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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 300 di mercoledì 17 marzo 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 11,05.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Brancher, Brugger, Cicchitto, Cirielli, Corsini, Cossiga, Donadi, Gregorio Fontana, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giro, Lamorte, Leo, Lusetti, Mazzocchi, Migliori, Narducci, Leoluca Orlando, Picchi, Ravetto, Rigoni, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Urso, Vietti, Volontè e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2624-B (ore 11,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede legislativa.
A norma del comma 1 dell'articolo 92 del Regolamento, propongo alla Camera che la seguente proposta di legge sia assegnata, in sede legislativa, alla X Commissione (Attività produttive): S. 1930 - REGUZZONI ed altri: «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» (Approvata dalla Camera e modificata dalla 10a Commissione permanente del Senato) (2624-B) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XII e XIV.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1974 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori (Approvato dal Senato) (A.C. 3243) (ore 11,09).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.
Ricordo che nella seduta del 16 marzo 2010 si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante Pag. 2procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, siamo arrivati alla fase delle dichiarazioni di voto finale e l'Italia dei Valori esprimerà un voto favorevole sul provvedimento anche in seguito all'accoglimento da parte del Governo ed alla disponibilità del relatore e della maggioranza ad accettare i nostri ordini del giorno, che si imperniavano su due emendamenti, gli unici emendamenti che abbiamo presentato - avendo di fatto ritirato tutti gli altri - per far sì che il provvedimento disponesse di una corsia preferenziale per giungere ad una definizione che potesse comunque risolvere - non dico definitivamente - una crisi che sta portando, soprattutto in Sardegna, alla disoccupazione di migliaia e migliaia di lavoratori.
Probabilmente è stata anche questa la motivazione che ha indotto noi dell'Italia dei Valori a dare la nostra disponibilità; non è una forma di ricatto: è ovvio che a fronte di 2 mila posti di lavoro - e di tutte le famiglie coinvolte - la nostra disponibilità doveva essere data sin dall'inizio. Il provvedimento in esame cerca di far fronte ad emergenze che ormai sono croniche sul nostro territorio, soprattutto nelle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna. Si tratta di un provvedimento che non risolverà sicuramente il gap che queste due regioni presentano nei confronti di quelle più evolute o più infrastrutturate, anche se una delle ragioni per cui la nostra economia ha difficoltà a partire ed il nostro PIL ha difficoltà a muoversi è sicuramente data da qualcuno di questi fattori: il costo del lavoro, la mancanza di infrastrutture, o anche vicende diverse che possono far sì che le grandi multinazionali non vengano nel nostro territorio a realizzare investimenti in società partecipate (anche perché il falso in bilancio da noi è sicuramente un macigno che fa «dogana» rispetto a tali investimenti).
Credo che comunque, pur avendo risolto il problema dell'Alcoa, non abbiamo risolto il problema dell'occupazione nella Sardegna: sempre tornando al discorso che prima facevamo, sappiamo infatti che probabilmente l'Alcoa sta già pensando - se, di fatto, non li ha già approntati - a degli stabilimenti all'estero, dove la propria capacità produttiva può dare gli stessi risultati, se non migliori, con costi minori.
L'Alcoa, che rappresenta sicuramente una delle società leader nel settore dell'alluminio, metterebbe in crisi questo settore che in Italia è fortemente sviluppato, e soprattutto metterebbe in crisi tutte le aziende che nel nord del Paese, in Piemonte, in Liguria, in Lombardia e in Veneto usufruiscono di questo prodotto finale. Si tratta di migliaia e migliaia di aziende che si vedrebbero costrette ad andare all'estero, probabilmente, con gli stessi costi perché poi, alla fine, queste grandi aziende delocalizzano, ma solo per portare utile al proprio interno e non alle aziende che riforniscono.
Non solo, se mettessimo in condizione questo stabilimento di chiudere o comunque di fermare tutti gli impianti, vi sarebbe un danno irreparabile.
Allora, a fronte di tutte queste difficoltà, l'Italia dei Valori ha dato la piena disponibilità ed esprimerà un voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, il gruppo dell'Unione di Centro voterà a Pag. 3favore del provvedimento, e lo farà con convinzione, perché ne condivide soprattutto gli obiettivi finali. Siamo sempre stati sul problema fin dal suo nascere, ne abbiamo seguito il percorso e l'evoluzione sia a livello locale, che regionale e nazionale, in particolare tra il 2001 e il 2005, quando eravamo al Governo con l'onorevole Buttiglione allora Ministro delle politiche europee.
Nell'intervento di ieri in Aula, abbiamo avuto modo di analizzare le motivazioni e la storia che hanno determinato il varo di questo decreto-legge che noi oggi approveremo. Sono passati ben sei anni dal primo provvedimento che prevedeva tariffe agevolate in favore di quelle industrie ad alto consumo energetico, già da allora in forte crisi per gli alti costi energetici.
Forse è bene qui ricordare che ieri in quest'Aula si chiedeva il perché lo stabilimento di alluminio, oggi Alcoa, non avesse deciso prima di provvedere in proprio alla produzione di energia elettrica. Questo stabilimento nasceva nel 1971 come Alsar (Alluminio Sardegna) e possedeva, in realtà, due turbogruppi da 180 megawatt ciascuno per l'autoproduzione che, in una fase successiva, furono ceduti all'ENEL. Con la fine delle partecipazioni statali, lo stabilimento, divenuto nel frattempo Alumix, fu ceduto ad Alcoa alla quale venne riconosciuto, contemporaneamente all'acquisizione, un prezzo agevolato dell'energia elettrica pari a circa 30 lire megawatt-ora (riconosciuto in quel periodo anche dall'Unione europea).
Parlare, quindi, oggi di tariffe diversificate per chi produce alluminio non è un'invenzione, ma è una necessità. Non è uno scandalo, ma è la giusta premessa per uno stabilimento, che con la sua produzione, possa essere all'interno di una normale competitività di mercato.
Ora questo problema ha investito altre aziende oggi in Sardegna, ma in una fase successiva, riteniamo possa toccare il resto dell'Italia industriale. Per questo motivo è iniziata una vertenza locale tutta sarda, per normalizzare una situazione non più sostenibile.
Ai provvedimenti presi nel tempo dal Governo del nostro Paese ha sempre opposto resistenza l'Europa, definendoli aiuti di Stato, arrivando persino a multare l'Alcoa di circa 300 milioni di euro per le agevolazioni ricevute e contestate da Bruxelles.
Qui vale la pena ricordare che, per esempio, Paesi come Francia e Spagna, godono delle stesse agevolazioni tariffarie per la quali è intervenuta la Commissione europea che ne ha chiesto, però, la fine per il 2015 e senza chiedere, altresì, la restituzione di quelle pregresse come invece è successo per l'Alcoa.
Da qui si può notare la forte differenza di approccio al problema italiano rispetto agli altri Paesi. Occorre, quindi, che il Governo italiano eserciti forti pressioni nei confronti di Bruxelles che non può impedire al nostro Paese di produrre piombo, zinco e alluminio.
Oggi l'Italia, per esempio, consuma un milione e 600 mila tonnellate all'anno di alluminio, 350 mila tonnellate di zinco e 290 mila di piombo, a fronte di una produzione locale di 150 mila tonnellate di alluminio, 120 mila tonnellate di zinco e 100 mila di piombo. È abbastanza evidente come queste produzioni siano strategiche per il nostro Paese e siano necessarie al suo sviluppo. Compito dello Stato è privilegiare le produzioni strategiche, ed uno dei suoi obiettivi è quello di eliminare le distorsioni della concorrenza (e queste sono distorsioni). Che l'Europa non veda di buon occhio l'Italia si evince da un dato: sono state multate in Italia ben 5 mila e 400 aziende, per un totale di 160 milioni di euro. Non è possibile continuare così. Occorre una forte politica di contrasto alta e atta a difendere le nostre produzioni, nonché l'occupazione (che è arrivata oggi in Sardegna a livelli indecorosi).
Il provvedimento che ci accingiamo ad approvare punta ad un'inversione positiva della situazione occupazionale. Con l'istituzione del servizio di interrompibilità, unitamente ai vantaggi dovuti all'interconnector e al dispacciamento, il prezzo dell'energia elettrica potrà diventare competitivo per salvare un territorio che da Pag. 4questo lavoro trae vantaggio. Non stiamo qui a parlare di un'azienda che può andar via. Stiamo parlando di un'intera provincia che deve i suoi profitti principalmente alle attività industriali del nucleo industriale di Portovesme. Stiamo parlando di un territorio di 130 mila abitanti. Stiamo difendendo il lavoro messo oggi in discussione da un'Europa miope e partigiana. Sappiamo però che questo provvedimento, sebbene preveda forti investimenti sia in Sicilia sia in Sardegna sulla rete elettrica, in realtà non è definitivo. Risolve il problema in questa fase, ma resta un intervento temporaneo. Occorre quindi pensare subito ad una politica che serva a rafforzare l'apparato produttivo nella sua globalità, con risorse, regole e strategie adeguate, mirando alla modificazione dei tempi di reazione della politica, oggi troppo lenti.
Un'attenzione particolare va posta al mercato globale, al costo del lavoro e alle multinazionali. Il mercato globale era stato definito dagli esperti come il mezzo giusto per garantire lavoro e benessere a tutti; le multinazionali, che ne fanno parte, proprio in virtù dell'entità di capitali a loro disposizione, sono viste come imprese sicure ed affidabili. Ebbene, il mercato globale non regolato ha mostrato i suoi limiti, le multinazionali i propri egoismi che ne garantiscono l'operatività laddove meglio si può sfruttare l'uomo. Occorre invertire rotta e porre a queste ultime, in caso di eventuali agevolazioni, condizioni serie ed impegnative che ne dimostrino la volontà di voler produrre nel tempo.
Nel concludere, signor Presidente, vorrei invitare il Governo - come ho ricordato ieri in discussione sulle linee generali - a porre un'attenzione particolare ad un progetto in essere in Sardegna, che riguarda la produzione di energia elettrica con centrali a carbone e relativa captazione dell'anidride carbonica, che è della società Carbosulcis. Esso rappresenta oggi la soluzione strutturale per la produzione di energia elettrica da utilizzare soprattutto dagli impianti industriali ad alto consumo energetico (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, prendiamo spunto dall'argomento oggi in esame per allargare un po' il quadro e lo spettro del ragionamento intorno al sistema energetico nazionale. È chiaro ed evidente che questo provvedimento è nato sotto la spinta forte proveniente dal territorio in merito ad un problema specifico, e il Governo ha dimostrato di non volersi esimere dall'affrontare tale tematica, e - credo - dal risolverla, seppure in modo parziale. Come hanno ricordato molti dei colleghi che sono intervenuti prima di me, il tema dell'Alcoa non è l'unico tema, e sicuramente la soluzione del problema dell'Alcoa non risolve da sola i problemi di un sistema industriale come quello nelle isole maggiori del Paese, che rischiano di vedere seriamente compromesse le proprie prospettive di sviluppo futuro.
Abbiamo, quindi, preso spunto da questa vicenda per cominciare a prendere in seria considerazione e ad analizzare le ragioni e le cause che ci hanno portato ad una situazione di questo tipo. È indubbio che sulla vicenda Alcoa pesa l'andamento dei mercati internazionali, pesa la situazione di crisi internazionale che le nostre imprese stanno affrontando in tutte le regioni del Paese e sicuramente non solo nelle regioni delle isole.
Al di là della situazione congiunturale generale esiste una questione specifica da affrontare. Ci siamo chiesti quali fossero le ragioni per le quali il sistema energetico, il dispacciamento dell'energia elettrica, la possibilità di produrre ed erogare energia elettrica nelle isole maggiori costano più che altrove. Noi qualche risposta ce la siamo data. Non a caso avevamo presentato un emendamento che per senso di responsabilità, visti i tempi e i termini ristretti di approvazione del provvedimento che diversamente rischiava di tornare al Senato, abbiamo scelto di ritirare. Pag. 5
Ringraziamo il Governo per aver accettato un ordine del giorno che in ogni caso afferma chiaramente, una volta per tutte, un principio importante: le amministrazioni locali, il sistema degli enti locali in generale, il sistema delle isole in particolare deve rendersi conto del fatto che oggi c'è una necessità oggettiva ed impellente di dare la possibilità di realizzare le infrastrutture.
Troppo spesso noi abbiamo assistito in questi mesi e in questi ultimi anni a posizioni prese dalle amministrazioni locali che hanno impedito anche il semplice attraversamento da parte di sistemi di trasporto energetico e che hanno in questo modo condizionato pesantemente il ponte energetico verso le stesse isole.
Ritengo che, prima o poi, sia necessario porsi il problema se sia più o meno giusto che il sistema energetico di tutte le famiglie del Paese debba farsi carico anche delle inefficienze e delle incapacità di molti amministratori che, per speculazioni politiche proprie e fini a se stesse, insistono con questo tipo di atteggiamenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Abbiamo, quindi, ribadito questa nostra volontà di allargare il tema e il dibattito, pur mantenendo un atteggiamento propositivo e collaborativo nei confronti di quello che riteniamo essere un provvedimento sacrosanto che va nella direzione della salvaguardia di centinaia, se non migliaia, di posti di lavoro in un territorio che sappiamo bene non essere particolarmente facile da questo punto di vista.
Noi, quindi, ci siamo fatti carico di questa responsabilità. Tuttavia, chiediamo che il Governo e il Parlamento nei prossimi mesi prendano in considerazione il fatto che questa non è la soluzione definitiva: è una soluzione che sana parzialmente un problema per il prossimo triennio, ridà fiato ad un settore che sappiamo vivere in questo momento una situazione asfittica, ma non risolve i problemi in termini di lungo periodo.
Pertanto, riteniamo che le riforme strutturali che riguardano principalmente e prevalentemente il sistema energetico delle isole vadano portate avanti così come riteniamo che vada portato avanti un principio che consideriamo sacrosanto che è quello della responsabilità e della responsabilizzazione di quegli amministratori che finora hanno impedito di fare in modo che anche sulle isole vi fosse un sistema di trasporto energetico e di produzione energetica di un certo tipo.
Il richiamo alla responsabilità e alla responsabilizzazione è un po' uno dei motti che da sempre caratterizzano la nostra attività politica e ritengo che costituisca la base prevalente del nostro pensiero in termini di responsabilizzazione degli enti locali e di federalismo.
Noi crediamo che queste realtà territoriali, che oggi soffrono e sono in difficoltà e che noi riteniamo che sia giusto continuare ad aiutare in questa fase, non possano continuare ad essere aiutate in eterno. Credo che prima o poi si debba giungere ad una soluzione definitiva.
Noi voteremo sicuramente e convintamente il provvedimento che è oggetto del nostro dibattito quest'oggi, ma chiediamo con forza che all'interno del Parlamento italiano si apra una discussione che dia la possibilità di avere una prospettiva di medio e lungo periodo. Non possiamo continuare ad affrontare questa situazione sempre e solo in termini di soluzione di un problema emergenziale. Dobbiamo dare una soluzione strutturale ai problemi dell'energia del Paese e ai problemi dell'energia delle isole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fadda. Ne ha facoltà.

PAOLO FADDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in coerenza e in linea con l'impegno che abbiamo tenuto anche al Senato in Commissione e nella discussione sulle linee generali in quest'Aula, confermo il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alla conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3. Pag. 6
Il voto favorevole non ci esime tuttavia dal ribadire le nostre riserve, perché anche quando il Governo e la maggioranza hanno dichiarato disponibilità al dialogo ed all'ascolto, quasi mai hanno fatto seguire alle parole la concreta volontà di accogliere le nostre proposte.
La prima osservazione riguarda l'effettiva capacità del provvedimento in esame di rispondere alle osservazioni dell'Unione europea sulla violazione delle regole di concorrenza. In questi giorni infatti si è diffusa la notizia che si sarebbero resi necessari ulteriori emendamenti per avere la certezza che il provvedimento non trovasse ostacoli da parte della Commissione europea. Purtroppo, però, queste modifiche non si sono potute inserire senza che corressimo il rischio che il decreto-legge potesse decadere, in quanto non vi erano i tempi perché il Senato lo riapprovasse in seconda lettura. Questa è la dimostrazione del fatto che, nonostante l'apertura delle opposizioni per individuare una corsia privilegiata di esame parlamentare e per creare un clima di collaborazione, il Governo non ha utilizzato al meglio i tempi a disposizione per valutare con certezza l'accettabilità del provvedimento in sede europea.
Dichiariamo comunque sin d'ora la disponibilità del nostro gruppo ad approvare in tempi strettissimi eventuali norme inserite in altri provvedimenti che si rendessero necessari per evitare ulteriori rilievi, anche se il Governo nulla ha fatto finora per rendere partecipe il Parlamento dell'andamento dei colloqui in corso con la Commissione europea, alla quale il decreto-legge dovrà essere presentato per la sua valutazione.
Ancora più grave è la nostra preoccupazione per l'insistenza del Governo nel voler sottrarre al controllo del Parlamento e dell'opinione pubblica del Paese decisioni, strutture ed organismi importanti di governo economico, giuridico ed ambientale. Si è utilizzata anche questa occasione, che doveva rispondere esclusivamente ai bisogni di categorie e territori in gravissima difficoltà, per riconfermare una volontà di Governo opaca e condotta nel totale disprezzo delle regole democratiche.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ORE 11,30).

PAOLO FADDA. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 2-quinquies del provvedimento, che prevede il commissariamento e soprattutto la sottrazione dei commissari alle previsioni della legge 23 agosto 1988, n. 400; previsione già inserita con il voto contrario dell'opposizione nel provvedimento sulla Protezione civile.
Gli avvenimenti di questi giorni e di queste settimane hanno attratto l'attenzione dell'opinione pubblica, del Parlamento e degli organi di stampa sulle deviazioni dei poteri straordinari. Ribadiamo la nostra totale contrarietà e indignazione - anche a seguito degli avvenimenti scandalistici recenti - circa il ricorso a poteri straordinari, che è bene che nessuno sottovaluti, assegnati a commissari per attivare in modo del tutto improprio procedure di urgenza. Che questo passaggio della legge sia per noi di grande importanza lo dimostra l'emendamento che abbiamo presentato e le motivazioni che lo illustravano, portate tra gli altri dai colleghi Zaccaria, Realacci e Lulli. Respingendolo, la maggioranza ed il Governo hanno dimostrato di voler trasformare ogni atto ed ogni provvedimento, anche quelli che hanno la possibilità di essere condivisi dall'intero Parlamento, in uno schiaffo alla democrazia ed allo spirito della Costituzione.
È nostro dovere fare leggi capaci di incidere sui meccanismi di snellimento delle procedure e delle regole che condizionano e rallentano lo sviluppo, non quello di affidare a poteri straordinari un numero crescente di attività e settori vitali dello Stato, trasformando in atti di arbitrio anche le giuste risposte ai bisogni dei cittadini, i quali hanno diritto che quelle risposte siano date nel rispetto delle regole di trasparenza democratica.
Il rischio, ormai evidente e concreto, è sotto gli occhi di tutti ed è quello di creare uno Stato parallelo, esposto al pericolo Pag. 7reale di storture che i mezzi di informazione ci hanno fatto conoscere; storture che con queste premesse certamente potrebbero coinvolgere anche la costruzione delle infrastrutture necessarie per la realizzazione dell'interconnessione.
Queste infrastrutture devono essere realizzate nel pieno rispetto dei vincoli paesaggistici, ambientali e sanitari, come previsto dalla vigente normativa. Le procedure facilitate per costruirle non possono essere una scorciatoia per ignorare le garanzie. Avremmo voluto rafforzare e confermare, anche nel provvedimento in esame, le norme esistenti, ma gli emendamenti che abbiamo presentato sono stati respinti dalla maggioranza.
Con il voto che ci accingiamo ad esprimere oggi, rendiamo evidente che quando questo Governo affronta i problemi del Paese trova la nostra collaborazione nella discussione ed anche i nostri tentativi per migliorare il testo del provvedimento; tuttavia, spesso, approfitta di questa disponibilità per realizzare finalità di potere del tutto estranee alla vera finalità dei provvedimenti stessi.
Il nostro voto favorevole viene espresso oggi con riferimento ad un decreto-legge - uno strumento abusato, ma almeno in questa occasione, necessario - ed è la prima volta che accade in questa legislatura. Infatti, in molte altre occasioni, avete approfittato di questo strumento per approvare provvedimenti non a favore degli interessi generali, ma volti ad introdurre nella legislazione del Paese norme ad personam o, come nel caso dell'ultimo decreto-legge presentato, norme «ad listam».
Il livello della credibilità di un Paese si misura dal tasso di moralità pubblica: qui da noi, purtroppo, dobbiamo constatare che è molto basso. In questa brutta stagione politica, la Costituzione è l'unica stella polare: che Dio ce la conservi. Sembrerebbe l'amara analisi di qualche esponente dell'opposizione, invece, sono le parole che il presidente della Commissione antimafia, senatore Pisanu, ha pronunciato, recentemente, in un convegno a Cagliari. Credetemi, se vengono usati toni così forti, è perché il livello di allarme è veramente alto.
È necessario fermarsi e riflettere. Non nascondo che vi è stata la tentazione, anche da parte nostra, di abbandonare il clima unitario. Tuttavia, per quanto ci riguarda, non possiamo permettere che, ancora una volta, siano le regioni più deboli ed i lavoratori ridotti alla disperazione a pagare a causa di un Governo e di una maggioranza che, anziché preoccuparsi dei drammi che vive la nazione, ancora una volta, approvano un provvedimento che suscita anche forti dubbi di costituzionalità. E tutto questo avviene senza che il Governo mostri lo stesso interesse per i drammi del lavoro, dell'economia e dell'occupazione, dedicandosi ad azioni scoordinate e a provvedimenti - come in fin dei conti è anche quello in esame - destinati a rispondere solo ad un'emergenza. Adesso l'emergenza non è solo quella di un'impresa che vuole lasciare il Paese: la vera emergenza - quella che l'Italia e l'Europa devono contrastare con efficaci politiche industriali - è la tendenza generale delle imprese a delocalizzare le produzioni, andando a cercare altri Paesi, altre condizioni ambientali e altri costi dell'energia in altri continenti (come abbiamo detto ampiamente durante la discussione sulle linee generali). Infatti, per quanto riguarda la Sardegna, il costo dell'energia non influisce solo sulla permanenza di Alcoa - della quale tanto si è parlato in questi mesi - e, quindi, sui lavoratori del territorio del Sulcis. Ad essere penalizzate sono anche altre aziende presenti in altri territori.
L'approvazione del provvedimento in oggetto è attesa con interesse, per esempio, ad Ottana, per cercare di salvare, almeno, ciò che resta di un contesto industriale fortemente indebolito in questi ultimi anni, ma ora in pericolo di totale liquidazione. I lavoratori hanno capito quanto siano collegate tra loro le sorti delle varie imprese.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

Pag. 8

PAOLO FADDA. Signor Presidente, sto per terminare. Le organizzazioni sindacali e i lavoratori di Alcoa, pur vivendo con speranza gli accordi temporanei tra Governo, aziende e sindacati, continuano ad essere profondamente preoccupati che, alla fine dei sei mesi (il tempo stabilito per la verifica), la proprietà decida, comunque, di chiudere gli stabilimenti.
Vi è da immaginare quali ripercussioni si avrebbero, quali tensioni sociali, quali drammi si consumerebbero in un territorio già provato e devastato da una crisi tentacolare, e che vede riesplodere il dramma dei lavoratori dell'Eurallumina di Portovesme. Il Governo deve convincere la Rusal a fare nuovi investimenti per rendere competitiva questa realtà produttiva, chiusa un anno fa, senza certezze che nello stabilimento dell'Eurallumina possa ripartire la produzione.
Per questo motivo, il rinnovo per un altro anno della cassa integrazione non è sufficiente, anzi è temuto dai lavoratori e dai sindacati come la prova generale della chiusura, dal momento che già da ora il mercato dell'alluminio, in forte espansione, non giustifica un fermo di attività; al contrario, esso giustificherebbe un aumento di produzione.
In conclusione, i sindacati chiedono date certe sul riavvio degli impianti e soprattutto chiedono un impegno complessivo da parte del Governo e non risposte parziali o assistenziali all'emergenza. È questo il significato del nostro voto a favore: ossia, un invito al Governo ad agire in una logica di strategie industriali complessive (la stessa logica che invochiamo nella mozione che discuteremo nelle prossime ore), in cui questo tassello - quello di questo decreto-legge - sia l'inizio di un impegno e di un'attenzione rivolti certamente non solo alla Sardegna, ma a tutto il Paese.
Su tale impegno, come avviene oggi, troverete la collaborazione critica, ma responsabile, del Partito Democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, innanzitutto desidero rivolgere un ringraziamento per il lavoro svolto dal Governo, dal Ministro Scajola e dal Presidente Berlusconi, rispetto ad una situazione che coinvolge più di cinquemila famiglie sarde e, naturalmente, le due grandi isole di questa nazione: la Sardegna e la Sicilia.
Desidero rivolgere tale ringraziamento perché - al di là delle parole che sono state profuse in quest'Aula e che hanno anche sollevato criticità - ritengo che vada ricordato in quale contesto ci muoviamo rispetto all'approvazione di questo decreto che oggi convertiamo in legge.
Due sono gli aspetti centrali. Alcuni giorni fa, una potente multinazionale - l'Alcoa - aveva già decretato la fine dell'operatività di una grande industria, quella di Portovesme: un territorio già in forte crisi rispetto ad un sistema industriale che non è riuscito a dare alcun riscontro, alcun risultato (ma si tratta di un male che dura da tre decenni almeno).
In questa situazione, già tutti - opposizione e maggioranza, ma anche parti sociali, sindacati e operai - erano convinti che non ci sarebbe stato più nulla da fare: erano convinti, cioè, che la chiusura fosse ormai un dato certo da subire. Ebbene, vi è stata una reazione forte, che si è tradotta in un'attività continua di concertazione e incontro con gli operai, i quali hanno mantenuto una dignità e una capacità forte, importante, coraggiosa, responsabile e continuativa, di guardare al loro progetto di vita, all'esistenza del progetto di dignità del lavoro. Essi sono riusciti a trasferire questa capacità all'interno delle istituzioni, del Governo il quale, quest'ultimo, ha avuto la capacità, ma soprattutto la sensibilità, di dedicarsi in maniera decisa ad affrontare il problema.
Da decenni si parla del tema dell'energia in questo Paese e si cerca di trovare una soluzione. Oggi si è parlato della Pag. 9necessità di realizzare grandi infrastrutture nel campo della produzione dell'energia, al fine di sottrarsi ad una situazione che ci vede penalizzati. Oggi, infatti, il costo dell'energia in Italia è sicuramente il doppio del costo medio europeo (noi paghiamo 65 euro per megawattora rispetto ai 30-35 euro pagati nel resto del sistema europeo).
È evidente che tale penalizzazione, ossia tale carenza di produzione e competitività, si riflette sulle scelte di queste grandi multinazionali, le quali non subiscono alcun condizionamento, non hanno alcuna possibilità di ragionare e mediare, rispetto alla prospettiva da dare ai nostri territori. Questo Governo, ma soprattutto il Presidente Berlusconi hanno voluto dare un segnale forte, una risposta forte, nel senso di fare in modo che, in questo decreto-legge, i due grandi temi dell'energia - cioè, la sicurezza e il costo dell'energia stessa - fossero riferiti a due grandi problemi territoriali presenti in due grandi aree del Paese: la Sardegna e la Sicilia.
Tutto questo, però, ha un significato se l'unità che ha visto i parlamentari sardi di opposizione e di maggioranza trovare un percorso comune, insieme ai sindacati, agli operai e al governo regionale della Sardegna, dà la possibilità di attivare un meccanismo per cui la debolezza non sia sempre e solo quella dell'essere divisi e contrapposti.
Oggi abbiamo trovato questa forza e questo coraggio guardando alla necessità di infondere speranza a migliaia di famiglie sarde. Noi siamo stati loro vicini e continueremo ad esserlo, perché questo è solo un passaggio, un tassello importante che si aggiunge ad una riflessione e ad una proiezione che devono però dare in maniera decisa e concreta una risposta ulteriore, vale a dire la possibilità che la multinazionale Alcoa, che sta ricevendo dei benefici enormi da questo Governo, si decida finalmente ad investire sul territorio, a dare strutturazione, a realizzare servizi e a garantire che l'alluminio, che rappresenta una grande scelta di politica industriale di questo Paese, trovi in Sardegna la sua posizione, il suo sistema e il suo modello.
Noi realizziamo questa condizione guardando a tutti gli altri problemi, come quelli della chimica e di Ottana; problemi che sono stati affrontati da questo Governo e che finalmente sono stati risolti. Per questi motivi non capisco le critiche che vengono dalla sinistra, che sono vecchie e che sono solo ed esclusivamente strumentali in un momento di campagna elettorale. Abbandoniamo questo sistema e guardiamo alla soluzione dei problemi, perché i problemi che vivono le famiglie oggi sono quelli di ricevere uno stipendio e una retribuzione e - lo ripeto - di avere una dignità e un progetto di vita.
È evidente, allora, che realizziamo la grande sfida dando risposte e concretezza; pertanto, il gruppo del Popolo della Libertà voterà convintamente a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, come radicale mi asterrò dal voto su questo provvedimento che stabilisce, ancora una volta, condizioni di favore nell'approvvigionamento elettrico tramite un accesso privilegiato alla capacità di interconnessione, a vantaggio di soggetti industriali nelle isole maggiori che sanno - perché possono - fare la voce grossa, a spese però di tutti gli altri consumatori di elettricità, individui o aziende che siano.
Voi pensate che così salviamo il nostro e l'altrui futuro, senza neppure un piano industriale di prospettiva, a discapito del mercato, della concorrenza e della trasparenza? Io no. Quanto ai lavoratori, salviamo il loro reddito, quello di tutti e non necessariamente quello delle aziende per cui lavorano, nella misura in cui queste sanno battere i pugni sul tavolo per poi magari andarsene, come nel caso dell'Alcoa. Facciamolo attraverso programmi industriali Pag. 10sostenibili e anche di aiuti, ma in una prospettiva italiana ed europea di lungo periodo, all'altezza delle opportunità offerte all'industria dal terzo millennio, sapendo superare l'assetto monopolistico in ambito energetico e colmando quel ritardo infrastrutturale che non è certo la realizzazione del ponte sullo Stretto, ma la realizzazione delle infrastrutture in ambito energetico con le isole maggiori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, condivido ogni parola detta per l'Italia dei Valori dal collega Cimadoro, ma come sardo desidero associarmi all'angoscia che stanno vivendo migliaia di famiglie di lavoratori dell'Alcoa e dell'intero territorio per il caso in cui dovesse verificarsi la catastrofe sociale della chiusura di questo stabilimento.
Noi votiamo a favore di questo provvedimento, benché ci siano due norme assolutamente impresentabili che questo Governo ha il vizio di inserire anche dove non dovrebbe. Sono norme che condonano, norme inaccettabili.
Tuttavia, l'importanza sociale di questo provvedimento ci induce a votare favorevolmente. Al Governo vogliamo dire che votiamo questo provvedimento con un atteggiamento di speranza, ma non possiamo nascondere la profonda incertezza che viviamo in questo momento.
Perciò chiediamo al Governo di non limitarsi a questo pur importante passo che ha fatto e di seguire la questione presso l'Unione europea, ma soprattutto da subito di mettere in campo tutti gli strumenti di persuasione che ha - il Governo mi capisce bene - e di dissuasione, affinché quello stabilimento non chiuda e la lavorazione continui. La produzione dell'alluminio è strategica per l'Italia, ma è di importanza fondamentale anche per il territorio. Chiedo al rappresentante del Governo, che in questo momento parla con l'altro sottosegretario, se ci ascolta un attimo. Chiedo il permesso all'onorevole Ravetto di lasciarmi dialogare con il Governo.
Chiediamo al Governo di mettere da subito in campo ogni strumento di pressione e di dissuasione innanzitutto nei confronti dell'Alcoa e, se non fosse possibile avere una certezza che la produzione continuerà e che ciò avverrà per molto tempo, che intraprenda tutti i passi possibili affinché altre aziende possano continuare quella produzione. Crediamo che questa sia l'unica garanzia che possiamo offrire ai lavoratori, a parte la speranza che questo provvedimento venga approvato anche dall'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ENZO RAISI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, come relatore volevo ringraziare tutti i funzionari della Commissione, ma soprattutto i componenti della Commissione che hanno saputo lavorare nei tempi che ci siamo dati, consentendo di evitare la decadenza del provvedimento. Hanno in qualche modo seguito le indicazioni che avevo dato, poiché avevo chiesto di evitare un'ulteriore lettura che avrebbe effettivamente fatto correre dei rischi al provvedimento. Credo che oggi scriviamo una bella pagina di storia di questo Parlamento, dando una risposta concreta ad alcuni bisogni di due territori che sono in sofferenza sul piano economico. Sono molto soddisfatto e volevo che rimanesse agli atti (Applausi).

(Votazione finale e approvazione - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale. Pag. 11
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3243, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... Onorevole Beccalossi... Onorevole Fontana... Onorevole Sardelli... Onorevole Vico... Onorevole Lo Monte... Onorevole Traversa... Onorevole Meta... Onorevole Rainieri... Onorevole Mattesini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1974 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori» (Approvato dal Senato) (3243):

Presenti 470
Votanti 466
Astenuti 4
Maggioranza 234
Hanno votato 466
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Barbato ha segnalato che non è riuscito a votare.
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e, a partire dalle ore 16, con la discussione delle mozioni concernenti misure urgenti per contrastare la crisi economica in atto.

La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Elementi e iniziative relative allo stanziamento dei fondi destinati alla tutela dei lavoratori delle piccole e medie imprese - n. 3-00968)

PRESIDENTE. L'onorevole Rixi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00968, concernente elementi e iniziative relative allo stanziamento dei fondi destinati alla tutela dei lavoratori delle piccole e medie imprese (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

EDOARDO RIXI. Signor Presidente, questa interrogazione scaturisce dalla volontà di conoscere in termini numerici le conseguenze della crisi internazionale dell'ultimo biennio sulla realtà delle piccole e medie imprese. La Lega Nord ha sempre difeso questo tipo di imprese perché rappresentano la spina dorsale dell'economia italiana, in particolare delle regioni del nord. In questo momento, quando apprendiamo che un'azienda sta per chiudere i battenti o che ci sono dei lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro, siamo molto preoccupati. Questa preoccupazione in momenti di crisi è dovuta anche alle difficoltà di trovare una nuova occupazione per potersi ricollocare nell'ambito della propria regione e della propria capacità professionale.
Condividiamo quindi le scelte che finora ha fatto il Governo, il quale ha messo a disposizione, in accordo con le regioni, 8 miliardi nel biennio. Volevamo sapere quali sono i dati che ha il Ministero a proposito della cassa integrazione in deroga per le piccole e medie imprese per il 2011.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

Pag. 12

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, come l'interrogante ha osservato noi abbiamo inteso proteggere anche i dipendenti di quelle piccole imprese industriali o dei servizi che non fruiscono degli ammortizzatori sociali ordinari, quelli che sono a loro volta sostenuti dalla contribuzione dei lavoratori e degli imprenditori delle aziende industriali sopra i quindici dipendenti. Lo abbiamo fatto potenziando in misura straordinaria e senza precedenti quegli ammortizzatori sociali cosiddetti in deroga, nel senso che possono essere flessibilmente impiegati per i lavoratori di tutte le imprese che non fruiscono degli ammortizzatori tradizionalmente organizzati e strutturati.
La stima che abbiamo fatto, che in particolare ha realizzato Italia Lavoro per il 2009, è che abbiano beneficiato degli ammortizzatori sociali in deroga 280 mila lavoratori circa, appartenenti a 38 mila imprese; l'80,7 per cento di questa platea apparterrebbe ad imprese sotto i 15 dipendenti, perché per una parte questi ammortizzatori sociali cosiddetti in deroga sono utilizzati anche per i periodi vuoti dei lavoratori delle aziende maggiori che non fruiscono in quei periodi di ammortizzatori ordinari.
La stima per il 2010 è più o meno corrispondente, anzi tendenzialmente in crescita quanto meno per numero di imprese che ragionevolmente potrebbero trovarsi in una condizione per cui i loro dipendenti saranno costretti all'inattività.
Le risorse disponibili sono sostanzialmente le stesse che abbiamo utilizzato nell'anno precedente. Come sapete gli ammortizzatori sociali in deroga sono alimentati in parte dal bilancio dello Stato e in parte dalle regioni. Ne sono stati impegnati circa 2,2 miliardi, altrettanti sono disponibili nel corso di quest'anno oltre ad altri strumenti che sono disponibili per i lavoratori subordinati. Si arriva ad un totale, tra fondi delle regioni e fondi del bilancio dello Stato, di 8 miliardi nel biennio che si aggiungono a quelle risorse stimate in 12 miliardi per anno, quindi in 24 per i due anni, che corrispondono invece agli ammortizzatori sociali ordinari. Si tratta di un totale di 32 miliardi di euro, che rappresentano una cifra senza precedenti, circa 60 mila miliardi di vecchie lire, destinati nel biennio 2009-2010 a proteggere il reddito.
Per il 2011 faremo la verifica dei residui, perché non è detto che le somme impegnate poi siano effettivamente erogate e nel quadro complessivo della finanza pubblica non mancheremo di proteggere ancora il reddito nell'anno prossimo, anche quello dei lavoratori delle piccole e medie imprese, che devono essere ugualmente protetti rispetto a quelli delle maggiori imprese che fruiscono degli ammortizzatori sociali ordinari.

PRESIDENTE. L'onorevole Rixi ha facoltà di replicare.

EDOARDO RIXI. Signor Presidente, nel ringraziare il Ministro e il Governo per la risposta, come gruppo Lega Nord ribadiamo la nostra determinazione a pensare ad una riforma strutturale del settore, per garantire che questo tipo di ammortizzatori possano essere inseriti anche nei prossimi anni per salvaguardare i nostri lavoratori delle piccole e medie imprese. Lo ripeto: si tratta di aziende che per noi e per l'economia di questo Paese rappresentano una risorsa indispensabile; chi lavora in queste aziende ha il diritto di poter avere, anche in momenti di crisi economica e non solo in una fase come questa dovuta ad una crisi globalizzata, la tranquillità e la possibilità di assicurare un reddito alle proprie famiglie.
Quindi, più avanti, riprenderemo questo argomento e ci aspettiamo una determinazione da parte del Governo su una riforma strutturale del settore che possa estendere e non far diventare più un ammortizzatore in deroga, applicabile quindi in momenti eccezionali, questo tipo di cassa integrazione per le piccole e medie imprese e per i lavoratori delle stesse (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 13

(Elementi e iniziative in merito agli ammortizzatori sociali per il secondo semestre del 2010 e per l'anno 2011 - n. 3-00969)

PRESIDENTE. L'onorevole Lenzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00969, concernente elementi e iniziative in merito agli ammortizzatori sociali per il secondo semestre del 2010 e per l'anno 2011 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DONATA LENZI. Signor Presidente, con questa interrogazione vorremmo fare un po' di chiarezza, che è una condizione indispensabile per qualsiasi confronto costruttivo, rispetto alle assicurazioni che non più tardi della discussione sulla legge finanziaria abbiamo ricevuto dal Ministro dell'economia Tremonti sull'esistenza di risorse più che sufficienti per gli ammortizzatori sociali. In parte il Ministro Sacconi ha già accennato a questo nella risposta precedente; poi, però, verifichiamo che quando il Parlamento vuole mettere il naso sul riparto di questi fondi, dicendo la sua sull'impianto complessivo, allora improvvisamente i fondi non ci sono più.
Vorremmo capire qualcosa su questa riforma, perché ormai sembra che si possa parlare in questi termini, per via amministrativa, del sistema degli ammortizzatori sociali per cui si passa dalla cassa integrazione ordinaria - 52 settimane - a quella straordinaria a 12 mesi, e al riguardo le ricordo, signor Ministro, ma lei lo sa benissimo, meglio di me, che sarebbero 24.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATA LENZI. Alla fine ci si trova di fronte ad un sistema nel quale non si tiene più conto né dei versamenti che imprese e lavoratori hanno fatto presso l'INPS, né della possibilità di riapertura delle imprese stesse.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, vorrei ricordare che sulla base del necessario controllo sociale, cioè sulla base non solo dell'accordo fra lo Stato e le regioni, ma anche di un'intesa che più volte si è riscontrata tra istituzioni e parti sociali, sono possibili forme di protezione del reddito di tipo, diciamo, ordinario in senso generale, cioè senza che sia necessario un piano di ristrutturazione e senza che sia necessaria la prefigurazione di esuberi, che potenzialmente è senza limiti di tempo. Ai 12 mesi di cassa integrazione ordinaria, infatti, come lei ha ricordato, possono seguire 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per crisi, laddove in via amministrativa si è ritenuto, in questo contesto, che la crisi possa essere quella globale e non quella specifica per ragioni proprie di quell'impresa; quindi, anche in questo caso, senza piani, senza evidenziazione di esuberi, con la stessa modalità dei 12 mesi precedenti. Tale sistema costa un po' di più all'impresa, per capirci, leggermente di più come contribuzione, ma è la stessa cosa.
Passati quei due anni, in teoria è possibile una cassa integrazione in deroga ma, superati otto mesi di quella cassa integrazione, che può essere concessa ancora una volta senza piani di ristrutturazione e individuazione di esuberi, è poi possibile tornare alla cassa integrazione straordinaria per crisi globale e generale. Ciò spiega la ragione per la quale abbiamo detto che non è necessario aumentare il periodo della cassa integrazione ordinaria, perché richiederebbe una norma di legge e, con norma di legge come vuole la regola di contabilità pubblica, la copertura per la maggiore capacità di spesa di quel fondo. Ma in via amministrativa è possibile, così come stiamo facendo - ciò non è teoria ma pratica - con molte situazioni di impresa e in favore di molti lavoratori: proteggere diffusamente.
Le risorse sono quelle che abbiamo più volte descritto e richiamato poco fa: complessivamente una protezione stimata in ordine al fondo presso l'INPS, con la gestione degli ammortizzatori ordinari e in Pag. 14deroga, che nel biennio investe circa 32 miliardi di euro, anzi tendenzialmente qualcosa di più. Sappiamo che quella presso l'INPS, «fallimentata» dalle contribuzioni ordinarie, è in teoria senza fondo perché corrisponde a diritti soggettivi delle persone, mentre quella per ammortizzatori in deroga è fondata su risorse limitate. È una strumentazione duttile e flessibile, quindi perché portare via risorse da quella strumentazione duttile e flessibile e renderle rigide nella gestione della cassa integrazione ordinaria? Questa è l'obiezione che è stata fatta.
Per quanto riguarda il 2010 sono disponibili quasi 3 miliardi di risorse tra cassa integrazione in deroga per 2,37 miliardi di euro più altri interventi per i contratti di solidarietà, per il rientro anticipato dei cassaintegrati, per l'autoimprenditorialità, più altre per il sostegno agli organismi bilaterali che concorrono all'integrazione del reddito, per non dire di quella prima sperimentazione per un'indennità di reinserimento dei collaboratori a progetto. Quindi, le risorse ragionevolmente ci sono, ma servono tutte e servono in quella dimensione anche flessibile che ci hanno dato gli interventi di cassa integrazione in deroga così coprendo, come mai in passato, potenzialmente tutti i lavoratori subordinati.

PRESIDENTE. L'onorevole Bellanova, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, ancora una volta devo dichiararmi insoddisfatta della risposta del Ministro, in quanto abbiamo tanto la sensazione che voi siate prigionieri della vostra propaganda. Prima avete dichiarato che la crisi è un effetto psicologico, poi che è alle nostre spalle e in questi giorni i dati ci dicono che la disoccupazione è aumentata dell'8,6 per cento e che la cassa integrazione a febbraio 2010 (rispetto a febbraio 2009) ha un segno più del 124 per cento. Non avete voluto fare la riforma degli ammortizzatori sociali e il vostro «nessuno rimarrà solo» si rivela una grande bugia.
Ci sono, infatti, milioni di lavoratori precari e disoccupati che per primi hanno pagato la crisi e che non hanno nulla, e solo per 1.800 di questi avete dato una mancia. Ci sono lavoratori delle piccole imprese e delle imprese artigiane per i quali c'è molto poco; per gli altri lavoratori si sono esaurite la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria; il «no» che voi dite all'allungamento della cassa integrazione ordinaria, che porterebbe ad avere per le imprese la professionalità all'interno e per i lavoratori il mantenimento di un legame con quell'impresa, vuol dire negare ogni diritto a queste persone. I fondi in deroga si vanno esaurendo e quello di cui voi parlate, ovvero le risorse che avete considerato, sono delle regioni per le quali i lavoratori adesso passano con la deroga da 750 euro al mese di cassa integrazione a 670 euro al mese.
Signor Ministro, voi tendete a fare un'operazione che noi contrasteremo in ogni modo. Volete scaricare sulle regioni gli effetti della crisi e volete disegnare un sostegno al reddito differente per territorio, oltre che per tipologia di impresa. Avete buttato 3 miliardi di euro per Alitalia e non avete messo un euro per i lavoratori e per le imprese in crisi, ovvero per sostenere quei lavoratori e quelle famiglie che acquistano meno pane e meno pasta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Misure a favore dei giovani ricercatori del campo biomedico - n. 3-00970)

PRESIDENTE. L'onorevole Girlanda ha facoltà di illustrare l'interrogazione n. 3-00970, concernente misure a favore dei giovani ricercatori del campo biomedico (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), che ha sottoscritto in data odierna.

ROCCO GIRLANDA. Signor Presidente, si assiste ormai da tempo ad una rilevante Pag. 15emigrazione di giovani neolaureati - in particolare di giovani ricercatori del campo biomedico - verso università e centri di ricerca all'estero. Tale fenomeno, di per sé positivo, per l'arricchimento personale, culturale e professionale dei nostri giovani, è tuttavia preoccupante, perché l'Italia rischia di essere privata della professionalità e delle energie di tanti giovani ricercatori, con le inevitabili ricadute sulle strutture esistenti nel nostro Paese e sul progresso tecnologico nazionale. Appare necessario affrontare in maniera radicale i vari aspetti del complesso fenomeno della «fuga dei cervelli» e per questo chiedo al Ministro della salute quali iniziative intenda adottare per formare, trattenere e richiamare nel nostro Paese i giovani ricercatori del campo biomedico e, in particolare, cosa intenda fare per contrastare ed eliminare il problema delle strutture deputate alla formazione dei giovani ricercatori che investono molto in termini finanziari, ma paradossalmente non beneficiano della formazione profusa, non riuscendo a trattenere gli stessi ricercatori.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, onorevole Girlanda, premetto subito che, anche per esperienza personale, il rientro dei cervelli per legge, che è stato operato da diversi Governi precedenti, ha sempre dimostrato di non funzionare. Dobbiamo affrontare il problema in modo più sistematico e arrivare ad un'integrazione di realtà italiane ed estere.
Il principio fondamentale è proprio quello dell'internazionalizzazione della ricerca italiana, attraverso un'interazione e una collaborazione tra ricercatori italiani in Italia e anche ricercatori stranieri. Ma chi meglio dei ricercatori italiani all'estero può contribuire a questa internazionalizzazione? Noi abbiamo quindi proceduto, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, alla creazione di un'anagrafe dei ricercatori italiani all'estero. Li abbiamo censiti ed abbiamo in essere una serie di iniziative che finanzieremo con una quota per ricercatori under quaranta di 30 milioni di euro per l'anno prossimo. Anzitutto, prevediamo il partnering, cioè lo sviluppo di progetti in partnership con industrie e imprese, la possibilità per giovani ricercatori italiani di andare a trovare ricercatori italiani all'estero nei loro laboratori, e per i ricercatori italiani all'estero, anche titolari di importanti laboratori, di mandare in Italia i loro studenti, residenti e ricercatori, in modo da creare una vera e reale interazione.
Devo dire che proprio oggi, per combinazione, la Commissione per la ricerca biomedica del Ministero ha approvato un finanziamento di 28 milioni di euro a carico dei giovani ricercatori sotto i quarant'anni. Questo bando, per la prima volta nella storia del nostro Paese, è stato totalmente trasparente. È stato gestito dal National Institutes of Health americano ed i referee erano tutti stranieri.
Quindi, questo è un bando di totale trasparenza, che per la prima volta ci ha dato una mappa della vera ricerca nel nostro Paese, senza nessun tipo di condizionamento dovuto a scelte di particolari argomenti e a preselezioni fatte da organi accademici, organi regionali, strutture ospedaliere o istituti di ricovero di carattere scientifico.
Quindi, credo che questo Governo stia cercando di affrontare il problema, da un lato, investendo notevoli risorse e, dall'altro, in maniera strutturale, cioè in modo da ottenere una reale internazionalizzazione della ricerca italiana, così da far partecipare i ricercatori italiani all'estero alle nostre realtà e alle nostre ricerche.

PRESIDENTE. L'onorevole Girlanda ha facoltà di replicare.

ROCCO GIRLANDA. Signor Ministro, la ringrazio per la sua risposta, di cui mi ritengo molto soddisfatto. Questa tematica è di stringente attualità e, come ho avuto Pag. 16modo di premettere prima, torna a presentarsi con ciclicità, investendo, peraltro, molteplici fronti in ambito economico e professionale.
Ritengo idonee e puntuali le politiche che il Ministero intende mettere in atto per fronteggiare questa, come la chiamavamo prima, «fuga di cervelli», che, tra le altre cose, rischia di avere ripercussioni ancora maggiori proprio a causa della crisi economica internazionale degli ultimi mesi, dalla quale è possibile uscire, come è stato precisato più volte anche dai Ministri dell'istruzione e dell'economia e delle finanze, anche puntando sul valore della formazione, sulla sua produttività, eccellenza e capacità di inserimento nel mondo del lavoro e della ricerca, evitando, in questo modo, la dispersione di un capitale umano, che è requisito essenziale per lo sviluppo, frutto degli investimenti pubblici e delle famiglie sui giovani.
Non posso in questo contesto citare anche gli incentivi per il rientro in Italia di docenti e ricercatori scientifici residenti all'estero che il Governo Berlusconi, oltre a quelli che lei poco fa ha citato, ha previsto nel famoso decreto anticrisi già nell'estate scorsa, con il compito di invertire la rotta che i precedenti Governi avevano contribuito a realizzare con una politica sbagliata, probabilmente, su questo delicato tema.
In questo senso, ritengo utile coordinare le azioni del Ministero con quelle degli altri dicasteri interessati alle politiche occupazionali e allo stanziamento dei fondi per la ricerca, mantenendo intatta la politica di contenimento dei costi e ottimizzazione delle risorse, triste eredità, magari, dei Governi precedenti, che hanno spesso depresso il settore, privilegiando altri criteri rispetto a quelli del merito, della preparazione e della trasparenza in un settore vitale per la popolazione, soprattutto per i giovani, ai quali, con il suo impegno, daremo un futuro molto più italiano (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative di competenza in merito al decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, che prevede un ticket sui trattamenti di mantenimento a favore dei disabili - n. 3-00971)

PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00971, concernente iniziative di competenza in merito al decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, che prevede un ticket sui trattamenti di mantenimento a favore dei disabili (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, signor Ministro, il decreto emesso dal commissario straordinario per l'emergenza sanitaria nel Lazio, Elio Guzzanti, applica un ticket sui trattamenti di mantenimento dei disabili, anche se minori.
Credo che vi sia poco da aggiungere, se non dichiarare la nostra inaccettabilità di un provvedimento di questo genere, che non si può nascondere dietro le logiche di un cosiddetto piano di rientro; vi possono essere tante altre possibilità di riduzione degli sprechi e della mala organizzazione della sanità del Lazio, che certamente non deve continuare a colpire i più deboli.
Colpire con un provvedimento di questo genere famiglie disabili, che hanno bisogno di questi trattamenti di riabilitazione, è assolutamente inaccettabile. Spero che il Governo voglia intervenire per trovare forme diverse per portare avanti il piano di rientro definito.

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, vorrei chiarire preliminarmente che il ticket sanitario è una somma che tutti i cittadini sono tenuti a versare quando usufruiscono di prestazioni sanitarie. Pag. 17
Nell'assistenza residenziale e semiresidenziale non si può parlare tecnicamente di ticket; si tratta di strutture in cui i disabili e gli anziani vivono per lunghi periodi di tempo, usufruendo di alcune prestazioni sanitarie. Più che altro, quindi, è un problema di ospitalità alberghiera.
Ciò premesso, le prestazioni sanitarie di assistenza e riabilitazione effettuate da operatori sanitari sono a carico totale del Servizio sanitario nazionale, mentre le prestazioni assistenziali di ospitalità alberghiera rientrano nel sistema dei servizi sociali, che sono regolati dal decreto del Presidente del Consiglio del 14 febbraio 2001 e sono poste a carico dei comuni, con la compartecipazione dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale. Questo è un quadro normativo che va, evidentemente, considerato.
La regione poi (adesso entriamo nel merito), a seguito della riunione del comitato, è stata giudicata inadempiente anche in materia di attribuzione della quota di oneri a carico dell'utente comune per i trattamenti di lunga assistenza e di mantenimento per i disabili. Per superare il disavanzo ha emanato un decreto del dicembre 2009, concernente la compartecipazione alla spesa delle attività riabilitative, in cui si stabilisce la quota a carico dell'utente, tenendo conto del reddito personale comprensivo dell'idoneità di accompagnamento. Tale decreto, peraltro, è coerente con la normativa nazionale e regionale anche per quanto attiene alla compartecipazione.
Nel merito, oltretutto, il decreto dispone che la quota compartecipativa non è applicabile all'attività di mantenimento erogata a favore di minori, che resta pertanto totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale: infatti, i minori sono portatori di disabilità derivanti da patologie in evoluzione, per cui sono necessari in genere interventi riabilitativi estensivi.
Lo stesso commissario ad acta, peraltro, ha espresso l'opinione che, al fine di consentire a soggetti in particolari condizioni di vulnerabilità di non pregiudicare il proprio ciclo riabilitativo o abilitativo, la regione concorra alla compartecipazione alla spesa, sostenendo i comuni anche attraverso l'utilizzo del Fondo sanitario per la non autosufficienza, nonché di quello regionale appositamente istituito per garantire l'indicazione delle attività socio-sanitarie.
Ci troviamo, quindi, in un'applicazione della regione Lazio totalmente in linea con la normativa nazionale. Ci rendiamo conto delle problematiche sottoposte dall'onorevole interrogante; va però tenuto presente, come dicevo, che quanto la regione Lazio ha applicato è in linea con la normativa nazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di replicare.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, non ci risulta che nelle altre regioni sia stato applicato tale criterio di compartecipazione: probabilmente comparteciperanno i comuni, e non le famiglie o il soggetto disabile. La compartecipazione, oltretutto, si applica sia alle attività riabilitative in regime residenziale che a quelle in regime semiresidenziale; e si applica anche ai minori, perché, Ministro, nel tavolo nazionale formato dai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze è stato espresso un parere il 2 marzo 2010, del seguente tenore: si osserva che la quota di compartecipazione non è applicata ai minori. Ciò non è coerente con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che non esenta i minori dal pagamento della compartecipazione.
Tale decreto è emanato nella logica dell'attuazione di un piano di rientro, nella logica di un decreto previsto dal piano di rientro firmato dall'allora commissario Marrazzo, e colpisce pesantemente le categorie più deboli: questa è, purtroppo, la realtà della vicenda. Un conto è compartecipare, come si fa per le RSA, da parte delle amministrazioni comunali, per la competenza, come lei ha detto, della parte sociale; un altro conto, dato che tale percorso e tale meccanismo non sono stati previsti, è obbligare le famiglie, per poter accedere ad un'attività Pag. 18riabilitativa fondamentale per la qualità della vita di questi ragazzi e di queste ragazze, a pagare una compartecipazione di 35,64 euro per la riabilitazione, oppure di 29,44 euro per le prestazioni ritenute di impegno medio, oppure di 18,73 euro per un impegno elevato, di 14,98 euro per un impegno medio, di 13,11 per un impegno lieve nelle attività semiresidenziali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIANO CIOCCHETTI. Ritengo che sia necessario assumere una decisione diversa, ed invitare il commissario straordinario Guzzanti a rivedere tale decisione: lasciarla, visto che si applica oltretutto dal 1o aprile, alla nuova giunta regionale, che si potrà scegliere forme diverse per assicurare il piano di rientro che giustamente il Governo ha chiesto alla regione Lazio.

(Elementi in merito alla vicenda delle intercettazioni telefoniche apparse sulla stampa riferite ad un'inchiesta della procura della Repubblica di Trani sul cosiddetto caso «Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni» - n. 3-00972)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00972, concernente elementi in merito alla vicenda delle intercettazioni telefoniche apparse sulla stampa riferite ad un'inchiesta della procura della Repubblica di Trani sul cosiddetto caso «Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, abbiamo chiesto e vogliamo chiedere al Presidente del Consiglio le ragioni del suo comportamento: vorremmo chiedergliele, ma denunciamo ancora una volta che anche qui si dà latitante, così come in ogni aula di giustizia. Nei confronti del Parlamento il Presidente del Consiglio non può però permettersi di darsi latitante e deve farci sapere per quale ragione al mondo egli, da Presidente del Consiglio, si permette di telefonare al direttore del TG1, Minzolini, per avere un'informazione accondiscendente a sé stesso, per quale ragione al mondo egli si permette di interagire con un commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per fare in modo che quell'Autorità sanzioni e chiuda tutte le trasmissioni che non fanno comodo a lui e - per quanto riguarda questa forza politica, l'Italia dei Valori, e la mia persona in particolare - per quale ragione al mondo egli non vuole far sentire la voce dell'opposizione agli italiani.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, deve concludere.

ANTONIO DI PIETRO. Questo è regime: ci dica, il Presidente del Consiglio che non c'è, per quale ragione al mondo insiste a fare così (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, l'onorevole Di Pietro e i deputati del gruppo dell'Italia dei Valori con la loro interrogazione chiedono di conoscere quali elementi ritenga il Governo di fornire al Parlamento in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di ristabilire la correttezza dei rapporti istituzionali.
In relazione a tale interrogazione quindi, onorevole Di Pietro, la informo che lo scorso 15 marzo il Ministro della giustizia, per il tramite del competente ispettorato generale, ha provveduto a disporre un'inchiesta amministrativa presso la procura della Repubblica di Trani, in relazione alle notizie riportate da articoli di stampa concernenti presunte pressioni che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe posto in essere nei confronti del commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e del direttore del TG1 per bloccare la messa in onda di talune trasmissioni televisive. Pag. 19
In particolare, secondo quanto riportato dagli organi di stampa sarebbero state intercettate diverse conversazioni telefoniche in relazione alle quali risulterebbe ipotizzato il reato di concussione. Per tale ragione, il Ministro della giustizia ha inteso disporre un'inchiesta amministrativa al fine di operare ogni necessario approfondimento e chiarire principalmente le ragioni della fuga di notizie verificatasi nell'ambito delle indagini in corso presso la predetta procura.
Ciò, sempre secondo quanto precisato dal Ministro della giustizia, anche per escludere ogni eventuale abuso connesso all'utilizzo dello strumento investigativo costituito dalle intercettazioni telefoniche e verificare, altresì, il rispetto dei parametri normativi in tema di competenza territoriale e di competenza del tribunale per i reati ministeriali, tenuto conto della natura dei reati ipotizzati e della qualificazione soggettiva di taluni indagati.
All'esito dell'accertamento ispettivo in questione, il Ministro della giustizia potrà valutare se siano stati posti in essere da parte dei magistrati comportamenti rilevanti sul piano disciplinare. In conclusione, onorevole Di Pietro, non posso che confermarle che il Governo intende continuare ad operare in leale collaborazione con tutti gli altri organi istituzionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Siccome non credo che lei ci è, credo che lei ci faccia: io le ho chiesto «rava» e lei mi ha risposto «fava». Io le ho chiesto la ragione per cui il Presidente del Consiglio, nell'esercizio delle sue funzioni, si sia permesso di tentare di bloccare le parole di una formazione politica presente in Parlamento quando questa stava in una trasmissione pubblica pagata con i soldi del servizio pubblico della RAI; io le ho chiesto la ragione per cui il Presidente del Consiglio si è permesso di interagire con il direttore del TG1, che è un servizio pubblico pagato con i soldi dei cittadini, per fare in modo che l'informazione vada a senso unico e a piacere suo; io le ho chiesto le ragioni per cui questo signore, Presidente del Consiglio, si permette di interagire con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, per legge, deve garantire la trasparenza e la pluralità dell'informazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
E lei mi risponde che ha mandato un'ispezione a Trani per verificare perché hanno scoperto questo? Quel che vogliono sapere gli italiani non è perché questo è stato scoperto, ma perché è stato commesso questo abuso, qual è la ragione per cui il Presidente del Consiglio non si rende conto che siamo in una democrazia parlamentare e che in una democrazia parlamentare si rispettano le disposizioni, si rispettano le voci dell'informazione libera, si rispettano le controparti, in una democrazia parlamentare!

CARLA CASTELLANI. Come le rispetti tu!

ANTONIO DI PIETRO. Questo è quel che non capisce il Presidente del Consiglio; e il Ministro Alfano non capisce e non si rende conto che le questioni di competenza e di fuga di notizie sui titoli di reato non deve deciderle l'ispezione, devono deciderle i magistrati all'interno dei conflitti di competenza e delle questioni di giurisdizione.
Quanto alla fuga di notizie, infine, forse non lo sa il Ministro Alfano, glielo dico io chi ha fatto la prima fuga di notizie: l'ha fatta proprio Minzolini ed è la ragione per cui sta agendo la procura di Trani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

ANTONIO DI PIETRO. Minzolini all'uscita dal tribunale, quando è stato sentito come teste, alla fine dell'anno scorso ha telefonato immediatamente a Bonaiuti... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 20

PRESIDENTE. Grazie onorevole, ha concluso il suo tempo.

ANTONIO BORGHESI. Un po' di etica! Impara l'etica!

GIANLUCA BUONANNO. Stai zitto!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

(Iniziative di competenza del Ministro della giustizia in relazione alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri circa l'operato dell'ufficio centrale circoscrizionale della Corte d'appello di Roma con riferimento alla presentazione delle liste per le prossime elezioni regionali - n. 3-00973)

PRESIDENTE. L'onorevole Pisicchio ha facoltà di illustrare l'interrogazione Tabacci n. 3-00973, concernente iniziative di competenza del Ministro della giustizia in relazione alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri circa l'operato dell'ufficio centrale circoscrizionale della Corte d'appello di Roma con riferimento alla presentazione delle liste per le prossime elezioni regionali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e onorevole Ministro, la celebrata vicenda delle liste regionali del Popolo della Libertà, escluse nel Lazio in ragione del ritardo nella loro presentazione, ha fatto emergere un contenzioso nuovo, almeno con riferimento alle accuse lanciate dal Presidente del Consiglio, che in un'assemblea pubblica ha addebitato agli uffici elettorali presso le corti d'appello la presunta malevola responsabilità dell'esclusione delle sue liste. Considerata l'entità delle accuse e l'autorevolezza istituzionale di chi le ha avanzate, ci chiediamo se il Ministro non abbia intenzione di farci sapere se il presidente della Corte d'appello di Roma non abbia mandato un rapporto al Ministro della giustizia o se quest'ultimo non l'abbia sollecitato o abbia intenzione di mandare gli ispettori, come a Trani.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Pisicchio, faccio preliminarmente presente che l'obbligo di segnalazione al quale fa riferimento nel quesito che ha posto grava sul presidente della Corte d'appello di Roma in ragione dei poteri di vigilanza a lui attribuiti sui magistrati giudicanti in servizio nel suo distretto. Nel caso di specie, è opportuno precisare che la condotta oggetto di controllo, non rientrando tra le ipotesi di illecito compiute da magistrato nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, può essere verificata dal presidente della Corte d'appello soltanto sotto il profilo della sua eventuale riconducibilità alle fattispecie di illecito disciplinare realizzate dal magistrato al di fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie ovvero in conseguenza della commissione di un reato.
In ragione di ciò il Ministero della giustizia ci comunica che, conformemente a quanto riferito sul punto dal presidente della Corte d'appello di Roma, le operazioni di ricezione delle liste da parte dell'ufficio centrale circoscrizionale presso il tribunale di Roma sono state oggetto di verifica anche attraverso l'esame delle relazioni dei preposti al servizio d'ordine e che dai controlli effettuati non sono emersi elementi sintomatici di irregolarità e di disfunzioni dell'ufficio centrale circoscrizionale né sono state rilevate condotte censurabili dei magistrati addetti.
Sempre secondo quanto comunicato dal Ministero della giustizia, per il presidente della Corte d'appello quindi non sussisteva l'obbligo di comunicare agli organi competenti le risultanze acquisite sui fatti di cui trattasi, attesa l'insussistenza di rilievi disciplinari a carico dei magistrati.
Occorre da ultimo segnalare che, proprio in seguito ad un'espressa denuncia presentata lo scorso 1° marzo, la procura Pag. 21di Roma ha aperto un procedimento e che il suddetto procedimento, in data 2 marzo 2010, è stato trasmesso alla competente procura di Perugia per i necessari accertamenti sul caso. Solo all'esito dell'imprescindibile valutazione dell'autorità giudiziaria, sarà cura dei competenti organi del Ministero della giustizia attivarsi per dare corso agli eventuali riflessi disciplinari che potrebbero discendere dalla vicenda accertata in sede penale.

PRESIDENTE. L'onorevole Pisicchio, ha facoltà di replicare.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Ministro, anche se le sue parole confermano l'opinione che gli italiani già avevano sulla controversa vicenda delle liste del Popolo della Libertà nel Lazio, delle polemiche stizzose ascoltate da voci autorevoli, del capolavoro di ingegneria giuridica di perplessa costituzionalità rappresentato da quel decreto cosiddetto salvaliste.
Onorevole Ministro, l'Italia non è un Paese arretrato, dove le procedure elettorali rappresentano il catalogo delle illegalità. L'Italia continua, nonostante i tentativi di alterazione del suo ordinamento giuridico, ad essere un Paese con una saldissima struttura democratica, che vede nel procedimento elettorale lo strumento nobile di legittimazione della rappresentanza politica.
I procedimenti, dunque, non sono fastidiosi gravami burocratici, ma sostanza di democrazia. Se la legge prevede che, entro una certa ora di un certo giorno, vanno presentate le liste elettorali, non si può immaginare che i termini siano un capriccio e che valgano solo per alcuni e non per tutti. È la stessa logica dei concorsi pubblici: chi si sognerebbe mai di consegnare una prova scritta oltre il termine prefissato, pretendendo che quella prova, poi, fosse accettata? Solo chi nutrisse un sentimento di inconsapevolezza e, insieme, di arroganza, destinata ad essere sconfitta. Onorevole Ministro, la questione è tutta qui. Dubitiamo fortemente che l'accusa rivolta dal Premier al presidente dell'ufficio centrale circoscrizionale del Lazio possa cambiare questa realtà.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 15,43).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla II Commissione (Giustizia):

S. 2007- «Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 12 febbraio 2010, n. 10, recante disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale» (Approvato dal Senato) (3322) - Parere delle Commissioni I e V.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

In ricordo dell'onorevole Carlo Donat-Cattin (ore 15,45).

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. È anche con un po' di emozione, che ricordo a quest'Assemblea che oggi è il diciannovesimo anniversario della scomparsa di Carlo Donat-Cattin, esponente della Democrazia Cristiana e del mondo cattolico, impegnato nel sociale e, più volte, Ministro: Pag. 22una persona che si è sempre battuta, con grande coraggio, sin dai tempi della resistenza, a favore della libertà e della democrazia ma, soprattutto, nel dopoguerra, è stato protagonista di molte battaglie a favore del mondo del lavoro e dei lavoratori. Ha dedicato larga parte della sua vita all'impegno per la giustizia sociale e per la solidarietà, coniugata con la libertà, la responsabilità e il senso dello Stato. Diverse persone ed anche diversi colleghi presenti in quest'Aula provengono dalla formazione politica e culturale che Donat-Cattin seppe infondere negli anni a tante persone impegnate in politica, nel mondo sindacale, nel mondo del lavoro, ma anche nel mondo politico.
Diciannove anni fa egli scomparve e, sicuramente, ha lasciato, non solo in quest'Aula, ma nel nostro Paese, con il suo impegno e il suo costante lavoro, un ricordo indelebile, al quale ancora molti di noi si richiamano nel prosieguo della propria attività politica (Applausi).

GIULIANO CAZZOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, vorrei associarmi alle parole dell'onorevole Strizzolo, ringraziandolo anche per aver ricordato questa ricorrenza, che non avevo avuto la prontezza di ricordare.
Ho avuto modo di conoscere l'onorevole Donat-Cattin in diverse situazioni e in diverse occasioni, nel ruolo che egli ha svolto, più volte, in tante funzioni, durante la sua attività politica. Quindi, mi associo - credo di poterlo fare anche a nome del mio gruppo - alle parole che sono state pronunciate con riferimento ad un «cavallo di razza» della prima Repubblica. Purtroppo - è una valutazione che faccio molto spesso e che capita di fare a chi ha la mia età - è una razza estinta e senza eredi.
Purtroppo, una malattia lo ha tolto dall'attività che svolgeva con l'entusiasmo, la serietà e l'impegno di sempre. Ritengo, quindi, che quest'Aula faccia bene a ricordarlo nell'anniversario della sua morte. Purtroppo, non è mai un bel momento quello in cui ci troviamo a ricordare le persone che ci hanno lasciato, ma questa è la vita e purtroppo dobbiamo prenderne atto (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il rappresentante del Governo, Bartolomeo Giachino. Ne ha facoltà.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, desidero ringraziare per la sensibilità chi è intervenuto in ricordo di un grande uomo di Governo, un grande riformista, Carlo Donat-Cattin, che ci ha lasciato esempi concreti di un modo di lavorare e di tenere un dialogo e un confronto sociale, trasformando i frutti del dialogo sociale in cambiamento e politiche di sviluppo.
Donat-Cattin, tra i tanti meriti - come l'aver gestito l'autunno caldo in un momento difficilissimo, e aver portato al voto lo Statuto dei lavoratori - ci ha indicato anche, nel 1969 (quindi circa quarant'anni fa), che il nostro Paese avrebbe dovuto competere nel mondo per la qualità dei suoi prodotti e per le qualità tecnologiche, non soltanto per i bassi salari: averlo detto quarantuno anni fa dimostra una capacità di intuito enorme.
Ringrazio, quindi, i deputati intervenuti e partecipo a nome del Governo a questo ricordo, avendo avuto la fortuna personale di collaborare con Carlo Donat-Cattin (Applausi).

GABRIELE CIMADORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, ringrazio il collega Strizzolo, che ha puntualmente ricordato una data importante: la commemorazione, oggi, di un politico importantissimo, al quale sono legato personalmente. Quando muovevo i miei primi passi da giovane democristiano in provincia di Bergamo, aspettavamo le Pag. 23visite di Donat-Cattin, le quali nella nostra provincia purtroppo erano rarissime, poiché egli era impegnato su tutto il territorio nazionale. Quando Donat-Cattin arrivava da noi, c'erano, naturalmente, il rispetto e il silenzio che nelle assemblee erano dovuti ad un grande della politica, un uomo che aveva fatto del sistema sociale nazionale lo scopo della sua vita.
Ringrazio ancora il collega che lo ha ricordato e mi unisco a lui, naturalmente, nel ricordo migliore di Donat-Cattin (Applausi).

PINO PISICCHIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, la ringrazio molto per l'opportunità che mi offre di ricordare insieme ai colleghi - i quali così generosamente e sensibilmente hanno voluto ricordare in quest'Aula Carlo Donat-Cattin - la figura di un uomo straordinario, un gigante della politica, non solo in sé, ma anche - se me lo permette, caro signor Presidente -, in confronto ad un'epoca come quella che stiamo vivendo.
Ieri ricorreva l'anniversario del rapimento di Moro, un altro gigante. Oggi parliamo di Carlo Donat-Cattin. Naturalmente evoco questi nomi perché vi abbiamo fatto riferimento e perché rappresentano anche il solco del mio personale itinerario politico e della mia cultura. Parliamo di una generazione di personalità, di uomini, i quali - come è stato dimostrato dagli interventi svolti in quest'Aula da più parti politiche - hanno costruito una classe dirigente e hanno realizzato un'idea della politica che era quella della pedagogia della politica: una pedagogia democratica che si fa gesto politico, che si fa formazione, che si fa soprattutto capacità di dialogo con le donne e gli uomini di questo Paese, in un coinvolgimento vero, forte e tenace.
Donat-Cattin ha rappresentato una delle migliori espressioni del sindacato bianco ed è stato il capo di un gruppo di sindacalisti. Questo Parlamento, quest'Aula è stata anche il luogo in cui trentacinque deputati della CISL e una sessantina di deputati tra CGIL e UIL hanno attuato la migliore legislazione lavorista d'Europa, negli anni più difficili e complessi della nostra Repubblica.
Molti possono dirsi in qualche modo figli di Donat-Cattin: qualcuno lo abbiamo già ascoltato, ma ce ne sono altri in quest'Assemblea, che in questo momento non sono presenti. Credo che dobbiamo qualcosa di importante a questa straordinaria generazione e forse male non faremmo a tornare a rileggere i loro interventi, i loro gesti e i loro percorsi in una stagione piuttosto fragile e povera anche di riferimenti.
Signor Presidente, la ringrazio e le chiedo di perdonarmi per aver parlato qualche minuto più a lungo (Applausi).

Sull'ordine dei lavori.

GIANNI FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, vorrei approfittare di qualche minuto per invitarla ad informare la Presidenza del Consiglio, il Governo e, in particolare, il Ministro degli esteri riguardo a una questione di straordinaria attualità.
Il 28 e il 29 marzo si svolgeranno in Italia le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali e, per quanto riguarda l'estero, i nostri concittadini non sono ancora stati informati né della consultazione elettorale - ma questo è inutile, visto che l'informazione circola - ma nemmeno delle possibili e dovute riduzioni dei biglietti ferroviari, che sono una costante delle consultazioni elettorali in Italia, salvo di quelle politiche dopo l'introduzione del voto all'estero.
Pertanto la pregherei, signor Presidente, di allertare il Governo e, in questo caso, il Ministro degli esteri, affinché sia fatto il necessario attraverso le ambasciate, i consolati e tutta la diplomazia italiana nel mondo.

Pag. 24

PRESIDENTE. Sarà fatto, onorevole Gianni Farina.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Brancher, Brugger, Caparini, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Crimi, Gregorio Fontana, Franceschini, Gibelli, Lamorte, Lo Monte, Mazzocchi, Migliavacca, Ravetto, Saglia, Sardelli, Stucchi, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, intervengo solo per fare presente che questa mattina è arrivata all'onorevole Maria Grazia Laganà Fortugno una lettera anonima - e non è la prima, purtroppo - contenente minacce molto pesanti: «Non un giorno di più, questa è l'ultima. Ti facciamo saltare il cervello quando non te lo aspetti. Ora lo vogliamo tutti e ti colpiamo dove ti trovi. Per tutti devi morire, adesso e subito».
È evidente che questo fa parte di un clima terribile che si registra in Calabria. Le chiedo, pertanto, di esprimere la solidarietà di tutta l'Assemblea e naturalmente di sollecitare il Governo, come sta già facendo, a garantire tutte le misure massime di protezione all'onorevole Laganà Fortugno (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, non ho difficoltà, da parte della Presidenza e, ritengo, di tutti i colleghi dell'Assemblea, ad esprimere solidarietà alla collega per questo gravissimo atto.

Discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00336, Bersani ed altri n. 1-00340, Casini ed altri 1-00341, Lo Monte ed altri n. 1-00342, Tabacci ed altri n. 1-00345 e Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346 concernenti misure urgenti per contrastare la crisi economica in atto (ore 16,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00336, Bersani ed altri n. 1-00340, Casini ed altri n. 1-00341 (Nuova formulazione), Lo Monte ed altri n. 1-00342, Tabacci ed altri n. 1-00345 e Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346 concernenti misure urgenti per contrastare la crisi economica in atto (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che in data odierna è stata presentata una nuova formulazione della mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi, che illustrerà anche la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00336, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

Pag. 25

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, appartengo alla categoria degli economisti, tanto vituperata dal Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti. Anzi, essendo un economista aziendale, probabilmente appartengo a una categoria ancora più vituperata. Però, è una categoria che è abituata a fare i conti. Capisco che lei si definisca un leguleio, ma credo che conti relativamente semplici li possa fare anche un Ministro laureato in giurisprudenza, anziché in economia. Da questo punto di vista, mi sembra che qualche conto non torni nella sua gestione in questo anno e mezzo, da quando la crisi è iniziata. Intanto, osservo che finalmente per la prima volta questo Parlamento può discutere di questioni serie ed importanti come la crisi economica perché, in realtà, su questo tema, che è il tema centrale di questo momento, non vi è mai stata occasione di parlare impegnati come eravamo ad approvare leggi che non hanno nulla a che vedere con i problemi reali del Paese.
Signor Ministro, lei, insieme al suo fido Presidente del Consiglio Berlusconi, da molti mesi ci ripete che l'Italia va meglio degli altri, che l'Italia in realtà sta abbastanza bene e persino ci porta, di tanto in tanto, a supporto di queste affermazioni l'OCSE. Ma nel caso di specie vi è un'ipotesi dell'OCSE che è piuttosto in contrasto con le sue affermazioni, perché questa giudica che tra i grandi Paesi industriali, a parte Spagna e Irlanda, l'Italia sia quello che subirà, nel medio termine, il danno più grave da parte della crisi.
Che questa situazione sia davvero grave ce lo dice l'ISTAT, definendo alla fine con un dato di un meno 5,1 la caduta del prodotto interno lordo. Se andiamo a guardare la caduta del prodotto interno lordo italiano e quella del prodotto interno lordo pro capite abbiamo un dato che non si registrava dal 1945; si tratta, dunque, di una situazione assolutamente disastrosa.
Poi parleremo di alcuni aspetti di questa situazione, ma quello che è interessante vedere è cosa dice l'OCSE. Quest'ultima giudica talmente grave la situazione italiana da ritenere, anche con il conforto del centro studi di Confindustria, praticamente quasi impossibile centrare un incremento dell'1 per cento del prodotto interno lordo (giudizio condiviso anche dalla Banca d'Italia).
Inoltre, l'OCSE cerca anche di calcolare quanto tempo ci vorrà per riportare l'Italia alla situazione preesistente. Secondo l'OCSE da 15 anni (cioè dal 1995) il nostro Paese non cessa di perdere terreno rispetto ai Paesi più ricchi quanto a prodotto lordo pro capite. L'OCSE ha provato a stimare quali danni a lungo termine questa grande crisi lascerà in eredità e, tra il livello di disoccupazione (che resterà più alto) ed un maggior costo del capitale, il freno sulla crescita potenziale sarà molto più grave per l'Italia. L'OCSE stima un 4,1 per cento rispetto al 3,1 per cento della media dei Paesi considerati, tra cui la Francia e la Germania, che hanno tassi più bassi.
Nel rapporto Going for Growth 2010 l'OCSE dà anche dei suggerimenti su quello che dovremmo fare. Riporto i consigli che fornisce all'Italia: continuare le privatizzazioni, liberalizzare le professioni e i servizi pubblici locali, rafforzare l'antitrust. Verrebbe quasi da ridere a pensare ad un rafforzamento delle authority quando siamo di fronte a un Presidente che, evidentemente privo di scrupoli e di qualunque etica, fa diciotto telefonate a due Authority interferendo sull'attività delle stesse, che dovrebbe essere proprio quella di difendere i cittadini anche dal potere e quindi anche da chi governa.
Dice l'OCSE di rafforzare l'antitrust, di ridurre il carico fiscale contributivo su salari e pensioni, di estendere la deducibilità dell'IRAP dal costo del lavoro e di farla finita con i condoni fiscali. Signor Ministro, sa bene che nel suo precedente Ministero dell'economia nel precedente Governo Berlusconi di condoni fiscali ne ha fatti veramente tanti (prevedendo di tutto e di più), ma anche con un risultato assolutamente negativo. Questo lo dice la Corte dei conti, non lo dico io, rilevando che delle entrate previste, che ammontavano a 11 miliardi di euro, sono stati Pag. 26incassati soltanto 6 miliardi di euro. Come dice la Corte dei conti, per 5 miliardi gli italiani si sono autodenunciati con quei condoni, poi non hanno pagato, e a loro non è successo assolutamente nulla.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. Allora, quello che diciamo è che bisogna intervenire in due modi a nostro giudizio, ed è questo il risultato finale della nostra mozione.
Bisogna intervenire in modo immediato per rilanciare la domanda interna e il potere d'acquisto delle famiglie, per cui chiediamo il raddoppio della durata della cassa integrazione, l'aumento delle detrazioni per carichi fiscali, la riduzione della prima aliquota IRPEF al 20 per cento e poi immediatamente di sostenere le piccole e medie imprese, gli artigiani e i commercianti soprattutto in termini di aumento della possibilità di usufruire della garanzia fidi per aumentare il credito, istituendo un fondo rotativo cassa depositi e prestiti per anticipare i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni, e di abbassare al 20 per cento l'aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti.
Evidentemente chiediamo, e con ciò concludo, una più pressante lotta all'evasione fiscale perché i condoni, come dice l'OCSE, hanno l'effetto di favorire l'evasione fiscale e, quindi, non bisogna bearsi del fatto che si scoprono tanti evasori, perché se gli si permette di evadere questo è anche evidente.
Chiediamo soprattutto - e ho concluso signor Presidente - di spostare la tassazione sui consumi dei beni di lusso e colpire finalmente la rendita speculativa, in particolare quella delle banche, che oggi permette loro di pagare, quando è tanto, il 12,5 per cento, rispetto alla media delle imprese che è molto più alta, e che andrebbe sonoramente colpita proprio in questo momento in cui stanno realizzando utili giganteschi grazie al trading e non grazie al credito concesso alle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia, che illustrerà la mozione Bersani e altri n. 1-00340, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, signor Ministro Tremonti, da tempo nel nostro Paese la verità sulla condizione economica generale è di chi la racconta meglio. Noi oggi vogliamo raccontare semplicemente il quadro che viene fuori da numeri inconfutabili e incontrovertibili e non vogliamo avere ragione ad ogni costo del contesto economico e sociale che viene fuori da questo racconto. Vogliamo fare proposte e, soprattutto, ottenere dal Governo risposte.
La politica economica caratterizzata dalle azioni di questo Governo è sembrata in questi primi due anni essere al servizio del Governo stesso e non dello Stato e la distinzione - se ce lo consente - non è da poco, laddove per Stato intendiamo la capacità dello stesso di dare risposte ai servizi alla persona, al lavoro, alla condizione nella quale si trovano le nostre imprese, alla capacità delle stesse di produrre valore, ai servizi indispensabili che spesso non ottengono risposta.
Il 2009, che si è appena concluso, ha avuto una contrazione del PIL del 5 per cento, la peggiore dal 1971 ad oggi ed un aumento impressionante della disoccupazione. Anche il dato che sta molto a cuore a lei, quello del tasso di occupazione, è sceso di ben 2 punti percentuali: a gennaio 2010 la disoccupazione è arrivata all'8,6 per cento. Hanno sofferto soprattutto i giovani e le donne.
Nel Mezzogiorno 2 donne su 3 sono senza lavoro e in Italia (in tutto il Paese e, quindi, anche al nord) una donna su due è senza lavoro. Dovremmo arrossire nel paragone e nel confronto con gli altri paesi europei dove ci sono tassi di 14 punti e di 26, pari a oltre la metà rispetto alle nostre condizioni, nonostante il valore della fittissima rete produttiva dei nostri 200 territori, che vanno ben oltre i confini amministrativi e che alcuni chiamano ancora «distretti industriali», altri in Lombardia «meta-distretti», altri, in altri contesti Pag. 27territoriali, «reti». Nonostante che questi 200 territori al loro interno siano omogenei, ma differenti tra di loro e in grado di essere ancora la spina dorsale del nostro Paese, la politica economica ha voltato le spalle alla piccola impresa, altrimenti non daremmo un senso corretto a dei numeri che non possono essere confutati.
L'industria ha perso il 15 per cento, le costruzioni il 6,7, i servizi il 2,6, l'agricoltura il 3,1 per cento. Nell'ultimo biennio il PIL cumulato è sceso di 6 punti nel nostro Paese, del 3,8 in Germania, del 2 per cento in Francia. L'inflazione, invece, è di contro cresciuta del 4,2 per cento, del 3 per cento in Germania e del 3 per cento in Francia. Anche nella classifica dei consumi non eccelliamo: sono diminuiti del 2,7 per cento in Italia e dell'1,7 per cento in Francia e Germania. Anche le previsioni di crescita, guardando al futuro nel 2010, ci vedono fanalino di coda.
Se guardiamo anche l'andamento dei prezzi dei servizi regolamentati è ancora più evidente come la politica economica abbia ormai assunto come obiettivo centrale la gestione del debito, anziché far diventare la stessa gestione del debito un vincolo rispetto alle politiche economiche. I prezzi regolamentati hanno subito aumenti vertiginosi. Il trasporto ferroviario è aumentato del 14 per cento, i servizi postali dell'11 per cento e le assicurazioni del 7 per cento.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la prego di concludere.

FRANCESCO BOCCIA. Noi in questa mozione chiediamo al Governo di impegnarsi su cinque impegni a breve termine, che dipendono solo ed esclusivamente da voi.
Vi chiediamo di adottare un'indennità universale di disoccupazione pari al 60 per cento; vi chiediamo di assumervi la responsabilità su provvedimenti che allentano il Patto di stabilità interno in conto capitale per i comuni; vi chiediamo di sanzionare tutte le pubbliche amministrazioni che non pagano entro centoventi giorni; vi chiediamo di rafforzare il Fondo di garanzia per le piccole imprese.
Chiudo, signor Presidente, rilanciando la sfida delle sfide. In questa mozione chiediamo al Governo una riforma fiscale reale, noi siamo pronti a sostenerla chiarendo una volta per tutte la distinzione tra redditi da capitale, patrimoni mobiliari e immobiliari e imposte indirette, da un lato, e redditi da lavoro, da impresa e da attività professionale, dall'altro. Noi ci siamo, signor Ministro Tremonti, attendiamo dal Governo risposte che non siano semplicemente la gestione del debito pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto, che illustrerà la mozione Casini ed altri n. 1-00341 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi interveniamo con grande interesse in questa discussione perché oggi finalmente, dopo settimane di confronti quotidiani accesi, forse anche troppo accesi, su temi che interessano solo marginalmente i cittadini e che invece appassionano molto di più la politica e i suoi protagonisti, al Parlamento oggi è data la possibilità di discutere dei problemi che riguardano la vita delle famiglie, il futuro delle imprese, dei lavoratori e di quelli che un lavoro lo hanno perso oppure non ce l'hanno.
Il presidente Casini interverrà poi in dichiarazione di voto sulla nostra mozione, a me spetta solo il compito di illustrarne brevemente i contenuti. Vorrei però dire che noi siamo fiduciosi sul fatto che questo dibattito non sia solo un'occasione per celebrare un evento parlamentare rituale, ma possa essere invece utile a stimolare il Governo perché assuma iniziative coraggiose nella direzione delle riforme economiche strutturali che sono necessarie al nostro Paese e che noi chiediamo nel dispositivo al primo punto della nostra mozione.
I dati contenuti nella nostra e nelle altre mozioni, ma anche quelli contenuti Pag. 28nella nota di aggiornamento presentata recentemente dal Ministro Tremonti, sono preoccupanti: ci descrivono un 2009 che ha visto crescere negativamente tutti gli indicatori economici; la Banca centrale europea nel suo bollettino di gennaio e anche il Governatore della Banca d'Italia Draghi stamattina a Bruxelles confermano che la ripresa sarà lenta e incerta. Intanto però i dati ci descrivono un Paese, il nostro, che nel 2009 ha avuto una caduta, un crollo del prodotto interno lordo del 5 per cento; un Paese nel quale il tasso dei senza lavoro è salito all'8,6 per cento e un giovane su quattro non ha lavoro. In un anno sono stati persi 307 mila posti di lavoro e i disoccupati oggi in Italia sono più di due milioni e centomila.
Questi dati sull'occupazione rischiano però di peggiorare ancora nel 2010, perché 400 mila lavoratori nel corso di quest'anno non avranno più la cassa integrazione perché per loro scadrà. La situazione nella quale versano le imprese è tale da non far prevedere a breve alcuna inversione di tendenza. Secondo i dati forniti recentemente dal Cerved il 2009 è stato un anno tragico per il numero dei fallimenti e addirittura negli ultimi tre mesi del 2009 la percentuale dei fallimenti è aumentata del 33 per cento, con un'impennata che ha colpito tutti i comparti ma che ha riguardato soprattutto quello delle costruzioni; il fatturato e gli ordini delle industrie sono crollati, rispettivamente del 18,7 e del 22,4 per cento, un vero e proprio bollettino di guerra. Per ragioni di brevità tralascio di indicare i dati che riguardano le difficoltà delle imprese, dell'accesso al credito o i ritardi sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni, che però rendono ancora più tormentata la vita delle imprese nel nostro Paese.
Mi rendo conto che questi dati rischiano di generare, come è normale, una sorta di pessimismo, ma gli italiani sanno quanto grave è stata la crisi; lo sanno soprattutto le famiglie italiane che già prima della crisi meritavano, anzi avrebbero meritato, maggiore attenzione nelle scelte di politica economica dei Governi, perché l'Italia, già prima della crisi, spendeva soltanto lo 0,9 per cento del suo prodotto interno lordo per le politiche familiari e per questa spesa era all'ultimo posto in Europa.
In questi due anni, proprio i risparmi delle famiglie hanno costituito un argine, pure debole, alla gravità della crisi, senza il quale le conseguenze sui consumi, sui dati economici e sulla questione sociale sarebbero state ben più gravi. Per questo motivo nella nostra mozione chiediamo soprattutto, ed è ciò che del resto sollecitiamo da più tempo, ogni volta che discutiamo delle scelte di politica economica del Governo, che si ponga mano ad una riforma fiscale che guardi innanzitutto alle famiglie. Chiediamo al Governo un impegno concreto verso la realizzazione del quoziente familiare che era contenuto nei programmi elettorali di molti partiti, compreso quello di maggioranza, e nel programma del Governo, ma che è rimasto lettera morta in questi anni.
Vorremmo un sistema fiscale che sostituisse le attuali detrazioni IRPEF con le deduzioni in ragione del numero dei figli perché i soldi spesi per i figli non devono essere tassati e perché investire sulla famiglia significa risparmiare sulla spesa sociale. Noi riteniamo che la famiglia in molte parti del Paese, ma anche nel Paese in generale, spesso sia il primo, il più utile ammortizzatore sociale e soprattutto che l'investimento sulla famiglia sia un investimento sul futuro del Paese. Siamo convinti che senza un coraggioso investimento per rafforzare il potere d'acquisto delle famiglie non vi sia possibilità di intervenire in maniera incisiva sulla dinamica dei consumi, che anche per effetto della diminuzione del numero degli occupati continua a frenare tragicamente la propensione alla spesa.
Nella nostra mozione chiediamo interventi strutturali e non spot e annunci o interventi una tantum come il bonus famiglia, peraltro scomparso con l'ultima legge finanziaria, o la social card per sostenere la famiglia e i consumi. Ad esempio, chiediamo di adottare iniziative volte ad alleviare il peso del cuneo fiscale che grava sulle imprese e sui lavoratori e Pag. 29che ha fatto dell'Italia il ventitreesimo Paese tra i trenta più industrializzati per stipendi medi netti e il sesto Paese per la differenza tra il costo del lavoro e la retribuzione netta.
Nella nostra mozione chiediamo, inoltre, una moratoria sugli studi di settore per mitigare gli effetti della crisi verso coloro che probabilmente l'hanno patita di più in questi anni. Chiediamo un'accelerazione dei pagamenti; vorrei ricordare che nei Paesi più virtuosi in ordine alla velocità dei pagamenti della pubblica amministrazione, quest'ultima paga con un ritardo che va dai 30 ai 70 giorni, da noi, invece, la stessa paga con un ritardo che a volte è superiore ai 140-150 giorni.
Vorremmo interventi per il Mezzogiorno che non si esaurissero nella Banca del Mezzogiorno, né nel Ponte sullo Stretto. Certamente è necessario intervenire perché ci siano interventi coordinati con le regioni e anche un miglioramento della qualità delle politiche regionali nel Mezzogiorno, ma è utile che il Governo nazionale promuova quest'opera magari tentando insieme alle regioni di concentrare la spesa dei fondi comunitari in obiettivi infrastrutturali che siano strategici, evitando la parcellizzazione delle iniziative di agevolazione alle imprese. Su questo, però, vorremmo che ci fosse una politica fatta di maggiori risorse e di minori annunci. Anche per quanto riguarda la Banca del Mezzogiorno, il Ministro sa che è finanziata per ora solo con 5 milioni di euro stabiliti nel decreto- legge n. 112 del 2008.
Noi vorremmo, da un lato, che si arrestasse questo massiccio trasferimento di risorse attraverso l'utilizzo inappropriato dei fondi FAS e, dall'altro, si evitasse di essere troppo accondiscendenti anche con molti presidenti delle regioni del sud. Vorrei ricordare che nell'ultima legge finanziaria, nel patto per la salute, proprio i presidenti delle regioni hanno previsto che i fondi per le aree sottoutilizzate possano essere impiegati per il ripiano dei deficit sanitari Anche questo rappresenta un uso improprio di questi fondi e questa volta colpevolmente è accettato, se non richiesto, dai presidenti delle regioni del sud.
Nella nostra mozione chiediamo un rilancio degli investimenti nel settore della costruzione attraverso uno snellimento delle procedure e anche una revisione del piano casa, che finora non ha dato grandi risultati. Vorremmo anche che il Governo promuovesse una revisione del Patto di stabilità interno per i comuni e, a tal proposito, vorrei ricordare quanto molti già sanno in quest'Aula, ovvero che ci sono 12 miliardi di euro giacenti nelle casse dei comuni che potrebbero essere utilmente impiegati per stimolare gli investimenti in opere pubbliche. Peraltro, il 43 per cento degli investimenti pubblici nel Paese è disposto proprio dalle amministrazioni comunali. Nella nostra mozione chiediamo, inoltre, che ci sia chiaramente un'incisiva attività di contrasto all'evasione. Secondo alcuni studi recenti, l'imponibile evaso nel nostro Paese ammonterebbe addirittura a 360 miliardi di euro, quindi sarebbero addirittura 143 miliardi di euro di imposte sottratte all'erario. In sostanza, chiediamo che il Governo non si limiti ad aspettare che la crisi passi e che riparta in qualche modo la domanda mondiale, come è sembrato abbia fatto in questi due anni. Secondo noi non basta invocare il giusto rigore nei conti pubblici (che pure è giusto invocare), ma occorre dimostrare di avere una visione del Paese e del suo futuro. Nessuno di noi disconosce che oggi non si può più riservare anche all'Italia l'acronimo dei PIGS, ovvero dei Paesi che hanno conti assai preoccupanti. È un risultato che riconosciamo al Ministro Tremonti, il quale è sempre stato un attento custode del rigore nei conti pubblici. Tuttavia, ci chiediamo se oggi ciò sia sufficiente, ovvero se ad un Governo che si rispetti non debba essere richiesto di svolgere altro rispetto al lavoro che deve svolgere il ragioniere dello Stato. Ad un Governo che si rispetti è richiesto, innanzitutto, di avere una visione del futuro del Paese e di realizzarla attraverso scelte di politica economica coraggiose e promuovendo un processo anche di governo sovranazionale ed Pag. 30europeo dei problemi che riguardano lo sviluppo del Paese stesso. Ad un Governo ambizioso, che non vuole galleggiare, è richiesto di avere, ad esempio, una propria strategia di politica industriale per il Paese. Quale strategia di politica industriale ha messo in atto questo Governo in questi due anni? Lo ha fatto, ad esempio, per Alitalia? Anche sugli effetti, sui risultati, sui benefici e sui costi di questa operazione si è discusso e si discuterà forse in maniera ancora più accesa in futuro. Ma ciò può bastare e ha avuto questo Governo una strategia di politica industriale? Ciò accade mentre pezzi importanti del nostro apparato produttivo si spostano nell'est e non solo, perché si spostano anche in Francia, in Germania e in America. Noi non mettiamo in campo, mentre questo succede, politiche industriali strategiche che puntino sull'innovazione, sulle specificità del nostro Paese piuttosto che sul costo del lavoro. Vorremmo, in sostanza, che questo dibattito servisse a farci capire e a far capire ai cittadini se il nostro Governo ritiene che il Paese abbia bisogno di riforme economiche strutturali oppure no. Vorremmo capire come il Governo intende intervenire per risolvere il problema della bassa produttività del nostro apparato produttivo, della sua scarsa competitività e del deficit di innovazione del Paese.
Vorremmo capire quali siano gli investimenti a lungo termine e le nuove infrastrutture (solo il ponte?), quali siano gli investimenti in nuove tecnologie, come per esempio la banda larga, quale sia la ricetta di questo Governo in ordine all'investimento in ricerca e università, altrimenti - e concludo - superata la crisi mondiale non avremo risolto i nostri problemi. D'altra parte, le previsioni sulla crescita per il 2010 in Europa dicono che l'Italia è quella che probabilmente crescerà meno.

PRESIDENTE. Onorevole Occhiuto, la prego di concludere.

ROBERTO OCCHIUTO. Nella nostra mozione abbiamo chiesto al Governo un atteggiamento più coraggioso e speriamo che nel corso del dibattito anche il Ministro sappia accogliere le nostre richieste.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lo Monte, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00342. Ne ha facoltà.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, colleghi, solo nella tarda mattinata mi è stato comunicato che il tempo per illustrare la mozione della quale sono primo firmatario è stato ridotto a due minuti.

PRESIDENTE. Onorevole Lo Monte, ha tre minuti a disposizione.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, ritengo offensivo, oltre che tecnicamente impossibile, pensare che si possa illustrare un atto parlamentare di tale rilevanza in un tempo sostanzialmente incongruo. Sono francamente stupito che la Presidenza della Camera non ritenga indispensabile assicurare anche in un'occasione così importante il tempo minimo, almeno cinque minuti. Per protesta, rinuncio quindi ad illustrare la mozione del Movimento per le Autonomie e consegno il testo scritto. Aggiungo, signor Presidente, che sulla questione attendo un chiarimento da parte della Presidenza della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Lo Monte, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Le comunico solo che la decisione sulla ripartizione dei tempi, tra l'altro in maniera adesiva al Regolamento, è stata presa all'unanimità in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Pertanto, la Presidenza non può fare niente altro. Mi dispiace, bisognerà cambiare il Regolamento.

Pag. 31

CARMELO LO MONTE. È in linea con il clima che c'è nel Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calearo Ciman, che illustrerà la mozione Tabacci n. 1-00345, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà, per tre minuti.

MASSIMO CALEARO CIMAN. Signor Presidente, anche per noi sarà impossibile in pochi minuti illustrare la nostra mozione, ma invece di protestare vorremmo fare delle proposte serie come Alleanza per l'Italia. Signor Ministro, oggi il problema vero è il lavoro, che colpisce tutti gli italiani e, in particolare, le piccole e medie imprese, che sono arrivate in questo momento ad una situazione gravissima. Nel Veneto addirittura ci sono imprenditori che sono arrivati al suicidio. Signor Ministro, come Alleanza per l'Italia noi vogliamo rappresentare gli invisibili, tutte quelle piccole e medie imprese...signor Ministro, se non mi ascolta mi fermo. Signor Presidente, vorrei che il Ministro mi ascoltasse.

PRESIDENTE. Colleghi...

MASSIMO CALEARO CIMAN. Signor Ministro, noi, come dicevo, vorremmo rappresentare gli invisibili, le piccole e medie imprese, le partite IVA, i professionisti, di cui fino ad ora tutti parlano, ma pochi hanno delle soluzioni per loro. Una delle soluzioni che proponiamo riguarda la pubblica amministrazione: chiediamo che solo per le piccole e medie imprese, i professionisti e le partite IVA il pagamento venga adempiuto in maniera europea, a sessanta giorni.
Vorremmo anche che il Governo si impegnasse in un'operazione delle banche verso le piccole e medie imprese, in modo che non si guardino solo i bilanci, ma si possano guardare anche i budget. Signor Presidente, signor Ministro, oggi è stata approvata una legge importante, votata all'unanimità dalla Commissione attività produttive, che riguarda il made in Italy ed è un primo segnale. Essa riguarda, in particolare, le piccole e medie imprese, che sfruttando il made in Italy non hanno la possibilità anche economica di sfruttare il proprio marchio.
Credo sia necessario che il Governo sia vicino alla piccola e media impresa, che permetta alle imprese di investire nel proprio marchio e nei brevetti e che questo possa essere defiscalizzato. Si faccia inoltre in modo che le banche stesse aiutino le piccole e medie imprese che vogliono investire nel proprio marchio. Ci sono molte altre cose da fare, ma queste sono tangibili e chiediamo che il Governo si impegni perché i 5, 6 o 7 milioni di imprese, piccolissime imprese, che sono la struttura del nostro sistema produttivo, possano veramente essere rappresentate.
È evidente che è più semplice rappresentare la grande impresa, ma dobbiamo guardare anche agli invisibili (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali, che illustrerà anche la mozione Cicchitto e Cota n. 1-00346 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, illustro la mozione Cicchitto n. 1-00346, ma avrei voluto anche fare - ma non c'è il tempo - una riflessione sui modelli economici, soprattutto sulla fine di un certo modello keynesiano e sull'opportunità, invece, di una forte ripresa del modello dell'economia sociale di mercato, che è altra cosa.
La crisi finanziaria che ha investito i mercati internazionali si è presto manifestata come crisi economica a tutti gli effetti e, lungi dall'essere una crisi congiunturale, è stata, invece, un fenomeno epocale, che ha di fatto portato il sistema nel suo complesso sull'orlo del collasso. Questa crisi finanziaria ed economico-sociale internazionale è stata favorita dagli eccessi del mercatismo, come lo ha chiamato in modo corretto il Ministro Tremonti, cioè di una certa forma di capitalismo, e non dall'economia di mercato, che è un principio insostituibile nel mondo occidentale. Pag. 32
L'Italia, pur coinvolta e colpita da questa crisi generale, tuttavia ha retto grazie ai suoi meccanismi di regolamentazione dei meccanismi finanziari e bancari, per la forza del suo risparmio privato, ma, soprattutto, per l'esistenza di un sistema vitale di piccole e medie imprese assai esteso e capillare, spesso, purtroppo, e in modo sbagliato, demonizzato nel passato. Certo, abbiamo punti deboli del Paese, ma non dipendono da questa crisi: l'alto debito pubblico, la carenza delle infrastrutture, le scarse spese in ricerca e innovazione, il sottosviluppo e l'esistenza della criminalità organizzata nel Mezzogiorno, la spesa pubblica incontrollata e una pubblica amministrazione poco efficiente, che non risponde alle effettive esigenze dei cittadini e del mondo delle imprese.
Nel corso di questi anni di crisi il Governo ha costantemente lavorato per mettere in sicurezza il sistema bancario e finanziario italiano, fare i conti con la concorrenza internazionale sul terreno dei titoli pubblici in presenza di un alto debito pubblico, favorire la coesione sociale, non aumentando la pressione fiscale, e sostenere la solidarietà sociale, indirizzando grandi risorse agli ammortizzatori sociali. Diversamente da quanto afferma l'opposizione, la cui linea di finanziare in deficit la crescita ci avrebbe portato ad una situazione analoga a quella attualmente vissuta dalla Grecia, il Governo in questi due anni è intervenuto in modo consistente e i risultati si vedono. Infatti, grazie a questa lungimirante politica del Governo, oggi si fa riferimento all'Italia per dimostrare come, nonostante il debito elevato, sia possibile mantenere in ordine i conti pubblici e contrastare una deriva finanziaria pericolosa.
Nel lessico internazionale vi era un nuovo acronimo dispregiativo, che si usava in passato, PIGS, nel quale la «I» stava per l'Italia; oggi la «I» non è più l'Italia, che è stata sostituita da un altro Paese, l'Irlanda. Anzi, l'Italia oggi viene indicata da tanti osservatori e agenzie internazionali come uno dei Paesi che hanno una reputazione più che buona. Penso alle dichiarazioni di Moody's, penso a quanto ha dichiarato l'OCSE, penso anche alle ultime previsioni della Commissione europea, nell'Interim forecast di febbraio, in cui il tasso di crescita è stimato per il 2010 allo 0,7 per cento, in linea con la media dell'Eurozona dell'Unione europea a ventisette. I risultati conseguiti, quindi, dimostrano la validità dell'azione del Governo, che ha operato con grande oculatezza, rigore e senso di responsabilità.
Penso innanzitutto a quanto è stato fatto fin dall'inizio, con il decreto-legge n. 112 del 2008, che ha messo in sicurezza i nostri conti pubblici; pensiamo a quanto il Governo ha fatto per tutelare i risparmiatori dal possibile rischio di insolvenza di alcune banche; pensiamo a quanto il Governo ha fatto per gestire la crisi sul piano sociale. Diamo atto al Governo - è impossibile non farlo - del grande lavoro fatto per mantenere le persone in occupazione e, per la prima volta (è un dato storico per l'Italia), questi strumenti sono stati estesi alle piccole e medie imprese, i cui dipendenti non hanno mai beneficiato degli ammortizzatori sociali.
Grazie a questi provvedimenti, il tasso di disoccupazione in Italia, benché sia aumentato rispetto agli anni passati, è tuttavia tra i più bassi: è all'8,3 per cento, e nel confronto tra dati omogenei solo il Giappone e la Germania, con un tasso disoccupazione rispettivamente del 4,9 e dell'8,2, possono vantare risultati migliori. La media dell'Eurozona indica valori pari al 9,9 per cento, con punte ancora maggiori per Francia, 10,1 per cento, e Spagna, 19,9 per cento; la disoccupazione negli Stati Uniti si attesta al 9,7 per cento, quindi quasi un punto e mezzo sopra la nostra.
Complementare a questa linea è stata la scelta di concentrare risorse a favore dei ceti più deboli. Pensiamo alla messa in sicurezza dei mutui e agli interventi a favore delle famiglie: la diminuzione delle rate dei mutui per diminuire il rischio di un eccessivo aumento delle quote di interessi; il tetto massimo per gli interessi a tasso variabile; l'abolizione delle spese notarili ai fini della portabilità del mutuo; il bonus di mille euro per le famiglie più Pag. 33numerose, la social card, la detraibilità delle aliquote del 19 per cento per le rette degli asili; l'aumento degli assegni familiari: un milione di famiglie hanno lo sconto sulle bollette elettriche e su quelle del gas. Sono tutte misure che evidentemente hanno contribuito ad una coesione sociale forte. Anche l'intervento a favore delle imprese è stato sostanziato in numerose iniziative, che non sto a citare perché sono sotto gli occhi di tutti: intanto la continuità del credito, l'IVA per cassa e tante altre. E oggi stesso anche il Parlamento, approvando il decreto-legge sull'energia per le isole maggiori, ha assicurato un beneficio alle imprese di queste isole ed anche all'occupazione.
La necessità di far fronte in primo luogo all'emergenza finanziaria - per non parlare della crisi dei rifiuti di Napoli ereditata dal Governo Prodi e del tragico terremoto dell'Abruzzo - non ha quindi impedito al Governo di attuare anche alcune importanti riforme di carattere strutturale: penso in particolare alla riforma del federalismo fiscale, che introdurrà necessari e nuovi elementi nella gestione della spesa, responsabilizzando i singoli amministratori locali ed attuando il principio di sussidiarietà.
Che cosa chiediamo dunque al Governo? Innanzitutto di proseguire nelle politiche di controllo della spesa e nella salvaguardia dei conti pubblici; poi di operare al fine di avviare una graduale riduzione della pressione fiscale, anche in vista del federalismo e compatibilmente con l'andamento dei conti pubblici e l'evoluzione del ciclo congiunturale; di avviare il processo della riforma fiscale, da completare entro il 2013; di continuare la lotta, fin qui intrapresa, all'evasione fiscale; di avviare un'importante ed adeguata riflessione sulla riqualificazione della spesa pubblica, perché spendiamo non solo troppo, ma spendiamo anche male. E ancora, chiediamo di sostenere con forza gli investimenti che consentano il rilancio dello sviluppo delle infrastrutture; di determinare una forte discontinuità delle politiche per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno; di avviare un processo di riforma del welfare, secondo le linee indicate nel bellissimo Libro bianco del Ministro Sacconi; di sostenere una forte ripresa dei processi di investimento, soprattutto in ricerca scientifica e tecnologica, in innovazione e in internazionalizzazione per le nostre imprese, che sono il segreto vero della competitività, così come di adottare provvedimenti per una nuova politica industriale: non la vecchia politica industriale dirigistica, che non ci serve, ma una politica industriale che preveda la detassazione degli investimenti sostenuti dalle imprese che investono in ricerca, fondi ed incentivi per i consumi per il settore industriale ed un fondo straordinario per le imprese in crisi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RAFFAELLO VIGNALI. Concludo, signor Presidente. Chiediamo di sostenere, poi, l'importante settore della green economy, che ci può dare un grande rilancio nell'economia del Paese, e di predisporre, d'intesa con le regioni, un efficace piano di rilancio dell'edilizia residenziale pubblica, che è uno dei settori più importanti di questo Paese.
Questo è quanto chiediamo al Governo, ma innanzitutto gli diamo atto di aver agito con grandissima responsabilità ed utilizzando tutti gli spazi di manovra che la situazione finanziaria del Paese consentiva (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

RENATO FARINA. Bravo!

PRESIDENTE. Prima di andare oltre, faccio presente che assistono ai nostri lavori i docenti e gli allievi dell'Istituto Tecnico Commerciale Gian Tommaso Giordani di Monte Sant'Angelo, in provincia di Foggia, che salutiamo; altresì i docenti e gli allievi dell'Istituto Tecnico Commerciale Bertrand Russel di Guastalla, Reggio Emilia; e i docenti e gli allievi dell'Istituto Tecnico Commerciale Pier Fortunato Calvi di Padova (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

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MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, credo che in questa crisi congiunturale di proporzioni mondiali il nostro Governo abbia sempre bene operato su tanti fronti. Intanto, sono molto ben viste le misure di contenimento del disagio sociale che hanno evitato un ulteriore crollo dei consumi ed hanno contenuto la situazione per quanto era possibile; viene poi riconosciuto in tutto il mondo l'impegno prodotto e la tenuta del sistema bancario che il nostro Paese ha dimostrato rispetto a situazioni che nei Paesi maggiormente industrializzati apparivano catastrofiche.
Certo anche sulle banche vi sarebbe molto da dire e molto resta da fare, però si registrano un sostanziale buon operato del Governo ed una buona tenuta del sistema. Soprattutto, il Governo sta facendo molto bene e si muove nella direzione giusta quando opera per ridurre la burocrazia, per eliminare il peso dei vari iter e di prassi che spesso sono molto costose in termini di tempo e molto dispendiose in termini di energie per tutte le imprese.
Sta operando poi benissimo - ed è il risultato che ci siamo proposti di ottenere in questa legislatura - per il raggiungimento della madre di tutte le riforme, la riforma fiscale in senso federale. Quindi, il nostro è sostanzialmente un giudizio molto positivo; però - e qui parla più l'imprenditore che il deputato - ritengo opportuno svolgere alcune considerazioni proprio perché conosco bene la situazione, e dico dunque che occorre davvero ridurre il peso dello Stato, cosa che è possibile fare, come questo Governo ha fatto e sta facendo, anche con leggi che costano poco o addirittura nulla.
Oggi abbiamo approvato, come ricordava il collega Calearo, una legge (che ho l'onore di aver sottoscritto per primo) che riguarda il made in Italy, la quale assicura una serie di tutele alla produzione manifatturiera del tessile italiano, della calzatura e della pelletteria: è una legge che va a favore delle aziende, soprattutto di quelle medio-piccole che sostengono il nostro tessuto industriale, che detta regole di trasparenza nei confronti dei consumatori e che tutela il bene primario che abbiamo in questo Paese, ossia il know how e la professionalità dei nostri lavoratori.
In questo senso il Governo sta ben facendo e potrà far bene nei prossimi mesi anche attraverso altre misure che non costano e che riguardano il commercio mondiale. Vi sono infatti tanti casi di dumping (cioè di politiche sleali adottate da parte di Paesi stranieri) rispetto a tanti prodotti, ma noi abbiamo la voglia di lavorare e stiamo lavorando bene per poter riportare una concorrenza leale: quando la concorrenza è leale, infatti, le nostre aziende non hanno problemi né paura di combattere e di competere ad armi pari; se però dobbiamo competere ad armi impari questo diventa davvero un problema e in questo senso credo che l'impegno del Governo debba essere portato avanti, così come è avvenuto nel corso di questi mesi.
Aggiungo inoltre - ed anche qui a parlare è l'imprenditore più che il deputato - un appello personale, che non vuole essere una piaggeria bensì una considerazione assolutamente concreta: il Ministro Tremonti, grazie anche alle politiche di rigore impostate dal Governo, ha acquistato una credibilità sia all'interno dell'Unione europea sia all'interno delle organizzazioni internazionali, come il WTO, che rappresenta un patrimonio di tutto il Paese.
Credo che sia importante che in questi mesi, mai come ora, si giochino tutti i patrimoni che abbiamo per ottenere dei risultati a livello internazionale: la sua credibilità, signor Ministro, è un patrimonio da spendere per le nostre piccole e medie aziende, per tutelare i nostri lavoratori, adesso meglio che poi perché è proprio adesso il momento di risollevare la testa.
In questo la Lega le sarà sempre vicino e saremo sempre assieme per difendere quello che è il vero e proprio patrimonio del nostro Paese: il lavoro delle nostre generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, Ministro, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, che la situazione sia drammatica è stato detto e due dati ce lo ricordano: un miliardo di ore di cassa integrazione nel 2009 e 160 tavoli di crisi aperti. Che non siamo fuori dalla crisi lo sanno tutti, meno il Presidente del Consiglio. Credo che la politica minimalista di questo Governo - che aspetta che passi la nottata - ci porterà amare sorprese; bisogna, a mio avviso, cambiare passo perché non solo cresce la disoccupazione, ma il 2010 e il 2011 purtroppo saranno due anni di licenziamenti collettivi e di licenziamenti individuali e silenziosi di chi non ha tutele sufficienti.
Credo allora che dobbiamo tenere insieme i tre problemi: la ripresa di un'iniziativa di politica industriale (non mi si dica che il futuro di questo Paese sarà dato da un po' di centrali nucleari o dal ponte di Messina!), il sostegno ai redditi e ammortizzatori sociali più estesi.
Noi siamo di fronte ad un grave paradosso: pensate che, di fronte ad un accordo tra Governo ed opposizione in Commissione lavoro sul tema degli ammortizzatori, il Governo ha bocciato questa proposta unitaria della maggioranza e dell'opposizione; è venuta a dare man forte la ragioneria dello Stato, che ha detto ancora una volta che migliorare gli ammortizzatori sociali non si può perché non vi sono coperture in una situazione di crisi così devastante. Allora, la domanda che mi pongo è la seguente: come mai questo Governo è riuscito a trovare alcuni miliardi di euro per togliere l'ICI dalla prima casa ai più ricchi, mentre non si trovano 600 milioni per allungare di sei mesi la cassa integrazione ordinaria?
Quello che è stato bocciato in Commissione lavoro, questo accordo fra maggioranza ed opposizione, non è solo l'allungamento di sei mesi della cassa integrazione ordinaria, che avrebbe dato un po' di risposte sia alle imprese sia ai lavoratori, ma è stata bocciata anche la costituzione di un fondo presso l'INPS per pagare lo stipendio a quei lavoratori (pensiamo al caso Eutelia, ma a molti altri casi) che non sono né cassintegrati né licenziati e che non ricevono lo stipendio da molti mesi. È stata bocciata anche la proposta di aumentare le risorse di protezione sociale per quanto riguarda i lavoratori a progetto o di allargare la platea di coloro che ne usufruiscono. Vorrei ricordare che, di fronte a 300.000 lavoratori - questo è quello che dicono le statistiche - che sono stati licenziati perché lavoratori a termine, soltanto 1.800 hanno usufruito di questa possibilità di avere un minimo di tutela. I risparmi che sono stati fatti è stato detto che sono già stati consumati. Siamo stufi, signor Ministro, di vedere le risorse stanziate per i lavoratori, per gli ammortizzatori sociali e per le imprese, quando non vengono spesi, essere dirottate per salvare i saldi di bilancio.
Questi punti che ho detto erano e sono punti di un accordo importante. Ci avete impedito di portarli adesso in Parlamento, lo faremo dopo le elezioni. Avete umiliato la vostra stessa maggioranza in Parlamento e nella Commissione lavoro, ma riteniamo che ammortizzatori sociali, politiche industriali e sostegno al reddito siano la risposta necessaria ed urgente per far uscire questo Paese dalla crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signor Ministro e colleghi, rispetto anche alle affermazioni testè espresse dal collega Damiano, dico che la mozione del Partito Democratico contiene una serie di generici obiettivi genericamente condivisibili, ma si sottrae del tutto - sarà la campagna elettorale o sarà il ruolo di opposizione giocato fino in fondo - alla responsabilità di individuare un minimo di strumenti e di finanziamenti per le opzioni che vengono contenute. Da questo punto di vista, la mozione del Pag. 36Popolo della Libertà - e parlo del dispositivo - in modo convincente e pragmatico individua i punti su cui, nei prossimi anni, bisognerà impegnare il Governo e il Parlamento nello sforzo riformatore. Si parla innanzitutto di fisco: non vi è alcuna contraddizione tra una riforma che preveda tagli sensibili e percepibili alle aliquote e rigore di bilancio, sul quale (non insisto, ma già lo ha detto il collega Vignali) il portato più prezioso dell'attività di Governo è stato quello di mettere al riparo la barca italiana - e quanto ce n'era bisogno! - dai venti della tempesta finanziaria.
Le tasse si possono tagliare, individuando strumenti di riqualificazione della spesa pubblica, come si prevede nella mozione. Credo che il precedente Governo Prodi avesse intravisto quella possibilità con l'idea del libro verde, che poi non è mai sfociato in un libro bianco sulla spesa pubblica, ma il risultato è stato nulla sulla spesa pubblica e molto sulle tasse. La lealtà fiscale va perseguita anche attraverso la riduzione delle aliquote con un patto sociale con i contribuenti italiani, non con la persecuzione fiscale. La riduzione delle aliquote, deve essere chiaro, si confermerà tanto più sarà la crescita della lealtà fiscale, che deve diventare un valore molto maggiore di quanto non lo sia oggi.
Vorrei sottoporre una questione all'attenzione del Ministro e al suo giudizio prudente: nel programma del Popolo della Libertà si individua, tra le opzioni di finanza pubblica, anche un piano di valorizzazione e di alienazione di quella parte di patrimonio pubblico che può essere valorizzata ed alienata. Infatti, è chiaro che l'aggressione al debito pubblico, nei prossimi semestri, non potrà avvenire - tra virgolette - per via reddituale, cioè attraverso gli avanzi di bilancio, ma potrà avvenire, in modo significativo, in valore assoluto, soprattutto, dando una direzione attraverso operazioni sul patrimonio pubblico. So che il Ministro Tremonti ha molto a cuore questo aspetto, anche dal punto di vista dell'analisi.
Su welfare, mercato del lavoro e tasse si gioca la possibilità, in futuro, di affrontare le tre grandi fratture della società e dell'economia italiana: la questione territoriale, quella generazionale e quella di genere (mi riferisco alla questione femminile).
Vorrei dire alcune cose sulla questione territoriale. Nella nostra mozione si specifica come sia necessario cambiare il paradigma degli interventi rivolti al Mezzogiorno, passando, cioè, dal sussidio al vantaggio (intendendosi per vantaggio quella condizione che, più di altre, premia il merito, sottraendo le risorse all'intermediazione politico-burocratico-sindacale).
Da questo punto di vista, io che, certo, non sono un fanatico dell'intervento pubblico, credo che, per come è congegnata, la cosiddetta Banca del Mezzogiorno rappresenti un esempio ed un esperimento di quel cambio di paradigma. Mi riferisco, cioè, all'idea, di rendere vantaggioso l'investimento privato nel Mezzogiorno non attraverso devoluzioni dirette di risorse, ma attraverso vantaggi fiscali, senza mobilitare risorse pubbliche intermediate, con i risultati che, purtroppo, abbiamo a lungo sperimentato nel nostro Paese.
Sul fronte del welfare, nella mozione in oggetto si fa riferimento al cosiddetto Libro bianco, esprimendo l'idea di superare gli strumenti eccezionali, come la cassa integrazione straordinaria, che hanno dato prova, se ben utilizzati, di funzionare bene in una fase di emergenza. Il Libro bianco prevede due grandi «pilastri», uno pubblico ed uno di tipo assicurativo: un'assicurazione contro la disoccupazione generalizzata ed un meccanismo assicurativo.
Ritengo che il finanziamento del pilastro pubblico di assicurazione generale debba avvenire attraverso una redistribuzione della spesa sociale, e non attraverso nuove spese, nuove tasse o nuovi contributi, che finirebbero per «mangiarsi» i vantaggi, in termini complessivi di competitività e di efficienza nel lavoro delle imprese, che possono crearsi attraverso un sistema di ammortizzatori sociali. Tale sistema, da una parte, potrebbe evitare che la disoccupazione diventi un dramma personale Pag. 37e, dall'altra parte, consentirebbe alle imprese di gestire, nel modo più efficiente possibile, le risorse umane.
Credo che dobbiamo puntare - lo affermiamo anche nella nostra mozione - sull'economia della conoscenza e promuovere gli investimenti tecnologici dove si pensa di recuperare maggiore produttività, e quindi, maggiore competitività, per il sistema produttivo, anche manifatturiero.
Credo che dobbiamo puntare sull'istruzione e sulla formazione, al di là di ogni altra considerazione, se vogliamo che l'Italia diventi un Paese dove possano esprimersi i migliori talenti: non solo i nostri (cioè, quelli italiani), ma anche i talenti stranieri. Infatti, dobbiamo riconoscere l'apporto prezioso che dà, in prospettiva, alla società italiana, chi, a qualunque livello, viene in Italia per lavorare e per produrre.
Pertanto, dobbiamo lavorare sulla formazione (e su questo si sta lavorando), sull'università e sulla ricerca scientifica (anche su questo si sta lavorando), su strumenti che favoriscano l'investimento, la ricerca e i brevetti nelle piccole e medie imprese.
Volendo dare un messaggio, certamente direi che «piccolo» è bello, tuttavia aggiungerei che «piccolo» è bello soprattutto quando cresce, perché i recuperi di produttività e di competitività sono tanto maggiori per il sistema industriale, quanto più la dimensione delle imprese tende a crescere. A tal riguardo, penso agli strumenti - messi in campo dal Ministero dello sviluppo economico - anche di sostegno finanziario a quelle imprese, le quali rischiano di vedersi portare via i brevetti e le innovazioni, non per investimenti esteri, che sono sempre e comunque i benvenuti, ma perché non vi sono strumenti che consentano di affrontare le difficoltà finanziarie, come magari semplicemente mantenere la registrazione dei brevetti in tempi difficili.
Abbiamo bisogno di un mercato del lavoro aperto e di un'economia liberalizzata, superando le resistenze corporative. Abbiamo bisogno di investire nella ricerca, liberando - laddove è necessario (e spesso lo è) - da pregiudizi ideologici, i quali ci confinano fuori dalla frontiera della ricerca scientifica: penso, ad esempio, al settore agro-industriale, dove abbiamo una preminenza e dove dobbiamo mantenere una presenza nella frontiera della ricerca scientifica.
Ritengo che in questa mozione vi siano le premesse per fare un lavoro serio, che serva davvero ad individuare le possibilità di costruire il PIL negli anni a venire. Infatti, possiamo discutere - ed è giusto farlo - del fatto che il PIL non sia l'unico indicatore di benessere di un Paese, ma la nostra sfida resta comunque quella del tasso di crescita.
So che nella premessa della mozione è menzionato il fatto che il differenziale di crescita, rispetto agli grandi Paesi nostri competitori, che abbiamo registrato in questi mesi e in queste settimane, probabilmente dipende dalle politiche keynesiane di deficit spending (che, ad esempio, in Francia sono state attuate) e questo non ci preoccupa...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, signor Presidente. Tuttavia, ci deve preoccupare che il futuro, ossia il «dopo crisi», a differenza del «pre-crisi», per quanto riguarda l'Italia, non sia quello di una minore crescita strutturale della nostra economia, perché questo, per ragioni di sostenibilità della finanza pubblica e per ragioni più complessive, non possiamo sostenerlo.
In conclusione, signor Presidente e signor Ministro, fino ad oggi abbiamo giocato - con la regia del Governo e con la sua, signor Ministro Tremonti - un'eccellente ed efficacissima partita di contenimento. Credo che questo sia il momento - se mi si consente di concludere con una metafora calcistica - di dimostrare che sappiamo giocare all'attacco con le riforme (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

Pag. 38

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, per la prima volta in questa legislatura si discute di agricoltura all'interno di una più generale riflessione sulla crisi economica. Ciò è merito del Partito Democratico. È, infatti, solo grazie al nostro partito, a Pierluigi Bersani e a Dario Franceschini, che oggi sarà esaminata in quest'Aula la situazione del settore agricolo: settore strategico e decisivo per l'economia nazionale, non meno di altri.
Ancora una volta, maggioranza e Governo hanno dato prova di disinteresse e sottovalutazione. È bene che il Paese lo sappia. È bene che coloro che ci stanno ascoltando siano correttamente informati di questo stato di cose. Il Governo parla, strombazza, si elogia e si incensa, ma il comparto agricolo è stato considerato poco meno di una Cenerentola. Con le chiacchiere - e lo dico in particolare al Ministro Zaia, il quale è in altre faccende affaccendato - non si semina né si raccoglie, non si tutela la produzione, né si salvaguarda l'occupazione. Le chiacchiere, le porta via il vento, come le foglie morte.
La prima preoccupazione che noi del Partito democratico abbiamo avvertito è stata quella di evitare che nella crisi vi fosse un settore più sfortunato di altri e che si scatenasse una guerra tra poveri. L'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi con tre effetti principali: i prezzi agricoli sono scesi del 16,3 per cento nel 2008 e del 6,1 per cento nel 2009; il reddito reale per lavoratore nel 2009 si è contratto di oltre un quarto rispetto al 2008.
Tale contrazione in Italia è più del doppio rispetto alla media europea. Infine, il margine di filiera e della forbice fra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione è sensibilmente peggiorato. La crisi ha colpito in particolare i settori cerealicolo, ortofrutticolo, olivicolo, lattiero-caseario, suinicolo, vitivinicolo e tabacchicolo e si è manifestata pesantemente al sud, dove si concentrano i settori più colpiti dalla diminuzione dei prezzi.
Il Governo non ha adottato alcun provvedimento e manifesta continue difficoltà a mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generate dal Fondo di solidarietà nazionale e la mancata stabilizzazione delle agevolazioni previdenziali per le aree svantaggiate in tutto il Paese.
Insomma, a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, tra i quali la vicina Francia, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per rilanciare il settore.
Per questo, signor Presidente, è indispensabile non la chimera del ponte sullo Stretto, ma un piano concreto che preveda politiche incisive per sostenere il reddito degli agricoltori, il credito di imposta per nuovi investimenti produttivi e il ricambio generazionale, la razionalizzazione della filiera agricola e la multifunzionalità dell'agricoltura.
In conclusione, signor Presidente, i comparti lattiero-caseario, suinicolo, vitivinicolo e ortofrutticolo sono alcune priorità. Noi abbiamo più volte presentato progetti di legge e dato la nostra disponibilità a trovare soluzioni condivise, senza alcun esito. Il Governo ha voltato le spalle non a noi, ma a quelle migliaia di imprese e a quei milioni di lavoratori che non chiedevano favori, ma legittimi interventi per affrontare la crisi e riprendere un cammino virtuoso di crescita e sviluppo: noi Democratici saremo al loro fianco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, signor Ministro, il peggioramento della finanza pubblica in altre economie europee e negli Stati Uniti si spiega, sostanzialmente, con una manovra anticiclica robusta di alcune decine o centinaia di miliardi di euro o di dollari e in parte è dovuto anche al salvataggio di banche e assicurazioni. Da noi invece - per fortuna, dico io - non c'era il problema di salvare Pag. 39le banche, ma di manovre anticicliche non si è vista neanche l'ombra.
Ciononostante, non abbiamo quel «guardiano del faro» della finanza pubblica, perché il debito, signor Ministro, è arrivato a 1.800 miliardi di euro...

PRESIDENTE. Onorevole Della Vedova, per cortesia, consenta al Ministro di seguire l'intervento.

RENATO CAMBURSANO. ...cioè è salito di 160 miliardi in un anno, circa il 10 per cento in più rispetto all'anno precedente. Ma il PIL, come lei sa, per fortuna non è diminuito del 10, ma del 5 per cento e in più abbiamo risparmiato 10 miliardi di euro per il minor costo degli interessi.
Come si spiega tutto ciò? Si spiega con il fatto che all'appuntamento mancano circa 70 miliardi di euro. Dove sono andati? L'Unione europea ci ha richiamato proprio ieri ed oggi al nostro dovere di contenimento della spesa pubblica. Ecco perché ha ragione Rubini quando afferma che la sigla PIIGS ha due «I» e una di queste, purtroppo, identifica il nostro Paese.
Il maggior debito è stato causato da una spesa corrente crescente...

PRESIDENTE. Onorevole Conte, per cortesia...

RENATO CAMBURSANO. Per cortesia, può lasciare che il Ministro ascolti?
Come dicevo, il maggior costo del debito è dovuto sostanzialmente all'aumento del 7,5 per cento della spesa corrente, a «robuste» minori entrate (manca all'appello circa il 10 per cento di IVA e sappiamo che l'aumento dei consumi nominali è stato del 2 per cento, quindi non è da addebitare a questo), ma l'evasione fiscale, in compenso, è cresciuta - questa sì - dell'11,4 per cento.
L'imponibile evaso è stato stimato a 366 miliardi, a cui corrispondono circa 140-145 miliardi di minore imposta incassata dall'erario.
La lotta all'evasione ha dato dei risultati che, però, devono essere depurati ovviamente dalle partite improprie. Ma, soprattutto, non conosciamo l'importo degli sconti che sono stati fatti ai grandi evasori.
In compenso, però, la pressione fiscale - lei lo sa - è cresciuta dal 42,9 al 43,2 per cento. Sarebbe molto interessante sapere a quanto ammontano le imposte non pagate, ma dalla metà del 2008, cioè da quando avete cominciato a governare, l'Agenzia delle entrate non diffonde più le note trimestrali, cioè gli italiani non devono sapere.
Signor Ministro, nel posto da cui provengo, il Piemonte, non vi è niente di più fondamentale del lavoro, non solo come fonte di reddito, che viene sempre più a mancare, ma anche come autostima. La disoccupazione in compenso - e lo abbiamo visto - è cresciuta, secondo le stime della Banca d'Italia, con una lettura diversa da quella dell'ISTAT, al 10 per cento.
In Piazza Montecitorio qualche ora fa, signor Ministro, si è tenuta una seduta del «Parlamento del lavoro»: da una parte, vi erano i lavoratori in cassa integrazione, in mobilità, senza stipendio e i precari; dall'altra vi erano i parlamentari - guarda caso - dell'opposizione, ossia del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori. L'ex Ministro Cesare Damiano ha già ricordato che l'INPS ha stimato le ore di cassa integrazione in 1,2 miliardi. Ben 500 mila lavoratori sono fermi, cioè non lavorano. Tra questi, i più «fortunati» prendono da 700 a 750 euro al mese. Si tratta di stipendi - si fa per dire - sicuramente da fame. Tanti altri, invece, non hanno un centesimo.
Ecco perché nella nostra mozione proponevamo una serie - e le riprendiamo - di proposte concrete sulle quali vorremmo ovviamente confrontarci, partendo da un piano industriale per rilanciare l'industria, soprattutto quella green, dalla reintroduzione del credito d'imposta automatico per chi fa ricerca e innovazione, da un nuovo patto di stabilità interno, soprattutto per le amministrazioni locali virtuose.
Inoltre, vogliamo far partire la nuova Cassa depositi e prestiti, che è già sulla carta, al punto che si parla di un cambio Pag. 40dell'amministratore delegato. Vi sono tante buone intenzioni, ma nessun fatto. Occorrono riforme strutturali, tra le quali quella del fisco, una maggiore liberalizzazione, più formazione e un ridisegno organico - cui siamo disponibili - del sistema del welfare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RENATO CAMBURSANO. Signor Ministro, ci preoccupano molto - e termino davvero - gli effetti di Basilea 3: o le banche si patrimonializzano in modo robusto e così costeranno miliardi, oppure il rubinetto del credito sarà chiuso definitivamente. Preoccupiamoci e se ne preoccupi lei per primo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, finalmente discutiamo dei problemi del Paese, dei distretti produttivi colpiti dalla crisi, delle famiglie in difficoltà, dei lavoratori e delle imprese che faticano quotidianamente ad alzare la saracinesca.
Certo, sappiamo che non tutta l'Italia è in cassa integrazione e non tutti sono colpiti allo stesso modo dalla crisi. Vi sono realtà, competenze e professionalità che si misurano quotidianamente con i mercati e che si inventano letteralmente ogni giorno una soluzione diversa. Tuttavia, la sensazione di essere stati lasciati soli è diffusa, così come la consapevolezza, ormai, di doversela cavare da soli.
Ma è proprio questo il tema a mio avviso: da questa crisi ne usciamo tutti insieme, oppure vince chi è in grado di correre più e meglio degli altri? Ne usciamo con maggiore solidarietà o con maggiori ingiustizie sociali?
Converrà, signor Ministro, che è centrale la tematica fiscale. Lo è sia per far quadrare i bilanci familiari, sia per rilanciare i consumi attraverso un incremento delle detrazioni, sia per rilanciare la competitività delle nostre imprese, attraverso un alleggerimento del carico fiscale sul lavoro. L'unica cosa, a mio avviso, che non possiamo fare è stare fermi.
Non si può rinviare, signor Ministro, ogni intervento ad una non meglio definita grande riforma fiscale. Non lo si può fare perché il rinvio e l'attesa non sono neutri, ma incidono in maniera differente sui redditi personali e delle famiglie e sulle prospettive delle imprese.
Lei sa meglio di me che negli ultimi due anni le entrate dell'IRPEF hanno tenuto grazie all'aumento delle trattenute sul lavoro dipendente, nel 2008 a causa del rinnovo di alcuni grandi contratti del comparto privato, e nel 2009 perché si sono rinnovati i contratti del settore pubblico. Allo stesso modo sa che il reddito delle famiglie italiane si è contratto in termini reali del 4 per cento.
L'attesa di tempi migliori, quindi, per mettere mano al sistema fiscale, si scontra con la vita di migliaia e di milioni di famiglie. L'attesa e il rinvio non sono neutri; il suo quindi rischia di essere una sorta di rigorismo a senso unico, che colpisce in una sola direzione. Non ci si venga ad impartire lezioni sulla tenuta dei conti pubblici: quando siamo stati al Governo abbiamo dato ampia prova di saper coniugare rigore della finanza pubblica con interventi redistributivi. Non solo: abbiamo sempre lasciato i conti pubblici meglio di come li avevamo trovati.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALBERTO FLUVI. Noi diciamo che sono urgenti provvedimenti fiscali per sostenere i bilanci familiari ed affermare la centralità del lavoro. Un intervento fiscale - concludo - ad invarianza di gettito è possibile da subito, un intervento che si ponga l'obiettivo di riallocare il carico fiscale tra i diversi soggetti e le diverse fonti di entrata.
Una questione di equità e di giustizia, unita alla necessità di sostenere la domanda interna e la produttività, impone interventi immediati e non generiche promesse di future riforme fiscali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, signor Ministro, signori sottosegretari, onorevoli colleghi, la mozione Cicchitto, Cota ed altri, illustrata così brillantemente dal collega Vignali, ha elencato le attività svolte dal Governo per contrastare la crisi economica.
A questo proposito, vorrei fare una sola considerazione sul dibattito importante e attento che si sta svolgendo in quest'Aula. Trovo che vi sia spesso, nelle analisi che compiono i colleghi dell'opposizione - noto anche le differenze che ci sono state per esempio tra i colleghi dell'UdC, i colleghi del PD e i colleghi dell'Italia dei Valori anche nel dibattito di quest'Aula - un senso di autarchia, come se i numeri negativi fossero solo un male nostro, e non un dato comune di tutti i Paesi sviluppati (e non solo), una conseguenza di un crollo della domanda globale che ha fortemente penalizzato i Paesi fortemente esportatori come il nostro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,25)

GIULIANO CAZZOLA. Che senso ha non fare questi confronti? Che senso ha rappresentare una situazione del nostro Paese come se fossimo un'isola, se volete, infelice, ma che fa i conti con se stessa, dimenticando una verità fondamentale di ogni economia e di ogni pensiero economico, ossia che non esiste una via nazionale alla ripresa, per quanti sforzi possa fare un Governo, per quanto meglio possa fare un Governo di quanto non ha fatto il nostro, che pure ha fatto tanto nel quadro delle misure che gli erano possibili?
Nel tempo a disposizione concentrerò il mio intervento sulle questioni del lavoro e lo farò, se mi consente, signora Presidente, replicando al contenuto di un volantino che i rappresentanti del Partito Democratico nella Commissione lavoro della Camera dei deputati hanno inviato a noi tutti e nel quale, sotto il titolo «Difendiamo il lavoro dagli attacchi del Governo», vengono indicati ben 19 punti che, ad avviso degli estensori, dimostrerebbero che «il Governo Berlusconi ha tradito le lavoratrici e i lavoratori».
Capisco che in campagna elettorale tutto può tornare utile, ma le bugie hanno le gambe corte anche in politica. Prima di parlare delle bugie, dedicherò qualche minuto alle omissioni, rispetto a quanto il volantino non dice: non vi è alcun cenno sul fatto che, nel corso di lunghi mesi di una crisi esplosa con una violenza imprevista e inaudita, il Governo è stato in grado di mettere in campo risorse straordinarie a sostegno del reddito di centinaia di migliaia di lavoratori, anche di tanti che non avevano mai potuto fruire prima della cassa integrazione guadagni.
Queste misure hanno consentito alle aziende di mantenere il più a lungo possibile un legame con i propri dipendenti, che nella generalità dei casi non si è ancora spezzato, anche se tutti ci aspettiamo delle novità gravi sul terreno dell'occupazione, perché prima o poi le aziende che sono rimaste dovranno dimensionarsi rispetto alle attività residue e, quindi, anche agli organici con i quali misurarsi e con cui fare i conti. Tuttavia va detto e riconosciuto che il Governo ha messo in campo una serie di proposte che tendono a far sì che questo legame non si spezzi. I colleghi della XI Commissione (Lavoro) sanno benissimo di cosa si tratta.
Questo è un dato di fatto, onorevole Damiano, al di là di un procedimento legislativo nella XI Commissione (Lavoro) che è ancora aperto, che affronteremo dopo le elezioni regionali, nella stessa Commissione dove - le assicuro, a partire da chi interviene e le parla - nessuno si sente umiliato dalle posizioni che il Governo ha espresso con argomenti che indubbiamente possono non essere condivisibili, che possono essere discussi, ma che non sono da rifiutare, perché hanno posto (lo ha fatto il Ministro Sacconi in quest'Aula) una serie di problemi reali.
Oggi il Governo e la maggioranza sono impegnati ad andare oltre l'emergenza con la riforma degli ammortizzatori sociali, Pag. 42ma la sinistra ci accusa di aver cancellato il protocollo del welfare 2007. Alla faccia della cancellazione! Ditemi dove il protocollo del 2007 è stato cancellato! Abbiamo ricevuto in eredità persino la norma sulle pensioni che cancellava lo scalone e regalava a poche decine di migliaia di italiani un percorso più lento con gli scalini, e che costerà al Paese 7,5 miliardi di euro in dieci anni. Tali risorse si sarebbero potute impiegare meglio nella riforma degli ammortizzatori sociali, ma questa norma non è stata cambiata da questo Governo, dalla fame, dal freddo e dalla paura, come si diceva una volta.
Il cosiddetto collegato lavoro, peraltro, lungo un processo travagliato, ha confermato la stessa norma sui lavori usuranti contenuta nella legge n. 247 del 2007, che recepiva quel protocollo, come dice il volantino del Partito Democratico, approvato da cinque milioni di lavoratori. La stessa cosa vale per la riforma degli ammortizzatori sociali, che contiene peraltro - lo dico alle onorevoli colleghe - anche norme sulla conciliazione, le stesse norme inserite nella legge n. 247 del 2007, nella delega sugli ammortizzatori sociali. Anche in questo caso, il collegato lavoro ha riscritto la stessa norma di delega contenuta nella legge del Governo Prodi e non credo che si sia mai visto un Governo assumere una linea così continuista in materia di lavoro come l'attuale nei confronti del precedente.
Certamente abbiamo ripristinato istituti come lo staff leasing o la somministrazione, che solo un vostro assurdo furore ideologico - unici in Europa - aveva voluto sopprimere.
Quanto alla divisione del sindacato non è certo colpa del Governo se la CGIL - creando problemi anche ai riformisti dell'opposizione - ha scelto la linea dell'autoesclusione. Voglio ricordare che poche settimane orsono è intervenuto in sede di Ministero del lavoro con tutte le istituzioni e tutti i sindacati, compresa la CGIL, un importante accordo sulla formazione professionale e lì nessuno ha sbattuto la porta in faccia alla più importante organizzazione del Paese, che esce dalla comune soltanto quando vuole e quando ritiene, soltanto quando deve fare delle battaglie che non sono sindacali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Noi siamo fieri di avere incoraggiato le parti sociali a stipulare l'accordo quadro del 22 gennaio del 2009, perché anche su questo accordo quadro la verità andrà pur detta: questo accordo quadro non ha impedito alla grande maggioranza delle organizzazioni sindacali di fare contratti unitari senza un'ora di sciopero, ad eccezione della FIOM. Ma non può diventare un'eccezione, un'eccezione peraltro ripetuta con un comportamento che si protrae negli anni, la regola delle relazioni industriali di questo Paese.
Noi non abbiamo depotenziato il Testo unico sulla sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, lo abbiamo corretto come chiedeva la delega e lo abbiamo fatto in maniera che oggi sia più condiviso da tutte le parti sociali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Non è stata certo la maggioranza, ma il procuratore generale Guariniello, l'angelo custode della nostra virtù in tema di sicurezza del lavoro, a dichiarare in audizione presso la Commissione lavoro che l'apparato sanzionatorio era ridondante e inutile.
Tante altre considerazioni potrebbero essere svolte: dal comitato pari opportunità, che non è stato mai soppresso nella pubblica amministrazione all'età pensionabile delle lavoratrici del pubblico impiego, in ottemperanza ad una sentenza della Corte giustizia; al riconoscimento dell'indennità di disoccupazione ai precari della scuola che non hanno avuto l'incarico, con un decreto che ha avuto un'accoglienza non negativa da parte di questa Camera. Ma trovo incredibile, signor Presidente, che si continui a falsificare la norma sull'apprendistato introdotta nel collegato lavoro, come pure trovo stucchevole questa polemica sull'arbitrato come aggiramento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavori, quando sapete benissimo che nonostante tutte le garanzie contenute nella legge il Governo ha promosso un avviso comune con le parti sociali: tale avviso impegna le parti a stipulare un Pag. 43accordo interconfederale che escluda la materia del licenziamento dalle possibilità di devoluzione alle forme stragiudiziali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Questi, signor Presidente, signori colleghi, sono fatti e tanti altri ne potrebbero essere citati. Noi non siamo un esercito di perfetti, un esercito di persone che non sbagliano mai, ma questi sono fatti e i fatti hanno la testa dura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Colaninno. Ne ha facoltà.

MATTEO COLANINNO. Signor Presidente, signor Ministro dell'economia e delle finanze, onorevoli deputati, il passaggio del testimone tra l'economia dell'Occidente e quelle dell'Asia e del Brasile è già in corso. I bad assets, i titoli liquidi tossici, causa prima della crisi, sono tuttora presenti negli attivi di bilancio delle più grandi istituzioni finanziarie colpite. Non si tratta solo di geopolitica e di degenerazione della speculazione finanziaria, ma di fenomeni di portata talmente vasta da rappresentare scelte vincolanti nei piani strategici delle imprese.
Ciò detto non è pensabile che le scelte di riposizionamento produttivo possano essere determinate esclusivamente dalla meccanica selettiva del mercato. Parlamento e Governo devono assumersi oggi la guida e la regolazione di una grande ristrutturazione del nostro sistema industriale e manifatturiero che freni la perdita di peso economico e industriale del nostro Paese. Il punto di attacco: non ci è consentito di rispondere ai profondi cambiamenti della geografia economica, delle produzioni e delle competenze ammortizzando in modo passivo il valore, costruito nel tempo, della piccola impresa. La capacità dell'impresa, sia nel breve che nel lungo termine, di far fronte ai propri impegni finanziari, di sostenere gli investimenti, di stabilizzare strategie di espansione delle vendite e delle quote di mercato, di mantenere redditività e capacità di sviluppo è oggi sempre più determinata dalla sua solidità patrimoniale e finanziaria.
Oggi dunque la priorità ineludibile, signor Ministro, è il rafforzamento patrimoniale delle nostre aziende. La proiezione dell'impresa italiana tra crisi e nuova globalizzazione deve puntare su nuove organizzazioni e alleanze internazionali, passando dalle forme elementari così diffuse a strutture organizzative più evolute e policentriche.
Il nostro modello di capitalismo, fondato sulle famiglie imprenditoriali, può farcela a vincere solo se si dimostrerà capace di aprirsi ai mercati a più forte crescita, se si dimostrerà capace di aprire le porte dell'azienda a nuove competenze manageriali, ad una rinnovata finanza per la crescita e, finalmente, alla gestione del passaggio generazionale. Spinta da queste mutazioni, è acquisita, a partire dalle analisi basate sul principale indice americano, l'indice s&p 500, che racchiude le prime 500 aziende americane, la capacità delle imprese familiari di sovraperformare.
In conclusione, signor Presidente, sono convinto che all'uscita dalla crisi il capitalismo italiano avrà di fronte una sfida dall'esito terribilmente incerto. Si profilano nei prossimi anni opportunità probabilmente uniche, che potranno essere colte soltanto a prezzo di cambiare radicalmente quello stesso modo di fare impresa che ha determinato il successo delle nostre migliori imprese. Sono queste le sfide delle aziende e dei loro lavoratori. Sono queste le responsabilità della politica, queste le nostre responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Colaninno, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

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GIOVANNI FAVA. La ringrazio, signor Presidente. Signor Ministro, noi la ringraziamo perché in questo periodo di grande crisi internazionale, in uno scenario che ha visto la maggior parte dei Paesi occidentali affrontare questa crisi con grandi difficoltà e con una propensione ulteriore alla spesa, lei ha mantenuto rigore nella spesa pubblica e ha dato a questo Paese la stabilità che si meritava di avere.
Noi la ringraziamo perché, nonostante tutto, il nostro è uno dei pochi Paesi che ha affrontato questo grave momento, questo prolungato periodo di crisi senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini, e sappiamo bene quali sono i cittadini nelle tasche dei quali qualcuno ha infilato le mani negli ultimi anni: in grande misura sono i cittadini dei territori dai quali noi proveniamo e che vogliamo rappresentare.
Quindi noi, signor Ministro, la ringraziamo di aver mantenuto questo atteggiamento in un periodo che sappiamo essere stato difficile, lo ripeto, ma questo non ci esime dallo svolgere oggi una serie di considerazioni che partono dalla mozione che abbiamo condiviso e sottoscritto con la maggioranza e che entra nel merito di alcune questioni fondamentali affrontandole in modo serio e, credo, definitivo. Questa mozione è una specie di momento di sintesi che arriva in una fase di giro di boa all'interno di questa legislatura, che ci darà la possibilità di partire, subito dopo il periodo elettorale delle regionali, con un rinnovato slancio per poter dare attuazione concreta ai contenuti della mozione che si riferiscono ad alcune questioni importanti.
In questa mozione, infatti, per la prima volta, credo, in modo assolutamente bipartisan la maggioranza affronta un tema che è quello del cambiamento di una filosofia organica del rapporto del nostro Paese nei confronti del Mezzogiorno e del suo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi ringraziamo gli alleati del PdL per aver avuto il coraggio di dire, una volta per tutte, che riguardo al Mezzogiorno bisogna cambiare marcia, bisogna invertire la tendenza, bisogna cambiare rotta, bisogna uscire da questa logica assistenziale nell'ambito della quale ormai, purtroppo, il nostro Paese rischia con il tempo di ritrovarsi ad essere un unico Mezzogiorno. Ci sono zone svantaggiate un po' dappertutto, penso che questo sia sotto gli occhi di tutti, e credo che sia ora di finirla con la logica dei FAS a senso unico, con la logica degli investimenti che non producono nulla se non ricchezza nelle tasche dei pochi soggetti che fanno attività speculativa, più che attività imprenditoriale.
Noi vorremmo parlare, appunto, degli imprenditori. Ritengo che negli interventi di chi mi ha preceduto il tema imprenditoriale si sia bene o male rincorso con una certa continuità e che allo stesso si sia cercato di dare una valutazione come sempre di parte. Le piccole e medie imprese di cui oggi sentiamo parlare non stavano così a cuore a coloro che oggi ce l'hanno ripetuto così tanto nei due anni della legislatura precedente, quando noi dai banchi dell'opposizione continuavamo a chiedere interventi strutturali in questa direzione e dall'altra parte trovavamo un Governo assolutamente sordo, assolutamente non disponibile ad accogliere le nostre sollecitazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Questo Governo ha fatto cose diverse, questa maggioranza nelle scorse settimane ci ha dato la possibilità di dibattere anche di questioni concrete. Una di queste, una su tutte, credo, è il tema dell'accesso al credito.
Credo che ciò rappresenti il vero nodo strutturale sul quale, mi auguro, voglia concentrarsi l'attività del Governo non solo in termini di provvedimenti diretti ad emanazione dello stesso, ma in quanto espressione della capacità del Governo di poter affrontare il dibattito internazionale nelle sedi opportune e competenti anche al di fuori del nostro Paese. Noi abbiamo sollecitato al Governo e a lei, Ministro, con grande intensità il tema di una revisione organica e sistematica delle regole che governano il famoso e ormai famigerato accordo di Basilea 2. Quello è il punto dal quale bisogna partire per un rilancio vero. Sono innegabili, infatti, gli sforzi fatti dalla Pag. 45maggioranza e dal Governo in questi mesi per cercare di garantire prima stabilità e risparmio, e quindi, garanzia per i risparmiatori che temevano di non avere più la possibilità di vedere recuperate risorse magari accumulate con un risparmio di una vita di lavoro. Poi in una fase successiva, ci sono stati gli impegni volti a tentare di dare gli strumenti agli stessi istituti di credito che, a più riprese, hanno dimostrato di non essere interessati agli strumenti messi a disposizione dall'amministrazione pubblica, in quanto, in realtà, vincolati a delle formalità burocratiche che non permettono l'erogazione di finanziamenti. Oggi il problema è più burocratico che sostanziale: oggi noi dobbiamo superare un meccanismo di regole troppo rigide in virtù di accordi e trattati internazionali che non consentono e non ci permettono di poter fare intervenire i nostri istituti di credito in modo efficace (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ministro, come lei ben sa, noi abbiamo fatto a volte di alcune nostre sciagure ragioni di virtù: capita nella vita. Probabilmente abbiamo il sistema del credito che ha retto meglio rispetto al resto del contesto internazionale perché avevamo quello che forse era il peggiore. Noi, avendo il peggior sistema finanziario e bancario d'Europa, ci siamo trovati a vivere il paradosso di aver sofferto meno di altri. Gli istituti di credito, infatti, non hanno mai dato a nessuno i soldi e non hanno avuto bisogno di subire il problema che hanno subito altri sistemi, come quello americano in particolare, laddove la predisposizione e la disponibilità rispetto al credito, anche in assenza di garanzie reali vere, evidentemente ha fatto la differenza. Da noi ciò non accadeva, perché dalle mie parti c'è sempre stato un detto secondo cui le banche ti danno i soldi se ce li hai: se non ce li hai non te li dà nessuno. In virtù di questo atteggiamento molto conservatore e conservativo, il nostro sistema bancario tutto sommato evidentemente ha retto. Lo conferma il fatto che le banche non hanno dimostrato particolare interesse nei confronti di quei sistemi di garanzie finanziarie che il Governo ha messo a disposizione a suo tempo e che portavano anche il suo nome. Credo che vada, però, preso in esame questo tipo di analisi perché è da lì che dobbiamo partire con uno rinnovato slancio per cercare di rispondere alle problematiche. Lei continui ad andare in giro per l'Europa a ricordare che gli italiani sul tema di Basilea 2 non hanno ancora digerito fino in fondo ciò che lì è scritto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Fino a quando non arriveremo alla ridefinizione vera e propria di quei due principi, difficilmente troveremo delle modalità per ridare slancio alla finanza delle piccole e medie imprese di cui qui qualcuno si riempie la bocca, ma che con ogni probabilità nessuno conosce.
Altro nodo fondamentale è che il nostro è un Paese che molto meno di altri (molto meno della Spagna e sicuramente della Grecia), però come altri ha avuto in questi ultimi vent'anni nel comparto dell'edilizia un elemento di traino decisivo rispetto al sistema e all'aumento del prodotto interno lordo progressivo che ci eravamo dati. Nulla sarà più come prima, quindi dobbiamo pensare ad un piano che possa andare a riconvertire quelle centinaia di migliaia di lavoratori che erano impegnati in quelle imprese. Non siamo preoccupati di quale fine faranno molti speculatori che dietro le imprese hanno fatto i soldi, ma noi siamo preoccupati di sapere che fine faranno quei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). In ordine a questo piano di rilancio, credo che anche in questo caso si deve guardare con attenzione e cercare di portare avanti un ragionamento che ci possa in un certo qual modo trovare uniti.
Ho sentito parlare di agricoltura e mi fa sorridere che gli stessi soggetti che oggi hanno parlato di agricoltura e che ci hanno ricordato il crollo dei prezzi agricoli, si dimenticano di alcuni piccoli dettagli che risalgono a qualche mese fa e non a qualche decennio fa. Qualcuno di quei signori in quest'Aula diceva che a quella che venne definita una sanatoria sulla vicenda delle quote latte, operata dal Pag. 46Ministro Zaia (io dico giustamente) per porre fine ad un'ingiustizia decennale, avrebbe corrisposto un tracollo del mercato del latte. Bene, signor Ministro, lei sappia che il mercato del latte non molto, ma nelle ultime settimane e negli ultimi mesi, ha segnato degli indici di crescita. Ciò vuol dire che quando si interviene politicamente, seriamente e si dettano delle regole certe e chiare, i mercati rispondono in modo adeguato e i risultati si vedranno: ci vorrà del tempo e noi siamo convinti che il tempo ci sia.
Concludo toccando il tema dell'energia...

PRESIDENTE. Onorevole Fava, ha esaurito il tempo a sua disposizione.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, concludo. Vorrei ricordare, comunque, che questo Governo ha fatto e sta facendo il possibile, anche in questi giorni, per trovare delle soluzioni - una di queste è il provvedimento che abbiamo approvato questa mattina - per ridare al nostro sistema industriale un prezzo energetico che sia all'altezza e allineato con i prezzi energetici del resto d'Europa. Oggi voteremo convintamente la nostra mozione - la parola poi ovviamente spetterà a chi si occuperà della dichiarazione di voto finale - e lo faremo con grande convinzione, a sostegno del Governo e del lavoro del Ministro Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, la crisi economica ha colpito duro. Il 2009 ci ha consegnato un quadro di forte debolezza dell'economia italiana, un calo del PIL di oltre cinque punti, cioè 65 miliardi di euro di ricchezza prodotta in meno, pagata dai lavoratori, dai precari, dagli artigiani e da tante piccole imprese. Non era e non è una questione psicologica. Il vero dato preoccupante è l'accentuazione delle difficoltà del nostro sistema produttivo. Le aree di crisi e le crisi aziendali ormai non si contano più. Non che manchino i punti di forza e di eccellenza del nostro sistema industriale, ma complessivamente e onestamente dobbiamo ammettere che la nostra economia ha reagito peggio di altre alla crisi. Eravamo già caratterizzati da una crescita molto bassa già prima della crisi. Colleghi della Lega Nord, voi avete governato per sette anni negli ultimi nove, ma la contrazione dei livelli produttivi è stata pesante ugualmente. Quello che preoccupa è che, visto il crollo degli investimenti senza segnali di recupero apprezzabili, si potrebbe determinare un forte restringimento della base produttiva, con pesanti effetti sull'occupazione e sulla tenuta complessiva dell'economia italiana.
D'altra parte risulta essere relativamente elevato il grado di indebitamento delle imprese, in particolare delle piccole imprese. Tutto questo avviene senza una politica industriale degna di questo nome messa in campo dal Governo: interventi frammentari legati ad annunci roboanti, che rischiano di tramutarsi in beffe per chi - i distretti tessili di Prato o di Biella - crede e spera negli aiuti, generosamente promessi a parole, e alimentare il danno di una accentuata deindustrializzazione.
Se non mettiamo in campo una vera politica industriale di sostegno alla riorganizzazione, in direzione per esempio della green economy, e alla riallocazione dei nostri settori di punta verso le frontiere dei nuovi saperi, il rischio è quello di rimanere schiacciati tra l'eccesso di capacità produttiva e la fragilità finanziaria e creditizia di tante piccole imprese, con conseguenze non desiderabili e facilmente intuibili.
È stato un errore grave avere azzerato il Fondo di competitività di Industria 2015, dando 450 milioni per Alitalia, sottraendo risorse alla ricerca e all'innovazione industriale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Come è incredibile il ritardo con il quale si sta affrontando il tema degli interventi per le aree di crisi: i distretti di cui alla legge n. 99 del 2009. Grave è la latitanza sulla vicenda Eutelia e sconsiderata l'idea che sembra avere Pag. 47questo Governo di considerare FIAT solo un costo e non anche una grande opportunità per il nostro Paese.
Tutti i grandi Paesi occidentali investono nell'auto elettrica e non lasciano sole le loro aziende di auto. È incredibile che nel decreto-legge incentivi, del quale sentiamo parlare e leggiamo da mesi, si parli di misure per rimorchi, per autocarri e tricicli. A proposito di questo decreto-legge, vi è una spruzzatina di contentini imbarazzanti.
Sarebbe utile concentrare gli interventi sull'innovazione, aiutando le nostre imprese più avanzate, destinando strumenti di riorganizzazione e accorpamento per i distretti industriali, e poi utilizzare meglio le spese stanziate in bilancio, che spesso vanno in fondo perente e rischiano la cancellazione, con le imprese che hanno tanti crediti verso la pubblica amministrazione.
C'è bisogno di politica industriale da parte dello Stato, non per ingerire, ma per dare sostegno al nostro apparato industriale, la cui forza sta nella piccola impresa, che oggi ha un grande bisogno di vicinanza, di atti concreti e di riforme vere, come la sburocratizzazione, che non si vede, e come la riforma del patto fiscale, che liberi il lavoro e l'impresa, faccia pagare chi non ha mai pagato e sappia guardare con fiducia alla forza principale del nostro Paese, che vuole lavorare e che ha bisogno di lavorare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, il 13 gennaio di quest'anno questa Assemblea ha approvato una mozione, con il parere contrario del Governo, che affrontava le questioni delle aree deboli del Paese, perché, al contrario delle crisi precedenti, questa crisi colpisce in maniera forte le aree deboli e i ceti deboli. È da lì che bisogna ripartire, se si vuole fare uscire il Paese tutto, con buona pace dell'onorevole Fava, dalla crisi: o si riparte dalle aree deboli e dai ceti deboli o il Paese tutto non ha possibilità di uscire dalla crisi. Se non si capisce questo, non siete in grado di fare uscire il Paese dalla crisi e condannate le aree deboli ad un'ulteriore fase di involuzione.
È proprio per questo che la nostra mozione affronta tutte le questioni che in questo momento sarebbe opportuno risolvere. Invece, voi cosa avete fatto in questi due anni? Avete promesso un grande piano per le aree deboli: lo avete chiamato New Deal, lo avete chiamato Piano Marshall, lo avete ingigantito un giorno con la cabina di regia, un giorno con la Banca per il Mezzogiorno e poi non si è capito più niente. Tanto non si è capito niente che dallo scorso luglio questo piano è stato annunciato, siamo a marzo e non ce n'è traccia! Probabilmente, non ve ne sarà mai traccia, perché, a giudizio dell'onorevole Fava, dobbiamo smetterla con il FAS a senso unico.
Dobbiamo proprio smetterla con il FAS a senso unico, perché in questi due anni il FAS ha coperto tutte le spese, correnti e di investimento, del Paese tranne quelle delle aree deboli, ed è giunto il momento di cambiare questa linea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Siccome la mozione del PdL e della Lega afferma che, finalmente, i deputati meridionali hanno capito che, se il Mezzogiorno viene abbandonato al suo destino, questo è il futuro del Paese, penso che siamo in presenza di una vera e propria sindrome di Stoccolma: i deputati meridionali si sono innamorati del loro sequestratori e di questo Governo, che li sequestra e non gli dà futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ecco perché insistiamo su questioni concrete e precise: ci dovete ridare le risorse per affrontare le grandi questioni dello sviluppo, e questo non è spreco. Se le Ferrovie devono fare l'Alta Velocità, la devono fare al centro, al nord e in tutto il Paese.
Ricordatevi che, in questo momento, a Foggia, si scende e si prende il bus perché non vi sono i binari. Questo è il Paese che state amministrando e così ce lo state Pag. 48consegnando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ma in più vogliamo il lavoro produttivo, noi lo vogliamo! Non vogliamo più assistenza...(Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania). Bravi, bravi! Per far questo, ci vuole la fiscalità di sviluppo: tutti gli strumenti di fiscalità di sviluppo che c'erano per il lavoro produttivo e gli investimenti di impresa, come il credito di imposta, li avete smantellati! Chi volete prendere in giro, chi prendete in giro annunciando una cosa e facendo l'esatto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Ci avete detto «no» al piano per l'inserimento dei giovani, davanti all'emigrazione di giovani emigrati...potete interrompere quanto volete, sono abituato, non vi preoccupate. Potete gridare! Bravi, bravi! Non vi preoccupate, abbiamo forza ed energia per annunciare e denunciare la verità. La verità è che, non affrontando il problema delle aree deboli del Paese, condannate il Paese tutto alla sua divisione e al fatto che non esca dalla crisi.
Se il Ministro Tremonti capirà finalmente che bisogna ripartire da lì, forse il Paese ha una speranza; se non lo farà anche i sordi prima o dopo sentiranno: noi grideremo di più, caro Ministro Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Micheli. Ne ha facoltà.

PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, signor Ministro, dentro la crisi gli enti locali potrebbero giocare un ruolo di fondamentale rilancio dell'economia e di interlocuzione con i cittadini, i quali chiedono a comuni e province di affiancarli nell'affrontare la crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Come? Potrebbero sbloccare i pagamenti iscritti a residui passivi. Oggi vi sono circa 13 miliardi, cioè 13 miliardi disponibili nelle tesorerie per pagare investimenti già realizzati: quasi un punto di PIL da pagare alle aziende piccole e medie che, a causa di ritardi anche di 24 mesi, devono indebitarsi, e pagare poi gli oneri passivi.
La seconda azione di contrasto alla crisi sarebbe il rilancio degli investimenti locali, che fino al 2007 rappresentavano il 68 per cento del totale pubblico, e oggi solo il 50. Per i bilanci del 2010 si stima che solo i comuni produrranno progetti per circa 15 miliardi, pur avendo una potenzialità di oltre 22 miliardi; e tutti sappiamo che in 16 mesi questi progetti sarebbero realizzati.
L'altro effetto diretto delle politiche degli enti locali sulla crisi potrebbe essere il potenziamento «quali-quantitativo» dell'erogazione dei servizi a famiglie e persone; ovvero il rilancio della straordinaria ricchezza del sistema Italia: il lavoro femminile, uno dei capisaldi delle politiche di sviluppo di un Paese che coraggiosamente guarda al futuro.
Finora, signor Ministro, ho usato il condizionale, perché tutto questo oggi non è possibile, per le nefaste conseguenze del Patto di stabilità, che ha perso qualunque connotazione di sviluppo e di crescita. Poche cifre di comparto: invarianza dal 2004 della spesa corrente, nonostante le nuove funzioni; nel 2009 una riduzione di 300 milioni del deficit, contro la pubblica amministrazione che è cresciuta per 35 miliardi: dal 2004 al 2009 gli enti locali hanno migliorato per 3 miliardi.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 18)

PAOLA DE MICHELI. Questi numeri ci portano al cuore del problema: il miglioramento del saldo di comparto è scaricato sugli investimenti, al miglioramento del deficit della finanza pubblica contribuiscono solo gli enti locali; il Patto di stabilità attuale ha effetti prociclici. Noi non ci sottraiamo, signor Ministro, all'idea di un Patto di stabilità interno ispirato al rigore, ma il Partito Democratico ha le proposte per trasformarlo in un motore di sviluppo. In attesa del federalismo, riteniamo che il nuovo modello di Patto interno si debba ispirare alla regola stabile che sposta l'indicatore di virtuosità sul rapporto tra entrate e debito, sull'efficienza Pag. 49della spesa, sulla semplificazione, sulla sussidiarietà, e che consenta di trovare in maniera autonoma l'equilibrio tra gli investimenti necessari e l'erogazione dei servizi sui territori. Noi non siamo il partito della spesa nemmeno quando si tratta di enti locali: i comuni e le province sono motori di sviluppo, produttori di infrastrutture, interlocutori dei bisogni delle persone.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole De Micheli.

PAOLA DE MICHELI. Gli enti locali non sono una zavorra per il Paese, come troppo spesso voi ci avete fatto credere: sono la risorsa preziosa che, con le proposte del Partito Democratico, contribuisce a migliorare la vita degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà, per sei minuti.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, un dibattito come questo - a cui né la maggioranza né il Ministro dell'economia e delle finanze né il Governo si sottraggono, come è evidente dalla presenza del Ministro Tremonti in Aula - si ispira sostanzialmente a due canovacci, uno per l'opposizione e uno per la maggioranza. Quello dell'opposizione è senz'altro di dire che i provvedimenti messi in campo dalla maggioranza e dal Governo non sono stati sufficienti, che con queste risorse si sarebbe potuto fare quest'altro provvedimento o accontentare questa categoria, mettere in campo questa iniziativa o andare avanti su alcuni incentivi diversi da quelli che sono stati portati avanti.
Il canovaccio della maggioranza è altrettanto semplice e forse altrettanto scontato, quello cioè di dover difendere l'operato del Governo in un momento così difficile. Ma credo che a questo canovaccio non dobbiamo sottrarci anche perché è un canovaccio che condividiamo profondamente e che abbiamo costruito insieme al Governo nel corso di questi mesi, fatti di scelte politiche serie, a cominciare dalla prima scelta, che è stata compiuta con il decreto-legge n. 112 del 2008, che ha messo in sicurezza i saldi di finanza pubblica, fino alla scelta che è stata compiuta sul sistema bancario per garantire i risparmi dei cittadini e fino a tutte le altre scelte che sono andate nel senso di produrre incentivi per lo sviluppo e per le imprese (incentivi chiaramente selettivi, che possono essere stati anche oggetto di provvedimenti discussi da questo Parlamento attraverso un confronto politico serrato, contenuti anche in decreti-legge). Sono stati comunque provvedimenti su cui abbiamo avuto il coraggio di confrontarci a testa alta in quest'Aula.
Credo però anche che - al di là della guerra di cifre, di percentuali, di trend di crescita, di aumenti o diminuzioni del prodotto interno lordo, di previsioni o meno di aumento o di riduzione del debito pubblico - l'elemento politico che ha caratterizzato l'azione di questa maggioranza non debba soltanto riguardare e ridursi all'elemento finanziario, alla valutazione di questi dati micro e macroeconomici, bensì che occorra valutare il quadro di insieme. Nel senso che, al di là delle manovre finanziarie, dei tagli e della salvaguardia dei saldi di finanza pubblica, ben altro è stato messo in campo in un quadro di insieme: nel quadro di insieme non possiamo infatti non considerare, ad esempio, la riduzione dei tempi del processo civile o alcuni provvedimenti collegati che hanno riguardato il sistema del lavoro e il sistema sociale (li ha descritti con grande competenza e puntualità l'onorevole Cazzola, vicepresidente della Commissione lavoro, spiegando quali e quanti siano stati gli interventi del Governo in questo settore).
Abbiamo messo in campo anche altre misure che pure hanno una ricaduta sul piano economico e sociale del Paese: non si può dire che non sia economia, che non sia sviluppo o che non costituisca uno sguardo di insieme o una prospettiva la scelta compiuta dalla maggioranza - dal PdL e dalla Lega - e dal Governo di Pag. 50affrontare una scelta di responsabilità importante sul nucleare. Né può certo essere considerata una scelta distante dal quadro economico dell'economia reale quella di stanziare cifre importanti sugli ammortizzatori sociali o di realizzare un meccanismo di federalismo fiscale che responsabilizzi gli enti locali e che avvicini il fisco al cittadino (per citare quanto diceva l'onorevole Della Vedova), che riscriva il patto fiscale tra cittadini, da un lato, e Stato, dall'altro, per fare in modo che i cittadini paghino le tasse, ne paghino meno di quante ne pagano adesso ed in maniera più semplice e corrisponda loro una quantità di servizi da parte dello Stato più chiara e più concreta.
Ancora, non è lontana dal sistema economico e sociale di questo Paese la riforma della pubblica amministrazione, la semplificazione amministrativa, la rivoluzione che il Ministro Brunetta ha portato avanti all'interno della pubblica amministrazione: è un quadro di insieme che non può essere disgiunto dal dibattito economico e sociale del Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, la invito a concludere.

SIMONE BALDELLI. Se vi è dunque qualcuno che ha avuto modo di vedere prima degli altri la crisi non è stato certo il sindacato, né è stata certo la sinistra: è stato il Ministro Tremonti, che ha scritto La paura e la speranza. Nel suo libro - e poi più concretamente in tanti provvedimenti e in tante discussioni presso questo Parlamento - egli ha tracciato un quadro di quella crisi finanziaria che poi ci siamo trovati ad affrontare di lì a qualche mese.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, deve concludere.

SIMONE BALDELLI. La paura speriamo stia passando, adesso è il momento della speranza: insieme sosteniamo il Governo con i contenuti e con i dispositivi inclusi nella nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Dobbiamo ora passare alla replica del Ministro dell'economia e delle finanze ed alle dichiarazioni di voto sulle mozioni, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi sono grato per questa opportunità di dibattito, un dibattito che oggi ruota intorno a sei mozioni: due sono le mozioni a sostegno dell'attività del Governo, quattro sono le mozioni non precisamente definibili in questi termini.
Comincerò da queste: si tratta di quattro mozioni articolate in 154 punti, in 107 punti di premessa economica, in 47 punti di impegno politico. Un impianto così vasto costringe alla sintesi e, sintetizzando, sono quattro mozioni che hanno in comune lo schema logico e dialettico: l'accusa, le prove a sostegno e l'alternativa. L'accusa principale è quella di immobilismo. Le prove si basano su una massa di dati economici tanto ampia quanto eterogenea. L'alternativa si configura come un altro programma di governo. Provo qui di seguito a formulare, come si dice, un'opinione dissenziente.
Immobilismo: in questi 22 mesi di Governo Berlusconi in quest'Aula sono stati discussi due leggi finanziarie e 12 specifici provvedimenti economici. Si può dire che non è stato fatto abbastanza, ma davvero non si può dire che non è stato fatto niente e dire che tutto è stato fatto male, come mi sembra sia stato detto, mi pare oggettivamente eccessivo, politicamente massimalista e statisticamente fallace (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Pag. 51
In 22 mesi almeno una cosa giusta, magari per sbaglio, ma almeno una cosa giusta l'avremo pur fatta (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
In realtà, abbiamo fatto tanto provvedimenti congiunturali quanto provvedimenti strutturali. Congiunturali di intervento immediato sulla crisi e non definibili come pura gestione del debito pubblico: abbiamo garantito i depositi bancari nel pieno della crisi; abbiamo ammesso l'intervento dello Stato nel capitale delle banche a tutela dei risparmiatori; abbiamo permesso la garanzia dello Stato sulle obbligazioni bancarie; abbiamo emesso e operato strumenti ibridi di patrimonializzazione per 4 miliardi; abbiamo potenziato da 300 milioni a 2 miliardi ed esteso agli artigiani il Fondo centrale di garanzia; abbiamo ampliato l'emissione della Cassa depositi e prestiti, portando ad 8 miliardi il plafond per i finanziamenti a medio e a lungo termine delle piccole e medie imprese; abbiamo incrementato per 18 miliardi le autorizzazioni di cassa per il pagamento dei residui passivi, residui accumulati da chissà chi; abbiamo attivato il fondo di garanzia per le opere pubbliche; abbiamo creato la Cassa depositi e prestiti e SACE e un nuovo sistema di export-banca; abbiamo simulato fino a 8 miliardi la moratoria sui crediti; abbiamo introdotto la carta acquisti; abbiamo potenziato gli ammortizzatori sociali e autorizzato gli ammortizzatori in deroga; abbiamo detassato il salario di produttività; abbiamo ridotto via deduzione fiscale il peso dell'IRAP; abbiamo agevolato le ristrutturazioni edilizie; abbiamo eliminato l'ICI prima casa; abbiamo introdotto il bonus per l'acquisto di auto ed altri beni di consumo; abbiamo potenziato il credito di imposta per le spese di ricerca; abbiamo reintrodotto il premio fiscale per le concentrazioni di aumenti di capitale; abbiamo detassato gli utili reinvestiti nei beni strumentali delle imprese e non solo. Provvedimenti strutturali (quelli che si chiamano riforme): abbiamo impostato ed avviato la riforma della pubblica amministrazione, della scuola, dell'università, del lavoro e della previdenza. Il sistema di previdenza italiano è in questo momento tra i più stabili d'Europa ed è la base su cui si può riflettere per il futuro.

ROLANDO NANNICINI. Grazie a chi?

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Certo non grazie a chi ha eliminato lo scalone (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Guardando al futuro dobbiamo pensare ai giovani, ma dobbiamo anche pensare al crescente numero di anziani non autosufficienti. Poi, l'avvio del nucleare, fondamentale per la nostra economia. Del federalismo e della riforma fiscale dirò alla fine del mio intervento.
Ho letto che in questi due anni di crisi altri Paesi europei hanno fatto riforme strutturali. Sarei grato se qualcuno mi dicesse quale Paese e quale riforma strutturale è stata fatta. In realtà, al netto dei megasalvataggi bancari fatti, a me non risulta che altri abbiano fatto riforme. All'opposto l'Italia ha fatto le riforme o ha impostato le riforme che ho citato sopra. In ogni caso, contro il movimentismo, ricordo che il dovere della politica e del Governo non è quello dell'avventura, ma quello dell'equilibrio e della responsabilità, e nello scenario europeo ed internazionale la politica fatta finora dal Governo Berlusconi è stata ed è considerata prudente e saggia, e saggia perché prudente.
Deposito presso la Presidenza i testi dei giudizi positivi espressi sull'Italia da Unione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale ed OCSE.
Non siamo stati immobili sulle cose che si potevano fare, siamo stati irremovibili sulle cose che non si dovevano fare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e del deputato Baccini).
Nei centosette punti critici elencati nelle mozioni di opposizione è contenuta un'enorme massa di dati economici. Non li discuto voce per voce, ma credo che debbano essere letti ed interpretati in modo diverso: pertanto, deposito presso la Presidenza un documento di lavoro. I dati di Pag. 52un sistema complesso - complesso, perché non è solo nazionale, ma anche internazionale - si misurano, infatti, solo nel rapporto tra grandezze omogenee, considerandone le interazioni, contestualizzandole, disponendole sull'asse del tempo in un sentiero temporale coerente, e non muovendole per schiere e coorti, che avanzano nella forma istantanea di figure mosse per scatti dadaisti, e solo nell'ombra, senza alcuna luce, solo nel colore viola di un corteo funebre.
Vorrei portare alcuni esempi. Se questo dibattito fosse stato svolto la settimana scorsa e non oggi, il dato della produzione industriale sarebbe stato negativo (meno 0,2 per cento) e non positivo come oggi (più 2,6 per cento). Prodotto interno lordo e deficit pubblico non sono variabili tra di loro indipendenti. Se un Paese - ad esempio, la Francia - ha una minor caduta del suo PIL (solo meno 2,5 per cento), ma a fronte di un fortissimo incremento del suo deficit pubblico (oltre l'8 per cento), non è necessariamente un buon differenziale. I dati vanno visti insieme e non separati.
Il caso di un Paese che ha una caduta del suo PIL causata dalla caduta dell'export è oggettivamente meno negativo e meno drammatico del caso di un Paese - un altro Paese - che, magari, ancora mostra qualche numero non pessimo e, tuttavia, ha solo la coda di un passato che non si ripeterà. Eppure, è un Paese che ha visto la drammatica caduta del suo modello economico, che prima era basato, artificiosamente, sull'alto debito e sulle bolle immobiliari, sull'ipertrofia finanziaria e sulla speculazione mobiliare. Tutto è relativo: vi sono stati, e vi saranno ancora sorpassi, ma fatti in retromarcia.
Il differenziale di cambio euro-dollaro colpisce di più chi esporta rispetto a chi non esporta. La crescita del prezzo del petrolio colpisce di più chi non ha risorse energetiche come il nucleare. Anche le statistiche sulla produttività e sul costo dei servizi non dicono nulla, se non si considerano le cause che hanno causato i differenziali negativi di produttività e di competitività in Italia. Si tratta delle patologie delle privatizzazioni realizzate nel decennio passato, dai telefoni all'energia, alle autostrade. Chissà chi le ha fatte (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Ancora: l'Italia è certo un Paese duale, anzi, due volte duale. È un Paese duale per il differenziale, più vasto che altrove, tra economia formale ed economia informale. Molti italiani sono, infatti, più ricchi dell'Italia ed i dati delle ultime dichiarazioni dei redditi disponibili - quelle dell'anno fiscale 2007, che non è il nostro - lo dimostrano. In ogni caso, sull'evasione fiscale - se volete, lo chiederemo - si può avviare una specifica ed importante sessione parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Partito Democratico). Il Paese, inoltre, è duale per il differenziale tra nord, centro e sud. Questo è un aspetto, ormai, costituzionale e fondamentale, e torneremo a parlarne.
Nell'insieme, ciò che cerco di dire sui dati, è che gli uffici che compiono studi sono essenziali, ma dicono tutto, tranne l'essenziale. Definire l'essenziale è responsabilità della politica ma, prima di agire, bisogna capire e, nell'agire, bisogna sapere che non esistono formule magiche assolute. A me sembra che, troppo spesso, si rappresentino formule che sembrano derivate dall'idraulica, dalla chimica, o dall'alchimia (come a dire: muovo «x» da una parte, e trovo «y» dall'altra). Siamo un grande Paese, ma siamo in una situazione complessa e critica. Siamo un Paese che non si può governare con il «piccolo chimico» (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Nel caso dell'Italia, la crisi si è inscritta e sviluppata dentro un quadrante che è fatto insieme da grandi forze e da grandi debolezze.
Per cominciare, la crisi economica ha colpito l'Italia sul suo punto di maggiore forza. Nell'autunno del 2008, con Lehman Brothers, sono cadute insieme improvvisamente la fiducia e la domanda mondiale. L'Italia era allora al suo massimo storico per l'export totale di merci, pari a 376 miliardi di euro (più 27 per cento rispetto al settembre del 2005). Pag. 53
È stato da questo lato, ossia dal lato esterno e da quello dell'export, e non dal lato interno o dalla finanza, che in Italia, nei dodici mesi scorrevoli successivi alla crisi, abbiamo perso di colpo 85 miliardi di euro. Per inciso, non è un caso il fatto che le maggiori economie esportatrici dell'occidente - Germania, Giappone e Italia - sul PIL per il 2010 registrano tutte un meno 5 per cento.
A fronte di ciò, nel gestire la crisi abbiamo dovuto scontare la nostra maggiore debolezza: il debito pubblico. Abbiamo, infatti, il terzo debito pubblico del mondo, ma non abbiamo la terza economia del mondo. Tuttavia, c'erano anche - e vi sono - a chiudere il quadrante, altre due forze: la forza di un Paese che ha il risparmio e la forza di un Paese che ha la seconda manifattura d'Europa dopo la Germania.
Dopo il crollo, caduta la polvere, la crisi dimostra che, per molti altri Paesi, il futuro sarà diverso dal passato e non migliore, perché la manifattura è meglio della finanza, perché il risparmio è meglio del debito, perché la flessibilità è meglio della rigidità. E la flessibilità storica del nostro Paese è quella di un Paese fatto a rete: una rete fatta da 8 mila comuni, da 8 milioni di partite IVA, da uno Stato sociale basato sul pilastro pubblico dell'INPS, ma anche sul pilastro fondamentale della famiglia.
Il Governo Berlusconi ha agito, ha dovuto e potuto agire all'interno di questo quadrante e nell'agire ha fronteggiato tre rischi: il rischio di un collasso dei conti pubblici, il rischio del disordine sociale e il rischio del blocco produttivo.
Per cominciare, a partire dalla legge finanziaria triennale di luglio 2008, abbiamo evitato il rischio del collasso del nostro bilancio pubblico. Se nel reagire alla crisi avessimo fatto o ancora oggi si facesse la scelta politica di aumentare discrezionalmente il nostro debito pubblico, non avremmo avuto e non avremmo meno crisi, ma più crisi, non meno tempesta, ma più tempesta.
È stato appena detto: il deficit italiano è pari al 5 per cento, in Gran Bretagna al 12 per cento, negli Stati Uniti al 10 per cento; per questo c'è la consapevolezza che il bilancio pubblico dell'Italia è molto più solido, in questo momento, di quello inglese o americano. Questa frase è del Presidente Prodi: su questo non ho difficoltà a concordare con il Presidente Prodi.
Oggi la velocità di crescita del deficit e del debito pubblico italiano è per la prima volta da molti anni inferiore alla media europea e la sostenibilità del nostro debito è posizionata dall'Economist - un giornale che va letto anche quando è positivo per l'Italia - meglio di Gran Bretagna, Giappone, Spagna, Francia e Stati Uniti (deposito presso la Presidenza l'Economist del 13 febbraio).
L'avanzo primario è girato ovunque in negativo, ma per l'Italia è stimato a meno 0,7 per cento, per la Germania a meno 3,4 per cento (tre volte di più) e per la Francia a meno 6 per cento (più di sei volte). La correzione sul deficit richiesta per l'Italia dalla Commissione europea è per il 2011 pari a 0,5 per cento (la più bassa d'Europa). Lo spread sui titoli pubblici italiani, rispetto a quelli tedeschi, oggi è intorno a otto punti base. Altri spread di altri Paesi, e non marginali, si sono mossi più fortemente.
Attesi per il peggio, abbiamo nell'insieme evitato di essere la causa e l'epicentro della crisi e credo che in coscienza abbiamo fatto bene, ma aggiungo che l'Italia non aveva e non ha alternative. Se l'azione o la comunicazione esterna fossero state o fossero oggi diverse e non basate su serietà e responsabilità (quello che voi qui chiamate immobilismo o assenza di coraggio); se la nostra azione e la nostra comunicazione fossero state ispirate dall'avventurismo «deficista» o da quel costruttivismo economico, tentativo sperimentale (per cui qui ci si fa invito o ci si chiede impegno), gli effetti, prima di beffa e poi di maggior danno, sarebbero stati e sarebbero devastanti: devastanti per la Repubblica e devastanti per le nostre famiglie.
Il secondo rischio è un rischio sociale. Concentrando le risorse disponibili nel bilancio pubblico su due voci sociali principali, Pag. 54gli ammortizzatori sociali e il rinnovo del patto triennale per la sanità, abbiamo contribuito alla tenuta sociale del Paese.
È stato detto: il Governo ha avuto la capacità di governare la crisi perdendo poco consenso, questa è la vera particolarità italiana. Riconosco un'abilità di fondo nel modo con il quale il Governo ha agito. La frase è di Guglielmo Epifani e su questo ancora concordo.
Sappiamo bene che ci sono settori e comunità, famiglie e persone che più di altre soffrono per la crisi e faremo il possibile per non lasciare indietro nessuno, ma finora non si è smarrito il senso complessivo della coesione sociale.
Apprezziamo, oltre la dialettica politica, la posizione responsabile di molti leader dell'opposizione. Lo scontro sociale evocato dagli apprendisti stregoni non è, infatti, una ideologia e neppure una ideologia sostitutiva del conflitto di classe. È, come insegna la storia, una cosa sempre pericolosa, tra l'altro pericolosa soprattutto per la sinistra e per i suoi compagni di strada e di piazza.
Infine, il terzo rischio è quello di un collasso produttivo. Il nostro sistema produttivo, pur colpito dall'esterno nella sua parte più vitale, ha tenuto. Gli ordinativi sono cresciuti nell'ultimo trimestre del 2009 del 5,1 per cento, anticipando un relativo recupero dell'attività produttiva.
L'aumento della disoccupazione, pur negativo, colloca l'Italia tra i Paesi con minore tasso di disoccupazione: 8,6 a fronte del 10 per cento medio dell'area euro e gli Usa.
I dati più recenti sull'inflazione a febbraio segnalano una crescita nulla su base congiunturale: la media equivale a un tasso in calo all'1,2 per cento.
Nell'accesso al credito riceviamo dalle istituzioni segnali in ordine all'attenuazione delle tensioni sull'offerta del credito.
La pressione fiscale, al netto del recupero straordinario di evasione, è pari a 42,7 per cento contro il 43,1 del 2007.
In sintesi, abbiamo contribuito a garantire lo Stato patrimoniale e lo Stato sociale: per Stato patrimoniale intendo il bilancio pubblico e il risparmio delle famiglie e per Stato sociale intendo sicurezza e sanità. Dico che abbiamo contribuito perché nei sistemi occidentali contemporanei il Governo non è l'attore assoluto e dunque noi tutti dobbiamo dire grazie alle forze sociali, ai lavoratori, agli imprenditori, ai nostri concittadini e alle loro famiglie e a tutti quelli che insieme tengono unito e unito nella pace questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia).
Non ci possiamo fermare, perché il futuro non è un destino: il futuro dipende da noi, in Italia e in Europa.
La settimana scorsa ha iniziato il suo cammino la Banca del Mezzogiorno; a cominciare dalle Poste inizierà presto anche la raccolta e la canalizzazione fiscalmente favorita del risparmio da tutto il Paese a beneficio del Sud; domani prenderà forma il Fondo italiano di investimento.
In tre mesi è stata organizzata e lanciata la più grande operazione di capitale di rischio fatta in Italia, coinvolgendo la Cassa depositi e il sistema bancario italiano. Il capitale che sarà raccolto è molto alto, la leva che sarà utilizzabile è altissima.
Nei prossimi giorni partirà il Fondo per l'edilizia privata sociale, con due miliardi e mezzo provvisti dalla Cassa depositi e prestiti, da fondazioni bancarie, banche e assicurazioni e fondi previdenziali privati, con la capacità di costruire circa 50 mila alloggi in cinque anni, e così via.
Nel dibattito l'onorevole Della Vedova ha formulato un'idea molto intelligente che sta nel programma e che sarà sviluppata e noi continueremo. Non mi pare che siamo stati fermi, che siamo o che staremo fermi: stiamo soprattutto lavorando alla riforma fiscale. Prima di parlarne in pubblico ne abbiamo avviato, in parallelo al federalismo fiscale, lo studio tecnico preliminare.
Quella fiscale è una riforma fondamentale per rendere il nostro sistema fiscale più giusto e più efficiente. Non possiamo continuare con una macchina fiscale disegnata Pag. 55mezzo secolo fa e poi solo rattoppata mentre tutto il mondo, nel frattempo, cambiava radicalmente.
Il federalismo fiscale batterà l'evasione e renderà più trasparente e più morale la nostra pubblica amministrazione.
In ogni caso, non imporremo imposte patrimoniali né colpiremo il risparmio e la casa. Non segheremo i rami dell'albero su cui stanno la nostra economia, la nostra società e le nostre famiglie (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia).
Discuteremo con tutti e su tutto, sia con le forze sociali, sia con l'opposizione in Parlamento, sia con le istituzioni europee e internazionali. Tuttavia, di una cosa siamo fin da ora sicuri: non realizzeremo un programma di governo alternativo, ma realizzeremo il programma elettorale che è stato votato, per il Governo Berlusconi, dai nostri elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia e del deputato Baccini). Per questo ringrazio molto i colleghi di maggioranza per le loro mozioni.
Voi chiedete più coraggio, ma coraggio e incoscienza non sono la stessa cosa. Noi abbiamo coraggio, ma non abbiamo - né noi, né gli italiani - incoscienza (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia e del deputato Baccini).
Onorevole Bersani, sui vostri manifesti è annunciata, in poche parole, un'altra Italia. Non so se la vostra Italia sia possibile, ma so che non è preferibile (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia e del deputato Baccini).

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, in sintesi il parere del Governo è favorevole sulle mozioni di maggioranza. Purtroppo, il parere del Governo è contrario su tutte le altre mozioni. In ogni caso, la lunghezza delle altre mozioni impedisce una valutazione più approfondita (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Pertanto, il parere del Governo è contrario sulle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00336, Bersani ed altri n. 1-00340, Casini ed altri n. 1-00341 (Nuova formulazione) e Tabacci ed altri n. 1-00345.
Quale è il parere del Governo sulle mozioni Lo Monte ed altri n. 1-00342 e Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346 (Nuova formulazione)?

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, il parere del Governo sulle mozioni Lo Monte ed altri n. 1-00342 e Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346 (Nuova formulazione) è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà per 3 minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, il Ministro dell'economia e delle finanze ha difeso, come è suo diritto e come è forse suo dovere, l'azione economica del Governo ed ha elencato, molto puntigliosamente, una serie di interventi che il Governo ha adottato nel corso degli ultimi mesi e degli ultimi 2 anni.
Tuttavia, questo sforzo, che egli ha così poderosamente documentato, si accompagna ad un andamento del reddito nazionale italiano, nell'ultimo anno, che vede una caduta del 5 per cento in termini reali, una caduta della produzione industriale del 20 per cento e un aumento della disoccupazione che sfiora il 9 per cento. Si deve tener conto, tuttavia, che una parte della disoccupazione non si vede perché è coperta dai dati della cassa integrazione e Pag. 56si deve tener conto, signor Ministro, che questa crisi dell'economia italiana, che può essere giudicata legata alle condizioni internazionali, viene dopo oltre dieci anni di stagnazione dell'economia. In altri termini, siamo entrati nella crisi mondiale in condizione di grave difficoltà, ne usciamo più deboli e abbiamo la prospettiva, nei prossimi anni, di una grande debolezza.
Questo è il problema. Non si tratta della difesa puntigliosa di ciò che si è fatto, ma della mancanza della risposta, signori del Governo, alla questione che gli italiani si pongono, ossia di sapere quando e come riprenderà la crescita dell'economia italiana e, dunque, la crescita dell'occupazione e la speranza di lavoro per i giovani e la speranza di sviluppo per il Mezzogiorno.
La nostra risposta a questo punto è che serviva e serve una riduzione della pressione fiscale dal 43 per cento, che lei ha indicato, ed un aumento degli investimenti nella scuola, nella ricerca, nelle università e in alcune infrastrutture, tenendo conto del debito pubblico naturalmente.
Il che vuol dire, signor Ministro, tagliare con coraggio la spesa improduttiva, che è quello che voi, come molti altri Governi prima, non avete avuto la forza e il coraggio di fare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!
Ma non è questa la nostra posizione. Questa era la posizione del Governo Berlusconi, era il programma del Governo Berlusconi dal 2001: la riduzione della pressione fiscale. Gli italiani che ci guardano sanno che questo era l'impegno e, se il Ministro dell'economia difende il non aver fatto tutto questo, non può dire che il Governo ha fatto il suo dovere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIORGIO LA MALFA. Ecco perché, signor Presidente, non votiamo certamente a favore della mozione della maggioranza di Governo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà per tre minuti.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, in premessa alla mia dichiarazione di voto, che farò a nome delle Minoranze Linguistiche, come presidente del gruppo Misto richiamo la sua attenzione sul fatto che alle componenti del mio gruppo che hanno presentato alcune delle mozioni (l'una di Alleanza per l'Italia, l'altra dell'MpA) in base all'organizzazione del dibattito non sono stati concessi i tempi necessari per l'illustrazione delle loro mozioni. È un problema che ritengo grave, in ragione del mio ruolo di garanzia e dell'autonomia delle diverse componenti appartenenti al gruppo.
Ciò detto, nel merito, come Minoranze Linguistiche, riteniamo essenziale ragionare in ordine a quali scelte di Governo il Paese chieda. In altri termini, al di là delle misure straordinarie di stimolo fiscale ed economico, che hanno avuto effetti importanti, ma destinati ad esaurirsi, occorre discutere di riforme e politiche strutturali di sostegno alla produzione e alla domanda interna.
Le piccole e medie imprese vivono condizioni del credito e politiche industriali che non consentono loro di recuperare opportunità di ripresa, né di contenere ed invertire la flessione dell'occupazione. Il Governo le pone in una condizione di attesa, ad esempio in materia di incentivi o, più in generale, di politiche industriali, il che equivale ad una situazione di abbandono. Di conseguenza chiudono o sostengono in solitudine i costi crescenti, con un sistema del credito che si rafforza grazie ad interventi a garanzia della propria liquidità e del patrimonio, ma che le aggrava irresponsabilmente con una persistente contrazione del credito alle imprese, anziché ridurre le loro difficoltà strutturali.
Se, come riteniamo debba essere, gli indirizzi di riforma riguardano inevitabili appuntamenti di sistema, ciò significa, a nostro giudizio, la riforma del sistema fiscale e le misure di sostegno al reddito, Pag. 57al lavoro e alla famiglia e, tra queste, una effettiva e non declamata scelta a favore del quoziente familiare, che da anni sosteniamo e che da tempo il Paese attende.
Per il Governo la riforma fiscale, in realtà, è di là nel tempo. Si sostiene che ciò sia reso inevitabile dai dati del debito pubblico. In parte è così, anche in ragione del fatto che tutti gli indici di finanza pubblica presentano un peggioramento. L'impressione diffusa nel Paese è che non vi sia un Governo in grado di impostare tempi ed indirizzi certi di una riforma organica contro le gravi iniquità attuali.
La riforma è sempre rinviata ad altro momento e i suoi contenuti restano inesistenti, mentre la pressione fiscale è molto al di sopra della media europea. Da manifesto elettorale della maggioranza diviene ormai una remota prospettiva di fine legislatura.
Per questi motivi, voteremo a favore di tutte le mozioni, ad eccezione di quelle della maggioranza, sulle quali ci asterremo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Brugger, in relazione al garbato rilievo che ha mosso all'inizio del suo intervento, mi permetta di ricordare a lei e ai colleghi che l'organizzazione dei lavori di questa seduta è stata deliberata all'unanimità dalla Conferenza dei presidenti di gruppo con l'esplicito obiettivo di concentrare nel pomeriggio di quest'oggi il dibattito e di consentire la ripresa televisiva diretta della replica del Ministro e delle dichiarazioni di voto da parte dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ne consegue che il tempo a disposizione dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto non poteva che essere calcolato in maniera conseguente, sempre in proporzione alla consistenza dei medesimi, come è stato fatto del resto in circostanze analoghe.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, nella sua puntuale orazione in difesa dell'attività del Governo in materia economica non ci ha illustrato in maniera altrettanto puntuale il motivo per cui abbia espresso parere contrario sulle mozioni presentate dall'opposizione, né tanto meno nella sua orazione si è soffermato sulle questioni sociali che derivano dalla crisi economica che sta attraversando il nostro Paese.
Noi Liberaldemocratici-MAIE in questo nostro intervento, che ha una durata alquanto ridotta, vorremmo soffermarci, in particolare, su due aspetti generati dalla crisi, cioè quello che riguarda la disoccupazione femminile e quello del mondo giovanile. Oggi parlare di donne e di occupazione femminile non significa recuperare superate logiche di emancipazione, ma prendere atto della imprescindibile risorsa economica e sociale rappresentata dal lavoro femminile nella direzione della crescita economica del Paese, unica via in grado di produrre ricchezza e sua redistribuzione.
Autorevoli studi dimostrano che la maggiore occupazione femminile si traduce in innalzamento della natalità, in maggiore progresso economico e sociale, prodotto dal più elevato tasso di istruzione e professionalità femminile. I numeri, però, a lei tanto cari, ci dicono che siamo lontani da tutto questo. La strategia di Lisbona, che ha previsto il 60 per cento di donne occupate entro il 2010, rappresenta quello che l'Europa ci dice. Molto diverso, invece, è quello che l'Europa registra in Italia.
Infatti, secondo i dati di EUROSTAT, nonostante la crisi abbia colpito con più forza quei settori che tradizionalmente occupano un maggior numero di cittadini, in Italia il maggior numero di donne occupate non arriva al 50 per cento, il che significa che siamo in perfetta controtendenza rispetto agli altri Paesi europei.
La realtà è che servono provvedimenti mirati a recuperare questo antieconomico gap tra uomini e donne. È per questo che la nostra proposta si incentra su tutte Pag. 58quelle misure riconducibili alla conciliazione tra lavoro e famiglia, come la contrattazione integrativa calibrata sulle situazioni locali, come nel Mezzogiorno, e a tutte quelle misure non volte al riconoscimento di discriminatorie quote rosa, bensì al riconoscimento del merito femminile.
Per quanto riguarda poi la situazione giovanile, i giovani, spesso costretti fuori dal mondo del lavoro e ai suoi margini, spesso in virtù di più o meno celate forme di precariato, rappresentano sicuramente una mancata occasione nell'ultima legge finanziaria varata da questo Governo, che non è stata una finanziaria di crescita in grado di riattivare la nostra economia.

PRESIDENTE. Onorevole Melchiorre, la prego di concludere.

DANIELA MELCHIORRE. Lei, Ministro, ha detto che noi siamo il Paese che ha il terzo debito pubblico del mondo, ma non siamo certamente la terza economia del mondo.

PRESIDENTE. Concluda...

DANIELA MELCHIORRE. Invertiamo la rotta e con uno scatto di audacia restituiamo competitività al nostro Paese, puntando al lavoro femminile e anche all'incremento del lavoro giovanile (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà per tre minuti.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la grave crisi che stiamo attraversando assume nel Mezzogiorno i caratteri dell'emergenza sociale e si abbatte sull'economia come una sorta di gigantesco moltiplicatore dei divari regionali. Tutto questo perché la recessione internazionale si è innestata in un contesto, quello meridionale, già fortemente indebolito e vulnerabile, acuendo le difficoltà del suo fragile apparato produttivo.
Se, come si sostiene da più parti, il problema del Mezzogiorno è il nanismo industriale e la conseguente incapacità delle imprese del Sud di attuare innovazioni, occorrerebbe promuovere il decollo mettendo al centro dell'agenda del Governo politiche industriali specificatamente indirizzate a spingere il tessuto produttivo meridionale verso un salto tecnologico e dimensionale, che ne incentivi le aggregazioni con effetti di breve periodo, e con le leve fiscali, prima fra tutte la creazione di una no tax area.
I giovani meridionali approcciano quasi rassegnati al mercato del lavoro, sicuri che, quale che sia il loro livello di istruzione e di qualificazione, non sarà consentito loro di lavorare nel territorio in cui si sono formati e in cui sono cresciuti.
Sul fronte dell'occupazione, un rapporto SVIMEZ evidenzia curiosamente come nel meridione la domanda di lavoro sia scesa del 3 per cento, parametro dietro al quale si nasconde l'incognita del lavoro sommerso, con il ricorso al quale paradossalmente la crisi al Sud ha avuto effetti meno devastanti.
Inoltre, tutti i settori produttivi più importanti sembrano segnati dal declino con l'adozione della cassa integrazione come nuovo bacino nel quale far confluire nuovi precari o come viatico ai licenziamenti definitivi.
Per finire, onorevoli colleghi, per liberare il Mezzogiorno dalla morsa dell'arretratezza non crediamo al potere salvifico del solo Governo centrale, ma anche e soprattutto alla governance territoriale in un clima di condivisione, rigore, trasparenza ed assunzione collettiva di responsabilità. Riteniamo necessario avviare una battaglia politica e culturale che imponga la consapevolezza che il Paese non esce dalla crisi senza e contro il Mezzogiorno e che abbia al contempo i caratteri di risposta all'emergenza determinata dalla crisi e di proposte per una prospettiva di sviluppo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Ho tre minuti, signor Presidente?

Pag. 59

PRESIDENTE. Sì, ma sono trascorsi. Le mancano sei secondi.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Ministro Tremonti, abbiamo molto apprezzato l'annunciato varo della Banca del Mezzogiorno, ma temiamo che riproporre un modello che appare debole, dandogli una mano di vernice, non risolverà i problemi del credito al Sud, in particolare alla piccola e media impresa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Commercio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà per tre minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la crisi finanziaria, che poi è diventata anche economica e che ha colpito l'economia mondiale, ha avuto effetti gravi e pesanti in Europa e in Italia con l'aumento della disoccupazione, il crollo dei consumi, la drastica riduzione della produzione e un calo di fiducia nel futuro.
Le conseguenze più drammatiche, signor Ministro, si sono avute sul Sud, l'area più debole del Paese, dove la disoccupazione ha raggiunto livelli assolutamente insopportabili e dove, a causa dell'atteggiamento di alcuni grandi gruppi industriali, come la Fiat, la situazione sociale sta diventando esplosiva. L'amministratore delegato della Fiat Marchionne, per giustificare la chiusura di Termini Imerese, cinicamente vuole far passare il messaggio che è diseconomico investire nel Sud e che anche gli stabilimenti produttivi già esistenti devono chiudere.
Il Governo in un contesto così complesso e difficile è riuscito ad operare bene, mettendo al sicuro i conti pubblici, salvaguardando il risparmio degli italiani, assicurando tutte le risorse necessarie per gli ammortizzatori sociali, intervenendo a favore delle fasce più deboli con la social card, con i prestiti a favore delle giovani coppie, dilazionando i mutui. Ma soprattutto il Governo non ha aumentato la pressione fiscale. Cosa avrebbe fatto invece la sinistra? Come traspare anche dalla mozione Bersani, avrebbe aumentato le tasse, avrebbe alimentato l'assistenzialismo.
E al Sud? La sinistra non avrebbe realizzato né il ponte sullo Stretto di Messina, né la Banca del sud, né la fiscalità di vantaggio, che è uno strumento fondamentale per consolidare l'esistente e favorire nuovi insediamenti produttivi. Nella mozione Bersani, insomma, c'è troppa nostalgia per Visco, il grande tassatore (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia).
Per il Sud c'è da fare tanto, la questione meridionale è l'unica vera grande questione nazionale, non è più solo tecnica economica. È per questo che noi abbiamo dato vita al partito del Sud, Noi Sud, che a differenza di altri ha le idee chiare sulle alleanze: noi siamo alleati del centrodestra, siamo alleati di Berlusconi, perché riteniamo che la questione meridionale potrà essere risolta solo in questa grande alleanza.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. Riteniamo anche che la questione meridionale si possa risolvere solo in un nuovo contesto istituzionale: il federalismo fiscale e una grande riforma della giustizia.
Noi voteremo contro la proposta Bersani perché contiene inganni, perché contiene proposte velleitarie, non è nemmeno un libro dei sogni. Voteremo a favore della mozione della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

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BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Ministro dell'economia, non so se sia giusto evocare un'altra Italia, quella di oggi, però, ha un preoccupante deficit di etica pubblica e francamente non ci piace (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).
Il problema del suo Governo è la comunicazione, è la distanza siderale tra la propaganda che sa fare e i fatti. In qualche modo la legge del contrappasso di dantesca memoria si abbatte su di voi; così accade che il Capo del Governo che controlla la televisione, non riesce più a governarla e decide di spegnerla, e così fate voi: di fronte ai gravi problemi economici e sociali del Paese vi nascondete, li minimizzate, fate intendere che siete i migliori quando tutti gli indicatori in Europa - ed è una costante dal 2001, cioè da quando lei era già Ministro dell'economia - ci collocano nelle retrovie; siamo stabilmente il fanalino di coda dell'euro zona.
Non mi riferisco tanto al livello del debito pubblico e alla pressione fiscale, nei quali siamo in cima alla classifica, quanto all'incrocio tra tasso di disoccupazione e tasso di occupazione della popolazione tra 16 e 64 anni, oppure al valore aggiunto per occupato, oppure al prodotto interno lordo per ore lavorate. Voi considerate gli italiani come se fossero dei bambini a cui si deve nascondere la verità, come quando nel corso di un viaggio noioso o faticoso si dice al bambino per farlo stare buono che ormai siamo arrivati e questo viene ripetuto continuamente.
Quante volte avete raccontato agli italiani che la crisi è superata, che siamo i più virtuosi, che è solo psicologica, e lei, Ministro, a vantarsi di avere previsto tutto! Solo che noi italiani ancora non abbiamo la crisi alle spalle, non l'abbiamo vinta, anzi, l'abbiamo davanti in tutta la sua portata distruttrice, specie per i più deboli, per quelli che il posto di lavoro rischiano di perderlo davvero; invece, il Presidente del Consiglio afferma in maniera sbrigativa che la risalita è iniziata.
In realtà, la ripresa è così incerta che ci vorranno molti più anni rispetto agli altri Paesi avanzati per tornare ai livelli di prima; a questo punto non basta affidarsi all'ottimismo, sostenere che la crisi è psicologica, oppure negarne l'esistenza. La caduta produttiva europea e anche quella italiana ha le sue origini nel forte calo delle esportazioni e non basta, quindi, motivare i consumatori, come anche oggi abbiamo letto che in realtà pensa di fare lei.
La condizione data ci obbliga a fare le riforme, come noi noiosamente abbiamo ripetuto e come voi vi ostinate a negare. Le mancate riforme determinano da un quindicennio una forte perdita di competitività e questo richiede comportamenti molto rigorosi: altro che i tagli lineari da lei così tanto decantati quanto inefficaci!
Ridurre sensibilmente il peso delle strutture pubbliche a parità di servizi erogati; aumentare la concorrenza nelle professioni libere e nei servizi pubblici locali; ridurre le aspettative pensionistiche e previdenziali per poter far crescere gli ammortizzatori e la tutela di chi perde il lavoro; far pagare le tasse a chi non le paga e concorre a fare dell'Italia la protagonista dell'economia sommersa e quindi dei fenomeni di evasione fiscale. Lei, Ministro, non è un campione della battaglia nei confronti dell'evasione fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia)!
Se non si vuole seguire questa strada poiché mette a rischio il consenso, ci si dovrebbe allora rassegnare ad una più alta inflazione, per ridurre la durezza delle riforme e spalmarne gli effetti su più anni, ma questo porterebbe alla crisi dell'euro, perché la bestia dell'inflazione fuori dalla gabbia potrebbe non rientrarvi più. Noi non siamo la Grecia, ma la Grecia non è molto lontana da noi. Voi non avete il coraggio di prendere decisioni rigorose, preferite galleggiare dissimulando la realtà delle cose; per queste ragioni il vero problema è lei e il suo Governo e la bolla intellettuale e politica che ha concorso a costruire per depistare la percezione della pubblica opinione.
Per queste ragioni, noi voteremo a favore delle mozioni dell'opposizione, a cominciare dalla nostra, e voteremo contro Pag. 61le mozioni che sostengono la sua politica di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia, Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ANTONIO DI PIETRO. La ringrazio, signor Presidente. Signor Ministro dell'economia, immaginavo che lei svolgesse tante attività, ma non sapevo che fosse anche un pittore astrattista. Lei ha dipinto un'Italia che non c'è, se l'è inventata lei quest'Italia. Lei ha detto al collega Bersani che non sa se un'altra Italia è possibile, ma che non è preferibile: per chi non è preferibile? Per i suoi amici evasori fiscali a cui ha dato lo scudo fiscale?
Per la cricca delle imprese che si assicurano gli appalti con la scusa dei grandi eventi o con la scusa delle emergenze? O per tutti quelli che attraverso le intercettazioni telefoniche riusciamo a scoprire cosa stanno commettendo (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?

PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di non interrompere l'oratore. Prego onorevole, prosegua.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Ministro dell'economia, mi riferisco a lei e al suo Presidente del Consiglio che non c'è mai e che fa sempre il latitante, sia nelle aule di giustizia che nel Parlamento (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Quello che invita sempre gli italiani ad essere ottimisti e che la colpa di ciò che accade è sempre nostra che denunciamo i mali e non del Governo che non fa nulla. Bene, vorrei fare un altro quadro della situazione che forse lei non sa, chiuso nel suo torrione insieme al suo Presidente del Consiglio. Forse lei non lo sa, ma raccontando di un'Italia bella e prosperosa, di un Governo che va a gonfie vele e degli italiani che sono tutti contenti di ciò che lei sta facendo, lei ha raccontato una balla spaziale. Provi a raccontarla ai milioni di lavoratori e alle migliaia di aziende che stanno chiudendo e vedrà cosa le rispondono. Il 2009 è stato in assoluto uno dei peggiori anni dell'ultimo dopoguerra, in quanto il prodotto interno lordo dell'Italia è crollato del 5 per cento: solo nel 1945 abbiamo avuto una caduta della ricchezza di simili proporzioni, ma il 1945 era stato un anno di guerra e oggi è solo un anno di approfittatori. Mai in un anno di pace il nostro Paese ha conosciuto una crisi economica e sociale delle dimensioni di quella dello scorso anno. Lei dice che va tutto bene, ma lo scorso anno le ricordo e ricordo al suo Presidente del Consiglio che non c'è (quello che fa sempre il latitante) che la produzione industriale è precipitata del 17,4 per cento rispetto all'anno precedente (produzione industriale precipitata del 17 per cento); che le esportazioni italiane, contrariamente a quanto lei affermato, sono tracollate del 21 per cento rispetto al 2008 e che si è trattato del peggior risultato degli ultimi quarant'anni e al Governo ci siete voi. Forse lei non lo sa nella sua descrizione idilliaca che ha fatto, ma migliaia di piccole imprese sono state costrette a chiudere; migliaia di lavoratori autonomi e piccoli commercianti con le loro partite IVA si sono trovati improvvisamente senza clienti e, quindi, anch'essi costretti a chiudere (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Forse lei non lo sa, ma il tasso di disoccupazione è cresciuto dal 6,8 all'8,6 per cento dall'anno scorso a quest'anno. Forse lei non lo sa, ma dalla metà del 2008 alla fine dello scorso anno 600 mila lavoratori si sono trovati senza lavoro e le piccole e medie imprese hanno ridotto in media del 30-40 per cento il loro fatturato. Lei dice che va tutto bene e che siamo felicissimi in questo Paese, ma in quale Paese vive: in quello di bengodi di casa sua o in quello di Arcore del suo amico Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico)? Forse lei non lo sa, ma Confindustria stessa stima che i disoccupati, tenendo conto dei lavoratori in cassa integrazione, abbiano ormai raggiunto la quota del 10 per cento Pag. 62della popolazione attiva. Forse lei non lo sa, ma la cassa integrazione ha coinvolto quest'anno circa 1 milione e 200 mila lavoratori. Forse lei non lo sa, ma l'Italia rappresenta il fanalino di coda sugli stipendi (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). A parità di acquisto il nostro Paese occupa il ventitreesimo posto sui trenta Paesi dell'OCSE con un salario medio netto annuo che ammonta a poco più di 14.700 euro (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ROBERTO GIACHETTI. Presidente!

ANTONIO DI PIETRO. Il lavoratore italiano percepisce un compenso salariale che è inferiore del 44 per cento rispetto al dipendente inglese; guadagna il 32 per cento in meno di quello irlandese; il 28 per cento in meno di un tedesco; il 19 per cento in meno di un greco; il 18 per cento in meno di un francese; il 14 per cento in meno di uno spagnolo. D'altronde lei lo dovrebbe sapere, in quanto ha guadagnato solamente 70 mila euro quest'anno, o 30 mila euro.
Che dire della situazione disastrata in cui si trova il nostro Mezzogiorno? Il Mezzogiorno è già chiuso in una grande gabbia, signor Ministro e signor Presidente che non c'è. Infatti, a parità di lavoro i salari sono ridotti del 25 per cento rispetto al Nord, mentre il costo della vita è inferiore del 16 per cento. La disoccupazione è doppia in molte regioni rispetto al nord, ma il problema non riguarda solo il meridione: è tutto il Paese al collasso a cominciare dal profondo nord abbandonato a sé stesso da quelli che dicono che vogliono pensare al nord e che, invece, sono diventati più centralisti di quelli che stanno a Roma, e mi riferisco alla Lega ovviamente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Nel 2009 - forse lei non lo sa, signor Ministro, né lo sa il suo Presidente del Consiglio, che pensa soltanto ad usare il telefonino per gli affari suoi - 110 mila attività commerciali hanno chiuso per la principale ragione del calo drastico dei consumi delle famiglie, perché non c'è più lo stesso potere d'acquisto da parte delle famiglie. Forse lei non lo sa, ma nel 2010 altri 600 euro per ogni famiglia verranno erosi dall'aumento delle tariffe di luce, acqua, gas e trasporti. Insomma, siamo di fronte ad un dramma economico e sociale per centinaia di migliaia di famiglie, per cui la gestione della crisi deve diventare la priorità nazionale del Governo e del Parlamento. Voi, invece, signor Presidente del Consiglio, signor Ministro, tutto il Governo, ve la cantate, ve la suonate e ve la ridete da soli. Sprizzate ottimismo, ridete, fate i calembour, accusate noi che vi sproniamo ad assumervi le vostre responsabilità di essere dei piantagrane. Lei vorrebbe essere lasciato in pace, signor Presidente del Consiglio che non c'è. Lei signor Ministro e voi del Governo vorreste essere lasciati in pace, mentre come novelli Nerone nostrani ve la godete vedendo il nostro Paese bruciare. Ma noi non ve lo permetteremo, perché noi vi incalzeremo tutti i giorni e vi inchioderemo alle vostre responsabilità di satrapi e irresponsabili uomini di Governo. È da quindici anni che sentiamo il Presidente Berlusconi promettere un nuovo miracolo economico italiano. Ma non ci ha detto a favore di chi: degli speculatori, degli evasori fiscali, di sé stesso, perché finora non abbiamo visto alcun miracolo italiano per le famiglie, per le imprese sane, per coloro che pagano le tasse, per coloro che rispettano le regole del gioco. Poi vi siete accorti in che dramma di povertà state portando il nostro Paese. Secondo la recente indagine della Banca d'Italia la quota di poveri nel nostro Paese è pari al 13 per cento. Siamo un Paese con una distribuzione del reddito ed una ricchezza disuguale, ineguale, perché voi state facendo un'attività e una politica economica che crea disuguaglianza sociale e creerà rivolta sociale. Poi si dice che è colpa di quelli che fomentano la rivolta. Siete voi che fomentate la rivolta sociale. Voi non lo sapete, ma fuori, nelle fabbriche e nel Paese, ci sono cittadini che soffrono, che non arrivano a fine mese, famiglie che non ce la fanno più (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). È per questa ragione che voi Pag. 63siete gli autori di questa rivolta sociale che sta per arrivare, di questa disperazione sociale. Voi non vi rendete conto che il rischio povertà in Italia è molto elevato, soprattutto tra i giovani. Tra i minorenni nel 2006 il 19,3 per cento è in stato di povertà. Si tratta di un valore che non ha uguali tra i Paesi avanzati. Voi non potete pensare soltanto al sistema bancario e al sistema delle grandi imprese. Dovete pensare a un'economia diffusa, ad un'economia uguale per tutti, che porti benefici a tutti e non privilegi a pochi.
Insomma, voi, Ministro dell'economia e delle finanze e Presidente del Consiglio, non lo sapete, ma siamo di fronte ad un Paese che non cresce, che è sempre più caratterizzato da disparità e disuguaglianza sociale. I divari di reddito e di ricchezza stanno creando vaste aree di esclusione sociale. Ci sono decine di migliaia di giovani che non completano il ciclo di istruzione secondaria, che non sono in grado di affrontare le sfide dell'economia moderna. Un Paese così ineguale, che rinuncia a coinvolgere nello sviluppo fette importanti di popolazione è un Paese nel quale viene meno la nozione di cittadinanza. Lei sta trasformando i cittadini in sudditi in questo Paese. Voi e questo Governo, che assume sempre più i connotati di un regime. Anche questo bisogna dire: voi non volete far sapere nulla di ciò che state combinando. È per questo che, a partire dal Presidente del Consiglio, telefonate al direttore del TG1, Minzolini, e al commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per fare in modo che ci sia un'informazione accomodante e asservita al vostro potere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Voi siete l'espressione del moderno regime, ma noi vi contrasteremo dentro e fuori dall'Aula, perché noi facciamo parte della resistenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, onorevole Presidente, credo che tutti sentiamo come questo dibattito offra un'opportunità al Parlamento, ma abbiamo anche un senso di disagio. Siamo nel mezzo di una campagna elettorale e queste considerazioni rischiano inevitabilmente di scivolare anche nella propaganda. Pur rapidamente, mi sforzerò di spiegare alcune cose, di dare alcuni consigli e di fare alcune critiche.
Anzitutto, siamo collocati in un contesto mondiale: la fine del G8 e, diciamo così, lo spostamento dell'asse americano verso India, Cina, Brasile e i nuovi colossi emergenti, pone l'Europa in una condizione di grande difficoltà, e noi siamo il fanalino di coda o quasi - certo, c'è chi ci sta peggio - in Europa.
L'Italia, tra il 1992 (prima del Governo Berlusconi) e il 2007, ha perso 15 punti di PIL rispetto alla media degli altri Paesi europei. Negli ultimi due anni abbiamo perso il 6,3 per cento, nel 2009 le esportazioni sono calate del 19 per cento e gli investimenti del 12 per cento. I giovani disoccupati - vi do qualche dato - sono al 26 per cento. Tra il 2009 e il 2010, in un anno, abbiamo aumentato del 123 per cento la cassa integrazione.
Bene, onorevoli colleghi, il dibattito surreale sulle due aliquote che ha alimentato settimane di «giornalate», quello sull'abolizione dell'IRAP, che ha, anche questo, impegnato settimane di «giornalate», il Piano casa, che doveva rilanciare l'edilizia, ma ha prodotto quasi niente, come tutti sappiamo, le grandi opere (siamo d'accordo sul Ponte sullo Stretto, ma, in attesa che tra una decina di anni si comincino i lavori, pensavamo che fosse necessario partire con qualcosa di più concreto e a portata di mano), tutto questo sono fuochi di artificio, sono spot, è propaganda!
Nel frattempo, il Ministro dell'economia e delle finanze ha cercato di tenere i conti pubblici sotto controllo. Di questo Pag. 64voglio dare atto al Ministro Tremonti, perché voglio essere il meno strumentale possibile in questa analisi, anche se il Ministro dell'economia sa bene che, nonostante la sua prudenza, forse la politica dei tagli lineari non ha prodotto gli effetti sperati, se, nonostante Tremonti, la spesa pubblica nel 2009 è cresciuta del 3,1 per cento, il rapporto tra deficit e PIL è passato dal 2,7 al 5,3 per cento e il rapporto tra debito pubblico e PIL è aumentato di dieci punti, dal 105 al 115 per cento.
Il punto essenziale che intravediamo è questo: in un momento di crisi economica - questa è la domanda vera da rivolgere agli italiani - c'è spazio per riforme strutturali o, in un momento di crisi economica, è bene tirare a campare e sperare che passi la buriana, per poi porci, in un secondo tempo, il tema delle grandi riforme?
La nostra risposta, fin dall'inizio della legislatura, è stata semplice e chiara: riteniamo che proprio il momento di crisi economica internazionale che si ripercuote sul nostro Paese imponga e offra un'opportunità fortissima all'Italia, quella di avviarsi nel cammino delle riforme strutturali che sono essenziali, perché colmano un ritardo di tanti anni del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
In questi mesi abbiamo detto alcune cose, abbiamo proposto alcuni provvedimenti immediati: la revisione del Patto di stabilità per i comuni, in attesa dei grandi investimenti e delle grandi infrastrutture. Tanti comuni italiani hanno, per lavori immediatamente cantierabili, la possibilità di mettere in movimento le piccole imprese, che oggi sono vessate, per la ristrutturazione di una scuola o l'asfalto di una strada. Perché non sblocchiamo il Patto di stabilità?
La sospensione degli studi di settore almeno per un anno: ricordo la Lega minacciare, durante il Governo Prodi, lo sciopero fiscale contro gli studi di settore e vi dico, con grande serenità, in attesa di rivedere il meccanismo, blocchiamo per un anno gli studi di settore, perché erano concepiti per una fase di espansione economica e oggi artigiani, commercianti e piccole imprese non ce la fanno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
La cedolare secca sugli affitti, onorevoli colleghi: ne abbiamo parlato anche in Parlamento, abbiamo detto che si poteva arrivare a questa soluzione e abbiamo votato mozioni.
La velocizzazione dei pagamenti della pubblica amministrazione: che una piccola impresa debba chiudere per una crisi di mercato, o perché l'imprenditore è incapace, è giusto; ma che debba chiudere perché lo Stato paga a due-tre anni è un'indecenza, perché lo Stato non è nemico dell'impresa: dev'essere uno Stato che adempie ai suoi obblighi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).
E poi, onorevoli colleghi, le riforme strutturali. Noi fin dall'inizio della legislatura abbiamo proposto: nel vostro programma c'è il quoziente familiare, realizziamolo! Il grande ammortizzatore sociale di questi mesi è stata la famiglia: c'è un risparmio familiare altissimo e un debito pubblico altissimo. Possiamo cercare di dare dei segnali. Onorevole Tremonti, lei ha ringraziato a più riprese le famiglie, ma c'è un modo molto più concreto del suo di ringraziare le famiglie: è fare le riforme! Più figli, meno tasse: il quoziente familiare è una riforma su cui si può realizzare un'intesa ampia in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Non buttate la possibilità di realizzare un'intesa sul quoziente familiare!
E ancora: noi dall'inizio della legislatura siamo in campagna elettorale, dovremmo usare degli argomenti che non fanno perdere voti. Eppure usiamo degli argomenti di serietà: parliamo di riforma previdenziale, perché vi è un grande, potenziale conflitto generazionale tra i giovani e gli anziani. Noi cinquantenni - e lo dico davanti agli ascoltatori che sono sintonizzati alla tv - ci siamo garantiti un livello di sussidi previdenziali che i nostri figli, tra venti, trent'anni, non riusciranno ad avere: lo Stato non riuscirà ad adempiere verso i nostri figli gli obblighi che Pag. 65adempie verso di noi. Ciò è profondamente iniquo: è il seme che crea un conflitto tra le generazioni.
E poi, le liberalizzazioni. Quelle dei servizi pubblici che aveva messo in cantiere la Lanzillotta erano certamente più avanzate rispetto a quanto un Governo di destra, o di centrodestra, ha messo in cantiere in questi due anni: è un'occasione persa! La liberalizzazione significa più concorrenza e tariffe più basse: abbiamo le tariffe, che i consumatori pagano, più alte d'Europa su servizi pubblici locali essenziali.
E ancora la riforma della pubblica amministrazione. La Ragioneria generale dello Stato ha calcolato che 17 miliardi di spesa pubblica sono privi di qualsiasi controllo: è lì che c'è la corruzione, è lì che c'è la discrezionalità e il malgoverno che assieme dobbiamo stanare! Perché questo è un problema che assieme dobbiamo affrontare! A meno che non ci rassegniamo a tollerare un livello di corruzione che è impressionante.
E poi, amici e colleghi, il nucleare. Noi abbiamo detto al Governo: fate bene ad andare avanti sulla strada del nucleare; siamo seri, lo avevamo detto in campagna elettorale. Ma parliamoci chiaro: non basta dire «ci avviamo verso il nucleare», se non si crea anche un patto tra maggioranza ed opposizione. Imboccare la strada del nucleare significa una complicità condivisa, perché voglia mai un Governo del futuro smentire impegni dopo un esborso economico così forte come quello che inevitabilmente si affronterebbe nell'intraprendere la strada del nucleare: ci vuole serietà su ciò! Come sul federalismo: mi auguro che non coincida, come temo, con una moltiplicazione dei centri di spesa e con una maggiore spesa complessiva, perché sarebbe veramente pericoloso per le finanze pubbliche italiane.
E veniamo infine al cuneo fiscale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIER FERDINANDO CASINI. Sto concludendo, signor Presidente. Le nostre imprese pagano più del 20 per cento rispetto ai loro concorrenti esterni, i nostri lavoratori prendono stipendi netti tra i più bassi dell'Unione europea: questa discrasia va colmata!
Il Presidente del Consiglio, credo, prima che ai giudici di Trani deve rispondere a tutti noi delle promesse mancate e di una totale mancanza di coraggio nel cammino delle riforme (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, oggi in realtà, al di là del dibattito politico sulle questioni che sono oggetto delle mozioni, v'è subito da rilevare una distanza abissale ed imbarazzante tra le cose fatte dal Governo Berlusconi e l'elenco della spesa fatta dagli esponenti di centrosinistra.
Oggi diventa così l'occasione per una discussione economica che in realtà meriterebbe di essere affrontata rispetto ad una serie di coerenze politiche che, per la verità, dai banchi delle opposizioni non raccogliamo. In questi giorni abbiamo visto i leader del centrosinistra fare l'elenco delle cose che dovrebbero servire al Paese, cercando di sottolineare alcuni aspetti all'interno di una crisi economica che vede oggi i nostri concittadini in seria difficoltà, una difficoltà che il Governo di centrodestra non ha mai nascosto e che in realtà non può oggi diventare l'elenco della spesa toccando i nervi scoperti degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Non si può accettare che in questi giorni di campagna elettorale gli argomenti che stanno all'interno delle mozioni del centrosinistra tocchino temi come le tasse, la sanità, il lavoro. Lo abbiamo appena sentito, ma andiamo ad affrontarli con ordine. Quanto alle tasse, alla riduzione delle tasse: ma come si fa oggi a proporre la riduzione delle imposte come chiede Bersani di fronte ad una crisi Pag. 66economica dove il rigore della spesa, la necessità di mirare gli investimenti ai settori più produttivi dovrebbe gridare vergogna a chi oggi ancora, con demagogia, vuole sostenere l'assistenzialismo di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?

FURIO COLOMBO. L'ha promessa lui!

ANDREA GIBELLI. Questo è il primo argomento, il secondo è la sanità. La sanità è imbarazzante: si va al voto per le regionali e chi ha stabilito il debito pubblico delle regioni sono le regioni a guida comunista come voi! Voi avete fatto il debito pubblico della sanità, ed oggi sottolineate ricette (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Il terzo argomento è il lavoro: questo tema (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...calma, state buoni, non agitatevi...

PRESIDENTE. Vi prego, onorevoli colleghi, lasciate parlare l'onorevole Gibelli.

ANDREA GIBELLI. Il lavoro: qui mi rivolgo al collega Di Pietro, e lo consideri una gentilezza quando si fa riferimento al lavoro, dato che non sa che cosa sia, essendo persona che prima di fare il magistrato non lavorava (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Onorevoli Gibelli!

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei con la stessa passione politica della verità che quest'Aula merita.

PRESIDENTE. Nessuno discute la passione politica, la prego soltanto di usare parole che siano consone al luogo in cui si trova (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ANDREA GIBELLI. Presidente, nella sua distrazione, l'onorevole Di Pietro ha chiamato latitante il Presidente del Consiglio e lei non lo ha richiamato (Vivi applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, la prego di proseguire.

ANDREA GIBELLI. Parliamo del tema del lavoro. Si è parlato qui del fatto che i salari del nostro Paese sono i più bassi, ma mi rivolgo all'onorevole Casini: ha mai provato ad abbandonare i salotti e a frequentare la gente che lavora quando la concorrenza dei lavori extracomunitari oggi crea la forbice tra il legittimo bisogno di salario e la concorrenza sleale di manodopera, che è più abbondante delle capacità del nostro mercato del lavoro? Questa è la differenza tra noi e voi, il fatto cioè di voler stabilire le regole! Affrontiamo adesso quella piccola parentesi della memoria storica: qui si critica il Ministro Tremonti per il rigore della spesa, però vi siete dimenticati di Padoa-Schioppa quando sosteneva che le tasse erano bellissime?

LUISA BOSSA. Aveva ragione!

ANDREA GIBELLI. E avete ancora il coraggio di parlare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? E Visco, le riforme fiscali di Visco, che continuava ad incalzare l'opposizione, ad invitarla ad una politica che - quando eravamo noi all'opposizione - doveva essere rigorosa per il nord e non per il resto del Paese, secondo il principio che la riforma della devolution avrebbe introdotto - ed è stato ricordato qui - nel 2005? Quella riforma, che voi non avete voluto votare per un puro calcolo politico, avrebbe introdotto un principio sacrosanto, quello di porre fine ad un Paese che toglie i soldi ai poveri delle regioni ricche per darli ai ricchi delle regioni povere: altro che le lezioni di moralismo di D'Antoni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Cosa abbiamo fatto: la manovra economica triennale, la prima che metteva assolutamente al sicuro la spesa rispetto ai Pag. 67rimpalli di quelle finanziarie che facevano entrare in Parlamento una finanziaria di un tipo e ne facevano uscire una di un altro tipo, perché vi era sempre qualcuno da accontentare e questo l'abbiamo evitato. Abbiamo fatto due collegati importantissimi oltre alla manovra economica. Il collegato lavoro: non vi è Paese in Europa che abbia destinato risorse al lavoro come il nostro Paese, proprio perché, tenendo le persone sul posto di lavoro e mettendole nelle condizioni di avere un futuro, saremo nelle condizioni di riagguantare la ripresa, quando questa avverrà (ed essa è di natura internazionale e legata a situazioni che non riguardano il nostro Paese, anzi). Quando voi, con la vostra economia, insistevate su modelli finanziari, è stata la nostra gente, le piccole e medie imprese di questo Paese a badare a fare un po' di lavoro in quella giornata, chiudendo la saracinesca la sera e senza essere sedotti da certe chimere: senza di loro questo Paese non esisterebbe più (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ROLANDO NANNICINI. Abbassa il viso!

ANDREA GIBELLI. Noi diciamo grazie a quelle imprese che hanno continuato a lavorare nonostante le condizioni vessatorie a cui voi le avete abituate (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Questo invece è stato un Governo che nella situazione di crisi ha creato la speranza di poter avere un futuro nonostante il fatto che in questo Paese bisognerebbe aprire, come ha detto il collega Casini, una stagione di riforme. Ma come si fa ad avviare una stagione di riforme - e noi siamo i primi ad auspicarla - quando vi è tanta differenza tra i dibattiti parlamentari e le calunnie che si leggono sui giornali e attraverso le comunicazioni dei vostri leader politici (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)? Volete un esempio concreto, per concludere? Oggi la Commissione attività produttive all'unanimità ha votato un provvedimento a tutela del made in Italy. Questo succede quando non si fanno distinguo per puro calcolo politico sulle differenze e si ragiona invece a favore dell'interesse del nostro sistema produttivo, trovando punti di equilibrio sulle cose che ci uniscono e dovrebbero unirci e mettendo da parte le cose su cui invece, semplicemente per calcolo politico e di delegittimazione, cercate di fare leva, trovando differenze dove non vi sono.
Concludo facendo una considerazione che dovrebbe essere la cartina di tornasole dei prossimi anni: vi affronteremo sul tema del federalismo fiscale, sulle riforme del federalismo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Su questo tema noi abbiamo prodotto una riforma che introdurrà, al di là dell'architettura legislativa, l'unico principio che voi non potrete mai accettare: quello della responsabilità della spesa. È l'unico meccanismo che consentirà a questo paese di abbassare le imposte e diventare veramente libero (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI. Signori Presidente e cari colleghi, dopo 22 mesi di sforzi e districandoci tra processi brevi, medi e lunghi siamo riusciti a farvi parlare per ben tre ore di crisi economica e sociale. Il Governo è venuto a mani vuote. Era l'occasione, signor Ministro, non per fare la difesa d'ufficio di quel che si è fatto sin qui: era l'occasione per dire qualcosa di nuovo davanti all'evoluzione di questa crisi. Noi voteremo tutte le mozioni dell'opposizione e voteremo contro la mozione della maggioranza. Per motivare comincio col dire che noi siamo ottimisti, ma non del vostro ottimismo, un ottimismo che è sempre fatto di parole calmanti e di piccolo cabotaggio.
Signor Ministro, a me continua a sembrare strano che non si accorga che, in questo momento, solo chi è senza problemi può accontentarsi delle sue parole. Pag. 68Infatti, credo che chi sta chiudendo bottega, chi perde il lavoro, chi si sente ogni giorno impoverito, chi non vede prospettive di occupazione per i propri figli (i lavoratori, i ricercatori della scuola, le donne, che stanno pagando più di altri in questo Paese), vorrebbe che si smettesse di parlar d'altro e si facesse qualcosa di più forte per questa crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Di sostanziale, avete fatto una cosa: avete preso soldi dagli investimenti delle regioni e del sud e li avete utilizzati per gli ammortizzatori sociali e per la cassa integrazione, lasciando scoperte grandissime fasce di precari e di lavoratori senza stipendio (come quelli di Eutelia), rifiutandovi, adesso, di prolungare e di potenziare questi strumenti che, comunque - ve lo ricordo - comportano una decurtazione fortissima di reddito per le famiglie.
Cosa avete fatto, poi, di sostanziale? Signor Ministro, le misure che ha elencato sono dei «di cui», si è dimenticato le questioni grosse. Voi avete realizzato quattro o cinque misure grosse. Primo: avete realizzato il megacondono per gli evasori e per gli esportatori di capitali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Secondo: avete previsto un paio, o tre miliardi di euro per Alitalia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Terzo: avete incassato 20 miliardi di euro di IVA in meno in due anni. Quarto: avete aumentato la spesa corrente per beni e servizi della pubblica amministrazione di 12 miliardi di euro in due anni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Quinto: avete tagliato 8 miliardi di euro alla scuola in tre anni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), con il risultato - spero che vi sia arrivata notizia tra i banchi del Governo - che le famiglie italiane, per la scuola dell'obbligo, stanno contribuendo agli strumenti didattici, alla carta igienica e alla supplenza degli insegnanti. Vi è arrivata notizia di questo piccolo particolare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro)? Infine, avete iscritto nel bilancio del 2010 9 miliardi di euro in meno di investimenti rispetto al 2009, nel pieno della più grave recessione che abbiamo dal 1945.
Cosa vi è di logico in tutto questo? Cosa vi è di anticrisi in tutto questo? Capisco la logica. La logica, in sostanza, è la seguente: a chi è nei guai, promettete il bel tempo, mentre a chi non è nei guai, il bel tempo glielo garantite. Questa è la differenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Non pensiate che ci dimentichiamo delle frasi celebri, che rimarranno nella memoria: che la crisi non avrà ricadute sull'economia, lo avete detto voi; che la crisi è psicologica, lo avete detto voi; che nessuno rimarrà senza salario, lo avete detto voi; che è necessario realizzare un megapiano per la casa, lo avete detto voi; di tagliare l'IRAP, lo avete detto voi; avete parlato delle due aliquote e, perfino, dell'abolizione del bollo auto. Tremonti, anche questo era nel programma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Signor Ministro, visto che il Presidente del Consiglio è seduto al suo fianco, dica anche a lui, prima di sabato, che non si può fare niente, perché sento già che si possono fare enormi cose a parole. Avete detto che la crisi è alle spalle e che stiamo meglio degli altri. Ma scusate: abbiamo perso 6 punti percentuali di ricchezza in due anni, mentre la media degli altri Paesi è pari a 3,3 punti percentuali; abbiamo perso 17 punti percentuali di produzione industriale, mentre la media degli altri Paesi è pari a 12; abbiamo il più basso tasso di consumi reali; quest'anno, abbiamo perso il 25 per cento del reddito agricolo, che è il doppio rispetto a quanto hanno perso gli altri.
Come fate a dire che stiamo meglio degli altri? Noi abbiamo più strada da fare per tornare dove eravamo, ed è lì che finisce la crisi. Stiamo andando più forte? No, stiamo andando più piano e, quest'anno, andremo più piano degli altri. Però andiamo più forte nei prezzi, ve ne siete accorti o no? State guardando le tariffe? Vi state accorgendo che il prezzo Pag. 69della benzina è arrivato allo stesso livello di quando il petrolio costava il doppio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)? Qualcuno sta guardando queste cose?
Ci vuole più energia, qualcosa di serio e di vero. È necessario un piano anticrisi, che preveda due misure: alcuni interventi immediati ed un cantiere di riforme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Siamo disponibili a discutere entrambe queste cose: piano anti-crisi, lo abbiamo scritto, lo abbiamo detto, non sono centosette cose, sono tre cose. Grande piano di piccole opere: lo abbiamo detto dall'inizio! E ancora, i comuni devono dare un po' di lavoro, ripeto, i comuni, con mille, duemila, tremila cantieri (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Mi rivolgo alla Lega: Gibelli, ma lo sapete che, secondo i dati Cresme di gennaio e febbraio, i cantieri dei comuni sono calati, sono in recessione, in piena recessione, del 30 per cento rispetto all'anno scorso? Lo sapete che da quando c'è il federalismo delle chiacchiere i comuni non sono mai stati peggio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro)?
E ancora, Gibelli, e mi rivolgo alla Lega: è triste, ripeto, è triste vedere il Carroccio che va con l'imperatore e gli tiene la sedia, è triste, è molto triste (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
E ancora, dare lavoro, i comuni, l'efficienza energetica, ripeto l'efficienza energetica: avete tolto il 55 per cento, dovete ripristinare un po' di politiche industriali in tutti i diversi settori (non faccio un elenco perché non ho il tempo necessario), dovete mettere un po' di spinta ai consumi, dare un po' di soldi in tasca a chi ha assolutamente bisogno di spenderli, ai redditi più bassi.
E poi bisogna aprire il cantiere delle riforme. L'Antitrust vi ha mandato un «pacchettone» di cose da fare per il mercato: bisogna prevedere interventi di politica industriale. Attenzione, perché adesso, sotto le elezioni, tirate fuori 300 milioni di euro di incentivi: un ottavo di quello che si è speso per Alitalia. Con questa storia - arrivano o non arrivano gli incentivi - sono tre mesi che il mercato è fermo: nei mobili, nell'auto, nei carri agricoli, nei tricicli! Insomma, quando verranno fuori, ormai il danno sarà più del vantaggio che ne verrà. Cerchiamo di tenere conto di queste cose.
E ancora: le riforme, il fisco (subito!), la lotta all'evasione fiscale, fisco più equo e non fra tre anni, discutiamo! Discutiamo di ammortizzatori e di norme sul lavoro, e non deregoliamo il lavoro! Cos'è che vi fa pensare, come quindici anni fa, che il problema sia la rigidità e il costo del lavoro? Ma venite da Marte (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)? Non è questo il problema, ve lo dice chiunque che non è questo il problema.
E non diteci che non si può fare nulla, che non ci sono i soldi e gli equilibri di bilancio. Venite a parlare a noi di equilibri di bilancio? Sappiamo come funzionano le pagelle europee: basta che i conti alla fine tornino. All'Europa va sempre bene! Per essa va anche meglio se noi perdiamo posizioni nella politica industriale e nella concorrenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! È questo il lavoro di domani.
Concludo, dicendovi che, se vogliamo guardare l'Italia oltre la crisi, bisogna guardare la crisi con gli occhi di chi è più sul fronte, non con gli occhi di chi è al riparo: lavoro, famiglia, impresa, perché noi domani mangeremo con loro, non con quelli che adesso sono al riparo. Questo è il modo di affrontare la crisi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Metteteci più coraggio, metteteci più responsabilità! Noi siamo qui con le nostre proposte.
Infine, Presidente, accetti un'osservazione: non si faccia ossessionare dalle televisioni, cambi canale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati Pag. 70del gruppo Popolo della Libertà) e faccia una telefonata ai problemi che aspettano da tempo (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, diversamente da quanto ha affermato qualche giorno fa l'onorevole Franceschini, noi affrontiamo molto volentieri questo dibattito, il cui rinvio è avvenuto unicamente per l'ostruzionismo messo in atto l'altra settimana dai gruppi dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il Governo Berlusconi ha infatti posto l'Italia al riparo dai rischi maggiori della crisi finanziaria internazionale e ha fatto quanto consentito dai vincoli della finanza pubblica per la messa in sicurezza del sistema bancario, proprio per aiutare le imprese e i lavoratori dipendenti. Se il Governo fosse stato guidato dall'onorevole Bersani oggi ci troveremmo nel pieno di una crisi identica a quella vissuta dalla Grecia: a questo ci avrebbe portato la linea della sinistra, che è quella di finanziare la crescita in deficit (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Noi abbiamo interpretato questo dibattito come l'occasione per un serio confronto sulla politica economica. L'onorevole Bersani, invece, ne ha voluto fare un lungo spot di propaganda elettorale in diretta televisiva (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non è vero che il Parlamento e il Governo hanno evitato in questi due anni il confronto in Parlamento sui temi della crisi e delle difficoltà economiche. Solo negli ultimi sette mesi sono state discusse e votate, in dieci dibattiti parlamentari diversi, ben 45 mozioni in materia economica. Il Governo ha, altresì, presentato provvedimenti per la messa in sicurezza dei conti pubblici nel luglio 2008, ben tre decreti-legge anticrisi, per un impatto finanziario rispettivamente di 11 miliardi di euro, di 1,8 e di 17 miliardi, e due manovre finanziarie per un peso di circa 13,9 miliardi.
La situazione economica, in effetti, richiede alcune valutazioni di fondo. La globalizzazione ha espresso contraddizioni rispetto alle quali sia l'analisi ultraliberista, sia quella neomarxista hanno fallito, così sono cresciute le economie di alcuni Paesi originariamente sottosviluppati e si sono stabilite nuove ed imprevedibili interconnessioni, ad esempio quella fra la gestione del debito pubblico americano, i suoi titoli di Stato e un Paese come la Cina.
L'Europa, purtroppo, si è presto rivelata come un'area in difficoltà e le difficoltà si sono moltiplicate in seguito alla crisi finanziaria. Oggi siamo in presenza di un timido inizio di crescita, ma rispunta una forte speculazione finanziaria anche contro l'euro. Speculatori, banche e fondi internazionali sono pronti a intervenire sui titoli di Stato di vari Paesi, fra cui l'Italia. È evidente, dunque, come risultino indispensabili provvedimenti antispeculativi.
In questo contesto rimuovere, come fa la sinistra, alcune questioni essenziali del quadro internazionale e il vincolo del debito pubblico è un atto di irresponsabilità. L'onorevole Bersani ha dimenticato il fatto che le sorti di molti distretti industriali e di molte imprese proiettate verso le esportazioni si giocano anche sui livelli dei consumi statunitensi e tedeschi, sulle piazze finanziarie di New York e di Londra e sulle aste dei titoli di Stato per i loro riflessi sui tassi di interesse. Per questo, mi dispiace, ma l'intervento dell'onorevole Bersani risulta insieme propagandistico e provinciale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico). Pag. 71
Secondo le analisi fatte da tutti i centri internazionali di osservazione, l'Italia non è nell'elenco dei Paesi a rischio e non c'è grazie alla linea fin qui seguita dal Governo e alla sua capacità di mantenere in ordine i conti pubblici, nonostante il debito accumulato e il lascito negativo sia del primo Governo di centrosinistra, che ha lasciato un «buco» del 3,1 per cento, sia del Governo Prodi, che ha gravato sui contribuenti italiani per circa venti miliardi di euro, con forti effetti deflattivi, elementi questi che hanno ostacolato la crescita, come rivela un articolo apparso sul supplemento economico di la Repubblica. In esso si afferma che «va riconosciuto che il declino relativo dell'Italia rispetto agli altri Paesi viene da lontano e c'era anche prima che lui (Berlusconi) arrivasse. In particolare, negli anni del centrosinistra, dal 1996 al 2001, si è registrato meno 1 punto rispetto alla media di Germania, Francia e Gran Bretagna nel 1996, meno 1,13 nel 1997, meno 1,30 nel 1998 e meno 0,83 nel 1999».
E per capire che aria tira oggi a livello internazionale, leggiamo ciò che afferma la Banca europea: «I Paesi dell'area euro devono iniziare il processo di risanamento delle finanze pubbliche al più tardi nel 2011 e spingersi ben oltre il requisito minimo di correzione annua fissato dal Patto di stabilità e crescita allo 0,5 per cento del PIL. Servono interventi risoluti, in particolare da parte delle economie con alti livelli di disavanzo e debito».
Onorevole Bersani, il paradosso è questo: se la Comunità europea ci rivolge qualche osservazione lo fa per invitarci ad una politica più rigorosa, non più espansiva. Questo è il paradosso che voi fingete di non capire (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Sappiamo quanto sia importante ridurre le tasse ai fini della crescita, ma per farlo senza rischi dobbiamo contenere le spese, cercando di utilizzare al meglio le scarse risorse disponibili. Siamo stati previdenti nel mettere in sicurezza i conti pubblici italiani nel luglio del 2008, prima dello scoppio della crisi. Subito dopo siamo intervenuti per affrontare le situazioni più gravi proprio a partire dall'occupazione, potenziando gli ammortizzatori sociali con uno stanziamento di oltre 30 miliardi. Nel complesso, abbiamo rinviato le spese meno urgenti e affrontato quelle indispensabili, a partire dagli investimenti che finora sono cresciuti del 10 per cento e a fine anno speriamo raggiungano il 17 per cento.
Detto questo, dobbiamo avere l'obiettivo di andare oltre. È quello che chiediamo al Governo, in primo luogo sul terreno della necessità di una riforma fiscale prima della fine della legislatura. Per l'importanza decisiva che attribuiamo alle piccole e medie imprese raccomandiamo al Governo di realizzare, quanto prima, il provvedimento riguardante la detassazione di una quota di investimenti per la ricerca, il Fondo incentivi per i consumi industriali e il Fondo per le aree di crisi.
Sul Mezzogiorno il Governo deve dare attuazione al piano proposto dal ministro Scajola, mentre è un segno molto positivo l'istituzione della Banca del Mezzogiorno. Sul Mezzogiorno in realtà, onorevole D'Antoni, l'opposizione non può dare nessuna lezione, perché le regioni del sud da essa finora amministrate - la Campania, la Puglia, la Basilicata e la Calabria - o hanno dilapidato somme assai ingenti o non hanno saputo spendere i fondi a loro disposizione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Sul tema della gestione della sanità mi rimetto a quello che ha detto poco fa l'onorevole Gibelli (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Vogliamo un welfare più equo, che non metta i padri contro i figli. Da tempo alcuni di noi avanzano l'interrogativo al Governo - che sappiamo avere un diverso parere - se non sia opportuno ritornare al sistema pensionistico contenuto nelle riforme Dini e Maroni. Questo tema è collegato ad altri due obiettivi di fondo: pensare alle nuove generazioni e risparmiare sulla spesa, per favorire la crescita senza fare pericolose operazioni in deficit.
Un altro elemento di riflessione, anche all'interno della maggioranza, riguarda la Pag. 72privatizzazione delle aziende pubbliche degli enti locali, a condizione che esse non vengano fatte come quella della Centrale del latte di Roma, fortunatamente oggi annullata. Con essa ha guadagnato solo il dottor Cragnotti, acquistandola a circa 80 miliardi e rivendendola a Tanzi con un ricavo di circa 300 miliardi di euro. Se un'operazione del genere fosse stata fatta da una giunta di centrodestra chissà quante procure se ne sarebbero occupate (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Così come questo Governo è all'avanguardia nella lotta alla mafia lo è anche nella lotta all'evasione fiscale (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), avendo recuperato in un anno ben 9 miliardi di euro. Voi fate la retorica sulla lotta all'evasione, il Governo Berlusconi, invece, la lotta all'evasione la sta facendo sul serio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Infine, intendo fare una valutazione di fondo: alla radice della bassa crescita vi è anche una bassa produttività.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABRIZIO CICCHITTO. L'economia italiana, quindi, ha bisogno di cambiamenti strutturali, come liberalizzazioni, infrastrutture e riforme delle regole dei mercati. Il Governo si è impegnato su questa linea. Purtroppo l'opposizione non ha dato, finora, un contributo costruttivo e, anzi, oggi il Partito Democratico è trascinato da Di Pietro su una linea estremista e distruttiva, che incita all'odio e allo scontro frontale (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Su una linea di questo tipo non si sana certamente l'economia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABRIZIO CICCHITTO. In questo quadro, confermiamo il nostro voto sulle mozioni da noi presentate, che forniscono un contributo positivo all'azione che il Governo sta facendo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazioni)

Testo sostituito con errata corrige volante PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00336, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
L'onorevole Antonione non riesce a votare. Neanche con l'ausilio del tecnico? Ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 509
Maggioranza 255
Hanno votato
210
Hanno votato
no 299).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Bersani ed altri n. 1-00340, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Iannaccone, onorevole Girlanda, onorevole Fluvi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256

Hanno votato233
Hanno votato
no 277).

Pag. 73

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Casini ed altri n. 1-00341 (Nuova formulazione), non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Concia, onorevole Pollastrini, onorevole Servodio, onorevole Bersani.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 511
Maggioranza 256
Hanno votato
214
Hanno votato
no 297).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lo Monte ed altri n. 1-00342, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 508
Astenuti 2
Maggioranza 255
Hanno votato
299
Hanno votato
no 209).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tabacci ed altri n. 1-00345, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman...onorevole Pollastrini...onorevole De Micheli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 507
Maggioranza 254
Hanno votato 229
Hanno votato no 278
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00345 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli...onorevole De Micheli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 508
Votanti 506
Astenuti 2
Maggioranza 254
Hanno votato 278
Hanno votato no 228
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00336, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

L'onorevole Antonione non riesce a votare. Neanche con l'ausilio del tecnico? Ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 509
Maggioranza 255
Hanno votato
210
Hanno votato
no 299).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Bersani ed altri n. 1-00340, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Iannaccone, onorevole Girlanda, onorevole Fluvi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256

Hanno votato233
Hanno votato
no 277).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Casini ed altri n. 1-00341 (Nuova formulazione), non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Concia, onorevole Pollastrini, onorevole Servodio, onorevole Bersani.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 511
Maggioranza 256
Hanno votato
214
Hanno votato
no 297).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lo Monte ed altri n. 1-00342, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 508
Astenuti 2
Maggioranza 255
Hanno votato
299
Hanno votato
no 209).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tabacci ed altri n. 1-00345, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calearo Ciman...onorevole Pollastrini...onorevole De Micheli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 507
Maggioranza 254
Hanno votato 229
Hanno votato no 278
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli...onorevole De Micheli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 508
Votanti 506
Astenuti 2
Maggioranza 254
Hanno votato 278
Hanno votato no 228
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ).

Pag. 73

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, mercoledì 17 marzo 2010, la X Commissione permanente (Attività produttive) ha approvato in sede legislativa il seguente progetto di legge:
REGUZZONI ed altri: «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili della pelletteria e calzaturieri» (2624-B), già approvato dalla Camera dei deputati e modificato dalla X Commissione permanente industria del Senato della Repubblica.

Pag. 74

Elezione dei vicepresidenti e dei segretari della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale ha proceduto nella seduta odierna alla costituzione dell'ufficio di presidenza. Sono risultati eletti: vicepresidenti, il senatore Paolo Franco e il deputato Marco Causi; segretari, il senatore Giuseppe Saro e il deputato Linda Lanzillotta.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,48).

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per richiamare un tema al quale, come delegazione radicale, teniamo moltissimo, ovvero il diritto di voto di coloro che non possono muoversi dalla propria abitazione perché gravemente disabili e il diritto di voto dei detenuti, coloro che non hanno perso il diritto previsto dalla Costituzione.
Il 16 febbraio, quindi per tempo, la delegazione radicale ha presentato due interrogazioni distinte al Ministro dell'interno, che fino ad oggi non ha ancora risposto. Addirittura, grazie all'intervento del mio gruppo e - debbo dire - anche del presidente della I Commissione, Donato Bruno, è stata richiamata in Commissione e anche qui in Assemblea l'interrogazione riguardante il diritto di voto dei disabili intrasportabili, ma da parte del Governo ci è stato risposto che non poteva venire in Aula perché non ci sono i fondi per assicurare questo diritto previsto dalla nostra Costituzione.
Quindi, fra le tante illegalità di questa campagna elettorale per le regionali ci sono due diritti previsti dalla nostra Costituzione che non verranno garantiti. Credo che sia molto grave il fatto che quest'Assemblea non si renda conto di quale gravità in un certo senso asseconda e mi auguro che da parte del Presidente...

PRESIDENTE. La Presidenza trasmetterà al Ministro dell'interno la sollecitazione a rispondere alla sua interrogazione.

RITA BERNARDINI. Ormai stanno purtroppo saltando tutti i tempi...

PRESIDENTE. Lei ha sollevato questa sera il problema. Non potevo darle assicurazioni in precedenza.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 18 marzo 2010, alle 9,30:

Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 19,50.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI CARMELO LO MONTE E MATTEO COLANINNO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI CONCERNENTI MISURE URGENTI PER CONTRASTARE LA CRISI ECONOMICA IN ATTO

CARMELO LO MONTE. Onorevoli colleghi, discutere degli effetti della crisi comporta necessariamente concentrare la discussione in particolare sul già logorato quadro dell'economia meridionale.
Nel Mezzogiorno la crisi morde di più perché l'assetto produttivo, costituito in prevalenza da piccole imprese che rappresentano il tessuto vitale e fragile di un territorio, è fortemente condizionato da fattori strutturali quali l'eccessiva rigidità di un sistema bancario che privilegia la raccolta piuttosto che il credito e quindi gli investimenti, i maggiori costi energetici e l'arretratezza infrastrutturale, soprattutto relativamente ai trasporti. Pag. 75
Il divario di sviluppo tra sud e centro-nord del Paese è ulteriormente dilatato dalla crisi in atto.
Il lento processo di convergenza dei dati economici del sud rispetto al resto del Paese si è in realtà esaurito, con oscillazioni più o meno alterne per brevi periodi, a metà degli anni settanta, il momento storico considerato come il più concreto della politica straordinaria a favore dello sviluppo del sud.
Le successive scelte politiche, nazionali e sovranazionali, tra le quali la lunga stagione dei Fondi europei, non sono riuscite ad impedire un processo di ulteriore allargamento del divario.
Ciò è dovuto soprattutto alla scomparsa del sud dall'orizzonte politico nazionale.
Il Mezzogiorno non viene considerato più dalla classe politica come una centralità dalla quale non è possibile prescindere.
Questo ha determinato una forte diminuzione, negli ultimi anni, della spesa pubblica ordinaria nel Mezzogiorno, che è stata di fatto sostituita e non rafforzata dall'utilizzo dei fondi destinati alle politiche regionali di sviluppo che avrebbero invece dovuto rappresentare risorse aggiuntive. Ciò ha ulteriormente aggravato i ritardi infrastrutturali nel Mezzogiorno, soprattutto nel settore dei trasporti, delle dotazioni civili (in particolare le risorse idriche), dell'edilizia scolastica, o delle tecnologie innovative come la fibra ottica.
Certo vi è stata negli anni passati anche un'incapacità di utilizzo dei fondi strutturali europei da parte delle regioni meridionali, ma questo non può giustificare in alcun modo un taglio della spesa, semmai un obbligo di maggiori controlli e razionalizzazione della stessa.
Nel frattempo però tutte le scelte politiche nazionali si sono indirizzate in modo non favorevole al sud.
Basti pensare ai programmi di ANAS e FS che hanno sostanzialmente cancellato il Meridione d'Italia.
Il Governo, peraltro, negli ultimi anni, ha utilizzato gran parte della dotazione dei Fas per reperire, in modo non legittimo, risorse finanziarie necessarie alla sua manovra politica, minando ulteriormente la capacità di sviluppo del Mezzogiorno e contravvenendo alla volontà dell'Unione Europea di destinazione vincolata dei fondi strutturali.
Il Pil del sud rispetto a quello dell'intero Paese è stato nel 2008 pari al 23,8%, cioè ai livelli del 1951. Secondo i dati Istat il tasso di occupazione nel sud, già molto basso, è precipitato al 45%.
Grandi aziende meridionali minacciano la chiusura - e la Fiat di Termini Imerese e l'Alcoa rischiano di essere soltanto esempi.
Il trend migratorio è ormai ripartito e coinvolge soprattutto giovani con elevato livello d'istruzione, con inevitabile ed irreversibile perdita a danno di quei territori di capitale umano qualificato.
Il Governo non ha sviluppato ancora alcuna misura, a parte alcune promesse reiteratamente ribadite a parole, per affrontare la crisi mettendo al centro i problemi del Mezzogiorno d'Italia e per venire incontro a quelle famiglie e a quelle imprese che più di tutte avvertono la crisi in corso.
Prendendo a prestito una frase della CEI si può affermare che «la questione meridionale è avvolta oggi in un clamoroso silenzio, pur in presenza di pesanti segnali di crisi ».
Per far uscire il sud dalla morsa della crisi è necessario prima di tutto che il Governo sblocchi i fondi Fas delle Regioni e s'impegni a reintegrare gradualmente nei prossimi anni quelle quote dei fondi sottratte nel biennio 2008-2009; è necessario poi che si dia vita a forme di fiscalità di vantaggio ed a meccanismi di fiscalità di sviluppo quale l'automatismo del credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree meridionali; occorre inoltre un'accelerazione alla progettazione ed alla cantierizzazione delle opere infrastrutturali previste dall'allegato infrastrutture del DPEF 2010-2013 a partire da quelle del sud. Pag. 76
Tutte le debolezze economiche e sociali del Paese, dall'occupazione alla povertà, dalla disuguaglianza sociale alla mancanza di competitività, si manifestano con maggior intensità nelle regioni del Mezzogiorno.
Affrontare la crisi nell'interesse dell'intero Paese deve quindi significare, prima di tutto, adottare provvedimenti che diano priorità e nuova centralità al Mezzogiorno d'Italia.

MATTEO COLANINNO. Signor Presidente, signor Ministro dell'economia e delle finanze, onorevoli deputati, desidero intervenire sulla mozione Bersani per concentrarmi sulla proiezione del sistema produttivo italiano nella crisi e nella globalizzazione. Una crisi che tutt'oggi appare azzardato considerare come un evento ormai alle nostre spalle.
Non possiamo fare a meno di constatare come i così detti «bad assets» - i titoli «tossici» causa prima della crisi - siano tuttora presenti negli attivi di bilancio delle più grandi istituzioni finanziarie colpite, e come inducano in tal modo una perdurante fragilità e instabilità dei mercati finanziari.
Inoltre, volendo includere nell'analisi l'aumento della selettività nell'erogazione del credito da parte del sistema, si comprende facilmente come la tendenza all'inversione del ciclo economico che si era affacciata a partire dagli ultimi mesi del 2009, non solo non possa considerarsi acquisita, ma anzi determinerà un trend economico significativamente più basso rispetto ai livelli pre-crisi, almeno nel nostro Paese.
Il Fondo Monetario Internazionale ha messo chiaramente in luce come si stia compiendo un «passaggio del testimone» tra le economie dell'Occidente e quelle di Asia e Brasile.
Non si tratta solo di geopolitica e di degenerazione della speculazione finanziaria, ma di fenomeni di portata talmente vasta da rappresentare scelte vincolanti nei piani strategici delle imprese, le cui assunzioni di budget scontano: un mercato europeo sostanzialmente stabile o regressivo; i mercati asiatici e quello brasiliano, in forte crescita; la regione dell'Africa orientata verso una dinamica positiva; un consumatore statunitense selettivo, sensibile ai prezzi, alla qualità, all'innovazione tecnologica, alle nuove frontiere della «green economy» e del risparmio energetico.
Tutto ciò detto, non è pensabile che le scelte di riposizionamento produttivo possano essere determinate esclusivamente dalla «meccanica» selettiva del mercato.
La complessità e la rilevanza sociale delle scelte determinanti il futuro industriale dell'Italia impongono assunzioni di responsabilità, fortemente impegnative, al nostro Parlamento e al vostro Governo, i quali, insieme, non possono non esercitare un ruolo di guida e di regolazione dei naturali processi di ristrutturazione indotti dal mercato, soprattutto in presenza di una crisi sistemica come quella che stiamo attraversando.
Solo così possiamo definire le premesse giuste, capaci di avviare una grande «ristrutturazione» del nostro sistema industriale e manifatturiero, unico strumento questo per uscire dalla crisi epocale che stiamo vivendo realmente più forti, consentendo alle nostre imprese di competere su scala globale e all'Italia di frenare la perdita di peso economico, industriale e produttivo che ha purtroppo caratterizzato tutta la prima fase della globalizzazione.
È tuttavia cruciale la scelta del punto di «attacco»: pur riconoscendo i meriti fondamentali della piccola impresa non ci è consentito di rispondere ai profondi cambiamenti della geografia economica, delle produzioni e delle competenze semplicemente «ammortizzando» in modo passivo l'enorme valore costruito nel tempo dalla piccola impresa, e lasciandola nei fatti in una preoccupante solitudine.
La capacità dell'impresa, sia nel breve che nel lungo termine, di far fronte ai propri impegni finanziari, di sostenere gli investimenti, di stabilizzare strategie di espansione delle vendite e delle quote di mercato, di mantenere redditività e capacità Pag. 77di sviluppo è oggi sempre più determinata dalla sua solidità patrimoniale e finanziaria.
Oggi dunque la priorità ineludibile consiste nel rendere più robusta la capitalizzazione delle nostre aziende.
La crisi ha colpito tutti e la capacità di resistenza ha diviso le imprese solide da quelle fragili, al di là delle dimensioni relative.
La proiezione dell'impresa italiana tra crisi e nuova globalizzazione evidenzia che la questione di fondo sta oggi nella capacità di investire sul futuro, puntando su profonde innovazioni, su nuove organizzazioni, prodotti, marchi, alleanze internazionali; sulla capacità, soprattutto per i più piccoli, di trasformarsi da produttori in imprenditori e passando, in casi assai diffusi, da forme elementari a strutture organizzative più evolute e policentriche.
Il nostro modello di capitalismo, fondato sulle famiglie imprenditoriali, può farcela a vincere sfide così delicate solo se si dimostrerà capace di aprirsi ai mercati a più forte crescita; se si dimostrerà capace di aprire le «porte» dell'azienda a nuove competenze manageriali, ad una finanza più diversificata, ad un rinnovato rapporto con il sistema bancario, alla gestione strategica del passaggio generazionale.
Spinta da queste mutazioni, è acquisita, a partire dalle analisi basate sull'indice s&p 500, la capacità delle imprese familiari di «sovraperformare» rispetto ad ogni altra struttura proprietaria.
In conclusione, signor Presidente, sono convinto che all'uscita dalla crisi il capitalismo italiano avrà di fronte una sfida dall'esito terribilmente incerto.
Si profilano nei prossimi anni opportunità probabilmente uniche, che potranno essere colte soltanto a prezzo di cambiare radicalmente quello stesso modo di fare impresa che ha determinato il successo delle nostre migliori imprese.
Sono queste le sfide delle aziende e dei loro lavoratori.
Sono queste le responsabilità della politica.
Queste le nostre responsabilità.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO SULLE MOZIONI CONCERNENTI MISURE URGENTI PER CONTRASTARE LA CRISI ECONOMICA IN ATTO

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la grave crisi che stiamo attraversando assume nel Mezzogiorno i caratteri dell'emergenza sociale e si abbatte sull'economia come una sorta di gigantesco moltiplicatore dei divari regionali.
Tutto questo perché la recessione internazionale si è innestata in un contesto, quello meridionale, già fortemente indebolito e vulnerabile, acuendo le difficoltà del suo fragile apparato produttivo.
Se, come si sostiene da più parti, il problema del Mezzogiorno è il «nanismo industriale» e la conseguente incapacità delle imprese del sud di attuare innovazioni, occorrerebbe promuoverne il decollo, mettendo al centro dell'agenda di Governo politiche industriali specificamente indirizzate a spingere il tessuto produttivo meridionale verso un «salto» tecnologico e dimensionale che ne incentivi le aggregazioni, con effetti di breve periodo, e con le leve fiscali, prima fra tutte la creazione di una «no tax area».
I giovani meridionali approcciano quasi rassegnati il mercato del lavoro sicuri che, quale che sia il loro livello d'istruzione e di qualificazione , non sarà consentito loro di lavorare nel territorio in cui sono cresciuti.
Sul fronte dell'occupazione, un rapporto Svimez evidenzia curiosamente come nel meridione la domanda di lavoro sia scesa del 3 per cento, parametro dietro cui si nasconde l'incognita del lavoro sommerso con il ricorso al quale, paradossalmente la crisi al sud ha avuto effetti meno devastanti.
Inoltre tutti i settori produttivi più importanti sembrano segnati dal declino con l'adozione della cassa integrazione come nuovo bacino nel quale far confluire Pag. 78nuovi precari o come viatico ai licenziamenti definitivi.
Per finire, onorevoli colleghi, per liberare il Mezzogiorno dalla morsa dell'arretratezza non crediamo al potere salvifico del solo Governo centrale ma anche e soprattutto alla governance territoriale, in un clima di condivisione, rigore, trasparenza ed assunzione collettiva di responsabilità.
Riteniamo necessario avviare una battaglia politica e culturale che imponga la consapevolezza che il Paese non esce dalla crisi senza e contro il Mezzogiorno e che abbia, al contempo, i caratteri di risposta all'emergenza determinata dalla crisi e di proposta per una prospettiva di sviluppo.
Signor Ministro Tremonti, abbiamo molto apprezzato l'annunciato varo della Banca del Mezzogiorno ma temiamo che riproporre un modello dandogli una mano di vernice non risolverà i problemi del credito al sud ed in particolare della piccola e media impresa.
Ci aspettiamo che il Governo dia attuazione alla quinta missione del programma della coalizione, quella denominata «Per il sud», e rimasta ancora lettera morta.
Il sud oggi ha notevoli potenzialità ancora inespresse ed è lecito che si aspetti la dovuta e dichiarata attenzione.
Dal Governo ci aspettiamo una vigorosa accelerazione verso una politica del praticato e non del predicato.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 7)
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Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3243 - voto finale 470 466 4 234 466 61 Appr.
2 Nom. Moz. Di Pietro e a 1-336 509 509 255 210 299 34 Resp.
3 Nom. Moz. Bersani e a 1-340 510 510 256 233 277 33 Resp.
4 Nom. Moz. Casini e a 1-341 n.f. 511 511 256 214 297 33 Resp.
5 Nom. Moz. Lo Monte e a 1-342 510 508 2 255 299 209 33 Appr.
6 Nom. Moz. Tabacci e a 1-345 507 507 254 229 278 33 Resp.
7 Nom. Moz. Cicchitto,Cota e a 1-346 n.f. 508 506 2 254 278 228 33 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.