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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 311 di giovedì 22 aprile 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 10,30.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Brancher, Brugger, Caparini, Colucci, Cossiga, Cota, De Biasi, Franceschini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Menia, Migliavacca, Migliori, Pescante, Ravetto, Roccella, Ronchi, Stefani, Stucchi, Tabacci, Urso, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Prima di passare allo svolgimento di interpellanze urgenti, saluto gli studenti e i professori dell'Istituto tecnico industriale Vito Volterra di San Donà di Piave, in provincia di Venezia, e della Scuola media statale Luigi Tinelli di Alberobello, in provincia di Bari, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Benvenuti e grazie della visita che siete venuti a fare (Applausi).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito agli indirizzi del Governo relativi alla localizzazione di centrali nucleari in Italia - n. 2-00662)

PRESIDENTE. L'onorevole La Malfa ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00662, concernente chiarimenti in merito agli indirizzi del Governo relativi alla localizzazione di centrali nucleari in Italia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Prendo atto che l'onorevole La Malfa si riserva di intervenire in sede di replica.
Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'interpellanza in oggetto riguarda le dichiarazioni che sono state rese dal Presidente del Consiglio Berlusconi il 24 marzo scorso e che sono state riportate sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Queste dichiarazioni, a nostro modo di vedere, non sono in contraddizione con la strategia del Governo in merito al rilancio della produzione di energia elettrica dal nucleare.
Infatti, il Presidente, accanto all'affermazione sull'autosufficienza energetica Pag. 2della Puglia, esaltata in modo particolare dalla stampa locale, ha sostenuto con convinzione che l'Italia deve procedere verso un abbattimento dei costi dell'energia elettrica e che ciò può avvenire solo se il Paese procede anche alla realizzazione di centrali non dipendenti dalle importazioni di idrocarburi fossili; tali centrali sono certamente quelle nucleari, come quelle rinnovabili.
Quanto dichiarato riassume, quindi, in modo coerente le motivazioni del programma di diversificazione del mix di fonti energetiche adottato dal Governo, che tende alla realizzazione di impianti nucleari e di impianti da fonti rinnovabili in misura tale da ridurre il peso dei combustibili fossili.
Peraltro, si fa osservare che la validità dell'opzione nucleare, come di qualunque infrastruttura energetica di rilevanza nazionale, si giustifica sulla base di considerazioni di tipo strategico di sicurezza nazionale e dei benefici per il territorio che possono essere riscontrati, oltre naturalmente che nelle modalità di produzione delle energie elettriche, in ricadute di tipo economico-produttivo ben evidenziate nel decreto legislativo n. 31 del 2010, con cui il Governo ha disciplinato le procedure di localizzazione e realizzazione degli impianti nucleari.
Si aggiunge che, per l'approvazione definitiva del citato decreto legislativo, il Governo ha accolto alcune richieste e osservazioni pervenute dalle regioni e dagli enti locali a conferma della volontà di esercitare un metodo improntato alla reciproca collaborazione istituzionale.
Con questo atto è stato reso necessario, per la localizzazione degli impianti, il raggiungimento di un'intesa con la regione interessata, e quindi questo certamente coincide sia con la strategia nazionale, sia con le esigenze provenienti dal territorio, naturalmente con la volontà da parte del Governo di convincere le regioni che dovranno ospitare le centrali di energia elettrica a produzione nucleare che esse siano un'opportunità per il territorio e non un fattore negativo, nel massimo della sicurezza ambientale e della salute dei cittadini.

PRESIDENTE. L'onorevole La Malfa ha facoltà di replicare.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, quella del Governo è una risposta che è difficile considerare adeguata al problema, che era stato sollevato non dall'interrogante, ma dal Presidente del Consiglio. Il Governo può sempre, ovviamente, scegliere la strada di minimizzare quanto esso stesso dice, con ciò facendo anche un piccolo torto all'esponente del Governo che di quelle espressioni si è fatto portatore. Si può sempre affermare: il Presidente del Consiglio scherzava, i criteri in base ai quali verranno prese le decisioni relative alla localizzazione delle centrali nucleari sono diversi da quelli riportati nel decreto legislativo n. 31 del 2010, e quindi non diamo loro nessuna importanza. Oppure si può seriamente ammettere, di fronte ad una richiesta del Parlamento: è stato uno sbaglio, un errore. Questo invece, signor rappresentante del Governo, è un modo francamente inaccettabile, imbarazzante e ridicolo di affrontare le questioni.
Vengo al punto, premettendo semplicemente - cosa del resto nota - che appartengo ad un partito che è sempre stato favorevole all'energia nucleare: fu il solo partito che in sede parlamentare e di dibattito pubblico si oppose al quesito referendario del 1987 volto all'eliminazione dell'energia nucleare; abbiamo salutato con favore, nel programma della maggioranza che oggi governa il Paese, il tema del ritorno all'energia nucleare e siamo quindi dalla parte di quanti sarebbero favorevoli alla politica che oggi il Governo afferma di non voler modificare.
E tuttavia, bisogna andare alla sostanza dei problemi. Nel decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al quale ha fatto riferimento il rappresentante del Governo, vengono indicate all'articolo 8 con assoluta chiarezza le caratteristiche che debbono avere i siti, per poter ospitare delle centrali Pag. 3nucleari; i siti, e dunque le regioni nelle quali essi sono collocati. A proposito di questi siti (non li rileggerò, il sottosegretario già li conosce) non si cita, tra i fattori localizzativi, il tema se la regione nella quale si trova quel sito sia autosufficiente in materia energetica o meno. Non si cita! Si dispone cioè che il sito deve avere certe caratteristiche di stabilità geologica, rispetto paesistico, distanza dai luoghi abitati, e così via, ma non si fa riferimento alcuno al fabbisogno di energia elettrica della regione e al modo in cui essa è soddisfatta; in altre parole, se le fonti locali di energia siano o no sufficienti.
Manca una precisa indicazione, dunque, da parte del Governo in un decreto legislativo, in attuazione di una legge che il Governo aveva fatto approvare al Parlamento, dei criteri localizzativi. Allora i casi sono due: o quel decreto legislativo è incompleto ed il Governo intende rivederlo, aggiungendo tra i criteri di localizzazione quello per cui l'impianto nucleare venga costruito in una regione deficitaria dal punto di vista energetico; oppure le dichiarazioni del Presidente del Consiglio si condannano da sole. Sono le dichiarazioni di un uomo politico che, dimenticandosi di essere Presidente del Consiglio, si reca in una regione durante la campagna elettorale e afferma: non volete le centrali nucleari? Non ve le diamo.
Signor rappresentante del Governo, bisogna avere la serietà di affrontare i problemi, per come essi sono. Il Presidente del Consiglio è andato a Bari e ha rilasciato un'intervista ad un giornale, non smentita (del resto lei stesso non l'ha fatto), in cui ha affermato: la Puglia non ha bisogno di centrali nucleari, in quanto essa è autosufficiente sul piano energetico. Ma lo è anche il Veneto, lo è anche la Lombardia!
In sostanza, allora, le centrali nucleari si possono costruire soltanto nelle regioni che soffrono di un deficit energetico? Questa è la politica del Governo? No, naturalmente, e lei lo nega! Ma come fa lei a negare le parole del Presidente del Consiglio, senza - lo ripeto - dire, implicitamente o esplicitamente, che esse sono uscite in un momento in cui il tema era un altro, cioè la raccolta dei voti.
Ma io non posso nascondere un'indignazione nei confronti di un modo di governare il Paese che pretende voler affrontare i problemi, ma che poi si arresta di fronte al desiderio di raccogliere i voti: siamo cioè di fronte ad un Governo che lancia proclami di voler governare il Paese e che poi li realizza attraverso la forma del mendacio, della raccolta del voto a qualsiasi condizione.
Cosa direte al presidente della regione Puglia quando per caso, rispondendogli sulla base delle procedure da voi indicate, un produttore di una centrale chiederà: c'è un sito in Puglia (ammesso che vi sia, ma io non lo so naturalmente)?
Cosa risponderete al presidente della regione? Lei dice: cercheremo di convincerlo perché all'interno del decreto legislativo abbiamo detto che ci vuole l'accordo con le regioni. Ma con quali parole cercherete di convincerlo, se il Presidente del Consiglio è andato in quella regione a dire che non ve n'è bisogno?
Con quali parole cercherete di convincere il Veneto? Con quali parole cercherete di convincere il Lazio, dove è stata ospitata una centrale nucleare e dove potrebbe esservi anche domani, se il Governo ha già detto - attraverso le voci autorevoli dei suoi presidenti di regione - che quelle regioni sono autosufficienti?
Ma potete pensare davvero che un Paese serio possa essere governato in questa maniera? Mi dispiace dover rivolgere questa dura critica al sottosegretario, che ovviamente è il vettore incolpevole di una risposta burocratica, che però contiene un aspetto quasi comico, perché normalmente il Governo non smentisce sé stesso quando legge dei documenti di questo genere; normalmente si limita a nascondere delle preoccupazioni, non nasconde le parole del Capo del Governo, non le minimizza!
Noi possiamo quindi uscire da questa nostra bella riunione dicendo: va bene, allora da domani le parole del Presidente del Consiglio contano poco, i suoi propositi contano meno di nulla, perché egli dice Pag. 4che in Puglia non sono necessarie le centrali, ma lei, sottosegretario, mi dice che rimangono le procedure stabilite dal decreto legislativo, allora vuol dire che le parole del Presidente del Consiglio non contano.
Ma in realtà esse contano, perché sapete benissimo che in Puglia, se vi fossero le ragioni tecniche ed economiche per insediare una centrale, voi lì non la potrete comunque insediare, perché il presidente della Puglia dirà: ma io ho la testimonianza del Presidente del Consiglio sul fatto che noi non ne abbiamo bisogno. Non le potrete insediare nel Lazio né in Veneto: cioè voi non farete la politica nucleare che voi - non noi, che lo abbiamo sempre pensato - dite essere importante.
Non la farete così come non farete la riforma fiscale, la riforma delle istituzioni, la politica economica perché voi siete un Governo di «chiacchiere». Il signor Presidente del Consiglio è un Presidente di «chiacchiere», bravissimo ad andare di fronte agli uni e agli altri, agli uni dicendo ciò che gli uni si vogliono sentir dire e agli altri dicendo quello che gli altri si vogliono sentir dire.
Ma questo è l'esatto contrario della politica di cui un Paese ha bisogno: voi credete di poter ingannare gli italiani per molti anni dicendo cose contrarie a quelle che vengono fatte e agli interessi e ai bisogni del Paese?
Io non lo credo e in ogni caso questa è un'altra buona ragione che mi conferma nelle considerazioni per le quali a un certo punto, sentendo venir meno il raccordo tra gli impegni e i fatti, ho ritenuto che fosse non mio diritto, ma mio dovere, prendere le distanze da una configurazione politica che non serve agli interessi del Paese e che prima finisse meglio sarebbe per l'Italia.
In questo senso, mi auguro - mi si consenta di dirlo in questa occasione - che il dibattito che è in corso in seno al partito del Presidente del Consiglio vada avanti e vada molto a fondo, perché gli interessi del Paese oggi non coincidono più con la continuità di questo Governo, che ha fatto il suo tempo.

(Crisi industriale della Fini Spa, con particolare riferimento allo stabilimento di Zola Predosa (Bologna) - n. 2-00679)

PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00679 concernente la crisi industriale della Fini Spa, con particolare riferimento allo stabilimento di Zola Predosa (Bologna) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la crisi industriale che il Paese sta attraversando non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti, né dal punto di vista del lavoro, né dal punto di vista della tutela del nostro sistema industriale. Noi lo sappiamo in questa Aula, lo sappiamo all'esterno di questa Aula, e il caso dell'azienda che oggi discutiamo rappresenta una situazione esemplificativa e allo stesso tempo peculiare delle conseguenze di una realtà di difficoltà aziendale, che sono state rese più acute da questa perdurante crisi. È una situazione che rischia di disperdere un importante patrimonio di tecnologia industriale del nostro Paese, un importante patrimonio di professionalità, e di creare un disagio sociale elevatissimo.
La Fini Spa, che ha sede a Zola Predosa, è infatti una società che nel tempo è diventata leader italiana ed europea nel settore della produzione di compressori di aria ad uso industriale e per il largo consumo, quella che si sarebbe detta un'eccellenza fino a poco tempo fa, che è nata, vissuta e prospettata in quel nord produttivo, in quell'area emiliano - romagnola, che tanto contribuisce alla produzione industriale del nostro Paese, alle sue esportazioni e al suo PIL.
La Fini Spa - dicevo - è un'azienda presente sul mercato mondiale con 130 filiali in tutto il mondo e uno stabilimento produttivo in Cina, un'azienda che spazia dalle produzioni ad uso semiprofessionale alle produzioni di carattere industriale altamente qualificata. Ha circa 500 dipendenti, 230 dei quali presso lo stabilimento di Zola Predosa in provincia di Bologna. Pag. 5
In tempi recenti questa azienda ha manifestato sintomi di pronunciate difficoltà che si sono acuite, alcuni mesi or sono, in presenza di questa crisi. Nel 2008 le difficoltà, dovute a situazioni probabilmente debitorie e finanziarie critiche, avevano portato l'azienda a chiedere l'accesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per dodici mesi, sospendendo 110 dipendenti. In concomitanza l'azienda aveva elaborato un piano di risanamento e di rilancio al fine di risolvere la sua situazione debitoria e di riequilibrare la situazione finanziaria, rafforzando anche un piano industriale per la sua produzione. In questo senso le informazioni erano del rafforzamento delle produzioni tecnologicamente più avanzate in Italia e della delocalizzazione in Cina delle produzioni tecnologicamente meno qualificate e di più largo respiro.
Nel luglio del 2009 era anche emerso in un incontro - al tavolo di salvaguardia provinciale - che l'azienda avrebbe dovuto avere alla fine di questo processo un organico dei lavoratori ridotto rispetto alla fase attuale.
Dal punto di vista degli ammortizzatori sociali, nello stesso tavolo del luglio 2009, si concordava che la cassa integrazione, che era stata concessa precedentemente, potesse essere seguita da una nuova procedura di cassa integrazione speciale per crisi in deroga di sei mesi più sei mesi, e successivamente una procedura di ulteriori dodici mesi da valutare con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Nel contempo l'azienda ha proceduto con la sua riorganizzazione, ha alienato le proprietà a Zola Predosa. Ancora nell'agosto 2009, in una riunione del tavolo di salvaguardia, ha confermato la volontà di procedere in maniera concordata, senza iniziative unilaterali, e di individuare percorsi condivisi. Da questo punto di vista, si è raggiunto un accordo, il 19 ottobre del 2009, presso l'assessorato delle attività produttive della regione Emilia-Romagna, nel quale si prevedevano sei mesi di cassa integrazione straordinaria in deroga dal 20 ottobre 2009.
A partire da quel momento sono iniziate le difficoltà. Il 18 gennaio 2010, entro 75 giorni dal termine dei primi sei mesi, a differenza e contrariamente a quanto concordato, l'azienda ha aperto una procedura di mobilità per 108 dipendenti. Alcune sigle sindacali hanno chiesto il ritiro della mobilità ritenendo illegittima l'apertura di tale procedura in ragione del fatto che l'azienda ha attivato la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga secondo i principi della delibera regionale che sono volti ad evitare i licenziamenti.
Una riunione di aggiornamento del tavolo di salvaguardia provinciale del 9 aprile 2010 si è chiusa purtroppo con la mancanza di accordo per il ritiro della procedura di normalità.
Nei giorni scorsi la proprietà ha fatto recapitare ad 80 lavoratori una lettera di licenziamento. Il 20 aprile si è tenuta una riunione urgente del tavolo di salvaguardia che, dopo un primo spiraglio sull'accordo, ha purtroppo confermato, a differenza e in spregio degli accordi siglati, che i licenziamenti verranno portati avanti. È una situazione, quindi, come si può ben capire, di per sé dirompente in presenza di una trattativa in corso e di accordi. Il personale licenziato, in gran parte femminile, in questi momenti di crisi e di profonda difficoltà di collocazione, si trova in una situazione di scarsissime prospettive, senza reddito, e spesso in condizioni familiari già provate da questa crisi in maniera pesante. Si tratta di una situazione al limite del disagio sociale estremo, come dimostra il doloroso caso del dipendente della Renopress di Budrio che si è tolto la vita a seguito della perdita del lavoro. Ad oggi, queste sono le informazioni ultime, signor sottosegretario, lo stabilimento è fermo per alcuni giorni di sciopero. Nel pomeriggio è previsto un consiglio comunale straordinario a Zola Predosa, alla presenza dei lavoratori, dei sindacati, della proprietà e dei cittadini. Il cardinale arcivescovo di Bologna, con grande sensibilità, e con un gesto che denota la profonda significatività di questa crisi, ha porto mediante una lettera, la sua solidarietà a tutti i lavoratori della Fini, Pag. 6definendo un dramma quello che stanno vivendo e auspicando una risposta positiva attraverso il dialogo e la mediazione che, però, sia finalizzata al blocco dei licenziamenti. È di ieri un incontro del presidente della regione, Vasco Errani, con il presidente di un'industria a Bologna, ingegner Marchesini, che ha avuto anche come tema il problema della Fini. Sono di oggi le parole del presidente della camera di commercio di Bologna, dottor Filetti, affinché tutto rientri. Onorevole sottosegretario, le nostre preoccupazioni oggi sono chiare: un percorso di tutela per i 108 lavoratori, con il blocco dei licenziamenti ed il ritorno a quanto siglato in sede istituzionale. Vi deve essere però l'assicurazione - anche questo è estremamente importante - che questa azienda, dopo questo doloroso e pesante percorso di riorganizzazione, abbia realmente una prospettiva industriale e un futuro produttivo nel nostro Paese e nello stabilimento di Zola Predosa. Tentativi di composizione della vertenza, quindi, sono in corso anche in queste ore, mentre noi stiamo parlando, da parte delle istituzioni locali, del comune, della provincia e della regione.
Noi, quindi, chiediamo in questa sede quali iniziative intenda assumere il Governo per sostenere nell'immediato la concertazione tra i vertici di questa azienda, le rappresentanze dei lavoratori e gli enti locali, affinché vengano adottate adeguate misure per porre soluzione a questa crisi, che potrebbe avere aspetti veramente dirompenti per il prosieguo delle attività e nei confronti del tessuto produttivo bolognese.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, siamo perfettamente consapevoli della gravità di questa situazione, anche se è doveroso sottolineare come questa vertenza non è mai stata portata in sede nazionale, se non attraverso la sollecitazione dei colleghi che hanno, attraverso l'interpellanza, posto la questione al Governo. È una vertenza che si è svolta completamente all'interno della regione Emilia Romagna. L'accordo che, presso l'assessorato attività produttive della regione; è stato siglato il 19 ottobre è un accordo sicuramente utile e necessario, ma non è stato sottoscritto con un nostro contributo; questo credo che sia utile e necessario sottolinearlo.
Oggi, veniamo sollecitati ad occuparci di questa vertenza, noi non ci sottraiamo certo al confronto, anzi dichiariamo fin da subito la disponibilità ad aprire un tavolo nazionale sul tentativo di una risoluzione di questa vertenza, rimarcando però il fatto che non vi è stata, sino ad oggi, la possibilità di collaborare su questa particolare situazione che si è venuta a creare. La Fini Compressori, come giustamente è stato richiamato dall'interpellante, è un'azienda che ha 60 anni di esperienza e che era il leader in Europa. Si tratta di capire quali sono le ragioni vere per le quali oggi siamo in questa condizione, ovvero nella condizione di mobilità per 108 persone. Possono essere evocate condizioni di mercato - visto che siamo in crisi - ma sicuramente vi sono anche dei problemi aziendali, che andranno risolti.
Quindi, inevitabilmente, dovremmo ragionare con la proprietà e fare in modo che questo impatto sociale possa essere ridotto al minimo. Ripeto che il Ministero per lo sviluppo economico, stante la sollecitazione dei colleghi, è disponibile ad aprire un tavolo di confronto nazionale ove ovviamente anche la regione Emilia Romagna ritenesse utile farlo.

PRESIDENTE. L'onorevole Lenzi, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

DONATA LENZI. Signor Presidente, apprezziamo questa risposta per la disponibilità ad una valutazione nazionale nella consapevolezza che, trattandosi di una crisi che ha radici proprietarie ed industriali a cui sono legate scelte di delocalizzazione, questo tema richiede una visione Pag. 7più complessiva che ci permetta di trovare, magari guardando al complesso del sistema industriale italiano, una disponibilità a subentrare nella proprietà dell'azienda e a garantire che rimanga nel nostro Paese una produzione comunque di alto livello, espressione delle competenze del nostro territorio, che, nel settore della meccanica, è tra i primi distretti produttivi in Italia ed Europa, e con la preoccupazione, che vedo condivisa, che il nostro Paese non perda, durante questi difficili anni, quello che ha di meglio o che è la sua ricchezza, ma piuttosto si vada ad un processo di riconversione e di sostegno all'innovazione.
Con questo intendevamo inoltre sottolineare la necessità che, nella valutazione degli strumenti di ammortizzatore sociale, sempre di più si leghi la deroga, soprattutto quando è esito di una trattativa, ad un impegno reale e concreto dell'imprenditore e dell'azienda a garantire il mantenimento della produzione. Altrimenti ci troviamo di fronte a situazioni nelle quali viene utilizzato quel periodo per lavorare nel frattempo a processi o di chiusura o di trasferimento. Sottolineiamo la necessità, quindi, che si tenga conto e che vi sia un coinvolgimento ed un'assunzione di impegno sul fatto che, se vengono concessi ammortizzatori, poi dall'altra parte vi sia disponibilità a rimanere e a garantire il mantenimento della produzione.

(Elementi e iniziative di competenza con riferimento alla vicenda della latitanza di Roberto Pannunzi - n. 2-00672)

PRESIDENTE. L'onorevole Garavini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00672 concernente elementi e iniziative di competenza con riferimento alla vicenda della latitanza di Roberto Pannunzi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, mi accingo ad illustrare la nostra interpellanza urgente relativa alla fuga del principale trafficante italiano al mondo, Pannunzi. È scandaloso che abbiamo dovuto apprendere di questa fuga alcune settimane fa dalla stampa ed è una beffa il fatto che le sue modalità di fuga ricoprano e ricalchino esattamente - sembrano quasi la fotocopia - quelle che erano state le modalità della sua prima fuga. Tant'è che lui venne arrestato una prima volta all'estero, a Panama, nel 1994 e, in seguito, una decina di anni dopo nel 2004 a Madrid dopodiché, estradato, arrestato e sottoposto ad una pena, gli venne tuttavia concessa per motivi di salute la possibilità di sospendere lo stato di regime carcerario e di ottenere gli arresti domiciliari.
Abbiamo appreso dalla stampa che gli è stato concesso di trascorrere gli arresti domiciliari non all'interno di strutture ospedaliere carcerarie bensì, se in un primo momento era stato assegnato al Policlinico di Roma Tor Vergata, in un secondo momento gli è stato invece concesso di trascorrere questi arresti presso una clinica privata in provincia di Roma, esattamente a Nemi.
Ci chiediamo se siano stati predisposti tutti gli accertamenti e tutti gli strumenti che avrebbero potuto evitare una fuga di questo tipo. Ci chiediamo se all'interno di istituti carcerari non vi fossero i requisiti sufficienti per poter affrontare le cardiopatie di cui risultava sofferente il Pannunzi. Vorremmo sapere se fosse in regime di 41-bis prima di ottenere questi arresti domiciliari.
Vorremmo sapere se siano chiare le modalità con le quali si è allontanato dalla struttura ospedaliera, perché da quello che abbiamo potuto apprendere non è neppure chiaro se il Pannunzi sia stato dimesso o se si sia allontanato addirittura nel modo più anonimo possibile. Vorremmo sapere, riguardo a questo ritardo nell'informazione e nella comunicazione, innanzitutto se anche lì siano state rispettate le modalità di maggiore celerità e di maggiore trasparenza nella notificazione del fatto che il Pannunzi fosse sparito e, dall'altro lato, se questi ritardi abbiano avuto anche conseguenze sulla possibilità Pag. 8che il Pannunzi si sia allontanato e presumibilmente abbia trovato adesso sede di nascondimento addirittura all'estero, dal momento che è risaputo ed era noto già precedentemente che si tratta di un pericolosissimo trafficante, con una grande dimestichezza anche all'estero, dunque le possibilità per il Pannunzi di trovare sedi di fuga e di nascondersi all'estero sono presumibilmente molto forti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha facoltà di rispondere.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, i quesiti sollevati dagli onorevoli interroganti nell'atto di sindacato ispettivo in discussione ci consentono di fare chiarezza sulla figura criminale di Roberto Pannunzi e soprattutto di circostanziare, anche se in termini sintetici, alcuni aspetti della complessa vicenda giudiziaria di cui lo stesso è stato protagonista e che di recente è stata diffusa da diversi organi di stampa, talvolta in modo impreciso ed incompleto.
Al riguardo dobbiamo però sottolineare che il definitivo accertamento sulla vicenda in esame potrà giungere soltanto all'esito degli accertamenti preliminari, che sono stati delegati dall'onorevole Ministro della giustizia all'ispettorato generale del Ministero della giustizia già in data 13 aprile 2010, proprio in considerazione della delicatezza della materia e dell'evidente complessità della stessa.
Sulla base delle notizie riferite dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dalle competenti autorità giudiziarie, il boss Roberto Pannunzi è stato arrestato in Spagna e dopo l'estradizione in Italia è stato tradotto presso la casa circondariale di Roma Rebibbia in data 7 luglio 2005. Questo è accaduto in forza di una condanna definitiva per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti operante sia in Colombia sia in Italia, oltre che per concorso in detenzione di ingenti quantità di stupefacenti.
Sottoposto il 22 febbraio 2006 al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis, il Pannunzi è stato assegnato alla casa circondariale di Cuneo il 1o marzo 2007 ed è stato successivamente trasferito presso la casa di reclusione di Milano Opera a far data dal 23 luglio 2007. Durante la permanenza presso l'istituto milanese sono emerse le complicanze di salute del detenuto, che a causa di una grave cardiopatia necessitante il trattamento chirurgico è stato ripetutamente condotto presso strutture ospedaliere cittadine, pur rifiutando l'intervento. Previa segnalazione del tribunale di sorveglianza di Milano circa la necessità di reperire una più idonea struttura carceraria, il Pannunzi è stato trasferito in data 21 febbraio 2009 presso la casa circondariale di reclusione di Parma, in quanto dotata dei necessari presidi psichiatrici.
In data 6 luglio 2009 il Pannunzi è stato scarcerato dal penitenziario parmense per l'intervenuta concessione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter, comma 1-ter, da eseguirsi per la durata di un anno presso il policlinico di Tor Vergata in Roma, su istanza di parte del tribunale di sorveglianza di Bologna in data 21 maggio 2009.
L'autorità procedente ha verificato, infatti, il «quadro clinico di gravissima insufficienza coronarica e di cardiopatia ischemica postinfartuale accertato dalla stessa Direzione sanitaria dell'istituto parmense» ed ha motivatamente ritenuto l'incompatibilità dello stato di salute del detenuto Pannunzi con l'allora vigente regime penitenziario.
Il tribunale di sorveglianza di Bologna, nella parte motiva dell'ordinanza, ha imposto al Pannunzi di non allontanarsi dal Policlinico Tor Vergata, se non per eccezioni collegate a possibili interventi sanitari, ovvero a cure ed accertamenti diagnostici, in merito ai quali ha, altresì, prescritto l'obbligo di comunicare preventivamente i tempi ed i luoghi degli spostamenti all'ufficio per l'esecuzione penale esterna ed alle autorità di vigilanza competenti. Pag. 9
La predetta magistratura di sorveglianza ha, inoltre, statuito che, «in caso di ricovero per motivi sanitari, la detenzione domiciliare dovrà intendersi eseguita nel luogo di attuazione dello stesso, che dovrà essere sollecitamente reso noto all'autorità di vigilanza, la quale a sua volta ne darà tempestiva informazione al magistrato di sorveglianza di Roma».
In data 11 giugno 2009, in seguito all'adozione del provvedimento di detenzione domiciliare presso il suddetto policlinico romano, gli atti relativi al fascicolo processuale del Pannunzi sono stati trasmessi per competenza all'ufficio di sorveglianza di Roma.
In data 22 agosto 2009 la direzione della casa di reclusione di Parma (e, cioè, l'istituto dove il Pannunzi era detenuto prima della concessione della detenzione domiciliare) ha trasmesso al tribunale di sorveglianza di Bologna - che l'ha girata per competenza al magistrato di sorveglianza di Roma - una richiesta di «ratifica» del ricovero del Pannunzi presso la casa di cura Villa delle Querce di Nemi, ove lo stesso era stato trasferito su disposizione della corte d'appello di Perugia, che aveva, a sua volta, modificato il luogo degli arresti domiciliari, concessi nel frattempo al Pannunzi dal tribunale del riesame di Perugia, in relazione ad altro procedimento penale, aperto nei suoi confronti e non ancora definito.
Sempre in data 22 agosto 2009, ha provveduto il magistrato di sorveglianza di Roma che, preso atto dell'avvenuto trasferimento del Pannunzi dall'ospedale Tor Vergata alla clinica Villa delle Querce, ha disposto «la prosecuzione» della detenzione domiciliare del Pannunzi presso il centro di riabilitazione casa di cura Villa delle Querce di Nemi.
Nel provvedimento emesso in data 22 agosto 2009, il magistrato di sorveglianza di Roma ha imposto al Pannunzi l'obbligo di non modificare il domicilio di detenzione senza la preventiva autorizzazione della competente magistratura.
Con riferimento a tale ultimo aspetto ed all'obbligo di preventiva comunicazione imposto al Pannunzi, rappresento - così come riferito dal presidente del tribunale di sorveglianza di Roma - che i successivi spostamenti del Pannunzi presso la clinica Salus Infirmorum e presso la clinica Villa Sandra «sono stati soltanto comunicati al magistrato di sorveglianza, senza richiesta di preventiva autorizzazione».
Riferisco, poi, così come comunicato dal Ministero dell'interno, che i carabinieri della stazione di Roma-Villa Bonelli, territorialmente competenti per la clinica Villa Sandra (in quanto ultima casa di cura ove il Pannunzi è stato ricoverato) sono intervenuti alle ore 21 del 3 marzo 2010 su richiesta del personale medico della struttura, accertando l'assenza dello stesso dal luogo di ricovero. Le ricerche del Pannunzi sono state immediatamente diramate, a livello nazionale, dalla stazione dei carabinieri mediante inserimento in banca dati SDI e, con informativa di reato, ne è stata data comunicazione all'autorità giudiziaria.
Quest'ultima, così come riferito dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, ha iscritto a carico del Pannunzi il procedimento penale n. 12238/10, ipotizzando a suo carico il reato di evasione ed attivando i consueti canali informativi per l'ulteriore svolgimento delle indagini.
Alla luce dei dati informativi esposti, ritengo che emerga, in tutta la sua evidenza, la necessità di attendere gli sviluppi delle indagini che sono state iniziate dalle competenti autorità, su più fronti e nei rispettivi ambiti.
Per quanto concerne il profilo di stretta pertinenza ministeriale, ribadisco quanto anticipato in premessa e, cioè, che soltanto all'esito dei predetti accertamenti preliminari e soltanto all'esito di un'attenta disamina delle risultanze degli stessi, sarà cura del Ministro della giustizia assumere le eventuali determinazioni di sua competenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Garavini ha facoltà di replicare.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, non possiamo che essere insoddisfatti della Pag. 10risposta. Ci ritroviamo, infatti, con il principale trafficante italiano di cocaina nel mondo e uno dei più pericolosi a livello internazionale - quindi, non di nazionalità italiana - a piede libero. Al danno si aggiunge la beffa, se pensiamo che le modalità utilizzate sono state esattamente quelle che egli aveva già utilizzato nel corso della prima evasione.
A questo punto, signor sottosegretario, ci chiediamo con quali modalità il Governo intenda informare quest'Assemblea dello sviluppo della situazione. È estremamente necessario che si proceda a tutti gli accertamenti del caso, anche perché salta all'occhio come, ad esempio, anche i tempi di concessione degli arresti domiciliari siano stati atipici: di solito, si limitano ad un mese o a pochi mesi, anche nelle situazioni di maggiore gravità di salute, mentre in questo caso la tempistica è stata molto più lunga, giungendo addirittura ad un anno. Vi sono, evidentemente, delle falle anche in relazione alle modalità di allontanamento e nemmeno su questo abbiamo ottenuto chiarimenti dettagliati.
Chiediamo, dunque, che siano eseguiti severi accertamenti, proprio perché ci troviamo di fronte ad uno dei più gravi smacchi al sistema giudiziario italiano degli ultimi tempi e, proprio alla luce di un caso così eclatante, ci viene da dire che non è di certo sufficiente chiedere la recrudescenza del sistema del 41-bis se poi, nei fatti, si lascia che il sistema previsto dall'attuale legislazione lasci aperte delle falle e delle maglie così larghe da consentire - torno a ribadire - al principale trafficante di narco-stupefacenti di fuggire in questo modo così plateale che rischia di ridicolizzare il nostro Paese.

(Tempi e modalità di realizzazione del collegamento autostradale Asti/Cuneo - n. 2-00678)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00678, concernente tempi e modalità di realizzazione del collegamento autostradale Asti/Cuneo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi, la presenza del Viceministro Castelli certamente mi consente, data la sua lunga e larga esperienza nel settore, di dire poche parole che sono dettate soprattutto dalla preoccupazione di evitare inutili discussioni su un'opera che noi - dico noi per dire il Piemonte e la provincia di Cuneo - da oltre 20 anni sosteniamo come elemento indispensabile per il Piemonte del sud.
Signor Viceministro, colgo anche l'occasione per dire che si dovrà tornare a prestare una forte attenzione al futuro traforo del Mercantour. Poiché riteniamo che questa autostrada Asti/Cuneo non possa fermarsi al limite delle Alpi, in una interpellanza che depositerò nei prossimi giorni chiederò che vengano ripristinati gli accordi bilaterali italo-francesi stipulati già da tempo per andare in questa direzione.
Restando al tema di oggi, però, con questa interpellanza insieme al collega Vietti vogliamo acquisire elementi certi rispetto a voci più o meno ufficiali sul completamento dell'autostrada. Come ricordavo, l'iter è molto complesso. Dal 1985 in avanti abbiamo avuto confronti molto aspri sulle scelte progettuali; abbiamo dovuto superare delle grandissime difficoltà nelle procedure di valutazione di impatto ambientale; infine, ci sono stati il bando e la gara a livello europeo e un'indicazione di tempi, poi trasferiti, come diciamo nell'interpellanza, nella concessione per la realizzazione dell'opera.
In conclusione, signor sottosegretario, in merito a questa vicenda, che ha attraversato governi di centrodestra e di centrosinistra (anche se su questa infrastruttura vi era un largo e unanime consenso di tutte le forze economiche, sociali, istituzionali, eccetera), vorremmo soltanto avere una rassicurazione sulle questioni e i quesiti che abbiamo posto.
In particolare, vorremmo sapere quali sono oggi le eventuali difficoltà emergenti nel completamento del collegamento autostradale, con particolare riferimento ai lotti albesi che sono stati oggetto di confronto Pag. 11anche in sede provinciale, quale è il termine del completamento di questi lavori, se si sono già verificati ritardi e per quali ragioni, nonché, naturalmente, quali impegni e sollecitazioni il Governo - attraverso l'ANAS o direttamente - può assumere affinché quest'opera attesa da decenni possa essere realizzata secondo i tempi previsti.

PRESIDENTE. Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO CASTELLI, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, come ha ben puntualizzato l'onorevole interpellante, siamo di fronte ad una vicenda lunga e complessa. Con questa risposta, il Governo cercherà di illustrare esaustivamente qual è il punto della situazione ad oggi.
In via preliminare, riteniamo opportuno ricordare brevemente le caratteristiche generali dell'opera in esame. Il collegamento autostradale Asti-Cuneo si divide in due tronchi, interconnessi tra loro da un tratto dell'autostrada A6 Torino-Savona: il primo tronco, composto da cinque lotti, si estende dallo svincolo di Massimini dell'autostrada A6 Torino-Savona a Cuneo; il secondo tronco, composto da dieci lotti, si estende da Asti-est dell'autostrada A21 Torino-Alessandria-Piacenza al casello di Marene dell'autostrada A6 Torino-Savona.
La convenzione, sottoscritta il 1o agosto 2007 tra l'ANAS Spa e la società di progetto Autostrada Asti-Cuneo Spa, efficace dal 31 gennaio 2008, prevede che una parte dei lavori dell'infrastruttura sia a carico dell'ente concedente (sette lotti), mentre i rimanenti otto lotti vengono realizzati dalla concessionaria.
A tal proposito, occorre segnalare che i sette lotti a carico di ANAS, pari a 39,505 chilometri, sono stati ultimati ed aperti al traffico. Lo stato di attuazione dei rimanenti lotti, a carico della società concessionaria, risulta evidenziato nella tabella che è allegata a questa risposta e che, per brevità di esposizione, depositerò presso la Presidenza.
In relazione alla specifica richiesta relativa ai possibili ritardi verificatisi nella realizzazione dei lavori, si precisa che i lavori dei lotti 1.4/3, 1.5 (Massimini-Cuneo) e 2.1a (tangenziale di Asti), in corso di esecuzione, risultano in linea con le tempistiche previste dai provvedimenti approvativi emessi. Pertanto su questi, al momento, non vi è alcun ritardo.
Tuttavia, alcune specifiche problematiche derivate da cause imprevedibili, quali gli importanti ritrovamenti archeologici lungo il tracciato dei lotti del tronco 1, nonché la mancata disponibilità della cava di prestito nel comune di Asti, portano a prevedere uno slittamento temporale delle date di ultimazione, ossia: settembre 2011 (lotto 1.4/3), dicembre 2012 (lotto 1.5) e giugno 2012 (lotto 2.1).
La percentuale di avanzamento dei lavori è la seguente: lotto 3-4 del primo tronco, 41 per cento; lotto 5 del primo tronco, 29 per cento; lotto 1 A del secondo tronco, 8 per cento. I lavori relativi al lotto 1.6 (tangenziale di Cuneo) non hanno ancora avuto inizio poiché è ancora in corso la procedura Cipe di approvazione del progetto definitivo. I lavori dei lotti 2.5 e 2.6 (lotti albesi) non hanno ancora avuto inizio poiché, in sede di conferenza di servizi, convocata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rinnovo dell'intesa Stato-Regione, è stato disposto di assoggettare i progetti definitivi dei lotti in questione ad una specifica procedura di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente.
Tale disposizione ha imposto la propedeutica elaborazione di uno specifico studio di impatto ambientale. Va, altresì, evidenziato che al momento dell'appalto della concessione erano state già acquisite tutte le autorizzazioni e i pareri previsti dalla normativa vigente.
Per quanto riguarda il lotto 2.5, Guarene-Roddi, è in corso la valutazione tecnica del progetto da parte di ANAS, mentre per il lotto 2.6, Roddi-Diga Enel, in data 12 aprile ultimo scorso, l'ANAS ha già emesso la valutazione tecnica e autorizzato Pag. 12la concessionaria all'avvio di tutte le procedure per l'acquisizione dei necessari pareri e autorizzazioni.
È, quindi, prevedibile presumere l'ottenimento del conseguente decreto VIA per il lotto 2.6 nell'arco di circa quattro mesi dall'inoltro dell'istanza al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, quindi, entro l'estate 2010. Conseguentemente, sarà necessario procedere all'intesa Stato-regioni prefigurando, quindi, l'inizio dei lavori del lotto 2.6 a decorrere dalla fine dell'anno corrente.
Per il lotto 2.5 è, invece, allo studio un'ipotesi progettuale alternativa, finalizzata ad ottenere il contenimento dei costi di realizzazione senza compromettere la tempistica realizzativa.
Il tracciato del lotto 2.6, in attesa del completamento del lotto 2.5 per l'attraversamento del Tanaro, verrà provvisoriamente collegato con l'attuale tangenziale di Alba, transitoriamente utilizzata senza pedaggio anche dal traffico proveniente dall'autostrada, consentendo, quindi, un primo efficace collegamento a scorrimento veloce e a doppia carreggiata senza soluzione di continuità tra Asti e Cuneo.
Tale soluzione transitoria, con funzionalità di tipo misto, garantisce pertanto un'adeguata sostenibilità da parte dell'attuale tangenziale di Asti e Alba sia del traffico locale sia di quello autostradale, l'accessibilità diretta al sistema autostradale per l'utenza proveniente dal comprensorio albese tramite l'attuale tangenziale nonché l'assenza di pedaggio per le tangenziali di Asti e di Alba.
I lavori del lotto 2.1dir (tangenziale sud-ovest di Asti), che peraltro non interferiscono con le tempistiche di completamento dell'intero collegamento, non hanno avuto inizio in quanto la procedura CIPE di approvazione del progetto preliminare è stata sospesa dalla regione Piemonte per poter valutare ipotesi di rivisitazione del progetto presentato, in seguito alle istanze provenienti dalle amministrazioni locali interessate all'autostrada.
Anche i lavori del lotto 2.1b (tangenziale est di Asti) non hanno ancora avuto inizio. In questo caso sia la regione Piemonte sia la provincia di Asti, al fine di non compromettere il già precario funzionamento della viabilità cittadina, hanno chiesto di procedere alla realizzazione di tale lotto successivamente all'avvenuto completamento del lotto 2.1dir.
Per i motivi sopraesposti si ritiene, quindi, che i ritardi nell'esecuzione dei lavori siano da imputare a cause imprevedibili. Tuttavia, il Ministero, di concerto con l'ANAS, si sta adoperando perché venga adottato ogni possibile accorgimento teso a recuperare il tempo trascorso infruttuosamente.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Viceministro, la ringrazio. Ovviamente sono soddisfatto per la parte cronologica e per la puntualità dei riferimenti rispetto ai lotti oggi in attesa di avvio di lavoro e in corso di finanziamento.
Invece, devo rammaricarmi rispetto ad una valutazione che lei ha espresso, a nome del Governo, nel punto in cui si riferisce a fatti non prevedibili, vale a dire, giustamente a mio avviso, ai ritrovamenti archeologici in alcune tratte. Certamente sono meno imprevedibili le richieste di amministrazioni di enti locali che tendono ad ottenere ulteriori modifiche progettuali.
Esse, a mio avviso, comporteranno responsabilità e ritardi che, anche in base ai termini della concessione, vorrò esaminare fino in fondo e verificare se non comporteranno degli oneri aggiuntivi.
Dico questo perché, avendo partecipato in vent'anni a moltissime riunioni, non c'è mai una soluzione progettuale reale che risponda alle enormi complessità che la realizzazione di una autostrada comporta.
Vorremmo avere (lo vorrebbe, in particolare, l'interrogante che parla) un atteggiamento fermo rispetto agli obblighi contrattuali previsti dalla concessione rispetto ai progetti. Le possibili varianti oggi invocate a destra e a sinistra hanno una motivazione nobile che non voglio minimamente contrastare e a cui anche lei, mi pare, se ho colto bene il senso delle sue Pag. 13parole, ha fatto riferimento, ossia trovare soluzioni meno onerose e più adeguate.
Tuttavia, per l'esperienza che ho maturato in questo consesso e non solo, quando si intendono fare modifiche a concessioni e quindi a progetti che avevano già ricevuto, come lei ha ricordato, tutte le autorizzazioni, a mio avviso ci poniamo su un terreno inclinato dove poi le conseguenze, sia in termini temporali, sia in termini di costi, potrebbero rivelarsi molto onerose.
Per questo, poiché non vi è da parte nostra alcuna volontà di muovere rilievi critici strumentali, ma l'intendimento di rappresentare con forza in quest'Aula che la larga maggioranza delle comunità provinciali interessate, a nostro avviso, vuole che l'opera sia terminata al più presto, la mia sollecitazione conclusiva va proprio nell'indicazione e nella sollecitazione che abbiamo indicato nell'interpellanza urgente. Con la suddetta abbiamo chiesto quali iniziative e impegni intendesse assumere il Governo per il pieno rispetto degli obblighi contrattuali da parte della società autostradale, dando così una risposta certa e autorevole alle profonde preoccupazioni di tutte le comunità interessate.
Infatti, il mondo dell'economia ci ha più volte ribadito negli anni, ma anche recentemente, che questa autostrada va realizzata. Devono essere fornite risposte in tempi certi e l'ultimo rammarico - me lo consenta Viceministro - è che lei non ha esposto chiaramente la previsione conclusiva dei lavori.
Ha accennato che alcuni slittamenti su alcuni lotti ci saranno, ma a noi premerebbe sapere (poiché la convenzione relativa alla concessione prevede un termine) quale sarà il tempo ultimo, ovvero lo slittamento definitivo che dovremmo attenderci e che si può ragionevolmente presumere dalle difficoltà che lei ha anche evidenziato.
Su questo la pregherei di eventualmente fornire qualche indicazione più precisa perché ritengo che completare l'opera un anno prima o due anni dopo comporti anche dei costi che non possono non essere tenuti in considerazione rispetto alle lungaggini che già questa grande infrastruttura ha subìto. La ringrazio comunque e per questo conclusivamente mi dichiaro parzialmente soddisfatto.

PRESIDENTE. Dovremmo adesso passare all'interpellanza urgente Tempestini n. 2-00680 alla quale dovrebbe rispondere il sottosegretario Enzo Scotti, che però non è presente in Aula. Quindi, sospendo la seduta per dieci minuti in attesa del suo arrivo, che mi indicano essere prossimo.

La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 11,55.

(Elementi in merito all'arresto e alla successiva liberazione di tre operatori umanitari di Emergency in Afghanistan - n. 2-00680)

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00680, concernente elementi in merito all'arresto e alla successiva liberazione di tre operatori umanitari di Emergency in Afghanistan (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, interverrò dopo la risposta del sottosegretario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Enzo Scotti, ha facoltà di rispondere.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, vorrei a titolo di premessa registrare con piacere il riconoscimento da parte dell'onorevole interpellante della correttezza e dell'efficacia dell'azione condotta dal Governo nella vicenda che aveva condotto sabato scorso al fermo dei tre medici italiani a Lashkar Gah, nella provincia di Helmand.
Il Ministro Frattini aveva illustrato di fronte al Parlamento quale era il nostro obiettivo prioritario: ottenere la libertà per Pag. 14i nostri connazionali senza mettere in discussione la nostra posizione di ferma solidarietà alle istituzioni afgane e la coalizione internazionale nella lotta contro il terrorismo in Afghanistan. È un obiettivo che siamo riusciti a centrare appieno, grazie ad un'intensa azione condotta a più livelli politici, diplomatici e giudiziari, nel rispetto delle istituzioni afgane che l'Italia e la comunità internazionale stanno aiutando a crescere.
Rispondo ora puntualmente ai quesiti sollevati dall'onorevole interpellante. Per quanto riguarda la temporanea chiusura dell'ospedale di Lashkar Gah rilevo che, nonostante sia caduta ogni accusa nei confronti dei tre operatori di Emergency, l'interruzione dei lavori dell'ospedale di Lashkar Gah è stata disposta dalle autorità afgane per consentire la prosecuzione delle indagini ambientali e dei necessari accertamenti sullo stato dei luoghi, ove sono stati rinvenuti armi e materiale esplosivo sospettati di essere destinati a finalità terroristiche. L'onorevole interpellante comprenderà che il Governo italiano non ha alcun titolo per disporne la riapertura, che dipenderà in primo luogo dalla conclusione delle attività investigative da parte delle autorità afgane, e in secondo luogo da una valutazione di merito, anche in ordine alle condizioni di sicurezza nella provincia, da parte di Emergency, come del resto dichiarato dalla stessa presidente, Cecilia Strada. Credo che non sia superfluo ricordare, ad ogni modo, che il Governo afgano ha ripetutamente espresso apprezzamento, anche da ultimo ai livelli più alti, per il lavoro svolto dalla ONG italiana.
Per quanto riguarda l'affermazione in base alla quale il consistente ruolo italiano in Afghanistan avrebbe dovuto suggerire al Governo afgano di informarci preventivamente, vorrei far presente che questa considerazione si basa su presupposti non condivisibili. Per un intervento che le autorità afgane hanno presentato come un'operazione antiterrorismo e che è stata condotta dal servizio di sicurezza afgano non sussistevano gli estremi per una previa comunicazione della notizia di reato al Governo italiano, né una prassi in tal senso è rinvenibile nelle consuetudini dei rapporti internazionali tra Stati. Il rispetto per le istituzioni afgane e l'astensione da qualunque forma invasiva nei confronti di quel Governo, malgrado il diretto coinvolgimento di cittadini italiani nella vicenda, si sono basati sulla fiducia riposta nella piena e autonoma conduzione afgana del procedimento e sul convinto sostegno del nostro Paese alla stabilizzazione, allo sviluppo e alla democratizzazione dell'Afghanistan. Vorrei aggiungere che si è trattato di una fiducia reciproca, come dimostra la piena collaborazione che le autorità afgane hanno offerto fin dal primo momento per giungere ad un chiarimento della vicenda.
Quanto alle iniziative che si intendono promuovere a tutela delle ONG italiane operanti all'estero, il Ministero degli affari esteri ha sempre condotto una franca e costruttiva collaborazione con le ONG impegnate in contesti difficili, fornendo costantemente sostegno ed informazioni puntuali anche in relazione alle condizioni di sicurezza delle singole aree. Per quanto concerne il caso di specie, il Ministero degli affari esteri ha sempre sostenuto l'azione umanitaria di Emergency.
Gli ottimi rapporti curati e consolidati con il Governo afgano - di cui fanno stato la positiva risoluzione della vicenda ed il conseguente rilascio dei tre connazionali - rassicurano circa la fattiva prosecuzione del lavoro delle nostre organizzazioni umanitarie e civili in Afghanistan.
Quanto, infine, a quelle che l'onorevole interpellante definisce le «cause reali che hanno determinato il verificarsi dei fatti riportati», vorrei ricordare che sono in corso degli approfonditi accertamenti da parte delle autorità afgane. La stessa magistratura italiana ha aperto un fascicolo sulla vicenda.

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini ha facoltà di replicare.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, non sono soddisfatto e cercherò di spiegarne il Pag. 15perché. Naturalmente, noi abbiamo espresso un giudizio positivo anzitutto sul fatto che siano tornati i nostri cooperanti e sul principale obiettivo che tutti ci eravamo posti. Abbiamo anche considerato positivamente l'attività che il Governo ha posto in essere nel corso della fase decisiva, ma ciò non mi esime, per determinare un risultato positivo, senza fare una lunga cronistoria, dal fare qualche puntualizzazione: il Governo non era partito con il piede giusto. Questo è il punto. Faccio riferimento a dichiarazioni esplicite di alcuni membri del Governo, su cui adesso non voglio tornare. Noi abbiamo espresso con assoluta precisione una critica su questo punto specifico, tendente a dire sostanzialmente che non si può politicizzare la vicenda e soprattutto che non si può farne uno strumento di confronto e di dibattito della politica interna del Paese. Non era assolutamente il caso.
Credo che questo invito alla prudenza e al senso di responsabilità, che è stato formulato da parte nostra in modo corale e preciso, anche attraverso gli interventi che vi sono stati nel corso di un'audizione parlamentare e in tutte le sedi dove ciò è stato possibile, abbia dato un contributo a far sì che questo approccio venisse corretto e si determinasse una linea più chiara, tendente a scindere e a separare un dibattito, sul quale poi tornerò, sui giudizi di varia natura che si possono esprimere sul ruolo di alcune organizzazioni, nella fattispecie di Emergency, in quel teatro, ma che deve e doveva essere tenuto separato dalla vicenda in sé.
Abbiamo espresso - lo ripeto - una valutazione positiva su come poi il Governo ha preso in mano le cose. Noi avevamo posto una questione di prudenza, di responsabilità e anche di fermezza. Anche lì, infatti, la prudenza andava giustamente declinata nel senso di tener conto che stiamo operando in un Paese sovrano, che come tale ha la sua giurisdizione, le sue norme e le sue procedure. Quindi, dobbiamo naturalmente essere rispettosi di tutto questo contesto. Fermezza, però, vuol dire che, accanto a questo doveroso e inevitabile riconoscimento della presenza di uno Stato sovrano con le sue regole e le sue leggi, c'era anche il fatto che in quel contesto non siamo nelle condizioni di alzare la voce, ma di far valere le nostre buone ragioni.
Credo che questo invito, la lettera del Presidente del Consiglio e i fatti successivi che hanno portato all'invio dell'ambasciatore Iannuzzi, del cui operato debbo naturalmente dare atto riflettano l'aspetto che avevamo sottolineato della fermezza nel trattare. Nessuno ha invocato, come in qualche dichiarazione imprudente è stato anche fatto, l'invio dei marines. Non era quella la questione.
La questione era di far valere, come è stato poi fatto, una presenza impegnativa, importante e non neutrale del nostro Paese in quel contesto. Tra l'altro, la presenza italiana in Afghanistan - qui vengo all'altra questione; per questo credo che quelle prime battute abbiano pesato negativamente, ed è stato bene sottolinearlo - si è sempre contraddistinta per essere, per così dire, una presenza binaria: da una parte, con una piena adesione alle iniziative tendenti al ristabilimento delle condizioni di pace, di democrazia e di possibilità di governo democratico di quel Paese, ma, dall'altra parte, con la convinzione, da sempre, che quella presenza militare dovesse essere accompagnata da una capacità di stare nella società civile afgana, di essere presenti in quella società per dare un segno particolare, oserei dire, in quella prima fase, per qualche verso, addirittura originale, della nostra presenza. Anche su questo, naturalmente, sappiamo che abbiamo lavorato su un terreno bipartisan, e questo, naturalmente, lo sottolineo con assoluto senso di responsabilità.
Naturalmente, è una linea che con il corso del tempo ha avuto conferme, perché il cambio di strategia, quel famoso cambio che si è intestato intorno al nome del generale McChrystal, in fondo percorre, da un punto di vista teorico e per alcuni fatti che stanno determinandosi in Afghanistan con delle correzioni di rotta, quello stesso itinerario. Pag. 16
Bisogna, cioè, convincere i cuori, oltre a tutte le questioni che, per brevità di tempo, non voglio qui affrontare. È una linea che, quindi, ha bisogno di un costante monitoraggio, perché se è una linea che vede come questione decisiva il modo di essere nella società civile afgana e nella sua capacità di convincimento, il modo con il quale le organizzazioni non governative operano, lo spazio che ad esse viene dato, la loro possibilità di esplicare la loro attività, tutte queste questioni acquistano un rilievo eccezionale e diventano, per qualche verso, una cartina di tornasole di come questo duplice approccio si espliciti e riesca a fare qualche passo significativo in avanti.
Ecco perché poniamo la questione dell'ospedale di Emergency: anzitutto, ha un valore sostanziale, perché, come voi sapete e come l'onorevole sottosegretario sa, si tratta dell'unica presenza in quel contesto, che è molto difficile, ma dove, naturalmente, i problemi umanitari sono di grandissimo peso (siamo nell'Helmand più profondo); ma ha un valore anche simbolico.
Quella presenza, come altre naturalmente - qui non c'è nessuna distinzione da fare - deve dare il segno e deve aiutarci a continuare su una linea che è quella, ripeto, di preparare le condizioni della pace e le condizioni, questa sì, di una exit strategy che sia non una fuga precipitosa o un abbandono, ma sia accompagnata e fondata su un colloquio nuovo e rinnovato.
Le domande che le abbiamo proposto in questa interpellanza sono sostanzialmente, da una parte, relative a questo punto. Lei ci risponde che per la riapertura dell'ospedale occorrerà un percorso; sapevamo, ovviamente, che questo era inevitabile.
Naturalmente, non abbiamo dimenticato le prime farneticanti dichiarazioni di alcuni esponenti dei servizi segreti di stanza in quella zona (dico così perché si è appalesata una differenza di approccio con i servizi segreti centrali).
Ma non ci può sfuggire quanto i presunti capi di accusa suscitino incredulità ed indignazione, come noi subito affermammo (sono state parole che ho usato io). Non possiamo neanche far passare del tutto sotto silenzio le modalità con le quali le perquisizioni, alle quali è seguito l'arresto, sono state «costruite»: tutte cose che non possiamo dimenticare, che il Governo fa bene a non dimenticare, che naturalmente vogliamo porre per quello che sono; tali fatti ci inducono ad affermare che la riapertura dell'ospedale va richiesta anche dal Governo con forza, perché essa è anche un modo per sanare quanto è accaduto e che poteva determinare rischi enormi. Essi sono stati naturalmente poi evitati da un nostro atteggiamento responsabile e - devo dire - anche da parte del Presidente Karzai vi è stato poi complessivamente un atteggiamento simile; ma i fatti ci suggeriscono che la risposta della riapertura dell'ospedale è un modo per chiudere una vicenda che è partita, da parte afgana, in modo non corretto e non accettabile: questo è il dato che si ricava considerando complessivamente tutti gli elementi del quadro.
Un'altra domanda sostanziale, inoltre, che noi poniamo (e mi avvio alla conclusione della replica) è quella che riguarda il contesto. Vi sarà bisogno, naturalmente, di ulteriori indagini, ma noi non ne facevamo una questione di procedura giudiziaria: ponevamo una questione politica, perché in questa vicenda si sono certamente intrecciate questioni che riguardano le difficoltà di governo di quel Paese. Tali difficoltà si stanno palesando, purtroppo, in un contrasto, di cui abbiamo notizia, tra Governo centrale e realtà locali che, come sappiamo, hanno per qualche verso vita autonoma, in un contesto generale di crisi.
In tale contesto generale di crisi della statualità afgana, naturalmente vi sono elementi positivi ed elementi negativi. L'elemento positivo è che da parte dell'amministrazione americana si sta lavorando - mi pare - finalmente in modo giusto e non c'è da aspettarsi risultati a tambur battente, perché si tratta di un lavoro lungo che deve rimediare ad anni di malfunzionamento. Si sta cercando di procedere Pag. 17ad un primo rattoppamento, ad un primo riordinamento del tessuto regionale, che è vitale per procedere oltre.
In questa fase, paradossalmente, gli elementi di innovazione introdotti dall'amministrazione americana, e quindi anche dalle forze della coalizione, cioè l'idea di aprire il confronto sul terreno di una possibile trattativa anche con altri, è molto probabile che determinino ulteriori fattori di difficoltà del quadro interno, che vanno quindi governati conoscendo tutte le difficoltà che ciò comporta. È una fase di transizione, di passaggio: è molto difficile. Noi pensiamo che in questa fase di transizione e di passaggio tra una situazione bloccata, come quella di prima, e questa che si apre a qualche evoluzione possibile, vi siano dei rischi e difficoltà che si possono palesare; quindi può essere (non possiamo esprimerci diversamente se non con il dubitativo) che questi elementi abbiano pesato nell'identificare Emergency come capro espiatorio, punto più sensibile, sul quale tali forze si potessero scatenare.
Noi abbiamo fatto riferimento anche a considerazioni riportate dalla stampa, sul ruolo, sul tipo di azione e di atteggiamento di alcuni nostri alleati nel corso della vicenda.
Il Governo ha smentito e noi stiamo alla smentita del Governo, ma naturalmente anche questo fa parte di quel contesto e penso che il Governo - come ha fatto nel corso di questa vicenda - debba legare sempre il nostro modo di reazione al fatto che non siamo soli, bensì agiamo in un contesto di alleanza e che è presente l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Tutti i passi che sono stati compiuti e che sono andati in questa direzione mi pare che abbiano avuto buoni risultati e credo che per il futuro tale comportamento debba ancora essere tenuto in considerazione.
Da questo punto di vista, svolgo un'ultima considerazione sul tema delle organizzazioni non governative, in particolare di Emergency. Lo voglio ribadire qui in modo molto chiaro: intorno ad Emergency naturalmente esiste una vastissima letteratura e noi abbiamo le nostre opinioni. Naturalmente la scelta di Emergency - ossia quella di considerare che all'azione umanitaria, all'azione di salvare l'uomo, non si può non collegare un tentativo di salvare le ragioni della pace - rappresenta un'opinione nobile sulla quale si può ovviamente avere una diversità di vedute.
La storia di Emergency è molto dura, una storia di confronto non solo in Italia, ma anche in quei mondi: Emergency non si è mai sottratta al rischio ed anche alla ricerca del confronto duro.
Sono scelte che penso possano essere giudicate e valutate in molti modi e naturalmente neppure noi abbiamo sempre avuto un rapporto univoco, unilineare con Emergency; ciò che però vogliamo ribadire in questa sede è che Emergency rappresenta - ed è difficile contestarlo - una luce di civiltà nella barbarie e quindi come tale ritengo che dobbiamo difenderla, così come dobbiamo difendere il complesso delle organizzazioni non governative ed il loro operato, nelle forme diverse con le quali esse hanno inteso e intendono stare sul campo.
Un'ultima considerazione: le poche riflessioni che ho svolto sulle questioni inerenti alla vicenda dell'Afghanistan e al percorso verso la pace non sono ovviamente oggetto di questa discussione, però quello che è accaduto - e credo che il Governo debba concordare - non può non spingerci a chiederci che in tempi rapidi e brevi il Parlamento possa essere la sede di una nuova approfondita riflessione sull'argomento.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Convalida di un deputato proclamato nella X Circoscrizione Liguria (ore 12,15).

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha certificato non essere contestabile l'elezione del deputato Edoardo Rixi, proclamato nella seduta del 16 febbraio 2010 in sostituzione del deputato Maurizio Balocchi Pag. 18per la lista n. 8 - Lega Nord nella X circoscrizione Liguria, e, concorrendo nell'eletto le qualità richieste dalla legge, ha deliberato di proporne la convalida.
Il Presidente della Camera dà atto alla Giunta di questa proposta e dichiara convalidata la suddetta elezione.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, come già preannunciato ai gruppi, con lettera in data 20 aprile 2010 il presidente della Commissione lavoro, onorevole Moffa, rappresentando l'esigenza unanime emersa in ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha chiesto che l'esame del disegno di legge n. 1441-quater in materia di lavoro, già iscritto nel vigente calendario a partire da lunedì prossimo, 26 aprile, abbia luogo a partire da mercoledì 28 aprile. L'esame del predetto disegno di legge avrà pertanto inizio a partire da tale data.
Comunico inoltre che, come del pari preannunciato ai gruppi, su richiesta avanzata dal Presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno, che ha rappresentato gli orientamenti emersi al riguardo in sede di Commissione, non sarà iscritto all'ordine del giorno delle sedute della prossima settimana l'esame della proposta di legge Vietti n. 1090 in materia di riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, già previsto dal vigente calendario dei lavori.
L'ulteriore calendarizzazione di tale provvedimento sarà stabilita in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,18).

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo anche perché la parte conclusiva dell'intervento dell'onorevole Tempestini si ricollega in modo forte, limpido e lineare alla questione che volevo porre a lei, ma anche al sottosegretario Scotti.
Poche ore fa (si ricollega perché parliamo di italiani operatori di pace e di libertà all'estero) sono stati ritrovati i resti di un giornalista un po' dimenticato frettolosamente dalla memoria collettiva: parlo di Baldoni. Lei sa, sottosegretario, che è una vicenda misteriosa dall'origine; a un certo punto neanche i resti erano stati trovati. C'è stato un lavoro - e ne voglio dare atto pubblicamente - silenzioso degli apparati, seguito con molta delicatezza dal Presidente Napolitano, il quale ha sempre seguito con grande attenzione e discrezione la questione del ritrovamento dei resti.
Tuttavia, sottosegretario, vi sono due questioni che vanno poste: una - nei modi e nelle forme che decideremo - è che sia informato il Parlamento delle modalità del ritrovamento di questi resti. Non è un problema secondario, perché vi sono stati troppi episodi singolari intorno a questa vicenda sin dall'origine. Quindi è importante che ne siano informate le Commissioni competenti ed è importante anche, sottosegretario, Presidente Buttiglione, concordare con la famiglia, se fosse possibile, il modo migliore per ricordare la figura di Baldoni. Non si tratta di strumentalizzare (ho un po' orrore delle strumentalizzazioni in queste materie), ma la famiglia con grande pazienza, supportata - devo dire - da molte forze politiche e sociali (dalla regione Umbria, da molte associazioni dei giornalisti), ha posto da tempo il problema delle modalità del ricordo di Enzo Baldoni, che è una figura particolare, perché andò in quella terra senza armi, per cercare di illuminare l'oscurità di una guerra che comunque la si pensi - io ero radicalmente contrario - si fondò sulla bugia mediatica.
Quindi un giornalista che tenta di penetrare la bugia mediatica svolge un ruolo civile fondamentale. Lo stesso ragionamento si potrebbe fare per un altro giornalista dimenticato, Russo (di Radio Radicale), Pag. 19che fu ammazzato in Cecenia, o per la vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, anch'essa rimasta ancora avvolta dal mistero.
Allora, nei modi e nelle forme possibili non solo vorrei che il Governo informasse il Parlamento e le Commissioni su questa vicenda, ma si ponesse la questione delle modalità del riconoscimento. Migliaia di italiani hanno firmato per il riconoscimento della medaglia al valore civile a Baldoni, per una forma di riconoscimento nei suoi confronti e, attraverso lui, di tanti operatori di pace. Non so quali possano essere le forme migliori. So che ci sono materie che devono essere viste con attenzione e sono all'attenzione della stessa Presidenza della Repubblica. Credo che almeno su questo tutti assieme possiamo chiedere che si trovi nel modo più rapido la forma più adeguata e più degna per ricordare un italiano, che - almeno per quanto riguarda me e molti altri - comunque deve essere considerato e mantenuto nel nostro ricordo come un autentico eroe civile, come un giornalista ficcanaso (perché così devono essere quelli che vogliono scoprire la verità), che non si voleva arrendere né all'oscurità né alla bugia mediatica.

PRESIDENTE. Onorevole Giulietti, provvederò a informare il Presidente della Camera, che valuterà in che modo dare seguito alla sua domanda. Mi permetto di suggerirle però che l'esercizio del potere di atto ispettivo (un'interrogazione o un'interpellanza al Governo) può essere comunque una prima modalità per ottenere soddisfazione alla domanda che lei stesso ha posto.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 27 aprile 2010, alle 12:

1. - Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DAMIANO ed altri, MIGLIOLI ed altri; MIGLIOLI ed altri; BELLANOVA ed altri; LETTA ed altri; DONADI ed altri: Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori (C. 2100-2157-2158-2452-2890-3102-A).
- Relatore: Cazzola.

La seduta termina alle 12,25.