un mezzo; ebbene, è questo che dobbiamo assicurare all'autotrasporto: una serenità, un minimo di serenità.
Ieri ho sentito qualcuno dire: ma voi avete accettato sotto la minaccia di uno sciopero; ma lo sciopero è un legittimo diritto di qualsiasi associazione! Quando abbiamo avuto lo sciopero dei mezzi pubblici, dei treni, degli aerei non vi ho mai sentito sbraitare o gridare ai disservizi, forse non ha legittimità a chiedere uno sciopero un'associazione di categoria come quella dell'autotrasporto? Non ne vedo il motivo. Il Governo ha fatto bene, anzi benissimo, perché c'era un impegno. Perché noi non ci possiamo permettere uno sciopero? Ricordo a voi della minoranza che Prodi nel 2007 ha fatto anche lui la voce grossa con l'autotrasporto e ha subìto una sciopero; dopo quello sciopero ha dovuto concedere all'autotrasporto, sempre in teoria, ma per iscritto, tante e tali di quelle concessioni che allora sì che abbiamo gridato allo scandalo, concessioni che poi peraltro non ha mantenuto.
Quindi rivolgo un sincero ringraziamento al sottosegretario Giachino che è ammirevole nella sua serenità, nella sua caparbietà, perché la serenità non è sorella dell'inefficienza, ma è sorella della capacità e della determinazione, e lo invito dunque ad andare avanti. Noi dobbiamo fare come Governo una legge quadro per l'autotrasporto, perché questo provvedimento è un piccolo palliativo, è un piccolo passo avanti, ma non è certo quello che serve ad un'economia come quella italiana che ha bisogno di un trasporto efficiente, di mobilità e di servizi alle merci e alle persone (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Compagnon. Prendo atto che vi rinunzia.
Constato l'assenza dell'onorevole Velo, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

SALVATORE RUGGERI. Signor Presidente, il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame comprende norme per assicurare la regolarità del trasporto pubblico marittimo, in vista della dismissione delle società Tirrenia Spa e Siremar Spa, e interviene con un articolo aggiuntivo adottato nella fase di esame al Senato nel settore dell'autotrasporto e del trasporto aereo.
Credo che sia doveroso rilevare fin da subito l'eterogeneità delle problematiche affrontate. Le norme sul settore dell'autotrasporto erano state inserite all'interno della manovra economico-finanziaria il cui iter si è concluso proprio in quest'Aula, ma già in un primo esame al Senato erano state considerate estranee al contenuto proprio della manovra, e quindi stralciate.
Di seguito, il Governo ha deciso di presentare un emendamento con cui tali disposizioni sono state inserite nel decreto-legge relativo alla società Tirrenia, oggi in esame. Sono disposizioni che si applicano ad una categoria assai importante di operatori economici del nostro Paese e il loro inserimento in questa sede rappresenta una pericolosa scorciatoia voluta dal Governo, che non consentirà al Parlamento di effettuare al riguardo un adeguato dibattito.
Per quanto concerne il servizio pubblico marittimo verso le nostre isole, era ormai pacifico che nel rispetto delle direttive comunitarie la società Tirrenia dovesse essere privatizzata perché non poteva continuare ad operare con aiuti di Stato in un mercato liberalizzato. Pag. 23
Certamente desta qualche perplessità la decisione del Governo di inserire nell'operazione di vendita anche la Siremar. Questa società è pesantemente indebitata, si parla di circa 91,8 milioni, stando ai bilanci relativi al 2008, e pertanto non sembra particolarmente appetibile sul mercato. Questa scelta ha indotto la stragrande maggioranza dei possibili acquirenti a ritirare le proprie manifestazioni di interesse lasciando la sola Mediterranea Holding ad aggiudicarsi una gara chiudendo un accordo che, nonostante le condizioni migliorative in seguito sopraggiunte, non può lasciare del tutto soddisfatti.
Per quanto riguarda le norme sull'autotrasporto, le soluzioni normative individuate sembrano presentare delle forti criticità e risultano, in molti casi, di difficile applicazione. Andando più nel dettaglio delle norme contenute nell'articolo 1-bis, notiamo che il primo comma dispone un sistema di regolazione tariffaria minima, per consentire la copertura del costo minimo di esercizio, al fine di garantire la sicurezza stradale e la regolarità del trasporto di merci per conto terzi.
Questa previsione legislativa rischia di essere soggetta a procedura di infrazione da parte dell'Unione europea, potendo essere interpretata come un potenziale aiuto di Stato e una conseguente distorsione del mercato, in violazione delle regole della libera concorrenza. Del resto, una simile situazione si è già manifestata in un caso analogo che ha visto, recentemente, coinvolta la Grecia.
Sulla questione è forte la contrarietà da parte dell'autorità Antitrust ed anche degli operatori economici coinvolti, che hanno espresso forti perplessità sull'attuazione della norma, che provocherebbe una reintroduzione del sistema di tariffazione inderogabile, a favore di una sola categoria di beneficiari, non tenendo conto delle ragioni del mercato.
Tale norma potrebbe, peraltro, suscitare il rischio di una simile richiesta di adeguamento da parte di altre categorie e provocherebbe danni notevoli ai mercati, ai consumatori ed alle altre imprese, che vedrebbero aggravati i loro costi di gestione.
Inoltre, l'applicazione di sanzioni, in caso di ritardato pagamento delle fatture, risulta difficile, in quanto non è identificato il soggetto deputato ad erogare le suddette sanzioni. Il ritardo nel pagamento della fattura è noto soltanto al creditore, mentre l'applicazione delle sanzioni implica che venga fatto un accertamento da parte di una amministrazione competente. L'esclusione di un operatore di un appalto di un pubblico servizio, a seguito della verifica di un ritardo nel pagamento di una fattura, porterebbe ad un contenzioso amministrativo molto rilevante.
Le disposizioni contenute nel decreto-legge possono, pertanto, rassicurare il settore, anche se, a suo giudizio, si tratta di norme manifesto, che risultano, però, di difficile applicazione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toto. Ne ha facoltà.

DANIELE TOTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame reca una serie di norme transitorie, dirette ad assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo con le isole nel periodo estivo, in attesa del completamento delle procedure di dismissione dell'intero capitale sociale di Tirrenia di Navigazione Spa. Infatti, vorrei ricordare come il processo di privatizzazione di Tirrenia e della controllata Siremar è stato avviato da Fintecna ed è in fase di avanzata realizzazione.
La principale finalità del provvedimento è, dunque, quella di garantire la situazione finanziaria della Tirrenia, consentendo a Fintecna di concludere, nei tempi previsti, il processo di privatizzazione in corso.
Il provvedimento prevede che, attraverso un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro cinque giorni dalla Pag. 24data di entrata in vigore del decreto-legge, sia nominato un amministratore unico delle società Tirrenia di Navigazione Spa e Siremar Spa. Al suddetto amministratore saranno conferiti i più ampi poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria.
Si stabilisce, inoltre, che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino al 30 settembre 2010 e, se anteriore, al perfezionamento della cessione dell'intero capitale sociale di Tirrenia, le banche o altri intermediari autorizzati possano erogare a Tirrenia nuovi finanziamenti, così come la quota non ancora erogata di finanziamenti già concessi in virtù di contratti sottoscritti.
Si impone, quindi, a Tirrenia, il vincolo di utilizzare i nuovi finanziamenti esclusivamente al fine di evitare che sia compromessa la continuità del servizio pubblico di navigazione, con particolare riferimento alla necessità di garantire la continuità territoriale con le isole, nonché per far fronte ai bisogni di liquidità, certamente derivanti dalla gestione corrente, ovvero per finanziare con le medesime finalità la Siremar Spa.
Viene anche stabilito che la garanzia prestata dalla Fintecna per le linee di credito sia subordinata alle condizioni e ai termini previsti dalla normativa comunitaria.
Vorrei ricordare, inoltre, gli interventi a sostegno dell'autotrasporto, settore nel quale il Governo ha dato puntuale dimostrazione di una serie di interventi mirati per un settore assolutamente strategico. Ne voglio ricordare brevemente alcuni in un momento di grande crisi del settore. Voglio ricordare il migliore equilibrio commerciale ottenuto dalla certezza dei pagamenti e dalla normativa relativa ai pallet. Voglio ricordare il principio della responsabilità solidale della filiera e, infine, che i contratti scritti e i verbali di attesa per il carico e scarico, che tanto hanno penalizzato i nostri trasportatori, sono cristallizzati e non possono superare le due ore, superate le quali il committente dovrà versare all'autotrasportatore un indennizzo.
Ebbene, tutte queste misure, così sinteticamente da me rappresentate, non fanno altro che considerare questo provvedimento, che oggi speriamo di licenziare, come un'ulteriore conferma dell'interesse e dell'intenzione del Governo per un settore senza dubbio strategico per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Garofalo, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli deputati, ringrazio tutti gli intervenuti. Ringrazio per i complimenti, ma soprattutto per le osservazioni critiche, che mi saranno utili nel proseguimento del mio lavoro, anche se - lo devo dire con assoluta franchezza, sempre nel rispetto prima di tutto umano e poi politico - dalle critiche non ho tratto ipotesi alternative a quelle che noi abbiamo trovato nella trattativa con l'autotrasporto, che ci consentano di far avanzare questo settore strategico per l'economia italiana e, soprattutto, siano in grado di evitare la protesta e quindi il fermo che, come dicono le agenzie e come i deputati avranno potuto osservare, in questo momento ha bloccato la Grecia e che nei mesi scorsi ha bloccato, uno per uno, tutti i Paesi d'Europa.
Gli effetti pesanti della crisi sono stati patiti in modo particolare dal settore del trasporto su gomma, che in tutti i Paesi presenta criticità, in modo particolare nel nostro. Nel nostro Paese, malgrado le politiche degli ultimi vent'anni, come ha detto bene l'onorevole Biasotti, noi ci troviamo Pag. 25con l'autotrasporto più frazionato, con un'offerta più frazionata e superiore rispetto alla domanda. La difficoltà di gestire questo rapporto, difficile ed impari, tra la domanda e l'offerta è di tutti i Paesi, ma in particolare del nostro.
Essere riusciti ad evitare, nei due anni della crisi economica più grave del dopoguerra, anche solo un giorno di blocco dei TIR, che sarebbe costato - lo ricordo - 1 miliardo e mezzo di euro di perdita di produzione, credo che sia stata un'azione nell'interesse del Paese e come tale vada valutata.
Per quanto riguarda la norma relativa alla Tirrenia, è già stato detto bene, sia dal relatore sia dagli onorevoli Biasotti, Desiderati e Toto, quanto questo decreto-legge fosse necessario per garantire la fase di transizione e le condizioni del pubblico servizio, nell'attesa del compimento del processo di privatizzazione. Anche da questo punto di vista, voglio assicurare all'onorevole Monai che questa non è un'operazione di facciata: è stata un'operazione nell'interesse del servizio del Paese da parte del Governo.
Per quanto riguarda l'accordo sull'autotrasporto, non dobbiamo assolutamente dimenticare che la somma delle politiche dei trasporti e delle infrastrutture degli ultimi 20-30 anni, i «no» alle infrastrutture di trasporto, i «no» agli investimenti nelle ferrovie, i «no» agli investimenti nella rete di alta velocità ci consegnano un Paese che ha il 90 per cento del suo trasporto su gomma.
Di queste politiche non è assolutamente responsabile l'attuale Governo. Anzi, questo Esecutivo cerca di invertire la rotta con il rilancio delle infrastrutture, nella convinzione che, negli ultimi 15 anni, siamo cresciuti meno degli altri Paesi europei proprio perché non abbiamo realizzato le infrastrutture di trasporto e perché abbiamo sbagliato la politica energetica.
Sono due settori nei quali il Governo e la maggioranza hanno ribaltato la politica e stanno rilanciando l'energia attraverso una politica dell'energia e una politica delle infrastrutture di trasporto che ci daranno una maggiore competitività, e quindi una maggiore crescita.
Il settore dell'autotrasporto - vorrei dirlo a chi legge solo una parte delle osservazioni e dell'accordo - è un settore che quotidianamente garantisce la nostra economia, è un settore che quotidianamente è sottoposto allo stress del traffico su strada, è un settore che, nel 2009, ha visto 335 vittime e 50 mila feriti a causa degli incidenti stradali.
In questo settore, garantire le condizioni minime di esercizio, come hanno spiegato benissimo sia l'onorevole Desiderati sia l'onorevole Biasotti, è un fatto di rispetto nei confronti di questa categoria ed è un fatto di sicurezza sociale, ma anche stradale.
Da questo punto di vista, crediamo di aver fatto al nostro meglio, ovviamente con i limiti dell'azione che possiamo sempre portare avanti, gli interessi del Paese. Abbiamo evitato manifestazioni e blocchi del Paese e della sua economia in questi due anni attraverso il dialogo e attraverso l'azione che abbiamo portato avanti con la modifica del codice della sicurezza stradale, che entra oggi in vigore.
Da questo punto di vista, non posso che ringraziare la Commissione trasporti della Camera, che, all'unanimità, ha approvato le 61 norme che modificano il codice della strada, che da oggi cambiano la mobilità nel nostro Paese e garantiscono a questo Paese maggiori condizioni per la sicurezza stradale.
All'interno di queste 61 norme ve ne sono alcune importantissime che riguardano l'autotrasporto. Questo fa parte di una linea, che il Governo ha portato avanti, di dialogo con la categoria e di interventi economici in suo favore.
Voglio citare un dato: la categoria dell'autotrasporto ha subìto due crisi. Nei primi sei mesi del 2008 vi è stato un fortissimo aumento del costo del gasolio, che gli esperti dei settori economici della committenza hanno calcolato sia costato al settore ben un miliardo di euro. Rispetto a questo miliardo di euro, il Governo e il Parlamento sono intervenuti a Pag. 26favore del settore con un impegno di 200 milioni di euro; quindi, dialogo, interventi economici, abbiamo ridotto il costo dell'INAIL, abbiamo introdotto un fondo di garanzia al credito nel settore per la prima volta.
L'unica cosa che contesto del bell'intervento dell'onorevole Tullo - mi permetto perché, onorevole Tullo, ha svolto un intervento molto bello - è il discorso sulle autostrade del mare. Questa maggioranza ha il merito di avere ideato le autostrade del mare nel 2002, di averle fatte diventare legge e di averle difese in Europa. In questa legislatura abbiamo sbloccato le autostrade del mare e siamo impegnati a trovare finanziamenti anche nel 2011 e nel 2012.
Vorrei che non si perdesse l'occasione, in mezzo a tante défaillance di questo Paese, di dimenticare che l'operazione delle autostrade del mare è stata definita dai ministri dei trasporti europei - lo riporto in italiano perché siamo nel Parlamento italiano - come la migliore pratica di trasporto di questi primi dieci anni del Duemila.
Stiamo intervenendo, proprio in questo giorno, con un decreto-legge che rifinanzia il cosiddetto ferro bonus, cioè il contributo per la committenza per quelle aziende che scelgono di assumere o di proseguire il contratto di trasporto merci su rotaia.
Per quanto riguarda l'intesa voglio rivolgermi in particolare all'onorevole Monai, che ringrazio per i complimenti, ma che ha definito tale intesa un «accordicchio». L'intesa non è un «accordicchio», onorevole Monai: per la prima volta noi abbiamo convocato un tavolo a tre, una concertazione del settore che non era mai stata tentata, discutendo non soltanto con l'autotrasporto, ma anche con la committenza. Abbiamo discusso per sei mesi e abbiamo trovato delle soluzioni, che sono state accolte e approvate da una parte consistente della committenza. Abbiamo trovato soprattutto un accordo che non soltanto ci ha evitato il fermo dei TIR, di cui ho detto prima quali siano le conseguenze, ma che ha anche la firma per una pace sociale fino al 31 dicembre 2011.
Con ciò otteniamo un risultato importante che nessun altro Paese europeo ha ottenuto: le difficoltà dell'autotrasporto non sono state calate sul Paese nei due anni della crisi economica peggiore dal dopoguerra; le difficoltà e i problemi dell'autotrasporto non creeranno problemi all'economia italiana nella sua fase di ripresa.
Sta a noi partire da questo accordo per iniziare un processo di riforma del settore, nell'ambito di tale accordo e in un percorso che è già stato delineato. Vorrei ricordare, soprattutto in risposta agli interventi critici, che l'accordo consta di due aspetti, una parte politica e una programmatica, per cui questa nota introduttiva è stata concordata, approvata, apprezzata da tutti gli interlocutori intorno al tavolo, anche da coloro, come la Confindustria, che non hanno ritenuto di apprezzare e approvare le norme, o meglio, alcune norme, perché ad esempio la Confindustria ha espresso un parere favorevole per quanto riguarda le disposizioni sui tempi di carico e scarico e sui tempi di pagamento.
È già stato detto che non parliamo di tariffe minime nel modo più assoluto, ma soltanto dei costi minimi di esercizio, riferiti al costo del gasolio e della manodopera regolare, realizzando così un servizio per la regolarità del nostro Paese, difendendoci dall'uso di una manodopera irregolare. La terza componente dei costi di esercizio riguarda i costi relativi all'automezzo, che influiscono direttamente sulla sicurezza stradale.
Abbiamo definito - e mi auguro che il Parlamento la voti favorevolmente - una norma importantissima, che dopo venti anni affronta il problema dei tempi di attesa al carico e allo scarico. Oggi i nostri trasportatori aspettano nei piazzali 6 ore, 10 ore, 12 ore per caricare e scaricare la merce. Questi ritardi influiscono nel conto economico dei trasportatori, che non vengono retribuiti, ma influiscono anche sull'efficienza logistica del Paese. Noi abbiamo indicato una franchigia di due ore, sopra la quale, al trasportatore viene riconosciuto il tempo di attesa. Con questa Pag. 27norma incentiviamo il miglioramento dell'efficienza logistica del Paese e diamo un contributo all'efficienza e alla competitività del nostro sistema economico.
Per questi motivi, credendo di aver fatto l'interesse del Paese, e non solo l'interesse del Governo, nell'avere evitato un fermo dei TIR e realizzato un accordo che si inserisse in un processo di riforma del settore e in una politica dei trasporti, che porta attraverso l'elaborazione del piano della logistica alla ripartenza dello sviluppo economico nel nostro Paese, il Governo chiede l'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2266 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi (Approvato dal Senato) (A.C. 3660-A) (ore 11,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3660-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Torazzi, ha facoltà di svolgere la relazione.

ALBERTO TORAZZI, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge in esame ha natura molto tecnica pertanto darò un breve riassunto dei punti toccati. Il decreto-legge in esame reca misure urgenti in materia di energia e nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte nuove disposizioni.
L'articolo 1 è stato modificato dal Senato in modo da dare esecuzione alla sentenza della Corte costituzionale del 17 giugno 2010, n. 215, novellando i primi quattro commi dell'articolo 4 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, in materia di interventi urgenti per le reti di energia e nomina di appositi commissari straordinari. Esso conferisce alle intese con le regioni interessate l'individuazione di tutti gli interventi connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche ed estende a tutti i suddetti interventi (e non più solo a quelli di produzione di energia) il coinvolgimento di soggetti privati nel relativo finanziamento.
L'articolo 1-quater, introdotto al Senato, fornisce un'interpretazione autentica dell'articolo 42, comma 6, della legge n. 99 del 2009, precisando a quali impianti spetta la tariffa fissa onnicomprensiva (ricordo ai colleghi che l'articolo 1-ter introdotto al Senato è stato soppresso in seguito al parere della Commissione bilancio).
L'articolo 1-quinquies, introdotto al Senato, fa salvi gli effetti relativi alle procedure di denuncia di inizio attività (DIA) per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate conformemente alle disposizioni regionali che prevedono soglie di capacità di generazione superiori a quelle individuate nella tabella A allegata Pag. 28al decreto legislativo n. 387 del 2003. Condizione indispensabile è l'entrata in esercizio degli impianti entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Questo è un passaggio molto importante perché nella regione Puglia, dove appunto è stato commesso l'errore di presentare una DIA sulla base di una legge regionale cassata poi dalla Corte costituzionale, moltissimi imprenditori, ma anche semplici cittadini, si sono trovati in una situazione drammatica di incertezza (vedremo poi come nell'ambito anche della discussione in Commissione, ma lo verificheremo quando si affronterà l'esame degli emendamenti, si è cercato di migliorare ulteriormente questo provvedimento).
L'articolo 1-octies, introdotto al Senato, al comma 1 novella l'articolo 2-sexies del decreto-legge n. 3 del 2010 relativo al riconoscimento delle tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare (questo è un altro argomento molto ampio che dà l'idea dell'importanza del provvedimento in esame, perché va a compendiare numerosi punti che andavano sistemati per quanto riguarda diverse attività economiche legate all'energia). L'articolo 1-nonies, introdotto al Senato, ricomprende tra le opere connesse e le infrastrutture indispensabili per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili anche le opere di connessione alla rete elettrica di distribuzione e/o alla rete elettrica nazionale che sono necessarie per l'immissione dell'energia prodotta dall'impianto come risultano dalla soluzione di connessione rilasciata al gestore di rete (questo è un altro passaggio molto qualificante perché, come sapete, l'energia solare si produce di continuo e non è accumulabile).
L'articolo 1-decies, introdotto al Senato, attraverso una modifica al comma 4-undecies dell'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003 incide sulle competenze in ordine agli interventi sulla rete di trasmissione elettrica oggetto di denuncia di inizio attività (DIA).
L'articolo 3, poi, interviene (altro passaggio qualificante) sulla disciplina relativa all'incompatibilità del presidente e dei componenti dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. Anche su tale articolo abbiamo svolto in Commissione un lavoro approfondito, lo vedremo poi nel corso della discussione sugli emendamenti; il punto importante è che ci permette di avanzare ancora sul programma del riordino e del rilancio del nucleare nel nostro Paese, che, come sapete, è una scelta strategica fondamentale per il nostro sviluppo.
Detto questo, signor Presidente, non voglio entrare in ulteriori dettagli: i colleghi che hanno lavorato in Commissione conoscono molto bene tutti i passaggi. È stato svolto un lavoro complesso; spero che, nonostante il clima che si è creato per motivi esterni, si possa convertire con il concorso di tutti il decreto-legge in esame, che, lo ripeto, ha molti aspetti importanti: non ultimo un emendamento che interviene in favore dei lavoratori del Sulcis, per permettere di avere il tempo per definire il programma che ne consentirebbe il rilancio in forma virtuosa. Credo quindi che sia responsabilità del Parlamento, al di là di tutte le polemiche, portare a compimento la conversione del decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LAURA RAVETTO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nella fase successiva della discussione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Federico Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi, interverrò su alcuni dei punti principali relativi al provvedimento in esame, lasciando poi ai colleghi che seguiranno ed alla discussione di merito sugli emendamenti gli approfondimenti del caso. Pag. 29
Si tratta di un decreto-legge che era partito, come spesso succede, composto solo di tre articoli e che, nel passaggio al Senato, è andato arricchendosi di tutta una serie di altre disposizioni estremamente specifiche. Dal punto di vista della genesi, il provvedimento è da ricollegarsi all'esecuzione della sentenza della Corte costituzionale del 17 giugno 2010, n. 215, che aveva sollevato problemi rispetto ai quattro commi dell'articolo 4 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78. Con l'articolo 1, quindi, si è tentato di porre rimedio a quanto sollevato dalla sentenza della Corte, introducendo un dispositivo che in buona parte ricalca quello che era stato introdotto anche nel decreto-legge relativo al nucleare, contenente criteri per l'individuazione dei siti.
La materia in questo campo è estremamente delicata, perché si tratta di trovare un punto di equilibrio tra due esigenze, che credo entrambe importanti e degne di tutela. La prima esigenza è quella di fare le cose, ed evitare quindi che progetti, opere importanti per il Paese e per il suo sviluppo si trovino bloccate da rallentamenti burocratici, che spesso sono stati di ostacolo nella nostra storia al progresso del Paese: si parla in questo caso di provvedimenti urgenti in tema di energia, nel provvedimento in esame vi sono tutta una serie di disposizioni che riguardano per esempio regioni nelle quali si produce energia da fonte rinnovabile che non può essere ritirata dalla rete ma che viene pagata lo stesso dai contribuenti, perché le infrastrutture non sono state costruite.
Si tratta quindi di un'esigenza certamente legittima, però, dall'altro lato c'è l'esigenza dei territori, sui quali le infrastrutture si trovano ad operare, di dire la loro sugli impatti che queste infrastrutture possono avere. Sono due esigenze entrambe legittime, bisogna trovare un punto di equilibrio. Non credo che con questo articolo 1 il punto di equilibrio sia stato trovato, nel senso che alla fin fine - così come per il nucleare - è prevista una disciplina surrogatoria, in caso di mancata intesa, che finisce per mortificare le esigenze dei territori. In questo senso noi presenteremo emendamenti diretti ad ampliare il ruolo dei territori interessati, pur avendo presente - ripeto - l'esigenza di realizzare le opere.
Tralascio tutta una serie di altre questioni e vengo subito all'articolo 1-quater, che era l'esempio che citavo prima. Qui si tratta di intervenire rispetto a regioni nelle quali, sulla base di leggi regionali, sono stati fatti degli investimenti per avviare degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile. Questi investimenti non sono stati ancora terminati. La legge è cambiata. A questo punto si tratta di dare a queste imprese la possibilità di portare a buon fine gli investimenti fatti.
Vorrei dire solo due cose sull'articolo 3 e poi concludo. L'articolo 3 prevede tutta una serie di non incompatibilità, quindi prevede che sia possibile esercitare il ruolo di componente o presidente della costituenda Agenzia nucleare per una serie di soggetti. Molto si è parlato in questi giorni, sui giornali, della tematica del presidente e della proposta fatta anche al professor Veronesi di svolgere questo ruolo. Non voglio addentrarmi in queste questioni, rispetto alle quali penso sia giusto dire che la posizione del Partito Democratico su come il Governo ha portato avanti il disegno del rientro nel nostro Paese del nucleare è quella di un forte dissenso, non nel merito generale ma rispetto alle scelte specifiche che sono state fatte. Dico altresì che, a fronte di questo tema, è da ritenersi assolutamente positivo il fatto per il Paese che a presiedere organismi importanti vadano persone serie; quindi, da questo punto di vista il Paese ha solo da guadagnare.
Detto questo - concludo, signor Presidente - l'articolo 3 prevede una serie di non incompatibilità, riguardanti la politica, per il presidente, ma riguardanti anche tecnici e dipendenti dei Ministeri, che sono assolutamente - a mio avviso - non compatibili con lo spirito che deve animare la costituzione dell'Agenzia, nel senso che questa, se si vuole che sia un soggetto autorevole e credibile, deve essere non inquinata - se mi si consente il Pag. 30termine - né dalla politica, né tanto meno dalla burocrazia ministeriale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, cercherò di far sintesi nella mezz'ora che ho a disposizione, perché altrimenti avrei bisogno di molto più tempo. Stiamo parlando di un decreto, quindi di un provvedimento che dovrebbe essere preso - così come prevede la Costituzione - per questioni urgenti, e che reca, tra l'altro, nel titolo «Misure urgenti in materia di energia».
Spero, intanto, che, dopo due mesi e mezzo, le misure urgenti vengano prese seriamente e, cioè, si nomini il Ministro dello sviluppo economico. Leggo dai giornali che, oggi, probabilmente, avremo la nomina del suddetto Ministro il quale dovrebbe essere quello che sovrintende in questa materia e che è assente dai banchi del Governo da due mesi e mezzo. Da ben due mesi e mezzo, infatti, la presente materia continua a vedere emanati provvedimenti d'urgenza, sempre come se fossero necessari e indispensabili per lo sviluppo economico, quando in realtà sono provvedimenti che vengono presi di fretta e, quindi, devono essere ripresi in mano perché smontati da altri eventi.
Il decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, ha smantellato un altro decreto-legge, il n. 78 del 2009; circa quest'ultimo, durante la discussione sulle linee generali, l'esame degli emendamenti, la discussione circa la costituzionalità del provvedimento, in Commissione e in Assemblea, abbiamo detto e vi abbiamo suggerito che non era possibile prendere provvedimenti in materia di energia senza sentire e coinvolgere le regioni e gli enti locali, visto che, comunque, con la riforma della Costituzione, di fatto si tratta di una materia concorrente. In modo particolare, stiamo parlando e dovremmo parlare di un argomento omogeneo e non, come ha detto prima il relatore, complesso, corposo, di più questioni importanti e strategiche non ultime, nell'appello, la questione del Sulcis.
Mi chiedo, allora: cosa c'entra con l'energia? Vi è un problema che era nato già con il decreto-legge n. 78 del 2009 che è quello di razionalizzare e di concepire la rete di distribuzione dell'energia in un modo organico. Ci sono stati degli eventi, anche pochi anni fa, di blackout dove mezzo territorio italiano è rimasto senza energia con tutto ciò che ne consegue. È evidente che è necessario avere un'idea ben precisa di come sostenere la produzione, sostenere e garantire il consumo di energia ma, nello stesso tempo, anche la relativa distribuzione. Per fare questo, però, bisogna avere un minimo di razionalità che va applicata in tutti questi provvedimenti, invece noi continuiamo a rincorrere e, anzi, in questi provvedimenti, c'è la voglia e l'ansia di dire: «ghe pensi mi». Dentro questi provvedimenti vi è tale filosofia: voi del Parlamento, voi al Ministero dello sviluppo economico, non preoccupatevi, ci penso io e, quindi, così devono essere le cose. Ecco che nasce la filosofia dei commissari i quali dovevano risolvere questa emergenza.
Se, tuttavia, vi è un'emergenza sulla rete nazionale della distribuzione energetica, chiariamola, chiariamo quali sono i tratti di linee elettriche ad alta tensione che vanno assolutamente realizzati e troviamo gli strumenti perché si realizzino veramente in concreto con data di inizio e data di fine lavoro. Di questo vi è bisogno. Invece, di fatto scavalchiamo la concertazione col territorio competente, con le regioni e arriva qualcuno che ci dice di no, che questo non si può fare e che occorre trovare assolutamente tali strumenti. Ma, per correggere questo errore, noi ne continuiamo a fare altri, perché inseriamo, in questa logica, altre questioni che non c'entrano niente con la rete di distribuzione elettrica.
Con la logica di concertare con il territorio, ampliamo questo concetto e utilizziamo sempre quel concetto che c'è stato anche quando si è approvato il decreto-legge sulla realizzazione delle centrali nucleari, cioè la voglia di inserire, con azioni Pag. 31di forza, provvedimenti autorizzativi. Abbiamo inserito, quindi, non solo la distribuzione di energia elettrica e la produzione energetica; inserire quest'ultima ha un senso, ma che va, naturalmente, realizzato insieme alle regioni, non potendo prescindere dalle politiche che esse fanno sul territorio, vuoi perché sono le regioni che programmano lo sviluppo economico del proprio territorio e, quindi, di fatto, il consumo effettivo dell'energia, vuoi perché un conto è se una regione punta allo sviluppo turistico e, perciò, ha un fabbisogno di energia limitato, un conto se punta, invece, ad uno sviluppo economico, magari attraverso acciaierie o fonderie, e, dunque, il consumo di energia aumenta a dismisura.
Questa logica che viene dalle esigenze del territorio deve essere rispettata anche quando è necessario realizzare il sistema complesso che va dal consumo alla produzione, alla relativa distribuzione. Ma in queste righe abbiamo infilato molto di più: per correggere un richiamo alla concertazione con il territorio, ci è stato anche infilato il riferimento a eventuali stabilimenti di arricchimento di uranio. Cosa c'entra questo con l'emergenza? Abbiamo oggi bisogno di provvedere attraverso strumenti di emergenza, forzando quindi le regolari norme che ci portano ad autorizzare questi impianti, e ad inserire questi impianti di arricchimento del nucleare? Si può dire che non c'è scritto: in realtà c'è scritto dentro le righe nell'interpretare questo provvedimento. Inoltre, al Senato è accaduto ben altro e quello che un po' dispiace è che è accaduto anche con il supporto e la condivisione del Governo e in questo provvedimento sono state inserite altre questioni mascherate dietro un «burocratismo» che è difficile da interpretare, è difficile da capire per noi che siamo gli addetti ai lavori, immagino per i cittadini.
Quando è necessario sanare con contributi fittizi o falsi alcuni inceneritori o centrali a biomasse o quant'altro, anche al nord, forse è meglio chiamarli con il proprio nome e cognome e dire esattamente il luogo dove queste sono insediate e capire se stiamo facendo un'operazione di soccorso e, quindi, spendendo più risorse che paghiamo in bolletta sulla famosa voce A3 attraverso il CIP6 dare ulteriori contributi a chi nel frattempo ha realizzato questi impianti e secondo la legge finanziaria 2007 non aveva diritto a questi contributi.
Ma la legge finanziaria 2007 non è stata soltanto un'operazione di tagli, come la legge finanziaria 2008, ma a volte anche di applicazioni normative europee, di rispetto della concorrenza in relazione ad altri mercati. Quindi sappiamo che - lo sappiamo perché abbiamo avuto più richiami da parte dell'Unione europea - spesso la maggior parte dei contributi sul CIP6, che sono oltre 10 miliardi di euro complessivamente ma che ad oggi nella bolletta del 2010 incidono per quasi 3 miliardi di euro, la maggior parte di questi soldi che noi paghiamo nella bolletta con la tariffa A3 non è destinato alle fonti rinnovabili ma a queste fonti ibride che, in realtà, sono gli inceneritori di cascami del sistema petrolifero o altro e, quindi, sicuramente non sono fonti rinnovabili e tale situazione è stata oggetto di richiamo da parte della Unione europea.
Dopo vari richiami qui in quest'Aula abbiamo voluto prima sanare e quindi dare il contributo a sei inceneritori in Sicilia e poi adesso ci infiliamo dentro questi due impianti che probabilmente sono collocati tra l'Emilia-Romagna e la Lombardia. Ma dobbiamo smettere di fare i furbi e dire come stanno esattamente i fatti. Se poi è necessario, ci si guarda serenamente e lo si valuta nei costi. Per questo la Commissione bilancio ha dovuto tagliare queste norme rilevando la mancanza di copertura del provvedimento stesso. Ecco alcune questioni che sono state infilate in questo provvedimento.
Una delle tante questioni inserite nel provvedimento in oggetto - che, credo, non abbia nulla a che fare con le misure urgenti in materia di energia - è quella prevista all'articolo 3, relativa alla disciplina delle modalità di nomina dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. Comprendiamo tutti l'importanza che tale Agenzia Pag. 32riveste per ciò che avverrà in futuro con riferimento all'avviamento e all'eventuale costruzione di centrali nucleari e, quindi, con riferimento al trattamento di scorie e di materiali e all'arricchimento delle stesse coltivazioni. Infatti, non dimentichiamo che, in Italia, esistono territori in cui sono presenti anche giacimenti uraniferi, che, quindi, potrebbero non solo essere coltivati, ma anche essere oggetto di rischi per il territorio stesso.
La citata Agenzia, che deve garantire la terzietà assoluta e la garanzia per tutti che non vi sia un conflitto di interessi, al Senato, viene sconvolta, inserendo una deroga al conflitto di interessi stesso. Si prevede, infatti, che possano far parte dell'Agenzia in oggetto, nonché rivestire il ruolo di presidente, consiglieri, parlamentari, funzionari e dirigenti del Ministero che sono, naturalmente, chiamati in causa proprio per l'esercizio che svolgono.
Ritengo che, già nella struttura e nella forma di tale Agenzia, in cui vi sono rappresentanti nominati dal Ministero, vi sia qualcosa che è molto lontano dalla terzietà; tuttavia, si inserisce la possibilità che vengano nominati anche i parlamentari ed i funzionari. In seguito, in sede di esame delle proposte emendative, avremo l'opportunità, eventualmente, di chiarire anche le proposte che, nel frattempo, sono giunte in Commissione. Tali proposte, però, si limitano a prevedere l'incompatibilità solo dei parlamentari, e non anche dei dirigenti e dei funzionari dei Ministeri che, probabilmente, sono soggetti ancora più implicati: sia perché, da anni, trattano con il mondo delle imprese, sia perché, da anni, trattano con la politica, molto di più dei parlamentari (deputati o senatori).
Pertanto, la soluzione volta ad escludere i senatori ed i deputati, consentendo, invece, l'ingresso ai funzionari e ai dirigenti, mi spaventa moltissimo, perché i tecnici devono essere reperiti anche al fuori dei Ministeri: essi si trovano presso le università e gli istituti di ricerca e non sono, sicuramente, solo all'interno al Ministero. Quindi, valutiamo attentamente la questione dell'incompatibilità e della necessità di ricercare terzietà in questo strumento.
L'Italia dei Valori, pur contraria allo sviluppo nucleare ha espresso, nel caso dell'Agenzia, un parere positivo, necessario alla ricerca e allo sviluppo e a garantire sicurezza sul territorio. Tuttavia, non sappiamo con quanti dipendenti (100, 150), né con quante risorse a disposizione sia strutturata l'Agenzia in oggetto. Anche in questo caso, forse, il Parlamento dovrebbe concentrarsi un po' di più, dedicare del tempo alla questione e non far passare proposte attraverso singole proposte emendative, piccoli articoli o comma, mascherati all'interno di provvedimenti di questo tipo.
Quindi, l'invito che rivolgo all'Assemblea, ma anche al Governo, in particolare, è di accettare di sopprimere queste disposizioni che, di fatto, sono state inserite attraverso un'azione un po' «furbesca» al Senato - se così posso dire - da parte dei colleghi senatori, dove hanno lavorato più le lobby di interessi delle imprese che il Senato nella sua tranquillità di analisi del sistema. Spero di sbagliarmi; comunque, oggi siamo chiamati a modificare questo provvedimento e rinviarlo al Senato con le giuste correzioni.
Inoltre, vi è la questione dei commissari, nel senso di limitarne il potere straordinario. Infatti, va bene utilizzare poteri straordinari e, quindi, dimezzare i termini dell'espressione dei pareri da parte degli enti competenti, tuttavia, i pareri devono essere espressi con serenità e con tranquillità, dal punto di vista archeologico, architettonico, e quant'altro. Non credo che la realizzazione di una linea ad alta tensione comporti mesi e mesi di «no» o di «stop» e che, quando avvenga, lo sia perché non è condivisa.
Esiste un'ulteriore questione di fondo: è giusto che, con riferimento alle reti, agli impianti ed anche alle centrali stesse di produzione dell'energia, se necessarie, partecipino anche i privati, tuttavia, credo che anche i rilievi avanzati dalla Corte costituzionale siano chiari. Pag. 33
Pretendere di realizzare questi impianti con l'apporto del capitale privato senza sapere, come invece dovrebbe essere, la quantità di risorse che il privato ci mette, la certezza che il privato ci metta le risorse, credo che sia un buco nell'acqua. Se pubblica utilità deve essere, deve essere dimostrata in tutti i suoi effetti, quindi, il regista dell'intervento sulla pubblica utilità deve essere l'amministratore pubblico, deve essere la regione, l'ente locale, il Governo e non il privato. L'esempio che i privati realizzano reti di questo tipo lo abbiamo sul territorio; in Lombardia una azienda, neanche italiana, ha realizzato una rete ad alta tensione pochi mesi fa, tra l'altro totalmente interrata, sulle Alpi, e quindi in zone anche disagiate e senza nessun impatto ambientale. Certo che il privato può realizzare, ma deve esserci una logica nel suo complesso di utilizzo di questa rete proprio perché la rete è unica e non è suddivisibile a seconda degli imprenditori che vogliono intervenire o altro.
Dentro questo quadro va rivisto completamente il provvedimento. Sono state affrontate questioni che erano magari necessarie, visti i rilievi fatti da parte della Corte costituzionale, ma queste dovevano essere concentrate, non allargate e non si doveva cogliere l'occasione che per correggere un errore ne siano messi in coda altri sei o sette. L'invito principale che faccio, dando la priorità agli interventi, chiedo al Governo e al Parlamento che vengano con coraggio stralciate quelle deroghe che sono state fatte nella nomina degli amministratori dell'Agenzia nucleare e, a seguire, venga valutato attentamente lo stralcio di quell'allargamento delle disposizioni di contributi ad aziende sulle energie rinnovabili che non c'entrano niente con le rinnovabili e, in fondo, la necessità di non inserire, nella questione delle reti elettriche, anche la produzione e l'arricchimento di uranio che non c'entra niente con le misure urgenti in materia di energia. Ringrazio per l'attenzione, spero che ci siano risposte nei tempi successivi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, qui ci troviamo, come già altre volte, a dover discutere di misure urgenti. È dall'inizio della legislatura che ci troviamo in questa condizione e questo non sarebbe neanche un dramma se, all'interno di questa discussione sulle misure urgenti, ci fosse omogeneità di argomenti, omogeneità di materie trattate per far sì di riuscire per una volta a dare un quadro di quello che dovrebbe essere il sistema normativo italiano. Noi abbiamo un Ministro per la semplificazione normativa, abbiamo tanti ministri che dovrebbero alleggerire questo sistema troppo burocratizzato, ma ancora oggi, e questo provvedimento ne è l'ennesima dimostrazione, facciamo tutto l'opposto di quello che dovrebbe fare un buon legislatore, dando certezza a quel sistema di formazione delle leggi, dando omogeneità di contenuti, dando durevolezza.
Manca tutto questo, perché noi non riusciamo, neanche con questo provvedimento, e forse ancora di più con questo provvedimento, a offrire una garanzia all'operatore economico, a chi ha voglia di investire in un Paese dove si investe sempre meno, sia per quanto riguarda gli investitori nazionali che per quelli stranieri. Non diamo queste garanzie, perché le leggi continuano a cambiare e non cambiano solo per quanto di necessità ma, come abbiamo visto in questo provvedimento nel passaggio dal Senato alla Camera, si usano come minibus per metterci un po' di tutto.
Ringrazio la disponibilità del rappresentante del Governo, onorevole Saglia, perché ha lavorato con coscienza, insieme alla Commissione, e non solo su questo provvedimento, per cercare di andare verso questo obiettivo.
Tuttavia, non per colpa sua, ma per colpa del Governo nel suo complesso, non ci siamo riusciti e non ci riusciamo. Qual è il vero problema? È che vi sono ancora misure urgenti che cercano di risolvere dei ritardi, ma non ci troviamo, dopo due anni di Governo, ad affrontare il problema, in Pag. 34questo caso del sistema energetico, nel suo complesso, per dare un quadro normativo vero che permetta a tanti imprenditori, come dicevamo, di non trovarsi nella condizione verificatasi nella regione Puglia. Regione nella quale il sistema amministrativo locale ha autorizzato, con un assenso generale, tramite il sistema delle DIA, la realizzazione di tantissimi impianti, che dimostrano, però, la mancanza di una programmazione. Abbiamo, infatti, degli impianti e degli imprenditori che hanno speso dei soldi - e altri si sono impegnati a spenderli - che si trovano con delle norme che cambierebbero il sistema incentivante, ciò per colpa di altri: chi deve realizzare le reti di allacciamento non gli permetterebbe di mettere in rete l'energia.
Lo ripeto, noi continuiamo a dire - da parte di tutti, dalla politica alle imprese - che siamo il Paese dove si paga l'energia molto più cara che da altre parti, proprio, prima di tutto, per la dipendenza che abbiamo dall'estero. Ebbene, se rappresentiamo il potere legislativo, cerchiamo di fare qualcosa per risolvere questi nodi.
Sono un grande sostenitore - l'ho sempre detto - dell'opzione nucleare all'interno di un sistema di rivisitazione del mix energetico, ma questo non significa che non si possano attuare, nel frattempo, tutte quelle iniziative che servono per ridurre la nostra dipendenza energetica dall'estero.
Facciamo grandi discussioni, ma poi ci incagliamo sulle «piccole» cose (le chiamo piccole, ma lo dico tra virgolette, perché, in realtà, si parla di risorse enormi in termini economici).
Abbiamo bisogno, quindi, di qualcosa di diverso. Questo all'esame è un provvedimento che tampona alcune delle arretratezze di questo Paese, anzi, delle inefficienze legislative di questo Paese, ma non ci risolve il quadro generale, perché con esso non aumenteranno gli investitori nel settore energetico né, purtroppo, daremo certezze a chi vuole fare qualcosa di più in questo campo.
Abbiamo bisogno di cambiare il nostro modo di affrontare questi temi: questo è un appello che faccio al Governo, nella persona del sottosegretario, il quale condivide, ma lo faccio a tutto il Governo e al potere legislativo.
In quest'Aula, e in quella del Senato, bisogna che le Commissioni si rimettano a discutere di programmi generali di legislazione.
Non è colpa delle Commissioni, ma anche delle stesse, e dei parlamentari, perché dobbiamo ribellarci ad un sistema che ci vede, ormai, come passacarte di decreti che cerchiamo di migliorare, ma che, nel cercare di migliorare, rischiamo, molte volte, anche di peggiorare.
Mi auguro che, nel prosieguo della discussione, e nella fase dell'esame degli articoli, ci sia la disponibilità da parte del Governo, e da parte della maggioranza, di trovare, almeno per quel poco che si può, dei punti di incontro.
Sappiamo bene, infatti, che questo provvedimento dovrà tornare al Senato, ma cerchiamo di fare la nostra parte nel modo migliore perché, se così sarà, lo faremo per il nostro Paese, per chi vuole investire e per noi stessi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, negli interventi che mi hanno preceduto sono state richiamate le motivazioni che stanno alla base dell'adozione, da parte del Governo, del decreto-legge in discussione.
Principalmente si vuole rispondere alla sentenza della Corte costituzionale n. 215 dello scorso 17 giugno modificando i primi quattro commi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009 in materia di interventi urgenti e indifferibili connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione di energia da effettuare con mezzi e poteri straordinari.
Verso tali norme alcune regioni (l'Umbria, la Toscana e l'Emilia Romagna) e la provincia autonoma di Trento avevano promosso questioni di legittimità costituzionali che sono state ritenute fondate dalla Corte costituzionale. Pag. 35
Considerando che si tratta di produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia non si può, in linea teorica, contestare che l'individuazione e la realizzazione di relativi interventi possa essere compiuta a livello centrale ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione. Ma quando si motiva un simile spostamento di competenze con l'urgenza necessaria nell'esecuzione delle opere, ciò deve essere confortato da valide e convincenti argomentazioni.
Inoltre, se si tratta di iniziative di rilievo strategico, ogni motivo d'urgenza dovrebbe comportare l'assunzione diretta da parte dello Stato della realizzazione delle opere medesime.
Invece, la disposizione impugnata stabilisce che gli interventi previsti debbano essere realizzati con capitale interamente o prevalentemente privato che per sua natura è aleatorio.
Si aggiunga che la previsione secondo cui la realizzazione degli interventi è affidata ai privati rende l'intervento legislativo statale anche sproporzionato. Se, infatti, le presunte ragioni dell'urgenza non sono tali da rendere certo che sia lo stesso Stato, per esigenze di esercizio unitario, a doversi occupare dell'esecuzione immediata delle opere, non c'è motivo di sottrarre alle regioni la competenza nella realizzazione degli interventi.
Più volte, durante la discussione del decreto-legge n. 78 del 2009, avevamo sollevato qualche dubbio sulla legittimità di quanto veniva inserito nell'articolo 4, ma il Governo e la maggioranza hanno voluto proseguire imperterriti per la loro strada, invadendo la sfera di competenza delle regioni e, quindi, tradendo il dettato costituzionale su materie per le quali è prevista la competenza concorrente tra Stato e regioni, come è appunto il caso della produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia.
Sottolineo che nel decreto-legge sottoposto al nostro esame rimane ancora invariata la disciplina surrogatoria in caso di mancata intesa con le regioni. Dopo 30 giorni dalla convocazione del primo incontro tra Governo e regioni senza intesa il Governo può individuare gli interventi e dichiararne l'urgenza, stabilirne le modalità e soprattutto i commissari nominati potranno avvalersi di poteri sostitutivi.
In questo modo si persevera nel metodo secondo il quale si vogliono risolvere i problemi conferendo poteri straordinari, senza tener conto dei possibili rischi legati ad un eccessivo centralismo e ad una gestione che non tiene conto della realtà territoriale in cui vanno assunte le decisioni.
Per questo motivo abbiamo presentato alcuni emendamenti che cercano di correggere il tiro, richiamando l'esigenza per l'eventuale commissario di procedere di intesa con le regioni e le province autonome interessate.
Una considerazione in merito alla deroga contenuta nell'articolo 3 circa la figura del presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare: durante la discussione sulla «legge sviluppo» (disegno di legge A.C.1441-ter del 2008) abbiamo insistito sull'importanza di prevedere un'agenzia di questo tipo e sulle caratteristiche di terzietà e di indipendenza che dovevano essere proprie di questo istituto e delle persone in esso nominate, perché solo in questo modo potevano essere considerate garanti della sicurezza a tutela dei cittadini.
È per tale motivo che, al di là dei nomi che sono trapelati e delle indiscutibili competenze di coloro che il Governo sta proponendo in questi giorni per la presidenza di tale organismo, non possiamo prescindere dal principio delle incompatibilità di tale ruolo con incarichi elettivi politici. La nostra proposta, pertanto, è quella di sopprimere tale deroga.
Cito solamente le proposte emendative relative alla produzione di energia idroelettrica e quelle che riguardano la realizzazione di un impianto a carbone per la produzione di energia nella zona carbonifera del Sulcis in Sardegna necessario sia per rispondere ai bisogni occupazionali di quel territorio che per creare una filiera estrattiva, energetica ed ambientale, emendamenti che saranno illustrati da qualche altro collega. Pag. 36
In conclusione, abbiamo sicuramente bisogno di affrontare con maggiore serietà i problemi che riguardano l'approvvigionamento energetico del nostro Paese. Stiamo ancora attendendo dal Ministro dello sviluppo economico - a dire il vero stiamo attendendo anche la nomina del Ministro - ormai ben oltre la scadenza dei termini prefissati il piano energetico nazionale che dovrebbe indicare la strategia, le priorità e mettere in ordine gli obiettivi in materia di energia, fissando gli indirizzi e la programmazione generale della politica energetica nazionale e il suo collegamento con quella europea.
In un Paese come il nostro, povero di fonti fossili e che dipende in gran parte dall'estero, con un mercato del gas non ancora liberalizzato ed un costo dell'energia molto più alto rispetto agli altri paesi europei, andrebbero particolarmente favoriti ricerca e sviluppo soprattutto nel settore delle energie rinnovabili e si dovrebbe lavorare sistematicamente sul risparmio e sull'efficientamento energetico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, le chiedo scusa. C'è stato un disguido di cui mi assumo la responsabilità. È iscritto adesso a parlare l'onorevole Messina, però in verità per il gruppo dell'Italia dei Valori sarebbe dovuto intervenire l'onorevole Scilipoti. La prego gentilmente, se è possibile, di procedere a questa sostituzione. Nel caso in cui ciò non fosse possibile, parlerà comunque l'onorevole Messina.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, purtroppo il Regolamento e anche la prassi seguita in questi casi non mi consentono di accettare una sostituzione, a meno che non ci siano due iscritti a parlare che si scambiano semplicemente il turno.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, ci vuole illuminare sul Regolamento? Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, assolutamente no, però nella prassi signor Presidente è successo, per esempio, alcune volte (e lei lo può verificare) che hanno parlato iscritti che non avrebbero potuto perché si erano iscritti fuori tempo massimo. Normalmente queste questioni sono state risolte con un gentlemen's agreement tra i gruppi perché, in alcuni casi, era stato dato come motivazione il fatto che si era dimenticato di iscriversi un rappresentante di un gruppo che, pertanto, non avrebbe potuto parlare e, quindi, lo si è fatto parlare fuori dal Regolamento.
Atteso peraltro che sono presenti sia il collega Messina che il collega Scilipoti e che, quindi, non è un problema di tempo perché l'uno o l'altro ne usufruirebbe, per quanto riguarda il Partito Democratico nulla quaestio se c'è un cambiamento in deroga al Regolamento in ragione di un accordo tra i gruppi, come è successo - lo ripeto - in tante altre occasioni anche più gravi. Infatti, in quel caso non era proprio iscritto nessuno. Se vuole le dico anche qual è la seduta in cui ciò è accaduto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, in occasioni precedenti, per non lasciare che un gruppo rimanesse senza le possibilità di esprimersi, si è fatta una eccezione. In questo caso, il gruppo dell'Italia dei Valori ha già avuto la possibilità di iscriversi.

ROBERTO GIACHETTI. Ma anche in quel caso siamo fuori dal Regolamento. Se c'è un accordo, non vedo qual è il problema...

Pag. 37

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, preferirei stare dentro il Regolamento se non vi sono obiezioni. Vorrei chiedere agli uffici se la prassi è nel senso di aver consentito l'iscrizione per permettere ad un gruppo di esprimersi oppure se vi sono dei casi diversi. Tuttavia, se non vi sono obiezioni, acconsento alla sostituzione proposta (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Onorevoli colleghi, vorrei però che questo non costituisse precedente e vorrei invitare i gruppi a stare alla lettera del Regolamento. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di parlare.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, la ringrazio per quanto deciso con la collaborazione e la condivisione da parte di tutti.
Oggi discutiamo di argomenti tanto interessanti non solo per il Parlamento, ma anche per le decisioni che assumeremo nell'interesse dei cittadini e della collettività, e dibattiamo di alcuni problemi che dovrebbero essere di interesse complessivo, generale perché riguardano il futuro e le sorti di questa nazione che deve scegliere di comportarsi in un determinato modo soprattutto per quanto riguarda l'energia. Tuttavia, ci troviamo a discutere in un momento di grande difficoltà perché chi dovrebbe darci dei lumi, chi dovrebbe essere nostro punto di riferimento nella discussione, nel dibattito politico non c'è, non esiste, non voglio utilizzare una parola forse un po' forte come «latitante», perché non è latitante, ma non esiste il Ministro di competenza.
Questo è un fatto grave, anzi gravissimo, perché il Ministro di competenza dovrebbe essere colui il quale dialoga e discute con il Parlamento; il Ministro di competenza dovrebbe essere colui il quale dà delle indicazioni al Parlamento, ma anche ai cittadini. Invece, in questo momento (ma in realtà non solo in questo momento, bensì da diversi mesi) siamo privati di un rappresentante dello Stato, di un Ministro, che è proprio quello che dovrebbe occuparsi dei temi di cui noi oggi discutiamo e che dovrebbe fornirci tutte le indicazioni necessarie a compiere delle scelte corrette nell'interesse del popolo e dei cittadini italiani.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 12)

DOMENICO SCILIPOTI. Però, cari amici e colleghi noi siamo sordi, ci occupiamo di altre cose, parliamo altri linguaggi, siamo interessati a discussioni che molte volte hanno un valore e un sapore solo ed esclusivamente di aria fritta, ma non rispondono all'interesse vero, reale di trovare soluzioni e di fornire delle linee guida ad un popolo che si trova in grande difficoltà.
Guarda caso, parliamo di un argomento che si chiama energia, che è stato discusso, dibattuto e ampiamente affrontato da parte dei parlamentari all'interno di quest'Aula con posizioni divergenti, molte volte di scontro, perché vi sono posizioni completamente diverse sulle scelte da compiere per il futuro dell'energia nel nostro Paese. Però non è interessante quello che stiamo dicendo, non sono interessanti gli argomenti che stiamo trattando e che dovremmo trattare, sono interessanti altri argomenti che invece interessano poco ai cittadini, che molte volte i cittadini non riescono a capire, a sentire come propri e per questo si allontanano giorno dopo giorno dalla politica.
Prima di entrare nel merito della questione energetica, dell'alta tensione di cui andremo a parlare per quanto riguarda le problematiche dell'energia, occorrerebbe svolgere con grande attenzione una riflessione che dovrebbe portarci a riconsiderare le nostre posizioni all'interno di quest'Aula e di questo Parlamento. Nel momento in cui si svolge la discussione su un argomento così rilevante e di così grande importanza, viene da chiedersi cosa possa comportare la mancanza di un Ministro competente, quale messaggio fornisca agli italiani la mancanza di un Ministro. Dà un'immagine non seria, poco coesa, di grande confusione e di poca serietà. Allora, sarebbe opportuno che il Governo Pag. 38stabilisse immediatamente le regole del gioco nel modo più consono a ciò che è previsto dalle leggi della democrazia e della correttezza, indicando subito il Ministro competente per l'argomento in discussione.
Ma non è solo questo l'argomento che oggi affrontiamo, non è solo questa la riflessione che dovremmo svolgere. Un'altra questione che veniva discussa dai colleghi parlamentari riguarda l'incompatibilità e dunque chi potrebbe o dovrebbe essere il dirigente o il direttore dell'Agenzia del nucleare. Quando si parla di Agenzia del nucleare si vuole dare un'immagine che è tranquillizzante per coloro che sono all'ascolto, si vuole dire ai cittadini: noi istituiremo questo ente che sarà composto da persone che sono competenti e di grande serietà per far sì che determinanti argomenti vengano considerati nell'interesse della collettività.
Tuttavia, qualcuno pensa ad un emendamento importante da inserire e, guarda caso, che cosa prevede questo emendamento? Che potrebbero assumere l'incarico di direttore dell'Agenzia del nucleare funzionari e parlamentari, mentre la legge non lo prevede; la legge stessa dispone, invece, che queste due categorie di persone, ossia i parlamenti e coloro che sono stati funzionari del Ministero, non possono esercitare questo ruolo di garanzia: non potrebbero sicuramente esercitarlo personaggi che sono stati all'interno del ministero e parlamentari della Repubblica italiana che potrebbero essere a rischio e non una garanzia per tutti.
Un altro argomento importante che deve essere sottolineato è la grande riflessione - a nostro giudizio - che è stata partorita da alcuni parlamentari e da gran parte dei parlamentari della maggioranza - vale a dire l'allargamento e la disponibilità dei cosiddetti CIP 6. Questi dovrebbero essere dati all'energia rinnovabile, ma, guarda caso, si trova un escamotage per assegnarli a due aziende sul territorio nazionale che non fanno altro che la trasformazione di materiale, cioè di rifiuti, nel senso buono della parola, in energia.
Noi dell'Italia dei Valori abbiamo contestato, diverse volte, questa riflessione, dicendo che l'utilizzo dei CIP 6 è un modo scorretto di garantire e portare avanti determinate battaglie nell'interesse dei cittadini, che è quello di portare avanti l'energia rinnovabile. Invece, molte volte, non si cerca di portare avanti l'energia rinnovabile nell'interesse della collettività, ma si cerca di creare le condizioni per far diventare energia rinnovabile quelle energie che non sono rinnovabili, ma che derivano, soltanto, dalla trasformazione di rifiuti o di gran parte dei rifiuti per produrre energia. Da qui nasce una riflessione semplicissima, che conoscono molti dei parlamentari all'interno di quest'Aula, ma anche i cittadini. Che cos'è l'energia? L'energia è qualcosa che tutti conoscono. Anche i bambini sanno che l'energia più normale, quella vera, che tutti conosciamo, è l'energia solare, la produzione di energia che viene direttamente dal sole e che, pertanto, può essere chiamata energia. Ma tutto ciò che viene utilizzato con il termine energia - e non è energia - che cos'è? È la trasformazione di materia in produzione di energia. A questo proposito si discute di trasformazione, di inceneritori, di termovalorizzatori. Quando parliamo di trasformazione trasformiamo la materia in energia e, molte volte, utilizziamo non il giusto significato delle parole, né vogliamo essere corretti nel modo di utilizzarle, proporre ed attenzionare agli altri, perché utilizziamo il termine energia in modo improprio, perché sappiamo che l'energia è qualcosa che tutti noi conosciamo e l'unica energia che è veramente visibile, per la quale tale termine può essere utilizzato, è l'energia solare. Tutte le altre forme per le quali volete utilizzare questo termine, mi riferisco, in questo caso, ai CIP 6, non è energia, ma soltanto produzione di energia, attraverso la trasformazione della materia.
Di questo argomento dovremmo discutere e - per ritornare un attimo indietro e per fare una riflessione sul discorso iniziale che ho fatto all'Assemblea - su questi argomenti importantissimi, in un confronto vero e reale su quello che dovrebbe Pag. 39essere lo sviluppo del nostro Paese, sotto il nuovo corso della produzione di energia e il cambio di rotta su alcune scelte infelici che sono state fatte nel passato, chi doveva essere dall'altra parte per controbilanciare, per discutere, per parlare? Il rappresentante del Governo, il Ministro, invece questo Ministro non c'è, è assente.
Torniamo indietro per un attimo alla discussione sulla produzione di energia. Potremmo anche svolgere una riflessione forte e importante sulla problematica non solo di oggi, ma di questi giorni e dell'ultimo periodo del dibattito parlamentare, vale a dire l'energia. Potremmo parlare di energia: «sì» al nucleare o «no» al nucleare, «sì» al rinnovabile o «no» al rinnovabile.
È questo tema che abbiamo affrontato, su cui ci siamo fermati e scontrati. Noi dell'Italia dei Valori abbiamo proposto un referendum non solo per far rinsavire la maggioranza, ma per portare a conoscenza le problematiche riguardanti il nucleare in questo Paese e tutti i danni che ne potrebbero derivare, che non sono soltanto danni sotto il profilo ambientale e della salute, ma anche sotto il profilo economico.
Qui ci piacerebbe discutere anche con il rappresentante del Governo, che in questo momento per una serie di motivazioni - non voglio entrare nel merito - non è presente.
Quando noi affrontiamo gli argomenti relativi all'energia, e affrontiamo e riportiamo in discussione l'argomento del nucleare o delle energie rinnovabili, poniamo una grande attenzione alla problematica, dicendo che occorre fare attenzione, perché non vi è solo un problema. Noi abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere che il nucleare non è da utilizzare. E non è da utilizzare perché dal punto di vista economico non è conveniente, perché i soldi che si devono utilizzare per costruire, mantenere e smantellare una centrale nucleare e per lo smaltimento di tutte le scorie radioattive sono veramente così tanti che, operando in modo corretto, congruo e con grande parsimonia e serenità, potrebbero essere utilizzati in modo migliore investendoli in infrastrutture serie e concrete sul territorio nazionale. Una parte delle risorse - molto meno di quella che potrebbe essere investita sul nucleare - potrebbe essere utilizzata per investire su quella che è veramente l'energia rinnovabile a tutti gli effetti: l'energia solare. Su questo noi dovremmo porre la nostra attenzione e svolgere la nostra riflessione. Non dovremmo porre la nostra attenzione, come accade molte volte, su altri argomenti che ci portano lontano dalla riflessione che dovrebbe tutelare i nostri concittadini.
Un altro argomento da attenzionare riguarda tutte quelle piccole centrali solari che sono state create in giro per l'Italia, in modo particolare in Puglia. Alcuni parlamentari, sollecitati da alcune lobby, cercano di intervenire affinché le piccole centrali che sono state costruite vengano, per una serie di motivazioni, bloccate. In tal modo, non avrebbero la possibilità di respirare; e conseguenzialmente non si potrebbe andare avanti per continuare nel percorso iniziato per realizzare quelle piccole centrali solari, che darebbero sicuramente benessere non soltanto alle regioni, ma anche ai cittadini italiani.
Le riflessioni da fare sono tante e tante le discussioni che potremmo affrontare all'interno di questo Parlamento, ma ultimamente stiamo affrontando argomenti di poco interesse, nel senso che sono interessi di pochi, che potrebbero essere di alcune lobby. Ora stiamo affrontando, invece, grandi interessi che dovrebbero dare un'immagine per tutto il territorio nazionale, e molte volte non la danno come dovrebbero, in modo corretto e serio.
Per concludere, signor Presidente, onorevoli colleghi, è vero che siamo alla chiusura dei nostri lavori di fine stagione, come si suol dire nel senso nobile della parola, però è pur vero che dovremmo fare in modo che, quando cerchiamo di inserire degli emendamenti all'interno di un decreto-legge, questi siano migliorativi, ma non per i gruppi, le lobby o qualcuno che noi indirettamente rappresentiamo all'interno di quest'Aula parlamentare. Dovrebbero Pag. 40essere emendamenti nell'interesse dei cittadini e del nostro Stato italiano.
Spero che attraverso le nostre chiacchierate, i nostri dibattiti, i nostri incontri e scontri di dialettica su tali argomenti si possa costruire serenamente per il futuro qualcosa di più serio e concreto. Questo il Governo lo dimostrerà accettando gran parte degli emendamenti che noi abbiamo presentato.
Abbiamo proposto tanti emendamenti, che non vogliono essere di scontro, ma vorrebbero essere emendamenti di discussione, per far sì che si migliori questo decreto-legge nell'interesse della collettività e dei cittadini.
Grazie, signor Presidente, e spero che il Governo voglia accettare gli emendamenti da noi proposti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, considero utile, in questa discussione sul provvedimento specifico, ma, più in generale, sui reiterati provvedimenti in materia energetica che in questi due anni ci sono stati sottoposti e tra i più recenti, riproporre la questione dello spacchettamento di Snam Rete Gas.
Parto da una premessa abbastanza semplice: siamo in presenza, riconosciuta largamente, di alti prezzi del gas, oggi sostenuti sia dalle famiglie sia dalle imprese italiane, anche con danno a queste ultime nella competizione internazionale. Questi alti prezzi possono essere ridotti solo attraverso un mercato del gas veramente concorrenziale; ciò richiede, come detto ripetutamente non solo dai banchi del Parlamento, ma anche dall'Autorità, l'implementazione di misure strutturali, tra le quali un ruolo di primaria importanza assume la separazione proprietaria delle attività di stoccaggio, di trasporto e di dispacciamento, come dimostra l'esperienza nel settore dell'energia elettrica, con la separazione, lì, dell'operatore di rete dal dominante.
La separazione della rete di trasporto dalle connesse attività di dispacciamento è, infatti, un elemento imprescindibile per poter realizzare una borsa del gas, tra l'altro prevista dall'articolo 30 dell'importante legge n. 99 dell'anno passato.
Parlo di una borsa del gas che sia reale e non solo virtuale, che sia caratterizzata, cioè, primo, dalla presenza di diversi soggetti operanti sul lato dell'offerta del gas, posti in concorrenza tra loro, anche sul prezzo; secondo, da negoziazioni con esito assicurato sia nell'ambito del servizio di dispacciamento da un soggetto che sia terzo e indipendente sia da tutti gli operatori presenti sia a monte (cioè chi offre il gas) sia a valle (cioè chi acquista il gas).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, attraverso la creazione di Terna - è noto a tutti - e di un gestore di mercato indipendente, si è assistito - tutti ne siamo obiettivamente consapevoli - ad una vera e propria rivoluzione quanto allo sviluppo della concorrenza e quanto a investimenti effettuati.
Non è un caso che gli operatori, certi che la loro produzione sarebbe stata regolarmente dispacciata e remunerata secondo i criteri di merito economico, in dieci anni abbiano effettuato investimenti per 15 miliardi di euro, realizzando così anche uno straordinario incremento dell'efficienza media, che è passata dal 40 per cento di dieci anni fa a più del 50 per cento attuale.
Tale valore è, ad oggi, il più elevato al mondo e ha consentito, oltre ad un drastico contenimento delle emissioni di anidride carbonica, di compensare gli effetti negativi determinati dai continui rialzi dei prezzi dei combustibili. Penso, ovviamente, al costo del petrolio sul prezzo del kWh finale pagato dalle famiglie e dalle imprese italiane; questo senza dimenticare le ricadute sul piano industriale, occupazionale e di crescita del PIL nazionale.
Insomma, dalla separazione proprietaria dello stoccaggio della rete di trasporto del gas e delle connesse attività di dispacciamento è lecito attendersi ricadute di portata analoga. Pag. 41
Onorevoli colleghi, l'esigenza di separare proprietariamente le attività di trasporto e dispacciamento dall'operatore dominante ENI è, peraltro, oggi rafforzata da quanto disposto dall'articolo 9 della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009; direttiva quadro che reca la nuova disciplina comunitaria in tema di mercato interno del gas naturale, cui gli Stati membri hanno l'obbligo di conformarsi entro il 3 marzo 2011.
Tale direttiva, infatti, individua nella separazione proprietaria la soluzione migliore per garantire la terzietà delle reti, l'equidistanza e la neutralità dei gestori dei sistemi di trasporto da tutti gli operatori presenti nelle fasi a monte e a valle della filiera, al fine di assicurare la parità delle armi tra gli operatori e la creazione di un mercato europeo del gas aperto e competitivo, che apporti efficienza e benefici per il sistema.
Noi ci attendiamo punti di coerenza anche dal Consiglio dei ministri e dai provvedimenti che lo stesso intende prendere su materie che hanno una relazione con la questione posta. Si tratta di punti di coerenza, che sono stati anche licenziati in importanti Commissioni, come la X Commissione (Attività produttive), e che sono anche un punto di verifica della grande questione politica ed energetica posta nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, come è noto, il provvedimento nasce dall'esigenza di fronteggiare gli effetti negativi della sentenza della Corte costituzionale del 17 giugno scorso n. 215, che ha cancellato norme fondamentali riguardanti gli interventi connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione di energia, in quanto con tali norme verrebbero troppo compresse le competenze delle regioni in materia.
Per tali ragioni, appunto, l'articolo 1 del provvedimento prevede una procedura che coinvolge, accanto ai commissari straordinari nominati dal Governo, le regioni e le province autonome e prevede, altresì, in caso di mancato raggiungimento delle intese con le regioni interessate, che il Governo possa dichiarare l'urgenza e l'indifferibilità degli interventi al fine di garantire gli interessi nazionali nel campo della realizzazione degli impianti di produzione, di trasmissione e di distribuzione di energia.
Ho sentito l'intervento del collega Piffari, al quale però vorrei far notare che questo provvedimento coinvolge le regioni, ma nello stesso tempo è soprattutto teso a superare l'inerzia, che tante, troppe volte, abbiamo proprio da parte di certe regioni. Tale inerzia interessa appunto in particolare la rete elettrica e fa sì che aumenti a dismisura il costo della bolletta per le famiglie e per le piccole imprese.
Credo che questo sia un obiettivo che tutti dovremmo porci che non è solo economico, ma anche sociale. Finché in Italia non ci sarà una rete efficiente - la cui costruzione viene spesso bloccata da lungaggini (senza volere ora indagare i motivi) relative soprattutto ai permessi, laddove sarebbero anche semplici - si mina la competitività complessiva del nostro Paese e ciò anche con effetti sociali pesanti.
Questa è la norma chiave di un provvedimento cui se ne sono aggiunte altre nel corso dell'esame al Senato, dirette a garantire un più corretto funzionamento dei mercati dell'energia elettrica e del gas e a ridisciplinare gli incentivi alle fonti rinnovabili di energia, al fine di rendere più funzionale questo mercato ed evitare gli abusi, che in questo campo si sono verificati.
Al riguardo va sottolineato che nella citata sentenza, come rilevato anche dal Servizio studi della Camera, la Corte costituzionale è andata ben oltre la qualificazione della materia nell'ambito del riparto fra competenze statali e regionali di cui all'articolo 117 della Costituzione, sindacando la pertinenza delle motivazioni addotte per lo spostamento verso l'alto delle competenze in materia di produzione, Pag. 42di trasmissione e di distribuzione dell'energia, anche in presenza di interventi urgenti di natura strategica. Da qui la necessità di questo intervento normativo urgente, per non rendere ancora più vulnerabile il nostro sistema di produzione e distribuzione dell'energia, specie elettrica, che ovviamente è appena sufficiente alle esigenze del nostro Paese.
Vorrei anche ricordare che l'inopinato abbandono delle fonti nucleari per la produzione di energia elettrica, deciso emotivamente un anno dopo l'incidente di Chernobyl, ha posto in una situazione di debolezza e di vulnerabilità il nostro sistema di produzione di energia elettrica medesima con grave danno per l'economia del Paese. Basta considerare i dati resi noti la settimana scorsa sulla bilancia dell'import-export per comprendere quanto l'energia pesi negativamente sulla nostra competitività: se avessimo avuto il nucleare e non avessimo un deficit energetico, avremmo una bilancia fortemente in attivo e anzi, al netto dell'energia, siamo uno dei Paesi che vede le migliori performance sull'export.
Ciò accade perché ci siamo dovuti approvvigionare quasi esclusivamente alla fonte petrolifera che, come ampiamente noto, è molto più inquinante e costosa del nucleare e che peraltro non abbiamo; inoltre un certo estremismo ecologista ci ha fatto pagare un ulteriore prezzo costituito dagli ostacoli frapposti da regioni ed enti locali alla realizzazione di impianti di produzione tradizionali, compresi quelli meno inquinanti quali le centrali a turbogas.
Assurdi ostacoli sono stati posti anche alla realizzazione di indispensabili elettrodotti per la trasmissione dell'energia ad alta tensione e per le stesse cabine di trasformazione necessarie come supporto indispensabile alla distribuzione di energia.
Il nostro Paese, come è noto, ha avuto spesso problemi che ci hanno portato quasi sull'orlo del blackout e questa sentenza della Corte costituzionale rappresenta una battuta d'arresto alla normativa varata recentemente dal Governo per consentire un equilibrato sviluppo nel settore strategico della produzione e distribuzione di energia (una battuta d'arresto che non credo sia utile a questo Paese).
Per tali ragioni il provvedimento in esame è assolutamente indispensabile per poter proseguire l'azione che il Governo ha avviato al fine di porre al riparo il nostro Paese da strozzature energetiche e per avviare un programma di medio e lungo termine per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica sia tradizionale sia utilizzando le fonti rinnovabili, che hanno dato luogo a fenomeni speculativi o distorsivi che nulla hanno a che fare con l'interesse del Paese, puntando allo sviluppo di produzione da fonti rinnovabili che, come noto, devono essere sovvenzionate in quanto ancora antieconomiche.
Ma tale sovvenzione è giustificata dal fatto che è necessario ridurre le emissioni di gas serra nell'atmosfera, obiettivo che si perseguirà anche e con maggior forza proprio con lo sviluppo della fonte elettronucleare che, come si sa, ha emissioni zero come ha ricordato, non solo in questi giorni ma anche nei mesi passati, il professor Veronesi, che probabilmente di problemi di salute e di impatto dell'ambiente sulla salute forse se ne intende pur avendo scandalizzato tutta la nostra sinistra ecologista (ma di questo non ci preoccupiamo).
Per tali ragioni riteniamo che questo decreto-legge, come integrato nel corso della discussione al Senato, sia solo apparentemente di importanza secondaria e per tale motivo è necessario che sia convertito in legge nei termini previsti dalla Costituzione.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3660-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

Pag. 43

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, poiché all'inizio di questo dibattito, che è durato abbastanza poco, la collega Ravetto - che adesso non vedo più e che sostituiva il sottosegretario presente - aveva annunciato che il Governo avrebbe invece replicato al termine della discussione, volevo capire se non si sono parlati oppure se hanno cambiato idea.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, il Presidente non può entrare nei pensieri del Governo.

(Annunzio di una questione pregiudiziale - A.C. 3660-A)

PRESIDENTE. Avverto che oltre alla questione pregiudiziale Messina ed altri n. 1, che è già stata pubblicata, è stata presentata anche la questione pregiudiziale Quartiani ed altri n. 2, che è in distribuzione.
Il seguito dell'esame avrà luogo nel prosieguo della seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,27).

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, volevo soltanto far notare che, come ricordava qualche minuto fa anche l'onorevole Scilipoti, questo provvedimento attiene per pertinenza e per materia alle competenze di quel Ministro dello sviluppo economico che ormai da mesi non esiste nel nostro Paese. Sottolineo un altro aspetto: una settimana fa vi è stato un alto richiamo del Presidente della Repubblica che ha esplicitamente richiesto ed invitato il Governo a procedere alla nomina del titolare di questo Ministero ed il 23 di questo mese il Presidente del Consiglio, in risposta alla richiesta del Presidente della Repubblica, disse che si assumeva l'impegno formale di nominare il Ministro dello sviluppo economico entro una settimana.
Questa mattina si è tenuto un Consiglio dei ministri. Credo che tutto il Paese, tutta la politica che ha a cuore gli interessi del Paese, si aspettasse che nel corso di esso fosse proposto oggi il nuovo Ministro dello sviluppo economico: purtroppo questo non è accaduto. Ciò dimostra che si è preso in giro il Presidente della Repubblica, si sta facendo il male di questo Paese, ci dimostra che un Governo, una maggioranza degni di questo nome non esistono più.
Per questa ragione, signor Presidente, non solo le comunico che anche Italia dei Valori chiede a questo punto formalmente che il Presidente del Consiglio venga immediatamente in Aula a riferire sullo stato di quella che appare una evidente ed innegabile crisi politica, ma le annuncio anche che fino a quel momento, e a partire dall'esame del decreto-legge sull'energia e poi di quello sul trasporto, esso porterà avanti un'attività ostruzionistica: riteniamo che non sia possibile, non sia accettabile lasciare per un mese il Paese nell'oblio se esiste ancora una maggioranza, se esiste ancora un Governo che intorno ad un programma ben definito gode all'interno dell'Aula di un consenso maggioritario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, a nome del mio gruppo mi associo a quanto ha detto l'onorevole Donadi per ciò che riguarda la vicenda dell'interim, che ad oggi ancora risulta attribuito al Presidente del Consiglio per quanto riguarda il Ministero dello sviluppo economico.
Per quanto attiene le altre questioni, già hanno avuto modo questa mattina in apertura dei lavori il segretario del partito Pag. 44Bersani ed il presidente del gruppo Franceschini di riferirsi alla vicenda politica e di chiedere, come hanno fatto questa mattina alle nove, senza ancora aver avuto risposta, che il Presidente del Consiglio venga a riferire sulla grave crisi politica.
Vi è però anche questa piccola questione, che noi discuteremo a breve in occasione della questione pregiudiziale sul decreto-legge sull'energia: discuteremo di un provvedimento, che è un decreto-legge, quindi urgente, sull'energia, in assenza del Ministro dello sviluppo economico, da due mesi vacante. Il Presidente del Consiglio porta la responsabilità dell'interim: anche per questo motivo dovrebbe essere presente nei banchi della Camera, di cui è anche deputato, per rendere onore ad un'istituzione che è chiamata a discutere in ordine ad un decreto-legge, ad una proposta di legge urgente del Governo. Egli dovrebbe portare rispetto ad un'istituzione, che non è costituita solamente per votare, solo per eseguire ordini, né da una parte né dall'altra, ma per fare il proprio dovere, perché è eletta dagli italiani, e perché esige dal Governo ciò che un Governo in una democrazia deve fare: confrontarsi con il Parlamento, verificare che vi siano le condizioni, che sussistano le maggioranze per varare i decreti-legge; e soprattutto venga a dire ciò che ancora non ha detto agli italiani, cioè che vi è una crisi aperta e si prenda atto di ciò.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, interveniamo anche noi per sottolineare questa che è una mancanza di rispetto sicuramente nei confronti del Presidente della Repubblica, nei confronti del Paese, ma anche nei confronti del Parlamento (Commenti). Concluderò subito, ma penso che concluderemo molto tardi, cosa che non vi piacerà.
Sto parlando della mancata nomina del Ministro dello sviluppo economico. Questa mattina abbiamo appena concluso la discussione sulle linee generali sul decreto-legge sull'energia, nel corso della quale si sono evidenziate le grandi difficoltà e problematiche presenti in questo settore nel nostro Paese. Continuare a non nominare, dopo averlo promesso, ed essendo anche questo un dovere, il Ministro dello sviluppo economico indubbiamente è una mancanza che si aggiunge alle difficoltà che già vi sono, che noi capiamo, che non sono solo di tipo economico ma anche di tipo politico. Credo che a questo punto una risposta in qualche modo all'Aula questa maggioranza e questo Governo la debbano fornire (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2262 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo (Approvato dal Senato) (A.C. 3646) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 12,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Meta ed altri n. 1 e Compagnon ed altri n. 2 (vedi allegato A - A.C. 3646).
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati Pag. 45per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3646.

(Ripresa esame di questioni pregiudiziali - A.C. 3646)

PRESIDENTE. L'onorevole Meta ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, così com'è questo decreto-legge non garantisce i diritti costituzionali di milioni di italiani e viola le norme comunitarie, norme che salvaguardano le collettività, le comunità insulari, e in particolare le isole cosiddette minori rispetto a quelle due più grandi (la Sicilia e la Sardegna).
Con questo decreto vengono violati i diritti a garantire i collegamenti stabili di continuità territoriale con la penisola continentale e delle isole e dei loro abitanti, nonché la possibilità di garantire, o quanto meno di assecondare, la crescita economica e lo sviluppo di queste isole.
La violazione dei diritti spettanti ai cittadini italiani che vivono e lavorano in territori insulari, cui non vengono garantite minime condizioni di agevoli e sicuri collegamenti di trasporto marittimo, si pone in evidente contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. Questo avviene sia in relazione al primo comma, che sancisce il fondamentale principio di eguaglianza dei cittadini italiani, sia in relazione al secondo comma dello stesso articolo 3, che sancisce solennemente il compito della Repubblica di agire in concreto per rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono l'effettiva eguaglianza dei cittadini e rendono difficile la loro partecipazione alla vita economica e sociale dell'Italia.
Venendo ad alcuni punti della nostra pregiudiziale, sul merito del provvedimento (sul quale proponiamo la questione pregiudiziale), ricordo che l'articolo 1, comma 1, lettera b), del provvedimento in esame esclude la responsabilità civile ed amministrativa per i comportamenti, gli atti e tutti i provvedimenti posti in essere fino al 30 settembre 2010 (un periodo - come dice il decreto - di circa due mesi) dagli amministratori unici, dai componenti del collegio sindacale, dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, ponendo la responsabilità a carico esclusivamente delle società interessate.
La medesima lettera b) esclude negli stessi limiti la responsabilità amministrativo-contabile dei citati soggetti, dei pubblici dipendenti e dei soggetti comunque titolari di incarichi pubblici.
Queste due disposizioni, in buona sostanza, escludono la responsabilità civile ed amministrativa per gli amministratori unici nel periodo dal luglio 2010 a settembre 2010. La deresponsabilizzazione degli amministratori presenta pertanto profili di problematicità in relazione agli articoli 3, 24, 28 e 97 della Costituzione (principio di eguaglianza, diritto alla difesa, responsabilità dei dipendenti pubblici, buon andamento della pubblica amministrazione).
Il precedente che a noi viene in mente è quello di Alitalia. Difatti il secondo dei decreti-legge dedicati ad Alitalia (il n. 134 del 2008) conteneva all'articolo 3, comma 1, una disposizione simile. Pag. 46
L'unica differenza, rispetto al decreto-legge in esame, è che, nel caso Alitalia, la disposizione era ben più ampia e finiva con il comprendere persino la responsabilità penale. Anche in questa occasione, però, ci troviamo di fronte ad un'aperta violazione dell'articolo 3 della Costituzione per irragionevolezza e motivazioni sotto diversi profili. Per queste ragioni, che abbiamo illustrato chiaramente nella presentazione della pregiudiziale, ribadiamo la nostra posizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Compagnon ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, purtroppo, da molto tempo, vengono presentate delle questioni pregiudiziali in quasi tutti i provvedimenti portati all'esame di quest'Aula, con ciò dimostrando che, evidentemente, essi non sono realizzati con la dovuta riflessione ed approfondimento.
Secondo la nostra pregiudiziale al decreto-legge n. 103 del 2010, tale provvedimento presenta diversi profili di incostituzionalità: violazione degli articoli 3, 24, 28 e 97 della Costituzione, ossia del principio di eguaglianza, del diritto alla difesa, della responsabilità dei dipendenti pubblici, del buon andamento della pubblica amministrazione. Soprattutto, però, vorrei ricordare come, da troppo tempo, in certi provvedimenti si tende a tutelare i grandi manager che vanno a gestire grandi società le quali, poi, alla fine, rischiano di creare dei danni gravissimi al tessuto nazionale.
La lettera b) del comma 1, dell'articolo 1, sulla quale ci siamo soffermati, esclude la responsabilità civile ed amministrativa per i comportamenti, gli atti ed i provvedimenti posti in essere fino al 30 settembre 2010 dagli amministratori unici, dai componenti del collegio sindacale, dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili e societari, ponendola a carico esclusivamente delle società interessate. Negli stessi limiti è esclusa la responsabilità amministrativo-contabile dei citati soggetti, dei pubblici dipendenti e dei soggetti comunque titolari di incarichi pubblici.
Vorrei, qui, sottolineare che non è pensabile che si possa continuare a dare questi segnali al Paese. Voglio ricordare, prima di arrivare ad Alitalia, le vicende di Cirio e Parmalat, dove grandi società sono andate in rovina ed i manager che le hanno mandate in rovina sono stati quasi tutti tutelati, come abbiamo visto soprattutto in un articolo di quello che è stato il decreto-legge cosiddetto salva Alitalia.
Come possiamo pensare, quindi, che queste persone possano, con norme legislative, essere tutelate se sbagliano nel loro operato e, contemporaneamente, non prendere in considerazione tutti quelli che hanno pagato (penso agli azionisti ed obbligazionisti di Alitalia o delle altre società già citate)?
Quelli, che sono il nostro ceto medio e le famiglie, rimangono abbandonati, perdono tutti i loro risparmi. Noi, invece, mettiamo delle norme che tutelano coloro i quali andranno a gestire un patrimonio, anche se questi dovessero sbagliare ed a pagare dovessero essere gli altri. Questo è il messaggio devastante che si sta dando al nostro Paese. È vero che qualcuno ci può dire che, altrimenti, nessuno si prenderebbe la responsabilità in queste situazioni, ma, allora, bisogna che i suddetti manager facciano un altro mestiere, vadano a lavorare in fabbrica, prendano 1.200 euro al mese e lascino la responsabilità agli altri. Detto questo, credo che il Governo non possa più continuare con provvedimenti dentro i quali si creano, si formano e si inseriscono norme che vanno a tutelare chi, invece, dovrebbe tutelare le persone più deboli. E non dite, come è stato detto l'ultima volta per la questione Alitalia, che gli emendamenti di tale tipo nessuno sa chi li aveva inseriti al Senato perché, evidentemente, vi è un disegno che porta a questo risultato ed è un disegno che, indubbiamente, non possiamo condividere.
Per questo motivo, con la preoccupazione che abbiamo per quello che potrà Pag. 47succedere, abbiamo presentato una questione pregiudiziale e speriamo che, questa volta, alcuni della maggioranza si rendano conto che, forse, è il caso di votarla e di mandare a casa il decreto-legge di cui stiamo parlando (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà, per 5 minuti.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor Ministro, la questione pregiudiziale è assolutamente priva di fondamento giuridico per quanto riguarda la Lega Nord. Nel nostro Paese sono due i grandi campi regolamentati: quello della pubblica amministrazione e quello dell'iniziativa privata. Il primo consiste nell'attività amministrativa dello Stato, e allora si suol dire che lo Stato agisce jure imperii e il secondo nelle attività di soggetti privati. Profondamente diversi i principi posti a loro fondamento, al punto che nel nostro Paese si applica il sistema della doppia giurisdizione per la quale il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di interessi legittimi ossia nel primo campo e il giudice ordinario in materia di diritti soggettivi ossia nel secondo campo. Insomma due mondi rigidamente separati.
Con la società per azioni con capitale in tutto o in parte pubblico abbiamo veramente un terzo settore, quello dello Stato azionista: un settore fortemente non normato. Il problema è proprio questo: definire compiutamente le norme cui questo settore deve sottostare financo nel penale. Il tutto per tutelare adeguatamente interessi collettivi posti a fondamento delle sue attività. In carenza si avranno interessi molto privati che diventerebbero prevalenti su quelli collettivi.
Riguardo agli enti pubblici economici con sentenza n. 1282 del 1982 le sezioni unite ritennero di escludere la giurisdizione sulla responsabilità contabile della Corte dei conti in materia di responsabilità degli amministratori e dipendenti di detti enti riguardo alle attività che si collocano nell'ambito dell'esercizio dell'attività imprenditoriale loro propria.
Pertanto qualsiasi violazione da parte degli amministratori delle norme di buona amministrazione doveva essere fatta valere dinanzi al giudice ordinario nelle forme del diritto privato. L'orientamento da ultimo delineato è stato recepito dalla stessa Corte dei conti che con la deliberazione delle sezioni riunite del 5 luglio 2001 si è pronunciata proprio sul problema del controllo sulle società a partecipazione pubblica locale.
A conclusione di quanto detto appare evidente che Tirrenia debba essere considerata non parte integrante della pubblica amministrazione. Detto questo paiono assolutamente prive di fondamento le argomentazioni a sostegno della questione pregiudiziale. Infatti la norma non lede alcun principio di eguaglianza e di diritto alla difesa visto che i diritti dei terzi restano salvi e per quanto riguarda la parte relativa alla pubblica amministrazione è assolutamente infondata visto che si parla di società che fanno capo alle norme di diritto privato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, il gruppo dell'Italia dei Valori non ha presentato la questione pregiudiziale però voterà a favore delle due questioni pregiudiziali poste. I motivi di incostituzionalità sono tanti, rilevanti e prima di tutto c'è questo elemento davvero inaccettabile dei cambi di decreti-legge in corso cioè innestare in un provvedimento, che ha già avuto l'emanazione del Presidente della Repubblica, norme di altra natura e di altro tenore che peraltro, se vogliamo, fanno venire meno l'omogeneità che richiede l'articolo 77 della Costituzione. È vero che si parla genericamente di trasporto, ma parliamo di questioni che sono divenute completamente diverse l'una dall'altra. Da un lato abbiamo il problema della Tirrenia e della privatizzazione di Tirrenia che, come è evidente, attiene prevalentemente ad un atto che riguarda il cambio di proprietà di un'azienda pubblica, di una società pubblica. Dall'altra Pag. 48abbiamo interventi che si configurano come sostegno ad un settore: il settore dell'autotrasporto.
Quindi, si tratta di modalità di trasporto diverse che, a nostro giudizio, fanno sì che ci troviamo di fronte ad una riduzione dell'omogeneità che dovrebbe esservi all'interno del provvedimento in esame.
Soprattutto, vorrei sottolineare che sono state inserite norme che sono state espunte dal maxiemendamento riferito alla manovra - e se sono state espunte, qualche motivazione vi sarà stata - per poterle inserire all'interno del provvedimento in esame, cambiando - lo ribadisco - quanto il Presidente della Repubblica aveva, a suo tempo, sottoscritto. Pertanto, questa vicenda è inaccettabile sotto il profilo costituzionale, normativo e regolamentare, perché rappresenta uno sfregio - voglio dirlo - anche alla figura e all'attività del Presidente della Repubblica che, peraltro, ha già sottolineato più volte questi elementi e questi fatti.
Un ulteriore rilievo è rappresentato dal fatto che, inoltre, si partorisce un «mostro» giuridico. Questo Governo ha partorito diversi «mostri» giuridici: infatti, la Corte costituzionale, ripetutamente, è intervenuta, non certo per far parte di un complotto contro il Presidente del Consiglio, ma perché il Governo sta emanando provvedimenti incostituzionali. La Corte costituzionale non fa altro che il proprio dovere, ricordando che esiste la Costituzione e che va rispettata.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO BORGHESI. La questione dell'esclusione della responsabilità civile degli amministratori di una società è inaudita, perché, anche alla luce del provvedimento divenuto definitivo ieri, che comporta l'esenzione dei reati fallimentari per chi agisce nell'ambito di qualche piano di ristrutturazione, mette questi signori al riparo dalle conseguenze civilistiche del loro operare.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANTONIO BORGHESI. A tale proposito, ho sentito, in precedenza, il collega della Lega svolgere un intervento su questo punto: volete il federalismo fiscale per rendere, giustamente, gli amministratori responsabili del denaro pubblico che gestiscono, mentre qui approvate un provvedimento che, invece, permette a questi signori di fare ciò che vogliono, consentendogli così, di fatto, di essere irresponsabili degli atti che conducono e di non subire neanche le conseguenze penali nel caso si configurassero reati di bancarotta.
Per questo, il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore delle questioni pregiudiziali presentate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Toto. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

DANIELE TOTO. Signor Presidente, la presentazione di questioni pregiudiziali è divenuta, ormai, un rito che si ripete pressoché ad ogni provvedimento. Invece di costituire, come vorrebbe il Regolamento, lo strumento per indurre il Parlamento a riflettere su disposizioni che rischiano di violare la Costituzione, purtroppo, nei casi in cui questo rischio effettivamente si presentasse, è divenuta l'occasione per polemiche più o meno strumentali sul contenuto del provvedimento. Questo impoverimento e questa banalizzazione della questione pregiudiziale è di tutta evidenza nel caso del provvedimento in esame.
Il decreto-legge di cui si tratta contiene, in primo luogo, disposizioni sicuramente caratterizzate dai profili di necessità e di urgenza, volte a consentire la gestione della società Tirrenia per il tempo necessario a portare a compimento il processo di privatizzazione. Tale processo, ieri, ha registrato un notevole passo avanti, per l'accettazione, da parte di Fintecna, dell'offerta di acquisto presentata da Mediterranea Holding.
In secondo luogo, il provvedimento reca alcune disposizioni, introdotte dal Senato, con le quali si rivede la disciplina dell'autotrasporto, in particolare, per quanto attiene Pag. 49ai rapporti tra autotrasportatori e committenze. Anche in questo caso, vi sono ragioni di necessità e di urgenza, che dipendono dagli effetti particolarmente pesanti che la crisi economica e finanziaria ha prodotto nel settore.
Da qui, la necessità di misure che riequilibrassero i rapporti contrattuali e fornissero alle imprese di autotrasporto le condizioni minime indispensabili per permetterne la sopravvivenza, rendendo, al tempo stesso, più efficace la catena logistica. Trattasi, dunque, di interventi su cui è, certamente, possibile confrontarsi nel merito, valutandone l'idoneità o meno a raggiungere gli obiettivi che si prefiggono.
Occorre peraltro evidenziare che proprio le ragioni di necessità e urgenza indurrebbero a ritenere prioritaria l'approvazione del decreto-legge.
Del tutto strumentale appare invece la presentazione di questioni pregiudiziali di costituzionalità, come si ricava dalle stesse, e dall'esame delle argomentazioni in esse contenute. La principale argomentazione che viene infatti addotta è quella relativa all'esenzione di responsabilità per l'amministratore unico, il collegio sindacale e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili. In proposito mi limito ad osservare che disposizioni analoghe sono state inserite anche in precedenti occasioni quando le condizioni particolarmente difficili della società imponevano di garantire l'efficacia e la tempestività degli atti di gestione. In ogni caso, non viene meno la tutela dei terzi, che è assicurata dalla responsabilità della società.
Mi sembra infine opportuno segnalare che l'accettazione da parte di Fintecna dell'offerta di acquisto limita ad un tempo estremamente breve l'attività dell'amministratore unico, degli altri organi di Tirrenia e di Siremar e, di conseguenza, l'applicazione delle norme relative alla responsabilità sugli atti adottati. Ebbene per queste ragioni, signor Presidente, invito l'Assemblea a respingere le questioni pregiudiziali presentate.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Meta ed altri n. 1 e Compagnon ed altri n. 2
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Melandri, onorevole Marchioni, onorevole Anna Teresa Formisano, onorevole Barbaro, onorevole Boccuzzi, onorevole Scilipoti, onorevole Bongiorno, onorevole Vessa, onorevole Capodicasa, onorevole Fioroni, onorevole Barbareschi, onorevole Calgaro, onorevole Beltrandi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 564
Votanti 561
Astenuti 3
Maggioranza 281
Hanno votato
266
Hanno votato
no 295).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Il seguito dell'esame del provvedimento avrà luogo nel prosieguo della seduta.

Nell'anniversario dell'uccisione del giudice Rocco Chinnici e degli uomini della sua scorta (ore 13).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori solo per ricordare a quest'Aula che ieri era il ventisettesimo anniversario dell'assassinio Pag. 50di Rocco Chinnici. Rocco Chinnici era un magistrato che ha combattuto la mafia stando in trincea, stando in prima linea e per questo è morto. È anche colui che ha creato il pool antimafia chiamando accanto a sé Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello.
Egli ha compreso che era dalla scuola che si doveva partire, per combattere la mafia.
Vorrei ricordare insieme a lui - ucciso il 29 luglio 1983, con una FIAT 127 imbottita di esplosivo - anche i due uomini della scorta che sono morti con lui: il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi e l'appuntato Salvatore Bartolotta, nonché il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Credo sia giusto ricordarli (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro Alfano. Ne ha facoltà.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo ricorda, unitamente al Parlamento, la figura del giudice istruttore Rocco Chinnici, giudice che pensò, ideò e inventò una strategia organizzativa degli uffici giudiziari, che si rivelò la più efficace, cioè quella della costituzione delle squadre e dei pool che combattono la mafia. Egli è la prima vittima di una grande strage, che lo colse proprio nel centro di Palermo.
Vorrei altresì ricordare che mandanti ed esecutori di quella strage sono oggi detenuti presso le carceri italiane, e che ho rinnovato il 41-bis, l'anno scorso, a uno degli esecutori della strage - precisamente al mafioso che aveva premuto il telecomando - riapplicandolo dopo che un tribunale glielo aveva tolto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro).
Credo che questo commiato e questo ricordo possano essere consolidati con un ricordo operoso di una strategia antimafia che, in questo Parlamento, ha trovato recente ultimo suggello attraverso l'approvazione unanime del codice antimafia, che, martedì, sarà sottoposto - con l'auspicio di un'analoga unanime approvazione - al Senato della Repubblica per la sua approvazione definitiva.
Credo sia il modo migliore per commemorare Rocco Chinnici (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, credo sia importante, contestualmente, anche ricordare quanti magistrati abbiano perso la vita nella lotta contro la mafia, e ricordarlo sempre, in qualsiasi provvedimento, anche quando, a volte, in maniera forse non molto meditata, si esprimono parole di delegittimazione.
Nel prendere atto di ciò che ha detto il Ministro Alfano - e di questo provvedimento che qui è stato varato in maniera unanime, anche per l'attiva impronta che ha voluto dare l'opposizione - non dimentichiamo che i magistrati, e i provvedimenti cui faceva riferimento il Ministro, hanno dietro l'azione delle forze di polizia e della magistratura, che mettono a rischio personale la propria vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, anche noi desideriamo ricordare Rocco Chinnici, e insieme a lui tutte le vittime della criminalità organizzata: i magistrati - e non soltanto loro - che sono stati oggetto di violenza, e che sono stati assassinati da una criminalità sempre pericolosa, sempre presente, e sempre assorbente nel nostro territorio.
Credo che questo ricordo non debba essere formale, ma deve spingere il Parlamento ad andare avanti - certamente nella sua azione legislativa - per individuare passaggi normativi sempre più appropriati e per scardinare la criminalità organizzata, e tutte le mafie. Tale ricordo deve spingere il Governo ad essere consequenziale Pag. 51rispetto alle esigenze più volte avvertite, per dare e per onorare i magistrati che hanno perso la loro vita, e per dare sempre di più un sostegno morale a tanti magistrati, e alle forze dell'ordine, che agiscono pericolosamente per scardinare le organizzazioni criminali. Non un ricordo formale, quindi, ma un impegno che noi assumiamo, soprattutto in questi momenti difficili, anche sul piano politico. Deve esserci sempre il senso dello Stato e delle istituzioni. Lo Stato deve prevalere sulle barbarie.
Lo Stato deve ritrovare la forza per dare una prospettiva di civiltà senza equivoci e senza confusione e deve dare risposta ad un anelito di giustizia che è diffusamente presente nel nostro territorio. Questo è il modo per onorare Chinnici.
Anche ai colleghi parlamentari ricordo che nella mia Commissione vi erano Cesare Terranova, tanti magistrati e anche un mio corregionale Nino Scopelliti che certamente indicano un momento di riferimento, un passaggio e uno snodo fondamentale come richiamo forte al nostro impegno e al nostro modo di essere.
Molte vicende che a noi sembrano tanto gravi e tanto importanti sono minimali rispetto al sacrificio, alla lotta per la civiltà, allo slancio e alla sfida che dobbiamo portare avanti con grande consapevolezza. In questo momento il Parlamento deve dimostrare la sua forza, la sua dignità, la forza delle istituzioni e la forza dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Anche la Presidenza della Camera si unisce alle parole dei rappresentanti di tutti i gruppi e alla volontà dell'Assemblea tutta nel ricordare la grande figura di un magistrato che è segno e testimonianza fattiva della lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Ringrazio anche i colleghi che sono voluti intervenire in questa occasione.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2266 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi (Approvato dal Senato) (A.C. 3660-A) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 13,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 3660-A)

PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le questioni pregiudiziali Messina ed altri n. 1 e Quartiani ed altri n. 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3660-A).
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati, per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
L'onorevole Messina ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, siamo in un contesto particolare per esaminare una questione pregiudiziale: Ministri dimissionati e non sostituiti, sottosegretari Pag. 52indagati, un Governo che si è visto solo in Aula a ranghi ridotti fino ad oggi per due anni ed oggi stranamente materializzato in massa in questa seduta.
Per fare cosa? Per far finta di niente? Per far finta di non vedere ciò che, di una gravità straordinaria, è accaduto? Diventa difficile far finta di niente. Però dobbiamo occuparci anche di questo. Facciamo finta di niente e l'Aula va avanti. Parliamo, quindi, delle misure urgenti in materia di energia, anche se un Ministro non c'è e chi deve occuparsene non se ne occupa.
Non possiamo fare altro che evidenziare una notevole approssimazione e il rischio che viene sottoposto all'Assemblea di approvare un provvedimento che è viziato di incostituzionalità proprio nella sua formulazione. Pregiudiziali di superficialità, pregiudiziali che compromettono il corretto legiferare: avevamo ragione.
Ho sentito un intervento sulla questione pregiudiziale precedente in materia di trasporti nel quale si diceva che è la solita cosa e si inizia sempre l'esame di ogni provvedimento, ponendo questioni di pregiudizialità. Ebbene, voglio dire a chi prima mi ha preceduto che, in questo caso, le pregiudiziali di costituzionalità sono fondate e la dimostrazione si è avuta ieri in Commissione bilancio e successivamente in Commissione attività produttive.
Infatti, tra le varie incostituzionalità che avevamo sottolineato ce n'era una che riguardava la violazione dell'articolo 81 della Costituzione in materia di copertura finanziaria e tutti si erano messi a ridere. Poi, alla fine, la Commissione competente (bilancio) ha dovuto esprimere parere contrario perché c'era una violazione palese in questo provvedimento. Quindi, la X Commissione (attività produttive) è stata costretta a recepirlo, tant'è che noi oggi lo abbiamo ritirato, ma non possiamo non sottolineare che quella questione di pregiudizialità era stata da noi evidenziata.
Quindi, guardando con più attenzione e - aggiungo - con più rispetto a ciò che viene segnalato dall'Italia dei Valori non per un fatto di parte, ma per garantire una corretta legislazione, andiamo a segnalare le altre questioni di incostituzionalità rimaste all'interno del provvedimento.
Innanzitutto - e non è una considerazione generica perché basta guardare la Costituzione - segnaliamo la violazione degli articoli 76 e 77 in materia di competenza dei decreti-legge da parte del Governo. Ci sono dei requisiti specifici che la nostra Costituzione richiede. Tali requisiti in questo provvedimento sono totalmente disattesi. Molte delle disposizioni introdotte in questo provvedimento non rispondono, infatti, in alcun modo ai requisiti di specificità, omogeneità, necessità e urgenza che la natura del decreto-legge, quale provvedimento puntuale e quindi essenzialmente omogeneo, impone. In questo caso, c'è poco di urgente e, invece, molto di legiferazione impropria, intesa come utilizzo di uno strumento d'urgenza per sopperire ad una carenza legislativa ordinaria.
Ciò è previsto anche dalla Costituzione e dalla Corte costituzionale, che ha sancito questo principio con molta forza. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 1, che dà esecuzione alla sentenza della Corte costituzionale n. 215 del 2010 sugli interventi urgenti e indifferibili connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione di energia; all'articolo 2 sul riordino e il riassetto delle partecipazioni societarie di Invitalia (ma che c'entra Invitalia? Tale norma esula completamente dalla materia dell'energia e non si evince nessun riscontro nel titolo del decreto-legge); all'articolo 3 sulla disciplina relativa all'incompatibilità del presidente e dei componenti dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. Anche questo è un fatto che incide pesantemente.
Inoltre, anche in Senato si era intervenuti e in quella sede si è talmente allargato il campo di intervento del provvedimento che si è finito per snaturarlo totalmente affrontando questioni che non possono assolutamente essere ricondotte nell'ambito dell'energia e della tutela dell'ambiente: si è andati di gran lunga oltre.
Le due ulteriori questioni di incostituzionalità riguardano, in particolare, la potestà legislativa del Governo alla luce di Pag. 53quanto disposto dall'articolo 117 della nostra Costituzione. L'articolo 1 del provvedimento, infatti, nel tentativo di dare esecuzione - come dicevo - alla sentenza della Corte costituzionale del 17 giugno 2010, n. 215 novellando i primi quattro commi dell'articolo 4 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, in materia di interventi urgenti per le reti di energia e nomina di appositi commissari straordinari, nonostante sia stato in parte riscritto dal Senato, oltre a non definire in alcun modo gli interventi urgenti e indifferibili, cosa che invece avrebbe dovuto fare nel rispetto proprio della norma costituzionale, riferisce i predetti interventi non solo alle reti di trasmissione e di distribuzione di energia (per le quali possono oggettivamente verificarsi problemi di mancato funzionamento tali da determinare situazioni di urgenza ed emergenza non prevedibili), ma anche alla produzione di energia e alle fonti energetiche.
Badate che riferirsi alle fonti energetiche è un fatto di straordinaria gravità, che non può essere sottaciuto, né assolutamente sottovalutato. Voglio, infatti, ricordare che, per quanto riguarda le fonti energetiche, nell'ambito della produzione di energia rientra anche l'arricchimento dell'uranio e la produzione di fonti energetiche non rinnovabili quali il petrolio. Si tratta, quindi, di un intervento generico che non ha nulla di specifico e - aggiungo - nulla di urgente, con conseguente palese violazione del dettato costituzionale.
Con tale norma, infatti, il Governo ha voluto definire uno spazio di intervento diretto da parte dello Stato, in evidente contraddizione con i contenuti della legge n. 99 del 2009, che attribuiva procedure straordinarie e derogatorie, la realizzazione di impianti di produzione di energia e, in particolare, di fonti energetiche.
Ciò rappresenta senza alcun dubbio una violazione grave e inaccettabile dei principi contenuti nella Costituzione e, segnatamente, come citavo, dell'articolo 117, ove peraltro - ribadiamo e sottolineiamo questa violazione - non è previsto alcun riferimento alla produzione delle fonti energetiche.
Sempre con riferimento all'articolo 1 del decreto-legge, infine, si segnala che nel corso dell'esame presso il Senato è stato aggiunto un nuovo comma 3 che, intervenendo su una materia completamente estranea a quella dell'articolo stesso, introduce una modifica al codice ambientale, consentendo che siano considerati sottoprodotti anche gli sfalci e le potature di manutenzione del verde pubblico e privato e i materiali provenienti da attività agricole anche al di fuori del luogo di produzione. Come vedete, colleghi, questo non c'entra niente con il provvedimento d'urgenza, con un intervento specifico diretto a garantire gli strumenti e le misure urgenti in materia di energia.
Un'ulteriore violazione al dettato costituzionale va riferita all'articolo 66 della Costituzione in materia di incompatibilità dei parlamentari, anche su questo credo che bisogna prestare attenzione. L'articolo 3 del provvedimento in esame, infatti, nell'intervenire sulla disciplina relativa alle incompatibilità del presidente e dei componenti diversi dal presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, istituita dall'articolo 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha introdotto un principio in palese contraddizione con quanto prescritto dall'articolo 1, comma 1, della legge 13 febbraio 1953, n. 60, recante disposizioni in materia di incompatibilità parlamentari, ove si dispone che «i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche o uffici di qualsiasi specie in enti pubblici o privati, per nomina o designazione del Governo o di organi dell'Amministrazione dello Stato» e che, soprattutto, espropria il Parlamento di una sua competenza specifica tutelata proprio dall'articolo 66 della Costituzione, a cui facevo riferimento, in base al quale «ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità».

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IGNAZIO MESSINA. Il Governo non vuole intervenire perché è urgente, vuole, ancora una volta, snaturare e sottrarre al Pag. 54Parlamento le sue competenze. Noi diciamo «no» e denunziamo, ancora una volta, l'incostituzionalità di questo provvedimento che riteniamo sicuramente di non poter approvare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Quartiani ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, siamo in presenza di una particolare valutazione che riguarda gli elementi di costituzionalità che nella nostra questione pregiudiziale abbiamo evidenziato relativamente al decreto-legge n. 105 del 2010 che reca disposizioni urgenti in materia di energia e mi rivolgo anche ai colleghi della maggioranza e ai rappresentanti del Governo che sono presenti numerosi in questa nostra sessione antimeridiana dei lavori.
Signor Presidente, il decreto-legge era stato presentato dal Governo perché il 17 giugno 2005 è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale relativa alle modalità di nomina dei commissari straordinari che avrebbero dovuto supplire alle manchevolezze, diciamo così, della regione e degli enti locali per quanto attiene alle reti e a tutto ciò che in tema di energia è connesso alla trasmissione, distribuzione e produzione di energia e delle fonti energetiche.
Signor Presidente, la prima questione che voglio sottolineare è che potremmo anche essere d'accordo nel merito su una serie di passaggi: anzitutto non contestiamo la parte del decreto-legge che ancora contiene la lettera del testo sul quale era stata apposta la firma del Presidente della Repubblica, ma potremmo anche essere d'accordo su una serie di ulteriori disposizioni che sono intervenute nel corso del dibattito al Senato.
Quello che ci sembra è che il merito, di per sé, non può essere sostitutivo della valutazione di costituzionalità di una norma. Una norma non può bypassare la Costituzione e nemmeno può non tener conto delle modalità attraverso le quali i Regolamenti di ciascuna Camera determinano l'ammissibilità o meno, relativamente alla congruità della materia.
Ci troviamo di fronte ad una serie di passaggi, in questo provvedimento, che sono palesemente incostituzionali. Sosteniamo ciò con riferimento all'articolo 3, ma anche con riferimento ad una serie di elementi che sono stati introdotti, anche extra materia, nel corso della discussione al Senato.
Prima di tutto, signor Presidente, ribadiamo, nella nostra proposta di pregiudiziale, un punto fermo: il merito non può sostituire l'elemento della costituzionalità o meno di una norma e questo per il combinato disposto degli articoli 77 e 72 della Costituzione. La Costituzione va rispettata sempre e comunque, questa è la prima cosa. La seconda cosa: ormai i decreti-legge sono diventati una specie di treno dal quale, di volta in volta, il Parlamento è privato della propria autonoma capacità di iniziativa legislativa, da un Governo prorompente, che continuamente interviene solo attraverso la decretazione d'urgenza, sostituendosi all'autonoma responsabilità del legislatore parlamentare.
Spesso, il Parlamento o, come in questo caso, la maggioranza del Parlamento tende a cogliere - lo ha fatto il Senato e, in qualche altra situazione anche la Camera - l'occasione del decreto-legge, per aggiungere ulteriori vagoni al provvedimento. Signor Presidente - è bene che anche qui lo ribadiamo, non solo per nostra memoria, ma anche perché resti agli atti e sia chiaro anche a tutti coloro che sono attenti ai lavori della nostra Camera in questa giornata - il decreto-legge ha visto l'introduzione al Senato dell'articolo 1-bis, sul sistema informatico integrato che dà una responsabilità relativamente al gas all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e al GSE. È stato introdotto l'articolo 1-ter che, per fortuna, nel corso della discussione alla Camera è stato emendato, non già perché c'era un'ingiunzione da parte della Commissione Bilancio in quanto comportava oneri, ma in quanto era contrario alla normativa europea, agli impegni assunti, non solo da questo Governo, ma Pag. 55da tutti i Governi. Relativamente alle vicende di energia, l'articolo 1-ter introduceva un elemento, che per fortuna adesso è stato cancellato con una iniziativa emendativa, nel corso della discussione della Commissione di merito. Infatti, tale articolo faceva ritornare in campo le cosiddette fonti assimilate, cioè, sostanzialmente, si incentivavano tutte le fonti di produzione di generazione elettrica che nulla avevano a che fare con l'incentivazione dovuta alle fonti rinnovabili, cioè alle fonti pulite.
Si finanziava, in un momento di crisi, attraverso la bolletta, cioè con i soldi dei contribuenti, l'energia prodotta attraverso scarti della lavorazione del petrolio, della chimica e scarti vari che nulla hanno a che vedere con le fonti pulite, attraverso le quali l'Unione europea e l'Italia sono impegnate per raggiungere l'obiettivo del 2020 europeo, che richiede un grande impegno di valorizzazione e di sostegno delle energie rinnovabili.
Per fortuna, questa parte è stata corretta, ma sono stati introdotti altri articoli che sono oggetto dell'elemento su cui insistiamo, di un eccesso di eterogeneità, per l'introduzione di materie che nulla hanno a che vedere con il testo originario. Anche questa è una questione di rispetto della Costituzione, oltre che dell'autorevolezza della prima carica dello Stato, ossia della Presidenza della Repubblica.
Non si può chiedere al Presidente della Repubblica di firmare decreti-legge che poi cambiano per il 70-80 per cento nell'ambito della discussione in Aula, non già nel merito di tutto ciò che già era stato scritto, ma introducendo nuove materie e nuove iniziative di carattere legislativo, che nulla hanno a che vedere con la materia originaria.
Al Senato è stato introdotto l'articolo 1-quater, cioè quello che riguarda gli impianti, rispetto ai quali viene fissata la tariffa fissa onnicomprensiva per quanto attiene ai produttori e agli utilizzatori di impianti di potenza elettrica superiore ad un megawatt. Al Senato è stato poi introdotto un ulteriore articolo, 1-quinquies, relativo alle procedure di denuncia di inizio di attività, la DIA. Anche questo, signor Presidente, non ha nulla a che vedere con la questione dei commissari. Sono stati introdotti l'articolo 1-sexies e l'articolo 1-septies, che riguarda il rafforzamento degli strumenti per la sicurezza del sistema elettrico per potenze superiori a un megawatt, quindi è una questione che può anche riguardare l'evoluzione del sistema nucleare, riguardo al quale vorrei ricordare che l'articolo 3 interviene in maniera non sufficientemente rispettosa anche delle norme costituzionali di cui agli articoli 72 e 65 della Costituzione, sul sistema dell'ineleggibilità e della incompatibilità parlamentare, relativamente alle responsabilità che si vengono ad assumere. In questo caso, si parla dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, quindi dell'incompatibilità o meno di chi avrà la responsabilità di assumere quella presidenza relativamente ad altre cariche elettive.
Signor Presidente, la terzietà è molto importante e noi rispetteremo tutti coloro che avranno la responsabilità di guidare l'Agenzia per la sicurezza nucleare. Certamente lo faremo, ma non possiamo consentire che ci siano elementi non risolti di compatibilità di funzione. Soprattutto, diventa difficile votarli nel momento in cui ciò è scritto in una norma. Questo è palesemente fuori dalla norma costituzionale. Lo dico con tranquillità e sincerità.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, la prego di concludere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, se poi teniamo conto anche del fatto che il sottosegretario Saglia - in mancanza del Ministro, perché il Ministro dello sviluppo economico non c'è, essendo ancora ad interim il Presidente del Consiglio - che in qualche modo copre le difficoltà a svolgere un ruolo importante in quel Ministero così decisivo durante la ripresa economica, ci ha detto nei giorni scorsi che il nucleare subirà un ritardo per quanto riguarda i programmi del Governo, non si capisce perché bisogna inserire in un provvedimento d'urgenza, in un decreto-legge, questioni che devono essere affrontate Pag. 56in maniera più compiuta dal Parlamento. Anche per queste ragioni, quindi, invitiamo i colleghi a votare a favore della nostra proposta relativamente alla procedura concernente...

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, la ringrazio.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, il decreto-legge in discussione reca misure urgenti in materia di energia. La necessità e l'urgenza di discutere su temi come questo in un Paese come il nostro è sempre giustificata. Non sta a me ricordare che il nostro Paese è privo di materie prime, che è stato investito da grossi problemi occupazionali, a causa dell'andamento dell'economia in generale e anche per mancati interventi a tutela dell'economia dei Paesi dell'Unione europea, che colpevolmente non ci sono stati.
Non sono state previste regole a tutela delle conquiste sociali e dei posti di lavoro. Ci hanno aperto ad un confronto perdente rispetto a Paesi che non tutelano nemmeno i diritti fondamentali dei lavoratori. Quindi, abbiamo problemi economici, occupazionali e di materie prime. Se un Paese con queste problematiche non si impegnasse con necessità e urgenza ad affrontare almeno il problema dell'energia, vi sarebbe una responsabilità sconfinata. Quindi l'urgenza c'è.
Va detto questo: la questione pregiudiziale cerca di appigliarsi al fatto che con i decreti-legge si svuoterebbe il lavoro del Parlamento. Anche qui, possiamo contestare quanto sta alla base della questione pregiudiziale, ricordando semplicemente che i disegni di legge di conversione dei decreti-legge non prevedono contingentamenti dei tempi, o meglio, sarebbero già previsti da quattro legislature, dopo l'ultima riforma del Regolamento fatta quando il Presidente della Camera era l'onorevole Violante, ma siamo andati avanti prorogando il vecchio sistema. Quindi, di fatto, ad oggi non vi sono contingentamenti dei tempi.
Il Parlamento non è perciò svuotato, ma ha la possibilità di interpretare, discutere e proporre proprie iniziative per modificare i decreti-legge prima di convertirli in legge, senza limiti. Abbiamo visto che, molto spesso, siamo stati costretti a porre, addirittura, la questione di fiducia, ma questo non è neanche sufficiente per arrivare ad una data certa di conversione, perché è sufficiente presentare centinaia di ordini del giorno e, anche con la questione di fiducia, si continua a discutere sui decreti-legge da convertire in legge per altri due, tre, quattro giorni.
Viene, quindi, a mancare il contenuto stesso della questione pregiudiziale: i tempi vi sono, smodatamente lunghi, anche, se vogliamo. Non sta, poi, a me giustificare la necessità e l'urgenza di intervenire in materia, perché c'è tutta. Il gruppo della Lega Nord, quindi, voterà ovviamente contro la questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, innanzitutto vorrei ribadire un aspetto sollevato in apertura dall'onorevole Messina, relativamente alla critica ingenerosa, che abbiamo sentito anche durante la discussione sulle linee generali, sull'assenza del Ministero a questa discussione.
Faccio presente che c'è il sottosegretario Saglia, che ha la delega sull'energia, che è persona attenta, competente e anche costruttiva nel rapporto con il Parlamento, in particolare con la X Commissione.
Credo che tutti i membri di tale Commissione, compreso il collega dell'Italia dei Valori, non abbiano alcuna difficoltà a riconoscerlo; poi, le polemiche si possono capire, ma, in questo caso, sono francamente ingenerose e, credo, anche poco rispettose delle persone.
Venendo al merito, la questione pregiudiziale presentata reca la solita critica della mancanza dei requisiti di necessità e urgenza per l'emanazione dei decreti-legge. Tale critica, come spesso avviene in Pag. 57questi casi, è totalmente infondata, in quanto il presente provvedimento è stato emanato per far fronte agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 215 del 17 giugno scorso, che ha investito negativamente i primi quattro commi dell'articolo 4 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante interventi urgenti per le reti dell'energia.
Infatti, per effetto della sentenza, viene resa praticamente impossibile, o comunque molto lenta, la realizzazione di indispensabili interventi relativi alla trasmissione e distribuzione dell'energia in generale. È del tutto evidente che non era urgente, ma urgentissimo, porre rimedio agli effetti paralizzanti di questa sentenza della Corte costituzionale, peraltro giudicata un po' ultronea dallo stesso Servizio studi della Camera.
In sostanza, in caso contrario, avremmo avuto una stasi del potenziamento e dell'ammodernamento della rete di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica, molto carente ed obsoleta nel nostro Paese, con grave danno per la competitività del nostro sistema economico e un pesante aggravio per i conti delle nostre famiglie.
L'altra critica è al presunto contenuto non omogeneo del provvedimento. Il contenuto del provvedimento è obiettivamente complesso dopo le modifiche apportate al Senato, ma la finalità è senza dubbio omogenea, e cioè quella di migliorare l'efficienza e la funzionalità del nostro sistema energetico, con particolare riferimento all'energia elettrica.
Inoltre, non credo sia prerogativa di questo ramo del Parlamento sindacare sul Regolamento dell'altro ramo del Parlamento in relazione all'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti-legge.
Vi sarebbe poi, secondo i presentatori della pregiudiziale, una violazione dell'articolo 70 della Costituzione che dispone testualmente: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere». Ma non si ravvede dove sia questa violazione, perché le integrazioni al decreto-legge iniziale sono state apportate dal Senato e, per diventare legge, necessitano dell'approvazione della Camera. Siamo, quindi, evidentemente di fronte a una funzione legislativa esercitata collettivamente dalle due Camere.
Viene eccepita anche una violazione dell'articolo 117 della Costituzione, in quanto secondo i presentatori della pregiudiziale tale articolo nelle materie a legislazione concorrente non prevede alcun riferimento alle fonti energetiche. Siamo però di fronte ad un gioco di parole, perché il citato articolo fa riferimento alla produzione dell'energia, cioè ad un termine che comprende con tutta evidenza anche le fonti. Faccio anche presente che il fotovoltaico e i suoi sottoprodotti riguardano a pieno titolo le fonti.
Ancora, l'articolo 1-ter, che estende la platea dei beneficiari - sto per concludere - degli incentivi CIP6, è stato soppresso, come è stato riconosciuto, e quindi viene meno.
Viene rilevata una violazione dell'articolo 66 della Costituzione, in base al quale ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità. L'articolo 3 prevede, però, una deroga alla legge 13 febbraio 1953, n. 60, che quindi sarebbe essa stessa incostituzionale secondo questa interpretazione. Pertanto, il rilievo è del tutto infondato.
Per il complesso delle suddette ragioni credo, pertanto, che le pregiudiziali presentate siano assolutamente da respingere.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Messina ed altri n. 1 e Quartiani ed altri n. 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Siragusa, Sardelli, Morassut, Barbaro, Calderisi, Barba...
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 58
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 559
Votanti 556
Astenuti 3
Maggioranza 279
Hanno votato
266
Hanno votato
no 290).

Prendo atto che i deputati Barbareschi e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto.
Il seguito del dibattito avrà luogo nel prosieguo della seduta.

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale di Livorno - sezione distaccata di Cecina di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 211 del 2010 (ore 13,40).

PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 27 luglio 2010 - preso atto dell'orientamento favorevole espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta del 7 luglio 2010 - ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Livorno - sezione distaccata di Cecina, dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 211 del 2010, in relazione alla deliberazione della Camera del 28 ottobre 2009, con la quale è stato dichiarato che i comportamenti ascritti al senatore Altero Matteoli, deputato e Ministro all'epoca dei fatti, oggetto di procedimento penale pendente presso il Tribunale ricorrente, sono riferibili all'articolo 96 della Costituzione e posti in essere per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo, negandosi conseguentemente l'autorizzazione a procedere all'autorità giudiziaria.
Su questa proposta darò la parola ai sensi degli articoli 41, comma 1, e 45 del Regolamento, ad un oratore per gruppo, per non più di cinque minuti ciascuno.

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'Italia dei Valori vuole dire all'Assemblea le ragioni per le quali voterà contro la costituzione della Camera in questo giudizio. Il conflitto di attribuzione che è stato elevato è in verità una superfetazione, forse - anzi certamente - un errore. Di fronte ad un atto senza potere quale quello compiuto dalla Camera il 28 ottobre del 2009, il giudice di Livorno avrebbe dovuto procedere senz'altro alla trattazione della causa e trascurare quella deliberazione che altro non può definirsi non dico - per riguardo - un atto di teppismo istituzionale, ma quanto meno una grave arroganza, in quanto rappresentava un atto di usurpazione del potere giurisdizionale da parte di quello legislativo in dispregio di elementari principi costituzionali che ogni studente alle prime armi impara.
Nondimeno, per un senso di lealtà istituzionale che la Camera non meritava in questo caso, il giudice ha sollecitato la Corte costituzionale a dirimere il conflitto di attribuzione tra poteri: ebbene, ci auguriamo che il contrasto sia risolto con una sonora sconfessione di quella assurda deliberazione che questa Assemblea assunse, assurda per motivi procedurali ma soprattutto per motivi sostanziali.
Il Ministro dell'ambiente invitò a casa sua due indagati per corruzione, tra i quali il prefetto di Livorno, e disse loro di non parlare al telefono e di cancellare le memorie dai loro computer e questa Camera vorrebbe cercare di salvarlo: no colleghi, noi non voteremo per salvarlo!
Matteoli come Cosentino, come Brancher, come Verdini: non ci potete chiedere di votare per questo scempio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Pag. 59
Ma siccome purtroppo voi non rispondete né vi interessa rispondere all'elettorato, alla Costituzione repubblicana e alla coscienza, siccome voi rispondete soltanto al vostro capo (almeno quelli che non si dissociano, ai quali esprimiamo la piena solidarietà) sappiamo che voi voterete per questa costituzione in giudizio. Allora io dico: almeno evitate lo sperpero di pubblico danaro e nominate come difensore un avvocato interno della Camera e non un costosissimo professionista esterno, che al contribuente onesto costa non meno di 16-18 mila euro. È come mettere un dito nell'occhio agli elettori: non solo l'impunità in spregio della nostra comunità, ma anche l'avvocato a carico dell'erario e a suo esclusivo vantaggio!
Mi auguro che almeno questa Camera vorrà valorizzare le professionalità interne e limitare il sacco delle casse della Camera stessa che prevede in bilancio cifre scandalose per le consulenze, tra cui 227 mila euro annui per quelle legali, pur essendo l'amministrazione della Camera dotata di un eccellente servizio legale interno in cui lavorano consiglieri molto competenti anche in materia di immunità parlamentari, di separazione dei poteri, di diritto e procedura penale: e questo per perdere sistematicamente le cause, i soldi e la faccia dinanzi alla Corte costituzionale per la sistematica invadenza delle Camere sul potere giudiziario ad esclusivo vantaggio della casta politica ma a disprezzo dei cittadini.
Per l'ennesima volta la Camera verrà ancora bocciata nei confronti dell'ennesimo Ministro inquisito di questo Governo, che ha abusato delle sue funzioni per aiutare un soggetto indagato a sfuggire alle investigazioni: ecco la ragione per la quale noi - ancora volta e ancora di più - invitiamo questa Camera ad un atto di resipiscenza e di rispetto istituzionale e a non costituirsi di fronte al giudizio della Corte costituzionale o, quanto meno, a costituirsi attraverso un proprio organo interno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MARILENA SAMPERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, non ripercorrerò le tappe di un problema che occupa la Camera dei deputati dal 1995: mi fermerò soltanto all'oggetto della nostra delibera di oggi, la costituzione in giudizio in relazione ad un conflitto di competenza sollevato dal tribunale di Livorno.
Il tribunale di Livorno chiede alla Corte costituzionale di pronunciarsi, se ai fini della prerogativa di cui all'articolo 96 della Costituzione, spetti alla Camera di appartenenza o all'autorità giudiziaria la valutazione in ordine alla natura ministeriale o meno del reato contestato. Signor Presidente, la Corte costituzionale su questo stesso fatto si è però già pronunciata: si è pronunciata nella sentenza n. 241 del 2009 rispondendo ad un conflitto che la Camera ha sollevato nella XV legislatura, ed in essa ha statuito che l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto comunicare alla Camera l'archiviazione anomala che il tribunale cosiddetto dei Ministri aveva fatto del caso Matteoli, ritenendo i fatti contestati non ministeriali.
La Camera - è scritto nella sentenza - non avrebbe potuto dichiarare la ministerialità dei fatti, perché non è nei suoi poteri e nella sua competenza. Noi questo lo abbiamo affermato durante il dibattito in Assemblea, noi questo lo abbiamo sostenuto nella sede della Giunta per le autorizzazioni richieste e abbiamo anche suggerito la strada: abbiamo detto che se la Camera non fosse stata d'accordo sulla valutazione che il tribunale dei Ministri aveva dato intorno alla ministerialità o meno dei fatti, avrebbe potuto seguire una via lineare, indicata nella sentenza n. 241 dalla Corte stessa, che sosteneva che la Camera avrebbe dovuto sollevare conflitto di competenza per difendere le proprie prerogative. Pag. 60
Tale via lineare, semplice e chiara non è stata seguita dalla Camera: essa ha inopinatamente deliberato sia che il reato era di natura ministeriale, sia che si negava l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'autorità giudiziaria. Naturalmente il tribunale di Livorno, pur potendo non tener conto di tale deliberazione della Camera, che era assolutamente fuori dai canoni di legittimità, proprio in virtù ed in funzione di una leale collaborazione tra organi istituzionali, ha più correttamente sollevato conflitto di attribuzione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARILENA SAMPERI. A questo punto noi stiamo discutendo in Aula se costituirci o meno su una pronunzia e su un conflitto su cui già la Corte costituzionale si è espressa, affermando a chiare lettere quanto la Camera avrebbe dovuto fare e quanto invece la Camera non aveva il potere di fare. Noi andremo quindi davanti alla Corte costituzionale, solo per sentirci dire che la Camera non poteva formulare la valutazione di reato ministeriale in luogo del tribunale dei Ministri, che è l'unico organo competente a farlo. Credo allora che noi dovremmo formulare questa valutazione di serietà; vi è anche un esborso a carico della Camera, di cui sicuramente essa dovrà rispondere.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Samperi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, noi ovviamente siamo contrari alle condanne preventive. Questo vale per tutti, e vale ovviamente anche per il Ministro Matteoli. Tuttavia, come già ho avuto modo di precisare nella seduta del 28 ottobre 2009, in quella occasione la Camera si arrogò un potere che non aveva, cioè deliberò circa la non ministerialità del reato. È una competenza che non è propria della Camera ai sensi della Costituzione. Oggi siamo però ad un giudizio diverso, che è quello della costituzione in giudizio. Credo che su questo, liberamente, si esprimerà il Parlamento. Voglio anch'io esprimere l'auspicio che la Camera possa farlo attraverso gli avvocati dell'avvocatura interna in modo da ridurre, anche in questo campo, i costi secondo una buona prassi.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, le argomentazioni di chi è intervenuto tra le fila delle opposizioni su questa vicenda muovono su due fronti. Uno è di merito, e per la verità, pur se pregevoli, le argomentazioni non mi sembra possano trovare albergo in questa occasione. Dico questo perché il merito della deliberazione assunta il 28 ottobre del 2009, e oggetto dell'impugnativa del giudice di Livorno, non torna qui in discussione. Stamane non stiamo discutendo del merito della questione sottostante alla richiesta di costituzione in giudizio, perché altrimenti violeremmo il principio del ne bis in idem.
La nostra decisione è solo e soltanto meramente procedurale, perché si tratta della costituzione in giudizio in difesa di una situazione emersa tra l'altro, forse per la prima volta, in maniera anomala, e che deve vedere questa Camera essere rappresentata davanti alla Corte. Del resto la Camera si è sempre costituita in giudizio a difesa delle proprie prerogative quando queste non hanno riguardato l'insindacabilità parlamentare.
Non stiamo parlando di sindacabilità o insindacabilità parlamentare. Si tratta di dirimere una questione in ordine ai reati di natura ministeriale, quindi è una questione di natura procedurale. Potrei accedere anche ad una richiesta, cioè quella di fare Pag. 61una riflessione, per evitare dispendio di energie di natura economica, sul fatto che la Camera si costituisca dando mandato a rappresentanti esterni a questo ramo del Parlamento. Questo è un argomento che mi trova sensibile. Mi trova sensibile perché la Camera ha certamente un ottimo ufficio legale dotato di bravissimi professionisti. Concordo sul fatto che occorre valorizzare le energie che sono all'interno di questa Camera e posso tranquillamente dire che una riflessione in tal senso può essere fatta per il futuro. In questa circostanza abbiamo bisogno di una sola cosa, non di ritornare sul merito della decisione, che è già stata presa tra l'altro anche dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere; è il momento di evitare che questa Camera abdichi letteralmente alle proprie prerogative, che non sono solamente formali ma anche sostanziali. I primi a non consentire questa abdicazione dobbiamo essere proprio noi, che sediamo in questi banchi, a partire anche da questa vicenda. Il Popolo della Libertà voterà a favore della costituzione in giudizio (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Poiché è stata avanzata la richiesta di procedere alla votazione, passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, la proposta dell'Ufficio di Presidenza che la Camera si costituisca in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 della 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Livorno - sezione distaccata di Cecina - dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 211 del 2010, in relazione alla deliberazione della Camera del 28 ottobre 2009, con la quale è stato dichiarato che i comportamenti ascritti al senatore Altero Matteoli, deputato e Ministro all'epoca dei fatti, oggetto di procedimento penale pendente presso il Tribunale ricorrente, sono riferibili all'articolo 96 della Costituzione e posti in essere per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo, negandosi conseguentemente l'autorizzazione a procedere all'autorità giudiziaria.
(È approvata).

La Camera approva per 104 voti di differenza.
Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 15,30 con lo svolgimento del seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di trasporto marittimo.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, forse sarebbe il caso di riprendere la seduta alle ore 16.

PRESIDENTE. Sta bene. Se non vi sono obiezioni, la seduta riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 16,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bongiorno, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lombardo, Lucà, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Mura, Leoluca Orlando, Palumbo, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta Pag. 62dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della costituzione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Avverto che in data odierna è pervenuta alla Presidenza la comunicazione che, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del Regolamento, si è costituito il gruppo parlamentare Futuro e Libertà. Per l'Italia, di cui fanno parte i seguenti deputati, che hanno contestualmente dichiarato di essersi dimessi dal gruppo parlamentare Popolo della Libertà: Enzo Raisi, Italo Bocchino, Luca Barbareschi, Maria Grazia Siliquini, Benedetto Della Vedova, Angela Napoli, Francesco Proietti Cosimi, Aldo Di Biagio, Francesco Divella, Claudio Barbaro, Antonio Buonfiglio, Giuseppe Scalia, Antonino Lo Presti, Flavia Perina, Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Giorgio Conte, Luca Bellotti, Alessandro Ruben, Andrea Ronchi, Donato Lamorte, Giulia Bongiorno, Catia Polidori, Carmine Santo Patarino, Giulia Cosenza, Silvano Moffa, Mirko Tremaglia, Adolfo Urso, Roberto Menia, Giuseppe Consolo, Giuseppe Angeli, Souad Sbai e Gianfranco Paglia.
I deputati sopraelencati si riservano di comunicare i nominativi del presidente e degli altri organi del gruppo. Nelle more dell'elezione, da parte dell'assemblea del gruppo, delle cariche direttive, la rappresentanza del gruppo è affidata all'onorevole Giorgio Conte (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà. Per l'Italia e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Sull'ordine dei lavori (ore 16,18).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, per avere un andamento più razionale dei nostri lavori, essendo stata convocata dalla Presidenza la Conferenza dei presidenti di gruppo per le 16,30, ritengo che sarebbe più opportuno richiedere una sospensione dei nostri lavori in attesa che la Conferenza dei presidenti di gruppo definisca un eventuale percorso dei nostri lavori.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, in verità avevo chiesto la parola già in precedenza. Tuttavia prendo atto del «getto della spugna» da parte dell'onorevole Baldelli a nome di quello che resta del Popolo della libertà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Salutiamo il nuovo gruppo che si è testé costituito.

PRESIDENTE. Evitiamo di commentare! Onorevole Evangelisti, parli rivolto alla Presidenza.

GENNARO MALGIERI. Oltre che un provocatore sei un cretino!

FABIO EVANGELISTI. Io parlo alla Presidenza, lei ha sentito le parole che l'onorevole Gennaro Malgieri ha appena proferito.

PRESIDENTE. Onorevole Malgieri, per cortesia.

FABIO EVANGELISTI. No, signor Presidente, lei deve fare il suo compito. Lo deve richiamare all'ordine e la seconda volta che mi offende lo butta fuori dall'Aula e lo deferisce all'Ufficio di Presidenza.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, non dica quello che devo fare io. L'ho già richiamato.

FABIO EVANGELISTI. Ho imparato sulla mia pelle che cosa succede. Sono Pag. 63stato più volte vittima di provocazioni e continuo ad esserlo, però vado avanti con le mie idee (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Per cortesia, non abbiamo ancora iniziato con gli argomenti all'ordine del giorno. Abbiamo molto tempo. Quindi direi di lasciare intervenire l'onorevole Evangelisti sull'ordine dei lavori.

FABIO EVANGELISTI. Dicevo che la comunicazione appena pervenuta dalla Presidenza della costituzione del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia, che noi auspichiamo possa presto arrivare anche nel Paese oltre che nell'Aula di Montecitorio, rappresenta in maniera plastica quella che era la denuncia che questa mattina anche il nostro gruppo ha fatto insieme ad altri. L'onorevole Donadi ha spiegato i motivi del nostro atteggiamento, quest'oggi, sui decreti-legge in discussione.
Noi chiediamo ed ora a maggior ragione esigiamo che il Presidente del Consiglio venga qui in Aula a riferire di quella che è una crisi di fatto: il suo Governo non ha più la maggioranza in quest'Aula. Può avere soltanto due possibilità: o viene qui a riferire o deve avere la dignità di salire al Quirinale e rassegnare le dimissioni. Questo è quello che chiede il gruppo dell'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, non intervengo per chiedere di nuovo, come hanno già fatto il segretario del nostro partito e il presidente Franceschini questa mattina, che il Presidente del Consiglio venga a riferire della crisi politica che si è aperta. È del tutto evidente, infatti, che attendiamo una risposta da questa mattina alle 9 e che ci siamo comportati di conseguenza relativamente agli accordi che erano intercorsi nella Conferenza dei presidenti di gruppo con riferimento all'ordine del giorno.
A tale proposito, vorrei pronunciarmi in ordine alla proposta avanzata dal vicepresidente del Popolo della Libertà di sospendere i lavori in attesa dello svolgimento della Conferenza dei presidenti di gruppo. Signor Presidente, credo che non si possa inventare nulla di più antistituzionale: infatti, un conto è chiedere una sospensione, qualora vi sia una richiesta di riflessione da parte del Popolo della Libertà in ordine ai provvedimenti all'ordine del giorno, che si possono ritirare o rinviare; ma non si può chiedere di non procedere con l'ordine del giorno, che è anche molto corposo.
Pertanto, chiedo che si proceda con lo svolgimento degli argomenti previsti. Signor Presidente, lei sa che vi sono 206 colleghi che attendono di intervenire sul complesso degli emendamenti presentati ad uno dei provvedimenti all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Prima di ascoltare i rappresentanti degli altri gruppi parlamentari, permettetemi di salutare il Presidente della Commissione dell'Unione africana, Jean Ping, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune, e che è in Italia per essere insignito dall'associazione «Nessuno tocchi Caino» del premio «L'abolizionista dell'anno 2010». Signor Presidente, l'Assemblea la saluta e la ringrazia per ciò che fa con il suo lavoro (Applausi). Avevo intuito che almeno questo poteva portare un po' di serenità in Aula.
Dunque, vi è una proposta avanzata dall'onorevole Baldelli di sospendere la seduta fino alle 16,30 per attendere l'esito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. Ricordo che il gruppo del Partito Democratico non è d'accordo. Vorrei capire cosa intendono fare gli altri gruppi.

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 64

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, ho ascoltato la richiesta dell'onorevole Baldelli e, per la verità, devo dire che non ho nulla in contrario. Capisco il problema che si è determinato all'interno della maggioranza e non mi sembra che si debba essere troppo fiscali. Siamo di fronte ad un passaggio che ha una rilevanza per questa legislatura e, forse, non solo per questa. Noi ne abbiamo preso atto.
Tra l'altro, devo riconoscere che la consistenza dei colleghi che hanno deciso di dar vita ad un gruppo autonomo è davvero rilevante: solo poche ore fa, nessuno avrebbe immaginato che avrebbe avuto questa consistenza. Qualcuno, evidentemente, ha sbagliato i conti. Di questo non sono particolarmente esaltato.
Registro, tuttavia, che l'assetto politico di questa cosiddetta Seconda Repubblica, che sembrava sostenuta da un consenso elettorale così vasto, che aveva dato origine ad una maggioranza senza precedenti, si è risolto in ben poca cosa. Nella tanto vituperata Prima Repubblica, l'effetto sarebbe stato che il Presidente del Consiglio si sarebbe recato al Quirinale per dimettersi, per registrare le posizioni politiche e, eventualmente, per rilanciare. Invece, si arrocca con i suoi fedelissimi e, credo, che farà pagare un conto più salato al Paese. Tuttavia, considero che l'iniziativa che è stata assunta sul piano parlamentare abbia una sua rilevanza e guardo ad essa con tutta l'attenzione del caso (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, mi sembra che la richiesta dell'onorevole Baldelli sia intelligente e congrua; oltretutto, mancano pochissimi minuti allo svolgimento della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Ricordo che nella Conferenza dei presidenti di gruppo che si è tenuta ieri intorno alle 21,30 si era raggiunta un'intesa per procedere in modo diverso rispetto a come stiamo facendo ora. Non contesto le ragioni che hanno portato l'opposizione a cambiare idea, tuttavia, l'idea è stata cambiata. Quindi, è opportuno che ci si riveda in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo per definire il prosieguo dei lavori.

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, le devo confidare un po' di imbarazzo. Intanto sono le 16,25 per cui stiamo discutendo di cinque minuti, però mi rendo anche conto che stiamo discutendo di questioni di principio. Ora vorrei cercare, con un po' di buon senso, di dipanare la questione di principio.
Sul piano del principio l'onorevole Quartiani ha ragione, però qui si tratta anche di guardare un po' la sostanza delle cose. Tra parentesi, la creazione di un gruppo nuovo, per quanto sia chiaro che è un dato di grandissima rilevanza politica - penso che gli amici del Popolo della Libertà saranno i primi ad ammetterlo, anche perché altrimenti non si sarebbero concentrati tutte queste ore solo intorno a questo problema -, nello stesso tempo non significa automaticamente che la maggioranza non sia più tale nel caso questo gruppo si collochi all'interno del sostegno e dell'area di sostegno al Governo con suoi rappresentanti al Governo, come è il caso dell'onorevole Ronchi, Ministro e appartenente al nuovo gruppo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Per cui il discorso, secondo me, meriterebbe, in questo momento, un po' di buonsenso.
C'è stato un accordo nella Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri; è ovvio che questa mattina l'onorevole Bersani, per svolgere l'intervento che ha fatto, ha seguito un elemento di carattere politico; non si può chiedere all'opposizione di bendarsi gli occhi. L'opposizione fa il suo mestiere. In questo momento abbiamo bisogno di capire, anche per i colleghi, Pag. 65come continuano i lavori della settimana ed eventualmente della settimana dopo. Forse, se si anticipasse di tre minuti la Conferenza dei presidenti di gruppo, eviteremmo di discutere di lana caprina, perché stiamo discutendo del nulla.

PRESIDENTE. Vi è solo un problema, presidente Casini, ed è che non è prevista la sospensione dei lavori dell'Assemblea durante la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo ed è per questo che viene posta la questione.

PIER FERDINANDO CASINI. In quel caso credo che sia giusto, anche per rispetto nei confronti dei colleghi, che vogliono capire cosa fare, a partire dai deputati del mio gruppo che hanno avuto un'allerta di un tipo e probabilmente dovranno cambiare il loro programma.

PRESIDENTE. Il gruppo dell'Italia dei Valori? Così poi decidiamo.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, noi abbiamo cercato di leggere il dato politico, ma non soltanto politico. Lei ha ricordato al presidente Casini che la Conferenza dei presidenti di gruppo non necessariamente interrompe i lavori dell'Assemblea. Ma quello che ha interrotto i lavori dell'Aula da questa mattina è un fatto politico grande come una casa. Il Presidente del Consiglio ha sfiduciato il Presidente della Camera.

PRESIDENTE. Volevo solo capire se il suo gruppo è d'accordo sulla sospensione.

FABIO EVANGELISTI. Adesso dobbiamo prendere atto della necessità di fare il punto. Quindi si svolge la Conferenza dei presidenti di gruppo e poi si riprende la seduta.

PRESIDENTE. Chiederei al gruppo del Partito Democratico se rimane sulla posizione precedente, nel qual caso dovrò mettere ai voti la proposta di sospensione della seduta.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, siccome il presupposto che ho ascoltato è che chissà cosa sarebbe accaduto da questa mattina nello svolgimento formale dei nostri lavori, vorrei dirle che al di là di una dichiarazione politica, che potrà avere dei comportamenti conseguenti da parte del nostro gruppo e degli altri gruppi, fino a questo momento è successo esclusivamente quello che era stato stabilito nell'ambito della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri. Si sono svolte le discussioni generali sui provvedimenti all'ordine del giorno e l'esame delle questioni pregiudiziali, abbiamo votato le questioni pregiudiziali, abbiamo votato la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera e adesso dovremmo fare quello che, non capisco perché, ci impedite di fare e cioè l'esame del complesso degli emendamenti, che è esattamente quanto avevamo previsto all'ordine del giorno.
Rimane ovviamente un «macigno» politico, ma vorrei sapere che cosa è mutato anche rispetto a quello che avevate stabilito ieri, per cui noi anziché andare avanti con i nostri lavori dobbiamo sospendere in ragione dello svolgimento della Conferenza dei presidenti di gruppo.

PRESIDENTE. Rimane la contrarietà del Partito Democratico.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di sospensione dei lavori dell'Assemblea in attesa degli esiti della Conferenza dei presidenti di gruppo.
(La Camera approva).

La Camera approva per 120 voti di differenza.

Pag. 66

GENNARO MALGIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GENNARO MALGIERI. Signor Presidente, senza evocare nessuna attenuante, intervengo soltanto per chiedere scusa all'onorevole Evangelisti, per avergli rivolto un epiteto che non appartiene al mio lessico né al mio comportamento (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Malgieri, quanto dice le fa onore, ed anche l'onorevole Evangelisti accetta le sue scuse.

MARIO LANDOLFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, da un comunicato di agenzia, che riporta il testo integrale della conferenza stampa del Presidente della Camera, leggiamo che il Presidente Fini ha ringraziato, dal profondo del cuore, i parlamentari del PdL che hanno dato vita - come lei stesso ha letto - al nuovo gruppo parlamentare. Il Presidente Fini ha testualmente detto: «sono donne e uomini liberi che sosterranno lealmente il Governo».
È vero, io conosco uno per uno i componenti del nuovo gruppo, e so che, veramente, sono donne e uomini liberi, e so che a loro, questa scelta, è costata molto. Allo stesso tempo, mi farebbe piacere se il Presente della Camera riconoscesse che anche chi ha fatto una scelta diversa è, e resta, un uomo libero e una donna libera.
Signor Presidente, vorrei che questa banale constatazione restasse agli atti della Camera (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Futuro e Libertà. Per l'Italia).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta che riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 17,35.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Matteo Brigandì.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 30 luglio 2010, è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Matteo Brigandì:
«Onorevole Presidente: come Ella sa, ieri il Parlamento in seduta comune mi ha eletto membro del Consiglio superiore della magistratura. L'incarico - per cui sono onorato e grato ai colleghi deputati e ai senatori - è per Costituzione (articolo 104, ultimo comma) incompatibile con il mandato parlamentare.
Le rassegno pertanto le mie dimissioni dalla carica di deputato e la saluto distintamente. In fede, firmato: onorevole Matteo Brigandì».

Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Brigandì dal mandato parlamentare.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato subentrante, a seguito della presa d'atto, nella seduta odierna, delle dimissioni del deputato Matteo Brigandì, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta dell'8 ottobre 2008 - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - che il candidato che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 10 - Lega Nord - della medesima XIV circoscrizione Marche, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Roberto Zaffini. Pag. 67
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la XIV circoscrizione Marche Roberto Zaffini (Applausi).
Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Roberto Zaffini, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo Lega Nord Padania. L'Assemblea e la Presidenza fanno gli auguri al subentrato, onorevole Zaffini.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, venerdì 30 luglio 2010, la II Commissione permanente (Giustizia) ha approvato, in sede legislativa, il seguente disegno di legge:
«Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno» (3291-bis).
Chiedo ai colleghi della Lega un po' di silenzio. È comprensibile l'entusiasmo, però se ci permettete di andare avanti...

Inversione dell'ordine del giorno (ore 17,40).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per chiedere un'inversione dell'ordine del giorno, nel senso di passare al punto 9, cioè all'esame del disegno di legge recante norme in materia di intercettazioni telefoniche, del quale è prevista la discussione sulle linee generali.

PRESIDENTE. Sulla proposta di inversione dell'ordine del giorno, nel senso di passare al punto 9 dell'ordine del giorno, recante l'esame del disegno di legge in materia di intercettazioni, darò la parola, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ad un oratore contro e ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Ventura. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, noi siamo ovviamente contrari a questa proposta, anche perché si stanno esaminando dei decreti-legge, che, come sappiamo, hanno la precedenza e la scadenza di questi decreti avverrà nei primi giorni di settembre.
Si potrà obiettare che siamo di fronte ad una situazione che presenta delle caratteristiche nuove, perché è del tutto chiaro che noi e gli altri gruppi di opposizione questa mattina abbiamo chiesto che il Presidente del Consiglio venga in Aula e renda conto della situazione politicamente nuova che si è determinata.
Di fronte a queste nostre richieste, reiterate da altri gruppi dell'opposizione, non abbiamo ricevuto nessuna risposta. Quindi, non è che le opposizioni stanno svolgendo un ruolo ostruzionistico, ma si è determinata una situazione politicamente nuova, che in ogni Parlamento avrebbe la precedenza, per un apprezzamento di ciò che dal punto di vista del quadro politico oggi abbiamo di fronte. Di fronte a tutto questo, la proposta dell'onorevole Baldelli di passare alle intercettazioni mi sembra una forzatura inutile, perché è del tutto chiaro che il seguito dell'esame di questo provvedimento è già deciso per il mese di settembre, qualora questo avvenga. Questa fretta è una forzatura inaccettabile. Per questo, signor Presidente, noi siamo estremamente contrari. Mettete a rischio la conversione dei decreti-legge, di fronte ad una situazione che non vede ancora un calendario preciso per la prossima settimana. Quindi, inviterei la maggioranza a ripensare a questa proposta, a considerare invece che la priorità è quella di un Pag. 68chiarimento politico, che noi attendiamo rapido in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord appoggia la richiesta dell'inversione dell'ordine del giorno formulata dall'onorevole Baldelli. Nella giornata di ieri i gruppi all'unanimità avevano assunto l'impegno di terminare i nostri lavori oggi, con l'esame dei decreti-legge e della mozione, che rimanevano all'ordine del giorno, con la prosecuzione con la discussione sulle linee generali in tema di intercettazioni. Legittimamente, l'opposizione, vista la mutata situazione politica, ha deciso di cambiare atteggiamento. A questo punto, valutata l'impossibilità di chiudere la discussione dei decreti-legge entro la giornata di oggi, ma anche entro la giornata di domani, ci sembra opportuno passare alla discussione sulle linee generali sul disegno di legge in tema di intercettazioni, aspettando poi la Conferenza dei presidenti di gruppo di lunedì che ci darà indicazioni sul prosieguo dei nostri lavori durante il mese di agosto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che in Conferenza dei presidenti di gruppo è stato specificato che, ove la proposta fosse approvata, si intende limitatamente alla discussione sulle linee generali.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di inversione dell'ordine del giorno formulata dall'onorevole Baldelli, nel senso di passare al punto n. 9.
(La Camera approva).

La Camera approva per 22 voti di differenza.

Discussione del disegno di legge: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 1415-C) (ore 17,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1415-C)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIULIA BONGIORNO, Relatore. Signor Presidente, per la seconda volta in questa legislatura l'Assemblea della Camera si Pag. 69occupa della riforma della disciplina delle intercettazioni. Il testo approvato dalla Camera l'11 giugno 2009 è stato modificato dal Senato lo scorso 10 giugno. La Commissione giustizia ha avviato il 17 giugno l'esame del testo trasmesso dal Senato, per concluderlo il 28 luglio.
L'esame in Commissione è stato molto approfondito e costruttivo, anche grazie alla scelta dell'opposizione di non tradurre la netta contrarietà al testo in uno sterile quanto legittimo ostruzionismo, ma di svolgere un'attività volta a spiegare le ragioni di quelle contrarietà e offrire delle soluzioni.
Al contempo, va sottolineato l'atteggiamento responsabile della maggioranza e del Governo, che, al contrario di quanto in molti si aspettavano, non si sono arroccati sul testo del Senato. Questo testo, che ha suscitato nel Paese non solo un forte e acceso dibattito, è stato profondamente cambiato dalla Commissione giustizia della Camera nei suoi due punti fondamentali: quello della funzionalità delle intercettazioni quale strumento di indagine e quello della libertà di informazione.
Il nuovo testo in materia di intercettazioni rappresenta il risultato di un progressivo miglioramento, reso possibile da un lungo lavoro, in cui, opportunamente, sono stati coinvolti, oltre alle forze politiche, diversi soggetti istituzionali e culturali, ciascuno dei quali ha fornito il proprio fondamentale contributo alla costruzione di una normativa che tenesse conto di tutti i valori coinvolti.
Per completare questa premessa, va precisato che la necessità di una nuova legge dipende dall'inadeguatezza della vigente normativa e serve proprio per evitare quell'eccesso nell'uso delle intercettazioni che si è registrato in questi anni e la divulgazione delle notizie di carattere privato processualmente irrilevanti. D'altronde, anche nella precedente legislatura l'attuale opposizione ha ritenuto improcrastinabile un intervento riformatore in materia, presentando un disegno di legge che, tuttavia, non ha avuto il tempo necessario per essere portato a compimento.
In questo contesto, mi piace anche ricordare che questo lungo iter è stato definito dal Presidente della Repubblica come un percorso per approssimazioni successive. Con tale espressione il Presidente della Repubblica ha sottolineato che un tempo non breve e un percorso faticoso sono necessari quando si tratta di bilanciare tra loro diversi valori e diritti, tutti egualmente riconosciuti dalla Costituzione: la sicurezza dei cittadini e dello Stato, il valore della libertà di stampa e, più in generale, di informazione, il diritto dei cittadini di essere informati e il relativo dovere di informazione; ancora, il valore della libertà di comunicazione tra le persone e il diritto al rispetto della riservatezza e della dignità delle persone.
Il ragionevole bilanciamento di tutti questi valori e diritti, ha affermato il Presidente della Repubblica, ha richiesto uno sforzo che non può che essere apprezzato. Rimando, ovviamente, alle relazioni da me già svolte per una serie di argomenti che non sarebbe il caso di affrontare in questa sede. Qui, invece, mi limito ad illustrare le modifiche che sono state fatte dalla Commissione giustizia della Camera al testo del Senato.
In primo luogo, quale presidente della Commissione giustizia, voglio ribadire che, a fronte dell'entità delle modifiche apportate al testo esaminato in seconda lettura, la presidenza ha proceduto al giudizio di ricevibilità ed ammissibilità degli emendamenti tenendo conto della complessità del testo e della particolare ampiezza delle modifiche apportate al Senato, in particolare di quelle relative alla disciplina dei presupposti e delle forme delle intercettazioni di cui al comma 10 del testo.
Ciò ha indotto a ritenere ammissibili anche taluni emendamenti riferiti a parti del testo non modificate letteralmente, ove sia risultato quel nesso di conseguenzialità logica e normativa richiesto dal Regolamento tra gli emendamenti in questione e le modifiche approvate al Senato.
L'esame in Commissione, ovviamente, si è aperto con la relazione che ho illustrato, nella quale ho dato conto del dibattito svolto sul testo del Senato e ho anche Pag. 70sollevato alcune perplessità, che ho ritenuto di rappresentare alla Commissione.
Si sono successivamente svolte le audizioni del Procuratore nazionale antimafia dottor Piero Grasso, del dottor Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, dei rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, del professore Glauco Giostra, ordinario di procedura penale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», dei rappresentanti della Federazione nazionale stampa italiana e della Federazione italiana editori giornali e dei rappresentanti del Consiglio nazionale forense. Anche da queste audizioni sono emersi degli spunti che poi sono serviti per modificare ulteriormente il testo. Passerei ora ai singoli punti modificati.
Per quanto attiene i presupposti delle intercettazioni, devo segnalare che già al Senato era stato introdotto il criterio dei gravi indizi di reato, che sostituiva un precedente criterio soggettivo, ma era stata al contempo eliminata la disciplina dei procedimenti contro gli ignoti. A riguardo il Senato ha previsto la possibilità di intercettare utenze diverse da quelle intestate o in uso agli indagati ancorandola a presupposti eccessivamente rigorosi. In Commissione è stato confermato il presupposto dei gravi indizi di reato e si è ritenuta opportuna una modifica che ampliasse la possibilità di intercettare utenze intestate a soggetti non indagati per tutelare maggiormente le esigenze investigative nei casi in cui si proceda contro ignoti.
È stata in questo senso approvato un subemendamento dell'UdC all'emendamento di più vasta portata dell'onorevole Costa, che ha appunto inciso su questo presupposto. In realtà sono stati presentati sulla materia - e ne devo dare atto - diversi subemendamenti, più o meno dello stesso tenore, da parte dell'Italia dei Valori, del PD e dello stesso relatore, poi alla fine è stata scelta la soluzione tecnica ritenuta più appropriata.
Il subemendamento approvato consente adesso di effettuare le intercettazioni nel caso in cui le utenze siano intestate o in uso a soggetti indagati o sussistano concreti elementi per ritenere che l'utenza sia utilizzata anche da soggetti diversi per conversazioni o comunicazioni attinenti ai fatti per i quali si procede. Con questo emendamento quindi si è inciso sul problema dei reati commessi da ignoti.
Per quanto concerne i criteri di valutazione dei presupposti delle intercettazioni, altri dubbi erano stati sollevati sull'irrigidimento di tali criteri, mediante il richiamo degli articoli 192, commi 3 e 4, e 195, comma 7 del codice di procedura penale. Su questo punto è stato approvato un emendamento del relatore e si è tornati al testo vigente, che si limita a richiamare l'articolo 203.
Per quanto riguarda la durata delle intercettazioni, la Commissione ha approvato un emendamento dell'onorevole Costa, che ne ha modificato la disciplina. Il Senato come novità più importante aveva previsto la possibilità, attraverso proroghe di tre giorni, di fare coincidere la durata delle intercettazioni con quella delle indagini. Pur valutando favorevolmente l'intento del Senato, avevo rilevato come questa scelta delle proroghe di tre giorni potesse comportare una serie di problemi in merito all'altra opzione, effettuata dalla Camera e confermata dal Senato, di attribuire all'organo collegiale, quale il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, la competenza ad utilizzare le intercettazioni. I problemi organizzativi sono troppo evidenti per ribadirli. Inoltre la disciplina della durata risultante dal testo della Camera, così come modificato dal Senato, poteva apparire non del tutto razionale, in quanto ogni proroga non era ancorata ad un sempre maggior rigore dello stesso presupposto, quanto a criteri diversi.
Con l'emendamento dell'onorevole Costa si è conferita razionalità alla disciplina della durata ed è stata eliminata la possibilità di proroghe per periodi di soli tre giorni. La durata non può superare i trenta giorni, ma può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, fino a un massimo di tre volte, qualora permangano i presupposti per svolgere intercettazioni. Pag. 71Tuttavia, quando dall'indagine emerga che le intercettazioni possano consentire l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato per cui si procede e sono scaduti i termini, il pubblico ministero può richiedere al tribunale ulteriori proroghe per i periodi successivi a quindici giorni. Vorrei segnalare che in base al comma 19, che è stato opportunamente introdotto dal Senato, che modifica il comma 3 dell'articolo 295 del codice di procedura penale, il limite di durata massima delle intercettazioni non si applica alle operazioni di ricerca del latitante.
Per quanto concerne le intercettazioni relative ai cosiddetti reati spia, il medesimo emendamento presentato dall'onorevole Costa ha inciso su un altro dei punti qualificanti del provvedimento. Mi riferisco appunto al cosiddetto doppio binario e alla questione dei cosiddetti reati spia. Al riguardo, nella relazione avevo paventato il rischio che il doppio binario, secondo il quale si prevedono presupposti meno rigorosi per i reati di più grave allarme sociale, si sarebbe potuto vanificare qualora vi fossero stati eccessivi limiti per le intercettazioni dei reati spia e dei reati di più grave allarme sociale.
L'emendamento dell'onorevole Costa ha quindi ampliato la portata applicativa del doppio binario, che il Senato come la Camera limitava ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, a tutti i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di rito. Si tratta di una modifica importante che era stata già indicata anche dal Procuratore nazionale antimafia e l'emendamento Costa ha accolto appunto quelle indicazioni.
L'emendamento dell'onorevole Costa è altresì intervenuto, come chiesto anche dalle forze di polizia, sulle intercettazioni di immagine mediante riprese visive, per le quali (si pensi alle telecamere già utilizzate per fini di ordine pubblico) esistono esigenze diverse rispetto alle intercettazioni delle conversazioni.
A proposito di operazioni parificate alle intercettazioni, sempre il medesimo emendamento ha modificato la disciplina dell'acquisizione dei tabulati stabilendo che, quando deve acquisire i dati relativi al traffico telefonico, il pubblico ministero richiede l'autorizzazione al giudice per le indagini preliminari. L'autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l'acquisizione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Nei casi di doppio binario l'autorizzazione è data quando sussistano sufficienti indizi e l'acquisizione è necessaria per lo svolgimento delle indagini.
Anche in questo caso con l'emendamento si è venuti incontro ad una serie di istanze manifestate da più parti e manifestate anche in Commissione dal Procuratore nazionale antimafia e da altri magistrati quotidianamente impegnati nella lotta contro il crimine.
Un ulteriore miglioramento al testo ha riguardato lo strumento delle intercettazioni ambientali, la cui disciplina risultante dal lavoro svolto da Camera e Senato presentava alcuni punti di criticità. In questo caso un emendamento dell'onorevole Costa e un subemendamento del relatore hanno sicuramente migliorato il testo. In base all'emendamento infatti si è precisato che, qualora dalle indagini svolte emerga che l'intercettazione potrebbe consentire l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato per cui si procede e la stessa debba essere eseguita in luoghi diversi da quelli indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l'attività criminosa.
Tale emendamento, a mio parere, migliora il testo trasmesso dal Senato, rimanendo tuttavia aperta la questione dell'eccessiva limitazione derivante dalla nuova nozione dei luoghi indicati dall'articolo 614. Sono stati presentati quindi diversi subemendamenti ed è stato approvato a questo punto quello del relatore, che ha sostituito il richiamo all'articolo 614 con il riferimento ai luoghi di privata dimora.
Altra rilevante modifica apportata al testo a seguito dell'approvazione di un subemendamento riformulato dal gruppo Pag. 72dell'UdC, che sostanzialmente riprendeva un emendamento del gruppo del PD, è quella che fissa un termine entro il quale deve essere fissata l'udienza stralcio. A seguito di un approfondito dibattito in Commissione è stata accolta attraverso la predetta riformulazione la proposta dell'onorevole Contento di intervenire sul comma 6-ter dell'articolo 268 stabilendo che, scaduto il termine di cui ai commi 4 e 5 del medesimo articolo, il tribunale fissa, entro e non oltre 45 giorni, la data dell'udienza stralcio.
Importante è anche la modifica fatta in materia di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state disposte. Il vigente comma 1 dell'articolo 270 del codice di procedura penale vieta l'utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state disposte, salvo che dette intercettazioni risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Il testo approvato dalla Camera consentiva l'utilizzazione delle intercettazioni disposte in procedimenti diversi se risultasse indispensabile per l'accertamento dei delitti di grave allarme sociale di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e a condizione che non fossero state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui erano state disposte. Il testo del Senato ha aggiunto il riferimento all'accertamento di altri delitti.
Anche qui, a seguito di un emendamento dell'onorevole Costa questo elenco si sarebbe ampliato con tutti i reati ambientali. Questa scelta, però, per l'iniziale formulazione dell'emendamento sembrava eccessiva e quindi si è preso atto dell'emendamento Costa, ma si è al contempo deciso di limitare l'ampliamento relativo ai reati ambientali esclusivamente al delitto inerente alle attività organizzate per il traffico illecito di cui all'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 (quindi l'emendamento Costa più il subemendamento Contento hanno prodotto quest'ultima formulazione).
Le modifiche apportate dalla Commissione non si sono limitate alla disciplina codicistica delle intercettazioni, ma sono andate ben oltre affrontando la delicatissima questione della libertà di informazione che è stata per lungo tempo al centro di un acceso dibattito che ha coinvolto anche l'opinione pubblica.
In questo caso è stato un emendamento del Governo a migliorare sensibilmente la disciplina della pubblicazione degli atti. Esso ha in primo luogo sancito che la documentazione e gli atti relativi alle intercettazioni sono sempre coperti dal segreto fino alla conclusione dell'udienza stralcio: in questo modo si è voluta ancorare la non pubblicabilità alla nozione di rilevanza degli atti. Conseguentemente non trova più alcuna ragione la disciplina speciale prevista dai nuovi commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 114 del codice di rito, relativa rispettivamente alle intercettazioni e alle ordinanze cautelari.
A questo punto è stato quindi soppresso il comma 5 del provvedimento, che vietava, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, la pubblicazione anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto; nonché la pubblicazione delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari, salvo che la persona sottoposta a indagine o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell'ordinanza del giudice.
Opportunamente, a seguito dell'emendamento governativo, è rimasto invece il divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione, e di pubblicazione della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazione telematica riguardante fatti, circostanze e persone estranei alle indagini, Pag. 73di cui sia stata disposta l'espunzione. Questo divieto resta, a mio avviso opportunamente.
Per quanto riguarda la responsabilità dei clienti, a seguito dell'approvazione di un subemendamento del relatore, si è intervenuti sulla delicata questione della responsabilità degli editori. Su tale tema nella relazione avevo espresso - è inutile che lo ripeta in questa sede - forti perplessità, relativamente alla conformità alla Costituzione di ipotesi di responsabilità amministrativa degli enti in merito a reati relativi a pubblicazione illecite da parte di testate giornalistiche. In particolare, non si può non tener conto che questo tipo di responsabilità si incentra nella predisposizione di modelli di controllo che devono essere realizzati dagli enti stessi, al fine di ridurre il rischio della commissione di determinati reati.
Mentre appare, infatti, del tutto giustificabile la responsabilità penale del singolo che pubblichi ciò che è vietato, sarebbe risultata eccessiva la responsabilità dell'editore, perché limiterebbe troppo la libertà di informazione del singolo. A questo punto si è deciso con un emendamento, anziché azzerare del tutto la responsabilità dell'editore, di trovare un punto di equilibrio, e si è preferito rimodularla. Si è quindi stabilito di limitarla al caso di pubblicazione di intercettazioni da distruggere o da espungere, ovvero di intercettazioni ritenute non rilevanti inserite nell'archivio riservato. Si è quindi sostanzialmente individuata una responsabilità dell'ente, ma circoscritta a queste ipotesi, rispetto alle quali tale tipo di responsabilità è sicuramente giustificato.
La Commissione è inoltre intervenuta sulla nuova fattispecie di reato relativa alle riprese e registrazioni fraudolente, e la sanzione è stata ridotta.
A proposito della sostituzione del pubblico ministero, la Commissione è intervenuta anche sulla delicata materia della disciplina dell'articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale. Come è noto, infatti, nel disegno di legge in esame si affrontava anche questo tema, perché si tratta di un disegno di legge in cui sono affrontate varie materie. Il testo della Camera ha introdotto due nuovi casi di sostituzione obbligatoria: nell'ipotesi in cui il pubblico ministero rilasci pubblicamente dichiarazioni relative al procedimento affidatogli, ovvero quando risulti iscritto al registro delle notizie di reato di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale per il reato di illecita regolazione di segreti inerenti al procedimento penale di cui è titolare. In tal caso dev'essere sentito il capo dell'ufficio competente, ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale.
È a tutti evidente la delicatezza della norma sotto il profilo del rispetto del principio del giudice naturale, previsto all'articolo 25 della Costituzione. Nella formulazione originaria per sostituire un pubblico ministero sarebbe stata sufficiente la sola iscrizione nel registro degli indagati: si è ritenuto invece di introdurre un presupposto più rigoroso, prevedendo, anche in questo caso con un emendamento dell'onorevole Costa, che la sostituzione debba avvenire solo dopo l'esercizio dell'azione penale.
Cerco di arrivare alla conclusione di questa sintetica ricostruzione delle modifiche, ricordandone una importante, introdotta ancora nella sede della Commissione giustizia della Camera. Era stata prevista una norma che estendeva le prerogative dei parlamentari in materia di intercettazioni, e sono stati presentati sul punto diversi emendamenti e subemendamenti, devo dire un po' da tutti i gruppi: Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro e dal relatore. Il Governo ed il relatore hanno scelto di esprimere parere favorevole alla soluzione prospettata dall'UdC, che ha abrogato la norma che prevedeva la necessità di una richiesta di autorizzazione per le telefonate, anche relative a soggetti indirettamente collegati ai parlamentari; e si è stabilito, alla fine, di abrogare la norma, salvo la parte relativa alle modalità di conservazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

Pag. 74

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Ministro, signori del Governo e colleghi tutti, l'ultimo giorno di luglio, di sera tardi e di notte, quatto quatto, viene deciso di cominciare la discussione sulle intercettazioni, ma non per discutere di intercettazioni, soltanto per far vedere che è incardinato il provvedimento. Un atto di prepotenza, di arroganza, di menefreghismo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). La sola ragione per cui è stata presa questa decisione è impedire, alla ripresa dei lavori dell'Aula dopo le ferie, di avere un tempo sufficiente per discutere il provvedimento, perché dovete mettere un'ulteriore tagliola, e per dire in questo momento, in questo frangente, che voi portate avanti lo stesso il provvedimento sulle intercettazioni. È come dire che non ve ne frega niente di quello che è successo in queste ore, durante le quali addirittura si è sfaldata la coalizione di maggioranza. Ecco, un atto di arroganza e di prepotenza che mi ricorda tanto quel portavoce di Saddam Hussein che diceva che andava tutto bene, mentre accadevano realtà ben diverse. Siamo nella fase della discussione generale, per cui mi limiterò ad alcuni punti centrali di questo problema che riaffronteremo nel Parlamento e soprattutto nel Paese. Perché se siamo qui ancora a ridiscutere di questo provvedimento, dopo che la Camera lo aveva approvato, dopo che il Senato ne aveva cambiato qualcosa (e adesso siamo qui dinanzi ad altre modifiche), è per una ragione sola: non perché voi ci avete ripensato, non perché voi avete cercato di migliorare il provvedimento, ma perché siete stati presi con le mani nella marmellata; perché l'opinione pubblica, perché il sistema dell'informazione, perché gli inquirenti, perché tutto il Paese si è ribellato o si sta ribellando ad un provvedimento che è iniquo, incostituzionale e immorale, a un provvedimento che è la fotocopia vostra. Un provvedimento che noi contestiamo nel merito e nel metodo, un provvedimento che merita una sola cosa: essere cestinato immediatamente e che noi dell'Italia dei Valori ci impegniamo formalmente con il Paese a cestinare immediatamente appena ci libereremo del piduista Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Un provvedimento che già sul piano costituzionale è un'umiliazione per le istituzioni, per il Paese, per il buon nome dell'Italia, perché incide su principi fondamentali della Costituzione. L'obbligatorietà dell'azione penale vuol dire innanzitutto mettere coloro che devono occuparsi di esercitare l'azione penale stessa in condizione di avere gli strumenti per farlo. Se voi bloccate un mezzo di ricerca della prova moderno qual è quello attuale delle intercettazioni, e mettete i magistrati in condizione di non poterlo utilizzare, voi di fatto intervenite sul principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, e intervenite per modificarlo, per impedire l'esercizio della azione penale stessa. E poi lei proprio, signor Ministro, si è arrogato il diritto ai sensi del comma 30 di stabilire annualmente lo stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione, e di stabilirlo decidendo lei a quale distretto di Corte d'appello darlo.
Vale a dire, cioè: voi magistrati potete intercettare, però vi dico quanti soldi spendere e a quali Corti d'appello li do. Porca miseria, stai intercettando Berlusconi, non ti do i soldi, stai intercettando Dell'Utri, non ti do i soldi! E se fai Cosentino, che ti do, i soldi ti do? (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). È un atto di arroganza, di superbia, di ignoranza, di strafottenza verso la Costituzione! Togliere la cosiddetta norma Falcone, che dava la possibilità, anche per i reati non prettamente mafiosi, di estendere gli stessi tipi di indagine, come se fossero di mafia, e, quindi, di individuare un momento prima l'azione dei malavitosi, ossia prima che si scoprisse il reato mafioso, vuol dire impedire la lotta alla mafia. Pag. 75Voi, tutti i giorni ed in queste ore, non state dicendo di guardare quanti mafiosi stanno arrestando i magistrati, no, voi dite che li arrestate voi, che è merito del Governo. Ma fammi il piacere, ma va là, direbbe il vostro collega Ghedini, ma va là! (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Li stanno arrestando grazie a quelle intercettazioni che voi volete eliminare, a quelle forze dell'ordine che voi volete ridurre di organico e anche di stipendio, di benzina e pure di carta igienica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Nonostante voi, le forze dell'ordine e la magistratura stanno cercando di tirare avanti, perché voi volete colpire i più deboli e volete l'impunità per i più prepotenti, strafottenti, forti, insomma per voi.
La Costituzione è stata martoriata, mortificata, non solo nell'obbligatorietà dell'azione penale, ma anche nel diritto di difesa processuale e, soprattutto, nel diritto all'informazione. Ma perché mai il cittadino non deve sapere quel che accade? Perché mai il diritto alla manifestazione del pensiero, il diritto alla libertà di stampa, devono essere mortificati a questo punto? Soprattutto, deve essere mortificata l'unica libertà di stampa che è rimasta, la rete; di questo, ormai, il Presidente della Camera dovrebbe essere testimone, perché se si permette di uscire fuori dal seminato, «ta-tam!» il dossier, «ta-tam!» l'utilizzo del sistema illegale dell'acquisizione di dati. Ecco chi è Berlusconi, è un piduista che usa il dossieraggio. Se vi è qualcuno che ha utilizzato in modo indebito le intercettazioni e l'acquisizione strumentale di registrazioni, è stato ed è proprio lui. Oggi si viene qui a discutere di una modifica al presente provvedimento, mentre - si badi bene - il Presidente del Consiglio ha detto che quasi quasi lo vorrebbe ritirare. Devi ritirarlo, perché una cosa del genere non è più funzionale a nulla! È funzionale solo a dimostrare che ci hai provato e adesso hai lasciato nel provvedimento soltanto delle norme che servono ad impedire ai magistrati di andare avanti. Vi faccio un esempio, che è proprio contenuto nell'articolo 266 del codice di procedura penale, così come modificato: si può - dite voi - effettuare l'intercettazione, ma si deve avere l'autorizzazione del giudice, anche per il traffico delle conversazioni e delle comunicazioni; inoltre, deve essere un giudice collegiale del distretto a disporre le intercettazioni. Vale a dire, cioè: non te le voglio far fare. Di più: il giudice collegiale, per poterle disporre, ogni volta deve avere il fascicolo processuale ed ogni 15 giorni glielo devi mandare. Tuttavia, siamo in presenza di una penuria di magistrati; l'altro giorno, siamo andati in Sicilia con la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e quando in una procura della Repubblica - mi pare Enna o qualcosa del genere - abbiamo chiesto quanti magistrati fossero presenti in organico, ci hanno risposto: zero.
Ma come fa quello a fare un'intercettazione se gli togliete questi strumenti, come fa ad avere la possibilità un giudice di disporre le intercettazioni in tempo utile se devono essere sempre tre giudici ad occuparsene e se i giudici che se ne sono occupati poi non possono giudicare l'imputato? Dove stanno questi giudici, a meno che non volete prendere i «Lombardi» della situazione o un giudice tributario tanto così o un geometra così (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?
Voi ogni volta intervenite proprio per modificare la norma solo per rendere più difficile l'attuazione delle intercettazioni. Ci sono alcune perle, proprio quella del capoluogo è una. L'altra è quella che riguarda il reato che avete previsto per le registrazioni indebite. È anche un po' ridicola questa norma perché voi dite: è reato la registrazione di una conversazione a cui partecipi pure tu. Io e Zaccaria stiamo parlando, lui si tiene il registratore in tasca: lui è punito, perché non doveva tenere il registratore in tasca. Il problema è un altro: di quel che ho detto io a Zaccaria, ho il coraggio o no di assumermi la responsabilità? Il problema non è che lui a memoria ha prova di quanto ha Pag. 76sentito da me in una registrazione. Il problema è se io a lui ho detto un fatto penalmente rilevante o meno: questo si deve acquisire! Ed ancora la norma qui raggiunge il ridicolo quando dice: a meno che non venga utilizzato in un processo. Cioè, caro Zaccaria, appena viene intercettata la conversazione tra me e te nascondila bene quella registrazione e se qualcuno ti becca dici: io sto facendo causa a Di Pietro e sei a posto! Non sei punibile se gli fai causa, sei punibile se non mi fai causa ma il problema di fondo è: nelle more che cosa succede? Arrivi prima tu o arriva prima il carabiniere? È un modo per cercare di legare le cose tra di loro. Si è unito proprio il dannoso al ridicolo in questa norma. Ecco perché noi riteniamo che tra le perle su cui si è intervenuti ce ne sono davvero che gridano giustizia e rispetto alle cose che non hanno alcun senso. E ancora, il pubblico ministero deve indicare il nome dell'ufficiale di polizia giudiziaria: ma perché mai il nome? A che serve? Ma perché mai nell'ufficio della procura della Repubblica devi esserci l'elenco di tutti gli ufficiali e sottufficiali e degli agenti della polizia giudiziaria della questura?
Non basta l'ufficio, ci vuole il nome e cognome, ma sarà poi il responsabile dell'ufficio incaricato a decidere se lo fa Giovanni, Maria o Nicola. A che serve tutto questo e ancora: quando si fa un'intercettazione telefonica, dice la norma, la deve controfirmare con decreto motivato il procuratore della Repubblica: ma perché deve fare un decreto al decreto? Non basta quello che ha fatto il sostituto? Perché lo deve motivare ancora lui, se ne assume la responsabilità pure lui? Perché mai devono esserci due firme, visto che deve andare ad un giudice collegiale che dopo valuta tutto questo? Serve soltanto per appesantire tutto il circuito per avere le intercettazioni telefoniche perché alla fine dice: è meglio che non lo faccio tutto questo, perché poi se lo fai c'è tutta una serie di conseguenze se sbaglia. Infatti, addirittura nella motivazione del provvedimento cautelare, dice la norma, devi soltanto citare il contenuto ma non puoi trascrivere pezzi di conversazione.
Provate a trascrivere voi due della 'ndrangheta o due mafiosi che parlano (quando fra loro parlano, mica come i nostri giovani qua, della P3, chiacchiera, chiacchiera...). Questi quando parlano si dicono: oh, eh, mmm, hemm, hemm. Traduci questo, traduci (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
E ancora, e ancora si dice: puoi fare un'intercettazione ambientale solo se nel luogo di privata dimora solo se in quel luogo si sta commettendo il reato. Direbbero dalle mie parti: ciccise? tradotto: a che serve?
A che serve fare un'intercettazione ambientale? Ricordo che, quando si fa un'intercettazione, deve essere prevista una pena di almeno cinque anni, non è una cosa da niente. Quindi, voi dite che è possibile fare un'intercettazione ambientale in un luogo di privata dimora, qualora si sappia che in quel luogo si sta commettendo un reato. Ma allora procedo ad un arresto! A cosa serve intercettare una persona che sta commettendo un reato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)? Inoltre, non può essere intercettato così, semplicemente: ci si deve recare prima dal giudice - da tre giudici! -, al distretto della Corte d'appello. E se, intanto, sta stuprando una bambina? Si dice: non fa niente, aspetta un attimo, devo andare dal giudice!
Tutto questo è ridicolo! È una normativa che, così com'è rimasta, è soltanto dettata in odio alla magistratura e in odio alla giustizia. D'altronde, l'ha detto ieri il Presidente del Consiglio Berlusconi. Ieri, il Presidente del Consiglio Berlusconi ha detto: devo andare in Parlamento, perché devo risolvere il problema della giustizia. Ma in Parlamento ci deve venire per risolvere il problema dei delinquenti, non quello della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico)! La giustizia non è un problema, è un obiettivo! Lo ripeto: è un obiettivo. Naturalmente, meno Pag. 77che per i delinquenti e per i piduisti. In questo ha ragione: l'eliminazione della giustizia è un obiettivo del piduista.
Il problema di questa società italiana è proprio questo: liberarsi del Berlusconi che è in essa, perché vi è un problema di fondo. Attraverso la deformazione dell'informazione, si sta facendo credere ai cittadini che la colpa di quel che accade è di chi scopre i reati, non di chi li commette. Infatti, appena qualcuno di voi si è permesso di dire di voler anche pensare che la legge è uguale per tutti e che bisogna rispettare la magistratura, gli avete risposto di costituire un altro gruppo parlamentare. Gli avete detto: non avete a che fare con noi, non avete il nostro DNA, ci siamo sbagliati (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18,23)

ANTONIO DI PIETRO. Riempiremo le piazze e il Paese di informazioni su come stanno in realtà le cose, perché quel che state facendo ha davvero del criminale, ha davvero una ragione sottostante. Diciamo la verità: perché avete fatto questa norma (mi riferisco a quella che avevate concepito in origine)? L'avete fatta apposta per evitare che si scoprissero i vostri reati. Non è vero che esiste solo l'associazione a delinquere semplice, l'associazione a delinquere di tipo mafioso: esiste anche l'associazione a delinquere di tipo politico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) e, in questo, voi siete alla testa della «piovra».
Capisco bene che, grazie alla presa di posizione della società civile, del mondo della rete, dell'informazione libera e dell'opposizione, alcuni rami della «piovra» si sono dovuti tagliare. A proposito, Ministro Alfano, quando si deciderà a dire al sottosegretario Caliendo di farsi da parte? Tanto gli tocca (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, gli deve togliere la parola!

ANTONIO DI PIETRO. Gli tocca, perché non è possibile che un magistrato, un sottosegretario o un membro del Governo vada a trescare con i piduisti, mettendosi d'accordo su cosa fare e dove intervenire. Intervenire per cosa? Per modificare il giudizio della Corte costituzionale. Mi si dice: ma non ci sono riusciti. E meno male (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Questo è l'aspetto grave della situazione.
Ecco perché riteniamo che sia giunto il momento che vi assumiate la responsabilità di questa situazione, ma nell'unico modo possibile: andate a casa, prima di continuare a distruggere il Paese. Andate a casa prima che vi sia una rivolta sociale nei confronti del vostro Governo. È una rivolta sociale necessaria, perché voi siete alla testa della «piovra»: la testa della «piovra» si chiama Silvio Berlusconi. Lo dico qui in Aula e me ne assumo la responsabilità politica, personale e giudiziaria (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! È un personaggio che ha scelto di fare politica per un solo scopo.

MARCO MARSILIO. Non lo può dire! Il Presidente del Consiglio rappresenta un'istituzione!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, lei si assume la responsabilità di quanto dice, ma in Aula questo non è consentito.

MARCO MARSILIO. Presidente, gli deve togliere la parola!

ANTONIO DI PIETRO. E io lo ripeto! E mi metta anche fuori dall'Aula, perché il mio è un giudizio politico! Il signor Berlusconi ha fatto una scelta di campo!

MARCO MARSILIO. Questo personaggio insulta il Capo del Governo!

Pag. 78

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, lei può dare giudizi politici, ma non può insultare il Capo del Governo.

ANTONIO DI PIETRO. Io non insulto: io fotografo la situazione. È una vergogna che siete qui!

MARCO MARSILIO. Presidente, lo deve mandare sotto Ufficio di Presidenza!

ANTONIO DI PIETRO. E lo dico anche a quella parte del centrodestra che oggi ha avuto uno scatto di dignità e si è messo da parte. Quel centrodestra abbia il coraggio di andare fino in fondo. Se si è messo da parte soltanto per dividere le poltrone e non per aiutare a mandare a casa un Governo criminale e criminogeno, è un centrodestra che non risolve i problemi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MARCO MARSILIO. Ha insultato il capo del Governo, non lo può fare! Gli deve togliere la parola!

PRESIDENTE. Quando devo togliere la parola lo decido io e non lo decide lei. Ho richiamato l'onorevole Di Pietro il quale è passato dagli insulti a valutazioni politiche durissime ma che non rivestivano più...

MARCO MARSILIO. Ne deve rispondere all'Ufficio di Presidenza! C'è il Regolamento, lo applichi.

PRESIDENTE. Sono pronto a rispondere all'Ufficio di Presidenza e a chiunque in qualunque altro luogo. Adesso proseguiamo con la discussione sulle linee generali.
È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, questo disegno di legge ha avuto una storia travagliata: è qui alla Camera in terza lettura e, indubbiamente, nella relazione della presidente Bongiorno, relatrice del provvedimento, abbiamo visto quale percorso, soprattutto in Commissione giustizia alla Camera, questo disegno di legge abbia avuto proprio per cercare di attutire in qualche modo danni che sembravano irreparabili. Sicuramente, da parte nostra c'è anche un apprezzamento, non solo per il lavoro della presidente, per come è stato diretto il lavoro in Commissione, ma anche nei confronti dei colleghi insieme ai quali abbiamo cercato di riportare questo testo a un percorso che possa essere discutibile, anche se noi non condividiamo le premesse dalle quali questo disegno di legge è mosso.
Ho ripreso anche i lavori derivati da una Commissione di inchiesta di qualche anno fa, e che ha portato al Senato all'approvazione di un documento finale, in cui si indicava quali erano gli ambiti di intervento indispensabili nell'ambito delle intercettazioni telefoniche. Certamente in quella Commissione di inchiesta, in quella indagine conoscitiva che portò all'approvazione di questo documento finale il 29 novembre 2006, quindi non molto tempo fa (un'analisi che fu molto approfondita e ragionata) e che fu approvato all'unanimità, nessuna limitazione era prevista per le intercettazioni telefoniche come strumento investigativo, né come possibilità di conoscenza di fatti di rilievo pubblico, sia pure nell'ambito di un'indagine penale.
In prima lettura alla Camera il disegno di legge Alfano, addirittura era partito attraverso l'enucleazione di una serie di reati per i quali soltanto era necessario utilizzare le intercettazioni telefoniche per poi passare agli evidenti indizi di colpevolezza, per poi successivamente passare ancora ai gravi indizi di colpevolezza e così, sul lato della pubblicabilità delle intercettazioni telefoniche, a quel blackout informativo totale fino all'udienza preliminare. Tutti questi aspetti che permanevano ed erano nel testo del Senato garantivano un adeguato contemperamento delle esigenze investigative, del diritto-dovere dello Stato di reprimere e accertare reati, con il cosiddetto diritto alla riservatezza, con il diritto tutelato dall'articolo 21 della Costituzione e dall'articolo 11 della Carta di Nizza, dei cittadini a essere informati sui fatti di interesse pubblico. In Pag. 79uno Stato democratico l'informazione non solo è legittima; il controllo democratico da parte dei cittadini è un modo attraverso cui le istituzioni crescono e si avvalgono anche di quella forza e incisività che arrivano proprio dalla trasparenza.
La stessa cosa, tra l'altro, vale per la giurisdizione, perché è un modo attraverso il quale - esaurita la fase delle indagini segrete - anche la pubblica opinione e i cittadini possono controllare l'esercizio della giurisdizione.
Vedevamo con forte criticità il testo arrivato dal Senato, tuttavia - sia pure in terza lettura - alcune di quelle criticità sono state superate grazie ad una convergenza di sforzi che, anche se hanno preso le mosse da spunti ideologici diversi, hanno cercato di temperare le divergenze. Ma le criticità a nostro avviso, non sono completamente superate, così che questo disegno di legge, che si trova ad essere corretto in più fasi, in più punti e in più percorsi, ha ancora nella base un'impostazione errata, un vizio di origine, che nasce proprio da quella compressione dell'intercettazione telefonica, come mezzo di ricerca della prova, e del diritto di informazione come diritto di informare sui fatti di rilievo pubblico e di interesse generale.
Correzioni rilevanti vi sono state. Dobbiamo dare atto del lavoro importante che è stato fatto e che ha visto anche il Partito Democratico protagonista, basti ricordare una delle questioni fondamentali che sono state risolte quale quella della cosiddetta udienza filtro, dell'udienza stralcio. Ha ricordato la presidente e relatrice l'apporto costruttivo da parte delle opposizioni nella individuazione di un momento, l'udienza filtro, in cui si realizzi un contemperamento efficace e risolutivo tra segretezza delle indagini, diritto alla riservatezza, per quello che non attiene alle indagini, e pubblicabilità, invece, di quello che è un fatto che attiene al processo ma che, in quanto tale, è ostensibile perché rilevante per le indagini.
Permangono, tuttavia, ulteriori elementi di criticità, che soprattutto attengono all'utilizzo di questo strumento di indagine.
Infatti, abbiamo visto alla base di questo provvedimento non tanto la ricerca volta a eliminare le slabbrature del sistema, le prassi che possono essere state, alcune volte, non ortodosse al cento per cento, e, quindi, abbiano cercato di individuare dei percorsi anche motivazionali che possano creare quel rigore di utilizzo di un mezzo di ricerca della prova che è invasivo, molto invasivo, ma che, alcune volte, è assolutamente indispensabile e non sostituibile, se si vuole, effettivamente, perseguire il fine ultimo che è quello della ricerca della prova per l'accertamento dei reati. Lo stesso costituente prevede la possibilità di utilizzo, e prevede la garanzia nel fatto che è necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, a differenza di un altro mezzo parimenti invasivo, come le perquisizioni, che possono essere svolte - sia pure in casi particolari ed eccezionali - dalla polizia giudiziaria d'iniziativa.
Non vi era bisogno, quindi - per correggere delle prassi applicative che possono essere state, alcune volte, fuorvianti rispetto al percorso ortodosso - di creare una struttura e individuare un giudice collegiale distrettuale di riferimento per l'autorizzazione alle intercettazioni telefoniche, e non solo, ma per le proroghe, le convalide d'urgenza e le autorizzazioni per i tabulati telefonici. Questo rappresenta un punto molto critico, per il quale abbiamo riscontrato una chiusura totale da parte del Governo e della maggioranza, perché si dice la collegialità garantisce di più rispetto al singolo giudice. Stiamo forse dimenticando che il singolo giudice emette l'ordinanza di custodia cautelare?
Il singolo giudice pronuncia sentenze di condanna e commina addirittura l'ergastolo nel giudizio abbreviato.
Mentre qui si vuole addirittura scomodare un giudice collegiale distrettuale quando, signor Ministro, lei che si occupa ed è responsabile dell'organizzazione giudiziaria, conosce benissimo le difficoltà operative e attuative che ci sono nella previsione di un qualcosa che è irrealizzabile. È irrealizzabile e, tra l'altro, superfluo, perché l'intercettazione telefonica Pag. 80ha bisogno di una immediata risposta da parte del giudice che, in quanto tale, vaglia gli elementi che gli vengono forniti dal pubblico ministero e questo voler andare verso un giudice collegiale distrettuale è un atto sostanzialmente di sfiducia nei confronti della magistratura.
Poc'anzi, proprio oggi, abbiamo ricordato insieme magistrati che sono caduti facendo il loro dovere e, quando mi riferivo nel mio brevissimo intervento alla memoria del giudice Rocco Chinnici al pericolo di delegittimazione della magistratura, che rappresenta uno dei poteri dello Stato, volevo sottolineare che essa arriva anche tramite questo tipo di leggi, con le quali, infatti, si diffonde una strisciante idea di sfiducia nei confronti del giudice monocratico, in quanto potrebbe essere appiattito nei confronti del pubblico ministero. Il problema non si risolve mettendo di mezzo il giudice collegiale distrettuale, ma individuando percorsi motivazionali che siano rigorosi e quindi verificabili da parte del pubblico ministero e della difesa.
C'è incoerenza da parte di chi porta avanti questo disegno di legge perché, da un lato, si vuole passare per garantisti (e quindi per coloro che in qualche modo portano avanti ad ogni costo questo sistema nuovo in cui tutto viene fatto scomodando un giudice collegiale distrettuale), ma dall'altro non si riconoscono i diritti minimi della difesa che, invece, noi abbiamo sottolineato laddove, per esempio, si vieta alle parti (e quindi alla difesa) di avere copia dei decreti dei verbali delle registrazioni durante le indagini.
Si realizza un vulnus a un diritto costituzionale fondamentale. Come vedono, signor Ministro, signori rappresentanti della maggioranza e relatrice, non vogliamo privilegiare una parte rispetto all'altra, ma vogliamo che attraverso lo strumento dell'intercettazione telefonica sia consentito, legittimamente (attraverso appunto un uso legittimo) e dove necessario, accertare i reati.
In questo excursus dei punti che sono rimasti sicuramente scoperti (si tratta di nervi scoperti importanti che non possono essere trascurati) c'è anche il discorso che riguarda i tabulati telefonici. Lo accennava prima il collega Di Pietro: è una cosa assolutamente irragionevole parificare l'intercettazione di una comunicazione telefonica all'acquisizione di un tabulato. Il problema del tabulato e della riservatezza dei dati è qualcosa che riguarda il fatto che i dati non escano fuori dal processo. È quello il problema che riguarda i tabulati che, quindi, vanno trattati come tutti i documenti che, tra l'altro, appartengono alla segretezza delle indagini fino alla chiusura delle stesse.
Invece, il tabulato dev'essere utilizzato nell'immediatezza dei fatti senza preconcetti nei presupposti di utilizzo (ossia limitatamente ad alcuni reati soltanto e addirittura con quei paletti che riguardano le intercettazioni telefoniche).
È incongruo impedire al processo di acquisirli tutte le volte in cui siano utili all'investigazione. Infatti, i tabulati presentano a volte grandissima utilità investigativa proprio per scoprire un reato addirittura nell'attività prodromica all'intercettazione telefonica. Si possono trarre dati del traffico transitato su una cella telefonica al fine di individuare gli autori del reato e le persone presenti sul luogo di un rapimento o di un omicidio.
Quindi, i paletti che avete messo e che avete allentato solo con riferimento al giudice competente ad autorizzare l'acquisizione (cioè il giudice monocratico, anziché quello collegiale distrettuale) sono incongrui, irragionevoli, non hanno nessuna giustificazione e ci fanno dire che, in realtà, tutto il programma di questo disegno di legge non è orientato ad una finalità di sicurezza effettiva dei cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, dovrebbe concludere...

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ho terminato il tempo a mia disposizione o ne ho ancora?

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, le ho segnalato, come gesto di cortesia verso il suo gruppo, che lei ha terminato i 15 Pag. 81minuti che le sono stati assegnati dal gruppo. Secondo quanto disposto dal Regolamento, può continuare fino a 30 minuti. Si tratta di un gesto di cortesia per aiutare il suo gruppo a distribuire i tempi fra i diversi iscritti a parlare.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, continuo per cinque minuti, in quanto credo che due colleghi non siano presenti in Aula.
Vi è un altro punto che ci interessa particolarmente sottolineare: l'abrogazione dell'articolo 13 della «legge Falcone». Noi su questo aspetto ci siamo battuti e ci batteremo in maniera tenace, come è nostra abitudine. È vero - lo riconosco - che in sede di emendamenti, anche da parte dell'onorevole Costa, è stato corretto il testo del Senato e, quindi, tra i reati affidati al «doppio binario» sono stati inseriti alcuni reati che stanno nel novero dell'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale. Ma tale articolo riguarda solo alcuni reati cui faceva riferimento l'articolo 13 della «legge Falcone», che appunto comprendeva tutti i delitti di criminalità organizzata.
Tali delitti non sono solo quelli di mafia, ma anche e soprattutto quelli in cui un gruppo di criminali (tre o più persone) si associano, si organizzano e costituiscono una base operativa per commettere una serie di reati, che possono essere l'usura, i reati contro la pubblica amministrazione, bancarotta, sfruttamento della prostituzione, eccetera.
Quando c'è una rete criminale - ecco da dove nasce l'articolo 13 della legge n. 203 del 1991 («legge Falcone») - bisogna rafforzare gli strumenti dello Stato per la lotta alla criminalità. Se la criminalità è sicuramente quella organizzata mafiosa, c'è una base di criminalità ancora più diffusa e difficile da estirpare. Su questo punto - signor Ministro, oggi lei è presente -, noi faremo una battaglia che abbiamo già iniziato e la faremo fino in fondo, anche per la memoria di un giudice siciliano, tra l'altro suo conterraneo, il giudice Falcone. Non possiamo, infatti, consentire che venga abrogato l'articolo 13 citato e non sostituito da una norma che ne riproduce il contenuto.
Nei nostri emendamenti - avremo modo e tempo per illustrarli - abbiamo ripreso quel contenuto e pretendiamo che in qualche modo il Governo e la maggioranza se ne facciano carico, perché altrimenti le battaglie di lotta alla criminalità di cui si fa in qualche modo vanto il Governo non corrispondono alla realtà dei fatti. Per condurre tale lotta, occorre dare ai giudici, ai magistrati e alle forze di polizia degli strumenti che debbono essere esercitati legittimamente. Togliere quegli strumenti nel presupposto e nella convinzione che vengano esercitati in maniera non legittima, vuol dire avere sfiducia in una parte di un potere dello Stato, che è costituita dalla magistratura e dalle forze dell'ordine. Ciò significa minare la credibilità dello Stato e delle nostre istituzioni repubblicane.
È questo il punto che ci vede contrari a questo disegno di legge, nonostante i miglioramenti di cui ci siamo fatti carico, anche votando un emendamento del Governo che, pure se perfettibile, dà tuttavia un segnale errato, perché impone agli inquirenti una discovery nel momento stesso in cui si dispongono atti a sorpresa, quali ispezioni, perquisizioni e sequestri (su questo ci soffermeremo quando sarà il momento) per i quali possano esservi intercettazioni in corso che devono rimanere segrete. Dunque, anche su quell'aspetto ci siamo fatti carico degli elementi positivi, ma non possiamo condividere la filosofia di un disegno di legge che è volto sostanzialmente a spuntare le armi di investigazione. La criminalità si perfeziona, diventa sempre maggiormente incisiva e diffusa anche negli apparati dello Stato e il Parlamento non può varare leggi che consentano alla criminalità di ingrandirsi, di diventare più forte e sempre più arrogante e di vestirsi di colletti bianchi, perché questo è contrario ai nostri principi e a ciò che vogliono i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 82

MARCO MARSILIO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, volevo dare un senso e spiegare il motivo dell'interruzione rumorosa che ho causato nell'intervento precedente. Il deputato Di Pietro, che fatico a qualificare come onorevole, nel suo intervento ha detto testualmente che il capo della «piovra» - e per «piovra» si intende la mafia, cioè la peggiore organizzazione criminale della nostra Nazione - si chiama Silvio Berlusconi, che è il Presidente del Consiglio, non è soltanto una persona privata: è un'istituzione della Repubblica.
Questo intervento è gravissimo e anche vile, perché è fatto da una persona che sa di non doverne rispondere giudiziariamente, poiché è coperto dall'immunità parlamentare...

FRANCESCO BARBATO. Ma cosa interviene adesso? Non può farlo intervenire, Presidente!

MARCO MARSILIO. Siccome penso che la Presidenza debba impedire che queste cose vengano dette, ho reclamato questo intervento. Quando urlavo chiedendo il deferimento all'Ufficio di Presidenza, ovviamente non mi riferivo al Presidente, ma al deputato che ha insultato un'istituzione della Repubblica in Aula.
Se mi permette un piccolo rilievo, signor Presidente, naturalmente lei è il Presidente, applica lei il Regolamento e decide come e quando dare o togliere la parola; tuttavia, credo che ad una persona che dice una cosa del genere deve essere immediatamente tolta la parola, perché non può aggiungere altro rispetto a quanto di grave ha già affermato in quest'Aula. La ringrazio.

MARILENA SAMPERI. Prodi lo insultavano dalla mattina alla sera!

PRESIDENTE. Onorevole Marsilio, lei ha chiarito il suo pensiero, non apriremo un dibattito su questo tema. Mi permetto soltanto di precisare che, a termini di Regolamento, io devo, da un lato, impedire che si insultino le istituzioni, compresi i singoli parlamentari presenti in quest'Aula, dall'altro lato, devo garantire la massima libertà di espressione.
Davanti ad un'espressione inaccettabile ho richiamato l'onorevole Di Pietro, il quale è tornato sul binario di una critica politica durissima, ma di una critica politica, e credo che avevo il dovere di consentirgli di terminare il suo intervento.
Lei chiede che queste espressioni siano portate a conoscenza dell'Ufficio di Presidenza, ha pieno titolo per chiederlo, perché questo prevede il Regolamento, pertanto verranno portate a conoscenza dell'Ufficio di Presidenza.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Non su questo tema, per favore.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, ho una richiesta da formulare.

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, lo farà al termine della discussione.
È iscritto a parlare l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, dal momento che ho poco tempo a disposizione, se dovessi usare un qualsiasi aggettivo eccessivo, per non andare davanti ai probiviri, visti i tempi, intervenga subito perché non vorrei turbare nessuno.
Innanzitutto rivolgo un ringraziamento alle colleghe, ai colleghi e alla presidente Bongiorno, che hanno dato dignità al lavoro del Parlamento, perché nonostante il tentativo di blindare, di impedire la discussione e di mettere un bavaglio, ci sono state delle modifiche: questo salva la dignità delle istituzioni e va ringraziato chiunque partecipi.
Resta però una legge da archiviare e da affossare, perché nasce con un vizio di origine: non nasce per rafforzare l'azione Pag. 83di legalità e di sicurezza, ma nasce per contrastarla, per ridurre l'area della trasparenza, per creare un percorso ad ostacoli al diritto all'informazione e alla legalità: è un attentato alla sicurezza, come hanno detto alcuni alti magistrati.
In qualunque altro Paese si sarebbe conclusa la discussione allora. Tuttavia, il contesto è, persino, peggiore del testo. Gli animi nobili che ho sentito dovrebbero rileggersi le dichiarazioni contro Napolitano, contro la Corte costituzionale, contro i singoli giudici, contro i poliziotti che protestavano, contro i cronisti che scrivevano. È indecente ed indegno il contesto che ha accompagnato questo testo e che autorizza ogni legittimo e illegittimo sospetto.
Mi auguro che questo provvedimento sia affossato, perché si ispira a una sorta di bavaglio al libero pensiero, persino dentro alla maggioranza, come ha scritto molto bene il professor Stefano Rodotà e un grande giornalista liberale come Federico Orlando. Qualora dovesse, purtroppo, andare avanti, presidente Bongiorno, Ministro Alfano, vi segnalo almeno due «perle» sul diritto alla comunicazione: la norma sui siti e sui blog, che crea un'equiparazione non consentibile, chiedetelo all'onorevole Palmieri e ai vostri tecnici.
Questo provvedimento prevede l'estensione della legge sulla stampa anche ai siti e ai blog individuali. Ma che cosa diciamo? Inoltre, le norme sulla rettifica, Presidente Buttiglione, si estendono ai libri e alle case editrici. Ma dove le hanno pescate? In quale Paese? Si tratta di norme da società arcaica, chiusa. Berlusconi nacque con il motto: «è vietato vietare» e finisce, con questo provvedimento, con il vietare tutto! Si tratta di norme proprie di una società che espelle le diversità, che non riconosce neanche il linguaggio delle nuove tecnologie.
Qui non c'entra niente la politica, basta leggere un buon libro. Non è possibile! Almeno queste norme non vi dico di stralciarle: stracciatele! Queste norme non rispondono al senso comune, sono sbagliate, quindi, in ogni caso, vanno soppresse.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Il Presidente del Consiglio - lo hanno detto meglio di me l'onorevole Di Pietro, l'onorevole Ferranti, il professor Zaccaria e tanti altri colleghi e colleghe - ha espresso la sua insoddisfazione per il testo. Ha detto che forse questo testo andrebbe affossato. Posso darle una notizia, signor Presidente? Semmai il Presidente del Consiglio decidesse di affossare questo testo, per la prima volta nella mia vita, festeggerò insieme a lui. Le ragioni saranno opposte, ma avremo raggiunto lo stesso obiettivo: cancellare questa norma bavaglio (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, arriva oggi in Aula questo testo sulle intercettazioni che, per mesi, ha visto il Paese dividersi tra chi guardava a questo provvedimento come ad un bavaglio alla cronaca e come un limite alla conoscibilità dei fatti, e chi invece sventolava il vessillo del diritto alla privacy dei cittadini.
Non è stato semplice armonizzare le così diverse posizioni che si sono manifestate nel dibattito parlamentare. È un dato di fatto, però, che siamo giunti oggi ad un testo completamente modificato rispetto a quello originario. Si sono fatti alcuni passi avanti rispetto alle intenzioni, forse anche perché il tema è, ormai da troppi anni, al centro di scontri e polemiche e, troppe volte, sono emerse criticità nell'utilizzo di questo importante strumento di indagine e nella diffusione dei risultati.
La necessità di porre una disciplina equa ed efficace alle intercettazioni è avvertita, da tempo, da tutte le parti politiche, se è vero che, nella scorsa legislatura, era stato approvato dalla Camera, quasi all'unanimità, un disegno di legge che provava a contemperare il diritto alla privacy con gli altri valori costituzionalmente protetti, quali la libertà di stampa, il diritto di informazione, il giusto processo e la sicurezza dei cittadini. Pag. 84
Il percorso di questo provvedimento, invece, si è avviato all'insegna della tutela a tutti i costi, da parte del Governo, della riservatezza delle persone, molte volte violata anche in danno di chi non è indagato ed è estraneo alle attività di indagine e, abusivamente, si trova esposto alla dannosa pubblicità della propria vita privata sui mezzi di comunicazione a grande diffusione.
Tuttavia, nel corso del dibattito, le molteplici sollecitazioni che ci sono venute dal mondo dell'editoria e dell'informazione, dagli accademici esperti che abbiamo ascoltato nelle audizioni, dai magistrati che, quotidianamente, si confrontano e vivono in prima linea con le criticità del sistema, hanno giustamente spostato l'asticella del dibattito verso una maggiore tutela dell'attività investigativa e della libertà di movimento degli inquirenti, soprattutto per quei reati, che destano grave allarme sociale, contro la persona e contro lo Stato.
È emersa l'esigenza, quindi, di un intervento legislativo complesso e più coerente, perché il diritto costituzionalmente garantito alla tutela della vita privata ed alla libertà e segretezza delle comunicazioni deve essere necessariamente bilanciato con altri precetti di uguale rango costituzionale, quali quelli della libertà di stampa e del diritto di informazione, dell'obbligatorietà dell'azione penale e del dovere dello Stato di garantire ai cittadini la sicurezza personale.
Quella di questo provvedimento è una complessità spesso aggravata, e direi condizionata, dalle anomalie del sistema Italia: i processi mediatici, i difficili rapporti tra magistratura e politica, l'elevato tasso di criminalità, gli abusi che tante volte si sono perpetrati nei confronti degli innocenti. Per questo, è stato necessario un confronto spesso duro sul testo.
Abbiamo dovuto convincere la maggioranza dell'importanza del confronto con l'opposizione, soprattutto con chi, come noi, mai ha assunto comportamenti ostruzionistici. Fin dal principio noi dell'Unione di Centro abbiamo voluto porre all'attenzione dell'opinione pubblica e del Parlamento alcuni inderogabili profili, che hanno guidato il nostro lavoro sul testo di legge. Il primo caposaldo per noi è stato, è e rimane il diritto dei cittadini alla sicurezza, che rende inaccettabile un indebolimento degli strumenti di investigazione e comporta anzi un incentivo al lavoro di indagine di investigatori e magistrati.
Queste norme invece, perlomeno nella loro formulazione originaria, rischiavano di incidere in negativo sulla lotta alla criminalità. Non siamo solo noi a dirlo, lo hanno rilevato tutti gli operatori della sicurezza e tutti i sindacati di polizia.
Il secondo dei principi cui ci siamo ispirati è la tutela effettiva della privacy. Adeguate garanzie di legge devono evitare che fatti estranei all'indagine, fatti della vita privata dell'indagato o di terzi possano entrare a far parte di atti di indagine e soprattutto essere improvvidamente pubblicati solo allo scopo di costruire immagini distorte dei fatti e dei protagonisti della cronaca.
Infine, non poteva ignorarsi un altro profilo di fondamentale importanza: la garanzia della libertà di informazione, intesa, da una parte, come diritto di informazione garantito costituzionalmente per la stampa, ma al contempo come diritto dei cittadini ad essere informati di quanto effettivamente accade nel Paese e, in particolare, del malaffare.
Noi abbiamo cercato di arrivare ad un testo che fosse sintesi ed equilibrio di queste tre prerogative irrinunciabili. Però non siamo soddisfatti ad oggi del risultato ottenuto. È pur vero che nel corso del dibattito al Senato e in Commissione giustizia qui alla Camera sono stati accolti notevoli contributi dell'opposizione, grazie all'atteggiamento di apertura della presidente Bongiorno e alla compattezza tra Unione di Centro e Partito Democratico su molte battaglie. Diamo atto che per il lavoro costruttivo di tutti il testo sulle intercettazioni è stato cambiato ed in meglio; ciò però dovrebbe confermare al Governo che, quando consente al Parlamento di fare il proprio lavoro e quando ci si affida alla competenza e al buon senso Pag. 85di chi rappresenta i cittadini, i provvedimenti che riguardano tutti gli italiani ne ricevono giovamento. Abbiamo lavorato con forza sulla necessità di allentare il bavaglio, garantendo maggiore libertà di stampa.
Voglio ricordare anche la nostra iniziativa di eliminare i privilegi per i parlamentari, che ora saranno intercettabili al pari degli altri cittadini. È un'idea che ha convinto tutti e ha dato un segnale di civiltà e democrazia, soprattutto in tempi in cui l'antipolitica dilaga e urge un rimedio allo sfavor dei cittadini nei confronti della classe politica.
Anche l'introduzione nell'emendamento del Governo, quello che fissa, disciplina e prevede la cosiddetta udienza stralcio, e in emendamenti del relatore di alcuni nostri suggerimenti chiave, venuti dai deputati dell'opposizione, è stato un segnale di apertura, che ha reso il testo migliore e ha dato al Paese una dimostrazione di responsabilità istituzionale.
Per questo, anche se l'opposizione è stata più volte, in questi mesi, tenuta ai margini del dibattito, diamo atto al presidente della Commissione di aver compreso in buona parte le ragioni che alimentano la nostra posizione, ma sappiamo che tutto questo non è sufficiente.
Il provvedimento presenta, a nostro parere, ancora numerose defezioni e punti di criticità da prendere in considerazione: innanzitutto, l'eliminazione della cosiddetta legge Falcone. Poi, a nostro avviso, vanno ancora rilevati altri profili, che sono allo stesso tempo di merito, ma che riguardano anche profili di incostituzionalità del disegno di legge.
Innanzitutto, vi sono le evidenti violazioni dell'articolo 21 della Costituzione, che disciplina la libera manifestazione del pensiero sia con riferimento al diritto di cronaca sia con riferimento alla tutela costituzionale della libertà di essere informati.
Le regole restrittive del provvedimento, che limitano ancora fortemente la pubblicità degli atti e pongono pesanti restrizioni agli organi di informazione, compromettono significativamente la libertà di stampa e il diritto rilevante, costituzionalmente garantito, dei cittadini ad essere informati, così come appaiono eccessivi i divieti posti alla pubblicazione dei dati relativi ai flussi di comunicazione.
Ciò che è pubblico, in fondo, deve poter essere pubblicato, anche se nel quadro dei principi di tutela della riservatezza del cittadino estraneo ai fatti. Ci riferiamo, poi, anche a tutte quelle limitazioni che, oltre a mutilare significativamente l'attività di indagine, rischiano di compromettere la possibilità del cittadino imputato o indagato di esercitare il proprio diritto di difesa.
L'introduzione dell'obbligo di autorizzazione giudiziale per l'acquisizione dei tabulati telefonici è un vincolo inaccettabile, posto che proprio i dati dei tabulati telefonici sono spesso utilizzati per comprovare le tesi difensive; eppure, l'articolo 24 della Costituzione afferma che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Per non parlare, infine, di quelle norme che produrranno ritardi, inefficienze e sprechi enormi e che contrastano con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, e quindi anche dell'amministrazione della giustizia, cioè con l'articolo 97 della Costituzione.
Mi riferisco alla competenza del giudice collegiale distrettuale per intercettazioni, tabulati e riprese visive pressoché generalizzata di utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 19,05)

LORENZO RIA. Si tratta di aggravi, di appesantimenti ingiustificati e di norme antieconomiche, i cui risvolti negativi sembrano essere stati ignorati del tutto dal Governo, e che appesantiranno, ancor di più, il sistema, già così complesso, della giustizia italiana.
In definitiva, in questa fase finale dell'iter di approvazione del disegno di legge, vogliamo manifestare all'Assemblea, ancora Pag. 86una volta, quali siano i nodi più stringenti di questo provvedimento, che siamo ancora in tempo per sciogliere. Non abbiamo voluto assumere e non assumeremo, nel corso del dibattito in Aula, atteggiamenti ostruzionistici, perché di norma non è così che si migliorano le leggi.
Anzi auspichiamo che anche le altre opposizioni assumano un atteggiamento corretto e responsabile nel prosieguo del dibattito per poter giungere con serenità alla riflessione finale su un testo, che inciderà profondamente sulla vita di molte persone e sui meccanismi di indagine.
A fronte di questa disponibilità a collaborare ribadiamo però con forza che da parte del nostro gruppo non ci sono sconti su questa legge: è dovere del Parlamento licenziare il provvedimento solo con la certezza di stare scegliendo il miglior testo possibile, cioè solo con la convinzione di avere trovato un reale ed efficace punto di equilibrio tra la libertà di informazione, la tutela della privacy e l'efficacia delle intercettazioni ai fini del contrasto alla criminalità (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, quello che mi interessa evidenziare non sono le differenze tra questo testo e quello del Senato o quello che consegneremo al Senato; non mi interessa neppure mettere in rilievo da chi, perché, quando e come si siano proposte o siano state proposte le variazioni e gli emendamenti in Commissione e ancor meno mi interessa ripercorrere e commentare quel minuetto di trattative, così sovraesposte in termini mediatici del «cambia là, accordiamoci qui, non toccare niente là», un minuetto estenuante, ad uso e consumo di un penoso spettacolo esterno del quale, francamente, molti di noi avremmo fatto volentieri a meno.
Ciò nonostante sento l'obbligo morale, umano e politico di dar conto al Ministro Alfano e al sottosegretario Caliendo di essersi spesi e di aver profuso tutto il loro impegno perché si arrivasse in Aula, alla fine di questo faticoso e tortuoso cammino, dove rischi, trabocchetti, insidie e azioni anche in aperta malafede non sono certo mancati, il tutto proveniente e creato da più parti, dentro e fuori il Parlamento, con finalità spesso estranee al valore intrinseco del provvedimento.
In questa sede in realtà mi interessa affrontare nei punti topici quello che oggi prevede la normativa vigente e ciò che invece entrerà in vigore, se questo testo venisse definitivamente approvato. Procederò quindi per punti essenziali e molto sommariamente, senza entrare nel tecnico, perché altrimenti passerei e traforerei il tempo assegnato.
Per quanto riguarda i limiti di ammissibilità delle intercettazioni telefoniche, uno dei punti topici, il raffronto tra questo testo e quello vigente attesta che si è aggiunto un reato e non già che ne siano tolti. Si è appunto aggiunto lo stalking.
Per quanto concerne le intercettazioni ambientali, il testo vigente prevede che esse possono essere disposte per i medesimi motivi per i quali possono essere disposte le intercettazioni telefoniche, con la limitazione che nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, domicilio o altro luogo di privata dimora, le stesse sono consentite solo se vi è il fondato motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa. Nel nuovo testo non c'è altro alla fine della fiera; si torna quindi indietro, anche perché, rispetto al testo vigente, la necessità dello svolgimento dell'attività criminosa riguardava tutti i luoghi privati, nel nuovo testo invece l'eccezione riguarda solo la privata dimora, con una grande limitazione.
Per quanto concerne la durata delle intercettazioni il testo vigente dispone che l'intercettazione, in ogni caso, non può essere superiore a quindici giorni, salvo motivata proroga con decreto del GIP per periodi successivi di quindici giorni, purché permangano i requisiti richiesti ab origine: non è previsto un termine di durata massima delle intercettazioni che Pag. 87possono essere quindi teoricamente disposte durante tutto il periodo di durata delle indagini preliminari.
Nel testo del disegno di legge, così come approvato in Commissione, si prevede una durata di trenta giorni con possibilità di proroghe successive, fino a un massimo di tre volte di quindici giorni, ovvero 75 giorni. Si è però aggiunta la possibilità di ulteriori proroghe per periodi successivi di quindici giorni, qualora dalle indagini emerga che le operazioni possano consentire l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato per cui si procede.
In pratica, le operazioni sono sempre e comunque a discrezione dei giudici che in teoria potrebbero disporre proroghe continue; è vero che l'autorizzazione a disporre le intercettazioni e le relative proroghe viene ora richiesta al tribunale che decide in composizione collegiale, ma la sostanza rimane la stessa.
Quanto ai presupposti delle intercettazioni, tra il testo vigente e quello in approvazione vi è una sostanziale identità che non specifico per brevità ma che è sicuramente nota ai colleghi.
Si aggiunge una condizione che riguarda le utenze intercettate: si prevede infatti che le utenze debbano essere intestate o in uso a soggetti indagati o sussistano concreti elementi per ritenere che l'utenza sia utilizzata anche da soggetti diversi per conversazioni o comunicazioni attinenti ai fatti per i quali si procede. In pratica, le cosiddette intercettazioni contro ignoti non sono poi così limitate, comunque sono sempre soggette ad una valutazione puramente discrezionale relativa ai concreti elementi che dovrebbero essere attinenti ai fatti sotto inchiesta.
La modifica della competenza dell'autorizzazione delle intercettazioni, che è affidata al tribunale in composizione collegiale, contrariamente a quello che ho sentito dire in quest'Aula, è l'unico lieve miglioramento rilevabile ed ha un obiettivo preciso, essendo diretta a porre fine a diverse distorsioni applicative della disciplina vigente che l'esperienza poliennale ci ha insegnato. Quanto alla pubblicazione delle intercettazioni, nel testo vigente i verbali delle intercettazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero e da questi depositati in segreteria entro cinque giorni dal termine delle operazioni. Dal momento del deposito cade il segreto sui verbali di intercettazione ed il codice vieta la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti da segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
Il testo del disegno di legge all'esame dell'Assemblea non modifica la norma se non per tre aspetti: è possibile pubblicare per riassunto gli atti di un procedimento non più coperti da segreto; sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati; è vietata la pubblicazione anche parziale - diciamo per semplicità - delle intercettazioni per riassunto del contenuto anche non più coperti da segreto di cui sia stata dichiarata nel corso della cosiddetta udienza-filtro la non rilevanza.
Resta fermo che il pubblico ministero può chiedere al giudice l'autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi quando ciò sia necessario per la prosecuzione delle indagini. Il nuovo testo introdotto nel corso dell'esame in Commissione giustizia prevede quindi la possibilità di pubblicare le intercettazioni ogni volta che ne venga valutata la rilevanza. Nella sostanza in questo nuovo testo il diritto all'informazione relativa ai fatti valutati rilevanti rispetto ai procedimenti in corso rimane immutato. Il problema è: qual è il significato di rilevanza? Il rischio serio e concreto è che non cambi assolutamente nulla e che si proceda secondo l'attuale andazzo, ciascuno come gli pare!
Quanto alle sanzioni, nel testo in esame qualcosa in più c'è ma non annoio l'Aula perché anche così è fuor di dubbio che da questo disegno di legge non si ritrae la necessaria deterrenza volta a ridurre, se non ad eliminare, il malcostume della violazione della privacy: penso proprio che le sanzioni, così come ammorbidite rispetto al testo del Senato, anche se sicuramente Pag. 88meno lievi di quelle del testo in vigore non potranno raggiungere lo scopo desiderato.
Queste sono le nuove norme a raffronto con le vecchie, naturalmente in modo sommario: davvero poco per tutto il polverone che è stato sollevato, sicuramente troppo poco per essere approvate con tanta fatica! Il testo vigente non sembra essere apparentemente soggetto a peggioramento ma non ha subìto quelle migliorie tali da giustificare un'attenzione particolare, finendo così per essere un peggioramento sostanziale per la configurazione del quadro politico di riferimento ed in relazione all'enorme sforzo profuso ed al costo mediatico pagato.
La realtà è che la strumentalizzazione mediatico-politica ha giocato la sua partita più grande e così verrebbe da dire: molto chiasso per nulla, evocando Shakespeare. O piuttosto viene imperiosa alla mente l'avventura di quel principe normanno che alla conquista delle città della nostra penisola dimostrava la ferrea volontà di espugnare e radere al suolo Roma per poi costruire il suo regno.
E raggiunte le coste italiane ebbe a vedere un sito che rispondeva alle descrizioni che aveva della Città Eterna, della Caput Mundi. Sbarcò e la rase al suolo; e mentre celebrava il suo trionfo su Roma devastata, gli fu spiegato dai superstiti, non senza difficoltà, che la città conquistata non era Roma, ma Luni, piccolo centro alla foce del Magra.
Come ridicole e fuori contesto, d'altro canto, sono state le intemerate mediatiche, i richiami alle leggi bavaglio, l'ONU: è intervenuta perfino l'ONU! E così pure i post-it gialli, gli scioperi dei giornali. Molto chiasso per nulla, dunque; o forse no. Questa storia è l'emblema di un Paese che si dimostra ottimo nel peggiore degli sport: protestare per non cambiare. E pensare che la questione non era e non è di parte: è una questione di civiltà, di progresso, di civiltà giuridica.
Il programma presentato da un partito alle elezioni politiche del 2008 dice testualmente: «Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richieste delle ordinanze emesse in materia di misura cautelare fino al termine dell'udienza preliminare e delle indagini serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino - il divieto assoluto! - e le stesse indagini, che risultano spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali. È necessario individuare nel PM il responsabile della custodia degli atti - nel PM, con una responsabilità oggettiva! -, ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe di quelle attuali, per renderle tali da essere un'efficace deterrenza alla violazione dei diritti costituzionalmente tutelati». Questo programma elettorale, colleghi, non è del PdL: ciò è stato tratto dal programma elettorale del 2008 del Partito Democratico!
E a proposito del Partito Democratico, viene troppa voglia di ricordare, Ministro, che il Governo Prodi approvò alla Camera un testo sulle intercettazioni; e visto il risultato al quale siamo arrivati e gli anni spesi, forse non sarebbe stato peregrino riproporre, per lo meno in fase interinale ma tempestivamente, sic et simpliciter, quel testo, in attesa di un ragionamento migliore e più organico. Il risultato non sarebbe stato peggiore.
Questione di civiltà, dicevo: non ci dovrebbe essere più spazio per confondere gli avvisi di garanzia con le condanne, né per trasformare il sospetto in prova di colpevolezza. Non dovrebbe essere ammissibile utilizzare il pettegolezzo e le fughe di notizie come armi per screditare l'avversario, il meccanismo per cui gli stralci di intercettazioni pubblicate ad orologeria, con una puntualità spesso sconcertante dai giornali, diventano un'arma per screditare ed indebolire. È un'oscenità da respingere con forza! In questo meccanismo, la vita dei cittadini, come quella delle istituzioni, può venire ed è spesso travolta, e certo il provvedimento in esame non risolve il problema.
La mia opinione, colleghi, è diversa, e non da adesso: l'ho espressa più volte, in tutte le sedi, anche se recentemente ho potuto constatare di essere in buona compagnia. Pag. 89Ed è per questo che, non fosse altro a futura memoria, mi industrierò per presentare una proposta di legge. L'idea è di collocare il tema nel codice di procedura penale all'interno delle fonti di investigazione semplice, cassandolo dalla collocazione nel testo vigente dei mezzi di ricerca di prova. Oltre ad eliminare del tutto la polemica sul concreto utilizzo che oggi si effettua nelle fasi processuali, nei provvedimenti e nel provvedimento decisorio delle intercettazioni, sulla loro veridicità ai fini della formazione della prova e della loro attendibilità, con tale spostamento si taglierebbero alla radice altri problemi, oltre a quello dell'utilizzo distorto delle intercettazioni in fase processuale decisoria: uso, come si è detto, distorto, facilitato anche dall'ontologia del mezzo.
Si taglierebbe dunque alla radice anche il problema della privacy, giacché le intercettazioni non potrebbero mai e poi mai far parte di fascicoli contenenti atti pubblicabili. Ma si risolverebbe anche un altro annoso problema: l'utilità delle intercettazioni ai fini di indagine. Ve ne sarebbe così un utilizzo ampio, riservato, efficace; ma servirebbe anche a migliorare la qualità dell'attività investigativa, e la ricerca più accurata e della prova.
Si migliorerebbe la qualità della produzione giuridica, la professionalità di quanti si occupano del settore, e si eviterebbe per sempre che le intercettazioni, prese a pezzi poi utilizzati con il copia e incolla, divengano clave da utilizzare per emettere sentenze di condanna anticipata, o strumenti per montare processi popolari di discredito della stampa, dove le tesi dei pubblici ministeri si trasformano in sentenze, e i pubblici ministeri in giudici anziché in titolari dell'accusa.
Quando ero all'inizio della professione forense - voi siete più giovani di me, ve lo ricordo - i rapporti di polizia giudiziaria iniziavano spesso con la dizione: da fonte confidenziale si è appreso. Ecco, le intercettazioni dovrebbero essere le fonti confidenziali del XXI secolo. Fanno scoprire reati, i collegamenti, danno gli strumenti perché l'attività investigativa fornisca le fonti di prova, sanando le problematiche della privacy, dei limiti fattuali e temporali dell'esercizio delle captazioni. A questo proposito - concludo - esprimo un'opinione che è anche la mia (ma non è la mia, ho preso le parole di un altro, pubblicate peraltro): le intercettazioni devono essere praticamente libere, ma non costituiscono mai prova e non vengono depositate davanti al giudice, sono strumenti di indagine e di prevenzione, non trasformandosi mai in incartamento processuale, non sono mai pubbliche, sicché non possono mai essere pubblicate; ove questo avvenga vuol dire che c'è un funzionario, non un giudice, infedele, una volta individuato e condannato il quale si può condannare anche il giornalista suo complice. Non sono mie queste parole.
Concludo, Presidente, dicendo che ringrazio il gruppo per avermi dato la piena libertà di espressione su questo tema tanto delicato, e ciò non toglie però che voterò come mi sarà indicato perché lealtà e disciplina verso le politiche di gruppo sono alla base di un corretto rapporto politico istituzionale. Mi sia tuttavia concesso non solo di ringraziare il Ministro per il grande impegno profuso che onora il Governo, lui stesso, il suo Ministero e tutti noi, ma anche di dichiarare di non aver abbandonato la speranza che questo provvedimento, con coraggio e realismo politico, venga ritirato, e con umiltà e coraggio incominciamo a valutare se è il caso di rifarsi daccapo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, qualcuno oggi ha parlato della giustizia come obiettivo. Preferisco invece introdurre un altro paragone, cioè la legalità come strategia. Mi piace di più, perché la legalità come strategia quindi implica anche legalità nel processo. Questo è il garantismo. Il garantismo è la legalità nel processo. Noi in fondo ci misuriamo su due opposte idee di garantismo, anche se Pag. 90invece mi piacerebbe condividerle con la maggioranza. Mi facilita l'intervento del collega che mi ha preceduto. Intanto alla base del garantismo c'è la giurisdizionalizzazione di una serie di elementi e soprattutto della ricerca dei mezzi della prova.
Qui siete venuti allo scoperto, cari colleghi della maggioranza, laddove ritenete che il controllo giurisdizionale, al posto della gestione diretta degli organi di polizia, sia un qualcosa da eliminare. Mai avrei pensato di sentir citare, ricordare e invocare, in alternativa al mezzo di ricerca della prova verificabile anche poi nel contraddittorio e quindi controllabile in ogni momento con obbligo di motivazione, l'apprendimento da fonte confidenziale, che è uno di quegli elementi su cui tutta l'avvocatura si è misurata a difesa delle garanzie nel processo, perché la processualizzazione delle fasi, e soprattutto della ricerca della prova, è esattamente un elemento di garanzia. Allora, mi chiedo e vi chiedo se ci misuriamo in una concezione autoritaria da regolamenti di polizia che ci riporta ad epoche immediatamente successive all'approvazione della Costituzione che ha segnato proprio tutto il percorso di civiltà giuridica, di garanzie e di diritti nel nostro Paese, e se stiamo ritornando a quel momento.
Infatti, il dibattito è stato distorto dopo i primi iniziali disegni di legge perché non abbiamo più discusso di eventuali abusi dello strumento, ma su un disegno di legge del Governo che era tutto volto a limitare l'uso delle intercettazioni. Nonostante la fiducia che avete messo, grazie al ruolo dell'opposizione, è stata restituita - come è stato detto - dignità al ruolo del Parlamento, perché la discussione è stata riportata nella sua pubblicità, ha coinvolto l'opinione pubblica e, grazie all'opinione pubblica stessa, sono stati introdotti dei cambiamenti. Quest'ultimi non ci soddisfano, ma, comunque, li ascriviamo ad una nostra vittoria, ad una vittoria del Paese e di una pratica con la quale la politica si rincontra con il Paese, con la pubblica opinione e con l'esercizio della democrazia. Nonostante siano stati compiuti interventi sulla pubblicità delle intercettazioni, sulla durata, sulle riprese visive, sugli ignoti, sugli articoli 192 e 195, il provvedimento non ci soddisfa. Che cosa non ci soddisfa? Innanzitutto, le limitazioni che ancora ci sono sulle intercettazioni ambientali e sulla questione dei tabulati; vorrei sgombrare il campo da un equivoco: qui non si tratta di non prevedere delle garanzie anche per questo mezzo di ricerca della prova, quello che non si può fare, con le attuali limitazioni che sono state introdotte, è parificare completamente i tabulati alle intercettazioni, perché i tabulati servono anche a fare un primo scarto e una selezione su come e dove indirizzare le indagini.
Ma quello che più ci preoccupa è l'abrogazione della cosiddetta legge Falcone. Anche qui, ve ne siete accorti man mano o, forse, potremmo dire che non avete più potuto tenere ferme quelle gravi limitazioni e avete sbocconcellato qua e là; di fatto, però, non si è ritornati alla cosiddetta legge Falcone. Questo elemento fondamentale sta nella modernità dell'approccio al contrasto alla criminalità organizzata, cioè nel vedere, nell'organizzazione del crimine, un punto cruciale e, quindi, nell'intervenire a colpire in qualsiasi modo la forma organizzata della commissione di reati. Questo è un punto irrinunciabile e strategico che non consente alcun arretramento. Se non si ripristina, invece, questa norma vi sarà un sostanziale arretramento, perché colpire l'abuso e non l'uso era un obiettivo presente anche in una discussione che c'era già stata nella precedente legislatura. Siete andati in direzione opposta e cosa lo testimonia? Il fatto che non si è intervenuti su quella parte fondamentale che era, appunto, quella delle motivazioni delle indagini, ma, soprattutto, la motivazione stringente e graduata sull'esperimento di questo mezzo di prova che aveva a che fare direttamente con la salvaguardia dell'efficacia e dell'indispensabilità delle indagini. Invece, si è intervenuti disordinatamente, a vario titolo, prima limitando maldestramente i reati, e, poi, sui presupposti, confondendo anche alcuni piani di Pag. 91discussione. Ora sono state messe alcune pezze. Le consideriamo sul piano politico, una importante retromarcia su quelli che sembravano degli obiettivi irrinunciabili e, cioè, il forte ridimensionamento di uno strumento di ricerca della prova. Non siamo soddisfatti, ma vogliamo sottolineare al Paese l'importanza di aver riportato la discussione su un piano pubblico, di aver riportato una dialettica tra opposizione e maggioranza e di aver sottratto, alla dittatura dell'Esecutivo, un provvedimento legislativo così importante per la sicurezza dei cittadini che continuiamo a ritenere essere un diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor Ministro, vorrei esordire esprimendo apprezzamento per la relazione della presidente Bongiorno e più in generale per il modo con il quale ella ha condotto e conduce i lavori della Commissione giustizia, cioè con un metodo improntato costantemente alla terzietà, alla competenza, alla professionalità e sono tutte doti che ce la fanno apprezzare per adesso e per dopo. Vorrei anche dire che non ho apprezzato invece l'intervento del collega del Popolo della libertà che è intervenuto prima sull'ordine dei lavori, che si è permesso di censurare l'intervento svolto dall'onorevole Di Pietro: intervento di un collega che ha espresso delle opinioni che non sono censurabili ai sensi dell'articolo 68 della Costituzione, quello che il Popolo della libertà spesso a sproposito invoca nella Giunta e in quest'Aula per salvare la casta.
Egli assume la responsabilità di quello che dice, non ha affatto offeso l'istituzione e ha espresso giudizi e valutazioni sulla persona che pro tempore ricopre un incarico. Come se si potesse censurare il fatto che si dica che il sottosegretario Cosentino è una persona che è collusa con la camorra come risulta, come è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare. Non si offende certamente il Governo né l'istituzione del sottosegretario, si esprime soltanto una valutazione negativa nei confronti di una determinata persona. Comunque credo che l'onorevole Di Pietro non abbia alcun timore del fatto che le sue opinioni siano portate agli organi competenti, così come credo che analogamente dovrebbe essere portata agli stessi organi l'affermazione del collega prima intervenuto, che ha tacciato l'onorevole Di Pietro di viltà. Tutto si può dire all'onorevole Di Pietro, ma non che sia una persona vile in quanto quello che deve dire lo dice sempre senza problemi e senza timori.
Entrando nel merito, il Parlamento è bloccato, da due anni, da provvedimenti sulla giustizia che sono solitamente provvedimenti ad personam. Questo che riguarda le intercettazioni è ormai incardinato nel Parlamento da due anni lo tiene bloccato su un obiettivo che è diverso da quello che è stato presentato come reale obiettivo del provvedimento stesso. Ci avete detto, ci ha detto la maggioranza e ci ha detto il Capo del Governo che l'obiettivo era quello di garantire e tutelare la privacy. Questo ragionamento è stato accompagnato da valutazioni sbagliate, da valutazioni terroristiche, quale quella riguardante i sette milioni di italiani che sono spiati, ed è stato accompagnato dal consueto battage mediatico in cui egli è molto bravo.
Ma questo provvedimento poi, una volta visto il testo, è chiaramente frutto di un inganno perché quello che è stato detto, l'obiettivo che era stato proposto si sarebbe potuto raggiungere come noi abbiamo proposto si sarebbe potuto raggiungere con tre semplici disposizioni.
La prima è quella che riguarda la pubblicabilità degli atti: quali atti sono pubblicabili e da quando sono pubblicabili? Con questa disposizione si sarebbe detto quali devono essere gli atti che devono essere esclusi, cioè quelli che riguardano vicende esclusivamente private o vicende che non sono rilevanti per il processo, e così si sarebbe chiarito come si può effettivamente tutelare la riservatezza.
La seconda disposizione avrebbe dovuto riguardare l'attribuzione della titolarità Pag. 92dell'archivio riservato e, quindi, l'attribuzione della responsabilità, in modo che si potesse stabilire una tracciabilità di chi rende note le notizie relative a fatti riservati. La terza disposizione sarebbe stata quella sanzionatoria, che avrebbe deciso, anche in maniera severa, a quali sanzioni sarebbero andati incontro coloro che infrangono i precetti.
Avremmo sostenuto un provvedimento di questo tipo, ma quello che ci è stato presentato va molto oltre questo obiettivo e questa declamata intenzione. Infatti, attraverso una gragnuola veramente pesante di disposizioni, esso ha rivelato la sua vera natura, cioè quella di provvedimento che mira a due obiettivi fondamentali.
Il primo obiettivo è di impedire o creare delle gravi difficoltà alla scoperta dei reati e, quindi, al contrasto della criminalità, rendendo difficile, o quasi impossibile, l'utilizzazione delle intercettazioni (in altri termini, dello strumento fondamentale volto a contrastare proprio gli strumenti che la criminalità organizzata oggi utilizza, cioè quelli informatici). Attraverso questa difficoltà frapposta all'utilizzazione delle intercettazioni, sostanzialmente, si fa un grosso regalo alla criminalità comune e, in parte, anche a quella organizzata. Il secondo obiettivo è di non far conoscere all'opinione pubblica i misfatti e le malefatte che vengono, invece, a conoscenza dell'autorità giudiziaria.
Queste si sono rivelate le vere finalità contenute nel provvedimento in oggetto, che urta contro diverse disposizioni e principi costituzionali, quale quello del diritto alla sicurezza come funzione sovrana dello Stato, quello dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, che viene reso più difficile dalla mancata utilizzazione di strumenti fondamentali di indagine, e quello del diritto di informare e di essere informati. Quindi, per favore, non ci si venga ancora a dire che si vuole tutelare la privacy, quando la riservatezza non ha niente a che vedere con questo provvedimento.
Questi erano e sono i veri obiettivi del provvedimento. Esso è stato incardinato due anni fa e, a posteriori, porta anche a riflettere sul motivo per il quale è stato incardinato: perché vi erano molti scheletri nell'armadio del potere, che sono, man mano, affiorati in occasione di numerose inchieste ed indagini, da quelle sulla Protezione civile e i casi connessi, a quelle che hanno riguardato Brancher, Cosentino, Scajola, il G8, Verdini e tanti altri personaggi. Forse, come prevenzione, era proprio quello l'obiettivo che si voleva conseguire.
Con questa sequela di disposizioni vi siete inventati un testo «mostro», con una stretta micidiale e minacciosa sui magistrati inquirenti che, addirittura, possono essere rimossi dall'incarico nel caso in cui un indagato o un imputato li denunci. In seguito, sono state apportate delle correzioni, ma questo è il segno non solo della confusione che ha regnato sovrana nel Governo, ma anche della debolezza che il Governo, fortunatamente, ha mostrato di fronte alle pressioni dell'opinione pubblica.
Vi è stato, quindi, un tentativo, andato a buon fine - perché queste disposizioni sono passate in entrambi i rami del Parlamento - con quella che ricordavo essere una stretta micidiale e minacciosa sui magistrati inquirenti, a cui, però, ha fatto da contrappunto la disposizione relativa al «salvacondotto» su prelati e parlamentari.
Per fortuna siamo riusciti ad abrogarli ma ci avete tentato, ci avete provato. Con una chiusura alle investigazioni, con mille difficoltà alle intercettazioni, costituite dalla decisione che viene deferita all'organo collegiale del capoluogo del distretto, con camion di documenti che possono essere costretti a girare da una parte all'altra, con la vanificazione delle intercettazioni ambientali, delle riprese visive, poi per fortuna ci sono stati interventi correttivi, ma ve la siete tentata anche su questo.
Con l'assimilazione delle riprese visive e dei tabulati alle intercettazioni, cioè con un regime molto più rigoroso, con le inaccettabili restrizioni temporali e il ridicolo regime delle proroghe, poi ve lo siete dovuti poi rimangiare. Con la sostanziale Pag. 93inutilizzabilità in altri procedimenti delle intercettazioni illegittimamente disposte ed effettuate, con il ritardo ai divieti alla pubblicabilità degli atti, con la morsa sulle risorse finanziarie da attribuire ai diversi uffici giudiziari per le intercettazioni: questo è uno strumento attraverso il quale, se usato male, se usato in senso politico, si possono creare delle gravi limitazioni all'esercizio dell'azione penale nel senso che proprio agli uffici che indagano sui fatti più rilevanti si possono far venir a mancare i mezzi finanziari; tutto questo incide poi sull'esercizio dell'azione penale.
Con l'oscuramento della rete, con la pretesa delle rettifiche anche ai blog più piccoli, contro questa disposizione, la stessa IX Commissione, in cui la maggioranza è in maggioranza, ha espresso un parere contrario cioè ha espresso parere favorevole a condizione che sia soppressa la disposizione che impone la rettifica anche ai blog e alla rete.
Potrei continuare nella descrizione delle parti inaccettabili, tuttora inaccettabili che ci fanno esprimere voto contrario a questo provvedimento, ma prenderei troppo tempo. Vorrei invece fare una considerazione di carattere politico. Avete detto che bisogna fare in fretta perché questo provvedimento, questo testo è già da due anni in Parlamento. La colpa non è nostra, la colpa è del Governo che ha presentato un testo che ha scontentato tutti, dalle istituzioni internazionali fino al Quirinale, dalla magistratura fino al procuratore nazionale antimafia e alle nostre istituzioni, fino ai cittadini che per due terzi hanno detto di essere scontenti di questo provvedimento. Ecco dunque che, se non ho interpretato male le parole del collega Bianconi, mi sembrerebbe che effettivamente il ritiro di questo provvedimento sarebbe un fatto importante, evitereste una bocciatura sonora e consentireste al Parlamento di occuparsi di cose ben più importanti di questa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, ritengo che, prima di affrontare direttamente il tema di questo provvedimento, bisogna rivendicare un rispetto delle regole che deve comunque assistere chiunque prenda la parola in quest'Aula. Le chiedo formalmente, ai sensi dell'articolo 60, commi 1 e 3 del Regolamento, di intervenire sulle gravissime espressioni che hanno persino sminuito il «divertentismo» che ha caratterizzato l'intervento del collega Di Pietro, è stato un intervento eufemisticamente molto divertente, perché non si può consentire che con espressioni, che non esito a definire inaccettabili, si possa attaccare il capo del Governo e scambiarlo come capo della piovra.
La gravità delle espressioni è assolutamente inaccettabile, e, in questo ambito, riferirò quello che è accaduto perché la Presidenza possa percepirne la intrinseca, oggettiva e specifica gravità.
Primo, l'articolo 60, comma 1, consente al Presidente di infliggere una sanzione che direi immediata: l'esclusione dall'Aula per chi ingiuri uno o più colleghi, o membri del Governo.
La semplice ingiuria, quindi, autorizza l'immediata assunzione di un provvedimento; al comma 3 si prevede, qualora un deputato usi un'espressione ingiuriosa nei confronti delle istituzioni o del Capo dello Stato, che il Presidente possa altresì proporre all'Ufficio di Presidenza la censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo da due a quindici giorni di seduta. Questa, quindi, è una sanzione indubbiamente più grave che fa riferimento a comportamenti più gravi.
Quando il Presidente Buttiglione ha dato atto che vi è stata un'ingiuria - a cui vi sarebbe poi stato un rimedio con una critica dura, di tipo politico - dimentica - nella sua non perfetta ricostruzione del fatto - che quando egli ha redarguito il collega Di Pietro a dismettere questo atteggiamento ingiurioso nei confronti delle istituzioni, vi è stata la reiterazione di questa condotta, che io trovo di una gravità assoluta.
Per cui, mi chiedo, se si deve procedere con parità di trattamento nei confronti di chi, Pag. 94in quest'Aula, non si comporta come deve, io trovo questo comportamento in linea con il comma 3 dell'articolo 60, e le chiedo, formalmente - ma con molto rispetto di quelle che sono le regole - di informare e di proporre all'Ufficio di Presidenza, direttamente, l'assunzione della sanzione nei confronti del collega Di Pietro. Questo perché la moderazione non deve essere soltanto una scelta etica, personale e di buona educazione, ma deve essere anche di rispetto di una regola parlamentare.
La moderazione non è soltanto il fair play. Quando si dice che il Capo del Governo è il capo della piovra, bisogna intervenire duramente, per evitare che questo si possa verificare di nuovo!
I cittadini che hanno votato questo Governo, e questo Parlamento, non possono subire queste costanti ingiurie nei confronti di un diritto libero, dell'esercizio della facoltà di fare liberamente politica!
Detto questo, Signor Presidente, muovo una seconda critica di carattere metodologico, che ha afflitto la formazione di questo provvedimento, e che io trovo il dato più rilevante: come sempre il metodo supera il merito. In questo Paese siamo afflitti da un gravissimo problema: la inesistenza sostanziale di una separatezza o separazione di poteri. Tutti vogliono fare tutto, dimenticando che vi sono delle regole costituzionali che impongono il rispetto di una semplice realtà costituzionale: il Parlamento.
In realtà, mai come in una legge come quella sulle intercettazioni, gli interventi a piedi uniti, e qualche volta anche da dietro, da cartellino rosso, per impedire che il Parlamento potesse liberamente legiferare, sono stati inaccettabili. Le pressioni che sono derivate dall'Associazione nazionale magistrati, dalla stampa, prescindendo dal merito - di cui non voglio neanche discutere, perché il Parlamento è il luogo della democrazia dove si discute - sono state inaccettabili.
Qualcuno dimentica come nel novembre del 1947 è stato detto, nei lavori preparatori della Costituzione, che «i giudici sono soggetti soltanto alla legge», ma alla legge devono essere soggetti.
Almeno alla legge, almeno alla legge! I giornalisti, in qualche modo, se vi è un percorso parlamentare corretto, devono adeguarsi al percorso parlamentare, e la legge ha il primato in questo Paese. Non si può pretendere, ad ogni piè sospinto, di intervenire per determinare surrettiziamente i percorsi democratici del Parlamento. Oggi sulle intercettazioni, domani su che cosa ci aspettiamo questi interventi a piedi uniti che ci mettono in condizione di non svolgere correttamente il nostro mandato parlamentare?
Signor Presidente, io soffro, perché la mancanza di libertà nella gestione del proprio mandato parlamentare, per questi interventi massmediatici pesantissimi, credo costituisca - per chi vuole correttamente avere un rapporto tra la propria coscienza, la propria cultura e il modo di fare politica - un grave problema.
Ciò, soprattutto, quando si traduce in interventi su settori tecnici, laddove soltanto la conoscenza approfondita delle norme può dare la capacità di una forma della norma capace di essere efficace.
Se questo è il segnale, ed è quello che io raccolgo come quello di maggiore gravità in questo percorso sul disegno di legge relativo alle intercettazioni, noi comunque abbiamo cercato di fare del nostro meglio. Il Ministro Alfano ci è stato costantemente vicino perché si potesse raggiungere comunque un risultato che potrei definire utile per la tutela di due beni fondamentali: la riservatezza e la presunzione di non colpevolezza.
La riservatezza, guarda caso, viene prima del diritto di cronaca, signor Presidente, che è fortemente limitato dalla riservatezza, dalla presunzione di non colpevolezza e dal diritto di difesa, che costituiscono i parametri che riguardano i cittadini. Infatti, il Popolo della Libertà se ha una parametrazione (come il medico con il paziente) questa è la tutela del cittadino.
Il bene giuridico primario tutela il cittadino, il quidam de populo, ossia colui Pag. 95che in qualche modo subisce delle regole e deve essere tutelato prima di tutte le lobby e prima di tutti gli interessi che sono intorno al cittadino. Se abbiamo voluto fare questo - abbiamo cercato di farlo con entusiasmo e con ansia - il risultato certo non è quello che speravamo, ma è un risultato utile.
È comunque un risultato che consente di intervenire su una normativa - qualcuno me ne dovrebbe spiegare il perché - che in questo Paese è stata capace di stravolgere completamente i principi minimi di capacità del cittadino di stare nel processo penale e di subire prima del processo un antiprocesso mediatico che è soltanto vergognoso. Lo è per chi opera nel settore della giustizia, per i cittadini e per il Parlamento, e qualcuno ha cercato di difendere questo antiprocesso mediatico scambiandolo con il diritto di cronaca e il diritto all'informazione.
Ecco, un grosso passo in avanti questa normativa comunque lo fa e il risultato che il PdL ha ottenuto nell'ambito di questa vicenda ridà in qualche modo anima al nostro partito. Siamo un partito che ritrova nelle battaglie l'anima e si riprende quello che qualcuno vuole togliergli. Siamo capaci in quest'ambito di dimostrare che abbiamo una forza contrattuale interna che, contro tutto e tutti, ci conduce ad un risultato utile.
Si tratta di un risultato utile, illustre Presidente e pazienti colleghi, è frutto di grandi mediazioni e di grandi interventi su specifici punti. Non dimentico, per esempio, che ci siamo sforzati, in qualche modo tecnicamente, di raggiungere degli obiettivi positivi sui limiti alla utilizzabilità, sui divieti di pubblicazione e sulla nuova udienza filtro.
Abbiamo svuotato la responsabilità degli editori, ma in qualche modo abbiamo rafforzato il non interesse alla diffusione di quella che definirei una patologia del massmedialismo per esempio impedendo i nomi dei magistrati e le foto dei magistrati, cosa che ha prodotto qualche risultato per qualche magistrato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Testo sostituito con errata corrige volante FRANCESCO PAOLO SISTO. Mi chiedo, anche in questo Parlamento, quanti ex magistrati sarebbero seduti su questi banchi se non vi fosse stata una pubblicità straordinaria di un'attività che invece deve vedere il giudice avere il volto del suo provvedimento. Le carriere politiche a botte di informazioni di garanzia credo che con questo provvedimento subiscano un brusco arresto e questo è un piccolo risultato.
Signor Presidente, sono intervenuto sui temi ovviamente generali e di metodo perché certo non posso, come ha fatto la presidente Bongiorno, ripercorre i dati tecnici e di supporto. Dico solo che si poteva fare di meglio, ma si è fatto quello che si è potuto.
Denuncio, però, e in questo mi consentirà la Presidenza un esercizio (come il PdL fa) di massima libertà parlamentare e culturale, l'ingerenza indebita (che va evitata con la rivendicazione del primato della legge del Parlamento) da parte di coloro che ritengono in questo modo di ingerirsi pesantemente in percorsi che, invece, ci devono vedere tutti - ed è un discorso che riguarda i parlamentari tutti e non soltanto quelli del PdL - capaci di esprimere fortemente, al di là di suggestioni, prese di posizione e di un dibattito, che deve essere interno (ma poi deve essere caratterizzato dall'unanimità di consensi, nel senso che si discute, ma quando si viene in Aula si va verso un risultato utile per la gente), e ci devono consentire il raggiungimento - ho finito, signor Presidente - di un solo risultato e di un solo traguardo: il rispetto del patto con l'elettorato.
Non dobbiamo mai dimenticare che noi siamo in questo Parlamento perché abbiamo stipulato un patto, che noi rispetteremo e che dobbiamo rispettare con questa nuova anima che abbiamo ripreso dalla battaglia, con un Popolo della Libertà che finalmente si propone più compatto proprio perché probabilmente provato. Come si sa e come diceva il mio maestro: non c'è mazzo senza pazzo, Pag. 96non c'è insegnamento senza sofferenza. Bene, noi per imparare siamo pronti a soffrire!
FRANCESCO PAOLO SISTO. Mi chiedo, anche in questo Parlamento, quanti ex magistrati sarebbero seduti su questi banchi se non vi fosse stata una pubblicità straordinaria di un'attività che invece deve vedere il giudice avere il volto del suo provvedimento. Le carriere politiche a botte di informazioni di garanzia credo che con questo provvedimento subiscano un brusco arresto e questo è un piccolo risultato.
Signor Presidente, sono intervenuto sui temi ovviamente generali e di metodo perché certo non posso, come ha fatto la presidente Bongiorno, ripercorre i dati tecnici e di supporto. Dico solo che si poteva fare di meglio, ma si è fatto quello che si è potuto.
Denuncio, però, e in questo mi consentirà la Presidenza un esercizio (come il PdL fa) di massima libertà parlamentare e culturale, l'ingerenza indebita (che va evitata con la rivendicazione del primato della legge del Parlamento) da parte di coloro che ritengono in questo modo di ingerirsi pesantemente in percorsi che, invece, ci devono vedere tutti - ed è un discorso che riguarda i parlamentari tutti e non soltanto quelli del PdL - capaci di esprimere fortemente, al di là di suggestioni, prese di posizione e di un dibattito, che deve essere interno (ma poi deve essere caratterizzato dall'unanimità di consensi, nel senso che si discute, ma quando si viene in Aula si va verso un risultato utile per la gente), e ci devono consentire il raggiungimento - ho finito, signor Presidente - di un solo risultato e di un solo traguardo: il rispetto del patto con l'elettorato.
Non dobbiamo mai dimenticare che noi siamo in questo Parlamento perché abbiamo stipulato un patto, che noi rispetteremo e che dobbiamo rispettare con questa nuova anima che abbiamo ripreso dalla battaglia, con un Popolo della Libertà che finalmente si propone più compatto proprio perché probabilmente provato. Come si sa e come diceva il mio maestro: non c'è "mathos" senza "pathos", Pag. 96non c'è insegnamento senza sofferenza. Bene, noi per imparare siamo pronti a soffrire!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, voglio ringraziare innanzitutto il Governo qui rappresentato dal Ministro Alfano, l'onorevole Costa e il presidente Bongiorno perché il disegno di legge sulle intercettazioni, oggi alla nostra attenzione, contiene sicuramente una disciplina assolutamente più significativa ed importante rispetto a quella attuale. Non voglio ripercorrere in maniera analitica il testo, ma voglio semplicemente dire che sono state introdotte 11 differenze sostanziali.
Tuttavia, al di là di ogni riflessione tecnica e giuridica - si tratta tra l'altro di argomentazioni che non mi attengono - debbo semplicemente fare una riflessione di natura politica. Oggi la situazione in materia è assolutamente indecente per un Paese civile e che si vuole definire democratico. Quindi, ogni modifica tesa a migliorare l'attuale disciplina è sicuramente un passo avanti nei confronti della libertà, della democrazia e, quindi, della civiltà di un popolo.
Ma per tornare comunque a svolgere un ragionamento, debbo anche fare una riflessione più ampia. In questi ultimi mesi il confronto politico è stato caratterizzato da continui richiami al rispetto della Costituzione, in un quadro generale tra l'altro in cui si discute molto spesso se e come modificare la Carta costituzionale. Purtroppo, il dibattito sulle possibili riforme costituzionali e istituzionali e i costanti richiami ai valori e al dettato della Carta hanno assunto, invece, un carattere strumentale e di parte. Tali richiami sembrano ormai essere un'arma politica di una parte rispetto ad un'altra: la difesa della Costituzione è diventato un argomento di polemica continua, come se i valori costituzionali fossero solo di una parte politica. Addirittura, si è voluto affermare il principio che possibili modifiche rappresentino un pericolo per la democrazia, un vero e proprio attentato.
Onorevoli colleghi, utilizzare la Costituzione come strumento politico è inaccettabile: la scelta di ergersi a paladini dello spirito costituzionale rappresentando gli altri come un pericolo democratico mina inevitabilmente la coesione sociale e ferisce quel senso di appartenenza ad un comune destino che invece noi parlamentari dovremmo difendere, tutelare e salvaguardare.
Tale atteggiamento pericoloso e antidemocratico ha radici profonde. Si radica in quella presunzione di superiorità morale che una certa sinistra ha sempre rivendicato per se stessa: una rivendicazione di superiorità che è stata foriera di derive ideologiche che hanno danneggiato e che danneggiano il Paese.
Se si volesse discutere seriamente su questo provvedimento e sui profili costituzionali che ne vengono coinvolti si dovrebbe cominciare col dire che il nostro ordinamento riconosce e tutela il principio della libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione. L'articolo 15 della Costituzione, al comma primo, afferma infatti che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La disposizione costituzionale citata va letta, tra l'altro, insieme a quanto contenuto all'articolo 14 e quanto disposto dall'articolo 13. Tali disposizioni concorrono alla definizione del più generale principio della inviolabilità della persona umana.
La portata della garanzia dei predetti articoli è assoluta, copre pertanto ogni forma di comunicazione che dovesse essere resa possibile dal progresso tecnologico. Non può dunque essere sostenuta alcuna strumentalità, né tanto meno subordinazione delle garanzie dell'articolo 15 nei confronti di quelle prescritte dall'articolo 21.
Tra l'altro, la consequenzialità delle disposizioni all'interno della Parte prima della Costituzione, che vede la libertà delle comunicazioni collocata prima della libertà di stampa, dimostrerebbe forse il contrario.

Pag. 97

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 20)

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ricordo che l'articolo 15 della Costituzione con riferimento alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione utilizza l'aggettivo «inviolabile». Non solo: la segretezza delle comunicazioni entra poi a far parte di una più ampia area di protezione dell'insieme di dati e notizie attinenti alla sfera dell'intimità personale e privata delle persone fisiche, delle formazioni sociali e delle persone giuridiche. Dunque non esiste, cari colleghi, una Costituzione di serie A e di serie B, non si può difendere l'articolo 21 accusando questa legge di essere una legge bavaglio, dimenticando l'articolo 15 e tutti gli altri ad esso collegati: l'equilibrio costituzionale va ricordato, difeso e rispettato nel suo insieme, non solo per le parti che convengono, magari per fare una cortesia alle redazioni dei giornali amici.
Quanto sia delicata la materia e degna di tutela lo dimostra anche il fatto che la limitazione del principio della libertà ed inviolabilità delle diverse forme di comunicazione può avvenire ai sensi dell'articolo 15, secondo comma, della Costituzione «soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Ma rispetto a queste argomentazioni l'opposizione ha banalizzato appannando il tutto in questa maniera: si tratta - ha detto l'opposizione - di una legge bavaglio. Ma di quale bavaglio state parlando, cari colleghi? Mi rivolgo soprattutto a voi del Partito Democratico: perché nascondete la verità? Perché usate la Costituzione come arma politica per coprire le vostre contraddizioni?
Vi ricordo il vostro programma del 2008, che leggo testualmente: «il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino. È necessario ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali ed amministrative molto più severe delle attuali». Cosa è cambiato? Perché allora sostenevate che era necessario rivedere la normativa sulle intercettazioni, e oggi, invece, parlate di legge bavaglio?
D'altronde queste erano le vostre convinzioni, perché proprio in quest'Aula il 17 aprile 2007, durante il Governo Prodi, avete approvato un testo di riforma delle intercettazioni che non è diventato legge soltanto per la caduta anticipata del Governo e per la fine della legislatura. Non voglio dilungarmi in citazioni, ma ricordo ancora quanto l'onorevole Di Pietro diceva il 17 marzo 2007, e ancora il Presidente Prodi il 13 giugno 2007.
Allora, cari colleghi, noi condividiamo quanto da voi affermato nel 2007, ma vorremmo capire da voi che oggi siete all'opposizione cosa è cambiato. Perché voi potevate fare quello che a questa maggioranza oggi non dovrebbe essere permesso? Una legge di riforma delle intercettazioni è possibile ed è legittima se la portate avanti voi, ma diventa un attentato alla Costituzione se la propone l'attuale maggioranza di centrodestra.
Chi è oggi contro questo disegno di legge in realtà sta difendendo anche un blocco di ordini e burocrazie che nella lenta degenerazione dell'apparato pubblico ha costruito un suo potere da cui non vuole tornare indietro. Dai tempi di tangentopoli il connubio magistrati-giornalisti, che il Partito Democratico difende con così tanta forza, ha infatti acquisito un potere enorme di influenza nella storia di un intero Paese. Peccato che alcuni colleghi della nostra maggioranza non abbiano capito, o facciano finta di non capire, l'importanza politica e culturale di questa battaglia.
Questa battaglia rappresenta un atto di civiltà, una scelta a difesa della Costituzione, una scelta a difesa della dignità e della libertà dei nostri concittadini. Potevamo eludere questo tema, invece abbiamo scelto di garantire il rispetto della dignità della persona, del cittadino, di tutelare il doveroso rispetto della libertà individuale, e di questo siamo orgogliosi. Pag. 98
Vogliamo scardinare il meccanismo per cui gli stralci di intercettazioni pubblicati con sconcertante puntualità dai giornali diventano un'arma per discreditare e indebolire l'avversario, un meccanismo nefasto nel quale la vita dei cittadini, come quella delle istituzioni, può essere stravolta.
Forse questa legge poteva essere più rigida, si poteva fare di più, poteva essere più garantista ma, così come ho detto all'inizio del mio intervento, sicuramente stiamo compiendo un passo importante, un passo in avanti.
Questa battaglia, connaturata all'appartenenza alla nostra parte politica, ne rappresenta un tratto fondamentale ed ineludibile. Non comprendere il significato di questa scelta, significa non comprendere la natura ed il senso politico di sedici anni di testimonianza politica.
Mi dispiace che alcuni colleghi di maggioranza abbiano, nel frattempo, cambiato le loro posizioni o le loro idee, affetti da facile revisionismo o da comodo trasformismo, forse più probabilmente - devo oggi dire - non ne avevano proprio o erano molto labili.
Pertanto, cari colleghi, la strumentalità con la quale si è voluta affrontare questa questione da parte dell'opposizione ci deve fare riflettere. Certo, le intercettazioni sono un utile, talvolta indispensabile, ausilio investigativo. In alcuni casi, sono meritorie e decisive, ma farle diventare una libertà è l'ultima delle menzioni logiche, a cui qui ci tocca assistere, una vera e propria contraddizione rispetto a quanto disposto dalla Costituzione. Appare assurdo, cari colleghi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Marinello.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. A questo punto, è necessario riconoscere che l'attività investigativa non è una libertà, ma una modalità, attraverso la quale si manifesta un potere suscettibile di comprimere la libertà della persone. A proposito di libertà investigativa, signor Presidente - e mi avvio alla conclusione - dobbiamo tener presente una testimonianza apparsa, proprio in questi giorni, su un giornale, rilasciata da uno dei carabinieri che faceva parte del gruppo guidato dal capitano Ultimo. Questi dice che le intercettazioni, per gli investigatori, talvolta, sono un vero e proprio problema. Infatti, hanno bisogno di verifica, di controlli, di molto personale.
Un vero investigatore intercetta solo quando c'è la quasi certezza del reato. Per un investigatore le intercettazioni sono un ausilio alle indagini e non lo strumento principale. Infatti non si individuano i colpevoli solo attraverso le intercettazioni. Queste sono solo dei mezzi di ricerca della prova e dobbiamo dare loro l'effettivo valore che hanno.
Quindi, cari colleghi, ricordiamo semplicemente che quanto detto sinora è solo ed esclusivamente strumentale. Sostanzialmente non è stata stravolta la legge Falcone, così come detto dai nostri avversari politici.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Marinello. Se vuole può consegnare la parte restante del suo intervento.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ho finito, signor Presidente. Intendo solo fare una riflessione conclusiva.
Potrei parlare della separazione delle carriere, potrei parlare di tante altre cose, ma sappiamo che tutti questi temi sono inseriti nella riforma del codice di procedura penale, oggi al Senato.
Questo disegno di legge oggi alla Camera è sicuramente un buon inizio, un prodromo per quello che dobbiamo fare per l'interesse del Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, vorrei iniziare da una considerazione. Perché questa legge che è nata storta, resta tale, nonostante le modifiche intervenute nei due rami del Parlamento ed il lavoro importante che è stato compiuto Pag. 99dalla Commissione Giustizia e dalla sua presidente, che approfitto per ringraziare? Perché ritengo che gli scopi reali fossero diversi da quelli dichiarati e che, insomma, con le campagne mediatiche, si siano dichiarate delle finalità, nei confronti dell'opinione pubblica, del tutto diverse da quelle che effettivamente si perseguivano.
La questione dei costi ci è stata ripetuta, in modo quasi ossessivo, per molti mesi. Tuttavia, si tratta di costi che il Ministro stesso, nella relazione di fronte alle Camere ha riconosciuto che possono decrescere, e sono anche decresciuti, stando alla relazione sullo stato della giustizia con la semplice attività di carattere amministrativo, senza l'esigenza di nessun intervento di carattere legislativo.
In secondo luogo, la tutela della riservatezza. Perché penso che si sia trattato di un pretesto, e non credo di compiere un'illazione nel momento in cui lo affermo? Perché, sostanzialmente, sino all'introduzione, sulla base di una nostra proposta - poi recepita - della cosiddetta udienza filtro, la legge era sostanzialmente sprovvista di qualunque strumento in grado di tutelare i cittadini ordinari, rispetto ad un utilizzo improprio delle intercettazioni raccolte.
La scelta che era stata compiuta era sostanzialmente questa: a fronte di un acquedotto che perdeva non si è provveduto a riparare i tubi, ma si è deciso di chiudere le sorgenti, di impedire, quindi, direttamente l'attività di indagine o di limitarla fortemente, con le conseguenze che i colleghi del Partito Democratico (in particolare la collega Ferranti) hanno illustrato negli interventi precedenti.
Del resto, collega Marinello, se davvero la preoccupazione vostra fosse stata questa - rovescio il ragionamento -, perché non si è partiti dai testi approvati in questo ramo del Parlamento? Non si è partiti da lì perché quei due testi non raggiungevano gli scopi che si era prefisso chi ha proposto questa legge: contenere la libertà di informazione e la capacità di indagine della magistratura per esigenze del tutto contingenti, che la cronaca illustra meglio di quanto potrei fare io.
Si trattava, dunque, di chiudere le stalle prima che scappassero i buoi, ma purtroppo le contraddizioni presenti nella maggioranza e credo una capacità anche di esercitare un'opposizione intelligente hanno impedito questo piano. Tuttavia, questo tratto che caratterizza la legge non è stato corretto, nonostante le modifiche che sono intervenute, perché la logica di fondo del testo originario, che è stato approvato alla Camera grazie alla posizione della questione di fiducia, scontava un'architettura che alla fine suonava come una concezione del garantismo assai singolare. Lo ha detto Luigi Ferrarella in un bell'editoriale sul Corriere della Sera: le garanzie non valgono per i comuni cittadini, ma valgono per preti, agenti segreti e parlamentari.
Questi tratti sono stati poi via via cancellati, ma l'impianto di fondo, cioè quello che limitava la capacità di indagine e che era finalizzato a costruire scudi soltanto per alcune categorie e alcuni settori della società, rimane e costituisce ancora oggi una traccia in qualche modo insuperabile.
A questo impianto si sono aggiunte poi, strada facendo, una serie di eccessi di zelo, che in qualche modo sono riecheggiati anche nella discussione di questa sera, cioè il tentativo di compiacere - credo che questo fosse il movente che ha caratterizzato alcuni colleghi, soprattutto nel passaggio al Senato - il capo. Soltanto così riesco a leggere alcune modifiche che sono state introdotte partendo dai ritagli di articoli di giornale che raccontavano di vicende che si stavano consumando in quel momento. Penso alla «norma D'Addario», ma penso al modo in cui è cambiata la cosiddetta norma transitoria, a come quella norma sia stata plasmata progressivamente a seconda degli eventi che si succedevano.
Credo che in questa vicenda sia stata premiata anche un'idea dell'opposizione, un modo di fare opposizione. C'è stata una discussione anche nelle forze di opposizione Pag. 100parlamentare rispetto all'idea della possibilità di limitare il danno. Credo che sia prevalsa per fortuna - in questo credo che abbia avuto un merito rilevante il Partito Democratico - l'idea secondo la quale la battaglia parlamentare si deve saldare alla mobilitazione civile e alla presa di posizione che avveniva nell'opinione pubblica. È stata questa scelta, infatti, che ci ha consentito e ci consente oggi di approfittare via via delle contraddizioni che si sono aperte all'interno della maggioranza e che sono state la vera causa per la quale questa legge è stata modificata.
L'onorevole Sisto dovrebbe avere più rispetto per i fatti, perché quando ci racconta di ingerenze indebite non dice tutto. Ci sono stati certi pronunciamenti di giornalisti e di parti della magistratura, ma quei pronunciamenti non avrebbero avuto successo se non avessero incontrato il consenso di larga parte dell'opinione pubblica e se non si fossero incrociati con una serie di contraddizioni che hanno caratterizzato - e in questi giorni si sono esplicitate in modo ancor più forte - la maggioranza e se non avessero incontrato una capacità di elaborazione e di proposta dell'opposizione.
Se ci si preoccupa dei condizionamenti che devono subire il Parlamento e gli organi costituzionali e lo si fa davvero, allora piuttosto ci si dovrebbe preoccupare di fugare qualsiasi ombra dall'attività istituzionale, prima di tutto, per esempio, rispondendo in sede politica, senza attendere le vicende giudiziarie, della questione che è emersa in queste settimane sui giornali, della cosiddetta P3, termine che stento ad utilizzare.
Insomma, se vi sono condizionamenti che davvero dovrebbero preoccupare il Governo e il Parlamento, essi andrebbero affrontati, e non sono davvero quelli che emergono in modo trasparente e limpido nelle manifestazioni di piazza, negli articoli sui giornali o nelle prese di posizione delle associazioni che rappresentano categorie assolutamente riconosciute dal nostro ordinamento giuridico e dalla Costituzione.
Perché il collega Marinello dice che utilizziamo noi la Costituzione? Noi non ne rivendichiamo il monopolio, utilizzatela anche voi! Facciamo sì che la Costituzione sia la casa di tutti, ma diventa difficile farlo nel momento in cui la Costituzione diventa persino l'alibi per non fare le liberalizzazioni nel nostro Paese o, addirittura, viene definita come il frutto di un compromesso tra comunisti.
Se davvero si volesse recuperare un punto di vista generale, un interesse collettivo, il punto di vista del Paese, la domanda che, ancora prima di entrare nel merito di questa discussione, avrebbe dovuto risuonare nel dibattito politico e in quello di quest'Aula, avrebbe dovuto essere questa: davvero questa corrisponde a una delle priorità e delle emergenze che caratterizzano oggi il mondo del servizio della giustizia?
Il patto con gli elettori - questa litania che tutti i giorni sentiamo ripetere - è stato siglato sulla base del fatto che si doveva risolvere il tema delle intercettazioni o rimettere in pista il processo breve, come sta avvenendo in queste ore? Non credo sia così. Avevate assunto un impegno, che era quello di riformare la giustizia e di farla diventare efficiente, ma dei limiti che caratterizzano, in questo momento, la giustizia nel nostro Paese, questo Parlamento non ha mai parlato o ha parlato soltanto in modo incidentale; non ha parlato in modo organico di giustizia civile, non parla, come dovrebbe, con l'intensità necessaria, di carcere e non parla, soprattutto, di riorganizzazione di questo servizio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANDREA ORLANDO. Credo che, se davvero si potesse utilizzare questa pausa estiva, essa dovrebbe essere utilizzata per una riflessione, che anche il Governo dovrebbe fare, riguardo alla ridefinizione di un'agenda politica che davvero provi ad affrontare le questioni che connotano negativamente il nostro servizio della giustizia.
Temo che il mio appello e il mio invito cadranno nel vuoto, perché i segnali sono Pag. 101tutti lì a dirci che la giustizia tornerà ad essere il campo di battaglia di uno scontro ideologico e di una vicenda finalizzata prevalentemente ad evitare che il Presidente del Consiglio affronti i processi che lo riguardano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, tenterò di esplicitare il mio convincimento con valutazioni estremamente sintetiche. Non so se queste mie considerazioni coincidono con una gran parte del sentire sia all'interno di quest'Aula sia nel Paese. Certo, questo tema - concordo pienamente anche con l'onorevole Andrea Orlando - è stato forse affrontato, fin dall'inizio, in termini un po' confusi.
Anche sulla vicenda delle intercettazioni grava sempre il sospetto di una visione parziale e settoriale della gestione della giustizia. Si tratta di un sospetto che è stato sempre un dato di riferimento anche nelle altre legislature, come se ci fosse stata, anche in questa nostra esperienza parlamentare, una realtà che, invece di avere una visione generale che investisse l'operatività e, soprattutto, le istituzioni, vedesse prevalere una visione particolare su un'esigenza di carattere generale.
È un tema affrontato quello della lotta alla criminalità organizzata e alla criminalità ordinaria, così come si vuole dire altre volte, ma rimane un problema, un tema di fondo, che non è stato, a mio avviso, sufficientemente perlustrato e focalizzato, ovvero il sistema della democrazia e delle garanzie all'interno del nostro Paese.
È difficile trovare un giusto equilibrio tra un'esigenza di perseguire con forza i processi degenerativi all'interno del nostro sistema e di garantire la civiltà non soltanto giuridica, ma la semplice civiltà, senza aggettivi, all'interno del nostro Paese.
C'è sempre un momento in cui bisogna affrontare valori e principi: l'etica dei principi è l'etica della responsabilità e quindi la conoscenza della realtà all'interno del nostro Paese. Non sappiamo cosa debba prevalere. Certamente, non c'è mai una verità in termini esclusivi ed assoluti, la prevalenza di una visione rispetto alle altre, la prevalenza dell'informazione rispetto alla tutela della dignità della persona umana. A questo proposito si è fatto molto riferimento all'informazione, ma quella che è qui in discussione è la tutela della persona, anche nel perseguire, con gli strumenti idonei ed efficaci, i reati e le esigenze di giustizia, ma soprattutto di riequilibrio del vivere sociale rispetto ad atti di alterazione di questa convivenza e di questo ordinato sviluppo all'interno del nostro Paese.
Si è dunque condotta questa valutazione, ma alcune volte mi è parso che ci fosse un interesse a tutelare di più l'informazione rispetto alla tutela della dignità della persona umana. Certamente le due cose devono coincidere; c'è stato un momento in cui ci si è interessati al dibattito, tenendo di mira più la tutela dell'informazione dei mass media, degli editori e dei giornalisti, rispetto a quella che era la dignità della persona umana.
Questo discorso e questa mia valutazione nascono da una esperienza che abbiamo vissuto in tanti anni. Ricordiamo le vicende del SIFAR, se vogliamo un poco riportarci indietro negli anni, il dossieraggio dei fascicoli, delle informazioni, l'azione e l'attività di certi settimanali in quel periodo e abbiamo anche contezza dell'uso dell'avviso di garanzia nel 1992-1993 in questo Paese, dove l'avviso di garanzia si è configurato sempre non come un anticipo, ma come una condanna passata in giudicato. Non sappiamo allora se a volte abbiamo bisogno dell'informazione, perché questa condanna diventa forte, senza una possibilità di appello e senza nessuna possibilità di rivedere un giudizio e una «sentenza» corroborata dalle pubblicazioni.
Vi sono ovviamente i processi degenerativi e tutto il discorso e il confronto sono nati anche da una valutazione complessiva, che abbiamo condotto in questo periodo Pag. 102e in questi anni. Vi è una risposta, che ne viene fuori, lo stesso provvedimento risponde a questi obiettivi. Sicuramente vi sono state delle correzioni, un dibattito, un confronto: anni e anni abbiamo discusso qui, in prima lettura, nell'Aula di Montecitorio, poi il confronto è passato al Senato e poi il provvedimento è ritornato qui, alla Camera. Vi è stato l'impegno e l'attività del relatore, dei colleghi della II Commissione.
Vi è stato un impegno corale che certamente ha indicato una possibilità di percorso che deve essere perseguita, ma che lascia ovviamente molte zone d'ombra e soprattutto molte situazioni confuse, senza nessuna capacità di allungare una proiezione tale da rendere decifrabili alcune norme e soprattutto alcuni percorsi, come dicevo poc'anzi. Se questo è il dato, signor Presidente, rimane il discorso e soprattutto il confronto per quanto riguarda l'attività investigativa. Abbiamo affidato tutto allo strumento delle intercettazioni ma parliamoci con estrema chiarezza: le intercettazioni costituivano un dato di eccezionalità, mentre abbiamo abbandonato tutta un'azione ed un'attività investigativa che doveva prevalere su un altro tipo di azione e di attività.
Le intercettazioni sono state uno strumento che ha certamente consentito all'autorità inquirente di scardinare alcuni santuari della criminalità organizzata ed alcuni obiettivi importanti e forti si stanno raggiungendo, ma tutto questo deve ovviamente far sentire profondamente quelli che devono essere anche i limiti di un'azione investigativa che si costruisce soltanto con questo strumento.
Intercettateci tutti, dicono i cittadini, e in questo certamente vi è un giudizio negativo nei confronti dell'autorità e delle istituzioni. Mi ricordo bene - ne avrete contezza anche voi - quando venne ucciso in Calabria Fortugno ed i ragazzi di Locri gridarono: ammazzateci tutti. Si trattava di un giudizio negativo, ma sopratutto della dissipazione di una speranza e di un insieme di valori che invece devono essere ricomposti e costituire un momento forte di riferimento.
Le valutazioni che facciamo in questo momento debbono essere per forza di carattere politico e certamente il relatore ha illustrato sapientemente e con grande puntualità e precisione il percorso legislativo e le modifiche che sono intervenute anche nel corso dell'attività della II Commissione, ma vi è anche un discorso forte che dobbiamo fare profondamente, ed è quello culturale, quello della cultura liberale e soprattutto del sistema della democrazia e delle garanzie, della tutela comunque della persona umana.
Ritengo che la storia abbia un senso ed un significato se ci riferiamo fortemente ad alcuni fatti e ad alcune vicende che non possono essere sottaciute né ridimensionate. Vedo prepotentemente far capolino anche in quest'Aula una forza quasi giustizialista che prevale su ogni altra considerazione, come se fosse tutto all'insegna del sospetto di colpevolezza, senza nessuna possibilità di rivedere alcune situazioni e senza un margine di rispetto nei confronti della persona.
Se questo è il dato, ciò ci porta ad andare avanti nell'esame di questo provvedimento, che certamente è importante e significativo, visto che anche i magistrati della procura distrettuale antimafia rivendicano sempre di più gli strumenti, facendo soprattutto leva sulle intercettazioni; ma ho visto anche magistrati della procura di Catanzaro usare le intercettazioni senza nessun criterio e soprattutto ad libitum, senza nessuna logica, nessuna razionalità e nessun rispetto.
Se vi sono questi elementi, questi dati e questi aspetti dobbiamo sicuramente avere contezza anche di una storia che certo pesa profondamente nell'esperienza di ciascuno di noi: sarebbe un fatto gravissimo se limitassimo e traducessimo tutto questo insieme di norme ed anche di novità che sono intervenute e che sono certamente apprezzabili ad una questione tecnica, come se gestissimo semplicemente numeri o fatti senza anima e soprattutto senza un riferimento ai soggetti, ossia alle persone.
Certo, bisogna riequilibrare - mi avvio alla conclusione, signor Presidente; come vede, Pag. 103non ho utilizzato per intero nemmeno i minuti che erano a mia disposizione - tra le esigenze della giustizia, gli strumenti che vi sono.
Le intercettazioni devono avere una visione larga. Anch'io nutro qualche perplessità relativamente all'annullamento della norma cosiddetta Falcone: questo è il dato per quanto riguarda i reati spia, i reati ancillari, come li chiamo io, quelli che sostengono e che sono l'humus su cui si costruisce la criminalità organizzata. Vi sono una serie di valutazioni che possiamo compiere, ma il provvedimento in esame ha certo una visione un po' stanca dei problemi, che non tiene presenti i processi evolutivi all'interno dell'azione investigativa.
Se volessi portare un esempio: quando parliamo di criminalità organizzata, essa si sta attrezzando anche sul piano tecnologico. Vi sarà un momento in cui le intercettazioni, un certo tipo di intercettazione come l'abbiamo vissuto in questa fase della nostra storia, forse non varranno più: dovremo trovare altri tipi di tecnologie. Ci si sta attrezzando, e sappiamo e vediamo come anche l'azione criminale si dispieghi fortemente nel Paese, e non soltanto nel Paese ma anche fuori i confini di esso.
Per questi motivi noi abbiamo espresso alcune valutazioni, anche viste le perplessità che nutrivamo: posizioni positive quando alcuni nostri emendamenti sono stati approvati in Commissione, ma certamente, per quanto mi riguarda, vi è un giudizio estremamente distaccato rispetto invece alle valutazioni positive che ho sentito da parte di qualche collega.
Come abbiamo visto, quello in esame è un provvedimento che non esalta né la maggioranza né l'opposizione. Qualcosa allora non funziona: forse abbiamo perso di vista quello che era un dibattito serio sul piano culturale, sul piano della natura dell'impegno corale che deve emergere, perché rimane in ombra - lo ripeto, signor Presidente - l'interrogativo seguente: prevale il diritto di informazione, o il rispetto e la tutela della persona umana? Ritengo che tali elementi possano essere conciliati; si deve però compiere uno sforzo maggiore, per sottrarsi alla propaganda, al sospetto di gestire una materia soltanto a fini di parte, senza una visione generale e senza avere ben chiaro quali sono i percorsi e quali sono gli obiettivi.
Non so che fine farà il provvedimento. Si sta ripetendo continuamente che forse, dopo la discussione sulle linee generali, a settembre non sarà neanche ripreso, non passeremo nemmeno all'esame degli articoli. Non lo so. Dobbiamo certamente onorare lo sforzo, il lavoro compiuto dai colleghi della II Commissione; sarà forse quello il momento di dare un contributo ulteriore, sul piano degli strumenti emendativi, al testo attuale. Credo che sia questo un giudizio ed una valutazione che il Governo dovrà compiere, non so se alla fine della discussione sulle linee generali: il Governo dovrà certamente esprimere una propria opinione, dovrà soprattutto dare contezza, ed esprimere un proprio giudizio, un giudizio forte che elimini ogni sospetto, ogni perplessità che ha accompagnato il provvedimento, e che ha fatto capolino anche nel dibattito e nella discussione di questa sera.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, colleghi, Ministro, il testo di legge in esame ha una caratteristica forse unica: tutti hanno detto che le cose così come stanno non vanno bene. Tutti gli oratori, tutti i colleghi: non c'è uno che abbia detto che l'attuale normativa funziona. Pur tuttavia, tutti hanno contemporaneamente affermato che questa innovazione non è adeguata, non è idonea, è criminogena, eccetera.
Non ripeterò l'intervento più interessante sul piano tecnico, che ha svolto il collega Bianconi, che ha ripercorso - pensavo di farlo in parte anch'io - quali parti sono state lasciate allo stesso modo in cui erano prima; possiamo vedere che tali innovazioni non sono così catastrofiche come l'opposizione vorrebbe far credere. Pag. 104
Questo è il punto, secondo me, più grave di tutta questa vicenda: è partito un meccanismo mediatico di informazione (o meglio di disinformazione), da una parte ovviamente della stampa e della comunicazione televisiva, che ha portato, sinceramente, ampie fasce di cittadini a credere cose assolutamente non vere. È curioso che in tutta questa vicenda nessuno - che io sappia - ha dato uno sguardo oltre frontiera per vedere come vanno le cose in altri Paesi. Per esempio in Inghilterra, che non mi sembra una nazione oscurantista o una dittatura sudamericana, sapete cosa succede a giornalisti o a chiunque divulga indebitamente delle intercettazioni? Sono addirittura perseguiti per oltraggio alla corte. Infatti ciò riguarda tutto quello che per il sistema inglese porta in qualche modo ad influenzare il giudizio; la prima caratteristica di un giudice deve essere l'imparzialità e l'indifferenza alle vicende esterne al processo, e dunque il sistema inglese prevede l'oltraggio al giudice qualora qualcuno voglia in qualche modo influenzarne le decisioni mediante accuse o presunzioni di colpevolezza, o addirittura divulgando i precedenti. È curioso che tutto il nostro sistema mediatico, o buona parte di esso - sicuramente quello più paludato e engagé, come si dice - ha fatto finta che non esistessero queste cose.
Tralascio le normative tedesche e francesi, nelle quali, grosso modo, esistono delle limitazioni, a mio avviso giustissime rispetto alla normale dialettica processuale. Quello che noi diciamo in un processo non nasce per essere divulgato prima della decisione, perché c'è una presunzione di innocenza. Allora, tutti i grandi soloni dell'informazione spesso dimenticano questa cosa. Abbiamo qui un caso: oggi il collega Brigandì - sembra il cacio sui maccheroni - entra nel CSM. Sapete che il collega Brigandì è stato condannato ingiustamente in primo grado, e poi assolto in appello e in Cassazione per non aver commesso il fatto, con formula ampia. Ebbene, in un volume - che non citerò per non fargli ulteriore pubblicità - il collega Brigandì è stato anticipatamente individuato come persona da evitare perché condannato, e quando al momento dell'assoluzione ha chiesto all'autore e all'editore di pubblicare nello stesso volume la rettifica gli è stato opposto che questo non era possibile perché il volume era già stato stampato.
Vi sono molti aspetti. Mi riferisco ad aspetti che secondo l'opposizione sono violazione della libertà di informazione: ad esempio il divieto di trascrizione delle parti di intercettazioni che riguardano persone che non c'entrano niente. Cos'è? È una norma giustissima e credo che nessuno possa dire qualcosa di diverso.
Un altro limite dell'opposizione: ha detto cosa non va, ma non ha fatto proposte alternative; o meglio ha proposto modifiche tali da portare a risultati peggiori della normativa vigente. L'udienza filtro è un fatto positivo e devo riconoscere che anche l'opposizione concorda su questa misura: è un momento di selezione di ciò che va sui giornali. Un altro problema è quello dei blog. Stasera abbiamo avuto in Aula un esempio di cosa significa. L'onorevole Di Pietro ha usato l'espressione «testa della piovra» nei confronti del Presidente del Consiglio (come ha detto giustamente il collega Sisto, un'istituzione). Qui parlano tutti di istituzioni ma nessuno rivendica che il Parlamento è un'istituzione che viene vituperata sistematicamente in tutti i modi, e nessuno - a cominciare dal Presidente della Camera - la difende, e sarebbe opportuno farlo. Dunque è un'istituzione e quindi si può dire liberamente «testa di piovra» in quanto coperti dall'insindacabilità ex articolo 68. Tra pochi minuti questa frase detta in questa sede andrà su migliaia di blog, e persone non coperte dall'immunità parlamentare potranno liberamente dire - senza neanche la possibilità per la parte offesa di chiedere una rettifica - la stessa cosa, coperti dall'immunità sostanziale e non costituzionale. Ebbene, mi riferisco alla previsione per cui qualcuno che scriva nefandezze su un altro cittadino possa essere invitato alla rettifica: l'hanno chiamata censura. È quello che accade con la carta stampata, ma se invece accade in un blog (un'altra forma di comunicazione), Pag. 105sembra che sia censura. Quindi, dici una mezza parola storta all'onorevole Di Pietro - un campione di querele, mi pare che ne abbia fatte oltre 400, mentre lui parla così del Presidente del Consiglio, e di tanti altri per la verità - e arrivano querele. È un po' curioso. Aggiungo un altro aspetto: tutelare la privata dimora; il domicilio è sacro e inviolabile.
Chiamiamo in ballo la Costituzione solo quando fa comodo? Il domicilio - articolo 14 - è sacro e inviolabile, eppure abbiamo nozione di infinite violazioni, anche di appartamenti ed abitazioni di parlamentari, col pretesto di non star perquisendo o intercettando il parlamentare stesso, ma il suo compagno, la moglie, il figlio. Anche questo, per quel poco che ne so, non accade in altri Paesi, ve lo garantisco. In Inghilterra vi è, addirittura, un Information Commissioner, una sorta di segretario, che cura la comunicazione istituzionale per quello che riguarda i processi. È un soggetto che risponde personalmente al Parlamento. Sono veramente tantissimi gli argomenti. La cosiddetta «norma ex-D'Addario» - dispiace citare un nome, ma l'hanno presentata così - è, invece, anche quella norma - e l'ho detto in Commissione giustizia - che impedirà di farla franca a quei signori che riprendono abusivamente, nel corso di un rapporto affettivo, ad esempio, effusioni amorose tra ragazzi o partner e, poi, mettono tali riprese su Youtube. Non è la stessa cosa? Perché l'avete chiamata e la chiamano «norma D'Addario»? È moralmente lecito, sotto ogni profilo, entrare nell'abitazione di una persona e registrare abusivamente quello che dice, qualunque cosa sia? È moralmente lecito da parte, non dello Stato o di un magistrato, ma di un privato cittadino? Credo che affermare che queste innovazioni siano liberticide e contro la libertà di stampa sia veramente incomprensibile, per usare un eufemismo.
Ancora: diceva qualcuno, prima di me, che poco cambia nella sostanza di questo provvedimento. Fondamentalmente è vero, abbiamo portato a casa - come si dice - o speriamo di portare a casa, quelle che sono le innovazioni minimali, perché ancora molto c'è da fare. Invito, tuttavia, il Ministro e, naturalmente, il Governo a non limitarsi a questo perché quello che occorre in Italia è una vera e propria riforma della giustizia e del sistema penale perché sappiamo tutti - è inutile nasconderlo - che, oggi, la vera sentenza non è quella che arriverà dopo dieci anni, magari edulcorata o ridotta da indulto o cose di questo genere, ma è finire sui giornali. Quando si finisce sui giornali, con intercettazioni che, spesso, non hanno nulla di penalmente rilevante, si è già morti, condannati. Pensiamo al cosiddetto caso Marrazzo: perché si dice «caso D'Addario» e non «caso Marrazzo»? Anche lì vi è stata una registrazione abusiva carpita con la malafede. Riteniamo che sia giusto fare quello che ha subito il dottor Marrazzo? Vogliamo dire che una norma che vieta di fare cose di questo genere senza pagare pegno è giusta? La Lega Nord Padania ritiene di no. Non mi dilungo sugli aspetti tecnici perché rinvio, appunto, all'intervento del collega Bianconi, che è stato molto analitico, molto preciso. La Lega Nord Padania sostiene questo testo; naturalmente, meglio si poteva fare e lo si potrà fare, visto che ancora c'è un vaglio legislativo, però invitiamo anche l'opposizione ad una maggiore ragionevolezza perché la correttezza nell'esercizio dell'azione penale e il non utilizzo del potere inquisitorio che hanno determinati soggetti va a vantaggio dei cittadini, della libertà soprattutto. Questo è il punto vero sul quale molto poco ho visto la stampa accapigliarsi per farlo capire ai cittadini.
Si è partiti da un presupposto sbagliato, cioè che lo scopo di tutto questo fosse porre il bavaglio a qualcuno, difendere qualcun altro. No, lo scopo di ciò è fare quello che tutti concordano a dire che bisogna fare, ossia porre un limite agli abusi ed alle intercettazioni. Come ha detto una persona che abbiamo audito, che non citerò per correttezza, il problema è capire se le indagini certe volte si fanno per scoprire i colpevoli o per finire sui giornali.

Pag. 106

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, signor Ministro, da quando il disegno di legge sulle intercettazioni è stato presentato in prima lettura alla Camera dei deputati, il Presidente del Consiglio ne ha ossessivamente sbandierato le finalità: la difesa dei cittadini italiani dall'invasività di una magistratura che ne impediva la libera comunicazione e ne inficiava il diritto alla riservatezza. E ancora l'altro ieri, alla Farnesina, il Premier ha dichiarato che il disegno di legge è stato massacrato e che era addirittura tentato di ritirarlo.
Questa legge non dà al cittadino l'inviolabilità della comunicazione scritta e orale garantita dalla Costituzione come diritto alla libertà. Presidente Berlusconi, gli italiani sanno bene che la tutela della loro riservatezza non è in cima ai suoi pensieri. Lo hanno capito perché organismi internazionali dall'ONU all'OCSE hanno denunciato i limiti del provvedimento esitato dal Senato, perché tutta la stampa estera ne ha criticato la natura illiberale e perché un fronte compatto di magistrati, giornalisti, associazioni, cittadini ne hanno svelato la vera natura e la vera finalità: quella di creare un assordante silenzio intorno alla corruzione e di intralciare l'operatività della magistratura. A niente è valsa la pressione esercitata per accelerare l'iter della proposta ed evitare che scoppiassero gli scandali degli ultimi mesi: dagli appalti pilotati, consumati sulla tragedia del terremoto d'Abruzzo, allo scandalo dell'appartamento con vista sul Colosseo del Ministro Scajola, alle manovre di una squallida consorteria insediata nel cuore del Popolo della libertà. Una sorta di vaso di Pandora devastante che rivela la spregiudicatezza, l'assenza di qualsiasi etica pubblica, l'uso improprio delle istituzioni e delle funzioni. Questo sì, Presidente Berlusconi, questo sì desta profonda inquietudine nei cittadini che hanno ben chiaro il significato di garantismo. Un sistema di predisposizione di regole puntuali per evitare che si condanni un innocente, per consentire all'imputato di difendersi, di godere della presunzione di non colpevolezza sino alla sentenza definitiva. I cittadini sanno bene che il garantismo non può consistere nel porre ostacoli, lacci e lacciuoli alla macchina della giustizia, che non può significare come per il processo breve o il legittimo impedimento l'impossibilità di celebrare processi. L'ex Ministro Brancher condannato insegna. Sanno bene che questo non è il garantismo dell'imputato ma un modo maldestro per sottrarre alla condanna un colpevole. Così come sanno che al diritto alla riservatezza si contrappongono altri valori: il diritto della giustizia ad individuare e punire gli autori del reato, il diritto alla sicurezza, il diritto dei cittadini ad essere informati, la libertà di cronaca e che è compito del legislatore trovare una sintesi alta tra questi valori, tutti meritevoli di tutela: un bilanciamento che non può avere come sua stella polare se non un vantaggio per la collettività tale da consentire la compressione del diritto individuale. Frutto di tale bilanciamento sono stati alcuni emendamenti che hanno modificato sensibilmente il testo: dall'eliminazione di alcune disposizioni che impedivano anche la pubblicazione per riassunto prima dell'udienza preliminare di atti non più coperti dal segreto alla previsione della reclusione da uno a tre anni per chiunque avesse preso diretta cognizione di atti del procedimento coperti dal segreto alla multa comminata agli editori che sarebbe stata la pietra tombale della libera stampa su ogni notizia di cronaca giudiziaria. Anche l'obbligo di rettifica per i gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi e delle case editrici ha incontrato la tagliola di un parere condizionato della IX Commissione che impone alla Commissione giustizia di eliminare questo obbligo per lo spropositato volume dei contenuti ospitati nella piattaforma. Ma aggiungo io, collega Paolini, anche per la natura democratica della rete che consente a chiunque di intervenire e di pubblicare la propria versione dei fatti in tempo reale. Pag. 107
Certo dovremo vigilare e non abbasseremo la guardia sino a quando la condizione non diventerà un emendamento soppressivo di questa parte del testo.
Anche il regime della pubblicità delle intercettazioni è stato modificato con l'introduzione del termine massimo di quarantacinque giorni per l'udienza stralcio, finalizzata alla selezione delle intercettazioni rilevanti e all'espunzione di fatti e persone estranei all'indagine. I colleghi possono stare tranquilli: non vogliamo - e questo è un punto positivo del provvedimento in oggetto - che le intercettazioni vengano pubblicate, coinvolgendo anche persone o fatti che siano estranei alle indagini.
È stata eliminata l'equiparazione delle riprese visive alle intercettazioni e consentite le intercettazioni ambientali, quando permettano l'acquisizione di elementi fondamentali per l'accertamento del reato fuori dai luoghi di privata dimora, superando la necessità del bizzarro requisito della flagranza del reato. Allo stesso modo, si è ritornati alla disciplina attuale per quanto riguarda i presupposti del provvedimento che dispone le intercettazioni.
Certo, collega Paolini, adesso il provvedimento è un altro, non è certo quello presentato nel disegno di legge del Governo, non è quello esitato dal Senato, tuttavia, nonostante questi miglioramenti, rimangono delle zone d'ombra per noi gravi, perché indeboliscono gli strumenti di indagine, rendendo più difficoltoso il cammino della giustizia.
La competenza del distretto in composizione collegiale, con i livelli organizzativi dell'attuale sistema giustizia, sarà devastante e creerà tante di quelle incompatibilità a cui gli organici ridotti dei giudici, probabilmente non potranno far fronte. La norma contenuta nella cosiddetta legge Falcone viene abrogata, resta fuori il reato di costituzione di organizzazioni criminose stabili, usura, bancarotta, corruzione, peculato, concussione: tutti reati che, spesso, sono usati dalla criminalità organizzata, prima ancora che si identifichi l'associazione come criminalità organizzata. Tutti reati che possono essere commessi da associazioni criminali che non sono di stampo mafioso, ma che sono - come è dimostrato dalle indagini in corso - altrettanto pericolosi per la vita democratica del nostro Paese. Inoltre, vi è l'equiparazione dei tabulati, le ispezioni, le perquisizioni e i sequestri, i cosiddetti mezzi a sorpresa che obbligano, invece, il deposito delle intercettazioni avvertendo, in questo modo, gli indagati.
Tuttavia, il provvedimento in oggetto ha un merito: quello di avere restituito centralità al Parlamento, di averlo sottratto alla marginalità a cui era stato relegato. Un Parlamento non più braccio armato dell'Esecutivo, obbediente esecutore degli ordini del Governo, ma organismo autonomo che, in libertà e coscienza, ha saputo correggere le parti più oscene e pericolose del provvedimento. Di questo, ringrazio i colleghi della Commissione giustizia, la presidente Bongiorno, e tutti coloro che si sono mobilitati per evitare una regressione della civiltà democratica nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, anch'io concordo con quanto diceva la collega Samperi proprio in questo istante sull'importanza del lavoro tenuto in Commissione giustizia, e sul fatto che, in questo modo, si sia ridata dignità al Parlamento. Tuttavia, devo anche denunciare come questo stesso provvedimento sia, invece, abusato nella misura in cui - come denunciava, poco fa, l'onorevole Ventura - questa sera, si è voluto ostinatamente proseguire con la discussione sulle linee generali.
Si tratta di una forzatura, perché è chiaro che si procederà con la discussione - ammesso che avvenga - in settembre, e perché il principale partito dell'opposizione ha chiesto che questo Parlamento venga informato dal Presidente del Consiglio sul nuovo quadro politico così grave. Dunque, vi è un abuso del provvedimento in oggetto, che potrebbe essere importante Pag. 108e potrebbe ridare dignità a questo Parlamento, e che, invece, in questo modo, viene ancora una volta leso e, ancora una volta, ne viene abusato.
Vengo al provvedimento e lo farò soltanto per parole chiave dal momento che l'ora tarda ormai ci porta a cercare di evitare ripetizioni. Anche perché vari colleghi, soprattutto del gruppo del Partito Democratico hanno già sottolineato in modo molto chiaro, molto dettagliato tutti quei vari aspetti che ancora rimangono e che non sono ancora stati assolutamente risolti dalle modifiche che sono state apportate in Commissione giustizia. Questo è un provvedimento che non è tanto una riforma ma è un provvedimento contro le intercettazioni. Non mi voglio soffermare tanto su aspetti di carattere generale, quanto piuttosto vorrei andare a trattare alcuni dettagli che conosco meglio dal momento che non c'è stata audizione, in questi mesi, in Commissione antimafia - non soltanto da parte di procuratori ma da parte di tutta una serie di interlocutori, quali per esempio esponenti delle forze di polizia, esponenti della Guardia di finanza, tutti interlocutori che nel loro lavoro quotidiano hanno costantemente a che fare con questo prezioso strumento di indagine - da quando è iniziato l'iter di questo provvedimento che non abbia sottolineato come questo disegno di legge, anche alla luce delle nuove modifiche apportate, rappresenti un attacco, un problema gravissimo proprio per coloro che indagano, proprio per coloro, signor Ministro, che hanno portato e che continuano a portare anche grandi successi, di cui lei stesso anche quest'oggi si è in qualche modo avvalso continuando a dare, l'immagine che questo Governo sia il Governo della lotta alla criminalità organizzata. Quegli stessi procuratori, quegli stessi esponenti delle forze dell'ordine, quegli stessi protagonisti che con la lotta alla criminalità organizzata le offrono gli strumenti per potersene in qualche modo vantare come esponente del Governo, quegli stessi protagonisti ci dicono da mesi che una proposta di legge di questo tipo andrà a compromettere fortemente la capacità di portare a casa ulteriori successi nella lotta alla criminalità organizzata. Non c'è inchiesta, non c'è indagine conclusasi negli ultimi mesi di cui non si possa dire che le intercettazioni hanno giocato un ruolo determinante, fondamentale proprio per portarle a casa, proprio per ottenere questi risultati contro la criminalità organizzata.
Mi rivolgo allora ai colleghi, ad esempio esponenti della Lega Nord Padania, che dicevano: non limitiamoci, guardiamo anche un attimo oltre confine; magari, magari ci potessimo permettere di guardare oltre confine. Quella che è la situazione della criminalità organizzata nel nostro Paese non ci consente di fare sconti, non ci consente di regalare alla criminalità organizzata o di venire meno a strumenti che ci possano consentire di portare a casa invece successi contro la criminalità organizzata stessa. E ricordo quanto dicevano i colleghi prima, del fatto che ancora, nonostante la modifica apportata, continua ad essere carente quella disposizione della legge Falcone che, guarda caso, è quella che avrebbe impedito anche a scandali come quello della P3 di venire alla luce. Allora, onorevole Paolini, è difficile pensare alla buona fede, è difficile pensare che sia stato un refuso o che non ce ne si sia accorti.
Allo stesso modo, ci sono tanti altri aspetti, e li hanno già sottolineati tanti altri colleghi, la farraginosità di questo sistema, che renderà di fatto quasi impossibile utilizzare le intercettazioni per tutta una serie di questioni, dalla necessità di ricorrere al tribunale collegiale, al fatto che dovrà essere inviato l'intero fascicolo, tutto il fascicolo. Mi farebbe piacere che ci fosse anche il Ministro Tremonti, ma il Ministro Tremonti è consapevole dei costi che apporterà un sistema di questo tipo? Se effettivamente i vari fascicoli, per ottenere la proroga del permesso per ricorrere alle intercettazioni, se tutto il fascicolo di un'indagine dovrà essere inviato al tribunale distrettuale, bisogna considerare che ci sono indagini che hanno faldoni e faldoni, quintali di carta. Si è consapevoli anche dei costi che seguiranno ad un disegno di legge di questo tipo qualora mai la legge dovesse vedere la luce? Pag. 109
Vi è poi la questione dei tabulati, che sintetizzo per parole chiave, ma che è fondamentale anche nella lotta alla semplice criminalità, e non soltanto quella di stampo mafioso, a semplici delitti che, fino ad ora, attraverso il facile ricorso all'utilizzo dei tabulati, si potevano risolvere in quattro e quattr'otto, ma, da ora in avanti sarà un enorme punto interrogativo se si potranno risolvere casi di furto, truffe e quant'altro.
Vi è poi un'altra questione fondamentale che ci induce a dire che questo disegno di legge, in questo modo, non può essere approvato. Signor Ministro della giustizia, mi rivolgo ancora lei: il fatto che dovrebbe essere - in base a questa formulazione della legge - lo stesso Ministro della giustizia a stanziare le risorse e a decidere chi, e quanto, potrà intercettare, significa che indagini scomode e non amate potranno, attraverso l'utilizzo strumentale delle risorse messe a disposizione delle singole procure, essere impedite.
Nonostante anch'io mi associ ai colleghi che prima di me si complimentavano con i componenti della Commissione giustizia per il lavoro svolto e, in particolare, con la presidente Bongiorno, al di là del lavoro portato avanti con impegno, questo disegno di legge rimane un provvedimento che per il Partito Democratico è assolutamente inaccettabile, perché rischia di essere un ulteriore favore alla criminalità organizzata e di ledere seriamente la sicurezza del nostro Paese.
Non è un caso che procuratori che stanno portando a casa grandi successi nella lotta alla mafia e alla criminalità organizzata - penso, ad esempio al procuratore della direzione nazionale Pietro Grasso, al procuratore Pignatone di Reggio Calabria, alla procuratrice Boccassini di Milano, autori di grandi indagini e di soluzioni di indagini delle ultime settimane e degli ultimi mesi - e assieme a loro tutte le forze dell'ordine - continuino a dirci che questo disegno di legge, se dovesse andare in campo in questi termini, sarebbe un vero e proprio danno, ed un regalo alla criminalità organizzata.
Il Presidente del Consiglio ha detto, proprio pochi giorni fa, che era tentato di ritirarlo; ed io dico: magari! Presidente del Consiglio, lo ritiri, sappia che a noi dell'opposizione, a noi del Partito Democratico, questo disegno di legge piace molto meno di quanto non piaccia a lei (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Garavini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1415-C)

PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno, e il rappresentante del Governo, non intendono replicare.

(Annunzio di questioni pregiudiziali - A.C. 1415-C)

PRESIDENTE. Avverto che, oltre alla questione pregiudiziale di costituzionalità Di Pietro ed altri, n. 1, già pubblicata, sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Franceschini ed altri n. 2, Rao ed altri n. 3, nonché la questione pregiudiziale di merito Franceschini ed altri, n. 1, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-C).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 2 agosto 2010, alle 18,30:

Comunicazioni del Presidente.

La seduta termina alle 21,05.

Pag. 110

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARILENA SAMPERI IN SEDE DI DELIBERAZIONE IN MERITO ALLA COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

MARILENA SAMPERI. Il tribunale di Livorno in composizione monocratica, sezione distaccata di Cecina, ha sollevato conflitto di attribuzione avanti la Corte costituzione tra autorità giudiziaria e la Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953 affinché la Corte statuisca se ai fini della prerogativa di cui all'articolo 96 della Costituzione spetti alla Camera di appartenenza o all'autorità giudiziaria la valutazione in ordine alla natura ministeriale o meno del reato contestato.
La Camera dei deputati infatti, sollecitata da una richiesta dell'onorevole Matteoli sulla riferibilità all'articolo 96 della Costituzione dei fatti oggetto del relativo procedimento penale, il 29 ottobre 2009 ha, a maggioranza, deliberato che i comportamenti ascritti al senatore Matteoli, ministro all'epoca dei fatti, dovevano ritenersi di natura ministeriale, che erano stati posti in essere per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni di Governo e conseguentemente negava l'autorizzazione a procedere all'autorità giudiziaria.
Il Partito Democratico, prima in sede di Giunta per le autorizzazioni, poi nel dibattito in aula, aveva sostenuto anche con una relazione di minoranza che la procedura parlamentare incardinata era priva di qualsiasi fondamento giuridico. Innanzitutto perché non poteva esservi luogo per una pronuncia parlamentare sui reati ministeriali non sollecitata dall'autorità giudiziaria procedente ai sensi degli articoli 96 della Costituzione e 8 e 9 della legge costituzionale n. 1 del 1989 e che comunque la Camera non aveva il potere né la competenza per qualificare come ministeriale il reato attribuito all'onorevole Matteoli. Questa posizione nasceva anche dai contenuti della sentenza n. 241 del 2009 della Corte costituzionale che nel pronunciarsi su un conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera aveva statuito che l'autorità giudiziaria di Firenze doveva dare comunicazione alla Camera ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge costituzionale n. 1 del 1989 dell'anomala archiviazione, ma con altrettanta chiarezza aveva precisato nella motivazione che alla Camera non spettava alcuna valutazione vincolante rispetto all'autorità giudiziaria in ordine alla natura ministeriale del reato contestato ma solo che ad essa era data la possibilità qualora avesse ritenuto diversa la propria valutazione rispetto a quella operata dal giudice, di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale.
Alla luce di queste considerazioni il tribunale di Livorno, pur potendo ritenere non vincolante il diniego per l'autorità giudiziaria procedente, in virtù del principio di leale collaborazione tra gli organi dello Stato ha ritenuto di sollevare conflitto di attribuzione perché la Corte decida se spetti alla Camera la valutazione in ordine alla natura ministeriale del reato contestato.
Oggi la Camera dovrebbe deliberare la costituzione in giudizio, costituzione a cui il Partito Democratico è contrario per tutte le ragioni esposte che riassumo brevemente: l'oggetto del giudizio della Corte costituzionale riguarderà la competenza della Camera di decidere sulla valutazione di ministerialità del reato contestato; la sentenza n. 241 del 2009 della Corte costituzionale ha già sancito che questo non è nei poteri della Camera; la Camera avrebbe potuto sollevare conflitto di attribuzione avanti alla Corte se avesse ritenuto di dare una valutazione diversa da quella del tribunale di Firenze sulla non ministerialità del reato; al contrario invece di seguire questo percorso legittimo e lineare - come suggeriva l'opposizione - la Camera ha inopinatamente deliberato qualificando come ministeriali i reati contestati all'onorevole Matteoli e negando l'autorizzazione all'autorità giudiziaria; la Corte non potrà che pronunciarsi conformemente alla sentenza n. 241 del 2009. Pag. 111Inutilmente quindi la Camera si costituirà gravando il proprio bilancio di una spesa inutile.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LAURA GARAVINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1415-C

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, Ministro della Giustizia, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto denunciare quanto già sottolineato dall'onorevole Ventura, e cioè che l'anticipazione della discussione generale sul provvedimento sulle intercettazioni è una forzatura quanto mai inopportuna. Non solo perché è ormai chiaro che il provvedimento, ammesso che arriverà mai in aula, verrà discusso solo a settembre, ma soprattutto perché la maggiore forza dell'opposizione, il Partito Democratico, ha chiesto che il Presidente del Consiglio venga a riferire in aula ed è scandaloso che, alla luce della gravità del nuovo contesto politico legato alla spaccatura del Popolo della Libertà, questa aula sia costretta ad agire come se nulla fosse successo.
Ma veniamo alla legge. Questa non è una proposta di riforma delle intercettazioni.
Questo continua ad essere un provvedimento contro le intercettazioni. Una legge che lede il diritto dei cittadini ad essere informati, ma soprattutto una legge che è un regalo alla criminalità, specialmente la criminalità organizzata e che per questo mette a grave rischio la sicurezza dei singoli.
È un ulteriore attacco al sistema giudiziario, che viene privato di uno dei principali strumenti di indagine.
E tra l'altro lo si fa mettendo in giro informazioni completamente distorte; a partire dal numero delle persone intercettate fino ai presunti costi delle intercettazioni.
Il Presidente del Consiglio ha più volte allarmato l'opinione pubblica, dichiarando che siamo tutti intercettati e parlando di oltre sette milioni e mezzo di intercettati in Italia.
Questo è un numero da favole, che non ha niente a che fare con la realtà.
Forse il Presidente del Consiglio non sa, o forse ha strumentalmente omesso di dire che gli intercettati, essendo criminali e sapendo bene di venire intercettati, usano sempre nuovi numeri di telefono e buttano le schede telefoniche in continuazione. Le gettano via, letteralmente, per non essere individuati.
Ecco perché la verità è molto meno drammatica di quella presentata da Berlusconi.
Se apparentemente risultano essere centotrentamila le utenze sotto controllo, in realtà dietro a questi numeri si nascondono molte meno persone fisiche perché tante di loro cambiano il numero di telefono apposta per non essere intercettate.
Per non parlare dei costi: si contesta la spesa sostenuta per pagare le intercettazioni! Mah...
A parte il fatto che si potrebbero abbattere i costi prevedendo modalità diverse. Ad esempio ci sono paesi che hanno stilato convenzioni con i gestori pubblici del servizio così da azzerare i costi oppure la polizia giudiziaria potrebbe acquistare essa stessa la tecnologia necessaria, senza bisogno di noleggiare il servizio.
A parte questo (eventualità che il Governo non ha affatto preso in considerazione), qualcuno è in grado di quantificare il costo dei danni, anche in termini economici, che questa legge provocherà nel momento in cui, non potendo ricorrere facilmente alle intercettazioni tantissimi crimini non saranno più individuati?
Quanto costerà al paese lasciare impuniti migliaia di criminali, non più individuati e puniti, perché non intercettati?
Non prendiamoci in giro, onorevoli colleghi.
Non è un caso che nel testo di legge in esame continui a mancare quel passaggio della legge Falcone che consentirebbe di usare agevolmente le intercettazioni anche per reati di criminalità organizzata. Pag. 112
E non è un caso che la maggioranza insista così ottusamente nel voler approvare in fretta questa legge, costi quel che costi.
Noi non crediamo al Presidente del Consiglio, non crediamo alle sue dichiarazioni in cui dice che è tentato dal ritirare questo provvedimento.
Se proprio ne è così poco convinto perché non lo ritira, ma per davvero? Perché non lo butta alle ortiche questo provvedimento?
Noi temiamo che dietro ci sia invece la paura di alcuni del Governo e del partito che possano venire alla luce ulteriori possibili scandali.
Diciamocelo chiaramente, onorevoli colleghi, se questa legge fosse già entrata in vigore la P3 quasi certamente non sarebbe stata scoperta, così come pure gli affari di Anemone e Scajola, per non parlare degli interessi di Bertolaso e company.
Insomma, questo provvedimento mina alla radice lo strumento investigativo delle intercettazioni e rende difficilissimo accertare numerosi reati.
Certo, grazie alla tenace battaglia della nostra opposizione, sostenuta incisivamente dalla società civile, avete apportato alcune modifiche. Meno male che avete accettato di togliere la limitazione temporale inizialmente prevista.
Decade così il limite assurdo che avevate imposto all'inizio, un limite che avrebbe obbligato ad interrompere le intercettazioni, indipendentemente dal fatto che il reato fosse o meno concluso.
Facciamo l'esempio di un sequestro di persona. Come sarebbe stato ipotizzabile interrompere le intercettazioni, solo perché scaduti i tempi, senza essere giunti alla soluzione del dramma umano rappresentato da un sequestro di persona?
Dunque un passo avanti, ma un passo avanti non sufficiente.
Il problema che rimane in tutta la sua interezza è che diventa terribilmente burocratico e farraginoso ricorrere alle intercettazioni, rimane la necessità di una decisione collegiale del tribunale distrettuale, come pure l'obbligo di inviare tutto il fascicolo allo stesso tribunale distrettuale.
L'iter per autorizzare l'intercettazione diventa un meccanismo quasi «infernale» destinato ad ingolfare gli uffici giudiziari ed a scoraggiare anche i magistrati più determinati.
Per ottenere l'autorizzazione, infatti, il pubblico ministero dovrà ottenere l'autorizzazione di un organo collegiale formato da ben tre giudici del tribunale distrettuale del capoluogo territorialmente competente.
Tra l'altro si crea una situazione paradossale per cui se per mandare in galera una persona o condannarla all'ergastolo basta un solo giudice, per intercettare qualcuno di giudici ne servono tre.
Come se ciò non bastasse il provvedimento coinvolge più magistrati contemporaneamente, chiamati a valutare la fondatezza di una richiesta di intercettazioni, magistrati che poi risultano essere incompatibili in altre fasi del processo, rischiando di mandare completamente in tilt centinaia di piccole procure proprio per il problema della incompatibilità.
E poi i costi legati ad un provvedimento di questo tipo. Viene seriamente da chiedersi se qualcuno della maggioranza, nel predisporre questo provvedimento si sia posto il quesito della copertura finanziaria del provvedimento stesso.
Perché con questa legge non sarà più sufficiente che il pubblico ministero inoltri una semplice richiesta!
Ai tre magistrati il pubblico ministero dovrà inviare tutti i fascicoli, dell'inchiesta che, in alcuni casi, possono essere faldoni su faldoni.
Oggi la richiesta avviene nello stesso Palazzo di giustizia o per lo meno nella stessa città. Con la nuova legge tutto il fascicolo integrale dovrà essere mandato nel tribunale distrettuale del capoluogo, dunque probabilmente a chilometri e chilometri di distanza.
Che cosa produrrà tutto questo? Che centinaia di fascicoli, anche «delicati», viaggeranno avanti e indietro per l'Italia con spese enormi per il contribuente! Pag. 113Spese derivanti dalla necessità di organizzare veri e propri servizi navetta per il trasporto di quantità enormi di carte mentre l'intercettato - di cui si dovrebbe tutelare la privacy - potrà solo sperare che nessuno si impossessi indebitamente delle sue carte; inoltre gli uffici giudiziari, già colpiti dai tagli alle risorse e da un'endemica carenza di organico, saranno invasi e paralizzati da centinaia di fascicoli processuali che arriveranno ogni giorno mentre l'intercettato potrà solo sperare che non vengano ammassati in qualche corridoio suscitando la possibile curiosità di qualche estraneo.
Un ulteriore aspetto della legge, destinato a produrre effetti molto gravi sul livello di sicurezza del nostro paese, è il fatto che si siano estesi i vincoli previsti per le intercettazioni anche alla richiesta dei tabulati telefonici. Fino ad oggi il PM poteva acquisire immediatamente e senza limiti i tabulati, potendo così risolvere miriadi di casi, anche di piccola criminalità. D'ora in poi diventerà complicatissimo farne uso.
E poi rimane la questione delle questioni: i fondi. Le risorse con cui pagare le intercettazioni.
Se questa legge va in porto non sarà più come oggi, dove ogni procura può intercettare tutte le volte in cui è necessario, autonomamente, in base alle esigenze dettate dalle indagini in corso.
Se va avanti questo testo di legge, sarà il Ministro della Giustizia a poter decidere chi e quanto può intercettare, in base alle risorse che il Ministro stesso, a sua esclusiva discrezione, vorrà concedere. Il che vuole praticamente dire che il Ministro, attraverso i soldi che assegnerà, potrà di fatto decidere quali procure lasciare lavorare e a quali affossare le indagini, perché troppo scomode.
Insomma ci troviamo di fronte ad una legge ancora fortemente negativa, con numerosi punti di criticità. Uno strumento pensato per colpire ancora una volta la magistratura, per rendere più difficile e per vanificare il lavoro degli investigatori e per favorire, al contrario, l'impunità dei pochi di buono e dei criminali.
Come componente della Commissione Antimafia mi sento di dire che questa legge è particolarmente grave. È un ulteriore favore alla criminalità organizzata così come lo è stato lo scudo fiscale, così come lo sono i continui tagli alle forze dell'ordine e i continui attacchi alle procure.
Con questa legge diventa ulteriormente difficile battere una delle maggiori piaghe del nostro paese.
Il Presidente del Consiglio ha dichiarato di volere ritirare questo provvedimento. Lo ritiri pure, signor Presidente del Consiglio. Non si faccia scrupoli.
Se a lei davvero questo provvedimento non piace, le posso assicurare che a noi piace molto di meno.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3646 - quest. preg. nn. 1 e 2 564 561 3 281 266 295 19 Resp.
2 Nom. Ddl 3660-A - quest. preg. nn.1 e 2 559 556 3 279 266 290 17 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.