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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 271 di venerdì 22 gennaio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,05.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Donadi è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (A.C. 3084-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
Ricordo che nella seduta del 12 gennaio 2010 è stata respinta la questione pregiudiziale Palomba e Donadi n. 1.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Papa, ha facoltà di svolgere la relazione.

ALFONSO PAPA, Relatore. Signor Presidente, questo provvedimento rappresenta un momento importante nella riorganizzazione e ridefinizione di aspetti della vita del sistema giudiziario, che partendo da un'emergenza cerca di avviare una serie di soluzioni da tempo invocate dalla magistratura e dagli operatori del diritto.
In particolare, l'articolo 1 di questo provvedimento interviene sul problema ormai endemico delle proroghe della magistratura onoraria. Si rileva che partendo dalla proroga dei VPO e dei GOT, cioè dei giudici di ausilio e dei vice procuratori onorari, al 31 dicembre 2010, si interviene anche sulla materia del giudice di pace recependo delle richieste che da tempo erano state avanzate in relazione a tale comparto della giurisdizione che da tempo svolge un'attività proficua, importante e Pag. 2che lamenta una sistematica, potremmo dire, incertezza nell'organizzazione e nella sistemazione degli affari.
Gli articoli 2 e 3 sono quelli che hanno formato maggiormente oggetto di discussione in questi tempi e si riferiscono alle sedi disagiate. Sulle sedi disagiate è noto il dibattito che si protrae da tempo e che riguarda sedi che si caratterizzano per una scopertura, sostanzialmente cronica, di organico e quindi per grandi difficoltà nel portare avanti le funzioni ordinarie. Si tratta di sedi che nel tempo si sono andate ad identificare, in realtà, quali quelle, in particolare, dell'Italia meridionale ed insulare, caratterizzate da forte carico di lavoro, da una particolare offensiva della criminalità e da sistematiche emergenze negli uffici, sia per l'organico, sia per i mezzi e per i beni.
Su tali sedi disagiate da sempre il Consiglio superiore della magistratura ha cercato di intervenire prevedendo delle modalità di assegnazione in deroga a quelle ordinarie. Vorrei ricordare che, peraltro, in passato, il ricorso più sistematico era quello alle graduatorie di concorsi per gli uditori giudiziari di prima nomina, procedendo così in maniera quasi surrettizia alla copertura coattiva (per così dire) di tali sedi, perché venivano riservate ai vincitori di concorso che sceglievano per la prima volta le sedi che chiaramente venivano inserite in graduatoria. Questo ha dato vita in passato, spesso, a polemiche e soprattutto al fatto che si lamentava la penalizzazione degli uditori di prima nomina in relazione all'assegnazione a tali sedi, lamentela che si accompagnava anche alla considerazione della sostanziale esiguità dell'indennità che veniva prevista e che, in realtà, fino a questo provvedimento, è stata sempre situata su dei parametri abbastanza bassi.
Con questo provvedimento si prevede la possibilità che il Consiglio superiore della magistratura assegni i magistrati a queste sedi, quindi con un meccanismo di valutazione che tiene presente la magistratura nel suo complesso.
In Commissione si è svolto un lavoro proficuo che, nascendo da alcune segnalazioni pervenute da parti della maggioranza, dall'opposizione e dal mondo della magistratura, ha affrontato sostanzialmente il tema dei magistrati di prima nomina, della distanza prevista nell'ambito di questa assegnazione e, soprattutto, delle modalità con cui questa viene effettuata.
Devo esprimere personalmente un plauso e un ringraziamento al Governo che si è fatto parte di questa discussione e direi anche filtro, recependo e sintetizzando tutte le osservazioni formulate e che, in quanto relatore, ho avuto modo di verificare; il Governo le ha sapute sintetizzare nell'attuazione dell'esigenza di coprire queste sedi.
Abbiamo così un'evoluzione degli articoli 2 e 3, così come originariamente formulati da parte del Governo, che prevedono innanzitutto degli incentivi particolarmente vantaggiosi per i magistrati e un meccanismo di cogenza relativo perché è, comunque, il Consiglio superiore della magistratura che effettua tali valutazioni.
In particolare, si prevede che per i magistrati di prima nomina vi sia un'assegnazione di due anni e mezzo alla sede che essi scelgono e dopo tale assegnazione, sentito il consiglio giudiziario e il capo dell'ufficio, il Consiglio superiore della magistratura possa valutare se e in che misura procedere anche per tali magistrati nell'inserimento del novero di quelli da verificare per coprire tali sedi. A ciò va aggiunto che il beneficio indennitario è stato allargato anche ai trasferimenti all'interno dei 100 chilometri previsti inizialmente nel decreto-legge.
Certamente il testo in esame va incontro a esigenze che sono state prospettate e piace ricordare che, essendo la prima volta che questa materia verrebbe regolata a livello normativo, si consentirebbe anche di ovviare a problemi di contenzioso amministrativo che nel passato si sono spesso verificati in relazione alle attività svolte in tal senso dal Consiglio superiore della magistratura.
Il provvedimento prevede dei punti di grande importanza per l'organizzazione del lavoro negli uffici. In particolare, si regola la materia del trasferimento d'ufficio, Pag. 3ancorandola a parametri obiettivi, snellendo in tal modo il lavoro interno all'organizzazione degli uffici.
È importante rilevare l'articolo 4 che introduce la digitalizzazione della giustizia da tempo invocata e che forma oggetto di un ampio dibattito, lì dove si lamentano le difficoltà della giustizia ad adeguarsi ai progressi e agli sviluppi ottenuti in altri comparti dell'amministrazione pubblica.
Il decreto-legge in discussione favorisce questo processo di armonizzazione, prevedendo, tra l'altro, la possibilità di sviluppare convenzioni da parte del Ministero e di avviare processi di organizzazione informatica importanti, in particolare consentendo di intervenire su tematiche, quali quelle connesse alle spese di giustizia, alla richiesta di copia e alle notifiche, che da tempo formano oggetto di critiche e doglianze da parte degli utenti.
In conclusione, il decreto-legge, che con i commi finali dell'articolo citato prevede anche degli interventi in materia di statistiche e organizzazione degli uffici, rappresenta un momento iniziale, certamente non esaustivo, di riorganizzazione e di riassetto di quel sistema giustizia della cui riforma si parla tanto.
Piace ricordare, soprattutto in un momento come questo, come su tale provvedimento si sia registrata un'opera fino ad ora - e sono convinto fino alla conclusione di questi lavori - di proficuo dialogo e di costruttivo dibattito che hanno portato ad evidenziare un testo che appare sicuramente di interesse e di concreta incidenza sul sistema.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, direi che mai come in questi anni e mesi la politica si è occupata a parole e con provvedimenti troppo spesso estemporanei della questione giustizia, dimostrando il più delle volte un atteggiamento ideologico pregiudiziale, che al cittadino spesso appare come una difesa corporativa della propria casta, gli uni difensori della sovranità popolare, come se il voto del popolo fosse una sorta di acqua purificante, gli altri invece che difendono l'altra parte e sono pronti a invocare la lesa maestà della sacralità dell'autonomia del sistema giudiziario, ogni volta che il legislatore provi ad intervenire in questa materia con qualsivoglia iniziativa, anche quella più condivisibile.
Oggi, in quest'Aula, con questo provvedimento, affrontiamo il delicato tema dal lato giusto, a nostro giudizio, con risposte non sempre coerenti sul piano delle risorse, ma anche con iniziative utili per alcuni punti centrali della questione. Questo - lo dico subito - non è un provvedimento ideologico. Diamo con piacere atto al Governo di un approccio realistico al problema.
Siamo convinti che, se anche su altri provvedimenti che riguardano il settore più in generale e la sua riforma organica vi fosse un analogo approccio, sarebbe utile a tutti e certamente sarebbe un buon servizio alle istituzioni e ai cittadini.
Nelle premesse del decreto-legge all'esame dell'Aula, è evidenziata la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per garantire la funzionalità del sistema giudiziario. Come si evince anche dalla relazione illustrativa, la proroga dei magistrati onorari viene fondata sull'esigenza di evitare un vuoto normativo suscettibile di pregiudicare la funzionalità degli uffici giudiziari, in attesa di quella tanto invocata ed attesa riforma organica della magistratura onoraria, invocata sin dall'inizio di questa legislatura, che di ordine del giorno in ordine del giorno viene rinviata da parte del Governo.
Gli interventi straordinari e transitori, invece, sulle sedi disagiate rispondono all'esigenza di assicurare la copertura di tali sedi, concentrate soprattutto, ma non solo, Pag. 4nel sud Italia e che si trovano ormai in condizione di non poter più operare per carenza di magistrati.
Inoltre, le disposizioni sul processo telematico mirano ad una più efficiente allocazione delle risorse, alla luce del pregiudizio per la finanza pubblica conseguente all'incremento degli esborsi subiti a causa della violazione del principio di ragionevole durata del processo e delle connesse infrazioni degli obblighi assunti in sede comunitaria. Occorre rilevare che nel parere dell'11 gennaio il Consiglio superiore della magistratura ha espresso perplessità in merito alla scelta del legislatore di ricorrere allo strumento del decreto-legge in materia di digitalizzazione della giustizia, ritenendo che sarebbe stato preferibile che si fosse proceduto - cito il testo del CSM - nelle vie ordinarie, attraverso una procedura che avrebbe consentito a più organi, istituzioni e tecnici di essere sentiti.
In ogni caso, consideriamo importanti le disposizioni finalizzate a completare da un punto di vista normativo il percorso della digitalizzazione della giustizia. Siffatte modifiche appaiono di straordinaria urgenza, in considerazione della permanenza di sacche di inefficienza del sistema, quale ad esempio quelle delle comunicazioni infraprocessuali, che producono, attraverso un meccanismo a catena, uno spreco delle poche risorse dell'amministrazione giudiziaria, senza alcun tangibile beneficio per l'utenza del servizio.
Insomma, una volta per tutte il processo telematico deve passare dalle parole ai fatti con un adeguato stanziamento. Anche in questo caso sarebbe auspicabile porre uno stop alla politica degli annunci e finalmente realizzarlo.
È chiaro a tutti che la volontà espressa ieri dal Governo tramite il Ministro di non procedere alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, che consenta quindi una più razionale allocazione delle risorse umane e materiali, che vanno comunque potenziate, risponde secondo noi più a logiche di immediato consenso campanilistico di questa o quella zona del Paese che non a logiche giudiziarie ed organizzative.
Con questi presupposti è difficile immaginare una digitalizzazione e realizzazione del processo telematico con le risorse date ed anche con altre ben più consistenti.
Il tema delle risorse per la giustizia è stato centrale solo fino a poche settimane fa, quando le diverse componenti della maggioranza hanno iniziato a discutere tra loro della delicata questione del cosiddetto processo breve. L'equilibrio politico raggiunto sembrava essere intercorso su un accordo tacito: un consenso generale su norme di cui si ammetteva una qualche irragionevolezza, accompagnato, però, da ingenti risorse da destinare in maniera specifica per far meglio funzionare il sistema giudiziario e che dovevano essere approvate nella legge finanziaria.
Sappiamo tutti come è andata finire: le prime, le norme irragionevoli o, comunque, le norme che contengono in sé alcune parti irragionevoli hanno trovato solo da due giorni, fra le proteste dell'opposizione, l'approvazione dell'Assemblea del Senato, mentre delle seconde, le ingenti risorse per il sistema giudiziario, invece, non si è trovata traccia neppure nella legge finanziaria inizialmente presentata al Parlamento in versione light, che poi è diventata molto più permeabile e con diverse coperture una tantum.
Signor sottosegretario, condividiamo inoltre la procedura transitoria stabilita all'articolo 1 per consentire la proroga dei magistrati onorari attualmente in servizio fino alla definizione dell'iter parlamentare di discussione del disegno di legge sulla riforma organica della magistratura onoraria. In assenza di tale proroga, infatti, si verificherebbe un vuoto normativo suscettibile di pregiudicare gravemente la funzionalità degli uffici giudiziari, ma il punto delicato di questo decreto-legge è quello riguardante il trasferimento coattivo dei magistrati nelle sedi disagiate negli uffici di procura.
È evidente che con questo provvedimento il Governo prende atto che vi è un problema, che il decreto legislativo n. 160 del 2006, che ha introdotto una serie di Pag. 5divieti per le coperture di quei posti, non funziona e che quelle sedi sono vuote.
Ciò vuol dire che la norma che ha causato questa vacanza negli organici è una norma sbagliata; per questo, anziché prevedere un termine fino al dicembre del 2014, ossia cinque anni di regime transitorio in cui imporre un trasferimento ai magistrati, avevamo richiesto, in sede di discussione sulle questioni pregiudiziali, un parere favorevole alla nostra proposta di legge, primo firmatario il collega Vietti, con cui si modificava il decreto legislativo n. 160 del 2006, di cui tutti ormai riconosciamo i limiti.
Si rimuoveva il divieto di destinare i magistrati di prima nomina agli uffici di procura delle sedi disagiate. L'intervento normativo dell'UdC, contrario per principio al trasferimento d'ufficio, che alimenta proprio come concetto in sé lo scontro anche all'interno della stessa magistratura, ha il pregio di consentire di contribuire a colmare l'ormai cronico vuoto riscontrato negli organici della magistratura o, comunque, di distribuire in maniera più razionale le risorse umane a disposizione, senza pregiudizio per il corretto esercizio di alcune delle funzioni monocratiche, che tornerebbero a poter essere assegnate anche a magistrati di prima nomina.
Tale soluzione non può non essere presa seriamente in considerazione, dovendosi prendere atto del fatto che, dopo la riforma del 2007, i vuoti di organico hanno registrato un'evidente impennata, con le conseguenze negative che ormai sono sotto gli occhi di tutti.
In particolare, i giovani magistrati potrebbero essere chiamati a svolgere, come per il passato, funzioni requirenti, senza che a ciò ostino le preoccupazioni connesse alla naturale e comprensibile inesperienza, essendo essi inseriti in un sistema in cui, all'interno di ciascuna procura, vige ormai per legge una struttura piramidale che impone per determinati atti rilevanti dell'ufficio il visto del procuratore capo o di un suo aggiunto, che a ciò è espressamente delegato. Tale sistema di controllo interno garantisce adeguatamente da errori eventuali causati dalla poca esperienza del singolo sostituto. In un sistema giudiziario che è certamente prossimo al collasso - anche la relazione di ieri del Ministro, di fatto, lo dimostra, ponendo in essere una serie di interventi quasi emergenziali per evitarne proprio il collasso - questo si determina anche per la scopertura di organici.
I magistrati ordinari, dopo il tirocinio, possono essere chiamati a svolgere anche funzioni giudicanti monocratiche penali, purché accettino di sottoporsi a un ulteriore periodo di tirocinio mirato nella funzione specifica della durata continuativa di almeno un anno.
Ciò consente loro di acquisire l'esperienza necessaria a svolgere la funzione monocratica. Del resto, i rischi connessi alla fisiologica inesperienza vengono così ridimensionati ed ampiamente ridotti, e comunque controbilanciano efficacemente, a tutto vantaggio per l'esercizio della giurisdizione, i pericoli che inevitabilmente comporta l'essere costretti a continuare ad affidare quotidianamente le medesime funzioni a magistrati non togati.
Abbiamo, invece, ritenuto opportuno mantenere il divieto di assegnare magistrati ordinari, subito dopo il tirocinio e anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità, a funzioni di giudice delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare.
L'osservanza del divieto trova la sua ragione d'essere nella delicatezza delle specifiche funzioni, il cui corretto esercizio, non fosse altro che per l'incidenza sul piano della libertà personale, richiede quel grado di esperienza e di maturità professionale e personale che può dirsi acquisita solo dopo il conseguimento almeno della prima valutazione di professionalità.
Nel già citato parere, il Consiglio superiore della magistratura - senza parlare in modo diretto ed esplicito di incostituzionalità - ha rilevato tuttavia dei profili di irrazionalità e di violazione delle norme di buona amministrazione, proprio per il fatto che ad un'emergenza strutturale si è risposto con un intervento una tantum che per il momento arriva al 2014 (ma nessuno dice che non potrà essere prorogato). Pag. 6
Tra questi, cito alcuni punti: i cento chilometri, dato alquanto fantasioso che ha l'unico effetto di rendere poco compatibile con la vita familiare dei magistrati il trasferimento; la platea dei magistrati cui si attinge, che di fatto destina a quegli uffici coloro che non hanno esperienza di giudice penale né requirente; la minore anzianità di ruolo come criterio di scelta, che ha un effetto di automatismo che limita la discrezionalità ma, allo stesso tempo, non consente di selezionare chi può essere trasferito senza danno e chi no.
Insomma, premesso ciò non si può non riconoscere il grande risultato ottenuto due giorni fa in Commissione giustizia, dove si è compiuto un passo avanti molto importante per risolvere la drammatica copertura delle sedi disagiate senza usarlo come grimaldello per aprire il sistema di garanzia dell'inamovibilità del magistrato, un principio cardine - questo - fissato dall'articolo 107 della Costituzione derogabile, come osserva la Corte costituzionale, solo per ragioni contingenti volte ad assicurare la continuità e la prontezza della funzione giurisdizionale.
Di questo dobbiamo dire grazie alla capacità di proposta delle opposizioni, ma anche alla sensibilità ed al pragmatismo del Governo e dei magistrati.
Dopo la manifestazione di sabato scorso dell'Associazione nazionale magistrati a Roma, nella quale i giovani magistrati avevano chiesto ascolto alla politica confermando la loro disponibilità a svolgere funzioni anche nelle sedi disagiate, il Governo ha finalmente deciso di accogliere i suggerimenti dell'opposizione e dei magistrati di fronte a questa ormai cronica carenza di organico in tanti cruciali tribunali italiani.
Infatti è giusto - lo abbiamo detto ieri - esultare per gli arresti di mafiosi e criminali, è giusto il plauso al lavoro prezioso e sottopagato di polizia e carabinieri, ma non sguarnire le sedi disagiate - come il Governo ha ben capito - significa non sguarnire la frontiera della lotta alla criminalità diffusa e organizzata. Se sono giovani magistrati ben vengano, perché sappiamo quanto siano bravi e professionali i nostri giovani magistrati. Costituiscono uno straordinario risultato l'approvazione all'unanimità di questo emendamento, la riformulazione che ci ha proposto il Governo, la collaborazione che vi è stata tra opposizione e Governo con la collaborazione degli uffici della Camera dei deputati.
Ciò consentirà anche ai magistrati che hanno superato il concorso nel 2009 di essere nominati da subito PM. Consideriamo quindi importante il fatto che vi sia stato lo spazio per condividere questa soluzione nell'interesse della buona amministrazione della giustizia (e di questo dobbiamo dare atto al Governo ed anche alla sensibilità della maggioranza). Applicheremo perciò, per la nostra complessiva valutazione di quanto proposto, il ragionevole criterio di prevalenza degli elementi positivi rispetto a quelli negativi all'atto del voto sul provvedimento (è una formula che abbiamo mutuato da quanto ci ha detto ieri il Ministro Alfano).
Il nostro è un atteggiamento improntato, come sempre abbiamo fatto in quest'Aula, ad un modello di opposizione repubblicana che sa tenere distinta l'asprezza della conflittualità politica, anche in tema di giustizia, da quella che deve essere una lucida ed intellettualmente onesta analisi dei provvedimenti che andiamo a votare, discernendo sempre quelli che riteniamo contenere elementi positivi per la vita dei cittadini e per i loro diritti da quelli che, invece, riteniamo inutili se non dannosi.
Questo provvedimento, sul quale il Governo e la maggioranza dimostrano un approccio corretto di esaltazione di un regolare confronto parlamentare, contiene, anche dopo le modifiche introdotte, segni di novità e positività che apprezziamo.
È un segnale che sarebbe sbagliato non cogliere ed infatti la nostra idea di approccio alla giustizia non vede su fronti contrapposti maggioranza e opposizione, magistrati contro avvocati, in sintesi berlusconiani e antiberlusconiani: è una rappresentazione troppo spesso caricaturale a cui assistono inermi e sconfortati i cittadini che piano piano perdono sempre più Pag. 7fiducia nella capacità riformatrice delle istituzioni del Parlamento, che sembrano tutte in opposizione l'una con l'altra senza capacità di riconoscere le ragioni dell'altra parte e di condividerne i fatti positivi.
Signor Presidente, e concludo, noi lavoreremo come sempre abbiamo fatto in questa direzione apprezzando le proposte anche quando provengono dal Governo e dalla maggioranza, quando le riteniamo efficaci, e, come in questo provvedimento, dimostrando noi stessi valida capacità di proposta affinché la giustizia sia più sollecita, responsabile e sensibile a quel desiderio, a quella sete di giustizia di tanti, troppi cittadini che per anni attendono l'esito di un processo e attendono di conoscere il colpevole di un reato.
Proprio ieri, qui alla Camera, il Ministro ha elencato una serie di numeri che denunciano lo stato di criticità del sistema giudiziario: dietro a quei numeri vi sono volti e storie di donne e uomini che ci chiedono di mettere in condizione i magistrati e l'intero sistema di ben operare.
Una giustizia lenta è una giustizia troppo spesso negata, e a pagarne i costi in effetti, come sempre accade in questi casi, sono i più deboli, le vittime dei reati, i meno abbienti; con questo atto invece la politica compie, pur tra diversi problemi aperti, un passo avanti nella giusta direzione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, discutiamo oggi quella che l'Associazione nazionale magistrati ha chiamato a ragione la «desertificazione degli uffici». I dati di questa emergenza sono più che noti, né il Governo li contesta.
All'origine vi è un dato numerico inconfutabile, la cui responsabilità non ricade certamente solo sull'attuale Governo. La prendo per un momento alla larga. Siamo passati in Italia dai 380 mila processi civili all'anno del dopoguerra ai quasi 2 milioni e mezzo dei primi anni 2000, dai 500 mila processi penali di metà Novecento ai 3 milioni del 2003, con punte sino a 5 milioni alla fine degli anni novanta. Nello stesso arco di tempo, i magistrati sono solo raddoppiati, passando da 5 mila a 10 mila, dei quali 8 mila e 650, se il mio dato è giusto, effettivamente operanti; età media 58 anni, cioè prevalentemente anziani. Dunque, questo è il primo punto da sottolineare: la sproporzione tra la domanda di servizi e gli operatori, e - fattore non secondario - l'elevata età media dei giudici.
Secondo punto da ricordare, quella che si chiama comunemente la geografia giudiziaria: abbiamo ancora le circoscrizioni giudiziarie impiantate nell'Ottocento, con pochi, faticosi mutamenti conquistati nel corso del Novecento. Dunque, come ci ricorda un documento del CSM di pochi giorni fa, squilibri, sprechi di risorse, ineguaglianze sul territorio, insuperabili difficoltà di gestione.
Terzo punto, le risorse. La percentuale del bilancio dello Stato attribuita alla giustizia è stata, negli ultimi decenni, via via decurtata, ed è ormai inferiore all'1 per cento: dunque pochi, troppo pochi soldi per la giustizia.
Quarto punto, infine, riguarda le strutture di supporto, dai locali al personale amministrativo addetto alla macchina della giustizia, i mezzi tecnici, tecnologici, l'innovazione: mi basti dire che dal 2001 non è stato più svolto alcun concorso per assumere qualcuno nel personale amministrativo, con una scopertura dell'organico che si attesta sull'1,4 per cento a livello nazionale, ma che tocca in alcune sedi del nord punte sino al 30 per cento. Dunque, personale insufficiente, e forse anche disposto in maniera squilibrata sul territorio nazionale: è stato più volte ricordato che per l'assenza delle risorse del personale le udienze ormai finiscono alle 14, quando un tempo si protraevano per buona parte del pomeriggio lavorativo.
Potrei naturalmente continuare a lungo, e molto è stato detto, anche in Commissione giustizia, su questi punti. Ricordo solo, perché è quello maggiormente all'ordine del giorno, il dramma delle procure siciliane: alla procura di Pag. 8Palermo, che è quanto dire l'ufficio chiave della lotta alla mafia, su 62 pubblici accusatori ne mancano ben 18; a Trapani la procura in meno di un anno ha perso cinque magistrati; Enna, Mistretta, Sciacca sono altrettante realtà in gravissima situazione di crisi, quasi di chiusura; 14 procure in tutta Italia hanno un solo magistrato in servizio.
Poiché conosco da vicino la situazione della Sardegna, mi consenta il sottosegretario qualche battuta su questa regione. Non se ne parla molto, perché vige ormai l'illusione comune che la Sardegna dal punto di vista della criminalità non rappresenti più un'emergenza, come invece era accaduto in altre epoche non troppo lontane: ricordo solo i sanguinosi decenni del banditismo e la piaga dei sequestri di persona. Mi permetto di dire che la Sardegna resta a tutti gli effetti una zona a rischio, dove non solo permangono attive le tipologie di reato tradizionali, legate alla realtà rurale e all'isolamento delle campagne, ma emergono, come sta accadendo da qualche tempo per esempio in Ogliastra (ne abbiamo parlato anche in una nostra recente interrogazione in Commissione giustizia sul tribunale di Lanusei), forme di criminalità inedita per l'isola, tali comunque da suscitare nuove, acute preoccupazioni.
Dunque, per quanto riguarda la Sardegna, a Cagliari vi sono in servizio 146 magistrati, con il 7,59 per cento di scopertura; a Sassari 89 magistrati, con il 13,59 per certo di scopertura; a Tempio, comprese le sezioni di Olbia, città importantissima, tumultuosamente in crescita, con nuovi reati, la pianta organica degli uffici giudiziari prevederebbe 6 posti, mentre sono al lavoro solo in 4.
A Nuoro sono previsti ventitré posti, ma ve ne sono diciotto; A Lanusei i posti previsti sono nove, ma quelli presenti sono sette; a Oristano i posti previsti sono diciassette, quelli presenti quindici; a Sassari su dieci sostituti procuratori previsti in pianta ve ne sono sette.
Per quanto riguarda i dati del 2009 del lavoro e dell'arretrato: a Nuoro nel 2009 sono pervenuti 3.332 procedimenti, arretrato 4.417; ad Oristano un po' meglio: cause iscritte nell'anno 3.168, arretrato 1.188; a Tempio 3.355 cause pervenute nell'anno, arretrato 4.719; a Sassari nel solo 2009 il numero dei fascicoli iscritti al modello 21 (registro notizie di reati noti) di competenza del tribunale è di 7.784, di competenza del giudice di pace è di 1.376, ignoti: 8.049, esposti: 1.044.
Una situazione particolarmente drammatica è quella della procura di Nuoro dove si continua a coprire l'emergenza con la destinazione a turno di sostituti procuratori pendolari inviati da Cagliari, un centro distante 181 km senza autostrada. Alla procura della Repubblica di Nuoro su sei sostituti previsti in organico, solamente due sono in servizio. La dotazione finanziaria del palazzo di giustizia di Nuoro, che nel 2008 era di 8 mila euro si è ridotta a 4 mila nel 2009 e ad aprile erano già stati spesi 4 mila e 500 euro. I cancellieri a Nuoro sono costretti a chiedere agli avvocati di comperare le risme di carta. Signor Presidente, niente Internet, né e-mail, altro che processo digitale. I pochi computer esistenti sono in comunione di beni con gli impiegati. La pianta organica amministrativa è ferma a quindici anni fa. Qualche mese fa la cancelleria «iscrizioni del tribunale civile» è rimasta chiusa per una trentina di giorni per mancanza di personale. Vi è un arretrato pesantissimo. I rinvii delle udienze vanno ormai in media da otto mesi ad un anno e le cause arrivano alla decisione di primo grado in non meno di sei anni.
Questo, signor Presidente, è lo stato delle cose in Sardegna. Questa è una regione nella quale far ricorso alle regioni limitrofe, come scritto nel provvedimento in esame, suona quanto meno paradossale, perché limitrofo, per un'isola a 187 chilometri dalle coste più vicine della penisola italiana - dalle coste dico, non dai tribunali - è un concetto del tutto relativo. Pendolare da una sede limitrofa verso un tribunale sardo ha dei costi proibitivi che non ha forse nessuna altra regione del Paese, senza tener conto della fatica fisica. Voi ci dite: ma i magistrati li obbligheremo, oltre ad allettarli con qualche benefit.Pag. 9Voi credete ciecamente nel trasferimento d'ufficio obbligatorio, né più né meno come ci credeva il Guardasigilli del fascismo Grandi nel 1941; perché questo non è stato detto, ma il precedente che si può citare è l'ordinamento Grandi. Bene, vedremo alla prova dei fatti, ma mi si permetta di essere scettico sull'esito pratico di simili misure coercitive quando si rivolgono ad un personale già maturo, se non anziano, che quand'anche si trasferirà perché appunto obbligato, lo farà di malavoglia con l'idea di aver subito un torto o una punizione. Avremmo ad esempio in Sardegna, ma anche altrove certamente, i magistrati peggiori e i più demotivati, tutti con la domanda di trasferimento in tasca all'atto stesso del loro atterraggio nella nuova sede. Vi è molto velleitarismo e poco senso della realtà in questo provvedimento. Un giudice all'inizio della carriera, giovane di età, e presumibilmente con meno legami familiari, potrà pur sempre valutare come un'opportunità di carriera qualche anno trascorso in sedi disagiate, farà un investimento personale, sarà per lui un sacrificio compatibile. Un magistrato più avanti nell'età e nella carriera, certamente, percepirà il trasferimento con altri parametri. Non ci venga per favore a denunciare il Ministro Alfano, come ha fatto ieri, la mancanza del senso dello Stato dei magistrati italiani, i quali, mi sia consentito di ricordarlo molto sommessamente in quest'Aula (nella quale però ieri ho ascoltato anatemi vergognosi e scomposti contro l'intera magistratura italiana), hanno saputo fare in tempi non troppo remoti il loro dovere fino in fondo, pagando un tributo di sangue alla lotta al terrorismo e alla mafia che non dovremmo mai dimenticarci. Il sindaco di Milano Moratti, in cerca di personalità da tramandare ai posteri, dovrebbe piuttosto intitolare a qualcuno di loro caduto sul campo le strade e le piazze del suo comune.
Signor Presidente, vi è in tutta questa discussione sulla giustizia, così come si sta svolgendo, qualcosa di artificioso, di irrealistico. Per esempio, si lancia con grande enfasi propagandistica il processo telematico; chi non sarebbe d'accordo? Ormai basta dire «digitale» e come diceva il poeta: «il nome agisce». Però la realtà dell'amministrazione giudiziaria così com'è, cari colleghi del Governo e della maggioranza, l'avete presente? Personalmente ho qualche esperienza di digitalizzazione, essendomi molto occupato, prima di essere deputato, di quella dei grandi archivi dello Stato e degli archivi delle organizzazioni culturali.
Digitalizzare un fascicolo, anche per estremi, significa non solo possedere il software adatto ma anche il personale competente, e quando si devono digitalizzare grandi quantità di carta non necessariamente uniformi - e chi ha visto anche una volta soltanto un fascicolo processuale sa a cosa mi riferisco - tutto si complica. Informo il Governo che non vi è ancora a Nuoro nessuno dei dipendenti di quel tribunale che sia stato istruito per trasferire la mole dei fascicoli e dati di processi civili in formato digitale. Si vociferava (le mie informazioni sono di metà dicembre) di un tecnico istruttore in arrivo da Roma - chissà se poi è arrivato a Natale in qualche pacco dono - ma che comunque sarebbe rimasto in Sardegna solo una settimana. A Tempio la situazione dell'informatica è letteralmente un disastro. Dedico al Ministro e al sottosegretario un brevissimo brano tratto da una recente inchiesta giornalistica della Nuova Sardegna, il quotidiano di Sassari, sul tribunale di Tempio. Leggo: si parte dagli strumenti indispensabili per poter applicare le leggi, cioè i codici cartacei, che mancano in quanto non ci sono i fondi per acquistarli nelle edizioni aggiornate; se al Ministero pensavano - scrive il giornalista - che bastasse il collegamento Internet con la banca dati di Roma hanno fatto male i conti. Le reti che accedono al server centrale sono affidati ad un'azienda privata che non ha più la possibilità, dati i tagli di spesa nel settore giustizia, di mantenere in loco un proprio tecnico informatico; il risultato è semplicemente esilarante (io direi desolante): bisogna chiamare il call center, attendere che i tecnici intervengano da Roma e da Milano, Pag. 10collegandosi in rete con il computer in tilt, mai in giornata; i tempi di intervento variano in media dai due ai quattro giorni lavorativi, feste escluse. Questa sarebbe l'informatizzazione? E poi avete valutato il problema della conservazione degli atti nel tempo, nel lungo periodo, della loro futura consultabilità a fronte di una rapidissima obsolescenza delle tecnologie sospinte di continuo in avanti dall'innovazione? A tutti noi è capitato di avere per le mani un vecchio dischetto di pochi anni fa e di non poterlo più leggere nel nuovo programma. Avete attentamente soppesato questo punto critico? Negli archivi di Stato, per esempio, la digitalizzazione si sta confrontando da anni con queste problematiche, e non ne cava nulla. Io mi auguro che lo stiate facendo anche voi perché altrimenti andremo incontro ad una vera e propria ecatombe di dati e di informazioni, sia pure soltanto di contorno. Senza contare che, anche solo pensando a tradurre in linguaggio informatico gli atti di comunicazione e solo quelli, occorre che nella rete tutti i soggetti, tutte le stazioni come si dice in gergo, siano informatizzati e con lo stesso software: uffici giudiziari, Ministero, utenti, cittadini, studi legali, periti, altri soggetti pubblici coinvolti nel procedimento, tutti sulla stessa riga di partenza. Problemi certamente risolubili, non lo nego. Esistono le tecnologie per farlo ma ci vogliono risorse finanziarie adeguate, investimenti necessari, puntuali. Li avete previsti questi investimenti? A me non sembra. Esistono (per esempio, lo chiedo al sottosegretario) studi di fattibilità che ci possano confortare e che possano fugare queste preoccupazioni, o si va avanti alla cieca, parandosi dietro lo scudo della parola digitalizzazione? Si parla poi, come di una soluzione finale, degli incentivi ai magistrati perché si trasferiscano alle sedi disagiate. Può darsi, anche qui, che i nuovi correttivi, che ora introducete con questo provvedimento, ora agiscono. Può darsi che il trasferimento d'ufficio obbligatorio funzioni. Ve lo auguro, lo auguro a tutti noi. Intanto però registro che i concorsi stanno andando deserti, come a Nuoro, per esempio, dove sono stati banditi di recente ben due concorsi per la procura e non è arrivata neppure una domanda. Riporto le parole di un autorevole magistrato sardo, il procuratore generale di Cagliari, Ettore Angioni, che si autodefinisce - lo ha fatto di recente in una affollata assemblea - un moderato che non ha mai fatto le barricate. Ha detto Angioni: occorre cancellare l'articolo 13, comma 2, che vieta ai magistrati freschi di nomina di ricoprire incarichi di PM e il ruolo di giudice monocratico. Cancellare! Nella nostra interrogazione del 5 maggio scorso, come deputati del Partito Democratico, avevamo proprio indicato in questa cancellazione dell'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 160 del 2006 uno dei correttivi da prendersi immediatamente. Vedo che adesso in Commissione Giustizia avete ragionato, e ci avete dato in qualche modo ragione, sia pure una tantum, introducendo una deroga al blocco con riferimento all'assegnazione dei vincitori dell'ultimo concorso. Me ne rallegro molto, ma poi che cosa accadrà? Che cosa faremo per i concorsi successivi? Signor Presidente, c'è un fantasma che si aggira in qualche modo su questa tematica, ed è il fantasma della megariforma che verrà, che ci minacciate - lo ha fatto ieri li Ministro in questa Aula - e che volete imporre, costi quel che costi, nel 2014.
Tale riforma si dovrebbe imperniare sulla separazione delle carriere, modificando la Costituzione, per mettere i pm sotto il controllo diretto del Ministro: lo snaturamento del CSM, in pratica la fine dell'autonomia della magistratura.
Se questo è l'obiettivo - lo dico al Ministro Alfano che ieri evocava la bozza Violante - noi siamo e saremo contrari, senza «se» e senza «ma». Non può essere questa una seria e responsabile politica della giustizia. La giustizia italiana ha bisogno di altro, ha bisogno di tanta politica del giorno per giorno, di tanta buona amministrazione, ha bisogno del riordino e della razionalizzazione delle circoscrizioni (tema che non si affronta perché si ha timore delle conseguenze Pag. 11elettorali e delle proteste di coloro che ne saranno colpiti), dell'aumento drastico delle risorse finanziarie (tema che non si affronta perché sul bilancio dello Stato grava l'ipoteca del Ministro Tremonti e non si ha il coraggio di decidere dov'è opportuno tagliare e dov'è invece opportuno aumentare i finanziamenti). La giustizia ha bisogno di interventi puntuali sulle carriere, certamente anche di più valutazione, di maggiore criterio del merito - ce lo auguriamo - di una buona formazione dei giovani (che fine ha fatto la scuola della magistratura che tutti attendevamo?), di un aggiornamento continuo dei magistrati già in servizio, di una razionale distribuzione delle risorse umane sul territorio, di mezzi - molti mezzi -, personale - più personale - e maggiore modernizzazione degli uffici giudiziari. Tutto ciò serve in un clima di collaborazione e non di conflitto permanente tra politica e magistratura quale è quello che è stato creato dagli affari personali del Presidente del Consiglio dei ministri, nell'intento comune della classe politica e dei magistrati di servire il cittadino, che ha diritto, sacrosanto diritto, ad avere una giustizia rapida, efficiente, severa quando ha da essere severa, senza corsie preferenziali per i potenti, uguale per tutti e soprattutto possibilmente giusta (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

Annunzio della formazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, secondo periodo, del Regolamento, e sulla base della richiesta pervenuta in data 21 gennaio 2010, la formazione, nell'ambito del gruppo parlamentare Misto, della componente politica denominata «Noi Sud/ Lega Sud Ausonia», alla quale aderiscono i deputati Elio Vittorio Belcastro, Arturo Iannaccone, Antonio Milo e Luciano Mario Sardelli.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, espongo alcune brevi considerazioni che muovono proprio dall'intervento del collega che mi ha preceduto. La prima considerazione che vorrei esporre riguarda il conservatorismo che in quest'Aula, ma non solo in essa, spesso risuona ogni volta che si affrontano i problemi della giustizia. Infatti, lo si avverte anche da parte di un settore consistente della politica e da parte, purtroppo, delle organizzazioni politiche dei magistrati. Mi rendo conto che quest'ultima è un'espressione un po' severa, ma di questo dobbiamo parlare quando ogni giorno, in contraddittori televisivi o radiofonici o sui giornali, ci troviamo non tra esponenti di forze politiche che trovano nel voto la loro legittimazione a discutere, ma tra rappresentanti delle associazioni delle organizzazioni della magistratura ed esponenti delle istituzioni rappresentative. È uno strano contraddittorio che vede assurgere dei burocrati dello Stato, che hanno superato un concorso e sono soggetti alla legge, diventare protagonisti loro stessi del processo di formazione delle leggi in un meccanismo che non esito a definire di «eversione costituzionale».
Signora Presidente, colleghi, se ci trovassimo - faccio un esempio per paradosso - a dover discutere nello stesso modo, e con le stesse procedure e con gli stessi atteggiamenti, di politica di difesa ed estera con i rappresentanti delle Forze armate, i quali mettessero in discussione la strategia del Governo, l'organizzazione del nostro sistema di difesa o addirittura gli accordi e le strategie internazionali di un Paese, non esiteremmo a definirlo un tentativo insurrezionale in qualche modo golpista.
Infatti non vi è legittimazione di un corpo ad intervenire nel processo di formazione Pag. 12delle leggi quando la Costituzione è esplicita e dice che i magistrati sono «soggetti» alla legge e non i protagonisti della formazione delle leggi.
Ma al di là di queste considerazioni di carattere generale, riscontro che ogni volta che si interviene, chi resiste al cambiamento, dopo avere fatto l'elenco delle doglianze, si limita a dire che non bisogna cambiare, di lasciare le cose come stanno, e aggiunge che la ricetta è sempre un'altra, senza poi, nel momento in cui ha la responsabilità del Governo del Paese, indicare né attuare tale ricetta.
Sulla vicenda delle cosiddette sedi disagiate, signora Presidente, colleghi, dovremmo innanzitutto avere chiarezza dei termini. Mi permetto di dire che più che di sedi disagiate si tratta di sedi «sgradite», cioè sedi nelle quali qualcuno o molti non vogliono andare. È ben strano che da parte dei nostri oppositori si sostenga che l'intera magistratura è dedita al servizio dello Stato fino ad essere arrivata a pagare prezzi altissimi - il che è vero: da alcuni sono stati pagati prezzi altissimi -, ma al tempo stesso si giustifichi il fatto che in alcune sedi non si voglia semplicemente andare. Qual è il senso delle istituzioni che si manifesta nel momento in cui non vi è nessuno che voglia andare, per esempio, nella sede di Nuoro? È ragionevole ciò, in un ordinamento in cui si rivendica il proprio ruolo quasi in termini eroici? Non lo è: è la dimostrazione che esistono privilegi e concezioni corporative e di casta molto ben radicate e che è bene eradicare.
Con il provvedimento in esame non si è fatto molto di più che rafforzare la facoltà del Consiglio superiore della magistratura di disporre i trasferimenti d'ufficio, evitando una procedura che nuoceva all'amministrazione della giustizia e alla stessa formazione dei magistrati. Infatti, in precedenza, nelle sedi sgradite - e non disagiate - l'idea era quella di assegnare i magistrati di prima nomina, perché avevano minor potere contrattuale di altri - difatti non altro che di questo si trattava - e perché la loro capacità di incidere sui processi formativi del CSM è inferiore rispetto a quella di magistrati di maggiore esperienza. Invero, noi dobbiamo guardare all'insieme del sistema e, siccome il meccanismo del CSM è di tipo elettivo e con qualche tratto di forte connotazione di politica interna alla magistratura, è evidente che anche lì la raccolta del consenso passa attraverso il mantenimento di situazioni di privilegio e di vantaggio per quello o per quell'altro gruppo che possa essere portatore di consenso e di voti. Chi nel CSM si facesse interprete di una posizione di rottura di privilegi, evidentemente, forse avrebbe anche problemi di natura elettorale e metterebbe in difficoltà la propria componente politica di riferimento. Ma il CSM, dopo quella saggia norma che evitava che funzioni monocratiche in sedi a rischio fossero assegnate a magistrati di prima nomina - e si tratta di una saggia norma che hanno approvato maggioranze e Governi rispetto ai quali noi eravamo all'opposizione, ma che noi condividiamo totalmente -, aveva proceduto attraverso la strada che nel decreto-legge in esame si indica come la strada maestra, cioè il trasferimento d'ufficio. Tuttavia, mancando una copertura legislativa a questa procedura, il CSM andava incontro ad un contenzioso costante in sede di tribunale amministrativo, che rendeva tutto il procedimento costantemente aleatorio e debole.
Quando il Ministro guardasigilli e la maggioranza parlamentare si inducono a rafforzare questa prerogativa del CSM, prevedendo una copertura legislativa invalicabile, tale per cui non è più possibile instaurare il contenzioso fra il magistrato oggetto di trasferimento d'ufficio e il Consiglio superiore della magistratura, ottenendo, quindi, una certezza procedurale, a quel punto, addirittura, viene indicata, non voglio dire una minaccia, ma viene paventata dall'Associazione nazionale magistrati la possibilità di uno sciopero dei magistrati stessi.
Tale espressione, a mio avviso, collide con le funzioni e con il ruolo stesso della magistratura, perché non è ammissibile o pensabile che i magistrati possano scioperare. A tale riguardo, credo di avere il Pag. 13conforto anche dei colleghi dell'Italia dei Valori. Infatti, quando era magistrato, in occasione di un analogo sciopero proclamato dai magistrati, l'allora dottor Di Pietro si rifiutò di aderire e andò a lavorare in procura a Milano.
Dunque, tale posizione, in qualche modo, è rappresentata dai nostri oppositori, che hanno fatto proprie le ragioni dell'Associazione nazionale magistrati, nel senso di assoluta preclusione e chiusura al cambiamento e all'innovazione della giustizia; tale posizione trae a motivo di opposizione argomenti che al provvedimento in discussione sono, signora Presidente, totalmente estranei.
In questa sede, sono state richiamate le parole pronunciate ieri dal Ministro della giustizia. Non sono parole di parte: ieri infatti sono state avvalorate da un voto parlamentare, che ha approvato le comunicazioni espresse dal Ministro con una larga maggioranza, che supera la maggioranza parlamentare, e che ha indicato una serie di strade e di strategie per la riforma della giustizia, che non è propria solo della maggioranza.
Da ieri, si è segnato un punto di cambiamento essenziale. Se crediamo alla democrazia parlamentare e a ciò che facciamo, la giornata di ieri non è stata una giornata di confronto giornalistico-politico in una sede televisiva, ma è stata un momento delle procedure parlamentari attraverso le quali si incardinano grandi processi di trasformazione. Infatti, ieri, le comunicazioni del rappresentante del Governo hanno dato questa direzione di marcia e il voto parlamentare le ha sancite come l'orientamento del Parlamento italiano. A nostro avviso, questo significa essere rispettosi delle istituzioni. Se così non fosse, dovremmo sempre fare la costante guerra di parole, in cui la delegittimazione del Parlamento è opera, innanzitutto, della corporazione giudiziaria.
È inaccettabile - e dovrebbe essere inaccettabile - per chi predica costantemente il richiamo alla democrazia politica, che una corporazione, per quanto rispettabile e per quanto formata da persone di eccellente professionalità e capacità, abbia un ruolo nella discussione istituzionale. Da ieri è cambiato qualcosa nella nostra vita istituzionale, non è irrilevante ciò che è accaduto.
Vorrei che i colleghi dell'opposizione ne prendessero atto, e invece, ci troviamo, ogni volta, a fare le stesse discussioni; ogni volta, vengono riproposte le stesse obiezioni che dovrebbero essere, ormai, superate.
Signora Presidente, colleghi, mi avvio a concludere. Nella formazione del provvedimento in discussione, la maggioranza ha concorso ascoltando con attenzione anche i rilievi che venivano dalle opposizioni, e in parte, intervenendo sul provvedimento per migliorarlo e rafforzarlo. Ma una cosa è certa e non può essere messa in discussione. Su questa materia, come su tutto l'assetto della giustizia, la prima e l'ultima parola spettano, innanzitutto, alle istituzioni rappresentative: in primo luogo, al Parlamento con i suoi voti, ed in secondo luogo, al Governo, nel momento in cui dal Parlamento riceve indicazioni, indirizzi e sollecitazioni.
Il Governo è intervenuto con tempestività, con precisione e con la volontà di non predisporre il solito provvedimento emergenziale, ponendo, finalmente, una procedura definita e chiara, che desse al CSM la forza per svolgere le proprie funzioni, che sono quelle di amministrazione della giustizia.
Al contrario, purtroppo, vediamo pericolosamente che lo stesso CSM si arroga, in altri casi, compiti che non ha, come la valutazione della costituzionalità preventiva delle leggi (compito che non gli compete), come è stato nel caso del parere espresso a proposito del provvedimento sulla ragionevole durata dei processi: si trattava di un parere non richiesto, in quanto il provvedimento non proveniva dal Governo, e non ammissibile, in quanto il parere espresso dal CSM non sarebbe potuto essere un parere di costituzionalità, essendo il parere del CSM sulla formazione delle leggi, anche quando venga richiesto dal Ministro, limitato all'impatto sull'organizzazione degli uffici giudiziari di un certo provvedimento, e non sulla natura Pag. 14più o meno costituzionale di una norma (sarebbe un'usurpazione di compiti inammissibile).
Ebbene, nel momento in cui il Governo e questo Parlamento intendono assegnare al CSM compiti rilevanti e intendono rafforzare i poteri propri, da parte dei magistrati e di tutti i conservatori nel campo della giustizia si chiede di non cambiare e di conservare. Perché? In quanto nell'incertezza del diritto e nella rottura delle regole costituzionali (che è una rottura permanente in cui operiamo non per responsabilità della politica, ma per responsabilità delle distorsioni che dalla magistratura sono venute in anni di politicizzazione del lavoro dei magistrati e di assoluta esondazione dai propri compiti da parte di un'organizzazione, l'ANM, la quale a mio giudizio non rispetta più neanche il suo compito statutario), ci troviamo a dover mettere le mani su una situazione che è sempre più difficile e in cui i conservatorismi fanno male innanzitutto ai cittadini italiani.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Palomba, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, oggi abbiamo in discussione un decreto-legge che si articola su tre ambiti diversi, riguardanti la proroga dei magistrati onorari, la copertura dei posti vacanti negli uffici giudiziari meno richiesti dai magistrati e l'accelerazione della digitalizzazione della giustizia nel processo civile e penale: questioni tra di loro eterogenee.
A ciò deve aggiungersi che si tratta, ancora una volta, di un provvedimento urgente non inserito in un piano complessivo di interventi strutturali in grado di fare fronte alle esigenze di funzionalità ed efficienza degli uffici giudiziari. Non si parla di revisione delle circoscrizioni giudiziarie (anche se tutti si appellano a questo provvedimento) e non vi è alcun ripensamento delle piante organiche degli uffici, né è prevista alcuna riorganizzazione degli uffici e del lavoro degli uffici giudiziari.
L'articolo 1 proroga sino al 31 dicembre 2010 l'applicabilità delle disposizioni relative all'impiego dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari nei tribunali e nelle procure, fino - dice il decreto-legge - alla riforma organica della magistratura onoraria: provvedimento che è già preannunciato in questo decreto-legge e su cui ci auguriamo vi sarà un confronto costruttivo nelle Commissioni competenti.
È opportuno ricordare, però, che in Italia la giustizia civile ha funzionato con tempi ragionevoli e sostanzialmente senza arretrati soltanto nella prima metà del secolo, quando ai giudici conciliatori era devoluto più del 70 per cento del contenzioso di primo grado. La riorganizzazione del sistema della giustizia ordinaria nel settore civile non potrà che passare, dunque, necessariamente attraverso l'attribuzione di più ampi compiti alla magistratura onoraria, anche in considerazione dell'incremento della domanda di giustizia, accompagnato ad una progressiva differenziazione e specializzazione della risposta di giustizia.
Si tratta, quindi, di lavorare su questa riforma organica della magistratura onoraria, tenendo conto di quale sia la situazione reale dell'Italia e attraverso l'analisi di dati e di situazioni che non consentano soluzioni semplificate o semplicistiche.
Dobbiamo considerare anche il contributo che in questi anni è stato fornito dalla magistratura onoraria. Essa ha garantito al cittadino un servizio essenziale che altrimenti sarebbe stato costretto ad ottenere rivolgendosi a privati e comprandolo. Ha permesso alla magistratura professionale di concentrare i suoi sforzi nell'espletamento di quei compiti che non possono essere attribuiti ad altri, evitando, al tempo stesso, l'incentivazione degli arbitrati per quelle controversie di maggior importanza che, invece, è necessario mantenere in capo alla magistratura togata.
Per questi motivi riteniamo che questo provvedimento di proroga governativo, attraverso cui è possibile continuare ad Pag. 15usufruire di queste professionalità che nel tempo si sono formate anche attraverso corsi, oltre che sul banco e sul fronte dell'esperienza concreta, non debba però ignorare il disagio profondo che vive questa categoria in questo momento; una categoria confinata in un orizzonte incerto e che da oltre quindici anni opera senza il riconoscimento di alcun diritto previdenziale.
Il disegno di legge in esame apporta poi alcune modifiche alla legge n. 133 del 1998, sopprimendo il sistema delle sedi a copertura immediata introdotto dal Governo appena un anno fa. Con toni trionfalistici - mi si consenta il termine - il Governo annunciava di aver risolto il problema delle sedi disagiate attraverso le misure previste nel decreto-legge n. 143 del settembre 2008, sordo alle perplessità sollevate dal Partito Democratico e da altre forze dell'opposizione sull'efficacia delle nuove regole previste.
Il concorso bandito nel gennaio 2009 per il trasferimento alle sedi vacanti di procura, ubicate prevalentemente nelle regioni con più alto tasso di criminalità organizzata, evidenziava in maniera drammatica la persistente difficoltà di copertura degli organici di numerose sedi giudiziarie. Su 206 posti pubblicati, ben 132 rimasero scoperti perché privi di aspiranti e solo 3 su 74 furono attribuiti a magistrati che svolgevano funzioni giudicanti. In Sicilia rimasero scoperti 56 posti su 61 e 25 su 27 in Calabria. Le domande per il trasferimento alle sedi vacanti di procura furono avanzate solo da magistrati che già svolgevano le funzioni di pubblico ministero e pertanto non fu colmato alcun vuoto, ma si operò solo uno spostamento territoriale di magistrati che lasciavano scoperti i posti nelle procure di provenienza.
I vuoti nella copertura degli organici e delle procure si concentrano in alcune regioni e distretti che presentano indici di scopertura allarmanti e, per di più, sono caratterizzati da consistenti movimenti della magistratura in uscita.
Su questo tema così scottante il Partito Democratico ha presentato un'interrogazione a risposta immediata (question time) nel maggio 2009 al Ministro della giustizia, che, nel rispondere, ci assicurava - riporto le parole del Ministro - «che il numero delle sedi disagiate e dei magistrati incentivabili risulta sufficiente a coprire i posti vacanti».
Di fatto, invece, gli interventi effettuati dal Governo non furono sufficienti a far fronte alla scopertura delle sedi, come dimostrano i dati, né il problema è stato risolto dai bandi di concorso del maggio 2009 e, come nelle «grida manzoniane», nel luglio 2009; bandi che il Ministro è stato costretto di nuovo a pubblicare per la necessità di coprire nuovamente le sedi.
All'esito dell'espletamento di entrambi i bandi, su 75 posti complessivamente pubblicati, sono stati effettuati 48 trasferimenti, i quali hanno interessato solo 15 magistrati che esercitavano funzioni giudicanti; ciò vuol dire che per i restanti 33 trasferimenti si è trattato di un mutamento di sede, ma non di funzioni.
Da un'analisi più particolareggiata dei dati relativi ai concorsi in oggetto è emerso che dei 48 magistrati trasferiti a sedi disagiate, 14 prestavano già servizio in sedi del Sud Italia, ed ivi sono rimasti, mentre 9 magistrati provenienti dal Nord Italia ed 8 dal Centro Italia sono stati trasferiti in sedi meridionali. Inoltre, nella stessa interrogazione il Partito Democratico proponeva la sospensione del divieto di trasferimento dei magistrati di prima nomina a funzioni requirenti, ma invano, così come invano ribadiva la necessità di un intervento di riforma organica della giustizia.
Vorrei ricordare all'onorevole Stracquadanio che richiamare questi dati non è conservatorismo, è svolgere un'attenta analisi della realtà attraverso la quale, poi, si possono costruire proposte che risolvano effettivamente i problemi. Noi capiamo bene il motivo per cui il Governo è preoccupato, è allarmato da questa situazione, ce lo dice nella relazione di accompagnamento al decreto-legge: numerosi sedi giudiziarie, in luoghi in cui è importante mantenere efficiente il contrasto alla criminalità organizzata, si trovano in condizione Pag. 16di non potere quasi più operare per carenza di personale di magistratura e di mancanza di aspiranti volontari.
Questa è la conferma, scritta dallo stesso Governo nella sua relazione introduttiva, della fondatezza delle preoccupazioni del Partito Democratico sull'efficacia di quel provvedimento, così tanto contestato da noi, non per voglia di opposizione, ma perché non ci sembrava lo strumento adeguato per affrontare i mali delle coperture delle sedi disagiate; quindi, è necessario intervenire nuovamente sulla norma per modificarla.
Queste condizioni, che sono descritte così bene nella relazione introduttiva del decreto-legge in esame, sono confermate e certificate dai dati assolutamente inquietanti che troviamo riportati nel parere espresso dal Consiglio superiore della magistratura. Prima dell'entrata in vigore della riforma dell'ordinamento giudiziario più del 50 per cento delle vacanze negli organici degli uffici requirenti erano colmate - ci dice il CSM nel suo parere - con l'assegnazione della sede ai magistrati di prima nomina, che venivano assegnati soprattutto agli uffici del Meridione. I posti requirenti vacanti salgono vertiginosamente dai 68 del 2007, ai 181 del 2008, ai 249 del 2009. Siamo quindi soddisfatti che in Commissione siano stati approvati gli emendamenti delle opposizioni che consentiranno di coprire sedi particolarmente disagiate procedendo all'assegnazione delle stesse a magistrati nominati nel 2009 con l'attribuzione delle funzioni requirenti, al termine del tirocinio ed antecedentemente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.
L'adozione di questa misura è giustificata dall'esigenza di assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria nelle sedi afflitte da prolungata carenza di personale di magistratura, ed è pertanto conseguente alla tutela di beni primari della collettività.
Ciò, tuttavia, consente anche un congruo periodo di apprendistato dei magistrati di prima nomina in affiancamento a un magistrato più anziano ed esperto. Bisogna considerare, inoltre, che svolgere le funzioni di magistrato inquirente richiede energia, entusiasmo e sacrificio; tutti requisiti già sperimentati nelle procure delle sedi più esposte delle regioni meridionali, così come ci hanno testimoniato molti magistrati di prima nomina che si sono formati proprio in questa difficile ma appassionante trincea.
È vero che questa norma è stata introdotta dal Governo Prodi nel 2007, ed io ero relatrice di quel provvedimento sulla riforma dell'ordinamento giudiziario. Tuttavia, non appena ci siamo resi conto dell'impatto negativo che questa norma aveva sul sistema, con grande umiltà e con grande senso di responsabilità abbiamo invitato più volte il Governo e abbiamo presentato tanti emendamenti affinché questa norma venisse derogata. Le conseguenze, infatti, dell'applicazione di questa norma sono state assolutamente devastanti. Quindi, abbiamo trovato un rimedio rapido ed efficace che, oltre a garantire la copertura delle sedi disagiate, eviterà gli effetti negativi di un trasferimento d'ufficio generalizzato, così come era disegnato nell'originaria versione del decreto-legge del Governo (per quanto circoscritto nel tempo), che avrebbe riguardato a regime ben 750 magistrati. Questi avrebbero lasciato vacante la propria sede senza contare che, essendo la temporaneità del provvedimento legata ad una riforma annunciata ma non ancora elaborata, non avremmo mai avuto nessuna certezza sui tempi di applicazione.
Non mi soffermo sugli altri dati del provvedimento relativi all'aumento da 60 a 80 del numero delle sedi disagiate da individuare ogni anno, all'aumento da 100 a 150 del numero di magistrati che ogni anno possono essere trasferiti d'ufficio e, in generale, ai magistrati coinvolti da questo provvedimento. Desidero soltanto soffermarmi sul trasferimento d'ufficio che può essere disposto in sedi disagiate che distano - grazie ad un emendamento approvato in Commissione giustizia - anche meno di 100 chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio, essendo del tutto irragionevole la distanza superiore a 100 Pag. 17chilometri fissata nel testo originario del decreto-legge presentato dal Governo.
Faccio un'ultima annotazione sul fatto che il legislatore sceglie, quale criterio guida, per l'individuazione dell'ufficio da cui attingere per i trasferimenti d'ufficio quello della prossimità territoriale. Anche su tale aspetto abbiamo presentato degli emendamenti; ora si prevede un regime di reciprocità che prima non c'era tra Calabria e Sicilia, ma occorre però prestare più attenzione al contesto territoriale in cui questa norma dovrà operare. Le regioni del sud, purtroppo, continuano a rimanere isolate dal resto dell'Italia e solo dalle stesse regioni del sud potrà venire il sostegno per coprire le sedi disagiate (naturalmente là ci saranno altre sedi che rimarranno scoperte). Quindi, questa modifica da noi operata in Commissione, che prevede l'assegnazione di giudici di prima nomina direttamente nelle sedi disagiate, avrà il compito e la missione di superare anche queste contraddizioni.
Non si tratta di due strategie diverse - come ha affermato ieri il Ministro Alfano nelle sue comunicazioni - tra chi guarda il futuro e chi il passato, tra chi resiste al cambiamento e chi vuole innovare, tra chi si oppone senza proporre soluzioni e chi opera, interviene, risolve. Noi riteniamo che questa vicenda delle sedi giudiziarie, i due decreti-legge, gli atti di sindacato ispettivo e le proposte presentate siano, invece, paradigmatici. Invitiamo il Ministro, il Governo a riflettere su questa esperienza. Non è sufficiente la politica degli annunci. Le norme vanno poi applicate e la realtà è spesso più complessa e articolata di quanto non si supponga quando si pensa a una norma. Solo quando l'applicazione di una norma dà risultati concreti e risolve concretamente i problemi, solo allora possiamo affermare di avere approvato una buona norma utile alla società. Auguriamoci che ciò succeda con il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, i colleghi del Partito democratico che mi hanno preceduto hanno ampiamente svolto i temi sostanziali contenuti nel decreto-legge in esame, del quale si sta svolgendo la discussione sulle linee generali e che rappresenta la punta dell'iceberg del problema giustizia. Purtroppo, alle problematiche della giustizia si cerca di ovviare con provvedimenti di urgenza che, come tutti i provvedimenti di urgenza, sia pur predisposti con tutte le ottime intenzioni che possono essere alla base di qualsiasi Governo, hanno però il limite di non risolvere il problema alla radice.
Il provvedimento d'urgenza in esame, come è già stato affermato, nasce sostanzialmente per rivedere un provvedimento del Governo che, nel 2008, aveva affrontato con certe modalità il cosiddetto problema delle sedi disagiate, in particolare degli uffici di procura. Disagiate sono le sedi che hanno, in termini di organico, una scopertura maggiore ad una certa percentuale e non in quanto geograficamente disagiate. In esse vi è sempre qualcosa in movimento: a seguito di pensionamenti, scoperture o a mancate richieste, che riguardano i trasferimenti ordinari, in queste sedi, che possono essere al sud (come avviene di solito, in prevalenza), ma anche al nord, il funzionamento delle stesse è messo in crisi. Vi sono anche procure del nord in cui vi è solo una persona, il procuratore capo.
Nel 2008 - qui eravamo più o meno sempre le solite persone, in quanto il problema è sempre stato affrontato dalla Commissione giustizia - il Governo era intervenuto prevedendo una serie di incentivi economici e di carriera per far sì che quelle sedi cosiddette disagiate - individuate dal Ministro e dal CSM in quanto gravemente scoperte - potessero essere appetibili per trasferimenti cosiddetti d'ufficio, ma con il consenso, a disponibilità, non manu militari. Tale intervento modificava criteri già vigenti in base alla legge n. 133 del 1998. Il trasferimento d'ufficio in sedi disagiate, quindi, è stato sempre previsto dall'ordinamento giudiziario. Quando si dice in giro che i magistrati Pag. 18sono inamovibili e godono di una condizione di privilegio rispetto ad altri funzionari dello Stato si dice cosa non vera.
Quel trasferimento d'ufficio già esisteva. È stato modificato, perché le cose evolvono, dal Governo di questa legislatura ed è stato previsto un sistema di incentivi economici, come dicevo prima, e di carriera, che al Governo sembravano appetibili per far sì che in realtà ci fosse una mobilità d'ufficio, ma con il consenso, perché c'erano dei vantaggi che venivano rappresentati, delle utilità.
Noi all'epoca - ho rivisto proprio ieri il dibattito in Aula - dicemmo che ci opponevamo a quello strumento. Ciò non perché vogliamo tutelare i privilegi di caste o di corporazioni o perché siamo retrogradi, come in maniera molto semplicistica qualcuno ha voluto sottolineare, pur di fronte ad un'opposizione che continuamente dà prova di spirito costruttivo e di voglia di dare il proprio apporto alla maggioranza. Quella volta dicemmo - e abbiamo avuto ragione - che quel sistema non avrebbe funzionato, ma non perché i magistrati non avrebbero preso al balzo la possibilità di avere quella parte di stipendio in più o dei privilegi di carriera rispetto agli altri, ma per come è strutturato l'ordinamento giudiziario attuale, reduce da una riforma che avete varato nella precedente legislatura, ma che ha origine dall'elaborazione del Ministro Castelli, quindi è una riforma che in parte viene dal Governo di centrodestra.
Quella riforma fece una scelta e di fatto, avendo precluso la possibilità che all'esito di un concorso si andasse a coprire anche le sedi degli uffici di procura, quindi che magistrati freschi di prima nomina andassero a coprire quegli uffici, si è impedito che quegli uffici fossero ricoperti.
Quindi, si erano create delle vacanze così gravi che ad esse non si poteva sopperire con un trasferimento, sia pure a domanda, ma cosiddetto d'ufficio e su incentivazione. I dati sono stati anche riportati nel parere del Consiglio superiore della magistratura che li ha analizzati e il sottosegretario ne è a conoscenza, ovviamente nell'ambito della sua attività. I concorsi, che il CSM ha bandito d'intesa con il Ministro, hanno portato ad una parziale copertura, quindi ci sono stati magistrati che hanno utilizzato quel percorso incentivante previsto dal Governo.
Dunque, non è vero che sono sedi sgradite ai magistrati, perché quelle sedi in parte sono state ricoperte. Però purtroppo - il Governo lo sa - in base ai divieti e alle incompatibilità che ci sono anche di tramutamenti nell'ambito del distretto o fuori distretto tra giudice e pubblico ministero, divieti giusti, quell'incentivo non ha potuto funzionare al 100 per cento.
Tuttavia, noi già all'epoca, data l'eccezionalità, abbiamo suggerito di sospendere l'efficacia di quella norma che riguardava il divieto di utilizzazione delle nuove forze ai fini della copertura, perché dal 2008 avevano già preso servizio i vincitori di due concorsi mi pare, sicuramente i vincitori di uno di essi. Quindi, questo problema, se avessimo seguito all'epoca la nostra linea, che avevamo tenuto con grande generosità e voglia di collaborare con il Governo, sarebbe già stato risolto. Infatti, sostanzialmente a noi opposizione del Partito Democratico - qui lo voglio dire pubblicamente, affinché rimanga agli atti della Camera - non interessa lo sfascio della giustizia. Noi vogliamo che si costruisca qualcosa di positivo per la giustizia e per i cittadini. Quindi, il problema è che le riforme vanno confrontate e fatte con un sistema di contemperamento delle varie esigenze. Ecco che quella volta questo contemperamento non è stato accolto.
Questa volta devo dare atto al Governo, in particolare al sottosegretario Caliendo, e al relatore, che, tra l'altro, viene anch'egli dalla magistratura e conosce perfettamente le problematiche sottostanti, che in Commissione giustizia vi è stata questa convergenza, per cercare di mediare.
Ovviamente, non è stata accolta tutta la nostra proposta - è nelle cose, nella fisiologia del dibattito - però è stato accolto il principio per cui, se la necessità del nostro Paese è di fornire degli strumenti immediati per far sì che gli uffici di Pag. 19procura funzionino e che vi sia una lotta alla criminalità comune e organizzata, e quindi i giudici possano esercitare la giurisdizione e si attui il principio di obbligatorietà dell'azione penale, la cosa immediata da fare è, e ci siamo arrivati (il testo giunto in Assemblea è già diverso rispetto a quello iniziale), prevedere una deroga per i vincitori di un concorso che immediatamente hanno già assunto le funzioni e che potranno assumere le funzioni nelle sedi cosiddette disagiate, sulla percentuale individuata dal Governo, su cui dovrà decidere il Consiglio superiore della magistratura, della scopertura del 30 per cento.
Già a novembre di quest'anno - non bisognerà aspettare il 2014 - tali sedi potranno avere magistrati titolari formati, vigorosi e vogliosi di dare un contributo allo Stato, che potranno coprire tutte le sedi disagiate, perché il concorso già comprende oltre 300 persone.
Faccio subito una riflessione, che sottopongo al Governo e al relatore: a questo punto, quel nuovo conio di trasferimento d'ufficio di autorità - lo chiamo di autorità per distinguerlo da quello con il consenso, sono sempre due tipi di trasferimento d'ufficio - che senso ha prevederlo fino al 2014, poiché è rimasta la norma?
Che senso ha? È giusto rivedere le modalità per sopperire a delle esigenze imprescindibili di funzionamento della giurisdizione, e quindi è giusto prevedere e disciplinare un tipo di trasferimento d'ufficio. Non siamo retrogradi, non siamo ancorati a dei privilegi di una categoria che possono andare a danno dei cittadini, mai!
Sollecito il Governo e il relatore ad una nuova formulazione di quel trasferimento d'ufficio, che il Governo aveva previsto e coniato prima di addivenire a questa nuova formulazione, che consente l'immediata copertura a novembre 2010; a tale data vi sarà l'assegnazione delle sedi e a luglio 2011, poiché il tirocinio mirato dura sei mesi, questo esercito di persone si recherà in tali sedi.
Perché dobbiamo lasciare quella norma fino al 2014? Questo è il mio primo interrogativo e la mia prima problematica, che pongo in maniera molto distesa e con la massima collaborazione. Ovviamente, su questo presenteremo degli emendamenti, ma le soluzioni non le dobbiamo trovare noi; noi avanziamo delle proposte, poi la soluzione la troveranno il Governo, il relatore, la maggioranza, speriamo d'intesa con le opposizioni.
Per l'altro problema che è stato accennato, voglio rivolgermi al Governo, perché si faccia interprete anche nei confronti del Ministro, proprio perché vogliamo dare una mano perché il sistema funzioni; non vogliamo lo sfascio delle procure della Repubblica, perché sappiamo che quei luoghi sono il pronto soccorso del male e della giustizia nei confronti dei cittadini e delle vittime di reato. È come se chiudessimo i pronti soccorsi, che sono il filtro per andare negli altri reparti.
Mi chiedo allora: giacché il periodo di tirocinio è fissato con decreto del Ministro, sentito ovviamente il CSM, perché non si pensa di far fare ai magistrati che andranno a ricoprire le sedi di prima nomina, a seguito del concorso del 2009, come si è stabilito con un emendamento formulato d'intesa tra opposizione e Governo, il tirocinio mirato (cioè l'ultima parte in cui si vanno a formare) presso le sedi cosiddette disagiate, cioè presso gli uffici di procura? Si tratta di un'iniziativa che può assumere il Governo! Si avrebbe allora un'anticipazione della copertura delle sedi non a luglio 2011, ma a ottobre, novembre, dicembre 2010.
Se la norma del trasferimento coatto è dunque soltanto un segnale, per cui si vuole comunque dare una risposta a chi, nell'ambito della maggioranza (ma non sono poi tutti, perché nell'ambito della maggioranza c'è gente che come noi crede nel funzionamento effettivo della giustizia), ha «sete» di dare colpi all'autonomia ed indipendenza della magistratura, allora è un conto, e non arriveremo mai a rivedere quella norma: basta saperlo, ognuno poi sa fino a che punto l'opposizione Pag. 20può anche «spingere», o comunque può rappresentare le istanze della sua parte.
Se si tratta, invece, di una norma che aveva un senso, essendo stata motivata, così come leggo nella relazione del decreto-legge firmato dal Capo dello Stato, con la necessità di sopperire ad un'esigenza effettiva di continuità della funzione giurisdizionale, e quindi anche con un riconoscimento dell'unità della magistratura nell'organo inquirente e giudicante; se la verità è quella che noi leggiamo, credo allora che tale norma comunque vada rivista, che ne vada rivista la durata; comunque, si può anche cercare di perfezionare un po' il trasferimento d'ufficio, riportandolo nell'ambito non di un «mostrare i muscoli», ma di una funzionalità effettiva. Verificherà il Governo che noi, sotto questo profilo, abbiamo abbandonato alcuni emendamenti, li ritireremo, proprio perché c'è una volontà di andare avanti, non di andare indietro.
Vorrei trattare ancora due punti: la digitalizzazione, e la questione della Scuola superiore della magistratura; una modifica alle competenze della Scuola superiore della magistratura è stata introdotta con un emendamento del Governo, non faceva quindi parte del decreto-legge.
Sotto il profilo della digitalizzazione, noi siamo ovviamente favorevoli a tutte le misure che concretamente porteranno a migliorare il servizio, ad accelerare i tempi, ad evitare attività cartacee inutili. Credo che su questo punto il Governo abbia come interlocutore il Ministro, ed il Ministro ha poi come interlocutore, anche consultivo, il Consiglio superiore della magistratura, che con un parere segnala quali sono le problematiche; l'opposizione ha poi cercato anche da parte sua autonomamente di segnalarle nell'immediato. La digitalizzazione dovrebbe comportare la sostituzione delle forme di notificazione cartacea con obbligatorie forme di notifica, tranne che per l'imputato, per tutte le altre parti, con la posta elettronica certificata; si fissa poi il termine di 60 giorni e si impone ai capi degli uffici di dare immediata attuazione a tale norma.
E guai a chi non ne dà immediata attuazione! Vi è anzi una responsabilità del capo dell'ufficio.
Mi permetto di rappresentare che, in realtà, tutto questo meccanismo ha bisogno di risorse economiche e di personale: quando infatti si dovrà fare la scannerizzazione di un documento affinché esso possa essere informatizzato, chi farà appunto la scannerizzazione, registrandosi una carenza di organico gravissima? Si dovrà quindi ricorrere alla collaborazione del personale ausiliario con il sostegno dell'ufficiale di polizia giudiziaria, che magari operano presso gli uffici delle procure della Repubblica o presso le sedi, per il penale, del giudice per le indagini preliminari o del GUP.
In qualche modo, ciò che abbiamo criticato non è l'idea di proseguire in questa modernizzazione della giustizia (è evidente, infatti, che non si lavora più con penna e calamaio), ma il fatto che tutto questo viene realizzato senza aver prima previsto una riorganizzazione degli uffici.
È come se uno uscisse di casa ben curato dopo il parrucchiere, ma poi magari si accorgesse di avere le scarpe bucate: si tratta di un minimo di buona amministrazione! Quindi abbiamo detto che non vi era, a nostro avviso, la necessità di adottare al riguardo un decreto-legge, ma comunque, anche volendo intervenire attraverso un decreto-legge, abbiamo chiesto al Ministro di tenere conto delle buone prassi che già esistono e del processo telematico che lui stesso ha realizzato. Proseguendo un lavoro che era iniziato con il Governo di centrosinistra, esso è stato infatti portato a termine in alcune sedi e si sta applicando con riferimento al decreto ingiuntivo e ad altre procedure, come le notifiche (la sede di Milano, ad esempio, è a regime già da quest'estate), ma secondo una procedura diversa da quella che viene prevista con il presente decreto-legge.
Ciò che si è fatto finora verrà dunque buttato al macero: sembra quasi che vi sia un desiderio di ricominciare sempre da capo, pur sapendo quanti sono i costi dell'informatizzazione e quale mondo operi Pag. 21nel settore degli appalti ed in tutto il comparto dei servizi dell'informatica. Allora vi chiedo: se si è sperimentato che in alcune sedi il processo telematico già funziona secondo certi moduli, perché non si prosegue in quella maniera? Perché non si operano gli aggiustamenti su quel punto? Perché non se ne tiene conto attraverso un monitoraggio di ciò che va e di ciò che non va, sentendo gli operatori interessati compresi gli avvocati, perché anche per gli avvocati vi sarà la necessità immediata di disporre di una casella di posta certificata?
Ma voi sapete che negli uffici giudiziari la casella di posta certificata ce l'ha soltanto il presidente e il dirigente amministrativo, l'alto grado, mentre non esiste per gli altri uffici?
La casella di posta certificata è qualcosa per la cui realizzazione occorrono non sessanta giorni ma anni, affinché tutto il sistema cambi.
Anche su questo punto ci siamo permessi in sede di discussione - e presenteremo su tale punto degli emendamenti, non certo soppressivi - di suggerire l'inserimento di forme di consultazione, perché la democrazia è fatta di consultazione e non di provvedimenti imposti soltanto per far vedere che si è fatto sulla carta qualcosa che poi però bisogna realizzare!
L'altro punto riguarda la Scuola superiore della magistratura, che nel 2006 rappresentò un fiore all'occhiello della riforma dell'ordinamento giudiziario. In realtà, lo Stato italiano per la prima volta si poneva in linea con altri Paesi come la Spagna e la Francia (la Scuola superiore francese, l'École, è una delle prime scuole ad aver dato il massimo del proprio apporto nella formazione dei magistrati). Ma devo dire che in questo campo la IX commissione - composta di personale che, come potete capire, è irrisorio rispetto a quello che potrà essere una scuola - ha realizzato da circa un ventennio nell'ambito del Consiglio superiore della magistratura un'attività continua di formazione dei magistrati di prima nomina e di formazione dei magistrati ordinari, tanto che fa parte di una rete europea di formazione e che la presidenza ha assunto il Consiglio superiore della magistratura come organo di riferimento dei Paesi europei.
Questo per dire che non si parte da zero, eppure la Scuola superiore della magistratura istituita nel 2006, siamo nel 2010, non è ancora decollata. Vi è una serie di problematiche e di interessi sottostanti su dove e in quale sedi istituire le scuole. Abbiamo visto che il Ministro Castelli, prima di dimettersi, individuò Bergamo come una delle tre sedi, e che il Ministro Mastella ha individuato Benevento e al riguardo sono stati varati i relativi decreti. Per quanto riguarda la terza sede non so se il procedimento si sta concludendo a favore di Roma o di Firenze, ma la cosa importante è che la Scuola e il suo comitato direttivo comincino ad operare. La scuola della magistratura in Francia non ha tante sedi per i magistrati delle varie parti del Paese, pur essendo la Francia più grande dell'Italia; vi è una sola sede per gli uditori, i magistrati di prima nomina, e una per i magistrati anziani. In Italia, invece, signor Presidente, si vogliono istituire delle sedi, dove far confluire i magistrati, che divideranno l'Italia in tre parti, mentre l'interscambio delle esperienze è la linfa della scuola e della formazione.
Il Governo ha introdotto un emendamento nell'ultima fase - non voglio dire nell'ultima ora perché è stato presentato in Commissione in questa settimana - che vuole reintrodurre ciò che - lo dico anche alla collega Samperi che era relatrice alla Camera del testo sull'ordinamento giudiziario nella precedente legislatura - era stato abrogato della legge n. 111 del 2007. Da parte del Governo, con un emendamento introdotto nel decreto-legge (credo vi sia anche una questione di ammissibilità), si introduce una norma che in sé fa capire dove si vuole andare a parare. Il comitato direttivo della Scuola superiore è composto da membri nominati dal Ministro e dal Consiglio superiore della magistratura, e presieduto dal componente nominato dal Ministro. Questa norma, reintroducendo una norma che era stato abrogata da questo Parlamento, prevede che, Pag. 22all'esito dei corsi di valutazione dei dirigenti, il comitato direttivo della Scuola, contravvenendo a ciò che prevede la Carta costituzionale, farà la nota di valutazione dell'idoneità a coprire il posto di dirigente, di cui terrà conto il Ministro nel concerto, e che andrà ad incidere direttamente, perché prelude anche alla possibilità di accesso al concorso da dirigente. Si reintroduce, quindi, con una confusione di ruoli, una vecchia norma: chi fa la formazione, farà anche la valutazione di idoneità. Credo che in tutti i percorsi formativi, fornire degli elementi di informazione sulla partecipazione sia una cosa diversa. La nota valutativa è un qualcosa che in realtà fa entrare, attraverso un decreto-legge, una modifica non di poco conto, anzi di grave incidenza, sulla nomina dei direttivi da parte della V commissione, presieduta dal Capo dello Stato, con il concerto del Ministro, e si tratta dell'unica commissione del CSM ad efficacia esterna. Si stravolge il sistema delle nomine. Non siamo retrogradi, vorremmo però che su questo punto ci fosse un dibattito che non sia limitato alla conversione di un decreto-legge.
Credo che il Parlamento, che ha abrogato quella valutazione che proveniva da una precedente formulazione, abbia il diritto di affrontare queste problematiche con dei tempi e delle modalità di dibattito diverse rispetto all'urgenza di un decreto-legge che, tra l'altro, regola una materia estranea a quella originaria del provvedimento stesso. Si tratta di uno degli altri aspetti essenziali della formulazione del provvedimento all'esame dell'Assemblea, e su tale aspetto il confronto non può cessare, anzi occorre approfondire il dibattito. Non possiamo pensare che, attraverso questo strumento, si vada ad incidere surrettiziamente su un modello che concerne elementi di valutazione (che possono essere dati da una scuola di formazione che, peraltro, ancora non esiste), elementi di valutazione che devono riguardare un capo dell'ufficio e devono essere rapportati alla capacità di organizzazione. Ma il capo dell'ufficio giudiziario non deve fare soltanto il manager, deve sapere anche dirigere tale ufficio, quindi deve esercitare la giurisdizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Papa.

ALFONSO PAPA, Relatore. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Dal dibattito che è emerso, in particolare con riferimento agli ultimi interventi, credo che siamo tutti d'accordo che questa materia non meriti, proprio per l'importanza degli affari trattati, derive demagogiche di alcun genere. Allo stesso modo, ogni eventuale strumentalizzazione politica con riferimento agli assetti della magistratura o alle esigenze dei servizi connessi alla giustizia sarebbe un grande male. Ritengo allora che noi dobbiamo con grande onestà riconoscere in primo luogo che questo provvedimento introduce una regolamentazione organica e con assetti più stabili con riferimento alla magistratura onoraria. Credo che, sicuramente, anche i colleghi che sono intervenuti su questo tema sanno che gli interventi fatti sulla magistratura onoraria fino a questo momento sono stati semplicemente interventi sistematici di proroga, senza alcuna presa di posizione. Il solo fatto che oggi si prenda posizione anche con riferimento, ad esempio, a giudici di pace che sono entrati in una fase successiva e che vedono un riconoscimento di determinate posizioni e di determinate richieste deve essere valutato positivamente.
Con riferimento all'aspetto della digitalizzazione del processo e dei servizi connessi alla giustizia, finalmente (e piace ricordare che il Governo lo deve fare in via d'urgenza) ci troviamo ad essere stimolati ad intervenire su questa materia dal Governo; dunque, è l'occasione per Pag. 23tutti, anche per l'opposizione, per le cose affermate, per contribuire ad affrontare uno dei temi che da sempre vengono denunciati, atteso che uno dei grandi motivi di inefficienza del nostro processo viene riconosciuto in questa incapacità di renderlo meno cartaceo e più telematico, e venire incontro alle esigenze di tutti gli operatori, a cominciare peraltro dagli avvocati prima ancora che dai magistrati. Con riferimento ai trasferimenti dei magistrati, dei miglioramenti sono stati apportati e il dibattito in Assemblea sicuramente sarà proficuo. Ricordiamo a noi stessi, per le cose dette e visto che si è fatto riferimento ai tanti giovani magistrati che vivono situazioni di difficoltà e situazioni di confine, che tutti sappiamo che, per un vuoto normativo, fino a questo momento si è supplito, mandando giovanissimi magistrati di prima nomina in uffici che - si sa - hanno problemi strutturali, organizzativi e di organico, i quali sono stati chiamati ad iniziare le proprie carriere con un grandissimo aggravio in termini esistenziali, di status e di organizzazione.
Tutto ciò veniva gestito in via amministrativa, senza una fonte di riferimento, dall'organo di autogoverno con le discrasie che sono state denunciate. Oggi si interviene, devo dire che coraggiosamente si prende anche una posizione sulla fungibilità delle funzioni per il giovane magistrato. Tale posizione rappresenta un atto di coraggio da parte del Governo che testimonia la consapevolezza dell'urgenza e delle difficoltà del momento che stiamo vivendo ma soprattutto si regolamenta una materia. Quindi, ritengo che un invito all'opposizione proprio per l'atteggiamento responsabile che ha tenuto in questi lavori - come l'ha tenuto il Governo - possa e debba essere quello di un confronto sereno e finalizzato alla funzionalità del servizio che si va a coprire. Tutti in magistratura sanno che purtroppo sono anni che determinate sedi non vengono coperte. Sono circa quindici anni che si fanno sistematicamente concorsi a circa 300 posti di uditore e ciononostante queste sedi non sono state coperte. Non sono state coperte certamente non per neghittosità o per atteggiamenti corporativi ma perché in qualunque ambito di impiego difficilmente si può pretendere un atto di sacrificio o di coraggio che non nasca da un moto di spirito. Oggi questa emergenza divenuta endemica non è più tollerabile e, così com'è accaduto in passato, si richiede uno sforzo di responsabilità e si coinvolgono tutti i magistrati proprio cercando di non penalizzare quelli più esposti e forse più deboli, cioè i giovani che sono all'inizio della loro esperienza. Su questo possiamo migliorare, vogliamo migliorare ma ciò potrà accadere proprio attraverso una collaborazione e un atteggiamento responsabile al quale tutti probabilmente faremmo bene a richiamarci nei lavori che si stanno per aprire in Assemblea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, non sarei intervenuto né intervengo per vantare di aver sollecitato una riformulazione dell'emendamento presentato dall'onorevole Rao in Commissione al fine di trovare una soluzione che potesse essere condivisa da più forze politiche, utilizzando anche alcuni aspetti dell'emendamento Ferranti. Avverto la necessità di intervenire sia per alcune considerazioni espresse nel dibattito, sia per alcune gravi deficienze e ignoranza delle leggi da parte del Consiglio superiore della magistratura nel suo parere, sia per una serie di indicazioni sbagliate che sono venute dai commenti di questi giorni. Ciò faccio perché Vittorio Bachelet, con il quale ho avuto l'onore di far parte del Consiglio, ci dava e ci confermava in una regola: prima di affrontare qualsiasi questione bisogna anzitutto conoscere i problemi, studiare, sapere i precedenti. Infatti la scienza dell'amministrazione può dare risultati concreti solo se si conoscono i problemi.
Partiamo dunque da un dato: la norma che fu introdotta dal Governo Prodi non faceva altro che recepire un'indicazione costante della migliore cultura della magistratura Pag. 24associata che, per trenta o quarant'anni, ha chiesto che non si andasse a svolgere funzioni requirenti se non dopo aver svolto le funzioni giudicanti e quel principio, a cui io ancora credo, è corretto averlo ancora mantenuto. Oggi mi è stato suggerito che vi era stata una richiesta di modifica in quest'Aula: è vero, al Senato no. Anche l'opposizione ha ritenuto che vi fossero altre ragioni che portassero alla non copertura di sedi sgradite, non disagiate. Mi meraviglia che l'onorevole Ferranti non percepisca un dato storico.
Nel Consiglio Superiore della Magistratura, di cui ho fatto parte, le sedi disagiate non erano quelle attuali, ma era Milano, tanto per fare un esempio, dove addirittura fummo costretti, in un solo concorso per uditore, a mandare 120 magistrati tra tribunale e pretura. Fu in quel momento che le chiamammo sedi disagiate, perché prima non si chiamavano così, e con circolare del CSM introducemmo criteri che premiavano chi andava in quelle sedi. Non è che ci siamo poi agitati, come avviene oggi, perché restavano scoperte sei mesi e poi invece bisognava ricoprirle dopo.
Abbiamo poi affrontato, all'epoca del terrorismo, il problema delle sedi che avevano diverse ragioni di disagio. Quando furono pronunciati i primi processi per terrorismo, in alcune corti di appello mancavano i consiglieri di Corte d'appello: non vi erano domande. Allora fummo costretti a fare una modifica della norma sui trasferimenti d'ufficio dei magistrati.
Ho ascoltato anche in questi giorni una serie di dimostrazioni di ignoranza, quando si è detto che il principio di inamovibilità dei magistrati non consente il trasferimento d'ufficio. A parte il fatto che la Corte costituzionale ce lo ha insegnato già dal 1982, la cosa essenziale è che di fatto per l'appello furono modificate le leggi sul trasferimento d'ufficio nel 1981, ma già erano previste dalle norme precedenti.
Per le sedi disagiate, quelle attuali, quelle non richieste, quelle degli uditori, nel 1991 fu previsto il trasferimento d'ufficio dei magistrati e, per chi non se lo ricordasse, nel 1998 furono introdotti alcuni benefici. La scopertura non era come quella di oggi, che non è nulla rispetto a quella che era la situazione nel 1998: 200 unità di trasferiti d'ufficio nel 1998 venivano autorizzate dalla legge, 150 nel 1999, 100 unità ancora nel 2000, ossia 550 posti vacanti e venivano autorizzati 550 trasferimenti d'ufficio.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, per sostenere l'illegittimità di un decreto-legge, mi viene ad indicare la norma dei cinque anni, dicendo che non vi è possibilità perché vi è una norma che impedisce il passaggio di funzione per cinque anni, ma bastava leggere la norma: la norma impedisce il passaggio di funzioni a chi fa domanda, ma a chi è trasferito d'ufficio non è applicabile. Né si può fare il calcolo di 750 magistrati, quando poi basta fare un calcolo matematico; basta conoscere un minimo di organizzazione per capire che, se trasferisco, con i tempi del successivo trasferimento, si arriverà al 2014. E nel 2014, nella legge, vi è finalmente un sistema a regime che non è inventato e che riprende il sistema di quando esisteva l'esame di aggiunto giudiziario. Quel sistema a regime che abbiamo introdotto eviterà a vita e per sempre la situazione delle sedi disagiate.
Ma veniamo alla norma così come è venuta fuori. Vi è chi si domanda se non sia opportuno forse eliminare la norma a regime e togliere il trasferimento d'ufficio. Forse, non ci siamo compresi: con questa norma, come è stato concordato in Commissione, al Consiglio Superiore della Magistratura abbiamo dato tutti gli strumenti immaginabili e possibili affinché in qualsiasi momento abbia lo strumento per risistemare e definire la questione.
Appena sarà votata questa norma, il Consiglio superiore della magistratura avrà la possibilità, immediatamente, di mettere a disposizione le 150 sedi.
A questo punto, vorrei ricordare che non siamo costretti ad intervenire dopo un anno con un altro decreto-legge. Nessuno lo ha detto, nemmeno il CSM: con il citato decreto-legge, questo Governo è stato il Pag. 25primo della Repubblica a ridurre le ipotesi di trasferimento d'ufficio. Basta leggere le carte. Noi abbiamo ridotto soltanto le sedi a copertura immediata, comprese quelle con il trasferimento - cioè, dieci posti -, perché abbiamo confidato nel senso di responsabilità della magistratura, che, di fronte ad un minimo di benefici, avrebbe coperto sedi sgradite.
Oltre 50 sedi su 80 sono state coperte: quindi, la questione non è che le sedi non sono state coperte. Il Parlamento deve essere posto in condizione di conoscere la realtà: oltre 50 sedi sono state coperte con la disponibilità della magistratura. Non avendo avuto la disponibilità totale, siamo stati costretti a tornare indietro rispetto alle previsioni sui trasferimenti d'ufficio di Governi che non erano gestiti dalla maggioranza attuale.
Una volta che si individua il nuovo sistema, vorrei tanto che, quando si sostengono certe tesi - anche nell'assemblea dell'Associazione nazionale magistrati -, si sapesse ciò che si dice. Infatti, quando si sostiene, con una teoria assurda, che questo Governo voleva tenere scoperte le sedi di procura per indire un concorso straordinario, ci si rende conto che la norma a regime inventata da questo Governo non consentirà mai più la scopertura dei posti di procura?
In questo modo, non solo non si consente il dialogo, ma nello stesso tempo, non ci si rende conto che il sistema che abbiamo approvato porterà i magistrati - mi auguro e confido veramente nella loro responsabilità - a fare domanda, affinché non si attui la norma transitoria.
Abbiamo previsto che il CSM dovrà immediatamente mettere a disposizione le sedi ed operare i trasferimenti d'ufficio, se è in grado; se non è in grado, avrà la possibilità - come mezzo eccezionale, per un'unica volta - di assegnare presso le sedi gli uditori dei concorsi del 2009. Tuttavia, il senso della responsabilità della magistratura, dell'Associazione nazionale magistrati e del CSM dovrebbe indurre i magistrati a fare la domanda, così come ha fatto il procuratore della Repubblica di Palmi, ottenendo delle disponibilità.
Il principio approvato nella passata legislatura, infatti, non è contro i magistrati: è invece un principio ispirato ad una logica di maggiore professionalità, volta a garantire la capacità di adeguarsi alle reali esigenze delle funzioni.
È proprio necessario dunque continuare un dibattito che, anziché indurre i magistrati a fare domanda, probabilmente perpetra uno scontro in una logica associativa secondo cui non si realizza la copertura di una sede perché si pensa o si sostiene che l'Associazione aveva proposto una sospensione? Per fortuna, nessuno ha sostenuto la sospensione a tempo indeterminato e noi l'abbiamo fatta passare.
Nello stesso tempo, vi invito a riflettere - e concludo - su un dato: sulle cosiddette sedi sgradite.
Se non fosse così, non vi sarebbe la scopertura delle sedi di Brescia e di Vigevano, cioè di luoghi e città del Nord vicini agli aeroporti. E non mi venite a dire che ciò vale solo per le sedi del Sud perché c'è lavoro: anche in questo caso, credo che - come ho già detto al Consiglio superiore della magistratura - tutti insieme, responsabilmente, dovremmo procedere ad una revisione degli organici.
Non è un caso che alcune procure, pur avendo forti scoperture, non siano state inserite nell'elenco delle sedi disagiate dal Consiglio superiore e dal Ministero. Vi è, infatti, una diversa quantificazione dell'organico: abbiamo magistrati che, in alcune procure, hanno carichi di lavoro di 300 procedimenti, ed altri magistrati che, in altre procure, ne hanno 1.200-1.300. Ed anche ammettendo che alcuni procedimenti possano riguardare la mafia o altro, non c'è proporzione! Questo problema riguarda un po' tutto il panorama giudiziario del nostro Paese, che va rivisitato dal punto di vista organizzativo.
Con questo provvedimento forniamo indicazioni al Consiglio superiore della magistratura, che potrà attuarle. Inoltre, prevediamo un'altra grande rivoluzione (che è stata chiesta al Governo non di questa legislatura, ma di tutte le legislature): la digitalizzazione del processo civile e penale. Finalmente siamo in dirittura d'arrivo, Pag. 26anche se dobbiamo registrare ancora una resistenza da parte degli avvocati: sono circa 10 mila gli avvocati che hanno la firma elettronica certificata in Italia, di cui 6.400 a Milano. I 6.400 avvocati di Milano, oggi, hanno a disposizione già un ufficio giudiziario funzionante che consente loro di avere rapporti con gli uffici dal proprio studio.
Dunque, mi domando: vogliamo sollecitare i capi degli uffici a svolgere quella funzione di sollecitazione, verifica e attuazione della disciplina dell'informatizzazione? Vogliamo dare loro gli strumenti e, come logica conseguenza, consentire a chi vuole fare il dirigente d'ufficio, di seguire un corso di formazione? Qual è il problema se poi c'è una valutazione? Se non vi fosse una valutazione, significherebbe soltanto «una gita a Roma», o dovunque si dovesse svolgere questo corso di formazione. Ma una minima valutazione dovrebbe essere prevista, in modo da consentire a chi riceve una formazione per andare a dirigere gli uffici, di poter essere valutato dal Consiglio superiore da magistratura e dal Ministro. Che senso ha che la Costituzione attribuisca al Ministro l'organizzazione e la responsabilità dei servizi, se poi non vi è nemmeno la possibilità di verificare e di costruire, di concerto con il Consiglio superiore della magistratura, le minime regole di capacità organizzativa? Quanta responsabilità vi è nel nostro Paese per i dirigenti degli uffici giudiziari, i quali non hanno responsabilità o capacità organizzative!
Non dico queste cose senza dati statistici, basti pensare a quello che è riuscito a fare il presidente del tribunale di Torino per il processo civile: in tre anni, ha eliminato quasi completamente l'arretrato. Il Ministro della giustizia, ieri, in quest'Aula, faceva riferimento ad un piano straordinario per eliminare l'arretrato civile. Ebbene, se si applicassero (ma non possiamo farlo per legge) quei metodi per tutta l'Italia, nel giro di quattro o cinque anni non avremmo più 5 milioni di debito giudiziario civile. Ve ne rendete conto? Oppure dobbiamo continuare a dire che la colpa è sempre del Governo e della mancanza di fondi, dal momento che Torino certamente vive e si trova in una situazione di copertura del personale giudiziario e del personale sia della magistratura che amministrativo, di gran lunga al di sotto della necessità, con scoperture forti rispetto a molti tribunali che, invece, risultano inefficienti?
Ho solo fatto un esempio, ma basta leggere quello che Luciano Violante ha scritto anni fa sui raffronti tra uffici giudiziari e tribunali che non hanno una capacità di organizzazione e di lavoro e tribunali che, invece, hanno tale capacita. Esistono in Sicilia, così come in Piemonte, sia quelli bravi, sia quelli che non vanno avanti.
Credo che occorrerà insieme costruire delle regole che non siano soltanto di attenzione ai problemi corporativi dei «poveri ragazzi» che vogliono o non vogliono andare in certe sedi. Dobbiamo, invece, porci il problema di costruire un sistema di efficienza e di garanzia per i cittadini.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Per un richiamo al Regolamento (ore 11,20).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò rapidissimo. Intervengo per un richiamo all'articolo 83, comma 3, del nostro Regolamento per una piccola battaglia personale, che si riferisce agli interventi del Governo in occasione dell'espressione dei pareri e che oggi mi consente anche di intervenire positivamente.
Signor Presidente, oggi abbiamo la fotografia plastica di cosa significhi rispettare il comma 3 dell'articolo 83. Anche onorando il dibattito che si è svolto in Aula, il Governo, al termine della discussione sulle linee generali, prende la parola Pag. 27e replica agli interventi. Così facendo, non si rivolge soltanto ai cinque o sei deputati che sono oggi presenti in Aula ad affrontare una tematica così importante, ma, atteso che, per fortuna, anche grazie alle tecnologie, i lavori della Camera dei deputati vengono ascoltati da migliaia - speriamo decine di migliaia - di persone, egli ha la possibilità di far conoscere, non solo ai deputati intervenuti, ma anche a tutti coloro che ascoltano e hanno potuto seguire il dibattito, il pensiero del Governo - seppure con il positivo «inquinamento» del dibattito da parte di coloro che sono intervenuti - e di replicare di conseguenza.
Apro solo una piccola parentesi. Sono anche contento di ciò perché così i cittadini italiani hanno potuto verificare - da questo punto di vista ciò ci rincuora - che, anche se ovviamente non concordo con alcune delle considerazioni del sottosegretario, - mi è parso di capire - non che il sottosegretario abbia sposato la teoria del partito del Popolo delle Libertà, e in particolare del suo esponente Stracquadanio, che oggi ci ha informato che sostanzialmente la magistratura è al pari delle Forze armate nella valutazione del Governo. Sottosegretario, forse era distratto quando è intervenuto l'onorevole Stracquadanio, ma questo era il succo del suo intervento, che è partito da questo.
Ciò detto, signor Presidente, come vede, l'affermazione: «il Governo si riserva di intervenire in altra sede» non è contemplata nel nostro Regolamento, non è nella logica dei nostri lavori e penso che questa potrà essere un'ottima occasione non solo per valorizzare la decisione del Governo di intervenire nella sede propria, che è quella di replica al dibattito che è in corso, ma, per il futuro, anche per fare in modo che quando il Governo interviene, invece, per esprimere il parere sulle mozioni o sugli emendamenti, entri nel merito delle mozioni che sono state presentate o delle proposte emendative, e non "abusivamente" in altra sede da quella che è propria, ossia quella della replica, che deve avvenire al termine della discussione generale.
Per tale motivo, torno a ringraziare sia il relatore, sia il Governo, al di là ovviamente delle considerazioni che saranno poi svolte nella fase dell'esame del complesso degli emendamenti dai colleghi del gruppo del Partito Democratico, perché oggi sicuramente, a differenza di quello che è accaduto in altre occasioni, abbiamo rispettato il Regolamento alla lettera.

PRESIDENTE. La ringrazio molto, onorevole Giachetti, per aver richiamato correttamente non solo la disposizione, ma anche quella che dovrebbe essere l'applicazione del nostro Regolamento. Converrà con me che la prassi non è stata certamente interrotta in questa legislatura, ma è consolidata nel senso di un'interpretazione meno restrittiva di quella che lei, giustamente, ha richiamato in questo momento.
Comunque, prendiamo atto della correttezza dello svolgimento dei lavori di questa seduta e troveremo il modo per accordarci sull'interruzione di una prassi che sicuramente ha dato un'interpretazione diversa della disposizione del comma 3 dell'articolo 83 cui lei ha fatto riferimento.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 25 gennaio 2010, alle 11,30:

1. - Discussione del disegno di legge:
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1441-quater-C).
- Relatore: Cazzola.

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2. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
CONSOLO; BIANCOFIORE e BERTOLINI; LA LOGGIA; COSTA e BRIGANDÌ; VIETTI; PALOMBA; PANIZ: Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza (889-2964-2982-3005-3013-3028-3029-A).
- Relatore: Costa.

3. - Discussione delle mozioni Zamparutti ed altri n. 1-00263 e Piffari ed altri n. 1-00320 concernenti iniziative per la difesa del suolo e del paesaggio e per la riqualificazione del patrimonio urbanistico ed edilizio.

4. - Discussione del disegno di legge:
S. 1755 - Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue (Approvato dal Senato) (2966).
- Relatore: Guido Dussin.

La seduta termina alle 11,25.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Ddl n. 1441-quater-B - Delega al Governo in materia di lavoro

Tempo complessivo: 16 ore, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 10 ore.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 30 minuti
Governo 20 minuti 30 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 16 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 26 minuti (con il limite massimo di 20 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 15 minuti 6 ore e 24 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 2 minuti 1 ora e 42 minuti
Partito Democratico 55 minuti 1 ora e 44 minuti
Lega Nord Padania 37 minuti 53 minuti
Unione di Centro 35 minuti 45 minuti
Italia dei Valori 33 minuti 40 minuti
Misto: 33 minuti 40 minuti
Alleanza per l'Italia 11 minuti 13 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti 6 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 5 minuti 6 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti 5 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti 5 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 4 minuti 5 minuti
Pag. 30

Pdl 889 e abb. - Impedimento a comparire in udienza

Discussione generale: 7 ore e 30 minuti.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 12 minuti (con il limite massimo di 18 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 28 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 34 minuti
Partito Democratico 1 ora e 19 minuti
Lega Nord Padania 44 minuti
Unione di Centro 39 minuti
Italia dei Valori 36 minuti
Misto 36 minuti
Alleanza per l'Italia 12 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 6 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 6 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 4 minuti
Pag. 31

Mozione n. 1-00263 e abb. - Difesa del suolo e del paesaggio e riqualificazione del patrimonio urbanistico ed edilizio

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 57 minuti (con il limite massimo di 14 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 23 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 17 minuti
Partito Democratico 1 ora e 4 minuti
Lega Nord Padania 35 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 28 minuti
Misto: 28 minuti
Alleanza per l'Italia 9 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

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Ddl n. 2966 - Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue

Discussione generale: 5 ore e 30 minuti.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 48 minuti (con il limite massimo di 16 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 52 minuti
Popolo della Libertà 55 minuti
Partito Democratico 45 minuti
Lega Nord Padania 35 minuti
Unione di Centro 33 minuti
Italia dei Valori 32 minuti
Misto: 32 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Noi Sud/Lega Sud Ausonia 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 4 minuti