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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 304 di giovedì 8 aprile 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,35.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 marzo 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, D'Alema, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lucà, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Sardelli, Scajola, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 9,45).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge:
ALBERTO GAIANI, da Parma, e numerosi altri cittadini chiedono di promuovere l'istituzione di una commissione di inchiesta internazionale e di una missione internazionale umanitaria per verificare le modalità di controllo dei flussi migratori e le condizioni dei detenuti nei centri di detenzione per stranieri in Libia (942) - alla III Commissione (Affari esteri);
ENNIO IEZZI e GRAZIELLA TODESCO, da Andora (Savona), chiedono:
che sia garantita la chiarezza della formulazione delle norme legislative, anche di derivazione comunitaria o sovranazionale, assicurando tra l'altro l'esplicito richiamo dei princìpi costituzionali sottostanti alle varie disposizioni (943) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei parlamentari nonché di controllo di costituzionalità delle leggi (944) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia elettorale, con la previsione che il voto possa essere espresso solo in favore di persone fisiche, e non dei partiti politici (945) - alla I Commissione (Affari costituzionali); Pag. 2
disposizioni per l'attuazione degli articoli 43, 44 e 45 della Costituzione (946) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
interventi legislativi volti a introdurre nuovi strumenti di formazione scolastica e universitaria per le classi dirigenti, ispirati ai principi dell'insegnamento cristiano (947) - alla VII Commissione (Cultura);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
la riforma della legge elettorale al fine di consentire a ciascun cittadino di candidarsi liberamente in tutte le consultazioni elettorali (948) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme sulla commercializzazione di beni da parte delle organizzazioni umanitarie (949) - alla X Commissione (Attività produttive);
disposizioni in materia di controlli sulla situazione patrimoniale dei rappresentanti elettivi a livello nazionale e locale (950) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
DIEGO FRACASSI, da Lodi, chiede interventi per assicurare la piena attuazione delle norme in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati a seguito di trasfusioni di sangue o di emoderivati (951) - alla XII Commissione (Affari sociali);
GIANFRANCO CONSOLI, da Bergamo, chiede:
che la notifica delle sanzioni amministrative debba avvenire entro trenta giorni dalla commissione del fatto (952) - alla II Commissione (Giustizia);
l'introduzione di norme per consentire l'identificazione del personale delle Forze dell'ordine addetto a compiti di ordine pubblico (953) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia di responsabilità dei magistrati per colpa grave (954) - alla II Commissione (Giustizia);
disposizioni in materia di comunicazione delle norme statali potenzialmente lesive dei diritti umani alla Corte europea dei diritti dell'uomo (955) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
ALDO BANOVAZ, da Mulhouse (Francia), e numerosi altri cittadini chiedono che la sede consolare di Mulhouse non sia soppressa (956) - alla III Commissione (Affari esteri);
MARCO EISEL, da Legnano (Milano), e altri cittadini chiedono la concessione di una promozione a titolo onorifico agli ufficiali provenienti dai corsi allievi ufficiali di complemento (957) - alla IV Commissione (Difesa);
VINCENZO PARISI, da Palermo, chiede modifiche agli articoli 11, 14 e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, volte ad assicurare maggiori garanzie per i cittadini nell'ambito dei procedimenti sanzionatori (958) - alla II Commissione (Giustizia);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
l'introduzione di forme di immunità per chi ricopre la carica di Presidente del Consiglio dei ministri (959) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia di nomina dei giudici popolari (960) - alla II Commissione (Giustizia);
PAOLO EUGENIO VIGO, da Genova, chiede:
nuove norme in materia di autocertificazione per l'ammissione di candidati nelle liste elettorali (961) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'introduzione di agevolazioni previdenziali e di forme di lavoro sociale retribuito per promuovere l'occupazione giovanile (962) - alla XI Commissione (Lavoro);
la riduzione del numero dei parlamentari e l'introduzione di limiti al numero di mandati elettivi e incarichi di Governo (963) - alla I Commissione (Affari costituzionali); Pag. 3
nuove norme in materia di impiego di vocaboli stranieri negli atti pubblici (964) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
GABRIELLA CUCCHIARA, da Roma, chiede nuove norme in materia di condanna al pagamento delle spese legali (965) - alla II Commissione (Giustizia).

Su un lutto del deputato Donato Renato Mosella.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Donato Renato Mosella è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica (ore 9,47).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3226, 3227 e 3228.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi di tali disegni di legge di ratifica è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 30 marzo 2010.

Discussione del disegno di legge: S. 1881 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia ed ai tratti di ferrovia compresi tra le stazioni e le frontiere d'Italia e di Francia, fatto a Roma il 22 gennaio 2003 (Approvato dal Senato) (A.C. 3226).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia ed ai tratti di ferrovia compresi tra le stazioni e le frontiere d'Italia e di Francia, fatto a Roma il 22 gennaio 2003.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3226)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Renato Farina, ha facoltà di svolgere la relazione.

RENATO FARINA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Accordo al nostro esame modifica parzialmente la Convenzione italo-francese del 1951 riguardante il tratto ferroviario frontaliero tra le stazioni di Modane e Ventimiglia e mira a risolvere un'anomalia fiscale concernente il personale dipendente delle ferrovie dei due Paesi in servizio presso le stazioni di Modane e Ventimiglia, che avrebbe goduto sinora di una doppia esenzione fiscale in Italia e in Francia. Il Protocollo intende superare quest'anomalia, riconoscendo potestà impositiva ai due Stati, senza peraltro imporre ai destinatari una doppia tassazione.
L'Accordo presuppone una serie di profili tecnici di carattere fiscale assai complessi, ben evidenziati nella relazione tecnica allegata al disegno di legge originario: in particolare viene richiamato l'articolo 2 del Testo unico delle imposte sui redditi che detta i requisiti per la identificazione di un soggetto quale residente a fini fiscali. In mancanza di tali requisiti, se cioè il lavoratore non possa considerarsi residente fiscale in Italia, saranno imponibili nel nostro Paese solo i redditi - imputabili a tale soggetto - prodotti in Italia secondo Pag. 4i criteri di collegamento di cui al successivo articolo 23 del medesimo testo unico, in base al quale anche i redditi da lavoro dipendente prodotti da non residenti fiscali in Italia sono considerati prodotti nel nostro Paese qualora la prestazione lavorativa venga effettuata nel territorio italiano.
Attualmente, come riportato dalla relazione tecnica, i cittadini francesi che prestano lavoro in via continuativa presso la stazione italiana di Ventimiglia e che risiedono in Francia sono tassati, in applicazione della Convenzione per evitare la doppia imposizione, in Italia ex articolo 23 del Testo unico delle imposte sui redditi, a condizione che i redditi da loro percepiti siano esenti da imposta diretta in Francia; la tassazione, in tale ipotesi, verrà effettuata sulla base dei redditi prodotti in Italia. I cittadini italiani, per il lavoro svolto nella stazione di Mondane, beneficiano dell'esenzione totale da imposizione in Francia (sia erariale sia locale) ex articolo 12 della Convenzione del 1951 già citata, mentre saranno soggetti ad imposizione in Italia per i medesimi redditi secondo le nuove regole dettate per la tassazione dei redditi transfrontalieri sopra descritte.
Il Protocollo in esame, una volta ratificato, determinerà una diversa situazione, per la quale i cittadini francesi, anche se residenti fiscalmente in Italia, verranno tassati solo nel loro Paese per i redditi derivanti dall'attività svolta nella stazione italiana di Ventimiglia: ciò provocherà una diminuzione di gettito per lo Stato italiano, che non avrebbe più il diritto ad applicare l'imposizione fiscale quale Stato della fonte del reddito.
L'effetto della nuova regolamentazione porrà il personale dipendente delle Società nazionali delle ferrovie francesi in servizio alla stazione di Ventimiglia e, viceversa, il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato italiane in servizio a Modane, sullo stesso piano di soggezione impositiva.
La citata relazione tecnica, in ragione della principale conseguenza del Protocollo in esame, ovvero del venir meno dell'applicazione impositiva italiana alle retribuzioni percepite dal personale francese addetto alla stazione di Ventimiglia, stima una potenziale diminuzione di gettito pari a circa 195.000 euro annui, che prudenzialmente vengono arrotondati a 200.000.
La Convenzione viene quindi modificata dal Protocollo al nostro esame attraverso l'inserzione di un articolo aggiuntivo, il 12-bis.
L'articolo 3 reca poi la norma di copertura finanziaria degli oneri che il provvedimento comporta: durante l'esame, l'articolo 3, originariamente di 3 commi, è stato significativamente emendato, modificando la copertura finanziaria, ora prevista in 139.000 euro per l'anno 2010 e in 200.000 euro annui a decorrere dal 2011, a valere sull'autorizzazione di spesa relativa all'esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione (articolo 3, comma 1, della legge n. 170 del 1997). È stato recepito in questo modo il parere non ostativo con condizioni, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, reso dalla 5a Commissione del Senato nella seduta del 21 gennaio scorso.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Renato Farina, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, intervengo solamente per sottolineare come un aggiornamento della normativa vigente è necessario sia per un fatto di equità sia per gli ottimi rapporti bilaterali e politici che abbiamo con lo Stato francese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, il Protocollo di modifica della Convenzione Pag. 5tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese, di cui discutiamo oggi la ratifica, è stato firmato a Roma oltre 7 anni fa e, come spesso accade per i trattati internazionali, è sottoposto all'esame del Parlamento con un incomprensibile ritardo, che va segnalato in considerazione anche dell'importanza dell'anomalia fiscale che, come ha ben spiegato il relatore, è inerente al personale dipendente in servizio nella zona di frontiera compresa tra le stazioni di Modane e Ventimiglia. Come è stato detto, il personale italiano e francese in servizio nelle succitate stazioni avrebbe beneficiato fino ad ora di un'esenzione fiscale davvero anomala, poiché la potestà impositiva non è stata esercitata né dall'Italia né dalla Francia. Il Protocollo di modifica al nostro esame corregge tale difformità resa possibile dalla preesistente Convenzione e riconosce ai due Stati la legittima potestà impositiva, evitando ai destinatari una doppia tassazione, un obiettivo divenuto negli ultimi decenni l'acquis di tutte le convenzioni sulla doppia imposizione fiscale.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, non mi dilungo sui profili tecnici di carattere fiscale contenuti nell'accordo, invero assai complessi e che in ogni caso sono stati già illustrati dal relatore, ma vorrei richiamare l'importanza dell'accordo relativamente ai soggetti passivi dell'imposta e ai requisiti della residenza ai fini tributari, aspetti che proprio nei mesi passati sono stati rivalutati con il varo della normativa sul terzo scudo fiscale e che hanno fatto emergere numerosi quesiti e accese discussioni sulla tassazione dei circa 55.000 lavoratori frontalieri italiani, del personale operante nella rete diplomatico-consolare e delle persone operanti all'estero a seguito di società multinazionali.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge originario determina con chiarezza, a nostro avviso, le condizioni della residenza sulla base del principio di presunzione relativa, al fine di identificare i soggetti d'imposta coerentemente con l'articolo 2 del Testo unico delle imposte sui redditi.
L'Accordo in oggetto disciplina in modo inequivocabile, a nostro parere, le condizioni di imputabilità fiscale in relazione alla residenza, ma tenendo fermo il principio cardine dell'imposizione dei redditi da lavoro dipendente nel Paese in cui è stata effettuata la prestazione lavorativa, indipendentemente dalla residenza. Vorrei ricordare che questo è un principio che, peraltro, costituisce un aspetto fondamentale della libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione europea.
L'Accordo chiarisce sia la posizione dei cittadini francesi che prestano lavoro in via continuativa presso la stazione italiana di Ventimiglia e che risiedono in Francia, sia quella dei cittadini italiani operanti nella stazione di Modane. I cittadini francesi sono tassati, in applicazione della Convenzione, per evitare la doppia imposizione, in Italia, purché i redditi da loro percepiti siano esenti da imposizione diretta in Francia. La tassazione, in tali ipotesi, verrà effettuata sulla base dei redditi prodotti in Italia. I cittadini italiani, invece, sono esentati totalmente dall'imposizione in Francia, sul piano sia erariale che locale, mentre saranno soggetti ad imposizione in Italia per gli identici redditi, secondo le nuove regole sulla tassazione dei redditi transfrontalieri.
Vorrei, altresì, sottolineare - come ha fatto il relatore - gli effetti positivi prodotti dalla nuova regolamentazione. Sia il personale dipendente delle ferrovie francesi in servizio alla stazione di Ventimiglia, sia il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato italiane in servizio a Modane hanno pari trattamento sul piano della soggezione impositiva.
Il Protocollo che oggi ci accingiamo a ratificare, a causa della cessazione dell'applicazione impositiva italiana alle retribuzioni percepite dal personale francese addetto alla stazione di Ventimiglia, comporta una diminuzione di gettito stimata in circa 195 mila euro annui, arrotondati, prudenzialmente, a 200 mila euro. Pag. 6
Signor Presidente, non mi dilungo sugli effetti dell'articolo aggiuntivo 12-bis, che rappresenta il caposaldo del citato Protocollo e che modifica la Convenzione in oggetto, in quanto l'illustrazione che ne è stata fatta dal relatore è assolutamente esaustiva e condivisa. Tuttavia, vorrei esporre, di nuovo, una breve nota sulle risorse che vengono attinte dal fondo contro la desertificazione: è diventata, ormai, una costante di tutti i Trattati che stiamo ratificando dall'inizio dell'anno, anche se il Governo, di volta in volta, ha dato assicurazioni in relazione a questo aspetto. Credo, però, che le destinazioni di tale fondo debbano essere rispettate e non utilizzate largamente, a piene mani, per finanziare tutti gli accordi che abbiamo ratificato negli ultimi mesi.
Vorrei approfittare della presenza in questa sede del sottosegretario Craxi anche per dire che, tra Italia e Francia, con riferimento al problema della doppia imposizione fiscale dei nostri concittadini che percepiscono pensioni INPDAP, vi è un'anomalia che deve essere assolutamente risolta. Infatti, molti cittadini italiani residenti in Francia, che sono in queste condizioni, rinunciano alla cittadinanza italiana per evitare la doppia imposizione fiscale, a cui sono soggetti sia in Italia che in Francia.
Tra Italia e Francia vi è un accordo, che somiglia molto a quello in esame, che, però, è stato realizzato su una base «amichevole» (come è stato definito in lingua francese) e va rivisto. Credo che uno Stato che ha a cuore anche la situazione fiscale dei propri cittadini debba assolutamente fare qualcosa affinché questa situazione venga modificata. Pertanto, in questo senso, rivolgo un invito al sottosegretario Craxi, sapendo quanto è attento a questi aspetti (sono stati presentati alcuni atti di sindacato ispettivo anche nella passata legislatura, ma non si viene a capo della questione).
Preannuncio, quindi, signor Presidente, il voto favorevole alla ratifica di questo provvedimento da parte del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951, relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia, tende a modificare la disciplina impositiva per il personale francese dipendente della Société Nationale des Chemins de Fer (SNCF), in servizio alla stazione di Ventimiglia, e il personale italiano dipendente, invece, dalle Ferrovie dello Stato (FS), in servizio a Modane. Questo personale godeva, di fatto, di una doppia esenzione, mentre in virtù del nuovo regolamento sarà posto su un piano di parità.
Mediante questo Protocollo, infatti, si stabilisce un criterio impositivo concorrente dello Stato di residenza e dello Stato della fonte del cespite. Pertanto, sia la Francia, in quanto Stato di residenza, che l'Italia in quanto Stato della fonte, potranno tassare gli emolumenti percepiti dal personale delle Ferrovie dello Stato, fiscalmente residente in Francia, che presta servizio alla stazione di Modane, e viceversa.
In particolare, l'imposta italiana non è deducibile ai fini del calcolo del reddito imponibile in Francia, ma al beneficiario viene riconosciuto un diritto al credito d'imposta che verrà imputato sull'imposta francese, fino a concorrenza della stessa, nella cui base imponibile i predetti emolumenti sono ricompresi. Lo stesso vale, ovviamente, per l'imposta francese.
Sebbene il gruppo dell'Italia dei Valori esprima una valutazione sostanzialmente positiva sui contenuti di questo provvedimento, che risolve un'anomalia fiscale riguardante i lavoratori delle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia, occorre stigmatizzare il fatto che la copertura finanziaria di 139 mila euro, prevista per l'anno 2010, e di 200 mila euro annui, a decorrere dal 2011, è stata individuata a valersi, ancora un volta, sugli stanziamenti destinati alla lotta alla desertificazione. Pertanto, come nel gioco delle tre carte, si rischia di compromettere la sufficienza di questi fondi. Mi auguro, invece, che il Pag. 7Governo voglia porre più attenzione su questo punto, affinché possano essere portati a termine al più presto gli impegni connessi alla ratifica della Convenzione ONU contro la desertificazione.
Colgo, pertanto, l'occasione per preannunciare il nostro voto favorevole alla ratifica di questo provvedimento, rinunciando fin d'ora alla dichiarazione di voto finale (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, la relazione del collega Renato Farina è stata puntuale ed esaustiva ed ha evidenziato che il Protocollo che ci accingiamo a ratificare ha la capacità di definire una normativa equa e con effetti identici di reciprocità per i lavoratori delle ferrovie francesi e italiane, i quali lavorano, rispettivamente, nelle stazioni di Modane e di Ventimiglia.
Si sana un'anomalia, si riconosce la potestà impositiva ai due Stati e non si impone una doppia tassazione ai destinatari: questa è l'essenza di questo provvedimento, il quale mira a sanare un'anomalia che, indubbiamente, ha caratterizzato la Convenzione siglata a Roma nel 1951.
L'articolo 1 sopprime ciò che disponeva - ossia che i redditi dei residenti italiani derivanti dall'esercizio delle loro funzioni nella stazione francese di Modane venissero tassati esclusivamente in Italia - e dispone che i redditi dei cittadini francesi o italiani derivanti dall'attività svolta, rispettivamente, nella stazione italiana di Ventimiglia e nella stazione francese di Modane, siano imponibili indipendentemente dalla propria residenza fiscale, esclusivamente nel loro Paese di appartenenza.
Tutto ciò significa, in sintesi, che quanto previsto in precedenza non si applica nel caso in cui i lavoratori stabiliscano nell'altro Stato la propria residenza; in tal caso, poiché ci si riferisce alla residenza anagrafica e non fiscale, la previsione di cui ai commi predetti non opera e i redditi dei lavoratori italiani e francesi sono imponibili anche nello Stato presso cui prestano attività lavorativa.
Questa è l'essenza del provvedimento, sulla quale non mi dilungo perché, come ho già detto e come ripeto, sia il relatore sia i colleghi che mi hanno preceduto hanno chiarito ulteriormente la sua validità.
Per quanto riguarda la copertura, che è indubbiamente nell'ordine dei 200 mila euro l'anno a partire dal prossimo anno, si fa riferimento ai fondi per la desertificazione. Il Governo ha posto in particolare evidenza che in ogni caso questa copertura non andrà a detrimento dell'iniziativa dell'Italia nei confronti di un tema così importante per il nostro pianeta, ma si tratta di gestire con maggiore parsimonia la capacità di affrontarlo.
Sottolineando tale modalità credo, pertanto, che si debba valutare positivamente sia il provvedimento, sia la sua copertura e per queste ragioni preannuncio fin da ora, senza dover intervenire successivamente, il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3226)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Renato Farina.

RENATO FARINA, Relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica, essendo tutti concordi nel sostenere questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, come ha Pag. 8sottolineato giustamente l'onorevole Pianetta, il finanziamento di questo provvedimento non andrà a detrimento dei programmi già stabiliti e già finanziati per la lotta alla desertificazione.

PRESIDENTE. Poiché nella seduta odierna le votazioni sono previste a partire dalle ore 12, il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica avrà luogo a partire da tale ora, dopo lo svolgimento della discussione generale delle mozioni iscritte all'ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge: S. 1934 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo all'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Roma il 13 marzo 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 3227) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo all'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Roma il 13 marzo 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3227)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente
Il relatore, onorevole Malgieri, ha facoltà di svolgere la relazione.

GENNARO MALGIERI, Relatore. Signor Presidente, colleghi, con il disegno di legge che questa mattina è al nostro esame e che è stato approvato il 17 febbraio scorso dal Senato, si chiede la ratifica del Protocollo all'Accordo del 1981 tra Italia e Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, a suo tempo ratificato con la legge 2 maggio 1983, n. 304.
Il Protocollo si prefigge di emendare l'articolo 25 dell'Accordo italo-maltese del 1981, consentendo di intensificare la cooperazione amministrativa per una più efficace lotta all'evasione fiscale, principalmente consentendo di superare l'opposizione del segreto bancario secondo i più recenti standard adottati anche dall'OCSE.
L'intesa mira, inoltre, ad avviare la disapplicazione di taluni incentivi alla costituzione di nuove attività in territorio maltese, tenendo conto dell'ormai avvenuto ingresso dell'isola nell'Unione europea. Il risultato di questi interventi dovrà essere, tra l'altro, l'inclusione di Malta in un elenco di Stati cooperativi dal punto di vista fiscale e del segreto bancario che si prevede di prossima emanazione.
È infatti noto come grazie all'inserimento nel sistema europeo Malta abbia raggiunto, negli ultimi anni, notevoli risultati economici ed abbia avviato una serie di riforme strutturali della propria economia. È interessante rilevare al riguardo come il Governo maltese abbia recentemente riformato il proprio sistema fiscale, nella prospettiva di incentivare l'afflusso di capitali stranieri. Gli sforzi sono diretti, in particolare, a promuovere lo sviluppo dei settori dei servizi finanziari e delle nuove tecnologie nonché a dare certezza e chiarezza alla materia della tassazione delle società, grazie ad una regolamentazione uniforme, concludendo una serie di accordi bilaterali come quello che, appunto, è al nostro esame. Proprio in questa prospettiva nel 2007 è stata introdotta una riforma fiscale allo scopo di abolire le international trading company e le international holding company e di introdurre un sistema generale di tassazione che non discrimini tra azionisti residenti e non residenti.
Pag. 9
Per quanto attiene alle relazioni economiche e commerciali italo-maltesi occorre ricordare che l'Italia detiene tradizionalmente il ruolo di principale fornitore e partner commerciale di Malta. Il 2008, anche secondo dati contenuti in un rapporto congiunto dell'ICE e del Ministero degli affari esteri, ha fatto registrare un notevole ed evidente incremento dell'interscambio italo-maltese e delle nostre esportazioni verso la vicina isola. Purtroppo, il sopraggiungere della crisi internazionale ha avuto effetti anche sugli scambi bilaterali. In particolare, secondo l'ISTAT, nel primo semestre del 2009 le nostre esportazioni verso Malta hanno avuto una riduzione del 16,8 per cento rispetto allo stesso semestre del 2008, mentre le esportazioni verso Malta, sul totale delle esportazioni italiane, sono state pari allo 0,3 per cento nel giugno 2009. Il saldo commerciale nel 2008 è stato, comunque, ampiamente positivo per l'Italia, come d'abitudine. In particolare, il surplus del nostro bilancio commerciale con Malta è stato di 911 milioni di euro, sempre secondo l'ISTAT.
Venendo ai contenuti specifici del Protocollo al nostro esame, l'articolo I sostituisce il paragrafo 3 dell'articolo 2 dell'Accordo del 1981, aggiornando l'elenco delle imposte considerate ai fini dell'Accordo medesimo e includendo, tra le imposte italiane, l'imposta regionale sulle attività produttive.
L'articolo II include nelle definizioni generali, di cui all'articolo 3 dell'Accordo del 1981, il Ministero italiano dell'economia e delle finanze quale autorità principale per la gestione dell'Accordo, prendendo atto della mutata denominazione e organizzazione dei dicasteri finanziari del nostro Paese.
L'articolo III sostituisce il paragrafo 2 dell'articolo 22 dell'Accordo del 1981 in ordine ai metodi per l'eliminazione della doppia imposizione. La sostituzione mira sostanzialmente, come ho ricordato, a disincentivare la costituzione di nuove attività in territorio maltese a favore delle quali in precedenza veniva riconosciuto il credito di imposta anche per le imposte non effettivamente pagate.
L'articolo IV sostituisce l'articolo 25 dell'Accordo del 1981, rafforzando gli obblighi di cooperazione e di informazione delle parti nella lotta all'evasione fiscale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GENNARO MALGIERI. Sto per concludere, signor Presidente. L'articolo V, infine, prevede l'entrata in vigore del Protocollo al ricevimento della seconda delle due notifiche che le parti si scambieranno in ordine al completamento delle procedure richieste dalle proprie legislazioni interne.
Infine, è importante notare come la relazione illustrativa, allegata al disegno di legge originario, evidenzi che le modifiche apportate al Protocollo non determinano effetti di gettito per l'erario.
Per tutti questi motivi raccomando all'Assemblea l'approvazione del provvedimento appena illustrato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, vorrei solo aggiungere che l'entrata in vigore di questo Protocollo consente a Malta l'inclusione nella white list dell'OCSE, che è di prossima emanazione.
Tale intervento risulta anche in linea con le recenti tendenze della politica europea volte a non applicare gli incentivi per la costituzione di nuove attività in territorio maltese, in considerazione dell'avvenuto ingresso del Paese nell'Unione europea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, intervengo per esprimere il parere favorevole del nostro gruppo sulla ratifica di questo Accordo. Vale solo la Pag. 10pena sottolineare che si tratta di una normativa che consente di migliorare i rapporti fiscali e, quindi, la trasparenza delle operazioni che possono intercorrere tra i cittadini maltesi e quelli italiani.
Questo, quindi, va nella direzione giusta, ossia nella direzione di quanto auspicato dall'OCSE e pertanto penso che dobbiamo esprimere convintamente un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il provvedimento dell'Accordo con Malta e quello che seguirà (se ricordo bene l'ordine del giorno dei nostri lavori, discuteremo prima del Protocollo con Malta e poi di quello con Cipro) hanno identici intenti, ovvero quelli di evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e di prevenire le evasioni fiscali. Quindi, un po' inusualmente, se lei me lo permette, farò un intervento che riguarderà entrambi i provvedimenti, evitando di intervenire nuovamente sul successivo Protocollo.
Si tratta di Accordi cui guardiamo tutti con favore perché consentono di intensificare la cooperazione amministrativa per una più efficace lotta all'evasione fiscale principalmente consentendo di superare l'opposizione del segreto bancario secondo i più recenti standard adottati anche dall'OCSE.
Nei Protocolli concernenti queste due ratifiche viene evidenziata soprattutto la necessità di iniziare a disapplicare gli incentivi alla costituzione di nuove attività in territorio maltese, come in quello cipriota, tenendo conto dell'ormai avvenuto ingresso di queste isole mediterranee dell'Unione europea. Il risultato di questi interventi, tra l'altro, dovrà essere l'inclusione di Malta e Cipro in un elenco di Stati cooperativi dal punto di vista fiscale e del segreto bancario - la cosiddetta white list - che si prevede di prossima emanazione.
È opportuno segnalare che il Governo maltese ha recentemente riformato il proprio sistema fiscale nella prospettiva di incentivare l'afflusso di capitale straniero. Gli sforzi sono diretti, in particolare, a promuovere lo sviluppo dei settori dei servizi finanziari e delle nuove tecnologie, nonché a dare certezza e chiarezza alla materia della tassazione delle società grazie ad una regolamentazione uniforme, mentre il Governo cipriota si è impegnato a mantenere un livello di tassazione favorevole, a non introdurre nuove imposte e ad estendere la rete di accordi contro la doppia imposizione. Per questi motivi il gruppo dell'Italia dei Valori esprimerà un voto favorevole su entrambi i provvedimenti concernenti Malta e Cipro, dichiarandolo sin da ora (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame si pone un duplice obiettivo, cioè quello di intervenire sulla questione della doppia imposizione e anche di consolidare gli obblighi di cooperazione e informazioni tra le parti - i nostri due Paesi - per quanto riguarda la lotta all'evasione fiscale.
Per quanto riguarda la prima questione, la sostituzione della doppia imposizione vuole disincentivare la costituzione di nuove attività in territorio maltese, contrariamente a quanto accadeva prima, quando era riconosciuto il credito di imposta anche per le imposte non effettivamente pagate. Si elimina, così, una possibile capacità di elusione fiscale.
Poi, per quanto riguarda l'altra questione, faccio riferimento in modo particolare all'articolo IV, che è veramente importante per combattere l'evasione fiscale e impone da questo punto di vista degli obblighi molto precisi: se ad uno dei due Stati viene richiesto dall'altro di raccogliere informazioni, il primo dovrà dare corso alle richieste anche se queste non siano rilevanti per i propri fini fiscali Pag. 11interni e uno Stato contraente non potrà rifiutarsi di fornire informazioni soltanto perché esse sono in possesso di una banca o di una istituzione finanziaria. Quindi, questo è un Protocollo che indubbiamente crea le migliori condizioni possibili per superare l'opposizione del segreto bancario.
Quindi, come ha evidenziato il relatore e sottolineato il rappresentante del Governo, crea altresì le condizioni per porre Malta nelle condizioni di far parte della white list, ovvero dell'elenco di stati cooperativi dal punto di vista fiscale e del segreto bancario. Quindi, questi sono obiettivi quanto mai condivisibili e, dunque, anche in questo caso preannunzio il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3227)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Malgieri.

GENNARO MALGIERI, Relatore. Signor Presidente, non intendo replicare.

PRESIDENTE. In effetti, onorevole Malgieri, tutto è stato un peana di lodi alla sua relazione, quindi non ha molto a cui replicare!
Prendo atto che il rappresentante del Governo, onorevole Craxi, rinunzia alla replica.
Come già annunciato, il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica avrà luogo dalle ore 12, dopo lo svolgimento della discussione sulle linee generali delle mozioni all'ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge: S. 1957 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione, tra Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 3228) (ore 10,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3228)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Malgieri, ha facoltà di svolgere la relazione.

GENNARO MALGIERI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo disegno di legge al nostro esame, che ricalca sostanzialmente quello che abbiamo esaminato poco fa, è stato approvato dal Senato il 17 febbraio scorso ed autorizza la ratifica di un protocollo che emenda parzialmente la Convenzione italo-cipriota del 1974, consentendo di intensificare la cooperazione amministrativa per una più efficace lotta all'evasione fiscale, principalmente consentendo di superare l'opposizione del segreto bancario, secondo i più recenti standard adottati anche dall'OCSE.
Analogamente all'accordo italo-maltese testé esaminato, il Protocollo mira parimenti ad avviare la disapplicazione degli incentivi alla costituzione di nuove attività in territorio cipriota, tenendo conto dell'ormai avvenuto ingresso dell'isola mediterranea nell'Unione europea. Il risultato Pag. 12di questi interventi, tra l'altro, dovrà essere l'inclusione di Cipro in un elenco di Stati cooperativi dal punto di vista fiscale e del segreto bancario, ovvero la cosiddetta white list, che si prevede di prossima emanazione.
È interessante notare, a questo proposito, come nell'ultima legge di bilancio, destinata principalmente alla coesione sociale ed al sostegno al settore delle costruzioni, il Governo cipriota sia impegnato, tra l'altro, a mantenere un livello di tassazione favorevole, a non introdurre nuove imposte e ad estendere la rete di accordi contro la doppia imposizione.
Passando al contenuto del Protocollo, mi limito a sottolineare che l'articolo I sostituisce il paragrafo 3 dell'articolo 2 della Convenzione del 1974, aggiornando l'elenco delle imposte considerate ai fini dell'Accordo medesimo: è qui inclusa tra le imposte italiane l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
L'articolo II include nelle definizioni generali di cui all'articolo 3 della Convenzione del 1974 il Ministero italiano dell'economia e delle finanze, quale autorità principale per la gestione dell'Accordo. L'articolo III sostituisce l'articolo 23 della Convenzione del 1974 in ordine ai metodi per l'eliminazione della doppia imposizione: la sostituzione mira sostanzialmente, come ho già ricordato, a disincentivare la costituzione di nuove attività in territorio cipriota, a favore della quale in precedenza veniva riconosciuto il credito d'imposta anche per le imposte non effettivamente pagate.
L'articolo IV sostituisce l'articolo 26 della Convenzione del 1974, rafforzando gli obblighi di cooperazione e informazione delle Parti nella lotta all'evasione fiscale: è infatti, tra l'altro, previsto che se a uno dei due Stati viene richiesto dall'altro di raccogliere informazioni, il primo dovrà dare corso alla richiesta anche qualora tali informazioni non siano rilevanti per i propri fini fiscali interni.
Ciò che più conta, tuttavia, è la previsione per la quale uno Stato contraente non può rifiutarsi di fornire informazioni, in quanto esse siano in possesso di una banca o di un'altra istituzione finanziaria, e questa mi sembra un'innovazione estremamente significativa e importante.
L'articolo V, infine, prevede l'entrata in vigore del Protocollo al ricevimento della seconda delle due ratifiche che le parti si scambieranno in ordine al completamento delle procedure richieste dalla propria legislazione interna. La durata del Protocollo è analoga a quella prevista per la Convenzione del 1974. Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica reca le consuete disposizioni riguardanti, all'articolo 1, l'autorizzazione alla ratifica del Protocollo, all'articolo 2, l'ordine di esecuzione e, all'articolo 3, l'entrata in vigore della legge di autorizzazione del Protocollo stesso. Secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge originario, infine, dalla ratifica del Protocollo in esame non discendono effetti di gettito per il nostro erario.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, come il Protocollo precedente, sotto il profilo giuridico internazionale, questo Protocollo si pone quale completamento degli obblighi internazionali già assunti in materia di cooperazione amministrativa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fenomeno dell'internazionalizzazione dell'economia avviato nel secolo scorso è ormai un dato di fatto; lo testimoniano i crescenti movimenti dei lavoratori e delle imprese nonché dei beni e dei servizi dovuti ad una maggiore agevolazione degli spostamenti e delle comunicazioni. In questo quadro è doveroso dotarsi di adeguati strumenti di controllo della fiscalità in ambito internazionale, sia per evitare le doppie imposizioni, sia per evitare casi di elusione fiscale. Pag. 13
Oggi esaminiamo il Protocollo aggiuntivo ad una di queste Convenzioni, specificatamente quella tra Italia e Cipro. Avendo ben chiaro che Cipro è un Paese che presenta ottimi servizi per l'impresa in un quadro fitto di accordi per la protezione degli investimenti e di infrastrutture moderne, sia bancarie che legali, oltre ad un adeguato sistema di telecomunicazioni ed un basso tasso di criminalità, ci sembra fondamentale far notare quale ruolo attrattivo tale Paese possa svolgere, sfruttando la sua posizione strategica di punto di incontro tra realtà geopolitiche diverse che lo porta ad assumere un ruolo di ponte per gli affari tra Europa, Asia e Africa, oggi tra l'altro ulteriormente rafforzato dall'adesione all'Unione europea. Bisogna ricordare infatti che Cipro è divenuta membro dell'Unione europea il primo maggio del 2004 ed applica a livello europeo la minore aliquota sulle società, equivalente al 10 per cento. Inoltre, nella normativa interna, non si riscontrano ostacoli all'insediamento di imprese straniere, né alla partecipazione di appalti pubblici.
È in questo scenario che bisogna inquadrare l'importanza della ratifica di questo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione fra Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire l'evasione fiscale in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009.
Le modifiche apportate dal Protocollo in questione servono ad adeguare la Convenzione Italia Cipro del 1974 agli ultimi standard dell'OCSE, attraverso l'introduzione di un articolo 26 rinnovato nei contenuti che, per quanto concerne lo scambio di dati bancari, segue fedelmente le indicazioni dell'OCSE. In seguito a tale modifica che andrà ad emendare la Convenzione, l'Italia potrà considerare Cipro come un Paese affidabile per la cooperazione nella lotta all'evasione fiscale internazionale, annoverandolo fra i membri della futura white list di prossima emanazione ed eliminandolo dalla cosiddetta black list italiana.
La ratifica in questione è importante nella misura in cui è noto che il nostro Paese, secondo i dati del servizio statistico cipriota del periodo gennaio ottobre 2009, si colloca al secondo posto tra i principali Paesi fornitori di Cipro, con una quota di mercato del 10,7 per cento, pari a 504,1 milioni di euro.
Il nostro Paese si colloca dopo la Grecia, che ha una quota del 19,7 per cento, ma prima del Regno Unito, della Germania, dei Paesi bassi e della Francia, e comunque in un quadro complessivo in cui l'Unione europea è il maggior partner commerciale di Cipro, fornendo il 70,2 per cento dell'import totale cipriota, pari a 3 miliardi e 353 milioni di euro ed il made in Italy è molto apprezzato.
Sono importanti inoltre le previsioni relative ad ulteriori possibilità di collaborazioni, pure in assenza di un accordo sulla protezione degli investimenti nei settori della protezione ambientale e dell'energia, come pure del settore farmaceutico, delle telecomunicazioni, mobiliare e dei servizi.
Oltre alle modifiche sostanziali all'articolo 26 della Convenzione, già ricordato precedentemente, che viene sostituito dall'articolo IV del presente Protocollo, si prevede la sostituzione dell'articolo 23 con l'articolo III del Protocollo, andando così a cambiare le regole sulla eliminazione della doppia imposizione, specificatamente in ordine ai metodi della sua applicazione tendente a disincentivare la costituzione di nuove società sul territorio cipriota contrariamente a quanto avveniva in passato.
Con questi strumenti, per evitare le doppie imposizioni, oggi gli Stati tendono anche a combattere l'evasione fiscale attraverso lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati che contraggono l'accordo, come avviene in questo caso, seguendo il modello OCSE, dove all'articolo 26 del modello stesso si prevede lo scambio di informazioni per favorire l'applicazione delle norme contenute nella Convenzione e delle leggi interne tese alla repressione dell'evasione fiscale.
Si tratta quindi di un Protocollo che è necessario per aggiornare gli strumenti della lotta all'evasione fiscale che ormai è Pag. 14impossibile se non si attua una regolamentazione internazionale e che il Partito Democratico ritiene doveroso approvare in modo da contrastare meglio la competizione fiscale dannosa ed il danno a carico dei cittadini. A tal fine, signor Presidente, preannunzio il voto favorevole del Partito Democratico, rinunciando in seguito alla dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, questo Accordo tra Italia e Cipro ricalca gli stessi obiettivi e le stesse misure del precedente provvedimento al fine di evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito. Pertanto, voglio ribadire le stesse considerazioni, le stesse valutazioni ed anche lo stesso comportamento del gruppo del Popolo della Libertà riguardo a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3228)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Malgieri.

GENNARO MALGIERI, Relatore. Signor Presidente, essendovi una concordanza sostanziale e anche formale non mi pare il caso di replicare.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Malgieri, non essendovi alcuna obiezione a cui replicare, giustamente rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, vi rinuncio.

PRESIDENTE. Sta bene. Come già annunziato, il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica avrà luogo dopo lo svolgimento della discussione generale delle mozioni all'ordine del giorno.

Discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00326, Donadi ed altri n. 1-00353, Pezzotta ed altri n. 1-00354, Pisicchio ed altri n. 1-00355 e Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356 concernenti iniziative in materia di politiche migratorie e di integrazione, nonché per il contrasto al lavoro irregolare (ore 10,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00326, Donadi ed altri n. 1-00353, Pezzotta ed altri n. 1-00354, Pisicchio ed altri n. 1-00355 e Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356 concernenti iniziative in materia di politiche migratorie e di integrazione, nonché per il contrasto al lavoro irregolare (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico del 30 marzo 2010.

(Discussione sulle linee generali).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Touadi, che illustrerà anche la mozione Livia Turco ed altri n. 1-00326, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, noi del Partito Democratico consideriamo importante questa mozione perché fa uscire il tema dell'immigrazione dalla logica dell'emergenza per incardinare questo epocale fenomeno nella logica della programmazione e delle politiche per assicurare i diritti delle persone, la sicurezza Pag. 15delle città e l'inclusione sociale di cui i nostri territori hanno bisogno. La mozione a prima firma Livia Turco prende le mosse proprio da un fatto che non possiamo cancellare dalla nostra memoria collettiva. Mi riferisco ai fatti di Rosarno che hanno evidenziato nel nostro Paese l'esistenza di sacche di sfruttamento del lavoro e di situazioni pesanti di degrado umano e sociale che non sono tollerabili in un Paese civile. Lo sfruttamento del lavoro nero colpisce, in particolare, le persone più vulnerabili e fragili e, tra questi, gli immigrati privi del permesso di soggiorno che sono tenuti in condizioni di irregolarità dai loro sfruttatori proprio per procrastinare ed accentuare la vulnerabilità e la debolezza sociale e fare apparire quasi senza alternativa la condizione di sfruttamento.
Signor Presidente, questa è anche l'area in cui è maggiore la competizione tra gli immigrati e i lavoratori italiani, perché lo sfruttamento degli uni finisce per abbassare le tutele e le garanzie per gli altri. Siccome noi consideriamo che i diritti (sociali ma anche umani) siano universali, qualora li si intacchino per alcuni, si finisce per renderli vulnerabili per tutti quanti.
Tuttavia, ci interessava sottolineare in modo particolare la condizione dei lavoratori extracomunitari nel settore agricolo che sono circa 75 mila, contando 64 mila contratti a tempo determinato e gli 11 mila stagionali, mentre altri 15 mila lavoratori sono a tempo indeterminato. In tutto sono 90 mila braccianti immigrati che, però, superano i 150-200 mila se si considerano anche i lavoratori stranieri neocomunitari come i rumeni e i polacchi. Si tratta, quindi, di una realtà produttiva e di una realtà sociale molto importante. Bisogna sottolineare tale aspetto pedagogicamente per far capire, anche alla nostra gente, il legame che intercorre tra le arance, le mele e i pomodori che arrivano sulle nostre tavole e la condizione di sfruttamento e di irregolarità nella quale sono tenuti questi lavoratori.
Questo Governo, signor Presidente, che vanta la riduzione degli sbarchi via mare, tace, però, sui 700 mila immigrati irregolari presenti in Italia. A parere dei firmatari di questo atto di indirizzo, questa irregolarità è il frutto e ha come ragion d'essere proprio la legge cosiddetta Bossi-Fini e le sue politiche di chiusura degli ingressi regolari del lavoro. Sono lunghi e farraginosi i meccanismi dell'ingresso per lavoro mediante la cosiddetta chiamata nominativa o numerica di uno straniero sconosciuto e residente all'estero. Inoltre, c'è la brevità della durata dei permessi di soggiorno, i quali, quando vengono rinnovati, già sono in procinto di scadere. Su questo aspetto la collega Murer ha interpellato il Ministro Maroni poche settimane fa per chiedere al Governo il rispetto di una legge della Repubblica italiana che chiede il rinnovo dei permessi di soggiorno in venti giorni. La macchinosità e i tempi lunghi del rinnovo sono fattori che rendono alta la probabilità che un lavoratore regolare diventi irregolare suo malgrado. Come sappiamo, l'irregolarità nell'immigrazione, anche in chiave di sicurezza e di legalità per una maggioranza e un Governo che hanno fatto di questo una bandiera, non va nella direzione della sicurezza.
Sotto questo punto di vista, l'Europa interpella il nostro Paese e vi sono state alcune direttive importanti.
Cito la direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulle sanzioni contro i datori di lavoro e lo sfruttamento del lavoro irregolare, che non è stata ancora recepita dall'Italia, nonostante noi lo abbiamo richiesto più volte. Cito anche la direttiva 2008/115/CE, già restrittiva, ma che è stata applicata da noi solo nella parte in cui dà la possibilità di allungare i tempi di permanenza nei CIE, mentre è stata disattesa per altri aspetti, laddove, ad esempio, insiste sull'idea dei ritorni volontari.
Cito anche la direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto di ricongiungimento familiare: in un Paese dove si fa un gran parlare della famiglia, agli immigrati vengono negati i diritti fondamentali al ricongiungimento familiare, laddove tutti gli esperti dicono che il ricongiungimento familiare Pag. 16è anche un fattore di stabilizzazione del fenomeno dell'immigrazione.
Insisto soprattutto sul Patto europeo per l'immigrazione del 2008, sottoscritto dal Governo italiano, che propone una gestione dell'immigrazione incentrata intorno agli obiettivi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà. Secondo questo importante documento, «le migrazioni internazionali possono rappresentare un'opportunità, costituendo un fattore di scambio culturale, umano, sociale ed economico. Il potenziale dell'immigrazione può essere considerato maggiormente positivo soltanto con un'integrazione riuscita nelle società dei Paesi ospitanti».
Proprio per dare il nostro contributo positivo e fattivo alla costruzione di queste politiche che vanno nella direzione dell'integrazione, nella mozione Livia Turco ed altri n. 1-00326 chiediamo al Governo di attuare tutte le misure per combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro, attraverso una rigorosa applicazione della normativa vigente, in modo particolare dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che prevede un permesso di soggiorno per le persone che denunciano i propri sfruttatori, introducendo anche nel nostro ordinamento il reato di grave sfruttamento del lavoro, un'autonoma fattispecie incriminatrice del caporalato, aggravata quando interessa minori o migranti clandestini.
Chiediamo al Governo di applicare la direttiva europea del 18 giugno 2009, che impegna gli Stati membri dell'Unione europea a sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Chiediamo, inoltre, che il Governo possa attivare tutti gli strumenti per consentire un'emersione del lavoro irregolare, con particolare attenzione al comparto agricolo (la cui importanza abbiamo sottolineato all'inizio dell'illustrazione), attivando in modo continuativo il sistema dei controlli e promuovendo una regolarizzazione per i lavoratori agricoli stranieri, da anni presenti sui nostri territori, che non abbiano commesso reati.
Chiediamo, altresì, che si riduca, fino ad eliminarlo, il lavoro nero e sommerso, attivando canali alternativi, come la regolarizzazione ad personam, per coloro che contribuiscono all'individuazione di fattispecie criminose legate all'immigrazione, per coloro che compiono atti di rilevanza sociale e umanitaria e per coloro che sono dimoranti nel nostro Paese da molti anni e che abbiano dimostrato una buona integrazione.
Chiediamo, quindi, che siano ridotti i tempi per il rinnovo del permesso di soggiorno (cui accennavo nella prima parte dell'illustrazione) e chiediamo al Governo di adempiere ad un importante dovere, ossia la presentazione del documento triennale sulle politiche migratorie, previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 286 del 1998, nonché a semplificare il sistema delle quote (si tratta di un discorso che dovremo approfondire: la semplificazione delle quote ci viene chiesta anche dal mondo produttivo ed imprenditoriale), passando dal decreto annuale, elaborato dal Governo con vincolo amministrativo e contenente un'indicazione rigida, ad un documento poliennale, elaborato da un'agenzia tecnica, che contenga la stima di persone immigrate e i loro profili professionali necessari al nostro sistema economico e sociale.
Chiediamo, quindi, che sia incentivata e semplificata l'applicazione dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 286 del 1998, relativa alla formazione di personale all'estero da parte delle aziende: questo è un aspetto innovativo. Concludo, signor Presidente. Poiché intervengo per l'illustrazione della mozione, chiedo qualche minuto in più.
Chiediamo che sia promosso dalle regioni, dagli enti locali, dalle forze economiche e sociali e dal volontariato un piano nazionale per le politiche di integrazione e di civile convivenza tra italiani e immigrati. Questo è stato annunciato dal Ministro Sacconi all'indomani dei fatti di Rosarno, ma non abbiamo ancora visto traccia di questo documento. Chiediamo, quindi, che sia inserito il piano nazionale Pag. 17della politica europea, che definisce l'integrazione «la chiave» del successo dell'immigrazione.
Chiediamo di promuovere gli obiettivi della legalità e della sicurezza, di inserire nel piano nazionale criteri e direttive per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri e che si provveda al finanziamento del piano nazionale attraverso risorse certe e sufficienti, inserite in un fondo nazionale finanziato dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali.
Si tratta, signor Presidente, di misure assolutamente necessarie che assicureranno al nostro Paese la gestione di un fenomeno epocale come questo, improntata ad assicurare il diritto delle persone, ma anche la coesione sociale e l'inclusione nel nostro territorio. Tutto il resto è propaganda e su un fenomeno come questo il Partito Democratico è pronto a confrontarsi per trovare insieme le politiche giuste (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia, che illustrerà la mozione Donadi ed altri n. 1-00353, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la materia che stiamo discutendo è senz'altro molto importante per l'impatto sociale che ha. Sconta, tuttavia, le politiche di una legislazione recentemente approvata da questa maggioranza - soprattutto quella sulla sicurezza - assolutamente non utili, non adatte e non compatibili con uno Stato di antichi diritti come il nostro.
Le migrazioni verso i Paesi con un grande tasso di crescita economica, cosiddetti ricchi, sono una costante nella storia dell'umanità. In passato, nell'antichità, venivano risolte con flussi migratori ostili, quindi con le guerre. Chiaramente, il modo odierno e civile per affrontare il problema deve essere assolutamente diverso.
È chiaro che ci deve essere accoglienza nei confronti di popolazioni che tendono a sfuggire da condizioni di povertà se non addirittura da condizioni in cui alla povertà si accompagnano situazioni di guerre civili e di violenza intestina. Peraltro, il nostro Paese deve comprendere questa situazione, in quanto ha conosciuto l'emigrazione fortemente sulla propria pelle.
È noto che i nostri connazionali, dalla fine dell'Ottocento, soprattutto dal nostro Meridione, ma anche dal Settentrione all'epoca più povero (penso al Friuli e ad alcune zone del Veneto) sono stati emigranti verso gli Stati Uniti e, dopo la seconda guerra mondiale, anche verso i più ricchi Paesi europei, la Germania, la Francia, il Belgio, la Svizzera. La tragedia di Marcinelle, per esempio, è stato un evento che abbiamo vissuto sulla nostra pelle, con tanti italiani morti in miniera. Abbiamo avuto forte emigrazione anche verso il Sud America e l'Australia. C'è stata anche una forte migrazione interna da non sottovalutare dal Meridione verso il Settentrione. Quindi, il nostro approccio a questo problema deve essere quello di una nazione che lo conosce bene, per averne conosciuto gli aspetti deteriori sulla propria pelle.
Sappiamo poi bene che queste dinamiche migratorie sono dovute anche alle esigenze delle nostre imprese, esigenze occupazionali per coprire lavori che gli italiani non hanno più piacere di fare.
Questo è esattamente quello che è successo nei confronti dell'immigrazione italiana quando, soprattutto in Europa, gli italiani andavano a svolgere i lavori che i cittadini dei Paesi dove immigravano non volevano fare. Attualmente abbiamo un impatto sulla nostra società di immigrazione che viene stimato tra i 4,2 e i 5 milioni di soggetti. Si tratta di una presenza che ha sicuramente un impatto positivo soprattutto sulla nostra economia nazionale, perché tutti coloro che lavorano pagano le tasse al nostro Paese e sono per la maggior parte pienamente inseriti.
Non ci nascondiamo che questa massiccia immigrazione, che peraltro è una problematica europea, comporta almeno due ordini di problemi. Il primo, come spesso storicamente è accaduto - lo ripeto: Pag. 18lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle -, è che il lavoratore immigrato spesso viene impiegato in nero, ha un salario basso, un lavoro pesante, spesso viene sfruttato con guadagni ridotti, e di ciò sono testimoni alcune ricerche che hanno verificato questa situazione che va fatta emergere e va corretta.
È chiaro che ciò comporta un impatto sul rapporto con la popolazione italiana delle fasce più deboli, pesante soprattutto nell'assegnazione degli alloggi di edilizia popolare, negli accessi alla sanità pubblica, nello stesso accesso al mondo del lavoro, in quanto il lavoratore italiano essendo anche culturalmente più edotto, sindacalizzato, non è disposto a subire condizioni di sfruttamento, di sottopagamento, mentre il lavoratore immigrato, spesso per disperazione, si sottopone a questo ricatto. Tutto ciò alla fine crea un contrasto. Prendiamo l'esempio delle case popolari. Dove il lavoratore straniero accetta di lavorare in nero, presenta una richiesta di casa popolare con un falso reddito, molto basso, e la ottiene a scapito molto spesso degli italiani. Purtroppo, chi lavora sulla «pancia» di queste problematiche, sobillando socialmente le popolazioni italiane, ottiene dei riscontri che però sono pari all'appiccare un fuoco sociale che sicuramente non fa bene alla coesione della nostra società.
Si crea una competizione sociale tra le fasce più deboli della società italiana, perché tale va considerata senza differenziazione tra immigrato e italiano. Questo comporta anche - l'abbiamo accennato prima, ma va considerato con molta attenzione - un decremento della sicurezza sul lavoro. Il numero degli incidenti che occorrono soprattutto ai lavoratori immigrati è sicuramente aumentato e di questo va tenuto conto.
Vi è anche un impatto, non ce lo nascondiamo, sulla sicurezza del territorio sul quale bisogna agire senza differenziazione tra immigrati ed italiani, perché la rappresentazione che viene fatta dell'emigrazione uguale delinquenza è sbagliata: delinquente è l'immigrato, delinquente è l'italiano, ove commettano dei delitti. Quindi, va aumentato il controllo del territorio, e ove necessario la repressione, con una giusta applicazione delle pene, con la certezza delle pene. Su questo si potrebbe introdurre - ma lo faccio solo en passant - il problema delle popolazione carceraria, dell'insufficienza delle strutture carcerarie, che sono problematiche delle quali questo Governo ha sempre parlato, senza mai agire in maniera concreta.
È chiaro che dovrebbe operarsi un controllo stretto sui flussi migratori, che dovrebbero essere ben concepiti in relazione alle effettive esigenze della nostra società, ma sempre tenendo presente che lavoriamo nel campo dei diritti umani.
Un fatto da considerare, sempre parlando del mondo del lavoro, è che nessuna norma tra quelle introdotte recentemente dal Governo, contrariamente alle politiche europee e contrariamente a quello che avviene in altri Paesi europei, ha previsto l'introduzione o l'inasprimento di pene per i datori di lavoro. Anzi, le sanzioni vigenti non si applicheranno nei casi di denuncia spontanea di impiego di lavoratori irregolari; quindi, addirittura il datore di lavoro crudele viene premiato nel caso in cui denunci un «povero cristo» che sia in Italia irregolarmente. Al contempo, dalle notizie che abbiamo, le ispezioni e i controlli ispettivi sui luoghi di lavoro risultano alleggeriti, mentre - come accennavo prima - proprio su questo tema l'Unione europea ha preannunciato una stretta. Ad esempio in Francia nell'ultimo anno sono stati arrestati 900 datori di lavoro di immigrati non autorizzati. Riteniamo che il modo di affrontare questa problematica sia proprio questo.
C'è sicuramente una debolezza, nel nostro sistema di accoglienza e di integrazione, che tende a rappresentare l'immigrazione attraverso politiche dettate da chiusura e paura, e sicuramente il pacchetto sicurezza non ha aiutato con l'introduzione delle ronde (la cui applicazione fortunatamente ci sembra assolutamente esigua), con l'introduzione del reato di clandestinità anche quale fattispecie aggravante, Pag. 19e con l'inasprimento delle condizioni per l'acquisto della cittadinanza.
Diceva bene prima il collega, bisogna abbreviare i tempi per ottenere i permessi di soggiorno. Mi sia consentito di dire che sono mancate anche le misure d'integrazione positiva come quelle idonee a produrre l'inclusione sociale, in quanto la regolarizzazione delle permanenze riduce i rischi di entrata degli immigrati nel circuito della criminalità organizzata. A questo punto vorrei ricordare come la legge sull'immigrazione, che era giunta in Aula, sia stata respinta in Commissione su richiesta della maggioranza, e ancora non abbiamo notizia di una ripresa dell'esame di quella normativa in quella sede. Noi crediamo che un alleggerimento dell'iter e un allargamento delle possibilità di ottenere la cittadinanza potrebbero favorire l'inclusione sociale e ridurre così la pericolosità sociale del problema.
Fatte queste premesse, la nostra mozione tende a impegnare il Governo anzitutto a cambiare totalmente, proprio con delle politiche di rappresentazione pubblica, l'impatto che la problematica dell'immigrazione ha sulla pubblica opinione della società italiana.
C'è stata una tendenza a criminalizzare la rappresentazione dell'immigrazione e a far passare l'equivalenza «immigrato uguale criminale». Noi crediamo che la società italiana anzitutto dovrebbe essere tranquillizzata attraverso una rappresentazione più positiva dell'immigrazione. Siamo molto più preoccupati dell'introduzione del permesso di soggiorno a punti che rischia di trasformare l'immigrato, soprattutto quello temporaneo, in un sorvegliato speciale. Sarebbe opportuno che in occasione dell'emanazione del provvedimento per l'introduzione del permesso di soggiorno a punti venissero inserite delle procedure per l'emersione e la regolarizzazione di lavoratori extracomunitari irregolari, ovviamente senza la premialità unilaterale per chi denuncia l'irregolare che poi venne espulso senza la punizione del datore di lavoro infedele.
Ritengo che dovrebbe essere ben studiata la questione dei flussi, nel senso che dovrebbero essere indirizzati alla effettiva esigenza e necessità della società italiana e lo chiediamo senza dimenticare, come dicevo prima, che stiamo lavorando nel campo dei diritti soggettivi, dei diritti umani e, quindi, questa problematica deve essere tenuta presente con grande larghezza di vedute; pertanto, oltre a considerare l'immigrazione utile per il sistema sociale italiano va considerata anche utile a colmare quel gap di diritti umani che spesso subisce nel proprio Paese l'immigrato il quale fugge da situazioni oltre che di povertà anche di guerra.
Ritengo che vadano riprese e incrementate le attività di ispezione e controllo dei diritti e delle tutele nei luoghi di lavoro. Dicevamo prima che vi è stato un evidente abbassamento dei controlli e della repressione in questo campo; deve essere assolutamente ridotto il lavoro nero che alimenta l'immigrazione clandestina, l'illegalità e la criminalità procurando peraltro un danno enorme all'intero sistema produttivo. Va inoltre tenuto presente che gran parte del lavoro nero viene gestito dalla malavita organizzata. Perciò una repressione, un controllo, un'ispezione in questo settore consente anche di stroncare la catena di illegalità che non sono illegalità dei singoli ma sono illegalità strutturali di grande portata in mano, come dicevo, alla criminalità organizzata. Vanno incrementati e finanziati i progetti di integrazione. Raccomandiamo pertanto la ripresa in Commissione dell'esame del provvedimento in tema di cittadinanza che ci appare assolutamente centrale in questa materia.
Un altro aspetto estremamente importante - lo dico perché provengo da una città, Ancona, che vive in maniera pesante questo problema con il suo porto - concerne il finanziamento del capitolo di spesa relativo ai minori stranieri cosiddetti non accompagnati che sono abbandonati. Costoro vengono affidati ai comuni dove giungono - Ancona è uno di questi - e devono essere mantenuti, come è giusto che sia, dai comuni forzatamente ospitanti che troppo spesso si trovano a non disporre dei fondi perché né la regione né lo Pag. 20Stato glieli passa in maniera sufficiente per coprire queste necessità; ciò chiaramente va a decremento di altre partite di bilancio come ad esempio i servizi prestati alla persona e i servizi sociali; questo evidentemente non deve avvenire. È assolutamente necessario provvedere al reintegro delle risorse destinate al Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati che sono state passate ad altri capitoli e vanno assolutamente ripristinate.
Quella delle politiche migratorie va considerata come una questione europea e non soltanto italiana: bisogna ricercare accordi con i Paesi di provenienza così come, una volta tutelato e riscontrato il rispetto dei diritti umani, si potrebbe anche prevedere che le pene eventualmente irrogate in Italia vengano scontate nei Paesi di provenienza.
Ripeto e concludo ed è una raccomandazione che l'Italia dei Valori si sente di fare: quello dell'immigrazione va affrontato come un tema soprattutto relativo ai diritti umani e nell'ambito di questi diritti dobbiamo tener presente e affrontare una volta per tutte la questione del diritto di voto amministrativo e quella della cittadinanza, soprattutto con riguardo alle giovani generazioni che sono quelle che più facilmente potranno integrarsi nella nostra società.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone, che illustrerà anche la mozione Pezzotta ed altri n. 1-00354, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, illustro la mozione n. 1-00354, il cui primo firmatario è il collega Pezzotta. Ritengo che questa discussione ci dia la possibilità e l'opportunità di fare ulteriori valutazioni su temi ed argomenti su cui quest'Assemblea si è già intrattenuta più volte. Le mozioni, atti di indirizzo parlamentare, hanno senso e significato se vi sono risposte adeguate, non soltanto da parte del Governo, ma ritengo di tutti i gruppi parlamentari e di tutte le forze politiche su un tema così delicato, che certamente non può essere risolto attraverso un dibattito parlamentare che si fa in un momento quasi di stanchezza, quindi con l'approvazione o meno di mozioni presentate dai vari gruppi parlamentari.
I dispositivi di tali mozioni sono quasi comuni: non so quale sarà poi il giudizio e le valutazioni che farà il carissimo sottosegretario Viespoli, però non vi è dubbio che l'approccio al tema è quasi univoco rispetto ad una vicenda e ad una serie di situazioni che certamente devono essere considerate ed affrontate da parte di tutti. In questo caso non vi è una responsabilità particolare di questo o dell'altro Governo: credo che ci troviamo di fronte a fenomeni complessi, su cui bisogna ovviamente porre l'attenzione in termini stringenti e soprattutto razionali.
Oserei dire, signor Presidente, che questo tema a volte viene recuperato nel dibattito partitico secondo le stagioni ed i periodi, potremmo dire secondo i flussi; invece questo è un tema forte ed importante, che riguarda certamente l'immigrazione all'interno del nostro Paese; riguarda i riflessi che si hanno sull'economia, sul territorio e quindi sulla convivenza sociale e civile all'interno del nostro Paese; riguarda poi tutta la problematica del lavoro sommerso, che coinvolge certamente anche gli immigrati e crea una condizione di malessere; ma, come gli osservatori ed i commentatori attenti dicono, il sommerso molte volte è l'anima ed il sostegno di economie malate, soprattutto nel sud del Paese e non soltanto in esso.
Abbiamo discusso provvedimenti che riguardavano la sicurezza sugli immigrati; abbiamo catalogato gli immigrati illegali ovviamente come criminali, ma io ritengo che una valutazione seria, soprattutto attraverso una serie di provvedimenti, vada fatta e vada considerata. Dico questo perché molte volte approviamo mozioni che poi perdiamo di vista: non vi è la rintracciabilità delle mozioni o almeno dei dispositivi che vengono accolti dal Governo. Per evitare di perdere tempo si dovrebbe stabilire un rapporto adeguato e corretto - come vi è stato sempre, a dire la verità - tra Esecutivo e gruppi parlamentari, Pag. 21visto e considerato che queste non sono esigenze avvertite da una parte o da un'altra, ma credo siano un problema che riguarda la condizione umana, l'economia, l'identità ed il futuro di questo nostro Paese. Ecco perché noi chiediamo alcune cose, che poi avevano chiesto, come ricordavo all'inizio, anche gli altri colleghi che sono sottoscrittori di mozioni presentate da altri gruppi parlamentari.
Non vi è dubbio che la situazione sia veramente delicata. In Italia, infatti, vi è un flusso immigratorio pari a circa 500-750 mila persone; il 65 per cento degli immigrati entra nel nostro territorio legalmente e, in seguito, diventa illegale, perché vi si stabilizza oltre la data fissata dal visto di ingresso. Pertanto, non vi è dubbio che vi siano vicende particolari.
Nel presentare la mozione in esame siamo partiti dalla considerazione che abbiamo svolto sulla vicenda di Rosarno, con riferimento alla quale non soltanto l'Italia, ma anche i Paesi europei, ed extraeuropei, hanno polarizzato la propria attenzione. Vi è stato un grande scandalo e l'Italia ha fatto la figura di «Alice nel paese delle meraviglie»: nessuno sapeva niente di ciò che avveniva all'interno di una regione, la Calabria, né delle condizioni subumane in cui vivevano gli immigrati i quali erano sfruttati violentemente e costretti a vivere in alcune baracche. L'Italia ha dimostrato la sua grande ipocrisia ed anche in questo Parlamento si sono evidenziati fenomeni che, non soltanto hanno lambito, ma hanno sconfinato nell'area dell'ipocrisia. Vi sono stati e vi sono sfruttamenti: il lavoro illegale e il lavoro nero, per alcuni versi, hanno fatto comodo ad alcune strutture, anche industriali, perché hanno creato economia, ricchezza ed un sostegno, coprendo vuoti rispetto a situazioni particolari di pressione e di crisi economica all'interno del nostro Paese.
Non vi è dubbio che questo aspetto debba essere affrontato seriamente. Non siamo stati d'accordo sui respingimenti, che sono stati enfatizzati ed esaltati, anche in quest'Aula, da parte del Governo. I respingimenti non fanno parte della cultura del nostro Paese, perché, con riferimento allo status dei rifugiati, deve essere garantito il rispetto della Convenzione di Ginevra e, quindi, dei diritti umani. Come possiamo conciliare il rispetto dei diritti umani, della persona umana, in tema di immigrazione e, soprattutto, di lavoro illegale? L'immigrato non è, forse, una persona umana? Deve essere falcidiato? Con riferimento alla sua persona devono essere affievoliti i diritti umani, i diritti civili, i diritti legati alla sua condizione di uomo in relazione alla salute ed ad altri temi che riguardano anche la sua famiglia?
Ciò ripropone, in termini seri e fondamentali, non solo la questione grande e complessa dell'integrazione, ma anche la questione relativa al ruolo dell'Europa, che deve essere recuperato fortemente rispetto ad un fenomeno che rischia di non essere più sotto controllo. Il controllo che molte volte il Governo ha svolto - prima ho fatto riferimento al decreto-legge in materia di sicurezza - si riferiva semplicemente al contrasto all'immigrazione illegale, come se si trattasse soltanto un problema di legalità e di sicurezza da porre in atto attraverso strumenti che, a mio avviso, sono inefficaci ed improduttivi.
Noi proponiamo un «pacchetto» di proposte: quale ad esempio il canale legale dell'immigrazione, ma vi sono anche altri temi ed altri argomenti. Con la mozione in esame, rilanciamo e riproponiamo l'esigenza di una conferenza tra Unione europea ed Africa.
Vi sono le condizioni per fare ciò? L'Assemblea ha ratificato trattati - per dire la verità - anche recenti (uno si riferisce al 2003 ed altri due al 2009), ma, molte volte, ha ratificato trattati risalenti a dieci, nove, otto anni prima. Non sappiamo quale possa essere l'utilità e l'efficacia del pronunciamento da parte dell'Assemblea, in sede di ratifica, su trattati che sono avvenuti in altre epoche ed in altre stagioni.
È necessario stabilire un rapporto serio. Oppure il rapporto con l'Africa si riduce - uso questo tipo di incontro - al Pag. 22Trattato di amicizia che abbiamo stipulato con Gheddafi per quanto riguarda la Libia? È soltanto questo il problema?
Ritengo che il problema sia molto più complesso. Come si diceva, il problema riguarda l'immigrazione in termini generali: va rivista tutta la politica dei flussi, tutta la politica dell'immigrazione, la politica dell'integrazione, così come va rivista, ovviamente, la politica del lavoro nero.
Oggi la nostra economia si poggia sul lavoro nero (che è molto diffuso e molto forte non soltanto nell'area meridionale, ma anche nelle regioni del centro-nord), così come sul lavoro del precariato (chi non ricorda a quello che succede nei call center?). Capiamo certamente che vi è un'area molto forte e molto pregnante, che certamente non indica un percorso «economicistico» molto forte e soprattutto convincente rispetto al futuro di questo nostro Paese.
Signor Presidente, io mi fermerei qui: ritengo di aver dovuto fare una sollecitazione proprio per evitare di ripetere le cose che hanno detto gli altri colleghi illustrando le loro mozioni. Vi sono dispositivi che - come ricordavo poc'anzi, all'inizio del mio intervento - coincidono rispetto a quello che è un obiettivo, un traguardo, ma l'obiettivo, il traguardo, non dev'essere soltanto dei gruppi parlamentari che hanno presentato le mozioni: esso dovrebbe essere un patrimonio comune da acquisire in questo momento. È questo il problema: vi è un patrimonio, vi è un'attenzione rispetto al futuro di questo nostro Paese. Vi sono stati, anche in questi momenti, dibattiti intensi rispetto alla fine dei mestieri antichi, di quelli usuranti e di quelli umili: noi abbiamo supportato e abbiamo coperto i buchi vuoti attraverso questo materiale umano.
Tuttavia, si tratta di un materiale umano che diventa illegale quando ci fa comodo che sia tale, ma poi sostanzialmente lo utilizziamo: ma è un materiale umano o sono uomini? Ritengo che questo sia il grande interrogativo che ci poniamo: questo è il senso, il significato di un dibattito politico che dovrebbe essere, certamente, il prologo di altri incontri e, soprattutto, di altre misure più efficaci per poterci confrontare in termini seri, sia a livello nazionale, sia - come ricordavo - a livello europeo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pisicchio, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00355. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, sarebbe difficile immaginare una posizione divaricata di quest'Assemblea sui temi dell'immigrazione, almeno per le cose ascoltate. Chi mai può immaginare di non dover contrastare l'illegalità, lo sfruttamento, la disumanità, la violazione dei diritti fondamentali della persona perpetrata ai danni degli immigrati? Infatti, scorrendo le mozioni che sono state presentate, l'idea che ognuno di noi si può fare è quella di una forte convergenza sui princìpi. La verità è che poi questa convergenza non è più tale nel momento in cui questi princìpi si traducono in percorsi operativi, in politica e in legislazione.
In Italia viviamo - diciamolo con chiarezza - un fenomeno che, per il nostro Paese, va considerato nuovo, per le dimensioni con cui si è manifestato (parliamo di 4 milioni e mezzo di unità): l'immigrazione. Si tratta di un fenomeno nuovo che, però, non ha ancora declinato - dal punto di vista dell'attività di Governo o, per dirlo in termini più espliciti e più chiari, dal punto di vista della politica - una scelta di campo sugli approcci, sulle modalità con cui questo fenomeno deve essere ricordato e affrontato.
La dimensione nuova - nuova per la sua imponenza, continuo a sottolineare - ha trovato, infatti, impreparate la politica e le istituzioni. Tale impreparazione e tale insufficienza, come è stato opportunamente ricordato oggi negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, ha generato zone grigie di illegalità nella gestione dell'imperiosa spinta migratoria, alimentando il triste aumento dell'immigrazione clandestina, valutato tra le 700 e Pag. 23le 800 mila unità, che è fonte di ricchezze illecite per gli intermediari di manodopera, gli sfruttatori della prostituzione, i gestori del mercato più abominevole, quello che sfrutta l'infanzia, e per i trafficanti di droga e di armi.
Cosa è accaduto, quindi? Non raramente si è verificata una doppia esposizione ad un doppio sfruttamento da parte dell'immigrato: quello, più generale, esercitato dal Paese ospitante, dal nostro Paese, ad esempio attraverso il fenomeno del lavoro nero, e quello esercitato dalle organizzazioni malavitose.
Si può affermare che manca l'approccio complessivo al fenomeno da parte della politica perché non abbiamo ancora compiuto una scelta che sia culturale innanzitutto. Siamo per l'ipotesi di una politica multiculturale come quella praticata dall'Australia o dal Canada, oppure siamo per un'ipotesi di tipo statunitense, quella del melting pot e dell'assimilazione nel sistema? Questa scelta non è stata compiuta, non è stata ancora declinata, né è stata impostata un'adeguata politica scolastica volta a sostenere forme di integrazione delle giovani e giovanissime generazioni di immigrati.
Ma anche l'approccio sociale, la seconda dimensione dell'approccio al problema, appare oggi deficitario. Bisogna tener conto che negli ultimi dieci anni il numero complessivo degli immigrati è raddoppiato e se i tassi di immigrazione resteranno quelli di oggi, secondo i demografi nel giro di un ventennio tale numero è destinato ancora a raddoppiare, raggiungendo almeno 8 milioni di unità. È evidente che il profilo demografico dischiude il vastissimo ventaglio delle implicazioni, che vanno dalla domanda di una casa, a quella della salute, dell'istruzione e della previdenza.
Vi è, infine, un terzo approccio, una terza dimensione, dopo quella culturale e quella sociale, vale a dire l'approccio politico-istituzionale. Anche questi temi sono stati evocati: il tema della cittadinanza, il tema del diritto di voto, il tema della partecipazione politica e del diritto di rappresentanza.
È evidente che alla stregua di un sistema di regole che intende andare oltre la mera affermazione dello ius soli, la cittadinanza e la piena integrazione che da essa derivano debbono poter significare la creazione di norme volte a semplificare le regole ed a creare situazioni che invece incoraggino forme integrative. Come si fa, allora, ad articolare un approccio alle politiche per l'immigrazione che abbia al suo interno una consapevolezza della dimensione nuova del fenomeno e che racconti anche la scelta e la volontà della politica di raggiungere obiettivi strategici?
Intanto bisogna cominciare a definire parametri intelligenti per valutare, in modo appropriato, la qualità dell'integrazione. Infatti, non è sempre sufficiente la misurazione dei semplici tassi di incidenza degli immigrati su segmenti di popolazione per trarre indicatori utili a valutare l'avanzamento dei processi di integrazione. Inoltre, non si deve trascurare il profilo legato alla sfera dei diritti fondamentali dell'uomo, ossia quelli stabiliti nella Dichiarazione universale.
Come i colleghi possono capire - e come lei, onorevole rappresentante del Governo, ben sa - si tratta di impostare un intero sistema di approcci alle politiche di integrazione che oggi è ancora deficitario.
La nostra mozione - e mi avvio rapidamente alla conclusione, perché credo che una buona politica debba anche tentare di fare economia di parole per indicare e raggiungere percorsi condivisibili - riafferma una richiesta di impegni al Governo volti a promuovere misure, sia nell'ambito della normativa vigente, sia di quella europea, sia nell'ambito dei nuovi interventi legislativi che sarà opportuno mettere in campo, per combattere forme di sfruttamento sia del lavoro sia delle persone; a consentire l'emersione del lavoro irregolare; a contrastare ogni modalità di lavoro sommerso; a promuovere, con le istituzioni del territorio, le forze sindacali, imprenditoriali e i soggetti sociali impegnati nel campo della solidarietà e del volontariato - parlo di soggetti sociali laici e religiosi - una politica di Pag. 24integrazione tra i cittadini italiani e immigrati che accolga le linee guida della politica europea realizzando, dunque, i necessari presupposti di legalità e di sicurezza, ma anche aprendo ad una nuova dimensione del welfare, capace di garantire il diritto allo studio, alla casa e alla salute.
Tuttavia, l'elemento che caratterizza la nostra mozione è una specifica richiesta che viene rivolta al Governo: quella di farsi carico di una responsabilità, ossia di riferire al Parlamento sullo stato di attuazione delle politiche di integrazione, immaginando che queste politiche siano costruite, evidentemente, dentro un percorso e una scelta, questa volta di tipo strategico. Tale rapporto deve essere inteso come esito degli impegni per la promozione delle politiche interculturali e delle politiche volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale che limitano, presso gli immigrati, l'affermazione dei principi di uguaglianza e di pari dignità sanciti sia dalla nostra Costituzione sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pelino, che illustrerà la mozione Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i fenomeni migratori rappresentano il tratto distintivo della nostra epoca, un'epoca nuova - questo è bene sottolinearlo - in primo luogo perché il mondo nuovo, che stiamo vivendo, necessita di strumenti di governo profondamente differenti rispetto al più recente passato e, per molti aspetti, del tutto innovativi.
In secondo luogo, la consapevolezza di vivere in un'epoca nuova, molto diversa dal mondo in cui siamo nati, deve convincerci ad assumere responsabilmente strumenti e modelli interpretativi adeguati alla nuova realtà che abbiamo di fronte. Necessitiamo di un approccio adeguato alla modernità.
Si pensi, ad esempio, alla circostanza per la quale, a livello internazionale, tutti gli Stati occidentali, e non solo in questi anni, sono passati dal concetto di difesa a quello di sicurezza, un cambiamento profondo che comporta nuove responsabilità e nuovi strumenti di gestione della realtà.
Sappiamo che ben più della metà delle risorse naturali ed energetiche del pianeta viene consumata da una stretta minoranza della popolazione mondiale. È una situazione in lento, ma costante mutamento, un processo questo che deve essere governato; sarebbe, altrimenti, foriero di scontri laceranti.
La redistribuzione nell'uso delle risorse e il loro equilibrio è un processo estremamente delicato. Su questo si gioca il futuro del pianeta, anche perché a questo processo di redistribuzione e di utilizzo delle risorse naturali è inevitabilmente legata ed intrinsecamente connessa la questione ambientale, l'altra grande sfida che la modernità ci pone di fronte.
È inutile dire che di fronte ai fenomeni migratori e alla questione ambientale lo Stato nazionale appare inadeguato a fronteggiare gli effetti che questi fenomeni determinano. Abbiamo bisogno di politiche condivise e condivisibili a livello continentale.
In particolare, negli ultimi quindici anni si sono verificati straordinari mutamenti. Il processo di globalizzazione ha coinvolto ed unito in un nuovo ordine mondiale inevitabilmente complesso e dai confini ancora sfumati, realtà politiche ed economiche che fra loro sono molto differenti e sino a qualche anno fa decisamente distanti.
Come è stato ricordato qualche settimana fa in quest'Aula, le idee iniziali di una nuova età dell'oro che vedevano nella globalizzazione solo opportunità e progresso o solo sviluppo unilaterale per l'Occidente ricco ed accentuazione della povertà per il Terzo mondo sono state rapidamente infrante. Il processo è stato molto più contraddittorio; in Europa, in particolare, la realtà effettiva della globalizzazione produce e continuerà a produrre nei prossimi anni effetti economicamente Pag. 25e socialmente molto profondi. L'Europa e gli Stati Uniti pagheranno il prezzo della nuova competizione globale, il riallineamento dei livelli della qualità della vita, così come quello inevitabile della gestione delle risorse naturali nell'intero pianeta produrranno effetti particolarmente evidenti nel vecchio continente. La velocità estrema con cui questo sta avvenendo aumenterà la portata di tali effetti.
Onorevoli colleghi, (anche questo è stato ricordato in Aula di recente) negli ultimi vent'anni più di un miliardo di uomini, concentrato prevalentemente in Asia, è passato di colpo dall'autoconsumo al consumo, dal circuito chiuso dell'economia agricola al circuito aperto dell'economia di mercato.
Nel 1985 il consumo pro capite medio di carne in Cina era di venti chili l'anno, oggi è di cinquanta. L'aumento dei consumi non riguarda solo i generi alimentari. Gli stessi livelli di crescita dei consumi riguardano l'acciaio, il carbone, il petrolio, il gas, il cotone, le fibre e la plastica.
L'aumento della domanda, in un quadro di risorse limitate, ha prodotto l'aumento dei prezzi ed una diversa distribuzione delle risorse. Se da un lato, dunque, si deve governare lo sviluppo di nuove realtà emergenti, anche inevitabilmente in chiave di mantenimento dell'equilibrio ambientale (equilibrio a cui questi nuovi Paesi in via di sviluppo appaiono poco interessati), dall'altro siamo di fronte alla necessità di governare movimenti di flussi migratori che sono destinati a diventare una costante nei prossimi anni. La pressione demografica ai confini del mondo del benessere è enorme. Questi due fattori uniti provocano effetti laceranti su cui sarebbe bene riflettere, e invece in questi anni si sono affermate contraddizioni paradossali, soprattutto a sinistra. Come si può sostenere la difesa delle produzioni locali in nome di una non chiara politica no-global e, allo stesso tempo, sostenere in una confusa ottica terzomondista la crescita dei Paesi sottosviluppati che, per prima cosa però, chiedono a quelli ricchi di sospendere gli aiuti di Stato che sostengono le loro produzioni locali?
I problemi sono più complessi e non si possono risolvere assumendo posizioni demagogiche e di facciata. Questo vale anche per le politiche migratorie. Nessuno è contrario al principio dell'accoglienza. Accusare questo Governo di esserlo è un'operazione di mera e strumentale propaganda, ma uno Stato moderno ha il dovere morale, politico e civile di regolare l'accoglienza, di selezionare i flussi migratori e di gestirli con serietà e responsabilità. L'accoglienza, l'attenzione ai diritti delle persone e delle famiglie di immigrati, e quindi il tema di immigrazione e integrazione, sembrano essere più che mai questioni ineludibili dello scenario politico del nostro Paese.
Il fenomeno dell'immigrazione ha, infatti, implicazioni significative sul piano demografico, economico, politico, culturale ed antropologico e richiede interventi strutturali e mirati a garantirne anche la coesione e la coesistenza con i valori fondamentali del nostro Paese. Ciò vuol dire che l'immigrato va trattato come una persona e non come una merce. Fenomeni di xenofobia negano questo principio, sia nella sua versione rozza di chi ritiene lo straniero per definizione un essere inferiore, sia in quella meno esplicita di chi sfrutta l'immigrato facendolo lavorare in nero o comunque remunerandolo di meno rispetto ad altri lavoratori o utilizzandolo per manovalanza criminale.
Non va, ad ogni modo, trascurata la necessità di tutelare i diritti delle società di approdo degli stessi immigrati senza limitare tali diritti alla sola sicurezza, ma estendendoli all'identità e all'integrità nazionale. Il dovere di un Governo responsabile è quello di combattere la clandestinità. L'ingresso illegale nel territorio dello Stato costituisce nella maggior parte dei casi il presupposto per l'emarginazione e lo sfruttamento lavorativo di molti stranieri e spesso il serbatoio per il reclutamento della manovalanza della criminalità.
Si tratta, onorevoli colleghi, di una battaglia di civiltà, di cui questo Governo si è fatto pienamente carico. L'Italia è una Nazione che rispetto ad altri partner europei Pag. 26- Francia e Regno Unito in testa - affronta la questione immigrazione da un tempo relativamente recente: appena vent'anni. Per questo, dopo avere superato una serie di emergenze - da ultimo, quella degli sbarchi - oggi è essa in condizione di giocare la partita dell'integrazione puntando all'elaborazione di un proprio modello che faccia tesoro dell'esperienza degli altri Paesi e che tenga conto delle proprie identità. Inoltre, bisogna elaborare un proprio modello partendo dall'eliminazione di una serie di luoghi comuni che, al di là delle intenzioni, rischiano di pregiudicare un percorso serio.
Tra i luoghi comuni troviamo quello per il quale si pensa che in Europa gli immigrati siano una minoranza e ciò deve far mettere da parte di allarmismi. In Italia, in particolare, gli immigrati sono meno del 10 per cento della popolazione, in linea con la tendenza europea che vede presenti circa 50 milioni di immigrati rispetto ai 500 milioni di cittadini dell'Unione europea. Alla data del 30 novembre 2009, ultimo dato disponibile, le persone extracomunitarie presenti in modo regolare sul territorio italiano erano 2.675.417. Questo dato è al netto di coloro che nel frattempo sono diventati cittadini comunitari a seguito nell'ingresso nell'Unione europea dei paesi da cui provenivano, per i quali non si può più fare riferimento al censimento basato sul permesso di soggiorno e dei regolarizzanti in base all'ultimo provvedimento. Alla ricerca di un termine di confronto complessivo omogeneo, la somma con tali voci renderebbe il totale dei residenti regolari di provenienza straniera pari a circa 4 milioni e mezzo di persone. Confrontando questi dati con quelli del 1990, quando gli immigrati regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale erano 548.193, di cui 108.544 cittadini comunitari e 439.649 extracomunitari, si calcola che nel 2009 si è arrivati a circa dieci volte le presenze del 1990. Seguendo i ritmi degli ultimi vent'anni in Italia gli immigrati regolari arriverebbero a 12 milioni nel 2030 e a 20 milioni nel 2050.
Altro luogo comune è quello in virtù del quale si pensa che il decremento demografico faccia sì che l'Europa abbia bisogno di immigrati, in particolare per svolgere quei lavori che l'europeo non è più disponibile a fare. Ora, se è vero che l'Europa conosce da decenni un forte calo di nascite, c'è da chiedersi se la soluzione del problema consista davvero nel far giungere immigrati senza limiti. C'è qualche ragione per dubitarne. Gli extracomunitari, grazie ai loro salari bassi, mantengono in vita per un certo tempo in ambiti economici in crisi posti che altrimenti scomparirebbero.
Ma è semplicemente una questione di tempo, prima o poi i posti di lavoro inesorabilmente scompaiono. In ampie aree dell'Europa la difficile situazione del tessile o del calzaturiero è dipesa non dal calo demografico ma dai costi minori dei prodotti cinesi. Alla fine, nonostante le paghe inferiori degli immigrati che lavorano da noi, tante aziende hanno ugualmente chiuso i battenti e nell'insieme probabilmente i costi riguardanti l'arrivo di nuovi immigrati hanno superato i benefici della loro presenza.
Secondo: con alcune significative eccezioni, si pensi alla collaborazione domestica e alle cosiddette badanti (molte delle quali però sono cittadine comunitarie), va detto che i lavori che nessuno desidera in realtà sono lavori che l'europeo non vuole se il salario non è attraente. La questione non va vista dal lato dell'indisponibilità del lavoratore a determinati impieghi, bensì dal lato della disponibilità del datore di lavoro a occupare, talora in nero, extracomunitari che costano di meno. La conseguente alterazione del mercato del lavoro fa sì che in alcune nazioni aumenta la disoccupazione ma al tempo stesso cresce l'immigrazione e quindi l'occupazione in nero o con sottopaghe degli extracomunitari.
È necessario provare a liberarsi da questi luoghi comuni, e ne sono stati citati solo due, ed attuare un corretto e organico governo dell'immigrazione. Se l'immigrazione è un dato della nostra realtà che nessuno può pensare di abolire, tuttavia Pag. 27non deve svolgersi senza una guida e senza direttrici di fondo. Governo dell'immigrazione significa sul piano strutturale puntare a politiche omogenee in sede di Unione europea per la difficoltà di immaginare decisioni differenti per confini nazionali. Significa nel proprio territorio coinvolgere in via continuativa tutte le realtà istituzionali interessate dal fenomeno, dai Ministeri a vario titolo chiamati in causa alle regioni e agli enti locali. Gli strumenti di coordinamento delle varie competenze, centrali e periferiche, non mancano nelle leggi in vigore, attendono solo di essere compiutamente utilizzati.
Governo dell'immigrazione significa anche, e ci si sta muovendo in questa direzione, risolvere problemi di vita quotidiana: diminuire i tempi per ottenere documenti essenziali, a cominciare dal rinnovo del permesso di soggiorno; garantire la disponibilità di alloggi decorosi e la fruizione di servizi in condizione di parità con gli italiani; migliorare l'approccio con la nostra realtà istituzionale. Norme introdotte di recente nell'ordinamento puntano a favorire l'effettiva integrazione di ogni singolo immigrato. Nel luglio 2009, nell'ambito del pacchetto sicurezza, il Parlamento ha previsto per la prima volta l'accordo di integrazione. Esso consiste in questo: all'atto della richiesta di permesso di soggiorno, quale condizione per il rilascio dello stesso l'immigrato sottoscrive l'assunzione di impegni articolati per crediti e per obiettivi da onorare nel periodo di validità del permesso; la perdita integrale dei crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero. La costruzione nei fatti di un sistema che faccia effettivamente funzionare l'accordo di integrazione costituirà la base per il progressivo inserimento nella nostra realtà nazionale, a conclusione del quale si potrebbe collocare il riconoscimento della cittadinanza.
In quest'ottica non dobbiamo temere di riaffermare la nostra identità culturale: il dovere dell'identità è strettamente connesso ad una politica seria dell'immigrazione e impone un'effettiva unità attorno ai principi che connotano l'identità, una solidarietà di testa e di cuore fra coloro che la perseguono, un metodo caratterizzato da senso di realtà. Approcci buonistici e ottime intenzioni devono fare i conti con l'oggettività del reale senza falsi miti. Abbiamo la storica responsabilità di non scaricare la questione sulle future generazioni e quindi di non favorire la formazione di un consistente numero di uomini e donne culturalmente avulsi dal tessuto nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, oggi discutiamo in Aula una mozione presentata a distanza di meno di un mese dai fatti di Rosarno; sono in discussione anche le altre mozioni che sono state presentate nell'imminenza della ripresa dei lavori dell'Assemblea, ma voglio rivendicare con forza questo primato, questo strano primato di essere stati i primi a porre il problema in esame all'attenzione dell'Aula, e dunque del Parlamento. Vorrei dire, però, come gruppo del Partito Democratico, che questo interesse viene da lontano, viene da anni di impegno sul territorio e di esperienza, viene dalla presenza nel gruppo del Partito Democratico di persone che hanno costruito la loro storia politica e il valore della stessa anche su questi temi dell'immigrazione.
I problemi di Rosarno non ci hanno sorpreso; non potevano sorprendere noi e credo che non ci fossero neanche i presupposti per poter sorprendere chi governa questa Italia perché un anno prima si erano verificati fatti analoghi a quelli di Rosarno e perché questi ultimi sono accaduti a distanza di poco tempo anche dai fatti di Castel Volturno. Tali fatti complessivamente - voglio partire proprio da questo aspetto - ci dicono una cosa: ci danno dimostrazione della capacità che hanno avuto non gli italiani, ma altre persone che vivono in Italia, quelli che alcuni hanno definito africani, in vari modi, comunque di nazionalità non italiana Pag. 28e spesso di colore ambrato, nero, di rivendicare una cosa importante e significativa per tutti noi, vale a dire la dignità di chi è in Italia perché non stava bene nel proprio Paese, ma che è in Italia non solo per lavorare e per vivere, ma per vivere con una dignità che sia rispettata dagli altri.
È un segnale molto importante e l'abbiamo vissuto come tale anche in Calabria dove sono accaduti i fatti di Rosarno. In una Calabria piegata alla criminalità organizzata, infatti, è stato importante che a ribellarsi al caporalato, che in gran parte è in mano alla criminalità organizzata, al lavoro sommerso, a condizioni di vita assolutamente inadeguate siano stati proprio questi soggetti e che l'abbiano fatto con forza, in qualche modo anche con rabbia, potrei aggiungere, in maniera critica, in qualche occasione anche con violenza, ma l'hanno fatto per dare un segnale a tutti noi che questo problema deve essere affrontato.
Mi rivolgo in particolare al sottosegretario Viespoli che conosco da anni, da quando entrambi eravamo sindaci e quindi mi auguro anche che lui ci metta qualcosa di suo in questa capacità di ascolto. Il problema dell'immigrazione deve essere affrontato fuori da ogni logica di emergenza, come hanno detto già altri, e anche il fatto che la mozione volutamente sia nata a ridosso dei fatti di Rosarno, ma sia discussa ormai a tre mesi di distanza dagli stessi, significa una cosa: l'attenzione su questi fatti non deve cadere; questi fatti devono portarci ad una discussione non più emergenziale, deve dare al Governo e alla politica la capacità di discutere i problemi in maniera strutturale e fuori dall'emergenza, il che vuol dire elaborare un documento triennale sulle politiche migratorie, come del resto è previsto dalla legge.
Tuttavia, pur avendo visto una qualche vivacità a ridosso dei fatti di Rosarno, come di quelli di Castel Volturno, soprattutto sui temi di ordine pubblico, di sicurezza (su quelli che si vogliono leggere come problemi di ordine pubblico e di sicurezza) non abbiamo visto una corsa del Governo a capire dove sono gli errori. Gli errori consistono nel non avere una strategia, nel non utilizzare anche gli strumenti che pure ci sono; nella nostra mozione si fa riferimento all'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, di cui ha già parlato il collega Touadi, ma si parla anche del documento triennale sulle politiche migratorie e di una serie di direttive, su cui si soffermeranno altri colleghi, che addirittura non abbiamo ancora recepito. Il segnale che dà il Parlamento, la politica italiana e la maggioranza di Governo in questo momento è quello di non avere capacità reattive: non si tratta soltanto di un fatto economico perché quando si tratta di battaglie per i diritti non è in discussione soltanto l'economia, ma la capacità di affrontare i problemi nel loro complesso.
Io mi voglio dilungare leggermente, per quello che mi è consentito dai tempi a disposizione, sui problemi della Calabria per ribadire una cosa scritta nella mozione, che è molto cara a Livia Turco e sulla quale, anche nelle riunioni preparatorie della mozione, la stessa Livia Turco ha molto insistito, così come nel viaggio fatto in Calabria con Bersani.
Esiste l'Italia della civile convivenza, dice con fermezza Livia Turco, forte dell'esperienza maturata come Ministro, quando parlava e concertava con le associazioni. La collega soprattutto conosceva le associazioni non perché le convocava a Roma, ma perché le ha sempre conosciute sul territorio avendo una frequentazione del territorio assolutamente encomiabile.
Questa Italia della civile convivenza esiste, ed esiste anche una Calabria della civile convivenza. Lo dimostra anche la scelta fatta dalla collega Livia Turco di dare la parola ad esperienze diverse e ciò vuole avere un senso per il gruppo del Partito Democratico.
Io sono calabrese e voglio parlare, sia pure velocemente, di questa Calabria della civile convivenza, partendo dalla stessa Rosarno che non possiamo lasciare sola. Nella visita fatta dalla delegazione di parlamentari guidata da Livia Turco (ma anche alla presenza del nostro segretario nazionale Bersani), abbiamo visto una Rosarno Pag. 29diversa che ha cercato di capire gli errori, ma ha cercato anche di farci conoscere la capacità di accoglienza che ha avuto negli anni pregressi.
Il problema di Rosarno non è solo quello della cittadinanza, ma è quello del lavoro sommerso che sembra che nessuno voglia affrontare. In un'interpellanza, inoltre, abbiamo posto il problema dei controlli e la risposta del Governo è stata assolutamente inadeguata. Vi è anche il problema dell'agricoltura su cui non ci sono risposte. Quella di Gioia Tauro, infatti, è una zona che si basa fondamentalmente sull'agricoltura che, però, non dà risposte e ciò si misura con l'incapacità di reggere sul mercato. Il problema di Rosarno è anche il contesto criminale che va affrontato in maniera più strutturale e adeguata, ed è un problema complessivo di disoccupazione in cui si può anche scatenare questa battaglia.
Faccio solo un accenno ad altre esperienze calabresi. Intanto voglio ricordare a tutti che è significativo che il 1o maggio quest'anno sia festeggiato proprio a Rosarno in Calabria, ma aggiungo due cose che naturalmente posso solo citare.
La prima è che proprio ieri la commissione episcopale calabrese per le migrazioni ha visitato il centro di prima accoglienza ed è andata per ascoltare e non per parlare. La commissione ha raccolto le lamentele sulle lungaggini burocratiche e sui vuoti legislativi che impediscono ai migranti di raggiungere i loro obiettivi.
La seconda, sempre sulla Calabria, è che un anno fa è nato proprio a Lamezia Terme, quindi al centro della Calabria, un centro di medicina del viaggiatore e delle migrazioni di cui Livia Turco conosce le ragioni, l'origine e il percorso. Questi sono esempi di un'Italia che vuole attrezzarsi e questo centro di medicina del viaggiatore e delle migrazioni è diventato oggi il punto di riferimento e il capofila anche per le altre regioni. Si tratta di segnali che devono incoraggiare.
Il punto vero, sottosegretario e colleghi, è avere una strategia, essere capaci di concertare con il territorio e di parlare con le regioni e con gli enti locali; essere capaci di avere una rete comune che non rappresenta, ribadisco, soltanto un fatto economico ma soprattutto ed essenzialmente progettuale. Bisogna sfuggire l'inganno di chi continua a parlare dell'immigrazione come un problema esclusivamente di ordine pubblico o di sicurezza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,50)

DORIS LO MORO. Bisogna aprire la propria mente ai valori a cui ci richiamano anche le direttive europee ed essere capaci di capire che un'Italia civile significa che, anche per noi, un buon livello di integrazione è un obiettivo da raggiungere. Ciò, infatti, rende la nostra nazione più civile con riflessi su tutti noi e non solo sul Governo, ma anche sugli italiani che hanno bisogno di questi segnali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, i colleghi del mio gruppo hanno già illustrato i vari aspetti specifici della mozione. Vorrei svolgere alcune considerazioni che precedono la mozione e che riguardano lo stato della politica dell'immigrazione e lo stato a cui avete ridotto in questo Paese la politica dell'immigrazione. È uno stato molto preoccupante perché la maggioranza ha basato le sue scelte su un assunto profondamente falso. Secondo voi della maggioranza, infatti, rendere la vita difficile agli immigrati significa dare più sicurezza agli italiani.
Questa è veramente una follia, perché è vero esattamente il contrario: le scelte della maggioranza e di questo Governo hanno prodotto e continuano a produrre irregolarità, favoriscono la devianza e causano, in parte, l'insicurezza.
L'immigrazione è stata ridotta unicamente a una questione di ordine pubblico: in Italia l'immigrazione ha perso - semmai lo ha avuto, dal vostro punto di vista Pag. 30- qualsiasi aspetto umanitario. Non si guarda mai alle persone e ai loro drammi; non si cerca mai di costruire una vera convivenza civile: per voi tutto è solo un problema di polizia.
Avete contrapposto, in ogni vostra decisione o legge, in ogni vostra politica, in ogni vostra dichiarazione, loro e noi. Di loro e del loro lavoro avete ed abbiamo bisogno: nella mozione noi ricordiamo alcune cifre sull'impatto positivo in materia di economia, di famiglia e di welfare, ma voi non li riconoscete e non li volete come parte della nostra società.
La vostra politica si basa sul diniego sociale dell'immigrato come persona. Li espellete dal dibattito politico-sociale, li relegate alla questione della sicurezza, prima ancora di espellerli fisicamente, in massa, se solo poteste, come alcuni esponenti della Lega rivendicano nei loro discorsi, con tanto orgoglio e altrettanta irresponsabilità.
Dite spesso che il nostro Paese è malato a causa dell'immigrazione. Io, invece, di malato vedo solo il vostro atteggiamento, malato di paura dell'altro.
Non vi sarà sicurezza, in Italia, senza uguaglianza dei diritti e senza uno sforzo collettivo di italiani ed immigrati per superare quella distinzione tra noi e gli altri, in cui gli altri assumono sempre una connotazione negativa, distante e pericolosa.
La demagogia di chi grida più forte, cui volete abituare il Paese, ha fatto sì che neanche di fronte a fatti come quelli di Rosarno e di Milano si siano scosse le coscienze e si sia avviato un vero dibattito, in un Paese in cui scontiamo un ritardo di circa vent'anni rispetto ad altri Paesi europei sulla questione dell'immigrazione.
La legge Bossi-Fini, i vari decreti Maroni e le vostre posizioni che avete espresso anche in quest'Aula, di recente, sulla cittadinanza, compiono tutte la scelta della chiusura e della diffidenza e guardano al passato, in un Paese in cui ci si divide troppo spesso sul dibattito sui media tra ottimisti ciechi e pessimisti che vedono pericoli ovunque.
Integrazione, legalità e convivenza civile: sono queste priorità al centro delle nostre proposte nella nostra mozione, per un nuovo modello italiano. Certo, i diritti come la cittadinanza non garantiscono automaticamente l'integrazione, ma non vi è vera integrazione senza pari diritti.
È necessaria, allora, come proponiamo, una politica che costruisca un sentimento di appartenenza e di riconoscimento reciproco, partendo dai territori e guardando alle buone prassi dei territori di altri Paesi europei, dove istituzioni locali e società civile sono in prima linea nell'affrontare insieme, ogni giorno, le sfide dell'integrazione. A livello locale esiste, in Italia, un'Italia civile che va valorizzata e sostenuta.
Sono in particolare le seconde generazioni a mostrarci la possibile via italiana all'integrazione. Ne ho sentite tante, invece, da voi, sin dall'inizio della legislatura. In quest'Aula avete addirittura parlato della crisi di identità delle seconde generazioni, adducendola come motivazione a non forzare l'integrazione. La crisi di identità c'è in chi non ha senso di appartenenza. Come volete che si crei questo sentimento, se i vostri provvedimenti emarginano questi giovani rispetto ai coetanei italiani, se essi frequentano le stesse scuole, hanno le stesse aspirazioni e gli stessi sogni, ma, ad un certo punto, scoprono di non avere gli stessi diritti e le stesse opportunità.
Noi non vogliamo una politica assistenzialista, ma una politica che permetta un vero protagonismo civico e sociale: proponiamo nuove politiche di integrazione civica e linguistica. Legare il rilascio della carta di soggiorno di lungo periodo della cittadinanza alla frequentazione di un corso di educazione civica e linguistica può essere utile ed è previsto in altri Paesi europei, ma deve servire ad accorciare i tempi previsti per il riconoscimento di determinati diritti, proprio perché dimostra una forte volontà di aderire alla comunità nazionale e locale, che va prima incentivata e poi premiata.
Riconoscere, allora, il diritto di voto, a cominciare da quello amministrativo e anche alle elezioni europee, è funzionale Pag. 31ad una piena partecipazione politica e civica, basata sull'uguaglianza di diritti e di doveri.
Sono residente regolare, lavoro e pago le tasse. Perché non posso votare per il sindaco della mia città o per i miei rappresentanti in Europa? Già oggi, infatti, nell'Unione europea vari diritti civili sono riconosciuti in base al criterio della residenza regolare e non in base a quello della nazionalità. Diritti e aperture non sono concessioni, non è buonismo o propaganda, ma sono condizioni necessarie affinché si realizzi una vera integrazione degli immigrati e per garantire una vera sicurezza.
Nella nostra mozione abbiamo evidenziato alcuni punti che mostrano come il vostro approccio sia sempre più spesso in contrasto con le direttive comunitarie e in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei. Ricordo alcuni esempi: il rimpatrio, le sanzioni ai datori di lavoro, il ricongiungimento familiare e il patto europeo sull'immigrazione. Non avete ancora recepito la direttiva sulle sanzioni contro i datori di lavoro e lo sfruttamento del lavoro irregolare, nonostante le nostre reiterate richieste. Che strano! Eppure dite di voler lottare contro la clandestinità. La cosa migliore sarebbe lottare contro le sue cause e contro chi la favorisce e la sfrutta. Noi lo ricordiamo chiaramente: più ampia è l'economia sommersa, più alta è la domanda di lavoro irregolare, maggiore è la domanda di irregolari stranieri.
Avete recepito la direttiva rimpatri, di per sé già molto restrittiva, unicamente per la parte relativa alla possibilità di allungare i tempi di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione, mentre avete totalmente omesso la parte restante, basata sull'idea dei ritorni volontari, che potrebbe permettere di collegare finalmente politiche dell'immigrazione e alcuni aspetti della cooperazione allo sviluppo. La direttiva rimpatri è molto attenta nel richiamare tutta una serie di diritti fondamentali, che voi invece volete ignorare. Per questo non la recepite, come del resto è stato anche denunciato di nuovo, qualche tempo fa, in sede ONU. La direttiva dice che gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione l'interesse superiore del minore, la vita familiare, le condizioni di salute del cittadino di un Paese terzo interessato e rispettano il principio di non-refoulement. È facile capire perché non volete attuarla.
In base alle vostre leggi oggi in Italia, in contrasto con gli impegni europei, la richiesta di rimpatrio volontario è semplicemente impossibile, perché equivale ad una autodenuncia, con susseguente procedimento giudiziario, condanna ed espulsione. Le modalità con cui abbiamo recepito la direttiva relativa al ricongiungimento familiare lede di fatto l'unità della famiglia e la concreta possibilità di ricongiungersi, ostacolando così, anziché favorire una vera e sana integrazione.
Voglio ricordare, infine, il patto europeo per l'immigrazione che invita gli Stati membri a porre in essere una politica di integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato alla sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione e al dialogo interculturale. Tuttavia, di questa priorità del patto voi non parlate mai, non la invocate mai. Eppure lo avete sottoscritto proprio voi, a nome del nostro Paese in Europa. Voi preferite impedire di salire sullo scuolabus o di accedere alla mensa ai figli degli immigrati che hanno perso il lavoro in tempo di crisi. Proprio ieri il commissario di Bologna ha negato l'iscrizione agli asili nido ai figli degli immigrati non più in regola con il permesso di soggiorno perché licenziati. Non siete stati ancora capaci di trarre le dovute conseguenze da tutto questo, dalla profonda trasformazione sociale che è in atto e che è una delle principali sfide del nostro tempo. È una sfida da cui non dipenderà solo il destino degli immigrati, ma anche il grado di civiltà e la qualità di convivenza delle nostre società. Civiltà e convivenza che oggi, a causa vostra, mancano gravemente nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante Pag. 32procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, credo che all'interno di questa discussione più generale, per la quale ringrazio i presentatori delle diverse mozioni, che me ne offrono l'opportunità, possa inserirsi anche un fatto specifico.
È successo, infatti, che in provincia di Massa-Carrara, la realtà dove vivo, ma anche in quella di Verona a quanto mi risulta, centinaia di extracomunitari sono stati truffati in occasione della recente sanatoria per la regolarizzazione di colf e badanti da una falsa agenzia interinale cui hanno dato i documenti e le carte necessarie per la regolarizzazione, ma soprattutto dei soldi: da mille a 3 mila euro per ciascuna falsa richiesta di regolarizzazione rispetto alla quale hanno ricevuto una copia del modulo F24, attestante il pagamento effettuato all'INPS, che poi si è rivelato falso. Oltre al danno, quindi, anche la beffa, perché questi cittadini stranieri, oltre ad essere stati truffati, oggi sentono sulla propria testa il peso, la minaccia di un'espulsione in quanto clandestini. Nei prossimi giorni ci saranno anche delle manifestazioni, sull'argomento e ho già presentato un'interrogazione al Ministro dell'interno.
Approfitto, signor Presidente, per sollecitare una risposta a questa mia interrogazione e per dare lettura di una lettera di una amministratrice locale, la dottoressa Sara Vatteroni, assessore alla provincia di Massa-Carrara, che ha scritto una lettera aperta dicendo: salvaguardiamo il diritto delle persone e il principio della legalità. La lettera - ne leggerò soltanto uno stralcio ovviamente - inizia così: ci risiamo. Ad ogni sanatoria si presenta il «furbetto del quartierino» che approfitta lucrando dello stato di bisogno e di necessità determinato dalle aspettative che ogni volta la regolarizzazione dei permessi di soggiorno dei cittadini extracomunitari rappresenta per migliaia di persone che sperano di regolarizzare la propria posizione lavorativa. C'è sempre, infatti, qualche datore di lavoro di società più o meno fantasma, una volta un carrozziere, un'altra volta un'azienda agricola, quest'anno una cooperativa fallita da tempo, che pensa di speculare, offrendo posti di lavoro, garantendo il buon esito delle pratiche, e in cambio di questi servizi richiede migliaia di euro, sfruttando le speranze di persone disagiate. Alla fine, purtroppo, per le persone lese nei loro diritti e nelle loro aspettative i nodi vengono al pettine e si scopre il gioco. Allora cosa succede? Normalmente la storia, oggi cronaca, ci insegna che il datore di lavoro è un nullatenente che, grazie ai notevoli guadagni illecitamente lucrati sulla vita di persone disperate, può pagarsi avvocati bravi e capaci.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Inoltre, godono ormai spesso dell'indulto di turno che agevola, di fatto, tali pratiche, vista la ripetitività con cui viene emanato. Per cui i caporali, gli schiavisti della nostra epoca, sono, di fatto, malfattori impuniti ed impunibili. Normalmente si tratta, infatti, sempre di persone che sono anche incensurate, oltre che nullatenenti e che, quindi, escono indenni dalle maglie della legge, della legalità, peraltro con un lauto guadagno. Chi ne fa le spese sono i lavoratori immigrati che si vedono respingere la richiesta di permesso di soggiorno, con espulsione diretta e un processo a proprio carico per aver voluto aggirare le norme sull'immigrazione che per l'attuale Governo equivale al reato di associazione a delinquere, qualche volta addirittura a terrorismo.

Pag. 33

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO EVANGELISTI. Partendo, quindi, dal presupposto della difesa contemporaneamente dei diritti delle persone e della legalità, e ricordando che nel caso scoperto recentemente a Massa i primi ad essere danneggiati e truffati sono stati coloro che avevano avviato la procedura di regolarizzazione, la soluzione del problema evidenziato è l'applicazione dell'articolo 18 della legge n. 286 del 1998, la cosiddetta Turco-Napolitano, rinnovato dalla Bossi-Fini che potrebbe essere ben applicata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, come i miei colleghi hanno sottolineato quello che la mozione del Partito Democratico vuole proporre al Parlamento è un nuovo approccio, un cambiamento di ottica nel trattare la politica dell'immigrazione. Serve una politica che favorisca la regolarizzazione e servono vere politiche di integrazione In questo Paese, come ha ricordato l'onorevole Gozi, invece, è stata portata avanti solo una politica di ordine pubblico, nessuna politica positiva.
Penso che la domanda che il Paese si deve porre non è solo di quanti lavoratori abbiamo bisogno ma quante persone siamo in grado di accogliere e coinvolgere in un processo di crescita. Il tema cruciale è la sostenibilità sociale dell'immigrazione. Le politiche d'integrazione per una convivenza democratica tra italiani e immigrati sono una priorità; esse costituiscono una politica di sviluppo e di sicurezza per tutti. Voglio anche sottolineare che la scelta del permesso di soggiorno a punti non è assolutamente una soluzione.
Io ho svolto un'interrogazione rivolta all'onorevole Maroni dove vediamo che l'irregolarità che esiste nel nostro Paese molte volte è frutto della legge, è frutto della disapplicazione che le nostre strutture burocratiche portano avanti nei confronti degli immigrati (si passa da 20 a 365 giorni). Maroni non ha potuto che riconoscere la gravità di questo fatto e rappresentarci quello che si sta facendo per venire incontro a una situazione così grave. Ci ha anche detto che l'arretrato verrà smaltito entro giugno. Allora, vorrei rendere edotto il Parlamento di questo, e lo vorrei ricordare a tutti: l'arretrato per lo smaltimento dei permessi di soggiorno dovrebbe essere completato a giugno. Noi a giugno saremo qui a chiederne conto, perché abbiamo forti perplessità sul fatto che questo avvenga, proprio perché non c'è la capacità di svoltare, di capire che l'immigrazione è un dato strutturale, un dato concreto, un bisogno della nostra società, un'esigenza della nostra società. Ed è un'esigenza dei datori di lavoro, data dal fatto che la nostra società invecchia e noi non saremo più in grado di fare fronte allo sviluppo che il nostro Paese richiede negli ambiti della produzione e anche della vita delle nostre famiglie (come ha testimoniato la sanatoria sulle badanti).
Nella nostra mozione ci sono tante proposte concrete per cambiare l'approccio, per avere politiche positive, politiche concertate tra il Governo nazionale, gli enti locali, il terzo settore, il sindacato e il volontariato. Quello che manca è proprio una volontà politica del Governo di sviluppare politiche di integrazione.
Vorrei ricordare un punto della nostra mozione: noi chiediamo di realizzare un piano nazionale tra regione, enti locali, forze economiche e sociali, volontariato e associazionismo, un piano nazionale per politiche di integrazione e di civile convivenza tra italiani e immigrati. Ebbene, su questo noi dobbiamo dire che vi sono tantissime esperienze positive nel nostro Paese, ma che le amministrazioni locali sono lasciate sole. Allora vorrei anche ricordare che in questo dibattito parlamentare è mancata la voce di una forza politica, della Lega, che ormai governa molte regioni.
Vorrei capire qual è la politica che noi andremo a concertare su tutto il territorio nazionale. Voglio capire che politiche d'integrazione vogliamo portare avanti, perché Pag. 34è l'integrazione quello che ci dà sicurezza, non è un falso ostacolare la possibilità di vivere regolarmente nel nostro paese. Ebbene, questa priorità di un piano nazionale deve accompagnarsi alla creazione di un fondo tra regioni, enti locali e Stato per sostenere le politiche d'immigrazione. Questi sono i punti cruciali su cui noi attendiamo risposte. Mi auguro che il sottosegretario ci sappia dare delle risposte.
Il Ministro Sacconi aveva annunciato la volontà di presentare delle proposte sul terreno dell'integrazione. Noi stiamo ancora attendendo. Non abbiamo capito e mi pare che non vi sia ancora una proposta e una volontà politica chiara in questo senso. Penso che l'iniziativa delle mozione abbia avuto almeno il merito di porre all'attenzione del Parlamento un tema così cruciale della nostra società.
Non possiamo portare avanti una politica miope che crea insicurezza e non offre una prospettiva forte di vita e di convivenza civile al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di espressione del parere sulle mozioni.
Il seguito della discussione avrà luogo dopo la conclusione dell'esame dei disegni di legge di ratifica.

Sull'ordine dei lavori.

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, colleghi, vorrei la vostra attenzione per un minuto, infatti è agli onorevoli colleghi tutti che mi rivolgo e non ad una parte politica e questo non è un intervento o un messaggio politico di alcun tipo. Non badate al messaggero, badate al messaggio.
Vorrei farvi notare che di fronte a Montecitorio, c'è una signora in sedia a rotelle prigioniera di una di quelle malattie che non perdonano e che diventano sempre più prigione di spirito, di volontà e di qualità della persona. Questa persona comincia oggi, qui davanti, uno sciopero della fame, pensando che nessuno qui dentro sia disposto ad occuparsi di un problema drammatico e terribile come quello di cui lei è protagonista.
Vi prego - questa è la mia preghiera - uscendo di qui andate a salutarla, andate a dire, da qualunque parte di quest'Aula, che siamo suoi amici, che ci occuperemo di questo problema e che questo non è un Parlamento sordo e sciocco che ignora il dolore del proprio Paese. Non importa chi e da che parte lo facciamo. Lo chiedo ai colleghi della Lega, lo chiedo ai colleghi del PdL, tale e quale come lo sto chiedendo ai colleghi del mio partito, che so che lo faranno. Non c'è nulla di politico in quello che vi sto chiedendo. Si chiama Alessandra Incoronato ed è a capo di un movimento di persone immobili come lei che nella vita, nella testa, nell'energia, nella passione morale sono tutt'altro che immobili e vogliono essere cittadini partecipi e noi dobbiamo essere il loro ponte e il loro tramite. Vi prego, fatelo, uscite e salutatela (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Poiché non è ancora decorso il termine di preavviso previsto dal Regolamento per passare alle votazioni mediante procedimento elettronico, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 12,25 con immediate votazioni.

La seduta, sospesa alle 12,15, è ripresa alle 12,25.

Si riprende la discussione del disegno di legge di ratifica n. 3226.

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge di ratifica, già Pag. 35approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia ed ai tratti di ferrovia compresi tra le stazioni e le frontiere d'Italia e di Francia, fatto a Roma il 22 gennaio 2003.
Ricordo che questa mattina si è conclusa la discussione sulle linee generali e ha avuto luogo la replica del rappresentante del Governo, mentre il relatore vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 3226)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3226), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Giammanco? Onorevole Saltamartini? Onorevole Paolo Russo? Onorevole Bellotti? Onorevole De Micheli? Onorevole Lusetti? Onorevole Terranova, sta votando per due? Onorevole Tabacci?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 436
Maggioranza 219
Hanno votato
436).

Prendo atto che i deputati Borghesi, Ferranti, Barbareschi e Viola hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3226), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli? Onorevole Sanga? Onorevole Verini? Onorevole Leo? Onorevole Gnecchi?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti e votanti 441
Maggioranza 221
Hanno votato
441).

Prendo atto che i deputati Ferranti, Barbareschi e Viola hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3226), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli? Onorevole Stagno D'Alcontres? Onorevole Girlanda? Onorevole Conte? Onorevole Gnecchi?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti e votanti 440
Maggioranza 221
Hanno votato
440).

Prendo atto che i deputati Ferranti, Barbareschi e Viola hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Pag. 36
Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 3226), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca? Onorevole Girlanda? Onorevole Vico? Onorevole Piso? Onorevole Romele? Onorevole Mondello?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato
444).

Prendo atto che i deputati Delfino, Ferranti, Barbareschi e Viola hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3226)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, nell'intervento che ho svolto durante la discussione sulle linee generali, avevo preannunciato il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla ratifica del disegno di legge in oggetto; avevo preannunciato, altresì, la rinunzia allo svolgimento della dichiarazione di voto finale. Tuttavia, gli interventi che sono stati svolti - in particolare, quello dell'onorevole Pianetta e quello del rappresentante del Governo - mi impongono di riprendere la parola, perché vi è un problema, che ho evidenziato e che torno ad evidenziare.
I finanziamenti necessari per la ratifica del provvedimento in oggetto vengono sottratti al fondo destinato alla Convenzione dell'ONU contro la desertificazione, con la giustificazione che questo risulta sovrastimato. Pertanto, si continua ad attingere a tale fondo per la copertura delle ratifiche internazionali di trattati ed accordi, e non vi è più certezza della sua entità.
Non sono io a dire questo, ma è la Commissione bilancio della Camera dei deputati, che oggi, tra l'altro, dovrà riunirsi per esprimere il proprio parere su un'ennesima copertura finanziaria per quanto riguarda la ratifica di un Trattato con la Repubblica del Cile, concernente l'assistenza giudiziaria in materia penale. In un documento della Commissione bilancio si dice che appare opportuno che il Governo fornisca puntuali indicazioni in ordine alle risorse iscritte nel capitolo n. 2302 del Ministero degli affari esteri che devono essere effettivamente destinate alle finalità originarie, di cui all'articolo 3 della legge n. 170 del 1997, ovvero alla lotta contro la desertificazione.
Pertanto, nel provvedimento che oggi ci accingiamo a ratificare, si tratterà anche di cifre: esse non intaccano i fondi per la cooperazione e la lotta alla desertificazione, ma è il segnale ad essere sbagliato, non solo per il fatto stesso di attingervi all'infinito (anche il barile ha un fondo). Come d'abitudine, ho denunciato che questo Governo, di volta in volta, in mancanza di copertura, riesce a trovare risorse con tagli lineari per le autorizzazioni di spesa previste per altre leggi.
Vorrei ricordare brevemente, in questa sede, quali sono i provvedimenti per cui, nell'ultimo anno, si è attinto dai fondi destinati alla Convenzione ONU contro la desertificazione: la proposta di legge n. 2815, che riguarda i centri per l'astrofisica a Pescara; la proposta di legge n. 2935, che riguarda il traforo del Gran San Bernardo; la legge n. 43 del 2010, che riguarda la ratifica dell'Accordo con il Regno di Norvegia; la legge n. 45 del 2010, che riguarda la collaborazione nel settore del turismo con la Repubblica di Moldova; la legge n. 46 del 2010, concernente la Pag. 37ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana; la proposta di legge n. 2934, che riguarda un Accordo con la regione speciale di Hong Kong, concernente la mutua assistenza in materia penale; la legge n. 159 del 2009, che riguarda l'Arabia Saudita; la legge n. 174 del 2009, che riguarda un Accordo stipulato ancora con la Moldova; la legge n. 188 del 2009, che riguarda la Repubblica argentina; le legge n. 173 del 2009, concernente la recente istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario; la proposta di legge n. 3083, che riguarda la Gendarmeria europea; infine, la proposta di legge n. 3226, che per 200 mila euro, o poco più, incide sempre sullo stesso fondo.
Pertanto, confermiamo il voto favorevole sul provvedimento in oggetto, ma chiediamo che il Governo dia risposte puntuali sull'entità e sull'effettiva capienza del citato fondo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo dell'Unione di Centro sul disegno di legge di ratifica di questo Protocollo, il quale presenta, di per sé, un'anomalia ricorrente, ossia quella del tempo che passa dalla sigla di tali accordi sino alla loro ratifica da parte dell'Aula: si tratta di una costante che si ripete per le ratifiche di quasi tutti i Protocolli (questo, ad esempio, risale al 2003). Ad ogni modo, si tratta di una Convenzione auspicata, poiché riguarda - come è già stato spiegato da chi è intervenuto durante la discussione sulle linee generali - un'anomalia fiscale concernente le stazioni di Modane e Ventimiglia, nonché la gestione di queste ultime. Tale anomalia fiscale è dovuta al servizio che le ferrovie dei due Paesi svolgono tra le stazioni sopra citate.
Fino ad ora, il personale dipendente delle ferrovie dei due Paesi aveva beneficiato di una doppia esenzione fiscale in Italia e Francia: il protocollo intende sanare tale anomalia che andava avanti da tanto tempo, senza peraltro imporre ai destinatari una doppia tassazione. Secondo il testo unico delle imposte sui redditi, infatti, anche i redditi da lavoro dipendente prodotti da non residenti fiscali in Italia sono considerati prodotti nel nostro Paese qualora la prestazione lavorativa venga effettuata nel territorio italiano.
Al di là del tempo trascorso, si tratta di un Protocollo che andava ratificato. L'unica perplessità che rimane al gruppo dell'Unione di Centro riguarda la copertura finanziaria - come è stato ricordato anche da altri - con fondi destinati alla lotta alla desertificazione. Per l'amor del cielo, l'importo non è altissimo, tuttavia, a mio avviso, vi è stato poco approfondimento nella scelta delle coperture, come è successo più volte per altri settori che hanno attinto quasi costantemente dai fondi FAS, o per altri ancora che attingono dai fondi dormienti. In questo caso si continua ad attingere dal capitolo per la desertificazione.
Ebbene, al di là della bontà di questo provvedimento, credo che sulla copertura, anche in futuro, sarà opportuno compiere delle verifiche insieme, anche in questo clima (che mi pare si stia producendo) di un confronto un po' più sereno e più approfondito su tutto, e anche al di là di quelle che potranno essere le riforme, anche per quanto attiene alle coperture, stante la difficoltà che conosciamo rispetto alla finanziaria in generale. Come dicevo, dunque, sarà opportuno verificare tutti assieme dove si creano danni minori rispetto alla scelta per la copertura finanziaria.
Ciò premesso, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'Unione di Centro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

Pag. 38

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, dobbiamo appuntarci una riflessione che dovremo sviluppare nel futuro: a mio avviso, il modo con cui il Parlamento legifera in materia di ratifiche dei trattati internazionali va rivisto e rimesso in discussione. Non voglio aprire in questa sede una questione che ha la sua dignità e la sua corposità, ma non vi è dubbio che si tratta di un tema da mettere all'ordine del giorno.
Non si tratta soltanto di una discussione relativa alle coperture (discussione, peraltro, assolutamente necessaria), ma vi è una questione che riguarda il modo in cui portiamo in Parlamento questa materia e il modo in cui essa giunge in Parlamento. Abbiamo bisogno di una riflessione meditata, perché dobbiamo - credo - tutti convenire che questo sistema si presta ad evidenti e chiarissime controindicazioni.
Detto ciò, a nome del mio gruppo dichiaro il voto favorevole su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3226)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 3226 di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Migliori... onorevole Sposetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1881 - «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia ed ai tratti di ferrovia compresi tra le stazioni e le frontiere d'Italia e di Francia, fatto a Roma il 22 gennaio 2003» (Approvato dal Senato) (3226):

Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato 460
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Si riprende la discussione del disegno di legge di ratifica n. 3227 (ore 12,45).

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo all'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Roma il 13 marzo 2009.
Ricordo che questa mattina si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 3227)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3227), al quale non sono state presentate proposte emendative. Pag. 39
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman... onorevole Sposetti... onorevole Rampi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Hanno votato
458
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3227), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman ...onorevole Sposetti...onorevole Rampi...onorevole Vico...onorevole Gottardo...onorevoli Giammanco e Mazzuca...onorevole Rainieri...onorevole Mattesini...onorevole Mondello...onorevole Rainieri, ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato
461).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3227), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Giammanco, ha votato? Onorevole Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato
461).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3227)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'Unione di Centro anche su questo disegno di legge di ratifica che riguarda, come è già stato ricordato, l'Accordo fra Italia e Malta e che mira ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e soprattutto a prevenire le evasioni fiscali; rappresenta quindi un tema molto delicato.
Diversamente dalla ratifica che abbiamo esaminato precedentemente, questo Protocollo è stato fatto nel marzo del 2009, pertanto qui abbiamo già in parte risposto all'anomalia presente nelle ratifiche che solitamente arrivano con molti anni di ritardo.
Lo scopo principale di questo Protocollo è quello di emendare l'articolo 25 dell'Accordo italo-maltese, consentendo di intensificare la cooperazione amministrativa Pag. 40ai fini della lotta all'evasione fiscale e soprattutto del superamento dell'opposizione del segreto bancario. Tutto ciò è fondamentale ed è importante che questa intesa favorisca la disapplicazione di alcuni incentivi alla costituzione di nuove attività sul territorio maltese, che evidentemente vengono meno soprattutto nel momento in cui anche Malta è indirizzata verso l'integrazione europea, cui consegue anche l'inserimento nella white list auspicata a livello internazionale ed europeo.
Per queste motivazioni - e senza entrare nel merito dell'articolato del Protocollo - la posizione dell'Unione di Centro è per l'espressione di un voto favorevole considerando, oltretutto, che questo Protocollo non prevede nemmeno la necessità di una copertura finanziaria alla quale, con molta preoccupazione, avevo fatto riferimento in ordine alla ratifica precedente (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stefani. Prendo atto che vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, intervengo per ribadire il concetto espresso già nella precedente occasione, ossia che ci troviamo in una situazione cui dobbiamo in qualche modo, con serietà e senso di responsabilità, porre rimedio. Infatti, in qualche caso si tratta di microlegislazione mentre in qualche altro caso si tratta di questioni anche più importanti e di carattere più generale. Dobbiamo trovare un modo per trattare queste materie, che derivano dall'attività diplomatica del Paese, in modo più moderno e più efficiente.
Ciò detto, preannunzio, a nome del mio gruppo, il voto favorevole su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3227)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 3227, già approvato dal Senato, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Antonino Foti... onorevole Sposetti... ha votato adesso, grazie al mio richiamo... onorevole Fontanelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1934 - «Ratifica ed esecuzione del Protocollo all'Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica di Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Roma il 13 marzo 2009» (Approvato dal Senato) (3227):

Presenti e votanti 463
Maggioranza 232
Hanno votato 463
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Si riprende la discussione del disegno di legge di ratifica n. 3228 (ore 12,50).

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009. Pag. 41
Ricordo che questa mattina si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 3228)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3228), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vaccaro, voti... onorevole Calearo Ciman... onorevole De Micheli... onorevole Cesa... l'onorevole Mondello, ha votato
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 465
Maggioranza 233
Hanno votato
465).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3228), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Barbareschi... onorevole Vico... onorevole Rampi... onorevole Cenni... onorevole Andrea Orlando... onorevole Mondello, perfetto!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato
461).

Prendo atto che i deputati Marinello e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3228), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Rampi... onorevole Sposetti... onorevole De Micheli... onorevole Vaccaro... onorevole Miglioli... è riuscito a votare, onorevole? Ancora no. Onorevole Lo Moro... è bastato chiamarla.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 467
Maggioranza 234
Hanno votato
467).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3228)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, prevenire le evasioni fiscali, intensificare Pag. 42la cooperazione amministrativa, opposizione al segreto bancario e ingresso di Cipro nella white list sono le motivazioni che, come per la ratifica del Protocollo con la Repubblica di Malta, hanno contraddistinto questo Protocollo. Si tratta di un obiettivo raggiunto, per cui non ripeto l'intervento precedente e dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'UdC.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, anch'io mi rifaccio ai precedenti interventi in Aula e sono convinto che si tratti di un buon provvedimento. Naturalmente rimangono intatte le considerazioni che ho svolto per gli altri due provvedimenti e che, per ragioni evidentemente di logica, non ripeto per la terza volta ma, lo ribadisco, rimangono valide.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3228)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 3228, già approvato dal Senato, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sposetti, onorevole Franzoso, onorevole Stagno D'Alcontres, onorevole Moffa, onorevole Torazzi, onorevole Samperi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1957 - «Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009» (Approvato dal Senato) (3228):

Presenti e votanti 465
Maggioranza 233
Hanno votato 465
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Si riprende la discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00326, Donadi ed altri n. 1-00353, Pezzotta ed altri n. 1-00354, Pisicchio ed altri n. 1-00355 e Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356 (ore 12,55).

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00326, Donadi ed altri n. 1-00353, Pezzotta ed altri n. 1-00354, Pisicchio ed altri n. 1-00355 e Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356 concernenti iniziative in materia di politiche migratorie e di integrazione, nonché per il contrasto al lavoro irregolare (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che questa mattina si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, sulla mozione Livia Turco ed altri n. 1-00326 il parere del Governo è contrario e lo è proprio per il rispetto che si deve ad una posizione diversa in termini di impostazione e di approccio, in particolare su alcune questioni Pag. 43non secondarie e non irrilevanti sul terreno delle politiche per l'immigrazione, pur se la mozione contiene alcuni spunti interessanti e sicuramente utili al confronto ed al dibattito.
Per quanto riguarda, invece, la mozione Donadi ed altri n. 1-00353, il Governo esprime parere contrario, ma con un parere favorevole ove si ritenga di votare per parti separate alcuni punti del dispositivo che mi permetto di specificare individuandoli nel capoverso decimo del dispositivo sino a «cosiddetti non accompagnati», perché evidenzia un tema di grande importanza, ossia quello relativo ai minori stranieri, e poi nei capoversi dodicesimo e tredicesimo. Quindi il Governo esprime parere contrario, tranne che sul capoverso decimo (fino ad «accompagnati») e sui capoversi dodicesimo e tredicesimo del dispositivo.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Pezzotta ed altri n. 1-00354 con una integrazione relativa al punto n. 4: «a promuovere in tempi rapidi tutte le iniziative finalizzate ad affrontare i temi di cui alle direttive 2009/52/CE e 2008/115/CE».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00355 a condizione che, là dove ci si riferisce alle linee guida della politica europea dell'integrazione, si aggiungano le parole: «in coerenza con la nostra specificità» e dopo le parole: «diritto allo studio, alla casa e alla salute» si aggiungano le parole «degli immigrati regolari».
Il Governo esprime infine parere favorevole sulla mozione Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, accettiamo la proposta del rappresentante del Governo di votare per parti separate la nostra mozione. Ovviamente voteremo a favore di tutte le parti della stessa e anche delle altre dell'opposizione. Ovviamente non possiamo votare favorevolmente la mozione del Popolo della Libertà in quanto non riusciamo a condividere la netta opposizione che viene fatta al concetto di multiculturalismo, ritenuto frutto di relativismo culturale e fallimentare al pari del modello della assimilazione. Noi crediamo che siano due concetti completamente diversi e non crediamo che il multiculturalismo sia produttivo di conflitti sociali, in quanto crediamo, invece, che rappresenti il rispetto delle singole culture che possono tranquillamente convivere insieme.
In ogni caso non possiamo essere d'accordo con il riconoscimento positivo che dalla mozione di maggioranza viene fatto nei confronti della recente legislazione sulla sicurezza e sul lavoro alla quale noi siamo nettamente contrari. Crediamo che l'immigrazione sia un problema di rispetto principalmente dei diritti umani, che l'Italia deve affrontare con la consapevolezza di averne subito le durezze nel passato, quando alla fine dell'Ottocento tanti furono gli emigrati italiani che andarono negli Stati Uniti e, dopo la seconda guerra mondiale, nei paesi del nord Europa, del Sudamerica e dell'Australia.
Non possiamo nemmeno dimenticare di aver avuto tanta immigrazione interna, dal sud al nord, di aver conosciuto sulla pelle dei nostri connazionali che cosa significhi dover affrontare - come oggi i migranti affrontano in Italia - i lavori più umili che ora alcuni italiani non vogliono fare. Non possiamo non tener presente che gli immigrati in Italia sono tra i 4 e i 5 milioni, la gran parte regolari, che hanno un impatto significativo, il più delle volte positivo sulla nostra economia e sulla nostra società.
La legislazione di questa maggioranza non tiene presente affatto che gli immigrati molto spesso lavorano pesantemente, con un salario più basso del normale, in nero, come da tante statistiche ci viene detto, che questi flussi migratori stanno comportando uno scontro sociale soprattutto Pag. 44tra le parti più deboli della popolazione italiana e che ciò comporta anche problemi di sicurezza sul territorio e che di tutto ciò la legislazione imposta a questo Parlamento dalla maggioranza non tiene affatto conto, così come nella previsione dei flussi migratori non viene tenuto minimamente conto dell'esigenza dei diritti umani e dell'impatto che essi hanno.
Ci sono tra i 400 e i 700 mila lavoratori in nero, lavoratori irregolari senza permesso di soggiorno. C'è stato un incremento enorme degli infortuni, molti dei quali non vengono denunciati. Nessuna norma prevede un irrigidimento della repressione nei confronti dei datori di lavoro che sfruttano i lavoratori irregolari, mentre per esempio in Francia nell'anno 2009 sono stati arrestati 900 datori di lavoro di immigrati non autorizzati. Da noi in Italia vengono addirittura premiati i datori di lavoro che denunciano i lavoratori irregolari.
Abbiamo un sistema estremamente debole sull'accoglienza e sull'integrazione. Il pacchetto sicurezza, con le ronde e con il reato di clandestinità come fattispecie aggravante e con l'inasprimento delle condizioni per l'acquisto della cittadinanza, non risolve minimamente alcun problema. Non abbiamo alcuna misura di integrazione positiva: la criminalizzazione della permanenza irregolare e la difficoltà nell'ottenere il permesso di soggiorno acuiscono le problematiche sociali perché l'irregolarità dà manodopera alla criminalità organizzata. Non dobbiamo dimenticare che la gran parte della manodopera immigrata in nero non è un problema dei singoli, ma è un problema strutturale organizzato dalla criminalità organizzata, specialmente al sud. Contro tutto questo non viene fatto niente, né a livello di ulteriori investimenti sulle ispezioni da parte dell'ispettorato del lavoro, né dal punto di vista del controllo del territorio per aumentare la sicurezza.
Ricordiamo che la legge sulla cittadinanza è stata respinta e rimandata in Commissione e non se ne sa più nulla; ciò è accaduto per dare un riconoscimento politico a quelle parti del centrodestra che sfruttano l'odio verso l'immigrazione, l'equivalenza immigrazione uguale a criminalità, con ciò acuendo lo scontro sociale, come dicevamo prima, soprattutto tra i ceti più deboli. Sarebbe bene riportare in Commissione e poi in Assemblea la legge sulla cittadinanza perché crediamo che essa possa unire di più gli immigrati con i cittadini italiani e quindi fare integrare i nostri immigrati.
Accettiamo e siamo lieti del parere favorevole su alcune parti della nostra mozione, soprattutto quella che riguarda i minori non accompagnati che rappresentano un grandissimo problema socioeconomico, soprattutto per le città del mare dove ci sono porti. Infatti i comuni dove hanno sede i porti vanno incontro a costi enormi che né lo Stato né le regioni riescono a sostenere e quindi i bilanci comunali sono costretti a sostenerli con il taglio soprattutto dei servizi alla persona. Su questo argomento bisogna assolutamente adoperarsi. Crediamo che la questione debba essere affrontata in sede europea, poiché il nostro Paese non può farsene carico: le politiche europee se ne stanno facendo carico, ma la legislazione italiana va in direzione opposta rispetto alle politiche europee che necessariamente devono farci affrontare questa problematica dal punto di vista dei diritti umani.
Vorremmo che venisse presa in considerazione anche quella parte della nostra mozione che vuole concedere il voto amministrativo e la cittadinanza, come dicevo prima, soprattutto rivolgendosi alle giovani generazioni, ai figli degli immigrati, perché ovviamente è molto più facile l'integrazione di questa categoria.
L'Italia dei Valori crede che vadano adeguatamente finanziati, incrementandone le risorse, i progetti di immigrazione, ma che soprattutto debbano riprendere ed essere incrementate le attività di ispezione e controllo sui luoghi di lavoro, proprio perché immigrazione clandestina, illegalità, grande criminalità, controllo da parte delle grandi organizzazioni criminali vanno a braccetto e devono essere sconfitte attraverso un connubio tra le forze dell'ordine e l'ispettorato del lavoro. Pag. 45
Crediamo, come dicevo, che l'emersione del lavoro nero e dell'irregolarità dello stesso potrebbe essere prevista attraverso i provvedimenti sull'introduzione della nuova normativa dei permessi di soggiorno.
Concludendo, Presidente, tutte queste tematiche che non vengono assolutamente affrontate per il verso giusto dalla mozione del Popolo della Libertà ci portano a votare a favore di tutte le mozioni dell'opposizione e a votare contro la mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, quest'oggi ci troviamo nuovamente ad affrontare la discussione sul tema dell'integrazione in seguito alla presentazione delle mozioni dei vari gruppi parlamentari e mi dispiace constatare che, ad esclusione della mozione presentata dalla Lega e dal PdL, i gruppi di opposizione non abbiano voluto nemmeno citare gli importanti risultati raggiunti dal Governo, e in particolare dal Ministro Maroni, che hanno portato ad una riduzione del 90 per cento degli sbarchi di clandestini, per la prima volta nella storia, a respingimenti in Libia di immigrati non provenienti solamente da quel Paese e all'espulsione di ben 42.595 clandestini nel loro Paese di origine.
Signor Presidente, è chiaro che non si può sperare di gestire il fenomeno dell'immigrazione senza regole e soprattutto senza farle rispettare. Infatti, già nella cosiddetta legge Bossi-Fini si era provveduto a dare al Paese una norma che potesse affrontare in modo serio la questione; purtroppo, però, non sempre questa norma è stata applicata nella sua interezza. Basti pensare, ricollegandoci al caso di Rosarno citato in quasi tutte le mozioni, che la legge prevede già la necessità di assicurare un'idonea sistemazione alloggiativa al fine della regolarità della posizione di lavoro.
È, quindi, necessario che le leggi vengano applicate, ed è quello che questo Governo sta facendo, a differenza di quanto ha fatto il Governo precedente che accusava la legge Bossi-Fini di non funzionare: lo credo bene, avevano potenzialità di veggenza perché non l'applicavano, ma dicevano che comunque non funzionava o che non avrebbe funzionato!
Signor Presidente, per concludere sui gravi accadimenti di Rosarno, voglio ricordare che l'unica istituzione che è intervenuta in modo concreto è stata il Governo, perché la regione guidata fino a pochi giorni fa dal centrosinistra si dimostrò latitante sull'argomento malgrado esistessero segnalazioni da parte degli uffici sanitari della regione stessa.
Questo Governo e questa maggioranza hanno dato prova di concretezza, introducendo un pacchetto sicurezza che ha permesso di raggiungere gli importanti obiettivi che ho già citato, quindi: diminuzione degli sbarchi, aumento delle espulsioni, respingimenti, a differenza di ciò che avveniva precedentemente, come per esempio la permanenza nei CIE che, prima della riforma realizzata dal Ministro Maroni con il pacchetto sicurezza, permetteva di trattenere l'immigrato clandestino solamente due mesi e questo in molti casi non permetteva di esplicare le procedure necessarie e dopo due mesi migliaia di clandestini erano liberi di circolare sul territorio del Paese.
Signor Presidente, per fare un breve riferimento alle mozioni degli altri gruppi parlamentari, vorrei sottolineare la confusione che regna all'interno delle altre mozioni, una confusione creata ad arte solamente per non ammettere i buoni risultati che questo Governo ha raggiunto. Faccio un esempio: nella mozione dell'Italia dei Valori si parla di immigrati che svolgono lavori che i cittadini del nostro Paese non vogliono fare, e poche righe dopo si dice che creano, in sintesi, una concorrenza sleale perché abbassano la capacità contrattuale e dunque gli stipendi dei nostri lavoratori: dunque o l'una o l'altra cosa.
Il problema reale è quello che la Lega dice da sempre: i lavoratori del nostro Pag. 46Paese non è che non vogliono fare certi lavori, ma non li vogliono fare a determinati stipendi. Noi dobbiamo garantire (e abbiamo il dovere di farlo) stipendi dignitosi per poter far sì che i nostri giovani costruiscano una famiglia e le nostre famiglie possano sostenere i propri figli. Presidente, è chiaro che, se pensiamo di vedere il futuro del nostro Paese e delle politiche sull'immigrazione basate (come avvenuto in passato purtroppo) sulle maxi sanatorie, queste non danno una regola e, dunque, liberano i cittadini clandestini a cui è permesso di circolare liberamente. Al contempo, ciò crea un'immagine all'estero che non fa altro che incentivare l'arrivo dei barconi e dell'immigrazione irregolare.
Non si può e non si deve nemmeno trasformare, però, il concetto di integrazione con quello di privilegi, come invece avviene, ad esempio, nelle richieste avanzate nella mozione Pisicchio ed altri n. 1-00355. In questa mozione si chiede perfino di dare una sorta di precedenza dal punto di vista economico, dell'alloggio e della sanità agli immigrati rispetto ai cittadini del nostro Paese. Se pensiamo di andare in questa direzione, non abbiamo capito nulla e non abbiamo capito la volontà dei cittadini del nostro Paese.
Presidente, ormai perfino altri Paesi europei, che in situazioni ufficiali e con un buonismo tipico delle componenti di sinistra tacciavano in malo modo le politiche sull'immigrazione del nostro Paese, ci stanno seguendo. Un esempio su tutti è quello della Spagna dove un Governo di sinistra, il Governo Zapatero, ha introdotto dei principi di chiara ispirazione della legge cosiddetta Bossi-Fini. Ad esempio, adesso in Spagna è possibile la permanenza sul territorio soltanto in possesso di un regolare contratto di lavoro.
Presidente, in conclusione, vorrei sottolineare che esistono dei principi fondamentali ai quali dobbiamo ispirarci: sono le regole, perché solo le regole possono creare l'integrazione e non le sanatorie; solo il rispetto e la condivisione delle culture e delle tradizioni dei nostri territori possono favorire l'integrazione. Per far assorbire culturalmente ed economicamente l'immigrazione, che deve essere regolare e controllata nei numeri, è necessario non dimenticare mai un principio fondamentale: prima la nostra gente, e la Lega non se lo dimentica mai (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Livia Turco. Ne ha facoltà.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, credo che abbia fatto bene il Partito Democratico, attraverso questa mozione, a sollecitare in Parlamento una discussione su temi concreti, troppo trascurati fino ad ora, relativamente all'immigrazione. Dispiace dover constatare che questa sia stata, però, un'occasione non po' mancata. Vorrei dire al sottosegretario e al Governo che avete un po' perso un'occasione per dare delle risposte agli italiani su temi molto concreti..

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Livia Turco. Colleghi, per cortesia.

LIVIA TURCO. Dicevo che avete perso l'occasione di venire qui e dare delle risposte su temi molto concreti e che riguardano persone, situazioni e territori, voi che dite di essere molto legati ai territori. Mettiamo in fila questi aspetti e poniamo nuovamente le dieci domande a cui non avete risposto.
In primo luogo, che cosa succede a Rosarno oggi? Come sono ripresi la vita e il lavoro nei campi dopo quell'orrenda vicenda? Che ne è del lavoro agricolo, degli agrumeti, dei servizi, della gente di Rosarno e degli immigrati che comunque lì ritornano?
In secondo luogo, che ne è di via Padova a Milano e delle tante via Padova che vi sono in Italia? Il 15 febbraio il Ministro Maroni aveva annunciato un grande piano per l'integrazione e sempre il 15 febbraio il Ministro Sacconi aveva addirittura dato un titolo a questo programma nazionale per l'integrazione: «Identità e incontro». Che ne è di questo piano nazionale per l'integrazione? Pag. 47
In terzo luogo, come rispondete agli imprenditori agricoli che devono effettuare la raccolta della frutta e a cui avete negato il decreto flussi perché eravate impegnati in campagna elettorale a predicare: «via gli immigrati».
Inoltre, cosa devono fare quei datori di lavoro di settori come l'edilizia, i servizi, la ristorazione, la manifattura, che, nonostante la crisi, non trovano lavoratori italiani e hanno bisogno di persone che lavorano? Quando verrà emanato il decreto flussi? Fino a quando devono attendere una risposta le migliaia di persone, badanti, collaboratrici domestiche, famiglie italiane, che hanno presentato domanda di regolarizzazione? Come state affrontando il problema dei minori stranieri non accompagnati, il cui flusso sta aumentando e rispetto al quale non siete riusciti né a controllare l'arrivo né a promuovere una reale integrazione? Come rispondete a tutti i comuni italiani, che nella loro recente conferenza hanno detto di non poterne più di essere lasciati soli ad affrontare i temi dell'integrazione e hanno chiesto di poter discutere una politica nazionale per l'integrazione e la civile convivenza? Si tratta di questione nazionale ed europea e anche di una questione di primo ordine, che riguarda la vita delle persone e il futuro del nostro Paese.
Con la nostra mozione vi abbiamo posto queste domande molto concrete, alle quali non avete risposto. Soprattutto, abbiamo voluto segnalare due temi e posto anche due questioni molto concrete e urgentissime. Innanzitutto, chiudete la fabbrica della clandestinità, prodotta dalla vostra legge e dalle vostre politiche; chiudete la fabbrica della clandestinità e combattete il lavoro nero, lo sfruttamento del lavoro precario e l'irregolarità; chiudete la fabbrica della clandestinità e aprite i rubinetti dell'ingresso regolare per lavoro e smettetela di raccontare agli italiani che si sono fermati gli sbarchi dei clandestini, perché tutti sanno che gli sbarchi via mare sono soltanto il 10 per cento degli ingressi irregolari: gli altri sono via terra e sono frutto della vostra politica di chiusura, delle vostre norme farraginose e lontane mille miglia dal mercato del lavoro.
Vi abbiamo chiesto e continuiamo a chiedervi di adottare subito alcuni provvedimenti: lo potete fare con la legislazione vigente, il decreto flussi, il piano triennale per le politiche migratorie. Sottosegretario, applicate l'articolo 23 della legge Bossi-Fini, uno dei pochi articoli positivi che avete approvato, al fine di incentivare gli imprenditori a formare all'estero i lavoratori. Non state applicando neanche questa norma e noi vi sollecitiamo ad applicarla. Questo vi abbiamo scritto nella nostra mozione, che voi, pregiudizialmente, avete respinto.
Inoltre, vi sollecitiamo davvero a combattere il lavoro nero e precario, perché, come hanno affermato l'onorevole Touadi e gli altri colleghi e colleghe che sono intervenuti, il lavoro nero è l'area in cui maggiore è la competizione tra gli immigrati e i lavoratori italiani, perché lo sfruttamento degli uni abbassa le tutele degli altri: questo è vero soprattutto in alcuni settori, come quello agricolo. Adottate anche qui alcune misure immediate che si possono adottare sulla base della legislazione vigente.
Applicate l'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, recepite la direttiva comunitaria del 18 giugno del 2009 e poi attivate i controlli e fate la regolarizzazione mirata almeno nel settore agricolo. Prosciugate il lavoro nero e sommerso, attivando canali alternativi, come per esempio la regolarizzazione ad personam. Visto che sono stati richiamati gli esempi della Spagna e di altri Paesi europei, ricordo che queste sono misure ampiamente sperimentate proprio in altri Paesi europei.
La seconda questione che vi abbiamo posto nella nostra mozione, tutt'altro che confusa ma molto dettagliata, con proposte di governo concretissime, è di chiudere la fabbrica della clandestinità, prodotta dalle vostre norme e dalle vostre politiche, e di fare finalmente quella politica di integrazione con un piano nazionale, come hanno chiesto i comuni. Noi nella mozione Pag. 48vi abbiamo indicato un possibile piano nazionale da costruire con i comuni, con gli imprenditori, con le associazioni di volontariato, che affronti alcuni obiettivi immediati: il disagio abitativo, il degrado urbano, l'inserimento lavorativo, l'inserimento scolastico, la lingua e la cultura italiana per gli immigrati. Su tre milioni di immigrati soltanto centocinquantamila frequentano i corsi di lingua e cultura italiana e questo non per una loro distrazione, ma per una mancanza di opportunità. Poi vi è l'accompagnamento dei minori, l'attenzione alle seconde generazioni. Un piano per l'integrazione deve affrontare questi temi concreti, ma deve dare anche una risposta ad un tema più di fondo. Il tema, che non possiamo più eludere, se vogliamo davvero il bene di questo nostro Paese, è come stiamo insieme, italiani e nuovi italiani, noi e loro. Noi dobbiamo dare una risposta a questa domanda. La risposta non può essere data nominando modelli europei o dicendo che c'è un modello che ci piace più dell'altro o dicendo semplicemente che quei modelli sono falliti. Noi dovremmo proporci una grande ambizione. Dovremmo con molta umiltà andare nei territori, quei territori di cui voi tanto parlate, ad esempio a Padova, a Torino, a Genova, in Toscana, in Emilia o nei comuni di cui ha parlato l'onorevole Doris Lo Moro. Scopriremmo che in tanti di questi territori e comuni non c'è soltanto la paura nei confronti degli immigrati, ma è cresciuta un'Italia della convivenza. Se andassimo in questi comuni, scopriremmo che c'è una via italiana all'integrazione. Ecco allora la sfida che noi dovremmo costruire insieme: rispondere alla domanda «come stiamo insieme, italiani e nuovi italiani», definendo la via italiana della convivenza. Questa è la sfida che noi vi lanciamo e che costruiremo con i nostri territori, con le comunità locali, con i comuni, con i sindaci, con gli imprenditori, con le associazioni di volontariato, con le scuole, con le famiglie e con i cittadini italiani. A voi diciamo: la campagna elettorale è finita, smettetela di utilizzare il tema dell'immigrazione come tema di campagna elettorale. Imparate per favore a risolvere i problemi. Se deciderete di risolvere i problemi, noi vi daremo una mano, come abbiamo dimostrato con questa mozione, che contiene proposte molto dettagliate e concrete e che avete fatto molto male a snobbare (sulla medesima esprimerete voto contrario). Noi siamo qui per risolvere i problemi e per costruire l'Italia della civile convivenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, nel secolo scorso, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, centinaia di migliaia di giovani meridionali raccolsero le loro povere cose in una valigia di cartone, salirono sui treni diretti al nord ed andarono a cercare lavoro nelle città del triangolo industriale.
Senza di loro, è bene che ce ne ricordiamo, il miracolo economico che interessò soprattutto il nord del Paese non avrebbe mai potuto esistere, trovare posto e portare il nostro Paese - un Paese distrutto dalla guerra e dalla mancanza di materie prime - tra le prime dieci potenze del mondo. Se noi oggi ci prendessimo la briga di scorrere gli elenchi anagrafici, o anche soltanto gli elenchi telefonici di Milano, di Torino e di tante città del nord, troveremo le tracce di quegli eventi in tanti cognomi che ricordano origini lucane e pugliesi e quant'altro.
Di questa storia, onorevoli colleghi, dobbiamo custodire il senso e la memoria oggi, quando il nostro Paese ospita, secondo le più recenti statistiche, 4 milioni di cittadini stranieri residenti, pari al 6,5 per cento della popolazione (era al di sotto del 3 per cento nel 2001 e pari allo 0,1 per cento dieci anni prima), mentre la quota degli occupati sale ormai al 7,5 per cento come dato medio, con punte più elevate nelle regioni più ricche e sviluppate (nel centronord il numero degli immigrati è quattro volte maggiore che nelle regioni Pag. 49del sud). Senza il lavoro degli stranieri, interi settori dell'economia incontrerebbero delle enormi difficoltà.
Si tratta sicuramente di dati statistici spuri da attribuire in parte alla regolarizzazione del lavoro domestico e di cura (il settore dei servizi alla persona ha avuto un incremento del 7,8 per cento), ma i lavoratori stranieri - ne sono fermamente convinto - non sottraggono lavoro a nessuno. L'occupazione straniera in Italia è cresciuta costantemente, almeno fino al 2008, e in dieci anni risulta più che raddoppiata, passando da meno di un milione a più di 2 milioni. L'apporto al prodotto interno lordo da parte dei lavoratori stranieri è stimato attorno al 10 per cento. Il gettito contributivo generato dal loro lavoro risultava nel 2007 complessivamente pari quasi a 7 miliardi di euro. Questo ammontare rappresentava circa il 4 per cento di tutti i contributi previdenziali versati in Italia. Il gettito fiscale dei lavoratori stranieri ammonta ad oltre 3,1 miliardi di euro. Il complesso delle spese relative agli utenti stranieri dei servizi welfare ammonta a 9,3 miliardi di euro, secondo stime recenti, che vanno confrontati con i 10 miliardi incassati dallo Stato per fisco e contributi sociali. Quindi, il conto fiscale dei lavoratori stranieri è assolutamente in pareggio: noi non manteniamo nessuno, i lavoratori stranieri si mantengono da soli.
Quanto al futuro, le previsioni del recente rapporto dell'Unione europea sugli effetti dell'invecchiamento, in una prospettiva di mezzo secolo, affermano che la popolazione in età di lavoro diminuirà del 17 per cento. A fine periodo l'Italia sarà il Paese mediterraneo con il maggior numero di immigrati residenti: 12 milioni, tre volte quello attuale. Il rapporto traccia, altresì, l'effetto di un ipotetico scenario «zero migration» sulla spesa pensionistica, cifrando un 2 per cento in più sul PIL nel 2060. L'immigrazione, dunque, rimanda nel tempo l'invecchiamento della popolazione e ne rallenta il conseguente declino.
Processi di siffatte dimensioni indicano che l'immigrazione è certamente una necessità, ma può diventare anche un'importante risorsa, sempre che l'integrazione sia corredata da un contesto di diritti, non solo economici e sociali, ma anche civili e politici. Gestire tale complesso fenomeno con un regime di sostanziale apartheid sarebbe illusorio prima ancora che ingiusto, ma, ciò che è più grave, lo farebbe restare confinato in un contesto culturale più arretrato della realtà concreta della vita di tutti i giorni perché, onorevole colleghi, un dato è innegabile: la politica dei Governi di centrodestra, fondata sulla correlazione tra lavoro e soggiorno, ha sicuramente favorito l'integrazione, assai più di una cultura acritica dell'accoglienza, spesso fine a se stessa.
C'è un'altra faccia dell'immigrazione. Non c'è solo Rosarno, onorevole Turco. Prendiamo il caso dell'agricoltura, un settore che nell'immaginario collettivo è ritenuto in prima linea nel confronto con il fenomeno sicuramente esistente, sicuramente grave, della clandestinità. Ed è il limite dell'opposizione - se me lo consentono i colleghi dei partiti dell'opposizione - quello di una visione pauperistica dell'immigrazione che le impedisce di valorizzare i progressi che la nostra comunità ha realizzato nel divenire un Paese in cui convivono tante etnie, tutto sommato in un clima di ordine e di reciproca tolleranza.
Proprio in agricoltura sono novantamila i lavoratori dipendenti provenienti da Bangladesh, Marocco, India, Albania, Pakistan, Malawi, Tunisia, Sri Lanka; quasi settemila le aziende agricole per la maggioranza condotte da albanesi, tunisini, serbi, montenegrini, marocchini e macedoni, cui si affianca una quota sull'emerso che nel 2008 sfiora il 13 per cento del totale degli addetti all'agricoltura. In sostanza figure professionali spesso erroneamente identificate come bassa manovalanza acquistano oggi un ruolo chiave nella produzione dei marchi made in Italy famosi nel mondo. Non sono più solo i sikh della pianura padana, la comunità di indiani esperti nella mungitura del bestiame da latte; si tratta di immigrati dell'agricoltura e dall'agricoltura che a Pag. 50Montichiari e dintorni hanno sostituito in gran parte i bergamini italiani, divenuti introvabili nel mercato del lavoro.
La mappa degli immigrati DOC potrebbe proseguire quasi in ogni regione italiana a partire dalle nobilissime Langhe, care a Cesare Pavese, dove tra i vitigni del Barbaresco, Barolo e Dolcetto si parla quasi esclusivamente macedone: una vera e propria comunità, completa di preti ortodossi e ristorante tipico, che conta nelle nostre Langhe circa cinquemila cittadini provenienti quasi tutti dalla capitale Scopje. Nella mappatura del made in Italy i rumeni, ora neocomunitari, sono molto attivi con migliaia di addetti nella raccolta di mele in Alto Adige, nel vitivinicolo in Veneto e nella panificazione in tutto il Paese. Noi della maggioranza (e potrei citare una serie di altri casi, che non indico per brevità di tempo, come i pakistani che gestiscono il commercio al dettaglio in provincia di Bologna, come i 50 mila salariati agricoli in Veneto di cui ben 9 mila sono extracomunitari, come i senegalesi in Emilia Romagna che lavorano nel distretto del prosciutto, e per poterlo fare hanno ottenuto anche una particolare dispensa dalle loro autorità religiose) guardiamo a queste realtà come un risultato del nostro impegno, visto che sono poi le stesse comunità integrate ad invocare per sé un clima di sicurezza e di civile convivenza. Noi crediamo che non vi sia un continuum - come l'opposizione sembra credere - tra clandestinità, accoglienza ed integrazione. La via che noi indichiamo è più difficile ma più diretta. Si tratta di indicare ai lavoratori stranieri quel diritto e dovere del lavoro come partecipazione al benessere comune che la Costituzione chiede e pretende anche dai cittadini italiani.
È per questo che io chiedo al Governo - al sottosegretario Viespoli - un chiarimento sul parere dato dal Governo stesso sulla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00355, in particolare laddove si parla di lavoratori regolari, perché credo che sia un passo molto importante su cui si possono realizzare delle convergenze. Ovviamente annuncio il voto favorevole del mio gruppo sulla mozione Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356 (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, in relazione alle riflessioni dell'onorevole Cazzola e alle riflessioni che hanno animato tutti gli interventi e il dibattito che c'è stato, vorrei fare due specificazioni. La prima è relativa appunto alla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00355.
Quest'ultima è una mozione che dà un taglio, un'impostazione aperta rispetto alla quale il parere favorevole del Governo si è esplicitato attraverso la richiesta di due integrazioni, onorevole Cazzola: la prima quella relativa alla coerenza con la nostra specificità rispetto alle linee guida della politica europea, la seconda per riferirsi, com'è ovvio, alla concretizzazione di alcuni diritti fondamentali specificando, forse in maniera ultronea, che si tratta di immigrati regolari.
L'occasione di questa richiesta dell'onorevole Cazzola mi fornisce anche la possibilità, signor Presidente, di fare una puntualizzazione rispetto al parere sulla mozione della maggioranza. Poiché nella mozione della maggioranza al primo capoverso del dispositivo si fa riferimento al piano nazionale per l'integrazione «identità e incontro» e poi si fa un riferimento ad altri modelli e così via, aggiusterei, se mi è consentita questa definizione, il parere confermando il parere positivo con una riformulazione, fermandosi all'espressione: «all'integrazione stessa» e riprendendo alle parole: «con l'obiettivo di una pacifica convivenza», eliminando la parte centrale che detta un'impostazione che è difficile da recuperare rispetto ad un modello specifico - direi - identitario nazionale come pure è stato sottolineato anche da parte dell'onorevole Turco nel dibattito.

Pag. 51

PRESIDENTE. La precisazione del Governo è nel senso che il parere espresso sulla mozione Santelli n. 1-00356 si intende favorevole se viene accettata la riformulazione testé pronunciata dal sottosegretario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non starò a ripetere le cose che hanno detto i colleghi e che io stesso ho detto qualche ora fa in sede di discussione sulle linee generali. Vorrei ovviamente fare riferimento a quanti hanno eccepito o si sono interrogati sul significato di questo dibattito. Del resto avevo posto alcune questioni: le mozioni hanno senso e hanno soprattutto importanza se vengono ad essere raccolte nel loro spirito e soprattutto nell'indicazione e nella filosofia che sottostà ad esse.
Ritengo che questo dibattito su un tema e su un argomento così importante si colloca in un clima un po' effervescente. C'è un'aria di grande disattenzione rispetto ad alcuni quesiti a cui dovremmo dare delle risposte per adeguare ovviamente le politiche, l'impegno del Governo ma non soltanto del Governo. Se il tema dell'immigrazione viene mutuato per riconsiderare le posizioni politiche oppure per riflettere su divisioni che certamente hanno significato e senso se vengono ad essere inquadrate in un clima di costruzione, questo va bene.
Ma se noi rispolveriamo anche su questo tema un vecchio linguaggio stantio e consumato che non affronta i problemi, non si fa alcun percorso e non si va da nessuna parte. L'ho detto qualche ora fa, signor Presidente. Il problema dell'immigrazione, del lavoro usurante, dello sfruttamento degli immigrati ripropone in termini forti e seri i temi dell'identità del nostro Paese ma soprattutto i problemi dell'economia, i problemi della civiltà e dell'articolazione della nostra società.
Ci si domanda se il tema dell'immigrazione vada visto semplicemente come una questione di ordine pubblico: infatti molte volte ci si è arroventati e confrontati con molta vivacità in quest'Aula, quando abbiamo discusso degli immigrati semplicemente come problema di ordine pubblico.
Se li vediamo in questo quadro e in questa ottica, certamente non affronteremo né risolveremo i problemi.
Ho detto anche un'altra cosa, per evitare l'infantilismo politico: non credo che vi sia responsabilità di questo o di altri Governi in termini esclusivi; vi è certamente un clima che si è andato sempre più evidenziando nel corso degli anni, ma oggi bisogna avere la forza, la capacità, il coraggio e la determinazione per andare avanti. Sappiamo quanti sono gli immigrati, quanti sono gli immigrati che sono sbarcati nelle nostre coste, sappiamo quanti sono gli immigrati clandestini (700 mila), sappiamo quali sono gli sfruttamenti, quali sono le responsabilità di chi li sfrutta, le competenze, la mancanza di controlli, ma soprattutto - e lo dico anche ad alcuni amici e colleghi che sono intervenuti quando si parlava di limitazione degli sbarchi in relazione all'accordo con la Libia - facciamo attenzione: i costi sono limitati in questo periodo, ma ci sono state umiliazioni per il nostro Paese e dovremmo guardare il tema in termini diversi, perché gli immigrati entrano anche attraverso altri percorsi ed altre vie e dovremmo cercare altre soluzioni rispetto a quelle che vi sono state. Ma noi siamo contro le violazioni del diritto dei rifugiati e ci siamo riferiti alla Convenzione di Ginevra: il respingimento non va, come l'immigrato illegale non va considerato semplicemente un criminale.
Siccome si è parlato della vicenda di Rosarno, vorrei che su di essa si facesse chiarezza: vi è stata molta ambiguità e - lo ripeto - molta ipocrisia fra le forze politiche in questo Parlamento e in questo Governo. Infatti si sapeva quale fosse lo sfruttamento, quali erano gli sfruttati, si sapeva che lì vi è la criminalità organizzata che pervade e controlla il territorio e non c'è bisogno di dire chi aveva ragione, perché quello ha fatto qualcosa in più rispetto agli altri: se i controlli sono mancati, certamente è responsabilità della regione e dello Stato e nessuno può tirarsi Pag. 52fuori e nessuno può dire di non avere responsabilità. Mancano i controlli, manca una valutazione di legalità che certamente bisogna portare avanti.
Noi abbiamo anche proposto - lo dicevo questa mattina - una conferenza dell'Europa con l'Africa, anche su tutto il problema dell'immigrazione. In queste società che sempre di più si rivelano multietniche, c'è bisogno di una presa di coscienza da parte dell'Europa, per evitare lo sfruttamento, per evitare il lavoro usurante, il lavoro che mortifica ed umilia e quindi gli sfruttamenti che danno il senso ed il significato di un'insensibilità profonda rispetto alla dignità della persona umana. Quello che qui è in gioco è la dignità della persona umana, non sono in gioco ovviamente vicende particolari dove si cammina verso aree di sottocultura. C'è bisogno di capire e di comprendere che il centro del nostro impegno è la salvaguardia della dignità della persona, dell'economia attraverso una perimetrazione ed una politica che recuperi il territorio e l'ambiente, che recuperi la dignità del lavoro. In questo Paese si stanno sempre più accumulando il lavoro precario ed il lavoro nero. Ritengo che questi siano temi ed argomenti che non possono essere liquidati con l'approvazione o la bocciatura di alcune mozioni, ma devono essere recuperati, perché riguardano anche il futuro di questo nostro Paese.
Capisco e soprattutto ho seguito con molta attenzione la buona volontà del sottosegretario, nel momento in cui corregge, integra e dà giudizi. Certamente è un lavoro importante, ma questo non è un problema che riguarda soltanto il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali: questo è un problema che riguarda il Paese nel suo complesso, rispetto ai temi che stanno ancora nel nostro impegno.
Quindi, per accedere all'invito cortese del Presidente di questa nostra Assemblea, esprimiamo un giudizio positivo su tutte le mozioni presentate. Infatti ritengo che bisogna cogliere lo spirito, quello che ci unisce e quello che vi è da valorizzare in questo particolare momento, senza dividerci sulle mozioni perché qualcuno è partito da un ragionamento e qualcun altro è partito da un altro ragionamento. Noi sappiamo che il tema c'è, il problema c'è e pesa in questo momento e anche per il futuro.
Se il Parlamento dimostrasse in questo una convergenza - come abbiamo fatto, qualche giorno fa, approvando all'unanimità il provvedimento relativo al contrasto alla mafia e all'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati - certamente, avremmo fatto un passo in avanti, parlando un linguaggio di chiarezza e, soprattutto, avremmo ipotecato il futuro in termini positivi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Livia Turco ed altri n. 1-00326, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole sottosegretario Ravetto... Chiedo ai colleghi di segnalarmi se qualcuno ancora non riesce a votare... Ministro Vito, l'aspettiamo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 460
Votanti 459
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato 224
Hanno votato no 235
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Passiamo alla votazione della mozione Donadi ed altri n. 1-00353.
Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate nel senso di votare distintamente le parti su cui il Pag. 53Governo ha espresso parere contrario da quelle su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donadi ed altri n. 1-00353, ad eccezione dei capoversi accettati dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ministro Vito... Onorevole Moroni, l'aspettiamo... Onorevole Calearo... Onorevole Pelino... Onorevole Simeoni... Onorevole Rugghia... Onorevole Moffa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato 224
Hanno votato no 237
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donadi ed altri n. 1-00353, limitatamente ai capoversi decimo, come riformulato su richiesta del Governo, dodicesimo e tredicesimo del dispositivo, accettati dal Governo...

MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Fedriga, ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, il dodicesimo capoverso del dispositivo in oggetto, che porrà in votazione, impegna il Governo a: «affrontare il tema dell'immigrazione in modo non avulso dal tema dei diritti, compresi quelli di voto amministrativo...

PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, non ho capito bene cosa chiede.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, secondo il parere espresso dal Governo, avevo capito che sarebbero stati posti in votazione il decimo capoverso, così come riformulato, l'undicesimo ed il tredicesimo, non il dodicesimo, mentre ora lei ha detto che sarebbe stato posto in votazione il «dodicesimo» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, ha fatto bene a precisare. Io trovo scritto «dodicesimo». Onorevole sottosegretario, precisi lei.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, in questo caso, più che precisare, devo ribadire. Il Governo esprime parere favorevole sul decimo capoverso del dispositivo in oggetto, fino alle parole «non accompagnati», sull'undicesimo e sul tredicesimo capoverso.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donadi ed altri n. 1-00353, limitatamente ai capoversi decimo, come riformulato su richiesta del Governo, undicesimo e tredicesimo del dispositivo, accettati dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Compagnon... Onorevole Napoli... Hanno votato tutti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 460
Votanti 435
Astenuti 25
Maggioranza 218
Hanno votato
422
Hanno votato
no 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pezzotta ed altri n. 1-00354, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 54

Onorevole Della Vedova... onorevole Mazzuca... onorevole Ravetto... onorevole Moffa... onorevole D'Antoni.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 458
Votanti 449
Astenuti 9
Maggioranza 225
Hanno votato
442
Hanno votato
no 7).

Prendo atto che il deputato Pezzotta ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pisicchio ed altri n. 1-00355, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moffa... onorevole Gatti... onorevole De Micheli... onorevole Fontanelli.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 462
Votanti 433
Astenuti 29
Maggioranza 217
Hanno votato
383
Hanno votato
no 50).

Avverto che dopo le mozioni dobbiamo ancora procedere ad una votazione sulla richiesta di stralcio dell'articolo 1 della proposta di legge Cicu ed altri n. 3269.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole De Micheli... onorevole Vico... onorevole Vitali... onorevole Fontanelli... onorevole Piso... onorevole Fontanelli.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 462
Votanti 452
Astenuti 10
Maggioranza 227
Hanno votato
263
Hanno votato
no 189).

Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa alla proposta di legge n. 3269 (ore 13,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca deliberazione su una richiesta di stralcio.
La IV Commissione (Difesa), nel corso dell'esame della proposta di legge Cicu ed altri: «Norme in materia di nomina del Comandante generale del Corpo della guardia di finanza e di attività di concorso del medesimo Corpo alle operazioni militari in caso di guerra e alle missioni militari all'estero, di organizzazione dei vertici delle Forze armate e dell'Amministrazione della difesa, nonché di trattamento dei generali di corpo d'armata e gradi equiparati alla cessazione dal servizio per raggiungimento del limite d'età» (3269), ha deliberato di chiedere all'Assemblea lo stralcio dell'articolo 1.
Su tale proposta darò la parola ad un oratore contro e ad uno a favore per cinque minuti ciascuno, a norma dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento.
Nessuno chiedendo di parlare contro e a favore, passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di stralcio dell'articolo 1 della proposta di legge n. 3269.

(È approvata).

La Camera approva per 402 voti di differenza. Pag. 55
La proposta di legge risultante dallo stralcio del suddetto articolo 1 assume il numero 3269-ter e il titolo: «Norme in materia di nomina del Comandante generale del Corpo della guardia di finanza e di attività di concorso del medesimo Corpo alle operazioni militari in caso di guerra e alle missioni militari all'estero".
Tale proposta di legge, al fine di consentire alla Commissione di procedere all'abbinamento, richiesto dall'articolo 77 del Regolamento, alle proposte di legge n. 864, 3244 e 3254, recanti norme in materia di nomina del Comandante generale del Corpo della guardia di finanza, già assegnate alla IV Commissione (Difesa), in sede legislativa, nella seduta del 3 marzo 2010, è assegnata alla medesima Commissione in sede legislativa, con il parere delle Commissioni I, III, V, VI e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale).
La restante parte della proposta di legge, con il numero n. 3269-bis e con il titolo: «Norme in materia di organizzazione dei vertici delle Forze armate e dell'Amministrazione della difesa, nonché di trattamento dei generali di corpo d'armata e gradi equiparati alla cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età», resta assegnata alla IV Commissione (Difesa), in sede referente, con il parere delle Commissioni I, V, VI e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale).

Relazione conclusiva della Commissione di indagine richiesta dal deputato Renato Farina (ore 13,58).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lo scorso 13 gennaio 2010 è stata istituita, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento, una Commissione di indagine su richiesta del deputato Renato Farina. Nella giornata del 31 marzo la Commissione ha concluso i propri lavori approvando una relazione.
Do la parola al presidente della Commissione di indagine, onorevole Rocco Buttiglione. Ricordo che l'Assemblea prenderà atto della relazione conclusiva senza dibattito né votazione, a norma dell'articolo 58 del Regolamento.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, nella seduta dell'11 dicembre 2009, durante la discussione del disegno di legge di bilancio (A.C. 2937-A) e della Nota di variazioni (A.C. 2937-bis)...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Buttiglione, sarebbe solo utile che il capannello che è di fronte a lei si spostasse leggermente, in modo da permettere alla Presidenza di ascoltare dalla sua viva voce la relazione.

ROCCO BUTTIGLIONE. La ringrazio per la sua cortesia, signor Presidente. Come dicevo, il deputato Massimo Vannucci, intervenendo sull'ordine dei lavori, pronunciava le seguenti parole: «Le chiedo, signor Presidente: un parlamentare che offende un collega chiamandolo «pirla» o dicendo di lui che è falso o che è invalido è censurabile? Penso di sì, se avviene in quest'Aula. Se lo fa attraverso la stampa, è ugualmente censurabile dal Presidente della Camera? Io questo non lo so e, quindi, lo chiedo a lei. Presidente, le chiedo di verificare se l'articolo comparso su Il Giornale a pagina 11 del 9 dicembre, a firma Renato Farina, dove si esprimono gli apprezzamenti di cui sopra, che evito per rispetto dell'Aula di ripetere, verso i colleghi Bersani e Di Pietro, verso di lei, Rosy Bindi, che è anche chiamata a presiedere quest'Aula, verso l'onorevole Castagnetti, sia effettivamente opera dello stesso Farina.
Se così fosse, come io credo, il collega Farina dovrebbe firmarsi come parlamentare del Popolo della Libertà, posto che è stato espulso dall'ordine dei giornalisti in quanto, meglio noto come agente Betulla, ha ammesso di essere informatore, da giornalista, dei servizi segreti e di costruire e pubblicare dossier falsi attentando, di fatto, alle istituzioni democratiche del nostro Paese. Pag. 56
Quindi, signor Presidente, la domanda è di valutare se vi sono gli elementi di censura e se i modi di pubblicazione degli articoli, senza specificazione della qualifica di parlamentare, siano corretti».
Nel corso della medesima seduta interveniva, quindi, il deputato Renato Farina, il quale affermava: «Signor Presidente, sono stato tirato in ballo stamattina dal collega Vannucci, che ha chiesto un'intervento di censura nei miei confronti per quanto avevo scritto in un articolo di giornale, precisamente il 9 dicembre su Il Giornale.
Dividerei in due parti le mie considerazioni. Mi preme un punto innanzitutto: non vi sono né intendevano esserci nei miei articoli espressioni offensive verso il Presidente Bindi, né verso altri esponenti politici citati; se vi fosse un dubbio su questo aspetto, io qui, se a loro importa, testimonio ogni stima morale e personale.
Chi in Aula si senta diffamato dai miei articoli scritti fuori di qui può querelarmi: non intendo avvalermi rispetto ai colleghi della insindacabilità. Invito, però, chiunque a leggere l'articolo e sfido a trovarci l'espressione «pirla» che Vannucci assicura di avervi letto: non c'è, l'ha inventata.
(...) Quanto alle altre considerazioni, espresse dall'onorevole Vannucci penso questo: è ovvio, egli ha diritto di criticarmi anche duramente, ma mi viene un po' da sorridere per il modo in cui lo fa, in un primo senso, quando dice che se scrivo su un giornale dovrei metterci sotto l'espressione: «deputato del PdL», quasi che un cittadino, in quanto tale, debba essere iscritto in qualche albo o essere membro del Parlamento o far parte di qualche associazione per potersi esprimere liberamente su un giornale. Basta il nome e il cognome. È scritto da qualche parte, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo o nella Costituzione, che occorre specificare qualche cosa, oltre al nome e al cognome, per avere il diritto di esprimersi? Occorre una patente rilasciata dall'onorevole Vannucci? Non esiste, basta così!
Quanto all'invito rivolto alla Presidenza della Camera perché prenda provvedimenti contro di me per aver scritto l'articolo, dal momento che non esiste alcun precedente al riguardo e Vannucci non è un «pivello», è troppo evidente che questo è un puro pretesto per lanciarmi ingiurie gravissime e così intimidirmi.
(...) Veniamo allo specifico: sono stato definito (leggo testualmente dal resoconto stenografico): «meglio noto come agente Betulla». È una citazione testuale di Marco Travaglio, ognuno ha i maestri che si merita. Poi sono stato letteralmente accusato di «attentato alle istituzioni democratiche del nostro Paese». Non mi spiace tanto per quello che ha detto Vannucci, che non conosco se non dagli interventi in Aula, ma per il silenzio della Presidenza della Camera e per gli applausi corali del gruppo del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori. C'è un'ingiuria più grave che accusare qualcuno di tradimento? Questo attacco è gravissimo e infamante. Essendo la seconda volta che sono citato in quest'Aula con simili accuse e non avendo risposto per inesperienza la prima volta che accadde, l'anno scorso, chiedo un giurì d'onore. Lo faccio anche perché né la Presidenza né alcun collega ha inteso difendermi o almeno sollevare un dubbio. Prima ancora del giurì, se l'onorevole Vannucci ha questa certezza, e cioè che io abbia attentato alle istituzioni democratiche, vada in procura a denunciarmi: sono certo che li troverà molti amici».
Immediatamente dopo, prendeva la parola di nuovo il deputato Vannucci, il quale faceva presente di aver «richiamato una vicenda a tutti nota, che è sui giornali, ammessa dall'onorevole Renato Farina nel procedimento per il quale è stato sospeso dall'albo dei giornalisti o non so cosa», pronunciando infine le seguenti parole: «se vuole il giurì d'onore sono qui a disposizione».
In data 16 dicembre 2009 perveniva, quindi, al Presidente della Camera una lettera con la quale il deputato Renato Farina, nel ribadire la richiesta di nominare un giurì d'onore, precisava quanto segue: «È di palmare evidenza che quanto affermato in aula non è solo gratuitamente Pag. 57offensivo e, quindi, di per sé censurabile; ma è anche gratuitamente diffamatorio. In particolare si contesta come non corrispondente al vero: che io sia mai stato agente «Betulla», informatore dei servizi segreti; che io abbia mai costruito e pubblicato dossier falsi» che abbia «attentato alle istituzioni democratiche» in Italia.
L'ultima delle affermazioni appare di rilevante gravità perché non solo dà per scontati fatti che non sono veri, ma anche deduce considerazioni normative che mai nessun giudice ha avuto in mente di contestare, così additandomi al pubblico ludibrio ed esponendomi ai rischi della calunnia consumata in aula, pur sotto l'usbergo di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione».
Veniamo adesso al punto relativo all'ammissibilità del giurì d'onore. L'articolo 58 del Regolamento della Camera recita testualmente: «Quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al Presidente di nominare una Commissione la quale giudichi la fondatezza dell'accusa».
Nella costante prassi parlamentare è dato riscontrare che la nomina di un giurì d'onore presuppone la sussistenza dei seguenti elementi: a) l'addebito personale e diretto di un parlamentare nei confronti di un altro parlamentare nel corso di una discussione; b) l'attribuzione di uno o più fatti determinati; c) la possibilità che la Commissione d'indagine che, come noto, non dispone di poteri coercitivi, possa nondimeno acquisire elementi di conoscenza in ambito parlamentare o attraverso testimonianze spontanee.
Nel caso di specie: quanto al punto a), l'onorevole Vannucci si è riferito nominativamente all'onorevole Renato Farina e alle valutazioni da lui espresse nell'articolo a sua firma su Il Giornale; quanto al punto b), l'onorevole Vannucci ha attribuito all'onorevole Renato Farina il fatto di aver utilizzato il termine «pirla» nell'articolo de Il Giornale del 9 dicembre 2009 nei confronti di taluni esponenti politici del centrosinistra, di aver ammesso di essere stato, da giornalista, un informatore dei servizi segreti con il nome di copertura «agente Betulla» e di aver costruito e pubblicato dossier falsi, il che lo avrebbe reso di fatto responsabile di attentato alle istituzioni democratiche del Paese; quanto al punto c), entrambi i deputati hanno affermato di poter disporre di documentazione idonea a sostenere le rispettive asserzioni, le quali vedono peraltro su vicende ripetutamente oggetto di cronache giornalistiche nel corso degli ultimi anni.
Per questi motivi, nella seduta del 13 gennaio 2010 il Presidente della Camera ha annunciato la costituzione della Commissione d'indagine, preponendone alla Presidenza il Vicepresidente della Camera, onorevole Rocco Buttiglione, e chiamando a fame parte i deputati Segretari di Presidenza Giacomo Stucchi e Angelo Salvatore Lombardo, assegnando alla Commissione medesima il compito di riferire alla Camera entro la fine del mese di febbraio 2010. Tale termine, su richiesta della Commissione formulata in data 4 marzo 2010, è stato poi differito dal Presidente della Camera al 31 marzo 2010.
Veniamo all'istruttoria della Commissione d'indagine. Per quanto riguarda l'oggetto dell'accertamento della Commissione, il tema dell'indagine che il Presidente della Camera ha incaricato la Commissione di svolgere si evince dall'intervento dell'onorevole Vannucci nella seduta dell'Assemblea dell'11 dicembre 2009.
In quell'occasione, l'onorevole Vannucci muoveva in sostanza all'onorevole Renato Farina, oltre all'addebito circa l'utilizzo dell'espressione «pirla» in un articolo a sua firma ritenuto ingiurioso nei confronti di esponenti del centrosinistra, due specifici rilievi relativi alle sue presunte attività (che l'onorevole Vannucci asseriva essere state ammesse dall'onorevole Farina) di informatore dei servizi segreti: di aver agito in tale ultima veste sotto lo pseudonimo di «agente Betulla»; di aver costruito e diffuso dossier falsi, con ciò nella sostanza ponendo in essere azioni tali da tradursi di fatto in un attentato alle istituzioni democratiche. Pag. 58
Quanto allo svolgimento dei lavori, le sedute del Giurì hanno avuto luogo il 21 e il 26 gennaio, il 3 e il 24 febbraio e il 4 e 31 marzo 2010. Nella seduta del 26 gennaio 2010 si sono svolte le audizioni degli onorevoli Renato Farina e Massimo Vannucci, i quali, entrambi, hanno depositato documentazione scritta.
Entrambi gli interessati, durante le rispettive audizioni, hanno avuto modo di illustrare approfonditamente la propria versione dei fatti e di rispondere alle domande dei componenti della Commissione. In particolare, nel corso della sua audizione, l'onorevole Renato Farina ha depositato copia del verbale di udienza, redatto da fonoregistrazione, relativo alla propria testimonianza dinanzi al tribunale di Milano, IV sezione monocratica, nell'ambito di un procedimento penale a carico di terzi.
Da parte sua, l'onorevole Vannucci, in occasione della sua audizione, ha depositato la seguente documentazione: copia conforme del provvedimento di radiazione dall'ordine dei giornalisti di Milano adottato dal Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti con decisione n. 27 del 2007; copia conforme della sentenza della corte d'appello civile di Milano n. 9 del 17 febbraio 2009 con cui l'impugnazione del provvedimento di radiazione è stata respinta; copia conforme della sentenza di patteggiamento del tribunale di Milano del 13 febbraio 2007 a carico dell'onorevole Renato Farina.
A seguito di quanto deliberato dalla Commissione nella seduta del 3 febbraio 2010, ad entrambi i deputati è stata, inoltre, riconosciuta la facoltà di trasmettere alla Commissione contributi scritti di soggetti esterni in relazione ai fatti oggetto di accertamento. Avvalendosi di tale facoltà, l'onorevole Renato Farina ha trasmesso alla Commissione le risposte scritte del generale Nicolò Pollari alle domande da lui fattegli pervenire, mentre l'onorevole Vannucci ha trasmesso considerazioni integrative rispetto a quanto da lui dichiarato nel corso della sua audizione, allegandovi copia di taluni articoli di stampa.
Infine, con lettera pervenuta il 29 marzo l'onorevole Vannucci ha trasmesso copia della sentenza n. 143 del 18 febbraio 2010, con la quale il tribunale civile di Monza, sezione distaccata di Desio, ha rigettato le domande con cui l'onorevole Renato Farina, citando in giudizio il giornalista Alessandro Giglioli e il gruppo editoriale L'Espresso Spa, aveva chiesto il risarcimento dei danni per il preteso contenuto diffamatorio di due interventi effettuati dal Giglioli sul blog del sito Internet www.espresso.repubblica.it.
Nella lettera di trasmissione l'onorevole Vannucci sostiene che il documento in esame avvalorerebbe ulteriormente le sue tesi, qualificando la posizione del collega Farina «come di un appartenente ai Servizi d'informazione a tutti gli effetti».
Per quanto riguarda le risultanze dell'istruttoria, sull'utilizzo del termine «pirla» nell'articolo de Il Giornale del 9 dicembre 2009 nei confronti di taluni esponenti politici del centrosinistra, lo stesso onorevole Renato Farina nel corso della sua audizione ha riconosciuto che, intervenendo in Aula nella seduta dell'11 dicembre 2009, non ricordava di aver usato l'espressione «pirla» nell'articolo a sua firma de Il Giornale del 9 dicembre 2009, dal momento che non l'aveva direttamente affiancata ai nomi di esponenti politici del centrosinistra.
La Commissione ha agevolmente verificato, in ogni caso, che il passaggio interessante dell'articolo in questione è il seguente: «Non ci sono grandi vecchi, ma molti pirla. Ad esempio, vedi il punto 2)». E al punto 2) è scritto: «i capi dell'accolita del centrosinistra, da Bersani a Di Pietro, passando per i comprimari tipo Rosy Bindi, Castagnetti e De Magistris, riescono infatti ad essere contemporaneamente falsi ed invalidi (politicamente)».
È d'altronde indicativo che lo stesso onorevole Renato Farina, da un lato, nella lettera al Presidente della Camera del 16 dicembre 2009 non facesse più menzione della doglianza, che pur nella seduta dell'11 dicembre aveva con forza avanzato, circa il presunto mendacio dell'onorevole Vannucci nell'attribuirgli l'uso nell'articolo Pag. 59sul Giornale del termine spregiativo riferito a colleghi del centrosinistra, e dall'altro, nel corso dell'audizione presso la Commissione d'indagine, abbia sostenuto il carattere non offensivo dell'epiteto, cosa che non era evidentemente oggetto di questione, tale essendo invece la presenza dello stesso nell'articolo. Non abbiamo dunque discusso sulla offensività della parola «pirla». L'addebito sul punto è dunque fondato.
Sulla questione relativa allo svolgimento da parte dell'onorevole Renato Farina, in qualità di giornalista, dell'attività di informatore dei servizi segreti sotto il nome in codice «agente Betulla», l'onorevole Renato Farina ha negato di essere stato, da giornalista, informatore dei servizi segreti sotto lo pseudonimo di «agente Betulla». Lo ha negato nel corso dell'audizione, lo aveva fatto anche nel ricorso al Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti ed il generale Nicolò Pollari sostiene che «Farina non è l'agente Betulla e non è mai stato una fonte del SISMI e nel modo più assoluto non può essere definito (informatore dei servizi segreti da giornalista), né nella forma, né nella sostanza». Sostiene anche il generale Pollari che «il dottor Farina non ha mai ricevuto alcun compenso del SISMI. Le evidenze documentali che gli sono state contestate non riflettono erogazioni a lui dirette». Non ha mai invece l'onorevole Farina negato il suo coinvolgimento, i suoi rapporti con persone del SISMI, di aver passato loro e da loro ricevuto notizie, «senza alcun vincolo di dipendenza ancorché saltuaria» (sentenza n. 9 del 2009 della corte d'appello di Milano, pagina 28).
Secondo quanto affermato dal generale Pollari l'onorevole Farina, «su invito dell'Autorità politica competente, dinanzi a problematiche drammatiche in cui erano coinvolti cittadini italiani sequestrati in scenari di guerra, ha accettato di fornire un contributo utile alla soluzione di questi casi (...) Non mi risultano ragioni diverse da pure ragioni umanitarie».
La corte d'appello di Milano tuttavia, nella sentenza n. 9 del 17 febbraio 2009, con la quale respingeva il ricorso dell'onorevole Farina contro la delibera del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti del 29 marzo 2007, afferma che i fatti illeciti addebitati all'onorevole Farina sono «non soltanto emersi in sede penale, ma (...) oggetto di confessione (...la quale...) comprendeva poi anche il fatto di aver ricevuto delle somme di denaro in relazione all'attività collaborativa svolta con i servizi di intelligence»: tale attività consisteva tra l'altro «nell'aver aiutato personale del SISMI a eludere le investigazioni dell'autorità giudiziaria anche mediante la diffusione di false informazioni - delle quali l'imputato sollecitò la pubblicazione - e mediante il tentativo di acquisire illecitamente notizie sul procedere delle indagini penali stesse, nonché nell'avere pubblicato notizie e informazioni varie predisposte dai servizi» (pagina 29).
Dalla sentenza di patteggiamento risulta che Pio Pompa incaricava il «giornalista Renato Farina (utilizzato quale stabile fonte del SISMI, con l'appellativo di "Fonte-Betulla") di prendere contatto con il PM di Milano, titolare delle indagini (sul sequestro di Abu Omar)» simulando un interesse meramente giornalistico (...) al fine di porgli specifici quesiti (...) in modo da poter apprezzare il grado di conoscenza degli inquirenti sul coinvolgimento del SISMI nella vicenda, nonché al fine di sviare gli accertamenti dello stesso ufficio del PM attraverso la comunicazione al medesimo di false informazioni (anche in questo caso suggerite al giornalista dal Pompa) circa presunte responsabilità organizzative nel sequestro del magistrato dottor Stefano Dambruoso (...).
Sempre il Pompa, tramite Farina e l'altro giornalista Antonelli (che ne riferiva al Farina), cercava di acquisire illecitamente notizie (...) sul procedere delle indagini (...). Farina chiedeva, su indicazione del Pompa, il predetto colloquio al PM di Milano, lo effettuava il 22-05-06 (...) e redigeva anche specifico rapporto - inviato al Pompa - sul contenuto del medesimo; ricercava, inoltre, di acquisire illecitamente notizie (...) sul procedere delle indagini dei pubblici ministeri, notizie che sistematicamente Farina comunicava al Pag. 60Pompa; il Farina, ancora, (...) comunicava al Pompa anche gli spostamenti fisici del PM procedente (spostamenti che aveva modo di conoscere), compresi incontri a scopi investigativi che il PM effettuava con il funzionario della Digos delegato alle indagini«. Pio Pompa »ha ammesso che Farina lo informava in merito alle notizie apprese sulla vicenda relativa ad Abu Omar al fine di conoscere preventivamente e prevenire attacchi sui media a carico del SISMI». Gli appunti che il giornalista Antonelli aveva preso nel corso dei colloquio con i pubblici ministeri Spataro e Pomarici del 22 maggio 2006 e trasmesso a Farina «sono stati poi rinvenuti presso l'ufficio di Pompa in Roma in via Nazionale (dove) sono state rinvenute ricevute di pagamento di somma a Farina, indicato come fonte Betulla, da parte del SISMI». Farina «nel corso del lungo interrogatorio del 7 luglio 2006 ha ammesso (...) il proprio interessamento alle indagini sul sequestro di Abu Omar, le sue richieste ad Antonelli, i pagamenti ricevuti dal SISMI, le pressioni in merito da parte di Pompa e di Pollari pur negando di aver voluto aiutare persone indagate».
La natura di questo rapporto tra il Farina e il SISMI ha costituito l'oggetto di interesse del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, che nei giorni 28 e 29 marzo 2007 ha assunto la decisione (pubblicata il 17 aprile 2007) sui ricorsi presentati dal Farina e dal procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano contro la sanzione deliberata dal consiglio regionale dell'ordine dei giornalisti della Lombardia il 28 settembre 2006. Nel respingere il primo e nell'accogliere il secondo, infliggendo al Farina la sanzione della radiazione, il consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti considera che i comportamenti da questi tenuti documentino «che la 'dipendenza' da un settore dei Servizi c'è inequivocabilmente stata, andando ben oltre i peraltro ammessi e rivendicati rapporti non giornalistici con gli stessi. È Farina che scrive: «Allora confesso. Ho dato una mano ai nostri servizi segreti militari, il SISMI. Ho passato loro delle notizie. Ne ho ricevute» (pagina 14). La citazione è tratta dalla lettera di Farina al direttore Feltri pubblicata su Libero l'8 luglio 2006.
Elementi interessanti circa la natura del rapporto tra l'onorevole Farina e il SISMI si ricavano anche dal verbale (depositato in Commissione dallo stesso onorevole Farina) dell'udienza del 12 novembre 2008, nella quale il Farina interviene a rendere testimonianza in un procedimento contro terzi. Dalle intercettazioni telefoniche che vi sono citate risulta che il Farina comunicava effettivamente al Pompa, il 19 maggio 2006, che il pm Spataro era partito per il week-end, per cui »cerchiamo di avere un po' di interrogatori, un po' di carte« (pagina 60). Circa il colloquio con i pubblici ministeri di Milano del 22 maggio, l'onorevole Farina rivendica essere stata un'idea sua e non suggerita da Pompa; lo stesso giorno Pollari chiede a Pompa: «Ma lui sa cosa dire?», e Pompa replica: «Sì, è opportuno però che si ripassi la lezione insieme a noi», e due ore dopo Pompa chiama il Farina per puntualizzare i contenuti del colloquio che dovrà svolgersi, in modo da indurre il dottor Spataro, che conduce la deposizione, a sintetizzare l'intercettazione con l'espressione «le istruzioni sono molto dettagliate».
A colloquio concluso, Pompa sollecita reiteratamente una relazione, che il Farina commissiona ad Antonelli, ma sul punto il Farina precisa invece di essere stato lui a dire al Pompa «Guarda, ti mando qualcosa di scritto perché preferisco» (pagina 99) e di averla anche fatta vedere al direttore Feltri. La relazione predisposta da Antonelli, con un'aggiunta e un appunto dello stesso Farina (pagina 100), viene quindi trasmessa a Pompa, anche se il Farina avrebbe preferito trasmetterla «direttamente a Pollari, perché di Pompa non è poi che mi fidassi tanto» (pagina 101), tanto che in una telefonata della tarda serata dello stesso 22 maggio il Farina chiede a Pompa «se il direttore Pollari è soddisfatto e Pompa conferma: "Sì, è soddisfatto"» (ibidem).
Circa poi l'ipotesi del coinvolgimento del dottor Dambruoso e della Digos nel Pag. 61sequestro di Abu Omar, il Farina, a richiesta del dottor Pomarici sulle fonti, afferma: «Le fonti in questo caso erano le ipotesi del SISMI banalmente. Sì. Erano solo questo, era un'ipotesi che aveva il SISMI» (pagina 78). Il tentativo di coinvolgere «l'ex pm milanese Stefano Dambruoso, titolare dell'inchiesta sul sequestro fino alla primavera del 2004» rispondeva, secondo quanto si legge nella decisione del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, all'obiettivo di «spostare l'indagine da Milano a Brescia» (pagina 3).
Per quanto riguarda infine i pagamenti del SISMI, il Farina ricorda di essere chiamato «Fonte Betulla» per aver deciso egli stesso di firmare con quel nome la ricevuta di 1.500 euro destinati a una persona in Qatar in grado di fornirgli le fotografie o addirittura il filmato dell'omicidio di Quattrocchi, in contrasto con la prima idea di firmare con lo pseudonimo Cedro, che avrebbe potuto indirizzare l'attenzione verso una persona di origine libanese. Conclusivamente, il Farina riconosce come sua la firma «Betulla» sulla ricevuta del primo versamento di 1.500 euro, e calcola di aver ricevuto tra 20 e 30 mila euro, distribuiti su quattro o cinque versamenti (pagine 120-123 del verbale di udienza).
Da tale complesso documentale emerge un rapporto tra l'onorevole Renato Farina e il SISMI particolarmente ampio e strutturato. Non rientra evidentemente nell'oggetto dell'indagine della Commissione la valutazione sulle motivazioni etiche o politiche del suo coinvolgimento e delle sue attività, e neanche, in definitiva, l'accertamento della correttezza della sua qualifica di «fonte» o di «agente» con lo pseudonimo di Betulla, bensì la notorietà dello pseudonimo stesso («meglio noto come agente Betulla», disse l'onorevole Vannucci nella seduta dell'11 dicembre 2009). E della notorietà testimoniano, per rimanere nelle affermazioni nel tempo dello stesso onorevole Farina e tralasciando fonti di stampa terze, la lettera al direttore Feltri pubblicata su Libero l'8 luglio 2006 («Ipocrita di un Farina, anzi di 'agente Betulla»), il libro dal Farina pubblicato per le edizioni Piemme nel dicembre 2008 dal titolo Alias agente Betulla, e da ultimo l'audizione stessa del 26 gennaio 2010 («Agente Betulla, 'meglio noto come agente Betulla': è vero che fosse non meglio noto, ma peggio noto. Questo sì, perché tale definizione mi è stata attribuita in primis e, nel libro che vi ho consegnato, faccio la cronaca di come sono diventato da fonte Betulla - come era scritto ipoteticamente dai magistrati nell'avviso di garanzia - ad agente Betulla che è un'altra cosa»).
L'onorevole Vannucci, senza alcun intento calunniatorio, si è limitato a riferire quanto riportato a più riprese dagli organi di informazione circa l'identificabilità dell'onorevole Renato Farina con l'agente Betulla; del resto, lo stesso onorevole Farina nel suo libro descrive le sue attività di informatore per i servizi segreti nell'interesse del Paese, con ciò mostrando di non contestare, ma anzi di rivendicare quelle che possono - anche ad avviso della Commissione - definirsi legittime e talvolta meritorie attività di collaborazione con i servizi segreti, svolte sotto copertura da chiunque possegga informazioni utili al raggiungimento delle finalità di protezione cui sono preposti i servizi segreti di una Repubblica democratica. La circostanza, pertanto, che l'onorevole Farina potesse definirsi «fonte» piuttosto che vero e proprio «agente» costituisce, ai fini dell'accertamento rimesso alla Commissione, una mera questione terminologica con valenza secondaria rispetto alla ricostruzione di un'attività che lo stesso onorevole Farina rivendica di avere svolto.
Pur se dal complesso documentale acquisito dalla Commissione risulta che l'onorevole Farina abbia collaborato con i Servizi non già nella veste di «agente», ma piuttosto come fonte, non è pertanto contestabile la fondatezza dell'affermazione dell'onorevole Vannucci sul punto della notorietà dello stesso come «agente Betulla».
Riguardo alla questione relativa alla costruzione e pubblicazione di dossier falsi, l'accusa di «costruire e fabbricare dossier falsi» mossa dall'onorevole Vannucci Pag. 62si basa essenzialmente sulla ricerca da parte dell'onorevole Farina di notizie sul procedere delle indagini dei pubblici ministeri di Milano sul sequestro di Abu Omar, nonché sul suggerimento a vari altri giornalisti con i quali era in stretto contatto [di pubblicare] articoli tendenti ad accreditare l'ipotesi di responsabilità del dottor Dambruoso e della DIGOS di Milano nell'organizzazione del sequestro» (sentenza di patteggiamento, pagina 2).
È stato altresì ricordato l'articolo pubblicato su Libero del 9 giugno 2006 dal titolo «Prodi autorizza voli segreti CIA». Nel verbale di udienza del 12 novembre 2008, il dottor Spataro afferma che «abbiamo intercettazioni da cui risulta che in più occasioni non solo Lei ma anche altri giornalisti (...) concordano il contenuto di articoli con Pompa, addirittura li manda la sera prima per leggerli», e per quanto riguarda l'articolo in questione «Pompa ne parla con Pollari, Pollari chiede che venga tolto il nome di Prodi, Lei se lo sente raccomandare da Pompa, e quindi scompare il nome di Prodi». L'onorevole Farina, nel riconoscere la paternità dell'articolo, rivendica di avere però lasciato il nome di Prodi (Presidente della Commissione europea all'epoca dei fatti) nel titolo, pur se Prodi era assente dalla riunione svoltasi ad Atene nella quale si sarebbe deciso in qualche modo di autorizzare le renditions o removals (pagine 112-114).
Secondo la ricostruzione dell'onorevole Farina, il documento che lascerebbe supporre questa sorta di autorizzazione sarebbe la New Transatlantic Agenda del 25 gennaio 2003, quando ad Atene si riunì il Consiglio europeo sotto la presidenza greca; il documento gli fu fornito dal Pompa, ma fu il Farina a tradurlo, e a pubblicarlo («è stato scritto che io ho copiato da Pompa, adesso vorrei vedere qualcuno che me la dimostra questa cosa», pagina 98).
Nella decisione del consiglio dell'ordine dei giornalisti si parla, invece, di: «accettazione acritica di un documento prodotto dai servizi e acriticamente pubblicato sul proprio giornale senza la minima verifica» (pagina 13). Nella sentenza n. 9/09 della corte d'appello di Milano è scritto che le attività di collaborazione del Farina con i servizi consistevano anche nell'«eludere le investigazioni dell'autorità giudiziaria anche mediante la diffusione di false informazioni: - delle quali l'imputato sollecitò la pubblicazione» (pagina 30).
Nel corso dell'udienza del 12 novembre 2008 il dottor Pomarici sostiene che: «il dottor Farina è totalmente privo di alcun elemento psicologico dell'ipotizzato (...) reato di calunnia, che prevede la consapevolezza di accusare ingiustamente taluno».
Il generale Pollari afferma decisamente che l'onorevole Farina: «non ha né costruito né ha propalato dossiers falsi». Più in generale, egli manifesta il «convincimento che le dichiarazioni rilasciate dal dottor Farina in sede processuale siano alimentate da una duplice esigenza. Innanzitutto e prioritariamente quella di non compromettere dal punto di vista etico e morale un'attività segreta, benemerita e nota ai competenti organi governativi (...). Per altro verso queste dichiarazioni dipendono invece da una volontà contingente di attenuare conseguenze processuali assai verosimilmente probabili in un momento in cui l'alta suggestione mediatico-giudiziaria avrebbe potuto arrecare nel breve-medio periodo esiti non coerenti con la realtà dei fatti». Quanto al patteggiamento, il generale Pollari è «dell'avviso che solo la sua situazione famigliare, e il conseguente computo dei costi-benefici, lo abbiano indotto a risolvere il suo contenzioso con la giustizia nei termini noti».
La Commissione ha convenuto che le attività dell'onorevole Renato Farina volte a pubblicare su quotidiani, ovvero a promuovere la pubblicazione da parte di terzi di articoli tendenti ad accreditare l'ipotesi di responsabilità del dottor Dambruoso e della Digos di Milano nell'organizzazione del sequestro di Abu Omar da parte della CIA non possano propriamente ritenersi equivalenti all'attività di produzione e pubblicazione di dossier falsi. Nessun riscontro è stato offerto alla Commissione in merito alla pretesa esistenza di dossier, come tali non potendosi certamente definire Pag. 63articoli di stampa pubblicati dal deputato Renato Farina nella sua qualità professionale di giornalista e, dunque, sotto la propria responsabilità, nell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito qual è la libertà di manifestazione del pensiero. Poiché per dossier deve intendersi un elaborato documentale fisicamente individuabile, come volto a raccogliere ed elaborare informazioni allo scopo di supportare od indirizzare le attività di intelligence o investigative o, comunque, a suffragare ipotesi altrimenti non facilmente dimostrabili, tali non possono ritenersi articoli di stampa ai quali, indipendentemente dalla veridicità delle tesi in essi sostenute, non può essere attribuita valenza superiore a quella propria dell'espressione di un'opinione; né possono definirsi dossier rapporti redatti dal Farina ed indirizzati al SISMI in merito ai contenuti del colloquio da lui avuto il 22 maggio 2006 con i pubblici ministeri di Milano, posto che deve presumersi che in quell'occasione i magistrati non abbiano rivelato, per ovvie esigenze di segretezza istruttoria, alcun elemento che potesse prestarsi a manipolazioni informative successive.
Non può pertanto considerarsi rispondente al vero l'addebito mosso all'onorevole Farina dall'onorevole Vannucci di aver costruito e pubblicato dossier falsi.
Sulla questione relativa alla pretesa commissione di un attentato alle istituzioni democratiche, infine, la Commissione ha concordato nel ritenere che l'accusa di aver attentato alle istituzioni democratiche mossa dall'onorevole Vannucci all'onorevole Renato Farina non costituisca, di per sé, un addebito personale e diretto di un fatto lesivo della onorabilità, ma una espressione contenente una valutazione che attiene esclusivamente alla sfera della critica politica. Come tale, l'addebito ha potuto costituire oggetto di esame da parte della Commissione solo in quanto assorbito dall'accusa - in questo caso circostanziata poiché oggettivamente sottoponibile a riscontro - relativa alla costruzione e pubblicazione di dossier falsi. Accusa dalla quale l'onorevole Vannucci mostra, infatti, di ricavare come conseguenza il giudizio politico secondo cui con quell'attività il deputato Renato Farina avrebbe messo a repentaglio la sicurezza e la stabilità delle istituzioni democratiche. La Commissione ha ritenuto che tale valutazione rappresenti una forma di critica politica garantita dalla prerogativa costituzionale della insindacabilità delle opinioni espresse, di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Della riconducibilità di una simile valutazione alla sfera della critica politica offre, del resto, riprova il fatto che lo stesso onorevole Vannucci ha dichiarato, nella sua audizione, che l'attentato alle istituzioni democratiche sarebbe stato commesso solo indirettamente, mostrando di voler muovere un addebito riferito non tanto alle azioni che avrebbe commesso l'onorevole Renato Farina quanto alle conseguenze di ordine politico, istituzionale e morale delle stesse: prendendo spunto dalla sentenza n. 86 del 1977 della Corte costituzionale, confermata poi dalla sentenza n. 106 del 2009 relativa al segreto di Stato sul caso Abu Omar, il deputato Vannucci ha affermato infatti: «La Corte costituzionale ha precisato dunque che, in tale contesto, il Presidente del Consiglio è investito di un ampio potere, che può essere limitato solo dalla necessità che siano esplicitate, al Parlamento, le ragioni essenziali poste a fondamento delle determinazioni assunte e dal divieto di opporre il segreto in relazione a fatti eversivi dell'ordine costituzionale. Le valutazioni del Capo del Governo sono quindi connotate da una discrezionalità che supera l'ambito ed i limiti di una discrezionalità puramente amministrativa. Le modalità di esercizio del potere di secretazione restano, dunque, assoggettate ad un sindacato di natura parlamentare, tale essendo la sede normale di controllo nel merito delle più alte e più gravi decisioni dell'Esecutivo. Quindi ho citato questa sentenza perché da questi rilievi emerge che la materia della sicurezza dello Stato è delicatissima: occorre senso istituzionale assai Pag. 64marcato e massima correttezza. Lo snodo è talmente stretto e gravido di conseguenze che non sono ammesse superficialità e partigianerie. In caso contrario, si può ben dire che atti grossolani o illeciti finiscano per attentare all'ordine democratico e alla stabilità delle istituzioni, al di là delle intenzioni di ciascuno che pensa di agire per il bene della Patria». Più avanti, sempre nel corso della sua audizione, l'onorevole Vannucci rimarca nuovamente il fatto che «la condotta del Farina aveva attentato (non pregiudicato effettivamente, ma attentato) al telaio istituzionale del Paese che è così delicatamente in gioco in questi casi, come dice la Corte costituzionale». Ciò nondimeno, la Commissione non ha potuto non rilevare che l'accusa di aver attentato, di fatto, alle istituzioni democratiche - laddove si volesse considerarla come un'autonoma accusa e non già come un giudizio di valore scaturente dal distinto addebito di aver prodotto e pubblicato dossier falsi - si rivelerebbe comunque infondata, posto che nessun riscontro istruttorio è stato offerto alla Commissione in merito all'eventuale imputazione o alla potenziale imputabilità all'onorevole Renato Farina di precise responsabilità penali per uno dei reati di cui al titolo I del libro II del codice penale (delitti contro la personalità dello Stato), e in particolare del capo II (delitti contro la personalità interna dello Stato). Al riguardo, la Commissione ha convenuto nel ritenere che la condanna per favoreggiamento personale subita dall'onorevole Renato Farina abbia avuto ad oggetto un titolo di reato certamente tale da non giustificare la gravità di un'accusa quale quella di aver attentato alla stabilità e alla sicurezza delle istituzioni democratiche del nostro Paese. Tanto la Commissione ha accertato.

PRESIDENTE. Si è così conclusa la relazione conclusiva della Commissione d'indagine ex articolo 58 del Regolamento, richiesta dall'onorevole Renato Farina. Ringrazio il Presidente Buttiglione e gli onorevoli segretari Stucchi e Lombardo per il puntuale lavoro svolto.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 14,35).

LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta alle numerose interrogazioni a risposta scritta, in particolare la n. 4-03224 sull'atteggiamento della Ministra Brambilla alla festa dei Carabinieri a Lecco di quasi un anno fa. L'ho già fatto molte altre volte e lo rifaccio oggi. Però, intervengo soprattutto per portare in quest'Aula la clamorosa protesta di questa mattina avvenuta a Milano da parte di molti sindaci e oltre quattrocento amministratori di tutti gli schieramenti politici. Signor Presidente, ritengo questo un fatto rilevante che segue altre numerose proteste sinora inascoltate da parte di questo Governo. Signor Presidente, le richieste dei sindaci avanzate questa mattina, come in altre occasioni, al prefetto, con la consegna simbolica della fascia tricolore, credo siano le vere emergenze e le priorità che questo Paese dovrebbe affrontare. Da qui bisogna partire, rispettando proprio i principi di sussidiarietà dei vari livelli di governo del nostro Paese.
La difficile situazione in cui versano i comuni per effetto di un Patto di stabilità iniquo e ingiusto, che si aggiunge ad una crisi economica senza precedenti, li costringe a ridurre i servizi per i più deboli, a fronte della crescente domanda di persone e di famiglie sempre più in difficoltà, e a non poter autorizzare ingenti investimenti che sono, e sarebbero, il vero volano della nostra economia. Ecco perché, signor Presidente, quest'Aula non può far finta di nulla.
Le chiedo di farsi promotore verso il Governo di queste civili, democratiche e Pag. 65sacrosante priorità richieste da parte dei nostri comuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli sarà premura della Presidenza, in particolare, sollecitare la risposta alle interrogazioni da lei presentate.

DONELLA MATTESINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, intervengo anche io per sollecitare una risposta ad una mia interrogazione rivolta già nel settembre 2009 al Ministro della giustizia, che riguardava l'avvio della ristrutturazione e della messa in sicurezza della casa circondariale di Arezzo. Devo dire che prima dell'interrogazione avevo ripetutamente provato a parlare, a mettermi in contatto, con il dottor Ionta, ma non ho mai avuto risposta, nonostante i messaggi lasciati. Questo ci tengo a dirlo, perché ritengo che sia un comportamento davvero deplorevole di un dirigente di un Ministero rispetto ad una richiesta di un parlamentare. Successivamente all'assenza di risposta da parte dei dirigenti, ho presentato questa interrogazione. Tra l'altro devo dire che i lavori e la conseguente chiusura del carcere, che erano già stati annunciati all'inizio dell'anno, avevano costretto quella casa circondariale, il suo personale e gli enti locali che con la stessa collaborano a sospendere la loro attività. Ad oggi questi lavori non risultano ancora iniziati.
Sono qui a sollecitare questa risposta perché qualche giorno fa nei giornali locali si dava, invece, per certo l'inizio di questi lavori tra pochissimi giorni. Allora, lo dico in modo molto chiaro: se questi lavori iniziassero senza che il Ministero abbia dato risposta alla mia interrogazione, sarebbe davvero lecito pensare che nei ritardi di questa risposta vi siano delle vere e proprie omissioni fatte ad arte per impedire ad un parlamentare di esercitare il proprio ruolo, impedendogli, quindi, di dare risposta alle domande sollecitate dai territori di appartenenza. Spero che non sia così e sono qui a sollecitare, quindi, la risposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Anche per quanto la riguarda, onorevole Mattesini, la Presidenza si farà parte diligente per sollecitare la risposta alla sua interrogazione.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, intervengo anche io nella litania delle sollecitazioni, tuttavia il mio è un caso un po' diverso, nel senso che dal mese di luglio in poi ho presentato al Ministero dell'economia e delle finanze tutta una serie di interrogazioni, una collegata con l'altra, sugli studi di settore e sui criteri con cui vengono scelti gli studi di settore; a nessuno di esse è stata data risposta. Ciò sta portando ad una situazione abbastanza strana, perché risulta a chi opera nel ramo che le province settentrionali sono molto più penalizzate dagli studi di settore rispetto ad altre situazioni in altre parti d'Italia. Questo sembrerebbe non in linea con le singole situazioni che vi sono, a macchia di leopardo, nelle diverse zone del Paese. Non trovo giusto che il Ministero continui a non rispondere a delle significative e precise richieste di puntualizzazione sui criteri con cui vengono determinati questi studi di settore. Prego la Presidenza anch'io di voler sollecitare le risposte, perché ormai sono più di una decina le interrogazioni presentate e non vi è stata alcuna risposta.

PRESIDENTE. Anche per quanto la riguarda, onorevole Zacchera, la Presidenza si farà parte diligente.
Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata; successivamente avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Pag. 66

La seduta, sospesa alle 14,50, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della difesa, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Dati e iniziative inerenti agli indennizzi e ai riconoscimenti spettanti ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei campi di concentramento nazisti - n. 3-00999)

PRESIDENTE. L'onorevole Allasia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00999, concernente dati e iniziative inerenti agli indennizzi e ai riconoscimenti spettanti ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei campi di concentramento nazisti (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevole Ministro, dallo Stato italiano, nel 1963, venne concesso ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei campi di concentramento nazisti, ed ivi destinati al lavoro coatto, un indennizzo a titolo di riparazione per le sofferenze subite. Successivamente, nel 1980, lo Stato italiano decise di far percepire un assegno vitalizio ai deportati. Più recentemente, nel 2006, si è concessa una medaglia d'onore, prevedendo che potessero richiederla anche i familiari degli ex internati civili e militari nel frattempo deceduti.
Ciò nonostante, continuano a pervenire segnalazioni di ex internati italiani e loro superstiti che affermano di non aver percepito alcun emolumento e riconoscimento da parte dello Stato italiano.
Le chiediamo di conoscere i dati in possesso del Governo in merito al numero dei cittadini italiani militari e civili deportati ed internati che hanno effettivamente percepito i benefici previsti dalle norme sopra indicate, nonché le stime relative al numero di coloro che avrebbero avuto diritto a goderli e le misure che si ritiene, eventualmente, opportuno adottare per soddisfare le aspettative delle persone rimaste prive di qualsiasi riconoscimento o indennizzo.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha facoltà di rispondere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, in premessa è opportuno rappresentare che la complessità della materia, unitamente al coinvolgimento di diversi dicasteri e alla ristrettezza dei tempi ai fini di una compiuta istruttoria rispetto alla questione proposta, non rende possibile fornire in questa sede un riscontro completamente esaustivo ai molteplici quesiti posti dagli onorevoli interroganti.
Voglio comunque fare una doverosa premessa, che, accanto a questa, fa dire brevemente che i contenuti della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), che sembrano esprimere una grande sensibilità istituzionale, in realtà hanno riconosciuto, con la concessione di una medaglia d'onore a titolo di risarcimento soprattutto ed esclusivamente, direi, morale, il sacrificio di tanti cittadini italiani deportati ed internati nei lager nell'ultimo conflitto mondiale (nei lager nazisti, naturalmente).
Nella stessa legge è altresì prevista l'istituzione di un comitato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - non presso il mio Ministero - con l'incarico di esaminare le istanze relative al conferimento dell'onorificenza in parola. Dai dati che abbiamo acquisito i soggetti che in ipotesi potrebbero essere interessati sono 600 mila, ma sono pervenute, fino al 16 Pag. 67marzo 2010, istanze per 11 mila persone, anche se, ripeto, dalla bibliografia degli internati il numero potrebbe essere molto maggiore.
Al riguardo, rispetto alle 11 mila richieste pervenute - la legge fa riferimento alle richieste, naturalmente - sono già state consegnate 5 mila medaglie in diverse cerimonie ufficiali e per le altre 6 mila è prevista la consegna entro gennaio.
Per quanto riguarda gli altri aspetti richiamati nell'interrogazione, e segnatamente la gestione degli indennizzi e dei vitalizi, le delibere concessive dell'indennizzo adottate dalla commissione per l'indennizzo ai cittadini italiani sono state 12.673, come risulta dalla relazione del 30 gennaio 1968.
Si osserva, inoltre, che le segnalazioni a cui fa riferimento l'onorevole interrogante, cioè quelle che asseritamente non avrebbero avuto risposta, sono probabilmente collegate alla specifica categoria degli ex internati militari italiani, che è rimasta nella quasi totalità esclusa dai programmi di indennizzo e compensazione che si sono succeduti negli anni sia sul piano interno italiano sia in conseguenza di accordi internazionali, e in particolare degli accordi italo-tedeschi del 1961.
Devo dire che sono rimasti esclusi anche dalle leggi tedesche; la legge tedesca che soprattutto ci interessa è quella del 2000, con cui fu istituita la fondazione «Memoria, responsabilità e futuro» in Germania. Vari appartenenti a tale categoria, unitamente a familiari di vittime, hanno promosso presso i tribunali italiani oltre 50 processi per richieste di indennizzo-risarcimento allo Stato tedesco. A tale contenzioso si collega il ricorso della Germania alla Corte internazionale di giustizia, per asserita violazione da parte dell'Italia dell'immunità giurisdizionale dello Stato tedesco.
A fronte dell'indisponibilità del Governo tedesco ad includere gli ex internati militari italiani tra i beneficiari degli indennizzi della citata fondazione «Memoria, responsabilità e futuro», e in attesa degli esiti del contenzioso in corso con la Germania davanti alla Corte internazionale di giustizia, l'azione del Ministero degli affari esteri si è orientata verso la ricerca di un'intesa con Berlino su gesti di peso politico e morale indirizzati a favore degli ex internati o dei loro eredi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Devo dire che merita comunque attenzione il numero di leggi italiane proposte nel nostro Parlamento, tra cui con particolare attenzione seguo quella presentata proprio dall'onorevole interrogante, che ringrazio.

PRESIDENTE. L'onorevole Allasia ha facoltà di replicare.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevole Ministro, la ringrazio per aver citato anche la nostra proposta di legge per l'indennizzo ai deportati cosiddetti «schiavi di Hitler». Non posso considerarmi completamente soddisfatto, essendo la sua una risposta non esaustiva, ma per difficoltà oggettiva della materia. Essendo passati però oramai 65 anni dagli eventi, bisogna riconoscere soprattutto a chi è ancora in vita, come prescrive la nostra proposta di legge a prima firma di Roberto Cota, l'indennizzo immediato, anche volgarmente «minimale», alle persone, che siano civili o che siano militari; anche perché conosciamo perfettamente la Convenzione di Bonn del 1961, però riconosciamo che i crimini contro l'umanità non dovrebbero essere prescrittibili, come ha già ricusato più volte la Germania.
Perciò noi le chiediamo un'ulteriore attenzione, conoscendo la sua sensibilità e la sua cultura in materia internazionale, per riconoscere a questi deportati tali diritti. Il 16 luglio 2010 con la prima class action vi sarà infatti un giudizio di appello per i 150 deportati piemontesi, che noi come movimento della Lega stiamo seguendo con gli avvocati torinesi, per sensibilizzarla ulteriormente, e farsi parte attiva, con la nostra azione giudiziaria, per garantire loro almeno un minimo riconoscimento Pag. 68da parte dello Stato italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Iniziative urgenti volte a rendere disponibili le risorse già previste per la realizzazione di interventi infrastrutturali di carattere prioritario - n. 3-00995)

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00995, concernente iniziative urgenti volte a rendere disponibili le risorse già previste per la realizzazione di interventi infrastrutturali di carattere prioritario (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, signor Ministro, in un periodo di crisi economica come quello attuale l'intervento pubblico nella realizzazione delle infrastrutture è stato invocato dal Governo come misura anticongiunturale, ma sino ad oggi le azioni volte all'attuazione di tale disegno non possono ritenersi in alcun modo soddisfacenti: emerge che non sono ancora riscontrabili ricadute positive delle decisioni adottate dal Governo sul mercato delle nuove opere pubbliche. Gli interventi pubblici infrastrutturali sono già calati del 5,1 per cento nel 2008 e sono dunque scesi nel 2009 dell'8,1 per cento. Tra le grandi opere in attesa di finanziamento segnaliamo l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e la strada statale ionica; tra tali finanziamenti assumono inoltre particolare rilevanza i programmi per l'edilizia scolastica e della ricostruzione in Abruzzo. Per quanto riguarda la prima, i finanziamenti, che ammontano a 900 milioni di euro, di fatto non sono ancora attivati. La legge finanziaria per il 2010 prevedeva la presentazione entro gennaio 2010 di un piano-stralcio per un importo fino a 300 milioni di euro; di fatto si è rinviato al giugno 2010.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Chiediamo al Governo quali interventi urgenti intenda assumere, al fine di confermare o consentire una sollecita attivazione delle risorse già previste e di rendere più trasparenti gli affidamenti dei lavori pubblici a trattativa privata ovvero senza gara, che sono saliti quasi al 10 per cento nell'anno 2009.

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, l'interrogazione presentata dal gruppo dell'Italia dei Valori affronta l'argomento delle opere infrastrutturali avviate dal Governo, individuando alcune specifiche infrastrutture di cui si chiede conto. Poiché altri gruppi hanno presentato ulteriori interrogazioni su analogo argomento, affronterò in questa prima risposta solo alcuni aspetti riservandomi di completare il quadro nelle successive risposte.
In merito alle opere di ricostruzione in Abruzzo, ad un anno dal tragico sisma voglio evidenziare ciò che è già stato fatto, almeno per quanto riguarda alcuni degli ambiti di mia competenza. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è intervenuto in maniera efficace ed incisiva fin dalle prime ore dell'evento sismico. Dopo sei mesi dal terremoto il provveditorato aveva già identificato e verificato lo stato di tutti gli edifici pubblici ed avviato i progetti per un primo intervento di 108 milioni di euro; oggi tale quadro di interventi identificati supera l'importo di 600 milioni di euro, e in questo mese e nel prossimo mese di maggio saranno appaltati interventi per oltre 70 milioni di euro.
Inoltre, il Ministero ha redatto un piano di interventi per la ricostruzione e la funzionalità degli edifici e dei servizi pubblici per un importo di oltre 200 milioni di euro, individuando come soggetto attuatore degli interventi il provveditorato interregionale.
So che le polemiche sul lavoro fatto in questo anno in Abruzzo non sono mancate, ma ritengo che la sterile inconcludenza Pag. 69sia evidente. Certo non è stato fatto tutto, vista anche l'enormità della tragedia, ma è stato fatto tanto e, soprattutto, quello che abbiamo dato alle popolazioni dell'Abruzzo colpite dal sisma è stata la certezza che lo Stato era lì presente non con vacue parole e promesse ma con le nuove case e le nuove infrastrutture.
Per il fondo infrastrutture sono stati messi a disposizione mille milioni di euro e sono state autorizzate già risorse per 234 milioni di euro. Ciò che ritengo davvero encomiabile è il lavoro che in questi mesi si è fatto per verificare lo stato dei singoli edifici e, grazie ad un grande coinvolgimento dei provveditorati, si è riusciti a raggiungere già circa l'80 per cento del patrimonio scolastico caratterizzato da criticità.
Relativamente, infine, alla riduzione degli investimenti destinati alle piccole opere del Mezzogiorno, ritengo opportuno precisare che l'esiguità delle risorse a disposizione e la necessità di garantire copertura al piano per il risanamento idrogeologico ed ambientale prima richiamato ci hanno indotto a scomporre in due fasi, di cui la prima vale 413 milioni di euro, il piano che inizialmente valeva circa 800 milioni.
Non risponde a verità quindi affermare che il piano per il risanamento idrogeologico e ambientale non abbia copertura: la copertura è garantita da un'apposita delibera del CIPE e dalla legge finanziaria.

PRESIDENTE. Signor Ministro, deve concludere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Per quanto concerne la Salerno-Reggio Calabria essa è finanziata, salvo un lotto per un contenzioso che stiamo risolvendo proprio in questi giorni.

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di replicare.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Ministro, mi permetta: un illegittimo impedimento qui non basta a giustificare il perché non riusciamo a spendere queste risorse. Nessuno ha detto che non c'è il miliardo di euro per le risorse ambientali, abbiamo solo detto che non attiviamo i programmi di utilizzo; nessuno ha detto che non ci sono le risorse per le scuole e per la messa in sicurezza del sistema scolastico, ma non riusciamo a rispettare i tempi e quindi ad attivare queste risorse e a spenderle; nessuno ha detto che non abbiamo stanziato risorse per le opere in Abruzzo, ma non riusciamo ad attivare la messa in sicurezza degli edifici in Abruzzo con le priorità che qui ci eravamo dati; nessuno ha detto che non si stanno facendo operazioni sulla Salerno-Reggio Calabria, ma sono finanziamenti di qualche anno fa, mentre bisogna mantenere costante il finanziamento, in modo tale che anche nei prossimi mesi le imprese potranno avere dei cantieri e quindi le risorse che li finanzieranno.
I dati che abbiamo citato provengono dall'ANCE (l'associazione dei costruttori italiani): sono loro che rilevano il fatto che non ci sono flussi di cassa e che, quindi, non ci sono i finanziamenti per le opere; se non ci sono le opere, però, le imprese non lavorano e l'intervento anticrisi contro la congiuntura sicuramente non avviene proprio per la mancanza di queste risorse.
Vogliamo quindi meno cartoline con le somme in termini di miliardi di euro, ma vorremmo più passaggi di finanziamento alle imprese affinché le imprese realizzino le opere e facciano lavorare i loro lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Dati e iniziative in materia di grandi opere infrastrutturali - n. 3-00996)

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccanti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vietti n. 3-00996 concernente dati e iniziative in materia di grandi opere infrastrutturali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor Ministro, l'interrogazione Pag. 70non vuole essere ovviamente oggetto di polemica nei confronti del suo impegno, che sappiamo molto incisivo, molto appassionato all'interno del Consiglio dei ministri, ma vuole investire l'intera collegialità del Governo su una questione relativa all'«effetto annuncio» di cui abbiamo parlato non soltanto per le infrastrutture ma per un'intera attività di Governo anche in altri settori (ora nel settore delle infrastrutture l'effetto annuncio è stato forse più plateale). Noi abbiamo voluto presentare questa interrogazione per fare il punto della situazione, per capire quanto c'è di concreto.
Ci troviamo di fronte a cantieri chiusi in attesa, e ad altri in attesa di apertura. Ci troviamo di fronte alla protesta del settore delle costruzioni che tra qualche settimana sarà anche visiva. Nel 2009 abbiamo avuto 12 miliardi 700 milioni promessi; di questi sono stati concretizzati soltanto un miliardo per il MOSE e 1,3 per il ponte dello stretto di Messina; rimane da assegnare tutto il resto, e sono scoperti altri 6 miliardi. Sono stati finora cantierati opere per solo 20 milioni nel 2009. Il Sole 24 Ore del 4 marzo scorso ha fatto un'analisi dettagliata (così anche un altro articolo de la Repubblica del 1o marzo). Quindi ci troviamo di fronte ad opere minori che non esistono: soltanto per le scuole - lei lo ha ricordato - 234 milioni su un miliardo deciso, e zero per il risanamento ambientale rispetto alle somme assegnate. Ci troviamo di fronte solo al 32 per cento di spese rispetto alle previsioni.

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, onorevole collega, per rispondere alla presente interrogazione è opportuno ricollegarsi al precedente Governo Berlusconi. Ricorderanno tutti che proprio nel dicembre del 2001 hanno visto la luce quella che è stata una norma innovativa e rivoluzionaria per l'Italia, la cosiddetta legge obiettivo, e il concomitante avvio del piano delle infrastrutture strategiche per una nuova visione dell'opera di infrastrutturazione organica del Paese. Ad oggi posso con tutta serenità confermare che abbiamo fatto, considerata la situazione congiunturale economica ancora persistente, tutto il possibile, riuscendo in meno di due anni a far approvare dal CIPE progetti per circa 37 miliardi di euro e ad avviare operativamente lavori per circa 27 miliardi di euro. Tutto questo penso possa considerarsi un buon risultato.
Il valore delle opere approvate dal 2002 ad oggi dal CIPE è pari a 129 miliardi di euro, di cui garantiti finanziariamente 71 miliardi di euro (17,3 legge obiettivo; 23,3 altre risorse dello Stato; 3,3 dall'Unione europea; 5,01 dagli enti locali; 27,5 finanziamenti privati), e con un'esigenza di ulteriori finanziamenti pari a 56,9 miliardi di euro. Dal maggio 2008 ad oggi sono state approvate dal CIPE opere per 36,9 miliardi di euro, e appaltate e cantierate opere per 26,8 miliardi di euro. Per quanto riguarda i dati dell'ANCE, da cui si evince che degli 11,2 miliardi di interventi approvati solo 6,6 miliardi di euro sono stati cantierati, consentitemi di ricordare che la delibera programmatica che ha reso disponibili tali risorse è del 26 giugno 2009. Pertanto ritenere basso l'importo di 6,6 miliardi di euro in nove mesi su un importo globale di opere approvate di 11,2 miliardi di euro mi appare una critica poco generosa.
Difatti, degli 11,2 miliardi di euro, 1,5 miliardi di euro sono stati assegnati, come gli onorevoli colleghi sanno bene, nel modo seguente: 1 miliardo di euro per gli interventi mirati alla difesa idrogeologica ed ambientale e 500 milioni di euro per l'edilizia carceraria attraverso la legge finanziaria. A tale ammontare vanno poi aggiunte le risorse garantite da capitali privati che hanno superato, sempre in questi nove mesi, la soglia, relativa sempre ad interventi appaltati o cantierati, di 5,4 miliardi di euro.
In merito poi alle preoccupazioni sollevate sul contenimento degli investimenti nel comparto gestito dalle Ferrovie dello Pag. 71Stato e dall'ANAS, ritengo opportuno precisare che sia gli interventi sulla rete stradale e autostradale, sia quelli sulla rete ferroviaria non hanno subito alcun calo, anzi per la rete autostradale la partecipazione dei capitali privati ha superato un volano di circa 7 miliardi di euro mentre la componente pubblica ha superato l'importo di 5 miliardi di euro. Altrettanto si può dire per le Ferrovie dello Stato dove, oltre ai circa 3,7 miliardi di euro vanno aggiunte le risorse recuperate sempre dal Fondo infrastrutture pari a 1450 milioni di euro per garantire il trasporto ferroviario regionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccanti ha facoltà di replicare.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor Ministro, lei l'ha presa un po' da lontano, dal 2001, per dare un quadro dove si potesse annacquare l'azione di Governo di questi venti mesi. Anche questa è arte politica, gliene do atto.
Tuttavia, l'interrogazione mirava in qualche modo a fronteggiare lo stato dell'arte per questi venti mesi. Su questi venti mesi lei ha riconosciuto che dei 12 miliardi che erano stati stanziati soltanto la metà sono stati in qualche modo impegnati: tutto il resto è da fare.
Tra l'altro, la famosa delibera del 6 giugno dello scorso anno, lei sa bene che è priva di fondi di cassa, priva di liquidità e pertanto si prevede - così si apprende dalla stampa - un «super CIPE» tra qualche settimana proprio per rimodulare tutti i finanziamenti.
Faccio notare che proprio questa mattina la V Commissione (Bilancio) ha biasimato il comportamento del Governo per aver chiesto il parere alla stessa Commissione sulle delibere n. 51 e 52 del CIPE soltanto quando queste delibere erano già state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, rendendo infertile l'azione del Parlamento come ricorrentemente abbiamo denunciato. C'è da dire che la pubblicazione risale al 23 gennaio, quando i termini per l'espressione del parere erano fissati al 2 febbraio. Dico questo per capire come il Governo vada un po' a tentoni...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. Dico questo anche per ricordare che la Spagna ha investito 8 miliardi sulle opere soprattutto relative allo sviluppo sostenibile ambientale, sociale ed economico. La Francia ha impegnato quasi tutti i 5,6 miliardi.
Vorrei sottolineare soltanto che la CGIL ha stimato nel settore delle costruzioni meno 100 mila operai nel 2009 e altrettanti se ne profilano nel 2010. La cassa integrazione guadagni sia straordinaria sia ordinaria è raddoppiata; l'ISTAT registra meno 4 per cento di occupazione nel settore delle costruzioni e questo per quanto riguarda non tanto la disponibilità di risorse quanto l'incapacità e l'efficienza del Governo di impiegarle. Devo dire anche per quanto riguarda le risorse, signor Ministro, in termini di collegialità......

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. ... deve tener conto che i soldi non ci sono. Tuttavia, avete speso in modo infertile 3 miliardi di ICI e 5 miliardi sono stati destinati all'Alitalia e potevano benissimo essere risparmiati per destinarli alle infrastrutture e rendere più moderno e più competitivo questo Paese.

(Iniziative in relazione al potenziamento dell'«Aeroporto dello Stretto» - n. 3-00997)

PRESIDENTE. L'onorevole Nucara ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00997, concernente iniziative relazione al potenziamento dell'«Aeroporto dello Stretto» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, signor Ministro, l'aeroporto di Reggio Calabria, noto come Aeroporto Tito Minniti e adesso più noto come Aeroporto dello Stretto perché serve due città, Reggio Pag. 72Calabria e Messina, è il più antico aeroporto della Calabria e, tuttavia, soffre di un calo di passeggeri che lo scorso anno si è rivelato, con una flessione del 5 per cento, di molto superiore alla flessione nazionale del trasporto passeggeri.
Tuttavia noi addebitiamo ciò a due o tre cause che abbiamo citato nell'interrogazione: una è il problema dell'attuale costruzione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, che consente all'utenza della piana di Gioia Tauro di spostarsi sull'aeroporto di Lamezia Terme (dicasi la stessa cosa per la Locride), mentre l'utenza di Messina ha difficoltà ad arrivare direttamente all'aeroporto di Reggio Calabria.
Non mi aspetto dal signor Ministro risposte puntuali («abbiamo dato questi milioni di euro» e via dicendo), ma vorrei una risposta politica su un aeroporto che serve due città metropolitane: una definita tale con legge dello Stato e con l'assenso del Governo (Reggio Calabria) e l'altra definita con legge regionale (Messina).

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, il piano di sviluppo dell'aeroporto di Reggio Calabria è attualmente in fase di elaborazione da parte della società di gestione Sogas e verrà quanto prima avviato per l'istruttoria approvativa da parte dell'ENAC.
Va evidenziato che i cambiamenti auspicati nell'interrogazione sono stati già oggetto di attenzione negli anni passati e, ove se ne ravvisasse la necessità, si potrebbe approfondire la loro fattibilità tecnica ed economica da parte del gestore aeroportuale. Lo stato di fattibilità sullo sviluppo strutturale dell'aerostazione rivelerebbe la praticabilità della soluzione proposta.
Riguardo poi ai previsti rilevanti costi si potrebbe percorrere la strada dei finanziamenti comunitari.
Anche per quanto riguarda le funzioni, il ruolo e lo sviluppo dell'aeroporto, stante lo stato attuale delle dimensioni del traffico, il progetto relativo all'aerostazione indicato dall'onorevole Nucara potrà senz'altro essere considerato nel futuro, soprattutto nell'ambito della prossima conclusione dello studio del sistema aeroportuale italiano.
L'onorevole Nucara sa bene, come peraltro è stato ricordato nelle risposte rese ad analoghe interrogazioni sul medesimo argomento, che con il protocollo di intesa siglato lo scorso mese di maggio 2009 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'ENAC, la regione Calabria e le società di gestione degli aeroporti calabresi, all'aeroporto di Reggio Calabria è stata destinata una somma pari ad oltre 30 milioni di euro per interventi di potenziamento e miglioramento. Sicuramente la duplice veste che si riconosce all'aeroporto Tito Minniti, giustamente chiamato «aeroporto dello Stretto» che serve sia Reggio Calabria sia Messina, dovrà essere debitamente valutata nelle prossime assegnazioni finanziarie e su tale aspetto mi impegnerò personalmente.
Per quanto concerne le tariffe operate dalla società Alitalia sui collegamenti con il capoluogo calabro, è opportuno ricordare che il regolamento della Comunità europea n. 1008/2008 ha previsto un regime potenziale di multipresenza di vettori aerei, che possano operare qualsiasi rotta comunitaria. In questo contesto le autorità pubbliche di ogni singolo Stato non possono intervenire condizionando la determinazione delle tariffe ed imponendo le proprie considerazioni circa le scelte aziendali delle compagnie aeree.
Da ultimo voglio evidenziare che, proprio al fine di completare la rete di collegamento aereo con Reggio Calabria, si è stabilito di istituire oneri di servizio pubblico - in altre parole tariffe con contributo da parte dello Stato - per Venezia, Torino, Bologna, Pisa e Milano Malpensa. La relativa procedura è in corso e potrà usufruire della somma di 4 milioni di euro per finanziare le esigenze di continuità territoriale della popolazione del bacino di traffico dell'aeroporto di Reggio Calabria.

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PRESIDENTE. L'onorevole Nucara ha facoltà di replicare.

FRANCESCO NUCARA. Signor Ministro, mi ritengo più che soddisfatto, è la risposta che cercavo: cercavo una risposta politica più che una risposta puntuale sulle infrastrutture da fare.
Mi fa piacere che il Ministero valuterà il piano della società di gestione per quanto riguarda l'aerostazione sul mare, per consentire all'utenza messinese di accedere più facilmente all'aeroporto dello Stretto di Messina. Infatti, quando si avrà un bacino di due città, che sono due città metropolitane e, quindi, due province sostanzialmente, quando l'autostrada Salerno-Reggio Calabria nel tratto che va dalla piana di Gioia Tauro a Reggio Calabria sarà terminata e quando la statale 106 ionica sarà più agevole, probabilmente i 500.000 passeggeri che attualmente vi sono annualmente, di cui 400.000 solo per l'Alitalia, aumenteranno.
Quando essi raggiungeranno - come mi auguro - la cifra di 800-900 mila passeggeri l'anno, probabilmente anche altre compagnie potranno essere interessate a fare scalo a Reggio Calabria e ad avviare una maggiore fruibilità di quell'aeroporto, che rappresenta una struttura fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo turistico.
Come è scritto anche nell'interrogazione in oggetto, la realizzazione del ponte sullo Stretto porterà migliaia di persone - studiosi di ingegneria, turisti, curiosi - a vedere l'opera. Se non avremo un aeroporto efficiente - viste anche, signor Ministro, le condizioni delle ferrovie nella parte terminale, che va da Lamezia Terme a Reggio Calabria, fino in Sicilia - credo che pochi verranno a vedere il ponte. Comunque, la ringrazio per la risposta, che ritengo soddisfacente, e che porterò anche all'attenzione degli organismi locali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO NUCARA. Vorrei affrontare un'ultima questione relativa all'accordo che il Ministero, insieme all'ENAC, ha stipulato con la regione Calabria: per fortuna, è cambiato il presidente della regione Calabria e, quindi, forse, saremo più equi nella ripartizione che interessa i vari aeroporti.

(Interventi del Governo in materia di infrastrutture nel Mezzogiorno d'Italia - n. 3-00998)

PRESIDENTE. L'onorevole Iapicca ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00998, concernente interventi del Governo in materia di infrastrutture nel Mezzogiorno d'Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

MAURIZIO IAPICCA. Signor Presidente, signor Ministro, noi tutti sappiamo che una buona dotazione infrastrutturale costituisce un elemento necessario per raggiungere l'obiettivo della crescita del Paese.
L'Unioncamere ha focalizzato la sua analisi sulla monetizzazione dei diversi aspetti che possono derivare dalla mancata infrastrutturazione, segnalando che lo stato di criticità della nostra rete viaria crescerà notevolmente se non si arriverà, in tempi brevi, ad una serie di ammodernamenti e nuove realizzazioni.
In particolare, a seconda del livello di infrastrutturazione che il nostro Paese riuscirà a completare entro il 2020, si potrà avere un risparmio di tempo che, se monetizzato attraverso particolari parametri, potrebbe produrre un risparmio economico, per il sistema Italia, dai sette miliardi ai diciannove miliardi di euro all'anno.
Ribadisco, pertanto, che la carenza di un'adeguata dotazione infrastrutturale rappresenta uno dei fattori che frenano lo sviluppo del Paese e, in particolar modo, quello delle regioni meridionali. Puntualizzo ciò poiché l'indice della dotazione infrastrutturale del sud è di 25 punti sotto la media nazionale.
Pertanto, vorrei sapere quali sono gli interventi del Governo in materia di dotazione infrastrutturale nel Mezzogiorno d'Italia ed i loro tempi.

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PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha facoltà di rispondere.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, questo Governo, sin dall'inizio della legislatura, ha ritenuto opportuno effettuare una discontinuità operativa nell'approccio delle strategie legate alla politica del Mezzogiorno. Siamo convinti, infatti, che non sia sufficiente l'approvazione dei progetti, ma sia necessario un percorso di programmazione temporale delle azioni e degli interventi identificati.
Sono così diventati elementi portanti di tale impostazione programmatica alcuni riferimenti progettuali localizzati nel sud, quali: gli schemi idrici, gli assi ferroviari principali (cito le linee Battipaglia-Reggio Calabria, Messina-Catania e Bari-Napoli), gli assi stradali ed autostradali (quali l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e la statale ionica), gli assi autostradali Catania-Gela, Agrigento-Caltanissetta, i grandi nodi urbani (quali quelli di Palermo, Catania, Bari e Cagliari), gli impianti portuali e, non ultimo, il grande impegno della più significativa opera che realizzeremo per il Sud, e cioè il ponte sullo Stretto di Messina.
Tuttavia, questi interventi, avviati dal Dicastero e dal Governo, non possono non tener conto del blocco reale di risorse e di interventi effettuati durante la passata legislatura. Tutti i citati interventi - così come era stato precisato nell'Allegato infrastrutture al Documento di programmazione economico-finanziaria dello scorso anno - dovevano essere definiti, progettualmente cantierati, completati e, possibilmente, resi funzionali entro il 2013.
Il Governo, nel 2008, in una fase di recessione economica del Paese, ha, quindi, identificato un quadro programmatico di interventi, tutti in grado di essere cantierati in tempi certi per sostenere un territorio reso ancora più fragile dalla crisi economica.
È opportuno ricordare che gli investimenti privati nel centro-nord hanno permesso di liberare le risorse pubbliche da concretare su opere del Mezzogiorno.
È partita così un'operazione che contiene un dato preciso: su 12.300 milioni di euro di fondi pubblici, destinati attraverso la delibera del CIPE del 26 giugno 2009 al programma delle infrastrutture strategiche, 8.766 milioni di euro (cioè, il 71 per cento) sono stati assegnati per l'attuazione di interventi nel Mezzogiorno. A questo insieme di risorse vanno aggiunte quelle relative agli investimenti ordinari dell'ANAS, i quali, nel triennio 2009-2011, risultano pari a 3.496 milioni di euro e quelli delle Ferrovie dello Stato che, sempre nel triennio, si attestano su un valore globale di 1.100 milioni di euro.
Si voleva, quindi, con una simile operazione, superare l'emergenza Mezzogiorno, non solo dando segnali di certezza sulla disponibilità delle risorse, ma fornendo in modo inequivocabile garanzie che si configuravano come vere clausole contrattuali in ogni intervento progettuale prima elencato.
Citando solo queste opere, le quali - confermo - sono l'asse portante delle priorità di questo Governo, voglio rassicurare chi ha temuto una distrazione dell'attenzione verso il meridione.

PRESIDENTE. L'onorevole Iapicca ha facoltà di replicare.

MAURIZIO IAPICCA. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro: mi ritengo soddisfatto da quanto ha illustrato, soprattutto per l'attenzione che si vuol dare al Mezzogiorno e per tutto ciò che ci ha comunicato.

(Iniziative per una corretta interpretazione della normativa riguardante i contratti di assicurazione cosiddetti «dormienti» - n. 3-01000)

PRESIDENTE. L'onorevole Froner ha facoltà di illustrare l'interrogazione Nannicini n. 3-01000, concernente iniziative per una corretta interpretazione della normativa riguardante i contratti di assicurazione cosiddetti «dormienti» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.

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LAURA FRONER. Signor Presidente, con la nostra interrogazione ci proponiamo di fare un po' di chiarezza rispetto ad una questione che risulta piuttosto controversa e che riguarda le cosiddette polizze «dormienti». Ci risultano, infatti, numerose segnalazioni di cittadini, i quali lamentano - in forza di una erronea interpretazione della successione legislativa prodottasi - di aver perduto il rimborso della polizza in seguito al decorso di due anni o di un anno dal decesso del parente contraente, perdendo così tutti i risparmi di quest'ultimo, perché incamerati dallo Stato senza diritto di riscatto.
Con l'emanazione del decreto-legge n. 40 del 25 marzo scorso, il Governo è intervenuto sul tema con disposizioni che, per un verso, sembrerebbero venire incontro alle esigenze di alcuni risparmiatori, ma che, per un altro verso, rischiano di rendere ancora più complesso il quadro normativo, anche in considerazione del fatto che sia la relazione illustrativa che l'articolato sembrano prescindere dal quadro giuridico discendente dalle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LAURA FRONER. Chiediamo, pertanto, al Ministro quale sia la corretta lettura delle disposizioni di legge che paiono sovrapporsi in modo scoordinato e se intenda impartire le opportune direttive al fine di impedire che, per comportamenti o omissioni da parte degli intermediari, vengano compromessi, quanto meno per la fase antecedente al 27 ottobre 2008, i risparmi dei cittadini che confidavano in un termine di prescrizione decennale, tanto per i conti correnti bancari, quanto per le polizze assicurative.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Froner: nell'interrogazione dell'onorevole Nannicini si chiede di conoscere la corretta lettura della normativa riguardante i contratti di assicurazione cosiddetti «dormienti» e se si intendano impartire direttive per impedire che vengano compromessi i risparmi dei cittadini.
Al riguardo, il Ministero dell'economia e delle finanze precisa preliminarmente che le fattispecie relative ai conti cosiddetti «dormienti» non possono assimilarsi alla disciplina delle polizze prescritte. L'unico elemento che li accomuna è la circostanza che, in entrambi i casi, le somme relative devono essere versate al fondo conti dormienti.
Si configurano, invece, diversamente le posizioni giuridiche dei soggetti coinvolti. Nel caso dei conti dormienti, all'esito dell'iter procedurale, il diritto del titolare non si estingue, ma varia uno dei soggetti del rapporto: non più l'intermediario, ma il fondo. Nei confronti di quest'ultimo potrà essere rivendicata la titolarità del diritto fino alla scadenza del periodo di prescrizione.
Nel caso dei contratti assicurativi, il trasferimento al fondo è invece collegato all'estinzione per prescrizione del diritto connesso alla polizza. Questo comporta che in caso di mancato reclamo nel termine di prescrizione biennale le imprese di assicurazione debbano trasferire le somme non reclamate al fondo. Dato che in questo caso il diritto è prescritto, non potrà essere avanzata alcuna richiesta di restituzione.
Pertanto, i due casi sopra descritti non determinano un diverso trattamento dei risparmiatori nei rapporti con il fondo. Infatti, in entrambi i casi l'estinzione del diritto si verifica al termine del periodo di prescrizione, che per le polizze vita è quello biennale. È il caso di ricordare che tale termine era in precedenza limitato ad un anno.
In ogni caso, rassicuro comunque gli onorevoli interroganti che il Governo è disponibile ad esaminare con attenzione le questioni da loro sollevate e a cercare eventuali soluzioni compatibili con l'attuale situazione di finanza pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole Nannicini ha facoltà di replicare.

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ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, la risposta del Ministro ci lascia insoddisfatti, perché si omette sempre di parlare del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 22 giugno 2007. La legge finanziaria per il 2006, infatti, prevedeva al comma 345 l'adozione di un regolamento, che è stato poi adottato dal Governo Prodi, che ha commesso anche qualche errore, visto che non si cita la prescrizione parlando dei «dormienti». Il citato regolamento ha però precisato all'articolo 1, comma 1, lettera b), che la prescrizione è decennale, affermando con franchezza - e lo posso citare -, che sono definiti «'dormienti' i rapporti contrattuali di cui all'articolo 2 in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione» o non sia stato richiesto alcun elemento di riscossione. Se vado a vedere all'articolo 2 richiamato, trovo che il regolamento si applica, ai sensi della lettera c) del comma 1, al contratto di assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2005. Ci troviamo, quindi, in una fattispecie legislativa nella quale vengono adottate delle modifiche implicite senza dirlo.
Arriviamo poi alla legge n. 166 del 2008, che ha convertito in legge il decreto-legge n. 134 del 2008 sull'Alitalia, e vediamo che anche lì si va a modificare il regolamento senza citarlo.
Rispetto molto l'atteggiamento di Poste italiane Spa, che non ha versato il 31 marzo i circa 60-70 milioni che, in base al regolamento, avrebbe dovuto versare al fondo a titolo di indennizzo per i risparmiatori truffati, secondo quello che era l'indirizzo della legge finanziaria per il 2006, la legge n. 266 del 2005, e quindi Poste Spa ha sistemato la situazione. Altri intermediari, invece, hanno già versato al fondo una cifra che si quantifica in circa 12-13 milioni.
È chiaro che quando entriamo nel bilancio dello Stato, fabbisogno o indebitamento, è molto difficile far uscire i soldi derivanti dalle entrate, poiché dovremmo trovare coperture e avviare una discussione tra il Parlamento e il Governo; e troveremo una modalità di discussione parlamentare anche sul decreto-legge n. 40 del 2010. Quello che però non ci rende soddisfatti è che abbiamo adottato una normativa per andare verso i cittadini...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Nannicini.

ROLANDO NANNICINI. ... e nonostante siano trascorsi quattro anni, non esiste alcun regolamento che preveda che un cittadino truffato possa prendere un centesimo da quel fondo. Per Alitalia erano previsti 100 milioni, ma nessun risparmiatore che ha investito in Alitalia ha visto l'indennizzo, né lo hanno visto i risparmiatori della Parmalat o della Cirio. Abbiamo avuto la buona intuizione...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROLANDO NANNICINI.... ma come sempre (mi rincresce dirlo a lei, ma non vediamo il Ministro dell'economia e delle finanze) i soldi, quel miliardo, miliardo e mezzo che è entrato, restano nel fondo, nel fabbisogno e nell'indebitamento. Tutto ciò ci rende un po' più tranquilli dal punto di vista del bilancio, ma le finalità che ci si era posti con la legge finanziaria per il 2006 non sono state rispettate, quindi noi vorremmo trovare...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Nannicini.
È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 15,50 è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Pag. 77Brugger, Caparini, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, D'Alema, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Migliavacca, Pescante, Ravetto, Sardelli, Stefani, Tabacci, Urso, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il periodo 13-30 aprile 2010 e programma per il periodo aprile-giugno 2010.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il periodo 13-30 aprile 2010:

Martedì 13 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna, con votazioni a partire dalle ore 15,30):
Esame del disegno di legge n. 3273 - Conversione in legge del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione (da inviare al Senato - scadenza: 5 maggio 2010).

Mercoledì 14 e giovedì 15 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 16 aprile) (con votazioni):
Seguito dell'esame del disegno di legge di conversione n. 3273.

Esame dei disegni di legge di ratifica:
n. 3211 - Protocollo ai sensi dell'articolo 34 del Trattato sull'Unione europea recante modifica, per quanto attiene all'istituzione di un archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali, della Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale (ove concluso dalla Commissione);
n. 3236 - Trattato per l'assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile (ove concluso dalla Commissione);
n. 3259 - Accordo multilaterale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, la Repubblica di Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica di Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, la Repubblica d'Islanda, la Missione delle Nazioni Unite per l'amministrazione ad interim nel Kosovo, la Repubblica di Montenegro, il Regno di Norvegia, la Romania e la Repubblica di Serbia, relativo all'istituzione di uno Spazio aereo comune europeo (ove concluso dalla Commissione).

Lunedì 19 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
disegno di legge n. 2449-B - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato);
proposta di legge n. 2100 ed abbinate - Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.

Martedì 20 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 21 e giovedì 22 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 23 aprile) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 2449-B - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Pag. 78Comunità europee - Legge comunitaria 2009 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato);
proposta di legge n. 2100 ed abbinate - Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.

Nel pomeriggio di mercoledì 21 aprile, con votazione a partire dalle ore 19, avrà luogo l'esame del Doc. III, n. 1 - Relazione della Giunta delle elezioni sull'elezione contestata del deputato Paolo Corsini. Nella stessa seduta potrebbe avere luogo la votazione sulle dimissioni del deputato Matteo Brigandì.

Lunedì 26 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
disegno di legge n. 1441-quater-D - Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (collegato) (rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica);
proposta di legge n. 1090 - Delega al Governo per la riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, di cui al titolo II del libro primo del codice civile.

Martedì 27 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 28 e giovedì 29 aprile (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 30 aprile) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 1441-quater-D - Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (collegato) (rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica);
proposta di legge n. 1090 - Delega al Governo per la riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, di cui al titolo II del libro primo del codice civile.

Nel corso della settimana potrà avere luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti per la settimana precedente e non conclusi.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question-time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15).

Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti il giovedì o il venerdì, secondo l'andamento dei lavori.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempia per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

L'organizzazione dei tempi relativi all'esame del disegno di legge n. 1441-quater-D sarà pubblicata all'esito dell'esame da parte della Commissione competente.

È stato altresì predisposto, ai sensi dell'articolo 23, comma 6, terzo periodo, del regolamento, il programma dei lavori per il periodo aprile-giugno 2010.

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Aprile:
Esame del disegno di legge n. 3273 - Conversione in legge del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione (da inviare al Senato - scadenza: 5 maggio 2010).

Esame dei disegni di legge di ratifica:
n. 3211 - Protocollo ai sensi dell'articolo 34 del Trattato sull'Unione europea recante modifica, per quanto attiene all'istituzione di un archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali, della Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale (ove concluso dalla Commissione);
n. 3236 - Trattato per l'assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile (ove concluso dalla Commissione);
n. 3259 - Accordo multilaterale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, la Repubblica di Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica di Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, la Repubblica d'Islanda, la Missione delle Nazioni Unite per l'amministrazione ad interim nel Kosovo, la Repubblica di Montenegro, il Regno di Norvegia, la Romania e la Repubblica di Serbia, relativo all'istituzione di uno Spazio aereo comune europeo (ove concluso dalla Commissione).

Esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 2449-B - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato);
proposta di legge n. 2100 ed abbinate - Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.

Esame del Doc. III, n. 1 - Relazione della Giunta delle elezioni sull'elezione contestata del deputato Paolo Corsini.

Esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 1441-quater-D - Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (collegato) (rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica);
proposta di legge n. 1090 - Delega al Governo per la riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, di cui al titolo II del libro primo del codice civile.

Maggio:

Esame dei progetti di legge:
disegno di legge n. 3350 - Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti 'caroselli' e 'cartiere', di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori (da inviare al Senato - scadenza: 25 maggio 2010);
proposta di legge n. 1524 - Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi;
disegno di legge n. 3118 ed abbinate - Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione Pag. 80dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati (collegato) (da concludersi in Assemblea - ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, primo periodo, del Regolamento - entro il 15 maggio 2010);
proposta di legge n. 799 ed abbinate - Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche;
proposta di legge n. 2079 - Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia;
disegno di legge n. 3209-bis - Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione (collegato) (da concludersi in Assemblea - ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, primo periodo, del Regolamento - entro il 20 maggio 2010);
proposta di legge n. 82 ed abbinate - Norme in favore di lavoratori con familiari gravemente disabili.

Esame del Doc. XVIII n. 10 - Relazione della XIV Commissione sul Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 e sul Programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle presidenze francese, ceca e svedese.

Esame dei disegni di legge:
n. 3290 - Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia (ove concluso dalla Commissione);
n. 3291 - Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e sospensione del procedimento con messa alla prova (ove concluso dalla Commissione).

Giugno:

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2260-A/R ed abbinate - Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare.

Esame dei progetti di legge:
proposta di legge n. 209 ed abbinate - Sostegno agli agrumeti caratteristici;
disegno di legge n. 1741 - Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali;
disegno di legge n. 2505 ed abbinata - Norme in materia di riconoscimento e sostegno alle comunità giovanili;
proposta di legge n. 2011 - Modifiche al codice di procedura penale, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori (ove concluso dalla Commissione);
proposta di legge n. 2128 - Concessione di un contributo per la realizzazione di un programma per il rinnovo del materiale rotabile della società Ferrovie dello Stato Spa;
proposta di legge n. 2350 ed abbinate - Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata dal Senato).

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2008-A/R ed abbinate - Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.

Nell'ambito del programma è inoltre previsto lo svolgimento di atti del sindacato ispettivo e potrà aver luogo l'esame di Pag. 81ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

Nell'ambito del programma avrà luogo l'esame del bilancio interno della Camera.

Alla fine del mese di giugno, d'intesa con il Senato, potrà essere convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di otto componenti del Consiglio superiore della magistratura.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza in merito alla delibera n. 10 del 12 marzo 2010 del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania, relativa ai contratti dei medici specialisti ambulatoriali - n. 2-00658)

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00658, concernente iniziative di competenza in merito alla delibera n. 10 del 12 marzo 2010 del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania, relativa ai contratti dei medici specialisti ambulatoriali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, il commissario del Governo per il rientro del debito nel settore sanitario della regione Campania, con la delibera n. 10 del 12 marzo del 2010, ha imposto una serie di divieti che colpiscono tutta la categoria degli specialisti ambulatoriali, creando problemi sia ai medici specialistici - come illustrerò in seguito - sia, in modo particolare, all'utenza.
Con questa delibera il commissario del Governo ha imposto il divieto di trasformare i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato e di rinnovare i contratti a tempo determinato scaduti o in scadenza; ha imposto il divieto ai commissari e ai direttori generali di ASL di bandire nuovi turni di specialistica, di conferire nuovi incarichi per ore di attività o di ampliare i turni in scadenza.
È un provvedimento che, a mio parere, penalizza in maniera grave i cittadini della regione Campania, che non avranno più la garanzia di ricevere prestazioni sanitarie rilevanti. Sono a rischio numerosi poliambulatori e distretti e ci sarà inevitabilmente un allungamento delle liste di attesa, che già rendono particolarmente difficile l'accesso dei cittadini alle strutture sanitarie. In modo particolare, signor Presidente, saranno penalizzate le fasce più deboli della popolazione, che non potranno farsi curare presso le strutture della sanità pubblica e, non avendo la possibilità di ricorrere a specialisti privati, evidentemente correranno il rischio di vedere aggravarsi le patologie di cui soffrono.
Inoltre, vorrei segnalare all'attenzione del Governo che all'interpellante risulta - e questo sarebbe un fatto particolarmente grave se fosse realmente accaduto - che, prima dell'approvazione di questa delibera, solo i contratti di alcuni specialisti a tempo determinato sono stati trasformati in contratto a tempo indeterminato. Quindi, si è creata sostanzialmente una situazione di discriminazione nell'ambito della stessa categoria di professionisti.
La cosa che suscita ancora maggiore preoccupazione e perplessità è che il commissario del Governo, che è impegnato sicuramente a razionalizzare e ridurre la spesa (ma allo stesso tempo a non ridurre l'efficacia delle prestazioni erogate dal servizio sanitario pubblico), ha assunto una misura generalizzata. Così facendo si sono colpite, quindi, le ASL meno virtuose (quelle che hanno incrementato impropriamente la spesa), ma anche quelle più virtuose, ovvero quelle che, invece, hanno saputo saggiamente contenere i costi. Non Pag. 82si è tenuto conto delle ore di specialistica ambulatoriale già erogate, semmai, in numero elevato presso una determinata ASL e in numero non adeguato in altre aziende sanitarie.
Quindi, in Campania allo stato c'è una condizione, che pongo all'attenzione del Governo, di grande preoccupazione, in modo particolare per gli utenti e per la popolazione, ma anche per molti medici specialisti, che in questi mesi e in questi anni hanno condotto il loro lavoro e che da un giorno all'altro praticamente si sono trovati sprovvisti di qualunque tipo di contratto. Segnalo ancora al Governo che, quando gli specialisti accettano un incarico di questo tipo, rinunciano a qualsiasi altra forma di attività, perché scattano delle incompatibilità molto rigorose, quindi sono stati doppiamente penalizzati. La richiesta al Governo è di verificare se non si possano adottare misure per contenere la spesa sanitaria in Campania, senza intaccare l'efficienza delle prestazioni erogate a danno dei cittadini, di chiedere al commissario di prevedere un piano di potenziamento della specialistica ambulatoriale per garantire il diritto alla salute, così come sancito dall'articolo 32 della Costituzione: «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti». Inoltre, con il potenziamento degli ambulatori specialistici, si eviterebbero i ricoveri impropri e il ricorso eccessivo a indagini diagnostiche strumentali ripetute. Quindi, solo in questo modo ci sarebbe una effettiva riduzione della spesa sanitaria. Sostanzialmente la richiesta al Governo è di intervenire presso il commissario di Governo affinché questa delibera venga ritirata.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Eugenia Roccella, ha facoltà di rispondere.

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Consiglio dei Ministri, all'atto del commissariamento della Regione Campania il 24 luglio 2009, ha previsto che il commissario ad acta adotti misure per la razionalizzazione ed il contenimento della spesa per il personale.
Va detto che, ai fini della riduzione del costo del personale, la regione Campania, ancora prima del commissariamento, aveva già adottato una serie di iniziative mirate al contenimento della relativa spesa, quali il blocco del turnover, la rideterminazione dei fondi per la contrattazione integrativa aziendale, la riduzione delle posizioni organizzative e di coordinamento.
I dati di preconsuntivo 2009, con forti criticità sulle voci del costo del personale, registrano lo sforamento per la specialistica ambulatoriale, fissato per il 2009 in circa 158 milioni di euro.
A ciò si aggiunge che la legge finanziaria 2010 impone agli enti del Servizio sanitario nazionale rigidi obiettivi di contenimento della spesa per il personale - ivi inclusi i rapporti di lavoro a tempo determinato, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed altre forme di lavoro flessibile - richiedendo l'adozione di uno specifico programma annuale di revisione delle consistenze di personale dipendente, finalizzato alla riduzione complessiva della spesa.
Per questo contesto, la regione Campania ha ritenuto indispensabile scongiurare un ricorso eccessivo alla medicina specialistica ambulatoriale per coprire le carenze di personale determinatesi a seguito del contingentamento del turnover, nonché necessario indirizzare le aziende sanitarie verso l'adozione di modelli organizzativi in linea con i vigenti accordi collettivi nazionali, al fine di promuovere l'impiego di specialisti convenzionati in ambiti distrettuali e territoriali.
Il provvedimento del 12 marzo 2010 in esame, stabilisce tuttavia che singole deroghe potranno essere autorizzate con decreto motivato del Commissario ad acta, nei limiti del budget di spesa assegnato a ciascuna ASL per la specialistica ambulatoriale interna, e che ai fini del mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, ed esclusivamente all'interno del budgetPag. 83assegnato all'azienda per la specialistica convenzionata, è consentito: riconvertire ore fra le diverse specialità mediche, in maniera da rispondere in forme adeguate e flessibili alla domanda di prestazioni della popolazione e sostituire i medici assenti, nei soli casi di assenze non programmabili.
Per rispondere ai singoli quesiti si osserva che: il provvedimento in questione è attualmente all'esame dei competenti Ministeri (Ministero della salute e Ministero dell'economia e delle finanze) ai fini della verifica della compatibilità con quanto previsto dagli obiettivi di risparmio fissati dal Piano di rientro per la riduzione dei costi del personale relativi all'anno 2010 e 2011; che il Piano di rientro sottoscritto dalla regione Campania ha previsto misure di contenimento della spesa del personale medico nella osservanza della salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza e, quindi, senza comportare riduzioni della efficacia dell'assistenza sanitaria sul proprio territorio a scapito dei cittadini; che il processo di ristrutturazione ospedaliera, peraltro al momento in forte ritardo nella regione Campania, e che ha condotto al commissariamento, consentirà di liberare risorse, parte delle quali potranno essere utilizzate per potenziare l'assistenza territoriale, compresa quella riguardante la specialistica ambulatoriale.
Da ultimo, osservo che, come è noto, ogni iniziativa assunta in sede di commissariamento va vista come funzionale ai meccanismi di ripiano, e pertanto sottoposta a continuo monitoraggio affinché ne sia verificata la piena corrispondenza alle finalità cui è diretta, ovvero sia sottoposta a eventuali modifiche.

PRESIDENTE. L'onorevole Iannaccone ha facoltà di replicare.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario la ringrazio per la risposta, ma ritengo che su questo argomento bisognerà approfondire la riflessione e valutare gli effetti che realmente produrrà un atto che ritengo sbagliato, scellerato e dannoso per i cittadini. Ritengo, quindi, che il Governo, nelle sua competenza, proprio perché ha esercitato il potere di nomina di un Commissario, debba valutare un atto emanato da un Commissario, appunto, di nomina governativa. Questo atto non ha alcuna efficacia per quanto riguarda la riduzione della spesa sanitaria. Quindi, anche se volessimo valutare questo deliberato solo in virtù di un risparmio di spesa, dovremmo arrivare alla conclusione che questo atto non solo non produce un risparmio di spesa, ma addirittura determina una maggiore spesa, un danno per i cittadini, perché aumenterà il numero dei ricoveri impropri e di prestazioni erogate in regime di convenzionamento esterno (che costano molto di più al servizio sanitario) e non si darà copertura territoriale al nostro servizio sanitario. Proprio nella regione Campania, che ha la particolarità di un territorio che prevede delle zone particolarmente disagiate dove gli unici presidi sono i distretti sanitari o i poliambulatori, se noi determinassimo, ad esempio, la chiusura di un ambulatorio di oculistica - perché questo accadrà - o di cardiologia, o di ortopedia, o di chirurgia, non ci sarà alcuna possibilità di garantire prestazioni sanitarie alternative ai cittadini, perché in quei territori non vi sono ambulatori convenzionati, perché quei territori distano dagli ospedali molti chilometri.
L'invito che rivolgo a lei, e quindi al Governo, è che vi possano essere tante strade per arrivare ad un risparmio effettivo della spesa: ridurre gli sprechi, contenere i costi, ridurre le consulenze; tutta quella spesa parassitaria che, insomma, alimenta o alimentava - è auspicabile nella regione Campania - il ceto politico, ma che non dà risposte ai nostri cittadini.
Inoltre, non possiamo non farci carico delle gravi difficoltà di natura occupazionale di una categoria molto importante, quella degli specialisti ambulatoriali, perché questa categoria di medici ha fatto una scelta: ha scelto di non effettuare la propria professione presso gli ospedali Pag. 84oppure di non accedere agli elenchi di medicina generale e si è orientata verso la specialistica ambulatoriale.
Di fatto, significherebbe condannare centinaia di medici specialisti, formati, che hanno un'elevata professionalità, alla disoccupazione, impedendo a tanti cittadini di ricorrere alle loro cure.
Anche la soluzione alternativa che lei in parte ha prospettato, e cioè che la razionalizzazione della rete ospedaliera possa liberare delle risorse, in modo tale da destinare medici ospedalieri specialisti all'assistenza sul territorio, non risolve la questione; innanzitutto perché, come lei stessa ha preannunciato e sottolineato nel suo intervento, comunque i tempi di questa razionalizzazione non sono prevedibili, ma anche perché è difficile creare una sovrapposizione.
Le voglio quindi segnalare questo problema, visto che il provvedimento è all'esame del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze, tentando di trasmettere a lei il disagio notevole che si creerà nella regione Campania.
Il Governo, in modo particolare il Ministero della salute, valuti l'impatto che questo provvedimento avrà sui cittadini e su una categoria di sanitari. Invito il Governo a chiedere al commissario di prevedere misure alternative, cioè di ritirare questa delibera, perché, come dicevo, essa non produce assolutamente alcun risultato. Oltre a prevedere il ritiro di questa delibera, invito sicuramente il Governo a prevedere una razionalizzazione e a non eccedere nella pubblicazione di ore di specialistica. Questo è un provvedimento sbagliato e dannoso, che non produce alcun risultato dal punto di vista del contenimento della spesa sanitaria.

(Iniziative in materia di assunzioni di personale dell'amministrazione giudiziaria - n. 2-00663)

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00663, concernente iniziative in materia di assunzioni di personale dell'amministrazione giudiziaria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il richiamo puntuale alla relazione sullo stato dell'amministrazione della giustizia ed alla nota in data 23 marzo 2009 sono testimonianza assoluta della conoscenza profonda della tematica in argomento da parte degli onorevoli interroganti.
È proprio in virtù di tale tecnicismo che spero mi sia consentito, in questa sede, di superare l'enunciazione pedissequa delle fonti normative e dei relativi bandi di assunzioni per concentrarmi, invece, sulla questione principale, che a tutti interessa, e che ruota sull'acclarata e riconosciuta esigenza di implementazione del personale nel pubblico impiego e, in particolare, negli uffici giudiziari del Paese.
Sul punto, ritengo doveroso ribadire l'impegno continuativamente profuso da questo Ministero nell'affrontare e risolvere con determinazione gli specifici aspetti di competenza, dando seguito agli impegni assunti e procedendo a richiedere tempestivamente le dovute autorizzazioni e i vincolanti adempimenti di competenza di altri dicasteri, così come accaduto nel caso in esame e così come documentalmente attestato dalla predetta nota del 23 marzo 2009 in materia di autorizzazione alle assunzioni.
Alle summenzionate informazioni di stretta pertinenza del Ministero della giustizia testé enunciate, posso, però, aggiungere le notizie riferite in materia dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dal Ministero dell'economia e delle finanze, segnalando al riguardo che l'assunzione nel settore pubblico di Pag. 85nuovi lavoratori dipendenti è imprescindibilmente subordinata alle limitazioni imposte dalle direttive del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, oltre che ai prioritari vincoli di finanza pubblica.
Detto ciò, faccio presente che il competente Dipartimento della funzione pubblica - Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni - ha provveduto ad inoltrare al Ministero dell'economia e delle finanze il provvedimento di autorizzazione a bandire le procedure concorsuali per varie amministrazioni, ivi compresa l'amministrazione della giustizia. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in itinere, datato 23 dicembre 2009, è stato inoltrato, infatti, al Ministero dell'economia e delle finanze per la relativa firma, accompagnato da una nota dell'Ufficio legislativo di provenienza, indicando, tra l'altro, le autorizzazioni richieste dal Ministero della giustizia, in coerenza con la programmazione del fabbisogno del personale per il triennio 2009-2011 e riguardante, nello specifico, le autorizzazioni per le qualifiche di cancelliere C1, di contabile C1, di esperto informatico C1, di ufficiale giudiziario C1 (inserite nell'area terza, posizione economica F1), nonché la posizione di operatore giudiziario a tempo determinato (area seconda, posizione economica F1), ed alcune ipotesi di progressione verticale.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, a sua volta, ha recepito le autorizzazioni inserite nel predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed il competente Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - così come espressamente riferito - ha provveduto ad avviare l'istruttoria di verifica e di fattibilità, pronunciandosi, in data 5 marzo ultimo scorso, in termini di «avviso favorevole alla controfirma del Ministro dell'economia e delle finanze» sulle richieste proposte.
Ferma restando, quindi, l'attenzione costante del Ministero della giustizia agli ulteriori sviluppi sul tema, è auspicabile che a breve possano essere definite le procedure in questione e possano aver seguito gli incrementi di assunzione di personale, così come programmati.

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di replicare.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ringrazio il signor sottosegretario: al nostro quesito, con riferimento all'avvio di queste procedure concorsuali, il sottosegretario ha relazionato su un buon punto del percorso, sicuramente farraginoso, sicuramente lento. Speriamo che possa poi arrivare alla conclusione; ma siamo lieti che il 5 marzo 2010, rispetto ad una richiesta che era stata fatta nel 2009, la Ragioneria generale dello Stato abbia dato la condizione di fattibilità e di favore per quelle assunzioni, e quindi per l'avvio finalmente, riteniamo, di alcune procedure concorsuali.
Questo mi auguro che sia il primo passo: francamente, dopo che vi è stata alla fine del 2008 la riduzione degli organici, esso si impone; ad una certa data, infatti, si è fotografata la situazione degli uffici giudiziari, e si è ritenuto che a quella data e con quella fotografia gli organici fossero pieni, quando in realtà molti di essi erano già di per sé carenti. La richiesta di autorizzazione sulla necessità di personale già andava, quindi, ad incidere su piante organiche insufficienti.
Credo che a questo punto i passi ulteriori debbano essere quasi necessitati: una riforma della giustizia - se veramente si vuole pensare al servizio giustizia - passa necessariamente attraverso il potenziamento, la riqualificazione ed anche l'individuazione di figure professionali adeguate al mutamento dei tempi e quindi all'ammodernamento del servizio.
Per fare questo credo che sia necessario, da un lato, tener conto delle prassi virtuose che si stanno verificando in alcuni uffici giudiziari, dove i presidenti di tribunale e i capi degli uffici cercano di stipulare convenzioni con gli enti territoriali per recuperare in qualche modo forza lavoro. Mi dicevano che, ad esempio, in alcuni uffici, anche quelli di sorveglianza, Pag. 86vi è la ricerca anche tramite le università di giovani laureati che, in qualche modo, facendo attraverso le convenzioni degli stage, vadano comunque ad apportare forza lavoro qualificata, di cui gli uffici giudiziari hanno davvero bisogno in maniera primaria.
Credo che si debba passare attraverso due fasi. In una prima fase il Ministero, attraverso il dipartimento di competenza, deve poter valutare tutte queste prassi virtuose che si sono realizzate negli uffici giudiziari ad opera dei capi degli uffici, anche in relazione a situazioni territoriali degli enti locali sensibili alla problematica, e trarne spunto anche per stabilire nuove forme di collaborazione. Occorre quindi pensare anche ad instaurare e dare corpo - prima o poi - a quell'ufficio del processo o a quell'ufficio del giudice (chiamiamolo come vogliamo) che faceva parte di una proposta legislativa presentata nella precedente legislatura e che attualmente è stata riproposta ed è in discussione al Senato, ma che potrebbe essere in parte ripresa per dare valore e quindi forza agli uffici giudiziari anche attraverso l'utilizzo di nuova energia lavoro.
Dall'altro lato, credo sia indispensabile per una valutazione complessiva delle risorse umane e professionali a disposizione pensare ad una revisione e ad una riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie: solo da qui, infatti, cioè da questo monitoraggio che rappresenti l'attualità delle piante organiche dei magistrati e l'attualità delle piante organiche del personale che costituisce la linfa necessaria per il funzionamento degli uffici, si può partire per una riforma della giustizia che sia proiettata verso i cittadini e verso un servizio pubblico quale appunto deve essere il servizio giustizia.
Pensavo, ad esempio, anche all'opportunità di alcuni servizi come quello delle trascrizioni nelle aule di tribunale, che accompagnano i dibattimenti penali. Da quando il dibattimento penale ha accentuato la sua fase dell'oralità vi è una serie di servizi che vengono di solito appaltati a soggetti esterni; bisogna invece pensare di creare figure professionali interne che in qualche modo possano non solo dare un valore aggiunto al servizio giustizia, ma anche creare forze lavoro importanti e al tempo stesso una professionalità ad essa connessa.
La trascrizione e la verbalizzazione delle udienze penali costituiscono infatti la sostanza del processo, del dibattimento e del contraddittorio, e quindi non si può più pensare, come è stato fatto dal 1989 in poi, ossia dai primi passi di questo nuovo processo penale, di avvalersi di compagnie esterne con prezzi e situazioni molto diverse, quando in realtà si deve e si può fare qualcosa dall'interno, creando un'autonomia del servizio, come deve avvenire per l'informatizzazione e la manutenzione informatica o per la programmazione (bisogna cioè creare un sistema che sia in qualche modo autonomo).
Infatti c'è da un lato la possibilità di impiegare l'energia dei giovani, considerato che tanti laureati, in tutte le discipline, sono disoccupati, e dall'altro abbiamo la possibilità di formare e di utilizzare questi ultimi per tutto il loro percorso professionale in un servizio che ha bisogno proprio di linfa interna per poter dare una svolta. Non basta calare riforme dall'alto, bisogna valorizzare le risorse, aumentarle, incrementarle e specificarle, per dare poi a un servizio la funzionalità che gli è propria, considerato che è uno dei pilastri del nostro sistema democratico. Ringrazio comunque il sottosegretario per l'accuratezza della risposta.

(Orientamenti del Governo circa il riordino della legislazione riguardante l'esportazione di armamenti - n. 2-00664)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00664 concernente orientamenti del Governo circa il riordino della legislazione riguardante l'esportazione di armamenti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, la mia interpellanza ha un titolo e verte su un tema (quale svolgimento conseguente) per far capire qual è l'affresco Pag. 87entro il quale si muove il nostro Governo nell'ambito della «corsa al riarmo». Il titolo è: il mercato va a gonfie vele. Ci mancherebbe altro. Poi bisognerebbe capire la declinazione (tenterò di spiegarla in qualche modo).
Nessuna crisi nel mercato delle armi, come dicevo: il 2009 è stato un anno straordinario per l'industria militare italiana. Qui io ne parlo in termini non di spicciola morale quotidiana ma di etica politica (ci arriverò nel prosieguo dell'intervento). Infatti di fronte all'arrancare del comparto tessile (parliamo di meno 23 per cento), e al precipitare del mercato dell'auto (qui siamo veramente agli abissi: meno 34 per cento), le società italiane attive nella produzione di armi hanno visto aumentare del ben 61 per cento gli ordini in arrivo dall'estero. Altro che made in Italy! Questi numeri superano di gran lunga le performance che vanno - come dice qualcuno - dal prosciutto San Daniele al parmigiano reggiano.
Per capire quanto vale il mercato militare italiano basta una cifra su tutte. Nel 2009 il Governo ha rilasciato autorizzazioni per esportazioni di armamenti per un valore quasi vicino ai 5 miliardi di euro (4 miliardi 900 milioni). Tutto ciò senza contare il miliardo 800 milioni dei programmi intergovernativi, cioè di quei programmi i cui progetti vengono realizzati tra gli Stati che hanno come destinatari i Governi europei.
Dai documenti emerge che il principale destinatario di armi italiane nel 2009 è stata l'Arabia Saudita, che si regge su proventi del petrolio e sullo scarso rispetto dei diritti umani, come evidenziato da Amnesty International. Il primato dell'Arabia Saudita riguarda una commessa di oltre un miliardo di euro da parte della Reale aeronautica saudita per 72 caccia multiruolo Eurofighter. Il committente generale è la britannica Bae System, già punita dal Ministero della giustizia americano con una multa di 400 milioni di dollari per aver corrotto alcuni dignitari del re dell'Arabia Saudita, Abdullah.
L'Italia ufficialmente non c'entra nulla con la multa però la sua partecipazione riguarda la fornitura dei 72 caccia per i quali Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica, controllata dal Ministro dell'economia e delle finanze) fornisce alcuni componenti che valgono al momento oltre un milione di euro. È una commessa che ha consentito ad Alenia di guadagnarsi il primo posto nella classifica degli esportatori, seguita da AgustaWestland (gruppo Finmeccanica), Avio (partecipata da Finmeccanica), Fincantieri (controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso Fintecna), e Selex Galileo (gruppo Finmeccanica).
I principali clienti dell'industria militare italiana, fatta eccezione per la Germania e gli Stati Uniti, si concentrano proprio tra Medio Oriente e nord Africa. Verso quest'area sono state rilasciate autorizzazioni all'esportazione di armamenti per oltre un miliardo 900 milioni di euro (quasi il 40 per cento del totale). Tra i maggiori acquirenti, oltre all'Arabia Saudita, spiccano il Qatar, gli Emirati Arabi, il Marocco, e non può mancare evidentemente nemmeno la Libia.
Per quasi 5 miliardi di euro di autorizzazione all'esportazione di armi, più della metà, 2,6 miliardi, riguardano Paesi del sud del mondo: una tendenza che noi dell'Italia dei Valori riteniamo assolutamente preoccupante. Sin dall'inizio degli anni 2000 l'export italiano era diretto soprattutto ai Paesi NATO. Da allora le aziende italiane hanno invece iniziato a vendere soprattutto ai Paesi del sud del mondo dove spesso si combattono guerre per l'accaparramento delle materie prime.
È il caso della Nigeria, ad esempio, dove da anni i guerriglieri del MEND combattono contro l'esercito regolare per i pozzi petroliferi sfruttati da diverse compagnie petrolifere occidentali, tra cui la nostra ENI. Proprio la Nigeria tra i Paesi dell'Africa centro-meridionale nel 2009 è stata la principale acquirente di sistemi militari italiani. Nel rapporto della Presidenza del Consiglio è tutto chiaro: ci sono decine di tabelle che indicano autorizzazioni, destinatari e committenti, proprio come previsto nella legge n. 185 del 1990. Ne manca una sola: la tabella che riporta Pag. 88l'elenco dettagliato delle banche attraverso cui sono state realizzate le operazioni. Quella lista manca dal 2008 ossia dall'anno di entrata in carica di questo Governo. In quella tabella c'era il nome della banca, il valore della commessa e il Paese destinatario. Incrociando questi dati con quelli del Ministero degli affari esteri si poteva capire di che tipo di arma era stato fornito.
Dice Giorgio Beretta, rappresentante della rete italiana disarmo: «Eliminando quella tabella il nostro lavoro è stato reso impossibile, sottraendo ai correntisti la possibilità di verificare il comportamento della propria banca». Un'idea comunque ce la si può comunque fare se utilizziamo alcuni dati che ci vengono forniti dall'IRES Toscana che è un ente di ricerca no profit. Dal 2001 al 2008 più del 60 per cento delle operazioni di incassi per esportazione di armamenti italiani sono stati effettuati da tre gruppi bancari: BNP Paribas per 2,3 miliardi di euro, Intesa-San Paolo per 2,2 miliardi di euro e Unicredit per 2 miliardi di euro. La tabella delle operazioni bancarie dovrebbe essere riportata dalla più ampia relazione al Parlamento, ma non vi sono segnali che il Ministero guidato da Tremonti intenda ripristinare il dettagliato elenco delle singole autorizzazioni rilasciate dalle banche ossia l'elenco di riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di credito che dall'entrata in carica del Governo Berlusconi è stato «sostituito» con altri elenchi sottraendo alla società civile la possibilità di controllo sulle singole operazioni effettuate dalle banche.
Resta infine tutto da vedere come il Governo intenderà muoversi per quanto riguarda il cosiddetto riordino della normativa nazionale relativa al controllo dell'esportazione di armamenti e cioè la legge n. 185 del 1990, che a quel tempo - ma credo a tutt'oggi - è stata un'importante conquista in tema di libertà e trasparenza. Il rapporto della Presidenza del Consiglio afferma che il processo di integrazione europeo nel campo della difesa e della progressiva razionalizzazione e ristrutturazione dell'industria europea avrebbe portato ad un radicale cambiamento dello scenario tanto che il quadro normativo italiano è risultato sempre più inadeguato. Questo è situato all'interno della relazione che il Governo ha presentato il 29 marzo.
Proprio per questo, per recepire nella legislazione nazionale le recenti direttive e posizioni comuni europee, la Presidenza del Consiglio intende, a suo dire, operare per la finalizzazione del processo di revisione della normativa nazionale cioè procedere ad un intervento correttivo di tutta la normativa in vigore e questo, in qualche modo, inquieta un po'.
Sarà da vedere se e in quale modo soprattutto saranno coinvolte in questo processo le associazioni della società civile che, va ricordato, sin dagli anni Ottanta sono state promotrici di una legislazione rigorosa e trasparente sull'esportazione degli armamenti, che è stata anche la base del codice di condotta dell'Unione europea.
Il rapporto riafferma la volontà di continuare il dialogo con i rappresentanti delle organizzazioni non governative. Le associazioni della rete italiana disarmo hanno ripetutamente richiesto negli anni passati di essere informate con puntualità e precisione su tutta l'ampia materia non solo del controllo dell'esportazione di armamenti ma anche sulle annunciate modifiche alla legislazione vigente e intendono formalizzare questa richiesta alla Presidenza del Consiglio la quale già dallo scorso anno ha costituito, come tutti sappiamo, presso l'ufficio del consigliere militare un apposito gruppo di lavoro tra i cui compiti figura proprio quello di verificare l'opportuna strada perseguibile per un intervento correttivo di tutta la materia in vigore.
È una strada che, considerati i casi giudiziari che stanno coinvolgendo tuttora le aziende militari britanniche, non può non permettersi di abbassare il livello di controllo, di trasparenza pubblica e di informazione istituzionale, soprattutto per quanto riguarda il settore bancario. Evidentemente questi sono gli elementi che hanno condotto il gruppo dell'Italia dei Pag. 89Valori e chi vi parla a mettere in campo un'interpellanza urgente in qualche modo robusta.
Concludo chiedendo al Governo come intenda procedere nel menzionato riordino della legislazione nazionale vigente, data la forte sensibilità, come ripetevo prima, dell'associazionismo laico e cattolico su questa materia; se e con quali modalità il Governo intenda coinvolgere in questo processo di revisione legislativa le associazioni - che peraltro hanno già fatto richiesta - della società civile, che come ricordavo prima fin dagli anni Ottanta hanno fatto attività, affinché vi fosse una rigorosa e trasparente legislazione sull'esportazione di armi che vede coinvolto il nostro Paese.
Mi auguro che nella risposta del Governo e del sottosegretario vi siano gli elementi positivi e propositivi che ci facciano pensare ad un'apertura che faccia intendere la revisione della legge nei termini in cui ce la chiede l'Unione europea, piuttosto che nei termini in cui ha fatto intravedere il Ministro dell'economia Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, innanzitutto intendo ringraziare gli interpellanti, che permettono al Governo di fornire un aggiornamento approfondito sugli elementi salienti delle attività attualmente in corso e sugli intendimenti dell'Esecutivo in tema di riordino della normativa nazionale sul controllo delle esportazioni dei prodotti per la difesa, anche se non sono certo che gli intendimenti degli interpellanti fossero i medesimi.
Rispondo sulla base di elementi forniti dalla Presidenza del Consiglio perché la materia è competenza della stessa. Il processo di integrazione europeo nel campo della difesa e la progressiva razionalizzazione e ristrutturazione dell'industria europea hanno portato negli ultimi anni ad un forte aumento dell'interscambio di sottosistemi di componenti militari e dei programmi di collaborazione intergovernativa per lo sviluppo e la produzione di equipaggiamenti per la difesa.
A fronte di questo radicale cambiamento il quadro normativo italiano è rimasto perlopiù immutato. Le modifiche apportate alla legge n. 185 del 1990 dalla legge n. 148 del 2003 relativa alla ratifica dell'accordo quadro Letter of intent, in relazione alle misure per facilitare la ristrutturazione e l'attività dell'industria europea per la difesa, hanno infatti toccato la norma solo in alcuni limitati aspetti. In questo campo, sia a livello intergovernativo sia a livello comunitario, sono state perfezionate diverse iniziative di carattere normativo. Infatti, i sei Paesi europei che hanno sottoscritto nel 2000 il cosiddetto accordo quadro hanno definito nel 2009 un emendamento all'articolo 16 dello stesso accordo, prevedendo una specifica licenza per l'interscambio di componenti volta a migliorare l'efficienza delle movimentazioni di materiali fra i sei Paesi europei, garantendo nel contempo il controllo dei Governi sulle eventuali esportazioni verso Paesi terzi.
I materiali per la difesa in questi ultimi anni sono stati approvvigionati facendo ampio ricorso ai programmi di collaborazione intergovernativa, modalità questa che all'epoca dell'impostazione della citata legge n. 185 del 1990 era limitata solo ad alcuni sporadici casi. Questo ha portato alla necessità di aggiornare l'attuale legge, salvaguardandone rigorosamente i principi, ma rendendola più consona alle mutate esigenze del comparto per la difesa e la sicurezza, a livello sia istituzionale sia industriale.
Negli ultimi mesi del 2008 sono iniziati i lavori per il riordino della normativa nazionale. Tale attività, in stretto coordinamento con tutte le amministrazioni coinvolte, è condotta presso la citata struttura del Consigliere militare del Presidente del Consiglio - Ufficio coordinamento produzione materiali d'armamento (UCPMA). Pag. 90
Il processo di aggiornamento della legge muove secondo le seguenti direttrici: la prima è costituita dalla disciplina delle operazioni attualmente non contemplate, come la delocalizzazione produttiva e le movimentazioni estero su estero prevista dalla posizione comune del Consiglio europeo 2003/468/PESC del 23 giugno 2003, come ad esempio l'attività di intermediazione, ma anche l'attività delle cosiddette Transnational Defence Companies - TDC; la seconda direttrice è costituita dall'adeguamento alle decisioni europee, volte alla «semplificazione delle procedure di controllo e di interscambio dei materiali di armamento» (direttiva UE 2009/43/CE, approvata il 16 dicembre 2008 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue del 6 maggio 2009) ed al recepimento della posizione comune del Consiglio europeo 2008/944/PESC dell'8 dicembre 2008 sul «controllo dell'esportazione di tecnologie e di attrezzature militari» a Paesi terzi.
La terza direttrice concerne la ratifica e il recepimento degli accordi intergovernativi nel frattempo intercorsi, come l'emendamento all'articolo 16 del citato Accordo quadro.
La quarta direttrice riguarda lo snellimento procedurale, al fine di consentire, soprattutto alla luce delle esperienze maturate, un'interpretazione chiara ed una corretta applicazione della legge n. 185 del 1990.
Al riguardo, giova sottolineare che il Consiglio di Stato, nel giugno del 2004, in occasione dell'approvazione del regolamento di esecuzione della citata legge con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2005, n. 93, ebbe a definire l'impianto legislativo, che è quello ancora oggi in vigore, come «complesso e farraginoso».
Per il recepimento della direttiva 2009/43/CE, entro le scadenze temporali in essa stessa fissate al 30 giugno 2011, è stato istituito un apposito gruppo di lavoro interministeriale coordinato dal citato ufficio della Presidenza del Consiglio dei ministri, che sta svolgendo questa attività in quattro fasi.
In una prima fase, sono stati approfonditi i temi indicati ed il contenuto degli impegni assunti o da assumere. In una seconda fase, è stata verificata la strada più opportuna da perseguire per ciascun intervento correttivo di tutta la normativa in vigore. In una terza fase, attualmente in corso, si è proceduto all'individuazione e alla definizione delle nuove procedure, al fine di poter adeguare la normativa al processo di trasformazione del mercato della difesa. Nella quarta fase, saranno individuate e definite le esigenze in termini di organismi e di strutture necessarie per assicurare un efficace funzionamento del nuovo sistema di controllo.
In questo contesto, sono state valutate due potenziali linee d'azione: un disegno di legge governativo o un disegno di legge relativo ad una legge delega.
Data la complessità della materia e l'esigenza di strutturare il corpo normativo in modo agile ed armonico, è stato, infine, individuato nello strumento della legge delega il percorso più idoneo a soddisfare sia le esigenze sopra riportate, sia quelle imprescindibili di conoscenza del Parlamento e di trasparenza dell'azione di Governo.
Nel disegno di legge delega verranno stabiliti i principi ed i criteri generali, i divieti, le tipologie di autorizzazione che l'autorità competente sarà chiamata a rilasciare, nonché le sanzioni.
In uno o più decreti legislativi e regolamenti attuativi saranno definiti, nel dettaglio, gli aspetti tecnico-procedurali necessari per l'implementazione della nuova normativa.
È intenzione del Governo mantenere i principi ispiratori contenuti nella legge n. 185 del 1990, nonché quelli precisati nel «codice di condotta» (adottato come «posizione comune» da parte del Consiglio europeo) già ampiamente presenti nella stessa legge.
In accordo con le disposizioni contenute nella direttiva comunitaria, potranno essere rilasciate autorizzazioni di tipo «generale», «globale» e «specifiche», alle Pag. 91quali saranno aggiunte autorizzazioni di cessione di licenza di produzione e di delocalizzazione produttiva.
Di particolare rilevanza, è l'intendimento di vietare ad un privato cittadino, o ad una qualunque società che non sia produttrice di prodotti per la difesa, la possibilità di effettuare operazioni di intermediazione «estero su estero»; potranno, quindi, effettuare operazioni di intermediazione solo imprese iscritte nell'apposito registro nazionale del settore della difesa.
L'aspetto sanzionatorio, invece, ripercorrerà le previsioni già contenute nell'attuale legge.
Rilevante, infine, è la filosofia di controllo sottesa alla direttiva europea, che rappresenta una previsione del tutto nuova per il sistema italiano del controllo delle esportazioni di prodotti per la difesa. Sino ad oggi, infatti, l'esportazione dei materiali d'armamento è stata caratterizzata da controlli di documentazione e rilascio di autorizzazioni ex ante. A questi si aggiungono controlli ulteriori di conformità nella fase di esportazione presso gli uffici doganali e successivi controlli documentali in fase di rendicontazione.
La direttiva prevede, invece, che solo le imprese preventivamente certificate dall'amministrazione competente possano utilizzare le tipologie previste di autorizzazione generale.
Sarà, inoltre, prevista la possibilità per l'amministrazione di effettuare ispezioni e verifiche presso le imprese (compresa la verifica del sistema interno di controllo delle esportazioni e dei trasferimenti), nonché rilasciare le certificazioni per le imprese stesse.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao ha facoltà di replicare.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per tutta una serie di tratteggiamenti che ha fatto e declinazioni che ha messo in campo, che ritengo estremamente utili.
Tuttavia, a fronte di queste declinazioni e alla volontà di andare a rivisitare la legge n. 185 del 1990 (che ritengo in qualche modo anche necessaria, se vista in un'ottica di carattere europeo), mi chiedo e chiedo al sottosegretario, e ancor di più al Governo e al Ministro Tremonti: se è così, va bene, si può fare anche un'attività di carattere parlamentare con il contributo delle Commissioni competenti. Al contrario, se andiamo a guardare i primi interventi e, soprattutto, il rapporto del Governo e quanto esso ha fatto in questi due anni, evidentemente, a fronte di una corposa relazione (che paradossalmente è intorno alle quattromila pagine), cosa troviamo? La disponibilità o meglio la indisponibilità a fornire il nome delle banche e quant'altro ho declinato nella mia interpellanza urgente. Pertanto se è così, noi andiamo a «gonfiare» delle relazioni con tantissimi elementi che sono di orpello; sulla sostanza, poi, vengono meno quegli elementi di cui parla il Ministro Calderoli (che, peraltro, è il Ministro per la semplificazione normativa).
Forse sarebbe stata meglio una relazione meno corposa, più contenuta e concentrata sui fatti, piuttosto che dispersa in tanti rivoli. Infatti, bisognava dire solo alcune cose semplici e importanti: ossia, che l'industria della difesa italiana si è rafforzata internazionalmente nell'ultimo decennio, diventando uno dei maggiori player nell'ambito del mercato mondiale degli armamenti.
Questo perché? Perché le spese per investimenti della difesa in Italia sono, invece, diminuite nel quadro dei tagli della spesa militare: il che non ci aiuta a fare qualcosa di buono e di importante anche nell'ambito di un rapporto di pari dignità con gli altri Paesi europei presenti nella NATO.
Tuttavia, questa strategia comporta anche assunzioni di responsabilità verso i Paesi clienti, che coinvolgono la credibilità non solo dell'industria degli armamenti, ma dell'intero sistema Paese, anche considerando che in questo mercato sono importanti il sostegno e l'intervento governativo.
Pertanto, è vero che da tempo viene posta la necessità di adeguare e allineare Pag. 92la nostra normativa a quella dei principali Paesi europei, però evidentemente ciò va fatto all'interno di una volontà che tenga fermi quei cardini fondamentali che fanno parte della legge n. 185 del 1990, ossia la trasparenza e la capacità di dire e declinare costantemente quali sono gli attori in campo e quali sono le prestazioni che vengono poi richieste.
Presumo che il sottosegretario abbia letto il rapporto del Governo di più e molto meglio di me. Io non sono arrivato a quattromila pagine, mi sono fermato molto prima perché ho capito dove si «andava a parare», ma mi sono segnato alcune cose e le ho messe da parte in quanto saranno oggetto di ulteriori atti di sindacato ispettivo.
Ebbene il rapporto del Governo - mi riferisco a quello del 29 marzo, non credo che ve ne siano altri - tratteggia le linee di indirizzo che guideranno il Governo stesso nella riforma della nostra legislazione sull'export di armamenti, la quale necessariamente si dovrà adeguare a normative e disposizioni di ambito europeo, che dovranno essere recepite nei prossimi mesi. Pertanto, si tratta di un fatto che ci lega direttamente al dato europeo e non prevede strade da percorrere in assoluta autonomia o in splendido isolamento.
Vista la delicatezza dell'argomento e le grandi tradizioni di controllo e trasparenza che la legge n. 185 del 1990 (che fu e rimane una grande conquista, nonostante le modificazioni del 2003) ha sempre garantito, si spera che, al confronto con la società civile del mondo del disarmo, le condizioni presenti anche quest'anno nel documento siano seguite da passi concreti di ascolto.
La competenza e le indicazioni di merito dei gruppi che da anni si occupano di controllo e di armamenti sono troppo preziose se l'obiettivo vero vuole essere una legislazione che, anche a livello più europeo, sia la migliore in termini di controllo e trasparenza.
Mi auguro che non si perda questa occasione perché ritengo che rimanere agganciati al «tram», non dei desideri, ma a quello europeo della capacità, del controllo e della trasparenza, sia una grandissima acquisizione in cui tutti noi dobbiamo avere fede e di cui dobbiamo fare assolutamente tesoro.
Evito di parlare di qualcosa che ha tratteggiato, qualche tempo fa, l'ex sottosegretario all'economia Alfiero Grandi, presente ad una riunione a palazzo Chigi qualche anno fa, quando si parlava del perché fossero sparite le liste e le tabelle che contenevano «chi, come e quando» avesse messo in campo opportunità per quanto riguarda le nostre aziende addette agli armamenti.
Ebbene, Grandi avanzava due ipotesi (che sono poi agli atti), una benevola e una malevola, come di solito si fa in Italia: la prima (quella benevola) è che sia stata una dimenticanza e la seconda (quella malevola) è che nel passaggio tra un Governo e l'altro, qualcuno si sia volontariamente dimenticato di allegare questa relazione (e questo sarebbe un fatto effettivamente grave); infine egli aggiunge: temo che sia intervenuta la «manina».
Mi auguro che in questo caso non intervenga la «manina», ma intervenga un Governo finalmente capace, consapevole ed europeo che ci consenta di mettere in campo un'attività e di guardare gli altri alleati con pari dignità, piuttosto che, ancora una volta, vergognarci di alcune cose che facciamo, perché di fatto questo fa parte di un'economia importante che mette in campo aziende, lavoratori e sistema Paese. Di questo dobbiamo tenere conto non solo nell'attività del Governo e del Ministro Tremonti, ma nell'intero Parlamento e nell'intera comunità italiana (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Chiarimenti in merito a quanto dichiarato da Gino Strada il 28 febbraio 2010, nel corso di una trasmissione televisiva, circa l'attività delle forze Isaf in Afghanistan - n. 2-00639)

PRESIDENTE. L'onorevole Arturo Mario Luigi Parisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00639, concernente Pag. 93chiarimenti in merito a quanto dichiarato da Gino Strada il 28 febbraio 2010, nel corso di una trasmissione televisiva, circa l'attività delle forze Isaf in Afghanistan (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ARTURO MARIO LUIGI PARISI. Signor Presidente, il tempo intercorso dalla prima formulazione della nostra interpellanza urgente potrebbe, secondo qualcuno, aver fatto venir meno l'urgenza, se non l'attualità, degli interrogativi che all'inizio dello scorso mese abbiamo rivolto al Governo. Il fatto è che la sua origine - che ne costituisce l'oggetto - risale infatti nel tempo alla fine dello scorso mese di febbraio. Le drammatiche notizie che continuano a raggiungerci dall'Afghanistan hanno invece rafforzato, purtroppo, ulteriormente la sua attualità e la sua urgenza.
L'interpellanza fa, infatti, riferimento alle perdite di vite umane che in quel Paese vanno moltiplicandosi senza sosta tra i militari e i civili. A stare alle informazioni pubblicamente acquisibili, le perdite registrate già in questi primi tre mesi dell'anno sono, infatti, centinaia: già 148 sono i nostri militari caduti in questi primi tre mesi del 2010. Dico «nostri», anche se tra essi era italiano solo Pietro Antonio Colazzo, ucciso dai terroristi a Kabul mentre svolgeva con valore il suo servizio su mandato della Repubblica, perché debbono essere considerati nostri tutti i militari della missione alla quale l'Italia partecipa con un proprio contingente. Al di là delle provenienze essi sono, infatti, accomunati dallo stesso obiettivo, sotto la stessa linea di comando e sulla base di un mandato del quale sia in sede ONU sia in sede NATO condividiamo la decisione e la responsabilità come cittadini e, a maggior ragione, come parlamentari.
A queste 148 morti va poi aggiunto un numero, purtroppo non documentato con altrettanta precisione e tempestività, di afgani appartenenti alle Forze armate e di polizia di quel Paese, secondo un rapporto del Congressional Research Service dello scorso febbraio valutabile a circa due terzi del complesso delle perdite della coalizione internazionale.
Ma il contributo di gran lunga maggiore alle perdite in quel Paese è tuttavia quello che viene dai civili. Secondo lo stesso rapporto del Congresso esse sono state, infatti, nel 2009 il quadruplo rispetto ai caduti tra i militari della coalizione: 2412 morti civili contro 520. È vero che, tra i civili, il 67 per cento delle morti è attribuito ad azioni di forze antigovernative, in massima parte a dispositivi esplosivi improvvisati, resta comunque che il 33 per cento, che è riconducibile all'azione della coalizione (essendo pari a 796 casi) è comunque uguale ad una volta e mezzo il numero di militari della coalizione caduti.
Anche questi sono morti che, come i militari, dobbiamo riconoscere come morti nostri, anzi questi morti sono nostri due volte: perché nostri amici, ma ancor più perché, in quanto civili, essi sono oggetto specifico della nostra protezione, anzi più precisamente costituiscono un obiettivo qualificante della missione che ci ha portato in Afghanistan. Non riuscire a proteggerli dalle insidie di azioni ostili, di quelle azioni ostili che per semplicità riconduciamo all'unica etichetta di «talebani», è già di per sé un fallimento. Riconoscere che una parte così rilevante delle morti è addirittura da ricondurre alle forze che sono lì per proteggerli è un fallimento ancora più grave.
L'urgenza di questa interpellanza trova, tuttavia, la sua principale giustificazione non tanto in quello che è accaduto, ma in quello che può accadere. Non possiamo dimenticare, infatti, che è in corso in quel Paese una intensificazione dell'azione militare della coalizione guidata dall'obiettivo di conseguire in tempo breve risultati che consentano una exit strategy a partire dalla metà dell'anno prossimo.
Come non temere che, in corrispondenza dell'incremento di truppe, al quale l'Italia ha deciso di contribuire, assieme ai nostri morti in divisa (che già in questi primi tre mesi sappiamo, rispetto ai corrispondenti Pag. 94mesi del 2009, essere più che raddoppiati) crescano in misura anche maggiore i nostri morti civili?
Se le statistiche sono allarmanti, ancora maggiore è l'allarme destato in noi e nell'opinione pubblica dai singoli episodi che i media continuano a trasmetterci in modo implacabile. Sono appunto di questi giorni le immagini di morti innocenti che ci hanno raggiunto dall'Afghanistan e di questi giorni sono anche le denunce di comportamenti delle forze militari internazionali accusate dell'intenzione di occultamento.
Se non bastassero i numeri e le immagini basterebbe comunque l'allarme che viene dagli stessi comandi militari. Penso per tutti alle parole inequivoche del generale Mc Crystal che guida la missione alla quale prendiamo parte. Voglio che sia chiaro - ha detto alle nostre forze - che noi siamo qui per proteggere gli afgani e uccidere, anche inavvertitamente, o ferire i civili mina la loro fiducia nella nostra missione.
Sono parole chiarissime, ribadite ancora una volta nella recente Conferenza di Londra, come ha ricordato lo scorso marzo il Ministro Frattini parlando a Roma ad una delegazione di giornalisti afgani. Sono parole chiarissime volta a volta ribadite di fronte alle denunce che nella legislatura precedente io stesso, nell'esercizio della responsabilità del Governo, ho rivolto in Afghanistan ai responsabili militari e in Italia e in Europa al Segretario generale della NATO.
Tuttavia, sono parole che, purtroppo, non hanno trovato riscontro nei fatti e ci lasciano quindi preoccupati per il prossimo futuro. È sullo sfondo di questo allarme che abbiamo sentito il dovere di segnalare al Governo la denuncia pubblica che costituisce il riferimento immediato di questa interpellanza.
Lo ricordo: nella serata del 28 febbraio 2010 nella trasmissione «Che tempo che fa», su RAI 3, Gino Strada, leader di Emergency, organizzazione umanitaria impegnata notoriamente da tempo in Afghanistan nel campo sanitario, intervistato dal conduttore Fazio, ha sostenuto che, nei giorni precedenti alla trasmissione, nell'area da lui definita come il cuore della zona dei bombardamenti, le forze dell'Isaf andavano conducendo un'operazione che vedeva tra le prime vittime ancora una volta la popolazione civile.
In questo contesto che, come abbiamo visto, non possiamo definire nuovo, Strada ha tuttavia denunciato un comportamento che non può non apparire gravissimo: non solo, infatti, i combattimenti avrebbero come in passato coinvolto i civili, ma sarebbe stato impedito ai feriti di raggiungere gli ospedali attraverso il blocco di macchine e ambulanze dedicate al loro trasporto e la mancata considerazione delle proposte di apertura di un corridoio umanitario per l'evacuazione dei feriti.
Egli ha stigmatizzato, inoltre, la internazionale determinazione di questo impedimento che Strada attribuiva alla convinzione dei comandi militari che i feriti non debbano essere curati ed ha denunciato il comportamento delle forze Isaf come un crimine di guerra contrario a tutte le Convenzioni e che perciò andrebbe portato davanti alla Corte penale internazionale.
Come si vede, è una denuncia gravissima ed è stata ascoltata da quattro milioni e mezzo di spettatori e amplificata dalla forza che viene a chiunque si trova come testimone diretto dei fatti che denuncia e, a maggior ragione, se denunciato dalla autorevolezza di una persona come Gino Strada.
Anche se non è sempre possibile condividere le sue parole e il suo pensiero, è impossibile non nutrire ed esprimere ammirazione e gratitudine per Gino Strada, per l'azione delle sue mani e i sentimenti che le ispirano. Anche noi lo ammiriamo. Se anche la stima per Gino Strada fosse minore della nostra e le sue parole non fossero state ascoltate da milioni di cittadini, resta, per chi come noi le ha sentite, la necessità di confrontarci con esse.
Sincera è infatti l'ammirazione per chi cura le ferite e profonda la convinzione che è importante curarle, ma più importante è evitare che esse si producano e si riproducano a causa dell'assenza di uno Pag. 95stabile quadro di sicurezza, e questi sono appunto i motivi per cui noi ci sentiamo impegnati in quella zona.
Come possiamo tuttavia ascoltare in silenzio accusare la coalizione, e quindi anche noi come parte di essa, non solo di aggravare le ferite, ma di impedire addirittura di curarle? Non possiamo far finta di niente. Così come condividiamo nelle sedi internazionali competenti la riflessione sui fini, sui tempi e sui mezzi della missione, dobbiamo sentire il dovere di seguire e verificare puntualmente lo sviluppo degli avvenimenti, anche al fine di verificare l'efficacia della modifica di strategia avviata recentemente in Afghanistan sotto il nuovo comando del generale McChrystal, messa per la prima volta alla prova sotto gli occhi del mondo nell'operazione in corso nell'area di Hellmand.
Per questo motivo abbiamo chiesto conto al Governo, nella persona del Ministro della difesa, dei fatti all'origine della denuncia di Strada e quali eventuali iniziative il Governo abbia già preso o intenda prendere nelle sedi competenti per segnalare l'allarme presente nella nostra opinione pubblica al riguardo e quali azioni intenda compiere per assicurare le condizioni affinché questi fatti abbiano finalmente termine, o comunque non si ripetano. Lo domandiamo proprio perché nell'attuale e nella precedente legislatura abbiamo chiesto e ci apprestiamo a richiedere ai nostri concittadini di continuare a sostenere la missione in Afghanistan. Lo chiediamo perché, come dice il generale McChrystal, il mondo, i nostri concittadini e gli afgani ci guardano e ci chiedono non solo se vinciamo, ma come vinciamo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, in apertura voglio sottolineare che gli elementi di informazione acquisiti presso le competenti articolazioni dei Ministeri interessati (affari esteri e difesa) escludono in maniera categorica la fondatezza delle gravi affermazioni fatte nel corso della citata trasmissione televisiva e riportate nella premessa dell'interpellanza. Non risulta, infatti, che nel corso della richiamata operazione svoltasi nella zona di Hellmand, siano stati assunti, in alcun modo, comportamenti atti ad impedire il soccorso di civili o di insorgenti da parte delle forze del contingente di Isaf, nonché di quelle di sicurezza afgane, esercito e polizia colà impegnate.
Le stesse affermazioni appaiono, quindi, ingiustificate ed offensive, perché muovono accuse inaccettabili alle forze dell'Alleanza atlantica, di cui facciamo parte, un'alleanza di nazioni democratiche che si ispira agli stessi principi di libertà e di democrazia dei sei membri e che fin dalla sua costituzione ha fatto della difesa della libertà e della sicurezza, nel rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, la sua principale linea di azione, gravità acuita dal prestigio acquisito dal dichiarante in relazione alla sua opera umanitaria nel teatro.
L'Alleanza è e rimane, in primo luogo, un'unione di valori condivisi e di interessi comuni che va ben oltre un'alleanza difensiva e la sua azione, come è noto, è stata fondamentale per la stabilità, la sicurezza, la pace e la difesa della democrazia in Occidente. La sua missione di sicurezza e difesa non può che realizzarsi attraverso il rispetto e la promozione dei valori fondamentali su cui si basano i Paesi membri e fra questi l'Italia: democrazia, libertà e legalità.
Va sottolineato che la NATO in Afghanistan è fortemente impegnata in questa direzione, così come conferma ulteriormente la nuova strategia recentemente adottata che, nel considerare fondamentale la sinergia tra intervento militare ed intervento civile, mette la popolazione afgana, la sua protezione dai rischi di coinvolgimento nelle operazioni ed il miglioramento delle sue condizioni di vita al centro dell'impegno dell'Alleanza per la stabilizzazione del Paese.
Va posto in luce, infatti, come nel corso delle sue operazioni, Isaf prenda tutte le misure e le precauzioni possibili Pag. 96per proteggere la popolazione civile, evitandone il coinvolgimento nelle attività militari e predisponendo ogni possibile strumento di soccorso in caso di incidenti, purtroppo non sempre con il successo desiderato.
In particolare, le norme di ingaggio applicate da tutti i contingenti militari impegnati nell'ambito della missione Isaf sono studiate al fine di ridurre al minimo il rischio di vittime civili. Tali norme sono sottoposte ad una costante revisione, così come sono sottoposte a revisione tattiche, tecniche e procedure di impiego, al fine di prevenire danni alla popolazione civile: ogni caduto in più è più di un caduto in più per la coalizione, come gli interpellanti hanno citato. Questo è stato predisposto ed attuato anche in occasione dell'operazione a cui è stato fatto riferimento e condotta da Isaf e dalle forze di sicurezza afgane. Nel corso dell'operazione, tra l'altro, risulta invece che sono stati soccorsi ovviamente anche i feriti tra i cosiddetti insurgent nel rispetto della Convenzione di Ginevra e anche presso strutture della citata organizzazione.
A dimostrazione di questa rinnovata centralità che il tema della tutela dei civili riveste per la missione Isaf e dell'attenzione con cui esso viene perseguito, va segnalato come il nuovo comandante di Isaf, il generale McChrystal, abbia adottato nel luglio 2009 una nuova direttiva tattica, la cui priorità è proprio posta sulla necessità di massimizzare gli sforzi in questa direzione. In questo campo va evidenziato che il Governo italiano, da sempre, è impegnato con fermezza e convinzione in tutte le sedi internazionali, in particolare nell'ambito dell'Alleanza atlantica, affinché la condotta delle operazioni nell'ambito delle missioni di supporto alla pace (in particolare della missione Isaf in Afghanistan) tenga sempre in massimo conto la sicurezza della popolazione civile. Oltre a trattarsi di un imperativo rispetto del diritto umano, ne va della credibilità e dell'efficacia delle stesse missioni, nonché dell'impegno del Paese e della comunità internazionale di cui siamo parte integrante e proattiva.
Voglio in conclusione sottolineare come i nostri militari impegnati in Afghanistan abbiano sempre operato assieme ai loro colleghi degli altri contingenti e continuino ad operare coerentemente con tale impostazione. Si conferma, quindi, anche in questa complessa e difficile missione la capacità di abbinare, da un lato, professionalità ed efficacia operativa e, dall'altro, particolare attenzione, vicinanza e umanità nei confronti della popolazione locale. Sono condizioni indispensabili per vincere la difficile sfida di dare una prospettiva a questo Paese, garantendo nel contempo sicurezza e pace per il nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Recchia, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

PIER FAUSTO RECCHIA. Signor Presidente, ringrazio il Governo per aver fatto un po' di chiarezza sul comportamento delle forze Isaf nel teatro afgano, in particolare in riferimento a quanto sostenuto da Gino Strada nelle dichiarazioni fatte nella trasmissione di Fazio ormai alcune settimane fa.
Dalle parole del sottosegretario prendiamo atto dell'impegno, in particolare, per il tema delle vittime civili causate dall'azione militare delle forze dell'Isaf, e del rispetto di tutte le regole di ingaggio (anche delle direttive a cui ha fatto riferimento), che hanno come scopo di ridurre al minimo le vittime civili.
Mi pare di avere capito che c'è un impegno del Governo italiano - sia nel passato, ma quello che ci preme di più è sul futuro - per attenuare il più possibile e ridurre al minimo le vittime prodotte su tale teatro. Speriamo che questo impegno del Governo italiano abbia come obiettivo, oltre che di sensibilizzare gli alleati, di chiedere conto in sede NATO di quanto già accaduto e di quanto sta accadendo sul piano delle vittime civili. Questo, infatti, è un punto decisivo - e ho visto anche che lei lo ha ricordato - che deve essere percepito come tale dall'Alleanza. C'è molto da fare perché, nonostante le regole di ingaggio e Pag. 97le direttive di cui lei ha parlato, le vittime civili sono aumentate molto.
Questo, oltre a rappresentare un dramma sotto il profilo umanitario, è un punto critico di assoluta debolezza della NATO e della sua nuova linea strategica. Bisogna riconoscere, dunque, che la questione esiste in tutta la sua gravità e che si deve affrontare con urgenza in sede NATO. Noi auspichiamo che il Governo italiano, come lei ha detto, svolga un ruolo in questa direzione, anche nel rispetto di quella sensibilità che ci contraddistingue, che lei ha giustamente ricordato e rivendicato, che trova conferma nel lavoro dei nostri militari in Afghanistan e in tutti i teatri in cui sono e sono stati impegnati.
Tuttavia, va detto che siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che le parole che abbiamo appena sentito dal Governo siano state pronunciate solo a seguito della nostra interpellanza urgente. Sostenere, come ha sostenuto Strada, che le forze ISAF agiscono in teatro in modo volontario per impedire ai feriti di raggiungere gli ospedali, attraverso il blocco di macchine e di ambulanze dedicate al loro trasporto, aggiungendo che si è ignorata la proposta di apertura di un corridoio umanitario, sono affermazioni che non dovrebbero essere ignorate.
Signor sottosegretario, lei ci ha spiegato ora che, viceversa, per quello che risulta al Governo, le affermazioni di Strada non corrispondono al vero e che tutto avviene nel rispetto delle regole internazionali. Ne prendiamo atto e auspichiamo fortemente, pertanto, che i feriti possano trovare tutti, o comunque il maggior numero possibile, riparo negli ospedali approntati in teatro. Signor Presidente, come tutti sanno, Gino Strada opera nei teatri di crisi da molti anni, attraverso i suoi ospedali ha salvato molte vite umane e curato un'infinità di feriti. Intendo dire che è persona credibile ed autorevole, le cui parole hanno un loro peso specifico e non possono essere perciò lasciate cadere come se non fossero state pronunciate.
Quando in una trasmissione molto seguita, con milioni di ascoltatori, si afferma che la NATO in Afghanistan compie crimini di guerra o atti contrari a qualsiasi convenzione internazionale e a tali dichiarazioni non segue alcuna parola di chiarezza da parte delle istituzioni, si autorizzano i cittadini a credere che la missione in Afghanistan sia una missione di guerra, dove i nostri agiscono al di fuori del rispetto delle convenzioni internazionali. Penso che non ce lo possiamo permettere.
Qui c'è un errore - me lo consenta sottosegretario - di sottovalutazione, di cui si è reso responsabile il Governo. Signor Presidente, bisogna capire che la NATO siamo noi, il nostro Paese è coinvolto anche quando il proprio contingente militare non partecipa direttamente ad alcuna specifica attività in teatro. Se abbandoniamo questo punto fermo, cioè quello della condivisione della responsabilità sulla sicurezza del mondo, cade tutta l'architettura dell'Alleanza e viene meno il senso stesso della NATO. Dobbiamo riaffermare il principio della responsabilità condivisa e, a partire da tale condivisione, pretendere di avere voce in capitolo nei momenti decisionali, dalle scelte di partenza a quelle di rientro, alla definizione della strategia da mettere in campo durante le missioni alle quali partecipiamo. Dobbiamo cioè affermare e confermare che intendiamo stare nell'Alleanza, a patto però di starci in piedi.
Allo stesso modo dobbiamo dare valore al ruolo svolto dal Parlamento. Signor sottosegretario, ho visto la trasmissione di Fazio alla quale abbiamo fatto riferimento e da parlamentare mi sono sentito non solo responsabile, come è giusto, ma anche in colpa per quanto stavo ascoltando. Questo non può essere: non dobbiamo dimenticare che il Parlamento approva, ormai molto spesso negli ultimi anni, all'unanimità il decreto-legge di rifinanziamento delle missioni internazionali. Penso si tratti di una conquista, di una consapevolezza crescente della complessità del mondo e delle minacce in grado di destabilizzarlo.
Ma la nostra consapevolezza deve trovare ragione in quei principi inderogabili che sono alla base della nostra compartecipazione, anche per quelle missioni che si svolgono molto lontano dal nostro Pag. 98Paese, a partire dal rispetto dell'articolo 11 della nostra Costituzione. Figuriamoci se possiamo accettare che passi l'idea tra i cittadini che siamo compartecipi di crimini di guerra.
Naturalmente, le preoccupazioni restano - è già stato detto - su quello che accade in Afghanistan. Vi è la sensazione che le cose non vadano come auspicato con la definizione della nuova strategia messa in campo alcuni mesi fa dalla NATO, su impulso dell'amministrazione americana. A tutt'oggi, vi è l'assenza dell'affiancamento, almeno così pare, di un'azione, di una strategia politica e diplomatica, a quella militare, con l'obiettivo di conquistare consenso nella popolazione locale, insieme al notevole e inaccettabile - lo abbiamo detto - incremento dei morti civili. Sono il segno di un processo di pacificazione di quel territorio che segna il passo.
È una preoccupazione che cresce, se si pensa addirittura che, nel corso nel prossimo anno, si possa avviare la fase conclusiva della missione, così come affermato dall'amministrazione americana.
Ma sappiamo che non è oggi che ne dobbiamo e che ne possiamo parlare. Dovremmo dedicarci evidentemente un tempo congruo per svolgere un approfondimento serio in Parlamento. Questa è anche la ragione per la quale dobbiamo accelerare l'impegno di tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, per approvare il prima possibile una legge quadro sulle missioni internazionali.
L'invito che mi sento di rivolgere al Governo, e so di trovare nel sottosegretario Cossiga un'attenzione e una sensibilità adeguata, è di comprendere la delicatezza del passaggio che stiamo attraversando. Gli chiediamo di vigilare, di tenere informato il Parlamento.
Noi per conto nostro, partendo dalle nostre competenze, vigileremo. Vigileremo di più proprio perché, attraverso il voto sul rifinanziamento delle missioni, abbiamo confermato il nostro convinto sostegno verso l'impegno dei nostri contingenti nei teatri di crisi, perché riteniamo necessario dar conto ai nostri concittadini della corrispondenza tra i comportamenti e gli obiettivi condivisi con gli altri Paesi in seno all'Alleanza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 13 aprile 2010, alle 10,30:

(ore 10,30, con votazioni a partire dalle ore 15,30)

Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione (C. 3273).
- Relatore: Calderisi.

La seduta termina alle 17,35.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO RENATO FARINA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 3226.

RENATO FARINA, Relatore. Onorevoli colleghi, l'accordo al nostro esame modifica parzialmente la Convenzione italo-francese del 1951 riguardante il tratto ferroviario frontaliero tra le stazioni di Modane e Ventimiglia e mira a risolvere un'anomalia fiscale concernente il personale dipendente delle ferrovie dei due Paesi in servizio presso le stazioni di Modane e di Ventimiglia, che avrebbe goduto sinora di una doppia esenzione fiscale in Italia e in Francia. Il protocollo Pag. 99intende superare questa anomalia, riconoscendo potestà impositiva ai due Stati, senza peraltro imporre ai destinatari una doppia tassazione.
L'accordo presuppone una serie di profili tecnici di carattere fiscale assai complessi, ben evidenziati nella relazione tecnica allegata al disegno di legge originario (A.S. 1881): in particolare, viene richiamato l'articolo 2 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica. 22 dicembre 1986, n. 917), che detta i requisiti per la identificazione di un soggetto quale residente ai fini fiscali. In mancanza di tali requisiti, se cioè il lavoratore non possa considerarsi residente fiscale in Italia, saranno imponibili nel nostro Paese solo i redditi - imputabili a tale soggetto - prodotti in Italia secondo i criteri di collegamento di cui al successivo articolo 23 del medesimo Testo unico, in base al quale anche i redditi da lavoro dipendente prodotti da non residenti fiscali in Italia sono considerati prodotti nel nostro Paese qualora la prestazione lavorativa venga effettuata nel territorio italiano.
Attualmente, come riportato nella relazione tecnica, i cittadini francesi che prestano lavoro in via continuativa presso la stazione italiana di Ventimiglia e che risiedono in Francia sono tassati, in applicazione della Convenzione per evitare la doppia imposizione, in Italia ex articolo 23 del TUIR, Testo Unico Imposte sui Redditi, a condizione che i redditi da loro percepiti siano esenti da imposizione diretta in Francia; la tassazione, in tale ipotesi, verrà effettuata sulla base dei redditi prodotti in Italia. I cittadini italiani, per il lavoro svolto nella stazione di Modane, beneficiano dell'esenzione totale da imposizione in Francia (sia erariale che locale) ex articolo 12 della Convenzione del 1951 citata, mentre saranno soggetti ad imposizione in Italia per i medesimi redditi secondo le nuove regole dettate per la tassazione dei redditi transfrontalieri sopra descritte.
Il Protocollo in esame, una volta ratificato, determinerà una diversa situazione, per la quale i cittadini francesi - anche se residenti fiscalmente in Italia - verranno tassati solo nel loro Paese per i redditi derivanti dall'attività svolta nella stazione italiana di Ventimiglia: ciò provocherà una diminuzione di gettito per lo Stato italiano, che non avrebbe più il diritto ad applicare l'imposizione fiscale quale Stato della fonte del reddito.
L'effetto della nuova regolamentazione porrà il personale dipendente della Società Nazionale delle Ferrovie francesi (SNCF) in servizio alla stazione di Ventimiglia e, viceversa, il personale dipendente delle Ferrovie dello Stato (FS) italiane ed in servizio a Modane, sullo stesso piano di soggezione impositiva.
La citata relazione tecnica, in ragione della principale conseguenza del Protocollo in esame, ovvero del venir meno dell'applicazione impositiva italiana alle retribuzioni percepite dal personale francese addetto alla stazione di Ventimiglia, stima una potenziale diminuzione di gettito pari a circa 195 mila euro annui, che prudenzialmente vengono arrotondati a 200 mila.
La Convenzione viene quindi modificata dal Protocollo al nostro esame attraverso l'inserzione di un articolo aggiuntivo, il 12-bis il cui primo comma prevede l'esclusiva l'imponibilità in Francia di salari, stipendi e altre remunerazioni versate dalle ferrovie francesi a componenti del proprio personale impiegati nella stazione italiana di Ventimiglia e fiscalmente residenti in Italia. Il comma 2 prevede invece l'esclusiva imponibilità in Italia di salari, stipendi e altre remunerazioni che le ferrovie italiane versano a membri del proprio personale in servizio presso la stazione di Modane e fiscalmente residenti in Francia. Il comma 3 dell'articolo 12-bis prevede tuttavia l'imponibilità nel nostro Paese, in deroga al comma 1, di quanto versato dalle ferrovie francesi, se il beneficiario risieda anagraficamente in Italia. Analogamente il comma 4, in deroga al comma 2, prevede che quanto corrisposto dalle ferrovie italiane sia imponibile anche in Francia, se il beneficiario ivi risieda anagraficamente. Il comma 3 e il comma 4, Pag. 100poi, escludono la deducibilità di quanto pagato, rispettivamente, in Francia o in Italia, ai fini del calcolo del reddito imponibile, rispettivamente, in Italia o in Francia, riconoscendo tuttavia al beneficiario il diritto a un credito d'imposta, rispettivamente, sull'imposta italiana o sull'imposta francese. Infine, il comma 5 salvaguarda, per tutto quanto non disposto dal Protocollo in esame, l'applicabilità della Convenzione italo-francese contro le doppie imposizioni del 1989.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo emendativo - approvato dall'altro ramo del Parlamento il 17 febbraio scorso - si compone di quattro articoli, dei quali il primo reca l'autorizzazione alla ratifica e il secondo l'ordine di esecuzione, mentre l'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 3 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri che il provvedimento comporta: durante l'esame al Senato l'articolo 3, originariamente di tre commi, è stato significativamente emendato, modificando la copertura finanziaria, ora prevista in 139 mila euro per l'anno 2010 e in 200 mila euro annui a decorrere dal 2011, a valere sull'autorizzazione di spesa relativa all'esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione (articolo 3, comma 1, della legge 170 del 1997). È stato recepito in questo modo il parere non ostativo con condizioni, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, reso dalla 5° Commissione del Senato nella seduta del 21 gennaio scorso.

Pag. 101

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Ddl di ratifica nn. 3211, 3236 e 3259

Tempo complessivo: 2 ore per ciascun disegno di legge di ratifica.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 18 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 22 minuti
Popolo della Libertà 20 minuti
Partito Democratico 22 minuti
Lega Nord Padania 11 minuti
Unione di Centro 9 minuti
Italia dei Valori 8 minuti
Misto: 12 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 2 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Liberal Democratici - MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 2 minuti
Pag. 102

Ddl n. 2449-B - Legge comunitaria 2009

Tempo complessivo: 15 ore, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 9 ore.
  Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 30 minuti
Governo 15 minuti 30 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   1 ora
Interventi a titolo personale 58 minuti (con il limite massimo di 16 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 15 minuti (con il limite massimo di 17 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 22 minuti 5 ore e 35 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 5 minuti 1 ora e 29 minuti
Partito Democratico 58 minuti 1 ora e 30 minuti
Lega Nord Padania 38 minuti 46 minuti
Unione di Centro 35 minuti 40 minuti
Italia dei Valori 33 minuti 35 minuti
Misto 33 minuti 35 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti 11 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 6 minuti 7 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti 4 minuti
Repubblicani, Regionalisti,
Popolari
4 minuti 4 minuti
Pag. 103

Pdl n. 2100 e abb. - Misure straordinarie di sostegno del reddito di determinate categorie di lavoratori

Tempo complessivo: 15 ore, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 9 ore.
  Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 30 minuti
Governo 20 minuti 30 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   1 ora
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 16 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 16 minuti (con il limite massimo di 18 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 15 minuti 5 ore e 34 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 2 minuti 1 ora e 37 minuti
Partito Democratico 55 minuti 1 ora e 21 minuti
Lega Nord Padania 37 minuti 45 minuti
Unione di Centro 35 minuti 39 minuti
Italia dei Valori 33 minuti 36 minuti
Misto: 33 minuti 36 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti 11 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 6 minuti 7 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti 6 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti 4 minuti
Repubblicani, Regionalisti,
Popolari
4 minuti 4 minuti
Pag. 104

Doc. III, n. 1 - Relazione della Giunta delle elezioni (on. Paolo Corsini)

Tempo complessivo: 4 ore (*).

Relatore 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 39 minuti (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 2 ore e 56 minuti
Popolo della Libertà 51 minuti
Partito Democratico 42 minuti
Lega Nord Padania 24 minuti
Unione di Centro 21 minuti
Italia dei Valori 19 minuti
Misto: 19 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 4 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 3 minuti
Liberal Democratici - MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti al gruppo di appartenenza del deputato interessato.

Pag. 105

Pdl n. 1090 - Persone giuridiche e associazioni non riconosciute

Tempo complessivo: 13 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 6 ore e 30 minuti;
  • seguito dell'esame: 7 ore.
  Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 17 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 40 minuti 4 ore e 39 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 13 minuti 1 ora e 21 minuti
Partito Democratico 1 ora e 3 minuti 1 ora e 8 minuti
Lega Nord Padania 40 minuti 37 minuti
Unione di Centro 36 minuti 33 minuti
Italia dei Valori 34 minuti 30 minuti
Misto: 34 minuti 30 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti 10 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 7 minuti 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti 3 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti 3 minuti
Repubblicani, Regionalisti,
Popolari
4 minuti 3 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3226 - articolo 1 436 436   219 436   58 Appr.
2 Nom. articolo 2 441 441   221 441   58 Appr.
3 Nom. articolo 3 440 440   221 440   58 Appr.
4 Nom. articolo 4 444 444   223 444   58 Appr.
5 Nom. Ddl 3226 - voto finale 460 460   231 460   57 Appr.
6 Nom. Ddl 3227 - articolo 1 459 459   230 458 1 57 Appr.
7 Nom. articolo 2 461 461   231 461   57 Appr.
8 Nom. articolo 3 461 461   231 461   57 Appr.
9 Nom. Ddl 3227 - voto finale 463 463   232 463   57 Appr.
10 Nom. Ddl 3228 - articolo 1 465 465   233 465   57 Appr.
11 Nom. articolo 2 461 461   231 461   57 Appr.
12 Nom. articolo 3 467 467   234 467   57 Appr.
13 Nom. Ddl 3228 - voto finale 465 465   233 465   57 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 19)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Moz. Livia Turco e a 1-326 460 459 1 230 224 235 52 Resp.
15 Nom. Moz. Donadi e a 1-353 - p.I 461 461   231 224 237 52 Resp.
16 Nom. Moz. Donadi e a 1-353 - p.II 460 435 25 218 422 13 51 Appr.
17 Nom. Moz. Pezzotta e a 1-354 rif. 458 449 9 225 442 7 51 Appr.
18 Nom. Moz. Pisicchio e a 1-355 rif. 462 433 29 217 383 50 51 Appr.
19 Nom. Moz.Santelli,Caparini e a 1-356 r 462 452 10 227 263 189 51 Appr.