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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 299 di martedì 16 marzo 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,10.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 marzo 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Barbieri, Bergamini, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Capitanio Santolini, Carfagna, Casero, Casini, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Donadi, Fitto, Franceschini, Frassinetti, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Granata, La Russa, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Mussolini, Nicolais, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Ravetto, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Sardelli, Scajola, Stefani, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,15).

PRESIDENTE. Stante l'evidente assenza in Aula del rappresentante del Governo, dovrò sospendere la seduta, che riprenderà non appena vi saranno notizie in merito.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente fa bene a fare così. L'unico problema è che avevamo preso degli accordi affinché la discussione sulle linee generali, che già era stata contratta proprio per fare in modo che iniziasse oggi e non ieri, si svolgesse almeno nelle due ore che ci separano dall'altro punto all'ordine del giorno. Se il Governo arriva in ritardo, questo, oltre ad essere un fatto di maleducazione, crea anche problemi allo svolgimento dei nostri lavori.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anche il suo ingresso è avvenuto in ritardo, ma non per colpa sua, perché si era già notata l'assenza del Governo. Quest'Aula, che dovrebbe dare anche il segnale più forte di puntualità e di presenza, per l'ennesima Pag. 2volta viene meno a questo, sempre per colpa del Governo. Dobbiamo anche dire che i rappresentanti del Governo sono aumentati di numero, il che, come diceva il nostro leader Casini, ha aiutato a superare un po' le difficoltà dell'occupazione. Nonostante questo, credo che l'assenza debba essere stigmatizzata da parte sua, anche per rispetto nei confronti di quest'Aula.

PRESIDENTE. Vi ringrazio per gli interventi. Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,20, è ripresa alle 9,30.

Discussione del disegno di legge: S. 1974 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori (Approvato dal Senato) (A.C. 3243).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il vicepresidente della Commissione Attività produttive, onorevole Vignali, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore.

RAFFAELLO VIGNALI. Vicepresidente della X Commissione. Signor Presidente, il disegno di legge in esame reca la conversione del decreto-legge n. 3, del 2010, che si è reso necessario per porre rimedio alla situazione di criticità e di funzionamento del sistema elettrico nazionale nelle due isole maggiori del territorio nazionale: Sicilia e Sardegna. Tale necessità, infatti, permarrà per almeno un triennio, fino all'apprestamento e all'entrata in operatività di nuove infrastrutture che porranno una soluzione strutturale a tali situazioni di criticità. Difatti, per superare finalmente l'annoso problema della scarsa infrastrutturazione elettrica delle due isole maggiori, sono state previste nei piani di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale diverse infrastrutture a potenziamento dei collegamenti elettrici dalle due isole con il continente in rinforzo delle linee elettriche di trasporto interne al territorio insulare. Detti potenziamenti e rinforzi per molteplici ragioni non si sono ancora completati.
Il Senato, oltre ad introdurre modifiche, ha introdotto ulteriori disposizioni, non tutte, peraltro, pienamente condivisibili, che allargano il campo di intervento del provvedimento rispetto al tema dell'approvvigionamento dell'energia elettrica nelle isole maggiori. La maggior parte di tali nuove disposizioni riguardano, più in generale, le opere relative alla rete elettrica di trasmissione nazionale agli impianti di energia elettrica, mentre un'altra concerne gli incentivi per l'elettricità prodotta con impianti fotovoltaici. Nel corso dei lavori della Commissione è stato rilevato in maniera unanime, da un lato, che alcune modifiche avrebbero ben potuto essere apportate al fine di migliorare il testo (segnalo che anche il Governo ha dimostrato disponibilità in merito), ma, dall'altro, che apportare modifiche in questa fase dei lavori parlamentari avrebbe potuto avere lo spiacevole risultato di rendere Pag. 3difficile, se non impossibile, la conversione del decreto nei termini. Questa riflessione - sottolineo ancora: condivisa da tutti i gruppi - ha condotto quindi al ritiro di tutti gli emendamenti presentati e alla conferma per l'esame in Aula del testo del decreto pervenuto dal Senato della Repubblica.
Entrando nel merito dei singoli articoli dei quali si compone il decreto: l'articolo 1, comma 1, istituisce un servizio di riduzione istantanea dei prelievi di energia elettrica (in sostanza un nuovo servizio di interrompibilità) in Sardegna e Sicilia per il triennio 2010-2012 al fine di garantire la sicurezza del sistema elettrico nelle due isole. Il nuovo servizio per la sicurezza garantisce la possibilità di ridurre la domanda elettrica nelle isole maggiori secondo le istruzioni della società Terna spa. L'istituzione del nuovo servizio si rende necessaria per le rilevate criticità nel sistema di distribuzione elettrica della Sardegna e della Sicilia. Il comma 2 attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas la definizione delle condizioni del nuovo servizio per la sicurezza. A tal fine, l'Autorità, sulla base di specifici principi e criteri stabiliti dalle disposizioni in esame, emana propri provvedimenti, sentito il Ministero dello sviluppo economico, in qualità di organo che provvede alla sicurezza e all'economicità dal sistema elettrico nazionale. Il comma 3 dispone che, in ogni sito di consumo, il servizio di cui all'articolo in esame può essere prestato solamente per quote di potenza non impegnate in qualsiasi altro servizio remunerato o diretto alla sicurezza del sistema elettrico, ovvero in ogni altra prestazione che ne possa impedire o limitare il pieno adempimento. Ai sensi del comma 3-bis, i soggetti che prestano il servizio di cui all'articolo in esame non possono, inoltre, avvalersi per le stesse quote di potenza delle misure di cui all'articolo 32, comma 6, della legge n. 99 del 2009, limitatamente al periodo in cui i medesimi soggetti si avvalgono delle misure previste dall'articolo in esame e ferma restando la titolarità, in base alle procedure di cui allo stesso articolo 32, delle eventuali assegnazioni ottenute, o successivamente incrementate, anche ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge.
L'articolo 2 reca disposizioni volte a modificare il processo di estensione della capacità di interconnessione con l'estero prevista dall'articolo 32 della legge n. 99 del 2009. Tali modifiche sono connesse con l'avvio del nuovo servizio per le isole maggiori di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, che implica un aumento della potenza disponibile a riduzione istantanea dal prelievo dei clienti finali. Ai sensi del comma 1, il possibile incremento dell'interconnessione, determinato da Terna entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, non deve essere superiore a 500 megawatt. Il comma 2 prevede che, entro trenta giorni dalla decorrenza del termine di cui al comma precedente, Terna organizzi le procedure concorsuali ai sensi dei commi 3, 4 e 5 del citato articolo 32 della legge n. 99 del 2009, concernenti gli interconnector che realizzano l'estensione della capacità di interconnessione di cui allo stesso comma 1, nonché quelle quote di interconnector oggetto delle procedure già esperite che non risultino finanziate anche in seguito alla rinuncia dei soggetti investitori. Il comma 3 stabilisce l'assegnazione prioritaria nell'ambito delle procedure previste dal comma 2 a quei soggetti che assumono impegni vincolanti a rendere disponibili entro il 31 marzo 2011 risorse incrementali di riduzione istantanea del proprio prelievo dalla rete. In relazione a tale assegnazione prioritaria, Terna è chiamata a fissare i parametri in base a criteri definiti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Con riferimento ai soggetti che assumono tali impegni, Terna stabilisce i requisiti per partecipare alle procedure concorsuali di cui all'articolo 32, comma 5, della legge n. 99 del 2009. Il comma 3-bis dispone l'assegnazione prioritaria, nell'ambito delle procedure previste dal comma 2 relativo alle quote di interconnector oggetto delle procedure già esperite, e che non risultino finanziate anche in seguito Pag. 4alla rinuncia dei soggetti investitori, ai clienti finali per i propri siti di consumo ubicati in Sicilia o in Sardegna per una potenza complessiva non superiore a 60 megawatt in Sicilia e 40 megawatt in Sardegna. Il comma 4 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas adegui alle disposizioni del presente articolo le deliberazioni in materia.
L'articolo 2-bis - introdotto dal Senato - prevede che, al fine di garantire la continuità del servizio di trasmissione di elettricità quale attività di preminente interesse nazionale, sono autorizzate in via definitiva le opere facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale già in esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame per le quali ad oggi non sia possibile accertare il titolo autorizzativo.
Al fine di garantire la sicurezza del sistema energetico anche in Sicilia e in Sardegna, l'articolo 2-ter - introdotto dal Senato - dispone che gli interventi di riclassamento fino a 380 kilowatt degli elettrodotti di interconnessione con l'estero facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica vengano realizzati mediante la procedura semplificata prevista dall'articolo 1-sexies, commi 4-sexies e seguenti, del decreto-legge n. 239 del 2003. Tali interventi dovranno inoltre rispettare gli strumenti urbanistici vigenti, le norme in materia di elettromagnetismo, di tutela del paesaggio e dell'ambiente, nonché le norme tecniche per la costruzione di linee elettriche. L'articolo 2-quater - introdotto dal Senato -, attraverso alcune modifiche dell'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003, prevede che si possano realizzare mediante denuncia di inizio attività (la cosiddetta DIA) anche aumenti volumetrici degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 megawatt termici e delle relative varianti, ma nel rispetto di determinate condizioni.
L'articolo 2-quinquies dispone la disapplicazione delle disposizioni recate dall'articolo 11 della legge n. 400 del 1988 ai commissari straordinari previsti dall'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009 per interventi urgenti per le reti dell'energia al fine di garantire una più celere definizione del procedimento di nomina dei commissari stessi, nonché di assicurare la realizzazione di indifferibili e urgenti opere connesse alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia avente carattere strategico nazionale, anche avuto riguardo alla necessità di prevenire situazioni di emergenza nazionale. Lo stesso articolo dispone che i decreti di nomina dei commissari di cui al comma 2 del predetto articolo 4, già emanati, si intendono conseguentemente modificati.
L'articolo 2-sexies dispone che le tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici di cui al decreto ministeriale 19 febbraio 2007 spettano a tutti i soggetti che, nel rispetto della procedura per l'accesso alle tariffe incentivanti prevista dallo stesso decreto, abbiano concluso l'installazione dell'impianto fotovoltaico entro la data del 31 dicembre 2010 ed abbiano inoltre provveduto all'invio della richiesta di connessione alla rete elettrica entro l'ultima data utile per poter consentire la realizzazione della connessione medesima entro il 31 dicembre 2010.
L'articolo 3, infine, prevede che il decreto-legge entri in vigore il 27 gennaio 2010, giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Fadda. Ne ha facoltà.

PAOLO FADDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati finalmente ad esaminare e a convertire il decreto-legge riguardante la disciplina per l'approvvigionamento di energia elettrica nelle due isole maggiori. Il decreto-legge è pervenuto dal Senato con variazioni rispetto al testo del Governo. Il decreto-legge, com'è stato detto dal relatore, prevede che il costo della fornitura di energia possa essere per il momento ridotto in modo appropriato con la procedura della Pag. 5interrompibilità con la quale si mette in sicurezza l'intera utenza delle due isole nelle fasi critiche di richieste esorbitanti rispetto alle effettive disponibilità. A questa procedura alcune aziende interessate hanno già aderito, partecipando alle gara bandita da Terna a norma della legge 23 luglio 2009, n. 99. Il decreto-legge in discussione fissa nel triennio 2010-2012 il termine della procedura di interrompibilità. Tutti i lavori di infrastrutturazione per realizzare l'interconnessione con le reti estere di approvvigionamento dovranno essere conclusi entro il triennio.
Il Governo e la maggioranza conoscono, perché ripetuto moltissime volte in quest'Aula, il nostro severo giudizio sull'abuso dello strumento del decreto-legge non solo quasi mai rispondente agli interessi generali ma che, di fatto, insieme al voto di fiducia, delegittima e rende marginale l'intero Parlamento. Tenta così con la consuetudine e la prassi di attuare una pericolosissima riforma strisciante della Costituzione con la pretesa di sostituire contro il dettato della carta la democrazia parlamentare con un regime presidenziale.
Va comunque dato atto al Governo - ed è per questo che ho citato questo decreto-legge - che, per la prima volta, in questa legislatura utilizza in modo corretto lo strumento del decreto-legge in quanto affronta e tenta di risolvere una drammatica crisi industriale e occupazionale che colpisce duramente alcune regioni del nostro Paese.
Basti pensare al dramma degli operai di Portovesme e Fusina, ai dipendenti di Alcoa e a quelli di altre aziende delle zone interne della Sardegna come Ottana. Una vicenda sociale nella quale abbiamo potuto cogliere e apprezzare, sin dalla discussione e approvazione della legge n. 99 del 2009, un clima di ascolto, di costruttiva collaborazione e anche di condivisione di proposte avanzate dal nostro gruppo e dalle altre opposizioni.
Le ragioni di questo clima di comune partecipazione e condivisione sono da ricercarsi nel tentativo di dare risposte, seppur parziali, alle voci di una vera e propria disperazione dei lavoratori alle quali si sono aggiunte le richieste dei sindacati, delle forze politiche locali, dei sindaci, dei consigli comunali, provinciali e regionali, delle chiese locali, che si sono unite all'appello dello stesso Sommo Pontefice. Quest'ultimo ha voluto rivolgere la sua parola e il suo incoraggiamento ai lavoratori dell'Alcoa e alle loro famiglie raccolti in Piazza San Pietro, e agli uomini politici e ai rappresentanti delle istituzioni il pressante invito ad una riflessione e ad azioni di concreta condivisione. Bisogna riconoscere questo forte impulso e ringraziare chi se ne è fatto protagonista e interprete, anche se talvolta con modalità così pressanti e disperate da rallentare con manifestazioni e occupazioni di aule consiliari il normale articolarsi della vita stessa delle istituzioni.
Abbiamo visto lavoratori salire su torri e gru, bloccare porti e aeroporti, manifestare duramente più volte a Roma. Abbiamo visto insomma la disperazione concretizzarsi in gesti quasi al limite dell'estremo.
Dobbiamo esprimere, insieme alla solidarietà che manifestiamo con l'approvazione del provvedimento in esame, anche il nostro ringraziamento: con questa spinta e con questa determinazione hanno risparmiato al Parlamento, prima al Senato e poi a questa stessa Aula, il riproporsi di asprezze dialettiche ed esasperazione verbali, hanno indicato la strada delle decisioni, non sempre da tutti condivisa, ma serenamente accettata. È con soddisfazione che testimonio lo sforzo unitario che hanno fatto i parlamentari eletti in Sardegna di maggioranza e di opposizione.
Del resto, era arduo ed irresponsabile dividerci di fronte ai drammi che tantissimi lavoratori stanno vivendo e dai quali giungeva l'invito pressante ad individuare soluzioni capaci di contrastare la prospettiva incombente della perdita del posto di lavoro. Quindi siamo consapevoli di quale sia la fase che attraversa la grande industria di base e quanto questa, legata soprattutto ad investitori internazionali, rivolga il suo interesse verso Paesi con regole meno stringenti, considerando il Pag. 6profitto unico valore da raggiungere e lasciando nei nostri territori un'eredità di abbandono, di desertificazione sociale e di inquinamento ambientale. La tendenza alla delocalizzazione, già abbondantemente conosciuta e temuta nel settore manifatturiero, ha gettato nella crisi distretti industriali e comparti con vocazione a produzione di qualità.
Nel campo dell'industria primaria il fenomeno si manifesta con modalità ancora più devastanti, in quanto è superiore il numero degli addetti interessati, e, direi, con molta spregiudicatezza, perché essendo industrie a forte consumo energetico, la scelta di nuovi siti viene fatta nei Paesi nei quali gli spazi sono pressoché illimitati, i vincoli ambientali inesistenti, l'energia a buon prezzo, i diritti dei lavoratori sono deboli e le loro retribuzioni notevolmente più basse. Basta pensare che cosa Alcoa sta realizzando in Arabia, dove vi è la costruzione di uno stabilimento dieci volte superiore alle capacità produttive del nostro stabilimento di Portovesme.
È chiaro quale deve essere il nostro impegno, stante l'irrinunciabile valore primario che diamo alla persona come lavoratore e che diamo all'ambiente come bene assoluto, che dobbiamo preservare e non consumare. Non è più rinviabile sia a livello nazionale sia a livello europeo un serio ed approfondito dibattito sugli strumenti che possono essere messi in atto per frenare la fuga dell'industria del nostro Paese, anche se siamo consapevoli del fatto che questo problema supera i nostri confini nazionali per divenire questione di valenza europea.
Finora l'Europa ha tenuto su questo problema un atteggiamento condizionato anche dal fatto che i Paesi dell'est di recente adesione sono stati destinatari dei benefici provenienti da nazioni più industrializzate e a più alto costo del lavoro. Fra poco il differenziale sarà parzialmente colmato e le nuove destinazioni non saranno più in Europa, ma quasi completamente in Paesi dell'Estremo Oriente, dell'Asia e dell'Africa e l'Europa nel suo complesso dovrà riflettere sulle conseguenze del suo egoismo e di non avere reagito in tempo, quando era possibile farlo.
Tutti noi ci auguriamo che tra sei mesi l'Alcoa decida di continuare la produzione degli stabilimenti in Italia, ma saremmo una classe politica miope se non ci rendessimo conto che dobbiamo da oggi prepararci ad individuare nuove modalità che consentano l'abbattimento del costo dell'energia e nuovi strumenti che favoriscano la permanenza in Italia delle industrie.
È importante che il Governo eserciti e continui ad esercitare con forza ed autorevolezza quella politica di persuasione necessaria perché l'ENEL realizzi accordi bilaterali capaci di scontare prezzi energetici più bassi di quelli che si registrerebbero nel libero mercato. ENI ed ENEL non possono, in ragione della loro posizione di monopolio e della partecipazione azionaria dello Stato, pensare di poter curare solo il loro legittimo interesse a guadagnare e non anche a svolgere un ruolo strategico nell'interesse superiore del Paese. Allo stesso modo, è affidata alla responsabilità del Governo il fatto che la realizzazione del gasdotto, Algeria-Sardegna, avvenga in tempi brevi per essere certi che avremo nella diversificazione dell'approvvigionamento un ulteriore miglioramento delle condizioni del mercato.
Se il Governo si mostra indeciso e incapace di orientare in nome di una complessiva strategia industriale l'attività di imprese italiane, sulle quali avrebbe grandi possibilità di influire perché vi ha consistenti partecipazioni azionarie, diminuirà anche la propria autorevolezza e la propria capacità di esercitare pressioni nei confronti di altre imprese planetarie, che hanno sede in altri Paesi e che rispondono a logiche economiche e strategiche lontane dagli interessi del nostro Paese.
Quello che sta succedendo oggi in Sardegna all'Eurallumina di Portovesme, agli stabilimenti di Ottana, alla Vinyls di Porto Torres, con gli operai segregati all'Asinara, per richiamare su di loro l'attenzione del Paese e di questo Parlamento, non è meno preoccupante della vicenda di Alcoa. Anche in quel caso, si tratta di lavoratori per Pag. 7i quali si prospetta la disoccupazione, anche lì famiglie alle quali va ancora una volta la nostra piena solidarietà e l'assicurazione del nostro impegno. È urgente, ora, che Governo e regioni programmino immediatamente interventi a favore delle aziende che intendano abbattere i costi dell'energia autoproducendola, facendo ricorso preferibilmente all'energia alternativa. E alla luce di queste evidenti necessità, è incomprensibile come, in Senato, la maggioranza e il Governo abbiano rifiutato e respinto gli emendamenti presentati dai senatori del PD per azioni di programmazione da parte delle regioni a favore dell'autoproduzione e dell'uso di energie alternative nei processi industriali.
Come ho già detto, ritengo, comunque, che tutte le iniziative, anche se attuate nei prossimi tre anni, non sarebbero sufficienti ad impedire la delocalizzazione, se l'Unione europea non avvierà una revisione della politica dei costi energetici.
L'infrastrutturazione per la realizzazione dell'interconnessione deve essere realizzata nel pieno rispetto dei vincoli ambientali, come previsto dalla normativa vigente, e le procedure facilitate non possono essere una scorciatoia per trasformare l'urgenza in autorizzazioni ed ignorare vincoli ambientalistici, paesaggistici e sanitari.
Non abbiamo voluto ripresentare un emendamento già bocciato al Senato, che aveva la finalità di ampliare la platea degli utenti elettrici idonei a prestare il servizio per la sicurezza del sistema elettrico in Sardegna ed in Sicilia, ma ci limitiamo, anche in quest'Aula, a presentare un ordine del giorno, convinti, come del resto ha dichiarato il Governo, che sia sufficiente ad estendere tali tariffe anche ad altri territori, come per esempio ad Ottana.
Il provvedimento in oggetto giunge mentre la crisi della Sardegna è di proporzioni straordinarie e non riguarda solo le grandi imprese, forti consumatrici di energia, ma tutto il comparto industriale; ne è testimonianza l'impegno delle confederazioni sindacali. Cinquantamila persone sono scese in piazza lo scorso 5 febbraio in uno sciopero generale per rilanciare lo sviluppo della Sardegna. Ciò per trovare le soluzioni ad una crisi inaudita, che sta piegando il tessuto sociale ed economico di un'intera regione, con riferimento alla quale scarni numeri evidenziano che 660 imprese hanno formalmente dichiarato la propria crisi, undicimila lavoratori utilizzano gli ammortizzatori sociali in deroga, 150 mila sono i disoccupati e 330 mila persone vivono al di sotto della soglia di povertà.
In seguito a questa grande manifestazione, le organizzazioni sindacali hanno ottenuto dalla giunta regionale l'impegno, condiviso anche da tutti i parlamentari della Sardegna, ad aprire immediatamente un tavolo di confronto con il Governo nazionale sulla crisi sarda, che rilanci anche le intese istituzionali e di programma ed un nuovo piano di rinascita con il riconoscimento del principio di insularità. Su questo aspetto presenteremo un ordine del giorno: ci auguriamo che il Governo lo accolga e ci auguriamo che tutti i parlamentari sardi, di maggioranza e di opposizione, lo sottoscrivano insieme a noi.

GABRIELE CIMADORO. Anche i lombardi!

PAOLO FADDA. La situazione della Sardegna - lo sappiamo bene - è gravissima, ma non è unica nel nostro Paese, non ci rifuggiamo nell'egoismo regionale. Condividiamo, infatti, l'analisi, le critiche puntuali e le proposte contenute nelle mozioni che, nei prossimi giorni - forse, nella stessa giornata di domani - discuteremo in quest'Aula, una delle quali presentata anche dal nostro gruppo parlamentare con primi firmatari gli onorevoli Bersani e Franceschini.
Condividiamo, come tutti gli italiani, quanto sia grave, a fronte delle battute sull'ottimismo da cavalcare, la perdita senza precedenti di posti di lavoro, la stagnazione della situazione economica generale, il calo del prodotto interno lordo ai livelli del 1971, il numero spropositato di ore di cassa integrazione. Pag. 8
Condividiamo l'analisi sulle cause di questi e degli altri drammi, che costringono il nostro Paese in posizione di retroguardia in Europa, con l'unico vanto del controllo della spesa pubblica ottenuto, tra l'altro, con la più totale inerzia, in cui l'unica attività del Governo è attendere che altri si muovano e producano quella ripresa della quale dovremmo miracolosamente usufruire anche noi.
È giunto il momento che il Governo prenda coscienza e agisca su questo come su tanti altri problemi della crisi nazionale: deve abbandonare la via delle risposte emergenziali - delle quali anche questo provvedimento fa parte - per intraprendere, invece, la strada di interventi organici e condivisi, deve prendere finalmente coscienza della situazione e affrontare il dramma del lavoro, dello sviluppo e della disoccupazione: quest'ultima, infatti, è la vera tragedia di tutto il nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, nell'affrontare la discussione sulle linee generali del provvedimento oggi al nostro esame, concernente l'approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori, vogliamo porre l'attenzione sugli obiettivi del decreto-legge, piuttosto che sui contenuti, i quali speriamo, tra l'altro, trovino finalmente l'assenso dell'Unione europea.
Si tratta di porre fine a un'odissea che parte sin dal 2001, ponendo in discussione gli alti costi energetici a cui andavano incontro le principali aziende energivore sarde, non più in grado di stare sul mercato. Tra le principali, vogliamo ricordare la Portovesme, la Alcoa, la Vinyls, l'apparato industriale di Ottana, nonché l'Eurallumina, fabbrica oggi chiusa, ma di cui già da mercoledì prossimo sentiremo parlare nuovamente, perché lavoratori, sindacati e politici saranno presenti qui a Roma per manifestare il loro dissenso nei confronti della chiusura dello stabilimento e la necessità di riaprirlo.
Ripercorrendo l'attività posta in essere dai lavoratori di queste fabbriche e dai lavoratori dell'Alcoa in particolare, si evidenzia come si è potuti giungere alla soluzione contenuta nel provvedimento in esame, che speriamo - lo dico ancora - sia quella definitiva. Siamo arrivati a questo punto grazie soprattutto ai lavoratori, i quali, con i loro rappresentanti di fabbrica, hanno avuto la forza, la volontà e la capacità di coinvolgere (in una battaglia che sembrava in partenza disperata, dato che la multinazionale Alcoa aveva manifestato la volontà di abbandonare lo stabilimento italiano per concentrare la propria produzione di alluminio primario all'estero), i sindacati, i partiti politici, le amministrazioni comunali e la stessa regione sarda, con i quali - attraverso manifestazioni forti e pressanti nelle piazze e presso l'ambasciata americana, nonché presidiando la Camera dei deputati - sono riusciti a porre questo problema anche all'attenzione della stampa e delle televisioni nazionali, e ad ottenere persino l'attenzione del Papa.
Ciò è servito non tanto a scuotere la classe politica nazionale ed il Governo (che comunque hanno lavorato su questo, come dimostrano i vari atti approvati nel tempo), ma ritengo che ciò sia stato importante a far comprendere tali problematiche a questa Europa, la quale si ritiene estranea a problemi di questo tipo, non tiene conto che bisogna comunque fare qualcosa per uscire da questa crisi e continua ad interpretare con grande insensibilità gli aiuti di Stato. Questi ultimi, al contrario, sono misure che consentono alle aziende fortemente penalizzate dalla loro collocazione in territori non adeguatamente strutturati (a tal riguardo si vedrà la vera capacità operativa del Governo per rendere queste regioni adeguate alla situazione sotto l'aspetto energetico), di poter continuare ad essere competitive in un mercato globale senza regole, oggi così ostile. L'Europa rimane, purtroppo, troppo lontana dai problemi della Sardegna e troppo burocrate quando li affronta: occorre un forte intervento del nostro Governo per invertire questa tendenza. Pag. 9
La stampa e le televisioni nazionali hanno sempre parlato di questo decreto-legge come «salva Alcoa»: ciò farebbe pensare che il provvedimento in esame serva a risolvere un problema tutto sardo, dal momento che lo stabilimento Alcoa è sito in Sardegna, nel nucleo industriale di Portovesme, in una provincia come Carbonia-Iglesias, dove la disoccupazione è imperante; tuttavia, a dire il vero, sono anche coinvolti i lavoratori veneti di Fusina.
In realtà, però, non è così: non si salva la Sardegna o, perlomeno, non si salva solo la Sardegna. Il problema vero riguarda gli alti costi dell'energia elettrica in Italia. Qui si aprirebbe un discorso molto impegnativo e non più procrastinabile nel tempo che riguarda la generazione di energia elettrica nel nostro Paese e i suoi costi. Gli alti costi dell'energia, infatti, influiscono negativamente sulla produzione delle nostre aziende, che devono competere in un mercato internazionale che non tiene conto di questo e verso il quale è necessario intervenire con regole appropriate senza le quali ogni obiettivo di crescita aziendale sarà precluso, con gravi conseguenze sul livello occupazionale non solo per la Sardegna, ma per l'intero Paese.
La Sardegna rappresenta oggi la punta di un iceberg, perché lì sono concentrate le produzioni dove più incide il costo energetico. Alcune imprese raggiungono il 30 per cento del costo finale del loro prodotto per problemi energetici. Quando parlo di questi costi, mi riferisco alle produzioni di piombo e zinco della Portovesme Srl, dell'alluminio della Eurallumina e dell'alluminio primario dell'Alcoa, che oggi sono considerate produzioni strategiche per l'Italia. Stiamo, quindi, parlando di un problema nazionale.
Ancora una volta affermiamo che garantire queste produzioni significa dare sicurezza di approvvigionamento di materie prime necessarie e indispensabili al nostro Paese.
Il Parlamento si è occupato di questo problema sin dal 2004 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio e ha continuato ad interessarsene con la legge 23 agosto 2004, n. 239, che stabiliva, tra l'altro, all'articolo 1, comma 3, lettera m), che l'Italia sancisce tra gli obiettivi generali di politica energetica la salvaguardia delle attività produttive a grande consumo energetico. Ribadiamo che questo deve essere l'obiettivo da perseguire.
È stato approvato anche il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge n. 80 del 14 maggio 2005, che ha coinvolto l'Autorità per l'energia elettrica e il gas che, attraverso una severa verifica, ha analizzato in proposito gli indici delle borse dell'energia elettrica di Amsterdam e Francoforte prima di determinare i prezzi dell'energia elettrica riservata a questi produttori a cui, ancora una volta, l'Europa ha manifestato opposizione.
Mi piace qui ricordare ancora che nel medesimo provvedimento del 2005, quando eravamo al Governo anche noi dell'Unione di Centro, è inserito un progetto importante di produzione di energia elettrica attraverso centrali a carbone con captazione dell'anidride carbonica. Questo è un progetto importante che dovremmo seguire, perché potrà realizzare quell'ambizione, cui tutti noi aspiriamo, di produrre in futuro energia a bassi costi.
L'ultimo tentativo è stato compiuto da questo Governo con la legge n. 99 del 23 luglio 2009 e con il Virtual power plant (VPP), di cui tutti conosciamo ormai i risultati negativi. Sono quindi necessari un maggiore impegno e una maggiora attenzione alla soluzione dei problemi: non basta emanare decreti, ma bisogna anche studiarne effettivamente la realtà e l'efficacia.
Arriviamo così ad oggi con questo provvedimento che mette ancora in risalto la situazione di forte debolezza del sistema elettrico nazionale in Sicilia e in Sardegna. Lo scarso collegamento con il resto del Paese ne rende precario il servizio, per cui è previsto, in caso di forti perturbazioni della rete elettrica, onde garantire un minimo di fornitura strategica ed evitando così i blackout, un programmato distacco Pag. 10di alcune grosse utenze che per questo vengono premiate con un minor prezzo dell'energia elettrica utilizzata. A questo si aggiunge la possibilità di incrementare la interconnessione della rete con l'estero, favorendo così gli scambi transfrontalieri di energia.
Si aggiunge, ancora, la volontà di completare le opere necessarie ad un esercizio ottimale della rete nazionale in Sicilia e in Sardegna.
Il compito non è dei più facili. Va seguito e vedremo qui il reale impegno del Governo a tale proposito. Il nostro partito, l'Unione di Centro, ha sempre seguito, con particolare interesse ed impegno, sia in ambito locale, sia in ambito regionale, sia in ambito nazionale, questo problema, partecipando anche attivamente e concretamente alla costruzione degli atti necessari. Restiamo quindi fiduciosi. Vorremmo essere ottimisti, lo siamo ma, comunque, vigileremo sicuramente sulla realizzazione dei contenuti di questo provvedimento che consideriamo, in questo momento, l'ultima spiaggia per poter risolvere problemi così importanti che riguardano non l'industria ma i lavoratori. Se è vero, come è vero, che da tutta Italia si continua a dire che bisogna dare dignità all'uomo, non vedo come questo possa avvenire se togliamo loro la possibilità di lavorare (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

ANGELO COMPAGNON. Bravo Mereu!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, ringraziamo anche per la presenza il Governo, con il quale abbiamo sempre avuto, soprattutto con il sottosegretario presente in Aula, rapporti di collaborazione sincera e diretta.
Una delle ragioni, o meglio, le ragioni che hanno portato l'Italia ad avere, in questi ultimi 10 o 15 anni, il PIL a crescita più lenta e più ridotto d'Europa sono, diciamo così, racchiuse anche o si tentano di racchiudere in questo provvedimento. Queste necessità sono, in ordine: la crisi infrastrutturale, cioè la mancanza di infrastrutture importanti che rendono il prodotto fruibile e movibile all'interno della Comunità; il costo del lavoro che, in particolare rende, dà la possibilità o lo spunto alle aziende importanti e alle multinazionali di delocalizzare, in via di principio, quasi tutte le attività che sono sul nostro territorio; infine, il costo dell'energia, perché abbiamo un costo dell'energia che è, rispetto a tutto il resto d'Europa, forse il più caro. Infatti, non abbiamo approvvigionamento e, comunque, ci approvvigioniamo sicuramente con difficoltà, facendo pesare poi sul prodotto e sul manufatto finito il costo eventuale. Questa è una delle ragioni per cui il nostro PIL subisce quello che sta subendo da anni e la nostra azienda Italia ha difficoltà a procedere nel segno dell'evoluzione e, comunque, dell'uscita dalla crisi.
Credo che nonostante tutti gli appelli fatti dal Governo e dal Ministro Tremonti, la crisi non sia ancora superata e, anzi, da quando il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze hanno dato l'annuncio che eravamo fuori dalla crisi credo che stiamo subendo, da allora, la crisi peggiore che l'Italia abbia mai avuto, una vera crisi occupazionale. Su questo dato - sull'occupazione - si gioca e si è giocata, diciamo così, la disponibilità di tutti i partiti ad affrontare in modo serio questo provvedimento e ad arrivare a una soluzione che possa essere condivisa da tutti.
Vero è che questo provvedimento ha subito poi, nel corso dell'esame al Senato, delle modifiche e su queste modifiche - mentre nel frattempo discutevamo qui alla Camera il famoso provvedimento relativo al commissariamento e a Bertolaso - abbiamo alzato un po' le orecchie e ci siamo un po' irrigiditi.
Speriamo che questo provvedimento vada a risolvere alcuni problemi diretti di un'azienda alla quale abbiamo tenuto moltissimo fin da subito, poiché essa dà lavoro a più di 2 mila persone in una regione dove il lavoro non c'è. Dunque, 2 mila persone significano 5, 6 o 10 mila persone. Pag. 11Per questo abbiamo sposato la causa sin dall'inizio e abbiamo fatto anche battaglie in piazza con queste persone.
Abbiamo condiviso con loro l'amarezza di non avere un futuro e ci eravamo impegnati con loro a far sì che questo provvedimento fosse approvato.
In tutto questo, il provvedimento deve risolvere il problema infrastrutturale ed energetico delle due isole maggiori (Sicilia e Sardegna), e credo che vada anche in parte ricercata nella classe politica locale, in particolare della Sicilia, ma anche della Sardegna, la causa del loro non sviluppo.
Credo che la classe politica dirigente regionale, provinciale e nazionale abbia qualche responsabilità e la gente siciliana o sarda potrebbe alzare la voce nei confronti di coloro che hanno governato negli anni (non solo recenti, ma anche tornando indietro in tempo). Infatti, la Sicilia in particolare ha vissuto una situazione (come la Sardegna, ma ancora più specificatamente) di autonomia che l'avrebbe dovuta mettere in condizione di vantaggio. Invece, le due regioni non hanno ottenuto praticamente niente o, peggio, si sono trovate in situazioni deleterie.
Non voglio giustificare con questo la classe politica del nord, perché è abbastanza facile giustificarla se si confronta una famiglia in cui c'è uno stipendio di 10 mila euro con una del sud in cui c'è uno stipendio da 1.000 euro. Per questo la classe politica del nord - mi ci metto anch'io - trattandosi di regioni ricche, ha avuto la possibilità di coprire le «magagne», come le chiamiamo noi. I soldi riescono a sistemare e mettere in ordine i bilanci. L'esempio classico è quello della sanità lombarda che è il fiore all'occhiello del nostro governatore Formigoni, ma che costa il 75 per cento. È vero che è una delle strutture che funziona meglio in Italia, ma è anche vero che ci mettiamo talmente tante risorse che se questi soldi fossero dati a regioni come la Sicilia e la Sardegna probabilmente che anche loro sarebbero in grado di far funzionare gli ospedali. Non voglio entrare in una critica spocchiosa, né irritare il mio relatore, con il quale ho sempre avuto buoni rapporti e vorrei continuare ad averne, ma voglio dire che abbiamo affrontato la situazione relativa a questo provvedimento (un decreto-legge, come al solito, una forma che non digeriamo) con il miglior spirito possibile.
Il provvedimento in oggetto reca la conversione del decreto-legge n. 3 del 2010, che si è reso necessario per porre rimedio alle situazioni di criticità di funzionamento del sistema elettrico nazionale delle due isole maggiori (Sicilia e Sardegna). Questa necessità permarrà per almeno tre anni. Infatti, per superare finalmente l'annoso problema della scarsa infrastrutturazione elettrica delle due isole maggiori, che determina numerose e reiterate criticità sui mercati elettrici delle stesse isole, sono state previste, nei piani di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, diverse infrastrutture a potenziamento dei collegamenti elettrici delle due isole con il continente e a rinforzo delle linee elettriche di trasporto interne al territorio insulare. Detti potenziamenti e rinforzi, per molteplici ragioni, non si sono ancora completati. Il Senato ha esaminato in prima lettura il testo del provvedimento in oggetto e, oltre ad approvare modifiche, ha anche introdotto ulteriori disposizioni che allargano il campo di intervento del provvedimento rispetto al tema dell'approvvigionamento di energia elettrica delle isole maggiori.
Si tratta di un dato di criticità che evidenziamo in questo provvedimento. Se il provvedimento fosse andato liscio, come doveva essere e come era nelle buone intenzioni, probabilmente non avremmo rilevato questo dato di criticità, anche perché eravamo appena usciti da una fortissima critica, lo ripeto, rispetto al sistema Bertolaso del commissariamento, in cui si è scoperto che il commissario, invece di fare il commissario, andava in giro a chiedere tangenti. Non mi riferisco a Bertolaso, perché non abbiamo nessuna prova, ma al sistema in sé. Si tratta di questo e, nel frattempo, il Senato ha apportato questa modifica e ci trova in queste condizioni, ossia in una situazione un po' delicata che potremmo definire di Pag. 12ricatto perché, a fronte di un provvedimento che va a sanare una situazione e cerca di garantire il posto di lavoro a più di 2 mila persone, si chiede di far passare questo e non è una cosa che ci piace molto.
Questa è una delle criticità. Credo che qualche collega che mi ha preceduto abbia accennato a questo fatto: noi sappiamo quasi per certo, con riferimento a questa azienda grossa, importante e di riferimento sul territorio mondiale, che probabilmente - nonostante questo provvedimento preveda la possibilità di pagare circa 450 mila euro di differenziale di energia - alla fine questa azienda per altri motivi avrà la capacità, ed è in grado già da adesso, di delocalizzare c'è quindi il rischio che fra due o tre anni questa azienda venga poi impiantata in un'altra nazione dove il costo del lavoro e le infrastrutture abbiano dei risultati diversi. Quindi, facciamo comunque questo sforzo ben sapendo che probabilmente dei lavoratori, di qui a qualche anno, si dovrà di nuovo discutere.
La maggior parte di tali nuove disposizioni riguarda più in generale le opere relative alla rete elettrica di trasmissione nazionale e agli impianti di energia elettrica, mentre un'altra concerne gli incentivi per l'elettricità prodotta con impianti fotovoltaici. Anche in questo caso, mi pare che sia l'articolo 2-bis, va bene il finanziamento e gli incentivi agli impianti fotovoltaici, ma non va bene il fatto che con questo articolo di fatto c'è una sanatoria dove non ci sono le possibilità o comunque l'autorizzazione a Terna (sappiamo che si tratta di un'azienda di grandissimo livello, pubblica, partecipata, che rappresenta il 98 per cento della nostra rete nazionale). Dove non ci siano autorizzazioni già date per lavori da eseguire sul territorio nazionale, con questo articolo si sana, di fatto non c'è più bisogno di richiedere autorizzazioni per cui la paura e il rischio è che ci siano aumenti di volume in giro per l'Italia o comunque delle autorizzazioni date senza un approfondito esame, cioè se ne valga la pena per la tutela dell'ambiente e tante altre cose di conseguenza.
Del provvedimento nella sua parte caratterizzante potranno beneficiare la popolazione e le imprese delle due isole maggiori che vedranno ridotto il rischio relativo alla sicurezza e alla continuità della fornitura di energia elettrica. Questo è il dato più importante. Più in particolare, i clienti finali energivori che presteranno il nuovo servizio per la sicurezza di cui all'articolo 1, potranno beneficiare di una riduzione del costo di elettricità percependo un corrispettivo fino al doppio di quello stabilito per il servizio di interrompibilità istantanea.
Per quanto riguarda le osservazioni critiche cui ho già accennato, particolarmente criticabile appare l'iter che ha accompagnato questo provvedimento. Il decreto-legge in esame infatti era stato presentato inizialmente come necessario ed urgente per esigenze di sicurezza e di finanziamento del sistema elettrico della Sicilia e della Sardegna e per tali ragioni ha ricevuto l'appoggio di quasi tutta l'opposizione sino all'approvazione finale. Pur tuttavia, durante l'esame del provvedimento in Commissione e in Assemblea sono stati approvati una serie di emendamenti contenenti disposizioni in parte avulse e stravaganti rispetto al contenuto del provvedimento stesso, ma a questo noi siamo abituati: ormai da qualche anno il nostro Governo in ogni provvedimento ci infila qualcosa che non c'entra niente e, guarda caso, molto spesso è un provvedimento che risolve i problemi del Presidente del Consiglio. In questo caso, ciò non avviene, ma non vorrei che ci fosse qualche amico in giro (Applausi del deputato Cambursano)! Grazie collega!
La maggior parte di tali nuove disposizioni riguardano, infatti, più in generale le opere relative alla rete elettrica di trasmissione nazionale e agli impianti di energia elettrica, mentre un'altra concerne gli incentivi per l'elettricità prodotta con impianti fotovoltaici. Ecco che arriviamo all'articolo 2-quinquies. Riguardo all'inattuazione del citato, sono stati già stati nominati quattro commissari straordinari con altrettanti decreti del Presidente della Repubblica, datati 12 novembre 2009. Con Pag. 13la scusa di voler garantire una più celere definizione del procedimento di nomina dei commissari straordinari si attribuisce pieno mandato al Governo per tale nomina e per il controllo degli atti, espropriando il Parlamento delle sue funzioni e negando ogni principio di trasparenza.
Su questo noi abbiamo fatto una battaglia anche al Senato, anche se devo dire che al Senato abbiamo votato a favore di questo provvedimento; non dico che non voteremo a favore o ci asterremo anche qui, ci sarà oggi la dichiarazione di voto e vedremo la posizione dell'Italia dei Valori. Voglio dire, quantomeno il Governo doveva riferire in Aula e neanche questo è avvenuto.
Oggi la responsabilità è in capo ai commissari nominati dal Presidente del Consiglio per cui va bene tutto. Insomma, la situazione è quella ante Bertolaso. Non dovranno più essere indicati dettagliatamente i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di persone. Si applica l'obbligo di comunicare la nomina al Parlamento e la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, inoltre il Presidente del Consiglio non sarà più tenuto a riferire sull'attività del commissario straordinario, cosa che noi avevamo chiesto fortemente anche in Commissione al Senato. Ciò appare incomprensibile anche perché parliamo di opere importantissime, parliamo di fiumi di denaro che vanno alle infrastrutture, e sappiamo bene che si tratta di costi altissimi, per cui vorremmo che ci fosse un minimo di controllo. Ciò che appare incomprensibile poi è che in sede di esame del decreto sulla Protezione civile l'Aula della Camera aveva già discusso queste tematiche e con questo nuovo decreto in pratica si fa rientrare dalla porta quello che con forza era stato fatto uscire dalla finestra.
Ad aggravare la situazione si aggiunge il dato che con tale disposizione si crea un vuoto normativo, in quanto non viene prevista una disciplina alternativa, con la conseguenza che, anziché risolvere i problemi della sicurezza e dell'approvvigionamento del nostro sistema elettrico, tale misura potrebbe dare origine a conflitti istituzionali con regioni ed enti locali paralizzando la realizzazione di importanti opere, recando innumerevoli danni al sistema Paese.
In presenza di una norma che realizza una vera e propria sanatoria di opere facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale per le quali non sia ancora accertabile il titolo di autorizzazione, l'articolo 2-bis del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 3 del 2010, introdotto all'ultimo secondo in Aula al Senato, prevede anche che siano autorizzate in via definitiva le opere facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale individuate dal decreto ministeriale del 25 giugno del 1999 già in esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame e per le quali ad oggi non sia possibile accertare il titolo autorizzativo. Sul punto si lamenta che l'ambito della rete di trasmissione nazionale gestita dal gestore della rete di trasmissione nazionale è stato determinato con decreto del Ministro dell'industria del 25 novembre 1999 ed è stato successivamente ampliato con decreti ministeriali del 23 dicembre del 2002 e del febbraio 2009. La rete di trasmissione è formata da linee ad altissima e ad alta tensione, da stazioni di trasformazione e/o di smistamento, nonché da linee di interconnessione che permettono lo scambio di elettricità.
Nei risvolti della risoluzione del nodo Alcoa ben venga l'obiettivo di salvare 2 mila posti di lavoro, ma rimane un problema di fondo: si continua a cedere alle pressioni dell'Alcoa, che utilizza la garanzia dei posti di lavoro come arma di ricatto per strappare condizioni sempre più favorevoli. Vorremmo dire un'altra cosa all'Alcoa multinazionale, all'Alcoa che gestisce l'alluminio di tutto il mondo, una critica che è stata fatta non solo da parte nostra, ma anche dalle altre forze politiche, addirittura dalla stessa maggioranza. L'Alcoa in questi anni, sapendo di essere un azienda energivora, che consuma milioni di chilowattora, avrebbe dovuto dotarsi di un sistema autosufficiente, cosa che ha detto anche il sottosegretario in una risposta ad una delle nostre interrogazioni. Pag. 14Lo stesso sottosegretario ha dato una risposta in tal senso invitando l'Alcoa a fare degli investimenti in questo ambito e cercando di risolvere il problema energivoro al proprio interno, cercando di dotarsi di strutture a tal fine, come fanno aziende meno grandi dell'Alcoa su tutto il nostro territorio nazionale. Questo è un invito che andrebbe fatto ad alta voce all'Alcoa.
Non vorremmo essere solo ricattati e portare a casa poco o comunque posti di lavoro che nel giro di pochi anni potrebbero risolversi ancora nella stessa situazione; non vorremmo che si ripetesse una situazione come quella che ha interessato la Sicilia con riferimento alla FIAT, per intenderci.
Il problema dell'Alcoa ha radici profonde e radicate nel tempo ed investe l'intera politica industriale del nostro Paese; è un problema che esplode oggi e che non riguarda solo l'Alcoa, ma anche altre realtà, come hanno ricordato i colleghi intervenuti prima di me, nel momento in cui le grandi multinazionali sono sempre più alla ricerca di luoghi dove poter costruire impianti su scala più grande e delocalizzare in maniera più conveniente.
Credo che ciò rappresenti un grande problema nazionale rispetto alle multinazionali che operano sul nostro territorio e ritengo che il Governo debba adottare una politica diversa nei confronti di queste grandi aziende che vengono sul nostro territorio, fanno quello che vogliono, ottengono tutto quello che possono ottenere e poi vanno ad installare i loro grandi impianti in altre realtà dove il costo del lavoro è fatto di assenza di protezione, di assenza di sicurezza e di tante altre cose che noi non approviamo.
Su questo provvedimento oggi pomeriggio ci sarà una dichiarazione di voto da parte del nostro partito e allora scioglieremo, diciamo così, la disponibilità ad un voto favorevole o ad un'astensione, lo definiremo durante la discussione in Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Partito Democratico e Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge del Governo per la sicurezza elettrica delle isole maggiori, che ora esaminiamo, lo possiamo definire un passo importante, ma oggi che ci accingiamo a varare questo importante provvedimento è assolutamente necessario mettere a fuoco alcune questioni.
La prima questione è che la Sardegna, oggi più che mai, esige una soluzione strategica e senza rischi per il suo futuro energetico; il provvedimento che oggi approviamo è una soluzione, ma non è ancora la soluzione strategica. Non possiamo e non dobbiamo considerare - lo dico ai colleghi della maggioranza, così come a quelli della minoranza - che questo decreto-legge costituisca la conclusione di un percorso che, come sa bene il rappresentante del Governo, è ancora lungo e pieno di insidie. Il Governo ha fatto molto, l'ha riconosciuto l'opposizione, lo hanno riconosciuto i sindacati e lo riconosciamo noi della maggioranza, ma è necessario fare ancora di più, soprattutto perché, in termini di prospettiva, di scelte strategiche, strutturali per la Sardegna, mancano ancora elementi decisivi per risolvere alla radice il tema energetico della nostra regione.
Dobbiamo cioè avere il coraggio e la forza di affrontare la questione energetica della Sardegna guardando realmente al cuore del problema che è questo: esiste un monopolio, un cartello monopolista che sta strozzando l'economia dell'isola e delle sue industrie. È il monopolio il vero problema della Sardegna, quello che le compagnie elettriche stanno esercitando sulle spalle della Sardegna in particolar modo. Per questo motivo auspico, ancora oggi - mi rivolgo al rappresentante autorevole del Governo - un intervento deciso, forte, autorevole per smantellare con la persuasione o con atti più incisivi l'atteggiamento di chi con i soldi delle case pubbliche riempie i propri bilanci, ma nel contempo mette in ginocchio le imprese sarde. Pag. 15
L'intero apparato produttivo sardo è sotto il ricatto dei produttori energetici che applicano prezzi inaccettabili che rischiano di portare al fallimento ogni attività industriale della Sardegna. Mi permetto, onorevole sottosegretario, di dirlo senza mezzi termini e con la chiarezza necessaria, perché altri più autorevoli di me l'hanno sostenuto in documenti ufficiali.
Vorrei, ad esempio, citare in quest'Aula la terzietà di un soggetto come l'Autorità per l'energia elettrica e il gas che, a proposito del caso Sardegna e del grave divario dei costi energetici con il resto d'Italia e di Europa, il 29 gennaio scorso (quindi nemmeno due mesi fa) ha dichiarato che dette differenze dei livelli dei prezzi in Sardegna non sono riconducibili interamente a differenza nella struttura di costo del rispettivo parco produttivo, me piuttosto al potere di mercato unilaterale di cui godono i produttori in Sardegna. Se non bastasse, vorrei citare la posizione netta e chiara del Governo italiano, rappresentata alla Commissione europea in uno dei tanti carteggi degli ultimi mesi con gli organismi comunitari. Il Governo Berlusconi dice che Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Secondo il Governo Berlusconi, il fatto che non ciò non sia possibile in Sardegna è da imputarsi al comportamento dell'operatore dominante che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere ad un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l'elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, la missiva del nostro Governo aggiunge che in una situazione di monopolio ENEL ed Endesa (ora Eon) possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore a quello economicamente ottimale, onde evitare di creare - è scritto in un documento ufficiale del Governo italiano - un cattivo precedente nel resto d'Italia. Quindi, sostanzialmente il nostro Governo afferma che ENEL ed Eon in Sardegna applicano una tariffa non concorrenziale perché sanno di non poter avere altri concorrenti, in quanto l'interconnessione e la capacità di trasmissione elettrica in Sardegna è assolutamente limitata e, quindi, approfittano di una posizione di mercato che è assolutamente sfavorevole per la nostra regione e certamente favorevole per questo tipo di multinazionali.
Onorevoli colleghi, questo decreto-legge è una soluzione positiva ed è una posizione da sostenere. Tuttavia, dobbiamo sapere tutti, il Governo per primo, che si tratta di una soluzione tampone e temporanea. Rivolgendomi ai colleghi dell'opposizione per il senso di responsabilità che hanno mostrato anche in questo provvedimento, oggi abbiamo il compito tutti insieme e con il Governo di guardare a soluzioni strategiche che cancellino questa distorsione del mercato elettrico in Sardegna. Si tratta di soluzioni che vanno perseguite con urgenza e con lungimiranza, sapendo che l'Unione europea non farà sconti a nessuno. Viste le assicurazioni anche del recente passato, per senso di responsabilità è meglio non eccedere né in aspettative, né in prematuri trionfalismi. La decisione comunitaria che ha condannato l'Italia (quindi l'Alcoa) a pagare quasi 400 milioni di dollari di risarcimento svela aspetti inediti della questione sarda di cui non si può non tener conto. La stessa Commissione europea mette sotto accusa non Alcoa, ma la società ENEL, detta responsabile di un comportamento monopolista che approfitta - dice l'Unione europea - della posizione dominante per elevare i prezzi dell'energia elettrica in Sardegna. Dal rapporto della Commissione europea, quello legato alla decisione di 61 pagine con la quale l'Italia è stata condannata, emerge con chiarezza estrema la gravissima situazione della Sardegna, ma soprattutto si ribadisce un concetto chiave di tutta la posizione comunitaria. Sono le due società ENEL ed Eon che devono dare l'energia ad un prezzo ragionevole alle società elettrointensive, attraverso accordi bilaterali, come ha già detto e richiamato il collega Fadda; ho più volte sostenuto apertamente Pag. 16e in contrasto anche con molti amici la strada dell'accordo bilaterale. Oggi, dinanzi alla posizione della Commissione europea, mi permetto di dire che quella soluzione va ancora ricercata con forza e autorevolezza, la stessa con la quale è stato chiesto ad Alcoa di restare in Italia. Altrimenti non si capirebbe come si usa determinazione, forza e imposizione con una società americana, mentre non lo si fa con una società come quella dell'ENEL a capitale di natura pubblica, anche se società per azioni.
I dati della Commissione sono drammatici per la Sardegna. La Commissione sostiene che i prezzi dell'elettricità in Italia sono tra i più elevati in Europa e aggiunge che i prezzi in Sardegna sono fra i più elevati in Italia: ciò dipende soprattutto dalla posizione dominante delle società elettriche che operano in Sardegna.
La posizione della Commissione europea nella decisione di condanna dello Stato italiano sulla vicenda Alcoa è forte e chiara, anche nell'indicazione dell'unica soluzione percorribile. La Commissione afferma che un esame dei fatti dimostra che il meccanismo tariffario che la Commissione aveva autorizzato nel caso Alumix ha subito un fondamentale cambiamento, ossia il passaggio da una tariffa praticata da un fornitore di energia elettrica, l'ENEL, ad una, invece, che di tariffa ha solo il nome e che è risultato di una sovvenzione statale. Con questa affermazione l'Unione europea sostiene con estrema chiarezza che il prezzo Alumix (quello che ha portato alla chiusura dell'accordo fra l'EFIM e l'Alcoa per la cessione degli impianti di alluminio della Sardegna e dell'Italia, complessivamente), allora di 18-20 euro al megawatt/ora, è corretto per due ragioni: perché ragionevole sul piano commerciale e soprattutto perché praticato direttamente da un fornitore di elettricità. Nel momento in cui è intervenuto un benché minimo sovvenzionamento pubblico, attraverso qualsivoglia soggetto a partecipazione pubblica, la tariffa è stata dichiarata illegittima.
Mi rivolgo al rappresentante del Governo: basterebbero questi pochi elementi per ribadire un concetto. La strada indicata dall'Unione europea è solo una: l'accordo bilaterale. Con il decreto-legge in esame si mira a ristabilire condizioni di sicurezza elettrica per le isole maggiori, affidando a Terna - la cui soggettualità è ben nota - il servizio di interrompibilità e il suo pagamento. Sappiamo tutti - non bisogna far finta di niente - che tale soluzione andrà sostenuta con grande determinazione, proprio per le peculiarità della soluzione prescelta.
Che la Sardegna meriti ed esiga una soluzione strutturale è rappresentato da un dato che la stessa Unione europea scandisce con la chiarezza di una sentenza: i prezzi all'ingrosso dell'elettricità, in Italia, sono fra i più elevati e nella prima metà del 2009 la Sardegna si è attestata costantemente al di sopra della media nazionale. Basti solo un dato: il prezzo medio nazionale era di 60,5 euro al megawatt/ora nella prima metà del 2009 e quello della Sardegna era di 106,60 euro al megawatt/ora. Si tratta, quindi, di un dato inequivocabile: il 76 per cento in più del prezzo unico nazionale. Per la Sardegna questa è la vera emergenza e la vera capacità che ci deve chiamare ad affrontare le questioni. È su questo aspetto che credo sia assolutamente necessario mettere nero su bianco alcune questioni che appaiono fondamentali per il futuro energetico della nostra regione. Per questo motivo, mi permetto di avanzare in quest'Aula - concludo - alcune riflessioni sul futuro, su una mappa delle azioni che devono essere messe in campo.
Prima di tutto, si deve porre l'obiettivo di un accordo bilaterale, urgente e irrinunciabile, fra le società elettriche e le industrie sarde, non solo l'Alcoa, ma tutte le attività produttive, dall'Alcoa all'Equipolymers, dalla chimica alla metallurgia primaria, sapendo che qualcuno potrebbe dire che il Governo non ha titolo per intervenire su una materia come gli accordi bilaterali. Non vorrei che qualcuno, proprio animato dalla recondita difesa della separazione delle competenze pubbliche da quelle private dell'ENEL, gridasse allo scandalo per questa mia sollecitazione. Pag. 17Sarebbe - oso pensare - una triviale difesa degli interessi delle società elettriche, a scapito dell'industria sarda. Lo sanno tutti e spero che nessuno qui dentro ignori che i Governi esercitano, nelle migliori delle ipotesi, azioni di persuasione nei confronti delle compagnie elettriche.
Sono persuasioni che possono diventare inviti più autorevoli a non fare incidere negativamente queste società sul futuro economico del Paese, soprattutto se si esercita, come nel caso dell'ENEL, un'evidente posizione di monopolio. In secondo luogo, vanno completati gli interventi messi in campo nel 2002 dal Governo Berlusconi, che aveva individuato, di concerto con il governo regionale di allora, tre interventi energetico-infrastrutturali: il nuovo collegamento elettrico Sardegna-penisola italiana, da mille megawatt, per rompere l'isolamento dell'isola, opera iniziata e che deve essere rapidamente conclusa, perché i tempi erano fissati per il 2009; il metanodotto Algeria-Sardegna-Europa, per il quale si registrano ritardi ingiustificati, legati certamente ai cinque anni passati della giunta regionale sarda, che bloccò l'intervento per buona parte della legislatura, ma anche per sotterranei ostacoli che qualcuno tenta di porre all'avvio del metanodotto. Infine, vi è la centrale di autoproduzione elettrica, che la regione sarda propose nel 2003 al Governo, con la sottoscrizione del progetto da parte delle più importanti industrie energivore, dall'Alcoa alla Portovesme Srl. Era un progetto che rilanciava il polo carbonifero del Sulcis, vera risorsa strategica del nostro Paese. Questi tre progetti devono essere sostenuti con grande determinazione e la centrale di autoproduzione deve essere la soluzione strutturale per cancellare il monopolio e rendere competitive le industrie energivore sarde. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, ora che questo decreto-legge sta per essere convertito, una soluzione temporanee è stata trovata. È necessario ora andare oltre il guado, per costruire un orizzonte di certezze per il futuro industriale ed energetico della Sardegna (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, sarebbe stato meglio che il provvedimento sulle misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori fosse stato, invece, un provvedimento per le isole minori, perché minori sarebbero anche i danni apportati al nostro Paese o meglio al nostro sistema Paese. Lo dico perché ci troviamo, a mio avviso, di fronte alla ennesima previsione di vantaggi economici per determinati soggetti industriali, in questo caso grandi consumatori di energia nelle isole maggiori, vantaggi - ricordiamolo - i cui costi ricadranno sulla collettività. È una logica non infondata né nuova, ma che da radicale non condivido, perché ripropone provvedimenti ad hoc, a scapito del mercato, della concorrenza e della trasparenza. Infatti, la possibilità di accesso privilegiato alla capacità di interconnessione prevista in questo decreto-legge contrasta e confligge per forme e modi con quanto prevedono in materia norme, tanto nazionali quanto europee, per le quali l'accesso dovrebbe avvenire attraverso aste. La soluzione che si propone rispetto alla necessità di risolvere il problema di fondo, che è un problema strutturale, dell'isolamento della Sicilia e della Sardegna, nonostante quanto detto dal relatore, è per me - ed è emerso chiaramente anche dal dibattito - alternativo a quello che realmente occorre, vale a dire accelerare la realizzazione di infrastrutture, di elettrodotti, in particolare tra la Sicilia e la Calabria, in assenza dei quali centrali elettriche in Sicilia, ad esempio, sono remunerate il doppio di quanto avviene nella vicina Calabria, in un quadro complessivo in cui nelle isole oggi vi è una situazione caratterizzata da un parco produttivo meno efficiente e più concentrato nelle mani di pochi operatori rispetto a quanto avviene nel continente.
Questo significa che, procedendo nel modo che ci si propone, si continua a far Pag. 18fallire il mercato per carenza di interconnessione. Nel solo 2008, la mancata capacità operativa dell'elettrodotto che avrebbe dovuto unire Sicilia e Calabria è costato, in termini di welfare netto perso dalla collettività, 36 milioni di euro. Come radicali, con un'interrogazione parlamentare presentata a settembre, avevamo posto questo problema insieme a quello della ricaduta sul piano nazionale della situazione delle isole maggiori, a partire, in particolare, dal raggiungimento di un costo dell'energia elettrica triplo rispetto a quello negoziato nello stesso momento nel resto d'Europa (grazie anche al contributo non indifferente della regione Sardegna per rendere più «frizzanti» i prezzi sul piano nazionale).
A questi quesiti non è stata data ancora una risposta, e ci troviamo di fronte al suddetto decreto-legge che - lo ripeto - non condivido, perché, nel solco di una logica che, senza soluzioni di continuità tra maggioranze e minoranze alternatesi al Governo del Paese in questo sessantennio partitocratico, continua a favorire certi gruppi, ovviamente i più forti, a discapito del mercato, della concorrenza e della trasparenza. Come radicali, riteniamo che siano certamente i lavoratori a dover essere sostenuti, più che i posti di lavoro, e non con provvedimenti estemporanei come sta avvenendo oggi. Anche in questo settore, vi è bisogno di provvedimenti strutturali che noi pure abbiamo proposto, e che continuano ad essere scansati, così come sono scansate le scelte strategiche nell'ambito energetico rispetto al quale vediamo continuamente riproposte delle opzioni prese a priori ed imposte a vantaggio, comunque, sempre di ben precisi apparati industriali. Vediamo come le infrastrutture strategiche - quelle energetiche certamente lo sono - continuano ad essere rinviate e scansate in una complessiva situazione di non Governo di quelli che sono i problemi strutturali del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono riuscito ad ascoltare gran parte degli interventi che questa mattina hanno svolto i colleghi che mi hanno preceduto. Devo dire che inizialmente credo sia doveroso ringraziare il Governo, il Ministro Scajola e il Presidente Berlusconi, per la capacità, la competenza, la tempestività che hanno avuto nell'affrontare un drammatico problema come quello che si affronta con questo provvedimento. Dico questo perché voglio ricordare due aspetti, di cui uno è fondamentale per la terra che anche io rappresento: la Sardegna. Sino a qualche giorno fa, in un intero territorio, quello del Sulcis, 2 o 3 mila famiglie - un dramma sociale - avevano già la convinzione di essere state licenziate, ovvero avevano la convinzione di dover vivere il dramma più grave che si possa vivere, quello della mancanza di dignità, di esistenza, di un progetto di vita.
Un territorio peraltro già in crisi per situazioni devastanti come quella dell'Eurallumina, abbandonata sicuramente non da questo Governo ma da chi, nei precedenti Esecutivi, non ha saputo affrontare tale problema. Ho sentito molto spesso in quest'Aula, soprattutto in questa giornata, usare le espressioni: provvedimenti infrastrutturali e provvedimenti che guardano in maniera organica alla risoluzione del problema. Passo al secondo aspetto. Forse, bisogna anche ricordare il contesto nazionale in cui ci troviamo a vivere il problema energetico, perché, nell'ipotesi contraria, cercheremmo di vivere una situazione che nella realtà non esiste. Vorrei ricordare - signor Presidente, onorevoli colleghi - tre dati per mettere in evidenza il contesto. Il prezzo unico nazionale dell'energia in Italia è di 65 euro per megawatt/ore, circa il 30 per cento in più di quello che si paga mediamente negli altri Paesi europei. Siamo il primo Paese in Europa per dipendenza dall'approvvigionamento per le fonti di energia, seguiti dalla Spagna; mentre tutti gli altri Paesi si attestano al 50 per cento, noi raggiungiamo quasi il 90 per cento del fabbisogno e di necessità di energia che ci proviene da altri Paesi. È la politica seguita dal Ministro Pag. 19Scajola e dal Governo Berlusconi, o è la politica di tre decenni, una politica di veti e di divieti, di assoluta incapacità di guardare alla crescita di un Paese e al fabbisogno di un Paese che si fonda soprattutto sul tema dell'energia? Allora, è evidente che siamo costretti ad importare circa il 20 per cento del fabbisogno elettrico dai Paesi confinanti. Mettendo insieme questi tre dati, e raffigurando la situazione che fino a qualche giorno fa il territorio del Sulcis e più di tremila famiglie del Sulcis vivevano, credo che sia un azzardo oggi sostenere in quest'Aula che il Governo avrebbe potuto fare di più. Il Governo è riuscito a portare il costo dell'energia per il fabbisogno che in questo momento occorre alla regione Sardegna e alla regione Sicilia dai 65 euro a megawatt al prezzo di 30 euro a megawatt/ore, il che significa il prezzo attuato nel resto dei Paesi europei senza che noi abbiamo e usufruiamo delle stesse condizioni. Questo è per chiarire e per rappresentare il terreno molto delicato su cui questo confronto sta avvenendo. Noi ci siamo attivati tutti insieme, mi riferisco ai parlamentari sardi, di opposizione e maggioranza, soprattutto con i lavoratori (che sono stati i veri protagonisti di questa partita, che hanno saputo dare dignità, capacità, perché avevano la consapevolezza della partita in gioco), rappresentando al meglio le loro istanze e mantenendo soprattutto toni mediati ed equilibrati rispetto alla capacità, quella del Governo, di aver saputo trasferire costantemente e continuativamente il suo impegno, facendo capire che questo impegno avrebbe portato a certi risultati. Ebbene, oggi siamo riusciti a costringere una multinazionale potentissima come quella dell'Alcoa a retrocedere rispetto ad una situazione e ad una decisione che aveva già assunto. L'aveva assunta già un anno fa nel momento in cui aveva già deciso di trasferire il proprio stabilimento di Portovesme e di Fusina sicuramente in altri contesti e in altri Paesi dove il prezzo dell'energia sarebbe stato sicuramente inferiore. Siamo qui a cercare di dare il miglior contributo, siamo qui a cercare di dire soprattutto al Paese quali possono essere le soluzioni, ma oggi siamo qui innanzitutto per dare delle risposte di certezza a quei lavoratori che non avevano più questa certezza.
È evidente che si tratta di un passaggio che si inserisce in un contesto molto più ampio e molto più complesso, quello sicuramente della scelta di una certa politica industriale che, tuttavia, ha bisogno, come dicevo prima e lo sottolineo con forza, di consapevolezza rispetto al confronto che l'Italia sperimenta nel resto dell'Europa e nel resto del mondo. Sappiamo benissimo che la politica industriale decisa per la Sardegna si è rivelata fallimentare. Ciò, soprattutto perché vi è sempre stata la presenza delle grandi multinazionali, mentre è mancata una politica che, in maniera alternativa, sapesse produrre riferibilità, gestione, accompagnamento, sensibilità, che fosse tesa all'obiettivo di essere non soltanto protagonista ma di attuare il confronto quando il confronto fosse risultato necessario, di mediare quando la mediazione poteva rappresentare l'ultima soluzione. Sappiamo che la politica della Sardegna si è sempre riunita al capezzale del malato in questi tre decenni, riversando la propria unità e il proprio sentimento di compattezza ma senza alcun esito perché l'essere uniti si è rivelato la maggiore debolezza rispetto all'incapacità di assumere un ruolo preciso di riferibilità e di gestione politica del problema.
È evidente che si potevano prospettare anche altre soluzioni (si è parlato di contratti bilaterali, si è parlato di ENEL). Per fortuna, si è arrivati con questo provvedimento alla soluzione di Terna come gestore che, alla fine, ci ha consentito attraverso certe regole di definire i due contesti che sono l'interrompibilità e l'interconnessione: due termini che abbiamo imparato a conoscere bene con il termine del dispacciamento. Oramai siamo diventati degli esperti. Questo ci fa bene. Ma siamo diventati esperti anche nel capire che noi non operiamo nello stesso contesto in cui, ad esempio, opera la Francia rispetto al suo gestore che vende e produce energia, cioè noi non siamo oggi in condizione - Pag. 20non il Governo Berlusconi ma nessun Governo e questo lo abbiamo vissuto negli anni precedenti - di poter dire ad ENEL: «Tu devi fare così». ENEL è una società quotata in borsa, ha degli azionisti, ha delle regole di mercato, si trova in situazioni che non gli consentono di ridurre dal 65 al 30 il costo dell'energia perché vi sarebbe un crollo di quella società. Non basta che un terzo delle azioni sia di riferimento pubblico e, quindi, di proprietà dello Stato. Non basta, non può bastare. Dunque oggi chiudiamo gli occhi rispetto a situazioni che sono evidenti oppure cerchiamo soluzioni alternative guardando ad un esistente che può anche proiettarsi nel futuro.
Con piacere, ho rivelato che è già stato citato, ad esempio, il grande progetto che Galsi sta portando avanti tra la Sardegna e la Corsica e il continente: quel grande progetto che sta seguendo un iter accelerato, accompagnato da grande attenzione da parte del Governo nazionale e regionale, che realizzerà finalmente la condizione che anche la diramazione dei tubi potrà essere radicata nel nostro territorio. Quei tubi porteranno finalmente il gas che manca in Sardegna e che, purtroppo, anche a livello di economia di piccole e medie imprese e di società, non consente oggi di guardare alla competitività a cui guardano invece gli altri sistemi regionali e il sistema nazionale.
Certo, la Sardegna in questo è ulteriormente penalizzata ma questo Governo è riuscito a dimostrare quale attenzione, quale dedizione, quale disponibilità ma soprattutto quale concretezza con questo provvedimento si sta attuando rispetto ad una soluzione che sembrava non potesse e non dovesse arrivare.
È evidente che bisogna cercare di incidere su quegli strumenti che hanno possibilità di subire correzioni e accorgimenti ed è vero che non si può solo ed esclusivamente pensare al contesto che guarda al nucleare perché avremo il nucleare, se lo avremo, tra diversissimi anni. Non si può certamente pensare soltanto alle energie rinnovabili.
È tutto un contesto complessivo che ha bisogno di essere rivisitato e noi vogliamo, partendo dalla Sardegna, partendo dalle isole, partendo cioè da quelle debolezze e da quelle carenze, cercare di rappresentare a questo Governo nel prosieguo, riconoscendo fortemente il suo impegno, quale può essere l'ulteriore contributo che si può fornire, partendo dalle infrastrutture, partendo dai trasporti, partendo cioè da quei collegamenti che mancano e che invece sono fondamentali.
Concludo, signor Presidente e colleghi, ricordando il dramma e la disperazione dei tanti lavoratori e delle tante famiglie che, non solo nel Sulcis, in Sardegna, purtroppo, in queste ore ancora vivono l'angoscia del ritardo di una risposta, ma è un ritardo di tre decenni, non è un ritardo di qualche mese che finalmente è arrivato. La grande battaglia sulla chimica è stata vinta un paio di mesi fa, certo, con le sue debolezze, ma noi dobbiamo continuare in un percorso di unità attraverso tutti i parlamentari e tutte le forze sociali, i sindacati ed i lavoratori, ma con rispetto di quello che questo il Governo ed il Presidente Berlusconi in maniera particolare hanno rappresentato a livello di certezza di risposta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, la situazione dell'Alcoa si presenta con una drammaticità rara da rinvenirsi, perché l'Alcoa è l'ultimo anello di una catena che si è man mano sfaldata: se crolla anche l'Alcoa, tutte le altre fabbriche che con essa sono collegate e che lavorano nel Sulcis Iglesiente vengono a crollare complessivamente. Una catastrofe sociale si abbatterebbe sul territorio del Sulcis Iglesiente, in cui la produzione di alluminio, questa catena di produzione, rappresenta il 13 per cento del PIL: sarebbe veramente un disastro totale. Ecco perché non solo l'Italia dei Valori, ma anche altre forze politiche, insieme alle forze sindacali ed alle istituzioni, Pag. 21lottano così duramente e tenacemente per impedire che si verifichi il crollo di un'intera economia, il crollo di una speranza e con esso la disoccupazione e la perdita del lavoro per tante persone e per tanti padri di famiglia, che non riuscirebbero sicuramente a trovare collocazione nel mondo del lavoro. Questa è una delle ragioni, forse la principale, per la quale ci stiamo in tutti i modi impegnando affinché questo evento catastrofico della chiusura dell'Alcoa e della distruzione di un'intera economia di un territorio non si verifichi.
Abbiamo perseguito diverse strade: già prima che vi fosse questo Governo, attraverso accordi con l'autorità dell'energia, si era tentato di proseguire nella linea della riduzione e dell'abbattimento del costo dell'energia, che effettivamente pesa per il 40 per cento su questo tipo di produzioni. Prima si era lavorato per ottenere una fidejussione, poi per ottenere anche diverse modalità di garanzia attraverso la parent guarantee company, ma le cose sono arrivate al bivio: l'Unione europea non ha accettato la nostra regolamentazione, che sarebbe stato invece giusto approvare perché, in tutti gli altri territori e gli altri Paesi dell'Europa, il costo dell'energia è all'incirca di 30 centesimi per chilowattora. Si è provato, ma l'Unione europea, con una linea secondo noi abbastanza miope, ha preferito usare il formalismo giuridico per applicare una sanzione estremamente rigorosa alla società, che non teneva conto del fatto che è interesse innanzitutto dell'Europa, prima ancora che dell'Italia e del Sulcis, mantenere in Italia stessa la collocazione di questa azienda.
Ciò era importante, soprattutto, perché la produzione dell'alluminio è determinante ed è alla base di tante altre produzioni connesse e collegate.
La decisione negativa dell'Unione europea di denuncia della concorrenza ha prodotto una sorta di tracollo, un punto critico molto delicato, di fronte al quale l'azienda ha chiaramente detto che non avrebbe potuto continuare la propria produzione. Pertanto, ci troviamo in questa situazione. Si potrà essere conto di una riduzione - che è stata già prospettata - della sanzione, ma, comunque, è necessario uscire da questa situazione in modo molto chiaro e netto e, soprattutto, con una modalità che non penalizzi i lavoratori, né il territorio, né un'intera popolazione in lotta.
Come fare per raggiungere questo obiettivo? Il Virtual power plant era stato considerato una possibilità di uscita, ma in realtà, non ha avuto efficacia. Oggi, si sta facendo un tentativo con il provvedimento in oggetto, con riferimento al quale non abbiamo difficoltà a riconoscere che si stanno tentando tutte le strade per scongiurare un disastro sociale come la chiusura dell'Alcoa. Tuttavia, ora, ci troviamo ad un bivio. Non voglio ritornare sugli aspetti tecnici, né su quelli politici: l'Italia dei Valori è stata vicino ai lavoratori, è andata in fabbrica e ha partecipato a tutte le assemblee; tutto il territorio si è mobilitato in questo senso. Tuttavia, ora ci troviamo in una situazione cruciale. È possibile che il Governo negozi garanzie forti con l'impresa, che valgano oltre i sei mesi rispetto alla durata del provvedimento in oggetto (ammesso che l'Unione europea sciolga positivamente il nodo dei vincoli di concorrenza)? Noi crediamo che ciò sia non solo possibile, ma anche doveroso, e che sia l'unica via d'uscita.
Quali possibilità vi sono che l'azienda non chiuda e che non si interrompa la produzione? Le possibilità sono legate a diverse ipotesi. La prima è che l'Unione Europea dia il via libera, il nulla osta, al provvedimento in oggetto e che l'Alcoa decida di continuare la produzione, ma non solo per sei mesi. Il Governo deve negoziare con l'azienda un contratto di produzione che vada molto al di là dei sei mesi previsti, che possono rappresentare un beneficio immediato per l'azienda.
Il Governo ha il dovere di trovare soluzioni e di tenere legata l'Alcoa - se essa vuole restare - alla produzione e all'apertura dello stabilimento per un periodo superiore, di lunga durata. Se ciò non si verifica, il Governo ha il dovere di trovare soluzioni alternative. L'obiettivo è Pag. 22uno solo: che la fabbrica non chiuda e che la produzione di alluminio continui. Pertanto, il Governo ha il dovere di esplorare «a raggiera», a trecentosessanta gradi, tutte le possibilità, affinché, con o senza l'Alcoa, la produzione continui. A questo punto, il Governo potrebbe e - a nostro avviso - dovrebbe utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione, comprese l'ipotesi del risanamento del danno ambientale, la cauzione e la sanzione, per esercitare una pressione molto forte nei confronti dell'azienda.
In diverse occasioni, abbiamo difeso l'Alcoa, perché l'abbiamo considerata una società integra, economicamente a posto, nella quale, tutto sommato, anche i lavoratori si riconoscevano. Oggi, però, ci troviamo in una situazione drammatica: infatti, vi è il rischio che la produzione venga interrotta, o perché l'Alcoa abbandona gli stabilimenti, o perché non si trova altro personale.
Signor Presidente e colleghi, vi è un solo obiettivo da perseguire: la produzione di alluminio in quegli stabilimenti deve assolutamente continuare. Noi su questo, non disconoscendo gli interventi che il Governo ha sinora fatto, riteniamo di potere e di dovere ancora impegnare il Governo per un'azione ulteriore, mentre aspettiamo che l'Unione europea si pronunci.
È qui presente il sottosegretario, tuttavia raccomandiamo ciò al Governo, affinché faccia di tutto - magari iniziando a verificare se vi siano sul mercato altre possibilità per continuare la produzione in quello stabilimento - e, soprattutto, lo faccia subito. In altre parole, l'unica cosa da evitare è che vi siano periodi di interruzione nella produzione, perché la ripresa degli impianti sarebbe estremamente difficile e costosa, e tutto il territorio verrebbe gettato nella più grande disperazione.
Pertanto, ripeto, pur non disconoscendo i tentativi compiuti dal Governo, nello stesso tempo, lo incalziamo e lo invitiamo ancora di più ad esercitare tutte le pressioni e tutte le capacità di cui dispone, affinché l'Alcoa continui la sua produzione, ma con garanzie proiettate nel lungo periodo o, comunque, affinché si trovi una soluzione eventualmente anche con altre aziende. Occorre intervenire subito, perché il tempo sta scorrendo e perché sei mesi - ammesso che questo decreto-legge esca «indenne» dalla pronuncia dell'Unione europea - fanno presto a trascorrere e non vorremmo che, dopo tale periodo, l'azienda facesse legittimamente le sue scelte aziendali, le quali, però, si tradurrebbero in un danno gravissimo per tutta l'isola.
Per questo motivo, vogliamo porre al Governo una questione di straordinaria urgenza: il Governo utilizzi tutti gli strumenti a propria disposizione per istruire incessantemente la pratica e per far sì che la produzione di alluminio non finisca, ma continui in quello stabilimento, con tutte le modalità che sono possibili, con l'Alcoa (possibilmente) o senza di essa. È questo, signor sottosegretario, l'impegno che chiediamo con molta forza al Governo e che sentiamo di dover chiedere perché partecipiamo alla disperazione e all'angoscia di tanti lavoratori di un intero territorio che rischia, davvero, il tracollo e il disastro economico e sociale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord Padania è favorevole a questo provvedimento. Il decreto-legge in esame nasce dalla necessità di affrontare le criticità legate al sistema di distribuzione dell'energia elettrica in Sicilia e in Sardegna. È noto, infatti, che il sistema elettrico nelle isole maggiori è molto costoso per la mancanza di adeguate infrastrutture di trasmissione e che tale inefficienza ricade su tutti gli utenti finali del servizio.
Il decreto-legge, quindi, in attesa che si realizzi il completamento delle infrastrutture di trasporto dell'energia elettrica, introduce per il triennio 2010-2012 un nuovo servizio, volto a garantire la continuità dell'erogazione dell'elettricità nelle Pag. 23due isole, assicurando, al contempo, il contenimento dei costi energetici. In sostanza, le imprese energivore ubicate sul territorio delle isole interessate, a fronte di una riduzione dei costi dell'energia, si rendono disponibili all'interruzione della fornitura, permettendo una riduzione del carico della rete e l'offerta di un servizio elettrico più efficiente.
La crisi economica, certamente, ha avuto un forte impatto sull'economia reale del Paese, innescando alcuni meccanismi sui quali è necessario intervenire per la salvaguardia delle imprese e dell'occupazione. La dura realtà che stanno vivendo i lavoratori dell'Alcoa desta preoccupazione, dal momento che nella vicenda sono coinvolte imprese nell'indotto, le quali rischiano di generare la perdita di oltre duemila posti di lavoro.
L'alluminio primario prodotto nei siti italiani di Portovesme, a Cagliari, e di Porto Marghera e di Fusina, a Venezia, è di circa 200 mila tonnellate l'anno, per un fatturato complessivo (escluso l'indotto) di circa 11 miliardi di euro. Qualora venissero confermate le strategie dell'azienda di chiudere gli stabilimenti italiani, le stesse avrebbero un impatto dannoso - per usare un eufemismo - sul tessuto industriale del Paese. Dobbiamo, infatti, ricordare che, oltre alle più grandi aziende, esistono tante piccole imprese che rappresentano un importante bacino di ricchezza per il Paese.
Queste imprese stanno attraversando una fase di crisi che sta avendo pesanti ricadute sul territorio sia in termini produttivi, sia occupazionali. È pertanto fondamentale salvaguardare tali realtà produttive, impedendo la dispersione dell'immenso patrimonio industriale, scientifico e tecnologico che oggi caratterizza l'eccellenza dei nostri territori.
L'intervento ha la finalità di rimettere in moto il sistema produttivo del Paese partendo dalla riduzione dei costi energetici sostenuti dalle imprese energivore presenti sul territorio delle isole maggiori. È necessario, tuttavia, che queste misure adottate per affrontare la situazione di emergenza possano lasciare spazio ad interventi strutturali di politica energetica a beneficio di tutto il territorio. La problematica relativa agli alti costi energetici, infatti, è reale ed investe l'intero Paese. Le nostre industrie oggi sostengono un costo medio dell'energia elettrica pari al 35-40 per cento in più rispetto alle concorrenti europee; pertanto, eventuali ritardi nella realizzazione di strategie energetiche adottate dall'Italia per riportare il costo dell'energia al livello degli altri Paesi europei suonerebbero come una minaccia allo sviluppo competitivo delle nostre imprese.
In tal senso, si ritengono positive le misure di semplificazione introdotte durante l'iter di approvazione del testo in Aula per il miglioramento dell'efficienza delle reti per il trasporto di energia elettrica sul territorio nazionale. Andando, infatti, ad eliminare quelle inefficienze che oggi sono tra le cause degli alti costi energetici sostenuti nel Paese, si potrebbero realizzare considerevoli risparmi da destinare allo sviluppo di un serio piano energetico nazionale per la diversificazione delle varie fonti di energia a beneficio dei consumatori finali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Raisi.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, innanzi tutto chiedo scusa per il ritardo, dovuto a motivi certamente non imputabili alla mia persona.
Ringrazio i colleghi che sono intervenuti esprimendo, sostanzialmente, una condivisione del provvedimento, come già è avvenuto in Commissione, così sottolineando anche un atteggiamento costruttivo di maggioranza e opposizione sia durante i lavori in Commissione, sia in questa sede. Pag. 24
Questo provvedimento è la prova che la questione energetica è innanzitutto una questione di strategia nazionale. La carenza della rete elettrica nelle isole maggiori comporta indubbiamente un significativo aggravio del costo dell'energia per tutto il Paese e, di fatto, mina anche la competitività di un sistema economico basato sulle industrie manifatturiere. In Sicilia e in Sardegna, in modo particolare, vi è il rischio della delocalizzazione: la questione dell'Alcoa è stata più volte sollevata ed è nota a tutti.
L'Europa ci ha dato lo strumento dell'interconnector che risolve in parte il problema; infatti, esso risolve il problema della rete, ma non può risolvere quello della generazione di energia. Questo spetta a noi e il Governo, la maggioranza, hanno indicato una strada attraverso la legge n. 99 del 2009, e hanno dato una risposta attraverso la ripresa della produzione di energia elettrica da fonti nucleari. Da questo punto di vista occorre una maggiore responsabilizzazione di tutte le parti, compresi i livelli di governo del territorio.
Per restare nell'ambito dei contenuti di questo decreto-legge, occorre sottolineare che lo spazio offerto dall'interconnector è forse l'ultima finestra che l'Europa ci concede e per questo non possiamo sprecare questa occasione. La soluzione del commissariamento, laddove i governi territoriali si sottraggano alla loro responsabilità, costituisce un evidente deterrente. L'auspicio è l'assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti preposti, naturalmente, ma, se questo non avverrà, è inevitabile che anche la strada del commissariamento dovrà essere percorsa ed essa opererà nel rispetto dei vincoli normativi, sia in riferimento alla salute, sia all'ambiente.
L'ampliamento della messa in sicurezza della rete elettrica nelle nostre isole maggiori è la strategia nazionale. Questo provvedimento non riguarda solo le isole maggiori, ma l'intero Paese e la sua competitività.
Auspico, ovviamente, che oggi vi sia un voto favorevole da parte di tutto il Parlamento. Poi, quando entrerò nel merito degli emendamenti, chiarirò che i tempi sono quelli che tutti quanti conoscono e che ci impongono, ovviamente, di non passare ad un'ulteriore lettura del provvedimento.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.
Onorevoli colleghi, voglio salutare e dire «bentornato» al collega Scapagnini, che è di nuovo tra noi dopo un lungo periodo di assenza (Applausi).
Sospendo la seduta per qualche minuto, prima di passare al successivo punto dell'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 11,20 è ripresa alle 11,40.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
Ricordo che nella seduta dell'11 marzo 2010 si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,40).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di Pag. 25preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, onde evitare equivoci dico subito che il voto del gruppo dell'Italia dei Valori sarà contrario a questo provvedimento, e non solo come logica conseguenza di un voto ovviamente altrettanto contrario e ancora più rigido rispetto all'ennesimo voto di fiducia che su questo provvedimento era stato posto.
Il medesimo, come i colleghi sanno, si suddivide sostanzialmente in due parti: una ordinamentale e l'altra finanziaria. Come componente e rappresentante di gruppo in Commissione bilancio non posso che concentrare la mia attenzione soprattutto su questa seconda parte, quella finanziaria. Infatti, credo sia la parte che tocca maggiormente le difficoltà che i comuni e gli enti locali in generale stanno attraversando. I comuni e le province sono gli unici che hanno contribuito e stanno contribuendo al risanamento dell'assetto della finanza pubblica. Nel 2008 hanno ridotto il loro indebitamento netto di oltre un miliardo e 200 milioni di euro.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, la ringrazio. In queste condizioni non si possono fare dichiarazioni perché c'è un ritorno della mia voce e quindi la pregherei davvero di invitare i colleghi o a stare in Aula nel modo dovuto o ad accomodarsi all'esterno.
Dicevo, signor Presidente, che i comuni e le province hanno contribuito più di ogni altra branca della pubblica amministrazione al risanamento della finanza pubblica. Nel 2008 ammonta ad un miliardo e 200 milioni la riduzione dell'indebitamento netto da parte delle amministrazioni locali, con ulteriori 300 milioni nel 2009.
Voglio ricordare che qualche mese fa in Commissione bilancio il direttore generale della finanza locale del Ministero dell'economia aveva tenuto una relazione molto interessante dove rilevava sostanzialmente che gli enti locali, soprattutto quelli di media grandezza - perché come sappiamo quelli piccoli al di sotto di 5 mila abitanti non sono assoggettati al Patto di stabilità interno e quelli delle grandi città ovviamente hanno avuto delle attenzioni particolari -, sono quelli che non solo hanno contribuito maggiormente, ma da anni attendono risposte positive per il recupero dei fondi che sono stati detratti nel corso degli anni.
Ecco perché diceva il dottor Verde che il sistema della finanza locale è fallito e aggiungeva anche - lo dico perché siamo alla vigilia del federalismo fiscale ed è proprio su questo che voglio richiamare l'attenzione - che da una parte si vuole far credere ai cittadini italiani con degli spot pubblicitari di voler introdurre un vero federalismo fiscale nel nostro Paese, e poi si mette mano a pesanti tagli della finanza pubblica.
Quindi, la questione finanziaria degli enti locali sta davvero diventando drammatica. Lo stanno toccando con mano gli amministratori, siano essi di centrosinistra o di centrodestra, e lo stanno soprattutto toccando sulla loro pelle i cittadini, perché i tagli che sono stati fatti agli enti locali, e in particolare ai comuni, sono quelli che vanno ad incidere più direttamente e pesantemente sui cittadini. Mi riferisco, ad esempio, ai tagli che sono stati operati sulle politiche sociali e assistenziali o a quelli culturali.
Sappiamo quanto questo Paese avrebbe bisogno non di trasmissioni televisive che rendono sempre più disattento il Paese Pag. 26rispetto alle questioni che stanno avvenendo, ma dovrebbe far crescere il livello culturale e, invece, si tagliano le risorse. Allo stesso modo, sono state tagliate le risorse per dare risposte abitative a milioni di italiani che ancora faticano a trovare una casa o vengono messi in strada perché purtroppo divengono nel contempo morosi. Sono state tagliate risorse per gli asili nido. L'Italia è l'ultimo dei Paesi aderenti all'Unione europea - o meglio ancora alla moneta unica - a dare risposte su questo fronte. Non parliamo poi del trasporto pubblico e ci lamentiamo poi che il livello di inquinamento delle nostre città ha raggiunto livelli insopportabili.
Ma quello che è stato ancora più pesante, oltre ai tagli sui trasferimenti della spesa pubblica e delle spese correnti sono stati i tagli sul fronte degli investimenti. Gli enti locali non hanno più soldi, né la possibilità di intervenire sugli edifici scolastici e sappiamo quanto ce ne sarebbe bisogno per mettere a norma gli edifici dove i nostri figli e i nostri nipoti trascorrono la maggior parte della loro giornata. Poi accadono eventi drammatici come quello successo a Rivoli, ai confini della città di Torino.
Non parliamo poi dello stato e del livello di abbandono e di mancanza di manutenzione, anche ordinaria, delle nostre strade che sono diventate un colabrodo e spesso e volentieri, anche a questo proposito, sentiamo incidenti stradali causati proprio dalla mancanza di manutenzione. Ciò accade perché, nonostante i comuni virtuosi abbiano la possibilità di effettuare questi interventi, per il Patto di stabilità interno non è loro consentito. Sappiamo che la pubblica amministrazione ha debiti nei confronti delle imprese private in termini di erogazione di servizio di opere pubbliche per 70 miliardi di euro. Di questi, ben 44 miliardi sono crediti che le imprese vantano nei confronti degli enti locali.
Basterebbe consentire agli enti locali virtuosi di poter pagare i loro debiti nei confronti soprattutto delle piccole e medie imprese, che sono per lo più quelle che stanno sul territorio di competenza dello stesso ente locale, che naturalmente verrebbe rimessa in moto l'economia. È esattamente quello che da più parti ci viene richiesto. Vorremmo poter far sì che si intervenisse a favore anche di quegli enti locali che hanno la possibilità a valere sui residui passivi di poter rimettere in movimento l'economia complessiva.
Quindi, troviamo di fatto degli errori clamorosi nella politica fatta da questo Governo nei confronti delle autonomie locali. I tagli fatti all'inizio della legislatura e l'eliminazione dell'ICI hanno messo in ginocchio gli enti locali. La conseguenza è stata, da una parte, che lo Stato centrale ha dovuto aumentare i trasferimenti ordinari ai comuni, che sono passati quindi da 4,7 miliardi nel 2008 a 8 miliardi nel 2009 per contenere la spesa corrente incomprimibile. In compenso, però, sono state tagliate le risorse per gli investimenti. Queste, infatti, sono state ridotte da 3,3 miliardi nel 2008 a 1,7 miliardi nel 2009 e la legge finanziaria approvata non più tardi di 2 mesi e mezzo fa ha addirittura ulteriormente ridotto per il corrente esercizio.
Constatiamo che nel decreto-legge che andiamo a convertire ci sono alcuni piccoli passi significativi come quegli interventi previsti per i piccoli comuni: dalle operazioni straordinarie per piccole rimodulazioni al Patto di stabilità per le regioni. Non è stato però risolto il problema di fondo che viene affrontato con la sostenibilità delle regole del Patto di stabilità. Il presidente dell'ANCI in una lettera che ha inviato ai componenti della Commissione bilancio ci ricorda che rimangono irrisolti quattro problemi gravi da parte dell'amministrazione centrale nei confronti degli enti locali.
Devono essere ancora recuperati quasi 400 milioni di euro di ICI per il 2008, deve essere effettuata la compensazione degli edifici di categoria D, così com'è irrisolta la questione dell'IVA sulla TARSU e sulla TIA. Vogliamo quindi aprire ai comuni virtuosi? Vogliamo consentire almeno gli investimenti? Vogliamo almeno aprire ai pagamenti dei debiti verso le imprese che citavo Pag. 27prima? Questo chiediamo al Governo: se vogliamo rimettere davvero in movimento questa macchina.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RENATO CAMBURSANO. Concludo Presidente ricordando ancora la prima parte, quella ordinamentale. È vero che sono stati fatti dei tagli alle composizioni degli enti locali, ma probabilmente bisognava procedere in modo diverso e non così distorto, con quattro provvedimenti che si sono accavallati tra di loro, espressione di un Governo che non ha una linea politica e delle idee chiare. La collega Dal Lago ricordava prima che il centrodestra aveva applicato semplicemente delle leggi che istituivano nuove province. Lo diciamo chiaro e forte: le ultime province che sono state istituite, soprattutto le quattro province in Sardegna, le ha istituite il Governo di centrodestra con il consenso della regione. E poi ci vogliono insegnare come si governa il territorio: si vergognino (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, il decreto-legge che la maggioranza si appresta ad approvare oggi in quest'Aula reca interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, intervenendo sull'assetto organizzativo delle amministrazioni locali e sul contenimento delle spese ad esse connesse. Si tratta di un provvedimento che ripropone al nostro interesse il tema delle innovazioni istituzionali, tema che ci appassiona e che ormai da circa venticinque anni è all'attenzione di questo Parlamento; un interesse che sembra tuttavia essersi via via affievolito a causa del metodo utilizzato da questo Governo e da questa maggioranza che continuano a programmare interventi in pillole, quasi spot elettorali che nulla hanno a che vedere con i reali processi di riforma organica, complessi e condivisi, frutto dell'intenso lavoro di confronto fra le diverse forze politiche.
Siamo infatti di fronte all'ennesimo decreto-legge, siamo al cinquantaseiesimo decreto-legge e all'ennesima questione di fiducia che il Governo ha posto in questa legislatura. Decreti-legge e questioni di fiducia: ancora una volta si umiliano e si ledono il ruolo e la funzione di questa Assemblea e in generale della democrazia di questo Paese. Il ricorso ormai irrazionale alla decretazione d'urgenza, come dimostra la vicenda legata al decreto «salva liste», ci conferma che il furore legislativo che questa maggioranza impone al Paese non serve ad affrontare e a risolvere i problemi, ma si trasforma quasi sempre in forzature sterili, superflue ed inutili. Mentre in altre occasioni siete riusciti a correggere il tiro sovrapponendo decreti su decreti, correggendo...

PRESIDENTE. Chiedo scusa. Colleghi, posso pregarvi di lasciare svolgere l'intervento al collega Ria? È impossibile ascoltarlo. Grazie.

LORENZO RIA. Grazie, signor Presidente. Dicevo che mentre in altre occasioni siete riusciti a correggere il tiro, sovrapponendo decreti su decreti e correggendo in corsa misure errate ed errori di valutazione, questa volta rischiate davvero di rimanere vittime del vostro delirio di onnipotenza. Insomma, chi di decreto ferisce di decreto perisce. La verità è che si pone la questione di fiducia per evitare di discutere nel merito i problemi, finendo per azzerare il ruolo del Parlamento, depotenziandolo e impedendogli di svolgere con responsabilità e coerenza i propri compiti e le proprie funzioni.
Siamo costernati davvero per questa volontà del Governo che ha di fatto impedito, ancora una volta, al Parlamento di discutere un tema importante come quello degli enti locali. Ciò porta a dire che questa maggioranza è in una fase di fibrillazione, ma peggio, è in una fase di decadenza. L'abbiamo detto più volte in quest'Aula, lo abbiamo sottolineato e continuiamo Pag. 28a dirlo: non è questo il modo per approfondire gli argomenti di interesse generale, non è questa la strada per affrontare nell'interesse reale del Paese i problemi che lo riguardano.
Quella degli enti locali è una tematica delicata, che richiede, o meglio, a questo punto possiamo dire, che avrebbe richiesto più che mai un approfondimento in quest'Aula. Qui si tratta di ridisegnare l'assetto complessivo degli enti locali, cioè di quei presidi istituzionali che più di tutti gli altri sono vicini al cittadino e che, in virtù della sussidiarietà, hanno molteplici funzioni proprie o delegate che toccano la vita di tutti i giorni degli italiani. Noi abbiamo il dovere di correggere il sistema laddove risulta inadeguato ai tempi e ai bisogni, ma dobbiamo farlo nell'ambito di una riforma organica, con un processo più ragionato e con il contributo di tutti e lo diciamo per stigmatizzare una volta di più il comportamento di questo Governo e di questa maggioranza nei confronti prima di quest'Aula, e poi quindi dell'intero Parlamento e del Paese. Questo è oggi il tema principale e il problema di questo Paese che non permette una legislazione corretta, e ne abbiamo un esempio anche nel provvedimento ora in esame.
Qual è la finalità o, quanto meno, quale era la finalità originaria di questo decreto-legge? Era quella di sistemare, di correggere delle norme contenute nella legge finanziaria che facevano acqua da ogni parte. Bene, la materia però non avrebbe impedito una gestione «tranquilla» dei tempi: avete dunque sbagliato, ancora una volta, soprattutto politicamente. In questo provvedimento, infatti, la discussione nelle Commissioni è stata, come è ovvio, intensa, ma piana, e le normali differenze di opinioni e di valutazioni non avrebbero impedito, come ben sanno i relatori, i presidenti delle Commissioni, lo stesso Governo, di trovare addirittura qualche via di uscita su alcuni aspetti specifici. Così sarebbe stato se solo aveste deciso di tenere in considerazione il contributo dell'opposizione che non solo è stato, come sempre, costruttivo ed opportuno, ma che, se fosse stato accolto, avrebbe anche dato al decreto-legge una veste diversa, di dignità e di vantaggio per il Paese.
Colleghi, una cosa è chiara: qualsiasi ragionamento sul riassetto complessivo del sistema degli enti locali non può prescindere da una considerazione preliminare. Se da un lato occorre intervenire per la necessità di realizzare un adeguamento al nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, dall'altro, però, bisogna farlo in maniera organica, puntuale ed attenta. Ebbene, nonostante ciò, oggi ci troviamo dinanzi ad una serie di provvedimenti vertenti sulla medesima materia, ma che recano contestualmente disposizioni tra loro in gran parte disomogenee e divergenti.
Ritengo che sia da criticare questa metodologia di intervento fortemente utilizzata, ancora una volta, dal Governo che per l'ennesima volta si concretizza in una disciplina frammentata e in una procedura priva di un preliminare confronto con il sistema delle autonomie locali, soprattutto per orientare le scelte e per non avanzare sempre ulteriori recriminazioni lungo il percorso successivo all'approvazione delle leggi. Lo stesso tema dei costi della rappresentanza politica, che è diventato sempre più ineludibile, lo affrontate con leggerezza e con intenti meramente propagandistici.
Confermiamo qui tutte le critiche che noi dell'Unione di Centro avevamo evidenziato già in sede di esame della legge finanziaria per l'estemporaneità di queste norme. Bisogna fare attenzione, in quanto un conto è il costo della politica e un conto, invece, il costo della democrazia che si taglia con questo provvedimento. Ci si sta limitando, infatti, ad una riduzione dei consiglieri e degli assessori comunali e provinciali disarmonica nei tempi di realizzazione e con un risparmio per le casse degli enti locali direi irrisorio e simbolico. È una riduzione che si traduce, però, in una significativa deminutio della rappresentanza nelle comunità locali, proprio là dove sussiste un rapporto diretto tra i cittadini e gli eletti e là dove cioè la rappresentanza non è viziata dalle scelte Pag. 29oligarchiche dei partiti ed è, quindi, più autentica. Senza contare, inoltre, che in questo decreto-legge non si è voluta affrontare la questione che per noi rimane centrale, ovvero quella del Patto di stabilità interno sulla quale il Governo è stato ripetutamente sollecitato al confronto. Ancora una volta rimane inascoltato l'appello dell'ANCI a modificare le regole in modo da allentare i vincoli per i comuni, soprattutto per quelli più virtuosi. A dispetto di un'evidente e ormai insostenibile sofferenza del sistema della finanza locale, si tralascia di mettere mano alla questione in modo serio ed approfondito e si approva un decreto-legge senza interventi a sostegno degli investimenti e senza correttivi che possano ampliare i margini di spesa degli enti: anzi si chiede ai comuni di stringere la cinghia ancora di più.
In conclusione, noi vorremmo capire in sostanza qual è la vostra idea di governo del Paese e di federalismo, perché noi non riusciamo a comprenderla. Vorremmo capire, inoltre, quale è il motivo che sottende ai vostri reiterati e secchi «no», segno tangibile di una preoccupante mancanza di progettualità, di fuga dal dialogo e dal confronto dialettico. Sono queste le ragioni che motivano il voto contrario del gruppo dell'Unione di Centro a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastore. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, ho seguito con attenzione la discussione sulle linee generali e la discussione degli ordini del giorno. È stato detto più volte negli interventi del Partito Democratico che questo non è un provvedimento federalista. Allora è il caso di precisare che in base al Titolo V della Costituzione, modificato dall'allora maggioranza di centrosinistra alla fine della XIII legislatura, i primi due articoli del decreto-legge riguardano materie riconducibili alla legislazione elettorale, agli organi di governo, alle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane che l'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato. Gli articoli 3 e 4 del decreto-legge che stiamo discutendo, invece, sono riconducibili al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario che sempre l'articolo 117 attribuisce alla legislazione concorrente Stato-regioni, rispetto ai quali la legge dello Stato può prescrivere criteri obiettivi. Se federalismo significa attribuire competenze, funzioni e risorse agli enti locali, lo si potrà fare quando saranno approvati i decreti legislativi previsti dalla legge 5 maggio 2009, n. 42.
Vorrei anche sottolineare che per il primo decreto legislativo riguardante i beni demaniali si è conclusa la fase istruttoria e tra poco le Camere saranno chiamate ad esprimere il parere. Ma se c'è tutta questa preoccupazione per il federalismo, forse anche l'opposizione potrebbe sollecitare i pareri della Conferenza unificata o le effettive sedute della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale che, invece, viene continuamente convocata e poi sconvocata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Dite che il decreto-legge non risolve il problema del Patto di stabilità, dimenticando che il Patto di stabilità non lo abbiamo inventato noi, che esso ci è imposto dall'Unione europea e che su questo tema la Lega nord per prima ha sollecitato interventi migliorativi a favore degli enti locali. Il testo che andiamo ad approvare contiene, sempre su questo tema, alcune proposte emendative presentate dall'opposizione, ad esempio quella in cui si prevede che nel saldo finanziario non siano considerate le risorse provenienti direttamente o indirettamente dall'Unione europea, né le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni.
Criticate pesantemente l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, anche qui dimenticando che l'ICI continua ad applicarsi sulla seconda casa e sulle abitazioni di lusso. Inoltre, considerato che siamo in campagna elettorale, forse dovreste essere Pag. 30più chiari anche con i vostri elettori e proporre ai vostri candidati alle elezioni regionali di rendere evidente questo vostro pensiero, magari proponendo qualche nuova tassa sugli immobili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Del resto, solo voi avete avuto un Ministro dell'economia che dichiarava che le tasse sono bellissime, mentre questo Governo, nonostante la crisi economica che ha colpito anche il nostro Paese, non ha aumentato alcuna tassa.
Più volte avete ripetuto che questo Governo si è preoccupato solo di nominare quattro nuovi sottosegretari, dimenticando che il Governo Prodi è stato il più prolifico di tutta la storia della Repubblica, arrivando a centodue fra Ministri e sottosegretari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), così come più volte avete criticato il decreto-legge perché interviene su disposizioni della legge finanziaria per il 2010 e perché la materia deve essere trattata nel disegno di legge che porterà alla Carta delle autonomie. Anche in questo caso ci sono alcune dimenticanze: ad esempio, si dimentica che nel decreto-legge si dà certezza di alcune disposizioni che sono urgenti perché interessano gli enti locali che andranno alle elezioni i prossimi 28 e 29 marzo; si dimentica che di Carta delle autonomie si parlava già durante il Governo Prodi e che anche allora, con la legge finanziaria, si intervenne sulla parte ordinamentale degli enti locali; si dimentica che il disegno di legge (avente ad oggetto l'individuazione delle funzioni fondamentali di province e comuni, la semplificazione dell'ordinamento regionale degli enti locali, nonché la delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle province e degli uffici territoriali del Governo, riordino di enti ed organismi decentrati) è in discussione presso la Commissione affari costituzionali e che, quindi, si arriverà, a breve, ad una riforma organica.
Criticate l'eliminazione degli ATO perché secondo voi sono enti che funzionano. Certamente essi funzionano nel senso che sono stati istituiti, ma di fatto sono aumentate in modo generalizzato le tariffe e sono aumentati i costi di finanziamento: si tratta di organismi che non hanno nulla a che fare con gli organi eletti dai cittadini e, tra l'altro, le stesse associazioni degli enti locali ne chiedono l'eliminazione, così come chiedono l'eliminazione di tutti gli organismi intermedi, al fine di eliminare costi e distorsioni e ridare dignità agli enti indicati nell'articolo 114 della Costituzione.
Che dire, poi, di altre esagerazioni, tanto che nel decreto-legge si pone un tetto agli emolumenti dei consiglieri regionali. A chi dice che, però, non si toccano i parlamentari, rispondo che la riduzione del numero dei parlamentari era già contenuta in una legge di riforma costituzionale e bocciata dai vostri comitati per il «no» e che sulla riduzione del numero dei parlamentari la Lega nord ha già presentato una proposta di legge.
La Lega nord è stata menzionata molto spesso nei vostri interventi: addirittura siete riusciti a dire che è stata posta la questione di fiducia perché altrimenti i parlamentari della Lega nord non avrebbero votato il provvedimento. Ebbene, si tratta veramente di un'interpretazione bizzarra! Parlate di Lega nord senza sapere cosa sia, perché non volete riconoscere che la Lega nord è un movimento coerente, serio, concreto e leale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), quotidianamente tra la gente e che lavora per la gente. Se di fiducia si deve parlare, allora parliamo della fiducia che noi abbiamo nel Ministro Calderoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi siamo qui per fare le riforme e approviamo ogni passo verso la semplificazione, la trasparenza e il contenimento della spesa pubblica. Il provvedimento in esame si inserisce in quel percorso di riforma ordinamentale, fiscale e costituzionale che costituisce il fondamento di questa maggioranza e che, soprattutto, costituisce l'obiettivo della Lega nord.
Pertanto, ringrazio il Ministro Calderoli e il Viceministro Vegas e preannunzio il Pag. 31voto favorevole del gruppo Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Colleghi, prima di dare la parola all'onorevole Giovanelli, vi prego di prendere posto, all'interno o all'esterno dell'Aula, perché è impossibile continuare i nostri lavori in questo modo, anche alla luce del fatto che ci sono ragazzi che stanno osservando i lavori dell'Assemblea. Onorevole Lazzari, onorevole Fontana, onorevole Zacchera, vi prego di prendere posto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, noi voteremo convintamente contro questo decreto-legge, sul quale avete posto la ventinovesima questione di fiducia in meno di due anni. Intanto, siete arrivati a quota trentuno, dopo le due questioni di fiducia poste in Senato sul legittimo impedimento. Contrariamente alla collega Pastore, credo che voi abbiate posto la questione di fiducia perché anche una Camera composta da rappresentanti eletti a causa di una legge elettorale indecente avrebbe fatto fatica a discutere apertamente un provvedimento come questo, senza raccogliere le vere domande urgenti che comuni, province, comunità montane e regioni ci pongono ogni giorno.
I temi che voi ponete sotto il titolo «misure urgenti per le regioni e le autonomie locali», infatti, non rappresentano l'emergenza che ci viene proposta dal sistema delle autonomie locali. L'emergenza del sistema delle autonomie locali è l'emergenza finanziaria e non ciò che è scritto nel provvedimento. È un'emergenza finanziaria che siamo stanchi che non venga mai affrontata, tranne che per gli amici degli amici, quando si tratta di fare provvedimenti per Palermo, per Catania, per Roma, per qualche comune più consono agli interessi del Governo. Ancora una volta - questa è la verità drammatica - con questo provvedimento voi non affrontate la realtà, ma fuggite dalla stessa, scaricando sugli altri livelli istituzionali l'incapacità di affrontare i problemi e di dare un orientamento al Paese, che certamente è in una situazione di grande difficoltà, ma è per questo che avete delle responsabilità di Governo e non per mettere in serie difficoltà chi vorrebbe fare la sua parte e non è messo in condizioni di farlo.
Il sistema delle autonomie locali, infatti, si trova in prima linea ad affrontare la più grave crisi economica e sociale che il Paese vive dalla seconda guerra mondiale. A me, sentendo certi interventi della maggioranza, sembra di vivere in un'altra realtà, in un altro mondo. Aggiungerei che il sistema delle autonomie locali - i comuni, le province, le regioni - in verità si trova all'incrocio tra la grande questione sociale che la crisi fa emergere ed una non meno grave questione democratica.
Ecco perché dico che voi state giocando con il fuoco. Non c'è nessun Paese responsabile che non farebbe riferimento alle energie positive che le autonomie locali possono mobilitare e mettere in campo proprio per fronteggiare la situazione allarmante che abbiamo davanti. Se noi non vi porremo riparo puntando fortemente sul ruolo delle autonomie locali, con il sommarsi della questione sociale alla questione democratica, si potrebbero aprire scenari difficilmente gestibili, che potrebbero lesionare le basi stesse della democrazia del nostro Paese.
Ecco perché questo è un provvedimento irresponsabile di fronte alla dimensione e alla gravità della situazione che abbiamo davanti. Il sistema delle autonomie locali, in verità, cosa chiede? Chiede di fare ciò che può e ciò che sente essere nel suo dovere, niente di più e niente di meno. Non intende scappare di fronte alle proprie responsabilità e ve l'ha dimostrato.
È stato ricordato anche da altri colleghi, come in questi anni il sistema delle autonomie locali ha dato un contributo determinante al contenimento della spesa pubblica, ha rispettato rigorosamente i parametri, anzi ha risparmiato più di quanto gli era stato chiesto di risparmiare e questo nonostante voi, invece, abbiate portato Pag. 32la spesa pubblica, la spesa corrente per la pubblica amministrazione, al di fuori di ogni controllo; queste sono cose documentate. Quindi, nel momento in cui si devono affrontare le emergenze vere delle autonomie locali, bastava ascoltarle le autonomie locali, chiedere quali erano, secondo loro, le urgenti necessità di cui avevano bisogno; non è avvenuto niente di tutto questo.
Signor Presidente, là fuori c'è una crisi profonda e noi condividiamo il fatto che, davanti ad una crisi, bisogna anche farsi carico del tema della sobrietà e della riduzione dei costi della politica, ma contrabbandare il taglio dei consiglieri comunali, che costano 25, 30 euro a seduta, come taglio dei costi della politica è una presa in giro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), così come è una presa in giro dire che sono un costo della politica i consigli di circoscrizione. Anzi, come diceva giustamente il collega Ria, non ci rendiamo conto che stiamo andando a lesionare le forme della rappresentanza democratica, scambiamo i costi della democrazia con i costi della politica, mentre voi, invece, nominate Ministri e sottosegretari inutili e nessuno ci dice quanto costeranno in più questi Ministri e questi sottosegretari inutili. Signor Presidente là fuori vi è una emergenza sociale, vi sono persone che non arrivano alla fine del mese, che non riescono a pagare le bollette, l'affitto. La strada maestra sarebbe quella di incrementare il Fondo sociale, mentre l'avete tagliato dei due terzi e avete cercato di imbiancare gli occhi alla gente con la social card, con il bonus famiglia; questa è la vostra irresponsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Là fuori vi è un'economia che soffre. E sapete quanto sarebbe importante il ruolo dei comuni e delle regioni per rilanciare anche nuovi modelli imprenditoriali e una nuova economia? Voi, invece, gli volete imporre il nucleare in barba anche alla Costituzione. Non ve ne frega niente del fatto che gli investimenti pubblici siano in caduta libera e che, pur di mantenere i servizi, i comuni sono costretti a tagliare gli investimenti. Se venisse un marziano direbbe che siamo tutti pazzi nel momento in cui impedite ai comuni di spendere i loro soldi che hanno in cassa. A causa del Patto di stabilità, che non volete modificare, li costringete a non finanziare gli investimenti, e a non pagare i fornitori delle aziende che per poche migliaia di euro rischiano di chiudere e sono aziende piccole e piccolissime che davvero soffrono in questo Paese.
Noi abbiamo cercato di raccogliere il grido di dolore delle autonomie locali, abbiamo cercato di rappresentarlo. Vi è un nostro ordine del giorno, a prima firma Franceschini, che prevede le cose vere e urgenti - lo sapete anche voi - che ci chiedono le autonomie locali, ma voi avete girato la testa dall'altra parte ancora una volta.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, le chiedo umilmente scusa: onorevoli colleghi vi sembra rispettoso del collega che sta parlando comportarsi in questo modo (Applausi)? Onorevole Papa, per cortesia. Mi costringete a sospendere la seduta.

ORIANO GIOVANELLI. Grazie, Presidente. Dicevo che abbiamo presentato un ordine del giorno, sul quale vi incalzeremo, dove sono raccolte le cinque questioni essenziali - e voi lo sapete - che i comuni e le province ci pongono quotidianamente. Su quelle vi chiameremo a rispondere, perché voi, ancora una volta, invece avete girato la testa dall'altra parte, alla faccia del federalismo, a meno che non riteniate che il federalismo sia derubare i fondi FAS per pagarci i vaporetti sul lago di Como (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se è questa l'idea di federalismo che avete, siete sulla cattiva strada. Ma, in verità, il federalismo che voi avete agitato in questi mesi, in questi due anni di Governo, assomiglia alla pubblicità e all'azione televisiva di una signora che ricorderete: Vanna Marchi. Il vostro è un federalismo alla Vanna Marchi, cioè un federalismo strillato, agitato, come fosse un talismano taumaturgico, ma in verità il vostro è un federalismo «taroccato», Pag. 33che illude e non risolve, perché intanto vanno avanti provvedimenti concreti in attesa di un federalismo che ha da venire e che rischia di farci arrivare tutti morti al federalismo stesso e di fare arrivare gli enti locali sfiniti. Dietro questa idea di federalismo, che voi contrabbandate, c'è una «fregatura» insomma. Si nasconde cioè il Governo più centralista che la Repubblica italiana ricordi, il Governo più avverso alle autonomie locali che la Repubblica italiana ricordi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, qualcuno ha contestato il decreto-legge in esame, parlando di schizofrenia legislativa. Altri lo hanno contestato come un provvedimento insufficiente. Da ultimo, è stato detto che in questa iniziativa si nasconde una sostanziale «fregatura». Quanto a «fregature» la sinistra ne ha date talmente tante al popolo italiano che sarebbe lungo elencarle tutte. Credo che invece avrebbe senso se ci si dedicasse con più attenzione alla questione che stiamo affrontando.
Voglio innanzitutto dare atto al Ministro Calderoli di aver scelto un metodo di lavoro assolutamente efficace, che è quello del passo dopo passo, quello di intervenire su questa materia complessa e delicata con grande attenzione e con grande sensibilità, ben sapendo che questo decreto ha una sua parzialità e che tutto dovrà poi confluire, anche in termini di confronto di idee, in quella che sarà la riforma complessiva del Codice della autonomie locali. La scelta del passo dopo passo, tra l'altro, è anche una risposta al dibattito inconcludente che, per tanti anni, ha accompagnato il Parlamento nazionale in tema di riforme costituzionali, in tema di riforme delle autonomie locali. Persino il federalismo che è entrato nell'agenda di tutti i Governi da almeno un decennio fatica a definirsi nei suoi aspetti istituzionali dopo che, proprio grazie a questo Governo nel corso di questa legislatura, si è impostato l'aspetto fiscale. Anch'esso peraltro dovrà determinarsi e definirsi in forma compiuta: un'impresa non certamente facile, ma che è stata messa in campo e sulla quale dovremo confrontarci, signori dell'opposizione. Ricordo, peraltro, a chi censura il metodo adottato dal Ministro Calderoli e dal Governo che, proprio in tema di riforma della pubblica amministrazione, abbiamo un precedente illustre, che è stato quello delle riforme Bassanini, realizzate in costanza di Costituzione, per non parlare del titolo V della Costituzione, che è stato foriero di innumerevoli incertezze sotto il profilo costituzionale, soprattutto nel campo dell'attribuzione delle funzioni legislative.
Siamo l'unico Paese al mondo che ha introdotto il principio della concorrenza tra Stato e regioni e tutto questo ha soltanto aumentato il livello della conflittualità in seno alla Corte Costituzionale che è andata a riempire quel vuoto che la politica, con le sue contraddizioni, non era riuscita a risolvere.
In più, contraddicendo qualsiasi idea, si è parlato di riordino dei poteri locali, ingenerando poi, come è stato fatto negli anni scorsi, certamente attraverso una legislazione schizofrenica, inversioni di campo che hanno portato sovrapposizione di funzioni e di competenze. Tutto questo ha fatto proliferare una serie infinita di autorità, di ambito e di bacino, nella cui implementazione si è davvero determinato - questo sì - un vulnus democratico per il semplice fatto che spesso queste autorità, queste agenzie sfuggono al controllo degli enti di cui sono emanazione, quando addirittura non assumono una eccessiva autonomia gestionale che li allontana sempre più dagli obiettivi stessi per i quali sono stati concepiti. Parlare dunque di schizofrenia legislativa è davvero un errore.
Ma veniamo ora al punto centrale del ragionamento che intendo svolgere in dichiarazione di voto. Il partito del Popolo della libertà voterà convintamente a favore Pag. 34di questo decreto-legge. Non mi soffermo su alcune argomentazioni che già illustri esponenti della maggioranza hanno svolto. Penso ad Osvaldo Napoli, a Calderisi e alla stessa Dal Lago.
Ritengo che questo decreto-legge sia invece un'occasione per far sì che alcuni argomenti acquisiscano un'accelerazione sul piano della trasformazione del sistema dei poteri locali. Mi limito a ricordare che esso modifica e indica alcune norme in materia di contenimento della spesa degli enti locali soprattutto per quanto riguarda il riferimento all'attuale legge finanziaria, quella del 2010. Riduce il numero dei consiglieri comunali e provinciali, un numero certamente eccessivo: abbiamo 120 mila consiglieri e 35 mila assessori ed è davvero un numero assolutamente esorbitante rispetto alle competenze e alle funzioni che gli enti debbono avere. Introduce inoltre alcune modifiche importanti per quanto riguarda la fiscalità locale e la garanzia della tenuta dei conti per gli enti locali. Elimina i consigli di circoscrizione nei comuni al di sotto dei 250 mila abitanti, configura il difensore civico provinciale definito difensore civico territoriale, quindi l'ombudsmam di riferimento che elimina la proliferazione dei livelli comunali e fissa la figura del direttore generale nei comuni al di sopra dei 100 mila abitanti.
È tutto questo poco? È sufficiente? Credo che sia già un elemento che dimostri la volontà di andare avanti in questo progetto di riforma complessiva del sistema dei poteri locali, ma che tutto questo debba essere completato siamo i primi a dirlo. Lo diciamo al Ministro, lo diciamo al Governo con grande forza e con grande determinazione.
Ci si chiede poi perché non vengano eliminate le province. Dunque, anche su tale questione ritengo che vada spesa qualche parola e qualche considerazione. Dell'eliminazione delle province si parla ormai da molto tempo senza costrutto. È come un fiume carsico che appare e scompare nel dibattito politico e nel dibattito che riguarda le associazioni che rappresentano gli enti locali ma poi, come sempre avviene e come spesso è accaduto, le province aumentano di numero e non si affronta invece il tema sul quale ritengo dovremmo impegnarci completamente.
Forse la questione non sta tanto nel numero delle province e nel problema dell'ente provincia in sé. Dobbiamo invece affrontare quella che è una questione ineliminabile cioè come governare l'area vasta, come affrontare il tema del governo di area vasta nel nostro Paese. È un tema che esiste a livello europeo e che tutta l'Europa ha affrontato e qui non si tratta del fatto - avremmo modo di discuterne quando affronteremo la riforma delle autonomie locali - se le province debbono rimanere così come sono o devono essere sostanzialmente modificate, magari diventare soggetti di rappresentanza diretta dei comuni e quindi togliere di mezzo alcuni architravi che di fatto le rendono un ente inutile.
Ma il problema del coordinamento dell'area vasta che è quella che determina lo sviluppo territoriale è un problema che non può essere eluso. Dicevo prima che in tutta Europa oggi si parla il linguaggio della pianificazione e della programmazione territoriale tra il livello regionale e il livello comunale. È qui che dovremmo accentrare la nostra attenzione. Ce lo ha detto anche il CENSIS recentemente quando ha sottolineato che, per uscire dalla crisi attuale, bisogna soprattutto affrontare i problemi di come rispondere ad un tessuto economico e sociale sempre più spacchettato, sempre più disarticolato che trova solo nella dimensione microterritoriale il suo momento di condensazione.
Ecco perché è importante comprendere che oggi il ruolo degli enti locali, negli anni del terzo millennio, è stato interessato nel corso dei decenni scorsi da un processo di riforma molto ampia, nel quale si sono giustapposti interventi di diverso oggetto e di diversa natura, leggi ordinarie e modifiche costituzionali, leggi di delega e decreti legislativi, regolamenti, direttive, altri atti legislativi ed amministrativi. La riflessione va appunto portata sul come oggi interagire con questo Pag. 35sistema complesso, che modifica anche i riferimenti territoriali, se e vero come è vero che, se ci vuole coesione per uscire dalla crisi, dobbiamo in qualche modo ridefinire la forma dei sistemi di potere territoriale, per far sì che vi siano sistemi ed assetti pubblici più equilibrati, più capaci di rispondere a quelli che sono i meccanismi che di fatto oggi si stanno enucleando nei territori. Penso a tutti i fenomeni di disarticolazione territoriale e di condensazione di nuove forme, penso ai distretti, penso a quelli che sono i nuovi parametri di riferimento sui quali si innesta il processo di sviluppo locale, penso a tutte quelle componenti che sono all'interno della Costituzione ma che ancora non trovano uno snodo operativo, i sistemi metropolitani. Qui si è voluta ampliare la gamma dei sistemi metropolitani e non si è capito che andava lì creata l'omogeneità di riferimento, per far sì poi che si risponda in termini di qualità di servizi alla domanda effettiva che proviene dal territorio. Allora, se vi è una domanda di area vasta - e concludo - vi è anche una domanda di qualità della rappresentanza politica e amministrativa, alla quale le forze politiche hanno il dovere di rispondere. La democrazia, onorevoli colleghi, si fonda sul corretto rapporto tra rappresentati e rappresentanti, fra maggioranza ed opposizione, fra organi elettivi ed apparati esecutivi. Il problema di questo rapporto e della tenuta del sottile equilibrio tra poteri e funzioni diverse non si esaurisce né si risolve nella quantità del numero dei consiglieri ad ogni livello di assemblea elettiva.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. Si risolve bensì nella qualità di siffatta rappresentanza, che implica innanzitutto una capacità, attraverso forme chiare e trasparenti, di selezionare le classi dirigenti. Questo è il senso che vogliamo dare alla riforma (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà-Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3146-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico? Ministro Alfano? Onorevole Sarubbi? Onorevole De Micheli?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni» (3146-A):

Presenti 514
Votanti 511
Astenuti 3
Maggioranza 256
Hanno votato 273
Hanno votato no 238
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ). Pag. 36

Prendo atto che i deputati Rigoni, Schirru, Rugghia, Benamati, Gasbarra e Losacco hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione (A.C. 3273) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 12,33)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 3273)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Franceschini ed altri n. 1, Favia ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3273).
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
L'onorevole Bressa ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Franceschini ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo chiamati a discutere la questione pregiudiziale di costituzionalità concernente il decreto-legge cosiddetto «salva-liste». Si tratta di un provvedimento che resterà nella storia legislativa del nostro Paese, perché spiega, calpestando ogni principio di ragionevolezza, l'idea che avete del diritto, un'idea grottesca che non distingue tra legittimità e legalità.
Vediamo le ragioni di incostituzionalità. La prima ragione di incostituzionalità consiste nella natura innovativa e non interpretativa del decreto-legge in oggetto.
La Corte costituzionale ha chiarito, con la sentenza n. 155 del 1990, che si ha carattere interpretativo solo quando si privilegia una tra le tante interpretazioni possibili. Commentando un'altra sentenza, la n. 341 del 2003, il presidente Zagrebelsky specificò, in una massima, che il ricorso ad un'interpretazione attraverso un decreto-legge è giustificato in quanto dai lavori parlamentari risulti che il punto controverso abbia formato oggetto di un ampio dibattito, ed emerga che la funzione della norma sia di evitare l'ulteriore proliferare di un contenzioso già imponente. Colleghi, abbiamo chiaro di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando della presentazione di liste che, da decenni, si fa in questo modo, senza mai veri problemi. Dov'è l'imponente contenzioso, dove il dibattito parlamentare è controverso? Vi è solo una tristissima ed inconfessabile zuffa del Popolo della Libertà per i posti in lista.
Questo è il dato di partenza del decreto-legge in oggetto. Con esso, non si interpreta nulla, ma si innova per rimediare ai vostri pasticci. Per partiti normali, non vi è bisogno di interpretare un bel niente, mentre voi siete costretti a cambiare le regole: infatti, sono mutati il luogo dove presentare le liste, i mezzi di prova e le modalità di autenticazione delle firme. Ciò per rimediare ai vostri insanabili pasticci, messi in atto da - come li ha definiti Umberto Bossi - «dilettanti allo sbaraglio». Questa, e solo questa, è la triste realtà che ci sottoponete a discutere quest'oggi. Pag. 37
Il secondo motivo di incostituzionalità consiste nel fatto che siete intervenuti, a procedimento elettorale aperto, attraverso un decreto-legge. In questo caso, per voi sarebbe stato sufficiente dare ascolto al Ministro dell'interno, Roberto Maroni, che, il 2 marzo, ha affermato: «Non si possono cambiare le regole, non c'è spazio per fare un provvedimento di urgenza da parte del Governo». Oppure, sarebbe stato sufficiente dare ascolto al collega Bocchino che, il 4 marzo, ha dichiarato: «Nessun complotto è organizzato per far fuori il Popolo della Libertà (...) Nessun decreto-legge per risolvere il problema delle liste (...) Accetteremo le sentenze (...) Non abbiamo alternative». Ricordo che sono parole vostre, di assoluta correttezza politica ed istituzionale, ma purtroppo, inascoltate.
Infatti, è prevalsa un'altra linea: quella proclamata il 3 marzo dal Ministro della difesa, La Russa, che ha affermato: «Non vorrei fare la parte dell'eversivo, ma lo dico chiaro e tondo (...) Se ci impediscono di correre, siamo pronti a tutto». È il Ministro della difesa che parla. Pertanto, è stato dato il via libera al decreto-legge - per fortuna, ci si è limitati a questo - con il solo specifico scopo di riammettere in termini la lista del Popolo della Libertà di Roma, che non era stata presentata e che, pertanto, non era sanabile.
Si ricorda, per inciso, che i cosiddetti «listini» Polverini e Formigoni sono stati riammessi seguendo la via normale dei ricorsi e applicando le vecchie norme. Ciò che non si può e non si deve fare - e voi lo avete fatto - è intervenire con un decreto-legge a procedimento elettorale avviato. Questo è dimostrato dall'unico precedente richiamabile - quello dell'aprile del 1995 - quando il relatore Leopoldo Elia e l'Assemblea in quest'Aula (ma, evidentemente, con protagonisti diversi da quelli che vi sono oggi), negarono, a larghissima maggioranza, l'esistenza dei presupposti di necessità e di urgenza con riferimento ad un decreto-legge del Governo Dini.
A proposito dell'utilizzo della decretazione d'urgenza, va sottolineato lo sgradevole e maldestro tentativo - solo in parte corretto - di coinvolgere il Presidente della Repubblica rispetto ad un atto il cui unico responsabile politico è il Governo. Il Presidente Napolitano ha firmato il decreto-legge ed è corretto che lo abbia fatto perché, in tema di decretazione d'urgenza, al Presidente non spetta alcun potere di rinvio, così come non gli compete nemmeno il compito di svolgere un generale e approfondito controllo di legittimità costituzionale: controllo che, invece, noi oggi, in questa sede, come Parlamento, legittimamente esercitiamo. Il Presidente della Repubblica deve solo controllare che sussistano i requisiti di necessità e urgenza.
Occorre poi ricordare che il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazionale e questa delicata funzione dev'essere esercitata con sapienza ed equilibrio, così come testimoniano le stesse scelte del Presidente Napolitano, sempre improntate a ragioni di opportunità costituzionale. Si tratta di un compito non sempre facile e gratificante, ma necessario per la salvezza delle istituzioni e del regime costituzionale.
Il terzo motivo di incostituzionalità riguarda il fatto che il decreto-legge viola il principio di eguaglianza, inteso come eguaglianza di opportunità tra i diversi partecipanti. Nel preambolo del decreto-legge dite che esso è finalizzato ad assicurare il favor electionis, secondo i princìpi di cui agli articoli 1 e 48 della Costituzione, i quali - ricordo - prevedono che la sovranità appartiene al popolo e che il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
Il riferimento alla Costituzione è forte. Come dice McCormick, laddove vi è diritto costituzionale, ci dev'essere anche una teoria: ma qual è la teoria sottesa a questo decreto-legge? Quella di riconnettere il favor electionis ad un'elementare idea di eguaglianza e giustizia? La risposta sarebbe «sì», se ci limitassimo al preambolo del decreto-legge stesso. Tuttavia, se leggiamo la parte normativa, vediamo che il favor electionis assume sempre più chiaramente il sapore di favor electionis pro domo vostra e solo pro domo vostra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Pag. 38Infatti, il combinato disposto del primo e quarto comma dell'articolo 1 costituisce un caso emblematico di norma-provvedimento per una fattispecie su cui il Governo è intervenuto ex-post, ossia il caso dell'esclusione della lista PdL a Roma.
Pertanto, lasciate perdere i princìpi e assumetevi la responsabilità delle vostre azioni. Oggi, in quest'Aula, abbiate almeno il coraggio politico delle vostre azioni. Lasciate perdere i complotti di una sinistra sovietica contro la libertà di voto e abbiate la decenza politica di riconoscere che l'unico complotto visibile è in casa vostra, per le vostre zuffe domestiche inconfessabili, che portano questo Parlamento ad affrontare un provvedimento indecente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Il quarto e il quinto motivo di incostituzionalità riguardano la violazione del principio di eguaglianza come principio di retroattività e di tutela dell'affidamento, nonché l'incompetenza del decreto-legge in materia elettorale regionale. Per brevità, rimando al testo della questione pregiudiziale per illustrare tali temi.
Veniamo, dunque, al sesto e forse più significativo motivo di incostituzionalità: l'irragionevolezza intrinseca delle norme del decreto-legge. In questo caso, forse, avete voluto dare prova di solidarietà ai presentatori di lista di Roma, dimostrando che anche al Governo vi sono veri dilettanti allo sbaraglio: infatti, una norma così irragionevole, non plausibile e, di conseguenza, non applicabile, era difficile da immaginare. Prima ancora che sul piano della costituzionalità, bisognerebbe a questo punto presentare una questione pregiudiziale sul piano del buonsenso.
Detto tutto questo, ciò che deve far riflettere è quanto è davvero sotteso a questo decreto-legge: ossia, la vostra visione di democrazia governante, per la quale la Costituzione sarebbe solo una sopravvivenza di tempi passati. Infatti, nella democrazia governante la volontà popolare si deve poter esprimere con assoluta immediatezza e non può essere imbrigliata dalle norme costituzionali. La regola sparisce, la democrazia governante riposa sul postulato che la regola vale per la sua origine e non per la sua forma. Tutto si può e si deve piegare alla volontà e all'interesse della maggioranza: questa è la nuova e unica regola. Ciò che conta non è il rispetto per le procedure, ma chi decide, e a decidere è Berlusconi, il quale non è disposto ad accettare alcun limite.
La cultura del mondo occidentale - da Rousseau a Freud, da Il contratto sociale a Totem e tabù - ha dimostrato che la nostra società è consapevole di essere fondata sulla costruzione e sull'accettazione dei limiti alla libertà naturale. La civiltà produce disagio proprio perché richiede rinunce. La nostra Costituzione - che sabato in piazza del Popolo, davanti ad una piazza che non era, colleghi della maggioranza, un aggregato stravagante e grottesco, ma un popolo vivo e appassionato (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), è stata definita da Pierluigi Bersani «la più bella del mondo» - è un esempio straordinario del valore fondante di costituzionalismo contemporaneo: quello della cultura del limite.
La Costituzione rappresenta e rappresenterà per noi sempre un punto irrinunciabile dell'azione politica, perché noi siamo opposizione costituzionale, nel senso di un'opposizione che non solo e non tanto difende, ma attua i principi della Costituzione. La nostra questione pregiudiziale ne è la prova: riflettete e votate con noi a suo favore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Favia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, sono innanzitutto stupefatto che questa norma sia arrivata in Aula nonostante abbia scandalizzato l'Italia e abbia fatto crollare il gradimento del Governo e nonostante l'Italia più giusta, più seria e più onesta abbia protestato violentemente in piazza sabato scorso. Ebbene, siete stati capaci di portare la cronaca in una sede legislativa. È veramente scandaloso, in primo luogo, Pag. 39che stiamo qui a parlarne e che l'Assemblea della Camera dei deputati debba occuparsi di una normativa che è un vero scandalo.
Questa vostra norma - come al solito, siamo abituatissimi ai vostri decreti-legge e alle conseguenti questioni di fiducia - non ha tassativamente i requisiti di necessità e urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione e non è assolutamente una norma interpretativa: è, invece, una norma dispositiva. Come è ben noto, sulla base anche di sentenze della Corte costituzionale, le norme interpretative sono quelle che fanno giustizia di un dubbio e di un contrasto giurisprudenziale. Nel nostro caso la normativa è chiarissima: bisogna trovarsi nella cancelleria del tribunale al massimo entro le ore 12. È un'assurdità prevedere che ci si debba trovare nei locali del tribunale, se si pensa a città dove i tribunali sono cittadelle a sé stesse, potendo - dite voi - provare questa presenza con ogni mezzo. È veramente un disprezzo della normativa e della certezza del diritto.
L'altra norma scandalosa è il comma secondo dell'articolo 1, dove fate giustizia dei requisiti di forma che in questa materia, come in tantissime altre (si pensi al diritto civile, al passaggio di proprietà in cui è necessario il sigillo del notaio), sono da considerare a pena di nullità dell'atto. Voi addirittura affermate che non importa se non c'è il timbro, se questo non è leggibile o se non si capisce il ruolo dell'autenticatore. Ma quale certezza del diritto potete garantire con questa normativa?
Consentitemi di dire che nel peso tra il favor electionis e il rispetto delle regole, ove voi fate intendere che il primo sia più importante, noi ci schieriamo, invece, per il rispetto delle regole, perché questo viene prima di tutto. Certo, favorire il libero dibattito, la libera campagna elettorale e il libero confronto del voto è quello che ci sta più a cuore, ma è quello che voi state impedendo, ad esempio, impedendo i talk show televisivi. Questo è mancanza del rispetto delle regole, che noi invece mettiamo davanti ad ogni altra cosa.
Questa vostra normativa è altresì incostituzionale per molti motivi. Innanzitutto, richiamiamo il quarto comma dell'articolo 72 della Costituzione e la cosiddetta riserva di Assemblea. La Costituzione prevede, infatti, che la materia elettorale debba essere trattata da questa Assemblea e non possa essere preventivamente oggetto di un decreto-legge. Certo, ci sono esempi di decreti-legge in materia elettorale, ma essi trattano solo elementi secondari, elementi di formalismo irrilevanti, diciamo così elementi organizzativi delle elezioni.
Mai vi è stato un decreto-legge che è entrato così in profondità nella materia elettorale.
Vi è un'altra violazione che, incidenter tantum, è stata fatta presente dalla giustizia amministrativa. Si tratta della violazione della riserva dei poteri assoluti delle regioni in base agli articoli 117, quarto comma, e 122 della Costituzione. Ove vi siano normative elettorali regionali sono queste le disposizioni che governano la materia, e in nessun modo il Governo può intervenire. Avete avuto la pretesa di intervenire anche laddove vi era una precisa regolamentazione regionale della materia e questo è un altro degli infiniti motivi per cui questa norma è incostituzionale.
Tale normativa è incostituzionale anche perché lede i diritti di uguaglianza, i diritti politici dei partiti e gli articoli 2, 3, 48, 49 e 51 della Costituzione, perché chi ha rispettato le regole - come noi, come tante altre liste e come tanti altri partiti - viene a trovarsi su un livello inferiore rispetto a coloro che le regole non hanno saputo o non hanno voluto rispettare.
Affermo ciò per introdurre un altro argomento che è pesantissimo. Avete varato un decreto-legge per rimediare non tanto ad errori tecnici commessi dai vostri rappresentanti quanto per rimediare a una faida politica al vostro interno. Questo è ancora più scandaloso, perché si interviene sfruttando i poteri del Governo, vale a dire i poteri che il popolo vi ha dato per essere ben governato. Si interviene per «sgovernare» e per farsi, ancora una Pag. 40volta, i propri interessi su cose di piccolo conto anche perché si è già visto che questa normativa funziona al punto che i listini della Lombardia e del Lazio sono stati riammessi anche senza bisogno di ricorrere al decreto-legge.
Certo, potrebbe essere accettabile la proposta di modificare questa normativa elettorale. Non sapremmo sottrarci a una proposta di riforma. Tuttavia, non è assolutamente possibile che ciò possa essere fatto quando quell'atto complesso, che è il procedimento elettorale, è iniziato ed è in corso. È inconcepibile intervenire per modificare le regole del gioco quando la partita è iniziata.
Voglio ancora aggiungere un elemento su di un argomento che è stato poco toccato ma che riteniamo gravissimo. Nel vostro decreto-legge viene detto che contro la decisione di ammissione può essere proposto esclusivamente ricorso al giudice amministrativo e solo da chi vi abbia interesse. Sembra quasi che si voglia limitare la legittimazione attiva di chi voglia agire contro un'eventualmente illegittima ammissione di liste. Ciò confligge con l'articolo 113 della Costituzione che consente, come è ovvio, la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi in ogni momento.
Credo, quindi, che abbiamo dimostrato - insieme agli altri colleghi che hanno presentato la pregiudiziale di costituzionalità - che questa normativa confligge con la nostra Costituzione in più punti. Siamo certi che, ancora una volta, difenderete questo ennesimo attacco che viene rivolto alla Costituzione. Non abbiamo dubbi che la Corte costituzionale farà giustizia di questa normativa, come ha già fatto correttamente la magistratura ordinaria - che siamo abituati, a differenza di voi, a rispettare - disapplicandola in quanto non conferente né capace di regolamentare una materia che è disciplinata da altre norme.
Concludo, signor Presidente. Vogliamo ribadire il nostro imbarazzo nel dover difendere, ancora una volta, la Costituzione repubblicana in quest'Aula da un atto scandaloso, imbarazzante e che tenta di modificare le regole del gioco in corso d'opera.
Veramente ci stiamo chiedendo che cosa altro dovremmo vedere in quest'Aula in questi giorni bui della Repubblica dopo tutto ciò che ci avete fatto vedere. Il nostro voto è decisamente contrario, per la difesa della Costituzione e per il rispetto delle regole (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Mantini ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Vietti ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, scriveva quasi tre secoli fa Alexis de Tocqueville che non basta il voto per rendere un popolo libero. È stato un buon profeta, anzi è stato precursore e padre del costituzionalismo moderno. In effetti occorre qualcosa in più, occorre che il voto, libero e universale, sia fondamento di uno Stato di diritto che garantisca le libertà ai cittadini e le tutele dagli abusi attraverso le leggi.
Il rispetto delle leggi, soprattutto in materia di diritti civili e politici, è la misura delle libertà e della democrazia. In molti Paesi si vota, ma non ovunque vi è una democrazia liberale, ossia fondata sul rispetto delle libertà e della persona.
Ormai siamo ben convinti (da Tacito a Montesquieu le citazioni potrebbero essere molte) che le leggi inutili uccidono quelle necessarie. Ma è proprio questo il punto. Possiamo ritenere che le leggi sul procedimento elettorale siano inutili, siano orpelli, fastidi burocratici? In nessun Paese democratico e civile si darebbe una risposta affermativa a questo interrogativo.
In ogni caso, ove pure si ritenessero sbagliate le regole vigenti, poiché trattasi di norme di competenza delle regioni, il centrodestra al governo in Lazio e in Lombardia avrebbe potuto cambiarle. Non lo ha fatto: con chi prendersela ora? È questo il primo e principale rilievo di incostituzionalità che muoviamo al decreto-legge del Governo, ossia la violazione Pag. 41dell'articolo 122 della Costituzione in quanto il decreto-legge invade l'ambito proprio della competenza legislativa regionale in materia elettorale.
Secondo la norma costituzionale il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali, sono disciplinati con legge della regione, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. Si tratta di un principio chiaro, pacifico, confermato in termini dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 196 del 2003. Ma è altrettanto pacifico che le norme contenute nel decreto-legge non possono essere considerate come principi fondamentali.
Si tratta, infatti, di norme con individuazione specifica dei termini, degli orari e delle modalità di presentazione delle liste, per la disciplina delle forme di autenticazione delle firme o dei modi con cui si assicura la leggibilità dei timbri. Si pensi alla modifica del termine per l'affissione del manifesto recante le liste e le candidature ammesse (articolo 2 del decreto-legge) o ancora la disposizione di cui all'articolo 1, comma 4, con cui si assegna addirittura un nuovo termine per la presentazione delle liste. Si sarebbe potuto e dovuto agire con il consenso politico necessario attraverso un principio fondamentale innovativo, magari rinviando di qualche tempo le elezioni in alcune regioni, ma non si è scelta questa strada.
Si è preferito agire con norme di dettaglio in palese contrasto con la Costituzione, perché la competenza in materia elettorale è riservata alle regioni. Il federalismo, come dovrebbe essere noto, ha le sue spine. Inoltre, è ben evidente anche l'incoerenza del titolo con i contenuti del decreto-legge, in quanto si utilizza l'espressione «interpretazione autentica» per disposizioni a contenuto chiaramente innovativo. Sul punto la Corte costituzionale ha già sottolineato, nella sentenza n. 376 del 1995 che l'interpretazione autentica «non può essere utilizzata [...] per attribuire a norme innovative una surrettizia efficacia retroattiva», venendo meno altrimenti la funzione peculiare di tali leggi, ossia «quella di chiarire il senso di norme preesistenti».
E che dire, onorevoli colleghi, della palese violazione dell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione che riserva al procedimento parlamentare ordinario - e non al decreto-legge - la materia elettorale e, conseguentemente, della violazione dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 che, come è noto, è la legge ordinamentale del Governo e che esclude letteralmente la materia elettorale da quella di competenza oggetto di decreti-legge da parte del Governo? Si è detto che vi è il precedente del decreto-legge del 1995 con cui si spostarono di due giorni i termini per la presentazione delle liste. Debbo allora ricordare che la conversione del decreto-legge del 1995 venne bocciata dalla Camera all'unanimità, così come dovremmo fare ora, con grande e giustificato sdegno per l'alterazione del procedimento elettorale a giochi in corso.
Nella seduta del 4 aprile 1995 l'onorevole Tatarella sottolineò che «non vi è un altro Governo al mondo da Adamo ed Eva ai nostri giorni che, un quarto d'ora prima della scadenza dei termini, abbia prodotto un mostro giuridico simile». Leopoldo Elia, D'Onofrio ed altri illustrarono con evidenza i profili di incostituzionalità. Il sottosegretario Guglielmo Negri, nel rimettersi all'Assemblea, precisò che la decisione parlamentare costituiva un punto fermo per i futuri Governi e Parlamenti. Vogliamo tenerne conto?
L'attuale decreto-legge del Governo è ancor più illegittimo, se vogliamo, perché è fatto esplicitamente per sanare le irregolarità di due liste violando in questo modo anche l'articolo 3 della Costituzione - il principio di uguaglianza, l'uguaglianza delle liste elettorali dinanzi alla legge - e l'articolo 51 della Costituzione, riguardante la parità di condizioni di accesso alle cariche pubbliche elettive. Si potrebbe continuare perché nella fretta avete scritto degli strafalcioni assai gravi, per esempio che questo decreto-legge si applica al procedimento elettorale in corso, quando è Pag. 42ben noto che al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge tutte le operazioni elettorali e le fasi di ammissione e giudizio sulle liste erano concluse in tutte le regioni, comprese il Lazio e la Lombardia.
Avete, signori del Governo, intera la responsabilità politica del primo pasticcio e del secondo, dinanzi agli elettori incolpevoli e alla Costituzione, essendo nota l'irresponsabilità del Capo dello Stato da qualcuno così improvvidamente evocato dinanzi ai decreti del Governo. Se tanto amate favorire la pienezza del voto degli italiani, sarebbe meglio garantire loro la pienezza dell'informazione televisiva, anziché conculcarla in modi spicci: non sarà reato, ma certo non è una bella pagina per il nostro Paese.
Onorevoli colleghi, in un momento assai triste della storia del Paese Luigi Sturzo affermò che chi si ritiene solutus a lege hominum finisce per ritenersi anche solutus a lege Dei.
Noi non arriviamo a tanto, ma più modestamente vorrei ricordare che chi guarda al cielo deve amare la terra e rispettare le leggi degli uomini. Questo decreto non è convertibile, forse si potrà fare una legge che ne salvaguardi gli effetti, forse. Ma questo decreto non è convertibile e per queste ragioni il gruppo dell'Unione di Centro chiede all'Assemblea di non procedere oltre nell'esame (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, la Lega Nord respinge ovviamente queste questioni pregiudiziali semplicemente per un fatto che non sta al sottoscritto ricordare: un Paese può definirsi democratico quando garantisce il diritto fondamentale di voto ai propri cittadini, su questo non si discute. È vero che il voto va ordinato con delle norme comportamentali, ma il diritto fondamentale al voto non si mette in discussione in un Paese che vuole continuare a definirsi democratico. Un partito può essere cancellato dal cittadino elettore per abbandono, in quanto non si identifica più nelle sue proposte e nei suoi comportamenti politici, ma non può essere cancellato per una mera dimenticanza legata a delle disposizioni burocratiche. Mi viene in mente un paradosso: se il presentatore ufficiale delle liste quel giorno si trova bloccato per un tamponamento o un incidente stradale o per un malessere e arriva un quarto d'ora dopo, cosa facciamo? In un Paese che vuole definirsi democratico cancelliamo il diritto fondamentale del voto a qualche milione di cittadini italiani? Mi sembra che stiamo rasentando il paradosso.
Peggio se si verifica quello che è successo a Roma, dove siamo arrivati ad atti di impedimento fisico da parte di oppositori politici che stendendosi per terra, osteggiando e frenando l'ingresso di altre persone che democraticamente cercavano di depositare dei documenti per partecipare alla competizione elettorale, hanno di fatto impedito fisicamente che l'atto si compisse. Ebbene, queste persone dovevano essere caricate immediatamente sui cellulari e assicurate alle patrie galere, perché sono comunque i primi che hanno dimostrato di non avere fiducia nel funzionamento delle istituzioni italiane. Spettava eventualmente al tribunale non accettare quei documenti, non certo agli oppositori con un'imposizione fisica.
Dopo di che è da registrare che già per le politiche, per le europee e come previsto da leggi per diverse regioni italiane, vale l'esonero dalla raccolta delle firme per la presentazione delle liste per chi ha una rappresentanza parlamentare. Questo è nella logica della semplificazione, perché è giusto che le firme vengono raccolte da parte di coloro che si propongono come soggetti politici e devono essere dimostrare di essere radicati nel territorio, altrimenti abbiamo a che fare con degli imbroglioni, e la vita politica in questo Paese è piena di imbroglioni, ne abbiamo degli esempi a bizzeffe. Molto spesso abbiamo assistito a dei veri e propri imbrogli messi in atto anche da partiti: ricordo che quando vigeva la legge elettorale che prevedeva i collegi uninominali, sfruttando la possibilità Pag. 43dello scorporo, moltissimi partiti si sono inventati le liste civetta per avere degli eletti in territori dove non c'era consenso elettorale. Abbiamo assistito anche al deposito forzato di simboli che sono stati inventati di sana pianta per fare confusione e la Lega è stata vittima molto spesso di questi imbrogli, tollerati e non capiti.
Alcune volte, anche con la complicità di determinati tribunali, abbiamo assistito alla presentazione di liste con simboli che erano la fotocopia del nostro: Lighe venete, Autonomie Venete, Leghe lombarde, che non c'entrano assolutamente nulla con la Lega Nord; eppure questi soggetti sono riusciti a ottenere i permessi per arrivare a ingenerare confusione nei cittadini elettori. Queste cose non possono accadere in un Paese serio, in un Paese corretto e democratico.
Concludo semplicemente con questa osservazione: è strano che in questo contingente ci siano dei partiti che si esaltano per l'esclusione dal voto di milioni di cittadini italiani e che siano gli stessi che stanno facendo di tutto per calpestare quello che è scritto nella nostra Costituzione, vale a dire che il voto in Italia è espresso dai cittadini italiani e non da chi è straniero nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Questi sono alcuni motivi per i quali noi ovviamente respingiamo al mittente il tentativo di bloccare il tutto con le questioni pregiudiziali in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, c'è una grande contraddizione nel Partito Democratico. Da una parte sostiene Napolitano che ha firmato il decreto-legge del Governo, perché a suo avviso non ha presentato evidenti vizi di incostituzionalità; dall'altra, il Partito Democratico afferma che il decreto-legge presenta vizi di incostituzionalità non solo evidenti, ma addirittura clamorosi, assoluti, che esso è pericoloso sotto il profilo dell'ordinamento costituzionale, invade le competenze delle regioni, altera la regolarità del procedimento elettorale e chi più ne ha, più ne metta.

ROLANDO NANNICINI. Non c'entra niente!

GIUSEPPE CALDERISI. Ma se tali affermazioni avessero fondamento solo per il 10 per cento, allora il Presidente della Repubblica non avrebbe dovuto firmare il decreto-legge. Delle due l'una: o ha ragione Napolitano, ma allora il PD non può avere i toni da crociata che sta impiegando, oppure le affermazioni del PD sono infondate, ma allora ne consegue che anche per il PD, come per Di Pietro, Napolitano non doveva firmare. La contraddizione stridente dimostra il grado di sudditanza politica e culturale a Di Pietro alla quale è giunto il Partito Democratico.
La vicenda delle liste elettorali è davvero preoccupante per lo stato della nostra democrazia: un'informazione distorta è riuscita a ribaltare completamente la realtà dei fatti con gravissimo danno per l'opinione pubblica. Il decreto-legge ha carattere interpretativo ed è pienamente rispondente alla Costituzione; esso non rappresenta affatto una violazione delle regole ma, al contrario, ripristina la legalità che è stata violata. La forma è sostanza, le regole vanno rispettate, ma è proprio questo il problema, perché le regole non sono state rispettate e proprio da parte di coloro che dovevano applicarle e farle rispettare, ossia da parte di alcuni uffici elettorali.
Mi riferisco a quello di Milano, che ha ammesso un ricorso dei radicali contro l'ammissione di una lista, laddove la legge afferma che sono ammissibili solo i ricorsi avverso l'esclusione di liste e candidati, e quello di Roma che, anche grazie alla baruffa creata ad arte dai rappresentanti di altre liste, radicali e socialisti, ha compiuto un clamoroso abuso di potere rifiutandosi di ricevere e verbalizzare la lista del PdL, laddove le regole vigenti affermano che il cancelliere non può rifiutarsi di ricevere le liste dei candidati neppure se le Pag. 44ritenga irregolari o se siano presentate tardivamente. Quindi, l'ufficio circoscrizionale di Roma era tenuto comunque a ricevere la lista del PdL, verbalizzando il ritardo e ciò che a suo avviso ne pregiudicava l'ammissibilità.

MAURIZIO TURCO. Non è così.

GIUSEPPE CALDERISI. La realtà è che a tutti i costi, anche violando le regole, si vuole impedire agli elettori la possibilità di scegliere la lista del maggior partito politico; si vuole impedire agli elettori del PdL di votare la propria lista, si vuole vincere facile, senza competitori, si vuole falsare la campagna elettorale e la democrazia.
Abbiamo ampiamente illustrato in Commissione affari costituzionali le ragioni della costituzionalità del decreto-legge, dimostrando l'infondatezza, una per una, delle tesi delle opposizioni...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Calderisi i colleghi, per cortesia, tra l'altro questo è l'ultimo intervento, quindi vi prego di prendere posto. Prego, onorevole Calderisi, prosegua.

GIUSEPPE CALDERISI. Il decreto-legge assicura il favor electionis secondo i principi di cui agli articoli 1 e 48 della Costituzione. L'interpretazione autentica contenuta nel decreto-legge è finalizzata a favorire la più ampia corrispondenza delle norme alla volontà del cittadino elettore per rendere effettivo l'esercizio del diritto politico e di elettorato attivo e passivo, nel rispetto costituzionalmente dovuto per il favore nei confronti dell'espressione della volontà popolare e a garanzia dei fondamentali valori di coesione sociale, presupposto di un sereno e pieno svolgimento delle competizioni elettorali.
Rispetto della legge e democrazia non sono in contrapposizione, ma sono in gioco entrambi in questa incredibile vicenda. Per questo motivo, il gruppo del PdL voterà contro le pregiudiziali di costituzionalità del decreto-legge, che è un provvedimento salva-legalità e salva-democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Franceschini ed altri n. 1, Favia ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Migliori, Di Virgilio, Gatti, Beccalossi, Andrea Orlando, Laratta, Giro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 532
Votanti 531
Astenuti 1
Maggioranza 266
Hanno votato 259
Hanno votato no 272
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Argentin e Cesare Marini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
La discussione sulle linee generali avrà luogo in altra seduta.
Sospendo quindi la seduta, che riprenderà alle 16 con il seguito dell'esame del disegno di legge di Conversione del decreto-legge recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 16,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bongiorno, Brancher, Pag. 45Brugger, Buonfiglio, Caparini, Casero, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, D'Alema, Evangelisti, Fallica, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lombardo, Martini, Meloni, Menia, Migliavacca, Migliori, Molgora, Mura, Leoluca Orlando, Palumbo, Ravetto, Romani, Paolo Russo, Sardelli, Tabacci, Urso, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1974 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori (Approvato dal Senato) (A.C. 3243).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore è intervenuto in sede di replica, mentre il rappresentante del Governo vi ha rinunciato.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3243), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 3243).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 3243).
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 3243).
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative: Fugatti 2-sexies.010, recante disposizioni concernenti una deroga nell'applicazione dei principi contabili internazionali in favore di alcune aziende elettriche, di contenuto analogo all'articolo aggiuntivo Fugatti 2-sexies.01, già dichiarato inammissibile in Commissione; Fava 2-sexies.011, in materia di prezzo dell'energia elettrica applicabile agli utenti della Sicilia e della Sardegna, di contenuto analogo all'articolo aggiuntivo Fava 2-sexies.02, già dichiarato inammissibile in Commissione; Fava 2-sexies.012, recante disposizioni concernenti la ripartizione delle quote di emissione di gas serra, di contenuto analogo all'articolo aggiuntivo Fava 2-sexies.03, già dichiarato inammissibile in Commissione.

Nell'anniversario del sequestro dell'onorevole Aldo Moro e dell'uccisione della sua scorta (ore 16,10).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo soltanto per ricordare che il 16 marzo 1978, cioè trentadue fa, veniva rapito l'allora Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e trucidata la sua scorta. Oggi ci sono state manifestazioni, però in quest'Aula non si è detto niente. Con questo mio intervento voglio non solo ricordare quel triste momento, che poi si rivelerà ancora peggiore in futuro, ma anche soprattutto quei cinque servitori dello Stato che erano di scorta al Presidente Moro e che quel giorno furono trucidati. Pag. 46
Sono poche parole - è inutile fare altri discorsi - affinché oggi in quest'Aula non si dimentichi questo appuntamento, che si riferisce ad un evento tragico e drammatico per la storia dell'Italia, che noi dobbiamo ricordare anche per la reazione di tutte le forze politiche e di tutte le istituzioni che ne è seguita (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, credo che l'applauso corale dell'Assemblea sia la conferma di quanto in quest'Aula sia vivo il ricordo di quella tragedia. La Presidenza si associa alle sue parole, ringraziandola per aver voluto ricordare quel tragico anniversario.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola media Cavour di Catania che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, questo decreto-legge affronta una questione delicata che nasce dall'emergenza occupazionale dell'Alcoa, azienda energivora, e quindi, in quanto tale, sottoposta ad un consumo di energia elettrica superiore alla media, in maniera particolare con conseguenze molto pesanti in ordine alla possibilità di reggere una situazione di sviluppo occupazionale in una terra, come la Sardegna, che ha un grande deficit occupazionale e grandi problemi di sviluppo.
Vi è un problema, che il decreto-legge affronta, speriamo in modo risolutivo, ma vi è un problema più complessivo, che riguarda il nostro rapporto con l'Europa. Qualunque intervento lo Stato nazionale fa nei confronti di questi problemi, viene vissuto dall'Europa come un aiuto di Stato e, in quanto tale, da condannare.
Penso che la questione, soprattutto quando si tratta di aree deboli, vada affrontata nel suo complesso, perché, come sappiamo, anche il famoso problema della fiscalità di sviluppo, su cui questo Parlamento si è pronunciato in varie circostanze e a cui si fa riferimento anche nel provvedimento sul federalismo fiscale come a un elemento centrale per promuovere lo sviluppo nelle aree deboli del Paese e come a una leva automatica che non si presta a sprechi, a dispersioni o a ruberie, incontra grandi difficoltà in Europa per un'interpretazione della Commissione e della Comunità nel suo complesso che, francamente, è diventata ormai inaccettabile.
Un'Europa a 27, cioè un'Europa che comprende ormai Paesi con comportamenti fiscali assolutamente differenziati, che finiscono per creare una concorrenza sleale in un mercato unico, non può avere, poi, un'interpretazione così restrittiva quando si tratta di fiscalità all'interno di un Paese; infatti, se le nostre zone deboli corrispondono alla condizione di tanti Paesi deboli della Comunità europea e quei Paesi possono praticare una fiscalità di sviluppo differenziata, e quindi un vero e proprio dumping fiscale per attrarre investimenti, e l'Italia non lo può fare nei confronti delle proprie aree deboli, essa finisce per pagare un prezzo enorme, condannando queste aree ad una difficile possibilità di sviluppo per il proprio futuro.
Penso che vi sia un problema più generale, che questo decreto-legge affronta, che è la questione del costo dell'energia, e al quale dà una risposta, che speriamo l'Europa accetti; però abbiamo un problema più di ordine generale.
Dobbiamo porre questa questione con forza, sia il Parlamento sia il Governo, all'Europa: se la leva del costo dell'energia e della fiscalità serve per incrementare lo sviluppo, questa interpretazione in materia di aiuti di Stato è un'interpretazione inaccettabile, che finisce per penalizzare le zone Pag. 47deboli dei Paesi cosiddetti forti della Comunità. Penso che per un Paese come il nostro, a forte differenziale di sviluppo, questo sia un prezzo che non possiamo pagare.
Insieme a questa questione, infatti, vi è il problema, legato, degli investimenti e dei relativi ritardi. Il decreto-legge affronta anche il problema degli investimenti sulla rete e sulla trasmissione dell'energia, in particolare quella che riguarda il superamento dello Stretto, che, in quanto tale, riguarda il costo dell'energia anche nella regione siciliana.
Siamo perché la Terna faccia questi investimenti nel più breve tempo possibile: si tratta di centinaia di milioni di euro. Siamo del parere che sia indispensabile che questi investimenti vengano fatti per riammodernare la rete, per dare un senso effettivo alla possibilità di avere, poi, anche attraverso un'energia a un buon costo, ipotesi di sviluppo.
Ma proprio qui sta una delle questioni fondamentali, che riguarda un po' anche la questione della banda larga e degli investimenti sulla rete di telecomunicazione: se non vengono superate le difficoltà, le autorizzazioni, la questione del legame con le vicende urbanistiche, che questo decreto conferma, il rischio è che questi investimenti vengano fatti in maniera troppo ritardata.
Un Governo che si dice del fare, che invoca costantemente tale caratteristica come elemento della sua carta d'identità, che fa, sarebbe il caso che facesse, che questi investimenti li decidesse, perché essi servono non solo a dare modernità al Paese, ma a garantire attraverso la rete dell'energia elettrica le zone deboli del Paese. Noi riteniamo però che vi sia qualcosa di nascosto in questa maggioranza, anche quando parte da impostazioni giuste: come nel decreto-legge in esame, poi nasconde sempre la «manina». Lei, signor Presidente, ha comunicato l'inammissibilità di un emendamento a firma di alcuni deputati della Lega, emendamento che, nel caso le autorizzazioni per investimenti non fossero arrivate, scaricava il costo superiore dell'energia elettrica sui cittadini della Sardegna e della Sicilia; con il che smentendo esattamente lo scopo del decreto-legge.
E allora delle due l'una: o si prende atto di questa condizione, e il decreto-legge lo fa; oppure, se l'emendamento fosse stato dichiarato ammissibile, vi era la smentita clamorosa, attraverso quell'emendamento, di un'impostazione che, quando si tratta di aree deboli, vede questa maggioranza esattamente piazzata al contrario, cioè nelle condizioni tali da colpire sempre e comunque le aree deboli del Paese. Questo è avvenuto nel corso di questi due anni, costantemente: quell'emendamento lo confermava. Spiegatevi e spiegateci perché, per quale ragione gli sprechi, i torti di classi dirigenti di qualunque schieramento debbono essere pagati dai cittadini delle aree deboli del Paese, e invece i torti e gli sprechi dei dirigenti delle aree forti non debbono ricadere, giustamente, sui cittadini. Noi abbiamo un'idea di Paese unico, unito, che non opera queste distinzioni, che non usa le risorse delle aree sottoutilizzate per finanziare tutto quanto vi è da finanziare, anche per le cause più ignobili del mondo; che invece ritiene di poter affrontare, come nel caso della Sardegna con Alcoa, come nel caso degli investimenti sulla rete, una questione nazionale.
Perché di ciò si tratta: noi abbiamo problemi occupazionali di sviluppo delle parti deboli del Paese, e dobbiamo agire affrontando questioni, come queste, di ordine nazionale, perché solo così daremo una risposta allo sviluppo del Paese, solo così potremo dare un senso compiuto ad un impegno che ci porti a superare le difficoltà ed i ritardi, le grandi questioni poste nel Paese dalla crisi in questo momento.
Domani affronteremo una discussione specifica sulla crisi, attraverso un dibattito parlamentare che la riguarderà nel suo insieme. Questo è un pezzo molto drammatico di essa che riguarda alcuni lavoratori, in particolare quelli dell'Alcoa; ma domani affronteremo complessivamente il tema più drammatico della crisi di tutto il Paese, e delle aree deboli di esso. Proprio Pag. 48per questo, oggi diamo questo segnale; noi domani vorremmo che il Governo capisse l'importanza di ripartire dai deboli, se vuole dare una risposta complessiva al Paese. L'Italia è una, si salva tutta; altrimenti, si perde tutta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marrocu. Ne ha facoltà.

SIRO MARROCU. Signor Presidente, cari colleghi, quando rientro nella mia terra, la Sardegna, nel mio comune, uno dei tanti comuni della Sardegna centrale, unito agli altri comuni dagli stessi drammi sociali e dal malessere della mancanza di lavoro, capita spesso di trovare la casa comunale occupata dalla disperazione di quelli che, come gli agricoltori, per lunghi mesi hanno occupato le case comunali, hanno perso la propria azienda e rischiano di perdere anche la propria casa, in qualche caso anche le abitazioni dei propri cari, perché date in garanzia alle banche; o dei lavoratori dell'industria che hanno perso il lavoro: nel mio territorio tutta l'industria presente è stata spazzata via, quella chimica sia privata che pubblica, come quella della SNIA, come quella dell'Enichem.
Vi è una situazione cioè di disperazione e di dramma sociale che si vive e che noi viviamo giorno per giorno. In questi giorni i comuni sono stati occupati dai lavoratori della Portovesme srl e dalla fonderia di San Gavino. A me non piace neanche dall'opposizione strumentalizzare queste situazioni disperate e il malessere che c'è. La situazione economica che stiamo vivendo è grave, i dati ci danno un'Italia dove scende il PIL, dove le entrate si riducono di quasi il 5 per cento, dove c'è un aumento del deficit; è chiaro che tentare di strumentalizzare le situazioni drammatiche che i lavoratori vivono nei nostri comuni in funzione della politica a me non piace. Non lo facevo quando ricoprivo una funzione di maggioranza e di Governo in consiglio regionale, anzi provavo fastidio per quei colleghi che operavano raccogliendo un po' tutto quello che veniva prodotto e che comunque non si facevano carico degli interessi generali. Quindi, non posso tentare neanche dall'opposizione di strumentalizzare questa situazione. Quando incontro i lavoratori non è che ci chiedano grandi interventi o si illudano che siamo in grado di risolvere i loro problemi e di avviare un'uscita breve dalla crisi. Ci chiedono di poter rientrare in quella che può essere la normalità; ciò che non viene capito dai lavoratori in particolare è perché di fronte a una crisi come questa, di fronte a una crisi che rischia di travolgere anche i rapporti sociali nei comuni delle realtà povere come la nostra, non vi sia la capacità della classe politica, della classe dirigente di trovare risposte. Allora l'imbarazzo principale è proprio questo: di fronte ad una crisi non vi è un'assunzione di responsabilità da parte della classe dirigente. Personalmente, non sono tra quelli che scaricano la responsabilità esclusivamente sulla maggioranza e sul Governo - che pure, sicuramente, hanno una responsabilità maggiore -, ma mi assumo anche il «pezzo» di responsabilità che riguarda chi è oggi all'opposizione. Ad ogni modo, l'immagine che viene trasmessa al Paese comprende i drammi di lavoratori che perdono il lavoro, la casa, che vedono sparire la propria azienda; il PIL cala, le entrate si riducono e si registra l'impossibilità di aumentare le entrate accentuando la pressione fiscale. Di fronte al dramma della crisi c'è una classe dirigente che trasmette un messaggio - tra l'altro, non solo in questa fase di campagna elettorale - di litigiosità e di preoccupazione per altri motivi, tranne che per la crisi. Spero sia fissato a domani il dibattito su questo tema che sicuramente comprenderà anche l'esame dell'atto d'indirizzo firmato dal nostro segretario. È chiaro comunque che l'immagine trasmessa è quella di una classe dirigente litigiosa, incapace di affrontare con senso di responsabilità la grave crisi che stiamo vivendo. La gente ci chiede semplicemente di tornare a quella che definisco la «normalità»; normalità di rapporti tra maggioranza e opposizione, tra Governo e chi si oppone, normalità tra Pag. 49Parlamento e Governo, normalità tra i poteri dello Stato. Insomma, una normalità complessiva che consenta di affrontare la grave crisi che il Paese sta vivendo attraverso un corretto rapporto dialettico, ognuno rispondendo delle proprie responsabilità.
Almeno su un punto i lavoratori dell'Alcoa, grazie alla loro straordinaria mobilitazione ed alla loro determinazione, sono riusciti intanto a realizzare un'unità di intenti in Sardegna e a mettere insieme in Sardegna, oltre alle forze sociali, l'intera rappresentanza istituzionale (dalla regione, tra chi governa e chi è all'opposizione, alle province e ai comuni).
La loro determinazione, la loro battaglia, è riuscita a creare un fronte unitario, che poi piano piano si è diffuso e ha determinato la possibilità che su un tema come questo si potesse rispondere unitariamente (lo ha fatto il Governo adottando il decreto-legge, lo faremo noi - spero tutti insieme - convertendo in legge il decreto-legge medesimo).
Questa è la normalità. Di fronte ad un problema come quello che si è posto innanzi a tutti noi - quello cioè di un'azienda multinazionale che, in funzione di costi che si sono venuti a determinare diversi e superiori rispetto a quelli che avrebbe dovuto sopportare eventualmente delocalizzando in modo diverso le attività dell'azienda (un'azienda che ricordo detiene un monopolio nel settore dell'alluminio), decide di chiudere e di andare via -, la risposta della classe dirigente nazionale (e, in questo caso, regionale) è compatta, perché affronta quel problema e propone una soluzione con un decreto-legge, che mira ad abbattere per un certo periodo il costo energetico, consentendo così che il problema venga per ora risolto, sperando poi che durante i tre anni di abbattimento dei costi si riesca ad affrontare complessivamente il problema della crisi ed evitare che queste multinazionali possano andar via (cancellando così la presenza industriale nel territorio nazionale e soprattutto nel sud, dove rappresentano le uniche realtà presenti).
Questa è quella normalità che - lo auspico - consenta di affrontare oggi il decreto-legge che in Sardegna abbiamo rinominato «decreto Alcoa» (in quanto è il frutto della battaglia, della lotta e della mobilitazione dei lavoratori dell'Alcoa), ma che affronta almeno un pezzo della crisi.
Se la stessa volontà che si è espressa unitariamente sull'Alcoa e su questo decreto-legge si potesse manifestare anche domani affrontando e discutendo la mozione presentata dall'opposizione (in particolare, dal segretario Bersani) - che vorremmo venisse appunto discussa anche da parte della maggioranza con lo spirito con il quale si esamina oggi questo decreto-legge -, probabilmente si darebbe ai cittadini e agli italiani un'immagine diversa rispetto a quella che stiamo dando in questa fase, nella quale, pure in una situazione di dramma sociale così diffuso, la classe dirigente trasmette solo messaggi di litigiosità.
Credo dunque che la vicenda dell'Alcoa abbia avuto questo effetto positivo, quello di riuscire a farci ragionare almeno su questo punto in termini unitari.
Proprio partendo da tale elemento di responsabilità, almeno come parlamentari sardi del PD invitiamo anche gli altri colleghi parlamentari del PD che abbiano presentato emendamenti modificativi del decreto-legge in esame a valutare l'ipotesi di ritirarli. Non condividiamo il testo del decreto-legge così com'è (vi sono anzi parti che non possono essere condivise e penso alla questione del commissariamento), però valutiamo la possibilità di un ritiro generalizzato degli emendamenti. Invito dunque i colleghi a compiere ulteriormente questa valutazione ed il Governo a valutare se, in alternativa a qualche emendamento ritirato, il suo contenuto possa essere accolto attraverso la presentazione di un ordine del giorno che affronti quel tema medesimo.
Non vorremmo infatti che - essendo questo un periodo particolare, quello cioè delle elezioni e quindi della impossibilità per Camera e Senato di procedere ai lavori - una modifica del decreto-legge Pag. 50possa far sì che il provvedimento medesimo non venga poi convertito e non si riesca così a rispondere nei tempi previsti: se si approvasse il decreto-legge (di cui, ripeto, non condividiamo e non riteniamo accettabili da parte nostra alcune parti, le quali dovrebbero essere invece modificate), anche questo sarebbe un segnale di positiva maturità e responsabilità da parte dell'Assemblea. Abbiamo la preoccupazione, che esprimiamo come parlamentari sardi, che eventuali modifiche possano rischiare di non consentire la conversione in tempo utile del decreto-legge in questa fase e quindi arrecare da questo punto di vista un danno.
Con questo spirito di responsabilità esprimeremo ovviamente un voto favorevole sul disegno di legge di conversione del decreto-legge, invitando a valutare la possibilità che vengano ritirati gli emendamenti e che il Governo esprima un parere di accoglimento sugli ordini del giorno da noi presentati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi invito a rivolgere un saluto ad una delegazione di giornalisti afgani che domani incontrerà i colleghi della III e della IV Commissione, che stanno assistendo ai nostri lavori in compagnia dell'ambasciatore della Repubblica islamica dell'Afghanistan in Italia, S.E. Musa M. Maroofi. Benvenuti (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, cari colleghi, anche io voglio svolgere alcune osservazioni in relazione al provvedimento che stiamo discutendo.
Chi mi ha preceduto ricordava un punto qualificante di questo provvedimento, che è quello di permettere l'abbattimento del costo dell'energia per la Sardegna e la Sicilia. Ricordiamo anche che questo elemento dà una risposta, seppure di tipo emergenziale, alla grave crisi che, sopratutto in Sardegna, ha riguardato in particolare la fabbrica dell'Alcoa, con il rischio della perdita di 2 mila posti di lavoro. L'Alcoa, però - vorrei ricordarlo - non vive punte di crisi solo in Sardegna e questa discussione, anche se il decreto-legge si occupa del sud, riguarda anche altre aree del Paese.
Voglio sottolineare, soprattutto, un aspetto che riguarda la realtà degli impianti presenti a Venezia, a Fusina, nell'area di Porto Marghera: anche in questa realtà vi è una grande situazione di difficoltà. Prima, il mio collega ricordava la difficoltà per noi, classe politica, di dare delle risposte e delle soluzioni a crisi occupazionali molto gravi che si vivono in aree come quella chimica di Vinyls o nella stessa Alcoa. Vi è una difficoltà e abbiamo avuto anche momenti di grandissima tensione che sono stati risolti positivamente, ma solo temporaneamente.
Vi vorrei ricordare che, se non ci fosse stata un'azione congiunta dei lavoratori, dei sindacati, degli enti locali e dello stesso Governo, Alcoa avrebbe messo in cassa integrazione 714 operai, di cui 414 nello stabilimento di Venezia. In particolare, a Venezia, si intendeva lasciare aperto soltanto un laminatoio e chiudere i forni, lasciando a casa centinaia di lavoratori. Questa situazione ha creato una grande tensione.
Ci sono stati vari incontri con il Governo e solo dopo tali incontri si è stabilito uno stop di sei mesi a ogni provvedimento di cassa integrazione e di chiusura. I sei mesi servono anche per avere delle risposte sul piano della competitività per quanto riguarda l'energia; su questo punto il decreto-legge è importante.
Nelle settimane scorse ho presentato, insieme ad altri colleghi, un'interrogazione in cui chiedevamo sia interventi emergenziali, sia misure strutturali. Noi ci chiediamo, tra sei mesi, quale sarà la situazione per queste realtà. Quale sarà la situazione per la realtà di Marghera? Quale sarà la situazione per la realtà della Sardegna? Anche se il provvedimento risolve un aspetto parziale, vorrei chiedere che tipo di responsabilità il Governo vuole assumersi per garantire il mantenimento dell'assetto produttivo di Alcoa in Italia. Noi vorremmo che ci fosse una politica Pag. 51industriale che sapesse dare una prospettiva. Certamente, non ci stancheremo di continuare a chiedere al Governo di affrontare con coraggio gli effetti della crisi economica. Non è la politica industriale la soluzione reale per i problemi di una politica energetica in grado di accompagnare un percorso di riassetto e di posizionamento del nostro apparato produttivo, unitamente alla tutela e alla salvaguardia dei livelli di reddito e occupazionali dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolte.
Noi chiediamo che il Parlamento sia messo in grado di indirizzare al Paese una reale politica economica. È quanto faremo domani, ma noi non dobbiamo pensare che interventi di carattere emergenziale non debbano poi saldarsi con interventi strutturali che diano risposte sulla permanenza di alcuni settori importanti come l'alluminio e la chimica nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Torazzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO TORAZZI. Signor Presidente, vorrei fare alcune puntualizzazioni sul decreto-legge in esame, che ha tanti meriti, ma che ha anche un demerito grave: mi riferisco al fatto che decreti di questo genere non dovrebbero essere necessari. La competitività nel nostro Paese ha diversi punti deboli. Ce ne sono alcuni che per via dei vincoli di bilancio non possono essere corretti a breve, come nel caso delle tasse che colpiscono eccessivamente la piccola e la media impresa, che è la spina dorsale del Paese. Oppure è il caso degli oneri sociali, che vanno a tassare il lavoro e quindi mettono i nostri lavoratori fuori dalla concorrenza.
Esiste però anche il problema dell'energia, che non è legato solo alla generazione, ma - come abbiamo visto in questo caso - anche a un discorso di prezzi. Ho sentito fare molte dichiarazioni sulla stampa nei giorni scorsi in cui si criticava il Governo, però bisognerebbe ricordare che l'Unione europea ci chiedeva questo intervento dal 2006, e dal 2006 al 2008 niente è stato fatto, nonostante le ripetute segnalazioni dell'Alcoa.
L'Alcoa non è esattamente una piccola azienda, perché qui tutti si sono focalizzati, anche giustamente, sul problema delle maestranze in Italia, però l'Alcoa rappresenta uno dei grandi competitori e attori internazionali dell'economia. Se una società come Alcoa va in giro per il mondo a dire che l'Italia non è un Paese ospitale e non è un Paese dove investire, non per problemi di carattere fiscale o di bilancio, ma per i tempi di reattività della politica, che mettono questo Paese fuori dal mercato, costituisce un messaggio gravissimo. Eppure, per due anni, durante il Governo Prodi, niente è stato fatto, salvo poi svegliarsi e contestare l'attività dell'attuale Governo. Anche questo Governo forse avrebbe potuto essere più reattivo, però senza dubbio noi, dopo meno di un anno da che eravamo in carica, ci siamo messi in moto, ma la situazione era molto incancrenita, perché qualcuno ha esasperato i burocrati di Bruxelles, che già notoriamente non sono amici del nostro Paese.
Allora, quando si affrontano questi problemi, bisognerebbe mettere da parte la propaganda, la polemica, e focalizzarsi sulla risoluzione dei problemi, cogliendo occasioni come questa per mandare all'estero non solo il messaggio della «toppa» che viene messa, rincorrendo le situazioni, ma anche quello della presa di coscienza di un problema e quindi di una visione uniforme di maggioranza e opposizione per indirizzarsi nella risoluzione dei problemi anche nel medio e nel lungo termine: cioè dall'errore generare un potenziale miglioramento.
Ora, se io guardo a quello che è successo sul nucleare, purtroppo non ricevo questa idea positiva. Noi siamo partiti da un inizio di legislatura dove anche la maggioranza dell'opposizione era favorevole al nucleare (tranne alcune persone che hanno una visione molto definita, molto colorata, e che quindi hanno rimosso il nucleare dalle loro opzioni), ma poi, quando si è trattato di entrare nel merito, progressivamente sono iniziati i Pag. 52distinguo, i problemi, gli errori, le eccezioni, e poi, pian piano, si è scivolati nella propaganda più becera.
Questi messaggi, cari colleghi, sono negativi, perché dalla platea internazionale degli investitori vengono associati al caso specifico dell'Alcoa ,e questo non è un dato positivo per questo Paese. Questo Governo ha il merito non solo di aver affrontato questo grosso problema ereditato dall'Esecutivo precedente, ma di aver dato anche al mondo esterno l'immagine di una compagine che ha preso una decisione, fatte tutte le dovute analisi, e che poi si è mossa per risolvere anche il problema nel medio e nel lungo periodo, per dare una continuità, per non vivere alla giornata.
Ed è questa una condizione fondamentale per chi fa degli investimenti, specialmente per le multinazionali, che per la loro logica di struttura e di minimizzazione del rischio non tendono ad avere degli enormi profitti subito, ma vogliono avere profitti certi nel lungo periodo e allora si muovono con gli investimenti, le strutture e quant'altro.
Bisogna dunque dire che, alla fine, di fronte al problema drammatico, c'è stato un risveglio da parte di tutta la classe politica in modo trasversale per risolvere il problema. Noi lo abbiamo potuto vedere nell'evolversi di questo provvedimento, nelle Commissioni, anche nell'ultima riunione, durante la quale la maggioranza, ma in questo caso soprattutto le opposizioni - ne va dato atto - hanno ridotto al minimo gli emendamenti (a dire il vero all'inizio si parlava di ritirarli tutti). Quindi lo sforzo è stato fatto. Rimane comunque sempre l'idea che sforzi di buon senso come questo, in questo Paese e in questo Parlamento, si facciano soltanto quando si ha la pistola puntata alla tempia e anche questa che viene data non è esattamente una bella immagine.
Per quanto ci riguarda, avevamo presentato una serie di emendamenti che volevano dare un contributo positivo. Tuttavia chiaramente, di fronte a questa situazione, abbiamo dato la nostra disponibilità a ritirare gli emendamenti e a presentare un ordine del giorno, che speriamo venga accettato dal Governo, nel quale chiediamo che vi siano incentivi per il fotovoltaico a concentrazione.
Speriamo che, sulla base di questa lezione e della disponibilità mostrata dal Governo, si possa ricevere un atteggiamento costruttivo per tutte le altre sfide importanti che rimangono. Ricordiamoci che vi sono ancora moltissimi problemi che riguardano la finanza, la questione, che ad un certo punto arriverà al nodo, dei rapporti con la Cina, dei rapporti dei dazi e del libero commercio. Infatti, se qualcuno si prende la briga di leggere il Trattato del WTO, si renderà conto che lo stanno leggendo in maniera completamente distorta e oggi, in questa direzione, c'era un tremendo articolo, con un'intervista all'ex Presidente del Consiglio Prodi, molto preoccupante per le nostre aziende. Speriamo di non doverci trovare con molti imprenditori e molte aziende che assalgono il Parlamento per mettere finalmente mano a questo argomento che, quando si è lontani, sembra che avvicini tutti e poi, quando si arriva al dunque, comincia anche in quel caso a palesare la strumentalizzazione, i cavilli, la dilazione, pensando che creare problemi al Governo sia automaticamente un vantaggio per l'opposizione. Non è così, perché la gente vede e giudica e soprattutto non è così nei confronti del Paese. Una classe politica che comunque, prima o poi, aspirerà - credo - a governare dovrebbe anche tenerne conto.
Quindi cerchiamo di imparare la lezione da questa drammatica esperienza, che non è detto che si risolva - tengo tutti svegli perché il problema dell'Alcoa non è detto che si risolva -, e speriamo che per il futuro ci porti ad assumere un comportamento più responsabile e più basato sul pragmatismo e sulla razionalità che sulle visioni di parte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Dai banchi del gruppo Lega Nord Padania si grida: bravo!).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, d'accordo che è stato un intervento Pag. 53entusiasmante, ma non esprimete il vostro entusiasmo in modo così palese.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, prendo la parola nella discussione sul complesso degli emendamenti perché desidero che resti agli atti che in un provvedimento che serve per dare una speranza a tanti lavoratori e che, quindi, inevitabilmente non potrà che vedere il voto favorevole trasversale di tutti i gruppi, in realtà, il Governo e la maggioranza sono riusciti ad infilare due polpette avvelenate.
Desidero denunciare il comportamento della maggioranza e del Governo che, speculando su un problema serio come quello dell'occupazione di tanti lavoratori, è riuscito a pretendere di ottenere qualcosa in termini di riduzione della trasparenza. Mi riferisco all'articolo 2-quinquies del provvedimento in esame, che di fatto disapplica le disposizioni della legge n. 400 del 1988 ai commissari straordinari, nel senso che rende meno trasparente la nomina dei commissari che sono previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009 per interventi urgenti sulle reti dell'energia.
Quindi, mentre prima vi era una procedura che permetteva determinate forme di controllo, grazie a questo articolo 2-quinquies, quelle procedure di controllo risultano molto meno trasparenti e molto meno controllabili.
L'altra porcheria che è stata infilata qui dentro è quella che si rifà all'articolo 2-bis, dove si prevede che siano autorizzate in via definitiva opere facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale già in esercizio alla data di entrata in vigore della legge e per le quali non sia possibile accertare il titolo autorizzativo.
Noi riteniamo che anche questo sia gravissimo: noi stiamo dando, in dispregio di qualunque osservanza di regole e norme che sono previste per le reti elettriche di trasmissione nazionale, un'autorizzazione automatica per legge. Credo che sia anche questo un atto che toglie trasparenza e toglie le possibilità di controllo, un atto negativo.
Noi naturalmente abbiamo presentato emendamenti soppressivi di queste due disposizioni e ci auguriamo che vi sia un soprassalto di dignità della maggioranza e del Governo - dubito che peraltro vi sarà - affinché si tolgano queste norme assolutamente inaccettabili dal decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, richiamandomi a quanto già affermato più volte anche in Aula e in Commissione, per evidenti motivi di tempo e per l'impossibilità di poter procedere ad un'ulteriore lettura nell'esame del provvedimento, chiederò l'invito al ritiro di tutti gli emendamenti presentati, altrimenti il parere è contrario.
Quindi, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Lulli 1.1, 1.2 e 2.1, Mariani 2-bis.1, Cimadoro 2-bis.2, Lulli 2-bis.3, Mariani 2-ter.1, Lulli 2-ter.2, sugli identici emendamenti Cimadoro 2-quinquies.1 e Lulli 2-quinquies.10...

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, facciamo al contrario: vi è un invito al ritiro di tutte le proposte emendative?

ENZO RAISI, Relatore. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Il Governo?

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Lulli 1.1 formulato dal relatore.

Pag. 54

ANDREA LULLI. Signor Presidente, io accetto gli inviti al ritiro di tutti gli emendamenti a mia prima firma, ad eccezione del mio emendamento 2-quinquies.10.
Ritiriamo gli emendamenti per senso di responsabilità, giacché, come abbiamo illustrato già sufficientemente nel corso del dibattito in sede di discussione sulle linee generali e negli interventi sul complesso degli emendamenti, il provvedimento che cerca di risolvere la questione Alcoa ci sta a cuore, perché ovviamente si interviene su un punto delicato del nostro apparato produttivo, che ha un'importanza rilevante non solo da un punto di vista economico, ma anche degli assetti sociali della regione sarda.
Tuttavia, sarebbero stati auspicabili alcune precisazioni ed alcuni miglioramenti. Sarebbe stato, altresì, auspicabile - come diremo in seguito - evitare di inserire la norma prevista nell'articolo 2-quinquies del provvedimento in oggetto (torneremo su questo aspetto quando saranno esaminati i relativi emendamenti).

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che i presentatori degli emendamenti Lulli 1.1, 1.2, 2.1, 2-bis.3 e 2-ter.2 li ritirano.
Passiamo all'emendamento Mariani 2-bis.1.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Mariani 2-bis.1 formulato dal relatore.

RAFFAELLA MARIANI. Sì, signor Presidente, anche per me vale quanto detto dall'onorevole Lulli e, pertanto, tutti gli emendamenti a mia prima firma sono ritirati.
Per quanto ci riguarda, l'emergenza di Alcoa rappresenta una priorità. Quindi, nella successiva trattazione degli ordini del giorno, vorremmo avere da parte del Governo l'impegno nel senso di accogliere alcune delle questioni sollevate dagli emendamenti.

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che i presentatori degli emendamenti Mariani 2-bis.1 e 2-ter.1 li ritirano.
Passiamo all'emendamento Cimadoro 2-bis.2.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Cimadoro 2-bis.2 formulato dal relatore.

GABRIELE CIMADORO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, siamo giunti all'esame dell'Assemblea con due emendamenti: infatti, già in Commissione, abbiamo ritirato diversi emendamenti che avevamo presentato. Con la disponibilità, in questo caso, del Governo e della maggioranza, si poteva arrivare ad una soluzione.
Sicuramente, siamo disponibili a presentare degli ordini del giorno - come abbiamo fatto - in accordo con il Governo.
Tuttavia, non definirei le disposizioni delle «polpette avvelenate», come le ha definite, in modo aggressivo, in precedenza, il mio collega Borghesi. Certamente, sono due norme difficili da digerire. Rimaniamo, comunque, fermi ed insistiamo per la votazione dell'emendamento in oggetto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cimadoro 2-bis.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Marsilio.. Onorevole Bianconi... I colleghi hanno votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 453
Votanti 446
Astenuti 7
Maggioranza 224
Hanno votato
205
Hanno votato
no 241). Pag. 55

Prendo atto che la deputata Schirru ha segnalato che avrebbe voluto astenersi, che i deputati De Girolamo, Giacomoni e Distaso hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto contrario e che la deputata Capitanio Santolini ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo agli identici emendamenti Cimadoro 2-quinquies.1 e Lulli 2-quinquies.10.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Cimadoro 2-quinquies.1 e Lulli 2-quinquies.10 formulato dal relatore.

ROBERTO ZACCARIA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, questa vicenda è molto strana perché, in quest'Aula, abbiamo parlato diffusamente dei commissari straordinari con riferimento al tema della protezione civile.
Signor Presidente, allora ci siamo resi conto che tali figure si sono sviluppate nell'ordinamento in misura inaspettata, dando vita ad una sorta di Governo parallelo. Un po' scherzosamente e un po' meno scherzosamente, avevamo detto che non ha senso tenere basso il numero dei Ministri - che, tra l'altro, si sta rinforzando - se, contemporaneamente, nell'ordinamento, vi sono una trentina, una quarantina, una cinquantina di commissari, che operano con poteri molto più rilevanti rispetto a quelli dei Ministri e dei sottosegretari della Repubblica.
Credo che al posto dei Ministri dovrebbero far sedere i commissari, perché sono loro che hanno il vero potere nella società di oggi (e non parlo delle vicende giudiziarie che hanno messo in luce una sorta di organizzazione almeno preoccupante nel nostro ordinamento).
Signor Presidente, nell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988 è previsto in maniera molto chiara che vi possa essere la necessità che, in qualche circostanza, con riferimento a determinate tematiche, siano nominati commissari straordinari: si tratta di soggetti che, in qualche modo, svolgono temporaneamente una funzione paragonabile a quella dei Ministri e dei sottosegretari.
Questa operazione ha un significato preciso: significa non stabilizzare incarichi e non attribuire a certi soggetti un potere eccessivo, in relazione al sistema dei controlli e del rapporto tra i poteri Governo-Parlamento.
Ebbene, questi soggetti spesso operano in deroga alle norme vigenti - e questa è già una cosa che preoccupa - ed operano non soltanto nelle emergenze, ma anche al di là di esse, come abbiamo visto in relazione ai grandi eventi e al proliferare di opere strategiche.
È, dunque, importante, signor Presidente, che essi siano assoggettati ad alcuni controlli, quali appunto quelli previsti dalla legge n. 400 del 1988. Tuttavia, anche questi pochi, banali e marginali controlli sono ritenuti eccessivi: evidentemente ciò accade in quanto, per fare certe operazioni (altrimenti non se ne comprende il motivo), questi controlli danno fastidio.
In cosa consistono questi controlli? Nel fatto che tali commissari sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri; del conferimento di tali incarichi è, altresì, prevista una successiva comunicazione al Parlamento. Inoltre, un altro aspetto abbastanza importante riguarda il fatto che, sull'attività di questi soggetti, si riferisca di tanto in tanto al Parlamento. Questo sembrerebbe il minimo ed è previsto da una legge dello Stato.
Ebbene, in una prima occasione, il Senato «ci prova» e cerca di derogare a questa legge; alla Camera si rimedia e questa norma viene cancellata. Tuttavia, dal momento che i tentativi per «provarci» convengono, poiché di decreti-legge ne passano tanti, ci troviamo di nuovo di Pag. 56fronte ad una figura del tutto opaca, che non risponde neppure al Parlamento.
Credo che questo non sia accettabile da una Camera come questa, la quale, naturalmente, può capire certe emergenze (stiamo, infatti, parlando di temi anche di grande rilievo). Tuttavia, è inaccettabile che si deroghi a queste norme minime di pubblicità e responsabilità: a chi rispondono questi signori?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Credo, dunque, che questa previsione normativa - come è già stato fatto in altra occasione - vada ritirata, affinché si torni ad una fisiologia dell'emergenza e si ristabiliscano i rapporti corretti tra Parlamento e Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, mi auguro - come ha detto il collega della Lega - che questo provvedimento dia futuro stabile all'Alcoa. Agiamo in condizioni di emergenza, tuttavia francamente ci potevamo risparmiare questo «boccone avvelenato» che c'è dentro: non c'entra nulla con il provvedimento. Come ricordava il collega Zaccaria, si trattava di un articolo che avevamo espunto dal decreto-legge sulla Protezione civile.
Esso prevede che, quando si individuano commissari per questioni di grande importanza, come reti elettriche, grandi impianti energetici o centrali nucleari (se il provvedimento venisse approvato nella versione attuale del testo), del conferimento di tali incarichi non dovrà essere data comunicazione al Parlamento, né notizia nella Gazzetta Ufficiale, così come non vi sarà la firma del Presidente della Repubblica, né si dovrà riferire al Parlamento sul loro operato. Francamente, mi sembra troppo: non c'entra nulla con questo provvedimento e sarebbe stato meglio che ciò ci fosse stato risparmiato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, non comprendiamo perché sia stata inserita questa previsione normativa: è un modo di legiferare che crea solo confusione e desta qualche sospetto.
Questa norma, infatti, non mette in condizione il Parlamento di essere a conoscenza di quello che verrà fatto e non solo: le operazioni verranno gestite senza appalti e senza rendicontazioni e i commissari non saranno più nominati dal Presidente della Repubblica.
Penso che si sarebbe potuto evitare di trovare un «treno» legislativo come questo, che è importante per la vita di centinaia e centinaia di famiglie che hanno l'incubo di perdere il posto di lavoro, e svolgere altre riflessioni senza strumentalizzare questo provvedimento.
Noi abbiamo tenuto un comportamento serio. Sappiamo che il provvedimento non può tornare al Senato e sappiamo che esso è importante per le ragioni che abbiamo illustrato qui, però vogliamo stigmatizzare il comportamento del Governo e della maggioranza che riteniamo censurabile e che non preannuncia niente di buono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Torazzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO TORAZZI. Signor Presidente, tutto si può fare meglio, il problema, però, sono sempre i tempi. L'opposizione di oggi è stata maggioranza per due anni e nonostante il problema dell'Alcoa, il problema dei lavoratori e quello delle normative, in quei due anni, vittima di chissà quali veti, interessi o problemi, non ha voluto o non ha potuto mettere mano a questo provvedimento. Quando lo abbiamo preso in mano noi c'era una situazione molto difficile con l'Unione europea, ma il risultato principale è stato raggiunto. Tutto si può fare meglio, ma sicuramente chi ha perso due anni nel momento cruciale non dovrebbe lamentarsi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Pag. 57
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Cimadoro 2-quinquies.1 e Lulli 2-quinquies.10, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Fallica... onorevole Nizzi... non riesce, onorevole?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 466
Votanti 465
Astenuti 1
Maggioranza 233
Hanno votato
210
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che i deputati Fadda e Losacco hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Capitanio Santolini ha segnalato che non è riuscita a votare. Passiamo all'emendamento Margiotta 2-sexies.11.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, sulla base delle considerazioni già svolte dai colleghi del gruppo, in particolare dalla collega Mariani, anche io ritirerò questo emendamento e i successivi a mia firma, trasfondendone i contenuti in un ordine del giorno. Desidero, però, sottolineare brevemente l'importanza che tali emendamenti avrebbero avuto.
L'Italia partecipa alla ricerca del conseguimento dell'obiettivo del «20-20-20» stabilito dall'Unione europea, in maniera particolare cercando di realizzare il 20 per cento dell'approvvigionamento energetico attraverso fonti rinnovabili. In particolare, gli investimenti del fotovoltaico necessitano di incentivi, così come stabilito dal decreto ministeriale del 19 febbraio 2007.
Spesso in questo settore gli investimenti non sono realizzati nei tempi previsti - quindi, con notevole incertezza per gli investitori - a causa di un collo di imbuto che è quello della richiesta dell'autorizzazione alla connessione alla linea elettrica nazionale, per la quale trascorre molto tempo dalla richiesta alla concessione stessa in virtù di lungaggini procedurali.
L'articolo 2-sexies, introdotto al Senato, stabilisce un correttivo dando la possibilità, nel caso in cui l'impianto sia realizzato entro il 31 dicembre 2010 e purché sia stata avanzata la richiesta, di poter usufruire di tali tariffe incentivanti. Gli emendamenti che avevo presentato andavano nella direzione di perfezionare ulteriormente questa previsione. Si prevedeva, infatti, che nel caso in cui non solo fosse stato completato l'impianto fotovoltaico ma fosse stata anche realizzata, a spese dell'investitore, tutta l'opera necessaria alla connessione alla rete nazionale, anche in assenza dell'autorizzazione medesima, vi potesse essere un'ulteriore proroga, oltre quella prevista dall'articolo stesso introdotto al Senato.
In questo spirito, come anticipato, predisporrò un ordine del giorno che mi auguro incontri, da parte del Governo, la giusta attenzione e la giusta considerazione.

PRESIDENTE. Dunque, gli emendamenti Margiotta 2-sexies.11, 2-sexies.12, 2-sexies.13 e 2-sexies.14 sono ritirati.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Polledri 2-sexies.1 accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Fava 2-sexies.10 formulato dal relatore.

GIOVANNI FAVA. Sì, signor Presidente, lo ritiriamo.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, chiedo di fare proprio, a nome del gruppo del Partito Democratico, l'emendamento Pag. 58Fava 2-sexies.10 sul quale un altro collega, l'onorevole Bratti, interverrà nel merito.

PRESIDENTE. Sta bene. Ricordo che sull'emendamento Fava 2-sexies.10 la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, l'emendamento in esame ci sembra un'ottima proposta emendativa perché riporta giustizia in un po' di vicende, visto che stiamo parlando del fotovoltaico a concentrazione, signor Presidente, che è una tecnologia tutta italiana che abbassa i costi del fotovoltaico, pur aumentandone enormemente l'efficacia. In questo emendamento si chiedeva semplicemente di parificare il sistema degli incentivi del fotovoltaico tradizionale a questa tecnologia.
Voglio ricordare che vi sono imprese e importanti spin-off, ad elevato contenuto tecnico-scientifico, che da mesi e anni stanno chiedendo questa parificazione e che purtroppo - nonostante il mercato sia in espansione, per quanto riguarda le energie rinnovabili - risentono degli effetti della crisi e stanno chiudendo. Pertanto, queste nuove imprese, ricche di tecnologia - che fanno parte della cosiddetta green economy - non vogliono che il pubblico sostituisca l'impresa ma che si stabiliscano delle regole certe e chiare per poter investire, così come accade in ogni Paese normale.
Signor Presidente, nei dibattiti affermiamo sempre che dobbiamo favorire la green economy e le imprese verdi e poi, in questo caso, quando la tecnologia è tutta italiana - e tra l'altro i colleghi della Lega avevano presentato un emendamento del tutto giusto - inspiegabilmente ritiriamo l'emendamento che se ne occupa. Pertanto, chiediamo di mettere ai voti l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo solo per ribadire il concetto che credo abbia sin qui accomunato un po' tutti i presentatori degli emendamenti. L'emendamento non è ritirato perché non lo riteniamo più valido o perché lo riteniamo superato ma per senso di responsabilità rispetto alla tempistica che ci è stata imposta.
Vorrei, però, ricordare al collega Bratti e ai colleghi parlamentari che l'emendamento di cui stiamo parlando è anche oggetto di una risoluzione che è depositata in Commissione. Tale risoluzione ricalca fedelmente il tema dell'emendamento stesso e mi auguro possa essere prossimamente calendarizzata per risolvere questo problema che riteniamo serio e urgente affrontare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bratti, al quale non posso dare la parola perché è già intervenuto per dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che occorra tenere conto delle ulteriori precisazioni che il collega Fava ha fornito.
Però, non è sufficiente dire che in Commissione giace una risoluzione sulla base della quale si assumerà, o è stata assunta, una posizione, perché anche se una posizione è stata assunta ed è stato impartito un indirizzo al Governo, questo è stato disatteso; se invece bisognerà prendere una posizione, allora occorre cogliere il momento rappresentato dalla nostra attuale discussione. Noi siamo disposti a ritirare l'emendamento Fava 2-sexies.10 fatto da noi proprio a condizione che il Governo si pronunci favorevolmente su un ordine del giorno da votare su questo argomento.

PRESIDENTE. Va bene, onorevole Quartiani. Il Governo?

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Pag. 59Presidente, vorrei capire a quale ordine del giorno fa riferimento l'onorevole Quartiani: un ordine del giorno nuovo o uno già presentato?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, al collega Saglia devo semplicemente un'informazione: noi abbiamo fatto nostro l'emendamento Fava 2-sexies.10 che riguarda le tariffe incentivanti che sono riconosciute anche per il fotovoltaico a concentrazione, che oggi è un settore che versa in condizioni di difficoltà, che anche il sottosegretario conosce. Quindi, se si estendono i benefici anche a questo settore, è possibile assumere un impegno da parte del Governo...

PRESIDENTE. È chiaro, onorevole Quartiani. Onorevole Saglia?

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'ordine del giorno è condivisibile e il Governo lo può accogliere, a patto che ovviamente questo riguardi la futura programmazione degli incentivi e non la pregressa.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che l'onorevole Quartiani rinuncia a far proprio l'emendamento Fava 2-sexies.10, che quindi si intende ritirato.
Passiamo all'emendamento Di Biagio 2-sexies.15.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, accolgo il suggerimento del Governo auspicando un momento di ulteriore riflessione sulla pregnante materia.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Polledri 2-sexies.2 lo ritirano.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3243)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3243).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, in considerazione di ciò che abbiamo visto durante l'esame di questi emendamenti (ovviamente poi qualche collega del gruppo del Partito Democratico interverrà per illustrare gli ordini del giorno che abbiamo presentato) vorrei semplicemente rammentare al Governo che, nel momento in cui si esprime un parere sugli emendamenti e si formula un invito al ritiro, non dando quindi un parere contrario, si mette i deputati nella condizione di agire per presentare dei documenti che magari sono meno rilevanti dal punto di vista legislativo, ma che dal punto di vista dell'indirizzo hanno un loro peso.
Quindi pregherei, non lei, signor Presidente, ma il Governo, nel momento in cui dopo l'illustrazione degli ordini del giorno esprimerà un parere sugli stessi, di tenere conto che coloro che hanno ritirato gli emendamenti lo hanno fatto perché in qualche modo auspicano che ci sia un parere favorevole da parte del Governo sugli ordini del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Federico Testa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3243/16.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, gli ordini del giorno non sono ancora disponibili per i colleghi.

Pag. 60

PRESIDENTE. Onorevole Testa, sono in distribuzione. Prego, prosegua.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno noi solleviamo il problema che all'articolo 1, comma 3-bis, viene in qualche modo limitata l'incompatibilità tra le misure di nuova interrompibilità e la possibilità di avvalersi, per le medesime quote di potenza interrompibile, della capacità messa a disposizione tramite i cosiddetti interconnector.
Tale incompatibilità avrebbe dunque efficacia limitatamente al solo periodo in cui i soggetti mettano a disposizione potenza per le misure di nuova interrompibilità istantanea e, comunque, ferma restando la titolarità delle eventuali assegnazioni di capacità ottenute o successivamente incrementate.
Secondo noi, questo è un problema significativo di questo provvedimento in quanto riteniamo che l'incompatibilità tra le due possibilità debba essere ritenuta assoluta. La ratio e gli obiettivi dei due provvedimenti, infatti, sono del tutto divergenti e addirittura in contraddizione. È importante sottolineare ciò proprio perché questo tema è fondamentale al fine dell'accoglimento del provvedimento in esame da parte della Comunità europea. Quindi, da questo punto di vista chiediamo al Governo di intervenire innanzitutto su questo aspetto, così anche rispetto alla possibilità che, in caso di mancata assegnazione di tutte le quantità di interrompibilità, venga demandata all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas la predisposizione di successive procedure concorsuali che mettano in qualche modo a gara la capacità di interrompibilità disponibile.
Collegati a questo ragionamento, vi sono, altresì, due aspetti del provvedimento che meriterebbero di essere spiegati. In particolare, all'articolo 2-bis viene prevista l'autorizzazione in via definitiva delle opere che fanno parte della rete elettrica di trasmissione nazionale già in esercizio all'entrata in vigore della legge di conversione e per le quali non sia possibile accertare il titolo autorizzativo. Così formulata, questa norma potrebbe assumere i contorni di una sanatoria di tutti gli interventi di infrastrutturazione energetica realizzati negli ultimi anni e, in particolare, anche di quelli che dovrebbero essere stati realizzati in violazione delle norme che obbligano alla predisposizione della VIA. In questo senso, si chiede al Governo di valutare la possibilità di prevedere che l'autorizzazione in via definitiva sia data solo agli impianti e alle opere già in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1992, che prevedeva l'obbligo della VIA. Analogamente, sempre con riferimento all'articolo 2-ter, chiediamo che sia possibile che il Governo valuti l'opportunità di circoscrivere la previsione dell'articolo 2-ter esclusivamente agli elettrodotti di interconnessione con l'estero esistenti alla data in vigore della presente legge. Ciò per evitare che le norme previste per facilitare l'approvvigionamento di energia elettrica nel nostro Paese si tramutino in una forma di sanatoria a prescindere da quello che è già stato fatto.

PRESIDENTE. L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3243/1.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo solo per riprendere l'ultimo intervento del collega Quartiani che non aveva capito evidentemente quanto detto da me nel corso del mio intervento. Ho detto che avrei chiesto il voto e il sostegno da parte di tutto il Parlamento rispetto ad una risoluzione che giace in Commissione, stante il fatto che davo per scontato che aveste visto che avevo già presentato l'ordine del giorno sulla questione specifica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,20)

GIOVANNI FAVA. Mi riferisco all'ordine del giorno n. 9/3243/1 che riprende esattamente il contenuto dell'emendamento da me ritirato. Quindi, ne ribadisco la validità e mi fa piacere sapere che siete Pag. 61tutti d'accordo su questo aspetto. Questo ordine del giorno interviene esattamente sulla materia oggetto dell'emendamento da noi presentato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ringrazio il collega Fava perché con una certa preveggenza ha provveduto a presentare l'ordine del giorno n. 9/3243/1 nel momento in cui era ancora presente, cioè non era stato ancora ritirato l'emendamento che trattava la medesima materia. Quindi, da questo punto di vista quell'ordine del giorno che trattava la medesima materia non poteva nemmeno essere accolto, nel senso che poteva essere dichiarato inammissibile dalla Presidenza. Ora, diamo per buono il fatto che è intervenuta in tempi diversi una condizione nuova e il collega Fava ha ritirato l'emendamento fatto poi nostro. Quindi, l'ordine del giorno, o gli ordini del giorno su quel tema possono essere messi in discussione e votati solo ed esclusivamente in virtù del fatto che è stato ritirato quell'emendamento.
Quest'ordine del giorno del collega Fava, in punto di Regolamento, non poteva neanche essere presentato, perché tratta dello stesso tema sul quale era stato presentato un emendamento in discussione e in votazione. Quindi, non facciamo i cavillosi. Noi abbiamo fatto una discussione su questo punto del fotovoltaico e abbiamo preso atto che c'era un orientamento comune. Qui non c'è da dire chi è più bravo rispetto ad altri ad accogliere alcuni temi che riguardano momenti di crisi dell'economia italiana e del settore energetico.
A questo punto, cogliamo il fatto che, sia su iniziativa dell'onorevole Fava della Lega, sia da parte del Partito Democratico, questo è diventato un punto su cui il Governo ha espresso la propria convergenza. Quindi, ci saranno due ordini del giorno: il primo presentato dal collega Fava, e l'altro presentato dal collega Bratti, che trasfonde il contenuto dell'emendamento in un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Fava n. 9/3243/1 ed accetta l'ordine del giorno Di Biagio n. 9/3243/2, purché riformulato sostituendo nel dispositivo la parola: «estendere» con la seguente: «prevedere». Il Governo accetta l'ordine del giorno Germanà n. 9/3243/3, a condizione che il dispositivo venga riformulato nel modo seguente: «a prevedere un quadro normativo di riferimento atto a garantire per il futuro lo sviluppo di fonti rinnovabili e di nuove tecnologie che possono sviluppare l'efficienza energetica per le isole maggiori e minori».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Cimadoro n. 9/3243/4, accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Borghesi n. 9/3243/5, Messina n. 9/3243/6 e Scilipoti n. 9/3243/7, accetta l'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/3243/8, non accetta l'ordine del giorno Monai n. 9/3243/9, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Palomba n. 9/3243/10.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Polledri n. 9/3243/11, il Governo, ritenendo di non poter accogliere scadenze all'interno di un ordine del giorno, lo accetta a condizione che il dispositivo venga così riformulato: «impegna il Governo a valutare la possibilità di adottare opportune agevolazioni in favore dei comuni che installano su terreni propri impianti solari fotovoltaici».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Lulli n. 9/3243/12, Zunino n. 9/3243/13 e Pes n. 9/3243/14, non accetta l'ordine del giorno Vico n. 9/3243/15, accetta gli ordini del giorno Federico Testa n. 9/3243/16, Marrocu n. 9/3243/17 e Fadda n. 9/3243/18, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Margiotta n. 9/3243/19. Il Pag. 62Governo accetta l'ordine del giorno Fugatti n. 9/3243/20, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di fornire indirizzi all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (...)».
Il Governo accetta, infine, l'ordine del giorno Bratti n. 9/3243/21, purché riformulato, eliminando il riferimento all'ordine temporale, cioè ai due anni dall'entrata in esercizio dei relativi impianti. Valutiamo cioè l'opportunità di far sì che le tariffe incentivanti siano riconosciute per il fotovoltaico a concentrazione quale tecnologia innovativa per la conversione fotovoltaica. Questo è l'impegno che siamo disposti ad assumere.

PRESIDENTE. Sta bene.

ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma all'ordine del giorno Fava n. 9/3243/1.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Fava n. 9/3243/1, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/3243/2, accettato dal Governo, purché riformulato.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, accetto la riformulazione, ringraziando il sottosegretario per la sensibilità mostrata sull'argomento e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Germanà n. 9/3243/3, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Cimadoro n. 9/3243/4, accettato dal Governo.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, non insisto per la votazione e ringrazio il Governo per aver accettato questo ordine del giorno, ben sapendo che l'ordine del giorno ha il valore che ha e che, rispetto a questo provvedimento, l'emendamento che avevamo presentato per la soppressione del commissariamento era una cosa molto più seria.
Speriamo che comunque gli ordini del giorno non vadano tutti in soffitta, come si suole, e che almeno questo dia qualche risultato e qualche frutto.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Borghesi n. 9/3243/5, Messina n. 9/3243/6 e Scilipoti n. 9/3243/7, accolti dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/3243/8, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Monai n. 9/3243/9, non accettato dal Governo.

CARLO MONAI. Signor Presidente, sono un po' sconcertato da questo parere contrario rispetto ad un ordine del giorno che cerca di garantire trasparenza e obblighi di informazione al Parlamento sulle prerogative affidate ai commissari straordinari in base alla novella del decreto-legge n. 78 del 2009, che, in qualche modo, semplifica e alleggerisce gli oneri di comunicazione e di individuazione dei compiti dei commissari straordinari a cui viene demandata la possibilità di intervento in tutto il settore degli interventi urgenti per le reti dell'energia.
Da questo punto di vista, ritengo che le vicende recenti, dello scandalo del G8 e dell'Abruzzo, di queste situazioni commissariali, nelle quali l'opacità e la semplificazione delle procedure, a volte, possono nascondere l'insidia della corruzione e Pag. 63della malversazione, avrebbero dovuto creare le condizioni per una maggiore cautela da parte del Governo su questo delicatissimo settore dei commissariamenti.
Il nostro ordine del giorno non fa altro che impegnare il Governo a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di natura normativa tesa a garantire la massima trasparenza e pubblicità dei compiti attribuiti ai commissari straordinari nominati in applicazione dell'articolo 2-quinquies del provvedimento in esame, nonché la massima trasparenza e pubblicità sulle dotazioni di mezzi e di personale messi a disposizione dei commissari stessi. Esso non ha alcuna incidenza sull'effettiva capacità di intervento urgente da parte dei commissari, ma è teso semplicemente a garantire trasparenza e informazione sulle loro mansioni e sui compiti loro affidati.
Il fatto che il Governo neghi queste prerogative, queste possibilità e queste minime garanzie è un'ombra lunga su tutto questo provvedimento. Invito, quindi, l'Assemblea a votare a favore di questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Monai n. 9/3243/9, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Berruti, Moles, Sposetti, Vico, De Micheli, Codurelli, Minniti, Concia, Fassino, Garavini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 472
Votanti 471
Astenuti 1
Maggioranza 236
Hanno votato
234
Hanno votato
no 237).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Palomba n. 9/3243/10, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Polledri n. 9/3243/11, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lulli n. 9/3243/12, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Zunino n. 9/3243/13, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pes n. 9/3243/14, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Vico n. 9/3243/15, non accettato dal Governo.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, intervengo solo per far osservare al Governo, e al sottosegretario Saglia, la mia perplessità rispetto al parere: probabilmente, riflettendoci un attimo, lo stesso ordine del giorno può ricevere un cambio di valutazione. L'ordine del giorno, nella sostanza, si pone un problema semplice: che il Governo valuti l'opportunità che, in caso di mancata assegnazione delle quantità di interrompibilità, sia l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ad assicurare con le procedure concorsuali la collaborazione di tutta la capacità di interrompibilità disponibile; questo è il motivo per cui penso che il Governo potrebbe anche modificare il parere espresso.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, approfondendo l'esame dell'ordine Pag. 64del giorno, credo che il Governo possa accettarlo. Il parere è, quindi, favorevole.

PRESIDENTE. Con le buone si ottiene tutto. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Vico n. 9/3243/15, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Federico Testa n. 9/3243/16, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Marrocu n. 9/3243/17, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Fadda n. 9/3243/18, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Margiotta n. 9/3243/19, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Fugatti n. 9/3243/20, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bratti n. 9/3243/21, accettato dal Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Secondo le intese intercorse, la votazione finale con le relative dichiarazioni di voto avrà luogo nella seduta di domani a partire dalle ore 11.

Proposta di assegnazione a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, che proporrò alla Camera a norma del comma 1 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla X Commissione (Attività produttive):
S. 1930 - REGUZZONI ed altri: «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» (Approvata dalla Camera e modificata dalla 10a Commissione permanente del Senato) (2624-B) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XII e XIV.

In morte dell'onorevole Manfredi Bosco.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Manfredi Bosco, già membro della Camera dei deputati nella V, VI, VII, VIII e IX legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,35).

GIULIANO CAZZOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, nei prossimi giorni vi saranno due ricorrenze importanti, non solo per le famiglie, le persone, gli amici, le istituzioni che in qualche modo sono state coinvolte, ma anche, credo, per la storia della Repubblica: il 19 marzo ricorrerà l'ottavo anniversario dell'assassinio di Marco Biagi, e il 27 marzo il venticinquesimo anniversario dell'uccisione del professor Ezio Tarantelli.
In quei giorni, per i noti motivi, non vi saranno i lavori dell'Assemblea; ed è per questo che ho chiesto alla sua cortesia e a quella dei colleghi di poter ricordare questi due amici, entrambi intellettuali armati soltanto delle proprie idee, entrambi vittime di un odio cieco ed implacabile che ha troncato le loro vite, ha interrotto la loro Pag. 65attività didattica, ha interrotto il loro servizio al Paese, ha interrotto i loro affetti, i loro rapporti umani.
In quelle due giornate Signor Presidente, vi saranno molte iniziative. Marco Biagi sarà ricordato con un convegno internazionale che si svolgerà a Modena, presso la fondazione che porta il suo nome e di cui è animatrice la moglie Marina, e con la consegna di un premio, che ormai è diventato una ricorrenza fissa, stabile, tutti gli anni, messo a disposizione da il Resto del Carlino ed è dedicato a Marco (come sappiamo il Resto del Carlino è il giornale della città di Marco Biagi).
Tarantelli sarà ricordato il 27 di marzo dal Club dell'economia alla presenza del Presidente della Repubblica. Io chiedo a questa Assemblea di rivolgere un pensiero ai familiari e agli amici di questi illustri nostri concittadini, nella consapevolezza che un Paese che non perde la memoria e che è capace di onorare in maniera comune i cittadini che hanno lo hanno servito, è sicuramente un Paese che, nonostante le difficoltà che attraversa, ha davanti a sé un futuro (Applausi).

PIERO FASSINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, intervengo per unire la nostra voce a quella dell'onorevole Cazzola, nel ricordare due eminenti personalità e due amici come furono Biagi e Tarantelli, che hanno pagato con la vita il loro impegno, non solo professionale, ma la loro coerenza etica e civica. Sono passati pochi anni da una stagione drammatica che ha investito il nostro Paese e siamo tutti esposti al rischio che il passare del tempo copra anche fatti drammatici con l'oblio. Io credo che invece noi abbiamo il dovere non solo di non dimenticare, per rendere onore a chi ha pagato con la vita, ma anche di non dimenticare perché le tragedie che questo Paese ha conosciuto non accadano più. Abbiamo il dovere di trasmettere memoria e quindi anch'io richiamo l'attenzione dell'Aula sugli anniversari, che sono prossimi, dell'assassinio sia di Tarantelli sia di Biagi e mi unisco con l'onorevole Cazzola nel sollecitare l'attenzione di tutti noi e delle forze politiche, che noi qui rappresentiamo, sui momenti in cui queste due illustri personalità saranno ricordate (Applausi).

PRESIDENTE. Naturalmente la Presidenza si unisce alle parole che sono state qui pronunziate dai colleghi che mi hanno preceduto.

Ordine del giorno della seduta di domani

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani

Mercoledì 17 marzo 2010, alle 11:

1. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 2624-B.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1974 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori (Approvato dal Senato) (C. 3243).
- Relatore: Raisi.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

4. - Discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00336, Bersani ed altri n. 1-00340, Casini ed altri 1-00341, Lo Monte ed altri n. 1-00342, Tabacci ed altri Pag. 66n. 1-00345 e Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00346 concernenti misure urgenti per contrastare la crisi economica in atto.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla X Commissione (Attività produttive):
S. 1930. - REGUZZONI ed altri: «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» (approvata dalla Camera e modificata dalla 10a Commissione permanente del Senato (C. 2624-B) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XII e XIV.

La seduta termina alle 17.40.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 3146-A - voto finale 514 511 3 256 273 238 37 Appr.
2 Nom. ddl 3273 - quest. preg. 1,2 e 3 532 531 1 266 259 272 35 Resp.
3 Nom. Ddl 3243 - em. 2-bis.2 453 446 7 224 205 241 64 Resp.
4 Nom. em. 2-quinquies.1, 2-quinquies.10 466 465 1 233 210 255 63 Resp.
5 Nom. odg 9/3243/9 472 471 1 236 234 237 60 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.