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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 298 di giovedì 11 marzo 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,40.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Bocci, Brancher, Caparini, Colucci, D'Antoni, Donadi, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Giro, Granata, Graziano, Leone, Lombardo, Malgieri, Martini, Migliori, Molgora, Mussolini, Leoluca Orlando, Palumbo, Pescante, Ravetto, Paolo Russo, Sardelli, Urso e Vietti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (A.C. 3146-A) (ore 9,42).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
Ricordo che nella seduta del 10 marzo 2010 è proseguito l'esame degli ordini del giorno con l'inizio dello svolgimento delle dichiarazioni di voto.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,45).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3146-A).
Passiamo all'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, considerate le implicazioni contenute nel testo dell'ordine del giorno in Pag. 2esame, a prima firma dell'onorevole Favia, credo che il parere possa essere modificato e, pertanto, il Governo esprime parere favorevole, anche senza riformulazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23, accettato dal Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,48).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, intervengo nuovamente - l'ho già fatto qualche settimana fa - per segnalare la grave crisi che vive l'agrumicoltura siciliana. In questo momento, sono in agitazione numerosi - direi migliaia - produttori agricoli, che stanno occupando le sedi dei municipi e stanno bloccando le strade, perché vivono uno stato di disagio e di grande difficoltà economica. Infatti, vi è il rischio di perdere numerosi posti di lavoro, con la chiusura di migliaia di aziende.
Signor Presidente, sappiamo che è necessaria una riforma strutturale nel campo agricolo e, in modo particolare, nel comparto agrumicolo. Abbiamo chiesto interventi per affrontare l'emergenza e per evitare che vi sia un disagio sociale in numerosi territori siciliani e calabresi.
Nei giorni scorsi, abbiamo presentato un ordine del giorno, che è stato sottoscritto oltre che da parlamentari del Partito Democratico, anche da qualche parlamentare del centrodestra e, in modo particolare, dal collega Salvo Torrisi.
Questo ordine del giorno non è stato accolto come raccomandazione, ma è stato accettato dal Governo. Ci aspettavamo un intervento serio da parte del Governo: infatti, era stata annunciata, attraverso la stampa, un'iniziativa di concerto tra la regione siciliana e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ma abbiamo saputo che ancora non è stato fatto nulla e che non vi è alcun risultato da mettere in campo.
Per questo motivo, torniamo ad insistere, affinché il Governo si muova ed arrivi a dichiarare la «crisi di mercato». Tale dichiarazione potrebbe essere utile per sostenere una serie di iniziative importanti per fronteggiare la crisi che vive il comparto agrumicolo - in modo particolare, quello della produzione - a causa delle difficoltà commerciali che oggi vi sono in Sicilia.
Signor Presidente, stiamo discutendo di ordini del giorno che sono rimessi all'approvazione dell'Assemblea. Ritengo che il Governo debba seguire istituzionalmente le indicazioni della Camera dei deputati ed evitare di accogliere ordini del giorno che, poi, non vedono l'impegno serio da parte del Governo.
Sappiamo che il Ministro Zaia è impegnato in campagna elettorale, tuttavia, proprio per questo, avrebbe fatto bene a rimettere la delega, in quanto vi sono problemi gravissimi - come quelli degli agrumicoltori siciliani - che meritano l'attenzione e l'impegno istituzionale da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Vignali).

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame ordini del giorno - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, concernente gli enti locali e le regioni, di fatto non affronta i temi fondamentali della vita dei comuni, delle province e delle regioni.
Noi dovremmo avere due strumenti fondamentali per intervenire: il primo è la Carta delle autonomie, al fine di ridefinire Pag. 3l'assetto ordinamentale delle autonomie locali, nonché l'attribuzione delle funzioni di ogni livello istituzionale, per corrispondere al titolo V della Costituzione così come modificato nel 2001. Su questo, il Governo ha finalmente - anche se con ritardo - proposto un disegno di legge.
Il secondo strumento è il federalismo fiscale, ossia i decreti legislativi di attuazione della legge delega approvata lo scorso anno. A tal riguardo, ci troviamo ancora in una situazione nebulosa: non si vede nemmeno un'idea sull'impianto complessivo e sulle conseguenze fiscali e finanziarie per la finanza pubblica, un'idea che sia comprensibile sul piano degli effetti finanziari.
Durante la fase di discussione, in Commissioni riunite, del decreto-legge in esame, una delegazione numerosa di sindaci della mia provincia - Reggio Emilia - ha avuto, qui alla Camera, una serie di incontri. Devo dire che sono rimasti alquanto sorpresi, quasi esterrefatti, nel sentire un presidente di Commissione, leghista, parlare del federalismo fiscale come di una prospettiva ben lontana da raggiungere, quando ogni giorno la Lega si vanta di avere già avviato il federalismo fiscale e ne parla come se si trattasse di una cosa già fatta.
È evidente che si tratta, invece, di federalismo «chiacchierato». Nella pratica, va avanti il centralismo del Ministro Tremonti, il quale ha scaricato gran parte della manovra triennale - circa 9 miliardi di euro - su enti locali e regioni, oltre che sulla scuola e altri servizi essenziali per i cittadini, mentre la spesa pubblica centrale continua ad aumentare.
Nella manovra finanziaria sono state introdotte nuove norme, sostanzialmente ulteriori tagli, spesso relativi alla parte più debole dei comuni e della struttura del Paese, come i comuni montani. Inoltre, sempre con la finanziaria, si è intervenuti pesantemente su aspetti ordinamentali, i quali dovrebbero, invece, essere affrontati con la Carta delle autonomie.
Questo decreto-legge, all'insegna del fare e disfare come pratica di Governo, è stato approvato dal Governo subito dopo la finanziaria, ma è un decreto-legge contraddittorio, che interviene su norme sia ordinamentali sia finanziarie, per correggere le disposizioni della finanziaria stessa, con correzioni spesso peggiori delle norme corrette.
Tra gli aspetti contraddittori che emergono nell'azione complessiva di questo centralismo praticato, vi è quello relativo all'associazionismo dei comuni: a parole, tutti sostengono la necessità di rafforzare le forme di associazionismo, in particolare quella delle unioni di comuni, la quale ha avuto una forte crescita in questi anni. È previsto un ampliamento anche obbligatorio del ruolo delle unioni nello stesso disegno di legge concernente la Carta delle autonomie.
In questo caso vi è, però, un problema finanziario, che viene sollevato con l'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23, con il quale si impegna il Governo a prevedere un incremento del fondo destinato alle unioni di comuni: si tratta di una necessità impellente, anche perché la realtà va in direzione opposta. Ad esempio, si dice che si dovrebbero superare le comunità montane, eventualmente anche attraverso la trasformazione in unioni di comuni; tuttavia, nel frattempo, si tagliano i fondi delle comunità montane stesse, indebolendo quindi anche l'efficacia dell'ipotesi di trasformazione in unioni di comuni, perché lo si farebbe con risorse calanti, tendenti a zero, per quanto riguarda il contributo dello Stato, senza nemmeno chiarire la consistenza del taglio.
Durante l'esame della legge finanziaria ci è stata sottoposta una relazione tecnica che prevedeva un taglio di 50 milioni, ma le norme approvate possono portare effetti ben più rilevanti. La maggioranza, nelle Commissioni riunite durante l'esame di questo decreto-legge, si è rifiutata di fare chiarezza e di dare certezze, senza tacere del tentativo di scaricare sui comuni sotto i tremila abitanti, già colpiti in gran parte dai tagli sulle comunità montane, anche il costo per risolvere i problemi dei comuni che hanno avuto entrate straordinarie nel 2007 e per i quali il Patto di stabilità ha Pag. 4effetti fortemente negativi, tentativo che le opposizioni - Partito Democratico in testa - hanno sventato.
Anche per questi aspetti è opportuna e importante l'approvazione dell'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23, non solo per il merito in sé, ma anche per affermare che bisogna cambiare complessivamente le politiche sugli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti del liceo Don Gnocchi di Carate Brianza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, abbiamo oggi un dovere morale, quello di valorizzare le finalità generali delle riforme da troppo tempo avviate, ma non ancora concluse, in materia di razionalizzazione dei centri di spesa nella pubblica amministrazione, di riduzione dei costi del funzionamento degli apparati pubblici, di eliminazione delle inefficienze presenti in ambito statale, regionale e locale, di miglioramento della qualità dei servizi attraverso il rafforzamento dei livelli di autonomia e l'innalzamento del grado di responsabilità degli amministratori responsabili pubblici a tutti i livelli.
Inoltre, sono condivisibili in via generale le disposizioni riguardanti i principi in materia di programmazione strategica di bilancio e di controllo interno, ma emerge la necessità di sviluppare un adeguato approfondimento per agevolare, in particolare per i comuni di minore dimensione demografica, l'attività sostanziale di controllo e per arrestare, quindi, l'attuale e incontrollata tendenza che prevede ben 55 adempimenti finalizzati a controlli per molti versi tra loro duplicati e scollegati da qualsiasi ragionevole criterio di razionalizzazione e semplificazione.
Tali controlli si distribuiscono tra la Ragioneria generale dello Stato, la Corte dei conti, i Ministeri dell'interno e per la pubblica amministrazione e l'innovazione e le altre amministrazioni statali e organismi regionali.
Bisogna, purtroppo, con rammarico constatare che sono stati bloccati in Commissione i tanti correttivi al Patto di stabilità. Sappiamo che le problematiche relative all'applicazione dello stesso sono state più volte oggetto di attenzione parlamentare negli ultimi due anni, ma senza riuscire ad individuare una soluzione adeguata. Allo stato attuale, infatti, il Patto di stabilità impone ai comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti la diminuzione delle spese di funzionamento e non consente loro di ricorrere all'incremento della pressione fiscale, con conseguente impossibilità di fare investimenti significativi.
Con le correzioni effettuate durante l'iter per mezzo dell'emendamento omnibus dei relatori all'articolo 4 del provvedimento sono collocate fuori dal Patto di stabilità le spese per i grandi eventi e gli stati di emergenza e quelle finanziate dall'Unione europea. Ma il correttivo dei relatori ha stabilito anche l'esordio dei piccoli comuni sul terreno dei vincoli di finanza pubblica. Per i circa 5.700 comuni con meno di cinquemila abitanti si prevede per il 2010 un tetto alle spese correnti, che non potranno aumentare di oltre il 2 per cento rispetto al 2009.
È per tutti questi motivi, signor Presidente, che abbiamo presentato questo ordine del giorno.
Premesso che le unioni di comuni appaiono essere la forma più idonea per la riorganizzazione dell'architettura amministrativa degli enti locali, nel caso specifico dei piccoli comuni; che i contributi a tali istituti locali - pari attualmente a 20 milioni di euro - risalgono, nella loro entità, a quelli stanziati nel 2003, che risultavano a loro volta dimezzati rispetto al 2001; premesso, infine, che la crescita di tali forme associative risulta essere pari al 50 per cento, considerato che si è passati, infatti, da circa 150 alle oltre 300 attuali unioni di comuni, chiediamo al Governo di impegnarsi a prevedere un incremento del Fondo destinato alle unione di comuni.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgio Merlo. Ne ha facoltà.

GIORGIO MERLO. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame dovrebbe registrare un forte consenso ed un'adesione convinta da parte della maggioranza e, in particolare, della Lega Nord, che su questi temi del territorio sbraita fortemente e, a volte, anche giustamente.
Si tratta del tema dell'unione dei comuni e, in particolare, dei piccoli comuni che sono la stragrande maggioranza del nostro Paese, ossia oltre 5.800. Le unioni, infatti, appaiono essere forse la forma più efficace per i piccoli comuni per contrastare i problemi che caratterizzano le piccole comunità. Invece, se guardiamo solo un numero, ci rendiamo conto che accanto alle prediche locali su questi temi registriamo una pesante violazione e, sostanzialmente, una volontà di abbandonare al loro destino queste piccole comunità.
In questi ultimi tempi si sono infatti ridotte le risorse - e oggi sono 20 milioni di euro i contributi a favore dell'unione di comuni - che erano, invece, molte di più negli scorsi anni. È appena sufficiente, quindi, ricordare questo dato per trasmettere un messaggio politico chiaro e cioè che, di fronte ai problemi che caratterizzano i comuni piccoli e, in particolare, i comuni montani, questa maggioranza di Governo e, in particolare, la Lega Nord ha una ricetta molto efficace, ossia abbandonare questi comuni al loro destino. Questo per non parlare oltretutto delle comunità montane, dove è appaltata alle regioni la soluzione dei problemi che significa, di fatto, smantellare anche questo ultimo presidio istituzionale.
È a dir poco singolare, sotto questo versante, che proprio nel momento in cui la semplificazione e la riorganizzazione dello Stato, annunciata dal codice delle autonomie locali, mira prevalentemente al modello delle unioni dei comuni, costituite in gran parte dai piccoli comuni, invece non solo non si sostengano adeguati incentivi, con maggiore e coerente determinazione, ma vi sia, addirittura, una forte incertezza sul già esiguo fondo a disposizione fino ad oggi stanziato.
Se l'attenzione generale verso i piccoli comuni e le loro unioni, quindi, non dovesse concretamente mutare in tempi brevi, arriveremmo a una conclusione politica alquanto chiara. Tale conclusione consiste nel prendere atto definitivamente che dei piccoli comuni la Lega e la maggioranza di Governo sostanzialmente se ne fregano.
Un'ultima considerazione. Questo è un decreto-legge che segna un'altra grande delusione. Era una grande occasione per affrontare definitivamente e probabilmente con maggiore efficacia i temi legati alla finanza locale e, invece, abbiamo preso e prendiamo atto che su questo versante vi è una forte incertezza e, anche qui, sostanzialmente, la voglia di non affrontare i temi. È appena sufficiente ricordare qualche numero per rendersene conto. Si sono ridotti i trasferimenti nel 2010 di 450 milioni; recentemente è stata abolita l'ICI, che non è stata restituita; infine, la Carta delle autonomie locali rimane nei cassetti.
Non è che la risposta a questi problemi possa consistere nel tagliare le indennità ai consiglieri comunali dei comuni montani, agli assessori dei comuni montani o ai sindaci dei comuni montani. Tutti si rendono conto che i problemi del costo della politica non sono riconducibili a questi piccoli problemi. Anzi, attraverso questo ricorso demagogico e qualunquistico si persegue un grande obiettivo politico, da noi fortemente contestato e condannato, ma che vediamo viene sostanzialmente condiviso dalle forze di maggioranza e, in particolare, dalla Lega e cioè, lo ripeto, smantellare quei presidi istituzionali rappresentati dai piccoli comuni che continuano, soprattutto nelle zone periferiche della provincia italiana, a rappresentare l'ossatura decisiva per quanto riguarda il mantenimento e la garanzia dei servizi essenziali nelle piccole comunità. Su questo punto - lo diciamo per l'ennesima volta - noi registriamo, al di là delle chiacchiere sul federalismo, la totale sordità Pag. 6della maggioranza di Governo e, in particolare, della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miglioli. Ne ha facoltà.

IVANO MIGLIOLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23 affronta il tema dell'unione dei comuni e in particolare, come ricordavano i colleghi Marchi e Giorgio Merlo, il problema dei piccoli comuni italiani, che sono la stragrande maggioranza, ossia 5.800 degli oltre 8 mila comuni.
Le forme associate dei piccoli comuni sono notevolmente aumentate in questi anni, arrivando a 317, e questo perché le unioni appaiono essere la forma per i piccoli comuni più idonea ad affrontare le politiche amministrative su scala più vasta e un utile strumento per rispondere alle crescenti domande che vengono dai cittadini. A fronte di questo aumento, invece di favorire le unioni, si sono ridotte le risorse. Oggi sono 20 milioni i contributi, ed erano più del doppio tre anni fa. Inoltre, è a dir poco singolare che, nel momento in cui lo Stato con il codice delle autonomie valorizza il modello delle unioni, con questo decreto-legge si riducano le risorse.
Per questo l'ordine del giorno in esame impegna il Governo a prevedere un incremento del fondo destinato alle unioni dei comuni. Se ciò non avvenisse, sarebbe davvero a rischio l'autonomia di tanti piccoli comuni che ancora oggi assicurano il presidio del territorio, garantiscono servizi essenziali e la coesione sociale.
Avremmo voluto esaminare gli emendamenti ma, come è noto, non ci è stato consentito: la posizione della questione di fiducia sul decreto-legge, come è noto, serve anche a nascondere le profonde differenze che esistono nella maggioranza, che anche l'altro ieri è andata sotto.
Ricordo i contenuti del provvedimento: nella legge finanziaria 2010 sono state inserite in Commissione alcune norme riguardanti gli enti locali (anche allora vi fu la posizione della fiducia sulla finanziaria); dopo dodici giorni è stato approvato questo decreto-legge che modifica la parte delle norme previste dalla legge finanziaria, e questo a fronte di severe critiche venute non solo dall'opposizione, ma anche dall'ANCI, dall'UPI, dalle comunità montane e dalle regioni.
Dunque si cambia, si modifica, si corregge. Si corregge quello che si è fatto quindici giorni prima. Altro che Governo del fare: Governo del disfare! Dalle mie parti si dice «sgumbià» e tradotto significa «non a posto, indeciso, confuso, pasticcione». Mi pare proprio un Governo sgumbià e questo decreto-legge ne è una prova, una testimonianza consapevole, un'occasione persa.
Non si affronta la crisi della finanza locale, mentre quello dei comuni è un sistema che rischia di collassare (basta parlare con i sindaci). I comuni sono chiamati di fronte alla crisi a rispondere alle sollecitazioni, ma condizionati da un Patto di stabilità che ne comprime l'autonomia. Avete ridotto i trasferimenti, avete tolto l'ICI, la carta delle autonomie rimane nei cassetti, predicate il federalismo, ma in realtà praticate il centralismo. Questo decreto-legge, poi, è un mercato, un mercato in cui prevalgono i raccomandati e i furbi, che possono derogare, mentre invece soccombono i comuni normali, quelli che hanno rispettato i patti, che non hanno fatto i derivati, che hanno i conti in ordine (penso ancora al ripiano del comune di Catania).
Si premiano i furbi e intanto avete inferto un colpo durissimo ai comuni e alle comunità montane: da 170 a 80 milioni di euro, ossia un taglio della metà dei finanziamenti. Addirittura avete fatto il miracolo, il tandem Tremonti-Calderoli, di togliere metà dei comuni montani ed anche qui avete dovuto cambiare. Avete tolto il criterio della montanità, ma avete reso i comuni ancora più poveri: nella mia regione i contributi ai comuni montani sono passati da 22 mila euro del 2009 a 6 mila euro di quest'anno.
Con il decreto-legge, poi, si decidono quanti assessori e quanti consiglieri si dovranno avere (i cosiddetti tagli alle poltrone). Pag. 7Si tratta di un po' di fumo negli occhi. Perché, invece di intervenire sui comuni, non affrontate davvero le riforme che incidono sul costo della politica e sull'efficienza del Paese?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IVANO MIGLIOLI. Il numero dei parlamentari, il bicameralismo, qui sta la vera sfida per cambiare il Paese, rinnovare, riformarlo. Noi siamo pronti e vi sfidiamo: venite qui in quest'Aula ad affrontare i veri problemi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, la battaglia politica che stiamo conducendo in quest'Aula in questi giorni ha molto a che fare con la necessità di dire parole di verità senza mistificare. Perciò, mi richiamo alla discussione sulle linee generali che su questo provvedimento si è fatta qualche giorno fa, nella quale alcuni colleghi della maggioranza hanno affermato che con questo decreto-legge si contribuisce ad «attuare il federalismo fiscale e garantire un più efficace assetto amministrativo dello Stato».
Penso, invece, che stia succedendo il contrario. Come efficacemente sta dicendo la Lega delle autonomie, siamo di fronte ad un centralismo nei fatti e ad un federalismo annunciato.
Provate, cari colleghi della maggioranza, a dirlo ai comuni del Veneto che state approvando una legge di stampo federalista. Provate a dirlo a quei comuni che hanno avuto nel 2009 una riduzione dei trasferimenti, compreso il minor rimborso dell'ICI, di circa 205 milioni di euro, pari al 21,5 per cento in meno rispetto al 2003. Provate a dire che questo decreto-legge è federalista a tutti i comuni virtuosi che reclamano da tempo inutilmente l'allentamento dei vincoli del Patto di stabilità, quando il Governo invece è benevolo con Catania, Roma e Brescia, mentre per tutti gli altri non c'è storia, o, peggio, si prospetta una beffa: rinunciare alle competenze in materia di opere pubbliche. Insomma, si tratta di una devolution alla rovescia a favore della Protezione civile che gode di una zona franca dai vincoli del Patto di stabilità per i grandi eventi.
Ecco la politica del neo-centralismo di questo Governo: prima i tagli poi la spinta alla devolution alla rovescia di funzioni proprie e, infine, il ridimensionamento della rappresentanza politica degli organi, nuovamente per fare cassa, neanche a favore dei comuni, ma delle politiche gestite a livello centrale. Questo decreto-legge mortifica le autonomie locali ed è particolarmente stridente il confronto con la prospettiva solo annunciata di una stagione riformatrice all'insegna del federalismo fiscale.
L'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23 esprime la necessità di cambiare l'approccio nei confronti dei piccoli comuni che si associano e danno luogo alle unioni, come previsto dall'articolo 32 del testo unico. Lo hanno ricordato i miei colleghi, perciò è giusto che venga votato questo ordine del giorno che ha raccolto il parere del Governo testè modificato. I piccoli comuni sono oltre 5.700 in Italia, rappresentano il 30 per cento della popolazione, coprono oltre il 50 per cento del territorio, ma non ce la fanno più ad essere oggetto di una legislazione casuale, scoordinata e improvvisata. Con ogni provvedimento che passa da queste Camere c'è un taglio, una modifica, un suggerimento, un'imposizione a gestire i servizi pubblici come vuole il livello centrale. Inoltre, lo stanziamento di 20 milioni, come è stato ricordato, non è stato incrementato dal 2003 ad oggi nonostante le unioni siano raddoppiate nel corso degli anni.
Il Ministro per la semplificazione avrebbe dovuto pensare ad un incentivo per le unioni e, invece, avviene il contrario con un decreto-legge, che peraltro non ha raccolto l'intesa con l'ANCI. Ciò è tipico dei sistemi centralisti: è un'intesa che non si è cercata e non si è voluta, esattamente come fanno i governi centralisti. Si impone, cari colleghi, una svolta. Questo Pag. 8decreto-legge è il contrario del federalismo: nessun foedus, nessun patto, semplicemente una imposizione. Per questo appongo la mia firma all'ordine del giorno Favia n. 9/3146-A/23 e ne chiedo il voto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, il tema sollevato dall'ordine del giorno in discussione, cioè il rafforzamento degli incentivi economici per le unioni di comuni, credo che evidenzi ancora una volta i limiti e le carenze di questo decreto-legge, che è disorganico e raffazzonato, sia sul versante finanziario che su quello ordinamentale.
In questo decreto-legge ci sono indubbiamente tante cose: propaganda e demagogia, interventi che tornano al peggior centralismo del passato e anche pezze in qualche caso condivisibili che rimediano ai pasticci fatti nei mesi scorsi. Manca, invece, ciò che sarebbe necessario: un disegno organico e leggibile di riforma del sistema delle autonomie, manca una direzione di marcia reale verso quel federalismo fiscale che è diventato legge delega parecchi mesi fa, ma che continua a rimanere sulla carta.
Signor Presidente, il sistema degli enti locali ha un peso molto importante sulla spesa pubblica complessiva, perché comuni e province nel 2008 hanno gestito il 9 per cento della spesa corrente primaria, il 34 per cento della spesa in conto capitale e, all'interno di questo, il 50 per cento degli investimenti.
Questo, tra parentesi, la dice lunga sul ruolo che i comuni e le province avrebbero potuto giocare per rilanciare l'economia e contrastare la crisi economica e sociale. Questa massa di spesa, 80 miliardi di euro annui, è stata soggetta negli anni a vincoli via via più soffocanti, ma spesso fuori bersaglio per quanto riguarda la qualità della spesa, l'efficienza, l'efficacia e l'economicità dei servizi pubblici gestiti a livello locale.
Il Patto interno di stabilità che regola i flussi di entrata e di spesa per gli enti locali con più di cinquemila abitanti è stato concepito e attuato in modo rigido, uniforme, come un abito uguale per tutti, da Milano a Canicattì, senza tenere conto della storia, delle caratteristiche, delle esigenze e delle aspettative di ciascun ente locale. I tentativi di differenziazione negli ultimi anni ci sono stati, ma sono stati controversi e contraddittori nei risultati che hanno prodotto. Basti citare un solo esempio, il decreto interministeriale che ha premiato gli enti locali cosiddetti virtuosi e che ha considerato incredibilmente virtuosi anche i comuni di Palermo e di Catania che nei mesi scorsi sono stati beneficiari di interventi di emergenza da parte del Governo per rimediare a situazioni di gravissimo dissesto finanziario.
Il risultato di questa politica è stata la penalizzazione dei comuni virtuosi e la dequalificazione della spesa, perché oggi gli enti locali fanno meno investimenti del passato, meno buona spesa per costruire in futuro un ambiente sostenibile e uno sviluppo credibile per le loro comunità locali. Il risultato di questa politica è che non si è affrontato in alcun modo il nodo della frammentazione dell'offerta dei servizi pubblici in un Paese che ha 8.101 comuni e 110 province. Il tema allora era un altro, quello di rendere più flessibile il Patto di stabilità adattandolo al territorio, rendendolo flessibile sotto il profilo temporale. Il tema da affrontare in questo decreto era la rimodulazione delle sanzioni per il Patto di stabilità interno, perché non si possono colpire comuni che hanno fatto la loro parte contro la crisi economica, investendo e pagando le imprese che hanno fatto i lavori pubblici, perché questo è quello che avverrà se non verranno cambiate le regole e le sanzioni del Patto di stabilità interno.
Quello che doveva esserci e non c'è in questo decreto era affrontare il vero nodo delle sacche di inefficienza che permangono nella spesa locale: la questione dell'associazione dei comuni nell'offerta dei servizi, la questione degli incentivi per i piccoli comuni a mettersi insieme, a recuperare Pag. 9efficienza e ad offrire alle loro comunità locali servizi di quantità e di qualità superiore rispetto ad oggi e a costi inferiori. Per questo noi chiediamo di rafforzare gli incentivi all'unione dei comuni, per questo vi chiediamo di cambiare politica. Voi questo nodo non l'avete affrontato, anzi avete colpito duramente non solo le comunità montane in riva al mare che andavano cancellate ma anche tante positive esperienze di unioni e di associazioni per l'offerta dei servizi in aree del Paese deboli che hanno bisogno di sostegno.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, i rimanenti contenuti di questo decreto sono propaganda: la riduzione dei consigli, delle giunte, la cancellazione dei direttori generali. Propaganda che non affronta i nodi di una spesa più efficiente a livello locale; propaganda - e ho concluso - che ci allontana, e non ci avvicina, dall'obiettivo e dall'ideale di una Repubblica che riconosce e promuove le autonomie locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GAETANO PORCINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, visto il consenso che abbiamo riscontrato sul nostro ordine del giorno, non insistiamo più per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevole Formisano, insiste per la votazione dell'ordine del giorno Cambursano n. 9/3146-A/24, accettato dal Governo?

ANIELLO FORMISANO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Cambursano per questo ordine del giorno che noi sosteniamo con convinzione. Esso, infatti, impegna il Governo a rivedere il Patto di stabilità per i comuni, soprattutto sotto un determinato aspetto.
Autorevoli personaggi, anche in passato, definirono «stupido» il Patto di stabilità, si riferivano al Patto che il nostro Paese ha con l'Europa; qui stiamo parlando del Patto di stabilità interno, che solo indirettamente ci vincola all'Europa, ma la cui declinazione compete esclusivamente a noi e alle nostre decisioni. Tuttavia, ad oggi non avete dimostrato di voler affrontare il tema seriamente.
Nell'ordine del giorno in esame si rileva l'anomalia dell'impossibilità di utilizzare i residui per pagare i fornitori e nemmeno per abbattere l'esposizione debitoria con l'estinzione anticipata dei mutui per gli enti locali. Noi, Presidente, siamo seriamente preoccupati del modo in cui state gestendo questa materia. È di qualche giorno fa l'appello reiterato di Confindustria circa il fatto che il sistema delle nostre imprese vanta crediti dalle amministrazioni pubbliche di oltre 60 miliardi e questa insistenza nel non modificare il Patto blocca gli investimenti dei comuni, nel momento in cui ci sarebbe bisogno, invece, di ridare liquidità al sistema e di far lavorare le nostre imprese.
C'è un inciso, però, nell'ordine del giorno che è sbagliato. Si dice che con il decreto-legge in esame si sarebbero decisi finanziamenti a favore dei piccoli comuni: è esattamente il contrario, con il decreto-legge in esame si sono tagliati i finanziamenti ai piccoli comuni, perché è stato novellato un comma, che è presente da cinque anni, il comma 703 della legge finanziaria per il 2006, che dava finanziamenti ai piccoli comuni e in questo quadro, invece, si sono tagliati 20 milioni alle comunità montane.
Signor Presidente, ritengo che quello che è accaduto per le comunità montane sia significativo del modo di agire di questo Governo e che sia un fatto gravissimo. Le comunità montane sono state Pag. 10istituite nel nostro Paese dalla legge dello Stato come enti sovracomunali obbligatori, e pertanto nessun comune può dichiarare di non partecipare alle comunità montane. Ebbene, questi enti vivono esclusivamente di finanza derivata, e quindi, sì, possono essere commissariati, ma non possono dichiarare il dissesto, non hanno strumenti per agire sul proprio bilancio.
La scelta del Governo di tagliare completamente i trasferimenti alle comunità montane fa sì che questi enti e il carico economico degli stessi andrà esclusivamente a pesare sulle regioni e sui comuni. Ricordo che sono oltre cinquemila in Italia i dipendenti delle comunità montane ed io non credo che un legislatore serio, dopo avere istituito con legge dello Stato enti obbligatori, possa poi rinunciare al trasferimento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Concludo, Presidente. La politica degli enti locali di questo Governo e della maggioranza è a dir poco schizofrenica, forse è meglio dire che una vera politica non c'è. Su questi temi, come su altri, il Governo si muove con la stessa spregiudicatezza che caratterizza l'azione generale.
Vengono premiati i furbi, chi non rispetta le regole e gli amici. Lo avete scandalosamente fatto per Catania, poi per Palermo, mentre Roma compare in ogni provvedimento. Adesso trovate la soluzione per Brescia e per pochi altri, ma gli altri 8 mila comuni rimangono nella situazione che i collegi hanno denunciato. Come ha ricordato il collega Marchi, c'è stato il maldestro tentativo notturno in Commissione, che l'opposizione ha sventato, di tagliare 42 milioni di euro ai comuni al di sotto dei 3 mila abitanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame mi offre l'opportunità di un'estrema sintesi delle misure più rilevanti di questi due anni di Governo sugli enti locali, peraltro già ampiamente ricordate dai colleghi che mi hanno preceduta. La legge finanziaria per l'anno 2010 (ma anche quella precedente) ha drasticamente ridotto i trasferimenti a comuni e province e ciò ha determinato una ricaduta negativa sui servizi più vicini ai cittadini, quelli che conoscono e che incidono maggiormente sui loro livelli di vita quotidiana. Il Governo conferma un Patto di stabilità che impedisce agli enti locali di pagare i fornitori e di aprire nuovi cantieri per fare investimenti e sostenere l'economia. Il Governo, dopo avere esonerato le fasce più abbienti dal pagamento dell'ICI, non rimborsa ai comuni quanto dovuto e promesso e ripete come un mantra l'avvento del federalismo fiscale, ma le casse degli enti locali sono sempre più vuote. Il Governo, inoltre, premia con risorse dello Stato il malgoverno di amministrazioni amiche e taglia le risorse ai comuni montani e ai comuni virtuosi. Il Governo rivendica la riduzione dei costi della politica, tagliando consiglieri e assessori comunali e provinciali, cancellando le circoscrizioni e continua a nominare nuovi Ministri e sottosegretari.
Colleghi della maggioranza e signori rappresentanti del Governo, la democrazia non è uno spreco e l'autonomia degli enti locali non è un lusso. La posizione della questione di fiducia sul provvedimento degli enti locali ha impedito di modificare il testo e di risolverne le molte contraddizioni che anche voi ben conoscete. C'era il tempo per farlo, il decreto-legge non aveva tempi di approvazione ristretti, ma ancora una volta il Governo e la maggioranza hanno deciso di non volere il confronto d'Aula perché non interessa, o forse perché ne avete paura. Ciò vale ovviamente anche per il tema posto da questo ordine del giorno che chiede al Governo di adottare provvedimenti utili a favorire l'utilizzo parziale dei residui passivi da parte degli enti locali per diverse ragioni, due in particolare.
La prima ragione è che, relativamente al contenimento della spesa pubblica, la Pag. 11finanza locale ha contribuito in modo determinante se raffrontata all'amministrazione centrale. La seconda è che il ruolo dei comuni e delle province risulta decisivo nel predisporre interventi anticiclici in tempi di crisi economica (ovviamente provvedimenti a favore dei territori), offrendo un supporto ai gravi problemi di liquidità delle aziende creditrici. Ciò potrebbe realizzarsi ove gli enti locali potessero utilizzare per questa finalità le risorse bloccate dallo Stato: circa 44 miliardi di euro di residui passivi. Nel 2008 i comuni e le province hanno ridotto il loro indebitamento netto di 1,2 miliardi di euro e nel 2009 di ulteriori 300 milioni di euro.
Colleghi, rappresentanti del Governo, gli enti locali hanno fatto e stanno facendo sì o no il loro dovere per contribuire a risanare le finanze pubbliche? Ditecelo! Lo sta facendo nelle stesse proporzioni anche lo Stato? Sapete anche voi che gli enti locali hanno subito tagli nei trasferimenti che servono solo al fatto che quelle risorse rimangano qui, al centro, a Roma, con il benestare dei colleghi della Lega, alla faccia del federalismo fiscale e alla faccia della tanto declamata autonomia prevista dal dettato costituzionale, quindi, a maggior ragione, dovrebbe essere coerente con i principi federalisti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARMEN MOTTA. Concludo, signor Presidente. Un comune non può più decidere di dare ai propri cittadini un difensore civico. Ma vi sembra una cosa accettabile? Potete almeno riconoscere che spetta al comune decidere dove e cosa tagliare? Invece no: avete deciso di togliere il difensore civico comunale ai cittadini, che dovranno mettersi in fila presso le province, dove si istituirà il difensore civico del territorio. Che straordinaria rivoluzione e che straordinario concetto di autonomia! Il Governo, se vuole essere credibile come Governo del fare, allora deve fare altro, a cominciare dal dare attuazione a quanto contenuto nell'ordine del giorno in esame. Lo dovete fare, perché fino ad ora il Paese e il Parlamento hanno assistito al centralismo dei fatti e solo al federalismo delle parole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e membri del Governo, credo che il tempo che abbiamo impegnato nella discussione degli ordini del giorno non sia buttato via, ma, anzi, serva come messaggio al Governo nazionale affinché esso, dopo la ventinovesima fiducia, smetta di presentare decreti-legge e riporti i provvedimenti nella discussione parlamentare.
Come dimostrerò nel breve intervento, se, con riferimento al provvedimento in esame, vi fosse stata una partecipazione dell'Assemblea molto più precisa, si sarebbero potuti eliminare degli errori. Si tratta, quindi, di una prova generale al Governo: se continua con i decreti-legge e la posizione della questione di fiducia, credo che possiamo continuare ad intervenire sugli ordini del giorno per non consentire una facile conversione dei decreti-legge portati alla nostra attenzione, che sono, invece, difficili.
Con riferimento all'ordine del giorno in esame, il n. 9/3146-A/24, il collega Cambursano, primo firmatario, si lamenta che sia stato soppresso il comma 4 dell'articolo 4, che nella prima stesura del decreto-legge era virtuoso: esso disponeva che tutti i fondi e gli avanzi di amministrazione potessero essere disponibili per ridurre i mutui contratti dagli enti locali, mettendo a disposizione 90 milioni di euro per le penali. Si è fatto di più: questo comma è stato soppresso. Noi avevamo presentato proposte emendative per portare a 300 milioni questa disponibilità finanziaria e sono stati aggiunti altri commi all'articolo 4, molto difficoltosi nell'interpretazione e complicati.
Invito i colleghi e il Governo, quando più volte si parla di comuni virtuosi, ad Pag. 12utilizzare una parola precisa: comuni «sottodotati». Ho a disposizione una tabella in cui si escludono i comuni delle regioni Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige - nel rispetto del primo ordine del giorno che abbiamo discusso: poiché le autonomie sono proprie di queste regioni -: su 7.459 comuni, quelli sottodotati sono 2.935.
Cosa vuol dire comuni sottodotati? Lo precisa bene l'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 244 del 1997: si tratta di quei comuni che hanno un trasferimento erariale inferiore rispetto ai servizi che svolgono. Invece di parlare sempre ad personam, si provvede «ad entem»: avanti Catania, poi Roma, adesso Brescia e poi altri comuni; sulla platea totale dei comuni italiani ve ne sono 2.900 che sono sottodotati rispetto ai trasferimenti. Quando si parla di questo nessuno li tiene presenti. Non è che gli altri comuni stiano bene, ma in generale questi stanno peggio degli altri. Quindi, anche nel meccanismo legislativo sarebbe stato molto corretto se quei 180 milioni di trasferimento sul fondo ordinario che vengono riconosciuti fossero andati a queste realtà comunali.
Dovremmo eliminare la parola «virtuosi»: iniziamo a dire comuni «sottodotati», che hanno un nome e un cognome (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La maggioranza si trova in Veneto, in Emilia e in Toscana: essi hanno avuto minori trasferimenti per gli investimenti, perché nei meccanismi generali dei trasferimenti dei fondi verso gli enti locali si è cessato di trasferire fondi per gli investimenti. Comuni che avevano investito e avevano i servizi hanno visto una riduzione dei fondi stessi.
Studiate anche le tabelle dei trasferimenti erariali: queste regioni che ho ricordato sono le regioni con più comuni sottodotati e con minori trasferimenti erariali pro capite da parte dello Stato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROLANDO NANNICINI. Vorrei concludere su un errore grave. Ho letto che secondo Castelli, che è il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, il problema stabilità sarebbe risolto. Lo inviterei a leggere meglio le leggi che escono da questo Parlamento. Fiducioso di una soluzione per il comune di Milano, il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, per quanto riguarda i limiti agli investimenti posti dal Patto di stabilità, dice che è risolto il Patto di stabilità per i grandi eventi che si realizzano. Questa è una notizia Ansa di ieri delle 13,33. Se andiamo a vedere l'articolo 4, comma 4-novies, il Ragioniere generale dello Stato, Canzio, ci dice cosa significa ciò che avete scritto: gli interventi realizzati direttamente dagli enti locali in relazione ai grandi eventi sono equiparati alle emergenze. Di nuovo Bertolaso: Canzio, il Ragioniere generale dello Stato, ci dice che in base al comma 4-novies, analogamente agli stati di emergenza, cui i grandi eventi sono equiparati ai fini del Patto di stabilità interno, tale esclusione opera esclusivamente per le entrate e le spese correlate a trasferimenti dal bilancio dello Stato, i cui effetti sui saldi sono stati considerati in sede di predisposizione delle relative norme. Quindi, è chiaro... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, la ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, condivido anche io l'ordine del giorno dell'onorevole Cambursano, perché coglie uno dei punti importanti che questo decreto-legge modifica, cioè la questione del Patto di stabilità e il trasferimento delle risorse agli enti locali. Intanto, svolgo una considerazione che è stata già ripresa da alcuni colleghi: il decreto-legge, purtroppo, si inserisce in un contesto di assoluta schizofrenia legislativa. Abbiamo visto il provvedimento sul federalismo fiscale circa un anno fa, la legge finanziaria che ha previsto misure ordinamentali per i comuni, questo decreto-legge e in contemporanea Pag. 13la presentazione della cosiddetta Carta delle autonomie. In ognuno di questi provvedimenti ci sono contenuti diversi rispetto all'organizzazione delle autonomie locali nel nostro territorio e già questo, purtroppo, la dice lunga sull'interesse che il Governo ha rispetto a queste questioni. L'altro aspetto molto importante riguarda le questioni economiche in termini di trasferimento. I tanto decantati tagli ai costi della politica, che si traducono poi dal punto di vista pratico in riduzione del numero di consiglieri comunali, assessori e consigli circoscrizionali, secondo i conti proposti nel decreto-legge, ammontano a 300 milioni di riduzione in tre anni, una cifra assolutamente modesta e soprattutto assolutamente ingiustificata rispetto ai danni che si producono nei comuni. Se si pensa che contemporaneamente con questo provvedimento il comune di Roma riceve 1 miliardo 600 milioni in tre anni - questi sono i dati contenuti nel decreto-legge - capiamo che tutta la demagogia sui tagli in realtà serve a finanziare in questo caso il comune di Roma, mentre prima era capitato ai comuni di Palermo e di Catania, comuni che invece non hanno rispettato nel corso degli anni le caratteristiche del Patto di stabilità.
Se ci pensiamo bene, colleghi, mi rivolgo in particolare ai parlamentari della Lega Nord, questo è il motivo per cui il Governo ha posto la questione di fiducia, perché ha capito perfettamente che su questa parte del provvedimento la Lega non avrebbe potuto accettare le condizioni poste dal decreto-legge.
Infatti, se pensiamo che con questo provvedimento si tagliano risorse a comuni che hanno mantenuto il Patto di stabilità e che si sono dimostrati virtuosi - non credo che si possa parlare di tagli ai costi della politica, quando riduciamo i gettoni dei consiglieri circoscrizionali, che guadagnano 8, 10 o 12 euro a seduta e che di fatto in modo assolutamente volontario svolgono la loro funzione pubblica - e che tutto questo serve solo a trasferire maggiori risorse al comune di Roma, capisco che questo aspetto non poteva essere sostenuto e supportato anche dai parlamentari della Lega senza il ricorso al voto di fiducia. Questo è un punto che bisogna avere chiaro, perché la fiducia la usano contro di voi. È un modo con cui si blocca il Parlamento, si riduce l'opposizione a discutere ricorrendo agli ordini del giorno, ma in realtà serve ad impedire ad una parte della stessa maggioranza di poter modificare in meglio il provvedimento. Anche qui, faccio rapidamente pochi conti, a proposito di quali risorse vengono davvero trasferite al sistema delle autonomie locali e dei comuni.
Considerando il periodo tra il 2003 e il 2009, quindi si sono alternati Governi di diverso tipo, a tutti i comuni del Veneto, nel 2003, erano stati trasferiti dallo Stato 956 milioni di euro. La fonte è il Ministero dell'interno; quindi, credo che i dati siano stati anche visti e preparati dai collaboratori del Ministro Maroni. Nel 2009, invece, i comuni del Veneto hanno ricevuto come trasferimenti 786 milioni di euro.
Se a questo si aggiunge che mancano ancora 35 milioni di mancato rimborso ICI sulla prima casa per il 2008, solo per la parte che riguarda il Veneto, in sei anni i trasferimenti si sono ridotti di 205 milioni, pari al 21 per cento.
Questa è la situazione dei trasferimenti rispetto ad una delle regioni di cui spesso una parte della maggioranza si riempie la bocca a parole, ma poi, nei fatti, questi sono i dati. È evidente che, di fronte a questo taglio sistematico delle risorse dei comuni, questi ultimi non sono più in grado di svolgere alcune delle funzioni e delle competenze che in maniera propagandistica continuamente gli vengono assegnate.
Pensate a tutta la vicenda della sicurezza: quanta propaganda è stata fatta per dire che i sindaci hanno ricevuto maggiori competenze su questo versante. Se poi, accanto a questo, si riducono le risorse e i trasferimenti ai comuni, è evidente che quel tipo di servizi e di funzioni non possono essere esercitati in maniera seria ed efficace da parte dei comuni.
Un'ultima considerazione: il relatore per la V Commissione è l'onorevole Bitonci, che è sindaco di un comune della Pag. 14provincia da cui provengo anch'io, il comune di Cittadella, che ha circa 20 mila abitanti, qualcuno in meno. In quel comune oggi si eleggono 20 consiglieri comunali e la giunta nominata dal sindaco Bitonci ha ben sette assessori; l'ha nominata a ordinamento vigente.
Sulla base di questo rapporto del 33 per cento per quanto riguarda i consiglieri e assessori, poiché è quasi così dappertutto nei comuni del Veneto, sarebbe segno di buon gusto e di decenza, visto che si parla di tagli, che si cominciasse proprio in quelle realtà, prima del decreto-legge, a dare i segnali di cui si è parlato.
Siccome, invece, si dice una cosa a Roma, ma poi nel territorio si fa una cosa completamente diversa, mi sembra giusto ricordarlo, perché la coerenza è una cosa a cui teniamo molto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno a firma dei colleghi Cambursano e Formisano sul quale intervengo trova le sue giuste ragioni nell'impegno assunto dal Governo, accogliendo un ordine del giorno in occasione dell'approvazione della legge finanziaria.
L'ordine del giorno prevedeva un intervento migliorativo sul Patto di stabilità interno anche per il solo 2010, volto allo sblocco di una percentuale prefissata dei residui passivi dei comuni finalizzata agli investimenti, in linea con quanto adottato per il 2009.
Gli indici ISTAT evidenziano che la crisi economica, al di là delle considerazioni del Ministro Tremonti, che prima riteneva che la crisi non ci fosse mai stata e ora afferma che essa è alle nostre spalle, è nel suo pieno sviluppo e i suoi effetti negativi si ripercuoteranno anche nell'anno in corso sulle aziende e sulla loro capacità produttiva, sui livelli occupazionali e sui redditi delle famiglie.
Non è un caso che, da giorni, davanti a Montecitorio, manifestino agricoltori dei diversi comparti. Di fronte a questa crisi e per risanare la finanza pubblica, i comuni e le province stanno mettendo in campo iniziative di forte contrazione della spesa: nel 2008 hanno ridotto l'indebitamento netto di un miliardo e 200 milioni di euro e nel 2009 di ulteriori 300 milioni.
La situazione finanziaria dei comuni e delle province sta diventando veramente drammatica. Un antico aneddoto popolare racconta che il proprietario di un asino era quasi riuscito nell'intento di abituare l'equino a non mangiare, ma dopo qualche giorno il povero asinello cadde a terra, senza più rialzarsi, di fronte al cattivo proprietario, che già gioiva della stravagante e impossibile impresa.
Così potrebbe accadere per quei comuni che, per rispettare il Patto di stabilità, rischiano di perdere l'obiettivo principale: dare servizi efficienti ai cittadini.
Nella stragrande maggioranza dei 2.300 comuni con oltre 5 mila abitanti, nonostante che gli amministratori assicurino il massimo impegno e mettano in campo una straordinaria diligenza, non è stato possibile rispettare il Patto di stabilità: purtroppo i vincoli dati agli enti locali producono effetti altamente negativi, perché bloccano una parte della spesa per somme già disponibili, ed addirittura per lavori già realizzati e solo da liquidare. In sostanza, si ferma una fetta rilevante di ricchezza, che potrebbe essere messa in circolo con grande vantaggio per l'economia.
Oggi fasce sempre più consistenti di popolazione vivono condizioni di grande povertà, ed i comuni, che dovrebbero esprimere una vera ed efficace democrazia di prossimità, non possono, per i vincoli dovuti al Patto di stabilità, promuovere nessuna iniziativa di sostegno a favore dei cittadini indigenti. Anche per questo la revisione del Patto di stabilità è necessaria: i comuni vanno coinvolti nelle misure anticrisi. Occorre escludere gli interventi dai vincoli del Patto, e consentire l'uso degli avanzi di amministrazione (parliamo di circa 3 miliardi e 200 milioni di euro, Pag. 15spendibili da subito) e dei residui passivi (circa 15 miliardi di euro), vale a dire debiti commerciali, pagamenti sospesi, risorse che potrebbero essere utilizzate nell'immediato: dando la possibilità di utilizzare i residui passivi, i comuni potrebbero diventare i sensori di una politica anticrisi, sia attraverso i tanti piccoli investimenti che si possono mettere in campo per manutenzione straordinaria, sia per interventi di ultima istanza nella sofferenza sociale, comprese forme di aiuto al reddito.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. In conclusione, signor Presidente, utilizzando almeno una percentuale predefinita dei residui passivi, si potrebbe alleviare almeno una parte delle criticità che registrano gli enti locali e che ingessano i loro bilanci; e ciò sarebbe oltremodo utile, anche alla luce della progressiva e costante riduzione dell'autonomia finanziaria degli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il decreto-legge in esame comincia con delle norme che hanno come presupposto il fatto che in questo Paese gli enti locali siano spreconi ed inefficienti. La Corte dei conti ha recentemente smentito questo vostro pregiudizio: non è il comparto degli enti locali il responsabile degli sprechi e delle inefficienze di questo Paese. La Corte dei conti ci dice che il risultato delle amministrazioni locali nel biennio 2007-2008 «è nettamente più favorevole di quanto previsto nei documenti programmatici», e che «le amministrazioni comunali in particolare hanno ottenuto nel complesso risultati migliori in termini di saldi». Scrive la Corte: «I comuni hanno dimezzato il disavanzo rispetto al 2007, passando da 2,3 miliardi a 1,1, dal meno 0,2 al meno 0,1 per cento del PIL».
Nello stesso tempo, però, la Corte dei conti ci dice che la situazione finanziaria degli enti locali è drammatica: vi è un saldo economico-finanziario corrente per i comuni che continua ad essere in forte peggioramento. L'andamento delle entrate tributarie nei comuni è in calo deciso: la perdita relativa all'ICI «è particolarmente elevata nelle aree del Nord», ed ha compromesso il livello di autonomia tributaria, in contrasto con la proclamata volontà di dare attuazione al federalismo fiscale. Sempre la Corte lancia l'allarme sul calo delle spese in conto capitale, cui si associa la flessione del tasso di incremento delle entrate un primo indizio importante della difficoltà di tenuta futura delle entrate degli enti locali. La Corte afferma che, se non si modifica il Patto (questo sì che meriterebbe un decreto-legge urgente ed indifferibile), si rischia di «alimentare ulteriori distorsioni, assecondando un progressivo calo della dotazione infrastrutturale ed incidendo sugli equilibri economico-finanziari degli enti». Tale situazione poi colpisce in particolare gli enti locali del nord: non è un caso che il 65 per cento dei comuni che non hanno rispettato il Patto nel 2009 - e questo lo ricordo al Presidente dell'Assemblea, per ricordarlo al Ministro Calderoli e al Viceministro Vegas - siano concentrati nel Nord del Paese, dove questa maggioranza ha preso voti e voti per attuare il federalismo, cosa che invece non sta facendo.
Il Veneto in particolare è la regione con la percentuale di sforamento più elevata, pari al 17 per cento dei comuni soggetti al Patto, e addirittura il 43 per cento di questi comuni è situato in provincia di Treviso: bisognerebbe forse leggere questi dati unitamente a quelli che ha fornito il collega Nannicini (non è un caso che Treviso sia la provincia con i trasferimenti ai comuni pro capite più bassi di tutta Italia).
Signor Presidente - e mi auguro che magari mi ascolti anche qualche rappresentante del Governo - mi chiedo allora: si può trattare in modo uguale chi muove Pag. 16da posizioni così diseguali? Il federalismo non doveva servire a questo, nelle vostre intenzioni? La conseguenza più importante di tale situazione è appunto il crollo degli investimenti. Il rapporto congiunturale fatto nel 2009 dall'ANCE del Veneto - lo richiamo soprattutto per i colleghi che sono stati eletti in quella regione - offre dei numeri spaventosi: i bandi di gara per lavori pubblici pubblicati dai comuni del Veneto nel 2008 erano 885, nel 2009 sono invece 308 (con un crollo, quindi, del 65 per cento); l'importo dei bandi di gara dei comuni del Veneto pubblicati nel 2008 ammontava a 524 milioni di euro mentre nel 2009 è crollato a 284 milioni di euro (con un calo del 45 per cento).

PRESIDENTE. Onorevole Rubinato, la invito a concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, e concludo, il vostro federalismo taglia i consiglieri comunali eletti dai cittadini e moltiplica le società di nomina pubblica (penso alla Difesa Spa e al tentativo fatto sulla Protezione civile Spa); il vostro federalismo riduce all'asfissia i bilanci dei comuni mentre si arrende agli sprechi e alle inefficienze degli apparati centralistici, statali e regionali. Poiché l'albero si riconosce dai frutti dovreste riflettere su questo - cari amici della Lega, in particolare - e vorrei ricordarvi con le parole di Cattaneo che la necessità di un'ampia autonomia amministrativa è valore supremo di libertà. Lo cito: «i molteplici consigli legislativi, e i loro consensi e dissensi, e i poteri amministrativi di molte e varie origini, sono condizioni necessarie di libertà. Al contrario» - e in questo Cattaneo è profeta - «quando ingenti forze e ingenti ricchezze e onoranze stanno raccolte in pugno di un'autorità centrale, è troppo facile costruire o acquistare la maggioranza d'un unico Parlamento: la libertà non è più che un nome; tutto si fa come tra padrone e servi». Ed io aggiungo, con questo decreto-legge tra padrone e servi amici, tra padrone e servi non amici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, a me sembra che il Governo continui ad avere sempre due linee, una virtuale ed una reale. La linea virtuale serve ad accontentare alcuni con la storia del federalismo che, di per sé, è una cosa davvero seria e positiva; però, di questo federalismo nessuno conosce i costi né conosce veramente le conseguenze per la vita delle regioni e degli enti locali: in modo particolare, nessuno conosce le conseguenze effettive per le regioni più deboli. Vi è poi la linea reale, quella che infligge duri colpi agli enti locali, limitandone le entrate e le capacità di intervento, nonché colpendo anche le realtà meglio amministrate.
È a questo che faccio riferimento quando nell'ordine del giorno parlo dell'utilizzo dei residui passivi: vorremmo cioè invitare il Governo ad adottare provvedimenti necessari ed utili a favorire l'utilizzo parziale dei residui passivi. Sto parlando di 44 miliardi di euro di residui passivi tra comuni e province che, in tempi - mai come quelli attuali - di profonda crisi, risponderebbero in termini vitali anche in funzione di una ripresa dell'economia. Continuiamo a leggere sui giornali, e le televisioni ci raccontano, che la crisi economica è stata superata, che è alle nostre spalle, che ne siamo fuori.
Questo non è vero, sappiamo tutti quanti che è un'altra burla, uno spot elettorale, venduto ad un Paese che soffre sempre di più e che è arrivato alla disperazione. I giornali di ieri ci hanno riportato dei dati allarmanti di suicidi tra operai e piccoli imprenditori nel nordest. La realtà è che molti cittadini e imprenditori sono arrivati a questo gesto disperato. Questa è la realtà e la cronaca, purtroppo, ce ne dà testimonianza. La verità, quindi, è che non siamo fuori dalla crisi e che le prospettive saranno terribili. Allora, se nel 2009 è successo che tutti i soggetti che ne avevano la possibilità hanno consumato le scorte, hanno usato i loro risparmi, hanno rastrellato tutto ciò Pag. 17che potevano rastrellare, hanno raggranellato tutto il possibile per superare le difficoltà, probabilmente nel 2010 questo non sarà più possibile.
Aggiungiamo poi la situazione del credito bancario: il rapporto tra gli istituti bancari e le piccole imprese è un rapporto difficilissimo in un momento di crisi come questo. È difficile che gli istituti bancari vogliano o riescano ad aiutare le piccole e medie imprese, anzi spesso le mettono in difficoltà, riducono le linee di credito e le portano al collasso. E anche la disoccupazione sta toccando delle punte storiche. Quindi, per molte famiglie ad un dramma si aggiunge un altro dramma, e si è già detto in quest'Aula che gli enti locali sono bloccati dalle regole ormai sterili imposte dal Ministro dell'economia delle finanze.
Noi vorremmo, con questo ordine del giorno, porre gli enti locali che sono nella reale possibilità di farlo nelle condizioni di avere un aiuto ed un rilancio fondamentale nel quadro che ho cercato di tracciare. I comuni potrebbero usare questi soldi e l'utilizzo di 44 miliardi di residui passivi in molte realtà locali metterebbe in condizione molte piccole e medie imprese di tirare avanti, di respirare e di dare in garanzia gli istituti di credito per concorrere, quindi, al rilancio dell'economia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Sull'ordine dei lavori (ore 10,55).

CESARE DAMIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, come abbiamo già fatto ieri, vorremmo rivolgere a lei, e al Parlamento, un appello. Sono qui presenti tra di noi i lavoratori dell'Eutelia (Applausi). Sono i lavoratori che stanno lottando per il loro lavoro, per il futuro di una azienda del campo dell'information technology che rappresenta il futuro di questo Paese e che rischia di essere chiusa per le gravi responsabilità di chi dirige questa azienda, che non ha cuore i problemi del lavoro, della formazione, della risorsa umana, della tecnologia, ma ha semplicemente l'obiettivo di costruire delle scatole cinesi attraverso le quali si rapinano le risorse di questa azienda e della comunità.

MASSIMO POLLEDRI. Non te ne sei mai occupato quando eri al Governo: potevi farlo prima!

CESARE DAMIANO. Il Parlamento deve ribellarsi a questa situazione. Noi chiediamo pertanto, signor Presidente, come abbiamo già detto ieri, che in primo luogo vi sia la possibilità di un incontro immediato, come chiedono questi lavoratori in lotta, con la Presidenza del Consiglio.

MASSIMO POLLEDRI. Vergogna!

CESARE DAMIANO. In secondo luogo, che vi sia un'iniziativa del Parlamento, che siamo in grado di appoggiare, per quanto riguarda l'applicazione anche per questa azienda della legge Marzano che è stata applicata ad altre aziende come la Parmalat, per essere in grado di risolvere rapidamente questo problema.
La ringrazio, signor Presidente, salutiamo questi lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Damiano, le ho dato la parola, tuttavia, devo farle osservare che non spetta ai singoli deputati salutare gli ospiti di quest'Assemblea, ma solo alla Presidenza dell'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), onde evitare che si possano generare delle situazioni indebite, qualora le parole usate da chi li presenta fossero, in qualche modo, offensive per un'altra parte dell'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

MAURIZIO BIANCONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, mi associo a quanto detto dall'onorevole Damiano in ordine alla questione dell'Eutelia, una questione nazionale, ma che parte dalle mie terre e che ben conosco.
Vorrei dire soltanto che non dovremmo fare demagogia su una vicenda molto importante, che vede un'imprenditoria «di rapina» sacrificare continuamente i lavoratori. Tuttavia, non vogliamo che sui lavoratori si inneschi, poi, una battaglia politica esclusivamente speculativa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Sfruttare i lavoratori per questo è vergognoso! La questione dell'Eutelia è molto grave: facciamo il caso concreto e non demagogia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

ROLANDO NANNICINI. Allora facciamo qualcosa!

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, vorrei sapere dove era l'onorevole Damiano durante lo scorso Governo, quando vi erano risorse, quando, tutti i mesi, vi era un miliardo di euro di extragettito, quando sono stati utilizzati 10 miliardi di euro, semplicemente, per sanare la situazione di 100 mila persone attraverso il cosiddetto «scalone»...

ROLANDO NANNICINI. Non c'era la crisi!

MASSIMO POLLEDRI. ...e quando non abbiamo fatto assolutamente nulla per due anni. Visto che non era un turista, si prenda le sue responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, nell'esprimere tutta la solidarietà dell'Italia dei Valori ai lavoratori di Eutelia e di tutto il comparto Omega-Agile, ritengo che, mai come in questo momento, dobbiamo tutti, in quest'Aula, fare uno sforzo di umiltà e di collaborazione. Ho sempre combattuto e contrastato il Governo Berlusconi su questioni di giustizia e su altro, tuttavia sono prontissimo, in questo momento, in quest'Aula, se il Governo Berlusconi potesse mettere in campo provvedimenti specifici per quanto riguarda questi - e non solo questi - lavoratori, a firmare e a sottoscrivere ogni documento.
In particolare, vorrei far rilevare che, in questo caso, abbiamo a che fare con un gruppo di imprenditori. Il problema, infatti, nasce come problema imprenditoriale, con signori che si qualificano come imprenditori, mentre in realtà, sono degli speculatori che hanno approfittato di una crisi aziendale per accaparrarsi le quote di tale società per venderle, per spartirsele, per sfuggire e per non fare il proprio dovere, perché non avevano alcun piano industriale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Questo è il problema, che, evidentemente, non si presta ai giochi di parte l'un contro l'altro. Il problema è che abbiamo avuto a che fare con gente criminale, che va messa da parte ed affidata alla magistratura, che, infatti, sta provvedendo. In alcuni casi, sono stati nominati dei commissari, mentre, in altri casi, devono ancora essere nominati.
Chiediamo che il Governo, al più presto - prima ancora della fine del mese, quando il tribunale dovrà decidere - garantisca, chiamando le parti sociali e le organizzazioni sindacali proprie dell'azienda, che i commissari non svendano, per lotti, soltanto la parte buona dell'azienda a questo o quell'altro soggetto finanziario, ma che la mettano in vendita attraverso un piano industriale.
Chiediamo, quindi, che al più presto il Governo consegni una garanzia a Eutelia, affinché il lavoro continui, per poter mettere Pag. 19in condizione i committenti di garantire le commesse che già hanno verso Eutelia. In questo senso, pertanto, voglio gettare un ramoscello d'ulivo in quest'Aula (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), perché in nome dei lavoratori di Eutelia sono disposto anche ad allearmi col diavolo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo anch'io sull'ordine dei lavori. Credo che la cosa peggiore, la più negativa, in questo momento, sarebbe che si cercasse, in quest'Aula, ognuno per la propria parte, di ricoprire il ruolo della prima donna. Credo che responsabilità significa sia essere solidali con i lavoratori di Eutelia, ma anche essere solidali, in questo momento, con i tanti lavoratori Eutelia che vi sono in giro per l'Italia. Vi sono tantissime situazioni di questo tipo che, più volte, in quest'Aula, sono state richiamate da tutte le forze politiche.
Pertanto, oggi, non cerchiamo, ognuno per il proprio gruppo, di fare la prima donna, per essere più vicini ai rappresentanti di Eutelia che sono qui presenti, ma andiamo velocemente a concludere l'esame dei punti all'ordine del giorno, in modo da arrivare, la prossima settimana, a svolgere un dibattito in quest'Aula sull'economia con le mozioni già presentate (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Si tratta di mozioni che richiedono una riflessione già da più anni, da due anni a questa parte. Questa è l'unica vera risposta seria che possiamo dare come Parlamento. Dunque, muoviamoci, arriviamo alla prossima settimana e discutiamo fino in fondo su quali potranno essere le risposte da dare seriamente ad Eutelia e a tutte le Eutelia che vi sono in giro per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Secondo le consuetudini di questa Camera abbiamo concesso la parola ad un rappresentante per ognuno dei gruppi parlamentari.
Ha chiesto adesso di parlare l'onorevole Moffa, il quale è presidente della Commissione lavoro: in questa sua qualità, gli darò la parola e dopo non concederò la parola per altri interventi sull'ordine dei lavori.
Prego, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Signor Presidente, la ringrazio per la sua sensibilità e, per la verità, le esprimo una sorta di rammarico per quello che ho sentito, in quanto questi temi molto delicati - come sanno coloro che frequentano (non è il caso dell'onorevole Di Pietro e me ne dispiace) i lavori della Commissione lavoro - sono al centro dell'attenzione non da oggi. È proprio il caso specifico che si è voluto richiamare non demagogicamente, ripeto non demagogicamente (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

FRANCESCO BARBATO. Ma che dici? Ma che dici (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?

SETTIMO NIZZI. Testa di c...! Coglione! (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

AMEDEO LABOCCETTA. Stai zitto...

SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Voi vi qualificate sempre per la sistematica assenza nei lavori della Commissione e poi venite qui a fare demagogia (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

ROLANDO NANNICINI. Vogliamo risposte (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Su questi argomenti molto delicati ci vuole serietà: noi siamo disponibili - lo abbiamo già dimostrato altre Pag. 20volte - a fare confronti in Aula su tali questioni, ma non si può certamente dire che il Governo sia disinteressato a questo come ad altri problemi che riguardano il mondo del lavoro. In particolare, l'onorevole Damiano sa benissimo - perché lui è presente in Commissione - che si sta lavorando anche intorno ad una norma...

ROLANDO NANNICINI. Ma quale norma?

SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. ...che cerca di salvare proprio questi lavoratori dalla speculazione di cui sono stati oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e questo lo sta facendo, attualmente, la maggioranza in questo Paese, non lo ha fatto in passato - e me ne rammarico - l'onorevole Damiano.
Ecco perché sarebbe stato meglio evitare di fare demagogia su tali questioni in un momento particolare della vita del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Come già preannunciato, non concederò la parola per altri interventi. Mi lasci concludere questa fase e poi le concederò la parola per un richiamo al Regolamento.
Voglio assicurare ai lavoratori che sono coinvolti in questa drammatica crisi aziendale il sostegno unanime di tutta l'Assemblea. C'è troppa gente oggi in Italia che cerca lavoro e non lo trova, troppa gente che ha il lavoro e rischia di perderlo, e troppa gente che, anche lavorando, non riesce a mantenere dignitosamente la propria famiglia. Credo che questo sia un problema profondamente presente alla coscienza di tutti coloro che rappresentano in questa sede il popolo italiano (Applausi).
Prego, onorevole Giachetti, ha facoltà di parlare.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo all'articolo 8 del nostro Regolamento semplicemente per dire che, ovviamente (e ci mancherebbe altro!), lei ha modo di apprezzare quando è il caso che, una volta data la parola sull'ordine dei lavori ai deputati, sia necessario che intervenga anche il presidente della Commissione; non mi pare che sia una consuetudine, ma lei può ritenere opportuno, in modo assolutamente legittimo, che possa intervenire, in aggiunta, anche il presidente della Commissione, che poi notoriamente è una persona corretta che, ovviamente, rappresenta la maggioranza.
Per una questione di stile però, se interviene il presidente della Commissione, sarebbe utile che egli non parlasse a nome della maggioranza, sapendo responsabilmente di essere investito di un ruolo istituzionale, e non facesse propaganda, perché l'ha fatta già il gruppo a cui appartiene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Si riprende la discussione (ore 11,10).

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 3146-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Peluffo. Ne ha facoltà.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, colleghi deputati, sentendo il calore con cui sono intervenuti anche i colleghi della maggioranza, ci aspettiamo, a questo punto, che anche loro sollecitino il Governo a rispondere urgentemente all'interrogazione sul caso Eutelia che abbiamo presentato alla Commissione attività produttive con i colleghi Damiano e Lulli, che, peraltro, è una delle tante interrogazioni, considerato che la prima l'ho presentata un anno e mezzo fa con il collega Nannicini.
Ad ogni modo, signor Presidente, sono iscritto a parlare per dichiarazione di voto Pag. 21sull'ordine del giorno Cambursano n. 9/3186-A/24 e intendo farlo chiedendo di aggiungervi la mia firma.
Tale ordine del giorno interviene rispetto alle difficoltà della finanza locale dei comuni, perché, come è stato detto da altri colleghi, il decreto-legge sugli enti locali tocca in maniera tangenziale la questione, sapendo che la sede adatta era la legge finanziaria.
Signor Presidente, voglio ricordare che il provvedimento in oggetto affronta il tema della deroga al Patto di stabilità anche in un'altra sua parte, come ha ricordato poc'anzi il collega Nannicini nel suo intervento e, prima ancora, nel corso della discussione sulle linee generali. Egli si riferiva al comma 4-novies dell'articolo 4, che dispone che gli interventi realizzati direttamente dagli enti locali in relazione ai cosiddetti grandi eventi (Expo 2015, Louis Vuitton Cup, mondiali di ciclismo e via dicendo) sono fuori dal Patto di stabilità e tutto ciò è previsto da un comma aggiunto nelle Commissioni. Prendiamo atto che il Governo ha ricopiato testualmente nel maxiemendamento ciò che aveva presentato in sede di Commissioni riunite, cioè un emendamento senza la copertura dovuta.
Il predetto comma 4-novies comporta che sarà necessaria un'ordinanza del Presidente del Consiglio (di nuovo nella logica dell'emergenza e di nuovo con un intervento della Protezione civile) per derogare al Patto di stabilità. Il Governo ha scelto, quindi, una scorciatoia, perché la strada principale era quella della legge finanziaria. Voglio ricordare che in sede di esame della legge finanziaria con i colleghi Misiani, Fiano, Quartiani e De Biasi avevamo presentato un emendamento proprio su questo oggetto; esso non è stato approvato e ne abbiamo riproposto il contenuto in un ordine del giorno che il Governo ha accolto. Quella sarebbe la strada principale, mentre il Governo ha scelto una scorciatoia. Di questi tempi credo che sia dimostrato che non valga la pena fare i furbi a partire dal decreto-legge sulle liste.
Parlo di scorciatoia perché la norma che ho richiamato non ottiene l'obiettivo che proclama. Infatti, leggendo la norma contenuta nell'articolo 77-bis, comma 7-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, essa recita che nel saldo finanziario di cui al comma 5 non sono considerate le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente in conto capitale sostenute dalle province e dei comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza. Insomma, questo atto risolve solo la quota parte dello Stato e non la quota che devono mettere gli enti locali.
Signor Presidente, il trucco non è riuscito, la norma è chiara. Quando, allora, un quotidiano nazionale nella sua edizione milanese titolava «Giallo sul decreto salvametro. Sos dal comune di Milano al Governo. La beffa del testo che doveva sbloccare i progetti. Chiesto un parere ufficiale a Roma», il parere ufficiale è che il trucco non è riuscito, non può essere computato. La norma è chiara da questo punto di vista.
Non è stato risolto il problema per il comune di Milano e per la sua quota parte. Adesso cosa farà il Governo per cambiare la realtà della norma? Forse varerà un decreto-legge interpretativo per cambiare in corso d'opera la norma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Devo avvertire l'Assemblea che l'onorevole Tabacci aveva chiesto la parola in occasione degli interventi sull'ordine dei lavori relativo, alle vicende della società Eutelia.
Purtroppo, è stato visto in ritardo e, dunque, non ho potuto concedergli la parola. Credo che, a questo punto, quel capitolo del discorso, da parte dell'Assemblea, sia stato chiuso. Pertanto, mi scuso per la involontaria omissione.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cambursano n. 9/3146-A/24, accettato dal Governo. Pag. 22
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Salutiamo i lavoratori dell'Eutelia che ci lasciano (Dalla tribuna riservata al pubblico vengono lanciati in Aula volantini - Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...
Rinnovo il saluto ai lavoratori. Tuttavia, devo stigmatizzare questo atto che sicuramente non viene dai lavoratori e tenta di strumentalizzare questa vicenda.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 428
Votanti 411
Astenuti 17
Maggioranza 206
Hanno votato
396
Hanno votato
no 15).

Prendo atto che i deputati Scilipoti, Sardelli, Nizzi, Cazzola e Barbato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, che i deputati Burtone e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare, e che la deputata Sbai ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Marinello n. 9/3146-A/26, accettato dal Governo, purché riformulato.

AMEDEO LABOCCETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, le rivolgo una richiesta specifica. Vorrei sapere come sono state accreditati i nostri ospiti questa mattina e chi sono coloro che ne hanno consentito l'ingresso. Questo non è uno stadio e quello che è avvenuto stamattina è un precedente pericolosissimo. Con questo sistema ognuno può portare all'interno di quest'Aula soggetti per fare la claque o per strumentalizzazioni elettorali, e ciò avviene sulla pelle dei lavoratori! Questa è una cosa ignobile per chi la ha organizzata (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole Laboccetta, la sua richiesta sarà comunicata al Presidente della Camera.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solo dire che questo non è un precedente né una cosa gradevole e non lo è oggi come non lo è mai stato. Sarebbe bene che le Aule parlamentari fossero rispettate. Tuttavia, non è un precedente ed è successo anche a tanti accreditati di tante persone che sono qui dentro.

GIOVANNI FAVA. Quando?

ROBERTO GIACHETTI. Purtroppo accade. Ma ciò non toglie che poi al di là del gesto, che pure è un gesto di persone che probabilmente sono ormai disperate, spero che conti anche il contenuto di quello che viene detto.

ARTURO IANNACCONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, anche io volevo stigmatizzare quello che è avvenuto, perché è nostro compito - e lo facciamo con i nostri atti parlamentari - occuparci di tutte le gravi situazioni di crisi che riguardano tante aziende del nostro Paese.
Ci sono tanti modi per manifestare, criticare e contestare. Il modo peggiore ritengo sia quello che è avvenuto questa mattina, perché compromettere i lavori parlamentari, esasperare un clima, dare Pag. 23l'idea che anche il Parlamento diventi oggetto di violenta contestazione, significa alimentare un clima di eversione all'interno del nostro Paese che è assolutamente pericoloso (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

SABRINA DE CAMILLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, intervengo per esprimere la solidarietà nei confronti dei lavoratori, ma anche per stigmatizzare ogni forma di autorizzazione a che la disperazione possa trasformarsi in atti di violenza e di non rispetto istituzionale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo non è possibile e non è corretto, perché significa esasperare il clima del Paese (Commenti della deputata Bellanova), che può portare degli squilibrati, in alcuni casi, a fare azioni di violenza nei confronti di chi rappresenta le istituzioni e nei confronti di chi cerca di difendere con i fatti i lavoratori e la dignità dei lavoratori stessi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Vorrei invitare i parlamentari ad esprimere sobriamente e brevemente la loro posizione, perché non è possibile che la seduta venga occupata in gran parte da discussioni incidentali. Darò la parola ancora ad un rappresentante per gruppo.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che i lavoratori, dei quali una rappresentanza era qui fino a poco fa, non percepiscono lo stipendio dal settembre 2009. Pertanto, si tratta di lavoratori che hanno in qualche modo dentro di sé il bisogno di manifestare uno stato di disagio enorme.
Mi sarebbe piaciuto che le parole che i colleghi del centrodestra hanno detto adesso contro questi lavoratori fossero state pronunciate qualche mese fa, quando da quel palco i rappresentanti dei partiti che protestavano perché non percepivano più i contributi elettorali hanno lanciato dei manifestini. Allora nessuno di loro si è alzato a protestare! Credo che questi lavoratori vadano invece difesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

ROLANDO NANNICINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, intervengo per informare i colleghi che abbiamo presentato un'interrogazione di dettaglio sul caso Eutelia nel marzo del 2009 e che il Ministro non ha ancora avuto la decenza di darci una risposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Se vogliamo evitare volantini, schiamazzi ed altro, il Governo faccia il suo mestiere. Infatti, ci sono dei parlamentari (ho sentito l'onorevole Bianconi in replica sulla sua terra) che hanno presentato interrogazioni di dettaglio su questo caso e il Governo non ha avuto la decenza di dare una risposta al Parlamento e ai lavoratori, e su questo fatto esprimo una protesta. La vicenda è stata segnalata a settembre e successivamente.
Si tratta di un fatto semplice: ci vuole un decreto-legge su Eutelia (la famiglia Landi ha preso Getronics, tutta la rete di EdisonTel, 13 mila chilometri di telecomunicazioni). Ci sono disposizioni, proposte anche dal Ministero, affinché si vada all'amministrazione controllata e se ne faccia un caso di sviluppo industriale del Paese.
Queste risposte le vogliamo, al di là della demagogia che ci può essere o non Pag. 24essere in un dibattito parlamentare. Vogliamo risposte ad interrogazioni su questo settore strategico per l'Italia. Ricordo che anche la Camera è cliente di questi cittadini che lavorano, come anche il Ministero dell'interno e Sky. Ci sono clienti numerosi.
Senza una politica aziendale di settore non si tiene aperta la prospettiva di questi lavoratori e dei loro stipendi. Viene data una risposta in modo demagogico e improvvisato. Ci sono atti parlamentari a cui vogliamo delle risposte, perché siamo parlamentari e vogliamo risposte da poter dare ai lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, la invito a intervenire brevemente, perché abbiamo un ordine del giorno impegnativo che ci attende. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, intervengo perché, dopo i lavori che, come ricordato dal presidente Moffa, stiamo portando avanti dall'inizio di questa legislatura nella XI Commissione (Lavoro), personalmente mi dispiace, soprattutto per i cittadini che rappresentiamo, dover vedere in quest'Aula un dibattito di questo tipo semplicemente mirato alle prossime scadenze delle elezioni regionali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Penso che sia indegno per un Parlamento e per delle persone, sia di maggioranza sia di opposizione, che continuano a lavorare (anche con i problemi che affrontiamo ogni giorno, anche sugli ultimi provvedimenti che stiamo affrontando all'interno della Commissione), sentire accusare una parte politica o l'altra di disinteressarsi dei lavoratori. Credo anche che creare il clima teso e di odio (perché quello che ha portato qui questi lavoratori è un clima d'odio) non aiuti i cittadini colpiti dalla crisi economica che la situazione del Paese e del mondo ci ha portato a fronteggiare e non aiuti ad affrontare in modo serio il problema (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Voglio ricordare che gli 8 miliardi di euro messi insieme alle regioni per gli ammortizzatori sociali sono all'incirca dieci volte quanto ha fatto il precedente Governo che ovviamente non affrontava un periodo di crisi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dunque, invece di essere propositivi e costruttivi, continuiamo ad affrontare questa situazione con volantini lanciati o con un'Italia dei Valori che non si presenta mai in Commissione lavoro e viene soltanto in Aula o sulle piazze a pontificare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Questo non lo posso accettare nel rispetto di tutti i colleghi che ogni giorno leggono i provvedimenti e fanno proposte per affrontare i problemi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ci sono altre richieste di intervento. Vedo gli onorevoli Baldelli e Quartiani, ma ha già parlato un rappresentante per gruppo.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, poiché ritengo che i nostri lavori debbano procedere sul merito degli ordini del giorno (sui quali stiamo peraltro affrontando un confronto sereno), intervengo soltanto e semplicemente per un richiamo al Regolamento, visto che la vicenda della questione Eutelia è stata sviscerata anche se da diversi punti di vista. Ella ha giustamente fatto presente anche all'onorevole Damiano che è la Presidenza che eventualmente saluta i vari ospiti delle tribune. Ricordo che l'articolo 64 del Regolamento disciplina in maniera abbastanza chiara l'atteggiamento di coloro i quali sono presenti nelle tribune. Qui c'è una vicenda politica e umana nei confronti Pag. 25della quale credo che tutti noi dobbiamo avere anche grande rispetto, ma dobbiamo altresì avere la consapevolezza del rispetto dovuto a questa Assemblea, ai suoi membri e a questo Parlamento (Commenti del deputato Bellanova).
Credo che l'articolo 64 disciplini in maniera inequivocabile quale sia il comportamento da tenere da parte di coloro che sono ospiti di questa Assemblea e che assistono ai lavori dalle tribune. Poiché quello che è avvenuto è un fatto sul quale dovremmo tutti quanti interrogarci e anche dare delle risposte, chiedo che l'Ufficio di Presidenza si faccia carico di applicare l'articolo 64. Credo che sia ora, signor Presidente, che si debba tornare, come ella giustamente suggeriva, al merito della questione e ai punti all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, noi avremo un dibattito sui temi della crisi economica in cui tutti potranno esprimere con tempo e attenzione adeguata le proprie posizioni politiche. Credo che ne abbiamo parlato in via incidentale a sufficienza per la giornata di oggi. Certamente sia i questori che l'Ufficio di Presidenza verranno investiti di quello che è accaduto. Non direi che i lavoratori dell'Eutelia si sono comportati in modo reprensibile: ci sono state una o forse due persone, che non sappiamo neanche se siano effettivamente dei lavoratori, che hanno tentato di strumentalizzare la vicenda.
Chiedo all'onorevole Gioacchino Alfano se accetta la riformulazione proposta dal Governo per il suo ordine del giorno n. 9/3146-A/27.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3146-A/31, accettato dal Governo?

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Intervengo per dire che l'ordine del giorno riguarda la possibilità di utilizzare dei mezzi per mettere le istituzioni, dal Parlamento, al Governo, alle regioni, alle province e agli enti locali, nelle condizioni di avere una mobilità sostenibile con la possibilità di ricadute anche sul dato più direttamente economico, con la razionalizzazione delle risorse della pubblica amministrazione.
Fornisco alcuni dati che ritengo oltremodo importanti e che danno anche la cifra degli sperperi che a caduta avvengono nella nostra nazione. A fronte di un incremento dell'utilizzo delle auto blu pari al 3 per cento nel 2009, si è passati ad un incremento di oltre 18.842 automezzi rispetto al 2007. Complessivamente siamo di fronte ad un incremento nei tre anni di 52.760 automezzi e penso che, al di là di chi spreca di più e della facile demagogia e della facile polemica, potremo attivare un meccanismo che abbia anche un duplice risultato: l'ottimizzazione delle risorse e il mettere in campo delle iniziative che vadano nel senso della riduzione di CO2 nell'atmosfera. Potremo ricollegarci ad un piano di carattere europeo sotto il profilo della razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse, ma anche e soprattutto dell'impegno per combattere l'inquinamento atmosferico.
L'ordine del giorno si limita a trovare una soluzione innovativa per il contenimento della spesa pubblica, da un lato, e per il rispetto dell'ambiente, dall'altro. Si insiste nel dire che probabilmente l'utilizzo del car sharing potrebbe essere una grande opportunità per mettere insieme questi due elementi, con l'opportunità di valutare in che misura e con quali tempi e modalità il Ministero dell'ambiente intenda dare una risposta. Ciò per un motivo molto semplice: al di là di alcuni impegni che spesso chiede l'opposizione, che confliggono direttamente con le possibilità economiche in campo, penso che con questo ordine del giorno si potrebbero ottimizzare e razionalizzare le risorse, accogliendo anche l'obiettivo del rispetto Pag. 26dell'ambiente. Ma non solo, il Governo e il Ministero dovrebbero dire, una volta per tutte, con quale tempi e con quali modalità intende razionalizzare e progressivamente azzerare l'utilizzo delle auto blu, facendole restare nell'ambito delle necessità piuttosto che della discrezionalità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,30)

AUGUSTO DI STANISLAO. Credo che questo ordine del giorno vada nel senso di una sensibilità ambientale, un messaggio che dovremmo dare, a partire dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, intorno a questo decreto si erano determinate delle interessanti attese da parte degli enti locali, ma ovviamente quelle aspettative per i sindaci italiani sono diventate, nel volgere di tre settimane, delle ulteriori delusioni.
Nella parte ordinamentale del decreto-legge in esame il Governo ha affrontato nuovamente le questioni, mi sembra, in modo creativo e con una spiccata tendenza confusionaria, dal momento che negli ultimi mesi è intervenuto sulle questioni ordinamentali perlomeno in quattro modi diversi. Infatti, abbiamo trovato norme ordinamentali nella recente legge finanziaria, nella proposta sulla Carta delle autonomie, nella versione iniziale di questo decreto-legge urgente, ed altre ancora nella sua versione finale, tra l'altro sottoposta a «discussione limitata» a causa del voto di fiducia.
Quindi, onorevoli colleghi, nel volgere di pochi mesi ci siamo trovati almeno quattro pacchetti di intervento, che ovviamente si sovrappongono tra loro, che muovono singhiozzando ed evidentemente anche qui con tendenza alla schizofrenia. Eppure, persino noi avevamo sperato che il Ministro Calderoli operasse seriamente sulla semplificazione legislativa, ma devo dire che siamo totalmente delusi.
Dunque, onorevoli colleghi, signori del Governo, noi del Partito Democratico abbiamo maturato un legittimo sospetto, che in questo caso non confonderei con quello sull'impedimento. Il legittimo sospetto è che il Governo continui a curare esclusivamente l'impatto comunicativo dei suoi decreti-legge, utilizzando spregiudicatamente quella zona grigia del circuito politica-informazione che consiste nell'apparire e nel fare notizia ed è ciò che è accaduto per i consiglieri comunali. Verrebbe da dire che da questo Governo, da questa maggioranza, non proviene mai un approfondimento. La serietà, signori del Governo, per voi è una virtù il cui accesso, a dir la verità, non vi è impedito.
Signori del Governo, avete fatto la stessa cosa all'inizio della discussione sul federalismo fiscale, quando volevate far credere che l'impatto distributivo avrebbe attribuito più risorse al nord e meno al sud, e solo quando è tornata in campo la serietà e la discussione, quindi, è diventata seria e dialogica e i riflettori mediatici perlomeno si sono spenti, si è potuto narrare al Paese che l'impatto era semplicemente di tipo allocativo.
Cosa intendete fare, signori rappresentanti del Governo, Ministro Calderoli, a valle di questo provvedimento e soprattutto sul versante ordinamentale? Intendete riaprire la discussione sul Codice delle autonomie congiuntamente alla Conferenza unificata sapendo che la stessa non ha ancora espresso il parere sulla Carta delle autonomie? Ministro Calderoli, non perda questa occasione che le offriamo. Siamo fiduciosi che l'accoglierà.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, le chiedo ancora qualche secondo per ricordare a tutti i colleghi che sulla vicenda di Eutelia noi chiediamo, tutti insieme, perché questo è l'auspicio, che si proceda rapidamente all'amministrazione controllata, Pag. 27per non perdere quel patrimonio di know-how e di capitale sociale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, intervengo su questo ordine del giorno, innanzitutto, perché è un modo per lasciare una testimonianza in più della nostra critica ad un provvedimento deludente e su cui avevate posto l'ennesima questione di fiducia, ma anche perché innanzi ai danni prodotti anche da questo piccolo provvedimento non si è tutti uguali; infatti, in base ad esso c'è chi sarà più diseguale e pagherà di più in termini sociali.
Sono comuni medi e piccoli, sovente i meno visti anche mediaticamente, che balzano agli onori della cronaca nelle emergenze. Come è stato detto anche stamani, una legge speciale per Roma o per Catania magari non la si nega, ma per altri comuni sì; oppure, come ricordava ieri l'onorevole Corsini con dati indiscutibili, sono i comuni virtuosi e, devo dire, molti proprio nel nord. Il municipio è in prima fila nella risposta alla dignità della vita quotidiana di molte persone, soprattutto di quelle persone perbene oggi alle prese con una crisi durissima.
Allora, voglio dire solo una battuta: è quanto meno impudico dire, come ho sentito da questi banchi, che è indegna la richiesta dell'onorevole Nannicini di pretendere una risposta sulla crisi di Eutelia. Classi dirigenti illuminate non reagiscono così e, infatti, nel mondo stanno facendo investimenti sulle città, perché sanno che queste rappresentano un volano per l'economia e una frontiera della cittadinanza. Voglio ricordare che questo è tanto più vero per la storia dell'Italia, dove l'equilibrio tra le istituzioni dello Stato e i comuni è alla base di un'identità nazionale che, nella ricorrenza del centocinquantesimo anno di unità nazionale, si presenta come fragile in termini di etica pubblica, di uguaglianza dei diritti e dei doveri e di unità del Paese.
Questo provvedimento, infatti, è un altro atto miope in mezzo a quelle che io considero più gravi «picconate» che la vostra maggioranza sta dando alla Costituzione. In questa norma non si affronta alla radice il nodo che noi abbiamo proposto e riproposto del Patto di stabilità e ciò riduce e blocca la possibilità di investire, limitando chance di crescita economica e civile. Si bloccano, infatti, quelle risorse che potrebbero riattivare produzione e consumi. Penso all'allargamento delle opportunità di lavoro per le donne, una vera emergenza che può condannare intere aree del Paese, in particolare nel Mezzogiorno, al dramma. Intervenire per l'occupazione e in particolare per l'occupazione femminile non significa solo quello che ritengo una vostra grave mancanza, ovvero una politica di incentivi fiscali per le imprese e per le lavoratrici. Al contrario, significa investire su asili nido, servizi, scuole pubbliche a tempo pieno, ovvero tutte quelle cose su cui anche con questo provvedimento state mettendo in ginocchio le nostre autonomie. Certo, è difficile che vogliate ascoltare, vista l'ispirazione che guida la vostra risposta alla crisi e che vi ha indotto alla sordità dell'abolizione dell'ICI per gli abbienti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

BARBARA POLLASTRINI. Concludo, signor Presidente. Il Presidente del Consiglio usa paragonare se stesso e il suo Governo a De Gasperi e, intanto, sta arringando contro il rispetto della legalità. La Lega ha invocato anche stamani il federalismo, ma ha approvato un decreto-legge che nega la potestà delle regioni in materia elettorale. Voi avevate i numeri per affrontare le grandi riforme a partire dalla legge elettorale, la riduzione dei parlamentari, le autonomie locali e una vera riforma della giustizia. Avete preso l'altra strada, quella del populismo e del privilegio, ma io credo che la bolla mediatica si stia sgonfiando e lo dimostreranno Pag. 28presto i cittadini e le cittadine chiamati al voto delle regionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sono favorevole a questo ordine del giorno, ma vorrei richiamare l'attenzione della Presidenza sul fatto che in esso ci sono espressioni straniere. Mi chiedo se tra le condizioni di ammissibilità dei testi, la Presidenza non possa controllare che venga utilizzata la lingua italiana, che ci sembra sia ancora la lingua del nostro Paese.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Malfa, il suo è un suggerimento sul quale la Presidenza si confronterà.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3146-A/31 e per svolgere alcune considerazioni. Il decreto-legge in esame indebolisce il sistema delle autonomie locali e, in particolare, quello costituito dai piccoli comuni, che impropriamente vengono rappresentati solo come un costo, mentre sono una risorsa della nostra Repubblica.
Il ruolo dell'amministratore comunale è fondamentale per l'esercizio della democrazia nel nostro Paese e non può essere mortificato in continuazione. Viceversa, occorre garantire al cittadino la sopravvivenza di organismi, attraverso i quali le decisioni siano partecipate e di enti, come le comunità montane, la cui esistenza è fortemente pregiudicata dalla mancanza di risorse finanziarie, perché i comuni sono l'istituzione percepita dai cittadini come la più vicina e in grado di rispondere ai propri bisogni, spesso anche là dove lo Stato non risponde. Essi offrono servizi essenziali per cittadini e imprese, investono in opere utili ad un ordinato e armonico sviluppo sociale e si confermano un comparto che in questi anni ha nettamente migliorato i propri conti, contribuendo fattivamente al conseguimento degli obiettivi di riequilibrio del bilancio pubblico, nonostante i numerosi tagli che hanno pesantemente inciso sulle casse comunali e nonostante le mancate o, comunque, insufficienti compensazioni da parte dello Stato del gettito ICI sulla prima casa, che costituisce una delle principali cause del grave stato di crisi in cui versano gli enti locali.
Se a ciò aggiungiamo le problematiche relative alla questione TARSU e al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, ci rendiamo conto che, anziché incentivare l'adozione di misure anticicliche a sostegno dell'economia, in un momento di grave crisi economico-finanziaria come quello attuale, si impongono ulteriori sacrifici nella gestione delle risorse, penalizzando, paradossalmente, proprio i comuni più virtuosi o sottodotati rispetto al trasferimento erariale. Occorre un'inversione di tendenza e valorizzare il ruolo degli enti locali: essi sono un volano per la ripresa e per lo sviluppo. Invece, il decreto-legge in esame sul quale la stessa maggioranza appare divisa, tanto da aver posto la ventinovesima questione di fiducia per coprire le divergenze interne, è un'ennesima occasione persa: esso non contiene disposizioni volte ad integrare o correggere la disciplina del Patto di stabilità e non agevola la spesa per investimenti e il pagamento dei residui passivi, ma si inserisce nella logica centralista, ben distante dallo sbandierato federalismo fiscale, utilizzato come propaganda ma, di fatto, contrastato dalle disposizioni di questo e degli altri provvedimenti disposti dal Governo.
L'individuazione centralista di precise misure di contenimento delle spese, oltre ad essere in contrasto con l'autonomia costituzionale riconosciuta agli enti territoriali, si rivela inefficace e contraddittoria: non è accettabile affrontare la questione del risparmio incidendo sugli organi della rappresentanza democratica e la riduzione dei costi della politica non può Pag. 29mettere in discussione, in alcun modo, il sistema democratico del nostro Paese.
I costi della politica e della democrazia non vanno confusi e sovrapposti: non si può genericamente parlare di poltrone, soprattutto se pensiamo ai piccoli comuni e a quelli di montagna, in cui l'amministratore può essere considerato un volontario, che sopperisce con il suo impegno personale a tutte quelle carenze che chi, come me, ha avuto l'onore e l'onere di essere sindaco, ben conosce.
A fronte di tutti i sacrifici messi in atto dai territori, stride il contrasto con altri ambiti della pubblica amministrazione. Si pensi, ad esempio, che il nostro paese è il Paese con il numero più alto di auto blu e, nonostante le misure di riduzione previste da diverse leggi finanziarie, non si è conseguito alcun obiettivo di contenimento della spesa.
Quest'ordine del giorno propone una soluzione innovativa, atta a coniugare risparmio e rispetto ambientale. Con l'introduzione anche in via sperimentale del car sharing per le pubbliche amministrazioni, la politica potrebbe dare un segnale importante ed offrire un esempio positivo, che godrebbe sicuramente del favore dei cittadini e contribuirebbe sicuramente a ridurre almeno un po' le distanze tra politica e società (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/3146-A/31, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lorenzin, Zorzato, Duilio, Traversa, Pili, Vella, Bocchino, Brancher, Tenaglia, Capodicasa e Piso...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 413
Votanti 392
Astenuti 21
Maggioranza 197
Hanno votato
376
Hanno votato
no 16).

Prendo atto che i deputati Piso, Polidori, Ascierto, Boccia e Siragusa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Moffa e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Zazzera n. 9/3146-A/32, accettato dal Governo.

IVAN ROTA. Sì, signor Presidente, insistiamo per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, quest'ordine del giorno è anche di attualità, visto che il comitato direttivo dell'ANCI proprio il 4 marzo ha toccato una serie di punti, tra cui è richiesta la modifica delle regole del Patto di stabilità interno, in modo da consentire ai comuni di sostenere la spesa per investimenti e da rendere sostenibile per il comparto la manovra finanziaria 2010-2012, prevedendo regole che vadano nella direzione di allentare i vincoli per i comuni che abbiano giacenze di tesoreria e residui passivi al fine di un loro utilizzo. Proprio muovendo dalla sollecitazione di quanto hanno evidenziato i comuni dell'ANCI in questa loro ultima riunione, l'ordine del giorno va proprio nella ulteriore direzione dell'ampliamento e della ristrutturazione degli edifici scolastici, ma non solo, bensì anche della possibilità della loro messa in sicurezza. Dunque, soprattutto per i comuni virtuosi il rispetto dei vincoli del Patto di stabilità interno 2010, combinato con l'annoso blocco delle entrate e delle spese, e la mancanza dell'autonomia creano una situazione difficile soprattutto per quei comuni che hanno ben amministrato e che hanno delle disponibilità finanziarie. Determinano l'impossibilità da parte di questi comuni di portare avanti quegli investimenti Pag. 30necessari. Proprio per questo motivo, l'impegno è quello di considerare l'opportunità di adottare provvedimenti finalizzati a escludere dai saldi del Patto di stabilità interno proprio le spese dei comuni per interventi necessari, come si diceva prima, alla messa in sicurezza e alla ristrutturazione ed ampliamento degli edifici scolastici.
Chiediamo, quindi, che l'ordine del giorno sia posto ai voti e che vi sia un'attenzione da parte del Governo su questa situazione che i comuni d'Italia denunciano (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno pone un problema principale, che riguarda gli enti locali, che, naturalmente, in questo decreto-legge vi siete rifiutati di discutere, e cioè il fatto che essi sono bloccati da regole ormai sterili, imposte dal Ministro dell'economia e delle finanze, che impediscono ai sindaci, anche a quelli che dispongono di risorse economiche e hanno i bilanci in attivo, di fare, ad esempio, la manutenzione delle scuole quando i muri sono decrepiti o quando il tetto è sfondato.
Nel dibattito - forse, sarebbe meglio dire nel mancato dibattito, almeno nelle sedi parlamentari - sulla crisi e sul declino dell'economia italiana e sulle azioni per contrastarle vi è un grande assente: lo sviluppo locale (sull'argomento, ricordo che qualche anno fa si è soffermato anche il professore Trigilia). Finora, come sempre, si è fatto pochissimo, ma si è parlato dell'esigenza di liberalizzare i mercati e di migliorare l'ambiente istituzionale.
In altre parole, molte proposte mirano giustamente a liberare le imprese dai vincoli che ne riducono l'efficienza e il potenziale innovativo. Ma la domanda che dovremmo porci è proprio questa: davvero basta fornire i giusti incentivi alle imprese, cioè a soggetti individuali e a soggetti isolati, perché questi intraprendano un percorso innovativo da cui verranno benefici complessivi per il Paese?
Ci sarebbe da dubitarne, anche perché, in questo modo, si finisce per trascurare il carattere relazionale dell'economia contemporanea, che fa del processo di innovazione un percorso che è costruito socialmente attraverso la capacità di cooperazione tra soggetti diversi, pubblici e privati, individuali e collettivi.
Specie per le imprese dei Paesi più avanzati, che non possono competere sui costi, le economie esterne, quelle materiali e immateriali, diventano sempre più importanti; diventa più importante la capacità di produrre, dunque, beni collettivi, che coinvolgono necessariamente una rete di attori individuali e collettivi a livello territoriale.
Dunque, per arricchire le economie esterne, è essenziale la capacità dei soggetti locali di cooperare tra loro e lo sviluppo locale si determina quando cresce la capacità di produrre e di valorizzare quei beni collettivi che alimentano e sostengono la competitività delle imprese, anche attraverso una migliore qualità sociale.
Quando parliamo di enti locali, parliamo essenzialmente di questo. Non basta sostenere il rilancio degli investimenti, perché presuppone che vi sia una disponibilità sociale ad accogliere i nuovi investimenti, e non è così scontato.
Basta pensare al tormentone sulle infrastrutture energetiche, ambientali e del trasporto, che tutti vogliono fare, finché non si decide effettivamente dove farle. Senza contare che vi è il rischio che anche gli investimenti in innovazione concretamente finiscano per essere distribuiti ai soggetti e alle imprese che ci sono già, che tuttavia non sempre rappresentano la platea, che per lo più è nascosta, dei veri innovatori.
Se, come ripetono tutti gli analisti, la responsabilità della bassa crescita dipende non soltanto dalla debolezza del sistema produttivo, ma anche dal ciclo istituzionale, e quindi dalla rappresentanza politica, dal nostro incerto bipolarismo, dall'evidente Pag. 31inadeguatezza di Berlusconi, insomma da tutte le cose che sappiamo, significa che questo riguarda anche le forme di organizzazione collettiva dei valori diffusi nella società.
Anche per questo, la prospettiva dello sviluppo locale non dovrebbe essere trascurata oppure ridotta ai provvedimenti che sono contenuti nel decreto-legge, che sono uno spot (consiglieri, circoscrizioni), specie se si considerano le differenze e le caratteristiche specifiche dell'economia e della società italiana: una differenziazione territoriale e un radicamento locale delle attività produttive che non hanno uguali in Europa e che dovrebbero spingere ad affrontare i problemi dello sviluppo a partire, una volta tanto, dai territori.
Tanto per fare un esempio, gli stessi effetti negativi del nanismo delle imprese difficilmente potranno essere contrastati soltanto con misure che sciolgono lacci e lacciuoli e con schemi di incentivazione individuale.
Per crescere e rafforzarsi, le imprese, anche quel nutrito gruppo di medie imprese di buona qualità, hanno bisogno di interventi che non possono produrre da sole in misura adeguata: infrastrutture materiali, formazione professionale, servizi collettivi, che accrescano la capacità innovativa dei loro fornitori; e hanno bisogno di qualità sociale ed urbana adeguate per attrarre collaboratori qualificati ed innovativi; hanno bisogno di beni collettivi che dipendono dal territorio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALESSANDRO MARAN. Per questo un progetto nazionale a sostegno della mobilitazione delle società locali e delle città (concludo, signor Presidente), su obiettivi di sviluppo e miglioramento delle condizioni di vita...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ALESSANDRO MARAN. ...potrebbe essere una componente importante di un messaggio politico nuovo. Ma è il contrario di quello che state facendo, scaricando sugli enti locali, individuandoli come fonte degli sprechi, l'indignazione dei cittadini!
Ho concluso, signor Presidente. Il guaio è che in questi anni anche Berlusconi, come la Thatcher, ha decretato la morte della società.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ALESSANDRO MARAN. Ho finito, un'ultima frase. Sono soltanto gli individui, spesso è soltanto lui! Noi manteniamo l'opinione che quella cosa chiamata società rappresenta l'unica via di uscita alla crisi della nazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, il provvedimento in esame avrebbe meritato un altro iter, un altro dibattito: penso che un confronto più serrato sui temi delle autonomie locali sia indispensabile. Invece, siamo ridotti soltanto ad esaltare alcuni aspetti, quelli che incidono meno peraltro sulla vita delle nostre comunità. È così dall'inizio della legislatura: mai una riflessione articolata, compiuta su un tema di così grande rilevanza per la comunità, per i cittadini e per il Paese; sempre provvedimenti in sequenza, leggi, leggine, leggi finanziarie, decreti-legge: uno che rincorre l'altro, uno che smentisce, modifica l'altro, il precedente, senza mai riportare in Aula le questioni vere dei comuni e degli enti locali. Si va per spot, si va per proclami.
Vorrei allora cogliere questa occasione per mettere in evidenza alcuni aspetti. Il primo: vogliamo dire a chiare lettere che, in attesa del federalismo fiscale, così tanto sbandierato, da un lato, ai nostri comuni sono stati, ridotti i trasferimenti e, dall'altro, essi sono stati privati dell'autonomia impositiva di cui disponevano? Da uno studio a livello di Unione europea, emerge chiaramente come l'Italia sia oggi l'unico paese dei 27 in cui i comuni hanno una minima, se non nulla autonomia impositiva. In Aula è stato più volte sottolineato Pag. 32in questi giorni come i comuni siano privi di risorse necessarie per garantire i servizi fondamentali: ciò significa di riflesso gravare nuovamente sulle famiglie, in un momento difficile di crisi dell'economia e dell'occupazione.
È in atto da tempo una politica demagogica, che sopprime i tributi locali senza però compensarne la perdita; che a fronte di un federalismo sbandierato, approva leggi e vara provvedimenti che vanno nella direzione opposta, verso un progressivo accentramento dei processi decisionali, a scapito proprio delle autonomie locali. I dati che l'ISTAT ci ha fornito ci dicono che il comparto degli enti locali è quello che in questi anni ha dato il maggior contributo al miglioramento dei conti pubblici, e più del 50 per cento della spesa complessiva per gli investimenti è sostenuta dai comuni.
Che dire poi, signor Presidente, dei cosiddetti enti locali virtuosi, così come li intende questo Governo? Con un decreto-legge di fine anno è stato previsto un premio di alcuni milioni di euro da ripartire tra quei comuni che, oltre ad aver rispettato il Patto di stabilità, sono stati oculati nella gestione finanziaria. La sorpresa e lo sconcerto sono stati grandi in quanto, in base ai criteri previsti da quel decreto-legge, vengono assegnati i fondi a comuni che rischiano il dissesto finanziario, ai comuni che nell'anno precedente hanno avuto bisogno di contributi a fondo perduto da parte dello Stato per ripianare buchi di bilancio assai consistenti, che rischiavano di portare il comune stesso alla bancarotta. E queste sarebbero le premesse per un nuovo ed efficiente sistema di Governo del Paese, che dovrebbe fondarsi su una migliore redistribuzione delle risorse, su una maggiore responsabilità dei centri di spesa, su una valorizzazione dell'autogoverno delle città!
Ma quello che più mi sta a cuore, in questo momento difficile di crisi economica, di difficoltà per le famiglie e per le imprese, è il fatto che nelle casse degli enti locali vi siano miliardi di euro che non si possono spendere.
Tali risorse potrebbero essere bene impiegate per sostenere ed aiutare le economie locali, per avviare da subito cantieri di manutenzione e di opere pubbliche: sarebbe una boccata d'ossigeno per un'economia che soffre, almeno per la piccola e media impresa che faticosamente resiste in un momento di così grande difficoltà.
Ma queste risorse non possono essere nemmeno impiegate per pagare le imprese per i lavori che hanno già realizzato, e così i tempi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione vengono ulteriormente dilazionati.

PRESIDENTE. Onorevole Sanga, la invito a concludere.

GIOVANNI SANGA. Si stima sia di circa 60 miliardi di euro il valore del credito che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione. Peraltro, siamo soliti leggere in queste settimane e in questi mesi dichiarazioni di esponenti del Governo che invitano le banche a concedere credito e ad operare finanziamenti per favorire l'attività economica, ma che dimenticano questo dato nei confronti del quale hanno invece una diretta e precisa responsabilità.

PRESIDENTE. Onorevole Sanga, deve concludere.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, se si ha il coraggio di abbandonare la propaganda siamo disponibili a discutere e a dialogare su questi grandi temi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sani. Ne ha facoltà.

LUCA SANI. Signor Presidente, siamo costretti ad approfittare degli ordini del giorno per mettere in campo un confronto su un tema tanto importante qual è quello degli enti locali: non ci è stato consentito di farlo in altro modo, vista la questione di fiducia posta per la ventinovesima volta Pag. 33in quest'Aula. Dobbiamo dire chiaramente che questo decreto-legge mortifica per l'ennesima volta il sistema delle autonomie locali, anziché dare risposte alle attese e ai bisogni degli enti locali medesimi, in primo luogo dei comuni.
Era questa una buona occasione per farlo, ma appunto la posizione della questione di fiducia ha impedito il confronto; ancora una volta, invece di operare per risolvere i problemi delle comunità locali, si torna a far leva sulla demagogia, sulla propaganda, sul populismo.
Ad esempio, sappiamo che il taglio di consiglieri e di assessori, soprattutto nei piccoli comuni, non risolve alcuna questione legata né al risanamento dei conti pubblici né ai costi della politica, ma - semmai ve ne fosse il bisogno - alimenta e non risolve quel sentimento di antipolitica diffuso nella società e fa passare un messaggio che tutto ciò che è impegno nelle istituzioni, a cominciare dalle istituzioni locali, è un'inutile spreco. Invece noi pensiamo che soprattutto l'impegno nei comuni piccoli sia l'atto più nobile per chi fa politica, in quanto così si mette al servizio della propria comunità.
Questo decreto-legge mortifica inoltre l'azione di tanti amministratori locali che quotidianamente fanno i conti con le difficoltà di bilancio, a causa anche dei tagli operati, e con l'incapacità di assicurare i servizi ai propri cittadini amministrati.
Questa maggioranza ancora una volta fa pagare al sistema delle autonomie i costi più pesanti del risanamento dei conti pubblici, cui si aggiungono anche gli oneri per scelte politiche che la maggioranza ha compiuto nel corso dell'azione di Governo (il caso del taglio dell'ICI sulla prima casa per le fasce di reddito più alte, che ancora non è stato compensato per le casse di molti comuni, è noto).

PRESIDENTE. Onorevole Sani, la invito a concludere.

LUCA SANI. Vi è poi anche un altro dato, quello che ha visto in questi mesi aumentare l'impegno dei comuni rispetto ad una forte domanda di spesa nell'ambito sociale, anche a causa del disimpegno che il Governo ha attuato su molte voci (penso ai tagli ai fondi per il sociale e a quelli per le politiche educative); questi tagli, però, non risolvono i problemi esistenti nelle comunità locali: spetta infatti ai comuni farvi fronte.
In più, l'effetto della crisi ha fatto aumentare nelle comunità locali una domanda di intervento anche per l'aumento delle povertà. Per i comuni, quindi, occorre un'altra politica. Noi avevamo individuato in una rimodulazione del Patto di stabilità anche l'occasione per dare un segnale di ripresa all'economia del Paese. Come sappiamo i comuni, il sistema delle autonomie locali, rappresenta la stazione appaltante più ampia di questo Paese e rimodulare il Patto di stabilità avrebbe consentito, e potrebbe consentire, da un lato di avere una ricaduta positiva sulle infrastrutture e sugli interventi a favore delle comunità amministrate, dall'altro anche una ricaduta sul tessuto economico locale, perché sappiamo che i lavori che molto spesso appaltano i piccoli comuni ricadono sul tessuto della piccola e media impresa locale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCA SANI. Gli edifici scolastici, a maggior ragione, potevano rientrare in questo ambito, perché i nostri ragazzi hanno diritto di frequentare delle scuole che siano sicure anche dal punto di vista strutturale. Per questo impegniamo il Governo, con questo ordine del giorno, che sosteniamo e speriamo venga approvato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, in congiunture come questa che stiamo attraversando, di domanda stagnante e di crisi della finanza pubblica, un buon Governo dovrebbe andare alla ricerca degli interventi in grado di massimizzare la produttività della spesa. Si Pag. 34tratta di interventi che abbiano un buon ritorno economico e sociale, che siano in grado di attivare il massimo della domanda effettiva, soprattutto, di una domanda alla portata del nostro sistema di piccole e medie imprese e che non debbano drenare eccessivamente risorse finanziarie dal mercato. Ebbene, l'intervento proposto da questo ordine del giorno ha tutte queste caratteristiche. La situazione della sicurezza nelle nostre scuole è molto grave e drammatica, mi verrebbe da dire che siamo in una vera e propria emergenza se questa parola non ci portasse immediatamente a delle procedure quantomeno problematiche. Sono interventi che possono essere attivati immediatamente e che sono all'altezza delle attività di tante piccole imprese e di tanti artigiani. Si tratta di interventi che utilizzerebbero gli avanzi di amministrazione dei nostri enti locali. Ma oggi i nostri enti locali, anziché occuparsi della sicurezza e dell'adeguamento degli edifici scolastici, vengono chiamati, ogni giorno di più, ad intervenire per garantire la vita ordinaria delle scuole e, Signor Presidente, non parliamo delle scale antincendio, parliamo di carta igienica. Le nostra scuole non ce la fanno più per i tagli e per una quantità di crediti esigibili che nutrono nei confronti del Ministero dell'economia delle finanze. Cito un esempio che conosco direttamente, quello di un istituto della mia provincia: l'istituto Cavazzi di Pavullo vanta un credito di 330 mila euro nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze. Oggi questo Governo ha trasformato le scuole e l'autonomia scolastica in un polmone finanziario, un polmone per la Tesoreria centrale dello Stato. Possiamo valutare in oltre 1 miliardo di euro le risorse attese dalle scuole e non erogate dal Ministero. Fare cassa con la scuola, questa è diventata la lungimirante politica di questo Governo.
Da ultimo, signor Presidente, per non sembrare sempre legato solo alla critica, vorrei avanzare una proposta positiva al ministro Gelmini, una proposta in grado di legare il problema della nostra scuola e il rilancio del made in Italy: penso che il Ministro Gelmini, in vista del prossimo anno scolastico, dovrebbe lanciare un concorso di idee tra gli stilisti italiani, per progettare grembiulini imbottiti in grado di consentire ai nostri bambini di frequentare le nostre scuole prive di riscaldamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sbrollini. Ne ha facoltà.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame - come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduta - è un altro di quelli veramente importanti, perché riguarda l'opportunità di escludere dal Patto di stabilità tutti gli interventi necessari per la messa in sicurezza e per la ristrutturazione degli edifici scolastici. Stiamo parlando, quindi, di un tema molto sentito nel nostro Paese e molto caro ai nostri comuni. Purtroppo si tratta di un ordine del giorno - come lo sono gli altri che abbiamo votato finora - perché avete posto l'ennesima questione di fiducia su uno dei decreti-legge più importanti su cui avremmo voluto discutere con il Governo e con il Parlamento. Stiamo parlando, infatti, dei nostri territori, delle nostre comunità, dei nostri cittadini e delle nuove generazioni, ed anche dei luoghi deputati a fornire servizi, assistenza e sostegno alle persone e alle famiglie. Avremmo voluto parlare di questo, accogliendo anche le tante ed importanti richieste proposte e pervenute dall'ANCI nazionale, su cui non avete sentito il bisogno neanche di rispondere e di confrontarvi. Avremmo voluto parlare di proposte utili, come il ristoro integrale delle compensazioni ICI; avremmo voluto parlare della possibilità di escludere dal Patto di stabilità fino al 15 per cento del fondo di cassa, il 4 per cento dei residui; avremmo voluto parlare della modifica del regime della tariffa di igiene ambientale, dopo la bocciatura della Corte costituzionale sull'IVA. Tradotto in soldi, ciò comporta una perdita di entrate per i comuni di circa 5 miliardi di euro. Pag. 35
I vincoli imposti dal Patto di stabilità vedranno, purtroppo, i comuni, nel triennio 2009-2011, ridurre la spesa totale di circa il 10 per cento. Se consideriamo che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà proprio la spesa per gli investimenti, che potrebbe, addirittura, ridursi di almeno il 30 per cento. Per non parlare, poi, del blocco dei pagamenti alle imprese. Tutto questo significa che vi saranno tagli ingenti, meno servizi, meno sostegno ai cittadini e meno investimenti, in un periodo in cui la crisi economica, purtroppo, è nel pieno della sua drammaticità, e sapendo - perché lo sapete bene - che proprio i comuni, come riferisce anche l'ISTAT, sono i soggetti che hanno contribuito di più al miglioramento dei conti pubblici, correggendo il proprio saldo, dal 2004 al 2008, di ben due miliardi e 500 milioni di euro. Tale cifra è pari a circa il 50 per cento del miglioramento complessivo registrato dalla pubblica amministrazione nello stesso periodo, considerato che il 60 per cento della spesa per investimenti del Paese è proprio sostenuta dai comuni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, mi riservo, eventualmente, di consegnare il mio intervento, visto che i minuti a mia disposizione sono già scaduti.
Vorrei veramente che si trovassero il momento e l'occasione per discutere fino in fondo, a partire da un confronto e da un tavolo permanente che il Governo dovrebbe riaprire con l'ANCI e con i comuni, perché stiamo parlando del benessere delle nostre comunità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scarpetti. Ne ha facoltà.

LIDO SCARPETTI. Signor Presidente, vedremo cosa accadrà con i decreti attuativi del federalismo fiscale e con la Carta delle autonomie: per ora sono documenti, sono più intenzioni che fatti concreti.
Per il momento, basandoci sugli atti e sui fatti concreti prodotti da questo Governo e da questa maggioranza, possiamo dire che, sul tema dei poteri e del ruolo delle autonomie locali, in questi due anni abbiamo fatto passi significativi, qualitativamente, in termini di ritorno al passato, al punto che la strada intrapresa può essere considerata come una sorta di restaurazione neocentralistica.
In questi anni, infatti, sono stati adottati provvedimenti, che hanno cancellato processi positivi che si erano sviluppati in questo Paese dall'inizio degli anni Ottanta e Novanta: penso alla riforma dell'ordinamento degli enti locali (la legge n. 142 del 1990); penso all'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province; penso anche all'accresciuta capacità finanziaria autonoma - la cosiddetta autonomia impositiva - la quale era rappresentata da imposte e tributi quali l'ICI e l'addizionale IRPEF (quest'ultima, pur non essendo a compartecipazione, comunque contribuiva e contribuisce, efficacemente e sostanzialmente, a dare autonomia alle entrate dei comuni, rispetto ai trasferimenti dello Stato centrale); penso, altresì, a tutta un'altra serie di provvedimenti che avevano attribuito, nel tempo, un ruolo importante agli enti locali e che andavano nella direzione del federalismo.
Oggi si parla della Carta delle autonomie, si parla insistentemente di federalismo, ma, nella pratica, si realizzano interventi che, in qualche modo, rappresentano sostanziali passi indietro: l'abolizione dell'ICI - oltre ad aver contribuito, come è stato ricordato, a dare sostegno a redditi medio-alti in questo Paese - cosa di per sé sbagliata, in una fase di crisi economica così pesante quale quella che sta attraversando il nostro Paese - di fatto ha irrigidito i bilanci e, oltre a produrre un taglio consistente delle risorse a disposizione degli enti locali, ha riprodotto sicuramente una logica dei trasferimenti dallo Stato centrale che altro non si può definire che centralismo statale.
Inoltre, con questo decreto-legge, sono state fatte anche altre cose sul piano ordinamentale.

Pag. 36

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LIDO SCARPETTI. Con questo decreto-legge si mette fine ad una stagione importante: quella che vedeva i comuni, in modo particolare, poter decidere autonomamente sulla propria autonomia organizzativa e statutaria. Vi è una serie di provvedimenti che sono stati ricordati: uno tra questi, ad esempio, riguarda l'abolizione della figura del direttore generale dei comuni inferiori ai centomila abitanti (in questa categoria sono compresi anche moltissimi comuni capoluogo, in quanto nel nostro Paese tanti comuni capoluogo hanno meno di centomila abitanti), con ciò contraddicendo non soltanto una scelta di principio, ma rimettendo anche in discussione la logica per cui questo assetto, questo modello di struttura comunale era stato concepito.
In conclusione, al di là dei discorsi, bisognerà davvero trovare il modo di fare una discussione organica sulle riforme necessarie per modificare il nostro sistema istituzionale, a partire dalle autonomie territoriali. Certo, i provvedimenti di questi due anni rappresentano un passo indietro e non in avanti, come invece sarebbe necessario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per sostenere, nell'ambito del provvedimento in discussione, l'ordine del giorno Zazzera n. 9/3146-A/32, al quale desidero aggiungere la mia firma. Esso impegna il Governo ad adottare provvedimenti finalizzati ad escludere dai saldi del Patto di stabilità interno le spese dei comuni per interventi necessari alla messa in sicurezza, ristrutturazione ed ampliamento degli edifici scolastici.
L'obiettivo dell'ordine del giorno è teso a contenere e a limitare i danni prodotti dal provvedimento in esame, perché siamo di fronte ad una nuova e forte azione che si aggiunge ai numerosi attacchi che vengono indirizzati, con diversi provvedimenti, regolarmente contro gli enti locali e le nostre amministrazioni, ledendone in profondità l'autonomia statutaria e finanziaria, senza tuttavia dare alcuna soluzione ai problemi che, dalle grandi città ai piccoli comuni, affliggono il nostro Paese e di fronte ai quali gli amministratori sono lasciati soli, anche di fronte agli attentati.
Ad Arzachena una bomba ha danneggiato lo studio della commercialista Agostina Chiodino, assessore comunale al bilancio di Arzachena. Solo per un puro caso la bomba non ha provocato una strage, ma è rimasta ferita una donna di novanta anni.
Ciò che è avvenuto oggi non è che l'ennesimo attentato nei confronti degli amministratori pubblici nella mia regione, che, come dichiara il presidente dell'ANCI regionale, è una piaga grave quanto gli incendi che richiede un intervento urgente del Ministro dell'interno e una maggiore attenzione sul fenomeno criminale che deve essere combattuto con ogni mezzo e con ogni strumento, compreso ridare fiducia agli amministratori.
Mi rivolgo, pertanto, a questa Assemblea affinché l'ordine del giorno venga votato e accolto. Non lasciamo che si trasmetta al Paese e ai cittadini l'ennesimo messaggio negativo nei confronti della pubblica amministrazione; non permettiamo che chi lavora per tutti noi, assessori e consiglieri, venga additato dall'opinione corrente come un parassita e come fonte di sperpero di denaro pubblico. Informiamo, piuttosto, i nostri cittadini del lavoro e dei sacrifici che queste figure portano avanti nelle realtà locali, a fronte di un gettone di presenza dall'importo minimo e di trasferte molto misere che sovente non ricompensano gli sforzi, i sacrifici, l'amarezza e le difficoltà che quotidianamente si trovano ad affrontare.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Schirru.

AMALIA SCHIRRU. Parlo, ad esempio, dell'impossibilità di rispondere concretamente Pag. 37alle richieste dei cittadini in termini di servizi alla persona, di assistenza agli anziani, di assicurare una mensa nelle scuole o un'assistenza domiciliare ai disabili, ai nostri bambini.
Penso, ad esempio, alla questione degli asili nido. I comuni si trovano nella paradossale situazione di possedere risorse per la costruzione delle strutture, ma non dispongono del denaro per avviarne la gestione. Quali risposte possono dare, allora, i nostri amministratori alle giovani coppie che hanno spesso lavori precari alle spalle e si trovano nell'impossibilità di spendere cifre ingenti per la retta di servizi privati?
Evitiamo di demotivare ulteriormente il personale politico della pubblica amministrazione. Ricordiamo il ruolo che proprio gli assessori e i consiglieri comunali rivestono.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Schirru...

AMALIA SCHIRRU. Essi sopperiscono alla carenza di personale, operano da mediatori, selezionano i bisogni, filtrano le richieste dei cittadini, s'impegnano in prima linea nelle vertenze locali a difesa dei lavoratori e dei comparti produttivi, come accade - e cito un esempio per tutti - nel caso delle recenti crisi industriali che investono la nostra regione.

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, purtroppo deve chiudere.

AMALIA SCHIRRU. Per questi motivi concludo invitando in particolar modo il Governo a recarsi in Sardegna, all'isola dell'Asinara, ad incontrare i 10 mila cassintegrati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, le chiedo di poter sottoscrivere l'ordine del giorno Zazzera n. 9/3146-A/32. Attraverso lo strumento degli ordini del giorno abbiamo affrontato una problematica molto importante e cruciale per il nostro Paese. Il sistema degli enti locali e la loro funzionalità è centrale per immaginare qualsiasi politica economica e di sviluppo del Paese.
Questo provvedimento contrasta con tale esigenza e, direi, contrasta anche con una cultura economica. Infatti, tutte le rappresentanze istituzionali degli enti locali hanno reagito denunciando il profilo centralistico del provvedimento che, di fatto, penalizza e comprime le potenzialità di intervento degli enti locali sui rispettivi territori.
Signor Presidente, questi interventi sono necessari per affrontare la crisi. La crisi c'è ed è drammatica. Il sistema delle autonomie locali è stato, in questi anni, l'unico baluardo, l'unico riferimento e l'unico interlocutore per i cittadini, le famiglie, i lavoratori, i disoccupati e i giovani. È sotto gli occhi di tutti che le amministrazioni locali non solo contribuiscono agli equilibri di finanza pubblica, ma fanno di più perché si preoccupano delle esigenze delle comunità. Le amministrazioni locali sono l'osservatorio vero dell'andamento dell'economia, sono l'osservatorio vero delle potenzialità umane, sociali e imprenditoriali dei nostri territori e sono anche soggetti di programmazione. Come ricordava prima di me un collega, nella storia del nostro Paese le istituzioni locali sono state sempre un argine e un volano positivo non solo per superare le difficoltà ma anche per mettere in campo lo sviluppo territoriale.
Vorrei dire, al sottosegretario Vegas e ai rappresentanti del Governo, che gli sprechi non derivano dal sistema degli enti locali, ma da una mancata strategia di politica nazionale capace di tagliare i rami secchi di una pubblica amministrazione che ancora non è stata seriamente riformata.
Il Governo non sta affrontando seriamente la crisi della finanza locale. La finanza locale rischia il collasso, perché soffoca le province e i comuni che si trovano imprigionati in un meccanismo anacronistico, che ci ricorda la vecchia Pag. 38finanza derivata, ormai superata, e in un patto di stabilità che blocca la loro autonomia e le risorse indispensabili per sostenere le economie territoriali.
Come dicevano i colleghi prima di me, siamo in attesa della Carta delle autonomie locali e ci sembra che questo decreto-legge - anzi non ci sembra, ma ne siamo convinti - sia fuori da questo quadro importante di riferimento ordinamentale e istituzionale. Vi è un'idea pericolosa che circola ed emerge da questo provvedimento quella, cioè, di considerare le comunità locali tutte uguali, sia quelle piccole, sia quelle grandi, sia le aree di campagna, sia le aree di montagna.
Con questo ordine del giorno, signor Presidente, intendiamo impegnare il Governo a mettere i sindaci nelle condizioni di poter fare la manutenzione straordinaria, l'ampliamento degli edifici scolastici e la loro messa in sicurezza. È un argomento importante e prioritario, perché i disastri che hanno colpito la popolazione minorile non consentono di rimuovere questo tema.
Dunque, da questo punto di vista credo che sia interesse di tutta l'Assemblea sostenere questo ordine del giorno e, soprattutto, impegnare il Governo a fare sul serio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, chiedo anche io di poter apporre la mia firma all'ordine del giorno Zazzera n. 9/3146-A/32, perché ne condividiamo le motivazioni che portano a segnalare, ancora una volta, la necessità che da parte del Governo e da parte della maggioranza vi sia una grande attenzione per il sistema delle autonomie locali, un'attenzione che vediamo sprecata in questo provvedimento se non, addirittura, indirizzata su punti assolutamente sbagliati ed inaccettabili.
Ma, in particolare, con questo ordine del giorno, richiamiamo la necessità di consentire agli enti locali virtuosi di utilizzare le proprie risorse per intervenire sulla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
Mi rendo conto che forse il Governo e la maggioranza in questi giorni sono presi da altre questioni e da altri interessi, anzi, stanno cercando di portare al centro dell'attenzione del Paese e dei cittadini solo le questioni legate alla vicenda triste delle liste, dove naturalmente la colpa è esclusivamente degli altri e non già invece di chi doveva presentare entro una certa ora e con determinate regole le liste. Si accusano i magistrati, si accusano gli altri, e non si riconosce di avere commesso un errore.
Mi riferisco - mi sia consentito, signor Presidente - anche alla vicenda di oggi, quando i rappresentanti e i lavoratori dell'Eutelia erano presenti in tribuna. Personalmente non ho condiviso il gesto del lancio dei volantini e ho visto insorgere molti colleghi, ma ci sarebbe stato molto di più da insorgere, signor Presidente e cari colleghi, davanti ad alcune frasi che abbiamo sentito pronunciare dal Ministro La Russa sulla vicenda delle liste, quando ha dichiarato «siamo disposti a tutto» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Si tratta di una minaccia, una frase che un Ministro della Repubblica non deve assolutamente pronunciare. Credo che rispetto a questi problemi sappiamo che in questi giorni anche certa grande stampa sta mettendo nel dimenticatoio i problemi veri del Paese. Dico «bene alzata» alla presidente Marcegaglia che in questi giorni ha rivolto un appello a tutte le forze politiche per riportare al centro dell'attenzione i temi della crisi economica.
Ricordiamo al presidente Marcegaglia che il Partito Democratico è da più di un anno e mezzo che in quest'Aula, nelle Commissioni e nel Paese sta richiamando e sollecitando il Governo a porre in essere provvedimenti veramente capaci di intervenire nei confronti della crisi. È stato detto che la crisi è stata superata, e invece purtroppo sappiamo che rischia di diventare ancora più grave nei prossimi giorni Pag. 39sul piano dell'occupazione, con tante piccole e medie aziende che stanno chiudendo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IVANO STRIZZOLO. Concludo, signor Presidente, dicendo che questo ordine del giorno deve trovare accoglimento da parte di tutti, perché ricordiamoci che gli enti locali, soprattutto nelle fasi di crisi, sono strumenti di sviluppo e sono il vero baluardo nei confronti delle situazioni di difficoltà dei cittadini, delle piccole e medie imprese e soprattutto delle categorie sociali più deboli e più in difficoltà.
Per questo, signor Presidente, andiamo avanti non solo con l'approvazione e l'accoglimento di questo ordine del giorno, ma il Governo lasci stare per un momento le polemiche di tipo elettorale e porti in quest'Aula e nelle Commissioni almeno il tanto annunciato decreto per gli incentivi all'economia, di cui ancora non c'è traccia almeno in quest'Aula e nelle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zazzera n. 9/3146-A/32, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli, onorevole Lo Monte, onorevole Traversa, onorevole Costa, onorevole Barbato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 419
Votanti 402
Astenuti 17
Maggioranza 202
Hanno votato
384
Hanno votato
no 18).

Prendo atto che i deputati Sposetti, Rugghia e D'Antona hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, nel momento caldo che ha seguito la vicenda dei lavoratori di Eutelia, il presidente della XI Commissione (Lavoro) Moffa ha fatto una dichiarazione perentoria che riprendo dal resoconto. Egli ha dichiarato rivolgendosi all'Italia dei Valori: «Voi vi qualificate sempre per la sistematica assenza nei lavori della Commissione e poi venite qui a fare demagogia».
È evidente che i nostri due colleghi in Commissione Porcino e Paladini si sentono offesi da questa affermazione e il fatto è che non solo non vengono registrate le presenze e le assenze, quindi, è difficile capire come si possa fare una dichiarazione di tal genere, ma anche che l'unico vero elemento che permette di qualificare la presenza è rappresentato dagli interventi in Commissione. Rilevo che dall'inizio della legislatura i nostri due colleghi sono intervenuti direttamente in Commissione per 66 volte, il che qualifica come falsa l'affermazione fatta dal presidente.
Chiederei al presidente se ritiene di potersi scusare con i colleghi, perché altrimenti non potrei che consigliare loro, ai sensi del Regolamento, di rivolgersi al Presidente della Camera per chiedere una commissione che accerti questo fatto.

SILVANO MOFFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, per carità, non voglio fare nessuna polemica, però voglio anche precisare che sia il collega Paladini, sia l'altro collega dell'Italia dei Valori sono venuti diverse volte in Commissione. Se ho sbagliato, è soltanto Pag. 40in un fatto: non ho precisato bene che l'assenza in Commissione c'è stata proprio quando abbiamo affrontato il problema di Eutelia e abbiamo iniziato a definire una norma specifica che risolvesse il problema (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Monai, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3146-A/33, accettato dal Governo?

CARLO MONAI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, volevo rimarcare ai colleghi in quest'Aula che c'è una discrasia evidente, introdotta dal recente decreto-legge n. 112 del 2008, censurato anche dalla Corte costituzionale e che il Parlamento ha convertito con la legge n. 133 del 2008. In questa normativa, con il comma 13 dell'articolo 77-bis, si va a modificare il regime dei rimborsi per le spese di trasferta, che già prima era stato oggetto di ulteriori e significative modifiche.
Con la legge n. 133 del 2008 si sono sostituiti i meccanismi di rimborso tesi a ripristinare le spese sostenute per trasferte con un rimborso forfetario, pari cioè a un quinto del costo della benzina per chilometro percorso. La singolarità di questa previsione sta nel fatto che la legge è intervenuta con questa modifica esclusivamente per le trasferte dei consiglieri comunali e provinciali. Per un refuso o per una sorta di dimenticanza, non si è adottata la nozione di amministratori provinciali o comunali che avrebbe in qualche modo coperto tutte le ipotesi sul tappeto, cioè le trasferte dei consiglieri, ma anche quelle degli assessori, del presidente della provincia o del sindaco.
Avviene così oggi che si ha un'evidente discrasia - e forse anche una disparità di trattamento di dubbia ragionevolezza dal punto di vista costituzionale - nelle forme del rimborso della trasferta agli uni piuttosto che gli altri, da cui l'auspicio che si rimedi a questa differenziazione che non ha una logica. Ricordo che anche gli uffici del Ministero, in risposta ai comuni che chiedevano chiarimenti su questa interpretazione, si sono dovuti arrendere all'evidenza della vigenza letterale di questa norma, che si applica solo ai consiglieri comunali e provinciali e non può essere estesa se non con una valenza di autoregolamentazione locale, sempre consentita, ma non imposta.
Tant'è che oggi i bilanci di questi enti locali sono ancora segnati dalla superfetazione delle spese di rimborsi per trasferte degli assessori, dei presidenti e dei sindaci. L'impegno del Governo dovrebbe essere quello di equiparare i criteri di rimborso delle trasferte per tutti gli amministratori locali, siano essi consiglieri o assessori che dir si voglia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasbarra. Ne ha facoltà.

ENRICO GASBARRA. Signor Presidente, onorevole colleghi, membri del Governo, intervengo per apporre la mia firma all'ordine del giorno Monai n. 9/3146-A/33 e per sostenerlo nella vicenda dei rimborsi. È anche l'occasione in questo dibattito relativamente agli ordini del giorno, l'unico che ci è stato concesso, per ribadire come con questo decreto-legge il Governo ancora una volta ha perso un'occasione di intervenire in modo completo sul tema del riordino degli enti locali. Il Governo ha più volte sbandierato il suo federalismo, ma con questo decreto ribadisce tutta la sua confusione, o meglio concretizza ancora una volta un intervento last minute. Qualche mio collega nell'intervenire ha parlato di federalismo virtuale, in realtà è l'ennesimo pasticcio a cui il Governo ricorre per intervenire su un tema invece molto serio.
Gli enti locali rappresentano il punto di riferimento delle comunità, che hanno bisogno di lavoro, che vi si rivolgono per i servizi; le comunità hanno bisogno di un Pag. 41punto di riferimento per gran parte dei loro bisogni. Gli enti locali dovevano essere un elemento centrale, anche perché da sempre posto all'attenzione dell'agenda politica da parte della Lega, il punto di svolta dell'azione del Governo, ma si dimostra come anche questo sia un terreno di spot elettorale. Questo decreto, emanato con urgenza e addirittura votato con la fiducia, non fa altro che aumentare la confusione nel panorama degli enti locali, perché in questo settore si interviene, prima, con norme della legge finanziaria, in quest'ultimo mese con disposizioni contenute in questo decreto, con quelle che abbiamo modificato in Commissione referente e con le proposte che sono in corso di esame nella Carta delle autonomie.
Serviva un atto di coraggio intervenendo laddove passa il tessuto più importante della nostra comunità, serviva un ragionamento completo per intervenire sugli sprechi, ma anche per delineare le funzioni. Invece in questo decreto si fanno azioni, come dicevo, spot: si eliminano i direttori generali in alcune comunità, ma li si lascia presso le province; si eliminano alcune circoscrizioni, si elimina il personale politico, ma non si interviene globalmente sulla funzione, specialmente in questo momento di crisi per il Paese. Oggi abbiamo visto qui i lavoratori di Eutelia, ma c'è un sistema finanziario che ha bisogno di risposte e di incontrare lo Stato e gli enti locali.
Non si interviene sul Patto di stabilità, né su un'assurda condizione che si è verificata dopo la soppressione dell'ICI. Noi abbiamo in questo momento di crisi il bisogno essenziale da parte delle comunità e delle imprese di investimenti da parte delle autonomie locali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ENRICO GASBARRA. Assistiamo all'assurdo: i trasferimenti per coprire proprio l'ICI mancante sui bisogni primari - signor Presidente, sto concludendo - sono passati da 4,7 miliardi a 8 miliardi, e gli investimenti invece si sono ridotti: 3,3 miliardi nel 2008, 1,7 miliardi nel 2009 e 1,5 miliardi nel 2010: un'occasione persa e l'ennesimo pasticcio offerto alle comunità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collega Monai ha già portato alla vostra attenzione il tema in discussione in questo ordine del giorno, ossia quello di non creare delle disparità, ma di creare delle «condizioni di normalità» per quanto riguarda le indennità per i consiglieri comunali e gli assessori. Con una legge era stato previsto che i consiglieri comunali avessero una riduzione dell'indennizzo di trasferta, ma questo non è stato applicato agli assessori comunali. Attraverso questo ordine del giorno sarebbe opportuno fare in modo che la legge valesse sia per i consiglieri comunali sia per gli assessori. Pertanto, riteniamo che questo ordine del giorno debba essere approvato al fine di prevedere una riduzione della spesa e, conseguentemente, di evitare che ci sia una disparità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tullo. Ne ha facoltà.

MARIO TULLO. Signor Presidente, con riferimento al provvedimento in esame, che voi definite in termini di misure urgenti per sostenere enti locali e regioni, in questi due giorni abbiamo provato a denunciare il fatto che, in realtà, non aiuta gli enti locali a cui dovrebbe essere indirizzato, ma soprattutto, in questi giorni e anche ora, cerchiamo di far capire a voi, Governo e maggioranza, quanto utilizzando gli spazi parlamentari siamo in grado in qualche maniera di porre l'attenzione sui temi reali del Paese.
Quello che chiedevamo era un confronto parlamentare, ma siete ricorsi alla questione di fiducia, l'ennesima, perché le divisioni al vostro interno vi avrebbero Pag. 42impedito quel confronto e avrebbero aperto delle brecce nel vostro campo, perché gli amministratori, anche del centrodestra, attraverso la loro associazione, l'ANCI, hanno denunciato come questo provvedimento non vada incontro alle esigenze degli enti locali, dei comuni, delle province e delle regioni.
Vorrei dire che da questo punto di vista vi è insensibilità perché, mentre voi oggi siete al Governo del Paese, tutti insieme concorriamo a governare il Paese attraverso quel sistema straordinario, diffuso di comuni, enti locali, che in gran parte vedono anche noi protagonisti. Era possibile un confronto, un arricchimento, perché conosciamo tutti il momento delicato dal punto di vista economico che sta vivendo il nostro Paese, come altri, ma dalla volontà, dalla possibilità di un confronto avremmo potuto offrire soluzioni e aiuti ai nostri enti locali. Attenzione, quindi, a quegli enti locali che sono i terminali sensibili dei bisogni e dei diritti dei cittadini.
Questo decreto-legge si sta trasformando nell'ennesimo spot elettorale. Non so poi quanto in realtà sarà appagante per voi, però è stato venduto come provvedimento sul taglio della spesa, delle poltrone, generando, quindi, quel clima di antipolitica di cui questo Paese non ha bisogno. Ha bisogno, invece, di una politica forte, in tutti i sensi, anche sotto il profilo della capacità di assicurare una nuova qualità di intervento con riferimento al sistema degli enti locali. Ma soprattutto, con le misure che avete adottato nella legge finanziaria, con il Codice delle autonomie e con questo provvedimento state generando un cocktail sulla revisione degli enti locali che in realtà è micidiale, perché sovrappone norme diverse, costruisce condizioni di grave confusione anche nel sistema di relazione degli enti locali con il Governo centrale.
Proprio voi che siete protagonisti, mi riferisco in particolar modo ai colleghi della Lega, di quella battaglia per il federalismo, non siete portatori, in realtà, di una vera volontà di decentramento di potere e di risorse e neanche di una vera volontà di assunzione di responsabilità da parte degli enti locali.
In questi giorni abbiamo parlato di comuni, di province e di regioni, ma il nostro sistema di autonomie è composto anche da altri enti che governano parti di territorio e di economia del nostro Paese e, a tal proposito, voglio citare qui l'esperienza delle autorità portuali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TULLO. Mi avvio a concludere, Presidente. Nel recente decreto-legge cosiddetto mille proroghe avete introdotto una norma che secondo voi doveva aiutare l'economia marittima.
Avete detto, infatti, alle autorità portuali: «per aiutarvi vi diciamo che potete anche azzerare le tasse di ancoraggio che pagano le navi per stare nei vostri porti». Adesso, al di là della perplessità su questa misura, sottolineo che anche alle autorità portuali avete tolto risorse, invece di dare quell'auspicata autonomia finanziaria di cui le autorità portuali potrebbero godere. Vorrei solo ricordare che, se avessero risposte, gli enti locali potrebbero dare risposte alla crisi generando appalti e lavori. La sola autorità portuale di Genova ha generato appalti di 550 milioni di euro in questi ultimi due anni, in un momento di crisi e senza sostegno del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vaccaro. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO VACCARO. Signor Presidente, intervengo per comunicare all'Assemblea uno stato d'animo: partecipare a un dibattito che ha una «vicenda kafkiana» sullo sfondo non è semplice. È per questo motivo che ho cercato di ricostruire la causa di questo momento di confronto abbastanza insolito e due date sono ritornate alla mia mente. Il 3 aprile 2006, quando in una serata televisiva il Presidente Berlusconi decise, in maniera Pag. 43inconsulta e disperata, di provare a vincere le elezioni eliminando l'ICI. Fu inutile, però poi c'è riuscito qualche anno dopo e ci ha portato qui a discutere di razionalizzazioni, tagli e riorganizzazioni. Da ultimo, il 3 marzo 2010 quando, con lo stesso motto e lo stesso sentimento di disperazione, con un decreto-legge «salva lista» - che ha dato gli stessi risultati del tentativo di vincere eliminando l'ICI - ha tentato di rimettere in gioco una serie di amici che avevano fatto dei pasticci. Sono due scelte disperate che ci costringono oggi ad affrontare un dibattito su ordini del giorno sui quali c'è stato un parere positivo e che potevano, invece, essere occasioni utili per fare, in questa concitata fase della vita democratica del Paese, qualcosa di saggio e ricco di buonsenso, in assenza di fiducia.
Oggi le pagine dei giornali sono piene di cifre pesanti. Meno 5,1: il dato più complicato di questi ultimi anni, in quanto mai da quando esiste la rilevazione statistica sul PIL è venuto fuori qualcosa del genere, con un meno 0,3 nell'ultimo trimestre del 2009. Ciò significa che siamo di nuovo in recessione: siamo l'unico Stato industrializzato che rientra in recessione anziché uscirne. Qualcuno dirà che siamo meglio di Polonia, Spagna e Irlanda, ma è una magra consolazione se pensiamo che tutti gli altri grandi Paesi sono molto più avanti di noi.
Avremmo potuto fare una cosa molto semplice e lo ha ricordato la collega De Micheli e ne ha parlato l'onorevole Colaninno ieri quando li ho ascoltati: ho colto un messaggio che sembra univoco e unanime. Abbiamo 15 miliardi di euro di residui passivi, cioè spese già impegnate e liquide nelle casse degli enti locali e da erogare a tantissime imprese italiane che hanno già realizzato i lavori, invece li teniamo fermi in depositi infruttiferi in ossequio ad uno stupido Patto di stabilità (dobbiamo chiamare le cose con il proprio nome). L'Europa ha fatto uno strappo alla regola per questa situazione di difficoltà e dobbiamo farlo anche noi. Signor Presidente, è con questo auspicio (un invito a riconsiderare questa ottusa rigidità) che chiedo all'Aula di approvare questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, il nostro è un Paese nel quale anche in questo momento difficile sono in tanti a rimboccarsi le maniche. Lo fanno per sé, per le proprie famiglie o per le proprie imprese, però lo fanno anche per gli altri e per le proprie comunità e tra questi ci sono migliaia di sindaci e amministratori locali. È davanti alla loro porta che sempre più spesso si presentano lavoratori licenziati oppure precari a cui non è stato rinnovato il contratto oppure piccoli imprenditori che chiedono un sostegno o l'apertura e l'allestimento di un tavolo per sbloccare linee di credito, oppure lo sblocco di pagamenti di fatture per lavori effettuati.
Magari, dietro quelle porte di sindaci e di amministratori, ci sono i nuovi cittadini italiani, i nuovi immigrati venuti per cercare lavoro e che spesso trovano in un comune, in una Caritas o in un'associazione di volontariato l'unico punto di riferimento per la loro sopravvivenza e la loro integrazione. Sono i sindaci che si sporcano letteralmente le mani quando c'è una tragedia nella propria comunità e quando accade un'emergenza e sono loro che rimangono lì, sul posto, anche quando spesso le luci delle televisioni si spengono e cala l'oblio su quelle emergenze.
Anche questa, per fortuna, è l'Italia che si rimbocca le maniche e sono i comuni, gli stessi, che in questi anni hanno rispettato il Patto di stabilità, nonostante i tagli ai trasferimenti o i tagli delle entrate legate all'ICI. Colpire i comuni e gli enti locali, quindi, come sta avvenendo con provvedimenti come questo, significa di fatto colpire i cittadini e le famiglie e significa comprimere situazioni legate al trasporto pubblico locale o ai servizi sociali, che in un momento di crisi come questo sono spesso l'unico ammortizzatore Pag. 44per tante, troppe famiglie. Ciò significa, ad esempio, bloccare i lavori pubblici che, in un momento duro come questo, potrebbero essere una boccata d'ossigeno per la nostra economia. Altro che decentramento e federalismo, che alla luce di provvedimenti come questo appaiono davvero scatole vuote.
Per questo motivo, mi associo anch'io all'ordine del giorno in esame e al contesto in cui esso si colloca, esprimendo rammarico perché non sono state accolte le proposte dell'ANCI e delle altre associazioni dei comuni, che oggi si chiamano «governi di prossimità», ma che sono davvero i punti più vicini ai cittadini.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo un ultimo concetto in pochi secondi: non mi piace neanche che, nel colpire i comuni, si vogliano colpire anche articolazioni democratiche di poteri: c'è un'area francamente non giusta in questo Paese, per cui tutto quello che è dialettica tra poteri - si chiamino essi magistratura o informazione - non piace. Anche colpire i comuni e le autonomie locali è un disegno che, francamente, è negativo.
Credo che i cittadini italiani - mi rivolgo anche ai colleghi del centrodestra - sappiano che noi, nell'affermare ciò, non facciamo una battaglia di parte, ma abbiamo l'ambizione di rappresentare gli interessi generali.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Monai n. 9/3146-A/33, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Concia, Rossi, Pizzolante, Traversa, Sardelli, Santagata...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 383
Votanti 365
Astenuti 18
Maggioranza 183
Hanno votato
347
Hanno votato
no 18).

Prendo atto che i deputati Aniello Formisano, Laganà, Fortugno e Boccia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 13)

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Cimadoro n. 9/3146-A/34, accettato dal Governo.

GABRIELE CIMADORO. Sì, signor Presidente, insistiamo per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, ormai siamo arrivati all'unico strumento che ci è consentito da questo Governo: solo ed esclusivamente l'ordine del giorno. Ci stiamo accanendo, cercando di portare a casa qualcosa, ma alla fine impegniamo il Governo a non concludere mai niente. In questi due anni, abbiamo assistito soltanto ad una costante riduzione dell'economia e dell'autonomia finanziaria degli enti locali, fermo restando che vi sono poi deroghe che naturalmente sono state previste per alcuni comuni meno virtuosi e assolutamente disastrosi, come tutti sappiamo, dalla capitale ai comuni della Sicilia, per scendere a Napoli e ai comuni che abbiamo finanziato a più riprese, nominando addirittura commissari gli stessi che hanno fatto fallire lo stesso ente. Pertanto, siamo di fronte ad una necessità urgente.
Con questo ordine del giorno cerchiamo di dare un'opportunità o comunque di ottimizzare e di dare un servizio cercando di portare a casa una concreta Pag. 45ottimizzazione e una opportunità per definire un provvedimento più organico, non fatto a colpi di spot. Siamo di fronte ad un Governo che non ha interpretato in nessun modo. Anzi, se fosse stato un po' più lungimirante e non avesse dato corso solo a degli spot in campagna elettorale, probabilmente avrebbe affrontato il problema in modo diverso.
Il taglio dell'ICI è risultato disastroso: ha permesso sicuramente di guadagnare qualche punto in campagna elettorale, ma ha messo poi i comuni in una situazione economica disastrosa. Altri provvedimenti che sono stati portati avanti da questo Governo hanno ottenuto tutti lo stesso risultato. Con questo ordine del giorno crediamo e auspichiamo che vi sia la considerazione e l'impegno di questo Governo, anche se sappiamo qual è il valore dell'ordine del giorno. Sicuramente non pensiamo di risolvere qui la situazione e siamo in attesa. Il rinvio sine die di interventi di attuazione del federalismo fiscale comporta ancora un aggravamento della crisi dei nostri enti locali.
Vorremmo impegnare il Governo a considerare l'opportunità di definire un provvedimento organico e coerente sulla materia degli enti locali, in modo che dia l'opportunità di fare programmi e di approvare bilanci seri e applicabili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, fatemi dire innanzitutto che questo provvedimento è iniziato male e sta finendo peggio. È un provvedimento sul quale il Governo ha voluto imporre un voto di fiducia assolutamente immotivato. Non ve ne era, infatti, l'urgenza dettata dalla scadenza dei termini, poiché i tempi per la conversione erano più che ampi. Non c'era neanche una motivazione politica, perché il dissenso, pure marcato da parte nostra e di tutta l'opposizione esisteva, ma soltanto per alcuni aspetti della legge e non era comunque tale da poter mettere in pericolo una maggioranza ampia, che almeno sulla carta può consentire al Governo di approvare questo e qualsiasi altro decreto-legge.
È molto probabile, invece, che la fiducia nasca dalle divisioni sempre più evidenti all'interno della maggioranza. La maggioranza e il Governo sono in uno stato preagonico, visto che in questi giorni hanno addirittura dimostrato di non saper neppure scrivere un decreto-legge di loro indubbio interesse.
Dicevo che questo provvedimento era iniziato con il piede sbagliato, era iniziato male, e con questa affermazione mi riferivo in primo luogo al tentativo di inserire in questo decreto-legge un emendamento che avrebbe consentito anche alla città di Bologna di andare al voto entro l'estate prossima. Era una richiesta avanzata in modo congiunto dalle opposizioni, soprattutto per evitare al capoluogo emiliano-romagnolo un lungo e dannoso commissariamento, che adesso rischia di durare un anno e mezzo. Si trattava di una richiesta non di parte, ma esclusivamente nell'interesse dei cittadini bolognesi.
Era una richiesta che era stata avanzata dopo che i Ministri Maroni e Calderoli avevano fatto esplicito riferimento a questo decreto-legge come lo strumento ideale nel quale inserire l'emendamento per mandare al voto Bologna e i bolognesi entro giugno.
Ho fatto un cenno anche alla confusione che sembra pervadere il Governo, e l'ho fatto non a caso; infatti, i due Ministri che ho citato si sono rimangiati subito dopo le proprie opinioni, quando gli emendamenti dell'Italia dei Valori, del Partito Democratico e anche dell'UdC sono stati effettivamente presentati.
Quegli emendamenti, però, non sono stati neanche ammessi al voto, perché votare rischiava di essere scomodo, e ci si è rifugiati dietro lo scudo dell'estraneità di materia, un concetto molto vago che viene applicato secondo l'opportunità politica.
Faccio un esempio: ricordo la famigerata legge Bossi-Fini, che fu approvata all'interno di un decreto-legge sulle Olimpiadi invernali di Torino; un decreto-legge, Pag. 46come quello che stiamo discutendo e votando, che detta norme in tema di enti locali, invece, non è stato considerata l'omogeneità di materia per un emendamento che avrebbe consentito le elezioni comunali a Bologna.
Ne abbiamo preso atto, ma soprattutto ne hanno preso atto i cittadini bolognesi, che sapranno ricordarlo al momento opportuno. Peccato che, qualche settimana dopo, sia arrivata la fatidica data del 27 febbraio: il giorno che passerà alla storia come il giorno del pasticcio delle liste. Il Governo, per sanare palesi irregolarità relative alle procedure elettorali, in questo caso non ci ha pensato un secondo a sacrificare e a modificare ex post le regole del gioco, creando un pericolosissimo precedente che mette a rischio la credibilità presente e futura di ogni competizione elettorale e, con essa, lo stesso sistema democratico del nostro Paese.
Ma poiché di questa grave azione avremo modo di parlare sabato prossimo in Piazza del Popolo, in questa sede mi limito soltanto a sottolineare che un Governo che non sa neppure scrivere un decreto-legge è molto difficile che sappia governare.
Per quanto riguarda il provvedimento in questione, mi limito a sottolineare come anche in questo caso si siano volute introdurre...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho finito, ancora trenta secondi. Dicevo che, anche in questo caso, si sono volute introdurre norme ipocrite, inefficienti e con finalità esclusivamente elettorali. Anche per il tema dei costi della politica, si sceglie di seguire la strada dell'opportunità politica, ma soprattutto dell'ipocrisia.
Infatti, nel decreto-legge si stabilisce una riduzione del numero degli assessori che compongono le giunte provinciali, ma, quando si presenta una norma davvero mirata a ridurre i costi della politica, si vota contro, come quando abbiamo proposto l'abolizione delle province.
Si tagliano gli assessori delle giunte, però, intanto, questo Governo, dieci giorni fa, ha aumentato il numero dei suoi sottosegretari (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, l'ordine del giorno Cimadoro n. 9/3146-A/34, al quale chiedo di apporre la mia firma, ci riporta ad un tema che, durante la discussione sulle linee generali, il Partito Democratico ha approfondito e ha sviscerato, e sul quale ha posto dei quesiti molto netti al Viceministro Vegas e al Ministro Calderoli; ci riporta al tema della certezza sulla definizione degli assetti ordinamentali e funzionali degli ambiti considerati nelle amministrazioni pubbliche locali.
In particolar modo, in sede di discussione sulle linee generali, abbiamo posto in evidenza al Governo - devo dire che, anche dopo la risposta del Governo, non siamo affatto rimasti convinti della condivisione di questi aspetti - il rischio della frammentazione in corso su una serie di provvedimenti che riguardano la vita degli enti locali.
Abbiamo più volte sottolineato come dal decreto-legge n. 112 del 2008 in poi, in realtà, tutti gli interventi successivi del Governo sono stati delle rincorse a proroghe o a deroghe che, in qualche modo, richiamavano l'impianto del decreto-legge n. 112 del 2008.
Siccome quest'ultimo è il «provvedimento madre», da cui, in qualche modo, derivano tutti gli interventi di politica economica e anche gli assetti degli enti locali, in qualche modo è il caso di dire che il Governo su questa materia se la suona e se la canta.
Infatti, interviene, poi ci mette dei rattoppi, e su alcuni di questi rattoppi mette delle proroghe, e in alcuni casi delle deroghe.
L'ordine del giorno in esame non fa che chiedere certezze, soprattutto su alcuni Pag. 47temi che a me stanno particolarmente a cuore. Gli enti locali come è noto, ormai da alcuni anni devo dire, non solo per il decreto-legge n. 112 del 2008, rappresentano un tema che ci trasciniamo dal buco normativo provocato dal Testo unico degli enti locali del 2000, che è stato abbondantemente superato dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001: essi di fatto, negli ultimi 18 mesi, soprattutto dopo l'abolizione dell'ICI, non fanno bilanci di previsione, ma tendenzialmente chiudono bilanci che sanno che saranno poi stravolti in corso d'opera da provvedimenti successivi del Governo.
Siamo convinti che le aspettative del Ministro Calderoli e le nostre aspettative sul lavoro di attuazione della delega sul federalismo fiscale siano in buona fede; ad oggi, però, non solo quella Commissione non ha visto la luce, per i ritardi della maggioranza e dell'azione di stimolo che il Governo avrebbe dovuto compiere per la sua attuazione, ma i provvedimenti che sono stati emanati non aiutano. L'ordine del giorno impone all'Aula un'ulteriore riflessione, che è stata accolta dal Governo; certamente, il voto favorevole di tutta l'Aula aiuterà noi tutti ad assumerci tali responsabilità: ci auguriamo che esse non finiscano con l'approvazione dell'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi in questi giorni alla Commissione IX (Trasporti) della Camera stiamo discutendo un provvedimento dal titolo: «Disposizioni in favore dei superstiti dei familiari delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno 2009». È una proposta di iniziativa parlamentare, che nasce da tre proposte, una a prima firma dell'onorevole Bergamini, una a prima firma dell'onorevole Poli, e una a prima firma della sottoscritta. In particolare, la nostra proposta si pone l'obiettivo di reperire risorse, 10 milioni di euro per completare i lavori di ricostruzione in seguito alla strage e 20 per risarcire le famiglie delle vittime di quella strage.
Mentre in Commissione stiamo lavorando con fatica a questa proposta, e siamo partiti dalla misera cifra, l'unica garantita, di 5 milioni di euro, per arrivare poi ad un compromesso, frutto di una lunga contrattazione, di 10 milioni, su cui non sappiamo però se vi sarà il parere positivo della Commissione bilancio, e mentre ci ricordiamo la sfilata di ministri il giorno dopo la strage in quel luogo disperato, stiamo ancora oggi cercando gran parte dei soldi destinati alla ricostruzione: neanche la metà delle risorse necessarie è stata stanziata. Nella proposta di legge si stabilisce che ci concentreremo su un Fondo a sostegno delle vittime, mentre non è possibile in questo momento reperire le risorse necessarie per garantire il completamento della ricostruzione. Si tratta di una cifra non importante nel quadro del bilancio dello Stato, 30 milioni in tutto; soprattutto, una cifra che scompare, rispetto a quelle previste nel decreto-legge che andiamo a votare: troviamo i soldi per Roma, troviamo i soldi per i comuni che hanno compiuto errori nell'amministrazione, troviamo decine, se non centinaia di milioni di euro a tale scopo, e non li troviamo per dare una risposta a chi ha perso la casa, a chi ha perso i familiari, a chi è rimasto vittima di quell'incidente gravissimo senza averne colpa.
Chiedo all'Aula e alla maggioranza di riflettere sulle loro responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, è davvero singolare discutere di un tema come quello degli enti locali per difendere noi dell'opposizione - anzi, in opposizione alla maggioranza - le ragioni che un partito della vostra coalizione di maggioranza, come la Lega, aveva impugnato e Pag. 48brandisce a tutt'oggi come la propria carta di identità.
Mi riferisco al federalismo: ciò è singolare, perché, mentre si sostiene l'impianto federalista della forma di Stato e con esso il decentramento di responsabilità, di risorse, di decisioni, il Governo, invece, le richiama a sé contro il diritto, dopo anni di parole spese a discutere di decentramento e persino di devolution delle funzioni ai comuni e alle province.
Ma non ci si limita ad andare in una direzione sbagliata; lo si fa anche procedendo con arroganza perché si scelgono la forma, la via del decreto-legge ed il ricorso alla questione di fiducia: si blinda il provvedimento, si ignorano il confronto nel merito, le ragioni dell'opposizione, il rispetto delle regole e si procede.
Per di più, questo decreto-legge apre un mercato sul Patto di stabilità, anzi una falsa gara in cui possono vincere solo i raccomandati che vengono autorizzati a derogare, mentre per i comuni virtuosi sono previste penalizzazioni. Perché? Mi sono fatta l'idea che questa prassi rappresenti una vera e propria tendenza del Governo Berlusconi. È stato così anche in materia elettorale dove per il mio comune, Bologna, non si è accettato neppure di discutere e di ammettere un emendamento che non sanava alcuna irregolarità, mentre per Roma, dove le irregolarità sono così grandi che non si riesce a trovare rimedio (è difficile infatti sanare le irregolarità di una lista che non è mai stata presentata!), il Governo sta facendo di tutto perché invece si possa votare.
Evidentemente - ma i cittadini lo capiranno da soli (e a Bologna lo hanno già capito) - vi sono cittadini di serie A che hanno diritto di voto e cittadini di serie B che invece hanno solo il diritto di portare pazienza e di aspettare che gli venga gentilmente concesso ciò a cui hanno diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Zamparutti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, vi rinunzia.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cimadoro n. 9/3146-A/34, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Moles, Pili, Colaninno, Miotto, Molteni, Casini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 379
Votanti 364
Astenuti 15
Maggioranza 183
Hanno votato
333
Hanno votato
no 31).

Prendo atto che i deputati Boffa, Bruno e Verini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Simonetti n. 9/3146-A/36, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Secondo le intese intercorse, il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di martedì prossimo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
In proposito, informo l'Assemblea che sono state ritirate tutte le ulteriori iscrizioni a parlare nella discussione sulle linee generali.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,25).

DONELLA MATTESINI. Chiedo di parlare.

Pag. 49

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, intervengo per sottoporre a quest'Aula, e, tramite lei, al Governo, un'attenzione diversa da parte del Ministro Bondi e di tutto il Ministero sulla questione della vendita dell'archivio Vasari. Come tutti sappiamo, da settembre esiste questo contratto valido con una società russa che può diventare titolare di questo preziosissimo archivio, importante lascito del Rinascimento italiano. Noi come comunità aretina, con il sindaco in primo luogo, e anche in questa Aula, abbiamo presentato più interpellanze, una a firma dell'onorevole Veltroni, per chiedere al Governo che vi sia un rafforzamento del vincolo pertinenziale per evitare che chi acquisterà questo bene - in questo caso una società russa che si occupa di altro, essendo vicina a Gazprom, e che certo non si occupa di beni culturali - nel contempo cerchi di portarlo fuori.

PRESIDENTE. Onorevole Mattesini...

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, lei mi chiede di concludere, ma il tema è abbastanza delicato e conosciuto Chiedo che il Governo mantenga gli impegni che ha assunto con il sindaco, con il presidente della provincia e anche in quest'Aula, per rafforzare il vincolo pertinenziale e per evitare che un bene prezioso della nostra Italia, che rappresenta uno dei momenti più alti della nostra cultura del Rinascimento, possa essere esportato all'estero da questa società.
Tra l'altro era in corso, in questi giorni, un'asta - dovuta al fatto che i legittimi proprietari hanno nei confronti di Equitalia un debito di circa 700 mila euro - che è stata sospesa, a cui ha partecipato anche il Ministero dichiarando il proprio interesse all'acquisto. Lo ripeto, il 20 marzo scade il termine del diritto di prelazione da parte del Ministero. Ricordo che il Ministero ha valutato l'archivio Vasari per circa 2 milioni 600 mila euro e che il gruppo russo l'ha acquistato per 150 milioni di euro. È una vicenda, quindi, anche inquietante per una cifra così esorbitante che necessita ora, e non domani, di una risposta seria da parte del Governo.

MAURIZIO BIANCONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, voglio solo sottolineare che il Ministero ha fatto quello che doveva e sta facendo quello che deve. L'unica cosa importante che deve essere capita è che l'archivio vasariano può valere 2,5, 3 milioni, e non 150 milioni di euro, che è esattamente il doppio dell'importo del bilancio del comune di Arezzo. Va bene, quindi, che l'onorevole Mattesini richiami questo, lo posso richiamare anche io, ma non vorrei che anche questa fosse la solita mossa per andare sui giornali locali quando, invece, il Governo sta facendo tutto quello che deve fare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente soltanto perché lei possa portare a conoscenza del Ministro della sanità e del Ministro dell'economia e delle finanze quello che è successo questa mattina davanti a Montecitorio. Sono venute le famiglie e i dipendenti del Santa Lucia, che è un istituto di ricerca e cura a carattere scientifico che si occupa soprattutto di paraplegici, di bambini e di ragazzi che hanno vissuto l'esperienza del coma, e che sta rischiando la chiusura. Ci sono stati degli incontri anche con il segretario del Presidente della Repubblica affinché si intervenga, perché c'è bisogno di stanziare un fondo speciale, con una legge speciale, così come si fa per esempio per il Bambin Pag. 50Gesù. Mi auguro, signor Presidente, che lei possa far conoscere ciò ai Ministri competenti.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Brancher, Caparini, Casero, Castagnetti, Conte, Gregorio Fontana, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giro, Graziano, Lo Monte, Martini, Milanato, Pescante, Ravetto, Sardelli, Tabacci e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, recante istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (A.C. 3175) (ore 15,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, recante istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Ricordo che nella seduta del 9 marzo 2010 sono proseguiti gli interventi relativi alla discussione sulle linee generali.
Essendo state ritirate tutte le ulteriori richieste di intervento, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 3175)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la I Commissione, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che anche il relatore per la II Commissione, onorevole Contento, rinunzia alla replica.
Prendo, altresì, atto che il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3175)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3175).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A - A.C. 3175).
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, sono state ritirate dai deputati del gruppo dell'Italia dei Valori tutte le proposte emendative presentate, ad eccezione delle seguenti: Palomba 1.34, 2.4, 3.40, 3.6, 3.47, 5.3, 5.85, 5.92, 5.106, 0.2.300.1 e 0.5.303.1, Piffari 1.36, Barbato 2.49, Favia 2.6 e 7.1, Di Giuseppe 2.48, Palagiano 5.44, Aniello Formisano 5.51 e Messina 5.60.
Avverto, inoltre, che prima dell'inizio della seduta sono state ritirate dal gruppo del Partito Democratico tutte le proposte emendative presentate, ad eccezione delle seguenti: Ferranti 1.3, 1.5, 0.1.301.1, 0.1.301.2, 0.1.301.4, 1.6, 1.32, 0.2.300.2, 2.7, 3.2, 3.4, 5.2, 5.16, 5.19, 5.21 e 5.36, Pag. 51Ceccuzzi 1.7, 1.8, e 7.3, Andrea Orlando 3.1, 3.7, 3.9, 3.10 e 5.1, Garavini 3.3, 5.5 e 5.6, Antonino Russo 4.40, 4.47 e 5.107.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 3175) che reca tre condizioni riferite agli emendamenti 4.301, 5.300 e 7.300 delle Commissioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Al fine di recepire tali condizioni, le Commissioni hanno presentato i subemendamenti 0.4.301.300, 0.5.300.300 e 0.7.300.300, nonché l'ulteriore subemendamento 0.1.301.300, che sono in distribuzione.
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per princìpi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, il gruppo Misto (per la componente politica del Movimento per le autonomie-Alleati per il Sud) è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Passiamo ora agli interventi sul complesso delle proposte emendative presentate. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, abbiamo presentato - ma vi sono anche altri emendamenti - una serie di proposte emendative al fine di migliorare il testo all'esame dell'Assemblea. Questo provvedimento nasce da una serie di valutazioni e di considerazioni e ha alle spalle una lunga storia. Abbiamo affrontato questa problematica più volte, anche in sede di Commissione bicamerale antimafia, e abbiamo ritenuto che c'è e ci deve essere sempre di più un impegno costante per contrastare efficacemente l'arricchimento illecito delle organizzazioni criminali. Vi è una riflessione di fondo da fare. Questo strumento è efficace? Anche perché abbiamo avuto già delle esperienze per quanto riguarda l'Agenzia del demanio: pur avendo svolto delle considerazioni di carattere positivo, in sede di valutazione generale e di sintesi, abbiamo ritenuto che dovesse essere superata la fase di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata da parte dell'Agenzia del demanio. Più volte abbiamo rilevato altresì che tra il sequestro, la confisca e l'utilizzazione di tali beni passa un tempo enorme (dodici-tredici anni). Non vi è dubbio che tutto ciò crea una situazione di grande precarietà e di grande disagio, e anche la lotta alla criminalità organizzata subisce dei contraccolpi negativi.
La domanda che ci poniamo, come dicevo poc'anzi, è la seguente: quello in esame è uno strumento idoneo? Per la verità, signor Presidente, io ho qualche perplessità. Ho delle perplessità non in maniera fideistica (e non sono depositario della verità), ma, certamente, non vedo delle norme che possano far accelerare il procedimento che intercorre tra il sequestro, la confisca e l'utilizzazione del bene. Questa grande accelerazione non c'è. Infatti, avevamo previsto, attraverso una serie di proposte emendative, che questa Agenzia avesse come riferimento la Presidenza del Consiglio dei ministri e non il Ministero dell'interno. Abbiamo anche motivato questa proposta, ma al riguardo il sottosegretario Mantovano ci ha detto che vi sono valutazioni diverse. Posso concordare fino ad un certo punto con il sottosegretario Mantovano, perché, quando il rappresentante del Governo mi dice che la Presidenza del Consiglio non può essere il riferimento dell'Agenzia, perché il direttore generale è un prefetto e gli uffici locali sono le prefetture, ciò significa che noi abbiamo fatto una parte di un percorso e una parte della valutazione. Infatti, anche gli uffici locali, quindi le prefetture, possono essere riferiti per quanto riguarda il loro compito alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Tutto ciò avviene anche per quanto riguarda la Protezione civile. Aver proposto come ente di riferimento e di controllo la Presidenza del Consiglio è dovuto al fatto che tutta la problematica relativa al sequestro e alla confisca deve essere oggetto di un coordinamento Pag. 52che soltanto la Presidenza del Consiglio dei ministri può svolgere. Non è soltanto un dato che si riferisce al Ministero dell'interno, tant'è vero che, anche per quanto riguarda l'utilizzazione del bene, vi sono anche altri Ministeri coinvolti, altri soggetti coinvolti. Questo lo dico non perché ci innamoriamo dei nostri emendamenti, ma perché tutto ciò crea quei contraccolpi negativi cui prima facevo riferimento; in particolare mi riferisco allo spazio di manovra e di movimento estremamente ristretto e molto limitato. Il relatore ha respinto i nostri emendamenti e noi li abbiamo riproposti, perché vogliamo che il problema rimanga all'attenzione dell'Assemblea e a futura memoria, e perché ci deve essere una riflessione forte. Infatti, nutro veramente serie perplessità sul fatto che il tutto possa funzionare e che si possa percorrere quel tragitto nonché raggiungere quegli obiettivi, quei traguardi che ci siamo prefigurati nel momento in cui abbiamo incoraggiato la costituzione e la realizzazione di una agenzia per i beni sequestrati e confiscati.
Inoltre, c'è un altro dato, signor Presidente. Ritengo che, anche sulla base degli altri emendamenti, il rapporto tra giudice e magistratura, da un lato, e l'Agenzia, dall'altro, venga ad essere ridefinito. Il giudice delegato ovviamente viene individuato nella fase del sequestro, della gestione, sulla base di un'intesa che deve essere assicurata con l'Agenzia. Tali elementi e valutazioni erano emersi nel corso delle audizioni svolte presso le Commissioni I e II anche da parte del dottor Pignatone che è il capo della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Ma poi c'è un altro aspetto che noi abbiamo posto in evidenza con i nostri emendamenti che consiste nel ridurre e ridimensionare le esternalizzazioni anche per quanto riguarda i consulenti. Questa è anche una nostra proposta che certamente ha una sua validità e un suo significato perché la norma, così com'è concepita, articolata e costituita, la sua fisionomia, fa capire che ci troviamo di fronte ad un terreno estremamente sdrucciolevole dove si riscontra un largheggiare verso le consulenze che certamente ritengo non siano funzionali rispetto ai compiti propri dell'Agenzia stessa.
Tuttavia, anche con gli altri colleghi, con Ria e con Mantini della II Commissione e con quelli della I Commissione, abbiamo presentato un'altra serie di emendamenti: ad esempio, al fine di allargare l'orizzonte dell'Agenzia non soltanto alla funzione e ad un compito riguardante i beni sequestrati alla criminalità organizzata, ma anche ai beni che provengono dalla corruzione, dalla lotta alla pubblica amministrazione. Questo è un aspetto importante su cui avevamo tentato di far capire e di far comprendere che si tratta di un tragitto che può essere perseguito.
Vi sono certamente altri emendamenti che, nel corso della discussione, altri colleghi del mio gruppo illustreranno, ma non vi è dubbio che vi è una serie di perplessità, anche perché con questa Agenzia, nel momento in cui l'abbiamo concepita ed istituita, non si è riusciti a sottrarsi o a svincolarsi da qualche suggestione di appesantimento burocratico e gestionale. A mio avviso, appare molte volte più un francobollo, una dicitura o un'etichetta che non uno strumento agile e dinamico che possa, come dicevo all'inizio, signor Presidente, accelerare il procedimento e dare la possibilità a quest'Agenzia di svolgere un ruolo molto forte ed intenso.
Poi c'è un altro dato: tutto il problema dei fondi, a cui abbiamo fatto riferimento, e un altro elemento riguarda l'utilizzazione del bene. Questo fondo sarebbe alimentato dagli introiti che provengono dalla gestione dei beni confiscati ma, quando parliamo, ad esempio, dell'utilizzazione di questi beni e della confisca da parte dell'amministrazione locale, con quali fondi questi comuni o queste province possono utilizzare questi beni? Ritengo che sia un problema che dobbiamo porci perché nel momento in cui consegniamo un bene ad un comune per l'utilizzazione sul piano sociale di quel bene stesso, se non ha i fondi, se non ha un percorso, se non ha un sostegno economico, Pag. 53se non ha una pianificazione, certamente non si va da nessuna parte. Anche perché l'organico di quest'Agenzia è molto limitato e molto ristretto. Sembra semplicemente un organico che costituisce una struttura burocratica, gestionale e amministrativa ma non è una gestione né un'amministrazione estremamente agile, a cui facevo riferimento prima, né forte né intensa, tale da dare una risposta forte rispetto ai problemi ed ai temi che oggi abbiamo alla nostra attenzione.
Signor Presidente, la mia si inserisce all'interno di una serie di proposte e di contributi, anche se certamente diamo atto ai relatori e al Governo di aver recepito alcune nostre proposte, di avere inserito altre in emendamenti fatti propri dalla Commissione e, quindi, su impulso del relatore. Ma non vi è dubbio che rimangono in ombra alcuni aspetti e alcune situazioni. Certamente vi saranno anche alcuni provvedimenti antimafia.
Allora, anche in quella sede ovviamente indicheremo quali possano essere le integrazioni per recuperare le proposte, anche alla luce delle esperienze temporali brevissime che noi avremo da questo momento a quello in cui vi saranno gli altri appuntamenti legislativi. Questo è tutto, signor Presidente, ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, approfitto per lodare tutto il lavoro politico che ha portato al provvedimento in esame, perché secondo me è molto importante che la politica recuperi i suoi spazi. Con la mafia e con la criminalità organizzata, purtroppo, stiamo subendo un po' troppo e stiamo agendo come reazione, se posso permettermi questa espressione, cioè, anziché agire, noi stiamo reagendo. Oggi vi è stata l'inaugurazione di un corso di storia della 'ndrangheta all'università di Roma Tre ed alcuni nostri parlamentari della Commissione antimafia hanno partecipato: ha partecipato il vice presidente, onorevole Granata, ed ha partecipato l'onorevole Veltroni. Entrambi, pur provenendo da schieramenti diversi, hanno ribadito che in questi campi è la politica che deve fare la sua parte. Dobbiamo giocare d'anticipo e non in contropiede. Qui in Parlamento abbiamo colleghi - e forse la cosa non è pubblica - che vivono sotto la minaccia della criminalità organizzata ed è bene dunque che il Parlamento si muova come un solo uomo in questi argomenti. Infatti, l'errore più grande che la politica può fare è quello di latitare (ed uso un verbo che spesso proprio viene associato ai criminali).
Ma vi è un altro punto, signor Presidente, sul quale vorrei invitare questo Parlamento - lo so che lo dico in una situazione difficile - a prendere posizione. È arrivata pochi secondi fa un'agenzia di stampa che parla di una sentenza della Corte di Cassazione. Questa sentenza della Corte di Cassazione stabilisce che, se un immigrato è qui in Italia in maniera irregolare, il fatto che suo figlio sia regolarmente iscritto ad una scuola nel nostro Paese non gli consente di restare qui accanto al bambino e deve lasciare il Paese. Siccome sono in discussione norme sulla cittadinanza che poi torneranno all'esame dell'Aula dopo le elezioni e siccome sono in discussione anche regolamenti da parte del Ministero sui tetti agli immigrati nelle scuole, secondo me è il caso che tutto il Parlamento prenda in pugno la situazione dei bambini figli di immigrati e dei minori stranieri nati qui in Italia.

PRESIDENTE. Onorevole Sarubbi, devo richiamarla ad attenersi al tema all'ordine del giorno.

ANDREA SARUBBI. È un altro punto sul quale il Parlamento deve agire insieme e deve prendere il posto della giustizia, per evitare che siano le sentenze poi a dettare i nostri lavori: questo è valido per gli immigrati ed è valido appunto anche per la lotta alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laganà Fortugno. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, i beni non vanno tolti solo alla mafia, ma vanno veramente restituiti ai cittadini. È basandosi su questa convinzione che, da molti anni, ampie parti della politica e della società stanno lavorando per individuare la soluzione migliore per far sì che i beni tolti alla mafia diventino una vera ricchezza a disposizione di tutti. Dopo l'omicidio di Pio La Torre, è nata la legge sulla confisca dei beni, ma la maggior parte dei beni rimanevano inutilizzati o, peggio ancora, nelle mani dei boss, perché non vi era una legge sul loro riutilizzo.
In questi anni, vi sono state raccolte di firme di varie associazioni. Quelle raccolte di firme hanno prodotto la legge n. 109 del 1996, che ha permesso ai tanti beni tolti alla mafia di diventare scuole, centri di accoglienza, centri sportivi e tanto altro ancora. Da subito ci si rese conto che i problemi da risolvere per far tornare ai cittadini tali beni sono tanti: i parenti dei boss che continuano a viverci dentro anche dopo il sequestro e a volte anche dopo la confisca; le ipoteche aperte con le banche, spesso solo stratagemmi creati anche grazie a collusioni interne alle strutture bancarie.
Inoltre, vi sono le collusioni all'interno degli enti locali, che impedivano di realizzare i progetti e facevano sì che non venisse proprio richiesto l'utilizzo del bene; infine, la difficoltà di reperire risorse per ristrutturare beni che venivano abbandonati a se stessi, tra la fase del sequestro e quella della confisca.
Per questo da tempo - da più di dieci anni - si è cominciato a ragionare su quali fossero le carenze delle norme esistenti e quali le possibili risposte. In particolare, all'interno della Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia, nelle ultime quattro legislature, ogni volta che ci si recava in un territorio, in missione, il tema del riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi era uno dei punti fissi delle riflessioni sia delle forze della polizia, sia della magistratura, sia dei rappresentanti locali. Questa riflessione ha portato, nella scorsa legislatura, ad una relazione, approvata all'unanimità, e proprio il tema dei beni confiscati ne faceva parte. Posso dire che le radici del provvedimento che stiamo per discutere oggi sono sicuramente in quella relazione. Infatti, con quel lavoro di indagine si individuò con precisione uno dei punti di impasse del sistema, il ruolo poco chiaro svolto, senza efficienza, dall'Agenzia del demanio ed il punto di svolta decisivo, ossia il modo di garantire una gestione dei beni che puntasse al massimo.
In conclusione, da calabrese sono particolarmente soddisfatta della scelta di collocare la sede nazionale a Reggio Calabria, scelta fatta per mandare un segnale chiaro alla 'ndrangheta. Signor Presidente, anche se molti si affannano a smentirlo, esiste però il vero pericolo che questi beni ritornino nelle mani della 'ndrangheta, tramite prestanome. Ma il vero segnale, cari colleghi, sarà far sì che questa Agenzia funzioni bene e che nessun bene utile alla collettività venga messo all'asta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, non credo che possa passare inosservato che questo provvedimento è nato all'inizio di quest'anno in un Consiglio dei ministri che si è svolto nella città di Reggio Calabria. Allo stesso modo, non penso che possa passare inosservato che in questo provvedimento si parla direttamente di 'ndrangheta e si introduce questo concetto. Sicuramente questo avviene con enorme ritardo, perché si tratta di un fenomeno che nel corso del tempo è stato conosciuto e la cui pericolosità è oggi accertata e acclarata. Pertanto, correttamente viene introdotto il concetto di 'ndrangheta in norme che pure sono nate in altre epoche, in cui si parlava di mafia e di camorra ma ancora non si parlava di 'ndrangheta anche se, ovviamente, questa era ricompresa negli altri tipi di criminalità organizzata. Pag. 55
Intervengo per dire che si tratta di un fatto assolutamente importante, perché riconoscere la pericolosità della 'ndrangheta e introdurre questo concetto nella normativa non può essere un fatto di facciata. Negli emendamenti che abbiamo presentato e nella discussione che è stata fatta nelle Commissioni e anche nel Comitato dei diciotto, con la partecipazione della nostra rappresentante di gruppo, abbiamo ovviamente lavorato perché l'Agenzia non sia solo un organo di facciata o una scatola vuota. Abbiamo lavorato e soprattutto hanno lavorato i colleghi per rendere questa Agenzia un organismo che sia molto più pregnante e che sia efficiente, anche dal punto di vista organizzativo. Tuttavia, voglio approfittare di questo intervento proprio per dire che è un bene che l'Agenzia sia nata, perché si tratta della stessa Agenzia che, del resto, veniva sollecitata ormai da qualche anno. Era stata sollecitata anche da una apposita Commissione di inchiesta che era nata e che aveva presentato la sua relazione nella precedente legislatura. Dunque, ben venga l'Agenzia e speriamo che possa condurre un lavoro efficace e ben venga anche parlare di 'ndrangheta.
Signor Presidente, mi scusi ma penso di interpretare sentimenti molto generali e non solo del Partito Democratico. Mi scusi se dico che tutti dobbiamo capire quanto sia pericolosa la 'ndrangheta, soprattutto in quest'Aula, dove siede una rappresentante del Popolo della Libertà che in questo momento, a mio avviso, corre gravi rischi. Si tratta di Angela Napoli, che è destinataria di minacce ripetute e continue. Penso di dover dire questo e di volerle portare, ufficialmente e formalmente, dopo averlo fatto sul piano personale, la nostra solidarietà, perché ritengo che questo sia un problema che ci riguarda tutti (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Lo Moro, non avrebbe bisogno di scusarsi neanche per opinioni largamente avversate dall'Aula e in questo caso credo che tutta l'Aula sia d'accordo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio tutti i colleghi, il Presidente ed i rappresentanti del Governo per la solidarietà che negli ultimi giorni mi hanno espresso. Sento di dover intervenire, seppur brevemente, su questo provvedimento perché siamo stati da sempre tutti quanti convinti che nei confronti delle mafie occorre sì la repressione, ma non si può sottacere sull'importanza che la prevenzione ha rispetto a questo contrasto necessario.
Questa attività di prevenzione, con l'attacco ai patrimoni illeciti dei mafiosi, è senz'altro un discorso estremamente produttivo. Devo riconoscere che il Governo aveva già introdotto nel cosiddetto pacchetto sicurezza la rivisitazione della legge sul sequestro e sui beni confiscati per accelerare le fasi che vanno dal sequestro alla confisca e così via, e addirittura per consentire l'accelerazione delle fasi del sequestro, indipendentemente dall'attività processuale.
Con questo provvedimento recante l'istituzione dell'Agenzia nazionale - che peraltro era stata anche assunta come un impegno, attraverso un ordine del giorno nel corso dell'esame della legge finanziaria proposto dal collega Granata e da chi sta parlando - si è raggiunto veramente un grande risultato. E lo si è voluto fare non solo nell'ambito del contenuto (che ha la sua notevole importanza), ma anche individuando la sede in Calabria e, in particolare, a Reggio Calabria. La Calabria è una regione martoriata per la presenza della 'ndrangheta, organizzazione criminale purtroppo più pervasiva e più potente rispetto a tutte le altre organizzazioni criminali. Devo dare atto ai due relatori, all'onorevole Santelli e all'onorevole Contento, di aver voluto cercare di acquisire, partendo dal testo senz'altro positivo che ha proposto il Governo, tutte le parti propositive che potevano essere accolte per rendere ancora più efficace e più efficiente il provvedimento.
Credo di poter concludere, signor Presidente, ringraziando ancora una volta il Governo, i due relatori e i presidenti delle due Commissioni (I e II) facendo un appello Pag. 56in questa Camera oggi. Sarebbe davvero un bel segnale se tutti approvassero il testo che, in maniera elaborata ed anche con grande pazienza, è stato stilato e proposto a noi, anche dopo l'approvazione dei subemendamenti delle Commissioni.
Credo che, di fronte all'unanimità che potrebbe partire da quest'Aula, ci sarebbe davvero l'indicazione che reputo più che mai necessaria: le mafie non possono essere contrastate da una parte o da uno schieramento politico, ma debbono vedere l'unanimità, questa volontà. Allora, un testo così importante - se fosse licenziato veramente con il consenso unanime dell'intera Assemblea - forse sarebbe davvero un segnale estremamente positivo e importante anche per questa lotta e per abbattere questo cancro, che non fa che dare l'immagine negativa del nostro Paese. Evidenziamolo oggi, riusciamo a scrivere questa pagina estremamente positiva. Facciamo capire alle mafie tutte - in testa la 'ndrangheta - che effettivamente la parte sana dell'Italia, che oggi qui come Assemblea e come Parlamento rappresentiamo, è unita in questo contrasto (Applausi - Congratulazioni).

LORENZO RIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, non intervengo sul complesso degli emendamenti, perché - se lo facessi - non potrei poi intervenire su un singolo emendamento che ho presentato. Tuttavia, per facilitare i lavori dell'Assemblea a nome del...

PRESIDENTE. Su cosa interviene, onorevole Ria?

LORENZO RIA. Stavo appunto per dirlo. A nome del gruppo dell'Unione di Centro, ritiro il subemendamento Tassone 0.1.301.6, perché ci riconosciamo nell'accordo raggiunto in sede di Comitato dei diciotto sul problema dell'intesa che deve intercorrere tra l'Agenzia e il giudice in ordine alla nomina dell'amministratore. Dobbiamo dare atto al fatto che il lavoro che è stato svolto - e al quale anche noi abbiamo partecipato - ha portato ad una sintesi nella quale ci riconosciamo.
Ritiriamo, inoltre, il subemendamento Tassone 0.4.301.1, sulla non onerosità della convenzione tra l'Agenzia del demanio o l'Agenzia dei beni confiscati.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Ria, può ripetere l'ultimo subemendamento?

LORENZO RIA. L'ultimo è il subemendamento Tassone 0.4.301.1.

PRESIDENTE. Sta bene. E quello successivo?

LORENZO RIA. Il successivo è il mio emendamento 5.17, che riguarda il rapporto che deve continuare ad intercorrere tra l'Agenzia, gli enti locali e le regioni perché, in parte, è stato assorbito dall'emendamento 5.303 delle Commissioni, nel quale pure ci riconosciamo.
Infine, ritiro il mio emendamento 5.20. Questo emendamento per la verità non è stato preso in considerazione dalle Commissioni. Noi chiedevamo di istituire due Fondi, uno di garanzia a favore dei soggetti assegnatari dei beni, per consentire più facilmente l'accesso al credito per la realizzazione dei progetti, e un secondo Fondo per il risanamento dei soggetti assegnatari dei beni confiscati che siano stati oggetto di atti intimidatori.
Il contenuto di questo emendamento lo abbiamo trasfuso in un ordine del giorno che ci auspichiamo il Governo possa considerare favorevolmente.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore per la II Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, le Commissioni raccomandano l'approvazione di tutti i propri subemendamenti ed Pag. 57emendamenti, inoltre esprimono parere favorevole sugli identici subemendamenti Palomba 0.2.300.1 e Ferranti 0.2.300.2, sull'emendamento del Governo 1.500 e sugli emendamenti, richiesti dalla Commissione bilancio, 4.200 e 10.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
Le Commissioni formulano infine un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sulle restanti proposte emendative.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Avverto che, ove i presentatori non comunichino il ritiro delle rispettive proposte emendative per le quali vi è un invito in tal senso, la Presidenza le porrà in votazione.
Passiamo all'emendamento Tassone 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, noi abbiamo espresso la proposta di istituire l'Agenzia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per ragioni molto serie, che attengono alle diverse competenze implicate tra cui quelle della magistratura (ricordo ai colleghi che hanno seguito meno il provvedimento che attualmente l'Agenzia è posta sotto le dipendenze del Ministero dell'interno), ma anche per ragioni funzionali perché sono implicate attività di gestione che riguardano proprio l'economia e quindi l'Agenzia, che ha anche un compito di coordinamento trasversale, dovrebbe essere più opportunamente posta sotto la dipendenza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tuttavia, questo tema è stato discusso e questa soluzione è stata esclusa. Noi la ripetiamo qui solo in punto di principio, ma riteniamo, essendo pervenuti anche noi alle intese che virtuosamente hanno migliorato il testo, di ritirare questo emendamento e anche il successivo Tassone 1.2, come anche tutti gli altri che vedremo nel prosieguo della discussione, volti ad affermare le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri.

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'emendamento Ferranti 1.3.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ritiriamo questo emendamento in quanto è uno di quelli che, attraverso il lavoro delle Commissioni, è stato recepito dai relatori e dal Governo.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.300 delle Commissioni.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Di Virgilio... onorevole Perina... onorevole Traversa... onorevole Frassinetti... onorevole Gregorio Fontana... onorevole Andrea Orlando... onorevole Lo Monte... onorevole Lanzillotta... onorevole Cesario...

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 397
Votanti 395
Astenuti 2
Maggioranza 198
Hanno votato
395).

Prendo atto che il deputato Rota ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Palomba 1.34.

Pag. 58

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, annuncio il ritiro di questo emendamento e anche di altre proposte emendative successive, in quanto le Commissioni hanno compiuto un lavoro molto preciso di rimodulazione del testo complessivo. L'emendamento in esame è stato incluso in questo lavoro di rimodulazione, perciò non c'è ragione di votarlo separatamente.

PRESIDENTE. Passiamo agli identici emendamenti Ferranti 1.5 e Piffari 1.36.

ANNA ROSSOMANDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il ritiro dell'emendamento Ferranti 1.5, perché la discussione ha consentito di modificare la stesura originaria del provvedimento in modo da salvaguardare, garantire e sottolineare quel collegamento, che riteniamo molto importante e virtuoso, tra l'autorità giudiziaria e l'amministratore, nella fase delicatissima di acquisizione del bene e in tutte quelle successive.
In particolar modo, le audizioni hanno evidenziato come tutto il patrimonio di informazioni e comunicazioni sia molto importante non solo per l'acquisizione, la miglior gestione e la prosecuzione delle procedure, ma anche per l'individuazione di ulteriori beni, che è così importante nella lotta alla criminalità organizzata. Quindi, siamo soddisfatti della nuova formulazione, era un aspetto a cui tenevamo molto e per questo motivo ritiriamo l'emendamento.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, ritiro l'emendamento 1.36 a mia prima firma.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Tassone 0.1.301.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, non abbiamo ritirato questo subemendamento perché la discussione che si è svolta non solo non ha chiarito le perplessità che avevamo sollevato, ma, rispetto al tema affrontato, che noi riteniamo molto portante, c'è stata anche una sorta di chiusura, e devo dire anche una sorta di balletto di posizioni tra Ministero dell'interno, Ministero della giustizia e relatori.
Chiederei un attimo di attenzione all'Assemblea per spiegare di cosa si tratta, perché anche dagli interventi di questo pomeriggio, oltre che da quelli svolti nella discussione sulle linee generali, è emerso ciò che rappresenta il cuore di questo provvedimento, ossia che tutta questa normativa è fondata sulla volontà di contrastare le organizzazioni criminali di tipo mafioso attraverso l'aggressione ai patrimoni accumulati illecitamente, con il sequestro e la confisca, a partire dalle norme originarie del 1992, contenute nella cosiddetta legge Rognoni-La Torre, ed in seguito anche con le numerose innovazioni legislative che sono andate sempre in questa direzione.
Ora è evidente che non possiamo fare dei passi indietro rispetto a questo punto, con riferimento al quale noi rileviamo che dall'ambito di operatività dell'Agenzia restano esclusi i sequestri ex articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, relativo ai delitti diversi da quelli previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, vale a dire tutta una serie di reati e in particolare tutti i reati contro la pubblica amministrazione, nonché quelli di corruzione e di concussione. Ora se l'uso sociale dei beni (Commenti del deputato Quartiani)... Concludo, ma devo illustrare l'emendamento che per noi è importante.

Pag. 59

PRESIDENTE. Prego, onorevole Ria.

LORENZO RIA. Non me lo deve dire l'onorevole Quartiani che devo concludere. Presidente, stavo dicendo che l'uso sociale dei beni confiscati è diventato il principio generale dell'ordinamento penale, quindi smentire oggi questo principio - perché per noi viene smentito - è contraddittorio.
Non c'è ragione, quindi, per non ricomprendere tra i reati che portano al sequestro e alla confisca i reati di terrorismo e, soprattutto in questa fase storica e in questo momento, i delitti di corruzione e di concussione. Attraverso l'emendamento 1.301, salvo che non ci siano dati chiarimenti su questo elemento così come avevamo richiesto (ma fino ad oggi non sono pervenuti), questi reati rimangono esclusi. Con il nostro subemendamento, dunque, chiediamo che vengano reinseriti.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, intervengo soltanto per non lasciare dubbi sull'operato e sul lavoro delle Commissioni riunite. In realtà, i reati contro la pubblica amministrazione sono assoggettati alla normativa anche nei casi diversi in cui siano commessi nell'ambito di delitti riferiti alle associazioni mafiose o, comunque, commessi nell'ambito di finalità dello stesso tipo. La disposizione è contemplata dall'attuale articolo 5 del decreto-legge che, prevedendo che le disposizioni del decreto-legge stesso si applichino anche ai casi di sequestro e di confisca di cui ai commi da 1 a 4 dell'articolo di riferimento, fa rinvio ai reati contro la pubblica amministrazione. Questi, anche se non connessi con procedimenti di mafia, saranno assoggettati alle medesime disposizioni applicate per la criminalità organizzata. Volevo tranquillizzare l'Aula e i colleghi che possono serenamente votare contro o, tutt'al più, astenersi in ordine a tale proposta emendativa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Tassone 0.1.301.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Stradella, Pizzolante, Traversa, Sposetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 399
Votanti 234
Astenuti 165
Maggioranza 118
Hanno votato
19
Hanno votato
no 215).

Prendo atto che il deputato Calvisi ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione del subemendamento 0.1.301.300 delle Commissioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, questa proposta emendativa ha un'importanza rilevante, soprattutto ai fini di una convergenza finale e di un lavoro svolto in sede di Comitato dei diciotto insieme ai relatori e al Governo per poter addivenire, in questa materia così delicata, a un testo condiviso.
Con questo subemendamento, che esce dalle Commissioni proprio nell'ultima riunione prima dell'esame in Aula, sostanzialmente, da un lato, si è attribuito all'Agenzia, d'intesa con l'autorità giudiziaria e attraverso un regolamento organizzativo, il compito di individuare un albo degli amministratori che garantisca la rotazione degli incarichi e la trasparenza nell'assegnazione degli stessi. Credo che questo aspetto sia di Pag. 60estrema importanza sempre nell'attività della pubblica amministrazione, ma in particolare e soprattutto per quanto riguarda incarichi attinenti ai patrimoni confiscati alla mafia e, comunque, alla criminalità organizzata. Dall'altro lato, però, con il comma 1 si è mantenuto inalterato e, quindi, si è garantito nel provvedimento di sequestro l'esercizio autonomo e tempestivo da parte dell'autorità giudiziaria delle misure di prevenzione patrimoniale e di esecuzione del sequestro stesso (quindi di nomina dell'amministratore) nei momenti più incisivi e importanti anche in relazione alla tempestività dell'esecuzione di un provvedimento.
Quindi, a mio avviso, con questa proposta emendativa un altro aspetto essenziale del provvedimento è stato messo a posto in maniera condivisa e ciò rappresenta un importante segnale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, intervengo per preannunziare il nostro voto favorevole. Il testo originario proposto dal Governo sembrava quasi ignorare la fruttuosa interazione, molto frequente nella pratica e nella gestione di questa normativa in questi anni, tra il giudice e l'amministratore, con le conseguenti ricadute positive sull'attività dell'amministratore, ma anche sull'andamento stesso della procedura.
Questa normativa è stata modificata, anche a seguito delle utili e fruttuose audizioni che ci sono state e delle critiche che sono state mosse al testo da ampie parti della magistratura, anche della magistratura antimafia, che avevano segnalato che la totale eliminazione - prevista nel testo originario - del rapporto tra l'Agenzia e il giudice delegato avrebbe prodotto un'autonomia troppo spinta e ingiustificata da parte dell'Agenzia. Le correzioni al testo ci trovano d'accordo e, quindi, preannunziamo il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'Italia dei Valori voterà a favore di questo subemendamento delle Commissioni, perché in qualche modo lo sentiamo anche nostro. Lo sentiamo come il frutto e la conclusione di una ricerca di garanzie massime nei rapporti tra l'Agenzia e l'autorità giudiziaria: garanzie massime di trasparenza, di rotazione negli incarichi e di corrispondenza tra i profili professionali e, quindi, di azione congiunta tra Agenzia e magistratura.
Noi insieme al Partito Democratico abbiamo formulato un altro emendamento che va sempre nella stessa direzione, che esamineremo successivamente. È l'emendamento che riguarda la non rinnovabilità dopo il primo rinnovo. Sono tutte disposizioni che vanno nel senso dell'aumento delle garanzie di massima trasparenza e, quindi, di gestione assolutamente accettabile dell'Agenzia stessa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.301.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Moles, Lo Monte, Frassinetti, Pizzolante, Morassut e Lanzillotta...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 403
Votanti 402
Astenuti 1
Maggioranza 202
Hanno votato
400
Hanno votato
no 2).

Avverto che a seguito dell'approvazione del subemendamento 0.1.301.300 delle Commissioni risultano preclusi i subemendamenti Ferranti 0.1.301.1 e 0.1.301.2.
Passiamo al subemendamento Ferranti 0.1.301.4.

Pag. 61

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, lo ritiriamo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Tassone 0.1.301.7.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Tassone 0.1.301.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lo Monte, Lanzillotta, Cesario, Pizzolante e Torazzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 404
Votanti 239
Astenuti 165
Maggioranza 120
Hanno votato
19
Hanno votato
no 220).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.301 delle Commissioni, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Gava e Vico.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 402
Votanti 401
Astenuti 1
Maggioranza 201
Hanno votato
401).

Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.301 delle Commissioni, risulta precluso l'emendamento Ferranti 1.6. Avverto, inoltre, che risultano precluse le seguenti ulteriori proposte emendative: Ferranti 1.32, Palomba 3.6, Ferranti 3.4, Andrea Orlando 3.7, Palomba 5.3, Ferranti 5.2, Lo Monte 5.30, gli identici emendamenti Tassone 5.4 e Palagiano 5.44, Garavini 5.5 e 5.6, Tassone 5.7, Aniello Formisano 5.51, Tassone 5.9, Tassone 5.12, Messina 5.60 e Lo Monte 5.31.
Passiamo all'emendamento Lo Monte 1.30. Prendo atto che i presentatori lo ritirano.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ceccuzzi 1.7.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ceccuzzi 1.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vico, Lo Monte, Lovelli, Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 401
Maggioranza 201
Hanno votato
182
Hanno votato
no 219).

Passiamo all'emendamento Lo Monte 1.31. Prendo atto che i presentatori lo ritirano.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ceccuzzi 1.8.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ceccuzzi 1.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 62

Onorevoli Servodio, Ginoble, Abrignani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 406
Maggioranza 204
Hanno votato
185
Hanno votato
no 221).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.500 del Governo, accettato dalle Commissioni.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sarubbi, Iapicca, Girlanda e Pizzolante.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 402
Maggioranza 202
Hanno votato
402).

Passiamo alla votazione degli identici subemendamenti Palomba 0.2.300.1 e Ferranti 0.2.300.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, noi esprimiamo apprezzamento per il fatto che i relatori ed il Governo abbiano accettato il nostro subemendamento, una delle condizioni in base alle quali noi avremmo espresso voto favorevole sulla proposta emendativa. Essa difatti va nella direzione di una maggiore trasparenza complessiva dell'Agenzia, nel senso che vieta un terzo mandato dopo otto anni di amministrazione. Crediamo che anche questo sia un criterio di buona amministrazione, perciò esprimiamo apprezzamento e votiamo ovviamente a favore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici subemendamenti Palomba 0.2.300.1 e Ferranti 0.2.300.2, accettati dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lanzillotta, Servodio... ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 404
Maggioranza 203
Hanno votato
402
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Bellotti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.300 delle Commissioni, nel testo subemdendato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lo Monte, Lanzillotta. Ma si è abbonata questa volta, onorevole Lanzillotta! Onorevole Servodio, anche lei! Ci siamo tutti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato
400).

Passiamo all'emendamento Tassone 2.1.

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, coerentemente con il precedente intervento, prendo la parola solo per ritirarlo, Pag. 63perché insiste sulla stessa materia della collocazione dell'Agenzia presso la Presidenza del Consiglio. Insieme all'emendamento Tassone 2.1 ritiriamo anche gli emendamenti Tassone 2.8, Tassone 2.9 e Tassone 4.1.

PRESIDENTE. Lo ripeto, sono ritirati anche gli emendamenti Tassone 2.8, Tassone 2.9 e Tassone 4.1. È corretto? Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.301 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lo Monte, Cesario, Servodio, Pizzolante, Codurelli, Girlanda.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato
405).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Tassone 2.2 e Barbato 2.49, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Bernardini. Abbiamo votato tutti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 403
Votanti 398
Astenuti 5
Maggioranza 200
Hanno votato
182
Hanno votato
no 216).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 2.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Calderisi, onorevole Madia...oggi è il collasso tecnologico della nuova generazione, dopo il collega Sarubbi anche l'onorevole Madia!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato
187
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 2.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Vico, Servodio, Boccuzzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 404
Maggioranza 203
Hanno votato
185
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che l'emendamento Lo Monte 2.30 viene ritirato dai presentatori.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 64Lo Monte 2.31, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lo Monte, Ghiglia, Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 404
Maggioranza 203
Hanno votato
185
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che il deputato Vico ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Palomba 2.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Hanno votato tutti? Miracolo!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 405
Maggioranza 203
Hanno votato
185
Hanno votato
no 220).

Prendo atto che la deputata D'Antona ha segnalato che non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 2.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Di Stanislao, Cesario, Lussana...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 402
Maggioranza 202
Hanno votato
183
Hanno votato
no 219).

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Di Giuseppe 2.48 lo ritirano.
Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.302 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vico, Consiglio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 401
Maggioranza 201
Hanno votato
401).

Prendo atto che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato La Loggia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 2.32, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 407
Maggioranza 204
Hanno votato
188
Hanno votato
no 219). Pag. 65

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Andrea Orlando 3.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pizzolante, Lo Monte, Lovelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 404
Maggioranza 203
Hanno votato
184
Hanno votato
no 220).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 3.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Grassi, Girlanda...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 404
Maggioranza 203
Hanno votato
183
Hanno votato
no 221).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Vico, Cicchitto, Crosio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 402
Maggioranza 202
Hanno votato
400
Hanno votato
no 2).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Garavini 3.3 e Di Stanislao 3.40.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo per invitare l'Assemblea ad esprimere il proprio voto favorevole sull'emendamento 3.3, a mia firma, il quale, a differenza di altri del Partito Democratico, non è stato recepito né dalla maggioranza né dal Governo.
Con questo emendamento chiediamo che il direttore dell'Agenzia sia tenuto a presentare una relazione semestrale sullo stato e sulla gestione dei beni confiscati, nonché sui relativi problemi intervenuti in materia di gestione degli stessi: ciò, da un lato, ripristina il potere del Parlamento, dall'altro lato, garantisce all'Agenzia quella forma di trasparenza (e anche di controllo) che è rilevante proprio per il buon funzionamento dell'Agenzia stessa.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Garavini 3.3 e Di Stanislao 3.40, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Laboccetta... onorevole Stagno d'Alcontres.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 397
Maggioranza 199
Hanno votato
180
Hanno votato
no 217).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 3.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo. Pag. 66
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Girlanda... onorevole Volpi... onorevole Capodicasa... onorevole Capano.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 398
Maggioranza 200
Hanno votato
181
Hanno votato
no 217).

Prendo atto che il deputato Brandolini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Palomba 3.47 è stato ritirato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.301 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti... onorevole Lo Monte.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 398
Maggioranza 200
Hanno votato
395
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 3.33, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

L'onorevole Vico ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato
183
Hanno votato
no 217).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Andrea Orlando 3.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vignali.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 396
Maggioranza 199
Hanno votato
178
Hanno votato
no 218).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.302 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moles, onorevole Simeoni, onorevole Paolini, onorevole Nola...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato
398
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 67Andrea Orlando 3.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 399
Maggioranza 200
Hanno votato
183
Hanno votato
no 216).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 3.34, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Misiani, onorevole Girlanda, onorevole Fugatti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 400
Votanti 239
Astenuti 161
Maggioranza 120
Hanno votato
22
Hanno votato
no 217).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.303 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Capodicasa, onorevole Girlanda...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 397
Votanti 393
Astenuti 4
Maggioranza 197
Hanno votato
393).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Ciccanti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lo Monte, onorevole Ceroni, onorevole Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 399
Votanti 398
Astenuti 1
Maggioranza 200
Hanno votato
398).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Ceroni, onorevole Perina, onorevole Simeoni...
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 68
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 397
Maggioranza 199
Hanno votato
397).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Antonino Russo 4.40, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Girlanda... onorevole Cesario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 398
Votanti 397
Astenuti 1
Maggioranza 199
Hanno votato
183
Hanno votato
no 214).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Antonino Russo 4.47. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonino Russo. Ne ha facoltà.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, ritengo che per rendere effettiva la volontà del Governo di rendere più celeri e fruibili a tutti gli effetti i beni confiscati e l'utilizzo degli stessi sia necessario prevedere un fondo che consenta di progettare e realizzare le opere necessarie che molto spesso impediscono l'utilizzo stesso del bene e, quindi, anche le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.
I comuni non dispongono di risorse. Da nessuna parte è previsto un fondo per queste opere. I PON sono difficili da utilizzare. Quindi immaginare di destinare risorse che provengono dai beni confiscati (beni liquidi, soldi, denari) che confluiscono per intero nel Fondo unico della giustizia potrebbe essere una giusta soluzione. L'assenza di un provvedimento di questo tipo può inficiare probabilmente l'utilizzo di numerosi beni.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, intervengo soltanto per confermare il parere contrario del Governo su questo emendamento Antonino Russo 4.47 e per far presente che esiste una misura ancora capiente nei PON sicurezza che riguarda proprio la ristrutturazione dei beni confiscati, ovviamente per le regioni che sino al 2013 rientrano nell'obiettivo 1. Mentre sulla base della legge n. 133 del 2008 una parte delle risorse sono state destinate proprio a progetti di sicurezza urbana che immaginavano una ristrutturazione dei beni confiscati in tempi molto più rapidi dell'utilizzo dei PON sicurezza ed è da immaginare che sia un intento del Governo un rifinanziamento di questo Fondo per la sicurezza urbana. Quindi ciò che è alla base di questo emendamento trova già una risposta nella disponibilità delle risorse esistenti, posto che è stato espresso un parere contrario della V Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Antonino Russo 4.47, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Reguzzoni... onorevole Vico... l'onorevole Reguzzoni ha votato... Pag. 69
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 390
Votanti 389
Astenuti 1
Maggioranza 195
Hanno votato
180
Hanno votato
no 209).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.4.301.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Calvisi... ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 392
Maggioranza 197
Hanno votato
390
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.301 delle Commissioni, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Villecco Calipari? Onorevole Girlanda? Onorevole Toccafondi?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato
389).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tassone 4.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Zorzato? Onorevole Vico? Onorevole Nirenstein?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 393
Votanti 392
Astenuti 1
Maggioranza 197
Hanno votato
180
Hanno votato
no 212).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Andrea Orlando 5.1.

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ritiriamo l'emendamento in esame perché è stato recepito successivamente nell'emendamento presentato dalle Commissioni. Quello in esame era un emendamento riferito al vecchio testo originario del decreto-legge.

PRESIDENTE. Quindi, si intende ritirato, sta bene.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.5.300.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).Pag. 70
Onorevole Vico? Onorevole Girlanda? Onorevole De Camillis? Onorevole Anna Teresa Formisano?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 388
Maggioranza 195
Hanno votato
388).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.300 delle Commissioni, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Bianconi? Onorevole Stagno d'Alcontres? Onorevole Ghiglia?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato
389).

Prendo atto che il deputato Cesa ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.301 delle Commissioni accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Capodicasa? Onorevole Simeoni?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 387
Maggioranza 194
Hanno votato
387).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.302 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Onorevole Vico... onorevole Fedi... onorevole Ghiglia... onorevole Barbaro... di nuovo l'onorevole Ghiglia.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 387
Maggioranza 194
Hanno votato
387).

Passiamo agli identici emendamenti Ferranti 5.16 e Palomba 5.85.

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ritiro l'emendamento 5.16, di cui sono prima firmataria. Esso riguardava il vecchio testo del provvedimento, prima cioè del lavoro che abbiamo svolto nelle Commissioni.

PRESIDENTE. Sta bene. L'emendamento Ferranti 5.16 è ritirato. Prendo atto, altresì, che i presentatori dell'emendamento Palomba 5.85 lo ritirano.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Palomba 0.5.303.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Pini... ci siamo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 388
Maggioranza 195
Hanno votato
179
Hanno votato
no 209). Pag. 71

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.303 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Moles... onorevole Girlanda... onorevole Stradella... onorevole Pelino... ci siamo tutti? Mi sembra di sì.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 388
Maggioranza 195
Hanno votato
387
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Antonione ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Avverto che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 5.303 delle Commissioni, risultano preclusi gli identici emendamenti Ferranti 5.19 e Palomba 5.92.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.304 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Gava... onorevole Dima...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 388
Maggioranza 195
Hanno votato
388).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.305 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Golfo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 388
Maggioranza 195
Hanno votato
388).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.306 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lo Monte, onorevole Cesa, onorevole Vico, onorevole Gasbarra, onorevole Cesario, onorevole Golfo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 388
Votanti 387
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato
387).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 5.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Gava, onorevole Vignali, onorevole Boccuzzi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 386
Votanti 385
Astenuti 1
Maggioranza 193
Hanno votato
172
Hanno votato
no 213).

Pag. 72

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Ria 5.22 e Palomba 5.106, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico, onorevole Girlanda, onorevole Gava, onorevole Antonione, onorevole Stradella.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 394
Votanti 392
Astenuti 2
Maggioranza 197
Hanno votato
177
Hanno votato
no 215).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 5.36, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moles, onorevole Gava, onorevole Girlanda, onorevole Marinello, onorevole Veltroni, onorevole Misiani.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 388
Votanti 387
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato
176
Hanno votato
no 211).

Passiamo all'emendamento Antonino Russo 5.107.

ANTONINO RUSSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, avevamo concordato con il Viceministro il ritiro dell'emendamento in esame e la presentazione di un ordine del giorno. Se questo è confermato, lo ritiro.

PRESIDENTE. I presentatori ritirano l'emendamento Antonino Russo 5.107 e presentano un ordine del giorno, come concordato. Il Governo conferma?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Monte 7.30.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Monte 7.30, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cesa... onorevole Foti... onorevole Boccuzzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 392
Votanti 247
Astenuti 145
Maggioranza 124
Hanno votato
35
Hanno votato
no 212).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 7.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Antonio Martino... onorevole Briguglio... onorevole Berruti... onorevole Madia... onorevole Cesario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ). Pag. 73

(Presenti 390
Votanti 385
Astenuti 5
Maggioranza 193
Hanno votato
172
Hanno votato
no 213).

Prendo atto che la deputata Madia ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione del subemendamento 0.7.300.300 delle Commissioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per sottolineare e per ringraziare i colleghi della Commissione giustizia, in particolare quelli del Partito Democratico, i quali con il loro contributo hanno fatto sì che in questo provvedimento le opposizioni, in particolare il Partito Democratico, avessero un ruolo determinante nell'andare ad apportare rettifiche e correttivi decisivi in questo provvedimento.
In particolare, si è andato a rivedere uno di quegli aspetti più problematici nella mancanza del successo della gestione dei beni confiscati fino ad ora, cioè quello che prevedeva due momenti, uno dell'autorità giudiziaria che interveniva nella fase del sequestro ed uno, invece, dell'Autorità e dell'Agenzia del demanio nella fase della confisca. Grazie all'intervento del Partito Democratico, questa spaccatura viene ad essere superata. Ciò porterà un grosso contributo proprio in un'accelerazione dei processi di assegnazione dei beni.
Ma non solo: grazie all'intervento del Partito Democratico è stato possibile rivedere anche la mancanza di prudenza e di paletti che con la legge finanziaria si era andata a creare per quanto riguardava la vendita dei beni confiscati. Quindi, è importante che con questo provvedimento finalmente si vadano a prevedere una serie di elementi di rettifica e di grande importanza che consentiranno di accelerare la tempistica di assegnazione dei beni e, quindi, vorrei in qualche modo ringraziare anche i relatori per la maggioranza, che hanno consentito che nei fatti, laddove vi è una volontà concreta di giungere a delle soluzioni, l'opposizione dimostri la massima disponibilità, la massima serietà e la massima competenza.
Credo che oggi, con questo provvedimento, diamo un bellissimo esempio del contributo che l'opposizione fornisce laddove la maggioranza non si limita soltanto a degli spot propagandistici, come, ad esempio, c'era il timore che si rivelasse anche la stessa Agenzia dei beni confiscati, ma che invece possono diventare fatti concreti che possono dare un contributo importante nella lotta alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.7.300.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lo Monte...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 379
Votanti 377
Astenuti 2
Maggioranza 189
Hanno votato
372
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.300 delle Commissioni, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Foti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ). Pag. 74

(Presenti 379
Votanti 378
Astenuti 1
Maggioranza 190
Hanno votato
377
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.200, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Briguglio... onorevole Gava... onorevole Versace... onorevole Vico... onorevole Fedi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 384
Votanti 383
Astenuti 1
Maggioranza 192
Hanno votato
383).

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3175)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3175).
Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Commercio n. 9/3175/4.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, le chiedo un aiuto in quanto, prima di esprimere il parere, le sottoporrei la seguente questione: una buona metà degli ordini del giorno contengono l'invito al Governo ad impegnarsi a realizzare condotte che sono già contenute nella legge. Ad esempio, l'ordine del giorno Lo Monte n. 9/3175/1 prevede il coinvolgimento degli enti locali, sia a livello centrale che a livello territoriale, ma questo è già previsto per il livello centrale dall'articolo 3, comma 5, e per il livello territoriale attraverso i nuclei sul territorio dall'articolo 3, comma 3.
Mi dica lei come devo regolarmi, Presidente, nel senso che si tratterebbe di dire di sì a qualcosa che è già prevista in una norma contenuta nella legge. Tuttavia l'ordine del giorno magari è un po' meno dettagliato rispetto agli articoli che abbiamo appena approvato.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, un esame sommario mi sembra indicare che esiste qualche ulteriore pressione o impegno che i proponenti intendono porre al Governo. D'altro canto, se ciò che essi chiedono lei pensa che sia identico a quello che la legge contiene sarà quanto meno congruente, e quindi non sarà contrario alla legge. Non posso obbligare i presentatori né a riformulare né a giustificare i loro ordini del giorno. La prego quindi di dare i prescritti pareri.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, per non correre rischi accolgo come raccomandazione tutto ciò che è conforme alla legge. Pertanto il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Lo Monte n. 9/3175/1 e Lombardo n. 9/3175/2; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Latteri n. 9/3175/3, con la seguente riformulazione del dispositivo: sostituire le parole «per una maggiore efficacia e tempestività» con le parole «per la tempestività». Infatti, non si può parlare di una maggiore «efficacia e tempestività» dell'azione dell'Agenzia: facciamola iniziare a lavorare prima di dire che deve essere maggiore.
Il Governo accoglie inoltre come raccomandazione gli ordini del giorno Commercio n. 9/3175/4 (Nuova formulazione) e Cristaldi n. 9/3175/5. Nella parte motiva dell'ordine del giorno Siragusa n. 9/3175/6 Pag. 75si fa riferimento ad un fatto specifico sul quale il Governo in questo momento non ritiene corretto prendere posizione, in quanto dovrebbe approfondire la questione, che peraltro rientra nella piena autonomia dell'ente territoriale che viene chiamato in causa. Il Governo propone di eliminare la parte motiva e di riformulare il dispositivo in tal modo: eliminare al terzo rigo le parole «a sanare gravissime situazioni come quella sopra descritta, nonché».

PRESIDENTE. Scusi sottosegretario, così come riformulato è accolto?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, è accolto.
Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Antonino Russo n. 9/3175/7 e Tassone n. 9/3175/8.
Riguardo all'ordine del giorno Ria n. 9/3175/9, si chiede al Governo di fare qualcosa che non rientra nelle proprie competenze, o meglio, per le cui competenze è necessario un confronto in sede comunitaria; allora, cogliendo la sostanza dell'iniziativa, si propone di riformulare il dispositivo nei seguenti termini: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione presso l'Agenzia nazionale di iniziative per consentire l'accesso al credito dei soggetti assegnatari dei beni, nonché per il risarcimento dei danni subiti», per esempio, un protocollo di intesa tra il nucleo dell'Agenzia sul territorio e gli istituti di credito presenti sul territorio. Se i proponenti accettano la riformulazione, il Governo accoglie l'ordine del giorno come raccomandazione.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Mantovano, per mia chiarezza, il Governo ha espresso parere favorevole sull'ordine del giorno Siragusa n. 9/3175/6, se riformulato?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Esatto.

PRESIDENTE. Il Governo poi ha espresso parere favorevole sugli ordini del giorno Antonino Russo n. 9/3175/7 e Tassone n. 9/3175/8?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Il Governo ha espresso parere favorevole sull'ordine del giorno Ria n. 9/3175/9, purché riformulato?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Esatto.

PRESIDENTE. Bene, prosegua, signor sottosegretario.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Con riferimento all'ordine del giorno Mantini n. 9/3175/10 il Governo propone di riformulare il dispositivo nei seguenti termini: «impegna il Governo a razionalizzare il ricorso a soggetti esterni all'Agenzia».

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, nel caso in cui i proponenti accettino la riformulazione il parere è favorevole sull'ordine del giorno Mantini n. 9/3175/10?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Certo, Presidente.
Riguardo all'ordine del giorno Compagnon n. 9/3175/11, vorrei far presente che le risorse di cui si parla in quest'ordine del giorno sono già in capo all'Agenzia del demanio e lì, sulla base della legge, è previsto che restino; quindi su questo ordine del giorno il Governo formula un invito al ritiro proprio per un presupposto tecnico che non può essere condiviso.
Il Governo formula altresì un invito al ritiro dell'ordine del giorno Palomba n. 9/3175/12 perché esiste già il Fondo unico giustizia che ha una doppia destinazione: forze di polizia e autorità giudiziaria. Lo stesso vale per l'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/3175/13, pertanto il Governo formula un invito al ritiro anche per tale ordine del giorno, perché è già prevista dall'ordinamento la possibilità di fruire della collaborazione delle forze di polizia per sgomberare gli immobili confiscati, se occupati. Pag. 76
Inoltre, il Governo formula un invito al ritiro degli ordini del giorno Di Stanislao n. 9/3175/14 e Aniello Formisano n. 9/3175/15, il cui contenuto è già previsto, nonché dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/3175/16, altrimenti il parere è contrario.
Signor Presidente, mi permetto di leggere l'ordine del giorno Capodicasa n. 9/3175/18, che è stato depositato solo adesso...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mantovano, la Presidenza non ha questo ordine del giorno.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Presidente, il testo di questo ordine del giorno mi è stato consegnato in questo momento.

PRESIDENTE. È tardivo, non essendo stato consegnato tempestivamente non è sottoposto alla sua attenzione.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Probabilmente era quello preannunciato.

ROBERTO GIACHETTI. Era quello concordato!

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Era quello preannunciato dall'onorevole Antonino Russo.

PRESIDENTE. La Presidenza ammetterà quest'ordine del giorno in via eccezionale, ma gli ordini del giorno si consegnano alla Presidenza e non al Governo, a futura memoria.

ROBERTO GIACHETTI. Era un emendamento trasformato in ordine del giorno.

PRESIDENTE. Anche in questo caso si presenta alla Presidenza. Prego, signor sottosegretario, esprima pure il parere su questo ordine del giorno.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Capodicasa n. 9/3175/18, precisando che nel decreto interministeriale che è già all'attenzione della Commissione giustizia viene prevista, da una norma specifica, la valorizzazione del requisito di corsi di formazione specifica per poter svolgere questo tipo di incarico. Comunque, il Governo lo accoglie come raccomandazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Dunque l'ordine del giorno Capodicasa n. 9/3175/18 è accolto come raccomandazione.
Sottosegretario, non abbiamo avuto il parere sull'ordine del giorno Marinello n. 9/3175/17.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Marinello n. 9/3175/17.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Lo Monte n. 9/3175/1 e Lombardo n. 9/3175/2, accolti dal Governo come raccomandazione. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Latteri n. 9/3175/3, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato, e che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Commercio n. 9/3175/4 (Nuova formulazione) e Cristaldi n. 9/3175/5, accolti dal Governo come raccomandazione.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Siragusa n. 9/3175/6, accettato dal Governo, purché riformulato.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, purtroppo non posso accogliere la proposta dell'onorevole Mantovano circa la riformulazione dell'ordine del giorno. Le cose che abbiamo detto sono sicuramente vere, cioè che il comune di Palermo sta assegnando dei beni confiscati diversamente da come la legge prevede ad Pag. 77associazioni che, invece, hanno fini di lucro e che l'elenco degli immobili non è del tutto pubblico. Peraltro, ciò è stato denunciato da un canale nazionale, con quattro servizi finora mandati in onda.
Quindi, credo che il Governo dovrebbe avere già conoscenza di questa situazione e, di conseguenza, anche intervenire almeno nella verifica. Se il Governo è d'accordo sulla parte dispositiva, chiediamo che queste attività vengano messe in campo. In ogni caso, non posso accettare la richiesta di riformulazione.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, si tratta di quella forma che, però, diventa anche sostanza. Viene chiesto in sostanza al Governo (condividendo questo ordine del giorno) di censurare un'attività svolta da un ente territoriale che ha una sua sfera di autonomia. Allora, l'onorevole Siragusa può tranquillamente - non glielo sto suggerendo ovviamente - proporre un atto di sindacato ispettivo, la Presidenza valuterà se e in che misura è ammissibile e, a quel punto, il Governo prenderà posizione. Tuttavia, mi sembra incongruo dal punto di vista istituzionale che si chieda un'adesione del Governo ad un'esposizione in un atto che non è di sindacato ispettivo. Ciò spiega la cautela nel recuperare soltanto la parte dispositiva, senza essere chiamati in una sede assolutamente impropria ad esprimere la posizione del Governo su un ente che ha una sua sfera di autonomia.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Mantovano, accedo alla sua richiesta e presenteremo un atto di sindacato ispettivo. Nel frattempo, accettiamo la riformulazione proposta dal Governo.

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Siragusa n. 9/3175/6, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Antonino Russo n. 9/3175/7 e Tassone n. 9/3175/8, accolti dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Ria n. 9/3175/9 e Mantini n. 9/3175/10, accolti dal Governo come raccomandazione, purché riformulati.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Compagnon n. 9/3175/11, formulato dal Governo.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, pensavo che questo ordine del giorno, che prevede che l'Agenzia si autofinanzi con i beni confiscati, fosse la strada migliore, ma questa volta voglio credere al sottosegretario quando dice che nel demanio ci sono già i finanziamenti. Pertanto, ritiro l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Palomba n. 9/3175/12 formulato dal Governo.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, vorrei interloquire brevemente con il sottosegretario per questo e per gli ordini del giorno successivi presentati dall'Italia dei Valori, rappresentando una certa curiosità per il fatto che, da una parte, si dice che si chiede al Governo di fare delle cose che sono già dentro la normativa, ma, dall'altra parte, si dice che in caso di mancato ritiro il parere sarebbe negativo. Credo che sarebbe difficile per il Governo non accettare e per la maggioranza Pag. 78non approvare o votare contro ordini del giorno che sono all'interno del sistema normativo.
Quindi, potrei invocare dal sottosegretario la par condicio rispetto a quello che egli ha già fatto per altri ordini del giorno, che ha accolto come raccomandazione, perché si trovano un po' tutti in questa situazione. Altrimenti dovrei insistere per la votazione.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, escludendo la parte motiva, il Governo accoglie come raccomandazione la parte dispositiva di tutti gli altri ordini del giorno.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Palomba n. 9/3175/12, accolto dal Governo come raccomandazione limitatamente alla parte dispositiva.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Di Giuseppe n. 9/3175/13, Di Stanislao n. 9/3175/14, Aniello Formisano n. 9/3175/15 e Scilipoti n. 9/3175/16, accolti dal Governo come raccomandazione limitatamente alla parte dispositiva.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Marinello n. 9/3175/17, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Capodicasa n. 9/3175/18, accolto dal Governo come raccomandazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3175)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Lo Monte, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, prevenire è meglio che curare: questo è un provvedimento importante che abbiamo esaminato in poco tempo. Ci eravamo organizzati in un determinato modo e adesso penso che chi abbia voglia di parlare lo possa fare tranquillamente, senza sentirsi chiedere di consegnare il testo, perché diversamente ci sarebbe un problema. Quindi, suggerirei a tutti di essere distesi - avremo ancora qualche minuto - e di ascoltare le dichiarazioni di voto senza urlare al fine di far consegnare il testo delle stesse, perché il mio gruppo non gradisce questa richiesta.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per dire che condivido le parole espresse dal collega Giachetti. Giacché si tratta di un decreto-legge fortemente voluto dal Governo e fortemente condiviso dall'opposizione, ritengo che sia libertà dei colleghi consegnare, ma che dovremmo lasciare con grande rispetto parlare tutti coloro che, in rappresentanza dei gruppi, volessero svolgere la dichiarazione di voto.

Pag. 79

PRESIDENTE. È ovvio che questo è anche l'intendimento della Presidenza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole dell'Italia dei Valori su questo provvedimento. Lo annuncio dopo che esso ha ricevuto robuste trasfusioni e anche importanti interventi di plastica.
Il testo originario rispondeva ad una esigenza sentita anche dalle organizzazioni che combattono la mafia, oltre che dagli enti locali, cioè quella di una razionalizzazione dell'amministrazione, della gestione e dell'assegnazione dei beni. Tuttavia, esso presentava vistose difficoltà applicative e anche vistosi rischi di una perdita di funzionalità, nonché di un certo distacco dall'attività dell'autorità giudiziaria, anche per una sorta di eccessiva discrezionalità che lo caratterizzava.
Noi abbiamo sostenuto la necessità di alcune modifiche: alcune di esse sono state accolte con i nostri emendamenti, altre sono il frutto di un lavoro complessivo, che è stato rivolto a realizzare una più efficace collaborazione tra l'Agenzia e l'autorità giudiziaria e a realizzare anche degli strumenti di trasparenza molto importanti, che sono essenziali in un'attività di questo genere. Infatti, nel momento in cui lo Stato acquisisce beni confiscati alla mafia e alle organizzazioni criminali come strumento importante di lotta alla criminalità organizzata, tutte le attività successive devono essere svolte in maniera assolutamente trasparente.
I lavori di «trapianto» che sono stati eseguiti rispondono ad una logica di migliore organizzazione e funzionalità dell'Agenzia. Crediamo che residuino ancora dei problemi e crediamo che, nella sua attività, l'Agenzia debba essere costantemente sottoposta a monitoraggio per verificare due cose: la prima è che i meccanismi burocratici, amministrativi e gestionali rispondano ad esigenze di efficacia ed efficienza, la seconda è che siano garantite tutte quelle esigenze di trasparenza che riteniamo essenziali in un'Agenzia di questo genere.
Vi è un punto che abbiamo segnalato esplicitamente con emendamenti non accolti, ma riteniamo che sia comunque essenziale: la vendita deve essere l'ultima risorsa nella gestione di questi beni. Prima di tutto bisogna cercare di conseguire la loro utilizzazione per fini sociali; sono beni sottratti alla collettività con operazioni criminose e alla collettività devono tornare.
Vorrei soprattutto dire che, nell'ipotesi in cui si debba arrivare necessariamente alla vendita, l'Agenzia dovrà fare particolare attenzione per evitare che i beni possano essere in qualche modo, anche per interposta persona o attraverso teste di legno, retrocessi alla stessa criminalità organizzata.
Abbiamo anche presentato degli emendamenti per affermare che, comunque, il prezzo di vendita non deve essere inferiore del 10 per cento - è stato detto del 20 per cento, ma va bene lo stesso - al prezzo stabilito dall'Agenzia del demanio.
Complessivamente, ci pare che i miglioramenti apportati rendano questo provvedimento meritevole di approvazione. Sottolineiamo che questa è una conquista del Parlamento, come lo era stata quella di qualche giorno fa, quando, tutto insieme, il Parlamento, salvo alcuni voti contrari, votò a favore del divieto di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione.
Mi pare che il Parlamento, in questo modo, quando non si deve occupare dei problemi personali del Premier o di altri, sia in condizione di occuparsi del bene della collettività, e questo credo che sia uno dei casi positivi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, intervengo soltanto per fare alcune valutazioni, anche per amore di verità, come si suole dire. Pag. 80
Abbiamo seguito questo provvedimento con grande speranza e soprattutto con grande fiducia. Avevamo avuto qualche perplessità e ci siamo anche confrontati all'interno del mio gruppo parlamentare su come atteggiarci: se votare a favore oppure astenerci o votare contro.
Certo, questo è un risultato importante; è un risultato che va nella direzione di un'esigenza più volte avvertita, che è quella di dare uno strumento forte per accelerare tutto il processo del sequestro, della confisca e della manutenzione dei beni.
Certo, noi abbiamo anche presentato delle proposte emendative per tentare di migliorare il testo: vorrei ricordare il nostro emendamento all'articolo 1, così come è stato ricordato anche da parte dei colleghi Mantini e Ria che sono intervenuti, concernente il riferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri per quanto riguarda la collocazione di questa Agenzia. Noi riteniamo che aver respinto tali proposte emendative non sia stato un buon percorso, un buon viatico per quanto riguarda la caratterizzazione dell'Agenzia.
Non v'è dubbio che vi siano anche degli aspetti positivi: alcune nostre proposte sono state valutate positivamente da parte dei relatori e quindi ricomprese nel testo. Devo dire però che noi ci siamo confrontati alla luce del sole, senza trovare accordi bilaterali, perché ritengo che sia giusto ed importante su questi temi confrontarsi ed impegnarsi a livello di Commissione e nelle aule parlamentari, per evitare, signor Presidente, alcuni sotterfugi e accordi bilaterali che non ci aiutano certamente nel prosieguo della nostra attività parlamentare.
Esistono alcune vicende e alcuni nodi che ancora bisogna sciogliere. Ci auguriamo che anche nel prosieguo del tempo, anche con l'esperienza che verrà maturata da questa Agenzia, alcune nostre proposte, che noi abbiamo portato avanti, possano essere recuperate per dare ad essa un senso più profondo ed incisivo.
Detto ciò, signor Presidente, noi voteremo a favore del provvedimento: lo facciamo come un atto di fiducia e un'apertura di credito - chiamiamola come volete -, anche per dare un significato di unitarietà sul provvedimento in esame da parte di tutta l'Assemblea. Quel che è importante in questo momento è che si sappia che, su un provvedimento che riguarda la lotta alla criminalità organizzata, l'Assemblea di Montecitorio è impegnata ed unita. Non vorrei però che tutto questo impegno si consumasse soltanto con l'atto in esame: credo che vi siano altri provvedimenti da assumere e da portare avanti con grande sensibilità, che non riguardano nello specifico la lotta alla criminalità come capitolo e come sottotitolo, ma riguardano un comportamento, un modo di essere, anche di formulare norme e di assumere provvedimenti e responsabilità, che diano il senso di una lotta vera e forte alla criminalità organizzata, ma non soltanto ad essa: anche alla microcriminalità, alla macrocriminalità, alla corruzione, che corrodono ed erodono il tessuto sociale, civile e democratico del nostro Paese.
Signor Presidente, dette queste cose, a nome del gruppo dell'UdC dichiaro che voteremo a favore del provvedimento in esame, e quindi per la costituzione dell'Agenzia per il sequestro e la confisca dei beni sottratti alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, come gruppo della Lega Nord svolgeremo la dichiarazione di voto, perché si tratta di un importante provvedimento del Governo, ma soprattutto di un provvedimento importante del Ministro Maroni. Anticipo quindi sin da subito che il gruppo della Lega Nord voterà convintamente a favore della conversione del decreto-legge in esame, certi che l'istituzione dell'Agenzia rappresenti l'ennesimo incisivo e fondamentale tassello di un lungo e difficile percorso nella lotta alle mafie e alla criminalità organizzata. Pag. 81
Il provvedimento, come dicevo, è voluto dal Governo e dal Ministro Maroni in particolare, al quale va il nostro convinto plauso per l'eccellente, meritorio lavoro svolto in questi venti mesi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e per gli straordinari risultati ottenuti sul tema del contrasto alle mafie, sia in termini di dura repressione del fenomeno, attraverso i numerosi arresti effettuati, sia in termini di aggressione ai beni e ai patrimoni dei mafiosi.
La lotta alle mafie si esercita con i fatti, non con le chiacchiere o con le polemiche, ma con i risultati, come quelli raggiunti dal Governo, con provvedimenti normativi duri ed incisivi, con gli arresti, con le confische e i sequestri dei beni alle cosche e con la restituzione del patrimonio alla collettività: operazioni in cui lo Stato dimostra che legalità e sviluppo camminano di pari passo.
I risultati conseguiti nella lotta alla mafia dal Ministro Maroni e dal Governo, unitamente allo straordinario lavoro effettuato dalle forze dell'ordine e dalla magistratura, sono doverosi di menzione: 448 operazioni di polizia giudiziaria, 4.600 arresti, 324 latitanti tratti in arresto (più 82 per cento rispetto al periodo precedente), 12 mila beni sequestrati per un valore di 7 miliardi e mezzo di euro, 3 mila beni confiscati alla criminalità organizzata per un valore di quasi 2 miliardi di euro, 14 consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa, 1.600 milioni di euro recuperati sul Fondo giustizia.
Questi sono numeri inconfutabili che, pur nella consapevolezza di non dover e non poter mai abbassare la guardia contro il fenomeno della criminalità organizzata, ci portano oggi ad esprimere un convinto apprezzamento per l'operato del Ministro, delle forze di polizia e della magistratura.
La sottrazione dei beni alla mafia infatti, come più volte ribadito dallo stesso Ministro Maroni, ha un duplice valore: un valore simbolico, perché dà ai cittadini il segnale che lo Stato c'è e va fino in fondo nella propria azione di contrasto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) non solo catturando i mafiosi, ma anche sottraendo a loro e ai loro familiari quanto illecitamente guadagnato; ed un valore anche in concreto, direi materiale e sostanziale, perché sottrae risorse economiche ai clan mafiosi, che hanno bisogno di denaro per governare l'antistato.
L'istituzione dell'Agenzia nazionale non è quindi un provvedimento isolato né tanto meno sganciato rispetto ad una strategia complessiva del Governo mirata ad affinare, migliorare e soprattutto potenziare gli strumenti di contrasto alle mafie, bensì è un provvedimento che si inserisce in un più ampio, generale ed organico piano straordinario contro le mafie approvato dal Consiglio dei ministri il 28 gennaio 2010 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Si tratta quindi di un piano strutturato e completo che va ad aggiungersi e a sommarsi alle altre disposizioni normative di contrasto alle mafie approvate da questa maggioranza e da questo Governo nel corso della legislatura. Nel pacchetto sicurezza voluto dal Ministro Maroni (in particolare, nel decreto-legge e nel disegno di legge) abbiamo inserito norme che, oltre ad inasprire le pene e l'articolo 41-bis, consentono di colpire la mafia nei soldi e nei patrimoni: mai nessun Governo e mai nessun Ministro ha fatto tanto e bene per contrastare la proliferazione delle mafie nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Vorrei ricordare che tale proliferazione si registra non solo (o meglio, non più solo) nel sud del Paese, ma anche al nord, nel nord ricco e produttivo dove le infiltrazioni mafiose - soprattutto nel tessuto economico-produttivo (appalti pubblici, società finanziarie, società di servizi) - stanno assumendo connotazioni gravi e persistenti. È una mafia che nasce al sud ma che si alimenta e si nutre al nord: per questo abbiamo molto apprezzato la volontà del Ministro Maroni, annunciata in questi giorni, di istituire anche a Milano, la vera capitale produttiva del Paese, una sezione dell'Agenzia, una struttura leggera e snella, una cabina di regia nazionale ma comunque fortemente legata ai territori Pag. 82attraverso la collaborazione delle prefetture territorialmente competenti e degli enti locali. L'Agenzia - che non è e non deve essere o diventare un carrozzone burocratico - è un ente necessario ed utile che tutti hanno richiesto e sollecitato, ma che un Ministro della Lega ha istituito: per questi motivi, il gruppo della Lega Nord esprimerà un voto favorevole sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi parlamentari, preannuncio il voto favorevole del Partito Democratico. Questo voto nasce da un giudizio articolato sul decreto-legge sottoposto a conversione, un giudizio che nasce da una valutazione positiva della costituzione stessa dell'Agenzia e dalle profonde modifiche che sono state introdotte prima dei passaggi che hanno portato a questa votazione.
La scelta della costituzione dell'Agenzia - scelta che abbiamo criticato per la forma, in quanto la scelta del decreto-legge non ha consentito, a nostro avviso, di raccogliere tutte le indicazioni e i contributi che un altro percorso avrebbe consentito di realizzare e di accogliere - contiene però in sé due fatti positivi. Il primo è dato dallo sviluppo di una linea di azione e di contrasto alla mafia che pareva abbandonata, una linea d'azione che affronta il tema della mafia come soggetto economico sviluppando un'intuizione di Pio La Torre, di cui tra poche settimane celebreremo l'anniversario della morte.
Era un'intuizione profetica se guardiamo alla capacità d'infiltrazione che le organizzazioni criminali hanno realizzato nel corso di questi anni, che porta a dire oggi a chi si occupa di questo fenomeno che l'intervento economico della mafia si realizza assai più nelle regioni non storicamente di riferimento e, addirittura, negli altri Paesi europei. Ma, soprattutto, la creazione dell'Agenzia costituisce un enorme ripensamento rispetto alla norma prevista nella legge finanziaria di quest'anno. La norma che prevedeva la vendita all'asta dei beni partiva da una constatazione giusta, ovvero che un bene sequestrato, e non assegnato, e talvolta distrutto, rappresenta un enorme spot per la criminalità organizzata. Ma questa constatazione giusta produceva una norma che rischiava, e in parte rischia ancora oggi, di produrre un effetto, uno spot, dieci volte più potente, cioè quello che si produrrebbe in questa occasione quando un bene sequestrato finisse nuovamente nelle mani della criminalità organizzata per mezzo di un prestanome o, addirittura, quando un'asta va deserta, perché la capacità di intimidazione delle organizzazioni criminali scoraggia e disincentiva i soggetti privati a partecipare. La vendita resta, dopo l'istituzione dell'Agenzia, l'estrema ratio alla quale ricorrere e ci auguriamo davvero che sia un'eventualità alla quale si ricorra in casi limitati.
Vi è poi in un altro elemento che ci fa sottolineare positivamente il testo così come è stato rielaborato ovvero il ripensamento dell'Agenzia. L'Agenzia così come era arrivata nel testo presentato alle Commissioni rischiava di risultare una scatola vuota.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,30)

ANDREA ORLANDO. Una scatola vuota che credo sia stata riempita anche grazie al recepimento dei nostri emendamenti. Il primo limite, che soltanto oggi è stato superato, poche ore prima di questa discussione, era quello di una rottura del rapporto tra azione giudiziaria e attività amministrativa, o addirittura di una subordinazione dell'attività giudiziaria all'attività amministrativa. Dobbiamo sempre ricordare che non si tratta, e non parliamo, di beni qualsiasi. Questi beni sono il prodotto di attività illecite, hanno una storia, un percorso, che non soltanto costituisce, spesso, un elemento di prova per i processi, ma anche un riferimento importante Pag. 83per ricostruire le dinamiche che regolano il funzionamento delle organizzazioni criminali. Il secondo intervento, credo positivo, che è stato prodotto grazie al recepimento dei nostri emendamenti deriva dal fatto che sono stati dati all'Agenzia strumenti nuovi per superare i limiti e i gravami che avrebbero reso più difficile la possibilità di entrare in proprietà dei beni da parte dello Stato (mi riferisco alle ipoteche bancarie e al frazionamento della proprietà). Le vicende processuali, le indagini, di questi anni, hanno dimostrato che talvolta questi gravami sono posti dalla criminalità organizzata come strumento per vincolare e per limitare l'intervento di recupero dello Stato, addirittura come una vera e propria assicurazione sul bene. La scatola vuota non è stata del tutto riempita secondo le indicazioni che ritenevamo necessarie e ci auguriamo che il passaggio al Senato colmi questo deficit.
Riteniamo fondamentale - in tal senso alcune norme sono andate in questa direzione - che l'Agenzia abbia gli strumenti e i poteri per un'interlocuzione con il territorio (un elemento fondamentale, quello del rapporto con gli enti locali per la valorizzazione e per il recupero a finalità economiche dei beni sequestrati) e che l'Agenzia sia un'occasione per la crescita e per lo sviluppo di professionalità. Qui non stiamo discutendo soltanto dell'amministrazione della custodia di beni, stiamo discutendo della possibilità - una volta che il bene torna nelle mani dello Stato - che questo passaggio non interrompa la capacità economica di questi beni. Mi riferisco soprattutto a quando ci si trova di fronte al sequestro di aziende. Sarebbe infatti un effetto del tutto paradossale se il passaggio, come talvolta è avvenuto, dalle mani della mafia alle mani dello Stato di un bene, di un'azienda, costituisse in contemporanea la perdita di occupazione e di lavoro.
C'è poi un terzo punto sul quale si sono fatti passi avanti, ma non sufficienti, che riguarda il tema delle risorse, un tema che diventa la vera cartina di tornasole per capire se questa Agenzia sarà davvero lo strumento che tutti noi diciamo o invece l'ennesimo spot che il Governo ha prodotto. Vorrei concludere, signor Presidente, rappresentanti del Governo, con due sottolineature. La prima è questa. Quando noi abbiamo contestato la norma prevista all'interno della legge finanziaria ci è stato risposto che raccoglievamo istanze di associazioni che in qualche modo - per così dire - tutelavano rendite e che venivano relegate in una luce di carattere ideologico. Mi auguro che la costituzione di questa Agenzia segni un passo in avanti in questo senso e che ci sia da parte del Governo il riconoscimento del ruolo e della funzione di tutte le associazioni che lavorano quotidianamente, anche con rischi personali, a favore della valorizzazione della legalità e per l'educazione su questo terreno. Vorrei poi sottolineare un secondo dato, perché non vorrei che restasse sullo sfondo un elemento di ipocrisia. C'è qualcosa di ambiguo in uno Stato che si dota di uno strumento importante come questo per il contrasto alla criminalità organizzata ma contemporaneamente lascia in funzione quella gigantesca lavatrice di denaro che si chiama scudo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). C'è qualcosa di ambiguo in uno Stato che si dota di uno strumento come quello dell'Agenzia e poi annuncia la volontà di limitare le intercettazioni come strumento di indagine, uno degli strumenti principali attraverso il quale si è arrivati a contrastare sia la mafia «militare» sia la mafia economica. Noi nutriamo una speranza che - come si sa - è l'ultima dea, la speranza che il ripensamento (rappresentato dalla costituzione di questa Agenzia) preluda anche a un atteggiamento diverso su questi temi, e preluda anche all'inserimento del reato di autoriciclaggio attualmente non previsto dal nostro codice, che è il vero strumento attraverso il quale la mafia entra nell'economia dalla porta principale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

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BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, è per me un grande onore e anche una grande soddisfazione poter esprimere in Aula il voto favorevole del Popolo della Libertà su questo importante provvedimento. Il Parlamento della Repubblica oggi scrive una bella pagina della propria storia, perché l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie (alla quale il Governo, la magistratura, le forze dell'ordine e oggi il Parlamento hanno lavorato in questi mesi con forza e con determinazione) traccia certamente una priorità nell'agenda politica nazionale e presenta una visione strategica nelle politiche di contrasto alle mafie. Le mafie sono ormai da tempo fuoriuscite dai tradizionali territori di origine - lo hanno detto in molti - e hanno posto in essere una pervasiva e sistematica opera di inquinamento e condizionamento dell'economia, della società e della politica.
Il giro d'affari enorme che ruota attorno al fatturato delle attività criminali - fatturato che qualcuno quantifica, ma sono numeri, in oltre 130 miliardi di euro e sappiamo cosa può significare - rappresenta intuitivamente uno strumento di condizionamento particolarmente grave in una fase di crisi economica come quella attuale. Noi siamo stati recentemente a Milano con la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e lì abbiamo potuto constatare la dimensione del fenomeno anche in quella che un tempo era denominata la capitale morale d'Italia. Oggi soltanto a Milano ci sono oltre 200 aziende confiscate e oltre 2 mila aziende sequestrate, patrimoni mafiosi sequestrati. Le problematiche legate alla gestione dei patrimoni sequestrati e confiscati, come l'onorevole Mantovano e il Ministro Maroni, hanno spesso ricordato, toccano diversi ambiti. Innanzitutto, quello fortemente simbolico rappresentato dalla forza dello Stato che riafferma la propria autorità, cancellando i segni esteriori e visibili del controllo del territorio dell'economia. Questo è un aspetto, onorevoli colleghi (vi chiedo un attimo di attenzione perché oggi scriviamo una pagina importante della storia del Parlamento), molto rilevante, perché nel contrasto alle mafie contano sì i fatti ma contano anche le parole, gli atteggiamenti, i linguaggi, i segnali.
Per questo motivo grandi sono state le perplessità che hanno attraversato l'intero Parlamento e le forze politiche ogni qual volta si è ipotizzata una possibilità di svendita all'asta dei beni confiscati poiché è altissimo il rischio di una riappropriazione degli stessi da parte delle mafie. Oggi, con questo intervento, attraverso il lavoro paziente, che voglio qui sottolineare con forza, delle Commissioni che hanno lavorato, dei relatori, delle forze politiche abbiamo scoperto quel vulnus, perché la nascita dell'Agenzia copre quel vulnus e riapre una fase di gestione intelligente, importante, trasparente e innovativa dei beni confiscati.
Concludendo (perché capisco che non è aria di grandi ragionamenti), anche se capisco che il Parlamento molto spesso viene accusato di non voler fare passi avanti nei confronti della lotta alla mafia, oggi stiamo facendo un grande passo avanti, la politica fa un grande passo avanti nella lotta alla mafia. Vorrei ricordare questa notazione brevemente politica per concludere. È bello questo risultato perché è stato portato a compimento da un Ministero dell'interno, che se lo è intestato insieme alle Commissioni, rappresentato da un uomo del sud, legato alla destra politica italiana, e da un uomo del nord, legato ad una forza che ha iniziato a intuire con determinazione quella che è la centralità del contrasto alle mafie nell'agenda politica nazionale. È bello perché è il Parlamento intero che attraverso il lavoro paziente della Commissione è riuscito a scrivere questa pagina. Quindi un grande ringraziamento a tutte le forze politiche che vi hanno contribuito, ma in particolar modo ai membri delle due Commissioni che hanno reso possibile questo piccolo miracolo in un'epoca come questa. In conclusione, signor Presidente, un ricordo a due uomini: un comunista e un conservatore. Uno è Pio La Torre (Applausi Pag. 85dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo del Partito Democratico), al quale l'Italia deve tutto in termini di legislazione antimafia, di recupero dei beni confiscati. Egli ha avuto questa grande intuizione sul patrimonio, questo siciliano nato povero chiese al suo partito di tornare in Sicilia per continuare ad occuparsi di contrasto alle mafie.
L'altro non è un procuratore fiorentino ma un procuratore anch'esso siciliano, Antonino Caponnetto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico), di cultura certamente conservatrice e legato a uomini come Paolo Borsellino: per questo è fortissimo il simbolo di ciò che oggi stiamo facendo. Egli riuscì ad esprimere un importante concetto quando attorno a lui tutto sembrava bruciato e finito, un concetto che oggi, signor Presidente, ricorda la pagina che ci stiamo apprestando a scrivere. Egli disse: «Contro le mafie ognuno per ciò che può e ognuno per ciò che sa». Oggi il Parlamento è andato in questa nobile direzione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania e di deputati del gruppo del Partito Democratico).

RENATO FARINA. Bravo Granata!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, anzitutto mi consenta soltanto una valutazione. Ritengo sia importante che dopo l'approvazione all'unanimità nella scorsa legislatura della relazione che chiedeva l'Agenzia per la confisca, in questa legislatura, ancora all'unanimità, il Parlamento, almeno per questo ramo, provveda a convertire questo decreto-legge. Il mio ringraziamento - tutt'altro che rituale - è rivolto tanto agli uffici delle Commissioni affari costituzionali e giustizia, quanto ai colleghi di tutte le forze politiche che hanno contribuito sia in termini tecnici che politici al miglioramento del testo e questa volta, per davvero, senza alcun schieramento ideologico.

(Coordinamento formale - A.C. 3175)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale e approvazione - A.C. 3175)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3175, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, recante istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» (3175):

Presenti e votanti 342
Maggioranza 172
Hanno votato 342

(La Camera approva - Vedi votazionia ).

La Camera approva all'unanimità (Applausi).
Prendo atto che il deputato Sani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Pag. 86

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Problematiche relative alla messa in sicurezza degli edifici scolastici - n. 2-00635)

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00635, riguardante problematiche relative alla messa in sicurezza degli edifici scolastici (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza e volevo chiedere una cosa: siccome si tratta di un'interpellanza abbastanza complessa, perché riguarda l'edilizia scolastica con dati, delibere CIPE, varie cose e diversi anni, chiedo se sia possibile avere la copia della risposta, cioè poter seguire con una copia scritta la risposta del sottosegretario.

PRESIDENTE. Lo chiederò, intanto lei illustri l'interpellanza.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signor sottosegretario, eccoci nuovamente a parlare di sicurezza degli edifici scolastici. Solo pochi giorni or sono, nella discussione sulle linee generali sul decreto-legge milleproroghe e due mesi fa, in occasione della legge finanziaria, avevo ricordato in quest'Aula la disastrosa e confusa situazione dell'edilizia scolastica e dei provvedimenti annunciati dal Governo a suo favore. In particolare, nell'intervento di pochi giorni fa ricordavo che dalle disgrazie di San Giuliano, Zagarolo, Rivoli, L'Aquila e dalle morti bianche nella nostra scuola e nell'università sono passati troppi mesi ed in alcuni casi troppi anni. Ai provvedimenti annunciati, alle parole, al cordoglio ed ai proclami occorre che si comincino a sostituire i fatti, le azioni, gli interventi. Qui, signor Presidente, vorrei esprimere tutta la solidarietà e la vicinanza di questo Parlamento e di quest'Aula alla mamma di Vito, il diciassettenne che è morto purtroppo 16 mesi fa perché travolto dal cedimento del controsoffitto dell'aula del liceo «Darwin» di Rivoli: questa mamma che manifesta sulla propria carne l'angoscia che simili disgrazie, oltre a quello che hanno già fatto, sono capaci purtroppo di portare avanti.
Proprio sull'argomento dello stato delle nostre scuole, per rispondere ad una nostra interrogazione in VII Commissione il sottosegretario Pizza ha riferito il 9 marzo ultimo scorso alcuni dati sullo stato di attuazione degli interventi in materia di edilizia e sicurezza delle scuole. Il quadro che se ne ricava è confuso e privo di effettive certezze circa la natura degli interventi ed il ruolo del Governo in materia. Ora vorrei entrare subito nel vivo dell'interpellanza urgente in esame, iniziando con il prendere in considerazione a che punto è la stesura dell'anagrafe per l'edilizia scolastica.
Ad oggi, l'anagrafe per l'edilizia scolastica non risulta ancora completata. Di contro, per un'efficace ripresa dell'attività di finanziamento dell'edilizia scolastica stessa è necessaria non solo la mappa sismica del Paese, ma anche un'esatta ricognizione delle esigenze realmente presenti nelle diverse regioni.
A tal fine, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe dovuto, velocemente e prioritariamente, redigere l'anagrafe prevista dalla legge n. 23 del 1996 (la cosiddetta legge Masini). Di fronte alle difficoltà di completare tale lavoro e di fornire una base stabile al funzionamento a regime dell'anagrafe, il Governo ha preferito una fuga in avanti, che sa molto di demagogia. Si sono individuate, con un'apposita intesa in sede di Conferenza unificata, nuove procedure e predisposti nuovi moduli da inviare alle scuole che si sono aggiunti alla montagna costituita da quelli già in precedenza mandati.
Ma il Governo, come al solito, ha disatteso ogni impegno. Si è voluto ignorare Pag. 87che se la raccolta dei dati per l'anagrafe non è stata fino a questo momento completata ciò è dipeso da cause strutturali, su cui occorreva intervenire specificamente. Si trattava, innanzitutto, di provvedere economicamente a livello regionale, fornendo adeguate risorse per reclutare e formare il personale da impiegare stabilmente per tali compiti, specialmente a sostegno dei piccoli comuni e delle province con maggiori problemi di ordine amministrativo. Infatti, ad una nuova anagrafe si deve far corrispondere una nuova funzione amministrativa che deve essere, per realizzare gli obiettivi di efficacia e di efficienza, continuamente aggiornata e, quindi, viva, in evoluzione permanente, gestita con risorse ad hoc, con procedure codificate e personale specificamente destinato a tali compiti. In particolare, l'anagrafe dovrebbe essere gestita dai comuni, dalle province, dalle regioni e dallo Stato in modo sinergico.
Anche in questo caso, però, è prevalsa la politica degli annunci. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 2009 è stata pubblicata l'intesa raggiunta nella Conferenza unificata del 28 gennaio 2009. L'intesa prevedeva la costituzione, presso ciascuna regione e provincia autonoma - che ne hanno il coordinamento -, di appositi gruppi di lavoro, composti da rappresentanze degli uffici scolastici regionali, dai provveditorati interregionali delle opere pubbliche, dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM, con il compito di costituire apposite squadre tecniche incaricate dell'effettuazione del sopralluogo sugli edifici scolastici nel rispettivo territorio e della compilazione di apposite schede il cui contenuto è destinato a confluire, successivamente, nell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica.
Una facoltà di surroga, consentita ai prefetti, avrebbe dovuto garantire, come il Presidente del Consiglio aveva annunciato in una delle numerose conferenze stampa con il Ministro Gelmini, che l'intera iniziativa si sarebbe completata, come è scritto nell'intesa, entro il 6 agosto 2009. Il sottosegretario Pizza ci riferisce, il 9 marzo ultimo scorso, che l'attività non è stata completata nei tempi previsti e forse lo sarà, con un anno di ritardo, per la prossima estate o, forse dico io, non lo sarà mai.
Il 18 febbraio ultimo scorso, come un fungo, visto che nemmeno il sottosegretario Pizza il 9 marzo ultimo scorso ne fa menzione perché, probabilmente, nemmeno lui ne era a conoscenza, spunta la nota ministeriale con il seguente oggetto: «Anagrafe dell'edilizia scolastica» che il capo dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha inviato a tutte le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado e, per conoscenza, agli uffici scolastici regionali, ma non agli enti locali competenti per legge in materia di edilizia scolastica.
La nota conteneva la richiesta di compilazione di moduli destinati ad una rilevazione di notizie - dice specificamente la circolare - atte a consentire « l'aggiornamento dei dati dell'anagrafe presenti attualmente nel sistema informativo del Ministero». Ma vi è ancora di più. Nella suddetta circolare, che sicuramente non sarà pervenuta alle scuole prima della fine di febbraio, si raccomandava che tale raccolta avvenisse dal 23 febbraio al 1o marzo 2010. Ciò, si afferma, per consentire le iniziative di programmazione degli investimenti (chissà di quali investimenti, ci chiediamo).
E cosa ne è dell'intesa raggiunta nella Conferenza unificata Stato-regioni del 28 gennaio 2009? E degli appositi gruppi di lavoro composti da rappresentanze degli uffici scolastici regionali, del provveditorato interregionale alle opere pubbliche, dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM, con il compito di costituire apposite squadre tecniche incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici del rispettivo territorio e della compilazione di apposite schede, il cui contenuto era destinato a confluire successivamente nell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica? E cosa dire del Presidente del Consiglio che aveva annunciato, in una delle conferenze stampa tenuta in tandem con il Ministro Gelmini, che la suddetta Pag. 88iniziativa sarebbe stata completata, come scritto nell'intesa, entro il 6 agosto 2009?
Tutto dimenticato: solo nuova superflua e onerosa burocrazia che si abbatte sulle scuole, già scosse e confuse da mille adempimenti introdotti dalle ultime e contraddittorie circolari del Ministero. Nuova carta da riempire e altro tempo da impiegare da parte del personale, già ridotto all'osso dai tagli agli organici del personale amministrativo introdotti dall'articolo 64 della legge n. 133 del 2008; altri dati da acquisire, chissà dove poi, vista la competenza diretta degli enti locali in questa materia. Si tratta di dati che comunque andrebbero a sovrapporsi a quelli già sino ad ora acquisiti dagli enti locali stessi, creando solo una grande e inestricabile confusione. Ma questo ancora non basta.
Sembra che il Ministro, quando ha inviato la nota del 18 febbraio, si sia dimenticato che dal 31 dicembre 2009 - data di scadenza della proroga dei termini fissati per la messa a norma degli edifici scolastici prevista dalla legge finanziaria 2007 del Governo Prodi che, peraltro, non era generalizzata per tutte le scuole non in regola, ma solo per quelle rientranti nei sopra menzionati piani regionali per la sicurezza, ora non più finanziati dal Governo Berlusconi - tutte le istituzioni scolastiche non a norma sono fuorilegge e che, dunque, anche per esigenze di tutela rispetto alla responsabilità, ai sensi della normativa vigente, posta in capo ai dirigenti scolastici e agli amministratori locali, dovrebbero essere sottoposte ai necessari interventi.
Invece, di fatto, viene chiesta ai dirigenti scolastici un'autodenuncia sullo stato della sicurezza degli stabili che, peraltro, non dipende da loro e che probabilmente non conoscono nemmeno. Siamo proprio all'assurdo!
Ed ora permettetemi di concludere questo excursus sulle improvvide e fumose modalità di intervenire da parte di questo Governo sulla messa a norma degli edifici scolastici con il comunicato stampa datato 26 febbraio ultimo scorso di Cittadinanza Attiva ONLUS e Legambiente, realtà conosciute ed apprezzate anche dai dirigenti del MIUR.
Comunicato stampa: Cittadinanza Attiva e Legambiente sul milleproroghe; slitta ancora di 6 mesi la messa in sicurezza antisismica delle scuole, mentre per l'anagrafe dell'edilizia va avanti la politica degli annunci a cui seguono puntuali solo i ritardi. Ancora una proroga di sei mesi sull'individuazione degli interventi più urgenti di messa in sicurezza e adeguamento sismico delle scuole, che il decreto milleproroghe sposta da gennaio a giugno 2010.
A denunciare la scelta sono oggi Cittadinanza Attiva e Legambiente, due delle organizzazioni maggiormente impegnate sul fronte della sicurezza dei nostri istituti scolastici. La proroga, l'ennesima registrata in questi ultimi dodici anni, interviene su un tema che tutti (parlamentari compresi) definiscono un'emergenza nazionale, ma su cui non si interviene con la tempestività e la determinazione che si richiederebbero.
Accanto alla proroga vi è anche il gravissimo ritardo della realizzazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica e della successiva mappatura degli elementi non strutturali degli edifici scolastici su cui si sono susseguiti ripetuti annunci sulla presunta conclusione, puntualmente smentiti da ulteriori ritardi e proroghe.
Ci preme evidenziare (hanno dichiarato le due associazioni) come solo in presenza dell'anagrafe potranno essere individuate le situazioni più gravi ed avviati gli eventuali lavori di messa in sicurezza, mentre sono molti gli elementi che fanno dubitare che la stessa possa essere pronta per giugno, dando concretezza a quanto previsto dal decreto milleproroghe.
L'articolo investito dalla proroga, l'articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009, peraltro richiede che siano le Commissioni parlamentari ad approvare un apposito atto di indirizzo per l'individuazione degli interventi sulle scuole considerati più urgenti. Chiediamo, invece, che la definizione dei criteri venga ricondotta nella sua sede originaria, cioè presso la Pag. 89Conferenza Stato-regioni, e che si dia rilievo alle scelte ed anche alle voci della società civile e, in particolar modo, a chi, con la realizzazione di indagini annuali, può contribuire in modo significativo all'individuazione delle priorità, cioè degli edifici scolastici in condizioni peggiori sui quali intervenire subito per prevenire altre tragedie.
Ci auguriamo che almeno oggi, con la risposta alla nostra interpellanza urgente, il Governo faccia un po' di chiarezza in questa urgente e importantissima materia che deve poter garantire sicurezza e accoglienza ai nostri studenti, al nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, a cui vanno i miei auguri e gli auguri ovviamente di tutti i colleghi per il nuovo incarico, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, la ringrazio anche per gli auguri. La messa in sicurezza degli edifici scolastici costituisce una delle priorità di questo Governo. Lo dimostrano i numerosi provvedimenti a ciò finalizzati adottati in questa legislatura e noti all'onorevole interpellante.
Per quanto riguarda l'intesa istituzionale del 28 gennaio 2009, la medesima ha previsto l'attivazione di apposite squadre tecniche miste, formate da un tecnico del comune o della provincia direttamente interessati e da un funzionario del locale provveditorato alle opere pubbliche, per la verifica degli elementi non strutturali degli edifici scolastici. La governance delle attività è affidata ad un apposito gruppo, presieduto dalla rispettiva regione; le attività attualmente raggiungono quasi il 75 per cento e si prevede il loro completamento entro la prossima estate.
Per monitorare le attività è stata predisposta fin dall'inizio un'apposita funzione e, dal luglio 2009, ne è stata predisposta una seconda che è stata offerta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed alle regioni per l'acquisizione dei verbali. Si sono svolti, inoltre, più incontri presso la segreteria della Conferenza unificata, ove è stato aperto un apposito tavolo tecnico interistituzionale per la verifica delle attività e la soluzione delle eventuali problematiche.
Dal monitoraggio dei risultati dei sopralluoghi previsti dall'intesa del 28 gennaio 2009 è emersa una forte criticità connessa con gli elementi non strutturali e la conseguente necessità di intervenire con finanziamenti straordinari. Per far fronte a tale necessità nazionale è stata avviata una azione di raccolta delle istanze espresse da tutti i soggetti rappresentati nei tavoli di monitoraggio regionali (enti locali proprietari, Ministero dell'istruzione, università e ricerca, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regioni) coordinati dalle regioni stesse. Tale rilevazione ha prodotto un primo piano di interventi finalizzati alla rimozione immediata delle situazioni di rischio che riguarda circa 1.600 interventi, destinando allo scopo un importo di 350 milioni di euro a valere sui fondi FAS assegnati al Fondo infrastrutture per l'edilizia scolastica dalla delibera CIPE del 6 marzo 2009. Detto programma sarà sottoposto alla prima riunione utile del CIPE ai fini della prescritta delibera.
In merito ai due piani stralcio, faccio presente che nell'ambito del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici previsto dall'articolo 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e utilizzando la totalità delle risorse messe a disposizione dall'articolo 3, comma 21, della legge n. 350 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha predisposto due piani stralcio (delibere CIPE n. 1101 del 2004 e n. 143 del 2006) che, anche a seguito delle intervenute rimodulazioni (delibera n. 17 del 2008), complessivamente hanno finanziato 1.593 interventi per un totale di circa 489 milioni di euro.
Ad oggi risultano stipulati 1.187 documenti di attuazione (il 75 per cento del Pag. 90totale) che impegnano provvisoriamente l'importo di 336.439.727 euro pari al 69 per cento del valore complessivo dei programmi stralcio. Risultano altresì in fase di stipula, ovvero predisposti ed inviati agli enti attuatori per la raccolta delle firme del medesimo ente e della regione competente per territorio, 32 documenti di attuazione (2 per cento del numero totale) che impegnano provvisoriamente l'importo di 12.103.307 euro pari al 2 per cento del valore complessivo del primo programma stralcio.
Sono in attesa della prevista attestazione di coerenza rilasciata dalle regioni 374 interventi (23 per cento del numero totale) che impegnano provvisoriamente l'importo di 140.457.081 euro pari al 29 per cento del valore complessivo del primo programma stralcio. Sono stati stipulati mutui per 971 interventi (61 per cento del numero totale) per un importo di 266.239.297 euro pari al 54 per cento del valore complessivo del primo programma stralcio e ultimati 177 interventi (l'11 per cento del totale) per un importo di 36.438.060 euro pari al 7 per cento del valore complessivo del primo programma stralcio.
Si rammenta, comunque, che sui relativi stati d'avanzamento viene riferito al CIPE a cadenza semestrale a partire dal 2004, data di avvio del primo piano. Peraltro, grazie all'articolo 7-bis del decreto-legge cosiddetto «Gelmini» è stato previsto un finanziamento stabile e costante nel tempo per tali iniziative e, a seguito di ciò, è stato possibile predisporre, di concerto col Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un terzo piano stralcio (di circa 120 milioni di euro), sottoposto al CIPE nel novembre scorso e temporaneamente sospeso, presumibilmente per «fasarlo» con le altre iniziative in itinere.
In ordine al termine per la messa in sicurezza delle scuole, com'è noto, detto termine era stato ripetutamente prorogato proprio per consentire ai competenti enti locali di concludere le relative attività beneficiando peraltro di altri notevoli finanziamenti quali, ad esempio, l'equivalente di oltre 5.000 miliardi di lire, loro assegnati in circa un decennio ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 23 del 1996. Al momento, comunque, per tali finalità è in corso il suindicato piano di 350 milioni ed uno successivo sarà avviato una volta conclusi, da parte dei competenti Gruppi regionali, i monitoraggi delle scuole.
Ricordo, inoltre, che l'articolo 2, comma 239, della vigente legge finanziaria ha previsto l'avvio di un ulteriore piano (per un importo massimo di 300 milioni) per la sicurezza nelle scuole, definito secondo gli indirizzi che saranno forniti dalle Commissioni permanenti della Camera e del Senato entro il 30 giugno prossimo venturo; termine, questo, previsto dalla legge n. 25 del 26 febbraio 2010, di conversione, con modificazioni, del decreto legge n. 194 del 30 dicembre 2009.
Per quanto riguarda, infine, la nota del 18 febbraio 2010, alla quale fa riferimento l'onorevole interpellante, con la medesima è stato comunicato che i dati presenti attualmente nell'anagrafe dell'edilizia scolastica necessitano di un aggiornamento continuo al fine di rappresentare con maggiore efficacia i problemi segnalati alle autorità locali competenti. Nella prospettiva di realizzare una banca dati continuamente aggiornabile on line dalle singole istituzioni scolastiche, le informazioni al momento richieste sono di agevole acquisizione e di immediata comunicabilità da parte dei capi d'istituto.

PRESIDENTE. Onorevole De Pasquale, non potevamo darle in precedenza il testo, data la natura dell'interpellanza urgente, un atto orale. Tuttavia se il sottosegretario è disponibile, prima ancora di vedere il resoconto stenografico, potrà avere copia della risposta.
L'onorevole De Pasquale ha facoltà di replicare.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, ringrazio molto il sottosegretario per la sua disponibilità, in quanto mi ha fatto pervenire una copia, davvero lo ringrazio. Per quanto riguarda le ultime cinque righe che riguardano la circolare, che Pag. 91erano in fondo il cuore della mia interpellanza, mi richiamo a quello che ho già detto. Ritengo che non sia corretto chiedere alle scuole queste informazioni, perché si creano problemi alle scuole stesse, ai dirigenti che hanno delle responsabilità, si creano problemi di accavallamento di dati. Secondo noi, la strada da percorrere, in accordo con le regioni, con l'ufficio scolastico regionale, con l'ANCI e con tutti i vari enti preposti, insieme agli enti locali che hanno una competenza specifica, è di predisporre un'anagrafe condivisa e sinergica, vera e aggiornata continuamente. Questi escamotage di chiedere piccole notizie secondo noi non portano frutti, lo dico anche perché conosco l'amministrazione, creano solamente problematicità e ingolfamenti burocratici ulteriori.
Per quanto riguarda invece l'altra parte della risposta vorrei ripercorrere con lei, signor sottosegretario, la situazione dei provvedimenti sull'edilizia scolastica, cercando di ricostruire la complessa vicenda dei fondi destinati all'edilizia scolastica risalendo al 2002, un po' come lei ha fatto. Infatti il piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici è stato istituito immediatamente dopo il crollo della scuola elementare Francesco Jovine di San Giuliano di Puglia, avvenuto il 31 ottobre 2002, con la finalità di adottare misure di carattere più generale finalizzate a mettere in sicurezza gli edifici scolastici, con particolare riguardo a quelli che insistono in territori a rischio sismico.
Da qui l'approvazione dell'articolo 80, comma 21, della legge finanziaria per il 2003, il quale ha previsto che nell'ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001, possano essere ricompresi anche gli interventi straordinari di ricostruzione delle aree danneggiate da eventi calamitosi e che vi fosse inserito anche un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici.
È stata quindi successivamente individuata una quota minima da destinare al Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici, pari al 10 per cento delle risorse stanziate per le infrastrutture strategiche sopramenzionate. Poiché, però, non si riusciva a definire con certezza il quantum dei fondi destinati alle infrastrutture, l'allora Governo Berlusconi decise di adottare due piani stralcio, finanziati rispettivamente nel 2004 e nel 2006, per un ammontare complessivo di 489 milioni di euro con una previsione di 1.594 interventi edilizi.
Dopo la citata risposta del sottosegretario, che devo dire corrisponde esattamente alla risposta che il sottosegretario Pizza ha fornito il 9 marzo in VII Commissione, non è ancora stato reso noto lo stato di reale attuazione dei due primi piani stralcio di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Non si sa, ad esempio, quante aule, quanti e quali edifici sono stati effettivamente costruiti o ristrutturati, quanti lo saranno entro tempi certi. Si parla ancora di delibere CIPE ed ecco che spunta il terzo piano stralcio. Certo è davvero difficile in questo bailamme istituzionale comprendere a quanto ammontano i fondi destinati alle infrastrutture e allora continuiamo con gli stralci, o meglio ancora, potremmo dire con gli stracci, con i pannicelli caldi.
Attenzione però, solo il 9 marzo ultimo scorso nella famosa risposta in Commissione siamo venuti finalmente a sapere che non è stato ancora definito il terzo programma stralcio, che risulterebbe di 120 milioni di euro e che doveva essere sottoposto al CIPE nel novembre scorso e che è, temporaneamente, come anche lei, sottosegretario, ha affermato nella sua risposta, sospeso in itinere.
Ugualmente abbiamo appreso, solo il 9 marzo e anche stasera, che il fantomatico terzo piano stralcio di cui aveva parlato il Governo, solo in comunicati dove annunciava risorse autonome e nuove per l'edilizia scolastica, coinciderà, quando non sarà più sospeso, con quanto previsto dall'articolo 7-bis, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 169 del 2008, che prevede la messa in sicurezza di cento edifici scolastici. Tuttavia, diventa difficile districarsi in questa materia con un Governo che non risponde in modo preciso alle Pag. 92interrogazioni - infatti, già a settembre, il Partito Democratico aveva richiesto spiegazioni in merito con un'interpellanza urgente - che scrive norme e poi non le ottempera, che annunzia azioni alle quali non dà corso.
Ma andiamo avanti nel nostro excursus. Nuovamente apprendiamo, solo il 9 marzo, e anche stasera, che l'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010, al comma 239 prevede l'avvio di un ulteriore nuovo piano per la sicurezza delle scuole e che non si tratta del terzo piano stralcio, sarà forse il quarto. L'articolo 2 prevedeva, infatti, al fine di garantire condizioni di massima celerità nella realizzazione degli interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia, nonché per i profili di carattere finanziario, fossero individuati gli interventi di immediata realizzabilità fino all'importo complessivo di 300 milioni di euro.
Tuttavia, per questo Governo l'edilizia scolastica e la sicurezza dei nostri studenti sono così poco importanti che la massima celerità annunciata, a parole, nella legge finanziaria, e codificata nella scadenza del 30 gennaio, nel frattempo, a febbraio 2010, è stata semplicemente prorogata e lo dice anche il sottosegretario nella sua risposta. Infatti, il comma 5-ter dell'articolo 7 del decreto-legge n. 194 del 2009, cosiddetto milleproroghe, differisce al 30 giugno 2010 il termine previsto dall'articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009 entro il quale dovevano essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole fino ad un importo complessivo di 300 milioni di euro con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati e nell'ambito delle risorse previste ai sensi dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 2008.
A proposito della previsione normativa sopraesposta, a noi sembra, peraltro, inopportuna la scelta governativa di decidere gli interventi più urgenti, previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia. Infatti, è quanto meno paradossale che un Governo che bypassa continuamente il Parlamento privandolo del suo potere legislativo, mediante l'abuso sistematico dei decreti-legge e del voto di fiducia, ritenga opportuno ed utile far decidere alle Commissioni parlamentari quali e dove debbano essere gli interventi immediatamente ed urgentemente realizzabili per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole.
A parer nostro, trattasi di competenza squisitamente tecnica, che opportunamente sarebbe dovuta essere affidata all'intervento di esperte squadre tecniche nominate e seguite dagli enti locali, i soli competenti in via esclusiva in questa materia.
Andiamo avanti in questa nostra faticosa ricostruzione delle promesse governative circa gli interventi per la messa in sicurezza degli edifici che ospitano le nostre scuole. Ancora ulteriormente l'articolo 18 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009, prevedeva al comma 1, lettera b), che il CIPE assegnasse per la messa in sicurezza delle scuole una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate al Fondo infrastrutturale, di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. La delibera CIPE del 6 marzo 2009 n. 3 ha, quindi, assegnato al Fondo infrastrutture di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 un miliardo di euro, destinandoli ad un generico piano relativo all'edilizia scolastica. Nel contempo, il decreto-legge n. 39 del 2009, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite da eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile, disponeva che alla regione Abruzzo fosse riservata, con delibera CIPE, una quota aggiuntiva delle risorse previste dall'articolo 18 del decreto-legge n. 185 del 2008 Pag. 93(cioè il decreto-legge anticrisi), ovvero delle risorse assegnate al Fondo infrastrutture per la messa in sicurezza delle scuole. Il decreto-legge, inoltre, autorizzava la stessa a modificare il piano annuale 2009 di edilizia scolastica anche con l'inserimento di nuove opere. Peccato che la delibera CIPE non vi sia mai stata e che per le scuole abruzzesi siano stati destinati 226,4 milioni di euro detratti dal miliardo di euro sottratto dai fondi FAS del MIUR. Se lei mi autorizza, consegno il testo al sottosegretario.

PRESIDENTE. Può consegnare il testo al sottosegretario, ma non è possibile depositarlo agli atti proprio per la natura dell'atto orale che le dicevo prima.

(Iniziative di competenza in merito all'approvazione da parte del comune di Goito (Mantova) di un regolamento che porrebbe condizioni di carattere religioso per l'iscrizione all'asilo comunale - n. 2-00636)

PRESIDENTE. L'onorevole Marco Carra ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00636, riguardante iniziative di competenza in merito all'approvazione da parte del comune di Goito (Mantova) di un regolamento che porrebbe condizioni di carattere religioso per l'iscrizione all'asilo comunale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARCO CARRA. Signor Presidente, come recita l'oggetto dell'interpellanza, il comune di Goito ha approvato con i voti della maggioranza consiliare questo regolamento per il funzionamento della scuola dell'infanzia comunale, gestita quindi dal comune stesso e, pertanto, stiamo parlando di una scuola pubblica. In questo regolamento troviamo questo concetto: «la scuola accoglie i bambini regolarmente iscritti dalle famiglie e persegue finalità educative e di sviluppo della loro personalità in una visione cristiana della vita». Ebbene, questa decisione ha suscitato numerose polemiche non solo a Goito e nella mia provincia (Mantova), ma un po' in tutto il Paese. Noi abbiamo immediatamente manifestato la nostra indignazione nei confronti di una decisione (quella del consiglio comunale di Goito) che, dal nostro punto di vista, è in contrasto e in conflitto con la nostra Carta costituzionale: in sostanza è una decisione discriminatoria.
Questa interpellanza urgente rappresenta la nostra precisa volontà di dar voce in Parlamento a questi sentimenti e a queste convinzioni. Pensiamo che quanto accaduto sia un fatto grave e, se mi è consentita la battuta, non sappiamo quanto consapevole sia stata questa scelta, ma di certo si tratta di un fatto grave. Occorre far riferimento alla legge n. 62 del 2000, con la quale il centrosinistra, allora al governo del Paese, ha dato attuazione al comma 4 dell'articolo 33 della nostra Costituzione, precisando che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. Tutte e tre tali tipologie scolastiche svolgono un servizio pubblico, ma non alle stesse condizioni. Infatti, le scuole paritarie degli enti locali possono essere assimilate e uniformate alle scuole statali con natura decisamente pubblica e quelle paritarie private hanno delle caratteristiche particolari, tra cui portano con sé in qualche modo progetti educativi che indicano anche l'eventuale ispirazione di carattere culturale e religioso.
Quindi, le scuole paritarie private non risultano effettivamente aperte a tutti, ma accolgono soltanto coloro che ne accettano il progetto educativo, ovvero la loro esplicita identità di fondo, per lo più di tipo confessionale. Nessuno è obbligato ad iscriversi, ma l'accoglimento è condizionato alla condivisione di un ben connotato programma formativo. A nostro parere, l'amministrazione comunale di Goito ha di fatto trasformato in modo confuso e indebito una scuola paritaria di un ente locale in una scuola paritaria privata di tipo confessionale. Le scuole degli enti locali, dal nostro punto di vista, non possono uniformarsi o identificarsi con le Pag. 94scuole paritarie private, portatrici di una specifica ispirazione culturale e religiosa, che non può figurare, dal nostro punto di vista, nel regolamento di una scuola comunale. Penso che la comunità mantovana - e mi avvio rapidamente alla conclusione - che ha fatto dell'integrazione, dell'accoglienza e della mescolanza tra culture differenti il proprio segno distintivo, non meritasse davvero una brutta pagina come quella che l'amministrazione comunale di Goito ci ha in qualche modo riservato. La nostra è una comunità che si ispira profondamente ai principi ed ai valori contenuti nella nostra Costituzione, che vedono tutti i cittadini godere dei medesimi diritti, a prescindere dalla fede religiosa o da altre caratteristiche, come recita l'articolo 3 della nostra Costituzione. Le scuole pubbliche devono essere accessibili a tutti e per tutti. Auspichiamo evidentemente che il Governo condivida la nostra opinione. L'onorevole Fiano, al quale è affidata anche la replica, intervenendo in Aula nei giorni scorsi su questa medesima vicenda, ha parlato di una vera e propria ferita che questa delibera del consiglio comunale ha aperto.
Ci auguriamo che l'amministrazione comunale di Goito voglia rivedere tale decisione e magari, in accordo con le opposizioni, che non sono solo di centrosinistra, elimini in qualche modo i contenuti discriminatori e garantisca la parità dei diritti per tutti. Ricordo che stiamo parlando di bambini e di bambine, in un ambito peraltro molto importante, quale l'avvio del percorso educativo-formativo al quale la scuola dell'infanzia in qualche modo si rivolge. Se l'amministrazione non volesse recedere dalla decisione adottata, mantenendo così aperta quella ferita, chiediamo al Governo di attivare la procedura compresa nell'articolo 138 del testo unico degli enti locali, il famoso decreto legislativo n. 267 del 2000, laddove si fa un esplicito riferimento ad una possibilità di intervento da parte dello Stato, in questo caso su proposta del Ministero dell'interno, affinché questi atti, che sono in conflitto con la nostra Carta costituzionale, possano essere annullati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, per quanto riguarda questa interpellanza relativa al nuovo regolamento della scuola dell'infanzia comunale adottato dal comune di Goito, faccio presente quanto segue.
Come comunicato dal Ministero dell'interno sulla base degli elementi informativi assunti dalla prefettura di Mantova, il comune di Goito ha assunto la deliberazione consiliare n. 3 del 22 febbraio 2010, con la quale è stato adottato il regolamento della scuola dell'infanzia comunale ricadente in quel territorio. Nel caso di specie, si tratta di una struttura comunale la cui gestione didattica è da tempo affidata all'Opera diocesana Sant'Anselmo vescovo, sulla scorta di una convenzione appositamente stipulata tra l'ente territoriale e l'anzidetto sodalizio. Il personale docente e la coordinatrice delle attività educative e didattiche vengono nominati e assunti dalla suddetta Opera diocesana. Il comune di Goito è, invece, responsabile - come testualmente asserito nel regolamento in argomento - del buon funzionamento della scuola per quanto riguarda l'ordinamento interno ed il buon andamento generale.
In ordine a quanto richiesto nell'atto in discussione, il comune di Goito sostiene che, con il regolamento in parola, non ha inteso attivare alcuna discriminazione, ma ha voluto consolidare uno stato di fatto che durava da anni, affermando le peculiari caratteristiche originarie della scuola dell'infanzia in argomento. Si tratta, infatti, di una scuola paritaria con la presenza di una religiosa che applica integralmente le previste «indicazioni per il curricolo» delle attività educative nelle scuole dell'infanzia.
Detta scuola è aperta indistintamente a tutti e si avvale di un'ispirazione di tipo Pag. 95cristiano. Il regolamento di cui trattasi non fa riferimento alla provenienza dei bambini da una famiglia cattolica o cristiana e non parla, in genere, di origini familiari.
Inoltre, nel testo del regolamento non risultano riferimenti confessionali, ma, piuttosto, nella premessa dello stesso si informa l'utenza che la scuola «accoglie i bambini regolarmente iscritti dalle famiglie e persegue finalità educative e di sviluppo della loro personalità in una visione cristiana della vita, in collaborazione con i genitori ed in conformità con le «indicazioni per il curricolo» delle attività educative della scuola dell'infanzia. L'ambiente educativo è intenzionalmente organizzato per rispondere alle esigenze di relazione, di gioco, di apprendimento e per favorire uno sviluppo integrale della personalità del bambino».
Ciò premesso, va evidenziato che la legge n. 62 del 10 marzo 2000 (Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione), all'articolo 1, comma 3, prevede che: «Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap. Il progetto educativo indica l'eventuale ispirazione di carattere culturale o religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l'adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa».
Per completezza di informazione, va anche fatto presente che, nel territorio comunale di Goito, il servizio pubblico di scuola dell'infanzia è offerto, oltre che dalla suddetta scuola comunale dell'infanzia, anche nell'ambito delle scuole dell'infanzia dipendenti dall'Istituto comprensivo statale di Goito.
Faccio infine presente che l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali operante presso il Dipartimento per le pari opportunità sta valutando l'opportunità di acquisire ulteriori elementi informativi presso il comune di Goito.

PRESIDENTE. L'onorevole Fiano, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente Lupi, ringrazio lei e ringrazio il sottosegretario Viceconte, al quale facciamo i nostri auguri di buon lavoro per il nuovo autorevole incarico che ha da pochi giorni ottenuto.
Signor sottosegretario, mi dichiaro insoddisfatto della risposta del Governo, perché lei ha giustamente citato la legge n. 62 del 2000, che chiarisce gli obblighi - credo che anche il Presidente Lupi si intenda di questa materia e me ne intendo anch'io - che un istituto scolastico, che ricade sotto la definizione di paritario, assume nei confronti della collettività.
Come è noto e come lei ha giustamente citato, ciascun bambino o ragazzo italiano può chiedere l'iscrizione ad una scuola paritaria e devono essergli, ovviamente, riconosciuti i diritti costituzionali. Nella premessa di questo regolamento, che, come lei ha poc'anzi ricordato, deve essere ovviamente accolto e sottoscritto dai genitori che iscrivono il bambino, si assume un elemento, secondo noi differenziale, circa l'ispirazione che guida una scuola paritaria, che, quindi, proprio secondo la legge che lei ha citato, ricade sotto i crismi dell'istituto scolastico con caratteristiche pubbliche, tant'è vero che lei ha citato la convenzione che lega l'ente locale pubblico alla conduzione di questa scuola.
Noi osserviamo - mi fa piacere che proprio nella chiosa del suo intervento lei abbia citato l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni, che vaglierà la questione - che un regolamento pubblico (tant'è vero che è il consiglio comunale - massima espressione della partecipazione alla cosa pubblica del popolo in una democrazia e nella gestione di un ente locale - che lo ha approvato, e se fosse un ente privato non ci sarebbe stato bisogno di un regolamento approvato dal consiglio comunale), che deve essere approvato per ottenere l'ammissione dei propri figli a questa scuola, recita che lo sviluppo della personalità dei bambini che lì verranno iscritti avverrà in Pag. 96una visione cristiana della vita, che noi, ovviamente, sommamente rispettiamo.
Lei, però, converrà con me - faccio un esempio personale, essendo io di religione ebraica - che i miei figli, se, per esempio, abitassero in quella bella città d'Italia che è Goito e fosse per loro comodo andare in quella scuola, avrebbero, evidentemente, difficoltà a frequentare questa scuola e io avrei difficoltà ad iscrivere loro, così come se fossero di altra religione o se non fossero di alcuna religione.
È un tema - mi rendo conto - delicato, perché noi ovviamente in nessun modo vogliamo ledere il diritto ad un'impostazione culturale di un istituto scolastico, peraltro così importante, come quello che forma i primi anni della strutturazione culturale di un giovane nel nostro Paese. È però la prima volta - a quanto ci risulta - che assistiamo al fatto che un consiglio comunale (lo ripeto, non si tratta dell'assunzione di un'altra associazione o ente privato) assume come fatto pubblico una regolamentazione nella quale si determina che, in una struttura di istruzione pubblica, una specifica visione religiosa verrà adottata come impostazione dell'educazione.
Noi pensiamo - come ha detto molto giustamente il collega Carra, che è il primo firmatario dell'interpellanza urgente in esame - che il Governo debba intervenire, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e su proposta del Ministro degli interni, per annullare quest'unica riga del regolamento; oppure, altrimenti, riteniamo necessario che la maggioranza che legittimamente guida quel comune debba tornare nel consiglio comunale per addivenire ad una formula comprensiva del carattere pubblico di un istituto scolastico a caratteristiche paritarie.
Per questo mi devo dichiarare insoddisfatto della risposta: mi auguravo che anche il Governo, come noi, cogliesse quanto sia stridente con la caratteristica pubblica dell'istituto scolastico, e con il fatto che lo abbia votato un consiglio comunale, l'elemento discriminatorio che è previsto nella premessa del regolamento che va accettato per poter iscrivere i propri figli a questa scuola paritaria, convenzionata con l'ente comunale.
Mi auguro anche io che proceda l'indagine che l'Ufficio antidiscriminazioni che lei ha citato sta svolgendo; per il momento, noi non possiamo che dichiararci insoddisfatti. È possibile che non vi sia alcuna cattiva volontà in quelle parole, che vi sia solamente la perpetuazione della tradizione culturale che da tempo presiede all'organizzazione di quell'istituto; però, delle volte è bene che le virgole, i punti e le parole di ciò che viene prodotto dagli enti pubblici, di ciò che viene prodotto in ambito politico, di ciò che riguarda tutti i cittadini italiani e che pertanto deve essere a garanzia di tutte le libertà iscritte nella nostra Costituzione, vada corretto: se non lo faranno da soli coloro che rappresentano la maggioranza del comune di Goito, chiederemo noi al Governo di farlo d'ufficio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Chiarimenti in merito alle spese sostenute per la realizzazione del G8 a L'Aquila - n. 2-00634)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi ed altri n. 2-00634, concernente chiarimenti in merito alle spese sostenute per la realizzazione del G8 a L'Aquila (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, cercherò di essere breve, preciso e soprattutto conciso rispetto alle argomentazioni che porterò.
L'interpellanza nasce dal mio sobbalzare rispetto ad alcune cifre che ho letto su una rivista, in merito all'organizzazione del G8. Quando ho letto alcuni numeri e li ho confrontati - e hanno purtroppo una loro comparabilità e concretizzazione -, mi è venuto da pensare che, al di là delle polemiche, al di là del dato ideologico che ci può portare lontani, al di là della manifestazione che è Pag. 97stata estremamente importante e che ritengo abbia anche fatto guadagnare punti di credibilità all'intero sistema-Paese, e non solo al Governo (di ciò vado anche fiero, lo voglio dire), forse dovremmo e dovreste fare alcune riflessioni, soprattutto per evitare di compiere ulteriori errori utilizzando denaro pubblico.
Lo dico alla maggioranza e soprattutto al Governo: se per organizzare un G8 l'Italia spende 500 milioni di euro, evidentemente qualcosa non funziona.
Credo che ciò sia da inscrivere non solo nell'ambito delle spese folli, bensì all'interno di una cattiva organizzazione, sapendo che molto probabilmente si tratta di fondi di carattere pubblico. Come è evidente, se l'organizzazione fosse stata quella di un privato, sarebbe stata sicuramente diversa sotto il profilo della razionalizzazione e dell'ottimizzazione delle risorse, nonché dell'efficacia ed efficienza delle prestazioni.
Lo dico perché lo spostamento del G8 da La Maddalena a L'Aquila ha comportato una serie di esborsi ulteriori, che si possono quantificare nell'ordine di 512 milioni di euro. Su questo dovremmo riflettere un po' più approfonditamente, se pensiamo che per il penultimo G8 tenuto a Genova nel 2001 l'Italia stanziò 20 miliardi di lire per l'organizzazione e 90 miliardi di lire per le opere accessorie (ossia 47 milioni di euro), da utilizzare e spalmare in quindici anni. Considerando tutti gli altri fondi, compresi quelli del comune, il conto fu di 200 miliardi di lire, poco più di un quinto di quello che si è speso nel 2009 (512 milioni di euro, che equivalgono a mille miliardi di vecchie lire).
Si tratta di numeri e cifre che dovrebbero far tremare i polsi di chi ha messo in campo ed ha utilizzato tali risorse, soprattutto se si pensa che lo spostamento del G8 a L'Aquila nacque dalla volontà di fare in modo che quel territorio così martoriato dal sisma potesse utilizzare questa opportunità in termini di rilancio socioeconomico, di opportunità per la ricostruzione e di tutta una serie di altre possibilità, rispetto a cui invece il Governo si è poi dimostrato in qualche modo fallimentare.
Vi è una sproporzione nell'utilizzo delle risorse: credo infatti che l'utilizzo e la messa in campo di tali risorse per un evento di soli tre giorni sia una cosa veramente impensabile ed assolutamente fuori da ogni grazia di Dio.
Ho fatto un riso amaro considerando alcune cifre che ho letto nelle tabelle e che riporto così come sono, perché veramente il riso è stato solo ed esclusivamente amaro: non parlerò di tutti i fornitori e di tutti gli oggetti delle forniture, ma due o tre casi ve li segnalo perché penso che il riso amaro venga fuori!
Si parla, ad esempio, della Poltrone Frau Spa per la fornitura di sedie a noleggio per un costo di 373 mila euro: è vero che abbiamo ospitato i capi di Stato e di Governo di tutto il mondo, e quindi le massime espressioni degli Stati, ma non avevo ancora capito di avere a che fare con dei 'deretani d'oro' se non conoscendo ed osservando tali aspetti.
Ciò mi dispiace perché l'utilizzo di queste risorse manca di rispetto a quelle popolazioni (poi ne spiegherò anche il motivo). Il fatto poi che la fornitura di pennoni e bandiere abbia un costo di 175 mila euro è veramente qualcosa che urla vendetta di fronte agli uomini e a Dio; così come l'ulteriore fornitura di televisori a led e di noleggio degli stessi per 347 mila euro non è una cosa seria.
Passo ora ad alcune minuzie che fanno parte della coreografia: la Lanificio Ormezzano Spa che fornisce tessuti per divise di steward ed hostess al costo di 5 mila euro o il paradosso della Annalisa Collezioni Srl, che fornisce tessuti per divise al costo di 54 mila per euro (e vi sono altre cifre che non riporto).
Ma vi è un elemento in più, e chiudo con la panoramica sulla questione: l'istituto Gramma-Centro ricerche musicali per la realizzazione di un progetto per l'immagine a L'Aquila ha ricevuto 193 mila euro; questo ci potrebbe anche stare, ma segnalo un aspetto fondamentale. A L'Aquila esiste l'Accademia dell'immagine Pag. 98che è una delle migliori d'Italia, riconosciuta a livello internazionale, che ha prodotto tante attività di carattere musicale e cinematografico. È riconosciuta a livello internazionale, per cui molto probabilmente un segnale poteva essere quello di prendere queste competenze e queste esperienze che hanno bisogno di essere sollevate e dare loro, se non tutti i 193 mila euro, almeno qualche opportunità in più, perché qualche soldo può fare anche comodo.
Mi limito ad osservare che un braccio teso a queste agenzie presenti sul territorio, che hanno tanto ben lavorato e che attualmente non fanno nulla per i problemi legati al terremoto, poteva essere un segnale forte ed importante da parte del Governo (ma laddove si poteva dare, non lo si è dato).
Taccio sulle altre questioni delle aziende «amiche» e di quelle che hanno organizzato i party: sono polemiche che non mi interessano e che ho citato solo perché rimangano alla storia degli atti e si capisca che qualcosa, che non deve più accadere, è successo.
Però, evidentemente, alcune risorse vanno messe in campo in maniera più ordinata, efficace ed efficiente, perché sono soldi dell'intera comunità, attraverso i quali, molto probabilmente si dà, o non si dà, un'immagine vera, reale e concreta dell'Italia, soprattutto di quell'Italia che, in quel momento e in quel contesto, ha utilizzato quel palcoscenico e quello scenario per fare in modo che si capisse di che pasta fossero fatti gli italiani, il Governo, ma soprattutto gli abruzzesi e gli aquilani.
Concludo ponendo al Governo e al sottosegretario alcuni interrogativi: come si giustificano le spese sostenute per il G8 a L'Aquila, a fronte della dichiarata scelta di solidarietà ai terremotati, sobrietà e austerità? Con quali criteri e nel rispetto di quali regole sono state scelte le aziende che hanno fornito servizi e materiali e che hanno svolti lavori per il G8 a L'Aquila? E da ultimo, ma non per ultimo, quale utilizzo è stato fatto o a chi sono state destinate le suppellettili, le forniture e i materiali acquistati in occasione del G8 che in quel contesto - poi lo ricorderò - attraverso una nota ufficiale di Palazzo Chigi aveva affermato che sarebbero stati riconsegnati alle popolazioni colpite dal terremoto, perché appartengono a quel patrimonio, a quel territorio da rilanciare?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, a cui vanno i miei auguri e gli auguri ovviamente di tutti i colleghi per il nuovo incarico, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, in riferimento all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole interpellante, concernente i costi del G8, si fa presente che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 settembre 2007, la Presidenza italiana del vertice G8 è stata dichiarata «grande evento» ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.
Successivamente, a seguito del sisma che ha colpito la regione Abruzzo, la sede del vertice G8 previsto sull'isola della Maddalena, in Sardegna, è stata spostata a L'Aquila, ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2009.
Inoltre, al fine di conseguire il contenimento della spesa pubblica per affrontare gli oneri derivanti dall'emergenza sismica in Abruzzo, lo stesso decreto-legge ha attribuito al commissario delegato il compito di provvedere alla riprogrammazione degli interventi, adottando ogni necessario atto consequenziale per la rilocalizzazione del vertice G8.
Riguardo agli interventi infrastrutturali effettuati sull'isola della Maddalena si precisa che, ad oggi, i costi delle opere realizzate sono stati di 327 milioni e 500 mila euro, mentre quelli sostenuti dal commissario delegato per l'organizzazione del Vertice G8, nella nuova sede di L'Aquila, sono stati di 96 milioni 397 mila Pag. 99euro. Di questi ultimi, 57 milioni 635 mila euro, pari a circa il 60 per cento del totale, sono riferiti ad interventi infrastrutturali realizzati, sul territorio ed all'interno della caserma della Guardia di finanza di Coppito, destinata ad ospitare, in sicurezza, oltre 1.300 persone terremotate.
Ai predetti oneri sono stati aggiunti ulteriori 88,5 milioni di euro, messi a disposizione dal Ministero dell'economia e delle finanze direttamente alle amministrazioni coinvolte nella gestione del dispositivo di sicurezza dell'evento.
Complessivamente lo spostamento del vertice dei Capi di Stato e di Governo dall'isola di La Maddalena a L'Aquila, oltre a conseguire l'obiettivo primario di promuovere la stessa città di L'Aquila ed il restante territorio colpito dagli eventi sismici e, quindi, di attirare l'attenzione dei grandi della Terra sulle questioni più pregnanti per la salvaguardia delle vite umane, ha permesso di conseguire risparmi di spesa di oltre circa 100 milioni di euro. Questa economia è derivata, sia dai minori costi dell'organizzazione dell'evento stesso (si pensi al solo costo delle navi necessarie ad ospitare le delegazioni e la macchina organizzativa, che sarebbero costate circa 15 milioni di euro), sia dal mancato rafforzamento del dispositivo di sicurezza nell'isola di La Maddalena.
Oltretutto, i costi dell'organizzazione del vertice G8 a L'Aquila sono stati ben al di sotto dei costi sostenuti in Giappone per l'organizzazione del vertice del 2008 a Hokkaido. In questo caso la spesa è stata pari ad oltre 60 miliardi di yen (350 milioni di curo circa), di cui oltre la metà sono stati investiti per le misure di sicurezza. Più contenuti sono stati i costi per il vertice G8 organizzato nel 2007 in Germania, il cui costo dichiarato è stato di circa 100 milioni di euro, mentre per l'organizzazione del vertice di San Pietroburgo, nel 2006, sono stati sostenuti oneri per circa 300 milioni di euro.
In assoluto il vertice che è costato di più è quello di Okinawa in Giappone, che nel 2000 costò circa 680 milioni di euro. Relativamente alle diverse spese citate nell'interpellanza si conferma che le stesse si sono rese necessarie per l'organizzazione del vertice e sono state limitate allo stretto necessario. In particolare, per gli affidamenti delle forniture di beni e servizi necessari all'evento, si fa presente che questi sono stati disposti sulla base della normativa vigente, così come integrata dalle disposizioni emanate con le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri (del 20 novembre 2007, n. 3629, così come modificata e integrata dal comma 5 dell'articolo 15 dell'ordinanza del 16 gennaio 2008, n. 3642, e dall'articolo 5 dell'ordinanza 19 marzo 2008, n. 3663), in ragione della rilevanza, dell'imminenza e delle speciali misure di sicurezza dell'evento. In ogni caso, si è tenuto conto del criterio di economicità delle offerte e di trasparenza dell'operato dell'amministrazione, disponendo, dove possibile, procedure di selezione dei potenziali operatori.
Sono questi i casi dell'affidamento del servizio di catering e bar per i Capi di Stato e di Governo (aggiudicato alla società Relais les jardin), che è costato 968 mila euro, comprensivi di IVA, con una fornitura di oltre 15 mila pasti per le delegazioni e 640 pasti per i Capi di Stato e di Governo, in aggiunta ad un servizio di bar aperto ventiquattr'ore su più punti di distribuzione, nonché del servizio di consulenza organizzativa e di segreteria dell'evento, aggiudicato, sempre a seguito di gara, alla società Triumph congressi Srl. Inoltre, sempre al fine di contenere al massimo i costi e di mantenerli in linea con i migliori prezzi di mercato, per tutti gli affidamenti disposti con carattere di urgenza e straordinarietà (ivi compreso quelli concernenti i servizi di catering), il pagamento dei corrispettivi è avvenuto a seguito della verifica di congruità da parte dell'Agenzia del territorio del Ministero dell'economia e delle finanze, istituzionalmente deputata a tale attività.
Per quanto riguarda la destinazione finale dei beni acquisiti per l'organizzazione del vertice, si rappresenta che gli stessi sono rimasti a disposizione della collettività locale (ad eccezione di quelli che hanno formato oggetto di uso e consumo da parte Pag. 100delle delegazioni). Di questi una parte è ancora utilizzata nella caserma della Guardia di finanza, mentre l'altra parte è stata riutilizzata per arredare gli alloggi consegnati alla popolazione terremotata. Al termine delle esigenze i beni che dovessero risultare ancora disponibili verranno messi all'asta ed il ricavato verrà trasferito al Commissario delegato per ritornare ad essere investito in interventi in favore delle popolazioni terremotate.
In relazione agli interventi infrastrutturali sulla caserma della Guardia di finanza di Coppito si evidenzia che il bene, ancorché cartolarizzato, è nella disponibilità pluriennale della medesima Guardia di finanza e che parte degli interventi ivi realizzati (quelli relativi al ripristino dei danni da terremoto) saranno portati a scomputo della proprietà in virtù di specifico accordo. La disponibilità di tale struttura, oltre a consentire l'immediata ed efficace attivazione della macchina dei soccorsi e la gestione dell'emergenza, ha consentito di contenere i relativi costi, attraverso i servizi messi a disposizione nella medesima infrastruttura. Riguardo il potenziamento della rete Isoradio, esso non è stato realizzato esclusivamente per l'evento G8 in quanto fa parte di un progetto avviato da tempo dal Dipartimento della protezione civile per l'utilizzo di questo canale per la diffusione delle informazioni di pubblica utilità nelle quattro regioni meridionali deficitarie, parzialmente o totalmente, del servizio: Abruzzo, Calabria, Puglia, Sicilia e Basilicata. In seguito all'evento emergenziale avvenuto nel territorio abruzzese e con lo spostamento della sede del G8 da La Maddalena a L'Aquila, si è ritenuto di porre come obiettivo prioritario il completamento della rete Isoradio sulle autostrade A24 e A25 della regione Abruzzo. Ciò ha consentito di coprire complessivamente, su un totale di circa 280 chilometri di rete autostradale, circa 90 chilometri, ivi comprese le 19 gallerie tra cui i 10 chilometri del Gran Sasso, per un costo pari ad euro 3 milioni 127 mila e 791 euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao ha facoltà di replicare.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per aver aggiunto alcune questioni che io per delicatezza non ho trattato, evidentemente perché mi sono occupato degli aspetti di maggiore rilevanza politica ed economica. Non mi interessa la ditta Relais le jardin, che ha organizzato il catering o altro. Si tratta di una polemica spicciola, anche se poi si entra in una sfera di rapporti che però non riguarda il mio modo di considerare la politica.
Su alcune altre questioni, come la messa in campo della situazione che riguarda Isoradio, evidentemente siamo d'accordo entrambi ma il tema non è che si faccia o non si faccia, il tema è che la società che doveva farsi carico del dato economico non l'ha fatto perché hanno messo in campo risorse quelli della Protezione civile.
Prendo in considerazione solo un punto finale che è quello che riguarda proprio la scuola sottufficiali di Coppito perché lei dice bene riguardo al tema della cartolarizzazione, ma chi ascolta la nostra interpellanza e la sua risposta non credo che capirà cosa significa compiutamente cartolarizzazione. Significa che si è fatto un intervento su una proprietà che non è più dello Stato e dell'apparato pubblico ma di un'immobiliare che fa riferimento alla Barclays capital e alla Lehman brothers. Significa che abbiamo fatto una serie di interventi a loro giovamento per i quali poi paradossalmente paghiamo 13 milioni l'anno di affitto per l'utilizzo di questa struttura. Non so quando tornerà nella disponibilità del pubblico, ma sarebbe interessante fissare un criterio, una tempistica, una modalità così come sono state fatte le ordinanze, stabilendo un tempo relativamente breve e certo entro il quale far rientrare il tutto nella disponibilità pubblica per rilanciare tutta quell'area del cratere che ha subito il terremoto.
Termino sottolineando un aspetto: il tema della sobrietà della scelta, dell'austerità e della solidarietà è venuto meno in relazione a quelle cifre che lei diceva e mi ha confermato, dal momento che quando Pag. 101parlo sono abituato a parlare con cognizione di causa. Mi dispiace verificare che purtroppo tanti, troppi soldi pubblici vengo utilizzati in questo modo. Ribadisco ancora un aspetto: se l'avessero fatto i privati avrebbero speso un terzo rispetto a ciò che ha comportato questa iniziativa.
Concludo per davvero dicendo che per questa iniziativa, tra La Maddalena e L'Aquila, sono stati spesi oltre 500 milioni di euro. Le do una cifra, neosottosegretario: per quanto riguarda il terremoto in Abruzzo con il decreto-legge n. 39 del 2009 è stato istituito un fondo per la prevenzione del rischio sismico. Volete sapere quanto c'è all'interno di questa scadenza tecnico-temporale? Ebbene, 44 milioni di euro per il 2010, 145 milioni di euro per il 2011 e 195 milioni di euro per il 2012, forse altrettanti per il 2013. Sommando fanno poco più di 500 milioni di euro. La stessa cifra che si è spesa per fare il G8. Credo che sul piano delle priorità, forse c'era magari l'Abruzzo e si poteva fare qualcosa di più e meglio ottimizzando e razionalizzando le risorse pubbliche. Infatti nel senso dell'austerità e della solidarietà forse venivano prima l'Abruzzo, L'Aquila e i terremotati piuttosto che un evento così importante, dato che tutti hanno preso coscienza e conoscenza dell'entità del dramma.
Vorrei con questa interpellanza urgente far riflettere il Governo e i singoli rappresentanti del Governo e della maggioranza sul piano personale, politico e istituzionale perché bisogna fare qualcosa di più e meglio piuttosto che polemiche sterili e spese folli.

(Interventi in relazione all'emergenza ambientale conseguente allo sversamento di sostanze inquinanti nel fiume Lambro, con particolare riferimento al coordinamento con gli enti territoriali - n. 2-00642)

PRESIDENTE. L'onorevole De Micheli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00642 concernente interventi in relazione all'emergenza ambientale conseguente allo sversamento di sostanze inquinanti nel fiume Lambro, con particolare riferimento al coordinamento con gli enti territoriali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, abbiamo predisposto questa interpellanza urgente nei giorni immediatamente successivi alle note vicende che anche da un punto di vista giornalistico sono state riportate con dovizia di particolari rispetto agli sversamenti avvenuti nel fiume Lambro a causa di un'abbondante perdita da parte della Lombarda petroli di una quantità oleosa imponente. Diciamo che le zone d'ombra degli avvenimenti di quei giorni si possono individuare soprattutto nell'ambito relativo ai tempi di intervento per bloccare il flusso di questa macchia oleosa, che non ha soltanto danneggiato il fiume Lambro ma poi si è insinuata in abbondanza nel fiume Po ed è stata fermata solo dopo qualche giorno ad Isola Serafini, comune di Monticelli d'Ongina, in provincia di Piacenza.
La prima questione che si pone, signor sottosegretario, è legata ad una risposta che i cittadini che vivono sulle rive di questi due fiumi hanno bisogno di avere rispetto alle responsabilità dell'accaduto, ma anche e soprattutto alle ragioni per i ritardi che ci sono stati sui tempi e sulle modalità di intervento; infatti non dimentichiamo che la macchia oleosa ha dovuto percorrere numerosi chilometri prima di essere fermata.
In secondo luogo è necessario riconoscere che il primo intervento veramente coordinato da parte delle istituzioni competenti è avvenuto proprio nella provincia di Piacenza, quando le istituzioni locali - sindaco, presidente della provincia e presidente della regione - hanno chiesto alla Protezione civile un intervento urgente per poter coordinare le numerosi istituzioni che insistono sul letto del fiume Lambro e del fiume Po, perché in quel caso intervenivano più regioni, più comuni, più magistrati del Po e consorzi di bonifica. Pag. 102
Entriamo poi invece nella fase dell'emergenza, gestita, riteniamo, anche per il bene di tutti coloro che vivono nella zona più a sud del fiume, perché di fatto la soluzione di quel problema è addivenuta anche per le caratteristiche naturali che il corso del fiume Po ha proprio nella zona di Isola Serafini, dove vi è una centrale dell'ENEL, e di fatto si è riusciti a veicolare la macchia oleosa dentro ad un'ansa dalla quale poi, con una serie di strumenti anche molto efficaci, si è addivenuti ad un primo intervento di bonifica.
Ora è stata fatta una prima esperienza positiva rispetto a questa emergenza, che è stato il coordinamento sul territorio per l'intervento di emergenza. Noi chiediamo che il Governo confermi questa modalità anche per la fase 2 - ricordiamo che la fase di emergenza si è chiusa proprio all'inizio di questa settimana - cioè quella della bonifica definitiva del letto del fiume nella zona interessata al blocco del flusso della macchia oleosa, quindi nella zona che va da Piacenza a Isola Serafini. Quindi occorre un coordinamento territoriale che faccia capo sicuramente al Ministero dell'ambiente, ma che consenta un coordinamento preciso ed anche molto efficace, in modo tale che nel giro di un mese la situazione del letto del fiume possa ritornare come prima.
Poi - ma in realtà questo è probabilmente l'aspetto più importante - vi è il tema delle risorse, signor sottosegretario. Noi ci siamo trovati in gravissima difficoltà in questo periodo, perché non più di un anno fa abbiamo avuto anche il crollo del ponte del Po, che ha danneggiato profondamente l'economia locale. Quella è una zona che ha già dato anche sotto il profilo dei molti ritardi negli interventi previsti rispetto alle ultime vicende di stato di emergenza.
Dunque, con l'interpellanza urgente in esame la richiesta è quella di avere tempi certi per le risposte, relativamente alla copertura dei costi di bonifica. Questo territorio, il territorio della provincia di Piacenza si è messo nelle disponibilità del Paese per evitare un vero e clamoroso disastro ambientale. Ora è necessario che sia il Paese a farsi carico dei costi di intervento per ripristinare le condizioni ambientali proprie di questa zona, tenuto conto che vi sono già prime indicazioni da parte dei consorzi di bonifica locali e da parte dei comuni coinvolti della provincia di Piacenza che parlano di svariate centinaia di migliaia di euro. Abbiamo bisogno di questa garanzie perché il Po è una risorsa per tutto il Paese e perché riteniamo che il Governo debba assumersi un impegno formale nei confronti di quel territorio ed in generale di tutto il nord Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il giorno 23 febbraio, alle ore 4, per causa ancora in corso di accertamento da parte delle autorità competenti sono state azionate le pompe idrauliche normalmente utilizzate per trasferire i prodotti dalle autocisterne, causando una perdita di circa 2.600 tonnellate di materiale oleoso. Gli idrocarburi, dopo essersi riversati nelle vasche di contenimento ed incanalati nel sistema fognario, sono giunti fino al depuratore che si trova fra Monza e San Maurizio al Lambro, dove gli operatori, verso le 7 della mattina, hanno provveduto a dare l'allarme. Gli idrocarburi non trattenuti dal depuratore si sono progressivamente riversati nel fiume Lambro, che attraversa le province di Milano e Lodi, per affluire nel Po. Immediatamente sono stati attivati i contatti diretti con le prefetture progressivamente interessate dal corso del Lambro di Milano, Lodi e Piacenza e con la regione Lombardia. Data la situazione di eccezionale rischio determinatasi in data 25 febbraio 2010, è stata firmata la dichiarazione dell'eccezionale rischio di compromissione degli interessi primari a causa dello sversamento di materiale inquinante nel fiume Lambro, con conseguente interessamento dell'ansa principale del fiume Pag. 103Po. Il provvedimento è stato adottato anche in considerazione del fatto che tale sversamento ha gravemente danneggiato l'ecosistema fluviale del Lambro e del Po, con possibili gravi ripercussioni per la flora e la fauna del Parco regionale della Valle del Lambro, del Parco di Monza, nonché per il più ampio ecosistema del delta del Po.
Inoltre, le regioni coinvolte hanno richiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri una valutazione condivisa pienamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Consiglio dei ministri ha decretato lo stato d'emergenza sul fiume Lambro, con il conseguente interessamento dell'asse principale del fiume Po. Inoltre, è in fase di predisposizione un'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri che il Dipartimento della protezione civile sta approntando in raccordo con il Ministero. Per avviare le attività di monitoraggio ambientale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha stanziato la somma di 450 mila euro da assegnare all'Autorità di bacino del fiume Po. Si informa, inoltre, che l'8 marzo le regioni interessate hanno dichiarato la cessazione dello stato di preallerta.
Preme segnalare che è stata indetta una riunione al fine di concertare, in particolare, gli interventi di bonifica da realizzare per il ripristino ambientale del territorio colpito e quelli volti al prelievo, allo stoccaggio provvisorio e allo smaltimento finale di tutte le tipologie del materiale inquinante recuperato. Nella stessa sede sarà affrontata la problematica relativa al reperimento delle risorse finanziare, con la conseguente ripartizione tra le regioni, anche in considerazione della necessità di assicurare la copertura di tutte le spese sostenute dai diversi enti nella prima fase dell'emergenza, individuata d'intesa con le amministrazioni interessate, nonché una o più autorità competenti a porre in essere le attività necessarie al superamento del contesto critico in argomento.

PRESIDENTE. L'onorevole De Micheli ha facoltà di replicare.

PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, non posso ritenermi completamente soddisfatta, in primo luogo perché il Governo non ha ancora risposto alla questione posta. Poiché queste situazioni e questo danno ambientale si sono appena verificati, non si è detto se vi siano o no delle responsabilità, anche tra le istituzioni, che non hanno garantito non solo l'allarme, ma anche un intervento immediato per evitare che la macchia oleosa arrivasse fino al Po. Questa è la prima questione.
La seconda questione è quella relativa al coordinamento. Forse questo è l'intervento che probabilmente mi vede un po' più d'accordo ma, di certo, la risposta del Governo non è sufficiente in ordine alle risorse. Lo ripeto con molta forza. Abbiamo assistito, nell'ultimo anno, a tre situazioni di emergenza che si sono verificate nel nostro territorio: la prima è quella legata alle frane e che oggi non ha ancora copertura; la seconda è quella legata al ponte sul Po, che pure va avanti da un bel po' di tempo, anche se adesso sono cominciati i lavori. Ora, infine, siamo in questa condizione ambientale molto delicata.
Su questa vicenda il Governo non può scherzare. Mi aspettavo di sentire qualcosa in ordine ai fondi necessari alla copertura del ripristino totale della condizione ambientale e naturale del fiume Po. Questo era quanto mi aspettavo di sentire dal Governo questa sera. Questo aspetto diventa dirimente. Comunque, da parte nostra continueremo ad insistere, monitoreremo il lavoro del Governo e anche le conseguenze dell'attività di coordinamento ma, soprattutto, non potremo accettare e lo faremo presente con continuità, che il Governo lasci sole le istituzioni locali perché - non dimentichiamolo - lì il presidente della provincia e i sindaci si sono fatti carico di evitare un disastro ambientale, operando anche a favore di tutti gli altri e questo ruolo, a questi territori, va riconosciuto, garantendo loro la copertura totale dell'intervento ambientale.

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(Misure per il riconoscimento delle provvidenze all'editoria anche a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali - n. 2-00646)

PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di illustrare l'interpellanza Vietti n. 2-00646, concernente misure per il riconoscimento delle provvidenze all'editoria anche a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor sottosegretario Viceconte, anche io le formulo personalmente i migliori auguri e ho piacere di ritrovarla in questa veste. Il decreto-legge n. 194 del 2009, di cui si parla di questi giorni (a nostro giudizio non a sufficienza), ossia il cosiddetto decreto-legge milleproroghe, che è passato in quest'Aula con atteggiamenti alterni da parte dell'opposizione, ha, tra le mille questioni in esso contenute, soppresso le provvidenze che venivano annualmente garantite alle imprese radiofoniche e televisive locali.
Esse in Italia conoscono da diversi anni un grande sviluppo e hanno comunque sempre garantito un'informazione sul territorio e anche occupazione in questo settore.
Parliamo di 700 radio, di 300 televisioni, di migliaia di occupati in questo settore, spesso ottimi professionisti che lavorano per la cronaca e per la politica locale che informano a livello locale i cittadini italiani. Alcuni colleghi sono anche qui alla Camera dei deputati e al Senato e seguono le istituzioni a livello nazionale per poter poi informare i loro territori.
Più che di radio e televisioni private, però, sarebbe forse meglio parlare di radio e televisioni libere e con questo provvedimento diremmo che, dopo il regolamento sulla par condicio che ha, di fatto, anestetizzato l'informazione in campagna elettorale, si determina una crisi irreversibile anche nell'informazione locale e in questi giorni sono proprio le televisioni e le radio locali le uniche, purtroppo, a parlare dei temi cari ai cittadini elettori proprio perché si vota per le elezioni regionali. In questo periodo i maggiori media italiani sono tutti impegnati, purtroppo, a parlare di altro e possiamo immaginare quanto siano interessati gli elettori delle regioni che magari non siano il Lazio e la Lombardia alle questioni legate alla presentazione delle liste e alle polemiche conseguenti. Vorrebbero sentir parlare probabilmente di altri problemi. Le televisioni locali questi problemi li affrontano tutti i giorni. La soppressione dei contributi porterà al soffocamento, nella migliore delle ipotesi, o alla chiusura, nella peggiore, della maggior parte di queste realtà che già non godono di una particolare serenità economica e amministrativa e alle quali, oltretutto, viene ingiustamente riservato un trattamento decisamente peggiore rispetto a molte testate giornalistiche e a molte testate cosiddette di partito che, evidentemente, essendo testate di partito, godono da parte del Parlamento e del Governo trasversalmente (chi è senza peccato scagli la prima pietra) di una maggiore tutela.
La decisione del Governo arriva in un momento di grave difficoltà per l'intero settore radiotelevisivo colpito dalla crisi e dall'esigenza di realizzare importanti e costosi investimenti anche per la transizione dalle trasmissioni analogiche a quelle digitali; un processo che, come è noto, sta colpendo duramente le televisioni locali anche se questa - lo dirò più avanti - sarà l'occasione forse per fare un po' di pulizia tra le emittenti vere e quelle fittizie.
Oltretutto, il decreto agisce retroattivamente a decorrere dal 1o gennaio 2009 e le emittenti locali dunque hanno svolto un'attività informativa per tutto l'anno scorso e quindi investito risorse confidando in contributi statali che non arriveranno mai. Parliamo di televisioni ovviamente non soltanto commerciali (quelle che fanno solamente televendite), ma di Pag. 105televisioni che necessariamente debbono avere anche contenuti e soprattutto informazione.
Molti imprenditori, sostanzialmente ingannati dalle promesse del Governo, si troveranno non solo costretti a chiudere, ma anche a dover sanare situazioni debitorie consistenti arretrate. Anche perché - è bene ricordarlo - sussiste un grave ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze per gli anni 2007 e 2008 e, in periodi di crisi come questo, in cui tutte le imprese hanno difficoltà ad accedere al credito, ciò costituisce un serio pregiudizio per molti.
Ma non è solo l'informazione ad essere colpita dal decreto; le radio e le televisioni locali garantiscono lavoro come lei sa, signor sottosegretario, a migliaia di persone. Nel 2000 è stato stipulato il contratto collettivo nazionale tra l'associazione di categoria (denominata Aeranti-Corallo) che rappresenta circa mille imprese, e la Federazione nazionale della stampa italiana (il sindacato dei giornalisti).
Con la chiusura di ogni radio o televisione non si può dimenticare che resterebbero senza lavoro diversi giornalisti, tecnici e operatori e non solo, e che in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo e che colpisce perfino gli oligopolisti che di fatto operano da soli nel mercato radiotelevisivo italiano, chi venisse licenziato non riuscirebbe a trovare un nuovo impiego tanto facilmente.
Questi giornalisti, operatori e tecnici sarebbero costretti alla disoccupazione o, magari, ad accettare contratti di lavoro molto svantaggiosi, ma parlo dei più meritevoli, perché per molti di loro i costi anche di un trasferimento rispetto alla sede in cui operano, con i compensi così bassi che si profilano, sarebbero probabilmente insostenibili.
Prima di effettuare i tagli - e invece di fare di tutta l'erba un fascio - sarebbe stato meglio riordinare il settore e non procedere al contrario (quindi, prima tagliare e poi riordinare), come si evince invece dalle dichiarazioni dei membri del Governo e della maggioranza. Così procedendo, infatti, si rischia di far chiudere chi merita e di far sopravvivere, purtroppo, chi non merita.
Non sfugge, infatti, su questo anche potremo trovare in Parlamento un'ampia convergenza, che sia indispensabile fare una pulizia in questo settore. Parlo dei quotidiani - e quindi delle provvidenze ai quotidiani - così come del settore della radiotelevisione, come dimostrano, infatti, le tante reti fittizie del digitale terrestre che via via vengono bloccate anche dalle autorità nelle regioni nelle quali si è attuato lo switch-off. Sono quelle che non riescono a trasmettere, nel senso che non riescono a dare un contenuto e un'informazione adeguata allo standard che si prevede per una televisione che debba essere ammessa a trasmettere sui canali del digitale terrestre.
Nell'esperienza di utente di ognuno di noi si dimostra che non tutte le radio e le televisioni locali sono da mettere sullo stesso piano e non mancano i casi in cui la concessione delle provvidenze pubbliche sia da ritenere appunto ingiustificata. Un serio riordino del settore, compiuto da un soggetto terzo ed imparziale, consentirebbe consistenti risparmi, che renderebbero possibile continuare a sostenere chi produce informazione radiofonica, televisiva e giornalistica, nel senso di carta stampata, e prodotti di qualità.
Il Senato lo scorso 25 febbraio ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo a rimediare alla situazione, includendo nuovamente le radio e le televisioni locali tra i beneficiari dei contributi all'editoria per il 2009 e gli anni successivi. Noi chiediamo al Governo in che modo intenda dare seguito a questo ordine del giorno approvato al Senato e quali iniziative urgenti il Governo e la Presidenza del Consiglio attueranno per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze relative agli anni 2007 e 2008.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.

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GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'emendamento che introduce l'articolo 10-sexies al decreto-legge cosiddetto «milleproroghe», votato con l'astensione delle opposizioni, è di origine parlamentare e fa seguito ad un appello di oltre 400, tra deputati e senatori di tutte le parti politiche, finalizzato al ripristino del cosiddetto «diritto soggettivo» per i contributi alle imprese editrici di giornali.
La decisione parlamentare di rispettare il vincolo di copertura, in assenza di risorse aggiuntive, anche attraverso una riduzione dei rimborsi a favore dell'emittenza radiotelevisiva locale delle spese per le agenzie di stampa, tiene conto, probabilmente, della circostanza dell'esistenza, in favore delle stesse emittenti radiotelevisive locali, di un fondo presso il Ministero dello sviluppo economico equivalente, in termini di risorse stanziate, al complesso dei contributi ai giornali.
Il Governo, tuttavia, è cosciente della situazione di difficoltà del settore, ribadita nell'ordine del giorno citato nell'interpellanza, ed è già al lavoro in sede tecnica per trovare possibili soluzioni. Per quanto concerne l'emanazione dei decreti di riconoscimento dei contributi a radio e televisioni locali, si rappresenta innanzitutto, per quanto riguarda il Dipartimento per l'informazione e l'editoria, che il procedimento amministrativo prevede che la domanda di contributo sia effettuata entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento ed il completamento della documentazione entro il successivo mese di settembre.
Il riconoscimento del contributo si completa entro i successivi 180 giorni. Quindi, per le provvidenze per l'anno 2008 l'amministrazione è nel pieno della fase di riconoscimento dei contributi senza alcun ritardo attualmente rilevabile. Per quanto riguarda, invece, i contributi relativi all'anno 2007, non risultano, allo stato, ritardi imputabili all'amministrazione, in quanto i procedimenti ancora aperti derivano esclusivamente da ritardi nella produzione della ulteriore documentazione necessaria al definitivo riconoscimento del contributo da parte delle imprese.
Con riferimento agli elementi di competenza del Ministero dello sviluppo economico, la competente Direzione generale ha comunicato che le graduatorie pubbliche delle emittenti aventi diritto al contributo per l'anno 2007 sono state pubblicate a metà gennaio 2010 e si è, quindi, in attesa che scadano i 60 giorni previsti per apportarvi eventuali modifiche. Non appena tali graduatorie diverranno definitive si procederà all'erogazione dei contributi relativi all'anno 2007. Per quanto riguarda, infine, i contributi relativi all'anno 2008, le relative graduatorie sono ancora in fase di istruttoria, in attesa delle integrazioni alla documentazione mancante.

PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di replicare.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente soddisfatto della risposta fornitami e svolgo alcune brevissime considerazioni. È chiaro che l'appello dei 400 parlamentari firmatari riguardava alcune provvidenze dell'editoria, ma non escludeva quelle alle radio e alle televisioni. Infatti l'auspicio, come lei stesso ha anche giustamente ricordato, è che questo possa in qualche modo nei prossimi mesi e con le opportune risorse realizzarsi.
Accogliamo quindi con favore la disponibilità del Governo, anche se siamo in attesa di conoscere le possibili soluzioni concrete. Per quanto riguarda la questione più tecnica per le provvidenze 2007-2008, credo che queste sue indicazioni possano essere utili anche a chi ci ascolta, quindi agli operatori e agli imprenditori che operano in questo settore, per mettersi immediatamente al corrente con la documentazione nei tempi previsti che lei ha ricordato.
Non possiamo non sottolineare alcune cose: innanzitutto c'è da augurarsi che insieme non si perda del tempo prezioso, la situazione del credito alle imprese che tutti conosciamo potrebbe essere fatale Pag. 107per molte piccole realtà. Quindi, rivolgo un invito ulteriore al Governo ad essere stringente sui tempi, soprattutto per le imprese che vivono sulla soglia di galleggiamento e non hanno molte riserve.
Invito poi il Governo per il futuro ad agire con uno spirito diverso, più collaborativo anche con l'opposizione, ma direi con il Parlamento, opposizione e maggioranza, perché credo che su questo tema possiamo trovare una convergenza; infatti è uno dei temi classici su cui si può trovare una convergenza trasversale per evitare di incorrere nuovamente in errori od omissioni di questo genere. Pensare di sopprimere dalla sera alla mattina i contributi alle radio e alle televisioni locali, senza che ciò determini un'irreversibile crisi del settore, è un errore che non ci possiamo permettere, non si può permettere il Parlamento e non si può permettere il Governo, e sarebbe stato meglio non fare. A meno che - ma voglio sperare che non sia così e la risposta del sottosegretario per certi versi mi rassicura - dietro questo provvedimento non ci fosse un chiaro disegno per colpire l'informazione locale, che è un'informazione sostanzialmente libera e difficilmente controllabile. Lo stordimento che notiamo in queste settimane dell'informazione in questa difficile campagna elettorale, che è iniziata non sotto i migliori auspici, è sotto gli occhi di tutti. Non vorrei quindi che dietro questo provvedimento si nascondesse un altro colpo, voluto o semplicemente permesso, all'informazione indipendente nel nostro Paese.

(Dati relativi all'attività svolta dai magistrati Caselli e Palamara - n. 2-00631)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere all'interpellanza Brigandì n. 2-00631, concernente dati relativi all'attività svolta dai magistrati Caselli e Palamara (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il monitoraggio funzionale dell'apparato giudiziario rappresenta uno dei punti cardine dei recenti interventi legislativi e, non a caso, è uno degli aspetti più delicati e complessi su cui tutte le forze politiche di questo Governo si sono confrontate e dovranno continuare a confrontarsi.
Devo, però, precisare che il terreno del comune impegno istituzionale, qualora non collegato, come nel caso di specie, ad un evento specifico e patologico dell'attività giurisdizionale, deve necessariamente prescindere dall'ipotesi singola, per non incorre nel rischio di valutare, con visione miope e ristretta, una questione di così ampio respiro.
Ritengo, infatti, che il richiamo normativo alla legge n. 1311 del 1962 delinei indiscutibilmente i margini di un possibile intervento ministeriale e costituisca, alla luce della vigente legislazione di settore, il termine nei cui limiti operare. La predetta normativa, infatti, così come correttamente evidenziato dal contenuto della presente interpellanza, investe profili di competenza generale, che assegnano ex lege alla competente articolazione ministeriale, poteri di vigilanza e controllo rigidamente predeterminati.
Tengo a sottolineare, peraltro, che proprio per garantire al controllo una efficienza reale, che non confligga con il principio costituzionale dell'autonomia della magistratura, si provvede a vigilare sistematicamente sul sistema giudiziario, attraverso controlli ripetuti e rigidamente scanditi temporalmente. In tale contesto, sia la Procura di Torino, di cui il dottor Gian Carlo Caselli è Procuratore capo, sia la Procura di Roma, di cui il dottor Luca Palamara è uno dei sostituti procuratori, sono state oggetto di regolari verifiche ispettive.
Le risultanze degli accertamenti ispettivi sono state sottoposte al vaglio, nell'ambito delle rispettive competenze, sia del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, che del Servizio disciplinare di questo Ministero, prima di essere portate all'attenzione del Ministro della Giustizia, per le valutazioni di sua esclusiva pertinenza. Pag. 108Tali risultanze, tuttavia, proprio poiché conseguenti ad atti di controllo interno all'Amministrazione e perché ritenute non suscettibili di apprezzamento disciplinare, non risultano, allo stato, estensibili se non ai diretti interessati.
Ad ogni buon conto, preciso che i magistrati segnalati dagli onorevoli interpellanti, anche in considerazione degli uffici ricoperti, hanno carichi di lavoro commisurati alle rispettive responsabilità e possono, nel rispetto dei principi statuiti, essere eventualmente esentati da alcune attività, anche di tipo giudiziale, al fine di assolvere adeguatamente agli impegni loro assegnati, al pari di qualsivoglia altro magistrato.
Concludo, infine, comunicando che gli emolumenti assegnati ai predetti magistrati rispondono tecnicamente al nome di stipendi e sono commisurati al livello professionale raggiunto, all'anzianità di servizio conseguita, parametrata ai livelli legalmente indicati.

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, avrebbe dovuto esserci una risposta per dichiararmi soddisfatto o meno, ma se si vuole venire qui in questo modo, tenendo conto che apparteniamo alla stessa maggioranza... forse, se fossi stato una minoranza avrei saputo esattamente cosa dire in termini brutali.
Io ho posto delle domande e lei, signor sottosegretario, non mi ha risposto. Non solo non mi ha risposto, ma mi ha detto delle falsità quando ha sostenuto che gli stipendi di questi magistrati derivano dalla loro professionalità e dalla loro anzianità, mentre noi sappiamo che c'è un principio di galleggiamento. Uno di questi magistrati è stato all'Eurojust e prende una «barcata» di soldi per questo motivo; quindi, quanto meno, cortesemente, non prenda in giro la gente che lavora.
La domanda che ho posto non era di mera curiosità e capisco bene e mi rendo conto che al procuratore della Repubblica di Torino che scrive nei suoi libri che è funzione istituzionale partecipare all'attività politica nessuno ha fatto niente, nonostante il Governo Prodi fosse stato l'unico a dire che forse l'allora Ministro Castelli avrebbe dovuto fare qualcosa e non l'ha fatto. Io non sto dicendo che queste cose sono contra legem; io sto dicendo che i cittadini devono sapere che ci sono delle caste che non fanno il loro lavoro e che percepiscono lo stipendio.
I cittadini devono sapere che ci sono delle caste che fanno parte dell'Associazione nazionale magistrati, che fanno attività politica, che vengono a criticare chi fa le leggi ben sapendo che loro sono sottoposti e non sovrapposti alle leggi, e che non fanno assolutamente nulla di quello che devono fare. Questa era la domanda che noi vi abbiamo posto e a questa domanda noi avremmo gradito una risposta, anche perché ricordo al signor sottosegretario che ancora - vivaddio! - la Camera è sovrana in questo Paese.
Io mi rendo conto che c'è una confusione di carattere istituzionale laddove nel Governo ci sono i capi dei partiti che noi tutti riveriamo e ammiriamo, ma il Governo si deve rendere conto che questa Camera resta l'elemento istituzionale sovrano di questo Paese, perché noi siamo gli unici eletti direttamente dal popolo e rappresentiamo l'unità della nazione in questa Camera. Quindi, non gradisco una risposta che evidentemente è stata redatta dagli uffici del Ministero della giustizia, che è invaso di magistrati che vengono ultrapagati per svolgere un lavoro diverso da quello per il quale hanno superato il concorso.
In questa interpellanza si affrontavano due aspetti. Il primo era un aspetto politico, vale a dire che noi siamo qui pagati perché facciamo politica, ma ci sono altre persone, pagate più di noi, che vanno a fare politica e che, in realtà, con artifizi e raggiri fanno altro. Sono pagati per emettere sentenze, ordinanze e decreti, invece fanno altro.
La seconda questione che volevamo sollevare in questa interpellanza, che non è di poco conto, onorevole sottosegretario Pag. 109- chiedo scusa al Presidente, cercherò di essere il più succinto possibile - è che la Costituzione cita un unico Ministro facente parte del Governo, ossia il Ministro della giustizia e gli attribuisce, come unico titolare, un compito specifico, che quindi non può essere derogato da nessuno, perché scaturisce da una fonte costituzionale, quindi di rango primario. Il Ministro della giustizia ha il potere di organizzare gli uffici giudiziari.
Ebbene, conosco due magistrati che organizzano gli uffici giudiziari, però non fanno il loro lavoro e sono bravissimi: il procuratore di Bolzano e il presidente della Corte d'appello di Torino. Gli altri non sanno neanche cosa voglia dire organizzare un ufficio, giustamente non hanno le competenze in quanto non hanno mai fatto dei corsi (perché i due magistrati citati prima sono volontari) e non hanno mai fatto nulla a tal proposito. Un presidente di Corte d'appello, infatti, deve presiedere la Corte d'appello e un procuratore generale deve essere il capo della pubblica accusa. Allora, bisogna che il Governo adempia al proprio compito specifico che è quello di organizzare gli uffici giudiziari. Come? Mettendo degli organizzatori di mestiere e non andando a raffazzonare i primi che capitano che, magari, saranno i migliori giuristi del mondo, ma che certamente non hanno le competenze specifiche per fare gli amministratori. Allora non possiamo lamentarci che per le intercettazioni paghiamo di più in Italia che gli Stati Uniti, quando gli amministratori sono gli stessi giudici che non hanno tanto di competenza specifica per amministrare. Mi spieghino il sottosegretario e il Ministro per quale motivo noi dobbiamo abdicare a favore di un'altra casta il ruolo che la Costituzione ci conferisce. In ogni caso, insisto che lei, signor sottosegretario, non ha risposto ad una delle mie domande.

(Rinvio delle interpellanze urgenti Lo Monte n. 2-00644, Fiano n. 2-00645 e Arturo Mario Luigi Parisi n. 2-00639)

PRESIDENTE. Avverto che lo svolgimento delle interpellanze urgenti Lo Monte n. 2-00644, Fiano n. 2-00645 e Arturo Mario Luigi Parisi n. 2-00639, per accordi intercorsi tra il Governo ed i presentatori, è rinviato ad altra seduta.

(Ritiro dell'interpellanza urgente Fava n. 2-00643)

PRESIDENTE. Avverto che l'interpellanza urgente Fava n. 2-00643 è stata ritirata.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge in materia di ammortizzatori sociali (A.C. 2100 ed abbinate), prevista per l'inizio della prossima settimana, non potrà avere luogo, non avendo la Commissione concluso l'esame del provvedimento in sede referente come comunicato dal presidente della Commissione lavoro.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 16 marzo 2010, alle 9:

1. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
S. 1974 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori (Approvato dal Senato) (3243).
- Relatore: Raisi.

Pag. 110

(ore 11, con votazioni a partire dalle ore 11,30)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (3146-A).
- Relatori: Calderisi, per la I Commissione; Bitonci, per la V Commissione.

3. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione della questione pregiudiziale presentata):
Conversione in legge del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione (3273).

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1974 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori (Approvato dal Senato) (3243).
- Relatore: Raisi.

La seduta termina alle 19,30.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO CARMELO LO MONTE SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3175

CARMELO LO MONTE. Presidente, colleghi, stiamo per approvare un provvedimento di grande importanza nella lotta contro la criminalità organizzata.
È a tutti noto che le mafie nel nostro paese subiscono i colpi peggiori proprio nel momento nel quale vengono aggrediti i loro patrimoni e la loro tracotanza economica.
In passato si è molto trascurato questo aspetto fondamentale e ancora oggi non se ne coglie sempre del tutto l'importanza strategica nella lotta al crimine.
Solo per renderci conto insieme di quanta strada è ancora necessario fare, vorrei segnalare che in molti casi per giungere alla definitiva confisca di questi beni e alla riassegnazione per usi istituzionali o sociali trascorre un tempo esageratamente lungo, in alcuni casi fino a quindici anni. E questo è francamente intollerabile e richiede un impegno di Governo straordinario ed efficace per ridurre questi tempi in termini accettabili.
Oggi votiamo l'istituzione di un'agenzia che amministrerà e deciderà la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie.
È un passo avanti importante e, non a caso, su questo si è registrato un largo consenso ed è auspicabile che il voto rappresenti un segnale di compattezza almeno su quest'argomento per il Paese.
Abbiamo presentato nel corso della discussione alcuni emendamenti. Molti di questi sono stati assorbiti da successive proposte del relatore e di questa cosa siamo soddisfatti.
Si è fatto un passo avanti riguardo al coinvolgimento degli enti locali, senza il quale non è davvero sensato immaginare un riutilizzo a fini sociali dei suddetti beni, e si è affermato che gli enti locali hanno priorità nella riassegnazione.
Vorrei peraltro ricordare lo straordinario effetto simbolico che assume, in un territorio ad alta presenza della criminalità organizzata, la gestione a fini sociali di un bene sequestrato ai mafiosi dello stesso territorio. È un «memento» costante contro la criminalità e a favore della legalità e della solidarietà.
È quindi opportuno che gli enti territoriali - comuni, province, regioni - vengano coinvolti al massimo livello nella discussione sull'amministrazione e il riutilizzo dei beni confiscati. Pag. 111
E sarebbe stato forse utile coinvolgere i rappresentanti delle associazioni nazionali che rappresentano questi enti nel Consiglio Direttivo dell'Agenzia, come con un nostro emendamento avevamo proposto.
Allo stesso tempo sarebbe stato utile prevedere la possibilità di apertura di sedi secondarie dell'agenzia nei territori ove insistono quantità ingenti di beni confiscati.
Come tutti sapete abbiamo da sempre espresso la nostra contrarietà rispetto ad ipotesi di vendita a privati dei beni sequestrati, e non ritengo necessario riepilogare tutte le evidenti motivazioni che ci inducono a questa posizione.
Abbiamo sempre ritenuto peraltro che le risorse sequestrate ed i proventi dei beni alienati dovessero essere incamerati nel patrimonio delle regioni nelle quali si erano verificati i fenomeni criminosi che avevano determinato la creazione di quei beni.
Questo per evitare che quelle regioni e quei territori pagassero due volte a causa delle mafie e non venissero penalizzate in modo ulteriore dalla presenza nei loro territori di forme di criminalità organizzata.
Fino ad oggi la nostra impostazione non è stata del tutto accolta dal Governo.
Vogliamo augurarci che, su questi temi, il presente provvedimento rappresenti una forma, ancorché ancora implicita, di resipiscenza operosa, ed è per questo che come deputati del Movimento per le Autonomie voteremo convintamente a favore.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 3146-A - odg 9/24 428 411 17 206 396 15 79 Appr.
2 Nom. odg 9/3146/31 413 392 21 197 376 16 77 Appr.
3 Nom. odg 9/3146/32 419 402 17 202 384 18 75 Appr.
4 Nom. odg 9/3146/33 383 365 18 183 347 18 75 Appr.
5 Nom. odg 9/3146/34 379 364 15 183 333 31 75 Appr.
6 Nom. Ddl 3175 - em. 1.300 397 395 2 198 395 79 Appr.
7 Nom. subem. 0.1.301.5 399 234 165 118 19 215 79 Resp.
8 Nom. subem. 0.1.301.300 403 402 1 202 400 2 78 Appr.
9 Nom. subem. 0.1.301.7 404 239 165 120 19 220 78 Resp.
10 Nom. em. 1.301 402 401 1 201 401 78 Appr.
11 Nom. em. 1.7 401 401 201 182 219 78 Resp.
12 Nom. em. 1.8 406 406 204 185 221 78 Resp.
13 Nom. em. 1.500 402 402 202 402 78 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. subem. 0.2.300.1, 0.2.300.2 404 404 203 402 2 78 Appr.
15 Nom. em. 2.300 400 400 201 400 78 Appr.
16 Nom. em. 2.301 405 405 203 405 78 Appr.
17 Nom. em. 2.2, 2.49 403 398 5 200 182 216 78 Resp.
18 Nom. em. 2.3 405 405 203 187 218 78 Resp.
19 Nom. em. 2.7 404 404 203 185 219 78 Resp.
20 Nom. em. 2.31 404 404 203 185 219 78 Resp.
21 Nom. em. 2.4 405 405 203 185 220 78 Resp.
22 Nom. em. 2.6 402 402 202 183 219 78 Resp.
23 Nom. em. 2.302 401 401 201 401 78 Appr.
24 Nom. em. 2.32 407 407 204 188 219 78 Resp.
25 Nom. em. 3.1 404 404 203 184 220 78 Resp.
26 Nom. em. 3.2 404 404 203 183 221 78 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 3.300 402 402 202 400 2 78 Appr.
28 Nom. em. 3.3, 3.40 397 397 199 180 217 78 Resp.
29 Nom. em. 3.5 398 398 200 181 217 78 Resp.
30 Nom. em. 3.301 398 398 200 395 3 78 Appr.
31 Nom. em. 3.33 400 400 201 183 217 78 Resp.
32 Nom. em. 3.9 396 396 199 178 218 78 Resp.
33 Nom. em. 3.302 400 400 201 398 2 78 Appr.
34 Nom. em. 3.10 399 399 200 183 216 78 Resp.
35 Nom. em. 3.34 400 239 161 120 22 217 78 Resp.
36 Nom. em. 3.303 397 393 4 197 393 78 Appr.
37 Nom. em. 4.200 399 398 1 200 398 78 Appr.
38 Nom. em. 4.300 397 397 199 397 78 Appr.
39 Nom. em. 4.40 398 397 1 199 183 214 78 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. em. 4.47 390 389 1 195 180 209 78 Resp.
41 Nom. subem. 0.4.301.300 392 392 197 390 2 78 Appr.
42 Nom. em. 4.301 389 389 195 389 78 Appr.
43 Nom. em. 4.5 393 392 1 197 180 212 78 Resp.
44 Nom. subem. 0.5.300.300 388 388 195 388 78 Appr.
45 Nom. em. 5.300 389 389 195 389 78 Appr.
46 Nom. em. 5.301 387 387 194 387 78 Appr.
47 Nom. em. 5.302 387 387 194 387 78 Appr.
48 Nom. subem. 0.5.303.1 388 388 195 179 209 78 Resp.
49 Nom. em. 5.303 388 388 195 387 1 78 Appr.
50 Nom. em. 5.304 388 388 195 388 78 Appr.
51 Nom. em. 5.305 388 388 195 388 78 Appr.
52 Nom. em. 5.306 388 387 1 194 387 78 Appr.
INDICE ELENCO N. 5 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 61)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nom. em. 5.21 386 385 1 193 172 213 78 Resp.
54 Nom. em. 5.22, 5.106 394 392 2 197 177 215 78 Resp.
55 Nom. em. 5.36 388 387 1 194 176 211 78 Resp.
56 Nom. em. 7.30 392 247 145 124 35 212 78 Resp.
57 Nom. em. 7.1 390 385 5 193 172 213 78 Resp.
58 Nom. subem. 0.7.300.300 379 377 2 189 372 5 78 Appr.
59 Nom. em. 7.300 379 378 1 190 377 1 78 Appr.
60 Nom. em. 10.200 384 383 1 192 383 78 Appr.
61 Nom. ddl 3175 - voto finale 342 342 172 342 77 Appr.