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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 338 di mercoledì 16 giugno 2010

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,40.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Bongiorno, Brancher, Bratti, Buonfiglio, Caparini, Enzo Carra, Cicchitto, Colucci, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Galati, Giancarlo Giorgetti, Leo, Lusetti, Martini, Melchiorre, Migliavacca, Mura, Arturo Mario Luigi Parisi, Pecorella, Pescante, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Saglia, Stefani, Tabacci, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,42).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, prima di procedere al punto previsto all'ordine del giorno, le chiedo gentilmente se siano stati formalizzati i tempi entro i quali è possibile presentare subemendamenti ai nuovi emendamenti che la Commissione ha proposto, ossia gli emendamenti 1.101 e 5.105. Mi sembra, inoltre, che l'emendamento 1.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento), consistendo in una condizione della Commissione bilancio, debba essere posto in votazione, probabilmente perché la condizione posta dalla Commissione bilancio non è stata fatta propria dalla Commissione di merito. Le chiedo, quindi, di fissare adesso il termine, qualora non siano stato ancora fissato.

PRESIDENTE. Il termine per la presentazione di subemendamenti è stato fissato per le 10. Se è necessario qualche minuto in più, non c'è problema.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Mezz'ora.

PRESIDENTE. Va bene, allora il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato per le 10,30.

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Seguito della discussione del disegno di legge: Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati (A.C. 3118-A); e delle abbinate proposte di legge Stucchi; Stucchi; Urso; Mogherini Rebesani ed altri; Angela Napoli; Garagnani; Giovanelli ed altri; Borghesi ed altri; Di Pietro ed altri; Ria e Moffa; Mattesini ed altri; Reguzzoni; Garagnani (A.C. 67-68-711-736-846-1616-2062-2247-2471-2488-2651-2892-3195) (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge d'iniziativa del Governo: Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Stucchi; Stucchi; Urso; Mogherini Rebesani ed altri; Angela Napoli; Garagnani; Giovanelli ed altri; Borghesi ed altri; Di Pietro ed altri; Ria e Moffa; Mattesini ed altri; Reguzzoni; Garagnani.
Ricordo che nella seduta del 14 giugno 2010 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre il relatore vi ha rinunciato.
Ricordo, altresì, che nella seduta di ieri l'Assemblea ha convenuto, su proposta del relatore, di rinviare il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta di oggi.

(Esame degli articoli - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.
Ricordo che, a norma dell'articolo 123-bis, comma 3-bis, ultimo periodo, del Regolamento, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi dichiarati inammissibili dalla Commissione non possono essere ripresentati in Assemblea e, ove ripresentati, non sono pubblicati.
Inoltre, non sono pubblicati, in quanto non ricevibili: gli emendamenti già presentati presso la Commissione, ma in quella sede ritirati; i nuovi emendamenti, non previamente presentati presso la Commissione, riferiti a parti del testo non modificate dalla Commissione stessa, ovvero che non risultino consequenziali rispetto alle modifiche apportate in sede referente.
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, la componente politica Misto-Alleanza per l'Italia è stata invitata a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Sulla base di tale parere, la Presidenza non ritiene ammissibili, a norma dell'articolo 123-bis del Regolamento, in quanto recano nuovi o maggiori oneri finanziari privi di idonea quantificazione e copertura, le seguenti proposte emendative: Giovanelli 1.01, gli identici articoli aggiuntivi Ciccanti 1.02, Favia 1.03 e Osvaldo Napoli 1.04, gli identici emendamenti Donadi 8.31 e Osvaldo Napoli 8.32, Ciccanti 9.5, Cavallaro 11.01, Tassone 017.01, Giovanelli 017.02 (Nuova formulazione), Cavallaro 17.3, Tassone 18.3, Giovanelli 18.5, Giovanelli 19.04, gli identici articoli aggiuntivi Favia 27.03 e Osvaldo Napoli 27.04, Tassone 28.2, Giovanelli 29.16 e 29.21, gli identici emendamenti Donadi 30.4, Rubinato 30.5 e Osvaldo Napoli 30.6.
Nell'ambito dello stesso parere espresso nella seduta di ieri, la Commissione bilancio ha posto sul testo alcune condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, che saranno posti in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti 1.101, 5.105 e 29.105, che sono in distribuzione. Pag. 3
Prima abbiamo fissato per le ore 10,30 i tempi per la presentazione dei subemendamenti.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, devo dire che rispetto al titolo del provvedimento all'ordine del giorno (che lei ha letto) nello stampato del disegno di legge n. 3118 che è in distribuzione c'è anche qualche aggiunta, perché si dice: individuazione delle funzioni fondamentali di province e comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle province e degli Uffici territoriali del Governo, riordino di enti e organismi decentrati.
Complessivamente, signor Presidente, questo provvedimento va sotto il nome di codice delle autonomie locali, in realtà, dopo ciò che è accaduto in Commissione e poi con l'ultimo parere espresso dalla Commissione bilancio, dovremmo definirlo codice del nulla. Quindi, il problema è molto semplice: se andiamo a guardare il testo all'esame dell'Assemblea troviamo una serie rilevante di articoli che sono stati soppressi in Commissione - parliamo di quelli relativi alle province e alle prefetture - cioè tutta una serie di questioni che attengono effettivamente agli enti locali non esistono più, sono sparite. In più, con la condizione posta dalla Commissione bilancio, che, per carità, è stata leggermente modificata ma senza cambiarne il senso, si prende atto di una nota della Ragioneria generale dello Stato la quale, con riferimento alle funzioni fondamentali, dice: si rappresenta la necessità di un coordinamento con le disposizioni recate dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009. Infatti, è da evidenziare che, qualora il provvedimento in esame entrasse in vigore prima dei decreti delegati di attuazione del federalismo fiscale, verrebbe meno tutta la disciplina sul periodo transitorio ivi prevista, che attualmente costituisce una delle principali materie oggetto di esame per l'attuazione del federalismo fiscale.
Allora, signor Presidente, di cosa stiamo parlando a questo punto se, per effetto di questa decisione, stiamo elaborando un provvedimento che sarà privo di effetti, cioè sarà un codice del nulla, ma con il gravissimo effetto di abrogare di fatto il testo unico sugli enti locali e di aprire, nel frattempo, una situazione confusa, contraddittoria e incerta sul termine in cui, ai sensi della legge n. 42 del 2009, si darà attuazione poi a quanto ivi previsto. Quindi, invito formalmente il Ministro Calderoli che è in Aula a ritirare questo provvedimento, perché questo sarebbe un atto di serietà di fronte alla situazione che si sta determinando (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Vi sono una serie di interventi sull'ordine dei lavori, che credo riguardino ovviamente la stessa questione. Ritengo che, per l'ordinato svolgimento dei lavori, sia utile fare intervenire prima i colleghi e poi il presidente Bruno, il presidente Giorgetti e il Ministro Calderoli, che hanno chiesto di parlare. Quindi, direi di svolgere gli interventi in modo che questi ultimi possano ascoltare le considerazioni dei colleghi e poi rispondere nel merito.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si preannuncia una bella mattinata di lavori.

PRESIDENTE. Sì, la Camera lavora.

GIANCLAUDIO BRESSA. Assolutamente sì, e sarà una mattinata fantastica.
Vorrei che noi tutti facessimo attenzione all'intestazione del disegno di legge n. 3118, presentato dal Ministro per la semplificazione normativa Calderoli e dai Ministri Maroni, Bossi, Fitto, Tremonti e Brunetta: Individuazione delle funzioni fondamentali di province e comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle province e degli uffici territoriali del Governo. Riordino di enti e organismi decentrati.
Questa mattina il Comitato dei nove si è riunito e ha dato il proprio parere favorevole su un emendamento della I Commissione, che, sostanzialmente, recepisce una condizione posta dalla Commissione bilancio. Questa condizione, sostanzialmente, prevede che, in sede di prima applicazione, le funzioni fondamentali dei comuni e delle province sono quelle individuate dai commi 3 e 4 dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009. Una lettura distratta delle vicende che siamo chiamati ad affrontare questa mattina potrebbe far dire che si tratta di una norma di buonsenso, perché i decreti legislativi per il federalismo fiscale stanno «correndo», e quindi è necessario che il Governo abbia la possibilità di esercitare la delega nei tempi che la legge n. 42 del 2009 ha determinato.
È una valutazione assolutamente di buonsenso, che però nasconde, a mio modo di vedere, una realtà politica molto diversa e molto più grave. Con l'approvazione di questo emendamento abbiamo, di fatto, svuotato di senso il provvedimento che stiamo discutendo, perché, approvando questo emendamento, quella che doveva essere una norma provvisoria, una norma ponte, quella che doveva consentire, in qualche modo, l'avvio del processo del federalismo fiscale, si trasforma nella norma fondamentale del sistema.
Guardate che è una norma che, proprio perché era stata pensata come norma provvisoria e transitoria, è di una vaghezza assoluta. Le funzioni dei comuni - cito solo queste - quelle che sono previste dal comma 3 dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, sono le funzioni generali di amministrazione; le funzioni di polizia locale; le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l'edilizia scolastica; le funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; le funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato; le funzioni del settore sociale. Funzioni, cioè, la cui vaghezza è totale e assoluta. Servivano come strumento per consentire l'avvio di una grande e importante fase di riforma del sistema istituzionale del nostro Paese, qual è il federalismo fiscale.
Alla fine, cosa succede, dopo la decisione di questa mattina della I Commissione, che ha accettato la condizione posta dalla Commissione bilancio? Succede che noi svuotiamo di significato questo provvedimento: le funzioni fondamentali, in questo provvedimento, vengono congelate, vengono commissariate.
Gli articoli da 2 a 8, il Capo II dell'intera legge scompare, è come se non ci fosse più. Le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, le modalità di esercizio delle funzioni - abbiamo discusso per settimane sull'esercizio in forma associata e sull'importanza che questo poteva avere - tutto questo diventa aria, scompare, evapora, perché è stata posta una condizione che definisce le cose che ho detto prima, e cioè l'assoluta vaghezza, la norma fondante su cui dovremmo riformare il sistema.
Ma stiamo scherzando? Ma davvero pensate che il Parlamento possa essere Pag. 5dileggiato in questo modo? Se eliminiamo il Capo II, gli articoli da 2 a 8, cosa resta? Restano l'articolo 9, che prevede la delega per l'attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, l'articolo 13, che delega il Governo per l'adozione della Carta delle autonomie locali, e per quanto era previsto all'articolo 15, che recava la delega in materia di uffici territoriali del Governo, la quale è stata ripescata accogliendo un nostro emendamento, perché avevate eliminato anche quella.
Cosa resta, se noi togliamo queste deleghe, del provvedimento in esame, che doveva essere una delle questioni fondanti per il rilancio delle autonomie locali? Restano le norme che servono a sopprimere le comunità montane isolate, le circoscrizioni di decentramento, la soppressione dei consorzi e i controlli degli enti locali. Abbiamo bisogno di fare una legge per definire queste cose?
Dalla grande riforma di sistema siamo arrivati al grande inganno del sistema, che voi ci avete propinato! Ce lo avete propinato - questo mi dispiace - fin dai tempi del federalismo fiscale, perché allora ci eravamo astenuti e non avevamo votato a favore, dicendo che accettavamo una forzatura, perché la coerenza avrebbe voluto che prima si fossero definite le funzioni fondamentali e poi si fosse determinata la modalità del loro finanziamento. Abbiamo accettato quella norma transitoria perché credevamo che stessimo facendo sul serio, che volessimo cambiare il Paese.
Dopo quello che è successo questa mattina ci rendiamo conto che state imbrogliando il Paese, che a voi della riforma di sistema non ve ne frega assolutamente niente, è solo propaganda! Per questo chiediamo che non rinviate in Commissione bensì ritiriate questo provvedimento, per una questione di dignità del Parlamento ma anche di dignità vostra. Dopo aver discusso per mesi in Commissione una proposta del Governo, una condizione della Commissione bilancio vanifica il lavoro di settimane e di mesi: questa è una cosa umiliante per il Parlamento ed una cosa che credo nemmeno il Governo dovrebbe poter accettare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, credo che sia abbastanza chiaro che non si può continuare come se nulla fosse. Il parere della Commissione bilancio - che devo dire negli ultimi tempi si è contraddistinta per essere un po' il braccio armato di chi vuole contrastare il riformismo perché è già il terzo provvedimento che viene affossato se non ridimensionato da un parere postumo, reso cioè alla fine del lavoro parlamentare e che interviene a conclusione del lavoro di una Commissione come quella degli Affari costituzionali - infligge questa volta un colpo davvero mortale. Non è infatti una modifica di poco conto quella che chiede la Commissione bilancio. A questo provvedimento - che già era stato svuotato su richiesta della maggioranza di Governo di alcuni contenuti essenziali come quello della razionalizzazione delle province, che alla fine secondo questo testo rimangono tali e quali, come quello della riorganizzazione degli uffici dello Stato sul territorio (ossia le prefetture-uffici territoriali del Governo), come quello delle unioni di comuni che, in base all'ultima modifica, avrebbero luogo solo per i comuni con un numero di abitanti inferiore a 3 mila e non più 5 mila - viene adesso inferto un colpo definitivo in relazione al sistema di attuazione del Titolo V.
Vorrei sottolineare - spero che ve ne sia la consapevolezza - che questo passaggio segna anche un colpo mortale al federalismo fiscale, che così si andrà ad innestare su un sistema di competenze degli enti locali assolutamente inadeguato a svolgere il ruolo complessivo che la Costituzione e il testo unico degli enti locali, così com'è oggi, assicurano.
Il finanziamento che quindi era stato disegnato come un passaggio provvisorio Pag. 6di quel numero così esiguo di funzioni rimarrebbe - secondo il Governo e la maggioranza - la base che per un arco temporale molto lungo (il periodo transitorio può arrivare infatti fino a dieci o dodici anni) non consentirebbe al sistema degli enti locali di finanziarsi, di funzionare e di essere operativo.
Dunque il federalismo fiscale, una volta che viene sancito come permanente questo assetto di funzioni degli enti locali, non può andare avanti.
Faccio solo un esempio: nell'articolo 21 della legge n. 72 del 2009, che la Commissione bilancio ritiene debba cristallizzare le funzioni fondamentali, non viene mai citata la cultura mentre vengono attribuite le stesse funzioni a più livelli, esattamente in contrasto con il principio di differenziazione a cui si richiama la Costituzione.
Ciò peraltro fa assumere un nuovo significato e chiarisce il senso dei riferimenti che non ci eravamo spiegati e che il Ministro Tremonti ha fatto alla necessità di rivedere l'articolo 118: in realtà il Governo - non so se tutto ne è consapevole, ma sicuramente alcune parti del Governo sì - ha in mente un nuovo assetto del Titolo V che azzera il ruolo degli enti locali e costruisce il sistema federalista tutto imperniato sulle regioni, forse grazie anche al fatto che ormai le regioni sono pressoché totalmente nelle mani del centrodestra.
E questo è un anticipo: si precostituisce uno svuotamento del ruolo degli enti locali perché il sistema gradualmente nell'arco dei prossimi anni - a Costituzione vigente o non vigente - diventi un sistema imperniato sulle regioni. Se così è se ne discuta chiaramente, ma non si può andare avanti facendo finta di niente: per questo il provvedimento al nostro esame a questo punto non può più seguire un iter ordinario, ma deve tornare in Commissione perché sia rivisto tutto il quadro di riferimento.

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, prendo atto innanzitutto del fatto che alcuni colleghi, dopo avere ascoltato l'onorevole Bressa, si sono resi conto che la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale era sbagliata e che noi dell'UdC avevamo chiaramente detto che, senza la definizione delle funzioni fondamentali, quella legge non poteva essere approvata. Oggi i fatti ci danno ragione.
Altra questione: l'articolo 21 in quel momento sopperì a quella deficienza indicando le funzioni fondamentali provvisorie, ma in misura ridotta. Oggi il Governo, tramite il Ministro Calderoli, ci viene a dire che la parte seconda della riforma della Carta delle autonomie, riguardante le funzioni fondamentali dei comuni e delle province, che vengono molto più ampliate rispetto a quelle indicate dall'articolo 21, sostanzialmente entrerà in vigore, secondo una prima versione di ieri, dopo cinque anni e, secondo una versione modificata questa mattina, entro cinque anni; comunque entrerà in funzione dopo il decreto legislativo.
Allora, mi pongo una domanda e la pongo ai colleghi: innanzitutto, se il federalismo fiscale è tanto importante per razionalizzare la spesa pubblica - e rivolgo la domanda soprattutto ai colleghi della Lega, che ritengono l'applicazione del federalismo fiscale la panacea di tutti i mali della nostra questione finanziaria - perché posticipare così tanto l'attuazione del federalismo fiscale, che si concretizza soprattutto nell'applicazione dei costi standard? Tale applicazione dovrebbe avvenire dopo l'approvazione dei decreti legislativi, mentre oggi abbiamo l'opportunità di approvare una norma che posticipi di sei mesi la delega al Governo, affinché venga emanato un decreto legislativo che contenga già i costi standard sulla base delle funzioni fondamentali che andiamo a decidere oggi con la Carta delle autonomie.
Tutto questo, invece, non avviene, cosicché fra qualche mese le funzioni fondamentali dell'articolo 21 saranno ridotte a costi storici! Attenzione! Quei costi storici che sono il danno della finanza Pag. 7pubblica italiana, come dicono gli amici della Lega e il Ministro Calderoli. Sia dunque coerente, Ministro Calderoli! Applichi veramente i costi standard alle nuove funzioni fondamentali, riveda i tempi della delega e proponga un provvedimento compiuto!
Un'altra osservazione è rivolta a coloro che hanno in qualche modo competenza in materia di procedure di bilancio: come è possibile applicare l'articolo 81 della Costituzione al raccordo tra Carta delle autonomie e articolo 21 della legge sul federalismo fiscale, che viene fatto oggi con la norma approvata e suggerita dalla Commissione bilancio? Il quarto comma dell'articolo 81 - lo ricordo - dice che «Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte».
Si deve dunque dire per quali ragioni viene invocato l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione quando nella Carta delle autonomie tale riforma dovrebbe essere «virtuosa» ai fini delle funzioni fondamentali. Perché invocate il quarto comma dell'articolo 81?
Significa una delle due cose: o questa riforma non costa più di quanto oggi la spesa storica determini - e allora non occorre invocare il quarto comma dell'articolo 81 - oppure, dal momento che lo invocate - e tra l'altro impropriamente - vuol dire che i costi standard delle nuove funzioni fondamentali avranno un costo maggiore della spesa storica.
Noi dell'Unione di Centro diciamo da tempo che la riforma del federalismo fiscale è onerosa e determinerà, nella migliore delle ipotesi, un costo per lo Stato e, se dovesse essere come vuole il Ministro Calderoli, una macellazione sociale per le «virtuosità» che egli invoca (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Su questo tema è intervenuto un deputato per gruppo; risultano richieste di parola anche degli onorevoli Giovanelli, Tassone e Ria. Credo, invece, che sia più utile, anche per il regolare svolgimento dei nostri lavori, ascoltare gli interventi del presidente Bruno e del presidente Giorgetti, che hanno chiesto di intervenire, per poi eventualmente decidere come proseguire.

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, vorrei informare l'Aula di quanto avvenuto a seguito del (Commenti)...

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, per coloro che sono in Aula: si tratta di una fase abbastanza delicata. È assolutamente importante ascoltare le parole del presidente Bruno, del presidente Giorgetti e del Ministro Calderoli. Chiedo quindi veramente di fare silenzio e a chi non è interessato di uscire dall'Aula.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, questa mattina abbiamo tenuto una riunione del Comitato dei nove. A seguito delle condizioni poste dalla Commissione bilancio, si è ritenuto di recepire la prima condizione posta dalla Commissione bilancio, la quale credo che, dopo la nostra modifica, abbia espresso parere favorevole.
Conseguentemente, riteniamo che il provvedimento, non è che non abbia una sua valenza, ma certamente presenta qualche problema in più di quanti ne avesse prima. È un fatto di carattere temporale, anche se certamente non si tratta dei 12 anni cui faceva riferimento la collega Lanzillotta, perché parliamo di funzioni fondamentali degli enti locali: si aggancia, come termine temporale, ai 5 anni (ci auguriamo meno) che sono stati concessi con la legge n. 42 del 2009.
A questo punto credo che, ferma restando quella che sarà la decisione dell'Aula, il provvedimento non ha perso una sua valenza, anzi: è necessario che vi sia tale tipo di provvedimento, perché è uno dei tasselli che mancano nella nostra legislazione. A ciò aggiungasi che lo svuotamento di parte degli articoli è dovuto al Pag. 8fatto che altri collegati si sono occupati della materia e non potevamo quindi in alcun modo legiferare sui punti dove già il Parlamento è intervenuto.
Capisco, alla luce di ciò, le lagnanze dell'opposizione: probabilmente si doveva pensare e si riteneva di definire un disegno organico sul codice delle autonomie. Nei termini, così come era stato detto, non vi è questa rispondenza, ma il testo ha una sua valenza, che credo sia necessario che il Parlamento affronti con la votazione degli articoli che sono rimasti in piedi e che conservano la loro validità.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, non si tratta della prima volta: devo rilevare che è ormai abbastanza frequente il richiamo in Aula al ruolo della Commissione bilancio, che, a opinione di diversi colleghi, si diverte a «killerare» i provvedimenti che vengono portati in Aula.
Vorrei semplicemente ribadire che la Commissione bilancio ha sempre svolto, continua a svolgere e - oserei dire - negli ultimi tempi svolge ancora con maggiore attenzione una funzione a presidio dell'articolo 81 della Costituzione, per i motivi che tutti noi credo capiamo perfettamente leggendo i giornali tutti i giorni. È un compito spesso ingrato, perché significa dire di no anziché dire di sì: è molto più bello dire di sì, è molto più difficile dire di no, anche a tante proposte significative portate avanti dai colleghi.
Anche in questo caso la Commissione bilancio ha cercato, con lo scrupolo consentito dai tempi assegnatici (lo voglio ribadire, perché condivido appieno l'osservazione dei colleghi dell'opposizione circa il ristretto tempo a disposizione per la valutazione dei provvedimenti), di dare razionalità e logicità ad un disegno organico, che è quello della sistemazione, alla luce anche della riforma del federalismo fiscale, della disciplina degli enti locali. Nel farlo, non abbiamo non potuto tenere conto del parere della Ragioneria generale dello Stato, che il Ministero dell'economia e delle finanze ha portato in Commissione bilancio e che è stato richiamato dal collega Borghesi dell'Italia dei Valori.
In funzione di ciò, abbiamo dato il nostro supporto e ausilio collaborativi alla I Commissione sotto forma di pareri. Di tali pareri, alcuni sono stati recepiti, altri sono stati modificati, reinterpretati e ritrasmessi alla Commissione bilancio, che ha espresso nuovamente a sua volta un parere; ha dato parere favorevole in particolare su un elemento, che mi sembra anche abbastanza decisivo, circa la tempistica dell'entrata in vigore della riforma della Carta delle autonomie.
Conseguentemente ribadisco e difendo le prerogative della V Commissione, il comportamento adottato dalla stessa, difendo il parere che ha espresso e ritengo che questo sia utile al prosieguo dell'esame del provvedimento e anche all'interesse generale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Mi scusi, presidente Giorgetti, approfitto del suo intervento per acquisire un'informazione - ovviamente già implicita in quello che lei ha detto, ma vorrei che lei la esplicitasse - in modo che poi potremo proseguire bene i nostri lavori.
La I Commissione ha presentato l'emendamento 1.101 in risposta alle osservazioni della V Commissione. Tale emendamento assorbe totalmente le condizioni poste dalla Commissione bilancio (che quindi si ritengono soddisfatte), oppure le osservazioni rimangono? Questo è un dato fondamentale per capire come proseguire i nostri lavori.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, la Commissione bilancio ha espresso parere favorevole (il nulla osta) all'emendamento della I Commissione 1.101 In questo senso...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, colleghi, per favore. Prego, presidente Giorgetti.

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GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. La Commissione bilancio ha espresso parere favorevole (il nulla osta) rispetto agli emendamenti della I Commissione approvati questa mattina. In questo senso s'intende assorbito il parere precedentemente espresso. Credo che, ai sensi del Regolamento, votando prima l'emendamento della I Commissione possa intendersi superato anche l'emendamento di fatto proposto dalla Commissione bilancio.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, prima al Comitato dei nove e oggi in Aula ho raccolto le doglianze di numerosi esponenti della I Commissione. Ho anche letto il parere della Commissione bilancio e, pur non volendo fare «il democristiano», sono costretto a dire che hanno ragione entrambe le parti.
Ha ragione il presidente della Commissione bilancio che, anche forte del parere della Ragioneria generale dello Stato, sottolinea la necessità di salvaguardare una legge che abbiamo già approvato e che è in vigore. In altre parole, le norme cui si fa riferimento sono state approvate più di un anno fa e in nulla vengono innovate.
Capisco, dall'altra parte, l'auspicio e anche la necessità di stabilire le funzioni fondamentali nel minor tempo possibile, dando una risposta ad un problema che è sul tavolo da dieci anni.
Come poter realizzare questa duplice soluzione? Io credo che si realizzi nella proposta emendativa della Commissione, che recepisce, in maniera diversa ma sostanzialmente simile, la richiesta della Commissione bilancio e ci consente - se lo vogliamo - di procedere sia sul federalismo fiscale sia sul codice della autonomie.
Il federalismo fiscale, per poter rispettare il periodo di scadenza della sua delega del 21 maggio del 2011, richiederà l'emanazione dei decreti legislativi (che hanno un iter aggravato, quindi lungo), che quindi dovranno essere approvati in maniera provvisoria entro il dicembre del 2010. Noi abbiamo approvato il primo dei decreti sul federalismo fiscale; i successivi arriveranno già nel mese di giugno, e il mio obiettivo è di portare prima dell'estate il decreto che conferisce l'autonomia impositiva ai comuni, il decreto sull'autonomia impositiva delle province, il decreto sui fabbisogni standard, il decreto sui costi standard e il decreto sull'ordinamento di Roma capitale.
Questa non è una corsa, ma è il rispetto di una tabella di marcia senza la quale non si riesce a raggiungere l'obiettivo. È evidente che, nel momento in cui stiamo emanando e abbiamo emanato dei decreti, come segnalato dalla Ragioneria, un'eventuale modifica delle funzioni fondamentali che entrasse immediatamente in vigore renderebbe obsoleti i decreti già emanati e impedirebbe l'emanazione dei successivi. Quindi si avrebbe il blocco completo dell'iter del federalismo fiscale.
È evidente che, dovendo procedere con l'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, che - ripeto - è stato già approvato ed è in vigore, abbiamo scelto la strada di individuare transitoriamente funzioni che qualcuno ha descritto come grossolane. Tuttavia, circa quelle funzioni richiamo la dicitura della legge n. 42 e i relativi servizi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194, dove non sono grossolanamente indicate le funzioni dei comuni, ma vi è specificato per esteso tutto quello che fanno i comuni oggi. Ritengo che la prima cosa che dobbiamo garantire ai comuni sia la certezza, la stabilità del finanziamento e, quindi, del funzionamento dell'ente locale. Proprio in questo senso, ci siamo garantiti questa certezza.
Qualcuno potrebbe chiedersi, allora, perché stiamo discutendo di funzioni fondamentali che entreranno in vigore tra cinque o dieci anni. Il presidente Bruno ha già specificato che dieci anni riguardano la lettera m), vale a dire le funzioni non fondamentali e, quindi, non riguardano Pag. 10questo argomento. La modifica che abbiamo apportato in Commissione è stata decisa proprio affinché quel termine non fosse di cinque anni interi, ma fosse il periodo massimo complessivo di cinque anni.
Quindi, è evidente che i cinque anni potranno essere sei mesi, due anni o quello che sarà. Ma l'unico elemento per poter avere il punto di caduta e, quindi, calcolare anche il periodo della transitorietà è dato dall'avere la certezza di quali siano le funzioni fondamentali.
Volendo spiegarlo in parole molto semplici: se nel provvedimento che verrà approvato ci dovesse essere una funzione in più, il periodo di transitorietà potrà essere di sei mesi; se fossero venti, sarà di due anni; se saranno cento, sarà di quaranta; quattro anni in più, se fossero molte di più le funzioni, ma questo sistema ci consente di avere un punto di partenza e un punto di arrivo.
A questo proposito dobbiamo anche considerare che, alla luce della legge n. 42 del 2009, non possono essere individuate le funzioni fondamentali e dal giorno dopo dire che sono queste. Infatti, una volta che sono stabilite le funzioni fondamentali, è necessario che si traducano in un calcolo di costi e fabbisogni e nell'individuazione di come fiscalizzare e dare un termine di autonomia impositiva per le risorse che devono essere trasferite.
A questo punto ritengo che quel periodo di transitorietà, che dipenderà dalla celerità dei nostri lavori - in quanto alla celerità intendo presentare questi cinque decreti legislativi per il mese di giugno -, sarà estremamente breve o, comunque, contenuto. A chi parla di anni, dico che forse qualcuno si dimentica che la modifica del Titolo V e, quindi, l'individuazione delle funzioni fondamentali è attesa dal 2001 e, con Governi di colori diversi, nessuno ha mai realizzato questo obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Se oggi riuscissimo a realizzare quell'obiettivo e, francamente, non vedo l'alternativa, perché o decidiamo che abbiamo scherzato sul federalismo fiscale e non andiamo avanti, oppure creiamo le funzioni fondamentali ex novo, che entrino subito in vigore, in modo che lo fermiamo. È un'altra strada per dire «no» al federalismo fiscale, magari cercandosi un'altra sponda politicamente più sostenibile. Oppure possiamo decidere di non fare niente e vi garantisco che, allora, le funzioni transitorie resteranno tali per sempre!
È per questo che dico che il provvedimento in esame ha l'assoluta necessità di esistere. Non sarà domani, ma perlomeno abbiamo un dato certo di partenza e un punto di arrivo, non solo in termini temporali, di sistema, ma anche dei relativi costi.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, siamo in una fase assai delicata - mi pare - per l'iter di questo provvedimento, che ambiva a ridefinire le funzioni degli enti locali e delle regioni e, naturalmente, prevedeva anche di riformare il codice delle autonomie locali.
È un provvedimento non solo atteso dall'insieme del sistema delle autonomie per mettere ordine ad alcune incongruenze che nel passato, a legislazione vigente, si erano determinate, anche in ordine all'assegnazione non solo delle funzioni, ma pure delle risorse per esercitare queste funzioni, ma, come già ha detto il collega Bressa, l'esame di questo provvedimento avrebbe dovuto andare in parallelo con quello del federalismo fiscale, anzi avrebbe dovuto segnare i passaggi che la delega sul federalismo fiscale aveva definito, in modo tale che il Governo, nell'esercizio della delega accordatagli dal Parlamento, attraverso la definizione dei decreti legislativi, potesse avvalersi di una fondamentale norma, rispetto alla quale diventa difficile capire, se non sono definite in maniera chiara le funzioni degli enti locali, quali possano essere ad esempio i costi standard, su che base si possono definire i costi standard in un decreto Pag. 11legislativo. Semplicemente attraverso il rinvio alla stessa norma di delega, la legge n. 42 del 2009, che momentaneamente, in via del tutto transitoria, definiva le funzioni per gli enti locali, peraltro richiamandosi al decreto del Presidente della Repubblica del 1996? Diversamente questo lavoro il Governo lo può fare all'interno di una collaborazione con il Parlamento, che in maniera chiara ed esplicita doveva determinarsi e, anche per quanto riguarda il Partito Democratico, avrebbe dovuto determinarsi anche in funzione di un'importante valorizzazione dell'iniziativa parlamentare, che non ha dato «carta bianca» al Governo, in modo tale che al Governo fosse assegnato una sorta di potere totale, al fine di definire i passaggi che riguardano l'attuazione del federalismo fiscale.
In realtà, signor Presidente, con l'atto compiuto ieri dalla Commissione bilancio e oggi dal Comitato dei nove, si capovolge interamente la modalità con la quale avevamo concordato, anche attraverso una benevola astensione del Partito Democratico, il lavoro legislativo relativamente al federalismo fiscale ed alla Carta delle autonomie.
Signor Presidente, è possibile che la Commissione bilancio - e la Ragioneria dello Stato, cui si richiama nella motivazione addotta la Commissione bilancio per chiedere condizioni di revoca delle norme fondamentali che sono il cuore del provvedimento in esame, cioè la definizione delle funzioni fondamentali dei comuni e degli enti locali, - svolga un ruolo sostanzialmente di preventiva censura dell'attività e dei poteri di legislazione del Parlamento e dell'Assemblea e svolga anche un ruolo di surroga e di supplenza rispetto ai poteri delle Commissioni di merito?
Lo dico, signor Presidente, perché non ci si può richiamare, come ha fatto l'onorevole Giancarlo Giorgetti, semplicemente all'attuazione dell'articolo 81 della Costituzione. Signor Presidente, da due anni a questa parte, con un crescendo, di giorno in giorno, di provvedimento in provvedimento, la Commissione bilancio è sostanzialmente diventata affetta da «bulimia» di articolo 81. Vi è uno stravolgimento del riferimento all'articolo 81 della Costituzione rispetto alla copertura delle norme.
Signor Presidente, siamo di fronte ad un abuso del riferimento all'articolo 81 della Costituzione. Qui è sufficiente o non è sufficiente, signor Presidente, che, come era scritto nella norma, intervengo dopo che ha parlato il Governo, quindi mi prendo i tempi necessari per potermi riferire all'intervento del Ministro...

PRESIDENTE. Sempre cinque minuti ha, onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Concludo, signor Presidente.
Signor Presidente, se la norma - e concludo - afferma che il riferimento per le funzioni fondamentali è inderogabilmente quello della conformità agli impegni finanziari assunti con il Patto di stabilità e di crescita, e in conformità della disciplina del Patto di stabilità interno, è sufficiente questo per garantire la copertura. Non ci può essere un richiamo della Ragioneria dello Stato e della Commissione bilancio di carattere ordinamentale, per cui si dice, non che non c'è copertura, come ha detto il ministro Calderoli...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Com'è possibile nascondersi dietro il fatto che vi è un richiamo di carattere ordinamentale della Ragioneria dello Stato? E non del Governo. Signor Presidente, questo è un modo non solo sbagliato, ma assolutamente negativo, di porsi di fronte al Parlamento e di utilizzare le norme anche costituzionali... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Quartiani.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 12

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, vorrei rivolgermi anche al Ministro Calderoli, che vedo rientrare nei banchi del Governo, nel senso che intendo fare un intervento - davvero, ci proverò e ce la metterò tutta, Ministro - senza il minimo intento polemico.
Come il Ministro e anche l'intera Aula sanno, il gruppo dell'Italia dei Valori, sin dall'inizio di questa legislatura, ha cercato di dare, con contributo propositivo e con trasparenza, il proprio punto di vista e il proprio contributo in direzione dell'approvazione di un complesso di norme che disegnassero anche nel nostro Paese il cosiddetto federalismo fiscale.
Siamo, infatti, l'unico gruppo di opposizione che ha votato il disegno di legge sul federalismo fiscale e siamo - se non vado errato - l'unico gruppo parlamentare di opposizione che ha, anche nella Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo, votato a favore del cosiddetto federalismo demaniale.
Credo che, quindi, oggi siamo titolati ad esprimere una seria preoccupazione per quanto quest'Aula... mi dispiace davvero, Ministro Calderoli, che lei non abbia il minimo interesse ad ascoltare queste considerazioni, ma terremo presente ai fini dei nostri orientamenti finali anche il suo atteggiamento in quest'Aula.

PRESIDENTE. Ministro Calderoli, la prego di prestare attenzione al capogruppo dell'Italia dei Valori.

MASSIMO DONADI. Ci spiace prendere atto che questo disegno di legge oggi in esame stia diventando una colossale occasione sprecata e, in qualche misura, pregiudicando tutto il lavoro che, fino a qui, il Parlamento ha fatto - anche con il contributo positivo dell'Italia dei Valori - per andare nella direzione del federalismo fiscale.
Dico ciò con molta chiarezza, perché dopo un anno e mezzo di discussione questo provvedimento arriva al traguardo completamente nudo. Doveva essere una legge che - ricordo i proclami di allora - avrebbe chiarito con definitività chi doveva fare cosa, in una ripartizione finalmente chiara, non per noi, ma per i cittadini, di quali erano le competenze tra comuni, province, regioni e via via, tutta quell'altra pletora di rappresentanze territoriali locali.
Doveva chiarirlo in termini di funzioni, di risorse economiche e di assegnazione di risorse umane. Dopo un anno e mezzo non si è, all'interno di questa norma, fatto nulla, e ribadisco nulla, che vada in quella direzione. Con questo provvedimento stiamo approvando una scatola vuota che, oltretutto, decidiamo nella sua efficacia di rinviare anche nel tempo.
Quello che vorrei chiedere e dire alla maggioranza e a un Ministro - entrambi distratti - è che prendiamo atto delle parole del Ministro e del fatto che si vuole rinviare di sei mesi la prima applicazione di quella parte di questa norma che riguarda le funzioni fondamentali degli enti locali, per poter, nel frattempo, provvedere all'approvazione del primo decreto attuativo del federalismo fiscale.
Premesso che in questa affermazione vi è una ragionevolezza, allora chiediamo perché approviamo oggi qualcosa che attiene alla parte fondamentale e ineludibile del percorso di attuazione del federalismo fiscale per poi rinviarlo? Perché non rimandiamo questo provvedimento in Aula per compiere un ultimo sforzo verso quella semplificazione e quella chiara e netta distinzione di funzioni degli enti locali senza le quali il federalismo nascerà «zoppo»? L'aborto della richiesta di riduzione delle province, che dovevano prima diminuire di venti, poi di dieci, poi di quattro e poi di nessuna, è il sintomo chiaro di un provvedimento che oggi ha fallito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, dalla replica del Ministro Calderoli abbiamo uno schema molto chiaro. Il Pag. 13Ministro Calderoli ha detto che avremo i decreti delegati per il fabbisogno standard, per i costi standard e, quindi, avremo da una parte quanto costa il federalismo fiscale e contemporaneamente, ha aggiunto il Ministro, avremo anche il decreto legislativo sulla ridefinizione di tutte le imposte locali che devono servire a finanziare sia il fabbisogno sia i costi standard. Dunque, lo schema è chiaro.
Allora come si inserisce questa discussione che stiamo svolgendo nello schema del Ministro Calderoli? Si inserisce in questi termini: ad oggi abbiamo le funzioni fondamentali provvisorie e, quindi, il Ministro adotterà un decreto per il sistema delle entrate di comuni e province in rapporto alle funzioni provvisorie. Attenzione: il Ministro farà un calcolo della spesa e, quindi, delle entrate dei comuni e delle province per le funzioni provvisorie.
Quando, fra sei mesi o un anno, sarà in vigore tutto questo sistema e i comuni si saranno adattati, arriverà il Ministro Calderoli che darà a tutti i comuni e a tutte le province un contrordine, dicendo che non va bene quello che abbiamo fatto. Le funzioni fondamentali sono molte di più in quanto quelle provvisorie sono sei per le province e cinque per i comuni e circa venti quelle nuove indicate nella Carta delle autonomie. Dunque, il Ministro Calderoli dirà di fermarsi, che non va bene quello che abbiamo fatto, perché adesso dovremo applicare le nuove funzioni fondamentali della Carta delle autonomie e, quindi, bisognerà rivedere tutti i fabbisogni standard e risistemare tutto il sistema delle imposizioni per adeguare le entrate autonome di comuni e province alle nuove funzioni.
Mi chiedo, dunque, chi sta giocando sulla pelle di questo Paese che non riesce a razionalizzare la spesa pubblica quando gli si mette a rate o (si potrebbe dire) «a tozzi e bocconi» un sistema legislativo che non riuscirà mai ad entrare a regime proprio per l'auto-ostruzionismo che sta facendo questo Governo e questa maggioranza. Probabilmente - diciamola tutta - si vogliono turlupinare gli italiani (soprattutto quelli del nord) dicendo che abbiamo il federalismo fiscale anche a costo di averlo sulle funzioni provvisorie. Per il resto poi si vedrà.
Il Ministro Calderoli ha ricevuto un applauso da parte dei deputati della Lega quando ha detto che non si può perdere un giorno sul federalismo fiscale, perché dal 2001 sono trascorsi inutilmente nove anni. Ma in questi nove anni ben sette hanno visto il Ministro Calderoli al Governo. Dunque, con chi se la può prendere se non è riuscito ad ottenere questi risultati? E questo non è tutto. Noi dell'Unione di Centro siamo stati gli unici in quest'Aula a dire che non si poteva fare una riforma di federalismo fiscale senza aver indicato in modo definitivo le funzioni fondamentali e, ancora una volta come su tante altre vicende, otteniamo ragione dai fatti.
Mi fa piacere lo scoramento del presidente Donadi, che ha creduto nell'impianto della legge n. 42 del 2009. Mi fa piacere anche la delusione del gruppo del Partito Democratico, che pure ha avuto un'apertura di credito nei confronti della legge n. 42 del 2009.
Però ancora una volta i fatti ci danno ragione e vorremmo che ci deste ragione anche adesso, quando vi diciamo di ripensarci e di riportare il provvedimento in Commissione, e di rivedere in una visione organica tutta la materia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

LORENZO RIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, se mi avesse dato la parola prima avrei evitato di sollevare una questione tutto sommato secondaria rispetto a quella di cui ci stiamo occupando, perché le ho chiesto la parola all'inizio della seduta.
Nello stampato viene riportata, tra le proposte di legge abbinate, una proposta a firma Di Biagio, Antonino Foti e Moffa in materia di funzioni delle province, di riduzione del numero dei consiglieri e dei membri delle giunte comunali e provinciali, nonché di elezione del presidente Pag. 14della provincia e del consiglio provinciale. In effetti si tratta di una proposta che è a mia prima firma, che ho presentato insieme al presidente Moffa.
Le faccio presente questo, anche se so bene che si tratta probabilmente di un errore di stampa, poiché il tema delle province e delle loro funzioni viene sempre offuscato anche da questa importante discussione e, visto che ho preso la parola, voglio dire anche io alcune cose.
Infatti, così come hanno detto i colleghi, si tratta anche di una questione tecnica, di pareri che si sono incrociati fra di loro tra la Commissione bilancio e la I Commissione, però la discussione che stiamo facendo è tutta politica. Ho sentito il Ministro Calderoli (mi dispiace) dire che oggi dobbiamo dare un'accelerata per attuare quello che era un disegno organico rispetto all'attuazione del Titolo V della Costituzione, ma il Ministro Calderoli sa bene che in questi nove anni il centrodestra e la Lega sono stati al Governo per sette anni e ben potevano, dal 2001 al 2006...

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Ria, per il suo gruppo è già intervenuto l'onorevole Ciccanti in ordine alla risposta al Ministro Calderoli.

LORENZO RIA. Mi faccia completare, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sarei disponibile a farla completare, ma abbiamo un procedimento...

LORENZO RIA. Il Ministro Calderoli dice di fare il «democristiano», ma non lo può comunque fare, nemmeno tra virgolette. Ha fatto anche oggi molto bene il leghista, perché rispetto all'accelerata che è stata data sia al provvedimento sul federalismo fiscale...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ria, e mi dispiace toglierle la parola, nel senso che lei ha sollevato una questione giusta e corretta rispetto ad un errore tipografico contenuto nello stampato che è in distribuzione che non reca nel testo del provvedimento al nostro esame la sua prima firma nella proposta di legge abbinata n. 2488.
Si tratta per l'appunto di un errore tipografico e lei è il primo firmatario, come risulta ovviamente da tutti gli atti. Faccio comunque presente che si sta già procedendo alla ristampa dello stampato con un cosiddetto «rigo nero» in cui sarà evidenziato ovviamente che la prima firma di detta proposta di legge è dell'onorevole Ria.
Dobbiamo invece adesso passare alla richiesta avanzata dall'onorevole Lanzillotta durante il suo intervento di rinviare il provvedimento in Commissione.

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, capisco che prima c'è la decisione incidentale, però vorrei far constare all'Aula che il Governo nelle sue dichiarazioni, per rassicurare circa il fatto che il federalismo fiscale finanzierà tutte le funzioni che oggi gestiscono gli enti locali, ha richiamato il comma 2 dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009.
Tale comma 2 consta di due parti: una definisce il metodo di finanziamento (80 per cento e 20 per cento in riferimento alla quantificazione in bilancio) e un'altra si riferisce, come il Ministro ha detto, all'articolazione in funzioni e servizi previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 194 del 1996.
L'emendamento della Commissione fa riferimento non alle funzioni e ai servizi del comma 2 (cioè tutti), ma solo a quelli indicati dai commi 3 e 4, che saranno quantificati con il metodo che la legge prevede. Ciò per sottolineare che il federalismo che stiamo ponendo in essere finanzierà solo le funzioni dei commi 3 e 4 che sono molto esigue.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Lanzillotta, stiamo confondendo due piani. Su Pag. 15questo aspetto è stato presentato un emendamento; poi vi è una versione corretta che fa riferimento ai commi 3 e 4.
La Presidenza vuole sapere da lei se ribadisce la richiesta di rinvio del provvedimento in Commissione.

LINDA LANZILLOTTA. Sì, signor Presidente, confermo la richiesta di rinviare il provvedimento in Commissione.

PRESIDENTE. Sulla proposta, avanzata dall'onorevole Lanzillotta, di rinviare il provvedimento in Commissione, a norma dell'articolo 86, comma 7, del Regolamento chiedo quale sia l'orientamento del presidente della I Commissione (Affari costituzionali).
Prendo atto che l'onorevole Bruno è contrario e, come ha affermato nel corso del suo intervento, intende proseguire nell'esame del provvedimento.
Sulla proposta di rinvio in Commissione darò la parola ad un deputato contro e ad uno a favore per non più di cinque minuti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare a favore.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, penso che gli interventi di tutti i gruppi dell'opposizione che si sono susseguiti abbiano chiaramente evidenziato la comune convinzione che sia utile il rinvio in Commissione, e per questo le chiedo di porre ai voti tale proposta ovviamente dopo l'intervento di un deputato contro.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare contro.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, riteniamo che vi siano stati abbastanza chiarimenti sia sul percorso per arrivare in Aula sia sugli ultimi elementi, che sono stati chiariti dal Governo e dai presidenti delle Commissioni.
Quindi, la nostra posizione è di procedere nell'esame del provvedimento e di votare contro il rinvio in Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio del provvedimento in Commissione.
(È respinta).

La Camera respinge per 19 voti di differenza.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questa mattina avevo detto che ci saremmo divertiti, per cui siamo solo all'inizio. L'articolo 1 affronta il tema cruciale di questo provvedimento: finalità e oggetti. Il comma 1 recita: «La presente legge, nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 5 e 114, primo comma, della Costituzione e in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, individua e disciplina le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, ne favorisce l'esercizio in forma associata, al fine di razionalizzare le modalità di esercizio delle stesse funzioni, di favorirne l'efficienza e l'efficacia e di ridurne i costi».
È del tutto evidente che le finalità che si proponeva questo disegno di legge erano tutte condivisibili. Era il logico dispiegarsi del dibattito che si era sviluppato quando affrontammo in quest'Assemblea il tema del federalismo fiscale con l'esame di quella che sarebbe poi diventata la legge n. 42 del 2009. Vi è però da chiederci oggi che cosa è rimasto di questa intenzione, Pag. 16quali di queste finalità e anche quale oggetto è rimasto all'interno di questo disegno di legge. Credo che un'analisi anche del tutto benevola di quello che è avvenuto nel corso di queste settimane ci porta a esprimere un giudizio che non può che essere assolutamente netto e drastico.
In questo disegno di legge non è rimasto quasi più nulla delle intenzioni, delle finalità e dell'oggetto stesso della legge quando il Governo, con i ministri Calderoli, Maroni, Bossi, Fitto, Tremonti e Brunetta, ha sottoposto all'attenzione delle Camere il provvedimento. Nell'intervento che ho svolto in precedenza, chiedendo il rinvio del provvedimento in Commissione, ho cominciato ad affrontare la questione. Adesso l'affronterò in maniera più approfondita e più meditata.
Cominciamo con un argomento importante: in relazione a questo provvedimento, fin dal suo inizio e dalle audizioni che sono state svolte dalla I Commissione (Affari costituzionali), vi è stata una chiara indicazione da parte dei professori di diritto costituzionale che sono stati invitati e auditi. Vi sono state delle indicazioni molto chiare a mio modo di vedere, che avrebbero in qualche modo dovuto metterci sull'avviso di quello che eravamo chiamati a decidere. Vorrei citare i passaggi delle audizioni di due professori, la cui competenza accademica è assolutamente indiscutibile e che sono stati invitati non dal mio gruppo o dai gruppi di opposizione, ma dai gruppi di maggioranza. In particolar modo, mi vorrei soffermare su due indicazioni, la prima fornita dal professor Giovanni Pitruzzella, la seconda dal professor Nicolò Zanon, che ci aiutano a capire la complessità del provvedimento e la miseria delle cose che sono rimaste dentro il disegno di legge così «torturato» dagli emendamenti della V Commissione (Bilancio) e dalla volontà di Governo e maggioranza.
Il professor Pitruzzella affermava che vi erano elementi pregevoli nel disegno di legge ma che sul tema cruciale della definizione del ruolo di tali enti territoriali e dei rapporti tra i diversi livelli territoriali di governo corriamo il rischio di aggravare la situazione caotica già esistente. Ciò potrebbe avere conseguenze negative anche quando si metterà mano ai decreti legislativi già in corso di lavorazione sui costi standard, perché nel caos il federalismo fiscale corre il rischio di diventare poco funzionale rispetto alla responsabilizzazione dei livelli di governo, che dovrà essere uno degli obiettivi del federalismo fiscale.
Mi sento di sottoscrivere tale considerazione, così come l'ho sottoscritta quel giorno, dichiarando la mia adesione a questa valutazione del professor Pitruzzella, anzi, a maggior ragione, mi sento di sottoscriverla oggi, in questo momento, in quest'Aula, dopo quello che è accaduto questa mattina con l'approvazione dell'emendamento della I Commissione che accoglie la condizione della Commissione bilancio. È accaduto, infatti, che, approvando quell'emendamento, abbiamo svuotato di significato questo disegno di legge, abbiamo tolto tutto quello che è riferibile alle funzioni fondamentali. Ho ascoltato con attenzione le affermazioni del presidente Bruno, del presidente Giorgetti e del Ministro Calderoli e vorrei cominciare a svolgere alcune considerazioni con riferimento alle osservazioni del Ministro.
Il Ministro Calderoli, facendo un'annotazione ironica, ad un certo punto ha detto: ma abbiamo scherzato con il federalismo fiscale? C'è qualcuno che non vuole più fare il federalismo fiscale? Io posso rispondere direttamente e con franchezza al Ministro Calderoli: noi sicuramente non abbiamo scherzato quando abbiamo parlato di federalismo fiscale. Ci pare di capire che voi state scherzando sul tema del federalismo fiscale, perché l'emendamento approvato in Commissione questa mattina è di una chiarezza assoluta: quello che doveva essere un ordinamento provvisorio diventa la Grundnorm dell'attuazione del federalismo fiscale, diventa la norma fondamentale attorno alla quale costruire le attribuzioni delle funzioni fondamentali e il finanziamento integrale delle stesse.
Tralascio qui la discussione che in qualche modo ha coinvolto la dottrina, e Pag. 17che dovrebbe coinvolgere anche noi, sulla distinzioni tra le funzioni fondamentali e le funzioni proprie che secondo l'articolo 119 della Costituzione dovrebbero essere tutte integralmente finanziate. Per carità di patria noi non abbiamo sollevato tale questione, che è comunque il nodo costituzionalmente più rilevante posto dall'articolo 119 se crediamo nelle autonomie locali e nel loro ruolo di sviluppo di democrazia del Paese; non l'abbiamo voluto fare intenzionalmente e dunque non ci tornerò.
Mi limiterò al discorso che ha svolto il Ministro Calderoli nel corso del suo intervento di questa mattina, nel quale ha richiamato il comma 2 dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, affermando che nel comma 2 si fa esplicito riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194, ossia il testo unico sugli enti locali. Ciò è vero, peccato, però, che ai commi 3 e 4, questa legge reciti testualmente: «Per i comuni, le funzioni e i relativi servizi da considerare ai fini del comma 2, sono provvisoriamente individuati nelle seguenti (...)». Dunque, il richiamo al testo unico degli enti locali sopra richiamato è al comma 2, ma al comma 3 si restringe il campo e quando si parla di definizione sommaria delle funzioni fondamentali si fa riferimento a quella che noi credevamo essere una norma transitoria.
Noi abbiamo fatto un atto di fiducia politica nei confronti del Governo e della maggioranza perché crediamo che il federalismo fiscale sia un appuntamento importante per la riforma istituzionale di questo Paese, per la democrazia di questo Paese, per il controllo dei conti pubblici e per la responsabilità politica di questo Paese; abbiamo fatto un atto di affidamento politico, che è stato stralciato questa mattina da voi. Pertanto, Ministro Calderoli, siete voi che state scherzando con il federalismo fiscale, non noi! Noi non ci nascondiamo dietro nessun filo d'erba, noi diciamo con chiarezza che voi state conculcando le funzioni fondamentali dei comuni come sono oggi, perché rispetto al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 194, il comma 3 della legge n. 42 del 2009 dà una definizione che definire sommaria è poco.
Voi probabilmente avete fatto un'opzione politica: a pensare male si fa peccato, ma forse ci si indovina. Vi siete accorti che le difficoltà economico-finanziarie del momento non vi consentono di affrontare il tema del federalismo fiscale in maniera seria.
Noi tutti sappiamo che affrontare il tema del federalismo fiscale significa definire quali siano le funzioni fondamentali di comuni e province e procedere al loro finanziamento. Questo è il federalismo fiscale: fuori di qui c'è la propaganda!
Voi vi siete accorti che le funzioni fondamentali, quelle che solo storicamente, ormai, appartengono ai comuni e quelle che gli articoli della Costituzione attribuiscono ad essi e che questa legge avrebbe dovuto attuare, sono probabilmente un fardello troppo impegnativo per questo Governo, in questo momento. Avete, quindi, compiuto la scelta della furbizia e della semplificazione: lasciate fare tutto a noi e lasciate che sia il Governo ad occuparsi di queste cose e il Parlamento non si metta in mezzo. Lasciate che le funzioni sommariamente definite nella legge n. 42 del 2009 diventino il sistema.
Colleghi, questo non significa un passo verso la riforma, ma è anche un passo indietro rispetto all'esistente: significa annichilire e svuotare di forza le autonomie locali e ridurle ad un simulacro. Non so se questa è la vostra idea di riforma: sicuramente non è la nostra!
Se la situazione è questa - e sono convinto che lo sia -, noi abbiamo bisogno di un atto di coraggio, che non avete avuto qualche minuto fa, rinviando il provvedimento in Commissione. L'atto di coraggio è necessario perché con il federalismo fiscale non si scherza: noi vogliamo andare fino in fondo con il federalismo fiscale, ma non vogliamo andare a fondo con il federalismo fiscale: quest'ultimo, senza una chiara definizione delle competenze e delle Pag. 18funzioni di comuni, province e città metropolitane, è qualcosa che nessuno è in grado di gestire.
Noi tutti sappiamo che, quando si parla di federalismo, si passa da uno Stato centralizzato ad uno Stato organizzato in forma federale e vi è un periodo «grigio», in cui i costi, anziché essere contenuti, possono aumentare: ciò è nella logica naturale delle cose. In questa fase transitoria, infatti, vi è una duplicazione di funzioni che erano in capo allo Stato e che sono state attribuite e definite in maniera chiara tra province e comuni: fintantoché non si chiude l'architettura, questa fase intermedia è pericolosissima, perché in essa i costi sono destinati ad aumentare e non ad essere ridotti.
Il federalismo fiscale funziona e diventa uno strumento di democrazia e di controllo dei costi se viene definito con chiarezza e se questa fase grigia ed intermedia è breve. Voi, con quello che state facendo oggi, non solo definite che questa non è una fase breve, ma la «lanciate» anche ad un tempo indefinito: la lettera f) del comma 1 dell'articolo 21 della legge n. 42, che è stato ricordato, fa riferimento alla «specificazione del termine da cui decorre il periodo di cinque anni (...)» che verrà definita in quei decreti legislativi. Abbiamo sentito oggi dal Ministro Calderoli che il termine di cinque anni è il termine massimo, ma potrebbe essere tutt'altro che il termine massimo: se, infatti, vi accorgerete che avete delle difficoltà politiche in virtù delle quali non riuscite ad andare fino in fondo con la riforma, rinvierete il termine di decorrenza dei cinque anni al 2020, al 2030 o a quando vorrete voi, perché nella legge n. 42 del 2009 c'è scritto questo.
Capite, quindi, che è difficile fare affidamento sulla nostra volontà di attuare il federalismo fiscale se oggi, quando avevate la possibilità di mettere mano davvero alle funzioni fondamentali, vi siete nascosti dietro ad una condizione della Commissione bilancio. Sia chiaro: si tratta di una condizione i cui termini e la cui definizione sono tutt'altro che chiari. Mi rivolgo al presidente Giorgetti: in che cosa si è manifestato il vostro presidio dell'articolo 81 della Costituzione, quando avete posto quella condizione? Dov'è il pericolo che paventate? Dov'è il pericolo dello sfondamento? Quello è stato un diktat che vi è stato imposto, nella migliore delle ipotesi, dal Ministro dell'economia e delle finanze e, nella peggiore delle ipotesi - però più vicina alla realtà -, dalla Ragioneria generale dello Stato.
Voi avete piegato la testa ad un timore della Ragioneria generale dello Stato, che non è basato su alcun dato effettuale. I comuni esistono già adesso, esercitano le loro funzioni già adesso, e tra le funzioni che esercitano oggi ci sono funzioni che non sono ricomprese in quel sommario elenco di cui ai commi 3 e 4. Di cosa avete paura? Di confrontarvi con la realtà? Vi siete accorti che fare il federalismo fiscale vuol dire assumersi delle responsabilità e fare scelte di politica seria e responsabile che in questo momento non siete in grado di fare? Avete problemi politici al vostro interno? La vostra maggioranza non è tutta così convinta che il federalismo fiscale sia la riforma di cui Paese ha bisogno? Vi siete accorti che avete sbagliato a fare i conti nel corso delle leggi finanziarie precedenti? Diteci la verità, abbiate uno scatto d'orgoglio e uscite da questa nebbia dentro la quale vi siete rifugiati. Le argomentazioni del presidente Giorgetti e del Ministro Calderoli sono aria, non c'è un argomento sul quale possono fondare la decisione di procedere lungo una direttrice come questa, che sarà un provvedimento completamente svuotato di alcun significato.
Veniamo a cosa ci resta dopo che abbiamo deciso di congelare in qualche modo il Capo II del disegno di legge che porta la prima firma del Ministro Calderoli, gli articoli da 2 a 8. Tutto ciò che riguardava la definizione delle funzioni fondamentali è stato in qualche modo cancellato. Trasformiamo una norma provvisoria nella norma attorno alla quale vogliamo costruire la riforma, probabilmente la più importante riforma istituzionale del Paese. Questo è un atto di scelleratezza e di irresponsabilità politica, perché voi sapete che quello che vi accingete Pag. 19a fare sarà comunque, come è stato detto prima, un lavoro inutile. Infatti, se davvero prima o poi vorrete dare conto di ciò che è scritto in questo disegno di legge, tutto quello che state facendo adesso con i decreti legislativi sarà un lavoro inutile. Dunque, siccome voi non volete fare lavori inutili, ma avete fatto di questa partita una partita squisitamente politica e di affermazione politica, sono preoccupato per la sorte del Paese, perché con la propaganda e con la demagogia si può vincere un'elezione, ma non si governa il Paese, ed è esattamente quello che voi state facendo.
Che cosa rimane se togliamo le funzioni fondamentali? Lo dicevo prima: rimangono l'articolo 9, che contiene la delega di attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, l'articolo 13, che reca la delega sulla Carta delle autonomie locali, l'articolo che contiene la delega sugli uffici territoriali del Governo, che avete recuperato riprendendo un nostro emendamento che ripristinava un testo presentato dal Governo, che avevate soppresso durante i lavori di Commissione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11,03)

GIANCLAUDIO BRESSA. Andiamo a ben guardare cosa è previsto in queste deleghe. Anche in questo caso, citerò il parere di uno degli esperti che i partiti di maggioranza avevano segnalato alla I Commissione, il professor Nicolò Zanon.
Il professor Nicolò Zanon, nella sua audizione, ha detto una cosa di grandissimo rilievo dal punto di vista politico-parlamentare, ossia che all'articolo 13 vi è una delega al Governo che presenta i problemi, già indicati da un collega che aveva precedentemente parlato, per l'adozione della Carta delle autonomie locali, che dovrà successivamente riunire e coordinare tutte le norme statali relative agli enti locali. Forse valeva la pena di farlo ora, anziché normare proceduralmente. Il Parlamento poteva compiere scelte coerenti in questa sede fin da adesso.
Non siete stati capaci nemmeno di fare quello che i vostri consulenti vi indicavano di fare. Avete previsto una delega in bianco e, non contenti, siete riusciti a spezzettare il provvedimento in mille rivoli, perché le cose che riguardano gli organi degli enti locali sono contenute in numerosissimi altri provvedimenti: norme del testo unico sugli enti locali non vengono ricomprese nella delega e nelle previsioni normative di questo disegno di legge.
Anziché un codice delle autonomie, voi partorirete un codicillo delle autonomie, un «manuale per le Giovani Marmotte» delle autonomie, qualcosa che servirà e sarà utile da utilizzare in campagna elettorale, ma che non servirà ad alcun sindaco, ad alcun presidente della provincia, ad alcun amministratore.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, trenta secondi e concludo. Tutto questo cosa ci fa dire? Siamo qui oggi a votare un provvedimento che il presidente Bruno ha detto essere comunque importante. Cari colleghi, sappiate che, siccome le norme previste dall'articolo 2 all'articolo 8 sono congelate, voi siete chiamati a votare, come parlamentari, tre deleghe e poi norme per sopprimere le comunità montane isolane, norme che riguardano le circoscrizioni di decentramento comunale, norme che riguardano la soppressione dei consorzi tra enti locali per l'esercizio di funzioni e norme di controllo sugli enti locali. Se tutto lo sforzo che questo Parlamento può esprimere...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. ...per rilanciare l'autonomia locale è questo, è veramente pochissima cosa. È per questo che faremo una grande battaglia per impedirvelo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

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PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, certo potremmo dire che, alla fine, la montagna ha partorito un topolino, ma ogni espressione è riduttiva, perché, francamente, dopo anni di propaganda federalista sui pregi del federalismo, propagandato, appunto, come un toccasana e un rimedio generale per qualunque vizio morale, economico e amministrativo del Paese, nel momento in cui il Ministro Calderoli è chiamato ad indicare il disegno di legge che deve introdurre in Italia la nuova Carta delle autonomie al fine del funzionamento del federalismo fiscale, con un colpo di teatro, dicendo che non è «democristiano», e perciò non si è neppure parlato con il collega di partito Giancarlo Giorgetti, che presiede la V Commissione, quindi inaudita altera parte, ecco che, olé, il federalismo non c'è più, la Carta delle autonomie non c'è più, ma ci sono altre carte in circolazione.
Forse arriveranno i decreti di attuazione del federalismo fiscale, ma quello che era stato promesso prima, l'indicazione, finalmente, delle funzioni fondamentali degli enti locali, e che è stato promesso almeno dopo il provvedimento sul federalismo fiscale, non c'è neanche ora. Vi è, invece, un attacco deciso, grave e sconcertante alle autonomie locali.
Infatti, in buona sostanza, con la condizione accolta come emendamento dalla I Commissione - questo credo che debba davvero interessare tutti i colleghi - cosa si fa? Si stabilisce che le funzioni fondamentali degli enti locali in Italia vengono ridotte a quelle poche indicate dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, cioè quelle indicate in via provvisoria.
Vorrei che i colleghi parlamentari, che magari hanno seguito un po' meno l'iter di questo provvedimento, ma che hanno tutti esperienze e radicamento negli enti locali, capissero bene di cosa stiamo parlando.
Io posso anche essere sospettato di essere poco federalista: vorrei confessare di non esserlo affatto, ma di essere autonomista. Sono, cioè, per uno Stato unitario che sviluppa e valorizza le autonomie locali dei comuni, delle province e delle regioni secondo criteri di razionalizzazione e, naturalmente, anche in base ai principi di sussidiarietà che abbiamo cercato di darci. Qui si arriva alla seguente conclusione.
Se venisse approvato questo disegno di legge con l'emendamento della Commissione presentato a seguito del parere della Commissione bilancio, le funzioni degli enti locali previste dal decreto legislativo n. 267 del 2000 recante il testo unico degli enti locali e dagli statuti verrebbero ridotte alle seguenti, ossia a quelle provvisoriamente individuate all'articolo 21, commi 3 e 4, della legge n. 42 del 2009: «funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate nell'ultimo conto del bilancio disponibile (...)». Se si approva questo disegno di legge i comuni italiani, dal giorno della sua entrata in vigore, dovrebbero quindi mettersi a calcolare qual è il 70 per cento delle funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo entro cui ricondursi in relazione all'ultimo bilancio disponibile: questa è l'operazione di semplificazione che il Ministro per la semplificazione normativa propone ai comuni italiani!
Le altre funzioni dei comuni sarebbero poi funzioni di polizia locale (non meglio definite) e funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi e gli asili nido. Attenzione però, nelle funzioni di istruzione pubblica rientrerebbero forse non solo funzioni relative all'edilizia scolastica e alla maternità, tuttavia in quel testo provvisorio è scritto proprio così, cioè funzioni di istruzione pubblica, e quindi potremmo immaginare forse anche interventi sui programmi scolastici o nelle materie (ma tanto era un testo provvisorio che adesso diventa in qualche modo definitivo, almeno per molti anni).
Vengono poi individuate funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti e funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, ma viene esclusa tutta l'edilizia residenziale pubblica. Se venisse approvato questo testo i comuni - dal giorno della sua entrata in vigore a Pag. 21seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale - non potranno avere più competenze in materia di social housing.
Spero che qualche collega abbia la bontà di ascoltarmi o comunque, meglio, di rileggere poi con attenzione le norme che si appresta a votare perché abbiamo una rivoluzione, una tempesta in un bicchier d'acqua, un attacco forsennato alle autonomie locali operato sul versante della spesa per i notissimi tagli ed ora anche sul versante delle competenze, senza neanche prendersi la briga persino di riascoltare gli interessati. Noi non siamo sindacalisti dell'ANCI o dell'UPI ma forse, nel momento in cui si modificano in modo così drastico le competenze degli enti locali in Italia (e lo si fa con un emendamento presentato questa mattina alle ore 8 a seguito di un parere reso ieri pomeriggio alle ore 15 dalla Commissione bilancio), trovare il tempo di interloquire con l'ANCI, con l'UPI e con gli enti locali italiani interessati da questa riformulazione delle competenze degli enti locali fatta nel giro di una notte sarebbe un atto minimo e doveroso sul piano democratico.
Vi è poi anche una lettera f) che recita: «funzioni del settore sociale». In questo testo provvisorio del quadro delle competenze dei comuni delineato dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale che ora diviene definitivo abbiamo quindi anche una voce in bianco, quella sulle funzioni del settore sociale, rispetto alle quali immagino che qualunque comune potrà anche recitare a soggetto, ossia inventarsi funzioni, le più diverse, nel campo del settore sociale (chi in modo più parsimonioso, chi estendendosi di più).
Abbiamo dunque una controriforma delle attribuzioni degli enti locali fatta in base ad un emendamento presentato questa mattina che si pretende venga votato - oggi, ora, subito - senza aver consultato l'ANCI, l'UPI né le altre organizzazioni degli enti locali, con un testo che è dichiarato provvisorio persino dalla legge. Chiedo davvero ai colleghi, a prescindere dall'entusiasmo federalista, fin quando può andare avanti questo gioco di propaganda delle virtù benefiche del federalismo e di assoluta smentita, anzi autosmentita che il Governo fa di sé stesso.
Da una parte si predica il federalismo e dall'altra si attaccano le autonomie locali nel modo più scorretto, disordinato e caotico, peggiorando il caos e la giungla amministrativa italiana, deludendo come credo per primi - voglio dirlo - proprio gli elettori che hanno votato per la Lega Nord, e poi anche quelli che invece credono alle riforme, che non hanno visto riforme in questi otto anni di Governo della Lega e che continuano a non vederle (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, è con interesse che seguo dall'origine la discussione su questo disegno di legge e devo constatare, purtroppo amaramente quale convinto autonomista e riformatore, che questo Governo e questa maggioranza hanno un comportamento schizofrenico rispetto al tema del federalismo e delle autonomie locali.
Come spesso succede, la fretta fa i gattini ciechi. In questi due anni di Governo, il Ministro Calderoli, il Ministro Bossi, il Presidente del Consiglio e soprattutto il vero unico Ministro, Giulio Tremonti, che detiene il portafoglio, hanno venduto fumo facendo credere ai cittadini italiani di vendere arrosto. Cosa intendo dire con ciò? Hanno fatto credere agli italiani che con il federalismo fiscale, quel federalismo che intendono loro, avrebbero risolto tutti i problemi del Paese Italia e che nel contempo avrebbero raddrizzato la schiena alle autonomie locali.
A due anni di distanza, qual è la situazione? È esattamente come prima, anzi molto peggio di prima, perché abbiamo il federalismo fiscale sulla carta, con la legge n. 42 del 2009, per la quale il gruppo, il partito cui appartengo, l'Italia dei Valori, ha dato il proprio parere favorevole (unico gruppo parlamentare di opposizione). Pag. 22
L'Italia dei Valori infatti credeva - e crede - realmente a un vero federalismo fiscale, come strumento per evitare gli sprechi che sono stati quantificati addirittura in 80 miliardi di euro annui e sono particolarmente presenti in alcune regioni.
Penso per esempio - e ho il coraggio di dirlo - alle regioni a statuto speciale, incominciando dalla Valle d'Aosta, al Trentino Alto Adige, alla Sicilia e alla Sardegna, dove il federalismo fiscale doveva essere uno strumento per combattere l'evasione fiscale, quantificata e stimata anch'essa in 120 miliardi di euro. Sappiamo anche a riguardo - non perché lo dice Renato Cambursano, ma sulla base di studi approfonditi su questo tema - che l'evasione fiscale è prevalentemente presente in alcune regioni italiane, a prescindere dal colore politico dal quale sono governate.
Vi è poi un alto livello di parassitismo: vi sono regioni che continuano ad avere e altre che continuano a dare. Come dicevo prima, noi del gruppo Italia dei Valori abbiamo creduto nel federalismo fiscale e vi abbiamo creduto anche perché ci è stato detto che esso sarebbe stato coniugato in contemporanea con la riforma delle autonomie locali e l'approvazione della Carta delle autonomie locali.
Ecco il punto dove la montagna ha partorito davvero il topolino! Da una parte si è detto: andiamo avanti sul binario del federalismo fiscale e in contemporanea procediamo con la riforma delle autonomie locali; invece tale piano non si è realizzato e oggi ci troviamo con un pugno di mosche in mano.
Il federalismo fiscale è su un binario morto, perché i costi standard faticano ad essere definiti, non si sa bene dove andare a misurare i livelli standard dei servizi e, soprattutto, mancano le risorse finanziarie per fare fronte all'attuazione, in particolare nei primi anni, del federalismo fiscale. I costi vengono stimati - ed è The Economist che lo afferma - in 130-135 miliardi di euro: non sono noccioline, naturalmente.
Qual è, allora, la strada maestra di fronte alla non attuabilità del federalismo fiscale vero, come lo intendevamo noi? Lo svuotamento delle autonomie locali: ecco il centralismo vero che è messo in atto da questo Governo, che ha al proprio interno la Lega Nord, la quale ha sempre fatto del federalismo e dell'autonomismo la propria bandiera. Di fatto, ora viene scoperto che si trattava di un grande bluff, un grande inganno che finalmente viene evidenziato.
La conferma viene proprio dall'avere previsto, accogliendo il parere della Commissione bilancio, che le funzioni che per cinque anni almeno saranno proprie delle autonomie locali altro non sono che quelle previste dai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, più volte citati.
Mi dispiace che in questo momento il Ministro per la semplificazione normativa abbia abbandonato l'Aula; sono però presenti il sottosegretario per l'interno e il sottosegretario per la semplificazione normativa: spero che anche loro possano seguirmi nel ragionamento.
Intanto mi presento: so che il sottosegretario, da buon cuneese, ha fatto anche lui l'esperienza di amministratore locale. Sono anch'io piemontese come lei. Lei è stato assessore della città di Bra, io sindaco della città di Chivasso e assessore nella provincia di Torino: mi permetto di affermare che ho qualche esperienza nella gestione degli enti locali. Sono stato, come si suol dire, in trincea, rispetto ai problemi della gente. Quando un cittadino ha un problema da risolvere, non va né dal Presidente del Consiglio, né dal presidente della giunta regionale, neanche di quella provinciale: va dal sindaco! E a lui rappresenta i suoi problemi, i problemi della sua famiglia e del suo quartiere.
Ecco perché, forte di questa esperienza, affermo che, se noi non valorizziamo, in un momento di crisi come quello che il nostro Paese sta attraversando, la valenza, la validità, la pregnanza delle autonomie locali, il tessuto sociale ed economico di questo Paese salterà; e vi sono tutti i primi sintomi che ciò avvenga.
Signor sottosegretario, basta che lei vada a leggere la dichiarazione, riportata dai quotidiani di ieri, rilasciata dal presidente della sua provincia, Gianna Gancia, Pag. 23la quale diceva che la manovra che state dettando penalizza le autonomie locali e le regioni ed è l'espressione più alta del centralismo, come non si è visto neanche all'epoca del fascismo. Questo siete voi: vendete fumo e non arrosto!
So che il sistema delle autonomie è fondamentale nell'erogare i servizi ai cittadini ed essi lo chiedono con insistenza proprio in questi giorni, in questi mesi e in questi anni di crisi. Invece, voi mettete in forte discussione tale sistema di protezione, proprio con questo provvedimento, ormai svuotato, che sottoponete alla nostra attenzione.
La Corte dei conti - signor sottosegretario, spero che lei conosca gli ultimi dati pubblicati dalla Corte dei conti - ha ricordato che, tra il 2004 e il 2009 (ho preso questo arco temporale perché questo periodo è stato governato dal centrodestra e dal centrosinistra, prevalentemente dal centrodestra, come lei ben sa), la spesa complessiva al netto degli interessi è stata esattamente questa (appunto in questi sei anni): il 10,7 per cento è rappresentato dalla spesa dei comuni (10,7 per cento della spesa totale); invece la spesa delle province è stata addirittura inferiore (il 6,8 per cento); ma l'insieme delle spese delle amministrazioni centrali, quella dove voi non incidete, dove voi vi voltate dall'altra parte rispetto agli sprechi che si stanno facendo (pensate solo a quello che viene a galla in questi giorni, cioè a quanto denaro pubblico ha sprecato «la cricca»), rappresenta il 29,9 per cento. In altre parole, un terzo della spesa pubblica avviene per mano degli enti centralizzati sui quali voi avete paura di incidere.
C'è uno scarto terribile, uno scarto forte, tra le attese, le proposte che avete fatto sui media, gli annunci e quello che oggi voi realizzate con questo provvedimento (cioè i risultati che portate a casa). Siamo molto lontani dall'idea di una Carta delle autonomie e di un riordino complessivo delle funzioni che siano capaci di rilanciare le autonomie e soprattutto la responsabilità del sistema degli enti locali. Tutto questo non c'è in questo provvedimento.
Si diceva: Carta delle autonomie e federalismo fiscale, due binari paralleli. Invece che cosa abbiamo? Un binario, una monorotaia - mi verrebbe da dire -, e soprattutto una monorotaia di carta, perché, in attesa dei decreti legislativi, è soltanto tale.
Soprattutto - come dicevo prima - non ci sono e non ci saranno mai le risorse finanziarie. Cito ancora The Economist quando diceva: fermate questo ridicolo federalismo fiscale che avete in mente di fare, che non è quello vero, che cerca di togliere alle regioni che hanno avuto troppo (a certe regioni), a quelle che hanno speso oltre le loro possibilità, per dare alle regioni e alle autonomie locali virtuose. Invece, voi con tutti i provvedimenti adottati in questi anni, che cosa avete fatto? Avete tolto ai comuni, alle autonomie virtuose e avete continuato a foraggiare «Roma ladrona» (l'espressione è chiaramente vostra, amici della Lega), avete foraggiato a dismisura il comune di Catania, e lo fate rispetto al comune di Napoli come pure al comune di Palermo. Il messaggio che date è: noi vogliamo tagliare le unghie ai comuni e alle regioni virtuose e vogliamo ridurre la burocrazia degli enti locali (e noi siamo disponibili); ma aumentate quella centrale.
Abbiamo sentito più volte il Ministro - che in questo momento non c'è - venirci a ripetere in Commissione bilancio, come pure in Aula, che federalismo fiscale e Carta delle autonomie avrebbero dovuto viaggiare contemporaneamente: questo non è accaduto. Avete detto che funzioni e risorse avrebbero dovuto iniziare a camminare insieme: questo non sta avvenendo.
Siamo, invece, ad un approccio minimalista, anzi, definirlo tale è addirittura esagerato. Ci sono punti di vero arretramento rispetto al progetto originario. Ed è quello che noi tentiamo di fare, ovverosia rimettere in sesto la macchina delle autonomie con gli emendamenti che vi abbiamo proposto. Ecco perché sono intervenuto sul complesso degli emendamenti, per cercare di farvi ragionare, perché questo il Paese sta aspettando in un momento così difficile. Pag. 24
Volete una riprova? I nove livelli istituzionali che c'erano e che ci sono (glieli voglio ricordare: lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le unioni tra comuni, le comunità montane, i consorzi di bonifica, i bacini imbriferi e le circoscrizioni) sono rimasti esattamente quelli: non avete avuto il coraggio di incidere minimamente su tali aspetti.
La ciliegina sulla torta - concludo per il momento - è quella della province. Siete caduti addirittura nel ridicolo, nel ridicolo! E sapete solo perché vi salvate?
Vi salvate perché, controllando l'informazione, soprattutto quella che ci viene trasmessa dalle televisioni - che voi controllate direttamente con la proprietà di cui il Presidente del Consiglio è titolare e, indirettamente, con il controllo della RAI, attraverso il consiglio di amministrazione -, potete vendere al Paese Italia qualsiasi stupidaggine. Questo è il risultato che portate a casa oggi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, il voto contrario alla richiesta di rinvio in Commissione risolve probabilmente un problema della maggioranza. Resta comunque un pesante vulnus per quanto riguarda l'attività e il funzionamento di quest'Assemblea. Anche con questo voto che c'è stato poc'anzi con la maggioranza, che non ha voluto andare fino in fondo rispetto a provvedimenti che pure aveva immaginato, il Parlamento è ridotto ad una navicella, che balla sulle onde increspate della maggioranza.
Avete fatto del federalismo una bandiera che, in realtà, stracciate quotidianamente. Quello che è altrettanto grave - mi spiace che non sia presente il Ministro Calderoli, perché è stato un interlocutore importante in questi mesi - è che questo comportamento vi fa risultare inaffidabili come interlocutori.
Lo dico tanto per chiarire al collega Ciccanti: non è che noi siamo dei creduloni. Noi siamo dei convinti assertori del federalismo e delle sue concatenazioni. Per cui ci siamo in qualche modo affidati agli impegni che il Governo ha preso, che la maggioranza ha preso e che, in particolare, il Ministro aveva preso. Tale impegni, nonostante le nostre coerenze, vengono costantemente disattesi.
Faccio riferimento alla relazione con l'opposizione per quanto riguarda l'avvio dell'attività della Commissione bicamerale e al comportamento, all'atteggiamento, agli impegni che abbiamo assunto in seguito durante i lavori con la Commissione sul tema del cosiddetto federalismo demaniale. Faccio riferimento alla richiesta esplicita perché si giungesse davvero ad individuare le funzioni fondamentali delle autonomie.
In realtà non siete interlocutori affidabili neppure per il sistema delle autonomie. Faccio riferimento agli enti locali, rispetto ai quali ogni giorno intervenite con azioni di vero e proprio contrasto. Faccio riferimento alle regioni: le discussioni e le relazioni di questi giorni sono lì a parlare per tutti noi, al di là del «sottopolitico» che si nasconde dietro diverse affermazioni di presidenti di regioni, ma la sostanza è quella: un contrasto alla manovra in nome del federalismo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 11,35)

LUCIANO PIZZETTI. Non siete interlocutori affidabili per il Parlamento, perché nei lavori di Commissione procedete sino ad un certo punto, poi arriva l'ukaze e le cose cambiano.
Presidente Giorgetti, noi non contestiamo il buon lavoro e gli intendimenti della Commissione che lei presiede. Quello che ci lascia letteralmente basiti è che si possa giungere sin lì, cioè ad un passo dalla meta e poi riconsiderare il tutto, nel silenzio della maggioranza e nella compiacenza almeno formale del Governo.
Quella che voi immaginate come giusta lotta agli sprechi dell'autonomia la state in realtà traducendo nella lotta tout court al sistema delle autonomie. Allora, cosa resta Pag. 25del federalismo? Resta un impianto privo di pilastri. Resta quasi un calesse che viaggia senza meta, e non a caso dico calesse e non altro veicolo.
Infatti l'insieme di risorse tagliate al sistema delle autonomie e alle regioni e delle funzioni ristrette - perché non è sufficiente il richiamo alla legge generale, se poi non si chiariscono e non si specificano gli elementi e le funzioni fondamentali - tutto questo rappresenta davvero un colpo, io spero non mortale, ma certo serio al federalismo.
Sapete cosa resta del provvedimento in esame, con questo emendamento che la Commissione ha proposto, recependo le indicazioni della Commissione bilancio, nel silenzio compiacente del Governo? Restano sostanzialmente due cose: il controllo sugli enti locali (per cui il Governo federalista si ritrova ad essere un Governo che in qualche modo ripristina un CoReCo statale) e la legge sul comune di Campione d'Italia. Ecco, questa è l'operazione che noi stiamo votando in questa Assemblea, che contrasta nettamente con tutti i proponimenti che avete espresso.
Già vi erano problemi seri. Infatti, voglio ricordare, in una legge che è un insieme di deleghe al Governo: l'articolo 15 (delega di 24 mesi per quanto riguarda gli uffici territoriali); l'articolo 14 (delega di 24 mesi per quanto riguarda la questione delle province, peraltro gestita in modo assolutamente incomprensibile, per non dire bambinesco); l'articolo 13 (delega di 18 mesi sulla Carta delle autonomie); l'articolo 12 (delega di nove mesi, per quanto riguarda l'adeguamento della legislazione regionale); l'articolo 9 (delega di nove mesi per quanto riguarda l'attuazione delle funzioni definite dall'articolo 118 della Costituzione). In altre parole, si tratta di un provvedimento che riempiva di deleghe e rinviava al Governo tutta una serie di aspetti importanti, senza uniformità e per questo criticabile. Ebbene, neanche questo vi è bastato, neanche questa continua delega vi è bastata, questo procrastinare nel tempo: avevate bisogno di ancora di più. Quindi in realtà, con l'atto che ci sottoponete, andate ad azzerare completamente non solo l'intendimento, ma anche il dispositivo, per quanto annacquato fosse.
Vorrei chiedere al Ministro Calderoli - che ho conosciuto come una persona con la schiena dritta, come una persona non double face - come possa accettare questa danza indecente sul federalismo, una danza fatta attorno ad un totem, non per invocarlo, ma per esorcizzarlo, perché tale in sostanza è la questione ed il cuore del problema.
Non noi, ma la maggioranza, come ha detto giustamente il collega Bressa, ha paura del federalismo e, se ha paura del federalismo, vuol dire che non ce la racconta giusta, nel senso che non ha la coscienza a posto sullo stato dell'economia del Paese e non dice in realtà ciò che pensa e ciò che sa, vale a dire che la situazione è più seria di quella che viene dichiarata e che la manovra in discussione al Senato costituisce solo un antipasto. Questa è la situazione.
Prima presiedeva la Camera il Vicepresidente Lupi, un assertore del principio di sussidiarietà. Ma come si fa a sostenere la sussidiarietà e poi votare a favore dell'emendamento che propone la Commissione, che di fatto azzera il processo di costruzione del federalismo?
Il presidente Bruno ha detto: «Questo è un tassello». No, presidente Bruno: questo non è un tassello, questo è un buco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il buco va riempito con i tasselli, mentre questo provvedimento poteva essere un importante tassello nella costruzione del sistema.
Il Ministro ha detto: «Non voglio fare il democristiano». A parte il fatto che, almeno personalmente, rimpiango la cultura dello Stato della Democrazia Cristiana, visti i tempi che corrono (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico), tuttavia, signor Ministro, non è che lei non debba fare il democristiano: lei non deve fare il leguleio e, nella difesa che ha svolto dell'atto che ci viene proposto, lei è stato un leguleio, tra l'altro dimostrando neppure di crederci. Pag. 26
Vogliamo prendere - nonostante tutto - ancora per buoni i proponimenti del Ministro. Se sono vere le cose che ha detto, dovrebbe egli stesso suggerire l'approfondimento e una riscrittura di questo testo raccogliendo, almeno, parte degli emendamenti che, come opposizione, abbiamo indicato. Ciò per dare certezze al sistema delle autonomie; le certezze, infatti si danno se si chiariscono le funzioni fondamentali e non se si fa un pot-pourri, perché questo è esattamente un pot-pourri, peraltro privo delle risorse necessarie.
Se egli non avrà, non dico il coraggio - perché questo non si compra al supermercato, o lo si ha, o non lo si ha - ma responsabilità, se vi sarà senso di responsabilità, si potrà scrivere una pagina importante. Ciò perché noi non siamo pentiti, né del Titolo V né del lavoro fatto sul tema del federalismo in conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione. Viceversa, ho la netta impressione che il Ministro, anziché scrivere una buona pagina del federalismo, scriverà un prologo o una sorta di restyling dell'elogio della lentezza. Questa è la situazione.
Sul federalismo demaniale avete concesso il meno possibile e noi ci siamo astenuti perché la polpa stava fuori, essa, infatti, sta nella Spa del Ministero della difesa, e non è data né a comuni né a regioni. Dite cose e poi ne praticate altre. La verità - ho l'impressione - è che facciate la voce grossa ma ve la facciate sotto. Questa è l'impressione che abbiamo.
In realtà, reclamate e proclamate il federalismo, ma ogni atto che viene fatto - per ben che si dica - si allontanano i tempi della sua attuazione. Le ragioni possono essere nobili o meno nobili ma la sostanza è esattamente questa. L'unica cosa divertente di questa situazione - e concludo - è vedere Formigoni che «bagna il naso» alla Lega: Formigoni federalista e la lega prefettizia. Immaginavamo che questo ci potesse essere risparmiato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, volevo ricordare all'amico Ministro Calderoli che da parte della nostra minoranza, la più intransigente rispetto agli sprechi e alle cose peggiori che stanno succedendo nel nostro Paese, ha trovato una disponibilità a seguirlo su una legge che noi - pensavamo e pensiamo anche oggi - possa essere la soluzione di alcuni problemi del nostro Paese, i quali sono legati per la maggior parte delle circostanze a sprechi, soprusi e inutilità che generano le condizioni in cui oggi è il nostro Paese.
Di fronte a questo primo passo stiamo annullando tutto quello che di positivo vi è - o pensavamo ci fosse - nel federalismo. Anzi, se questo è il dato, noi vorremmo che da oggi, da subito, il Ministro potesse ritirare questo provvedimento per partire con il piede giusto e non quello sbagliato, stiamo infatti partendo con il piede sbagliato. Altrimenti, ci mettiamo di traverso noi, tutta l'opposizione e parte della maggioranza. Abbiamo affrontato il problema del federalismo - il Ministro lo sa, perché l'abbiamo invitato più volte a collaborare e a spiegarci alcune situazioni di fronte alle richieste pressanti che ci venivano da tutte le parti del Paese - ma credo che avremmo dovuto farlo in modo diverso.
Ciò avrebbe richiesto - o almeno io avrei preteso - che il federalismo fosse una sorta di autonomia allargata, come quella di cui gode gran parte del nostro Paese come le regioni Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta. Bisognava partire da questo.
Infatti, lì vediamo soprattutto i grandi sprechi e l'inefficienza e la parte politica, sebbene abbia la possibilità di gestire in modo autonomo alcuni interventi, tuttavia lo fa senza virtuosismo e senza possibilità di dare agevolazioni al Paese o alle regioni governate.
Onorevoli colleghi, vi è stata questa retromarcia sul taglio delle miniprovince e il disegno di legge sulla Carta delle autonomie Pag. 27è stato completamente modificato nei contenuti essenziali. La Commissione bilancio, come sappiamo, ha infatti espresso a maggioranza un parere che, in pratica, invita a rinviare l'approvazione delle norme a dopo l'attuazione del federalismo fiscale. Tuttavia, partendo così non vorremmo che il federalismo fiscale poi alla fine venisse approvato. Nel parere, infatti, si stabilisce un rinvio dell'entrata in vigore delle funzioni di comuni e province, previste dal disegno di legge del Ministro Calderoli, di cinque anni. Tale scadenza temporale, in buona sostanza, coincide con il periodo transitorio di almeno cinque anni previsto dalla legge delega sul federalismo con il passaggio dalla spesa storica al fabbisogno standard.
Il problema, dunque, è che voi, maggioranza e Governo, avevate creato un mostro giuridico e partorito un testo che si pone in contrasto con alcune norme contenute nella manovra economica dello scorso anno e con alcune norme contenute nella manovra attualmente in esame al Senato, ma anche con quelle della legge sul federalismo fiscale.
Credo che un po' di vergogna, rispetto alle promesse che avete fatto, dovreste provarla. Non vi basta quello che vi suggeriscono di fare i presidenti delle regioni governate dalla vostra stessa maggioranza. Probabilmente quando scrivete i provvedimenti non vi rendete conto di quello che state facendo. Vi è un problema di congruità, si è detto, ma il vostro è piuttosto - a questo punto ci chiediamo - un problema di capacità. Ebbene signori, fare i legislatori non è facile, né ci risulta che ve lo abbia ordinato nessuno, nemmeno il medico. Fareste, dunque, bene a ritirare questo provvedimento e ad ammettere i vostri limiti e i vostri errori.
Con il parere della Commissione bilancio si applicherebbe il federalismo fiscale alle nuove funzioni fondamentali tra cinque anni, raggiungendo il risultato paradossale per cui per cinque anni ci teniamo le minifunzioni previste dall'articolo 21 della delega sul federalismo a costi storici e solo dopo potremo vedere applicato il provvedimento che stiamo discutendo.
Per favore, signor Ministro, ritiri il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, ci troviamo in una situazione paragonabile a quella in cui, con un detto popolare, ci si chiede se viene prima l'uovo o la gallina. Viene prima il codice delle autonomie o il federalismo fiscale? Viene prima l'attuazione dell'articolo 118 della Costituzione o l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione?
Vorrei ricordare a tutti in quest'Aula che abbiamo discusso molto di uova e di galline quando abbiamo scritto, in quest'Aula, il testo della legge n. 42 del 2009. Molti di noi espressero dei dubbi sul fatto di far venire prima l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e, quindi, la struttura dei rapporti finanziari tra Stato, regioni ed enti locali ed aspettare dopo l'uovo delle funzioni fondamentali e quindi dell'attuazione dell'articolo 118 della Costituzione e la Carta delle autonomie.
Molti espressero dei dubbi e francamente ancora oggi questo è il mio convincimento e per questo cercherò di argomentare perché la posizione che ha assunto il Governo mi sembra che non sia presente nella legge. Come si evince dagli atti, ci fu risposto - e questo poi è stato scritto nel testo della legge - che si poteva benissimo attuare l'articolo 119 della Costituzione in attesa della Carta delle autonomie perché, in fondo, la legge n. 42 del 2009 - attuativa dell'articolo 119 della Costituzione - è una legge involucro che definisce una serie di rapporti finanziari e di metodologie di finanziamento per qualsivoglia lista di funzioni e di servizi da offrire che si sarebbero poi man mano decisi nel tempo.
Quindi ci fu detto in quest'Aula - ce ne siamo convinti anche noi, ed io ne sono ancora convinto - che invertendo i fattori il prodotto non cambiava.
Oggi ci accorgiamo che non è così ma, lo ripeto, a me sembra più che altro uno Pag. 28stop che ha origini politiche, non legato ad una corretta interpretazione della legge n. 42 del 2009, forse uno stop che ha origine anche da una certa pigrizia, però le riforme non si fanno con la pigrizia mentale, ma con il coraggio di attuare innovazioni che nella legge n. 42 del 2009 c'erano.
Ricordo ai colleghi, signor Presidente, che tale legge non implicava l'obbligo di copertura finanziaria. A me stupisce che oggi i servizi del bilancio, la Ragioneria e la Commissione bilancio pongano un tema di copertura finanziaria. Vi leggo cosa c'è scritto all'articolo 21, comma 1, lettera a) della legge n. 42 del 2009: in sede di prima applicazione, i decreti legislativi recano norme sulla base del principio e criterio direttivo per cui «al finanziamento delle ulteriori funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa dello Stato o delle regioni, nonché agli oneri derivanti dall'eventuale ridefinizione dei contenuti delle funzioni svolte dagli stessi [enti] alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi, provvedono lo Stato o le regioni, determinando contestualmente adeguate forme di copertura finanziaria coerenti con i principi della presente legge».
Quindi qui c'è scritto, se leggo bene, che in sede di decreto legislativo, una volta definiti i costi e i fabbisogni standard connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali e ai servizi essenziali per le regioni, si definiscono i criteri della copertura finanziaria. Perché porsi il problema qui, in un momento in cui stiamo esaminando una legge che non determina ancora costi e fabbisogni?
Saranno i decreti legislativi a doversi porre quel problema e sarà il processo di coordinamento della finanza pubblica, che di anno in anno si svolgerà (Patto di stabilità, Patto di convergenza, definizione degli obiettivi nella sede propria, cioè nella decisione di finanza pubblica) a gestire di anno in anno le eventuali coperture finanziarie necessarie al progressivo e graduale compimento dell'attuazione della legge.
Anticipare ad oggi un problema di futura copertura finanziaria, che può benissimo essere definito nella sede propria (quindi nella sede dei decreti attuativi e nelle sedi annuali delle manovre di finanza pubblica), significa dare un segnale politico, cioè ridurre al minimo la portata di questo provvedimento e anche il ruolo dei comuni nel nostro ordinamento. Questo è un risultato non banale: ridurre al minimo il ruolo dei comuni nel nostro ordinamento.
Voglio poi ricordare che le funzioni che stiamo descrivendo (attenzione: sia quelle fondamentali, sia quelle non fondamentali) indipendentemente dal fatto che siano fondamentali o meno, sono tutte funzioni già esistenti. Nessuno, neanche l'opposizione, ha chiesto di inventarsi nell'elenco di queste funzioni cose nuove ed aggiuntive. Siamo tutti impegnati nello sforzo di rendere le nostre pubbliche amministrazioni locali fortemente connesse all'esercizio delle loro funzioni fondamentali ed essenziali, non c'è nulla di più.
Parliamo, quindi, di una spesa storica che già esiste. Qui non aggiungiamo nulla. Se volete, si vanno a modificare le modalità con cui guardiamo a questa spesa storica, con cui la ricostruiamo (anche ancorando i costi standard ad obiettivi di efficienza), con cui facciamo evolvere questa spesa in funzione di standard di servizio e con cui poi copriamo e finanziamo questa spesa, ma sono tutte funzioni già coperte.
La legge, come sapete, implica l'invarianza di spesa, a meno dei processi di coordinamento della finanza pubblica che avverranno nel corso del tempo.
Quindi, l'unica differenza fra la lista delle funzioni fondamentali e quelle che invece restano fuori dalle fondamentali è che tra le une e le altre cambia la modalità e il metodo del loro finanziamento e si riduce il contributo della perequazione.
Quindi, una funzione che in base a questa lettura resterebbe non fondamentale è quella della gestione e conservazione di teatri, musei, pinacoteche, raccolte di beni storici, artistici e bibliografici. Insomma, Pag. 29si vogliono mantenere non fondamentali per sette anni le funzioni relative alla gestione di musei, biblioteche e archivi comunali. Pertanto, dato che musei, archivi e biblioteche esistono in tutti i comuni italiani - anzi, come sappiamo, più del 50 per cento di questi beni sono proprietà civiche -, i comuni che hanno i musei, gli archivi e le biblioteche aperte dovranno finanziarli in altro modo, non potranno far conto sulla perequazione, ma dovranno ad esempio utilizzare lo sforzo fiscale locale oppure chiuderli. Non stiamo parlando di spese aggiuntive, ma di spesa storica.
Per questi motivi, la lettura che faccio della inopinata inversione politica in materia di federalismo fiscale e di ruolo dei comuni è che, riducendo il contributo (e quindi il numero) delle funzioni fondamentali e non integrando il testo della legge n. 42 del 2009 con l'elenco delle funzioni fondamentali stabilite in questa Carta delle autonomie locali, state dicendo che non volete giocarvi la vera scommessa dell'attuazione della legge sul federalismo fiscale.
Tale scommessa è definire in modo serio le funzioni fondamentali, applicarvi i costi standard perché le funzioni fondamentali vanno assoggettate all'esercizio dei costi standard e quindi ad un vincolo di efficienza, e applicare in tutti i territori o comuni sottodotati e sperequati, tramite l'esercizio degli obiettivi di servizio del Patto di convergenza, un patto fiscale trasparente tra amministratori e cittadini per il miglioramento degli standard dei servizi. Queste sono le tre scommesse che state fuggendo.
Io ho un'interpretazione di tutto ciò che mi nasce dalla lettura di un altro comma transitorio che avevamo inserito nella legge n. 42 del 2009, all'articolo 21, comma 1, lettera e), in cui si dice che nella legge n. 42 del 2009 sono definite regole, tempi e modalità della fase transitoria in modo da garantire il superamento del criterio della spesa storica in un periodo di cinque anni per le spese riconducibili alle funzioni fondamentali. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni concernenti l'individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, e quindi fino alla data di entrata in vigore di questo provvedimento (ciò fino a ieri, ma adesso con questo emendamento fra sette anni), fino a quella data (e quindi state decidendo, a questo punto, per altri sette anni) riporta la legge che il fabbisogno delle funzioni di comuni e province è finanziato considerando l'80 per cento delle spese come fondamentali e il 20 per cento delle spese come non fondamentali.
Quindi, a questo punto il grande coraggio che state dimostrando, signori del Governo e signori della maggioranza, è che per sette anni ci teniamo il criterio dell'80 e del 20 per cento. Ciò comporta niente conti standard e niente efficienza. Che problema c'è? È la cosa più semplice da fare: 80 per cento funzioni fondamentali, 20 per cento funzioni non fondamentali. Si tratta chiaramente di un approccio minimale e pigro.
Certo, per fare le riforme occorre coraggio e innovazione. Per valutare i costi standard occorrerà un grande lavoro. Il Ministro Calderoli poco fa ha annunciato che intende portare in Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo un decreto-legge concernente i metodi e i criteri con cui valutare i costi standard. Potrei dirgli a questo punto che può anche non affrettarsi a farlo, perché se poi le metodologie di calcolo dei costi standard, che sono il cuore innovativo di questa riforma, le applicheremo alle funzioni fondamentali dei comuni tra sette anni e intanto ci teniamo l'80 per cento, allora è inutile perdere l'estate sulle metodologie di calcolo dei costi standard, possiamo metterci anche più tempo.
Ma quando discuteremo quel decreto, vedremo che, in ordine alle spese dei comuni, si riscontra una grandissima variabilità, che i costi standard, quindi, andranno introdotti in un universo di variabilità molto accentuato, che andranno ricostruiti tutti i fattori che determinano queste variabilità (fattori strutturali, organizzativi, territoriali, demografici e di inefficienza Pag. 30organizzativa) e, tramite una valutazione attenta dei costi standard, si deve introdurre efficienza.
Quindi, tornando alla gestione dei musei, togliere la gestione dei musei comunali dalle funzioni fondamentali mi sembra una decisione di inciviltà somma, perché il patrimonio culturale civico dei nostri comuni è alla base del nostro sentimento e del nostro essere italiani. Il patrimonio dei comuni italiani, accumulato e valorizzato nel corso di centinaia di anni e di secoli, è uno degli elementi della nostra identità, non è uno spreco. Quindi, mi sembrerebbe naturale che musei, archivi e biblioteche comunali siano ricompresi nelle funzioni fondamentali dei comuni. Invece, così facendo, date un colpo, perché non verranno sufficientemente perequate, ma non li assoggetterete neanche ai costi standard. Invece, mi interesserebbe sapere qual è il costo standard efficiente per la gestione di uno spazio museale. Si possono anche fornire ai nostri amministratori comunali dei benchmark di riferimento per capire se, in alcuni casi, stanno spendendo troppo, se in certi casi si possono migliorare i loro assetti di efficienza organizzativa.
Quindi, l'esito che state dando a questa che avrebbe dovuto essere la più importante riforma strutturale di questa legislatura, è segnato dalla pigrizia e dalla voglia di non lavorare, di non fare le innovazioni, dal conservatorismo e cioè da tutto il contrario di quanto si chiede - come spirito e come voglia - quando si vogliono fare delle riforme. Si riduce la portata della riforma e della perequazione. Si riduce la speranza per i sistemi dei comuni sperequati. Penso ai comuni del Veneto, della Puglia che sono i sistemi comunali più fortemente sperequati in Italia. Non ci sono soltanto quelli del sud, ma anche sistemi regionali di comuni del nord storicamente sperequati.
Si riduce la portata di questa legge nella speranza di superare la sperequazione. Si riduce lo stimolo all'efficienza dei comuni: alla fine, state facendo la scelta di ridurre i comuni italiani all'osso. Gli avete tolto 1,8 miliardi con la precedente manovra, oggi state togliendo 2,5 miliardi con questa manovra in discussione al Senato. Quindi, gli avete tolto quasi 4,3 miliardi di euro. Oggi il comparto dei comuni è già in avanzo e lo porterete in avanzo fino a più di 2 miliardi di euro: i comuni ridotti all'osso.
Nella manovra, inoltre, avete introdotto un meccanismo di garanzia ai fini dell'attuazione della legge n. 42 del 2009 sul federalismo per la spesa regionale. Secondo la manovra economica, quando si faranno i costi standard delle regioni, non si terrà conto dei 5 miliardi di euro di tagli alle regioni, ma la stessa norma di salvaguardia non l'avete prevista per i comuni. Quindi, questi 4,3 miliardi di tagli ai comuni (ovvero la somma della manovra di due anni fa e di quella attuale) voi li considerate un'asticella che si abbassa e l'asticella sulla quale si farà il federalismo fiscale. Avete, quindi, ridotto i comuni all'osso e non li avete salvaguardati rispetto all'applicazione della legge n. 42 del 2009. State facendo tutto il contrario del federalismo: non state attuando la lettera della legge n. 42 del 2009, state facendo una inversione politica che non ha ragion d'essere perché non si può giustificare alla luce della crisi e dell'emergenza economica.
Colleghi, signor Presidente, ricordiamoci che la legge n. 42 del 2009 è stata scritta in questo Parlamento da persone serie e contiene al suo interno tutti i meccanismi di garanzia e di equilibrio, anche ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Nel caso delle funzioni fondamentali dei comuni su cui sta scoppiando questo problema, l'unico dei tre saldi di finanza pubblica che dovrebbe essere modificato è il saldo netto da finanziare, non il fabbisogno e non l'indebitamento netto perché - lo ripeto - si tratta già di spese storiche, ma comunque la legge n. 42 del 2009 è stata scritta tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica.
Se il costo standard, il fabbisogno standard o l'obiettivo di servizio fosse incompatibile e troppo alto, lo si iscrive in un processo pluriennale e graduale di aggiustamento Pag. 31in cui, tramite efficienza, risparmi e trasparenza, si riconducono i comuni ad esercitare in pieno le loro funzioni fondamentali. La legge n. 42 del 2009 sta pienamente dentro i vincoli di finanza pubblica; è una legge strutturale, di medio periodo, quindi non si può invocare la crisi economica per la sua mancata attuazione. Fermatevi, perché siete ancora in tempo, riportiamo il provvedimento in Commissione, miglioriamolo in quest'Aula, poiché questo segnale di inversione di tendenza politica è davvero incomprensibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, questa mattina ho ascoltato tanti interventi che criticavano l'impostazione di questo provvedimento, però mi sembrava di sentire interventi che andavano nella direzione contraria a quella degli auspici che le stesse persone avevano esposto allorché l'esame del provvedimento ha avuto inizio.
Il Ministro Calderoli ha spiegato il modo in cui il provvedimento in esame, e in particolare una parte di questo articolato e degli emendamenti, si concilia con quanto è previsto nella legge n. 42 del 2009; in questi giorni di discussione in Commissione abbiamo trovato la soluzione per tutti i meccanismi che non combaciavano. Paradossalmente, avete sempre attaccato noi della Lega e soprattutto questo Governo, perché, a vostro avviso, volevamo sempre stravolgere lo stato di fatto, volevamo realizzare tutto ciò che era possibile per stravolgere la situazione esistente. Adesso che lavoriamo a provvedimenti che, è vero, vanno avanti a piccoli passi, un pezzettino alla volta, per riuscire a far combaciare tutto, non considerate e criticate anche questo modo di agire.
Mi è già capitato di dire in Commissione che comunque è meglio fare piccoli passi in avanti ogni giorno, piuttosto che aspettare di fare un passo finale, perché, magari, il passo finale è nel baratro che è stato costruito intorno. Abbiamo visto che fine hanno fatto le grandi manovre di questi anni: a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, è stato presentato un numero così elevato di ricorsi che la Corte costituzionale sta lavorando più in questo periodo che in tutta la vita della Repubblica per cercare di conciliare quanto era stato previsto con la modifica del Titolo V con le competenze regionali.
Quattro anni fa è stata varata la legge sulla devolution, con la quale veniva ridotto il numero dei parlamentari e si assegnava ad ogni Camera il proprio giusto ambito di intervento. È stata considerata una legge ottimale nel Parlamento, tant'è vero che ha avuto i quattro passaggi che erano necessari, ma poi dopo, al momento di tirare le fila e di raggiungere il risultato finale, l'interesse che è stato speso per questa modifica ha portato, di fatto, alla sua bocciatura attraverso il referendum. Questo, grazie anche alla corretta, da parte loro, azione politica dell'allora maggioranza che sosteneva il Governo Prodi (l'attuale minoranza), ma anche della scarsa intensità e partecipazione di chi, allora in maggioranza, aveva partecipato alla costruzione della devolution e poi l'ha lasciata affondare. Quindi, le grandi riforme sono state fatte, per lo meno si è tentato di farle in questo periodo, e non ci si è riusciti perché poi di fatto si tende sempre a non portare a casa nulla di quello che si vuole realizzare.
Il Ministro Calderoli, non solo in questa legislatura, ma anche prima, ha provato a fare le cose, ragionando su di esse con piccoli passi. Abbiamo visto che si possono fare, naturalmente con l'impegno di tutti.
In Commissione vi sono stati intendimenti positivi, soprattutto da parte del PD, su questa riforma: vi sono state aperture, sono state accolte alcune proposte emendative e vi sono stati interventi che sono andati nella direzione di trovare un punto di compromesso o, comunque, una posizione che potesse essere accettata da tutti. Poi, come spesso è accaduto (non solo in merito al provvedimento in esame), all'interno del PD non vi è una sola anima e Pag. 32non vi è un solo intendimento univoco: quando qualcuno tende verso una certa direzione, vi è qualcun altro che rema nella parte contraria e fa cadere i punti di incontro. Ciò è accaduto anche stavolta e temo che succederà sempre. Non so se posso formulare un invito, ma a questo punto sarebbe meglio farlo, come mi suggerisce il collega Piffari: invito a non preoccuparsi più di tanto delle posizioni del PD, ma di procedere all'interno della nostra maggioranza in una direzione univoca, non lasciandoci tentare dalle false sirene che ci invitano a dialogare e poi, di fatto, alla resa dei conti, sono sempre contro tutte le nostre proposte.
Le nostre proposte, comunque, derivano da una legge delega che è stata approvata in questo Parlamento con l'astensione del PD, con il voto favorevole di Italia dei Valori ed il voto contrario dell'UDC, che comunque mantiene sempre una sua coerenza in questo campo, perché, quando si tratta di modificare qualcosa, è sempre contraria: qualunque iniziativa o qualunque provvedimento porteremo avanti in questo campo, sappiamo già che la posizione dell'UDC è contraria a qualunque cambiamento. Perlomeno, però, si tratta di una posizione chiara, che ci permette di ragionare su livelli diversi, ma confrontandoci francamente, cosa che appunto non è capitata con gli altri gruppi che, invece, pensavano forse di trovare in questo provvedimento spazi per le loro manovre politiche e invece, di fatto, si sono dovuti adeguare alle richieste e alle proposte della maggioranza e del Governo, che erano contenute comunque nel disegno di legge delega e che sono state contemperate con gli emendamenti all'interno del provvedimento in esame.
È inutile rifarsi a tutti gli interventi che sono stati pronunciati fino ad ora, al fine di sostenere quanto poco corretto sia continuare con l'approvazione del provvedimento.
Vorrei sollevare un paio di critiche a questa impostazione: anche il provvedimento in esame contiene deleghe al Governo per la predisposizione di futuri disegni di legge di delega, e comunque, di decreti attuativi delle deleghe. È chiaro, quindi, che non tutte le soluzioni ai problemi sono trovate all'interno di questa norma. Le soluzioni più puntuali ai problemi verranno trovate quando applicheremo ed esamineremo le deleghe vere e proprie.
Quindi, è logico che non possiamo risolvere qualsiasi problema che venga in mente in questo momento all'interno del provvedimento: esso prevede alcune deleghe ed i tempi entro i quali esse dovranno essere esercitate. Naturalmente, tutti cercheranno di rispettare i tempi. Il Ministro ci ha spiegato come i tempi indicati, non solo in questa, ma anche nelle altre deleghe sono tempi massimi. Quindi, come abbiamo già visto, secondo la legge n. 42 del 2009 avevamo due anni di tempo per predisporre i decreti attuativi: nel primo anno è già stato predisposto ed approvato il provvedimento sul federalismo demaniale. Quello in esame è il secondo provvedimento. Ci sarà, quindi, modo e spazio, all'interno del tempo previsto, per approvare anche gli altri provvedimenti.
Naturalmente, i cinque anni sono il tempo massimo e l'intenzione di questa maggioranza è quella di impiegare molto meno tempo: quindi, il Ministro Calderoli, come ha già annunciato stamattina, presenterà entro giugno gli altri decreti delegati. Entro il primo anno avremo già un quadro più preciso dell'azione del Governo e nostra nell'ambito del provvedimento complessivo.
Quindi, le preoccupazioni che per molto tempo rimanga indistinta e non ben compresa l'attuazione di questa norma collegata con le altre, costituiscono naturalmente una buona scusa per non cercare nemmeno di iniziare a pensare alla riforma complessiva.
Poi ognuno giustamente deve tirare l'acqua al proprio mulino, quindi sia all'interno della Commissione sia in quest'Aula sono state sollevate preoccupazioni che sono anche a livello scolastico, perché tutte, con un minimo di ragionamento e sedendoci assieme, trovano una razionale risoluzione all'interno di norme che già Pag. 33esistono o di norme che possono benissimo essere trovate nella legge delega.
Quindi, il fatto di arrivare stamattina - ieri pomeriggio per un verso, per le questioni legate alla Commissione bilancio - con tutte queste preoccupazioni su questo provvedimento sa proprio dell'ultima carta da giocare affinché si riesca a scombinare i propositi del nostro Ministro e del Governo intero.
Siamo arrivati a questo punto perché all'interno della Commissione non si è trovato più di tanto un tavolo comune sul quale portare avanti le proposte sia del Partito Democratico che della maggioranza. Devo dire che, come accennavo precedentemente, alcune proposte erano state formulate, ma probabilmente non tutti i parlamentari che siedono nelle varie Commissioni e rappresentano il Partito Democratico hanno la stessa e identica veduta. In alcuni casi, si trovano delle aperture verso l'azione del Governo, subito dopo smentite dai fatti, quando dobbiamo votare o proporre o modificare gli emendamenti.
In estrema sintesi, penso che questo provvedimento, come ricordava il collega dell'Unione di Centro che ha fatto l'amministratore, possa servire sicuramente ai sindaci e agli amministratori locali. È vero che le funzioni dei vari comuni si modificano non solo per legge ma anche di fatto, secondo le modifiche degli usi e dei costumi del tempo, però in questo momento abbiamo la necessità di definire esattamente chi fa che cosa, per riuscire a dare ad ognuno la propria responsabilità dell'amministrare ed anche per cercare di capire, qualora le risorse economiche vengano gettate via, chi le ha gettate via e, quindi, applicare anche la giusta sanzione.
È chiaro che l'attività dei sindaci sul territorio non può essere esplicata solamente applicando questo provvedimento. Tutti vanno dai sindaci per risolvere i loro piccoli problemi che sicuramente non possono essere elencati tra le funzioni fondamentali della norma, però è chiaro che la funzione fondamentale di tutti gli amministratori è quella di risolvere i problemi dei propri cittadini. Se riusciamo a farlo anche con norme che riescono a modificare l'architettura delle funzioni non solo dei comuni, ma anche degli altri enti locali, questo andrà a vantaggio di tutti.
Tutti credono che il federalismo sia la risoluzione dei tanti problemi dell'Italia. Tutti ci credono, tutti ne parlano, pochi però alla fine portano avanti concretamente questa idea. All'interno del gruppo di cui ho il piacere e l'onore di far parte, noi riteniamo che questo sia il nostro compito e il motivo principale per il quale siamo qui. Lo stiamo facendo da tanti anni e non solo, come dice qualcuno, parlandone e basta, annunciandolo sui giornali o facendo raduni, come il prossimo tra qualche giorno a Pontida, ma anche con atti concreti, che poi si ritrovano nelle normative che vengono approvate.
La nostra non è un'azione che tende a limitare l'azione di Governo o a condizionarla, ma deriva dall'accordo che è stato fatto in campagna elettorale, con il quale ci siamo presentati ai cittadini e abbiamo chiesto la loro fiducia. Abbiamo avuto i voti e i numeri per poter proseguire, ora dobbiamo utilizzarli per riuscire a dare risposte ai cittadini e portare a termine quanto abbiamo promesso.
Quindi, mi sembra di dover respingere tutte le affermazioni che sono state fatte stamattina, che ho sentito in quest'Aula e anche in Commissione. Le respingo per come credo debba essere modificato il nostro Paese in senso più federale. Le respingo perché ritengo che siano soprattutto strumentali nel cercare di bloccare una manovra che ha un suo fine e un suo perché, e le respingo perché la nostra maggioranza si è impegnata a portare avanti i cambiamenti di questo Stato.
Questo non è il primo passo - il primo passo lo abbiamo fatto - ma è comunque un altro passo - piccolo per qualcuno - da fare. Sono sicuro che tutti insieme riusciremo, con più convinzione anche da parte dell'opposizione, a trovare la soluzione per risolvere i problemi.
Per lo meno la speranza deve essere questa, perché, così come siamo messi in questo momento, non è che abbiamo Pag. 34molte alternative. Se continuiamo a parlarci addosso e a cercare di rinviare i problemi a una soluzione migliore, sicuramente, quando l'avremo trovata, non avremo più il problema da risolvere, perché saremo stati travolti da tutt'altro.
Pertanto, lascio agli atti queste mie parole nella speranza di aver convinto qualcuno, che sia naturalmente dell'opposizione, a votare a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ascoltando il dibattito e, soprattutto, gli interventi che sono stati svolti dall'opposizione, dai banchi del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, oggi, in quest'Aula, vi sono delle questioni, che devono essere lasciate al dibattito di Montecitorio, che meritano una risposta, soprattutto per l'argomentazione, devo dire, appassionata, ma che non mi trova d'accordo, dell'onorevole Bressa.
Egli ha sostenuto, di fatto, in quest'Aula, a più riprese, cosa che è stata argomentata anche da altri colleghi dell'opposizione, che vi sia stata una specie di azione di killeraggio e di attentato alla struttura fondante e all'architettura istituzionale del federalismo con gli emendamenti presentati dalla Commissione bilancio ieri, che hanno, di fatto, in parte modificato il testo originale.
Devo dire che, se vogliamo ragionare con calma di una questione serissima, che riguarda lo sviluppo e la struttura istituzionale delle nostre regioni, e quindi la forma dello Stato, nei prossimi cinque o dieci anni, dobbiamo farlo anche con una certa serenità.
Non credo possibile che lo stesso Governo e la stessa maggioranza, che stanno perseguendo un'azione di riforma dello Stato così complessa come la riforma del federalismo fiscale, possano attentare da soli, con una sorta di autodafè, all'architettura portante del sistema federale.
Non solo questo non è accaduto, ma, se vogliamo, vi è stata un'assunzione di responsabilità maggiore, in quanto dobbiamo intervenire su una materia complessa e difficile, tra l'altro in un meccanismo che si tiene insieme con una sorta di effetto domino, per cui, quando salta una delle caselle, saltano a cascata tutte le altre.
In questa legge cosa facciamo? Disegniamo il codice delle autonomie. È evidente che è la legge migliore che potevamo mettere insieme, tenuto conto dei due capisaldi entro cui siamo costretti a muoverci: da un lato la Costituzione, con la riforma del Titolo V, gli articoli 114, 117 e 118, che ci tengono fermi all'interno di una costruzione e di un'architettura, e, dall'altro, vi è il problema dei problemi, cioè la necessità che quell'autonomia che rivendicava l'onorevole Mantini non si trasformi in un boomerang di spesa incontenibile.
Da una parte abbiamo le ragioni degli enti locali, cioè la necessità di una razionalizzazione delle funzioni, e, dall'altra, abbiamo le ragioni di una tenuta dei bilanci; non soltanto del bilancio dello Stato e del Patto di stabilità, ma anche di come questi bilanci, cioè come questa amministrazione - facciamo riferimento all'articolo 81 della Costituzione - si calibri nella vita quotidiana dei cittadini.
Vogliamo fare il federalismo e la riforma come una bandiera? No! Credo che, nella storia recente del nostro Paese, di trasformazioni subitanee e anarcoidi già ne abbiamo avute, e possiamo citarne una per tutte, che non è solo quella del Titolo V della Costituzione.
Pensiamo a come abbiamo cambiato l'assetto istituzionale del nostro Paese, nella forma e non nella sostanza, con il cambiamento della legge elettorale nei primi anni Novanta, senza che poi ne sia seguita, ad esempio, una riforma del sistema del premierato o delle istituzioni. Qui abbiamo, una volta per tutte, una grandissima opportunità.
È un'opportunità sulla quale ci stiamo muovendo sicuramente con provvedimenti che giungono uno dopo l'altro e che presentano una loro successione sia temporale sia nel merito. Abbiamo quindi la Pag. 35necessità di capire quello che sta accadendo nel Paese e nell'assetto istituzionale: abbiamo avuto le cosiddette leggi Brunetta che sono intervenute sulla semplificazione normativa, abbiamo avuto una serie di proposte e di provvedimenti che sono giunti all'esame del Parlamento sulla riorganizzazione dei numeri degli enti locali, oggi abbiamo la Carta delle autonomie. Abbiamo inoltre i decreti attuativi che stanno giungendo all'esame della Commissione bicamerale sul federalismo fiscale e credo che il sistema ci possa dire che stiamo costruendo un nuovo assetto organizzativo e funzionale delle amministrazioni locali che possa tenere alla doppia prova: quella dei servizi, delle competenze e dello snellimento delle funzioni amministrative e quella della tenuta dei bilanci; prova che la riforma del Titolo V non ha superato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ci troviamo in una situazione nella quale c'è qualcuno che pensa di risolvere i problemi con qualche artificio in ragione del quale si assiste magari a qualche minuto della seduta, poi si lascia libero ciascuno di noi di andare a svolgere gli affari propri, si programmano degli interventi per poi ritornare in Aula ma purtroppo non tutto riesce esattamente come si vorrebbe, ed è quindi bene che ci attrezziamo. Sono ovviamente lieto perché non capita spesso che un oratore possa parlare avendo l'ascolto di tanti deputati e sono convinto che nei prossimi minuti i deputati aumenteranno, e credo che questa straordinaria sorte che tocca a me toccherà anche ai colleghi che si sono iscritti a parlare sul complesso delle proposte emendative.
Ritengo che questa sia una forma di rispetto della quale è utile ringraziare ovviamente in particolare la maggioranza, perché credo che questo sia un dibattito importante. Pure tutta la discussione che ha avuto luogo nella parte iniziale e sulla quale tra poco mi soffermerò è stata onorata anche dalle parole del Ministro, e va dato atto a questo Ministro che garantisce sempre - e debbo dire non soltanto nell'Aula di Montecitorio, ma anche in Commissione - la sua presenza e un'interlocuzione rispettosa del Parlamento e delle sue funzioni all'interno del lavoro delle Commissioni. Di questo gliene va dato atto perché non vi è dubbio che perlomeno è una persona con la quale, rimanendo spesso in dissenso su molti degli argomenti che esaminiamo, si può discutere, si possono affrontare le questioni e si può evidentemente cercare di trovare delle soluzioni e delle composizioni (esattamente come accade con riguardo al provvedimento in questione).
Signor Presidente, proprio in ragione anche della parte iniziale di questa nostra discussione che era un po' un misto tra una questione di merito ed una procedurale mi rivolgo anche all'onorevole Giancarlo Giorgetti, in relazione anche alle considerazioni che ha svolto ed al presidio al quale ha voluto vincolare la Commissione bilancio in tema di difesa del rispetto della Costituzione e, nella fattispecie, dell'articolo 81. Voglio dirgli che sono assolutamente convinto e non sono tra coloro che ritengono che la Commissione bilancio operi sempre e comunque contro la volontà del Parlamento, però anche nelle sue parole sembrava quasi che la Commissione bilancio fosse l'ultimo freno a una volontà devastante da parte dei rappresentanti delle altre Commissioni che vogliono a tutti i costi violare la Costituzione.
A mio avviso esiste un punto di discrimine tra le due situazioni per cui può capitare sicuramente che non vi sia particolare attenzione (o attenzione fino in fondo) al rispetto dell'articolo 81 da parte delle altre Commissioni e dei componenti delle altre Commissioni, ma vi è forse - come a mio avviso in questo caso vi è stato - anche un eccesso di presidio democratico a tutela della Costituzione da parte della Commissione bilancio, che sconfina Pag. 36in talune occasioni in condizioni che non rispondono a mio avviso alle funzioni della Commissione bilancio.
Atteso che il provvedimento è stato assegnato alla Commissione affari costituzionali, che dovrebbe essere quella preposta a valutare se effettivamente c'è o meno una violazione degli articoli della Costituzione, se il problema non è stato posto nella Commissione affari costituzionali, è ben singolare che, in qualche modo, in surroga a quelle che sono le sue competenze ufficiali, venga fatto dalla Commissione bilancio.
Vi è poi dell'altro. Mi rivolgo anche al presidente Bruno, perché pure noi abbiamo una certa esperienza dal punto di vista parlamentare: cosa accade? Perché ci siamo trovati con tale provvedimento in Aula? Il fatto che - con ciò non entro nel merito delle valutazioni e delle condizioni poste dalla Commissione bilancio - la Commissione bilancio ci fornisca un parere condizionato, come è stato riconosciuto da tutti, inevitabilmente snatura questo provvedimento.
Un piccolo particolare: tale parere della Commissione bilancio, come spesso accade o almeno come è accaduto altre volte, non ci viene fornito come vengono forniti i pareri, con le loro condizioni e osservazioni, da tutte le altre Commissioni, ovvero in sede di esame del provvedimento in Commissione; la Commissione bilancio si riserva di fornire il proprio parere in Aula.
Ora è del tutto evidente - lo dico al presidente Giorgetti e al presidente Bruno che pure conosce bene come vanno le cose - che, se il parere della Commissione bilancio fosse reso in sede di discussione in Commissione affari costituzionali, probabilmente quando il provvedimento arriverebbe in Aula, già terrebbe conto delle considerazioni e delle eventuali condizioni poste da parte della Commissione bilancio; arriverebbe pertanto ad un provvedimento più organico, sul quale magari una discussione anche di merito, su quanto espresso dalla Commissione bilancio, potrebbe essere affrontata nella sua sede naturale. Addirittura vi sarebbe in qualche modo la possibilità di far sì che quei Comitati dei nove che si riuniscono «al volo» tra una decisione della Commissione bilancio e un'altra, facendo sospendere la seduta e creando confusione anche nei nostri lavori, potrebbero essere totalmente assorbiti nell'ambito del normale iter, che si svolge sui provvedimenti all'interno delle Commissioni competenti.
Allora evidentemente, come dire, c'è qualcosa che non va, non solo nel merito - eppure i colleghi che mi hanno preceduto hanno spiegato chiaramente che cosa non va - ma anche nel metodo e nel modo in cui programmiamo i nostri lavori.
Ovviamente io adesso sono mortificato del fatto che tanti colleghi si sono scapicollati per arrivare qui in Aula, pensando che avrebbero votato rapidamente, dopo essere stati convinti dal collega Vanalli, che nonostante il fiatone - devo dire - è stato veramente intenso nell'intervento e io lo ringrazio perché, essendo con lui nella Commissione affari costituzionali, posso chiaramente apprezzare le sue considerazioni anche in altri momenti oltre che in quelli in Aula. Lo stesso dicasi anche delle considerazioni della collega Lorenzin, che comincia sempre i suoi interventi facendo le «bucce» agli interventi dell'opposizione e poi non ha mai il tempo per poterci spiegare quale sia la posizione del suo gruppo (ma tutto va bene, perché fa, per così dire, parte del modo nel quale noi lavoriamo). Ovviamente sono rammaricato che adesso tanti di noi, che pensavano di venire a votare, non potranno farlo, magari bisognerà aspettare il pomeriggio o addirittura domani.
Questo è frutto di una volontà cattiva dell'opposizione o è il frutto del fatto che non siamo nelle condizioni materiali di poter affrontare il lavoro in Aula su questioni così importanti? Dico ciò per tutte le considerazioni che ho fatto e poi perché all'improvviso, magari dopo che siamo andati avanti su tale provvedimento, lo approveremo - rassicuro a questo riguardo il Ministro Calderoli - dato che la maggioranza sta dimostrando tutta la sua compattezza soprattutto quando c'è il Ministro al banco del Governo, ma poi cosa Pag. 37succederà? Fra cinque giorni il Governo ci proporrà un altro provvedimento sul quale faremo un iter che dura magari un mese, un mese e mezzo, due mesi, e arriveremo in Aula. A quel punto cosa accadrà? La Ragioneria generale dello Stato, che notoriamente vive in un altro Paese, o appartiene a un'altra istituzione, o è distratta o non so che cosa, magari a distanza di due mesi dall'approvazione di un provvedimento che è stato appena votato, scoprirà che si crea un'incompatibilità perché vi è già una legge vigente che norma alcune questioni. Del lavoro svolto, da decine e decine di deputati (quelli sui quali magari qualche giornale continua a gettare un poco di fango, perché questo è popolare e utile), comunque va dato atto a tutti i membri della Commissione affari costituzionali e, in particolare, al suo presidente, che la dirige in modo così apprezzabile.
Cosa succede? Che tutto il lavoro che viene svolto nell'ambito della Commissione affari costituzionale viene «umiliato». Esso comporta infatti fatica, prevede l'impegno di tutti i deputati, ma anche di tante persone che lavorano nei gruppi e negli uffici legislativi, che seguono un iter, lo accompagnano; prevede tante ore - lo ripeto, gliene va dato atto - di presenza del Ministro, che probabilmente potrebbe anche fare cose più utili, visto il risultato di quanto facciamo. Poi tutto si spegne, perché si sveglia la Ragioneria generale dello Stato, trova nella Commissione bilancio il soldato a difesa della Costituzione; tutto ciò viene comunicato in Aula, neanche precedentemente in Commissione, e ci troviamo ad aver smontato un pezzo sostanziale di un provvedimento.
Esso però in origine è servito a tutti coloro che lo hanno utilizzato per fare i famosi «proclami». Si tratta di una procedura sulla quale questo Governo, e in particolare alcuni suoi rappresentanti, sono particolarmente «spigliati»: annunciano, già prima di presentarlo al Consiglio dei ministri, i contenuti e gli effetti di un provvedimento che nelle loro intenzioni va presentato. Poi esso viene presentato in Consiglio dei ministri: spesso e volentieri viene presentato un titolo, perché quanto viene poi inserito lo si viene a sapere, e gli stessi Ministri lo vengono a sapere, solo qualche giorno dopo. Ciò mi pare sia accaduto anche a proposito della manovra economica: le regioni, non solo quelle di centrosinistra, mi pare che stanno cominciando ad accorgersene, e anche a reagire; ma si tratta della prassi normale relativa ai provvedimenti in Consiglio dei ministri.
Esso arriva poi nelle sedi parlamentari, alla Camera e al Senato, e si tiene la discussione in Commissione. In questo lungo lasso di tempo vi sono dichiarazioni di tutti i tipi: aboliamo le province, aboliamo soltanto quelle che sono confinanti con le comunità montane; no, sopprimiamo questo emendamento e ne presentiamo un altro che riguardi solo quelle che hanno il 50 per cento di territorio montano; e tutti immaginano i geometri del comune che con la fettuccia si mettono a misurare se si raggiunge il 50 per cento, se sta più da una parte, se sta dall'altra, se tocca il comune di qua o lo tocca di là. Avviene insomma tutto ciò; arriviamo poi in Aula e teniamo una discussione sostanzialmente inutile, perché il provvedimento è servito esclusivamente a rilasciare delle dichiarazioni, a far credere alla gente che si sta facendo qualcosa, ed, infine, la montagna partorisce sostanzialmente un topolino.
Quando la montagna politica partorisce un topolino politico, il problema ovviamente non è soltanto di carattere politico, ma anche di carattere funzionale rispetto a quella che dovrebbe essere la vita amministrativa, nelle sue diverse organizzazioni sul nostro territorio; ed il punto di caduta finale, quelli che ne faranno normalmente le spese, sono i cittadini, che ne rappresentano gli utenti finali.
Mi avvio a concludere, per lasciare il testimone di questa lunga riflessione. Credo che essa ci debba accompagnare nel corso della seduta, per spiegare che sono materie sulle quali è utile approfondire, a proposito delle quali non si può pensare di risolvere le questioni con qualche furbizia; o semplicemente con la legge dei numeri, perché vi è poi anche un'altra legge che vige: è quella per cui ci si confronta, è Pag. 38quella delle idee, lì dove c'è disponibilità a farlo. Lo ripeto, ho ascoltato con grande interesse il collega Vanalli: egli purtroppo (nonostante qualcosa che ci lega dal punto di vista calcistico, la «fede») sicuramente non è riuscito a convincermi. Sono convinto invece, proprio perché lo vedo adesso più rilassato, meno affaticato, che magari alcune delle mie considerazioni sono state in grado di suscitare in lui qualche riflessione aggiuntiva; e gli formulo quindi un invito, se ne avrà la possibilità, magari nel seguito del dibattito, a confrontarsi ulteriormente con noi, con me, con l'opposizione.
Signor Presidente, penso però che probabilmente in molti di noi alberga la convinzione che sarebbe stato molto meglio rinviare il provvedimento in Commissione. Probabilmente sarebbe stato molto meglio rinviare il provvedimento, e basta: esso, che pure ci vedeva contrari nel suo testo originario, così depauperato di qualunque ragionevole utilità, francamente non si capisce bene che senso abbia, se non quello di fare in modo che ciascuno di noi possa esprimere quel che pensa, e cioè che si tratta di un provvedimento inutile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, l'emendamento 1.200 - è già stato messo in risalto in modo molto chiaro a partire dall'intervento dell'onorevole Bressa in apertura di mattinata - vanifica tutto il lavoro che è stato svolto finora sul provvedimento, in particolare tutto il lavoro che è stato svolto in I Commissione in accordo con una parte del sistema delle autonomie locali del nostro Paese, dando vita ad audizioni molto costruttive e molto positive che avevano contribuito a migliorare il testo presentato dal Governo.
Inoltre, credo che questo emendamento metta in discussione i presupposti della legge n. 42 del 2009. Con la scusa di voler rafforzare quella legge, in realtà oggi - anche questo è un argomento che è stato sviluppato molto bene nel corso della mattinata negli interventi dei colleghi del Partito Democratico - voi fermate l'attuazione della legge n. 42 del 2009. Il federalismo si ferma almeno per i prossimi sei anni (questo è il risultato di questo emendamento).
Credo che attorno a questo emendamento venga smascherato l'inganno colossale che state da anni commettendo ai danni del Paese, degli enti locali, e in questa circostanza anche del Parlamento.
Quando l'onorevole Lorenzin dice che abbiamo bisogno di capire cosa sta succedendo - e questo è il motivo per cui oggi ci fermeremo con questo emendamento -, non so chi crede di prendere in giro l'onorevole Lorenzin con questa affermazione. Infatti, a me pare evidente che tutte le norme nuove che sono state approvate dal Parlamento nel corso di quest'anno avevano chiaramente un punto di riferimento nella necessità di avere un nuovo codice delle autonomie.
Noi avevamo addirittura detto - è stato ricordato ancora bene oggi - che sarebbe stato meglio fare prima il codice delle autonomie e dopo la legge sul federalismo fiscale. Prima si stabiliscono le funzioni fondamentali delle autonomie locali e si dà attuazione piena al Titolo V della Costituzione, poi si vede in che modo il federalismo fiscale contribuisce a finanziare queste funzioni.
Avete preferito rovesciare questo tipo d'impostazione. Quando abbiamo discusso la legge n. 42 del 2009 ci venne detto dal Governo che entro due mesi (eravamo a maggio del 2009) avremmo avuto il codice delle autonomie. Avete presentato il testo del codice delle autonomie nei due mesi successivi, è passato un anno, abbiamo lavorato un anno per fare un buon testo e oggi scopriamo che dovremo aspettare altri sei anni perché queste norme diventino in qualche modo operative.
Quindi si vede - a me pare in modo chiarissimo - l'inganno che è stato in qualche modo costruito. Penso che avevamo ragione - oggi i fatti lo dimostrano ampiamente - quando dicevamo che bisognava Pag. 39definire prima le funzioni e che poi sarebbero state stabilite le risorse. L'alternativa è quella che abbiamo sotto gli occhi in questi mesi, cioè una confusione enorme dal punto di vista legislativo.
Credo che vada ricordato che a partire dalla finanziaria per il 2010 approvata nel 2009, il Governo è intervenuto, con decreto e con voto di fiducia, modificando il testo unico sugli enti locali e modificando in maniera assolutamente centralista le norme sul funzionamento degli enti locali; ha poi emanato un decreto-legge (il decreto del gennaio 2010) che ha rimodificato le norme introdotte con la legge finanziaria e anche in questo caso con la solita tecnica per cui si introducono norme, poi si spostano e vengono collocate in altri testi; poi con il codice delle autonomie si modifica nuovamente questo complesso legislativo.
Secondo voi gli enti locali possono funzionare in una situazione di assoluta incertezza? In che modo si può fare la programmazione? Pensate agli strumenti di programmazione e di bilancio a cui sono tenuti gli enti locali. Sono in grado di lavorare in queste condizioni, quando rischiano ogni mese, ogni provvedimento che affronta il Governo, di veder modificate le loro prerogative - non parlo, lo dirò dopo, della parte relativa alle risorse - per svolgere le loro funzioni?
Questo è lo stato in cui le autonomie locali stanno lavorando nel nostro Paese e da cui discende quindi uno stato di assoluta incertezza e confusione.
L'altro tema che a me pare venga evidenziato dall'introduzione di questo emendamento è il problema drammatico dello svuotamento del Titolo V della Costituzione. Anche in questo caso, con il pretesto di dare attuazione a quelle norme, in realtà si è scelto questo intervento, questo provvedimento, per svuotare definitivamente i comuni delle proprie funzioni. Anche qui credo vada visto con attenzione cosa prevede quell'emendamento, perché quando quell'emendamento decide sostanzialmente di subordinare il codice delle autonomie al periodo transitorio, cioè fissa nelle norme previste per il periodo transitorio le funzioni dei comuni e delle province, fa un richiamo ai commi 3 e 4 dell'articolo 21 della legge n. 42.
Andiamo a vedere cosa dicono questi commi, andiamo a vedere cosa perdono i comuni e le province in termini di funzioni, perché ho l'impressione che molti colleghi, forse perché non hanno seguito il provvedimento o perché obiettivamente c'è una confusione consistente sul punto, non riescano a capire gli effetti pratici.
I comuni perdono le funzioni per un periodo di almeno sei anni. Di quali funzioni stiamo parlando? Perdono il coordinamento delle attività commerciali e dei pubblici esercizi, tanto per dare l'idea. I comuni non svolgeranno più questa funzione durante il periodo transitorio. Perdono la funzione di realizzare i processi di semplificazione amministrativa nell'accesso alla pubblica amministrazione ai fini della localizzazione e della realizzazione di attività produttive.
Sto leggendo i pezzi congelati del testo sul codice della autonomie, cioè quelli che con grande fatica avevamo introdotto, anche con la collaborazione e attraverso l'accoglimento degli emendamenti presentati dal Partito Democratico nel tentativo di rendere efficace questo testo. A chi andate raccontando che volete semplificare la pubblica amministrazione, in particolare sull'introduzione delle attività produttive? Altro che sportelli unici e permessi in un giorno! Voi state togliendo queste funzioni ai comuni.
Vengono sottratte le funzioni in materia di edilizia, compresa la vigilanza e il controllo territoriale. Ho l'impressione che questa scelta sia funzionale ad alcune decisioni che stanno maturando al Senato sugli emendamenti relativi alla manovra economica, perché evidentemente, se i comuni non avranno più questa funzione, immagino in che modo verranno fatti i controlli sulle attività edilizie.
Vengono eliminate anche le funzioni sulla pianificazione e la regolamentazione urbanistica di ambito comunale. Viene eliminata la gestione - lo ha ricordato molto bene il collega Causi - e la conservazione di teatri, di musei e di tutto ciò Pag. 40che attiene ai beni culturali e storici del nostro Paese. Ora, se non sono i comuni a occuparsi di tali questioni e a poterle in qualche modo gestire anche in termini di servizi ai cittadini, fatico a capire chi potrà svolgere queste funzioni.
Inoltre, c'è un'altra presa in giro importante rispetto ai comuni su un tema che ai colleghi della Lega dovrebbe essere molto chiaro: infatti il Ministro Maroni si era impegnato in diverse circostanze ad attribuire ai comuni l'attuazione delle misure relative alla sicurezza urbana e delle misure disposte dall'autorità sanitaria locale, ma il tentativo scompare e viene sostituito, per il periodo transitorio - che, ricordo, dura almeno sei anni - in modo molto generico dalle funzioni di polizia locale, cioè torniamo a molto prima dei contenuti dei pacchetti sicurezza voluti dal Ministro Maroni. Quindi anche in questo caso una presa in giro rilevante.
Stessa sorte tocca alle province, le quali perdono due funzioni fondamentali, senza le quali francamente si fatica a capire quale dovrà essere il ruolo delle province, ossia l'organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale in ambito sovracomunale (se non lo fanno le province anche qui fatico a comprendere chi dovrebbe farlo) e la pianificazione territoriale provinciale di coordinamento.
Alla luce di queste conseguenze che sono state introdotte con il solito modo, attraverso un emendamento all'ultimo minuto dopo mesi di esame del provvedimento da parte della Commissione, mi pare si possa tranquillamente dire che per questo breve periodo transitorio che durerà minimo sei anni, i comuni e le province vedranno ridotte le loro funzioni.
Ritengo che questa scelta serva a coprire la realtà di quanto sta accadendo al sistema delle autonomie locali del nostro Paese. La realtà è fatta del federalismo raccontato in queste Aule e nelle piazze, magari nelle iniziative che organizza la Lega in giro per il territorio, e dei tagli che, invece, i sindaci e i presidenti di provincia vedono sistematicamente ricadere sul loro territorio. Sono i 4 miliardi e 300 milioni di euro ricordati prima nell'arco di due anni e sono tagli - attenzione anche su questo perché c'è una presa in giro importante! - che continuano ad essere effettuati in modo lineare, cioè significa che vengono colpiti soprattutto i comuni e le province più virtuose, cioè quelle che hanno i conti in ordine, che non hanno disavanzi di amministrazione e che hanno gestito meglio il loro territorio.
Anche su questo aspetto ritengo che una riflessione non guasterebbe. Si parla tanto di superare il criterio dei costi storici, che consentirebbe di riconoscere ai comuni virtuosi qualcosa in più. Con l'introduzione del sistema di questo sostanziale regime transitorio, in realtà, i costi storici dureranno ancora molto a lungo e, quindi, ogni taglio che viene deciso con le manovre economiche continuerà a essere effettuato con quelle modalità assolutamente ingiuste e ingiustificate che si sono svolte finora.
Peraltro sono anche meno efficaci i tagli effettuati in questo modo, perché andiamo a tagliare le risorse di coloro che hanno già risparmiato in passato e che hanno già ridotto all'osso i presunti sprechi nelle pubbliche amministrazioni a livello locale, mentre consentiamo ai soggetti che a livello locale hanno avuto più sprechi, che hanno speso di più e che hanno più personale di continuare sostanzialmente con l'andazzo precedente.
Un'ultima considerazione, signor Presidente: questo è un modo che ricorda molto - l'ha detto l'onorevole Lanzillotta nel dibattito in Commissione - il gioco dell'oca. Sul federalismo si muove un passo in avanti e poi il giorno successivo si va indietro, poi un altro passo avanti e poi un certo numero di passi indietro. Il risultato è che, mentre una parte io credo sinceramente federalista del Partito Democratico cerca di costruire con fatica e in accordo con le autonomie locali il federalismo e un aumento di funzioni da assegnare alle autonomie locali, e quindi anche un aumento di risorse, vi è una parte, che è federalista a parole, che di notte smonta i mattoni che i federalisti provano in qualche modo a costruire. Pag. 41
Il sistema delle autonomie locali - lo dico soprattutto al Ministro Calderoli - non è in grado di funzionare in queste condizioni e, se non verrà modificato questo emendamento, cioè se l'emendamento entrerà nel provvedimento sul codice delle autonomie e quindi il regime transitorio diventerà la norma, il sistema delle autonomie locali e in particolare i comuni e le province subiranno un colpo durissimo, che non consentirà loro nell'immediato di riuscire a svolgere attività di programmazione e di erogare i servizi che invece i cittadini chiedono proprio a quel livello istituzionale.
Da qui la nostra critica e da qui, credo anche, l'evidenza di una propaganda che, a forza di alimentarsi di sé stessa, arrivando dopo due anni di frottole e di storie raccontate in Parlamento, si dimostra appunto per quello che avevamo detto all'inizio: una propaganda che non produce nessun risultato e, al posto del federalismo, assistiamo al ritorno del centralismo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, prima di tutto voglio segnalare il carattere astruso di questa discussione, che rischia di farci perdere di vista il fatto che là fuori vi sono migliaia di sindaci e presidenti di provincia che hanno seguito con interesse e partecipazione l'evoluzione del provvedimento in esame e che sono peraltro soggetti, in queste ore, ai problemi gravissimi che vengono loro provocati da una manovra economica che si scarica sulle autonomie locali e sulle regioni in una dimensione davvero insostenibile per garantire servizi fondamentali e primari ai cittadini.
Questi rappresentanti di istituzioni fondamentali della nostra Repubblica assistono oggi a questo triste dibattito, a questa conclusione indecorosa di un percorso legislativo che, invece, attendevano da anni con speranza. Infatti, si aspettavano di sapere quali erano le funzioni fondamentali che venivano loro attribuite, per poi vedere agganciate a queste funzioni fondamentali le risorse necessarie per poterle soddisfare. Si aspettavano che venisse colta questa opportunità per una riorganizzazione in termini di efficacia del sistema delle autonomie locali, per poter dare risposte più ravvicinate e meno burocratiche, più convincenti, alle persone, alle famiglie, alle imprese e ai loro territori. Si aspettavano che venisse un riconoscimento dal Parlamento per la loro funzione fondamentale, che comunque hanno esercitato in questi anni di lunga ed estenuante transizione, di tutela dei diritti fondamentali dal punto di vista sociale per le persone più deboli.
Inoltre, va segnalato il tentativo che hanno fatto di reagire alla crisi economica e di sostenere le imprese. Stiamo parlando di interlocutori fondamentali per dare alla reazione del sistema Italia un motore territoriale che funzioni. Bisogna dare a questo Paese quello che gli manca: istituzioni locali davvero legittimate e messe nelle condizioni di svolgere, fino in fondo, le funzioni per le quali vi è una grande aspettativa nella società, negli operatori economici, nelle famiglie e nelle persone.
A tutti questi soggetti, cosa stiamo dando? Qual è la rappresentazione dei loro problemi che emerge da questa discussione? Qual è la rappresentazione delle loro aspettative che emerge da questo provvedimento, così com'è ridotto? È desolante.
Questo provvedimento arriva con la pomposità e la solennità del titolo che reca, ma si riduce ad essere il recepimento delle norme che, in modo sbagliato e subalterno alla prepotenza della Ragioneria di Stato, abbiamo inserito nelle leggi finanziarie; si riduce a recepire quanto di ordinamentale e sbagliato in modo arrogante abbiamo voluto inserire nei confronti delle autonomie locali nel decreto urgente per gli enti locali e le regioni dei primi mesi del 2010. Inoltre, esso si limita a recepire - senza neanche provare a dare ascolto alle proteste e alle grida di difficoltà che emergono nel territorio - ciò che avete scritto nel decreto recante la manovra Pag. 42e nella legge n. 42 del 2009, non nella modalità con la quale scrivemmo quella legge, ma con una interpretazione che, a posteriori, suona come una presa in giro.
Ricordo, infatti, il dibattito sulla provvisoria elencazione delle funzioni fondamentali delle province e dei comuni fatta dall'articolo 21, commi 3 e 4, della citata legge n. 42 del 2009. Lo ricordo perché l'argomentazione era la seguente: in attesa della Carta delle autonomie locali, dobbiamo agganciare la parte finanziaria a qualcosa e, quindi, in via provvisoria, elenchiamo queste funzioni fondamentali; poi, nel momento in cui interverrà la Carta delle autonomie locali, stabilirà le funzioni fondamentali cui dovranno fare riferimento i decreti attuativi del federalismo fiscale. Tutto il contrario si è fatto.
Stamattina, infatti, ci è stato detto che si è scherzato e che quando avevamo messo il carro davanti ai buoi - facendo cioè precedere l'attuazione dell'articolo 119 agli articoli 117 e 118 - in verità era proprio quello che si voleva fare e non era un'asimmetria non voluta, che si sarebbe poi recuperata in qualche modo. No, ciò è proprio quello che si voleva fare: ridurre, cioè, tutto il dibattito e la discussione decennale attorno ad una riforma delle autonomie locali a una questione di decreti sul federalismo fiscale.
Il bello è che, stamattina, ci è stato detto che anche questa è stata una preoccupazione della Ragioneria di Stato, la quale, ancora una volta, interviene su un aspetto ordinamentale, dicendo: attenti che state mettendo in discussione la legge n. 42 del 2009 nella parte relativa alle funzioni fondamentali.
Non è un compito della Ragioneria generale dello Stato. Non è compito della Ragioneria generale dello Stato ricordarci cosa deve deliberare il Parlamento in materia di funzioni fondamentali delle autonomie locali. È compito del Parlamento! È compito del Parlamento e della sua sovranità, come prevede la Costituzione di questa Repubblica.
Credo che proprio per il carattere desolante che oggi rappresentiamo davanti a questo nodo istituzionale e politico di primaria grandezza dovrebbe esserci un soprassalto di responsabilità. Ho apprezzato questa mattina le cose che a denti stretti ha detto il presidente della nostra Commissione, perché è chiaro l'imbarazzo del presidente della Commissione affari costituzionali, che in questo caso era anche il relatore del provvedimento in esame. È chiaro l'imbarazzo di chi aveva, in qualche modo, il compito, insieme alla Commissione, di dover garantire l'organicità di questo provvedimento, di vedere recuperate tutte quelle fughe in avanti che su questa materia erano state fatte con provvedimenti spuri rispetto al provvedimento principe, che doveva essere questo, e che ha l'imbarazzo di dover alzare bandiera bianca e di vedere vanificato il lavoro di settimane e settimane, un lavoro che avevamo cercato di onorare con serietà, anche noi dell'opposizione, dichiarando la nostra disponibilità a fare di questo provvedimento un passaggio importante nel sistema istituzionale del nostro Paese e nella valorizzazione del sistema della autonomie locali. Doveva essere un passaggio istituzionale che doveva darci una fotografia seria, realistica, moderna e adeguata di ciò che d'ora in poi dovevano fare ed essere le autonomie locali.
Queste, collega Vanalli, non erano sirene, ma un serio approccio dialogante al quale ci è stato sistematicamente risposto così: non si ritorna a discutere quello che è stato scritto nella legge finanziaria; quello che è stato scritto nel decreto-legge relativo a misure urgenti per le autonomie locali e le regioni è dato per fatto e non si discute; quello che è scritto nella manovra economica è dato per fatto e non si discute; infine, questa mattina ci dite che quello che è scritto nella legge n. 42 del 2009 è dato per fatto e non si discute. Allora, di cosa dobbiamo discutere? Di cosa dobbiamo parlare? Cosa è rimasto di questo provvedimento, una volta venuta meno l'elencazione delle funzioni fondamentali di comuni e province che avevamo salutato come un fatto positivo?
Invece di delegare, vi era bisogno dello sforzo di elencare le funzioni fondamentali di comuni e province. Questa sarebbe Pag. 43stata una novità. Una volta tolta questa novità, cosa rimane? Rimangono solo tre deleghe e con una vi delegate, in modo ampio, a riscrivere la Carta della autonomie locali.
Credo che qui non vi sia un problema di sirene. L'unica sirena ragionevole, di fronte a questo tipo di dibattito e a questo livello della discussione, sarebbe quella dell'autoambulanza che ci viene a prendere tutti in funzione di un trattamento sanitario obbligatorio, perché qui diamo l'idea di essere tutti matti e di non avere chiaro cosa vogliamo fare per questo Paese, per renderlo migliore e per rendere più efficace la sua funzione istituzionale e programmatoria di fornitura di servizi essenziali ai cittadini, alle famiglie e alle imprese. Questa sarebbe l'unica sirena ragionevole, ma prima di tutto dovrebbe portare via voi, però, che siete i responsabili, coloro che hanno prodotto questa confusione, coloro che hanno prodotto questo pasticcio e che non vogliono neanche un'assunzione di responsabilità vera rinviando il provvedimento in Commissione e rimettendo a posto le cose che stamattina, dobbiamo prenderne atto, sono state sfasciate in modo vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Darò adesso la parola all'onorevole Ria e dopo questo intervento intendo sospendere i lavori, se non vi sono obiezioni.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, intervenire sull'articolo 1 e sul complesso degli emendamenti ad esso riferiti significa intervenire nel cuore delle questioni che il testo in esame affronta. Il testo di cui ci stiamo occupando individua le funzioni fondamentali di province e comuni, semplifica l'ordinamento regionale e gli enti locali, nonché delega il Governo in materia di trasferimenti di funzioni amministrative, di Carta delle autonomie locali e di riordino di enti ed organismi decentrati.
Dicevo dell'articolo 1, perché è l'articolo che affronta ed individua le finalità e l'oggetto di questo provvedimento e quindi contiene e sottolinea l'importanza delle questioni relative alla funzionalità degli enti locali e naturalmente anche le questioni relative al contenimento della spesa pubblica. Si tratta di questioni che dovrebbero essere trattate nell'ottica più ampia di quel processo di razionalizzazione della finanza pubblica che viene da più parti evocato anche nel corso di questa legislatura.
Dicevo prima delle finalità e dell'oggetto che contengono in astratto le questioni relative alla funzionalità degli enti locali, ma abbiamo visto nella giornata di oggi come tutto questo è destinato ad evaporare in una posizione, che è quella della maggioranza e del Governo, che porterà, come vedremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni, a sminuire l'importanza di questo provvedimento pure da più parti atteso.
Questo provvedimento è da più parti atteso perché si sarebbe dovuto porre davvero nel solco del processo riformatore avviato con la riforma del Titolo V della Costituzione, una riforma che si poneva proprio nella prospettiva di una valorizzazione delle autonomie territoriali responsabili e anche di una effettiva semplificazione, per quanto possibile, del nostro sistema istituzionale che riducesse, come dicevo prima, i costi e rendesse anche possibile l'attuazione del cosiddetto federalismo fiscale, che pure questa mattina è stato più volte evocato.
Solo che - lo avevamo detto sia in sede di approvazione della legge n. 42 del 2009, sia nella giornata di oggi - tutto questo avrebbe dovuto precedere l'approvazione di quella che poi è diventata la legge n. 42 del 2009, ossia la legge sul federalismo fiscale. Infatti, si sarebbero dovute prima chiarire davvero le funzioni dei comuni, delle province, delle città metropolitane e si sarebbe dovuto mettere ordine in quella che in questi anni tutti abbiamo considerato come una sorta di confusione all'interno della macchina amministrativa dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, con una sovrapposizione di ruoli Pag. 44e di competenze che hanno nuociuto alla buona erogazione di servizi ai cittadini.
Insomma, con questa legge poteva esservi una buona ripartenza e ciò poteva essere utile sempre però che si intenda realizzare coerentemente quella che potremmo chiamare la via italiana al federalismo. Si tratta di una via basata su un policentrismo a quattro livelli che richiede certamente un forte impegno non solo politico, ma un coinvolgimento di tutte le forze presenti in Parlamento per riuscire finalmente a decentrare davvero il nostro sistema, distinguendo tendenzialmente il ruolo legislativo di Stato e regioni da quello amministrativo di comuni e di coordinamento per l'area vasta delle province.
Si tratta di un disegno complesso che richiedeva e richiederà ovviamente altri interventi anche al di là di quello di cui ci stiamo occupando in queste settimane. Naturalmente mi riferisco, da un lato, agli interventi statali di completamento e di perfezionamento della riforma costituzionale del 2001 (il bicameralismo differenziato con la Camera delle autonomie, i raccordi interistituzionali, l'accesso degli enti locali alla Corte costituzionale, le rettifiche necessarie al Titolo V della potestà legislativa tra Stato e regioni) e, dall'altro, anche al versante degli interventi delle regioni che fin qui sono in larga misura mancati nonostante lo spazio innovativo che esse, per certi versi, avrebbero potuto gestire in materia.
Però, signor Presidente, non possiamo non rilevare - lo hanno fatto questa mattina anche i miei colleghi Ciccanti e Mantini - come l'intervento sia stato annunciato come rivoluzionario e volto all'ammodernamento e al potenziamento dell'efficienza dell'apparato pubblico di cui tanto si è parlato e sbandierato in questi mesi, a partire dalla presentazione di questo provvedimento in Consiglio dei ministri fino ad arrivare ad una sorta di tira e molla a cui abbiamo assistito la scorsa settimana in occasione dell'esame degli emendamenti su alcuni aspetti molto delicati come il tema del taglio delle province con popolazione sino a 200 mila abitanti. Poi questa soglia è stata abbassata a 150 mila per quelle che hanno il 50 per cento di territorio montano e vi sono stati altri tentativi di alzare questa soglia, e tutto questo non corrisponde agli auspici iniziali intervenendo il provvedimento alla fine principalmente su questioni già affrontate in altri testi recentemente approvati.
Penso alle norme in materia di enti locali inserite nella legge finanziaria dello scorso dicembre. Penso ancora al decreto-legge n. 2 del gennaio 2010 recante gli ennesimi interventi urgenti in materia di enti locali.
Quindi, dai proclami del Governo, sembrava davvero che questo provvedimento potesse rappresentare finalmente un cambio di marcia, un'inversione di tendenza, una svolta nella concezione dell'autonomia territoriale o perlomeno una consapevole razionalizzazione delle strutture e delle funzioni. Invece, ci troviamo a constatare che siamo nuovamente di fronte a un annacquamento delle intenzioni, ad un provvedimento che cerca di sfuggire alla necessità di riforme omogenee, organizzate e finalmente efficienti.
Si tratta cioè di tutto, ma tutto il contrario di quello che serve realmente: una riforma organica è necessaria per migliorare e completare il percorso avviato nella seconda metà degli anni Novanta e successivamente con la riforma del Titolo V della II Parte della Costituzione, diretta a valorizzare - come dicevo prima - le autonomie territoriali e a rafforzare la ripartizione delle competenze tra lo Stato e gli enti territoriali, analoga a quella presente in Stati a forte tradizione autonomistica.
Quindi, diciamo che noi abbiamo capito molto bene che non volete andare oltre ai meri proclami e agli spot elettorali. L'esempio delle province lo dimostra: in campagna elettorale vi dimostrate pronti a tagliare quelli che definite «enti inutili», ma alla prova dei fatti i passi indietro si sprecano, così come è accaduto con la norma stralciata dalla manovra finanziaria sui conti pubblici all'esame del Senato, che prevedeva l'abolizione di una decina di province sotto i 250 mila abitanti. Poi Pag. 45dopo le polemiche e le proteste, forse da parte della Lega, vi è stato l'ennesimo ripensamento del Governo.
In questa discussione di carattere generale sulle proposte emendative riferite all'articolo 1 vorrei affrontare il tema delle province perché è evidente che, se non avete la forza, oltre che la volontà, di andare al cuore della questione, cioè di modificare la Costituzione, se davvero volete sopprimerle così come vi siete impegnati a fare in campagna elettorale, allora dovete discutere con noi in ordine al nuovo ruolo che le province possono avere nel nostro ordinamento. Infatti, se le regioni debbono avere funzioni di legislazione e di programmazione e non di gestione amministrativa è evidente che la provincia resta uno snodo essenziale nell'amministrazione locale e ciò rafforza ancora di più la convinzione che vi sia necessità di collegare più strettamente tale ente con le realtà comunali.
Personalmente sono convinto che occorre indirizzarsi verso la costruzione - naturalmente a Costituzione invariata - di un raccordo maggiore tra provincia e comuni insistenti sul territorio, al fine di realizzare un'effettiva integrazione delle politiche di base ed una piena sinergia fra le istituzioni vocate all'amministrazione. Uno sembra essere l'obiettivo prioritario: intraprendere un percorso di chiarificazione e, al tempo stesso, di semplificazione istituzionale partendo dal riassetto delle amministrazioni locali su due livelli corrispondenti a funzioni di base e a funzioni di area vasta intorno ai quali va ricostruito il sistema delle funzioni locali.
In sostanza si tratta di ricondurre, in applicazione di quanto scritto nella Costituzione, del principio di sussidiarietà, ma anche di quelli di differenziazione e di adeguatezza, a comuni singoli e associati e alle province la titolarità di compiti, attualmente spesso affidati ad una pluralità di soggetti e organismi di servizio settoriali operanti in ambito locale, ma in larga misura disgiunti dagli enti territoriali oppure strumentali o dipendenti dalle regioni, individuando in maniera definitiva il quadro delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.
Allora, in quest'ottica occorre, lo ripeto, a Costituzione invariata, attribuire alla provincia esclusivamente funzioni generali di coordinamento, immagino in due macrosettori di intervento: territorio, ambiente e infrastrutture, da un lato, e sviluppo economico e sociale e delle attività produttive, dall'altro. È necessario prevedere, quindi, un ruolo di sintesi, di pianificazione strategica finalizzata allo sviluppo socio-economico territoriale dell'area medesima, lasciando, di converso, ai comuni, nel rispetto del principio di sussidiarietà, tutte le competenze di gestione e di amministrazione diretta.
Colleghi, solo individuando bene queste funzioni, che definiamo appunto come funzioni di governo dell'area vasta, è possibile procedere anche verso una riduzione dei costi dell'ente territoriale provincia. Invece di continuare il dibattito soltanto in termini di soppressione «sì», soppressione «no», che poi tanto non si farà perché bisognerebbe modificare la Costituzione, senza avere il coraggio di definire i criteri per ridurre il numero delle province, credo sia necessario incidere sulle funzioni per assottigliare, anche dal punto di vista della rappresentanza politica, oltre che di quella burocratica, l'ente provincia. Pertanto, partendo dai principi che ho sinteticamente richiamato, la mia proposta che è abbinata al provvedimento governativo si muove in questa direzione: si prefigge il precipuo obiettivo di trasformare, o meglio di ridefinire le funzioni delle province, ma anche di trasformarle in istituzioni di secondo grado, modificandone radicalmente il modulo organizzativo della rappresentatività.
Naturalmente interverrò sui singoli emendamenti che ho presentato, ma, a conclusione di questo intervento di carattere generale sul complesso degli emendamenti all'articolo 1, voglio sottolineare in questa sede che, ancora una volta, stiamo perdendo un'occasione reale per imprimere un'accelerazione a quel cambiamento dello Stato e delle istituzioni che Pag. 46deve rappresentare una priorità a vantaggio della funzionalità e del buon andamento dell'attività politica e amministrativa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Sull'ordine dei lavori (ore 13,25).

LAURA GARAVINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo per segnalare a nome del gruppo del Partito Democratico la nostra grande preoccupazione a seguito della mancata concessione ieri, da parte della commissione centrale del Viminale, del sistema di protezione per il collaboratore Spatuzza. Quest'oggi, il sottosegretario Mantovano, a giustificazione della decisione presa, ha dichiarato di aver voluto rispettare nella totalità e nel modo più dettagliato ciò che prevede la legge. Ebbene, questa decisione ci preoccupa, perché soltanto poche settimane fa, rispetto ad un altro caso che aveva anche delle connotazioni legate alla lotta alla criminalità organizzata, il Governo, purtroppo, in particolare il Ministero dell'interno, aveva assunto una decisione esattamente opposta che andava nella direzione di infrangere la legge e questo nonostante le varie richieste e segnalazioni da parte dell'opposizione.
Allora, ci troviamo ad affrontare questioni di mafia con riferimento alle quali, evidentemente, si usano proprio due metri e due misure e non ci spieghiamo questa decisione se non - questa è la grande preoccupazione che ci caratterizza - alla luce del tentativo di compromettere la possibilità che si arrivi a chiarire uno dei capitoli più oscuri della storia del nostro Paese, una delle vicende sulle quali il collaboratore Spatuzza nei mesi scorsi ha iniziato a fornire indicazioni e informazioni, tra l'altro ritenute vere e riscontrate, attraverso supporti dimostrativi, da tre procure che hanno richiesto l'applicazione di questo sistema di protezione.
Dunque, si viene a creare, per la prima volta, un evento che ci preoccupa alquanto, non solo in relazione al caso specifico riguardante il collaboratore in questione, ma anche in termini generali: rispetto alla politica che questo Governo sta mettendo in campo in materia di antimafia (una politica che, da un lato, con il provvedimento sulle intercettazioni, sta tentando di mettere a repentaglio uno dei principali strumenti nella lotta alla criminalità utilizzata), un provvedimento come quello cui si è pervenuti ieri costituisce un'ulteriore riduzione e messa in discussione di un secondo strumento fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, rappresentato proprio dalla possibilità di ricorrere alle testimonianze e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Al di là del fatto che abbiamo già provveduto a chiedere urgentemente l'audizione del sottosegretario Mantovano, proprio per capire ed individuare le scelte operate (l'occasione, comunque, è importante per mettere agli atti di quest'Aula la nostra preoccupazione), questa decisione rischia di compromettere, ancora una volta, gravemente nei fatti la lotta alla criminalità organizzata, nella misura in cui non si garantiscano anche ai collaboratori di giustizia condizioni di sicurezza e di protezione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, anch'io vorrei ritornare sulle affermazioni della collega Garavini in merito alla vicenda Spatuzza. Più volte abbiamo affrontato questo tema anche in Commissione bicamerale antimafia. Non vi è dubbio che aver negato la protezione a questo collaboratore di giustizia da parte del Viminale crei qualche disagio e qualche perplessità e ponga alcuni interrogativi.
Prendo la parola proprio perché vi sono interrogativi che ci dobbiamo porre, ai quali bisogna dare anche una risposta. Certamente noi innescheremo tutti gli strumenti che sono a nostra disposizione, Pag. 47sia qui sia presso la Commissione bicamerale antimafia, anche per avere maggiore contezza sul modo e sul motivo per il quale si sia pervenuti a questa decisione: Spatuzza, infatti, è considerato un collaboratore al quale bisogna prestare fede, avendo fornito elementi ed indicazioni in ordine ad una pagina delicatissima, quella delle stragi.
Non vorrei che questo comportamento preluda ad un atteggiamento di distacco o ad un tentativo di porre in oblio questa vicenda, che è stata circondata da molte nebbie. Ci sono stati molti depistaggi. Credo che questo sia il tema sul quale bisogna porre una certa attenzione. Lo affidiamo alla cortesia della Presidenza. Non so se la Presidenza intenda porre la questione al Ministero dell'interno, se si attende un nostro strumento di sindacato ispettivo o il Governo autonomamente sente il bisogno e il dovere di venire in quest'Aula. Certamente la vicenda è delicata: non è la vicenda Spatuzza, ma la vicenda Spatuzza dalla mancata strage del 1989 alla strage che è culminata con l'uccisione di Falcone e Borsellino, che hanno certamente sconvolto non soltanto l'isola ma la storia del nostro Paese.

PRESIDENTE. La Presidenza provvederà a portare il Ministero competente a conoscenza del suo intervento, però esiste, come lei stesso ha ricordato, l'istituto del sindacato ispettivo parlamentare. Invito lei e gli altri colleghi a farne uso su una questione che pare effettivamente di grande interesse.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative a favore del settore della pesca a seguito dell'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1967/2006 - n. 3-01124)

PRESIDENTE. L'onorevole Chiappori ha facoltà di illustrare l'interrogazione Reguzzoni n. 3-01124, concernente iniziative a favore del settore della pesca a seguito dell'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1967/2006 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Galan, che è venuto regolarmente in Aula. Si parla di un regolamento europeo che ha creato, direi, una montagna di difficoltà. Non vi è demagogia nel dire che bisogna difendere i pescatori italiani, perché qui si è passati da una maglia delle reti di un certo tipo ad un'altra: vi è un calo da almeno un 40 fino a un 60 per cento.
Non si è fatta una regolamentazione; pertanto, il comparto, che attualmente ha circa 15 mila pescherecci e dà lavoro a 100 mila persone, si trova in serie difficoltà.
Chiediamo al Governo di sapere attraverso quali sistemi e quali strumenti pensa di attuare una politica di sostegno per il comparto dei pescatori e quali iniziative si intendano prendere, perché ritengo che, in un momento così difficile, non si possa assolutamente pensare ad altri tipi di finanziamenti, ma a lasciar pescare la gente.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Giancarlo Galan, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GALAN, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, non starò a dilungarmi Pag. 48sulle cose note, cioè sulle misure delle maglie e così via. Diciamo che il settore che maggiormente risente della nuova normativa, anzi, mi correggo, della vecchia normativa, soltanto oggi entrata in vigore, è il settore delle cosiddette pesche tradizionali, quindi della traina sotto costa e dell'esercizio della pesca con le draghe idrauliche.
Cosa ha fatto il Governo? Intanto, dico che qualcosa avrebbe dovuto essere fatto prima: questo regolamento non è nuovo, ma è noto a questo Parlamento e a tutti gli operatori del settore dalla sua effettiva entrata in vigore, che data 1o luglio 2006, quando tutti gli Stati, compreso quello italiano, firmarono quel regolamento, con le deroghe in esso previste.
Si tratta di deroghe che l'Italia ha chiesto di esercitare e ha esercitato fino in fondo e che non ha smesso di chiedere, sebbene possa farlo soltanto laddove questo è consentito dal regolamento originario. Ecco perché, in conformità al regolamento, abbiamo chiesto alcune deroghe: sono state concesse a Liguria, Sicilia e Friuli Venezia Giulia, è stata respinta la domanda della Toscana e per altre regioni siamo in attesa di una risposta, che è annunciata per i primi giorni di settembre.
Diciamo che l'amministrazione centrale dello Stato ha chiesto tutte le deroghe, laddove fossero consentite o ipotizzabili. Ha provveduto anche a qualcos'altro: ha liberato risorse pari a 30 milioni di euro - antiche risorse, che finora non erano state sbloccate - relative al cosiddetto caro gasolio.
Stiamo esaminando uno schema, che credo sarà pronto domani, dopo l'incontro degli assessori regionali, per un fermo straordinario obbligatorio per il settore della pesca a strascico e di quella volante. Abbiamo trasformato in unità di crisi il comitato consultivo che riunisce le maggiori autorità nel mondo della pesca e abbiamo messo al suo studio l'utilizzo degli aiuti de minimis per eventuali risorse nazionali e regionali, il Fondo europeo per la pesca oppure il ricorso agli ammortizzatori sociali. Onorevole Chiappori, come vede, alcune cose sono state fatte e altre le faremo molto rapidamente, perché la crisi è assai grave.
L'unica cosa che non dobbiamo e non possiamo promettere è quella di ottenere nuove deroghe non previste nel regolamento, perché la durezza ed anche il rigore della Commissaria greca e dell'intera Commissione sono tali da non poterci far sperare in nessuna nuova deroga: sarebbe ingannare ancora i pescatori, che sono gli unici a pagare il dazio di una disgrazia.

PRESIDENTE. L'onorevole Chiappori ha facoltà di replicare, per due minuti.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Ministro, di fronte ad un momento così difficile devo dirle che non sono soddisfatto della risposta perché la Costituzione all'articolo 1 recita che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e all'articolo 4 che la Repubblica riconosce a tutti il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. La domanda che mi pongo allora è: nel 2006 quando venne firmato e sottoscritto quel regolamento sulla pesca nel Mediterraneo i politici e i funzionari allora presenti avevano ben chiari questi principi fondanti?
Dico questo perché hanno sottoscritto un regolamento che ha diviso i pescatori in categorie di serie A e di serie B, e preciso: di serie A sono tutti i pescatori non comunitari (marocchini, libici, tunisini, croati, montenegrini), che continuano a pescare come vogliono e che vendono il prodotto sul nostro mercato; di serie B sono invece i nostri pescatori (come dicevo prima 15 mila motopescherecci, 100 mila posti di lavoro ed un fatturato di 1,4 miliardi di euro), che entrando in vigore questo regolamento dovranno pagare lo scotto di questa mancanza di rispetto da parte di chi ha sottoscritto quel regolamento nei confronti di quello che dice la Costituzione.
Di più, nell'ambito nazionale possiamo anche dire che al nord tutte le capitanerie sono pronte con ditte di facchinaggio per Pag. 49andare a scaricare le reti, ad applicare multe e a farne di tutti i colori, mentre forse in alcune parti del Paese sono ancora liberi tutti. Ricordo a lei, Ministro, che nel Mediterraneo i pesci non hanno confini di acque territoriali e pertanto i sacrifici che facciamo noi con questo regolamento sono vani, perché tutti gli altri fanno come vogliono.

PRESIDENTE. Onorevole Chiappori, deve concludere.

GIACOMO CHIAPPORI. Ritengo quindi che una politica seria, signor Ministro, sarebbe quella di ritornare velocemente al tavolo europeo e difendere questo comparto non perché dobbiamo difendere i nostri pescatori, ma dicendo che tutti quelli che si affacciano sul Mediterraneo dovrebbero avere le nostre regole, altrimenti questo regolamento non ha nessuna validità e ci mette nella condizione di dover pagare oggi quello che non potremo pagare lasciando pescare la gente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Iniziative per il pieno utilizzo dei fondi comunitari destinati all'agricoltura ed assegnati all'Italia - n. 3-01125)

PRESIDENTE. L'onorevole De Camillis ha facoltà di illustrare l'interrogazione Baldelli n. 3-01125 concernente iniziative per il pieno utilizzo dei fondi comunitari destinati all'agricoltura ed assegnati all'Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, ringrazio il gentilissimo Ministro per essere presente a rispondere a questa importante interrogazione che deriva dalla necessità di avere un riscontro rispetto alla grande preoccupazione che abbiamo per i dati relativi alla spesa dei fondi dell'agricoltura.
In effetti, in Italia ogni anno arrivano oltre 6,5 miliardi di euro per il sostegno all'agricoltura e dai dati in nostro possesso risulta che di questi, al 31 maggio 2010, ne è stato speso soltanto il 14,2 per cento. Naturalmente questa situazione relega il nostro Paese al quartultimo posto della classifica comunitaria prima solo di Romania, Bulgaria e Malta. Purtroppo il regolamento CE n. 1290 del 2005 all'articolo 29 prevede proprio il disimpegno automatico dei fondi comunitari assegnati al nostro Paese.

PRESIDENTE. Onorevole De Camillis, deve concludere.

SABRINA DE CAMILLIS. Pertanto le chiedo, signor Ministro, quali iniziative il Governo intenda adottare proprio per evitare di perdere queste risorse destinate all'Italia e ad un comparto che in questo momento non si può proprio consentire di perdere risorse.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Giancarlo Galan, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GALAN, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, intanto confermo purtroppo l'esattezza dei dati riportati (ho qui con me una tabella che li consegna aggiornati all'ultima data disponibile, il 31 maggio, ma non è che la situazione sia migliorata).
La confermo, ahimé, perché ritengo che la perdita dei fondi comunitari - e l'Italia è un Paese che conferisce all'Europa più di quanto ottiene, quindi si tratta di soldi già dati dall'Italia all'Europa - è il peggior delitto che si possa compiere. Occorre quindi ricorrere a tutte le misure possibili per non subire uno smacco di questo genere e anche una sconfitta.
Le regioni che presentano la situazione peggiore sono, oserei dire, le solite con in testa la Puglia, seguita da Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Lazio; altre regioni hanno dimostrato che invece, anche se la burocrazia è elevata, si può fare e presentano una situazione largamente di vantaggio: hanno investito, arrivando Pag. 50al cosiddetto overbooking, più del 100 per cento delle risorse disponibili.
Che fare? Gli assessori regionali che ho prontamente convocato mi hanno chiesto una settimana di tempo, che scadeva lunedì, per trovare una soluzione riguardo a un anticipo di pagamento. Non so se questo potrà riuscire, in parte o in toto. C'è poco da aspettare, perché nel caso questa soluzione non fosse praticabile credo che lo Stato debba intervenire, anche tenendo conto che è vero che l'agricoltura è una materia di competenza precipuamente regionale, è vero che le regioni hanno scelto e rivendicato la correttezza della loro scelta di presentare 23 PSR (Programmi di sviluppo rurale) distinti che quindi devono essere singolarmente realizzati; è però vero che lo Stato ha tutto il dovere e anche il diritto di porre un meccanismo che consenta almeno alle regioni più virtuose, allo Stato italiano e ai cittadini italiani, nel rispetto di tutte le regioni e dei loro piani, di non gettare al vento risorse che provengono dalle tasche degli italiani. Ecco il motivo perché io invito davvero il Parlamento a provvedere rapidamente in questa materia.
Vengo all'ultimo danno, quello indiretto, forse meno evidente, ma più grave: vi immaginate con quale autorevolezza può presentarsi lo Stato italiano al tavolo delle trattative europee, chiedendo una nuova politica agricola comune e nuovi soldi per l'agricoltura, quando ha sprecato quelli dell'esercizio precedente? L'autorevolezza sarebbe ridotta sotto zero, e ciò, francamente, va evitato nel più rigoroso dei modi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole De Camillis ha facoltà di replicare.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Ministro, mi ritengo soddisfatta della risposta che ci ha dato e confermo le preoccupazioni, perché proprio dalle sue parole ci è consentito di confermare tutte le preoccupazioni esplicate all'interno dell'interrogazione.
Mi consenta anche di ringraziarla per l'idea che sta mettendo in campo di anticipare i pagamenti dovuti ai produttori in regime di pagamento unico all'Agea, perché ritengo che in questo momento ciò possa rappresentare un segnale davvero molto importante per il settore dell'agricoltura.
Prendendo poi in parola quanto da lei detto, andremo avanti in Commissione su una ipotesi di proposta di legge che prevede l'attuazione dell'articolo 16 del regolamento 1698 del 2005 per consentirci eventualmente di andare verso un piano di sviluppo rurale unico a livello nazionale. Gli assessori regionali, che verranno sentiti domani, si devono fare una ragione che per l'inefficienza di qualcuno non possono pagare tutti gli agricoltori italiani, esattamente come lei ha detto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative di competenza per garantire concorrenza e trasparenza nel mercato delle assicurazioni per responsabilità civile autoveicoli, anche al fine di evitare ingiustificati aumenti dei costi - n. 3-01126)

PRESIDENTE. L'onorevole Cesario ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01126, concernente iniziative di competenza per garantire concorrenza e trasparenza nel mercato delle assicurazioni per responsabilità civile autoveicoli, anche al fine di evitare ingiustificati aumenti dei costi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

BRUNO CESARIO. Signor Presidente, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento delle tariffe RC auto divenuta ormai insostenibile per le famiglie.
È di questa settimana la relazione dell'Isvap, in cui si evidenzia in maniera forte la differenziazione rispetto agli altri Paesi europei: l'Italia è al primo posto, avendo un incremento di tre volte dal 2002 al 2009 rispetto agli altri Paesi europei. La situazione è insostenibile.
Anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha aperto un'indagine conoscitiva sull'argomento, evidenziando Pag. 51l'incongruenza degli aumenti dell'RC auto. Noi chiediamo quindi un intervento forte del Governo su ciò: in un periodo di crisi bisogna dare una svolta, visto che anche, in particolare, i territori meridionali vivono una situazione di difficoltà ancora maggiore. Chiediamo un intervento forte, siamo disponibili a confrontarci e attendiamo la risposta del Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come abbiamo ascoltato, l'interrogazione dell'onorevole Cesario affronta la questione del contenimento dei costi nel settore RC auto. Sul punto, il Ministero dello sviluppo economico comunica che l'andamento del ramo RC auto è stato caratterizzato negli ultimi anni da una contrazione della raccolta premi: meno 3,6 per cento nel 2009, meno 3,3 per cento nel 2008. Gli indicatori mostrano anche, per il 2009, un aumento degli oneri per sinistri sui premi di competenza, mentre l'incidenza delle spese di gestione sugli stessi è rimasta sostanzialmente stabile.
Soprattutto nelle regioni meridionali, si registrano l'incremento del costo delle tariffe e la progressiva diminuzione della presenza delle reti distributive. L'aumento dei prezzi nel Mezzogiorno deve essere inquadrato nel più ampio contesto della situazione meridionale, caratterizzata da ritardi strutturali ed infrastrutturali, tra i quali in particolare l'incidenza della criminalità, l'elevata disoccupazione, l'insufficienza della rete viaria stradale ed autostradale.
Il settore dell'RC auto è stato interessato negli ultimi anni da un ventaglio di interventi di carattere normativo e regolamentare, nonché da iniziative volte sia ad accrescere la mobilità dei consumatori, sia a contenere il costo del sistema nel suo complesso.
In questo quadro assumono un particolare significato le iniziative legislative in corso di esame presso la VI Commissione di questa Camera, sull'istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo. Tale riforma, come è noto all'interrogante, prevede l'istituzione presso l'Isvap del Comitato nazionale contro le frodi nel settore assicurativo; si dispone che il Comitato riferisca semestralmente al Ministero dello sviluppo economico, che dovrà trasmettere ogni anno alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sull'attività svolta.
Le imprese assicurative vivono certamente un momento di difficoltà, ma la loro reazione non può limitarsi all'aumento dei prezzi, ribaltando sulla collettività, e principalmente su determinate, circoscritte categorie di assicurati, ad esempio i giovani meridionali, costi impropri ed inefficienze. Sono invece chiamate a fare la propria parte, intervenendo in modo incisivo sulle strutture periferiche di liquidazione e sull'efficienza di tali strutture.
Il Governo quindi in conclusione, onorevole Cesario, segue con la massima attenzione l'iter del citato intervento normativo, ed esprime l'auspicio che si possa addivenire in tempi brevi ad una legge idonea a contrastare il fenomeno delle frodi, anche in considerazione dell'orientamento favorevole delle forze politiche, dell'Autorità di vigilanza e dell'industria assicurativa.

PRESIDENTE. L'onorevole Cesario ha facoltà di replicare.

BRUNO CESARIO. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, ma la questione è molto più complessa. Viviamo un momento di grande difficoltà economica, e quindi alcune soluzioni indicate sono condivisibili; penso però che, anche alla luce della differenziazione rispetto ai Paesi europei, il grave gap che attanaglia il Meridione non sia ulteriormente accettabile.
Tenga conto che a Napoli e nella provincia di Napoli un giovane neopatentato in prima classe per un'auto di media cilindrata deve spendere circa 7 mila euro, questo dal rapporto Isvap, e che il costo di una polizza in prima classe è passato dal Pag. 52settembre 2009 al 2010 da 1200 a 1800 euro. La situazione è insostenibile, visto che l'Isvap ha poi messo in luce che vi sono altre criticità: ad esempio i contrassegni falsi, un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi.
C'è inoltre il fenomeno delle compagnie false: ne sono emerse circa 48. C'è poi il fenomeno (in aumento rispetto al 2002) per cui si è passati da 11 mila e 500 persone con incidenti che riguardano il Fondo di garanzia delle vittime della strada a circa 24 mila. Abbiamo quindi un incremento esponenziale, e le compagnie cosa fanno? Noi pensiamo ad una legislazione che debba avere una condivisione molto larga, al di là delle appartenenze, perché questo è un problema che attanaglia tutti i cittadini. Mi riferisco anche alla questione campana e napoletana in particolare, dove non è possibile che i cittadini onesti debbano pagare per gli altri. In altre nazioni, hanno creato le bad company, e una proposta potrebbe essere, al di là della legislazione, di inserire come obbligatorio il clear box, che è una specie di scatola nera (è stato introdotto in Brasile) per ridurre il fenomeno...

PRESIDENTE. Deve concludere.

BRUNO CESARIO. Chiediamo quindi un maggiore impegno su questo aspetto e collaboreremo con il Governo per la risoluzione di questo problema.

(Iniziative per un'equa ripartizione tra Stato e regioni dei sacrifici previsti dal Governo in relazione all'attuale situazione economica - n. 3-01127)

PRESIDENTE. L'onorevole Cambursano ha facoltà di illustrare l'interrogazione Donadi n. 3-01127, concernente iniziative per un'equa ripartizione tra Stato e regioni dei sacrifici previsti dal Governo in relazione all'attuale situazione economica (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, intanto ringrazio il Ministro dell'economia e delle finanze che non c'è. Ha delegato il Ministro Vito, e sicuramente avrò da lui le risposte ai quesiti che abbiamo posto con questa nostra interrogazione. La manovra finanziaria, che è all'esame dell'altro ramo del Parlamento, rappresenta per l'1,5 per cento il peso che ha in termini di tagli sui Ministeri; in compenso, quantifica nel 14 per cento il peso sulle regioni. Il Ministero dell'economia e delle finanze, a fronte delle osservazioni che le regioni hanno fatto, ha detto che, finora, alle regioni è stato dato, e anche se stanno ferme un giro non cambia nulla. I Ministeri invece, secondo il Ministro Tremonti, hanno già dato parecchio al sostegno dell'economia e non si possono bloccare. Il governatore della Lombardia gli ha risposto che il 50 per cento della manovra da 25 miliardi incide sulla carne viva delle regioni.
Cosa ne pensa il Ministro dell'economia e delle finanze di questo scontro istituzionale?

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, naturalmente preciso all'onorevole Cambursano quello che è sempre ovvio, ovvero che la risposta è in raccordo agli elementi che ha reso il Ministro dell'economia e delle finanze. L'onorevole Cambursano chiede quindi di conoscere quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di ripartire i sacrifici derivanti dagli interventi di cui al richiamato decreto-legge n. 78 del 2010 senza ricadute sui servizi pubblici essenziali. Al riguardo, si deve tenere innanzitutto presente che gli interventi di contenimento stabiliti dal recente decreto rivestono un carattere di assoluta necessità ed urgenza e sono stati adottati in modo tempestivo al fine di fronteggiare l'attuale situazione di crisi economica e finanziaria internazionale. Sono stati così forniti importanti segnali ai mercati finanziari e agli organi di governo dell'Unione europea in modo da contrastare le pressioni Pag. 53speculative verificatesi nell'ambito dell'area euro.
Questi interventi a loro volta hanno richiesto il necessario coinvolgimento di tutti i livelli di governo, che sono chiamati a fornire il proprio contributo. Per quanto concerne le eventuali ricadute sull'attuazione del federalismo fiscale, l'articolo 14, comma 2, del predetto decreto-legge prevede che le misure ivi stabilite non saranno prese in considerazione durante la fase di attuazione dell'articolo 8 della legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha espresso l'avviso che tale norma in ogni caso abbia carattere esclusivamente programmatorio, atteso che, se così non fosse, occorrerebbe o aumentare la compartecipazione delle regioni ai tributi erariali (con conseguente necessità di reperire la correlata copertura finanziaria), o incrementare la pressione fiscale a carico dei cittadini in violazione dell'articolo 28 della stessa legge n. 42 del 2009. Per ciò che riguarda invece gli eventuali riflessi sull'erogazione dei servizi pubblici essenziali, è necessario che le amministrazioni coinvolte pongano in essere gli adempimenti più opportuni al fine di garantire una maggiore efficienza ed efficacia della spesa, in modo che la riduzione di risorse incida il meno possibile sulla quantità e qualità dei servizi medesimi.
Infine, il Ministero dell'economia e delle finanze comunica che, in ogni caso, in sede di conversione del decreto-legge n. 78 del 2010, eventuali proposte avanzate dalle autonomie regionali, insieme a quelle formulate dagli altri settori della pubblica amministrazione interessati parimenti alla manovra finanziaria, potranno formare oggetto di valutazione da parte del Governo e del Parlamento al fine di addivenire ad una soluzione maggiormente condivisa. Non dovranno, comunque, naturalmente, essere pregiudicati gli obiettivi sui saldi di finanza pubblica attualmente assicurati dal decreto-legge e oggetto di positiva valutazione in ambito europeo.

PRESIDENTE. L'onorevole Cambursano ha facoltà di replicare.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, devo constatare che il Ministro, ovviamente, non ha risposto alla domanda essenziale, ovvero cosa ha intenzione di fare per riequilibrare questa manovra, vista la posizione dura che hanno preso i governatori regionali, ma anche il presidente dell'ANCI. Evidentemente, il signor Ministro non legge i giornali e le interviste rilasciate, per l'appunto, dai governatori regionali. Gliene leggo qualcuna: lo sa che «questo è il Governo più centralista» che si sia mai visto? E che «era più federalista la finanza di Mussolini, e quella della Costituzione»? Lo sa, signor Ministro, che un governatore ha detto che saremo costretti a scegliere tra introdurre nuove tasse o tagliare i servizi? E, lo stesso, ha aggiunto che pagheranno solo i cittadini in seguito a questa manovra e che «gli sprechi sono a Roma», ascoltate amici della Lega, «non nelle regioni virtuose»? Allora, aggiungo anche che il Governo tradisce la sua linea, cioè mette le mani nelle tasche dei cittadini, salvo poi, invece, dire che fa l'esatto contrario. Lo sa, signor Ministro, che l'unico risultato di questa manovra sarà quello di spazzare via il federalismo fiscale? Queste citazioni sono del governatore della Lombardia. Aggiungo anche che poteva essere una grande opportunità, quella del federalismo e di questa manovra: ossia evitare gli sprechi, evitare il parassitismo, evitare che, in alcune regioni, l'evasione fiscale superi abbondantemente il 50 per cento. L'insieme di questi fattori rappresenta circa 200 miliardi di euro. Ma voi affossate questo strumento così importante del federalismo fiscale, prima ancora che diventi operativo. Lo sa, signor Ministro, come ha definito questa manovra il Ministro Calderoli, almeno se dobbiamo dare ascolto a quello che ha affermato, in un'intervista, la presidente leghista della provincia di Cuneo, sua compagna? Ha detto che è una «porcata». Quante ne ha fatte questo Governo per far dire ciò addirittura ad un suo esponente? Sono veramente arrabbiato, chiedo scusa. Diceva, sempre la presidente della provincia, che è inaccettabile questo colpo di coda di centralismo Pag. 54romano. Complimenti, questo è il bel risultato che raggiungete (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

(Iniziative per la piena funzionalità del ciclo dei rifiuti in Campania, nel rispetto degli obblighi comunitari in materia - n. 3-01128)

PRESIDENTE. L'onorevole Graziano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01128, concernente iniziative per la piena funzionalità del ciclo dei rifiuti in Campania, nel rispetto degli obblighi comunitari in materia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, onorevole Ministro e signor Ministro dell'ambiente assente, è un fatto molto grave l'assenza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in un momento così difficile per l'emergenza rifiuti in Campania, che non è mai finita. Questo è quanto ha affermato anche il sottosegretario Bertolaso pochi giorni fa, lui che, sostanzialmente, riteneva l'emergenza chiusa. Questo è anche quello che le audizioni e i sopralluoghi della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti hanno confermato: dopo un anno il risultato è tutt'altro che miracoloso. Siamo di fronte ad una situazione di disastro ambientale. Oggi, l'emergenza rifiuti non ha la visibilità mediatica di un anno fa, ma rispetto a questi temi riteniamo che il Governo sia richiamato alle sue responsabilità. La provincializzazione della gestione dei rifiuti ha fallito, deresponsabilizzando i comuni, mettendo le mani nelle tasche dei cittadini e aumentando la tassa dei rifiuti.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, in relazione all'interrogazione e alla questione segnalata dall'onorevole Graziano proprio il Ministero dell'ambiente comunica che il sottosegretario di Stato per l'emergenza dei rifiuti ha avviato un'attività basata essenzialmente su due linee di intervento. La prima è stata finalizzata alla soluzione delle problematiche più urgenti al fine di ripristinare quanto prima le condizioni ordinarie di igiene e di sicurezza per i cittadini, la seconda linea di intervento è costituita da misure che richiedono tempi più lunghi destinati alla progressiva riconduzione della gestione dei rifiuti nell'ambito del regime ordinario attraverso la realizzazione di discariche, termovalorizzatori, e all'ottimizzazione d'impiego degli impianti di tritovagliatura, separazione e imballaggio dei rifiuti. La capacità di smaltimento a valle dell'infrastrutturazione eseguita fornisce un'autonomia di smaltimento in discarica di oltre tre anni, considerando anche il rifiuto prodotto dalla provincia di Salerno che, allo stato attuale, risulta priva di discarica attiva. In questo contesto, il 2009 ha rappresentato l'anno cruciale per il definitivo superamento delle gestioni straordinarie e il ritorno alla gestione ordinaria, comportante la progressiva riassunzione di responsabilità da parte delle amministrazioni territoriali che tornano ora a svolgere compiti loro assegnati dalla normativa vigente. Con riguardo al subentro da parte delle amministrazioni territoriali nelle attività di gestione del complessivo ciclo regionale dei rifiuti, il decreto-legge n. 195 del 2009 sancisce l'istituzione nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri di due strutture per la definitiva chiusura della fase emergenziale: l'unità operativa e l'unità stralcio. Esse sono incaricate rispettivamente di avviare le procedure per l'accertamento della massa attiva e passiva derivante dai 14 anni di commissariamento e di curare la prosecuzione di taluni interventi anche infrastrutturali legati al complessivo ciclo di gestione dei rifiuti, di coordinare il flusso dei rifiuti, di organizzare le attività di presidio militare su alcuni impianti e di fornire ogni utile attività di supporto alla regione e alle province. Pag. 55
Per quanto riguarda gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti indicati nella regione gli stessi vengono trasferiti alle amministrazioni provinciali. Infine, sempre nell'ottica del subentro degli enti locali nel complessivo ciclo di gestione dei rifiuti, il decreto-legge stabilisce che le province, anche attraverso società provinciali previste dalla normativa regionale, rientrino nelle attribuzioni stabilite dal codice dell'ambiente.

PRESIDENTE. L'onorevole Graziano ha facoltà di replicare.

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, illustre Ministro, mi ritengo totalmente insoddisfatto nel metodo, come ho detto prima, perché manca il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, anche se formalmente lei rappresenta il Governo ma politicamente anche questo è un atto gravissimo. In aggiunta, è utile sottolineare che l'emergenza rifiuti mantiene la sua strutturale gravità e considerarla risolta dal Governo, come lei insomma in qualche modo dice nella sua relazione, è stato ed è controproducente rispetto ad ogni percezione di normalità. L'emergenza sanitaria, ambientale e criminale non è retorico pessimismo. È un disastro che i cittadini campani conoscono bene e che la maggioranza, a mio avviso, non riesce a smentire. In ordine ai ritardi, rispetto a quelli registrati, al di là di ogni inutile propaganda, è necessario, invece, che si agisca urgentemente.
Voglio elencare alcune opere che devono essere realizzate velocemente, ad avviso mio e del Partito Democratico: occorre costruire nuovi termovalorizzatori come quello di Acerra che, in realtà, tuttavia non basta e ha seri problemi di funzionamento, aprire nuove discariche, perché quelle attive sono prossime alla saturazione, cantierizzare gli impianti previsti, a partire da quelli di compostaggio, incrementare la raccolta differenziata ed implementare un ciclo di gestione integrata che si basi su differenziata, riciclaggio, impianti di compostaggio, responsabilizzare i comuni, facendo loro discutere la tassa sui rifiuti e, quindi, eliminare la provincializzazione. Infatti, proprio la gestione provinciale dei rifiuti attraverso proprie società è stato un errore quando non consente la definizione concreta della tariffa di smaltimento vanificata dal lavoro dei comuni virtuosi e scarica paradossalmente sui cittadini i costi di gestione, con impianti che sono sotto sequestro, in esubero, problemi economici insostenibili, obbligandoli a pagare di più, con una tassa di rifiuti già elevata.

(Tempi e modalità per la definizione e la presentazione al CIPE del programma nazionale per la ricerca 2010-2012 - n. 3-01129)

PRESIDENTE. L'onorevole Adornato ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vietti n. 3-01129, concernente tempi e modalità per la definizione e la presentazione al CIPE del programma nazionale per la ricerca 2010-2012 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Ministro, non abbiamo alcuna obiezione al fatto che sia lei a replicare, anzi la ringraziamo di questo, perché ci interessa di più la risposta. Affrontiamo, come lei ha visto, un tema che è decisivo per la nostra nazione: l'ultimo piano nazionale della ricerca risale al 2005. Credo che potrei fermarmi qui: cinque anni sono un tempo enorme in un mondo che cambia. Questo Paese non ha più avuto un piano nazionale per la ricerca e le colpe sono distribuite tra Governi di centrosinistra e di centrodestra, perché nel 2007 doveva essere elaborato un nuovo piano: allora governava la sinistra, però non c'è neanche oggi. Sul sito del Ministero dell'onorevole Gelmini compare una bozza, ma una bozza non fa primavera. Il piano deve essere approvato e deve essere poi formalmente riconosciuto tale dal CIPE. Quindi, la domanda è: quando questo piano nazionale per la ricerca?

Pag. 56

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Adornato per la personale cortesia, che ricambio. Rispondo anche qui in base agli elementi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dico solo che il Ministro Gelmini, come forse è noto, ha avuto un grave lutto di carattere personale e familiare in questi giorni. Nei primi mesi del 2009, sulla base di macro-obiettivi strategici individuati nel 2008, sono state definite le priorità e le azioni da porre in essere ai fini dell'elaborazione del nuovo programma nazionale per la ricerca, come lei ha correttamente dichiarato. Al fine di conferire al documento la connotazione di strumento di programmazione unitaria, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ritenuto opportuno assicurare un'effettiva partecipazione e coordinamento di tutte le amministrazioni e istituzioni interessate mediante una modalità stabile e strutturata di collaborazione istituzionale. È stata così promossa la costituzione di un apposito gruppo di consultazione presso la competente direzione generale, costituito da autorità, amministrazioni ed enti di ricerca e volto a consentire l'elaborazione ed il confronto di indicazioni e contributi specifichi. Sono stati acquisiti i pareri e le indicazioni delle predette istituzioni e, parallelamente, sono stati attivati tavoli tecnici articolati per tematiche e per priorità strategiche, coordinati da esperti scelti tra personalità di alta qualificazione del mondo scientifico, tecnologico e produttivo.
A fronte delle attività realizzate è stata predisposta una complessiva documentazione relativa al programma 2010-2012, che, come è noto e come lei ha ricordato, è stata resa disponibile sul sito Internet del Ministero al fine di favorire il più ampio confronto con l'intera comunità scientifica. Tra le priorità del programma sono stati individuati 17 progetti definiti «bandiera», che il nuovo programma considererà con particolare attenzione. Tali progetti, aperti al contributo del mondo della ricerca pubblica e del mondo produttivo, sono stati individuati dagli enti pubblici di ricerca e sono in coerenza con le linee strategiche individuate dal programma, che intercetta priorità di interesse nazionale con lo sviluppo di tecnologie chiave abilitanti. Al fine di procedere al completamento dell'iter per la successiva approvazione da parte del CIPE, lo scorso 19 maggio le amministrazioni e gli enti di ricerca sono stati invitati ad una riunione presso il Ministero. L'intento è quello di pervenire ad un'approvazione definitiva dei contenuti del documento, sviluppando congiuntamente una stima di massima del quadro delle esigenze e delle fonti di copertura attivabili, in modo da poter esporre un sistema complessivo e coordinato di strumenti e di disponibilità finanziarie a favore della ricerca.
In conclusione, quindi ad oggi, onorevole Adornato, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta assumendo le informazioni necessarie da parte delle istituzioni interessate e confida a breve, nei prossimi mesi, di poter concludere il relativo processo di approvazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Adornato ha facoltà di replicare.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Ministro, lei però ci parla di un ottimo lavoro preparatorio: non abbiamo dubbi che sia ottimo, ma è un lavoro preparatorio. Passano i mesi, arriva l'estate ed è immaginabile che forse non avremo questo piano nazionale per la ricerca neanche per il 2010 (lo riterrei quasi probabile).
Intanto la ricerca soffre ed è probabile che la manovra economica che ci apprestiamo a discutere accentuerà, in qualche modo, questa sofferenza.
Mi piacerebbe fare polemica ma non c'è proprio modo per farla. Credo che anche lei convenga sul fatto che questo è un Paese che ha gravissimi problemi, quali la disoccupazione, il debito pubblico e quant'altro, e siamo tutti incerti se riusciremo a far fronte a questi problemi del presente. Pag. 57
Tuttavia, questo Paese, certamente, non avrà futuro se non cambieremo insieme l'atteggiamento nei confronti della ricerca, della formazione e dell'università. Lì è il futuro dei nostri figli, dei ragazzi e della competitività italiana, i cui indici - come lei sa - sono oramai quasi agli ultimi posti in Europa e nel mondo. Ecco il problema.
Dobbiamo affrontare questa questione, la quale non è posta per far polemica fra opposizione e Governo, perché è il sistema Paese che deve far fronte ad essa; ma oggi governate voi e dovete farvi carico di questo, non solo di un piano nazionale che è solo uno strumento per arrivare a quello che dico.
La preghiamo di farsi interprete, presso il Ministro Gelmini e il Presidente del Consiglio - perché questa è una priorità nazionale -, delle richieste del nostro gruppo poiché riteniamo si debba fare di tutto per accelerare i tempi e presentare questo piano entro il 2010.
Invitiamo, inoltre, ad immaginare una sessione di questo Parlamento per discutere le linee generali di questo piano e di qualcosa che è il nostro futuro. Niente di più e niente di meno che il vero futuro di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Castagnetti, Lo Presti, Lombardo e Vietti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 3118-A (ore 16,06).

PRESIDENTE. Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso un nuovo parere riferito all'articolo 1 del provvedimento, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è iniziato lo svolgimento degli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

(Ripresa esame articolo 1 - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, sul complesso delle proposte emendative, l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, gli interventi che da questa mattina si susseguono in Aula hanno uno scopo (almeno mi sembra), ossia quello di far capire, qui dentro e a chi ci ascolta da fuori, quale sia la effettiva portata di questo provvedimento e l'articolo 1 è, in qualche modo, un articolo emblematico che enuncia la portata e l'ampiezza del provvedimento che stiamo esaminando con una ricchezza di termini che conviene - qualcuno l'ha già fatto - sottolineare.
Cito il primo articolo del provvedimento in esame e vi invito a fare attenzione a quante norme costituzionali quest'ultimo tira in ballo. L'articolo 1 dispone che «La presente legge, nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 5 e 114, primo comma, della Costituzione e in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, individua e disciplina le funzioni fondamentali Pag. 58di comuni, province e città metropolitane». Tralascio la parte restante dell'articolo solo per andare a ritrovare un'altra norma costituzionale: «La presente legge, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, individua e trasferisce funzioni amministrative e disciplina il procedimento per la razionalizzazione delle circoscrizioni provinciali, sulla base di parametri oggettivi». Non cito il comma 1-bis che probabilmente sarà oggetto di un parere ulteriore da parte della Commissione bilancio.
Questo mi basta per fare capire quale sia l'intento di questo provvedimento, almeno nella premessa. Sapete che le leggi si leggono nel primo e nell'ultimo articolo. L'articolo 1 serve per capire cosa si vuole ottenere con quella legge e l'ultimo articolo serve a capire quali sono le abrogazioni che con quella legge si realizzano e dunque capire, in realtà, come si innova l'ordinamento. Questo tipo di impostazione, pertanto, ci fa capire che siamo nella più ampia prospettiva di un'attuazione costituzionale, anzi di un'attuazione costituzionale di molte norme della Costituzione.
Questo cosa vuol dire? Vuol dire che il testo al nostro esame dovrebbe essere, in qualche modo, compreso tra quelli che si presentano al Parlamento per essere poi largamente condivisi. Devo aggiungere che l'articolo 128 della Costituzione, nel testo originario, affermava una cosa che è importante ricordare: «Le province e i comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni».
Questa caratteristica, anche se l'articolo 128 della Costituzione è stato abrogato, resta nel testo costituzionale. L'idea è che le leggi generali riguardanti gli enti locali abbiano un carattere di organicità.
La Costituzione ha un disegno chiaro: ci sono alcuni organi e alcuni enti che vengono direttamente disciplinati dalla Costituzione; ci sono altri enti (e questi sono gli enti locali) che nella Costituzione hanno in qualche modo la cornice, che è rappresentata proprio dagli articoli 5, 114, 117 e 118 della Costituzione.
Quindi, quando durante l'esame della legge sul federalismo fiscale - stamattina lo hanno ricordato diversi colleghi, ma mi hanno colpito gli interventi del collega Bressa e del collega Causi sui quali ritornerò tra un momento -, cioè quando praticamente si affrontava il discorso sulla legge relativa al federalismo fiscale, tutti noi dicevamo con forza che quel disegno è strumentale come è strumentale l'articolo 119 della Costituzione rispetto ad un disegno strategico che è costituito da queste altre norme che oggi stiamo attuando. Anzi, da queste norme che diciamo di voler attuare, perché tra quello che si dice e quello che si fa sta tutto lo scarto contenuto in questa legge.
Allora è bene che diamo un'occhiata a quello che stiamo facendo. Ho detto prima che si tratta di una legge che doveva essere generale e che dovrebbe avere l'ambizione di essere organica. Ma siamo sicuri che questo stia avvenendo? Cioè, siamo sicuri che il Parlamento, la Camera dei deputati, questa Assemblea stia affrontando un disegno che ha la pretesa della organicità?
Voglio ricordare una breve nota, a volte le brevi note sono quelle più significative perché con poche notazioni e con poche indicazioni fanno capire qual è l'impatto di questo disegno di legge sulla legislazione vigente.
Cominciamo col dire che questo disegno di legge avrebbe l'ambizione di modificare il Testo unico delle norme sugli enti locali, che tuttora costituisce il caposaldo della normativa in materia. Lo tocca e non lo tocca, cioè per una parte lo modifica e per una parte non lo modifica.
Questo provvedimento naturalmente ha a che fare con un'altra legge, la legge n. 131 del 2003 (cosiddetta legge La Loggia) e anche qui per un verso la tocca e la modifica, per un altro verso no.
Poi - l'ho già detto ma è il caso di ripeterlo - questo provvedimento si configura come la normativa definitiva rispetto alla normativa provvisoria contenuta nella legge sul federalismo fiscale. Tutto ciò non basta. Questo provvedimento ha a che fare anzi, vorrei dire, altri provvedimenti hanno avuto a che fare con Pag. 59questo disegno di legge, lo hanno detto molto bene alcuni colleghi che ho ascoltato questa mattina, come il collega Naccarato e altri.
Questo provvedimento è apparso in qualche modo anticipato e posticipato da una serie di altri interventi: la legge finanziaria per il 2010 ha anticipato alcuni contenuti, ma poi è stata modificata dal decreto-legge n. 2 del 2010, che, correggendo tale legge finanziaria, anticipava alcuni contenuti di questo provvedimento.
Non basta: il decreto-legge sulla manovra economica ha praticamente deciso di intervenire ulteriormente su questa materia e, quindi, ha preso altre parti. Diciamo con un'espressione un pochino rudimentale, ma che si può utilizzare per capirci, che la materia degli enti locali è stata oggetto di una sorta di «spezzatino». Anziché una trattazione organica, il Governo ha «preferito» (tra virgolette, perché non è stata una scelta di chi aveva riposto in questo provvedimento un carattere fondamentale e ordinamentale per dare un segno organico a tutta questa materia) trattare la materia prevalentemente mediante decreti-legge. Così facendo, è stata sostanzialmente divisa e spolpata.
Debbo ricordare che vi sono altri due provvedimenti - mi pare di averne elencati 6 fino ad ora - uno di iniziativa del collega Realacci (l'A.C.54), che prevede una disciplina organica dei piccoli comuni ed è attualmente all'esame in sede referente delle Commissioni V (Bilancio) e VIII (Ambiente). Inoltre, il disegno di legge d'iniziativa del Governo A.S. 2156, attualmente all'esame del Senato, riproduce gli articoli 7 e 8 e le disposizioni in tema di controlli degli enti locali contenuti nel disegno di legge al nostro esame.
Non so, una volta si diceva «spezzatino», ma penso che siamo in presenza di «coriandoli», cioè di una serie di microinterventi i quali tolgono quel carattere di organicità che la Costituzione richiede all'intervento su questa materia. So che la Costituzione a tratti è considerata un elemento di riferimento un po' nominalistico, però per chi ci crede ancora - e noi ci crediamo fortemente - il disegno sull'autonomia degli enti locali non va disgiunto, come diceva il collega Causi, dal disegno relativo al finanziamento degli enti locali stessi: l'autonomia senza il finanziamento è una parola vuota e quei 4,3 miliardi sottratti con le ultime due manovre agli enti locali non fanno ben sperare sull'attività che stiamo facendo.
Attenzione: in definitiva, sia pure spolpato, questo provvedimento manteneva un suo nucleo forte, questa ambizione di poter dire che è il Parlamento a stabilire - come la Costituzione richiede di fare - le funzioni fondamentali di questi enti. Questo era il poco o tanto che era rimasto. Ciò però era fino a ieri e all'altro ieri, perché (adesso non voglio andare sulle indagini che fanno pensare a chi può aver suggerito o imposto una applicazione così perentoria dell'articolo 81 della Costituzione) ricordavo che ci fosse un'interpretazione sulla base della quale si diceva che, quando si tratta di leggi delega, il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione si sposta nel tempo ai decreti delegati attuativi, così come si sta realizzando sul federalismo fiscale. Quando improvvisamente la Camera si prende lo spazio per poter decidere quali sono le funzioni fondamentali definitive rispetto a quelle provvisorie stabilite nella legge n. 42 del 2009 questo non vale più.
Allora, sostanzialmente, la Camera che si poteva in qualche modo essere appassionata a questa attività, a questo spezzatino che aveva lasciato qualcosa di significativo, si vede sottratta anche quest'ultimo «pezzo» a disposizione, perché gli viene detto: sì, fai pure, legifera sulle funzioni fondamentali, ma sappi che la tua normazione avrà valore, secondo alcuni, tra tre anni, secondo altri tra cinque, secondo altri ancora tra sette, la collega Lanzillotta ha detto tra dodici anni.
Certamente è appassionante per tutti noi varare delle norme, anche se è un po' imbarazzante approvarle in questa maniera, ma varare norme che abbiano effetto tra dieci, dodici, o anche sette anni, mi pare che sia un'operazione un po' Pag. 60assurda e credo che lo sgomento che da questa mattina gli interventi stanno dimostrando sia su questo aspetto.
Ai pochi o molti che ci ascoltano dobbiamo chiarire due questioni: la prima è che il disegno sulle autonomie degli enti locali non ha senso se con una mano si fa questo e con l'altra si taglia in maniera brutale ogni tipo di risorsa; la seconda è che non si può dire che le funzioni sono quelle che verranno riconosciute a futura memoria.
E tuttavia, c'è un altro elemento su cui vorrei soffermarmi - so che può sembrare un po' utopistico notare ancora queste cose in un'Aula che giustamente ha preoccupazioni di altra natura: penserà alla manovra economica, alle intercettazioni, alle questioni che sono all'ordine del giorno - ma che è più sottile ed ancora più inquietante.
Da qualche tempo accade, infatti, che il Governo viene in Parlamento e dice sostanzialmente: voi, Camere, potete esercitarvi su questa materia, poi io ne terrò conto tra sette o dieci anni. Ma vi è anche un aspetto ulteriore che emerge dall'analisi dell'articolo 13 del provvedimento che, pur se non attiene all'articolo 1, rivela il «trucco». L'articolo 13 prevede chiaramente una delega che in realtà possiamo chiamare «super delega». Non è una delega come tutte le altre in quanto consente al Governo di emanare decreti legislativi (come tutte le deleghe) ma sulla base di principi e criteri direttivi che più ampi di così non potrebbero essere: vi ricordo, infatti, che tra i criteri direttivi portanti c'è quello dell'applicazione dei «principi della giurisprudenza costituzionale». In sostanza il Governo dice: non ti preoccupare Parlamento, io vado a leggere le sentenze della Corte costituzionale e tra due anni varerò un decreto legislativo che si chiamerà - quello sì - Carta delle autonomie, che dunque non sarà quella che farai tu, perché tu ne realizzerai un pezzettino piccolo piccolo, io farò la Carta delle autonomie.
Nel testo in esame si prevede che i poteri del Governo sono di coordinamento sostanziale, per cui il Governo va a prendere tutte le norme dei vari decreti emanati sulla base della legge finanziaria o con la manovra economica e altri provvedimenti, e dice al Parlamento: tu non ti preoccupare, fai pure quello che pensi sia utile (naturalmente se non ci svegliassimo) ma poi la vera legge la farò io con il decreto legislativo, senza criteri, tra due anni.
Noi qui stiamo facendo un gioco delle parti inaccettabile: questo è un provvedimento fantasma, non è un disegno di legge, è una finzione normativa e noi a questa finzione normativa diciamo «no» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci accingiamo a votare il disegno di legge A.C. 3118-A, che tratta di codice delle autonomie e, in modo particolare, suggerisce, in termini semplici, come dovremmo fare per gestire al meglio il nostro Paese e cercare di risparmiare il più possibile per contenere i costi.
Il provvedimento in esame è in discussione da luglio e, precisamente, è stato oggetto di discussione da luglio 2009 fino a gennaio 2010, e lo è a tutt'oggi, al fine di trovare sistemi che migliorino l'economia del nostro Paese. A un certo punto, la maggioranza, che ha avuto un'impennata di grande riflessione e responsabilità, ha sostenuto che fosse importante, per recuperare somme e denaro, nell'interesse dei cittadini, abolire una parte delle province, i consorzi di bonifica e tutti gli enti definiti inutili.
In modo particolare, cominciava una grande riflessione e un grande dibattito politico, che travagliava la mente e provocava una crisi anche all'interno della psiche umana e della psiche politica: non si riusciva a capire, infatti, come due entità che stavano all'interno della stessa casa, con la complicità di qualcuno dall'altra parte, dopo una grande riflessione e un grande travaglio interiore, partorissero Pag. 61dopo nove mesi un bel bambino, nei confronti del quale veniva svolta questa riflessione: «non si possono abolire tutte le province, ma ne aboliremo una parte, ossia quelle che effettivamente non hanno senso di esistere e che portano solo a uno spreco e che, di conseguenza, danneggiano l'economia di questo Paese e rendono difficile per i cittadini poter andare avanti».
Allora cerchiamo di recuperare un poco di denaro. Ma come facciamo a recuperarlo? Come dicevo poco fa, da un grande travaglio interiore e da un dibattito politico intenso proviene una proposta: questa maggioranza, insieme a qualcuno dell'opposizione, sostiene che abbiamo raggiunto un equilibrio nell'interesse del Paese e dei cittadini («ridurremo e aboliremo tutte quelle province che non hanno senso né significato, ma provocano solo sperpero di denaro»).
Noi dell'Italia dei Valori, che avevamo presentato una proposta di legge, non accettata, che proponeva di abolire tutte le province, prendiamo coscienza che forse, effettivamente, da parte della maggioranza vi è la disponibilità a trovare soluzioni, non grandi, ma piccole.
Allora, per un attimo, abbiamo creduto nella buona fede di coloro i quali volevano presentare questa proposta di legge o proponevano una modifica di tali norme, per migliorarle ed eliminare o abbassare il peso fiscale e, di conseguenza, i danni arrecati a questo Paese.
Però, all'improvviso, ci accorgiamo che tutto «abortisce»: ne esce fuori una soluzione secondo la quale si dice: «attenzione, quello che avevamo detto e il discorso che avevamo affrontato forse non sono stati capiti bene: noi abbiamo detto che discutiamo sull'argomento, ma non siamo disponibili ad abolire le province, perché le province sono sistemi clientelari, che servono per collegare e per collocare nel ruolo di presidente di provincia o in altri ruoli amministratori o deputati nazionali trombati!» (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Non finisce qua! Svolgo anche un'altra riflessione: gli amici parlamentari, con la complicità di qualcuno che sta seduto dall'altra parte dei banchi, hanno deciso di intervenire su un'altra questione importante oltre a quella delle province, ossia quella inerente i consorzi di bonifica. Allora, ci chiediamo: che senso ha mantenere il consorzio di bonifica? Che senso ha mantenere qualcosa che è parassita? Che senso ha?
Però non riusciamo a capirlo, perché, come ci spiegano le intelligenze politiche che sono sedute all'interno di questa Aula, che dovrebbero essere menti raffinate, che dovrebbero parlare nell'interesse del Paese, non ho e non abbiamo capito niente: i consorzi vanno mantenuti perché dobbiamo dare lavoro a coloro i quali non riescono ad espletare un lavoro sereno e con professionalità, che sono persone che non sanno dove e come collocarsi e non hanno professionalità! Dove potremmo collocarli se dovessimo abolire i consorzi? Scilipoti, non hai capito niente! I consorzi non possono essere aboliti, perché ci sono tanti amici e amici degli amici che devono essere inseriti ed avere un ruolo all'interno della politica. Molte volte debbono avere questo ruolo a discapito degli italiani.
Il fatto che gli italiani paghino non ha interesse, perché molte volte, cari amici presenti in Aula, molti parlano bene ma razzolano male. Coloro i quali vogliono lavorare nell'interesse del Paese sono penalizzati. Coloro i quali vogliono lavorare nell'interesse di quest'Aula parlamentare e conseguenzialmente dare forza ad un Paese, per crescere e per essere veramente di primo mondo, devono essere emarginati e delegittimati. Più tu gridi per far valere le ragioni del consenso e della buona politica, più sarai emarginato! Questa è la realtà che oggi viviamo all'interno e all'esterno di quest'Aula.
Abbiamo partiti politici che - non interamente ma a pezzi - sono deviati e che hanno solo un obiettivo, quello di formare clientela e di lasciare il cittadino italiano sempre in una situazione di grande difficoltà. Questa è la vera ragione, perché più debolezza e più difficoltà il Paese avrà, più i mediocri saranno al Pag. 62vertice (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Questo è il dramma che questo Paese sta vivendo. Chiedo a voi, che dite di essere responsabili e di voler ridurre la spesa pubblica, che sostenete di volete rilanciare questa Italia, che senso ha mantenere delle province con quattro comuni per uno sperpero di milioni e milioni di euro (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Che senso ha mantenere i consorzi di bonifica del Mela, come quello in provincia di Messina e in tanti altri luoghi d'Italia?
Queste dovrebbero essere le riflessioni: il politico dovrebbe educare il cittadino, invece molte volte il politico viene guidato dalle lobby di alcuni gruppi, che non hanno l'interesse di far crescere il Paese, ma quello di far crescere soltanto gruppi e lobby per distruggere questo grande Paese, che piano piano andrà verso la morte.
Questo è il dramma che stiamo vivendo, ma dovremmo compiere un atto di grande responsabilità ed entrare veramente nella visione del politico nobile per rilanciare tutto ciò che dovrebbe essere rilanciato nell'interesse del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Moderiamo l'entusiasmo. Lo chiedo ai colleghi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà. Vediamo se suscita lo stesso entusiasmo.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non credo di essere allo stesso livello del collega Scilipoti, però ritengo che, arrivati a questo punto, bisogna riordinare le nostre idee e capire ovviamente cosa si sta facendo in questo momento. Almeno i gruppi dell'opposizione sono impegnati in un approfondimento anche di questo articolo 1, con riferimento anche gli emendamenti che sono stati variamente presentati. Ritengo anch'io di dover esporre qualche idea.
Queste sono le occasioni - signor Presidente, lo dico con estrema tranquillità al Governo, ai colleghi della Commissione e soprattutto al relatore - per un confronto, però ci troviamo di fronte a un confronto un po' anomalo.
Non è che ci stiamo dividendo su una diversa impostazione o su diverse posizioni e idee in merito al provvedimento. Credo che la differenza di fondo e sostanziale sia questa: un provvedimento organico o un non provvedimento; un provvedimento serio o un provvedimento che è semplicemente un'espressione e un'apparenza, dove tutto è stato svuotato.
Non riprendo gli interventi di questa mattina: sono intervenuti per il mio gruppo gli onorevoli Ciccanti, Mantini e Ria, perciò non faccio riferimento a temi che sono stati ampiamente perlustrati. Se ha un senso ancora intervenire in questa fase, certo la richiesta e la sollecitazione che rivolgiamo al Governo e anche al relatore è di rivedere le posizioni: ha senso mantenere un provvedimento di questo genere, quando sulle funzioni tutto viene svuotato ed eliminato, senza che vi sia una seria e reale prospettiva per l'impianto di questo provvedimento?
Ho ascoltato il Ministro Calderoli questa mattina, il suo riferimento alla capacità di mediazione: ha fatto riferimento, mi sembra, alla Democrazia Cristiana, ma allora si mediava su cose conciliabili, non sull'inconciliabilità o sugli ossimori.
Qui ci troviamo di fronte a un dato che non può essere riconducibile a sintesi, a meno che non diciamo - ma questo è più un problema della Commissione e del relatore - che abbiamo lavorato a vuoto, in attesa di un provvedimento, o meglio di un parere con condizioni, che ha sconvolto tutto l'impianto su cui avevamo costruito anche il nostro articolato (mi riferisco al parere della Commissione bilancio).
L'interrogativo che pongo a me stesso, ma anche, signor Presidente, ai componenti del Governo e a tutti i colleghi della Commissione e dell'Assemblea, è il seguente: nel momento in cui abbiamo quel parere con condizioni, è un problema che si riferisce all'articolo 81 della Costituzione e alla copertura finanziaria o vi è un tema di carattere politico profondo? Pag. 63
Per dire la verità, tutto questo noi lo avevamo anticipato: lo avevamo detto in sede di discussione sulle linee generali, quando avevamo fatto riferimento al federalismo fiscale, alla legge n. 42 del 2009; il nostro gruppo, solo in quest'Aula, lo aveva previsto, quando si era espresso con chiarezza contro la legge n. 42 del 2009, perché abbiamo votato da soli contro la legge sul federalismo fiscale.
Coerentemente, oggi poniamo queste questioni: abbiamo qualche perplessità, perché certamente la Commissione bilancio ha lavorato, come ha sempre fatto, guidata da un bravo presidente, con grande correttezza, ma sottofondo, o soprafondo, come si suole dire, vi è un disegno politico sull'articolazione che investe chiaramente l'ordinamento del nostro Paese.
Io l'ho detto e lo abbiamo detto anche in questi giorni: il ruolo delle regioni non è definito in questo provvedimento; certamente, si vuole andare sempre di più verso una centralità delle regioni.
Anche nella stesura iniziale, originale di questo provvedimento avevamo già denunciato che mancava un'autonomia forte dei comuni, ma qui si vuole realizzare un ordinamento ed andare verso una determinata prospettiva. Credo che sia questo il tema cogente nel quale non vi è soltanto il federalismo fiscale: manca infatti il federalismo, mentre viene individuata ipoteticamente una confederazione nella quale le regioni si dividono e si identificano più con gli Stati e meno con le regioni, o quanto meno sostituiamo al vecchio centralismo statale il nuovo centralismo burocratico, gestionale e politico delle regioni stesse.
Credo che siano questi oggi il grande interrogativo ed i grandi nodi da sciogliere: sulle funzioni fondamentali rivedere e rimandare tutto alla genericità dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009 significa certamente manomettere e scardinare le fondamenta su cui abbiamo costruito questo articolato. Per il resto, quando poi arriviamo a discutere delle province e delle unioni o delle associazioni di comuni (quelle obbligatorie al di sotto dei 5 o dei 3 mila abitanti) come le facciamo? Sulla base di quali funzioni? Ma così tutto l'impianto viene meno perché è saltata la filosofia di questo provvedimento.
Non vi è dubbio che le nostre riserve sono forti perché non credo che le attese che hanno accompagnato questo provvedimento possano essere frustrate e vanificate in questo modo, in termini certamente poco rispettosi dell'attività e dell'impegno di carattere legislativo da parte della Commissione di merito (ma anche delle Commissioni riunite in sede consultiva, che hanno espresso il loro parere). Signor Presidente, signori componenti del Governo, possiamo andare avanti e forse - anzi, certamente - vi sarà un confronto acceso sugli emendamenti e, come si suol dire, un braccio di ferro. Molti pensano che i tempi sono contingentati e che quindi, esauriti questi, si procederà comunque, ma abbiamo prodotto una falsa legge e frustrato e vanificato - come dicevo poc'anzi - l'esigenza di assicurare una sistemazione organica ed un ruolo alle autonomie locali e su questo costruire l'impianto di una democrazia partecipata più puntuale ed aderente ai tempi e alle esigenze di una società moderna.
Ritengo che ci stiamo incamminando verso una strada sbagliata. Signor Presidente, signor relatore, possiamo anche approvare questo testo - e alla fine si approverà - e i numeri della maggioranza, se vi saranno, vinceranno, ma non credo che vincerà il Parlamento né la qualità e soprattutto la chiarezza della produzione normativa.
Si poteva comprendere prima che vi era quell'articolo della legge n. 42 del 2009 perché non credo ad un fatto tecnico di copertura finanziaria: non ci credo, è un disegno di carattere politico dove prevale e si sovrappone la linea politica all'interno di una componente della maggioranza. Ritengo che questo sia oggi il dato ben presente all'interno del quale certamente ognuno fa la sua parte, ma non riesco a capire perché altre componenti - e più numerose - della stessa Pag. 64maggioranza si sono assiepate e nascoste dietro all'iniziativa forte da parte di una certa componente della maggioranza.
Signor Presidente, allora il problema è diverso dalla norma in sé: possiamo discutere dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, possiamo aggiustare, possiamo anche indicare e definire gli argomenti, i temi e le funzioni - quelle più ampie e quelle più ridotte - e introdurre alcune altre misure, ma il tema è di carattere politico e alla maggioranza rimane la responsabilità di una vicenda che è veramente sconcertante sul piano politico e della produzione legislativa.
Questo è il nostro giudizio, questa è la nostra valutazione che - come dicevo all'inizio - è consequenziale e coerente rispetto agli intendimenti ed alle posizioni che abbiamo assunto in sede di discussione, di esame e di approvazione della legge n. 42 del 2009 (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, credo che questo provvedimento abbia acceso molte aspettative, non solo da parte di tanti amministratori che in questo Paese fanno il loro dovere tutti i giorni, realizzando un buon governo nei tanti comuni italiani, ma anche da parte dei cittadini. È un'aspettativa che riguarda un sistema delle autonomie locali più efficace, più capace di dare risposte ai bisogni.
I nostri enti locali infatti sono i primi interlocutori dei cittadini, rispetto alla qualità dei servizi che erogano, al gradimento e al soddisfacimento dei bisogni delle famiglie italiane. Questo provvedimento invece, che pur ha acceso tante aspettative, sta dimostrando la sua povertà nelle proposte e nel lavoro prodotto dalla Commissione, e seppure nel grande impegno profuso da tutti, si è rivelato un testo pieno di emendamenti soppressivi, presentati dalla stessa maggioranza di intesa con il Governo. Tali emendamenti soppressivi di fatto hanno tolto qualsiasi concretezza a un progetto, che pur da noi non era completamente condiviso.
Proprio la condivisione è l'altro aspetto che è mancato, un qualsiasi tipo di condivisione da parte degli enti locali: non vi è stata la capacità del Governo di rappresentare le istanze delle autonomie. A un progetto federalista si è contrapposto e si contrappone di fatto un progetto centralista, che questo Governo e la maggioranza stanno portando avanti in contraddizione con quanto annunciato. È un progetto che ha dimostrato di non saper tagliare i costi inutili, ma ha pensato semplicemente a condurre un'operazione di «mascheramento» delle situazioni, offrendo solo slogan, ma nulla di concreto. L'esempio più chiaro riguarda le province: abbiamo assistito a un balletto inspiegabile e ingiustificabile con il numero delle province, che venivano tagliate per poi essere ripristinate.
Non vi è stato nulla di concreto, nemmeno su quei punti su cui si poteva trovare facilmente un accordo per rispettare innanzitutto l'accordo con gli elettori, assunto da questo Governo, quando ha scritto nel programma che era favorevole alla soppressione di tutte le province, e poi in relazione ad un dibattito che poteva costruire un'intesa con l'opposizione, almeno con la soppressione delle province delle aree metropolitane, che con evidente chiarezza rappresentano un doppione inutile rispetto a una struttura, la città metropolitana, che tutti quanti noi abbiamo sempre sostenuto.
Accanto ad una incapacità di fornire risposte nella concertazione con le autonomie locali, vi è un'altra mancanza di fondo, relativa alla concertazione sui risparmi economici che si possono ottenere anche da questo tipo di manovra di semplificazione, ma che invece non sono neanche quantificati.
Volevo riprendere anche un altro tema che è stato oggetto semplicemente di emendamento soppressivo, perché, quando si tratta di questioni complesse, voi preferite annunciarle per poi mai affrontarle. Riguardava gli uffici decentrati dello Stato e il fatto di riuscire dunque a centralizzarli all'interno delle prefetture. Il nostro Paese è ancora molto centralista, al di là Pag. 65degli slogan, e tale centralismo viene applicato in maniera sempre più forte dal vostro Governo. Vi era la possibilità di trasferire all'interno delle strutture decentrate del Governo, ovvero delle prefetture, le competenze che oggi sono in capo ai tanti ministeri o agli uffici scolastici, ad esempio al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero per i beni e le attività culturali o al Ministero per lo sviluppo economico. Era un lavoro che era stato impostato anche dal precedente Governo, che era arrivato a maturazione e che con questo provvedimento poteva trovare una forma di risposta.
Voi siete partiti da quell'assunto e ricordo a riguardo gli slogan della Lega «cancelliamo le prefetture». Dalla cancellazione delle prefetture siamo arrivati alla formula «non cancelliamo più niente», così come deve essere, ma almeno siano concesse le funzioni che possono svolgersi e che hanno ragione di essere nelle prefetture, e che invece sono e continuano ad essere dipendenti direttamente dai ministeri romani.
Ciò avrebbe dato un segno di effettiva volontà di cambiamento. Invece anche questo è diventato un emendamento soppressivo: persino questo, che era una delega che si teneva il Governo stesso, e quindi che il Ministro Maroni, nella sua competenza e lavorando su un terreno a lui familiare, poteva esercitare utilmente, rispetto ad un riequilibrio dei poteri tra lo Stato ed il territorio.
La manovra finanziaria che affronteremo, e che oggi è al Senato, è la dimostrazione, lo specchio chiaro di un'Italia che è sempre più centralista. Il presidente Formigoni - quindi non un rappresentante del centrosinistra - ricorda oggi, in una dichiarazione, come i tagli e i sacrifici siano richiesti per il 3 per cento alle strutture centrali dello Stato e per il 13 per cento alle amministrazioni decentrate ed alle regioni. Il provvedimento su cui stiamo lavorando oggi è proprio lo specchio di ciò: i sacrifici si continuano a chiedere ai territori, i risparmi si devono chiedere ad essi, le ristrettezze si devono porre in capo agli amministratori locali.
Questa era una possibilità, era un terreno di sfida che come Partito Democratico avremmo accolto volentieri, per andare a verificare effettivamente quali siano le cose che possiamo fare insieme per riuscire a far diventare questo Paese più moderno, senza slogan, ma con concretezza: su questo terreno voi vi siete tirati indietro. Credo sia invece necessario riprendere la Carta delle autonomie, con determinazione e coraggio; riprendere a discuterne insieme ai comuni, perché i comuni hanno bisogno di migliori e più efficaci strumenti per lavorare: non solo di risorse, ma anche di migliori strumenti. Hanno bisogno di un'interlocuzione più chiara con lo Stato: oggi questa interlocuzione non è chiara, non è immediata, non è semplice, ed è complicata anche dalle norme che vengono inserite nel provvedimento.
Credo allora che questa sfida, che voi non avete saputo cogliere, determina la nostra contrarietà a questo percorso, chi si sta dimostrando semplicemente inutile; e l'inutilità di un provvedimento legislativo è peggio della sua carenza strutturale. Mi sembra indispensabile - e questo è stato il lavoro che abbiamo provato a fare, convincendovi nel merito delle questioni - che esso torni ad essere discusso nelle Commissioni competenti, per provare a rimetterci del contenuto serio, che non può che andare avanti insieme al progetto sul federalismo: un federalismo su cui vi abbiamo dato fiducia, e tuttavia essa non è stata corrisposta fino in fondo.
Stiamo ancora attendendo di conoscere i costi del federalismo, stiamo ancora attendendo di capire quali siano le ripercussioni finanziarie per gli enti locali, per le regioni; e accanto a questo, attendevamo di comprendere quali fossero le vere competenze che venivano trasferite dallo Stato agli enti locali.
Allora, di fronte a ciò, noi non possiamo che continuare ad appellarci al buonsenso di molti colleghi parlamentari, che sono in Aula dopo aver fatto per tanto tempo anche un percorso negli enti locali e nelle amministrazioni, dove hanno sperimentato le difficoltà che i sindaci e gli Pag. 66amministratori locali incontrano ogni giorno. Torno ad appellarmi alla Lega - che nel proprio DNA scrive di essere un partito federale, che si occupa di autonomie locali, che si occupa di quanto accade sul territorio, e che invece anche in questa occasione sta abdicando al mandato di cui è stata investita dagli elettori -, per tornare invece a parlare veramente di cose concrete; e non più di leggi di principio, che non hanno alcuna efficacia, e anche, anzi, si traducono in un boomerang rispetto alle autonomie locali, che attendono risposte e che ottengono invece solo slogan (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, quello che stiamo esaminando è un provvedimento che poggia palesemente su basi d'argilla: proprio quello che era il pezzo forte del disegno di legge, cioè la razionalizzazione delle province e degli uffici territoriali delle amministrazioni centrali, è stato soppresso; è stato quindi espunto un «pezzo» che era fondamentale.
E siccome questo provvedimento è collegato proprio alla manovra di finanza pubblica, la soppressione delle uniche norme che avrebbero potuto poi - anche se non subito, non nell'immediato - procurare una boccata d'ossigeno ai conti pubblici, in questo modo, va a rendere inutile lo stesso provvedimento. Quindi gli scopi e gli obiettivi che questo testo avrebbe dovuto perseguire quali l'efficacia, l'efficienza degli enti, e soprattutto la riduzione dei costi attraverso la razionalizzazione delle funzioni e del loro esercizio sono venuti meno. Voglio dire proprio due parole a proposito della razionalizzazione delle province. Su questo argomento si sono succeduti avvenimenti eclatanti che hanno portato a continue modifiche del testo stesso, compresa quella che prevedeva la soppressione delle province con una popolazione inferiore a 200 mila abitanti, o a 150 mila se di territorio montano. Praticamente ne sarebbero state soppresse (e direi che sarebbero state, alla fine, penalizzate), fatti un po' di conti e guardando poi l'elenco delle province, solo tre o quattro su centodieci. Alla fine quindi tutto si sarebbe risolto nella penalizzazione di una manciata di province, e sicuramente di risparmio non ce ne sarebbe stato (praticamente è stata una presa per i fondelli). Perché dico questo? Perché il gruppo dell'Italia dei Valori è per l'abolizione delle province, ma non nel senso della dimensione geografica, bensì come struttura politica. Ciò è ben diverso, perché l'abolizione non solo abbassa il livello di spesa pubblica, ma facilità quello che è il rapporto tra i cittadini e la politica stessa, e oggi c'è bisogno di questo rapporto più ravvicinato tra la politica e i cittadini, visto e considerato che i cittadini sentono lontana la politica. Dati i risultati che forse si sarebbero ottenuti tra un paio di anni e il rischio di risolvere la questione definitivamente, avete deciso che è meglio niente, in questo modo avete prodotto il niente. Oltre alle province avete lasciato in piedi le comunità montane, i consorzi di bonifica e le circoscrizioni. Questa non è una semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali. Avete lasciato tutti questi soggetti e sicuramente ciò non significa semplificare. Il gruppo Italia dei Valori ha sempre sostenuto che la via migliore è quella delle associazioni di comuni, perché in effetti poi è l'unico modo per risparmiare.
Infatti, associando i servizi si ottengono sicuramente quell'efficienza e quell'efficacia auspicate, si offre la qualità del servizio ai cittadini, e nel contempo si raggiunge quell'economia di scala che è il presupposto e l'obiettivo delle associazioni dei comuni. La realtà è che non ci sono risorse finanziarie. Verrebbe da dire: ma quando mai ci sono state queste risorse, e quando mai ci saranno con la politica che voi state attuando, con la politica che avete messo in atto? In questo modo state anche accantonando quello che è il federalismo. Vedete, l'Italia dei Valori ha votato con convinzione a favore del federalismo demaniale, ma non potrà mai avallare Pag. 67questo provvedimento, che non semplifica nulla e che non riordina proprio un bel niente. Quale federalismo poi volete attuare? Quello della complicazione delle cose e addirittura delle risorse che vengono sottratte alle regioni. Chiaritevi le idee, proponeteci dei provvedimenti che siano concreti, un federalismo che sia veramente efficiente, che sia rivolto al bene dei cittadini. Fate proposte che semplifichino sul serio, concretamente, l'ordinamento degli enti locali. Altrimenti, per costruire un Paese abbiamo impiegato tanto tempo, e voi, per distruggerne l'impianto impiegherete un solo giorno.
Sarebbe il caso di proporre qualcosa dal contenuto più serio, più incisivo, che non tolga risorse alle regioni. Questa è la condicio sine qua non, perché, in questo modo, andreste a bloccare il servizio ai cittadini e ciò non è di certo la buona premessa sulla quale fondare il federalismo stesso. La Carta delle autonomie locali è soltanto una carta, un foglio, perché lascia, poi, le cose così come stanno, così come sono. È necessario, inoltre, regolamentare anche la proprietà delle società pubbliche perché vi è un altro provvedimento che sta svendendo le partecipazioni dei comuni e delle province ai privati, con l'obbligo di avere una sola partecipazione per i comuni con popolazione inferiore ai 50 mila abitanti, ma nessuna partecipazione per i comuni sotto i 30 mila abitanti. Così, gli enti locali, le province, dovranno, quindi, cedere, ma anche svendere quelle che sono le partecipazioni ai privati e, in questo caso, vi sarebbe forse un forte spreco di patrimonio pubblico.
Sono tante le incongruenze e, nel contempo, vi sono norme che lasciano la situazione inalterata. Questo è, quindi, un avvio del federalismo con il piede sbagliato, onorevole Ministro, perché, oltretutto, sono proprio le regioni ad essere penalizzate; esse non potranno, poi, essere i propulsori dello sviluppo territoriale quando, in effetti, veramente, sono le regioni il motore dello sviluppo sul territorio. Ecco perché ripeto che questo provvedimento si basa su un piano d'argilla, perché il contenuto è debole ed è anche poco incisivo. Allora, mi chiedo, in poche parole: che cosa avete semplificato? Quale Carta delle autonomie avete prodotto? Sicuramente, con questo provvedimento, a nostro avviso, avete prodotto il nulla (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, mi sono sempre state antipatiche quelle persone che dicono: «io l'avevo detto». A me tocca, oggi, in quest'Aula, fare la parte dell'antipatico e dirvi: «noi ve l'avevamo detto». Siamo stati l'unico gruppo, in questo Parlamento, che ha votato contro il federalismo fiscale, e ha votato contro il federalismo fiscale per le ragioni che, oggi, hanno sollevato il gruppo del PD e il gruppo dell'IdV, perché era impossibile che quel federalismo fiscale potesse servire a qualcosa se prima non si era fatto e chiarito bene il codice delle autonomie. Oggi, scopriamo che il codice delle autonomie è confuso e non si sposa con il federalismo fiscale che sta andando avanti. Scusate, secondo voi, è logico comprare prima la benzina e poi la macchina? Il federalismo fiscale non è altro che la benzina del motore, cioè del federalismo istituzionale, del codice delle autonomie. Che cosa abbiamo fatto? Siamo andati a comprare la benzina e abbiamo comprato del gasolio, siamo tornati a casa e ci siamo resi conto che la macchina che abbiamo funziona con la benzina super e, a questo punto, le due cose non coincidono, non stanno in piedi. E stiamo creando una confusione istituzionale che diventa davvero pericolosa per la tenuta istituzionale del nostro Paese.
Adesso, vorrei che qualcuno di voi - mi rivolgo ai parlamentari della maggioranza - andasse da un sindaco di un comune di 3 mila abitanti e gli spiegasse, oggi, quali sono le funzioni dei comuni. Facciamo fatica a capirle noi che stiamo facendo la legge, anzi la stragrande maggioranza di noi, alla fine di questa discussione, non saprà quali sono le funzioni che stiamo Pag. 68attribuendo ai comuni. Vi sembra logica una cosa di questo genere? Vi sembra che stiamo facendo una cosa con chiarezza, che aiuta gli amministratori locali? Sono quelle dell'articolo 2 del codice delle autonomie, le funzioni dei comuni, o sono quelle dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo? C'è qualcuno, in quest'Aula, in grado di rispondermi? Neanche il Ministro, che ha scritto la legge, mi sa rispondere su questo. Non lo sappiamo. Così i comuni non possono funzionare.
Ma non solo: come andremmo a finanziare quelle funzioni, anche se sapessimo quali sono? Sempre in base all'articolo 21? Ma l'avete letto? Cosa vuole dire l'80 per cento delle spese fondamentali e il 20 per cento per il resto? È una metodologia che non può stare in piedi e non ha significato dal punto di vista tecnico. Dunque: o facciamo tutto questo per lasciare tutto com'è e, badate, sarebbe la cosa migliore o andiamo a creare una confusione dalla quale non usciremo più e questo mi preoccupa molto. Mi preoccupa molto perché - ripeto - i comuni sono essenziali per i servizi primari ai cittadini e se non li mettiamo nella condizione di poter andare avanti non so che cosa accadrà. Sono preoccupato da un altro aspetto: della scaletta che il Ministro oggi ci ha preannunciato sull'arrivo dei cosiddetti schemi di decreti legislativi. Andiamo con ordine, Ministro. Lei ha predisposto quella legge, io l'ho letta. Prima di tutto, prima del 30 giugno non ci può essere nessuno schema di decreto legislativo perché questo dice la legge. Prima ci deve essere una relazione del Governo dove finalmente si indicano i costi del federalismo, senza la quale la legge afferma che non si può affrontare nessun altro schema di decreto legislativo. Ne potevamo fare uno ai sensi di legge: abbiamo fatto quello riguardante il demanio.
A nessuno venga in mente di anticipare perché noi non siamo disponibili a parlare di federalismo fiscale fino a quando non conosceremo i costi che impattano sui conti pubblici. Quindi, prima la relazione poi andiamo a discutere. Negli schemi di decreti legislativi ci vuole un ordine. A mio parere, l'ordine deve essere tassativo, temo davvero lo scardinamento del nostro Stato - fabbisogni standard, costi standard e, in ultimo, il decreto fiscale. Infatti, se dovesse venire prima il decreto fiscale, senza stabilire costi standard, il fabbisogno standard e i cosiddetti livelli essenziali minimi, i LEP, noi daremmo la possibilità ai comuni di tenere le entrate proprie ma poi di non avere un obbligo né sulla perequazione né sui servizi minimi che devono rendere.
Riteniamo, pertanto, che ci debba essere una cronologia degli atti tale da poter arrivare ad avere il federalismo fiscale in maniera equa perché, se non rispettiamo questa cronologia, difficilmente lo sarà. Ci vuole coraggio, Ministro. Nessuno ci può assicurare che dal federalismo fiscale deriveranno dei risparmi. Dobbiamo proseguire in maniera molto prudente, con più coraggio, tuttavia, nel sopprimere alcuni enti. Non possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca. Se vogliamo che il federalismo fiscale porti davvero una diminuzione di costi, l'unico sistema che abbiamo è quello di abolire le province. C'è poco da fare. Noi non ce l'abbiamo con le province. Diciamo soltanto che non ci possiamo più permettere molti livelli di Governo e ciò ci permetterebbe di risparmiare dei soldi che in qualche modo possono andare a finanziare proprio il federalismo fiscale. Dovrebbe essere prima di tutto nel vostro interesse procedere in questa maniera (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, Ministro, al federalismo ci abbiamo creduto e forse molti di noi hanno maturato queste buone intenzioni anche in funzione di battaglie condotte anche negli anni passati dal partito che in questo momento è rappresentato dalla Lega. Vorrei portare un esempio a tutta l'Aula. Circa 16, 17 anni fa, quando la Lega lombarda in modo monolitico, senza alleanze, Pag. 69vinse le elezioni alla provincia di Bergamo, uno dei primi provvedimenti fu lo sfratto al palazzo di proprietà provinciale della prefettura di Bergamo.
Sono passati 16 anni. Quella battaglia di sfratto non ha portato a niente.
Oggi inseriamo di nuovo questo argomento. Abbiamo lavorato con entusiasmo alla proposta di legge in esame. Si è lavorato per mesi. Altri provvedimenti nel frattempo sono arrivati con coraggio, perché nella manovra finanziaria vi era un taglio lineare - come è stata di fatto disegnata questa manovra - del 10 per cento anche sulle circa cento province che abbiamo in Italia. In quel caso, si è visto un po' di incrinatura del coraggio che invece bisognerebbe avere quando si fanno riforme strutturali come il federalismo fiscale. Invece, non è successo. Altra situazione l'abbiamo letta nei buoni propositi che il centrodestra, l'alleanza che ha portato al Governo Berlusconi, di fatto prevedeva, annunciando in pompa magna, come sa vendere sugli scaffali i suoi prodotti, l'abolizione delle province d'Italia. Invece, abbiamo letto sui giornali che questa operazione la stessa Lega Lombarda non la vuole: guai a chi tocca la provincia di Bergamo (era una delle tante, ce li ricordiamo alcuni titoli).
La cosa strana è questa: ci si abitua troppo spesso alle poltrone, ci si abitua troppo spesso alle comodità della gestione di un potere che non viene tolto a nessuno, viene però modificato, viene però trasferito ad altre strutture che oggi meglio rappresentano il territorio italiano, un territorio che non si può più confinare all'interno di sistemi geografici ben precisi, però un territorio che ha sicuramente delle sue caratteristiche. Questo territorio ha una sua valenza, che è dettata dal governo che i comuni hanno portato avanti. I comuni hanno amministrato e continuano ad amministrare il territorio, a valorizzarlo e ad affrontare di petto le problematiche che i cittadini e che gli italiani hanno. Noi, invece, anche in questo campo, abdichiamo, anzi non abbiamo il coraggio di spingere l'acceleratore. Da anni, insistiamo sul trasferimento di alcune deleghe, come il governo del catasto, al territorio e invece ogni volta difendiamo quelle strutture territoriali, quei nuclei di potere che gestiscono, attraverso agenzie del territorio o attraverso le convenzioni con alcuni enti, il governo di questo importante strumento di controllo che è il catasto e nulla compare in funzioni di questo tipo. Non abbiamo il coraggio di delegare funzioni in materia di gestione del territorio con riferimento al piano di distribuzione importante rappresentato dal settore del commercio, forse per le lobby che controllano le speculazioni edilizie e le speculazioni sulla grande distribuzione; infatti, non è solo un problema di distribuzione dei prodotti, a basso costo o con maggiore concorrenza: in realtà, oggi vediamo sul territorio un massacro e una speculazione in funzione delle realizzazioni di questi grandi volumi, più che di una migliore organizzazione e distribuzione del commercio.
Non abbiamo il coraggio di attribuire ai comuni queste competenze e di dire agli stessi che anche loro hanno l'obbligo di riorganizzarsi in modo più efficiente e che forse è l'ora non solo di limitare i direttori generali o comunque utilizzare al meglio i difensori civici, ma di intervenire sugli ingenti costi che le amministrazioni comunali sostengono con riferimento ai funzionari e dirigenti (considerato il carico di responsabilità, tolto ai politici, tutti poi hanno le indennità di funzione).
Forse, è bene, allora, ricordarci che non è più il caso di avere 8 mila comuni con 8 mila dirigenti che seguono i servizi cimiteriali o 8 mila dirigenti che seguono gli impianti sportivi o 8 mila dirigenti o funzionari con indennità di funzione, che seguono l'anagrafe (tra l'altro, l'anagrafe è una di quelle deleghe che il Governo ha dato, fin dalla costituzione della nostra Repubblica, ai comuni).
È forse bene intervenire affinché, con gli strumenti di semplificazione e quindi di migliore organizzazione dell'anagrafe, si possa, attraverso le autorizzazioni che il Governo dello Stato deve dare, fare in Pag. 70modo che i comuni non si sentano i titolari esclusivi dei servizi di anagrafe elettorale.
Bisognerebbe, invece, accentrare tali poteri attraverso lo strumento dell'unione dei comuni (sicuramente già efficiente in alcune aree geografiche), senza aver paura di affrontare l'utilizzo di nuove tecnologie e strumenti, se necessario anche con l'adozione di più leggi, come si è tentato di fare in questa legislatura.
Troviamo troppa paura ad affrontare quello che tutti annunciamo da ormai vent'anni: una riorganizzazione, attraverso lo strumento del federalismo fiscale, degli enti territoriali.
Non abbiamo il coraggio di dire che non ci servono più i bacini imbriferi montani. La montagna va valorizzata, certo, e anche rilanciata, tuttavia, penso e credo che sia assurdo mantenere nelle casse - solo perché c'è un ente intermedio - milioni di euro per due o tre anni e ingrassare le banche. Tale denaro, infatti, viene poi vincolato in conto termine o in altri titoli di questo tipo (almeno questo si evince guardando i loro bilanci), limitando l'utilizzo di risorse al territorio perché c'è un ulteriore livello intermedio, il quale, poi, cosa fa? Semplicemente redistribuisce queste risorse attraverso i comuni e le province.
Credo bisogna avere il coraggio di rilanciare la montagna ricollocando, senza ulteriori intoppi, queste risorse e di andare a dire ai cittadini che il sistema dei consorzi di bonifica non può essere utilizzato semplicemente per una raccolta ulteriore di soldi quando, oggi, i benefici che hanno prodotto sui territori i consorzi di bonifica non si limitano a quelle aree geografiche di competenza ma, in realtà, hanno portato benefici a tutto il territorio italiano.
Bisogna ricollocare quelle competenze, facendo riferimento a qualcosa di superiore, al livello delle regioni e sciogliere questi consorzi affinché anche la tassazione sia redistribuita in modo più equo, senza andare ad incidere solo ed esclusivamente su chi ha la disgrazia di comprare un appartamento ed avere un immobile in quelle aree identificate dai consorzi di bonifica. Infatti, chi li va a comprare poi, molto spesso, non sa che durante l'anno gli arrivano le bollette per il pagamento di questa tassa inutile.
Per quanto riguarda una migliore riorganizzazione e difesa idrologica del territorio, non possiamo pensare che l'Europa ci chieda di riorganizzare i bacini idrografici e con difficoltà andiamo a riorganizzarli ma poi manteniamo questi centri di potere sul territorio. Perché? Forse, in questo momento, è arrivato l'amico di qualche partito e abbiamo collocato qualche aspirante politico che non è riuscito ad essere eletto; gli si è trovata una posizione di secondo livello ben retribuita ma che costa all'amministrazione pubblica e all'apparato.
Signor Ministro, le chiediamo di avere il coraggio di affrontare veramente - come più volte ha dimostrato - questa riforma, senza pensare che oggi andiamo, di fatto, a fare una brutta copia di quello che è il testo unico degli enti locali del 2000, sovrapponendolo a questo e creando ulteriore confusione sul territorio in termini di amministrazione, con l'eventualità di presentazione di ricorsi, perché ognuno poi difende il proprio orto.
Nello stesso tempo non si può dire che dobbiamo lavorare su altri strumenti e su altri provvedimenti che ci porteranno a questo federalismo fiscale, mentre nell'attesa studiamo questo strumento da applicare fra sei, sette o otto anni, sapendo che nel frattempo cambiano i governi e sicuramente anche le situazioni per gli italiani.
Non dimentichiamo, inoltre, il coraggio di dire anche alle regioni che è vero che rientra nella loro autonomia, nell'ambito della regione e delle province autonome, la gestione del territorio. Ma se non abbiamo questo coraggio oppure abroghiamo in parte le circoscrizioni non possiamo permetterci che sul territorio vi siano le comunità montane, le comunità di valle e le circoscrizioni con popolazione magari di alcune migliaia di cittadini, in primo luogo perché si parla di autonomia e in secondo luogo perché le regioni hanno le proprie leggi. Non possiamo anche permetterci i Pag. 71relativi costi, perché non vi è solo una parte organizzativa e politica - che pure ha dei costi - che possiamo limare (quando pensiamo alle circoscrizioni), né vi è solo lo stipendio del presidente di circoscrizione o dei consiglieri. Magari fosse solo questo. È necessaria anche la presenza di un segretario, la cui professionalità è di livello dirigenziale; è necessario, poi, che il segretario abbia chi svolga i lavori di segreteria e, quindi, deve esserci chi redige i verbali, chi gli ordini del giorno e chi le convocazioni; è necessario avere degli uffici; è necessario, dunque, sopportare ulteriori costi che sono effettivamente inutili.
Non si devono avere delle circoscrizioni semplicemente per accontentare qualcuno che non è riuscito ufficialmente a diventare consigliere comunale. Questo non gli impedisce di organizzarsi in altre forme, sia all'interno dei partiti sia all'interno di comitati e partecipare, comunque, alla gestione della propria città; tutto ciò, senza però utilizzare delle scatole inutili e antiquate che sanno più di governi dittatoriali che di governi che mirano veramente ad un Europa più libera, sia per i popoli sia per i territori, che possono così gestirsi in forma più autonoma.
Spero si riesca ad uscire da questi vincoli e che, quindi, si abbia il coraggio di fare un passo indietro. Il Parlamento, la Commissione e la maggioranza non hanno avuto il coraggio di accompagnare le proposte e le idee scaturite dal provvedimento che il Ministro Calderoli ha portato in Commissione e in Parlamento. Dobbiamo avere il coraggio anche di fare per un momento un passo indietro e di riflettere se non sia il caso di tornare alla volontà, attraverso questo strumento, di incidere seriamente sul federalismo e di non fare solo un federalismo di bandiera.
Oggi, cari amici della Lega, cari amici parlamentari, a Pontida si è riunito il consiglio della CISL della regione Lombardia. La CISL si è riunita e ha chiesto con coraggio che vi sia un federalismo non di bandiera, né di parte, né sventolato solo con grandi annunci. Ha chiesto, invece, che si intervenga sull'autonomia degli enti locali e sulla possibilità di non tagliare in modo orizzontale ma di premiare laddove vi sono amministrazioni virtuose. Ha chiesto, inoltre, di poter intervenire attraverso la contrattazione territoriale, con contratti di solidarietà e incidere, quindi, effettivamente su quelli che sono gli strumenti di governo del territorio per andare incontro alle esigenze di lavoro dei cittadini che perdono il posto di lavoro.
Non facciamone una questione di nord o di sud, ma facciamo in modo di liberare quelle forze che sono presenti sul territorio e che sono in grado di dare un cambio di passo a questa Italia, perché ne abbiamo bisogno. Non bastano gli annunci e credo che quello che leggo oggi su questo provvedimento sia soltanto un passo indietro e solo un'occasione per creare ulteriore confusione al quadro generale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, aspettavamo da tanto tempo questa Carta delle autonomie o un codice delle autonomie e grande è stata la sorpresa - e anche la delusione - quando abbiamo letto emendamenti soppressivi di alcuni articoli della proposta che stavamo esaminando, emendamenti soppressivi di articoli fondamentali come quelli sulla delega al Governo in materia di razionalizzazione delle province o quelli in materia di prefetture e di uffici territoriali e via di seguito.
Si tratta cioè di tutte quelle materie che sembravano rappresentare la parte più consistente e migliore di questo provvedimento. Invece, si preferisce ovviamente che questi argomenti siano trattati da altre leggi o da altre normative in corso di elaborazione, ritornando a un metodo che, a mio avviso, è profondamente sbagliato, ossia affrontare materie così delicate, unitarie e importanti per i cittadini e per le comunità locali in vari settori della legislazione che, alla fine, portano certamente a degli scompensi e corrispondono anche a interessi di parte. Pag. 72
Noi del Movimento delle autonomie siamo convinti che con l'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione si è aperta una strada che deve portare a incisive e profonde trasformazioni dei meccanismi istituzionali e finanziari che governano il Paese.
L'attuazione del Titolo V della Costituzione potrà svilupparsi compiutamente se, contestualmente al processo di attuazione del federalismo fiscale avviato dalla legge n. 42 del 2009 che abbiamo votato con convinzione, si procederà, con altrettanta coerenza e dopo un ampio confronto, all'attuazione degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, garantendo la necessaria armonia tra i due provvedimenti.
In tal senso, a nostro parere, è fondamentale l'approvazione di una Carta delle autonomie. È altresì fondamentale la riconduzione ad essa dell'insieme delle disposizioni riguardanti l'ordinamento degli enti locali, che superi un modo di procedere frammentario e disorganico del legislatore che ci ha finora consegnato pezzi di ordinamento locale sparsi in più provvedimenti e spesso in contrasto con i principi di autonomia sanciti dall'articolo 114 della Costituzione.
L'adozione di una Carta delle autonomie resta, a nostro modo di vedere, una straordinaria occasione per dare slancio all'attuazione del Titolo V della Costituzione e niente di essa deve essere sottratto al dibattito parlamentare e al confronto con gli enti locali.
Il provvedimento che dovrebbe essere approvato da questo Parlamento ha un'importanza senza pari per gli enti locali, direi anche superiore alla stessa legge sul federalismo fiscale perché ne modifica gli organi, le funzioni e deve ridisegnare gli assetti istituzionali e il sistema delle relazioni tra Stato centrale, regioni ed enti territoriali che oggi lasciano molto a desiderare così come sono previsti dalla lettera della legge fondamentale.
Per il Movimento delle autonomie, quindi, gli elementi qualificanti di una Carta delle autonomie sono tre.
Un primo elemento è il riconoscimento del ruolo delle regioni nella costruzione dei sistemi regionali delle autonomie e quello degli enti locali nella titolarità delle funzioni amministrative.
Un secondo elemento è il riconoscimento della specificità delle città metropolitane. Il terzo elemento è il riconoscimento del principio di adeguatezza come valore guida che deve sorreggere tutto l'impianto della riforma e, quindi, le forme più idonee di esercizio delle funzioni amministrative dei piccoli comuni che sono essenziali per il nostro Paese. Tutto questo è teso a delineare un sistema di poteri locali, integrati e coordinati in una dimensione regionale che superi il dialogo finora tutto imperniato con lo Stato centrale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,30)

AURELIO SALVATORE MISITI. Era questo l'obiettivo della Carta delle autonomie. Questo disegno di legge mostra, oltre a questi difetti provocati proprio dalla soppressione degli articoli 14 ed altri, numerosi punti critici che contrastano fortemente con i principi autonomistici. In particolare, manca il riferimento ad una solida cultura autonomista, che riconosca il ruolo e la centralità che già oggi comuni, province e regioni rivestono nello sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
Voglio puntare l'obiettivo sull'istituzione delle città metropolitane, che resta un nodo ancora oggi irrisolto. La norma costituzionale resta però un vincolo non solo formale, ma - al contrario - l'indicazione di una soluzione per affrontare e risolvere nel modo più adeguato un tema non eludibile e, dunque, cogente per l'importanza strategica che le conurbazioni hanno assunto, concentrandosi in esse, oltre ad una rilevante parte della popolazione, anche le più importanti funzioni economiche e sociali per lo sviluppo e la crescita come quella relativa alla mobilità, alle telecomunicazioni, alla ricerca, alla conoscenza, alla salute e alla finanza.
L'attuazione di questa norma e la conseguente istituzione delle città metropolitane rappresenterebbe un fatto molto importante Pag. 73per una politica meridionalista in quanto sia nella regione Sicilia, che nella regione Calabria, che in altre regioni meridionali, ma non solo, si potrebbero creare le condizioni per attrarre gli investimenti della finanza internazionale e attività economiche dall'altra parte più ricca del nostro Paese. Dunque, occorre andare al di là delle polemiche e delle difficoltà di oggi. Infatti, questa Carta delle autonomie si intreccia con una manovra finanziaria fatta in tempo di crisi che deve certamente e necessariamente puntare al risparmio e ai tagli. Tuttavia, i tagli non debbono essere lineari, ma debbono coinvolgere le nostre regioni, le quali si sono tutte ribellate a questo modo di incidere sui risparmi.
Nonostante questo, è dunque, quindi, necessario porre mano all'attuazione del dettato costituzionale, incentivando i processi di costituzione delle città metropolitane e procedendo all'individuazione di percorsi, anche differenziati. Vanno pertanto rafforzate le intese con le regioni interessate e mantenute aperte le opzioni tra il modello strutturale (la costituzione della città metropolitana) e quello funzionale che affida alla gestione associata di funzioni e servizi la governance di un'area metropolitana.
Ho toccato quest'argomento fondamentale perché è anche legato all'abolizione di alcune province che stanno proprio nelle città metropolitane.
Si tratta di una questione da affrontare e realizzare non solo senza costi, ma con un risparmio di risorse e se si procede per gradi non credo vi sia la necessità di affermare che la legge quadro sul federalismo fiscale debba essere fatta dopo, perché le cose possono andare di pari passo: i decreti attuativi del federalismo fiscale possano essere coordinati con una Carta delle autonomie ben diversa da quello che resta del «moncone» di questo disegno di legge a cui ci si è ridotti dopo gli emendamenti soppressivi di ieri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che l'importanza del provvedimento renda opportuno ancora qualche minuto di riflessione in modo tale che l'Assemblea complessivamente, non solo l'opposizione, si impegni in questa discussione alla quale siamo costretti dopo che ieri, prima la Commissione bilancio e poi il Comitato dei nove (in verità a seguito della riunione del Comitato dei nove di questa mattina) ci hanno costretti a prendere atto di una sorta di capovolgimento delle condizioni che in qualche modo avevamo costruito comunemente per far sì che la discussione e l'iniziativa di carattere legislativo alla quale è stato chiamato il Governo per deliberata delega del Parlamento in ordine all'attuazione del federalismo fiscale, fosse accompagnata da un'adeguata iniziativa legislativa parlamentare e non governativa, non trattandosi di una delega, in ordine alla revisione del testo unico relativo alla Carta delle autonomie.
In particolare, mi riferisco alla parte che attiene alla definizione delle funzioni che sono in capo alle autonomie locali e che, come è noto, già prima che approvassimo la legge delega sul federalismo fiscale, a seguito dell'approvazione della riforma costituzionale del Titolo V nel 2001 aveva bisogno di un ulteriore adattamento e di iniziative legislative capaci di assicurare non solo una riorganizzazione, ma anche la definizione di poteri certi alle autonomie locali per attuare non solamente gli articoli 117 e 119 della Costituzione, ma anche l'articolo 114. Quest'ultimo, lo ricordo, prevede che la Repubblica è formata dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dalle città metropolitane. Si tratta di una norma che ha bisogno di trovare concreta attuazione non solo di carattere, diciamo così, burocratico, attraverso un'iniziativa di decentramento dei poteri dello Stato, ma di allocazione di poteri e di funzioni proprie, non solo delegate, che devono essere messi in capo alle autonomie locali; tutto ciò, se vogliamo che il federalismo fiscale non sia solo un annuncio retorico o propagandistico, ma che sia in effetti la riallocazione Pag. 74di poteri all'interno di un disegno unitario e collaborativo tra tutti i poteri dello Stato, delle regioni, dei comuni e delle province, cioè all'interno di una nuova condizione di funzionamento dei poteri elettivi e di governo nei diversi ambiti della Repubblica.
Questo è il senso fondamentale che noi avevamo assegnato, anche attraverso un atteggiamento di astensione, diciamo così, benevola, che il gruppo del Partito Democratico aveva dato alla legge delega n. 42 del 2009.
Questo continua ad essere l'orientamento del Partito Democratico, ma non è più l'orientamento della maggioranza e del Governo, se è vero che ieri è stato inferto un durissimo colpo a questo disegno di legge.
Oggi siamo qui a discutere di un provvedimento che non si presenta così come risulta dal titolo del provvedimento stesso: non siamo più, quindi, di fronte a un provvedimento che definisce ed individua le funzioni fondamentali di province e comuni, di semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, di delega al Governo di funzioni decentrate di carattere amministrativo. In sostanza, non siamo più di fronte a una vera e propria riorganizzazione della Carta delle autonomie, ma siamo di fronte a un fatto grave, che crea anche una stortura di carattere istituzionale.
Ho avuto modo - non solo io, ma anche tutti i colleghi dell'opposizione che sono intervenuti da questa mattina - di far presente che, in nome dell'articolo 81 della Costituzione, la Commissione bilancio ha in sostanza recepito alcune osservazioni della Ragioneria generale dello Stato, che, più che attenere all'articolo 81 della Costituzione (che reca la necessità di dare copertura finanziaria a tutte le norme), unitamente all'intervento a piedi uniti che la maggioranza nella Commissione bilancio ha esercitato rispetto alla Commissione di merito (mettendo in discussione il lavoro di mesi compiuto dai colleghi della Commissione affari costituzionali), impedisce o tenta di impedire - dico «tenta» e dirò perché - che il Parlamento adotti una normativa di carattere ordinamentale nuovo.
Quindi, si tratta di un intervento di carattere ordinamentale: altro che - come ha affermato il collega Giancarlo Giorgetti, presidente della Commissione bilancio - un intervento a difesa della Costituzione! No, non si tratta di un intervento a difesa della Costituzione, nel momento in cui si scrive una condizione - come avviene anche nell'ultimo parere della Commissione bilancio - che è quella di approvare un emendamento all'articolo 1 che sostanzialmente richiama la legge n. 42 del 2009, che è la legge delega sul federalismo fiscale.
In realtà, la Commissione bilancio sostiene non già che non esiste una copertura, ma che si contravviene alla norma transitoria contenuta nell'articolo 21 della legge n. 42 sul federalismo fiscale in ordine alla fase esclusivamente pertinente alla stessa legge n. 42 di assegnazione e definizione delle funzioni delle autonomie locali, ossia di province e comuni.
Si afferma che, nella norma che stiamo discutendo adesso, non si può dare definizione compiuta e certezza, con una normativa chiara, relativamente ai poteri che fanno capo alle regioni, alle province e ai comuni, alle nostre autonomie locali e, quindi, garantire che il federalismo fiscale possa essere, nella fase attuativa dei decreti legislativi del Governo, assecondato e accompagnato da una normativa che riallochi e ridefinisca i poteri e le funzioni che appartengono ad altri livelli di potere della Repubblica e non sono più in capo allo Stato centrale.
Signor Presidente, facendo riferimento a una norma transitoria di una legge delega, si pretende di impedire - e, sostanzialmente, si impedisce - al disegno di legge attuale sulla Carta delle autonomie, di contenere una definizione certa delle funzioni che devono essere proprie delle autonomie locali.
Lo si fa adducendo una necessità di carattere finanziario e norme fiscali che devono attenere al bilancio dello Stato. Pag. 75Signor Presidente, credo che questo sia un aggiramento della norma costituzionale, non una sua attuazione.
Presidente Bruno, vorrei richiamare anche la sua attenzione. La Commissione affari costituzionali non ha cambiato casualmente il testo che era arrivato da parte del Governo. Pertanto, nel testo della Commissione, all'articolo 1, cioè quello relativo alle finalità, all'oggetto e ai principi generali della norma, vi è una clausola di salvaguardia che si ricollega all'attuazione dell'articolo 81 della Costituzione. Non c'è bisogno di un'ulteriore norma, che invece è di richiamo ordinamentale e non più legata alle questioni di bilancio e di finanza dello Stato. Infatti, quella clausola di salvaguardia garantiva non solo allo Stato centrale, ma alle autonomie, che le funzioni che ad esse vengono messe in capo siano effettivamente esercitate, perché sono corredate dalle risorse umane e dalle risorse finanziarie.
Dire che questa norma può essere quella dell'attribuzione delle funzioni alle autonomie locali e può andare in porto solamente quando sarà concluso l'iter del federalismo fiscale significa dire alle province, ai comuni e alle regioni che dovranno attendere anni e anni prima di vedere riconosciuti poteri che sono scritti all'interno della Costituzione e devono essere solo attuati e fatti propri attraverso la legislazione ordinaria dello Stato, che è compito nostro, di questa Camera, fare.
Nella clausola di salvaguardia si dice: la presente legge e i decreti legislativi emanati in base alle deleghe ivi previste sono inderogabilmente attuati in conformità agli impegni finanziari assunti con il Patto di stabilità e crescita, nonché in conformità alla disciplina del Patto di stabilità interno, assicurando la coerenza fra le funzioni individuate e trasferite e la dotazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali.
Non bastava questo? Allora, signor Presidente, viene il dubbio che qui si stia determinando una condizione che, essa sì, rischia di essere incostituzionale. Cerco di spiegarla: nel momento in cui una legislazione che deve essere rivista, che deve adattarsi alle nuove condizioni della Costituzione attraverso una norma ordinaria, cerca di darsi un indirizzo preciso nella definizione di funzioni e di poteri che devono stare in capo ai diversi organi elettivi della Repubblica, nel momento in cui si cerca di fare questo e ciò non può essere fatto che attraverso una norma non di delega, perché nessuno ha mai delegato ad alcuno di determinare l'indirizzo e le scelte precise che devono essere compiute attraverso la revisione della cosiddetta Carta, codice o testo unico delle autonomie, che regge il nostro sistema delle autonomie locali, che cosa si fa? Si rimanda ad una norma transitoria che sta all'interno di una norma di delega che conferisce esclusivamente i poteri al Governo di scrivere i decreti legislativi.
Noi sappiamo che solo in una prima fase il Governo è obbligato a tenere conto di quanto scrive nei decreti legislativi, ma poi è il Governo stesso che alla fine licenzia il decreto legislativo, il quale sarà certamente sottoposto ad una verifica di carattere costituzionale per quanto riguarda i poteri propri della Presidenza della Repubblica e poi eventualmente della Corte costituzionale.
Ma, da questo punto di vista, la stortura, signor Presidente, è che si conferisce al Governo per il futuro il potere di definire, senza alcun vincolo e senza alcun paletto, le funzioni degli enti locali, delle autonomie locali e delle regioni, il che potrebbe significare che queste funzioni possono aumentare e assecondare l'indirizzo costituzionale o, addirittura, possono essere inferiori, alla mercé di una decisione dell'Esecutivo, senza un controllo e senza un potere proprio esercitato dal Parlamento.
Signor Presidente, se teniamo conto che questa questione marcia in parallelo con i poteri che già sono stati delegati al Governo in ordine alla necessità di definire, ad esempio, i costi standard, sulla base dei quali avanzare sul cammino del federalismo fiscale, mi si vuole dire, se non si fissano in maniera chiara le funzioni degli enti locali, come è possibile, su che base, su quali tabelle, su quale serie storica e su Pag. 76quali condizioni, dettate anche dalla norma chiara e precisa, che vengono definiti questi costi standard?
Signor Presidente, temo che forse la crisi stia portando con sé una risposta centralista e burocratica, che anche il Ministro Calderoli ci ha dato, che lascia trapelare come egli stesso abbia difficoltà a reggere e ad assecondare un indirizzo e una scelta che ci è stata qui proposta. Il Ministro Calderoli oggi ci ha detto: avete ragione tutti e due.
No, non abbiamo ragione tutti e due: questa volta ha ragione solo l'opposizione, perché voi non avete il coraggio di andare avanti sul percorso che abbiamo tracciato insieme; voi non avete il coraggio di spiegare che il federalismo fiscale non è solo un passaggio che porterà dei benefici, ma avrà, soprattutto, la capacità di dare responsabilità a chi avrà il compito di portarlo avanti.
Soprattutto, con la norma che ci imponete oggi con il vostro emendamento, rischiate di chiudere definitivamente questa fase e di chiudere definitivamente con la necessità di dare una nuova idea, una nuova forza e una nuova capacità democratica di ruolo al sistema delle autonomie locali, degli enti locali e dello Stato centrale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, considerato l'andamento del dibattito, rinuncio e mi riservo di intervenire sull'articolo 2.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.
A tal fine, avverto che nel parere espresso in data odierna la Commissione bilancio ha revocato la condizione riferita all'articolo 1 precedentemente formulata, corrispondente all'emendamento 1.200. Tale proposta emendativa non sarà pertanto posta in votazione.
La Commissione bilancio ha, altresì, subordinato il parere favorevole sull'articolo 1 del provvedimento all'approvazione dell'emendamento 1.101 della Commissione.
Prego, onorevole relatore.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Donadi 1.1 e Osvaldo Napoli 1.2 e sugli emendamenti Naccarato 1.5 e Lanzillotta 1.3. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.101, mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Lanzillotta 1.6 e Ciccanti 1.7.
Signor Presidente, se vuole, posso anche fornire il parere sugli articoli aggiuntivi.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, non è necessario, perché sono tutti inammissibili. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Donadi 1.1 e Osvaldo Napoli 1.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Di Caterina, Bianconi, Giulietti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 520
Votanti 518
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
250
Hanno votato
no 268). Pag. 77

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Naccarato 1.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Cesa, Calearo Ciman, Strizzolo, Galletti, Jannone...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 520
Astenuti 1
Maggioranza 261
Hanno votato
251
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lanzillotta 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, questo emendamento - che è stato presentato in una fase in cui ancora si riteneva che questo provvedimento potesse avere una portata effettivamente innovatrice e riformatrice - tende a tradurre esattamente i principi del Titolo V, dando indicazioni sulla missione che i comuni e le province dovrebbero svolgere nel nuovo assetto amministrativo in modo da rendere poi sostenibile il federalismo fiscale, cioè rendere questi livelli amministrativi e di governo più leggeri, meno ipertrofici, più trasparenti e quindi anche meno costosi. Questa è la condizione perché il federalismo fiscale possa poi risultare sostenibile sul piano dei costi.
Mi sembra che non solo non si segua questa linea ma che, se dovesse passare l'emendamento della Commissione, si tenderà sostanzialmente a cristallizzare il ruolo dei comuni riducendone peraltro di molto la portata e la funzione con un'elencazione ridotta delle funzioni. Credo che bisogna da oggi spiegare al Paese che il federalismo come lo avevamo raccontato - cioè come un sistema che avrebbe migliorato l'amministrazione per il cittadino - è un progetto che non si realizzerà. Purtroppo credo che questa sarà una delle riforme strutturali mancate e che i comuni e le province saranno d'ora in poi destinatari solo di misure che li colpiscono sul piano dell'operatività e che, in definitiva, colpiranno anche i cittadini.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Granata, Causi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 522
Votanti 521
Astenuti 1
Maggioranza 261
Hanno votato
252
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.101 della Commissione.
Ricordo che il parere della Commissione bilancio sul testo dell'articolo 1 è favorevole purché sia approvato, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, esattamente l'emendamento 1.101 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, l'emendamento della Commissione, come oggi è già stato più volte detto, è di Pag. 78fondamentale importanza in quanto stravolge il lavoro che è stato svolto per attuare una parte della riforma costituzionale, che viene sottoposta ad una parte della normativa sul federalismo fiscale.
È una norma che praticamente blocca il federalismo, riducendo enormemente i poteri dei comuni, blocca i lavori per almeno cinque anni, facendo riferimento alla legge n. 42 del 2009, svuota completamente di funzioni gli enti locali e tra l'altro non contiene i costi in quanto, con riferimento alle funzioni ridotte di cui all'articolo 21, i costi rimarranno quelli storici, ovvero quelli attuali. Essa comporterà inoltre un'abrogazione implicita del testo unico sugli enti locali o quanto meno delle funzioni odierne dei comuni e delle province.
Probabilmente ciò sottende ad un disegno di riforma costituzionale, senza riformare la Costituzione, ovvero attraverso la legislazione ordinaria. Sarebbe stato molto più corretto, come avevamo chiesto, rimandare il provvedimento in Commissione e strutturarlo meglio e correttamente affinché i comuni potessero lavorare sulle basi federaliste previste dalla Costituzione.
In realtà ci stiamo accingendo a votare un vero e proprio atto di attacco all'autonomia e alle funzioni degli enti locali che, se questa legge non verrà in qualche modo fermata, entreranno in una totale confusione per quanto riguarda i loro compiti e funzioni fondamentali e il loro finanziamento.
Il nostro voto sarà convintamente contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, intervengo per ribadire la nostra contrarietà a questo emendamento, che è stato già oggetto di tanti interventi e approfondita valutazione anche da parte del nostro gruppo e delle opposizioni.
Si tratta di un emendamento che nei fatti sospende e dilata nel tempo le funzioni delle autonomie locali, una vera e propria doccia fredda che arriva per gli amministratori locali, per i comuni e le province, in un momento in cui è già assai grave lo stato di incertezza legata alle funzioni e purtroppo anche alle risorse, come dimostra pure la manovra economica in corso.
È dunque una decisione e una proposta che mette in condizione di reale svuotamento il provvedimento che stiamo esaminando. Ciò conferma clamorosamente la critica che abbiamo già avanzato anche discutendo del federalismo fiscale: fin dall'inizio abbiamo chiesto e ribadito che la legge sul riordino delle funzioni delle autonomie locali camminasse di pari passo al federalismo fiscale. Ritenevamo fondamentale tale contestualità anche per dare organicità e credibilità ai provvedimenti. Così non è stato. Si sono seguite strade con tempi differenziati e oggi si arriva addirittura ad una scelta che sospende la possibilità di esercitare quelle funzioni che noi dovremmo votare con questo provvedimento.
Ciò mette politicamente in evidenza un punto di gravità straordinaria: la svalorizzazione del ruolo delle autonomie. Noi pensiamo ad un federalismo che si fondi sulla forza, sulla credibilità, sul prestigio e sulla efficacia del lavoro dell'autonomia. Con questo provvedimento si imbocca invece una strada diversa: l'idea di un federalismo dirigista e antiautonomista. È un errore gravissimo, che non serve al federalismo, né al Paese.
La crisi richiederebbe oggi la capacità di costruire una fiducia maggiore; e una fiducia maggiore non si costruisce e non si sviluppa se non si fa perno sulle comunità locali e sulle istituzioni locali. Noi diamo un segnale diverso, e profondamente sbagliato.
Faccio quindi appello affinché si voti contro l'emendamento in esame, ed affinché vi sia un ripensamento. Faccio appello anche a tanti colleghi della maggioranza, che, come me per esempio, fanno parte dell'Associazione «Amici delle autonomie locali». Alcuni di questi colleghi fanno anche parte di organismi dirigenti dell'ANCI, Pag. 79o di importanti associazioni delle autonomie locali. Mi chiedo con che credibilità noi possiamo continuare a sostenere associazioni ed iniziative in nome del valore delle autonomie locali, votando provvedimenti come questo. Per questo ribadisco il nostro voto contrario, e mi auguro che vi sia una sensibilità anche nella maggioranza in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che l'onorevole Osvaldo Napoli ha ritirato tutte le proposte emendative a sua prima firma.
Avverto inoltre che gli emendamenti Calderisi 2.36, 3.3, 3.4, 3.6, 12.4, 12.01 sono stati ritirati dal presentatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento 1.101 della Commissione per preannunziare il mio voto contrario, perché in questo modo si blocca il federalismo fiscale tanto sbandierato dal Ministro Calderoli e da tutta la Lega meritoriamente, avendo sostenuto che le funzioni fondamentali provvisorie sono quelle indicate dall'articolo 21. Siamo tutti quindi convinti che i decreti delegati, che si faranno fra sei mesi, saranno per finanziarie le spese previste per quelle funzioni fondamentali.
Con l'emendamento in esame, invece, si stabilisce che le funzioni fondamentali provvisorie saranno tutte riviste, perché si applicheranno quelle della Carta delle autonomie. Tutte le imposte che forniranno le entrate per finanziare le vecchie funzioni fondamentali provvisorie dovranno essere riviste, e quindi si metterà tutto il sistema dei comuni, 8.101 comuni e 107 province, in fibrillazione, dovendo rivedere ciascuno tutte le proprie funzioni e tutte le proprie entrate sulla base di nuove imposte. Si tratta veramente di uno «scasso» che si fa al nostro sistema repubblicano, e la responsabilità è della maggioranza e di questo Governo che mette in fibrillazione il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.101 della Commissione, accettato dal Governo. Abbiamo già ricordato che la V Commissione ha subordinato alla sua approvazione il parere favorevole sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Landolfi, Mondello e Fugatti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 523
Maggioranza 262
Hanno votato
269
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 1.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Gatti, Cesa, Pedoto e Codurelli.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 521
Maggioranza 261
Hanno votato
253
Hanno votato
no 268).

Prendo atto che i deputati Vessa e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere parere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciccanti 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo. Pag. 80
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman, onorevole Farina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 521
Maggioranza 261
Hanno votato
254
Hanno votato
no 267).

Prendo atto che i deputati Vessa e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.

SESA AMICI. Signor Presidente, chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Sta bene. Revoco l'indizione della votazione.

SESA AMICI. Signor Presidente, con l'emendamento approvato, 1.101 della Commissione, su cui abbiamo discusso ampiamente nella giornata di oggi, si compiono due operazioni di una gravità inaudita. La prima riguarda il rispetto per il lavoro avvenuto in Commissione, in cui abbiamo discusso del ridisegno delle funzioni fondamentali da attribuire a comuni e province. Quell'emendamento di fatto rende vano il lavoro compiuto in Commissione e rende vana altresì l'attesa che questo provvedimento aveva presso il mondo delle autonomie, soprattutto per quanto riguarda l'erogazione di servizi nelle funzioni fondamentali che riguardano i cittadini (cioè i bisogni di tante persone delle comunità amministrate). Avete deciso, con quell'emendamento, di rendere questo provvedimento completamente svuotato, e contemporaneamente avete stabilito attraverso un'operazione di espressione provvisoria delle funzioni, fissate dalla legge n. 42 sul federalismo fiscale, un nesso che noi riteniamo a questo punto sbagliato. Inoltre si corre sul serio il rischio di mettere in discussione la capacità riformatrice che avevate voluto far intendere nel momento in cui si approvava il federalismo. Il passaggio dalla costruzione della spesa storica ai costi standard nell'attribuzione di queste funzioni rende proprio la gravità di quell'emendamento, perché non solo non dà più alcun tipo di certezze a quegli amministratori che chiedevano chiarezza sulle funzioni dei livelli istituzionali in cui si articola la nostra statualità, ma rende addirittura indeciso l'elemento del finanziamento. Credo che questo sia un grave errore, un grave errore politico e strategico, ed è frutto di una decisione e di un progetto politico che credo sia bene a questo punto denunciare con grande chiarezza. Noi, come Partito Democratico, non abbiamo mai dimostrato di non prendere sul serio la capacità di chi si presenta in questa Aula proponendo elementi di riforma e di innovazione. Voi non siete né innovatori né tanto meno siete coraggiosi. Vivete gli elementi delle riforme istituzionali come elementi di bandiere politiche, di propaganda, e nell'ambito di quella propaganda immettete, anche in uno dei tessuti vitali dell'organizzazione dello Stato, l'elemento del conflitto. Lo spezzettamento cui ci abituate nel ragionare di questioni di riforme (tale per cui da un lato date, dall'altro togliete) non rappresenta una bella prova di capacità di governo, né sicuramente d'innovazione, bensì di una conservazione, nell'interesse di parte cui purtroppo siete abituati da troppo tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, voteremo contro questo articolo, che rappresenta a nostro avviso la pietra tombale sull'attuazione del Titolo V e sul progetto federalista, ma che chiarisce anche ciò che per mesi molti di noi hanno Pag. 81chiesto di sapere, di conoscere. Abbiamo chiesto per mesi quali fossero i costi veri del federalismo, e ora si comincia a chiarire quale sarà il disegno per stare dentro i limiti di bilancio. Si rinuncia a riformare le amministrazioni locali, a innovare, a modernizzare, e si assicura, solo per un numero indefinito di anni, il finanziamento di un numero assai esiguo di funzioni. Per finanziare attività come la cultura, la gestione delle proprie entrate, le funzioni in materia di commercio, gli enti locali e le province potranno solo aumentare le tasse.
Perché questo provvedimento non assicura, nell'ambito del federalismo, il potenziamento delle funzioni fondamentali. Questo disegno di legge ci riporta indietro e svela un progetto che tende all'annullamento del ruolo delle autonomie del territorio per concentrare tutto il potere nelle regioni. A questo progetto, che è fuori dalla Costituzione, come oggi è vigente, ci opponiamo e, per questo, voteremo contro l'articolo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman... onorevole Divella... l'onorevole Marini ha votato... l'onorevole Dionisi ha votato...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 519
Votanti 518
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato
268
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che il deputato Vessa ha segnalato che non è riuscito a votare.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, avevamo riposto fiducia in questo provvedimento. Tuttavia, devo dire che siamo fortemente delusi dal risultato a cui siamo giunti. Abbiamo contato almeno nove livelli istituzionali riconosciuti dalla Costituzione o da leggi ordinarie (Stato, regioni, province, comuni, unione tra comuni, comunità montane, consorzi di bonifica, bacini imbriferi montani, circoscrizioni). Sono tutti livelli istituzionali che, in qualche modo, usano denaro pubblico. Si alimentano in modo diretto o coattivo in virtù di leggi ordinarie (lo Stato, le regioni, le province e i comuni), oppure si avvalgono dei trasferimenti statali (come le comunità montane), o dei contributi obbligatori (come i consorzi di bonifica), o dell'addizionale sull'energia (come i bacini imbriferi). Inoltre, vi sono altri enti che si alimentano in modo indiretto (come l'unione tra comuni e le circoscrizioni), che ricevono, a loro volta, denaro dai comuni.
Tutti questi livelli hanno un sistema di governo eletto o nominato. I consorzi di bonifica e i bacini imbriferi hanno consigli di amministrazione e presidenti di nomina sostanzialmente politica. Tutti hanno strutture di supporto e sistemi di governo composti da dirigenti, impiegati, automobili di servizio; tutti assegnano incarichi di consulenza e contribuiscono al mantenimento di un numero imprecisato di persone che vivono di politica. È evidente che in una situazione come quella che stiamo vivendo e, nel quadro di un federalismo fiscale vero, tutti questi livelli sono incompatibili. Quello che era stato presentato come il pezzo forte del provvedimento - Pag. 82mi riferisco alla razionalizzazione delle province e degli uffici territoriali dell'amministrazione centrale - è stato soppresso. Trattandosi di un provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica, la soppressione delle uniche norme che avrebbero potuto, pur se non nell'immediato, procurare sollievo ai conti pubblici, risulta piuttosto incongruente. Ogni volta usate la questione delle province come manifesto elettorale, ma, in concreto, non ne fate mai nulla. È dall'inizio di questa legislatura, dalla campagna elettorale, che ci sentiamo dire che uno dei primi provvedimenti che farete sarà, appunto, la soppressione delle province e, invece, ci ritroviamo in quest'Aula, oggi che prima volevate eliminarle tutte, poi ne volevate eliminare solamente alcune e, alla fine, neanche una (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo rappresenta la prova provata delle chiacchiere, dei discorsi, del fatto che questo Governo sta prendendo in giro non solo il Parlamento, ma tutto il popolo italiano.
La Commissione bilancio, di fatto, ha sancito che non ci sono le risorse finanziarie né per approvare questo provvedimento né per attuare il federalismo fiscale. La Carta per le autonomie, espressione così alta che fa immaginare e pensare ad altre carte della storia, è diventata carta straccia, lettera morta, perché le condizioni poste dalla Commissione bilancio eliminano di fatto tutte le disposizioni approvate in sede referente e finalizzate ad individuare le funzioni fondamentali degli enti locali cui si sarebbe dovuto applicare il famoso federalismo fiscale. Di fatto, dunque, state affossando l'attuazione del federalismo fiscale, state umiliando il ruolo degli enti locali, state offendendo il Parlamento ma soprattutto state contraddicendo voi stessi che avete fatto dell'attuazione del federalismo il cavallo di battaglia della vostra propaganda. Ritirate dunque questo provvedimento. Qui ormai stiamo soltanto perdendo tempo e stiamo soprattutto perdendo di vista i reali problemi che il Paese deve affrontare e cercare di risolvere.
Nell'altro ramo del Parlamento, del resto, vi state comportando nello stesso modo attraverso un gioco perverso, un gioco da dilettanti allo sbaraglio: state negando il ruolo delle autonomie cui vengono sottratte risorse e competenze. Persino i vostri governatori ieri vi hanno sbeffeggiato.
Ci troviamo, insomma, di fronte ad un problema serio cui nessuno di voi, rappresentanti della maggioranza, sta cercando di dare risposte e sta cercando di tenere conto. Si continuano a tenere in vita tutte le province d'Italia, enti inutili di cui il gruppo dell'Italia dei Valori, come ricordava poco fa l'onorevole Mura, chiede da tempo la soppressione tout court e senza sconti. Ma allo stesso tempo che cosa fate? Non attuate il federalismo fiscale, togliete risorse attraverso le quali gli enti locali avrebbero potuto operare, tenendo fermo il costo dell'intero apparato burocratico, con tutte le conseguenze che si possono immaginare nei confronti dei cittadini. Lo ripeto: ritirate questo provvedimento, fareste davvero più bella figura (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia dei Valori aveva accolto con grande favore il federalismo fiscale soprattutto perché era un'occasione con la quale si cercava di mettere mano a questo ginepraio inestricabile che è la pubblica amministrazione. Basti pensare che secondo la Carta costituzionale e le leggi ordinarie esistono addirittura nove livelli istituzionali cominciando dallo Stato, regioni, province e comuni, unioni di comuni, bacini imbriferi montani, comunità montane, consorzi di bonifica, circoscrizioni e, invece, con questa Pag. 83occasione si doveva procedere ad una modernizzazione del Paese.
Per la verità, noi siamo soprattutto delusi perché credevamo che la Lega non utilizzasse questa occasione per fare uno spot e siamo rimasti delusi soprattutto quando abbiamo segnali molto negativi da parte della Lega in certe occasioni e mi riferisco, ad esempio, ad alcune incompatibilità che vengono tenute ancora in piedi. Mi riferisco all'onorevole Cota che da tre mesi è presidente della regione Piemonte e continua a spiluccare i soldi romani (Commenti dei deputati dei gruppo Lega Nord Padania).

SEBASTIANO FOGLIATO. Ma che vuoi? Che sta dicendo?

FRANCESCO BARBATO. Dunque, per quale ragione tengono in piedi questa situazione di incompatibilità? Altro che modernizzazione!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, si attenga al tema all'ordine del giorno!

FRANCESCO BARBATO. Il tema all'ordine del giorno concerne l'avvio della modernizzazione della pubblica amministrazione. Invece, ha fatto bene Caldoro del PdL che, dopo poco, si è dimesso da deputato, dando una dimostrazione di stile, giusto per chiamare le cose sempre con il loro vero nome. Ecco perché ho detto che, invece, c'è chi predica bene e razzola male e poi si mette a spiluccare il denaro romano.
Per questa ragione, abbiamo presentato una serie di proposte, abbiamo dato delle indicazioni, vi abbiamo detto che cosa dobbiamo fare ancora con queste prefetture che assorbono circa un miliardo di euro all'anno. Le prefetture che divengono poi una sorta di cortine gelatinose.
Vedrete in questi prossimi giorni che succederà, come dirigenti del Ministero dell'interno, prefetti, il cuore dello Stato, hanno gestito il denaro pubblico e la pubblica amministrazione.
Per non parlare poi delle province, di questa inutile istituzione delle province: ci costano 17,9 miliardi l'anno. Noi, con la nostra contromanovra economica che abbiamo proposto rispetto alla manovra finanziaria del Governo, abbiamo detto che risparmiamo 3 miliardi di euro con l'abolizione delle province. Ebbene, ci avete risposto che se ne parlava quando si faceva la Carta delle autonomie locali. Dov'è finito questo provvedimento? Insomma, una politica vera di riforme e di cambiamenti strutturali: era questo che chiedevamo.
Per questa ragione - e concludo, signor Presidente - si è fatto solo uno «spezzatino», come i più dicono, del provvedimento in esame, mentre, invece, occorreva una manovra organica, che avesse una visione generale della pubblica amministrazione, soprattutto perché volevamo la buona amministrazione degli enti locali. Questa è la politica dell'Italia dei Valori: positiva e costruttiva, che vuole cambiare in meglio, vuole una buona amministrazione e vuole buone istituzioni politiche (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Italia dei Valori ha esaurito i tempi a sua disposizione. La Presidenza, essendo stata avanzata specifica richiesta, analogamente a quanto fatto in precedenti analoghe circostanze, concede a tale gruppo un ampliamento dei tempi pari ad un terzo rispetto a quelli originariamente previsti dal contingentamento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, siamo qui a discutere di un provvedimento che rappresentava un'opportunità per il Paese e anche per l'Italia dei Valori, che ha condiviso per certi aspetti questo obiettivo del federalismo fiscale. Lo abbiamo dimostrato anche nell'ultimo provvedimento, sostenendo e votando a favore del federalismo demaniale, perché credo che la vera sfida nei confronti dei principi espressi dalla Lega ed espressi dal centrodestra non sia quella distruttiva di dire «no» a tutti i costi, ma quella di Pag. 84sfidare sul campo del federalismo con delle proposte. Lo diciamo anche noi, come lo ha detto il collega Barbato, e mi riferisco a chi proviene dalle regioni del Mezzogiorno e non ha certamente paura di sfidarvi sul terreno del federalismo. Infatti siamo convinti che se il federalismo è una cosa seria, dobbiamo impegnare gli amministratori a comportarsi in maniera responsabile, ad utilizzare al meglio i soldi pubblici che vengono loro affidati.
Ma con il provvedimento di oggi avete dimostrato che del federalismo fiscale volete solo fare uno slogan, privo di consistenza e di soldi. Evidentemente, se vogliamo trasformare questo Paese sotto il profilo di una forte capacità delle autonomie degli enti locali, questo è il momento opportuno: il provvedimento di legge in esame, n. 3118-A, era l'occasione per dimostrare che gli enti locali contano, che si riorganizza la struttura del Paese, che si riorganizzano i poteri e si semplificano.
Un cittadino che si rivolge allo Stato ha due obiettivi: perdere quanto meno tempo possibile e non spendere troppe risorse. Invece, tutti noi sappiamo che quando un cittadino si rivolge agli uffici, dalla circoscrizione fino allo Stato, sembra un giro interminabile di carte, di carte bollate, di bolli che mancano, di imprenditori che investono risorse e che si trovano il muro della burocrazia. Io credo che, invece, con il provvedimento in esame, quel muro della burocrazia voi non lo avete per niente scalfito, anzi è in piedi più forte e più solido di prima. Noi dell'Italia dei Valori da tempo, da quando siamo entrati in Parlamento, vi abbiamo sfidato su elementi e su principi importanti, vi abbiamo sfidato sulla chiusura delle province: voi lo avete detto a parole e non lo avete mai fatto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, pensavo di intervenire prima, ma ho deciso di rimandare il mio intervento a quando si sarebbe intervenuti sul complesso degli emendamenti sulle funzioni fondamentali dei comuni, immaginando che, in base al principio di sussidiarietà, che dovrebbe sovrintendere all'individuazione di tali funzioni dei comuni, quando - per via del suddetto principio - tutte le funzioni amministrative non vengano conferite dalla legge statale o regionale ad altri livelli devono appartenere al comune.
Certo è che l'approvazione dell'emendamento 1.101 della Commissione, quando individua le funzioni fondamentali - quelle cioè dell'articolo 21 della legge n. 42 del 2009 -, taglia la testa al toro perché le funzioni dei comuni sono così talmente affievolite, vaghe e circoscritte per cui salta il principio della sussidiarietà istituzionale.
Credo sia davvero inutile metterci a parlare, poi, dei singoli emendamenti. Dobbiamo prendere atto che, con l'approvazione di quell'emendamento, si è compiuto un definitivo massacro delle competenze dei comuni, alla barba del principio di sussidiarietà istituzionale. Signor Presidente, signori del Governo, questo è il problema.
Del resto, tutto, anche il formulario utilizzato nella presentazione di questo disegno di legge risulta falso ed artefatto, ed anche lo stesso titolo del disegno di legge che parla di semplificazione dell'ordinamento delle autonomie locali. Signori, tutto il testo è fatto per condizionare e diminuire le autonomie locali e noi cosa facciamo? Il codice delle autonomie locali.
Vorrei proporre al Presidente di turno - quando andremo ad approvare definitivamente questo testo - di cambiare, in sede di coordinamento, il titolo di questo disegno di legge: invece di chiamarlo codice delle autonomie locali, dovremmo chiamarlo il codice delle dipendenze locali.
Infatti, ormai, anche i comuni sono diventati le strutture dipendenti dello Stato e delle regioni, alla barba dell'articolo 119 della Costituzione che dice che i comuni sono autonomi nella entrata e nella spesa. Pag. 85
In merito alla semplificazione, che è un altro tema pomposo di questo disegno di legge, si dice che essa favorisce la gestione associata delle competenze. Mi domando se questo è un favorire che diventa poi un obbligare. Quindi, invece di semplificare, si tratta di un testo di legge per la complicazione della vita amministrativa dei comuni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, ecco perché esprimo un giudizio molto critico e molto duro. Sono anch'io molto dispiaciuto, avendo vissuto tanti anni negli enti locali, di dovere prendere atto di questa autentica mattanza del valore dell'autonomia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palagiano ma, constatando la sua assenza in Aula, si intende vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, intervengo solo per trenta secondi perché il collega Barbato ha fatto prima riferimento alla posizione del collega Cota e ha dimostrato di non conoscere gli atti parlamentari.
Intervengo in qualità di capogruppo della Giunta per le elezioni e tutti i colleghi dovrebbero sapere che la questione del presidente Cota è stata ovviamente delibata dalla Giunta per le elezioni ed è oggetto di attenzione, ma non c'è nessuna...

PRESIDENTE. Onorevole Stracquadanio, ho richiamato l'onorevole Barbato perché parlando di questa vicenda si era discostato dall'argomento.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Lo so.

PRESIDENTE. Lei giustamente vuole spiegare la situazione. Lo farà al termine della seduta, perché avendo richiamato l'onorevole Barbato non posso consentire che adesso lei faccia ciò che ho già censurato all'onorevole Barbato.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Va bene, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.
Prendo atto che l'onorevole Porcino non è presente in Aula. Si intende che abbia rinunziato.
Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 2 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Donadi 2.2, atteso che l'identico emendamento Osvaldo Napoli 2.3 è stato ritirato.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Tassone 2.4, Cavallaro 2.5, nonché sugli identici emendamenti Quartiani 2.6, Bosi 2.7 e Favia 2.8.
Il parere è, altresì, contrario sugli emendamenti Tassone 2.11 e sugli identici emendamenti Donadi 2.12 e Tassone 2.13.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Cavallaro 2.15, Borghesi 2.16, Ciccanti 2.1, Quartiani 2.18, Bosi 2.19 e sugli identici emendamenti Tassone 2.20, Donadi 2.21 e Giovanelli 2.22.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.101.
Il parere è, altresì, contrario sugli emendamenti Tassone 2.24 e sugli identici emendamenti Favia 2.25 e Tassone 2.26.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Cavallaro 2.29, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.100.
La Commissione esprime, altresì, parere contrario sugli emendamenti Tassone 2.30, Favia 2.31, Lanzillotta 2.33 e 2.34, Giovanelli 2.35, Vassallo 2.37, Borghesi 2.38, Giovanelli 2.40, Ciccanti 2.41, Tassone 2.42 e sugli identici emendamenti Donadi 2.43 e Tassone 2.44.

Pag. 86

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 2.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Papa, Cesario, Berruti, Armosino, Rampelli... Ci siamo tutti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 519
Votanti 518
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato
249
Hanno votato
no 269).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 2.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Maran... onorevole Mura...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 519
Votanti 518
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato
249
Hanno votato
no 269).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cavallaro 2.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Romele... onorevole Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 519
Votanti 518
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato
247
Hanno votato
no 271).

Prendo atto che il deputato Ascierto ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Quartiani 2.6, Bosi 2.7 e Favia 2.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, questo emendamento può essere illustrato anche con riferimento a quello precedentemente bocciato dall'Aula perché fa capo allo stesso spirito e alla stessa ispirazione costituzionale.
Siamo partiti, signor Presidente e colleghi, non secoli fa ma appena qualche decennio fa dalla valorizzazione del sistema delle autonomie del quale abbiamo affermato la centralità nella nostra visione costituzionale. Prima ancora di introdurre la nozione di federalismo abbiamo posto al centro dello Stato le autonomie locali e addirittura abbiamo detto che esse hanno una competenza generale ed originaria. Abbiamo affermato che lo Stato è la somma delle autonomie locali e che il comune in particolare è la cellula primigenia dell'organizzazione sociale e politica sulla quale si fonda la nostra Repubblica democratica.
Tutto questo, ahimè, lo abbiamo detto e scritto non solo nella Carta costituzionale ma in alcuni importanti testi normativi e poi ci stiamo adoperando, proprio Pag. 87nel momento in cui al Governo c'è chi vorrebbe sostenere le tesi del cosiddetto federalismo, per diminuirlo se non addirittura per distruggerlo.
Nel caso di specie, una delle cose che stiamo facendo è quella di sottoporre a un lavorio sottrattivo le competenze degli enti locali e in particolare dei comuni. A questo tenta di rispondere l'emendamento perché cerchiamo di attribuire ai comuni una competenza elementare, quella dello sviluppo economico territoriale, in maniera nitida e chiara.
Credo che su questo l'Aula del Parlamento dovrebbe convenire tutta insieme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. A correzione di quanto detto precedentemente dalla Presidenza, passiamo alla votazione degli identici emendamenti Quartiani 2.6 e Bosi 2.7. L'emendamento Favia 2.8 per un errore tipografico era stato dato come identico e invece non lo è.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, volevo far notare semplicemente come l'emendamento 2.7, di cui sono primo firmatario, dice che tra le competenze dei comuni vi è quella della promozione dello sviluppo economico del territorio comunale.
Voglio far notare che questa definizione è inserita nell'articolo 118 della Costituzione quando parla dei comuni. Quindi, si negano perfino le competenze assegnate dalla Carta costituzionale ai comuni, ecco perché parlavo prima di mattanza delle autonomie comunali.

PRESIDENTE. Onorevole Bosi, per la verità il suo intervento si riferisce al prossimo emendamento, adesso votiamo soltanto gli identici emendamenti Quartiani 2.6 e Bosi 2.7... Mi scusi onorevole Bosi, mi sono sbagliato, lei è intervenuto correttamente sul suo emendamento.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Quartiani 2.6 e Bosi 2.7, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Paolo Russo... Onorevole Lenzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 520
Votanti 517
Astenuti 3
Maggioranza 259
Hanno votato
247
Hanno votato
no 270).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 2.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Ghizzoni... Onorevole Simeoni... Onorevole Madia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 520
Astenuti 1
Maggioranza 261
Hanno votato
247
Hanno votato
no 273).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 2.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 88

Onorevole Villecco Calipari... Onorevole Calearo Ciman... Onorevole Trappolino... Onorevole Pescante...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 522
Votanti 519
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato
248
Hanno votato
no 271).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Donadi 2.12 e Tassone 2.13, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman... Onorevole Moles... Onorevole Mazzuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 520
Astenuti 1
Maggioranza 261
Hanno votato
245
Hanno votato
no 275).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cavallaro 2.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman... Onorevole Vico... Onorevole Tortoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 520
Votanti 519
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato
246
Hanno votato
no 273).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 2.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... Onorevole Pizzolante... Onorevole D'Anna...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 519
Votanti 518
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato
246
Hanno votato
no 272).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciccanti 2.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).
Onorevole Calearo Ciman...

(Presenti 522
Votanti 341
Astenuti 181
Maggioranza 171
Hanno votato
71
Hanno votato
no 270).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Quartiani 2.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

Pag. 89

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo di inserire tra le funzioni fondamentali dei comuni la gestione del catasto edilizio urbano e dei terreni. Francamente, mi rivolgo al relatore Bruno, siamo molto meravigliati del suo parere contrario: lei ci conferma o la Commissione ci conferma che stiamo perdendo un'occasione.
La materia del catasto sarà presto oggetto della nostra discussione perché è inserita nella manovra economica con la quale il Governo intenderebbe fare una sanatoria, mettere ordine nel catasto. A mio avviso, non ci sarebbe stato bisogno di questo intervento se il catasto fosse già stato assegnato ai comuni, se fossero i comuni a gestirlo, perché essi hanno la conoscenza vera del territorio, possono realizzare una gestione attiva del catasto, possono garantirla. Dunque, se vogliamo dare autonomia ai comuni dobbiamo basarla su cose concrete e questa è una cosa concreta.
Quel che metterete nella manovra, purtroppo, posso già anticiparlo, non funzionerà; lo dovrete collegare, ancora una volta, ad un insano condono. Diamo almeno con questo emendamento un messaggio di riforma vera, dicendo cioè ai cittadini che saranno i comuni a gestire il catasto e che quel che è accaduto finora non si ripeterà più. Quindi inviterei la Commissione a riconsiderare il parere, in caso contrario inviterei i colleghi di maggioranza e di minoranza a sostenere questo emendamento con convinzione perché potrebbe caratterizzare veramente il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Quartiani 2.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lehner, Laboccetta, Frassinetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 516
Votanti 515
Astenuti 1
Maggioranza 258
Hanno votato
242
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bosi 2.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, il parere contrario della Commissione su questo emendamento francamente meraviglia anche me, come ha meravigliato il collega Vannucci, firmatario di un emendamento in cui si fa riferimento alla gestione delle attività catastali da parte dei comuni, peraltro ripetutamente sollecitata dal Governo, dal Ministro dell'economia il quale in più occasioni ha chiesto che i comuni concorressero nella gestione catastale per favorire anche le entrate dello Stato.
Più timidamente, l'emendamento di cui sono primo firmatario non parla di «gestione» delle attività catastali, ma di «cogestione» delle stesse; quindi lasciando intendere che non siano solo i comuni a gestire, ma che questi possano svolgere l'attività con altri soggetti e ciò, si badi bene, risponde più all'interesse dello Stato che non del comune.
Questo dire sempre di no è la dimostrazione dell'«impazzimento» con il quale ci si accosta ad una materia seria di riforma istituzionale: addirittura - come abbiamo visto per gli emendamenti precedenti - i comuni non dovrebbero nemmeno fissare gli orari dei negozi. Non so più davvero cosa dobbiamo pensare di queste norme. Non vorremmo essere nei panni né dei sindaci né dei cittadini che Pag. 90dovranno subire le assurdità contenute in questo testo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bosi 2.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calearo Ciman, Cesa, Barbareschi, Martella, Schirru...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 513
Votanti 511
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
239
Hanno votato
no 272).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Tassone 2.20, Donadi 2.21 e Giovanelli 2.22, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 508
Votanti 507
Astenuti 1
Maggioranza 254
Hanno votato
241
Hanno votato
no 266).

Prendo atto che i deputati Pini e Paglia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.101 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, la formulazione di questo emendamento da parte della Commissione appare, ad una lettura approfondita, assolutamente debole. Tale emendamento, infatti, dà il senso, da un lato, di voler sposare alcune delle argomentazioni ben esposte in precedenza dal collega Vannucci. È importante, come segnalava l'emendamento Quartiani 2.18, che siano i comuni a gestire il catasto edilizio e il catasto dei territori, per il semplice fatto che la gestione attuale, così com'è, non funziona, è farraginosa e centralizzata e, soprattutto, non impedisce e non evita abusi, come si è visto anche a seguito della lettura di articoli che, in questi ultimi giorni, sono comparsi sulla stampa.
Quindi, l'unico vero modo per cercare di fare un servizio al cittadino, valorizzare gli uffici comunali e, soprattutto, impedire abusi edilizi, è esattamente quello di concedere che siano i comuni ad avere queste prerogative: solo i comuni e le amministrazioni comunali hanno un controllo del territorio efficace, presente, continuo e di dettaglio: non possono averlo e non lo hanno avuto, purtroppo, in Italia, nella storia di questi ultimi decenni, gli uffici centrali dello Stato.
La Commissione, quindi, da un lato viene incontro alle nostre valutazioni, nella prima parte dell'emendamento, ove propone di affidare ai comuni le funzioni in materia di catasto e poi, però, smentisce se stessa, aggiungendo, dopo la virgola, le parole: «ad eccezione di quelle mantenute allo Stato da parte della normativa vigente». Si capisce che questo emendamento, sostanzialmente, non dice nulla e non sana il problema: è solo un modo per dire: capiamo che avete ragione, ma per qualche motivo non vogliamo approvare i vostri emendamenti, così come li avete proposti. Per tale motivo, non apprezziamo assolutamente la proposta emendativa della Commissione, ma ci asterremo, per salvare almeno il giudizio sulla prima Pag. 91parte dell'emendamento medesimo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, vorrei annunciare il nostro voto contrario su questo emendamento, perché, oltre alle ragioni testé argomentate dall'onorevole Margiotta, che riducono la portata dell'indicazione che aveva dato la Commissione di merito e l'affermazione che si fa da anni sulla necessità di trasferire il catasto ai comuni, si fa rinvio ad una normativa vigente che vigerà quando queste norme entreranno in vigore, cioè tra una decina d'anni.
Dunque, non solo ci stiamo appassionando a disposizioni che, dopo l'approvazione dell'emendamento della Commissione, hanno un valore puramente teorico, ma c'è un rinvio a norme di cui ignoriamo la portata. Quindi, non si può che esprimere un voto contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.101 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca e Bocciardo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 311
Astenuti 199
Maggioranza 156
Hanno votato
268
Hanno votato
no 43).

Prendo atto che il deputato Vannucci ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 2.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calearo Ciman, Codurelli, Cambursano e D'Anna...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 513
Votanti 510
Astenuti 3
Maggioranza 256
Hanno votato
242
Hanno votato
no 268).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Favia 2.25 e Tassone 2.26, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Martino, Madia e Strizzolo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 515
Votanti 513
Astenuti 2
Maggioranza 257
Hanno votato
245
Hanno votato
no 268).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cavallaro 2.29.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ovviamente siamo nel Pag. 92campo delle decisioni e degli orientamenti personali, però, siccome con l'emendamento Osvaldo Napoli 2.27 per la settima o ottava volta è stato ritirato un emendamento a firma Osvaldo Napoli, che è il vicepresidente dell'ANCI - ed è il settimo o ottavo emendamento fatto in comune con altri emendamenti di altri gruppi - chiederei a lei se volesse consentire al collega Osvaldo Napoli di spiegare all'Assemblea per quale motivo vota anche contro emendamenti da lui presentati insieme ad altri colleghi, se eventualmente è intervenuta una condizione politica nuova per la quale il Governo ha convinto lui ed eventualmente altri rappresentanti di autonomie locali di centrodestra che su questo provvedimento tutto va bene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, la sua curiosità è legittima, ma a termini di Regolamento la Presidenza attribuisce la parola a chi la chiede. Se l'onorevole Osvaldo Napoli chiede la parola per spiegare la sua posizione, gliela daremo (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Prendo atto che l'onorevole Osvaldo Napoli non chiede di parlare.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cavallaro 2.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Pugliese, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 509
Votanti 508
Astenuti 1
Maggioranza 255
Hanno votato
240
Hanno votato
no 268).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, vorrei osservare che questa formulazione uscita dalla Commissione è sicuramente corretta rispetto al testo originario, nel quale, addirittura, non si prevedeva più che i comuni avessero competenze nella pianificazione urbanistica, ma si prevedeva semplicemente che i comuni avessero competenza nell'edilizia, che non ha niente a che vedere con l'urbanistica.
La formulazione uscita dalla Commissione - ne devo dare atto - è corretta, perché parla di pianificazione e regolamentazione urbanistica. Quindi, si tratta di quello che attualmente è compito primario delle amministrazioni comunali.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 506
Maggioranza 254
Hanno votato
502
Hanno votato
no 4).

Onorevole Mondello, purtroppo non l'avevo vista. Onorevole Cera, se lei si siede, riesco a vedere se l'onorevole Mondello riesce a votare o meno.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 2.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 93

Onorevoli Santelli, Bongiorno, Strizzolo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 508
Astenuti 2
Maggioranza 255
Hanno votato
242
Hanno votato
no 266).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 2.31, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Stradella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 508
Astenuti 2
Maggioranza 255
Hanno votato
241
Hanno votato
no 267).

Prendo atto che l'emendamento Lanzillotta 2.33 è stato ritirato dal presentatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lanzillotta 2.34.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, questo emendamento, sempre con la riserva che queste norme si riferiscono a un tempo futuro e indeterminato, tenta di specializzare nel settore della scuola le funzioni dei comuni e delle province, attribuendo ai comuni la gestione degli asili nido e di tutti i servizi di supporto alla scuola nei vari ordini e gradi e concentrando, così come ci è stato suggerito in tutte le audizioni che abbiamo svolto, l'attività di edilizia scolastica e manutenzione sulle province, in modo da concentrare in un unico livello le strutture, le competenze e le attività, così da professionalizzare, ma anche fare efficienza. Questo è ciò che il provvedimento in esame, in linea generale, dovrebbe tendere a fare.

PRESIDENTE. Avverto l'Assemblea che gli emendamenti Giovanelli 2.35, Vassallo 2.37 e Ciccanti 9.1 sono stati ritirati dai presentatori.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 2.34, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Tommaso Foti, Pelino, Laganà Fortugno, Luciano Dussin...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 513
Votanti 512
Astenuti 1
Maggioranza 257
Hanno votato
44
Hanno votato
no 468).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Borghesi 2.38, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Di Caterina, Calearo Ciman, Lusetti, Vegas...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 513
Votanti 511
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
243
Hanno votato
no 268).

Pag. 94

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giovanelli 2.40, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Di Caterina, Mazzuca, Madia..
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 512
Votanti 510
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
243
Hanno votato
no 267).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciccanti 2.41, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Calearo Ciman, Paglia, Fugatti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge Vedi votazionia ).

(Presenti 512
Votanti 510
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
243
Hanno votato
no 267).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 2.42, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Palagiano, Simeoni, Barbi, Bongiorno...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 512
Votanti 510
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
243
Hanno votato
no 267).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Donadi 2.43 e Tassone 2.44.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente (Commenti).

MARIO LANDOLFI. Non si sente!

MARIO TASSONE. Potete prendervela anche con un collega se ha responsabilità, ma in questo caso la colpa è del microfono. Potete contestare tutto, ma non i microfoni. Almeno questo!
Signor Presidente, abbiamo valutato una serie di proposte emendative che riguardano le funzioni fondamentali. Così come era avvenuto prima in Commissione, tutte le nostre proposte sono state respinte. Avevamo tentato di dare un contributo e mi dispiace che vi sia stato un tale atteggiamento, consequenziale con ciò che si è fatto per quanto riguarda l'articolo 1, sul quale vi è stato un parere negativo da parte del relatore e del Governo.
Siamo riusciti per quanto riguarda la pianificazione urbanistica, così come ricordava l'onorevole Bosi, con l'emendamento 2.100 della Commissione e su questo emendamento abbiamo posto una questione importante. Non so se il relatore e il Governo intendano rivedere la propria posizione - non voglio forzare nulla - tuttavia ritengo che fare riferimento alla sicurezza urbana come competenza e funzione fondamentale dei comuni sia un dato e un aspetto molto importante e anche significativo.
Affido ciò alla vostra valutazione e se ritenete sia un argomento apprezzabile Pag. 95rispetto alle attuali funzioni fondamentali e competenze dei comuni, non c'è dubbio che il contrasto alla microcriminalità va intensificato e ovviamente i comuni e la polizia urbana, nell'ambito di un coordinamento con le altre forze di polizia, possono recitare un ruolo molto incisivo e significativo.
Mi affido dunque alla sensibilità del Governo e del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Donadi 2.43 e Tassone 2.44, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cenni, Frassinetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 502
Votanti 500
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
239
Hanno votato
no 261).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario del gruppo Partito Democratico su tale articolo, nonostante avessimo apprezzato il fatto che il Governo, nel presentare il suo disegno di legge, si fosse impegnato, come poi ha fatto, a produrre una elencazione, la più dettagliata possibile, delle funzioni fondamentali da attribuire ai comuni.
Abbiamo registrato dei progressi in merito alle attribuzioni più chiare della funzione in materia urbanistica e di regolamentazione edilizia, non abbiamo condiviso nel modo più assoluto il fatto che non sia stata riconosciuta al comune la funzione di protagonista dello sviluppo economico del proprio territorio, abbiamo criticato l'inadeguatezza della risposta che ci è stata data sulla questione del catasto, ma il macigno che soprattutto ci impedisce di votare a favore e di astenerci è il fatto che abbiamo lavorato invano, ovvero per nulla: l'elencazione di tali funzioni, se va bene e saremo fortunati, entrerà in vigore fra cinque o sei anni!
Dal momento che essere presi in giro non piace a nessuno, tanto meno credo debba piacere all'Assemblea e ai singoli deputati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo per preannunciare il voto contrario su un articolo ormai svuotato di contenuto dall'articolo 1, che non si sa se e quando entrerà in vigore, e che non ci è stato consentito di migliorare a seguito del respingimento di tutti gli emendamenti che abbiamo presentato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, per i motivi più volte espressi noi voteremo contro l'articolo 2, del tutto svuotato. Stiamo lavorando su un provvedimento che non avrebbe grande senso; ci trattengono il senso di responsabilità e l'attaccamento alle istituzioni. I responsabili si assumano la responsabilità di aver svuotato e di aver procurato un ulteriore elemento di degrado all'attività del Parlamento.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 96

Onorevoli Simeoni, Mondello, Corsini, Ruben, Ghizzoni, Naro, Santelli, Pes e Benamati.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 502
Votanti 500
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
262
Hanno votato
no 238).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 3118-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 3118-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, l'articolo in esame è esemplare circa il modo di mantenere le promesse elettorali da parte della maggioranza. In esso parliamo di funzioni fondamentali delle province; ci siamo confrontati in varie campagne elettorali - ricordiamo le amministrative della tornata precedente, ma anche le ultime elezioni regionali - sullo slogan: aboliamo le province! Tantissimi parlamentari presenti, anche della maggioranza, hanno sostenuto ciò; oggi ci troviamo in Aula a dimostrare un'altra volta che gli impegni elettorali sono carta straccia.
Ci avevate annunciato che questo sarebbe stato il provvedimento che avrebbe recepito quegli impegni elettorali. Avevamo tutti convenuto che sono troppi i livelli di governo nel nostro Paese; tutti parlano di semplificazione, ma all'atto pratico ci troviamo oggi a discutere di niente: anzi, di un articolo che rischia di aumentare le competenze del livello regionale.
Noi bolliamo dunque anche il provvedimento in esame come propaganda federalista. Perché si tratta di propaganda? Perché alla fine le chiacchiere rischiano di disorientare i cittadini, così come sono disorientati dall'eccesso di burocrazia, dall'eccesso di non funzionamento della macchina pubblica. Essi, come vedete, alla fine rispondono non andando più a votare, non credendo più - e lo dico a tutti i colleghi - al nostro ruolo di parlamentari, perché le promesse contano come acqua fresca; e magari sull'acqua si facesse qualcosa di importante!
Abbiamo dunque - perché ci siamo tutti - il problema che qualcuno è conseguente agli impegni che prende, qualcun altro fa finta di nulla. Abbiamo tutti parlato di semplificazione, abbiamo tutti parlato di mettere mano ad un sistema che allontana sempre di più, che vessa il cittadino.
Vorrei ricordare una cosa, visto che siamo in un momento di manovra economica.
I rallentamenti costano, si tratta di questioni economiche non solo formali, non si tratta solo di questioni di tempi e non solo di vessazioni. Con il Ministro Calderoli prima si parlava dei tempi di applicazione del federalismo. Si parlava di dieci anni, di cinque anni. Uno dei motivi detrattori della semplificazione provinciale, cioè dell'abolizione (come diciamo noi) sarebbe secondo alcuni che non porterebbe risultati economici. Non è vero. Magari non si ottengono il giorno dopo, ma noi facciamo politica anche per il domani. Un avvio di questa procedura, seria, può portare, in uno o due o tre anni, all'abolizione delle province e a quel taglio di costi che tanto in questi giorni sarebbe utile. Sono risparmi doverosi, non optional, non si tratta di aspetti aggiuntivi.
Abbiamo detto che i parlamentari si sono impegnati in tal senso, allora - cari parlamentari della maggioranza - questa è un'occasione per dare un segnale. Questo articolo va bocciato. Non è una giustificazione il fatto che ci si debba adeguare, come ha fatto l'onorevole Napoli sull'ANCI, ai diktat di partito, perché quando diciamo qualcosa la diciamo noi, in prima persona. Vengo rapidamente alla questione. Siamo nella fase di discussione e di Pag. 97approvazione di una manovra economica che taglia tutto. Non sapete come fare a trovare le risorse. Si dice di mantenere fermo il tetto della manovra, ma ancora oggi il Presidente del Consiglio afferma che la manovra potrà essere cambiata. Noi ci auguriamo che sia cambiata, ma deve essere modificata entrando in un circolo virtuoso che dia un segnale vero ai cittadini, altrimenti il rischio vero - caro Presidente - è quello di cadere ancora una volta nell'errore di dare mazzate ai più deboli in questo Paese. Lo vediamo, giorno per giorno, quello che sta succedendo...

PRESIDENTE. Deve concludere.

MAURO LIBÈ. Non voglio rubare altro tempo. Voglio dire una cosa al Governo e al Ministro Calderoli. Volete fare il federalismo? Fatelo, ma fatelo vero, semplice e funzionante, ma prima di tutto semplice, che i cittadini lo possano capire (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). La necessità che vi sia questo passaggio è sotto gli occhi di tutti. Non troviamoci qui fra qualche anno con i cittadini che non voteranno più, e saranno arrabbiati non solo con chi ha fatto gli sbagli ma anche con noi che abbiamo fatto presenti tali questioni. L'Unione di Centro ha dato la disponibilità a lavorare con voi dal primo giorno, abbiamo continuato a darla e - vi dico un'altra cosa - la daremo ancora. Ci aspettiamo però uno scatto di orgoglio da voi, perché siamo delusi da chi fa troppe promesse e poi non raggiunge i risultati, e la politica rischia di pagare tutti i giorni (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo per annunciare che su tutti gli emendamenti e ovviamente anche sull'articolo in esame, il gruppo Italia dei Valori voterà contro, in quanto questo articolo rappresenta una doppia presa in giro di questa Camera. Innanzitutto perché, come l'articolo 2, anch'esso è completamente svuotato di contenuti dall'articolo 1, e fortunatamente non si sa quando entrerà in vigore. In secondo luogo - ma è la cosa più importante - perché non c'è stato il coraggio (e questa era l'occasione giusta) di abolire le province, come l'Italia dei Valori sta dicendo nel suo programma elettorale da sempre, e come stanno dicendo anche gli altri partiti che non hanno saputo mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Noi abbiamo portato in Aula un progetto di legge costituzionale abrogativo delle province, che avete tutti provveduto a rispedire in Commissione per dimenticarlo lì, dopodiché è iniziato un balletto: abolizione di alcune province in decreto-legge, e poi ritiro dell'abolizione; emendamento per abolire le province in questo provvedimento, prima depotenziato e poi ritirato. Questo è il modo di fare politica che noi non condividiamo. Quindi, nel ribadire ancora una volta la nostra contrarietà all'istituto delle province, preannuncio il voto contrario a tutti gli emendamenti e all'articolo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, come abbiamo avuto modo di dire nel corso della giornata, alla luce del parere della Commissione bilancio e del conseguente emendamento della Commissione che è stato approvato all'articolo 1, ci stiamo accingendo a discutere delle funzioni fondamentali delle province, mentre per i comuni già lo abbiamo fatto. Stiamo, cioè, discutendo del cuore di questo disegno di legge, ma lo stiamo facendo a futura memoria, senza essere nemmeno nelle condizioni di stabilire una data certa.
Stiamo discutendo per un tempo futuro indeterminato. Questo vale ancora di più per le province dove c'è questo balletto, all'interno della maggioranza, su ciò che prevede il programma elettorale: prima si vogliono sopprimere quelle piccole, poi quelle medio-grandi.
E, allora, siccome bisogna discutere seriamente di queste cose, ma farlo con Pag. 98elementi di certezza, ritiro il mio emendamento 3.1 che, appunto, riguardava le funzioni della provincia in una logica di governo di area vasta, che è l'unica funzione che potrebbe, a Costituzione invariata, continuare a svolgere la provincia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che l'emendamento Ria 3.1 è ritirato.
Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 3 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Ciccanti 3.2, nonché sugli emendamenti Lanzillotta 3.5, 3.7, 3.8, 3.9 e 3.11. Esprime altresì parere contrario sull'emendamento Naccarato 3.12.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciccanti 3.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Armosino, Pelino, Gnecchi, Antonino Foti, Laratta, Duilio, Santagata...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 473
Astenuti 22
Maggioranza 237
Hanno votato
214
Hanno votato
no 259).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 3.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Tommaso Foti, Torazzi e Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 496
Votanti 474
Astenuti 22
Maggioranza 238
Hanno votato
184
Hanno votato
no 290).

Prendo atto che l'emendamento Lanzillotta 3.7 viene ritirato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 3.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo...

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione. Prego, presidente Bruno, ha facoltà di parlare.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, lei ha posto in votazione l'emendamento Lanzillotta 3.8, ma l'emendamento Lanzillotta 3.7 non è stato ritirato e deve essere votato.

PRESIDENTE. Onorevole Lanzillotta, ha ritirato l'emendamento 3.7 a sua prima firma oppure no?
Prendo atto che l'emendamento Lanzillotta 3.7 non è stato ritirato. Perché dunque lei, onorevole Lanzillotta, ha protestato quando ho messo in votazione il suo emendamento 3.7?

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, mi scusi, sono stata fraintesa. Vorrei Pag. 99intervenire sull'emendamento 3.9 a mia prima firma. Quindi facevo segno per quello e lei ha pensato che io facessi segno per ritirarlo.

PRESIDENTE. Ho frainteso il segnale dell'onorevole Lanzillotta e ho ritenuto che fosse stato ritirato l'emendamento Lanzillotta 3.7.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 3.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Aprea... onorevole Traversa... onorevole Mura...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 475
Astenuti 22
Maggioranza 238
Hanno votato
183
Hanno votato
no 292).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito a votare e avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 3.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Pizzolante... onorevole Iannuzzi... onorevole Paglia... onorevole Martinelli... l'onorevole Paglia ha votato...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 497
Votanti 474
Astenuti 23
Maggioranza 238
Hanno votato
183
Hanno votato
no 291).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lanzillotta 3.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, dal momento che le province non saranno soppresse, che almeno si attribuiscano loro le funzioni per cui dovrebbero esistere, cioè le funzioni di pianificazione e di regolazione dei cosiddetti servizi di area vasta, ossia i servizi a rete, i servizi pubblici locali a rete. Questo emendamento afferma esattamente questi tre principi: affidare alle province la pianificazione e la regolazione dei servizi a rete; superare quindi il conflitto di interesse che esiste - penso che il Ministro Fitto, qui presente, dovrebbe essere interessato alla materia - tra le società comunali che gestiscono i servizi e le stazioni appaltanti che sono appunto in conflitto di interesse in quanto anche azioniste e, infine, coinvolgere gli utenti nella regolazione e nel monitoraggio di questi servizi per definire standard di qualità e per controllarne la gestione.
Mi stupisco che su questa cosa elementare almeno chi vuole mantenere le province non sia d'accordo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, solo per chiarezza. Questi emendamenti sono pieni di buon senso, ma partono da un presupposto: riempire le province di competenze alla luce dell'impossibilità di sopprimerle. Bene, il mio gruppo - lo dichiaro adesso e vale per questo e per gli emendamenti che hanno questa logica - poiché ritiene, in coerenza con gli impegni presi in campagna elettorale, che le province vadano abolite e che si debba procedere verso questa strada, Pag. 100voterà contro tutti questi emendamenti (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, Italia dei Valori da sempre perlomeno con pari impegno si batte per quello che riteniamo un fatto positivo per il Paese: l'abolizione delle province.
Vorrei cogliere l'occasione per ricordare a quest'Aula che soltanto pochi mesi fa, quando un nostro disegno di legge costituzionale venne portato al voto, quest'Aula approvò il suo rinvio a dopo l'esame del provvedimento sulle autonomie locali, che stiamo concludendo in questi giorni.
Con il provvedimento in esame, alla fine, per quella che io definisco la debolezza e l'incapacità di questa maggioranza di assumersi responsabilità, si è stati incapaci di intervenire con tagli anche solo omeopatici alla struttura delle province, noi anticipiamo da oggi che, in occasione della prossima Conferenza dei presidenti di gruppo, chiederemo la calendarizzazione urgente del provvedimento, possibilmente già per le prossime settimane di questo mese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), perché crediamo che, in un momento in cui il Paese ha un bisogno drammatico di risorse e di razionalizzazione della propria struttura degli enti locali, anche un ente come le province - che io non mi spingo a dire che sia inutile, ma sicuramente è il meno utile tra gli enti locali del nostro Paese - deve rispondere ad una logica di più razionale utilizzazione delle risorse pubbliche.
Per questa ragione noi chiederemo con urgenza, già da domani o comunque dalla prossima Conferenza dei presidenti di gruppo, che questo provvedimento venga al più presto calendarizzato in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, colgo questa occasione per chiarire la posizione che il gruppo del Partito Democratico ha tenuto in Commissione e che ribadisce qui in Aula. Se si vogliono abolire le province come livello istituzionale, l'unica strada praticabile, dal punto di vista della nostra Costituzione, è cambiare la Costituzione e in particolare l'articolo 114. Altre strade non ve ne sono.
Se si vogliono cambiare le circoscrizioni provinciali, quindi modificare i confini delle province, l'unica strada percorribile è la procedura prevista dall'articolo 133 della Costituzione. Non vi sono altre strade.
Tutto il resto sa molto di demagogico, cioè è un'impostazione che va incontro ad un sentimento che si è fatto crescere nei commentatori e nella comunità, ma che non ha una fattibilità operativa se non si prende appunto per il verso giusto, cioè applicando gli articoli della Costituzione.
Per quanto ci riguarda, infine, noi contestiamo l'idea dell'inutilità delle province, perché esiste un ente intermedio in qualsiasi sistema locale di tipo europeo e riteniamo che, caso mai, vada accelerata la strada di attuazione delle città metropolitane, che abbiamo previsto nella legge n. 42 del 2009 e che vadano abolite contemporaneamente le province che fanno riferimento alle città metropolitane. Se volessimo fare qualcosa di concreto, questa sarebbe la strada maestra.
Detto ciò, noi quindi non siamo contrari all'attribuzione di competenze più chiare e definite alle province e in questo caso in particolare ci asteniamo sull'emendamento Lanzillotta 3.9, perché l'idea, ad esempio, di attribuire alle province funzioni in materia sociale riteniamo che contrasti con il fatto che la materia sociale dovrebbe essere di competenza, chiaramente come funzione fondamentale, dei comuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 101

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, avevo preso l'intervento del collega come un mutato parere del Partito Democratico. Posto che la nostra è una proposta di legge costituzionale, avevo inteso che potesse esservi da questo momento in avanti anche da parte del Partito Democratico un appoggio a questa proposta, di cui noi chiederemo il ritorno in quest'Aula in tempi brevissimi.
Noi però sappiamo che oltre all'UdC - che ha già dichiarato il suo punto di vista - vi sono, sia all'interno del Partito Democratico che all'interno del centrodestra, voci, persone e colleghi che ritengono che questo provvedimento sia giusto.
Ci aspettiamo, quindi, che la discussione che si svolgerà in Aula sul nostro progetto di legge costituzionale possa davvero portare alla semplificazione dei livelli istituzionali in Italia e, con essa, a una vera e concreta riduzione di spesa pubblica, la quale potrebbe aiutare la manovra che oggi il Governo pretende, o vuole fare, andando, invece, a mettere le mani nelle tasche dei cittadini, togliendo così miliardi di euro agli enti locali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, noi dobbiamo contestare - lo abbiamo già fatto in Commissione e in altre sedi - la tesi sostenuta dal collega del Partito Democratico, Giovanelli, secondo cui non vi sia uno spazio per la soppressione delle province con legge del Parlamento. Ciò perché l'articolo 133 della Costituzione prevede quella procedura solo per il mutamento delle circoscrizioni provinciali sentiti i comuni e, quindi, il mutamento dei perimetri. D'altra parte, sarebbe abbastanza assurdo pensare che con legge dello Stato si possano istituire le province e non sopprimerle.
Tuttavia, faccio notare molto rapidamente - come ho fatto stamane - che con la soluzione che si adotta, cioè il rinvio all'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, non solo si mantengono le province, ma in un certo senso si ampliano, e di molto, le loro funzioni.
Sono previste cioè, sebbene con la dizione «provvisoriamente» (che adesso diventa una dizione definitiva; almeno per cinque anni, secondo il timing del federalismo fiscale); alle province vengono attribuite funzioni assolutamente generali e generiche: funzioni di istruzione pubblica, come recita la lettera b), non si sa quali e come, funzioni nel campo della tutela ambientale e via dicendo.
Insomma, un altro argomento, un altro motivo serio per votare contro è che le province non solo vengono mantenute, ma vengono rafforzate nelle funzioni.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo UdC ha esaurito i tempi a sua disposizione. La Presidenza, essendone stata avanzata specifica richiesta, analogamente a quanto fatto in precedenti analoghe circostanze, concede a tale gruppo un ampliamento dei tempi pari a un terzo rispetto a quelli originariamente previsti dal contingentamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il mio voto favorevole, in dissenso dal gruppo, su questo emendamento. Ciò in attesa di digerire la scorpacciata che stiamo facendo di facile qualunquismo istituzionale. Penso, infatti, che questo emendamento abbia il vantaggio di chiarire che almeno la duplicazione legata alle funzioni delle ATO può venir meno. Quindi qui, finalmente, si potrebbe risparmiare davvero qualcosa, in attesa di trovare il coraggio di cambiare la Costituzione (Applausi del deputato Giancarlo Giorgetti).

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

Pag. 102

PRESIDENTE. Onorevole Lanzillotta, lei è già intervenuta sul suo emendamento. A che titolo vuole intervenire adesso?

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, ringrazio il collega Santagata, ma prendo atto che chi aspetta una futura - a mio avviso assai improbabile - soppressione delle province non riforma intanto ciò che c'è e, invece, chi vuole le province comunque non vuole modificare niente perché non vuole ridimensionare il potere dei comuni e delle sue municipalizzate. Prendo atto che questo emendamento ha un sostegno largamente minoritario e lo ritiro, confermando però che esso sarebbe una buona soluzione.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 3.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ci siamo? Onorevoli Dal Lago, Pagano, Pugliese...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 470
Astenuti 25
Maggioranza 236
Hanno votato
177
Hanno votato
no 293).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Naccarato 3.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sbai, Simeoni, Vella, Giachetti... onorevole Giachetti, non è la macchina che non funziona... onorevole Cicchitto... l'onorevole Cicchitto ha votato... onorevole Simeoni... disattivate la macchina dell'onorevole Simeoni, perché ormai è chiaro che c'è qualcosa che non funziona permanentemente in quella postazione... l'onorevole Simeoni ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 471
Astenuti 23
Maggioranza 236
Hanno votato
176
Hanno votato
no 295).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

L'Onorevole Strizzolo ha votato... l'onorevole Cicchitto di nuovo... allora è un sabotaggio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 493
Astenuti 1
Maggioranza 247
Hanno votato
263
Hanno votato
no 230).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
A questo punto dovremmo passare all'esame dell'articolo 4, per poi sospendere la seduta...

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

Pag. 103

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, se le intese erano quelle di finire alle 20, le chiedo, se possibile, di riprendere i nostri lavori domani mattina.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è quindi rinviato alla seduta di domani.

Sull'ordine dei lavori e per le risposte a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,55).

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, volevo richiamare la sua attenzione sulle numerose interrogazioni che sono state presentate dalla delegazione radicale in merito alla situazione carceraria e, in particolare, al numero dei suicidi che si sono verificati già in questa prima metà del 2010.
Con l'ultimo suicidio di ieri, avvenuto presso il carcere di Catania «La Bicocca», i suicidi nelle carceri hanno raggiunto il numero di trentadue. Signor Presidente, visto che dalla Commissione giustizia non è sortito alcunché sui gravissimi problemi delle carceri, essendo stato fatto totalmente fuori il disegno di legge Alfano che puntava, dopo l'approvazione delle mozioni sulle carceri, ad alleggerire la popolazione penitenziaria, volevo chiederle se almeno può richiamare il Ministero della giustizia e il Ministro Angelino Alfano a rispondere in quest'Aula alle numerose interrogazioni che abbiamo presentato in materia.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, provvederemo a sollecitare il Ministro Alfano.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, intervengo per la precisazione che avevo annunciato prima. Nel corso del dibattito l'onorevole Barbato, uscendo fuori tema, come lei giustamente ha osservato nel richiamarlo, aveva fatto riferimento alla posizione del collega Cota che si trova in una condizione attualmente di incompatibilità che la Giunta delle elezioni ha affrontato secondo le sue procedure e affronterà domani in una ulteriore riunione.
Volevo solo informare il collega Barbato e tutti quanti che, in ogni caso, dal momento della elezione, il collega Cota ha rinunciato a uno dei due emolumenti come non era in dovere di fare, ma come ha ritenuto necessario e utile fare ai fini di una ragionevole conduzione di questa temporanea situazione di incompatibilità che si è protratta a causa anche di ricorsi presentati avverso il risultato elettorale della regione Piemonte e che hanno fatto decidere alla Giunta di attendere il momento in cui il TAR si pronuncerà su questi ricorsi in via definitiva in modo da dare certezza al procedimento elettorale.
Ne approfitto per dire a tutti i colleghi che è bene informarsi prima di parlare di situazioni personali e che soprattutto sarebbe opportuno, al fine di dare maggiori garanzie a tutti i procedimenti elettorali, che la Camera affronti rapidamente la questione dei ricorsi elettorali in generale e a tutti livelli, perché questi possano determinarsi prima che le elezioni si svolgano e non dopo, soprattutto quando attengono alle procedure preliminari allo svolgimento delle operazioni elettorali e non al conteggio successivo dei voti, perché solo in quel caso è ovviamente ammissibile il ricorso successivo.
Tanto dovevo al collega Barbato, al quale faccio altresì osservare - cortesemente da parte del mio gruppo, anche se in questo penso di poter contare sul conforto di tutti - che quest'Aula non è fatta per insultare i colleghi ma per risolvere i problemi del Paese (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 104

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 17 giugno 2010, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati (C. 3118-A)
e delle abbinate proposte di legge: STUCCHI; STUCCHI; URSO; MOGHERINI REBESANI ed altri; ANGELA NAPOLI; GARAGNANI; GIOVANELLI ed altri; BORGHESI ed altri; DI PIETRO ed altri; RIA e MOFFA; MATTESINI ed altri; REGUZZONI; GARAGNANI (C. 67-68-711-736-846-1616-2062-2247-2471-2488-2651-2892-3195).
- Relatore: Bruno.

(al termine delle votazioni)

2. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2010, a pagina 1, seconda colonna, all'ultima riga, dopo le parole: «e XIV», si intendono inserite le seguenti: «e della Commissione parlamentare per le questioni regionali».

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3118-A - em. 1.1, 1.2 520 518 2 260 250 268 61 Resp.
2 Nom. em. 1.5 521 520 1 261 251 269 61 Resp.
3 Nom. em. 1.3 522 521 1 261 252 269 60 Resp.
4 Nom. em. 1.101 523 523 262 269 254 60 Appr.
5 Nom. em. 1.6 521 521 261 253 268 60 Resp.
6 Nom. em. 1.7 521 521 261 254 267 60 Resp.
7 Nom. articolo 1 519 518 1 260 268 250 60 Appr.
8 Nom. em. 2.2 519 518 1 260 249 269 59 Resp.
9 Nom. em. 2.4 519 518 1 260 249 269 59 Resp.
10 Nom. em. 2.5 519 518 1 260 247 271 59 Resp.
11 Nom. em. 2.6, 2.7 520 517 3 259 247 270 58 Resp.
12 Nom. em. 2.8 521 520 1 261 247 273 58 Resp.
13 Nom. em. 2.11 522 519 3 260 248 271 58 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 2.12, 2.13 521 520 1 261 245 275 58 Resp.
15 Nom. em. 2.15 520 519 1 260 246 273 58 Resp.
16 Nom. em. 2.16 519 518 1 260 246 272 58 Resp.
17 Nom. em. 2.1 522 341 181 171 71 270 58 Resp.
18 Nom. em. 2.18 516 515 1 258 242 273 58 Resp.
19 Nom. em. 2.19 513 511 2 256 239 272 58 Resp.
20 Nom. em. 2.20, 2.21, 2.22 508 507 1 254 241 266 58 Resp.
21 Nom. em. 2.101 510 311 199 156 268 43 58 Appr.
22 Nom. em. 2.24 513 510 3 256 242 268 58 Resp.
23 Nom. em. 2.25, 2.26 515 513 2 257 245 268 58 Resp.
24 Nom. em. 2.29 509 508 1 255 240 268 57 Resp.
25 Nom. em. 2.100 506 506 254 502 4 57 Appr.
26 Nom. em. 2.30 510 508 2 255 242 266 57 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 2.31 510 508 2 255 241 267 57 Resp.
28 Nom. em. 2.34 513 512 1 257 44 468 57 Resp.
29 Nom. em. 2.38 513 511 2 256 243 268 57 Resp.
30 Nom. em. 2.40 512 510 2 256 243 267 57 Resp.
31 Nom. em. 2.41 512 510 2 256 243 267 57 Resp.
32 Nom. em. 2.42 512 510 2 256 243 267 57 Resp.
33 Nom. em. 2.43, 2.44 502 500 2 251 239 261 57 Resp.
34 Nom. articolo 2 502 500 2 251 262 238 56 Appr.
35 Nom. em. 3.2 495 473 22 237 214 259 56 Resp.
36 Nom. em. 3.5 496 474 22 238 184 290 56 Resp.
37 Nom. em. 3.7 497 475 22 238 183 292 56 Resp.
38 Nom. em. 3.8 497 474 23 238 183 291 56 Resp.
39 Nom. em. 3.11 495 470 25 236 177 293 55 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 41)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. em. 3.12 494 471 23 236 176 295 56 Resp.
41 Nom. articolo 3 494 493 1 247 263 230 55 Appr.