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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 322 di lunedì 17 maggio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 15,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 maggio 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bergamini, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Fassino, Fitto, Franceschini, Frattini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sul grave attentato verificatosi questa mattina in Afghanistan.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Onorevoli colleghi, come è purtroppo già noto, questa mattina si è verificato un grave attentato nel nord est dell'Afghanistan, nella zona vicina ad Herat, in cui sono rimasti coinvolti quattro militari italiani.
Due militari, il sergente Massimiliano Ramadù di 33 anni, originario di Velletri, in provincia di Roma, e il caporale maggiore Luigi Pascazio di 25 anni, di Bitetto, in provincia di Bari, sono rimasti uccisi e altri due sono rimasti seriamente feriti. Da quanto si apprende, fortunatamente, non sarebbero in pericolo di vita.
Come ho già avuto modo di affermare in un messaggio che ho fatto pervenire questa mattina al Capo di stato maggiore della difesa, ritengo che l'impegno dei nostri soldati, insieme a quello degli alleati, costituisca un presidio contro le forze del terrore e della destabilizzazione, rappresentando un insostituibile baluardo in un'area martoriata dai conflitti innescati dal fanatismo fondamentalista.
Soprattutto in momenti così tragici è necessario stringersi intorno ai nostri militari e ribadire convintamente la determinazione a proseguire nel nostro impegno fino al conseguimento degli obiettivi della missione internazionale.
Sono certo di interpretare il sentimento di tutti colleghi affermando che la Camera dei deputati si stringe, in queste ore, intorno alle famiglie dei caduti e alle Forze armate italiane, augurando, nel contempo, un pronto ristabilimento ai militari rimasti feriti. Pag. 2
Ho già chiesto al Governo, e in particolare al Ministro della difesa, di riferire quanto prima in Aula sul grave episodio.
Invito i colleghi ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Generali applausi cui si associano i membri del Governo).

Discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 14, 25 e 27 del disegno di legge n. 3209, disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 2 marzo 2010) (A.C. 3209-bis-A) (ore 15,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 14, 25 e 27 del disegno di legge n. 3209, disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 2 marzo 2010).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3209-bis-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore, onorevole Orsini.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il provvedimento in esame è stato dichiarato collegato alla manovra finanziaria per gli anni 2010-2013 nella risoluzione di approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria. Dal testo, composto all'atto della presentazione alla Camera da 30 articoli, sono stati stralciati gli articoli 14, 25 e 27 all'esito dell'esame svolto ai sensi dell'articolo 123-bis del Regolamento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 15,10)

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. La I Commissione ha concluso l'esame il 12 maggio 2010, approvando numerosi emendamenti; a seguito delle modifiche introdotte, il testo si compone di 48 articoli.
L'articolo 1 interviene in materia di tenuta informatica dei libri sociali e delle scritture contabili, in particolare prevedendo che l'assolvimento degli obblighi di numerazione progressiva e vidimazione avvenga almeno una volta l'anno anziché ogni tre mesi. Il nuovo articolo 1-bis disciplina le modalità di tenuta informatica e di trasmissione telematica delle certificazioni dell'intera documentazione relativa all'attività di impresa da parte dello sportello unico delle attività produttive; l'articolo 1-ter, introdotto dalla Commissione, differisce il termine per l'esercizio della delega per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti Pag. 3procedurali applicabili alle imprese e introduce diverse modalità per l'adeguamento in sede regionale alle previsioni dei decreti legislativi.
All'articolo 4 la Commissione ha poi esteso alle strutture sanitarie private convenzionate l'applicazione delle disposizioni riguardanti la cartella clinica digitale; l'articolo 4-bis, introdotto dalla Commissione, reca disposizioni in materia di farmaci, tra cui la previsione relativa alla produzione di materie prime attive e l'effetto di notifica delle comunicazioni effettuate attraverso la rete telematica nazionale di farmacovigilanza.
La Commissione ha poi soppresso l'articolo 5, in quanto disposizioni analoghe sono contenute nel decreto-legge n. 40 del 2010, in corso di conversione.
Gli articoli 5-bis e 5-ter, introdotti dalla Commissione, riguardano rispettivamente la disciplina sulla conferenza di servizi recata dagli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e le disposizioni di semplificazione in materia ambientale, tra cui alcune relative alla realizzazione delle strutture di interesse turistico-ricreativo dedicate alla nautica da diporto e allo strumento attuativo di piani urbanistici. In proposito, vorrei sottolineare come le modifiche approvate non intendono in alcun modo ridurre i livelli di tutela nell'ambito del provvedimento, quanto piuttosto assicurare la necessaria speditezza nell'azione amministrativa evitando paralisi delle procedure.
La Commissione ha poi introdotto l'articolo 6-bis, che reca semplificazioni in materia di appalti; l'articolo 7-bis, che consente l'accesso alla consultazione della banca dati sinistri dell'ISVAP anche agli enti previdenziali; l'articolo 7-ter, volto a semplificare la tenuta della documentazione tecnico-amministrativa in materia di infortuni e malattie professionali; l'articolo 7-quater, che reca disposizioni volte a semplificare la tenuta degli elenchi dei lavoratori agricoli, e prevede tra l'altro la soppressione degli elenchi trimestrali; l'articolo 8-bis, che semplifica le modalità di rilascio dell'autorizzazione dei trasporti eccezionali; l'articolo 8-ter, che interviene nella disciplina codicistica della cessione d'azienda prevedendo la sottoscrizione con firma digitale dei contratti di trasferimento della proprietà o del godimento di azienda ai fini della iscrizione nel registro delle imprese; l'articolo 9-bis che dispone che i regolamenti ministeriali o interministeriali, nonché i provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati dalle amministrazioni dello Stato al fine di regolare l'esercizio dei poteri autorizzatori, concessori, certificatori nonché l'accesso ai servizi pubblici ovvero la concessione di benefici devono recare in allegato l'elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese introdotti o eliminati con gli atti medesimi.
L'articolo 9-ter, introdotto dalla Commissione, prevede, tra i principi e criteri direttivi generali della delega prevista dall'articolo 20 della legge n. 59 del 1997, anche l'eliminazione degli obblighi informativi non necessari o sproporzionati ai fini della tutela dell'interesse pubblico, riducendo, in particolare, in modo mirato quelli richiesti alle piccole imprese.
L'articolo 10-bis, introdotto dalla Commissione, integra la disciplina in materia di analisi dell'impatto della regolamentazione recata dall'articolo 14 della legge n. 246 del 2005, disponendo l'obbligo, per le amministrazioni proponenti, di allegare agli schemi di atti normativi da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri l'elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese, introdotti o eliminati con i medesimi atti normativi.
L'articolo 12-bis, introdotto dalla Commissione, reca semplificazioni in materia di pubblicazione di informazioni fiscali, prevedendo la pubblicazione elettronica, in luogo di quella su Gazzetta Ufficiale, dell'importo della maggiorazione dell'addizionale regionale IRPEF.
L'articolo 17, concernente la disciplina della prescrizione farmaceutica e specialistica in formato elettronico, è stato riformulato dalla Commissione al solo fine di aggiornare termini non più applicabili. Resta inteso che la scansione temporale delle diverse fasi potrà essere oggetto di un Pag. 4ulteriore approfondimento, anche al fine di prevedere l'applicazione a regime delle disposizioni sulla ricetta elettronica nei tempi previsti dal disegno di legge presentato dal Governo.
La Commissione è, altresì, intervenuta sul testo dell'articolo 18, precisando che la pagella elettronica ha validità legale.
L'articolo 19-bis, introdotto dalla Commissione, stabilisce che nelle cause seriali davanti al giudice di pace aventi ad oggetto determinati contratti, la condanna alle spese non può superare il valore della condanna principale.
L'articolo 20, recante disposizioni in materia di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), è stato soppresso dalla Commissione in quanto tali disposizioni sono già contenute nell'articolo 21 del disegno di legge comunitaria 2009.
La Commissione ha poi introdotto l'articolo 20-bis, che prevede, tra l'altro, quale unica forma di comunicazione con le imprese, la posta elettronica certificata, escludendo le altre forme di posta elettronica. Si estende poi anche agli stranieri residenti la possibilità di avere assegnata una casella di posta elettronica certificata.
L'articolo 20-ter dà attuazione ad alcune direttive comunitarie relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti, estendendo ai condizionatori d'aria e ai test di fecondazione la relativa disciplina.
L'articolo 20-quater è volto a rendere possibile l'utilizzazione del documento informatico sottoscritto con firma digitale, al fine del conferimento di poteri di rappresentanza degli imprenditori.
L'articolo 20-quinquies, a sua volta, semplifica alcuni procedimenti in materia di protezione della privacy.
L'articolo 21-bis istituisce un Fondo per la formazione continua dei dipendenti pubblici.
L'articolo 22, che prevedeva un ampliamento della deroga al blocco generale delle assunzioni per gli incarichi dirigenziali, è stato soppresso dalla Commissione in quanto tale blocco è stato abrogato dall'articolo 2, comma 8-septies, del decreto-legge n. 194 del 2009.
L'articolo 24-bis, introdotto dalla Commissione, reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 55-quinquies del decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di false attestazioni o certificazioni.
L'auspicio, ad ogni modo, è quello di poter risolvere gli aspetti su cui sono emerse alcune questioni problematiche nel corso dell'iter parlamentare, in modo da superare anche le perplessità evidenziate da alcuni colleghi nel corso dell'esame nelle Commissioni di merito.
Abbiamo ricevuto i vari pareri, i quali saranno oggetto di approfondimento da parte del Comitato dei nove, che dedicherà loro un tempo particolare al fine di poter meglio, eventualmente, procedere a quelle modifiche che anche i colleghi dell'opposizione hanno presentato. Ritengo, pertanto, che domani, in Assemblea, il provvedimento potrà essere esaminato nella sua interezza.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, la relazione del presidente Bruno ha già evidenziato la forte eterogeneità di questo provvedimento. Si tratta di una eterogeneità che è stata ulteriormente appesantita durante l'iter in Commissione, poiché siamo passati da un testo originario composto da 30 articoli ad un testo che vede oggi 48 articoli all'attenzione di quest'Assemblea.
La prima considerazione che viene da fare è, appunto, quella della assoluta insufficienza, in termini di tempo, per la I Commissione, di poter approfondire ed entrare nel merito di queste profonde modificazioni che sono state introdotte, in particolare con gli emendamenti del relatore e del Governo. Questo deve farci riflettere: francamente non credo che sia Pag. 5sufficiente il ricorso ad un approfondimento specifico da parte del Comitato dei nove, ma credo che sarebbe molto più opportuno - non soltanto per la I Commissione - ridare alla Commissione la possibilità di un approfondimento di merito quale questo provvedimento merita.
L'eterogeneità del provvedimento ha comportato ovviamente il coinvolgimento di tutte le Commissioni parlamentari per pareri che non sono stati assolutamente formali. Pur nel brevissimo tempo a disposizione che esse hanno avuto per poter esprimere i loro pareri, molte Commissioni hanno approfondito il testo nel merito e sono giunte alla conclusione di porre delle osservazioni e delle condizioni. Cinque Commissioni, un numero molto alto di Commissioni coinvolte, hanno espresso condizioni. Credo che ciò dovrebbe richiamare il Governo, il relatore e la presidenza della Commissione ad un supplemento di approfondimento per poter davvero contribuire a rendere il più possibile efficace questo provvedimento.
Questo Parlamento, lo abbiamo detto tante volte, si trova in una situazione di difficoltà perché il carattere degli atti che ci vengono proposti costringono il Parlamento a lavorare in tempi e modi assolutamente insufficienti rispetto alla sua funzione costituzionale. Tuttavia, quelle poche volte, e questa potrebbe essere una di quelle, nelle quali si può fare un lavoro di scambio e di approfondimento reciproco, fra maggioranza e opposizione, per produrre un provvedimento utile al Paese, ai cittadini e alle imprese, credo che dovremmo mettercela tutta; dovremmo contribuire affinché questo avvenga. Se andiamo avanti con il dibattito in Assemblea - così come oggi lo abbiamo - credo che questo non si otterrà e sarebbe una perdita, non solo dal punto di vista formale ma anche dal punto di vista sostanziale.
Infatti, chi non è d'accordo sul fatto di lavorare per la semplificazione della pubblica amministrazione, per ridurne gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese in termini di tempo, per garantire certezza nella risposta della stessa ai quesiti, alle esigenze e alle aspettative dei cittadini e delle imprese, per rendere un servizio quale quello che la pubblica amministrazione deve svolgere al sistema Paese? Tutti siamo d'accordo in linea di principio.
Ho negli occhi, oltre che nella mente, le parole e gli atteggiamenti dei tanti soggetti che sono stati auditi su questo provvedimento. L'incipit è sempre stato lo stesso: siamo tutti d'accordo sul fatto che bisogna lavorare alla semplificazione, ma, subito dopo questa affermazione di disponibilità e di buona volontà, si leggeva negli occhi lo scetticismo rispetto alla possibilità effettiva di ottenere questo risultato.
È uno scetticismo, badate, che dobbiamo guardare con grande preoccupazione perché manifesta un allontanamento, da parte della società civile, rispetto alla effettiva possibilità delle istituzioni democratiche di mettere in condizione la pubblica amministrazione di fare il suo lavoro e di svolgere un servizio fondamentale per la garanzia dei diritti di cittadinanza e per la libertà e la trasparenza del mercato, un servizio che è l'essenza stessa della funzione della pubblica amministrazione.
Dobbiamo combattere questo scetticismo e, possibilmente, dobbiamo unire le forze, far convergere le volontà per ricucire questo strappo pesante che si è creato con la società civile e che lascia terreno aperto, una prateria vasta nei confronti di un'azione di delegittimazione della funzione stessa della pubblica amministrazione: una prateria vasta per chi cavalca il populismo, per chi cavalca la denigrazione della funzione del pubblico amministratore, di colui che è chiamato nella funzione pubblica a svolgere un servizio sottolineato e riconosciuto dalla nostra Costituzione.
Credo che sia questo l'atteggiamento che correttamente dobbiamo avere ed è stato questo l'atteggiamento con il quale abbiamo voluto guardare a questo provvedimento. Ma nonostante la buona volontà, non possiamo che registrare che la sensazione che si ha di fronte ad un atto di questo genere è la mancanza di una bussola, di una linea e di un disegno con Pag. 6una prospettiva chiara: dove si vuole portare la pubblica amministrazione? Credo che ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento che dà la sensazione che ci sbattiamo a destra e a sinistra per dimostrare che comunque qualcosa facciamo, che comunque qualcosa cerchiamo di fare, con il rischio, invece, che qualche volta facciamo confusione.
Non sono molto convinto che la pubblica amministrazione abbia bisogno di spot, cioè di messaggi tanto semplificati da determinare aspettative salvifiche, salvo poi far piombare tutti nella più amara constatazione di impotenza. Anche qui, anche in questo provvedimento vi è questo atteggiamento pericoloso, secondo me, che abbiamo già segnalato per altri provvedimenti proposti dal Ministro Brunetta. Se andiamo a vedere a valle i loro risultati, sicuramente si registra un deficit rispetto alle aspettative che avevano acceso, quasi fossimo di fronte a un continuo rilancio, a un continuo bisogno di lanciare messaggi che, in qualche modo, possano illudere. Credo che questa non sia la strada, come non lo è quella dell'eccessiva normazione.
Pensiamo di semplificare con continue norme, ma alla fine ci complichiamo la vita. Molto di quanto servirebbe per semplificare e per rendere più efficace, più efficiente e anche più economica l'azione della pubblica amministrazione in verità sta nella delegificazione, nel ricorrere a regolamenti che intervengano nel merito dei singoli aspetti che evidenziamo come dannosi nel funzionamento della macchina amministrativa, e non nell'ulteriore proliferazione di norme. Ho la sensazione che siamo dentro questo circuito vizioso, che ci porta all'illusione di semplificare norme con norme.
Non credo che questo atteggiamento ci porterà molto lontano, salvo poi, in questa frenesia (prima ho usato un'espressione forse non proprio consona a questa sede, nel dire «sbattersi a destra e a sinistra»), scordarsi che aspetti normativi sui quali chiamiamo a pronunciarsi il Parlamento o a lavorare le Commissioni in verità erano già presenti in altri atti normativi, il cui iter legislativo è magari andato avanti parallelamente o che hanno preceduto questo provvedimento. È una modalità di lavorare che fa venire il mal di testa, più che risolvere i problemi, e fa correre i nostri uffici a segnalarci continuamente con il cartellino giallo o il cartellino rosso che stiamo facendo delle cose sbagliate o comunque inutili.
Lo stralcio di alcuni articoli è stato effettuato perché alcune parti di questo provvedimento, nella sua versione originaria, erano già presenti nella legge comunitaria piuttosto che in altri provvedimenti. Tuttavia, andando a scorrere il parere delle singole Commissioni e anche il documento preziosissimo che il Servizio studi ci ha messo a disposizione, vediamo che questo lavoro di pulizia non è affatto finito e che ancora in questo testo permangono delle ridondanze, cioè dei richiami ad atti normativi già in essere piuttosto che ad atti normativi che, intervenendo sulla stessa materia, mal si conciliano e non sono coordinati con il testo che ci viene sottoposto all'attenzione.
A me interessa richiamare per l'appunto, il difetto, il limite, il rischio di una illusione normativa rispetto ad un problema di semplificazione, che è spesso legato a regolamenti e a modalità organizzative, che magari, proprio perché spesso comportano lo sforzo da parte dei singoli ministeri e dei singoli livelli di responsabilità politica di intervenire laddove c'è un ufficio che ha un nome e un cognome e laddove c'è un dirigente che ha un nome e un cognome, non vengono seguite. Pertanto, ci si ripara dietro alla norma di carattere generale, salvo poi metterci nelle condizioni di vanificarla ulteriormente. Quante volte infatti abbiamo dovuto prorogare i termini di tanti provvedimenti che facevano riferimento a obiettivi di semplificazione? Temo che anche questo disegno di legge oggi in discussione in Assemblea produrrà altro materiale per l'ennesimo decreto-legge milleproroghe, che è ormai uno dei provvedimenti più frequenti nel lavoro di quest'Aula.
Un altro elemento secondo me significativo, di merito, in questo provvedimento Pag. 7è l'enfasi sulla tecnologia. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che una pubblica amministrazione moderna debba porre un forte accento sull'innovazione tecnologica, cioè sulla riduzione drastica del cartaceo e dei provvedimenti che fanno correre le persone da un ufficio all'altro, in favore di una circolazione delle notizie all'interno della pubblica amministrazione. Ciò comporta innanzitutto una interoperabilità dei sistemi informativi, che sappiamo benissimo non esistere oggi nel nostro Paese, ma comporta anche - lo dico al Governo - fare i conti, con un atto di sano realismo, sulla situazione diversificata del nostro Paese.
Chi non è d'accordo sul fatto che le cartelle cliniche debbano essere archiviate in forma elettronica? Tutti siamo d'accordo.
Siamo sicuri che il sistema sanitario in tutte le regioni del nostro Paese sia in grado di prendere questa scelta positiva e di tradurla in fatti concreti da subito o nei tempi previsti dal provvedimento?
È vero che si rimanda ad accordi nella conferenza unificata e che lì si prevedranno probabilmente delle gradualità, ma questo caso è certamente come quello della ricetta elettronica e della comunicazione agli sportelli unici, che dovrebbero avvenire soltanto attraverso la tecnologia; come il dialogo fra lo sportello unico del comune rispetto a quello della Camera di commercio che dovrebbe avvenire soltanto attraverso la tecnologia, così come la denuncia dell'inizio di un'attività imprenditoriale. Sono tutti principi giusti, ma questo castello casca nell'assenza di soldi. Si dice che non si possono fare le nozze con i fichi secchi: noi non possiamo fare l'innovazione tecnologica della pubblica amministrazione senza gli investimenti nella tecnologia, ossia senza metterci dei soldi.
Faccio notare che, ad esempio, se voi andate a vedere il pericolosissimo calo degli investimenti negli ultimi anni dovuto ai tagli conseguenti ai saldi posti dai diversi provvedimenti finanziari al sistema delle autonomie e conseguenti al Patto di stabilità, noterete due voci drasticamente crollate in termini di investimenti nel sistema delle autonomie locali, che è gran parte della pubblica amministrazione nel nostro Paese (regioni, comuni e province, infatti, costituiscono gran parte della pubblica amministrazione del nostro Paese): i restauri e la manutenzione, in particolare dei beni culturali, e le tecnologie.
Non a caso, nel nostro Paese dove la pubblica amministrazione rappresenta una delle committenze più importanti per le imprese che sono nate e si sono sviluppate per produrre il know-how tecnologico, quelle stesse imprese oggi sono in grave sofferenza, proprio perché il committente pubblico ha smesso di investire. Questo è un aspetto pesante anche sotto il profilo della lotta alla crisi.
Annuncio tutta la disponibilità al sostegno nei confronti del Ministro Brunetta, dei sottosegretari e di coloro che lavorano con lui: facciamo una battaglia insieme perché il Governo e il Ministero dell'economia e delle finanze rivedano il Patto di stabilità per gli enti locali e per il sistema delle autonomie in funzione di queste politiche di investimento, altrimenti possiamo mettere in archivio l'innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, la prego di concludere.

ORIANO GIOVANELLI. È meglio che non ci prendiamo in giro, perché non andiamo da nessuna parte: non è vero che le cose che avete inserito in questo disegno di legge producano un «non-costo».
Il vostro provvedimento tocca, inoltre, aspetti delicati e mi voglio soffermare soltanto su quelli relativi agli articoli 5-bis, riguardante la conferenza di servizi, e 5-ter, concernente VAS e VIA.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, dovrebbe concludere...

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, il collega Bressa non interviene, posso usare un po' del suo tempo?

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PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, mi avevano segnalato di avvertirla dopo venti minuti, ma può proseguire.

ORIANO GIOVANELLI. La questione della conferenza dei servizi è stata una conquista della legge n. 241 del 1990. A me ora sembra che via via ci stiamo allontanando dall'importanza della conferenza dei servizi come strumento di semplificazione, per arrivare ad un'idea normativa che cerca di ridimensionarne la funzione. Inviterei a riflettere per capire se questa è davvero una strada che porta a semplificare o ad aumentare tensioni e conflitti.
Il punto è che sarebbe bene che il Ministro per i beni e le attività culturali intervenisse sulle sue sovrintendenze e sui suoi uffici ed imponesse loro dei regolamenti che li obblighino a dare risposte certe in tempi certi. Perché non fa questo tipo di intervento piuttosto che introdurre il meccanismo del silenzio assenso? Il meccanismo del silenzio assenso, sia in tema di beni culturali sia in tema di codice ambientale, provocherà dei contenziosi di cui non abbiamo cognizione. Sapete quale sarà la risposta dei burocrati pigri se prendiamo la strada del silenzio assenso? Tanto vale che mi pronuncio con un «no», così c'è una risposta.
Io credo, invece, che la strada sia quella della responsabilizzazione del titolare del procedimento amministrativo e, nello stesso tempo, di adottare norme che impongano agli uffici dei beni culturali e a quelli che hanno competenza sulle questioni ambientali di dare delle risposte certe in tempi certi, salvo poi, se non le danno, attivare il responsabile del procedimento in modo che valuti lui la chiusura del procedimento, senza averne la responsabilità in termini di conseguenze per la mancata efficacia ed efficienza del servizio.
Segnalo questo aspetto perché secondo me prendendo queste scorciatoie in verità non risolviamo il problema perché - lo ripeto - aumenteranno i «no» a prescindere. In secondo luogo, solletichiamo quelle componenti un po' ideologiche che tutte le volte che andiamo a sfiorare il tema ambientale e dei beni culturali alzano subito delle barriere insormontabili: dobbiamo evitare di solleticare questi atteggiamenti di chiusura.
Queste sono alcune considerazioni di merito che ho cercato di fare sul provvedimento. Concludo sul tema della delega «Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche». Innanzitutto c'è la questione della delega, credo che ne parlerà il collega Zaccaria: siete sicuri che si possono definire con delega i livelli essenziali delle prestazioni della pubblica amministrazione? Non c'è forse una riserva di legge su questo punto?
Detto questo, a me piace contestare il taglio filosofico di questa Carta: un po' come sui fannulloni e sulle assenze, il taglio è quello top-down, dall'alto verso il basso, il dovere. Non nascondo ovviamente che questa debba essere una strada, ma a me sembra che nelle esperienze maturate negli anni Novanta e in questi anni del Ministro Brunetta in verità una strada non percorsa e che potrebbe dare buoni frutti, soprattutto in combinazione con questa scelta, sia quella di favorire l'attivazione del destinatario del procedimento amministrativo, cioè l'utente, il cittadino. Per questo credo che dovremmo rafforzare gli elementi della partecipazione del cittadino o dei portatori di interessi legittimi al procedimento amministrativo; penso che questo aspetto debba essere rafforzato molto di più di quanto non sia oggi. Per farla breve, credo che dovremmo mettere nelle mani del cittadino e dei portatori di interessi la possibilità di attivare vere azioni di risarcimento nei confronti della pubblica amministrazione inadempiente.
Durante il Governo Prodi avevamo cominciato ad affrontare questo aspetto, ma è stato completamente stralciato. Capisco che in questo Paese c'è un po' la dittatura della Ragioneria generale dello Stato, però occorre tornare su questa riflessione, perché non è possibile che tutte le norme di innovazione, siccome possono contemplare un costo, vengano stralciate: tutte le Pag. 9norme sane e sagge, soltanto perché potrebbero comportare un costo, vengono stralciate. È un errore.
Faccio questo esempio: durante gli anni Novanta con Bassanini per la riforma della pubblica amministrazione l'idea fu di puntare su una dirigenza motivata, valorizzata e più autonoma.
Ebbe dei risultati positivi, ma poi ebbe anche insufficienze e insuccessi. Con Brunetta vediamo questa scelta, quasi fossimo a «incasermare» il sistema, molto centralista, molto dall'alto verso il basso. Secondo me, invece, manca ciò che è proprio di una cultura liberale, democratica e occidentale, ossia l'attivazione dell'utenza, che può essere la vera formula innovativa che spinge la pubblica amministrazione nel nostro Paese. Credo che il risarcimento, assieme alla partecipazione al procedimento, debba essere una strada inevitabile per innovare la pubblica amministrazione. È una pubblica amministrazione che vive momenti difficili. Se ne parla in questi giorni di crisi anche a sproposito, come se fosse tutto uguale, come se andassero bene i tagli orizzontali e lineari come soluzione dei costi del debito pubblico del nostro Paese, ma sono tutte strade sbagliate, che non tengono conto delle differenze, delle diverse pubbliche amministrazioni, del carattere plurale della pubblica amministrazione. È una pubblica amministrazione messa anche sotto il faro della corruzione. Credo - con questo concludo davvero - che sia dovere della maggioranza e dell'opposizione, del Governo in primo luogo, tenere in parallelo il provvedimento contro la corruzione e i provvedimenti di semplificazione e di innovazione della pubblica amministrazione. Se vogliamo ricostruire la stima, la fiducia e il buon nome della pubblica amministrazione nel nostro Paese e un atteggiamento diverso del cittadino e delle imprese nei suoi confronti, dobbiamo tenere in parallelo provvedimenti legislativi che agiscano su questi aspetti: riduzione dei costi, semplificazione e lotta alla corruzione. Il ritardo, invece, con il quale si affronta questo ultimo aspetto ritengo che possa in qualche modo inficiare tutte le buone volontà, che pur leggiamo tra le pieghe del provvedimento che è all'esame dell'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gregorio Fontana. Ne ha facoltà.

GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, come evidenziato dalla relazione del presidente Bruno, il provvedimento che giunge in Aula tratta una materia estesa e complessa, ma ci sono principi e obiettivi fondamentali sui quali mi auguro possano emergere, nel corso della discussione parlamentare, sostanziali convergenze tra maggioranza e opposizione, come del resto auspicato anche dal Governo. Siamo tutti convinti sostenitori della centralità del cittadino nella pubblica amministrazione, ma sappiamo tutti anche con quanta lentezza e fatica molti settori della pubblica amministrazione italiana si siano adeguati all'evoluzione del sistema costituzionale. La burocrazia italiana negli ultimi anni, anche su impulso del legislatore, ha fatto grandi e positivi sforzi per superare lo stereotipo di una casta attestata su una visione statocentrica e/o punitiva dei rapporti con il cittadino. Essa ha cercato cioè di non apparire più esclusivamente preoccupata della correttezza formale degli atti, a discapito dell'efficacia e dell'efficienza della propria azione, ma il lavoro da fare su questo fronte è ancora molto impegnativo. In questo senso, non solo il Parlamento, ma anche la Corte costituzionale, ha ripetutamente chiarito che la Costituzione vuole garantire l'erogazione di buoni servizi ai cittadini, non certo affermare in maniera del tutto astratta principi di correttezza formale degli atti pubblici. In particolare, dall'attività del giudice costituzionale è emersa la crescente importanza del principio di ragionevolezza quale paradigma interpretativo della Corte costituzionale, principalmente laddove i principi di eguaglianza formale o di legalità si dimostrano di per sé insufficienti a garantire il concreto godimento dei diritti civili e sociali da parte dei cittadini. Oggi, Pag. 10grazie alle riforme approvate dal Parlamento e anche al giudice costituzionale, il paradigma della ragionevolezza ci consente di valutare l'adeguatezza dei mezzi rispetto al fine, soprattutto per quel che riguarda la garanzia della centralità del cittadino nel sistema dei pubblici poteri.
Il disegno di legge presentato dal Ministro Brunetta è inteso a colmare, finalmente, il divario esistente tra la nostra pubblica amministrazione, da una parte, e l'evoluzione della nostra cultura civile e del nostro sistema costituzionale, dall'altra. Si tratta di una proposta in perfetta continuità con le altre iniziative del Ministro, come ad esempio la nota legge Brunetta del 2009 che sta già, per parte sua, contribuendo, in maniera determinante, a modernizzare la nostra pubblica amministrazione, attraverso la valorizzazione del merito, il rafforzamento del principio di responsabilità e la razionalizzazione nell'attribuzione degli incarichi. Ora l'attenzione, dall'organizzazione interna della pubblica amministrazione, si sposta ai rapporti che quest'ultima ha con i cittadini. Per certi versi, questo disegno di legge mira a rimuovere anacronistiche barriere architettoniche che ancora si frappongono, nella nostra pubblica amministrazione, tra gli italiani ed i servizi che sono loro destinati. Nell'età della comunicazione digitale, di facebook, di youtube, della posta elettronica certificata, nonché di una sempre più diffusa cultura dei diritti, non si può infatti chiedere ai cittadini di ingaggiare una battaglia quotidiana contro timbri, permessi, documenti cartacei di varia natura, per lo più inutili, la cui produzione si rivela gravosa per le casse pubbliche e per i cittadini stessi. Ci pare emblematica, al riguardo, la proposta di una drastica semplificazione delle procedure relative all'installazione delle postazioni internet pubbliche. In generale, c'è, in questa come in altre iniziative del Governo, una potente promozione di tutte le nuove tecnologie di comunicazione e di accesso ai documenti e alle informazioni. Meno carta più trasparenza è un motto che sintetizza efficacemente questa piccola rivoluzione in atto nel Paese. Particolarmente apprezzate ad esempio dalle famiglie e dagli studenti saranno le misure volte a semplificare l'accesso ai dati relativi alla carriera scolastica e universitaria, ma anche quelle dedicate alla diffusione delle reti wireless, voip, in tutte le università. Altre norme vanno nella direzione di una maggiore semplificazione delle attività economiche e sociali, con particolare riguardo a quelle riconducibili all'iniziativa privata, sulla scia di quello che ha già fatto il Governo Berlusconi per incoraggiare la diffusione e lo sviluppo dell'attività imprenditoriale. La creatività e il coraggio dei nostri piccoli e medi imprenditori, spina dorsale del sistema Italia, meritano infatti il più serio impegno dello Stato nella regolazione dei pubblici servizi. Si tratta, in un certo senso, di liberare le imprese e il sistema produttivo da una vera e propria tassa - si pensi alla giungla delle procedure burocratiche e alle tonnellate di documentazione cartacea - che grava sui bilanci in misura non minore delle imposte dirette e indirette. Una pubblica amministrazione più efficiente, al servizio dei cittadini, rafforza anche l'autorevolezza e la credibilità dello Stato e dei suoi funzionari. Insomma, non si tratta solo di fare la lotta ai fannulloni, ma di ricostruire su basi nuove il rapporto tra i cittadini e la pubblica amministrazione. Ci sono al riguardo, nella proposta in esame, due norme di altissimo significato simbolico e, al tempo stesso, di grande efficacia politica: la reintroduzione del giuramento dei pubblici dipendenti e la Carta dei doveri della pubblica amministrazione. Attraverso il giuramento, il dipendente delle pubbliche amministrazioni si impegna, di fronte alla comunità, ad operare nell'interesse del bene pubblico. La Carta dei doveri sancisce solennemente il ruolo centrale svolto dai pubblici dipendenti nel rapporto tra i cittadini e lo Stato. Insomma, anche per quel che riguarda la pubblica amministrazione, il Governo sta lavorando per un ritorno dello Stato, per una riaffermazione dei valori dell'unità nazionale, valori all'antitesi rispettivamente dello statalismo e del centralismo, che hanno afflitto la nostra società, le Pag. 11nostre istituzioni per svariati decenni. L'obiettivo è quello di uno Stato moderno ed efficiente, che garantisca alcuni essenziali servizi su tutto il territorio nazionale, senza mortificare la libera iniziativa e le potenzialità della società civile, ma promuovendo la cultura del merito e della trasparenza.
Viene introdotta, con questo provvedimento, una forte discontinuità nella storia della nostra pubblica amministrazione, il che consente paradossalmente di raccogliere il meglio delle esperienze passate e di preparare il terreno per le ulteriori riforme di sistema. Per quello che riguarda il passato il riferimento alle leggi Bassanini ci pare fin troppo chiaro. Con la proposta in esame il Governo Berlusconi porta infatti a compimento la rivoluzione copernicana avviata alla fine degli anni Novanta, ponendo però un nuovo importante tassello nella realizzazione di un processo di generale modernizzazione delle nostre istituzioni. Infatti, senza una riforma della pubblica amministrazione (che riduca la spesa pubblica ma non i servizi) non è possibile - come più volte ben ribadito anche dal Governo e dal Ministro Brunetta - la costruzione di un federalismo virtuoso, basato sull'affermazione del principio di responsabilità e del criterio dell'efficienza a tutti i livelli di governance. Insomma la ricostruzione del settore pubblico, realizzata dal Governo, è parte integrante della grande riforma istituzionale di cui il Paese ha bisogno per competere con sempre maggiore credibilità ed efficacia sullo scenario internazionale. Certamente su questo provvedimento del Governo è necessario un serio confronto parlamentare. Sono emersi al riguardo alcuni nodi da sciogliere che, a nostro avviso, dovranno essere approfonditi con spirito di collaborazione e responsabilità. Le questioni sollevate infatti hanno carattere, in parte, prevalentemente tecnico e non riguardano invece le finalità del provvedimento che appaiono largamente condivise da maggioranza e opposizione. Il confronto che comincia oggi in Aula, infatti, può essere utile per superare i problemi emersi nella discussione in Commissione. Si tratta in sostanza di lavorare perché i differenti punti di vista evidenziati possano essere superati attraverso un costruttivo confronto tra maggioranza e opposizione, vista anche la disponibilità manifestata dal Governo. Il Governo può contare sul pieno e convinto sostegno del Popolo della Libertà a questo provvedimento, che è parte integrante del programma con cui la coalizione di centrodestra ha chiesto e ottenuto il consenso degli italiani. C'è da augurarsi che si possa contare anche sul contributo dell'opposizione. Lo spirito di collaborazione e di confronto rappresenta infatti un punto di forza delle democrazie bipolari. In questo caso si tratta di attuare un profondo rinnovamento della pubblica amministrazione, ovvero di rafforzare la credibilità delle istituzioni. Insomma, crediamo che difficilmente i cittadini (compresi quelli che hanno votato centrosinistra) capirebbero un rallentamento di questa riforma per pure ragioni di schieramento. Ci auguriamo, quindi, che non sia persa questa occasione storica per rendere un servizio agli italiani e per contribuire a rendere più moderno ed efficiente questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, abbiamo ascoltato alcuni interventi, iniziando da quello dell'onorevole Donato Bruno, e sono state fatte alcune considerazioni. Questo provvedimento viene all'esame dell'Assemblea dopo una serie di sedute in Commissione di merito, (anche con audizioni), ed è corredato dai pareri di quasi tutte le Commissioni coinvolte. Quindi la Commissione di merito, la Commissione Affari costituzionali è stata destinataria di una serie di valutazioni ed osservazioni che le varie Commissioni hanno espresso. Dobbiamo tuttavia fare altre valutazioni, e in particolare dobbiamo dire che i pareri di queste Commissioni sono arrivati quasi all'ultimo momento. Capisco bene che ci sono diverse Pag. 12valutazioni da fare. Mi riferisco ai lavori della Commissione, agli emendamenti da esaminare, per cui il testo viene definito e confezionato dopo l'approvazione degli emendamenti, però non c'è dubbio che molte delle Commissioni in sede consultiva - come è stato ricordato - hanno espresso osservazioni che avrebbero meritato un approfondimento molto più stringente e più forte.
Si è detto, quindi, che sarà poi il Comitato dei nove a farsi carico e a valutare queste osservazioni, però c'è un aspetto che non può essere sottaciuto, signor Presidente, ed è quello riguardante il Comitato per la legislazione. Il Comitato per la legislazione porta alla nostra attenzione un parere articolato con un'ampia motivazione ed ampi riferimenti. Qui bisogna mettersi d'accordo: in una famosa riforma (l'ultima) del Regolamento, si pensò di istituire il Comitato per la legislazione per favorire l'intelligibilità delle norme.
Una lettura, dunque, più attenta che, soprattutto, ha consentito una più facile reinterpretazione e un'accelerazione nella fase di attuazione delle norme stesse. Se dovessimo rifarci al Regolamento della Camera e a ciò che afferma il Comitato per la legislazione, questo provvedimento, che stiamo affrontando ed analizzando in quest'Aula, non dovrebbe essere esaminato ma quantomeno rivisto fin dalle fondamenta. Arrivati a questo punto poi - ovviamente mi rivolgo al Governo ma, soprattutto, alla Presidenza, che è garante del rispetto e dell'osservanza del Regolamento -, vorrei capire perché fu approvato questo Comitato per la legislazione.
Se il Comitato per la legislazione fa delle osservazioni su questo provvedimento, soprattutto in termini di sollecitazione ad una chiarezza delle norme stesse, e poi individua anche alcuni passaggi, evidenziando la confusione delle norme stesse, smentisce di fatto, quindi, quella che è l'esigenza di una semplificazione da cui trae origine questo stesso provvedimento. Ci troviamo, cioè, di fronte ad una situazione kafkiana, paradossale, non so come definirla: stiamo esaminando il provvedimento sulla semplificazione, su un'amministrazione molto più flessibile e poi, invece, abbiamo la norma a monte che crea dei problemi, delle complicazioni.
Voglio richiamare su questo aspetto - proprio in questa fase - l'attenzione del relatore (che, per dire la verità, è stato attento in tutta la fase del lavoro e dell'impegno della Commissione), del Governo, ma, soprattutto, del Presidente di turno di questa Assemblea. Vi sono dei rilievi contenuti nel parere del Comitato per la legislazione, come quando si fa riferimento ad una serie di vicende, di norme, per quanto riguarda la VAS e la VIA e, quindi, una duplicazione, un passaggio e una sovrapposizione di norme e delle norme di riferimento e dove, anche nella lettura della norma, vi è un lavoro, un affaticamento nel seguire queste procedure che dovrebbero essere di semplificazione, di accelerazione e di facile osservanza.
Ritengo che questo è un problema e mi riferisco all'articolo 5-bis, comma 2, lettere c) ed e), perché a tutto questo fa riferimento il Comitato per la legislazione. Vi sono poi anche altri aspetti che riguardano gli articoli 9-bis e 10-bis, richiamati dallo stesso Comitato per la legislazione.
Poi vi è anche un riferimento nell'articolo 7-quater ad una legge recante misure straordinarie per il sostegno al reddito e la tutela di determinate categorie di lavori, che è stata approvata dalla Camera ed è all'esame del Senato della Repubblica. Abbiamo, perciò, un quadro di grande confusione: ci si richiama a norme in fieri, che sono all'esame dell'altro ramo del Parlamento. Prevediamo tutto questo e poi vi è tutta una problematica, quella delle deleghe, che qualche collega prima di me ha voluto richiamare e ha voluto portare all'attenzione dell'Assemblea.
Per fare altre valutazioni, signor Presidente - lo dico con estrema chiarezza - parliamo da parecchio tempo di riforma della pubblica amministrazione.
Chi ha un po' di memoria storica sa che molti anni fa fu istituito il Ministero per la riforma della pubblica amministrazione. Poi qualcuno pensò di cambiare il Pag. 13nome del Ministero: non più Ministero per la riforma della pubblica amministrazione, ma Ministero per l'organizzazione della pubblica amministrazione. Siccome il Ministero aveva lavorato, forse, con approdi insufficienti e con risultati lacunosi, si pensò di dare uno stimolo attraverso il cambiamento della dicitura. Mi ricordo il periodo in cui il Ministro era Gui, poi fu Cossiga: si interessarono anche di questa problematica, ma quello per la riforma della pubblica amministrazione fu un Ministero soprattutto di contrattazione in ordine alle controversie tra Governo e dipendenti pubblici. Vi fu un versamento di energie - non so se posso usare questo termine - da parte di chi aveva la responsabilità di quel Dicastero, sia a livello di Ministro sia a livello di sottosegretario di Stato, nel trascorrere nottate e lunghe giornate defatiganti in una contrattazione molte volte forte e improduttiva, alcune volte certamente con qualche risultato; però le energie spese non furono mai pari ai risultati raggiunti.
Intanto nascevano anche le regioni: la fase dell'attuazione di tali enti spinse maggiormente a rivedere, soprattutto in tema di competenze dello Stato e delle regioni, quale era l'ambito della potestà burocratica, gestionale e amministrativa per le materie riservate allo Stato rispetto alle materie riservate alle regioni.
In questo vi è stata anche una qualche disattenzione (diciamocelo con estrema chiarezza), perché ci si è preoccupati più di definire le vicende burocratiche e gestionali nell'ambito del Governo centrale e non di essere stringenti per quanto riguarda l'attività delle regioni, delle autonomie locali, degli enti partecipati e quant'altro.
Devo anche ringraziare il sottosegretario per il riferimento che ha fatto in Commissione ad una mia sollecitazione, accogliendone lo spirito e vedendo nel tema posto un accento di verità e di realtà, che esiste all'interno della nostra pubblica amministrazione, soprattutto nelle regioni, nelle autonomie locali, negli enti a partecipazione pubblica e negli enti economici di utilità pubblica con partecipazione pubblica.
Non vi è dubbio che tutto questo ci porti ad una fase (è stata richiamata più volte): i provvedimenti che passano sotto il nome della riforma Bassanini. Cosa si è fatto con tale riforma? Con essa si è dato un taglio netto tra la responsabilità della politica e la responsabilità dell'amministrazione.
Sappiamo che vi sono, all'interno di tali riforme, alcuni punti realizzati, andati avanti, altri invece non portati a compimento; alcuni elementi hanno avuto il pregio della novità e della modernità rispetto alla pesantezza della struttura burocratica. Non v'è dubbio, soprattutto, che abbiamo individuato le responsabilità della gestione amministrativa rispetto alla responsabilità di indirizzo, che rimane nell'ambito della politica. Anche con lo spoil system, e quindi la nomina dei dirigenti e dei dirigenti generali, dei capi dipartimento, si è evidenziata sempre di più in termini marcati la responsabilità di chi aveva la gestione decisionale, e poi, al di sotto di questa, la gestione dei procedimenti. Non v'è dubbio che abbiamo individuato un ambito di competenza: a chi ha la responsabilità politica, la gestione politica; a chi ha la responsabilità gestionale-amministrativa, la gestione amministrativa (faccio riferimento ai capi dipartimento, ai dirigenti generali, e quant'altro).
La semplificazione va in due direzioni: quella di un miglior funzionamento dello Stato, e quella - lo ha detto anche il collega Andrea Orsini nella sua relazione - dello sviluppo economico, perché ammodernando le strutture, facilitando le pratiche, e quindi i finanziamenti, si raggiungono degli obiettivi che ricadono sul mercato in termini positivi, rispetto a varie pesantezze. Molte volte - lo debbo ricordare al mio amico Orsini - le pesantezze burocratiche servono affinché le spese vengano ad essere dilazionate: sono vecchie situazioni che si ripropongono anche nel presente, al di là degli auspici, al di là delle grandi disponibilità. Pag. 14
Quanto poi alla responsabilità dei dirigenti pubblici, al di là dello spoil system, vi è il problema della potestà della sostituzione da parte del Governo. Quant'è difficile sostituire i dirigenti generali dopo che li hai nominati! Queste cose ce le dobbiamo dire con estrema tranquillità.
Oltre a ciò, nel provvedimento in esame mancano le sanzioni. Non abbiamo capito che vi è un problema forte all'interno della pubblica amministrazione: è quello della sanzione, di chi non ottempera! Certo, vi sono i controlli, vi sono le sanzioni, ma tutto ciò non è nella centralità, nello spirito del provvedimento in esame. Possiamo infatti approvare centinaia e centinaia di norme di semplificazione: abbattiamo i termini, abbattiamo la tenuta dei registri inutili, cartacei, e li sostituiamo con i sistemi telematici. Possiamo fare tutto, ma se non vi è una responsabilizzazione, e l'istituto della destituzione, dal dirigente generale all'impiegato, abbiamo mancato un obiettivo fondamentale: quello di dare contenuto e certezza a tali riforme.
Ma soprattutto sappiamo che dobbiamo agire sulla semplificazione: molte volte le pratiche sono rendite di posizione di impiegati pubblici; esse rappresentano una fonte di potere, che diventa vessatorio nei confronti dell'utenza. I cittadini vanno certamente rispettati, come dispone il provvedimento, ma non v'è dubbio che si tratta di una problematica più complessa: anche i provvedimenti di riforma che vi sono stati nel passato non è che non nascessero sotto l'auspicio delle buone intenzioni, sotto le più rosee previsioni, per quanto riguarda i risultati e gli approdi, i traguardi da raggiungere; però sono mancati dei fattori importanti per la loro riuscita.
E poi, anche se viene contenuto lo squilibrio tra il Governo centrale e le pubbliche amministrazioni locali, le regioni, vedo in proposito ulteriori elementi di perplessità.
Quanto alle regioni, un chiarimento forse dovrà essere dato se ha un senso anche questo nostro dibattito, questa discussione sulle linee generali e quello che decideremo nel corso dell'esame degli articoli e degli emendamenti. Vorrei capire il ruolo delle regioni in tutto questo, al di là di avere esse presidenti che si fanno chiamare governatori, anche se non esiste in alcuna legge la dicitura di «governatore». Ma si fanno chiamare governatori (e saranno contenti i colleghi della Lega), quindi abbiamo un «governatorato», stiamo andando verso un federalismo che punta sui governatori secondo un'analogia con la situazione statunitense dove sono presenti gli Stati, per cui tra qualche tempo sostituiremo le regioni con gli Stati (ed avremo i governatori)! Questa è la corsa - credo - che si sta facendo in modo spasmodico, per cui tutto il lavoro che stiamo affrontando anche con questo provvedimento rischia di essere quantomeno non dico inutile ma incompleto, perché rivela una visione parziale e particolare di quella che è l'evoluzione dei tempi e dei fatti.
Ritengo che non esista alcun controllo e vorrei capire che controllo si esercita poi, ad esempio, sulle Ferrovie dello Stato: il controllo viene forse esercitato dal Ministero delle comunicazioni o da quello delle infrastrutture e dei trasporti? Che dire poi sulle grandi società, sui dipendenti delle authority? Mi dispiace che non sia presente il mio amico, il Ministro Calderoli, che parla di riduzione del 5 per cento dell'indennità ai parlamentari. Sono d'accordo, però facciamo un conteggio: lui che è a favore della semplificazione ci riferisca quanto prendono di liquidazione gli amministratori delle Ferrovie dello Stato, dell'Alitalia e delle authority con tutti i benefit, e quanto prendono alcuni impiegati e dirigenti pubblici con tutti i benefit!
Facciamo giustizia in modo che il Paese non abbia soltanto da puntare il dito verso i parlamentari ma quanto meno - questo è un fatto di giustizia, di onestà e di semplificazione, ma soprattutto di onestà - abbia un quadro complessivo di una situazione di remunerazioni e di benefit rispetto alla quale i parlamentari dovranno certamente fare la loro parte: ma vi sono amministratori che prendono milioni e milioni e che sono pagati come i calciatori! Pag. 15
Questo Parlamento e questo Paese non lo sanno, ma credo che il mio amico Calderoli lo sappia e lo deve sapere: quindi ritengo che, se ha un senso intervenire in quest'Aula, egli deve venire a riferire all'Assemblea quanto prende l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato e quello dell'Alitalia, quelli delle authority, i dirigenti generali. È tutto un insieme di dati per verificare a quanto ammontano le liquidazioni erogate, in modo che il Paese sappia quali sono i benefit, quali gli oneri e soprattutto quali sono i poteri.
Mentre infatti discutiamo di questo disegno di legge che vale per lo Stato, per il Governo centrale, per le regioni e per i comuni, esiste un'area di «extraterritorialità» sul piano decisionale tra quegli enti che svolgono un servizio pubblico e sono a partecipazione statale, ma che sfuggono ad ogni controllo: quando gli conviene affermano di essere soggetti al diritto privato, quando invece gli conviene dire che sono soggetti al diritto pubblico allora sono soggetti al diritto pubblico! Questa è una Repubblica frastagliata in cui esiste un tipo di federalismo per cui ognuno fa le sue cose in una visione egoistica, mentre manca certamente un principio ed un dato di solidarietà che dovrebbero essere realizzati.
Detto questo, siamo per un esame attento anche di questo provvedimento ma siamo oltremodo delusi perché non è possibile adottare, ad esempio, una misura per dare più forza al Dipartimento della funzione pubblica (anche se capisco il problema della formazione, con il 40 per cento che deve andare al Dipartimento della funzione pubblica).
Vi è poi anche una serie di fatti, di dati e di aspetti che bisognerebbe certamente perlustrare per avere soprattutto il senso di una maggiore collaborazione e di un maggior accordo tra il Governo e il Parlamento, al fine di dare un significato alla funzionalità della pubblica amministrazione.
Vi sono poi delle situazioni che noi abbiamo più volte rilevato in Commissione. Cosa significa che entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottati ulteriori decreti legislativi correttivi e integrativi? Si tratta di un periodo lunghissimo con situazioni che non possono essere accettate.
Vi sono inoltre anche altri temi e problemi che abbiamo posto e che continueremo a proporre. Così, ad esempio, non sono riuscito a capire il ruolo della Conferenza Stato-regioni e alcuni conflitti che possono essere sorti all'interno della Conferenza unificata, di cui agli articoli del provvedimento (vi è una riunione del Consiglio dei ministri, con i presidenti delle regioni interessate o delle province di Trento e Bolzano per dirimere le controversie).
Vorrei capire alcuni problemi, temi e passaggi che credo siano importanti e su cui certamente bisognerebbe fare il punto della situazione e soprattutto riflettere. Non credo di avere altro da aggiungere; ho voluto soltanto fornire questi riferimenti, soprattutto dicendo chiaramente quanto accennato da Orsini in relazione alla legge n. 241 del 1990 e sulla reale attuazione della stessa, che rappresentò un momento forte e pulsante anche rispetto alla trasparenza della pubblica amministrazione.
Sono a favore di una accelerazione e per limitare le griglie e le vecchie visioni di supremazia e di gestione di potere della pubblica amministrazione, dove il cittadino si trova più volte, come dicevo poc'anzi, ad essere vessato e in una situazione diversa. Dovremmo cambiare culturalmente il rapporto di fondo: non vi sono diritti dei cittadini e un dovere della pubblica amministrazione, ma tutti quanti, pubblica amministrazione e cittadini, devono assumersi egualmente diritti e doveri, perché entrambi vogliono e si rivolgono verso la tutela di un diritto soggettivo che va a sfociare in un interesse legittimo perché, difendendo i diritti legittimi e veri, certamente si va avanti e questo Paese va avanti per evitare vecchi privilegi e supremazie per cui le pratiche vanno avanti. Non è un problema infatti semplicemente di iscrizioni, ma anche delle pratiche e dei progetti. Pag. 16
Che dire delle regioni che mantengono i progetti di cui scadono i termini e che non si sa dove vanno a finire, perché fanno sparire i documenti? Ci sono delle responsabilità, ma nessuno paga in questo Paese. Noi rischiamo di fare una bella normativa, un nuovo principio, una «grida manzoniana» in più, ma non riusciamo a capire soprattutto che si devono ottenere delle responsabilità in una visione molto più stringente.
Debbo fare un'altra considerazione ai colleghi del Governo: è difficile pretendere che alcune cose vadano avanti se sono sbagliate anche le politiche. È una situazione difficile, che troviamo anche al Ministero dell'istruzione. Ma devo dire anche un'altra cosa ai colleghi del Governo: è difficile pensare di pretendere la responsabilità e l'adempimento del proprio dovere da alcuni funzionari, ad esempio, da quelli degli organi centrali dello Stato, quando si sa che ci sono velocità diverse per quanto riguarda anche le amministrazione decentrate (mi riferisco alle Regioni). È una situazione difficile, ma allora questo è lo sforzo che deve essere fatto e deve essere fatto, in termini forti e anche stringenti, perché il problema è soprattutto di cultura e di sensibilizzazione: non si ottiene la responsabilizzazione semplicemente con la codificazione e con le norme, ma le responsabilità si ottengono se c'è un clima e un senso diverso dello Stato, delle istituzioni e soprattutto un senso di giustizia per cui il dovere non sia un'opzione e i diritti non siano un'elargizione, bensì momenti fondanti della nostra società e del nostro divenire. Ritengo che questo sia l'aspetto che dobbiamo evidenziare. So che si correrà e si andrà avanti con l'approvazione di alcuni emendamenti e con la reiezione di altri.
Non me ne meraviglio e non me ne scandalizzo assolutamente, ma io dico che la mediazione che è venuta fuori è difficile, visto e considerato che abbiamo avuto un testo composto da trentadue articoli a cui sono seguite le integrazioni del relatore e del Governo che hanno espanso e dilatato di gran lunga l'articolato del provvedimento.
Tutto ciò sta a significare che la partenza è stata certamente defatigante e ha presentato una serie di interrogativi, di quesiti, di lacune e di zone d'ombra; alcune delle integrazioni vanno verso un giusto chiarimento, altre, invece, verso un appesantimento. Qui si è visto che ognuno cerca di fare le riforme, ma non vuole cedere poteri e alcune situazioni di privilegio e, soprattutto, di controllo di spazi e di ambiti. Ritengo che questo sia l'aspetto più importante.
Certamente, poi, andremo a finanziare - se ci saranno i soldi - le strutture statali, i sistemi telematici, informatici e di informatizzazione, ma voglio fare una battuta: cosa vogliamo informatizzare se nei tribunali, ad esempio, manca anche la carta, non funzionano i telefoni e non ci sono nemmeno le macchine? Dobbiamo svolgere una considerazione complessiva, altrimenti facciamo un lavoro a metà, insufficiente e lacunoso che, ovviamente, viene accompagnato da scarsa credibilità. Si tratta di vicende storiche che ci devono appartenere, perché nessuno di noi - almeno per quanto mi riguarda - è portato alla suggestione della polemica fine a sé stessa.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tassone.

MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Non vi è dubbio che, quando approviamo una riforma, non si tratta di giocarci l'avvenire della maggioranza o il non-avvenire dell'opposizione, bensì di dare una risposta a questo Paese che quanto meno è confuso e disattento, ma soprattutto è demotivato.
Ritengo che le motivazioni possano derivare soltanto da norme non confuse né contraddittorie, da comportamenti coerenti e da certezze; e questo provvedimento, purtroppo, signor Presidente e signori membri del Governo, non dà alcuna certezza rispetto ai passaggi, alle innovazioni e alle riforme che molti avevano auspicato e verso le quali molti degli auditi che abbiamo ascoltato con molta attenzione in Commissione avevano indirizzato le proprie osservazioni e sollecitazioni.

Pag. 17

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, effettivamente questo provvedimento riguarda un argomento molto importante, ma è chiaro che è intervenuto in un momento di difficoltà anche di carattere economico e finanziario, cioè in una situazione di crisi.
Non so se questo stato di cose tenderà ad annullare gli effetti delle norme che si applicheranno. A proposito dell'articolo 1, ad esempio, si afferma che la semplificazione della tenuta dei libri sociali da sola potrebbe consentire un risparmio complessivo per lo Stato valutato in 750 milioni di euro annui, una cifra ricavata sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea.
Lungi dal pensare ai risparmi, però, occorre dire che, per le ambizioni che ha il provvedimento di informatizzare la pubblica amministrazione, tutto dipenderà molto dai fondi che saranno messi a disposizione che qui non sono assolutamente preannunciati, né valutabili.
Certo, l'iniziativa è lodevole, poiché si tratta di disposizioni di semplificazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, nonché di delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione. Un progetto di questo genere è ambizioso, ma forse avrebbe richiesto un maggiore approfondimento, anche se, come è noto, presso la I Commissione si sono tenute delle audizioni molto importanti che hanno consentito di terminare l'aggiustamento del provvedimento stesso in corso d'opera.
Si tratta di una visione che si può riassumere nei principi di sussidiarietà, di visione federale e liberale dello Stato, finalizzata a compiere un'opera di semplificazione ponendo la pubblica amministrazione al servizio dei cittadini. Questa è evidentemente l'intenzione: dare vita ad uno strumento normativo che componga, in un quadro sistematico, i diritti dei cittadini e i doveri delle pubbliche amministrazioni.
Però, attenzione: noi sappiamo che tutte le innovazioni in questo campo, compresa quella della semplificazione a suo tempo portata avanti dal Ministro Bassanini, predecessore di Brunetta, hanno cozzato con la realtà dei fatti e, soprattutto, con un caposaldo che manca in questo disegno di legge. Il caposaldo consisterebbe nel fatto che chi sbaglia qui non paga. È cosa difficile da ottenere nella pubblica amministrazione italiana, mediamente in tutte le zone del Paese (non mi vengano a dire che in alcune regioni ciò si otterrebbe e in altre no), e quando manca la sanzione, i termini certi e la responsabilità dei dirigenti sono assolutamente una cosa di là da venire.
Pertanto, è necessario che su questo terreno, nel dibattito in Assemblea si possano, non solo chiarire, ma anche migliorare i termini, attraverso alcuni emendamenti che sicuramente sono stati presentati, in modo tale che questi tre capisaldi vengano in qualche modo rispettati.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Intervengo, visto il tempo a mia disposizione, soltanto sulla questione dell'incidenza di queste disposizioni su alcune altre norme o codici (come quelli concernenti l'ambiente e i lavori pubblici) che, evidentemente, si vogliono cambiare integralmente con un provvedimento che ha finalità di altra natura. Credo che, su questo punto, bisogna riflettere bene. Una riflessione su questo terreno è necessaria in quanto...

PRESIDENTE. Deve concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. ...è difficile modificare normative di carattere generale attraverso questi interventi così importanti, ma secondari.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

Pag. 18

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, il provvedimento in esame collegato alla manovra finanziaria per gli anni 2010 -2013, introduce, secondo noi, elementi di chiarezza e sistematicità nei rapporti tra la pubblica amministrazione, i cittadini e le imprese.
Nell'ottica di un sistema federale ispirato al principio di sussidiarietà, la predisposizione di leggi chiare, trasparenti, intelligibili ed agevolmente individuabili è elemento indispensabile allo snellimento degli ostacoli burocratici e al recupero di risorse da utilizzare a favore di soggetti propulsori della crescita e alla creazione soprattutto di condizioni favorevoli alle decisioni di investimento.
Un rapporto elefantiaco, come quello di oggi, con più di diecimila amministrazioni, assorbe risorse pubbliche, accresce le complicazioni, determina duplicazioni di competenza e di adempimenti.
Un ambiente normativo estremamente complesso è ostile all'imprenditoria, costretta a sottrarre tempo al business per far fronte alla burocrazia; un onere che, secondo il Censis, incide anche sui costi complessivi delle imprese, per lo meno per il 24 per cento dei loro costi.
È per questo motivo che la semplificazione normativa introdotta riguarda giustamente differenti ambiti di regolazione, dalla digitalizzazione alle strutture ricettive, alla conferenza di servizi, alla riduzione degli oneri amministrativi e via dicendo, ed incide, secondo noi, a favore di una riduzione abbastanza significativa di tempi e costi della burocrazia.
L'introduzione di alcune innovazioni - quale, ad esempio, la cartella clinica digitale - in un settore che evidenzia significative criticità come la sanità, costituisce un volano dell'ammodernamento per tutte le aree che ancora registrano ritardi, nella certezza che sempre le migliori performance innescano meccanismi virtuosi ai fini del miglioramento dell'efficienza dei servizi.
La regione Lombardia ha una Carta dei servizi che è stata presa a modello dal resto dell'Europa: peccato che questo non sia avvenuto in altre amministrazioni regionali italiane.
Le deleghe al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione dell'intera materia costituiscono ulteriori elementi di trasparenza dell'azione amministrativa e di chiarezza normativa introdotti dal testo in esame.
La Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche raccoglierà, in un unico provvedimento, i diritti dei cittadini e i doveri delle pubbliche amministrazioni nei loro confronti, in modo da definire quali comportamenti l'amministrazione è obbligata a tenere, o ad evitare, nello svolgimento delle proprie attività e nell'erogazione dei servizi, con l'individuazione anche delle sanzioni da applicare nel caso di mancato adempimento degli stessi obblighi.
Lo Stato diventerà soprattutto, finalmente, strumento al servizio del cittadino e delle imprese, in un rapporto improntato ai princìpi della leale collaborazione e della buona fede, da svolgersi con il minor aggravio possibile di obblighi, oneri e adempimenti a carico del cittadino.
Tra gli aspetti a nostro avviso più qualificanti del provvedimento, si evidenziano gli interventi sulla legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, in particolare in materia di Conferenza dei servizi. Quest'ultima, da modulo procedurale nato a suo tempo per velocizzare l'attività amministrativa e migliorare la qualità delle decisioni pubbliche, si è poi trasformata in un ostacolo, spesso insuperabile, alla realizzazione di attività private e pubbliche, a causa dell'assenza di meccanismi rigorosi atti a superare i veti e le inerzie delle amministrazioni.
Una proposta emendativa presentata dalla Lega e approvata nella I Commissione, ha cercato di porre rimedio alle situazioni in cui l'acquisizione di tutti i pareri delle amministrazioni coinvolte nella Conferenza dei servizi incontra ritardi ed inefficienze. Si è, ad esempio, stabilito il principio che nessuna amministrazione può avere facoltà di esprimere Pag. 19dissensi al di fuori della Conferenza medesima (difetto che in questo periodo si verifica troppo spesso e, soprattutto, con molto ritardo rispetto al momento in cui è stata convocata la Conferenza dei servizi).
Tra i numerosi ambiti interessati dalla semplificazione introdotta (imprese, previdenza, assicurazione edilizia, eccetera), segnalo quelli relativi alla pubblica sicurezza, volti alla semplificazione di adempimenti per la gestione di strutture ricettive e documenti di identità; segnalo, inoltre, gli ambiti relativi alla sanità, volti alla conservazione delle cartelle cliniche, alla produzione ed etichettatura dei farmaci, alla farmaco-vigilanza, all'introduzione della ricetta medica elettronica, nonché alla tenuta del registro infortuni, che l'evolversi delle tecnologie di comunicazione ha di fatto reso inutile; segnalo, altresì, gli ambiti relativi alle procedure in materia di appalti pubblici, ancora troppo leggere rispetto ai fabbisogni reali (ma comunque finalmente qualcosa si vede), volte ad evitare il blocco dell'esecuzione dell'appalto con dannose ricadute sulla stessa stazione appaltante e la collettività amministrata; segnalo, infine, gli ambiti relativi al codice della strada, al fine di semplificare l'autorizzazione periodica del trasporto in condizione di eccezionalità. Insomma, pagelle, certificati medici, cambiamenti di residenza, rinnovo di carte di identità: dal 2010 sono tutti servizi fruibili online.
In materia di impatto della regolazione, le amministrazioni proponenti gli atti normativi devono obbligatoriamente allegare agli schemi degli stessi l'elenco di tutti gli oneri informativi, gravanti su cittadini e imprese, introdotti o eliminati. L'amministrazione proponente non potrà introdurre nuovi oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, senza dimostrare di averne ridotti o eliminati altri, anche con un altro atto normativo, per un pari importo stimato. Per ciascun onere informativo, dovrà essere effettuata una stima dei costi gravanti sui destinatari, secondo criteri individuati con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare - fatto positivo - entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in discussione.
Nell'esercizio della delega per l'adozione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche il Governo dovrà tenere conto di principi essenziali al fine di prevedere rigorosi strumenti di tutela di diritti e interessi di cittadini e imprese.
L'attività amministrativa dovrà uniformarsi ai principi della trasparenza, della certezza dei tempi e delle procedure, della chiarezza (nel senso dell'utilizzo di un linguaggio semplice e comprensibile) e della collaborazione costruttiva (nel senso di stabilire che, in caso di provvedimento amministrativo sfavorevole, l'amministrazione è tenuta ad indicare i presupposti di fatto e le condizioni giuridiche per conseguire una decisione favorevole). Si tratta del cosiddetto principio di «dissenso costruttivo» introdotto anch'esso da una proposta emendativa della Lega.
In caso di omissioni, inadempienze o ritardi delle amministrazioni pubbliche, si prevedono specifici poteri gerarchici che consentono la motivata sostituzione di dipendenti inadempienti o la riassegnazione della titolarità di procedimenti o di singoli atti ad altri uffici.
È evidente, infatti, che il meccanismo di «incentivazione e sanzione» attiva comportamenti rilevanti ai fini della valutazione della prestazione organizzativa dell'amministrazione e delle prestazioni individuali dei pubblici dipendenti responsabili con ricadute positive, secondo noi, in termini di efficienza e di soddisfazione del cittadino.
Gli uffici della pubblica amministrazione dovranno, poi, usare un linguaggio semplice e gli impiegati dovranno essere disponibili e cortesi. Bisognerà adeguare periodicamente i termini entro i quali i procedimenti dovranno concludersi e utilizzare gli strumenti informatici per le comunicazioni.
Obiettivo della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche è, in sintesi, dire «basta» alle inefficienze e alle eventuali scortesie dell'amministrazione pubblica nei confronti dei cittadini. Con essa Pag. 20si cercherà di raccogliere il meglio della normativa esistente e di rendere effettiva una opportuna moral suasion o sanzione.
Il provvedimento oggi in discussione, andando nella direzione auspicata di ridurre gli oneri a carico delle imprese e migliorare le performance della pubblica amministrazione, al fine di una significativa eliminazione di adempimenti e costi, si configura come un ulteriore elemento volto alla modernizzazione del Paese e un prezioso contributo alla ripresa e alla crescita economica.
Allo stato attuale i risparmi annuali effettivi, imputabili alle misure di semplificazione che hanno già prodotto efficacia e concreti effetti in termini di riduzione di oneri inerenti tutti i destinatari, diretti e indiretti, dei provvedimenti di semplificazione, ammontano a quasi 15 miliardi di euro annui. La stima complessiva del risparmio annuo potenziale a regime, connesso all'attuazione di tutte le misure di semplificazione, dovrebbe essere pari a oltre 21 miliardi di euro l'anno.
Se, come risulta evidente, le ragioni della bassa crescita di un Paese sono imputabili, in gran parte, alle inefficienze del settore pubblico, una seria riforma della pubblica amministrazione e un massiccio processo di semplificazione normativa e amministrativa rappresentano per il nostro Paese, che più di altri soffre di queste inefficienze, priorità assolutamente indifferibili.
Certo, con questo disegno di legge non si risolvono tutti i problemi; certo, mancano molte altre semplificazioni di cui questo Paese ha bisogno; certo, è ancora molto difficile portarle avanti perché è difficile smuovere la burocrazia attualmente esistente e convincerla ad accettare che bisogna cambiare modo di fare, di essere e di operare.
Tuttavia, di una cosa siamo convinti: bisogna andare avanti su questa strada. Non è, come leggiamo in questi giorni sui giornali, che semplificando le procedure possono aumentare i casi di corruzione politica. Infatti, è vero che in questo periodo, sui giornali si legge molto - e ne vediamo tanta - di corruzione politica (dovrà essere, poi, la magistratura a dirci dov'è il vero e dove non è il vero); ma non è vero che la semplificazione rende gli appalti più a rischio per le imprese. Questo sento di poterlo dire con grande tranquillità avendo fatto per dieci anni il presidente di provincia.
Ho visto anche la difficoltà di poter operare per la difficoltà delle procedure, avendo riscontrato, in questi dieci anni, quali e quanti pareri bisogna ottenere prima di poter eseguire un'opera. Inoltre, mi sono resa conto, nei dieci anni che ho passato nella pubblica amministrazione, che tutto questo passaggio di pareri agevola moltissimo l'aumento della corruzione pubblica, perché aiuta gli accordi sottobanco.
Credo oltretutto - e con questo, signor Presidente, mi avvio alla conclusione - che tale semplificazione - e lo ripeto - sia un piccolo assaggio dal mio punto di vista, perché è necessario semplificare molto di più: infatti, si devono rivedere il codice degli appalti e tutte le procedure oggi in essere in questo Paese. Più svolgeremo attività di semplificazione - e questo sarà un fatto positivo per il Paese -, meno avremo bisogno di leggi speciali per i grandi eventi, leggi che anche noi non vediamo, in questo senso, in termini positivi, perché potremmo tutti procedere nella normalità con regole chiare, veloci e applicabili, eventualmente poi utilizzando metodi di controllo molto più raffinati sui comportamenti degli amministratori pubblici - mi permetterei di dire -, e soprattutto sui dirigenti pubblici, perché sono i primi, come leggiamo, in questo periodo, sui giornali.
Il nostro orientamento sul provvedimento in esame sarà complessivamente favorevole perché - lo ripeto - è un passo in avanti iniziale importante. Riteniamo che si debba proseguire su questa strada, che si debba sempre più sburocratizzare, che si debba sempre più far capire anche ai nostri dirigenti in questo palazzo che la burocrazia uccide il Paese e non lo sta aiutando a crescere e ad uscire dall'attuale crisi economica.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà per quindici minuti.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, nel prendere la parola su questo complesso provvedimento vorrei prima di tutto manifestare un sentimento di imbarazzo, che si coglie tra le righe, perché durante la discussione sulle linee generali non è così facile riscontrare dei toni accentuati. Ho ascoltato da una parte gli interventi della maggioranza, dal relatore che ha ripercorso i temi di questo provvedimento a quelli di alcuni colleghi che hanno letto interventi di compiacimento per ciò che si sta facendo sul piano della semplificazione; dall'altra, alcuni interventi dell'opposizione - ho sentito il collega Giovanelli non solo per ragioni di appartenenza allo stesso gruppo parlamentare, ma anche per quello che ha detto - e vi è una difficoltà ad esprimersi compiutamente su un provvedimento che ha una caratteristica vistosa e che non può non colpire noi che siamo seduti in questa parte dell'Aula, ma anche chi siede nei banchi della Presidenza. Mi riferisco al rispetto elementare delle procedure parlamentari.
L'articolo 72 della Costituzione fa un'affermazione che sembra ovvia: «Ogni disegno di legge presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale».
Il provvedimento in esame, tra l'altro, è collegato alla manovra finanziaria e, quindi, ha particolari oneri per quanto riguarda l'esame degli emendamenti, prima dell'approdo in Aula. Il collega Giovanelli ha detto che questo provvedimento è straordinariamente eterogeneo, che sostanzialmente è partito alla Camera da 30 articoli, che poi si sono ridotti a 24, e poi è stato appesantito da altri 24 articoli. Non è un dettaglio, non è il frutto del lavoro in Commissione. In Commissione abbiamo esaminato un testo più ridotto e le audizioni sono state fatte sul testo più ridotto. Negli ultimi due giorni di esame in Commissione, quando la stessa doveva pronunciarsi e quasi tutte le altre Commissioni avrebbero dovuto esprimere un parere, è comparso un altro provvedimento.
Questo non è rispetto dell'articolo 72 della Costituzione e non è rispetto dell'elaborazione della discussione in un'Aula parlamentare, perché un decreto-legge ha una procedura più lenta e più meditata. È inaccettabile! Lo dico alla Presidenza perché anche la eterogeneità in un provvedimento normale potrebbe non essere un elemento di preoccupazione, se il provvedimento stesso fosse esaminato con la dovuta attenzione. Ma qual è la ragione per la quale il 50 per cento del provvedimento viene improvvisamente manifestato a tutti? Le altre Commissioni hanno indicato le condizioni - mai così numerose come in questo provvedimento - che evidentemente incidono sulla presentazione del testo.
Voglio ricordare - perché credo che dobbiamo ricordarcene tutti - che recentemente il Presidente della Repubblica, nel messaggio molto importante con il quale ha rinviato un provvedimento alle Camere (mi riferisco all'atto Camera 1441-quater-D), ha sostanzialmente stigmatizzato il fatto che il provvedimento, nato con dimensioni più contenute, sia poi diventato enorme e si sia trasformato in una legge molto complessa composta di 50 articoli, 140 commi (dovremmo ancora pesarli, o contarli). Questa caratteristica - ha detto il Presidente della Repubblica - impedisce che ci sia un esame fisiologico nella Commissione di merito e nelle altre Commissioni, cioè egli afferma che questo è un modo scorretto di esaminare i provvedimenti, perché i procedimenti legislativi sono altro. Il Presidente della Repubblica, rinviando quel provvedimento alle Camere (lo abbiamo riesaminato recentemente), ha sostanzialmente stigmatizzato questo modo di procedere.
Pertanto, mi domando - e non lo domando a questa Aula abbastanza vuota data la fisionomia della discussione sulle linee generali - se prendiamo sul serio gli ammonimenti del Quirinale o se, invece, Pag. 22facciamo finta di prenderli sul serio. Se il Presidente della Repubblica in quella occasione, con un provvedimento che è una fotocopia di questo, fa affermazioni così significative, credo sia dovere di tutti i membri di questa Camera farsene carico e valutare con rigore il rispetto di queste indicazioni per le fasi successive. Naturalmente parlo perché mi ascolti chi ha la bontà di farlo da casa o chi in qualche modo ha la bontà di leggere i resoconti.
Inoltre, devo dire che abbiamo svolto delle audizioni su metà del provvedimento, perché non potevamo farle sulla parte del provvedimento ancora inesistente. Le audizioni sono state svolte su una parte molto più contenuta, sulla quale tutto sommato abbiamo sentito espressioni anche di apprezzamento, riproposte naturalmente anche in quest'Aula.
C'è un documento che vorrei prendere tra gli altri e che è stato redatto da alcune associazioni che si sono presentate insieme (Confartigianato, Confcommercio, CNA e altre). Si tratta di una prassi molto interessante, che abbiamo apprezzato. In tale documento si dice che le misure di semplificazione non sono patrimonio di un solo Governo, ma ormai sono il risultato di un lavoro avviato anche nelle legislature precedenti (il riferimento era alla XV legislatura); si dice altresì di fare attenzione, perché dopo aver fatto il «manifesto di semplificazione», ossia dopo avere enunciato che si procederà ad alcune semplificazioni, seguano i fatti. Il citato documento sottolinea come un elemento di riflessione sia dato dalla lentezza con la quale vengono attuate norme di semplificazione sulle procedure amministrative, spesso introdotte con decreto-legge (il riferimento era al decreto-legge n. 112 del 2008). In altri termini, quei manifesti restano lì sulla carta ma ad essi non segue l'attuazione amministrativa.
Ma non solo questo. Si deve inoltre rilevare che mentre sono stati incisivi gli interventi del Governo e del Parlamento sullo sfoltimento e sulla razionalizzazione delle norme preesistenti, non altrettanto può dirsi per alcune normative introdotte ex novo. Al riguardo, ci viene detto di prestare attenzione, di non semplificare per il passato, perché tutto ciò che si prevede oggi non costituisce una semplificazione. Ci fanno degli esempi, ci si riferisce a norme relative al nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti introdotto dal SISTRI e qui sostanzialmente gli appesantimenti sono enormi.
Qui vengono contestati uno per uno. Con una mano si semplifica e con l'altra si complica. Non so se questo sia un elemento che non debba preoccuparci. Tuttavia, ci deve preoccupare ancora di più quanto si fa qui. Lo sanno tutti i colleghi che mi ascoltano e certamente quelli che leggeranno i nostri resoconti: esiste uno strumento per rendere misurabili e verificabili gli obiettivi che Lisbona ci ha dato in ordine alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, il famoso 25 per cento.
Tali strumenti esistono da diversi anni (la «legge Baccini»), ossia l'analisi sull'impatto della regolamentazione. È questo ciò che ci chiedono tutti coloro che vengono auditi: ogniqualvolta fate un provvedimento, voi, Governo e Parlamento, fatevi carico dell'analisi d'impatto della regolamentazione. A parte il fatto che, se si va a leggere quello che si dice sulla modifica dell'analisi di impatto sulla regolamentazione, viene un po' da ridere, anche il Comitato per la legislazione ha provato a dirlo: state modificando degli oneri in ordine alla evidenziazione del peso burocratico dei vostri provvedimenti.
Tuttavia, vorrei segnalare a quest'Assemblea, a lei e alla Presidenza un dato che non è conosciuto, ma è raccapricciante. L'analisi di impatto della regolamentazione è ciò che ci chiedono tutti i soggetti che vengono qui in audizione (cioè quando semplificate qualcosa ditecelo e ogni volta che fate una procedura amministrativa nuova pesatela). Noi assistiamo prevalentemente all'approvazione di decreti-legge e su quarantatré disegni di legge di conversione (oggi sono di più, ma mi riferisco al momento in cui è stato fatto il conteggio) l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e l'analisi tecnico-normativa (ATN) sono presenti in solo otto Pag. 23casi. Quindi, solo il 18 per cento dei provvedimenti ha questa caratteristica. Il Governo ha fatto anche un provvedimento con il quale ha detto a se stesso: non vengono al Consiglio dei Ministri i provvedimenti sprovvisti di AIR e di ATN e, se ne sono sprovvisti, tale circostanza deve essere motivata. Nonostante questo, si continua sostanzialmente ad andare avanti senza farlo. Quindi o questa è semplificazione o è un'altra cosa: una finzione di semplificazione.
Quindi, fatemi toccare un altro argomento: la Carta dei doveri, che sembra l'oggettino che viene manifestato con maggiore soddisfazione. A qualcuno viene il dubbio di pensare che la Carta dei doveri non debba essere soltanto un galateo della pubblica amministrazione? L'onorevole Dal Lago ha fatto una ricostruzione di alcuni di questi compiti degli impiegati pubblici che assomigliano ad una sorta di galateo messo per iscritto. A me hanno insegnato un'altra cosa: già l'espressione «Carta dei doveri» è un po' generale perché non fa riferimento ad una cosa molto precisa: io cittadino voglio che, a fronte di un dovere, o meglio di un obbligo della pubblica amministrazione, ci sia un mio diritto. Debbo poter reclamare verso qualcuno il fatto che quei doveri e obblighi non siano rispettati e debbo avere la possibilità di rivolgermi a un giudice o a un'altra autorità (un soggetto terzo) che mi possa darmi ragione.
Mi pare che lo abbia detto il professor Natalini quando è venuto in audizione: in un Paese che ha tagliato le unghie alla class action e che sostanzialmente configura una serie di doveri non sanzionabili da nessuno, con chi pensate di potervela prendere? Voi pensate realmente che questa possa realmente essere una cosa seria? Questa Carta dei doveri, così com'è, non è una cosa seria perché naturalmente non prevede nessuna sanzione per le inadempienze a queste regole, cioè che sia una cosa che un cittadino può sapere.
Una volta se i treni arrivavano in ritardo, c'era una sanzione che aveva un qualche senso, adesso anche quella è attenuata. Nella pubblica amministrazione ci potrà essere un benedetto cittadino che può dire qualcosa? Ha detto benissimo l'onorevole Giovanelli prima: qui rischiamo di prenderci in giro.
Poi c'è la questione delle deleghe. Io presto una grande attenzione al numero delle deleghe; tra decreti-legge, ordinanze di necessità ed urgenza e deleghe, poi ci meravigliamo che il Parlamento in qualche settimana rimane senza niente da fare, ma è evidente che rimane senza provvedimenti da esaminare, se l'80 per cento della normazione è costituito da decreti-legge! Volete sapere quante sono le deleghe? Ormai hanno raggiunto il numero di deleghe della scorsa legislatura, ma era di due anni e l'abbiamo superata. Noi siamo sostanzialmente in una situazione in cui facciamo tutto con delega. Credo che non sfugga, come ha detto il collega Giovanelli, che ci sono delle disposizioni di delega che fanno rabbrividire, come quella dell'articolo 28: sono i decreti legislativi che fissano i principi generali dell'ordinamento ai quali le regioni, gli enti locali, compresi gli enti del Servizio sanitario, devono adeguarsi, inclusi i livelli essenziali delle prestazioni. Vi rendete conto che la Costituzione dice che è la legge che li deve indicare, mentre noi attribuiamo ai decreti legislativi del Governo, con un semplice nostro parere, il compito di indicare i principi generali che reggono il rapporto tra Stato e regioni? Queste cose non stanno né in cielo né in terra, come non stanno né in cielo né in terra - e su questo concludo, anche se ci sarebbero tante altre cose da dire - le deleghe finali: in cauda venenum. Noi pensiamo di legiferare ma non è vero, chi legifera è il Governo che alla fine dei nostri interventi manifesto si riserva la delega per riscrivere tutto l'ordinamento amministrativo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Tra l'altro vi ricordo che l'oggetto non è rispettato e lo dice il Comitato per la legislazione. Soprattutto - e concludo, Presidente - ci sono delle deleghe che consentono di rifare tutta la legislazione sostanziale, come Pag. 24ha detto in Commissione l'onorevole Bressa, il quale oggi non può parlare perché non ha voce, ma voglio dargli io voce su questo punto: non si può dare una delega per rifare tutto l'ordinamento sostanziale. Questo è un compito che spetta al Parlamento, non al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, credo che sia una bruttissima abitudine quella di nascondere sotto belle parole e bei concetti tutt'altro. È chiaro che tutti siamo per la semplificazione dei rapporti fra il cittadino e la pubblica amministrazione, ma in questa normativa e con queste disposizioni non si fa semplificazione, anzi si consentono ampie facoltà per evitare obblighi minimali e ovvi. In alcune parti questa normativa sembra fare intravedere un disegno contro dei diritti elementari, come - lo denunciamo subito - gli attentati ai diritti dei lavoratori e all'ambiente.
Dobbiamo anche criticare una certa approssimazione da parte di chi ha steso questa normativa, in quanto è opportuno sapere che gli articoli 5 e 22 sono stati cassati in quanto prevedevano norme già approvate con leggi precedenti. Basta andare a leggere attentamente il parere del Comitato per la legislazione: i pareri relativi a questo lunghissimo provvedimento parlano di una normativa confusa e mal fatta.
Andiamo a vedere nel merito questa normativa, che in realtà è un'altra normativa ad personas, che parla all'elettorato del centrodestra che non vuole vincoli, non quei vincoli contro i quali tutti saremmo disposti a batterci, ma non vuole quei vincoli che tutelano diritti elementari come quello all'ambiente e come quelli dei lavoratori.
Noi abbiamo depositato oggi nei termini un'ampia messe di emendamenti, che illustreremo ovviamente domani, ma in discussione sulle linee generali ci sia consentito criticare tutta una serie di misure. Ad esempio, la Conferenza di servizi da regola viene trasformata in possibilità. Questa è la distruzione di una conquista che consentiva di mettere insieme il parere di più soggetti. Oggi si tende, alla faccia del federalismo, ad una prevaricazione dell'ente sovraordinato. Per esempio, nell'ambito della tutela paesaggistica, il sovrintendente è obbligato a dare il proprio parere definitivo entro la data in cui viene tenuta la Conferenza di servizi, senza ulteriori interventi possibili. Questo credo che sia un segnale terribile, perché sotto la certezza del parere si nasconde un attacco alla tutela del paesaggio. Infatti, se entro il termine della Conferenza di servizi non è stato possibile al sovrintendente istruire adeguatamente la pratica, egli non avrà più la possibilità di rientrare sull'argomento, con il rischio di compiere misfatti a danno del paesaggio e quindi uccidere la tutela del paesaggio, a vantaggio, ad esempio, della edificazione. Questa non è semplificazione, ma distruzione della tutela del paesaggio.
Poi vi è il grande pasticcio della VAS e della VIA. La VAS vincola la VIA: spesso le due valutazioni vengono fatte da organismi ed enti diversi. Spesso la VAS viene fatta da un ente sovraordinato rispetto a quello che esprime la VIA e quindi l'ente che esprime la valutazione strategica vincola questo secondo istituto, che viene a non avere più senso.
Vi è poi il silenzio assenso per quanto riguarda la tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico, mentre non è previsto, come vedremo dopo, per quanto riguarda i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione. Guarda caso è previsto proprio nei rapporti con chi rischia di essere un attentatore dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico, ma non a favore del cittadino, che spesso viene vessato dalla pubblica amministrazione.
Dobbiamo denunciare anche un'altra norma pericolosissima, quella che prevede che, se non viene raggiunta l'intesa Stato-regioni, questa non è essenziale, ma la Pag. 25decisione spetta al Consiglio dei Ministri anche in materie che vadano ad incidere - non ho sentito la collega della Lega insorgere su questo provvedimento - su interessi primari ad esempio delle regioni.
Questa prevalenza finale del Consiglio dei ministri è veramente preoccupante: non è semplificazione, ma spesso e volentieri rischio di un abuso. Sempre in materia di ambiente, registriamo la norma che, al di fuori delle aree protette - ma questo mi sembrava veramente il minimo - rende possibile fare pontili ed ormeggi ovunque - al di fuori dei luoghi che ho ricordato prima - liberamente.
Questo, tra l'altro, in violazione completa, quindi con forte sospetto di incostituzionalità, della competenza esclusiva in materia delle regioni. Veniamo poi non alla semplificazione, ma all'attentato in materia di diritti dei lavoratori. All'articolo 7 viene previsto in sintesi che, sui lavori non soggetti ad assicurazione obbligatoria, non graverebbe più alcun obbligo rispetto agli infortuni; sarebbero esclusi dalla denuncia all'autorità di pubblica sicurezza, senza obblighi nei confronti dell'ente assicuratore ed è probabile anche che per il combinato disposto non ne sia mai neanche informata la direzione provinciale del lavoro. Per quanto concerne gli altri lavori, soggetti alla disciplina dell'assicurazione obbligatoria, viene soppressa la denuncia alla pubblica sicurezza, in qualunque caso, anche di morte, e si prevede che debba solo essere informato l'istituto assicuratore che dovrà avvertire la direzione provinciale del lavoro ma solo nei casi di morte, lesioni gravissime o inabilità superiore a 30 giorni. A tal proposito debbo rilevare come sia stato approvato un nostro emendamento che ha tolto la dicitura «senza ritardo», sostituendola con quella più congrua «entro il primo giorno non festivo successivo». La soluzione dell'articolo 7 appare drastica, eccessivamente drastica, se l'intento del Governo è solo quello di semplificare gli oneri delle aziende, senza contare il fatto che non si trattava di adempimenti così onerosi, perché la denuncia veniva fatta per via telematica. Pertanto crediamo che queste norme non determinino una semplificazione ma favoriscano - potremmo dire - la non punizione o il ritardo della denuncia, della punizione degli infortuni sul lavoro, che avvengano in mancanza dell'osservanza delle norme previste. Potremmo definire queste norme come un tappeto rosso steso sulla triste via eccessivamente lunga e larga delle morti bianche nel nostro Paese. Altra bella perla è quella dell'articolo 8, che prevede l'abolizione del libretto di lavoro dei lavoratori dello spettacolo. Viene meno l'obbligo da parte del datore di lavoro dell'aggiornamento di questo libretto quindi, è vero che si semplifica l'onere dei datori di lavoro, ma si rende complicata la vita dei lavoratori dello spettacolo che, per conoscere la propria situazione, dovranno andare a pregare il datore di lavoro o l'ente previdenziale, con evidente aggravamento degli oneri a proprio carico. È poi prevista una copertura castale, per quanto riguarda i contratti di cessione di azienda con firma digitale. Il deposito viene previsto come possibile soltanto da parte degli intermediari o dei notai - non si capisce perché non anche da parte di altre categorie professionali egualmente abili alla bisogna -, poi c'è questa limitazione nelle cause seriali delle spese legali in misura non superiore a quella della condanna principale. Su questo si potrebbe discutere ma ci sembra che la norma non vada proprio nel senso di favorire il cittadino utente, il cittadino consumatore. Poi - come è stato ricordato da molti - ci sono gli articoli 29 e 30, quello sui doveri generali della pubblica amministrazione e dei suoi dipendenti verso i cittadini.
Da una parte, a nostro giudizio, questa norma cozza - come altre previste da questo disegno di legge - con le competenze esclusive della regione, perché ci sembra che i livelli minimi dei doveri di prestazione nei confronti dei cittadini debbano essere previsti (ad esempio, per quanto riguarda i comuni, le province e le regioni) dalle autonomie locali. Dall'altra, è previsto, in più parti, che con delega il Governo possa intervenire sulla legislazione sostanziale. Addirittura si stabilisce Pag. 26che possa stendere questa normativa tenuto conto della giurisprudenza prevalente, intervenuta nelle varie materie. È come dire che il decreto salva-liste (che secondo la maggioranza era interpretativo, ma tale non era), se fosse stato interpretativo, si sarebbe potuto emanare direttamente con atto amministrativo da parte del Governo. Non ci sembra che questa tesi sia sostenibile, in quanto si tratta assolutamente di materia di competenza del Parlamento. Mancano poi, nella delega sulla Carta dei doveri, normative cogenti. Vi sono parole e principi (in parte anche condivisibili) vuoti per quanto riguarda la reale possibilità di raggiungere l'obiettivo che ci si sarebbe prefissi. Manca per esempio - in proposito abbiamo presentato degli emendamenti - l'istituto del silenzio-assenso, che invece (come ricordavo prima) è stato inserito a dispetto della necessaria tutela dell'ambiente; mancano poteri sostitutivi da parte di soggetti di garanzia, come può essere la delega ad acta, come nel caso dei difensori civici regionali o provinciali. Insomma, ci sembra che dietro alle belle parole ci sia purtroppo un vuoto rispetto alla tutela dei diritti dei cittadini, e ci sia invece, rispetto a chi rischia di violare i diritti cosiddetti diffusi, «un troppo pieno», cioè un'eccessiva sostanza, per cui a chi rischia di far danni viene data carta bianca, mentre ai consumatori, agli utenti, ai cittadini vengono vendute soltanto parole vuote. Il nostro parere nei confronti di questa normativa è, allo stato, assolutamente negativo. Speriamo che su una materia come questa (che dovrebbe essere terreno di una forte collaborazione nell'interesse dei cittadini) ci possa essere ancora un ripensamento da parte della maggioranza e del Governo sugli emendamenti che abbiamo depositato oggi, entro il termine ultimo delle 14. Sarebbe un bel segnale, ma non credo che questo segnale arriverà, perché - come dicevo - dietro le parole vuote ci sono fatti concreti verso un certo tipo di riferimento elettorale del centrodestra che mal tollera totalmente regole e valori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, il testo così come definito a seguito dell'esame della Commissione contiene una serie di articoli che incidono in maniera molto determinata sugli aspetti di competenza dell'VIII Commissione, in maniera particolare sulla tutela ambientale e sulle procedure di affidamento delle gare di appalto. Mi occuperò, in questo breve intervento, solo di tali aspetti, considerato che altri colleghi del Partito Democratico hanno già affrontato altri argomenti, così come, dopo di me, farà la collega Pedoto in ordine ad ulteriori aspetti della legge stessa.
L'obiettivo del provvedimento è teoricamente condivisibile: semplificare le procedure della pubblica amministrazione, snellirle, velocizzarle e Dio solo sa se ciò non è particolarmente necessario per quanto riguarda l'iter che presiede alla pianificazione, alla programmazione, alla progettazione e alla realizzazione di opere pubbliche. Nell'articolato si interviene, in maniera particolare, sul funzionamento della Conferenza dei servizi.
Tale obiettivo, se coniugato al contempo con la necessità di salvaguardare trasparenza, correttezza e tutela delle risorse naturali, ambientali, paesaggistiche del nostro Paese, è certamente un obiettivo condivisibile. Così come lo spirito complessivo degli articoli 5-bis, 6-bis e 20-ter, che specificamente si occupano di tali aspetti, sarebbe apprezzabile se non fosse che gli articoli stessi prevedono una serie di inesattezze, superficialità, previsioni persino dannose, che preoccupano - e non poco come proverò a dire -, il gruppo del Partito Democratico. La stessa VIII Commissione, che ha approvato un parere a maggioranza, con il voto contrario del gruppo del Partito Democratico, che aveva chiesto di trasformare le osservazioni in condizioni, dà un parere piuttosto preoccupato ed evidenzia incongruità e rischi. Eppure, è stato appunto approvato dalla maggioranza. Pag. 27
Mi riferirò solo ad alcune di queste incongruità, solo ad alcuni di questi rischi. Il primo: la legge prevede l'obbligo di utilizzare, nella valutazione di impatto ambientale, risultati e prescrizioni della VAS, della valutazione ambientale strategica. La cosa è di per sé incongrua, VIA e VAS sono strumenti differenziati e distinti in quanto la VAS si occupa di piani e programmi, la valutazione di impatto ambientale si occupa, invece, di progetti, di interventi e di opere. Inoltre, spesso l'amministrazione procedente sulla prima è ben diversa da quella che si occupa della seconda e risulterebbe, dunque, assolutamente impraticabile - e forse persino incostituzionale - imporre ad una amministrazione altra il parere dell'amministrazione che precedentemente si è espressa, peraltro su una diversa materia.
In secondo luogo, la previsione del parere obbligatorio di sovrintendenza entro la convocazione della Conferenza dei servizi e la perentorietà dei 90 giorni per la valutazione di impatto ambientale, altrimenti scatta addirittura il silenzio-assenso, se da un lato, in linea teorica, sono due disposizioni che hanno delle positività, chiunque conosca queste procedure sa bene che si tratta di una vera e propria ipocrisia. In questo momento sia le sovrintendenze sia le strutture che si occupano di istruire gli studi di impatto ambientali (quasi sempre le regioni e le province) sono sottodimensionate in quanto a organico e non sarebbero mai in grado di rispettare tali tempi, con un duplice rischio. Infatti, nel caso in cui non si riesca a rispettare i tempi, si hanno due strade: o si dà un parere positivo in maniera superficiale, con grave rischio, ovviamente, per la tutela dell'ambiente, oppure, di fronte all'incapacità di esprimersi in modo congruo, si preferisce dire di no. In Italia, molto spesso, è più facile che la pubblica amministrazione si sottragga rispetto alle proprie responsabilità, attraverso un diniego netto, e non che, invece, giudichi le cose in termini positivi.
Ciò determinerebbe un vero e proprio effetto boomerang per imprese e cittadini, ottenendo esattamente il risultato opposto rispetto a quello snellimento e a quella velocizzazione che ci si era posti come obiettivo nello scrivere questo testo di legge. Inoltre, gli stessi uffici evidenziano che su questo tema vi sono profili di incostituzionalità ed anche di mancato rispetto della norma comunitaria. Il gruppo del PD è poi assolutamente contrario all'intervento sostitutivo del Consiglio dei ministri in caso di mancanza di accordo in Conferenza dei servizi tra regione e amministrazione procedente.
Ancora una volta è questo un approccio centralistico nei fatti di un Governo che si dice federalista a parole e che, invece, a mio parere, ha l'impostazione più centralistica che si ricordi negli ultimi decenni. Comunque, è per noi assolutamente inaccettabile che in presenza di dissidio tra regioni e comuni sia il Consiglio dei ministri a decidere.
Taccio a proposito dell'approccio semplicistico e superficiale, richiamato poc'anzi, sulle questioni che riguardano le strutture per la nautica da diporto e le concessioni demaniali marittime; invece, mi voglio soffermare sul comma 3 dell'articolo 5-ter, che è addirittura paradossale.
Esso prevede che non sia obbligatorio il parere della sovrintendenza nelle aree soggette a piano paesaggistico. Ovviamente è un controsenso, perché è proprio in tali aree che il parere della sovrintendenza è quanto mai necessario, a tutela delle risorse che in tali aree albergano.
Per onestà intellettuale, voglio evidenziare due previsioni che personalmente ritengo positive, così come il mio gruppo: il comma 2 dell'articolo 5-ter prevede che non si ripeta la VAS sugli strumenti attuativi di piani urbanistici che abbiano già ottenuto una VAS; ovviamente, qualora gli strumenti attuativi non comportino varianti. Questo è certamente un fatto opportuno e meritorio, così come l'articolo 6-bis, che riforma, in piccole parti, il decreto legislativo n. 163 del 2003, e che prevede, nel caso in cui la ditta che ha vinto una gara di appalto fallisca nel corso dei lavori oppure si giunga ad una risoluzione del contratto per rescissione, l'obbligatorietà dell'interpello dell'impresa Pag. 28classificatasi seconda, e poi, progressivamente, delle altre, per la sostituzione dell'impresa che sta lavorando. Questa è una cosa positiva, perché comporta certamente un recupero di tempo rispetto alla necessità di esperire una nuova gara pubblica. Però, sugli appalti non bisognerebbe procedere, come si fa in questo caso, con interventi spot.
Sarebbe invece necessaria una riforma più complessiva del sistema degli appalti, che superi l'eccessivo ricorso al massimo ribasso come criterio per l'aggiudicazione degli stessi; che introduca dei requisiti legati alla reputazione, per cui l'impresa che lavora bene, senza contenziosi e nei termini giusti, deve essere premiata nel prosieguo della sua carriera rispetto alle altre; che prediliga la trasparenza e la diffusione delle informazioni, magari potenziando funzioni e attribuzioni dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, con un superamento complessivo di una visione ad oggi punitiva del codice degli appalti.
Credo che questa Camera dovrebbe avere l'ambizione di porre mano ad una riforma organica di una materia che oggi è davvero elemento di blocco della stessa economia, e quindi di blocco non solo della produttività di imprese e professionisti, ma, in definitiva, dell'intero sistema Paese.
Signor Presidente, concludo evidenziando un'altra ipocrisia (lo ha detto, mi pare, il collega Giovanelli), che pure sottende l'intero articolato: la mancanza di risorse economiche. Non si può chiedere alla pubblica amministrazione di rispettare i tempi e di essere più efficiente, così come si fa con le sovrintendenze e con le amministrazioni che si devono occupare dell'istruttoria della valutazione di impatto ambientale e della valutazione ambientale strategica, ben sapendo che vi sono organici sottodimensionati, che è necessario potenziare, e che bisogna investire.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SALVATORE MARGIOTTA. Concludo davvero: per come sono oggi questi articoli, il gruppo del Partito Democratico li ritiene inaccettabili. Ovviamente, ci auguriamo che possa esserci in quest'Aula, in questa settimana, un confronto reale, aperto, concreto e serio sugli emendamenti. Ci auguriamo che non vi sia un atteggiamento preclusivo da parte della maggioranza e del Governo e che si possa provare a migliorare, nell'interesse di tutti e, ovviamente, nell'interesse supremo del Paese, un testo che, così com'è, ci lascia assolutamente insoddisfatti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, anch'io interverrò sulla parte del provvedimento che investe direttamente le materie di competenza della mia Commissione, che è la Commissione affari sociali.
Quindi, interverrò sugli articoli che riguardano la materia sanitaria, farmaceutica ed infortunistica.
Per quanto riguarda l'articolo 4-bis, quello in materia farmaceutica, introdotto peraltro nel corso dell'esame in Commissione, ritengo che sarebbero stati necessari dei tempi di esame più lunghi, e tra l'altro lo ritengo anche di bassa qualità redazionale.
Per quanto riguarda invece gli articoli 4 e 17, quindi quelli che prevedono la digitalizzazione e l'informatizzazione della conservazione delle cartelle cliniche e della prescrizione medica, vorrei sapere se esiste qualcuno in Parlamento, ma forse anche in questo Paese, che non è d'accordo con l'informatizzazione e con la digitalizzazione. Penso che tutti concordiamo sulla bontà di questo processo e sull'inesorabilità di esso, se rientra in una logica di strategia integrata, che parta da una logica di risparmio (risparmio della carta e degli spazi, nonché velocità della comunicazione delle informazioni, della trasmissione dei dati). Solo così può essere un obiettivo condiviso da tutti, e condiviso anche da noi!
È chiaro che dev'essere sostenuto anche sotto l'aspetto organizzativo, altrimenti Pag. 29non ce ne facciamo niente, nel senso che non può essere più un processo auspicato, questo dell'informatizzazione e della digitalizzazione: nel 2010 questi non sono processi che vengono auspicati! O peggio ancora decretato per legge, come succede anche nel provvedimento in esame, senza che vi sia uno sforzo organizzativo sotto, vicino, a fianco.
Per quanto riguarda quindi l'informatizzazione delle cartelle cliniche, e poi della ricetta medica elettronica, in realtà la normativa esisteva già: quando nel 2005 è stato introdotto il codice dell'amministrazione digitale, e in quella circostanza la cartella clinica è stata definita un documento informatico, possiamo dire che la previsione normativa esisteva già.
Il processo di conservazione delle cartelle cliniche di fatto non è stato però avviato completamente, e ne sappiamo il perché: esso ha delle questioni ancora aperte, che sono legate alla conservazione in sicurezza di tali dati nel lungo periodo, alla capacità o incapacità dei sistemi di adeguarsi poi alle innovazioni; ma soprattutto sappiamo da dati in nostro possesso, da relazioni che vi sono state, che pochissime sono le ASL in grado oggi di procedere in questo modo, con la conservazione informatizzata delle cartelle cliniche.
Penso che dovremmo risolvere senz'altro prima tali questioni, se il nostro obiettivo è la gestione documentale delle cartelle cliniche: aver dovuto stabilire nuovamente tale principio per legge, senza aver previsto neanche i termini entro cui il regolamento attuativo dev'essere emanato, che cosa significa? Significa che vi è, da parte di chi ha voluto scrivere la legge, la consapevolezza che la maggior parte delle aziende non è in grado di gestire l'informatizzazione. Ma se la maggior parte delle aziende pubbliche non è in grado di farla, scriverlo per legge non cambia di molto la realtà! La domanda quindi che rivolgo volentieri in Aula stasera è: questa informatizzazione, questa digitalizzazione, la vogliamo fare, o non la vogliamo fare? È sufficiente scrivere qualcosa per legge, che si sa che non si può fare, se non si prevedono gli sforzi organizzativi, gli sforzi formativi, le risorse adeguate per farlo? È sufficiente averlo scritto per legge, e basta? Secondo me no!
Ritengo fortemente che i processi di digitalizzazione possano essere gli unici - in questo momento - in grado di farci utilizzare il patrimonio informativo utile e necessario per controllare, monitorare, intervenire sull'appropriatezza delle prestazioni e delle prescrizioni, sul monitoraggio delle liste di attesa, sul controllo della spesa farmaceutica e della spesa sanitaria, per reimpostare correttamente il rapporto tra cittadini ed istituzioni riuscendo così a migliorare anche l'offerta sanitaria.
L'articolo 7, quello relativo all'infortunistica, rappresenta l'ennesima dimostrazione di come il decreto legislativo n. 81 del 2008 abbia avuto un andamento nevrotico durante tutto il suo iter ed anche dopo, visto che dopo l'emanazione di quel decreto legislativo quasi in ogni provvedimento giunto all'esame di questa Assemblea abbiamo avuto appunto una modifica, un'integrazione o una correzione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Anche in questo testo ne abbiamo una, e mi auguro che il Governo faccia un passo indietro e riveda parte di questo articolo e di questo provvedimento.
Con la precedente normativa infatti il datore di lavoro per infortuni molto gravi abbinava alle comunicazioni agli enti competenti anche la comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza; con questa norma, invece, il datore di lavoro nel caso degli infortuni molto gravi effettua la comunicazione solo all'INAIL. È quindi scomparsa la comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza. Mi verrebbe in mente un'idea: forse qui potevamo prevedere la digitalizzazione. Se volevamo cioè semplificare il lavoro di comunicazione per il datore di lavoro forse potevamo prevedere qui la digitalizzazione, anziché annullare la comunicazione e far diventare in questo modo l'infortunio un fatto amministrativo, perché è scomparsa la comunicazione all'autorità giudiziaria.
Non mi sembra dunque che con questo articolo abbiamo semplificato le procedure, Pag. 30piuttosto abbiamo semplificato l'infortunio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3209-bis-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Orsini.

ANDREA ORSINI, Relatore. Signor Presidente, solo poche parole per dire che ho ascoltato con la doverosa attenzione ed il doveroso rispetto gli interventi di tutti i colleghi dell'opposizione e della maggioranza.
Dalla discussione mi pare che siano emersi alcuni aspetti interessanti e qualche spunto di replica. Il primo aspetto interessante è che, pur nell'ambito di molte osservazioni critiche settoriali, mi pare esista una generale condivisione dello spirito del provvedimento - naturalmente dello spirito, non delle specifiche tecnicalità - che mi induce a credere che l'approccio già adottato in Commissione (del quale rimaniamo convinti ed al quale rimaniamo legati) di affrontare questo provvedimento in uno spirito di grande apertura e di grande volontà di condivisione in tutto ciò che si muove nella strada della semplificazione rappresenti la via corretta da seguire (e ciò fermo restando naturalmente il legittimo diritto, anzi il dovere, delle diverse forze politiche di fare la loro rispettiva parte).
Lo stesso recepimento, avvenuto nella fase di discussione in commissione, di diversi emendamenti, anche significativi, presentati dall'opposizione va assolutamente in questa strada. Ai colleghi che mi hanno preceduto devo tuttavia dire che su questo provvedimento, il quale naturalmente va a toccare una serie di materie molto ampie, si possono fare tante osservazioni e proprio per la sua struttura: la semplificazione è materia che per definizione è trasversale a infinite materie ed essa stessa è materia estremamente complessa, proprio per sua natura. So che questo può sembrare un ossimoro, una contraddizione in termini, ma in realtà nulla è più complicato che semplificare in uno stato di estrema stratificazione e groviglio delle norme, dei provvedimenti e stratificazioni successive della legislazione del nostro Paese. Non bisogna però mai commettere l'errore di quello che, con brutto termine, viene definito «benaltrismo». So anch'io e sappiamo tutti che c'è sempre qualcos'altro che si potrebbe fare in più, o prima o di diverso.
Questo provvedimento ovviamente non ha la pretesa di esaurire la materia della semplificazione, che è certo amplissima (tanto è vero che il Governo ha istituito un Dicastero apposito per trattare questa materia), tuttavia ogni lungo percorso comincia da un piccolo passo e questo non è un piccolo passo, ma un passo piuttosto significativo.
La complessità del testo naturalmente ha portato anche all'emergere nel corso della discussione di ulteriori considerazioni, aspetti e lacune che si è ritenuto opportuno colmare. Dico questo specificatamente e pensando all'intervento del collega Zaccaria, al quale vorrei soltanto ricordare intanto che le Commissioni di merito hanno potuto pronunciarsi non sul testo base, ma sul testo già emendato e, quindi, più ampio, licenziato dopo i lavori svolti dalla I Commissione, ma soprattutto vorrei segnalare che proprio le audizioni che abbiamo svolto hanno fornito al relatore e al Governo molti spunti per arricchire questo provvedimento proprio sulla base delle sollecitazioni provenute dalle categorie e dagli esperti auditi. Che scopo avrebbe fare delle audizioni, se non quello di aiutarci a migliorare il provvedimento? È naturale che ciò che è emerso dalle audizioni svolte sia entrato nel provvedimento solamente dopo le audizioni e che non sarebbe stato possibile sottoporre i nuovi elementi alle persone che abbiamo audito, proprio perché il contributo migliorativo proviene in buona parte da loro, dalle loro stesse sollecitazioni. Pag. 31
A diversi colleghi che hanno fatto osservare che esistono problemi di risorse - risorse che, come i colleghi sanno, comunque non potrebbero essere affrontate nel corso dell'esame del provvedimento alla nostra attenzione, essendo questo un collegato alla finanziaria - voglio però fare osservare una questione che definirei di «filosofia» del provvedimento: noi stimiamo (e in questo siamo in pieno accordo con il Governo) che la tecnologia, l'informatizzazione, l'uso di strumenti informatici servono a ridurre e non già ad aumentare i costi. Dunque, nell'ambito delle stesse disponibilità delle amministrazioni, lo sforzo di passare dalla carta alla tecnologia non deve far prevedere ulteriori costi, ma semmai la riduzione degli stessi. Mi rivolgo tra gli altri ai colleghi Pedoto e Margiotta, che sono appena intervenuti e le cui considerazioni sono certamente importanti: a loro faccio osservare che le norme che stiamo approvando prevedono un gradualismo nell'effettiva operatività di questi meccanismi di informatizzazione.
Si tratta di un gradualismo che serve proprio a dare tempo alle amministrazioni di adeguarsi e di superare quelle disparità di modernizzazione che esistono fra aree diverse del Paese o della stessa pubblica amministrazione.
Vi è un'altra questione che mi permetto di fare osservare a diversi colleghi che sono intervenuti nella discussione e su questo vorrei essere molto chiaro e molto netto: semplificazione non significa in alcun modo abbassamento dei livelli di sicurezza circa le condizioni dei lavoratori o circa la materia assai delicata degli infortuni sul lavoro.
Nessuno più di chi vi parla, di questa maggioranza e di questo Governo - allo stesso modo, d'altronde, dei colleghi dell'opposizione - è sensibile al drammatico problema degli infortuni sul lavoro. Credo che farsi carico di questa responsabilità sia una questione comune a tutto il Parlamento, al di là degli schieramenti tra opposizione e maggioranza.
Semplificare le procedure di denuncia degli infortuni non vuol dire affatto rendere più facili gli infortuni, né diminuirne il livello di controllo e di denuncia. Il fatto di evitare una duplicazione della denuncia degli infortuni, all'INAIL e all'autorità di pubblica sicurezza, e di prevedere che sia, invece, la stessa INAIL, una volta ricevuta la denuncia, a comunicarla all'autorità di pubblica sicurezza è solo una semplificazione, un modo di rendere più rapida la procedura e di evitare di ripetere due volte un atto che, fatto una volta sola, ottiene lo stesso risultato.
Tutto ciò non ha nulla a che fare con la diminuzione del livello di sicurezza per i lavoratori e credo che su questo non vi debbano essere equivoci, proprio perché la materia è estremamente delicata.
A conclusione del mio intervento, su un'altra materia estremamente delicata pure non devono esservi equivoci. In materia di Conferenza dei servizi non stiamo introducendo il principio del silenzio assenso, ma stiamo introducendo l'obbligo per le amministrazioni di pronunciarsi, che è cosa profondamente diversa.
Né le forze politiche della maggioranza, né il Governo e né il relatore - per quanto lo concerne personalmente - accetterebbero mai la riduzione dei livelli effettivi di tutela del patrimonio paesaggistico, naturale o artistico del nostro Paese. Su questo non possono esservi né equivoci, né ambiguità e su questo vi è un impegno preciso da parte del Governo. Rendere la Conferenza dei servizi più efficiente non vuol dire in alcun modo abbassare i livelli di tutela.
Fatte queste premesse, ribadisco quanto detto in apertura di questo intervento e non ho alcuna difficoltà, per quanto mi riguarda, a riprendere una sollecitazione venuta da diversi colleghi che sono intervenuti.
Il Comitato dei nove, la discussione e l'approfondimento nella fase relativa all'esame delle proposte emendative rappresenteranno senz'altro un'occasione per verificare la possibilità di migliorare insieme un provvedimento estremamente utile ed importante per il Paese e che, per quanto ci riguarda, è uno degli aspetti qualificanti dell'attività del Governo espressione di questa maggioranza.

Pag. 32

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ANDREA AUGELLO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo sia giusto, per quanti hanno partecipato al dibattito, che anche il Governo intervenga con una brevissima replica.
La discussione ha percorso molti dei temi che erano già stati sollevati in Commissione, ma ha anche aggiunto dei nuovi spunti.
In via preliminare, credo sia bene chiarire quanto già accennato dal relatore. Il provvedimento si è certamente rafforzato nel dibattito in Commissione, ma dobbiamo anche tenere conto che le audizioni, per la portata degli stimoli e dei contributi che sono giunti, hanno avuto caratteristiche quasi concertative su questo provvedimento. In realtà, quindi, l'implementazione del provvedimento è dipesa molto dalla ricchezza di quegli spunti e, avendo esso ad oggetto la materia della semplificazione, come spesso accade, la ricaduta è stata piuttosto ampia.
C'è sempre un rischio in questo genere di provvedimenti e cioè che queste ricadute nella loro ampiezza risultino persino dispersive. Però, non c'è dubbio che per ognuno dei provvedimenti - che il relatore con la sua attività emendativa ha riportato all'interno del nuovo articolato - ci sia dietro un lavoro che scaturisce dalle audizioni e da alcuni spunti emersi nel lavoro della Commissione.
Bisogna poi considerare come, in questo tipo di lavoro, sia necessario trovare un punto di compromesso tra la volontà di imporre nuove norme alla pubblica amministrazione e la capacità della pubblica amministrazione di recepirle ed attuarle; tra la volontà di innovare e semplificare e la consapevolezza che dipanare una matassa è sempre molto più difficile che ingarbugliarla.
Da questo punto di vista è ovvio che il lavoro che noi oggi presentiamo all'attenzione dell'Assemblea è largamente perfettibile e certamente emendabile, però è un lavoro che ha una sua cifra, una sua qualità che è stata anche apprezzata dalle parti sociali e da tutti coloro che hanno contribuito all'elaborazione di questo testo.
Il Governo ovviamente continuerà a prestare la massima attestazione alla possibilità di migliorare il testo nel prosieguo del lavoro dell'Assemblea. Tale testo peraltro è ancora sub iudice della Commissione bilancio per le parti che sono state aggiunte nella fase terminale del lavoro della Commissione.
Ritengo comunque che gli spunti che ci sono stati in Commissione, lo spirito con cui anche l'opposizione ha partecipato ai lavori della Commissione e a questo dibattito d'Aula costituiscano ottime premesse per sperare in un ulteriore miglioramento di questo elaborato.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Stucchi; Barbieri ed altri; Schirru ed altri; Volontè e Delfino; Osvaldo Napoli e Carlucci; Prestigiacomo; Ciocchetti; Marinello ed altri; Grimoldi ed altri; Naccarato e Miotto; Caparini ed altri; Cazzola ed altri; Commercio e Lombardo; Pisicchio: Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili (A.C. 82-322-331-380-527-691-870-916-1279-1377-1448-1504-1995-2273-A) (ore 17,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Stucchi; Barbieri ed altri; Schirru ed altri; Volontè e Delfino; Osvaldo Napoli e Carlucci; Prestigiacomo; Ciocchetti; Marinello ed altri; Grimoldi ed altri; Naccarato e Miotto; Caparini ed altri; Cazzola ed altri; Commercio e Lombardo; Pisicchio: Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Pag. 33

(Discussione sulle linee generali - A.C. 82-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Delfino, ha facoltà di svolgere la relazione.

TERESIO DELFINO, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la Commissione lavoro riferisce favorevolmente all'Assemblea sul testo unificato dei numerosi progetti di legge tutti di iniziativa parlamentare e su cui si è registrata un'ampia condivisione dei gruppi rappresentati in Commissione.
Tale provvedimento reca importanti disposizioni in favore di coloro che assistono familiari gravemente disabili e aventi una invalidità del 100 per cento con necessità di assistenza continua poiché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Si tratta, come è noto, di un provvedimento fortemente atteso dai soggetti interessati, dalle associazioni rappresentative di tali soggetti e da un'intera fascia di lavoratori, pubblici e privati, che ha fatto enormi sacrifici nella propria vita per assicurare l'assistenza ai propri familiari colpiti da queste gravi patologie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,57)

TERESIO DELFINO, Relatore. Si tratta di un provvedimento lungamente esaminato dal Parlamento non soltanto in questa legislatura, se è vero che sin dall'autunno del 2008 ne abbiamo cominciato l'esame in XI Commissione, ma anche nelle precedenti legislature nelle quali, al termine di lunghi e faticosi percorsi istruttori, le Camere non sono tuttavia riuscite a realizzare i risultati sperati.
Si tratta di un provvedimento molto cambiato rispetto al suo impianto originario. La Commissione lavoro è giunta a conferirmi il mandato per l'Assemblea sul testo oggi in esame che rappresenta il frutto di un compromesso politico e tecnico indispensabile per consentire di limitare fortemente gli oneri discendenti dalla sua approvazione e sul quale, peraltro, vi sono ancora significative problematiche in corso alla luce del parere espresso dalla Commissione bilancio (del quale parlerò in seguito).
Tuttavia, prima di delineare nel dettaglio il contenuto del testo all'esame dell'Aula, vorrei svolgere poche considerazioni di natura più generale.
Il provvedimento si colloca nel solco dello sviluppo della promozione della politica di difesa e di sostegno delle persone diversamente abili.
Già nella precedente legislatura si era cercato di approvare un provvedimento di analogo contenuto (atto Camera n. 71 e abbinate, non giunto in Aula a causa della fine della legislatura), volto a riconoscere finalmente, con idonei benefici previdenziali, l'impegno e la dedizione di coloro che con grandi sacrifici si dedicano quotidianamente alla cura e all'assistenza dei familiari disabili, in aggiunta alla ordinaria attività lavorativa.
Colleghi, trattiamo oggi in quest'Aula un tema di grande rilevanza sociale: quello dei lavoratori con familiari disabili, le cui problematiche rappresentano un'emergenza sociale che non può più essere ignorata. Per questi motivi, occorre in merito un largo consenso, al fine di riconoscere, con una norma il più possibile condivisa, il valore sociale dei familiari che si assumono questo alto e nobile impegno.
L'Italia ha il grande merito di essere stata in passato «apripista» di un atteggiamento a favore dei portatori di handicap. È sufficiente citare la legge n. 104 del 1992: una legge che ha fatto scuola in Europa e nel mondo, ampiamente divulgata ed apprezzata in tutte le sedi. Pag. 34
Il problema di questa legge straordinaria sta nell'impossibilità di una piena applicazione per la carenza di risorse finanziarie. Il Parlamento italiano, con la legge n. 104 del 1992, ha riconosciuto la dignità, la libertà e il diritto delle persone disabili ad una piena formazione umana ed ha determinato, a mio avviso, un impegno ineludibile di tutte le istituzioni pubbliche - Parlamento, Governo, regioni, enti locali - ad assicurare il conseguimento di tale fondamentale obiettivo.
Inoltre, la centralità della famiglia nell'assistenza ai soggetti diversamente abili si è consolidata nella legislazione nazionale con le leggi n. 53 e n. 328 del 2000, e con il decreto legislativo n. 151 del 2001. Il provvedimento in esame rappresenta un'occasione preziosa per sostenere tale indirizzo culturale.
La famiglia costituisce, quindi, il perno attorno al quale ruotano l'assistenza e la cura delle persone diversamente abili: ciò rappresenta il segno di una profonda condivisione umana, ma anche il segno di una scelta forte e consapevole dell'impegno che viene assunto generosamente per la qualità di vita del familiare in grave difficoltà. Si tratta di una scelta che richiede ai familiari conviventi una dedizione costante e quotidiana, che, negli anni, li sottopone ad una fatica fisica e psichica più intensa, oltre a determinare oneri economici rilevanti.
Con il provvedimento in esame si ritiene che questa realtà debba essere degna di riconoscimento e che sia ormai necessario colmare il vuoto legislativo esistente per quei lavoratori dipendenti e autonomi che assistono i familiari con disabilità gravi.
Il testo ha la finalità di riconoscere un beneficio previdenziale specifico a favore di quei lavoratori che si dedicano proprio a questo lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili.
È stato faticoso pervenire alla definizione di un testo che potesse coniugare l'unanime disponibilità ad intervenire con le esigenze derivanti dall'attuale difficile situazione economico-finanziaria.
Per questo motivo, desidero manifestare un grande apprezzamento per i contributi forniti durante il dibattito in Commissione lavoro da tutti i gruppi e finalizzati a colmare i vuoti legislativi esistenti per questo settore, sulla base di alcuni aspetti che brevemente richiamo: l'inderogabile urgenza di un intervento a favore dei lavoratori con familiari disabili gravi, la necessità di un'oculata individuazione dei soggetti aventi diritto ai benefici previdenziali (anche alla luce della ristrettezza delle risorse finanziarie), la consapevolezza di dover definire un provvedimento in coerenza con quanto disposto dalla legge n. 104 del 1992.
Nel corso dell'iter in Commissione lavoro si è realizzata una convergenza significativa con le aspettative delle diverse realtà associative interessate. Con il Governo e con gli enti previdenziali interessati vi è stato un approfondito confronto per precisare, in particolare, gli aspetti legati alla contribuzione volontaria, all'esatta identificazione della platea dei beneficiari, nonché alla conseguente quantificazione degli oneri.
Passando al contenuto degli articoli faccio presente che la scelta, adottata dalla Commissione al termine di un lungo iter, è stata quella di operare una distinzione tra dipendenti pubblici e dipendenti privati: per i primi è stata scelta la strada di novellare l'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, inserendo anche coloro che assistono familiari gravemente disabili tra i possibili beneficiari delle norme che consentono, in via sperimentale, per il triennio 2009-2011, l'esonero anticipato dal servizio per i cinque anni che precedono la maturazione del diritto a pensione. Per i secondi si è scelto di introdurre un sistema di prepensionamento legato all'età anagrafica degli interessati e all'età necessaria, in base alla legislazione vigente, per maturare il diritto a pensione. In particolare, si è scelto di consentire il pensionamento anticipato: rispettivamente a 60 anni per gli uomini e a 55 anni per le donne.
Nello specifico: l'articolo 1 prevede che la misura del trattamento economico temporaneo, Pag. 35previsto dall'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008 per i dipendenti pubblici esonerati dal servizio nell'ultimo quinquennio di carriera lavorativa, sia pari al 70 per cento del trattamento complessivamente goduto, per competenze fisse e accessorie, al momento del collocamento nella nuova posizione, anche per i dipendenti che si dedichino al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio del 1992, n. 104, ai quali è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita e permanentemente inabili all'attività lavorativa.
Al contempo, l'articolo 2 prevede, in via sperimentale, per il triennio 2010-2012, il riconoscimento, su richiesta, del diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico in favore delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti o autonomi dei settori privati, iscritti alle gestioni dell'INPS, che si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili come indicati anche nell'articolo 1. Il diritto previdenziale testé descritto è riconosciuto, a fronte di un periodo di costanza di assistenza al familiare convivente disabile pari almeno a 18 anni, ai lavoratori che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età e alle lavoratrici che abbiano compiuto il cinquantacinquesimo anno di età, a seguito del versamento e dell'accredito di almeno 20 annualità di contributi previdenziali.
L'articolo 3 disciplina le modalità pratiche per poter accedere ai benefici, reca la documentazione richiesta per poter presentare la relativa domanda, nonché talune disposizioni dirette ad evitare il compimento di possibili abusi e ad intensificare i controlli nel settore.
L'articolo 4, infine, reca la disposizione di copertura degli oneri (sotto questo profilo il nuovo testo unificato dispone, a copertura delle maggiori spese, l'incremento di un punto percentuale dell'aliquota contributiva a carico dei titolari di pensione e dei collaboratori e professionisti iscritti, in via non esclusiva, alla gestione previdenziale per i lavoratori parasubordinati).
Se questo è il contenuto del testo attuale, vorrei anche sottolineare che la Commissione intende, nella prevista riunione del Comitato dei nove, approvare anche ulteriori proposte emendative. Si tratta, infatti, di omogeneizzare le disposizioni di cui all'articolo 2, relative al settore privato, con quelle previste all'articolo 1 per i dipendenti pubblici.
Molto sinteticamente preannuncio che il Comitato dei nove dovrà intervenire sull'articolo 1 estendendo la normativa ivi prevista anche al personale della scuola e degli enti locali, ed escludendo, inoltre, la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di rifiutare la domanda di esonero dal servizio per i destinatari del presente provvedimento.
Dobbiamo altresì riconoscere, anche per i dipendenti statali, la concessione di benefici al raggiungimento dei limiti di età, per ora fissati solo all'articolo 2 del nuovo testo unificato, anche in assenza dei requisiti di anzianità massima contributiva stabilita al comma 1 dell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008.
In particolare, occorre prevedere anche per il pubblico impiego il diritto all'esonero anticipato dal servizio per i lavoratori che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età e le lavoratrici che abbiano compiuto il cinquantacinquesimo anno di età a seguito del versamento e dell'accredito di almeno 20 annualità di contributi previdenziali (questo per omogeneizzare i requisiti tra pubblico e privato).
Vi è, poi, l'esigenza di apportare alcune modifiche di natura formale al testo, relativamente al periodo di decorrenza delle misure previste dall'articolo 72 del citato decreto-legge n. 112, da estendere anche all'anno 2012, analogamente a quanto stabilito per i lavoratori del settore privato (vale un triennio sperimentale per pubblico e privato).
A questo punto non mi resta che approfondire la questione della copertura Pag. 36finanziaria. Ricordo, infatti, che le Commissioni che si sono espresse in sede consultiva hanno tutte formulato un parere favorevole. La Commissione affari sociali ha anche inserito un'osservazione che è stata prontamente recepita nel testo unificato all'esame dell'Aula.
Di diverso tenore sono, invece, le condizioni formulate nel parere della Commissione bilancio, che ha chiesto la soppressione degli articoli 2 e 4, con ciò determinando il rischio di vanificare uno dei principali obiettivi del provvedimento. Al riguardo debbo segnalare all'Aula che la Commissione lavoro ha ritenuto opportuno non recepire in sede referente il parere espresso dalla V Commissione, sia pur contenente importanti e stringenti condizioni finalizzate al rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, riservandosi di ragionare in modo pacato all'interno del Comitato dei nove, che dovrà approfondire tutti gli aspetti evidenziati in vista della discussione del provvedimento in Aula.
Pertanto, acquisito anche l'orientamento dei gruppi, non è stata apportata per il momento alcuna modificazione di natura sostanziale al testo, in attesa di verificare gli ulteriori passaggi istruttori sui profili di carattere finanziario, la cui analisi sarà demandata, per l'appunto, al Comitato dei nove e alla stessa Commissione bilancio.
In proposito, mi limito solo ad osservare che vi sono i margini per risolvere le questioni poste nel parere della V Commissione, che prospetta la soppressione degli articoli 2 e 4 nel presupposto che tali disposizioni prefigurino una sottostima degli oneri ed una sovrastima delle entrate attive. Sotto il primo profilo è già stato chiesto all'INPS, in via informale, di fornire ulteriori ragguagli, soprattutto per quanto concerne l'effettiva inclusione nelle stime effettuate degli oneri derivanti dall'integrazione al minimo e dell'ipotesi minima di 20 anni di contribuzione. Inoltre, anche in relazione alla copertura finanziaria recata dall'articolo 4 vi è un'ampia disponibilità a verificare possibili miglioramenti del testo di natura tecnica, per adeguare la misura delle maggiori entrate previste e per determinare un eventuale prolungamento della vigenza degli interventi, oltre il triennio di copertura allo stato previsto.
Per queste ragioni sono convinto, signor Presidente, che l'Assemblea potrà votare in assoluta tranquillità a favore del testo unificato in esame.
Concludendo, vi è stata nel lungo iter di discussione del provvedimento un'ampia disponibilità di tutte le forze politiche per poter giungere ad un testo condiviso, pur sapendo che abbiamo fornito una risposta parziale al problema in discussione. Una celebre frase di Madre Teresa di Calcutta - «quello che facciamo è una goccia nell'oceano, ma se non ci fosse quella goccia all'oceano mancherebbe» - può essere ripresa per questo provvedimento, che apre una finestra sul pianeta, largamente sconosciuto, delle famiglie con familiari disabili.
I contributi apportati dai diversi gruppi sono confluiti in modifiche al testo, tese a contenere l'onerosità finanziaria delle misure introdotte e la platea dei beneficiari. Grazie alle modifiche apportate si è giunti così ad un testo che avrà un impatto a nostro giudizio contenuto sulla finanza pubblica. Dato il momento di crisi economica e sociale e data l'esiguità delle risorse finanziarie a disposizione, il provvedimento all'esame di quest'Aula rappresenta, comunque, un segnale di attenzione verso i più deboli e verso le famiglie che ancora di più, in questo particolare momento, meritano specifica attenzione. Non bisogna dimenticare, come diceva John Stuart Mill, che «non vi è migliore prova del progresso della civiltà che quella del progresso della cooperazione nella comunità nazionale».
Vorrei, infine, dare atto al rappresentante del Governo della disponibilità finora dimostrata, con l'auspicio che insieme al Governo si possano superare tutte le perplessità ancora presenti per addivenire ad una sollecita approvazione di una norma di vitale importanza per i lavoratori che si prendono cura di familiari con gravi disabilità. Pag. 37
Consentitemi di chiudere con una frase di Martin Luther King, che questo grande leader dell'emancipazione dei neri ebbe a dire in tutt'altro contesto civile e sociale: «la speranza spetta a noi e per quanto potremmo desiderare altrimenti dobbiamo scegliere in questo momento cruciale della storia umana» diceva lui allora. Così oggi spetta a noi decidere di approvare questo provvedimento per aprire una speranza a tanti lavoratori, dipendenti e autonomi, che lottano, soffrono e si prendono cura di migliaia di familiari disabili che guardano a loro con immensa fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, preannunzio che consegnerò il mio intervento scritto e ribadisco l'importanza di questo provvedimento e l'applicazione integrale di tutti gli articoli con le relative coperture, condizione per noi indispensabile per condividerne la qualità sociale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Damiano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, il provvedimento oggi in esame è stato oggetto di un complesso iter parlamentare, che ha avuto inizio nella presente legislatura già dal mese di luglio 2008.
Dalla lunga discussione è emersa la volontà inequivocabile di tutti i gruppi parlamentari, manifestata anche presso la V Commissione (Bilancio), di giungere ad un testo condiviso che comprendesse una serie di modifiche tese a contenere l'onerosità finanziaria delle misure introdotte.
Ricordo in breve i passi che ci hanno condotto fin qui. Una prima proposta di legge, a mia firma e dell'onorevole Sereni, sul prepensionamento per i familiari che assistono disabili gravi e gravissimi fu presentata già nella precedente legislatura e poi riproposta in maniera bipartisan nella prima seduta della Camera e del Senato di questa legislatura, iniziata il 29 aprile 2008. Ne seguirono altre 13, per un totale di 52 deputati firmatari, che sono state poi assegnate all'XI Commissione della Camera. Nello stesso tempo, analoghi progetti di legge sono stati presentati al Senato, fino ad arrivare alla predisposizione del testo unificato su cui oggi discutiamo.
Quindi, dopo quasi due anni di intenso lavoro, si è riusciti a superare le numerose difficoltà e incertezze che venivano da parte dell'INPS e dell'INPDAP sia sulla nozione di handicap congenito che sulla determinazione degli oneri. Si è pervenuti poi unitariamente al testo unificato delle proposte di legge elaborato dal Comitato ristretto, che ha costituito il testo base per il seguito dell'esame oggi in Aula.
In breve, anch'io ricordo le norme salienti. All'articolo 1 è previsto l'esonero anticipato dal servizio per i dipendenti pubblici con trattamento economico temporaneo pari al 70 per cento del trattamento complessivo goduto. All'articolo 2, per i lavoratori del settore privato iscritti all'INPS, si prevede invece il diritto all'erogazione anticipata del trattamento pensionistico. Per questi ultimi, il diritto previdenziale è riconosciuto, anche se in via sperimentale solo per il triennio 2010-2012, al lavoratore che abbia compiuto il sessantesimo anno di età e alle lavoratrici che abbiano compiuto il cinquantacinquesimo Pag. 38anno di età, a seguito del versamento dell'accredito di 20 annualità di contributi previdenziali e di un periodo di costante assistenza al familiare convivente per almeno 18 anni.
È naturale che avremmo voluto un provvedimento più strutturale e senza la scadenza temporale, ma il lungo e buon lavoro svolto in Commissione ci ha convinti a sostenere alcune soluzioni alternative proposte nel Comitato ristretto. Siamo consci del fatto che questo testo non è risolutivo di tutte le esigenze, tuttavia racchiude un grande valore simbolico e attesta il raggiungimento di un traguardo storico: il riconoscimento del lavoro di cura di tanti lavoratori e lavoratrici, ai quali dopo decenni di battaglie vengono finalmente riconosciuti i propri diritti.
Nel corso di questi due anni abbiamo affrontato momenti particolarmente critici. Solo l'odierna discussione sulle linee generali in Assemblea è stata a più riprese rinviata per problemi legati alla copertura finanziaria.
A questo proposito, va evidenziato il parere favorevole della V Commissione (Bilancio), con alcune condizioni, che esprime anche dei rilievi critici sulla relazione tecnica, verificata ancora una volta negativamente dalla Ragioneria generale dello Stato sulla quantificazione degli oneri. Il gruppo del Partito Democratico in V Commissione (Bilancio) ha votato contro perché, in effetti, andava fatta con più coraggio una lettura trasparente e chiara delle voci dei conti. Infatti, si tratta di criticità che possono essere superate sia per quanto concerne la copertura finanziaria, sia per quanto riguarda il richiamo alla relativa clausola di salvaguardia, così come previsto dalla normativa contabile.
Si sarebbero potute, inoltre, utilizzare le somme iscritte nei fondi unici di amministrazione senza venir meno alle raccomandazioni dei suoi risparmi o determinare aggravi di spese per compiti, così come rileva la stessa relazione della Commissione bilancio, cosa cui già l'INPS dovrebbe normalmente adempiere. Non accettiamo, quindi, naturalmente le condizioni poste dalla Commissione bilancio di sopprimere gli articoli 2 e 4. Il Governo, invece, ha il dovere di reperire le risorse necessarie affinché il provvedimento dia una risposta seria senza discriminazioni a tutti i lavoratori, siano essi del settore pubblico o del settore privato, e sappia cogliere i benefici umani per le persone, ma anche i risparmi complessivi a valere sui conti pubblici.
I risparmi reali, in effetti, ci sono. Mi riferisco a quello sulla legge n. 104 del 1992, con i tre giorni al mese di permessi retribuiti, a quello relativo alle legge n. 53 del 2000 sul congedo retribuito per complessivi due anni, così come a quello relativo ai minori costi per il mancato ricovero a tempo pieno della persona disabile, che - lo ricordo - oggi costa 31 mila euro l'anno.
L'INPS ha per inciso sempre lavorato un po' in modo approssimativo sulla platea dei possibili destinatari della norma. Ora, invece, essendo molto stringente la procedura per accedere al prepensionamento, all'atto della domanda dell'interessato l'Istituto sarà in grado - previa verifica di visita medica del disabile - di determinare se l'assicurato possa beneficiare della norma e scoprire così veramente i veri invalidi.
Infine, i disabili potrebbero ricevere cura e assistenza nell'ambito familiare, invece di essere affidati a centri sanitari - tra l'altro non presenti in tutto il territorio nazionale - e i cui costi ricadrebbero comunque sulla pubblica amministrazione. Si avvierebbe, quindi, un ulteriore consistente risparmio grazie all'eliminazione dei costi dovuti a supplenze e sostituzioni causate dalle inevitabili assenze dal posto di lavoro.
Come accennavo, solo grazie al lavoro del Comitato ristretto, ai supporti e alle continue sollecitazioni dei comitati e delle associazioni dei disabili è stato possibile proseguire l'iter del progetto di legge e ottenere il responso favorevole da parte di tutte le Commissioni. È evidente, inoltre, che le osservazioni della Ragioneria generale dello Stato sono ancora oggetto di esame da parte del Comitato dei nove, così come riferiva il relatore Delfino. Pag. 39
Quindi, anche oggi, come in Commissione, affermiamo che dovremmo comunque valutare ulteriori ipotesi di modifica di questo testo, come ci veniva ricordato. Parimenti, sentiamo anche noi l'esigenza di apportare modifiche di natura formale al testo, in particolar modo relativamente al periodo di decorrenza delle misure previste dall'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, perché vengano estese a tutto il triennio 2010-2012, analogamente a quanto previsto per i lavoratori del settore privato, come disposto dall'articolo 2.
Veniamo quindi alla ratio di questo provvedimento. Abbiamo denunciato in diverse occasioni la recrudescenza e lo smantellamento delle tutele dei disabili, sia a livello nazionale che regionale; abbiamo a volte assistito impotenti a troppi episodi di disperazione, a volte a gesti estremi e ad atti drammatici, che derivano dallo sconforto e dalla solitudine dei familiari dei disabili. È appunto la disperata consapevolezza di non vedere intorno a sé vie d'uscita che garantiscano una vita serena, un'assistenza amorevole, un'attenzione affettuosa come quella che i familiari donano ai disabili sin dal primo momento, il nodo centrale su cui si sviluppano questi fenomeni. Se non riusciremo a prendere coscienza del fatto che la disabilità è un grande tema sociale, se le istituzioni per prime lasceranno da soli questi familiari, se non si prenderanno seri provvedimenti per coinvolgere le famiglie anche a livello politico nelle decisioni che le riguardano, le tragedie di cui ho appena accennato saranno sicuramente replicate.
Laddove in un nucleo familiare vive una persona affetta da disabilità grave o gravissima, oltre alla normale attività lavorativa, che è una fonte di sostentamento per i lavoratori e le lavoratrici, si aggiunge anche il carico dell'accudimento quotidiano, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico di notevole portata, che - l'abbiamo denunciato più volte - non è equiparabile neppure a quello dei lavori usuranti. Alla fatica infatti si aggiunge la sofferenza, a volte per l'indifferenza, a volte per l'ottusità della burocrazia, per gli atteggiamenti dei colleghi di lavoro, ma soprattutto per il senso del limite e di impotenza nei confronti della malattia, molto spesso per le difficoltà economiche di dover provvedere con propri mezzi alle spese per l'aiuto di persone esterne, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze del disabile.
È il lontano 1984 quando nasce l'idea di richiedere una particolare legislazione sul prepensionamento di chi assiste disabili. Alla fine del 1999 Livia Turco, allora Ministro per la solidarietà sociale, affermava: «nell'ambito della previdenza c'è un aspetto che io credo dobbiamo mettere all'attenzione del Governo e del Parlamento e che deve essere risolto in tempi rapidi, ossia la possibilità di riconoscere una quota più elevata di trattamento in caso di reversibilità e la possibilità, sia pur selettiva e limitata ai casi più gravi, di prepensionamento per i lavoratori familiari di disabili. Chi si fa carico per tutta la vita di una persona che richiede cure ventiquattr'ore su ventiquattro e che deve per forza lavorare, deve vedere riconosciuto in qualche modo questo alto e straordinario lavoro».
È grazie proprio all'allora Ministro per la solidarietà sociale che abbiamo avuto la legge n. 388 del 2000, il cui articolo 80, al comma 3, prevede la contribuzione figurativa per un massimo di due anni, a cui finora però risultano aver avuto accesso pochissime persone; il dato dell'INPS è di 653 persone in un anno, probabilmente per la mancanza di un'informazione adeguata. Così come risulta che solo 5.981 lavoratori utilizzano il congedo retribuito ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 151 del 2001. Si tratta di misure importantissime, ma oggi non sono sufficienti.
Forse stavolta siamo proprio di fronte all'ultimo atto di questo iter. Negli ultimi mesi abbiamo incontrato moltissimi uomini e donne che hanno dovuto scegliere se essere totalmente genitori o figli senza un diritto alla pensione in futuro, oppure se separarsi dai propri cari scegliendo di Pag. 40lavorare. Per troppo tempo queste persone hanno dovuto subire l'indifferenza sociale.
Oggi, pur riconoscendo la difficile situazione di crisi, consentire il loro prepensionamento è senz'altro un atto di grande civiltà, che può restituire anche un'immagine più autorevole e positiva del lavoro delle istituzioni, che, di fronte ai problemi concreti delle persone, sanno superare differenze politiche e trovare responsabilmente unità di intenti. È un atto dovuto per migliorare la qualità della vita sia delle persone con disabilità, sia dei loro familiari. In conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi, auspichiamo una rapida conclusione del provvedimento. Vi deve essere una tempestiva risposta positiva da parte del Governo alle questioni - ripeto - che già nei precedenti confronti nelle Commissioni competenti ci avevano consentito di esprimere unitariamente un voto favorevole. Noi vorremmo esprimerlo tra qualche giorno in quest'Aula con tutti voi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18,30)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, il provvedimento in esame affronta un tema di grande rilevanza sociale, quale quello dei lavoratori con familiari gravemente disabili. Le persone con disabilità al di sotto di sessantacinque anni di età in Italia sarebbero circa 1 milione 700 mila, di cui ben il 91 per cento vive in famiglia. Ciò dimostra concretamente e conferma la centralità della famiglia che, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di sostegni economici da parte dello Stato, costituisce, suo malgrado, il perno intorno al quale ruotano l'assistenza e la cura delle persone diversamente abili, per le quali rappresenta spesso l'unico punto di riferimento in grado di rispondere alle loro esigenze. D'altra parte, laddove è presente una persona affetta da disabilità grave o gravissima, oltre alla normale attività lavorativa fonte di sostentamento per i familiari, si aggiunge anche il carico della cura quotidiana, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico notevole. A questo aspetto molto pesante della vita di chi sostiene l'onere della cura di un disabile grave, in particolare non autosufficiente, si aggiunge spesso anche la difficoltà economica derivante dall'esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l'aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socioassistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze richieste dal caso specifico. Il provvedimento in esame si pone, dunque, concretamente l'obiettivo di riconoscere a tutti i lavoratori e alle lavoratrici che assistono figli o familiari disabili gravi l'accesso al pensionamento. Dal significato di civiltà che assumerebbe la norma qualora venisse approvata nel riconoscere un'attività meritoria di cura familiare, che si aggiunge all'ordinaria attività lavorativa, deriverebbero anche vantaggi economici per lo Stato, derivanti dalla cura e dall'assistenza del soggetto disabile prestate in ambito familiare piuttosto che presso istituti, i cui costi ricadrebbero almeno in parte sulla finanza pubblica. Il valore di tale proposta di legge deriva dai dati relativi al settore. In Italia le persone con disabilità di sei anni e più, che nel 2004 vivevano in famiglia, sono 2 milioni 600 mila, pari al 4,8 per cento della popolazione. A queste se ne aggiungevano altre 190 mila, lo 0,4 per cento della popolazione, che vivevano in istituti. Due disabili su tre sono donne: ce ne sono 1 milione 700 mila, cioè il 6,1 per cento delle donne italiane. Tra gli uomini la percentuale è pari al 3,3 per cento, valore quasi dimezzato rispetto alle donne. I tassi di disabilità di uomini e donne sono molto simili fino a cinquantaquattro anni di età, mentre a partire dal cinquantacinquesimo la situazione femminile peggiora più sensibilmente al crescere dell'età.
Grande appare la disomogeneità a livello territoriale: la disabilità è più diffusa Pag. 41nell'Italia insulare, pari al 5,7 per cento, e nel sud, pari al 5,2 per cento, mentre al nord la percentuale di persone con disabilità supera di poco il 4 per cento. Le regioni presentano diversi livelli di disabilità: valori molto alti si registrano in Sicilia (6,1 per cento), Umbria, Molise e Basilicata. Il livello più elevato si registra per le donne nel Mezzogiorno, tra le quali la percentuale di disabilità arriva al 7,3 per cento nelle isole e al 6,6 per cento al sud, mentre giunge al 5,6 e al 5,4 per cento nelle zone del nord ovest e del nord est. Le persone che incontrano difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana - intendendo con ciò la completa assenza di autonomia nello svolgimento delle essenziali attività quotidiane o di cura della persona, quali mettersi a letto, sedersi, vestirsi, lavarsi, farsi il bagno o la doccia, mangiare anche tagliando il cibo da soli - sono circa 376 mila, lo 0,7 per cento della popolazione maggiore di sei anni che vive in famiglia.
Come si evince da quanto detto, stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone; i disabili gravi e gravissimi non sono autosufficienti e hanno bisogno dell'assistenza da parte dei familiari. Il provvedimento prevede l'esonero anticipato dal servizio per lavoratori del settore pubblico che abbiano familiari in condizioni di totale inattività. La previsione - da applicare in via sperimentale nel triennio 2010-2012 - contempla anche i lavoratori dipendenti e autonomi del settore privato che si dedichino alla cura e all'assistenza di familiari in condizioni di totale inabilità.

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Noi del Movimento per l'autonomia, avremmo preferito, in questa occasione, che si intervenisse anche sul problema della decurtazione delle giornate di ferie e della tredicesima mensilità per coloro che godono di congedi parentali biennali retribuiti e goduti in forma frazionata. Lo scopo è quello di superare la confusione creata dalle più varie interpretazioni di datori di lavoro ed enti previdenziali. Presenteremo un ordine del giorno e speriamo che il Governo lo accetti. (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, siamo in un momento di particolare difficoltà e nessuno lo nega. Sappiamo che abbiamo davanti manovre finanziarie pesanti; il Governo annuncia misure che saranno sicuramente dure da digerire e siamo tutti davanti ad una situazione di crisi che nessuno nega, anzi finora veramente la negava il Governo più che noi. Adesso finalmente ci si rende conto che siamo ancora nel pieno della crisi, che - mi auguro - andrà superata davvero con il contributo e con la buona volontà di tutti. Questa premessa è doverosa perché non vogliamo passare per coloro che dimostrano una sorta di irresponsabilità e di leggerezza o superficialità nell'affrontare i temi che sono in discussione in Aula e che man mano dovremo affrontare. Però questa premessa - da parte del Governo che sappiamo deve affrontare delle difficoltà, ma anche da parte del Parlamento che poi queste difficoltà dovrà in qualche modo condividere - non può costituire l'alibi per (potremmo dire) azzerare oppure ridurre a quasi inconsistenza un provvedimento che è atteso da anni dalle famiglie e dalle persone più deboli della società. Sono soggetti che meritano il nostro rispetto - credo che ce l'abbiano, non ho ragione di pensare il contrario - e la nostra attenzione. Ritengo che un provvedimento di questo genere non possa essere preso sotto gamba anche se probabilmente non si guadagnerà le prime pagine dei giornali poiché appartiene ad un genere di atti che non gode di buona stampa. Di solito, quando si parla di soggetti deboli, i dibattiti sui giornali non avvengono e mancano grandi discussioni Pag. 42per accendere i riflettori su temi di questo genere. Si tratta però di provvedimenti che danno la cifra del grado di civiltà di un paese, di un modo di ragionare e di intendere la solidarietà tra persone e istituzioni; quindi, siamo veramente in presenza di una seria occasione per dare un segnale a questo paese e, personalmente, non vorrei che questo aspetto venisse sottovalutato. C'è una onerosità finanziaria delle misure previste e questo lo sappiamo, ma ci sono anche tanti paletti che rendono questo provvedimento non del tutto convincente, soprattutto in riferimento a com'era stato pensato all'inizio.
Quindi i paletti sono frutto di una mediazione, sono frutto del tentativo di venirsi incontro da parte dei vari gruppi di questo Parlamento, e il risultato che arriva in Aula è il frutto di un grande lavoro che è stato realizzato da tutti i partiti. Non si può dire che ci sia stata una contrapposizione nella Commissione Lavoro, e che ci sia stato uno scontro al calor bianco per cui tutti erano contro tutti (questo non è successo). Il fatto che la XI Commissione abbia lavorato in sinergia per mesi e per anni (perché qui si parla di anni) per arrivare a questo testo significa che anche i gruppi della maggioranza erano favorevoli ad arrivare a questa mediazione. Pertanto stupisce, a mio avviso, che la V Commissione (Bilancio) arrivi a chiedere l'abrogazione dell'articolo 2 e dell'articolo 4, perché è vero che esprime doverosamente dei pareri ma non si può non tener conto del dato politico rappresentato dal fatto che in Commissione Lavoro i gruppi hanno collaborato in maniera molto seria e molto convincente. È un provvedimento che riscuote consensi ma non si può dire che sia esaustivo del problema, in quanto noi non possiamo neanche lontanamente immaginare che un provvedimento del genere risolva tutti i problemi dei disabili e dei soggetti deboli in Italia (perché non è così). È un primo passo fondamentale, essenziale - perché se non si fa il primo passo non si fa neanche il secondo e il terzo - e chissà quando il secondo o il terzo potranno essere fatti, perché sappiamo bene che poi queste situazioni richiedono tempi quasi biblici per arrivare ad un ulteriore miglioramento. Qui ci si rifà a leggi del 2000, del 1992, si tratta dunque di tempi veramente lunghi, e quindi chissà quando ci sarà il secondo passo, ma sappiamo che per rispondere davvero alle domande delle persone che hanno questi problemi ci vorrebbero altri passi: cominciamo a fare il primo. Questo è il primo passo - lo ripeto - ed il fatto che sia una misura, per esempio, non strutturale ma temporanea la dice lunga sul fatto della buona volontà della XI Commissione nel dire: cominciamo a vedere come va, cominciamo a provare e vediamo che cosa succede (mi sembra un segno di grande responsabilità). Come è stato detto correttamente dai colleghi che mi hanno preceduto, qui non si tratta di fare dell'elemosina, non si tratta di fare dell'assistenzialismo, non si tratta di una gentile elargizione da parte dello Stato che gentilmente si concede questo lusso di dare qualche soldo a queste persone; si tratta di fare un riconoscimento di equità e di giustizia. Noi dobbiamo invocare un Governo, un Parlamento, e delle istituzioni che siano equi, e noi siamo davanti a delle gravi ingiustizie. Non si capisce perché bisogna temere che questo provvedimento, così come è arrivato in Aula, debba subire ulteriori censure. Vi sono già delle misure che possono aiutare le persone che hanno delle disabilità, ma sono stati dei palliativi. Si tratta del riconoscimento del lavoro di cura da parte di queste persone che hanno in famiglia disabili al 100 per cento (e che li assistono per tutta la vita, senza intervalli, senza ricoveri), considerato che ci sono dei paletti colossali in questa legge - devo dire giusti perché in un periodo di crisi dobbiamo anche tenere le maglie strette -, dei paletti assolutamente doverosi, ma ci sono. Qui si tratta di riconoscere a questi familiari il fatto che svolgono un lavoro sociale, e quindi, dovendo lavorare, hanno diritto al riconoscimento del lavoro che hanno svolto: un lavoro fatto di amore, di attenzione, di affetto, ma anche un lavoro logorante, faticoso e terribile (e bisogna averli avuti questi Pag. 43disabili in famiglia per rendersi conto di che cosa significhi questa situazione).
Allora, porto un esempio che lei, probabilmente, signor sottosegretario conoscerà, ma lo ricordo a me stessa: la regione Veneto ha adottato un provvedimento mediante il quale ha ammesso il ricovero, negli istituti della regione, di circa 30 mila persone non autosufficienti. Queste 30 mila persone costano alla regione Veneto 176 milioni di euro all'anno. Un analogo numero di persone (mi sembra 27-28 mila) non autosufficienti, disabili - lei lo può chiedere all'assessore ai servizi sociali del Veneto e, quindi, può verificare quanto sto dicendo - è stato affidato alle famiglie e non è stato ricoverato. Queste famiglie, avendo un riconoscimento, anche finanziario, per il fatto di avere questi disabili non autosufficienti in casa, con un onere, quindi, a carico della regione Veneto, costano alla loro regione circa 80 milioni di euro, il che significa che le famiglie del Veneto fanno risparmiare alla regione di appartenenza 100 milioni di euro all'anno.
Vogliamo riconoscerlo questo lavoro di cura delle famiglie o no? Vogliamo dire che sono essenziali queste famiglie per un buon andamento del welfare o no? O dobbiamo immaginare che i non autosufficienti gravi debbano essere ricoverati con degli oneri che sono infinitamente maggiori di quelli che rappresentano per le famiglie? Vogliamo dire che queste famiglie hanno diritto al riconoscimento di un alleggerimento del tempo della pensione? Credo che siamo davvero davanti ad una scelta indispensabile e le dirò di più (sono ovviamente favorevole a questa legge e la approvo così come è con tutta la convinzione possibile): sarebbe necessario, per esempio, che le persone che hanno dei disabili al 100 per cento non avessero solo la prospettiva di una riduzione dell'età pensionistica, ma bisognerebbe dargli una flessibilità lavorativa che non hanno.
Bisognerebbe consentire a queste mamme di stare assenti dal posto di lavoro per tutto il tempo che lo desiderano e avere la possibilità di rientrare dopo gli anni che hanno ritenuto giusto trascorrere presso i loro cari, ma questo non è possibile in Italia. Bisognerebbe rendere flessibile il mercato del lavoro in modo da consentire a queste madri di scegliere, perché di solito la grossa difficoltà è quando queste madri si ritrovano ad affrontare, in assoluta solitudine, dei figli appena nati con delle disabilità tragiche.
Tutto questo non è previsto. Allora, almeno che ci sia il riconoscimento di un alleggerimento dell'età pensionabile. Aggiungo che molte mamme, con dei disabili al 100 per cento, sono costrette a lasciarlo il mondo del lavoro e non sono in condizione di rientrare e, quindi, non godranno neanche di questa misura perché essa riguarda solamente quei lavoratori che sono riusciti a lavorare, malgrado tutto, e che alla fine hanno un riconoscimento di alleggerimento dell'età pensionabile.
E quelli che abbandonano il lavoro perché non ce la fanno più? Non gli diamo nessun supporto. E quelle mamme che abbandonano il lavoro e poi magari questo figlio purtroppo muore (perché molto spesso le disabilità gravissime portano a un decesso prematuro) e loro si ritrovano a 40 o a 50 anni che potrebbero benissimo tornare a lavorare, perché almeno avrebbero una ragione di vita, e non lo possono fare? Le ingiustizie sono tante. Non è che con questa legge abbiamo risolto tutti i problemi della disabilità. Inoltre, si tratta di passare da quello che si chiama il welfare state a quella che è la welfare community, cioè non uno Stato che provvede e interviene, ma che sostiene le famiglie nel loro compito di cura.
Sarebbe un modo per richiamare all'ordine questo principio di sussidiarietà, che spesso è ignorato a tutti i livelli, anche nei provvedimenti legislativi: riconoscere alle famiglie il lavoro di cura e metterle in condizione di farlo. Questo provvedimento lo fa in piccolissima parte; quindi, è doveroso che approviamo questo provvedimento nel testo che è stato presentato.
Il fatto che sia prevista solo la disabilità al 100 per cento, che sia una misura non strutturale, che sia prevista la costanza di assistenza calcolata alla data di nascita o Pag. 44comunque quando subentra la disabilità, che possa essere goduta da un solo familiare, che debba essere comprovata in maniera seria da certificazioni e da controlli, per evitare abusi (guai se ci fossero sulla pelle della gente disabile, sarebbe veramente un crimine), mi sembra che tutto ciò dimostri che il Parlamento - proprio perché sono fissati tutti questi paletti, in quanto bisogna evitare eccessive spese ed abusi - la propria parte di buona volontà l'abbia fatta al fine di giungere ad un provvedimento condiviso e condivisibile.
Infine, voglio dire un'ultima cosa: è soprattutto un gesto di solidarietà verso le donne, che sono quelle che più di tutti pagano questo stato, che non è equo e giusto. Come è noto, il lavoro di cura viene svolto al 96 per cento dalle donne, che vengono chiamate «donne acrobate». Le nostre donne, infatti, devono fare i salti mortali prima con i figli piccoli, poi con i figli grandi, poi con i suoceri malati; soprattutto, quando vi è una disabilità di questo genere in famiglia, quello che queste donne riescono a compiere diventa veramente una sorta di miracolo quotidiano. Sono in tante ad aspettare questo provvedimento!
Con il collega Delfino abbiamo fatto tanti incontri con le associazioni di famiglie con disabili; abbiamo incontrato tante persone che si sono riunite in associazioni proprio per difendere i loro diritti, perché qui si tratta di diritti: sono tutte d'accordo nel dire che questo è un primo passo e non è assolutamente la soluzione del problema delle famiglie con disabili.
Signor Presidente, concludo dicendo che mi aspetto un gesto di grande responsabilità dal Governo, che deve intervenire, dalla Commissione bilancio e dal Parlamento intero: mi aspetto davvero che vi sia un gesto importante. Il Presidente del Consiglio si vanta sempre del fatto che questo è il Governo del fare; i ministri, con il Presidente del Consiglio in testa, dicono che vorrebbero sempre avere le mani libere per fare. Ma fare non è solamente fare le cose che il Governo sta facendo (non nego che faccia delle cose); fare significa anche avere un interesse per il sociale.
Ho tanto l'impressione - non vorrei essere polemica - che il sociale sia veramente l'anello debole, la pecorella abbandonata, di tutto questo Governo del fare. Questo sarebbe davvero un segnale importante, a dimostrazione del fatto che ci si occupa anche di soggetti deboli e di questioni socialmente rilevanti, perché i disabili sono socialmente rilevanti.
Non possiamo considerare una società che trascuri questi disabili. Vorrei veramente ringraziare il fatto che esistano, e lo dico senza ironia e con una grande partecipazione e solidarietà per le famiglie che hanno questo dramma in famiglia: guai se non ci fossero!
Queste persone, infatti, ci danno il senso di che cosa può essere la sofferenza, di che cosa può essere la solidarietà, di che cosa può essere l'amore, di che cosa può essere veramente il miracolo quotidiano di una famiglia che si stringe intorno a questa persona e gli dà tutto l'amore possibile, ed affronta sacrifici indicibili in nome di qualche cosa di più grande che il semplice vivere quotidiano e il semplice lasciarsi sopravvivere.
Mi aspetto dunque davvero dal Parlamento per la sua parte, dal Governo per la sua parte e da noi parlamentari un gesto importante, che dovremmo portare come nota positiva di questa politica che tanto spesso è sui giornali per questioni negative, che tanto spesso è oggetto di polemiche, che tanta distanza ha rispetto ai cittadini: quello in esame è infatti un provvedimento che avvicina la politica ai cittadini. Mi auguro davvero che tali tematiche, che sono così cruciali per milioni di persone, non siano prese sottogamba, e che non si debba ragionare solo in termini economici. Mi sembra riduttivo, davvero mi sembra riduttivo ragionare solo in termini economici.
L'ho detto in premessa, nessuno vuole negare la gravità della situazione, ma nessuno mi toglierà dalla testa che il Governo non possa trovare i fondi richiesti dal provvedimento in discussione! Si parla Pag. 45tanto di sprechi, si parla tanto di enti inutili, si parla tanto di soldi buttati al vento: credo che non sia impossibile trovare le risorse per un provvedimento del genere. Mi auguro quindi davvero che in questo momento possiamo scrivere una pagina positiva, nel clima davvero complesso in cui tutti noi siamo costretti a vivere (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante dal Governo, nella sua relazione il collega Delfino ha puntualmente illustrato i contenuti del testo unificato delle proposte di legge in esame. Si tratta (e l'onorevole Schirru lo ha ricordato con una cronistoria molto precisa) di un provvedimento che ha una vita lunga, una storia lunga, quanto meno come materia affrontata, come iniziative adottate, non solo in questa ma anche nelle precedenti legislature. Peraltro, credo che se ci accontentiamo dei passi in avanti, dobbiamo ricordare che provvedimenti che affrontavano tale materia in passato sono «morti» in Commissione; e credo vada riconosciuto all'ostinata tenacia, all'ammirevole tenacia dell'onorevole Delfino (se mai la legge sarà approvata dal Parlamento, diventerà legge dello Stato, credo che dovrà essere soprannominata «legge Delfino») se questo provvedimento, come non era mai avvenuto in precedenza, è potuto approdare in Aula, e si spera che esso possa essere approvato da una larga maggioranza.
Perché, pur essendo la Camera, pur essendo il Governo sensibili (questa è una domanda che dovremo porci; peraltro, l'onorevole Capitanio Santolini ha svolto un intervento che andrebbe stampato e letto nelle scuole) alle istanze degli interessati, il Parlamento, anche con maggioranze diverse dall'attuale, non è mai stato in grado di varare una legge dai contenuti simili a quelli che si esaminano oggi? Perché anche adesso, nonostante il largo consenso di cui gode il provvedimento in discussione, esso ha tuttora davanti a sé un percorso difficile? Credo che alcune risposte possano essere date a tale interrogativo.
Il provvedimento prevede alcuni benefici: limitati, sperimentali, che probabilmente sono ritenuti dai soggetti che li attendono, che li attendono da anni, insufficienti.
Si tratta però di benefici per una platea tutto sommato ristretta di persone che godono anche di altri benefici e servizi di carattere assistenziale. In secondo luogo, i nuovi benefici comportano oneri importanti in un settore come quello pensionistico molto esposto sul versante dei conti pubblici, soprattutto in una fase come l'attuale in cui la materia previdenziale sarà chiamata - credo - nelle prossime settimane a dare un contributo alla tenuta dei conti pubblici e al complesso della finanza pubblica.
Oggi si parla appunto di sacrifici che saranno chiesti agli italiani nel quadro della manovra che deve tenere il nostro Paese e la nostra moneta al riparo dalla speculazione internazionale: si parla di interventi che avranno luogo sul sistema pensionistico, anche se tali interventi dovranno avere sempre come riferimento l'equità, ossia un'equa valutazione dei sacrifici stessi.
In terzo luogo si tratta di benefici - come veniva ricordato per inciso al fine di escluderli, per escluderne cioè le ricadute negative, gli abusi - che intervengono in un settore dove, a fianco di situazioni drammatiche, al limite della disperazione, di intere famiglie assolutamente meritevoli di tutela, non sono assenti gli abusi, le forme di clientelismo, l'assistenzialismo usato come strumento di protezione sociale.
Siamo un Paese che fa molto poco se volete - e forse lo fa anche male - nei confronti della non autosufficienza; siamo però un Paese che per la non autosufficienza o comunque per l'invalidità civile, per l'indennità di accompagnamento, nel 2010 spende 16 miliardi, che equivalgono a due punti di PIL. Questo è un problema che è stato messo nel mirino più volte dai Pag. 46Governi per cercare di contrastare gli abusi, sapendo che di abusi in questo settore purtroppo ve ne sono, come in tutti i settori dove ha luogo una politica assistenziale basata per principio sulla prova dei mezzi e sull'accertamento di determinate condizioni fisiche e psicologiche per poterne usufruire.
La Commissione lavoro - credo di poterlo riconoscere - ha lavorato con responsabilità assumendo consapevolmente i vincoli che ho indicato e rendendone partecipi anche le associazioni di categoria, con le quali il rapporto è stato costante e franco.
Credo di poter dire e di poter riconoscere, soprattutto ai colleghi che sono stati protagonisti di questa impresa, di avere contribuito anche a una maturazione delle associazioni di categoria, a convincere cioè le associazioni di categoria del fatto che era importante compiere un primo passo e che era assolutamente decisivo incamminarsi lungo una strada che risolvesse i loro problemi, anziché soffermarsi su istanze indubbiamente meritevoli di tutela, ma non in grado di essere accolte interamente in una fase come questa.
Abbiamo lavorato a stretto contatto con i più importanti enti previdenziali, e credo che dobbiamo ringraziare quei funzionari che hanno dato un contributo importante anche a chiarirci le idee e a sostenere meglio le nostre posizioni. Ci hanno aiutato appunto a definire, attraverso le norme sui requisiti, la platea degli aventi diritto allo scopo di individuare oneri sostenibili e la necessaria copertura finanziaria, perché va detto che noi una copertura finanziaria l'abbiamo trovata.
Credo che questo sia importante da dire: non ci limitiamo semplicemente a rivendicare una copertura finanziaria dal Governo, come se il Governo fosse un bancomat a cui si accede per ottenere la copertura finanziaria; noi l'abbiamo trovata ed abbiamo indicato un percorso, dei cespiti cui accedere e su cui intervenire, che possono essere corretti e indubbiamente migliorati ma che comunque hanno una base sostanziale costruita su aliquote contributive a valere su una platea di persone assolutamente individuabili ed individuate, tra l'altro, insieme ai maggiori enti previdenziali.
Siamo consapevoli che le soluzioni per i familiari di persone gravemente disabili vanno trovate all'interno di un più generale equilibrio tra le esigenze finanziarie di questa fase e il complesso dei bisogni e delle esperienze su cui dover intervenire e rispetto alle quali occorre prevedere e provvedere in una fase come questa.
Che altro dire? Credo che abbiamo fatto una valutazione più generale degli interventi da adottare in questo settore, nel contesto di valutazioni di carattere più complessivo, che riguardano anche altri bisogni e altre esigenze, perché i diritti di ciascuno devono necessariamente raccordarsi con quelli degli altri, soprattutto quando le risorse sono ridotte.
Abbiamo dunque dato prova di responsabilità e pertanto crediamo che si possano e si debbano trovare degli spazi per dare delle prime risposte anche ai soggetti tutelati da questo provvedimento. Siamo dunque disponibili, ovviamente di intesa con il Governo, a valutare l'entità e la qualità di queste prime risposte (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor sottosegretario, è intenzione di Alleanza per l'Italia, sostenere il provvedimento oggi al nostro esame, anche a dispetto dei limiti e delle criticità, che, devo ammettere con grande franchezza, prima il relatore, onorevole Delfino, e poi nel suo excursus anche la collega Schirru non hanno sottaciuto in questa sede.
Mi ha colpito in modo particolare il riferimento a maggiori informazioni che riguardano l'INPS per l'effettiva inclusione nelle stime effettuate di taluni elementi. Mi sembra un passaggio, come dire, importante, così come il riferimento che il relatore ha fatto all'articolo 4, con cui ha voluto segnalare anche la disponibilità a verificare in questa sede, nelle prossime ore, miglioramenti del testo per determinare Pag. 47un eventuale prolungamento della vigenza degli interventi.
Questo provvedimento costituisce quindi una forma di sostegno e di aiuto alle famiglie che convivono con la disabilità e pertanto merita l'attenzione e la sensibilità di tutti. Al di là dello specifico contenuto della proposta - che, devo riconoscere, è stata ampiamente illustrata - crediamo importante ed urgente evidenziare la necessità che gli interventi a supporto delle famiglie che sostengono situazioni di disabilità - e anche su questo argomento la collega Santolini si è soffermata - abbiano un più largo respiro, ovvero siano frutto di un'analisi attenta della situazione reale, e siano altresì mirati a sortire effetti nel medio e lungo periodo, anziché tamponare le problematicità contingenti.
I dati sulla disabilità sono stati forniti: la recente pubblicazione dell'ISTAT «La disabilità in Italia: il quadro della statistica ufficiale» ha fornito alcune istantanee importantissime per il lavoro che andiamo svolgendo. Il quadro della statistica ufficiale, aprile 2010, informa che le persone con disabilità, dai sei anni di età in avanti e che vivono in famiglia, sono 2 milioni 600 mila, pari al 4,8 per cento della popolazione italiana. La disabilità, come si legge, colpisce prevalentemente le donne, con il 66,4 per cento del totale (pari a un milione 700 mila unità). Per quanto concerne le differenti tipologie di disabilità, si contano circa 700 mila persone che presentano difficoltà di movimento; 376 mila sono coloro che hanno difficoltà ad espletare la loro cura personale; 217 mila hanno difficoltà nella sfera della comunicazione; la percentuale di popolazione che lamenta tutte e tre queste tipologie corrisponde allo 0,5 per cento, ma sale al 6,9 per cento per le persone ultraottantenni.
Le condizioni di disabilità presentano dunque situazioni e matrici differenti, in riferimento al peso che esse hanno rappresentato. Per le famiglie possiamo distinguere fondamentalmente tre categorie: il disabile per nascita, destinato a combattere con la disabilità tutta la vita; il disabile temporaneo, per una sopravvenuta malattia curabile (come ad esempio le persone che vengono colpite da ictus, con abilità recuperabili tramite riabilitazione); il disabile cronico, diventato tale per sopravvenuto malanno non curabile.
All'interno delle tre categorie vi sono poi situazioni con gradi di difficoltà assai diversi per le famiglie. Ad esempio, nel terzo caso, la situazione dei familiari di un ragazzo che scopre di avere la sclerosi multipla che peggiora con il tempo, ma si trascina anche per molti anni, è diversa da quella di coloro che assistono un malato terminale di cancro, la cui agonia può durare alcuni mesi.
Situazioni differenti, quindi, richiedono interventi di sostegno molto diversi. Sappiamo bene che esistono meccanismi di tutela sociale e sanitaria per queste situazioni, ma sappiamo anche che spesso sono vanificati dalla mancanza di fondi, di personale e di strutture.
La tendenza dei servizi pubblici è di spostare le prestazioni sempre più verso forme di assistenza domiciliare, integrando l'assistenza dei familiari, e ci sono anche esempi di eccellenza nel nostro Paese. Ecco, allora, che il peso si sposta sulla rete familiare.
Ancora l'ISTAT rileva che in Italia il 93 per cento delle persone con disabilità vive in famiglia, dunque la famiglia è il soggetto per eccellenza deputato a prendersi cura del disabile. La famiglia si trova alle prese con una doppia angoscia: quella che nasce dal vivere la sofferenza e il disagio del familiare malato e quella di vedere alterato, talvolta con prospettive di anni o decenni, il proprio sistema di vita. Da questo punto di vista, qualunque intervento volto ad alleviare quell'angoscia è il benvenuto.
La mia osservazione personale è che, al di là di misure tampone, pure utili, il problema dell'assistenza alle varie forme di disabilità venga affrontato in un'ottica globale. Due fenomeni sociali lo imporrebbero: il primo è l'invecchiamento medio della popolazione, considerato che la nostra attesa di vita sfiora gli 80 anni per gli uomini e qualche anno in più per le Pag. 48donne, il che significa che più facilmente insorgono malattie fortemente debilitanti con l'avanzare dell'età.
Vi è poi la riduzione della consistenza del nucleo familiare. Le famiglie numerose, quindi in grado di distribuire il disagio dell'assistenza fra più membri, sono rarissime, mentre aumenta il numero delle famiglie mononucleo dove si vive da soli.
Realisticamente, quindi, la soluzione, anche a medio termine, di un problema così vasto ed inevitabile richiederebbe un approccio articolato. Il primo passo potrebbe essere un meccanismo di coordinamento in grado di integrare, senza lacune, salti temporali o accavallamenti, gli interventi previsti dalle politiche pubbliche sanitarie e sociali, mettendoli in connessione con quelli offerti dal volontariato e calibrandoli in base alle potenzialità assistenziali delle famiglie, alla natura e alla durata delle difficoltà in cui esse si trovano immerse. D'altronde, è forte da parte dei cittadini la richiesta di potenziare la rete operativa del sistema dei servizi accentuando il trasferimento di risorse sul territorio, in modo, tra l'altro, da integrare le reti spontanee e di volontariato che comunque rappresentano una ricchezza straordinaria per il nostro Paese.
Qui apro una brevissima parentesi. Le politiche pubbliche non possono incidere concretamente nella vita dei cittadini e produrre i loro effetti se si limitano ad interventi parcellizzati e mirati a sanare la singola criticità.
Occorre predisporre una rete di interventi sinergici per l'infanzia, per gli adolescenti, per i giovani, per gli adulti, per gli anziani, per la coppia che si sta formando, per quella che vive il problema di conciliare lavoro e figli, per quella che deve ridefinire il proprio ruolo dopo l'allontanarsi dei figli, per quella che affronta il crepuscolo della vita e per le famiglie che sopportano al proprio interno il peso aggiuntivo della marginalità e che hanno un aggravio in più.
Quando si parla di servizi alla persona e alle famiglie è necessario farlo nell'ambito di una visione di insieme di tutte le problematiche connesse. Solo un approccio complessivo alla questione può garantire la reale integrazione dei provvedimenti normativi e la loro efficacia attuativa.
Le politiche sociali per le famiglie riguardano certamente l'ambito sociale e sanitario, ma anche il lavoro, la formazione, la vivibilità delle città e molto altro ancora: questo perché oggi siamo molto più esposti che in passato al rischio di esclusione sociale. La sicurezza del presente, quando e se c'è, non equivale alla sicurezza del futuro. Le famiglie hanno bisogno di un accompagnamento, di un sostegno costante, proprio per evitare di arrivare a quel limite estremo in cui l'intervento esterno diventa indispensabile ed improrogabile.
Ritornando al nostro contesto specifico, c'è poi da fare i conti - temo - anche con un problema culturale e forse, ancora una volta, si dovrebbe pensare a qualche fondo da indirizzare alle campagne di sensibilizzazione e di promozione.
Si tende a rimuovere la malattia, la sofferenza dai propri occhi, allontanando il congiunto bisognoso di assistenza per affidarlo a strutture pubbliche o private anche quando sarebbe possibile assisterlo nell'ambiente familiare, cosa che lo conforterebbe migliorandogli la vita.
L'indebolimento del sentimento di solidarietà familiare, con l'aumento dell'egoismo e della indifferenza, è una variabile di cui tenere conto nell'immaginare un valido sistema di protezione socio-sanitario per il cittadino.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DONATO RENATO MOSELLA. Mi avvio a concludere, signor Presidente. Nel confermare il nostro consenso al provvedimento in discussione, vorremmo evidenziare che - pur comprendendo come ragioni di bilancio spingano a fissare un limite temporale agli interventi a favore dei lavoratori con familiari gravemente disabili - il periodo indicato appare eccessivo e penalizza, escludendole, molte famiglie che pure vivono una situazione Pag. 49difficile e che per tale ragione necessitano di aiuto.
Sarebbe opportuno uno sforzo finalizzato ad estendere al massimo la portata del provvedimento che, lo ribadisco, dovrebbe essere solo il primo di una serie articolata di misure rivolte al sostegno concreto delle famiglie, vero pilastro della società italiana (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il progressivo invecchiamento della popolazione, correlato al processo di disgregazione del contesto familiare tradizionale, hanno accentuato negli ultimi anni le problematiche legate alla disabilità e alla non autosufficienza, destando nel nostro Paese gravi preoccupazioni sia in merito al profilo sociale sia in merito al profilo economico connesso.
In questa legislatura il Parlamento ha ratificato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, firmata il 30 marzo 2007 a New York, ponendo le premesse per un sensibile miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela dei disabili. Per le tante persone e famiglie che vivono in condizioni di particolare vulnerabilità la Convenzione rappresenta una tappa fondamentale nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei propri diritti.
I principi a cui si ispira la Convenzione sono: il rispetto per la dignità intrinseca; l'autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte; l'indipendenza delle persone; la non discriminazione; la piena ed effettiva partecipazione e inclusione all'interno della società; il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa; la parità di opportunità; l'accessibilità; la parità tra uomini e donne; il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità.
Se la persona disabile è destinataria per legge di una serie di tutele correlate alla sua condizione clinica, psichica e alle sue potenzialità residue, le istituzioni hanno l'inderogabile compito di porre il relativo nucleo familiare nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione.
In questo delicato settore è di importanza fondamentale la valorizzazione della famiglia che va aiutata con interventi mirati in modo da favorire il processo di autonomia e di integrazione sociale del familiare diversamente abile.
La guida che deve ispirare tutte le politiche a sostegno della disabilità e della famiglia deve ispirarsi ai principi costituzionali previsti dagli articoli 3, 31 e 38 della Costituzione. Tali articoli sanciscono rispettivamente che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, agevolare con misure economiche l'adempimento dei compiti della famiglia e garantire ad ogni cittadino inabile al lavoro il diritto all'assistenza sociale.
Le famiglie con almeno un disabile sono 2 milioni 396 mila, l'11,2 per cento del totale. In 246 mila famiglie vive più di un disabile; le famiglie con almeno un disabile grave sono un milione 403 mila, il 6,6 per cento delle famiglie italiane.
Il 74 per cento degli aiuti ricevuti da tutte le persone diversamente abili è fornito da un parente più o meno prossimo. Da questo quadro statistico emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa cospicua fascia di popolazione.
Non possiamo parlare di persone disabili senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone disabili: dobbiamo sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti, per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il proprio difficile compito.
È prioritario attivare strategie a più livelli che permettano il mantenimento delle persone disabili all'interno del proprio Pag. 50nucleo familiare: disattendere il principio della valorizzazione del supporto del nucleo familiare a cui il cittadino disabile appartiene significa ostacolare il processo di integrazione sociale. È, pertanto, un dovere fondamentale del legislatore, in quest'ottica, strutturare interventi che allentino le tensioni a cui è sottoposta la famiglia in presenza di componenti bisognosi di assistenza e di cure per compiere gli atti quotidiani della vita.
Come è noto, l'evoluzione del modello familiare in senso mononucleare, nonché il crescente e in moltissimi casi necessario inserimento delle donne nel mercato del lavoro, anche ai fini della sussistenza della famiglia, hanno determinato come immediata conseguenza una inevitabile riduzione del tempo che i componenti del nucleo familiare possono dedicare alla cura e all'assistenza dei soggetti deboli.
Se è vero che la larghissima maggioranza delle persone disabili oggi vive in famiglia, ciò deve rappresentare una reale opportunità di vita liberamente vissuta e non già un aggravio di responsabilità e oneri per chi ne fa parte.
Le politiche per le persone disabili non possono, dunque, essere separate e disgiunte da quelle sulla famiglia in generale, e, pur con le necessarie specificità, devono integrarsi pienamente con queste. La famiglia, nucleo fondamentale della società, rappresenta nel nostro Paese la prima istituzione assistenziale.
L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico, volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società.
Per tutti questi motivi, il gruppo della Lega Nord ritiene di fondamentale importanza l'approvazione in tempi rapidi del presente provvedimento. Riteniamo, infatti, strategico aiutare il nucleo familiare anche attraverso l'attribuzione di benefici pensionistici ai lavoratori che prestano assistenza e cure ai familiari disabili gravi.
Il nucleo familiare, ad oggi, per noi rappresenta il primo ammortizzatore sociale e la vera risorsa, da un lato, per limitare i costi dell'assistenza attraverso strutture di ricovero e di ospedalizzazione, e, dall'altro, per garantire una maggiore tutela della persona disabile (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando e la materia che ne costituisce l'oggetto hanno avuto, sino ad ora, un lungo iter in Commissione. Data la presenza di più proposte di legge sullo stesso oggetto e sulla stessa materia, sono stati approntati più testi unificati: il primo risale al 2008, il secondo al 2009, e adesso siamo al vaglio di quest'ultima versione che speriamo raggiunga il termine sperato.
I precedenti testi unificati sono stati accantonati essenzialmente per problemi di copertura. Il testo unificato del 2009, in particolare, riconosceva il pensionamento anticipato di cinque anni per chi avesse assistito un familiare con invalidità pari al 100 per cento da almeno 18 anni, ed aveva un costo stimato di un miliardo e 300 milioni di euro a regime.
Questo è un provvedimento che noi dell'Italia dei Valori seguiamo da tempo con grande interesse e consideriamo di grande importanza.
Ma veniamo al testo al nostro esame (anche per dare un'informativa a chi ci segue da casa): esso riguarda le persone che assistono persone invalide al 100 per cento. I dipendenti pubblici possono chiedere di essere esonerati dal servizio nel quinquennio precedente la data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di quarant'anni (a dire la verità, tale possibilità era già prevista nell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, a cui il testo unificato che stiamo esaminando rinvia): ciò con riferimento al triennio 2009-2011. Durante tale periodo di esonero dal servizio, al dipendente pubblico spetta un trattamento temporaneo pari al 50 per cento di quello complessivamente goduto per competenze fisse e accessorie al momento del collocamento nella nuova posizione. Pag. 51
Ove, durante tale periodo, il dipendente svolga, in modo continuativo ed esclusivo, attività di volontariato, opportunamente documentata e certificata, presso organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni di promozione sociale e organizzazioni non governative che operano nel campo della cooperazione (e via dicendo), il trattamento economico temporaneo è elevato dal 50 al 70 per cento.
All'atto del collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, il dipendente ha diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio, invece che dedicarsi all'attività di assistenza contemplata in questo provvedimento. Nella relazione tecnica, riferita a tale articolo, era stato scritto che sarebbero derivati risparmi, per le pubbliche amministrazioni, non quantificabili, e quindi, come tali, non ascritti nei saldi di finanza pubblica.
Nel settore privato la questione è differente: vi è la possibilità di chiedere il prepensionamento anticipato se si sono versati almeno 20 anni di contributi e si sono compiuti 55 o 60 anni, a seconda se sia donna o uomo. Tale copertura è assicurata dalla costituzione di un fondo presso l'INPS alimentato dall'aumento dell'uno per cento (dal 17 al 18 per cento) dell'aliquota contributiva di titolari di pensione e collaboratori e professionisti iscritti alla gestione separata dell'INPS.
Veniamo alle criticità del provvedimento che voglio evidenziare: sia nel settore pubblico che nel settore privato. Se questo provvedimento passasse così com'è, per esempio, per il settore pubblico si tratterebbe di un esonero dal lavoro durante il quale si percepirebbe il 70 per cento dello stipendio (così come oggi è previsto per chi svolge attività di volontariato), mentre nel privato si prevederebbe un prepensionamento (non si tratterebbe, quindi, di un esonero dal lavoro). Nel settore pubblico può farne richiesta chi abbia versato almeno 35 anni di contributi, mentre nel privato chi ne abbia versato venti e abbia 55 o 60 anni di età (come dicevo prima a seconda che sia donna o uomo). Tale provvedimento non si applica, inoltre, al comparto della scuola, al sistema sanitario nazionale e alle autonomie locali (volevo poi aggiungere qualcosa riallacciandomi a quanto aveva detto il collega Delfino) mentre nel settore privato si applica a tutti i dipendenti privati, di qualunque comparto e settore.
Per il settore pubblico, la norma sarebbe temporanea e valida solo per gli anni 2009-2011 mentre per il settore privato sarebbe applicata per il triennio 2010-2012. Nel settore pubblico è facoltà dell'amministrazione concederla, in base alle proprie esigenze funzionali (anche qui vorrei poi aggiungere qualcosa), mentre nel privato è un diritto soggettivo.
Nel settore pubblico non rileva da quanti anni si assiste il familiare (non è preso in considerazione), mentre nel privato, per poterne usufruire, bisogna assistere il familiare da almeno 18 anni. Per quanto riguarda il pubblico si applica a chi presta assistenza ad un familiare disabile (non è escluso che possa estensivamente riferirsi anche ai conviventi), mentre esclude che possano goderne persone conviventi, famiglie di fatto che abbiano comunque tutti i presupposti richiesti: riguarda solo i membri della famiglia legittima e i rapporti genitori-figli.
Come vedete, le incongruenze, le criticità e i punti di attrito fra pubblico e privato, e quindi il rispetto anche della Costituzione, sono tanti. Vorrei continuare facendo, sin da ora, una premessa di quanto dichiarerò alla fine: è chiaro che, come dicevano i colleghi Cazzola e Delfino, questo non è un testo esaustivo e risolutivo; è solo un passo che si sta tentando di fare perché la materia è delicata, complessa e di grande interesse.
Per questo motivo noi del gruppo dell'Italia dei Valori, pur non essendo completamente soddisfatti di come sia scritto questo provvedimento, e di come si stia procedendo, siamo favorevoli e altresì consapevoli delle difficoltà. Noi seguiamo tale provvedimento perché è di tale vitale importanza che non possiamo esimerci dal seguirlo e dal destare in noi stessi, e in chi ci ascolta, l'interesse che la materia richiede. Pag. 52
Volevo, inoltre, fare solo un accenno alla determinazione della platea dei beneficiari (in modo da dare qualche indicazione di massima a coloro che ci seguono da casa che così possono rendersi conto di cosa stiamo discutendo e a chi è riferito il provvedimento in esame); nel testo si fa riferimento alla collettività degli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento concessa sulla base dei requisiti sanitari assimilabili, in via di massima, alla disabilità grave richiesta dalla norma in esame. Tuttavia, da tale collettività sono esclusi i soggetti ricoverati in istituti specializzati (tale soggetti sono già assistiti, e non hanno bisogno dell'assistenza familiare) e i soggetti ai quali risulti accreditata contribuzione per attività lavorativa.
Nell'ambito di tale collettività i casi di interesse sono rappresentati dai soggetti con una durata di percezione delle indennità pari almeno a 18 anni.
Per determinare i soggetti ai quali può essere associato un familiare lavoratore potenzialmente beneficiario del provvedimento sono stati presi in esame i seguenti elementi: la totalità dei soggetti in età minore a 65 anni, per i quali è ipotizzabile in via generalizzata la convivenza con un familiare lavoratore, e una quota molto contenuta, nell'ordine del 5 per cento, di quelli di età superiore ai 65 anni, per i quali si presume generalmente che l'assistenza sia prestata dal coniuge.
Con tali criteri è stato complessivamente determinato un insieme di circa 134 mila invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento, di cui 115 mila che si trovano nelle condizioni indicate al 1o gennaio 2010, ossia indennità di accompagnamento di almeno 18 anni. Quindi, vi sarebbero 15 mila persone con più di 18 anni che già avrebbero diritto al familiare che lo assiste e 19 mila che verranno a trovarsi nelle stesse condizioni nel corso del triennio 2010-2012.
L'insieme più ristretto, costituito da coloro ai quali l'assistenza è prestata da un familiare iscritto in una delle gestioni amministrate dall'INPS, è valutabile tenendo conto dell'incidenza degli iscritti all'istituto sul totale degli occupati, pari a 110 mila unità, di cui 96 mila con indennità di accompagnamento da almeno 18 anni e 15 mila che raggiungerebbero il diciottesimo anno nel corso del triennio 2010-2012, ossia la durata della vigenza del provvedimento che ci accingiamo - si spera - ad approvare.
Voglio ora fare un ultimo accenno a ciò che dicevo prima, riferendomi a quanto aveva già avuto modo di dichiarare sia in Commissione sia in Aula - se non ho capito male, ma sicuramente in Commissione - il collega Delfino. Mi voglio associare, come gruppo dell'Italia dei Valori, alla sua richiesta, perché l'onorevole Delfino ha preannunziato che sarà opportuno valutare ulteriori ipotesi di modifica del testo e che si augura, se possibile, di riesaminarlo anche in sede di Comitato dei nove. Mi riferisco, inoltre, al punto che era stato sollevato, ossia che la normativa venga estesa anche al personale della scuola e degli enti locali, escludendo inoltre la possibilità per le pubbliche amministrazioni, così come stabilito ora, di rifiutare la domanda di esonero dal servizio per i destinatari del presente provvedimento.
Ci associamo chiaramente a quanto indicato e sollecitato dall'onorevole Delfino, perché riteniamo che sia una cosa di buonsenso e che non si possano escludere a priori alcune categorie senza nessun fondato motivo. Inoltre, non si comprende perché alcune categorie dovrebbero usufruire di questa sorta di beneficio e altre no. Se un familiare ha un disabile in casa e ha la sfortuna di essere un dipendente degli enti locali non dovrebbe poter godere di questo beneficio nel caso in cui, come spero e come dicevo, ci accingessimo ad approvarlo.
Abbiamo due relazioni tecniche, che non sto a leggervi per non annoiarvi, anche perché sono già a conoscenza della Commissione e ne abbiamo dibattuto. La prima riguarda il settore pubblico (relazione tecnica elaborata dall'INPDAP e presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze); la seconda riguarda il settore privato (relazione tecnica predisposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali) Pag. 53sulla base di schede elaborate dell'INPS. Sia la prima sia la seconda sono state negativamente verificate dal Ministero dell'economia e delle finanze con riferimento agli oneri, che sono quantificati in 85 milioni nel 2010, 106 milioni nel 2011 e 148 milioni nel 2012.
Sappiamo benissimo, come diceva Cazzola, che non si possono fare i miracoli. Sappiamo benissimo che lo Stato non è un bancomat. Di questo ne siamo perfettamente a conoscenza e sappiamo che vi è una crisi in atto. A nome del mio gruppo, il gruppo dell'Italia dei Valori, affermo che sicuramente lo Stato non è un bancomat. Tuttavia, così come riusciamo ad intervenire per fatti gravi, per vicende contingenti, per calamità e per crisi - l'ultimo caso è quello della Grecia, pur con tutto quello che sappiamo e che ha comportato - così come riusciamo a trovare la copertura e il modo di risolvere tante altre questioni e tanti altri provvedimenti, come già dicevo all'inizio, così riteniamo che questo sia un provvedimento di civiltà e di giustizia, che riguarda questioni umane e famiglie in grandi difficoltà e che va incontro a tanti. Va incontro alle donne, come diceva la collega dell'Unione di Centro, ma non solo. Esso è diretto a tutte le persone che sono costrette quotidianamente a fare una vita sacrificata per sé e per gli altri, che devono attendere alla famiglia, che devono andare a lavorare e, nello stesso tempo, devono prestare assistenza ai familiari che sono in casa.
È un provvedimento di grande umanità che richiede tutta l'attenzione necessaria. Per questo motivo, sollecito il Governo a fare una riflessione attenta su questo provvedimento e, come dicevo prima, seppur non siamo completamente soddisfatti (vorremmo, infatti, che il provvedimento fosse modificato in senso migliorativo e che fosse più integrato), come Italia dei Valori siamo sicuramente favorevoli a che si faccia il primo passo e si vada incontro alle esigenze di tutte queste famiglie (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi in Aula approda un provvedimento che risponde, anche se non in toto, come è già stato sottolineato sia dal relatore che dai colleghi che mi hanno preceduto, alle aspettative di tante famiglie e persone in difficoltà che da tempo sollecitano il nostro senso di responsabilità verso una legge di civiltà e solidarietà.
Da oltre 15 anni l'associazione dei familiari con disabili si batte per il riconoscimento del diritto al prepensionamento dei genitori che assistono figli con grave disabilità. Si tratta di un importante passo, come è già stato sottolineato, la cui discussione risale a molti anni addietro e che col tempo si è caricata di tante aspettative.
L'onorevole Schirru e poi il relatore hanno già percorso questo lungo periodo. Infatti, a partire dal 2001 sino ad oggi numerose sono state le proposte di legge presentate provenienti da tutti i gruppi politici e, anche se con accentuazioni diverse, tutte mettevano al centro l'esigenza di aiutare quelle famiglie in cui vi sia una persona disabile, non in grado di compiere gli atti quotidiani. Nella scorsa legislatura già eravamo arrivati ad un testo unificato in Commissione dopo avere svolto un lavoro molto approfondito, ma tutto poi si fermò per la fine prematura della legislatura.
Come Partito Democratico lo abbiamo ripreso immediatamente, come l'onorevole Schirru ben sottolineava all'inizio, e devo darle atto proprio della sua tenacia. Ringrazio inoltre il relatore per essere stato veramente determinato nel cercare una sintesi unitaria nonostante l'iter del provvedimento sia stato lungo e irto di difficoltà, e lo è ancora, proprio per le modifiche testè annunziate e per la posizione - avente rilievi sempre economici - tenuta dalla Commissione bilancio.
Si tratta, come dicevo, di rilievi critici sacrosanti mossi dalle associazioni che sottolineano la parzialità del provvedimento - lo diciamo anche noi, lo abbiamo detto in Commissione - e la non piena corrispondenza ai bisogni di tante situazioni Pag. 54di sofferenza. È importante però, a nostro avviso, che il provvedimento si discuta e al più presto si concluda l'iter, seppur parziale, come è già stato sottolineato. È una risposta ed un riconoscimento ad almeno due milioni di famiglie con un componente con disabilità grave. Per il triennio 2010-2012 si introduce dunque questa possibilità per i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti del settore privato che assistono familiari gravemente disabili; mentre per il pubblico è già stata annunciata una modifica da parte del relatore che abbiamo condiviso. Si prevede che, all'interno del nucleo familiare, in cui sia presente un invalido al 100 per cento, gli uomini possano andare in pensione a sessant'anni e le donne a cinquantacinque.
Le stime riguardo alla copertura finanziaria, secondo una media fatta, sono di 100 milioni di euro all'anno fino al 2012. A parte il profondo significato di civiltà giuridica che il provvedimento in esame porta con sé, riconoscendo il lavoro di cura come un lavoro molto usurante e il conseguente prepensionamento per il lavoratore e le lavoratrici che assistono i figli e i familiari disabili in condizioni di massima gravità, ciò rappresenta - lo sottolineo - anche indiscutibili vantaggi economici per lo Stato, e inoltre il soggetto disabile può avere una maggiore e migliore opportunità. L'assistenza alle persone disabili - lo sottolineo anche al rappresentante del Governo presente - da parte delle famiglie ha un valore stimato di 54 miliardi di euro all'anno che è nulla rispetto alla copertura che si prevede pur in un momento di crisi. Credo che questo sia un elemento di giustizia ed equità che va sottolineato da parte di questo Parlamento.
Inoltre, si determina un consistente risparmio derivante dalla riduzione dei costi dovuti, come diceva bene l'onorevole Schirru, per le sostituzioni, per la legge n. 104 del 1992, per i periodi di permessi che verrebbero meno. Grazie all'onorevole Ministro Turco, tali permessi erano stati inseriti con la legge n. 53 del 2000, che ha visto e che si era impegnata proprio per l'approvazione di quella norma, cogliendo il disagio diffuso in chi ogni giorno tenta di conciliare i tempi del lavoro e dell'impegno familiare.
Voglio richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che quanto contenuto nel testo rappresenta l'aiuto fondamentale che può rappresentare per la donna lavoratrice innanzitutto e contemporaneamente madre di un disabile. Cito proprio una mamma Giovanna Rap residente in provincia di Lecco, che così ha scritto al Parlamento: «Noi non chiediamo a nessuno di sostituirci come genitori e non lo permetteremmo. Quello che desideriamo è che ci vengano riconosciute le difficoltà che ogni giorno e ogni notte segnano la nostra vita, riducendo le nostre forze. I nostri figli restano eternamente piccoli, ma noi, andando avanti con gli anni, non riusciamo più a stare al loro passo. L'importanza di questa legge sta proprio nel fatto di sgravarci di qualcosa permettendoci di anticipare il pensionamento, così da poter dedicare tutte le nostre energie ai nostri figli perché ne hanno diritto. Avere un figlio diversamente abile ci costringe a condurre un genere di vita diverso che con grande difficoltà si riesce a conciliare con la famiglia e le attività lavorative. Un figlio disabile in condizione di totale inabilità lavorativa con una percentuale di invalidità del 100 per cento, che assume carattere di gravità e non necessita di assistenza continua (così come definito nel nostro testo di legge) richiede moltissime attenzioni che noi genitori diamo spontaneamente e con tanto amore, ma purtroppo non sempre il volere fare è accompagnato dalla nostra capacità fisica di poter fare (...)» e così via.
Cito sempre un'altra donna Lina Bos con la sua Cristina di 38 anni, oramai questa mamma non è più in attesa di pensione, bensì sta ancora attendendo un riconoscimento dovuto dallo Stato per sua figlia danneggiata da un vaccino: troppo lunghe attese. Ecco perché il provvedimento che ci apprestiamo ad adottare è importante: si inserisce a pieno titolo in un sistema di sicurezza sociale avanzato e non rappresenta l'ennesima monetizzazione Pag. 55del bisogno, quali sono le corresponsioni di voucher o di bonus, sempre nettamente insufficienti e che comunque rappresentano una trappola in più per le donne: erogati alla famiglia per acquistare le prestazioni socio-sanitarie.
Vorrei ancora fare un riferimento ad una lettera giunta proprio in questi giorni. Così recitava: Siamo sconfortati e molto preoccupati per come tali nuclei familiari vengono sostenuti a livello sanitario e assistenziale. In Italia abbiamo delle buone leggi: la n. 104 del 1992, la n. 328 del 2000, ma tante e troppe volte rimangono solo sulla carta (i dati che citava l'onorevole Schirru sono emblematici). Abbiamo una Costituzione italiana, una Costituzione europea, ora abbiamo anche una Convenzione ONU (ricordo però al Governo che è debitore, perché in quella occasione lo scorso anno si era assunto l'impegno che in tre mesi avrebbe creato l'osservatorio, ma così non è stato), altre varie leggi regionali, programmi comunali che affermano il diritto delle persone disabili di essere sostenute con appositi piani sanitari e assistenziali personalizzati anche per ventiquattr'ore quando si tratta di quadri clinici gravissimi. Le leggi, anche le migliori, possono rivelarsi una chimera se non si traducono in azione concreta ed efficace, come purtroppo è stato in molte occasioni. Lo si fa quando non c'è la volontà di ricercare le risorse economiche necessarie: attenzione a non cadere in questa trappola anche ora. Lo si fa quando non si innovano strumenti e progetti per la prevenzione e il recupero, rinunciando di fatto ad affrontare la complessità di alcune situazioni. Lo si fa quando velatamente, tramite parole, atteggiamenti e comportamenti, si lascia trapelare l'inopportunità di programmi onerosi per bambini la cui disabilità non concede lunghe aspettative di vita.
Questa lettera in particolare era rivolta a noi donne delle istituzioni, molto impegnate a batterci per le pari opportunità tra uomini e donne, e ci chiedeva di batterci anche per le pari opportunità tra donna e donna e di immedesimarci nelle mamme che da un giorno all'altro, dalla gioia più grande dell'attesa di un bimbo, sprofondano nella disperazione per la nascita della loro creatura con gravi malformazioni o malattie genetiche che sono in aumento, come prima veniva ricordato.
Oggi portiamo una risposta ad una parte di famiglie, un target ben preciso, mentre restano aperte e irrisolte situazioni altrettanto gravi. Ci rendiamo conto che non è questo provvedimento che risponde in modo strutturale alle giovani mamme con un figlio gravemente disabile che da pochi anni hanno intrapreso un lavoro. Però, è anche per empatia di genere che siamo state proprio noi parlamentari a lavorare in prevalenza su questo testo.
Ma una legge, per buona che sia, ha bisogno di armonizzarsi all'interno di un disegno organico. Per questo ritengo che, come degno corollario di questo provvedimento, debba seguire un impegno a non cogliere ogni occasione per mettere in discussione altrettanto buone leggi, come la legge n. 104 del 1992 o la legge n. 53 del 2000 che citavo prima; anzi, è nostro preciso dovere intervenire con convinzione per la loro piena attuazione in ogni luogo e in ogni ente: è quanto chiediamo ogni giorno in ogni provvedimento.
Le regioni devono dare di più, in primo luogo mettendo a disposizione delle strutture territoriali le risorse necessarie. Cosa che non avviene quando si approvano le leggi finanziarie che tagliano i trasferimenti ai comuni o impediscono loro di gestire in autonomia le risorse locali, tagliando così servizi socio-assistenziali essenziali che hanno come destinatari gli ultimi, gli stessi di questo provvedimento. Il Partito Democratico lo ha sempre affermato e lo sottolineo anche ora.
L'approvazione del pensionamento anticipato non può assolutamente sostituire l'impegno verso il sostegno e i servizi, non è assolutamente in alternativa.
Sottolineo e ricordo a tutti come l'articolo 3 della Costituzione prevede che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e Pag. 56l'uguaglianza dei cittadini e che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
È, dunque, necessario garantire il rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e autonomia dei portatori di handicap attraverso apposite norme di tutela anche economica che quotidianamente li sostengano. Questa legge fa un altro passo avanti rispetto a questo diritto ed il vantaggio economico che lo Stato trae da questo provvedimento è molto superiore ad un eventuale ricovero, ricordiamocelo anche in questo momento dove aleggia sempre al di sopra la crisi: questo deve essere il nostro punto fermo.
Con l'approvazione di questo provvedimento potremo dire finalmente che l'Italia è in sintonia con le normative comunitarie ancora disattese nel nostro Paese.
Per questo non c'è nulla di risarcitorio, è importante sottolinearlo, le categorie dei beneficiari sacrificano la propria attività lavorativa per prestare assistenza ai familiari disabili; nulla che sostituisca il potenziamento di una vera assistenza domiciliare che deve essere perseguita con forti investimenti.
L'obiettivo principale che deve animare noi legislatori è quello di migliorare la qualità della vita, sia delle persone con disabilità gravi e gravissime, sia quella dei loro familiari che vivono quotidianamente la fatica della cura spesso con scarsi supporti e che molto spesso avvertono attorno a loro la solitudine e un senso di impotenza.
Le famiglie possono ritrovarsi senza amicizie o possibilità di vita sociale, sia per la continuità diurna e notturna del lavoro, sia per la grande difficoltà quando non nell'impossibilità di portare con sé il familiare.
Purtroppo assistiamo anche a gesti estremi dovuti all'impossibilità di vedere una via d'uscita per una situazione che ormai viene percepita come non più sopportabile. Ecco perché questa risposta è dovuta a tutti coloro che si trovano in queste condizioni.
Concludo, signor Presidente, onorevoli colleghi, affermando che occorre coerenza e coraggio, soprattutto in un momento di crisi. Occorre un segnale: più fatti e meno proclami. Lo Stato è in debito verso questi soggetti e il valore della vita passa attraverso il riconoscimento pieno della dignità. Dobbiamo impegnarci tutti e l'approvazione in tempi brevi di questo testo è un passo in tal senso (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 82-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Delfino.

TERESIO DELFINO, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, credo che tutti abbiamo potuto apprezzare profondamente gli interventi in questa discussione sulle linee generali degli onorevoli Damiano, Schirru, Misiti, Capitanio Santolini, Cazzola, Mosella, Rondini, Porcino e Codurelli, che hanno dimostrato come, su un tema così delicato, ma così vero nella nostra società italiana, ci sia la possibilità di un confronto che mira ad affermare più civiltà nel nostro Paese e un profondo senso di responsabilità verso coloro che hanno più difficoltà nella loro promozione umana, come ricordava la collega Codurelli, così ben garantita dall'articolo 3 della Costituzione.
Vi è la profonda consapevolezza che su questo provvedimento, al di là delle innegabili difficoltà che abbiamo, signor sottosegretario, avendo noi indicato - lo ricordava il collega Cazzola - anche le coperture, vi è una disponibilità vera del Parlamento e del Governo ad approvare un testo certamente non esaustivo.
Posso però qui dire - sapendo qual è stato l'impegno, la fatica e la volontà di arrivare ad una sintesi possibile, non la migliore possibile, non la soluzione ottimale, ma quella che nelle condizioni oggettive Pag. 57oggi noi ci troviamo a vivere - che si poteva dare un segnale, un'apertura, una speranza vera.
Non si fanno solo dei dibattiti sterili, delle affermazioni auliche e grandi sulla dignità delle persone con diversa abilità, ma si compie invece lo sforzo di un Paese, di un Governo e di un Parlamento di dare delle risposte.
Credo che questo ci ripaghi come commissari della XI Commissione. Eravamo partiti - lo possiamo qui confessare pubblicamente - con provvedimenti di una portata e una dimensione molto più ampia, non per il gusto della spesa facile, ma per la consapevolezza, che deriva dalla nostra esperienza quotidiana, della difficoltà che tante famiglie hanno, che nella loro intimità familiare non rinunciano ad assistere le persone con così gravi situazioni di disabilità.
Ebbene, è per la consapevolezza che avevamo rispetto a questo che forse, in uno slancio, il Parlamento e il Governo avrebbero dovuto dare una risposta molto ampia.
Tuttavia, noi siamo realisti e sappiamo che dobbiamo misurarci con i tempi che viviamo. Abbiamo messo tutti, come riconosceva il collega Cazzola, tenacia e pazienza nella ricerca di una soluzione che cerca di garantire dei benefici alle situazioni maggiormente colpite da questa realtà.
Emerge comunque - a me è piaciuto molto - negli interventi di tutti i colleghi, dell'onorevole Schirru e degli altri, la volontà di aprire un percorso e di dare una prima risposta. Successivamente, anche con gli ordini del giorno e con forme di iniziativa parlamentare, potremo cercare di dare una risposta più completa.
Quindi non intendo ripercorrere tutti gli interventi dei colleghi, che pure lo meriterebbero, per le sollecitazioni positive che hanno dato ma, non posso non registrare, caro Presidente Buttiglione, la disponibilità emersa da tutti gli interventi, di tutte le forze politiche, che i colleghi intervenuti rappresentavano, a sostenere questo provvedimento.
Allora veramente mi auguro che, dopo la relazione che abbiamo già avuto con la Commissione bilancio, nel confronto che noi avremo nel Comitato dei nove, a partire già da domani, valuteremo - esprimo anch'io, peraltro, grande apprezzamento per il lavoro che hanno fatto gli enti previdenziali, il Governo, il Ministero del lavoro, nel venirci incontro in questo nostro lungo percorso parlamentare - tutte quelle richieste che qui sono state sollecitate, pur sapendo e - dovendolo qui dire quale relatore - che lo sforzo che ci ha portato alla sintesi, oggi rappresentata dal provvedimento, forse non consente altri larghi margini di manovra.
Tuttavia, vorremmo non sottrarci all'impegno di un'analisi più esaustiva di tutti i contributi che sono pervenuti perché un provvedimento di questa natura - lo diceva molto bene la collega Capitanio Santolini - fa riferimento ad una realtà che tante volte non ha, proprio per la dignità che porta dentro, la voglia di chiedere. Noi dobbiamo ringraziare, come hanno affermato tanti colleghi - dall'onorevole Schirru , che da più legislature si occupa di questo provvedimento, a tutti coloro che sono intervenuti - le associazioni di familiari, con cui tutti abbiamo interloquito, che ci hanno portato dentro questo pianeta, questo mondo e che hanno scavato anche dentro di noi, suscitando una profonda sensibilità e la volontà di arrivare ad una soluzione.
Per tale motivo, noi continueremo con questo stesso impegno, cercheremo - come dicevano gli onorevoli Porcino, Rondini, Mosella ed altri - di rendere il più omogeneo possibile il provvedimento tra pubblico e privato. Se noi abbiamo fatto una distinzione, lo abbiamo fatto per andare incontro alle esigenze di copertura, per cercare modalità che non impattassero troppo sulla finanza pubblica e ci consentissero di aprire concretamente e positivamente il nostro percorso.
Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti, dal collega Damiano agli altri otto che successivamente sono intervenuti, tutti colleghi che hanno rappresentato non soltanto la loro adesione personale, e mi Pag. 58auguro veramente, signor rappresentante del Governo, che le residue difficoltà vengano superate. Il presidente Moffa dice sempre che dobbiamo aspettare la fine dell'iter per gioire ma io ho già una gioia interiore dal dibattito di oggi, caro presidente Moffa, perché oggi abbiamo visto che c'è un grado di sensibilità, un livello di civiltà, c'è una sensibilità forte anche in questo Parlamento che tante volte viene caricato di valutazioni critiche negative dai mass-media e dall'opinione pubblica.
Concludo con un appello al rappresentante del Governo perché si faccia in modo che quanto è emerso oggi nella discussione sulle linee generali possa - e di ciò sono sicuro - nel corso di questa settimana tradursi in un provvedimento approvato all'unanimità o a larghissima maggioranza. Tutti abbiamo detto che questo provvedimento, pur non essendo la risposta che ognuno coltivava nel suo cuore, rappresenta comunque una risposta che mette insieme, Presidente Buttiglione, razionalità, cervello e cuore.
Noi abbiamo cuore e cervello per far guardare con speranza al futuro anche i lavoratori che hanno nelle loro famiglie dei congiunti con queste gravissime disabilità. Grazie di cuore (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo esprime il suo apprezzamento per il prezioso lavoro che ha svolto questa Commissione (apprezzamento per il lavoro del relatore e del presidente), ma soprattutto per aver raggiunto un obiettivo preziosissimo: che, a fronte di tante proposte di legge, si sia arrivati ad un testo unico. Penso che questo sia un grande ed importante stimolo per raggiungere l'obiettivo che questo testo si prefigge.
Per questo motivo il Governo apprezza in modo particolare sicuramente anche gli interventi che sono stati svolti nel corso di questa discussione sulle linee generali, e si impegna a collaborare in relazione sia al parere della Commissione bilancio sia alle risposte che dovranno pervenire dall'INPS.
Il Governo è interessato a risolvere questo problema per due motivi. Il primo è che - come è stato sottolineato - si tratta di un problema che si trascina forse da troppo tempo; ma, soprattutto, perché tale questione riguarda persone, familiari che si trovano veramente in condizioni di necessità, che stanno male e che hanno bisogno (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

In morte dell'onorevole Roberto Di Rosa (ore 20).

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Roberto Di Rosa, già membro della Camera dei deputati nella XII e XIII legislatura. La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che domani, martedì 18 maggio, alle ore 12, avrà luogo un'informativa del Governo relativa al grave attentato in Afghanistan nel quale due militari italiani sono rimasti uccisi e altri due feriti.
È stato altresì stabilito che la prossima settimana (24-28 maggio) avrà luogo l'esame del disegno di legge n. 3443 - Conversione in legge del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero (da inviare al Senato - scadenza: 28 giugno 2010), con discussione Pag. 59sulle linee generali lunedì 24 e seguito dell'esame a partire da martedì 25 maggio, prima degli altri argomenti già previsti in calendario.
Non avrà, invece, luogo l'esame dei disegni di legge n. 3118 ed abbinate - Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati (collegato) e n. 2505 ed abbinata - Norme in materia di riconoscimento e sostegno alle comunità giovanili, a seguito delle richieste di differimento del relativo esame avanzate in tal senso dalle Commissioni competenti.
L'organizzazione dei lavori dell'Aula per la prossima settimana (24-28 maggio) sarà pertanto così rimodulata:

Lunedì 24 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):
Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
disegno di legge n. 3443 - Conversione in legge del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero (da inviare al Senato - scadenza: 28 giugno 2010);
disegno di legge n. 3290 ed abbinata - Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia (ove concluso dalla Commissione);
proposta di legge n. 2079 - Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia;
proposta di legge n. 2128 - Concessione di un contributo per la realizzazione di un programma per il rinnovo del materiale rotabile della società Ferrovie dello Stato Spa.

Martedì 25 (votazioni pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 26 e giovedì 27 maggio (votazioni antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 28 maggio):
Seguito dell'esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 3443 - Conversione in legge del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero (da inviare al Senato - scadenza: 28 giugno 2010);
disegno di legge n. 3290 ed abbinata - Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia (ove concluso dalla Commissione);
proposta di legge n. 2079 - Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia;
proposta di legge n. 2128 - Concessione di un contributo per la realizzazione di un programma per il rinnovo del materiale rotabile della società Ferrovie dello Stato Spa.

Restano ferme le sedute di sindacato ispettivo già previste.
Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Revoca dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che con lettera pervenuta in data 14 maggio 2010 il Presidente del gruppo parlamentare Popolo della Libertà ha comunicato la revoca dell'esercizio dei poteri attribuiti, in caso di assenza o impedimento del Presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera, all'onorevole Italo Bocchino.

Pag. 60

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 18 maggio 2010, alle 11:

1. - Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(ore 12)
2. - Informativa urgente del Governo sul grave attentato in Afghanistan nel quale due militari italiani sono rimasti uccisi ed altri due feriti.

(ore 15)
3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 14, 25 e 27 del disegno di legge n. 3209, disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 2 marzo 2010) (C. 3209-bis-A).
- Relatore: Orsini.

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
STUCCHI; BARBIERI ed altri; SCHIRRU ed altri; VOLONTÈ e DELFINO; OSVALDO NAPOLI e CARLUCCI; PRESTIGIACOMO; CIOCCHETTI; MARINELLO ed altri; GRIMOLDI ed altri; NACCARATO e MIOTTO; CAPARINI ed altri; CAZZOLA ed altri; COMMERCIO e LOMBARDO; PISICCHIO: Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili (C. 82-322-331-380-527-691-870-916-1279-1377-1448-1504-1995-2273-A).
- Relatore: Delfino.

La seduta termina alle 20,05.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO CESARE DAMIANO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 82-A ED ABBINATE

CESARE DAMIANO. La materia che iniziamo a discutere oggi in Aula nasce dall'esigenza di aiutare tutte quelle famiglie alle prese con l'assistenza e la cura quotidiana di un familiare gravemente disabile. Se è pur vero che la legge 5 febbraio 1992, n. 104, sancisce il pieno rispetto della dignità umana e promuove i diritti di libertà e di autonomia delle persone disabili nonché la loro integrazione in tutti gli ambiti sociali, le difficoltà che incontrano le famiglie nell'assistenza di queste persone sono molteplici e non sempre i servizi offerti dall'assistenza pubblica sono sufficienti ad aiutare la famiglia nella vita quotidiana.
La cura di una persona disabile grave comporta per le famiglie, sulle quali grava gran parte del lavoro, non soltanto la necessità di dedicare tempo e lavoro nella gestione quotidiana, ma, nella maggior parte dei casi, significa anche sostenere dei costi economici, per sopperire alle carenze, in termini di assistenza, che lo Stato al momento, nella maggior parte dei casi, non è in grado di soddisfare. D'altra parte anche gli enti locali, che hanno in carico gran parte dell'assistenza e della cura per le situazioni di disabilità, sono gravati dai deficit di bilancio e dall'impossibilità di assolvere ai compiti ai quali sono preposti.
Ci auguriamo, dunque, che nel corso della discussione vi sia, da parte di Governo e maggioranza, la dovuta attenzione e serietà, soprattutto per quanto riguarda il reperimento delle risorse finanziarie Pag. 61indispensabili per l'approvazione della presente legge. Non sarebbe infatti, giusto, che i costi della crisi economica in atto e le relative misure, che in maniera informale sono circolate in questi giorni sulla stampa, ricadessero sui lavoratori e, in particolare, sulle situazioni di maggiore difficoltà e debolezza.
La prima cosa, infatti, di cui si sente parlare quando l'Esecutivo parla di sacrifici, sono tagli e maggiori controlli alle pensioni e alla normativa riguardante i lavoratori disabili. Dunque, sono le fasce più deboli della popolazione quelle ad essere colpite prima, ree di aumentare la spesa pubblica. Non sugli evasori fiscali, dunque, si concentra la battaglia del Governo, ma al momento sui lavoratori disabili e i loro familiari. Ciò non altera la necessità di colpire sprechi, storture ed eventuali abusi della legge, ai quali siamo comunque disponibili, ma non daremo il nostro consenso ad uno smantellamento indiscriminato dei diritti dei lavoratori.
In questo senso vorremmo ricordare la discussione di cui quest'Aula fu testimone in occasione del primo esame del collegato lavoro - attualmente in discussione in terza lettura al Senato, dopo il rinvio del Presidente della Repubblica - relativamente all'articolo 26 recante modifica alla disciplina in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità. Il Governo, infatti, cercò di imporre una forte riduzione del diritto ad usufruire dei permessi retribuiti, previsti dalla legge n. 104 del 1992, istituiti per assolvere una delicata e cruciale funzione familiare. Tramite la presentazione di un emendamento presentato e ritirato per ben 3 volte, il Ministro Brunetta cercò di limitare fortemente l'applicazione della legge n. 104 del 1992, definita da lui stesso in Aula «famigerata». L'opposizione del nostro gruppo fu fortissima in quella occasione al punto da riuscire a limitare l'intervento del Governo, prevedendo per esempio che i genitori di figli disabili potessero, alternativamente, usufruire dei permessi ed attenuando la rigida disposizione secondo la quale solo i parenti entro il secondo grado potevano accedere ai benefici della legge in questione.
Non vorremo che, anche in questo caso il richiamo alla necessità di tagli alla spesa pubblica, invocati dall'Europa e alla grave situazione economica internazionale, siano un espediente per limitare fortemente il contenuto di questa legge, che abbiamo contribuito a portare in Aula e che ci sembra un importante tassello sulla strada dei diritti delle persone disabili, ma anche dei familiari che si prendono cura di essi sopperendo il più delle volte ad una forte carenza dell'assistenza pubblica. L'abolizione degli articoli 2 e 4, richiamata dalla Commissione bilancio, in questo senso limiterebbe fortemente lo spirito e gli obiettivi della legge.
Per questo motivo va trovata una soluzione nel Comitato dei nove che consenta una piena applicazione di questa proposta di legge, in tutti i suoi articoli, con la individuazione della relativa copertura finanziaria.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 13 maggio 2010, a pagina 37, seconda colonna, alla ottava riga il numero «2», si intende sostituito dal numero: «12».