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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 287 di lunedì 22 febbraio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 10,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 febbraio 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Fucci, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Antonio Martino, Melis, Meloni, Miccichè, Leoluca Orlando, Patarino, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge:
FABRIZIO MINICHETTI, da Isernia, e numerosissimi altri cittadini chiedono che la linea ferroviaria Sulmona-Carpinone non sia soppressa (877) - alla IX Commissione (Trasporti);
AGOSTINO CASSARÀ, da Roma, e numerosi altri cittadini chiedono interventi, anche costituzionali, per la valorizzazione e la tutela della lingua italiana (878) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
ALESSANDRO ROCCHI, da Roma, chiede:
l'attribuzione alle autorità giurisdizionali europee della competenza sui reati commessi ai danni di magistrati da parte di componenti del Governo (879) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
nuove norme contro la pubblicità ingannevole (880) - alla X Commissione (Attività produttive);
nuove norme in materia di immunità parlamentare (881) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
norme per incentivare il commercio dei prodotti agroalimentari a filiera corta (882) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
interventi per il risarcimento dei danni causati da imprese industriali ai Pag. 2lavoratori e ai cittadini (883) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive);
una nuova regolamentazione delle attività professionali, a tutela degli utenti (884) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
il divieto di ogni forma di pubblicità o di vendita telefonica (885) - alla X Commissione (Attività produttive);
iniziative affinché i vincitori di competizioni sportive siano premiati con medaglie raffiguranti l'aria, l'acqua e il legno (886) - alla VII Commissione (Cultura);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
l'introduzione del reato di discriminazione per motivi politici (887) - alla II Commissione (Giustizia);
l'esenzione del pagamento del canone di abbonamento alla radiotelevisione per i cittadini nati nel 1954, anno di inizio delle trasmissioni televisive (888) - alla IX Commissione (Trasporti);
l'istituzione di una zona franca comprendente il territorio dell'intera Regione siciliana (889) - alla VI Commissione (Finanze);
interventi per la riconversione dello stabilimento FIAT di Termini Imerese (890) - alla X Commissione (Attività produttive);
PAOLA TONONI, da Poggio Berni (Rimini), chiede la fusione dei comuni di Poggio Berni, Torriana, Verucchio e Santarcangelo (891) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
BRUNO DANTE, da Castel del Monte (L'Aquila), chiede agevolazioni fiscali in favore dei comuni montani (892) - alla VI Commissione (Finanze);
PAOLO EUGENIO VIGO, da Genova, chiede l'introduzione di norme per la ripetizione delle consultazioni elettorali in cui si registri l'astensione di più del 20 per cento degli aventi diritto al voto e misure per scoraggiare l'astensionismo (893) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede:
misure a favore dei cittadini che non hanno raggiunto il minimo pensionistico pur avendo regolarmente versato i contributi previdenziali per un determinato numero di anni (894) - alla XI Commissione (Lavoro);
l'equiparazione del numero dei giorni di ferie degli insegnanti delle scuole pubbliche a quello degli altri dipendenti della pubblica amministrazione (895) - alla XI Commissione (Lavoro).

Discussione del disegno di legge: S. 1955 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato) (A.C. 3210) (ore 10,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3210)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari de Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente. Pag. 3
Il relatore per la Commissione Affari costituzionali, onorevole Stracquadanio, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, mi occuperò di una parte dell'articolato, quella che va dall'articolo 2 all'articolo 11 del provvedimento in discussione, mentre tutte le disposizioni contenute nel corposo articolo 1 saranno illustrate dal collega Polledri, relatore per la Commissione bilancio.
Signor Presidente, premetto che la mia relazione cercherà di esaminare, per quanto possibile illustrando in modo non tedioso, un provvedimento che, in realtà, è composto da una serie successiva di proroghe di termini e che, quindi, per sua stessa natura, poco si presta a letture di impianto politico o a ragionamenti che possano essere di interesse dei colleghi. Preannuncio l'intenzione di consegnare alla Presidenza il testo della mia relazione, perché contiene tutto ciò che deve essere noto ai colleghi. Pertanto, in questa mia relazione orale, cercherò di sottolineare - anche per restare nei tempi - gli aspetti più significativi e rilevanti.
Approfittando anche della presenza del rappresentante del Governo, il sottosegretario Cossiga, vorrei dire che l'articolo 2, comma 1, del provvedimento in oggetto prevede qualcosa che ha a che fare con le nostre iniziative di pace nel mondo. Esso, infatti, prevede la proroga, fino al 31 dicembre 2010, della Convenzione stipulata tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, la RAI e la Rai International per continuare a diffondere le comunicazioni sulle azioni di peacekeeping svolte dal contingente NATO in Afghanistan. La proroga è stata prevista fino alla fine di quest'anno, in accordo con la durata della nostra missione internazionale. Pertanto, da questo punto di vista, non ci siamo dimenticati di coordinare un elemento importante, che riguarda la comunicazione rispetto ad un'iniziativa di pace del Governo italiano.
Il comma 2, sempre in materia di questioni televisive, proroga la fornitura dei servizi radiotelevisivi da parte della RAI alla Repubblica di San Marino, comunque, non oltre il 31 dicembre 2010. Spero che nessuno mi ricordi la menzione dell'espressione «non oltre»: infatti, è possibile - come, a volte, accade - che tale espressione non trovi, poi, conferma.
Il comma 3 autorizza la spesa di 9,9 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2010 e 2011, per la proroga, fino al 31 dicembre 2011, della Convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione Spa, titolare dell'emittente Radio radicale, che regola la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari. Credo che anche la seduta odierna sarà trasmessa da Radio radicale: i suoi ascoltatori sapranno, quindi, che questo servizio potrà durare, sicuramente, fino al 31 dicembre 2011. Pertanto, essi sono rassicurati sulla vita della loro emittente.
In relazione all'articolo 2 del provvedimento in oggetto, vi sono, poi, alcuni commi di minore importanza, che riguardano la proroga della gestione liquidatoria dell'Ente irriguo umbro-toscano e le agevolazioni alla ricomposizione della piccola proprietà contadina.
Il comma 5 proroga al 1o gennaio 2011 il termine alla scadenza del quale le pubblicazioni in forma cartacea di atti e provvedimenti amministrativi non produrranno più effetto di pubblicità legale. Questa è un'importante innovazione che era stata introdotta con la riforma della pubblica amministrazione, che prevedeva che le pubblicità legali a cui le pubbliche amministrazioni sono tenute fossero sufficienti attraverso i siti istituzionali. Ciò anche per determinare un risparmio di spesa importante da parte di tutte le pubbliche amministrazioni.
Si è ritenuto - anche in ragione del fatto che questa era una fonte di finanziamento anche della stampa - di mantenere ancora l'obbligo della pubblicazione su carta, su organi di stampa, ma al 1o gennaio 2011 questo provvedimento di risparmio di spesa dovrebbe entrare definitivamente in vigore. Pag. 4
I commi 7-bis e 7-ter intervengono sull'assetto organizzativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, determinando risparmi di spesa.
Il comma 8 proroga il termine di validità di graduatorie concorsuali.
I commi da 8-bis a 8-septies prevedono un ulteriore processo di razionalizzazione organizzativa delle amministrazioni pubbliche (non entro nei dettagli).
Il comma 8-octies proroga una sanatoria per quanto riguarda le affissioni di manifesti politici o di striscioni, attraverso il versamento di una somma secca di contravvenzione per l'insieme delle violazioni accertate: la proroga è fino al 31 maggio 2010 e copre un periodo che va dal 1o gennaio 2005 al 1o marzo 2009.
Il comma 8-decies integra la disciplina relativa al personale della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sul diritto di sciopero, prevedendo che essa si possa avvalere anche di dipendenti di organismi di diritto pubblico in genere, e non soltanto di dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ampliando, così, l'area della mobilità del pubblico impiego.
L'articolo 3 reca alcuni commi di rilievo, quale il comma 1, il quale proroga al 31 dicembre di quest'anno l'obbligo di richiedere la licenza al questore per l'apertura degli Internet point: questa era una misura contenuta in uno dei provvedimenti sulla sicurezza e antiterrorismo, che doveva scadere nel 2007 e che è stata prorogata negli anni a venire per mantenere un controllo da parte delle Forze dell'ordine sugli Internet point. Questi ultimi, infatti, possono costituire un luogo, un sistema di trasmissione di informazioni, ai fini delle organizzazioni delle reti terroristiche e, quindi, richiedono una maggiore vigilanza.
Il comma 1-bis autorizza fino al 30 aprile 2010 il trasferimento di 3,5 milioni di euro, per consentire la strutturazione informatica degli uffici giudiziari e della sicurezza, nell'ambito dell'Expo Milano 2015: tale somma è, cioè, destinata alla cosiddetta «cittadella giudiziaria» di Milano.
Vi sono, poi, altri commi che intervengono su uffici periferici dello Stato e altri elementi delle pubbliche amministrazioni, non rilevantissimi.
Il comma 8-bis introduce la possibilità di indicare sulla carta di identità il consenso o il rifiuto del titolare della carta alla donazione dei propri organi e tessuti in caso di morte. Fino ad oggi, questa comunicazione veniva fatta o per silenzio-assenso, o per manifesta esplicitazione del proprio dissenso, attraverso le aziende sanitarie locali. In questo caso, tale informazione sarà disponibile sulla carta di identità - sia quella di tipo cartaceo, che quella di tipo elettronico - rendendo, così, immediatamente disponibile l'informazione relativa al consenso o al diniego dell'espianto degli organi in caso di morte.
L'articolo 4 reca alcune disposizioni in materia di stato giuridico dell'Arma dei carabinieri, di reclutamento dell'Esercito e altre disposizioni sempre relative alle Forze armate e ad altri Corpi, quali i vigili del fuoco, la guardia di finanza, la polizia penitenziaria, il Corpo forestale dello Stato, l'Arma dei carabinieri e la Polizia di Stato.
L'articolo 5, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2010 il termine per la conclusione dei procedimenti di rilascio di alcune concessioni aeroportuali, che sono tuttora in corso.
Il comma 2 proroga al 1o primo gennaio 2011 la data a partire dalla quale si dovrà applicare la nuova normativa in materia di limitazione alla guida dei cosiddetti neopatentati. Si tratta di una limitazione del rapporto peso-potenza che, appunto, entrerà in vigore dal 1o gennaio 2011, anche per consentire alle case automobilistiche un più facile adeguamento dei loro prodotti e delle loro offerte.
Il comma 3 proroga sino al 31 marzo 2010 la sospensione dell'efficacia delle modifiche alla disciplina del servizio taxi e del noleggio con conducente. Questa disposizione ha introdotto una netta separazione tra i due servizi, per cui il servizio di taxi e quello di noleggio con conducente configurano due attività molto diverse e diversamente Pag. 5esercitabili; essa, inoltre, ha risolto a vantaggio dei tassisti una diatriba che durava da diversi anni.
Altre disposizioni rilevanti sono rappresentate dal comma 7-bis, che proroga di un anno, fino al 31 dicembre, la sospensione delle procedure esecutive di sfratto, conseguentemente l'esecuzione degli sfratti è prorogata per tutto l'anno 2010. Vi sono, inoltre, altre disposizioni di impatto minore sull'autotrasporto locale e su altre questioni riferite ai trasporti pubblici e all'erogazione dei trasporti.
L'articolo 6, al comma 1, proroga al 31 gennaio 2011 la facoltà di utilizzazione straordinaria delle proprie strutture professionali per l'esercizio da parte dei medici dell'attività di libera professione intramuraria, previa autorizzazione aziendale, nelle ipotesi in cui non siano stati ancora completati gli interventi di ristrutturazione edilizia delle regioni e delle province autonome al fine di garantire la disponibilità dei locali destinati all'esercizio della citata attività. Oggi in molti ospedali i medici che vogliono praticare la libera professione intramuraria non possono farlo per indisponibilità di laboratori; gli è consentita svolgerla nel loro studio professionale ed è assimilata in tutto e per tutto all'attività intramuraria.
Ci sono poi altre disposizioni relative al Ministero della salute; le più rilevanti sono contenute nei commi 5 e 6, che prorogano al 31 dicembre 2010 il meccanismo del pay back, che è una misura concessa alle aziende farmaceutiche in alternativa alla riduzione del 5 per cento del prezzo al pubblico dei farmaci rimborsabili. In virtù di questo meccanismo, le aziende, invece di ridurre il prezzo di vendita del 5 per cento, al termine di periodi predefiniti restituiscono globalmente al Servizio sanitario nazionale il 5 per cento della somma incassata nella vendita dei farmaci rimborsabili.
L'articolo 7 mantiene in vita il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario fino al completamento delle procedure necessarie per rendere effettivamente operativa l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario, che è stata introdotta con la riforma e le cui procedure sono in corso di completamento, e comunque non oltre il 30 giugno 2010, perché si ritiene che entro quella data l'Agenzia nazionale sarà pienamente operativa.
Ci sono altre disposizioni sull'università, la ricerca e la scuola, tra cui la proroga del Consiglio nazionale della pubblica istruzione nella sua attuale composizione, in attesa della costituzione dei nuovi organi collegiali della scuola previsti dal decreto legislativo n. 233 del 1999. Altre disposizioni sono relative all'istruzione e formazione tecnica.
L'articolo 8 prevede una serie di proroghe in materia di ambiente e riguarda l'entrata in vigore di norme in attesa che siano determinate le procedure perché si vada a regime secondo le norme previste nelle diverse materie.
L'articolo 9, invece, contiene una serie di disposizioni di varia natura, tra cui la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Mediocredito centrale per la gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Si prevede, inoltre, la proroga di un anno del termine relativo all'entrata in vigore delle disposizioni disciplinanti le modalità di finanziamento della gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e, quindi, i consorzi obbligatori relativi allo smaltimento di questi rifiuti speciali.
Il comma 3 differisce di ulteriori sei mesi, fino al 1o luglio 2010, l'operatività dell'abrogazione di alcune disposizioni in materia assicurativa.
Il comma 4-ter dispone che la società di gestione Expo 2015 Spa possa anche avvalersi degli enti fieristici senza scopo di lucro con sede in Lombardia e operativi a livello regionale, nei cui organi direttivi vi siano rappresentanti designati dagli enti locali interessati ovvero dalle persone giuridiche da questi controllati. Con questa disposizione si mette a disposizione della società che sta realizzando l'Expo 2015 a Milano tutto il sistema fieristico lombardo che, quindi, entra a far parte della realizzazione dell'Expo 2015. Pag. 6
L'articolo 10-bis, tra l'altro, interviene sulla disciplina del cosiddetto «taglia-enti», modificando i procedimenti di approvazione del riordino degli enti ai commi 1 e 2. Al comma 3, invece, si modifica il procedimento di approvazione dei regolamenti di riordino degli enti pubblici in relazione all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari. Il comma 4 modifica la disciplina relativa all'espressione dei pareri da parte della Commissione parlamentare per la semplificazione sugli schemi dei decreti legislativi attuativi delle deleghe cosiddette «taglia leggi».
L'articolo 10-ter stabilisce, invece, che in caso di mancata pubblicazione del decreto annuale sui flussi migratori il Presidente del Consiglio dei ministri può provvedere in via transitoria con propri decreti, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato e non nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente. Vi sono, poi, altre disposizioni minori.
Infine, l'articolo 11 prevede l'entrata in vigore del decreto-legge alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Per parte mia ho terminato il mio intervento e sono a disposizione di tutti i colleghi per eventuali chiarimenti in sede di replica.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Stracquadanio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore per la Commissione bilancio, onorevole Polledri, ha facoltà di svolgere la relazione.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, come tutte le stagioni hanno il loro corso, così anche l'iter parlamentare annuale si trova a dover discutere del cosiddetto mille proroghe. Ne discute in bene, ne discute in male, ma se ne discuterà sicuramente in modo approfondito, visto l'ampio numero di deputati iscritti nella discussione sulle linee generali.
Alcuni provvedimenti sono attesi e sono stati esaminati dal Senato in Commissione bilancio con un'ampia discussione e anche con una certa trasversalità, con alcuni punti fondamentalmente importanti e di ampio respiro economico, quali lo scudo fiscale e gli ammortizzatori sociali. Vi sono poi altri provvedimenti fortemente attesi dalle categorie economiche, quali, ad esempio, i transfrontalieri, che in qualche modo attendevano le accise sui carburanti o sui distributori, gli ammortizzatori sociali stessi oppure il differimento per i ruoli straordinari.
La fiducia del Governo ha portato una modifica: l'introduzione di 24 punti non propriamente di proroga termini, che avevano in qualche modo una propria validità sanzionatoria e strutturale.
In generale, credo che si tratti di una boccata di ossigeno, da un certo punto di vista, per l'economia: si consente ai padani e agli italiani in difficoltà in questo momento di poter tirare un sospiro di sollievo (si veda, ad esempio, la proroga degli accertamenti degli studi di settore) e quant'altro possibile - lo ripeto - per poter mantenere sia la pace sociale, sia un tessuto produttivo di cui siamo particolarmente orgogliosi.
Entrando nel particolare, signor Presidente, il comma 1 dell'articolo 1 riapre i termini per la disciplina fino al 30 aprile per il rientro e la regolarizzazione delle attività finanziarie detenute all'estero e il comma 2, tra l'altro, innalza le aliquote di imposta straordinaria. L'aliquota sintetica da applicare al rendimento lordo presunto in ragione del 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti al rimpatrio e alla regolarizzazione sarà pari al 60 per cento per le operazioni effettuate entro il 28 febbraio e al 70 per cento per quelle perfezionate successivamente.
Il comma 2-bis introduce l'obbligo, a carico del Ministero dell'economia e delle finanze, di presentare al Parlamento una relazione completa di dati e di informazioni. Pag. 7Non ci possiamo sottrarre, signor Presidente, ad un giudizio politico sullo scudo fiscale. Come la maggioranza condivide, l'importanza di tale misura deriva anche dal fatto che Portogallo, Grecia, Inghilterra (che stanno copiando tale meccanismo) abbiano studiato modalità simili alla nostra e questo ci porta a far valutare ai colleghi dell'opposizione ed al Paese, che sicuramente ci ascolta sempre più attentamente di quanto non pensiamo, che questa è stata una scelta felice.
Se oggi possiamo pagare le scuole paritarie ed i sillabari ai bambini nelle elementari, se possiamo mantenere gli ammortizzatori sociali per i padri e per le madri in attesa che si possa avere uno sblocco della situazione occupazionale, lo dobbiamo anche, ma soprattutto, al tanto vituperato scudo fiscale.
Il comma 3 dell'articolo 1, per completare questo quadro realistico, ma anche severo nei confronti dell'evasione fiscale - ricordiamo che gli accertamenti sono migliorati del 46 per cento, così anche l'efficienza della pubblica amministrazione in fase ispettiva ed anche in fase di recupero (questo non va mai dimenticato) - inasprisce il contrasto all'evasione fiscale nei paradisi fiscali, migliorando i termini per l'accertamento e raddoppiando anche i termini temporali e anche i termini ispettivi.
C'è una boccata di ossigeno, per gli artigiani e per il popolo delle partite IVA, l'asse portante dell'economia soprattutto del nord, ma anche di quel sud operoso che in qualche modo non ha bisogno e non intermedia con la politica (stiamo parlando - lo ripeto - del tessuto produttivo delle piccole, medie e microimprese). Per questi, anche grazie agli esperti, che hanno già precisato quanto contenuto in altri provvedimenti, il termine di pubblicazione degli studi di settore verrà differito ulteriormente al 31 marzo 2010 per l'anno 2009 e al 31 marzo 2011 per l'anno 2010.
È stato previsto l'adeguamento, per esempio, del magazzino e la sua incidenza negli studi di settore. Sappiamo che oggi i magazzini sono pieni, ma non per questo dobbiamo aumentare la tassazione. Infatti, sono pieni perché purtroppo c'è una riduzione della domanda e per questo credo che il Governo voglia rivalutare lo studio di settore per poterlo rendere più consono alla crisi economica.
Il comma 4-bis dell'articolo 1 nel bel Paese dell'arte e dei beni culturali aiuta in qualche modo ad avere più restauratori di beni culturali.
Infatti, c'è una proroga per il periodo di maturazione professionale. Quindi, questo ci consentirà di avere personale, soprattutto giovani, che per una serie di coincidenze temporali non si potevano assumere per poter utilizzare le competenze e per poterle poi applicare alla conservazione delle meraviglie che abbiamo nel nostro Paese.
I commi 5-bis, 5-ter e 5-quater intervengono su una specifica categoria di una particolare zona geografica del Paese. Quando a questa maggioranza viene sempre ricordato di non guardare al sud - lo dico da leghista e da medico -, invito a vedere anche quei piccoli passi quotidiani (che sono grandi per chi ne deve beneficiare) che vengono fatti per potere intervenire. In particolare, il comma 5-bis riguarda misure di sostegno al reddito che completano la legge finanziaria per il 2003 e che erano previste per enti non commerciali, nel settore della sanità privata, in situazioni di crisi aziendale, nelle zone obiettivo 1 o 2. Stiamo parlando di enti commerciali con organico superiore a duemila unità lavorative e di parecchie famiglie in situazione di crisi.
Anche il comma 5-ter dispone la sospensione dei termini tributari e contributivi sempre per questi enti non commerciali del settore della sanità privata, con oltre 2 mila dipendenti, che si stiano per riconvertire o per ristrutturare, che abbiano almeno una sede operativa nelle zone colpite dal sisma del 2002 e, quindi, nelle zone di Campobasso, Foggia e Catania. Per questo si stanziano 5 milioni di euro per il 2010, intervenendo sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. Tutto ciò significa sempre una boccata di ossigeno a livello economico e anche una delegificazione o deburocratizzazione Pag. 8di questo Paese, che noi vorremmo più celere, ma che si scontra a volte con la realtà quotidiana.
Molto spesso approviamo delle leggi in cui si pongono dei termini non perentori e siamo costretti, non per volontà della politica, ma talvolta per difficoltà oggettive o anche, qualche volta, di realizzazione, a differirli. Ciò succede, per esempio, al comma 6, dove si differisce a gennaio 2011 il termine per la piena operatività del sistema telematico di trasmissione delle comunicazioni dei sostituti di imposta ai fini fiscali e contributivi. Infatti, bisogna terminare la sperimentazione tra l'Agenzia delle entrate e l'Istituto nazionale della previdenza sociale. Si tratta di un passaggio importante, soprattutto per le aziende, per i liberi professionisti, ma anche per i commercialisti stessi, che quindi evoca passaggi di carte e perdita di tempo.
Ricordiamo che il tempo per adempiere agli obblighi di legge fiscali e quant'altro oggi incide pesantemente sul bilancio, ma anche sui tempi della nostra vita, se si calcola che tra i 60 e i 90 giorni lavorativi vengono dedicati da un'azienda media all'adempimento di varie formalità di ordine burocratico, da intendersi nel senso letterale della parola.
Il comma 7 proroga il termine fissato in 90 giorni per la presentazione di una dichiarazione integrativa dei redditi per lavoratori dipendenti equiparati che intendano sanare l'omessa o incompleta presentazione del modulo RW. Stiamo parlando soprattutto di transfrontalieri oppure di persone che abbiano una parte del reddito all'estero e gli si dà la possibilità di sanare un'omessa dichiarazione e di poter regolarizzare posizioni che a tutt'oggi nulla portano nelle nostre casse.
Al comma 7-bis si prorogano le agevolazioni IRPEF a favore dei lavoratori dipendenti nelle zone di frontiera, con una franchigia dell'imponibile IRPEF di 8 mila euro. Ricordiamo che ci fu una sollevazione da parte dei lavoratori transfrontalieri al momento dello scudo fiscale con la Svizzera. Ricordo che si sono lette notizie imprecise sulla consistenza dello scudo fiscale, poi sono state giustamente formalizzate dal direttore Befera, che ha ricordato, non solo alla Banca d'Italia ma anche agli organi competenti, che ai 35 miliardi provenienti dai conti correnti, si devono sommare tutta una serie di titoli, ed anche una quota in beni, come gioielli e quant'altro, che portano a circa 93 miliardi l'importo ottenuto. I 60 miliardi della Svizzera, non essendo possibile detenerli ma dovendo rientrare, vanno assolutamente conteggiati. Per questo, credo che la polemica, con il piccolo fuoco di paglia innescato, debba essere prontamente rimessa sotto al mattone alla luce delle considerazioni elementari addotte ieri.
Il comma 7-ter quantifica in 48 milioni di euro per l'anno 2012 la somma necessaria per coprire questa deduzione dell'imponibile IRPEF.
Il comma 8 era atteso dai distributori di carburante e in questo modo porta ad una deduzione forfetaria di alcuni ricavi per i distributori. Ricordiamoci che è un settore abbastanza in crisi, che dà però un notevole contributo in termini occupazionali e che ciclicamente arriva alle nostre cronache con due interessi contrapposti: da una parte, quello di mantenere giustamente un livello occupazionale alto, dall'altra parte, quello di ridurre dei costi fissi. Si tratta di un equilibrio che in qualche modo il Governo mantiene sostenendo il reddito degli esercizi di impianti esistenti. Il comma 9 evita di mettere ancora più in crisi il demanio, perché proroga la durata dei componenti delle commissioni censuarie già nominate, provinciali e centrali.
Il comma 10 sarà oggetto sicuramente di discussione: attiene alle proroghe delle sospensioni degli adempimenti dei versamenti tributari, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali per i residenti nei comuni interessati dal terremoto di L'Aquila. È una proroga disposta con l'ordinanza del Consiglio dei ministri, con una copertura prevista di 100 milioni di euro per il 2009, anche questa coperta con il tanto vituperato scudo fiscale. Pag. 9
C'è sicuramente una discussione in corso sulla rateizzazione: da una parte, c'è un'ordinanza che parla di rateizzazione, dall'altra, al Senato è stata individuata una formulazione, per motivi di serietà e di copertura, tale da non poter oggi impegnare gli oneri per la rateizzazione e non coprire completamente il periodo. Credo L'Aquila sia un cantiere in itinere, non possiamo dare tutto per fatto oggi; il cantiere economico, in questo senso delle deduzioni, ha bisogno sicuramente di perfezionamento. Non passerà inosservato, non ci sono possibilità che il Governo se ne dimentichi. Si è già espresso abbondantemente l'altro giorno in termini verbali, ma il cantiere necessita non soltanto di parole, ma di opere che però devono essere stanziate e si devono trovare i fondi. La riapertura dello scudo a nostro giudizio dovrebbe dare delle soluzioni positive, comunque il segnale ovvio è che tutti i cittadini di L'Aquila possono stare tranquilli, non verrà chiesta una lira fino alla data del 30 giugno; prima di quella data si studieranno tutte le soluzioni adeguate per poter prolungare il termine e risolvere il problema.
Il comma 12 è anch'esso una boccata di ossigeno per chi si trova a dover differire i termini di pagamento: la proroga è per i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità (che ricordiamo essere di due tipi: ordinarie e straordinarie) proprio per gli agenti di riscossione che rimodulano anche i termini per l'esame delle comunicazioni da parte degli uffici competenti.
Il comma 13 proroga di un anno i termini per aderire alla sanatoria degli illeciti amministrativi in favore dei concessionari della riscossione.
Il comma 14 proroga di un anno il termine entro il quale è consentito ai soggetti che prestavano al 31 ottobre 2007 attività di consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere tale tipo di servizio senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
Il comma 14-bis, inserito dal Governo, sana una situazione di difficoltà della Consob e proroga i contratti fino a un certo punto: sicuramente la Consob è un organismo importante di vigilanza, soprattutto in questo periodo di movimenti importanti a livello azionario.
Il comma 14-ter ne porta la copertura, mentre il comma 15 interviene a favore di un settore nei confronti del quale tutti noi siamo riconoscenti, perché dà uno spaccato importante della solidarietà e della coesistenza nel tessuto sociale, quello del volontariato. In particolare, questa norma importante è stata voluta dal passato Governo ma è stata sempre condivisa dal mio gruppo: ad esempio, con riferimento alla sussidiarietà, voluta sia dal centrodestra sia dal centrosinistra, essa riesce a consentire di utilizzare tale strumento anche a quelle associazioni che per il 2009, in qualche modo, non avevano potuto utilizzarlo appieno.
Il comma 15-bis tutela e conserva in bilancio le somme dell'anno 2009, perché siano destinate alla tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico. Si tratta delle somme iscritte nel capitolo 3077, non utilizzate, affinché esse possano essere riutilizzate.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. Concludo, signor Presidente. Il comma 16 estende la certificazione dei crediti relativi alle somme dovute agli enti locali alle regioni, nel caso di appalti compiuti dai creditori in favore dei suddetti enti: si tratta di una norma che, nell'enorme vastità di conti non pagati dalla pubblica amministrazione, consente però ai creditori, che sono tanti e che chiudono a volte la propria attività, di mantenere un certificato da poter esibire alle banche.
Sul comma 17 c'è stato un intervento sulle SIIQ, abbastanza criticato al Senato, che portava la tassazione al 20 per cento: trattandosi non di una reiterazione, ma di una promulgazione ex novo (perché fino al 2009 questo non valeva), forse in merito all'effetto finanziario il Governo potrebbe dire qualcosa, tenendo presente che l'aliquota Pag. 10secca del 20 per cento sarebbe più auspicabile, magari, per i piccoli affittuari e non per le SIIQ, che hanno un nome e un cognome sicuramente importante, ma che non hanno un grande bisogno, a mio giudizio, di pubblica protezione.
Il comma 17 tutela le azioni del capitale sociale delle banche popolari detenute in eccesso.
Il comma 18, molto atteso nelle zone limitrofe, proroga le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.
Il comma 19 proroga il personale delle Poste italiane alle dipendenze del Poligrafico dello Stato.
Il comma 20 mantiene residue quote del fondo TFR...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. ...e vi è un'altra serie di norme, che illustro nel testo che consegno agli atti. Ricordo solamente gli interventi a favore delle minoranze etniche in Slovenia e Croazia, del CONI, nonché anche del comune di Roma. Il comma 23-quinquies, inoltre, interviene a favore delle Forze armate nazionali e delle ambulanze, in termini di detrazione del gasolio.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, se mi sono sbagliato chiedo scusa a lei e anche al collega Polledri, tuttavia mi è parso di capire che il relatore ha aperto la sua relazione annunciando, bontà sua, che questo provvedimento sarà sicuramente gradito ai padani e poi, bontà sua, anche agli italiani.
Ora, non voglio togliere nulla alla serenità con la quale affrontiamo il dibattito, sapendo che questo provvedimento sarà gradito anche ai padani. Tuttavia, vorrei semplicemente ricordare a me stesso e anche a lei, signor Presidente, che il relatore quando è in Aula ha una funzione non solo politica di particolare delicatezza, in quanto rappresenta la Commissione e il suo lavoro. Vorrei ricordare anche che per qualsiasi tipo di valutazione geografico politica, intersecata o meno, ci sono i rappresentati dei gruppi che possono intervenire nell'ordine del dibattito e hanno una funzione e un ruolo diverso.
Quindi, sarebbe come se il presidente della I Commissione, onorevole Bruno, trovasse occasione per intervenire nel dibattito parlandoci dei pugliesi, piuttosto che qualcun altro ci venga a parlare dei calabresi e così via.
L'onorevole Polledri, che ha l'onore oltre che l'onere di rappresentare la Commissione e di essere il relatore del provvedimento, a mio avviso farebbe bene - ma valuterà lei o il collega Polledri da solo se aggiustare un pochino il tiro nel corso del dibattito - a rappresentare il lavoro della Commissione. Farebbe bene, anche, a evitare di fare riferimenti che possono tranquillamente, a mio avviso, essere fatti dai colleghi del suo gruppo e da tutti coloro che ritengono utile, importante e rilevante rivolgersi ai padani. Tuttavia, siamo nel Parlamento italiano, alla Camera dei deputati e il relatore rappresenta la Commissione e non i padani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Giachetti. Ognuno di noi rappresenta tutto il popolo italiano, senza vincolo di mandato come dice la Costituzione. È anche vero, tuttavia, che ognuno di noi rappresenta anche specifiche realtà territoriali che lo hanno eletto in Parlamento. Di conseguenza, bisogna sempre trovare il giusto equilibrio tra questi due tipi di Pag. 11rappresentanza, non dimenticando che quella del popolo italiano è quella ultima e onnicomprensiva.
È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, certamente non entro nel merito e, quindi, non desidero assolutamente commentare quella parte della relazione del collega Polledri, ma svolgerò alcune valutazioni successivamente. Non credo che questi siano aspetti talmente forti e stringenti rispetto a tutta una problematica che noi abbiamo in questo particolare momento. Più sottolineiamo alcuni passaggi fatti dalla Lega contemporaneamente, più mettiamo sotto i riflettori delle posizioni differenziate. Svolgiamo una considerazione generale che riguarda le istituzioni e il nostro Paese e, se noi ci proiettiamo in questa dimensione, forse raggiungeremo qualche obiettivo e qualche risultato apprezzabile.
Signor Presidente, invece debbo elogiare i due relatori, l'onorevole Stracquadanio e l'onorevole Polledri, proprio per il coraggio che essi hanno avuto e di cui hanno dato ampia dimostrazione sia durante i lavori della Commissione, sia questa mattina. Hanno difeso, infatti, questo provvedimento senza poi nemmeno entrare molto negli argomenti e nei temi. Hanno fatto una lunghissima esposizione e coraggiosamente hanno sostanzialmente difeso l'impianto del disegno di legge di conversione del decreto-legge licenziato dal Senato, mi sembra, il 10 febbraio di quest'anno.
Difendere non è facile. Poco fa mi chiedevo, signor Presidente, perché il Governo avesse mandato come suo rappresentante proprio il sottosegretario alla difesa. Forse perché c'è bisogno di una concentrazione di volontà e di slanci fideistici per difendere un provvedimento di questo genere.
E anche i riferimenti contenuti nel provvedimento in esame, per quanto riguarda la difesa e il personale, non credo possano spiegare il perché vi sia il sottosegretario per la difesa. Conosco l'onorevole Cossiga per esperienze pregresse, anche la sua famiglia, e so che per carattere non usano molto in politica il motto «obbedir tacendo»: tale motto si usa in alcuni reparti delle Forze armate, in alcune istituzioni di esse, ma non nella vita parlamentare.
Sul provvedimento abbiamo delle considerazioni da svolgere, con molta attenzione. Intanto ogni volta che vi è stato un decreto-legge, generalmente detto «milleproroghe» (questo invece reca una dicitura molto più complessa, «recante proroga dei termini previsti da disposizioni legislative», quindi una dicitura complessa perché generica), noi abbiamo affermato che esso doveva essere quanto meno rivisto.
Non è un buon metodo per fare legislazione, non so se ce ne rendiamo conto! Non è un buon metodo, perché impone continuamente delle pigrizie nei lavori parlamentari, e ridimensiona sempre di più il ruolo del Parlamento.
Non credo di avere qualche lamentela da avanzare nei confronti della conduzione della I Commissione, né della V Commissione. Però abbiamo affrontato il provvedimento frettolosamente, perché questi erano i tempi che ci aveva assegnato la Conferenza dei presidenti di gruppo, presidente Donato Bruno.
Ed è allora un modo di legiferare che mortifica il ruolo del Parlamento e dei parlamentari; anche perché, surrettiziamente, con la scusa delle proroghe, si approvano delle norme e si regolano delle materie che dovrebbero essere oggetto di valutazione, e soprattutto di esame sui piani normativo e legislativo.
A meno che noi, signor Presidente (e questo è un problema importante), quando approviamo le leggi, non stabiliamo che poi eventuali proroghe sono affidate all'attività amministrativa a determinate condizioni; oppure alcune materie non le normiamo affatto: le conduciamo a livello semplicemente regolamentare.
Tali provvedimenti contraddicono poi il Regolamento della Camera. Qualche anno fa abbiamo costituito il Comitato per la legislazione, per rendere intelligibili le Pag. 12leggi, per rendere serie le norme; ed ora abbiamo invece un provvedimento che sul piano della chiarezza è veramente un affronto, ed una violazione dello spirito con cui il Parlamento a suo tempo riformò il proprio Regolamento.
Vorrei chiedere ai relatori, che ci hanno abbandonato (in questo momento sta arrivando l'onorevole Massimo Polledri, ma avrei voluto anche la presenza dell'onorevole Stracquadanio)...

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore per la I Commissione. Sono qua!

MARIO TASSONE. Vorrei chiedere: onorevole Stracquadanio, sarebbe possibile spiegare che cosa significano alcune norme? Continui riferimenti ad altre norme: «se prorogata secondo la legge», «il comma 3», «il comma 4». E il cittadino? Ma le leggi le facciamo per i cittadini, o le facciamo soltanto per gli addetti ai lavori? E quando gli addetti ai lavori sono pochissimi, non sono neanche tutti i parlamentari, perché si tratta di sedi e percorsi sdrucciolevoli. È quindi un camuffamento, una manovra di carattere contabile camuffata in termini forti attraverso un tipo di allegato e di provvedimento, che stiamo esaminando in questo particolare momento.
Perché allora questo minuetto? Vorrei dirlo anche al PD: perché ci iscriviamo in tanti nella discussione sulle linee generali?
Che cosa si aspetta, c'è una trattativa in corso per cui ci siamo iscritti in tanti alla discussione sulle linee generali? O si affronta il problema vero della legislazione o vi è una merce di scambio che si deve aspettare. Evidentemente allora, quando non vi sono i tempi per la discussione sono percorribili due strade: quella di votare contro il provvedimento o quella di dire di fatto e sostanzialmente «sì» attraverso l'ottenimento di un certo qualcosa.
Si parla dell'editoria e del finanziamento dei giornali: va bene, ma se è allo studio un tale provvedimento sull'editoria, siamo poi tutti d'accordo? Io ho i miei dubbi, signor Presidente.
Se il lunedì mattina siamo qui per discutere di questi argomenti ne dobbiamo discutere seriamente e dire un «no» senza condizioni, così possiamo chiedere quello che vogliamo. Non credo dunque che questo sia un modo ed un percorso giusto e dignitoso di fronte ad un provvedimento che, come dicevamo, affronta problemi e temi attraverso delle proroghe, ma che certamente lascia in ombra e in una situazione di grande equivoco e di grande precarietà razionale molti argomenti e molti temi.
Vorrei anche dire al sottosegretario Cossiga che con il «milleproroghe» si affrontano alcune questioni relative al personale. Da molti anni non seguo più le attività della Commissione difesa, però sono ancora legato a questo mondo.
Prima di stabilire proroghe riguardo al personale della polizia o dell'Arma dei carabinieri (si veda, ad esempio, il problema dei sergenti), queste proroghe andrebbero decise adducendo una motivazione: perché si fanno queste proroghe, perché non si è riusciti ad agire in tempo? I relatori sanno perché queste proroghe vengono fatte o quali risultati si sono raggiunti con la legge ed entro i termini previsti, se poi occorre invece prorogarli? Altrimenti non ci siamo, signor Presidente, come per le tante altre vicende che mi ero appuntato, non soltanto quelle riguardanti i militari ma anche quelle concernenti tutta la politica aeroportuale.
Si rivedono le concessioni, ad esempio... chiedo scusa, ma c'è il collega Giachetti che un po' completa i miei discorsi e mi fa eco, per cui se potesse parlare in modo un po' più discreto...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, vorremmo rispettare la sua privacy e non ascoltare le sue telefonate, cosa che potrebbe anche diventare imbarazzante.

MARIO TASSONE. Forse egli è interessato a qualcos'altro ma purtroppo a me disturba, quindi chiedo scusa all'onorevole Giachetti, che è anche un caro collega ed un caro amico, ma siccome è delegato d'Aula deve rispettare l'Assemblea anche e soprattutto lui.
Signor Presidente, voglio capire perché esiste il problema delle concessioni aeroportuali. Pag. 13Vengono prorogati i termini e la conclusione di alcuni procedimenti di rilascio dei quali si chiede la proroga: se ne può discutere o no?
Voi non lo avete detto, signori relatori, avete fatto il vostro dovere fermandovi ai numeri ed ai collegamenti; ma ogni materia è un argomento, è un tema che presuppone una valutazione mentre qui per fede e per decreto-legge si proroga e si va avanti: ciò è veramente drammatico!
Per quanto riguarda poi anche tutta la politica delle infrastrutture e dell'aggiudicazione degli appalti, certo vi sono misure importanti - che condivido - relative alle capitanerie di porto o ai carabinieri: sono tutte questioni importanti e fondamentali, ma tali materie avrebbero avuto bisogno di una valutazione a sé stante. Per quanto riguarda il porto di Gioia Tauro, si dice che bisogna prorogare la durata in carica del commissario delegato per la gestione del piano di sviluppo per il porto di Gioia Tauro.
Al di là della persona, che stimo, voglio capire questa figura che cosa ha portato? Quali sono i problemi che ha avuto il commissario delegato? Quali sono i problemi del porto di Gioia Tauro? Vi sono moltissimi problemi, dalla criminalità organizzata alle carenze che si manifestano in questo momento con la disoccupazione, dai problemi occupazionali ai monopoli di coloro che gestiscono il carico e scarico delle merci del porto di Gioia Tauro, per finire al vero padrone che è - lo ripeto - la criminalità organizzata. Considerato tutto ciò, noi affrontiamo il problema del porto di Gioia Tauro attraverso la proroga dei termini di un commissario delegato per il piano di sviluppo? Questa veramente è un'assurdità. Si possono fare tutte le trattative che si vuole, ma questi sono fatti assurdi che non possiamo certamente accettare, perché parliamo, e ci riempiamo la bocca, di preoccupazioni per la mia regione, la Calabria, e poi trattiamo questa materia come un fatto burocratico, di gestione amministrativa, di proroga di termini: un mese in più, due mesi in meno. Ritengo che questi siano aspetti che devono essere evidenziati e sottolineati.
Il problema dell'ENAV è certamente importante e fondamentale, perché sta svolgendo un ruolo forte e credo che avrebbe bisogno di sempre più attenzione, ma esiste anche il problema delle autorità portuali. Anche questa materia viene trattata soltanto attraverso un adeguamento delle tasse sui diritti marittimi in relazione al tasso d'inflazione e, poi, per l'anno 2010 e 2011, si consente all'autorità portuale di ridurre la tassa di ancoraggio e la tassa portuale. Va benissimo, ma questi argomenti riguardano tutta la politica della portualità, e allora rivediamo tutta la legge in materia (credo che al Senato stiano lavorando per la rivisitazione della legge n. 84 del 1994). Ritengo che questo sia il dato molto forte su cui dovremmo concentrare la nostra attenzione.
Signor Presidente, vi è anche il problema del personale di bordo navigante. Sembra che questi argomenti e questi temi rappresentino semplicemente un aspetto, un segmento, da trattare per legge ponendo un termine, ma non ci domandiamo perché abbiamo bisogno di una proroga. Perché vi è bisogno di una proroga allo scudo fiscale? Onorevole Polledri, lei ha trattato questa materia - l'ho ascoltata - con un animus da difensore, e non della patria (anche perché, sono d'accordo con Giachetti, ci domandiamo quale sia la vostra patria, che non è oggetto di proroga; istituiremo un comitato e andremo alla ricerca).

MASSIMO POLLEDRI. Io il militare l'ho fatto, e tu?

MARIO TASSONE. Era una battuta, comunque l'abbiamo fatto tutti, e alcune esperienze nel mondo militare le abbiamo avute. Ritengo che anche questo problema dello scudo fiscale non vada trattato così. Vi è un dibattito in questo momento molto feroce tra il Governatore della Banca d'Italia e il Governo, almeno con il Ministro Calderoli (non so se il Ministro parli anche per conto del Ministro dell'economia e delle finanze competente per materia). Sugli introiti, tra le stime del Governatore della Banca d'Italia e quelle Pag. 14esposte da qualche esponente autorevolissimo di questo Governo, vi è uno scarto di 60 miliardi di euro circa.
Sono 94-95 o 34-35 miliardi di euro? Non lo sappiamo, come se questo fosse lasciato al confronto, anzi al «minuetto», tra il Governo e il Governatore della Banca d'Italia. In altra occasione, nella cosiddetta prima Repubblica, questo tipo di scostamento di cifre, di valutazioni, avrebbe creato qualche fibrillazione in più, un coinvolgimento forte del Parlamento, mentre invece oggi la Camera per la prima volta deve affrontare in due giorni questo argomento contenuto nel decreto-legge milleproroghe liquidandolo così. Non so se sia una fatto positivo o meno. Chi ha ragione Fazio o Roberto Calderoli?

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Draghi!

MARIO TASSONE. Ha ragione Draghi o Roberto Calderoli? Chiedo scusa, ho sbagliato nome ma forse chi presiede questa Assemblea sa perché molte volte mi sbaglio anche sui nomi e in merito a valutazioni fatte nel passato. Chi sbaglia, Draghi o il Ministro Calderoli? È ininfluente saperlo? Per quanto riguarda l'errore appena fatto credo che Fazio sia eguale a Draghi, perché le vecchie polemiche con il Governo cominciarono con Fazio. Allora, ecco perché mi sbaglio. Non si tratta tanto di un errore quanto di una storia che si ripete per quanto riguarda la Banca d'Italia: si tratta di un potere a parte, un'area a parte svincolata dal controllo del Governo.
Noi pensiamo di risolvere i problemi con i piccoli tranelli contenuti anche in questo provvedimento d'urgenza. Signor Presidente, è questo il dato. Non mi soffermo su tutte le altre proroghe, sulla scuola, sull'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario. Tutto questo è oggetto soltanto di proroghe? Non abbiamo nulla da dire sulla ricerca, sull'Istituto superiore della sanità (che certamente sta facendo un buon lavoro)? Non occorre capire il ruolo di questo Istituto o del Ministero della salute, rispetto alle competenze primarie che hanno le regioni in materia di sanità? Tutto questo non viene fatto rientrare nella competenza di riferimento del Parlamento, eppure riguarda un confronto molto forte e molto stringente.
Parliamo ancora dello scudo fiscale per il rientro dei capitali. Noi abbiamo detto che non c'è rintracciabilità, manca la possibilità di denuncia. Infatti ci hanno spiegato che se dovessimo fare l'identificazione ovviamente non rientrerebbe nulla. Ma così da un lato rischiamo di avere ovattato una serie di reati commessi dalle organizzazioni criminali, reati consumati nel nostro Paese, dall'altro non abbiamo nemmeno risultati apprezzabili (se è vero quello che afferma Draghi). Il problema della criminalità organizzata non può essere considerato solo in determinate occasioni o in certe circostanze: o c'è o non c'è. Questo aspetto è stato rilevato, quando abbiamo approvato lo scudo fiscale, per quanto riguarda l'evasione e il rientro dei capitali trasferiti all'estero.
Non importa capire che forse ci sono diverse valutazioni da parte di Draghi e Calderoli, una volta calcolato l'ammontare dei capitali rientrati dalle banche svizzere. Questo è un altro dato, ma c'è e rimane anche questo aspetto. Il Governo si era impegnato - signor sottosegretario - ad essere attento alla materia della lotta alla criminalità e a dare informazioni e elementi utili per una riflessione agli organismi del Parlamento nel suo complesso (come le Commissioni bicamerali, nonché le Assemblee di Montecitorio e - visto che vige un bicameralismo perfetto - di Palazzo Madama).
In conclusione di questo mio intervento, mi chiedo cosa dobbiamo fare. C'è oggi - lo dicevo all'inizio e non per fare polemica con nessuno - una sfilza di colleghi che sono iscritti per intervenire in sede di discussione sulle linee generali. Che facciamo noi come onorevoli parlamentari? Noi abbiamo avuto una fretta incredibile in Commissione dove io ho avuto qualche perplessità forte, non addomesticata ma forte, come anche gli altri, per carità. Vi sono convincimenti forti e Pag. 15altri che sono meno convinti, ma non tutti possono ragionare con lo stesso cervello e ognuno porta avanti il suo contributo. Cosa facciamo: andiamo avanti tutta la giornata e tutta la nottata? Infatti dal momento che siamo entrati nella discussione sulle linee generali, vogliamo sapere qual è il prezzo della trattativa. Vogliamo saperlo, perché non lo sappiamo, non lo so.
Quando i colleghi che si sono iscritti si ritireranno bisogna capire perché lo faranno. La maggioranza o è maggioranza o non lo è, amici del PdL. O si fa politica o non si fa politica. O si è su una certa proiezione oppure, mentre Cossiga è il sottosegretario alla difesa per le istituzioni, voi difenderete semplicemente un piccolo spazio, senza dignità e senza storia. Iniziamo a discutere. Riprendiamo dunque un discorso di carattere generale e quanto non abbiamo fatto in Commissione, presidente Bruno, facciamolo qui in Aula. Facciamo il dibattito in Aula.
Se vi è stata imposta fretta dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, utilizziamo questo tempo e iniziamo, dunque, a stabilire e a parlare dell'articolo 2, dell'articolo 3, dell'articolo 4, dell'articolo 5 con tutti i problemi che ci sono, anche quelli dell'INAIL, tutti i problemi contenuti in questo provvedimento. Questo, signor Presidente, è un problema che riguarda la Presidenza dell'Assemblea. Certo che bisogna discutere e io credo che si possa discutere su una proroga di termini contenuta nel decreto-legge. Se discutiamo questo, allora io voglio discutere della vicenda di Gioia Tauro. Voglio discutere sullo scudo fiscale. Voglio ovviamente discutere della vicenda della sospensione dei tributi per quanto riguarda L'Aquila e tutti i problemi de L'Aquila che ancora non sono stati affrontati e non sono stati risolti, perché a L'Aquila vi sono anche movimenti e manifestazioni molto forti.
Riapriamo il discorso che ci impone di stare qui qualche giorno a discutere di qualche provvedimento. Chiediamo al Governo come ci si pone di fronte a tali questioni e, forse, se è il caso di andare avanti con questa procedura e questo meccanismo. Ma una cosa voglio dirla: questo Governo per la prima volta ha un Ministero e un Ministro - perché dipende dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - che si interessa di semplificazione. Il provvedimento in esame è l'immagine della negazione della semplificazione legislativa e questo non è un fatto ininfluente o un fatto da poco, non è un fatto minimale. Queste norme non sono spiegate, questi riferimenti, questo decreto-legge - lo dicevo poc'anzi - non è leggibile in alcun modo e certamente grida vendetta per avere un qualche apprezzabile interesse.
Ma come si fa a scrivere, ad esempio, tanto per usare qualche riferimento concreto, all'articolo 5 (Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti), al comma 4: All'articolo 29, comma 1-quinquiesdecies, lettera a), del decreto-legge 30 dicembre 2008, numero 207, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, le parole: «31 dicembre 2009» sono sostituite dalle seguenti: «30 aprile 2010»; o al comma 2: all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117...e via dicendo?

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole.

MARIO TASSONE. Sto per concludere signor Presidente, sono finiti subito questi 30 minuti, ovviamente la ringrazio per il richiamo sempre affettuoso e sempre sollecito da parte sua.
Vorrei chiedere ai signori relatori, in fase di replica, un loro parere sulla leggibilità del provvedimento in esame ed anche al collega rappresentante del Governo, che stimo, come ho detto già prima. Forse lo saprà il presidente Donato Bruno, perché ovviamente è stato sempre introdotto ai misteri eleusini (ovviamente lui sì, ma noi no). Perciò, signor Presidente, questo è veramente un affronto al Parlamento, alla semplificazione, ma peggio ancora ai cittadini, che sono i destinatari di tutto ciò. Sono norme camuffate, che non fanno onore all'intelligenza di nessuno e non fanno onore e non danno dignità alle istituzioni parlamentari.

Pag. 16

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, nelle conclusioni della ricerca che ha svolto il Comitato per la legislazione, presieduto dall'onorevole Duilio, pubblicata il 21 gennaio del 2010, a pagina 3 si fa un'affermazione che condivido totalmente e che dovrebbe però farci riflettere, essendo una questione che non può riguardare soltanto l'opposizione, non soltanto il Parlamento, ma anche il Governo: si dice che la qualità democratica di uno Stato si misura principalmente in ciò che nella legge è scritto e nel modo in cui tale contenuto si forma.
Ecco, io credo che siamo di fronte ad uno di quei provvedimenti che aumenta in noi la preoccupazione rispetto ad una tendenza evidente della legislazione negli ultimi anni nel nostro Paese e, come giustamente qui si dice, alla fine incide negativamente sulla qualità democratica dello Stato. Io credo che se noi ci dotiamo di questi organismi, se facciamo queste riflessioni e se facciamo queste valutazioni, prima o poi bisognerà essere anche conseguenti e coerenti, perché altrimenti significa che ci stiamo rassegnando ad una sorta di avvitamento, ad una sorta di spinta a ripetere errori, in un circolo vizioso che ci allontana sempre di più da una produzione legislativa approfondita, che metta in condizione tutti i parlamentari di maggioranza e di opposizione di entrare nel merito e che consenta anche ai destinatari, siano essi la pubblica amministrazione o i cittadini, di non perdersi - e questo è molto grave e molto serio - dietro ad una miriade di norme spesso frammentarie, di difficile interpretazione e di ancor più difficile attuazione.
Faccio mio questo grido d'allarme del Comitato per la legislazione e lo rimando all'Aula, perché credo che dovremmo tutti fare uno sforzo di prenderci un po' più sul serio, sia sulle cose che diciamo sia sulle cose che i cittadini si aspettano da noi che dobbiamo svolgere la funzione legislativa.
Da questo studio emerge una valutazione, che non è assolutamente partigiana: ad esempio, si mette in evidenza come il numero assoluto dei decreti-legge, nel nostro Paese, sia aumentato dalla XV alla XVI legislatura: si è passati dai 45 della XV (non che fossero pochi), ai 52 della XVI legislatura.
L'aspetto che più colpisce è l'aumento della regolazione contenuta nei decreti-legge, con l'aumento degli articoli e dei commi. Rispetto alla XV legislatura, si è verificato un aumento della regolazione, all'interno dei decreti-legge, pari al 66 per cento. Ciò significa che vi sono, sempre di più, decreti-legge «salsiccia», al cui interno si pongono tante questioni diverse, che vengono regolate in modo minuto; quindi, anche la generalità della norma va a farsi benedire.
Durante la fase di conversione in legge, si verifica una crescita dei contenuti dei decreti-legge. In altri termini, dopo che il decreto-legge viene emanato dal Presidente della Repubblica, si verifica un aumento del 70 per cento dei contenuti in fase di conversione in legge da parte delle Camere.
Ciò significa, in modo del tutto evidente, che siamo di fronte anche ad un logoramento del corretto rapporto di trasparenza che vi deve essere fra il Presidente della Repubblica - che riconosce nel decreto-legge i criteri di necessità e di urgenza, e ne valuta i contenuti prima della sua emanazione - e il Parlamento che, spesso, soprattutto, su iniziativa del Governo, stravolge il testo che è stato sottoposto al Presidente della Repubblica.
A ciò si aggiunga che, nel 68 per cento dei casi, nella XVI legislatura, la conclusione dell'iter legislativo è avvenuta attraverso la posizione della questione di fiducia. Emergono, pertanto, dei fattori che complessivamente ci portano, in modo estremamente preoccupato, ad accendere i riflettori sulla questione nodale su cui stiamo girando attorno da molto tempo: la centralità del Parlamento nel nostro sistema istituzionale, la sua progressiva emarginazione e il progressivo esaurimento del suo ruolo.
Anche con riferimento ai provvedimenti finanziari, contrariamente a quanto Pag. 17è stato propagandato dal Governo e dal Ministro Tremonti, attraverso decreti-legge simili a quello che stiamo discutendo (che esamineremo anche nelle prossime ore e nei prossimi giorni), siamo passati da una sessione parlamentare dedicata al bilancio e alla legge finanziaria - nella quale si scatenavano, è vero, le pressioni di tutta l'Assemblea, dei singoli parlamentari e dei singoli gruppi - ad una fase di «finanziaria perenne». Infatti, nei decreti-legge a contenuto tipico o ricorsivo, concernenti le proroghe dei termini o gli adeguamenti agli obblighi comunitari, si verifica un continuo inserimento di norme che hanno un carattere tipicamente finanziario.
Credo che non si possa continuare in questo modo e che emerga davanti a noi tutta la gravità della situazione. È necessario che il Parlamento rifletta su sé stesso, affronti, in modo determinato, il tema della sua riforma e, in particolare, il tema del superamento del bicameralismo perfetto e dell'istituzione del Senato delle regioni.
Perché dico ciò? In quanto, anche per quanto riguarda il provvedimento che stiamo esaminando in queste ore, in verità alcuni suoi contenuti sono condivisibili; alcuni, tra l'altro, provengono da un percorso di concertazione che si svolge in altre sedi (penso agli incontri istituzionali tra l'Esecutivo - cioè, il Governo - e gli esecutivi regionali o locali) laddove si definiscono posizioni e si arriva, poi, a portare al Parlamento la necessità di prorogare termini, piuttosto che correggere, e così via.
Ciò significa che, anche nei rapporti istituzionali con gli altri livelli della Repubblica, vi è uno spostamento totale della concertazione tra gli esecutivi, a danno del ruolo dell'Assemblea. Noi possiamo affrontare ciò, soltanto se le questioni che hanno anche un riferimento con l'azione delle istituzioni locali, troveranno, in sede parlamentare, una Camera dedicata, come il Senato delle regioni e delle autonomie locali: ossia, un ramo del Parlamento dedicato alle questioni in cui vi sia concorrenza di competenze tra le regioni e lo Stato centrale, oppure ove si regolino questioni che hanno ricadute e interesse, appunto, sul sistema delle autonomie.
Si tratta di una questione di grande importanza, perché sono tanti gli strumenti attraverso i quali si svuota la funzione parlamentare a vantaggio degli esecutivi. Uno è questo: il fatto che ormai anche il dialogo interistituzionale, in verità, è dialogo tra esecutivi, e il Parlamento viene ridotto a semplice «ratificatore» di orientamenti e decisioni che non passano attraverso le assemblee elettive.
A tale questione dobbiamo mettere assolutamente mano, pena il fatto che vedremo sempre più emergere la perdita di significato del nostro ruolo ed assisteremo, vedremo, sempre di più a una produzione legislativa che, in verità, non ha quel carattere di generalità, chiarezza ed efficacia che un sistema istituzionale moderno dev'essere in grado di mettere in campo.
Ciò ha, ovviamente, ripercussioni anche rispetto alla nostra valutazione di questo provvedimento: se lo andiamo ad analizzare nelle sue disposizioni specifiche, nei singoli commi, vediamo che vi possono essere - anzi, ci sono sicuramente - anche tanti aspetti condivisibili, positivi. Ma perché siamo arrivati a dover fare, ogni sei mesi, provvedimenti di proroga termini? Perché affidiamo - e questo è ancora più grave, in quanto contrasta con gli articoli 72 e 76 della Costituzione - a decreti-legge di questo tipo anche la possibilità di modificare e intervenire su deleghe che lo stesso Parlamento ha affidato al Governo (quest'ultima, tra l'altro, è un'altra forma di svuotamento della funzione parlamentare)?
Credo che ciò accada perché stiamo smarrendo una linea maestra; ciò ci porta ad affrontare dibattiti su provvedimenti come questo; lo abbiamo fatto con maggioranze di centrosinistra e lo facciamo con maggioranze di centrodestra: vuol dire che siamo in piena patologia, una cosa che è diventata una normalità, nella sua negatività.
Alcuni aspetti di questo provvedimento, ovviamente, accendono l'attenzione, al di là - ripeto - del fatto che vi possano Pag. 18essere aspetti anche, in qualche modo, valutabili positivamente. Il primo aspetto è senz'altro quello contenuto nell'articolo 1: si riaprono i termini dello scudo fiscale. Abbiamo letto polemiche tra alcuni Ministri: segnatamente, il Ministro Calderoli si è rivolto alle affermazioni documentate, fatte dal Governatore della Banca d'Italia.
A me non sorprende che ci siano le polemiche, mi sorprendono i contenuti delle polemiche. Infatti, Calderoli ha affermato ieri che ci troveremmo di fronte non ad una Banca d'Italia, ma ad una banca dell'opposizione, quasi che quanto affermato dal Governatore Draghi non abbia riscontro nei dati di fatto e sia un modo per gettare discredito sul Governo e sulla maggioranza a vantaggio delle opposizioni.
Credo che un Ministro debba stare molto attento prima di aprire polemiche di questo genere e che queste posizioni siano assolutamente sbagliate, perché gli occhi dell'Europa sono puntati su questo provvedimento. Se gli organismi preposti alla vigilanza contro il riciclaggio presso l'OCSE accendono i fari sullo scudo fiscale, è del tutto evidente che un Ministro responsabile e un Governo responsabile dovrebbero preoccuparsi non di polemizzare con il Governatore della Banca d'Italia, ma di dimostrare con il rigore degli atti e delle procedure che pericoli di riciclaggio insiti nel provvedimento dello scudo fiscale non ve ne sono.
Veniamo da settimane nelle quali vi è stata una forte polemica relativamente alle questioni della trasparenza, della corruzione e dell'infiltrazione nei meccanismi dello Stato di un'economia non sana. Se l'OCSE si preoccupa che lo scudo fiscale non incentivi pratiche criminali, quale quella del riciclaggio del denaro sporco, dovremmo ringraziare e collaborare, perché abbiamo tutto l'interesse a togliere da noi non i sospetti, ma la possibilità che certi fenomeni avvengano. Credo, inoltre, che sarebbe cosa buona e giusta, per amor di patria, non polemizzare con il Governatore della Banca d'Italia nel momento in cui egli è il nostro uomo di punta - a meno che non lo si voglia bruciare - proprio per la Presidenza di una delle istituzioni europee più importanti come la Banca centrale europea.
Quali sono i fatti? I fatti sono che, in verità, con lo scudo fiscale sono rientrati nel nostro Paese 35 miliardi di euro di capitali, ma che 50 miliardi di quelli formalmente regolarizzati continuano ad essere investiti all'estero attraverso figure di fiduciari o intermediari. Qualcuno è in grado di smentire questa realtà e questo dato? Qualcuno è in grado di assicurarci che dietro quegli intermediari e fiduciari non si nascondano economie criminali e che non vi sia, quindi, quel reale rischio del quale noi, durante il dibattito sullo scudo fiscale, vi avevamo chiamato alla piena assunzione di responsabilità?
Credo che dovremmo prestare molta attenzione a questi rilievi e a questi dati, perché abbiamo previsto uno scudo fiscale che ha privilegiato l'anonimato e, sostanzialmente, ha sanato una serie di reati. Abbiamo pensato a fare cassa e non tanto alla qualità di quella cassa; non abbiamo fatto neanche tutta la cassa che pensavamo di fare e, invece, abbiamo lasciato paurosamente spalancata la porta dei rischi.
Abbiamo parlato la scorsa settimana, proprio durante il dibattito sulla Bertolaso Spa, dell'alterazione del rapporto tra economia e politica che in questi 15 anni di ideologia berlusconiana si è prodotta nel nostro Paese. Abbiamo anche parlato di un'economia che risale i rami del potere e ne intacca la trasparenza e la legittimità. È un fatto che è davanti agli occhi di tutti noi e dovrebbe essere nostra responsabilità farvi fronte.
La politica ha perso la sua capacità di orientare, regolare e, in qualche modo, farsi valere rispetto all'economia e l'economia ha preso il sopravvento sulla politica. Questo è pericoloso in un Paese dove buona parte dell'economia in alcune regioni importanti, ma con infiltrazioni in tutto il Paese, è un'economia criminale. La vogliamo chiamare con il suo nome?
Dunque, credo che la questione non sia polemizzare con il Governatore della Banca d'Italia ma, nel momento in cui ci Pag. 19proponete la riapertura dei termini dello scudo fiscale, sta nel fatto se il Governo saprà accompagnare questa riapertura dei termini con un'azione rafforzata di prevenzione di questi pericoli. Cosa ci sta proponendo? Cosa ci dirà in quest'Aula? È nostro dovere chiedervelo. È nostro dovere chiedervelo!
Direi che sareste molto più convincenti se ci faceste delle proposte concrete su questo fronte di quanto non lo siate in queste ore con questo balletto sui provvedimenti contro la corruzione, un balletto che in verità nasconde la ricerca della parola chiave per l'ennesimo spot, più che la predisposizione politica e istituzionale ad assumervi una responsabilità importante su tale questione.
Vi sono altri aspetti in questo decreto-legge che hanno attirato la mia attenzione e sui quali vorrei soffermarmi, in particolare, i commi 7-bis e 7-ter dell'articolo 2. Sostanzialmente con queste disposizioni decidiamo di spendere 2 milioni di euro in più - cioè di non risparmiare 2 milioni di euro rispetto a quanto avevamo preventivato - perché vogliamo attenuare le misure di riorganizzazione e di razionalizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri. Quando il Ministro Brunetta si presentò, da neo Ministro, alla Commissione di cui faccio parte lo fece con una parola d'ordine che a me piacque molto. La parola d'ordine era che dovevamo fare in modo che si preparasse un «piano industriale» della pubblica amministrazione. L'unica obiezione che gli contrapposi non era che fosse sbagliato pensare di fare un piano industriale della pubblica amministrazione. Gli dissi che le pubbliche amministrazioni sono tante e diverse tra di loro e non basta un piano industriale. Il piano industriale infatti si caratterizza per obiettivi, risorse, tempi e risultati.
Non può essere l'etichetta messa su delle slides preparate da qualche professore della Bocconi. Dissi anche di prendere ad esempio un pezzo e di dimostrare che si può fare un piano industriale della pubblica amministrazione, dando cioè atto al Ministro che aveva individuato il punto: fare nella pubblica amministrazione dei veri e propri piani industriali.
Secondo me il Ministro Brunetta si è perso per strada, forse travolto dallo stato di fatto, forse perché non è tutto così facile come si rappresenta negli articoli di stampa, forse perché sta pensando ad altro, però sta di fatto che aveva un luogo dove dimostrare che un piano industriale si poteva fare: la testa, l'emblema, la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Dove, se non lì, dimostrare al Paese che si può riorganizzare, migliorare l'efficienza, spendere meno, responsabilizzare? Non so quanti sono, ma so che sono migliaia i dipendenti della Presidenza del Consiglio e che siamo una delle Presidenze del Consiglio in Europa più gonfie (diciamo così) di dirigenti e di personale.
Dove, se non lì, un Ministro che ha nella sua responsabilità il Dipartimento della funzione pubblica che sta nella Presidenza del Consiglio dei ministri, deve dimostrare che si può fare un piano industriale? Qui c'è la resa, qui c'è la bandiera bianca: non riesce a stare nemmeno nei parametri che si era autoimposto e dice di avere bisogno di ridurre un po' meno, di razionalizzare un po' meno, di contenere un po' meno la spesa. Spenderemo, quindi, due milioni in più di quanto avevamo preventivato di risparmiare.
Ma perché in questo Paese le cose non contano mai? Perché in questo Paese i fatti non contano mai? Questo è un comma di un articolo che passerà nell'assoluto silenzio de Il Sole 24 Ore, di Italia Oggi e di tutti i giornali che di queste cose si occupano e che spesso puntano il dito. Il problema è che puntano il dito fino a che va di moda, ma non vanno mai a vedere quali sono i risultati. Puntano il dito sulle 35.000 poltrone in meno che ci saranno in Italia, poi se invece di 35.000 sono 35 nessuno lo va a vedere.
Questi sono fatti. Queste sono autodichiarazioni di impossibilità e di incapacità di procedere con rigore a processi di riorganizzazione e di razionalizzazione. Quasi con un senso di colpa i commi da Pag. 208-bis a 8-septies invece ripartono con ulteriori richieste di razionalizzazione di diversi comparti delle amministrazioni pubbliche, proponendo una riduzione in misura non inferiore al 10 per cento sia degli uffici dirigenziali non generali, sia delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale entro il 30 giugno 2010, e se non sarà fatto ci saranno conseguenze.
Ma anche questa, nell'ottica di un piano industriale per la pubblica amministrazione, è una sostanziale resa. Perché non si può adottare il taglio della falce, ossia il taglio orizzontale prevedendo il 10 per cento in meno per tutti, tagliando così l'inefficiente e l'efficiente, magari compromettendo la funzionalità di alcuni settori della pubblica amministrazione e lasciando nell'assoluta indifferenza coloro che magari sono già inefficienti.
Il taglio orizzontale della pubblica amministrazione è un taglio stupido, perché nell'amministrazione, proprio perché si dovrebbe ragionare con la logica del piano industriale, bisognerebbe entrare nel merito e andare a guardare figura per figura, ufficio per ufficio, struttura per struttura se voglio veramente proporre non il 10 per cento in alcuni casi, ma il 30 per cento della razionalizzazione, e se in altri settori voglio dare, al contrario, un incremento per ottenere i risultati che la pubblica amministrazione deve perseguire.
Così non si lavora, così si perpetuano le situazioni di inefficienza, così alla fine si lasciano del tutto tranquilli i famosi fannulloni, cui fa riferimento il Ministro Brunetta, perché quelli non avranno nulla da temere da percorsi di questo tipo. Quello che verrà fuori da questi tagli non sarà diverso qualitativamente, semplicemente sarà un po' più piccolo.
Un altro comma che mi ha incuriosito è il 19 dell'articolo 1, che proroga al 31 dicembre 2010 la possibilità del personale di Poste Italiane Spa (sottolineo che abbiamo parlato per una settimana di società per azioni) e Istituto poligrafico e Zecca dello Stato Spa in posizione di comando presso enti pubblici, di essere inquadrato nei ruoli delle pubbliche amministrazioni. Allo stesso tempo, vengono prorogati i relativi provvedimenti di comando fino alla conclusione delle procedure di inquadramento e, comunque, non oltre il 30 dicembre 2010.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, la prego di concludere.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, ho finito il tempo?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Giovanelli.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, mi faccia finire questo concetto. Ho fatto il sindaco, una piccola esperienza: quando si trattava di privatizzare un servizio era nostro dovere e obbligo, anche per evitare le ire della Corte dei conti, trasferire il personale assieme al servizio. Qui facciamo esattamente il contrario: per alleggerire i costi della struttura privata aumentiamo i costi di quella pubblica, e non lo abbiamo fatto per un tempo sufficientemente lungo, tant'è che lo prolunghiamo ulteriormente.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, dovrebbe concludere.

ORIANO GIOVANELLI. Così sono capaci tutti a fare le privatizzazioni, per non dire che sulla questione dei comandi poi c'è tutta la partita della trasparenza, con la quale si seleziona la pubblica amministrazione. O no? Ne abbiamo parlato l'altro giorno a proposito della Protezione civile. Se si bypassano le regole normali delle assunzioni e della selezione del personale vuol dire che introiettiamo nella pubblica amministrazione ulteriore privilegio e clientelismo e questo è, francamente, quanto di meno auspicabile noi oggi possiamo aspettarci per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire all'onorevole Pag. 21Tassone, che non vedo più qui, che non posso esimermi dall'evidenziare in questa discussione una criticità verso quel mondo dell'emigrazione e della nuova mobilità, che io voglio sostenere senza demagogia e con un approccio razionale e produttivo.
Onorevoli colleghi, ci ritroviamo a lavorare su un percorso normativo importante, quasi decisivo su alcuni versanti operativi. Infatti, il provvedimento al nostro esame ha la possibilità di rettificare alcuni degli aspetti che non hanno trovato spazio nell'ambito della legge finanziaria per il 2010 e verso i quali è particolarmente elevata l'attenzione, soprattutto per quanto riguarda l'ambito delle misure di sostegno al reddito.
Saluto positivamente l'orientamento di tali disposizioni volte a disporre il differimento di taluni termini in scadenza, al fine di consentire una migliore applicazione della normativa vigente in materia di lavoro, formazione e previdenza sociale, ma il mio più sentito auspicio è che ci sia la medesima attenzione nei confronti di tutti gli italiani, compresi ovviamente anche quelli residenti oltre confine.
A tal riguardo, voglio richiamare l'attenzione di voi tutti e della Presidenza, sul fatto che dal 2011, i lavoratori italiani residenti all'estero e che producono - lo sottolineo - un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, non potranno usufruire del diritto a detrarre i carichi di famiglia. Si tratta di un diritto che - grazie al primo provvedimento anticrisi del gennaio 2009 - è stato prorogato al 2010, creando un vincolo temporale inaccettabile, poiché colloca su due livelli diversi i connazionali operanti oltre confine e quelli operanti in Italia, lasciando tra l'altro emergere un presupposto di incostituzionalità.
Ci tengo a richiamare il fatto che il Governo stesso lo scorso 16 dicembre ha accolto, nell'ambito della legge finanziaria 2010, l'impegno ad estendere nell'ambito proprio di questo provvedimento il diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2010. Un impegno a cui guardano con fiducia tutti i cittadini che lavorano per l'Italia all'estero e che sono certo possa trovare piena realizzazione in questa sede.
Ritengo sia espressione di coerenza procedurale oltre che normativa prorogare questo diritto, poiché appare di difficile comprensione - oltre che di oggettiva mancanza di sensibilità - riconoscere per quattro anni consecutivi una garanzia fiscale di tale portata per poi depennarla dall'agenda.
Siamo chiamati a dare un segnale forte ai nostri lavoratori all'estero, soprattutto alla luce dell'esigenza espressa più volte dal Governo di intervenire per alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie. Sebbene possa sembrare qualcosa di estremamente semplice o potenzialmente subordinabile ad altro, non esagero con il dire che su questo riconoscimento è riversata tutta la fiducia dei nostri connazionali che non può e non deve essere disattesa.
Voglio portare a conoscenza di questa Assemblea che la Commissione lavoro ha dato un parere favorevole al provvedimento in esame, con la sola osservazione che si debba valutare l'esigenza di introdurre nel testo un'ulteriore disposizione di proroga che consenta di estendere anche all'anno 2011 il riconoscimento della detraibilità per carichi di famiglia in favore dei lavoratori italiani all'estero. Un importante segnale di attenzione e di sensibilità che mi auguro possa trovare spazio anche in questa sede ed essere condiviso da voi tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, non provo nessuna invidia per i due colleghi che hanno svolto la relazione a questo disegno di legge di conversione in tema di proroga di termini previsti da disposizioni legislative, soprattutto perché il lavoro che i due relatori hanno svolto è stato più che altro una lettura dei contenuti dei singoli articoli e delle decine e decine di commi che li compongono.
Del resto il tema si ripete da troppo tempo: quasi annualmente, se non addirittura Pag. 22semestralmente, queste Assemblee vengono chiamate alla conversione di un decreto-legge che riguarda la proroga di termini.
La verità, lo dico ai colleghi relatori, è ben altra. Qui non siamo di fronte ad un provvedimento che evidenzia solo proroghe di termini letteralmente intese, con spostamenti di termini che la dicono anche lunga su come la nostra attività legislativa lede in qualche modo la certezza del diritto: si approvano leggi che stabiliscono alcuni termini e poi sistematicamente questi termini hanno bisogno di una proroga, ma su questo punto poi tornerò. Soprattutto però questo provvedimento ha pochissimi commi che riguardano essenzialmente la proroga dei termini, ma moltissimi attengono a dei contenuti sui quali voglio svolgere una riflessione, già il collega Giovanelli lo ha fatto in parte, dato che ci mettono nella condizione di affrontare il tema in termini molto più generali.
Sin dai primi articoli ci sono norme che attengono ad una definizione delle politiche finanziarie di questo Paese, ad esempio viene stabilita la riapertura dei termini sullo scudo fiscale, si interviene sui crediti alle piccole e medie imprese, ci sono sostegni ai lavoratori all'estero.
A tal proposito capisco l'intervento del collega che mi ha preceduto: il problema è che quell'articolo che riconosce i contributi dei lavoratori all'estero non rappresenta la sintesi di questo provvedimento. Ci sono questioni sulle quali era possibile convergere, ma è l'insieme del provvedimento che tradisce una natura più complessa.
La complessità è data soprattutto da due elementi. I colleghi ricordano che noi abbiamo iniziato una riflessione intorno alla legge finanziaria, stabilendo che fosse arrivato il tempo per effettuare operazioni non di tagli orizzontali, proprio per evitare le leggi finanziarie degli anni precedenti (in cui era contenuto di tutto e di più). Si è deciso, quindi, di operare una riforma della legge finanziaria: abbiamo stabilito che vi fossero dei decreti collegati, ma ancor più, pochi mesi fa, è stata approvata da questo e dall'altro ramo del Parlamento, il Senato, la legge di riforma della contabilità.
Dobbiamo intenderci: se, di fronte a due importanti riforme strutturali, poi, si agisce, di fatto, tramite il decreto milleproroghe, su una legge finanziaria «camuffata» o, comunque, di correzione di quelle riforme strutturali, c'è qualcosa nel nostro sistema che richiede interventi più energici, ma soprattutto richiede, da parte di chi si assume l'onere del Governo, una verità che va detta agli italiani, ai soggetti economici e a quanti di queste norme sono i destinatari.
Credo che questo sia uno dei temi più generali in merito ai quali è necessario imporre una riflessione più di merito, perché siamo di fronte a quello che il collega Giovanelli ha richiamato (citando una relazione del Comitato della legislazione in occasione di una tavola rotonda), ossia, oramai, a una questione non più rinviabile: ormai lavoriamo - questo Parlamento e quest'Assemblea lavorano - con il decreto-legge, che è diventato lo strumento preponderante dell'azione di Governo. Solo attraverso lo strumento del decreto-legge il Governo riesce ad avere accelerazioni circa il suo programma.
Ciò avviene, però, a discapito di un altro dei pilastri del bilanciamento con cui il sistema parlamentare ha agito nel corso degli anni in questo Paese, soprattutto in una fase in cui, attraverso la decretazione d'urgenza e lo spostamento verso i poteri dell'Esecutivo, il ruolo del Parlamento e delle Commissioni viene ridotto ed impossibilitato all'esercizio della loro funzione tipica, che è una funzione di controllo, ma anche di discussione nel merito.
Mi rivolgo ai colleghi relatori: quanto meglio sarebbe stato se nel provvedimento in discussione si fossero distinte le proroghe dei termini dai contenuti, dando la possibilità alle Commissioni di merito, attraverso altri livelli di discussione, di avere il tempo necessario per un approfondimento, all'interno del quale mettere nelle condizioni lo stesso Parlamento e questa stessa Assemblea di svolgere una discussione che avrebbe avuto un carattere Pag. 23molto più contenuto anche nei tempi, garantendo al tempo stesso la necessaria approvazione.
Invece no: continuiamo a fare dell'uso del provvedimento milleproroghe uno di quegli elementi che stanno degenerando il livello anche della qualità legislativa di questo Paese. Basterebbe semplicemente la lettura dei vari commi per capire quanto di fatto è accaduto nel corso di appena diciotto mesi di legislatura: ci sono provvedimenti nei quali la proroga viene stabilita per parecchi mesi, con riferimento soprattutto all'assunzione di personale (delle Forze armate, dei precari della scuola), in cui gli spostamenti delle date attengono ad un problema che non si può risolvere attraverso una legge che si vuole approvare a tutti i costi (essendo a volte incapaci di ascoltare gli elementi di opposizione), proprio per dare a quella natura legislativa una parte di certezza. Poi ci si accorge, invece, che mancano i decreti attuativi e che si fa fatica, quasi che l'aspetto burocratico-amministrativo abbia un elemento prevalente su quello legislativo.
Il tema è questo: cos'è la legge in questo Paese, quali sono le certezze che si danno ai soggetti ai quali vogliamo far arrivare gli elementi legislativi, ma, soprattutto, come dentro questo ambito vi può essere un elemento che guardi al Paese, alla sua realtà e alla sua capacità di essere su un terreno competitivo? Nel provvedimento in esame, proprio tutta la parte concernente gli aspetti finanziari (la riapertura dei termini, lo scudo fiscale, ma anche altre norme) riguarda fondamentalmente il sistema Paese. Noi da tempo lo auspichiamo e lo ripetiamo in maniera ossessiva.
Vorremmo, infatti, che di fronte a questo non ci fossero delle norme microsettoriali, ma vorremmo avere sul serio la capacità di ragionare intorno a qualcosa che serve all'Italia, ovvero intorno alle misure che possono permettere a questo Paese di essere competitivo non solo in Europa, ma che possano offrire al terreno della crisi economica delle risposte concrete. Vorremmo fare una discussione di merito, capire sul serio quali sono le risorse che mettiamo in essere e come utilizzarle per ridare a questo Paese competitività e anche allargare la sua base produttiva, la sua capacità di tenere insieme il momento di ricerca di occupazione, nuovi lavori e dare risposte concrete. Ciò ci viene sistematicamente impedito da questo livello della legislazione che, di volta in volta, interviene in maniera parziale ed è privo di una visione più complessiva, e dentro la parzialità ci sono elementi che mettono in discussione anche la capacità stessa della tenuta.
Faccio un esempio importante. Uno degli articoli di questo decreto-legge milleproroghe, di fatto, penalizza una situazione che ormai è diventata una nota che si ripete nel tempo. Ci sono state delle industrie che per ridurre gli elementi inquinanti hanno dovuto fare operazioni di investimento nelle proprie aziende e lo dovevano fare entro una certa data. Gran parte delle piccole e medie aziende di questo Paese si sono adeguate, e oggi ci troviamo a votare una proroga per la messa in sicurezza di fenomeni inquinanti di altre aziende. Allora dobbiamo capire perché alcune aziende sono state nei tempi, mentre altre, che hanno continuato a produrre in un regime di sleale concorrenza, si trovano oggi a potere usufruire di un tempo diverso. Perché questo elemento di disuguaglianza, anche quando c'è un principio che dovrebbe valere per tutti? È questo l'elemento negativo presente in alcuni articoli.
Altri, invece, sono legati ad una questione vera, sulla quale abbiamo concordato nella discussione. Basterebbe, infatti, avere la pazienza di leggere gli atti del Senato per capire che in molte situazioni maggioranza e opposizione hanno potuto convergere intorno ad alcuni obiettivi. Ho citato questo esempio perché è proprio quello che immette nell'azione del Governo un tentativo secondo cui, pure affermando un principio che dovrebbe valere per tutti (perché la legge si fa per tutti), improvvisamente quella legge per alcuni vale, mentre per altri c'è una proroga. Pag. 24
Non è un caso - e lo voglio ricordare ai collegi che ci ascoltano - che nella discussione al Senato c'è stato un tentativo - apprezzato soprattutto dall'opposizione in quanto ha visto importante spettatore di questa situazione proprio il presidente della prima Commissione Vizzini - di reintrodurre nel decreto-legge milleproroghe un ennesimo condono edilizio. Ciò non va, in quanto il decreto-legge milleproroghe non può essere lo strumento attraverso cui ciò che non si è ottenuto per la riforma strutturale della legge finanziaria e, soprattutto, dei collegati e della contabilità economica, ritorni sempre attraverso questo decreto-legge, come l'elemento attraverso cui si dà l'idea che ai parlamentari venga data una sorta di contentino. Mi riferisco al fatto che i parlamentari sono, di volta in volta, portatori di microinteressi, di tutela e anche di costruzione del proprio consenso elettorale.
Ho voluto ricordare questi elementi perché sono quelli che fanno da sfondo a quella importante tavola rotonda cui faceva riferimento il collega Giovanelli. La costante dell'aumento dei decreti-legge votati con fiducia è preoccupante non solo in ordine alla continuità che ha riguardato anche i Governi precedenti compresi quelli di centrosinistra, ma soprattutto per il fatto che qui, in maniera vertiginosa, nel giro di diciotto mesi, se ne è avuto un aumento talmente costante che, a fine legislatura, noi avremo di fronte esattamente un cambiamento radicale dell'azione legislativa. Questo aspetto dovrebbe essere una preoccupazione che riguarda la maggioranza e l'opposizione perché un siffatto cambiamento materiale, che non sta dentro una cornice esatta, produce proprio all'interno di questa situazione quella che io chiamo l'assenza vera delle regole.
E l'assenza vera delle regole trasmette incertezza, dà a tutti noi la sensazione di un ruolo, che è quello semplicemente non più di controllo, ma di essere in qualche modo rispondenti ai propri schieramenti di appartenenza.
E del resto il tema è legato alla qualità della rappresentanza politica, di come si è determinata; e credo che su ciò - non me ne vogliano i colleghi, pensando che sia semplicemente un dato di astrazione - il modo con cui siamo stati eletti testimonia di questo cambiamento: il modo in cui si perviene alla carica, essere nominati e non eletti, determina nel comportamento e nel ruolo del Parlamento un abbassamento di cui credo dovremmo tutti preoccuparci. La preoccupazione è data dal nesso fra democrazia e rappresentanza, fra rappresentanza sociale, interessi del Paese e l'idea che si svolge il proprio ruolo all'interno di quello che dev'essere un profilo più generale.
E tale elemento che permane (e nel decreto-legge cosiddetto milleproroghe in esame, più che in altri, ciò avviene) è rilevante all'interno della dimensione che vorrei toccare. Il secondo aspetto che vorrei sottolineare è che nel provvedimento in esame, insieme ad alcune cose che, come dicevo, erano compatibili con un ragionamento di vera e propria proroga di termini, se ne inseriscono altre sulle quali vorrei soffermare l'attenzione, perché testimoniano di una pericolosità anche in termini di contenuto delle situazioni: in particolare, gli articoli che riguardano quello che dovrebbe essere un profilo di competenza della Commissione lavoro.
L'articolo 6, al comma 9-bis, tratta dei benefici previdenziali dei lavoratori dell'amianto. Quante volte in Aula sono state presentate interrogazioni, riflessioni, si è posta la questione di quello che oggi è considerato uno dei fattori più negativi nel mondo del lavoro, e di chi per anni ha negato il danno che veniva prodotto dall'esposizione dell'amianto! Si parla di lavoratori in carne ed ossa; si sono approvate una serie di leggi, e vi è stata ultimamente una sentenza del TAR, secondo la quale, rispetto alla legge del 2007, i benefici di chi era stato esposto all'amianto erano legati ad alcuni requisiti forniti all'INAIL. Si introduce una modifica, con questo articolo, per rettificare la sentenza del TAR, perché altrimenti essa avrebbe un costo eccessivo in termini previdenziali: si tiene quindi conto solo Pag. 25della contabilità economica, e non del fatto che dietro questa vicenda vi sono le tragedie immani di persone che non solo mettono in discussione la loro salute, ma a volte pagano il lavoro addirittura con la morte; vi sono poi le intere famiglie, e vi è anche il fatto che vengono abbandonati dallo Stato.
Non si tratta semplicemente dell'idea di uno Stato che deve occuparsi di tutto. Credo che lo Stato debba avere a cuore due questioni: il bene comune, alcuni diritti universali, e all'interno di tali diritti universali la capacità di poter guardare ai propri cittadini come soggetti con diritti certi. E sicuramente i lavoratori, le persone che sono elementi centrali dell'economia di questo Paese, devono essere rispettati nel loro bisogno di essere persone.
Questa norma, che rettifica una sentenza del TAR che allargava la platea dei beneficiari, credo che sia, prima ancora che una norma sbagliata, una norma ingiusta: non si può, anche in questo caso, operare una distinzione fra i lavoratori che hanno prodotto la domanda in un certo periodo, ed altri che non l'hanno fatto. Il tema infatti non sono solo le compatibilità economiche, ma dare una risposta ad uno Stato che per troppi anni ha tenuto troppo in conto i profitti delle aziende, delle multinazionali, che pur sapendo hanno continuato a far esporre i lavoratori all'amianto.
E ancora: sempre all'articolo 6, al comma 9-ter, vi è il tema della sicurezza sul lavoro. Anche su tale argomento è stata svolta una discussione molto ampia in Assemblea. La sicurezza sul lavoro riguardava non solo la dignità dei lavoratori, la sicurezza nei luoghi di lavoro: abbiamo approvato soprattutto una legge a proposito della quale l'unanimità dell'Assemblea era legata sempre, come al solito, alle emergenze.
Tante morti sul lavoro sono una vergogna per una nazione civile. Sono una vergogna dettata a volte dall'incuria e dalla sciatteria. Era stata fatta una legge che permetteva di porre più soggetti, i datori di lavoro e gli stessi lavoratori, all'interno di un'ottica di concertazione, proprio per evitare, non solo le morti sul lavoro, ma per dare la possibilità che ci potessero essere delle correzioni vere; però anche su questo si fa una proroga per consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente provvedimento. È un tema generale, è un principio giusto, però, il tempo dell'amministrazione nel varare i decreti arreca un danno alle persone. Quando si ragiona del cosiddetto milleproroghe, dobbiamo ragionare su questo: si parla di milleproroghe che poi insiste per gran parte sui diritti e sulle certezze delle persone. Da questo punto di vista, lo sforzo dei relatori, pur pregevole, non riesce ad entrare nel merito, perché vi è l'urgenza di essere relatori della maggioranza e dentro la maggioranza si vuol far approvare al più presto questo decreto che, voglio ricordarlo, è partito con pochi articoli e poi, come al solito, con l'intervento emendativo al Senato è stato prodotto un fascicolo la cui lettura diventa abbastanza difficile e complessa.
Vi è un altro aspetto che vorrei sottolineare, entrando nel merito del provvedimento. Vi sono due articoli che riguardano le politiche che più dovrebbero interessare soprattutto alcuni settori della maggioranza che hanno molto a cuore il problema dell'immigrazione e ne fanno un tratto identitario della linea politica. Vi è l'articolo 10-ter che riguarda le modifiche all'articolo 3, comma 4, del testo unico del decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dalla cosiddetta legge Bossi-Fini. Questo articolo è stato introdotto al Senato e modifica le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato. Anche questo è uno di quegli argomenti con i quali la maggioranza e l'opposizione si sono confrontati molto nel merito e lungi da me farne un'ennesima questione di scontro ideologico.
Vi è però una questione, invece, che attiene alla tecnica legislativa. La legge n. 286 aveva come punto centrale un programma triennale di flussi migratori (l'ultimo decreto sui flussi riguarda il 2007). Vi era un'idea di programmazione che era Pag. 26fondata su quello che voi avevate modificato della cosiddetta legge Turco: ovvero il rapporto tra domanda ed offerta. Quell'ultimo decreto sui flussi rese regolari 170 mila lavoratori, ma ne lasciò fuori oltre 700 mila. Ebbene, dopo la programmazione del 2007, il seguito dei decreti varati dal Presidente del Consiglio ha riguardato solo una percentuale minima rispetto all'anno precedente. Per cui abbiamo avuto 150 mila regolarizzati, ma ne sono rimasti più di 400 mila. Ci è stato risposto: guardate che molte di queste domande sono fasulle, ma anche facendo il calcolo ne sarebbero rimasti fuori centomila.
Non stiamo parlando di numeri, anche qui parliamo di uomini e donne che già vivono regolarmente in questo Paese. Nella discussione ultima al Senato abbiamo assistito ad un atto di resipiscenza - lo voglio chiamare così - per cui si è varato un decreto che riguardava solo le colf e le badanti; e gli altri? I lavoratori dell'edilizia, quelli impiegati nel terziario, a tutte queste altre persone qual è la risposta che si dà?
Basterebbe consultare il sito del Ministero dell'interno (dove compaiono delle domande) o recarsi anche presso gli uffici per l'immigrazione: se uno volesse regolarizzare una persona (come chiedono le imprese), che cosa si deve fare? Nulla, la risposta a tale bisogno è contenuta in questa parola: nulla. Infatti non vi è più il decreto flussi e si sta dentro quella ruota della fortuna rappresentata eventualmente dai nuovi 150 mila ingressi che si possono determinare proprio in assenza della programmazione del piano triennale.
Non sono presa da un furore ideologico, ma è certo che da questo punto di vista chi ha a cuore le sorti delle politiche migratorie e del governo di quei processi ha la necessità e il dovere politico e legislativo di offrire una risposta che non sia, anche in questo caso, quella della proroga. Facciamo sul serio un ragionamento sui piani triennali di immigrazione, capiamo sul serio che cos'è la domanda e l'offerta dentro quel settore; ma la risposta va data dentro la diade di domanda ed offerta di lavoro e non viceversa, perché anche in questo non vi è il governo delle politiche migratorie, ma semplicemente una discrezionalità che costituisce essa stessa elemento di conflitto in rapporto anche a questioni che attengono ad elementi di tenuta dell'insieme della coesistenza sociale.
È proprio all'interno di questo quadro che ho cercato di sviluppare il ragionamento intorno al milleproroghe, il quale non è semplicemente un atto burocratico in quanto vi sono questioni che attengono alle politiche, all'uso e all'esercizio del programma di Governo. Ma proprio perché è così, non si può ridurre tale provvedimento ad un insieme di tanti commi o di tanti articoli: avremmo bisogno di avere un Governo che decida sul serio e che intorno alle sue linee programmatiche sviluppi azioni conseguenti, mentre altre andrebbero sviluppate all'interno di un lavoro di disamina molto più attento e concreto.
Da ultimo, vi è una questione che invece attiene all'assetto istituzionale, quella cioè dell'esercizio - attraverso, appunto, il milleproroghe - di una delega che è stata data al Governo in riferimento proprio alla questione di Roma Capitale. Si può agire - lo chiedo, anche in questo caso, senza avere nulla di preconcetto - attraverso un provvedimento milleproroghe che parla di tutto, compreso il fatto che nell'articolo 10-quater (che precede quello sull'entrata in vigore del provvedimento) si parla di gestione dei libri genealogici? Ed uno si chiede poi che cosa è la gestione dei libri genealogici, ossia la questione dei registri dei cani di razza (al fine di ovviare anche in questo caso ad una sentenza del TAR che aveva istituito un commissario ad acta di fronte a cui si è verificata la rivolta delle associazioni interessate al tema).
Ma si può discutere di un provvedimento che presenta misure importanti e questioni di contenuto che ho cercato di illustrare prima, nonché la riparazione ad errori nella legislazione, ed insieme introdurre - dentro questo stesso provvedimento Pag. 27- un decreto attuativo di una legge delega che riguardava le funzioni di Roma Capitale?
Credo che questo non solo sia sbagliato ma metta in difficoltà anche l'esercizio di chi in quest'Aula (come ricordava all'inizio il Presidente Buttiglione) agisce senza vincolo di mandato, rappresenta la nazione e dentro la nazione rappresenta certo gli interessi settoriali. Ma proprio quella nazione reclama prima di tutto il tema di quale qualità stiamo offrendo: credo che la qualità che stiamo offrendo sul piano legislativo è pessima, perché è una qualità dentro la quale si profila l'idea che essa non è fatta per le persone e per risolvere i loro problemi ma per gli addetti ai lavori, i quali peraltro trovano anche difficoltà a reperire i continui riferimenti alle norme abrogate.
Sembrerebbe - vorrei concludere proprio con questo elemento di riflessione - che vi è un doppio sforzo: da un lato, il Ministro per la semplificazione ed il tentativo di tagliare le leggi (ne abbiamo tagliate tante), dall'altro, la riproduzione - proprio di fronte a quel lavoro - di un fascicolo che può produrre solo un effetto, quello di dare ulteriore lavoro al Ministro Calderoli e di rendere vano quello sforzo da cui si è partiti.
Se, da un lato, vi è un Ministro che lavora secondo un principio che dovrebbe essere concordato con l'insieme del Governo, dall'altro, vi sono altri pezzi dello stesso Governo che continuano ad agire in termini ministeriali quasi a riprova che - mentre parliamo di federalismo, di rapporto con le autonomie e di capacità della legge di intervenire in maniera idonea ad assicurare lo stare insieme, il ragionare ed il concertare con gli altri livelli dello Stato - si ha una visione secondo cui invece i Ministeri possono ancora decidere da soli.
Ma la legge non c'è, ci sono solo i decreti-legge e all'interno di questi provvedimenti vi è una produzione di norme che riteniamo sbagliate, che creano sul piano dell'immagine (quello che dovremmo rappresentare) l'idea di non essere al servizio della risoluzione dei problemi dei cittadini, anzi di creare delle vere e proprie difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, sulla decretazione d'urgenza e sulla natura di questi provvedimenti è già intervenuta la collega Amici.
Voglio rimarcare due punti che riguardano in modo particolare la VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), in materia di scuola e università. Trovo particolarmente grave e di una criticità notevole l'articolo 7, che riguarda gli istituti universitari ad ordinamento speciale, ai quali si consente di superare la norma del turn over, che invece vale per tutti gli altri istituti universitari e le università statali. Sarebbe opportuno stralciare questa norma - nel dibattito in Commissione lo abbiamo affermato -, che peraltro era già contenuta in un disegno di legge collegato alla finanziaria.
Una seconda proroga, che trovo davvero incomprensibile e grave, riguarda il finanziamento della messa in sicurezza degli edifici scolastici. Abbiamo discusso per una settimana sulle urgenze della Protezione civile, dunque mi permetto di dire che fra un grande evento e la messa in sicurezza degli edifici scolastici io non avrei alcuna esitazione nella scelta. Ne abbiamo già parlato e abbiamo già valutato negativamente questa disposizione in sede di discussione della legge finanziaria. Con quella legge si recavano norme procedurali in merito alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e di adeguamento antisismico delle scuole. Quella norma prevedeva che entro il 30 gennaio 2010 ci sarebbe stato da parte delle Commissioni parlamentari competenti (bilancio e cultura, scienza ed istruzione) un atto di indirizzo con l'individuazione degli interventi realizzabili fino ad un importo di 300 milioni di euro. Ora, il provvedimento in oggetto fa slittare questa norma al 30 giugno 2010.
Visto quello che è successo nell'edilizia scolastica e nell'insicurezza delle nostre Pag. 28scuole, io avrei considerato questa norma una priorità e non certo un possibile oggetto di una proroga. Tutto ciò rientra nell'incomprensibilità dei provvedimenti di questa natura, omnibus, come diceva la collega Amici, di difficilissima lettura per quanto riguarda il significato e i punti di riferimento propri di una legge di questa natura, senza poi considerare il metodo della decretazione d'urgenza, che ormai sta diventando francamente intollerabile.
Ci sono molte misure negative in questo cosiddetto mille proroghe, però vorrei parlare di quello che non c'è. Vorrei dire al collega Tassone - che è intervenuto stamattina - che è successa una cosa molto grave nella finanziaria, in merito ad una materia che non può essere certo oggetto di un «accordicchio» o di un accordo occulto, in quanto riguarda la democrazia e il pluralismo nell'informazione. Vorrei ricordare a tutti che nella finanziaria 2010 è stato abolito il diritto soggettivo delle testate giornalistiche con contribuzione diretta. Ripristinare questo diritto soggettivo è il primo passo che si può compiere per impedire la chiusura di moltissime testate giornalistiche cartacee.
Quasi 400 parlamentari, in modo del tutto trasversale, hanno firmato un appello in questa direzione; la VII Commissione ha approvato all'unanimità un parere con la seguente condizione: «appare altresì necessario prevedere il differimento all'anno finanziario 2011 dell'entrata in vigore del comma 62 dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010), concernente l'erogazione di contributi e previdenze in favore dell'editoria».
L'abbiamo votato tutti. Tutti siamo convinti che sia un provvedimento imprescindibile se vogliamo che una parte rilevante del pluralismo e dell'informazione nel nostro Paese possa continuare a vivere. Quindi non si tratta di un accordo, ma di sanare un'ingiustizia e mi auguro che nel corso di queste ore ci possa essere un ripensamento da parte del Governo.
Del resto, in occasione della legge finanziaria proprio il Ministro Tremonti, in risposta anche ad una presa di posizione di cui ancora ringrazio il Presidente della Camera, disse che non vi era alcun problema e che in un provvedimento successivo alla legge finanziaria si sarebbe reintrodotto il diritto soggettivo e si sarebbe, quindi, consentito ancora il finanziamento di un certo numero di testate.
Rispetto a questa affermazione, ad oggi, non abbiamo alcuna novità se non alcuni rumori, che dicono che si potrebbe sanare questa mancanza solo ed esclusivamente per i giornali di partito. Ritengo che sarebbe molto grave se si scegliesse una parte pure importantissima, perché trovo che i giornali di partito abbiano una funzione democratica fondamentale nel nostro Paese, e tuttavia il diritto all'informazione e al pluralismo dovrebbe riguardare la totalità della carta stampata, dei giornali e delle cooperative che percepiscono i contributi diretti.
Lo voglio dire non per demagogia, ma perché sono davvero convinta che da una crisi della carta stampata di questa natura se ne esca tutti insieme e non certamente privilegiando solo una parte; quindi, spero che il Ministro Tremonti sia sino in fondo insieme al Governo disponibile ad accedere all'appello che il Presidente della Camera, ma anche il presidente del mio gruppo, Franceschini, hanno fatto in questi giorni per la salvezza vera e propria - perché di questo si parla - di circa un centinaio di testate.
In un libro molto interessante, che si intitola L'ultima copia del New York Times, scritto da Vittorio Sabadin, c'è un'affermazione che trovo di particolare interesse: «Molti esperti ritengono che i quotidiani tra qualche decennio non esisteranno più e che il modello economico che li ha tenuti in vita per secoli sia stato definitivamente scardinato dalle possibilità di comunicazione rese disponibili dalle nuove tecnologie, che erodono le risorse una volta destinate alle imprese editoriali. È davvero possibile che un'industria che impiega nel mondo 2 milioni di persone e che ha investito negli ultimi cinque anni 6 miliardi di euro in innovazione tecnologica sia destinata a scomparire? È difficile pensarlo, ma è certo che nell'arco di un Pag. 29paio di generazioni carta e inchiostro diventeranno uno strumento antico, superato dalla possibilità di informarsi con altri mezzi dove si vuole, quando si vuole, come si vuole. Ma il buon giornalismo dovrà trovare il modo di reinventarsi, adeguarsi e anche sopravvivere in altre forme, perché a distanza di secoli è rimasto ancora la principale garanzia disponibile ai cittadini di una società civile e democratica».
Certamente il ragionamento di Vittorio Sabadin è molto complesso e ha un che di planetario e globale, tant'è vero che noi sappiamo certamente che nel futuro l'inchiostro e la carta saranno solo uno dei modi con cui comunicheremo. Già oggi ciò accade, come è sotto gli occhi di tutti, ma rimarrà un'esigenza, quella della narrazione dei territori, della narrazione di un Paese, di tutto ciò che non viene visto in televisione e di tutto ciò che riguarda l'approfondimento. Vista la scomparsa del giornalismo d'inchiesta nella nostra televisione, credo davvero che il quotidiano, il periodico, la carta stampata abbiano ancora una funzione fondamentale.
Il primo giornale del mondo è apparso in Germania più di 350 anni fa e l'inchiostro e la carta per 350 anni sono stati i protagonisti assoluti dell'informazione e le notizie accadevano quando venivano pubblicate. Ebbene, oggi sicuramente i lettori vogliono scegliere, tuttavia ai lettori il buon giornalismo piace, anche se nessuno ha più tempo per leggere i giornali. Questo è anche vero, ma non è certamente un problema dei giornali. È un problema degli stili di vita e della lontananza o della vicinanza che si decide di avere a ciò che accade attorno a noi, al mondo a noi contemporaneo, a quegli approfondimenti che sono essenziali per capire, a quel modo importante che abitua a pensare in modo critico e che è dato dal buon giornalismo.
Vi è una profezia ne L'ultima copia del New York Times: si dice che nel 2012, cioè fra due anni, sarà stampata l'ultima copia e poi il giornalismo cartaceo scomparirà. È un problema mondiale, dunque, e il mondo si sta attrezzando.
Ma guardiamo qui da noi: cosa succede? Il mondo si sta attrezzando, sta cambiando, si stanno modificando le tecnologie e qui da noi si taglia il tagliabile, come è successo appunto con la legge finanziaria, con rischi enormi di impoverimento della qualità dell'informazione e del pluralismo. I fondi destinati al sostegno per l'editoria ed i contributi stanziati dal Governo raggiungono una cifra complessiva di circa 460 milioni di euro, pochissimi. Molti giornali che ricevono questi contributi sono noti, sono giornali di partito ma non solo; altri sono meno conosciuti, tuttavia si passa dai 3 mila euro de IlPontediFirenze ai 7 milioni e mezzo di euro di finanziamento a Libero, tanto così per avere un'idea del range del finanziamento e quindi della varietà dei giornali che vengono finanziati.
I fondi destinati al sostegno per l'editoria, come sapete, sono da suddividere in contributi indiretti (per la copertura di spese postali, per esempio), che vanno a grandi testate, e quelli diretti, che sono invece destinati alle testate politiche, di idee, delle minoranze linguistiche e alle cooperative di giornalisti. È proprio qui che si è abbattuta la mannaia del Governo con la legge finanziaria e si sono visti cancellati i diritti soggettivi.
Il diritto soggettivo è in sostanza un diritto di uguaglianza, stabilito per legge per poter ricevere i contributi all'editoria. Dalla legge finanziaria in poi è stato invece il Governo a stabilire chi prenderà questi contributi. Vi è un passaggio di potestà che non penso possa sfuggire a nessuno, perché nel momento in cui è il Governo che decide chi può avere il diritto ad essere finanziato e chi no, non si tratta di un accorgimento di Governo, si tratta di una scelta di campo molto precisa e si tratta di avocare ancora una volta all'Esecutivo poteri che viceversa competono, da una parte, al Parlamento e, dall'altra parte, all'oggettività di norme e di regole che andrebbero non solo rispettate, ma a mio avviso anche modificate e rese migliori e più rigorose rispetto al passato. Tuttavia, il Pag. 30fatto che sia un Governo a decidere chi può essere finanziato è davvero un fatto di straordinaria gravità.
È per questo che noi - il Parlamento in realtà, perché davvero vi è una trasversalità molto importante - chiediamo che vi sia il ripristino di questo principio: il diritto soggettivo secondo il quale le testate hanno una vera e propria tutela giuridica. I bilanci di questi giornali possono essere programmati dagli amministratori con le banche, attraverso fidi e prestiti, e questo principio fu stabilito dalla riforma dell'editoria del 1981 e fu reso più concreto da una legge del 1990.
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, ha confermato che i 200 milioni di euro previsti nelle tabelle finanziarie saranno confermati a fronte dei 500 milioni di euro, e così è stato. Ma noi sappiamo che, in assenza di un diritto soggettivo, qualsiasi altra priorità potrà arrivare ed allora tutto passerà in secondo piano. Siccome le provvidenze vengono date verso la fine dell'anno, si può immaginare quanto tali norme della legge finanziaria abbiano messo a repentaglio la vita stessa di questi giornali. Se qualcosa non cambierà in tempi brevi - lo dico ancora oggi con un certo allarme -, il nostro pluralismo dell'informazione, che già non è messo nel migliore dei modi, non avrà più voci importanti e storiche. La definizione di diritto soggettivo può anche generare equivoci, perché in Italia si considera soggettivo ciò che è discrezionale e parziale, ma nell'accezione giuridica è un diritto che viene riconosciuto a soggetti portatori di particolari valori.
Il valore del pluralismo dell'informazione e della narrazione di un Paese è un valore democraticamente affermato, non solo dall'articolo 21 della Costituzione, ma dalla pratica importante di tutti questi anni, dalla sopravvivenza - anche se stentata, fra debiti e con una situazione del credito, in alcuni momenti, davvero intollerabile - di tante e tante testate locali, che rappresentano l'unica occasione, in moltissimi casi, non solo per commentare, ma per raccontare cosa accade nei territori.
Credo che un Paese abbia bisogno di un contesto e di strumenti di questa natura, se non si vuole ridurre tutto solo alla mezz'ora di telegiornale quotidiano, che, alla fine, è omologante. Qualche direttore di telegiornale pubblico pensa sempre che fare informazione significhi fare politica, e politica di parte, e sostenere il Presidente del Consiglio. A parte questo tipo di direttore, per il resto, vi è uno sforzo nel senso di dare un'informazione che, comunque, non arriva mai ad un adeguato livello di capillarità territoriale. Essa è davvero molto importante per conoscere il territorio in cui si abita, per sapere cosa accade, per superare un'indifferenza, per non chiudersi nelle proprie case e per continuare a pensarsi parte di una comunità. È davvero uno strumento fondamentale e non vorrei che venisse meno.
Il diritto soggettivo è necessario anche per alcune minoranze linguistiche. Possiamo anche non farci caso, ma, se il diritto soggettivo non venisse ripristinato, il quotidiano della minoranza di lingua slovena, che si trova in Italia, scomparirebbe. Ciò significherebbe far scomparire dalla scena pubblica un'intera comunità linguistica, che è anche comunità civile e culturale, che vive in modo integrato nel nostro Paese e ne fa parte.
È una questione che riguarda la cultura. È inutile esercitarsi sui dialetti, sulle scuole in cui si insegna il dialetto, invece, che sull'italiano, o sulle quote per i bambini immigrati, se poi, quando vi è una minoranza linguistica, facciamo finta di niente. Credo che anche questo aspetto debba essere tutelato.
Il terzo aspetto che interessa il diritto soggettivo riguarda il rapporto con la pubblicità. Sappiamo che percepiscono i contributi le testate che hanno meno pubblicità, tuttavia, vorrei parlare anche della quota pubblicitaria. Nel consuntivo 2009, Nielsen evidenzia che, in Italia, l'anno si chiude con una flessione degli investimenti in pubblicità pari al 13,4 per cento, a quota 8,51 miliardi di euro. Il dato di dicembre evidenzia un calo di 1,6 punti sul dicembre 2008 e invia un segnale di ripresa. Nell'ultimo mese dello scorso anno, Pag. 31i comparti di televisione, cinema, radio, Internet, ed altri ancora, hanno registrato valori di crescita, mentre il trend del quotidiano ha mostrato una flessione.
Se in tutto l'anno, la televisione (compresi i canali generalisti e satellitari) ha registrato un calo delle risorse pubblicitarie del 10,2 per cento nel solo mese di dicembre, il saldo con il dicembre precedente, rivela, invece, una crescita del 2,5 per cento. Il segmento della stampa rimane in forte affanno, con un calo complessivo annuale del 21,6 per cento in termini di raccolta pubblicitaria. Nello specifico, perdono raccolta pubblicitaria i quotidiani a pagamento, con una flessione del 16 per cento complessiva; i quotidiani free press subiscono un danno maggiore dalla crisi, con una contrazione del 26,6 per cento. In difficoltà anche i periodici: perdono nell'anno il 28,7 per cento dei loro investimenti pubblicitari.
Dunque, cos'altro è necessario aggiungere per dire che vi è bisogno di ripristinare il diritto soggettivo e i finanziamenti? Si è aperto un tavolo di lavoro - fatto importante - che proseguirà dopo un incontro fra il sottosegretario Bonaiuti e la Federazione nazionale della stampa. È importante, perché speriamo che venga ripristinato velocemente il diritto soggettivo, giacché esistono precisi obblighi da rispettare per l'esercizio del 2009, la cui erogazione, nel 2010, non può essere differente dai diritti maturati. Si tratta di un problema molto serio, che riguarda anche il rapporto con il sistema bancario.
È messa in discussione la sopravvivenza di circa cento giornali nazionali e locali, i quali rappresentano - come sostiene la ricerca fatta dal Dipartimento dell'editoria - una quota rilevante dell'occupazione giornalistica nel nostro Paese: sono circa il 20 per cento, pari a 2 mila giornalisti e 2 mila 500 poligrafici, vale a dire 4 mila 500 lavoratori, oltre all'indotto.
Le strozzature prodotte, come dicevo, nei rapporti di credito dall'incertezza sull'ammontare dei contributi (causati, appunto, dalla perdita del diritto soggettivo) e la successiva impossibilità, di fatto, ad appostare in bilancio questa voce, costringeranno sicuramente alla dichiarazione di stato di crisi e alla chiusura della maggioranza dei giornali cooperativi nella seconda metà di quest'anno: è un'eventualità assolutamente da scongiurare.
L'innovazione, introdotta con la legge n. 133 del 2008, che trasferisce ad un regolamento di semplificazione il compito di definire i criteri di erogazione dei contributi diretti a quotidiani e periodici, è uno strumento molto importante. Mi permetto di dire qualcosa in materia perché ciò è alla nostra attenzione in Commissione cultura, laddove esprimeremo un parere che ci auguriamo possa essere il più possibile vincolante.
Desidererei che il rappresentante del Governo mi ascoltasse, grazie.
Come dicevo, ciò è all'attenzione della Commissione cultura e speriamo di poter esprimere una valutazione di carattere vincolante. Ne abbiamo discusso a lungo - sia pure in modo molto discontinuo, diciamo un paio di volte all'anno - con il sottosegretario Bonaiuti. Sullo sfondo vi è una riforma dell'editoria che non può assolutamente più aspettare e che sarebbe preferibile ad un regolamento, come è ovvio, poiché tutti i soggetti auditi (dagli imprenditori, fino ai produttori e ai lavoratori) sono concordi - e noi con loro - nel dire che ormai siamo ad un punto di non ritorno: o il settore dell'editoria, il mondo dell'editoria viene messo a posto con una riforma di sistema, o, altrimenti, vi saranno costantemente incidenti di questa natura. Infatti, oggi è il diritto soggettivo, domani potrà essere un altro problema. Io ritengo, ad esempio, che il regolamento sia un punto molto importante, in quanto servono regole nuove, più rigorose per l'accesso e l'erogazione dei contributi diretti all'editoria.
La crisi del settore - come ho cercato di evidenziare - è una crisi davvero grave, presenta rischi enormi per la continuità della maggioranza delle testate ed ha effetti rilevanti sull'occupazione del settore. Ridefinire, quindi, il quadro normativo entro il quale sia possibile operare per un'efficace regolamentazione del settore è davvero una delle priorità. Pag. 32
Naturalmente, noi, come Camera dei deputati, come opposizione, ma insieme alla maggioranza (e insisto su questo punto), abbiamo presentato diversi ordini del giorno in occasione della manovra finanziaria ed anche in relazione ad altri provvedimenti, avendo molto chiaro che dal ripristino del diritto soggettivo occorre partire per tutelare il pluralismo e il diritto dei cittadini all'informazione.
È chiaro che oggi vi sono tante situazioni in cui si approfitta anche dell'incertezza di regole nuove e di parametri nuovi per i finanziamenti. Il Partito Democratico è perché questi parametri e queste regole vi siano e siano le più rigorose e trasparenti possibili, ma la strada di avocare tutto al Governo non è certo la strada della trasparenza.
Innanzitutto, occorre una chiarezza nel calcolo dei contributi. In secondo luogo, occorre distinguere il criterio di distribuzione, che è molto più adeguato rispetto a quello di tiratura. In terzo luogo, occorre prevedere misure a favore dell'occupazione. In quarto luogo, occorre prevedere misure di rigore nei criteri di erogazione dei contributi, per dare anche una certezza di contributo, così come occorre, ovviamente, smascherare le false cooperative; tuttavia, nel contempo, occorre affermare che le vere cooperative editoriali vanno finanziate, sostenute e tutelate fino in fondo.
Occorre una maggiore semplificazione di tutta la normativa, non vi è dubbio, e, per quel che riguarda i giornali di partito, credo che si debba e si possa fare un buon lavoro per tendere ad uniformare i criteri e le indicazioni relativi ai requisiti di accesso ai contributi.
C'è un ragionamento molto serio da fare sul limite della pubblicità, un ragionamento anche molto tecnico.
D'altro canto, sappiamo che la natura societaria e il limite della pubblicità è la motivazione per il sostegno pubblico, tuttavia non possiamo neanche pensare che queste siano testate che vivono fuori dal mondo, assolutamente prive di qualsiasi forma di pubblicità.
Mi avvio alle conclusioni, signor Presidente, ricordando che l'articolo 21 della Costituzione recita nel suo primo comma: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Il pubblico, lo Stato e la Repubblica nel suo insieme hanno il compito fondamentale di tutelare questo diritto, fatto di lavoratori, lavoratrici, di competenze, di professionalità e di curiosità di attitudini a conoscere il mondo circostante. È una parte rilevante del pluralismo culturale di questo Paese ed è il requisito fondamentale per avere la consapevolezza di vivere in una comunità civile e coesa, dalle Alpi alle Piramidi, dagli Appennini alle Ande, per così dire, insomma in tutto il territorio nazionale, se non vogliamo, naturalmente, che passi l'idea che manifesta Mark Twain in un libretto che io consiglio molto (ironico, naturalmente) che si intitola «Libertà di stampa». Ne consiglio la lettura perché Mark Twain scrive, in maniera ironica, una cosa diversa da ciò che pensa. C'è una distanza nella quale sta l'ironia, che è una figura retorica antica, la cosiddetta figura di salto, perché contraddice i contenuti con il tono con cui essi vengono resi.
Ciò che è interessante in questo libro è che si pensa sia un libro ironico, ma quando poi lo si legge, ci si accorge che ciò che per Mark Twain è ironico è ciò che avviene molto seriamente nel nostro Paese: qui tutti prendono molto sul serio affermazioni che dovrebbero essere considerate ironiche, dunque dovrebbero stigmatizzare alcune situazioni.
Mark Twain, proprio sulla libertà di stampa afferma: «Ma non continuerò con questi commenti. Ho una specie di vaga idea generale che ci sia troppa libertà di stampa in questo Paese e che per l'assenza di un sano invito alla moderazione, il giornale sia diventato, in larga misura, una maledizione nazionale che probabilmente condannerà ancora la Repubblica (nel senso dell'istituzione). I giornali possiedono alcune eccellenti virtù, dei poteri che esercitano una grande influenza per il bene comune. Avrei potuto raccontare Pag. 33queste cose osannandole in modo esauriente, ma così, signori, non avrei lasciato niente da dire a voi».
Ecco, noi non vorremmo lasciare a Tremonti il finale della storia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, il calendario dei lavori dell'Assemblea non aiuta il Governo, anzi, il Governo non aiuta sé stesso e, se continua così, verrà travolto dalle sue contraddizioni. Non mi dispiacerebbe che il Governo venga travolto dalle sue contraddizioni, ma mi preoccuperebbe un po' di più se ad essere travolto fosse il nostro Paese in un contesto che lo vede sempre più in difficoltà e sempre più marginale rispetto al resto dei Paesi europei.
Il Governo non aiuta sé stesso perché, dopo la sconfitta politica e parlamentare della scorsa settimana, qui in Aula, sulla Protezione civile, si presenta oggi in Parlamento con un altro brutto pasticcio giuridico e politico: il decreto-legge cosiddetto milleproroghe.
Tra l'altro, rivolgo un invito bipartisan, signor Presidente: cominciamo ad usare termini che siano comprensibili ai più, ai comuni mortali, facciamo questo sforzo, perché nessuno dei nostri cittadini capisce cos'è un decreto-legge milleproroghe. La colpa non è certamente di questo Governo, ma cerchiamo di uscire dalla logica tipica del microcosmo politico romano e spieghiamo ai cittadini cosa sono questi oscuri provvedimenti.
Questo decreto-legge milleproroghe è particolarmente oscuro e particolarmente sbagliato. Esso è il combinato disposto tra la marcia indietro sulla Protezione civile e la marcia avanti sul decreto-legge milleproroghe (mettiamoci un punto interrogativo, vediamo se questa settimana riuscirete a tenere, colleghi della maggioranza) che sono l'esempio perfetto del modo sbagliato di legiferare.
Certo, si tratta di uno sbaglio, in genere, di vari Governi ma uno sbaglio che questo Governo ha fortemente aggravato, facendo un ricorso sistematico - e quindi eccessivo, proprio perché straordinario - alla decretazione d'urgenza e alle ordinanze della Protezione civile. Delle ultime abbiamo già abbondantemente parlato la scorsa settimana, mentre della prima dobbiamo parlare questa settimana. È un brutto mix di mancanza di trasparenza e anche, in parte, di mancanza di legalità, quanto meno comunitaria. Tuttavia, tornerò nella seconda parte del mio intervento su questo aspetto.
Ma vediamo un po' alcuni dati che credo siano importanti perché altrimenti sarebbe troppo facile per il Governo dire che queste sono solo parole. Vediamo i dati e i problemi dell'uso sistematico, straordinario e quindi illegittimo (dal punto di vista questa volta costituzionale interno), che fate della decretazione d'urgenza. Esaminiamo, in particolare, i primi 18-20 mesi della XVI legislatura e vediamo quali difficoltà questo primo scorcio di legislatura abbia fatto emergere nel modo in cui questo Esecutivo concepisce il suo rapporto con la sua maggioranza e, più in generale, il suo rapporto con il Parlamento.
Il primo dato è incontrovertibile, perché anche rispetto alla precedente legislatura si manifesta un andamento sostanzialmente costante del numero assoluto dei decreti-legge emanati. Infatti, siamo già a più di 52.
Il secondo punto è relativo all'analisi quantitativa. In questa parte del mio intervento svolgerò un'analisi quantitativa e poi verrò - Ministro per Ministro coinvolti in questo provvedimento - ad una più qualitativa o, meglio, scarsamente qualitativa.
Tornando, appunto, all'analisi quantitativa - quindi articoli, commi e caratteri a stampa pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, che forse può parlare un po' alla gente - si evidenzia, nella XVI legislatura, un netto aumento della regolazione complessivamente approvata per decreto-legge. Siamo esattamente a un bel più - anzi un brutto più - 66 per cento. Pag. 34
Il terzo elemento quantitativo è la tendenza di crescita dei contenuti durante la conversione in legge dei decreti-legge. Si tratta di una crescita che è veramente esponenziale. Infatti, in questa legislatura è pari a più 70 per cento.
Il quarto punto è che la percentuale dei decreti-legge valutabili come intersettoriali - e quindi eterogenei - è pari a 11 decreti-legge emanati in questa legislatura, cioè un 25 per cento che, comunque, rimane un dato sostanzialmente alto.
Si è accentuato, poi, in questo inizio di legislatura il ricorso ai voti di fiducia sul disegno di legge di conversione. Infatti, siamo a una media che è ben oltre il 30 per cento. È stato approvato con votazioni di fiducia il 68 per cento della regolazione complessiva contenuta nelle leggi di conversione e, in particolare, ciò appare appunto sistematico - e di nuovo sono obbligato ad usare questo aggettivo, sistematico - per i decreti-legge di maggiore peso e importanza che, tra l'altro, a livello sempre quantitativo di misura, tanto per parlare di semplificazione normativa e migliore leggibilità dei provvedimenti, arrivano nel corso del loro iter a superare i 40 mila caratteri. Forse il rappresentante del Governo potrebbe riflettere su questo aspetto.
Il settimo elemento quantitativo è che, nonostante i provvedimenti urgenti abbiano investito la quasi totalità dei settori normativi, vi sono decreti-legge a contenuto tipico e, diciamo così, «ricorsivo», quali la proroga termini, le missioni internazionali e l'adempimento di obblighi comunitari. Su quest'ultimo punto - su cui ritornerò - state veramente dando il peggio di voi stessi con la legge comunitaria del 2009, ancora da approvare, e decreti-legge milleproroghe che prorogano, anziché sanare, delle situazioni di infrazione.
Vi sono, poi, aree specifiche in cui la decretazione interviene con maggiore sistematicità quali l'ambiente, la sicurezza e, immancabilmente, l'economia.
Quindi cosa si registra? Si registra un progressivo slittamento della regolazione (soprattutto economica e finanziaria) dalla legge finanziaria ai provvedimenti urgenti e anche su questo punto tornerò, rivolgendomi all'ineffabile Ministro Tremonti.
È poi frequente in questa legislatura, molto più che rispetto alle altre, la concatenazione dei provvedimenti di urgenza finalizzati a correggere o integrare discipline adottate con decreti precedenti in un arco di tempo estremamente ridotto. Da tale fenomeno discende che è stato evidentemente compresso, per le modalità attuate, l'esercizio del ruolo del Parlamento.
Signor Presidente, gradirei che il rappresentante del Governo ascoltasse gli interventi in Aula dato che è dovere del Governo quando è in Aula ascoltare quanto il Parlamento ha da dire, tanto poi il decreto-legge gli permette di tagliare anche questi tempi, quindi quanto meno faccia questo sforzo di forma, se non di sostanza.
Dicevo che è stato compresso l'esercizio del ruolo del Parlamento. Non sono parole mie, né dell'opposizione, ma del Presidente della Repubblica che ha aggiunto anche che tutto ciò finisce per gravare negativamente sul livello qualitativo (ecco, dalle quantità passiamo alla qualità) dell'attività legislativa e sull'equilibrio del sistema delle fonti.
Quindi a cosa siamo chiamati? Siamo chiamati a ricercare nuovi strumenti per esercitare le fondamentali funzioni di discutere e legittimare l'indirizzo politico e di controllare lo svolgimento nel concreto dell'articolarsi delle singole politiche.
È chiaro che dobbiamo riflettere sul ruolo del Parlamento e sul ruolo in generale della funzione legislativa che va certamente interpretata in chiave evolutiva, ma che non può essere costantemente ristretta e marginalizzata come accade a causa della strategia seguita da questo Governo.
Il Presidente Giorgio Napolitano continua dicendo se non ci dobbiamo chiedere se non sia finito per instaurarsi, anche attraverso il crescente uso e la dilatazione di decreti-legge e di ordinanze di urgenza, un vero e proprio sistema parallelo di produzione normativa. È evidente allora Pag. 35che la preoccupazione è ancora più elevata e che occorre difendere le prerogative parlamentari e rilanciare la posizione di centralità del Parlamento nel nostro sistema costituzionale come luogo privilegiato di elaborazione delle norme e di soluzione ai problemi normativi e istituzionali del Paese.
Dicevo che il calendario non vi aiuta neppure dal punto di vista qualitativo, perché in pochi giorni vediamo sfilare in Parlamento una serie di forzature che fate al rapporto tra Governo e Parlamento e al metodo democratico e vediamo l'approssimazione, l'improvvisazione e anche un po' l'arroganza di questo Governo e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, come ho già detto: marginalizzazione del Parlamento in primo luogo, negazione del suo ruolo, annullamento delle sue prerogative. Ce n'è un'altra, leggermente più nascosta, ma che è altrettanto grave e che è l'assoluta carenza di chiarezza normativa, ossia la totale incertezza giuridica e quindi la violazione di quel diritto alla certezza del diritto che più volte di recente è stata rilevata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea e che è grandemente violata dal modo di legiferare italiano.
Ma questi sono solo aspetti giurisprudenziali: ci sono anche delle forti contraddizioni politiche, proprio rispetto agli impegni che voi stessi assumete e dite di aver assunto a livello europeo. Infatti, siete in netta controtendenza con un altro degli obiettivi politici indicati dall'Unione europea, quello della semplificazione normativa e amministrativa e non solo per le cifre che ho dato nella mia introduzione.
È un paradosso, in particolare per il Governo italiano rispetto agli altri Governi europei, perché questo Governo ha addirittura istituito un Ministro per la semplificazione. Si tratta di una vera presa in giro quella che Calderoli sta facendo agli italiani. È una presa in giro se il Ministro è consapevole del fatto che, anziché semplificare il quadro normativo, lo state complicando con la decretazione d'urgenza. Anziché ridurre la metratura di norme nella Gazzetta Ufficiale, la metratura aumenta con la vostra decretazione d'urgenza. Oppure si tratta di una manifestazione di incompetenza, qualora il Ministro non ne fosse consapevole. Però qualcosa mi spinge ad optare per la prima opzione: una presa in giro consapevole degli italiani.
Tra l'altro siete in controtendenza non solo con gli impegni europei, ma anche con quanto sta accadendo nei singoli Paesi europei e la questione va addirittura al di là delle responsabilità gravissime del Governo. Vorrei ricordare un caso recente francese che credo sarebbe istruttivo, sul quale anche il Governo e altri organi costituzionali, potrebbero riflettere. Il Consiglio costituzionale francese ha recentemente considerato illegittima una proposta di legge, proprio a causa della sua incomprensibilità da cui derivava una forte incertezza giuridica che gravava su quel diritto alla certezza giuridica che nello spazio giuridico europeo ha ogni nostro cittadino.
Consiglio a Calderoli di adottare lo stesso metodo: anziché il metodo taglia-enti che sbandiera senza poi applicare, potrebbe in questo modo, seguendo proprio il ragionamento e il metodo del Consiglio costituzionale francese (se ha bisogno di ispirazione), sfoltire i metri di carta e di Gazzetta Ufficiale che questo Governo sta producendo, reiterando di continuo provvedimenti tra loro scoordinati. Sarebbe troppo facile addossare tutte le responsabilità al Ministro Calderoli. No, signor Presidente, il vero responsabile è certamente un altro: il Ministro Tremonti, il nostro tributarista che si traveste da intellettuale e non fa mai veramente il Ministro. Consideriamo Tremonti il vero responsabile perché, questo decreto-legge milleproroghe è l'emblema - se ce n'era bisogno - del carattere illusorio e dannoso delle politiche di Tremonti.
L'ineffabile Ministro, infatti, ci aveva spiegato che, grazie al suo genio (che gli riconosce solo Berlusconi, ma così continuiamo a leggere delle genialità di Tremonti), la legge finanziaria italiana diventava finalmente light. Queste sono le parole che ha utilizzato il Ministro del tesoro: sarebbe diventata un «documento Pag. 36leggibile, snello, impermeabile ai cosiddetti assalti alla dirigenza sferrati nelle lunghe notti di discussioni nelle Commissioni parlamentari». Peccato però che il Ministro della legge finanziaria light poi metta in decreti-legge extra large tutto quello che dice di aver tolto dalla finanziaria. Solo questione nominalistica? O meglio: solo questione di taglia dal light all'extra large? Certamente no. Una legge consente un controllo e un dibattito parlamentare ampio ed approfondito, che inevitabilmente un decreto-legge comprime. Ma soprattutto una vera politica economica non può reggersi su proroghe e decreti-legge «XL». Deve avere una prospettiva di medio periodo e una struttura organica, mentre nell'azione di Tremonti tutto è solo permanenza del contingente con proroghe di anno in anno di provvedimenti congiunturali.
Vediamo un attimo alcuni aspetti più strettamente legati alla politica economica. Innanzitutto c'è un atteggiamento già grave dal punto di vista costituzionale, e ho ampiamente illustrato le ragioni di questa gravità nel rapporto tra organi costituzionali dello Stato e tra Parlamento e Governo in particolare. Questo atteggiamento è ancora più grave nell'attuale fase di crisi economica, è ancora più grave che in una tale fase Governo e maggioranza sfuggano alle loro responsabilità. Quali sono dal punto di vista della politica economica queste responsabilità? Innanzitutto il Governo avrebbe la responsabilità di ricercare delle soluzioni vere e concrete per avviare una vera ripresa economica e dare almeno una primissima spinta ad uno sviluppo del Paese che ancora appare molto lontano.
Con la vostra propaganda - a proposito della crisi economica che c'è e non c'è, c'è ma non ci colpisce, o ci colpisce ma non come gli altri - state veramente intossicando l'informazione e state ingannando l'opinione pubblica, ma non state cambiando la realtà. La realtà, dal punto di vista della politica economica, è la vostra inerzia. Un'inerzia colpevole e irresponsabile che le vostre bugie, che abbiamo ascoltato ieri di nuovo telefonicamente con le parole del Presidente del Consiglio Berlusconi, cercano di coprire. Un'inerzia che avete addirittura l'ardire di voler far passare come strategia diffondendo dati falsi, in base ai quali l'Italia si starebbe riprendendo prima e più rapidamente degli altri Paesi della zona euro. C'è inerzia e miopia, se vogliamo darvi un minimo di buona fede, in quello che state facendo.
Non possiamo, come invece voi state facendo, accontentarci di tenere, con molta fatica e con vari errori, sotto controllo la spesa pubblica - ma c'è un punto interrogativo in proposito e tornerò su questo aspetto - e aspettare in modo parassitario gli eventuali o alcuni eventuali effetti positivi di politiche espansive di altri Paesi europei della zona euro o dell'amministrazione statunitense.
Inerzia irresponsabile e falsità emergono con chiarezza anche tra le righe di questo decreto-legge. Vediamo perché: da questo decreto-legge emerge, questo sì molto chiaramente, che il Governo ha preso atto del fallimento della sua gestione dei conti pubblici. Sì, signor Presidente: fallimento della gestione tremontiana dei conti pubblici. Dalla presa d'atto di fallimento e di questi errori ecco misure di tagli orizzontali della spesa pubblica. Non c'è bisogno di essere in quest'Aula a parlare per capire che taglio orizzontale vuol dire negazione della politica, vuol dire negazione della politica economica, vuol dire rinunciare a compiere scelte strategiche, vuol dire rinunciare a compiere scelte settoriali che sono sempre necessarie, invece, e sono particolarmente urgenti in casi di crisi eccezionali come questa. Invece, di fronte al fallimento iniziale, si ritorna a quanto si era detto che non si sarebbe fatto, cioè tagli orizzontali e indiscriminati.
Senza parlare poi delle evidenti spinte settoriali e lobbistiche a cui prestate il fianco in maniera molto chiara con questo provvedimento. Infatti questo decreto è evidentemente il frutto di mediazioni non troppo trasparenti e comunque certamente molto confuse: deviazioni confuse e oscure che vanno a danno del Paese. Pag. 37
Non è vero, infatti, che, al contrario di quanto ci dicono il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze, andiamo meglio di altri. Vediamo perché: abbiamo visto qualche cifra sull'urgenza-emergenza costituzionale rispetto ai decreti-legge e vediamo qualche altro elemento di comparazione e qualche altra cifra rispetto all'emergenza di politica economica alla quale ci state portando.
Innanzitutto, crescevamo meno degli altri prima di entrare nella crisi e ciò è dovuto a carenze strutturali del nostro Paese che hanno le loro radici molto lontano (ne do atto). Ora, però, stiamo andando a un passo molto più lento: usciremo dalla crisi - secondo le proiezioni dell'OCSE e anche quelle che voi invocate, dovreste leggerle meglio, fra analisi reale e prospettive - molto più tardi e molto più lentamente degli altri Paesi e abbiamo subito un colpo durissimo alla nostra ricchezza nazionale, perdendo in questa crisi ben otto anni di ricchezza nazionale, mentre la media della zona euro è di quattro-quattro e mezzo. Ciò vuol dire che impiegheremo, in assenza di scelte strategiche di politica economica (che continuiamo a non vedere da parte del Governo), almeno il doppio del tempo rispetto ai nostri partner della zona euro per tornare non a una situazione idilliaca, ma alla situazione del 2007, che già ci vedeva in forte difficoltà rispetto alle altre grandi economie della zona euro.
Questo vorrebbe dire andare meglio degli altri Paesi? Io non so su quali basi pronunciate affermazioni così lontane dalla realtà, ma la situazione è ancora più grave e il decreto-legge in esame ne è la prova, perché non solo avete perso il controllo dal lato della spesa, ma non siete neppure in grado di controllare gli andamenti della finanza pubblica. Cosa si dovrebbe fare, invece, anziché operare quei tagli orizzontali ai quali siete tornati con il decreto-legge in esame? Dal vostro punto di vista - non sarebbe certamente compito dell'opposizione dirvelo -, almeno, la cosa più semplice sarebbe stata quella di confermare e finalmente attuare quanto avevate indicato nel decreto-legge n. 78 del 2009 (provvedimento al quale noi ci eravamo opposti): già in esso era contenuta una tendenza ai tagli orizzontali, ma il provvedimento almeno definiva alcuni criteri e alcuni obiettivi che non sono assolutamente né confermati, né modificati, né menzionati nel provvedimento che stiamo esaminando.
In quel decreto-legge erano contenuti obiettivi di risparmio da assegnare amministrazione per amministrazione, c'erano i piani di autoristrutturazione per ogni singolo settore amministrativo, venivano introdotti controlli del Ministro dell'economia e delle finanze di coerenza tra le scelte delle singole amministrazioni e gli obiettivi fissati dal Governo e veniva anche menzionata la possibilità di irrogare sanzioni nel caso in cui un'amministrazione non avesse raggiunto gli obiettivi indicati.
Noi ci eravamo opposti, nel 2009, a questo provvedimento, perché la norma, per tanti altri aspetti, non era molto diversa da un taglio orizzontale, ma almeno nel 2009 cercavate di giustificare il provvedimento con una procedura che poteva avere una parvenza di razionalità, mentre nel decreto milleproroghe che stiamo esaminando non c'è alcuna indicazione simile. Se non sembravano molto lungimiranti nel 2009, il vostro atteggiamento e i vostri tagli orizzontali, nel 2010, rivelano una strategia che non solo non è affatto lungimirante, ma è proprio cieca.
Prima di passare al terzo punto dolente - ce ne sono tanti, ma quelli di questo provvedimento su cui mi vorrei concentrare sono il rapporto tra Governo e Parlamento e gli aspetti di politica economica - che è l'aspetto relativo all'aggravamento della situazione dei nostri rapporti con l'Unione europea che questo decreto-legge provocherà, vorrei anche ricordare - probabilmente è stato fatto da altri colleghi, ma credo che per la cronaca sia importante che rimanga agli atti parlamentari - che in questo, me lo consenta, signor Presidente, «bestiario» (vedrà perché uso questa espressione), vi è anche qualcosa che riguarda i cani di razza. Pag. 38Però, caro rappresentante del Governo, il problema è che non sono di razza i vostri provvedimenti.
L'articolo 10-quater proroga fino al 30 aprile 2011 l'efficacia del decreto, annullato da parte del TAR del Lazio, di nomina del commissario ad acta per l'applicazione del disciplinare del libro genealogico del cane di razza. La disposizione fa salvi gli effetti prodotti dal decreto e specifica il fondamento del potere sostitutivo del Ministro. In sostanza, utilizziamo in questo «bestiario» di urgenza il decreto milleproroghe per prorogare una situazione che è già stata condannata e sulla quale è già stato espresso un giudizio negativo da parte del TAR del Lazio. La stessa cosa facciamo, lo vediamo fra un attimo, rispetto a tutta una serie di procedure già avviate dalla Commissione europea o di sentenze già emanate nei confronti dell'Italia da parte della Corte di giustizia.
Però vi è un altro aspetto, meno folcloristico; non che disattendere le sentenze del TAR sia folklore, ma questo aspetto è meno folcloristico perché ha implicazioni molto più ampie del disciplinare del libro genealogico del cane di razza. Mi riferisco allo scudo fiscale, non per i cani di razza, ma per altri tipi di individui. Su di esso vi è stata una polemica assolutamente disarmante, in cui, addirittura, il Governatore della Banca d'Italia è stato accusato di essere il leader dell'opposizione dal Ministro Calderoli.

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, le ricordo che ha ancora un minuto scarso.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Soprattutto dopo i fallimenti che avete subito in Europa per quanto riguarda le nomine (è lunga la vicenda: da Mario Mauro fino al Ministro Tremonti, che si è autoescluso perché lo avevano escluso dall'essere candidato alla Presidenza dell'Eurogruppo), nel momento in cui, dopo che la candidatura di Mario Draghi è nata fuori da Roma e dall'Italia (e sappiamo tutti perché), dopo che finalmente addirittura il Ministro Tremonti sembrava avere accettato l'idea, che è normalità per un Ministro della Repubblica, di sostenere la candidatura di Mario Draghi, delle accuse come quelle di Calderoli certo non aiutano Mario Draghi, e quindi non aiutano l'Italia, a vincere questa gara contro Axel Weber e contro l'asse franco-tedesco, che sembra, ancora una volta, volerci mettere ai margini.
Ma se ai margini ci mettiamo noi stessi con le dichiarazioni irresponsabili di Calderoli, e vi è una lunga serie, purtroppo, una sequenza storica, che va dalle magliette su Maometto fino a queste dichiarazioni improvvide, questo certamente non è il modo migliore di tutelare e di promuovere delle candidature che sono nell'interesse nazionale e che, proprio per questo, stanno ricevendo un sostegno, quello sì, assolutamente bipartisan, perché l'opposizione è assolutamente al fianco del Governo e per l'Italia nel sostegno alla candidatura di Mario Draghi.
Ma è necessario che il Governo, anche da questo punto di vista, aiuti sé stesso e Calderoli pensi a fare quello che non fa, cioè semplificare il panorama normativo e amministrativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare sull'ordine del lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, un paio di colleghi hanno preteso prima l'attenzione del Governo; mi scuso se magari per due secondi stavamo parlando. Faccio notare, signor Presidente, che in Aula il Regolamento prevede che non si possa arrestare nessuno, ma la buona educazione e i modi cortesi non sono altrettanto arrestabili: qualche volta l'uso di alcune frasi semplici, che d'altronde sono di corrente uso, tipo «per piacere» e «grazie», non sarebbe sgradito. Faccio notare anche al collega che non sussiste l'obbligo di attenzione, né da parte del Governo in Aula, né da parte di altri: esiste il diritto di poter parlare, ma per quanto riguarda Pag. 39l'attenzione essa dev'essere suscitata. Lascio quindi al collega che ha appena terminato un sano e sincero esame di coscienza, se l'abbia potuto esercitare o meno.

SANDRO GOZI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, capisco che l'esponente della Lega si sia sentito toccato sul vivo nel constatare il fallimento non solo del Ministro Tremonti, ma anche del Ministro Calderoli.

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. Non è sull'ordine dei lavori!

SANDRO GOZI. Ma egli potrebbe anche prestare attenzione ad alcuni aspetti, che evidentemente sfuggono alla sua attività parlamentare, che sono quelli di politica economica e di politica europea del Governo, che sono evidentemente a lui ignoti, ma sui quali il Governo dovrebbe riflettere, ed è compito dell'opposizione spingere il Governo a riflettere.

PRESIDENTE. Credo che vi sia la massima libertà di parola in Aula: in effetti però l'intervento non era molto attinente all'ordine dei lavori, ma neanche quello precedente lo era. Esistono doveri sanciti dal Regolamento e doveri di cortesia. Va bene l'invito all'esercizio della cortesia, ma anche ascoltare - da parte del Governo - il Parlamento che parla, perché ogni parlamentare che parla è il Parlamento, rientra quanto meno fra i doveri di cortesia, anche se forse non è sancito esattamente e precisamente nel Regolamento.
Dunque, sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Leone e Volontè sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3210)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, dedicherò una prima parte di questo intervento ad alcune considerazioni di metodo per poi passare alla valutazione del merito di una piccola parte delle molteplici norme contenute in questo provvedimento.
Sotto il profilo del metodo, la prima cosa che è opportuno rilevare è che il decreto-legge in esame è stato ampiamente modificato nel corso della discussione al Senato rispetto alla versione iniziale: esso era composto inizialmente di 11 articoli e di 77 commi, dopo circa quaranta giorni di discussione al Senato ne è uscito come un provvedimento di 15 articoli e di 122 commi.
Questo appesantimento notevole rispetto alla versione firmata dal Capo dello Stato credo sia l'ennesima dimostrazione di come tutte le buone intenzioni del Governo e della maggioranza sullo snellimento del processo legislativo e della sessione Pag. 40di bilancio (inclusa la legge di riforma della contabilità pubblica) sono rimaste sostanzialmente nel cassetto.
Se guardiamo ai provvedimenti di natura economica che impattano sull'economia e sulla contabilità pubblica, questo Governo ha varato provvedimenti per complessivi 2.520 commi (certo non tutti presenti in un disegno di legge finanziaria, come veniva imputato al Governo precedente, bensì suddivisi tra una pluralità di provvedimenti, e comunque parliamo di una massa di norme nettamente superiore, come produzione legislativa, a quella del Governo precedente).
A questi 2.520 commi si aggiungono tutti i provvedimenti che via via vengono discussi dal Parlamento, compreso il decreto-legge «milleproroghe» con i suoi 122 commi che, per molti versi, impatta sull'economia e sulla contabilità pubblica e rappresenta una sorta di prosecuzione, un'appendice vera e propria della sessione di bilancio.
La maggioranza ed il Governo avevano promesso di asciugare e di razionalizzare la sessione di bilancio: credo che con questo decreto-legge «milleproroghe», per come è diventato nel corso della discussione, tutte quelle parole rimangono appunto parole perché è tornata, più pervasiva che mai, la fiera delle norme microsettoriali.
Basta andare a guardare i 122 commi di questo provvedimento per vedere che si spazia dai settori più disparati della vita di questo Paese per proroghe di termini e non solo; sono tornate alla grande le lobby ed i microinteressi, così come era già tornato nella discussione del disegno di legge finanziaria l'assalto alla diligenza (un assalto alla diligenza che per di più, a differenza che nel passato tanto criticato, viene consumato in sostanza al di fuori delle Aule parlamentari, bypassando completamente il ruolo di controllo, di contrasto e di controproposta dell'opposizione presente in Parlamento).
In questo ramo del Parlamento, alla Camera dei deputati, soffriamo poi un ulteriore danno. Il decreto-legge è stato infatti emanato il 30 dicembre del 2009 ed il Senato lo ha approvato l'11 febbraio: la discussione in questo ramo del Parlamento, di conseguenza, viene compressa al di là di ogni limite.
Me lo lasci dire, signor Presidente: ho un'esperienza parlamentare limitata ma credo che mai sia accaduto che in Commissione bilancio - come è accaduto per questo decreto-legge «milleproroghe» - un provvedimento di tale complessità sia stato liquidato, come è avvenuto la scorsa settimana, senza nemmeno discutere i tanti emendamenti presentati dall'opposizione e, in parte, dalla maggioranza. Non vi è stata una vera discussione all'altezza della varietà e della complessità dei temi toccati dal provvedimento in esame.
Quanto sta accadendo - quanto è accaduto nella Commissione affari costituzionali e bilancio e quanto rischia di accadere nei tempi limitati che ci vengono concessi per la discussione nell'Aula della Camera dei deputati - è allora l'ennesima, inaccettabile forzatura ai danni del ruolo e delle prerogative del Parlamento, in particolare di questo ramo del Parlamento, ossia della Camera dei deputati.
Questa è una questione di metodo, ma va sottolineata con grande forza nel momento in cui questo provvedimento arriva alla discussione nell'Aula della Camera dei deputati.
Venendo al merito, signor Presidente, la norma probabilmente più impattante e significativa del decreto cosiddetto milleproroghe è la riapertura fino al 30 aprile 2010 dei termini della disciplina dello scudo fiscale (la previsione contenuta all'articolo 1, commi 1, 2 e 2-bis di questo provvedimento).
Il Governo ha giocato tutta l'operazione dello scudo fiscale con una notevole spregiudicatezza mediatica. All'epoca dell'introduzione di questo strumento avevamo duramente criticato lo scudo fiscale. Criticavamo, e continuiamo a criticare, la valenza fortemente diseducativa, mi si passi il termine, dello scudo fiscale che sana illegalità ed irregolarità per decine di miliardi di euro, in uno dei Paesi OCSE in Pag. 41cui più forti, diffuse e pervasive sono l'evasione e l'elusione fiscale e contributiva.
Vengono sanate irregolarità per decine di miliardi di euro agli evasori più sofisticati, a quelli che sono riusciti a portare i soldi all'estero in qualche modo, per non parlare delle delicatissime implicazioni che questo provvedimento ha su tutta quell'area di sommerso che fa riferimento al giro d'affari della criminalità organizzata di questo Paese.
Noi criticavamo, e critichiamo, l'impostazione di merito dello scudo fiscale, ben diversa, e molto più lasca, rispetto ad analoghe sanatorie varate in questi mesi da altri Paesi avanzati.
In proposito, per fare un confronto tra quanto sono severi gli altri Paesi e quanto siamo troppo tolleranti noi, basta leggere le analisi che sono state progressivamente prodotte sul merito dello scudo fiscale dagli economisti di Lavoce.info, di Nens.it e di Nelmerito.com, da tutti gli analisti seri di questo Paese, per rendersi conto che si tratta di un provvedimento che ci allontana dal novero dei Paesi avanzati che hanno affrontato con più serietà la questione dei paradisi fiscali e della regolarizzazione dei capitali detenuti illecitamente o illegalmente all'estero.
Il Governo ha risposto a tutte queste critiche, provenienti dall'opposizione e da analisti non politicamente connotabili, esaltando l'entità complessiva dei risultati della manovra. Vi è un comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze, il n. 202 del 29 dicembre 2009, che è un capolavoro di enfasi retorica. Questo comunicato esalta i risultati dello scudo fiscale dicendo testualmente: 95 e 98, è con questi due numeri che si può sintetizzare in un primo bilancio l'operazione rimpatrio dei capitali in Italia. Novantacinque miliardi di euro, pari a 190 mila miliardi di vecchie lire - per rendere ancora più enfatica la cosa - è il volume delle operazioni. Su questo volume il 98 per cento è fatto di rimpatri effettivi in Italia. Sono numeri - scrive il Ministro dell'economia e delle finanze - che marcano uno straordinario successo, segno di forza della nostra economia e di fiducia nell'Italia.
Questo comunicato trionfalistico glissa sul tema del gettito, perché da questo provvedimento e da questa massa apparentemente enorme di risorse, in realtà, è entrata nelle casse dello Stato italiano una percentuale notevolmente bassa. Si glissa sul gettito e sul regalo enorme fatto agli evasori che hanno portato all'estero queste decine di miliardi di euro, mentre si insiste molto sull'entità complessiva, ovvero i 95 miliardi di euro dei capitali rimpatriati.
Signor Presidente, ci volevano l'autorevolezza e la serietà della Banca d'Italia e del Governatore Draghi per chiarire agli italiani che cosa è veramente successo, ed è utile che lo ribadiamo nelle Aule parlamentari.
Le modalità con cui si poteva, e si può, aderire allo scudo fiscale sono tre: la regolarizzazione, con cui sostanzialmente si mantengono all'estero il denaro e le altre attività permesse per un novero limitato di fattispecie; il rimpatrio giuridico, quando l'intermediario abilitato residente in Italia assume formalmente in custodia le attività, senza che si proceda al materiale trasferimento delle stesse nel territorio dello Stato; infine, il rimpatrio vero e proprio, quello su cui si concentra l'enfasi trionfalistica del Governo, in base al quale i capitali vengono fisicamente depositati presso l'intermediario abilitato italiano.
Allora, quanti dei rimpatri effettivi, citati dal comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze, sono dei rimpatri veri e propri? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre quando analizziamo il tasso di fiducia nei confronti dell'economia italiana propagandato dal Ministero dell'economia e delle finanze.
La Banca d'Italia, che raccoglie le statistiche per la bilancia dei pagamenti, ci dice che fino al 15 febbraio 2010, su una massa di 85 miliardi oggetto di quelle statistiche, sono solo 35 (lo ripeto: 35, cioè il 41 per cento del totale, non il 98 come scrive il Ministero dell'economia e delle Pag. 42finanze) i rimpatri con liquidazione, cioè i rimpatri veri e propri, soldi tornati effettivamente in questo Paese. Di quei 34,9 sono 33,7 (quasi tutti) i conti correnti, sostanzialmente denaro cash che, una volta rientrato con questa modalità, può uscire in qualunque momento, e non è scritto da nessuna parte che venga reinvestito in questo Paese per ridare slancio all'economia italiana.
Signor Presidente, sono questi i numeri veri ed è scandaloso - me lo lasci dire - che il Ministro Calderoli abbia attaccato a testa bassa il Governatore della Banca d'Italia Draghi, accusando quella istituzione di prendere fischi per fiaschi. È scandaloso che lo abbia fatto un Ministro che si dovrebbe occupare di semplificazione, avventurandosi nei meandri di una materia (me lo lasci dire), l'economia, che il Ministro Calderoli non ha mai padroneggiato più di tanto.
In realtà lo scudo non è stato un segno di forza della nostra economia, non è stato un segno di fiducia nell'Italia, è stato - questo sì - un gigantesco regalo agli evasori fatto da un Governo che non ha speso un euro in più per combattere e contrastare la crisi economica, e nonostante questo ha fatto aumentare il debito pubblico nel 2009 di 98 miliardi di euro (portandolo vicino al 115 per cento del prodotto interno lordo).
Questa è la condizione vera della finanza pubblica di questo Paese al di là dei trionfalismi sullo scudo fiscale, sui rientri veri o presunti di capitali, e su quanto il Ministero dell'economia e delle finanze ha avuto modo di scrivere e di proclamare pubblicamente.
C'è un secondo tema che vorrei discutere e su cui vorrei riflettere, e riguarda la vicenda - sempre contenuta nel decreto milleproroghe - della sospensione delle tasse e dei contributi per i terremotati abruzzesi, perché - Presidente - anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una situazione molto discutibile (per usare un eufemismo).
Il decreto-legge all'articolo 1, commi 10 e 11, proroga la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari e contributivi, demandando - per l'ennesima volta, me lo lasci dire - ad un'ordinanza della Protezione civile la fissazione dei nuovi termini di scadenza.
Non mi soffermo su questa fattispecie delle ordinanze che stanno diventando di fatto un momento di iperproduzione di norme al di fuori del controllo parlamentare. Veniamo al merito della questione. Credo che tutta la vicenda della sospensione del pagamento delle tasse e dei contributi per i terremotati abruzzesi - compreso quanto è scritto nel decreto milleproroghe - sia l'ennesimo atto di una vicenda che la dice lunga su come questo Governo si è realmente occupato dell'emergenza abruzzese.
Ieri in una bella trasmissione televisiva ci è stata ricordata la distanza tra i problemi e la realtà sulla ricostruzione, i problemi e i ritardi della ricostruzione in Abruzzo. Credo che anche sulla questione della sospensione del pagamento delle tasse e dei contributi ci sia parecchio da dire, perché - Presidente - in passato per calamità analoghe o anche meno gravi si era provveduto a sospendere il pagamento di tributi e di contributi per diciotto, ventiquattro o addirittura trenta mesi, disponendo in tempi ragionevoli la rateizzazione, e riducendo il capitale da rimborsare. Cito un esempio tra tanti: il terremoto dell'Umbria e delle Marche; il Governo Prodi dispose il rimborso in dieci anni, 120 rate mensili, con una riduzione del 40 per cento del capitale da rimborsare, senza interessi, per quanto riguarda il tema della sospensione delle tasse e dei contributi. Lo ripeto: dieci anni, 120 rate, meno 40 per cento di capitale, niente interessi.
Guardiamo cosa sta accadendo per l'Abruzzo. È stata disposta la sospensione con l'ordinanza di protezione civile n. 3754. Il cosiddetto decreto-legge Abruzzo, il n. 39 del 2009, ha confermato e specificato l'estensione della sospensione, ma non ha detto nulla sulle modalità di rimborso. Il decreto-legge n. 78 del 2009 ha disposto la ripresa del versamento di tasse e contributi dal 1o gennaio 2010, a pochi mesi dal terremoto, in una condizione Pag. 43di emergenza che continua, in 24 rate mensili, due anni al 100 per cento.
C'è stata una vera e propria sollevazione degli abruzzesi, degli enti locali, delle forze politiche e qualcosa è cambiato perché la legge finanziaria 2010 ha diluito in cinque anni la rateizzazione e ha differito al 1o luglio 2010 l'avvio dei versamenti. Si è continuato a non dire nulla su cosa sarebbe accaduto dal 1o dicembre 2009, che è la data di scadenza della sospensione. Dunque ora questa norma del milleproroghe porta al 1o luglio 2010, a poco più di un anno dal sisma, il termine dal quale i terremotati dovrebbero riprendere a pagare tasse, contributi e tutte le imposte che sono state sospese dal 1o dicembre 2009 al 30 giugno 2010 più il dovere di pagare le rate delle imposte sospese nel periodo precedente.
Stiamo parlando di un combinato disposto di norme che dal 1o luglio 2010 rischiano di caricare - se le norme non cambiano - sui contribuenti abruzzesi un peso di tasse, contributi, arretrati da riprendere a pagare, sia pure con una rateizzazione, assolutamente insostenibile. Bisogna dirlo chiaro e forte a differenza di quanto fa la propaganda governativa per quanto riguarda anche questo tema e questo aspetto della tragedia abruzzese.
Insomma anche questo decreto-legge milleproroghe non risolve i problemi legati alla sospensione delle tasse e dei contributi in Abruzzo ed evidenzia ancora una volta il permanere dei guasti di una vicenda gestita in modo confuso, pasticciato e soprattutto contraddittorio rispetto alle promesse e agli impegni che il Premier e svariati Ministri hanno a più riprese assunto facendo le loro passerelle nei luoghi della tragedia abruzzese.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione con poche altre considerazioni di merito su altre norme. Anzitutto, l'articolo 1, comma 15, dispone la conservazione in bilancio delle somme relative agli stanziamenti del 5 per mille non utilizzate. Del 5 per mille si occupa anche il comma 23-quaterdecies dello stesso articolo che proroga alcuni termini per il completamento delle procedure di riparto sempre per il 5 per mille: queste sono norme condivisibili, opportune ed utili, ma evidenziano - me lo lasci dire, signor Presidente - un problema tuttora aperto per quanto riguarda il 5 per mille.
Il 5 per mille - lo abbiamo detto tutti a prescindere dagli schieramenti politici di appartenenza - è uno strumento utile e positivo di sussidiarietà fiscale e largamente condiviso. La sua introduzione è stata largamente condivisa e tutti dalle proprie posizioni di maggioranza o di opposizione ci siamo battuti perché divenisse uno strumento stabile nell'ordinamento fiscale italiano. Il punto è che il 5 per mille, per come è stato normato ed organizzato, si sta dimostrando uno strumento terribilmente lento e farraginoso dal punto di vista della gestione e la necessità di inserire queste norme nel decreto milleproroghe è un'ulteriore conferma di questi problemi.
Noi abbiamo enti che sulla carta sono beneficiari di contributi ingenti ai sensi del 5 per mille che non hanno dopo anni ricevuto un euro a causa della lentezza e della farraginosità delle procedure. Vi sono enti che addirittura rinunciano a mettere in bilancio queste risorse perché dopo anni e anni di ritardo non se le aspettano più. Così non va e non può andare avanti.
Il tema è rendere stabile nell'ordinamento questo strumento. Signor Presidente, ci sono disegni di legge anche a sua firma che riguardano la stabilizzazione del 5 per mille che sarebbe l'ora di portare avanti e di concretizzare, ma questo strumento va soprattutto reso più semplice e rapido dal punto di vista della sua gestione amministrativa, altrimenti abbiamo una ottima intenzione: quella di restituire ai contribuenti uno spazio di libera scelta della destinazione delle imposte che pagano allo Stato, un'ottima intenzione, un ottimo strumento che poi nell'applicazione concreta rimane sulla carta. Infatti, questa è la storia degli ultimi tre anni di applicazione concreta del 5 per mille. E anche le norme del milleproroghe sono lì a testimoniare l'esistenza di un problema da risolvere. Pag. 44
Il secondo tema concerne l'articolo 1, comma 16, che estende all'anno 2010 la procedura sperimentale di certificazione di crediti relativi a somme dovute dagli enti locali e dalle regioni nei casi di somministrazioni, forniture e appalti compiuti dai creditori a favore dei suddetti enti.
È il tema enorme, anche se sottaciuto nel dibattito pubblico, dei crediti vantati dalle imprese private nei confronti della pubblica amministrazione, tema di cui si occupa sempre nel milleproroghe anche il comma 23-vicies che riduce giustamente e fortunatamente da 12 a 2 mesi il tempo di sospensione delle azioni esecutive intraprese nei confronti delle aziende sanitarie locali nelle regioni con i piani di rientro.
Sono due norme anch'esse utili, ma non sufficienti per affrontare questo tema con la decisione che richiederebbe. Guardate che le cifre in gioco sono enormi per quanto riguarda la questione dei ritardi di pagamento e dei crediti arretrati dei privati nei confronti della pubblica amministrazione. Il TAIS, il tavolo intersettoriale composto da organizzazioni datoriali e sindacali che da tempo si occupa di queste cose, ha stimato che il monte crediti dei privati nei confronti della pubblica amministrazione è oscillante tra i 60 e i 70 miliardi di euro, da 4 a 4,5 punti di Prodotto interno lordo, con più di metà di questi crediti che sono dovuti nei confronti delle aziende sanitarie locali, del Sistema sanitario nazionale. Questo è un tema che in una fase di crisi economica, di restrizione del credito e di calo degli ordini è ancora più importante per la sopravvivenza in questo Paese di migliaia e migliaia di piccole e medie imprese, che operano nel settore dei servizi, che lavorano gomito a gomito e fianco a fianco con la pubblica amministrazione, subendo però ritardi inaccettabili sul versante dei pagamenti.
Su tutti questi temi il Partito Democratico ha fatto una grande battaglia, quando abbiamo discusso - poco a dir la verità, ma anche in quest'Aula - dei provvedimenti anticrisi del Governo. Infatti noi riteniamo che su questo fronte si possa immettere rapidamente liquidità preziosa per il sistema delle piccole e medie imprese, senza impattare più di tanto sui conti delle amministrazioni pubbliche: l'uovo di Colombo per un Paese che ha un debito pubblico molto alto e spazi di manovra discrezionali fiscali oggettivamente limitati, come l'Italia. Su questo tema è stato fatto qualcosa - me lo lasci dire - su pressione innanzitutto del Partito Democratico, ma vi è ancora tantissimo da fare. I ritardi di pagamento in Europa sono in media di 65 giorni dopo la data di scadenza del contratto, in Italia siamo oltre i 100; per una serie di sistemi sanitari andiamo oltre l'anno di ritardo nei pagamenti. È una condizione inaccettabile e lo è ancora di più in una fase di crisi economica. Quindi la proroga della procedura di certificazione va benissimo, sarebbe stato ancora meglio rendere obbligatoria, e non solo facoltativa, da parte degli enti locali questa certificazione. La riduzione da 12 a 2 mesi del termine della sospensione delle azioni esecutive va bene: si rimedia ad un errore grossolano fatto con la legge finanziaria, che ha introdotto la sospensione di 12 mesi, che rischiava di portare l'Italia ad un giudizio negativo da parte della Commissione europea.
Insomma, vi è da fare di più e cito un punto tra tanti: Patto interno di stabilità, che è la chiave di volta per l'accelerazione dei pagamenti di una parte cospicua delle pubbliche amministrazioni, degli enti locali, verso il settore privato. Con questo Patto di stabilità i pagamenti in conto capitale stanno rallentando drammaticamente, i comuni non pagano gli stati di avanzamento dei lavori per rispettare le regole del Patto, le imprese che non ricevono i pagamenti vanno in difficoltà: licenziano persone, riducono la loro attività, contribuiscono al declino dell'economia. Sono mesi che lo diciamo e lo ribadiamo anche in questa sede: il cambiamento del Patto di stabilità è una chiave importante per rimettere in moto un circuito virtuoso di pagamenti per lavori già fatti, peraltro, da parte degli enti locali nei confronti delle imprese private e per dare una mano al rilancio dell'economia. Lo diciamo noi, Pag. 45signor Presidente, ma lo dicono anche organizzazioni sindacali e organizzazioni datoriali (ne cito una fra tutte: l'ANCE-Confindustria).
Infine - e mi avvio veramente a concludere - i commi 3-bis e 4-bis dell'articolo 8: il primo proroga di due anni, al 2013, il termine previsto dal codice ambientale per l'adeguamento alle norme delle emissioni degli impianti per le attività in esercizio al 29 aprile 2006. In altre parole, si proroga l'entrata in vigore di una norma che colpiva chi inquina. Questa norma è un premio agli inquinatori ed è una vera beffa, invece, per le imprese che hanno investito sulla qualità ambientale dei processi produttivi. Anche il comma 4-bis, che rinvia di un anno, al 1o gennaio 2011, il termine previsto dal testo unico dell'edilizia a partire da cui i regolamenti comunali dovranno provvedere per i nuovi edifici all'installazione di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili; anche questa proroga va in una direzione esattamente opposta ad un'idea di sviluppo sostenibile, di tutela dell'ambiente e di risparmio energetico, di sviluppo delle fonti rinnovabili. Non serve citare Barack Obama per parlare di green economy come strategia di uscita dalla crisi economica: lo dice l'Unione europea e lo dite persino voi.
Il punto è che queste due norme - ne ho citate due, ma potrei citarne altre - dimostrano che questo Governo, tra il dire e il fare in materia di ecologia e di sviluppo sostenibile, è lontano mille miglia da quanto stanno concretamente facendo gli altri Paesi europei. Essi, infatti, investono sulla green economy e non si limitano a declamarla nei convegni, come accade in questo Paese, perché lì vi è un potenziale di crescita, di sviluppo, di risparmio energetico, di tutela dell'ambiente e di sostenibilità di un modello di crescita che, nel nostro Paese, è stato messo in discussione da questa crisi economica.
Signor Presidente, ho veramente concluso. Potrei andare avanti molto a lungo, come hanno fatto, peraltro, molti colleghi, perché nei 122 commi complessivi vi è veramente tanto e sono tanti i punti critici che andrebbero sollevati. Invece, concludo, citando un intervento che, purtroppo, non è contenuto nel provvedimento in oggetto, circa le norme sui finanziamenti all'editoria, che il Governo si è rifiutato, finora, di inserire nel decreto-legge milleproroghe, nonostante le sollecitazioni che sono venute da tutte le parti. Mi riferisco all'intervento autorevole del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha chiesto, in prima persona, che questo tema venisse affrontato in tempi rapidi dal Governo.
Il tema è oggetto di infinite discussioni molto accese: è chiaro, che è necessario cambiare rispetto alla situazione attuale, rendendo più rigorosa e più efficace la finalizzazione dei finanziamenti (su questo non vi è dubbio), tuttavia, un punto va sottolineato con forza. Qui è gioco, innanzitutto, il destino di decine e decine di testate: sono quasi 4 mila i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, se non affrontate per tempo questo tema. Inoltre, è in gioco un pezzo di democrazia e di libera informazione. Sarebbe molto grave se un Governo, presieduto da una persona che continua ad avere un grave conflitto di interessi, assestasse l'ennesimo duro colpo alla libera informazione del nostro Paese, lasciando nel dimenticatoio, colpevolmente, questo tema.
Esso, invece, non è presente ed è un'ulteriore motivazione per esprimere un giudizio profondamente negativo sul decreto-legge «milleproroghe» in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, sottosegretario Cossiga, presidente Bruno, onorevoli colleghi, anch'io vorrei partire con qualche riferimento di contesto, nel discutere il provvedimento in oggetto. La scorsa settimana, in quest'Aula, abbiamo convertito in legge il decreto-legge relativo alla Protezione civile. In quell'occasione si è sentito molto parlare del «Governo del fare»; poi, un settimanale ha titolato: «il Governo del fare quel che ci pare». Pag. 46
Certo, è necessario aggettivare questo «Governo del fare», altrimenti, dipende un po' dai punti di vista: io direi «Governo del fare confusione» (lo spiegherò in seguito, discutendo del provvedimento in oggetto), «Governo del fare danni», ma, soprattutto, «Governo del fare propaganda».
Mi interessa un altro tema. Presidente Lupi, rispetto alla discussione sul «Governo del fare», quando discuteremo come si deve del «Parlamento del fare»? La settimana ancora precedente, abbiamo discusso del legittimo impedimento, inserendo il relativo provvedimento in calendario (e pregiudicando lo stesso calendario, che adesso ci vede correre per convertire in legge decreti-legge in scadenza). Molti commentatori e molti colleghi di maggioranza hanno ammesso che si trattava di una forzatura, di un sacrificio necessario, dato dalla contingenza e dall'eccezionalità. Tuttavia, la motivazione era che bisognava correggere uno squilibrio tra i poteri, tra il potere legislativo, esecutivo e giudiziario.
Ebbene, è stata scelta la strada più sbagliata che si potesse prendere, perché si è partiti da un'analisi errata. Infatti, ritengo che non sia un potere in quanto tale - cioè, la magistratura - ad andare fuori degli schemi; è, semmai, una parte di esso, su cui è necessario intervenire. E non vi è altro rimedio che intervenire attraverso le riforme, come la riforma della giustizia. Non può essere un rimedio esaltare gli altri poteri a danno di uno.
Detto questo circa il potere giudiziario - ed è pertinente con il provvedimento in discussione - vorrei dire che sono quindici anni, ormai, che discutiamo del rapporto fra politica e giustizia.
Ma io vedo lo squilibrio più preoccupante di quanto parliamo tra il potere legislativo e quello esecutivo. Vi ripeto i dati degli eccessi di decretazione: 53 decreti-legge in 20 mesi di legislatura, 28 fiducie e 189 ordinanze in deroga, un bicameralismo che, di fatto, è diventato un monocameralismo. Questo decreto-legge ci è stato trasmesso dal Senato il 15 febbraio, oggi siamo al 22 febbraio - c'è stato un weekend di mezzo - e scade il 28: credo che non sarà possibile una lettura approfondita in questi termini. Gli uffici ha fatto un buon lavoro, capisco l'impegno dei colleghi relatori Polledri e Stracquadanio, che sono colleghi dei quali conosco la serietà e l'impegno, però non può essere questo che ci dà una qualità della legislazione.
Il problema centrale è appunto questo, invece voi volete un primato dell'Esecutivo e quindi vi scagliate contro, alternativamente, i magistrati in quanto tali, la Corte costituzionale e la Corte dei conti, arrivando allo stesso Presidente della Repubblica. In verità, voi volete un primato del potere esecutivo: del potere legislativo avete paura, perché la vostra maggioranza sta in piedi molto spesso su ricatti contrapposti. Il Parlamento dovrebbe invece essere il luogo delle compensazioni da raccogliere, il luogo dove raccogliere l'anima vera del Paese che sta dentro e attraversa le articolazioni della maggioranza e della minoranza.
Con questo provvedimento interveniamo su molti errori compiuti nella legge finanziaria, perché con quel provvedimento abbiamo vissuto il paradosso dei paradossi: norme palesemente sbagliate, riconosciute da tutti come tali, ma che una blindatura politica, con la paura che la maggioranza non tenesse, non ha permesso di modificare. Vi ricordate cosa è avvenuto? Si è concordato con la maggioranza un maxiemendamento prima della fiducia, si è pure votato in Commissione, ma è stato assolutamente blindato. Il massimo si è avuto in quell'occasione.
Posso ricordarvi anche la conversione dell'ultimo decreto-legge anticrisi, quando il Presidente della Repubblica ha preteso che il Governo emanasse contestualmente un decreto-legge correttivo, ve lo ricordate? C'era una norma sbagliata sulla Corte dei conti, il famoso lodo o emendamento Bernardo, dal nome del collega parlamentare al quale è stato fatto presentare appunto un emendamento. Oggi scopriamo un preoccupante sistema di corruzione e volevamo indebolire l'istituzione preposta ai controlli. Ricordo ancora Pag. 47le norme sul Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; ebbene, non fu possibile modificarle perché la maggioranza era blindata, ma fu presentato un contestuale decreto-legge del Governo che fu poi convertito anche in contraddizione a quelle norme.
Ho voluto fare questi riferimenti iniziali a come questo Parlamento lavora perché mi sembra la cosa più preoccupante. Il paradosso l'abbiamo avuto in occasione dell'emanazione della legge finanziaria, proprio per l'ultimo argomento di cui parlava il collega Misiani, quello dell'editoria. Tutti eravamo d'accordo che si trattasse di una materia da affrontare e la legge finanziaria l'ha affrontata male. Vi ricordo cosa è successo: con il primo decreto-legge, il numero 112 del 2008, la «finanziaria estiva» del vostro insediamento, avevamo stabilito che per l'editoria dovessimo stabilire un limite di due anni di tempo per una riforma vera. Poi, improvvisamente, nella legge finanziaria dello scorso anno abbiamo eliminato il diritto soggettivo per i contributi all'editoria. Abbiamo fatto la cosa sbagliata che è nel vostro stile: togliere, tagliare la spesa buona e quella cattiva. Abbiamo messo un tetto di spesa al quale tutti accedono, sia i buoni giornali, sia i cattivi, rinunciando così a fare la riforma. Noi lo avevamo denunciato con forza e io credo che oggi questo Parlamento sia chiamato ad affrontare questo problema, perché è il Paese che ci fa una figuraccia.
Ma voi stessi, voi della maggioranza, che figura ci fate? Ricordo le telefonate in diretta del Presidente Fini a viva voce con tutti i direttori dei giornali e il Ministro dell'economia e delle finanze che tranquillizza tutti sul percorso. Invece, dopo che si approva al Senato la conversione di questo decreto-legge milleproroghe che avrebbe dovuto correggere le norme, lo si blinda alla Camera, senza dare la possibilità di farlo e non avendo affrontato il problema al Senato.
Nel frattempo, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, volevo segnalare che è cominciato l'esame del nuovo regolamento che dovrebbe governare i contributi all'editoria. In Commissione bilancio abbiamo svolto un esame approfondito e abbiamo fissato i criteri sulla base dei quali potere accedere ai contributi. Abbiamo stabilito che possono accedere ai contributi i giornali che siano effettivamente in edicola, che abbiano un numero adeguato di redattori e di giornalisti, che abbiano un rapporto adeguato fra le copie stampate e quelle distribuite. Ebbene, si può recuperare tutto questo anche dentro i limiti della spesa, tornando al diritto soggettivo ma garantendolo non a tutti, non ai furbi, non ai giornali delle scommesse, non ai giornali che non fanno informazione, ma ai giornali veri che garantiscono, invece, un confronto dialettico e democratico nel nostro Paese.
Il rischio denunciato dai colleghi che mi hanno preceduto - e da ultimo dall'onorevole Misiani - è che se non interveniamo in questa occasione sono a rischio decine e anche centinaia di posti di lavoro per i giornalisti che non vedrebbero garantito il contratto, di redazioni e di aziende che non riuscirebbero a chiudere i propri bilanci. Questo è vero e reale e non credo che il Governo si voglia e si possa assumere questa responsabilità.
Il provvedimento che discutiamo oggi, quindi, è più criticabile per quello che non c'è che per quello che è presente. Parlerò anche di quello che c'è. Tuttavia, tra le cose che non ci sono quella più eclatante è questa dell'editoria. Ma vi sono anche altri aspetti che poi, nel corso del mio intervento, cercherò di spiegare.
Quando il Parlamento è costretto a prorogare norme testimonia il suo fallimento nonché l'insufficienza dell'apparato dello Stato e della pubblica amministrazione. Quando si deve prorogare si ammette che non si è deciso bene - perlomeno per i tempi - e che non si è fatto ciò che si era chiamati a fare. Nel momento in cui si proroga si smascherano le cose che non si sono fatte - anche rispetto agli annunci - e che erano pura propaganda o che vengono continuamente modificate e di queste ve ne sono molte in questo provvedimento. Ma anche quello che è presente è criticabile e, a tale Pag. 48proposito, ho preparato un piccolo elenco. Ricordo, per esempio, l'accesso ai servizi erogati in rete dalla pubblica amministrazione, vanti dei Ministri Brunetta e Calderoli, che vengono prorogati. È prorogato anche il fabbisogno di spazi allocativi della pubblica amministrazione, altro tema oggetto della legge finanziaria. È prorogato di un anno, al 2011, il cosiddetto taglia-carta, relativo alle pubblicazioni della pubblica amministrazione, i cui effetti, appunto, sono ancora prorogati. Poi vi è un provvedimento... se la disturbo, signor Presidente... Presidente, se la disturbo mi posso anche fermare, faccio una pausa e così magari...

PRESIDENTE. No, onorevole Vannucci, non si prenda la pausa. Andiamo avanti. Le chiedo scusa, ma stavamo organizzando i lavori con i colleghi.

MASSIMO VANNUCCI. Illustravo alcune norme, signor Presidente, in particolare l'articolo 2, commi 7-bis e 7-ter.
Abbiamo deciso la riduzione dei dirigenti nelle amministrazioni. Il Ministro Brunetta ha deciso il 20 per cento di direzioni generali in meno, ma con questo provvedimento la Presidenza del Consiglio, che forse ne ha un numero maggiore, non vedrà il taglio del 20 per cento, ma del 7 per cento. Si prevede ancora un anno in più per le impronte digitali sulla carta di identità; un anno in più ancora - e non so da quanti anni la proroghiamo - per la tariffa rifiuti; un anno in più per le norme dei neopatentati; un anno in più per i medici che possono fare l'intramoenia nei loro studi.
Viene prorogato ancora di fatto il recepimento della direttiva europea sugli arbitrati e poi ci lamentiamo che la nostra giustizia è lenta e che è oberata, però gli arbitrati non partono, un'altra materia su cui l'Unione europea ci ha messo in mora.
Si prevedono due anni in più per l'adeguamento delle norme riferite all'inquinamento industriale, cui si riferiva adesso l'onorevole Misiani, due anni in più per i regolamenti comunali per gli impianti fotovoltaici.
C'è questa marcia indietro che avevamo denunciato nella legge finanziaria, quindi mi rifaccio alla premessa di cui sopra. Avevamo detto che era una norma illiberale; vi eravate presi la briga di sospendere addirittura le azioni esecutive verso le aziende sanitarie locali, cioè chi aveva in mano un decreto ingiuntivo verso le ASL per esigere i suoi crediti, non poteva avere soddisfazione perché avete previsto che per un anno le ASL, pur in presenza di un decreto ingiuntivo, non pagano.
Vi avevamo detto che era una norma abnorme e illiberale; adesso la sistemate: quei dodici mesi sono diventati due mesi (che sono già passati) e quindi la norma non c'è più, ma ci voleva poco, onorevole Polledri, ad affrontarla già quando la avevamo denunciata. Noi avevamo già fermato un tentativo del precedente Governo e della stessa maggioranza.
Anche io però, signor Presidente, voglio proporle l'argomento dello scudo fiscale che qui viene prorogato. Confermo tutte le ragioni espresse dai colleghi, ma voglio insistere su una: è necessario fare chiarezza sugli effetti di questa norma. Il Senato opportunamente ha introdotto una relazione al Parlamento entro il 30 giugno. Ricordo in ordine agli effetti finanziari che abbiamo scontato 3.716 milioni di euro per il non pagamento dell'IRPEF, che comunque rientreranno a giugno, che abbiamo già impegnato.
La relazione al Parlamento, anzi, è entro il 15 giugno, ma quel che interessa anche me è capire meglio questa diatriba che si è creata tra la Banca d'Italia e il Governo. Le cose dette dal Ministro Calderoli sono gravi, ma testimoniano la vostra allergia all'equilibrio dei poteri e a riconoscere l'autonomia a parti dello Stato. Avete vinto le elezioni e quindi tutti devono rispondere alle vostre volontà. Questo è sbagliato. Ci ha già provato qualcuno in passato. È sempre finita male quando ci mettiamo su questa strada.
Ma quel che mi interessa sollevare è questo: avevamo contrastato lo scudo fiscale, ma non da un punto di vista ideologico. Ci eravamo messi su un percorso anche per migliorare la norma ed uno Pag. 49degli obiettivi principali secondo noi, proprio in un momento di crisi come questo, era garantire che i fondi che rientravano dall'estero servissero all'economia nazionale, cioè andassero a patrimonializzare le aziende.
In un Paese dove spesso diciamo di avere imprenditori ricchi e aziende povere, il tema della patrimonializzazione delle aziende è fondamentale e allora oggi scopriamo che di fatto solo 35 miliardi sono rientrati e per ora i soldi non vanno alle imprese (non ci sono investimenti nelle imprese).
Avevamo detto, di fronte al tasso del 5 per cento, di pensare di differenziarlo, lasciandolo al 5 per cento per chi prende i soldi all'estero e li mette nell'azienda propria e quindi determina uno sviluppo del Paese e prevedendo, invece, un altro tasso per chi questa scelta non la fa. Non l'avete voluto fare e questi sono gli effetti: questa norma non si riflette di fatto sul miglior andamento della economia.
L'articolo 1, comma 4, posticipa gli studi di settore e questa è una misura opportuna, proprio perché in tempi di crisi si è detto di rivederli, però il 31 marzo è molto vicino. Entro questa data occorre emanare il decreto del Presidente della Repubblica sui criteri per gli studi di settore. Le chiedo, signor Presidente: questo Parlamento quando discuterà del tema del fisco in tempo di crisi? Il fisco in tempo di crisi deve sempre rimanere uguale o non può essere esso stesso una leva per lo sviluppo?
Voglio ricordarvi il dibattito che avete fatto sull'IRAP al Senato: fuochi d'artificio, la telefonata del Presidente del Consiglio alla CNA, «toglieremo l'IRAP, la abbasseremo». In effetti, noi l'avevamo salutato con piacere: da questa imposta derivano allo Stato 40 miliardi di entrate che pur servono, però questa imposta è calcolata su chi assume e su chi è esposto in banca. Sono i due termini che non fanno ripartire lo sviluppo. Nel momento in cui diciamo alle aziende di assumere e alle banche di finanziarle, poi le tassiamo perché hanno assunto o per l'esposizione bancaria. Mantenendo fisso il termine che abbiamo bisogno di questi 40 miliardi, bisognerà pur meglio precisare chi dovrebbe pagarli, non certo queste aziende.
Mi interessa poi il comma 4-bis dell'articolo 1, concernente le qualifiche di restauratore e di collaboratore-restauratore dei beni culturali, perché voglio apprezzare il fatto che il provvedimento si sia occupato di questo tema. Noi lo avevamo fatto presentando in Assemblea una mozione a prima firma Realacci perché era paradossale quel che era successo: sulla base del codice dei beni culturali e del paesaggio del 2002 veniva emanato un decreto senza modificare le date. Si diceva cioè che poteva avere la qualifica di restauratore chi aveva fatto determinate attività entro il 2004. Siccome il codice ambientale era del 2004, se non modificavi le date, chi aveva lavorato dal 2004 in poi si vedeva escluso e queste date vengono opportunamente portate invece al 31 luglio del 2009. Lo avevamo chiesto, avevamo spinto, apprezziamo il lavoro dell'ufficio legislativo del Ministero dei beni culturali che ha capito la necessità di questa norma.
Rimane aperto il problema di tre atenei (Urbino, Palermo e Torino) per i quali il riconoscimento della qualifica si ha soltanto per i laureati fino al 2006. Su questo spero che si possa tornare a puntare. Ad esempio, onorevole Polledri, se avessimo avuto la possibilità di discutere questo provvedimento, forse ci saremmo arrivati a farvi capire l'importanza di questo passo.
Voglio anch'io parlare un pochino del terremoto dell'Abruzzo, non tanto della sospensione dei tributi e dei contributi, perché condivido tutto quello che ha detto l'onorevole Misiani, ma per rimettere un po' le cose a posto. Infatti, in tutte le dichiarazioni - la più grave è un'intervista a Globo Tv del Presidente del Consiglio - sono sempre stati fatti paralleli sbagliati con precedenti terremoti. È sempre stato detto che in precedenti terremoti la gente sarebbe rimasta per mesi e mesi nelle tende. Invece, voglio darvi i dati del terremoto di Marche ed Umbria, che, secondo me, doveva essere preso a riferimento, Pag. 50per dire che la gente nei territori marchigiani e umbri è rimasta nelle tende 30 giorni. Dalle tende è stata spostata in moduli prefabbricati dove è rimasta sei mesi. Quindi, è stata trasferita nelle casette di legno. È subito ripartita la ricostruzione e non abbiamo spianato niente, né costruito nuove città. La gente è potuta rientrare nelle proprie case. Nel decennale dell'anno scorso del terremoto abbiamo potuto fornire questi dati: la ricostruzione è ripartita e si è conclusa per tutti i beni pubblici e per tutte le prime case e anche in parte per le seconde.
Abbiamo ricostruito i centri storici esattamente come erano, mettendoli a norma. Ho criticato in quest'Aula la scelta che ha fatto il Governo di far stare per un periodo inaccettabile famiglie insieme nelle stesse tende per privilegiare tutto verso il progetto case, per il quale va riconosciuto il mantenimento dei tempi e l'obiettivo, ma che è stata una soluzione molto costosa dal punto di vista economico ed urbanistico.
È una risposta parziale, perché in questo momento noi dopo un anno abbiamo solo puntellato il centro storico de L'Aquila. Nelle Marche dopo un anno c'era la gente che rientrava nelle proprie case avendo fatto gli interventi per quelle che avevano meno problemi delle altre.
Della certificazione dei crediti ha parlato l'onorevole Misiani, fatemi però esprimere la mia soddisfazione perché questo elemento fu introdotto con un mio emendamento, e quindi su proposta dal Partito Democratico; nessuno ci credeva che si sarebbe tradotto in un decreto, invece è stato così ed evidentemente funziona, perché ne viene chiesta una proroga. Anche io dico, posto che rimane il vincolo del patto di stabilità per certificare l'esigibilità del credito, perché non diciamo che le pubbliche amministrazioni anziché possano abbiano l'obbligo di certificare: ovvero non mi paghi, ma almeno dammi la certificazione del fatto che il tuo credito è esigibile, in modo che io possa andare in banca a farmelo scontare pro soluto.
Un'altra soddisfazione riguarda il fatto che anche l'articolo 1, comma 18, in tema di concessioni demaniali marittime con finalità turistiche o ricreative, deriva da una nostra iniziativa. Anche su questo tema, infatti, noi avevamo presentato una mozione in Aula, a prima firma del nostro capogruppo Franceschini, proprio per testimoniare l'importanza del settore. Parliamo di 28 mila stabilimenti balneari, 300 mila addetti, chilometri di coste italiane che vedono un sistema di offerta turistica del tutto particolare, singolare e originale che è il cuore dell'offerta turistica italiana, il cuore della residenzialità alberghiera italiana. C'era il rischio che entro quest'anno le concessioni sarebbero scadute e messa all'asta, un problema per i titolari di queste concessioni che avevano fatto degli investimenti. Se noi prendessimo per buono un sistema del genere non avremo più nulla di qualità nell'offerta turistica, perché una concessione per sei anni non permette grossi interventi. Ora con questo provvedimento prevediamo una proroga fino al 2015 e affrontiamo la materia dentro la legge n. 42 del federalismo fiscale, o meglio del federalismo demaniale.
Volevo però citare la norma dalla quale prende avvio questa difficoltà, si tratta di una direttiva europea, la famosa Bolkestein sui servizi, quella che impaurì i cugini francesi per l'idraulico polacco. La cito per segnalare ai colleghi che il decreto di recepimento di questa normativa è alla discussione delle Commissioni e sarebbe bene che la guardassimo e l'affrontassimo con molta cura, proprio per riuscire a distinguere. Se ci pensate in Europa non esiste da nessuna parte un sistema di concessioni demaniali e marittime come c'è in Italia, anche per la particolarità dei chilometri delle nostre coste; al massimo ci sono i villaggi vacanze. Ma questa miriade di attrezzature sulle spiagge altrove non c'è, mentre è - come ho già detto - il motore del nostro turismo. Varrebbe la pena approfondire il tema e chiedere all'Europa un percorso diverso.
Articolo 1 comma 23-ter: interventi del fondo per le esigenze urgenti e indifferibili. Presidente, noi abbiamo visto nella finanziaria che non doveva esserci più l'assalto alla diligenza con norme confuse Pag. 51e anche molto pericolose. Nella finanziaria abbiamo infine fatto un elenco di nove punti: l'ultimo con 181, più 113, più 60, insomma circa 300 milioni per interventi vaghi e con un elenco di leggi che poi abbiamo preteso. Ora con questo milleproroghe, questo elenco di leggi - perché abbiamo voluto che ci fosse un elenco di riferimento - si arricchisce di quattro nuove leggi, quindi sulla diligenza si continua a salire e a entrare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Per qualcuna non si vede la priorità o quantomeno ne avremmo voluto discutere: il Comitato olimpico nazionale, il CONI o ancora i trasferimenti erariali a favore del comune di Roma.
Presidente ho concluso. Per quel che ho cercato di spiegare, il provvedimento è più criticabile per quello che non c'è che per quel che c'è. A questo proposito, riconosciuti gli errori e le mancanze, direi alla maggioranza, al presidente Bruno e ai relatori: abbiamo la possibilità e il tempo di verificare gli errori più grossi; non possiamo fare un lavoro di grande portata, ma se discutiamo di dieci modifiche sostanziali credo che il voto di fiducia potrebbe essere evitato.
Quindi, in conclusione, vorrei fare questo appello e dare la mia personale disponibilità, come membro del Comitato dei diciotto, a considerare le azioni necessarie per evitare un altro strappo in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, anche io, come alcuni dei colleghi che mi hanno preceduto, mi indirizzerò a lei, al rappresentante del Governo e agli altri nostri colleghi, parlando di ciò che non c'è nel decreto-legge milleproroghe, come se stessimo parlando di un provvedimento mille e una proroga. Il provvedimento che non c'è, la proroga che manca, è quella sugli interventi pubblici al sistema dell'editoria. Su questo vorrei soffermarmi più di quanto non abbiano fatto prima di me i miei colleghi, per cercare di dare conto di cosa sia nel nostro ordinamento e comparativamente rispetto a ciò che avviene negli altri principali Paesi il sostegno pubblico all'editoria nelle sue finalità, nei suoi metodi di esecuzione e nelle sue dimensioni. Innanzitutto, è bene fissare un punto: il sostegno pubblico all'editoria è una costante in tutti gli ordinamenti dei Paesi democratici, non è una particolarità italiana. Si sostiene l'editoria nel libero mercato americano, principalmente attraverso lo strumento della differenziata tariffa postale per le spedizioni in abbonamento dei prodotti postali, cosa che avviene da sempre nella storia americana; si sostiene l'editoria nel libero mercato del Regno Unito, con l'applicazione di una aliquota IVA pari a zero per l'editoria; si sostiene l'editoria nel libero mercato francese, attraverso il combinato disposto degli interventi dello Stato centrale e delle regioni. Lo stesso avviene in tutti gli altri Paesi. In Italia c'è una differenza rispetto agli altri Paesi, onorevole Presidente, ed è il fatto che ciò che negli altri Paesi spesso è opaco e non conosciuto in Italia - forse è un merito che non sempre siamo pronti a riconoscerci - tutto ciò che riguarda l'editoria avviene alla luce del sole. Chiunque abbia la pazienza di andare a consultare il sito del Dipartimento per l'informazione e l'editoria, uno dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio, in questo Governo come nei Governi che lo hanno preceduto, può trovare tutti gli elementi del caso, che gli consentono di valutare euro per euro ciò che viene dato ad ogni singola impresa editoriale.
Quali sono gli scopi del sostegno pubblico all'editoria? Lo scopo principale è scritto nella nostra Costituzione: è quello del pluralismo dell'informazione. Questo vuol dire, sulla base di una costante interpretazione della nostra Carta costituzionale data nel tempo, il diritto di informare e di essere informati. Pluralismo dell'informazione vuol dire, dunque, anche nella pratica consueta e nella considerazione Pag. 52più realistica che si è andata facendo nelle democrazie occidentali, avere a disposizione quante più voci possibili. Infatti, non è una voce sulle altre che può garantire questo, per corretta e appassionata che possa essere la sua ricerca dell'obiettività di giudizio, quindi occorrono quante più voci possibili. Questo da sempre è stato lo scopo del sostegno pubblico dell'editoria, che nel tempo si è andato arricchendo di altre componenti: l'accompagnare l'occupazione nel sistema dell'editoria come negli altri settori economici, l'incentivare l'innovazione tecnologica, l'aprire il mercato alle nuove voci che possono avere interesse ad entrarvi e a farsi ascoltare anche per questa via, accentuando e arricchendo il pluralismo dell'informazione.
È andato sempre tutto bene? No, onestamente no; vi sono state disfunzioni, le più palesi delle quali hanno a che fare con il fatto, abbastanza comprensibile, peraltro, che più si è andati nel dettaglio di una regolamentazione che cercava di identificare i giusti destinatari delle provvidenze pubbliche e le forme e i modi nei quali quantificare il sostegno pubblico, tanto più si sono aperti i pertugi nei quali si potevano infilare anche coloro che potevano o non avere diritto alle provvidenze o non averne diritto nella misura nella quale potevano sperare di averle.
Per cui, vi sono state sicuramente disfunzioni, che sono state rimarcate e, in parte, anche corrette nel tempo. Devo dire che io stesso, avendo avuto la responsabilità di questo settore nel precedente Governo, ho avuto l'esperienza di una semplice manovra di correzione di questi squilibri, che è stata l'avere formalmente stabilito una collaborazione con la guardia di finanza, per sottoporre a controlli casuali i percettori delle provvidenze pubbliche. Il solo fatto di avere chiamato in causa la guardia di finanza ha fatto calare di una cifra estremamente consistente le domande di sussidi. Questo vuol dire che vi era stato spazio per abusi, così come vuol dire che ci poteva essere spazio per correzioni.
Cosa ci troviamo, però, ora di fronte? Di fronte ci troviamo una grande innovazione tecnologica, che sta sconvolgendo l'intero panorama dell'economia italiana, europea e mondiale, ma in modo particolare l'editoria. Mi riferisco, come è ovvio, alla grande innovazione e rivoluzione nel campo delle tecnologie della comunicazione: Internet, per dire un nome fra tutti.
Questo, com'è ovvio, ha sconvolto i modelli economici delle imprese editrici e ha introdotto un ulteriore elemento di difficoltà in una fase storica nella quale, insieme a tutti gli altri comparti, pure quello dell'editoria ha sofferto prepotentemente per il piegarsi all'ingiù del ciclo economico.
Di fronte a questo, dunque di fronte a una necessità duplice, una specie di Scilla e Cariddi tra le quali si trovava a navigare, in procelloso mare, l'editoria, ossia la necessità di avere sostegni in un momento di particolare difficoltà e, dall'altro, trovare la rotta per traguardare la propria navigazione verso un futuro all'altezza delle nuove sfide tecnologiche, questo è il punto dove oggi ci troviamo.
Ci troviamo di fronte a ciò con il Parlamento che, già l'anno scorso, perché il tema ovviamente si è ripetuto di anno in anno, nel sollecitare il rinnovo dei provvedimenti in favore dell'editoria, si era impegnato e aveva impegnato, soprattutto, il Governo ad una riforma dell'editoria che consentisse di venire incontro alle disfunzioni che erano state rinvenute e, contemporaneamente, ad accompagnare l'editoria verso quell'inevitabile e indispensabile processo di innovazione tecnologica di cui essa ha bisogno.
Purtroppo, un anno è passato senza che nulla sia stato fatto (questo lo dobbiamo dire); nulla è stato fatto verso la grande, comprensibile e coerente riforma dell'editoria. Si è proceduto, invece, con un regolamento dell'editoria, che ha elementi di pregio, perché affronta alcune delle disfunzioni, che, peraltro, erano già state riscontrate e denunciate, per le quali, anzi, erano stati anche avanzati possibili interventi di sistemazione negli anni e nei Governi precedenti. Pag. 53
Si è dunque predisposto un regolamento, ma lo si è fatto, bisogna dire, «stirando» molto, al di là probabilmente del lecito, di certo - credo - della sua ratio di base, la delega da cui il regolamento era nato; ossia oggi ci troviamo di fronte ad un regolamento che molto probabilmente soffre per un palese vizio di eccesso di delega.
In ogni caso ora dove ci troviamo? Ci troviamo di fronte ad un'editoria in affanno, che ha bisogno di ritrovare la strada di una grande riforma, e un Governo che da un lato non ha messo in piedi la riforma della quale vi è bisogno, e dall'altro interviene drasticamente tagliando i contributi pubblici all'editoria; e lo fa tra l'altro in un modo, se possibile, ancora più destabilizzante per il settore, in quanto non si limita ad un taglio, per così dire, semplicemente percentuale, ma fa venir meno la certezza stessa dell'intervento pubblico di sostegno. Dovete sapere che la parte più debole dell'editoria (le cooperative, ma in genere tutto il settore dell'editoria di opinione, quella strutturalmente più fragile, perché è quella che ha dietro di sé imprese più piccole) è quella che, essendo caratterizzata per le proprie opinioni, per le proprie linee politiche, ha più difficile accesso, quando non ha accesso alcuno, al mercato della pubblicità; dunque, per essa, da sempre vige lo strumento del contributo diretto, ossia il contributo che arriva all'impresa editrice in ragione della sua stessa natura, quella di essere per l'appunto un'editoria debole per le ragioni che ho appena detto.
Il Governo che cosa sta facendo? Sta dicendo: finiscono i contributi diretti, dati in modo certo e sicuro, finisce il diritto di questi soggetti ad avere ricorso all'intervento pubblico; e dicendo così cosa finisce? Finisce non solo il «quanto» del sostegno che arriva dallo Stato, ma finisce ancora di più e ancora più pericolosamente la certezza di tale diritto.
Perché è importante questa certezza? Perché essa è lo strumento concreto attraverso il quale tali più deboli imprese editrici hanno fatto ricorso al credito bancario: la certezza del diritto è quello che consente ad esse di andare in banca e scontare i propri crediti, e dunque trovare forme di finanziamento. Nel momento in cui venisse, nel momento in cui verrà (purtroppo dobbiamo anche usare questo verbo non al condizionale, ma all'indicativo), quando potrà venire a mancare il sostegno certo e sicuro dello Stato, allora queste imprese più deboli non avranno più ricorso al credito; e ciò vuol dire, in modo concreto, la possibilità che un numero molto alto di imprese editrici possa essere, dalle leggi della contabilità civile, costretto a portare i propri libri in tribunale in tempi rapidissimi. Stiamo parlando di qualcosa come 70-80 case editrici, per qualcosa come 2 mila giornalisti e 2 mila poligrafici, ossia stiamo parlando di numeri molto significativi.
Qual è dunque la strada maestra che noi dovremmo prendere, insieme per una volta (anzi, non per una volta: come quasi sempre si è fatto in tema di editoria, maggioranza ed opposizione), cosa dovremmo fare? Dovremmo, credo, prendere l'impegno solenne, ma tradotto in strumenti concreti, di dare corso in tempi molto rapidi alla riforma dell'editoria, e dare nel mentre tempo alle imprese di continuare con la certezza dei diritti.
Vorrei aggiungere un ulteriore elemento. Il 1o gennaio dell'anno prossimo, 1o gennaio 2011, entra in vigore la liberalizzazione totale del sistema postale in sede europea. Ciò vuol dire che l'attuale sistema attraverso il quale vengono distribuiti quelli che si chiamano in editoria gli «aiuti indiretti», i «contributi indiretti», ossia di fatto l'intervento che lo Stato mette in atto per permettere alle poste, monopolista sino ad ora, di offrire alle case editrici tariffe di spedizione comparabili a quelle che vi sono negli altri Paesi, e che oggi passa attraverso il monopolio, e attraverso il rapporto monopolistico individuale tra lo Stato e le Poste italiane, non potrà più restare in piedi per le regole europee.
Vi è dunque anche questo ulteriore vincolo temporale, questa scadenza temporale che impone a tutti noi di fare in fretta. Credo quindi che - e di questo ne Pag. 54discuteremo naturalmente con maggior dettaglio quando, a partire da domani, cominceremo ad entrare nel vivo dell'esame degli emendamenti - si debba ripristinare la sicurezza dei crediti, quello che con un termine tecnico viene chiamato il diritto soggettivo ma che altro non è che la sicurezza delle imprese di poter contare sul sostegno pubblico dello Stato, accompagnato da un impegno parlamentare forte verso una riforma dell'editoria.
Non posso però concludere questa riflessione forte sul tema dell'editoria (e, come è ovvio, su tale punto non mi sono dilungato più di tanto perché credevo fosse del tutto palese e trasparente che quando parliamo di editoria parliamo di democrazia, parliamo cioè di libera circolazione delle idee e dunque della libera formazione di un'opinione pubblica informata e della piena partecipazione alla vita associata, in sostanza parliamo, ripeto, di democrazia) senza dire che purtroppo il modo, con cui il Governo si appresterebbe, se non interverremo insieme come Parlamento, per correggere questa disfunzione, è coerente, nel merito economico e nel metodo, con ciò che abbiamo visto nei mesi di vita, ormai non pochi, dell'attuale Governo.
A che cosa abbiamo assistito, a cosa stiamo assistendo come ratio economica di fronte alla linea che il Governo sta tenendo in tema di editoria? Stiamo assistendo ad una linea - ma non voglio ricorrere a facili giochi di parole - del non fare, ossia siamo di fronte ad un Governo che rispetto alla più grave crisi dell'economia italiana, europea e mondiale dal dopoguerra (ben più grave di quella dello shock petrolifero) sceglie la linea del non fare, anzi del fare ancora di meno, del fare male: togliere il sostegno in un momento di grave difficoltà è infatti una decisione che grida vendetta al cielo della logica economica.
Di più - e con questo concludo - debbo dire che sottrarre al Parlamento, come avverrebbe se non intervenissimo con quelle modalità delle quali ho parlato prima, la discussione su un tema che tocca così direttamente la questione delle libertà civili rappresenta una ripetizione di ciò che abbiamo visto avvenire purtroppo molte e molte volte - non dico in quest'Aula, perché siamo stati spettatori purtroppo senza potere, ma nel nostro mondo istituzionale - con un Governo che ha bypassato il Parlamento nel suo atto di governo e nel suo modo di governare.
Per questo su un tema così delicato chiedo un sussulto di orgoglio al Parlamento e mi auguro che quando affronteremo questi argomenti sotto forma di discussione degli emendamenti vi sia modo di correggere quella che è una grave stortura e, soprattutto, un grave errore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, questa mattina i due relatori che ci hanno illustrato il provvedimento, hanno amato ripetere una frase, ossia che questo decreto-legge conteneva molti provvedimenti attesi (e in questo concordo): molti di questi sono provvedimenti rilevanti, alcuni di questi sono forse meno rilevanti per il numero e per la platea dei destinatari, ma sicuramente altrettanto importanti.
Su alcuni di questi provvedimenti, in particolare su uno sul quale mi soffermerò, è stato possibile convergere tra maggioranza e opposizione. Faccio riferimento all'articolo 6 (proroga di termini in materia sanitaria), comma 9-quinquies, che recita: in attesa del coordinamento legislativo delle disposizioni già vigenti in materia, al candidato al trapianto e al potenziale donatore che hanno un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato si applicano le disposizioni previste dalla legge n. 52 del 2001 (legge che tutela i donatori di midollo osseo).
Facciamo un passo indietro e andiamo al 2003. Irene Vella è una giovane donna che decide di sottoporsi all'espianto del rene per salvare la vita a suo marito oramai in fin di vita. Irene ha una famiglia e un lavoro, ma sa che per la sua famiglia è disposta anche a rinunciare al suo Pag. 55lavoro. Chi sono gli alleati di Irene? Sono il coraggio e l'amore, ma non la legge; la legge non è un alleato di Irene in quel momento. Tuttavia, Irene decide di sottoporsi all'espianto di rene, dona il rene a suo marito, suo marito riacquista la vitalità, la quotidianità e torna ad essere uno sportivo professionista quale era, un padre, un compagno, tanto che dopo qualche tempo i due hanno un altro figlio. Ma Irene non si ferma lì, da quel momento comincia a lavorare perché quella sua storia a lieto fine, quella sua storia «e vissero felici e contenti», possa essere condivisa anche da tante altre persone che decidono di donare un organo ad un parente o al coniuge come nel caso di Irene.
Sono sette anni che questa giovane donna aspetta e spera che i donatori di reni possano avere quelle garanzie che lei non ha avuto (garanzie che, però, già hanno, fortunatamente, i donatori di midollo e di sangue nel nostro Paese). Quali sono queste garanzie? Sono i permessi retribuiti concessi per sottoporsi alle visite, agli esami, ai controlli che precedono e seguono il trapianto di rene (è una lista lunghissima di visite). Ebbene, se avessimo voluto sarebbe stato sufficiente emanare nel 2003 il regolamento attuativo mancante. I giornali e le TV locali erano pieni di queste notizie, e anche il Governo nel 2003 fu informato di questo fatto. Sarebbe stato sufficiente fare quel passo: emanare il regolamento, ma non è andata così. Vi sono stati 7 anni di attese e di speranze che forse oggi, con l'approvazione del provvedimento in discussione, sembrano stiano per trovare una risposta. La legge n. 458 è del 1967, quindi, questo significa che questa legge è rimasta inapplicata per 42 anni. È facile fare il conto: sono trascorsi 42 anni, si sono succeduti 39 Governi e 12 legislature. Nessuno in questi 42 anni è esente da responsabilità e, quindi, dobbiamo impegnarci tutti oggi affinché quel segno di civiltà finalmente arrivi; il segno di civiltà a cui faccio riferimento è semplicemente l'approvazione di un regolamento. Ad ottobre scorso il Ministro Fazio ha risposto alla chiamata che io stessa, insieme ad altri parlamentari del Partito Democratico, gli abbiamo rivolto su questo tema, garantendo l'impegno suo e del Governo ad attuare nel più breve tempo possibile questo regolamento attuativo.
Alla prima occasione utile - quindi durante l'esame di questo provvedimento in Senato - abbiamo presentato una proposta emendativa che è stata accolta sia dal Ministro della salute che da quello dell'economia e delle finanze. Dunque, siamo di fronte ad un esempio positivo, che mi fa piacere sottolineare e ribadire, di dialettica tra Governo e opposizione parlamentare, un'opposizione incalzante ma anche un Esecutivo di parola. Mi fa piacere che questo accada almeno quando si parla di salute. Il dibattito della scorsa settimana ce lo ha confermato ulteriormente, e anche questo provvedimento contiene in uscita circa il 70 per cento in più delle previsioni che aveva in entrata. Questa è l'ennesima dimostrazione che, nel nostro Paese, continua ad esserci una legislazione sempre complessa e articolata, ma i 42 anni (anzi 43 anni per millesimo) necessari per applicare un regolamento francamente mi sembrano un po' troppi, considerati anche i tempi lumaca dei nostri apparati amministrativi. Nel frattempo cosa è successo? Nel frattempo, la cronaca ci ha raccontato altre storie, come quella di Irene Vella, di altre persone che hanno messo a rischio la propria vita per compiere quest'atto di amore, persone che si trovano costrette dalle circostanze - perché di fatto non hanno scelta alternativa - a rinunciare all'occupazione proprio perché non esisteva - vorrei iniziare a parlare al passato - nel nostro Paese un'adeguata tutela giuridica per chi si sottopone al trapianto di organi. Inoltre, non esisteva (permettetemi l'errore, ma lo faccio volentieri; vorrei parlare al presente, e vorrei che tra uno o due giorni, quando avremo approvato questo regolamento, si potesse parlare al passato, quindi per auspicio inizio a parlare al passato) una normativa tale da consentire al donatore di assentarsi dal lavoro per svolgere tutta quella lunga trafila di esami, tantissimi ma necessari Pag. 56per procedere all'espianto del rene. Se vai a donare il sangue, hai diritto ad un giorno di permesso, ma se vuoi donare un organo per salvare la vita a tuo figlio, a tuo marito, a tuo fratello, non sei tutelato. Nel frattempo, manca ancora l'equiparazione dello stato giuridico del donatore a quello del paziente ricevente. Chi sono i donatori? I donatori sono persone che, per un atto d'amore totale, unico, gratuito, consapevole, donano una parte di loro stessi a chi non ha più alcuna possibilità di sopravvivere. Sono persone che, dopo questo atto d'amore, vogliono continuare a lavorare. Sono persone che, per questo atto d'amore, forse dovrebbero essere difese, dovrebbero essere tutelate, dovrebbero essere protette, dovrebbero essere premiate, perché sono eroi, così come è eroe lo Stato che vuole salvare quella vita. Lo ripeto, sono eroi che fanno questa scelta nella piena consapevolezza, pagano un prezzo altissimo per la loro salute, pagano un prezzo altissimo spesso anche sul lavoro, conoscono i rischi a cui vanno incontro, conoscono il calvario che inizia per loro decisione e per amore di un marito, di un fratello, di un figlio. Sono eroi che non vogliono medaglie, e direi che sono eroi che vogliono solo dei fatti. Quindi, per quanto riguarda gli aspetti giuslavoristici, questo regolamento, che verrà emanato - mi auguro - a breve, prevedrà che le giornate di assenza legate ai controlli clinici siano riconosciute e retribuite come accade per i donatori di sangue.
Irene Vella fu sottoposta ad indagini per un totale di venti giorni; venti giorni che la sua azienda ha deciso di donarle: Irene Vella lavorava per un'azienda privata che ha avuto la possibilità di donarle venti giorni. Ma non sempre i datori di lavoro possono darci un pacchetto con un bel fiocco. È quindi indispensabile anche il tetto di copertura finanziaria che garantisca la fattibilità della legge. Una legge che, come mi sembra di capire, a quanto si legge dalle cronache di questi giorni, sembra attendere sempre di più l'attuazione del regolamento che si rende sempre più opportuno e necessario soprattutto dopo le ultime notizie di cronaca. Abbiamo assistito, in questi ultimi giorni, al racconto di alcuni donatori anonimi pronti a privarsi di un rene per salvare la vita di persone che non conoscono e, quindi, non per salvare la vita dei propri cari ma - ripeto - donatori che si sono mantenuti nell'anonimato e che sono pronti a donare un organo agli altri. Ora ovviamente tutto questo dovrà passare sicuramente al vaglio del Centro nazionale trapianti. Ma è solo per dire che è sempre più stringente la necessità di emanare questo regolamento attuativo e, quindi, la necessità di regolare compiutamente tutta la materia. Ora più che mai è il momento di agire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, ritengo che molti argomenti saranno rivisti rispetto alle disposizioni che in questo decreto-legge non sono contenute e rispetto a quelle che vi sono contenute e non dovrebbero esserci. Naturalmente questo decreto-legge si è arricchito dopo la discussione al Senato forse per trovare un maggiore equilibrio tra le forze di maggioranza e per rendere il provvedimento sostenibile da parte di tutti i componenti della maggioranza di questo Governo.
Vorrei sottolineare, rispetto agli argomenti affrontati da molti miei colleghi, che la vicenda dell'editoria, che pure è sostenuta da decine e decine di parlamentari di diversa estrazione politica, rappresenta un elemento di preoccupazione forte, soprattutto se pensiamo all'occupazione su cui può incidere una mancata decisione, ma anche alla possibilità, anzi alla sopravvivenza di quotidiani che, a livello locale, regionale e provinciale, oggi garantiscono una presenza, una certa cronaca che mette in evidenza l'attività amministrativa di enti locali, di provincia e di regione, che riporta anche le sollecitazioni delle parti sociali, le tensioni soprattutto in campo lavorativo presenti oggi nel Paese che non troverebbero, come non trovano, spazio sui quotidiani nazionali. Quindi, verrebbe Pag. 57meno una voce che dà nei luoghi, nei piccoli paesi, nelle province la possibilità di conoscere ciò che avviene, ciò che determina la vita sociale, politica ed economica di quei territori. Questo richiamo forte proveniente dal Parlamento credo debba essere accolto dalla maggioranza. Ne va della democrazia e dell'informazione, la piccola informazione, rispetto alla quale il cittadino ha diritto ad essere informato.
Poi resto particolarmente colpito, perché questo è un modo di fare tipicamente italiano: si fissa una data per l'adeguamento ad una legge, per il recepimento di una norma comunitaria, ma poi vi è sempre un rinvio; quella data non viene mai rispettata. Allora, da parte del cittadino e da parte dell'imprenditore, ci si atteggia ad una sorta di attendismo, perché vi sarà sempre un provvedimento che rinvia ad altra data l'adeguamento a quella norma o a quella disposizione o a quel regolamento. Il decreto-legge milleproroghe prevede anche il rinvio di un anno per quanto riguarda l'adeguamento alle norme ambientali e soprattutto degli impianti rispetto alle emissioni. Quindi, di mezzo vi è la salute dei cittadini e vi è l'uniformarsi a norme che determinano anche una concorrenza sleale. Infatti, quelle imprese, che hanno investito denaro e capitali, oggi si vedono beffate rispetto ad un rinvio, rispetto a chi non ha investito una lira per adeguare i propri impianti. Ciò crea una concorrenza sul campo in maniera sproporzionata rispetto ad imprese magari dello stesso settore. Quindi, andiamo sempre verso quella politica che non mette mai un punto finale e non crea mai una certezza del diritto anche sotto il profilo degli impegni che ogni cittadino o impresa si deve assumere.
Oltre a questi due aspetti che ho sottolineato, una cosa che voglio con maggiore forza evidenziare riguarda la vicenda dello scudo fiscale. Vi è una polemica di ieri tra il Ministro Calderoli e la Banca d'Italia, peraltro una polemica a senso unico, perché Draghi, il governatore della Banca d'Italia, chiamato in causa, non risponde come è suo solito - ed io credo giustamente - perché non può e non deve farsi tirare in una polemica che rischia di compromettere il valore e l'indipendenza della banca centrale e soprattutto il prestigio europeo ed internazionale del nostro governatore della Banca d'Italia. Lo scudo fiscale ha regolarizzato 95 miliardi di euro, ma sono 35 miliardi quelli che effettivamente sono rientrati in Italia fisicamente, provenienti da conti esteri. La Banca d'Italia - dice l'Agenzia delle entrate - ha registrato, al 15 dicembre 2009, i soli flussi finanziari provenienti dall'estero come bonifici bancari, ma in realtà - continua l'Agenzia delle entrate - la somma finale riguarda anche i titoli, le obbligazioni ed altre consistenze patrimoniali. Quindi, la somma finale ammonta a 93 miliardi di euro, in quanto agli 85 miliardi della Banca d'Italia vanno aggiunti altri beni come gioielli, quadri e preziosi vari. I capitali all'estero, una volta regolarizzati, possono restare solo nei Paesi della white list, ad esempio la Francia, ma i capitali della Svizzera, 60 miliardi tra contanti e titoli, devono essere rimpatriati per legge, essendo un Paese della black list dell'OCSE. Rimpatri fisici e rimpatri giuridici: solo i rimpatri veri e propri danno luogo a flussi di capitali verso l'Italia da registrare nella bilancia dei pagamenti. I rimpatri giuridici riguardano attività che restano all'estero, ma di cui assume la gestione o la custodia un intermediario finanziario che risiede in Italia. Quando abbiamo approvato - anzi, quando avete approvato - lo scudo fiscale, uno degli elementi che portavate a sostegno di tale provvedimento era il fatto che il rientro dei capitali, oltre a garantire un gettito allo Stato, avrebbe reimmesso nel circuito economico del nostro Paese capitali che, attraverso gli investimenti, avrebbero sostenuto la ripresa economica.
Oggi ci accorgiamo che una minima parte di quei capitali è effettivamente rientrata e, quindi, disponibile a sostenere, attraverso gli investimenti, la ripresa del nostro Paese (in seguito, dirò quali capitali sono rientrati e quali attività possono sostenere). Pag. 58
La polemica di Calderoli contro il Governatore Draghi è violenta: egli accusa la Banca d'Italia di diffondere dati pessimistici sull'economia e sulla disoccupazione. Anche in questo caso, ogni qual volta si leva la voce di qualcuno per mettere il Paese di fronte alla realtà, vi è sempre chi nel Governo e nella maggioranza addita questo qualcuno come un oppositore del Governo, che getta discredito sul nostro Paese, diffondendovi il pessimismo.
Che il nostro Paese sia in crisi (anche se è necessario che la Banca d'Italia lo sottolinei e lo sostenga) è evidente tutti i giorni: ne è un esempio la situazione di Termini Imerese, o di altre aziende, che chiudono. Esiste una Termini Imerese alle porte di Roma - lasciatemelo dire, visto che la mia circoscrizione è quella di Roma e del Lazio - eppure, non ha neanche diritto alla cronaca. Da mesi, 1.700 persone della Videocon di Anagni aspettano una soluzione al loro problema occupazionale, e non hanno la fortuna di sedere ad un tavolo con il Ministro Scajola per discutere, insieme al Governo e al Ministero dello sviluppo economico, la possibilità di far rinascere il loro stabilimento con riferimento ad opzioni, che pure vi sono, di attività industriale nel sito di Anagni.
La stessa cosa riguarda l'attività dell'Alstom di Colleferro, dove si perdono centinaia di posti di lavoro nel settore della mobilità e dei trasporti: a Colleferro, infatti, si costruivano i treni. Con riferimento alla crisi, vorrei sottolineare, in questa sede, che i treni ad alta velocità - in relazione ai quali esiste un'associazione d'impresa tra Montezemolo e Della Valle - sono prodotti dall'Alstom, (il 50 per cento in Italia e il 50 per cento in Francia). In quel di Nola, dovrebbe essere realizzato, con il sostegno pubblico, lo stabilimento per la manutenzione di questi treni. Ebbene, uno stabilimento in grado di fare tale manutenzione esiste già a Colleferro, di proprietà dell'Alstom, che sta costruendo i treni. Pertanto, si preferisce chiudere il polo manutentivo di Colleferro per costruirne un altro, con il sostegno della legge n. 488 del 1992, in quel di Nola. Poi, si dice che non c'è la crisi!
Invece, la crisi esiste, non la si affronta, si sostengono iniziative che, in un momento come questo, sono pericolose, anche per l'utilizzazione di fondi pubblici, e si continua a dire che, nel nostro Paese, la realtà è un'altra: che chi parla di queste cose è un pessimista incallito, che vuole fare opposizione al Governo per motivi ideologici e non vede ciò che il Governo fa. Quindi, la Banca d'Italia ha solo un difetto per la maggioranza: non partecipa al valzer della propaganda che il Governo continua a fare sullo stato dell'economia del nostro Paese.
La Banca d'Italia in questo momento, come ricordava questa mattina un collega del Partito Democratico, è sotto osservazione anche per la possibilità reale che il nostro Governatore diventi responsabile della Banca centrale europea; eppure abbiamo un Governo che non solo non sostiene questa possibilità, ma si scaglia continuamente contro il Governatore, come il Ministro Calderoli, che non è stato smentito dal Ministro dell'economia e delle finanze, forse perché quest'ultimo nei confronti del Governatore Draghi nutre ormai un complesso di inferiorità che tante volte, con polemiche, riemerge.
L'OCSE, attraverso il gruppo di azione finanziaria internazionale, sta prendendo in esame, sotto il profilo della carenza di norme antiriciclaggio, lo scudo fiscale italiano. Sappiamo poco sull'origine dei miliardi che sono tornati in Italia e lo scudo potrebbe essere stato utilizzato da prestanome per regolare capitali non propri. Sono solo cinquanta le segnalazioni sospette giunte alla Banca d'Italia, un numero esiguo. Lo scudo è stata l'occasione per pulire i soldi della malavita organizzata.
Il decreto-legge n. 194 del 2009, che stiamo discutendo, proroga i termini al 30 aprile e prevede la riapertura dei termini per il pagamento dell'imposta relativa al rimpatrio e alla regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero. Il decreto-legge n. 194 del 2009, recante proroga di termini, si componeva Pag. 59di undici articoli nel corso dell'esame al Senato; il testo trasmesso alla Camera si compone, invece, di 15 articoli. L'articolo 1 riapre i termini fino al 30 aprile 2010. Il comma 2 bis introduce l'obbligo a carico del Ministro dell'economia e delle finanze - è questo il solo aspetto positivo di questa proroga, che noi osteggiamo e alla quale siamo contrari - che entro il 15 giugno 2010 rechi una relazione completa di dati e informazioni relative agli effetti prodotti dallo scudo fiscale.
Lo Stato ha incassato, sui 95 miliardi presunti e applicando un'aliquota del 5 per cento, 4 miliardi e 750 milioni di euro, ovvero lo 0,5 per cento della spesa pubblica corrente annuale. Ci siamo dimenticati che siamo stati l'unico Paese al mondo a garantire l'anonimato ai condonati, a sospendere l'obbligo di segnalazione antiriciclaggio e a estendere il perimetro dei reati cancellati. Con un colpo di spugna il Ministro Tremonti ha cancellato, con un condono tombale, un lungo elenco di reati, da quelli tributari, come la dichiarazione fraudolenta, a quelli penali, quali la falsità materiale e, aggiungo, anche alcuni reati previsti dal codice civile: false comunicazioni sociali, falso in bilancio e fatture false. Applicando un'aliquota di regolarizzazione del 5 per cento, ossia un decimo di quanto applicato negli altri Paesi, il Governo con il 50 per cento avrebbe recuperato 45 miliardi di lotta all'evasione fiscale. Voi della maggioranza avete preferito un condono e lo scudo fiscale a una seria lotta antievasione.
La proroga a fine aprile incentiva ulteriore evasione, se ne infischia dell'equità e danneggia le prospettive di finanza pubblica. Abbiamo bisogno di legalità, di riforme, di esaltare il senso civico del Paese, della solidarietà e del bene comune. Le scelte vostre, di questa destra che governa il Paese, puntano a far sopravvivere un'Italia senza futuro, dove prevale il menefreghismo, il qualunquismo e dove «fregare» lo Stato è bello: così non abbiamo futuro.
La criminalità - e concludo - può far rientrare in Italia capitali che oggi, in presenza della crisi economica, possono comprare beni e società rafforzando il loro potere economico e, addirittura, possono concorrere a ricomprare all'asta i beni confiscati. È per questo che noi manifestiamo tutto il nostro dissenso e la nostra ferma contrarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Antona. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, stiamo parlando oggi del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini. Si tratta della legge di conversione di un decreto-legge approvato in prima lettura dal Senato - e ora all'esame della Camera - in cui gli evidenti vizi di costituzionalità da cui è affetto lo rendono giuridicamente invalido, prima ancora che politicamente inopportuno. Pertanto, questo mio intervento si svilupperà in due parti, una di carattere generale, con particolare riferimento agli aspetti di costituzionalità, e l'altra di merito - su cui, poi, già alcuni colleghi si sono soffermati in modo articolato -, relativa all'incidenza economica e politica del provvedimento in alcune delle sue parti.
In premessa, non posso fare a meno di osservare che questo Governo, che si è autodefinito il Governo del fare e che a parole si è sempre detto contrario a quella che ha sempre definito come la vecchia politica, ha con questo decreto-legge milleproroghe ricalcato le peggiori orme dei peggiori Governi degli anni Ottanta, presentando un provvedimento in cui vi è tutto e il contrario di tutto. Inoltre, esso collide irrimediabilmente, dal punto di vista giuridico, con gli sviluppi della giurisprudenza costituzionale, in particolare, in materia di decretazione d'urgenza.
Innanzitutto il disegno di legge di conversione è stato presentato dal Governo al Senato non corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione. Già questo è un segno dell'assoluta mancanza di considerazione e rispetto nella quale questo Governo dimostra Pag. 60di tenere il Parlamento, che si trova a deliberare, come è già avvenuto al Senato, con la richiesta del voto di fiducia su un maxiemendamento dal contenuto straordinariamente eterogeneo, nella prospettiva del prendere o lasciare.
La relazione illustrativa, dunque, difformemente da quanto disposto dall'articolo 9, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170, non contiene il riferimento alla disposta esenzione dall'obbligo della redazione della suddetta relazione e le sue ragioni giustificative, né indica sinteticamente la necessità ed i previsti effetti dell'intervento normativo sulle attività dei cittadini e delle imprese e sulla organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, dando conto dell'eventuale comparazione di opzioni regolatorie alternative. Ma il provvedimento in esame presenta, come accennavo, un panorama ormai consueto, fatto di un'eterogeneità di norme grazie alla logora locuzione «proroga termini» che, correlata all'assenza dei presupposti di necessità e di urgenza, costituisce elemento non conforme a quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza.
Soprattutto e, in particolare, non si configura in linea con le prescrizioni di cui all'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988 n. 400, disposizione ordinamentale sul sistema delle fonti, secondo cui i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione, e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Scusate, nonostante si sia pochi, si è rumorosi.
Non solo: la giurisprudenza costituzionale con due recenti pronunce, la n. 128 del 2008 e la n. 171 del 2007, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale di un decreto-legge convertito in legge con modificazioni per difetto dei requisiti di cui all'articolo 77, comma 2 della Costituzione, ha affermato, richiamando una precedente decisione - sentenza n. 29 del 1995 - che la preesistenza di una situazione di fatto, comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale quale il decreto-legge costituisce un requisito di validità costituzionale nell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura, in primo luogo, un vizio di illegittimità costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell'ambito applicativo costituzionalmente previsto.
La stessa sentenza ha altresì precisato che lo scrutinio di costituzionalità deve svolgersi su un piano diverso rispetto all'esercizio del potere legislativo, in cui le valutazioni politiche potrebbero essere prevalenti, avendo la funzione di preservare l'assetto delle forme normative e con esso il rispetto dei valori a tutela dei quali tale compito è predisposto. Ha aggiunto che il difetto dei presupposti di legittimità della decretazione d'urgenza in sede di scrutinio di costituzionalità deve risultare evidente e che tale difetto di presupposti, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge ed ha escluso con ciò l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima, dal momento che affermare che tale legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie.
Tutto ciò premesso, occorre verificare, alla stregua degli indici intrinseci ed estrinseci delle norme censurate, se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità ed urgenza di provvedere.
L'epigrafe del decreto reca l'intestazione «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» e il preambolo è così testualmente formulato: ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di interventi di carattere finanziario per il riequilibrio dei conti pubblici, nonché di misure per il riordino di settori della pubblica amministrazione. Pag. 61
Nessun collegamento è ravvisabile tra tali premesse e la previsione, ad esempio dell'articolo 2, comma 7-bis, che reca disposizioni di sostanziale favore nei confronti del personale della Presidenza del Consiglio dei ministri, svincolate da ogni logica di ordine temporale e in definitiva il collegamento formale della disposizione all'automatica proroga dei termini non solo non è individuabile, ma neppure è in un modo o nell'altro indicato.
Colleghi, vi chiedo per cortesia un po' di silenzio.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

OLGA D'ANTONA. Analogamente, nei lavori preparatori della legge di conversione sulla quale discutiamo la giustificazione generale della eterogeneità delle norme inserite nel decreto-legge è basata sulla affermazione che «tutte le disposizioni genericamente si inseriscono in un generale quadro temporale di proroghe». Tuttavia, tale motivazione non è affatto convincente e non ha convinto su analoghe recenti fattispecie la giurisprudenza costituzionale, la quale ritiene che siffatte giustificazioni non rendono ragione dell'esigenza della necessità ed urgenza del provvedimento, che, secondo i principi enunciati dalla sentenza n. 171 del 2007, non può essere sostenuta da apodittica enunciazione di sussistenza dei richiamati presupposti, né può esaurirsi nella eventuale constatazione della ragionevolezza della disciplina.
Insomma, tale giurisprudenza nel momento in cui afferma che la legge di conversione non sana il vizio del decreto-legge originario ascrive la stessa legge di conversione di un decreto-legge come legge dal contenuto tipico e a competenza limitata, che non può aggiungere materie nuove, né, ad esempio, conferire deleghe legislative. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione nella quale il Governo, oltre ad operare in misura sempre crescente attraverso la decretazione d'urgenza, aggiunge l'operazione di rinviare l'entrata in vigore di numerose disposizioni approvate dal Parlamento con un effetto improprio di sistemazione della legislazione vigente.
Insomma, viene alterato lo schema fisiologico del rapporto tra Governo e Parlamento e ci si trova di fronte ad una sorta di ordinaria attività di normazione svolta dal Governo-amministrazione. La prassi di inserire tutte le disposizioni che non riescono a trovare collocazione non solo in decreti-legge, ma in decreti-legge disomogenei determina una conseguenza assai poco confortante. Nello stesso atto normativo di rango primario si sommano proroghe di termini, deroga a discipline generali vigenti, modifiche a disposizioni di rango secondario e addirittura anticipazioni di effetti di norme di legge di futura approvazione. Il provvedimento in esame evidenzia un'enorme ambiguità di fondo, come indicato espressamente in una lettera del 15 luglio 2009 del Presidente della Repubblica, che cito testualmente: «Provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge».
All'interno di questo quadro disomogeneo, vengono peraltro prorogate normative assai controverse, come, ad esempio, il rinnovo del cosiddetto scudo fiscale. In tal modo, l'ordinamento mantiene viva l'agevolazione fiscale e, per gli effetti, penale per i possessori di capitali esportati o detenuti in violazione degli obblighi di legge in cambio del pagamento della sola imposta straordinaria prevista dalla norma in esame.
Ma procediamo con ordine. Il provvedimento era composto inizialmente di undici articoli ed è stato ampiamente modificato ed integrato nel corso dell'esame al Senato. Nel testo trasmesso alla Camera il provvedimento si compone di quindici articoli e agli articoli originali sono stati aggiunti numerosi commi aggiuntivi. Si tratta di un provvedimento di dimensione molto corposa, che affronta materie eterogenee - come ho già detto - e che nulla hanno in comune tra loro, se non il differimento o la proroga dei termini. In Pag. 62alcuni casi il fine è quello di prolungare l'applicazione delle discipline transitorie.
La relazione del Comitato per la legislazione evidenzia che il provvedimento accompagna numerose misure sia di carattere ordinamentale sia di natura finanziaria, volte a correggere, ovvero a completare o integrare, quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2010, prima ancora che le medesime disposizioni entrino in vigore.
Cito testualmente: si configura un uso anomalo della decretazione d'urgenza suscettibile di determinare sul piano della qualità del processo legislativo e della coerenza ordinamentale evidenti effetti negativi anche in rapporto alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione.
Ricordiamo che nel corso dell'esame del decreto-legge n. 207 lo scorso 19 febbraio 2009 il Governo aveva accettato un apposito ordine del giorno a firma Occhiuto volto ad individuare strumenti per superare definitivamente la pratica legislativa dei decreti-legge milleproroghe. Risalendo più indietro nel tempo sono numerosi i decreti-legge che negli ultimi anni sono intervenuti per prorogare o differire termini legislativamente previsti. Nella maggior parte dei casi ciascun provvedimento d'urgenza disponeva una sola o più proroghe incidenti nel medesimo settore o in settori affini. In varie occasioni, invece, il Governo attualmente in carica ha adottato provvedimenti di portata generale contenenti una pluralità di proroghe afferenti a diversi settori. Tali provvedimenti sono stati ulteriormente ampliati, talora in misura notevole, durante l'iter di conversione.
Il fenomeno in cui per prassi ci imbattiamo con cadenza annuale, quando non semestrale, evidenzia due distinte patologie, ma uguali per gravità e necessità d'intervento: la patologia del sistema parlamentare e delle sue regole, ormai obsoleto e farraginoso, che nonostante numerosi e sfortunati tentativi il sistema politico non è ancora riuscito a riformare; la patologia di un sistema pubblico della macchina amministrativa dello Stato e del settore pubblico in generale cui la legge attribuisce compiti che evidentemente non è in grado di assolvere nei tempi assegnati. Il ripetersi di decreti di proroga evidenzia anche l'incapacità del legislatore di affidare ad amministrazioni dello Stato pesi sostenibili e compiti effettuabili in tempi certi.
Si fanno invece annunci, leggi manifesto, promesse che non si mantengono perché non si possono o non si vogliono mantenere. C'è un continuo dilazionare, spostare più in là, tutto per conquistare un consenso a volte ottenuto e non meritato. La domanda è: fino a quando avrete il consenso dei cittadini, ormai da troppo tempo in difficoltà, quando si accorgeranno che quel futuro migliore promesso non arriverà? Al Senato ancora una volta avete dovuto fare ricorso al voto di fiducia: anche dalle vostre parti si comincia a percepire un qualche malessere. Noi dell'opposizione non ci sottraiamo al senso di responsabilità nei confronti delle persone in carne ed ossa e delle loro difficoltà. Offriamo il nostro contributo per quello che di buono si può fare con questo decreto, a noi il compito di cercare di limitare il danno; qualche volta ci riusciamo, come nel caso delle nuove norme sulla Protezione civile. Ci preme in particolare sottolineare alcuni punti critici su materie particolarmente sensibili quali l'università, l'ambiente, la riduzione fiscale nelle zone terremotate, l'editoria che il collega Levi ha approfondito in modo credo esauriente.
Soltanto per brevi cenni cito la situazione economica degli atenei che è diventata insostenibile. L'allarme dei rettori si è fatto accorato: il taglio che l'attuale Governo ha operato nei confronti dell'università si aggira intorno ai 300 milioni di euro. È impossibile il normale turn over del personale, si impedisce l'assunzione di giovani di talento. Mi preme dire che impoverire l'università vuol dire impoverire la ricerca ed un Paese in cui non si fa ricerca e non si produce innovazione è un Paese destinato ad impoverirsi sempre di più. Pag. 63
Per quanto riguarda l'ambiente, siamo in presenza ancora una volta di oscuri emendamenti e di deroghe senza alcun pubblico dibattito tra le parti interessate e senza inserire la questione ambientale in un quadro coordinato di interventi.
Auspicheremmo, ad esempio, che si seguisse l'esempio francese. Altre soluzioni sono possibili. Il Governo francese, sulla scorta delle indicazioni e degli obiettivi fissati dall'Unione europea, sceglie di programmare la sua economia e il suo sviluppo in funzione degli obiettivi e dei parametri di salvaguardia del clima e dell'ambiente. Con una legge quadro, la legge Grenelle 1, indirizza le risorse pubbliche e private dei prossimi anni verso obiettivi di politica ambientale ed economica indicati negli accordi largamente partecipati e condivisi dalle parti sociali.
Mi preme ricordare che la concertazione anche in Italia ha avuto periodi fecondi e che sarebbe auspicabile riprendere le buone pratiche. Un altro elemento che mi preme qui ricordare riguarda la riduzione fiscale per i terremotati di cui si sentono gli allarmi. In particolare, mi riferisco alla cedolare secca sugli affitti al 20 per cento, inserita nella legge finanziaria in via sperimentale solo per l'Aquila, che la limitazione ad un solo anno rende di fatto inutilizzabile.
Nessun proprietario sarà disposto ad impegnarsi in un contratto a canone calmierato di cinque anni in un territorio così difficile, in cambio di una riduzione fiscale limitata solo al primo anno. Per rendere plausibile la connotazione di sperimentalità con la quale il Governo ha presentato la misura sarebbe necessario intervenire urgentemente con questo decreto-legge, per estendere a cinque anni il periodo di applicazione della cedolare per i contratti stipulati nel 2010, altrimenti la misura rimarrà virtuale.
Per l'editoria, su cui il collega che mi ha preceduto si è lungamente soffermato, non mi dilungherò. Ricorderò soltanto che il finanziamento pubblico nel campo dell'editoria rappresenta un elemento di primaria importanza per garantire a tutti i cittadini il diritto ad una informazione libera e democratica. Auspichiamo, quindi, che il Governo assuma quanto prima un impegno serio in tale direzione.
Potremmo andare avanti per molto, ma il tempo è tiranno, quindi cercherò di chiudere questo intervento. A fronte di tutto questo, noi ci chiediamo, rispetto ai tanti urgenti bisogni del Paese, era giusto abolire l'ICI per i proprietari con reddito alto, quelli per i quali pagare o non pagare quell'importo non fa la differenza e non cambia la loro vita? Inoltre, possiamo ancora dire che l'attuazione dello scudo fiscale, che ci apprestiamo a rinnovare, con il suo messaggio negativo sulla moralità dei cittadini, così altamente corrosivo del senso di solidarietà sociale, abbia rappresentato quel rientro di capitali e quel beneficio economico promesso agli italiani? Credo che questo Governo sia arrivato al punto in cui forse sarebbe utile, per sé stesso, per il Paese e per la sua maggioranza, riconoscere qualche errore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, relatore, concentrerò il mio intervento sulla questione dello scudo fiscale e, quindi, sulla proposta di questo decreto-legge di riaprirne i termini fino al 30 aprile dell'anno in corso. Come certamente ricorderete, il Partito Democratico ebbe una fortissima contrarietà rispetto alla normativa relativa allo scudo fiscale, sia nella sua originaria versione, quella del decreto-legge di agosto, sia nella versione estesa varata con il decreto-legge del 3 ottobre. Voglio qui riassumere i motivi di questa nostra contrarietà. Si tratta di sette motivi che sono ancora in piedi tutti interi. Il primo motivo di contrarietà fa riferimento ad una generale questione etica e politica.
Con lo scudo fiscale si premiano i contribuenti non onesti; si disincentiva, così, il comportamento dei tantissimi contribuenti e imprese che, invece, stanno nella legalità e nelle regole e rimangono onesti. Pag. 64
Questo non va bene: non va bene per gli stessi aspetti fondamentali di fiducia del corpo sociale di questo Paese. Secondo motivo di contrarietà (lo dicemmo fin da allora): non di uno scudo si tratta, ma di un vero e proprio condono, perché non viene chiesto alcun pagamento di imposte arretrate sui redditi originariamente formati e poi trasferiti all'estero. Il pagamento forfetario dell'imposta si riferisce soltanto ai flussi di rendimento dei redditi originariamente esportati, ma il fisco italiano non chiede nulla in relazione ai redditi originariamente percepiti.
Questo è diverso da quanto, in particolare, hanno fatto tutti gli altri Paesi del mondo, che hanno adottato normative nell'ambito della lotta ai paradisi fiscali e dell'emersione delle attività illegalmente tenute all'estero, ma le hanno adottate facendo comunque sempre pagare le imposte originariamente evase.
In terzo luogo, eravamo e restiamo contrari perché lo scudo fiscale italiano, diversamente da quello degli altri Paesi, garantisce l'anonimato a chi vi aderisce, anche qui, diversamente dagli altri Paesi e contrariamente a numerose controindicazioni. Ne voglio citare appena due: una prima controindicazione ci viene dalle prescrizioni internazionali degli organismi internazionali per la lotta ai paradisi fiscali.
Sappiamo da queste prescrizioni che avere le liste, e quindi la tracciabilità dei capitali, è fondamentale non tanto per colpire il singolo individuo o la singola impresa, che può anche essere, in qualche modo, sanata, ma soprattutto per avere informazioni su quali sono i circuiti finanziari che sfuggono alle regole internazionali.
Leggiamo dalla stampa specialistica in questi mesi quanto altri Paesi (Stati Uniti, Francia, Germania) si stiano impegnando per avere informazioni, ma l'anonimato impedisce di raccogliere informazioni. Una seconda controindicazione all'anonimato viene dall'applicazione, di cui questo Governo mena gran vanto, di meccanismi come quello del redditometro, e quindi dell'individuazione indiretta della capacità fiscale del contribuente tramite indicatori di capacità contributiva indiretti (la casa, lo yacht, il tenore di vita).
Cosa rappresenta l'avere detenuto o detenere un conto corrente estero con alcune centinaia di migliaia o milioni di euro, se non un indicatore diretto, direi, non indiretto, di capacità contributiva? Bene, il fisco italiano, mentre va verso il redditometro, evita, lui per primo, di utilizzare queste informazioni per sapere, almeno indirettamente, qual è il tenore di vita dei singoli contribuenti; è del tutto controintuitivo.
Quarto motivo della nostra contrarietà è il valore del gettito che lo Stato ha portato a casa con questo condono fiscale. Pensate che sono rientrati circa 95 miliardi di euro: se si fosse adottata la tassazione del reddito originario, anche omettendo sanzioni e interessi, considerato che sicuramente il reddito originario non andava tassato per meno del 43 per cento, bastava che l'amministrazione tributaria avesse accertato 10 di questi 95 miliardi per avere quei quattro miliardi e 700 milioni di gettito che abbiamo portato a casa con il 5 per cento su 95 miliardi.
Un'attività intensificata e forte di accertamento da parte dell'amministrazione tributaria e della guardia di finanza avrebbe potuto e potrebbe portare ancora più gettito di quello che, invece, abbiamo incamerato, e già speso, peraltro, con questa discutibile misura.
Quinto, questa norma ha disincentivato lo Stato italiano a partecipare alla lotta ai paradisi fiscali. Vi è un disincentivo che emerge dal fatto che, in seguito agli accordi internazionali in sede OCSE e G20, negli ultimi mesi sono stati realizzati 120 Tax Information Exchange Agreements, cioè 120 accordi bilaterali fra gli Stati per consentire un totale scambio informativo in materia di movimenti dei capitali per la lotta ai paradisi fiscali; di questi 120 accordi bilaterali, l'Italia non ne ha sottoscritto neppure uno.
La Francia ne ha sottoscritti 12, 5 la Germania, e quindi si sono predisposte ad avere scambi informativi standardizzati fra le diverse amministrazioni tributarie e Pag. 65finanziarie; l'Italia invece, colpevolmente, non ha sottoscritto neppure uno di questi accordi bilaterali, perché lo scudo in qualche modo ha «scudato» anche l'inerzia dell'amministrazione finanziaria di questo Paese, che non vede negli accordi bilaterali il vero modo di fare la lotta ai paradisi fiscali.
Sesto motivo della nostra contrarietà, che rimane, è il pericolo che tramite il rientro di questi capitali si riciclino dei denari che hanno origini criminali; e su ciò noi continuiamo a ritenere che la norma estensiva introdotta nel decreto-legge di ottobre sia una norma pericolosa, ambigua e pericolosa (ne parlerò in seguito).
Infine, la nostra contrarietà deriva anche dal fatto che nessun elemento della normativa esistente caratterizza il rientro di questi capitali come indirizzato alla patrimonializzazione delle imprese: non vi è alcun vincolo di mettere questi soldi nelle imprese, nelle attività produttive, che pure ne avrebbero grandissimo bisogno in questa fase di crisi e di contrazione del credito. Signor Presidente, rappresentante del Governo, relatore, purtroppo (voglio sottolinearlo: purtroppo) le più recenti informazioni disponibili ci danno ragione, e dico purtroppo; e quindi ci convincono ancor di più che la riapertura dei termini dello scudo fiscale fino al 30 aprile sia dannosa e sbagliata. Le più recenti informazioni ci danno purtroppo ragione, e mi concentrerò adesso sulle due più recenti.
Prima questione: quanti sono i rimpatri «scudati» ai sensi della norma di quest'estate e di ottobre con liquidazione? Quanti quindi i rimpatri che sono stati registrati in entrata nella bilancia dei pagamenti italiani, quindi come flussi valutari che entrano nella bilancia dei pagamenti italiana e tornano in Italia? Sono stati il 41 per cento del totale. La Banca d'Italia, nelle sue statistiche relative alla bilancia dei pagamenti, non svolge il monitoraggio di tutti i capitali «scudati», ma per effetto di una diversità di definizioni statistiche ha intercettato, quindi ha potuto analizzare, 85 miliardi di euro dei 95 rientrati; la differenza fra 85 e 95 è data da una serie di partite minori (metalli preziosi, piccole somme), non è questo il punto. Di quegli 85 miliardi ne sono stati effettivamente liquidati, cioè disinvestiti dall'estero e reinvestiti in attività finanziarie denominate in Italia, soltanto il 41 per cento, e cioè 35 miliardi di euro su 85. Gli altri sono rientrati dal punto di vista giuridico: si tratta di attività finanziarie detenute da residenti in Italia e gestite da banche o da altri intermediari che hanno una residenza giuridica in Italia, ma rimaste allocate all'estero. Mi spiego con semplicità: se io avessi avuto un giardinetto finanziario di un milione di euro collocato presso una banca svizzera e investito - invento - in Bund tedeschi e in azioni americane, avrei semplicemente, «scudando», cambiato la denominazione del mio soggetto gestore, probabilmente il mio soggetto gestore sarebbe sempre rimasto una banca svizzera ma nella sua filiale italiana, e poi avrei deciso di non modificare il mio giardinetto, continuando a tenermi i Bund tedeschi e le azioni americane, e quindi il rientro sarebbe giuridico ma non economico. Soltanto il 41 per cento dei capitali «scudati» sono stati liquidati nelle attività precedenti, e invece oggi sono detenuti su attività italiane.
D'altra parte le informazioni disponibili già ci dicevano questo: sentite cosa dichiara il 19 febbraio il responsabile dell'Associazione Bancaria Ticinese. Dichiara: «Il deflusso reale di capitali delle nostre banche è stato minore rispetto a ciò che molti avevano previsto». Il responsabile del Crédit Suisse - Private Banking per l'area Italia e Monaco dichiara che lo scudo ha avuto un impatto, anche se poi minore di quanto si prevedeva e che molti clienti italiani hanno rinnovato la loro fiducia alle banche svizzere aderendo allo scudo ma lasciando presso i loro istituti i capitali in gestione. Questo è infatti ciò che è successo: l'UBS ha dichiarato che è rimasto nella sua gestione il 62 per cento dei capitali italiani scudati, il Credit Suisse il 66 per cento, Julius Baer il 60 per cento. Alla luce di questi dati, signori del Governo fatemi dire che riteniamo assurda la Pag. 66polemica che il Governo ha intentato nelle ultime ore con il Governatore della Banca d'Italia e con la Banca d'Italia medesima. Invito caldamente il Ministro Calderoli, che ha esternato in modo inaudito ed inconsulto sulle statistiche relative alla bilancia dei pagamenti che ho appena citato, a studiarsi bene - prima di esternare così - che cosa sono le statistiche relative alla bilancia dei pagamenti.
Non è comprensibile neppure la nota stampa dell'Agenzia delle entrate di sabato in cui il direttore dell'Agenzia stessa sembra volersi difendere da qualche accusa che nessuno gli ha mosso. I dati dell'Agenzia delle entrate sono infatti perfettamente coerenti e compatibili con quelli della Banca d'Italia: l'Agenzia delle entrate ha registrato, sulla base dei pagamenti arrivati, l'ammontare dei capitali scudati mentre la Banca d'Italia sta semplicemente registrando, in base ai criteri statistici internazionali, i flussi dei capitali che stanno rientrando. Questi flussi consistono economicamente in 35 su 85 miliardi di euro, gli altri capitali invece non sono rientrati ovvero sono rientrati giuridicamente ma non dal punto di vista economico.
È chiaro che dal punto di vista della posizione finanziaria netta dell'Italia, quindi dal punto di vista degli stock e non dei flussi, i 95 miliardi di capitali, detenuti da residenti italiani, adesso emersi vanno tutti ad incrementare lo stock della posizione finanziaria netta dell'Italia rispetto al resto del mondo. La differenza però è che di questi 95 miliardi il 41 per cento (quindi una quarantina di miliardi) sono effettivamente stati disinvestiti dall'estero ed investiti in Italia, mentre gli altri (circa 55 miliardi) restano investiti all'estero e quindi non hanno un effetto di flusso in entrata.
Le statistiche della bilancia dei pagamenti registrano ovviamente i flussi in entrata e in uscita; quindi credo di poter dire a nome del gruppo del Partito Democratico che troviamo - ripeto - assolutamente inaudito che il Governo, non comprendendo minime questioni di statistica della bilancia dei pagamenti, si avventuri in scriteriati attacchi all'istituzione monetaria italiana, che non fa altro che registrare i flussi e i movimenti dei capitali in entrata e in uscita.
Inoltre - e questo è l'ultimo punto del mio intervento, quindi passerò al secondo e definitivo argomento - i capitali rientrati (ossia il 40 per cento dei capitali disinvestiti dall'estero e rientrati in Italia) dove si trovano in questo momento? Basta leggere i giornali, perché i giornalisti in questi giorni si sono appassionati ed hanno intervistato diversi gestori, e tutti i gestori affermano che soltanto pochi di questi capitali stanno rientrando nelle imprese (hanno solo qualche caso di prestito da soci). La maggior parte di questi capitali è invece in attesa, cioè è stata reinvestita in strumenti finanziari domestici a breve periodo in attesa di superare l'incertezza: forse questa è una buona notizia per il Ministro dell'economia e delle finanze nella prospettiva delle future aste dei titoli pubblici (e naturalmente non saremo certo noi del Partito Democratico a lamentarci se le future aste dei titoli pubblici andranno bene anche grazie alla ricerca da parte di questi capitali di rendimenti adeguati), tuttavia non diteci che lo scudo fiscale ha permesso la patrimonializzazione delle imprese perché questo sicuramente è un risultato che non è stato ottenuto.

PRESIDENTE. Onorevole Causi, la invito a concludere.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, concludo in pochi minuti. Un ulteriore argomento su cui purtroppo avevamo ragione - e ci dispiace dirlo, perché avremmo davvero voluto non aver ragione - è la questione dell'antiriciclaggio, che è questione grave. Il Governatore Draghi ci ha segnalato che finora sono giunte poco più di cinquanta segnalazioni di possibili reati connessi con operazioni di emersione di disponibilità all'estero collegate allo scudo fiscale.
È un numero esiguo? Certo che è esiguo, pensate che le segnalazioni antiriciclaggio di tutta l'Italia sono state, se Pag. 67ricordo bene, 21 mila nel 2009 e solo 50 sono quelle emerse dallo scudo fiscale. Adesso arriva, molto tardivamente, una circolare del Ministero dell'economia e delle finanze, in data 17 febbraio, quando ormai i buoi sono scappati. Questa circolare dice agli intermediari e alla banche: attenzione, aprite gli occhi sulle operazioni effettuate da soggetti che non sono già clienti della banca, sulle operazioni da clienti che non transitano con un intermediario estero e su quelle effettuate da clienti che non hanno mai dichiarato le disponibilità economiche. Ma tutto ciò, la circolare lo dice soltanto il 17 febbraio, quando ormai i 95 miliardi di euro sono stati scudati e registrati con l'anonimato.
Cosa faranno adesso gli intermediari e le banche ? richiamano i clienti uno per uno? Ovviamente non potranno farlo. I 95 miliardi sono rientrati, e chissà quanti erano i clienti che non era già clienti della banca; chissà, tra questi, quanti sono transitati da intermediari esteri non conosciuti e chissà quanti non avevano prima dichiarato disponibilità economiche. Adesso il Ministero dell'economia e delle finanze dice agli intermediari di fare attenzione quando ricorrono queste fattispecie dichiarate all'unità di informazione finanziaria ai fini dell'antiriciclaggio. E perché non lo ha chiarito fin da settembre? Perché perdura ancora oggi l'incertezza sulla necessità o meno da parte dell'intermediario finanziario che scuda i capitali di inviare una adeguata informazione all'archivio rapporti finanziari dell'anagrafe tributaria? Questa incertezza vi è ancora adesso e non la scioglie neanche l'ultima circolare del Ministero dell'economia e delle finanze.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO CAUSI. Su questo, annuncio che il Partito Democratico presenterà un'interrogazione a risposta immediata (question time).
Termino, ricordando che la questione dell'antiriciclaggio può avere due interpretazioni. Nella migliore delle ipotesi, la norma, che prevedeva che quando era applicato lo scudo che esclude i reati di cui al 2 comma, dell'articolo 4, non era necessaria la segnalazione antiriciclaggio, può essere concepita come uno scudo a vantaggio delle banche e degli intermediari finanziari che si sono sentiti, quindi, più tranquilli, e meno responsabilizzati di indagare su queste operazioni. Ma esiste anche un'ipotesi peggiore ovvero che questo Governo abbia voluto fare un regalo alla criminalità organizzata, gettando qualche granello di sabbia nel funzionamento delle nuove procedure antiriciclaggio generate dal decreto legislativo n. 231 del 2007 che stanno funzionando molto bene (le segnalazioni ai fini dell'antiriciclaggio sono aumentate del 16 per cento nel 2008 rispetto al 2007, e del 44 per cento nel 2009 in rapporto al 2008). Purtroppo, il meccanismo di queste segnalazioni è stato frenato, il granello è stato lanciato, proprio nel caso dello scudo fiscale. Esiste un continuo e serio vulnus alla legalità e alle regole. C'è il rischio di porre l'Italia fuori linea rispetto agli standard etici internazionale, e di abbassare la guardia nel contrasto alla criminalità organizzata. Quindi, e con ancor maggior convinzione rispetto a luglio e ad ottobre, restiamo contrari allo scudo fiscale e, a maggior ragione, alla riapertura dei suoi termini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti della scuola media di Villamaina e Torella dei Lombardi, in provincia di Avellino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, siamo giunti a discutere dello sciame caotico del milleproroghe. Il Comitato per la legislazione, esaminato il disegno di legge n. 3210, ha rilevato che, cito testualmente: «esso - già negli articoli 11 originari, e ancor più a seguito dell'inserimento in essi al Senato di numerosissimi commi aggiuntivi e di ulteriori 4 Pag. 68articoli - reca disposizioni di contenuto eterogeneo che incidono su distinti settori dell'ordinamento, risultando unificate nella maggior parte dei casi dalla finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti o anche di prolungare l'applicazione di discipline transitorie».
Vi si configura - continua il Comitato per la legislazione - un uso anomalo della decretazione d'urgenza passibile di determinare, sul piano della qualità del processo legislativo e della stessa coerenza ordinamentale, evidenti effetti negativi anche in rapporto alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione (qui finisce l'apporto del Comitato per la legislazione).
Con il decreto milleproroghe inoltre viene ripristinata la procedura del taglio cieco ed orizzontale alle spese delle pubbliche amministrazioni cui si era cercato di porre rimedio con l'articolo 17 del decreto-legge n. 78 del 2009, sostituendo tale procedura con un taglio più lungimirante e commisurato alle esigenze di ogni singola amministrazione per conseguire coerenti obiettivi di risparmio sotto il monitoraggio del Ministero dell'economia e delle finanze. Il decreto-legge, come modificato al Senato dal maxiemendamento su cui è stata posta la questione di fiducia, rappresenta l'ennesimo provvedimento omnibus emanato nell'attuale legislatura, e contiene norme che rappresentano, a dispetto dei proclami e delle smentite del Governo, il consueto assalto alla diligenza. Rappresenta la prova dell'ulteriore scadimento della qualità legislativa sopra sottolineata e dell'inattendibilità del Governo nella gestione delle risorse pubbliche. Ma tant'è che oggi siamo ancora qui, e infatti più forte e ostinata è la superbia del fare apparente rispetto alla consapevolezza umile. Quello che manca a questa maggioranza e a questo Governo è la cultura della cultura, anche di quella ordinamentale, ma ciò non è più una novità ed è una reiterata costanza.
Ma sapete a cosa porta questa reiterata costanza? Alla realizzazione di un disegno che gli italiani, brava gente, tardano a comprendere ma che quando si renderanno conto avranno di che mal dire. Questo Governo e questa maggioranza non guardano al futuro, guardano di coprire il presente, coprire il disagio che sempre più sta crescendo in questo nostro Paese, coprire la verità di ciò che veramente si è non fatto, e la verità di ciò che effettivamente si sta facendo tagliando, riducendo, degradando, limitando, eliminando. E tutto diviene precario, tutto diventa possibile, ma che certezza del diritto? Si proroga, si differisce, si prolunga, si deroga, insomma si cerca di traslare responsabilità, di farla franca da parte di un Governo che non governa ma che dice di governare, tanto domani è un altro giorno e si vedrà. La democrazia rappresentativa - carissimi colleghi - non vive di parole e del giorno per giorno, e non si può separare dalle regole. Necessita di decisioni, decisioni collettive dove le procedure e le regole sono doverose ed indispensabili quanto i risultati, perché garantiscono dagli eccessi, dalle distorsioni e dalle degenerazioni. Ma compito dell'opposizione è anche quello di richiamare la maggioranza, non in maniera ideologica, ma ricordandole fortemente a quale responsabilità è chiamata innanzi ai cittadini. Occorre infatti avere tutti - maggioranza ed opposizione - piena consapevolezza del ruolo di cui siamo investiti innanzi al Paese.
A tal proposito mi accingo ora ad analizzare in particolare gli articoli dall'Atto Camera n. 3210 che sono legati alla VII Commissione, cercando di portare contributi e auspicando che - come ha affermato la mia collega onorevole Ghizzoni in Commissione, commentando l'articolo 7, comma 4-ter sul personale precario della scuola - le buone idee, da qualsiasi parte vengano, devono essere sostenute. In tal modo si eviterebbe un confronto sempre ideologico e mai nel merito delle questioni.
Carissimi colleghi, sollecito in voi questa buona fede affinché riusciamo insieme a trovare strade giuste. Partiamo proprio dall'articolo 7, comma 4-ter. Questa disposizione viene ripresa, con termini identici, nell'emendamento presentato dal nostro Pag. 69gruppo parlamentare e non accettato dal Ministro durante la discussione dei contratti di disponibilità. Perché questa arrogante caduta di stile che oggi vi si ritorce contro? Il Ministro infatti fino a pochi mesi fa aveva sostenuto, nel bocciare il nostro emendamento (che con gli stessi termini del presente articolo chiedeva l'estensione delle norme del cosiddetto «salva-precari», il decreto-legge n. 134 del 2009, anche per l'anno scolastico 2010 - 2011), che non era necessaria l'estensione in quanto per il prossimo anno scolastico non ci sarebbero stati i problemi per il personale a tempo determinato, assicurando che tale personale avrebbe trovato posti resi disponibili dal turnover, e che l'opposizione doveva smettere di sollevare falsi allarmismi. Peccato che è il Governo stesso, con l'articolo 64 della legge n. 133 del 2008, a dire che per gli anni scolastici 2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012 (per tre anni di seguito) nella scuola si dovranno tagliare più di 130 mila posti di lavoro.
Allora non sarebbe più intelligente, lungimirante e sensato, per non dover poi nuovamente fare fastidiose marce indietro, estendere la proroga delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 2, 3 e 4 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, oltre che all'anno scolastico 2010-2011 anche per l'anno scolastico 2011-2012? Questo è esattamente quello che noi abbiamo chiesto con un nostro emendamento. Continuiamo ad augurarci che almeno in Aula verrà accolto.
Abbiamo poi un altro articolo, l'articolo 4, comma 2, la valutazione ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato. Giudichiamo negativamente questo articolo che proroga di un anno l'entrata in vigore delle norme relative alla valutazione dei risultati scolastici ai fini dell'accesso ai corsi di laurea universitaria a numero programmato. Il Governo, infatti, giustifica la sua iniziativa con il fine di salvaguardare le prerogative degli ufficiali medici senza tenere in alcun conto il nocumento recato a tutti i giovani diplomati con il massimo dei voti. Il rinvio di un anno della norma del decreto-legge in parola rappresenta per questi studenti la mancata possibilità di godere di un punteggio per l'ammissione al corso di laurea ad accesso programmato anche sulla base del pregresso iter scolastico e non solo sulla base dei risultati conseguiti nei test d'accesso. È contraddittorio ledere tutti gli studenti eccellenti solo per salvaguardare una speciale categoria. In questi termini la norma stessa nel suo complesso è in contraddizione con i principi del merito più volte enunciati dalla titolare del Ministero dell'istruzione. Dunque non sarebbe molto più intelligente, lungimirante e sensato oltre che a costo zero applicare la proroga di un anno dell'entrata in vigore della norma solo per gli ufficiali medici delle accademie militari, dell'Esercito, della Marina militare e dell'Aeronautica? Questo è proprio quanto noi abbiamo chiesto con un emendamento che ci auguriamo venga accolto almeno in aula nell'ottica espressa della ricerca di strade giuste.
Articolo 7, comma 5-ter, messa in sicurezza delle scuole. Colleghi, eccoci nuovamente a parlare di sicurezza degli edifici scolastici. Ma sapete quanto tempo è passato dalle disgrazie di San Giuliano, Zagarolo, Rivoli, L'Aquila, le morti bianche della nostra scuola e dell'università? In alcuni casi anni, in altri mesi, molti mesi, troppi mesi ed eccoci qui a prorogare per l'ennesima volta una scadenza. Infatti il comma 5-ter dall'articolo 7, introdotto da un emendamento al Senato, differisce al 30 giugno 2010 il termine previsto dall'articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009, entro il quale dovevano essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole fino ad un importo complessivo di 300 milioni di euro con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati nell'ambito delle risorse previste all'articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 2008. È quindi dal settembre 2008 che stiamo aspettando che il «Governo del fare» si decida a stanziare fondi e a realizzare opere a tutela della sicurezza degli edifici scolastici ed invece ecco un'ennesima proroga. In un'interpellanza Pag. 70urgente proposta a settembre dal Partito Democratico sull'avvio dell'anno scolastico avevamo osservato che questo Governo già sulla legge finanziaria votata nel dicembre 2008 cioè quella per il 2009 non aveva ripristinato i 250 milioni di euro per l'edilizia scolastica che il Governo Prodi aveva stanziato al fine di attivare un lungimirante piano pluriennale per la messa a norma e la modernizzazione dei nostri plessi scolastici e che, inoltre, non erano ancora stati assegnati i fondi previsti nello scorso mese di marzo 2009 dalle delibere CIPE che hanno riprogrammato i FAS. Stiamo parlando degli stanziamenti decisi dal CIPE con le delibere n. 3 e n. 10 del 6 marzo 2009 che hanno utilizzato per i piani di edilizia i 1.500 milioni di euro già stanziati nel piano 2006-2013 nei FAS del MIUR per interventi strutturali nel Mezzogiorno d'Italia. In occasione dell'interpellanza urgente abbiamo anche smascherato una non verità che il signor Ministro aveva detto in un'intervista al Corriere della Sera dove affermava che questo Governo ha stanziato fondi per l'edilizia scolastica mentre il Governo Prodi non ne aveva stanziati e anzi li aveva distratti da quelli già esistenti.
Quel Governo di centrosinistra, come sopra ho detto, ha stanziato 250 milioni di euro per l'edilizia scolastica in tre anni: 50, 100 e 100.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole De Pasquale.

ROSA DE PASQUALE. Ed ha nel contempo siglato con le regioni un vasto piano di interventi cofinanziati, oltre che dalle regioni, anche dagli enti locali interessati. Il complesso dell'intervento ammontava ad un totale di 900 milioni su tutto il territorio del Paese ed impegnava gli enti locali competenti a seguire fattivamente il citato piano. Di contro con la legge finanziaria 2009 questo Governo ha decurtato 23 milioni di euro dei 100 già stanziati dal Governo Prodi per il secondo anno di intervento. Sempre in occasione di quell'interpellanza urgente, all'avvio dell'anno scolastico avevamo chiesto che fine avesse fatto l'intesa sottoscritta con la Conferenza unificata Stato-regioni con il compito di costituire apposite squadre tecniche incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici. Considerato che, in forza della facoltà di surroga ivi consentita ai prefetti, l'intera iniziativa avrebbe dovuto essere completata come iscritta nell'intesa entro il 6 agosto 2009.
Inoltre, chiedevamo anche a che punto fosse l'attuazione dell'articolo 7-bis della legge n. 169 del 2008 ed in particolare quale fosse lo stato dei progetti di messa in sicurezza di 100 edifici scolastici. A settembre non ci è stata data risposta, ma ora sappiamo perché: è trascorso un anno ed ancora nulla è successo, anzi nel provvedimento in esame è prevista un'ennesima sciagurata proroga. Il Paese attende fatti, non proroghe, e un fatto sarebbe anche dare seguito ad un altro impegno che il Governo ha assunto a dicembre in sede di approvazione della legge finanziaria, accogliendo un ordine del giorno del Partito Democratico che, risultante sempre più evidente l'impossibilità di far entrare in vigore dal prossimo anno scolastico il previsto riordino della scuola secondaria superiore, impegna il Governo a valutare la possibilità di utilizzare una parte delle risorse aggiuntive ottenute dal cosiddetto scudo fiscale al fine di reperire le risorse necessarie a garantire che le mancate riduzioni di spesa causate nel bilancio MIUR da tale rinvio non producano ripercussioni nell'assetto complessivo di tale bilancio. Ma il Governo non ha pensato a sancire questa proroga, che invece sarebbe essenziale per il mondo della scuola nel suo complesso, principalmente per gli studenti ed i genitori. Invece «no», proprio questa proroga il Governo non l'ha decisa, dimostrando una volta di più come la riforma epocale della scuola secondaria di secondo grado altro non è che un'operazione finanziaria destinata a ridurre risorse ed investimenti per la scuola, a tagliare qualità, materie di studio, tempo scuola, didattica laboratoriale, servizi e personale.
Ma poiché, come ho detto all'inizio di questo mio intervento, compito dell'opposizione Pag. 71è anche quello di richiamare la maggioranza alla ricerca del bene comune, il Partito Democratico ha presentato un emendamento all'articolo 7, dove ha richiesto, dopo il comma 5-quater, di aggiungere il seguente comma 5-quinquies, che recita: «La data di entrata in vigore dei regolamenti riguardanti il riordino dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (...), è differita all'anno scolastico 2011-2012». Verremo ascoltati? Me lo auguro, prima di tutto per il bene della nostra scuola, che diversamente non potrà assolutamente garantire né un regolare avvio del prossimo anno scolastico né tanto meno un proficuo, efficace e sereno svolgimento del primo anno di scuola secondaria per tutti i nostri giovani, che hanno diritto ad iniziare un corso di studi in modo positivo e non nel caos dell'incertezza, dei dubbi e della demotivazione dei docenti, che subiscono le modifiche di un ordinamento che ancora non ha visto la stesura dei decreti applicativi, l'adozione delle indicazioni nazionali, delle classi di concorso e degli indicatori per la valutazione e l'autovalutazione, che dovrebbero andare a riempire con i contenuti la cornice vuota dei regolamenti, che peraltro nessuno ha ancora visto nella versione definitiva, che dovrà essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore.
Signor Presidente, vorrei brevemente concludere il mio intervento, ma le chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole De Pasquale, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, ancora due parole per concludere. Sono giunta al termine di questo doveroso contributo con il quale ho cercato di mettere in luce alcune delle numerose incongruenze contenute nel decreto-legge in esame, suggerendo motivate modifiche, convinta della paziente speranza che tale sforzo di costruttiva partecipazione possa adeguatamente e con obiettività essere ascoltato. Ma se ciò non dovesse avvenire, carissimi colleghi, perché ha prevalso la furbizia dei furbi, che è una caratteristica di chi in Italia vuole gestire i poteri a proprio uso e consumo, sarà meglio che chi desidera governare questa furbizia la perda, perché la cultura popolare concentrata nei proverbi è chiara: in pellicceria arrivano più pelli di volpe che d'asino. Se si continua a tirare la corda non solo si rischia di romperla, ma anche di non averne più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e membri del Governo, cercherò di sforzarmi a rimanere nei tempi e di soffermarmi su tre punti. Il primo è il tema molto importante del pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione, che qui è ripreso dall'articolo 1, comma 16, che proroga i termini per la certificazione da rilasciare dalla pubblica amministrazione, in particolare anche dagli enti locali, nei confronti delle imprese: pur essendo questi soldi nel bilancio di cassa degli enti, non possono essere liquidati in base al Patto di stabilità interno.
Si prevede una norma con cui si corre il rischio di traslare i debiti della pubblica amministrazione che non sono nell'aggregato del Patto di stabilità (ciò in base ad EUROSTAT e a tutti gli indirizzi che vi sono sul Patto di stabilità). Traslando questo debito, solo ai fini dell'anticipazione da parte delle banche, si può correre il rischio di modificare il Patto di stabilità. Si corre, senz'altro, il rischio che la traslazione della certificazione degli enti locali, al fine di rientrare nel credito della cartolarizzazione degli istituti di credito - non si capisce nemmeno a quali costi per l'impresa - possa allargare i fondi destinati al Patto di stabilità. In altri termini, Pag. 72si sono cercate alcune norme per non rientrare nel Patto di stabilità: sicuramente, con l'articolo 1, comma 16, del provvedimento in oggetto, attraverso la traslazione mediante l'anticipazione (il Patto di stabilità è chiaro in questo senso), i debiti della pubblica amministrazione, non nei confronti delle imprese, ma delle banche, rientrano nel Patto di stabilità.
Non vorrei svolgere una funzione edonistica o di divertimento nel mio intervento, ma molto didattica nei confronti del Governo e dell'attuale maggioranza. I parlamentari del Popolo della Libertà hanno presentato più di una proposta emendativa; siamo al 22 di febbraio e il decreto-legge deve essere convertito entro il 28 e non abbiamo voglia di ripresentare alcuna proposta emendativa su questo tema. Tuttavia, il Governo e questa maggioranza si assumeranno la responsabilità di prevedere nel Patto di stabilità la traslazione del debito della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese agli istituti di credito che rientrano nel Patto di stabilità stesso.
Non si è mai accettato di predisporre un decreto-legge semplice e formale che consenta di conoscere quanti sono i debiti pregressi della pubblica amministrazione e, in modo particolare, degli enti locali, prevedendo una graduazione al rientro attraverso il Patto di stabilità. Si è sempre detto di no, perché, altrimenti, si sarebbe toccato il Patto di stabilità. Invece, avete posto in essere una norma che incide proprio sul Patto di stabilità. Qualcuno può dire che potrebbe incidere: a mio avviso, da una lettura attenta di cosa sono il debito della pubblica amministrazione e il Patto di stabilità, tale norma incide.
Vorrei soffermarmi su questo argomento, perché, troppo spesso, si discute e si esclude dal Patto di stabilità un argomento piuttosto che un altro, ed io - lo ripeto - voglio svolgere un intervento molto didattico. Se la spesa complessiva della pubblica amministrazione è pari al 47-48 per cento del prodotto interno lordo (questa torta, ogni anno, si restringe, perché vi è una riduzione del prodotto interno lordo), il Patto di stabilità controlla il debito, che è fuori controllo - mi riferisco a quello «largo» - e il deficit annuale.
Se gli enti locali spendono 70-80 miliardi di euro l'anno e lo Stato, complessivamente, ne spende 780, perché il Patto di stabilità non si applica, in percentuale, sulle pubbliche amministrazioni? Perché si colpisce solo il settore degli enti locali, come anche i Ministeri? Il settore non comprende come viene realizzato il Patto di stabilità: sarebbe molto meglio una proporzionalità. Infatti, gli enti locali devono restare all'interno del Patto di stabilità, perché, altrimenti, si fa come la Grecia o la Spagna. Ma gli enti locali non possono restare all'interno di questo Patto di stabilità interno, perché, in generale, ad essi si vieta anche di pagare i lavori eseguiti con regolari contratti di mutuo e di assegnazione dei lavori.
Tuttavia, continuate, perché questa è la vostra filosofia, la filosofia di questa maggioranza e di questo Governo. Non possiamo che segnalarvelo: attenti, perché l'assenza di equità nel Patto di stabilità interno crea dei disastri, sia sui debiti pregressi, attraverso la norma introdotta dal comma 16, dell'articolo 1, del provvedimento in oggetto, con la traslazione che ho ricordato prima, sia per l'assenza di equità nel rapporto sui comparti dello Stato.
L'ISTAT ha redatto una classificazione di chi sta dentro il Patto di stabilità; ad esempio, la Consob non si trova dentro il Patto di stabilità, ma tutti gli enti che vi si trovano devono fare sacrifici proporzionali rispetto all'andamento del bilancio consolidato e del bilancio di cassa per mantenersi all'interno del deficit annuale programmato dal vecchio Documento di programmazione economico finanziaria. Di nuovo, norme che non hanno modalità né tecnica, né politica di incidere sui problemi vengono enunciate creando, eventualmente, dei danni, come ho ricordato prima a proposito del comma 16, dell'articolo 1.
Riprendendo l'intervento dell'onorevole Causi, mi vorrei soffermare sulla proroga dello scudo fiscale. Oramai è chiaro: perché Pag. 73si fa propaganda su queste cose? Perché si deve accettare la propaganda? È chiaro che, su 95 miliardi rientrati, per il 40 per cento si è in attesa, in Italia, della promozione di investimenti finanziari, perché non sono stati promossi investimenti sulle imprese. Hanno quindi ragione l'Agenzia delle entrate e la Banca d'Italia, perché tutte e due forniscono delle stime vere: il 40 per cento dei 95 miliardi, pari a 38 miliardi, sono tornati regolarizzati in Italia. Il restante 60 per cento, pur legalizzato, è rimasto sotto forma di investimenti all'estero, mi riferisco ad esempio (così è stato ritenuto più opportuno) ai bond tedeschi o a capitali di imprese europee regolarizzati. Anche la polemica, quindi, è formale: i 95 miliardi non sono tornati alle imprese, non sono stati promossi investimenti in Italia (una maggioranza inattesa) e solo il 40 per cento è tornato in Italia. Il 60 per cento, pur regolarizzato con delle norme che noi non abbiamo condiviso, è rimasto all'estero.
In tale contesto, per rafforzare l'intervento dell'onorevole Causi, a me interessa comprendere dove vanno le risorse provenienti dal rientro dello scudo. È difficile individuarlo, ma potrei dire che vanno al fondo costituito dalla legge finanziaria con il comma 758, oppure, potendo essere più precisi, insieme al TFR e al risparmio ottenuto nei rapporti tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, vanno a costituire quel famoso fondo per interventi urgenti e indifferibili che vorrei riepilogare: 130 milioni di euro nel 2010 per il rifinanziamento di norme volte all'adempimento degli impegni dello Stato derivanti dalla partecipazione a banche e fondi internazionali; 400 milioni per il 5 per mille dell'IRPEF, fondo che nella legge finanziaria si è reintrodotto con questo meccanismo; 103 milioni per la gratuità parziale dei libri di testo; 100 milioni per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 per interventi in agricoltura (anche qui, non si comprende quando ci sarà il fondo di solidarietà); 400 milioni per l'incremento della dotazione finanziaria del fondo per il funzionamento delle università; 130 milioni per il sostegno delle scuole non statali; 400 milioni per il sostegno del settore dell'autotrasporto; 370 milioni per il finanziamento della stipula di convenzioni con i comuni per la stabilizzazione dei lavori socialmente utili; infine, 181 milioni sono in un bellissimo elenco. Questo elenco si è ampliato ai sensi dell'articolo 1, comma 23-ter; oltre al tema del politecnico di S. Matteo di Pavia, al museo Omero vicino ad Ancona e alla biblioteca di Monza, mi aspettavo di vedere altro. Ho cercato, mi aspettavo la legge n. 250 del 1990 e mi aspettavo la legge n. 416, che è essenzialmente riferita all'editoria.
Mi aspettavo qualcosa sul tema dei 4.500-5.000 occupati del settore, che non hanno trovato risposta né nella legge finanziaria, né nel decreto-legge milleproroghe. Ora ci sarà qualche altra cosa e si dirà «andrete lì, andrete al consolidato». Non so dove riandremo e, quindi, mi sarei aspettato che l'articolo 1, comma 23-ter, citasse la legge n. 250 del 1990 e la legge n. 416 del 1981. Invece no! Viene correttamente citata la legge n. 73 del 2001, recante interventi a favore delle minoranze italiane in Slovenia e in Croazia. Viene citata la legge n. 242 del 1999, relativa al riordino del Comitato olimpico nazionale (il CONI). Viene citato - udite, udite - l'articolo 1, comma 963, della legge n. 296 del 2006 (la legge finanziaria per il 2007) relativo ai trasferimenti erariali a favore del comune di Roma, ovvero l'ennesimo intervento a favore del comune di Roma e la promozione della pratica dello sport da parte di persone disabili, che va benissimo.
Poi vi è un altro aspetto e con questo termino il mio intervento. Avevamo presentato un ordine del giorno in cui si diceva che tutti gli introiti successivi allo scudo fiscale - e che non fanno parte della partita di giro relativa alla ricompensazione dell'anticipazione della rata dell'IRPEF non pagata dal lavoro autonomo, ma che sarà pagata a giugno - potevano essere destinati a favore del Fondo di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (la legge finanziaria del 2008), che è destinato alle detrazione urgente, annuale e semplice - Pag. 74una volta tanto - nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, per aumentare le deduzioni fiscali verso questi cittadini e per aumentare la domanda interna. Invece, mi scopro e di nuovo vengono nuove leggi e non si ricordano né il Fondo per l'editoria né il Fondo a favore dell'aumento delle detrazioni fiscali una tantum per il 2010 nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.
Quindi, avete riproposto delle norme che, in alcuni aspetti, possono essere anche giuste come, ad esempio, quelle relative alla proprietà contadina o agli esercenti di attività che aspettavano i carburanti (ma ve ne sono tante altre). Tuttavia, l'insieme della manovra finanziaria è di nuovo un niente nei confronti del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il provvedimento che è arrivato dal Senato è, ancora una volta, il frutto di correzioni che il Governo ha introdotto in corso d'opera, modificando quanto da esso stesso inizialmente proposto. Riteniamo che sia un segnale ulteriore di confusione, soprattutto per i cittadini. In sede di elaborazione si dovrebbe consigliare maggiore attenzione a una progettualità che non decida poi queste correzioni.
Gli iniziali undici articoli sono diventati quindici contenenti misure molto eterogenee. Alcuni apportano modifiche di natura sostanziale, violando così palesemente, come abbiamo affermato nell'esame della questione pregiudiziale, la legge n. 400 del 1988. Il Governo non può con decreto-legge conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione. Invece, si procede allegramente in tale senso, incidendo sulle modalità di esercizio di deleghe legislative già conferite.
Questo provvedimento è un'ennesima prova dell'uso crescente della decretazione d'urgenza per affrontare questioni che andrebbero regolate attraverso un dibattito sereno e approfondito come sarebbe normale per il nostro ordinamento perché, come ci ha ricordato giustamente il Presidente Napolitano il 21 dicembre scorso, gli studiosi si chiedono se abbia finito per instaurarsi, anche attraverso il crescente uso e la dilatazione di ordinanze d'urgenza, un vero e proprio sistema parallelo di produzione normativa, che contribuisce a complicare e a confondere.
Invece, abbiamo sempre più bisogno di semplificare, di produrre buone leggi, chiare ed efficaci, affinché l'amministrazione dello Stato possa essere percepita come amica e non come un avversario che complica i percorsi burocratici.
Il decreto approvato dal Senato l'11 febbraio scorso fa emergere una situazione di instabilità a sfavore di una più chiara e celere risposta ad altre azioni concrete per lo sviluppo del Paese che richiederebbero, per l'appunto, coesione e brevità di applicazione ed esecuzione.
Occorre inoltre sottolineare che la posizione della fiducia su provvedimenti omnibus come quello al nostro esame non fa che risaltare, da un lato, la necessità impellente di porre rimedio ai fallimenti della vigente legislazione riducendola ad un mero atto burocratico e, dall'altro, sottrae all'esame parlamentare la discussione di materie di importanza rilevante.
All'esame del decreto-legge milleproroghe spiccano le norme per l'editoria e quella che riattribuisce la proprietà del patrimonio immobiliare degli enti pubblici. Nel decreto-legge rientrano riforme serie che vengono portate avanti in maniera sbrigativa, saltando così il normale circuito di valutazione parlamentare.
Ma bisogna pur arginare i danni ed il PD lo ha fatto in Senato e si appresta a farlo anche alla Camera con una serie di emendamenti migliorativi. Così sono state approvate una serie di disposizioni, dalla richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze dei dati sullo scudo fiscale da presentare al Parlamento entro il 15 giugno, all'approvazione di una disposizione che rende possibile l'accesso al 5 per mille per gli anni dal 2006 al 2008, alla proposta di una sanatoria di errori formali della Pag. 75documentazione, al contenimento dei tagli al personale delle pubbliche amministrazioni.
Il decreto milleproroghe è sintomo di una macchina amministrativa che rincorre continuamente un modello di operatività per espletare compiti e funzioni nei tempi previsti dagli obblighi di legge. La prassi della proroga configura, dunque, questo stato di irraggiungibilità degli obiettivi, specie nel settore pubblico, ma così facendo, istituzionalizzando la pratica della proroga dei termini degli obblighi più diversi, si alimenta anche una prassi perversa ed inaccettabile che premia coloro che violano le norme e penalizzano i cittadini che assolvono coscienziosamente ai propri doveri. Un esempio è fornito dalla proroga dei termini imposti alle imprese per la riduzione delle emissioni inquinanti che premia, di fatto, le aziende che non hanno investito nella riduzione delle emissioni. Non è un problema marginale, poiché è in gioco la modernizzazione del nostro Paese, l'attendibilità e credibilità della macchina amministrativa e, in definitiva, l'allineamento dell'Italia alle nazioni europee che hanno investito molto nella competitività delle istituzioni e della propria macchina amministrativa.
Entrando nel merito delle proroghe di una certa importanza, si sottolinea quella dei termini per la regolarizzazione della disciplina in tema di accesso al 5 per mille, l'introduzione di nuove norme in materia di agevolazioni della piccola proprietà contadina, così come la proroga della sospensione dei rilasci per le finite locazioni di immobili ad uso abitativo.
Ma mi duole constatare che in un contesto di degrado socio-culturale urbano le zone franche urbane, volute con forza dal Governo Prodi e passate al vaglio della Commissione europea, poiché si correva il rischio di instaurare un regime contrario alle norme europee sulla concorrenza, sono state trascurate, nonostante il Governo stesso in ottobre abbia dato ampio risalto attraverso la stampa alla individuazione delle ventidue città che rientravano nella lista delle agevolazioni spettanti alle zone franche urbane.
Questo strumento, adottato in via sperimentale, avrebbe potuto costituire un precedente da poter poi riutilizzare nuovamente per altre tipologie di disagio. In questo decreto-legge, purtroppo, con l'eliminazione delle agevolazioni IRPEF ed IRAP viene di fatto depotenziato l'intero istituto delle zone franche urbane, arrivando anche a vanificarne l'obiettivo. Questo perché, senza quel tipo di agevolazioni, viene a mancare la motivazione attrattiva per le attività imprenditoriali ad insediarsi in tali realtà, avviando la ricostruzione di un tessuto socio-economico che è la premessa vitale per l'uscita dal degrado. In un momento di forti tensioni sociali si poteva dare un segnale chiaro per cercare di ridare speranza agli ultimi, significato alla cittadinanza, fiducia ai giovani abbandonati alla deriva di una precarietà lavorativa che diventa precarietà di vita e negazione del futuro.
Ma forse questi non sono gli obiettivi di questo Governo. Si tratta di un Governo che, anche in questo caso, si esercita a produrre norme ad personam, in questo caso deroghe ad personam, come quella inserita all'articolo 10, dove, per favorire un singolo, si deroga a ben due leggi vigenti e cioè alla legge 22 dicembre 1990, n. 401, sugli istituti italiani di cultura e il decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, per quanto riguarda il limite di età. In un momento in cui dobbiamo apprestarci a riformare per adeguare le norme sugli istituti italiani di cultura, ripensando anche la figura del «chiara fama», andiamo a produrre un precedente inaccettabile nella forma, nella sostanza e nei modi.
Per quanto riguarda, invece, le proroghe concernenti lo scudo fiscale in relazione ai lavoratori italiani frontalieri, debbo registrare un passo positivo che viene incontro alle richieste di questi lavoratori - sottolineo che si tratta di lavoratori e non di evasori - che varcano il confine del nostro Paese esclusivamente per assicurare il necessario per la vita quotidiana della propria famiglia e, in definitiva, per quella di interi comuni situati lungo la fascia di confine. Pag. 76
Ritengo però che vada fatto uno sforzo ulteriore per escludere dall'applicazione delle norme sullo scudo e dal monitoraggio fiscale gli accantonamenti per la previdenza complementare obbligatoria. Questo è un caso che riguarda esclusivamente i nostri lavoratori frontalieri con la Svizzera. In Svizzera questo istituto obbligatorio di assicurazione sociale è riconducibile al cosiddetto secondo pilastro dei lavoratori frontalieri. Si tratta di accantonamenti che, con tutta sincerità, ci risulta difficile trattare alla stregua di fondi redditizi all'estero, in quanto vengono semplicemente a costituire fondi pensione da non individuare come oggetto di rimpatrio. Questo sarebbe un atteggiamento di comprensione e di funzionamento dei sistemi di protezione sociale in Svizzera, aprendo la strada ad una normalizzazione delle relazioni che sono molte tese negli ultimi mesi, nella prospettiva della piena collaborazione per il benessere dei lavoratori e dei nostri ex frontalieri pensionati.
Per quanto concerne le agevolazioni IRPEF per i lavoratori dipendenti che operano all'estero in zone di frontiera, si registra la disponibilità di una franchigia di esenzione dall'imponibile IRPEF di 8 mila euro, invece degli 8.500 che aveva preannunciato il Ministro Tremonti. Tuttavia, è pur sempre un dato positivo. Si tratta, in definitiva, di una proroga di un provvedimento adottato con la legge finanziaria per il 2008 dal Governo Prodi e che andava a scadenza.
Apprezzabile è anche il rifinanziamento degli interventi in favore della minoranza italiana in Slovenia e in Croazia. Mentre bisognerebbe prorogare la possibilità di riacquisire la cittadinanza come fece la legge n. 379 del 2000 per cinque anni agli emigrati prima del 1920 dai territori austroungarici che sono stati oggetto di contese sanguinose durante la prima guerra mondiale e che non poterono, quindi, optare per la cittadinanza italiana in base al Trattato di San Germano, al pari dei trentini, triestini e goriziani, che emigrarono dai territori ugualmente austroungarici, ma ceduti all'Italia: in mancanza di una campagna informativa dal 2000 al 2005 fecero domanda poche persone. Tali persone sono state già infelicemente escluse dalla prima proroga quinquennale della legge (appunto la legge n. 379 del 2000). Come conseguenza, dal dicembre 2005 non possono chiedere il riconoscimento della legge italiana. Tali persone sono parimenti escluse, anche in base all'articolo 17-bis della legge n. 91 del 1992, che riguarda solo coloro che erano residenti in qualità di cittadini italiani nei territori appartenuti al Regno d'Italia e ceduti alla Jugoslavia al termine della seconda guerra mondiale.
Destano, infine, particolare preoccupazione i termini del rinnovo della Convenzione con la Rai internazionale, che registra un taglio: da una parte, c'è il rinnovo della Convenzione, dall'altra, si registra un taglio consistente di fondi tale da compromettere l'esercizio delle funzioni di questa importante emittente.
Un taglio di circa 12 milioni di euro alla dotazione della convenzione che la Presidenza del Consiglio dei ministri dovrà corrispondere a Rai internazionale e che è sufficiente a porci qualche dubbio sull'efficacia dell'azione dell'emittente, tesa a promuovere l'immagine e la cultura italiana in un contesto globalizzato, dove la comunicazione è parte attiva di ogni processo economico e culturale. Cari colleghi, qui basterebbe portare l'esempio della Zweite Deutsche Welle per capire cos'è l'importanza di una finestra sul mondo per promuovere il proprio sistema economico e culturale.
La Rai è chiamata al miglioramento dei servizi verso le nostre comunità all'estero secondo la sua stessa natura e venendo incontro alla necessità di produrre un prodotto di qualità. Ma come potrà farlo con i tagli previsti nella proroga del contratto? L'informazione all'estero è fondamentale sia per i nostri concittadini sia per la promozione dell'intero sistema Italia, al quale anche il Governo fa spesso riferimento: basti pensare ai provvedimenti che sono stati già approvati come quello sul sistema di internazionalizzazione e quello sul made in Italy. Pag. 77
Orbene noi come Partito Democratico vorremmo che il Governo fosse conseguente e ripristinasse lo stanziamento già esiguo affinché Rai internazionale possa svolgere adeguatamente la propria mission e cioè quella di tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, a costo di apparire banale e ripetitiva voglio comunque iniziare il mio intervento ricordando nuovamente all'Aula e al Paese che ci troviamo qui a discutere e poi a votare l'ennesimo decreto-legge che questo Governo ha presentato dall'inizio della legislatura: l'ennesimo provvedimento omnibus in cui sono contenuti svariati e molteplici interventi legislativi. D'altra parte, anche se di ripetizione si tratta quando corrisponde alla verità della verità ne conserva la forza e il potere.
Le mie considerazioni iniziali sono quindi di carattere generale, innanzitutto sul voto di domattina in Aula. L'Aula sarà chiamata ad esprimersi sull'ennesima pregiudiziale di costituzionalità, ai sensi dell'articolo 96-bis del Regolamento, che è stata presentata dal Partito Democratico. Non è un atto formale, ancorché l'ennesimo, un atto di prassi e di consuetudine nella battaglia parlamentare; anzi, vale quanto detto sopra: la verità resta la stessa anche se ripetuta fino alla noia. Voi ricorrete alla decretazione d'urgenza reiteratamente in contrasto con le norme regolamentari e lo fate anche questa volta.
Il testo in discussione in questa Camera, infatti, appare ampiamente modificato e integrato rispetto a quello varato dal Governo a fine anno, anche attraverso l'inserimento di commi aggiuntivi. Le norme contenute nel decreto appaiono quindi eterogenee quanto a materia e in molti casi sono comunque riconducibili a disposizioni ordinamentali e non a proroghe di termini, come dice il titolo stesso del decreto. Al tempo stesso, molte di queste norme non presentano i requisiti di necessità e di urgenza e quindi anche in questo caso siamo in violazione in particolare dell'articolo 77 della Costituzione.
Per questi motivi, e molti altri ancora, come Partito Democratico abbiamo presentato la questione pregiudiziale di costituzionalità; ne discuteremo domani in Aula argomentando dettagliatamente e continueremo a farlo ogni volta che ci saranno i presupposti, perché non ci arrendiamo ai vostri metodi e perché il Parlamento non può e non deve assuefarsi al continuo mancato rispetto delle regole.
Nel merito dei contenuti del decreto vorrei esporre alcune riflessioni che riguardano gli aspetti di interesse della Commissione trasporti e telecomunicazioni, di cui faccio parte.
Il decreto-legge in esame contiene molte norme che riguardano questo settore, molte delle quali sono ritenute condivisibili anche da noi, anche se - lo dirò facendo alcuni esempi - molte di queste sono proroghe di termini che servono a correggere errori che questo Governo ha compiuto nel suo percorso legislativo. Faccio un esempio: all'articolo 1, comma 18, è contenuta la proroga sino al 31 dicembre 2015 delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative, le cosiddette concessioni agli stabilimenti balneari. Cogliamo l'occasione per sollecitare nel frattempo il Governo ad attuare una normativa organica di settore, come si è frettolosamente impegnato a fare con le associazioni di categoria interessate, che qualche mese fa hanno manifestato nelle strade di Roma. Si tratta di un settore di grande importanza economica nel nostro Paese, che ha una sua peculiarità non riscontrabile in nessun altro Paese europeo. Per questo è importante questa proroga, ma per questo è importante intervenire nel frattempo in modo tempestivo ed efficace per evitare danni al settore. Semmai - lo faccio in questa occasione - varrebbe la pena di riflettere sul perché il Governo non sia intervenuto prima, cioè in sede comunitaria, come ha fatto invece per altri settori, cercando di evitare l'emanazione di una norma che si è rivelata così dannosa per questo settore della nostra Pag. 78economia. Tuttavia, il danno ormai è stato fatto, quindi - lo ripeto - va bene la proroga, ma noi vigileremo affinché si intervenga comunque sulla materia come ci si è impegnati.
Altra norma che condividiamo è quella relativa alla proroga fino al 31 marzo 2010 in cui si sospende l'efficacia delle modifiche alla disciplina del servizio noleggio con conducente. In realtà, anche qui va detto che avete voluto fare a suo tempo una norma in palese contrasto con le direttive comunitarie, una norma che era evidentemente un ringraziamento ad una particolare categoria nei mesi post elezioni amministrative a Roma, su cui siete stati costretti a tornare indietro. Quindi, va bene la proroga - siamo d'accordo - ma è bene qui ricordare che è una delle tante correzioni a uno dei tanti errori che voi avete fatto. Altro provvedimento condivisibile - questo veramente importante - riguarda il blocco selettivo di alcune tariffe fino al 31 dicembre 2010. Anche qui sarebbe bene dire, a differenza di quanto si proclama pubblicamente, che questo blocco serve a sostenere le famiglie che sono e saranno ancora gravemente colpite da una crisi economica che è tutt'altro che rientrata, a differenza di quello che si continua a sbandierare.
Ci sono poi le misure che riguardano il settore dell'autotrasporto. Una è la proroga al 4 dicembre 2011 del termine per l'adeguamento di alcune imprese di trasporto cose per conto terzi ai requisiti di onorabilità, capacità finanziaria ed idoneità professionale. Poi, vi è la proroga al 16 aprile 2010 per il versamento dei premi assicurativi sempre da parte delle imprese di autotrasporto per conto terzi.
Sono proroghe che condividiamo, perché intervengono a sostegno di un settore fortemente in crisi. Tuttavia, anche qui mi preme evidenziare alcuni rilievi critici. Il primo è questo: come Commissione abbiamo licenziato un parere, che riguarda anche queste norme, che contiene due osservazioni. Una in particolare è importante, perché mette in evidenza che lo slittamento al 16 aprile 2010 del pagamento dei premi assicurativi per le imprese di autotrasporto è di durata troppo breve. Su entrambe le osservazioni vi è stato il parere positivo del Governo. Dunque, basta con le ipocrisie, basta con pareri consultivi approvati dalla maggioranza in Commissione, con il parere positivo del Governo, quando siamo già sicuri che essi non avranno nessuna conseguenza in questo provvedimento. Il secondo rilievo, relativo sempre settore dell'autotrasporto, è di carattere generale.
Il settore è gravemente in crisi, lo era ancora prima della crisi economica; è un settore che avrebbe bisogno non di misure spot e di incentivi a pioggia, ma di interventi strutturali di riforma.
Con questo provvedimento il Governo si dimostra, ancora una volta, incapace di attuare riforme organiche, ma capace solo di intervenire su richieste puntuali delle associazioni. Due ultime questioni contenute nel decreto-legge portano a una nuova riflessione: secondo me, sono gli aspetti più seri e gravi per il settore dei trasporti e riguardano la sicurezza stradale e la portualità.
Sulla prima, si proroga al 31 gennaio 2011 la data dalla quale si dovrà applicare la nuova normativa in materia di limitazioni alla guida dei neopatentati relativamente ad autoveicoli aventi una potenza specifica superiore a 50 kilowatt/tonnellata.
Di fatto, tale norma impedisce ai neopatentati di guidare alcuni veicoli/autovetture anche di piccola cilindrata. È una norma sbagliata, che va corretta e in merito alla quale è bene prevedere questa proroga. Però, non ricordo se è la seconda o la terza proroga che prevediamo: perché non si interviene in maniera definitiva?
Soprattutto, quello che mi preme di più sottolineare è il fatto che al Senato giace dal luglio scorso un disegno di legge, licenziato in sede legislativa dalla Commissione trasporti della Camera, su cui si era registrato un ampio e trasversale consenso delle forze politiche.
Questo provvedimento contiene, tra l'altro, una modifica strutturale e definitiva di questa norma, la cui entrata in vigore proroghiamo per la terza volta, ma, Pag. 79soprattutto, contiene importantissime norme volte a contrastare l'incidentalità stradale, in particolare in riferimento ai comportamenti più pericolosi quali la guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti e l'eccesso di velocità, e importantissime misure preventive.
Ne cito una per tutte, a cui teniamo: la guida accompagnata, cioè la possibilità per i ragazzi di 17 anni, dopo aver sostenuto l'esame di teoria, con a fianco un tutor, di cominciare a fare pratica di guida, in modo da arrivare al diciottesimo anno a conseguire la patente avendo già acquisito un'esperienza qualificata.
Mi chiedo, e lo chiedo in questa sede, in quest'Aula: perché Governo e maggioranza non si affrettano a far approvare anche dal Senato questo provvedimento? Cosa c'è di più urgente della riduzione dei morti sulle strade italiane, che sono circa 5 mila ogni anno? Siamo sicuri che norme su cui ci affrettiamo a legiferare, come il processo breve o il legittimo impedimento, valgano più di tanti ragazzi che muoiono sulle nostre strade?
Infine, l'altra questione riguarda la portualità: questo provvedimento manifesta, ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, l'atteggiamento poco attento, se non addirittura ostile, di questo Governo e di questa maggioranza nei confronti del sistema portuale italiano.
Mi spiego meglio: nel provvedimento si prevede la proroga fino al 1o gennaio 2012 dell'adeguamento delle tasse e dei diritti marittimi al tasso di inflazione e poi si dà la possibilità all'autorità portuale per il 2010 e il 2011, di fatto, se vuole, di abolire la tassa di ancoraggio, senza mettere in campo alcuna risorsa a sostegno dello sviluppo dei porti italiani.
Si dice che si fa questo per fronteggiare la crisi, in particolare relativamente ai porti di transhipment. Ma scusate, di cosa stiamo parlando? In realtà, si introduce una norma che, invece di sostenere con risorse vive la competitività del sistema dei porti italiani nei confronti di altri Paesi, mette in competizione al loro interno i vari porti sul territorio, introducendo ulteriori elementi di conflitto.
È un'idea dello sviluppo al ribasso, basata sulla deregolamentazione selvaggia, che danneggerà sicuramente il Paese. E poi, la riforma della legge n. 84 del 1994 giace al Senato, bloccata da Tremonti, che non vuole l'autonomia finanziaria dei porti. E poi, non si sono trovati i 45 milioni che il cluster portuale ha chiesto per sostenere lo sviluppo della portualità.
E poi, la minaccia continua di commissariamento di quella o quell'altra autorità portuale. Ce n'è abbastanza per farsi un'idea, come dicevo, di quanto questo Governo e questa maggioranza siano quanto meno poco amiche, se non addirittura ostili, ai porti italiani.
Sui punti di carattere generale che ho sollecitato, e su questi più puntuali, il PD ha presentato proposte emendative. Vi ricordo che la scorsa settimana, sul decreto-legge sulla Protezione civile, ascoltandoci avete evitato un disastro. Forse sarebbe bene che da questa esperienza imparaste qualcosa, e lo faceste anche questa volta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, è stato detto che il decreto-legge in esame può essere letto come un termometro dello stato di salute del sistema pubblico, del funzionamento della macchina amministrativa e della capacità del Governo di attuare ciò che il Parlamento ha approvato. Dalla mole del provvedimento, e dall'analisi dei contenuti delle norme per le quali il Governo ha proposto la proroga, si può dire che in verità la febbre è alta, e che meriterebbe un check-up approfondito.
Innanzitutto, sulle questioni di metodo. Con il presente decreto-legge inauguriamo una stagione dei decreti-legge superfast: in tre giorni, dal 16 al 18 febbraio, esso ha raccolto il parere di tutte le Commissioni; in alcune di queste senza discussione, con possibilità nulla di interlocuzione, anche su materie che avrebbero potuto trovare un vasto consenso, come fra poco cercherò di far rilevare. Pag. 80
Ma poi vi sono le questioni di contenuto, e io ne affronto tre, vista la limitatezza dei tempi. La prima riguarda la proroga del regime di libera professione intra moenia allargata; capiamo di cosa si tratta. Si tratta di autorizzare (e siamo ormai alla quarta, quinta proroga) la possibilità di esercitare la libera professione intra moenia presso gli ambulatori e gli studi professionali dei professionisti medici, dei dirigenti medici che sono legati con vincolo esclusivo al Sistema sanitario. È un diritto che va riconosciuto al medico, ma va riconosciuto se fa la scelta dell'esclusività di rapporto con il Servizio sanitario all'interno delle strutture sanitarie: farlo fuori, nel proprio ambulatorio privato, corrisponde ad una necessità che è stata affrontata con la legge n. 120 del 2007, che doveva essere transitoria (un paio d'anni), e transitoria non è, tanto è vero che le proroghe si susseguono.
Tale diritto del professionista va coniugato con il diritto alla cura dei pazienti, dei cittadini, dei malati, e questo non può essere garantito dalla libera professione intra moenia: ciò dobbiamo averlo bene in testa, perché in un sistema sanitario che si rivolge a tutti e che tutti paghiamo attraverso la fiscalità generale, secondo le proprie capacità contributive, non è ammissibile la differenziazione dei cittadini nell'accesso alle prestazioni sanitarie che sono dovute, in base ai livelli essenziali di assistenza, fra coloro che possono pagare e coloro che non se lo possono permettere. La ratio della libera professione intra moenia deve tradursi nella possibilità per il cittadino di poter veramente scegliere quando e da chi farsi visitare o operare, fermo restando che per tutti i cittadini il diritto ad essere visitati ed operati nei tempi giusti dev'essere garantito dal Sistema sanitario nazionale.
Se questa dovrebbe essere la linea che orienta anche tale normativa così delicata, che è stata approvata, devo dire, quasi all'unanimità nel 2007, non si capisce perché la situazione di straordinarietà debba protrarsi. A dire il vero sappiamo bene che per far rientrare l'attività intra moenia è necessario che vengano approntate delle strutture, ma è evidente che se non si finanziano questi interventi, difficilmente si porrà fine alla fase transitoria. Da più parti peraltro si reclama il superamento della fase transitoria, ma c'è da chiedersi verso quale direzione: sarebbe sensato pensare al divieto di esercizio dell'attività libero-professionale fuori dal controllo dell'azienda pubblica per i professionisti che hanno fatto la scelta dell'esclusività.
Invece si fa strada un altro orientamento presente nella maggioranza ed anche nel testo riguardante il governo clinico che è stato inserito presso la XII Commissione, cioè la possibilità per il dipendente con rapporto esclusivo di svolgere l'attività libero-professionale intra moenia allargata, cioè continuare a svolgere contemporaneamente l'attività privata presso il suo studio e allo stesso modo godere di tutte le prerogative previste per la scelta di esclusività all'interno del sistema sanitario, ivi comprese anche le caratteristiche - che penso saranno introdotte - di maggior incisività nelle decisioni dell'azienda attraverso la riforma del governo clinico.
Questo è un motivo sufficiente per poter discutere di tali norme ma - ripeto - di questo non si è potuto discutere in Commissione, e queste sono norme che andrebbero soppresse.
Come seconda questione, l'onorevole Polledri, correlatore di questo provvedimento, all'inizio del dibattito di oggi ha rivendicato la bontà del testo in esame, in particolare per il popolo padano. Non so se nella geografia leghista il Veneto ne faccia parte, so però che da questo provvedimento esce danneggiato e ne spiego il perché.
Con la legge n. 328 del 2000, meglio nota come la riforma Turco (quella cioè che ha introdotto la riforma dell'assistenza dopo oltre cento anni di attesa nel nostro Paese), è stata introdotta anche - nell'ambito più ampio dell'intervento di riforma - la riforma delle IPAB, rinviando all'adozione di un decreto legislativo il riordino di queste istituzioni decisive nell'erogazione delle prestazioni del sistema assistenziale Pag. 81nel nostro Paese (appunto, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).
Il decreto è stato puntualmente emanato nel 2001 (il decreto legislativo n. 207): esso prevedeva all'articolo 4, comma 4, che in sede di prima applicazione gli atti di riordino sarebbero stati esentati dalle imposte di registro, dalle imposte ipotecarie e catastali, e sull'incremento del valore degli immobili e relativa imposta sostitutiva.
Questo era il testo, si sono susseguiti poi ben sei provvedimenti legislativi per prorogare il termine inizialmente previsto in un biennio dalla data di adozione del decreto legislativo (che, ripeto, risale al 2001); ora il termine è scaduto il 31 dicembre del 2009 e le trasformazioni delle IPAB che dovessero intervenire dopo il 1o gennaio del 2010 sarebbero sottoposte ad imposte di registro, catastali ed ipotecarie salatissime. Ciò non corrisponde ad un incremento del patrimonio dell'ente, ma al semplice cambiamento della natura giuridica del soggetto. Immaginiamo pertanto le conseguenze di una simile assenza, in questo caso, della proroga: sono infatti oneri che si riversano sulla gestione delle istituzioni che si occupano di anziani, di disabili, talora di scuole materne, e a pagare saranno i fruitori di questi servizi (costi che si riverseranno, cioè, sulle rette e sui costi del servizio pagati da famiglie e comuni).
Giustamente il legislatore nel 2001 stabilì l'esenzione nella fase di prima applicazione ed ora non si comprende davvero perché vi sia stata questa dimenticanza, e ciò è tanto più grave perché sarebbe bastato aver monitorato l'attuazione della legge n. 328 del 2000 per sapere che non tutte le regioni hanno applicato le norme del decreto legislativo n. 207 del 2001.
Arrivo così all'affermazione del relatore Polledri: poche regioni non hanno approvato la riforma delle IPAB, forse solo una che è anche il fanalino di coda, purtroppo, in questa graduatoria, ossia il Veneto (e spiace denunciare questa inerzia frutto dell'immobilismo del Governo regionale di cui è parte essenziale proprio il partito di appartenenza del relatore Polledri).
È evidente che l'inerzia del Governo non può determinare un aggravio di oneri finanziari per molte decine di enti che assistono, per capirci, 40-50 mila famiglie interessate e che costituiscono peraltro la spina dorsale del sistema assistenziale del Veneto, e men che meno si può immaginare che tali oneri vengano scaricati sulle rette poste a carico delle famiglie per i servizi erogati.
Signor sottosegretario, se ci fosse stata la possibilità di discutere nel merito questo provvedimento, sono certa che l'emendamento che abbiamo presentato sarebbe stato preso in considerazione. Ma l'atteggiamento di chiusura che ha contraddistinto l'iter del decreto-legge qui alla Camera, unito all'amnesia del Ministro competente, determinano ora un grave danno ai cittadini veneti. Ovviamente, mi auguro che almeno in Aula l'emendamento sia votato ed approvato, sarebbe davvero grave se si ripetesse la sordità che già si è manifestata in Commissione.
Voglio affrontare una terza questione, quella dell'articolo 6, comma 9-quater, che si occupa della materia dell'odontoiatria. Non poteva mancare un nuovo condono in questo provvedimento. All'articolo 6, comma 9, si prevede che possono esercitare la professione di odontoiatri anche i medici che non sono iscritti all'albo degli odontoiatri. Alla prima lettura la norma può riservare un interrogativo: ma per quale ragione? Sappiamo che la professione è fortemente insidiata da abusivismo e «prestanomismo». È una piaga che crea concorrenza sleale e che non tutela la salute dei cittadini. Le norme vigenti prevedono sanzioni severe come l'interdizione dalla professione per coloro che prestano il loro nome o agevolano l'esercizio abusivo della professione. Perché allora derogare a questa norma? Per ottenere l'iscrizione all'albo un medico in possesso di abilitazione impiega 15 giorni, quindi non si giustifica la norma proposta. Perché presentare una norma che consente di derogare a questa che può considerarsi Pag. 82una formalità? Mi viene un dubbio (a pensare male si farà peccato, ma talvolta ci si indovina): a meno che non si tratti di laureati del periodo 1980-1985, perché in tal caso l'iscrizione all'albo è condizionata al superamento di prove attitudinali. Allora, le conseguenze derivanti dall'applicazione di questa norma dovrebbero essere meglio valutate, perché di fatto si opera con una sanatoria che legittima l'esercizio abusivo della professione; un nuovo condono. Peraltro, la norma è tendenzialmente proiettata su un arco temporale indeterminato. In effetti, se guardiamo bene la scheda di lettura che la Camera ci ha presentato si dice chiaramente che l'attuale formula configura una sanatoria disciplinare, oltre che per le condotte illecite già avvenute, anche per quelle che verranno tenute fino ad una data futura incerta, dato che all'articolo 6 si parla di: «Fino al coordinamento legislativo delle norme vigenti». Non vi è alcun lavoro in corso per fare un testo unico di queste norme, quindi, non vi è scadenza. Questa è una sanatoria per degli illeciti compiuti che con questa norma vengono sanati. Vi era proprio bisogno di un altro piccolo condono probabilmente per poche persone?
Un condono che, peraltro, entra in rotta di collisione con gli orientamenti di questa maggioranza. Si sta discutendo del riordino degli albi e degli ordini al Senato, e il codice civile lo dice chiaramente all'articolo 2209: la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi. Come tutti sappiamo l'ordine dei medici ha 100 anni di storia. Perché adesso con una legge si travolgono tutte queste norme? È chiaro, anche questo è il frutto della fretta, dell'approssimazione e, forse, dell'ascolto eccessivo di qualche interesse particolare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, farò un intervento molto breve. Si dice de minimis non est disputandum, ma nel corso dell'esame di questo provvedimento ci siamo imbattuti in una di queste cose minime; abbiamo cercato, con un'opera di convincimento e con la ragionevolezza, di portare a qualche soluzione alternativa, non ci siamo riusciti, e ci troviamo quindi, almeno mi trovo io qui costretto a sollevare una questione minima.
Si tratta di una questione minima, ma che - come tante volte accade - invece poi ha un valore emblematico, un valore universale, e diventa un po' l'apologo di come si legifera in questo Paese e di cui questo decreto (che noi stiamo convertendo in legge) rappresenta un esempio assolutamente calzante.
C'è un signore, un signore stimabilissimo (credo, non è in discussione il suo curriculum) il quale ha compiuto il suo lavoro di incaricato di un istituto di cultura, naturalmente all'estero (non voglio dire di più), ed il quale naturalmente a quanto ci risulta ha svolto con scrupolo il suo lavoro ma è giunto - come recita la legge - al termine del suo mandato. È giunto al termine di un mandato (due incarichi consecutivi di due anni) e dovrebbe in qualche modo, in un Paese normale, dare seguito ad una soluzione naturale che è quella della sua sostituzione e del ricambio che ne consegue. Invece no. Succede che questo signore - assolutamente stimabile e con un curriculum convincente - ottiene ad personam un'ulteriore proroga di due anni per un terzo incarico consecutivo. È una proroga che determina questa situazione. Per favorire una sola persona si deroga a ben due leggi vigenti: la legge 22 dicembre 1990, n. 401, sugli istituti di cultura italiana all'estero, che prevede che l'incarico di direttore a una personalità di chiara fama non possa andare oltre i due anni più altri due anni; il decreto al Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 (ordinamento dell'amministrazione degli affari esteri) che è rilevante per ciò che riguarda il limite di età, appunto i 65 anni.
Abbiamo cercato in Commissione di fare un'opera di convincimento, di ragionare Pag. 83sullo squilibrio e sostanzialmente sullo svantaggio per lo Stato, come istituzione, per l'amministrazione dello Stato, di soluzioni di questo genere. Il problema ci pare così evidente. È quello di non scardinare la legislazione vigente con provvedimenti che, con l'abuso di proroghe e deroghe, determinano una situazione in cui non c'è certezza del diritto. C'era una strada e c'è una strada che si poteva percorrere in modo diverso. Tale strada riguarda naturalmente un settore molto particolare e per certi versi molto delicato. Non è un settore minore - tornando alla mia definizione iniziale - è un settore piccolo ma tutt'altro che poco significativo rispetto a ciò che può esprimere e contribuire per quanto riguarda l'opinione e l'immagine del nostro Paese all'estero. Ebbene, c'era lo spazio - come dimostrano le nostre proposte di legge - per affrontare una riforma legislativa di un sistema che naturalmente (lo diciamo con assoluta chiarezza) ha una regolamentazione un po'vecchia e ha bisogno di un ripensamento e di una revisione. Invece di seguire questa strada maestra si sceglie la strada della soluzione ad personam, minando quello che credo sia uno dei diritti fondamentali, il diritto ad avere la certezza del diritto. De minimis non est disputandum, ma - ripeto - qui noi tocchiamo un modo di concepire le cose. Mi allargo, se il Presidente me lo consente, di qualche passo. Questa vicenda del milleproroghe viene dopo a quella che è stata chiamata (qualche volta con qualche trionfalismo di troppo, qualche volta con qualche eccesso verbale) la riforma della legge finanziaria.
Per carità, eravamo tutti consapevoli che si trattava di una riforma per molti versi matura: restituire alla legge di bilancio la sua stringatezza, la sua essenzialità; restituire alla legge di bilancio la sua funzione programmatica vera e, quindi, naturalmente, pur se abbiamo contestato nel merito, pur se abbiamo contestato le cifre, certo non è venuto da parte nostra un rilievo sulla questione di fondo, cioè sul principio e sull'idea di una legge finanziaria snella, essenziale, asciugata nelle sue caratteristiche fondamentali.
Certo, tuttavia, anche questa piccolissima cosa segnala - come peraltro le tantissime altre che i miei colleghi nel corso di questa mia giornata, vorrei essere ben chiaro, hanno meglio di me illustrato su questioni ben più importanti e ben più significative - che poi alla fine quello che è uscito dalla porta e cioè l'idea di una regola, di un modo di affrontare le questioni del bilancio e della spesa pubblica in modo un po' innovativo, rientra dalla finestra perché questo milleproroghe è sostanzialmente - diciamola tutta - il fallimento o rischia di esserlo (voglio essere sempre propositivo e aperto alla discussione). Certamente contiene elementi assolutamente allarmanti di un ritorno al passato: quello che è uscito dalla porta rientra dalla finestra, come dicevo. Il controllo della spesa pubblica, che era la questione intorno alla quale si lavorava quando si poneva il tema di una legge finanziaria asciutta ed essenziale, il tema del controllo della spesa pubblica con provvedimenti come questi, come il milleproroghe, sostanzialmente rientra dalla finestra. Ebbene il problema della spesa pubblica resta il tema centrale con il quale - lo sappiamo tutti e credo che da questo punto di vista non vi sia un'obiezione teorica che divida la maggioranza dall'opposizione - la differenza la fa la sostanza, la differenza la fanno le cose.
Debbo osservare che sostanzialmente esco un po' dalle mie competenze, dal ritagliarmi uno spazio nel settore degli affari esteri per affrontare un tema di carattere un po' più generale e, forse, un po' più dentro il cuore di questo provvedimento. Come qualcun altro ha osservato questo decreto-legge sostanzialmente cosa fa? Abroga l'intera procedura prevista dall'articolo 17 del decreto-legge n. 78 del 2009. Cito anch'io questo aspetto che è tutt'altro che poco rilevante e poco significativo perché in quel decreto-legge quell'articolo tentava di introdurre - e questo decreto-legge mostra la fondatezza di ciò che abbiamo sostenuto in materia di finanza pubblica nel corso di questi due anni - un modo per superare la sciagurata prassi dei tagli orizzontali, cioè di quei Pag. 84tagli che sostanzialmente avevano consentito di far apparire risparmio di spesa ciò che inevitabilmente nel corso degli esercizi successivi sarebbe inevitabilmente ritornato e si sarebbe riproposto nuovamente come elemento di aggravamento dei conti pubblici. Questa norma che prevedeva una concertazione tra Ministeri e Ministero dell'economia e delle finanze è sostanzialmente abrogata da questo decreto-legge. In nome probabilmente del fare cassa si preferisce tornare indietro e ritornare alla prassi dei tagli orizzontali; in una parola si apre un nuovo buco tendenziale nei conti pubblici. Potrei fare altri esempi ma non li faccio perché voglio attenermi a quanto dichiarato cioè a svolgere un intervento breve.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tempestini.

FRANCESCO TEMPESTINI. Concludo, signor Presidente: voglio dire che ci troviamo di fronte - questo è difficile contestarlo - ad una vecchia cultura politica, ad un vecchio modo di concepire e di gestire la cosa pubblica e soprattutto ad un vecchio modo di concepire la legislazione. Naturalmente al Senato i colleghi del Partito Democratico hanno fatto uno sforzo per migliorare il provvedimento e sarebbe difficile dire che nel provvedimento in esame tutto ciò che è scritto è negativo, ma di negativo vi è soprattutto un metodo, di negativo vi è soprattutto un modo di legiferare. Senza un rigore da questo punto di vista, senza la capacità di non dismettere rigore su questo terreno essenziale, credo che le difficoltà dell'economia italiana e, più in generale, le difficoltà del Paese di riprendere una strada ed un cammino di avanzamento e di sviluppo siano molto difficili: sono frustrate da atteggiamenti e da modi di essere che danno il senso del fatto che il sistema politico resta arroccato alle sue pratiche, al suo modo di essere, a procedure che concepiscono la legge come uno strumento d'imperio e non come qualcosa che serva per far crescere i diritti dei cittadini ad avere diritto ad una legislazione uguale per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.

DONATA LENZI. Signor Presidente, suggerirei di leggere un articolo qualsiasi del decreto-legge sottoposto alla nostra attenzione in questi giorni. Apro a caso il testo del provvedimento e vedo l'articolo 1, comma 23-sexiesdecies (già bisognerebbe chiedersi a che punto siamo arrivati se per un articolo 1 dobbiamo arrivare a 23 commi e poi a ricorrere ai numeri romani per riuscire a venire a capo di un minimo di indicazioni). La norma citata recita: all'articolo 1, comma 17, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e, fino al 31 dicembre 2011, per le esigenze di documentazione, di studio e di ricerca connesse al completo svolgimento delle attività indicate nella legge 5 maggio 2009, n. 42, e nella legge 31 dicembre 2009, n. 196».
Poi si va sul sito web del Governo, quello del Ministero per la semplificazione normativa, il quale riporta, come uno dei suoi maggiori successi, la legge n. 69 del 2009 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile), che all'articolo 3 parla esplicitamente di chiarezza del processo legislativo, indicando come i testi debbano essere chiari, comprensibili, indicare esplicitamente quale sia il punto di riferimento; insomma vanno in senso esattamente opposto a quello che viene qui delineato.
Questo tema della chiarezza legislativa non è di poco conto, perché se i testi di legge sono poco chiari, si sovrappongono, vengono modificati ogni due mesi - qui noi abbiamo un numero rilevante di modifiche alla legge finanziaria approvata neanche due mesi fa - se tutto questo avviene, allora è chiaro che ci si trova di fronte ad una legislazione difficilissima da applicare. Il «milleproroghe» è il punto più elevato di questa complicazione legislativa, Pag. 85quello che corrisponde al condono per i privati, così il contribuente non paga le tasse perché attende che arrivi il condono e l'amministrazione pubblica non dà attuazione alle norme perché attende che arrivi il «milleproroghe».
Si sfiora poi il ridicolo quando si legge nei verbali della discussione al Senato che il Governo ha posto la questione di fiducia con l'intento dichiarato di migliorare i risultati del prodotto legislativo (evidentemente obiettivo non raggiunto).
Questa microlegislazione, fatta male, che continuamente apporta modifiche, di pessima qualità ed incomprensibile è, usando un linguaggio vecchio, «il brodo di coltura» nel quale, poi, crescono episodi gravi di corruzione, giustificati con il fatto che è impossibile seguire le norme. Naturalmente, si può prendere anche una scorciatoia legale, cioè quella della deroga, del dichiarare lo stato di emergenza, di evitare di sottoporsi a quelle leggi che oggi stiamo, per l'ennesima volta, modificando. Quindi, la settimana scorsa, abbiamo fatto un passo in avanti sulla strada della deroga, ed oggi torniamo sulla strada della complicazione. Il tutto, forse, per dare lavoro agli specialisti, agli avvocati, ai commercialisti, a tutti coloro che, continuamente, sono chiamati ad illustrare al povero cittadino e al povero contribuente qual è la normativa a cui ci si dovrebbe attenere.
Sono assolutamente consapevole che il provvedimento «milleproroghe» non è una caratteristica di questo Governo, ma è, invece, uno strumento a cui tutti abbiamo fatto ricorso (il Comitato per la legislazione lo ricorda, elencando puntualmente tutti casi in cui ciò è avvenuto). Questo, però, non giustifica che si continui su questa strada; anzi, di volta in volta, come inevitabilmente accade, la situazione si complica e la qualità peggiora, perché stiamo aggiungendo strati di vernice su una parete su cui non vi è più neanche la base e, ormai, tutto diventa più difficile. Stiamo costruendo su un terreno franoso strati continui e nuovi muri, con il rischio che tutto ci crolli sulla testa.
Se questo è il provvedimento, è necessario, poi, entrare nel merito, come hanno fatto i colleghi con i loro interventi puntuali: mi riferisco a quello della collega Miotto in materia di sanità e a quello della collega Velo sul tema dei trasporti. Vorrei soffermarmi brevemente su una deroga che, in questo momento, dovrebbe colpirci in modo particolare: quella che, ulteriormente, rinvia, non l'intervento, la realizzazione o la costruzione, ma la semplice individuazione degli interventi necessari, e realisticamente realizzabili, per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole. A questo fine erano stati stanziati 300 milioni di euro, che, poi, temo, a forza di proroghe, saranno destinati ad altro scopo, con la scusa che non si è fatto in tempo. Ciò non dovrebbe attendere qualche altro evento drammatico per diventare, a tutti gli effetti, un'azione necessaria, né attendere l'emergenza per dare il via ad un censimento - un semplice censimento - che è condizione necessaria, per fare una cosa doverosa, che qualsiasi Stato di diritto dovrebbe fare, e qualsiasi amministrazione provinciale, comunale e regionale dovrebbe mettere in cantiere: l'adeguamento antisismico delle scuole. Si tratta di uno di quei provvedimenti per i quali, da anni, pazientemente, chiediamo la possibilità di derogare al Patto di stabilità. Tuttavia, mi limito a riferirmi a quanto ha detto il collega Nannicini su questo tema.
Non è tutto negativo: vi sono anche proroghe necessarie e alcuni aspetti che vanno oltre la proroga e che modificano la legislazione. Vorrei citarne una piccola e significativa - che, in parte, è merito anche dell'intervento del Partito Democratico al Senato - che riguarda il 5 per mille. Tale proroga permette il reinserimento di una parte di enti, che, in questi anni, per motivazioni burocratiche e per il mancato rispetto di tutte le indicazioni e dei tempi, sono rimasti preclusi dal riparto del 5 per mille. Auspichiamo che, prima o poi, si arrivi in questo campo ad una normativa certa, soprattutto, per quanto attiene alla stabilità e alla continuità del finanziamento.
Un'ultima questione: da tempo, mi occupo di incompatibilità ed ineleggibilità. Pag. 86La settimana scorsa, ci siamo preoccupati di aver trovato, all'interno della normativa, l'indicazione che riguardava la Protezione civile e l'Expo di Milano.
Anche in questo caso vi è qualcosa che riguarda l'Expo ed è l'allargamento della possibilità della collaborazione con quei particolari enti no profit che sono le fiere, allargamento che mi sembra indice della difficoltà di andare avanti con una realizzazione che avrebbe grandi possibilità di portare sul territorio investimenti, attirare visitatori e portare al nostro Paese una visibilità internazionale di cui abbiamo bisogno, ma che continuamente segnala la difficoltà di avere responsabilità chiare e, possibilmente, persone ad esse totalmente dedicate e non chiamate contemporaneamente a fare troppe cose in una volta. In ogni caso, è un ulteriore fatto in ordine al quale la normativa continuamente viene modificata e soggetta a pressioni locali che segnalano una profonda insoddisfazione.
Le nostre perplessità su questo provvedimento sono molte; mi riferisco anche io a quelle che riguardano il tema dell'editoria e della possibilità di garantire continuità, anche qui, agli stanziamenti. Una parte rilevante delle perplessità in quest'Aula, però, devono riguardare lo strumento a cui si fa riferimento. Anche questa volta, ma mantenendo poi l'impegno, dovremmo darci l'obiettivo - lo facemmo la volta precedente, lo fa il Comitato per la legislazione e lo dovremmo fare anche noi - di non tornare allo strumento del «milleproroghe» il prossimo anno. Dovremmo dare alla pubblica amministrazione obblighi e tempi certi da rispettare o non avremo alcuna possibilità di lavorare in maniera normale e saremo ancora una volta chiamati ad una legislazione di emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, il provvedimento all'esame della Camera è stato per lungo tempo tenuto al Senato, nonostante, come è noto, l'epilogo dell'iter si sia tradotto nell'ennesima posizione della questione di fiducia da parte del Governo. Il provvedimento incassa la fiducia al Senato l'11 febbraio e giunge in questo ramo del Parlamento per un esame veloce che non permette e non ha permesso alcun dibattito.
L'impossibilità di un vero confronto in Commissione su provvedimenti omnibus come quello in esame sottrae all'esame parlamentare stesso materie di estrema rilevanza per il Paese, riducendo lo strumento della proroga ad un semplice atto burocratico per rimediare sistematicamente ai fallimenti della legislazione vigente. Tutto ciò genera numerose perplessità e seri dubbi, cari colleghi. Vorrei ricordare a tutti noi i primi commi dell'articolo 72 della Costituzione: «Ogni disegno di legge presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.»
In questo caso, l'abbreviazione assume una dimensione completamente nuova, diversa, anche se già vista altre volte in questa legislatura. Si annulla completamente il dibattito parlamentare e il relativo esame dei provvedimenti. Già, ma le vostre esigenze probabilmente avevano ed hanno altre urgenze, altre priorità. Le vostre esigenze sono quelle di un burattinaio, neanche tanto occulto, che muove i suoi fili, spacciando interessi personali per interesse collettivo. Legittimo impedimento, processo breve, lodo Alfano e, a far da sfondo e corollario a tutto ciò, la crisi. Ma questo è il vero dramma del nostro Paese; non è e non deve essere marginale rispetto a quella che deve essere davvero la nostra azione e la nostra missione. Il nostro mandato dovrebbe essere univoco per tutti, un obiettivo da perseguire e raggiungere grazie a Dio, non per una parte di questo Parlamento. Ma per molti di voi forse altre sono le esigenze o i risultati che si auspica ottenere. Pag. 87
Il provvedimento che ci apprestiamo ad analizzare - a cui anche qui in Aula verrà negata, temo, dopo averla negata in Commissione, l'opportunità di un vero confronto politico - è un provvedimento complesso, variegato, composto da quindici articoli e ben 155 commi. Variopinto è stato, come al solito, il contenuto delle modifiche apportate da Palazzo Madama: dalle agevolazioni ai porti, alla piccola proprietà contadina, all'estensione, anche per il prossimo anno, della salva-precari per i supplenti annuali della scuola. Viene confermata, invece, la proroga dello scudo fiscale fino al 30 aprile e il doppio slittamento per gli studi di settore: al 31 marzo 2010 per l'anno di imposta 2009 e al 31 marzo 2011 per l'anno d'imposta successivo.
Ma vorrei approfittare di questa occasione, signor Presidente, onorevoli colleghi, per fare un excursus su alcuni articoli contenuti nel predetto provvedimento e per dare l'opportunità, anche a chi è a casa ad ascoltarci in questo momento, di comprendere quanto è contenuto nello stesso.
I commi 10 e 11 dell'articolo 1 prorogano lo stop ai versamenti di imposta e ai contributi dovuti per i terremotati dell'Abruzzo. Il Governo non ha previsto la copertura della sospensione dei tributi e dei contributi per il periodo gennaio-giugno 2010 e i cittadini abruzzesi saranno tartassati dal dover pagare le tasse correnti e quelle sospese.
Con l'articolo 4, comma 7, e l'articolo 6, comma 2, si proroga al 31 maggio 2010 l'assunzione di personale delle fiamme gialle e della polizia già autorizzato e si prorogano al 31 dicembre 2010 le assunzioni del personale sanitario, già autorizzate per il 2009.
All'articolo 4, commi 3 e 6, sono previste una serie di proroghe per il reclutamento, lo stato giuridico e l'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri.
All'articolo 1, comma 23, viene stabilito che la disposizione della legge finanziaria per il 2010, che ha introdotto l'obbligo di pagamento del contributo unificato per le controversie in materia di lavoro pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, troverà applicazione solo a partire dal 1o gennaio 2011.
Sempre all'articolo 1, comma 23-duodecies e 23-terdecies, e all'articolo 2, comma 8-decies, viene raddoppiata da tre a sei anni la durata del mandato dei componenti della commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Ai membri attualmente in carica si applica il nuovo termine di sei anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Con l'articolo 8, comma 4-bis, viene rinviato al 1o gennaio 2011 il momento a partire dal quale nei regolamenti edilizi comunali dovrà essere prevista, per gli edifici di nuova costruzione, l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo da garantire una produzione energetica non inferiore a un kilowatt per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell'intervento.
Vi è poi una questione importante, quella relativa all'articolo 2, commi 8-bis e 8-septies, che va messo in relazione all'articolo 2, commi 7-bis e 7-ter. Nello stesso si fa riferimento all'obbligo, per tutte le amministrazioni dello Stato, di apportare un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche, con l'obiettivo della riduzione della spesa pubblica, tranne che per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo Governo, che ha tagliato risorse ad enti locali e a regioni, continua, invece, per quanto attiene ai suoi centri di potere, a derogare a qualunque norma che esso stesso ha varato come ha fatto, per esempio, con la Protezione civile che, dopo aver assunto il personale senza mai fare concorsi, li ha tutti stabilizzati e ha stabilito di assumere altre 15 persone con le stesse modalità, cioè senza concorso e con le modalità valutative che indicherà, con apposito decreto, il Presidente del Consiglio.
Con l'articolo 2, commi 7-bis e 7-ter, si è modificata la normativa relativa alla riduzione degli assetti organizzativi previsti dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 Pag. 88del 2008. Lo stesso è stato fatto anche con il comma 8-ter dell'articolo 2. Insomma, vengono attenuati gli obblighi di riduzione dell'assetto organizzativo della Presidenza del Consiglio senza considerare che oggi gli enti locali e le regioni sono in grande difficoltà nel mantenere in piedi i propri servizi, sia per la mancanza di soldi sia per la carenza di personale e spesso sono costretti a dare in appalto all'esterno interventi fatti prima con il proprio personale. Attenzione, perché va bene il contenimento della spesa pubblica, ma la logica di questo Governo è più che altro quella di immettere nel mercato pezzi di attività che prima erano pubbliche.
Inoltre è stato, come ricordato dal collega Vannucci, approvato in Senato un emendamento con cui si estende fino al 31 luglio 2009 la data ultima per lo svolgimento delle attività di restauro come uno dei requisiti utili per accedere alla prova di idoneità finalizzata al conseguimento della qualifica di restauratore e come uno dei requisiti per conseguire direttamente la qualifica di collaboratore restauratore. Sebbene questo rappresenti un allargamento e recuperi anni di attività sostanziali per la qualifica, non si può certo considerare conclusa la questione. Rimangono, infatti, aperti elementi fondamentali per la tutela di chi ha lavorato non come titolare di impresa per il riconoscimento dei ruoli svolti e delle forme di contratto con cui si può attestare l'attività lavorativa, ed anche con riferimento al tema della tipologia di documentazione richiesta dal decreto ministeriale n. 53 del 2009 e della corretta interpretazione del concetto di responsabilità diretta nella questione tecnica dell'intervento.
All'articolo 10-quinquies viene prorogato al 2010 il finanziamento dell'attività di formazione professionale dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, l'Isfol, nella misura di 7 milioni di euro. Con l'articolo 5, comma 2, viene prorogato di un altro anno, fino al gennaio 2011, il divieto di guida di veicoli con potenza superiore a 50 chilowatt per i neopatentati.
Il provvedimento in esame, come è già stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, contiene luci e ombre, o meglio, luci che, tra le ombre, si perdono, ed è così che la proroga dei termini degli obblighi più diversi ottiene lo scopo inaccettabile di premiare i trasgressori e di penalizzare i cittadini virtuosi.
È il caso della sanatoria sulle sanzioni per le affissioni abusive, che sostanzialmente legittima la violazione di una norma proprio da parte di coloro, i politici, che per primi dovrebbero dare il buon esempio e reca danni economici ai comuni, al decoro della città e in genere a fenomeni di concorrenza sleale fra i candidati.
Un altro esempio, in questo senso, è costituito dalla proroga dei termini imposti alle imprese per la riduzione delle immissioni inquinanti che di fatto premia le aziende che non hanno investito per la riduzione delle immissioni e possono così fare concorrenza sleale a quelle virtuose.
In un periodo di crisi come quello che nel mio intervento ricordavo, il lavoro si crea sostenendo lo sviluppo dell'impresa. La proroga delle zone franche è dunque positiva, ma il fatto che le risorse siano state invariate, compromette la piena efficacia della misura.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BOCCUZZI. Abbiamo tentato al Senato di arginare questa pericolosa deriva. Si è intervenuti a sostegno di nuove norme in materia di agevolazione alla piccola proprietà contadina; si è prorogata la sospensione dei rilasci per le finite locazioni di immobili ad uso abitativo in un tempo in cui la crisi sta facendo esplodere gli sfratti.
Dobbiamo essere coscienti del fatto che il cosiddetto decreto milleproroghe non è semplicemente una normativa che stancamente tutti gli anni si limita a lasciare le cose come stanno, ma è qualcosa di molto diverso. Con il decreto milleproroghe si interviene in alcuni casi in modo positivo, ad esempio quando si prorogano i diritti dei cittadini.
Ovviamente, quando si fanno queste proroghe, occorre individuare le idonee Pag. 89coperture perché tutto non si traduca in vane promesse come quelle che il Presidente del Consiglio, spinto più da un moto propagandistico elettorale che da dati oggettivamente concreti, continua a fare. Ed è così che nell'analisi di molti degli ultimi provvedimenti alla Camera interventi di alcuni esponenti della maggioranza si sono tramutati in inspiegabili quanto ridicoli spot elettorali, che sono riusciti a trascinare il dibattito in un bieco e squallido incontro senza esclusione di colpi, degno del miglior wrestling.
Avremmo potuto dare un serio contributo al settore dell'agroalimentare, ma si è preferito utilizzare quello spazio importantissimo per fare campagna elettorale per il Ministro Zaia, fino a trascinare il tutto in una vergognosa farsa che si è conclusa con un nulla di fatto e con un gravissimo affossamento del provvedimento.
E chi paga il prezzo di tutta questa azione scellerata da parte del Governo? Lo pagano, come sempre, i più deboli, i dimenticati, i risparmiatori, i piccoli azionisti di Alitalia, a cui avete negato la riapertura o la proroga dei termini per le istanze di rimborso integrale del loro capitale.
Vorrei ricordare, infine, un emendamento gravissimo inserito nel provvedimento a firma del senatore Battaglia del PdL che riguarda direttamente la mia Commissione, una questione di giustizia e di uguaglianza di fronte alla legge, una questione che sta creando allarmismi, ma che rischia di privare realmente i cittadini di un diritto che è stato loro riconosciuto dopo una lunga lotta.
Questo emendamento cancella gli effetti di un'importante sentenza emessa lo scorso anno dal TAR del Lazio, una sentenza che annullava quella parte del decreto ministeriale del marzo 2008 che limitava i benefici contributivi per gli esposti all'amianto, ai lavoratori di quindici siti oggetto di atto di indirizzo del Ministro del lavoro a fronte di oltre 500 siti a rischio in tutta Italia.
È un provvedimento grave, perché riguarda l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e il tentativo di far passare come valido un principio già riconosciuto illegittimo dal TAR. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la natura ha strane leggi, ma almeno lei le rispetta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è del tutto evidente il carattere anacronistico del provvedimento che oggi viene discusso in Assemblea.
Di fronte all'assoluta necessità ed urgenza sostenuta da un ampio dibattito anche teorico e dalla domanda esplicita dei cittadini di modernizzare e semplificare le nostre procedure politiche e le nostre pratiche decisionali, noi insistiamo con provvedimenti farraginosi come questo, che rispondono più a modalità legislative artigianali, forse inevitabili in un passato pur glorioso di costruzione delle regole e di progressiva approssimazione dei percorsi legislativi, ma del tutto inadeguato di fronte alle esigenze di una moderna e raffinata democrazia.
Già il titolo con il quale esso è universalmente conosciuto - milleproroghe - ci dà la percezione della sua singolare e anomala natura. Raccontano che, nell'esame da poco conclusosi in Senato, qualcuno si sia stupito del fatto che sono stati presentati molti emendamenti. È stato fatto prontamente e con amara ironia osservare che non c'era da stupirsi di qualche centinaio di emendamenti su un provvedimento che comincia chiamandosi milleproroghe.
Abbiamo in sostanza a che fare con una accozzaglia di interventi, una vera e propria legge omnibus, come ha dimostrato il relatore della I Commissione nella sua puntuale relazione in apertura del dibattito stamattina, dentro la quale si ritrova - per riutilizzare il fortunato titolo di una importante trasmissione radiofonica della nostra giovinezza - «non tutto, ma di tutto». Con il solito rigore che Pag. 90contraddistingue il loro operato, le presidenze delle Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno dichiarato inammissibili molti degli emendamenti presentati, motivando la loro esclusione dalla valutazione di merito a causa dell'estraneità di materia.
Impregiudicata la mia opinione, che in alcuni casi questo rigore è eccessivo ed immotivato, bisogna ammettere onestamente che una serie di emendamenti prefiguravano degli interventi complementari ed aggiuntivi e non soltanto proroghe di provvedimenti già in essere. Ma, come a smentire l'approccio della Camera sulle questioni dell'ammissibilità, diverso da quello del Senato (questione sulla quale siamo già ripetutamente intervenuti e che è ancora irrisolta), è proprio il milleproroghe a sconfinare dai limiti imposti dalla materia.
Cito a questo proposito quanto dichiarato nell'aula del Senato da un autorevole esponente della maggioranza, il senatore Baldassarri in occasione del dibattito sulla fiducia: nel combinato disposto - dice Baldassarri - che si è venuto ora a determinare tra testo originario del decreto-legge e maxiemendamento, almeno 24 norme esulano dall'oggetto delle proroghe.
Il decreto, infatti, interviene ad esempio, all'articolo 1, comma 21, con riferimento a ben due disposizioni introdotte al Senato (norma originaria), modificando la disciplina e le modalità di esercizio di deleghe già conferite, violando di fatto l'articolo 76 della Costituzione, che ha trovato applicazione nella legge n. 400 del 1988, secondo la quale non si possono conferire deleghe al Governo con decreti-legge.
Non basta: il decreto-legge interpreta norme come avviene al comma 23-undecies dell'articolo o ancora ridefinisce il meccanismo e gli effetti del parere reso dalle Commissioni parlamentari all'articolo 10-bis. Clamoroso è il caso dell'articolo 1, comma 1: per non dare adito a dubbi interpretativi il milleproroghe si apre in effetti con la proroga dello scudo fiscale. Tuttavia, per lo scudo non c'è solo la proroga dei termini, ma anche una modifica: l'incremento, sia pure contenuto, delle aliquote di pagamento per usufruire del condono.
Ora mi chiedo se nella situazione economica di difficoltà nella quale versiamo, di fronte al debito pubblico di notevole portata che, nonostante le recenti assicurazioni del Ministro dell'economia grava come un'ipoteca sul nostro futuro, la decisione - a prescindere in questo momento dalla sua bontà o meno di continuare ad utilizzare uno strumento fiscale così importante e contraddittorio - è semplicemente oggetto di una proroga formale o non è il cuore di un dibattito di politica economica che manca in quest'aula?
È certamente più comodo per chi governa cavarsela nelle more di una procedura burocratica, ma è questo di cui abbiamo bisogno? Se scorriamo il provvedimento vediamo commi nei quali si sospendono o si attivano tributi, accise e quant'altro. Al comma 5 troviamo i fondi per la sospensione dei tributi per gli enti non commerciali nella sanità privata, al successivo la sospensione dei tributi per province (Campobasso e Foggia) oggetto di calamità; in un comma successivo si modificano le accise per il gasolio.
Può darsi che alcuni di questi siano provvedimenti in alcuni casi necessari, ma bisognerà ben decidere le competenze delle leggi! Tuttavia, del tutto fuori luogo è l'intervento previsto ai commi 20-bis e 20-ter dove addirittura si interviene sui criteri di rappresentatività dei sindacati per essere ammessi alle trattative per il rinnovo del contratto del pubblico impiego.
Forse, signor Presidente e caro presidente Giorgetti, al vaglio di ammissibilità bisognerebbe sottoporvi anche i testi dei provvedimenti e non solo gli emendamenti.
Viene perciò da chiedersi se lo sconfinamento presente negli emendamenti presentati dai colleghi parlamentari dipenda dal tentativo di singoli deputati di allargarsi o se la causa prima di tale devianza non sia proprio contenuta nella configurazione stessa di un provvedimento che interviene così pesantemente in quella che Pag. 91dovrebbe essere una normale procedura di analisi delle norme per valutarne la congruità, non solo la loro reiterazione o meno, ma anche la correzione e il riesame.
È anche vero che se, come giustamente ha detto questa mattina intervenendo in una trasmissione radiofonica la collega onorevole Moroni, il milleproroghe non è certo l'occasione più idonea per un dibattito politico, mi sia permesso di chiedere: quando avviene questo esame? I parlamentari sono subissati da decreti sempre per loro natura in scadenza e sono a Roma con a disposizione il solo tempo libero che intercorre tra la richiesta e il voto di fiducia, e per il resto sono con le valige in mano. Quando sono messi in condizioni di discutere seriamente delle leggi, della loro qualità e del loro risultato? Ecco dunque che, anomalia per anomalia, il milleproroghe rischia di diventare impropriamente un'occasione rara per discutere di merito.
Il relatore per la V Commissione, onorevole Polledri, questa mattina in qualche modo ha confermato questo dato di fatto, quando ha parlato con sincerità, con riferimento al milleproroghe, di un provvedimento economico che assicura una boccata di ossigeno all'economia e alle partite IVA. Ma anche volendo, un esame di merito non sarebbe stato possibile effettuarlo, infatti l'incardinamento nel calendario dei lavori di questo ramo del Parlamento di questo decreto di grandi dimensioni e di contenuto fortemente eterogeneo è avvenuto a soli tredici giorni dalla sua decadenza, rendendo estremamente difficoltoso lo svolgimento lineare dell'iter. In sovrappiù, nella stessa settimana la Camera ha affrontato in Assemblea la delicata questione del testo sulla Protezione civile e in Commissione, sempre la V e la I, il decreto che contempla modifiche urgenti sugli enti locali. Pertanto il tempo dedicato all'esame del milleproroghe è stato del tutto ridicolo: ancora una volta il caos del calendario penalizza l'esame dei provvedimenti. Vale la pena a questo punto ricordare che anche il Comitato per la legislazione, nella nota del 21 gennaio di quest'anno, fa esplicito riferimento al milleproroghe riflettendo su questi punti.
Come se tutti questi aspetti di procedura non fossero bastati, il Governo ha aggiunto un carico politico alla vicenda, quando ha dato, nelle Commissioni riunite, parere contrario su tutti gli emendamenti presentati e dichiarati ammissibili. L'indisponibilità ad accogliere un qualsivoglia emendamento della maggioranza o dell'opposizione sta diventando la prassi normale nel confronto tra Parlamento e Governo. È ormai successo molte volte e clamorosamente è avvenuto nella finanziaria, durante l'esame della quale, non dimentichiamolo, il maxiemendamento blindato è stato addirittura presentato in Commissione, inaugurando la prassi della prefiducia. Dal punto di vista formale non fa una grinza che il Governo dica di «no» ad ogni istanza parlamentare, sta nelle sue facoltà; ma dal punto di vista politico è indubbio che siamo di fronte ad una inedita forma di ostruzionismo parlamentare, quella adottata dal Governo nei confronti del Parlamento, sia maggioranza che opposizione. Però non ci deve stupire che ciò accada. Se accettiamo la prassi dei decreti-legge che sboccano quasi inesorabilmente nella fiducia lo spazio per l'iniziativa parlamentare è oggettivamente scarso, sino a diventare evanescente.
Nel caso di questo milleproroghe la curiosa novità consiste nella motivazione adottata in Commissione dal Governo per respingere gli emendamenti, non si è cercato nemmeno di nascondere, con i famosi veli della pudicizia, le vergogne di questa situazione. La ragione del «no» a tutti gli emendamenti, tutti insieme e non uno alla volta, è stata motivata dai tempi stretti della scadenza del decreto, che comporta per il Governo la preoccupazione di non rischiare alcuna apertura che comportasse il ritorno al Senato per la terza lettura. Ora è chiaro che se siamo a pochi giorni dalla scadenza e se non si vuole rischiare non resta che la blindatura e la fiducia. Ma proprio questo è il problema. Fino a che punto possiamo continuare a sacrificare la prassi e il merito alla rapidità? Pag. 92Fino a che punto l'esigenza di migliorare le leggi è incompatibile con la celerità procedurale? Fino a che punto è accettabile l'ingorgo parlamentare che ogni tanto prende l'attività convulsa del lavoro d'Aula, intervallata peraltro da settimane supercorte? Appare chiaro che sono domande squisitamente politiche sulle quali è doveroso che il Parlamento si interroghi e si dia delle risposte. In questo caso non si è nemmeno salvata la forma, il «no» a priori ad ogni istanza parlamentare, per ragioni di calendario e non di merito politico, ha annullato l'esame della legge in questione.
Signor Presidente, non sarà quella che sto per ricordare la risposta esauriente e completa a tutti questi problemi, ma, come fosse un modesto delenda Carthago, ribadisco anche in questa occasione l'urgenza di riformare i Regolamenti parlamentari. Questa esigenza risponderebbe almeno in parte alle storture procedurali sulle quali incappiamo quotidianamente. A questo punto, nell'avviarmi alla conclusione, non mi addentro nell'esame del provvedimento proroga per proroga, ma affronterò solo un aspetto, un passaggio, che mi sembra utile evidenziare: quello, che balza agli occhi più per la sua assenza che per la sua presenza, relativo al mancato provvedimento di proroga delle competenze relative al sostegno dell'editoria. Sappiamo quanto importante e urgente sia questa norma, sappiamo che in sua assenza sconteremo una drammatica crisi, che non esito a definire democratica. Infatti, molti giornali sarebbero condannati alla chiusura, anzi è più corretto usare il tempo presente: sono condannati alla chiusura. La conseguenza sul piano occupazionale è incredibilmente grave. Si è calcolato che sono circa 4.500 le persone coinvolte, di cui oltre 2 mila giornalisti e oltre 2 mila operatori. Sulle conseguenze sul piano editoriale, assisteremo ad una riduzione del numero di libere testate e alla sparizione di molte storiche ed autorevoli. Ciò significa che sul piano democratico va fatta una riflessione: non c'è bisogno, signor Presidente, di insistere in quest'Aula sul vulnus che si apre. Possiamo concepirlo e permettercelo? Può il nostro Paese mettere nel conto così, tra una proroga e un'altra, di non prorogare la libertà di stampa?
Ricordo che durante l'esame della legge finanziaria il tema era già emerso e diede vita ad un dibattito parlamentare in Commissione bilancio, ma fu anche oggetto di incontro tra il Presidente Fini ed i rappresentanti della stampa. In quell'incontro, dopo il coinvolgimento, sia pure telefonico del Ministro Tremonti, si formalizzò l'impegno del Governo a realizzare un intervento immediato ed urgente. Personalmente non ho capito perché non si sia fatto in finanziaria, visto che poche ore dopo quell'incontro il Governo ha presentato sua sponte un maxiemendamento in Commissione, che poi è stato oggetto del voto di fiducia. Dunque, le condizioni istituzionali ed operative erano propizie, non averlo fatto è stato il primo segno di una volontà incerta del Governo. La conferma di questa doppiezza rischiamo di averla oggi, perché era chiaro sin d'allora che l'occasione propizia successiva sarebbe stata il milleproroghe ed anche perché proprio di proroga si tratta, come evidenziano gli emendamenti uguali presentati in Commissione da molti deputati, a firma della collega Comaroli della Lega, da un lato, e del sottoscritto ed altri, dall'altro.
Sono emendamenti semplici che consentono di tamponare l'emergenza in attesa di definire finalmente - sottolineo finalmente - un nuovo Regolamento che indirizzi meglio quei fondi. Pochi giorni fa la Commissione bilancio ha dato indicazioni sulla riforma del Regolamento, sia in relazione al rapporto necessario tra ciò che viene stampato, ciò che viene distribuito e ciò che viene venduto, sia in relazione alla tipologia dei giornali da sostenere. Voglio essere chiaro sul punto: è giusto arrivare ad una selezione, ma non fino al punto da salvare solo i giornali politici. Sarebbe un insulto all'intelligenza popolare e un affronto alla libertà di stampa, soprattutto quella di alto valore culturale e pedagogico, che proprio per questi motivi non è in condizione di reggere un approccio esclusivamente affidato alle sole regole del mercato. Una soluzione, Pag. 93dunque, è necessaria, auspicabile e possibile, ma nel frattempo bisogna evitare la crisi che si prospetta in assenza di un intervento ad hoc. Ed infatti è quello che hanno chiesto quasi quattrocento parlamentari, la maggioranza di quest'Aula, con il loro appello. Ecco perché è importante che il Governo accolga gli emendamenti presentati da noi e da altri in Assemblea in queste ore.
Se è necessario discutere della copertura, di 70 milioni, questa è perfettamente compatibile con il quadro finanziario in essere. Voglio dire al relatore che l'importanza del tema è tale che, pur avendo presentato non da soli emendamenti, non accampiamo alcuna titolarità. Se il Governo e i relatori ritengono di presentare una loro proposta, siamo pronti a discuterne, perché raggiungere lo scopo di non effettuare discriminazioni è il primo punto, in attesa di una riforma strutturale e di ripristinare il diritto soggettivo.
Signor Presidente, il nostro parere sul provvedimento, come si evince dagli interventi dei colleghi e del sottoscritto, è negativo, ma il nostro atteggiamento in Aula in queste ore sarà direttamente proporzionale alle risposte che il Governo saprà dare su questo importante argomento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, anch'io devo partire da una manifestazione di forte critica rispetto alla scelta di procedere, ancora una volta, con un decreto-legge. Siamo ormai - lo abbiamo più volte detto in quest'Aula, così come anche nella I Commissione - ad un uso prolungato e distorto della decretazione d'urgenza; siamo ad un'evidente e chiara contraddizione con ciò che afferma l'articolo 77 della nostra Costituzione, che statuisce che i decreti-legge debbano avere carattere di necessità e urgenza.
In questo senso, tutto ciò non lo ravvisiamo, anzi, come anche il Comitato per la legislazione ha notato con chiarezza, siamo di fronte ad un nuovo provvedimento, che, fra l'altro, accompagna numerose misure sia di carattere ordinamentale sia di natura finanziaria, che si configura come un uso anomalo della decretazione d'urgenza, suscettibile di determinare - si dice - sul piano della qualità del processo legislativo e della stessa coerenza ordinamentale, evidenti effetti negativi, anche in rapporto alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione.
Mi sembra un giudizio molto netto e molto chiaro, che stride in maniera assai forte con l'abuso che si sta ormai facendo della decretazione d'urgenza. Ci auguriamo che non avvenga, ancora una volta, un ricorso alla fiducia, come è avvenuto per questo provvedimento una settimana fa al Senato (la ventottesima fiducia, per l'esattezza).
Di questo siamo molto preoccupati, perché ormai è evidente, anche fuori dalla nostra Aula, nel rapporto con l'opinione pubblica e con i cittadini, che siamo di fronte ad un processo progressivo di svuotamento del ruolo del Parlamento, che comprime e mortifica il confronto, a partire dal lavoro nelle Commissioni fino all'Aula. È una mortificazione che passa attraverso tempi ristrettissimi di confronto e di discussione e che produce una totale assenza e mancanza di momenti reali di approfondimento e di confronto, anche fra opinioni diverse.
Pensiamo che considerare normale questa prassi, considerare normale, nel percorso parlamentare, una strada che consideri il confronto come un laccio di cui disfarsi, sia un grave errore. Certamente, sappiamo - questo è parere diffuso sia nella maggioranza sia nell'opposizione -che vi è bisogno di lavorare per una riforma che tocchi anche l'istituzione parlamentare (il superamento del bicameralismo perfetto, una sola Camera, meno parlamentari, una maggiore efficacia e un accorciamento dei tempi delle decisioni e del processo di legificazione), ma per farla, e farla positivamente, c'è bisogno di un confronto reale e di una riforma che sia seria e condivisa, non di forzature. Pag. 94
Quello che sta accadendo, infatti, porta a fenomeni ormai degenerativi e fa un po' meraviglia che su questo si siano ascoltati pochi commenti, anche in queste settimane. Più volte abbiamo ricordato e citato l'ammonimento che il Presidente della Repubblica ha fatto il 21 dicembre scorso, quando ha detto che tutto ciò, cioè questi meccanismi, finisce per gravare negativamente sul livello qualitativo dell'attività legislativa e sull'equilibrio del sistema delle fonti. Non a caso, gli studiosi - dice il Presidente Napolitano - si chiedono se abbia finito per instaurarsi, attraverso le ordinanze, così come la decretazione d'urgenza, un vero e proprio sistema parallelo di produzione normativa. Credo che questo sia un punto che chiede e merita una riflessione da parte di tutte le forze di questo Parlamento e mi auguro che anche tra le forze della maggioranza questa riflessione si allarghi e prenda piede, perché ciò costituisce oggi un elemento di stupore e anche di preoccupazione; anzi, la preoccupazione cresce, perché vediamo che, invece, si prosegue in un'azione di costante produzione di decreti-legge, anche con motivazioni e ragioni non urgenti.
Faccio un esempio; ne abbiamo parlato anche già nella discussione che si è avviata in I e in V Commissione, su un provvedimento che riguarda le disposizioni urgenti sugli enti locali e le regioni: pensiamo a tutto quello che è intervenuto in tale campo, delle istituzioni locali, con questo decreto-legge e con altri. Tutto ciò ha prodotto una situazione di precarietà, di assenza di riferimenti stabili, di certezze su provvedimenti che poi hanno un impatto nella vita e nell'organizzazione dei servizi per i cittadini; perché gli enti locali, che poi dipendono dalle nostre norme, dalle nostre indicazioni, in questo caso debbono orientare le loro scelte, organizzare il loro lavoro, i loro servizi in virtù di ciò.
Noi siamo stati capaci, negli ultimi mesi, nell'ultimo anno, di dare una quantità di indicazioni contraddittorie che tutto fanno meno che indicare una certezza nel lavoro amministrativo. Prendo due casi, e li ricordo: in primo luogo, la cosiddetta riforma dei servizi pubblici locali, che è stata inserita in una normativa impropria, che era quella che riguardava l'adeguamento alla legislazione europea, con una forzatura, senza un'adeguata discussione, introducendo elementi che hanno generato molto disorientamento nell'attività degli enti locali; in secondo luogo, quella che riguarda la vicenda della Carta delle autonomie. È stata annunciata come un'esigenza fondamentale, quando in Aula abbiamo approvato una legge importante come quella del federalismo fiscale; si diceva: va fatto subito perché è la seconda gamba di questo provvedimento. È passato il tempo, e non è arrivata. Il Consiglio dei ministri l'ha poi varata nell'estate del 2009, è stata lì ferma; nel contempo si è inserito un pezzo di tale normativa, di tale riforma del riordino delle autonomie nella legge finanziaria. Poi, poche settimane dopo, si riprende il provvedimento, si emana un decreto-legge, e si determina per una parte un rinvio, per una parte un aggiustamento solo dopo poche settimane.
Mi chiedo: è questo un modo di fare buona legislazione, come ci ricorda anche il Presidente della Repubblica? Quello di fare una legge, fare norme, e dopo poche settimane, dopo pochi giorni rimetterci le mani e cambiarle di nuovo? Credo che su questo si debba riflettere, perché è connesso a tale modo di pensare, al modo di costruire il nostro lavoro legislativo. E si fa ciò mentre il 13 gennaio arriva formalizzato dal Governo alla Camera il disegno di legge per emanare il Codice delle autonomie; cioè arriva la legge mentre si son già fatti i provvedimenti, si discutono pezzi di tale riforma in modo nettamente separato da questa esigenza.
Noi crediamo che su tali questioni vi debba essere un'attenzione più forte; e il Ministro Calderoli in Commissione ha giustificato ciò, quasi ammettendo che, sì, era un'osservazione fondata: se si fa una riforma, perché pochi giorni prima prenderne un pezzo e portarlo nella legge finanziaria, e dopo una settimana riprenderlo e portarlo con un altro decreto-legge, e rimodificarlo? Quasi ammettendo questo, egli però dice: siccome le riforme Pag. 95tutte insieme non si possono fare, non possono esser organiche, perché è complicato, perché diventa difficile il confronto, la discussione, possiamo non farcela, meglio procedere per pezzi, per anticipazioni.
E noi pensiamo che ciò possa produrre una buona legislazione? Possa produrre delle leggi davvero in grado di rispondere alle esigenze di ammodernamento della nostra struttura pubblica, della nostra amministrazione pubblica? Noi pensiamo di no, pensiamo che questa logica della frammentazione sia molto dannosa. Anche perché la riorganizzazione delle istituzioni e della macchina amministrativa non è un puzzle già fatto di tanti pezzi che dobbiamo andare a cercare e poi mettere insieme: prima o poi qualcheduno ci riuscirà, qualcuno ci metterà un po' di più o un po' di meno ma i pezzi ci sono; no, non è questo! Non è puzzle già fatto! La riforma è un processo complesso, che ha bisogno di guardare e tenere insieme tutti i gangli di questo percorso. Altrimenti non tornerà mai, questo puzzle non si combinerà mai, e andremo avanti sempre a pezzi, senza ammodernare, come è necessario fare, la struttura del nostro Paese.
A meno che non si pensi che tale ragionamento sia funzionale a ciò che è avvenuto in questi anni: non un processo di riforma che valorizzi le autonomie, che rafforzi lo Stato nel suo insieme, nei suoi rapporti, ma invece l'idea di un rafforzamento soprattutto del centralismo statale; perché questo meccanismo - badate - è congeniale a ciò.
A noi dispiace che anche una forza come la Lega, che tanto parla di federalismo, oggi si ponga in questo dibattito, in questo percorso e in questo processo come il principale garante del centralismo - del centralismo romano - e non di un percorso di riforma che sappia valorizzare il ruolo delle regioni e delle autonomie: questo vogliamo dirlo con chiarezza e stupisce che proprio la Lega si faccia appunto garante di questa scelta politica. Tutti sappiamo infatti che per comporre un mosaico di riforma che stia davvero in piedi, vi è bisogno di un disegno complessivo, occorre cioè sapere qual è il disegno e percorrerlo con coerenza e organicità nel suo insieme.
Questo decreto-legge milleproroghe è una ulteriore e grave dimostrazione di tale modo errato, a nostro giudizio, di legiferare. Nel merito il milleproroghe contiene al suo interno un po' di tutto: ovviamente anche alcune misure utili (come ad esempio la norma sui trapianti, per citarne una), ma pure tantissimi interventi negativi che venivano prima ricordati.
Intanto occorre dire che in sé le proroghe non rappresentano un fatto di buona amministrazione: quando si fa una proroga in qualche modo si ammette un ritardo, una incapacità di affrontare e risolvere il problema nei tempi previsti (quindi esse costituiscono un elemento che non rafforza un processo riformatore).
Ma nel merito osserviamo che vi sono dei punti assai discutibili, come quelli che riguardano l'ambiente, quale ad esempio il rinvio delle scadenze che riguardano le emissioni inquinanti delle aziende. Già erano stati concessi cinque anni ed oggi vi sono aziende che hanno investito, che hanno cambiato sede e che hanno stanziato molte risorse per adeguarsi, ma proprio quelle saranno, come succede sempre in Italia, i «fregati» (alla fine, infatti, sarà premiato chi non ha rispettato i tempi, chi non si è messo in regola per tempo).
Oppure un'altra misura che provoca un certo effetto è la sanatoria per i manifesti abusivi, e non solo perché danno un cattivo esempio. Noi tutti parliamo della necessità di mantenere meglio le città contro i graffiti e le scritte abusive (invochiamo, insomma, il decoro), ma poi facciamo una norma di questo genere che va a sanare tali comportamenti soprattutto per le forze politiche: ma con quale faccia potremmo poi dire a qualcuno di non imbrattare?
Inoltre, siccome queste risorse andrebbero ai comuni (poiché la sanatoria toglie risorse ai comuni), dal momento che quando facciamo una legge dobbiamo avere la copertura finanziaria sarei curioso di chiedere: ma la copertura finanziaria di questa operazione per i comuni, Pag. 96di queste mancate entrate, chi la fa, nel momento in cui i comuni sono stressati da un patto di stabilità molto vincolante? Voi direte che è una battuta, però non possiamo continuare a trattare a schiaffi il sistema degli enti locali come stiamo facendo.
In questo senso, perlomeno mi auguro che venga accolto un emendamento che abbiamo presentato concernente la proroga dello sconto sull'accisa per il gasolio e il GPL da riscaldamento nelle frazioni montane dei comuni non montani. Abbiamo avanzato questa proposta perché si tratta di un fatto necessario di eguaglianza per evitare una disparità: vi sono infatti comuni che usufruiscono di tale misura, che viene loro mantenuta, appunto quelli montani, mentre vi sono le frazioni montane dei comuni non montani che si troverebbero a non disporre più di questa agevolazione. Ci auguriamo quindi che perlomeno per una piccola questione come questa si possa avere un occhio di riguardo, visto che essa coinvolge piccole comunità locali.
Soprattutto però ritroviamo in questa miriade di norme una situazione che denuncia un fatto politico - e concludo, signor Presidente - dal momento che con il milleproroghe si va a ritoccare anche il bilancio e la legge finanziaria.
In qualche modo, quello che si evidenzia è che manca la capacità di mantenere un reale controllo della spesa pubblica, nonostante i tanti proclami fatti e nonostante si dica che questa è la chiave per salvaguardare il sistema economico del Paese.
La dimostrazione che manca questa capacità è data proprio dal decreto-legge milleproroghe. Riteniamo che su questi punti sia necessario un serio ripensamento e che, perlomeno sul tema della decretazione d'urgenza, questa sia l'ultima occasione o quantomeno quella per avviare una riflessione seria come è necessario fare in Parlamento al fine di valorizzare davvero il nostro ruolo e la nostra funzione di governo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, è ormai pleonastico osservare la bassa qualità del processo legislativo e della stessa coerenza ordinamentale dovuta al reiterato ricorso ai cosiddetti decreti milleproroghe. In teoria il Governo ne aveva coscienza il 19 febbraio 2009 quando ha accettato l'ordine del giorno Occhiuto volto ad individuare strumenti per superare definitivamente questa pratica legislativa. Ma come si sa, un ordine del giorno accettato, per quello che vale, da questo Governo, non si nega a nessuno. Così mentre gli studiosi si chiedono - lo ricordava il collega Narducci riferendosi ad autorevoli considerazioni del Presidente della Repubblica e testè il collega Fontanelli - se abbia finito per instaurarsi, anche attraverso il crescente uso e la dilatazione di ordinanze di urgenza, un vero e proprio sistema parallelo di produzione normativa, il Parlamento non provvede a sanare la distonia tra principi e prassi della nostra legislazione e il Governo del fare male fa un ennesimo decreto di manutenzione normativa, un confuso milleproroghe ancora una volta in evidente contrasto con i principi di qualità della legislazione, di certezza del diritto e di stabilità del comando giuridico come da auspici del Comitato per la legislazione. Così per venire ai temi di interesse su cui mi intratterrò, se si comprende, in ragione dei ritardi normativi del Governo sulle materie oggetto di intervento, spesso tema di annunci, ma non di effettiva legislazione, all'articolo 7 la conferma del comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario fino al completamento delle procedure necessarie per rendere effettivamente operativa l'agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario, così come la proroga al 31 dicembre 2010 del termine di applicabilità dei meccanismi di composizione delle commissioni per il reclutamento dei ricercatori universitari in attesa del riordino delle relative procedure e l'estensione al 31 dicembre 2010 della possibilità di prorogare Pag. 97le convenzioni in materia di ricerca industriale e sviluppo sperimentale poste in essere dal MIUR con gli istituti bancari, e infine la proroga fino al 31 dicembre 2010 nella composizione esistente alla data di entrata in vigore del decreto-legge del consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, si comprendono molto meno altre previsioni normative del provvedimento in esame. Così è nel caso del differimento, all'articolo 4, dall'anno accademico 2010-2011 all'anno accademico 2011-2012 nell'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 21 del 2008, che prevedono l'attribuzione di un punteggio per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato sulla base dei risultati conseguiti nei test di ingresso e nel pregresso iter scolastico. Questa ulteriore proroga è motivata dal Governo in ragione degli effetti negativi sulle procedure di arruolamento degli ufficiali medici nelle accademie militari dell'Esercito, della Marina militare e dell'Aeronautica. In sostanza, per gli allievi ufficiali medici, una volta vinto il concorso per l'ingresso nelle citate accademie, ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica in medicina e chirurgia nell'università, non sarebbe più sufficiente aver superato i test selettivi dell'accademia, rilevando a tal fine in base alla nuova disciplina anche il pregresso iter scolastico. Pertanto, si potrebbe verificare che un allievo ufficiale medico, dopo aver vinto un concorso selettivo ed aver iniziato a frequentare l'accademia, non sia poi ammesso al corso di laurea in medicina e chirurgia previsto dal bando del concorso. La motivazione addotta evidenzia come la selezione degli allievi ufficiali aspiranti medici da questa proroga, che è in sostanza è una deroga della procedura di ammissione ai corsi a numero programmato previsti per la generalità degli studenti, verrebbe ad essere di fatto meno rigorosa rispetto agli standard richiesti per i normali aspiranti all'ingresso nella facoltà di medicina, con un doppio nocumento ad una corretta equiparazione tra aspiranti medici civili e militari, il che già rileva un danno presumibile nella fruizione delle quote di accesso ai più meritevoli tra gli studenti non delle accademie militari, ma anche, e forse è persino peggio, una minore qualità della selezione di ingresso negli studi di medicina degli ufficiali medici, il che vista la delicatezza della loro funzione dovrebbe porre al legislatore più di un problema.
Il comma 4-bis dell'articolo 7, introdotto durante l'esame al Senato, prevede che ad alcuni istituti universitari ad ordinamento speciale, come l'Istituto universitario degli studi superiori di Pavia, l'Istituto italiano di scienze umane di Firenze, e la scuola IMT-Alti studi di Lucca, al fine di completare l'istituzione delle relative attività, non si applicano, fino al 31 dicembre 2011, le disposizioni che limitano il turn over nelle università recate dall'articolo 66, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008. Si tratta com'è di tutta evidenza di una previsione di favore per questi istituti oggettivamente in contrasto con il rigore finanziario che la normativa vigente mette in capo, in termini perfino iugulatori, agli altri istituti universitari e alle università statali.
È una difformità di trattamento non consona ad una giusta equiparazione di tutti gli istituti universitari e fa il paio con il tentativo, di recente andato a vuoto in un precedente provvedimento, di consentire l'allungamento dell'età pensionabile al settantacinquesimo anno per i professori ordinari nelle università private. È ora di finirla con deroghe al rigore imposte a tutto, selettive di questi o quegli istituti universitari che immotivatamente alla fine emergono come più eguali degli altri. Peraltro tutto questo suona particolarmente odioso in un provvedimento dove al capitolo istruzione e università insieme a proroghe convenzionali o ben meno motivate ne manca una essenziale che a nostro avviso andrebbe assolutamente appostata nel provvedimento: la proroga degli sconti nei calcoli del rapporto tra la spesa di personale e il fondo di finanziamento ordinario delle università.
Il problema, dopo il cosiddetto decreto Gelmini del novembre 2008 che vieta il reclutamento e l'assunzione negli atenei Pag. 98che nell'ultimo anno hanno dedicato agli assegni fissi al personale più del 90 per cento dell'FFO, è sostanziale per la vita degli atenei. Questa tagliola l'anno scorso ha colpito solo quattro atenei, e cioè Urbino, Siena, l'Orientale di Napoli e Trieste. Gli sconti, che negli ultimi anni hanno sempre permesso di calcolare solo per due terzi gli assegni fissi al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, hanno una ragione assolutamente fondata nella peculiarità della struttura dei costi per il personale medico universitario. Senza questa previsione contabile il 2009 avrebbe chiuso le porte a qualsiasi nuovo ingresso. Il blocco riguarda anche il personale tecnico in 24 università.
Gran parte delle università rischia quest'anno di superare il limite del 90 per cento del fondo ordinario per le retribuzioni dei dipendenti, non per mala gestio del personale, ma per la fisiologica lievitazione dei costi dovuta alle dinamiche automatiche dell'anzianità stipendiale. Al netto di qualche situazione di concentrazione del turnover in qualche università che le potrebbe dare una temporanea possibilità di chiudere non in rosso i bilanci, la situazione dei consuntivi 2010 non può che peggiorare: il fondo di finanziamento ordinario infatti ha subito una riduzione rispetto agli anni scorsi, mentre l'aumento naturale dell'anzianità gonfia le uscite fisse per il personale. È intuitivo che anche le università che nel 2008 hanno speso in stipendi tra l'85 e l'89 per cento del proprio fondo statale, quindi, potrebbero superare quest'anno il tetto del 90 per cento. La spia dei consuntivi 2010 bloccherà concorsi e assunzioni nel 2011, ma la pianificazione per il prossimo triennio è questione di queste settimane e le università dovranno tenerne conto.
Do il drammatico elenco degli atenei che certamente già dal 2010 subirebbero questo improprio blocco di ogni mobilità in ingresso: Urbino, Siena, Napoli Federico II, L'Aquila, Napoli II Università, Firenze, Trieste, Napoli Orientale, Pisa, Roma La Sapienza, Pavia, Modena, Reggio Emilia, Cagliari, Bari, Cassino, Genova, Palermo, Messina, Udine, Sassari, Tuscia, Torino, Parma, Perugia: una strage.
In attesa della riforma della governance accademica e di una nuova disciplina del limite massimo delle uscite da dedicare a debito e personale in rapporto alle entrate complessive dell'ateneo (e non solo all'assegno statale) è questa la proroga che doveva esserci nel provvedimento. Non è un caso l'allarmata presa di posizione dell'Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani del 19 gennaio 2010. L'ADI sottolinea come tramite l'assegnazione alle università di spese in precedenza non di loro competenza lo scenario che si prefigura è il blocco per diversi anni delle assunzioni di giovani ricercatori e delle assunzioni in genere. L'insensatezza di un simile scenario è tanto più grave in un contesto che da tempo parla e straparla della necessità di porre fine al sistematico ricorso al precariato e invoca a parole una più ordinata politica delle assunzioni, legata al merito e alla trasparenza e al bisogno di ringiovanire gli invecchiati ranghi della docenza universitaria. Last but not least, quanto meno per la cacofonia legislativa che produce a fronte di questa vera autentica emergenza su cui l'istituto della prorogatio è indispensabile, l'articolo 10 dispone una proroga di due anni degli incarichi di direttore di istituto di cultura all'estero, ancorché già rinnovati per il secondo biennio, in scadenza nel primo semestre 2010, e inoltre una deroga, limitatamente agli incarichi prorogati, al limite di età di 65 anni previsto dalla normativa vigente: un provvedimento per i soliti pochi noti di cui non c'è alcuna necessità, e che potrebbe tranquillamente, senza pregiudizio per gli istituti di cultura all'estero, essere cassato. Ma tant'è, il Governo al comparto istruzione e università lega l'essenziale ad attori fondamentali della formazione superiore e della ricerca, gli atenei statali a regime ordinario, e concede in via amichevole, a soggetti minori, e nominatim ad alcuni, il superfluo. Questo è il motivo per cui ci opporremo al provvedimento invitandovi ad emendarlo, quanto meno negli aspetti più gravosi per un Pag. 99settore decisivo del Paese, nel corso dell'esame in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, prima di fare qualche riflessione nel merito del provvedimento, mi sembra doveroso richiamare i risultati della ricerca del Comitato per la legislazione del gennaio del corrente anno sui problemi della decretazione d'urgenza. Mi sembra un contributo importante, un'analisi seria sullo stato di salute delle nostre istituzioni su cui tutti dovremmo riflettere. L'elaborazione dei dati concernenti la decretazione d'urgenza riferiti alla XV legislatura e ai primi 18 mesi della XVI, mette in luce alcuni fattori di difficoltà degli attuali processi legislativi.
Le cifre già alte nella XV legislatura si aggravano nella XVI. Il numero assoluto dei decreti-legge emanati è di 45 nella XV e di 52 nella XVI ma in base ad un'analisi quantitativa si evidenzia nella XVI legislatura un sensibile aumento della regolazione complessivamente approvata per decreto-legge che tocca la percentuale del 66 per cento.
Il trend di crescita dei contenuti durante la loro conversione si accentua nella legislatura in corso: più 70 per cento. La percentuale dei decreti-legge valutabili come intersettoriali ed eterogenei, pari a 9 nella XV sale a 11 nella XVI. Resta alta ma sostanzialmente costante, come è testimoniato in sede di istruttoria parlamentare, dal numero delle Commissioni mediamente impegnate: 9 nella XVI e 8 nella XV.
Si è accentuato il ricorso alla votazione fiduciaria su leggi di conversione dal 25 per cento della XV legislatura al 31 per cento in quella in corso. È approvato con votazione fiduciaria il 58 per cento nella XV e il 68 per cento della XVI della regolazione complessiva contenuta nei provvedimenti di conversione.
I dati evidenziano in termini oggettivi la difficoltà cui va incontro da anni il processo di legislazione. Il decreto-legge assorbe la parte preponderante della legislazione mortificando il ruolo del Parlamento e snaturando l'equilibrio nel sistema delle fonti. La gran parte delle esigenze di disciplinare ambiti fino ad oggi oggetto di legge parlamentare - continua il documento conclusivo della ricerca - sembra ormai soddisfatta mediante ricorso a decreti-legge di notevoli dimensioni, la dilatazione delle ordinanze d'urgenza e la prassi invalsa dell'approvazione di disegni di legge contenenti un gran numero di deleghe tra loro disomogenee. Tra questi fattori nel più specifico ambito delle procedure legislative vi è sicuramente l'incardinamento di decreti-legge di grandi dimensioni spesso fortemente eterogenei per i quali risulta difficoltoso l'iter lineare dell'esame. Questo origina spesso scorciatoie procedurali che precludono in sede parlamentare l'esame del contenuto dei provvedimenti a scapito naturalmente della qualità della legislazione.
Il Comitato rileva che la presenza di contenuti complessi intersettoriali ed eterogenei discende anche dal notevole tasso di emendabilità che si realizza in sede parlamentare. Si tratta di un fenomeno che si è verificato in modo macroscopico nelle ultime legislature e su cui il Comitato auspica un intervento in senso restrittivo anche a tutela delle prerogative della Presidenza della Repubblica.
Naturalmente la qualità complessiva normativa viene pregiudicata e il tempo a disposizione dell'Aula e delle Commissioni viene ulteriormente ridotto.
Sempre più spesso il Governo è costretto a ricorrere a decreti di manutenzione normativa (i milleproroghe, i decreti integrativi e correttivi) in tempi brevissimi, di altri provvedimenti già deliberati dall'Assemblea. Abbiamo assistito nell'ultimo anno a moltissimi provvedimenti che correggevano norme esitate appena un mese prima dal Parlamento. Così si genera una perenne fluidità ed instabilità del tessuto normativo, che è evidentemente in contrasto con i principi di qualità della legislazione, di certezza del diritto e di stabilità del comando giuridico. Ne costituisce ulteriore Pag. 100testimonianza il frequente utilizzo della tecnica di far confluire in un unico testo più provvedimenti urgenti, che generano un'alterazione del lineare svolgimento della procedura parlamentare.
Sorvolo sulle proposte conclusive del Comitato per la legislazione, perché in questa sede mi preme evidenziare l'anomalia, che è ormai diventata prassi legislativa, di provvedimenti come quello che stiamo esaminando. Ma vi è anche un ordine del giorno presentato il 19 febbraio del 2009 ed accolto dal Governo proprio in occasione del precedente decreto milleproroghe, che impegnava il Governo ad individuare strategie e possibili soluzioni per superare la pratica legislativa dei decreti-legge in riferimento alle proroghe, nel cui contenuto originario finiscono per introdursi disposizioni sostanziali che ne ampliano l'ambito di intervento in maniera tale da pregiudicare il pieno rispetto dei requisiti ordinamentali propri di tale strumento normativo.
Lo stesso ordine del giorno impegnava il Governo ad adottare modalità di svolgimento delle fasi di istruttoria e di progettazione normativa che potessero favorire la redazione della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione e della relazione sull'analisi tecnico-normativa. Nessuno di questi impegni è stato mantenuto e ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto milleproroghe non corredato peraltro né dalla relazione sull'analisi tecnico-normativa né provvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione, senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla. Eppure il Governo aveva accolto l'ordine del giorno: forse perché - vivaddio - come ha detto il mio collega un ordine del giorno non si nega a nessuno?
Ma non è solo per l'ulteriore vulnus al nostro tessuto istituzionale che siamo contrari al provvedimento in esame, che invece di preoccuparsi di rilanciare l'economia affannata del nostro Paese e proporre soluzioni percorribili per sostenere l'occupazione, continua a tagliare in modo cieco la spesa della pubblica amministrazione. A fronte di una scarsità di risorse occorrerebbe un controllo rigoroso dei risultati, un risparmio mirato e non tagli orizzontali ed insensati, e ciò mentre le cronache di questi giorni denunciano ad un'opinione pubblica disorientata le gravi distorsioni della gestione finanziaria delle risorse pubbliche.
Ma altre negatività registriamo nel provvedimento che ci è pervenuto dal Senato: la proroga dello scudo fiscale, con l'aggravante che la documentazione sul rimpatrio dei capitali non deve più contenere l'indicazione degli intermediari coinvolti; la proroga per l'attuazione del testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; la sanatoria sulle affissioni elettorali abusive. Queste deroghe alle norme indeboliscono il senso di legalità già flebile nel nostro Paese ed aggravano un quadro già drammaticamente rappresentato dalla Corte dei conti, una radiografia impietosa del sistema di corruzione italiana, cifre e fatti inequivocabili: le denunce per corruzione aumentate del 229 per cento, i casi di concussione del 153 per cento.
Una classe dirigente responsabile dovrebbe tenere nella dovuta considerazione questi dati allarmanti e pretendere più rigore, innanzitutto, da se stessa, a partire dagli atti che produce. Dobbiamo essere grati alle forze di opposizione se, al Senato, sono state introdotte misure come quelle relative alle zone franche, alle agevolazioni alla piccola proprietà contadina, alla proroga della sospensione dei rilasci per finite locazioni ad uso abitativo, alla proroga dei termini per la regolarizzazione delle dichiarazioni per accedere al 5 per mille, o quelle relative ad eliminare gravi scelte come quelle di un nuovo condono edilizio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARILENA SAMPERI. Niente al Senato giustificava la questione di fiducia, se non la necessità di sedare le tensioni - concludo, signor Presidente - all'interno della maggioranza e coprire mediazioni oscure e confuse tra il Governo e singoli settori delle forze che lo sostengono. Queste Pag. 101le poche luci e le molte ombre del decreto-legge in oggetto.
Ci auguriamo che con il provvedimento in discussione venga risparmiata al Parlamento un'ulteriore mortificazione, che questo testo non sia blindato, che possa essere modificato dalla Camera e, che, ancora una volta, non venga posta l'ennesima questione di fiducia. Vogliamo essere, per una volta, al di là di ogni ragionevole dubbio, irresponsabilmente ottimisti, così come vuole il Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, sospendo la discussione sulle linee generali, che riprenderà domani alle 9,30.
Anche l'ulteriore argomento iscritto all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 23 febbraio 2010, alle 9,30:

(ore 9,30, con votazioni a partire dalle ore 11,30)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
S. 1955 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato) (3210).
- Relatori: Stracquadanio, per la I Commissione; Polledri, per la V Commissione.

2. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ROSSA ed altri; ANGELA NAPOLI; MISITI; OLIVERIO ed altri; OCCHIUTO e TASSONE: Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione (783-825-954-972-1767-A).
- Relatore: Angela Napoli.

La seduta termina alle 20,10.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3210

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore per la I Commissione. Le disposizioni degli articoli da 2 a 11 intervengono su ambiti materiali molto diversi, anche a seguito delle modifiche introdotte dal Senato.
L'articolo 2, comma 1, prevede la proroga fino al 31 dicembre 2010 della convenzione stipulata tra la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, la RAI e la NewCo Rai International al fine di continuare a diffondere le comunicazioni sulle azioni di peacekeeping svolte dal contingente NATO in Afghanistan.
Il comma 2 proroga la fornitura dei servizi radiotelevisivi da parte della RAI alla Repubblica di San Marino, fino alla ratifica del nuovo accordo di collaborazione in campo radiotelevisivo, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2010.
Il comma 3 autorizza la spesa di 9,9 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2010 e 2011 ai fini della proroga fino al 31 dicembre 2011 della convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.a, titolare dell'emittente Radio radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.
Il comma 4 stabilisce che la gestione liquidatoria dell'Ente irriguo Umbro-Toscano può protrarsi fino al 6 novembre 2011.
Il comma 4-bis stabilisce per l'anno 2010 talune agevolazioni da applicare agli Pag. 102atti di ricomposizione fondiaria della piccola proprietà contadina, in particolare relativamente all'imposta di registro, ipotecaria e catastale ed alla determinazione degli oneri notarili.
Il comma 5 proroga al 10 gennaio 2011 il termine alla scadenza del quale le pubblicazioni in forma cartacea di atti e provvedimenti amministrativi non produrranno più effetto di pubblicità legale.
Il comma 6 interviene sulla disciplina dell'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e della trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (EIPLI) disponendo che il termine previsto dal decreto-legge n. 171 del 2008 per l'adozione del regolamento di riordino del suddetto ente sia prorogato dal 31 marzo al 31 dicembre 2010. Il comma 7 reca la conseguente copertura finanziaria.
I commi 7-bis e 7-ter attenuano gli obblighi di riduzione dell'assetto organizzativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, previsti dall'articolo 74, del decreto-legge n. 112 del 2008, stabilendo una riduzione degli organici dirigenziali pari al 7 per cento della dotazione di livello dirigenziale generale e al 15 per cento di quella di livello non generale, con copertura del minor risparmio, valutato 2 milioni di euro, a carico delle risorse confluite nel fondo iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri a seguito della soppressione dell'Unità di monitoraggio della qualità dell'azione di governo degli enti locali.
Il comma 8 proroga al 31 dicembre 2010 il termine di validità delle graduatorie concorsuali, indicato all'articolo 1, comma 100, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni. Tale termine era stato precedentemente prorogato al 31 dicembre 2009 dall'articolo 5 del decreto-legge n. 207 del 2008.
I commi da 8-bis a 8-septies prevedono un ulteriore processo di razionalizzazione organizzativa delle amministrazioni pubbliche, all'esito di quello disposto dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008. In particolare, il comma 8-bis obbliga le amministrazioni statali e varie categorie di enti pubblici ad operare una riduzione in misura non inferiore al 10 per cento sia degli uffici dirigenziali di livello non generale e delle relative dotazioni organiche, sia delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale. In caso di inadempimento entro il 30 giugno 2010, le amministrazioni non potranno procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto, ferme alcune eccezioni (comma 8-quater). In ogni caso, restano ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni (comma 8-sexies). Il comma 8-quinquies individua le amministrazioni esonerate dall'applicazione delle misure di contenimento, mentre il comma 8-septies abroga le disposizioni relative al programma di risparmio conseguente al riordino degli enti pubblici non economici previsto dall'articolo 17, del decreto-legge n. 78 del 2009.
Il comma 8-octies differisce dal 31 marzo 2009 al 31 maggio 2010 la possibilità di definire con un versamento di 1.000 euro per anno e per provincia le violazioni delle norme in materia di affissioni e pubblicità mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e altri mezzi simili. Le violazioni sanabili sono quelle commesse nel periodo compreso dal 1o gennaio 2005 al 1o marzo 2009. Il comma 8-novies prevede che le modalità di cui sopra sono applicabili anche alla definizione delle violazioni commesse dal 10 marzo 2009 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
Il comma 8-decies integra la disciplina relativa al personale della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sul diritto di sciopero prevedendo che essa si avvalga, oltre che di dipendenti delle amministrazioni pubbliche come previsto dalla disciplina vigente, anche di dipendenti di altri organismi di diritto pubblico. L'articolo 3, al comma 1, proroga al 31 dicembre 2010 l'obbligo di richiedere licenza al questore per l'apertura di un pubblico esercizio o un circolo privato nel Pag. 103quale siano a disposizione degli utenti apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche (internet point).
Il comma 1-bis autorizza fino al 30 aprile 2010 il trasferimento di 3,5 milioni di euro per consentire, nell'ambito della realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento dell'EXPO Milano 2015, la prosecuzione delle attività di infrastrutturazione informatica occorrenti per le connesse attività degli uffici giudiziari e della sicurezza.
Il comma 2 estende al 2010 la designazione da parte del prefetto di funzionari statali da nominare - da parte del presidente della Corte di appello - quali componenti aggiunti delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali.
Il comma 3 proroga al 1o gennaio 2011 il termine a partire dal quale le carte d'identità dovranno essere munite delle impronte digitali del titolare.
Il comma 4 è stato soppresso in corso di esame presso il Senato ed il suo contenuto è confluito nell'articolo 1, comma 5, del testo in esame.
Il comma 5 mantiene in bilancio le risorse per l'istituzione degli uffici periferici dello Stato nelle nuove province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, istituite nel 2004, che altrimenti rischierebbero di andare in economia, fino al completamento dei relativi interventi, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011.
Il comma 6 proroga al 31 dicembre 2010 il concorso pubblico del 2004 per esami a 28 posti di direttore antincendi, posizione C2, in precedenza prorogato al 31 dicembre 2009 dal decreto-legge n. 78 del 2009.
Il comma 7 proroga al 31 dicembre 2012 il termine per l'applicazione della disciplina in virtù della quale, per la partecipazione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore, i primi dirigenti della Polizia di Stato devono partecipare a un corso preliminare di aggiornamento professionale obbligatorio.
Il comma 8 differisce al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto in esame il termine per la presentazione della richiesta dei rimborsi delle spese per le consultazioni elettorali svoltesi nell'anno 2008.
Il comma 8-bis permette di indicare sulla carta di identità il consenso o il diniego del titolare del documento alla donazione dei propri organi e tessuti in caso di morte.
L'articolo 4, al comma 1, prolunga a venti anni (al 2015) il periodo transitorio previsto dall'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 196 del 1995 durante il quale, in deroga alla disciplina generale, il reclutamento del personale del ruolo dei sergenti avverrà mediante concorso interno per titoli ed esami e corso di aggiornamento. Il successivo comma 1-bis rinvia al termine del regime transitorio di venti anni l'adozione del decreto ministeriale per la definizione dei requisiti per la partecipazione al concorso da sergente.
Il comma 2 è volto a differire all'anno accademico 2011-2012 l'applicazione delle disposizioni che prevedono l'attribuzione di un punteggio per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato, sulla base dei risultati conseguiti nel test di ingresso e nel pregresso iter scolastico.
Il comma 3 reca interventi di proroga in materia di stato giuridico dell'Arma dei Carabinieri. In particolare si proroga dal 2010 al 2012 la vigenza di un meccanismo di promozioni aggiuntive previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 490 del 1997; si proroga fino all'anno 2011 la possibilità anche per i ruoli speciale e tecnico-logistico di compensare in altri ruoli l'eccedenza nel grado di colonnello o di generale, al fine di evitare l'aspettativa per riduzione quadri; si proroga di due anni il termine per consentire il transito di un numero complessivo di 149 ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica nel ruolo tecnico e logistico dell'Arma dei Carabinieri ai fini della sua costituzione.
Il comma 4 è volto a consentire l'immissione in servizio permanente nell'Arma dei carabinieri, a domanda, degli ufficiali Pag. 104in ferma prefissata che conseguono tre anni di servizio a tempo determinato entro il 31 gennaio 2010.
Il comma 5 differisce al 31 dicembre 2012 l'entrata in vigore delle disposizioni che prevedono l'iscrizione nei quadri di avanzamento a scelta dei tenenti colonnelli sulla base di tre aliquote di valutazione.
Il comma 6 reca la clausola di invarianza finanziaria con riferimento ai precedenti commi 3 e 5.
Il comma 7 proroga al 31 maggio 2010 il termine per le assunzioni disposte dal decreto-legge n. 112 del 2008 di personale a tempo indeterminato nella Polizia dello Stato, nel corpo dei Vigili del fuoco, nell'Arma dei Carabinieri, nella Guardia di finanza, nella Polizia penitenziaria e nel Corpo forestale dello Stato.
L'articolo 5, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2010 il termine per la conclusione di procedimenti di rilascio di alcune concessioni aeroportuali.
Il comma 2 proroga al 1o gennaio 2011 la data a partire dalla quale si dovrà applicare la nuova normativa in materia di limitazione alla guida dei «neopatentati», prevista dall'articolo 2 del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117.
Il comma 3 proroga, sino al 31 marzo 2010, la sospensione dell'efficacia delle modifiche alla disciplina del servizio taxi e noleggio con conducente.
Il comma 4 proroga al 30 aprile 2010 le disposizioni in materia di arbitrati introdotte - nelle more del recepimento della direttiva 2007/66/CE finalizzata al miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici - dall'articolo 29, comma 1-quinquiesdecies, del decreto- legge n. 207 del 2008.
Il comma 5 proroga dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2010 il termine per la revisione dell'apparato organizzativo e funzionale del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera.
Il comma 6 proroga al 31 dicembre 2010 il termine per l'adozione dei decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, basati sui criteri stabiliti dal CIPE, con i quali è definita, per ciascun aeroporto, la misura dei diritti aeroportuali, e dispone la decadenza dell'aggiornamento della misura dei diritti al tasso di inflazione programmato, qualora i concessionari non presentino completa istanza di stipula del contratto di programma entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010.
Il comma 7 proroga al 31 dicembre 2010 il blocco selettivo delle tariffe, di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 185 del 2008, ed estende la deroga al blocco, comprendendovi la regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva, quella dei servizi di trasporto ferroviario sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico e quella relativa alle tariffe postali agevolate.
Il comma 7-bis proroga di un anno - al 31 dicembre 2010 - la sospensione delle procedure esecutive di sfratto previste dall'articolo 1 del decreto-legge n. 158 del 2008.
Il comma 7-ter proroga di tre anni la durata del regime transitorio, previsto dal decreto legislativo n. 285 del 2005 in materia di servizi automobilistici interregionali di competenza statale, che avrebbe dovuto esaurirsi entro la fine del corrente anno 2010.
Il comma 7-quater proroga, dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2010, la durata in carica del commissario delegato alla gestione del piano di sviluppo per il Porto di Gioia Tauro.
Il comma 7-quinquies proroga dal 16 agosto 2010 al 4 dicembre 2011 il termine per l'adeguamento di alcune imprese di autotrasporto di cose per conto terzi ai requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e idoneità professionale, previsti dagli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 395 del 2000.
Il comma 7-sexies interviene in materia di requisiti di formazione del personale marittimo, disponendo che il Governo prolunghi il periodo di utilizzo della vigente certificazione professionale dei comandanti e dei primi ufficiali fino all'entrata in vigore del decreto ministeriale recante Pag. 105la nuova disciplina di verifica dei requisiti professionali, e comunque non oltre il 31 dicembre 2010.
Il comma 7-septies per l'anno 2010 differisce al 16 aprile il termine per il versamento dei premi assicurativi INAIL da parte delle imprese di autotrasporto di merci in conto terzi, di cui all'articolo 55, comma 5 della legge n. 144 del 1999.
Il comma 7-octies prevede che, fino al 30 settembre, le risorse destinate dal decreto-legge n. 209 del 2002 (convertito dalla legge n. 265 del 2002) al potenziamento dell'intermodalità, possano essere utilizzate anche al fine del sostegno del trasporto combinato e trasbordato su ferro, e degli investimenti delle imprese di autotrasporto.
Il comma 7-novies reca una estensione fino al 31 dicembre 2010 del periodo di utilizzo delle risorse residue, pari a 2,6 milioni di euro, destinate agli interventi per la sicurezza degli impianti e per la sicurezza operativa dell'ENAV, previsti dall'articolo 2, comma 11, della legge finanziaria 2004. Il comma 7-decies reca la corrispondente copertura finanziaria.
I commi da 7-undecies a 7-terdecies prevedono la sospensione, sino al 1o gennaio 2012, dell'adeguamento delle tasse e dei diritti marittimi in relazione al tasso di inflazione. Per gli anni 2010 e 2011 si consente alle Autorità portuali di aumentare o ridurre la tassa di ancoraggio e la tassa portuale, nel rispetto del proprio equilibrio di bilancio.
L'articolo 6, al comma 1, proroga dal 31 gennaio 2010 al 31 gennaio 2011 la facoltà di utilizzazione straordinaria del proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria, previa autorizzazione aziendale, nelle ipotesi in cui non siano ancora stati completati gli interventi di ristrutturazione edilizia delle regioni e delle province autonome al fine di garantire la disponibilità dei locali destinati all'esercizio della citata attività.
Il comma 2 proroga al 31 dicembre 2010 il termine del 31 dicembre 2009 fissato dalla legge istitutiva del Ministero della salute per procedere alle assunzioni, già autorizzate per l'anno 2008, da parte del Ministero della salute e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2011 la disciplina transitoria per la distribuzione commerciale dei medicinali veterinari omeopatici.
Il comma 4 proroga dal 1o gennaio 2010 al 1o gennaio 2012 la disciplina transitoria sulla certificazione di conformità alle norme di buona fabbricazione, con riferimento alle sostanze attive impiegate come materie prime per la produzione di medicinali.
I commi 5 e 6 prorogano dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2010 il meccanismo del cosiddetto pay back, misura concessa alle aziende farmaceutiche alternativamente alla riduzione del 5 per cento del prezzo al pubblico dei farmaci rimborsabili, in tutto o in parte, dal Servizio sanitario nazionale.
I commi 7, 8 e 9 prorogano al 31 dicembre 2010 il termine di completamento per specifiche attività, previste dalla legislazione vigente, riguardanti l'Istituto Superiore di Sanità e, conseguentemente, dispongono un finanziamento di 8 milioni di euro per il 2010.
Il comma 9-bis proroga al 30 giugno 2010 il termine per la presentazione del curriculum professionale del lavoratore, rilasciato dal datore di lavoro, richiesto ai fini dell'accesso ai benefici previdenziali per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all'amianto.
Il comma 9-ter proroga a 36 mesi, dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008, il termine per l'adozione dei decreti attuativi previsti dall'articolo 3, comma 2, contenenti le disposizioni di coordinamento della nuova disciplina generale sulla sicurezza del lavoro con la normativa speciale relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, in ambito portuale, per il settore delle navi da pesca e in tema di trasporto ferroviario.
Il comma 9-quater esclude l'interdizione temporanea dalla professione per i medici che hanno consentito ai laureati in medicina, in possesso dell'abilitazione, ma Pag. 106non ancora iscritti al relativo albo professionale, l'esercizio professionale dell'odontoiatria.
Il comma 9-quinquies consente al candidato al trapianto del rene e al potenziale donatore, con un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato, di usufruire di permessi retribuiti e della normale retribuzione, come previsto per i donatori di midollo osseo.
L'articolo 7, al comma 1, conferma il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) fino al completamento delle procedure necessarie per rendere effettivamente operativa l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario (ANVUR) e, comunque, non oltre il 30 giugno 2010.
Il comma 2 proroga al 31 dicembre 2010 il termine di applicabilità dei meccanismi di composizione delle commissioni per il reclutamento di ricercatori universitari, disposti dall'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 180 del 2008, in attesa del riordino delle relative procedure.
Il comma 3 estende fino al 31 dicembre 2010 la possibilità di prorogare le convenzioni in materia di ricerca industriale e sviluppo sperimentale poste in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con gli istituti bancari.
Il comma 4 proroga fino al 31 dicembre 2010, nella composizione esistente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), costituito con decreto del Ministro dell'università e della ricerca 16 febbraio 2007 per la durata di un triennio.
Il comma 4-bis prevede che ad alcuni istituti (universitari) ad ordinamento speciale - ossia, all'Istituto universitario di studi superiori di Pavia, all'Istituto italiano di scienze umane di Firenze e alla Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca -, al fine di completare l'istituzione delle relative attività, non si applicano, fino al 31 dicembre 2011, le disposizioni che limitano il turn over nelle università recate dall'articolo 66, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008. Resta, però, fermo il rispetto della riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo di finanziamento ordinario delle università prevista dalla disposizione richiamata.
Il comma 4-ter proroga all'anno scolastico 2010-2011 la validità delle disposizioni contenute ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 134 del 2009, riguardanti il personale a tempo determinato della scuola titolare di incarico a tempo determinato annuale o fino al termine delle attività didattiche nell'anno scolastico 2008-2009.
Il comma 4-quater proroga al 31 dicembre 2010 il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, nella attuale composizione, in attesa della costituzione dei nuovi organi collegiali della scuola previsti dal decreto legislativo n. 233 del 1999.
Il comma 5 mira a garantire la continuità nell'erogazione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico presso gli istituti e i luoghi della cultura, nelle more del completamento della attività di riprogettazione di tali servizi. A tal fine, si dispone che i rapporti comunque in atto relativi ai citati servizi restano efficaci fino alla loro naturale scadenza ovvero, se scaduti, fino all'aggiudicazione delle gare che devono essere bandite entro il 30 giugno 2010.
Il comma 5-bis proroga per gli anni 2010 e 2011 il termine di cui all'articolo 3-bis, comma 1, del decreto-legge n. 300 del 2006 - scaduto il 31 dicembre 2009 - relativo agli interventi a favore del Comune di Pietrelcina di miglioramento delle strutture di accoglienza dei pellegrini nei limiti di 500.000 euro annui per il 2010 e 2011.
Il comma 5-ter differisce al 30 giugno 2010 il termine previsto dall'articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009 entro il quale devono essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole fino ad un importo complessivo di 300 milioni di euro, con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati.
Il comma 5-quater dispone la proroga fino al 31 dicembre 2010 - ma nel limite Pag. 107di spesa di 10 milioni di euro - della disposizione recata dall'articolo 15, comma 4, del DPCM 25 gennaio 2008 che stabilisce che per il triennio 2007-2009 le risorse destinate alla istituzione degli istituti tecnici superiori sono determinate nel 50 per cento delle risorse stanziate sul Fondo per l'istruzione e formazione tecnica superiore (invece che nella misura «a regime» del 70 per cento, al netto del 5 per cento destinato alla realizzazione delle misure nazionali di sistema). Stabilisce, altresì, che gli istituti tecnici superiori accorpano gli istituti tecnici e professionali che ne fanno parte e che siano capofila di poli formativi.
L'articolo 8, al comma 1, proroga al 28 febbraio 2010 il termine, peraltro fissato al 22 dicembre 2009 dalla direttiva 2000/60/CE (cd. direttiva acque), per l'adozione dei piani di gestione dei bacini idrografici.
Il comma 2 proroga al 31 dicembre 2010 l'autorizzazione ad assumere disposta per l'APAT dall'articolo 1, comma 347, della legge finanziaria 2008 ed avente effetto anche per l'ISPRA, sino al completamento delle relative procedure.
Il comma 3 differisce dal 31 dicembre 2009 al 30 giugno 2010 il termine oltre il quale i comuni possono comunque adottare la tariffa integrata ambientale (TIA), anche in mancanza dell'emanazione da parte del Ministero dell'ambiente del regolamento - previsto dall'articolo 238, comma 6, del codice ambientale - volto a disciplinare l'applicazione della TIA stessa.
Il comma 3-bis proroga di due anni (al 29 aprile 2013) il termine previsto dall'articolo 281, comma 2, del codice ambientale, relativo all'adeguamento alle norme della parte quinta del medesimo codice, delle emissioni degli impianti e delle attività in esercizio al 29 aprile 2006 (data di entrata in vigore della citata parte quinta) rientranti nel campo di applicazione del titolo I della parte quinta e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988.
Il comma 4 proroga di un anno il termine, previsto dall'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 161 del 2006 per l'applicazione dei valori limite di composti organici volatili aggiunti ai prodotti (pitture, vernici e prodotti per carrozzeria) che, fin dal primo atto di immissione sul mercato, sono destinati ad essere oggetto di miscelazione o di utilizzazione esclusivamente in Stati non appartenenti all'Unione europea.
Il comma 4-bis rinvia al 1o gennaio 2011 il termine previsto dall'articolo 4, comma 1-bis, del testo unico dell'edilizia, a partire dal quale i regolamenti edilizi comunali dovranno prevedere, per gli edifici di nuova costruzione, l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell'intervento. Per i fabbricati industriali, di estensione superficiale non inferiore a 100 metri quadrati, la produzione energetica minima è di 5 kW.
Il comma 4-ter proroga al 30 giugno 2010 il termine per l'adeguamento alle disposizioni del decreto ministeriale ambiente 8 aprile 2008 da parte dei centri di raccolta dei rifiuti urbani operanti, all'entrata in vigore del decreto, sulla base di disposizioni regionali o di enti locali.
L'articolo 9, comma 1, prevede la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2010, per motivi di pubblico interesse, la convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Mediocredito centrale per la gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996, previa riduzione delle relative commissioni del 5 per cento.
Il comma 2 proroga di un anno (al 31 dicembre 2010), il termine previsto dall'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo n. 151 del 2005, relativo all'entrata in vigore delle disposizioni disciplinanti le modalità di finanziamento della gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato dopo il 13 agosto 2005, sia con riferimento ai rifiuti domestici, sia a quelli professionali (cosiddetta RAEE nuovi). Pag. 108
Il comma 3 differisce di ulteriori sei mesi - dal 1o gennaio 2010 al 1o luglio 2010 - l'operatività dell'abrogazione di alcune disposizioni in materia assicurativa. In particolare, esso proroga di ulteriori 6 mesi l'applicabilità delle residue disposizioni vigenti attuative delle previgenti norme confluite nel codice delle assicurazioni private, nel caso in cui non siano state ancora emanate le corrispondenti nuove disposizioni applicative del medesimo codice.
Il comma 4 specifica che la dotazione di 50 milioni di euro per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle zone franche urbane per ciascuna annualità 2008 e 2009, disposta dall'articolo 1, comma 340, della legge finanziaria per il 2007, costituisce il tetto massimo di spesa.
Il comma 4-bis proroga al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale il Comune di Sanremo dovrà disciplinare la situazione gestionale del mercato dei fiori della città.
Il comma 4-ter dispone che la Società di gestione «EXPO 2015 S.p.A.» possa anche avvalersi degli enti fieristici, senza scopo di lucro, con sede in Lombardia e operativi a livello regionale, nei cui organi direttivi vi siano rappresentanti designati dagli enti locali interessati, ovvero delle persone giuridiche da questi controllate.
L'articolo 10 dispone una proroga di due anni degli incarichi di direttore di istituto di cultura all'estero conferiti ai sensi dell'articolo 14, comma 6, della legge 22 dicembre 1990, n. 401, ancorché già rinnovati per il secondo biennio, in scadenza nel primo semestre del 2010.
L'articolo 10-bis, commi 1 e 2 interviene sulla disciplina del procedimento cd. «taglia-enti».
Il comma 3 modifica il procedimento di approvazione dei regolamenti di riordino degli enti pubblici previsti dalla legge finanziaria 2008, in relazione all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari.
Il comma 4 modifica la disciplina relativa all'espressione dei pareri da parte della Commissione parlamentare per la semplificazione sugli schemi di decreti legislativi attuativi delle deleghe cd. «taglia-leggi».
L'articolo 10-ter stabilisce che, in caso di mancata pubblicazione del decreto annuale sui flussi migratori, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato (e non nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente). Si prevede, inoltre, che il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è adottato entro il 30 novembre, mentre attualmente non è previsto alcun termine.
L'articolo 10-quater proroga fino al 30 aprile 2011 l'efficacia del decreto, annullato da parte del TAR del Lazio, di nomina del commissario ad acta per l'applicazione del disciplinare del libro genealogico del cane di razza. La disposizione fa salvi gli effetti prodotti dal decreto e specifica il fondamento del potere sostitutivo del Ministro.
L'articolo 10-quinquies proroga al 2010 il finanziamento delle attività di formazione professionale dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), destinando a tale scopo 7 milioni di euro e corrispondentemente riducendo il Fondo sociale per occupazione e formazione.
L'articolo 11 dispone in ordine all'entrata in vigore del decreto-legge in commento, che è stabilita nello stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (30 dicembre 2009).

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MASSIMO POLLEDRI, IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3210

MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la V Commissione. Il comma 20 dispone il mantenimento in bilancio per l'esercizio finanziario 2010, nel conto dei residui, delle quote delle risorse del «Fondo TFR», che risultano accantonate al 31 Pag. 109dicembre 2009 ai sensi dell'articolo 1, comma 758, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), in quanto destinate al finanziamento di interventi per lo sviluppo, ai fini del loro utilizzo nell'esercizio finanziario 2010.
I commi 20-bis e 20-ter prevedono che, per la partecipazione alle trattative per i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego relativi agli anni 2010-2012, si fa riferimento alla rappresentatività delle confederazioni e delle organizzazioni sindacali accertata in base ai dati certificati per il biennio contrattuale 2008-2009.
Il comma 21, novellando la legge di attuazione del federalismo fiscale, consente l'emanazione di più decreti legislativi, in luogo di uno specifico decreto legislativo, onde definire la disciplina transitoria sull'ordinamento, anche finanziario, di Roma capitale.
Il comma 22 prevede, per l'anno 2010, il mantenimento in bilancio delle somme ancora disponibili al 31 dicembre 2009 relative al Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Il comma 23 provvede alla compensazione degli effetti finanziari
Il comma 23-bis novella il comma 222 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 contenente nuove disposizioni sugli obblighi di comunicazione all'Agenzia del demanio, da parte delle amministrazioni dello Stato, relativi agli immobili in locazione, con la finalità di posticipare l'effettiva applicazione della nuova disciplina al 1o gennaio 2011.
Il comma 23-ter, integra l'Elenco 1 allegato alla legge finanziaria per il 2010, recante le autorizzazioni legislative di spesa che vengono rifinanziate nel triennio 2010-2013 con le disponibilità del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. L'integrazione riguarda l'ultima voce dell'Elenco, relativa alle misure di particolare valenza sociale e di riequilibrio socio-economico, nella quale sono inserite le leggi di spesa relative agli interventi in favore della minoranza italiana in Slovenia e in Croazia; della pratica dello sport da parte delle persone disabili; del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) nonché in favore del comune di Roma.
Il comma 23-quater proroga al 1o luglio 2010, senza applicazione di interessi o sanzioni, il termine per il versamento all'INPDAP delle differenze contributive a qualunque titolo dovute dalle Autorità amministrative indipendenti.
Il comma 23-quinquies dispone, a decorrere dal 1o marzo 2010, l'aggiornamento delle aliquota dell'accisa per il gasolio utilizzato dalle autovetture da noleggio da piazza, dalle autoambulanze e per quello utilizzato dalle Forze armate nazionali. Conseguentemente, i commi da 23-sexies a 23-octies dispongono l'aumento degli stanziamenti dei fondi destinati al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici impiegati dalle suddette categorie e incrementano i finanziamenti in favore delle agenzie fiscali rideterminati dalla Tabella C della legge finanziaria per il 2010.
Il comma 23-novies incrementa di 2 milioni di euro per il 2010 e di 3,4 milioni per il 2011 il finanziamento in favore delle agenzie fiscali. Il comma 23-decies reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli interventi di cui ai commi da 23-sexies a 23-novies, quantificati in misura pari a 6,6 milioni di euro per l'anno 2010 e a 9 milioni di euro per l'anno 2011.
Il comma 23-undecies - mediante l'interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008) - proroga al 1o aprile 2010, dall'originario 1o gennaio 2010, la scadenza del termine per l'esercizio della delega, da parte del Governo, al recepimento della direttiva 2008/118/CE sul regime generale delle accise.
Il comma 23-duodecies porta da tre a sei anni la durata in carica dei membri della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ed il successivo comma Pag. 11023-terdecies dispone che tale disposizione si applichi anche ai membri della Commissione attualmente in carica.
Il comma 23-quaterdecies dispone una proroga al 30 aprile 2010 di alcuni termini previsti per il completamento delle procedure di riparto delle somme relative al 5 per mille inerenti agli anni finanziari 2006, 2007 e 2008.
Il comma 23-quinquiesdecies mantiene fino al 31 dicembre 2010 l'esenzione dal pagamento del contributo unificato in relazione ai giudizi di lavoro davanti alla Corte di cassazione, prevedendo che ai relativi oneri si provveda mediante riduzione, per 800.000 euro nell'anno 2010, delle risorse di cui alla voce dell'Elenco 1 allegato alla legge finanziaria per il 2010.
Il comma 23-sexiesdecies consente che metà delle risorse previste in favore della Scuola superiore del Ministero dell'economia e finanze per il potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla diffusione del made in Italy siano utilizzate, fino al 31 dicembre 2011, anche per le esigenze di documentazione, di studio e di ricerca connesse al completo svolgimento delle attività indicate dalla legge sull'attuazione del federalismo fiscale e dalla legge di riforma della contabilità pubblica.
Il comma 23-septies-decies modifica l'articolo 2, comma 98, della legge finanziaria 2010 relativo alle anticipazioni di liquidità alle regioni con piani di rientro dai disavanzi sanitari, disponendo che l'anticipazione di liquidità per l'estinzione dei debiti pregressi fino al 2005 avvenga anche a seguito di accertamenti in sede contenziosa, con contestuale estinzione entro il 31 maggio 2010 dei relativi procedimenti pendenti. La norma consente, altresì, l'accesso a tale anticipazione anche ad altre regioni eventualmente interessate dai Piani, in particolare alla regione Calabria.
Il comma 23-octies-decies reca una serie di interventi eterogenei. In particolare, la lettera a) prevede l'integrazione di 8 milioni di euro a favore del fondo della protezione civile per l'adozione di misure idonee a fronteggiare gli stati di emergenza verificatesi nell'ultimo anno; la lettera b) proroga al 31 marzo 2010 il termine per l'adozione delle disposizioni occorrenti per consentire la prosecuzione della partecipazione del CONI e del Comitato Italiano Paraolimpico agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi finanziati ai sensi dell'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009. A tal fine, è autorizzata per l'anno 2010 la spesa, rispettivamente, di 11 milioni di euro e di 3,2 milioni di euro. La lettera c) rinvia al 31 marzo 2010 il termine per procedere al trasferimento al Centro di Formazione e studi (Formez) delle risorse per la prosecuzione delle relative attività di formazione, pari a 1,2 milioni di euro per l'anno 2010. La lettera d) rinvia al 31 marzo 2010 il termine per l'adozione delle disposizioni ai fini dell'applicazione fino al 31 dicembre 2011 della indennità di trasferta e quella supplementare connessa alle spese di viaggio, di cui all'articolo 1, comma 213-bis, secondo periodo, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), per i dirigenti dei Servizi ispettivi del Ministero dell'economia e delle finanze, autorizzando a tal fine una spesa di 70.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. La lettera e) prevede che, fino all'avvio del funzionamento dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) istituita ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 99 del 2009, e comunque fino al 31 dicembre 2010, il collegio dei revisori dei conti già operante presso l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) soppresso ai sensi dello stesso articolo 37, prosegua il suo incarico e l'esercizio delle sue funzioni fino alla nomina del nuovo organo di controllo dell'Agenzia. La lettera f) prevede l'incremento di 7,2 milioni di euro, per l'anno 2010, del finanziamento destinato alle Agenzie fiscali (Agenzia del demanio) previsto dalla Tabella C allegata alla legge finanziaria 2010.
Il comma 23-vicies riduce da dodici mesi a due mesi il termine di sospensione delle azioni esecutive intraprese nei confronti delle aziende sanitarie locali, nelle regioni con i piani di rientro.

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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ROSA DE PASQUALE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3210

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, eccoci a discutere sullo «sciame caotico» del mille proroghe. Il Comitato per la legislazione esaminato il disegno di legge n. 3210 ha rilevato che, cito testualmente: «Esso - già negli 11 articoli originari, e ancor più a seguito dell'inserimento in essi al Senato di numerosissimi commi aggiuntivi e di ulteriori 4 articoli - reca disposizioni di contenuto eterogeneo che incidono su distinti settori dell'ordinamento, risultando unificate nella maggior parte dei casi dalla finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti o anche di prolungare l'applicazione di discipline transitorie. L'incidenza del mille proroghe si connota - in modo puntuale e per finalità disparate - su una serie di disposizioni che riguardano un amplissimo spettro di materie, talune delle quali non ancora vigenti al momento dell'emanazione del decreto (la legge finanziaria è entrata infatti in vigore il 1o gennaio 2010), vi si configura un uso anomalo della decretazione d'urgenza, passibile di determinare, sul piano della qualità del processo legislativo e della stessa coerenza ordinamentale, evidenti effetti negativi, anche in rapporto alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione».
Con il decreto mille proroghe inoltre, viene ripristinata la procedura del taglio cieco ed orizzontale alle spese delle pubbliche amministrazioni, cui si era cercato di porre rimedio, con l'articolo 17 del decreto legge n. 78 del 2009, sostituendo tale procedura con un taglio più lungimirante e commisurato alle esigenze di ogni singola amministrazione, per conseguire coerenti obiettivi di risparmio sotto il monitoraggio del Ministero dell'economia.
Il decreto-legge, come modificato al Senato dal maxiemendamento, su cui è stata posta la questione di fiducia, rappresenta l'ennesimo provvedimento omnibus emanato nell'attuale legislatura e contiene norme che rappresentano, a dispetto dei proclami e delle smentite del Governo, il consueto assalto alla diligenza; prova ne è dell'ulteriore scadimento della qualità legislativa sopra sottolineata e dell'inattendibilità del Governo nella gestione delle risorse pubbliche.
Ma tant'è che oggi siamo ancora qui, è infatti più forte e ostinata la superbia del «fare» apparente, rispetto alla consapevolezza umile. Quello che manca a questa maggioranza e a questo Governo, è la cultura della cultura, anche di quella ordinamentale, ma ciò non è più una novità, è una reiterata costanza.
Ma sapete a cosa porta questa «reiterata costanza?» Alla realizzazione di un disegno che gli italiani, brava gente, tardano a comprendere ma che quando si renderanno conto avranno di che mal dire.
Questo Governo e questa maggioranza, infatti, non guardano al futuro, guardano di «coprire il presente», coprire il disagio che sempre più sta crescendo in questo nostro paese, coprire la verità di ciò che veramente si è «non fatto» e la verità di ciò che effettivamente si sta facendo tagliando, riducendo, degradando, limitando, eliminando e tutto diviene «Precario», tutto diventa possibile. Ma che certezza del diritto! Si proroga, si differisce, si prolunga, si deroga, insomma si cerca di traslare responsabilità, di farla franca da parte di un Governo che non governa ma che dice di governare, tanto domani è un altro giorno e si vedrà!
La democrazia rappresentativa, carissimi colleghi, non vive di parole e del giorno per giorno e non si può separare dalle regole, necessita di prendere decisioni e decisioni collettive dove le procedure e le regole sono doverose ed indispensabili, quanto i risultati, perché garantiscono dagli eccessi, dalle distorsioni, dalle degenerazioni.
Ma compito dell'opposizione è anche quello di «richiamare» la maggioranza non in maniera ideologica ma ricordandole fortemente a quale responsabilità è Pag. 112chiamata innanzi ai cittadini, occorre infatti avere tutti, maggioranza ed opposizione piena consapevolezza del ruolo di cui siamo investiti, innanzi al Paese.
A tal proposito mi accingo ora ad analizzare, in particolare gli articoli dell'atto Camera n. 3210 che sono legati alla VII Commissione, cercando di portare contributi e auspicando che, come ha affermato la mia collega, onorevole Ghizzoni, in Commissione commentando l'articolo 7, comma 4-ter, sul personale precario della scuola: «... le buone idee, da qualsiasi parte vengano devono essere sostenute; in tal modo si eviterebbe un confronto sempre ideologico e mai nel merito delle questioni»
Carissimi colleghi, sollecito in voi questa buona fede, affinché riusciamo insieme a trovare strade giuste.
Partiamo proprio dall' articolo 7, comma 4-ter: questo articolo viene ripreso con termini identici all'emendamento presentato dal nostro gruppo parlamentare e non accettato dal ministro, durante la discussione dei contratti di disponibilità. Perché questa arrogante caduta di stile che oggi vi si ritorce contro? Il ministro infatti, fino a pochi mesi fa, aveva sostenuto, nel bocciare il nostro emendamento che con gli stessi termini del presente articolo chiedeva l'estensione delle norme del così detto salva precari (decreto-legge n. 134 del 2009, convertito nella legge n. 167 del 2009) anche per 1«anno scolastico 2010/2011, che non era necessaria un'estensione, in quanto per il prossimo anno scolastico non ci sarebbero stati problemi per il personale a tempo determinato, assicurando che avrebbe trovato posti resi disponibili dal turn over e che l'opposizione doveva smettere di sollevare falsi allarmismi.
Peccato che è il Governo stesso, con l'articolo 64 della legge n. 133 del 2008 a «dire» che per gli anni scolastici 2009/2010-2010/2011-2011/2012 nella scuola si dovranno tagliare più di 130 mila posti di lavoro.
E allora non sarebbe più intelligente, lungimirante e sensato, per non dover poi nuovamente fare fastidiose marce indietro, estendere la proroga delle disposizioni contenute nell'articolo 1, commi 2, 3 e 4 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, oltre che per l'anno scolastico 2010/2011 anche per l'anno scolastico 2011/2012?
Questo è esattamente quello che noi abbiamo chiesto con un nostro emendamento, continuiamo ad augurarci che almeno in aula verrà accolto.
Articolo 4, comma 2 (Valutazione ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato).
Giudichiamo negativamente questo articolo , che proroga di un anno l'entrata in vigore delle norme relative alla valutazione dei risultati scolastici ai fini dell'accesso ai corsi di laurea universitari a numero programmato. Il Governo, infatti, giustifica la sua iniziativa con il fine di salvaguardare le prerogative degli ufficiali medici, senza tenere in nessun conto il nocumento recato a tutti i giovani diplomati con il massimo dei voti. Il rinvio di un anno della norma del decreto in parola, rappresenta per questi studenti, la mancata possibilità di godere di un punteggio per l'ammissione al corso di laurea ad «accesso programmato», anche sulla base del pregresso iter scolastico e non solo sulla base dei risultati conseguiti nel test d'accesso.
È contraddittorio ledere tutti gli studenti eccellenti solo per salvaguardare una speciale categoria e in questi termini la norma stessa, nel suo complesso, è in contraddizione con i principi del merito più volte enunciati dalla titolare del Ministero dell'istruzione.
Allora, non sarebbe molto più intelligente, lungimirante e sensato, oltre che a costo zero, applicare la proroga di un anno dell'entrata in vigore della norma solo per gli ufficiali medici delle accademie militari dell'esercito della marina militare ed aeronautica? Questo è proprio quello che noi abbiamo chiesto con un emendamento che ci auguriamo venga accolto almeno in aula, nell'ottica che ho sopra espresso della ricerca di strade giuste. Pag. 113
Articolo 7, comma 5-ter (Messa in sicurezza delle scuole). Colleghi, eccoci nuovamente a parlare di sicurezza degli edifici scolastici!
Ma sapete quanto tempo è passato dalle disgrazie di San Giuliano, Zagarolo, Rivoli, L'Aquila; le morti bianche della nostra scuola ed università? In alcuni casi anni, in altri mesi, molti mesi, troppi!
Ed eccoci qui a prorogare per l'ennesima volta una scadenza, infatti il comma 5-ter dell'articolo 7, introdotto da un emendamento al Senato, differisce al 30 giugno 2010 il termine previsto dall'articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009 entro il quale devono essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole fino ad un importo complessivo di 300 milioni euro, con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati e nell'ambito delle risorse previste ai sensi dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 2008.
È quindi dal settembre 2008 che stiamo aspettando che il Governo del fare si decida a stanziare fondi e a realizzare opere a tutela della sicurezza degli edifici scolastici.
Ed invece ecco un'ennesima proroga!
In una interpellanza urgente proposta a settembre dal Partito Democratico sull'avvio dell'anno scolastico, avevamo osservato che questo Governo, già sulla finanziaria votata nel dicembre 2008, cioè quella per il 2009, non aveva ripristinato i 250 milioni di euro per l'edilizia scolastica che il Governo Prodi aveva stanziato al fine di attivare un lungimirante piano pluriennale, cofinanziato di concerto con le regioni, per la messa a norma e la modernizzazione dei nostri plessi scolastici e che, inoltre, non erano ancora stati assegnati i fondi previsti nello scorso mese di marzo 2009 dalle delibere CIPE che hanno riprogrammato i FAS. Stiamo parlando degli stanziamenti decisi dal CIPE con le delibere n. 3 e n. 10 del 6 marzo 2009, che hanno utilizzato per i piani di edilizia i 1500 milioni già stanziati nel piano 2006/2013 nei FAS del MIUR per interventi strutturali nel Mezzogiorno d'Italia.
In occasione dell'interpellanza urgente abbiamo anche smascherato una non verità che il signor ministro aveva detto in un intervista al Corriere della Sera, dove affermava che questo Governo ha stanziato fondi per l'edilizia scolastica mentre il Governo Prodi non ne aveva stanziati, anzi li aveva distratti da quelli già esistenti. Quel governo di centrosinistra, come sopra detto, ha stanziato 250 milioni di euro per l'edilizia scolastica in tre anni (50, 100, 100) ed ha nel contempo siglato con le regioni, un vasto piano di interventi cofinanziati oltre che dalle regioni, anche dagli enti locali competenti.
Il complesso dell'intervento ammontava ad un totale di 900 milioni su tutto il territorio del paese, ed impegnava gli enti locali competenti a seguire fattivamente il citato piano.
Di contro con la finanziaria 2009 questo Governo ha decurtato 23 milioni di euro dei 100 già stanziati dal Governo Prodi per il secondo anno di intervento.
Sempre in occasione di quell'interpellanza urgente, all'avvio dell'anno scolastico, avevamo chiesto che fine aveva fatto l'intesa sottoscritta con la Conferenza unificata Stato Regioni con il compito di costituire apposite squadre tecniche incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici.
Considerato che in forza della facoltà di surroga ivi consentita ai prefetti, l'intera iniziativa avrebbe dovuto essere completata, come scritto nell'intesa, entro il 6 agosto 2009.
Inoltre chiedevamo anche a che punto fosse l'attuazione dell'articolo 7-bis della legge n. 169 del 2008 ed in particolare quale fosse lo stato dei progetti di messa in sicurezza di cento edifici scolastici.
A settembre non ci è stata data risposta, ma ora sappiamo perché.
È passato un anno e ancora nulla è successo, anzi nel provvedimento in esame è prevista una ennesima sciagurata proroga!
Ma altro che proroga dovrebbe sancire il Governo del fare per la messa in sicurezza delle nostre scuole; un Governo responsabile e che avesse davvero a cuore Pag. 114la sicurezza dei suoi cittadini più giovani, del nostro futuro, dovrebbe dare esecuzione ad un impegno assunto con un ordine del giorno proposto dal Partito Democratico in sede di approvazione della legge finanziaria (peraltro varata con il solito voto di fiducia).
Infatti altresì risulta particolarmente dannoso per la sicurezza dei nostri studenti l'impossibilità, da parte degli enti locali, di intervenire sugli edifici scolastici non sicuri a causa di vetustà, di costruzioni non operate con criteri antisismici, o pericolanti in tutto od in parte, a causa degli ostacoli imposti dal patto di stabilità.
Ed allora in virtù di questa considerazione il Governo, lo scorso dicembre, ha accolto quest'ordine del giorno che impegnava il Governo stesso: «a valutare la possibilità di predisporre misure volte a consentire la deroga alla disciplina del patto di stabilità interno finalizzate a non contemplare nei bilanci comunali l'utilizzo di risorse comunitarie, statali o regionali per interventi di messa in sicurezza ed adeguamento a norma degli edifici scolastici.», il n. 9/2936-A/194.
Il Paese attende fatti, non proroghe.
E fatti sarebbero anche dare seguito ad un altro impegno che il Governo ha assunto a dicembre in sede di approvazione della legge finanziaria accogliendo un ordine del giorno del Partito Democratico che, risultando sempre più evidente l'impossibilità di far entrare in vigore dal prossimo anno scolastico il previsto riordino della scuola secondaria superiore, impegna il Governo a valutare la possibilità di utilizzare una parte dello risorse aggiuntive ottenute dal cosiddetto scudo fiscale al fine di reperire le risorse necessarie a garantire che le mancate riduzioni di spesa, causate nel bilancio del MIUR da tale rinvio, non producano ripercussioni nell'assetto complessivo di tale bilancio, il n. 9/2936-A/198.
Ma il Governo non ha pensato a sancire questa proroga, che invece sarebbe essenziale per il mondo della scuola tutto e principalmente per gli studenti ed i genitori.
Ed invece no, proprio questa proroga il Governo non l'ha decisa, dimostrando una volta di più come la «riforma epocale» della scuola secondaria di secondo grado altro non è che una operazione finanziaria destinata a ridurre risorse ed investimenti per la scuola, a tagliare qualità, materie di studio, tempo scuola, didattica laboratoriale , servizi e personale.
Ma poiché come ho detto all'inizio di questo mio intervento: «compito dell'opposizione è anche quello di "richiamare" la maggioranza non in maniera ideologica ma ricordandole fortemente a quale responsabilità è chiamata innanzi a tutti gli italiani, occorre infatti avere tutti, maggioranza ed opposizione piena consapevolezza del ruolo di cui siamo investiti, innanzi al Paese», il Partito Democratico ha presentato un emendamento all'articolo 7 dove ha chiesto dopo il comma 5-quater di aggiungere il seguente 5-quinquies che recita: La data di entrata in vigore dei Regolamenti riguardanti il riordino dei Licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133 è differita all'anno scolastico 2011-2012.
Verremo ascoltati? Me lo auguro prima di tutto per il bene della nostra scuola, che diversamente non potrà assolutamente garantire né un regolare avvio del prossimo anno scolastico, né tanto meno un proficuo, efficace e sereno svolgimento del primo anno di scuola secondaria per tanti nostri giovani, che hanno diritto ad iniziare un corso di studi in modo positivo e non nel caos dell'incertezza, dei dubbi e della demotivazione dei docenti che subiscono le modifiche di un ordinamento che ancora non ha visto la stesura dei decreti applicativi (l'adozione delle indicazioni nazionali, delle classi di concorso e degli indicatori per la valutazione e l'autovalutazione) che dovrebbero andare a riempire con i contenuti la cornice vuota dei regolamenti che peraltro nessuno ha ancora visto nella versione definitiva che dovrà essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore. Pag. 115
Colleghi, abbiamo ancora dubbi sulla necessità di un rinvio?
Ad un'altra proroga questo Governo non ha pensato, proroga che invece sarebbe molto utile, anzi indispensabile perché consentirebbe al Parlamento di avere una pausa di riflessione, al fine di ripensare la decisone di bloccare per cinque anni la scelta dei libri di testo in particolare per la scuola primaria.
Ed allora, nuovamente il Partito Democratico ha sopperito a questa mancanza presentando in questo senso un emendamento all'articolo 7 che dopo il comma 5-quater, chiede di aggiungere il seguente comma 5-quinquies:«Le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni dalla legge 30 settembre 2008, n. 169, per quanto riguarda la scuola primaria entrano in vigore il 1 settembre 2011».
Infatti il decreto-legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 169 del 2008, sancisce l'obbligo per le istituzioni scolastiche di scegliere i propri libri di testo ogni cinque anni, mantenendo invariati per detta durata i testi adottati dalle scuole di ogni ordine e grado; l'adozione dei libri di testo costituisce un momento particolarmente significativo dell'attività della scuola, definito dall'articolo 4 del regolamento sull'autonomia il quale stabilisce che la scelta, l'adozione e l'utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici debbono essere coerenti con il Piano dell'offerta formativa e attuate con criteri di trasparenza e tempestività.
In particolare modo in questa norma non si comprende il vincolo sopra descritto per le scuole primarie dal momento che i libri di testo hanno tutti un prezzo ministeriale e sono distribuiti gratuitamente a tutti gli alunni senza alcun aggravio per le famiglie.
Inoltre non si comprende, sempre per quanto riguarda i libri di testo adottati nella scuola primaria e più precisamente in riferimento al punto 3.3a e 3.3b della circolare ministeriale n. 16 del 10 febbraio 2009 «Adozione dei libri di testo per l'anno scolastico 2009/10 » se, vincolando i libri di testo per cinque anni, la scelta degli insegnanti che nell'anno scolastico 2009/10 si sono trovati ad adottare libri di testo, ad esempio per il ciclo prima-seconda-terza, sarà vincolante per tutte le classi suddette fino al 2015.
Ancora non si comprende come questo blocco sarebbe compatibile con la possibilità di scelta dei libri scolastici da parte degli insegnanti, con la libertà dell'insegnamento e con la libertà decisionale del collegio dei docenti.
Non possiamo inoltre condividere questa scelta governativa perché a causa della stessa non sarà più possibile adeguare il sussidio didattico ai diversi livelli di apprendimento, alle molteplici modalità didattiche poste in essere nelle singole classi, alla libera iniziativa degli insegnanti dettata dalla diversa modalità di svolgimento del programma ministeriale nel pieno rispetto della libertà d'insegnamento e alle varie composizioni sociali e culturali delle diverse classi.
Inoltre, come più volte rappresentato anche dal Partito Democratico durante la conversione in legge del decreto-legge n. 112 del 2008, non si è tenuto di conto delle conseguenze di tipo economico, di ricerca e aggiornamento pedagogico-didattico-disciplinare di tali direttive sull'editoria scolastica.
Infatti, le case editrici che non vedranno adottati i loro libri di testo per cinque anni non avranno certamente stimoli per il miglioramento dei loro prodotti, e di conseguenza in seguito la qualità dei testi scolastici sarà notevolmente penalizzata.
Di fatto tale normativa va a diminuire le motivazioni per la ricerca didattica in campo librario, impoverendo l'offerta formativa che risulta sempre più ricca e completa laddove è data la possibilità di diversificare e creare concorrenzialità.
Risulta inoltre evidente che al termine del quinquennio gli alunni si troveranno ad apprendere con strumenti didattici obsoleti e non aggiornati; di fatto tali vincoli mettono fortemente a rischio la libertà di insegnamento e l'autonomia scolastica sia sotto il profilo culturale e didattico sia Pag. 116sotto il profilo giuridico (lesione della libertà di insegnamento e dell'autonomia scolastica).
Inoltre tale normativa costringe i docenti della scuola primaria ad avvalersi di strumenti di lavoro scelti da altri colleghi, rinunciando ad una propria linea educativa e didattica e non tenendo conto che ogni classe ha una propria identità dalla quale è necessario partire per la progettazione dei percorsi di apprendimento, dei quali il libro di testo rappresenta uno strumento; per di più, da una valutazione attenta, risulta che con questa normativa, ogni cinque anni, sarebbero sempre gli stessi docenti a scegliere i libri di testo; questo fatto potrebbe anche esporli a condizionamenti delle case editrici.
Per tutto quanto sopra esposto il Partito Democratico ha presentato l'emendamento che prorogando i termini di entrata in vigore della norma del blocco quinquennale per i libri di testo, consenta al Parlamento di intervenire, anche con iniziative normative, al fine di ovviare alle sopra menzionate incongruenze.
Onorevoli colleghi, non vi pare anche questo un emendamento, che a costo zero per lo Stato e le famiglie, restituirebbe qualità e vigore all'autonomia scolastica e al suo compito di ricerca/azione oltre che al mandato didattico/educativo dei nostri docenti?
E allora occorre che il nostro emendamento venga accolto: una proroga utile per consentire la stesura di una norma indispensabile!
Articolo 7, comma 2 (Proroga di disposizioni in materia di reclutamento dei ricercatori universitari).
Il Governo del fare vuole davvero sostenere l'università e la ricerca? allora ecco che il Partito Democratico ne offre la possibilità con l'approvazione di un emendamento che aggiunge un comma 2-bis all'articolo 7 e che prevede la proroga di ulteriori quattro anni la durata massima per il rinnovo dell'assegno di ricerca conferito allo stesso soggetto, prevista dal comma 6 dell'articolo 51 della legge 27 dicembre 1997 n. 449.
Articolo 7, comma 4-bis (Istituti universitari ad ordinamento speciale).
Si ravvede anche nell'articolo 7 comma 4-bis un intreccio normativo non chiaro. Si tratta di istituti universitari ad ordinamento speciale, a cui la normativa consente di superare la norma del blocco del turn over, che invece rimane in capo agli altri istituti universitari e alle università statali. Deve farci riflettere questa difformità di trattamento non consona per una giusta equiparazione di tutti gli istituti universitari.
Articolo 1, comma 4-bis (Qualifiche di restauratore e di collaboratore restauratore di beni culturali).
Con soddisfazione constatiamo che il Governo ha accolto le modifiche che il nostro pressing (interrogazioni, risoluzioni, interpellanze urgenti, eccetera) ha ripetutamente sollecitato.
Ora bisognerebbe, accogliendo l'emendamento in tal senso presentato dal Partito Democratico, completare l'opera prorogando i termini, sino al 30 giugno 2010, per la presentazione delle istanze di partecipazione alla prova di idoneità, al cui superamento è legato il conseguimento della qualifica di restauratore così come normato dal comma 1-bis dell'articolo 182 del codice dei beni culturali.
Articolo 10 (Proroga dei direttori di istituti di cultura all'estero).
L'articolo 10 dispone una proroga di due anni degli incarichi di direttore di istituto di cultura all'estero conferiti ai sensi dell'articolo 14, comma 6, della legge 22 dicembre 1990, n. 401, ancorché già rinnovati per il secondo biennio, in scadenza nel primo semestre del 2010.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione (atto Senato n. 1955) l'intervento di proroga - qualificato senza oneri aggiuntivi per l'erario - è motivato dall'esigenza di «assicurare la continuità della gestione di sedi particolarmente importanti nell'ambito dei rapporti culturali internazionali, superando l'attuale limite legislativo, che non consentirebbe un terzo incarico consecutivo». Pag. 117
Non riusciamo a non dubitare che questa ennesima proroga sancita dall'articolo 10 possa configurarsi come un provvedimento in favore di talune persone ricoprenti tali incarichi.
Ecco, sono giunta al termine di questo doveroso contributo con il quale ho cercato di mettere in luce alcune delle numerose incongruenze contenute in questo decreto, suggerendo delle motivate modifiche, convinta, dalla «paziente speranza», che tale sforzo di costruttiva partecipazione possa adeguatamente e con obiettività, essere ascoltato.
Ma se ciò non dovesse avvenire, carissimi colleghi, perché ha prevalso la furbizia dei furbi, che è una caratteristica di chi in Italia vuole gestire poteri a proprio uso e consumo, sarà meglio che chi desidera governare questa furbizia la perda, perché la cultura popolare concentrata nei proverbi è chiara: «In pellicceria ci vanno più pelli di volpe che d'asino».
Vedete, il continuare a tirare la corda non solo rischia di romperla ma anche di non averne più.