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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 258 di martedì 15 dicembre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 dicembre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bindi, Bocci, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Fassino, Fitto, Franceschini, Frattini, Froner, Gelmini, Ghiglia, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Lo Monte, Mantovano, Margiotta, Martini, Antonio Martino, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Scajola, Stefani, Stucchi, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sull'aggressione ai danni del Presidente del Consiglio che ha avuto luogo il 13 dicembre 2009 a Milano.

PRESIDENTE. Come preannunciato ai gruppi parlamentari avrà ora luogo lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'aggressione ai danni del Presidente del Consiglio che ha avuto luogo il 13 dicembre 2009 a Milano.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'interno Roberto Maroni.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi...

PRESIDENTE. Onorevole Casini, la prego... Grazie.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto rinnovare anche qui, nella sede più solenne, lo sdegno mio personale e di tutto il Governo per la gravissima aggressione di cui il Presidente del Consiglio è rimasto vittima nella serata di domenica a Milano. A lui va la mia incondizionata solidarietà e vicinanza con Pag. 2l'augurio che possa al più presto tornare a svolgere la sua preziosa attività alla guida del Governo (Applausi).
L'eccezionale gravità dell'accaduto richiede una puntuale ricostruzione dei fatti. Nel pomeriggio di domenica scorsa, in occasione dell'apertura della campagna di tesseramento, il Popolo della Libertà ha organizzato una manifestazione in Piazza Duomo a Milano, in un'area che, soprattutto in vista delle prossime festività natalizie, è particolarmente frequentata. L'iniziativa si è svolta in una zona retrostante il Duomo e contigua a Corso Vittorio Emanuele, dove era stato allestito il palco per gli oratori e prevedeva la presenza di numerose autorità, tra cui il sindaco di Milano, il presidente della regione Lombardia, numerosi Ministri e il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Alla manifestazione hanno partecipato oltre 10 mila persone, essa è iniziata intorno alle 17,15 e il Presidente del Consiglio è arrivato sul posto intorno alle 17,40. Fin dall'inizio le forze di polizia impiegate nel servizio di ordine pubblico hanno rilevato la presenza in piazza di un centinaio di persone che contestavano la manifestazione e il Governo. I contestatori sono stati subito fronteggiati dai reparti di polizia schierati sul posto che li hanno fatti arretrare fino in Piazza Duomo, angolo via Santa Radegonda. L'intervento dei reparti scongiurava ogni contatto tra i contestatori e i manifestanti, evitando ulteriori scontri e più gravi turbative allo svolgimento della manifestazione.
Un altro gruppo di quattro, cinque persone, anche essi contestatori, si era posizionato sotto il palco all'esterno delle transenne, innalzando bandiere del Popolo della Libertà. All'arrivo del Presidente del Consiglio, dopo aver abbandonato le bandiere, il gruppo ha tentato di srotolare a favore delle telecamere uno striscione con una scritta ingiuriosa nei confronti del Presidente del Consiglio. Anche questo tentativo veniva scongiurato dal pronto intervento degli operatori di polizia presenti che riuscivano ad evitare che la provocazione potesse generare episodi più gravi.
Il Presidente del Consiglio, dopo aver chiamato sul palco i Ministri presenti, il sindaco di Milano e il presidente della regione Lombardia, chiudeva la manifestazione e intorno alle 18,35 raggiungeva l'area immediatamente retrostante il palco, ove erano state disposte, ad attenderlo, le autovetture del dispositivo di sicurezza. A questo punto, il Presidente, prima di ripartire, ha deciso di fermarsi per rispondere alle domande di alcuni giornalisti e per salutare i numerosi cittadini posizionati dietro le transenne predisposte per recintare la zona retrostante il palco. È proprio in questa occasione che, alle spalle dei giornalisti e delle persone che salutavano il Presidente, confuso tra la folla, una persona, successivamente indicata come Massimo Tartaglia, di 42 anni e residente a Cesano Boscone, con un'azione improvvisa lanciava contro il Presidente Berlusconi un oggetto in alabastro, riproducente il duomo di Milano e da lui comprato in precedenza in un chiosco della piazza.
Il Presidente Berlusconi veniva colpito al volto, tra la bocca e il naso, riportando gravi ferite e un vistoso sanguinamento. Portato immediatamente presso l'ospedale San Raffaele per le necessarie medicazioni, è stato successivamente ricoverato con una prognosi di venticinque giorni per ferite lacero-contuse al labbro superiore e distacco della porzione più distale della spina nasale ed osso mascellare di sinistra. L'aggressore è stato immediatamente bloccato da un operatore del servizio di sicurezza e del personale del locale commissariato di polizia. Accompagnato in questura subito dopo il fermo, è stato interrogato dal pubblico ministero Armando Spataro che ne ha disposto l'arresto per il reato di lesioni volontarie aggravate dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa e dalla premeditazione. Il Tartaglia, come da lui stesso dichiarato in sede di interrogatorio, si trovava in prossimità del luogo della manifestazione già dalle ore 11 del 13 dicembre, proprio in preparazione Pag. 3del suo folle gesto. In particolare, la premeditazione risulta provata anche dalla circostanza che l'aggressore è stato trovato in possesso di una bomboletta spray al peperoncino e di altri oggetti contundenti, astrattamente idonei a ledere persone tra cui un crocifisso in materiale resinoso. Il Tartaglia ha dichiarato di non appartenere a gruppi politici organizzati, né di frequentare centri sociali, ma di aver agito da solo, spinto dalla rabbia che da tempo covava dentro di sé nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. Dai primi accertamenti è risultato che l'aggressore celibe, incensurato e destinatario unicamente di un provvedimento di revoca della patente di guida per sopravvenuta mancanza dei requisiti e da molti anni in cura per problemi psichici di tipo paranoico, ha problemi di lavoro nonché grosse difficoltà relazionali con i genitori. Al momento sono ancora in corso le indagini da parte della polizia giudiziaria e il Tartaglia è stato condotto presso il carcere di San Vittore.
La gravità dell'episodio mi ha indotto a incontrare personalmente, nella mattinata di ieri presso la prefettura di Milano, i rappresentanti delle forze dell'ordine. Ho voluto, infatti, subito effettuare un'accurata ricostruzione dei fatti per verificare se il sistema di gestione dell'ordine pubblico durante la manifestazione fosse stato predisposto ed attuato secondo le regole che devono essere rispettate in casi del genere. Dopo aver ascoltato i rappresentanti delle forze dell'ordine, mi sono convinto che ciò sia avvenuto e che nessun rilievo possa essere mosso ai responsabili dell'ordine pubblico milanese. I dispositivi attuati hanno anzi consentito di sventare, come prima ricordato, un tentativo di violenta contestazione al Presidente del Consiglio proprio sotto il palco. Ricordo che, in occasione di ogni visita o impegno pubblico del Presidente del Consiglio, vengono preventivamente effettuati sopralluoghi da parte del personale della questura in stretta collaborazione con il personale dell'AISI, l'Agenzia per la sicurezza interna, a cui compete direttamente la responsabilità della sicurezza e della protezione istituzionale del Presidente del Consiglio. Vengono, altresì, disposti minuziosi servizi di bonifica preventiva sui percorsi e sui luoghi interessati, nonché specifici servizi di osservazione riservata e vigilanza da parte del personale della DIGOS.
I luoghi che saranno visitati dal Presidente del Consiglio vengono già dalla giornata precedente debitamente sorvegliati mediante l'istituzione dei servizi di vigilanza fissa. Vengono altresì allertati tutti i servizi di vigilanza in corso ed attivate tutte le fonti informative, al fine di individuare preventivamente, anche mediante il monitoraggio della rete Internet, eventuali iniziative di contestazione e protesta, al fine di predisporre le opportune contromisure.
A questo proposito, mi sono immediatamente attivato ieri sera, dopo aver visto in televisione un servizio che denunciava la possibile individuazione del Tartaglia da parte di due persone che avrebbero segnalato il fatto ad una pattuglia della polizia, servizio dato con grande evidenza. Ho chiesto al Capo della polizia e al questore di Milano di prendere immediatamente contatti con tali persone, che sono state condotte in questura, dove hanno reso una deposizione, che si sono peraltro rifiutati di firmare, da cui risulta, contrariamente a quanto è apparso in televisione, che avrebbero effettivamente contattato un agente di polizia, segnalandogli semplicemente che vi era una persona matta che disturbava i passanti, senza fare alcun riferimento alle frasi da questi pronunciate nei confronti dell'onorevole Berlusconi.
La sicurezza personale, inoltre, curata dal personale dell'AISI è sempre supportata a largo raggio anche da personale della questura, che opera in abiti civili a loro stretto contatto. Il compito delle forze dell'ordine in situazioni come quella attuale è di particolare delicatezza e complessità: coniugare in ogni momento la doverosa garanzia della libertà di manifestazione del pensiero di chiunque con l'altrettanto doverosa esigenza di tutelare la sicurezza e l'incolumità dei rappresentanti delle istituzioni e di tutti i cittadini. Pag. 4È proprio la ricerca di questo delicato punto di equilibrio che contraddistingue l'impegno delle forze dell'ordine in circostanze come quelle vissute domenica pomeriggio in piazza del duomo a Milano. Ma l'asprezza dei toni che la dialettica politica recentemente ha assunto e più in particolare la progressiva e crescente campagna contro la persona del Presidente del Consiglio dei Ministri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud), che in molti casi travalica le regole del legittimo confronto democratico, finisce spesso per innescare una pericolosa spirale emulativa. Dopo la gravissima aggressione di domenica, è ripresa la proliferazione su alcuni social network, come Facebook, di gruppi che inneggiano all'aggressore del Premier e che, come già accaduto nel recente passato, incitano alla violenza nei confronti di Berlusconi. L'autorità giudiziaria è già stata attivata al riguardo, ma stiamo valutando ogni possibile iniziativa, anche legislativa, per procedere all'oscuramento di quei siti che diffondono messaggi di vera e propria istigazione a delinquere (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud e di deputati del gruppo Unione di Centro), con effetti che tutti purtroppo abbiamo visto. Finora i tentativi in sede parlamentare...

FURIO COLOMBO. Come la Cina!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego.

EDMONDO CIRIELLI. Vergognati! Hai firmato contro Calabresi.

PRESIDENTE. Onorevole Cirielli...

VALENTINA APREA. Come fanno negli Stati Uniti!

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Finora i tentativi in sede parlamentare di introdurre nel nostro ordinamento norme efficaci in tal senso hanno dovuto segnare il passo rispetto alle difficoltà di individuare interventi mirati ad oscurare solo i gruppi che pubblicano messaggi violenti, senza coinvolgere la generalità degli utenti dei social network, che utilizzano le opportunità delle moderne tecnologie della rete per fini assolutamente leciti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).
Sto pertanto valutando soluzioni idonee, che intendo sottoporre al prossimo Consiglio dei Ministri, che siano compatibili con tali esigenze, grazie anche all'esperienza operativa maturata dal servizio della polizia postale e delle comunicazioni, già proficuamente attivo nel monitoraggio della rete per l'individuazione dei siti e delle pagine web che inneggiano alla violenza.
È proprio grazie ai proficui contatti tra il servizio della polizia postale e delle comunicazioni e la società statunitense proprietaria di Facebook che è stato possibile intervenire nello scorso mese di ottobre per rimuovere i messaggi che anche in quell'occasione istigavano alla violenza contro il Presidente del Consiglio.
Sono infine in corso approfondimenti di livello tecnico per verificare la possibilità di iniziative legislative per contrastare più efficacemente gli episodi di violenza in occasione di manifestazioni pubbliche, sempre in un quadro di compatibilità con l'ordinamento vigente, sulla falsariga di quanto già avviene per combattere la violenza negli stadi.
Il Governo nella sua collegialità e il Ministro dell'interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, si sentono attivamente impegnati a garantire la sicurezza di tutti i cittadini e di tutti i rappresentanti istituzionali, a partire dalle più alte cariche dello Stato, nell'interesse del regolare svolgimento della vita democratica del Paese e, in particolare, dell'imminente campagna elettorale per le prossime elezioni regionali e amministrative.
È auspicabile, al riguardo, che gli stessi temi della sicurezza delle più alte cariche Pag. 5istituzionali e di tutti i cittadini non rappresentino un ulteriore motivo di dannosa e strumentale polemica politica. È proprio per questo che occorre raccogliere l'invito del Presidente della Repubblica affinché, pur nella diversità delle varie posizioni politiche, si fermi la pericolosa esasperazione della polemica politica e si torni al più presto ad un normale e civile confronto tra le diverse parti e tra le diverse istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud, Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà per cinque minuti.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, invio al Presidente Berlusconi il saluto e l'augurio a nome del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà e di milioni di nostri iscritti ed elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).
Quello che è avvenuto - l'aggressione a Berlusconi, la contestazione organizzata e aggressiva di ben due manifestazioni a Milano, le migliaia di solidarietà a Tartaglia su Facebook - è il segno che stanno penetrando nel profondo di settori, fortunatamente assai minoritari, della nostra società i veleni prodotti dalla campagna di odio iniziata fin dal 1994 (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
In questa campagna di odio non è vero che siamo tutti uguali, perché essa è da sempre concentrata contro una sola persona, contro Silvio Berlusconi. Essa si è avvalsa nel corso degli anni dei materiali più diversi; ultimamente essa è ripartita dai gossip, ma poi si è concentrata su due accuse infamanti e terribili: la mafiosità e la responsabilità delle stragi del 1992-1994.
A condurre questa campagna è il network composto dal gruppo editoriale Repubblica-Espresso, da quel mattinale delle procure che è Il Fatto Quotidiano, da una trasmissione televisiva condotta da Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), da alcuni pubblici ministeri che hanno nelle mani alcuni processi tra i più delicati sul terreno del rapporto tra mafia e politica e che nel contempo vanno nei più vari talk show televisivi a demonizzare Berlusconi...

FURIO COLOMBO. Questi sono i toni bassi (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

FABRIZIO CICCHITTO. ...e da un partito, l'Italia dei Valori, il cui leader Di Pietro sta in questi giorni evocando la violenza, quasi voglia tramutare lo scontro politico durissimo in atto in guerra civile fredda, e poi questa in qualcosa di più drammatico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
È condotta anche, onorevole Bersani, da qualche settore giustizialista del suo partito. Come se ne esce? A nostro avviso non con esercitazioni puramente verbali, destinate a lasciare il tempo che trovano, ma andando al cuore del problema: disinnescando, cioè, con leggi funzionali all'obiettivo l'uso politico della giustizia, che è il cancro che ha distrutto la prima Repubblica e che sta corrodendo anche la seconda (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).
Se si prende il toro per le corna - lo dico rispondendo in termini politici all'appello del Presidente della Repubblica - si può iniziare un cammino virtuoso, procedendo ad una grande riforma istituzionale, ad una grande riforma della giustizia, ad un'incisiva riforma dei regolamenti parlamentari e all'istituzione del federalismo fiscale.
Aggiungo per chiarezza che non possono essere messe sullo stesso piano, neanche Pag. 6dalle nostre autorità istituzionali, due problematiche assai diverse: quella di chi, magari con un linguaggio non diplomatico, ha invocato una riforma costituzionale, compresa quella della Corte costituzionale, recuperando le obiezioni fatte a suo tempo da Palmiro Togliatti e da Calamandrei, e quella di quei pubblici ministeri che hanno fatto trattenere il fiato al Paese e alla comunità internazionale in attesa che gli oracoli di nuovo conio, gli Spatuzza e i fratelli Graviano, pronunciassero i loro verdetti, anzi, le loro atipiche sentenze (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud)! Si è verificato a questo proposito, onorevole Presidente, un'ulteriore asimmetria, perché mentre quell'invocazione ad una grande riforma è stata duramente contestata, gli attacchi di tutti i tipi rivolti ad una carica dello Stato eletta dalla maggioranza del popolo non hanno avuto finora una chiara e netta risposta.
Questo è lo stato della questione, detto con senso di responsabilità, ma anche con la dovuta fermezza da parte di un gruppo che vede il suo leader in ospedale, colpito da uno squilibrato, la cui mano è stata armata da una spietata campagna di odio, il cui obiettivo è il rovesciamento di un legittimo risultato elettorale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

FURIO COLOMBO. Non puoi armare la mano di uno squilibrato!

FABRIZIO CICCHITTO. I termini della questione sono chiarissimi e con chiarezza li abbiamo esposti. A questo punto, ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Ci auguriamo che l'aggressione e il ferimento subiti da Silvio Berlusconi possano servire a qualcosa di positivo e che dal male possa venire il bene (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, ribadisco intanto qui la solidarietà e l'augurio al Presidente del Consiglio, che ho potuto trasmettergli ieri personalmente; ribadisco qui la condanna senza altre parole di quel gravissimo gesto di violenza e di aggressione. Credo che oggi bisognerebbe fermarsi qui e chiedere semmai al Ministro dell'interno, che ringrazio per la sua esposizione, una risposta forse un po' più convincente su che cosa non vada rispetto ai servizi di sicurezza e di tutela del Presidente del Consiglio: abbiamo avuto anche altri episodi, che hanno riguardato le sue stesse residenze. Noi vogliamo essere sicuri che il Presidente del Consiglio sia ben tutelato, come ogni altro esponente politico.
Potremmo fermarci qui perché i discorsi sul famoso «clima» nell'immediatezza di questi fatti sono scivolosi, e lo stiamo vedendo anche in questa discussione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Il rischio è che qualcuno si vesta da pompiere per fare l'incendiario e che cominci un gioco di criminalizzazione reciproca fra noi oltre il segno. Respingo tale modo di discutere e non voglio entrare nel merito di affermazioni che non condivido, che adesso ha pronunciato l'onorevole Cicchitto.
Mi accosto con cautela a questa discussione, perché credo che discutere genericamente sul clima non ci convenga, credo che ci convenga discutere più precisamente sui comportamenti: sui comportamenti che riguardano tutti, noi stessi, senza attaccare però a questo chiodo un filo che porta fino alle azioni criminali, perché le azioni criminali non sono in nessun modo giustificabili (Applausi).
Vediamo, invece, in un'occasione così drammatica l'opportunità di riflettere su comportamenti, anche nostri, che possono portare ad uno spaesamento, ad uno sbandamento e ad una regressione della pubblica opinione e quindi ad un indebolimento della coscienza democratica. Questo tocca a noi e su questo una riflessione non è inutile e deve riguardare tutti. Non è inutile ricordare, almeno per me, che in Pag. 7democrazia ognuno ha il suo compito: l'opposizione deve opporsi, ma insieme costruire la ragionevole fiducia in un'alternativa positiva, senza mai scommettere su scorciatoie nel processo democratico. Il Governo deve governare, mettendo la propria gente in sintonia con i problemi del Paese, non staccando l'agenda dai problemi del Paese, e ricordando sempre che il Governo si difende dall'opposizione, contrattacca rispetto all'opposizione ma il suo mestiere non è quello di attaccare l'opposizione bensì quello di governare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Voglio concludere con una riflessione su di noi, qui, nel Parlamento, luogo che riassume la libertà di tutti: abbiamo una responsabilità che riguarda tutti, ma che per definizione è maggiore per chi è in maggioranza. Davvero la maggioranza pensa di poter lavorare per cinque lunghi anni nel cercare di rendere senza voce, impotente e frustrata la minoranza, l'opposizione? Davvero quello che c'è nel Paese anche in termini di protesta, di difficoltà e di proposta non deve avere mai una risposta, neanche minima? Davvero deve aver sempre ragione chi è d'accordo? Davvero non deve esserci mai niente di accettabile in quello che presentiamo noi? Davvero non deve esserci una parola, un gesto, un atto che dimostri che la pentola a pressione di quel che sempre c'è in un Paese che è in mezzo alle difficoltà abbia comunque una valvola, un qualche esito positivo?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Pensiamo di andare avanti cinque anni al ritmo di ventisei voti di fiducia all'anno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)? Attenzione, il Parlamento rappresenta il luogo nel quale è rappresentata la libertà di tutti. Sto parlando di una cosa che non c'entra nulla con quel che è successo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Sto parlando di una cosa che ha a che fare - ho concluso, signor Presidente - con un processo democratico, che dobbiamo tutti assieme garantire, perché la democrazia è l'unico sistema che crea un rapporto elastico tra società e politica e dobbiamo utilizzare tutta l'elasticità di questo meccanismo, se vogliamo avere un Paese dove l'aria sia meno pesante di quella che è oggi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER LUIGI BERSANI. È un'aria che preoccupa tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, innanzitutto vorrei esprimere, come hanno fatto anche i colleghi, la solidarietà, la vicinanza e anche gli auguri affettuosi del nostro gruppo parlamentare al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà), che ieri ho anche avuto l'occasione di rappresentargli di persona.
Ringrazio il Ministro dell'interno Maroni per l'intervento e lo ringrazio anche per un altro motivo: sino ad oggi le forze dell'ordine in questo Paese hanno dimostrato una grande capacità, sotto la sua direzione politica, nella tutela della sicurezza dei cittadini.
E anche nel caso specifico della manifestazione dell'altro ieri abbiamo sentito dalle parole del Ministro che è stata sventata una contestazione, proprio in quella piazza, che avrebbe potuto portare a conseguenze negative ulteriori: quindi grazie, signor Ministro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Ho ascoltato gli interventi e in particolare quello dell'onorevole Bersani. Onorevole Bersani, premetto che noi abbiamo apprezzato il suo gesto, perché lei ieri ha compiuto un bel gesto nell'andare a trovare Pag. 8il Presidente del Consiglio e le va il merito di quello che ha fatto e della sensibilità che ha dimostrato (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Però, glielo dico senza polemica, l'intervento che ha fatto oggi era completamente fuori contesto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) e lei, forse in un moto di sincerità, lo ha anche detto. Qui non si tratta, infatti, di vestirsi da pompiere, si tratta di guardare in faccia la realtà e la realtà è quella di un clima pesante, di un clima di odio, di un clima quasi di caccia alla persona, di un clima che non è degno di un Paese civile, e su questo voi dovreste riflettere (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Una buona volta, colleghi, va chiarita una cosa in quest'Aula, e cioè che quando si vincono le elezioni si ha il diritto e il dovere di governare; quando si perdono le elezioni si sta all'opposizione, si accetta il risultato e non si cercano scorciatoie (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)! Perché - mi chiedo - se vince una parte va sempre bene, se vince l'altra, con Berlusconi Premier, allora per qualcuno non va bene, non deve essere legittimato e via con le campagne di odio e di denigrazione che potrebbero anche, in alcuni casi, sembrare ridicole (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)? Ma se continui a dire falsità, c'è sempre una quota di persone che le intende come verità: oggi una statuetta, che peraltro - come ha detto il Ministro Maroni - avrebbe potuto uccidere il Presidente del Consiglio, e quindi ha ragione il Ministro Bossi nel dire che è un vero e proprio attentato...

FURIO COLOMBO. Di un matto (Commenti dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!

ROBERTO COTA. ...domani chissà!

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, la prego, si astenga dal commentare. Prego, onorevole Cota, prosegua.

ROBERTO COTA. Domani chissà! In quest'Aula dovrebbe essere ribadito un principio, cioè che la sovranità appartiene al popolo, e da qui si parte nelle democrazie, dalla base (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)! Questo è un baluardo che noi della Lega difenderemo sempre, sempre, contro ogni scorciatoia e contro ogni manovra.
Grazie ancora, Ministro Maroni, perché lei oggi ha annunciato - oltre ad aver chiarito l'azione che è stata fatta - anche delle iniziative concrete su un problema e su un aspetto che noi tutti tocchiamo con mano, cioè quello di alcune campagne che vengono lanciate da siti Internet e che hanno visto anche noi come vittime, addirittura vittime di strumentalizzazioni con siti che si spacciavano per siti della Lega e che invece non erano della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Lei ha annunciato iniziative concrete avendo ben chiaro un principio che per noi è sacro, quello cioè della tutela, da un lato, dei diritti di libertà dei nostri cittadini e, dall'altro lato, della tutela della sicurezza degli stessi.

PRESIDENTE. Onorevole Cota, deve concludere.

ROBERTO COTA. Mi avvio alla conclusione dicendo questo: speriamo che vi sia un clima nuovo - quella speranza è l'ultima a morire, ma noi ci crediamo - e soprattutto speriamo che in quest'Aula si possa parlare in futuro di politica, solo di politica (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, esprimo anzitutto l'incondizionata solidarietà e vicinanza al Presidente Pag. 9del Consiglio. Mai abbiamo considerato gli avversari politici dei nemici: l'odio non è nel nostro codice genetico, tanto meno possiamo considerare nemico il Presidente del Consiglio del nostro Paese.
Ieri l'immagine del volto sanguinante di Berlusconi ha fatto il giro del mondo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà): e potete immaginare quale sia stata l'immagine generale che l'Italia ha avuto davanti a tanti cittadini del mondo l'immagine di un Paese sull'orlo della guerra civile. Allora, abbiamo il dovere di un supplemento di serietà e di serenità. Se si perde il senso della misura in questo momento, o si dimostra che si vuole strumentalizzare un evento di questo tipo o, comunque, si perde l'occasione per capire il messaggio che arriva da questo evento alla politica.
Onorevole Ministro, lei sa che il nostro gruppo parlamentare le dà la fiducia che merita da Ministro dell'interno, ma per una persona normale appare impossibile ritenere che non vi siano state falle nel sistema di sicurezza del Presidente del Consiglio. Eppure, tuttavia, noi confidiamo in lei, sappiamo che sa fare il suo lavoro e siamo fiduciosi sul fatto che approfondirà questi aspetti, che evidentemente non potevano essere approfonditi questa mattina.
Il fatto, onorevole Colombo, che il Tartaglia sia in cura da tempo per problemi psichici, non attenua in alcun modo la gravità dell'evento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Menti deboli e fragili sono sempre più disponibili a suggestioni folli. Dobbiamo, comunque, tenere alzata la guardia.
Internet, signor Ministro, è un terreno pericolosissimo, ma è pericolosissimo anche per il senso inverso, ossia per l'intervento su Internet. Richiamo tutti alla prudenza. Le leggi esistenti già consentono di perseguire i responsabili. La Polizia postale fa un lavoro straordinario. Dobbiamo andare fino in fondo, ma, onorevoli colleghi, guardiamo agli Stati Uniti d'America, guardiamo alla democrazia americana, guardiamo a quello che succede in quel Paese, che è la grande frontiera della libertà, dove Obama riceve intimidazioni inaccettabili su Internet, ma dove a nessuno è mai venuta in mente, neanche nell'anticamera del cervello, l'idea di censurare Internet (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori). Attenzione su questo versante, perché guai a rispondere con provvedimenti che finirebbero per essere illiberali davanti a sfide che richiedono da parte nostra la tolleranza zero verso i colpevoli.
In conclusione: primo, isolare i violenti senza «se» e senza «ma», da parte di tutti i partiti presenti in Parlamento perché ambiguità e «doppiopesismi» non sono consentiti.
Secondo, riprendere il nostro lavoro politico con serenità. Ognuno sostenga le sue tesi con la necessaria sobrietà, ma le sue tesi, non le tesi degli altri, perché non può passare una sottile intimidazione per cui, dopo questo evento, le tesi politically correct sono solo alcune e non altre. Questo sarebbe fare un pessimo servizio al Presidente del Consiglio e al suo Governo, perché vorrebbe significare strumentalizzare questo evento per finalità che nulla hanno a che fare con la solidarietà al Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
Terzo, dal male può nascere un bene. Questo sì, amici, sì, onorevoli colleghi, dal male può nascere un bene. Possiamo fermarci un minuto a riflettere. Si studi il modo di concorrere, ad esempio, ad un cammino riformatore che serve al nostro Paese: questo sì. Su questo non vi è niente di male che si solleciti una riflessione di tutti e di ciascuno di noi in questo momento, fermando una spirale di odio che c'è. L'ho vista in piazza Milano il giorno dell'anniversario di Piazza Fontana, perché quando si impedisce di parlare ai familiari delle vittime, alla gente che ha perso un marito, un figlio, un padre, vuol dire che qualcosa non funziona e che il veleno c'è (Applausi).
In conclusione, la solidarietà è doverosa, ma la strumentalizzazione di questo Pag. 10evento, o l'intimidazione verso gli altri, alimenterà una nuova campagna di odio da cui non potrà che venire del male al nostro Paese.
Come sempre ciascuno si assumerà la propria responsabilità.
Infine, onorevoli colleghi, censurare Internet è sbagliatissimo, censurare i giornali sarebbe ancora più sbagliato, ma se noi invece di censurarli li leggiamo, guardiamo dai giornali di destra a quelli sinistra le campagne di odio che si fanno, alla fine penso che chi è senza peccato scagli la prima pietra. Noi non saremo tra quelli (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico, Italia dei Valori, e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.
Attenda un attimo onorevole Di Pietro. Prego i colleghi che non intendono ascoltare di uscire rapidamente dall'Aula. Prego, onorevole Di Pietro, cominci... Le ho dato la parola, prego.

ANTONIO DI PIETRO. Volevo rispettare le persone che non vogliono ascoltarmi.

PRESIDENTE. Stanno uscendo, quindi...

ANTONIO DI PIETRO. Rispettiamoli, rispettiamoli, non vorrei rovinare le loro orecchie...

PRESIDENTE. Se potete affrettarvi ad uscire dall'Aula per favore, grazie.
Prego, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, prima di iniziare il mio intervento vorrei rivolgermi al Ministro Maroni. Proprio sul piano tecnico so che molti le hanno rivolto delle critiche rispetto alla sicurezza nei confronti del Presidente del Consiglio. Anch'io giro tutti i giorni nelle piazze, in mezzo ai cittadini che vogliono sentire il contatto. Non credo - e mi dissocio da quanti la pensano diversamente - che si possa fare molto di più di quel che sta facendo la polizia. In questo senso non ho alcuna critica da rivolgere né a lei né alle forze di polizia.
Veniamo alla valutazione di quello che è successo. Ieri ho espresso solidarietà umana a Berlusconi per l'aggressione subita e deplorazione per la violenza causata da quello squilibrato. Oggi esprimo solidarietà totale, mia e del partito, alle persone condannate a morte dall'onorevole Cicchitto. A morte, sì, perché questo è il primo passo per quella criminalizzazione che egli ha ritenuto di fare anche oggi qua in Aula (in ossequio a quanto ha detto il Presidente della Repubblica, di abbassare i toni) nei confronti di Travaglio, Santoro, magistrati come Spataro e Ingroia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico), giornalisti de L'espresso, di Annozero e anche nei confronti nostri, dell'Italia dei Valori, che abbiamo una sola colpa: quella di non voler essere zittiti, quella di voler fare opposizione, quella di voler dire le cose in modo chiaro, quella di volere aprire gli occhi a questo Paese, che per colpa di una disinformazione totale in mano ad un Presidente del Consiglio, che controlla quella pubblica e quella privata, sta facendo credere ai cittadini il contrario della verità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Sì, è vero, c'è un clima di disperazione nel nostro Paese, ma un clima di disperazione che non abbiamo prodotto noi. Noi non facciamo la nostra opposizione in odio a Berlusconi. Per amore del nostro Paese facciamo opposizione (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). È per amore del nostro Paese che noi, da quindici anni a questa parte, stiamo dicendo che i provvedimenti che vengono presi tutti i giorni da questo Governo sono provvedimenti che umiliano le coscienze, che mortificano le istituzioni. Noi da quindici anni stiamo dicendo che questo modello di governo che toglie ai poveri per dare ai furbi, che toglie alle persone oneste per privilegiare i disonesti, Pag. 11che favorisce oggettivamente i criminali, che viene incontro a coloro che violentano la legge e che non rispettano le regole del gioco...

AMEDEO LABOCCETTA. Vergognati! Vergognati!

PRESIDENTE. Onorevole Laboccetta, la prego di non interrompere...

ANTONIO DI PIETRO. ... ciò fomenta l'odio, la disparità di trattamento.

AMEDEO LABOCCETTA. Vergognati!

PRESIDENTE. Onorevole Laboccetta, la richiamo all'ordine!

ANTONIO DI PIETRO. Questo crea odio, questo crea disperazione, questo arma la mano.
Noi crediamo che l'istigazione sia derivata proprio dai comportamenti di questa maggioranza e di questo Governo che sta piegando il Parlamento soltanto per fare leggi ad uso e consumo proprio.
Se davvero volete rispettare il dettato del Presidente della Repubblica, allora cominciate nei prossimi giorni a non portare in Aula quel che oggi volete ancora più prepotentemente portare in Aula: provvedimenti che servono a far sfuggire dalla giustizia persone che dovrebbero rispondere alla giustizia, provvedimenti come il processo breve e come il lodo Alfano-bis. Non si può accettare che in nome di un'elezione in forza di una maggioranza di voti ricevuta dagli italiani si possa violare la legge e si possa violare la Costituzione.
Per questa ragione noi dell'Italia dei Valori non ci lasceremo mortificare dalla vostra arroganza. Non accetteremo in nome di una pacificazione sociale che voi possiate continuare a fare leggi come vi pare e piace e possiate continuare a dividere il Paese tra le persone che volete favorire e tutti gli altri che volete mandare all'inferno.

VALENTINA APREA. Bugiardo!

ANTONIO DI PIETRO. Noi continueremo a fare opposizione in modo chiaro e determinato e non si spacci per violenza quella che è la nostra opposizione: esercizio democratico delle nostre funzioni (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi respingiamo il tentativo squallido di criminalizzazione che volete rivolgerci e lo fate semplicemente perché volete in questo modo far passare in cavalleria tutto quanto avete fatto sinora. Sinora voi non avete governato nell'interesse del Paese ma avete governato nell'interesse di una lobby piduista che si è impossessata della democrazia di questo Paese (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Voi avete governato e state governando solo ed esclusivamente per fini personali.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Anzi, siete andati al Governo per interessi prettamente giudiziari.
Allora lasciate a noi fare la nostra opposizione, che faremo oggi e domani più di prima, ma nella stessa forma democratica di prima (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro dell'interno, voglio esprimere a nome del Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud la solidarietà umana e politica a Silvio Berlusconi e l'auspicio che possa recuperare condizioni di piena salute.
Siamo molto dispiaciuti per quello che è accaduto. Condividiamo i sentimenti del popolo italiano che si riconoscono come non mai nel Presidente del Consiglio e nelle istituzioni e hanno manifestato sdegno per la vicenda di Milano. Berlusconi ha subìto, anche se non commesso da un terrorista, un attentato terroristico per le finalità, un tentativo di omicidio e si è salvato per pura fatalità. Un gesto maturato Pag. 12in un clima di odio, alimentato - ne abbiamo avuto una dimostrazione anche questa mattina - da una opposizione incapace di aprire un vero confronto democratico e parlamentare. Di Pietro ci ha detto che vuole far aprire gli occhi al Paese e, forse, vuole chiuderli a qualcun altro e per sempre.
Berlusconi non fa la vittima: è vittima di un clima di odio, di una spirale di pregiudizi e di rancore che è stato alimentato in questi ultimi mesi da una certa parte politica, da trasmissioni televisive a senso unico, da una certa parte della magistratura.
Il Presidente del Consiglio ha svolto bene le sue funzioni. Non ha istigato nessuno, ma contro di lui c'è stata una continua istigazione alla violenza. Tutti coloro che in questa campagna hanno responsabilità facciano un esame di coscienza e, se ne sono capaci, autocritica.
La democrazia e le istituzioni vanno salvaguardate. Ognuno si assuma le sue responsabilità. È il Parlamento, onorevoli colleghi, il campo di gioco della partita democratica e abbiamo bisogno, per giocare bene questa partita, di arbitri bravi: che il Signore li illumini!
Non è la piazza, non sono le trasmissioni televisive a senso unico contro il Premier, non è la magistratura politicizzata che vuole sovvertire con le sentenze il voto popolare, non sono questi attori che devono giocare la partita democratica! Se vogliamo lasciare un'impronta sul terreno difficile della democrazia, dobbiamo recuperare saggezza ed equilibrio, e innanzitutto considerare l'avversario politico non un nemico da battere, semmai anche con la violenza, ma un competitore da sconfiggere con l'arma democratica del voto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, i Repubblicani, dopo averlo fatto direttamente attraverso il loro giornale La Voce Repubblicana, esprimono la loro piena solidarietà politica e umana al Presidente Berlusconi. Per noi non è stato il gesto di una persona fuori di testa, ma il risultato di un clima che non possiamo addebitare certamente all'onorevole Bersani e che, tuttavia, esiste se un giovanetto scrive su Internet: possibile che non ci sia nessuno che metta una pallottola in testa a Berlusconi? E ancora, se sempre su Internet 50 mila persone inneggiano al gesto inconsulto del Tartaglia, vuol dire che il clima di odio vi è, purtroppo, onorevole Bersani, e sfugge di mano a chi non conosce i limiti della politica.
Noi crediamo che questo clima debba finire e ci appelliamo alle forze politiche moderate affinché isolino gli scalmanati che possono portare solo guai al nostro Paese.
I danni fisici sono stati contenuti, ma, come ha detto il medico di Berlusconi, avrebbero potuto essere ben più gravi. Si potrebbe, così, entrare in un corpo a corpo, che le varie fazioni - ripeto, fazioni - politiche non avrebbero più il potere di controllare.
Tutto questo non è degno di un Paese civile, signor Presidente. Ci auguriamo che una riflessione collettiva porti tutti alla ragione, porti tutti a ragionare sui guai del nostro Paese e ad evitare il clima di conflitto che, purtroppo, c'è oggi nel nostro Paese: l'evento che ha colpito Berlusconi ne è il segno più evidente.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1790 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) (Approvato dal Senato) (A.C. 2936-A) (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 13approvato dal Senato: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010).
Ricordo che nella seduta del 10 dicembre 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che i relatori per la maggioranza ed il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi relativi al seguito dell'esame è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Esame degli articoli - A.C. 2936-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, (Vedi l'allegato A - A.C. 2936-A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, per carenza di compensazione, i seguenti emendamenti: Commercio 2.290, che si riferisce, nella parte compensativa, alle disponibilità del Fondo previsto dall'articolo 2, comma 240 (Fondo «grandi eventi»), le cui risorse risultano, a seguito dell'approvazione in Commissione dell'emendamento 2.1877 del relatore, integralmente utilizzate per la copertura di numerose norme contenute nel medesimo articolo 2, nonché per le finalità indicate nell'elenco 1 previsto dal secondo periodo dello stesso comma 240; Compagnon 2.132, in ragione delle disponibilità effettivamente utilizzabili nell'ambito del Fondo speciale di parte corrente (tabella A) voce «Ministero dello sviluppo economico».
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento procedendo, in particolare, a votazioni per principio o riassuntive ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, del Regolamento ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
Peraltro, constando il testo di soli due articoli, il secondo dei quali composto da un elevato numero di commi, al fine di consentire una più ampia valutazione delle questioni poste dal provvedimento, la Presidenza ha ritenuto di ammettere alla discussione e al voto un numero maggiore di emendamenti, pari al triplo di quelli che sarebbero consentiti ai sensi del richiamato articolo 85-bis del Regolamento.
A tal fine le componenti politiche del gruppo Misto del Movimento per le Autonomie e delle Minoranze linguistiche sono state invitate a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Avverto che nel fascicolo degli emendamenti relativi al disegno di legge finanziaria sono riportati gli emendamenti ammissibili presentati presso la Commissione bilancio nel corso dell'esame in sede referente ivi respinti e nuovamente presentati ai fini dell'esame del provvedimento in Assemblea e gli emendamenti presentati con riferimento alle parti del provvedimento modificate dalla Commissione bilancio, che risultino conseguenziali alle medesime.
Avverto che prima della seduta sono stati ritirati tutti gli emendamenti a prima firma di deputati del gruppo Popolo della Libertà, fatta eccezione per gli emendamenti Taglialatela 2.165, 2.166 e Tab. A.2.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 11,20.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,25.

Pag. 14

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2936-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 2936-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Constato l'assenza dell'onorevole Galletti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, sono note all'Aula, e non solo a quest'ultima, ma anche al Paese, le nostre obiezioni e le nostre critiche a questo disegno di legge finanziaria. Le abbiamo sviluppate nel corso dei lavori della Commissione, se di lavori si può parlare, avendo assistito per una settimana ai ritardi della maggioranza che ha presentato, solo dopo cinque giorni, un maxiemendamento attraverso il relatore a seguito delle dichiarazioni di inammissibilità di ben dodici proposte emendative del Governo su quattordici presentate.
Questo maxiemendamento, presentato dopo cinque giorni, non è stato oggetto di discussione. Solo l'opposizione è intervenuta nel tentativo di spiegare le sue ragioni nel silenzio generale della maggioranza - salvo l'intervento di un deputato - e alla fine si è proceduto ad una inusuale fiducia anticipata in Commissione con la messa in votazione - noi non abbiamo partecipato al momento del voto - con una discussione di dieci minuti di ben 200 emendamenti. Questa è una prima osservazione critica.
Ma non si tratta soltanto del metodo, anche il merito, e soprattutto quello, determina le nostre obiezioni a questo disegno di legge finanziaria. L'articolo 1, in particolare, che è in questo momento in discussione, ci dà assolutamente la possibilità di motivare con il testo del Governo le nostre obiezioni.
Voglio leggerle, signor Presidente, le righe finali del comma 4 dell'articolo 1: «le maggiori disponibilità di finanza pubblica che si realizzassero nell'anno 2010 rispetto alle previsioni del Documento di programmazione economico-finanziaria [...], al fine di fronteggiare la diminuzione della domanda interna, sono destinate alla riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con i figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti ed i pensionati».
Ora, la cosa paradossale, sorprendente e, se vogliamo dire la verità, grottesca è che, a fronte di questa dichiarazione contenuta nel testo del Governo, esiste una proposta del Partito Democratico che è assolutamente coerente con questa dichiarazione, che riguarda le famiglie con figli, i percettori di reddito medio-basso, la priorità per i lavoratori dipendenti e pensionati, che è stata completamente ignorata e rifiutata dal Governo.
Invece, tutto il testo del disegno di legge finanziaria, dall'articolo 2 in avanti, è totalmente avulso da questa impostazione iniziale: non comprende alcuno di questi interventi, né un intervento sui redditi medio-bassi, né uno a favore delle famiglie. Si è passati in poche ore da quota zero, che era la finanziaria ereditata dal Senato, a quota 9 miliardi, che è il disegno di legge finanziaria che viene votato oggi in quest'Aula. Si tratta di un salto non da poco: da 0 a 9 miliardi.
Tutte quelle cifre sono destinate a tutt'altre manovre, che non a quelle indicate dal primo articolo della finanziaria. Questa contraddizione va messa in assoluta evidenza perché c'è un problema di coerenza che il Governo deve avere: non si può prendere in giro la gente proponendo e dichiarando intenzioni sociali e di attacco alla crisi, e poi gestire misure concrete totalmente avulse, anzi contrarie a questa impostazione originaria. Quello che è accaduto e sta accadendo è grave.
Ricordo anche che i 9 miliardi sostanzialmente sono ricavati da due voci: lo scudo fiscale - e sappiamo bene che questa voce poteva essere indirizzata esattamente Pag. 15alle finalità contenute nel comma 4 - e soprattutto un ulteriore e forzoso prelievo dei soldi che i lavoratori versano all'INPS per costituire una riserva per le loro pensioni; questi soldi sono stati prelevati senza essere messi in debito e non sono nemmeno orientati ai lavoratori.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER PAOLO BARETTA. Vi è un'ultima osservazione, e concludo Presidente, che ci porta a dire che questo comportamento non è accettabile. Noi abbiamo ridotto di moltissimo i nostri emendamenti, progressivamente siamo arrivati venerdì a formulare, per quanto riguarda il Partito Democratico, soltanto 21 emendamenti, l'intera opposizione 49. Bene, con questi 49 emendamenti noi ci aspettiamo nelle prossime ore un dibattito serio sui singoli emendamenti, scongiurando quindi il voto di fiducia che sarebbe un'ennesima beffa. Questa contraddizione tra il comma 4 e il resto della finanziaria è la ragione della nostra opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, l'articolo 1 come è noto fissa i saldi e quindi in qualche modo definisce il quadro entro il quale poi si ci si muove a partire dall'articolo 2. È inutile che ripeta quanto già è stato detto, e cioè che noi ci troviamo qui in Aula senza avere avuto la possibilità reale, non parlo di forma ma di sostanza, di discutere dei contenuti che appunto ci saranno da quell'articolo 2 che, come è noto, è un maxiemendamento sul quale di fatto è stata posta una fiducia in Commissione.
Con la legge finanziaria avremmo voluto intervenire a favore dei cittadini, dei lavoratori, delle famiglie, anche per sostenere una domanda interna che, come a tutti è noto, è in una fase critica. Per questo ritenevamo ad esempio necessario raddoppiare i tempi della cassa integrazione, passando da 52 a 104 settimane, in via temporanea per due anni, per i lavoratori che ogni giorno restano senza lavoro e per le imprese che ogni giorno chiudono, permettendo di assicurare ai lavoratori una corrente sia pure ridotta di reddito. Avremmo voluto un alleggerimento del carico dell'IRPEF sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione, una detassazione almeno parziale delle tredicesime, e anche attraverso il meccanismo delle detrazioni per carichi familiari favorire le famiglie che, come qualcun altro ha detto, rappresentano un vero e importante ammortizzatore sociale in questo momento di crisi.
Avremmo immaginato di trovare nella finanziaria risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, invece non ci sono; il rinnovo si dovrà fare e nessuno ancora dice dove si reperiranno le risorse per farlo. Avremmo voluto aumentare le risorse per il Fondo per l'occupazione, estendendo per esempio, in modo vero e non fittizio, anche ai lavoratori atipici gli istituti degli ammortizzatori sociali. Avremmo voluto finanziare adeguatamente i Fondi per le politiche sociali. Avremmo voluto risorse sufficienti, e non 100 milioni di euro, per le forze di polizia e per il funzionamento della giustizia.
Ce ne volevano come minimo 800 o 1 miliardo per dare un reale sostegno alla soluzione dei problemi della giustizia.
Avremmo voluto, ancora, che questa finanziaria desse un sostegno alle piccole e medie imprese, agli artigiani, al piccolo commercio, e che desse soprattutto segni per lo sviluppo, non segni che vanno contro lo sviluppo. Il finanziamento della banda larga non esiste più, non ce n'è più traccia, non se ne parla ed è qualcosa di assolutamente necessario. Per l'innovazione avete stanziato all'ultimo momento 200 milioni, che sono molto pochi, ce ne vogliano molto di più in questo momento. Dalla crisi si esce attraverso la ricerca e l'innovazione e con 200 milioni, che sono previsti con un tetto per cui poi vedremo a chi andranno quei 200 milioni, si fa poco o nulla.
Avremmo voluto un meccanismo di sviluppo, ad esempio, per la ristrutturazione Pag. 16in senso ecologico del nostro sistema produttivo, come stanno facendo altri Paesi. Ciò non vuol dire assumere l'atteggiamento di negazione delle attività produttive, ma anzi vuol dire una nuova reindustrializzazione basata su produzioni di tipo ecocompatibile, su prodotti con i quali, a breve, le nostre imprese si troveranno a competere nel mondo e se non le si sostiene in questo senso, non si sostiene lo sviluppo del nostro Paese.
Avremmo voluto un vero programma per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e una risposta al terremoto dell'Abruzzo; invece, cosa date? Una risposta al terremoto del Belice del 1968, invece che ai terremotati dell'Abruzzo: questa è la risposta contenuta in questa finanziaria!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. Concludendo, signor Presidente, noi avevamo pensato ad una finanziaria da sedici miliardi che avrebbe portato comunque una riduzione del carico fiscale di circa tre miliardi complessivamente, dando sei miliardi ai cittadini, ai lavoratori, alle famiglie e dieci miliardi all'innovazione, alla riconversione ecologica e allo sviluppo delle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Vannucci che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, vi rinuncia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, stiamo per votare l'articolo 1 della legge finanziaria, che sostanzialmente è un articolo tecnico che parla esclusivamente dei risultati differenziali della manovra di bilancio dell'anno 2010 e degli anni 2011 e 2012.
Si prevede, sostanzialmente, quali siano i saldi massimi da finanziare per l'annualità. Li ricordo: 63 mila milioni di euro per l'anno 2010, come saldo netto massimo da finanziare, e 286 mila milioni massimo di ricorso al mercato finanziario, mentre per gli anni 2011 e 2012 si passa dai 54.300 milioni di saldo netto da finanziare, ai 41.400 nel 2012, 253 mila milioni di ricorso al mercato finanziario e 250 mila di mutui.
Ricordo a tutti che la manovra di bilancio gira su un totale di spese previste per l'anno 2010 di 795 mila milioni di euro, che sono pari ad un milione e 600 mila miliardi di vecchie lire - è una cifra enorme, fuori dall'immaginazione, il costo dello Stato - su entrate pari a 469 mila milioni di euro, 325 mila di mutui, e quindi di ricorso alla finanza e, purtroppo, le spese di 536 mila milioni portano ad un indebitamento di 67 mila milioni di euro che va così ad implementare il debito pubblico.
Negli interventi precedenti si è parlato non solo di bilancio, ma anche di finanziaria. Il gruppo della Lega Nord difende con forza e con orgoglio questa finanziaria, che porta soldi, porta a nuove iniziative per i filoni più fondamentali della vita sociale.
Questi sono il filone del lavoro, delle imprese, delle famiglie e dei comuni, non dimenticando la sicurezza, un tema che oggi è stato ampiamente toccato nel dibattito in quest'Aula. Per i lavoratori voglio ricordare, come cappello per tutto quello che si sta facendo, il ripristino anche per l'anno 2010 delle politiche legate agli ammortizzatori sociali attuate nell'anno 2009. Quindi, vi è la possibilità di percorrere il finanziamento della cassa integrazione ordinaria, la mobilità, la cassa integrazione straordinaria andando a pescare nel fondo istituito con l'accordo del febbraio 2009. Su questo lo Stato assieme alle regioni hanno messo la cifra di 8 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali, di cui sono stati consumati finora 2,5 miliardi di euro, quindi i restanti possono benissimo essere utilizzati per l'anno 2010 con il conseguente passaggio da 52 a 104 settimane. È un provvedimento Pag. 17sostanziale per poter governare i problemi legati al mondo del lavoro, soprattutto in Padania.
Ricordo la manovra legata alle famiglie, le politiche sulle scuole, la politica sia da un punto di vista economico che da quello infrastrutturale. Sono stati messi soldi per le infrastrutture scolastiche e anche per l'acquisto dei libri di testo: si tratta di aiuto alle famiglie per una parziale esenzione della contribuzione per l'acquisto dei libri di testo. In ordine al patto per la salute, ricordo gli 1,7 miliardi di euro in campo sanitario, ovvero un'operazione enorme che comunque viene messa in campo a prescindere dalle minori entrate che lo Stato ha nell'annualità, in quanto si prevedono minori entrate a causa della crisi. Per le imprese si prevedono 10 milioni di euro sui confidi con un emendamento della Lega Nord che dà la possibilità di utilizzare i fondi già destinati a particolari confidi. In ordine ai comuni, voglio ricordare due capitoli essenziali. Il trasferimento aggiuntivo per l'ICI per gli anni 2009-2010, ovvero 156 milioni di euro e 750 milioni di euro per coprire l'ICI sulla prima casa. Altro intervento fondamentale è il miliardo di euro per i danni causati dagli eventi atmosferici e legati all'idrogeologico. Sul capitolo sicurezza nelle carceri, abbiamo attuato la politica di aumentare i posti nelle carceri e non di svuotare le carceri attraverso l'indulto, l'amnistia e l'apertura dei cancelli che, se li apriamo, li apriamo per fare entrare e non per far uscire. Quindi, abbiamo dovuto mettere dei soldi e questo rappresentano un vanto che vogliamo rivendicare, così come rappresentano un vanto i fondi per le assunzioni dei vigili del fuoco e della polizia di Stato. Tutto questo ovviamente ha dei costi e i soldi sono presi non da una maggiore imposizione fiscale, ma da un'imposizione uguale a quella degli anni precedenti e la differenza l'ha fatta ciò che si è riusciti a raccogliere dallo scudo fiscale. Oggi, tra l'altro, sui giornali dedicati come Il Sole 24 Ore si evince che l'ingresso di tale gettito...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO SIMONETTI. In conclusione, si tratta di un disegno di legge finanziaria che difendiamo e che non mette le mani nelle tasche dei cittadini.

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Simonetti.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Prego, onorevoli colleghi. I colleghi hanno votato? L'onorevole Boniver sta prendendo la scheda. Onorevole Pagano... L'onorevole Boniver ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).
Presenti 512
Votanti 511
Astenuti 1
Maggioranza 256
Hanno votato 275
Hanno votato no 236
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Razzi e Narducci hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo 2 - A.C. 2936-A)

PRESIDENTE. Dovremmo passare all'esame dell'articolo 2, con le annesse tabelle, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 2936-A).

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

Pag. 18

PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Applausi polemici dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro).
Onorevoli colleghi, vi prego. È un applauso di incoraggiamento, un applauso preventivo.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio i colleghi per la cortesia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi. Prego, onorevole Ministro.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, naturalmente l'annuncio che sto per fare è stato autorizzato dal Consiglio dei Ministri e parlo a nome dell'intero Governo, come è evidente. Pongo, quindi, la questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo 2 del disegno di legge finanziaria, nel testo licenziato dalla Commissione bilancio.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi che intendono intervenire, come è loro diritto, sull'annuncio del Ministro, prego di prestare un attimo di attenzione, perché la Presidenza ritiene di sottoporre all'Aula qualche considerazione in ordine a ciò che è stato detto testé dall'onorevole Vito.
Desidero innanzitutto ricordare, come è certamente noto ai colleghi, che l'iter in Commissione della legge finanziaria è stato particolarmente intenso e si è svolto oltre il termine originariamente stabilito proprio per rendere possibile ciò che la Presidenza aveva auspicato, vale a dire che la Commissione, dopo un dibattito articolato, potesse giungere alla conclusione dei suoi lavori, approvando un testo da rimettere successivamente, come il nostro Regolamento prevede, all'attenzione dell'Aula. Ricordo altresì che, durante il dibattito in Commissione, come testimoniato dal presidente della Commissione, onorevole Giancarlo Giorgetti, e dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Tremonti, non vi era stato da parte delle opposizioni alcun atteggiamento che potesse essere definito di tipo ostruzionistico. Ricordo altresì che, quanto all'esame in Assemblea degli emendamenti presentati al disegno di legge finanziaria, la situazione, alla luce degli emendamenti che sono stati ritirati questa mattina, vedeva presentati in tutto centoquattro emendamenti, di cui sessantasette da parte dei gruppi di opposizione e trentasette da parte dei gruppi della maggioranza.
Gli emendamenti da votare, qualora il Governo non avesse posto la questione di fiducia, sarebbero stati in totale sessantaquattro, di cui cinquantacinque da parte delle opposizioni.
Credo, quindi, che si possa dire, senza tema di essere smentiti, che da parte delle opposizioni si è registrato, nella presentazione degli emendamenti in Aula, il medesimo atteggiamento non ostruzionistico che si era registrato durante il lavoro in Commissione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro).
Quanto ai tempi previsti per l'esame in Assemblea, ricordo che, ai sensi del nostro Regolamento, si trattava di tempi contingentati, tempi che avrebbero consentito, anche qualora non fosse stata posta la questione di fiducia, di giungere all'approvazione della legge nei tempi previsti, compatibili con il successivo esame da parte del Senato.
È la ragione per la quale, fatte queste premesse, la Presidenza ritiene che la posizione della questione di fiducia da parte del Governo, prerogativa - ed è un'ovvietà - legittima, perché costituzionalmente prevista, non può essere in alcun modo considerata, alla luce di quanto detto, una decisione di carattere tecnico, non essendo in alcun modo giustificabile con la finalità di superare ostacoli di tipo procedurale, di fatto inesistenti, frapposti dalle opposizioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro).
La scelta di porre la questione di fiducia, che, lo ripeto, è legittima, perché costituzionalmente prevista, e che rientra, Pag. 19com'è naturale, nelle prerogative dell'Esecutivo... (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Onorevoli colleghi, avrete modo di commentare, se lo riterrete. Vi prego di prestare la doverosa attenzione, anche perché ciò che la Presidenza dice, lo dice in ragione di un Regolamento che non può in alcun modo che essere rispettato da parte del Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Dicevo che la posizione della questione di fiducia, che, lo ripeto, è prerogativa legittimamente riconosciuta all'Esecutivo, non può che essere considerata dalla Presidenza come una decisione attinente esclusivamente a ragioni di carattere politico, rientranti non già nel rapporto tra Governo e opposizioni, ma unicamente all'interno del rapporto tra la maggioranza e il Governo.
È la ragione per la quale la Presidenza della Camera considera deprecabile la decisione assunta dal Governo, perché, di fatto, impedisce all'Aula di pronunciarsi sugli emendamenti (Vivi applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, le sue parole non ammettono ulteriori commenti rispetto ad una valutazione molto netta che lei ha fatto sulla differenza tra le cause tecniche che impongono la richiesta di fiducia e le motivazioni politiche che sono sotto gli occhi di tutti.
Caro signor Presidente, siamo alla fiducia numero ventisette, Ministro Vito, siamo alla fiducia numero diciannove: anche altre volte la fiducia era stata richiesta per motivi esclusivamente politici e non tecnici; questa volta è stato messo a nudo il comportamento del Governo e viene messo a nudo dalla richiesta che più volte l'opposizione e il Partito Democratico vi hanno fatto.
Signor Presidente, in Commissione l'iter è stato intenso perché le sospensioni sono state intense. Avremmo voluto dibattere di più, come il Ministro Vito e il Viceministro Vegas sanno, perché hanno vissuto con noi quei sei giorni e qualche notte in Commissione.
Invece, ci siamo ritrovati a discutere, anche lì, del rapporto tra maggioranza e Governo e delle contraddizioni continue che c'erano e ci sono state nelle proposte del Governo. Signor Presidente, normalmente, alla vigilia dell'approvazione della legge finanziaria, vi sono ministri che rivendicano in qualche modo i loro risultati: non vi è stato alcun ministro, fino ad oggi, che abbia rivendicato i propri risultati contenuti in questo disegno di legge finanziaria e penso che questo dica fino in fondo come è nata questa legge finanziaria e a che cosa risponde.
Noi vi avevamo chiesto di discutere di contenuti: il Partito Democratico lo aveva fatto con un solo emendamento, che è quello firmato dal presidente Franceschini nel quale vi chiedevamo di discutere semplicemente di famiglie, di lavoro, di imprese e di enti locali. E lo dico ai colleghi della Lega, che hanno trovato la forza di difendere questa legge finanziaria light, così light che non vi è nulla dentro, che per quanto riguarda i comuni le risorse ICI erano e sono semplicemente risorse restituite ai comuni e che, come voi sapete, non sono neanche sufficienti; sono le risorse già certificate: mi riferisco a quelle del 2009, da tutti i bilanci dei comuni italiani. Con un'aggravante, lo dico al presidente di gruppo Cota: che, in quei bilanci, i comuni che erano stati virtuosi avevano iscritto poste di bilancio meno intense dei comuni che erano stati meno virtuosi, come sapete, e state quindi premiando i comuni che avevano tassato di più.
Sul lavoro, signor Presidente, avevamo semplicemente proposto l'abbassamento della tassazione sui redditi più bassi, avevamo chiesto semplicemente di poter discutere Pag. 20in Commissione ed in Aula dell'aumento dei salari, e questo non ci è stato consentito. E sulla famiglia stessa avevamo, con l'UdC e l'Italia dei Valori, condiviso alcune proposte.
Concludo, signor Presidente, chiedendo al Governo una risposta sui temi che vi abbiamo posto, rispetto ai quali quelle risposte non sono arrivate. Alla fine è arrivata la richiesta di fiducia «a gettone»: avete trasformato una legge nella lavatrice dei vostri pasticci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi, poi gli onorevoli Baldelli, Casini, Cota. Prego, onorevole Borghesi, ha facoltà di parlare.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi rivolgo al Ministro per i rapporti con il Parlamento, che d'ora in avanti chiameremo il Ministro «alla fiducia», considerato l'ennesimo modo con cui affrontiamo le questioni. E ciò, dopo che, nella mattinata, qualcuno ha fatto discorsi assolutamente diversi: signori del Governo, il vostro modo di fare violenza è la continua violenza che fate alla Costituzione con questo modo di operare! Aggiungo: siamo di fronte ad un vero e proprio atto di pirateria istituzionale e costituzionale, con un doppio voto di fiducia, prima in Commissione e poi ora in Aula, senza che realmente si possa discutere nel Parlamento italiano, nella massima delle nostre istituzioni democratiche, dei problemi dei lavoratori, dei problemi delle famiglie, dei problemi delle piccole e medie imprese, dei problemi degli artigiani, dei problemi dei professionisti, dei problemi del commercio, dei piccoli commercianti, dei problemi di chi sta soffrendo questa crisi, per la quale bisognava dare delle risposte reali, risposte che voi non solo non date, ma impedite persino di discutere!
Ringrazio il Presidente della Camera, che mai come in questa occasione ha saputo rappresentare non la parte politica da cui proviene, ma il senso delle istituzioni, il senso della Costituzione, che non va cambiata, perché siamo già vicini ad un vero e proprio regime. E se qualcuno immagina d'ora in avanti di strumentalizzare quanto è avvenuto ieri per togliere ulteriori spazi di libertà ai cittadini italiani, ai deputati e alle istituzioni democratiche, si sbaglia: noi saremo qui a difenderle (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Prendo atto che vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Onorevole Presidente, mi sembra che non sia il caso di commentare ulteriormente, lo hanno già fatto i colleghi. Vorrei solo dire una cosa, in particolare ad una persona della quale posso vantare l'amicizia personale - contano anche queste cose - che è l'onorevole Cicchitto. Egli, questa mattina, ha svolto un intervento - non esprimo giudizi - sul quale riflettere, diciamo così; «riflettere» significa tutto e non significa niente ma in questo caso utilizzo proprio la parola «riflettere».
Io credo che il clima migliore, certo indipendentemente dal merito, si crei anche compiendo dei fatti. Noi qualche fatto lo abbiamo posto in essere, perché cinquanta emendamenti in tutto si votavano grosso modo in quattro o cinque ore in quest'Aula e si dava l'idea di un confronto, che secondo me è utile. Infatti, stamattina non ne abbiamo parlato molto, c'è un clima sociale vero che sta montando, indipendentemente dalla rappresentazione che i mass media danno della realtà italiana e questo clima è un problema per tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori). Onorevoli colleghi, non voglio ingigantire la cosa, perché la questione di fiducia, l'onorevole Vito lo sa, si pone sempre, anzi, in un certo senso, vedo con simpatia quanto ha dovuto fare questa mattina sul piano personale. Tuttavia, onorevoli colleghi, credo, modestamente, che si sia persa una prima occasione per dare un segnale vero (Applausi dei deputati Pag. 21dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Cota, che aveva chiesto di parlare, vi rinuncia.
A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente per definire l'organizzazione del seguito del dibattito. La seduta è sospesa e riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 12,40.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo 2 del disegno di legge finanziaria, nel testo della Commissione.
L'organizzazione dei lavori è così articolata:
Martedì 15 dicembre (ore 15, con eventuale prosecuzione notturna):
interventi per l'illustrazione degli emendamenti all'articolo 2.

Mercoledì 16 dicembre:
eventuale seguito e conclusione dell'illustrazione degli emendamenti; a partire dalle ore 10,45, dichiarazioni di voto sulla fiducia, con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto; a partire dalle ore 11,50, votazione per appello nominale; subito dopo la votazione della questione di fiducia, esame degli ordini del giorno.

Giovedì 17 dicembre (antimeridiana e pomeridiana con prosecuzione notturna):
eventuale seguito dell'esame degli ordini del giorno; ore 12 circa (in relazione all'andamento dei lavori), dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge finanziaria con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto; esame della nota di variazioni; conclusione dell'esame del disegno di legge di bilancio; esame del decreto-legge recante proroga delle missioni internazionali (Approvato dal Senato - scadenza: 3 gennaio 2010).

Il termine per la presentazione degli ordini del giorno ai disegni di legge finanziaria e di bilancio è fissato alle ore 9 di domani, mercoledì 16 dicembre.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo solo per comprendere. Cerchiamo di ricostruire insieme. Noi abbiamo approvato l'articolo 1 del disegno di legge finanziaria. Prima di iniziare l'articolo 2 il Governo ha posto la questione di fiducia sul testo della Commissione, e pertanto non vi è la possibilità di esaminare gli emendamenti. Come proseguiranno quindi i nostri lavori?

PRESIDENTE. In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, i presidenti dei gruppi dell'opposizione hanno chiesto, secondo il cosiddetto lodo Iotti, di poter illustrare (da parte dei presentatori dell'opposizione stessa) il contenuto degli emendamenti. Si è anche concordato che in queste ore, prima della ripresa delle sedute, i diversi gruppi segnalino alla Presidenza, per l'organizzazione dei lavori, il numero di colleghi che vogliano intervenire Pag. 22per illustrare i loro emendamenti, in modo da poter organizzare i lavori con puntualità tra il pomeriggio di oggi, stasera e domani mattina.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 15,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Berlusconi, Bongiorno, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Fitto, Franceschini, Gibelli, Alberto Giorgetti, La Russa, Maroni, Martini, Meloni, Nucara, Pescante, Stucchi e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Illustrazione delle proposte emendative - Articolo 2 - A.C. 2936-A)

PRESIDENTE. Ricordo che, essendo stata posta la questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo 2 del disegno di legge, il dibattito proseguirà a norma dell'articolo 116 del Regolamento, così come costantemente interpretato su conforme parere della Giunta per il Regolamento.
Potranno ora intervenire i presentatori degli emendamenti riferiti all'articolo 2 che non siano stati già illustrati, per non più di trenta minuti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, prendo la parola non senza una sostanziale tristezza. Questi sono giorni tristi per il nostro Paese non solo per quanto è accaduto; sono giorni che vedono crescere l'allarme per un clima di esasperazione e di sfiducia che sta contagiando tutto il Paese e che sembra piuttosto un clima di rassegnazione, come se nel nostro Paese non fosse mai possibile cambiare niente, come se in questo Paese che amiamo mai nulla potesse davvero mutare.
Anche oggi con la decisione che il Governo ha assunto di chiedere questo voto di fiducia si concorre a rafforzare questo clima. Sbattere la porta in faccia a chi ha chiesto e chiede semplicemente di confrontarsi è una violenza perché la democrazia vive di confronto.
Non avremmo dovuto risparmiarci in quest'Aula un confronto nel merito di questa finanziaria. Avremmo scoperto certamente che si poteva portare ognuno a casa qualcosa di più, anche se qualcuno probabilmente avrebbe dovuto cedere qualcosa.
Il confronto non solo nutre la democrazia ma è un fatto di civiltà e ogni volta che il Governo - questo Governo l'ha già fatto troppo volte - chiede la fiducia senza una ragione tecnica come è stato ricordato questa mattina dal Presidente della Camera, ebbene ogni volta consuma un'ingiustizia, una piccola o, a ben vedere, grande violenza che apparentemente si conclude qui, dentro i confini di quest'Aula e di questo palazzo, ma è assai più estesa e più grande se si sta a guardare bene.
Infatti noi qui siamo lo specchio del nostro Paese, siamo la voce del Paese e dovremmo semplicemente dare la parola a ciò che le persone, la società nel suo complesso ci chiede, ci dice, ci racconta e che denuncia.
È così che avrebbe dovuto trovare spazio il malessere sociale delle nostre famiglie, il bisogno dei poveri di essere aiutati, una domanda di vita più giusta che ci rivolgono gli immigrati, la richiesta di sostegno degli imprenditori al loro slancio imprenditoriale, alla voglia di un futuro Pag. 23migliore che ci arriva dal mondo della scuola e della ricerca, al desiderio di produrre bellezza e cultura dal mondo delle arti e della cultura e tanto altro ancora.
Sono cose di cui non avete voluto parlare e che stanno in quegli emendamenti che noi oggi illustriamo. Ma alla denuncia del metodo si somma la denuncia dei contenuti di questa finanziaria, una finanziaria presunta light ed invece estremamente heavy, una finanziaria pesante: 9 miliardi impegnati, che derivano da due misure entrambe sostanzialmente inique, cioè lo scudo fiscale e l'utilizzo del TFR.
Sul primo si è detto a lungo, oggi resta solo da chiedersi quale sarà la reale consistenza di queste entrate.
Quanto al TFR - lo ha detto nella sua relazione il collega Baretta - si è detto che l'aveva già fatto nella finanziaria del 2007 Padoa Schioppa, ma qui le cose sono diverse: la finanziaria 2007 prevedeva che le risorse dell'INPS non destinate ai fondi di previdenza andassero alle infrastrutture, un modo per restituire nell'immediato, subito alla collettività ciò che appartiene alla collettività; invece in questo caso non è così.
Ma la vera grande assente di questa finanziaria è la crisi economica che il nostro Paese sta vivendo: le famiglie dove sono finite? Il sostegno alla competitività delle imprese dov'è? L'occupazione dov'è? Dove sono i grandi programmi che il Governo della destra ha annunciato più e più volte a reti unificate (tutte o quasi le reti del servizio pubblico insieme a quelle private: non ne restasse, per carità, una autonoma e indipendente)? E il Mezzogiorno dove sta? Probabilmente a sud, appunto, a casa d'altri. La riforma degli ammortizzatori dov'è? E le ingiustizie, quante? Quante ingiustizie!
I contributi al programma di cooperazione allo sviluppo: mi fermo su questo, perché proprio ieri, a Bologna, si è inaugurata una piccola mostra molto semplice, una mostra di fotografie realizzate dal GVC sul tema dell'acqua nei Paesi poveri del mondo. Era una carrellata di fotografie e di immagini che facevano vedere le realizzazioni ottenute da una grande e valorosissima organizzazione di volontari che appunto va in giro nel mondo a produrre qualche piccola iniziativa di giustizia. Vi era il presidente Prodi in visita a quella mostra e sono tutti corsi a chiedere aiuto, perché - hanno detto - «i fondi sono stati tagliati e noi così non ce la facciamo più e bisogna trovare un'altra strada».
Dunque, voglio prendere spunto solo da questo tema per dire una cosa soprattutto alla Lega: ma di queste persone, di questi immigrati che noi a casa nostra, anzi, che loro a casa loro non vogliono, che sono ridotti alla fame estrema e sono in queste condizioni anche per le responsabilità storiche dell'Occidente nei loro confronti, cosa vogliamo farne? Immigrati non ne vogliamo, perché appunto la Lega non li vuole e neppure là a casa loro pensiamo di volerli aiutare. Cosa ne vogliamo fare?
Credo che, anche in questi giorni che precedono le feste del Natale, ognuno di noi debba riflettere davvero su questa domanda. Soprattutto, è necessario confrontare quanto si è deciso qui in quest'Aula con ciò che è stato annunciato a L'Aquila, quando c'era da raccogliere il plauso internazionale dei media, e sono stati assunti solenni impegni da parte del Presidente del Consiglio in ordine agli obiettivi del millennio (impegni puntualmente disattesi).
L'elenco delle questioni che non vanno è lungo: potremmo aggiungere l'Abruzzo e gli italiani all'estero (quei pochi argomenti di cui siamo riusciti a discutere). Ma lo ripeto: la crisi prima di tutto. Nel 2010, si stima che i disoccupati saranno due milioni. Il Governo cosa ha fatto? Ha annunciato il cosiddetto «pacchetto lavoro» per un ammontare pari ad un miliardo e 125 milioni di euro, ma non ha detto che 860 milioni di euro serviranno per detassare i salari di secondo livello.
Signor Presidente, non è la prima volta che mi capita di dover stigmatizzare e denunciare un metodo sbagliato, che chiude il confronto, e perciò offende e, in qualche modo, è violento. In questo caso, vi sono anche contenuti assolutamente Pag. 24inadeguati rispetto ai problemi che dovremmo affrontare. È un fallimento, che sarà pagato dal Paese.
Queste parole - non solo le mie, ma le tante parole spese per convincervi a discutere - resteranno nei resoconti stenografici dell'Assemblea e chi, prima o poi, scriverà la storia, le rileggerà. Esse descrivono le responsabilità e gli errori, anche della legge finanziaria in esame.
È vero: tutto scorre, ma in questo caso, tutto lascia un segno nel già ferito corpo di questo nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, questa discussione cade in un momento particolare sul piano politico. Chi ha vissuto la storia di quest'Assemblea, sa che si sono susseguite, nel tempo, discussioni, votazioni e richieste di voti di fiducia.
L'odierna questione di fiducia viene posta - come dicevo poc'anzi - in una situazione particolare. A volte, le questioni di fiducia vengono poste per puntellare i Governi e le maggioranze. Certamente, questa questione di fiducia va a puntellare o, quantomeno, a chiarire - tra virgolette - situazioni diversificate e sincopate all'interno della maggioranza; ma, invece di risolvere i problemi complessivi, li complica sempre più, rendendoli sempre più inestricabili rispetto ad obiettivi e traguardi che bisognerebbe inseguire con forza e con grande determinazione.
Non è un rammarico perché si voti il documento al nostro esame in termini di approvazione o meno, attraverso il voto di fiducia, né è un rammarico perché non si svolga un dibattito (anche se questo è un dato che, oggi, si ripresenta in termini particolarmente gravi).
Quando un Parlamento non è messo in condizione di discutere - ma non parlo di una discussione come la stiamo svolgendo in questo particolare momento, perché, diciamolo con estrema chiarezza, si tratta di uno sfogatoio più che una discussione da costruire - e non è messo in condizione di decidere e di scegliere, certamente si indeboliscono le istituzioni, si mortificano le intelligenze e si depaupera un patrimonio di energie umane e intellettuali che, invece, dovrebbe essere salvaguardato e costruito.
Quello che viene meno e che oggi è profondamente in crisi, come lamentiamo continuamente alla politica, è la politica nella sua espressività, come momento di raccordo, di collegamento e di legame tra le istituzioni e il Paese; è una capacità di mediazione e di interlocuzione sempre più forte che in questo momento viene a mancare sulle grandi questioni.
Sarebbe stato il tempo delle grandi proiezioni, dei grandi disegni e delle grandi strategie, ma tutto questo viene a mancare dove c'è una manovra economica e finanziaria sempre più limitata e condizionata a una versione particolare e sempre più disattenta rispetto alle grandi questioni e ai grandi problemi del Paese.
Sarebbe, però, poca cosa se mi soffermassi sui temi della finanziaria senza cogliere quello che oggi è, a mio avviso, un momento di passaggio e di approdo. È certamente la crisi di un sistema che tutti quanti hanno voluto. Chi non ricorda gli «entusiasmi» di quest'Aula quando si approvò la legge sul maggioritario, la legge che va sotto il nome «Mattarellum», come se avesse rappresentato un passaggio epocale tra l'inciviltà dei tempi, come venivano ad essere definiti e considerati quei momenti politici, e l'avvio verso un processo di civilizzazione e di ampliamento ed espansione della vita democratica del nostro Paese? Allora si chiedeva con forza, anche attraverso il sistema elettorale, una stabilizzazione, una certezza della gestione dei Governi e una continuità di impegno che non doveva avere interruzioni, ma doveva avere sempre più una vita e una proiezione ampia, senza definizioni e senza limitazioni.
Ritengo che questo sia il momento di cogliere quanto abbiamo ascoltato questa mattina e quanto è avvenuto e sta avvenendo nel Paese, che è inquietante e pericoloso. Dobbiamo considerare questo un momento di approdo e di conclusione Pag. 25di una fase della nostra vicenda politica e della nostra storia repubblicana, oppure consideriamo quanto avvenuto un fatto di passaggio che poi verrà derubricato e questa pratica si chiuderà aprendone un'altra?
Anche in questo dibattito è il momento di considerare che una vicenda si sta concludendo, perché questo è il senso di una storia che vogliamo considerare e vogliamo interpretare. Non basta dire che Tizio è cattivo o che è buono e che questo Governo è da buttare via.
Appartengo all'opposizione, ma questi Governi e queste vicende sono espressione di quelle crisi del tempo - che sono state raccolte e interpretate, insieme alle soluzioni che vi furono date - che non furono gestite in sintonia con i principi della democrazia e della partecipazione. I più voti di fiducia - che non scandalizzano nessuno - sono espressione del depauperamento del Parlamento e delle istituzioni democratiche all'interno del nostro Paese.
Tutti abbiamo pensato e abbiamo immaginato che la politica dovesse essere riconsiderata e ridefinita, poiché non c'era più un popolo partecipante, ma una categoria di leader e di oligarchie, in un Paese dove predominano le corporazioni e il coacervo degli interessi.
Ma dagli interessi reali e veri di un Paese, di una società e di una comunità non si evince e non si definisce perché si lavora sempre di più a fare meno Paese, meno società e, invece, si lavora di più per una società di eletti e di corporazioni che certamente nulla hanno a che fare con il divenire della storia civile e umana di questa nostra nazione.
Se questo è il dato, signor Presidente, i temi da trattare sono questi. La politica viene ad essere mortificata, è diventata un'ingiuria. Quando si parla di costi della politica questa parola suona negativamente, come se fosse un'offesa. Si parla dei costi della politica e poi si opera come in questa manovra economica-finanziaria per ridurre il numero dei consiglieri comunali, quello dei consiglieri provinciali e a ridefinire in termini molto opachi, confusi e ambigui le vicende delle comunità montane, non riuscendo a capire che non si risparmia sui costi della politica ma certamente in questo momento si fa pagare un pedaggio sulla democrazia, sulla partecipazione e sul coinvolgimento. Quando, ad esempio, si eliminano i consigli circoscrizionali nelle città al di sotto dei duecentomila abitanti come non tenere in considerazione che potevano esservi, anche in queste città, dei giovani che si relazionavano direttamente e immediatamente con i temi del proprio territorio, cercando così di avere questo rapporto, questa formazione e questa esperienza. Una società può crescere se valutiamo attentamente quello che è il dettato costituzionale, che punta sulla pluralità delle forze, delle energie, delle associazioni e, soprattutto, delle espressioni all'interno delle istituzioni. Invece, se andiamo a restringere sempre di più, soprattutto nelle autonomie locali, non credo che rendiamo un buon servizio alla democrazia. Ma nessuno parla di ciò perché ha paura di essere accusato di volere espandere i costi della politica quando, invece, vi sono dispersioni vere e non vogliamo guardare dove sono le vere dispersioni e i veri depauperamenti delle risorse e delle energie economiche di questo nostro Paese. Puntiamo, invece, su una realtà che va a disperdere e soprattutto a ridefinire negativamente l'apporto delle energie umane che avrebbero dovuto essere incoraggiate, rafforzate ed espanse.
Se vi è questo aspetto, signor Presidente, è chiaro, sottosegretario, che siamo dinanzi a un problema importante e forte. La manovra economica-finanziaria sarà approvata e domani vi sarà il voto sulla fiducia. Otterrete anche la fiducia ma questo Paese rimarrà con i suoi problemi, con le sue incognite, con le sue incertezze, con le sue ambiguità, con le sue zone d'ombra, con le sue negatività, dove non conta quello che grida di più. Infatti, non vi è nessuno che può essere considerato o si può considerare puro rispetto agli altri, detentore della verità rispetto agli altri, ai giudici o nei confronti di alcuno. Invece, facciamo parte di un'umanità che cammina alla pari e fa riferimento ai grandi Pag. 26ideali e alle grandi storie degli statisti, quegli statisti che hanno fatto la storia del nostro Paese, che deve essere preso a modello e a punto di riferimento. Le piccole bagattelle e le piccole polemiche di ogni giorno stanno stressando un Paese, lo stanno avvilendo, lo stanno mortificando e lo stanno indebolendo. Infatti, non consideriamo ciò che avviene in questo Paese, dove le famiglie si dissolvono, dove si verificano brutture ogni giorno e dove vi sono delle vicende drammatiche e subumane che non fanno pensare certamente in positivo per quanto riguarda il futuro. Ma noi guardiamo al presente. Se guardiamo soltanto al presente, senza porci il problema del futuro, saremo egoisti e certamente privi di ogni sensibilità e di ogni responsabilità. Invece, in questo momento dovremmo assumerci delle responsabilità in termini molto chiari, puntuali e precisi. Se vi è una spinta che anima il nostro cuore e che alimenta anche le nostre intelligenze e le nostre forze dovremmo fare delle valutazioni diverse, dove la politica non sia semplicemente un grande baraccone di esibizioni varie ma costituisca un momento di ritrovo e di ritrovarsi, pur nella scomposizione e nella dialettica, attraverso i grandi momenti di riferimento dove l'approdo e la sintesi hanno come obiettivo fondamentale l'interesse della collettività e gli interessi generali del Paese.
Ma chi si interessa degli interessi generali del Paese quando in Parlamento sembrano riecheggiare, come dicevo poc'anzi, più gli interessi delle corporazioni e di parte che non gli interessi generali e complessivi di questa nostra vicenda umana e di questa storia umana, con le sue incertezze e con le sue incognite?
Otterrete la fiducia, cari amici del Governo, ma le incognite non riguarderanno soltanto la maggioranza, ma tutto il Parlamento e tutto il Paese. Non si va avanti a colpi di scudiscio e di spallate, ma ritengo che occorra una capacità diversa di affrontare e di ridefinire quelli che sono i termini di una questione certamente non considerata e non risolta.
Ecco perché siamo per un'alternativa. Eravamo in pochi quando abbiamo guardato quel sistema maggioritario misto proporzionale con grande sospetto e perplessità. C'era un popolo plaudente al maggioritario e verso il presidenzialismo e abbiamo fatto anche delle leggi per quanto riguarda le autonomie locali.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone...

MARIO TASSONE. Ho finito, signor Presidente. Certamente abbiamo fatto alcuni passi in avanti. Vorrei fare due battute su un emendamento che ho presentato relativo alle forze di polizia. Con tale proposta emendativa si guarda alla peculiarità e alla specificità delle forze di polizia.
Come per ogni altra professione bisogna guardare a questo tipo di impegno in questa proiezione di valori e di ideali. Chiediamo più soldi e più risorse; il loro impegno certamente deve essere raccordato alla realtà delle responsabilità a cui le forze di polizia sono chiamate e occorre ovviamente avere contezza di un impegno che riguarda gli interessi della collettività generale del nostro Paese.
Signor Presidente - chiedo scusa per lo sforamento del tempo a me assegnato - di certo c'è un percorso che oggi tentiamo di fare con grande forza pur nella confusione generale, ma la cosa più importante è che la nostra confusione e la nostra dialettica non interessa il grande Paese o la totalità di esso, bensì soltanto gli addetti ai lavori e questi ultimi stanno diventando sempre meno e più modesti e questo è certamente un fatto preoccupante e grave che dovrebbe richiedere una nostra diversa assunzione di responsabilità con tanta coerenza, maggiore partecipazione e diverso slancio (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, non ha sforato i tempi, ma semplicemente si è adeguato alle indicazioni del suo presidente. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli Pag. 27colleghi, inizio il mio intervento ringraziando il Presidente Fini per le parole che ha voluto esprimere nel momento in cui il Governo ha posto la questione di fiducia. Si tratta di un fatto davvero deprecabile ed è un giudizio, quello del Presidente Fini, che condivido dalla A alla Z.
Al di là delle polemiche, alla fine, contano i fatti ed i fatti che si sono succeduti questa mattina hanno ben dimostrato chi contribuisce ad alimentare il clima di scontro e di violenza. Questa fiducia è un atto di vera violenza contro il Parlamento, ancora una volta umiliato, ma soprattutto contro il Paese, una violenza contro le fasce sociali più deboli del Paese, totalmente ignorate da questa manovra.
Signor Presidente, colleghi, la filosofia del disegno di legge finanziaria per il 2010 è ben riassunta dalla celeberrima frase che Totò rivolge a Peppino de Filippo in un famosissimo film: «Punto, punto e virgola, due punti, fai vedere che abbondiamo». Infatti, i due fratelli in quel film erano fieri di chiudere con abbondanza di punteggiatura una lettera sgangherata, invece il Governo ha più che raddoppiato l'importo della manovra, che passa da 4 a quasi 9 miliardi di euro, mettendo poco di tutto e non risolvendo nulla.
Il disegno di legge finanziaria per il 2010 segna il fallimento della politica economica del Governo Berlusconi, fallimento dei contenuti, perché è evidente la totale assenza di una strategia volta a fronteggiare la peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi, ma anche e soprattutto nella scelta dei metodi e degli strumenti. La legge finanziaria vecchio modello sembrava per sempre essere stata accantonata dal decreto-legge n. 112 del 2008.
Un maxiprovvedimento economico che, blindando i saldi di finanza pubblica per tre anni, avrebbe dovuto eliminare la classica finanziaria che il Governo scrive in un modo, ma che dalle Aule parlamentari esce completamente trasformata a seguito del solito assalto alla diligenza.
In effetti va detto che il disegno di legge finanziaria che il Ministro Tremonti aveva presentato era fin troppo snello, perché in realtà non doveva incidere su nulla. Ma, prima al Senato e poi qui alla Camera, abbiamo assistito ad una vera e propria battaglia dove parte della maggioranza ha tentato di regolare i conti con il Ministro dell'economia e delle finanze. Inutile dire che il risultato è stato la più totale confusione: si è verificato praticamente di tutto. Al Senato addirittura autorevoli esponenti della maggioranza hanno presentato niente di meno che una contro-finanziaria; alla Camera invece abbiamo assistito prima al Governo che si è visto falcidiati per inammissibilità 12 dei 14 emendamenti presentati, per arrivare poi ad un maxiemendamento che ha riscritto completamente il testo, regalandoci un unico articolo con circa duecentocinquanta commi. Un maxiemendamento che è stato blindato da una fiducia di fatto già posta in Commissione, con il solito atto di arroganza e di scarso rispetto nei confronti del Parlamento, al quale chiaramente siamo abituati; è sicuramente un gioco delle tre carte con il quale Governo e maggioranza hanno aggirato il veto che il Presidente Fini aveva coraggiosamente posto qualche settimana fa.
La fiducia chiaramente è arrivata anche in Aula, ma formalmente questa consente l'approvazione senza modifiche di un testo già votato dalla Commissione. Dunque nessun maxiemendamento, proprio come aveva chiesto il Presidente della Camera, peccato però che l'intera riscrittura del testo è già avvenuta in Commissione. Si è scelta quindi questa procedura chiaramente non soltanto per dare uno schiaffo all'opposizione, ma anche e forse soprattutto per tenere a freno una maggioranza sempre più divisa e confusa; una confusione che la dice lunga sullo stato in cui versa la maggioranza che, a neppure due anni di distanza dalle elezioni, sembra essere ormai logora. E mentre Governo e maggioranza litigano su tutto e destinano ogni residua energia alla questione giustizia - dove, attenzione, per giustizia si intendono gli affari giudiziari del Presidente del Consiglio - il Paese reale soffre ed è sempre più in difficoltà. Pag. 28
Tremonti prima ha detto che la crisi non c'è; poi ci ha detto che comunque l'Italia è stata fortunata perché ne ha risentito in misura fortemente minore rispetto agli altri Paesi. Forse ha davvero ragione lui, ma allora il Ministro Tremonti ci dovrebbe spiegare quali sono i motivi che porteranno a fine anno il nostro deficit al 5,3 per cento del PIL, il debito al 105 per cento del PIL, con un fabbisogno statale che è aumentato di 30 miliardi di euro rispetto all'anno precedente. In particolare poi il Ministro dell'economia e delle finanze ci dovrebbe far capire da cosa dipende il fatto che ci sono due milioni di cittadini italiani che hanno perso il posto di lavoro.
Non solo dal Governo non arriva nessuna spiegazione, ma la cosa peggiore è che la finanziaria è carente soprattutto nel settore delle politiche sociali, ovvero il settore che va più in sofferenza quando c'è una crisi economica forte e devastante come quella attualmente in corso. La famiglia è stata completamente dimenticata: il Governo non solo non ha messo un euro per sostenerla, ma le ha tolto addirittura dei fondi, non ha rifinanziato il bonus famiglia. È vero che all'ultimo, per il rotto della cuffia, sono stati trovati 150 milioni di euro da gettare sul piatto, ma è evidente che si tratta di un qualcosa che è poco più di una mancetta e che per giunta sarà finanziato solo nel 2010. Sta di fatto che lo stanziamento per il prossimo anno per le politiche sociali sarà comunque inferiore a quello del 2009, ma soprattutto siamo ben lontani dal miliardo e mezzo stanziato dal tanto vituperato Governo Prodi nella sua ultima finanziaria. Il segno meno davanti campeggia per il Fondo nazionale per l'infanzia e per l'adolescenza e soprattutto per il Fondo delle politiche per la famiglia.
Il Ministro Tremonti ci ripete in continuazione che più di così non è possibile fare, ma se è così ci chiediamo perché anche nelle sue finanziarie i soldi per interventi microsettoriali si trovano sempre? Poi gli chiediamo perché anche questa volta viene rifinanziata la «legge mancia» che, al pari di un gatto, sembra avere sette vite? Non sparisce mai questa legge mancia, non ci si riesce proprio!
Signor sottosegretario, se i soldi per le famiglie italiane non ci sono e chiediamo loro di tirare, ancora una volta, la cinghia, per quale motivo ci sono gli oltre 400 milioni di euro per finanziare un'opera finta come il Ponte di Messina? Perché dopo i 500 milioni già regalati in passato a Roma, vengono dati altri 600 milioni per mantenere in funzione i municipi, e come mai i colleghi della Lega, che chiaramente non ci sono, non dicono nulla?
Colleghi, la finanziaria per il 2010 ha un buco nero che la rende una pessima manovra; la crisi economica continua a mordere ed il Governo non ha un piano, non ha una strategia, e dunque non prevede alcun intervento per permettere al Paese di uscire da questa morsa. Ancora una volta mancano le misure per rilanciare l'economia ed incentivare lo sviluppo, in compenso le tasse rimangono alte, e ci si guarda bene dal ridurle.
Anche riguardo al lavoro si è scelto di fare il minimo indispensabile, siamo però ben lontani dalla cura da cavallo che l'Italia dei Valori da tempo chiede. Purtroppo questo Governo non solo non aiuta i lavoratori che perdono il lavoro, ma sta mettendo le basi per colpire duramente anche quei lavoratori che, per fortuna, un lavoro ancora ce l'hanno. È inaccettabile che il Governo si appropri, come ha fatto, del TFR che milioni di lavoratori hanno deciso di lasciare in azienda, un'operazione che non viene compiuta per finanziare una spesa per opere pubbliche, quindi una spesa che tornerebbe a vantaggio della collettività, poiché con il TFR dei lavoratori si va a coprire la spesa corrente. Questo pone un problema molto serio e preoccupante perché il trattamento di fine rapporto dovrà essere rimborsato ai lavoratori, mentre le spese correnti sono di natura permanente e dovranno comunque essere coperte.
Con questa finanziaria siamo di fronte ad un furto di futuro perché questa sembra l'unica dote in cui eccede questo Governo: rubare il futuro agli italiani. A Pag. 29questo tentativo l'Italia dei Valori dice «no» in quest'Aula, come ha già detto «no» la marea viola che ha inondato Roma e piazza San Giovanni lo scorso 5 dicembre.
Concludo rispedendo al mittente le volgari accuse che qualcuno che neppure merita di essere nominato ha rivolto questa mattina al partito che mi onoro di rappresentare, all'Italia dei Valori. Quelle parole e quei comportamenti hanno ben dimostrato chi è che costruisce un clima di odio e di violenza e respinge l'appello lanciato dal Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, cari colleghi, in un recente convegno del Centro Europa ricerche, dedicato appunto alla nuova legge sul bilancio e al governo della finanza pubblica, ho trovato queste riflessioni dell'onorevole Causi, che condivido pienamente e che vorrei sviluppare all'inizio di questo intervento, anche alla luce dell'ennesimo voto di fiducia posto dal Governo questa mattina e stigmatizzato autorevolmente dall'onorevole Fini come deprecabile.
In questo rapporto che ho evocato troviamo queste riflessioni. La prima è che dal 2003, per cinque leggi finanziarie consecutive, l'approvazione parlamentare è avvenuta con voto di fiducia su maxiemendamenti. La seconda è che dal 2008 è entrato in vigore un sistema transitorio fortemente discutibile, basato sull'uso continuato della decretazione d'urgenza in materia economico-finanziaria, con rilevante alterazione dell'equilibrio Governo-Parlamento. Il caso più clamoroso, in questo senso, è la manovra triennale contenuta nel decreto-legge estivo del 2009, corretta in corso d'opera con un nuovo decreto-legge sulla materia dello scudo fiscale.
Infine, la terza riflessione è che la legge finanziaria per il 2010 è un nuovo ibrido. Qui bisogna rilevare che non è così light come avrebbe voluto il Ministro dell'economia e delle finanze. Il maxiemendamento, come sanno tutti i componenti della Commissione bilancio, è stato anticipato non più in Aula, ma appunto in Commissione bilancio, costituendo in questo una prima storica dell'andamento parlamentare dei provvedimenti economici.
Il nostro gruppo, come sapete, ha presentato emendamenti che non avevano impatto finanziario, ma in molti aspetti miglioravano la qualità del testo, compresi anche gli errori materiali che erano dentro questo testo.
L'abbiamo fatto, ad esempio, per quanto riguarda il TFR, con la richiesta di una relazione semestrale che certifichi lo stato delle cose anche in vista della restituzione ai lavoratori del TFR stesso. Lo abbiamo fatto per quanto riguarda l'uso del FAS per il debito sanitario, fissando a due anni la durata di tale provvedimento. Nonostante questo, signor Presidente, ed è questo il punto politico, il Governo ha preferito porre la questione di fiducia, negando per l'ennesima volta le prerogative del Parlamento sancite dalla nostra Costituzione. Quindi, sull'insieme di questo provvedimento i membri autorevoli del nostro gruppo si sono espressi in modo puntuale e articolato.
Vorrei solo soffermarmi su due aspetti. Sugli emendamenti presentati dalla Commissione giustizia, in un Paese dove si fa un gran parlare della sicurezza e della giustizia, le politiche e, quindi, gli stanziamenti conseguenti del Governo non sono all'altezza della domanda di giustizia, di certezza della pena e del diritto che i nostri concittadini si aspettano. Dalla proposta di relazione alternativa a quelle del relatore presentata nella II Commissione (Giustizia) leggo che la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti non solo in sede penale, ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo. La garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente l'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine a cui vanno assicurati i mezzi indispensabili Pag. 30per il loro operato. Al contrario, qui abbiamo assistito ad emendamenti della Lega che richiedevano risorse per le ronde che sono proprio tutto il contrario, anzi sono un'usurpazione di quel monopolio esclusivo della violenza che doveva appartenere solo allo Stato. Quindi, efficienza dell'azione delle forze dell'ordine per cui vanno stanziate le somme necessarie e le risorse adeguate e idonee per un effettivo miglioramento della qualità anche del loro operato, nonché dell'amministrazione della giustizia: questo è il punto. Il punto non è, invece, varare con ansia e ossessione le misure ad personam che aiutino il Presidente del Consiglio a non affrontare il giudizio dei suoi giudici naturali. Noi vogliamo puntualizzare e avere come priorità il servizio giustizia anche in campo civile. Come sapete, infatti, l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta altresì una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali. Questa giustizia civile così lenta, signor Presidente, mette il nostro Paese in una situazione di palese svantaggio competitivo rispetto ai nostri diretti competitor europei e mondiali. Su questo aspetto dobbiamo svolgere una riflessione soprattutto in tempi di crisi, dove tutto si gioca sulla capacità dei Paesi di essere appetibili per gli investimenti internazionali e per i grandi operatori finanziari ed economici.
Per quanto riguarda la giustizia, vorrei soffermarmi sull'articolo 2, comma 47, del disegno di legge finanziaria che, novellando l'articolo 2-undecies della legge n. 575 del 1965 in materia di destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, prevede che possano essere venduti immobili di cui non sia stata effettuata la destinazione entro i 90 giorni imposti dalla legge.
Questo davvero è un punto che ha attirato una protesta vibrata e giusta di tutte le associazioni che sul territorio nazionale e locale combattono la criminalità organizzata. Vorrei ricordare alla maggioranza - è importante - che la destinazione dei beni confiscati alla mafia è prevista dalla legge 7 marzo 1996, n. 109, che fu a suo tempo approvata all'unanimità nelle Commissioni giustizia di Camera e Senato.
La legge fu l'effetto di un'impressionante mobilitazione della società civile, dopo le stragi di Capaci e di via d'Amelio. Se ne fece portatrice l'associazione Libera di Don Ciotti, la quale raccolse oltre 1 milione di firme in calce ad una apposita petizione. Ebbene, questa modifica della legge finanziaria da parte della maggioranza e del Governo è gravida di responsabilità morale, prima ancora che politica, nel contrasto alla criminalità organizzata. In territori dove il potere condizionante della mafia e di tutte le criminalità organizzate è forte si può intuire benissimo chi potrà esercitare la facoltà di ricomprare questi beni confiscati alla mafia, senza contare il danno che viene arrecato a quelle fasce deboli e quindi a tutta la società che virtuosamente usufruiva di questi beni confiscati alla mafia, in termini di cessione per l'emergenza abitativa, per famiglie e alloggio, per cooperative di lavoro per giovani in territori di criminalità organizzata.
Forse tra tutte le misure della finanziaria questa è indicativa della cultura della legalità di questa maggioranza e di questo Governo che, introducendo questa novità, rendono i territori e le comunità non in grado di esercitare la dovuta pressione nel punto sensibile che, come ci hanno insegnato tutti quelli che si occupano di mafia, è il vero nervo scoperto della criminalità organizzata, ossia gli ingenti beni che conseguono quando esercitano la loro attività criminosa.
Mi piacerebbe che il Governo ci ripensasse profondamente, perché la mafia si colpisce andando a toccare il nervo scoperto dei suoi beni. Dando ai mafiosi l'opportunità di ricomprare questi beni, le si fa un favore che è moralmente inaccettabile, oltre che politicamente sbagliato.
Vorrei terminare, signor Presidente, con lo scempio della cooperazione internazionale. Pag. 31Il nostro è un Paese che nelle sedi internazionali si proclama favorevole alla cooperazione e alla solidarietà con i popoli, che persegue gli obiettivi della pace sanciti dall'articolo 11 della nostra Costituzione anche attraverso la cooperazione allo sviluppo.
Ebbene, gli obiettivi del millennio sono ormai una promessa non mantenuta, l'ennesima promessa non mantenuta ai popoli poveri, quella geografia della miseria e della povertà nel mondo che continuerà a crescere anche perché grandi Paesi come l'Italia non riescono a mantenere le promesse fatte in sede internazionale. Concludo, signor Presidente, dicendo che non facciamo integrazione degli immigrati che vivono nel nostro Paese e nemmeno cooperazione per frenare in loco e per diminuire quei fattori di espulsione che spingono masse di persone a bussare alle nostre porte. Niente integrazione e niente cooperazione. Brilliamo come Paese per la nostra cecità strategica, per non vedere che la cooperazione è una parte importante della politica di pace e di sviluppo mondiale, anche se una gran parte della nostra opinione pubblica, la parte migliore di questo Paese, auspica che l'Italia diventi pioniera anche in questo campo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruvolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, l'emendamento da me presentato vuole mettere ancora una volta, ove ce ne fosse bisogno, l'accento sul Fondo di solidarietà nazionale per le calamità.
Abbiamo assistito in tutti questi anni di Governo solo a promesse, peraltro anche condivise dal Governo, perché ho avuto modo di presentare esattamente 11 ordini del giorno, regolarmente accettati dal Governo, sul fondo di solidarietà.
Con l'Atto Camera 2260, che aveva per oggetto il rafforzamento della competitività, il Governo si impegnò, ancora una volta, a dare risorse finanziarie adeguate al fondo di solidarietà. Bene, non si è capito per quale ragione - la ragione ufficiale era che veniva incardinata la legge finanziaria in Aula - quel provvedimento è stato ritirato, o meglio è stato sospeso in attesa che finisse il percorso della legge finanziaria, per poi riprenderlo di nuovo.
Ci era stato detto che in occasione della legge finanziaria avremmo avuto una risposta concreta da parte del Governo. Il fatto è che sono stati trovati, quasi per miracolo, 120 milioni di euro, guarda caso presi sempre dal comparto agricolo, dall'articolo 68 della PAC, e 20 milioni dall'OCM vino; peraltro - vorrei ricordarlo, signor Presidente e signor sottosegretario - per l'anno finanziario, dato già ampiamente certificato, occorrono 230-250 milioni di euro.
Quindi i 120 milioni di euro sono assolutamente insufficienti. Ma c'è di più: rimane ancora inevaso il periodo che va dal 1o luglio al 31 dicembre 2008 e tutto il 2009. Sono queste le risposte a un mondo che è in fermento esattamente da quattro mesi in questo Paese, da Udine a Lampedusa, da Agrigento a Torino? Sono queste le risposte che avete immaginato di dare?
Quando il mondo dell'agricoltura - mi è capitato tante volte di sostenerlo in quest'Aula - rumoreggia, si può immaginare che qualcosa di grosso possa avvenire, o meglio scoppiare nel Paese, perché c'è tanta disperazione e tanta esasperazione, tant'è che comitati spontanei nascono come funghi in tutte le parti d'Italia.
Non vorrei ancora di più mettere sale sulla piaga, ma con grande senso di responsabilità vorrei dire ancora una volta che sugli sgravi contributivi, sui quali il mondo dell'agricoltura si aspettava una risposta, anche qui, più corposa e concreta, ritengo che sia anche merito dell'opposizione, di questa opposizione, trovare le risorse finanziarie fino al 31 luglio del 2010.
Resta ancora il più da fare, perché peraltro questi due provvedimenti sono leggi dello Stato, datati 2004 e 2006, e non avevano necessità di nulla, se non di trovare le risorse finanziarie. Pag. 32
Vi diamo quasi fastidio quando parliamo di questi argomenti; peraltro, questi argomenti erano stati ripresi dal Documento di programmazione economica e finanziaria presentato dal Ministro Zaia e oggi sono solo carta straccia. Non troviamo alcun segnale positivo per il comparto agricolo.
Non troviamo soprattutto sensibilità: dopo che dal Fondo per le aree sottoutilizzate erano stati indicati 870 milioni di euro per l'agricoltura, certamente per scopi molto nobili, quali quello del terremoto in Abruzzo, oggi non ne parlate neanche più.
Oggi che un comparto grida vendetta e alcune risorse finanziarie erano state allocate regolarmente nel capitolo di bilancio destinato all'agricoltura, non c'è nessuna risposta. A tutto questo cosa risponde la piazza? Risponde ancora con rumore e protesta, risponde alla vostra insensibilità nel dare risposte concrete all'agricoltura.
Avete solo una priorità da salvaguardare, agevolare ancora i carrozzoni mangiasoldi. Certo, non è una responsabilità solo di questo Governo, si tratta di un problema molto antico, ma voi avete proposto la diminuzione dei consiglieri di amministrazione e dei vari amministratori e oggi una risposta concreta non c'è. Date ancora la possibilità a queste carrozzoni inutili di sperperare il pubblico denaro quando l'agricoltura esige veramente risposte concrete, non di sostegno ma capaci di dare una svolta. Una svolta su che cosa? Sui costi di produzione! Oggi tali costi mediamente aumentano del 63 per cento, parlo del gasolio, dei fertilizzanti. I prezzi all'origine crollano del 20 per cento e poi alla grande distribuzione i prodotti vengono venduti per oltre il 200 per cento del prezzo originario. Ma c'era bisogno di scervellarvi se non assumere iniziative serie nella grande distribuzione allo scopo di mettere d'accordo il mondo della produzione con quello della distribuzione?
Relativamente all'etichettatura si tratta di un provvedimento che poteva essere inserito benissimo perché esiste già un testo approvato all'unanimità dal Senato della Repubblica, modificato parzialmente dalla Commissione agricoltura. Non sarebbe stato opportuno e necessario dare un segnale che non costava nulla, ovvero dare la possibilità finalmente di avere prodotti etichettati? Infatti in questo Paese che pensa ancora ai controlli arriva di tutto e di più dal mondo, senza nessun controllo! I nostri prezzi crollano perché c'è una concorrenza sleale e questo Governo non ha saputo adottare un solo provvedimento per contrastare soprattutto l'importazione di merci e prodotti che arrivano senza nessuna possibilità di controllo anche dal punto di vista sanitario oltre che del prezzo.
Concludo, signor Presidente, nella speranza - ma è una speranza, ahimè, remota - che in questa fase successiva della ripresa dell'A.C. 2260, il Governo possa finalmente dare delle risposte concrete. Ma - lo diciamo con forza e anche con rabbia - è scomparsa dalla vostra agenda la parola «agricoltura». Ritengo, tuttavia, che un Governo che debba dare una risposta a un Paese che si ribella debba dare non dico assoluta priorità ma almeno porre tra le priorità le esigenze del mondo agricolo. Avete fatto solo un capolavoro, vi siete contraddistinti soprattutto per aver dato - ve lo abbiamo impedito - la possibilità di fare aranciata senza arance. La nostra azione di contrasto ve lo ha impedito perché proprio un vostro parlamentare, uno della maggioranza, aveva prodotto questo elemento di grande disturbo e di insensibilità nei confronti del mondo dell'agricoltura.
Concludo dicendo che abbiamo sempre presentato responsabilmente emendamenti e anche proposte concrete ma fino ad ora nessuna risposta è stata data. Il mondo dell'agricoltura non è un mondo sereno oggi e ha ancora bisogno di quelle risposte che vi mettete sotto i piedi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Scilipoti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, innanzitutto Pag. 33dobbiamo, ancora una volta, stigmatizzare l'ennesimo svuotamento del ruolo del Parlamento, l'ennesima posizione della questione di fiducia che questa volta è stata addirittura stigmatizzata, non certo da un rappresentante dell'opposizione, ma da uno dei massimi vertici istituzionali, il Presidente della Camera, del quale condividiamo le parole e che ringraziamo per ergersi, vanamente purtroppo, a difesa del Parlamento.
Avevamo già avuto delle avvisaglie in Commissione. Il Governo e la maggioranza, nella totale anomalia della procedura di questo disegno di legge finanziaria, hanno tenuto in ostaggio per più di dieci giorni la Commissione bilancio, impedendo, nei fatti, con continui rinvii finalizzati a tenere insieme una maggioranza che ormai boccheggia, i lavori della Commissione e il confronto parlamentare con le opposizioni. Dopodiché abbiamo votato emendamenti su emendamenti. È del tutto chiaro che vi è uno scontro totale all'interno alla maggioranza. Hanno pesato i tantissimi malumori. Abbiamo avuto addirittura una «contro finanziaria» presentata dal senatore Baldassarri, presidente della Commissione competente al Senato e già sottosegretario all'economia e alle finanze. Quindi, anomalia dopo anomalia, con pochissimi emendamenti da discutere (dei quali alcuni addirittura della maggioranza), viene posta una questione di fiducia certamente contro il Parlamento e l'opposizione, ma principalmente contro la maggioranza stessa, perché vi è ormai il timore che questa maggioranza non regga al voto, che venga fuori qualche provvedimento non voluto del Governo, che venga approvato qualche emendamento che potrebbe far implodere questa maggioranza che non ha fatto nulla.
Questa legge finanziaria brilla per essersi via via appesantita. Doveva essere una «finanziaria light», mentre è diventata una «finanziaria pesante» ed appesantita da provvedimenti una tantum, che brilla soprattutto per le cose che mancano e per alcuni provvedimenti assolutamente censurabili.
Vado a braccio, qua e là, nell'esaminare il testo: è stato tolto, per esempio, dagli emendamenti presentati in precedenza dal relatore e dal Governo, l'aumento del Fondo per il rimborso dei piccoli azionisti Alitalia (ci siamo dimenticati di questa follia che è costata miliardi e miliardi di euro per un'azienda che non funziona e che ha causato un danno a tantissimi dipendenti e piccoli azionisti). Del regalo alla mafia parlerò successivamente, voglio solo ricordare che rimane la possibilità della vendita di immobili statali a trattativa privata. L'Agenzia del demanio potrà, infatti, alienare gli immobili statali con trattativa privata se i beni non superano il valore di 400 mila euro; al di sopra di 400 mila euro sarà necessaria un'asta pubblica o un invito pubblico ad offrire, tuttavia se questa asta dovesse andare deserta si torna anche per beni sopra a 400 mila a euro di valore - non è poco - alla trattativa privata, con le conseguenze che sono facilmente immaginabili.
Sono stati ancora una volta massacrati i comuni: 500 sindaci, persone perbene, sono stati costretti a venire a manifestare davanti al Parlamento, e hanno recuperato attraverso la vostra legge finanziaria non più che le briciole. Non so come garantiremo i servizi pubblici essenziali perché siamo veramente allo stremo anche delle possibilità degli enti pubblici. Mancano le risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Per le forze dell'ordine è stata stanziata non più della metà di quello che serviva. Non vi sono provvedimenti seri per le famiglie, per i precari, per le piccole e medie imprese per renderle in grado di affrontare la crisi economica. È stata addirittura ripristinata la «legge mancia» per consentire ai parlamentari di maggioranza di finanziare dei microinterventi all'ombra del proprio campanile; quindi sulla sicurezza, per i precari, per le famiglie non vi è niente.
Noi ci siamo peritati di fare delle proposte che tolgano tensione a quella vasta parte di Italia che sta cominciando a scendere in piazza pericolosamente (una cosa che denunciamo da tempo). Per esempio, proprio per spegnere e per alleviare Pag. 34questa esasperazione, proponiamo che la cassa integrazione venga portata fino a 104 settimane dalle 52 attuali, ma si tratta di una proposta che non sarà mai votata perché domani verrà votata l'ennesima fiducia e, quindi, come sappiamo, le nostre parole in quest'Aula sono un memento, perché poco più o poco meno che vane. Avremmo visto bene un raddoppio del periodo della cassa integrazione. Avremmo proposto alla vostra attenzione - avete messo la fiducia, forse perché temevate che questi emendamenti passassero - delle detrazioni per i carichi di famiglia. Anche queste sono misure che servono per affrontare la crisi e per alleggerire l'esasperazione di tantissime famiglie, di tantissime persone. Avevamo proposto un fondo per la diffusione delle reti a banda larga, perché un Paese non è competitivo se non può viaggiare a banda larga, e ce n'è fin troppo poca nella nostra nazione, e tutto questo - come nella mia regione per esempio - è affidato all'iniziativa delle regioni, degli enti locali, perché non c'è un piano generalizzato; nonostante il Ministro competente ne parli, fondi non ne vediamo.
Avremmo voluto che fosse confermata anche per il 2010 la detrazione del 55 per cento per gli investimenti in efficienza energetica, ma voi avete risolto il problema con le centrali nucleari, con un minerale che è in via di estinzione; lo risolvete con i rigassificatori, con le grandi centrali turbogas, che per fortuna ancora (fino a quando ce lo consentirete) trovano nel necessario concerto delle regioni un freno da parte degli enti locali. Noi siamo per l'energia pulita, per l'eolico, per il solare, ma, mentre altre nazioni (come la Germania, come gli Stati Uniti) ci stanno lavorando e stanno abbandonando piano piano il nucleare, noi stiamo facendo esattamente il contrario.
Vi avremmo proposto di dare più risorse ai confidi per garantire i prestiti alle piccole e medie imprese (un'altra parte della colonna vertebrale di questo Paese che assieme alle famiglie e ai precari è in crisi, in fibrillazione, in esasperazione) ma nulla c'è di tutto ciò.
Vi avremmo proposto di rendere permanente per i piccoli operatori economici il pagamento dell'IVA al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo (la cosiddetta IVA di cassa). Avremmo anche visto bene un aumento del volume di affari da due a trecentomila per individuare le imprese beneficiarie di questo provvedimento, ma nulla di tutto ciò sussiste.
Vi avremmo proposto la detassazione di una quota della tredicesima mensilità di retribuzione, appena un 15 per cento per alleviare le famiglie che non arrivano alla fine del mese.
Vi abbiamo proposto - questo è veramente uno scandalo, e condivido quello che diceva prima il collega Touadi - di abolire il provvedimento sui beni confiscati alla mafia, ma anche su questo non ci volete sentire. Avete stabilito un termine di 90 giorni massimo, più 90 giorni, per offrire alle cooperative o agli enti pubblici questi beni dopodiché si passa alla vendita. È chiaro che questa tempistica è del tutto incompatibile con quella dei soggetti a cui vengono fatte delle offerte. Quindi, in barba alla legge Rognoni-La Torre, in barba ad un collega che ci ha lasciato la vita per combattere la mafia dando il suo nome a questa legge, i cui effetti voi state vanificando, lasciate che la mafia molto probabilmente si vada a ricomprare i beni all'asta con il riciclaggio dei propri denari perché non avete voluto ascoltarci.
Eppure la normativa in questa materia ha dato ottimi risultati e sono stati confiscati beni per 725 milioni di euro di valore, di cui ben 225 solo negli ultimi diciotto mesi, e con questi beni sono state promosse iniziative sociali estremamente importanti ed interessanti anche per i nostri giovani. Ma non avete voluto ascoltare neanche questo consiglio e poi vi stupite se la gente è esasperata, soprattutto chi non arriva alla fine del mese.
Vi avremmo chiesto più denari per la funzionalità del sistema giustizia e per l'assunzione del personale amministrativo in servizio presso i tribunali, cioè per rimpiazzare il turnover, soprattutto per il processo civile, ma voi siete molto impegnati sul processo penale di una persona, Pag. 35cioè del Presidente del Consiglio, e non serve investire in personale del sistema giustizia per risolvere quel problema.
Vi avremmo proposto di aiutare le popolazioni terremotate dell'Abruzzo consentendo loro di rimborsare, come è stato fatto per altri eventi sismici, il 40 per cento di tasse e contributi in centoventi rate mensili, ma anche di questo non avete voluto sentir parlare e, da ultimo, vi avremmo chiesto di investire i 50 milioni che verranno buttati via a pioggia della «legge mancia» proprio per incrementare, come dicevo prima, il Fondo di garanzia fidi per le piccole e medie imprese.
Signor Presidente, mi avvio a terminare questo intervento, come dicevo, sostanzialmente inutile, ma utile affinché rimanga agli atti la protesta di un'opposizione che viene messa di fatto a tacere insieme al resto della composizione di quest'aula parlamentare, insieme ad una maggioranza che non sapete più come tenere insieme, se non attraverso il voto di fiducia su provvedimenti come questo che continuano a non risolvere i drammatici problemi dei nostri concittadini, le cui voci noi continueremo a portare in quest'Aula, perché è giunto il momento che si dia voce ai ceti più poveri, ai ceti più in difficoltà e che si facciano leggi più serie di quelle che questa maggioranza sta approvando quasi sempre a colpi di maggioranza.

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli alunni della scuola media Mozzillo di Manfredonia (Foggia), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, nella finanziaria 2010, non c'è il Mezzogiorno e, quando se ne parla, la discussione sul Mezzogiorno è fatta di troppi luoghi comuni e troppe ipocrisie. Tutto o quasi sarebbe fallito o fallimentare. Queste asserzioni sono state costruite nel corso degli ultimi anni lì dove si incrociano politica e comunicazione che esercitano un'influenza determinante sulla discussione pubblica. E lì in tale zona grigia si è fatto in modo che l'emblema del Mezzogiorno fossero solo i rifiuti di Napoli piuttosto che le nuove metropolitane di Napoli oppure che indicatore dell'inefficienza delle amministrazioni locali fosse il caso del comune di Catania dissestato da operazioni di cartolarizzazione sbagliate, mentre non si è adeguatamente valorizzato il caso di Bari dove in pochi anni la flotta di autobus è stata rinnovata e la politica urbanistica rimessa in sesto.
Colpevolmente si omette di sottolineare che nelle regioni del sud si dislocano, sia pure con diversa importanza, almeno dodici settori strategici per l'industria nazionale: la siderurgia, la metallurgia non ferrosa, la chimica di base, l'industria petrolifera, la raffinazione, l'energia, l'industria aerospaziale, l'automotive, le comunicazioni, la navalmeccanica, cemento, materiali da costruzione, armatoria, porti, terminal, container.
Ad essi si aggiunge la cosiddetta industria leggera del made in Italy: l'agroalimentare, il tessile, l'abbigliamento, il calzaturiero, il legno e mobilio.
Sfugge ai detrattori «interessati» che il Mezzogiorno è fatto anche di imprenditori, associazioni, sindaci impegnati in prima fila nella battaglia civile per la legalità. Vi è silenzio sui tanti territori locali che hanno investito su politiche di sviluppo sostenibile, dall'eccellenza della ricerca dei laboratori del polo universitario di Catania alle nanotecnologie di Lecce, all'università di Calabria, che risulta, in base alle recenti valutazioni, nel gruppo delle migliori italiane e così per i distretti industriali ed agroalimentari pugliesi, quanto quelli campani e quanto quelli della Sicilia.
Io continuo ad insistere: il Governo, che è fortemente condizionato dalla Lega Nord, ha reiteratamente e volutamente colpito il sud, ancora più che nell'assegnazione di risorse nella sottrazione di fondi di cui è titolare ed assistiamo al paradosso di un Esecutivo che ha un programma federalista, ma che vorrebbe commissariare tutto il sud: al nord l'autogoverno, al sud i prefetti. Pag. 36
Allora, fuori da metafore: se l'unità nazionale è un valore non negoziabile e le differenze territoriali sono una risorsa del Paese, non una ragione di divisione e di rivalsa degli uni contro gli altri, se tutto ciò è vero, le regole devono essere da tutti rispettate e così anche il valore dell'efficienza è una sfida per tutti, al nord come al sud.
Allora vorrei intrattenermi sulla legge n. 42 del 2009, di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, il cosiddetto federalismo fiscale, che stabilisce una nuova regola, quella dei costi standard per i servizi pubblici essenziali. Il Governo non è stato in grado di fornire alcuna stima. I costi standard non sono un problema per il solo sud. È quindi necessario, onorevoli colleghi, discutere non solo dell'intervento aggiuntivo che si realizza nel Mezzogiorno con i fondi comunitari e con il FAS, taglieggiati tra l'altro, ma dell'entità e dell'intreccio tra questi fondi aggiuntivi e le risorse ordinarie che sostengono le azioni pubbliche nel sud.
Quando si discute del Mezzogiorno pensando solo alle risorse aggiuntive destinate allo sviluppo - e qui vi dico: si tratta di 9 miliardi l'anno su circa 100 di risorse ordinarie - si resta alla superficie del problema, facendo operazioni politiche di corto respiro. La vera sfida è intrecciare i finanziamenti aggiuntivi con quelli ordinari, concentrare i primi sulle infrastrutture necessarie per migliorare gli obiettivi di servizio pubblico essenziale e la competitività delle imprese, valutare i secondi, quelli ordinari, in ragione degli stessi obiettivi di servizio.
Il Governo, invece, ha sistematicamente smantellato l'efficacia di tutte le agevolazioni fiscali automatiche, che costituivano un punto di avanzamento reale per le politiche meridionali, perché uscivano dalla discrezionalità; con i decreti anticrisi prima ha spostato una parte consistente delle risorse e del FAS destinati al Mezzogiorno verso aree a più alto tasso di sviluppo, inaugurando un modello redistributivo delle risorse funzionale alla ristrutturazione di una sola parte del Paese. Poi il Governo ha dirottato verso il settore del credito gran parte delle risorse disponibili, precedentemente programmate per la politica industriale, favorendo la ricapitalizzazione delle banche - e voglio citare qui solo i Tremonti bond - e cancellando le agevolazioni per il sud. Il Governo ha attinto in modo reiterato e distorto alle risorse del FAS.
Ora basta! Questo Mezzogiorno «del luogo comune e delle ipocrisie», avvolto in un clamoroso silenzio, non è prioritario nell'agenda del Governo e dell'attenzione pubblica italiana, non esiste nel la disegno di legge finanziaria per il 2010.
Nella discussione in Commissione bilancio abbiamo provato, insieme a tanti colleghi, ad indicare e a proporre alla maggioranza ed al Governo di condividere almeno tre o quattro punti per il Mezzogiorno: in primo luogo, ripristinare un corretto metodo di programmazione per le risorse destinate alle politiche di sviluppo e di coesione, ristorando le quantità previste nel periodo 2007-2013; proporre concreti piani di investimento pluriennale da concordare con i concessionari di pubblici servizi, a partire dalle Ferrovie dello Stato, ANAS, Telecom, eccetera, per corrispondere alle previsioni di legge e cioè per raggiungere una quota della spesa pubblica in conto capitale destinate al Mezzogiorno del 45 per cento contro l'attuale 34,9.
Inoltre, abbiamo proposto di sbloccare le risorse FAS destinate ai Piani di sviluppo e di investimento regionali e locali (penso al PAR Puglia, al PAR Basilicata, al PAR Campania, e così via), chiedendo in cambio alle regioni la partecipazione a progetti e programmi di carattere sovraregionale, la cui cabina di regia sia coordinata e condivisa; di ripristinare forme efficaci di incentivazione per le attività produttive localizzate nelle aree svantaggiate, a partire dal credito di imposta e da ulteriori differenziazioni a valere sugli strumenti nazionali (ricerca e sviluppo, detassazione degli utili reinvestiti) e di assegnare priorità anche agli interventi di dimensione microterritoriale, come le zone franche urbane (ancora lì appese) e l'aiuto Pag. 37ai comuni e agli enti locali che, a loro volta, aiutano gli imprenditori esposti sul fronte delle estorsioni e dell'usura.
Abbiamo proposto, altresì, di affiancare, con appropriate misure di assistenza tecnica di premialità - insisto su questo concetto - le amministrazioni pubbliche, statali, regionali e locali impegnate nel Mezzogiorno per innalzare la qualità dei servizi offerti; di focalizzare le risorse ordinarie e straordinarie su un numero limitato di interventi, con l'obiettivo di dimezzare, entro il 2013, l'inaccettabile divario esistente tra nord e sud nelle infrastrutture e nei servizi resi dall'amministrazione pubblica ai cittadini, assicurando la realizzazione delle opere prioritarie. Vorrei citarne alcune che, reiteratamente, vengono proposte dal Partito Democratico: l'alta velocità Napoli-Bari, il corridoio europeo Berlino-Palermo, la statale ionica Taranto-Reggio Calabria, il trasporto urbano meridionale, i porti hub meridionali di Gioia Tauro, di Taranto e di Cagliari. Nulla di tutto questo.
Onorevoli colleghi della maggioranza, rappresentante del Governo, il sud è un'area vasta ed articolata, composta da otto regioni, 41 province, con 21 milioni di abitanti, pari al 35,6 per cento della popolazione del nostro Paese, con una superficie di 124 mila chilometri quadrati, pari al 46 per cento del nostro Paese, ma con un prodotto interno lordo più debole, solo il 26,9 per cento di quello del Paese, con una poco articolata struttura industriale ed occupazionale delle manifatture e con un prodotto interno lordo pro capite del 23,7 per cento.
Questo è il Mezzogiorno, un Mezzogiorno per cui la discussione e l'impegno non possono più essere fatti di troppi luoghi comuni, di troppe ipocrisie e di un'evidente volontà di cancellarlo e di marginalizzarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, ringraziamo il cosiddetto lodo Iotti, che ci consente questo esercizio, questa maratona oratoria che, purtroppo, resterà soltanto agli atti, per chi segue i lavori parlamentari e per le persone che sono qui presenti. Anche per rispetto a loro, ricordiamo che stiamo parlando - come, giustamente, ha ricordato il Presidente Fini, oggi - di sessanta emendamenti delle opposizioni. Tutte e tre le opposizioni hanno presentato soltanto sessanta emendamenti e il Governo ha ritenuto di porre la questione di fiducia, ancora una volta, per l'ennesima volta.
Già la settimana scorsa, nel corso di una conferenza stampa, i leader delle opposizioni avevano spiegato che non vi era alcun intento ostruzionistico da parte dei partiti di opposizione e dei gruppi parlamentari che li rappresentano in Parlamento. Volevamo, infatti, mettere alla prova questo Governo sulla sua tenuta e dare prova della nostra responsabilità, a maggior ragione oggi, dopo le vicende drammatiche accadute a Milano nei giorni scorsi, che abbiamo denunciato con forza.
Pensavamo che da parte del Governo e della maggioranza vi potesse essere un ripensamento e che la nostra proposta di esaminare velocemente, senza ostruzionismo, solo sessanta qualificanti emendamenti alla legge finanziaria in oggetto, potesse essere presa in considerazione. Ma ci è stato detto di no, dopo che la settimana scorsa, in Commissione, erano stati liquidati pochi emendamenti dell'opposizione in undici minuti.
Come hanno riferito i colleghi, che hanno partecipato a maratone notturne non per discutere, ma su cavilli tecnici e su continui rinvii, dopo questo c'è stato anche un segno di soddisfazione. Dopo quanto avvenuto in 11 minuti si è quasi esultato da parte della maggioranza. Non è - consentitemi - un risultato per cui esultare, perché ancora una volta, prima in Commissione e poi in Aula, si espropria il diritto democratico di discutere gli emendamenti.
Il Presidente Fini oggi, definendo con il termine «deprecabile» la scelta della maggioranza di porre la questione di fiducia, ha espresso già il disagio che prova il Pag. 38Parlamento e non solo l'opposizione in Parlamento: probabilmente questo disagio è avvertito anche da molti parlamentari della maggioranza che oggi non sono presenti - in questo momento, infatti, sono presenti soltanto rappresentanti dell'opposizione e, naturalmente, il rappresentante del Governo - e che nel dibattito avrebbero trovato probabilmente dei punti di convergenza e di discussione e avrebbero trovato il modo di dire la propria opinione su alcune proposte emendative condivisibili.
Il Governo, nella persona del Ministro Tremonti (il Ministro Vito ha posto solo formalmente la fiducia) ha ritenuto che questo potesse rappresentare un pericolo per la tenuta di questa maggioranza. Il fatto stesso che nessun esponente del Popolo della Libertà e della Lega Nord abbia replicato alle parole dure e serie del Presidente Fini, che richiamavano alla necessità di far svolgere al Parlamento un dibattito sereno, è espressione anch'esso del disagio esistente tra i banchi del Popolo della Libertà e della Lega Nord; un aspetto che già avevamo colto la scorsa settimana sottolineando come i nostri emendamenti fossero molto meno numerosi di quelli presentati dalla stessa maggioranza. Esiste, quindi, un problema tra Governo e maggioranza.
Come dicevo, in queste ore drammatiche l'opposizione ha dato il suo contributo per discutere il disegno di legge finanziaria in un tempo addirittura inferiore rispetto a quello che sarebbe stato necessario e che trascorrerà prima di poter votare domani la questione di fiducia. È una prima occasione persa, dopo i fatti tragici che hanno colpito il Presidente del Consiglio, per ristabilire quel clima e quel dialogo auspicato per primo dal Presidente della Repubblica; quel dialogo democratico e quella discussione, anche in quest'Aula, che potesse migliorare - non pensavamo di stravolgere, ma di migliorare - questo provvedimento. Pensiamo che nelle prossime ore e nei prossimi giorni il Governo sarà sicuramente costretto a emanare di corsa dei provvedimenti, come spesso è già capitato, per modificare questa finanziaria, magari proprio sulla scorta di uno o più di quegli emendamenti che noi proponevamo. Invece, i toni del dibattito che si è svolto oggi in Aula, che non hanno minimamente risentito dell'appello accorato del Presidente della Repubblica e che sono culminati, dopo l'intervento del presidente Cicchitto, con l'abbandono dell'Aula da parte dei deputati del Popolo della Libertà, marcano un segnale purtroppo ancora negativo, sui rapporti che per primi, in questo Parlamento, noi siamo chiamati a ristabilire tra maggioranza e opposizione, anche per trasmettere al Paese un segnale di serietà e di consapevolezza del nostro ruolo.
Non mi soffermerò sui tanti punti critici presenti in questo provvedimento che, dopo di me, svilupperanno i colleghi che hanno seguito da vicino l'iter del disegno di legge finanziaria in Commissione (penso ai colleghi Galletti, Occhiuto, Compagnon e Ria); parlerò, invece, di un mio emendamento, che ho la consapevolezza di poter definire un emendamento responsabile; un emendamento che, al pari di altri, si fa carico di problemi che riguardano non solo l'opposizione, ma l'intero Paese e che forse la stessa maggioranza in questo momento potrebbe ritenere anche utile.
Il mio è un emendamento che consente di porre un freno alla forte evasione del canone RAI, di un servizio pubblico.
Penso a quando il Viceministro Romani, pochi giorni fa, ipotizzava di introdurre il pagamento del canone RAI tramite la bolletta elettrica. Era una nostra idea e l'abbiamo trasformata in emendamento a questo disegno di legge finanziaria. Come avviene in altri grandi Paesi, volevamo che questo fosse un contributo per abbattere l'attuale evasione che addirittura è superiore al 30 per cento, vale a dire che un italiano su tre non paga il canone del servizio pubblico radiotelevisivo. Stiamo parlando di un valore di oltre 500 milioni di euro sottratti al servizio pubblico radiotelevisivo e di una sostanziale evasione di massa. Raramente si vede un partito d'opposizione che si fa carico di un'emergenza del genere. La maggioranza vara lo scudo fiscale, che serve a far Pag. 39rientrare i capitali dall'estero - portati illegalmente all'estero - ma ha timore di far pagare a tutti il canone. Dopo di che sono intervenuti esponenti del Governo, del consiglio di amministrazione, della maggioranza e dell'opposizione, di aree culturale diverse - penso al professor Petroni, al consigliere De Laurentis, al presidente Garimberti e perfino al presidente di Mediaset, Confalonieri. Probabilmente quest'ultimo ritiene - giustamente - che con una RAI più forte nelle entrate derivanti dal canone avrà meno pressioni, con la sua concessionaria di pubblicità Publitalia, rispetto alla Sipra, la concessione di pubblicità della RAI e, quindi, forse avrà un po' più di campo libero nella concorrenza che si svolge in Italia tra RAI, Sky e anche Mediaset.
Signor Presidente, in conclusione la maggioranza - come dicevo - ha più volte ribadito che è sua ferma intenzione attuare un'efficace lotta contro l'evasione del canone RAI. Esponenti del Governo, in particolare il Viceministro Romani, lo hanno affermato pochi giorni fa. Sono risorse importanti per l'azienda di servizio pubblico, senza le quali riteniamo che sia davvero a rischio il rilancio di questa azienda affinché sia competitiva - realmente competitiva - con i suoi concorrenti (pensiamo a Sky e a Mediaset) Nei mesi scorsi si è sviluppato un dibattito su questa questione, sulla sua necessità e sulla sue finalità, perché un servizio pubblico con un canone che assicuri maggiori entrate potrebbe forse svolgere meglio quella sua funzione di servizio pubblico ed essere meno soggetto all'audience, alla pubblicità e a una competizione che spesso sulle reti private sfocia in un servizio che non è sempre apprezzato dai telespettatori (penso anche ai minori).
In un primo tempo il dibattito è stato anche focalizzato sull'opportunità o meno del canone. Sono stati organizzati anche dei gazebo da parte della Lega e del Popolo della Libertà per non pagare il canone qualora vi fosse un solo programma non gradito; tutti sarebbero legittimati a non pagare il canone se il criterio fosse questo, ossia un solo programma non gradito.
In conclusione, signor Presidente, ricordo che abbiamo presentato un emendamento al disegno di legge finanziaria che agganciava il canone RAI alle bollette dell'energia elettrica, un pagamento rateale e l'esenzione per i redditi più bassi, per i pensionati sociali e per quelle comunità che non ricevono il segnale del digitale terrestre. Questo, come altri emendamenti, sono stati presentati nel segno della responsabilità, della serietà. Essi non avrebbero tolto al dibattito molto tempo ma avrebbero dato una mano, avrebbero portato nuove entrate nelle casse dello Stato e nel servizio pubblico e non capiamo - davvero non lo capiamo - perché ci sia stato impedito di votarlo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Scilipoti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, avremmo voluto discutere con i nostri emendamenti questo disegno di legge finanziaria, avremmo voluto discutere di competitività, di precari, di scuola, di salari, di pensioni, di famiglia, di lavoro, di ammortizzatori sociali, di riduzione delle risorse ai comuni. Avremmo voluto discutere della piccola e media impresa, ma questo è un disegno di legge finanziaria pieno di ingiustizie, fatto di un poco di tutto e, per alcuni settori, di nulla.
Tuttavia, con il disegno di legge finanziaria si compiono scelte politiche. Si sceglie di dare quasi 500 milioni di euro per il finto ponte di Messina e si decide di dare 600 milioni di euro per i municipi di Roma. Insomma, si compiono delle scelte politiche. Invece, ad alcuni settori non si dà nulla. Quali sono i settori a cui non si dà nulla e per i quali con il disegno di legge finanziaria si era promesso, attraverso il Governo e attraverso la sua azione, di fare qualche cosa?
I primi soggetti a pagarne le conseguenze sono le forze dell'ordine. Il decreto-legge Pag. 40n.112 del 2008 ha introdotto una serie di disposizioni volte al perseguimento dell'obiettivo di un forte contenimento della spesa, specialmente delle amministrazioni statali. Questo poteva essere un bene se tuttavia non avesse colpito fortemente alcuni settori tra cui quello delle forze dell'ordine.
Credo che non si sia fatto niente in questo disegno di legge finanziaria per la previdenza complementare. In esso non vi è traccia neppure di interventi rivolti ad un tema così preponderante per il comparto sicurezza. Non sono state aggiunte risorse, né attivate procedure che prevedono l'avvio del sistema di previdenza complementare e in tal modo i lavoratori delle forze dell'ordine sono, già di fatto, i poveri del domani, in quanto senza un sistema previdenziale integrato le indennità non arriveranno neanche al 50 per cento degli stipendi. Non si è fatto niente, nel disegno di legge finanziaria, per le riqualificazioni e non vi sono stanziamenti aggiuntivi per il riordino delle carriere, mantenendo così il personale in uno stato di incertezza e di demotivazione. Il contratto è scaduto da due anni e non sono state corrisposte le somme adeguate alla scadenza naturale del contratto, né sono stati stanziati fondi per l'eventuale rinnovo da prevedere nel contratto 2010-2011. Questa è la prima volta nella storia delle forze dell'ordine che non viene rinnovato un contratto nei due anni naturalmente previsti.
Il principio della specificità è passato solo sulla carta. Di fatto non si è tenuta in alcuna considerazione, rimanendo un principio meramente virtuale, e non ha portato alcuna distinzione né economica, né funzionale, tra i lavoratori del comparto sicurezza e quelli del pubblico impiego. Al di là delle parole, sull'edilizia residenziale e sul fronte della politica della casa nessun provvedimento è stato assunto in maniera idonea. È vero che è stata stabilita per le forze dell'ordine una prelazione sull'acquisto dei beni confiscati alla mafia, ma si tratta di un intervento surrettizio. Infatti, relativamente a come è stata definita la procedura, anche se essa prevede la prelazione - naturalmente è stato fatto un annuncio sul principio anche in questo caso in maniera virtuale - non rispetta i principi di equità, anche perché è noto che la maggior parte dei beni confiscati si trovano in zone determinate del Paese e ciò, quindi, crea una disparità di trattamento anche all'interno delle stesse forze dell'ordine, proprio per la distinzione di aree nel Paese e per la tipicità dei reati commessi nel Paese.
Occorre, pertanto, una vera e propria politica della casa, giusta ed equa per tutti. Non parliamo poi della formazione e dell'aggiornamento professionale. Anche relativamente a questo non si è fatto proprio niente. Non solo: si tratta di un'esigenza primaria per poter mantenere gli standard professionali che un Paese all'avanguardia richiederebbe. Non parliamo poi dell'informatizzazione, del vestiario, della benzina, dell'addestramento, dei poligoni e di tutte quelle che dovrebbero essere le specialità del settore. L'Italia, purtroppo, è il Paese che investe di meno in Europa per queste esigenze basilari e primarie e per l'esercizio della funzione della sicurezza.
Non parliamo degli straordinari. Anche qui avete un record: per la prima volta nella storia delle forze dell'ordine questi vengono ormai stabilmente pagati entro tre mesi. È una cosa inaccettabile. È fatto uno smisurato ricorso al riposo compensativo, quindi distogliendo gli operatori dal territorio.
Non parliamo poi della mancanza di personale, del coordinamento virtuale: non è stato fatto niente ed è sotto gli occhi di tutti cittadini. Non parliamo poi della riduzione delle risorse come risultato del vostro impegno sulla sicurezza e non parliamo di tutte le promesse che erano state fatte ai vincitori dei concorsi (idonei ma non ammessi), come quelli che riguardavano i vigili del fuoco, la polizia di Stato, i carabinieri e il problema degli ausiliari e dei marescialli e degli ufficiali. Ebbene, per tutti questi ragazzi, questi giovani che hanno servito la patria e che sono stati e sono tutt'oggi impiegati per otto, nove, sette, sei, cinque, quattro, tre, due anni non è mai stata individuata, all'interno Pag. 41della procedura ministeriale ed anche governativa, una soluzione ai loro problemi. Da anni la attendono, ma nessuno si fa carico di queste problematiche. Vorrei darvi una chicca, veramente importante.
Terminerei così, con il vostro impegno che fate vedere alla gente. L'attuale situazione economica mondiale e nazionale è tale da consigliare cautela nelle scelte di indirizzo, programmatico ed economico, al fine di razionalizzare l'assegnazione degli esigui fondi disponibili. Ebbene, voi cosa fate? Il Ministro Alfano fa riferimento ad un percorso molto semplice, ma non si capisce bene che cosa voglia rappresentare con questi 500 milioni di euro che dovrebbero essere destinati all'edilizia penitenziaria. Vedete, fate riferimento a questo rigore economico e da parte del Ministro della giustizia si assiste sempre all'invocazione della costruzione di nuovi istituti penitenziari; questo aspetto viene individuato come la panacea di tutti i mali dell'amministrazione penitenziaria, in particolare, e della giustizia, in generale.
Ecco, allora oggi vi do una chicca che dovrebbe essere per voi molto interessante: ci sono circa 40 istituti penitenziari in Italia che sono già costruiti, ultimati, arredati, vigilati e che sono inutilizzati! Ovvero versano in uno stato di abbandono totale. Ve li elenco, così almeno li andate a vedere e capirete quello che state facendo: chiedete soldi, 500 milioni di euro, per costruire nuove carceri e ce ne sono 40 finite, costruite ma non funzionanti, perché non sapete neanche quello che fate attraverso il vostro lavoro. Allora ve li cito, così almeno li conosce anche la gente. L'istituto carcerario di Morcone, Benevento, per esempio, è stato costruito, abbandonato, ristrutturato, arredato e nuovamente abbandonato dopo un periodo di costante vigilanza armata ad opera di personale preposto. L'istituto carcerario di Arghillà, Reggio Calabria, parimenti inutilizzato e mancante della sola strada di accesso, delle fogne, dell'allacciamento idrico, ma per il resto ultimato e dotato degli accorgimenti tecnici di avanguardia.
Vi sono intere e impervie regioni nelle quali il problema delle strutture inutilizzate si sovrappone alla frammentazione e alla sporadicità di quelle esistenti, che costringono i preposti nuclei traduzioni e piantonamenti a frequenti e rischiosi viaggi, diversamente non necessari: è il caso della Sardegna, dove sono state frettolosamente dismesse ben otto carceri mandamentali: Ales, Bono, Carbonia, Ghilarza, Sanluri, Santadi, Terralba e, soprattutto per l'eccezionale spreco, Busachi che dopo essere stata costata 5 miliardi di vecchie lire non è stata mai inaugurata! Oppure regioni nelle quali alla mancata programmazione, in funzione dell'estensione, si è costretti allo stesso andirivieni per istituti posti al limite provinciale: come per esempio a Lecce in cui, il nuovo complesso sorto a nord di una provincia che si estende per oltre 70 chilometri, che sono quotidianamente percorsi da tutte le forze dell'ordine provinciali che, ad esempio, potrebbero utilizzare con semplici adeguamenti tecnici la casa mandamentale di Maglie che è solo parzialmente utilizzata per ospitare detenuti semiliberi. Peggiore è lo spreco nella stessa regione, nel comune di Galatina, dove l'istituto penitenziario è del tutto inutilizzato, malgrado la posizione strategica.
Ad Udine tutti i sindacati della polizia penitenziaria denunciano l'ingiustificata chiusura della sezione femminile del penitenziario a fronte di situazioni sature in altri istituti ormai al collasso. A Gorizia risulta inagibile un intero piano dell'istituto carcerario e non sono stati programmati i necessari lavori, così come a Venezia e a Vicenza, dove la capacità ricettiva è ridotta a 50 unità. A Pinerolo, Torino, il carcere è chiuso da dieci anni, ma è stata individuata l'area ove costruirne uno nuovo. A Revere, Mantova, dopo 17 anni dall'inizio dei lavori di costruzione il carcere con capienza di 90 detenuti, costo stimato 5 miliardi di vecchie lire, è ancora incompleto. Non solo, i lavori sono fermi dal 2000 e i locali, costati più di 2,5 milioni di euro, sono già stati saccheggiati. L'istituto carcerario di Codigoro, che nel 2001 dopo lunghi lavori sembrava pronto all'uso, è ancora oggi chiuso. A Pescia, Pistoia, il Ministero ha Pag. 42soppresso la casa mandamentale. A Pontremoli, Massa, il locale istituto femminile inaugurato nel 1993, con capienza 30 detenute, è attualmente chiuso.
Ad Ancona Barcaglione, il penitenziario da centottanta posti inaugurato nel 2005: nonostante le spese di mantenimento della struttura vuota ammontassero a mezzo milione di euro l'anno, gli ospiti non sono mai stati più di venti e i dipendenti cinquanta; in Abruzzo, nel penitenziario di San Valentino, costruito da 15 anni, non c'è detenuto che vi abbia alloggiato, nella struttura gli addetti raccontano di aver visto vagare solo cani, pecore e mucche.
In Campania, l'istituto di Gragnano, Napoli, è stato inaugurato e chiuso a causa di una semplice frana e lo stesso è accaduto a Frigento (Benevento). In Puglia, oltre che a Minervino Murge, Bari, struttura mai entrata in funzione, c'è il caso di Casamassima, Bari, carcere mandamentale condannato all'oblio da un decreto del DAP. A Monopoli, Bari, nell'ex carcere, mai inaugurato, non ci sono detenuti, ma solo sfrattati che hanno occupato abusivamente le celle abbandonate da trent'anni.
Ad Altamura, Bari, si aspetta ancora l'inaugurazione di una delle tre sezioni dell'istituto. Non sono state mai aperte le strutture mandamentali di Volturara Appula, Foggia, da quarantacinque posti, incompiuta, e Castelnuovo della Daunia, Foggia, arredato da 15 anni. Ad Accadia, Foggia, il penitenziario consegnato nel 1993, ora del comune, è inutilizzato. A Bovino è presente una struttura da centoventi posti, già pronta, chiusa da sempre, come ad Orsara, nella stessa provincia.
L'istituto di Irsina, Matera, costato 3,5 miliardi negli anni Ottanta, ha funzionato soltanto un anno ed oggi è un deposito del comune; gli istituti di Mileto e di Squillace, Catanzaro, sono stati ristrutturati e poi chiusi; in quello di Cropani, Catanzaro, ci abita solo un custode comunale. Gli istituti di Arena, di Soriano Calabro, di Petilia Policastro e di Cropalati, Cosenza, sono stati soppressi. A Gela esiste un penitenziario enorme, nuovissimo, e mai aperto; a Villalba...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI PALADINI. Potrei andare avanti tutta la giornata per farvi capire che invece di spendere 500 milioni di euro mettendoli in finanziaria, sarebbe meglio se riusciste a far funzionare i penitenziari che sono aperti, che sono finiti, che sono a disposizione della polizia penitenziaria, ma che non sono mai - dico mai - entrati in funzione. Quindi, come vedete, questa è una finanziaria iniqua, piena di ingiustizie, fatta di poco e di tutto e, per alcuni settori, di nulla (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, vorrei qui svolgere qualche breve riflessione sul tema che sta tanto a cuore a me, e, devo dire anche ad altri, a tanti colleghi del mio gruppo politico, dello schieramento di opposizione, ma anche a tanti colleghi della maggioranza, cioè il fatto che per i miei concittadini si è riservato un trattamento simile a quello riservato a tutti gli altri cittadini italiani che sono stati colpiti da eventi calamitosi, da terremoti.
So bene, naturalmente, perché credo di essere una persona seria, che lo stato della finanza pubblica in questo periodo non consente di realizzare o di chiedere cose demagogiche e nel nostro atteggiamento di questo periodo, mio, ma anche delle istituzioni locali aquilane ed abruzzesi, non ci sono mai state richieste esorbitanti. Anzi, c'è sempre stato il riconoscimento della giusta gradualità con la quale è possibile, è necessario ed è giusto intervenire nel nostro territorio.
Tuttavia, con tutta la gradualità e con tutta la necessaria parsimonia che si vuole, ci sono alcune azioni minime sotto le quali non si può scendere, che sono quelle che attengono agli interventi necessari per porre fine, finalmente, a questa lunghissima, drammatica emergenza nella quale ci troviamo. Si tratta degli interventi che consentono l'avvio della ricostruzione, certamente, Pag. 43della ricostruzione degli alloggi e del patrimonio culturale che rappresenta il cuore dell'identità della nostra comunità, nonché delle attività economiche: insomma, della vita. La vita è fatta, sì, della sicurezza di avere un tetto sopra, ma è fatta anche del lavoro, della possibilità di avere un reddito, un'occupazione.
Sappiamo tutti, lo abbiamo riconosciuto più volte, che l'emergenza è stata affrontata in Abruzzo, tra mille difficoltà, con un grande impegno.
Questo grande impegno ha fatto sì che oggi grosso modo tutti abbiano un tetto, anche se ogni tanto su questo punto io sento enfatizzazioni un po' eccessive. È vero, un tetto c'è, ma per molti, per migliaia e migliaia di miei concittadini un tetto si trova in un albergo magari a 100-150 chilometri da L'Aquila e tutti i giorni si devono sobbarcare il fatto di venire in città per lavorare e per portare i propri figli. Quindi, c'è stato un grande sforzo, che abbiamo riconosciuto, anche perché è stato uno sforzo corale, la parte consistente del quale è stato operato dalle istituzioni locali: la provincia, il comune, il provveditorato alle opere pubbliche. Si è trattato di un grande sforzo per fare in modo che le scuole si aprissero, e si sono aperte; un grande sforzo è stato fatto perché l'università potesse ripartire, naturalmente parliamo di riaperture e di ripartenze in condizioni di fortuna e di grande disagio. Insomma, per tutte queste cose c'è un lavoro e tra mille difficoltà si vede una proiezione.
Ci sono due aspetti sui quali, purtroppo, siamo ancora a zero e lo dico affinché tutti insieme ci facciamo carico di provare ad intervenire su questi due aspetti. Il primo aspetto riguarda la ricostruzione più pesante di cui abbiamo parlato in un emendamento a questo disegno di legge finanziaria. Mi riferisco alla ricostruzione relativa ai centri storici e, in modo particolare, al centro storico de L'Aquila. Vorrei che ogni tanto qualche collega venisse e magari non si fermi a fare una visita alla guardia di finanza, o una cosa importante come quella di partecipare all'inaugurazione di qualche alloggio provvisorio che viene consegnato ad alcune famiglie. Vorrei che girasse un po' per la città e per il suo centro storico: è una città ingombra di macerie. Le case che non sono cadute con il terremoto si stanno via via - in questi giorni ci sono anche la neve, il freddo e la pioggia - deteriorando. Sulla ricostruzione pesante ancora non c'è niente, d'altra parte voi avete scelto di lavorare con una legge che è puntata e organizzata attorno all'emergenza e che pone la gran parte dei poteri in carico al commissario dell'emergenza, ovvero al sottosegretario Guido Bertolaso. Faccio notare che si tratta di una legge che scade, così come i poteri in essa contenuti, il 31 dicembre. Se in qualche modo non si interverrà, noi rimarremo addirittura in una situazione di vacatio di potere. Invece, bisognerebbe arrivare finalmente ad una nuova governance, ad una nuova dislocazione di poteri, mettendo in capo una responsabilità e un controllo più forte ai poteri locali, a partire dalla regione, dal comune de L'Aquila e dalle province. Inoltre, servono le risorse che oggi non ci sono, ad esempio, anche per i centri storici e per beni monumentali. Voi sapete, così magari siamo tutti un po' più sobri, il grande effetto che ha avuto il G8 a L'Aquila, quello per il quale ci si sarebbe dovuta essere la gara affinché i Paesi stranieri adottassero, ognuno, un monumento? Sapete quanti sono i Paesi stranieri che hanno adottato un monumento? Quattro. Sapete quanti sono i beni monumentali della mia città? Millesettecento. Questo è l'ordine e la grandezza dei problemi che dobbiamo affrontare. Qualche giorno fa tutti i Ministri della cultura italiani, degli ultimi anni e di tutti gli schieramenti, hanno rivolto un appello chiedendo di ricorrere ad una tassa di scopo, in quanto ci vogliono circa tre miliardi di euro per mettere mano ai beni monumentali e non ci sono altri mezzi. Cedo che a tutti noi questo debba far capire quanto grave e seria sia la situazione. Con il disegno di legge finanziaria non si è affrontato questo problema e naturalmente continueremo ad Pag. 44insistere nei mesi futuri. Ci saranno altri strumenti sui quali vi chiediamo di impegnarvi.
Ma se siamo a zero su questo aspetto, siamo ora più a zero su un altro aspetto, persino forse più urgente, ovvero quello che riguarda le attività economiche. Permettetemi di descrivere sommariamente la situazione nella quale ci troviamo. L'Aquila era anche una città industriale, c'è una fabbrica importantissima, la Thales Alenia, che fa satelliti, che è purtroppo caduta. Naturalmente in questo caso siamo di fronte ad imprenditori, così come in altri casi (ad esempio tutte le grandi fabbriche del settore farmaceutico). Siamo di fronte ad aziende e a imprenditori serissimi, i quali sono impegnati con proprie risorse a ricostruire le attività colpite, naturalmente aspettandosi che lo Stato faccia la sua parte. Tuttavia, non tutti si sono comportati così. Insieme alla collega Pelino, ieri siamo andati ad un'assemblea drammatica, nel più importante e grande laboratorio di elettronica del centrosud - circa 200 ricercatori - che si trova a L'Aquila e che non è stato neanche toccato dal terremoto, il cui proprietario ha annunciato la chiusura e intanto ha messo in cassa integrazione la maggioranza dei ricercatori, non degli operai. Vi ho fatto questo esempio, ma ve ne potrei fare tanti altri: la situazione industriale è pesante.
Pesantissima è la situazione degli artigiani, i quali hanno quasi tutti avuto il proprio capannone colpito e non c'è stato un provvedimento che li mettesse in condizione di avere un risarcimento. Ha dovuto provvedere con un'ordinanza - e gliene sono grato - il sottosegretario Bertolaso, ma è un'ordinanza che naturalmente si è potuta muovere nei limiti ristrettissimi che la legge prevede. Poi pensate ai negozi, al commercio: tutta gente per la quale non è stato previsto niente. Vi sono stati gli 800 euro al mese per chi ha avuto l'attività distrutta, ma solo per tre mesi. Per i lavoratori dipendenti vi è stata la cassa integrazione in deroga, che però scade il 31 dicembre. Della stessa cassa integrazione ordinaria, di cinquantadue settimane, abbiamo già consumato quaranta settimane. Vi è ancora la zona franca, di cui tanto si è parlato, che è ferma, o anche l'indicazione che avevate dato di dirottare 1 miliardo, dei 4 miliardi di euro del FAS destinato all'Abruzzo, per le attività produttive. È recente la notizia che il CIPE ha attribuito queste risorse per il 2009 e per il 2010, prevedendo in tutto 300 milioni di euro per il 2009 e 600 milioni di euro per il 2010, ma solo per le abitazioni. Nulla è stato previsto per le attività produttive. Insomma, le attività produttive sono ripartite un po' da sole, arrangiandosi in situazioni spesso veramente complicatissime e disperate. Ce l'hanno fatta perché finora non hanno dovuto pagare né tasse, né oneri, né imposte, né contributi e neanche i mutui, che sono stati sospesi. Ora, però, come sapete, tutto ciò naturalmente non è stato un regalo gentile. È quanto si è previsto per tutti gli altri terremoti, per i quali le tasse sono rimaste sospese per un anno e mezzo o due anni e sono state richieste indietro dopo questa sospensione dieci o dodici anni dopo al 40 per cento con una rateizzazione di centoventi mesi.
A L'Aquila tutto ciò non è successo. Se le cose rimangono così, noi adesso cominciamo a pagare tasse, tributi e imposte. Non solo, ma dobbiamo restituire le tasse non pagate. Voi con la legge finanziaria ci avete dato sei mesi di respiro, ma a giugno noi dovremo restituire al 100 per cento e in cinque anni, non in dieci come in Umbria e nelle Marche, tutte le tasse che non abbiamo pagato finora.
Ci sono state proteste, impegni che avete assunto, perfino una mozione, che è stata votata qui unitariamente in Parlamento, però aspettavamo dalla legge finanziaria una risposta che non c'è stata. Vi vorrei far capire - mi viene quasi da sorridere ma la situazione è drammatica - che bisogna ripagare l'ICI sulle seconde case. Siccome con il decreto le seconde case non le avete rimborsate, c'è tanta gente che ha una seconda casa, che magari è inagibile, che non ha nessuna risorsa pubblica in cambio, che adesso deve ricominciare a pagare l'ICI. Pag. 45
Il sottosegretario Bertolaso l'altro giorno in una conferenza stampa ci ha detto che ci penserà lui, che ci sarà un decreto con il quale - cito le parole testuali, c'è il sottosegretario così magari poi abbiamo modo di verificare - per tutto il prossimo anno saranno sospese le tasse in Abruzzo.
Benissimo, vedremo se è vero. Faccio presente due aspetti. Il primo riguarda i tempi. Parliamo di cose concrete: domani è il 16 dicembre, da domani scade il pagamento dei tributi, quindi dell'ICI. Da domani la gran parte delle aziende mette in prelievo l'IRPEF sulle buste paga, anche della tredicesima naturalmente. Allora, quando farete, se lo farete, questo decreto spero che provvederete a renderlo in qualche modo retroattivo e a restituire, se lo farete, a quei lavoratori che nel frattempo hanno pagato le tasse, le tasse che non dovevano in quel caso pagare. Ma poi c'è un problema di costi. Noi abbiano fatto i conti: un anno di sospensione costa 700 milioni di euro. Se lo vogliamo ridurre solo al cratere un po' meno, ma insomma l'ordine di grandezza è questo.
Faccio una domanda, non ci sono molti colleghi, ma insomma la faccio a tutti noi: noi qui che ci stiamo a fare? Noi abbiamo per così dire discusso la finanziaria, così blindata anche in Commissione, in cui non sono stati accettati neanche gli emendamenti della maggioranza, anche su questo tema, dicendo che della finanziaria non si poteva toccare niente, perché c'era un problema di copertura. Poi scopriamo che contemporaneamente, in un altro luogo, qualcuno decide di fare un trasferimento di risorse per 700 milioni di euro. Insomma, non so se il Parlamento e i parlamentari hanno ancora un ruolo, comunque vedremo, valuteremo e naturalmente apprezzeremo un provvedimento di questo genere.
Certamente su queste vicende, cioè su tutte le vicende dello sviluppo economico, ci continueremo a battere; d'altra parte, c'è un documento, una piattaforma molto ragionevole prodotta da tutte le commissioni.
Voglio solo fare una considerazione finale: lo faremo con questo spirito, però su questo, mi permetta, signor Presidente, ho un'amarezza e la voglio qui comunicare. Parlando con molti colleghi in questi giorni e cercando di spiegare queste cose, mi sono sentito più volte rispondere: ma quante ne cercate? Pure le tasse? Con tutto quello che vi abbiamo dato e con tutto quello che avete avuto, ancora non vi accontentate?
Vorrei dirlo qui una volta per tutte, con chiarezza: a parte se sia tanto o poco quello che abbiamo avuto e a parte la riconoscenza, che sarà per noi per l'eternità, per tutti quelli che sono venuti ad aiutarci, ma quello che fa lo Stato, quello che fanno le istituzioni, non è un regalo, non è un miracolo, non è un dono, ma è un dovere!
E se in altre occasioni precedenti lo Stato questo dovere lo ha esercitato male o poco, questo non fornisce a nessuno un alibi: è un dovere, e se per voi è un dovere, per me non è un diritto - non la metterei mai così - ma è un dovere continuare a battermi, non per buttarla in politica, ma per chiedere che tutto quello che è un diritto dei miei concittadini sia da voi garantito.
Lo farò nelle forme democratiche ragionevoli alle quali sono abituato, ma lo continuerò a fare fino a quando non vedrò la mia città ricostruita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, è chiaro che la nostra discussione si svolge in assenza dei deputati della maggioranza; non dovrebbe essere così, perché la discussione interessa tutti. Ringrazio il sottosegretario che la segue per conto del Governo, ma vi sono delle prescrizioni regolamentari che prevedono che, discutendo noi della legge finanziaria, nonostante il Governo abbia Pag. 46posto la questione di fiducia, almeno il relatore o il presidente della Commissione bilancio siano presenti.
Credo che non si tratti solo di un problema di richiamo al Regolamento, ma anche di galateo politico-parlamentare, che deve presiedere ai rapporti tra i gruppi e coloro che hanno la maggiore responsabilità della discussione, in particolare, in questo momento, su un importante passaggio per la Repubblica e per l'Italia, che è quello del voto sul bilancio dello Stato e sulla legge finanziaria.
Credo che il Presidente Fini già oggi abbia richiamato alle responsabilità politiche, e non solo regolamentari e di legge; credo, signor Presidente, che a tutti convenga in questo momento richiamare alle proprie responsabilità il relatore e il presidente della Commissione, perché assistano ai nostri lavori, che non sono lavori che riguardano la sola opposizione.
Stiamo, infatti, svolgendo una discussione con la sola presenza del relatore di minoranza, che è al mio fianco, ma dall'inizio della discussione non c'è il presidente della Commissione e non c'è il relatore di maggioranza.
Questo è veramente un atteggiamento che va preso in considerazione e richiamato da parte del Presidente, perché ci vuole rispetto per le istituzioni parlamentari e per tutti noi da parte della maggioranza come dell'opposizione. Credo che da questo punto di vista la maggioranza pecchi di responsabilità verso il Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, ha completamente ragione. Sarà compito della Presidenza richiamare il relatore o il presidente della Commissione ad essere immediatamente presenti al dibattito sull'illustrazione degli emendamenti.
Se questo non accadrà nel giro di pochi minuti, ovviamente sarà compito della Presidenza agire di conseguenza.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, credo che la discussione parlamentare sul disegno di legge finanziaria per l'anno 2010 avrà almeno un merito, che è quello di rendere chiara ed evidente l'arrogante forzatura delle regole fondamentali della democrazia operata da questa maggioranza, che si muove come se non dovesse rendere conto a nessuno.
In Commissione bilancio è finita come tutti sanno...

PRESIDENTE. Onorevole Ria, le chiedo scusa. Saluto gli studenti del liceo scientifico «Aldo Moro» di Margherita di Savoia nella provincia di Barletta-Andria-Trani, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Onorevole Ria, ho approfittato anche del suo intervento perché credo che lei provenga da quelle parti o da quella regione. L'interruzione avrà fatto piacere a lei e ai suoi colleghi.

LORENZO RIA. Signor Presidente, sarebbe stata una dimenticanza grave perché si tratta di una città della mia regione.
In Commissione bilancio tutti sanno come è finita la discussione costruttiva che avevamo sperato di svolgere con l'Esecutivo e con l'attuale maggioranza: essa è purtroppo naufragata nel momento in cui abbiamo iniziato ad entrare nel merito delle questioni più rilevanti e significative. È avvenuto in sostanza che la maggioranza e il Governo non se la sono sentita di condividere con noi l'approfondimento, sia pure di alcuni pochi, sensibili temi, sui quali trovare un'intesa, preferendo al contrario la strada di una convulsa azione autoemendativa. Ancora una volta, sembra essere venuta meno la disponibilità al confronto, nel tentativo di fornire soluzioni efficaci, valide ed adeguate sui quesiti che da tempo vi poniamo nell'interesse del Paese. Si tratta di una maggioranza in forte difficoltà, attraversata al suo interno da tensioni e divisioni, che ha blindato il maxiemendamento per evitare il rischio di mostrarsi per quella che è, un vaso di coccio litigioso e per così dire pasticcione. Il risultato è un testo che è un boomerang contro le famiglie e le imprese: le prime, le famiglie, escono con le ossa rotte da questa finanziaria dove non solo non c'è Pag. 47nulla ma addirittura è stato tolto anche il bonus famiglia previsto nel 2009; le seconde, le imprese, che si aspettavano il taglio dell'IRAP, è tanto se non vedranno accrescere la pressione tributaria e fiscale. Esprimo dunque un giudizio dunque fortemente critico e negativo pregno di preoccupazione per un Governo che cerca di vivacchiare rimandando sine die le riforme serie e strutturali indispensabili per lo sviluppo del Paese e per il rilancio del Mezzogiorno, ancora una volta riposto nel dimenticatoio, affidando la sua ripresa e la sua crescita unicamente ad un investimento di 470 milioni di euro per la ricapitalizzazione della società Stretto di Messina e della cosiddetta «banca del sud» che non si comprende bene per quale ragione debba riuscire, laddove simili esperienze con le medesime caratteristiche hanno già ampiamente fallito.
Il gruppo dell'Unione di Centro in diverse sedi e soprattutto nella Commissione di merito rappresentato dal capogruppo, l'onorevole Galletti, ha assunto fin da subito una posizione trasparente, dando dimostrazione ancora una volta di grande responsabilità, agevolando l'iter del provvedimento che oggi è all'esame dell'Aula, proponendo in maniera costruttiva e senza alcun atteggiamento ostruzionistico diversi emendamenti che andavano nella direzione di migliorarlo. Ci siamo preoccupati infatti di inserire alcune proposte emendative che cercavano in primo luogo di reinserire le risorse mancanti e in secondo luogo di sostenere il tessuto sociale e produttivo del nostro Paese, in primis imprese e famiglie, oggi maggiormente esposte alle innumerevoli difficoltà finanziarie derivanti dalla crisi economica tutt'altro che passata.
Tra gli altri emendamenti, lo ricordo brevemente, abbiamo presentato misure sul patto di stabilità, sul 5 per mille, maggiori fondi sulla sicurezza, l'inserimento del canone RAI nella bolletta elettrica - come ricordava il collega Rao - la cedolare secca sugli affitti e infine ci siamo battuti per cancellare la norma che prevede la possibilità di vendita dei beni confiscati alla mafia per fare cassa, poiché crediamo fortemente che questi debbano essere destinati a svolgere una funzione sociale e non consegnati semplicemente alle aste. È in particolare su tale questione che vorrei soffermarmi brevemente avendo sottoscritto l'emendamento che modifica l'articolo 2, comma 47, lett. a), capoverso 2-quater.
Con l'emendamento che era stato votato, ed approvato, già durante l'iter del provvedimento al Senato, che consente la vendita dei beni immobili confiscati alle mafie, viene di fatto tradito l'impegno assunto con il milione di cittadini che nel 1996 firmarono la proposta di legge per l'uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro restituzione alla collettività. Il divieto di vendere questi beni è, infatti, un principio che non può, e non deve, salvo eccezioni, essere messo in discussione. Se l'obiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie, è bene ricordare che già esistono degli strumenti, a partire dal Fondo unico giustizia alimentato con i soldi liquidi sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata prioritariamente ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia. Attraverso il riutilizzo sociale, infatti, i beni vengono gestiti dalle associazioni di volontariato che operano nei settori del disagio sociale, dalle cooperative sociali che, attraverso la creazione di posti di lavoro, recuperano soggetti a rischio, dalle organizzazioni che offrono servizi di promozione e crescita civile e culturale alla comunità. Molti altri beni, inoltre, vengono utilizzati dallo Stato come caserme, scuole e uffici, producendo un notevole risparmio di risorse.
A conferma di ciò vorrei citare in questa sede, se pur brevemente, alcuni dati significativi che emergono dalla relazione annuale conclusiva del mandato del Commissario straordinario del Governo, il dottore Antonio Maruccia, che a nome del gruppo Unione di Centro intendo ringraziare, per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata presentata lo scorso novembre. Ebbene, i numeri, per l'appunto, ci dicono inequivocabilmente che i risultati sono pienamente soddisfacenti e per certi versi sorprendenti. Pag. 48Si consideri a titolo di esempio che nei 18 mesi di attività dell'ufficio commissariale sono stati destinati 1.438 beni a fronte dei 3.969 provvedimenti di destinazione relativi ai 12 anni precedenti. Nel periodo 2008-2009 sono stati, inoltre, liberati 295 immobili oggetto di confisca, occupati abusivamente dagli stessi malavitosi, con un valore del patrimonio destinato, nei 18 mesi di attività, che ammonta a 230 milioni di euro, a fronte dei 500 milioni di euro dei beni destinati nei 12 anni precedenti. Ancora: su 8.933 beni immobili confiscati, 5.407 sono stati destinati, e la maggior parte dei beni destinati è stata consegnata agli enti locali per finalità sociali (il restante 14 per cento è stato mantenuto allo Stato per fini istituzionali). È positiva anche la sinergia attivata con le diverse regioni, in particolare faccio riferimento alla mia regione la Puglia, in cui a seguito di intese con l'assessorato competente, l'ufficio ha seguito i lavori per il bando «libera il bene», che prevede l'assegnazione di 20 milioni di euro dalle risorse del P.O.R. Puglia nella programmazione 2007-2013. Si è avviato un processo di condivisione di azioni che può portare alla stipula di un accordo di programma quadro, nel quale far confluire, tra le altre, le risorse del Fondo delle aree sottoutilizzate che la regione eventualmente deciderà di mettere a disposizione per interventi di utilità sociali sui beni confiscati.
Ricordo in questa sede come soprattutto in alcune regioni del sud non ci si muova nell'ambito delle normali e legittime regole di mercato, ma in un contesto di forte alterazione delle stesse a causa delle influenze esercitate dalla malavita organizzata. Tali forme di criminalità sono ormai molto evolute sotto il profilo organizzativo, utilizzando strumenti e sistemi simili a quello delle imprese legali, e sono certamente in grado di influenzare il procedimento di vendita che si vorrebbe introdurre con il comma 47 dell'articolo 2 del provvedimento in esame.
Ritengo che compito precipuo dello Stato è, al contrario, quello di sostenere l'economia e lo sviluppo del territorio. Non si può sacrificare questo obiettivo in vista della realizzazione di entrate per il Ministero della giustizia che sarebbero, oltre tutto, limitate e non determinanti. Sarebbe un tragico errore, dunque, vendere i beni, correndo di fatto il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali (capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome) già pronte per riacquistarli, come peraltro risulta da molteplici segnali arrivati dai territori più esposti all'influenza dei clan.
Con la nostra proposta emendativa, che ahimè non sarà discussa perché il Governo ha inteso apporre nei confronti dell'Assemblea la questione di fiducia, si tentava dunque di evitare, o meglio di limitare e di contenere gli effetti di una disposizione quanto mai dannosa, prevedendo che i beni oggetto di confisca non potessero comunque essere alienati, venduti o ceduti dall'ente locale (il luogo fisico di ubicazione del bene) prima che fossero trascorsi 20 anni durante i quali tali beni avrebbero dovuto essere destinati a finalità sociali. Questo era in conclusione l'obiettivo della proposta emendativa e noi ci auguriamo che questa proposta possa essere ripresa in altra sede, in altra proposta di legge, dal Governo e dalla maggioranza, per evitare che questa norma si traduca in un indiretto regalo alle mafie (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della Scuola media Giuseppe Ungaretti di Manfredonia (provincia di Foggia), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Oggi abbiamo visite di scolaresche che vengono dalla Puglia.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, oggi noi affrontiamo questo argomento ma sappiamo perfettamente che quello che stiamo per dire ha un significato solo ed esclusivamente simbolico, perché attraverso il lodo Iotti ci date la possibilità di intervenire ma senza poter offrire nessun supporto dal punto di vista Pag. 49tecnico nella modifica, attraverso emendamenti, del bilancio di previsione. Prima di addentrarmi all'interno della discussione per quanto riguarda gli emendamenti, per quanto riguarda una relazione su tutti gli emendamenti che dovevano essere posti all'ordine del giorno in discussione vorrei fare una riflessione rivolta sia al rappresentante del Governo, sia alla Presidenza, sia ai colleghi presenti in Aula. È una riflessione forse un po' pesante, ma deve essere fatta. Una riflessione che deve essere fatta perché dobbiamo capire e renderci conto che oggi non si tratta solo ed esclusivamente di un dibattito sotto il profilo tecnico e politico; si tratta oggi di una discussione sotto il profilo tecnico-politico, ma prettamente politica sul modo di concepire quelli che dovrebbero essere i rapporti fra i cittadini, quello che dovrebbe essere il rapporto tra il Parlamento ed il Governo e fra coloro i quali rappresentano le istituzioni. Oggi come oggi noi attraversiamo un momento difficilissimo perché assistiamo ad un atteggiamento, assunto in parte da alcuni settori della maggioranza, che è quello non di non rispettare i parlamentari, ma di non tenerli in giusta considerazione. Lo dimostra il fatto - lo ha dimostrato fino a qualche minuto fa - che non era presente il rappresentante della Commissione, che non sono presenti alcuni parlamentari che pensano e che agiscono diversamente da noi. Quando noi facciamo queste riflessioni non le facciamo perché vorremmo o vogliamo creare confusione, in quanto vogliamo soltanto rientrare nelle linee del pensiero più corretto, che a nostro giudizio è quello che molti di noi esprimono, e che molti invece dall'altra parte pensano ma non esprimono. Oggi esistono due mondi - lo dico e lo ribadisco in continuazione all'interno di quest'Aula e anche fuori di quest'Aula - che la pensano in modo completamente diverso. In altre parole hanno una diversità di vedute diametralmente opposte.
C'è un mondo che pensa che il neoliberismo, il capitalismo, l'individualismo sfrenato devono essere posti come punti di riferimento e devono costituire inoltre l'argomento della discussione e indirizzare l'attività e le modalità di amministrazione della cosa pubblica e anche il comportamento nella convivenza civile e nei rapporti tra gli esseri umani.
Vi è un mondo, invece, che sta dall'altra parte e che pensa che ci dovrebbero essere delle forme di rispetto. Vale a dire che vi dovrebbe essere una giustizia sociale vera e reale, che il modello nordamericano non può essere assunto come punto di riferimento, che il mercato concorrenziale è importante, ma non può essere solo ed esclusivamente tutto basato sulla concorrenza. È un mondo che, oltre a evidenziare questo argomento, pensa che esistono due modi di pensare, ma non solo, anche due modi di comportarsi e qualcos'altro in più rispetto al comportamento, vale a dire il pensiero che ognuno di noi sviluppa all'interno del proprio io cioè il pensiero di rispettare gli altri.
Quando noi oggi affrontiamo questo argomento, lo affrontiamo molte volte, anzi quasi sempre con grande passione e ognuno di noi è convinto di avere ragione, ognuno di noi porta avanti la propria dialettica, la propria battaglia e presuppone di dire cose giuste. Tuttavia, ogni tanto si dimentica di portare rispetto agli altri e si dovrebbe pensare che anche gli altri talvolta possono dire qualcosa di sensato e di giusto. Dal confronto potremmo trarre e tirar fuori qualcosa di concreto.
Quando noi facciamo riferimento a due modelli di comportamento, non diciamo che da una parte esiste il bene e dall'altra il male, ma che esistono due modelli di comportamento che si contrappongono tra loro e dovrebbero essere bilanciati: qualche volta dovrebbe prevalere l'uno e qualche volta l'altro, ma sia l'uno che l'altro non dovrebbero tentare di schiacciare, di far scomparire il pensiero dell'altro per avere il dominio completo e, di conseguenza, non rispettare ciò che pensano gli altri.
Perché facciamo questa riflessione? Per il comportamento assunto non soltanto all'interno del Parlamento ma anche fuori da esso, quando si parla di argomenti Pag. 50che dovrebbero essere di interesse della collettività e dell'essere vivente e ci accorgiamo che molti, con molta superficialità, sostengono battaglie, senza ascoltare, per affermare di avere ragione e che tutto quello che altri dicono dall'altra parte non ha senso né significato. All'interno di quest'aula abbiamo detto, intervenendo sui problemi che riguardano l'energia rinnovabile, che essa, com'è vero, costituisce un elemento importantissimo, ma che non può essere assimilata all'interno delle energie assimilabili, cioè le energie che vengono sprigionate dagli inceneritori. Infatti, in quel modo è vero che produciamo energia, ma è pur vero che immetteremo nell'aria tante sostanze che ci porteranno alla morte. Dunque, quel tipo di energia che potrebbe essere utile perché produce energia nell'interesse del popolo, dei cittadini e dello Stato, ha un costo molto alto perché produce una sostanza altamente tossica che porterebbe alla distruzione dell'essere vivente. Noi abbiamo svolto una riflessione per dire che gli inceneritori non possono essere considerati energie rinnovabili, energie nuove, alternative, perché vi è sicuramente la produzione di energia da una parte, ma l'emissione nell'aria del PM10 o del PM 0,1 o 0,4 che sono sostanze altamente tossiche creerebbe tanti di quei danni che distruggono o distruggerebbero e stanno distruggendo in alcuni ambienti la vita umana.
Dunque, sono due modi completamente diversi di concepire e vedere lo sviluppo del territorio, dell'impostazione politica nell'interesse della collettività e della società. Vi è un mondo che vede solo ed esclusivamente un ritorno sotto il profilo economico e, invece, un gruppo che parla un linguaggio molto più ragionevole.
Perché si fa questa grande battaglia per dire che anche gli inceneritori potrebbero essere considerati come energie rinnovabili? Perché esistono i CIP 6, che non sono altro che contributi che vengono dati a coloro i quali installano all'interno dello Stato italiano strutture che producono energia, dovrebbero essere alternative, ma alternative non sono.
Noi parliamo e ci riferiamo a questi argomenti per dire di fare attenzione: oggi in Italia e nel mondo si sta sviluppando un dibattito, e forse sta passando sotto tono, perché ci stiamo occupando di tante cose ma non del più grande problema che potrebbe esistere da qui in avanti, cioè quello della distruzione dell'umanità per l'impostazione culturale e di comportamento da parte di un gruppo che la pensa in modo completamente e diametralmente opposto a coloro i quali hanno l'interesse di salvaguardare il territorio e l'ambiente.
Signor Presidente, noi abbiamo detto, all'interno di quest'aula qualche settimana fa che con il decreto Ronchi abbiamo privatizzato l'acqua, un bene essenziale, un bene che non potrebbe essere privatizzato. Eppure con nonchalance, con tranquillità, da parte di alcuni parlamentari si è detto che quasi è fisiologico privatizzare l'acqua, è fisiologico privare il cittadino dell'acqua nel caso in cui non dovesse avere la disponibilità finanziaria per poterla comprare; è fisiologico che avvenga questo all'interno di una società capitalistica che ha solo un interesse: quello del ritorno dal punto di vista economico. Questo è un momento drammatico; non è un momento drammatico se domani dovesse succedere una défaillance da parte di un gruppo che sostiene la maggioranza, ma il problema è molto più profondo, molto più delicato: il problema è che esistono gruppi trasversali che non hanno l'interesse che dovrebbero avere, cioè l'interesse di difendere seriamente e concretamente il cittadino e il territorio dove loro vivono. Vi è un interesse che va ben oltre e che viene chiamato un interesse solo ed esclusivamente della politica non nobile, che serve per aumentare o diminuire il prezzo di qualcuno.
Concludo, signor Presidente: è arrivato il momento in cui, da parte di ognuno di noi, si deve prendere coscienza per intervenire chiaramente su alcuni argomenti e per scegliere le linee guida che ci dovrebbero portare a costruire una nuova società, parlare di politica olistica e non di politica solo nel modello cartesiano e meccanicistico, che deve dare conto e deve Pag. 51rendere soltanto interessi o ritorni dal punto di vista economico. All'interno di quest'aula dovremmo aprire un dibattito culturale e politico e aprire un dibattito anche su quello che ognuno di noi vorrebbe realizzare in concreto.

PRESIDENTE. Onorevole...

DOMENICO SCILIPOTI. Concludo, signor Presidente. Quando il Ministro Prestigiacomo fa affermazioni come: «Noi siamo per le energie rinnovabili» e nel paese dove lei vive, che si chiama Siracusa, vi è il più alto tasso percentuale di mortalità e di nati malformati d'Italia e l'aumento sfiora il 14 per cento, ciò significa, signor Presidente e colleghi, che non corrispondono alle parole i fatti, ma molte volte le parole vengono messe in bocca ed utilizzate da una lingua senza avere il giusto significato, a meno che non vi sia la malafede.
Il dibattito che volevamo aprire all'interno dell'esame dei documenti di bilancio poteva non essere pesante perché, complessivamente, gli emendamenti presentati dall'opposizione erano circa 55. Tuttavia, era un dibattito volto a dare un contributo, cercando di far passare qualche emendamento migliorativo del testo. Nella nostra mentalità, infatti, al centro di tutto, vi sono l'uomo e la politica, intesa come arte nobile sia nei confronti dei soggetti presenti all'interno di questo Parlamento e sia nei confronti dei cittadini che sono fuori da questa istituzione.
Pertanto, mi auguro, signor Presidente, che non si verifichi più, in futuro, quanto si è verificato oggi con la posizione della questione di fiducia in un momento delicatissimo. Non vi era la necessità di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, credo che, con riferimento alla questione di fiducia che il Governo ha utilizzato per l'approvazione della legge finanziaria in esame, le parole del Presidente Fini siano di una chiarezza e di una semplicità devastanti. Esse dovrebbero aprire una vera riflessione all'interno della maggioranza e speriamo che questo avvenga. Dalle reazioni sembra di no, tuttavia tali parole rappresentano un macigno.
Quando il Presidente della Camera, esponente di rilievo della maggioranza, afferma che il comportamento dell'opposizione è responsabile e serio, mira ad entrare nel merito e non a fare ostruzionismo, mentre il Governo ha paura della sua maggioranza e, per questo, ricorre alla questione di fiducia, dice una cosa non solo vera, ma di una gravità, per la maggioranza, incredibile. Se la maggioranza vorrà approfittarne ed aprire una riflessione, saremo tutti contenti; se non lo farà, penso che condannerà ulteriormente noi e questo Parlamento ad una vicenda molto particolare e sterile, ad una situazione che abbiamo subito in questo anno e mezzo in tutte le questioni affrontate, che, poi, hanno prodotto provvedimenti non adeguati alla situazione che il Paese attraversa.
Un anno fa, il Presidente Napolitano, proprio a conclusione dell'anno, in occasione degli auguri di Capodanno agli italiani, pronunciò una frase importante. Egli disse che dalla crisi si può uscire meglio di come si è entrati, che la società italiana può uscire meglio, più giusta e più solidale, e in una condizione tale da recuperare, anche attraverso la crisi, le sue inefficienze, i suoi ritardi e le sue condizioni di disparità.
Purtroppo, ad un anno di distanza, quell'augurio non si è verificato. Purtroppo, ad un anno di distanza, abbiamo un Paese in cui sono aumentate le ingiustizie e le disuguaglianze, in cui continuano ad essere privilegiati i furbi, e in cui le distanze tra zone ricche e zone povere, tra ceti ricchi e ceti poveri, si sono allungate.
Questo è dovuto ad un'azione di Governo che non è stata all'altezza della crisi e di ciò che serviva ad essa. Questo è dovuto al fatto che i risultati e i dati parlano da soli. È inutile, ogni volta, Pag. 52ricorrere sempre ad immagini, come il consenso, che è indiscutibile. Se stiamo affrontando un periodo delicato che attraversa tutto il mondo - e che, contemporaneamente, dovrebbe vederci protagonisti di un'azione di grande cambiamento e di grande rinnovamento - e il risultato è l'aumento dell'ingiustizia e della povertà, svolgere qualche riflessione sugli errori commessi, attuare qualche aggiustamento e ascoltare di più l'opposizione, aiuterebbe ad evitare questi errori.
Ci troviamo davanti ad una situazione incredibile, i cittadini se ne accorgono e spero che se ne accorgeranno anche le forze di maggioranza. Si porta grande vanto del fatto che lo scudo fiscale sta riscuotendo un grande successo e che permetterà di coprire alcune spese: già lo permette in questo disegno di legge finanziaria e lo permetterà anche nell'annunciato decreto-legge di fine anno, in cui si dice che verrà fatto quello che non è stato fatto nel disegno di legge finanziaria. Questa dovrebbe essere la spia, non il vanto.
Secondo il calcolo di fonti assolutamente obiettive, questo è un Paese che ha 300 miliardi di euro di risorse che si trovano al suo esterno e di questi 300 miliardi - che se va bene provengono da evasione, se va male da altro, cioè da attività illecite - ne rientreranno, si dice, 100 miliardi e si rappresenta ciò come un grande successo. Non si chiedono la maggioranza e il Governo se questo eventuale successo - che intanto è parziale, poiché interessa soltanto un terzo di quello che è fuori - sia il frutto di una condizione di grande vantaggio che è stata offerta al rientro? Non c'è nessun Paese al mondo che offre condizioni così vantaggiose, non c'è nessun Paese che consente il rientro dei capitali senza pagare almeno l'aliquota «da evasione». Noi facciamo pagare, se va bene, il 5 per cento, quindi stiamo realizzando un vero e proprio condono che, certo, fa rientrare un po' di soldi, ma invece di portarne vanto, io avrei anche un po' di vergogna, perché è solo la vergogna che può caratterizzare questa condizione.
Di questo denaro si fa un doppio uso nella stessa parte del disegno di legge finanziaria: la prima volta si usano per l'anno 2009 e la seconda volta per il 2010, creando una condizione molto particolare su cui tutti dovrebbero riflettere, il Governo, la maggioranza e i cittadini. Infatti, la prima volta si usano questi soldi, questi presunti 3 miliardi 700 milioni di euro, per far pagare l'acconto in maniera parziale, cioè per far pagare il 20 per cento in meno di quanto sarebbe dovuto a titolo di acconto IRPEF alla scadenza di novembre. In questo modo si può utilizzare il denaro nel 2009 e si dà l'illusione ai soggetti che si avvarranno della possibilità di versare un acconto minore che c'è un provvedimento di vantaggio, per poi ricevere a giugno una grande batosta, perché a giugno, invece, occorrerà pagare tutto.
In particolare, la situazione è incredibile per il lavoro dipendente; infatti, il lavoro autonomo, bene o male, ha un problema di liquidità, mentre il lavoro dipendente si troverà a dicembre ad avere l'illusione di avere soldi in più, che dovrà restituire il prossimo giugno. Bella trovata, perché così il Governo si ritroverà di nuovo questi soldi a giugno e potrà coprire questa finanziaria. Siamo arrivati a questo punto e penso che sia per questo che non si vuole affrontare un vero dibattito, che non si vuole affrontare una vera prova in quest'Aula e si ricorre al voto di fiducia.
Penso quindi che su questo atto, di cui continuate ad andare fieri, dovreste invece riflettere, così come sulle sue conseguenze e anche sulle frasi che usate, che usano la maggioranza e il Governo, frasi che restano e che vengono usate in maniera propagandistica. Una di queste è: «Nessuno resterà indietro nella crisi», una bellissima frase a cui tante volte si è fatto ricorso. Occorrerebbe riflettere su quanti sono rimasti indietro.
Non parlate più della social card, che era uno dei provvedimenti che non lasciava le persone indietro, perché evidentemente vi siete accorti che continuare a parlarne diventava anche offensivo, non per la cifra, 40 euro (io vengo dal sindacato e so che anche dieci euro sono importanti), ma per le modalità. Avevate previsto di darla a un milione trecentomila Pag. 53persone, invece l'avete data soltanto a 450 mila persone, spesso con la mortificazione di dover fare le file e di scoprire poi, quando era il momento di pagare, che la carta non era stata caricata, cosa ignobile al solo pensarci e invece lo avete praticato. Di tutto questo da un po' non parlate più, ma se parliamo di chi resterà indietro, vogliamo parlare dei precari che perdono il posto lavoro e che non hanno nessuna copertura? Vogliamo parlare di lavoro autonomo e di partite IVA?
Vogliamo parlare di tutti quelli che stanno pagando un prezzo altissimo e che, appunto, restano indietro perché nessuno se ne cura. Non vi è un provvedimento o una singola disposizione. In ordine al lavoro ci sono varie misure affastellate che non forniscono una risposta vera e seria, che poteva essere quella da noi indicata, vale a dire che chiunque perde il posto di lavoro, qualunque sia la sua condizione di lavoro (a tempo indeterminato, a tempo determinato o con partita IVA) comunque riceve il 60 per cento della retribuzione percepita nell'ultimo anno. Questa era la risposta per non lasciare nessuno indietro. Invece, non l'avete data perché, appunto, ricorrete a queste formule incredibili, strane e non adeguate, senza rendervi conto che nel frattempo le distanze fra ricchi e poveri e la povertà si diffondono. La povertà è un termine che viene usato quasi con vergogna, ma che si diffonde in Italia. Recentemente, nel suo rapporto il Censis ha indicato che il 30 per cento delle famiglie meridionali si trova in stato di povertà. Il 30 per cento delle famiglie meridionali è una cifra enorme. In qualunque altro Paese vi sarebbe stata una risposta e la ricerca di una soluzione. Così è avvenuto in Francia e in Germania, ma in questo Paese non c'è nulla ma, appunto, solo la propaganda - nessuno resterà indietro - senza preoccuparsi se veramente qualcuno resta indietro.
Ma vi è un'altra frase importante che avete usato: «non metteremo più le mani nelle tasche degli italiani», che è un'altra bellissima frase che viene usata, anche questa, in termini propagandistici. In termini generali, lasciate inalterata la pressione fiscale anzi la aumentate perché la ricchezza diminuisce e, quindi, nei fatti aumentate la pressione fiscale e, dunque, mettete le mani nelle tasche degli italiani anche in maniera particolare e scientifica. Ricordo per brevità, soltanto per brevità, che in questo provvedimento, che chiamate finanziaria, vi è l'introduzione di una tassa sulle cause di lavoro, che non è mai esistita, e questo perché, appunto, non si mettono le mani nelle tasche degli italiani ma si mettono in quelle dei deboli, quelli che hanno problemi, quelli che non possono pagare o avere i soldi per iniziare una causa di lavoro e non la inizieranno, scoraggiati proprio dal fatto che non hanno quei soldi.
Inoltre, vi è una tassa sui ricorsi in ordine a sanzioni amministrative. Anche qui siamo dinanzi a un segnale incredibile che viene dato per scoraggiare evidentemente, pagando così la sanzione anche quando questa è ingiusta. Tutto questo è il frutto proprio di una condizione che è inaccettabile mentre l'unica cosa da fare - lo dicono oggi anche le organizzazioni sindacali - sarebbe ridurre le tasse al lavoro dipendente e, soprattutto, ai redditi medio-bassi e ai pensionati. Questa è la risposta vera per aumentare i consumi e per determinare una condizione di ripresa e di creazione della ricchezza che condurrebbe nella direzione da voi auspicata. In caso contrario, la crisi finisce invece per colpire i ceti e le zone deboli.
Venendo ora alla parte conclusiva del mio intervento ricordo le zone deboli. Questa è una crisi diversa dalle altre. Colpisce in maniera particolare il Mezzogiorno e le zone deboli perché non è come le altre - di natura congiunturale - ma colpisce tutto quello che è debole. Di fronte a ciò a luglio avete detto che avreste varato un nuovo piano Marshall, che avreste dato corso ad un new deal per le aree meridionali. Vi ricordo che il vostro new deal è consistito nel taglio di tutte le risorse del FAS nazionale (Fondo per le aree sottoutilizzate, che è diventato Fondo per le aree settentrionali del Paese per come lo usate) e ora anche di quello regionale, attraverso la copertura dei deficit Pag. 54sanitari. Tutto ciò significa proprio l'annullamento di ogni ipotesi di possibilità di ripresa di queste zone, di lavoro produttivo, di fine dell'assistenza, di aumento delle infrastrutture. Ne ricordo una per tutte: l'alta velocità. Ho visto l'altro ieri un servizio televisivo in cui si affermava che finalmente abbiamo l'alta velocità che collega il nord con il sud. Da Milano a Salerno, perché per voi il sud finisce a Salerno. È incredibile come si possa unire il nord al sud sapendo che sotto Salerno vi è ancora un po' d'Italia. Lo avete dimenticato ma, prima o poi, questa Italia, appunto, ve lo ricorderà. Insieme a questo che fate? Lanciate due spot in questa finanziaria, due grandi spot, di quelli pubblicitari che servono proprio per le campagne elettorali. Uno di questi è la Banca per il sud che se va bene - fra cinque o sei anni - potrà dare qualche risultato, ma nell'immediato non dà nulla.
Un nostro emendamento, che non costava nulla, proponeva di dare i poteri di questa banca alle Poste italiane perché questo avrebbe offerto dei servizi veri. Insieme a questo primo spot avete fatto un altro grande spot: quello del ponte sullo Stretto che il 21 dicembre andrete ad inaugurare, quando si tratta soltanto di un'opera ferroviaria che non c'entra niente con il ponte stesso.
Detto questo - concludo - penso che francamente ci voglia una nuova politica economica perché il Paese ha bisogno di riprendersi a partire dalle zone deboli, e per farlo dovete cambiare politica economica e ascoltare l'opposizione come vi ha detto questa mattina il Presidente Fini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, dispiace che i lavori del Parlamento di oggi siano poco seguiti, perché, a mio parere, essi sono molto indicativi delle ragioni per cui il Governo e la maggioranza non hanno voluto affrontare l'Assemblea pur persistendo solo 40 emendamenti (quindi una discussione fattibile) e sono ricorsi al voto di fiducia.
La risposta l'abbiamo già avuta questa mattina: ci sono problemi interni alla maggioranza su questo disegno di legge finanziaria, ma la discussione di oggi ci dice almeno due cose in più. La prima è che questa finanziaria è impresentabile e indiscutibile. È indiscutibile nel senso che è talmente debole che io stesso, se l'avessi presentata, avrei preferito non discuterla perché, nel momento in cui la stiamo minimamente discutendo in quest'Aula, mostra tutti i suoi difetti.
Il primo difetto è che è pericolosa, perché i modi di finanziamento di questo disegno di legge finanziaria sono pericolosi. Questa finanziaria vale 8 miliardi di euro: 3,1 miliardi di questi 8 miliardi provengono dal TFR dei lavoratori dipendenti del settore privato che, grazie ad una norma del 2006 del Governo Prodi, che contestammo anche allora, devono versare il 50 per cento del loro TFR, tramite le aziende in cui lavorano, all'INPS. Oggi requisiamo all'INPS questo 50 per cento e lo impieghiamo per pagare spese correnti. Guardate: non c'è cosa peggiore che si possa fare, perché il risultato di tutto ciò è che stiamo pagando delle spese correnti ricorrendo a un debito. Infatti, quei soldi (lo speriamo) ai lavoratori dipendenti delle aziende private, nel momento in cui si licenzieranno o andranno in pensione, dobbiamo darli e quindi dovremo restituirli.
Non c'è peggior manovra economica di una manovra fatta a debito, perché non si fa altro che spostare i costi attuali sulle generazioni future. Stiamo lasciando, ancora una volta, un debito pubblico più alto di quello che abbiamo ereditato. Siamo la prima generazione, che sia chiaro a tutti, che lascia un Paese peggiore ai propri figli di quello che ha ereditato dai propri genitori e con questo disegno di legge finanziaria stiamo peggiorando ulteriormente questa situazione.
L'altra fonte di finanziamento, quasi 4 miliardi di euro, è costituita dal cosiddetto «tesoretto» di Tremonti, ossia dallo scudo fiscale. Guardate che pagare delle spese Pag. 55correnti con entrate una tantum è molto pericoloso per la tenuta del bilancio, perché potremmo andare avanti un anno, ma i problemi li rinviamo di un altro anno.
È come, per spiegarlo agli italiani che ci stanno seguendo in televisione, se io, a fronte di un premio straordinario, che ho avuto sul lavoro, di mille euro, contraggo un mutuo di 30 anni per comprare la casa che mi costa mille euro all'anno. È chiaro che il primo anno posso pagarlo con i mille euro che ho avuto di bonus sullo stipendio, ma dal secondo anno quei mille euro non ce li avrò più e dovrò andarli a cercare non so dove, oppure tornerò a indebitarmi ancora; quindi, questa è una spirale che non finisce più.
Questo è un disegno di legge finanziaria, dal punto di vista contabile e amministrativo, pericoloso. È una finanziaria bugiarda, perché non dice la verità. Con questa finanziaria non facciamo altro che riparare a quei danni che il Governo ha fatto due anni fa con i cosiddetti tagli lineari. Il Ministro Tremonti, infatti, ha detto che ci avrebbe messo poco a tagliare la spesa pubblica, tagliando ad ogni Ministero risorse pari al 10 per cento. Noi lo avevamo avvertito che una simile misura non stava in piedi, perché facendo in tal modo la spesa produttiva sarebbe stata trattata come la spesa improduttiva, la spesa buona come la spesa cattiva.
Cosa capiterà? La spesa cattiva è come l'erba, non muore mai, e si finirà per tagliare solo la spesa buona che si dovrà rifinanziare. Così è stato: noi, di fatto, così facendo non facciamo niente di nuovo, stiamo solo coprendo delle spese che sono rimaste non coperte a causa di quei tagli lineari. Volete degli esempi? I 103 milioni destinati per l'acquisto dei libri di testo per i bambini delle scuole elementari. Io, che ormai sono adulto, andavo a scuola e i libri di testo erano gratuiti (il sussidiario); così è stato per tutte le generazioni future. È chiaro che i soldi dovevamo trovarli. Il fatto che non ci fossero più voleva dire proprio che quei tagli lineari avevano eliminato quella spesa buona destinata all'acquisto dei libri di testo dei bambini delle scuole elementari.
La stessa cosa è successa per le scuole paritarie: 130 milioni c'erano negli anni scorsi, sono stati tagliati e magicamente li rimettiamo adesso. I 400 milioni al 5 per mille c'erano l'anno scorso, sono spariti e magicamente dobbiamo rimetterli adesso.
Diamo ai comuni per l'ICI 1,690 miliardi di euro; ci mancherebbe altro che non glieli dessimo! Il Governo nel momento in cui ha abolito l'ICI sulla prima casa (sua responsabilità, non entro nel merito) ha detto ai comuni che comunque ci avrebbe pensato lui a ristornare il gettito ICI, altrimenti i comuni non avrebbero potuto chiudere i bilanci. Noi oggi dobbiamo ripagare quel debito che lo stesso Governo ha creato!
Questa finanziaria è bugiarda, perché fa credere di fare delle cose che già c'erano e non fa assolutamente niente di nuovo. Ed è debole, perché dimentica fasce e settori interi della popolazione. In questa finanziaria c'è un grande assente: la famiglia italiana. La famiglia italiana da questa finanziaria non recupera un euro, anzi vi dico la verità, purtroppo perde 2,4 miliardi di euro, perché l'anno scorso c'era il bonus famiglia, che noi abbiamo contestato, ma almeno c'era. Vi erano 2,4 miliardi di euro che, in qualche modo, in maniera forse distorta, almeno finivano nelle tasche delle famiglie italiane. Quei 2,4 miliardi non ci sono più e non c'è niente di nuovo. Penso che questa sia irriconoscenza pura verso un istituto, quello della famiglia italiana, che ha fatto in modo che nel 2009 non ci fossero tensioni sociali forti nel nostro Paese, perché è la famiglia che ha reagito e ha tenuto in piedi il nostro Paese. Quando un figlio perdeva il posto di lavoro erano i genitori che intervenivano; quando c'era un fratello in queste condizioni, erano gli altri fratelli ad aiutarlo. Non a caso le famiglie italiane hanno disperso il 12 per cento dei loro risparmi nel corso del 2009, perché li hanno utilizzati per fronteggiare quella crisi, e noi li ricompensiamo dimenticandoli completamente nella finanziaria.
Ci dimentichiamo anche delle piccole e medie imprese. Io, però, mi ricordo per Pag. 56quanto tempo, in questi mesi, si è parlato sui giornali dell'imposta odiosa che è l'IRAP, promettendo a destra e a sinistra che saremmo intervenuti con la sua riduzione. Guardate che l'IRAP resta completamente intatta, non è stata scalfita neanche di un euro, eppure c'erano proposte serie nel pacchetto degli emendamenti presentati dall'opposizione che avrebbero permesso almeno di incidere sull'IRAP.
Insomma è una finanziaria pericolosa, bugiarda e debole. Se l'avessi presentata io, non avrei voluto discuterla in quest'Aula, forse neanche all'esterno; sotto questo punto di vista forse avete fatto bene. Ma la discussione di oggi ci dice un'altra cosa: avete perso un'altra occasione, perché molti degli emendamenti presentati in Assemblea sono di buonsenso. Non sono emendamenti né di sinistra, né di destra, né di centro: molti emendamenti andavano solo a migliorare il testo della finanziaria e alcuni di essi non costavano nemmeno; si trattava solo di emendamenti migliorativi perché di buonsenso, non perché rispondono a logiche politiche. Il non averli voluti discutere e votare è un'occasione persa in assoluto. Mi dispiace che non siano un'occasione persa solo per la maggioranza, ma anche per il Governo.
Avevamo presentato un emendamento, quello che illustro brevemente adesso, che prevedeva che il Patto di stabilità degli enti locali, almeno per le opere cofinanziate dal CIPE, fosse allentato. Tutti abbiamo detto più volte in questi mesi che il patto di stabilità degli enti locali, così come è stato strutturato da questo Governo, è un grave freno per la ripresa del Paese. È chiaro a tutti: se i comuni hanno i soldi in cassa, ma non li possono investire per fare degli investimenti, bloccano la ripresa.
Non a caso si uscì dalla «grande depressione» del 1929 proprio con il new deal che non era altro che una grandissima infrastrutturazione degli Stati Uniti; si disse: in ogni strada deve esserci un cantiere; da una parte mettiamo a posto le nostre città e le prepariamo per la ripresa, ma, dall'altra parte, facciamo circolare il denaro. Noi abbiamo fatto il contrario: nel momento in cui dovevamo mettere risorse fresche a disposizione delle imprese, ci siamo chiusi a riccio ed abbiamo impedito agli enti locali di spendere anche i soldi che c'erano.
Con questo emendamento noi, molto modestamente, sostenevamo almeno la realizzazione di quegli interventi che sono cofinanziati dal CIPE. Ad esempio, la metropolitana di Bologna, della mia città, ha un contributo di 200 milioni di euro dal CIPE, pronti da spendere, il comune di Bologna ha 100 milioni in cassa a disposizione, ma non li può spendere perché altrimenti finisce per non rispettare i vincoli previsti dal Patto di stabilità: vi sembra una cosa logica? È chiaro che non è logica, è illogica, e tutto questo avrebbe permesso con pochi soldi, con un leggero allentamento del Patto di stabilità, un miglioramento della finanziaria. Insomma è una finanziaria debole e una grande occasione persa in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, effettivamente è un po' kafkiano essere qui a discutere in un'Aula deserta di un complesso di emendamenti per i quali molte intelligenze di numerosi deputati si erano spese per cercare di dare un contributo utile, fattivo, partecipativo ad una legge così importante, qual è la legge finanziaria che, come sappiamo, indirizza l'azione di Governo per tutte le più importanti voci di spesa per l'anno 2010 e per il triennio successivo.
Viceversa, la discussione sull'articolo 2 sul quale si poteva, in qualche modo, innestare una serie di proposte aggiuntive o alternative, una serie di riflessioni su degli assi strategici per il Paese, è stata frustrata dalla posizione di questa fiducia che - voglio plaudere anch'io al Presidente Fini - ha portato con sé uno sfregio al rapporto politico tra Governo e Parlamento, evidenziando una latente, ma assai Pag. 57poco nascosta, ormai, conflittualità che riguarda la stessa maggioranza di questo Governo. Atteso che il numero degli emendamenti presentati era stato assai scremato e ridimensionato, come il Presidente Fini ha ricordato, non vi erano motivi tecnici di frapporre la questione di fiducia per evitare un allungamento della discussione dell'Aula ed un appesantimento dei tempi a ciò dedicati.
Ci resta, quindi, la modesta soddisfazione di argomentare a volo d'uccello su alcuni dei temi che, come gruppo dell'Italia dei Valori, volevamo portare all'attenzione dell'Aula e del Paese e per denunciare questa forma cieca, autoreferenziale, autoritaria che il Governo ha posto anche nell'approccio alla finanziaria per il 2010. Poco importa che ci sia nel Paese un fermento sociale molto preoccupato, una crisi dilagante; i sindaci che manifestano, destra o sinistra che siano le loro appartenenze, davanti a Montecitorio; i rettori delle università allarmati dai tagli che mettono a rischio la struttura portante di questo Paese, le intelligenze, la ricerca, l'istruzione superiore. Poco importano gli operai che saltano sui tetti delle loro fabbriche, occupando gli edifici, manifestando nelle piazze delle città italiane, quelle di Roma in particolar modo, ogni giorno e ripetutamente. Penso che statisticamente non vi siano stati periodi, se non a me sconosciuti, di tanta mobilitazione nelle piazze del nostro Paese.
Questo è, quindi, il sintomo di uno scollamento sempre più ampio tra la politica e chi questa politica dirige, dal punto di vista della responsabilità di governo, e il Paese reale, la comunità dei nostri cittadini. Alcuni dei temi sono stati già trattati dai colleghi che mi hanno preceduto, ma vorrei anche io soffermarmi su alcune voci che penso necessitino di un approfondimento e di una trasparenza nella nostra azione politica. Quest'ultima tante volte viene tacciata di giustizialismo e di una sorta di monotematico assillo verso i temi della giustizia quando, viceversa, il nostro partito in tante occasioni - anche in questa - ha dimostrato con una serie di articolate proposte di avere a cuore ben altri temi. Mi riferisco a temi che riguardano: l'università e la ricerca; le piccole e medie imprese e gli artigiani; l'infrastruttura importante e strategica della banda larga che nel nostro Paese ha visto un Governo assopito disattendere anche le insistenti voci venute dalla IX Commissione, trasporti, poste e telecomunicazione - di cui mi onoro di far parte - e che hanno visto proprio il 1o dicembre ben tre risoluzioni approvate sul tema della banda larga. Voglio ricordarle: una a firma dell'onorevole Paolo Gentiloni Silveri, che insieme al mio presidente di gruppo, onorevole Donadi, e ad altri esponenti del PD e dell'UdC avevano sottoscritto questa risoluzione, nella quale chiedevamo attenzione verso la diffusione della banda larga nel nostro Paese. Voglio ricordare che a questa risoluzione si è aggiunta quella di Crosio e di altri colleghi della Lega Nord, anch'essa approvata a maggioranza in Commissione. Infine, c'è stata anche la risoluzione di analogo contenuto a firma Deborah Bergamini, onorevole del PdL, che insieme ad altri colleghi del suo stesso partito aveva chiesto ed ottenuto attenzione in quella sede.
Questo tema è strategico per superare un gap importante che nel nostro Paese vede inefficienze ancora importanti nei distretti industriali, nelle città, piuttosto che nelle zone marginali. Inoltre, la mancanza della banda larga impedisce un collegamento veloce che oggi è importante non solo per i servizi di e-government, o piuttosto per la capacità di relazione e di trasposizione delle notizie e delle informazioni, ma anche per importanti orizzonti come quello del telelavoro e delle nuove occupazioni. Noi avevamo, ad esempio, proposto con un emendamento ad hoc una sorta di finanziamento pluriennale che andasse proprio nel senso di rimediare a questa lacuna che il Governo aveva creato, togliendo gli 800 milioni di euro che pure erano stati destinati nelle precedenti finanziarie per il 2010 a questo scopo. La questione fiducia fa decadere anche questa norma, questa proposta che era in linea con un orientamento quasi unanime del Parlamento, se è vero come è Pag. 58vero e come ho ricordato, che ben tre risoluzioni «a firma lunga» sono state approvate proprio il 1o dicembre di quest'anno, qualche giorno fa, in Commissione trasporti.
Questa protervia e mancanza di sensibilità da parte della maggioranza e del Governo si sono manifestate anche su altri punti sensibili, come già è stato ricordato. Così tanto è stato invocato il tema della lotta alla mafia dal Governo, dal Presidente del Consiglio, dal Ministro dell'interno, proprio in concomitanza con le dichiarazioni non certo rasserenanti di Spatuzza nel processo di appello al senatore Dell'Utri per il reato di associazione esterna ad organizzazione mafiosa.
Si sono tutti peritati a invocare quanto bene abbia fatto il Governo in questo scorcio di legislatura contro i delinquenti alla macchia, per assicurare alla giustizia i latitanti, per inasprire il 41-bis e quant'altro, senza peraltro ricordare che le azioni di polizia giudiziaria dei magistrati inquirenti, tese ad assicurare alla giustizia i latitanti, non vedono, per quanto di mia conoscenza, un'azione del Governo di qualunque natura. Si tratta, infatti, di azioni di polizia giudiziaria delegate alla magistratura sotto la responsabilità della magistratura, dei cui risultati tutti noi ci gratifichiamo e onoriamo, così come anche il Governo può fare, ma senza mettere il cappello su ogni iniziativa che riguarda altri poteri dello Stato. Dicevo che sul tema della lotta alla mafia, così sensibile, non avete accolto, né in Commissione, né adesso in Aula, quel grido di dolore e di allarme dell'associazione Libera, di Don Ciotti, in qualche modo dando voce a quel milione di cittadini che nel 1996 avevano portato all'esame del Parlamento la legge sul patrimonio dei mafiosi, legge che poi ha anche visto finire nel sangue la vita di Pio La Torre, eminente uomo politico che di quella stessa legge fu proponente. Ebbene, con il sangue di questo statista voi oggi lavate i patrimoni mafiosi. Come avete fatto con lo scudo fiscale, adesso lo fate mettendo all'asta i beni confiscati alle organizzazioni malavitose.
Noi riteniamo che questo sia un pessimo modo di dare dimostrazione che siete un Governo che realmente contrasta la mafia. Infatti, se tanto mi dà tanto, voi consentite ai corleonesi e alle altre famiglie mafiose di riappropriarsi facilmente di quei beni, che sono stati confiscati perché di illecita provenienza. Anziché destinarli, come deve essere, al servizio sociale, agli enti locali, alle cooperative di aiuto e di inserimento dei cittadini più disagiati, favorite viceversa la mafia, consentendo la riacquisizione di questi patrimoni.

PRESIDENTE. Onorevole Monai, la prego di concludere.

CARLO MONAI. Signor Presidente, ho finito il tempo a mia disposizione? Mi avevano detto che avevo mezz'ora.

PRESIDENTE. Onorevole Monai, si tratta di un accordo, intervenuto anche con il suo presidente di gruppo, di contenere gli interventi nei quindici minuti.

CARLO MONAI. Signor Presidente, mi avvio velocemente alla conclusione. Le chiedo scusa, ma avevo ricevuto una diversa informazione.

PRESIDENTE. Onorevole Monai, chiedo scusa io a lei se non è stato informato.

CARLO MONAI. Concludo a volo d'uccello, per dire che, come cittadino del Friuli-Venezia Giulia, rimarco una sproporzione notevole nell'atteggiamento che il Governo ha assunto rispetto a una partita fondamentale, quella della compartecipazione all'IRPEF riscossa sul reddito pensionistico dei nostri cittadini residenti in Friuli-Venezia Giulia. Voglio ricordare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 74 del 2009, aveva decretato l'illegittimità costituzionale della finanziaria del 2008, nella parte in cui venivano contingentati questi diritti, che alla regione spettano per tutela costituzionale, in 20 milioni l'anno per il 2008 e il 2009 e in soli 30 milioni per il 2011, stabilendo poi che Pag. 59ulteriori risorse sarebbero arrivate solo a condizione di altri trasferimenti di funzioni o di materie alla mia regione.
Ebbene, avete messo in legge finanziaria un acconto di 200 milioni di euro per il 2010, ma questo non è sufficiente, perché rivendichiamo un diritto che riguarda gli anni 2008 e 2009, nei quali questi diritti, che ci sono stati riconosciuti anche dalla Corte costituzionale e che trovano una tutela statutaria, devono essere esauditi.
Ricordo anche degli atti ispettivi che abbiamo firmato come deputati non solo dell'Italia dei Valori. Ricordo anche l'onorevole Strizzolo su questo tema. Il Governo ci aveva dato assicurazioni in questo senso, ma la declinazione che abbiamo visto nella finanziaria non ci soddisfa e ci fa temere per il recupero di questi crediti, che sono sacrosanti e dei quali lo Stato deve dare conto.
Ciò, a maggior ragione se guardiamo all'interno della legge finanziaria poste che favoriscono Roma capitale, con ulteriori 500 milioni di euro l'anno per altri anni.
In questo senso, faccio un richiamo - consentitemelo - anche alla Lega Nord, che è praticamente assente da questo dibattito, ma che alla fine voterà anche a favore di questi stanziamenti per Roma capitale, dimenticandosi quello che nei territori continua a ripetere su Roma padrona e Roma ladrona, alla quale, però, si regalano 500 milioni di euro l'anno come se fossero bruscolini; magari, poi, oltre ai soldi per lo Stretto di Messina, mancano finanziamenti per ben altri assi strutturali, come quelli del corridoio 5 piuttosto che di altre infrastrutture importanti, come la banda larga, che ho citato.
Dicevo che è una finanziaria molto lacunosa, imbavagliata e imbrigliata in un laccio che il Governo ha voluto stringere al collo di tutto il Parlamento, una finanziaria che destina fondi per i defibrillatori; evidentemente, la consapevolezza del Governo è che questa legge creerà molto disagio e molto batticuore all'interno del nostro Paese.
Ma se questa è la vostra aspettativa, auguri a voi; noi saremo sempre contrari a questo atteggiamento di chiusura e vorremmo, viceversa, poter dare un contributo utile per le piccole e medie imprese, per le famiglie, per l'università e per le comunità più bisognose (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, la posizione della questione di fiducia dimostra la paura di questa maggioranza e del Governo a confrontarsi nel merito. È una finanziaria sempre più blindata e pesante; la finanziaria light è solo un lontano ricordo.
Oggi è ancora più evidente a cosa era funzionale la procedura del tutto insolita che si è utilizzata in Commissione bilancio: sostanzialmente, ad evitare qualsiasi confronto parlamentare sia in Commissione sia in Aula. Un maxiemendamento del relatore non si era mai visto in Commissione bilancio sulla legge finanziaria; un maxiemendamento, per di più, su dettatura del Governo, perché è stato in gran parte l'assemblaggio degli emendamenti governativi; un maxiemendamento blindato, non modificabile nemmeno con emendamenti che non incidono sulla manovra e che non hanno alcun effetto sul bilancio o sui saldi di finanza pubblica.
Faccio un esempio: l'emendamento che estendeva l'uso degli oneri di urbanizzazione anche per le spese correnti da parte dei comuni, misura già prevista dalla finanziaria 2008 per il 2008, il 2009 e il 2010. L'estensione al 2011 e al 2012 rendeva più agevole la stesura dei bilanci pluriennali per i comuni, che sono già in forte difficoltà a causa del Patto di stabilità e per gli effetti della crisi.
Era, quindi, un emendamento che non aveva effetti negativi di alcun genere: non si è potuto discutere, perché il maxiemendamento è blindato; se cambia una virgola, la maggioranza non tiene più.
Il voto di fiducia in Aula è stato preceduto da una specie di voto di fiducia in Pag. 60Commissione bilancio, senza che nessun emendamento di origine parlamentare sia entrato nel disegno di legge finanziaria. È come una discussione solo procedurale: dal lunedì alle 19 fino alle 24 di domenica un'intera settimana per discutere di procedure e ammissibilità. Nel merito, una notte a disposizione dell'opposizione tra domenica e lunedì; nessuna disponibilità al cambiamento, atteggiamento ripetuto ora in Aula.
La legge finanziaria è pesante nelle dimensioni della manovra: sembrava già tutto fatto con la manovra triennale dell'estate 2008, il famoso decreto-legge n. 112, oltre alle ulteriori manovre spesso a saldo zero e al decreto-legge n. 78 di questa estate.
Si diceva, sostanzialmente, che si tratta di una finanziaria ridotta a pura formalità; nessuno spazio per l'assalto alla diligenza. Poi, magari, all'ultimo minuto, la riserva dell'utilizzo dello scudo fiscale. Già così sarebbe stata una discussione finta per settimane, almeno per il primo passaggio al Senato. Ma qui è successo ben altro: la manovra è diventata di 9 miliardi. Perché?
Per un vizio di origine, credo: sono state lasciate fuori dal bilancio della legge finanziaria nella prima stesura spese obbligatorie di fatto, necessarie per dare copertura ad interventi continuativi negli anni, come le missioni internazionali, tra l'altro solo parzialmente coperte, il 5 per mille, la gratuità dei libri di testo scolastici, il sostegno alle scuole non statali sia private che pubbliche, come le scuole dell'infanzia comunali. Ma su questo aspetto sono considerabili anche le risorse per la sicurezza, per l'ICI, per diversi interventi nel settore agricolo, così come per le imprese, o anche lo stesso Patto per la salute o per l'università. In sostanza, il lungo elenco del relatore relativo all'uso dei 9 miliardi è comprensivo di molte spese non innovative, ma che servono per dare pura continuità agli interventi e ai servizi, o per ridurre gli effetti negativi dei tagli lineari.
E molto è rimasto ancora fuori: nel dibattito di questi giorni si parla spesso del «milleproroghe» o di successivi decreti-legge come i prossimi appuntamenti per dare risposte alle tante questioni che la legge finanziaria in esame non affronta, ma che sono spesso rilevanti ed urgenti. Ma non è la prima volta che accade, è l'ennesima che si rinvia ad un dopo che non si sa mai quando arriverà.
La legge finanziaria è poi pesante per le coperture: l'80 per cento dei quasi 9 miliardi, cioè 7.036 milioni su 8.884, derivano da due voci. La prima è lo scudo fiscale. Il nostro giudizio è stato ed è fortemente critico: si tratta dell'ennesimo condono fiscale in un Paese che ha la più elevata evasione fiscale, è un incoraggiamento ad evadere di fatto. Si tratta di un indulto mascherato, perché permette di aggirare illeciti penali; vi è il rischio di uno «scudo rovesciato»: ci è stato detto in un'audizione in Commissione antimafia, dedicata alle infiltrazioni al nord, che l'aver abolito l'obbligo per gli intermediari finanziari di denuncia per le operazioni sospette di riciclaggio può determinare l'esportazione ora di denaro sporco, per poi rientrare pulito. Questo è oggettivamente un indebolimento della lotta alle mafie sul versante del riciclaggio.
L'altra fonte di entrate determinante è il TFR: usandolo per finalità di spesa corrente, si fa deficit spending, si fa debito senza dirlo, e ciò in un Paese che ha superato i 1.800 miliardi di euro di debito pubblico, che nel 2009, rispetto al 2008, passerà dal 105 al 115 per cento di debito sul PIL, 10 punti in più in un anno. Quando il Governo Prodi usò il TFR per investimenti venne fortemente criticato dall'allora opposizione, che non perdeva occasione per seguire le manifestazioni che prevedevano la presenza del Presidente Prodi ed urlargli: «Vergogna!»; questo lo dico a proposito del dibattito di questi giorni sul clima politico, perché è bene non perdere la memoria. Tornando al TFR, ora lo si usa per spesa corrente per ben 3.100 milioni, e del tutto al di fuori da un contesto di risanamento della finanza pubblica.
Gli emendamenti che il Partito Democratico ha presentato sia in Commissione Pag. 61bilancio che in Aula - qui solo in parte, per favorire un confronto che il Governo ha voluto evitare - sono emendamenti che vogliono affrontare l'aspetto su cui questa è rimasta una legge finanziaria light, e leggera nelle risposte alla crisi economica: dovrebbe essere la sua principale finalità, ma ovviamente non è così, anche perché si dice che la crisi sia già alle nostre spalle. Non è così, non è alle nostre spalle, è ancora di fronte a noi, per molti aspetti questi sono i mesi più difficili. Lo è per gli effetti occupazionali: le situazioni di crisi tendono a dilatarsi, non a ridursi; d'altra parte nel DPEF il picco del tasso di disoccupazione è previsto nel 2010, previsione del Governo, non dell'opposizione. E così anche per le imprese: diverse chiudono, tante sono in difficoltà, in tutti i settori, agricoltura compresa. Così come è davanti a noi il problema del potere di acquisto delle famiglie; né siamo in un contesto di politiche sociali più forti, anzi: alcuni interventi sono azzerati, anche la social card, il bonus famiglie vostro vanto lo scorso anno, e gli enti locali hanno meno risorse.
Su questi temi nella legge finanziaria vi è ben poco. Non si citi il quasi miliardo per welfare e lavoro: 860 milioni di quel miliardo se ne vanno per la detassazione dei contratti di produttività nel privato, e nel comparto sicurezza per il settore pubblico.
Non ci sono sostanziali modifiche ed estensioni degli ammortizzatori sociali né per le risorse per il biennio che sono sostanzialmente quelle del 2009 (e forse, almeno a sentire il presidente dell'INPS, sono sufficienti), né per le normative di accesso agli ammortizzatori; si tratta di tanti paletti per l'accesso agli ammortizzatori che li rendono quasi impossibili, ad esempio, per i precari.
Il Partito Democratico ha proposto una contromanovra per affrontare la crisi, una manovra alternativa con coperture diverse e destinazioni in gran parte diverse: 3,4 miliardi di euro per ridurre la pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati con redditi fino a 55 mila euro, mentre nella legge finanziaria vi è solo un generico impegno se arriveranno maggiori entrate (il comma 4 dell'articolo 1, è l'ennesima presa in giro perché questo è l'ultimo pensiero del Governo). A proposito della famiglia abbiamo proposto 600 milioni per ulteriori detrazioni fiscali per i figli a carico; anche su questo non vi è nulla nella legge finanziaria. Così come non vi è nulla per ridurre le tasse alla famiglie e alle imprese, ma vi sono solo annunci mai seguiti dai fatti, come per l'IRAP (nei fatti vi è un qualche aumento come la tassa sulle cause di lavoro). Abbiamo proposto una riconversione dei fondi per le imprese su alcune priorità emerse come richieste delle associazioni di categoria nelle audizioni: 2,7 miliardi da destinare alle imprese; 500 milioni per il Fondo di garanzia per l'accesso al credito (un problema fondamentale non ancora risolto); 500 milioni in più per la Visco sud, per favorire gli investimenti nel Mezzogiorno che non può continuare ad essere solo depredato delle risorse dei FAS; 500 milioni in più per il credito di imposta per la ricerca (il Governo ne prevede 200, una somma ben lontana dalle esigenze di un tema centrale per la competitività dell'impresa); 200 milioni per il 55 per cento di detrazioni fiscali per l'efficienza energetica degli edifici (una misura fondamentale per le politiche energetiche ideata dal Governo Prodi che già lo scorso anno il Governo voleva eliminare e che ora non ha rifinanziato), 1 miliardo per il pagamento alle imprese da parte degli enti locali, allentando così il Patto di stabilità che tutti nei dibattiti dicono che va rivisto, ma che nei fatti non si tocca, e impedisce agli enti locali di dare il contributo per gli investimenti che sarebbe possibile con regole diverse. Il Governo ha affrontato per il 2009, e per gli anni seguenti, la questione dei rimborsi ICI ai comuni e ha aumentato in modo insufficiente i rimborsi per il 2008. Vi è ancora un dibattito sulla reale pienezza di questo rimborso. Certo uno sforzo consistente viene fatto, però, non possiamo non sottolineare un aspetto: adesso è chiaro che l'abolizione dell'ICI sulla prima cosa costa e costerà allo Stato ogni anno 3,4 miliardi di euro, ben 2,5 Pag. 62miliardi in più di quanto costava con le scelte della finanziaria del Governo Prodi. Ecco perché non vi sono mai le risorse per ridurre le tasse ai lavoratori, ai pensionati, e anche alle piccole imprese: perché si usano per ridurre le tasse ai più ricchi. Emerge, quindi, dopo questo atto dovuto del Governo, quanto sia stata sbagliata la scelta di abolire l'ICI sulla prima casa. Questo legge finanziaria non è solo leggera per la crisi, è pesante per altri aspetti, e anche dannosa per questioni che non avrebbero dovuto trovare cittadinanza in questa sede. È una finanziaria dannosa per gli enti locali: taglia 229 milioni in tre anni a comuni e province, 50 alle comunità montane, di cui 15 assegnati a una parte dei comuni montani.
Inoltre, la legge finanziaria anticipa norme della Carta delle autonomie. Non vi è nulla di federalismo in tutto questo. Cosa c'è di federalismo, ad esempio, nel decidere qui che nessun comune, dopo le prossime elezioni amministrative, possa avere un direttore generale o le circoscrizioni? Nessun comune, nemmeno a Roma, Napoli, Torino. Continua, perciò, una politica di federalismo annunciato, di federalismo delle chiacchiere e di centralismo praticato, di centralismo dei fatti.
La legge finanziaria è, inoltre, dannosa per la lotta alle mafie. Per anni le politiche antimafia hanno individuato nei patrimoni il punto su cui si possono dare i colpi maggiori alla mafie, perché i boss vengono spesso sostituiti, ma sono le ricchezze, i beni e i patrimoni, i veri simboli del potere.
La legge sulla confisca dei beni è andata in questa direzione. Sulla legislazione in materia e sull'esperienza compiuta si è svolto un positivo confronto in Commissione Antimafia nella passata legislatura. Si è approvato all'unanimità un documento che suggerisce e indica come intervenire per rendere più efficiente il sistema di confisca, assegnazione e uso a fini istituzionali, sociali ed economici dei beni confiscati. Nel dibattito l'ipotesi vendita non è mai stata presa in considerazione perché - come da tutte le parti è stato segnalato - c'è il rischio che i beni vengano riacquistati dalle mafie. Ciò significherebbe una vittoria delle mafie, una loro dimostrazione di potere e una sconfitta per chi le combatte. Non tenendo conto di questo confronto parlamentare e anche dell'autorevole parere di tanti componenti della maggioranza nella Commissione Antimafia con la finanziaria si decide che è possibile vendere questi beni per fare cassa. Il relatore si è lanciato nella tesi ardita che se questo rischio fosse reale solo con la sospensione delle transazioni immobiliari di qualunque genere e di qualunque natura si risolverebbe il problema. Non è la stessa cosa se la mafia acquista beni o se riacquista quelli confiscati, perché questa è una sconfitta delle forze che lottano contro le mafie. Quella soluzione non sarebbe possibile - come afferma lo stesso relatore - mentre non vendere i beni confiscati è possibile, come abbiamo fatto in tutti questi anni.
La fiducia non permette di votare l'emendamento soppressivo di questa norma. Anche solo per questo aspetto la posizione della questione di fiducia è un fatto gravissimo di cui il Governo porta tutta la responsabilità, così come di questa finanziaria, non più light, che non serve al Paese, ma solo al Governo per galleggiare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, il collega Messina mi ha pregato di anticipare il mio intervento per consentirgli poi di raggiungere l'Aula. Entrando nel merito, signor Presidente, c'è un dato che - per quanto mi riguarda - è sconvolgente per come stanno andando i conti italiani (lo abbiamo letto non più tardi di ieri sui giornali). Mi riferisco al fatto che, a fronte di una ripresa della produzione industriale (perché per fortuna in alcuni Paesi emergenti la ripresa è robusta e quindi per un Paese come l'Italia, che esporta soprattutto prodotti manifatturieri, vi è qualche segnale positivo in ricaduta), in contemporanea è stato comunicato un altro dato, Pag. 63che appunto è quello che dovrebbe non lasciar dormire sonni tranquilli a chi ha la responsabilità della conduzione dell'economia e delle finanze di questo Paese, cioè al Ministro Tremonti: abbiamo superato anche la soglia dei 1.800 miliardi di euro di debito pubblico. Sessanta sono i milioni di italiani che oggi stanno sul suolo di questo amato Paese. È presto fatto il conto: 30 mila euro di debito che anche il bimbo o la bimba che sono nati in questo istante già si accolla. Questo sta avvenendo ad una velocità sorprendente. Ricorderà il sottosegretario, che era già in Aula non più tardi di mercoledì scorso, quando abbiamo iniziato la discussione generale, che io citai una cifra perché non ero in possesso dei dati aggiornati dell'ultimo mese che suonava esattamente 1.787 miliardi di euro di debito. In un mese se ne sono aggiunti 14 (presto fatto il conto), e altrettanti ci si attende da qui a fine anno. Ed è esattamente la crescita costante e continua mensile: quattordici miliardi di euro di debito in più ogni mese. Il che vuol dire che siamo già a 154 miliardi di euro di debito in più rispetto agli undici mesi precedenti, e a fine anno saremo a 168 miliardi.
Quindi, attenzione, cosa significa questo? Significa che, nonostante le tanto decantate politiche economiche di contenimento della spesa pubblica e il calo del costo degli interessi sul debito pubblico, il debito cresce. Ma allora vi sarà una spiegazione logica e quasi automatica: la spesa pubblica è fuori controllo, nonostante che voi sulla carta vi siate sbracciati a tagliare con tagli indiscriminati dal decreto-legge n. 112 del mese di giugno 2008 a seguire. Quindi, da una parte, tagliate sulla carta e, dall'altra, tuttavia la spesa cresce: dunque c'è qualcosa che non quadra. Quindi colui che ha o coloro che hanno la responsabilità del governo dell'economia non hanno sotto controllo la spesa pubblica: è un dato inconfutabile. Questo sta avvenendo nonostante, sempre secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, negli ultimi trenta giorni, cioè nell'ultimo mese, siano cresciute le entrate tributarie.
Dunque, signor sottosegretario, mi segue? Da una parte cresce il debito con una crescita costante mensile di 14 miliardi di euro al mese, dall'altra finalmente parrebbe che vi sia una ripresa delle entrate tributarie. Che cos'è se non la crescita della spesa pubblica quella che fa portare in alto il debito? E questo avviene in presenza - è vero - di un deficit annuale che ormai è intorno al 5 per cento del PIL ma è altresì vero che la crescita del debito in questi undici mesi è stata di oltre il 9 per cento del PIL. Se noi dunque facciamo la differenza vi è un dato di oltre quattro punti percentuali sul PIL che non ha una spiegazione logica. Meglio, delle due l'una: o c'è un accantonamento di risorse in qualche fondo, da qualche parte a noi ignota che servirà per qualche regione, come presumibilmente ciò potrebbe accadere. Lo ha fatto intendere il Ministro Zaia in un'intervista ad un noto quotidiano italiano nella quale afferma: sappiamo che chi ha il controllo della spesa pubblica, cioè il Ministro Tremonti, ha in evidenza anche il federalismo fiscale che verrà e cioè quante risorse mettere sul tavolo nel momento in cui verranno attuati i decreti legislativi riguardanti il federalismo fiscale.
Ma vi è un altro dato che ci dovrebbe preoccupare ancor di più ed è quello concernente l'avanzo primario. Siete riusciti, in presenza di un calo del costo degli interessi, a far azzerare anche l'avanzo primario. Ripeto: azzerato. Era l'unico elemento che in qualche modo poteva far ben sperare a chi ci ha sotto controllo (voi sapete che è stata attivata la nuova procedura di infrazione nei confronti dell'Italia perché non rispetta il parametro di Maastricht). Se vi è un elemento che potrebbe in qualche modo indurre i nostri esaminatori ad avere pietà, a rivolgere un'attenzione più benevola nei confronti del nostro Paese è proprio quello di dire: guardate, l'economia è in ripresa, questi fanno sacrifici, mettono da parte risorse, accantonano l'avanzo primario, quindi vi è la volontà di venirne fuori. No, non c'è alcuna volontà di venirne fuori e quindi ogni bambino e ogni cittadino italiano, Pag. 64donna o maschio, neonato o ultracentenario si porta appresso questo debito mostruoso.
Che cosa avete fatto quindi in questo periodo e che cosa prospettate con questa finanziaria rispetto a coloro che sono più in difficoltà? Infatti nei confronti di chi, invece, ha il portafoglio gonfio, le tasche piene di soldi che ha portato all'estero, adesso gli permettete di farli rientrare, facendo pagare come sapete, si fa per dire, una bazzecola; mentre invece a coloro che hanno sudato qualche piccolo risparmio portate via anche quello, come sappiamo, con le tasse sugli interessi che voi avete praticato.
La politica di questo Governo è unidirezionale: sostenere i redditi di coloro che sono ricchi facendo pagare loro minori tasse, per poi in qualche modo riversare sui poveracci e far loro pagare queste tasse non pagate dagli evasori, da coloro che praticano certe esportazioni di denaro magari anche macchiato di sangue.
La riprova di tutto ciò sta, come diceva già il collega che mi ha preceduto, nei due pilastri sui quali si regge questa finanziaria. Da una parte vi è lo scudo fiscale e qui non voglio andare oltre, perché tutto quello che vi era da dire in negativo rispetto a tale strumento è già stato detto: grida vendetta al cospetto degli uomini e di Dio per chi ci crede il fatto che coloro che si sono macchiati di delitti immani ed hanno potuto lucrare, magari facendo azioni sicuramente fuori norma e fuorilegge, hanno fatto i quattrini sulla pelle degli altri cittadini, li hanno portati all'estero e adesso fanno rientrare questi capitali pagando per l'appunto cifre ridicole.
Dall'altra parte abbiamo invece l'ulteriore debito che questo Governo riesce a fare - come se non bastasse con le cifre che ho detto prima - prendendo i quattrini dal TFR, cioè dal trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti di aziende private, che sono lavoratori. Voi avete messo le mani in tasca senza chiedere il permesso ed in modo illegittimo ai lavoratori, i quali come è ben noto possono - perché è la legge che lo prevede - attingere e chiedere un'anticipazione del trattamento di fine rapporto per far fronte a spese eccezionali (l'acquisto della prima casa, l'acquisto della casa per i loro figli, il matrimonio dei loro figli): hanno bisogno di risorse e le prendono, sono loro, sono depositate temporaneamente all'INPS. No, con un colpo di mano riuscite a prendere anche quelle. Ma per farne che cosa? Farne infrastrutture? Investire nella banda larga? Investire in opere pubbliche? No: semplicemente per finanziare spesa corrente. Investimenti sono stati fatti in una precedente esperienza del Governo Prodi: si sono attinte risorse dal TFR, ma esclusivamente per fare investimenti.
Quindi chi è che paga? Sono i lavoratori dipendenti, i precari, i parasubordinati, che in questi 20 mesi del Governo del centrodestra hanno perso potere di acquisto, i salari sono più bassi. Sì, è vero, vi sono gli ammortizzatori sociali, ma voi avete provato a vivere con 800 euro al mese avendo una famiglia a carico? Sfido chiunque di quelli presenti e assenti, ma che dovrebbero frequentare quest'aula, a vivere con 800 euro al mese.
Che dire poi dei lavoratori precari o ex lavoratori precari che hanno perso il lavoro? Adesso voi volete far credere di fare un regalo enorme aumentando dal 20 al 30 per cento le risorse finanziarie per coloro che hanno perso un lavoro precario, quindi si passa da 200 euro al mese a 300 euro al mese: provate a vivere con 300 euro al mese.
La forte preoccupazione che vi è oggi in Italia riguarda le manifestazioni che stanno facendo i lavoratori occupando le strade, le piazze, salendo sui tetti per la grave crisi che si sta abbattendo sul fronte del lavoro. La disoccupazione sta crescendo a dismisura: abbiamo superato ormai abbondantemente l'8 per cento e tutti gli istituti di natura economica che fanno una verifica di ciò che sta avvenendo, addirittura non tenendo conto neanche di coloro che pur avendo perso il lavoro non lo cercano più perché sono alla disperazione nera, mostrano che l'occupazione sta viaggiando speditamente verso la soglia fatidica del 10 per cento. Pag. 65
Tutte le previsioni annunciano che, purtroppo - ahimè - nel corso del prossimo anno (cioè, del 2010), questa soglia verrà abbondantemente superata.
Da una parte, quindi, vi sono le imprese che chiudono i battenti e abbassano la saracinesca della loro azienda, piccola o media che sia, e dall'altra parte, vi sono i lavoratori che perdono il lavoro e che non hanno più reddito. Di fronte a queste due categorie, ci si aspetterebbero da parte del Governo iniziative volte a sostenere, da una parte, le piccole e medie aziende, dall'altra parte, il reddito. Le grandi aziende, infatti, pensano da sole a loro stesse o, addirittura hanno un sostegno che ben conosciamo. Un grande banchiere, non più tardi di ieri, scriveva su un giornale quotidiano italiano che alcuni grossi imprenditori hanno pensato bene di portare i soldi in Svizzera, anziché investirli, fregandosene se il lavoro andava perso.
Questi sono i due pilastri sui quali si basa la nostra proposta di finanziaria alternativa a quella del Governo. Vi abbiamo proposto emendamenti volti a sostenere le piccole e medie aziende e a far fronte ai crediti che tali aziende hanno e reclamano nei confronti degli enti locali per lavori che hanno eseguito e per servizi che hanno prestato alle autonomie locali, e che sono in attesa di ricevere. Tuttavia, gli enti locali, pur avendo le risorse finanziarie, non possono pagare i debiti che hanno nei confronti di queste imprese, perché il Patto di stabilità interno ne fa divieto.
Vi sono alcuni amministratori, per lo più del nord, sindaci e presidenti di provincia, di diverso colore politico - dal centrosinistra al centro destra, passando per la Lega - che non rispettano, per partito preso, per scelta politica, tale Patto.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RENATO CAMBURSANO. Se per ipotesi, gli enti locali - o meglio - la pubblica amministrazione nel suo insieme, in un colpo solo, pagasse il debito nei confronti delle imprese - e concludo, signor Presidente - le imprese medesime potrebbero contare su 40 miliardi di euro di maggiori risorse finanziarie. Invece, questa possibilità gli viene negata e si inventano strumenti assolutamente inefficaci, che rimandiamo da un provvedimento all'altro, come la costituzione di fondi, che non ha ancora fatto pervenire un centesimo di euro alle imprese che chiudono i battenti.
Signor Presidente Lupi, sottosegretario, membri della Commissione e colleghi tutti - concludo veramente - avremmo voluto confrontarci nel merito di queste proposte. Ci è stato vietato, perché, ancora una volta, con un colpo di mano, con un voto di fiducia, prima in Commissione e ora in Aula, togliete voce a coloro che non ce l'hanno, e cioè, ai lavoratori che perdono il posto di lavoro e non hanno più da campare. Di questo noi vogliamo farci carico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, colgo l'occasione di questo intervento per esprimere anche personalmente - già lo ha fatto il segretario del Partito Democratico - la mia solidarietà al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ribadendo, ancora una volta, che l'aggressione di cui è stato vittima è un atto che va fortemente condannato.
È vero che si tratta di un gesto ad opera di una persona con problemi psichici, ma non per questo va sottovalutato, perché è il segnale che si è oltrepassata la misura. A tutti e, in particolare, a chi ha responsabilità politiche e di Governo, deve suonare come un monito per ricondurre il confronto politico su toni degni di un Paese democratico e civile.
Il clima avvelenato, frutto di un'esasperazione di parole, di slogan e di messaggi, ha contagiato tutti senza distinzioni; in qualche modo, anche oggi, ne siamo stati spettatori e protagonisti in questo Parlamento. Pag. 66Proprio in questo momento, invece, con i problemi caldi che ha il Paese, avremmo bisogno di istituzioni un po' più fredde.
La crisi economica sta intaccando il tessuto sociale, segnali di tensione sono da tempo nell'aria e spetta al Governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche raffreddare i toni.
Faremmo bene la nostra parte compiendo insieme uno sforzo per riportare l'attenzione sui problemi del Paese, abbandonando la lotta politica come scontro tra persone, abbandonando anche una certa personalizzazione della politica e tornando a confrontarci sui problemi degli italiani. Questo richiede, però, uno sforzo da parte di tutti di rafforzamento del luogo in cui questi problemi possono essere discussi in modo democratico, cioè un rafforzamento delle istituzioni.
Da questo punto di vista, oggi assistiamo a una sorta di radicalizzazione della democrazia, che sembra quasi avere per motto «abbasso le istituzioni, viva il popolo» e che rischia di travolgere la complessa articolazione di pubblici poteri costruita sull'esperienza secolare del costituzionalismo, basata su istanze indipendenti di garanzia, bilanciamento e compensazione.
Cos'è il Parlamento se non il luogo della discussione trasparente e verbalizzata - altri luoghi non lo sono - e, possibilmente, della discussione approfondita dei provvedimenti legislativi generali che devono dare risposte ai problemi del Paese, in uno stato di perenne tensione al miglioramento e anche di insoddisfazione rispetto all'esistente? Una democrazia si priva della critica, in caso contrario della facoltà di autocritica, cioè della possibilità di emendarsi dai suoi propri errori.
Alla base di un giusto e corretto modo di concepire la democrazia sta lo spirito di possibilità non come un tronfio regime sicuro di sé che rifiuta le autocritiche, ma che anzi approfitta della discussione, anche in quest'Aula, per portare alla luce qualcosa di migliorativo nell'interesse generale del Paese.
Questo, credo, è quello che non è accaduto nel corso dell'esame di questo disegno di legge finanziaria e non sta accadendo neppure ora. La possibilità da parte della minoranza - e dico volutamente minoranza e non opposizione - di incidere sul provvedimento che il Parlamento si appresta a licenziare è stata pari a zero in Commissione e lo è anche in quest'Aula. Mi sono anche chiesta se valesse la pena intervenire per illustrare degli emendamenti che non hanno praticamente alcun valore concreto. La risposta è che vale la pena, certo non per riempire un vuoto di discussione democratica con un «pieno» del resoconto stenografico, ma per il rispetto di questa istituzione di cui abbiamo l'onore di far parte.
Esprimendo un giudizio su questa finanziaria, essa appare insufficiente sia sotto il profilo del rigore, sia sotto il profilo dello sviluppo e sia sotto il profilo dell'equità. Faccio un unico esempio: contro tre milioni di poveri che ci sono nel Paese e una social card che è stata utilizzata da 450 mila persone non si è fatto nulla per ampliare la platea dei beneficiari, e questo è un piccolissimo esempio. Come è stato già detto, si tratta di una finanziaria con coperture incerte, per lo più una tantum, a scapito di entrate future come lo scudo fiscale, a fronte di spese che per lo più, invece, non sono transitorie.
La spesa per interessi è calata di circa 6 miliardi e tuttavia i saldi di bilancio primari sono peggiorati fra il 2008 e il 2009 di 44 miliardi, 10 sono dovuti al calo delle entrate, ma 34 sono dovuti all'aumento della spesa primaria. Come ha detto il Governatore Draghi, un quarto di questo aumento di spese è dovuto alla giusta predisposizione di ammortizzatori sociali, ma il resto è andato probabilmente ad accrescere una spesa pubblica che non è propriamente sotto controllo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 19,05)

SIMONETTA RUBINATO. È dall'inizio della crisi che si procede per spezzoni di Pag. 67intervento qua e là, aggiustamenti lievi per gli ammortizzatori sociali. Non c'è, nei provvedimenti economici del Governo, un'idea forza, un messaggio che mobiliti, anche approfittando del contributo delle minoranze. Il tentativo è di rassicurare gli italiani, di non drammatizzare e di dire che il problema è al di là dell'oceano e non qui, non in Italia. Non si è proceduto alle riforme necessarie, ci si è semplicemente adattati un po' alla crisi.
La filosofia del Ministro dell'economia e delle finanze è nota: controllo ferreo del deficit per non allargare ulteriormente il debito e minare la credibilità finanziaria del Paese, in attesa della ripresa che verrà e che forse in parte è già cominciata. È una tesi che ci ha portato a vedere delle manovre che non hanno avuto alcuna incidenza anticiclica.
Come invece aveva suggerito il Governatore Draghi, pur avendo il nostro Paese il problema di un debito pubblico enorme, un'azione credibile e rigorosa di riequilibrio dei conti pubblici, in un orizzonte temporale prestabilito, avrebbe potuto permettere una politica economica più incisiva. È un'altra filosofia questa: maggiore deficit oggi - quello che stanno facendo anche altri Paesi - contro maggiore risparmio domani. Ma questa diversa filosofia richiedeva il coraggio di riforme importanti - sto pensando alla riforma sulle pensioni, alla riorganizzazione degli uffici dello Stato e a tutte quelle riforme che si possono da subito realizzare per diminuire la spesa pubblica improduttiva - compreso anche cominciare a ragionare sul tema della riorganizzazione delle autonomie locali, non certo nel modo, assolutamente ridicolo, in cui si affronta tale problema in questo disegno di legge finanziaria. Questa filosofia del maggior deficit oggi, per sostenere l'economia in funzione anticiclica, contro un maggiore risparmio domani, è una filosofia che ha bisogno, per essere messa in pratica, di una certezza che non c'è, la certezza della capacità del Governo di imporre le riforme e di evitare successive manovre, come in passato, che poi hanno annullato le riforme.
Paradossalmente il Ministro Tremonti ha accolto la filosofia del rinvio limitatamente alla dilazione del versamento, da fare a novembre, sull'IRPEF, perché in questo caso il rinvio - ossia il maggiore deficit oggi - è contro una maggiore entrata certa domani, perché i contribuenti dovranno pagare e, quindi, non è uno sconto fiscale. Lo stesso coraggio e la stessa filosofia andava applicata anche alle riforme buone di cui questo Paese ha bisogno e che rimetterebbe in moto la competitività del Paese e darebbero, unite a una seria lotta all'evasione fiscale, le risorse per diminuire finalmente la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti, sui pensionati, sulle famiglie più numerose e anche - e soprattutto - sui piccoli lavoratori autonomi. In qualche modo e anche per quello che è stato dichiarato dal Presidente della Camera oggi - cioè che la questione di fiducia è uno strumento che sfocia da una particolare dialettica tra il Governo e la maggioranza - evidentemente non è proprio consentito al Ministro Tremonti di varare quella manovra che suggerisce anche il Governatore della Banca d'Italia.
Giungo ora al tema oggetto dell'emendamento da me presentato e che si inserisce all'interno di un argomento che già è stato trattato da altri colleghi, ossia il tema forte della difficoltà in cui si trovano gli enti locali, in particolare i comuni. In questi momento i comuni - e lo sa bene anche il sottosegretario - soprattutto in quella parte del Paese in cui, come dire, si è meno contribuito alla realizzazione dell'enorme debito che ha questo Paese - mi riferisco al debito pubblico - sono in difficoltà. Questo fatto dovrebbe aprire una riflessione all'interno del Governo relativa all'applicazione del Patto di stabilità, che per principio è cosa buona perché rappresenta una divisione tra tutti i comparti della pubblica amministrazione della responsabilità di controllare la finanza pubblica (peraltro, i comuni detengono una quota del debito pubblico pari al 2,7 per cento).
Se dunque il Patto di stabilità è qualcosa di positivo e di virtuoso, se così come Pag. 68è scritto ha conseguenze aberranti tali per cui i sindaci che non sono dei contestatori partono, arrivano a Roma e si presentano davanti al Parlamento, vogliamo porci questa domanda e vogliamo cominciare a dare qualche risposta? In attesa del federalismo che verrà, Roma, anche quest'anno, ha 600 milioni di euro in più assegnati. Gli altri comuni, in attesa del federalismo fiscale che verrà, si sono visti sbattere la porta in faccia, con una proposta ridicola - tra l'altro proprio da un Ministro leghista che stimo, l'onorevole Calderoli - che è stata quella di sederci ad un tavolo e di trattare del taglio delle poltrone dei consiglieri, consiglieri comunali che nel mio comune costano 14 euro lordi a seduta, che moltiplicato per dieci sedute l'anno è pari a 140 euro per ogni seduta del consiglio comunale (le sedute si svolgono la sera perché lì la gente va a lavorare). A questo si accompagna una commissione precedente d'istruzione, per altri 14 euro e, dunque, sono circa 280 euro l'anno per ogni consigliere.
È veramente ridicolo chiedere ai sindaci di sedersi intorno a un tavolo per parlare solo di questo, senza considerare la polverizzazione dei comuni, senza considerare tante altre cose che si potrebbero fare anche in quel comparto per migliorare non solo la spesa, ma anche l'efficienza nei servizi ai cittadini.
In questo momento, i comuni in difficoltà sono quelli che hanno fatto investimenti, quelli che hanno risparmiato nell'assunzione di personale per poter fare le opere pubbliche. Infatti, i comuni fanno le opere pubbliche accendendo mutui che pagano, a differenza dello Stato, senza poter ricorrere ad un ulteriore debito, hanno le giacenze, quindi i sindaci del nord si sono trovati in una situazione per cui alcuni hanno fatto una scelta ed altri un'altra, a prescindere dai colori politici.
Quelli che hanno fatto la scelta di rispettare il Patto di stabilità si sono trovati a tirare il freno a mano sugli investimenti, in un momento di recessione economica come, ad esempio, il comune di Treviso che, nel 2009, ha impegnato 7 milioni di euro in investimenti. Il comune di Castelfranco da 10 milioni l'anno che solitamente investiva è sceso a 2 milioni di euro l'anno; il comune di Montebelluna da 12 milioni di euro l'anno a 3 milioni; il mio comune da 3 milioni di euro il prossimo anno dovrà impiegare per gli investimenti 700 mila euro.
Questo ha dei contraccolpi fortissimi - già li stiamo valutando anche in percentuali - su quello che è il comparto economico, in particolare del territorio. Ma non c'è solo il freno a mano tirato sugli investimenti futuri, mentre altri paesi europei come Germania, Spagna e Francia hanno stanziato fondi appositi per le opere immediatamente cantierabili comuni (altro che ponte di Messina), c'è anche il fatto che ci sono i debiti pregressi per le opere pubbliche già fatte e con le giacenze in cassa di risorse proprie questi comuni non possono pagare le imprese pena lo sforamento del Patto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 19,15)

SIMONETTA RUBINATO. Allora il mio emendamento, preso atto della pervicacia del Governo di non riformare il Patto di stabilità, di non accelerare sull'attuazione del federalismo fiscale, di non togliere e di non sospendere sanzioni che si «autocoprivano», peraltro, dentro al meccanismo del Patto di stabilità, si limitava - era un piccolo emendamento che aveva avuto, tra l'altro, una valutazione positiva da parte dei Servizi studi e bilancio della Camera ed anche della Ragioneria dello Stato - sosteneva: per i comuni, a cui comunque verranno applicate le sanzioni quest'anno, perché hanno pagato investimenti fatti, almeno consentiamo per la spesa di servizi sociali, per le spese dei progetti di sicurezza urbana e per la manutenzione ordinaria delle scuole che possano impegnare quello che hanno impegnato quest'anno, nell'anno in corso. Neppure questo è passato ed era «autocoperto» dal meccanismo di premialità.
Concludo dicendo che era semplicemente una proposta migliorativa che, Pag. 69come tante altre, poteva essere accolta. Tra l'altro, nell'emendamento ribadivo che era fermo il vincolo e il rispetto del Patto, che sarà insostenibile, per il 2010. Concludo: il riferimento del Patto è ancorato alla storia dell'ente e sappiamo che la storia e la spesa storica degli enti in Italia sono particolari.
Le conseguenze sono quelle denunciate - e concludo il mio intervento - da Il Sole 24 Ore (che cito) che notoriamente non è certo dalla parte dei partiti della spesa pubblica e dei comuni spendaccioni: c'è un principio che queste regole e il Patto di stabilità sembrano ignorare ed è quello di realtà. Se molti comuni sani sono ormai fuori dalle regole del Patto, questo vuol dire che sono regole sbagliate. E ci pare che non sia il caso, in un momento di tiepida ripresa, bloccare quel motore dell'economia che sono comuni e province. Occorre riflettere con attenzione sulle conseguenze di quello che si sta scatenando e tornare sui propri passi; in certi casi non è un segno di debolezza, ma solo di grande buon senso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, abbiamo assistito oggi in Aula ad un intervento coraggioso del nostro Presidente che ha dato dimostrazione di un coraggio non comune e, per così dire, ha dato a noi parlamentari, nominati, uno spunto di orgoglio che ci eravamo dimenticati. Credo che su questo vada fatta una seria riflessione da parte della maggioranza e della minoranza insieme.
Credo anche che il Presidente volesse, nel rispetto dell'istituzione, mandare un messaggio positivo a qualcuno di più importante, qualcuno che sta reggendo questo Governo e che probabilmente questo rispetto per le istituzioni molto spesso non lo dimostra, o comunque nei fatti non lo dà a vedere. Questa riflessione va fatta anche perché è stato fatto un linciaggio politico nei confronti di alcuni rappresentanti di forze politiche, in particolare nei confronti del Presidente del partito che rappresento in questo momento, soprattutto da parte di tantissimi parlamentari di periferia, che avevano visto aprirsi una finestra sui giornali di provincia, con dichiarazioni ad alzo zero, sparando a mezzo busto, con dichiarazioni fuori luogo. Credo che vada ricondotto tutto in un ragionamento un po' più accettabile e democratico.
Di Pietro aveva detto che questa democrazia probabilmente poteva eccitare qualcuno, mettendo in crisi qualche testa un po' più calda; questo è successo. Il presidente Di Pietro ha detto: innanzitutto condanniamo la violenza da qualsiasi parte venga, dopodiché se qualcuno tira la corda deve subire poi le conseguenze. A me dispiace molto per il Presidente Berlusconi, ci mancherebbe altro, ma credo che lui per primo dovrebbe dare l'esempio per avere un clima più sereno e più rasserenato. Dobbiamo tutti controllare che la democrazia in questo Paese continui ad essere solidale, non così come lo è stata fino ad ora.
Tornando invece al discorso della finanziaria, questo clima di non democrazia è dimostrato dal fatto che anche su questa finanziaria è stata posta l'ennesima fiducia. Questa fiducia dà il senso della non democrazia anche perché le minoranze si erano impegnate a ridurre al minimo gli emendamenti, mi pare che siamo arrivati a una quarantina, tutti credo di buonsenso. Tutti insieme, noi dell'opposizione abbiamo dato un esempio di disponibilità per arrivare ad una soluzione democratica: un Parlamento che discuta in Aula ed approvi. Anche su questo aspetto è stato dato un segnale negativo, anche questo serve a corrompere il clima nel nostro Paese.
Entrando nel merito, signor Presidente, oggi su Il Sole 24 Ore si legge: «Alle piccole e medie imprese francesi 6,5 miliardi. Il Presidente ha annunciato che verranno spesi 35 miliardi per il grande prestito nazionale». Questa è una nazione seria, questo è un Presidente serio, questa è la Francia! Vengono messi a disposizione 11 miliardi da destinare allo sviluppo Pag. 70dell'università. «Vogliamo che siano le migliori del mondo» dice Sarkozy. Questo è l'orgoglio di un Paese, questo è l'orgoglio nazionale, non il nostro che si riduce a tagliare, a ridurre le scuole a un asilo nido. Ancora, leggo: «Per le piccole e medie imprese sono destinati 6,5 miliardi, per lo sviluppo sostenibile ed Internet 4,5 miliardi». Noi per la banda larga abbiamo fatto uno sforzo per 7-800 milioni di euro: credo che con questi investimenti non diamo uno sviluppo al nostro Paese, non diamo uno prospettiva alle piccole e grandi imprese, che sono l'ossatura della nostra struttura economica, per uscire da questo tunnel in cui voi ci rifate piombare di nuovo.
Con il passaggio in Commissione bilancio la finanziaria da leggere è diventata relativamente più pesante, ma con misure una tantum. Molte misure, infatti, sia di spesa che di copertura, sono previste solo per l'anno 2010, nel migliore dei casi per il triennio. Diversi interventi significativi sono di fatto rinviati ad altri provvedimenti. Certo, hanno pesato i malumori interni alla maggioranza, a partire dalla vera e propria contro-finanziaria presentata dal senatore Baldassarri, ex sottosegretario all'economia. Qualche modesto provvedimento è stato inserito. Dopo il maxiemendamento presentato dal relatore il testo è diventato più corposo: la manovra è di 8,88 miliardi di euro.
Basti ricordare che la manovra approvata al Senato in prima lettura valeva 3,4 miliardi di euro. Il grosso delle nuove spese è coperto con il gettito dello scudo fiscale: anche su questo aspetto tutti i colleghi hanno detto ciò che vorrei ribadire anch'io, ma serve a poco, sappiamo chi solo ha avvantaggiato lo scudo fiscale. Il resto deriva dall'accordo con le province di Trento e Bolzano; accordo che ha consentito il risparmio di circa un miliardo di euro e la proroga dell'utilizzo del TFR, accantonato presso l'INPS: tre miliardi per il 2010.
Qualche risorsa viene recuperata con il taglio dei costi alla politica, anche se il centrodestra si rifiuta di affrontare il problema fino in fondo, non sopprimendo, ad esempio, le province ed altri enti intermedi e inutili. L'Italia dei Valori sulle province e sul finanziamento ai partiti ha fatto, sta facendo tuttora e continuerà a fare una battaglia: credo che non sia possibile tenere in piedi enti solo per accontentare l'amico dell'amico o parlamentari «trombati» in giro per il territorio. Le province, di fatto, hanno pochissime deleghe, che potrebbero benissimo essere trasferite ai comuni o alle regioni e avremmo un risparmio di qualche miliardo di euro.
Lo stesso valga con riferimento al taglio del finanziamento pubblico ai partiti. Credo che anche riguardo a tale aspetto sia necessario che questo Parlamento non dico tagli, ma quanto meno modifichi la disciplina, perché abbiamo un finanziamento su finanziamento, ad ogni tornata elettorale i partiti intascano centinaia di milioni di euro.
Osserviamo come l'accordo con le due province autonome, cui accennavo prima, è sì vantaggioso per lo Stato nell'immediato, ma in cambio si è consentito alle due province di non partecipare al Fondo di perequazione previsto dalla legge sul federalismo fiscale, oltre ad altre disposizioni. Dunque, anche in questo caso si rinviano i problemi al prossimo futuro: questo miliardo sarà tolto dal Fondo perequativo a detrimento delle risorse per le regioni meno ricche che avranno più difficoltà nel garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza oppure se ne dovranno fare carico le regioni che dispongono di maggiori risorse.
L'utilizzo del TFR era stato introdotto dal Governo Prodi nella finanziaria per il 2007, ma il suo utilizzo era previsto solo per tre anni, mentre adesso andiamo avanti. Vorremmo inoltre osservare come in questa congiuntura, nella quale le imprese conoscono notevoli difficoltà a farsi accordare linee di credito, forse era meglio sospendere per un anno o due l'obbligo di accantonamento del TFR presso l'INPS in modo tale da fornire un volano finanziario a molte aziende.
Nel maxiemendamento alla finanziaria è entrato il decreto-legge varato dal Governo Pag. 71che contiene il taglio dell'acconto IRPEF relativamente ai contributi che si devono versare a novembre: il provvedimento è una sorta di partita di giro per poter utilizzare le risorse nel 2010 e poterle destinare nella misura prevista dalla finanziaria.
Con una parte delle risorse derivanti dallo scudo fiscale, pari a 2,234 miliardi di euro, ridotti rispetto al gettito complessivo annunciato dal Governo di 4 miliardi della copertura necessaria per fornire i finanziamenti necessari alle disposizioni del maxiemendamento del relatore, il Governo per lo più copre interventi dovuti quali: partecipazioni a banche e a fondi internazionali (130 milioni di euro), proroga del 5 per mille (400 milioni di euro), il rifinanziamento per la gratuità parziale dei libri solisti scolastici (103 milioni di euro), parziale recupero dei tagli al Fondo ordinario per il funzionamento delle università (400 milioni di euro), perfino il rifinanziamento alle scuole non statali (130 milioni di euro), la proroga delle agevolazioni per l'autotrasporto (400 milioni di euro), la proroga delle agevolazioni per il settore agricolo (100 milioni di euro), ai quali si aggiungono interventi vari, anch'essi adottati per prorogare misure già in essere da svariati anni o per rimediare, almeno in parte, ai tagli di bilancio. Altri 750 milioni di euro sono destinati a coprire il costo nel 2010 delle cosiddette missioni di pace. Anche riguardo a tale costo vorremmo sapere dal Governo quando i nostri soldati potranno tornare a casa, allora saremmo messi in condizione di poter dire «sì» anche a questo finanziamento.
Tra le spese dovute e non deliberate vi sono i 2,4 miliardi che mancano all'accordo faticosamente raggiunto con le regioni sulla sanità ai quali, sostiene il Governo, si provvederà con successivi provvedimenti legislativi in rispetto del patto appena firmato con i presidenti delle regioni. Valutiamo positivamente il piccolo aumento a 200 milioni di euro accordato per finanziare il credito di imposta riservato alle imprese che investono in ricerca ed innovazione, ma non c'è alcuna certezza sulle risorse necessarie, 800 milioni, per completare l'introduzione della banda larga in tutta la penisola.
Abbiamo appena visto cosa ha messo a disposizione il Presidente Sarkozy per il proprio Paese. Sono stati previsti 975 milioni di euro per il cosiddetto «pacchetto lavoro», ma di questi, due terzi, invece di focalizzarli sugli ammortizzatori sociali, sono destinati alla proroga della detassazione dei contratti di produttività. È bene ricordare che sono contratti che coinvolgono solo una piccola minoranza di lavoratori e, inoltre, niente è previsto per restituire il drenaggio fiscale ai lavoratori. Per la modalità di recupero dei versamenti fiscali e i contributi sospesi per il periodo dal 6 aprile al 30 novembre, a seguito del terremoto in Abruzzo, viene portato da 24 a 60 il numero delle rate per la restituzione del debito e si proroga il termine del pagamento della prima rata da gennaio a giugno 2010. Tuttavia, dobbiamo ricordare che le modalità previste per gli eventi sismici avvenuti nelle Marche e nell'Umbria nel 1997 e nelle province di Campobasso e di Foggia nel 2002 furono ben altre.
Tuttavia, questi mal di pancia non riescono ad allineare una politica realmente diversa da quella fin qui attuata dal responsabile di via XX settembre.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GABRIELE CIMADORO. In conclusione, signor Presidente, il Governo e la maggioranza hanno tenuto in ostaggio per più di dieci giorni la Commissione bilancio, impedendo nei fatti con continui rinvii finalizzati a tenere insieme la maggioranza stessa, i lavori della Commissione e il confronto parlamentare con le opposizioni. Di fatto, si è inaugurata una nuova procedura parlamentare non prevista dal Regolamento della Camera: la posizione della questione di fiducia in Commissione. Questo comportamento ha segnato un altro strappo nel continuo degrado della vita istituzionale nel nostro Paese e nei rapporti tra Esecutivo e le Camere sempre più confinate in un ruolo marginale. Il guaio Pag. 72per l'Italia è rappresentato dal fatto che, mentre il Governo fatica a tenere unita la nostra maggioranza e sforna provvedimenti inconcludenti e poco efficaci, la crisi economica è ben lungi dall'essere conclusa (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Micheli. Ne ha facoltà.

PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, il dato politico saliente della giornata di oggi è stato sicuramente già stigmatizzato in maniera approfondita dall'intervento del Presidente Fini relativamente alla posizione di questa fiducia sul disegno di legge finanziaria. Mi permetterei di aggiungere che le ragioni di fondo di questa scelta da parte del Governo si collegano probabilmente ad una parola molto triste, la parola «paura». Mi riferisco alla paura di andare sotto, magari in Aula, non tanto e non solo su qualche piccolo emendamento legato ai singoli territori, ma su qualcosa che divide profondamente questa maggioranza. È qualcosa che dimostra che la visione di uscita dalla crisi da parte di alcuni pezzi della maggioranza è completamente diversa da quella del Ministro dell'economia e delle finanze. Magari la diversità sta sui progetti di detassazione per le famiglie e per le imprese, oppure, come mi auguro, c'è anche qualcuno dentro la maggioranza che ha l'idea che per salvare il Paese occorre ridurre la spesa pubblica in maniera seria e non consolidarne altra alla cieca. Magari la fiducia serve a nascondere la divisione anche sull'idea di rigore che questo Governo continua a scaricare solo ed esclusivamente sui livelli istituzionali sottoposti. I numeri di oggi ci danno un esempio che balza agli occhi: il debito pubblico sfonda il tetto dei 1.800 miliardi di euro - a volte non riesco nemmeno a dirlo - e in termini assoluti da settembre si producono 14,7 miliardi di euro in più. Quanto è imputabile a quei cattivi e spreconi dei comuni, delle province, delle regioni, a cui vengono tagliati poltrone e stipendi? Soltanto 500 milioni di euro. Tutto il resto dell'incremento del debito pubblico è prodotto da tutte le altre amministrazioni dello Stato. Un altro esempio tratto dalla storia recente sul contributo al deficit che danno gli enti locali (comuni e province) nel periodo 2008-2009: 2 miliardi di euro su 78 miliardi di euro di spesa corrente di questi enti locali. È un contributo del quale naturalmente non hanno beneficiato i territori che lo hanno prodotto, ma forse ne ha beneficiato qualcun altro.
Ritorno al modello iniziale: nonostante le divisioni che ci sono dentro la vostra maggioranza sul modello di rigore, sull'idea di uscita dalla crisi, sull'eventualità di intervenire sul fisco, sulla spesa corrente, né alla maggioranza né all'opposizione è stata data la possibilità di un dibattito vero. Affamare la bestia: quando parlo di tagli alla spesa mi riferisco ad un modello che sui territori viene spesso applicato e realizzato. L'idea di affamare la bestia, di togliere le risorse a quei pezzi di pubblica amministrazione che si ritengono in qualche modo responsabili di costi eccessivi, è un concetto che in alcuni momenti storici e in alcuni territori ha funzionato e anche bene. Affamare la bestia significa principalmente intervenire sui capitoli di spesa improduttiva, che con questa finanziaria non solo non si riducono, ma in alcuni casi crescono. Infatti, per affamare la bestia ci vogliono idee chiare ed il coraggio di scegliere dove intervenire. Invece, ci ritroviamo di fronte a dati che ci portano un ulteriore incremento della spesa corrente di 30 miliardi.
Idee chiare e coraggio di scegliere, due qualità che le politiche economiche di questo Governo proprio non hanno. Vediamo la finanziaria come l'ennesima grande occasione persa per le riforme e per liberare risorse stabili e continuative per il rilancio di consumi e investimenti veri; non quelli che sono stati annunciati.
Tra i pochi emendamenti che abbiamo presentato e sui quali abbiamo insistito, ce n'è uno che simbolicamente mi pare potrebbe illustrare il modello che mettete in atto con questa legge finanziaria e la ragione per la quale in fondo continuate a Pag. 73rinunciare a discutere della situazione economica del Paese. L'ho detto: questa è un'occasione persa, perché ritengo che la maggioranza sia in una condizione di paura; paura che le proprie divisioni emergano proprio su un tema così importante. Faccio notare che per coprire questa paura si è usata la furbizia. Faccio alcuni esempi, prima di arrivare a parlare dell'emendamento. Visto che non si riesce a fare quello che avete promesso, preparate dei titoli e degli emendamenti, ma dietro questi titoli non ci mettete nulla. L'esempio degli ammortizzatori sociali è colossale: su 1,2 miliardi, 860 milioni sono per la detassazione della produttività. L'altro esempio, più sottile, più intelligente, più intrigante, più astuto, è quella del rimborso ICI ai comuni. Al netto del fatto che mancano comunque sempre più di 300 milioni sul rimborso ICI, il dato è soprattutto che questi 1,6 miliardi che voi mettete dentro la finanziaria probabilmente da parte di molti non potranno essere utilizzati, perché altrimenti sforerebbero il Patto di stabilità. Tutti i comuni lo hanno comunque già iscritto nelle entrate correnti e oltretutto una parte di questi 1,6 miliardi, la stragrande maggioranza, quella che non potrà essere usata per il Patto di stabilità, rimarrà in tesoreria unica.
Poi, sempre come esempio simbolico, vi è il mio emendamento 2.10 sulla cedolare secca sugli affitti. L'unica proposta uguale e identica in tutti i programmi elettorali di tutti i partiti rappresentati in questo Parlamento. Vi abbiamo fatto una proposta semplice e chiara, il cui costo è di 400 milioni: due articoli, la tassazione separata dei redditi d'affitto al 20 per cento, limitata agli affitti contratti secondo i canoni agevolati, ed un aumento della detrazione per gli inquilini al 19 per cento.
È un costo limitato che, peraltro, è più o meno pari a «regalini» che sono stati inseriti nella famosa tabella che di notte ci è arrivata in Commissione: 400 milioni di euro. Invece di dare prebende agli amici, avreste potuto abbassare una tassa, intervenire nella vita di quegli italiani che più patiscono la crisi. Non era un intervento sulla povertà quello della cedolare secca e dell'aumento della detrazione per gli inquilini. Era un intervento nei confronti di tutti i percettori di reddito medio che hanno problemi abitativi, che non hanno acquistato la casa in questi anni e rispetto ai quali si può fare un intervento per farli stare dentro la legalità, per farli emergere dal sommerso, per liberare la possibilità per le famiglie di avere stabilmente una casa, agevolare l'incontro tra domanda e offerta e intervenire su alcune fortissime tensioni abitative che si annidano soprattutto nelle grandi città italiane.
L'emendamento, come vi dicevo, era limitato ai canoni agevolati e, se applicato per due anni, com'era nella nostra proposta, una sorta di esperimento, ci avrebbe dato l'occasione di verificare il reale impatto che una misura di riduzione dell'imposizione fiscale di questo tipo avrebbe avuto sia sul mercato sia sulle entrate dello Stato.
Avremmo potuto misurare l'effettivo beneficio del quale, a livello teorico, tutti noi continuiamo a parlare. E qui c'è la furbizia: visto che la cedolare secca non la volete fare, contrariamente a quanto dichiarate in tutte le sedi pubbliche e a quanto avete dichiarato nel vostro programma, avete fatto una norma per L'Aquila, sperimentale, solo per i proprietari, escludendo i benefici per gli inquilini, in una città, L'Aquila appunto, nella quale vi sono 8 mila immobili inagibili; quindi, non esiste il mercato dell'affitto.
La cedolare secca non la fate, ma la furbizia che usate è quella di scrivere il titolo, per poter andare sui giornali e dichiarare che, in fondo, una sperimentazione la state facendo. Il non accoglimento di un emendamento del genere, anzi, addirittura la sua impossibilità di essere discusso, è la trasposizione plastica delle idee che non avete, delle promesse che non riuscite a mantenere, del coraggio di scegliere e di governare che proprio, in questo momento, Governo e maggioranza non hanno.
Questo film, per senso di responsabilità, avremmo voluto girarlo in un altro modo, con il confronto, l'approfondimento e anche la mediazione, benedetta parola. Pag. 74Invece, la forzatura di oggi, fatta per paura, impoverisce tutti: l'azione del Parlamento, di certo quella del Governo, ma ciò che a noi sta più a cuore è che impoverisce il Paese.
Vi chiediamo di uscire dall'angolo di questa paura di confrontarvi con noi: troverete nel Partito Democratico un interlocutore assolutamente autorevole per affrontare con concretezza ed efficacia tutti, uno per uno, i problemi del Paese. A voi, per il grande consenso che avete avuto, spetta l'onere di governare, scegliere e condurre il Paese.
Il film della vostra finanziaria, invece, è di un genere triste, pieno di furbizie. La definirei una finanziaria nascondiglio: vi ci rifugiate dentro e dietro per nascondere l'indisponibilità di Governo e maggioranza a fare le riforme.
Il PD non si arrende di fronte alla vostra ennesima fuga dalla realtà, anzi, responsabilmente, come vi abbiamo dimostrato in questi lunghi giorni, continuiamo a sfidarvi sempre e comunque sul piano dei contenuti, perché è sul modello di Paese che vogliamo che noi siamo la vera alternativa alla vostra furbesca ma ineludibile paura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Barbato, che aveva chiesto di parlare. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, saremo molto precisi e concisi, perché credo che dovremmo anche andare rapidamente all'essenza delle questioni messe in campo in queste settimane e chiudere questa partita nella maniera più dignitosa, almeno da parte nostra.
Signor Presidente, colleghi e Governo, le mie riflessioni vanno nel senso di una legge finanziaria che ha di fatto e di molto ridimensionato la sua prospettiva e la sua dimensione; di fatto, è una semplice correzione di quella approvata lo scorso anno, che aveva introdotto un nuovo sistema programmatico di dimensione triennale.
Non sembra che vi siano grandi scelte strategiche all'orizzonte, ma quello che manca, in realtà, è un disegno organico di investimenti programmati e soprattutto sostanziosi, per sostenere ricerca e innovazione e in grado di ribaltare anche la situazione del nostro settore produttivo.
Non vengono favoriti i consumi, in quanto non si opera alcun taglio delle tassazioni esistenti sui redditi dei lavori dipendenti e dei pensionati, che stanno ancora aspettando, tra l'altro, la parte di riduzione che toccava loro dall'intervento della manovra finanziaria Prodi sul cuneo fiscale.
Lo stesso maxiemendamento, approvato, qui alla Camera, in Commissione nel corso dell'esame in sede referente, conferma le intenzioni del Governo di blindare la spesa come unica strategia di uscita dalla crisi economica, e di evitare qualsiasi confronto sugli strumenti condivisi per uscire dalla stessa. Infatti, dai tre articoli originari approvati al Senato nasce un maxiemendamento composto da ben 250 commi.
Dal lato delle entrate, è da sottolineare che il gettito ottenuto con lo scudo fiscale non raggiunge le cifre attese, perciò la sua riparazione non può che avvenire attraverso una serie di microinterventi non rispondenti alle richieste più volte espresse dal sindacato, che sono quelle di prospettiva di rilancio dell'occupazione e in favore dello sviluppo.
Le richieste rivolte a detassare la tredicesima, a rinnovare i contratti con risorse per recuperare il potere d'acquisto, a salvaguardare l'occupazione e a rilanciare il sistema produttivo da noi proposte sono rimaste lettera morta e poste nel dimenticatoio. Si prevedono invece misure per il lavoro che ritengo non incisive e che non vanno al cuore del problema, come quelle di una concessione in deroga dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità di disoccupazione speciale per lo più in via temporanea e sperimentale, come il riconoscimento ad alcuni soggetti particolari di forme di trattamento di sostegno al reddito. Misure queste non strutturali, ma finanziate dall'intera Pag. 75comunità: lo stesso Patto per la salute, inserito nella finanziaria per la prima volta, viene in parte finanziato dai lavoratori con il versamento del TFR maturato. In generale, si tratta, ancora una volta, di un insieme di norme che testimoniano più indecisione del Governo che un piano ben preciso, nel quale misure ben più coraggiose e collegate tra loro potrebbero riuscire a mitigare gli effetti catastrofici della crisi economica attuale.
Dentro tale quadro di riferimento economico e finanziario si inserisce il tema che a me sta particolarmente a cuore, che ho avuto modo già in diverse altre occasioni di segnalare al Parlamento, al Governo e ai colleghi di maggioranza e di opposizione. Qualche collega ha detto qualcosa che io penso e che ora ripeto, dopo aver a più riprese più volte sollecitato il Governo a fare qualcosa di concreto. Mi riferisco alla questione aquilana, e quindi ai terremotati delle zone del cratere dell'aquilano. L'onorevole Baretta diceva questo qualche giorno fa: è particolarmente scandaloso l'atteggiamento del Governo verso i terremotati abruzzesi, ai quali non riconosce quanto era stato fatto per gli umbri e per i marchigiani. Questo io lo dico adesso, ma lo ha anticipato qualche giorno fa il collega Baretta. Devo dire che rispetto a questo dato non è vero che poi tutto è risolto: L'Aquila è ancora in una situazione di emergenza, e il Governo già richiede le tasse.
Il terremoto a L'Aquila c'è ancora, se qualcuno continua ancora a far finta di nulla: 20 mila sono gli sfollati ancora sulla costa, che stanno modificando di fatto il sistema socio-economico dell'intera regione; le nuove case costruite bastano solo per una parte dei senzatetto: in migliaia dormono in vecchie caserme o moduli di legno; la ricostruzione non è partita, e vorrei sollecitare il Governo affinché una Commissione parlamentare vada a L'Aquila e dintorni, per capire veramente qual è lo stato dell'arte, senza fare demagogia. Le macerie sono ancora per strada, i centri storici sono chiusi e pericolosi, le attività economiche sono ferme: 18 mila sono i lavoratori in cassa integrazione il cui trattamento di CIG scade il 31 dicembre di questo anno, non dell'anno che verrà. Tantissimi sono i senza lavoro, e le scosse ancora continuano, di natura politica ma anche di natura economica.
Vi do un quadro di riferimento molto preciso e puntuale, una comparazione semplice; anche se è grottesco e vergognoso, devo dire che è veramente umiliante per noi abruzzesi che si possa e si debba fare questo tipo di comparazione; ma tant'è, ve la riferisco così.
Il periodo di sospensione del pagamento delle tasse per altri terremoti (e parlo dell'Umbria, delle Marche, del Molise) andava da 18 mesi a 6 anni, per l'Abruzzo 8 mesi. La restituzione per altri terremoti era ripartita in 12 anni, per l'Abruzzo in 12 mesi. Le somme restituite in altri terremoti erano pari al 40 per cento delle tasse sospese in Abruzzo il 100 per cento a partire dal gennaio 2010. Le rate per altri terremoti ammontavano a 120, per l'Abruzzo 60 rate.
Questo ha indotto in quest'ultimo periodo la provincia, il comune de L'Aquila, i comuni colpiti dal sisma, le associazioni di categoria ad una riflessione; tra l'altro, quando parlo delle associazioni di categoria non parlo solo dei sindacati, dei comuni interessati e dei rappresentanti delle istituzioni, parlo della Confindustria, dell'API, di Confapi, di tutti coloro che contribuiscono a creare il mondo vitale dell'economia abruzzese a partire da l'Aquila che è il punto nevralgico della nostra regione. La stessa regione si muove, unitamente ai parlamentari abruzzesi e ai cittadini: tutti quanti insieme chiedono un trattamento fiscale adeguato all'entità della tragedia, delle modifiche alla legge finanziaria per garantire le necessarie coperture economiche per la ricostruzione della zona franca, la prosecuzione della sospensione delle tasse e il rinvio dell'inizio della restituzione di quanto sospeso ben oltre il 2010, nella misura del 40 per cento e in 120 rate, e ciò affinché vi sia rispetto per i morti e soprattutto per i vivi che vogliono ricominciare partendo proprio dal territorio de l'Aquila. Pag. 76
Cari colleghi, rappresentante del Governo, voglio aggiungere che vi è stato da parte nostra un incessante pressing sul Governo e sulla maggioranza tanto che qualche mese fa dopo aver presentato delle mozioni, per evitare strumentalizzazioni di sorta anche sulla pelle dei terremotati aquilani e in rispetto dei morti, abbiamo deciso di presentare una mozione unitaria che impegnava il Governo finalmente a dare delle risposte concrete. Al primo punto della mozione, tra le tante cose, vi era il dato della sospensione dei versamenti dei tributi e dei contributi oltre i termini previsti dai commi 2 e 3 dell'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2009, prevedendo per la restituzione un trattamento analogo a quello previsto per i terremotati di Marche ed Umbria; questa è la mozione che abbiamo votato all'unanimità qualche mese fa.
Signor Presidente, insisto ancora una volta sul mio emendamento, che si rifaceva a questo impegno solenne preso dal Parlamento e dal Governo in quest'Aula qualche tempo fa, esattamente a fine settembre di quest'anno, che è stato disatteso. Siccome sono un abruzzese anche ostinato, oltre a ripresentare l'emendamento (che è stato messo da parte in maniera «infingarda» perché ci è stato impedito di discutere nel merito la questione abruzzese), visti gli impegni previsti della mozione unitaria, mi sono premurato di sostenere ancora un volta questa causa e di sfidare il Governo, e la maggioranza, attraverso un ordine del giorno. Voglio vedere e capire fino a che punto il Governo sia in grado di disattendere, non più il Parlamento, ma se stesso, nel momento in cui ha accettato una mozione unitaria. Ho presentato un ordine del giorno che impegna il Governo a mantenere fede a quell'impegno e a far diventare il terremoto abruzzese simile, purtroppo, ahimè, a quello delle Marche, dell'Umbria e del Molise, affinché quelle popolazioni abbiano almeno questo; non tutte le altre misure previste in quella mozione, ma almeno che vi sia pari dignità per tutte queste persone che da tempo aspettano una risposta seria e concreta. Mi auguro che almeno questo ordine del giorno che ripropone il contenuto della mozione, e che la fa diventare ancora più attuale, venga da voi preso finalmente in considerazione.
Concludo ricordando qualcosa di importante che hanno detto qualche giorno fa i terremotati aquilani che sono venuti a Roma: abbiamo saputo dire grazie, sapremo dire basta! Grazie a voi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro Vegas, questo è l'ultimo intervento del mio gruppo, del Partito Democratico, e io vorrei cercare, in questi pochi minuti, di dare la nostra lettura di questa legge finanziaria, vorrei cercare di dare un quadro di insieme per capire lo spirito con il quale è stata animata. Allo stesso tempo vorrei proporvi, invece, il nostro disegno alternativo che non avete voluto ascoltare, che non ci avete permesso di tradurre in proposte di modifica di un testo che consideriamo insufficiente e inadeguato.
Del resto questa manovra finanziaria ci dà la conferma dell'inadeguatezza della politica economica del Governo di fronte ad una crisi epocale. Debbo ripeterle, Viceministro Vegas, quello che le ho già detto in Commissione. Noi abbiamo seguito molto attentamente il dibattito al Senato di questo disegno di legge finanziaria e non nascondiamo che ne abbiamo atteso con fiducia l'arrivo in questa Aula. Il dibattito che c'è stato a latere al Senato ci aveva fatto sperare che finalmente si affrontasse in questo Paese il tema vero, il tema della crisi, e che si affrontasse in questo Paese il tema di fondo: ma è possibile che in un momento di crisi epocale non debba cambiare niente? Mi riferisco in primo luogo al fisco, al fisco in momenti di crisi. Può rimanere uguale?
Al Senato si è aperto un dibattito sbagliato (noi abbiamo giudicato la contromanovra che veniva dagli stessi banchi del centrodestra peggiore del male), però Pag. 77si era detto appunto che il tema era stato posto. Abbiamo questa tassa, l'IRAP, che incide negativamente su chi occupa persone o chi ha forti esposizioni bancarie, e nel momento in cui chiediamo alla gente di dare lavoro e alle banche di finanziare, è evidente, che pur non potendo rinunciare ai 40 miliardi di euro del gettito, non possiamo far pagare la crisi a quelle persone.
Sono state avanzate proposte come quella della cedolare secca, e poi lei Viceministro Vegas ha risposto a tutti dicendo: ma forse la priorità delle priorità, più che l'IRAP, più che la cedolare secca, è l'IRPEF (le tasse che pagano tutti i cittadini). Noi abbiamo detto: bene, potremmo lavorare finalmente all'IRPEF, cioè finalmente a cosa? Finalmente alla possibilità e all'occasione di far aumentare nel nostro Paese un po' di domanda interna. Noi non abbiamo mai avuto un calo delle esportazioni come quello che abbiamo avuto, quindi uscire dalla crisi, far lavorare le imprese, mettere risorse in circolo vuol dire abbassare le tasse ai redditi più bassi (ai pensionati, ai lavoratori a reddito fisso). Lo si può fare attraverso deduzioni, attraverso detrazioni, premiando chi ha più figli, premiando chi ha redditi più bassi, premiando le famiglie monoreddito.
Poi ci accorgiamo che nel corso del dibattito, che c'è stato in quest'Aula e in Commissione, il tema IRAP, il tema cedolare secca, il tema IRPEF, e il tema fisco non sono assolutamente entrati in questa manovra finanziaria, nel momento in cui però immettevamo risorse. E le risorse ci sono in questa finanziaria, sono 8 miliardi 800 milioni di euro. Non si può parlare di una finanziaria dei tagli, perché non è così. Come la possiamo definire, Viceministro Vegas? Io la definisco la« finanziaria tappabuchi», la «finanziaria delle occasioni perdute».
Noi avevamo previsto che sarebbe successo questo, che nell'ordine delle priorità non poteva essere una manovra seria sulla crescita della domanda interna, perché voi i disastri li avete fatti con tutti i provvedimenti economici che dal primo momento (dalla prima finanziaria triennale) avete fatto. Ci avete promesso che non ci sarebbero state più finanziarie omnibus e scopriamo di avere 250 commi in questa finanziaria, che non ci sarebbero stati più assalti alla diligenza e scopriamo centinaia di milioni in questa finanziaria che potremmo ricollegare agli assalti alla diligenza, ma tappate semplicemente i buchi e confermate quel che vi dicevamo.
Quando avete emanato il decreto-legge n. 112 del 2008 tagliando a tutti il 17 per cento (i famosi tagli lineari) noi vi abbiamo detto: fermatevi perché in questo modo voi tagliate la spesa buona e la spesa cattiva; se voi vi affidate ai singoli Ministeri, perché ognuno di loro faccia la propria finanziaria, vedrete che loro taglieranno solo la spesa buona; la spesa cattiva continuerà ad andare per conto suo. Quando parlo di «spesa cattiva» parlo della spesa che arricchisce i soliti furbi, perché non c'è equità in questo Paese.
Bene, allora ci torniamo sopra perché gli 8 miliardi 800 milioni servono per tagliare i buchi del decreto-legge n. 112 del 2008, quindi per coprire la spesa buona. Ma qual è stata la manovra, Presidente Lupi, ovverosia la furbizia che c'è stata? Perché è stato fatto il grande taglio del decreto-legge n. 112? Per fare tre operazioni sostanzialmente. Perché servivano i soldi per togliere l'ICI ai ricchi; perché servivano i soldi per condonare le quote latte a chi non aveva pagato le multe; perché servivano i soldi a fare la scellerata operazione - che è stata fatta - Alitalia. Sono i 10 miliardi che mancano ai cittadini più bisognosi di questo Paese. Sono stati utilizzati in questo modo. Ora si torna - è evidente - sulla spesa buona. Però quali sono le novità con cui il Governo finalmente riesce ad intervenire e a dare risposte?
Si destinano 584 milioni di Fondo sanitario nazionale. Cosa si voleva fare? Forse chiudere le ASL? Si destinano 400 milioni alla non-autosufficienza perché glieli avevamo tolti; 150 milioni alle politiche sociali perché glieli avevamo tolti: non si arriva mai ai livelli di prima. Tornerò sul pacchetto lavoro che pur costa un miliardo. Si destinano 200 milioni di euro alla ricerca ma non si arriva ai livelli precedenti. Si restituisce l'ICI ai comuni: Pag. 781,6 miliardi di euro ma non mi sembra che questo sia un atto dovuto. Si interviene sul turnover, sul trattamento economico necessario per i lavoratori della sicurezza: questa è una novità, ma mi sembra una risposta ancora piccola e inadeguata. Si fa il differimento, che costa 170 milioni di euro, per i contributi in Abruzzo, ma non si riesce invece a fare quanto i nostri Governi riuscirono a fare per Umbria e Marche, creando disparità. E poi le missioni internazionali, gli impegni internazionali, il 5 per mille, il Fondo di solidarietà all'agricoltura, i libri di testo: si tratta di misure che già erano previste prima di voi, prima del decreto-legge n. 112 del 2008. I 400 milioni di euro che dobbiamo restituire all'università sono meno di quelli che abbiamo tagliato; i 130 milioni alle scuole private ci sono sempre stati. I 400 milioni di euro per l'autotrasporto: si finanziano norme che abbiamo sempre fatto, anzi si finanziano parzialmente norme per l'autotrasporto oltre i 170 milioni per gli LSU. Inoltre le decine di milioni di euro per l'assalto alla diligenza.
Dunque, Viceministro Vegas, noi non avevamo avuto occasione molto spesso di incontrare il Ministro Tremonti. Tuttavia dopo questa serie di provvedimenti, vorrei testimoniargli un sentimento: le dico che noi abbiamo nostalgia del «Ministro creativo» dell'economia. Infatti quello che vediamo adesso è il Ministro che copia e che copia anche male. Ha copiato la norma sul TFR che era stata scoperta dal Ministro Padoa Schioppa, comprendendo che non avrebbe prodotto immediatamente debito. Tuttavia l'ha copiata male, perché noi la usammo almeno per gli investimenti, mentre ora la si usa per la spesa corrente. Da citare che si attingono dal TFR quelle risorse, ma che poi si dovrà pur pagare il trattamento di fine rapporto dei lavoratori e quindi gli 8,8 miliardi. Vi scagliavate contro di noi che eravamo il partito del deficit spending: va ricordato che per 5 miliardi 200 milioni questa è una manovra in deficit.
Ma non ci piace soprattutto il Ministro Tremonti che fa il furbo. Mi riferisco al patto per il lavoro e non è il solo: probabilmente vi è anche il Ministro del lavoro. Infatti destinare un miliardo di risorse e non vedere che la priorità principale che avremo nel nostro prossimo futuro sono coloro che perdono il lavoro, sono i cassaintegrati mentre noi stanziamo qualcosa come 800 milioni per la detassazione della produttività, è un'altra delle manovre fuori tempo. Allo stesso modo è fuori tempo la detassazione dello straordinario.
Tuttavia noi in questa manovra, signor Presidente, vediamo la furbizia del Ministro. Le voglio infatti dire che cosa è accaduto con il bonus famiglia. Quest'ultimo è stato uno dei primi provvedimenti del Governo. Lo riprendiamo: 2 miliardi 400 milioni destinati che vengono decurtati a 2,1 miliardi dopo il terremoto dell'Abruzzo. La relazione tecnica ci diceva che avrebbe raggiunto otto milioni di famiglie. Il risultato è che è stato percepito da nemmeno un milione di famiglie: la spesa effettiva è stata al di sotto di un miliardo. Quel miliardo e 300 milioni di euro è tornato nei saldi. Così è accaduto per la social card e così accadrà per queste norme sul lavoro. Questa dunque è la furbizia, gli effetti speciali, i fuochi pirotecnici che si lanciano in questa grande macchina comunicativa che avete, ma la gente non li traduce in realtà.
Dite tuttavia al Paese: abbiamo dato un bonus ad otto milioni di famiglie. Non è vero: è falso. I cittadini facciano i conti in tasca. In un precedente intervento ho paragonato il Ministro Tremonti a L'uomo delle stelle, un film di Giuseppe Tornatore del 1995, nel quale il protagonista andava in giro per la Sicilia facendo provini a pagamento: prometteva illusioni, prometteva di far diventare stelle comuni cittadini, prometteva come state facendo voi e la conclusione è che è stato inseguito da quelli che hanno capito e si sono convinti di essere stati presi in giro.
Quindi lo spirito è questo: «finanziaria tappabuchi» e occasioni perdute. Il nostro disegno alternativo era completamente diverso: l'ordine nostro di priorità partiva dai redditi, partiva dalle famiglie, partiva Pag. 79dalle persone a basso reddito, partiva dall'occasione che davamo anche alle imprese di far riprendere una domanda interna.
Signor Presidente, vengo agli emendamenti di cui dovremmo parlare, perché vi è stato un paradossale dibattito in Commissione - il relatore Corsaro ce lo consentirà - in quanto non è stato nemmeno possibile correggere gli errori materiali più marcati, quelli più evidenti. Non so se essere affascinato da questa blindatura che siete riusciti ad avere nel gruppo di maggioranza o essere preoccupato. Non voglio usare parole forti, ma secondo me questo metodo non funziona: questo metodo «ammazza» il Parlamento, «ammazza» il confronto, «ammazza» la democrazia, produce provvedimenti sbagliati e parziali.
Ve lo dimostro: vi sono norme che non sono «potabili». Prendiamo la norma salva-Asl: come fa una maggioranza che si richiama ai principi liberali a bloccare per un anno l'esecutività dei pagamenti delle ASL verso i fornitori per legge? Ci provò anche il Governo Prodi, ma fu la sua maggioranza ad opporsi ad un principio come questo, che è un principio sbagliato in un Paese e in un sistema della pubblica amministrazione che deve 60 miliardi alle imprese private. Questo di per sé è un blocco dell'economia, della possibilità e della liquidità delle imprese. La valle del Tronto è stata emblematica: si fa una norma per il CNR e per altri istituti per investire sulla vecchia Cassa del Mezzogiorno e ci si scorda di 24 comuni in provincia di Ascoli Piceno e della valle del Tronto, però non si può più modificare, perché ormai è scritta e tutto è blindato.
Per l'editoria è successa la stessa cosa: norma non condivisa da nessuno, incontro dei direttori di giornali col Presidente Fini, telefonata in vivavoce col Ministro dell'economia, tutti d'accordo sul fatto che la norma è sbagliata e verrà cambiata in un prossimo provvedimento, però noi approviamo un provvedimento con una norma sbagliata. Cosa è successo? Col decreto-legge n. 112 del 2008 abbiamo detto di darci due anni di tempo per distribuire questi contributi ai giornali. Siamo tutti d'accordo che ci voglia sostegno all'editoria, ma che non possa essere generalizzato come adesso. Noi non possiamo pagare giornali che arrivano solo nelle nostre caselle: dobbiamo dare contributi ai giornali che abbiano un mercato, che siano per il 20 per cento nelle edicole, che abbiano un numero adeguato di giornalisti, che siano giornali ed è giusto che vengano sostenuti in ragione della democrazia del nostro Paese. Voi invece cosa avete fatto? Avete fotografato la situazione, blindato il fondo, non vi è più il diritto soggettivo e proporzionalmente sono tutti uguali. In questo modo cosa fate? Date contributi anche ai giornali fasulli e i contributi per i giornali veri non basteranno. Tutti d'accordo, però non si può cambiare.
Vi è un'altra norma e in questo enucleo i miei emendamenti: improvvisamente sulla vendita dei beni dello Stato, a differenza di tutto quello che fanno i tribunali e via dicendo, si dispone che possano essere venduti anche a trattativa privata fino a 400 mila euro. Io lo considero un segnale sbagliato; se si fosse discusso forse avremmo rivisto quel tetto e i tempi di pubblicazione, però non è stato possibile discutere, così come non è stato possibile discutere di tante altre questioni che non riprendo, se non una: quella della cedolare secca.
Mi dispiace che non vi sia più l'onorevole De Micheli, perché avevamo anche una proposta secondaria a quella, avevamo un emendamento che era praticabile. Eravate usciti dal Senato con questa in pompa magna e vi avremmo dato una possibilità; infatti vi era un emendamento che diceva di cominciare da quest'anno con la cedolare secca, dalle nuove costruzioni: da adesso in poi chi costruisce, chi si impegna per dieci anni ad affittare il proprio immobile o a ristrutturare il proprio immobile, può accedere al 20 per cento. Sarebbe stato anche un modo per far ripartire l'edilizia, per invitare la gente a ristrutturare le abitazioni.
Avrebbe avuto una copertura di pochi milioni di euro all'anno, perché sarebbe Pag. 80stata progressiva, non un colpo grande, che per le casse dello Stato - lo comprendiamo - sarebbe stato difficile. Tuttavia, non si è potuto discutere.
Presidente Lupi, che cornice hanno cercato di mettere a questa finanziaria del poco, del nulla, del tappabuchi e delle occasioni perdute?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Alla fine, hanno voluto mettere - e concludo - una cornice demagogica e populista, come siete abituati a fare con la vostra macchina comunicativa. Quale? Quella dei comuni.
Infatti, ci si scorda di aver approvato la riforma del Titolo V della Costituzione, che pone sullo stesso piano Stato centrale, regioni, province e comuni. Si legifera, sapendo che non vi è profilo di costituzionalità; si legifera sapendo che queste norme non passeranno, e non possono passare, al vaglio della Corte costituzionale. Tuttavia, al Paese è stato detto che sono state tagliate migliaia di poltrone, che è stata fermata una macchina di spesa che non esiste.
Correttamente, quel che dovremmo fare, Viceministro Vegas, sarebbe dare indirizzi, dicendo, ad esempio, ai comuni che non possono spendere più dello 0,5 per cento per gli organi costituzionali. Questo sì; poi, però, si organizzano loro: se in un comune di 2 mila abitanti, si vogliono avere quindici persone nel consiglio comunale, anche gratuitamente, perché non è possibile farlo?

PRESIDENTE. Deve concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente - e concludo - al momento lei presiede quest'Assemblea, ma questa mattina, la presiedeva il Presidente Fini, che ha usato parole importanti. Voglio semplicemente dire che oggi abbiamo perso un'ennesima occasione. Voglio dire che il Presidente Fini ha detto assolutamente la verità su tutti i passaggi, su quel che è avvenuto, sui numeri che ha fornito. Anche di fronte alla tensione che vi è nel Paese, oggi avreste dovuto dare un messaggio, confrontandovi veramente e lealmente sul provvedimento in esame. Questa era risposta da dare: non andare a cercare i mandanti del clima che vi è nel Paese, ma farvi soggetti di un clima nuovo. Non avete voluto farlo e, per questo, avete perso un'altra occasione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti.
Il seguito dell'esame è rinviato alla seduta di domani.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 20,10).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, ancora una volta, devo intervenire per protestare con il Governo per i ritardi nel dare risposta ad importanti interrogazioni.
Prima, però, vorrei cogliere l'occasione per esprimere i sentimenti di profondo cordoglio alla famiglia del sottocapo, Davide Di Cara, della Marina militare, morto nel tragico incidente nella base elicotteri di Maristaeli di Catania, a causa di una tromba d'aria che ha attraversato il comune di Motta Sant'Anastasia proprio ieri.
Signor Presidente, associo a questi sentimenti la richiesta al Governo di seguire l'evoluzione delle condizioni dei quattro feriti e di non far mancare la solidarietà ai familiari.
Dopo questa doverosa premessa, però, signor Presidente, intendo richiedere al Governo di venire in Aula al più presto per rispondere ad una interrogazione che ho presentato insieme ad altri colleghi al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ma anche al Ministro dello sviluppo economico. Si tratta di Pag. 81un'interrogazione che si basa su questioni significative presenti nel mondo del settore farmaceutico e che riguarda, in modo particolare, la vicenda degli informatori scientifici.
A causa dei tagli occupazionali che ci sono stati nell'ultimo biennio sono andati persi circa quindicimila posti di lavoro. Purtroppo le aziende interessate a questi licenziamenti spesso hanno registrato bilanci anche floridi, eppure hanno avviato le procedure di mobilità, i licenziamenti e hanno anche usufruito degli ammortizzatori sociali, portando avanti, complessivamente, percorsi molto discutibili; addirittura sono state create società ad hoc per far transitare addirittura i lavoratori in esubero senza alcun piano aziendale. Si sono verificati veri e propri bluff nei confronti di lavoratori e di cittadini del nostro Paese. Una di queste società, la X-Pharma, è stata una vera e propria società creata per delinquere, attraverso la quale si sono realizzate spericolate speculazioni che sono state, però, smascherate dai magistrati. In questi giorni sono stati celebrati i processi, ci sono stati alcuni arresti e anche delle condanne.
È per queste ragioni, signor Presidente, che le chiedo di sollecitare il Governo perché venga a discutere di una vicenda importantissima che interessa migliaia di lavoratori che stanno subendo dei torti e delle ingiustizie da parte di alcune aziende che immotivatamente hanno operato dei licenziamenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sarà compito della Presidenza sollecitare la risposta del Governo in merito alla interrogazione da lei presentata.

Annunzio della nomina di Ministri.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 15 dicembre 2009, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data odierna, adottati su mia proposta, ha nominato Ministro della salute il professor Ferruccio Fazio, e Ministro del lavoro e delle politiche sociali il senatore dottor Maurizio Sacconi.
Cordialmente, firmato Presidente Silvio Berlusconi».

Al Ministro Fazio gli auguri di tutta l'Assemblea della Camera dei deputati.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 16 dicembre 2009, alle 10,45:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1790 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) (Approvato dal Senato) (2936-A).
- Relatori: Corsaro, per la maggioranza; Baretta e Borghesi, di minoranza.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1791 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (Approvato dal Senato) (2937-A).
Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (2937-bis).
Relatori: Marinello, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

La seduta termina alle 20,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2936-A - articolo 1 512 511 1 256 275 236 43 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.