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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 314 di giovedì 29 aprile 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,35.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale (ore 9,40)

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, parlo a norma del comma 3 dell'articolo 32 del Regolamento e intenderei utilizzare questo spazio, che mi riserva il Regolamento, per chiarire il mio pensiero in una fase della nostra discussione che non dovrebbe, mi auguro, ammettere repliche, se non consentire ad un deputato di esprimere meglio il suo pensiero, cosa che vorrei fare semplicemente in riferimento a quanto da me dichiarato in chiusura della seduta di ieri. Lo faccio chiarendo il mio pensiero e leggendo il Regolamento che è alla base dei nostri lavori. All'articolo 88 del Regolamento è stabilito che: «nel corso della discussione degli articoli ciascun deputato può presentare non più di un ordine del giorno». Ergo, la fase nella quale si possono presentare ordini del giorno è quella...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti...

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sto chiarendo il mio pensiero e lei mi deve lasciare la possibilità di farlo.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti...

ROBERTO GIACHETTI. Non vorrei essere interrotto...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti!

ROBERTO GIACHETTI. Vorrei chiarire il mio pensiero!

PRESIDENTE. Le ricordo...

ROBERTO GIACHETTI. Lei mi può interrompere...

PRESIDENTE. Io le tolgo la parola!

ROBERTO GIACHETTI. Lei non mi può togliere la parola! Sto chiarendo il mio pensiero rispetto a quello che ho detto ieri!

PRESIDENTE. Sul processo verbale non è concessa la parola, se non a chi intenda proporre rettifica...

ROBERTO GIACHETTI. Lei sta violando il Regolamento!

PRESIDENTE. Lei vuole proporre una modifica?

ROBERTO GIACHETTI. Lei sta usando quella postazione in modo improprio! Non può usare quella postazione come vuole! Mi deve dare la parola: voglio chiarire il mio pensiero, così come prevede il comma 3 dell'articolo 32 del Regolamento (Commenti dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

GABRIELE TOCCAFONDI. Bravo Giachetti!

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PIERGUIDO VANALLI. Bravo!

ROBERTO GIACHETTI. Lo posso chiarire o devo fare una richiesta particolare?

PRESIDENTE. Chiarisca, onorevole Giachetti.

ROBERTO GIACHETTI. Quello che ieri, come risulta a verbale, ho detto nell'intervento da me fatto era riferito all'articolo 88 del Regolamento che, al comma 1, stabilisce che nel corso della discussione degli articoli si può presentare un solo ordine del giorno. Ergo, se ne deduce che, in qualunque altro momento, gli ordini del giorno, dopo la chiusura di quella fase della discussione, non possono essere presentati.

PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angeli, Bachelet, Bonaiuti, Bongiorno, Brancher, Brugger, Brunetta, Caparini, Casero, Centemero, Colucci, Cosentino, Cossiga, Craxi, Crimi, De Biasi, Dozzo, Fava, Fitto, Franceschini, Frassinetti, Alberto Giorgetti, Leone, Libè, Lo Monte, Martini, Mazzocchi, Menia, Migliavacca, Milanato, Mura, Nucara, Pastore, Ravetto, Roccella, Paolo Russo, Stucchi, Tabacci, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cento, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica) (A.C. 1441-quater-E) (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica: Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1441-quater-E)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea è chiamata oggi a dare l'ultima parola su un provvedimento che ha avuto un iter difficile e travagliato ed il cui esame, giunto alla terza lettura, è cominciato addirittura nel luglio del 2008.
Credo che il testo oggi alla nostra attenzione sia certamente il frutto di uno sforzo migliorativo rispetto a quello licenziato il 3 marzo dal Senato. Le obiezioni sollevate dal Capo dello Stato, ampiamente argomentate Pag. 3e sviluppate nel suo messaggio ex articolo 74 della Costituzione, hanno indotto il Governo e la maggioranza a proporre modifiche e integrazioni per superare le perplessità, anche di carattere costituzionale, che erano state sollevate.
Se però, da un lato, abbiamo accolto con favore l'esclusione delle controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro dalla clausola compromissoria, dall'altro, ancorando il giudizio di equità al rispetto dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari, oltre che ai principi generali dell'ordinamento, si finisce per introdurre una disposizione ancora di non chiara lettura né di piana interpretazione, ancora destinata a complicare e non già a semplificare l'attività dell'arbitro e delle parti.
Sono necessarie, a questo punto, alcune considerazioni di fondo sul provvedimento. Dallo stesso Capo dello Stato e dagli organismi europei sono stati ripetutamente sottolineati gli effetti negativi di un modo di legiferare che non si preoccupi della conoscibilità e della comprensibilità delle disposizioni, della organicità del sistema normativo e, in fin dei conti, della certezza del diritto.
Ebbene, questo testo appare ancora oggi eccessivamente eterogeneo, frammentario, ingiustificatamente complicato e dispersivo, quindi non ispirato ai principi e ai metodi di una moderna ed efficace tecnica legislativa. Come si conciliano i concetti di conoscibilità e semplificazione con il fatto che nel testo in esame si contano almeno sette procedure di conciliazione di diversa natura e forma, facoltative e obbligatorie, regolate spesso in maniera alluvionale e stratificata, con abbondante uso e abuso di richiami, rimandi, riferimenti e rinvii?
In conclusione, signor Presidente, noi Liberal Democratici-MAIE non siamo certo contrari all'arbitrato, uno dei punti cardine di questo testo, ma riteniamo che sarebbe stato preferibile incentivare il ricorso ad esso come scelta utile e più facilmente praticabile, piuttosto che ricorrere ad un modello complicato e farraginoso, teso alla fine più a costringere le parti interessate, piuttosto che a convincerle a fare ricorso ad esso.
Per questi motivi, noi Liberal Democratici-MAIE, pur apprezzando i significativi correttivi proposti a seguito dell'intervento del Capo dello Stato, riteniamo che permangano delle perplessità sul merito del provvedimento. Annunciamo pertanto la nostra astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere il «collegato lavoro» con riferimento agli articoli 20, 30, 31, 32 e 50. Signor Presidente, ha fatto ciò perché ha sancito il modo sbagliato di legiferare. Al di là del potere che gli deriva dall'articolo 74 della Costituzione, il Presidente della Repubblica ha fatto capire che il Governo e la maggioranza hanno fatto un provvedimento che non definirei dubbioso, ma che ha veramente caratteri di particolarità.
Secondo quanto previsto dal Regolamento della Camera, l'Assemblea ha deciso di limitare l'esame ai soli articoli oggetto del rinvio. Il testo in esame è un collegato alla manovra finanziaria e, pertanto, è sottoposto a specifiche regole di emendabilità. La Commissione lavoro ha apportato modifiche agli articoli di certo non significative. Soprattutto, per noi non sono andate nell'indirizzo che il Presidente della Repubblica aveva statuito.
Per noi ci sono punti maggiormente controversi, soprattutto quello che riguarda l'introduzione dell'arbitrato obbligatorio, ammantato da volontario, in materia di controversie individuali di lavoro. Con gli emendamenti approvati, si è stabilito che le clausole compromissorie non vengano apposte ai contratti al momento dell'assunzione, ma che le parti le sottoscrivano concluso il periodo di prova, ove previsto, ovvero trascorsi trenta giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro, in tutti gli altri casi. Pag. 4
Questo breve spostamento temporale non fa venire meno il dubbio che il prestatore si trovi in una situazione di debolezza, in particolare in tutte le ipotesi di contratti non a tempo indeterminato. Va sottolineato che viene messa nel nulla la previsione secondo la quale i contratti individuali di lavoro possono contenere clausole compromissorie solo ove la materia sia previamente regolata da accordi interconfederali o da contratti collettivi.
Per noi un altro punto critico è il ruolo che viene attribuito alle commissioni di certificazione previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003, i cui compiti sono accresciuti a dismisura dalla presente legge. Infatti, esse, oltre ai compiti di certificazione dei contratti, potranno risolvere le controversie nascenti dai contratti di lavoro. Le nuove funzioni attribuiscono loro un ruolo che in precedenza era in parte del magistrato e in parte di organismi come, per esempio, le commissioni provinciali del lavoro.
A questa moltiplicazione di compiti e funzioni da esse svolte, tuttavia, non è corrisposta una verifica sulla loro consistenza e capacità organizzativa e sulle attività che effettivamente sono state svolte fino ad oggi.
Va rilevato, infine, che da parte del Governo e della maggioranza permane la volontà di deregolamentare la materia del lavoro e delle controversie nascenti dai contratti, limitando la possibilità che il lavoratore si rivolga al giudice, nonostante si verta nell'ambito di diritti costituzionalmente garantiti o indisponibili.
Per noi il diritto del lavoro non va visto secondo una visione privatistica; invece, qui vi è tale visione, ma soprattutto vi è una limitazione del ruolo del giudice. È chiaro che il Presidente della Repubblica ha chiesto una nuova deliberazione in ordine al collegato lavoro perché ha individuato preliminarmente problematiche di carattere generale, tra cui la lunghezza del testo (gli articoli sono passati da 9 a 50 e i commi da 39 a 140), una marcata eterogeneità, la grande complessità di questo provvedimento e l'alto numero delle materie oggetto di disciplina.
Queste problematiche incidono negativamente sulla conoscibilità e sulla comprensibilità delle disposizioni, sull'organicità del sistema normativo e, in definitiva, sulla certezza del diritto.
È stato anche evidenziato da parte del Presidente della Repubblica che, nella fase istruttoria, le Commissioni parlamentari competenti, ciascuna nelle materie interessate, non sono state coinvolte a pieno titolo, essendosi l'esame in sede referente concentrato alla Camera nella Commissione lavoro e al Senato nelle Commissioni affari costituzionali e lavoro, mentre, ad esempio, la Commissione giustizia di entrambi i rami del Parlamento e anche la Commissione affari costituzionali della Camera sono intervenute esclusivamente in sede consultiva e non hanno potuto seguire l'esame in Assemblea nelle forme consentite dai Regolamenti.
Mi soffermerò sui punti essenziali e poi concludo, signor Presidente. In effetti, il Presidente della Repubblica ha evidenziato la problematicità che ha caratterizzato queste disposizioni, che disciplinano temi di indubbia delicatezza sul piano sociale, evidenziando articoli molto importanti, quali gli articoli 30, 31, 32, 50 e 20.
In particolare, sull'articolo 31, sono stati evidenziati i commi 5 e 9, che attengono alla tutela dei diritti dei lavoratori, che hanno modificato le disposizioni del codice di procedura civile in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali del lavoro.
Vi sono, poi, le disposizioni presenti negli articoli 30, 32 e 50, che riguardano i giudizi in corso e che rischiano di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi. Vi è l'articolo 20, che attiene al diritto alla salute, relativo alla responsabilità per infezioni da amianto subìte dal personale che presta la sua opera sui navigli di Stato.
Signor Presidente, in base a questi temi pensavamo, qui in Aula, di modificare qualcosa e, soprattutto, di seguire le indicazioni che il Presidente della Repubblica, rinviando il testo alle Camere, aveva evidenziato. Poiché questo non è accaduto, dal momento che, addirittura, in questo testo, Pag. 5si è trasformato il principio del diritto relativo al lavoro secondo una visione privatistica e, soprattutto, per la limitazione del ruolo dei giudici e le problematiche dell'arbitrato e della conciliazione, voteremo convintamente contro.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,55).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 1441-quater-E)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, oggi siamo in questa Camera al voto finale sul disegno di legge n. 1441-quater-E, rinviato dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato del 31 marzo, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, per un nuovo riesame. Questa procedura straordinaria, prevista dalla Costituzione ma utilizzata con molta sobrietà e parsimonia dai Presidenti della Repubblica, conferma la qualità ed il valore delle materie contenute nel provvedimento in esame.
Nel lungo iter del provvedimento in esame, il dibattito ha evidenziato con chiarezza una profonda modifica ed innovazione della concezione del diritto del lavoro. In particolare, con la valorizzazione degli istituti della clausola compromissoria, dell'arbitrato e della certificazione, mirati a snellire, semplificare ed anche ridurre il contenzioso, si potrebbe però determinare un affievolimento della tutela giurisdizionale. Tale nuovo orientamento, che traspare dal provvedimento, determina certamente nuovi equilibri nei rapporti tra lavoratori ed imprese, e nuove responsabilità di tutti i protagonisti del mondo del lavoro.
Nell'azione di riesame del provvedimento, alla luce del messaggio del Presidente della Repubblica, vogliamo dare atto al relatore ed al Governo di aver dichiarato inizialmente un'impostazione favorevole all'accoglimento delle osservazioni espresse dal Capo dello Stato. Si trattava di una scelta di disponibilità, di rispetto, di rapporti positivi tra le istituzioni, di leale collaborazione tra di loro che, come UdC, da sempre sosteniamo quale bussola del nostro lavoro parlamentare.
Pregherei di ridurre un po' questo brusio, signor Presidente...

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Delfino. Colleghi, per cortesia, se riusciamo a fare rumore anche così in pochi, vuol dire che siamo particolarmente chiassosi. Prego, onorevole.

TERESIO DELFINO. Le questioni richiamate dal Presidente della Repubblica investivano specificamente gli articoli 20 e 31, e sottolineavano l'opportunità di una riflessione anche su disposizioni, in qualche modo connesse, previste agli articoli 30, 32 e 50, che si prestavano a seri dubbi interpretativi ed a un potenziale contenzioso.
Il cuore delle richieste del Capo dello Stato era di verificare attentamente che le disposizioni dell'articolo 31 e di quelli connessi fossero pienamente coerenti con i principi della volontarietà dell'arbitrato, e della necessità di assicurare un'adeguata tutela del contraente debole.
Invece, per l'articolo 20, il messaggio del Presidente indicava una riformulazione della norma, volta ad escludere certamente la responsabilità penale attualmente prevista per i soggetti responsabili di alcune categorie di navigli, in linea del resto con gli adattamenti previsti dal citato decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia Pag. 6di sicurezza sul lavoro, ma sosteneva anche la necessità di prevedere, come già accade per altre infermità conseguenti ad attività di servizio, un autonomo titolo per la corresponsione di indennità per i danni arrecati alla salute dei lavoratori.
Il lavoro svolto nella Commissione XI ha preso in attento esame le questioni poste dal messaggio. L'UdC ha partecipato al confronto con proposte e con la forte sollecitazione a trovare soluzioni che recepissero pienamente e positivamente le modifiche necessarie per concretizzare le osservazioni del Capo dello Stato.
Il testo risultante dall'esame in Aula e in Commissione è, a nostro giudizio, migliorato su tali articoli in modo significativo; avremmo tuttavia voluto una disponibilità più ampia, una coerenza più intensa rispetto alle garanzie sulla volontarietà della clausola compromissoria e sull'arbitrato. Anche l'emendamento votato dall'Assemblea ha certamente operato significativamente in questa direzione.
Sull'articolo 20 la nostra proposta era di esplicitare in termini più adeguati il diritto all'indennizzo per i lavoratori, sugli articoli 30 e 32 i chiarimenti introdotti sono molto limitati, mentre ci aspettavamo una maggiore puntualità almeno sulle questioni connesse all'articolo 31; infine, sull'articolo 50 valutiamo positivamente l'introduzione dell'ulteriore requisito di applicazione della norma consistente nell'offerta da parte del datore di lavoro dell'assunzione a tempo indeterminato successivamente all'entrata in vigore della legge (era un emendamento che avevamo presentato in Commissione e che il relatore aveva fatto proprio).
Signor Presidente, avviandomi pertanto alle parole di conclusione voglio richiamare che sul complesso del provvedimento e sul lavoro di questa ultima lettura le parti sociali hanno mantenuto posizioni articolate, non così unitarie come la rilevanza del provvedimento avrebbe a nostro giudizio richiesto. Con questo disegno di legge sono comunque in gioco questioni fondamentali per i lavoratori e per l'evoluzione del diritto del lavoro. Come gruppo dell'UdC abbiamo guardato soprattutto alla necessità di dare risposte a problemi concreti e da tempo all'attenzione della Camera e del Governo, a partire dalla definizione della questione dei lavori usuranti.
Abbiamo voluto sostenere una riforma delle controversie di lavoro che garantisse minore conflittualità e maggiore responsabilità a tutti i protagonisti e una giustizia del lavoro che fosse più rapida e più certa. La nostra scelta dell'astensione è determinata dalla condivisione di superare gli attuali limiti della normativa e di contemperare la complessità degli interessi in gioco, nella convinzione che alleggerire i tempi del contenzioso e offrire una reale tutela dei diritti dei lavoratori sono esigenze che possono essere tenute insieme e possono assicurare alla nostra economia - soprattutto alle piccole e medie imprese - strumenti adeguati per l'obiettivo della crescita e dello sviluppo. In conclusione, il provvedimento in esame presenta luci ed ombre ma apre anche la strada a nuove sfide, sia sul diritto del lavoro sia su tante questioni rispetto alle quali da tempo il mondo del lavoro aspetta risposte certe. Vi sono anche tante materie incongrue che fanno di questo provvedimento un provvedimento omnibus, tuttavia siamo certi che le sfide che sono comunque contenute in questo provvedimento sono difficili.
Signor Presidente, il tempo dirà se la nostra disponibilità con il voto di astensione sarà ben utilizzata dalla maggioranza e dal Governo per la definizione di provvedimenti attuativi che vadano nel vero interesse generale e a favore del bene comune. Con queste nostre osservazioni e con la puntualizzazione che certamente si tratta di un provvedimento che lascia - per le zone d'ombra che ho richiamato - alcuni aspetti e alcune criticità, in coerenza con i voti già espressi nelle letture precedenti, comunque confermiamo il nostro voto di astensione sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

Pag. 7

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, come hanno anticipato i miei colleghi, ci troviamo per l'ennesima volta a discutere sul «collegato lavoro», che ormai ha avuto un iter - sia alla Camera sia al Senato - che dura da quasi due anni.
È chiaro dunque che l'analisi approfondita condotta nei due rami del Parlamento è stata nuovamente affrontata per il rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica.
Vorrei sottolineare che, anche come gruppo, abbiamo visto con favore le precisazioni fatte dal Presidente, ma vorrei anche sottolineare che l'intenzione del legislatore, già nella approvazione definitiva da parte delle Camere, andava nella stessa direzione. Pertanto, abbiamo utilizzato quest'occasione di rivedere il provvedimento per dare ancora più garanzie formali sulle indicazioni che già avevamo espresso chiaramente. Ne è prova il fatto che su alcuni rilievi, come per esempio il licenziamento o la firma della clausola compromissoria da parte del lavoratore, già nella contrattazione tra le parti erano state previste delle procedure, procedure che ora abbiamo introdotto per legge.
Detto questo, devo ringraziare i gruppi dell'opposizione, anche il partito dell'UdC che ha affrontato il tema, sia in Commissione che in Aula, in modo responsabile, senza preclusioni e senza un atteggiamento di bocciatura a priori, chiaramente con delle distinzioni, ma sicuramente con un approccio costruttivo. Ovviamente, non posso dire questo di tutti i gruppi, in quanto credo che con gli emendamenti approvati in Commissione e in Aula, emendamenti presentati anche dal gruppo della Lega Nord, siano andate a risolversi le perplessità che il Presidente della Repubblica ci aveva voluto far rilevare con il suo messaggio.
Voglio quindi ricordare le modifiche che abbiamo fatto. Vorrei soffermarmi solamente sugli articoli che abbiamo esaminato, in quanto oggetto di esplicito richiamo del messaggio del Presidente. Infatti, sull'articolo 30 abbiamo eliminato, con un emendamento del relatore in Commissione, la dicitura: «oltre che da fondamentali regole del vivere civile e dall'oggettivo interesse dell'organizzazione». Questo tipo di modifica, che accogliamo positivamente (infatti abbiamo votato favorevolmente l'emendamento che sopprimeva questa frase), sicuramente va a rendere più chiara la norma anche quando essa verrà applicata durante le controversie che realmente sorgeranno.
Stessa cosa vale per l'articolo 31, comma 5, dove al numero 2) dell'articolo modificato, siamo andati a completare la dicitura, e dove viene detto che «le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l'eventuale richiesta di decidere secondo equità nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento», abbiamo aggiunto «e dei principi regolatori della materia anche derivanti da obblighi comunitari». Quindi abbiamo perfettamente risposto alle esigenze.
Io direi che i due punti fondamentali che siamo andati a modificare sono quelli che riguardano la clausola compromissoria, specificatamente nel caso di controversie per licenziamento. Infatti, in queste l'abbiamo esclusa, dunque quello che era già previsto, come ho ricordato all'inizio del mio intervento, dalla contrattazione fra le parti è stato previsto anche per norma. Non solo, abbiamo anche specificato che la clausola compromissoria, e questo grazie anche ad un emendamento della Lega, non può essere firmata prima della fine del periodo di prova e comunque non prima di 30 giorni dalla firma del contratto. Ciò al fine di accogliere il rilievo del Presidente della Repubblica che sollevava un rischio per il lavoratore, in quanto poteva firmare la clausola in un periodo della sua vita lavorativa di debolezza, cioè alla stipula del contratto e quindi nel momento dell'inizio del rapporto lavorativo. Malgrado lo stesso Governo e le stesse parti sociali l'avessero responsabilmente previsto nell'accordo, lo abbiamo messo per legge. Dunque è chiaro che viene superato questo rilievo e con convinzione abbiamo approvato l'emendamento in Commissione, emendamento che, grazie anche alla Commissione giustizia, è stato messo Pag. 8a punto in Assemblea con una dicitura che meglio chiarisce la volontà del legislatore.
Vorrei anche soffermarmi, invece, sull'emendamento approvato ieri, emendamento dell'opposizione a prima firma dell'onorevole Damiano.
Dopo un'analisi approfondita svolta anche dagli uffici tecnici - che ringrazio - abbiamo voluto presentare, come maggioranza, un ordine del giorno, con parere favorevole del Governo, volto ad esplicitare la norma. Infatti, nel cercare - sicuramente - di porsi contro il provvedimento in esame da un punto di vista politico, l'opposizione non ha raggiunto l'obiettivo prefissato. L'unico risultato è stato quello di confondere lievemente la norma che, responsabilmente, abbiamo voluto rendere nuovamente chiara attraverso l'approvazione dell'ordine del giorno in questione. Fortunatamente, nella sostanza - malgrado le prime perplessità che, anche io, ho espresso ieri - abbiamo ricevuto delle chiarificazioni tecniche che ci hanno rassicurato: la norma non viene stravolta.
Signor Presidente, credo che l'astensione dell'Unione di Centro porti anche un gruppo di opposizione a riconoscere che il provvedimento collegato in materia di lavoro sia una norma che va a favore non solo dei datori di lavoro, ma anche dei lavoratori.
Voglio sottolineare che non si può partire sempre dal concetto che vi siano due parti avverse che si combattono costantemente, in cui vi è una parte buona ed una parte cattiva. Credo che proprio le riforme volute da questo Governo e da questa maggioranza vogliano superare questo concetto, che non è più nella logica, né nella realtà dei fatti.
Crediamo fortemente che lo sviluppo del Paese si debba fondare su datore di lavoro, impresa e lavoratore, che si trovino dalla stessa parte, cioè a favore dello sviluppo e della creazione di occupazione. Se pensiamo sempre che vi sia un contrasto a priori, abbiamo sbagliato e non riusciremo mai a creare quelle riforme che possono ammodernare il Paese e consentirgli di sviluppare.
Pertanto, ritengo che la norma in questione vada in questa direzione: una direzione in cui l'arbitro non può, e non deve, essere visto come figura di parte del datore di lavoro (non capisco perché sia passato questo messaggio), ma come figura super partes, che, come risultato, darà risposte più veloci - è vero - all'impresa, ma - è altrettanto vero - anche al lavoratore. Ritengo - è riconosciuto da tutti - che proprio il lavoratore sia la parte più debole, cioè quella che ha bisogno di risposte più veloci. Infatti, chi ha la possibilità finanziaria di aspettare una risposta, è meno penalizzato rispetto ad un lavoratore che deve aspettare anni - come avviene adesso - per ottenere una risposta con riferimento ad un contenzioso lavorativo. Dunque, la norma in esame va in questa direzione.
Con queste premesse, che ritengo fondamentali, anche per fugare ogni dubbio di qualsiasi interpretazione di parte - che, purtroppo, a volte, viene riportata da una componente sindacale nelle piazze - posso tranquillamente dire che la Lega, nell'esprimere il voto finale, sarà a favore del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, con questo intervento, voglio annunciare e motivare il voto contrario del Partito Democratico sul disegno di legge atto Camera n. 1441-quater-E, che era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica.
Come è già stato ricordato, ci troviamo di fronte ad un iter estremamente travagliato: siamo, infatti, alla quinta lettura. Come Partito Democratico - insieme agli altri partiti dell'opposizione - possiamo dire che tutto ciò poteva essere evitato, se la maggioranza avesse considerato i nostri emendamenti, che risolvevano certamente, Pag. 9e nel profondo, i quesiti avanzati dal Presidente della Repubblica.
Egli ha concentrato la sua attenzione su cinque articoli (gli articoli 20, 30, 31, 32 e 50), ma ha osservato, a ragion veduta, che questo provvedimento è estremamente eterogeneo e rappresenta in questo caso - ed è l'ennesima volta - un modo di legiferare che va respinto. A questa Camera va ricordato che il provvedimento nasce con 9 articoli e si conclude con ben 50 articoli.
Noi pensiamo che sicuramente, grazie all'intervento del Presidente della Repubblica, alcuni passi avanti si siano compiuti. Da questo punto di vista, vorrei concentrare la mia attenzione sul problema dell'arbitrato, che è stato l'oggetto del contendere più vistoso, anche se ovviamente non vanno sottovalutati gli altri articoli, a partire dall'articolo 20, che riguarda il tema dell'esposizione all'amianto sul naviglio militare; è questo il tema oggetto di una risoluzione che ci è stata proposta e sulla quale abbiamo espresso un voto contrario, perché non risolve - a nostro modo di vedere - contemporaneamente la questione del risarcimento e quella dell'intervento di penalizzazione e di responsabilità.
Per quanto riguarda l'arbitrato, certamente alcuni passi avanti sono stati compiuti all'articolo 31 rispetto al testo votato dal Senato, che conteneva delle questioni assolutamente ambigue e per alcuni versi persino aberranti. È stato risolto un punto, quello relativo all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: c'era il sospetto - non immotivato - che il testo di legge fosse addirittura difforme da quell'avviso comune siglato dalle parti sociali - esclusa la CGIL - che, invece, esplicitava l'esigenza di tenere fuori dall'arbitrato secondo equità una materia così delicata come quella del licenziamento e del mantenimento del rapporto di lavoro.
Ora viene esplicitato - il Presidente della Repubblica su questo punto ha fatto una specifica notazione - che l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per fortuna, viene ovviamente escluso, ma noi vogliamo fare un'osservazione. Lo ricordo ancora una volta: il Partito Democratico non è contro l'arbitrato, noi siamo contro l'arbitrato secondo equità che affida ad un giudice, quindi a un terzo, la potestà di derogare dalle leggi e dai contratti. Abbiamo detto fin dall'inizio che non si tratta di circoscrivere il tema all'articolo 18, per quanto questo tema sia simbolicamente rilevante, perché con l'arbitrato secondo equità si possono in qualche modo manomettere i diritti, le tutele e gli standard contrattuali che si riferiscono all'insieme delle prestazioni di lavoro, ai temi dell'orario, del salario, degli straordinari e della professionalità delle persone.
Il secondo passo avanti che è stato compiuto è sicuramente quello sulla clausola compromissoria. A questo riguardo, l'aberrazione della norma precedente era quella per cui si pretendeva addirittura che fosse sottoscritta all'atto dell'assunzione, in un momento nel quale i nuovi ingressi nel mercato del lavoro sono per l'80 per cento rapporti a tempo determinato, e nel momento di maggiore debolezza del lavoratore nei confronti dell'imprenditore. Di quale libertà si sarebbe trattato? Di nessuna: si sarebbe trattato, in fondo, di un obbligo mascherato da una possibilità di scelta, pertanto la clausola compromissoria è stata spostata avanti in un momento successivo al periodo di prova.
Tutto questo non è sufficiente, a nostro avviso, per dire che siamo nella direzione giusta. C'è stato, però, ieri un evento importante: abbiamo fatto approvare l'emendamento a firma del sottoscritto 31.33 che chiarisce un punto fondamentale che qui si cerca di sminuire, cioè che le controverse che vengono trattate sono quelle insorte. Ciò significa che con l'approvazione di questo emendamento siamo di fronte ad una re-interpretazione della norma che chiarisce la libertà del lavoratore di poter scegliere tra ricorso all'arbitro e ricorso alla magistratura ordinaria.
So bene - l'ho sentito adesso dall'onorevole Fedriga - che si vuole dare un'altra interpretazione. Si cerca addirittura di spiegare che, attraverso gli ordini del giorno, una formula estremamente inconsueta, Pag. 10si chiariscono le norme di legge. Mi sembra, onorevole Fedriga, che ciò non possa essere possibile. A tal riguardo, do lettura di quanto è stato dichiarato ieri.
Ieri, l'onorevole Fedriga, per non fare approvare questo emendamento (che è stato approvato) ha detto: «approvando l'emendamento Damiano 31.33 la disposizione contenuta nell'articolo non avrebbe nel concreto alcun tipo di effetto, perché si tornerebbe quasi alla situazione attuale. Si avrebbe la possibilità di scelta di ricorrere ad arbitrato soltanto nel sorgere della controversia e non, invece, un accordo preventivo, con l'esplicita volontà del datore di lavoro e del lavoratore (...)». Ha ragione l'onorevole Fedriga: è proprio così.
Allo stesso modo, ciò è stato confermato successivamente dall'onorevole Pelino nella giornata di ieri: «Se invece cambiamo l'attuale espressione con la parola «insorte» - che è quella che abbiamo approvato - «diamo qualcosa già per scontato, e quindi la clausola compromissoria perde il suo significato».
È questa la corretta interpretazione che dobbiamo dare e che diamo di questa norma: siamo di fronte al fatto che, con l'approvazione di quell'emendamento del Partito Democratico, si compie un altro passo avanti (sicuramente non ancora sufficiente) che interpreta meglio la possibilità di libera scelta del lavoratore; non lascia assolutamente adito ad alcuna confusione di carattere interpretativo e sicuramente va nella direzione auspicata dal Presidente della Repubblica.
Infine, per confermare il voto contrario su questo disegno di legge, a mio avviso non possiamo dimenticare non solo i voti contrari sugli altri articoli evidenziati dalla Presidenza della Repubblica, ma soprattutto il fatto che ci troviamo di fronte a questioni che in questa sede non sono state più discusse. Penso al fatto che il collegato sul lavoro - e lo voglio ricordare ancora una volta - contiene norme estremamente pericolose, le quali introducono un concetto di rappresentatività territoriale del sindacato (per il momento, per quanto riguarda il settore marittimo e le commissioni di conciliazione). Tuttavia, se questa norma subdola dovesse diventare norma generale, dobbiamo sapere che si sta minando la base costitutiva del sindacalismo confederale e si va verso la costituzione di sindacati di comodo, i quali portano ad accordi-pirata, ad accordi sottocosto e al dumping sociale. Poi non ci lamentiamo se in questo Paese assistiamo a situazioni in cui si pretende di retribuire il lavoro con 2 euro all'ora, perché questa è la direzione di marcia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CESARE DAMIANO. Concludo, signor Presidente. Allo stesso modo non va dimenticato che, oltre a questo, nel collegato sul lavoro si reintroducono norme cancellate con il voto di 5 milioni di lavoratori nel referendum sul protocollo del 2007, come lo staff leasing o l'estensione del job on call, che, al di là delle parole dette dal Governo, reintroducono un concetto di precarietà del lavoro.
In conclusione, anche noi siamo d'accordo - come ha ricordato l'onorevole Fedriga - sul fatto che tra il lavoratore e l'imprenditore non vi è un conflitto in sé. Dobbiamo cercare la via del dialogo, ma sicuramente la via del dialogo, del confronto, della contrattazione e dell'accordo passa attraverso il fatto che il confronto è tra eguali. Il diritto del lavoro in Italia riconosce la debolezza del lavoratore di fronte all'imprenditore e, purtroppo, queste norme vanno nella stessa direzione di impedire ulteriormente che vi sia un rafforzamento delle tutele del lavoro, indebolendo il lavoro stesso nei confronti dell'impresa.
Tutto ciò sicuramente non aiuta la via del dialogo, ma apre la via del conflitto ed è per questo motivo che, convintamente, il gruppo del Partito Democratico voterà contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonino Foti. Ne ha facoltà.

ANTONINO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci Pag. 11accingiamo ad approvare oggi, il disegno di legge n. 1441-quater-E, che ha iniziato il suo iter nell'ormai lontano ottobre 2008 e che, come ricorderete, è stato già per ben due volte approvato da questa Assemblea, riguarda specificatamente il rinvio di alcuni articoli che il Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, ha voluto, con un messaggio motivato, rinviare alla discussione di quest'Aula.
Il Capo dello Stato, come è noto, non interferisce né condiziona il processo legislativo. La Camera, quindi, ha delimitato, conformemente al messaggio, la nuova deliberazione, delimitando la discussione agli articoli 20, 30, 31, 32 e 50. In Aula e prima in Commissione abbiamo individuato una soluzione positiva, soprattutto nella delimitazione degli articoli approvati successivamente dall'Assemblea.
Per quanto riguarda l'articolo 20, che è stato argomento specifico della giornata di ieri e dei rilievi anche del Presidente della Repubblica, con un emendamento del Governo, presentato ieri, si sono risolte tutte le questioni problematiche emerse nel frattempo in Commissione ed è stata formalmente esclusa la responsabilità penale per l'esposizione all'amianto sui mezzi del naviglio di Stato. Al contempo...

PRESIDENTE. Onorevole Antonino Foti, mi scusi. Onorevoli colleghi, vi prego di consentire all'onorevole Antonino Foti di svolgere il suo intervento in un clima di ascolto maggiore o, quanto meno, di minore confusione rispetto a quella che caratterizza questo momento. La prego di continuare, onorevole.

ANTONINO FOTI. Al contempo, è stata data certezza alla risarcibilità dei danni per i soggetti lesi e per i loro familiari.
L'Assemblea, inoltre, ha approvato con riferimento a tutti gli altri articoli oggetto del rinvio il testo già licenziato dalla Commissione. In particolare, all'articolo 31 è stato previsto che nell'arbitrato di equità si debba tener conto, oltre che dei principi generali dell'ordinamento, anche dei principi regolatori della materia derivanti anche dagli obblighi comunitari; che in caso di impugnazione del lodo arbitrale la competenza sia in un unico grado del tribunale, in funzione di giudice del lavoro; che la clausola compromissoria possa essere pattuita non prima della conclusione del periodo di prova e, ove non prevista, non prima di 30 giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro; che la clausola compromissoria non possa, comunque, avere ad oggetto controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro; che dinanzi alle commissioni di certificazione le parti possano farsi assistere da un legale di fiducia o da un rappresentante dell'organizzazione sindacale o professionale cui abbiano conferito mandato; che in assenza degli accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, oltre a definire la pattuizione di clausole compromissorie, convochi le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative, al fine proprio di promuovere un accordo. Nel caso in cui non si giunga ad un accordo nei successivi sei mesi il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, individua in via sperimentale - e tenuto conto anche delle risultanze istruttorie del confronto fra le parti sociali - la modalità di attuazione della nuova disciplina.
All'articolo 32 è stato precisato che la nuova disciplina riguardante l'impugnazione del licenziamento concerne solo i licenziamenti comunicati per iscritto.
All'articolo 50 è stato introdotto un ulteriore requisito di applicazione della norma, consistente nell'offerta da parte del datore di lavoro dell'assunzione a tempo indeterminato successivamente all'entrata in vigore della legge.
Cari colleghi, abbiamo quindi fatto un buon lavoro se è vero che l'obiettivo principale da tutti condiviso è che occorra alleggerire il contenzioso del lavoro per avere una giustizia del lavoro più rapida e certa. Ricordo che le cause pendenti in materia di lavoro sono circa un milione e duecentomila. La durata media di un procedimento Pag. 12è di 1.530 giorni, cioè quattro anni, due mesi e dieci giorni. Di questi, 696 giorni sono ...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Non so come faccia l'onorevole Antonino Foti a svolgere il suo intervento in questa confusione.
Oltretutto, davanti ai banchi del Governo vi sono dei capannelli non molto silenziosi. Onorevole Foti, le chiedo scusa, continui pure.

ANTONINO FOTI. Grazie, signor Presidente. Dicevo che la durata media di un procedimento è di 1.530 giorni, cioè quattro anni, due mesi e un giorno, e che di questi ben 696 sono spesi per il primo grado di giudizio. Si tratta, quindi, di un problema grave, perché rallenta lo sviluppo del sistema economico, non dà certezza del diritto, non offre tutela ai lavoratori e allontana il nostro Paese dagli standard europei.
La legge che approviamo oggi è una novità, finalizzata ad alleggerire i tempi del contenzioso del lavoro, tempi che determinano anche insopportabili costi aggiuntivi del contenzioso stesso e che, fra l'altro, determinano insopportabili costi soprattutto a danno delle piccole e medie imprese.
Si tratta, del resto, di introdurre nel nostro Paese un sistema di tutele parallele dei diritti del mondo del lavoro attraverso una giustizia non togata, come accade in altri Paesi occidentali più avanzati. L'esperienza ci ha insegnato che le riforme in materia non possono essere improntate ad un mero approccio di tipo formalistico che non funziona, come ha dimostrato l'istituto del tentativo obbligatorio di conciliazione giustamente superato dal collegato al lavoro.
Il nostro ordinamento ha sempre previsto la possibilità di devolvere le controversie in materia di lavoro ad un arbitro e ad un collegio arbitrale. Naturalmente occorre che la decisione di ricorrere al collegio arbitrale, anziché al giudice, sia sempre lasciata alla libera volontà delle parti espressa attraverso contratti o accordi collettivi, ovvero attraverso pattuizioni individuali.
Quindi, proprio perché i lunghi tempi della giustizia italiana incidono sui fattori di competitività del Paese e sui diritti dei lavoratori, riteniamo che lo strumento dell'arbitrato abbia una sua utilità intrinseca, in termini anche di una possibile riduzione della durata del contenzioso.
In conclusione, signor Presidente, vorrei soffermarmi sulla questione sorta ieri dopo l'approvazione dell'emendamento dell'opposizione. Si tratta, con tutta evidenza, di una falsa questione, bene enfatizzata dai media e dall'opposizione, perché l'aver sostituito le parole «che dovessero insorgere» con la parola «insorte» non solo non interviene negativamente sui compiti affidati alle commissioni di certificazione (che dovranno ovviamente certificare al momento della sottoscrizione), ma addirittura costituisce un miglioramento sotto il profilo dell'uso della lingua italiana.
D'altra parte, con l'ordine del giorno Contento n. 9/1441-quater-E/13, accettato dal Governo, abbiamo chiarito che non vi può essere una diversa interpretazione della norma. Infatti, l'articolo 808 del codice di procedura civile prevede che le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato.
L'accertamento riguarda, quindi, proprio la volontà delle parti di devolvere, attraverso la clausola compromissoria, le controversie cosiddette nascenti dal contratto di lavoro. L'ordine del giorno Contento ha quindi precisato, come è evidente a tutti, che si tratta di un accertamento di particolare rilevanza per gli effetti che la clausola compromissoria produce sin dal momento della sua sottoscrizione sulla composizione delle controversie insorte proprio dal contratto di lavoro.
Pertanto, le commissioni di certificazione dovranno assumere il delicato incarico di accertare, al momento della sottoscrizione della citata clausola, l'effettiva Pag. 13volontà delle parti di devolvere agli arbitri le controversie insorte in relazione al rapporto di lavoro. La parola «insorte» è sicuramente simile alla parola «nascenti» contenuta già nel citato articolo 808 del codice di procedura civile.
Non c'è, dunque, signor Presidente, nessuna necessità di una doppia certificazione (come sostenuto dai gruppi di opposizione), perché la certificazione avviene al momento della stipula della clausola. Per questi motivi, confermiamo il convinto voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà su questo disegno di legge, auspicando che il Senato voglia sollecitamente portarlo ad una definitiva approvazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, poche parole per ringraziare lei, i Presidenti che hanno diretto questa discussione, il Governo, il presidente della Commissione, onorevole Moffa, i colleghi di maggioranza e di opposizione e i funzionari dell'Assemblea e delle Commissioni sia referenti che consultive, che hanno, come sempre, prestato la loro opera preziosa. Tutto sommato, credo che il risultato del nostro lavoro sia complessivamente positivo; abbiamo insieme ottemperato alle questioni poste nel messaggio del Presidente della Repubblica. Si tratta, quindi, di un risultato della Camera che ha svolto un lavoro di merito importante riconosciuto da tutti, pur nelle differenze che permangono e che sono emerse nelle dichiarazioni di voto.
Nella votazione finale ogni gruppo farà le sue scelte, ma credo di poter affermare in coscienza che abbiamo insieme costruito una base, che non è ancora comune, ma che è meno avvelenata dalle polemiche e dalle posizioni di bandiera. Quindi, signor Presidente, concludendo, esprimo la fiducia che l'attività negoziale delle parti sociali, che tanto impulso riceve da questo provvedimento, saprà rendere feconde le norme che abbiamo discusso, votato e che approveremo fra poco.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 28 aprile 2010, il deputato Marco Giovanni Reguzzoni ha reso noto che, in pari data, l'assemblea del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania ha proceduto alla sua elezione a presidente del gruppo. All'onorevole Reguzzoni gli auguri di buon lavoro da parte della Presidenza (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 10,35).

(Coordinamento formale - A.C. 1441-quater-E)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale e approvazione - A.C. 1441-quater-E)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1441-quater-E, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 14

Onorevole Mazzuca... Onorevole Giulietti... Onorevole Portas... Onorevole Romano... Onorevole Benamati... Onorevole Corsaro... Onorevole Buonfiglio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro» (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica) (1441-quater-E):

Presenti 508
Votanti 473
Astenuti 35
Maggioranza 237
Hanno votato 259
Hanno votato no 214
(La Camera approva - Applausi - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Carlucci e Lamorte hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, che il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Ciocchetti ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 11,15, con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11,15.

Sull'ordine dei lavori.

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, approfitto anche della sua presenza conoscendo la sensibilità con cui segue il caso di cui parlerò. Sedici anni fa, come lei e molti colleghi presenti sanno, venivano ammazzati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin mentre tentavano di illuminare le tante oscurità di traffici illeciti fra l'Italia e la Somalia. I mandanti di quelle esecuzioni non sono mai stati individuati, ma proprio in queste ore il direttore del «Premio Alpi», Cavalli, Giorgio e Luciana Alpi, Patrizia Hrovatin, familiari che con eccezionale passione civile e democratica stanno continuando a chiedere verità e giustizia, hanno rivolto a tutti noi, in primo luogo al Presidente Napolitano, alla magistratura e alla politica, un appello titolato «Verità e giustizia».
Non lo leggo ma lo riassumo (dovrebbe arrivare o è già arrivato a tutti i parlamentari): dopo sedici anni, grazie anche al lavoro di alcune Commissioni parlamentari, si sa quasi tutto su quanto è accaduto in quella domenica di marzo di sedici anni fa; si sa anche che si è trattato di un omicidio su commissione e che quell'assassinio fu messo in atto per cancellare le notizie relative al traffico illecito di rifiuti tossici e di armi affinché non venisse portato a conoscenza. Non sono parole dell'appello, ma le motivazioni usate dalla magistratura per respingere qualche tempo fa un'ulteriore richiesta di archiviazione. Traffici illeciti, Presidente, ecco perché ciò riguarda tuttora anche la Commissione Antimafia, probabilmente gestiti in un intreccio con mafia, camorra e 'ndrangheta; e nuovi elementi sono emersi anche a proposito della cosiddetta «nave dei veleni». Sono associazioni che hanno spesso goduto di coperture e complicità: insomma c'è materiale corposo. In Italia e anche in Somalia, dove sta per aprirsi un processo per calunnia ai danni di chi si autoaccusò, si sta per rivedere tutta la vicenda dalle origini, per riaprire il processo e per arrivare sino in fondo.
Quindi i familiari, il «Premio Alpi», e tanti italiani chiedono solo al Presidente Napolitano di fare quello che ha sempre fatto, di continuare ad essere garante delle Pag. 15famiglie e del diritto alla giustizia; alla magistratura di non archiviare, di proseguire e di acquisire nuovi elementi; a tutti noi di accendere i riflettori, di usare tutte le possibilità del Parlamento e delle Commissioni e di continuare nelle prossime settimane in una intelligente pressione internazionale. Per questo, Presidente ringraziandola, ho voluto rendere pubblico un appello non di parte, condiviso anche da molti altri colleghe e colleghi, e per chiedere che ci sia un'adesione ampia; lo chiedo in primo luogo, anche se è irrituale, alla stessa Presidente Rosy Bindi, al Presidente della Camera e a tutti quanti: un'adesione a questo appello pubblico. Le firme saranno poi portate in questo grande appuntamento, il «Premio Alpi», che si svolge ogni anno dal 15 al 19 giugno non per una richiesta di vendetta, ma per una richiesta di giustizia e di verità.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giulietti, anche per aver ricordato l'impegno personale profuso nel caso Ilaria Alpi. Certamente farò presente al Presidente che non mancherà di interrogarsi anche su ciò che questa Camera può ancora fare per accogliere l'appello al quale lei ha fatto riferimento.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 11,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative in merito alla regolarizzazione del lavoro domestico, con particolare riferimento alla circolare del capo della polizia del 17 marzo 2010 relativa a cittadini stranieri - n. 2-00676)

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Livia Turco rinuncia ad illustrare la sua interpellanza n. 2-00676, concernente elementi e iniziative in merito alla regolarizzazione del lavoro domestico, con particolare riferimento alla circolare del capo della polizia del 17 marzo 2010 relativa a cittadini stranieri (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti) e si riserva di intervenire in sede di replica.
Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con le disposizioni contenute nell'articolo 1-ter del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il Governo ha voluto consentire l'emersione del lavoro domestico irregolare, nell'ambito di una serie di misure volte, sul piano più generale, a dare sostegno alle famiglie.
La possibilità di dichiarare la sussistenza pregressa di rapporti di lavoro riguardanti l'assistenza a persone affette da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza, ovvero il sostegno al bisogno familiare, è stata concessa a tutte le famiglie prescindendo dalla nazionalità del lavoratore.
Il provvedimento, pertanto, ha riguardato sia i lavoratori italiani e comunitari, sia quelli extracomunitari. Per i primi è stato possibile presentare apposita dichiarazione all'INPS, mentre per gli extracomunitari i datori hanno potuto rivolgere domanda presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture, anche al fine del rilascio del permesso di soggiorno.
La misura legislativa si muove, tra l'altro, in stretta aderenza con gli impegni presi in ambito comunitario con il Patto europeo per l'immigrazione e asilo, approvato dal Consiglio europeo nell'ottobre 2008 che, nello specifico, ha vincolato gli Stati membri a non adottare sanatorie generalizzate.
L'iniziativa del Governo, infatti, è stata finalizzata esclusivamente a favorire il sostegno alle famiglie facendo emergere, nel contempo, quelle situazioni di irregolarità nel lavoro domestico.
Anche per questo, il comma 13 dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 78 del 2009 ha espressamente escluso dalla procedura di emersione gli extracomunitari in precedenza espulsi per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o per Pag. 16motivi di prevenzione del terrorismo oppure perché appartenenti alle categorie delle persone ritenute pericolose per la sicurezza pubblica o indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.
Inoltre, sono stati esclusi dalla possibilità di fruire dell'emersione i cittadini extracomunitari che risultino segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, o che risultino condannati - anche non ancora definitivamente e con sentenza di patteggiamento - per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
La direttiva del 17 marzo 2010 citata dagli onorevoli interpellanti - emanata dal capo della polizia proprio con riguardo a tale ultima condizione ostativa - è stata fondata su una doverosa interpretazione letterale della normativa. Infatti, rientra chiaramente nel novero dell'articolo 381 del codice di procedura penale (delitto non colposo consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni) la prima figura di reato prevista dall'articolo 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998, che punisce con la reclusione, da uno a quattro anni, lo straniero che senza giustificato motivo permanga illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di allontanarsi entro cinque giorni, se l'espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2 lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato.
È invece fuori dall'applicazione dell'articolo 381 la seconda fattispecie di reato - sempre prevista dall'articolo 14, comma 5-ter, del predetto decreto legislativo - che punisce con la reclusione da sei mesi ad un anno, lo straniero che permanga illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito dal questore di allontanarsi, se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di 60 giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68, riguardante i soggiornanti di breve durata.
Pertanto, solo la condanna per la prima di tali figure delittuose rappresenta motivo di automatica esclusione dalla procedura di emersione e non sussiste alcuna possibilità per una diversa interpretazione della normativa.
Quanto agli altri quesiti formulati dagli onorevoli interpellanti, preciso che le dichiarazioni di emersione complessivamente presentate ammontano a 300.040: di esse, 4.988 riguardano cittadini italiani o comunitari e le restanti 295.052 cittadini extracomunitari. Di queste ultime, al 20 aprile scorso, ne sono state già definite 121.356, di cui 112.860 con provvedimento favorevole ai richiedenti e 8.496 con provvedimento di rigetto. Tra queste ultime, 7.153 sono scaturite da pareri sfavorevoli resi dalle questure in virtù della sussistenza delle condizioni ostative previste dalla legge e non - come ho esposto in precedenza - per effetto di una circolare che si limita a chiarire l'applicazione della legge stessa.

PRESIDENTE. L'onorevole Livia Turco ha facoltà di replicare. Le ricordo che ha a disposizione 25 minuti.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, il provvedimento di regolarizzazione, di cui stiamo parlando, ha suscitato prima di tutto tra le famiglie italiane (non solo tra gli immigrati) una grande attesa. Sappiamo quanto è preziosa e importante la figura delle collaboratrici e degli assistenti familiari; inoltre, sappiamo quanto sia diffusa l'area dell'irregolarità. Qui il termine «irregolarità» non significa persone che hanno commesso reati, bensì persone che per svariati motivi (tante volte per le inadempienze della pubblica amministrazione) si trovano con un permesso di Pag. 17soggiorno scaduto. Quindi, stiamo parlando di una materia molto rilevante e molto delicata. Tra l'altro, questa regolarizzazione per le famiglie ha significato anche un costo notevole, dunque stiamo parlando di una regolarizzazione che ha comportato un impegno da parte delle famiglie e un introito cospicuo dello Stato.
Per questo motivo ringrazio il sottosegretario per aver risposto puntualmente a tutte le domande, in particolare proprio sulla situazione e sul numero delle procedure di regolarizzazione, ovvero quante ne sono state esaminate e quante hanno riscontrato un parere favorevole. Lei converrà, sottosegretario, che a fronte delle domande avanzate e del rilievo che questi problemi hanno per le famiglie, il numero di pratiche positivamente risolte è ancora piuttosto insoddisfacente. Su questo aspetto rileviamo la preoccupazione per il ritardo e per la lentezza con cui si sta procedendo. Vorremmo chiedere al Governo di fare il possibile per accelerare le procedure e per fare in modo che le famiglie possano avere una risposta quanto più positiva.
Come lei sa e come sa bene il Governo, la domanda di assistenza familiare e di collaborazioni domestiche è molto più alta di coloro che hanno potuto presentare la domanda di regolarizzazione. Mi sia consentito dire in questa sede che la domanda di collaborazioni familiari e di assistenza (soprattutto per gli anziani) è dovuta anche alle forti carenze della nostra rete di servizi sociali. Il sottosegretario per l'interno, Davico, fa parte di un Governo, quindi voglio raccomandargli anche l'impegno del suo Governo (tanto più che si tratta di un Esecutivo che ha sempre parlato di federalismo) circa la necessità di consentire ai comuni di poter aprire questi servizi sociali. Di questo tema si parla molto poco, ma incide molto sulle famiglie. Ci troviamo di fronte ad una carenza sempre più drammatica di servizi sociali e, soprattutto, di servizi per gli anziani non autosufficienti, per le persone disabili e per le persone che hanno difficoltà. Dobbiamo mettere insieme queste carenze drammatiche e le difficoltà che devono affrontare le famiglie che ricorrono, proprio a fronte di questa carenza e tante volte non per scelta, ad una persona che assiste i propri familiari. Dunque, di fronte a questo quadro mi sento di chiedere al Governo (che parla di federalismo) di procedere rapidamente con l'espletamento delle pratiche per questa regolarizzazione e, contemporaneamente, di dare alle famiglie quei servizi sociali così drammaticamente carenti.
Colgo l'occasione per riferire al sottosegretario che conosco bene il Patto europeo sull'immigrazione e sull'asilo e so che questo esclude il ricorso a sanatorie. D'altra parte, non abbiamo mai voluto le sanatorie. Dal 1998, da quando è entrata in vigore la legge n. 40 che ha previsto il decreto-flussi, fino al 2009 (come si evince da dati molto interessanti, che dovreste leggere), nel nostro Paese è stato regolarizzato dal centrodestra un numero di persone molto più alto rispetto a quanto è avvenuto ad opera del centrosinistra. Chiudiamo, quindi, una volta per tutte questa discussione tra chi vuole sanatorie e chi non le vuole.
Vi è un problema di lavoro nero e irregolare, che deve essere regolarizzato, perché insostituibile sicuramente nelle famiglie, ma non soltanto. Di fronte alla scelta che avete compiuto recentemente di bloccare l'ingresso regolare per lavoro, avete scelto di non stabilire per due anni le quote di ingresso regolare. Posso capire - anche se non lo condivido - il senso di questa proposta, a fronte della crisi economica in atto. Non la condivido, perché bisogna attivare gli accordi bilaterali e perché, in segmenti del mercato del lavoro, vi è un'esigenza, che resta inevasa, di lavoro regolare, che gli italiani non svolgono, mentre vi ricorrono gli immigrati: le aziende, infatti, continuano a chiedere che ciò avvenga.
Non sono d'accordo sul provvedimento che voi avete adottato, ma ciò che resta incomprensibile è lasciare questa situazione di irregolarità nel lavoro agricolo e domestico; soprattutto, vi è la presenza - legata, sì, alla crisi economica e sociale - di persone immigrate che magari da dieci Pag. 18anni sono nel nostro Paese, che perdono il lavoro e a cui la legge Bossi-Fini dà soltanto sei mesi di tempo per cercare nuovamente lavoro, altrimenti sono espulse.
Signor sottosegretario, colgo questa occasione per segnalare a lei e al Governo, poiché parlate di legalità e di sicurezza, che questo è un aspetto della legalità e della sicurezza. Questi lavoratori e queste famiglie, che sono in Italia anche da dieci anni (tutti i sindacati, CGIL, CISL e UIL, non a caso a Rosarno andranno a sostenere questo), proprio in ragione delle norme della Bossi-Fini in vigore nel nostro Paese da tanti anni, hanno soltanto sei mesi di tempo per poter cercare lavoro. Intervenite con urgenza almeno su tale aspetto, proprio se volete contenere l'irregolarità e se volete promuovere la legalità.
Per quanto riguarda, poi, l'aspetto più specifico contenuto nell'interpellanza in esame, svolgo una premessa: nell'interpellanza si parla di persone che non hanno commesso reati, ma che sono state espulse e non si sono allontanate dal Paese (è fuori discussione che, quando si parla di persone che hanno commesso reati, si tratta di persone che devono essere espulse e basta).
L'altra premessa riguarda il fatto che ogni sanatoria o regolarizzazione o emersione del lavoro sommerso comporta fisiologicamente un'autodenuncia. Chi vuole essere regolarizzato è costretto ad uscire allo scoperto, a declinare le proprie generalità, a smettere di essere invisibile. Di questo è consapevole il legislatore, se è vero che ha espressamente previsto, fino alla definizione della procedura di emersione, la sospensione di tutti i procedimenti penali e amministrativi connessi alla presenza sul territorio e al lavoro nero nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore.
Mi pare che lei abbia riconosciuto - ma vorrei essere certa andando a leggere poi il testo della risposta - che il reato di cui alla prima parte dell'articolo 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998, non è previsto dall'articolo 381 del codice di procedura penale e, quindi, la relativa condanna non è ostativa alla procedura di emersione di cui alla legge n. 102 del 2009.
Vorrei capire se questo è il punto su cui siamo d'accordo, perché ne deriverebbe una interpretazione diversa della circolare o una correzione della circolare stessa, che ha determinato molte preoccupazioni.
Questa circolare, infatti, prevede che rientra nell'ambito dell'articolo 381 del codice di procedura penale la prima figura di reato prevista dall'articolo 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998, che punisce con la reclusione da uno a quattro anni lo straniero che, senza giustificato motivo, permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito dal questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque anni. Ciò significa che ci sarebbe una inaccettabile equiparazione tra stranieri che sono effettivamente responsabili di reati lesivi della sicurezza pubblica e stranieri formalmente condannati solo a causa di una condizione di permanenza irregolare sul territorio nazionale, che la procedura di emersione avrebbe appunto dovuto sanare.
Ciò non sarebbe compatibile con l'affidamento suscitato nelle famiglie datrici di lavoro e nei lavoratori e apparirebbe una lettura del testo di legge che non è obbligata. Quando lei dice che ci si riferisce solo a condanne, voglio intendere che esclude il reato di cui alla prima parte dell'articolo 14. Se così fosse, sarebbe un passo in avanti importante, però mi ripropongo di leggere attentamente l'appunto che lei ci ha qui letto perché - lo ripeto - sarebbe davvero grave se ci fosse una equiparazione tra stranieri che effettivamente sono responsabili di reati lesivi della sicurezza pubblica e stranieri che sono formalmente condannati solo a causa di una condizione di permanenza irregolare sul territorio nazionale.
Intendo approfondire la sua risposta, per capire se effettivamente prevalga un'interpretazione corretta della norma Pag. 19oppure, come paventato da molte famiglie e molti giuristi, un'interpretazione restrittiva e profondamente iniqua.
Quindi, prima di esprimere un giudizio finale, intendo approfondire quanto qui espresso dal sottosegretario e, nel frattempo, sollecitare a procedere rapidamente con l'espletamento delle pratiche di regolarizzazione.

(Iniziative per garantire trasparenza e legalità nello svolgimento delle elezioni, con particolare riferimento alle condizioni giuridiche e alle cause ostative all'esercizio del diritto di elettorato passivo - n. 2-00681)

PRESIDENTE. L'onorevole Barbato ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-00681, concernente iniziative per garantire trasparenza e legalità nello svolgimento delle elezioni, con particolare riferimento alle condizioni giuridiche e alle cause ostative all'esercizio del diritto di elettorato passivo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

FRANCESCO BARBATO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, nell'illustrare l'interpellanza urgente sottoscritta insieme ai colleghi dell'Italia dei Valori, onorevoli Di Pietro, Donadi, Aniello Formisano e Palagiano, volta a far luce ed a portare legalità nelle istituzioni, specie dopo le ultime elezioni del 28 e del 29 marzo 2010, mi viene di dare un titolo all'argomento, che potrebbe essere «la macedonia avvelenata»: la macedonia confezionata dopo le ultime elezioni e «strabocchevole» di pezzi di indagati, arrestati, condannati e camorristi.
Proprio ieri campeggiava sulle pagine de Il Mattino: oggi proclamazione degli eletti nel consiglio regionale campano. Ma uno su cinque è incompatibile.
Ma andiamo in ordine sugli eletti nel consiglio regionale in Campania: Alberico Gambino, eletto consigliere regionale in Campania con il PdL, il più votato a Salerno. Ore 18,20 del 27 febbraio 2010: il tribunale di Salerno conferma a Gambino una condanna per peculato in appello, ovvero in secondo grado, ovvero nell'ultimo giudizio di merito. Lo condanna a 1 anno, 6 mesi e 10 giorni di carcere.
Ore 19 del 27 febbraio 2010: siamo nella sala Roma del cinema di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, a una manifestazione del PdL: appresa la notizia, il presidente della provincia di Salerno, l'onorevole Cirielli, il nostro collega, sbotta: «Sono deluso, la giustizia umane è fallace. Alberico Gambino è stato vittima di un errore giudiziario. Conosco Gambino: non è come è stato descritto dalla stampa». La colpa è della stampa!
Poi, un brusio e un silenzio in sala. Ore 20,05: improvviso applauso che squarcia il silenzio della sala. È arrivato Gambino! Standing ovation per 5 minuti a sostegno di Gambino. Così viene accolta dal PdL salernitano la notizia di condanna e così viene accolto dal PdL un condannato.
Ore 11 del 27 aprile 2010: davanti alla questura di Reggio Calabria si riuniscono in 500 per aspettare, acclamare e applaudire tale Giovanni Tegano, appena arrestato dalla Polizia di Stato, tra i 30 latitanti più pericolosi d'Italia.
Questo è un certo Mezzogiorno, che fa così! Vi è una certa politica che ha creato questa mentalità; c'è questa camurria che inneggia a un condannato, per cui il criminale diventa un modello, un simbolo, un eroe. Così funziona: allo stesso modo si applaude Gambino, allo stesso modo si applaudono Tegano, i condannati, i criminali; in un certo Mezzogiorno funziona così!
Ma l'aspetto più inquietante è che a fare da apripista a questa mentalità, come nel caso Gambino, sia l'onorevole Edmondo Cirielli, un tenente colonnello dei carabinieri in aspettativa, che nomina in primis Gambino suo assessore nella giunta della provincia di Salerno, dove egli è presidente.
Poi, successivamente, il prefetto di Salerno sospende Gambino da sindaco di Pagani (perché è anche sindaco di Pagani), città che, a tutt'oggi, è retta dal suo Pag. 20vicesindaco; naturalmente, viene sospeso dal prefetto per peculato, per una condanna in secondo grado.
È lo stesso comune che, pochi giorni fa, è stato «steso» dalla Guardia di finanza, che ha notificato 64 avvisi di garanzia ad amministratori, compreso il Gambino, sempre nella qualità di sindaco, e ad altri per abusivismo, speculazioni edilizie, associazione a delinquere.
Ebbene, l'onorevole Cirielli, presidente della provincia di Salerno, avendolo perduto come assessore provinciale, non sa fare proprio a meno di lui e lo nomina nel suo staff di presidente della provincia di Salerno.
Capisco oggi il disagio del neogovernatore Caldoro, politico onesto e perbene, persona seria, che si adira quando trova in lista, a suo sostegno, un certo Roberto Conte, rieletto in consiglio regionale in Campania con Alleanza di Popolo, che raccoglie quasi 40 mila voti.
L'onorevole Caldoro dichiara quindi, senza reticenze, che deve essere ritirata la candidatura di Conte. «Sono voti - aggiunge Caldoro - che non vogliamo», ma in Campania, come diceva il Giornale il 2 marzo 2010, è più facile smaltire i rifiuti che smaltire indagati, condannati, arrestati, camorristi.
Anche perché la competizione nelle correnti del Popolo della Libertà era tutta su chi metteva in lista più delinquenti o potenziali delinquenti: insomma, su chi condiva la macedonia con più pezzi politico-criminali.
Quindi, se la corrente dell'onorevole Cosentino sdoganava Gambino, Conte, l'ex sindaco di Battipaglia Ferdinando Zara, pure eletto consigliere regionale, plurinquisito, già arrestato e ora sotto inchiesta ancora per corruzione, l'altra corrente (l'altro competitor), quella facente capo all'onorevole Bocchino, sdoganava invece Pietro Diodato, altro impresentabile, pure eletto consigliere regionale, e con un inenarrabile curriculum; poi candidava un tale Passariello, che era addirittura il presidente del comitato anticamorra, sotto inchiesta naturalmente.
Insomma, i voti sporchi che hanno determinato l'elezione di Caldoro e dell'attuale maggioranza in consiglio regionale non sono solo quelli di Roberto Conte. Bisogna rifarsi alle affermazioni della signora Sandra Mastella, altra eletta consigliere regionale in Campania, pur continuando ad avere in capo un provvedimento cautelare che la rende a tutt'oggi impossibilitata a svolgere l'attività e le funzioni di consigliere regionale in Campania. Ed è la ragione per la quale circa dieci giorni fa in Aula, signor Presidente, ebbi a dire, allorché stavamo discutendo sul cosiddetto decreto-legge salva-liste, che tale provvedimento non era più sufficiente: bisognava modificarlo, bisognava ampliarlo, occorreva fare un decreto-legge «salva-eletti», per mettere in sicurezza tanti nuovi pubblici amministratori soggetti a provvedimenti restrittivi, soggetti ad essere passati per le patrie galere, o potenziali nuovi clienti di esse.
L'onorevole Sandra Mastella, infatti, con i suoi 10.490 voti dichiara che affida nelle mani di Caldoro voti ed eletti: decida Caldoro, dice la signora Mastella, cosa intende fare. Però - dice ancora la neoconsigliere regionale campana Sandra Mastella - mi auguro solo che tenga conto di tutti, perché la sua vittoria (cioè la vittoria di Caldoro, la vittoria del centrodestra, la vittoria del PdL) è la vittoria di una squadra. Una squadra che, come avete appena sentito, è composta dai vari Conte, Diodato, Gambino, Zara; e poi non finisce lì, perché i voti sono tantissimi, per cui guai se l'onorevole Caldoro volesse rinunciare a tutti i voti «sporchi», non solo quelli del consigliere neoeletto Roberto Conte, ma a tutti questi altri voti «sporchi», che ci sono, che ha preso il centrodestra in Campania, che ha eletto questa macedonia avvelenata di pubblici amministratori!
Mi riferisco, ad esempio, a quanto è successo in provincia di Caserta, in relazione ad un candidato con la lista MpA-Partito Socialista proprio dell'onorevole Caldoro, la moglie di tal Scialdone direttore di un consorzio di rifiuti: solo dopo le elezioni hanno mandato a svolgere perquisizioni Pag. 21a casa del signore e della signora, per il voto di scambio, per i rapporti con la criminalità organizzata, perché in quel consorzio di rifiuti, dove vi erano già 360 esuberi, assumevano ancora altre persone durante la campagna elettorale, promuovevano altre persone, davano altri soldi, altre prebende per il voto di scambio; perché così viene articolato in Campania e nel Mezzogiorno d'Italia troppo spesso e troppe volte il rapporto della politica nell'acquisizione del voto.
Malgrado tutto ciò la signora candidata, che ha avuto un grande suffragio nella provincia di Caserta con migliaia e migliaia di voti, ha detto che suo marito è come Berlusconi, vittima di attacchi ad orologeria. Tra l'altro, la signora anche a mezzo stampa ci ha minacciato perché con alcuni parlamentari abbiamo presentato un'interrogazione e ha detto: li andrò a prendere uno per uno quei parlamentari, anzi ho dato incarico ai miei avvocati e denuncerò tutti questi pseudo parlamentari (ci ha chiamati così perché segnalavamo questo rapporto tra la criminalità organizzata, la politica e il malaffare che ha portato all'elezione di questi soggetti nella pubblica amministrazione).
Non da ultimo - dico questo anche se riguarda candidati dell'altra fazione politica - in Campania è stato candidato un mio omonimo, tal Francesco Barbato, che dai risultati riscontrati nei verbali sarebbe stato eletto con la lista Noi Sud con brogli elettorali documentati che ho personalmente visto. Ho constatato di persona che, addirittura, in alcune sezioni in provincia di Napoli hanno alterato, modificato, «truccato» i dati elettorali, al punto che in alcuni casi - in questo continuo e frenetico tentativo di falsificazione - i voti di preferenza erano superiori ai voti di lista (per cui in realtà risulterebbe eletto un altro signore, tal Sentiero Raffaele).

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la invito a concludere.

FRANCESCO BARBATO. Insomma, a Casal di Principe i pubblici ministeri hanno sequestrato le schede elettorali per i brogli e per il condizionamento, dal momento che compravano i voti.
Ma allora perché non parlare anche di Fondi, del Lazio, considerato che la cosa più inquietante è che questo meccanismo, questa «macedonia avvelenata» dei nuovi eletti in Campania, sta inquinando il resto del Paese?
Nel Lazio succede la stessa cosa a Fondi, un comune che ripropone dodici amministratori di un consiglio che doveva essere sciolto nella passata amministrazione: questo è l'atto più scandaloso del Governo Berlusconi, tra le cose che non fa: doveva sciogliere per infiltrazione mafiosa il consiglio comunale di Fondi ma non lo ha fatto, ed oggi abbiamo lo stesso consiglio comunale con dodici amministratori, compreso il sindaco De Meo che all'epoca era l'assessore all'urbanistica (e tutto ciò risulta dai rapporti del prefetto di Latina).

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, deve concludere.

FRANCESCO BARBATO. Quelli sono ancora lì, tutti al loro posto, e concludo, signor Presidente. In quel territorio il più votato per il PdL nel Lazio è stato il tal senatore Fazzone, che ha preso quasi 30 mila voti: di questi 30 mila voti un terzo li ha presi solo nella città di Fondi! Insomma, è facile fare i voti in questo modo però è inquietante avere poi nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione tali soggetti, che rappresentano davvero la parte più inquietante e illegale di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, le cause di incandidabilità nonché di sospensione e di decadenza degli amministratori delle regioni e degli enti locali sono disciplinate, rispettivamente, dall'articolo 15 della legge 19 Pag. 22marzo 1990, n. 55, e dagli articoli 58 e 59 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Con tale normativa - che si propone di elevare il livello di trasparenza e di legalità nelle amministrazioni regionali e locali - le diverse graduazioni di compressione del diritto di elettorato passivo sono ricondotte ad una dettagliata valutazione di gravità e allarme sociale dei reati considerati, il cui accertamento compete alla magistratura ordinaria.
Infatti, la sussistenza delle cause ostative consegue alla condanna in sede giudiziaria per i reati espressamente previsti dalla legge o all'applicazione - sempre da parte dell'autorità giudiziaria - di una misura di prevenzione nei confronti di candidati o amministratori indiziati di appartenere ad un'associazione di tipo mafioso.
Più in particolare - sia per quanto concerne gli amministratori regionali, che per quelli degli enti locali - è prevista la nullità dell'eventuale elezione o nomina delle persone che hanno riportato condanna definitiva per uno dei reati previsti dalla legge: in tali casi, compete direttamente agli organi che hanno provveduto alla nomina o alla convalida delle elezioni l'obbligo di revocare i relativi provvedimenti, non appena venuti a conoscenza dell'esistenza delle condizioni ostative.
Solo nei casi in cui la legge prescrive la sospensione degli amministratori - vale a dire, quando sono gravati da condanne non ancora definitive per taluni specifici reati - è prevista una funzione ricognitiva degli organi del Governo, che adottano il relativo provvedimento di accertamento dell'intervenuta causa di sospensione al fine della successiva notifica agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina.
Tale funzione di accertamento - che si ricollega alla sospensione di diritto degli amministratori interessati - è sempre stata svolta con puntualità e tempestività dal Governo ogni qualvolta se ne è presentata occasione, anche nei casi citati dagli onorevoli interpellanti.
Più in generale, per quanto riguarda un possibile condizionamento, da parte della criminalità organizzata, del libero esercizio di voto nelle elezioni regionali del marzo scorso, il prefetto di Napoli ha promosso e sviluppato un approfondimento della problematica in diverse riunioni del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Conseguentemente, è stata pianificata l'intensificazione delle attività di monitoraggio ed informative delle forze dell'ordine proprio al fine di prevenire e reprimere tutte le attività tese ad un illecito condizionamento del voto. I mirati servizi svolti in tale direzione hanno visto l'impiego di consistenti aliquote di personale delle forze di polizia.
In tale contesto, la DIGOS di Napoli ha inviato all'autorità giudiziaria due informative di reato concernenti ipotesi di corruzione elettorale. Le relative indagini sono coperte ancora da segreto investigativo, così come quelle scaturite dalle denunce del candidato Francesco Barbato - citato dagli onorevoli interpellanti - e del segretario nazionale di Rifondazione Comunista.
Durante i controlli effettuati dalle forze di polizia - prima e durante le operazioni di voto - sono numerosi i casi in cui sono state scoperte e denunciate persone che avevano fatto incetta di tessere elettorali intestate a molteplici elettori, che avevano fotografato la propria scheda appena votata con il telefono cellulare, o che avevano espresso il voto due volte, approfittando della propria qualità di rappresentanti di lista.
Proprio riguardo a tale ultima eventualità, i presidenti degli uffici elettorali di sezione erano stati invitati ad una particolare attenzione alle persone appartenenti alle categorie legittimate a votare in sezioni diverse da quelle di iscrizione (ad esempio, i rappresentanti di lista). In particolare, erano stati sollecitati a segnalare tempestivamente al delegato del comune l'esercizio del voto da parte di queste, al fine dei necessari riscontri presso le sezioni nelle cui liste gli interessati risultavano iscritti. Pag. 23
Quanto, poi, alla sussistenza delle cause di incandidabilità alla carica di consigliere regionale - previste dall'articolo 15 della legge n. 55 del 1990, che ho già citato - il prefetto di Napoli, nella sua veste di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie della regione, ha disposto una capillare verifica su tutti i candidati, interessando al riguardo le forze dell'ordine. Gli esiti degli accertamenti sono stati comunicati al consiglio regionale, al fine dell'adozione dei conseguenti provvedimenti di propria competenza in sede di convalida degli eletti.
Voglio evidenziare che, nella sola circoscrizione di Napoli, sono emerse risultanze significative ai fini dell'incandidabilità a carico di tre persone, diverse da quelle richiamate dagli onorevoli interpellanti. Quanto a queste ultime, il prefetto di Napoli ha rappresentato che il signor Roberto Conte - già consigliere nella precedente legislatura - a seguito di condanna riportata in primo grado per un reato ostativo, era stato sospeso con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 luglio 2009.
Nel rigettare l'impugnativa proposta dall'interessato, il tribunale di Napoli ha, tuttavia, richiamato il principio stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza del 23 aprile 1996, n. 141, che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo il citato articolo 15 della legge n. 55 del 1990 «nella parte in cui prevede la non candidabilità alle elezioni regionali, provinciali e comunali di coloro i quali siano stati condannati, per i delitti ivi indicati, con sentenza non ancora passata in giudicato».
Pertanto, sul presupposto che la misura della sospensione prevista dall'articolo 15 ha carattere obbligatorio e cautelare e non sanzionatorio, il tribunale di Napoli ha stabilito che: «(....) nella fattispecie in esame, è stata applicata la misura cautelare della sospensione e non l'incandidabilità alla carica elettiva» e, conseguentemente, il signor Roberto Conte poteva candidarsi nuovamente alla carica di consigliere regionale, non avendo ancora riportato alcuna condanna definitiva per un reato ostativo.
A tale proposito, si precisa che è in corso di formalizzazione un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alla sospensione dell'interessato dalla nuova carica elettiva conseguita, per la medesima fattispecie penale, ai sensi dell'articolo 15, comma 4-bis, della legge n. 55 del 1990.
Per quanto riguarda il signor Alberico Gambino, sospeso dalla carica di sindaco di Pagani poiché condannato in primo grado per un reato ostativo - a norma dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 267 del 2000 - ed eletto consigliere regionale nella circoscrizione di Salerno, solo il 21 aprile scorso è stata comunicata la sentenza della corte d'appello di Salerno che, pur rideterminando la pena, ha confermato la decisione di primo grado.
Anche per tale amministratore è in corso di formalizzazione il decreto presidenziale di sospensione dalla carica di consigliere regionale, ai sensi della richiamata normativa.
Quanto alla mancata elezione, per pochi voti, del signor Francesco Barbato, il prefetto di Napoli ha evidenziato che i dati della prefettura relativi alle preferenze ottenute dai singoli candidati sono comunque dati ufficiosi e, in quanto tali, provvisori. I dati ufficiali sono di competenza dell'ufficio elettorale circoscrizionale presso il tribunale di Napoli.
Infine, il rinnovato consiglio comunale di Fondi si è insediato appena tre giorni fa, il 26 aprile scorso. Considerato il brevissimo arco temporale intercorso dalla data di insediamento, ad esso non è ancora riferibile alcuna attività amministrativa sulla quale è attuabile - ai sensi della normativa in materia - un eventuale accesso finalizzato ad accertare eventuali indebiti condizionamenti, anche in considerazione dei provvedimenti di rigore già adottati a carico di alcuni dirigenti, dipendenti e del precedente segretario generale dell'ente.
L'accesso finalizzato a verificare eventuali condizionamenti si svolge sull'azione Pag. 24amministrativa dell'ente che, nel caso di specie, pertanto, non ha avuto ancora modo di essere avviata.
Il Governo e, per esso, il Ministero dell'interno manterrà un costante impegno al fine di prevenire e contrastare ogni fenomeno di condizionamento illecito dell'attività amministrativa delle regioni e degli enti locali e non mancherà, ove dovessero sussisterne i presupposti, di attivare i rimedi previsti dalle leggi.
Faccio presente, inoltre, che nell'ambito del disegno di legge cosiddetto anticorruzione, recentemente approvato in Consiglio dei ministri, è stato previsto l'ulteriore incremento delle ipotesi di incandidabilità: in particolare, è stato esteso il novero delle sentenze di condanna definitive che ostano alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali ed inoltre sono state aggiunte, quali ulteriori motivi ostativi alla candidatura nei predetti enti, le condanne per altre fattispecie di reato.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbato ha facoltà di replicare.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, quanto tempo ho a disposizione?

PRESIDENTE. Dieci minuti, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Lo chiedo per essere rispettoso dei tempi, signor Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dire che non sono soddisfatto è dire poco.
La settimana scorsa, quando abbiamo avviato questa interpellanza urgente, siamo stati contattati dalla Presidenza del Consiglio, che ci ha chiesto di rinviarne lo svolgimento già fissato per la seduta di giovedì della settimana scorsa perché si voleva approfondire maggiormente la questione, si voleva arricchirla di nuovi elementi e cercare di incidere sul tema che avevamo posto.
Per la verità, però, mi sembra che il rinvio sia servito a ben poco o a nulla, anche perché pare che qui ci sia sempre questo tipo di copione, nel quale, purtroppo, ci troviamo a giocare il ruolo di guardie e ladri. Pare che in questo Parlamento e nella politica italiana oggi ci si debba continuare a muovere secondo questo stereotipo di guardie e ladri, in cui noi dobbiamo continuare ad inseguirvi, a «beccarvi», a dirvi che non si fanno certe cose e che un Governo non deve essere solo il Governo del fare, ma molte volte un Governo è capace, è bravo ed è serio se riesce a non far fare più certe cose, a non far commettere più delle porcherie, se vogliamo chiamarle con il loro vero nome come fa l'Italia dei Valori, soprattutto quando si parla di malapolitica, di questo intreccio tra la politica, la criminalità e gli affari.
Continuate a nascondervi ancora dietro alla sentenza che non è passata in giudicato, dietro questi vecchi riti, quando poi ci proponente - e si capisce che sono solo degli spot - il provvedimento anticorruzione. A cosa serve il provvedimento anticorruzione, se la politica non prende la strada maestra?
La strada maestra è quella di ricollegarsi alla morale e all'etica, cioè ad una politica che ritorni pulita, che ritorni credibile! Come può tornare credibile? Non bastano gli spot trasmessi per televisione. Il Presidente Berlusconi raccomanda, in Campania, massima attenzione e pulizia nelle liste, e poi, nelle liste stesse, ci propina tanti ex clienti o potenziali clienti delle patrie galere: insomma, uomini e donne che hanno più a che fare con il malaffare e con la mala politica. Come possono costoro, con i curricula che hanno alle loro spalle, fare gli interessi dei cittadini, il bene del Paese, il bene comune?
Sono solo chiacchiere, sono solo enunciazioni che si fanno, ma resta il vostro profilo. Il Popolo della Libertà e il centrodestra, purtroppo, vogliono continuare a mantenere questo profilo. Insomma, è il Pag. 25modello berlusconiano (ed è questo l'aspetto più inquietante): dappertutto ormai vediamo che ognuno ritiene di essere vittima della giustizia, vittima della magistratura, vittima di questo sistema.
Lo vediamo anche in queste ultime elezioni regionali. Questa signora candidata - nella cui famiglia, puntualmente, si svolgevano intrighi, maneggi, rapporti con la criminalità organizzata - dice che suo marito è come Berlusconi: vittima di attacchi ad orologeria.
Vi è poi il neoconsigliere eletto in Campania, Roberto Conte, il quale aveva rapporti istituzionali con il clan Misso (che è il clan più feroce di Napoli, il clan del rione sanità). Ebbene, questo consigliere regionale, appena rieletto con il centrodestra, ha sostenuto di essere vittima di questo sistema, di dover dimostrare la propria pulizia, la propria onestà, e che per questa ragione si è ricandidato e vuole stare in consiglio regionale: perché deve dimostrare tutta la propria innocenza.
E ancora, il sottosegretario mi parlava del mio omonimo, Francesco Barbato, che è stato «fatto fuori» dal consiglio regionale. Questo giovane di 23 anni si è recato con il suo avvocato presso la corte d'appello per - così come dice la legge - presentare un reclamo. Ebbene, quando ha presentato il reclamo, il funzionario della corte d'appello, il 19 aprile 2010 alle ore 15, gli ha detto che era inutile presentare questo reclamo, che non sarebbe servito a niente, che questa «roba», questo reclamo, sarebbe finito nel fuoco, che nessuno avrebbe pensato a lui, perché tanto lì a Napoli era già tutto organizzato e che già avevano stabilito chi doveva essere eletto.
Insomma, come si fa a mortificare e a calpestare i diritti più semplici e più naturali, come il diritto al voto? Si modificano anche le schede elettorali, i verbali. Insomma, tutto è possibile in questo modello berlusconiano, che sta diventando un modello del Paese. Questo è l'aspetto più inquietante.
Infatti, al di là delle norme, al di là del provvedimento anticorruzione, al di là dell'Agenzia per i beni confiscati alla mafia, che abbiamo istituito il mese scorso, a che cosa servono tutti questi provvedimenti? È solo materiale che serve per gli spot pubblicitari, per la propaganda elettorale del centrodestra. Ma poi bisogna guardare ai fatti: un politico, un uomo del Governo, un parlamentare viene giudicato per gli atti e per i fatti che compie.
Noi vi abbiamo dimostrato per tabulas che cosa succede. Con tutto quello che sta succedendo, purtroppo, noi dell'Italia dei Valori sulla legalità abbiamo «la barra dritta», perché ci rendiamo conto che questo Paese ha innanzitutto bisogno di legalità e siamo anche stufi, per la verità, di continuare a fare questo gioco di «guardie e ladri».
Infatti, proprio l'altro ieri mi hanno inviato per posta delle foto con i voti che sono segnalati, perché così funziona in Campania (mostra una fotografia). Fanno le fotografie nel seggio quando si va a votare. Qualcuno si è pentito di aver compiuto questo atto incredibile. Ma lì ormai è quasi ordinario, perché questo tipo di politica sta determinando questo clima inquinato.
Insomma, la macedonia è avvelenata, la macedonia della pubblica amministrazione, degli uomini e delle donne che stanno nella pubblica amministrazione e nelle istituzioni con questo modello che è distante dalla politica morale e dalla politica etica e che si avvelena sempre di più. Esso sta inquinando il Paese, sta minando e rubando il futuro, soprattutto quello delle nuove generazioni. Non si dà un buon esempio così, se si continuano a candidare tali persone.
Caro sottosegretario, al di là delle cose tecniche che lei ha letto e ha riferito il problema è a monte, perché una politica seria e pulita non candida certe persone. Noi dell'Italia dei Valori prima di candidare una persona chiediamo non solo il certificato elettorale ma anche il certificato giudiziario e anche i carichi pendenti. Non ci interessa sapere cosa succederà a fine sentenza, tra dieci o dodici anni, perché questo avviene. A noi interessa Pag. 26sapere da oggi con chi abbiamo a che fare, perché la buona politica cammina innanzitutto sulle gambe delle persone.
Per questa ragione noi dell'Italia dei Valori continueremo ad essere i guardiani della legalità in questo Paese, perché la legalità è innanzitutto convenienza per i cittadini. Con la legalità e con istituzioni pulite vi è efficienza e con amministratori virtuosi la cosa pubblica funziona. Questa è l'altra Italia che noi vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'istituto tecnico-industriale statale «Enrico Mattei» di Urbino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.

(Monitoraggio circa il rispetto del patto di stabilità interno da parte della regione Sicilia, in relazione all'istituzione del fondo di quiescenza del personale della regione - n. 2-00682)

PRESIDENTE. L'onorevole Pagano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00682, concernente monitoraggio circa il rispetto del patto di stabilità interno da parte della regione Sicilia, in relazione all'istituzione del fondo di quiescenza del personale della regione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, mi accingo ad illustrare l'interpellanza urgente n. 2-00682. Tuttavia, prima di procedere nella descrizione analitica, desidero porre all'attenzione dei presenti - e a quella dell'onorevole sottosegretario, Giorgetti in particolare - alcune parole che sono state pronunciate in quest'Aula nel luglio 2008 e che a distanza di due anni dall'insediamento di questo Parlamento che avvenne esattamente due anni fa, come oggi possono essere giudicate profetiche, in ogni caso utili rispetto al tema che stiamo trattando.
Vi dirò poi l'autore della citazione: «Certo», diceva l'illustratore, «non possiamo andare avanti con un sistema che nel 2000 spendeva per l'invalidità circa sei miliardi di euro e che oggi, dopo il titolo V asimmetrico, ne spende più di dodici. Un raddoppio delle spese di invalidità non è giustificato dal declino demografico della popolazione, dall'abbattimento sulla nostra popolazione, di eventi catastrofici esterni, non è del nord, del centro, del sud, non è di destra, non è di sinistra, non è dei grandi o dei piccoli; è un fenomeno tuttavia insostenibile (...). Per tutte queste ragioni, pensiamo che il nostro Paese abbia, pur nelle crescenti difficoltà, anche delle grandi opportunità, se sta insieme nel suo insieme. È questa la ragione per cui consideriamo non una colpa (...) avere blindato il bilancio della Repubblica italiana prima dell'estate e averlo blindato in una struttura che lo pone al riparo da potenziali criticità (...). In tali termini, non possiamo accettare la vecchia demagogia illusionista, piazzista e deficista che ha portato il nostro Paese ad accumulare il terzo debito pubblico del mondo. Per usare meglio le risorse pubbliche abbiamo tentato di ridurre quanto più possibile elementi di spesa pubblica che ci sembravano comprimibili e gli sprechi. Ma restiamo convinti del fatto che il bilancio pubblico è il bene superiore che dobbiamo difendere, perché nel bilancio pubblico risiede la sicurezza pubblica, c'è non solo il risparmio pubblico ma anche il risparmio delle famiglie.
Sappiamo bene quanta sofferenza vi è, e cresce, nel Paese, ma sappiamo anche che questa non scende, bensì sale, se si fanno politiche deficiste, illusioniste e di spesa pubblica non coperta».
Queste parole ovviamente provengono dal nostro Ministro dell'economia l'onorevole Giulio Tremonti il quale, a distanza di due anni, da allora è stato consacrato uno dei cinque Ministri dell'economia più importanti al mondo per i risultati raggiunti, (la fonte è quella del Financial Times.) Le cui parole servono per far capire, che il problema non può essere esaminato soltanto in termini di macro, né di un'economia che riguarda solo la nostra Repubblica il problema, per forza di cose, deve essere esteso Pag. 27a cascata a tutti gli enti che, in un modo o nell'altro, dipendono dall'economia dello Stato.
Non possiamo pensare che i Patti di stabilità non siano rispettati o, comunque, in generale non vengano osservati nella loro piena interezza, e non possiamo pensare di essere virtuosi solo a livello nazionale se poi tale impostazione di vita pubblica non risiede in qualsiasi altro contesto. Nello specifico, così come spiegato nella nostra interpellanza urgente, pensiamo di avere evidenziato alcuni fatti assolutamente incontrovertibili.
Per entrare nel merito, la legge regionale siciliana 14 maggio 2009 n. 6 ha previsto che il fondo di quiescenza fosse immaginato in modo nuovo. Devo fare una premessa: il fondo di quiescenza nella regione siciliana non esiste. Coloro che vanno in pensione ricevono i loro trattamenti pensionistici dal bilancio della regione che, quindi, sottrae risorse fondamentali agli investimenti per pagare, invece, le pensioni.
Finalmente, dopo tanti anni, era stata approvata una legge (per l'appunto la legge regionale n. 6 del 2009) che prevedeva sostanzialmente la formazione di un montante contributivo per le pensioni (fino a quel momento maturate e pari a 885 milioni di euro) e, poi nello specifico, il comma 4 dell'articolo 15 di quella legge fissava un limite di impegno quindicennale, cioè un accantonamento, pari a 59 milioni di euro per anno a cominciare dal 2010.
Il dato non è di poco conto, perché l'accantonamento avrebbe consentito il corretto pagamento delle pensioni attraverso questo specifico fondo pensioni. Quindi, sarebbero finite per la prima volta quelle tristi vicende che vedevano risorse pubbliche destinate ad investimenti che invece venivano utilizzati per spesa corrente.
L'interpellanza è diventata realmente urgente (e quindi non è stato uno sfizio dei trenta deputati che l'hanno sottoscritta) perché, su proposta di un assessore regionale e, per la precisione, quello alle autonomie locali, è stato presentato un emendamento al disegno di legge finanziaria per il 2010 della regione Sicilia che si sta discutendo in queste ore e che deve essere approvato per legge entro il 30 aprile (ossia entro domani) che, anziché rendere operativa da subito questa norma, di fatto la rinvierebbe di un anno.
Qualcuno potrebbe pensare che la cosa possa assurgere ad un livello di normalità; in fondo, quante volte, con il provvedimento legislativo denominato «mille proroghe», abbiamo previsto analoghe fattispecie. Tuttavia, in questo caso c'è qualcosa di diverso rispetto a una semplice proroga. L'emendamento presentato dal governo regionale è stato approvato giorni fa in Commissione bilancio ed è approdato nell'Aula della regione Sicilia, all'articolo 38 del disegno di legge finanziaria per il 2010.
Dobbiamo pensare che questa non è la prima volta che ciò succede nella regione Sicilia. Nel 2002 l'allora assessore regionale al bilancio, con l'articolo 5 della legge regionale 2002, ebbe modo di prevedere una norma per fronteggiare questo tipo di problema prevendendo una convenzione regione-Inpdap che doveva diventare operativa da subito.
I fatti dimostrarono, invece, che quella gestione, che doveva essere invece in capo ad un altro assessorato regionale, anno dopo anno, fu di fatto rinviata, al punto che nel 2009 ci volle una legge (quella che ho testé enunciato) per superarla. Allora, è chiaro che siamo in presenza di un comportamento vizioso della regione siciliana.
Infatti se si somma il mancato accantonamento di 59 milioni di euro per realizzare il montante ai contributi annuali, e se non vengono versate nel Fondo le trattenute annuali ai dipendenti (si tratta di altri 80 milioni di euro), si hanno 139 milioni di euro che in questo momento non vengono destinati per una politica di bilancio virtuosa ma che, vengono indirizzati per spesa corrente: 139 milioni di euro sono mal utilizzati per questa voce. Altri 138 milioni di euro - magia dei numeri talvolta - sono stati, invece, riconosciuti dallo Stato alla regione siciliana perché nel 2008 era stato firmato Pag. 28il Patto di stabilità e lo Stato aveva riconosciuto un surplus di spese rispetto all'accordo stesso. In altre parole, 138 milioni di euro sono stati, concessi dallo Stato in deroga al Patto di stabilità.
Quindi, onorevole sottosegretario, penso che il Patto di stabilità sia già saltato e mi rendo conto perfettamente che non tocca al governo nazionale evidenziare questi aspetti in termini di controllo. Ma per fortuna ci sono gli organi preposti a questo: la Corte dei conti e, soprattutto, il commissario dello Stato, che in regione deve verificare se realmente le norme approvate dalla regione siano coerenti e in linea rispetto ai principi generali stabiliti con lo Stato, e ciò con riferimento non solo alla Costituzione, ma anche a tutti i patti sottoscritti.
Oggi abbiamo l'esigenza di intervenire concretamente e immediatamente, per salvaguardare la filosofia che bene è stata incarnata dal nostro Ministro Tremonti e che ci ha consentito di salvarci rispetto al resto al mondo. Se l'Italia oggi non è nella situazione di Grecia, Spagna e Portogallo, il merito è, come universalmente riconosciuto, da ascriversi a questa impostazione contabile, economica e filosofica, che ha avuto successo: piuttosto che sostenere il deficit e la spesa corrente, noi abbiamo sostenuto bene che, invece, era molto più virtuoso tenere i cordoni della spesa pubblica ben stretti.
Ecco, perché noi abbiamo un deficit che è solo del 5,3 per cento, siamo secondi soltanto alla Germania nel mondo, e con tutti gli altri paesi nettamente dietro a noi. Orbene questa impostazione non può essere vanificata a livello locale o, nel caso specifico, a livello regionale anche perché le economie sono sommatorie di altre economie. Nel momento stesso in cui non c'è una vigilanza adeguata e non vengono rispettati determinati elementi di base viene meno tutta una impalcatura che abbiamo il dovere di denunciare, pena il default.
Da ciò deriva l'esigenza di un intervento vero e forte da parte del Governo, che vada in questa direzione non soltanto per oggi e non soltanto su questa fattispecie, ma sicuramente nelle fattispecie regionali, in particolare della regione siciliana.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio ovviamente i sottoscrittori di questa interpellanza per il quesito e le questioni poste al Governo. Gli interpellanti, dopo aver lamentato che il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione siciliana hanno concluso ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, l'accordo sul Patto di stabilità interno per l'anno 2009, volto a definire il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale e dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2009-2011, segnalano la presentazione di un emendamento alla legge finanziaria regionale teso a riferire all'esercizio finanziario 2011 l'attivazione del fondo per il pagamento di quiescenza e delle indennità di buonuscita del personale regionale previsto dall'articolo 15 della legge regionale 14 maggio 2009, n. 6, nonché l'iscrizione a bilancio di voci di entrata che si assume non supportate da alcuna risorsa finanziaria reale.
Al riguardo, ferma restando l'autonomia statutariamente riconosciuta alla regione siciliana relativamente all'individuazione delle diverse voci della spesa, vale la pena osservare che comunque l'andamento finanziario della regione non è scevro dai controlli e dalle verifiche indispensabili per assicurare il rispetto effettivo - e non meramente formale - di quanto assunto con il citato accordo sul Patto di stabilità, a garanzia del puntuale equilibrio di bilancio regionale a sua volta preordinato ad assicurare inderogabili impegni di stabilità finanziaria per lo Stato. Il Ministero dell'economia vigila dal punto di vista concreto, e non solo formale, su quanto ovviamente viene varato da parte della regione siciliana così come nelle altre regioni del Paese. Pag. 29
In questa prospettiva, tenuto conto della specificità ordinamentale della regione siciliana, tale controllo è assicurato ai sensi dell'articolo 7, comma 7, della legge n. 131 del giugno 2003, dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti chiamate a verificare in particolare l'attendibilità dei dati sulle entrate e sulle spese esibiti dalla regione. Pertanto, è particolarmente in tale sede, e tenendo conto di tale attribuzione di competenza, che dovrà esplicarsi il monitoraggio dell'andamento della vicenda nei termini specificatamente segnalati dagli interpellanti. È chiaro che gli organi di controllo sono quelli che sono stati ricordati e sarà nostra cura, oltre che vigilare, controllare che vi sia una puntuale verifica degli elementi che sono stati presentati dagli interpellanti. A tal fine, gli elementi citati dagli interpellanti sono stati trasmessi ai competenti organi della Corte dei conti per gli adempimenti di competenza e per acquisire ogni utile elemento informativo, come indicato, sulla base del quale ovviamente il Ministero dell'economia si riserverà di svolgere eventuali riflessioni e interventi.
Per quanto di competenza di questo Ministero, si rammenta che il rispetto del Patto di stabilità interno comporta per la regione Sicilia - peraltro già sottoposta al procedimento di verifica e monitoraggio dei Piani di rientro sanitario ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 159 del 2007 - la piena osservanza del citato accordo concluso ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del decreto-legge n. 112 del 2008, con l'obbligo, in particolare, di inviare una certificazione sottoscritta dal legale rappresentante e dal responsabile del servizio finanziario con informazioni dettagliate riguardanti la gestione di competenza e quella di cassa.
In caso di mancato rispetto di detti obiettivi, la regione va assoggettata alle sanzioni previste dalla normativa vigente, quali il divieto di impegnare somme correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; il divieto di ricorrere all'indebitamento per investimenti; il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto; il divieto di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi delle disposizioni previste dall'articolo 76, comma 4 del decreto-legge n. 112 del 2008.
È evidente che, in questo quadro, ove risultino effettivamente adottate dalla regione disposizioni normative riconducibili a quanto rappresentato dagli interpellanti, da un lato, resta ferma la verifica degli equilibri di bilancio e l'attendibilità delle entrate e delle spese effettuate dai competenti organi della Corte dei conti, come sopra rammentato. Dall'altro lato, in presenza dell'eventuale adozione di disposizioni normative che eccedano le proprie competenze e siano tese ad eludere i vincoli del Patto di stabilità, resta altresì fermo il potere del Ministero dell'economia di attivare il controllo di legittimità costituzionale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 127 della Costituzione.
Nel caso di specie, va altresì segnalata l'esigenza di coniugare in ogni caso, attraverso le sedi istituzionalmente competenti e nelle forme sopra rammentate, la contemporanea salvezza dell'autonomia finanziaria e decisionale della regione, coerentemente con quanto riconosciuto dalla Costituzione e dalle norme statutarie, con inderogabili esigenze di stabilità finanziaria effettiva, in quanto fondata su dati attendibili e comprovati dalle istituzioni competenti, nonché con la salvaguardia di fondamentali diritti soggettivi eventualmente coinvolti (come sembrerebbe profilarsi nel caso esposto, ove effettivamente l'ordinamento regionale siciliano risulti innovato nel senso descritto dagli interpellanti, nel quale dalla rappresentata distrazione di risorse per il pagamento di prestazioni spettanti a dipendenti potrebbero derivare lesioni di diritti con conseguente obbligo di tenere comunque indenni i privati interessati, pur avendo distolto le relative disponibilità finanziarie). Pag. 30
Il puntuale adempimento degli impegni assunti in sede di Patto di stabilità interno dalle autonomie locali e delle regioni costituisce un pilastro indeclinabile dello sforzo dell'attività di governo per la salvaguardia della finanza pubblica, a maggior ragione in un contesto internazionale segnato dai rischi di instabilità e recessione, di cui purtroppo abbiamo notizia giorno per giorno.
In tale quadro, proprio la cura rivolta al rispetto da parte di tutti i livelli di governo dei vincoli finanziari assunti in sede europea ed internazionale ha consentito ad oggi la messa in sicurezza dei conti pubblici.
Tale priorità non è certo attenuata anche qualora si tratti di regioni a statuto autonomo, come nel caso di specie. In tale ultimo caso, infatti, l'impegno all'attuazione del Patto passa attraverso un atto, espressione di ancora più elevata autoassunzione di responsabilità istituzionale, rispettoso delle sfere di autonomia riconosciute dall'ordinamento, e che si concretizza nelle forme di un accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 77-ter, comma 6, del suddetto decreto-legge n. 112 del 2008, cui conseguono poi, ovviamente, gli obblighi di certificazione sottoscritti dal legale rappresentante e dal responsabile del servizio finanziario.
In merito a tanto, sugli aspetti di propria pertinenza, il Ministero dell'economia e delle finanze continuerà a vigilare, per quanto di competenza, al fine di assicurare la salvaguardia di tutte le esigenze sopra rappresentate.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ringrazio il Governo, e in particolare il sottosegretario, per la risposta assolutamente compiuta che ha sicuramente il merito di riuscire a salvaguardare il principio generale delle garanzie costituzionali riservate alla regione siciliana, ma che contemporaneamente ha anche il grande merito di stabilire i confini ed i limiti del primo punto nell'ambito delle più generali strategie che evidentemente interessano non soltanto il Governo, ma l'intera nazione.
Vorrei approfittare dell'occasione di ringraziare il sottosegretario per esprimere alcuni brevissimi concetti. Sicuramente l'intera questione va attenzionata alla Corte dei conti, così come ha detto il sottosegretario, ma a mio avviso esiste un'altra possibilità, un altro strumento importante: mi riferisco all'istituto del commissario dello Stato, che giustamente è stato citato dal sottosegretario. A mio avviso, il commissario deve essere immediatamente, proprio nelle prossime ore, messo in allarme perché deve verificare non soltanto la questione specifica sollevata dalla nostra interpellanza, e ben esplicitata nell'intervento dell'onorevole Pagano, ma deve anche controllare tutte quelle che sono, o che possono essere, le dinamiche di spesa in questo bilancio, che noi riteniamo assolutamente torbido, e che a mio avviso non soltanto mettono a rischio l'economia e lo sviluppo della regione Sicilia, ma possono contribuire a minare il Patto di stabilità, e dunque a minare le intese tra lo Stato e la regione.
È di tutta evidenza, inoltre, che un'operazione come quella denunziata dalla nostra interpellanza, che non costa due soldi, ma ben 140 milioni di euro, molto probabilmente serve ad alimentare quel triste mercato del bisogno, ossia rischia di alimentare il mercato del precariato, il mercato delle illusioni che, a mio avviso, oggi non possono e non devono trovare assolutamente stanza in un normale e civile dibattito democratico, ma soprattutto che non possono e non devono trovare stanza in un momento assolutamente periglioso per la finanza pubblica, non soltanto della nostra nazione, ma soprattutto in un contesto europeo, internazionale, come quello che stiamo vivendo in questi giorni.
Pertanto, sottosegretario, nel ringraziarla nuovamente, voglio regalare a lei e al Governo la bellissima frase di Tocqueville, quella sulla democrazia, nella quale sostiene che «la democrazia inizia dalla pubblicazione del bilancio presso la casa Pag. 31comunale». Ebbene, in questo caso la democrazia, in quella regione, ma in generale nel nostro Paese, inizia proprio parlando di tali questioni perché non è vero che i numeri non hanno un'anima: i numeri hanno un'anima e attraverso i numeri noi siamo nelle condizioni assolutamente di capire se stiamo operando delle scelte sane nell'interesse di popolazioni amministrate, o se invece stiamo curando piccoli e mediocri interessi di bottega.
È sotto gli occhi quello che sta accadendo nella regione Campania; è di tutta evidenza cosa sta trovando il presidente Caldoro che oggi si ritrova ad avere ammanchi miliardari.
Sappiamo che una situazione di questo genere conduce sicuramente a riflessi nei bilanci pubblici e, quindi, mina profondamente il Patto di stabilità del nostro Paese. Lo dico da siciliano e da «sicilianista» convinto: non possiamo assolutamente consentire che politiche dissennate, tese magari ad alimentare qualche speranza in più per raggranellare qualche ciuffo di consenso in più, possano condurre a situazioni disastrose come quelle da me denunziate innanzi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative in merito all'applicazione delle disposizioni in materia di patto di stabilità interno per i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose che tornano alla gestione ordinaria - n. 2-00683)

PRESIDENTE. L'onorevole Vincenzo Antonio Fontana ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00683, riguardante iniziative in merito all'applicazione delle disposizioni in materia di patto di stabilità interno per i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose che tornano alla gestione ordinaria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

VINCENZO ANTONIO FONTANA. Signor Presidente, mi rivolgo al sottosegretario Giorgetti che è qui presente in rappresentanza del Ministro dell'economia e delle finanze.
Attualmente quindici comuni si trovano ad affrontare le conseguenze che il rispetto delle disposizioni in materia di Patto di stabilità interno per i comuni precedentemente sottoposti alle misure di rigore, di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 determina sulla situazione finanziaria degli stessi. Si consideri, inoltre, che i due comuni siciliani interessati - in tutto il Paese sono complessivamente quindici i comuni che si trovano in questa situazione - sono Campobello di Licata, in provincia di Agrigento, e Terme Vigliatore, in provincia di Messina. L'ANCI Sicilia ha dichiarato che il rispetto del Patto di stabilità nelle amministrazioni locali, che dopo essere state sciolte per infiltrazioni mafiose tornano alla normale amministrazione, è un'impresa assolutamente impossibile.
Si consideri anche che il commissariamento e il conseguente intervento di natura finanziaria, che destina somme per la realizzazione o manutenzione di opere pubbliche, riconosce, di fatto, ai comuni interessati una situazione di difficoltà, in quanto il comune sciolto per mafia non è soggetto (come sappiamo) al Patto di stabilità e riceve dallo Stato fondi straordinari.
I problemi reali nascono proprio quando si torna alla normale gestione con l'elezione dei nuovi organi istituzionali che devono rispettare i parametri del Patto e, in più, gestire il peso economico della precedente gestione straordinaria che non ha rispettato lo stesso; quindi, è andata al di là dei confini del Patto di stabilità, perché lo consentono alcune norme che sono state approvate ad hoc.
L'attuale meccanismo non consente di ristabilire nei comuni una vita amministrativa del tutto regolare, con conseguenze che si ripercuotono negativamente sugli organi neoeletti, sul sistema ordinario di gestione e, soprattutto, sui bilanci. I comuni che si trovano in questa condizione si trovano obbligati a violare le norme sul Patto di stabilità interno; non si tratta, quindi, di una scelta, ma è un obbligo assoluto (in quanto non si hanno altre alternative); pertanto, in capo agli Pag. 32organi e ai funzionari preposti ricadono dirette responsabilità amministrative e contabili.
Si chiede, pertanto, di sapere se il Governo - alla luce del vigente quadro normativo, dell'irrazionale rapporto che si è venuto a determinare tra le disposizioni di favore previste per i comuni sottoposti a misure di rigore, delle disposizioni di finanza pubblica e delle norme sull'ordinamento finanziario e contabile, dei pesanti effetti del blocco dei pagamenti per spese d'investimento contrattualmente assunte durante il periodo commissariale - non ritenga di intervenire rapidamente per trovare una soluzione che ponga fine a una situazione che potrebbe rivelarsi assolutamente disastrosa, attraverso misure idonee a sterilizzare, agli effetti del Patto di stabilità interno, gli interventi finanziati con le provvidenze previste dai commi 704 e 707 della legge n. 296 del 2006, assumendo come valori di riferimento per la determinazione degli obiettivi, le risultanze dell'esercizio finanziario precedente a quello in cui l'ente è stato assoggettato ai vincoli del Patto e armonizzando eventualmente il quadro di omogeneità dei valori in prossimità dell'ingresso nella gestione ordinaria.
Ciò proprio perché, altrimenti, le difficoltà sarebbero notevoli, in quanto il nuovo sindaco e le amministrazioni che si ritrovano in questa situazione non sono assolutamente in condizione di poterla gestire e si ritrovano con risorse disponibili, accantonate con l'avanzo di amministrazione, ma nell'impossibilità di far fronte a tali esigenze (qualora lo facessero, evidentemente incorrerebbero nella violazione del Patto di stabilità, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'onorevole Fontana, insieme ad altri colleghi, attraverso l'interpellanza in esame, rappresenta che l'attuale quadro normativo prevede che i comuni interessati dallo stato di commissariamento ex articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, oltre ad essere esonerati dal Patto di stabilità interno, ricevono contributi straordinari da parte dello Stato per la realizzazione o manutenzione di opere pubbliche, ai sensi dei commi 704 e 707 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.
Nell'interpellanza si segnalano le difficoltà che sorgono con la successiva rielezione degli organi istituzionali che, tornando alla normale amministrazione, sono tenuti a rispettare le regole del Patto di stabilità e a gestire il peso economico della precedente gestione straordinaria. Attualmente, quindici comuni ex commissariati, fra i quali due comuni siciliani, Campobello di Licata e Terme Vigliatore, si trovano ad affrontare la difficile situazione finanziaria che deriva dall'applicazione delle regole del Patto di stabilità interno.
Gli interpellanti chiedono quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere tale situazione, allo scopo di sterilizzare, ai fini del Patto di stabilità interno, gli interventi finanziati con le summenzionate provvidenze, assumendo come valori di riferimento, per la determinazione degli obiettivi, le risultanze dell'esercizio finanziario precedente a quello in cui l'ente è stato assoggettato ai vincoli del Patto e armonizzando il quadro dei valori in prossimità dell'ingresso nella gestione ordinaria.
Il Governo, onorevole Vincenzo Antonio Fontana, condivide sostanzialmente le ragioni espresse nel documento parlamentare e le motivazioni profonde che stanno dietro alla necessità di fornire non solo una risposta ai sindaci, ma anche (ci permettiamo di dire, come è implicito nelle considerazioni degli interpellanti) una risposta vera in termini di amministrazione ai cittadini, che, dopo aver vissuto, purtroppo, le difficoltà di amministrazioni con gravi problematiche di infiltrazione mafiosa, si trovano a dover affrontare con gravi difficoltà adempimenti Pag. 33di carattere ordinario e straordinario, con vincoli di bilancio che lasciano poco spazio di manovra.
Di questo il Governo è pienamente consapevole. Mi permetto anche di affermare e di sottolineare, avendo io seguito con contatti diretti alcune amministrazioni che hanno rappresentato direttamente al Governo le difficoltà, che affrontiamo una dinamica di bilancio che, in questo momento, viene sostanzialmente stretta dal Patto di stabilità e non consente margini di manovra adeguati.
Il Governo si è messo a disposizione riguardo al supporto diretto nei confronti di queste amministrazioni, a normativa invariata, con riferimento alla possibilità di utilizzare, all'interno del Patto di stabilità vigente, le leve migliori, al fine di potere ottenere gli effetti più utili in termini di spesa e di sblocco di risorse.
Detto questo, siamo consapevoli del fatto che il Patto di stabilità, così come è organizzato, non prevede deroghe specifiche nei confronti di queste amministrazioni.
È chiaro che il primo tema è sostanzialmente politico: si vuole o meno riconoscere una deroga a queste amministrazioni? È evidente che la congiuntura e ovviamente i fatti di questi giorni ripongono alla nostra attenzione la necessità di una riflessione attenta nel concedere deroghe per quanto riguarda il Patto di stabilità. È altrettanto chiaro, onorevole Fontana, che il metodo suggerito per poter uscire da vincoli così stringenti è uno dei metodi possibili. Qualunque metodo, però, deve prevedere una sostanziale copertura di carattere tecnico e di risorse che vengono destinate per poter consentire una deroga o, chiamiamola così, una modifica del funzionamento del Patto di stabilità, che dovrebbe tener conto di parametri diversi rispetto a quelli ordinari, con cui tutte le amministrazioni si trovano a dover fare i conti.
C'è una consapevolezza piena da parte del Governo. Dico con altrettanta chiarezza che si sta cercando di lavorare per trovare una soluzione che consenta alle amministrazioni di poter adempiere al mandato assegnato dai cittadini e di poter uscire da una situazione di sostanziale blocco istituzionale, che non consente alle amministrazioni di poter operare secondo le disponibilità di bilancio.
Non dobbiamo dimenticare che il Patto di stabilità funziona - lo ricordo a me stesso - soprattutto sull'aspetto del vincolo della spesa. È un tema che è stato posto da tanti sindaci che vivono quotidianamente questo problema ed è uno dei limiti dal punto di vista del funzionamento del Patto di stabilità, che ad oggi, come è stato ricordato nell'interpellanza precedente ed anche da altri colleghi in quest'Aula su altri argomenti, determina effetti positivi per quanto riguarda la tenuta dei conti pubblici nel complesso. Quindi, rispetto ai mercati internazionali e alle dinamiche che purtroppo dobbiamo affrontare all'interno della crisi, così come confezionato, il Patto di stabilità determina comunque delle disuguaglianze che non sono ancora state risolte.
Onorevole Fontana, nei prossimi tempi, bisognerebbe lavorare sulla selettività del funzionamento della spesa del Patto di stabilità, che è un argomento estremamente complesso, che ancora non siamo in grado di organizzare al meglio. Ci stiamo comunque ponendo il problema di trovare una quantificazione e, oltre a ciò, le risorse a copertura, per poter dare una risposta vera ai comuni che sono stati purtroppo oggetto di intervento di scioglimento per infiltrazione mafiosa, con le conseguenti problematiche che sono state enunciate. Siamo in fase di lavoro e abbiamo cominciato un confronto con alcune di queste amministrazioni, per capire quali leve possano essere oggettivamente utilizzate per uscire da queste dinamiche. Il Governo riconosce il valore non solo oggettivo e reale della problematica, che è un valore di quindici comuni, che però, in fondo a questa riflessione, noi riteniamo abbiano una legittimazione maggiore, anche di carattere etico, a trovare una risposta vera da parte del Governo per consentire la liberazione di queste risorse.
Su questo stiamo lavorando e auspichiamo di poter trovare una soluzione in Pag. 34un provvedimento che preveda anche la relativa copertura, perché su questo vogliamo essere chiari. Non basta una semplice interpretazione, così come a volte è stato proposto. La proposta dell'onorevole Fontana è una proposta seria, che prevede anche la logica della quantificazione di una copertura, ma con altrettanta chiarezza diciamo che non è possibile dire che non rispettiamo la sanzione, che in qualche modo togliamo la sanzione dal Patto di stabilità, perché questo significherebbe a maggior ragione porre i conti pubblici in una situazione di difficoltà in questa congiuntura.
Quindi, il nostro atteggiamento è responsabile: stiamo approfondendo e studiando una soluzione per trovare una copertura che dovrà entrare in un provvedimento specifico, che garantisca la copertura e che consenta a questi sindaci di poter operare secondo il mandato che gli è stato assegnato e riconosciuto dalla popolazione. Speriamo di poter trovare una risposta in tempi ragionevoli, proprio per evitare di mettere le amministrazioni in una difficoltà superiore a quella in cui oggi si trovano.

PRESIDENTE. L'onorevole Vincenzo Antonio Fontana ha facoltà di replicare.

VINCENZO ANTONIO FONTANA. Signor sottosegretario, sono soddisfatto della sua risposta, anche se non è stata prospettata una concreta soluzione al problema che è stato posto. Però la ringrazio, intanto, per la conoscenza della fattispecie, perché ho capito che conosce veramente il problema, per averlo affrontato anche con alcune amministrazioni, come del resto ho fatto io, girando nel territorio e imbattendomi in questo problema, che è veramente grosso.
Diceva bene lei: il problema vero del Patto di stabilità è legato al vincolo della spesa. Questa è una delle più grosse difficoltà che si trovano ad affrontare le amministrazioni neoelette dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.
Si ritrovano in questa fattispecie proprio perché, dopo che sono stati effettuati dei lavori durante la precedente amministrazione, proprio perché si hanno delle risorse straordinarie aggiuntive, e quindi si portano avanti tutta una serie di investimenti e di lavori, l'amministrazione che subentra non è neppure in condizione di potere effettuare i relativi pagamenti, con i relativi contenziosi.
Tutto questo ci porta veramente a una situazione paradossale, perché diventa assolutamente obbligatorio per l'amministrazione violare il Patto, e non il frutto di una scelta o, comunque, una conseguenza di un'amministrazione poco attenta.
Signor sottosegretario, la ringrazio, ancora una volta, per gli auspici. So che il Governo sta lavorando molto bene e mi rendo conto del momento di grave crisi che il Paese attraversa. Non è facile trovare le coperture, ma l'impegno da parte sua, a nome di tutto il Governo, per questo problema mi lascia assolutamente sereno, perché sono convinto che riuscirete a trovare una soluzione per dare ossigeno a queste amministrazioni, che già vivono un momento di grave disagio per il problema legato alla criminalità organizzata.
Speriamo che si possa risolvere l'aspetto della sana gestione amministrativa, soprattutto per dare risposte ai cittadini e alle comunità che vivono questo gravissimo disagio (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative per la valorizzazione del Teatro San Carlo di Napoli nel quadro delle istituzioni musicali italiane - n. 2-00685)

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzarella ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00685, concernente iniziative per la valorizzazione del Teatro San Carlo di Napoli nel quadro delle istituzioni musicali italiane (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto la Presidenza, il Governo e il collega Toccafondi per la gentilezza di avere accettato una proposta di inversione dell'ordine nello Pag. 35svolgimento delle interpellanze; cercherò di corrispondere alla gentilezza con la gentilezza della brevità.
Per quanto riguarda questa interpellanza, in realtà penso che venga incontro a qualcosa che è accaduto successivamente a quando è stata proposta, e cioè alle osservazioni del Presidente Napolitano al decreto-legge sullo spettacolo proposto dal Ministro Bondi, che, da quello che si legge da una sua nota, ha accettato positivamente alcune indicazioni, nel senso di manifestare attenzione ad alcune obiezioni da parte delle organizzazioni sindacali sulla struttura stessa del decreto-legge, ma anche alle preoccupazioni emerse e alle proposte dei gruppi parlamentari.
L'interpellanza di cui sono primo firmatario, che raccoglie 50-60 autorevoli firme di componenti dell'Assemblea, di tutti i gruppi parlamentari, in realtà segnala precisamente una preoccupazione relativa ad alcune notizie di stampa che si erano lette, e cioè che nel dispositivo del decreto-legge vi sarebbe stata una sorta di classifica di alcune delle massime istituzioni musicali nazionali e che in questa classifica vi sarebbe stata una priorità per due, certamente autorevoli, istituzioni: La Scala di Milano e Santa Cecilia di Roma.
In realtà, ammesso che classifiche si dovessero fare, da questa classifica di priorità per la tutela nazionale veniva escluso il Teatro San Carlo. Se questo accadesse, a tutti i firmatari di questa interpellanza sembrerebbe veramente un fuor d'opera per la storia del San Carlo, per ciò che ha rappresentato per la storia della musica italiana ed europea e per l'eccellenza che da sempre e tuttora è, grazie anche, devo dire, al sinergico impegno del Governo, con il commissario Nastasi, recentemente, e delle istituzioni locali, che ancora continua.
In realtà, quindi, la preoccupazione che è alla base dell'interpellanza è che non si rischi qualche elemento di anticipato federalismo culturale, ovviamente a danno del sud. Non vi è solo, infatti, un problema di storia e di rilevanza dell'istituzione: si tratta di una delle massime istituzioni culturali del Mezzogiorno.
Penso che il Governo, intervenendo su tale materia, debba considerare che la cultura italiana è la cultura italiana, che alcune di queste eccellenze sono disposte geograficamente in modo equilibrato, e che il San Carlo non può essere assolutamente fuori da qualunque priorità si volesse sottolineare nella gestione delle istituzioni musicali del Paese; non solo per la sua storia culturale, ma anche per la sua capacità di «attrattore» turistico per una zona che, su questo, ha necessità di investire per rilanciare tutto il suo tessuto socio-economico.
Tale era il senso della nostra preoccupazione. Mi auguro che il Governo possa rispondere in termini positivi, fugando ogni dubbio sul destino del massimo ente lirico napoletano.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza urgente Mazzarella n. 2-00685, comunico che il Ministero per i beni e le attività culturali ha appena ricevuto le osservazioni al testo del decreto-legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche che sono state formulate dal Presidente della Repubblica.
Pertanto il Governo si riserva, dopo attento esame delle stesse, di assumere le conseguenti decisioni e di comunicarle tempestivamente al Parlamento.
In ogni caso, ritengo opportuno sottolineare che, nel testo approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana, si prevede esclusivamente la possibilità, con successivi regolamenti, di prevedere forme organizzative speciali per le fondazioni lirico-sinfoniche che rivestano peculiarità, per assoluta rilevanza internazionale, per notevoli capacità produttive, per rilevanti ricavi propri o per il significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati.
Non esiste pertanto alcun provvedimento del Governo volto a disconoscere la Pag. 36storia e l'eccellenza in campo lirico-sinfonico del Teatro San Carlo di Napoli: anzi, si sottolinea la particolare attenzione che il Ministero ha sempre riservato alla Fondazione, che - anche grazie alla gestione commissariale, e lo ha ricordato l'onorevole Mazzarella - ha raggiunto risultati di straordinario rilievo.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzarella ha facoltà di replicare.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, mi riterrò soddisfatto, come tutti gli interpellanti, quando in realtà dai regolamenti si evincerà che, in forma diretta o indiretta, non vi sia discriminazione, a tutela del patrimonio che il Teatro San Carlo rappresenta per il Paese.
Mi auguro che quanto ha anticipato il Governo, attraverso la voce del sottosegretario Giro, corrisponda a tale intenzione, e sarò il primo a rallegrarmi se troverò il San Carlo nella stessa posizione quanto meno de La Scala e di Santa Cecilia.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mazzarella, anche per aver mantenuto la promessa di brevità.

(Iniziative in merito alle tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali - n. 2-00690)

PRESIDENTE. L'onorevole Toccafondi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00690, concernente iniziative in merito alle tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, in merito alle tariffe postali agevolate il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno emanato, come è a conoscenza di molti anche in Aula, in data 30 marzo 2010 un decreto interministeriale che sospende le agevolazioni postali, attraverso il blocco dei relativi rimborsi statali alla società Poste Italiane Spa a far data dal 1o aprile 2010.
Sempre il decreto - lo ricordo per conoscenza - faceva comunque salva la possibilità di destinare eventuali risorse aggiuntive, individuate sia dal Ministero dell'economia e delle finanze che dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria, alla copertura delle agevolazioni sulle tariffe postali dell'anno in corso.
Il problema economico sul tema delle agevolazioni postali - è bene dirlo e ribadirlo - per lo Stato esiste e, quindi, bene ha fatto il Governo ad intervenire (e a intervenire anche in maniera tempestiva).
Nella parte descrittiva dell'interpellanza facciamo ampiamente riferimento al problema economico dei sempre crescenti esborsi da parte dello Stato verso Poste italiane Spa per quota parte dei rimborsi e ne chiediamo ulteriormente conto anche tra le prime domande dell'interpellanza, cioè a quanto ammonta effettivamente l'esborso effettuato dallo Stato italiano verso Poste italiane negli ultimi anni e se esiste - come sembra - anche un debito residuo.
Se, però, ribadiamo ancora che il Governo ha fatto bene ad affrontare, anche in maniera drastica, un problema che esisteva ed esiste, il punto dell'interpellanza riguarda il metodo, perché in maniera improvvisa e repentina, con un decreto urgente firmato il 30 marzo 2010 ed i cui effetti si sono prodotti dal 1o aprile, si sono messi in ginocchio centinaia di periodici, di settimanali, di mensili, in particolare quelli economicamente più deboli (penso ai tanti periodici del mondo del no profit e della stampa cattolica o diocesana).
Risulta quindi indispensabile trovare una soluzione urgente - anzi urgentissima - per l'anno in corso (il 2010) ed una soluzione definitiva con nuove regole certe, un nuovo regolamento e nuove norme per quanto riguarda l'immediato futuro. Pag. 37
L'interpellanza in oggetto è presentata da oltre quaranta deputati dei gruppi di maggioranza e chiede sostanzialmente quale sia l'ammontare del debito (e se esiste un debito residuo) con Poste italiane e quale sia l'esborso economico - almeno dell'ultimo anno - in merito al rimborso delle agevolazioni postali. Essa chiede, inoltre, di sapere a quali soluzioni l'Esecutivo sta lavorando nell'immediato anche per rincorrere l'emergenza, soprattutto con riferimento alle organizzazioni no profit e alla stampa cattolica, e quale sia la soluzione di lungo periodo alla quale il Governo sta lavorando per ciò che riguarda le nuove norme ed il nuovo regolamento.
Ma il problema economico esiste. Un altro dato appare emblematico: nel 2010 i fondi destinati al rimborso delle agevolazioni postali sono terminati in tre mesi, e ciò dimostra che vi era una rincorsa all'utilizzo di tale strumento (ed anche questo ci conferma che le nuove regole sono essenziali).
Ma dal 1o aprile la soppressione senza preavviso delle tariffe agevolate postali per tutta l'editoria libraria, quotidiana e periodica, sta producendo contraccolpi economici rilevanti.
È necessario quindi - e concludo - riformare il sistema delle agevolazioni postali ed è essenziale trovare in questo momento una soluzione temporanea per il 2010.
Spero, dunque, che il Governo possa comunicarci delle novità in questo senso, anche perché ogni settimana che passa qualche periodico decide di chiudere o qualche settimanale decide di non spedire più la propria rivista ai propri abbonati in quanto non dispone delle risorse necessarie per farlo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio gli interpellanti. Riguardo alle questioni poste, faccio presente che il Dipartimento per l'informazione e l'editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri gestisce - come sanno bene gli interpellanti - il settore editoriale ed i relativi fondi, corrispondendo alla società Poste italiane Spa il rimborso delle tariffe agevolate.
L'articolo 44, comma 1-bis, del decreto legge n. 112 del 2008 stabilisce che, fermi restando gli stanziamenti complessivi che costituiscono il tetto di spesa, l'erogazione di contributi all'editoria è destinata prioritariamente ai contributi diretti e, per le residue disponibilità, alle altre tipologie di agevolazione.
Pertanto, il citato Dipartimento, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, provvede a determinare l'ammontare degli stanziamenti disponibili per i rimborsi.
Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e sentita la Presidenza del Consiglio, determina, sulla base dei fondi disponibili, gli importi delle tariffe agevolate ed effettua un monitoraggio mensile sull'andamento delle agevolazioni praticate.
La concessionaria del servizio postale universale opera i controlli sulla sussistenza dei requisiti dichiarati dai beneficiari delle agevolazioni. Pertanto, all'atto della spedizione, l'editore paga esclusivamente la tariffa agevolata e la differenza rispetto alla normale tariffa viene rimborsata a Poste Italiane Spa dallo Stato.
Le tariffe agevolate sono previste a favore di: imprese editrici di quotidiani e periodici (che, attualmente, sono 5.100 aziende editrici, 2.900 editori profit e no profit che inviano pacchi), che non superano il 45 per cento di spazio fisico dedicato alla pubblicità; le ONLUS, sempre soggette a tariffe agevolate (di cui no profit religiosi 1.400, no profit laici 3.400); le associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano avuto riconosciuto il carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento; ordini professionali, sindacati, Pag. 38associazioni professionali di categoria, associazioni d'arma e combattentistiche.
Nel 2008, le integrazioni a carico dello Stato risultano pari a 273,84 milioni di euro, come risulta dalla tabella depositerò presso la Presidenza e che, in seguito, citerò più in dettaglio.
Peraltro, la frammentazione e la vastità della platea degli aventi titolo - che ho ricordato e i cui numeri sono assolutamente evidenti - rappresenta un fattore di criticità per il sistema dei controlli posti in essere da Poste Italiane Spa.
Il Ministero dello sviluppo economico, sin dal 2005, effettua il monitoraggio dell'andamento delle agevolazioni praticate da Poste Italiane Spa, comunicando mensilmente alla Presidenza del Consiglio gli scostamenti tra stanziamenti e compensazioni dovute a Poste Italiane.
Dal monitoraggio degli ultimi sei mesi, (riassunto nella tabella B, che citerò) risulta che gli stanziamenti non hanno mai coperto le compensazioni dovute e che, al momento, permane la mancata restituzione a Poste Italiane dei fondi 2009, pari a 241 milioni di euro.
Poiché nell'anno 2010 sarebbero state disponibili risorse non superiori a 50 milioni di euro, e poiché da un'istruttoria effettuata presso Poste Italiane è emerso che, già alla fine di marzo - come ricordava, giustamente, l'onorevole Toccafondi -, la società ha maturato compensazioni pari alla citata somma stanziata, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze sono stati costretti ad emanare, in data 30 marzo 2010, il decreto interministeriale che, comunque, fa salva la possibilità di destinare eventuali risorse aggiuntive - individuate dal Ministero dell'economia e delle finanze o dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria - alla copertura delle agevolazioni sulle tariffe postali nell'anno in corso.
Tuttavia, tenuto conto, del forte impatto economico sul sistema editoriale italiano derivante dalla sospensione di tali agevolazioni, al fine di scongiurare eventuali effetti negativi in termini occupazionali ed aziendali e tutelare il pluralismo dell'informazione, il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato di aver manifestato la propria disponibilità ad individuare una soluzione al problema delle tariffe postali agevolate nel corso dell'incontro tenutosi lo scorso 8 aprile tra il Governo, le associazioni degli editori di quotidiani, periodici e libri, la concessionaria del servizio postale universale, nonché la Federazione nazionale stampa italiana.
Dall'incontro è scaturita l'urgente necessità di promuovere un accordo quadro fra editori e Poste Italiane, al fine di raggiungere tariffe convenienti in linea con la normativa europea e la compatibilità di equilibrio economico finanziario, prevedendo l'istituzione di più tavoli tecnici di confronto con le parti interessate.
A tali tavoli tecnici - in corso di svolgimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, con la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico - la concessionaria del servizio postale universale ha già incontrato le maggiori associazioni degli editori. La trattativa per il raggiungimento di un'intesa in ordine alla questione in esame è tuttora in corso.
Onorevole Toccafondi, vorrei comunque lasciare agli atti e comunicare a quest'Assemblea anche i numeri, perché credo che possano essere l'elemento più importante per comprendere quale sia stata la necessità del Governo di intervenire su questa vicenda e, ovviamente, alla luce dei tavoli avviati, noi speriamo di trovare le soluzioni che possano essere le più condivise possibili all'interno di una oggettiva necessità di razionalizzazione e riduzione delle risorse stanziate.
Passiamo ora ai numeri: i quotidiani, espressi in milioni di pezzi, sono circa 219 milioni e l'integrazione a carico dello Stato richiesta da Poste per l'anno 2008 è di circa 40 milioni, il che vuol dire che c'è un costo medio in euro a carico dell'editore per il prodotto consegnato di pari a 0,16 euro; i settimanali sono circa 173 milioni, la richiesta di integrazione di Poste è di 43,5; i mensili sono circa 260 milioni, la Pag. 39richiesta di integrazione e carico dello Stato per Poste è di circa 65 milioni; le pubblicazioni no-profit sono in tutto circa 241 milioni di pezzi, con un'integrazione richiesta dalle Poste a carico dello Stato di 49,6 milioni di euro; le promozioni no profit sono circa 214 milioni di pezzi, a fronte di 45,3 milioni di euro di integrazione; i pacchi editoriali sono 4,2 milioni e circa 25 milioni di euro le richieste di integrazioni dello Stato. Insomma, su un totale di 1.120 milioni di pezzi consegnati vi è una richiesta di integrazione solo per tariffe postali agevolate di circa 273 milioni di euro complessivi.
La tabella B dà l'idea anche dei differenziali e del loro percorso storico. Nel 2005 sono stati stanziati sul Fondo 230 milioni di euro e le compensazioni dovute a Poste sono state di 300 milioni di euro. Dal 2005 al 2009 la differenza richiesta da parte di Poste ad integrazione di queste tariffe è passata dai 73 milioni di euro del 2005 ai 241 milioni di euro del 2009, in un percorso di crescita costante che ha addirittura visto un salto in crescita tra il 2008 e il 2009, con un passaggio che va dai 168 milioni di euro di integrazione richiesta ai 241 in un solo anno.
Risulta evidente che, quindi, il tema deve essere affrontato con grande responsabilità da parte del Governo, prima di tutto tenendo conto dell'assoluto valore che assegna non solo il Governo, ma la nostra Costituzione e la nostra democrazia alla libertà di stampa e alla libera informazione.
In tal senso, proprio nella notte trascorsa le Commissioni riunite VI e X hanno approvato un emendamento che è entrato nel testo che sarà in discussione in Assemblea la prossima settimana nel cosiddetto decreto incentivi, che prevede un'integrazione di 30 milioni di euro per le tariffe postali agevolate a favore dell'editoria no profit. Si tratta di un emendamento che quindi recupera le risorse da maggiori entrate derivanti dalla chiusura agevolata delle liti tra concessionari e riscossione del fisco e che indirizza i benefici ai giornali editi da associazioni e organizzazioni senza fini di lucro, escludendo esplicitamente i giornali di partito e le pubblicazioni degli ordini professionali o dei sindacati, in cui si stabilisce anche che la tariffa agevolata non deve essere superiore al 50 per cento della tariffa ordinaria.
Si tratta di un segnale che consideriamo di attenzione da parte del Governo rispetto alle questioni poste e di un passo in avanti che consideriamo significativo, ma che ovviamente non sposta l'attenzione e la necessità di un approfondimento per un corretto utilizzo delle risorse, e la relativa razionalizzazione e una responsabilità complessiva che riguarda non solo il Governo, ma il sistema Paese rispetto all'andamento dei conti pubblici e alla crisi finanziaria internazionale.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti del Centro nazionale opere salesiane d'Italia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
L'onorevole Toccafondi ha facoltà di replicare.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, ringrazio il Governo, ringrazio il sottosegretario Giorgetti e mi dichiaro soddisfatto della risposta.
Desidero sottolineare l'importanza vitale di questo strumento, soprattutto in questo momento storico, anche dell'anno, per i soggetti economicamente più deboli che usufruiscono di questo aiuto, ovvero le associazioni no profit e la stampa cattolica diocesana. Ne ribadisco l'importanza, per la vitalità di un tessuto di cui il nostro Paese deve andare fiero, cioè il mondo dell'associazionismo, del volontariato e del no profit. Infatti, su questo tema sottolineo che dal 1o aprile - quindi, in poche settimane - un settimanale importante per il mondo del no profit che molti conoscono e che si chiama Vita, ha raccolto ben 15 mila firme di singoli cittadini, i quali hanno aderito all'appello rivolto al Governo, al fine di trovare immediatamente una soluzione. Questo è un segno di estrema vitalità di questo mondo.
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Tra l'altro, proprio in questi giorni, questo mondo sta inviando le proprie riviste e le proprie lettere per informare gli italiani in merito all'utilizzo dello strumento del 5 per mille. Si tratta, tra l'altro, di uno strumento - voglio qui ricordarlo - voluto dal Parlamento e adottato dal Governo Berlusconi; buona parte del merito deve andare al Ministro Tremonti, che ha puntato molto su di esso.
Ebbene, i dati del 5 per mille sono emblematici per ribadire quanto ho appena detto, cioè la vitalità non solo del mondo del no profit, ma anche il riconoscimento reale e concreto che questo mondo ha tra gli italiani: sono 77 mila gli enti registrati al 5 per mille; 15 milioni gli italiani che compiono una scelta con la propria dichiarazione dei redditi - non solo con una firma, ma con un codice anche abbastanza complicato - per destinare il proprio 5 per mille ad un ente particolare; in totale sono oltre 400 milioni di euro i fondi destinati, solo nel 2008 (ultimo dato conclusivo), dagli italiani a questi enti.
Tutto questo per dire che i dati economici che il Governo, attraverso il sottosegretario Giorgetti, ci ha fornito oggi sono preoccupanti. Tali dati ci fanno dire che il Governo ha fatto bene ad intervenire in maniera tempestiva. Lo Stato italiano - cioè tutti noi - abbiamo ancora molto da pagare a Poste Italiane. Visto l'andamento, anche quest'anno ci sarebbe stato un ulteriore aggravio per le casse dello Stato solo su questo strumento delle agevolazioni, aggravio che poi avrebbe pesato sui conti pubblici nazionali. Non ritengo che, in questo momento particolare, questo aggravio potesse essere positivo per tutta la comunità.
Sono, altresì, soddisfatto perché - non nascondendo che il problema c'era e andava affrontato - la soddisfazione deriva anche dal fatto che il Governo ha subito compreso le difficoltà che questo decreto d'urgenza avrebbe comportato.
Sono, inoltre, soddisfatto perché il Governo sta cercando una soluzione attraverso Poste Italiane, per tutti coloro che stanno usufruendo di tale strumento, quindi con un accordo quadro che preveda una tariffa scontata almeno per i tanti enti che ne stanno usufruendo. In particolar modo, sono molto soddisfatto per il fatto che stiamo lavorando - Governo e Parlamento - alla soluzione per il 2010 per gli enti economicamente più deboli, ovvero il no profit e la stampa cattolica.
La soluzione adottata con l'emendamento approvato proprio ieri in Commissione finanze e in Commissione attività produttive sul cosiddetto decreto incentivi può essere la soluzione nell'immediato. Spero che l'iter possa essere agevolato e possa anche arrivare ben presto in Aula, perché sarebbe la soluzione e la risposta che tante associazioni, tanti enti, tanti editori si aspettano nell'immediato.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Desidero ringraziare tutti i colleghi che mi hanno espresso personalmente la solidarietà per le modalità e il contenuto degli attacchi che mi ha rivolto in apertura di seduta l'onorevole Giachetti.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 3 maggio 2010, alle 14:

1. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento Pag. 41di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori (C. 3350-A).
- Relatori: Milanese, per la VI Commissione; Fava, per la X Commissione.

2. - Discussione della proposta di legge:
LO PRESTI ed altri: Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi (C. 1524-A).
- Relatore: Cazzola.

La seduta termina alle 13,20.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1441-quater-E - voto finale 508 473 35 237 259 214 60 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.