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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 256 di giovedì 10 dicembre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,05.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 novembre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Buttiglione, Caparini, Cirielli, Gianni Farina, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Melchiorre, Meloni, Migliori, Molgora, Mura, Nucara, Pescante, Scajola e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione della proposta di legge: Reguzzoni ed altri: Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri (A.C. 2624-A) e delle abbinate proposte di legge: Mazzocchi ed altri; Bellotti; Contento; Anna Teresa Formisano e Nunzio Francesco Testa; Lulli ed altri; Cota e Simonetti; Cosenza (219-340-426-477-896-1593-2760) (ore 9,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, d'iniziativa dei deputati Reguzzoni ed altri: Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Mazzocchi ed altri; Bellotti; Contento; Anna Teresa Formisano e Nunzio Francesco Testa; Lulli ed altri; Cota e Simonetti; Cosenza.
Ricordo che nella seduta del 9 dicembre 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 9,30.

La seduta, sospesa alle 9,10, è ripresa alle 9,40.

Si riprende la discussione.

(Esame degli articoli - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge nel testo della Commissione. Pag. 2
Avverto che la Commissione ha presentato l'emendamento 2.100, che è in distribuzione, con riferimento al quale risulta alla Presidenza che i rappresentanti di tutti i gruppi abbiano rinunciato alla fissazione dei termini per la presentazione dei subemendamenti.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 2624-A).

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 2624-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Lulli 1.41.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Monai 1.7, Pini 1.40 e Cuomo 1.45. Con riferimento a questi ultimi emendamenti si invita alla presentazione di un ordine del giorno di analogo contenuto.
La Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Lulli 1.42 e Froner 1.43.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Lulli 1.44.

PRESIDENTE. Il Governo?

ADOLFO URSO, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, cari colleghi, il Governo motiva la ragione per la quale su questi emendamenti - e anche sui successivi - si rimette al giudizio dell'Assemblea e lo fa per un motivo molto specifico: noi apprezziamo lo spirito che ha animato i proponenti di tutte le forze politiche che motivano il Parlamento ad agire in fretta su questa materia. Tuttavia, si tratta di materia estremamente importante e nel contempo complessa...

PRESIDENTE. Mi scusi, Viceministro. Colleghi, scusate, capisco che state raggiungendo l'Assemblea in questo momento, però pregherei di farlo in silenzio per consentire al Viceministro Urso di svolgere il suo intervento e a chi lo si desidera ascoltare (spero tutti) di poterlo fare. Prego Viceministro...

ADOLFO URSO, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, sono costretto a farlo perché debbo in qualche misura permettere al Parlamento di agire in maniera responsabile e consapevole su questa materia. Si tratta di materia sicuramente importante e complessa sulla quale il Governo e il Parlamento sono già intervenuti con disegni di legge sullo sviluppo e successivamente, non a caso, con un decreto-legge chiamato anti-infrazione, perché ovviamente interviene su normative che possono essere sottoposte a infrazione europea come appunto quella in esame.
Si tratta di materia importante e complessa, parzialmente di competenza dello Stato sotto l'ottica della concorrenza e della lotta alla contraffazione o della tutela dell'ambiente e della salute, ma è anche nel contempo materia di esclusiva competenza dell'Unione e, quindi, della Commissione che ne è proponente per quanto riguarda la politica commerciale e il mercato interno europeo. In particolare, ricordo ai componenti del Parlamento che su questa materia noi come Governo italiano abbiamo sollecitato la Commissione europea ad agire attraverso ovviamente le normative europee nel lontano luglio 2003 e, in quella sede, ci fu risposto che per quanto riguarda l'etichettatura obbligatoria sulla base di una sentenza...

PRESIDENTE. Colleghi....

ADOLFO URSO, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, non importa, l'importante è che rimanga agli atti...

Pag. 3

PRESIDENTE. Lo so, Viceministro. Però abbia pazienza...

ADOLFO URSO, Viceministro dello sviluppo economico. Nel 2003 ci fu risposto che sulla base di una sentenza della Corte di giustizia europea che in precedenza aveva condannato uno dei Paesi membri perché aveva nella sua legislazione interna una normativa sull'etichettatura obbligatoria (il Paese in questione credo che fosse la Gran Bretagna), ormai era acquisito a livello comunitario che non era possibile emanare una legislazione nazionale che imponesse l'etichettatura obbligatoria del Paese di origine, in questo caso made in Italy, e inoltre che se l'Europa avesse voluto normare questa materia sarebbe stata costretta a normare non l'etichettatura obbligatoria del Paese membro (made in Italy o made in France), ma l'etichettatura obbligatoria dell'Unione europea (quindi made in Europe), altrimenti si sarebbero create condizioni di violazione della normativa europea sul cosiddetto mercato interno. Pertanto eravamo sottoposti ad un'alternativa: o sollecitare l'Europa a muoversi in questa materia, e di conseguenza sarebbe stata varata una normativa obbligatoria sul made in Europe per tutti i prodotti realizzati in Europa; oppure avremmo dovuto lasciare una normativa come l'attuale che è facoltativa, anche se deve essere rispondente ai criteri delle leggi nazionali e delle normative europee, in particolare ai criteri sulla politica commerciale e sulle norme doganali.
Oggi il Parlamento italiano intende procedere in questa sede in questo modo. Apprezzando lo spirito del provvedimento e anche la volontà di dare un forte impulso all'Europa di muoversi su questa materia, ovviamente il Governo su questi emendamenti, sui successivi e anche sul testo di legge e sui relativi articoli si rimette alle valutazioni del Parlamento. Nel contempo debbo però aggiungere che in sede europea nel 2005 fu già presentato un regolamento europeo che rendeva obbligatoria per alcuni settori merceologici l'etichettatura del Paese di origine, non sui prodotti realizzati nell'Unione europea ma su quelli importati nell'Unione europea. Quel regolamento non è mai stato sottoposto all'esame del Consiglio europeo perché successivamente alla sua presentazione, nel dicembre del 2005, il Governo di allora nel 2006 non ritenne che ci fosse una maggioranza consolidata in Europa su questa normativa.
Lo scorso anno abbiamo sollecitato nuovamente la Commissione europea ad operare in questo campo e la Commissione europea ha presentato nell'ottobre di quest'anno un nuovo regolamento europeo che rende obbligatoria l'etichettatura su dieci grandi aree merceologiche di straordinario e strategico interesse per la produzione italiana, tra cui quelle su cui questa normativa intende legiferare, cioè il tessile, la calzatura, l'abbigliamento e anche l'arredo, insieme a tante altre. Ma il regolamento europeo, lo evidenzio a quest'Aula, non riguarda e non può riguardare l'etichettatura dei Paesi membri dell'Unione europea: ove fosse approvato in sede comunitaria - e su questo c'è l'impegno assoluto del Governo italiano che è il Governo che traina il resto dell'Europa su questa materia - riguarderebbe l'etichettatura obbligatoria sui prodotti importati nell'Unione europea, quindi realizzati nei Paesi extracomunitari.
Dopo aver fatto questa precisazione e sottolineato che evidentemente su questa materia dovremo poi aspettare le reazioni e le decisioni in sede comunitaria, ritengo comunque che siano interessanti, forse anche utili per sollecitare l'Europa a muoversi, le decisioni che il Parlamento italiano prenderà in questa sede, consapevole di quanto il Governo, rispettoso delle norme comunitarie, ha evidenziato in quest'Aula, anche in merito evidentemente alle possibili infrazioni in sede europea. La scelta del Parlamento italiano è comunque e sempre sovrana.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Lulli 1.41.
Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

Pag. 4

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo a seguito delle parole del Governo che quindi riaprono, per così dire, la discussione...

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, il Governo ha motivato il parere in maniera molto articolata, io non considero questo un intervento che riapre la discussione, però le do la parola per dichiarazione di voto, ha quindi a disposizione cinque minuti.

GIORGIO LA MALFA. La ringrazio, Presidente. Tenendo conto dell'intervento testé fatto dal rappresentante del Governo, credo che il Governo dovrebbe ulteriormente chiarire al Parlamento ciò che a me è parso quasi esplicito nelle parole del sottosegretario, ossia se il Governo stesso ritiene che l'atto che il Parlamento è in via di approvare questa mattina darà luogo ad un procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia, perché se questa è la previsione del Governo, allora il parere del Governo non può essere il rimettersi all'Aula, ma deve necessariamente essere un parere contrario all'iter di questo provvedimento.
Io esprimo apprezzamento, ovviamente, per le parole del sottosegretario, che ha posto dei problemi di grande serietà, ma se la valutazione del Governo è che questo provvedimento porti ad un'infrazione da parte dell'Italia nei confronti della legislazione europea, il Governo non può rimettersi all'Aula, ma deve parlare con chiarezza, deve chiedere all'Aula di non procedere con l'esame di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lulli 1.41, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Boniver, onorevole Pianetta, onorevole Lunardi, onorevole Di Pietro, onorevole Sanga, onorevole Borghesi, onorevole Zinzi, onorevole Latteri, onorevole Sposetti, onorevole Sanga... Onorevole Di Pietro, ma ha la scheda? Ah, è senza scheda... ecco il segreto! L'onorevole Sanga è riuscito a votare. Onorevole Piccolo, onorevole Bellotti, onorevole Misiani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 429
Votanti 423
Astenuti 6
Maggioranza 212
Hanno votato
423).

Prendo atto che i deputati Siragusa, Laura Molteni, Argentin, Calearo Ciman, Mazzarella, Genovese, Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Monai 1.7.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Monai 1.7 formulato dal relatore.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, abbiamo preannunciato in Commissione l'intenzione di accedere all'invito al ritiro formulato dal relatore, anche perché su questa proposta di legge si apre una prospettiva che potrebbe rappresentare sicuramente un cuneo che ci dà la possibilità di andare avanti su altri prodotti. Lo stile del made in Italy, infatti, non comprende soltanto il settore calzaturiero e quelli che stiamo esaminando oggi, ma credo che sia una tutela da estendere ad altri prodotti. L'impegno della Commissione, del presidente e del relatore è di riprendere la materia e questo potrebbe essere un buon inizio.

Pag. 5

PRESIDENTE. Prendo atto che l'emendamento Monai 1.7 è stato ritirato.
Passiamo all'emendamento Pini 1.40.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Pini 1.40 formulato dal relatore.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro anche perché, se non ho capito male, c'è la disponibilità ad accettare un ordine giorno volto a specificare che il settore del mobile imbottito, oltre ad essere già ricompreso in qualche modo al comma 2 dell'articolo 1, verrà poi ulteriormente richiamato nella formulazione del regolamento previsto dai successivi articoli. Quindi, accedo all'invito al ritiro formulato dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Cuomo 1.45.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Cuomo 1.45 formulato dal relatore.

ANTONIO CUOMO. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro e presenteremo un ordine del giorno con analogo contenuto. Invitiamo il Governo a tener presente la richiesta, soprattutto quando il provvedimento passerà al Senato.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lulli 1.42, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sposetti, Coscia, Martinelli, Vernetti e Lunardi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 440
Astenuti 6
Maggioranza 221
Hanno votato
440).

Prendo atto che i deputati Laura Molteni, Mazzarella, Genovese, Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Froner 1.43, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sposetti, Sanga e Franzoso.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 445
Votanti 439
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato
439).

Prendo atto che i deputati Distaso, Bossa, Laura Molteni, Mazzarella, Genovese, Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Lulli 1.44.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Lulli 1.44. formulato dal relatore.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, a nome del presentatore, accedo all'invito al ritiro e ribadisco in questa sede e in questo momento che l'impegno del Partito Democratico è che il disegno di legge in oggetto sia unitariamente e rapidamente approvato dai due rami del Parlamento, al fine di vincolare il Governo a chiedere con forza all'Unione europea la trasparenza del prodotto, l'obbligatorietà dell'etichettatura, Pag. 6con l'indicazione del Paese di produzione «made in» e la tracciabilità del prodotto nazionale.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Lulli 1.44 accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sposetti, Fogliardi, Castagnetti, Zinzi, Tocci e Rampelli.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 460
Votanti 458
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato
457
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati De Pasquale, Genovese, Scilipoti, Castiello e Laura Molteni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 2624-A).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, preannunciamo il ritiro del nostro articolo aggiuntivo 2.02, anche se abbiamo qualche perplessità. Credo, però, data la disponibilità della Commissione tutta, maggioranza e opposizione, ad affrontare questo tema, che non è posto così tanto per sollevare una questione e creare imbarazzo o difficoltà per il prosieguo dei lavori, che il marchio Stile Italiano in alternativa al made in Italy possa portare sicuramente solo benefici al settore produttivo del nostro Paese, soprattutto a quello che esporta un progetto o un marchio.
Il made in Italy ha una sola grande difficoltà rispetto alle piccole e medie aziende, anche di un certo interesse: deve avere la tracciabilità del prodotto, che obbliga l'azienda nella gran parte della lavorazione a svolgere quel lavoro sul territorio nazionale.
Credo che se questa azienda, che non avrà sicuramente grandi difficoltà a vendere il suo prodotto in un certo settore e in una certa fascia di mercato, deve affrontare la concorrenza di Paesi importantissimi come la Cina, il Brasile e l'India, avrà sicuramente grandi difficoltà, perché se si fa fare quel prodotto in Italia con il costo del lavoro che c'è in Italia, si affronteranno quei mercati con molta difficoltà, o non si riuscirà ad affrontarli; per cui, si avrà una concorrenza alla quale non si può fare fronte.
Ecco perché proponevamo lo Stile Italiano: esso dava la possibilità di avere un prodotto disegnato e progettato in Italia con una certa eleganza e con un certo progetto e stile italiano, che poteva essere lavorato in nazioni diverse dall'Italia ed arrivare su mercati importanti come Cina, India e Brasile, dove quei prodotti a basso costo possono sfondare e fare concorrenza.
Credo che queste medie aziende abbiano una difficoltà anche nel marchio dell'etichettatura, nell'avere la tracciabilità su questi prodotti. Mi dicono che aziende medio-importanti abbiano 5 mila tipi di prodotti; su questi 5 mila tipi di prodotti, che vanno a comporre pochi capi, dovremmo dare una tracciabilità: le aziende non sono in grado di farlo.
Accetteremo, comunque, di ritirare l'articolo aggiuntivo Borghesi 2.02, anche perché vi è l'impegno di tutta la Commissione a discutere sicuramente di questo problema molto serio e a poter proporre Pag. 7una proposta di legge che verrà sicuramente accolta dalla Commissione e trasmessa in Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, prendo la parola sulla questione appena sollevata; però vorrei che dai banchi del Governo qualcuno ascoltasse, perché si tratta di un impegno preso dal Governo. Quindi mi piacerebbe che, se il Viceministro Urso potesse avere la compiacenza... Posso chiedere che il Viceministro Urso...

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, non distragga il Viceministro.

ANTONIO BORGHESI. Stavamo parlando della questione sollevata dal collega Cimadoro, ossia di aziende (ce ne sono e occupano migliaia di persone in Italia) che creano il prodotto in Italia, compiono l'ideazione e il progetto in Italia e lo producono poi da qualche parte e lo vendono. Non è giusto che tali prodotti portino la denominazione «made in Italy», ma bisogna dare uno strumento commerciale, perché tali aziende vendono nel mondo moltissimi di prodotti, riportando la creazione poi comunque al prodotto italiano.
Il 18 novembre è stato approvato un mio ordine del giorno su questo tema, per cui mi aspetto che il Governo, al di là del fatto che ritireremo la nostra proposta emendativa, effettivamente compia i passi necessari anche su tale questione, che - lo ripeto - riguarda comunque migliaia di posti di lavoro in Italia.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ENZO RAISI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Vico 2.40, perché esso necessita di risorse, quindi determinerebbe il blocco del provvedimento stesso. Consiglio, quindi, di presentare un ordine del giorno, che ritengo verrà accettato.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Froner 2.41 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.100.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Sanga 2.3 e 2.4, Lulli 2.5 e Vico 2.6.
Sull'articolo aggiuntivo Borghesi 2.02 mi esprimerò in seguito rispondendo all'onorevole Cimadoro.

PRESIDENTE. Il Governo?

ADOLFO URSO, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Vico 2.40.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Vico 2.40 formulato dal relatore.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, intervengo per ribadire l'importanza dell'emendamento in esame. Per tornare alla valutazione obiettiva delle ragioni dell'approvazione della proposta di legge, tra esse è la sua rapidità: accolgo quindi la proposta del relatore circa la trasformazione dell'emendamento in un ordine del giorno. Ritiro quindi il mio emendamento 2.40.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Froner 2.41, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sposetti, Bossa, Veltroni, Orlando, Nannicini, Fontanelli e Repetti.
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 8
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 495
Votanti 492
Astenuti 3
Maggioranza 247
Hanno votato
492).

Prendo atto che i deputati Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 della Commissione, sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Latteri, Sposetti, Servodio, Veltroni, Consolo, Coscia, e Capitanio Santolini.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 490
Astenuti 4
Maggioranza 246
Hanno votato
490).

Prendo atto che i deputati Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Sanga 2.3.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Sanga 2.3, formulato dal relatore.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, a nome del presentatore, accedo all'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Sanga 2.4.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Sanga 2.4, formulato dal relatore.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, a nome dei presentatori, accedo all'invito al ritiro dell'emendamento Sanga 2.4, nonché dell'emendamento Lulli 2.5; ritiro inoltre il mio emendamento 2.6.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Coscia, Sanga, Veltroni e Laratta.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 502
Votanti 498
Astenuti 4
Maggioranza 250
Hanno votato
498).

Prendo atto che i deputati Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati D'Incecco e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sull'articolo aggiuntivo Borghesi 2.02.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'articolo aggiuntivo Borghesi 2.02, anche perché giustamente, come ha spiegato il collega, abbiamo concordato di entrare nel merito di tali dettagli in una fase successiva. Esiste inoltre, da parte del Governo, l'impegno ad un confronto. Pertanto sicuramente avremo modo di introdurre Pag. 9quelle maggiori precisazioni in termini normativi che attendono anche molti esponenti del Parlamento.

PRESIDENTE. Ricordo che il Governo si rimette all'Assemblea.
Prendo atto che l'articolo aggiuntivo Borghesi 2.02 è stato ritirato.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 2624-A).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Contento 3.40.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si rimette all'Assemblea. Passiamo dunque all'emendamento Contento 3.40.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Contento 3.40 formulato dal relatore.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, non voglio mettere in imbarazzo il relatore, anche se devo fare un'osservazione.
L'articolo 3 presenta, nella stesura definitiva, due aspetti estremamente delicati: il primo è l'obbligo previsto per il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che non ottemperi ai prescritti controlli, che, sotto il profilo interpretativo, potrebbe portare ad esempio le autorità doganali ad effettuare controlli su tutte le operazioni, paralizzando sostanzialmente i traffici e il commercio che avvengono attraverso il sistema doganale.
Com'è noto il sistema doganale svolge dei controlli che rispondono a particolari caratteristiche: sono controlli a campione che vengono utilizzati sulla base di indicatori relativi alla cosiddetta pericolosità del rapporto commerciale sottostante.
È evidente quindi che questa disposizione dovrà quanto meno essere rivista al Senato perché, come ho anticipato, diversamente potrebbe portare a conseguenze estremamente negative.
La seconda questione è ancora più delicata e mi rivolgo al Governo e agli estensori, pur sapendo che il Governo si è rimesso all'Assemblea. Recentemente abbiamo approvato due disposizioni normative in materia sanzionatoria per quanto concerne la violazione dell'etichettatura del cosiddetto made in Italy: la prima è contemplata dalla legge finanziaria per il 2004 (mi riferisco all'articolo 4 della legge n. 350 del 2003) e punisce appunto la falsa o fallace indicazione; la seconda è il decreto-legge approvato pochi giorni fa proprio in quest'Aula che adempie ad obblighi comunitari, il cui articolo 16 si occupa sempre del 100 per cento made in Italy o del «tutto italiano». In entrambe queste disposizioni la sanzione è di carattere penale e rinvia all'articolo 517 del codice penale vigente.
L'attuale provvedimento, che è stato predisposto dalla Commissione, modifica questa impostazione ed applica una sanzione amministrativa nel caso in cui la violazione non sia reiterata. Il risultato è abbastanza paradossale perché, mentre nelle altre tipologie di prodotti, se utilizzo l'etichetta made in Italy in maniera non appropriata rispondo penalmente, per quanto riguarda esclusivamente i prodotti tessili - che dovrebbero essere ancora più tutelati rispetto agli altri - mi verrebbe applicata una sanzione amministrativa (questo senza dire di altre caratteristiche dell'articolo 3, come la reiterazione che comporta la sanzione penale tipica dell'associazione per delinquere senza alcun principio di proporzionalità e l'altro aspetto relativo all'applicazione della sanzione amministrativa nel caso in cui la violazione sia perpetrata da un'impresa, che non risponde a criteri di carattere sanzionatorio ed ai principi vigenti nel nostro ordinamento). Pag. 10
Sono disponibile a ritirare il mio emendamento 3.40 però mi permetto di chiedere al relatore una valutazione di quanto stiamo facendo, perché mentre l'emendamento che ho presentato - e concludo - mantiene l'unicità del sistema e quindi sanziona anche la violazione dei prodotti tessili a cui questa proposta mira con le più rigorose norme penali di cui all'articolo 517 del codice penale, la proposta di legge in esame opera una discriminazione di modo che chi opera nel made in Italy nel settore tessile non verrebbe punito come avviene per gli altri prodotti, ma riceverebbe semplicemente una sanzione amministrativa. Mi rimetto dunque alla volontà del relatore, cui ho esposto le questioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ENZO RAISI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, ringrazio anzitutto l'onorevole Contento. Come lui sa, la Commissione ha in qualche modo approvato ed inserito molti dei rilievi che la Commissione giustizia, nella quale è stato relatore, ha mosso su questo provvedimento.
Sul tema specifico ho ascoltato attentamente il collega Contento e comprendo alcune delle perplessità che ha espresso. Debbo dire che è prevalsa nella Commissione l'idea che la sanzione amministrativa ha sicuramente più facilità nell'applicazione rispetto a quella penale (si crea però quel problema che diceva l'onorevole Contento).
Considerato che vi sarà comunque una seconda lettura al Senato, il mio suggerimento è quindi quello di approfondire questo tema e le questioni poste dall'onorevole Contento e in questa fase di soprassedere, invitandolo al ritiro del suo emendamento e lasciando poi eventualmente all'altro ramo del Parlamento la possibilità di approfondire quanto ha in questa sede proposto.

PRESIDENTE. L'emendamento Contento 3.40 si intende pertanto ritirato dal presentatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Boniver, Sposetti, Traversa... l'onorevole Calderisi ha votato... onorevole Mazzuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 510
Votanti 505
Astenuti 5
Maggioranza 253
Hanno votato
505).

Prendo atto che i deputati Scilipoti e Castiello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati D'Incecco e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2624-A).
Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.100 della Commissione, nella parte dispositiva dell'ordine del giorno Ventucci n. 9/2624-A/1, le parole: «il regolamento del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «il regolamento del Ministro della salute».
L'onorevole Simonetti ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Reguzzoni n. 9/2624-A/2, di cui è cofirmatario.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine del giorno Pag. 11Reguzzoni n. 9/2624-A/2 di cui sono cofirmatario. Come è già stato annunciato dal Governo, questo provvedimento pare prefigurare un contenzioso con l'Unione europea. Noi chiediamo il contrario: chiediamo che sia lo Stato italiano a dimostrare correttezza, onestà e coerenza nei confronti dell'Unione europea che cerca sempre di dettare leggi, ma mai di difendere il manifatturiero nei fatti e nelle leggi. Ecco, quindi, che chiediamo un impegno al Governo per assumere le iniziative più opportune presso le competenti istituzioni europee affinché vengano previste normative tese a difendere il made in Italy. Abbiamo la necessità che l'Europa segua questa posizione che il Parlamento si accinge ad esprimere con votazioni all'unanimità. È una battaglia a difesa delle imprese e delle maestranze italiane e soprattutto di tutti quei prodotti che da troppo tempo vengono copiati e contraffatti. Anche il discorso dello stile italiano può essere una chiave di volta per rendere inefficace l'operazione che mette in campo questa proposta di legge. Dobbiamo dare corpo al savoir faire italiano, e soprattutto padano, perché le imprese tessili sono di fatto quasi tutte in Padania; io provengo dal distretto di Biella e lo posso certificare senza problemi.
Chiediamo quindi un impegno convinto, serio e forte al Governo perché assuma delle iniziative in Europa affinché - torno a dirlo - ciò che deliberiamo oggi venga recepito anche in sede europea. Forse l'Europa con il contenzioso potrà aprire anche un grande dibattito politico, serio ed europeo, che vada oltre alla semplice misurazione dei vegetali che attualmente rappresenta la politica tipica dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per sapere se il mio ordine del giorno relativo all'emendamento ritirato è stato acquisito agli atti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno da lei sottoscritto è il n. 9/2624-A/6.

GIANLUCA PINI. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ADOLFO URSO, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ventucci n. 9/2624-A/1, nel testo modificato, mentre accetta gli ordini del giorno Reguzzoni n. 9/2624-A/2 e Raisi n. 9/2624-A/3.
Il Governo, infine, accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Burtone n. 9/2624-A/4, Dal Lago n. 9/2624-A/5 e Pini n. 9/2624-A/6.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Ventucci n. 9/2624-A/1, nel testo modificato accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Reguzzoni n. 9/2624-A/2, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Raisi n. 9/2624-A/3, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Burtone n. 9/2624-A/4, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Dal Lago n. 9/2624-A/5, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pini n. 9/2624-A/6, accolto dal Governo come raccomandazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Pag. 12

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sia anzitutto consentito di esprimere una valutazione positiva sui lavori che si sono svolti in Commissione per la piena collaborazione che vi è stata tra i gruppi di maggioranza e di minoranza ed esprimere al presidente Gibelli un giudizio positivo mio e del gruppo dell'MpA per come conduce i lavori della Commissione attività produttive.
I dati sulla crisi del settore tessile sono pesantissimi. Dal 2000 al 2008 le imprese sono diminuite del 37,1 per cento. Hanno chiuso i battenti ben 1.867 aziende. Nello stesso periodo si sono persi circa 9 mila posti di lavoro cioè il 34,9 per cento dell'intero settore. La crisi economico-finanziaria che ha interessato anche il nostro Paese ha finito con il ripercuotersi ulteriormente su una situazione già particolarmente difficile. Emblema di questa condizione è Prato dove ha sede uno dei distretti industriali più importanti del settore tessile italiano. Prato ha 200 mila abitanti e vede la presenza di ben 20 mila cittadini cinesi dei quali 5 mila vivono in Italia da irregolari. Riferendosi a questa realtà qualcuno ha avuto modo di parlare di una sorta di distretto parallelo a quello regolare: una realtà che non si vede ma che è ben presente, che produce senza dover pagare le tasse e i contributi previdenziali ed è esentata totalmente dal pagamento dei tanti balzelli ai quali sono sottoposte le industrie italiane. Ed è proprio l'industria tessile italiana a fare le spese di una situazione che non penalizza solo Prato. Quanti sono i distretti paralleli presenti nel nostro Paese? In quale misura la produzione parallela di scarsa qualità spesso mirata alla sola contrattazione incide sull'economia della produzione tessile italiana? Solo un anno fa, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione comune sostenuta da quasi tutti i gruppi politici che sottolineava come il 70 per cento di tutte le merci contraffatte che entrano nel mercato europeo proviene dalla Cina e che la metà di tutte le procedure doganali europee contro la contraffazione riguarda il settore tessile e dell'abbigliamento.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando si parla di made in Italy, in particolar modo all'estero, si richiama e si trasmette un'idea di qualità legata sostanzialmente al prodotto italiano, alla produzione tessile, calzaturiera e ad ogni altro prodotto che può essere associato al mondo della moda. Il made in Italy si è diffuso proprio grazie all'elemento qualità, alla capacità cioè di saper coniugare le idee, la creatività, l'attenzione ai materiali utilizzati ed al pregio delle lavorazioni. Tuttavia, le dinamiche economiche condizionano non poco le nostre produzioni e incidono sulla diffusione dei nostri prodotti all'estero. Le imprese che operano in questo settore devono affrontare ora un contesto molto più complicato, apertamente condizionato dalla competizione quasi sempre sleale delle produzioni cinesi. A questo si aggiunge il problema concreto della contraffazione che costituisce ormai un problema di portata incommensurabile: un vero e proprio scippo per le nostre aziende e per il settore della moda che finisce con l'essere certamente uno dei più colpiti.
A farne le spese sono innanzitutto i lavoratori, che vedono costantemente diminuire gli ordinativi per via della diffusione sempre crescente di falsi d'autore, imitazioni quasi perfette che inducono i consumatori a scegliere prodotti che costano un decimo di quelli originali.
Alla luce dei dati esposti e della situazione delineatasi per via della concorrenza sleale e del proliferare di prodotti contraffatti, il Movimento per l'Autonomia - Alleati per il sud ha inteso sostenere il disegno di legge che ora quest'aula si accinge a votare, un disegno di legge che nasce dall'esigenza di tutelare ulteriormente la nostra produzione. È per queste ragioni, signor Presidente, che il Movimento Pag. 13per l'Autonomia - Alleanti per il sud voterà a favore del provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, le ragioni per le quali non si può votare a favore del provvedimento in esame sono state esposte dal Governo: si tratta di una normativa che viola le norme europee e dunque è totalmente incomprensibile come questo Parlamento, avvertito di tale circostanza dal Governo, voglia persistere nel votare un provvedimento che, se approvato definitivamente dal Senato, ci porterebbe direttamente davanti alla Corte europea. Le etichettature obbligatorie possono essere stabilite soltanto dall'Unione europea e possono riguardare soltanto le produzioni in Europa. Se questi sono i fatti, allora i proponenti di questa norma dovrebbero trasformare questo paradossale progetto di legge in una mozione che impegni il Governo italiano, come ci ha detto il sottosegretario, a sollecitare una normativa europea. Ogni altra cosa costituisce un errore fondamentale, che questo Parlamento spero non voglia fare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, anche il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore del provvedimento in esame, anche se non nasconde qualche difficoltà rispetto all'approccio, ma comunque vi sono possibilità e speranze che ci danno la consapevolezza che votare il provvedimento in esame può portare vantaggio e beneficio al nostro Paese e soprattutto alle nostre imprese.
Riteniamo comunque che vi siano difficoltà, anche perché aggiungiamo burocrazia ad una burocrazia già abbastanza avanzata e sviluppata sul nostro territorio. Credo però - e questo non sfuggirà a nessuno - che il vantaggio possa essere dato anche dal fatto che si possa fare riuscire ad emergere comunque un mercato ed un prodotto che oggi viene commercializzato in maniera clandestina, viene prodotto in maniera clandestina, sfugge al fisco e sfugge al controllo dello Stato. Credo che il provvedimento in esame possa quanto meno porre qualche difficoltà a queste aziende, («aziende» per così dire, perché producono anche in modo scorretto e fanno concorrenza in modo sleale a chi produce in modo serio).
La difficoltà che abbiamo espresso rispetto al made in Italy è una e la ripeto in questa dichiarazione di voto, anche se abbiamo già fatto la nostra osservazione con l'emendamento ritirato e spiegato in precedenza. Credo che dovremmo dare una possibilità a quelle migliaia di aziende che sono sul nostro territorio e non sono in grado di produrre o di mettere sul mercato il made in Italy, ma sono aziende serie, che sono sviluppate su tutto il territorio nazionale, che esistono da decenni sul nostro territorio, sviluppando un progetto sul territorio, dando lavoro sul territorio nazionale a centinaia di stilisti e di architetti per altri prodotti tipo mobili o altro e fanno produrre poi quel prodotto in Paesi dove il costo del lavoro è significativamente inferiore rispetto al nostro. Abbiamo dato addirittura incentivi a queste aziende affinché andassero a produrre in Paesi meno sviluppati del nostro come costo del lavoro. Oggi queste aziende avranno difficoltà a mantenere la concorrenza rispetto ai grandi, grandissimi mercati che oggi affrontano lo stesso mercato: parlo di Paesi come la Cina, l'India, il Brasile, Paesi che hanno la capacità di poter produrre questi prodotti a costi bassissimi ed hanno la capacità e la forza di invadere un mercato che oggi non riusciamo a fronteggiare.
Comunque, visto l'impegno preso da tutti in Commissione, spero che questo sia l'inizio di un provvedimento che dia, poi, la possibilità ad altri di sviluppare e programmare tutto il comparto di una serie di prodotti, che metteranno in sicurezza e consentiranno, anche con lo stile italiano, di far fronte al mercato e a tutta la Pag. 14concorrenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, prima di svolgere la dichiarazione di voto vera e propria, vorrei sottolineare alcune questioni.
Innanzitutto, vorrei evidenziare che il gruppo dell'Unione di Centro ha presentato con grande anticipo la proposta di legge sul made in Italy, rispetto a quella presentata dal Governo e dagli altri gruppi parlamentari. Oggi, aver svolto in Commissione un lavoro di unanimità permette a tutti i presentatori dei provvedimenti sul made in Italy di vedere rappresentate in quest'unica proposta di legge le preoccupazioni di ogni gruppo politico.
Credo che dobbiamo partire da una considerazione importante: quella delle condizioni critiche in cui versano alcuni nostri settori (in particolare, il settore manifatturiero), che devono combattere ogni giorno - lo abbiamo detto, anche in passato, più volte - con una concorrenza sleale per quanto riguarda sia la manodopera, sia il marchio che, spesso, viene contraffatto.
Speriamo e siamo fiduciosi che il provvedimento in esame, approvato all'unanimità, che dà forza al marchio made in Italy, possa essere un momento per rilanciare il nostro prodotto nel mondo. Certamente, non sta me ricordare - ma è bene sempre ricordarlo - quale sia la forza del made in Italy nel mondo. Credo che un Paese, che ha fatto del suo marchio e del suo stile un modello di esportazione, debba difenderli a tutti i costi, anche con provvedimenti come questo. Credo anche che vada evidenziato come questo provvedimento sia uno dei rarissimi casi bipartisan in questa legislatura, forse perché il tema della tutela e della difesa dei prodotti italiani, ed anche dei consumatori, mette tutti d'accordo.
Forse, avremmo dovuto farlo anche prima perché, mentre i nostri maggiori partner europei - Stati Uniti, Canada, Giappone e, persino, la Cina - avevano introdotto il marchio di origine controllata, noi, forse, abbiamo lasciato - passatemi il termine - colpevolmente, che il nostro made in Italy fosse preda di Paesi fortemente orientati al mercato illegale dei prodotti contraffatti. Infatti, l'unico mercato che non ha conosciuto crisi è quello del falso e della contraffazione.
Ci auguriamo che quel famoso giro d'affari, pari a circa 7 miliardi e mezzo di euro, possa miseramente crollare con questo nostro provvedimento, che aiuta, in particolare, settori come, ad esempio, l'abbigliamento.
La contraffazione rappresenta una vera e propria piaga, che non si limita più, purtroppo, solo alla clonazione dei prodotti di lusso ma, ormai, si è orientata anche verso generi di largo consumo: si pensi ai prodotti alimentari, ai giocattoli e ai prodotti farmaceutici.
Noi riteniamo che solo attraverso la tracciabilità, l'etichettatura, il marchio e la riconoscibilità dell'origine dei prodotti manifatturieri potranno garantirsi non solo la sicurezza e la tutela dei prodotti stessi, ma anche la tutela e la garanzia per chi acquista e, quindi, la salute dei cittadini.
Non credo, signor Presidente, che vi sia altro da aggiungere, se non sperare che il Governo, entro tre mesi, dia subito seguito, con un decreto di attuazione, a questa proposta di legge, votata in maniera - voglio anche dirlo - così bella da un Parlamento che vuole fare le leggi, signor Presidente. Questa, infatti, è la prova che quando il Parlamento è chiamato a fare le leggi, non si sottrae, né dietro un articolo, né dietro problemi di sorta. Il Parlamento è questo: è l'organo per fare le leggi! Ed io approfitto per ricordarlo ancora una volta: quando il Parlamento è chiamato al suo compito precipuo - fare le leggi - non si sottrae e non si nasconde, né maggioranza né opposizione!
Ci auguriamo che il Senato approvi subito questa nostra proposta di legge e che, così, diventi attuale un provvedimento che noi riteniamo importante.

Pag. 15

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, onorevoli deputati, questa proposta di legge introduce l'etichettatura obbligatoria sui prodotti tessili, dell'abbigliamento, dell'arredo casa, delle calzature e della pelletteria. L'etichetta non sarà più semplicemente un obbligo doganale, ma dirà a chi acquista dove è stato fatto il prodotto. È una proposta di legge che in tanti, da anni, richiedono, ma solo oggi sembra vi siano le condizioni per ottenerla con un consenso ampio.
Un grazie subito e non di maniera al Governo, il quale, tenendo la posizione neutra espressa dal Viceministro Urso in quest'Aula e più volte dal Ministro Ronchi, consente di far sentire con forza in Europa la voce del nostro Parlamento.
La produzione e la commercializzazione dei tessuti di qualità sono da sempre un vanto della nostra economia e del nostro tessuto produttivo. Dagli albori della storia, il nostro Paese è sempre stato all'avanguardia nel selezionare le migliori materie prime, nell'elaborare nuovi metodi di creazione, tintura e lavorazione: basti citare, ad esempio, la lavorazione della lana con l'ordine degli Umiliati, che, partendo dal milanese, costruì con i suoi conventi una prosperosa industria che si diffuse in tutta Italia; oppure le corporazioni come l'Arte della lana, l'Arte dei tintori, l'Arte della seta, le quali contribuirono al Rinascimento, rendendo grandi Firenze, Vicenza, Bologna e i mille comuni del nostro Paese. Anche nella storia più recente, l'industria tessile è stata motore del miracolo economico, nell'alto milanese, nel biellese, nel bergamasco, nel comasco, in tutto il Veneto, in Toscana e in molti distretti di tutto il Paese.
Tuttavia, noi, qui, oggi, non vogliamo parlare solo del passato, vogliamo parlare soprattutto del presente e del futuro. Vi riporto alcuni dati, che rubo qua e là dagli interventi dei colleghi Vico, Fava, Cimadoro, Simonetti. Ad esempio, sono decine di migliaia le medie, piccole e micro aziende che operano in questi comparti. È stato calcolato e opportunamente ricordato ieri che il fenomeno della contraffazione costa alla sola Lombardia 3,2 miliardi di euro all'anno. Una perdita di fatturato di 3,2 miliardi di euro all'anno vuol dire 100 mila posti di lavoro: sono numeri importanti che è bene tener presente.
Tutti insieme, i settori oggetto della nostra proposta di legge - il tessile, le calzature, l'abbigliamento, l'arredo casa, la pelletteria - danno lavoro ad oltre un milione di persone e costituiscono una colonna portante ed irrinunciabile per il nostro Paese. Oggi rischiamo di compromettere questa immagine, che è uno dei nostri punti di forza. Rischiamo di vedere prodotti di bassa qualità e di dubbia provenienza, spacciati come prodotti tipici delle capacità artigianali del nostro settore industriale. In tal modo, rischiamo anche di mettere a repentaglio la salute dei nostri cittadini, i quali sono abituati a confidare nella qualità del nostro prodotto tessile. Infine, rischiamo di vedere irrimediabilmente danneggiata la nostra immagine nel mondo.
La proposta di legge che tra poco voteremo dà una risposta a queste preoccupazioni, introducendo un sistema di tracciabilità: l'etichetta non dirà più dove è stata fatta l'ultima lavorazione, ma dove effettivamente è stato fatto il prodotto. Noi consumatori avremo maggiori informazioni sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti che andiamo ad acquistare. Potremo finalmente avere la possibilità di selezionare e indirizzare le nostre scelte verso prodotti di qualità, che rispettino la salute umana e l'ambiente.
Dunque, innanzitutto, è una proposta di legge per tutelare i consumatori, ma che aiuta anche le nostre industrie in un momento di grave crisi. Non si vogliono aiuti statali, incentivi, defiscalizzazioni o soldi. Le aziende tessili devono fare il loro mestiere, ma per poter lavorare, come sempre hanno fatto da generazioni, c'è bisogno di regole chiare e soprattutto Pag. 16uguali per tutti - cara Unione europea, uguali per tutti - diciamolo tutti insieme con forza!
È stato detto che questa non è una legge protezionistica, anzi, è il contrario: è una legge che apre alle esigenze del consumatore e del libero mercato. Purtroppo, però, il mercato stesso è stato oggetto a volte di misure scorrette da parte di Stati sovrani. Quello che non si può più accettare, cara Unione europea, è che misure che valgono per altri settori non valgano anche per noi.
Il Ministro Zaia ha dimostrato che in Europa ci si può confrontare e si può vincere. Non a caso, il movimento spontaneo, grazie anche al quale oggi siamo qui con questo testo, si autodefinisce come quello dei «contadini del tessile». Uno scatto di orgoglio e una rivendicazione di principio cui voglio dire pubblicamente grazie; grazie per aver posto il problema, grazie per averci fatto riscoprire l'orgoglio di chiamarci produttori. Perché sia chiaro e inconfutabile che il nostro è un passato manifatturiero occorre riaffermare con forza che vogliamo continuare a produrre e a lavorare e vogliamo farlo in condizioni di lealtà e spirito concorrenziale.
Molti anni fa, quando Umberto Bossi per primo ha posto questi problemi, i tanti signorotti e signorini hanno storto il naso; poi Paesi come gli Stati Uniti, il Giappone e la stessa Cina hanno approvato leggi simili alla nostra. Oggi tutti riconoscono la validità delle nostre argomentazioni. Non ci può essere reale concorrenza e mercato veramente libero se non ci sono condizioni di reciprocità e lealtà.
La commercializzazione del prodotto finito dell'Estremo Oriente avviene a prezzi incredibili e alcuni Stati applicano politiche di dumping. Pensiamo anche alla salute, ad esempio alle tanti dermatiti allergiche provocate dal contatto della cute con tessuti realizzati con sostanze pericolose. Quante allergie potrebbero essere limitate attraverso l'uso di prodotti tessili di qualità?
Dunque, trasparenza della produzione, obbligatorietà dell'etichettatura con indicazione del Paese di produzione e tracciabilità del prodotto, ma ogni legge che sia efficace deve poi prevedere adeguati controlli, come sa bene il presidente Cota, che ha combattuto per anni contro la contraffazione e l'abusivismo. Questa proposta di legge migliora molto i controlli. È risaputo che nei porti italiani arrivano centinaia di contenitori sdoganati in modi sospetti, nei quali si trovano prodotti realizzati in Cina - magari utilizzando materiali e coloranti dannosi - e recanti già l'etichetta del made in Italy. A tutto questo occorre porre fine.
Nell'annunciare, pertanto, il voto favorevole del gruppo della Lega Nord, mi compiaccio del clima positivo che consente oggi di cogliere un importante risultato a favore dell'industria e della manifattura italiana. Grazie dunque, grazie al lavoro di chi mi ha preceduto negli anni e grazie alla collaborazione attiva di molti colleghi, dall'onorevole Lulli all'onorevole Vignali, al relatore Raisi, al presidente Gibelli, a tutti i colleghi della X Commissione e ai 135 cofirmatari che voglio ringraziare tutti insieme.
Votando con convinzione questo provvedimento trasmettiamo tutti uniti un segnale forte all'Europa, ma diamo anche un segnale al Paese: sui temi importanti si possono fare riforme vere e condivise in un clima che non è di scontro, ma è costruttivo nell'interesse di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, il provvedimento che ci apprestiamo a votare questa mattina rappresenta una sfida del Parlamento italiano all'Unione europea. Non voglio nascondermi dietro un dito, si tratta di un atto politico.
Ho apprezzato in questi anni il lavoro del Viceministro Urso e anche l'atteggiamento che lo stesso ha tenuto in Aula rimettendosi alla volontà dell'Assemblea: è un atteggiamento condivisibile. Ora, però, il Governo dovrà far valere in Europa la decisione che qui ci apprestiamo ad assumere Pag. 17e lo voglio dire invitando anche il Presidente del Consiglio, se ne avrà la bontà, ad occuparsi dei problemi veri del nostro Paese.
Non possiamo accettare che l'Unione europea sia l'unico grande mercato nel mondo che non prevede l'etichettatura obbligatoria di origine delle merci. Questo è un fatto che non può trovarci d'accordo. Sappiamo bene che la legge presenta profili problematici, ma occorre anche tenere presente un'altra considerazione. L'Unione europea fino ad oggi ha fatto prevalere nelle sue posizioni l'ancoraggio al principio per cui alla libera circolazione delle merci non devono essere frapposti ostacoli, che rappresenta un tratto costitutivo dell'Unione europea.
Ma sappiamo anche che c'è un altro punto, altrettanto costitutivo dell'Unione europea, che rivendica la pienezza dell'informazione al consumatore finale ed è su questo che crediamo debba essere fatta la battaglia nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Attenzione: questo è un punto delicato anche per affrontare la questione della crisi economica e del rilancio dell'economia che avverrà, quando avverrà, con il superamento della crisi globale di cui siamo oggi spettatori. Infatti, quando i consumi ripartiranno, essi saranno più consapevoli ed il consumatore avrà necessità di avere un'informazione più corretta rispetto al prodotto che si accinge ad acquistare o a consumare.
È su questa linea che dobbiamo far valere le ragioni della nostra economia e, quindi, dei punti di forza del nostro apparato industriale e della nostra industria manifatturiera. Non so se molti ne sono a conoscenza, ma riflettiamo su un dato di fatto della nostra realtà: il valore aggiunto dell'industria italiana dell'abbigliamento e della moda è stato, nel 2006, di 26 miliardi di euro, ossia superiore alle cifre di valore aggiunto complessivo delle industrie aerospaziali di Francia, Regno Unito e Germania messe insieme.
L'industria italiana dell'arredo casa, per la dimensione e il suo valore aggiunto, pari ad oltre 16 miliardi di euro nel 2006, è più importante dell'industria degli apparecchi radio, TV e di telefonia di Finlandia, Svezia e Gran Bretagna considerate insieme. Quello che voglio dire è che dobbiamo anche difendere, per valorizzarlo, il nostro apparato economico, il che significa difendere il lavoro, il piccolo imprenditore, l'artigiano, lavoratrici e lavoratori che insieme danno un valore aggiunto importante al nostro Paese.
Del resto, anche nell'ultimo anno, il valore del nostro export si è retto, nonostante la crisi, sulla nostra industria manifatturiera. Parliamo comunque di un lavoro che dà 45 miliardi di surplus nel settore manifatturiero; anche nell'ultimo anno di crisi del nostro Paese i settori del made in Italy hanno quindi realizzato questo risultato.
È qui che si colloca la battaglia. Da quindici anni portiamo avanti questa battaglia con risoluzioni votate dalla Camera dei deputati nella XIII, nella XIV, nella XV legislatura e, nonostante questo, ancora il problema non è stato risolto. Attenzione: non più tardi di due anni fa, il Wall Street Journal ha sferrato un attacco alle nostre produzioni, indicando il fatto che si produce a costi asiatici e si vende a prezzi europei. Questo può minare il valore della nostra produzione e della nostra economia.
Bisogna fare un'ulteriore riflessione. Si dice di fare attenzione al protezionismo. Non siamo protezionisti e saremmo dei folli a pensare che in questo settore si possa adottare una politica protezionistica. D'altra parte, un prodotto come una camicia è uno dei prodotti più internazionalizzati da oltre un secolo e non è questo il punto in discussione.
Il punto in discussione è costruire la tracciabilità, dare corretta informazione e sollecitare anche la nostra migliore imprenditoria a giocare la carta della qualità e della trasparenza.
Infatti, lo voglio dire con molta nettezza: non è possibile che ci siano prodotti, magari come una sciarpa che si vende a 400 euro ed è prodotta in Vietnam. Perché attenzione: se si riesce a vendere a 400 euro una sciarpa (o una borsa o quello che Pag. 18volete) prodotta nel sudest asiatico semplicemente facendo riferimento alle capacità dell'imprenditore a imporre il proprio marchio, non c'è nulla da dire.
Ma se questo avviene facendo finta che la produzione sia stata realizzata altrove e cioè sul territorio nazionale, questo non è più accettabile perché significa distruggere la filiera produttiva e togliere lavoro ai nostri artigiani. Significa mandare a casa decine di migliaia di lavoratrici e di lavoratori. Questa sfida non possiamo accettare che non venga colta fino in fondo. Non ho nessuna remora a dire che l'internazionalizzazione del processo produttivo è una risorsa e una realtà e che noi dobbiamo giocarla fino in fondo, così come la sfida dell'innovazione di prodotto, della necessità di far leva sulla nostra filiera produttiva tradizionale col saper fare tradizionale per innestare i nuovi saperi.
Ma attenzione: se non diamo una battaglia sulla trasparenza e anche sulla valorizzazione delle nostre filiere e del nostro saper fare, noi non avremo più la condizione neppure di andare sull'hi tech, perché, mentre è possibile, mantenendo la filiera, fare un tessuto o delle scarpe hi tech, se perdiamo il nostro saper fare di base non avremo la possibilità di vincere neppure in quella direzione.

PRESIDENTE. Onorevole Lulli, la prego di concludere.

ANDREA LULLI. È per questi motivi che noi esprimeremo un voto favorevole. Sappiamo che è un voto che riguarda una sfida nei confronti dell'Unione europea. Siamo consapevoli di questo però pensiamo che questa battaglia vada fatta fino in fondo perché è un punto fondamentale di rafforzamento della nostra economia e, tutto sommato, è un aiuto, un modo di dire che la politica è vicina a chi lavora e chi soffre e a chi si tira su le maniche per andare avanti in questa situazione difficile (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, due giorni fa sul Corriere della Sera il professor Quadro Curzio in un articolo molto bello, intitolato «Riforme utili per la ripresa», invitava la classe politica ad intensificare le riforme a costo zero, soprattutto quelle improntate al principio di sussidiarietà. Il provvedimento che votiamo oggi va esattamente in questa direzione: è uno dei provvedimenti importanti che in questa legislatura hanno segnato un forte impegno del Parlamento e anche del Governo per la difesa della nostra produzione. Penso al provvedimento sul full made in Italy del decreto Ronchi, penso all'impegno a Bruxelles del Ministro Scajola e del Viceministro Urso per il made in, al lavoro del Ministro Zaia. Non ultima è questa proposta di legge parlamentare, per la quale debbo innanzitutto ringraziare il proponente Reguzzoni per l'impegno e la determinazione che ha dimostrato nel portarlo avanti, così come ringrazio anche tutti i colleghi della Commissione per l'ottimo lavoro che si è fatto insieme.
Difendere il made in Italy significa difendere l'economia reale e quegli imprenditori che non hanno preso scorciatoie, come ricordava adesso il collega Lulli, per la competitività, ma che hanno accettato la sfida della qualità. Non hanno accettato semplicemente di competere abbattendo uno dei costi dei fattori della produzione. Ad esempio il costo del lavoro con le delocalizzazioni selvagge che oggi, a distanza di pochi anni, già dimostrano tutti i loro limiti.
Molte imprese hanno semplicemente prolungato un'agonia. Di quelle che hanno fatto così molte stanno tornando indietro, perché si rendono conto che è la capacità di fare e saper fare ad essere il patrimonio vero della nostra impresa non assolutamente surrogabile in altri paesi. Quanto alla capacità di fare bene siamo veramente i primi al mondo avanti a tutti. È innanzitutto il riconoscimento di questo impegno, di chi non ha seguito le sirene dei guru dell'economia, che invitavano a occuparsi Pag. 19di finanza e di abbassare i costi, ma che invece hanno accettato la sfida della qualità.
In questo modo hanno salvato l'occupazione di questo nostro Paese. Sono le imprese che innovano, anche se è un'innovazione sommersa, come ha evidenziato la settimana scorsa un settimanale economico con un servizio molto bello su questo aspetto: proprio perché l'innovazione avviene all'interno delle imprese questa innovazione non la si riesce a leggere, ma invece c'è; c'è più innovazione di prodotto che di processo, nonostante quanto si pensi.
Mai però come in questo momento di difficoltà per la nostra economia noi come classe politica siamo chiamati a difendere il patrimonio di conoscenze e di competenze delle nostre produzioni. È stato giustamente ricordato che non si tratta in nessun modo di un provvedimento di tipo protezionistico, non è assolutamente nelle nostre intenzioni; anzi questo provvedimento segna esattamente una cultura economica contraria rispetto al protezionismo, questo è realmente un provvedimento che tutela diversi fronti. Innanzitutto è tutela della vera concorrenza: combattere la concorrenza sleale non è protezionismo, anzi è tutela di chi compete e concorre in modo serio e ad armi pari. Ma è anche e soprattutto una grande tutela dei consumatori, perché è chiaro che il consumatore deve sapere cosa compra e dove è prodotto quel bene che sta acquistando, in tutta la sua filiera. In questo modo è anche tutela della salute: è stato ricordato da diversi interventi anche ieri che nelle produzioni all'estero che poi vengono spacciate come made in Italy ci sono anche problemi di sostanze fortemente dannose alla salute. È anche una grande tutela dell'ambiente, ma soprattutto - e su questo vorrei insistere - è non solo la tutela delle nostre piccole e medie imprese, che pure se lo meritano, ma è la tutela del lavoro e dell'occupazione. Io francamente avrei voluto vedere più impegno anche da parte delle associazioni dei consumatori e dei sindacati sulla difesa e la valorizzazione di un provvedimento come questo, lo dico senza polemica ma perché è evidente che questo provvedimento mira a mantenere l'occupazione in Italia, un'occupazione vera e sana.
Le associazioni delle imprese artigiane e gli stessi imprenditori chiedono provvedimenti come questi da anni, che sono i migliori provvedimenti. Ma lo ripeto, li chiedono soprattutto i nostri imprenditori. Questo provvedimento allora è molto importante anche se dobbiamo essere consapevoli che su questa battaglia siamo ancora all'atto primo, c'è ancora molto da fare. È stata giustamente sottolineata la necessità di approvare provvedimenti analoghi anche per gli altri settori del made in Italy: il legno d'arredo, l'oggettistica per la casa, tutto il grande fronte delle nostre produzioni. Ebbene, questa legge che oggi approviamo in prima lettura è sicuramente un importante cuneo che noi infiliamo nella legislazione italiana a favore del nostro sistema di produzione.
Siamo all'atto primo, dobbiamo e possiamo fare di più, molto di più. Possiamo fare di più in Italia, allargando tale normativa agli altri settori, intensificando la lotta alla contraffazione che spesso viene fatta utilizzando lavoro nero, lavoro clandestino e lavoro minorile; su questo aspetto non abbiamo alzato ancora abbastanza la guardia, dobbiamo essere ancora più decisi. Ma soprattutto dobbiamo fare di più in Europa e nelle sedi internazionali, compreso il WTO. Dobbiamo fare in quelle sedi ciò che spetta alla politica. Agli imprenditori chiediamo di avere coraggio, di continuare a investire in qualità e di affrontare i mercati globalizzati; da parte nostra non dobbiamo sostituirci a loro, ma dobbiamo difendere questo loro lavoro nelle sedi che sono proprie della politica. Loro già fanno tanto, fanno tantissimo: noi parliamo sempre di PIL e di occupazione e ci dimentichiamo che il PIL e l'occupazione li creano le nostre imprese, in Italia soprattutto le imprese del made in Italy. Questo non dobbiamo dimenticarcelo mai, ma noi dobbiamo essere concretamente, come lo siamo oggi, tutti insieme al loro fianco. Pag. 20
Il consenso bipartisan che abbiamo registrato, lo ripeto, dalla firma della proposta di legge al lavoro in Commissione, al lavoro di quest'oggi in Aula, credo che sia un segnale importante per la riscossa di questo Paese, che se lo merita, e dei suoi imprenditori che sono la sua vera risorsa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ENZO RAISI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, vorrei ringraziare ovviamente tutti i funzionari della Commissione, nonché ringraziare i componenti della Commissione stessa. Questo provvedimento era a lungo atteso perché credo che ormai questa è la terza legislatura in cui si parla di questo provvedimento in Commissione attività produttive. La volontà del Parlamento di farlo approvare in tempi brevi, con l'accordo di tutti, maggioranza e opposizione, a dimostrazione che il Parlamento sa anche esprimere dei provvedimenti bipartisan senza creare polemiche, credo che sia un fatto significativo.
La volontà è stata quella di aprire un percorso, come ho detto più volte, anche quando ho chiesto di ritirare alcuni emendamenti, perché in realtà si tratta di un provvedimento «cuneo» che serve a porre un problema che da anni si discuteva anche nel Paese. Ritengo che il Parlamento abbia dimostrato maturità anche nei confronti di quelle che possono essere le future decisioni dell'Unione europea che, comunque, pare che su questo tema si stia aprendo, quindi contiamo anche sul Governo affinché continui quell'opera positiva che sta svolgendo nell'Unione europea per mantenere fermi certi principi che sono ribaditi nel provvedimento stesso. Pertanto, ringrazio ancora tutti i componenti della Commissione e i funzionari per il lavoro svolto.

(Coordinamento formale - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2624-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Il Ministro Alfano non riesce a votare... Onorevole Cristaldi, onorevole Sposetti, onorevole Sanga, onorevole Traversa, onorevole Lo Moro, onorevole Iannuzzi, onorevole Berardi... Il Ministro La Russa sta arrivando, l'onorevole Orlando sta arrivando, par condicio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

«Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» (2624-A):

Presenti 546
Votanti 544
Astenuti 2
Maggioranza 273
Hanno votato 543
Hanno votato no1.
(La Camera approva - Applausi - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Barbato ha segnalato che non è riuscito ad esprimere Pag. 21voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 219-340-426-477-896-1593-2760.

In ricordo del professor Gabriele De Rosa (ore 11,09).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, in questo momento si stanno svolgendo i funerali del professor Gabriele De Rosa.
Mi permetto di ricordarlo a questa Assemblea, non solo perché è stato membro di questa Assemblea, è stato deputato, poi è stato senatore della Repubblica, ma lo ricordo perché è stato sicuramente un uomo di cultura tra i maggiori degli ultimi decenni. È stato discepolo di Luigi Sturzo, molto vicino sino alla scomparsa del suo maestro, di cui è stato poi biografo. Sicuramente il professor De Rosa è stato uno dei maggiori storici contemporanei italiani, sicuramente è stato il capo scuola degli storici del movimento cattolico.
Dotato di intelligenza politica molto raffinata, capace di riconoscere gli errori, i propri errori, e sempre disponibile ad allargare lo sguardo e a pensare orizzonti politici nuovi. È stato innovatore fino alla fine, nonostante sia entrato nella vita politica già abbastanza avanti negli anni. A lui dobbiamo non solo la conservazione della memoria della tradizione culturale del popolarismo, ma anche un tentativo che non ha mai cessato di rendere questa tradizione sempre contemporanea. Possiamo ben dire che il professor De Rosa ha illustrato, nel senso che ha reso onore e ha dato lustro al Parlamento, alla cultura e alla vita politica del nostro Paese (Il Presidente si leva in piedi e con lui l'intera Assemblea ed i membri del Governo - Generali applausi).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, vorrei ringraziare l'onorevole Castagnetti per questo atto di sensibilità. Il fatto che l'Assemblea spontaneamente si sia levata in piedi e lo abbia applaudito calorosamente è un omaggio molto importante indirizzato a Gabriele De Rosa. Mi auguro, signor Presidente, che nell'ambito anche del lavoro della Fondazione della Camera e delle iniziative assunte dalla Camera stessa ci sia lo spazio per ricordare una figura straordinaria nella storia della politica e della cultura italiana (Generali applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 11,12).

ORIANO GIOVANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, con il suo permesso voglio richiamare l'attenzione dell'Aula sul fatto che in questo momento nella piazza di Montecitorio si sta svolgendo una manifestazione di una delegazione dei sindaci italiani. Non si tratta di una categoria professionale pur rispettabile, ma di rappresentanti di uno dei livelli istituzionali componenti la Repubblica italiana. I motivi che hanno portato i sindaci italiani a manifestare oggi davanti a Montecitorio sono piuttosto noti, ma io li voglio sinteticamente ricordare. Si tratta della necessità di garantire, attraverso il disegno di legge finanziaria, la certa e piena restituzione del minore gettito ICI sulla prima casa e di evitare che ogni anno le amministrazioni locali e i comuni debbano dipendere, per risorse che erano loro proprie, dall'incertezza dell'approvazione del disegno di legge finanziaria. Si tratta, inoltre, di modificare il Patto di stabilità per consentire alle amministrazioni locali di pagare i crediti vantati dalle aziende nei confronti delle amministrazioni e di potere invertire il Pag. 22trend al ribasso degli investimenti pubblici. Sappiamo, infatti, quanto sono importanti gli investimenti degli enti locali nel complesso degli investimenti pubblici nel nostro Paese. Si tratta, ancora, di garantire maggiori risorse per le politiche sociali proprio nel momento in cui la soglia della disoccupazione nel nostro Paese ha superato i due milioni di unità e l'onda non è destinata a scendere. Credo che sia un atto di sensibilità da parte di ognuno di noi ricordare anche il fatto che i sindaci protestano poiché una parte della Carta delle autonomie locali è stata inopinatamente travisata e inserita all'interno del disegno di legge finanziaria, andando a ledere principi come la leale collaborazione, l'autonomia statuaria e l'autonomia regolamentare degli enti locali.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11,14)

ORIANO GIOVANELLI. Per tutte queste ragioni mi sembrava giusto richiamare l'Aula a un'attenzione nei confronti della manifestazione di questi nostri colleghi e invitare tutti i colleghi, nel limite del tempo e delle possibilità che ci offrono i lavori d'Aula, a solidarizzare con i sindaci che stanno manifestando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Discussione della domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Cosentino (Doc. IV, n. 5-A) (ore 11,16).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Cosentino.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Esame - Doc. IV, n. 5-A).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla relazione della Giunta per le autorizzazioni, che propone di negare l'autorizzazione.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Lo Presti.

ANTONINO LO PRESTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una domanda di autorizzazione a eseguire nei confronti dell'onorevole Cosentino la misura cautelare della custodia in carcere, avanzata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli, ai sensi dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione.
La misura cautelare si inserisce nel contesto di un'inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Napoli sulle attività criminali delle varie famiglie camorristiche di Casal di Principe, in provincia di Caserta.
L'inchiesta prende in considerazione un lungo periodo e formula a carico del deputato Cosentino l'ipotesi di concorso esterno nell'associazione di tipo camorristico operante in quel territorio. Secondo l'ipotesi accusatoria, tale concorso si evincerebbe dal parallelo sviluppo imprenditoriale e dalla progressiva affermazione di una società, la ECO4 Spa, caratterizzata dalla presenza di soci malavitosi e dalla conduzione con metodi mafiosi, da un lato, e dalla carriera politica dell'onorevole Cosentino, dall'altro.
Questi, secondo l'ipotesi formulata dai giudici di Napoli, avrebbe di fatto ottenuto sempre l'appoggio elettorale delle famiglie camorristiche e in cambio avrebbe offerto loro un apporto politico e di opera amministrativa. Il settore nel quale ha operato la società sarebbe stato il ciclo dei rifiuti nella provincia di Caserta e tra i soci sarebbero stati presenti esponenti di spicco delle famiglie casalesi, in particolare i fratelli Michele e Sergio Orsi.
Nell'ipotesi accusatoria, l'onorevole Cosentino e i suoi presunti sodali non si Pag. 23sarebbero limitati a operare quali soggetti economici nel campo dei rifiuti, ma anche ad influire direttamente sulle scelte amministrative nell'ambito della gestione dei rifiuti.
Tale controllo, evidentemente, si giovava anche dell'influenza crescente sulle scelte amministrative del commissario straordinario alla gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Campania. Le fonti di prova del nesso che legherebbe i camorristi della zona di Casal di Principe al deputato sono costituite dalle deposizioni di un collaborante, tale Gaetano Vassallo, inizialmente anch'egli asseritamente socio di fatto della ECO4; fonti di prova che sembrerebbero corroborate da diversi riscontri di tipo sia documentale sia intercettivo.
I passaggi fondamentali descritti nell'ordinanza sono i seguenti: l'ingresso della ECO4 nel consorzio CE4 nel 2000, attraverso una procedura competitiva di scelta del partner privato illecita e in danno della concorrente Ecocampania, facente capo ai fratelli Ferraro; la progressiva imposizione delle esigenze dei clan casalesi all'attenzione della gestione commissariale dei rifiuti in Campania, facente capo al Presidente Bassolino e al subcommissario delegato Giulio Facchi, attraverso l'opposizione e l'interdizione rispetto ai progetti di creazione di un ordinato ciclo industriale dei rifiuti da costoro promossi (in particolare, a tale riguardo, il Cosentino si sarebbe opposto a un impianto di termovalorizzazione in località Santa Maria la Fossa e invece avrebbe caldeggiato l'apertura di una discarica in località Lo Uttaro); la contestazione dell'esclusiva aggiudicata alla Fisia Impianti attraverso l'ottenimento di provvedimenti amministrativi in favore delle strutture imprenditoriali riconducibili alle famiglie casalesi; la costante e determinata politica di assunzioni e raccomandazioni seguita dall'onorevole Cosentino nell'ambito della sua funzione di referente politico della zona, in attuazione della quale avrebbe indicato presidenti, direttori generali e impiegati delle varie società operanti nel settore dei rifiuti riconducibili alle famiglie casalesi.
Tra costoro, un ruolo di spicco avrebbe avuto Giuseppe Valente, molte volte intercettato, indagato e poi rinviato a giudizio.
L'esigenza cautelare individuata dalla procura di Napoli sarebbe quella del pericolo di continuazione e reiterazione del reato associativo.
Mi permetto adesso di esprimere alcune considerazioni di metodo seguite nella stesura della presente relazione.
L'articolo 68, secondo comma, della Costituzione affida alla Camera di appartenenza il potere di autorizzare l'esecuzione di determinati atti del procedimento penale a carico dei parlamentari. A differenza del primo comma della medesima disposizione costituzionale, esso non detta un criterio, ma rimette la concessione o il diniego dell'autorizzazione ad una decisione dell'Assemblea. Ciò non significa che si tratti di una deliberazione totalmente libera, o perfino arbitraria; significa però che la Camera competente può scegliere il criterio e dimostrarne, secondo la propria elaborazione politica e concettuale, la ragionevolezza.
Nel corso delle legislature repubblicane, il criterio seguito per denegare le autorizzazioni richieste è stato quello del fumus persecutionis, dapprima inteso nel senso soggettivo, come ricerca dell'eventuale intento persecutorio delle persone che compongono l'ufficio giudiziario procedente, e poi anche in senso oggettivo, come verifica di elementi sintomatici di una costruzione procedurale viziata, illegittima o comunque in contrasto con la giustizia sostanziale. Peraltro, nella prassi della Giunta per le autorizzazioni della Camera, talora nemmeno si è fatto riferimento a questo criterio, ma si è semplicemente posto il confronto tra le esigenze della giurisdizione penale e quelle della funzionalità dell'Assemblea parlamentare e del suo plenum. In questa chiave, l'articolo 68, secondo comma, della Costituzione è stato inteso come attributivo di un potere di bilanciamento degli interessi.
È in questo quadro che si può constatare la generale propensione delle Camere a considerare la concessione dell'arresto di un suo membro come un fatto eccezionale. Pag. 24È ben vero che non sempre le decisioni sono maturate all'unanimità, ma è altrettanto vero che di fatto la concessione si è avuta soltanto in sei casi, inerendo peraltro a soli quattro deputati (Moranino, Saccucci, Negri e Abbatangelo), e risalendo l'ultima concessione della misura cautelare al 1984.
Ciò nonostante, l'istruttoria della Giunta è stata accurata e non pregiudiziale. Essa ha cercato di prescindere dalla polemica politica, che pure sulla questione è stata assai accesa, e ha considerato tutto il materiale disponibile, vale a dire l'ampia ordinanza di custodia cautelare, il materiale difensivo presentato presso la procura di Napoli dall'onorevole Cosentino, la sua audizione e le memorie che lo stesso ha depositato presso la Giunta.
L'assegnazione della richiesta da parte del Presidente della Camera si è avuta il 10 novembre 2009; la relazione introduttiva al collegio si è avuta il successivo 11 novembre; nella seduta del 18 novembre, inoltre, il deputato Cosentino è stato lungamente sentito e compulsato dalle domande dei componenti della Giunta. Il dibattito e il voto conclusivo si sono avuti nella seduta del 25 novembre e di tale iter vi sono i resoconti allegati, ostensibili, al fine di poter offrire una più completa comprensione dei vari aspetti dell'esame e dei contenuti dell'audizione del deputato Cosentino.
Nella memoria depositata presso la Giunta l'onorevole Cosentino si protesta del tutto innocente ed evidenzia gli elementi che, a suo dire, rivelerebbero l'intento persecutorio dell'ufficio giudiziario procedente, tra i quali spiccherebbe la tardiva sua iscrizione al registro degli indagati ed il sospetto ritardo con il quale è stata adottata l'ordinanza di custodia cautelare rispetto a tale momento (otto mesi circa).
L'istruttoria condotta, a parere della maggioranza della Giunta, non ha portato a ritenere che il caso presente possa collocarsi nel novero di quelli eccezionali per i quali l'arresto vada concesso. Presso la Giunta è emerso certamente un quadro della provincia di Caserta e del paese di Casal di Principe molto allarmante: appare evidente ai componenti (come peraltro a tutta l'opinione pubblica) che la lotta ai clan casalesi è ancora lunga e dura da combattere, e che va reso onore e merito alle forze dell'ordine che, anche a costo di sacrifici personali e familiari, si dedicano al contrasto incessante della delinquenza. Va ricordato che tale delinquenza mafiosa si interessa di molteplici aspetti e di molti settori: traffico della droga, estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro sporco, ciclo dei rifiuti.
Si tratta di una realtà vasta, complessa e inquietante, rispetto alla quale occorre il massimo impegno di tutti, in primo luogo dei rappresentanti istituzionali.
La vicenda personale e politica di Nicola Cosentino, il quale l'ha offerta genuinamente ai componenti della Giunta, sia nella sua lunga audizione, sia nella sua corposa memoria, è legata al territorio di Casal di Principe e, al momento del suo impegno sulla scala politica nazionale, dapprima nel collegio di Capua - che non ricomprende Casal di Principe - e poi nella circoscrizione Campania 2 - che invece lo ricomprende. L'onorevole Cosentino ha rivendicato di essersi sempre battuto contro la malavita e di avere - in questo quadro - non solo appoggiato nel 1993 il sindaco nemico delle cosche Renato Natale, ma di aver anche - in un'occasione successiva - favorito lo svolgimento a Casal di Principe della festa della Polizia.
I fatti ascritti a Nicola Cosentino sono ricondotti dalla pubblica accusa alla problematica figura penalistica del concorso eventuale al reato associativo di tipo mafioso (articolo 416-bis del codice penale). Essi poggiano in gran parte su deposizioni di collaboratori di giustizia.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore...

ANTONINO LO PRESTI, Relatore per la maggioranza. Colleghi, abbiate soltanto un po' di pazienza. Si tratta di una questione molto delicata e sarebbe opportuno ascoltare.
Tali deposizioni non risultano, allo stato degli atti acquisiti anche dalla Pag. 25Giunta, riscontrate compiutamente, come nel caso, per esempio, della dazione di danaro in favore del Cosentino o della mafiosità dei fratelli Orsi, titolari della società sospettata di essere collaterale alla camorra.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore...

ANTONINO LO PRESTI, Relatore per la maggioranza. È noto al riguardo che la giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte vale la sentenza delle Sezioni unite penali n. 36267 del 2006) esige che le chiamate in correità provengano da soggetti intrinsecamente attendibili e siano corroborate da riscontri esterni individualizzanti.
Da questo punto di vista, non è parso alla Giunta che questo standard di accertamento sia stato pienamente raggiunto. È vero che il deputato Cosentino ha ammesso di aver dato l'indicazione relativa a incarichi dirigenziali nel consorzio CE4, ma questa è una prassi diffusa e trasversale rispetto a tutte le forze politiche presenti in quella realtà, e che conoscesse diversi soggetti che i vari pentiti dicono che fossero suoi sodali. È anche vero che egli fosse coinvolto nelle problematiche relative alla gestione del ciclo dei rifiuti. E, ancora, egli stesso non ha mai negato di essere il referente politico di quella zona. Tutto ciò, però, ancora non porta al consolidarsi di precisi profili fattuali di rilievo penale. Peraltro, questa conclusione è rafforzata da alcune evidenti incongruenze nell'impianto accusatorio.
Per cominciare, l'inchiesta si trascina da molti anni (la notizia di reato trova la sua prima iscrizione a registro nel 2001). Se gli inquirenti non sono riusciti per almeno otto anni a trovare elementi a carico di Nicola Cosentino, vuol dire che questi sono quantomeno di dubbio accertamento.
In secondo luogo, il Vassallo, ossia il pentito che lo accusa, per sua stessa ammissione ha motivi di rancore nei confronti di Cosentino, giacché - nell'ipotesi accusatoria - sarebbe stato escluso dal giro degli affari perché collegato alla famiglia perdente dei Bidognetti e non a quella vincente degli Schiavone, che sarebbe poi secondo l'accusa divenuta il riferimento di Cosentino.
Inoltre, Vassallo sostiene di essere stato un socio di fatto della ECO4, ciò che per definizione non è verificabile, dal momento che solo i soci di diritto risultano dai libri societari. Senza contare il fatto che il collaborante - in ordine alla circostanza pure da lui riferita di una dazione illecita di danaro in favore di Cosentino - confonde addirittura la denominazione delle monete.
In terzo luogo, la stessa ordinanza di custodia cautelare riconosce che la datazione delle principali risultanze di prova indiziaria non supera l'anno 2004. Ciò oggettivamente indebolisce il ragionamento sulle esigenze cautelari, anziché rafforzarlo come deduce il GIP di Napoli.
In quarto luogo difetta, nell'impianto accusatorio, l'indicazione degli elementi che concretamente avrebbero sostanziato, da parte delle cosche, il sostegno elettorale in favore del Cosentino e soprattutto il vantaggio che questi avrebbe conseguito in termini di accrescimento del consenso.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONINO LO PRESTI, Relatore per la maggioranza. Da ultimo, i vari processi a carico dei dirigenti hanno avuto alterne vicende ed è provato che uno dei fratelli Orsi, asseritamente giudicato mafioso, in realtà è stato vittima di macchinazioni ed estorsioni.
Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta, a maggioranza, propone all'Assemblea di negare l'autorizzazione richiesta.

PRESIDENTE. Vi sono ora tre relazioni di minoranza, per cui ricordo ai colleghi che dispongono di cinque minuti ciascuno.
Ha facoltà di parlare la relatrice di minoranza, onorevole Samperi.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, siamo perfettamente consapevoli di quanto delicato sia Pag. 26il parere che la Giunta deve esprimere all'Assemblea sulla richiesta di autorizzazione agli arresti dell'onorevole Cosentino, proprio per la delicatezza della materia che riguarda la libertà personale e la lesione del plenum dell'Assemblea. Per questo, prima di votare in Giunta l'autorizzazione, abbiamo verificato scrupolosamente l'impianto accusatorio, non per sostituirci all'attività della magistratura, ma perché è nostro compito appurare che l'impianto procedurale e sostanziale non sia affetto da fumus persecutionis: è questo il nostro compito, è questo il compito della Giunta, è questo il compito dell'Assemblea.
Il quadro dentro cui si collocano i fatti di indagine è ben noto a questo Parlamento; è ben noto perché lo ha avuto rappresentato da una relazione, il documento finale della Commissione di inchiesta sulla mafia della scorsa legislatura, sottoscritta all'unanimità da tutti i gruppi. È un quadro assolutamente inquietante per l'intreccio pervasivo e perverso tra economia legale, economia illegale, imprenditoria, livello politico, amministrazioni ed organizzazioni criminali.
Ho affidato alla mia relazione di minoranza - che solo per ragioni di tempo non posso qui rappresentare nella sua compiutezza, ma che richiamo sinteticamente e brevemente - la puntuale analisi dell'ordinanza.
La misura cautelare richiesta non appare frutto di decisioni frettolose ed imprudenti, piuttosto conseguenza di un'indagine eseguita con estrema prudenza e con estremo scrupolo.
I gravi elementi circostanziati, riscontrati e - come dice l'onorevole Lo Presti - «individualizzanti» escludono il fumus persecutionis; le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ma anche dei coindagati, trovano riscontri documentali, intercettivi, dichiarativi.
Per quanto riguarda i tempi, tanto contestati, vorrei ricordare che solo nel 2007 il collaboratore di giustizia Vassallo comincia a parlare dell'onorevole Cosentino: il tempo trascorso da allora, dal 2007, è indice piuttosto della serietà, della laica diffidenza, della cautela con cui i giudici hanno analizzato le dichiarazioni dei collaboratori e cercato riscontri.
Sono del 2007 le dichiarazioni dei fratelli Orsi e di Nicola Ferraro, del 2008 quelle di Di Caterina, del 2009 - solo del 2009 - quelle del Valente, uomo di fiducia dell'onorevole Cosentino e uomo di punta del consorzio CE4 e poi della società Spa mista pubblico-privata ECO4.
Solo quando il quadro è compiuto, e l'impianto è solido, il GIP chiede alla Camera l'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare nei confronti dell'onorevole Cosentino. Ma guardate che questa non è la sola ordinanza di custodia cautelare, perché anche Giuseppe Valente, che nel frattempo è stato condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi per fatti sempre relativi a collusioni con la camorra, è stato raggiunto, per gli stessi fatti di cui oggi discutiamo, da un'ordinanza di custodia cautelare solamente nel 2009.
Questi sono i fatti. Poco dopo aver cominciato a collaborare con la giustizia Michele Orsi viene ucciso come Umberto Bidognetti, padre del pentito Domenico, e come ha rischiato di essere uccisa Francesca Carrino, nipote di Anna, collaboratrice di giustizia ed ex compagna di Francesco Bidognetti, che solo per un miracolo è sfuggita ad un agguato mortale. Lo scambio elettorale tra l'onorevole Cosentino e i clan nella condivisione dell'ambizioso progetto...

PRESIDENTE. Onorevole Samperi, concluda.

MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza... nel settore della raccolta e trasformazione dei rifiuti è assai verosimile dagli atti di indagine.
L'onorevole Cosentino, e concludo signor Presidente, dice di aver più volte chiesto di essere sentito. Lo ha chiesto in modo formale il 21 ottobre 2008, quando ancora non era iscritto nel registro degli indagati, lo ha chiesto il 9 novembre 2009, quando già da due giorni era stata emessa l'ordinanza. Ma quando il lunedì successivo Pag. 27all'emissione dell'ordinanza, il tribunale lo convoca per essere sentito, l'onorevole Cosentino chiede un rinvio.
Faccio riferimento infine all'integrale contenuto della mia relazione di minoranza che è riportato in un fascicolo a parte (doc. IV, n. 5-A-bis).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA. Relatore di minoranza. Signor Presidente, poiché non riuscirò a leggere integralmente la mia relazione di minoranza, prego la Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Prego, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA. Relatore di minoranza. Signor Presidente, ho sempre sostenuto, ed è la regola anche del mio partito, che le Camere, nell'applicare l'articolo 68 della Costituzione nelle sue varie previsioni, debbano evitare di sostituirsi alla magistratura nel ruolo tipico che a questo potere dello Stato compete, cioè ius dicere, che significa accertare i fatti, dare loro una qualificazione giuridica e valutarne la attribuibilità ad una o più persone. Troppo spesso, invece, accade che il Parlamento si autodifenda e che i parlamentari coprano i propri colleghi, ritenendo generalmente sussistente l'insindacabilità ed escludendo l'utilizzabilità di intercettazioni e l'autorizzazione all'arresto.
Questo atteggiamento del Parlamento di sostituzione alla magistratura, di ergersi a giudice dei giudici, lo riscontro anche nella relazione di maggioranza svolta dall'onorevole Lo Presti, sia pure inconsuetamente contenuta entro termini moderati, segno evidente di un forte imbarazzo del relatore e - sappiamo - della stessa maggioranza. Come ho ricordato nelle riunioni della Giunta, quindi, non dobbiamo rendere sentenze né di condanna, né di assoluzione, ma dobbiamo soltanto valutare e verificare se esistono due presupposti: uno positivo, costituito dalla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (questo è sufficiente affinché ai sensi dell'articolo 275 del codice penale, trattandosi di un'imputazione per concorso in associazione mafiosa, l'esecuzione della custodia cautelare sia obbligatoria), il secondo è rappresentato dall'elemento negativo dell'insussistenza del fumus persecutionis; fumus che non esiste assolutamente e che non è stato dimostrato. Tra l'altro Cosentino si è difeso dicendo: così fan tutti.
Ma, in questo modo, non solo ha dato una prova ulteriore della sua piena implicazione in quel contesto ma ha anche dimostrato che non esiste fumus persecutionis perché il riferimento all'onorevole Bassolino ha dimostrato proprio che quella magistratura napoletana non guardava in faccia a nessuno, non guardava ai colori politici tanto che lo stesso Bassolino è stato per due volte rinviato a giudizio.
Sui fatti mi riferisco pienamente alla relazione e mi avvio alle conclusioni. Le considerazioni svolte riguardano un intreccio perverso, un micidiale intreccio tra politica e affari in cui è coinvolta la camorra e in cui non solo correvano denari e raccomandazioni, pesanti imposizioni, posti di potere, dominio ferreo sull'economia dei rifiuti, tradimenti tra clan rivali, lotta spietata per il controllo del territorio e degli interessi di rilievo economici e funzionali al potere anche elettorale, ma scorreva anche sangue, perché vi sono due persone assassinate, Umberto Bidognetti e Michele Orsi che hanno collaborato con la giustizia. Questo intreccio perverso tra camorra e politica è tanto stretto che è difficile dire se sia stata la camorra ad inquinare la politica o se sia stata la politica ad inquinare la camorra.
La difesa del Cosentino, insomma, non ha portato alcun elemento contrario a quelli richiesti dall'articolo 275 del codice di procedura penale perché si possa evitare l'esecuzione della custodia cautelare; anzi, ha confermato pienamente il coinvolgimento del Cosentino stesso in questo Pag. 28contesto di fortissima concatenazione e correlazione tra mafia e politica. In conclusione, con questa relazione di minoranza non vogliamo esprimere una sentenza né di condanna né di assoluzione. Vogliamo soltanto dire che dobbiamo lasciare lavorare la magistratura, dobbiamo lasciare che la giustizia faccia serenamente il proprio corso senza che questa Camera possa ergersi a giudice dei giudici. Invito, dunque, l'Assemblea a votare contro la proposta della Giunta per le autorizzazioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Mantini.

PIERLUIGI MANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il caso del deputato Cosentino al nostro esame suscita in noi tutti un sentimento di apprensione, di scrupolo, di rigore. Si confrontano in esso i temi delle libertà inalienabili della persona, delle garanzie poste a presidio del plenum dell'Assemblea parlamentare e il sacrosanto dovere dello Stato e della magistratura di accertare i reati e di contrastare le mafie in tutte le forme con rigore e senza sconti. Ma vengono pure in evidenza questioni complesse e controverse, come il valore processuale e probatorio delle dichiarazioni dei pentiti, l'esatta configurazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa che ha dato vita a copiosa giurisprudenza e lo speciale obbligo che incombe su chi ha l'onore di rappresentare le istituzioni democratiche, di vigilare affinché nessun aiuto sia dato o ricevuto neppure in via indiretta dalle organizzazioni criminali e mafiose che dominano una parte rilevante del nostro Paese.
Sono temi complessi e l'Unione di Centro, in ossequio ad una consolidata prassi parlamentare, affiderà alla libertà di coscienza e alla prudente valutazione di ciascun singolo parlamentare il voto sull'autorizzazione che ci viene richiesta. Mi limito a ricordare che l'inchiesta napoletana si inserisce in un quadro socio-economico e politico assai degradato dove impera la camorra. I clan camorristici della Campania hanno fatto dal 1980 migliaia di morti: camorristi stessi, poliziotti, giornalisti (Giancarlo Siani, ad esempio), sacerdoti (don Peppino Diana) imprenditori onesti e cittadini inermi. Sono fatti notori, processualmente accertati e ampiamente indagati dalle Commissioni parlamentari. A Casal di Principe, le famiglie camorriste controllano in modo ferreo il territorio: questo è il quadro.
Dagli atti processuali emergono indizi di colpevolezza evidenti relativi al sostegno dato da Cosentino all'ingresso di ECO4, la società per azioni palesemente in mano alle famiglie camorristiche casalesi, nel consorzio CEO4: tutte le procedure, dalla scelta del partner nella società mista all'affidamento degli appalti, sono illecite e senza gara.
Cosentino, nel corso dell'audizione, ha ammesso esplicitamente di conoscere, frequentare e di aver fatto nominare quali dirigenti persone condannate per gravi reati e per camorra, una di esse uccisa in un agguato.
Non vi è tempo ora per una ricostruzione puntuale, dunque anch'io rinvio alla relazione, ma forse è qui necessario dire qualcosa che va molto al di là del caso Cosentino e che pure è, a mio avviso, il cuore vero della questione che riguarda il Parlamento e il sistema politico del nostro Paese.
Come è possibile evitare il 416-bis, in specie in certe zone del Paese, se i consorzi e le società pubbliche o miste sono decisi e anche gestiti dalla politica, senza gare e senza alcuna meritocrazia, ma nel nome degli amici e della contiguità diretta tra politica e affari?
Come si possono affidare senza gare gli appalti sui rifiuti, senza gara scegliere il partner privato delle società miste e fingere di ignorare le qualità criminali dei beneficiari di queste operazioni?
Come si può fare tutto ciò in un territorio a forte presenza di criminalità organizzata, anzi, del più potente ed efferato clan camorristico?
Non so, come si dice, se sia stata la camorra a fare esplodere l'emergenza dei Pag. 29rifiuti e sempre la camorra, onorevoli colleghi, più che lo Stato, a risolverla. Certo i Valente, i Cirillo, i Letizia sono nomi di persone conosciute, che si muovono tra politica, camorra e rifiuti. Non sono i soli.
Ma ciò che davvero sgomenta è che questa collusione appare generale: riguarda il sistema politico nel suo insieme, va ben oltre il singolo caso Cosentino. C'è una contiguità di sistema tra politica e affari, che a volte assume connotati criminali, ma che è comunque una patologia grave del nostro Paese.
Signor Presidente, quando nel 1993, con un coraggioso discorso in quest'aula, Bettino Craxi denunciò il sistema del finanziamento illecito che riguardava tutti i partiti e li invitò ad un cambiamento, non venne ascoltato.
Io non intendo certo evocare scenari tragici né nuovi eventi giudiziari. Ma la questione c'è, l'Italia ha bisogno di una grande cura di concorrenza e di trasparenza, di legalità e di professionalità. Il caso al nostro esame è solo una degenerazione specifica di questo contesto. Il contesto, il noto libro di Sciascia, è stato pure ricordato in questi giorni.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

PIERLUIGI MANTINI, Relatore di minoranza. Concludo, signor Presidente: vi furono anni, nella storia del nostro Paese, in cui guerra di liberazione dal fascismo, appartenenza al campo occidentale e comprensibile contrasto del blocco comunista, servizi alleati, hanno intrecciato trame e relazioni politiche. Quella fase, quegli anni sofferti sono finiti e consegnati per sempre alla storia. Nessuna giustificazione è oggi possibile.
Il Parlamento e le forze politiche sapranno fare la parte che gli imprenditori onesti ed i giovani attendono da loro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, anche a nome di alcuni colleghi del gruppo misto, desidero fare una breve dichiarazione. Premettendo che si tratta di un argomento alquanto complesso e ostico, non v'è dubbio che emerge un quadro assai inquietante a fronte dell'indagine condotta, che appare circostanziata e penetrante. Mi verrebbe però da osservare sul fatto che, al punto in cui sono giunte le indagini, sarebbe stato molto più appropriato, da parte della magistratura inquirente, avviare un provvedimento di rinvio a giudizio, perché probabilmente le condizioni c'erano già tutte.
Il fatto che si sia voluto ribaltare sul Parlamento questa responsabilità politica in ordine ad una richiesta di arresto indebolisce la linea principale, che era quella, una volta raccolta una serie di notizie, di procedere verso la via diretta del rinvio a giudizio.
Ovviamente, di fronte a questo fatto, non avrei avuto alcuna difficoltà a votare contro la richiesta di rinvio, però mi sovviene e mi corre l'obbligo di mettere in relazione questo mio orientamento con l'atteggiamento del collega Cosentino. Nel corso di questi giorni, egli ha assunto un atteggiamento di sfida nei confronti della magistratura ed anche nei confronti del Parlamento: la reiterata volontà di non offrire le sue dimissioni appare come una decisione di traslare una responsabilità che, invece, è direttamente in capo a lui.
È vero che, negli anni trascorsi nella crisi epocale della prima Repubblica, nel corso del Governo Amato, ben sette Ministri si dimisero per un semplice avviso di garanzia. Probabilmente, quello era un eccesso, ma questo è l'eccesso opposto. Non vi è dubbio che, di fronte ad un'indagine così penetrante, il Parlamento non può assumere un atteggiamento di sfida nei confronti della magistratura, né può permettersi di processarla. Questo è un Pag. 30modo con il quale si rovescia l'equilibrio dei poteri e si va incontro ad una stagione che sarà sempre più ingarbugliata.
Queste motivazioni mi fanno ritenere che l'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni abbia le sue ragioni. Mi auguro che ogni collega vi possa arrivare secondo la propria libertà di coscienza, perché questo è l'elemento che va invocato in passaggi di così rilevante delicatezza. Sarebbe stato opportuno che questa libertà di coscienza fosse stata testimoniata in quest'Aula sempre, anche quando, in passate stagioni, i veleni politici hanno fortemente contraddistinto alcune iniziative della magistratura che hanno trasferito il confronto politico nelle aule giudiziarie (Applausi di deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, senza dubbio, la decisione che ci accingiamo a prendere investe problematiche ampie e delicate, che coinvolgono l'intero Paese e l'opinione pubblica, e sulle quali dobbiamo riuscire a mantenere la necessaria serenità e lucidità.
Ci troviamo, indubbiamente, in una situazione delicata per quanto riguarda l'equilibrio attuale tra magistratura e classe politica, ma la vicenda giudiziaria che coinvolge l'onorevole Cosentino appare come un'operazione troppo a lungo incubata.
La natura dell'accusa - concorso esterno in associazione mafiosa, che, come sappiamo è un reato non definito dal nostro codice penale - fa sorgere, ovviamente, molti dubbi sui meccanismi che hanno determinato il coinvolgimento del sottosegretario Cosentino.
Siamo abituati, da tempo, da una parte all'altra dello schieramento politico, a procedimenti di accusa che, casualmente, sono pubblicizzati in vista di scadenze elettorali. Questo aspetto, che non riteniamo secondario, non fa che accrescere dentro di noi la convinzione che occorra rafforzare il diritto di tutti a sentirsi garantiti, almeno sino a sentenza definitiva. Noi, come Movimento per le Autonomie, ci sentiamo in sintonia con i messaggi del Presidente della Repubblica, quando invita le più alte cariche istituzionali ad un maggiore rispetto reciproco.
In questo caso specifico, al di là delle anomalie che caratterizzano i tempi e le modalità attraverso le quali si è arrivati a formulare le accuse nei confronti dell'onorevole Cosentino, ci sentiamo di dire che, nonostante il rispetto e l'attenzione che nutriamo nei confronti di una parte processuale, quale è il pubblico ministero, siamo fermamente convinti che l'iniziativa di una parte processuale non costituisca la definizione piena di una procedura giurisdizionale.
Per questo, non certo per difendere un privilegio o, peggio ancora, per coprire eventuali responsabilità, ma solo per difendere i princìpi che sostanziano lo Stato di diritto, voteremo contro l'autorizzazione a procedere nei confronti del sottosegretario Cosentino. Operiamo questa scelta in totale autonomia, certi che la nostra decisione non è dettata da interessi politici di parte, ma dalla profonda convinzione che, in situazioni come questa, vanno mantenuti i nervi saldi e la fermezza dei princìpi generali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà per cinque minuti

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, possiamo dirci sommessamente che quegli imprenditori che adesso diamo per scontato essere imprenditori legati alla camorra, quando accadevano quei fatti, erano imprenditori dotati di prefettizio certificato antimafia? Di Cosentino si parla da molti anni nel contesto delle inchieste campane, sin dagli inizi degli anni Novanta, e sono proprio i tempi e i Pag. 31modi relativi all'iscrizione del deputato Cosentino nel registro degli indagati: è dai tempi dalla domanda di arresto che mettiamo irrimediabilmente in discussione la credibilità dell'inchiesta.
I riscontri sulle dichiarazioni dei pentiti in ordine al coinvolgimento di Cosentino, nonostante l'amplissimo arco di tempo a disposizione degli inquirenti, sono sempre e solo riscontri indiretti e totalmente insoddisfacenti (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà); non arrivano mai, ripeto, non arrivano mai a fatti connotati dall'attualità. Si tratta di riscontri che, però, oltre ad essere flebili e indiretti, non arrivano - come dice lo stesso GIP nell'ordinanza - al di là dell'anno 2004.
La procura di Napoli, negli ultimi cinque anni, sul sottosegretario Cosentino nulla ha trovato, tanto che, con la consapevolezza della debolezza degli elementi posti a base della richiesta di arresto, il procuratore della Repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore - e mi rivolgo al signor Ministro della giustizia - appresa la decisione della Giunta per le autorizzazioni di questa Camera, ha dichiarato: la richiesta di arresto respinta non è un blocco alle indagini; se troveremo elementi, bene, se non ne troveremo, allora ci fermeremo. Intanto, le indagini continuano.
Certo, la legge impone la continuazione delle indagini, anche se, a nostro avviso, a leggere quelle carte, le indagini forse inizieranno all'indomani di una nostra decisione; ma allora, posto che lo stesso procuratore afferma che se non verranno trovati elementi, l'indagine si fermerà, su che cosa è realmente basata questa richiesta di arresto? Si chiede di arrestare un sottosegretario con la consapevolezza che le indagini, se non viene fuori nulla di nuovo, sono destinate all'archiviazione e, secondo il procuratore, in questo tempo il sottosegretario Cosentino dovrebbe stare in carcere (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico)!
La delegazione Radicale può anche nutrire dubbi, seri dubbi sulla tesi della persecuzione giudiziaria, ma il contesto descritto, il metodo e il merito che in quel contesto diventano testo della richiesta di arresto, non giustificano comunque, a nostro avviso, la richiesta di arresto di una qualsiasi persona, anche se si chiama Nicola Cosentino, anche se è nato a Casal di Principe (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud)!
Noi voteremo contro questa richiesta, ma non possiamo fare a meno di ricordarvi, cari colleghi, che a norma dell'articolo 110 del codice penale e dell'articolo 416-bis, centinaia, se non migliaia di cittadini sono detenuti nelle carceri italiane in attesa che i magistrati facciano le loro dovute indagini!
È necessario agire subito, è necessario togliere alla giurisprudenza la possibilità di legiferare al posto nostro. Siamo noi che dobbiamo subito legiferare sul concorso esterno in associazione mafiosa.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, poiché le chiederò di poter consegnare il testo del mio intervento. La magistratura di rito napoletano, che ci aveva abituato ai maxiprocessi come quello di Enzo Tortora, oggi ci vuole abituare allo «spezzatino giudiziario» per non contestare a Cosentino, che ha riconosciuto le sue responsabilità politiche, l'associazione a delinquere di stampo partitocratico: si tratta di ciò che nel 1992 contestammo all'onorevole Di Pietro. Sono tutti delinquenti, ma mai a nessuno è stata riconosciuta l'associazione a delinquere (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono queste le ragioni che porteranno la delegazione radicale in questo Parlamento a votare contro la richiesta di autorizzazione all'arresto in carcere (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico, Popolo della Libertà e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud). Pag. 32
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà per dieci minuti.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro la proposta della Giunta, perché ritiene che la domanda di arresto presentata dal GIP di Napoli nei confronti dell'onorevole Cosentino sia giusta e vada accolta. Vorrei però prima fare una premessa, nella quale si inserisce per noi anche un metodo di comportamento quando arrivano all'esame di questa Assemblea richieste da parte della magistratura di atti restrittivi della libertà nei confronti di singoli parlamentari.
Dal 1993 ad oggi la magistratura ha presentato ben 18 richieste di arresto nei confronti di parlamentari di destra, di centro e di sinistra. Per tutte e 18 le volte questa Camera ha votato contro la richiesta di arresto. Possiamo dunque dire, dopo quasi vent'anni e di fronte a una molteplicità di casi nei quali le indagini erano state condotte in modo ineccepibile e con riscontri probatori gravi, molteplici e tutti riscontrati, che questo Parlamento si è ogni volta voluto trasformare in qualcosa di diverso da quello che la Corte costituzionale aveva voluto che fosse: non in un luogo di verifica che, nei confronti dell'organo di rappresentanza politica del Paese, non arrivassero dalla magistratura atti di carattere persecutorio, ma in qualcosa di diverso, una sorta di Camera che si è appropriata dello stesso potere giurisdizionale, una sorta di casta che sempre e comunque nega la possibilità che la giustizia faccia il suo corso e che garantisce un'impunità che non ha limiti e non ha regole; un'impunità che va oltre le regole della giurisdizione.
Anche oggi abbiamo sentito da parte del relatore per la maggioranza una serie di argomentazioni che non vanno minimamente a cercare di ricostruire quello che la Corte costituzionale sostiene, cioè se vi siano o meno gravi indizi di colpevolezza, se vi sia o meno fumus persecutionis nei confronti dell'onorevole Cosentino. Qui si vuole ricostruire il processo, si vuole esaminare punto per punto il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Napoli per emanare una sentenza che è una sentenza politica, sempre e comunque l'unica soluzione.
Noi, rispetto a tutto questo, per principio diciamo che fino a quando non ci sarà una riforma di quella che si definisce autodichia - cioè il potere di autodecisione del Parlamento che questo Parlamento ha dimostrato di non saper meritare e di non saper governare e che in futuro dovrà essere attribuita ad un organo terzo come la Corte costituzionale - fino ad allora, a meno che non ci si trovi di fronte a casi eclatanti di giustizia e di persecuzione, voteremo sempre per i provvedimenti richiesti dall'autorità giudiziaria. Meglio che i parlamentari siano cittadini come tutti gli altri, piuttosto che una casta sempre impunita, sempre sciolta dal rispetto delle leggi e delle regole (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Tanto più lo faremo in questo caso, perché proprio in questo caso appare evidente come la procura di Napoli abbia svolto indagini serie, importanti, articolate, basate sulle dichiarazioni di sei pentiti le cui reciproche dichiarazioni hanno trovato riscontro sia fattuale, sia nelle ricostruzioni complessive che emergono dei fatti raccontati da parte di queste persone.
Sono pentiti o testimoni che sono stati riconosciuti autorevoli per le conseguenze stesse delle loro dichiarazioni. Ricordiamo a quest'Assemblea che uno dei pentiti sulle cui dichiarazioni si basano le accuse qui oggi portate in Aula ha pagato con la vita il prezzo delle sue dichiarazioni. Un altro di questi pentiti con le sue dichiarazioni prima di tutto ha portato al sequestro del suo intero patrimonio (personale e della famiglia), portando così al sequestro di beni per 41 milioni di euro. Pag. 33
Questi sono i dati che hanno portato la procura prima, e i giudici dopo, a ritenere fondate le loro dichiarazioni. Ma allora vediamo di capire quali sono queste dichiarazioni che si inseriscono in un quadro secondo il quale il clan dei Casalesi, con l'appoggio di alcuni imprenditori organici alla camorra e con l'appoggio di alcuni politici organici collaboratori e sostenitori dell'azione camorristica, avrebbero realizzato una gestione totalmente illegale e totalmente in violazione dei più fondamentali principi della libera concorrenza e della legalità del ciclo dei rifiuti in Campania.
Allora andiamo a riprendere alcune singole dichiarazioni, come quella di Gaetano Vassallo che dice: «Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società ECO4 gestita dai fratelli Orsi (...). Posso dire che la società era controllata dall'onorevole Cosentino».
Ancora Michele Orsi (poi ucciso) dice: «Una volta costituita l'ECO4 fu necessario renderla concretamente operativa, rendendosi necessario ottenere gli affidamenti da parte dei comuni. Intervenne anche qui Valente Giuseppe, il quale ci consigliò di riferirci ai suoi referenti politici». Cita diversi politici tra i quali l'onorevole Cosentino, affermando che era necessario tale sostegno per gli interessi della società.
Ancora dall'interrogatorio di Vassallo: «Mi sono ricordato di una riunione nel 2007 presso il domicilio di un parente di Bidognetti... Alla mia presenza, in quella riunione, Raffaele Bidognetti e alla presenza di Di Tella Antonio, riferì che alcuni onorevoli, tra i quali Nicola Cosentino, facevano parte del nostro tessuto camorristico».
E ancora Gaetano Vassallo dice: «Presenziai personalmente alla consegna di 50 milioni di lire in contanti da parte di Sergio Orsi all'onorevole Cosentino a casa di quest'ultimo a Casal di Principe». Ancora Michele Orsi (poi ucciso) dichiara: «I politici ebbero, altresì, a spartirsi il consiglio di amministrazione per quanto concerne le componenti personali pubbliche... Ricordo che Cosentino individuò nel sindaco di San Nicola La Strada un altro componente del CdA... Rappresento che le tangenti da pagare alla camorra erano ai miei occhi inevitabili, mentre il nostro impegno con i politici poteva essere largamente garantito attraverso le assunzioni nelle società ed incarichi di consulenze, oppure ancora nel consentire la scelta a loro degli amministratori di questa società».
Ancora Michele Orsi: «L'ECO4 si rivelò una società che faceva comodo a tutti. Rappresento che circa il 70 per cento delle assunzioni che vennero operate per la ECO4 erano inutili e motivate per lo più da ragioni politico-elettorali richieste, tra gli altri, dall'onorevole Cosentino».
Gaetano Vassallo dice: «Ho conosciuto Cosentino perché me lo aveva presentato il geometra Cirillo Bernardo prima del 1992, il quale disse che il parente Bidognetti Francesco aveva chiesto di aiutare Cosentino per le elezioni che all'epoca si stavano per svolgere. Mi disse di raccogliere le maestranze che lavoravano per me, organizzare un buffet, indurre i miei uomini a fare volantinaggio e a promettere il loro voto».
E poi ancora Michele Orsi: «Come accadde in tutti i casi in cui fu necessario sostenere un candidato della camorra per le elezioni, ci impegnammo affinché tutte le maestranze della GMC seguissero le nostre indicazioni... Disponevamo di un pacchetto di voti pari alle 60 unità più i loro familiari, ma il bacino di voti controllato attraverso la ECO4 era persino superiore, potendo contare su 250 dipendenti e i loro familiari. Tra gli impegni elettorali dei diversi candidati nelle rispettive elezioni ricordo il sostegno di Forza Italia attraverso l'onorevole Cosentino alle politiche del 2001, il sostegno di Brancaccio alle regionali del 2005 e quello di Cosentino alle provinciali del 2005».
Ecco, questi credo che siano alcuni degli elementi che hanno portato i GIP di Napoli a ritenere che in questo caso ci fossero i gravi indizi di colpevolezza e sappiamo tutti che, a fronte di ipotesi di mafia, di fronte ad esigenze di custodia cautelare, il carcere non ha alternative. Pag. 34
Mi pare che in questo caso possiamo anche ritenere con assoluta serenità che in queste 300 pagine (che dettagliatamente, analiticamente e puntualmente ripercorrono i legami tra l'onorevole Cosentino e alcuni gruppi camorristici facenti parte del clan dei casalesi) non vi è nulla che sia affetto da alcun fumus persecutionis. Sono tutti fatti e circostanze puntuali e comprovati, inseriti all'interno di un'indagine - questo dovrebbe essere determinante -, che non hanno riguardato soltanto il parlamentare del Popolo della Libertà, ma politici di tutti gli schieramenti, sia di destra che di sinistra, dimostrando così - casomai ve ne fosse stato bisogno - che da parte di quella Procura si è agito avendo un unico obiettivo quale proprio scopo, cioè quello di appurare e accertare la verità e far prevalere la giustizia.
Per queste ragioni, anche se vediamo oggi un'Aula gremita soprattutto nei banchi del Governo abitualmente deserti da parte di un Esecutivo che in quest'Aula è sempre latitante (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Onorevole Donadi, la prego di concludere.

MASSIMO DONADI. ...oggi, invece, quei banchi sono riempiti in tutti i loro ordini e gradi da parte di ministri e sottosegretari qui giunti per garantire ancora una volta l'impunità a un parlamentare che poi riveste un ruolo così grave rispetto alle responsabilità che gli vengono attribuite di sottosegretario all'economia.
Oggi il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore della concessione dell'arresto così come richiesto dalla Procura di Napoli (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, noi non abbiamo pregiudizi su questa vicenda. Proprio per questo mi rimetto alla libera e individuale scelta dei miei colleghi. I pregiudizi, siano pro o contro, possono uccidere gli uomini e sicuramente uccidono le idee e la politica. Così è capitato nella storia, anche recente. Ma a chi, anche sui giornali di questi giorni, si meraviglia del fatto che un partito come l'Unione di Centro, che ha una storia garantista e che ha sempre combattuto i giustizialismi, non si sia schierato a tutela completa dell'onorevole Cosentino, magari sulla base di una difesa della classe politica, vorrei fare una riflessione semplice e onesta, che si ricollega alla mozione di sfiducia presentata dall'Unione di Centro, che si voterà nel pomeriggio.
Onorevoli colleghi, sono uno dei pochi in questa Assemblea a ricordarmi bene il discorso dell'onorevole Craxi alla vigilia di Tangentopoli. Ricordo il segretario socialista, grosso modo da quei banchi, e tanti silenzi imbarazzati.
Ricordo il crepuscolo della Prima Repubblica. Né più, né meno di me lo ricorderanno in quest'aula, nell'ambito della maggioranza, colleghi come il Presidente Fini e il presidente del gruppo del Popolo della Libertà, onorevole Cicchitto. Sono passati tanti anni e penso che tutti mi daranno atto di non aver mai seguito nella mia vita politica e istituzionale la deriva giustizialista e demagogica che portò in quest'aula all'esibizione di un cappio da parte di un gruppo parlamentare.
Tuttavia, non è mia intenzione oggi fare polemica. Vorrei solo suscitare in voi una riflessione pacata e sincera. Mi rivolgo a voi, a tutti i colleghi, ma in particolare a coloro che hanno la responsabilità di guidare questo Paese. Pensiamo davvero che la Prima Repubblica sia morta per la deriva giustizialista e per il pool dei giudici di «Mani pulite»?
Colleghi, dopo tanti anni credo che ci spetti un atto di verità e di onestà: la prima Repubblica era già morta molto prima, quando si era chiusa in una difesa cieca ed assoluta della sua classe dirigente, senza saper distinguere tra le solidarietà doverose e quelle che mai dovevano essere date. È una misura difficile da cogliere, Pag. 35ma mi permetto di dire a ciascuno e a tutti voi che nel clima tempestoso di questi giorni una difesa assoluta e corporativa di tutto e di tutti, al di là e al di sopra del merito, non solo finirà per militarizzare l'intera magistratura contro la politica - tutta la magistratura, non solo parti di essa - ma ci metterà prima o poi in una situazione insostenibile nei confronti dell'opinione pubblica.
Onorevoli colleghi, Berlusconi ha denunciato anche in queste ore, in questi minuti, da Bonn l'esistenza del partito dei giudici. Mi darete atto, e darete atto alla tradizione e alla storia che modestamente cerchiamo di rappresentare in quest'Aula, che mai abbiamo fatto parte di questo partito. Cerchiamo più semplicemente di essere parte di un partito più ampio, quello degli italiani, che ci dovrebbe accomunare tutti. Ebbene, il voto di questa mattina è solo tecnicamente disgiunto dalla decisione sulla permanenza al Governo dell'onorevole Cosentino. In realtà le due scelte sono politicamente e intimamente connesse, e al termine di questa giornata si capirà se la politica si assume la responsabilità di scegliere o pone le premesse per una sua fatale dissoluzione.
La decisione di questa mattina sarà assunta in piena libertà di coscienza dai deputati dell'Unione di Centro, e io sono fiero di questa scelta, perché non è con i pregiudizi che si può decidere il destino delle persone. Ma oggi pomeriggio deve essere chiaro a tutti che sarà invece la politica a doversi assumere responsabilità precise. A voi, colleghi della maggioranza in particolare, la responsabilità di scegliere la strada da intraprendere al di là, mi si consenta, del caso specifico dell'onorevole Cosentino (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, ovviamente come molti colleghi non ho avuto la possibilità di leggere gli atti. Ho ascoltato con molta attenzione la relazione di minoranza dell'onorevole Mantini e questo mi convince di alcune cose. Ha ragione probabilmente l'onorevole Tabacci quando dice che nel passato la politica è stata sottomessa alla magistratura e che diversi Ministri erano costretti a dimettersi. Io voterò contro l'autorizzazione all'arresto dell'onorevole Cosentino (Commenti)... mi fa piacere che non avevate dubbi, sono convinto di quello che dico.
Voglio ricordare che il Governo Prodi è caduto grazie alle dimissioni del Ministro Mastella per un avviso di garanzia. Qualche settimana fa il giudice dell'udienza preliminare ha scritto nel decreto che c'era assoluta infondatezza della notizia di reato! Con l'assoluta infondatezza della notizia di reato un Governo è andato a casa dopo le dimissioni dell'onorevole Mastella. Quindi stiamo attenti a quello che dobbiamo fare e a quello che facciamo. Tra l'altro presenterò un disegno di legge perché si ritorni all'immunità parlamentare.
Naturalmente è nella facoltà dell'onorevole Cosentino e nella sua sensibilità politica dare o meno le dimissioni, ma questo dipende da lui e dal suo partito se lo vuole indurre a dimettersi, non soltanto perché la magistratura manda un avviso di garanzia. Tabacci ha ragione quando dice: potevano rinviarlo a giudizio, senza mettere la Camera dei deputati di fronte ad un problema che, per quanto mi riguarda, non esiste: voterò contro l'autorizzazione all'arresto che è all'ordine del giorno oggi, come voterei contro un'autorizzazione per qualunque deputato. La Camera si tuteli, come si tutelano i magistrati attraverso il CSM. Credo che non ci sia alcuna ragione, ma proprio nessuna, di votare per l'autorizzazione all'arresto dell'onorevole Cosentino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, finora ho sentito una parte che legge come legittimo il Pag. 36provvedimento del magistrato che richiede l'arresto, e un'altra parte che lo legge come illegittimo. Credo che, come giustamente ha detto il relatore, noi non siamo qui a fare il giudice d'appello di quello che dice la magistratura, ma siamo qui per valutare esclusivamente se nell'atto del giudice vi sia o meno un fumus persecutionis, basta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
È evidente che vi sono due interessi: l'interesse della magistratura a iuris dicere e l'interesse del Parlamento al plenum. Considerato che, è ormai pacifico, lo abbiamo sentito da destra e da sinistra, la linea scriminante è il fumus persecutionis e non la persecuzione tout court, dobbiamo chiarire innanzitutto che il fumus persecutionis è una situazione di maggior favore rispetto alla persecuzione vera e propria. Noi non dobbiamo apprezzare se il provvedimento del giudice è un provvedimento emesso «in persecuzione a», ma dobbiamo apprezzare se il provvedimento del giudice può fornire adito al fumus persecutionis. Quindi, dobbiamo dire che perfino l'apparenza è troppo poco, perché l'apparenza è un dato oggettivo; l'ipotizzabilità è poco, perché l'ipotizzabilità può avvenire nei confronti di un qualsiasi provvedimento. Il discorso può «ballare», se mi si consente il termine, fra la possibilità o la probabilità che sia persecutorio.
Credo che questa possibilità sia grande quanto una casa e due sono i motivi essenziali che dobbiamo esaminare. Mi riferisco ai motivi oggettivi, di cui mai nessuno ha parlato, ma che ci sono, tant'è vero che il giudice li ha utilizzati proprio nel suo atto con cui richiede l'arresto del collega Cosentino, nel quale dice: attenzione, è pur vero che dal 2004 questo non ha alcun tipo di contiguità, ma è altrettanto vero che manca la prova che si sia dissociato. Bene avrebbe fatto il magistrato ad indicare la sede legale della camorra affinché anch'io possa dissociarmi. Occorre tenere ulteriormente presente che dire si doveva dissociare significa che avrebbe preteso una confessione, perché se io mi dissocio vuol dire che sono associato.
Ma, ancora una volta, non voglio cadere nell'equivoco di entrare nel merito di questa vicenda perché l'hanno fatto prima di me e lo faranno con maggior maestria dopo di me. Tuttavia, voglio semplicemente dire che ci sono dei motivi oggettivi i quali nascono dal fatto che oggi una parte della magistratura, cui certamente appartiene il magistrato che richiede l'arresto, è una magistratura militante, che intraprende una serie di azioni che certamente hanno una valenza politica. Che ci sia un dolo o meno è totalmente indifferente perché noi dobbiamo apprezzare il fumus, non la sostanza e su questo io non ho dubbi.
Non mi scandalizzano i tre processi in cui, per futili motivi, l'onorevole Bossi è stato condannato, mi scandalizzano i 199 processi nei quali è stato assolto! Qualcuno vorrebbe sostenere che è normale che un cittadino abbia 199 processi penali? È evidente, è sotto gli occhi di tutti che c'è una persecuzione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Non sarò io a difendere il Premier, ma il Premier ha avuto migliaia di cause dalle quali è uscito totalmente indenne e volete dire che in queste cause non c'era una persecuzione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)? Dirò di più: perché i due processi residui non sono stati fatti quando c'era il Governo Prodi?
Perché non serviva a nulla infangare un deputato di minoranza e li fanno adesso perché è molto meglio infangare il Premier (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)! È molto meglio rivoltare quello che il popolo ha detto, ponendo in prima luce non una democrazia, ma un'oligarchia. Cosa dire ancora della comunicazione data durante il G8? C'è qualcuno che vuol pensare veramente che non abbia oggettivamente una valenza politica?

ROLANDO NANNICINI. Ma parla d'altro!

MATTEO BRIGANDÌ. Cosa dire ancora del giudice Ingroia, il quale ha avuto il Pag. 37pelo di dire che l'articolo 68 della Costituzione era necessario nel 1948 perché i magistrati precedenti erano fascisti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)? Non ha esitato a buttare fango sulla magistratura precedente che è stata l'unica a sopportare il peso del fascismo, al punto che quando il duce ha voluto delle sentenze a suo favore ha dovuto fare i tribunali speciali che per primi sono stati cancellati dai padri costituenti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Cosa dire, inoltre, dell'ormai presenza della forza della magistratura nelle istituzioni a prescindere dallo iuris dicere? Il capo dei senatori del PD che mestiere fa? Quanti magistrati abbiamo che danno sentenze in tutti gli uffici, ivi compresi quelli del signor Ministro della giustizia? Ma per quale motivo quelli che dovrebbero essere sottoposti alla legge, ci vengono a dire come fare la legge? Allora, se loro vogliono la legge in un certo modo, si facciano votare dal popolo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!
Io non posso che dire che oggi la magistratura, si badi una parte di essa e cioè quella di cui conosciamo nomi, è la reale opposizione del Paese, perché purtroppo la sinistra è farraginosa e non ha il potere reale di contrapporsi ad un meccanismo aristocratico dei giudici. La colonna vertebrale della sinistra ormai è una certa magistratura che, per dirla come il Ministro della giustizia, invece di fare sentenze, va a fare dibattiti e conferenza e lo scrive anche nei propri libri. È compito istituzionale - l'abbiamo letto nelle pagine di un noto magistrato - di un magistrato partecipare al dibattito politico. Quindi, a mio avviso c'è una presunzione di fumus persecutionis.
In ordine al profilo soggettivo, è sufficiente rilevare un solo punto. Il giudice ha finito a febbraio di svolgere ogni tipo di attività e da febbraio ad ora ha scoperto che il collega Cosentino doveva essere arrestato. Perché non lo ha fatto a febbraio? Per un motivo semplice, anche qui c'è il fumus persecutionis e non mi interessa il dolo, ma la valenza oggettivamente politica. Se avesse richiesto l'arresto di Cosentino a febbraio, avrebbe chiesto l'arresto di un signor nessuno, un sottosegretario di Stato, niente di che. Ciò accade in feudo della sinistra che tanto è feudo della sinistra che quando vi fu il governatore Rastrelli, gli si oppose il capo dell'ufficio istruzione. Quando vinse Rastrelli, lui chiese l'ordine di cattura per Mensorio che pagò con la vita la sua appartenenza politica.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MATTEO BRIGANDÌ. Concludo, signor Presidente. È evidente che quest'atto che noi analizziamo forse costringerà a dover scegliere un nuovo candidato ed è una campagna elettorale eccezionale.
Prova del nove: davanti a due situazioni la magistratura deve rispondere nello stesso modo. Perché Bassolino è ancora in giro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)? Nella stessa situazione Bassolino è fuori e per l'altro si richiede l'arresto.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MATTEO BRIGANDÌ. E proprio da parte del giudice, dell'ordine giudiziario, che si è autonominato potere...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brigandì, il concetto è chiaro. Saluto i docenti e i ragazzi dell'istituto alberghiero Giustino Fortunato di Pisticci, in provincia di Matera, che seguono i nostri lavori (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a carico del deputato Cosentino si ipotizza il concorso esterno in associazione mafiosa in relazione al sodalizio di tipo camorristico che opera in varie zone dell'entroterra campano, in particolare nella provincia di Caserta, e si chiede - lo chiede il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pag. 38Napoli - l'autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere. Ovviamente la prudenza è d'obbligo: è in gioco la libertà personale di un uomo, si intacca il plenum dell'Assemblea e l'arresto di un membro del Parlamento è un fatto eccezionale, enorme.
Oltretutto ricordo ancora quando la TV portò nelle case le immagini di Enzo Tortora, del presentatore con i ferri stretti attorno ai polsi, lo sguardo sbigottito e la barba lunga: l'allora più popolare divo della TV trascinato in catene davanti alle telecamere con l'accusa di essere un corriere della droga al servizio del camorrista Raffaele Cutolo, senza uno straccio di prova, basandosi sulle parole, oggi possiamo dire sulle menzogne, di un manipolo di pentiti, o meglio di camorristi in piena attività di servizio.
Ricordo l'appello, il primo allora, lanciato da Enzo Biagi con il grido «E se Tortora fosse innocente?». Ricordo questo pensiero, il pensiero di sua figlia: mi ha insegnato - diceva - a essere rigorosa e a non giudicare mai gli altri da quello che si sente dire di loro, a non dare giudizi affrettati, a non lanciarsi contro una persona perché ci può essere epidermicamente antipatica, sostanzialmente a conservare la propria dignità anche se gli altri vorrebbero che tu fossi diverso da quello che sei.
Inoltre non ho condiviso le opinioni di chi vede nell'opera della magistratura addirittura l'occasione per riformare dall'alto l'Italia e gli italiani. È l'atteggiamento di chi è arrivato a considerare la magistratura come un baluardo indispensabile per difendere le istituzioni democratiche da una destra populista e illiberale.
Noi non abbiamo mai esibito in quest'Aula il cappio o le manette (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Nessun pregiudizio, dunque, però ricordo a tutti che con le stesse accuse rivolte al deputato Cosentino un cittadino comune, un italiano qualunque, sarebbe costretto oggi in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ciascuno di noi deve tenerlo costantemente a mente, per non cadere in una difesa corporativa - lo diceva il collega Casini - insostenibile di fronte all'opinione pubblica, perché è il legislatore, è il Parlamento che ha previsto che, in caso di gravi indizi di colpevolezza per associazione mafiosa, vi sia la custodia cautelare.
Inoltre, ciascuno di noi dovrebbe tenere a mente il quadro descritto dall'inchiesta napoletana. Come scrive l'onorevole Lo Presti nella sua relazione «Presso la Giunta è emerso certamente un quadro della provincia di Caserta e del paese di Casal di Principe molto allarmante». L'ordinanza descrive un quadro degradato, dove impera la camorra (i clan camorristici hanno fatto dagli anni Ottanta migliaia di morti); descrive interessi, condotte, intrecci politico-malavitosi inaccettabili e indegni di un Paese civile, una società che è ormai sequestrata e occupata da organizzazioni criminali.
Tengo a mente quello che scrive ancora Lo Presti: «Si tratta di una realtà vasta, complessa e inquietante rispetto alla quale occorre il massimo impegno di tutti, in primo luogo dei rappresentanti istituzionali»; appunto colleghi, in primo luogo dei rappresentanti istituzionali, specie se si considerano le vaste responsabilità anche della politica, e non di una parte soltanto.
Ovviamente non è nostro compito un'analisi con intenti di condanna o assoluzione; il nostro compito è valutare unicamente se vi sia fumus persecutionis, se vi sia parvenza di persecuzione.
Si tratta di un'espressione che indica che le azioni compiute dal giudice non sembrano dettate da applicazione della legge e ricerca della verità, ma dall'intenzione di nuocere ad una persona precisa, cioè al deputato Cosentino. Insomma, dobbiamo verificare se la magistratura è intenzionata ad abusare delle proprie prerogative.
L'ordinanza descrive un quadro noto. Nella relazione antimafia, quella che abbiamo votato tutti nella scorsa legislatura, si legge: «Il descritto legame» - quello tra clan e imprese - «trova la sua possibilità di determinarsi e produrre risultati grazie all'arrendevolezza e alla permeabilità delle istituzioni rappresentative locali. Si determina Pag. 39un circolo vizioso, nel quale la politica si presta a fare la sua parte nella gestione degli scambi e dei favori reciproci». E potrei continuare; rinvio all'ampio richiamo fatto nella relazione di minoranza della collega Samperi, perché descrive efficacemente il quadro allarmante che descriveva Lo Presti entro il quale si collocano i fatti in indagine.
La misura cautelare è giustificata? La tipologia di reato prevede la custodia cautelare: si tratta di un reato particolarmente odioso e pervasivo, per il quale il legislatore, il Parlamento, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, ha prescritto la custodia cautelare in carcere. Davanti a questa richiesta allora, chiediamoci: nella richiesta avanzata dal GIP del tribunale di Napoli, la magistratura intende abusare delle proprie prerogative? A parere di Lo Presti e della maggioranza della Giunta, l'arresto non può essere concesso perché si tratta di fumus persecutionis. Nelle sue parole vi è più che un sospetto: vi è la certezza che all'origine dell'azione penale si collochi l'intenzione di nuocere all'uomo e all'uomo politico. Ma la Giunta, invece, ha potuto constatare come gli indizi di colpevolezza a carico di Nicola Cosentino siano gravissimi: ha potuto constatare che gli indizi vi sono, e sono elementi determinanti per la sussistenza o meno del fumus persecutionis. L'ordinanza accerta la caratteristica dell'ECO4 come investimento imprenditoriale dell'attività della camorra nel settore dei rifiuti ed espone in dettaglio i contributi dell'onorevole Cosentino al sodalizio. Lo stesso GIP premette nella sua ordinanza che le dichiarazioni dei pentiti e dei coindagati, in quanto fonti di dubbia affidabilità (si pone il problema) per la provenienza dei soggetti, non del tutto disinteressati, devono essere sottoposte anche in ambito cautelare ad un vaglio critico: un vaglio critico particolarmente rigoroso, mediante l'individuazione degli opportuni riscontri esterni individualizzati che confermino l'attendibilità del dichiarante; e di conseguenza il GIP vaglia con cautela ed accuratezza estrema gli indizi di colpevolezza idonei a legittimare l'applicazione della misura cautelare.
Le dichiarazioni sono intrinsecamente attendibili, sono riscontrate da elementi esterni, in relazione alle modalità dei fatti denunciati, con strumenti che sono idonei a collegare i fatti all'indagato; e la stasi istruttoria di cui si alimenta la difesa di Cosentino è piuttosto indice della cautela e della ricerca da parte della procura, una volta tanto, di riscontri probanti per rafforzare la tesi accusatoria. La misura richiesta non sembra perciò frutto di decisioni imprudenti e frettolose, ma piuttosto sembra conseguenza di un'accurata indagine eseguita con prudenza e con scrupolo estremo; e i gravi elementi riscontrati nell'ordinanza escludono il fumus persecutionis.
Insomma, è vero o no che Nicola Cosentino ha voluto pervicacemente Giuseppe Valente a capo di tutti gli enti che avevano a che fare con il ciclo dei rifiuti in provincia di Caserta? È vero o no che Giuseppe Valente è un camorrista? È vero o no che Michele Orsi è stato ucciso perché stava dicendo cose scomode ai magistrati? Insomma, a queste domande bisogna rispondere! Perché l'onorevole Cosentino non ha impugnato la misura cautelare? Perché non si scandalizza che gli venga imputato di aver frequentato un assassino del calibro di Bernardo Cirillo?
Per questi motivi, invitiamo l'Assemblea a respingere la proposta della Giunta, e noi voteremo per respingerla. Inoltre - e concludo - l'ordinanza non può essere usata per alimentare ulteriormente le polemiche tra magistratura e politica, come cercava di fare il collega Brigandì. È nostra convinzione, e non da oggi, che sia venuto il momento per uno sforzo grande di riforma dello Stato: questo è il compito nazionale della fase storica in cui stiamo vivendo. Per questo compito il nostro partito mette a disposizione tutte le sue risorse, così come i grandi partiti di massa le misero a disposizione per il compito di ricostruzione democratica del Paese durante la guerra e il dopoguerra.
È nostra convinzione che sia possibile costruire una democrazia capace di decidere, onesta, in grado di gestire servizi pubblici efficienti, di provvedere ad un Pag. 40sistema giudiziario ben funzionante; ma la prima battaglia è quella della legalità, per riconquistare il territorio occupato dalle mafie, per sottrarre i nostri concittadini, tanti cittadini onesti, giovani, donne, a un destino di oppressione, per restituire loro libertà e dignità.
È una battaglia, come dice Lo Presti, che deve vedere il massimo impegno di tutti e, in primo luogo, dei rappresentanti istituzionali.
Speriamo che con noi si impegnino altre forze sociali e politiche in numero e qualità sufficienti ad imprimere la svolta di cui il Paese ha bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, colleghi, sapete da quando Nicola Cosentino è oggetto di attenzione da parte dell'autorità giudiziaria? Dal 1990! Sapete quando è stato iscritto il fascicolo che lo riguarda? Nel 2001. Dal 2001 al 2009 sono stati sentiti molti testimoni. Onorevole Donadi, lei ce ne ha ricordati alcuni, insieme ad alcune parti delle loro deposizioni, ma avrebbe fatto bene a ricordarcele tutte. Allora avrebbe capito perfettamente perché i magistrati, fino al 12 febbraio 2009, non abbiano mai iscritto Nicola Cosentino nel registro degli indagati. Perché non lo hanno fatto? Perché non c'erano elementi indiziari. Se ci fossero stati, i magistrati avrebbero avuto l'obbligo di iscriverlo nel registro degli indagati, perché le regole valgono per tutti, anche per i magistrati e valgono vieppiù quando hanno di fronte uomini che hanno responsabilità importanti sul piano istituzionale.
Il 12 febbraio 2009 c'è stata l'iscrizione nel registro degli indagati e cinque giorni dopo - solo cinque giorni dopo - viene richiesta la misura cautelare, che giace fino al 9 novembre del 2009, giace per mesi e mesi: uno schiaffo alla necessità di urgenza e di intervento immediato, uno schiaffo alla regola, che l'onorevole Maran ci ha ricordato, in base alla quale ci dovrebbe essere un percorso immediato nel caso in cui ci siano fonti di responsabilità apparentemente così conclamate. La realtà è che non c'erano. Si è arrivati al 9 novembre 2009 solo perché in quel momento la voce corrente per la quale Nicola Cosentino sarebbe stato probabilmente scelto quale governatore di una ragione importante, come la Campania, diventava sempre più concreta (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). È in questa cronologia, in questa tempistica che si trova la prova provata non solo del fumus persecutionis, ma della vera e propria persecuzione nei confronti di Nicola Cosentino.
Perché, onorevole Donadi, non ha ricordato che negli stessi provvedimenti del pubblico ministero e del giudice successivamente vi è la conferma, per parola degli stessi magistrati, che dal 2004 ogni contatto, quale ne fosse la natura, tra l'onorevole Cosentino e il clan dei Casalesi era totalmente cessato? Lo dicono i magistrati! È mai possibile che per cinque anni giaccia un fascicolo senza arrivare all'esito di un provvedimento di qualsivoglia genere, per poi improvvisamente chiedere l'emissione di una misura cautelare, con la privazione della libertà personale? No, queste non sono le regole del gioco: le regole del gioco devono valere per tutti. Con iniziative simili la magistratura viola il patto di fiducia che questo Parlamento ha stretto nel 1993, quando ha abrogato l'immunità parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Con iniziative come questa, la magistratura va oltre il solo fumus persecutionis: quello riguardava vicende interessanti, come hanno constatato i nostri colleghi qualche tempo fa, come quella dell'onorevole Fitto, che si è difeso straordinariamente bene, o dell'onorevole Margiotta, che si è difeso in modo altrettanto straordinariamente positivo, entrambi accusati non nell'ambito di una tempistica come quella che ho ricordato, ma da testi ordinari.
Qui non siamo di fronte ad una prova costituita dalla deposizione di testi ordinari, Pag. 41siamo di fronte all'apparente prova costituita da una fonte anomala nel mondo giudiziario mondiale: la fonte dei pentiti, la fonte di realtà che dalla loro hanno una patente di delinquenza che non va mai dimenticata, una patente di interesse alla deposizione, una patente personale di utilità a dire determinate cose (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Di tutto questo non ci dobbiamo dimenticare.
Che cosa dicono queste fonti probatorie? Dicono che fino al 2004 l'onorevole Cosentino sarebbe stato il referente del territorio: ma forse che noi non siamo i referenti dei nostri territori (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

FURIO COLOMBO. Referenti della camorra!

MAURIZIO PANIZ. Forse che noi non interveniamo quando si deve provvedere alla nomina di un qualsiasi rappresentante di enti o di realtà istituzionali? Stiamo forse zitti? No, non è vero che stiamo zitti: interveniamo, diciamo la nostra e facciamo le nostre proposte, così come ha fatto l'onorevole Cosentino, perché era un suo diritto e un suo dovere, in quanto realtà istituzionale di quel territorio, muoversi in questo senso.
Il Parlamento non si deve piegare alla persecuzione politica, ma non lo deve fare per bocca dell'una o dell'altra parte: lo deve fare nella sua unità, nella consapevolezza che l'Italia non è la Repubblica dei pentiti e - se mi permettete e con il massimo del rispetto - non è nemmeno la Repubblica dei giudici: è la Repubblica dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), è la Repubblica della sovranità popolare, è la Repubblica dell'articolo 1 della Costituzione, quello per il quale la sovranità appartiene al popolo, appartiene cioè a chi elegge con il proprio voto i propri rappresentanti. Questa è l'Italia vera!
A fronte di questa Italia, di questi dati di fondo e di questi principi costituzionali, l'iniziativa nei confronti dell'onorevole Cosentino appare vieppiù negativa e criticabile. È un'iniziativa che ha elevato, come ormai è di moda in questo Paese, la voce di un «vassallo» a voce probatoria assoluta, così come ormai nel nostro Paese diventano importanti le voci dei Ciancimino, degli Spatuzza o dei Buscetta di turno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), anziché le voci autorevoli di membri del Parlamento, di rappresentanti delle nostre istituzioni. Abbiamo capovolto le regole del gioco e i criteri di fondo rispetto ai quali deve essere orientata la linea interpretativa del nostro Paese.
L'Italia invece non è questo, non è l'Italia dei pentiti: è un grande Paese che ha il diritto di dare un'immagine di sé diversa da quella che sta dando! Non è giusto che a sentire Spatuzza vengano duecento, quattrocento giornalisti e televisioni da tutto il mondo; è giusto che vengano a sentire i nostri statisti ed anche i nostri politici, coloro che con il loro impegno quotidiano determinano le sorti del nostro Paese.
Attenzione, non si cancella il voto del popolo con un'iniziativa giudiziaria, non si cancella il voto dei cittadini con un teorema giudiziario; e questo appare vieppiù grave quando le fonti probatorie indicate e citate incidono sul primo e fondamentale dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione, il diritto alla libertà.
L'Italia è una Repubblica democratica, non si può cambiare il corso della storia pensando di incidere sulla libertà dei suoi cittadini, del suo popolo e di chi lo rappresenta (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), altrimenti si incide sul nostro stesso essere qui, si incide sulla stessa istituzione parlamentare e sugli stessi criteri della rappresentanza.
Onorevole Donadi, quello che ci distingue è proprio questo: per voi la libertà non ha valore, si può mettere una persona in carcere e lasciarla lì; per noi no, prima di metterla in carcere ci si pensa non una, ma cento, mille volte, perché per la libertà Pag. 42il nostro popolo ha lottato anni e decenni per raggiungere un certo obiettivo! Questa è la nostra distinzione.
Il voto di fiducia nei confronti dell'iniziativa magistratuale va preso con le pinze quando è caratterizzato da una tempistica come quella che ho ricordato, quando la stessa magistratura per anni ha rifiutato di iscrivere nel registro degli indagati una persona non ritenendo evidentemente autorevoli e significative le prove a suo carico, quando la stessa magistratura ha avuto la forza di dire che comunque dal 2004 ogni rapporto con la delinquenza era cessato da tempo.
Noi siamo per il rispetto di questi principi della libertà, non vogliamo mai che finisca in carcere una persona, qualsiasi essa sia, se la prove non sono prove concrete e significative, e in questo caso le prove non sono né concrete, né significative.
Per questo il nostro voto è favorevole alla relazione dell'onorevole Lo Presti e contrario alla richiesta di applicazione di misura cautelare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, ai sensi dell'articolo 49 del Regolamento le chiedo il voto segreto su questa deliberazione. Mi pare di tutta evidenza che la Camera è chiamata ad esprimersi su una materia che incide sui diritti costituzionalmente garantiti e perciò credo che, anche e soprattutto a garanzia del deputato di cui si chiede l'arresto, debba essere adottato il voto segreto. Questa richiesta, peraltro, è anche in coerenza con la posizione del nostro gruppo, che ha chiesto di lasciare la libertà di coscienza nel voto ai nostri deputati, libertà che ovviamente è meglio tutelata dal voto segreto. Sono certo che i colleghi comprenderanno questa richiesta e mi auguro anche che la condivideranno.

PRESIDENTE. Onorevole Vietti, considero la sua richiesta accoglibile.

(Votazione - Doc. IV, n. 5-A)

PRESIDENTE. Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di negare l'autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Cosentino.
Ricordo che chi intende concedere l'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere deve votare «no», mentre chi intende negare la suddetta autorizzazione deve votare «sì».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli De Micheli, Vernetti, Zinzi e Cuomo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 586
Maggioranza 294
Voti favorevoli 360
Voti contrari 226
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Meta ha segnalato che non è riuscito a votare.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 novembre 2009, n. 170, recante disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici (2990-A) (ore 12,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 novembre 2009, Pag. 43n. 170, recante disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici.
Avvero che nella mattinata è previsto anche il voto sul provvedimento.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge in esame si compone di due articoli: il comma 1 dell'articolo 1 dispone l'abrogazione dell'articolo 1, comma 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 134 del 2009 recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo nell'anno 2009-2010, il quale è stato convertito dalla legge 24 novembre 2009, n. 167. La disposizione abrogata era stata introdotta dalla Camera dei deputati il 19 ottobre scorso nel corso della discussione in Assemblea del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge n. 134. Tale disposizione, prima che il decreto-legge in esame la abrogasse, prevedeva che l'annullamento degli atti dei concorsi ordinari e riservati a posti di dirigente scolastico indetti prima del riordino delle procedure di reclutamento dei dirigenti scolastici disposto dal decreto dal Presidente della Repubblica n. 140 del 2008 non incidesse sulle posizioni giuridiche dei candidati assunti in servizio in quanto vincitori o idonei. La disposizione approvata dalla Camera dei deputati e ora abrogata mirava in particolare a trovare soluzioni alla situazione determinatasi in Sicilia a seguito di un contenzioso amministrativo promosso da alcuni partecipanti ad un corso-concorso ordinario per dirigenti scolastici bandito nel 2004. È necessario per la comprensione della vicenda precisare che nel 2004, con decreto del direttore generale del personale della scuola del 22 novembre di quell'anno...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

DONATO BRUNO, Relatore.. ..è stato bandito il primo corso-concorso ordinario per il reclutamento dei dirigenti scolastici dei ruoli regionali. Il concorso è stato gestito a livello regionale.
In Sicilia, in ragione del consistente numero dei partecipanti, la commissione esaminatrice è stata suddivisa in due sottocommissioni come consentito dall'articolo 8 del bando di concorso e dall'articolo 2, comma 7, del regolamento relativo ai criteri per la composizione delle commissioni esaminatrici del corso-concorso selettivo di formazione dei dirigenti scolastici di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 2001.
Le due sottocommissioni erano composte ciascuna da due membri e presieduta da un unico presidente. Al termine delle prove scritte alcuni candidati, i cui elaborati non erano stati valutati positivamente, adirono il TAR Sicilia, lamentando il fatto che, avendo le due sottocommissioni lavorato contemporaneamente, la presenza del presidente non poteva essere stata costantemente garantita in entrambe ed era stato pertanto violato il principio per cui la commissione esaminatrice costituisce un collegio perfetto. Il TAR Sicilia ha disposto la rinnovazione della valutazione delle prove scritte dei ricorrenti da parte di una diversa sottocommissione. A seguito della rivalutazione, i ricorrenti non essendo ancora una volta stati ammessi alle prove orali, hanno proposto ricorso per motivi aggiunti, chiedendo l'annullamento dell'intero concorso. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dal TAR per mancata notifica ai soggetti ammessi alle prove orali.
I ricorrenti hanno quindi adito il Consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana, il quale, con le sentenze Pag. 44n. 477 e n. 478 del 25 maggio 2009, ha interamente riformato la sentenza di primo grado.
In particolare, il Consiglio di giustizia amministrativa ha ritenuto che non sussistessero cause di inammissibilità e che fosse invece fondato il motivo del ricorso principale, riproposto anche come motivo aggiunto, circa l'imperfetta composizione delle sottocommissioni.
La direzione regionale per la Sicilia ha proceduto a nominare una ulteriore nuova sottocommissione per valutare da capo le prove scritte dei ricorrenti e la sentenza 10 novembre 2009 n. 1065 è intervenuta mentre era in corso l'iter parlamentare di conversione del decreto-legge n. 134 del 2009. Il Consiglio di giustizia amministrativa, pronunziandosi in sede di giudizio di ottemperanza, ha però stabilito che il decreto di nomina di altra commissione non ha natura ottemperativa e che costituisce anzi sostanziale elusione del giudicato. L'organo ha evidenziato che l'addebito di illegittimità è stato ascritto ab origine al provvedimento che, costituendo le due sottocommissioni con un unico presidente, ha consentito che quest'ultimo transitasse dall'una all'altra senza che nel frattempo fossero interrotte le operazioni di valutazione.
Pertanto, il Consiglio di giustizia amministrativa ha ritenuto che la rimozione giurisdizionale ha interessato in via diretta e immediata l'atto organizzativo ex se e non già, diversamente da quanto ritenuto nell'amministrazione, soltanto il modus operandi della sottocommissione con riferimento esclusivo alla correzione degli elaborati dell'attuale ricorrente.
Il vizio afferente l'atto di costituzione e nomina delle sottocommissioni è caratterizzato, prosegue il Consiglio di giustizia amministrativo, da efficacia necessariamente erga omnes, in quanto ne viene travolto di riflesso il complesso delle operazioni poste in essere da entrambe le sottocommissioni. Il Consiglio di giustizia amministrativa ha quindi dichiarato l'obbligo dell'amministrazione di conformarsi al giudicato, ponendo in essere i provvedimenti necessari alla rinnovazione della procedura concorsuale. A tal fine, è stato posto un termine di 60 giorni dalla notificazione della decisione, con riserva di nomina del commissario ad acta ad istanza di parte, nel caso di inottemperanza oltre tale termine.
Ai fini del rispetto del principio costituzionale dell'intangibilità del giudicato si rende quindi necessario, come evidenzia la relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, abrogare la summenzionata disposizione del decreto-legge n. 134 del 25 settembre 2009. A questo provvede, come detto, il comma 1 dell'articolo 1.
Il comma 2 dell'articolo 1 stabilisce invece la nullità degli effetti eventualmente prodotti dalla disposizione abrogata nel periodo della sua vigenza. Se l'abrogazione della disposizione contrastante con il giudicato del Consiglio di giustizia amministrativa costituiva per così dire un atto dovuto da parte del legislatore, non si potevano però d'altra parte ignorare i problemi pratici sorti a seguito dell'annullamento del concorso per l'amministrazione scolastica regionale siciliana. Basti pensare che verrebbero meno all'improvviso centinaia di dirigenti, i cui posti rimarrebbero vacanti e che gli atti posti in essere dei dirigenti assunti con il concorso annullato sarebbero da ritenere conseguentemente travolti.
Per porre rimedio a questi problemi, nel corso dell'esame in sede referente ho presentato, in qualità di relatore, un emendamento che introduce nell'articolo 1 il comma 2-bis. L'emendamento, che è stato approvato, reca un contenuto analogo a quello della condizione posta dalla Commissione cultura nel suo parere: il nuovo comma prevede che il personale che è in servizio con funzioni di dirigente scolastico, a seguito della procedura concorsuale annullata, continui ad esercitare le funzioni dirigenziali medesime in via transitoria, fino all'avvenuta rinnovazione della procedura concorsuale in questione. L'emendamento precisa che sono fatti salvi gli atti adottati dal predetto personale. Pag. 45
Nel corso dell'esame è stato altresì approvato un subemendamento dell'onorevole Vincenzo Antonio Fontana, volto a precisare che i dirigenti in questione continuano a lavorare nelle sedi di rispettiva assegnazione.
L'articolo 2 del decreto-legge, infine, dispone l'immediata entrata in vigore del decreto-legge, le cui necessità ed urgenza nascono, come chiarito dalla relazione illustrativa del disegno di legge, dall'esigenza di evitare l'ingenerarsi di un affidamento sulla salvaguardia delle posizioni giuridiche soggettive acquisite dai candidati di concorsi che, in quanto vincitori o idonei, sono già stati assunti in servizio. Vale la pena ricordare che, in sede di discussione del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge n. 134 del 25 settembre 2009, l'Assemblea del Senato, dopo la pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa in sede di giudizio di ottemperanza, ha accolto l'ordine del giorno G1.12 del relatore, con il quale si impegnava il Governo, tra l'altro, ad affrontare tempestivamente la questione del corso-concorso bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca del 22 novembre 2004.
Sul testo iniziale del decreto-legge sono stati acquisiti i pareri del Comitato per la legislazione e delle Commissioni giustizia, cultura e lavoro. La Commissione bilancio ha espresso invece il proprio parere direttamente all'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, la materia in discussione mi porta a ripercorrere brevemente la storia di questa vicenda: nel 2004 viene indetto e bandito questo concorso in Sicilia per dirigenti scolastici-presidi, nel 2006 viene celebrato, permettendo a 378 presidi di prendere servizio.
Due degli esclusi hanno perso il ricorso che avevano presentato al TAR; in seguito, il 10 novembre, il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (in altri termini, il Consiglio di Stato della regione Sicilia) ha dato ragione ai ricorrenti, e il concorso, di fatto, è stato annullato.
Nell'analisi degli esami, è emersa una serie - tra virgolette - di errori e di strafalcioni di chi ha partecipato ed è risultato idoneo, ma anche di correzioni durate la bellezza di quindici secondi per pagina di compito o addirittura - molto più grave - di codici identificativi visibili (quindi, ben più che semplici errori in buona fede).
Nel corso dell'approvazione del provvedimento «salva precari», che si doveva occupare di altro, improvvisamente una manina ha inserito un emendamento di sanatoria, che permetteva ai vincitori di quel concorso - di fatto, una truffa - di acquisire diritti non propri.
In questo senso, dobbiamo ringraziare l'intervento del Presidente della Repubblica, la sensibilità ed anche il mantenimento della promessa da parte del Governo, nel senso di prendere in considerazione, immediatamente dopo l'approvazione del provvedimento «salva precari», questa vicenda, che riguarda tutti i presidi esclusi illegittimamente da quel concorso, e di proporre il decreto-legge che oggi ci accingiamo a convertire in legge. Ciò, in primo luogo, per ripristinare la sentenza di un organo equivalente al Consiglio di Stato, cioè di una magistratura amministrativa, e in secondo luogo, per sanare il vulnus dell'incostituzionalità.
Ovviamente, su questo provvedimento ci accingiamo a votare favorevolmente, perché raccoglie le istanze del territorio siciliano; tuttavia, esso non esclude alcuni dubbi che, certamente, abbiamo voluto esprimere in una serie di ordini del giorno. Mi riferisco alla tranquillità che, attraverso il provvedimento in oggetto, chi Pag. 46ha vinto il citato concorso in maniera illegittima, non acquisisca diritti permanenti, né la possibilità di stabilizzazione, e che, una volta che si celebrerà il concorso, possano, alla pari degli altri, partecipare nuovamente alle stesse condizioni.
Con il provvedimento in discussione, rimettiamo ordine in una vicenda abbastanza confusa con il timbro della legittimità e della legalità, ma, soprattutto, chiediamo che qualcuno paghi per quanto è accaduto in questa vicenda siciliana. Chiediamo che qualcuno paghi per il denaro sprecato in precedenza - caro onorevole Barbieri - e per quello che si sprecherà, poi, per bandire il nuovo concorso.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Siragusa. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto occorre sottolineare il fatto che, in questo momento, stiamo discutendo a causa di un problema nato alla Camera nel corso dell'approvazione del provvedimento «salva precari».
Il Partito Democratico aveva votato contro il subemendamento che escludeva i ricorrenti dal testo di legge e, quindi, anche contro la proposta emendativa che oggi ci accingiamo ad abrogare, proprio perché, fin da subito, ci siamo accorti che, a quel punto, diventava una norma incostituzionale.
Con altrettanta forza, in premessa, devo dire che chiaramente il Partito Democratico intende che si rispetti una sentenza della magistratura amministrativa siciliana, la quale ha annullato il concorso nel giudizio di ottemperanza.
Occorre, tuttavia, sottolineare (anche perché, in merito a questa vicenda, gli articoli di stampa si sono diffusamente soffermati su aspetti che certamente saranno esistiti, ma che non hanno riguardato la gran parte della procedura concorsuale dei partecipanti) che a questo concorso hanno partecipato 1.571 persone alle prove scritte e sono oggi in servizio 378 dirigenti scolastici, 358 dei quali in Sicilia.
Per fare chiarezza sulla vicenda vorrei rilevare che il concorso di cui stiamo parlando è stato bandito con decreto direttoriale il 22 novembre 2004. In base al numero dei partecipanti (molto alto), in applicazione del DPCM n. 341 del 2001, si prevede che: le commissioni esaminatrici possono essere suddivise in sottocommissioni (...) con l'integrazione di un numero di componenti, unico restando il presidente, pari a quello delle commissioni originarie (...)". Così è stato fatto anche in Sicilia, costituendo un'ulteriore sottocommissione formata da due componenti, stante l'unicità del presidente.
L'ufficio legislativo del Ministero, con un argomentato parere trasmesso alle direzioni regionali con nota n. 1160 del 19 settembre 2005, ha ribadito che le eventuali sottocommissioni devono essere costituite da due membri, dato che il presidente è unico. Tale nota è stata diramata al fine di assicurare in Italia l'omogeneità dei criteri interpretativi. Tutti gli altri uffici regionali - e, quindi, non soltanto quello siciliano - che hanno registrato forti numeri di candidati alle prove scritte hanno costituito la seconda sottocommissione, secondo le indicazioni ministeriali. A titolo di esempio, come in Sicilia, ciò è avvenuto anche in Veneto e in Puglia.
Quando il contenzioso cominciò ad avanzare dubbi sulla legittimità delle commissioni, il Ministro, con nota n. 955 del 4 agosto 2006, ribadì la portata innovativa del DPCM. Ecco, quindi, che questo concorso non è stato annullato per procedure particolari che sarebbero state seguite in Sicilia, ma a causa di una sentenza della magistratura che ritiene invalido ciò che è stato, invece, deciso a livello nazionale.
La preoccupazione che ha mosso il Partito Democratico in questa vicenda è comunque quella delle scuole, del sistema scolastico siciliano. È necessario, infatti, immaginare in che modo possa essere garantita la funzionalità delle 358 scuole interessate della regione Sicilia, sulle 1.150 esistenti. In particolare, poiché l'articolo 1-sexies della legge n. 43 del 2005 ha abolito gli incarichi di presidenza, in Sicilia ci verremmo a trovare nella paradossale Pag. 47situazione per la quale un po' più di un terzo dei capi di istituto si troverebbero nella condizione di reggenza di scuole anche in altri comuni. È quindi necessaria, in questo senso, la proposta emendativa - che ci vede concordi - presentata in Commissione dal relatore, la quale prevede che le funzioni di presidenza continuino ad essere svolte, fino al rinnovo del concorso, dagli stessi presidi che fino ad ora l'hanno fatto.
Desideriamo, tuttavia, aggiungere che, a nostro avviso, alcune proposte emendative presentate sono abbastanza pericolose, in quanto rischiano di rendere di nuovo incostituzionale il disegno di legge che stiamo per approvare. Al contrario, è molto importante che, mentre da una parte vengano garantiti i diritti di tutti e, soprattutto, si ottemperi ad una sentenza della magistratura, dall'altra parte, però, sia garantita la funzionalità della scuola siciliana, e con la proposta emendativa del relatore, a nostro parere ciò può accadere.
Rimane la responsabilità dell'amministrazione scolastica sia a livello territoriale, sia soprattutto a livello centrale, che dovrà assumere le decisioni migliori sul come ripetere il concorso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, presidente della Commissione Affari costituzionali, onorevole Bruno, e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

(Esame dell'articolo unico A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2990-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2990-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2990-A).
Avverto che sono stati ritirati dai presentatori gli emendamenti Berretta 1.6, Naccarato 1.4, e Zazzera 1.2 e 1.3.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'articolo aggiuntivo Brugger 1.01, non previamente presentato nel corso dell'esame in sede referente.
Tale proposta emendativa, in particolare, è volta a consentire ai vincitori dei concorsi per dirigente scolastico indetti dalle province di Trento e di Bolzano la partecipazione al movimento interregionale di cui all'articolo 24-quinquies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 e, come tale, non è strettamente attinente al contenuto del provvedimento in esame che, invece, ha ad oggetto la disciplina degli effetti di provvedimenti giurisdizionali relativi all'annullamento di atti delle procedure concorsuali ordinarie riservate ai posti di dirigente scolastico.
Avverto, inoltre, che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2990-A), contenente due condizioni sul testo del provvedimento volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Tale parere è distribuito in fotocopia.
Avverto, infine, che la Commissione ha presentato gli emendamenti 1.101 e 1.102, identici rispettivamente agli emendamenti 1.200 e 1.201, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo discutendo di una norma che attiene a un concorso per l'individuazione di dirigenti scolastici. Ma quale scuola andranno a Pag. 48dirigere i professori siciliani che risulteranno vincitori o, per meglio dire, quale scuola stanno già dirigendo i professori risultati vincitori? Quale scuola stanno dirigendo tutti i dirigenti scolastici di questo Paese? Una scuola povera, deprivata di risorse essenziali per garantire la qualità della nostra istruzione; una scuola che avrebbe diritto di essere...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

ROSA DE PASQUALE. ...al centro del progetto di un Governo lungimirante che marciasse in modo deciso verso una reale crescita del Paese. Purtroppo, non c'è scuola, non c'è progetto e di conseguenza non c'è crescita.
Gli unici provvedimenti assunti dal Governo per la scuola, l'università e la ricerca sono stati quelli di ridurre risorse e varare provvedimenti atti a consentire tali riduzioni contabili. Questi i veri fatti del Governo del fare. Gli ulteriori tagli, pari a 250 milioni di euro, sono stati operati con il disegno di legge finanziaria sui capitoli del finanziamento destinato al funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Cari colleghi, vi è una parola che in questi giorni sta assumendo il ruolo sempre più difficile di fare sintesi, ed è la parola «irrilevante». Questa parola, ormai, non solo si è «seduta» sopra l'insufficiente, superficiale e inconcludente dibattito intorno alla finanziaria, bollando qualsiasi spinta di contributo offerto, ma sta sempre più allargandosi a mo' di parola chiave che tutto giustifica e tutto travolge, come l'onda attesa in questi giorni alle Hawaii, l'onda gigante sulla quale scivolare e che tutto copre, tutto affonda, tutto sottovaluta e tutto fa scomparire. Irrilevante! Con quale aria di sufficienza, con quale cieca fiducia nel nulla viene pronunciata da coloro che, nelle scelte, nei gesti e nelle affermazioni, di questa parola sono diventati paladini, a tal punto da non saper riconoscere neppure il proprio nulla, perché anche il proprio nulla è irrilevante.
Del resto richiamo il ruolo, carissimi colleghi, la responsabilità, la dignità, la premura per coloro che si aspettano da noi risposte che li aiutino a crescere, che li aiutino a vivere una vita serena, pacifica, con prospettive e che si premurino di affrontare seriamente i loro e i nostri problemi. Si tratta di voci che gridano nel deserto, come i ricercatori dell'ISPRA che ci stanno ascoltando in questo momento, asserragliati sul tetto dei propri istituti, uomini e donne che rappresentano le punte avanzate della nostra ricerca e che oggi gridano, non ascoltati, al freddo, lì sul tetto.
Irrilevante! Quante persone in questa nostra Italia stanno gridando e noi qui ancora su questa grande onda, l'onda gigante dell'irrilevanza di ciò che sta accadendo. Denuncio questa funesta parola che ormai sta sempre più diventando scelta politica, perché nulla è irrilevante. Non è irrilevante quanto sta accadendo in Sicilia in questo ulteriore gap burocratico e politico, come non lo è l'intera vicenda che la scuola italiana sta vivendo del suo sistematico smantellamento di lavori in corso su tre anni.
Irrilevante! Vi è un articolo molto interessante di Javier Marias dove si afferma che i ragazzi si stanno convincendo che il sapere è irrilevante. Colleghi, si tratta dei nostri figli. Badate bene: nessuno si salva; dobbiamo fermare questa deriva e combattere questa mefistofelica parola. Tutto invece è importante. So che simili affermazioni di principio, purtroppo, in questo emiciclo scivolano via ancora una volta sull'onda dell'irrilevanza, ma, guardate, la voce che grida aumenta di intensità e di numero.
Anche se oggi sembra gridare nel deserto, siamo alla vigilia di una festa di speranza. In questi giorni si parla nel Vangelo di Giovanni Battista e si dice di lui, voce che grida nel deserto: preparate la via per il Signore spianate i suoi sentieri (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

ROSA DE PASQUALE. Sono sicura che tanti uomini e donne consapevoli sono sui Pag. 49tetti al freddo di questo dicembre non solo per difendere il loro futuro, ma sono lì per tutti noi ed è lì, in questo deserto dell'irrilevanza, che stanno, con la loro testimonianza, preparando nuove vie, spianando per tutti nuovi sentieri. A noi decidere se ascoltare queste voci o se continuare a perseguire la larga strada che tutto giustifica come irrilevante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, utilizzo soltanto qualche secondo per dire che sono firmatario, insieme ad altri colleghi, di un ordine del giorno con il quale, attraverso il voto della Camera dei deputati, si intende impegnare il Governo a trovare una soluzione, se non definitiva, almeno momentanea, al caos nel quale ci siamo ritrovati.
Ne ho sentite di cotte e di crude sia in Commissione che in quest'Aula su questa vicenda. Tengo a precisare che i vincitori del concorso poi annullato sono titolari di cattedra nel momento in cui partecipano al concorso e che, a seguito dell'annullamento, sono tra «color che son sospesi» perché non sono più dirigenti scolastici e, al tempo stesso, non sono più titolari della cattedra che sono costretti a lasciare in quanto appunto immessi nella funzione di dirigente scolastico.
Il Governo deve porsi questo problema, al di là della vicenda. Certo, il concorso si rifarà e, come suol dirsi, mi auguro che nel frattempo si trovi una soluzione che sia super partes e frutto del senso di responsabilità, ma allo stato attuale ci troviamo con persone che avevano la titolarità della cattedra, che sono diventati dirigenti scolastici avendo la sola colpa di aver vinto il concorso e che naturalmente e paradossalmente potrebbero ritrovarsi, all'indomani del concorso, addirittura perdenti posto, se non addirittura licenziati. Questo aspetto delicatissimo, pur non accennato all'interno dell'ordine del giorno, credo debba essere affrontato pienamente dal Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. Signor Presidente, l'origine di questo pasticcio deriva da una sentenza del CGA Sicilia che per vizio di forma - imperfetta composizione della Commissione - annulla l'intero concorso. Il TAR Sicilia aveva accolto le richieste dei ricorrenti, consentendo la revisione della prova scritta, ma dopo la seconda bocciatura dei ricorrenti il risultato è stato che gli stessi hanno preferito realizzare il principio «mors tua vita mea» e buttare a mare un concorso che, per la prima volta nella storia degli ultimi trent'anni in Sicilia, aveva avuto le caratteristiche della meritocrazia.
Chi esce male da tutto questo bailamme è proprio il CGA Sicilia. Noi abbiamo discusso e approvato leggi che sanciscono il federalismo e garantiscono l'autonomia delle regioni, ma quest'esperienza è la prova che ci sono le funzioni che debbono essere «lasciate» - e lo dico tra virgolette - allo Stato. La gestione dell'ordine pubblico, delle Forze armate a difesa del territorio, dell'emissione della moneta, della gestione della giustizia, nel senso più completo del termine, deve essere «lasciata» allo Stato. Ci rendiamo conto che il CGA è un organo solo in parte togato, e che garanzia ha dato una sentenza che così tante incongruenze ha manifestato rispetto alla sentenza del TAR e rispetto alle logiche del diritto? Non è la prima volta che ciò accade, ma oggi gli interessi sono molto più alti rispetto a qualsiasi altro caso che si è potuto verificare in passato.
Qui ci sono 400 vincitori di un concorso per dirigenti scolastici che sono stati buttati letteralmente a mare. Non è un problema di singoli interessi, (fatto già di suo meritorio di grande attenzione) qui ci sono interessi di valutazione complessiva. Il sistema di selezione di una classe dirigente, così come è avvenuto adesso, è stato letteralmente stravolto. Per anni in regione sono entrati lavoratori socialmente utili e precari. Per la prima volta si è realizzato Pag. 50un concorso virtuoso di selezione, che, invece, ha visto la fine che abbiamo visto. Il Governatore Draghi dice che la grande crisi del sud è dovuta alla crisi del «capitale umano». I migliori - e sono tanti - sono costretti ad emigrare.
Ecco perché abbiamo ritenuto giusto presentare questo emendamento, che consentiva che i diritti dei singoli, che sono stati defraudati di un diritto, e di un merito, potessero restare tali fino alla definizione di tutti i procedimenti giurisdizionali e amministrativi tuttora pendenti. Purtroppo, ragioni complessive e l'intervento anche del Capo dello Stato ci consentono di dire di essere ragionevoli e di far sì che l'emendamento venga ritirato con somma - secondo me - ingiustizia dell'interesse complessivo.
Tuttavia, preannuncio un ordine del giorno che ovviamente ritengo quest'Assemblea debba valutare con grande attenzione e che ritengo debba garantire i diritti di quanti hanno superato questo concorso legittimamente.

PRESIDENTE. Onorevole Pagano, quindi lei ritira il suo emendamento 1.5?

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. Sì, signor Presidente, così come mi è stato suggerito dal relatore. Nello stesso tempo preannuncio la presentazione di un ordine del giorno a mia firma e di altri deputati.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sulle proposte emendative presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, se ho ben inteso quello che lei ha detto, gli emendamenti Zazzera 1,2, Pagano 1.5, Berretta 1.6, Naccarato 1.4 e Zazzera 1.3 sono stati ritirati, mentre l'articolo aggiuntivo Brugger 1.01 è stato dichiarato inammissibile.

PRESIDENTE. È così, come lei dice.

DONATO BRUNO, Relatore. La Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 1.101, identico all'emendamento 1.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento), 1.100 e 1.102, identico all'emendamento 1.201 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del Regolamento).

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.200 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento) e 1.101 della Commissione, accettati dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cera... Onorevole Coscia... Onorevole Vico... Onorevole Simeone... Onorevole Codurelli... Onorevole Marchignoli... Onorevole Scalia... Onorevole Vernetti... Onorevole Sposetti... Onorevole Zinzi... Onorevole Traversa... Onorevole Ravetto... Onorevole Bongiorno...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 493
Maggioranza 247
Hanno votato
493).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, accettato dal Governo. Pag. 51
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Coscia... onorevole Vico... onorevole Sposetti... onorevole Bernardini... onorevole Zinzi... onorevole De Camillis... onorevole Bongiorno... onorevole Antonino Foti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 498
Maggioranza 250
Hanno votato
498).

Prendo atto che i deputati Piso e Bonavitacola hanno segnalato che non sono riusciti a esprimere voto favorevole e che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.201 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento) e 1.102 della Commissione, accettati dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Coscia... onorevole Vico... onorevole Cenni... onorevole Pionati... onorevole Armosino... onorevole Buongiorno...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 500
Maggioranza 251
Hanno votato
500).

Prendo atto che il deputato Bonavitacola ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2990-A).
Avverto che l'ordine del giorno Zazzera n. 9/2990-A/1 è stato ritirato dal presentatore.
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il Governo accetta l'ordine del giorno Pagano n. 9/2990-A/2.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pagano n. 9/2990-A/2, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà (Commenti).

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, non volendo farvi rimanere ulteriormente a digiuno, come ho già preannunciato nel corso della discussione sulle linee generali, confermo il voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, intervengo con due battute perché credo che questo provvedimento sia stato ampiamente valutato. Noi voteremo con qualche perplessità e con qualche preoccupazione, Pag. 52l'ho detto anche in Commissione. Questo è un provvedimento di sanatoria, però con questo decreto si costituisce anche un precedente che, a mio avviso, ha una sua pericolosità.
C'è un'altra riflessione, e concludo: dobbiamo capire se esistono delle responsabilità, perché non c'è dubbio che noi stiamo facendo una sanatoria rispetto ad una violazione anche comportamentale che è stata consumata lì dove si è tenuto un concorso. È possibile che non esistano responsabilità? Stiamo discutendo di tutto, certamente creiamo un precedente a mio avviso pericoloso e non andiamo ad individuare le responsabilità per migliorare il funzionamento della scuola. Con queste preoccupazioni e con queste considerazioni noi ci asterremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, anch'io utilizzo pochi minuti per questa dichiarazione di voto su un provvedimento sul quale credo sia necessario che l'Aula rifletta, ma che rifletta soprattutto il Governo sul modo in cui un eccessivo uso della decretazione d'urgenza comporti spesso per questa Assemblea la necessità di intervenire attraverso decreti-legge correttivi.
Nella discussione sulle linee generali di quel decreto-legge che riguardava il precariato nella scuola noi avevamo già sottolineato, come gruppo del Partito Democratico, i rischi di incostituzionalità di un emendamento che il Governo aveva voluto comunque mettere ai voti e che era stato approvato da quest'Aula. Nel frattempo sono intervenute le questioni di giurisdizione, compreso il fatto che il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia ha emanato una sentenza che annulla il concorso. Colleghi, non abbiamo tempo, ma avremmo la necessità di ragionare, perché quel concorso viene annullato sulla base di alcuni ricorsi, ma le modalità di costituzione delle commissioni con un unico presidente erano identiche da Bolzano alla Sicilia, ed è del tutto evidente che su questo pesa il parere espresso dal Governo circa la validità di quelle commissioni con un solo presidente.
Noi voteremo a favore perché questo decreto-legge correttivo toglie l'impossibilità di dare conto ad una sentenza del Consiglio della Sicilia, ma soprattutto perché permette, nella fase attuale della discussione che sta avvenendo in quella regione, di dare una certezza: il concorso viene annullato, ma entro sessanta giorni quel concorso deve essere indetto nuovamente. Vi è, quindi, il tema che riguarda la funzionalità della scuola e soprattutto la salvaguardia dei diritti delle famiglie degli studenti, ed è solo alla luce di questi elementi e per un giusto rapporto tra potere legislativo e potere esecutivo che il Partito Democratico esprime un voto favorevole su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. Signor Presidente, la nostra dichiarazione di voto ovviamente è favorevole, però evidenziamo, in primo luogo, che le richieste del risarcimento da parte dei dirigenti scolastici, che sono stati esclusi da queste sentenze, saranno miliardarie: trasferimenti di residenza da parte dei vincitori di concorso; rinuncia a partecipare ad altri concorsi dedicati; danni morali; perdite di cattedra, degli ex professori nel frattempo vincitori di concorso. Insomma, siamo in presenza di una fattispecie veramente particolare, dove l'interesse collettivo si sposa con la meritocrazia, in quanto gli stessi sono nella situazione di avere legittimamente vinto un concorso, ma di non aver riconosciuti i loro diritti.
Siamo particolarmente soddisfatti di ciò che ha dichiarato il Governo, accettando il nostro ordine del giorno ovvero di adottare con urgenza opportune iniziative finalizzate alla salvaguardia degli interessi legittimi di questi dirigenti scolastici dichiarati vincitori di concorso. Di conseguenza, Pag. 53vi è il parere favorevole complessivo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2990-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 2990-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vico, De Micheli, Tassone, Donadi, Stradella, Consiglio.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

«Conversione in legge del decreto-legge 27 novembre 2009, n. 170, recante disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici» (2990-A):

(Presenti 504
Votanti 495
Astenuti 9
Maggioranza 248
Hanno votato
494
Hanno votato
no 1).
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e che il deputato Burtone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16 con la discussione delle mozioni concernenti iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Nicola Cosentino. Successivamente, proseguirà la discussione congiunta sulle linee generali dei disegni di legge finanziaria e di bilancio.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 16,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lombardo, Lo Monte, Mantovano, Martini, Meloni, Menia, Migliavacca, Migliori, Nucara, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Rotondi, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 54

Sull'ordine dei lavori (ore 16,06).

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, le chiederei di riferire immediatamente queste considerazioni del gruppo del Partito Democratico al Presidente della Camera. Mentre questa mattina noi qui discutevamo di un tema delicato, che passa sicuramente attraverso il rispetto delle prerogative del Parlamento, il Presidente del Consiglio, parlando in una sede internazionale, cioè al congresso del Partito popolare europeo, quindi di fronte ad esponenti di altri Paesi, un'altra volta ha fatto uno di quegli attacchi violenti e intollerabili alle altre istituzioni democratiche del Paese. Ha detto che la sovranità in Italia, cioè nel suo Paese, è passata dalle mani del Parlamento alle mani dei giudici. Ha detto che la Corte costituzionale, cioè il supremo organo di garanzia, non è più un organo di garanzia ma un organo politico, perché, a suo dire, undici, dei quindici componenti della Corte costituzionale, sono stati nominati da Presidenti della Repubblica di sinistra. Nel suo profondo rispetto verso la massima istituzione di questo Paese, tende a «colorare» anche i Presidenti della Repubblica, che hanno svolto in modo ineccepibile il loro ruolo di garanzia.
Rispetto a queste frasi così gravi, c'è stata una immediata reazione del Presidente della Camera e delle parole molto ferme e chiare del Presidente della Repubblica, che ha espresso rammarico e preoccupazione perché in una sede internazionale il Presidente del Consiglio ha attaccato, davanti ad esponenti di altri Paesi, altri organi costituzionali dello Stato.

FABIO GARAGNANI. Ha fatto bene! (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

DARIO FRANCESCHINI. Dunque, non è più accettabile che questi argomenti vengano trattati frettolosamente, in battute più o meno studiate e ricercate, in sedi diverse dal Parlamento. È per questo motivo che noi chiediamo formalmente che il Presidente del Consiglio, se intende confermare quelle dichiarazioni, venga a ripeterle testualmente qui in Aula, cioè nel luogo in cui devono essere pronunciate, e accetti che sulle sue parole ci sia un confronto parlamentare, come si deve fare in un Paese democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, sarà mia cura riferire le sue parole al Presidente della Camera e, in particolare, la sua richiesta.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, le parole di oggi del Presidente Berlusconi purtroppo non sono le prime e temiamo non saranno le ultime. Soltanto pochi giorni fa il Presidente Berlusconi ha affermato che i giudici in questo Paese stanno per portare ad un clima di guerra civile. Oggi, è ritornato su accuse gravissime e pesantissime, che già aveva in qualche misura espresso all'indomani della sentenza della Consulta sul lodo Alfano, secondo le quali la Corte costituzionale, che è oggi, assieme alla Presidenza della Repubblica, l'unico vero e assoluto baluardo di garanzia delle istituzioni democratiche e di rispetto di quella Costituzione repubblicana e democratica che è l'anima e la spina dorsale delle nostre istituzioni e della nostra Repubblica, non sarebbe più un organo di garanzia, ma anch'essa uno degli attori di un agone politico sempre più concitato.
Crediamo che queste parole costituiscano una ferita grave per la credibilità del nostro Paese e per la dignità e il ruolo Pag. 55della stessa Presidenza del Consiglio, e quindi della stessa persona che esprime queste parole così gravi, così pericolose e così slegate da quello che dovrebbe essere un clima di rispetto e di reciproca costruzione della qualità e dello spessore di una democrazia.
Crediamo che non sia più accettabile che questo Presidente del Consiglio da un anno e mezzo rifugga ogni forma di confronto con l'Aula del Parlamento: è un Presidente del Consiglio che non ha mai, per una volta, presenziato a un question time; è un Presidente del Consiglio che mai ha accettato di ascoltare un dibattito parlamentare, salvo intervenire in pochissime occasioni soltanto al momento del voto finale o al massimo per sentire la dichiarazione di voto del gruppo del PdL; è un Presidente del Consiglio che, in ogni forma, con ogni possibile espressione, con ogni azione, ha mostrato mancanza di rispetto, anzi, disprezzo per l'istituzione parlamentare.
Per questo anche noi, signor Presidente, ci associamo a questa richiesta, perché riteniamo non più dilazionabile che il Presidente del Consiglio venga in quest'Aula e si confronti con l'istituzione parlamentare, che è, forse con suo dispiacere, ancora il luogo dove si fanno o si dovrebbero fare con autonomia e indipendenza le leggi di questa Repubblica.
Venga qui a motivare le ragioni delle sue affermazioni e il percorso di riforma costituzionale che ha in mente, che sinceramente ci sembra più l'annuncio di atteggiamenti eversivi rispetto agli attuali equilibri costituzionali che non un coerente piano di riforme istituzionali, ma, soprattutto, si confronti con il popolo italiano, che è rappresentato democraticamente in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, mi rammarica molto intervenire, ma purtroppo anche noi siamo costretti a farlo, perché è giusto assumersi, in casi come questo, le proprie responsabilità davanti agli italiani.
Riteniamo del tutto improprie e sbagliate nel metodo e nel merito le parole del Presidente del Consiglio; sono sbagliate nella sede, perché credo che trasferire all'estero l'immagine di un'Italia di questo tipo sia del tutto autolesionista per gli interessi del Paese e per gli stessi interessi del Presidente del Consiglio, che questo Paese rappresenta all'estero. Sono sbagliate nel metodo, perché riteniamo che chi vince le elezioni non sia in alcun modo il padrone del Paese; si deve confrontare con la Costituzione e con i pesi e i contrappesi che in ogni sistema democratico le Costituzioni prevedono.
Chi vince le elezioni ha semmai un dovere supplementare e poiché siamo stati fra coloro che mai hanno concorso alla demonizzazione del Presidente del Consiglio, poiché siamo il partito che si è assunto, con l'onorevole Vietti, la responsabilità e l'onere di presentare anche un disegno di legge discutibile, e lo sappiamo, che è quello sul legittimo impedimento, proprio per questo ci sentiamo legittimati a dire che non si può accettare l'idea della neutralità e dell'equidistanza davanti a questa presa di posizione del Presidente del Consiglio.
Il nostro partito sta, senza «se» e senza «ma», con il Presidente della Repubblica, con la Corte costituzionale, con la Costituzione, con il Parlamento e con tutti quegli organismi istituzionali che sono parte integrante di un qualcosa, onorevoli colleghi, che si chiama solo e semplicemente democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
Nella democrazia vi sono i leader, vi sono i Presidenti del Consiglio, vi sono personalità: basta pensare a De Gasperi per l'Italia o a Helmut Kohl per la Germania, che hanno avuto grandi poteri e grandi responsabilità, ma mai si sono sognati di confondere quello che è il Pag. 56consenso popolare che hanno avuto con l'essere o pensare di essere padroni del Paese. Questa è la differenza e mi auguro che le tante persone ragionevoli che vi sono nella maggioranza lo spieghino prima o poi anche al Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, intervengo solo per specificare, data la delicatezza del tema, che a me è stato comunicato adesso che il mio voto, nella votazione sull'autorizzazione a procedere relativa all'onorevole Cosentino, non è stato registrato dal dispositivo elettronico; però io ero presente, ambedue i miei colleghi vicini possono testimoniare che la lucetta era accesa. Non so come sia successo; vorrei rimanesse agli atti che ho votato.

PRESIDENTE. Sta bene.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, non prendo la parola su quanto detto dall'onorevole Bachelet, ovviamente, ma sulle questioni sollevate dall'onorevole Franceschini e dagli altri successivamente. Ritengo infatti assolutamente strumentale sollevare questioni di tal natura in Aula in questo momento; ad ogni buon conto, essendo state sollevate, credo che sia anche legittima una risposta in difesa del Presidente del Consiglio e presidente del mio partito (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), che parla da una sede non istituzionale ma da una sede politica, come quella del congresso del Partito Popolare Europeo, al quale ci onoriamo di appartenere e che si onora a sua volta di avere tra i propri iscritti il Popolo della Libertà (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e un Presidente del Consiglio in Italia che, come ricordava il presidente del PPE, Wilfred Martens, non ha mai avuto un consenso così importante.
Non ci lasciamo certo fare la morale dall'Italia dei Valori sul rispetto delle istituzioni, visto che non oltre qualche mese fa insultava il Capo dello Stato in piazza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà); quindi non siamo certo qui a prendere lezioni da nessuno, onorevole Donadi, e non crediamo che il Presidente del Consiglio abbia offeso nessuno facendo delle dichiarazioni che sono di natura politica, delle considerazioni di natura politica che esulano da tanta ipocrisia che vi è stata. Il Presidente del Consiglio, è un dato di fatto (lo riconosciamo quasi tutti in questo Paese, salvo poche eccezioni), è oggetto di una campagna di aggressione giudiziaria che dura da quando egli è sceso in campo fino ad oggi, che ancora ha un consenso importante e guida questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Stiamo affrontando la finanziaria proprio in questo momento, confrontandoci sul merito; se dobbiamo confrontarci sul metodo, confrontiamoci sul metodo di una certa magistratura, che pensa di potersi sostituire al potere politico.

DONATELLA FERRANTI. Ma basta!

SIMONE BALDELLI. Per questo giustamente Silvio Berlusconi, non in questa Aula, non nel Parlamento, ma in una sede politica di partito dice che in Italia vi è bisogno di riforme importanti, che riequilibrino il contrappeso tra politica, da un lato, e magistratura, dall'altro (purtroppo una parte di magistratura, che fa perdere credibilità a tanta parte della magistratura che lavora bene, onestamente). Dico ciò perché di questo problema non cominciamo Pag. 57a parlare da oggi, ma da 15 anni. Credo quindi che il Presidente del Consiglio vada rispettato, così come vanno rispettate tutte le cariche dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, la mia è una dichiarazione a titolo personale: vorrei riferire in un minuto su una cosa molto grave accaduta questa mattina. È accaduta nel «campo di concentramento» di Ponte Galeria, dove vengono tenuti per mesi gli immigrati che si cerca di rimandare, spesso, in Paesi che non hanno mai conosciuto e di cui non sanno nulla.
La storia riguarda il detenuto Trabedin Mizar. L'ho incontrato l'8 dicembre, quando insieme con i colleghi radicali e con il collega Ferrante del PD abbiamo visitato quel «campo di concentramento». Il giovane di cui sto parlando aveva la gamba ingessata, in un modo che impediva di appoggiarsi sulla gamba, rotta in due punti, mi ha precisato; e purtroppo la Croce Rossa ci ha spiegato che avendo l'ASL responsabile nella zona interrotto ogni rapporto con il «campo di concentramento», non poteva avere le stampelle: quindi saltava su un piede solo. Ma questa mattina, quando i due agenti... Signor Presidente, veramente ho bisogno della sua attenzione.
Quando questa mattina i due agenti che lo dovevano scortare all'aeroporto si sono affiancati per portarlo, è nato il problema: le autorità tunisine non avrebbero mai potuto accettare una persona con la gamba ingessata. Di conseguenza, è stata tolta, tagliata l'ingessatura sulla gamba rotta per poterlo mettere sull'aereo e farlo accettare dalle autorità tunisine. Questo è accaduto nella Repubblica Italiana, sotto la Costituzione nata dalla Resistenza, il giorno in cui le sto parlando; e mi viene il desiderio di lasciare una traccia di questo evento barbaro in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00282, Franceschini ed altri n. 1-00283 e Casini ed altri n. 1-00287 concernenti iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del Sottosegretario di Stato Nicola Cosentino (ore 16,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00282, Franceschini ed altri n. 1-00283 e Casini ed altri n. 1-00287 concernenti iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del Sottosegretario di Stato Nicola Cosentino (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Barbato, che illustrerà anche la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00282, di cui è cofirmatario (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Colleghi vi prego! Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, Ministro, colleghi, quando Gaetano Vassallo vide il sangue di Michele Orsi sull'asfalto, davanti al Roxy bar a Casal di Principe, capì che il gioco stava diventando più pesante. Questo è il gioco che ci ha portato all'onorevole Cosentino e che, in base a quello che stiamo ascoltando, risale alla cosiddetta «madre di tutte le guerre».
Leggo le parole non dell'onorevole Di Pietro, dell'onorevole Barbato o di esponenti dell'Italia dei Valori ma di Fedele Pag. 58Confalonieri che, nella prefazione de «L'odore dei soldi» dice: «La verità è che se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l'accusa di mafia. Col cavolo che portavamo a casa il proscioglimento nel lodo Mondadori». Questo lo ha detto Fedele Confalonieri, il 25 giugno 2000.
Ecco perché sta venendo fuori questo nuovo stile politico, questa politica berlusconiana nella quale la società ECO4 Spa era controllata dall'onorevole Cosentino e anche l'onorevole Mario Landolfi vi aveva svariati interessi (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Michele Orsi, che è stato assassinato, diceva: «Le parti politiche principali che intendevamo soddisfare erano rappresentate da Mario Landolfi e da Nicola Cosentino. Il 70 per cento delle assunzioni operate erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politico-elettorali richieste da Landolfi, Valente e Cosentino. Nicola è il mio padrone». E ancora: «Francesco Bidognetti mi convocò affinché indicessi una riunione con le maestranze per sostenere il candidato Nicola Cosentino».
L'onorevole Cosentino, poiché riteneva Vassallo un suo buon elettore, cercava di accontentarlo, affidandogli la gestione di una concessionaria di distribuzione gas e invece gli diceva di lasciar stare e di non fare il termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa. Infatti gli interessi economici del clan dei Casalesi si erano focalizzati in un'area geografica controllata dagli Schiavone e quindi il gruppo Bidognetti era stato fatto fuori. «L'onorevole Landolfi» - dice ancora Vassallo - «mi comunicò la volontà dei Casalesi e quindi come di conseguenza noi tutti insieme dovevamo muoverci».
A Napoli c'è una procura che ha ancora 107 pubblici ministeri dal 1999: da quando sono arrivati nuovi carichi di lavoro ovvero i lavori di controllo e gli incarichi concernenti i rifiuti, quelli relativi alla contraffazione, alla violenza sessuale sui minori e alla tratta degli esseri umani, che sono ormai tutti di competenza distrettuale e fanno capo alla procura di Napoli, la medesima procura continua a lavorare con lo stesso personale, cioè non ha mezzi sufficienti.
Addirittura, cari Ministri dell'interno e della giustizia, sapete come avvenne la cattura del capo dei casalesi, Setola? Avvenne attraverso un'«attività di volontariato», poiché furono seguite le macchine che sulla tangenziale di Napoli accompagnavano tutte Setola fino a Fuorigrotta: è stato un lavoro incredibile svolto da alcuni PM dell'antimafia di Napoli.
Ebbene, a questo punto la procura di Napoli - riconoscendo che c'è tanto lavoro da non riuscire a farlo: non ci sono straordinario, né uomini, non c'è la polizia giudiziaria, non vi sono gli assistenti - decise di farlo con lavoro gratis, anche ventiquattro ore su ventiquattro: è stata cioè un'operazione compiuta con il volontariato di magistrati, di polizia, di assistenti, di uomini delle istituzioni.
Questi sono i veri eroi, non Mangano, questi sono gli eroi cui dobbiamo riconoscenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), perché in questo modo si fa la lotta alla criminalità organizzata e non facendo «buffonate» come fa il Governo quando dice: noi arrestiamo! Voi non arrestate nessuno (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), perché sono i magistrati e le forze dell'ordine quelli che lavorano davvero ogni giorno per contrastare la criminalità e che lo fanno senza mezzi, con il volontariato.
Andate a verificare se questo che è successo alla procura di Napoli è vero o meno, se è vero che la lotta alla camorra si fa con il volontariato delle forze dell'ordine e dei magistrati di Napoli, come è vero che nel momento in cui la criminalità diventa sempre più globalizzata dovremmo mettere a disposizione uomini e dovremmo avere anche una giustizia transnazionale, mentre il nostro Ministro della giustizia dal giugno del 2008 non nomina il nuovo procuratore in sostituzione di Martellino, del fido Martellino, ad Eurojust, la nostra procura europea. Perché? Il CSM ha regolarmente trasmesso la rosa dei nomi dalla quale il Ministro della Pag. 59giustizia deve attingere il nome per poi provvedere alla nomina per rinforzare quel presidio fondamentale al fine di contrastare la criminalità a livello internazionale, ma non lo fa perché non ha interesse a contrastare la criminalità organizzata a livello internazionale: hanno infatti bisogno di mettere un nome loro. Ecco perché la giustizia non funziona, perché dove è possibile farla funzionare, non la si fa funzionare! Il Ministro della giustizia da circa due anni non nomina il nostro rappresentante in Eurojust, nella procura europea.
Allora, vedete come il Governo non fa nulla per contrastare la criminalità mentre si mette le medaglie al valore, perché dice che grazie al Governo si fanno le operazioni che invece portano avanti le forze dell'ordine e la magistratura nelle condizioni più difficili?
E poi in Campania abbiamo visto come si comportano i vertici del PdL: ve lo ho detto in epoca non sospetta che in Campania i vertici del PdL per fare carriera debbono fare praticantato con la camorra (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Ma allora non dovete più preoccuparvi se ci saranno altre richieste di arresto di altri parlamentari del PdL, perché noi critichiamo proprio queste vostre connivenze, questi vostri rapporti, queste vostre condivisioni, ed è su questo che la vostra politica, che è una certa politica, è fallita dal momento che da sola non riesce ad emendarsi, da sola non riesce a fare pulizia al suo interno.
Questo è il vero problema del PdL in Campania, che è nella camorra, del PdL che è diventato la camorra in Campania con i suoi vertici che rappresentano i rapporti, le connivenze, affari insieme, condivisioni con la criminalità organizzata in Campania (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Però io sono sicuro - lo voglio dire soprattutto all'onorevole Cosentino - che lui può rimanere tranquillamente al suo posto, perché l'onorevole Cosentino rispetto a quello di Canale 5 è un pivello, quindi non solo continuerà a fare il sottosegretario, ma l'onorevole Cosentino ha una polizza sulla vita formidabile, e a dargliela è proprio quello di Canale 5. Infatti, Cosentino alla fine ha solo rapporti con alcuni clan campani della camorra, ma il suo capo, per tutto quello che tiene, deve mantenerlo per forza e fargli fare non solo il sottosegretario, ma anche il candidato per le regionali in Campania. Se non candida Cosentino, significa che Berlusconi se ne deve andare non dal Governo ma dall'Italia (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) per tutto quello che ha fatto, per tutti i reati che ha commesso, per come ha inquinato la politica, per come ha avvelenato i pozzi del nostro Paese.
Il modello berlusconiano che sta avvelenando il nostro Paese è questo stile di politica che voi non volete modificare, e aspettate i magistrati e vi nascondete dietro la giustizia. Invece noi non badiamo alla giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato.
Ha chiesto di intervenire il Ministro della giustizia, Angelino Alfano. Ne ha facoltà.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la parola per dare una notizia all'Aula in riferimento a quanto detto in un passaggio dall'onorevole che ha appena smesso di parlare. Il Governo ha proceduto alla nomina del componente italiano di Eurojust - ho firmato proprio oggi - nella persona del dottor Lo Voi, uno dei più noti magistrati palermitani più impegnati nel contrasto a Cosa nostra. La nomina è già stata firmata. Colgo l'occasione per comunicare all'Assemblea che ho appena firmato l'applicazione del 41-bis per il boss Nicchi, arrestato l'altro giorno (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

Pag. 60

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti, che illustrerà anche la mozione Franceschini ed altri n. 1-00283, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, siamo qui per illustrare la nostra mozione, che riguarda una richiesta di impegno al Governo perché induca l'onorevole Cosentino a dare le proprie dimissioni. Questa mozione, che ho firmato convintamente, non vuole essere un atto di accusa né una manifestazione di giustizialismo, un termine che ho visto molto in voga oggi, anche in questa Aula, con cui si intende criticare quel senso di esasperato sentimento di giustizia.
In realtà avremmo preferito non presentare questa mozione, avremmo preferito trovarci di fronte ad una sensibilità istituzionale, spontanea, dell'onorevole Cosentino, che lo avesse indotto a rassegnare con alto senso di responsabilità le proprie dimissioni da sottosegretario. Non è in discussione la presunzione di non colpevolezza, che accompagna ciascun imputato fino al passaggio in giudicato delle sentenze. È in discussione invece la scelta di trasparenza, legalità e responsabilità istituzionale che deve essere patrimonio della politica in generale e soprattutto di chi ricopre incarichi di Governo. Le indagini, le contestazioni dei giudici di Napoli, di cui abbiamo abbondantemente parlato stamattina, formulate non con un semplice avviso di garanzia ma con un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, che tra l'altro non risulta annullata da nessun tribunale del riesame, gettano ombre gravi sulla condotta dell'onorevole Cosentino per ambigui e forti rapporti con figure di primo piano di clan camorristici.
Peraltro, da questo non dobbiamo trarre conseguenti affermazioni di responsabilità: in uno Stato che abbia il rispetto della distinzione dei poteri ciò sarà compito della magistratura ma proprio perché sono in corso accertamenti processuali, proprio perché l'onorevole Cosentino ha il diritto e il dovere di difendersi nel processo penale, bisogna affrontare il problema politico se nel frattempo non sia opportuno che l'onorevole Cosentino si dimetta dagli incarichi di Governo proprio per il rispetto delle istituzioni che rappresenta e per poter serenamente, senza interferenze con gli incarichi che ricopre, esercitare pienamente tutti i propri diritti di difesa per uscire dalle gravissime accuse che gli sono mosse di concorso esterno in associazione mafiosa.
Questa è la responsabilità che hanno dimostrato alcuni uomini delle nostre istituzioni in altre e recenti occasioni. Da ultimo, per fatti meno gravi e nessuna imputazione, ricordo il presidente della regione Lazio e in questa occasione mi sembra che vi sia stato il pieno assenso anche da parte di importanti, autorevoli esponenti della maggioranza. Infatti le dimissioni servono per salvaguardare le istituzioni di appartenenza, l'immagine del Paese, i valori profondi ed alti della politica. È un atto di responsabilità politica e istituzionale che mi piacerebbe poter condividere con la maggioranza, perché qui è in gioco non l'immagine personale dell'onorevole Cosentino ma quella del Governo, del Parlamento italiano, dei cittadini tutti.
Vorrei qui ricordare l'intervento che fece l'onorevole Paniz nella seduta in cui un anno fa si discuteva delle dimissioni dell'onorevole Cosentino sulla base di affermazioni giornalistiche. In quell'occasione l'onorevole Paniz, con la solita lealtà intellettuale che lo contraddistingue, disse: «L'azione penale è una cosa seria. È l'azione penale che determina il sorgere dei valori etici ai quali si fa riferimento». Ormai oggi siamo fuori dalle illazioni giornalistiche. Siamo fuori dalla mera informazione di garanzia. Siamo di fronte ad una contestazione effettuata con un atto tipico di esercizio dell'azione penale: un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
L'oggetto di questa mozione è semplice: è l'opportunità che il Governo inviti il sottosegretario alle dimissioni. Troppo spesso si dimentica l'articolo 54 della Costituzione che afferma che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed Pag. 61onore e l'onore richiama l'interesse della collettività che deve prevalere su quello personale, anche se può essere doloroso e scomodo come in questo caso. Qui l'esercizio delle funzioni con onore impone le dimissioni dagli incarichi di Governo proprio perché l'onorevole Cosentino possa assumersi la responsabilità di difendersi dando credibilità, dignità, prestigio al nostro Paese anche all'estero, affinché lo Stato possa presentarsi ai cittadini con segnali di trasparenza e rispetto nel principio della legalità. Questo, onorevoli colleghi, sarebbe un segnale di vera forza del Governo e non di debolezza nei confronti delle organizzazioni criminali e una risposta autorevole, questa sì, da parte dell'onorevole Cosentino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini, che illustrerà anche la mozione Casini ed altri n. 1-00287, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il voto che abbiamo espresso stamane era un voto gravido di dubbi riguardanti un approccio adeguato alla richiesta cautelare di arresto di un deputato. Ora siamo liberi dal peso di quella valutazione e stiamo valutando solo l'opportunità di un gesto, di una scelta, di un segnale politico. Forse, a giudizio della maggioranza dell'Aula non vi sono i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'onorevole Cosentino tali da giustificare in modo pressoché automatico, ai sensi dell'articolo 275 del codice penale di rito, la misura cautelare.
Ma io mi chiedo e vi chiedo, in tutta onestà, se non emergano dagli atti almeno indizi di colpevolezza, se pure non gravi, se nelle carte non vi siano le evidenze di una collusione che sicuramente è una collusione di sistema, sicuramente va al di là del singolo caso Cosentino, ma che tuttavia mostra con molta evidenza l'assoluta contiguità del sistema politico e dei principali esponenti del partito dell'onorevole Cosentino con un sistema di affari illeciti fortemente infiltrati dalla camorra.
Credo che queste evidenze, almeno dal punto di vista di indizi di colpevolezza, sia difficile disconoscere e sia difficile, per conseguenza, pensare che sia opportuna la permanenza in un ruolo delicato di Governo (appunto nel Ministero dell'economia) di un esponente politico nei cui confronti è dovuto tutto intero il rispetto del principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza a cui ci ispiriamo, che è scolpito nella Carta costituzionale, di cui spesso dovremmo tenere conto, assai più di quanto non si faccia nella vulgata dei media, dell'opinione pubblica e di alcune forze politiche, che appunto confondono un avviso di garanzia con una sentenza. Tuttavia, mi chiedo se vi sia senso di responsabilità in quest'aula nel far finta che in Campania non vi sia nulla e che su questo caso non gravino seri elementi di contiguità tra politica e affari camorristici riferiti ad uno dei più pericolosi clan che operano in Campania ed in Italia.
È un giudizio di mera opportunità, non è un giudizio definitivo; lo ripeto ancora una volta: all'onorevole Cosentino vanno riconosciute le garanzie previste dalla Costituzione, ma la politica deve svolgere il suo ruolo se non vuole abdicare del tutto dinanzi al ruolo che invece svolge e che riteniamo debba svolgere la magistratura con il rigore e la prudenza necessari.
Già stamani ho avuto modo di denunciare la contiguità di sistema che vi è tra politica e affari, che a volte assume proprio connotati criminali, come una patologia grave del nostro Paese. Chi oggi crede a mercati aperti e competitivi, crede al merito e alla concorrenza, alle gare, ai concorsi, alla professionalità, alla cultura e all'efficienza come qualità per avere successo, rischia in Italia di essere irriso o guardato con la bonomia che si riserva ai sognatori. Eppure abbiamo opere incompiute o il cui costo triplica nel corso dei lavori, i morti ammazzati, il pizzo, i giovani cervelli che se ne vanno dall'Italia e che proprio in questi giorni scrivono al Capo dello Stato che tornerebbero - cito testualmente - se la gente smettesse di pensare che la via furba è quella giusta, se Pag. 62vi fosse il rispetto dei valori di onestà e legalità, se vi fosse trasparenza, non clientelismo e soprusi.
Questa è la grande questione nazionale, al sud come al nord, che denunciamo con forza dinanzi al Parlamento. Occorre cambiare e siamo chiamati ad un atto di responsabilità. Ma non è con le citazioni, né solo affidando ai letterati la lotta alle mafie e nemmeno strozzando gli sceneggiatori de La Piovra, come ipotizzato dall'attuale Capo del Governo, che si ottengono i risultati che il dovere ci impone e che il Paese attende.
Il Parlamento e le forze politiche sono chiamati a fare la loro parte in un giudizio, che è assai meno grave di quello espresso stamani: è un giudizio di opportunità, che deve dirci se siamo allarmati e responsabili dinnanzi alla contiguità conclamata tra sistemi di affari criminali e politica che, nel caso Cosentino, hanno una punta di evidenza e che dovrebbero indurre responsabilmente questo Parlamento ad un atto appunto di prudenza e di responsabilità, senza che la politica, le forze democratiche e le istituzioni democratiche debbano piegare la testa, lasciando questo compito solo ed unicamente alla magistratura.
Questo è il voto responsabile che l'Unione di Centro vi chiede (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di rivolgere un saluto al Presidente della Camera della Repubblica socialista del Vietnam, Nguyen Minh Triet, che sta seguendo, insieme alla sua delegazione, i nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, colleghi deputati, Tom Daschle, Nancy Killefer e Bill Richardson sono nomi che alla maggior parte di noi non dicono nulla, eppure hanno una grande attinenza con ciò che stiamo discutendo. Il Presidente Obama, quando si è insediato e ha lavorato alla formazione del suo Governo, voleva collocare Daschle alla sanità, Killefer al bilancio e Richardson al commercio. Rinunciò a nominarli quando si seppe che uno era indagato per corruzione, uno era stato riconosciuto colpevole di evasione fiscale e un'altra aveva un precedente con la giustizia perché non aveva pagato, per diciotto mesi, i contributi alla colf. I poveri tre Ministri mancati sono, evidentemente, nati nel Paese sbagliato: in Italia, non avrebbero avuto problemi.
Nel 2008, in Perù, il Premier Jorge del Castillo viene messo sotto accusa per corruzione: mentre attende l'esito dell'indagine giudiziaria, ritiene di doversi dimettere con l'intero Governo. Nello stesso anno, in Gran Bretagna, si dimette Peter Hein, Ministro del lavoro: non aveva dichiarato 100 mila sterline di contributi elettorali ricevuti da un imprenditore.
L'anno prima, in Svezia, due Ministri, due donne, una alla cultura e una al commercio, vengono scoperte da un giornale: avevano una badante in nero, non pagavano il canone della televisione e non avevano dichiarato al fisco la seconda casa. Anche loro sono nate nel Paese sbagliato.
Per quale motivo, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Svezia, in Perù, basta un'indagine, un'ombra, un peccato veniale, perché chi ricopre cariche pubbliche e ha responsabilità di Stato torni alla sua vita privata e affronti la sua vicenda in sede giudiziaria, senza trasformarla in un caso politico ed istituzionale, mentre in Italia tutto questo non accade? Anzi.
È su questo che oggi dovremmo svolgere una seria riflessione. In questa sede, non ci interessa sapere se il sottosegretario Cosentino sia innocente o colpevole di collusione con la camorra. Non è questo il tempo e non è neppure questo il luogo. Dobbiamo assumere decisioni politiche.
Qualcuno obietta che, se facciamo conseguire le dimissioni da un provvedimento giudiziario, lasciamo che sia la magistratura a selezionare la classe politica. Cari colleghi, questo è il nodo centrale.
Pertanto, dobbiamo metterci d'accordo: se è vero che la politica deve riprendere la centralità del suo ruolo, essa deve farlo sapendo muoversi prima della magistratura Pag. 63e indipendentemente da essa; deve saper selezionare la sua classe dirigente, il suo personale politico e le persone che propone all'elettorato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). È questo il punto vero della vicenda Cosentino: non che sia innocente o colpevole rispetto alle accuse che gli vengono mosse in sede giudiziaria. Quello è un aspetto che riguarda soprattutto lui: a noi interessa un'altra questione.
A noi riguarda l'espressione di una valutazione etica rispetto alle caratteristiche che deve avere una persona chiamata a ricoprire un alto incarico pubblico, che è un giudizio diverso da quello della magistratura, per certi versi anche più difficile, perché si muove dentro categorie più complesse e più sfumate. Non possiamo esimerci, però, perché se la politica delega la questione morale alla magistratura e all'accertamento della responsabilità penale, essa segna la sua stessa fine.
Non è la magistratura a minacciare e a invadere gli spazi della politica, è la politica a non fare la sua parte, a non saper adottare i sui criteri selettivi, le sue valutazioni morali indipendenti dal procedimento giudiziario. La politica dovrebbe imparare a svolgere sue inchieste, dovrebbe imparare a sindacare, a esaminare e scandagliare la vita di chi propone come candidato. In che modo? A Napoli, nella mia terra, mutuando curiosamente una vecchia abitudine degli indiani d'America, si dice «mettere l'orecchio a terra» e significa che, se andiamo sui territori, le cose veniamo a saperle, se prestiamo attenzione le cose escono: ascoltiamo i territori, vediamo cosa ci rispondono. Sui territori, come nei paesi e nella famiglia, ci conosciamo tutti, soprattutto da noi al sud. Le cose in giro si sanno e quando i partiti candidano personaggi chiacchierati, fingendo di non conoscere la loro provenienza, i loro contatti, gli incroci familiari e il modo di fare politica, lo fanno perché quella finzione torna loro comoda, arrivano i voti e si finge di non sapere. Ritengo che la politica debba smetterla di far finta di non sapere.
Nel caso dell'onorevole Cosentino siamo di fronte ad accuse da parte di collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa rispetto ad un'accusa di collusione con la camorra e di gestione clientelare spregiudicata del ruolo pubblico in un settore delicato come quello dei rifiuti in Campania, in una area complessa come il casertano e in una città difficile come Casal di Principe, di cui Cosentino dice - lui sì - di essere il riferimento politico.
Ovviamente - ma è persino sciocco ricordarlo - ci vuole cautela, ci vogliono riscontri, ci vogliono prove e conferme. L'inchiesta è ancora in corso ed è tutt'altro che conclusa.
Ma a me e a noi oggi non interessa l'esito del procedimento giudiziario, a noi interessa la decisione della politica, che non può rimanere inerme ad attendere la decisione della magistratura. Dobbiamo aspettare una condanna per dire a Cosentino che non è opportuno che una figura al centro di un'inchiesta così complessa e così delicata che incrocia camorra e rifiuti su un territorio come quello campano ricopra oggi un incarico di Governo? No, oggi la politica deve essere capace di dire a qualcuno: fai un passo indietro, perché è giusto così. Oggi la politica deve avere la forza e la dignità di dire all'onorevole Cosentino che lui in questo momento, che sia innocente o sia colpevole, per il valore che anche simbolicamente assume una classe dirigente rispetto al Paese, non è la persona giusta per il posto che occupa e per questo deve lasciarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Picierno. Ne ha facoltà.

PINA PICIERNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministri, la vicenda in cui è coinvolto l'onorevole Cosentino attiene certamente a profili giudiziari, i profili di cui abbiamo discusso questa mattina e su cui dico subito che la mia posizione è assolutamente conforme a quella espressa dall'onorevole Samperi e dal gruppo del Partito Democratico. Pag. 64
Questa vicenda, però, contiene anche un'altra enorme, gigantesca questione, che è quella cui faceva riferimento poco fa l'onorevole Bossa, una questione tutta politica.
Si tratta di quella che, per l'appunto, riguarda la responsabilità e la qualità della politica e delle istituzioni. Per richiamare in qualche modo la centralità di questa questione vorrei ricordare qui insieme a voi le tante persone per bene che hanno scelto a Caserta e nel Paese di fare la propria parte, le persone che lavorano nelle associazioni, le persone che lavorano nei movimenti contro le mafie, tra gli studenti, tra i familiari delle vittime e che dedicano il loro tempo libero a portare la propria testimonianza tra i giovani. Essi sono nelle cooperative che lavorano le terre confiscate ai boss, tra gli imprenditori e tra i negozianti che hanno denunciato le estorsioni rinunciando per sempre ad una vita normale.
Ognuno di loro sa perfettamente che non basterà il proprio impegno per vincere la battaglia contro le mafie, eppure ci provano lo stesso. Lo fanno per non rassegnarsi a chi dice che tanto mai nulla potrà cambiare. In qualche modo resistono per non abituarsi alla rassegnazione. Ebbene, tutte queste persone, tutti questi cittadini, si aspettano credo di più da noi, si aspettano di più da tutti noi, si aspettano che la lotta alla criminalità diventi per davvero la priorità delle istituzioni, si aspettano che la politica sia pronta per davvero a fare la propria parte, cominciando, per esempio, a fare pulizia al proprio interno.
Non possono essere soltanto i giudici in questo Paese a dare patenti di onestà. Garantismo non può voler dire aspettare dieci anni per avere la prova che una persona ha contrattato con le forze più brutali di questo Paese. Conta l'etica, conta la moralità di ciascuno e di chi rappresenta le istituzioni in maniera credo particolare, perché non è una novità, purtroppo, che nel nostro Paese si parla (e se ne è parlato) di legami tra mafia e politica. Questi legami sono esistiti e purtroppo esistono ancora e si rinnovano quando vengono interrotti perché le mafie scelgono i propri interlocutori in base alle garanzie che pensano di ottenere e che poi drammaticamente e disgraziatamente, come sappiamo, ottengono.
Tutti coloro che hanno indagato sulle mafie, tutti coloro che le hanno osservate, che le hanno studiate, che le hanno raccontate al mondo, tutti i magistrati, tutti i procuratori, tutti i giornalisti, tutti i politici, che hanno addirittura in qualche caso perso la vita per combatterle, ci hanno spiegato e raccontato che le organizzazioni criminali non si cancellano semplicemente con l'azione repressiva, perché il cuore del loro funzionamento è negli affari che conducono in quel confine sottile, sottilissimo, che esiste tra lecito e illecito con l'appoggio, con il consenso, con la collusione e qualche volta semplicemente con il silenzio di chi riveste ruoli di responsabilità nella politica, nelle amministrazioni e nell'economia.
Sono questi i legami che lo Stato deve smascherare e che deve interrompere. La legalità, lo ripetiamo spesso, deve essere una premessa necessaria alla politica, non semplicemente uno dei campi dell'azione. Senza legalità non esiste democrazia: questa è la verità. Infatti, ai diritti si sostituiscono le concessioni e i cittadini diventano semplicemente e banalmente dei sudditi.
È nostro dovere, credo, garantire la piena trasparenza e l'assoluta credibilità di questo Parlamento e delle istituzioni democratiche perché, se i cittadini si sentono in qualche modo abbandonati da istituzioni che vengono considerate poco credibili o addirittura colluse o, addirittura, corrotte, viene a mancare un patto democratico tra lo Stato e i cittadini stessi che è necessario in qualche modo per chiedere sacrifici, impegno e rispetto per le leggi a quegli stessi cittadini.
Non spetta a noi esprimerci su atti giudiziari. Non spetta a noi esprimerci su procedimenti in corso ovviamente fino a quando la magistratura non concluderà il suo operato. Non spetta a quest'Assemblea meno ancora giudicare il valore delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Pag. 65Tuttavia, colleghi, dobbiamo chiedere a tutti noi semplicemente di mettere in qualche modo davanti ad ogni considerazione il nostro senso dello Stato.
Si tratta cioè di considerare che, di fronte ad alcuni sospetti di una gravità incontestabile, è in qualche modo necessario fare un passo indietro in attesa che vengano sgombrate dal campo tutte quante le ombre. Bisogna aspettare che si faccia piena luce per il bene dello Stato e per l'impegno quotidiano di amministratori capaci e per bene, delle forze di polizia e della magistratura.
Bisognerebbe fare un passo indietro prima che le conseguenze delle voci e dei sospetti siano devastanti, non per questa o quella parte politica - non è questo il punto - ma per il nostro Paese; prima di rimanere senza scuse possibili - io credo - di fronte ai nostri cittadini e alla comunità internazionale per giustificare in qualche modo la nostra indifferenza, le nostre mancanze; prima che la conseguenza inevitabile sia la sfiducia generale nei confronti della politica, delle istituzioni e della democrazia.
Potrei qui ricordare che in ogni altro Paese ci si dimette per molto meno. Non lo farò, non perché non sia vero, ma perché siamo nell'Aula che esprime in qualche modo la volontà dei cittadini italiani. Noi rappresentiamo le speranze di cambiamento, le fatiche quotidiane, le sofferenze subite. Abbiamo nelle nostre mani il sacrificio di tutti coloro che, per opporsi o semplicemente per compiere il proprio dovere, sono stati uccisi e ammazzati, ma anche le speranze di quelle ragazze e di quei ragazzi che non hanno scelto dove sono nati, ma vogliono scegliere di restare e di cambiare concretamente attraverso la loro azione quotidiana la loro terra.
Noi dobbiamo dimostrare di essere all'altezza di questi sacrifici e di queste speranze grandi. La politica tutta - io credo - ha il dovere di dire con chiarezza da che parte sta e oggi ha il dovere di testimoniarlo.
Quest'Assemblea questa mattina ha deliberato di non consentire l'arresto dell'onorevole Cosentino, ma credo che anche chi è profondamente garantista sia in grado in qualche modo di distinguere tra senso dello Stato, da un lato, e sfida arrogante alla magistratura, dall'altro.
È per questo che l'onorevole Cosentino avrebbe dovuto fare un passo indietro dai propri incarichi di Governo per consentire di fare piena luce anche per la sua tutela personale, mettendo al riparo il Governo e le istituzioni da qualsiasi ombra.
Non lo ha fatto. Purtroppo non lo ha fatto ed è per questo che oggi il Partito Democratico insieme a tutte le istituzioni si assumeranno la responsabilità che è mancata a lui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a mio avviso ci sono due questioni: una è quella giudiziaria che abbiamo affrontato questa mattina e una è quella politica che affrontiamo adesso, nelle mozioni che sono state presentate, in particolare quella del Partito Democratico. Se questo è vero e se dobbiamo affrontare la questione politicamente, mi pare evidente che la presunzione di innocenza vale fino al terzo grado di giudizio.
Tuttavia, c'è un problema di opportunità politica. Non possiamo far finta che non ci sia e penso, come ho pure avuto modo di dire in precedenza, che a questo punto, anche alla luce del ruolo e della funzione svolti dal sottosegretario coinvolto nell'inchiesta, sarebbe stato utile un passo indietro.
Infatti questo, a mio avviso, avrebbe rasserenato il clima rispetto ai poteri dello Stato, avrebbe evitato di intaccare la vicenda del Governo e in più avrebbe fatto un servizio allo stesso sottosegretario, in considerazione del ruolo delicato che svolge. Anche perché nella mozione non vengono richieste le dimissioni da parlamentare, ma le dimissioni da sottosegretario, ovvero da un ulteriore ruolo delicato all'interno delle istituzioni. In una logica di garanzia e anche di rasserenamento Pag. 66nello scontro tra poteri ciò, a mio avviso, avrebbe dovuto essere conseguente. Questo non è ancora avvenuto, ma io confido che possa avvenire perché penso che quest'Aula debba anche dare un segnale all'esterno accorciando le distanze tra l'opinione pubblica e le istituzioni. In tal modo si dà un segnale chiaro. A questo punto può essere utile che il sottosegretario in questione si dimetta e faccia chiarezza in questo senso, per difendersi meglio nel processo che pure lo vede coinvolto in maniera decisiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, questa mattina nella discussione sulla proposta di deliberazione in merito all'arresto del sottosegretario Cosentino ho notato in più interventi come la Giunta abbia di fatto risolto il problema non guardando all'esistenza o meno di un fumus persecutionis, come in realtà avrebbero dovuto limitarsi a fare, ma contestando le prove del magistrato inquirente e dando una sentenza politica con un processo breve, anzi brevissimo. Capisco che forse quando si parla di processo breve qualcuno si immaginerebbe di sottrarre, ad esempio, il processo Mills ai magistrati portandolo in Giunta per le autorizzazioni. Anzi è un suggerimento che darei all'onorevole Ghedini, così almeno non blocchiamo migliaia di processi per fermarne uno solo. Una sentenza politica, dunque, ancor più odiosa perché mirata a salvare uno della «casta», alla faccia del dettato costituzionale secondo il quale tutti siamo uguali di fronte alla legge.
Io vorrei andare oltre, posto che ora parliamo di una decisione di opportunità. È opportuno che il sottosegretario Cosentino mantenga la sua posizione di membro del Governo? Penso al riguardo che accanto ai giudizi penali, che seguono le regole previste dal codice penale, abbiano pieno titolo anche i giudizi morali che si danno sulla base di regole diverse. Se per i primi è necessario basarsi su prove giuridicamente valide ai fini del processo penale, i secondi rispondono ad altri criteri. Pur non essendo credente, accolgo in pieno l'affermazione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, il quale affrontando la questione morale nella vita politica avverte che un uomo politico ha più responsabilità di altri e la classe dirigente italiana e tutti i protagonisti della vita sociale non devono perdere di riferimento la dimensione etica, intesa come valore da esprimere sia nella vita personale che in quella pubblica, come nell'economia, nella finanza, nella politica.
Sotto tale profilo l'uomo politico che incontra o frequenta persone dedite ad attività mafiose compie un atto moralmente riprovevole per il fatto in sé; l'uomo politico che incontra o frequenta persone dedite ad attività criminali compie un atto moralmente riprovevole per il fatto in sé; l'uomo politico che incontra o frequenta persone dedite allo spaccio di droga compie un atto moralmente riprovevole per il fatto in sé; l'uomo politico che incontra o frequenta persone dedite al gioco d'azzardo compie un atto moralmente riprovevole per il fatto in sé; l'uomo politico che incontra o frequenta persone dedite allo sfruttamento della prostituzione compie un atto moralmente riprovevole per il fatto in sé. Dunque, sotto questo profilo, e indipendentemente da elementi probatori propri del processo penale, noi sosteniamo che il sottosegretario Cosentino sul piano dell'opportunità non possa continuare ad essere membro del Governo italiano e dunque debba dimettersi o essere indotto a dimettersi da chi quell'incarico gli ha dato.
In conclusione, signor Presidente, cito due uomini tanto diversi per formazione e per percorso di attività politica, ma che condividevano il fatto che la questione morale fosse la vera questione italiana. Mi riferisco ad Enrico Berlinguer e a Giorgio Almirante che, se oggi fossero in quest'Aula, non avrebbero dubbi nel votare a favore della nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 67

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, il gruppo del Partito Democratico ha presentato questa mozione che, con una scelta particolarmente significativa, reca come primi firmatari Dario Franceschini e Pierluigi Bersani, per sollecitare in quest'Aula e di fronte all'intero Paese una discussione su una questione di straordinaria rilevanza e delicatezza, di natura politica, ma che, tuttavia, chiama in causa e pone in primo piano la concezione dello Stato ed il senso delle istituzioni che debbono caratterizzare ciascuna forza politica. Abbiamo sollecitato, per una questione di elementare e quasi di naturale opportunità, le dimissioni del sottosegretario onorevole Cosentino, coinvolto in indagini giudiziarie per fatti gravi e inquietanti che suscitano massimo e giustificato allarme nella pubblica opinione. Naturalmente, la vicenda processuale deve continuare il suo corso ed è impregiudicato il suo esito. La discussione di oggi si svolge su un terreno diverso rispetto a quello che ha impegnato quest'Aula questa mattina. Il gruppo del PD si è espresso contro la decisione della Giunta per le autorizzazioni di negare la misura cautelare richiesta dall'autorità giudiziaria e lo ha fatto con una posizione chiara, argomentata e motivata. Oggi il terreno che incrociamo è quello diverso della responsabilità, dei doveri, del ruolo della politica, della sua capacità di assumere decisioni giuste ed equilibrate, di porsi in sintonia con la pubblica opinione, con il sentimento comune dei cittadini, di allontanare l'idea che la politica sia un mondo chiuso e arroccato in se stesso, arrogante e protervo, che viene meno e viola anche i doveri più elementari e naturali che sono imposti dal rispetto delle istituzioni.
Allora, dobbiamo interrogarci su quali siano i doveri della politica oggi rispetto a questa vicenda, in attesa della sua definizione in sede giudiziale e processuale. Chi ha un ruolo nella vita politica, ancor di più nella vita delle istituzioni, ancor di più nella vita dell'istituzione più importante, che è quella del Governo della Repubblica, deve sempre, in ogni suo atto e in ogni suo comportamento, tutelare, salvaguardare, preservare e difendere l'immagine, il ruolo e il prestigio delle istituzioni. Deve evitare che ombre, che comunque si addensino sul proprio operato e sul proprio comportamento, per di più per fatti così inquietanti e gravi, si riverberino e si riflettano con pesanti ricadute negative sulla credibilità, sull'autorevolezza e sulla limpidezza delle istituzioni. Questo è il dovere che ha il sottosegretario Cosentino, un dovere istituzionale e politico, molto forte e molto alto per il rispetto che si deve allo Stato, alle istituzioni che ne esprimono ogni giorno l'azione e la presenza. Ecco perché noi abbiamo sollecitato e sollecitiamo le dimissioni del sottosegretario, che per di più ha la delega sul CIPE, un organismo così delicato e chiamato ad assumere decisioni in tema di infrastrutture e di rilancio delle imprese che hanno una ricaduta e un impatto immediato, forte e molto considerevole sulla vita dei territori e delle comunità. Questo dovere e questa sensibilità istituzionale dovrebbero caratterizzare anche l'operato, la decisione e il comportamento della maggioranza parlamentare.
Noi siamo tutti, senza alcuna distinzione, come mondo della politica chiamati ad assumere un'iniziativa vibrante, «senza se e senza ma», una lotta senza quartiere sulla frontiera della lotta alla criminalità organizzata. Si tratta di un cancro terribile e devastante che va debellato e annientato in misura radicale. Questo è un dovere di tutta la politica, ovvero di far vincere la legalità, l'autorità e l'autorevolezza dello Stato.
Ma la legalità, l'autorità e l'autorevolezza dello Stato non vivono in astratto, vivono in concreto con comportamenti tangibili e visibili, con decisioni e scelte puntuali, coerenti, limpide e autorevoli. Oggi, in quest'Aula, l'autorità e l'autorevolezza dello Stato, la credibilità delle istituzioni, la loro affidabilità, il loro prestigio rispetto ai cittadini si affermano e vivono soltanto accogliendo le mozioni che abbiamo presentato. Respingere la mozione Pag. 68significherebbe solo scrivere una bruttissima pagina in cui sono feriti, mortificati e vulnerati il senso dello Stato, il senso delle istituzioni e tutto il Paese. Il rispetto che, invece, quest'Aula deve allo Stato e alle istituzioni che lo rappresentano, esige una decisione chiara e netta, che se non deriva dalla scelta dell'interessato, che io ritengo elementare e naturale per sensibilità istituzionale, deve essere nella sovranità e nella determinazione libera ma forte e credibile di quest'Aula. Solo così si dà un contributo a riaffermare il primato dell'autorità e dell'autorevolezza dello Stato e la sua credibilità e si riduce la distanza che divide sempre più drammaticamente la pubblica opinione dalla politica e dalle sue azioni. Ogni altro comportamento significa soltanto negare quel rispetto elementare dello Stato, quel senso delle istituzioni che deve essere l'unica bussola di orientamento di ogni comportamento, di ogni azione, di ogni gesto e di ogni decisione della politica e dei partiti.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che esprimerà il parere sulle mozioni presentate.

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo chiede che le tre mozioni presentate siano respinte e pertanto esprime parere contrario.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se ci fosse stato bisogno di avere una conferma che la magistratura condiziona le vicende politiche del nostro Paese, l'abbiamo avuta nel preludio a questa discussione, quando, rispetto ad alcune dichiarazioni politiche rese dal Presidente del Consiglio in una sede politica, gli esponenti dei gruppi di opposizione hanno chiesto che su queste dichiarazioni si svolgesse un dibattito parlamentare. Una parte di questo Parlamento e una parte dei partiti nel nostro Paese ritiene che l'unica istituzione che possa essere infangata, l'unica istituzione che non si possa difendere, l'unica istituzione che debba essere aggredita è la Presidenza del Consiglio. Ci sono magistrati che sono diventati delle star televisive, che vanno in televisione e affollano i programmi televisivi non per dare spiegazioni tecniche sulla giustizia, ma per esprimere valutazioni politiche. C'è il Consiglio superiore della magistratura che, rispetto a valutazioni politiche sull'operato dei magistrati, apre delle pratiche a tutela di quel magistrato. Quando i magistrati vanno in televisione per esprimere giudizi politici sul Governo quei magistrati diventano dei protagonisti delle piazze che sono animate dalla sinistra. Oggi è stata scritta una brutta pagina per il Parlamento, ancora una volta la politica ha rinunciato ad essere strumento per la soluzione dei problemi ed è diventata aggressione, ingiuria e pregiudizio. Quante rivoluzioni giacobine per via giudiziaria il nostro Paese potrà sopportare prima di soccombere e precipitare nel caos?
Allora sarà troppo tardi, anche per chi oggi cavalca l'onda del giustizialismo e della vendetta. Questa mattina, l'onorevole Castagnetti ha ricordato il professore De Rosa, autore di un libro dal titolo La transizione infinita. Transizione non è stabilità, è il percorso verso un approdo, che dovrebbe essere un sistema democratico maturo di alternanza, non condizionato dal fattore K, dal fattore B o dal fattore G, in cui gli schieramenti contrapposti si confrontano e si scontrano in una dura verifica delle diverse idee, ma si riconoscono Pag. 69e legittimano a vicenda. In Italia, onorevoli colleghi, l'alternanza naturale avrebbe dovuto verificarsi tra la Democrazia Cristiana e i suoi alleati e il Partito Comunista e i suoi alleati. Veramente, si può ritenere che senza tangentopoli la DC, il Partito Socialista e gli altri partiti del pentapartito sarebbero scomparsi? Certo, ci sono state cause interne e concause esterne, ma stiamo attenti a non rincorrere nuove scorciatoie. Il dopo Berlusconi, quando ci sarà e se ci sarà, dovrà maturare nella dialettica politica e in un naturale svolgimento di dinamiche interne ed esterne al centrodestra. Sbaglia chi all'interno e all'esterno del centrodestra, come il Partito Democratico, ritiene che possa essere affidato a tribuni televisivi faziosi e odiosi e ad una minoranza politicizzata della magistratura il compito di liquidare la stagione berlusconiana. In democrazia, non si devono certo tutelare i privilegi di casta, come ha ricordato l'onorevole Donadi questa mattina, però bisogna innanzitutto rispettare il voto degli elettori. Un Governo che conta su una maggioranza solida ha il dovere di proseguire la sua azione nell'interesse del Paese. Le mozioni di sfiducia presentate nei confronti di Cosentino grondano di ipocrisia e di falsi moralismi. Facciamo un bene anche a coloro che hanno presentato queste mozioni respingendole, perché il Parlamento ribadisce così la sua centralità, il valore della distinzione dei poteri. Aiutiamo la stessa magistratura a liberarsi di tossine che ne inquinano l'alto compito ad essa affidato dalla Costituzione.
Noi non abbiamo ipocrisie: l'onorevole Cosentino ha il diritto e il dovere di non dimettersi, perché chi in virtù della propria coscienza si ritiene innocente non deve lasciare il suo posto di responsabilità. La politica ridotta a persecuzione e ad aggressione di chi è in difficoltà è un esempio negativo per tutti. Il Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud voterà contro le mozioni di sfiducia all'onorevole Cosentino, perché ritiene che spetti alla politica fare le scelte. Magistrati che «temporizzano» certi provvedimenti, come ha ricordato l'onorevole Paniz questa mattina, per condizionare le campagne elettorali mettono essi stessi in discussione il principio di autonomia del potere giudiziario, al quale noi teniamo molto. Votare contro le mozioni di sfiducia all'onorevole Cosentino è un atto giusto, di buon senso, di equilibrio, di rispetto della persona e delle istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori ha presentato questa mozione rivolgendosi al Governo, non all'onorevole Cosentino né al sottosegretario Cosentino, perché a lui avevamo già chiesto di dimettersi da tempo, ed anzi di affidarsi al giudizio dei magistrati.
Siccome egli non lo ha fatto, non intende farlo e intende rimanere nel posto in cui si trova, a noi dell'Italia dei Valori non restava che rivolgerci direttamente al Governo, per sapere se non ritenga giusto, per il rispetto delle istituzioni e per la credibilità del Governo, del Parlamento e di tutte le istituzioni del Paese, che una persona, colpita da un provvedimento cautelare per partecipazione in concorso ad associazione mafiosa, non svolga le funzioni di componente del Governo.
Questa è la mozione di cui dobbiamo discutere, è di questo che vogliamo che il Governo renda conto al Paese, spiegandoci la ragione per cui intende mantenere nella propria compagine il sottosegretario Cosentino, peraltro con una mansione e una funzione di primissimo piano quale quella di coordinatore del CIPE, il Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Abbiamo sentito la risposta del Governo, o meglio non abbiamo sentito la risposta del Presidente del Consiglio che non c'è (è altrove a far danni); abbiamo sentito la risposta del sottosegretario Brancher, persona peraltro conosciuta alla cronaca perché anch'egli ha beneficiato abbondantemente Pag. 70delle riforme volute dal Governo Berlusconi, in quanto, tra una prescrizione e soprattutto una depenalizzazione, le sentenze penali di condanna in appello ora sono prescritte o depenalizzate.
Già questo indica il modo con cui il Governo intende porsi rispetto al quesito che abbiamo formulato. Cosa chiediamo al Governo? Chiediamo per quale ragione esso non si fa carico di chiedere ad un sottosegretario di farsi da parte, mentre egli è accusato non di un reato qualsiasi, ma di un reato - vorrei ricordare - per il quale è obbligatoria la misura cautelare.
Molte persone continuano a dire che non c'era bisogno di arrestarlo: capisco che volete cambiare anche la legge sulla criminalità organizzata per non arrestare neanche coloro per i quali vi sono gravi indizi rispetto all'associazione mafiosa, ma grazie a Dio, ancora per un po' - spero per qualche giorno e per tanto tempo ancora - coloro che sono accusati e nei cui confronti vi sono gravi indizi di reato in ordine alla partecipazione ad associazioni criminali di tipo mafioso e camorristico devono essere arrestati per forza, perché così prevede la legge.
Dire, quindi, che il magistrato ha un fumus persecutionis perché ha emesso l'ordine di cattura, magari per fatti risalenti nel tempo, è un non senso, proprio perché il provvedimento cautelare è obbligatorio. Questa cosa non la dico io, ma la dice la legge!
Voglio fare riferimento ad un'altra questione, che vorrei restasse agli atti, anche se capisco che qui dentro non interessa ciò che sta scritto negli atti, ma interessa votare per partito preso e per ordine ricevuto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Quando si valuta un fatto-reato, si valuta il capo di imputazione, perché il capo di imputazione è l'argomentare del pubblico ministero che racchiude la fattispecie delittuosa. Ebbene, il capo di imputazione che riguarda il sottosegretario Cosentino individua - perché la legge impone che sia individuato - il tempo del commesso reato. L'ordinanza di misura cautelare così si esprime: condotta delittuosa avvenuta in provincia di Caserta sin dall'inizio degli anni Novanta e perdurante. Lo dico perché molte persone, anche qui e anche oggi, hanno detto che sono fatti risalenti nel tempo.
Non so se sia chiaro, ma questa mattina abbiamo vietato ai magistrati di arrestare una persona, e oggi non impegniamo il Governo a far dimettere una persona che, secondo l'accusa della magistratura, in questo momento sta ancora concorrendo ad attività mafiosa di tipo camorristico perdurante (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Perdurante! Questo è il fatto così come è scritto nel capo di imputazione!
È un fatto per cui noi chiediamo al Governo di sapere per quale ragione, rispetto ad un'accusa così grave, non si sente il bisogno di dare credibilità alle istituzioni, di riportare un po' di fiducia al Paese che le istituzioni sono governate da persone che o non hanno commesso niente, o, se hanno qualcosa da giustificare davanti ai magistrati, per prima cosa vanno dal magistrato a farsi giudicare, piuttosto che criminalizzare i magistrati! Certo, è facile correre dal magistrato dimettendosi, magari da Ministro, se si sa che si è innocenti; ma questo, evidentemente, non può esser la ragione che invoglia Cosentino a correre dal magistrato.
Di che cosa è accusato? Perché questo è il tema delicato! È accusato non di un'associazione a delinquere per commettere furti di auto, ma di un'associazione a delinquere tesa a rafforzare - dice testualmente il capo di imputazione, che è appunto il cardine su cui si fonda l'accusa - i vertici e l'attività del gruppo camorristico facente capo a Bidognetti e Schiavone. E perché fa questo lavoro? Il capo di imputazione spiega anche il perché favorisce questo gruppo camorristico: lo favorisce per avere sostegno elettorale, cioè per stare qua! Per stare al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Per stare qua, per stare ancora e ancora in via perdurante, a fare questo lavoro!
Lo ha fatto, non lo ha fatto: i magistrati devono giudicarlo, non noi che non dobbiamo Pag. 71permettere alla magistratura di giudicare! Ancora adesso. E mica solo per fare questo, ma per permettere vantaggi e rapporti tra imprenditoria, mafia e pubblica amministrazione; addirittura per fare indebite pressioni nei confronti di enti prefettizi, per incidere sulle procedure dirette al rilascio di certificazione antimafia, dice il capo di imputazione!
Ed ancora: egli ancora e tuttora si attiva al fine di impedire, come nel caso del comune di Mondragone, il corretto dispiegarsi della procedura finalizzata allo scioglimento dell'ente locale per infiltrazione mafiosa. Ed ancora: Cosentino esercitava, imposizione sovraordinata a Valente e Orsi, il reale potere direttivo di gestione, consentendo lo stabile reimpiego dei proventi illeciti. Ed ancora: sfruttava detta attività di impresa per scopi elettorali, anche mediante assunzione di personale di diversa utilità. E infine: tutto ciò avviene ancora in via perdurante.
Ma allora, mi chiedo, e chiedo al Governo, non a Cosentino, chiedo al Presidente del Consiglio che non c'è, non a Brancher, all'epoca suo dipendente; chiedo al Presidente del Consiglio per quale ragione non si debba sentire il bisogno che il Governo riacquisti credibilità rispetto ad un fatto così delicato e grave su cui sta inquisendo la magistratura. Cosa chiediamo quindi? Chiediamo senso di responsabilità, senso del limite. Invece cosa fa il Governo? Perché, lo ripeto, con la mozione in esame chiediamo al Governo, non a Cosentino, che non ha ormai orecchi per sentire. Chiediamo al Governo tutto questo, e il Governo per tutta risposta non solo non dà alla magistratura l'autorizzazione all'arresto, ma addirittura dice che deve rimanere a fare il sottosegretario, rimanere a dirigere il CIPE; anzi, vuole diventare anche «governatore»: «governatore» di quel territorio in cui in via perdurante, secondo l'accusa, sta svolgendo attività mafiosa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Cosa fa il Governo? Mentre stiamo discutendo di Cosentino, in altre stanze si sta discutendo di processo breve, per non far svolgere neanche i processi; si sta discutendo di legittimo impedimento, anzi di illegittimo abuso dell'impedimento. Si sta discutendo alla fine di formulare un lodo costituzionale, piegando anche la Costituzione a interessi personali!
Questo sta facendo il Governo. Allora non ha alcun senso che siamo ancora qui a dire che vogliamo le dimissioni di Cosentino. Vogliamo le dimissioni di questo Governo perché questo Governo sta impoverendo la credibilità delle istituzioni (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), perché questo Governo - ce lo ha detto il «popolo viola», sabato - umilia il Paese, affossa la democrazia e riduce gli spazi di legalità. Questo è un Governo che prima o poi farà la fine di Cosentino (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina la Camera ha assolto una funzione delicata che le assegna la Costituzione a tutela delle prerogative dei parlamentari, ovvero quella di entrare nel merito di un procedimento penale per valutare specifiche determinazioni dell'autorità giudiziaria. Su questo non voglio tornare anzi, i due profili del caso Cosentino che evidenziavamo nella nostra mozione, quello processuale e quello politico, vanno tenuti rigorosamente distinti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (17,35)

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Qui ora siamo chiamati a discutere non delle vicende processuali del sottosegretario Cosentino ma se sia opportuno o meno che l'onorevole Cosentino conservi il suo mandato di sottosegretario nelle more di un procedimento che lo vede accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Pag. 72
Questa è inevitabilmente una discussione politica, in cui ci auguriamo che ciascuno cerchi di non assumere atteggiamenti faziosi ma un approccio che guardi agli interessi del Paese e al prestigio delle istituzioni. Questa è la preoccupazione che sta alla base della mozione che l'Unione di Centro ha presentato al Governo.
La Camera ha già deciso in ordine all'arresto, quindi dovremmo qui esserci affrancati dalla babele di lingue che spinge più d'uno, da una parte e dall'altra, a confondere l'autorizzazione della Camera con un primo grado di giudizio di merito sulle accuse a Cosentino. Il punto ora è squisitamente politico, o meglio politico-istituzionale. Ovviamente non stiamo parlando della legittimità della permanenza dell'onorevole Cosentino al Governo, stiamo parlando della opportunità di questa presenza. Cosentino gode di tutte le garanzie che la Costituzione riconosce ad ogni cittadino anche accusato dei reati più gravi e anche delle prerogative riservate ai parlamentari per la loro funzione, dunque astrattamente nulla in termini di Costituzione e di legge impedisce a Cosentino di esercitare le funzioni di sottosegretario. Ma fatto questo chiarimento dovuto, non ci possiamo esimere dall'affrontare le implicazioni politico-istituzionali di questa vicenda e lo dobbiamo e lo possiamo fare senza che penda su di noi la spada di Damocle di implicazioni processuali, senza che venga evocato qui l'eterno conflitto tra politica e magistratura. Qui, onorevoli colleghi, la magistratura non c'entra niente. Questa è una questione che riguarda le istituzioni del Paese e la loro credibilità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro); riguarda l'opportunità o meno della permanenza di Cosentino al Governo. Lo abbiamo detto nella mozione: siamo convinti che Cosentino debba rassegnare le dimissioni, anzi, per dirla tutta, siamo convinti che avrebbe dovuto già darle da tempo, anche prima che la magistratura chiedesse una misura cautelare personale di questa gravità.
Non starò qui a ricordare le attribuzioni specifiche che il sottosegretario ha come delega ministeriale ad atti particolarmente delicati del Dipartimento dell'economia. È evidente che la gravità delle accuse mosse all'onorevole Cosentino - al di là ed indipendentemente dalla loro fondatezza, che sarà accertata nelle sedi opportune - ne inficia la credibilità nei confronti degli interlocutori istituzionali. Ma vi è di più, onorevoli colleghi: quello che ci preoccupa è che questo affievolimento di credibilità che colpisce il sottosegretario Cosentino si estende inevitabilmente all'intera istituzione ministeriale e governativa. Nel dire questo non ci muove, come è evidente, nessun interesse di parte; anzi, come opposizione potremmo lucrare su una perdita di credibilità del Governo, potrebbe anche convenirci pensare che il Governo perda credibilità, ma questo vorrebbe dire anteporre i nostri piccoli interessi di parte all'interesse generale del Paese, che sta invece nel poter contare sulla autorevolezza delle sue istituzioni e, tra queste, sull'autorevolezza del Governo. Le scelte del Governo possono non essere condivise (e noi spesso non le condividiamo e lo diciamo francamente), ma altro è la credibilità e l'autorevolezza dell'istituzione Governo, che è un bene di tutti, anche di chi non ne condivide le politiche.
Onorevoli colleghi, lo stesso giudizio che ho formulato su Cosentino - sia detto per inciso - lo riserviamo alle esternazioni fatte dal Presidente del Consiglio a Bonn. Già ha avuto modo di dirlo il presidente Casini: non siamo affatto contenti della perdita di credibilità sul piano internazionale che le battute - mi sia consentito, da «bar dello sport» - procurano a Berlusconi.
Siamo molto dispiaciuti - anzi, per dirlo con le parole del Presidente della Repubblica, siamo profondamente rammaricati e preoccupati - che la perdita di credibilità che viene da questo tipo di esternazioni coinvolga l'Italia, lo Stato e le istituzioni repubblicane, che sono di tutti.
Vi è infine un ultimo profilo che vorrei sottolineare, anche questo accennato dal presidente Casini nell'intervento di questa mattina: colleghi, da Tangentopoli in poi nel nostro Paese si fa una grande confusione tra morale, diritto e politica, si Pag. 73confondono le sfere dell'etica e della giustizia penale, si confondono gli ambiti della giustizia e della politica.
Di qui nasce l'uso distorto della giustizia a fini politici e l'uso distorto della politica a fini giudiziari; il giudizio politico si confonde con quello penale e quello penale con quello morale.
A parole qui dentro tra le forze politiche si vorrebbero ridisegnare le distinzioni - inevitabili e necessarie in un grande Paese civile - tra diritto, morale e politica, ma poi purtroppo non seguono i fatti; anzi, si prosegue nella direzione opposta e oggi, come ha ricordato Casini, con ciò che è capitato questa mattina e con quello che capiterà oggi pomeriggio si farà un altro passo su quella via.
Onorevoli colleghi della maggioranza, non basta dire che la magistratura non deve invadere il campo della politica o illudersi di limitare per legge la possibilità della magistratura di censurare l'operato di questo o quel politico: i magistrati smetteranno di essere i custodi assoluti della virtù e torneranno ad essere i giudici del caso concreto solo quando ciascuno, dentro e fuori quest'Aula, avrà il coraggio e la forza di essere anzitutto giudice di se stesso e delle proprie azioni. La magistratura si atterrà ai propri confini solo quando una politica forte saprà presidiare i suoi confini, cominciando dalla selezione della sua classe dirigente.
Avere un forte senso della missione, spirito di servizio e sacrificio prima e al di là di ogni ambizione personale: questo ci ha ricordato il Presidente della Repubblica come requisito per la necessaria moralità della politica. Se non riscopriamo questa dimensione etica non potremo restituire credibilità alla politica e alle istituzioni.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Nessuno chiede - concludo Presidente - a Cosentino di ammettere responsabilità che non riconosce come sue e che ha diritto di contestare nelle sedi opportune ma, se Cosentino sapesse distinguere la sua vicenda personale e giudiziaria dall'azione che il Governo svolge nell'interesse della comunità, avrebbe reso il miglior servizio possibile che un parlamentare può fare al Governo che sostiene, alle istituzioni repubblicane e alla politica (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Lega Nord voterà no alle mozioni che chiedono le dimissioni dell'onorevole Cosentino da sottosegretario per una serie di ragioni che brevemente vi espongo. La prima ragione è una ragione di coerenza con il voto che abbiamo espresso questa mattina a scrutinio segreto e a larga maggioranza. Non si vede perché quelle stesse ragioni che hanno indotto questo Parlamento a dire no all'arresto dovrebbero ora valere per dire il suo esatto contrario. Ma c'è di più. Nella richiesta di autorizzazione alla custodia cautelare in carcere (quello che una volta si chiamava arresto preventivo) non vi sono elementi decisivi inoppugnabili e documentali. Nelle carte che ci sono state date in esame manca la cosiddetta smoking gun - direbbero gli americani - la «pistola fumante», la prova, la prova vera. C'è solo un sacco di «si dice», di illazioni, di racconti di terzi che hanno sentito da altri ancora, ma la prova non c'è. Questo è ancora più grave se consideriamo - come ci ha ricordato poc'anzi l'onorevole Di Pietro - che i fatti esaminati risalgono addirittura agli anni Novanta, che il procedimento è iscritto nel 2001 e che lo stesso magistrato ci dice che dal 2004 non vi sono elementi di accusa ulteriore.
E che questa prova non ci sia non lo diciamo noi, ma lo dice il giudice inquirente, che infatti non chiede il rinvio a giudizio ma l'arresto, e questa è una cosa assolutamente illogica se prendiamo per buone le premesse di colpevolezza, perché lo vuole arrestare ma non ritiene oggi di avere elementi per rinviarlo a giudizio.
Dobbiamo anche ricordare che, se leggiamo testualmente - mi riferisco a quello Pag. 74che diceva poc'anzi Di Pietro - l'ultima pagina della richiesta di autorizzazione all'arresto, il giudice dice esattamente: la datazione delle principali risultanze di prova indiziaria non supera l'anno 2004, nonostante questo si ritiene necessario l'arresto. Perché? Perché Cosentino non avrebbe fornito la prova contraria di non aver più un debito di gratitudine verso un'organizzazione cui deve in parte le sue fortune. In altri termini, come si possa fornire la prova contraria di non avere più un debito di gratitudine è veramente difficile capire. A noi sembra che questo sia veramente un esempio di probatio diabolica, vale a dire quella prova - che tutti i penalisti conoscono - per la quale se la utilizzi comunque finisci nei guai. Se, infatti, Cosentino oggi ci dicesse e ci desse la prova di non essere più vicino a quella organizzazione dal 2004, implicitamente ammetterebbe di averne fatto parte fino a quel giorno; se non lo dice, merita l'arresto perché non dimostra di essersi in qualche modo allontanato, e in pratica non si ipotizza neppure che possa essere innocente (e questo già mi sembra indicativo).
Appare poi ben chiaro che non è accettabile politicamente che su queste basi incerte si pretenda che il Parlamento chieda al Governo di modificare il suo assetto. Suscita grande perplessità il fatto che l'onorevole Cosentino non risulti essere mai stato sentito, eventualmente in contraddittorio con i suoi accusatori, pur avendolo egli chiesto quando, da notizie di stampa - ancora una volta uscite senza che nessuno abbia mai accertato per merito o per colpa di chi -, ha visto sui giornali che sarebbe stato a capo di una holding politico-camorristica.
Poco fa l'onorevole Di Pietro ha ricordato che, come spesso dice in più occasioni, quando uno viene accusato da un giudice non dovrebbe veder l'ora di correre dal proprio giudice per gridare la propria innocenza. Ebbene, all'onorevole Cosentino questa possibilità è stata negata perché l'onorevole Cosentino, come ha riferito in Giunta per le autorizzazioni, fin dal settembre 2008 ha chiesto di essere sentito e ciò non è avvenuto sul presupposto che non sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati, pur essendo in tutti i giornali considerato colpevole iuris et de iure.
La Lega Nord, come tutti sanno, nasce e si afferma anche per le prese di posizione durissime contro le organizzazioni mafiose, vera e profonda causa del mancato sviluppo del sud e grave fattore di allarme sociale al centro-nord. Ma al tempo stesso la Lega è forza popolare di garanzia democratica per il fatto di riconoscere il popolo come solo detentore della sovranità e, nel Parlamento e nel Governo che esso esprime, il garante del rispetto della sua volontà. Orbene, se noi oggi decidessimo di chiedere al Governo italiano di sostituire un suo componente sull'onda di un giustizialismo a senso unico fondato su dichiarazioni non di rado inverosimili, impensate, tardive e unilaterali di persone che si sono macchiate di atroci delitti e che non hanno nulla da perdere ma tutto da guadagnare, noi apriremmo la porta ad un virus letale per la democrazia che trasferirebbe dal popolo alle procure e ai pentiti, che non devono neppure fare fatica di chiedere e ottenere la fiducia in Parlamento e il voto agli elettori, il potere ultimo di decidere chi governa il Paese. Questo la Lega Nord non lo consentirà mai (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, questa mattina quest'Aula avrebbe dovuto rispondere ad una domanda tutto sommato semplice: se esistano o meno gli elementi che possono indurre a pensare che l'onorevole Nicola Cosentino, per il quale la magistratura ha richiesto l'arresto, sia vittima di una persecuzione. Dico «avrebbe dovuto» poiché, come molte altre volte, altri elementi Pag. 75hanno pesato sulle risposte date. Le risposte comunque muovevano da fatti circoscritti e cioè dal modo in cui la magistratura sta facendo il suo lavoro.
Ora la domanda alla quale dobbiamo rispondere è più complessa, si misura con un altro metro. La risposta è assai più discrezionale perché parte dal concetto, come è stato ricordato da molti colleghi, di opportunità politica. È opportuno che Cosentino alla luce di quanto emerge dall'inchiesta, ma anche dal dibattito politico e dalle notizie pubblicate e mai smentite sulla stampa, resti al suo posto? La risposta che le opposizioni, che pure hanno votato in modo diverso sull'arresto, danno in modo congiunto è «no».
Il fatto che le opposizioni dicano questo in modo unitario avrebbe - credo - dovuto indurre il Governo a una riflessione un po' più cospicua di quella che è stata offerta a quest'Aula dal sottosegretario Brancher. Il concetto di opportunità politica tuttavia - lo voglio ricordare a molti colleghi dell'opposizione - non deriva in via automatica dalle vicende giudiziarie. Nelle democrazie moderne abbiamo assistito a dimissioni senza alcun provvedimento giudiziario e, come noi sappiamo bene, a molti procedimenti giudiziari a cui non seguono le dimissioni. Chi crede nell'autonomia della politica, chi richiede che altri poteri non debbano svolgere un ruolo di supplenza non può fuggire a questo tema. Non può fuggire da qui. E deve riscoprire quotidianamente il tema dell'opportunità politica e delle sanzioni politiche.
L'onorevole Casini oggi ha detto una verità che vale per tutti e cioè che la politica soccombe ad altri poteri quando non sa più distinguere, quando pensa di difendere tutto e alla fine crolla, quando non ha più per questo la credibilità per reagire. Credo ne siano consapevoli anche molti colleghi della maggioranza che nelle scorse settimane hanno mostrato evidenti segni di imbarazzo per questa vicenda, anche se oggi hanno taciuto.
È la seconda volta che quest'Aula discute della richiesta di dimissioni dell'onorevole Cosentino. La prima volta una cosa mi ha colpito, colleghi della destra: e l'argomento principe utilizzato ad esempio dall'onorevole Paniz è stato quello dell'assenza di fatti giudiziari che fondassero la nostra richiesta di dimissioni.
Non ci avete risposto, come pure era legittimo e perfino sensato al tempo, che un articolo non basta a definire una vicenda politica complessa, che alcuni fatti tra loro non collegati non bastano a ricostruire il profilo di un esponente politico, che l'autorevolezza ed il prestigio di chi ricopre una carica istituzionale va misurata con grande equilibrio e combinando più parametri, ci avete risposto un'altra cosa: non c'è nulla, non è arrivato nulla dalle procure, neppure un avviso di garanzia e allora la vostra richiesta non è credibile. È un paradosso, perché ci si lamenta dell'invadenza della magistratura, ma si è affermato che nessuno deve fare un passo indietro sino a quando la magistratura non interviene, assegnando nei fatti e per inerzia all'azione dei giudici un valore politico che non dovrebbe avere, salvo poi gridare costantemente alla persecuzione. Adesso vi è una richiesta di arresto e se seguissimo la logica dell'altra volta la risposta sarebbe chiara: un fatto giudiziario ancora una volta dovrebbe dirimere una questione di carattere politico.
È questo atteggiamento, credo, che contribuisce ad uccidere la politica: a chi porta voti non si fanno troppe domande e poi dopo, quando emerge la natura di quei voti, si fa quadrato secondo una logica malata, che scambia l'omertà con la solidarietà politica.
Io non credo che Nicola Cosentino debba dimettersi perché raggiunto da una richiesta di arresto, bensì perché nelle oltre 300 pagine che lo motivano, negli articoli non smentiti sulla stampa, nel dibattito pubblico, dagli elementi raccolti dalla Commissione antimafia emerge uno spaccato, del quale Cosentino è espressione, che fa sì che sia inaccettabile la sua permanenza al Ministero dell'economia.
Vorrei sapere, a proposito, come si coniugano le interviste del Ministro Tremonti, per il quale la nuova fase della crisi deve essere affrontata con la riscoperta Pag. 76dell'etica all'interno dell'economia, con la permanenza al suo posto del sottosegretario Cosentino. E guardate, non perché siamo certi che Cosentino risulterà colpevole al termine del processo, ma perché oggi la sua situazione personale di imputato e la ricostruzione delle vicende che lo riguardano ci fa dire che la sua permanenza al Governo indebolisce il prestigio delle istituzioni di tutti.
Non stiamo comminando a Cosentino una pena anticipata, stiamo valutando la compatibilità della sua carica attuale, la sua condizione di inquisito, ma ancor più la diminuzione della sua autorevolezza alla luce dei fatti emersi. A chi ricopre le cariche più rilevanti dello Stato non è richiesto soltanto di rispettare le leggi: è richiesto di saper rappresentare nel modo migliore le istituzioni ed i valori che su essa si fondano. A loro è assegnata la tutela del prestigio dello Stato di fronte ai cittadini ed agli altri Paesi. È assegnato un patrimonio che non appartiene a loro, ma a tutta la collettività. Un uomo impegnato a difendersi dall'accusa di reati tanto gravi può gestire serenamente e autorevolmente il funzionamento del Comitato interministeriale per lo sviluppo economico?
Nicola Cosentino, però, ha sollevato in questi giorni un argomento che merita attenzione. Prendendo per buone le sue affermazioni, cioè il fatto che Casal di Principe sia soltanto il suo luogo di vita e non anche il luogo dove ha avuto incipit il suo potere politico ed economico, ha sostenuto: «Contro di me vi è un pregiudizio antropologico, etnico: la mia colpa è quella di essere nato a Casal di Principe e per questo ho parenti e conoscenti che in qualche modo sono in odore di camorra. Voi mi fate pagare il luogo della mia nascita». È un argomento che può sorprendere, poiché è utilizzato da un esponente di un Governo che ha fatto pagare a molti il luogo della loro nascita, tuttavia Cosentino merita una risposta.
Forse è vero che in alcune realtà del nostro Paese, per non venire a patti ed esercitare ruoli e funzioni di rilievo nel campo economico, politico e sociale, è necessario essere quasi eroi. Tuttavia, se consideriamo chi viene, in qualche modo, a patti - fosse anche con una tacita convivenza con quei poteri criminali - degno di far parte del Governo del Paese, attenzione, non se colpiamo, ma, addirittura, premiamo chi ha saputo galleggiare nella palude che sta tra economia legale ed economia criminale, come possiamo pretendere un moto civile, una rivolta morale, in quelle realtà dove persone hanno dovuto rinunciare alle proprie ambizioni per non rinunciare alla propria dignità? Come potrebbe sostenere questo Governo, che si vanta di aver fatto più di ogni altro contro la mafia, di dare i segnali giusti mantenendo il sottosegretario Cosentino al suo posto?
Il mio non è moralismo, tanto meno giustizialismo: è esattamente il contrario. Richiamo la forza che può avere la politica, quando si sporca le mani con realtà disperate e decide di scegliere non tra buoni e cattivi, ma tra chi prova a cambiare e chi ha lavorato per il consolidamento dello stato delle cose, o si è adeguato ad esso.
Quando parliamo di poteri criminali e ne recuperiamo i termini - è bene ricordarlo, perché questo dato rischia di essere sommerso da un bombardamento di immagini (non facciamo che raccogliere racconti di conoscenze che si sono realizzate negli oratori, nella prima infanzia o alle partite di calcio) - dobbiamo chiamarli con il loro nome, e cioè organizzazioni che si fondano sulla morte e sul terrore, sul traffico della droga, sul controllo della prostituzione e lo smaltimento dei rifiuti tossici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA ORLANDO. Conosciamo - l'onorevole Paniz ce lo ha ricordato questa mattina - il valore della libertà. Non rivendichiamo il monopolio di chi l'ha conquistata, ma almeno qualche parentela, mi si conceda, sì. Ebbene, noi vogliamo tutelare la libertà del sottosegretario Cosentino, ma anche di tutte quelle persone che, in questi anni, hanno dovuto piegare Pag. 77la testa di fronte alla camorra, tutta quella povera gente a cui la libertà è stata tolta con la violenza, anche grazie al fatto che qualcuno, di fronte a quelle forze, si è girato dall'altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANDREA ORLANDO. Colleghi della Lega - e concludo - un conto è argomentare, come è stato fatto questa mattina, riscoprendo una nuova vena garantista, che vi è una congiura dei giudici contro il sottosegretario Cosentino, un conto è far vedere quelle 300 pagine ai vostri elettori. Lo dico, perché per voi basterebbe anche una sola di quelle pagine per mandare un vostro amministratore a casa, invece qui abbassate la testa e votate in questo modo, perché siete costretti a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie...

ANDREA ORLANDO. Vorrei che qualcuno della maggioranza desse un segno che la preoccupazione di difendere le istituzioni non è solo nostra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e commenti dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Italia dei Valori). Non vogliamo colpire un avversario...

PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, nel nostro ordinamento, esiste un principio cardine: il principio della presunzione di innocenza. Non si tratta di un regalo fatto ad un membro del Governo, non si tratta di un privilegio parlamentare, ma si tratta di un sacrosanto diritto che ha qualsiasi cittadino italiano, e Nicola Cosentino, prima di tutto, è un cittadino italiano. Proclamare questa presunzione di innocenza, onorevole Tabacci - rispondendo al suo intervento autorevole di stamane - non è una sfida, non è andare contro tutto e contro tutti: è proclamare, niente più e niente meno, quello che è scritto nella Carta costituzionale.
Non è una colpa essere nato e vivere in una zona ad alta diffusione delinquenziale; non è una colpa trovarsi in un territorio, dove si diffondono mafia, 'ndrangheta o camorra. È una colpa condividerne le finalità. Ma perché si possa dire che si condividono le finalità, occorre la prova e occorrono i seri, gravi e sicuri indizi di colpevolezza, che qui non vi sono.
Onorevole Barbato, non rispondo alla sua provocazione: i parlamentari del Popolo della Libertà hanno tanta e tale dignità da non scendere sul suo terreno (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Rispondo, invece, all'onorevole Di Pietro, quando ricorda il favore elettorale del quale avrebbe goduto in quell'area, in quella terra, l'onorevole Cosentino.
Se così afferma, vuol dire che non ha nemmeno controllato come e dove l'onorevole Cosentino è stato eletto. Nel 1996 veniva eletto in un altro collegio, non in quello di Casal di Principe; nel 2001 era nella lista proporzionale; nel 2006 e nel 2008 si è giovato dell'attuale normativa elettorale.
Onorevole Orlando, a chi porta voti non si fanno domande. Quei voti, i voti dei Casalesi, all'onorevole Cosentino non servivano affatto se solo si guarda dove e come è stato eletto.
Con le vostre mozioni voi sostenete che ragioni di opportunità politica e ragioni di precauzione inducono alle dimissioni. No, non è così. Non si distrugge e non si rallenta una carriera politica solo per il sospetto e, peggio ancora, non si rallenta e non si distrugge una carriera politica per la forzatura di una misura cautelare richiesta.
Del resto, la storia di questa Repubblica - e non solo degli ultimi anni - è troppo ricca di episodi e di nomi che da soli si commentano. Chi non ricorda in quest'Aula il nostro collega Gaspare Giudice, portato alla morte dal sospetto e dalla delusione per essere stato indagato, processato e per il quale è stato chiesto Pag. 78l'arresto, per fortuna negato, e che è stato poi totalmente assolto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Chi non ricorda i 17 anni di battaglia e di sofferenza di Calogero Mannino? Sono nomi che questa Repubblica deve ricordare, come deve ricordare i Gava, i Darida, gli Andreotti, Francesco Musotto e finanche un giudice importante, Carnevale, tutte persone che hanno sofferto momenti importanti, assolutamente portati sul ludibrio dell'intero Paese senza poi ricevere il congruo e corretto risarcimento dopo avere visto vita e carriera rovinate.
Ma voi, voi che invocate quei principi di etica che io ho giustamente - credo - ricordato mesi fa, voi perché non avete utilizzato quegli stessi principi quando uno dei vostri ministri è stato indagato dal giudice Forleo? Perché il sottosegretario Minniti non si è dimesso spontaneamente all'epoca, quando era inquisito di gravi reati (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Noi, in quel tempo, non abbiamo presentato mozioni per chiederne le dimissioni, perché per noi i valori rimangono gli stessi, sia quando è inquisito un vostro uomo di Governo o delle istituzioni, sia quando lo è un nostro. Noi difendiamo il Governo nella sua integrità, quale che sia il suo colore, perché abbiamo rispetto del Parlamento e di tutte le istituzioni di questo Paese.
La giustizia faccia il suo corso nei confronti dell'onorevole Cosentino, lo faccia rapidamente. L'onorevole Cosentino non si è sottratto al dovere di farsi giudicare, non ha chiesto di percorrere corsie preferenziali e diverse, anzi, ha offerto per tre volte la propria collaborazione offrendosi al dialogo, all'incontro e all'audizione con i magistrati, ma tutte e tre le volte questa sua disponibilità è stata respinta.
Questo non è un modo corretto di interloquire, non è un modo corretto di gestire istituzioni che nella nostra Costituzione hanno pari dignità. Non c'è la prevalenza della magistratura sul Governo o la prevalenza del Governo sulla magistratura. La prevaricazione dell'uno o dell'altro è sempre negativa, occorre il rispetto dell'uno e il rispetto dell'altro, solo in questo modo si arriva al risultato.
Quando si parla di rispetto, si parla anche di mantenimento delle posizioni che si sono conquistate legittimamente attraverso il consenso popolare. Noi vogliamo rispettare la magistratura in tutte le sue iniziative, ma riteniamo di poter pretendere analogo rispetto senza che venga messa in discussione la dignità di un ruolo governativo legittimamente conquistato attraverso il voto popolare.
Voi, però, affermate che l'onorevole Cosentino, mantenendo questo posto, compromette l'immagine delle istituzioni.
Colleghi, parlano i fatti, parlano i numeri, parla la realtà che ormai i cittadini italiani conoscono: nei mesi diciotto dal maggio 2008 all'ottobre 2009, il Governo Berlusconi, del quale l'onorevole Cosentino fa parte, ha ottenuto il 53 per cento in più di operazioni di polizia, il 22 per cento in più di arresti, l'87 per cento in più di latitanti arrestati tra i quali il 67 per cento in più di latitanti tra i 30 più pericolosi e il 131 per cento in più tra i 100 più pericolosi. Bastano questi numeri per far capire quanta e quale sia la forza di questo Governo nei confronti delle organizzazioni criminose.
Di questo Governo Nicola Cosentino è parte organica, perché questa è una squadra. Questo Governo rappresenta unità e compattezza e, attraverso la propria unità e compattezza, raggiunge gli obiettivi che ha promesso al popolo italiano.
È il Governo per il popolo italiano e del popolo italiano; per questo Nicola Cosentino non si dimetterà (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

MARCO MINNITI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, non sarei intervenuto perché mi riconosco ampiamente nelle parole che ha detto l'onorevole Orlando in dichiarazione di Pag. 79voto, tuttavia le cose dette dall'onorevole Paniz sono molto gravi. L'onorevole Paniz ha detto che io sarei stato indagato per reati gravi e non mi sarei dimesso da sottosegretario.
Allora io chiedo formalmente a lei, signor Presidente, di costituire un Giurì d'onore. Se in quella sede (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)... Mi faccia finire signor Presidente, le chiedo scusa, sono cose molto delicate.

PRESIDENTE. Almeno dia la parvenza della dichiarazione di voto, però.

MASSIMO VANNUCCI. È per fatto personale!

MARCO MINNITI. Se l'onorevole Paniz dovesse dimostrare che una soltanto delle sue parole fosse simile alla verità io ne prenderei immediatamente atto, non con delle dimissioni retroattive da sottosegretario (che non potrei più fare), ma con le dimissioni da parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).
Voglio anche dirle, signor Presidente, che per quanto riguarda la mia regola di vita e il mio approccio alla politica...

ALBERTO TORAZZI. E alle banche!

MARCO MINNITI. ... non avrei avuto alcun elemento di esitazione: nel momento in cui, da uomo di Governo, fossi stato raggiunto anche da un semplice avviso di garanzia avrei lasciato immediatamente il mio incarico (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Infatti, in queste questioni c'è un fatto semplicissimo: la politica deve dimostrare di avere una assoluta capacità di sapersi autoregolare.
Con la pagina di oggi, mi si consenta onorevole Paniz, noi non segniamo una buona storia per la verità.
Capisco il suo imbarazzo, capisco anche che lei ha avuto un mandato per difendere la posizione del suo gruppo, ma quel suo mandato non può prescindere da una giustizia e dalla verità, e lei oggi ha detto cose non vere e mi ha personalmente offeso! Questo, per quanto mi riguarda, è un punto di non ritorno nel rapporto con la verità e con la lealtà tra di noi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori - Congratulazioni - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Riferirò al Presidente della Camera per l'eventuale accoglimento della sua richiesta.

MAURIZIO PANIZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, sono troppo leale e troppo franco per non dire all'onorevole Minniti che, se l'informazione che mi è stata data è inesatta, non ho difficoltà a chiedere scusa pubblicamente, perché questo fa parte del mio modo di essere, però quanto ho detto è corretto.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00282, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... Onorevole Vitali... Onorevole Consolo... Onorevole Contento... Onorevole Simeoni... Onorevole Bongiorno... Onorevole Traversa... Onorevole Zinzi... Onorevole Iannuzzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 80
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 566
Votanti 525
Astenuti 41
Maggioranza 263
Hanno votato
222
Hanno votato
no 303).

Prendo atto che il deputato Stagno D'Alcontres ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Franceschini ed altri n. 1-00283, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... Onorevole Di Virgilio... Onorevole Traversa... Onorevole Franzoso... Onorevole Pionati... Onorevole Pini... Onorevole Vella... Onorevole Zinzi... Onorevole Vico... Onorevole Iannuzzi... Onorevole Nannicini... Onorevole Galletti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 568
Votanti 558
Astenuti 10
Maggioranza 280
Hanno votato
254
Hanno votato
no 304).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Casini ed altri n. 1-00287, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vella... Onorevole Bongiorno... Onorevole Lainati... Onorevole Ravetto... Onorevole D'Ippolito Vitale... Onorevole Buonanno... Onorevole Negro... Onorevole Cenni... Onorevole Vico...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 568
Votanti 559
Astenuti 9
Maggioranza 280
Hanno votato
255
Hanno votato
no 304).

FRANCESCO BARBATO. La camorra ringrazia!

Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: S. 1790 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) (Approvato dal Senato) (A.C. 2936-A); S. 1791 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 2937-A); Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (A.C. 2937-bis) (ore 18,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei disegni di legge, già approvati dal Senato: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012; Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012.
Ricordo che nella seduta di ieri ha avuto inizio la discussione congiunta sulle linee generali.

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, intervengo per comunicare all'Assemblea Pag. 81e al Governo che, in relazione alla discussione prevista domani mattina per quanto riguarda le votazioni sul bilancio, annunciamo sin d'ora la drastica riduzione dei quattro quinti degli emendamenti presentati da noi e anche dagli altri gruppi di opposizione.

Per un richiamo al Regolamento (ore 18,20).

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento e per chiedere un parere della Presidenza su quanto è avvenuto oggi in II Commissione (Giustizia).
Sono stati assegnati alla Commissione i progetti di legge A.C. 2802 a prima firma Soro e A.C. 2807 a prima firma Di Pietro, attinenti a norme per il contrasto dell'omofobia e della transfobia.
Presidente, mi riferisco all'articolo 72, secondo comma, del Regolamento. Ricordo che il giorno 13 ottobre questa Camera ha proceduto alla reiezione per incostituzionalità del progetto di legge sull'omofobia. Ora Presidente non sono ancora trascorsi i sei mesi previsti dal Regolamento, ma sono stati assegnati alla Commissione di merito questi due provvedimenti. Sono intervenuto oggi con la presidente Bongiorno la quale mi ha rimandato alla Presidenza.
Il precedente a cui immagino si sia riferito il Presidente Fini è quello avvenuto nella XIII legislatura e riguardava l'abolizione dell'imposta di successione, in particolare l'A.C. 6062, respinto e ripresentato con alcune modifiche. L'articolo 72 del Regolamento si riferisce a progetti di legge che «riproducono sostanzialmente il contenuto di progetti precedentemente respinti». Mi sembra che l'A.C. 2802 riprenda esattamente l'aggravante di omofobia a cui aggiunge solamente il concetto di transfobia. La stessa cosa fa il provvedimento dell'Italia dei Valori che, all'articolo 2, ripropone sostanzialmente quanto già bocciato come non costituzionale.
Signor Presidente, non le sfuggirà che qui non si tratta della ripetizione di una prassi...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO POLLEDRI. Finisco, ma è una cosa importante.

PRESIDENTE. Sì, ma non è inerente all'argomento che stiamo trattando.

MASSIMO POLLEDRI. Ho chiesto di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. La risposta comunque le sarà data al termine dei lavori.

MASSIMO POLLEDRI. Concludo il concetto. Qui stiamo parlando di un qualcosa che attiene anche al rispetto della Camera. Nel momento in cui l'Assemblea decide che un provvedimento non è costituzionale mi sembra che sostanzialmente ciò debba essere rispettato.
Al Presidente Fini, il quale giustamente difende le prerogative dell'Assemblea e del potere legislativo, l'invito che rivolgo, anche a nome del partito, è quello di riconsiderare tale decisione e di applicare pienamente l'articolo 72 del Regolamento, rivedendo pertanto il giudizio di ammissibilità dei due progetti di legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, come già le avevo preannunziato, la risposta le sarà data al termine dei lavori.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 2936-A e A.C. 2937-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione congiunta sulle linee generali. Pag. 82
È iscritto a parlare, a titolo personale, l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, i dati ufficiali che il Governo ha diffuso per quest'anno e per le previsioni dell'anno prossimo indicano che quest'anno il reddito nazionale italiano ha subito una flessione di quasi il 5 per cento, la disoccupazione è giunta all'8 per cento, c'è una crisi molto forte dell'industria manifatturiera del nostro Paese i cui ordini sono diminuiti del 25-30 per cento e le previsioni, anche le più ottimistiche, dicono che l'anno prossimo al massimo vi sarà una ripresa dello 0,7-1 per cento del reddito.
Dunque c'è una crisi molto profonda, la più grave che l'Italia abbia conosciuto nel secondo dopoguerra (non c'è mai stata una condizione di questo genere), e vi è un prolungamento di questa crisi, mentre in altri Paesi già si vedono segni di ripresa.
Questo è il dato di partenza, signor Presidente e onorevoli colleghi, nel quale si poneva la legge finanziaria e la politica economica del Governo. Onorevoli colleghi e signor Ministro dell'economia, occorreva una manovra forte ed incisiva che servisse ad accelerare la ripresa dell'economia italiana. Questa manovra forte e incisiva richiedeva una riduzione delle imposte, che del resto era nel programma di questo stesso Governo da molti anni, e richiedeva un aumento della spesa in conto capitale della pubblica amministrazione.
Non c'è nulla di tutto questo e la ragione di ciò ci viene detta dal Governo, ovvero che la condizione dei conti pubblici non lo consente. Quindi, si mantengono in equilibrio i conti pubblici, ma non si fa quello che è indispensabile se si vuole dare al Paese una speranza di sviluppo. Ecco perché, signor Presidente, questa politica finanziaria che è ritratta nei disegni di legge finanziaria e di bilancio è la dimostrazione di uno spirito rinunciatario del Governo. Si tratta di una rinuncia a fare ciò che esso ha il dovere di fare e ha anche gli strumenti per farlo, per aiutare la ripresa del nostro Paese. Questa politica poteva essere fatta senza aumentare il fabbisogno, però sarebbe stato necessario, signor Presidente, onorevoli colleghi, ridurre la spesa pubblica corrente con coraggio e intervenire. Per far questo non accuso certo il Ministro dell'economia e delle finanze, ma il Governo nel suo complesso, perché il Ministro dell'economia e delle finanze non può che eseguire una politica di Governo e se il Governo rinuncia alla politica economica il Ministro dell'economia e delle finanze è condannato a seguirlo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIORGIO LA MALFA. Concludo, signor Presidente. Ringrazio l'onorevole Marinello per avermi dato il tempo di leggere il comunicato secondo cui la spesa in conto capitale nei prossimi tre anni scenderà dal 3,5 per cento del PIL al 2,5 per cento. Questo è il futuro che si prepara per il nostro Paese e per questo motivo il disegno di legge finanziaria non può avere un giudizio positivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi viene celebrata la giornata dei diritti e della dignità del pensionato all'estero indetta da molte sigle sindacali. Ritengo che questa sia un'ottima occasione per riflettere sulla condizione sociale ed economica di molti nostri connazionali ormai anziani, in particolar modo quelli che vivono in America latina. Ma soprattutto, è un'occasione per riflettere insieme ai rappresentanti del Governo sulla criticità del mondo dell'emigrazione italiana che, purtroppo, sembra essere sempre messo a latere delle iniziative e dei provvedimenti legislativi. Il mio è un sentito e sincero invito a riflettere politiche condivise che coinvolgano i nostri rappresentanti del Governo presenti in Aula sull'esigenza di dare delle risposte serie alle nostre comunità all'estero. Queste ultime, purtroppo, continuano ad essere destinatarie di tagli e di ridimensionamenti, ognuno dei quali corrisponde anche ad un Pag. 83colpo rivolto al nostro Paese e al nostro bagaglio economico, politico e sociale. Si sta materializzando una vera e propria disattenzione politica nei confronti dell'emigrazione che, però, rischia seriamente di intaccare la fiducia delle nostre comunità verso questo Governo, con il rischio di una deludente risposta politica. Non dimentichiamo, inoltre, che anche i nostri connazionali all'estero si considerano come il motore del mercato del made in Italy, coloro che danno impulso ai settori strategici dell'economia italiana all'estero e contribuiscono in maniera puntuale e lodevole alla crescita del prodotto interno lordo italiano.
Sfido chiunque dei presenti a mettere in discussione questa evidenza oggettiva, legittimata da statistiche e da report economici; ragion per cui questa disattenzione politica e finanziaria assume dei tratti di maggiore amarezza. Infatti, i tagli che le precedenti «battute» della legge finanziaria hanno operato verso determinati capitoli di previsione del MAE spesso si riflettono irrimediabilmente sui servizi e sulle progettualità destinate ai nostri connazionali. Parliamo dei servizi previdenziali e assistenziali, progetti di promozione culturale, scolastici, nonché imprescindibili servizi amministrativi. Dobbiamo essere tutti consapevoli che queste risorse decurtate sui capitoli di spesa indispensabili, rischiano di creare una crescente incomprensione tra l'Italia e l'altra Italia, quella che si trova all'estero. Sono ben consapevole e condivido in pieno l'esigenza di razionalizzazione che il nostro Governo sta portando avanti dall'inizio della legislatura, mirata ad uno snellimento della macchina amministrativa e a un riassorbimento delle sacche di spreco che, purtroppo, hanno condizionato anche la rete organizzativa all'estero delle nostre comunità e che ancora sopravvivono in alcuni settori pubblici.
Ma allo stesso tempo credo sia deleterio e soprattutto poco lungimirante per il Paese andare ad intaccare i servizi essenziali dei nostri connazionali oltreconfine. Tutte garanzie che non possono essere considerate un optional, ma che sono la base stessa del dovere di uno Stato nei confronti della società civile. Ci dobbiamo realmente rendere conto che questo snellimento diretto alle risorse destinate alle nostre comunità crea un reale e drammatico danno alla nostra immagine e alle nostre potenzialità all'estero. Il Governo non può fare cassa incidendo sui riconoscimenti che spetterebbero a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla loro residenza. Parlo dell'esenzione dell'ICI non riconosciuta ai nostri connazionali dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che tanta amarezza ha portato alle nostre comunità. Non dimentichiamo, inoltre, il riassorbimento dei fondi per l'assistenza previdenziale degli indigenti italiani all'estero, che ha quasi il sapore di una mancanza di rispetto e di attenzione verso chi è dovuto emigrare in tempi anche lontani. A questa escalation di snellimenti se ne aggiunge una ulteriore, ancora più amara, che coinvolge anche in questo caso le fasce più deboli delle nostre comunità oltre confine. La finanziaria, così come integrata in Commissione bilancio, infatti, introduce una serie di disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, che fanno saltare l'esenzione dal pagamento delle spese giudiziarie per alcuni processi e controversie. Con questa nuova disposizione, anche per queste controversie, sarà dovuto il contributo unificato per i processi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALDO DI BIAGIO. Questa manovra che sembrerebbe posta in essere per evitare contenziosi in materia previdenziale e assistenziale, capace di creare difficoltà agli enti direttamente coinvolti, comporta il rischio di ledere diritti e assistenze legittime che dovrebbero essere riconosciuti proprio ai nostri cittadini in condizioni economiche non semplici. Invito a riflettere sulle preoccupanti disposizioni di questo provvedimento e mi auguro che questi aspetti possano creare le condizioni per un'analisi concreta e proficua che porti noi tutti a riflettere, al fine di trovare la soluzione migliore per evitare di arrecare Pag. 84ulteriori difficoltà alle nostre comunità e al nostro Paese. Mi preme allo stesso tempo veicolare l'attenzione su alcuni aspetti ulteriori emersi su questo disegno di legge finanziaria, in particolare in merito alle misure di sostegno per le nostre comunità soprattutto in Croazia e Slovenia. Ho avuto modo di apprezzare l'impegno del Governo nel disegno di legge finanziaria, nell'ambito degli interventi finalizzati a misure di particolare valenza sociale e di equilibrio socio-economico a favore delle comunità degli esuli dell'Istria, della Dalmazia e di Fiume, le cui disposizioni sono sancite dalla legge n. 72 del 2001.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ALDO DI BIAGIO. La prego di farmi concludere, gentilmente. Ritengo, però, doveroso, per equilibrio procedurale e politico, oltre che storico, garantire nell'ambito di tali disposizioni misure in favore della minoranza italiana in Slovenia e Croazia, sancite dalla legge n. 73 del 2001, strettamente legata alla prima legge citata. Mi auguro che questo correttivo normativo, doveroso per i nostri connazionali residenti in queste terre, possa essere opportunamente apportato in questa sede. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi auguro che non accada quello che viene sussurrato in queste ore e cioè che per l'ennesima volta si proceda in questa Camera con la posizione della questione di fiducia, nonostante la buona volontà dimostrata dal gruppo del Partito Democratico, che intende ridurre drasticamente gli emendamenti da apportare al disegno di legge finanziaria. Sarebbe uno schiaffo ulteriore, perché diventa una regola fissa, tanto più che non si discute mai sui provvedimenti originali, ma si discute sempre su maxiemendamenti presentati all'ultimo istante. Credo che occorra riflettere, e riflettere seriamente sul significato dello stare qui, in questo Parlamento.
Lo dico non solo rispetto al cammino che hanno avuto questi disegni di legge finanziaria e di bilancio, che hanno visto praticamente una posizione della questione di fiducia addirittura in Commissione, ma anche rispetto ad altri atti importanti, come l'approvazione di mozioni e risoluzioni, che impegnano il Governo e alle quali, però, lo stesso non dà seguito. Qui entro nel settore che volevo trattare esplicitamente, che è quello della giustizia. Ieri, il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, è venuto in audizione in Commissione giustizia e ci ha detto che nel disegno di legge finanziaria sono stati stanziati 500 milioni di euro per la costruzione di nuove carceri e il riadattamento di quelle esistenti. Inoltre, ha parlato della nuova assunzione di circa 2 mila agenti di polizia penitenziaria. Ora, solo a voler esaminare i problemi che stanno affrontando i detenuti, gli agenti, i direttori e gli educatori in questo momento di emergenza carceraria, ci dobbiamo rendere conto che le risposte date anche in sede di legge finanziaria da questo Governo sono assolutamente inadeguate ad affrontare il problema carcerario, che in questo momento storico vede il numero massimo di presenza di detenuti ed il numero minimo di presenza di personale, in particolare di agenti di polizia penitenziaria e di educatori e psicologi. So che molti parlamentari hanno continuato a girare per le carceri dopo il «Ferragosto in carcere». Sappiamo tutti che la costruzione di nuove carceri - a parte il fatto che il piano prevede uno stanziamento di 1 miliardo e 600 milioni di euro, mentre in questo disegno di legge finanziaria si parla solamente di 500 milioni - è una risposta assolutamente inutile ed inadeguata. Infatti, per esempio, se tutto va bene - dovrebbe accadere un vero e proprio miracolo, considerato l'andamento di queste cose nel nostro Paese -, le carceri saranno costruite fra tre anni, Pag. 85quando avremo, secondo la cifra che però non è in questo disegno di legge finanziaria, circa 20 mila posti in più.
Oggi, nelle nostre carceri mancano posti letto per circa 23 mila detenuti. Ma quando saranno pronti i nuovi istituti penitenziari, nel caso in cui nei prossimi anni fossero stanziate ulteriori risorse, la popolazione penitenziaria, che aumenta a ritmo di settecento nuovi detenuti ogni mese, sarà arrivata a circa 90 mila o 100 mila detenuti fra tre anni.
Quindi, ci ritroveremo di nuovo in una situazione in cui le carceri italiane, come ha detto il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, saranno illegali, incostituzionali, un insieme di sofferenza e di tortura, il che non ha niente a che vedere con quanto previsto dall'articolo 27 della nostra Costituzione.
I 2 mila agenti di cui ci ha parlato il Ministro della giustizia sono del tutto insufficienti, perché ne mancano 5 mila già oggi, figuriamoci con l'apertura di nuove strutture. Concludo questo mio intervento, che deve essere necessariamente breve, richiamando la responsabilità del Governo sul problema delle carceri e su quello generale della giustizia, di cui le carceri sono solo l'appendice finale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, pur condividendo le parole espresse dall'onorevole La Malfa, sono meno pessimista del mio collega: io vedo il bicchiere mezzo pieno; lui, probabilmente, lo vede mezzo vuoto. Vedremo successivamente come si svolgeranno i lavori parlamentari per decidere come votare.
Il Governo ha saputo finora far fronte ad una delle più gravi crisi del dopoguerra. Se nello scorso luglio, innovando rispetto alle procedure parlamentari tradizionali, non avessimo messo in sicurezza i conti pubblici con una manovra di circa 30 miliardi di euro, l'andamento della crisi, per un Paese ad alto debito come il nostro, sarebbe stato devastante.
Ne stiamo invece uscendo; forse non bene come tutti avremmo voluto, ma certamente meglio di altri, a partire dalla Grecia, un Paese dalle caratteristiche strutturali molto simili alle nostre, e dall'Inghilterra, che fino all'anno scorso poteva vantare un reddito superiore a quello italiano.
Del resto, le principali istituzioni internazionali concordano con questa valutazione: la Commissione europea, nelle sue ultime valutazioni comparate, ha espresso sull'Italia un giudizio positivo. Lo stesso ha fatto ancora più recentemente l'OCSE, confortata dal fatto che il suo superindice mostra che l'Italia è al primo posto nella possibile ripresa, specialmente dopo il lusinghiero andamento del terzo trimestre dell'anno, che ha visto il PIL crescere più della media europea.
Tutto ciò non è stato frutto del caso, ma la conseguenza di una linea di politica economica che ha saputo infondere fiducia, invitando tutti a guardare oltre il dato più contingente delle perdite di breve periodo. Questa legge finanziaria è coerente con quell'impostazione più complessiva: una finanziaria leggera rispetto a quelle del passato, che nel passaggio tra Senato e Camera è divenuta tuttavia più pesante.
Per questo il Governo è stato criticato e l'opposizione, abbandonando i lavori parlamentari in Commissione bilancio, non ha saputo resistere alla tentazione di un gesto teatrale.
La maggiore pesantezza della manovra dagli iniziali 4 agli attuali 9 miliardi trova giustificazione nel mutato quadro congiunturale dell'economia italiana, in un contesto internazionale che, seppure presenta incognite ed incertezza, è tuttavia migliorato rispetto a quello di qualche mese fa.
Nessuno può dire se il peggio è definitivamente passato né è ancora più certo il fatto che il futuro oggi è meno cupo. In riferimento alla crisi del 1929, sono state rapidamente archiviate le ipotesi di un crollo del sistema capitalistico, che pure una certa sinistra aveva evocato: tali ipotesi si sono dimostrate essere il tardivo riflesso di antiche ideologie.
Quello che sembra più probabile è che l'economia italiana crescerà a un ritmo Pag. 86maggiore di quanto noi stessi abbiamo ipotizzato nel DPEF e nella relativa nota di aggiornamento. L'OCSE parla dell'1,1 per cento contro lo 0,7 per cento, il che significa maggiori entrate per circa 3 o 4 miliardi. Nessuno è in grado di prevedere se queste previsioni troveranno conferma a consuntivo; era tuttavia giusto prendere questo dato come base, cautelandoci al tempo stesso con l'utilizzo dei fondi INPS.
Mi auguro che la stessa opposizione, al di là delle prese di posizione scontate, possa dare atto alla maggioranza di uno sforzo che va nell'interesse del Paese. Naturalmente, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, questo non significa essere d'accordo con tutte le norme introdotte.
Ad esempio, non è accettabile la disposizione che blocca tutte le procedure esecutive attivate dei creditori nei confronti delle regioni inadempienti; così si rischia, infatti, di scaricare sui privati i guasti della sanità pubblica e le inefficienze degli amministratori, specialmente quelli meridionali. Signor Presidente, concludo il mio intervento augurandomi che nel corso del prosieguo del dibattito il Governo ci possa dare qualche notizia migliore di quelle che abbiamo fino ad ora.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, cari colleghi, vorrei soffermarmi su un aspetto secondo me non secondario di questa legge finanziaria, che riguarda le misure previste per il terremoto de L'Aquila, ricordando a tutti che il Governo, nelle occasioni precedenti in cui abbiamo discusso del terremoto, e sono state parecchie in questo Parlamento, e ogni volta che colleghi della maggioranza o dell'opposizione hanno segnalato criticità e limiti, ci ha sempre risposto che la legge finanziaria sarebbe stata lo strumento con il quale fare fronte e rispondere a queste difficoltà.
Ecco, la legge finanziaria è arrivata, e rispetto agli impegni che erano stati assunti siamo di fronte ad una risposta che definirei un po' sconcertante. Mi vorrei soffermare sull'aspetto più drammatico della vicenda, quello del trattamento fiscale delle popolazioni terremotate. Vorrei ricordare a tutti voi che sempre lo Stato, in occasione di ogni calamità naturale, provvede a sospendere le imposte, i tributi, i contributi per le popolazioni colpite da tale evento; e la sospensione la fa durare per tutto il periodo in cui ritiene che la fase più acuta ancora perduri. Sono stati, nella storia, quasi sempre un anno e mezzo, due anni di sospensione: in Umbria, Marche, Molise i mesi di sospensione sono stati 18; trascorso questo periodo lo Stato giustamente chiede ai cittadini di ricominciare a pagare le tasse. Per quanto riguarda la restituzione di quanto non è stato versato durante il periodo di sospensione, lo Stato la chiede, l'ha sempre chiesta molti anni dopo e in un modo forfettario: in Umbria, Marche e Molise lo Stato ha richiesto la restituzione delle tasse dodici anni dopo al 40 per cento dell'importo in 120 rate, cioè in dieci anni; e noi, tutti quanti noi, ci aspettavamo che anche per l'Abruzzo, anche per L'Aquila vi fosse un trattamento di questo genere.
Invece siamo stati messi di fronte ad un trattamento scandalosamente diverso. Intanto, le tasse a L'Aquila si debbono ricominciare a pagare da questo mese; e per quanto riguarda la restituzione, ricorderete che con il decreto-legge di luglio sulla crisi economica avete chiesto, avete imposto che la restituzione avvenisse a partire da gennaio in 24 rate al 100 per cento. Vi fu una sollevazione in Abruzzo, vi furono manifestazioni, proteste; parlò il Presidente del Consiglio, e assicurò a tutti noi che questa procedura sarebbe stata modificata in occasione della legge finanziaria.
Noi ci siamo fidati, perché la nostra cultura, almeno la mia cultura è questa: io ritengo che quando il Presidente del Consiglio, su un problema di questo genere, mette la propria faccia e assume un impegno, tale impegno poi sarà rispettato. In ogni caso, il Parlamento si è espresso attraverso una mozione unitaria, votata all'unanimità, concordata col Governo alcuni Pag. 87mesi fa, nella quale si è scritto testualmente che all'Abruzzo sarà usato un trattamento simile a quello delle Marche e dell'Umbria.
Dopo tutto ciò arriva la legge finanziaria; e in essa scopriamo che le tasse dobbiamo cominciare a ripagarle regolarmente, e solo per quanto riguarda la restituzione ci date sei mesi di vita, cioè ci dite: ricominciate a restituirla a giugno, non a gennaio, sempre al 100 per cento in cinque anni. Aggiungete una cosa nella legge finanziaria in esame, come una sorta di scambio: a L'Aquila verrà sperimentata per un anno la cedolare secca sugli affitti. La cedolare secca sugli affitti è una cosa seria, ed io mi sono chiesto, quando ho letto questa norma, se stavate forse facendo uno scherzo: la cedolare secca a L'Aquila sugli affitti? Non so se vi rendete conto, vi sono solo nella città 8.600 abitazioni distrutte, altre 10 mila abitazioni inagibili: la cedolare secca la sperimentate su quale mercato immobiliare? Chi affitta che cosa a L'Aquila? Veramente sembra una specie di barzelletta!
Ma torniamo alle tasse. Non so, forse non tutti si rendono conto degli effetti concreti della misura che voi state prendendo. Non seguite quello che vi dice la televisione, non pensate che sia vero il «presepe» che si vede: a L'Aquila le attività economiche sono tutte in ginocchio! Le fabbriche, le aziende artigianali, le attività commerciali, gli studi professionali, siamo in una condizione in cui tutto ciò non sta ripartendo, o se sta ripartendo sta ripartendo con grandi sforzi, in condizioni precarie! Se su tutto ciò arriva la «botta» delle tasse, come fanno ad andare avanti?
Pensate - è l'ultimo argomento, poi mi taccio - che si è detto che vi sarebbe stata la zona franca, cioè che a L'Aquila avremmo pagato meno tasse. Per effetto di queste misure L'Aquila, nei prossimi cinque anni, sarà la città d'Italia nella quale si pagano più tasse, perché, oltre alle tasse che pagano tutti gli altri, noi pagheremo 100 milioni di tasse in più l'anno per ogni anno: mi chiedo se tutto ciò sia una cosa ragionevole. Per questo vi chiedo di accettare i nostri emendamenti e di cambiare questa assurda misura (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, quest'anno la legge finanziaria ha ridimensionato di molto la sua prospettiva. Difatti è una semplice correzione di quella approvata lo scorso anno, che aveva introdotto un nuovo sistema programmatico di dimensione triennale. Non sembra vi siano grandi scelte strategiche all'orizzonte. Quello che manca è un disegno organico di investimenti programmati, e soprattutto sostanziosi, per sostenere ricerca e innovazione e in grado di ribaltare anche la situazione del nostro settore produttivo. Non vengono favoriti i consumi in quanto non si opera nessun taglio delle tassazioni esistenti sui redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, che stanno ancora aspettando, tra l'altro, la parte di riduzione che toccava loro dall'intervento della manovra finanziaria Prodi sul cuneo fiscale. Lo stesso maxiemendamento approvato in sede referente alla Camera conferma le intenzioni del Governo di blindare la spesa come unica strategia di uscita dalla crisi economica e di evitare qualsiasi confronto sugli strumenti condivisi per uscire dalla medesima. Infatti dai tre articoli originari approvati al Senato nasce un maxiemendamento composto da ben 250 commi. Dal lato delle entrate è da sottolineare che il gettito ottenuto con lo scudo fiscale non raggiunge le cifre attese, perciò la sua riparazione non può che avvenire attraverso una serie di microinterventi non rispondenti alle richieste più volte espresse dal sindacato di prospettiva e di rilancio dell'occupazione e in favore dello sviluppo. In generale, si tratta ancora una volta di un insieme di norme che testimoniano più l'indecisione del Governo che un piano ben preciso nel quale misure ben più coraggiose e collegate tra loro potrebbero riuscire a mitigare gli effetti catastrofici della crisi economica attuale. Pag. 88
Introduco il tema avviato con grande precisione e compiutezza dal collega Lolli perché all'interno di questa manovra, che è molto asfittica dal punto di vista della capacità di guardare oltre il contingente, si introduce quella che da qualche tempo è diventata la questione «L'Aquila», perché occorre anche dire, colleghi, caro Presidente, sottosegretario, che non è vero che tutto è stato risolto. L'Aquila lotta ancora con l'emergenza mentre il Governo richiede già le tasse. Il terremoto non è finito. Ci sono ancora 20 mila persone sulla costa che hanno modificato il modello di sviluppo dell'intera regione, le nuove case costruite bastano solo per una parte di senzatetto e in migliaia dormono ancora in vecchie caserme o in moduli in legno. La ricostruzione vera non è partita, le macerie sono ancora per strada, i centri storici sono chiusi e pericolosi, le attività economiche sono ferme, la cassa integrazione per 18 mila lavoratori scade il 31 dicembre.
Vi parlo di alcuni parametri di riferimento cui ha fatto cenno anche il collega Lolli per operare un confronto tra il terremoto abruzzese e i terremoti precedenti: le tasse per gli altri terremoti sono state sospese da 18 mesi a 6 anni, per l'Abruzzo lo sono state per 8 mesi; la restituzione per altri terremoti è avvenuta in 12 anni, per l'Abruzzo in 12 mesi; le somme restituite sono state pari al 40 per cento per altri terremoti, per l'Abruzzo pari al 100 per cento; in 120 rate per gli altri terremoti, in 60 rate per l'Abruzzo. In tutto questo vi sono la provincia e il comune de L'Aquila, i comuni colpiti dal sisma, le associazioni di categoria, i rappresentanti delle istituzioni locali, i sindacati, la regione, i parlamentari abruzzesi, i cittadini che insieme continuano a chiedere il minimo indispensabile. Peraltro - non per mettere in competizione le varie sciagure succedutesi negli anni, ma perché il terremoto de L'Aquila ha determinato un vero e proprio cambiamento nella storia e nella prospettiva di questa regione e soprattutto di quell'area - continuiamo a chiedere la realizzazione di impegni cui il Parlamento ha vincolato il Governo attraverso una mozione unitaria. Essa prevedeva, qualche mese fa, alcuni impegni che leggerò perché li ho in qualche modo ispirati. La premessa affermava quanto segue: "Restano tuttavia ancora aperti e irrisolti una serie di problemi da affrontare. La complessità delle politiche di ricostruzione e di rilancio dello sviluppo nei territori colpiti dal sisma è tale che ogni impegno deve essere caratterizzato dal massimo della ricerca di spirito unitario e dalla piena collaborazione tra istituzioni e forze politiche, senza confusione di ruoli.
Occorre assumere impegni nell'ambito di un dialogo competitivo necessario per conseguire gli attesi risultati da parte delle popolazioni colpite dal sisma, con l'obiettivo di dare certezze tanto nella definizione dei tempi quanto, e soprattutto, nel reperimento delle risorse.
Cito tre aspetti importanti che questo Parlamento e questo Governo hanno votato unitariamente alcuni mesi fa: un'efficace tutela delle attività produttive sospese per il terremoto, l'impegno ad assumere "iniziative volte a prorogare la sospensione del versamento di tributi e contributi oltre i termini previsti dai commi 2 e 3 dell'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2009, prevedendo per la restituzione un trattamento analogo a quello previsto per i terremotati di Marche ed Umbria".
Non vado oltre perché in questo impegno vi era anche la disponibilità del Governo a riattivare i meccanismi dell'economia locale, facendo sì che le imprese locali potessero avere opportunità all'interno di quella che è stata una vera e propria manna per molte altre imprese che non fossero abruzzesi. È stato poi preso un impegno affinché anche i lavoratori autonomi e titolari di attività di impresa e professionali potessero avere opportunità all'interno della finanziaria che ci si apprestava ad approvare, ma nulla di tutto ciò è stato messo in campo.
Da ultimo, nella mozione si chiedeva inoltre di «prevedere, ai fini della trasparenza e della conoscibilità degli atti, delle procedure e delle decisioni adottate, la Pag. 89pubblicità, anche tramite i siti Internet della Protezione civile, nonché, d'intesa con gli enti locali interessati, della regione Abruzzo e della provincia de L'Aquila, dell'elenco dei fornitori, comprensivo dell'oggetto della fornitura e del relativo importo, lo stato delle somme erogate e dei relativi beneficiari, degli interventi programmati, degli avvisi, dello stato di realizzazione delle opere, nonché di tutta la normativa nazionale, regionale, provinciale e comunale, afferente gli interventi di ricostruzione».
Ricordo queste cose - e concludo - perché il sottosegretario Bertolaso ha avuto da ridire sulle imprese che non sono in grado di adempiere ai compiti assegnati: se avesse dato atto a questa mozione e a quella parte che come Italia dei Valori abbiamo scritto, forse oggi avremmo molte case in più costruite e molte imprese in più della regione che avrebbero potuto offrire molta occupazione, e non saremmo qui a discutere all'interno del disegno di legge finanziaria di briciole, o meglio di niente, perché il bicchiere non è né mezzo vuoto né mezzo pieno: non c'è assolutamente il bicchiere e non c'è nessuna liquidità che possiamo mettere in campo perché, come vedete, non vi è alcuna disponibilità da parte di questo Governo a farsi carico della dignità di un'intera popolazione (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo a conclusione della discussione sulle linee generali di questa finanziaria che forse è l'ultima finanziaria di un certo tipo che quest'Aula del Parlamento affronterà, avendo noi in realtà già modificato il modulo della sessione di bilancio attraverso una legge di cui ella, signor Presidente, è stato autorevole relatore.
Probabilmente quella di oggi, quindi, è una finanziaria che potremmo definire una «finanziaria-ponte» tra un vecchio modulo di finanziaria ed un modello nuovo a cui si sta approdando attraverso anche il lavoro di anticipazione di alcuni elementi di natura economica e finanziaria che in parte il Governo ha fatto già dai tempi del decreto-legge n. 112 del 2008, in qualche modo traghettando questa fase di bilancio (anche per alcuni aspetti molto complessa e difficile, se si pensa agli elementi di crisi economica nei quali il Governo si è mosso) con un certo successo e con un notevole equilibrio, non solo istituzionale ma, in particolare, in relazione ai saldi di finanza pubblica.
Dico questo perché è vanto - giusto vanto - del Ministro Tremonti e del Governo nella sua collegialità aver mantenuto un atteggiamento prudente, saggio ed equilibrato in una fase di grande difficoltà del nostro sistema finanziario nonché, evidentemente, del nostro sistema economico, avendo in parte previsto la crisi stessa che si è venuta a determinare ed avendo svolto un intervento assolutamente positivo e vantaggioso in termini di contenimento della spesa e di mantenimento dei saldi di finanza pubblica.
Per questo a fronte di risorse chiaramente ridotte, a disposizione dell'Esecutivo e del Parlamento per questa manovra, si è andati - come giustamente ha sottolineato l'altro relatore di questa discussione congiunta, l'onorevole Marinello - non tanto ad identificare un intervento sulla quantità delle risorse, quanto sulla qualità delle risorse stesse, ponendo fine ad una logica incrementale delle stesse e intervenendo altresì in maniera specifica su una quantità di risorse che si attestano attorno ai nove miliardi di euro.
Si è cercato di ottenere quello che il relatore della V Commissione (Bilancio) Corsaro sulla finanziaria ha definito come un mix di sviluppo, da un lato, di welfare, dall'altro, e ancora di sostegno alla pubblica amministrazione. Un mix che si è realizzato attraverso diverse forme di intervento, che vanno dalla posta stabilita per gli ammortizzatori sociali di un miliardo in più, all'incentivo per le società che assumono e che fanno assumere per nuovi posti di lavoro. Mi riferisco a tutta quella parte specificamente legata alla questione del lavoro e della disoccupazione Pag. 90che pure è di stretta attualità in questa fase in cui ancora oggi, in questo anno orribile (come è stato definito il 2009), si paga lo scotto del peso di una crisi finanziaria sull'economia reale e quindi sul tasso di disoccupazione (seppur vi siano dei distinguo dell'Italia rispetto al quadro europeo).
Ovviamente non vi è solo questo versante ma anche quello più esteso, che possiamo considerare come welfare, vale a dire la sanità. Mi riferisco all'accordo tra Stato e regioni, alla spesa sanitaria e alla posta che viene destinata a questo ambito. Poi vi sono altri elementi, che attengono allo sviluppo, che possono essere un volano di sviluppo e che riguardano l'autotrasporto, il credito di imposta per la ricerca, il 5 per mille. Si tratta di mille altre voci che sono state incrementate all'interno di questa manovra: dalle missioni internazionali alle spese per la riqualificazione edilizia delle scuole, per l'università, per i libri, per Roma capitale. Sono tanti elementi che hanno rappresentato delle scelte che il Governo (per alcuni aspetti) e la maggioranza parlamentare hanno avuto il coraggio di fare, valutando se potessero mai esserci compatibilità economiche forse anche con alcune proposte dell'opposizione in Commissione, ma cogliendo anche degli elementi, dei temi che certamente sono stati incontro di sensibilità comuni. Mi riferisco, per esempio, alla questione dell'ICI e dei comuni, mi riferisco alla scuola paritaria.
Ci sono stati elementi posti all'attenzione del dibattito anche dall'opposizione e che sono stati recepiti all'interno del maxiemendamento presentato dal relatore Corsaro per venire incontro a un quadro organico di interventi in questa manovra.
È ovvio, certo - e questo è il problema di qualunque amministratore, dal Governo al più piccolo dei comuni - che, di fronte alle esigenze che si pongono in essere da parte di un Paese complesso e di una società complessa come la nostra, in un momento di crisi come questa (da parte di categorie, associazioni, forze sociali), le risorse e le richieste non sono commisurabili. Infatti, ogni qual volta ci si troverà a dover varare una manovra di finanza pubblica, a dover destinare risorse, a dover gestire e a dovere indirizzare in maniera politica queste risorse, è evidente che la lista delle richieste sarà sempre infinitamente superiore alla lista dei risorse disponibili. Ma è lì che si qualifica la scelta politica ed è per questo che la finanziaria, ancora in questo momento, sebbene con tanti distinguo e sebbene nel percorso di transizione di cui accennavo all'inizio dell'intervento, è e rimane elemento discriminante di scelta politica la cui iniziativa in questo momento spetta ed è del Governo, ed è corroborata, aiutata e sostenuta dal lavoro della maggioranza in questo Parlamento, in particolare nella Commissione competente in sede referente (che è la Commissione Bilancio che ha il compito di svolgere, in una fase quasi redigente di fatto, il lavoro di composizione del percorso all'interno del "laccio" del quadro economico e della posta iscritta che appunto ammonta a circa nove miliardi di euro).
Per questo ritengo che si debba difendere con coerenza e con serietà il lavoro compiuto dai colleghi della Commissione bilancio, svolto su iniziativa del Governo, che in maniera seria e responsabile si è dato dei limiti, ha dato dei limiti a se stesso prima ancora che alla propria maggioranza in un'ottica di dialettica e di confronto che credo sia stata sostanzialmente rispettata. Sia pur nella diversità delle posizioni, anche il confronto che vi è stato, anche vivo e acceso, il dibattito di questa discussione sulle linee generali in qualche modo ne è stato conferma.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2936-A e A.C. 2937-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza sul disegno di legge di bilancio, onorevole Marinello.

Pag. 91

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2937-A. Signor Presidente, replicherò in pochi minuti. Durante la giornata di ieri e in questa ora pomeridiana abbiamo ascoltato con molta attenzione le riflessioni e le critiche provenute da parte dell'opposizione. Soltanto per amore di verità vorrei puntualizzare alcuni brevi concetti. Anzitutto abbiamo detto più volte e qui lo ribadiamo che, data la situazione particolare di difficoltà economica del nostro Paese inserita in una difficoltà economica del sistema globale, considerate quindi le difficoltà economiche sia a livello europeo che intercontinentale, questa finanziaria non poteva contenere norme di sviluppo e non poteva assolutamente avere le caratteristiche di una finanziaria dalla spesa espansiva. Abbiamo tenuto ben presente, viceversa, alcuni settori interessati da momenti particolari di difficoltà e, quindi, abbiamo avuto sicuramente il pregio di riconoscere l'emergenzialità di questi settori.
I relatori di minoranza hanno contestato puntualmente una serie di nostri interventi ma, senza scendere nel particolare delle contestazioni, vorrei esporre una serie di considerazioni. Ad esempio, i relatori dell'Italia dei Valori hanno proposto una finanziaria alternativa di ben 16 miliardi di intervento, esattamente il doppio della nostra proposta e del nostro elaborato. Nei loro interventi hanno proposto all'Aula la riduzione complessiva della pressione fiscale di 3 miliardi, con 6 miliardi a favore dei cittadini, lavoratori e famiglie e 10 miliardi a favore dell'innovazione e della riconversione ecologica e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.
Il Partito Democratico, invece, ha parlato di un provvedimento che sarebbe dovuto essere destinato - in questo caso utilizzo addirittura le loro stesse parole - «all'indispensabile sostegno della competitività delle nostre imprese, alla loro transizione dentro la crisi verso una modernizzazione indispensabile per penetrare e consolidarsi nei mercati globali», chiedendosi retoricamente, i colleghi del Partito Democratico, "dove siano finiti i grandi programmi dell'abolizione dell'IRAP per le imprese e il piano straordinario per il Mezzogiorno, gli interventi a sostegno del credito, il piano per l'occupazione, la riforma degli ammortizzatori sociali".
Noi, invece, ribadiamo in questa sede, così come abbiamo in maniera assolutamente più ampia ed esaustiva dimostrato nella nostra relazione, che nell'invarianza dei saldi e nell'ambito dei ristretti limiti imposti dal decreto-legge n. 78 del 2009 abbiamo fatto tutto il possibile ma, facendo tutto il possibile. Tutto il possibile seppur nelle difficoltà enunciate in premessa. Abbiamo rivolto una particolare attenzione nei confronti del mercato del lavoro. Voglio dire e ribadire con orgoglio che nessun Governo in una situazione similare aveva mai dato un segnale così importante, predisponendo in via anticipata una massa ampia di strumenti di sostegno, aggiungendo per il 2010 un miliardo rispetto ai 3 che sono già disponibili...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Marinello.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2937-A....e nell'ambito di questo intervento, signor Presidente, abbiamo dato tutta un'altra serie di segnali al mondo del lavoro. Allo stesso modo abbiamo dato un segnale al mondo dell'impresa, raddoppiando di 200 milioni il credito di imposta per la ricerca e l'innovazione nel settore industriale.
Ora evidentemente ci aspettiamo - e sicuramente noi maggioranza parlamentare, unitamente al nostro Governo, ne saremo artefici - una serie di misure di rilancio che caratterizzeranno la prossima azione del Governo nei mesi a venire, fin dall'inizio del 2010 e che qualificheranno il lavoro del Parlamento e della nostra parte politica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2936-A, onorevole Corsaro.

Pag. 92

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2936-A. Signor Presidente, sarò brevissimo. Non rientrerò nelle questioni di merito perché credo di avere già ampiamente esposto le argomentazioni in dettaglio nella mia relazione di ieri. Peraltro, vi è ritornato in sede di replica in modo compiuto il collega onorevole Marinello (relatore di maggioranza sul disegno di legge di bilancio) e immagino che sarà l'intervento conclusivo del rappresentante del Governo a rispondere in modo dettagliato.
Voglio ribadire una questione metodologica, sulla scorta delle considerazioni che molti interventi dell'opposizione hanno voluto ripetere, nel susseguirsi nel dibattito generale: noi abbiamo lavorato in Commissione - e non lo abbiamo nascosto, a partire dall'intervento del presidente della Commissione Giorgetti - certamente con una tempistica formalmente complicata, perché siamo arrivati alla conoscenza del testo definitivo del maxiemendamento del relatore solo nella serata di venerdì scorso, ma abbiamo sostanzialmente proceduto al riassorbimento dei subemendamenti che erano già stati presentati nelle giornate precedenti senza che l'emendamento del relatore avesse aggiunto alcun argomento in più, quindi sostanzialmente con una serie di argomenti nel dettaglio posti all'attenzione della Commissione che erano conosciuti già da diversi giorni da tutti i componenti della Commissione bilancio.
In relazione a questo, quando i colleghi della minoranza hanno inteso rappresentare all'attenzione della Commissione una serie di argomenti, espungendo quindi dalla totalità dei loro emendamenti quelli che ritenevano maggiormente significativi e sui quali chiedevano la discussione ed il successivo voto della Commissione, noi abbiamo preso atto che gli argomenti che erano inseriti in quell'elenco, pur essendo in buona parte condivisibili nel merito, erano rappresentativi di un'ipotesi di soluzione degli impieghi disponibili e quindi di scrittura di una legge finanziaria assolutamente non compatibile con il progetto che avevamo stabilito noi.
Quindi si è trattato di scegliere tra un criterio di scrittura di legge finanziaria ed uno alternativo, rispetto al quale come relatore, sin dall'inizio della discussione, ho avuto modo di rappresentare ai colleghi dell'opposizione la convinzione della maggioranza di voler continuare a proseguire sulla linea che si era tenuta. Voglio ricordare - perché anche nel dibattito sulle linee generali qualcuno ha sfumato l'argomento - che questo non ha comportato l'indisponibilità della maggioranza ad arrivare alla votazione degli emendamenti che erano stati posti dalla minoranza all'attenzione della Commissione.
Voglio aggiungere che se, come è stato rinfacciato da alcuni, in Commissione la votazione di quegli emendamenti si è compiuta nel giro di undici minuti, ciò è stato dovuto al fatto che, al margine di una discussione generale che si è compiuta, la votazione degli emendamenti è avvenuta con la sola presenza dei commissari della maggioranza. Voglio anche dire sommessamente - permettetemelo - ai colleghi dell'opposizione, che hanno lamentato una mancata disponibilità alla votazione, quando invece la votazione si è regolarmente svolta in loro assenza, che democrazia si intende quando vi è la libera espressione delle idee e quando sulla libera espressione delle idee vi è la possibilità di contarsi. Non viene meno il presupposto della democrazia quando l'esito della votazione non sorride alle aspirazioni di parte. Quindi, il rispetto dei vincoli di democrazia è seguito quando la votazione avviene.
Da ultimo, signor Presidente; mi permetta di segnalare un adempimento formale.
È stato stampato e distribuito un errata corrige relativo all'atto Camera 2937-A, concernente il disegno di legge di bilancio, e all'atto Camera 2936-A, concernente il disegno di legge finanziaria, recante la correzione di quattro errori materiali.
Comunico, inoltre, che all'articolo 2, comma 143, dell'atto Camera 2936-A - Pag. 93cioè, la legge finanziaria - per un mero errore materiale, si fa riferimento all'articolo 63 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, anziché all'articolo 63, comma 6, del medesimo decreto legislativo. Sarà, pertanto, stampato e distribuito un errata corrige relativo a tale errore materiale.
Nell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione bilancio, svoltosi in data odierna, alle ore 14,30, è già stata data dal presidente della Commissione analoga comunicazione.
Preciso che, in tutti i casi che ho ricordato, si è posto rimedio a meri errori materiali e che le modifiche non hanno portata emendativa.
Signor Presidente, mi permetta di concludere questo intervento di parziale replica, rinnovando, come ho voluto fare nella mia relazione, un particolare ringraziamento all'operato del presidente della Commissione bilancio, onorevole Giancarlo Giorgetti.

PRESIDENTE. Onorevole Corsaro, la ringrazio a nome del presidente della Commissione bilancio.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto vorrei ringraziare, non formalmente, i relatori per la maggioranza, Marinello e Corsaro, i relatori di minoranza Baretta e Borghesi, e il presidente della Commissione bilancio, Giancarlo Giorgetti, che ha saputo magistralmente condurre i lavori della Commissione in questa difficile circostanza.
Entriamo nel merito del provvedimento. Questa finanziaria non ha altra ambizione che di rinsaldare i conti pubblici nel solco di quanto è stato fatto dal Governo nell'ultimo anno, in cui abbiamo assistito ad una crisi economica senza precedenti - almeno nei periodi recenti - riuscendo, in qualche modo, a superarla. I dati economici, almeno per quanto riguarda quest'ultimo scorcio del 2009, sono alquanto incoraggianti: ovviamente, la crisi non è superata, ma molto è stato fatto e i rischi peggiori sono stati evitati. In fondo, questa manovra finanziaria non è che la conclusione di un percorso di rigore e di serietà nei conti pubblici, l'unico che può portarci fuori dalle secche della crisi.
Non vorremmo, certo, correre rischi come quelli che altri Paesi mediterranei, proprio in queste ore, stanno correndo, ma questo si deve esclusivamente all'approccio, se vogliamo banalmente, ma realisticamente, da buon padre di famiglia che il Governo ha tenuto in questo frangente.
La finanza pubblica non è qualcosa di diverso dall'economia privata. Se una famiglia si trova in un anno ad avere redditi inferiori rispetto alle sue consuetudini, è buon uso non eccedere nella spesa, cercare di risparmiare qualcosa, contenere le spese e non esporsi. Ciascun padre di famiglia, infatti, sa bene che, se eccedesse nelle spese per soddisfare pur legittime e comprensibili richieste ed esigenze, facilmente, potrebbero esservi danni nel futuro.
Il nostro Paese ha fatto esattamente la stessa cosa, cercando di resistere a queste intemperie, tenendo ferma la bussola della saldezza dei conti pubblici. Non a caso, i giudizi, anche internazionali, ai quali siamo stati sottoposti dimostrano che la nostra finanza pubblica tiene. I dati macroeconomici relativi a quest'ultimo periodo, in fondo, ci pongono in una posizione economica non peggiore o, in qualche caso, addirittura migliore, rispetto a quella degli altri Paesi (basti vedere l'andamento del prodotto interno lordo e delle entrate fiscali).
In sostanza, grazie alle decisioni di fermezza nella gestione della finanza pubblica, il Paese sta procedendo nelle attuali difficoltà. Ciò non si potrebbe fare, pur nell'auspicato desiderio di sviluppo, con un approccio di deficit spending che - come vediamo da quello che sta accadendo anche oltreoceano - porta, forse, più rischi che soluzioni.
Abbiamo assistito, anche nel dibattito in quest'Aula, a proteste perché non vi Pag. 94sarebbero flussi di spesa indispensabili. Si tenga conto che tutto ciò che si poteva fare è stato fatto: la legge finanziaria esce ampiamente modificata dalla Camera, con una serie di interventi necessari, se non altro, a salvaguardare la posizione dei cittadini in maggiore difficoltà. Tutto questo, senza aumentare la pressione fiscale, senza aumentare le tasse, requisito assolutamente indispensabile per poterci permettere di guardare, con ragionevole ottimismo, al futuro e alla possibilità di partecipare al miglioramento dell'andamento del PIL, che sembra affacciarsi per il prossimo anno.
Sono state utilizzate anche delle entrate di carattere straordinario - perché no? - ma queste erano finalizzate a nobili finalità: alla tutela della salute degli italiani, alla previsione di ammortizzatori sociali per chi perde il lavoro, al conferimento di meccanismi di credito di imposta per la ricerca delle imprese, alla scuola e all'università. L'elencazione puntuale l'ha fatta già il relatore e non voglio annoiare l'Assemblea con una sua ripetizione.
All'onorevole Vannucci, che ha lamentato la temporaneità delle misure adottate in questo disegno di legge finanziaria, mi limito solo a ricordare che, ad esempio, gli investimenti e le spese per la sanità non sono misure di carattere temporaneo: basta pensare, se non altro, anche al Fondo per l'edilizia ospedaliera. Le misure di diminuzione dei costi della politica locale sono misure strutturali che credo siano attese dalla popolazione italiana e che consentono, tra l'altro, di innescare un procedimento virtuoso verso la diminuzione del costo politica e verso la diminuzione della spesa pubblica in genere.
Due questioni sono state molto agitate in queste ultime ore: quella del TFR e quella dei beni confiscati alla mafia. Per quanto riguarda il TFR, non si tratta di altro che del mantenimento di una legge preesistente che non toglie nulla ai lavoratori che si affacceranno al pensionamento nei prossimi anni, ma semplicemente consente di gestire meglio una partita che transita attraverso la Tesoreria dello Stato e serve, come tutte le entrate in Tesoreria, a finanziare delle spese pubbliche che in questo caso credo siano anche utili.
Quanto i beni confiscati alla mafia, penso anche al riguardo che la gestione estremamente prudente che seguirà la norma che consente la loro vendita - una vendita, tra l'altro, che prevede delle chiare prelazioni e un meccanismo di controllo da parte dei comitati antimafia, quindi senza alcun rischio che questi beni possano andare in mano a mafiosi o a presunti tali - sia il modo migliore per gestire questi beni, che se non fossero gestiti potrebbero anche provocare dei costi per la loro manutenzione, e per restituire alla cittadinanza ciò che per via della criminalità era stato ad essa sottratto.
Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, uno spirito aleggiato nel dibattito di queste ore mi lascia per certi versi insoddisfatto. Molti rappresentanti soprattutto dell'opposizione hanno lumeggiato l'idea che il Parlamento sia stato conculcato nei suoi diritti perché non sono state approvate più numerose norme di spesa. In sostanza, quest'Aula si era pervasa di un aspetto non molto lontano da quelle pagine magistralmente descritte da Petruccelli della Gattina quando ricordava gli avvenimenti di palazzo Carignano. È da domandarsi se sia effettivamente così: il Parlamento vive in quanto spende? E la teoria che suffraga questo moto ideale, quello della centralità del Parlamento, è una teoria ancora viva? La centralità del Parlamento di ingraiana memoria aveva probabilmente un senso quando l'Italia usciva dalla dittatura e quindi si trattava di cercare un potere contrapposto al potere dittatoriale. Oggi, però, alla fine del 2009, ha ancora senso questa teoria, o piuttosto il Parlamento deve ritornare a quella che è la sua intima essenza, a quelle che sono le ragioni della sua origine, in sostanza allo spirito della Magna Charta, quando nel 1215 i Parlamenti moderni nacquero per contrastare il potere di spesa dei sovrani? Probabilmente un ritorno all'origine, un «tornare allo Statuto» non sarebbe del tutto errato. Infatti, sono assolutamente Pag. 95convinto che non è con l'incremento della spesa che si afferma il potere del Parlamento e la sua validità, in una parola la democrazia, perché il Parlamento è un organismo vivo e vitale in quanto tutela le ragioni dei più deboli, e le ragioni dei più deboli che altro sono se non le ragioni degli indistinti contribuenti che si contrappongono alle lobby che tendono ad aumentare la spesa e che sono troppo protette nel nostro Paese e anche negli altri? In sostanza, signor Presidente (e ho concluso), sono convinto che un Parlamento è tanto più forte in quanto garantisce le ragioni della collettività, della maggior parte della popolazione contro le ragioni dei singoli, magari più forti e più attrezzati, e tanto più fa questo tipo di azione, tanto più la democrazia ne esce rinsaldata.
Con questo auspicio ringrazio ancora gli intervenuti a questo importante dibattito e oso sperare che la conclusione della legge finanziaria - che, tra l'altro è una legge finanziaria che chiude un'epoca, perché dovrebbe essere l'ultima prima della nuova riforma - apra delle pagine di migliore coesione anche politica nel Parlamento e nel Paese in un momento di difficoltà che postula un'azione concorde di tutte le forze politiche per far uscire il Paese dalle difficoltà in cui esso ancora si trova (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Così come stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, il seguito dell'esame dei disegni di legge finanziaria e di bilancio avrà luogo a partire dalla seduta di domani, venerdì 11 dicembre, alle ore 9,30.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,25).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a venire in Aula per rispondere alle diverse interrogazioni e interpellanze che abbiamo presentato come Partito Democratico sull'emergenza rifiuti in Sicilia. Ci sono numerose città, a partire dal comune capoluogo, Palermo, ma anche importanti comuni della provincia di Enna, di Catania e di Messina letteralmente sommersi da rifiuti.
Sono la conseguenza della gestione fallimentare degli ATO, strutture volute dai governi regionali di centrodestra che non riescono più a gestire questo problema. I lavoratori non vengono pagati, sono costretti a fare sciopero, a lasciare i rifiuti nelle città. Tra l'altro - non è assolutamente secondario - questo è un settore dove ci sono veri punti di contatto anche con la criminalità organizzata e mafiosa.
In Sicilia la situazione è divenuta insostenibile. Ci sono gravi rischi per la salute pubblica; alcuni sindaci hanno dovuto chiudere anche le scuole. Eppure, non c'è nessun intervento serio, né da parte della regione, che galleggia, con il presidente tutto preso dalla crisi regionale a ricercare alchimie per tentare di garantire la propria poltrona. Non vediamo neppure una parola, un intervento, un'iniziativa, un'idea da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che, essendo siciliana, avrebbe dovuto dare un segnale, avrebbe dovuto provare vergogna rispetto alle condizioni in cui è ridotta la Sicilia per colpa indubbiamente dell'inefficienza dei governi di centrodestra.
Il Ministro ha competenze, eppure fa silenzio. Dovrebbe essere informata dei fatti, ma non agisce. Signor Presidente, in un'altra stagione politica la crisi ambientale causata dai rifiuti in Campania è stata un vero e proprio atto di propaganda politica, una grande campagna pubblicitaria condotta direttamente dal Presidente del Consiglio dalle sue emittenti. Con quella campagna sono stati messi i riflettori su una situazione di grande degrado di quelle comunità ed è stato anche tempestivo l'intervento in quella sede della protezione civile. Pag. 96
Oggi ci chiediamo: perché non c'è lo stesso impegno, né la stessa attenzione per i problemi ambientali causati dai rifiuti in Sicilia? I cittadini siciliani sono cittadini di serie B, oppure, visto che il fallimento della gestione nel settore dei rifiuti è determinato da governi di centrodestra, bisogna nasconderli? Ebbene, signor Presidente, intervengo per l'ennesima volta su questo tema. È una sollecitazione forte che facciamo al Governo. Se ci saranno problemi di natura sanitaria nessuno dica che qui non c'è stata una denuncia forte da parte dei partiti politici e, in modo particolare, dal Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Polledri: s'intende, quindi, che abbia rinunziato ai chiarimenti richiesti nel corso della seduta.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la IX Commissione (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) ha proceduto alla elezione del deputato Carlo Monai a Segretario, in sostituzione del deputato Aurelio Salvatore Misiti, che ha cessato di far parte della Commissione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 11 dicembre 2009, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1791 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (Approvato dal Senato) (2937-A).
Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (2937-bis).
- Relatori: Marinello, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1790 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) (Approvato dal Senato) (2936-A).
- Relatori: Corsaro, per la maggioranza; Baretta e Borghesi, di minoranza.

La seduta termina alle 19,30.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DI MINORANZA DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA SUL DOC. IV, N. 5-A

FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Onorevoli Colleghi! - Espongo le mie ragioni - risultate in minoranza nella seduta della Giunta del 25 novembre 2009 - sulla domanda di autorizzazione a eseguire nei confronti del deputato Nicola Cosentino la misura cautelare della custodia in carcere, avanzata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli, ai sensi dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione e 4 e 5 della legge n. 140 del 2003, nell'ambito del procedimento penale n. 36856/01 RGNR.
Ho sempre sostenuto - ed a tale regola mi sono sempre attenuto, rientrando essa nei principi giuridici ed etici del mio partito - che le Camere, nell'applicare l'articolo 68 della Costituzione nelle sue varie previsioni, devono evitare di sostituirsi alla magistratura nel ruolo tipico che a questo potere dello Stato compete, cioè dicere ius, che significa accertare i fatti, dare loro una qualificazione giuridica e valutarne l'attribuibilità a una o più persone.
Troppo spesso, invece, accade che il Parlamento si autodifenda e che i parlamentari coprano i propri colleghi ritenendo Pag. 97generalmente sussistente l'insindacabilità (anche quando si tratta di ipotesi delittuose al di fuori delle «opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni», soprattutto nei casi di comportamenti extra moenia consistenti in condotte che non sarebbero consentite in atti tipici della funzione parlamentare). Come troppo spesso il Parlamento non concede l'autorizzazione alle intercettazioni telefoniche o all'utilizzo di quelle già intervenute. Così come, infine, da oltre vent'anni non autorizza l'esecuzione di una misura cautelare. E così si comprende come il Parlamento sia sistematicamente soccombente nei confronti della magistratura dinanzi alla Corte costituzionale in sede di conflitto di attribuzione.
Orbene, come ho ricordato nelle riunioni della Giunta, nel caso in esame il Parlamento non deve rendere una sentenza né di condanna né di assoluzione, dovendosi limitare a verificare se ricorrono i due elementi, uno positivo e l'altro negativo, costituiti il primo dalla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (cui, trattandosi di imputazione ex articolo 416-bis del codice penale, consegue obbligatoriamente la misura della custodia cautelare ai sensi dell'articolo 275 del codice di procedura penale), il secondo dalla mancanza del fumus persecutionis. Accertato ciò, la Camera non può esimersi dall'autorizzare l'esecuzione della misura cautelare, giacché in caso contrario, in primo luogo, eserciterebbe indebitamente un potere che la Costituzione affida alla giurisdizione; in secondo luogo, dicendo di voler evitare la prevaricazione del potere giudiziario su quello legislativo, farebbe esattamente il contrario, cioè farebbe prevalere la politica sulla giurisdizione, alimentando nei cittadini la convinzione che la cosiddetta «casta» sia unicamente protesa a trasformare l'immunità in impunità, la prerogativa in privilegio: e la politica, che già gode di un basso prestigio presso i cittadini, finisce per perderlo quasi del tutto nel momento in cui salva tutti i parlamentari dai giudizi conseguenti alla violazione di regole.
Questa posizione viene dispregiativamente definita «giustizialismo» mentre in realtà è solo applicazione del principio per cui la legge è uguale per tutti. E se il parlamentare vuole essere più uguale degli altri lo può ottenere solo non sfuggendo al giudizio cui ogni cittadino sarebbe sottoposto.
La misura cautelare di cui qui si discute si inserisce nel quadro di una vasta e complessa inchiesta della procura della Repubblica di Napoli sulle attività della camorra in varie zone dell'entroterra campano, a nord di Napoli.
L'inchiesta prende in considerazione un ampio arco temporale e molte decine di soggetti. A carico del deputato Cosentino si ipotizza il concorso esterno nell'associazione mafiosa, in relazione al sodalizio di tipo camorristico operante in quel territorio.
Il concorso si sarebbe concretizzato (e proseguirebbe ancor oggi) nel contributo causale dato dal Cosentino al disegno di affermazione ed espansione dei clan di Casal di Principe, al parallelo sviluppo imprenditoriale e alla progressiva affermazione di una società (la ECO4 SpA) caratterizzata dalla presenza di soci malavitosi e dalla conduzione con metodi mafiosi.
Il deputato avrebbe di fatto ottenuto sempre l'appoggio delle famiglie camorristiche e in cambio avrebbe offerto loro un apporto politico, di gestione del consenso e di attività amministrativa, tanto da consentirne l'espansione in termini di influenza e profitto.
Il settore privilegiato di questa intesa criminale sarebbe stato il ciclo dei rifiuti nella provincia di Caserta e il mezzo giuridico-formale che il Cosentino avrebbe prescelto è la predetta società per azioni ECO4. Inoltre, avrebbe costituito mezzo di affermazione imprenditoriale anche il consorzio CE4, tra i cui soci sarebbero stati presenti persone collegate e referenti delle famiglie casalesi, in particolare Giuseppe Valente e i fratelli Michele e Sergio Orsi, quali soci di fatto della ECO4.
Nell'ipotesi accusatoria, quindi, Cosentino e i suoi sodali non si sarebbero Pag. 98limitati a operare quali soggetti economici nel campo dei rifiuti, ma avrebbero anche influito direttamente sulle scelte amministrative nell'ambito della gestione dei rifiuti, settore di vitale importanza per il controllo del territorio casertano. Tale controllo evidentemente si giovava anche dell'influenza crescente sulle scelte amministrative del commissario straordinario alla gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Campania.
L'inchiesta napoletana si inserisce in un quadro socio-economico e politico assai degradato, dove impera la camorra. I clan non sono allegre confraternite di ragazzi vivaci: hanno sterminato migliaia di persone, poliziotti, carabinieri, donne, giornalisti, uomini di Chiesa, imprenditori onesti e cittadini indifesi. Purtroppo l'opinione pubblica è dovuta divenire familiare con molti soprannomi, come Cicciotto 'e mezzanotte e Sandokan.
È in questo quadro che si situano i fatti dell'inchiesta. Essa ha appurato che l'ingresso della ECO4 nel consorzio CE4, nel 2000, avvenne attraverso una procedura competitiva, per la scelta del partner privato, illecita e in danno della concorrente Ecocampania, facente capo ai fratelli Ferraro.
Successivamente, si è avuta la progressiva imposizione delle esigenze dei clan casalesi all'attenzione della gestione commissariale dei rifiuti in Campania attraverso l'opposizione e l'interdizione rispetto ai progetti di creazione di un ordinato ciclo industriale dei rifiuti da costoro promossi. In particolare, a tale riguardo, il Cosentino si sarebbe opposto a un impianto di termovalorizzazione in località Santa Maria la Fossa e invece avrebbe caldeggiato l'apertura di una discarica in località Lo Uttaro.
Da ultimo, il gruppo che fa capo al deputato Cosentino si sarebbe affermato al punto di contestare l'esclusiva aggiudicata alla Fisiaimpianti attraverso l'ottenimento di provvedimenti amministrativi in favore delle strutture imprenditoriali riconducibili alle famiglie casalesi (principalmente la Impregeco).
In questo quadro viene attribuita al Cosentino la costante e determinata politica di assunzioni e raccomandazioni nell'ambito della sua funzione di referente politico della zona, in attuazione della quale avrebbe indicato presidenti, direttori generali e impiegati delle varie società operanti nel settore dei rifiuti e riconducibili alle famiglie casalesi. Tra costoro, ruolo di spicco avrebbe avuto Giuseppe Valente, molte volte intercettato e condannato per fatti di mafia con sentenza del GIP di Napoli (a seguito di giudizio abbreviato) a otto anni (poi ridotti a 5 anni e 4 mesi a motivo del rito prescelto).
E allora: nell'inchiesta si imputa al deputato Cosentino di conoscere Giuseppe Valente e di averlo voluto a capo delle strutture imprenditoriali che dovevano occuparsi dei rifiuti in modo illecito. Ed egli, nella seduta della Giunta del 18 novembre 2009, lo ha confermato; nell'inchiesta gli si imputa di conoscere Bernardo Cirillo. Ed egli lo ha confermato; nell'inchiesta gli si imputa di essere espressione di una realtà in cui l'illiceità amministrativa è la regola quotidiana della gestione: ed egli ha sostenuto che tutti i consorzi di gestione dei rifiuti facevano come faceva il consorzio CE4. Non ha quindi smentito l'ipotesi accusatoria; nell'inchiesta gli si imputa di aver concorso a violare tutte le regole del libero mercato e della concorrenza. Egli ha risposto che una legge regionale del 1993 non prevedeva gare d'appalto. Ma tale asserzione si è rivelata priva di fondamento. Non ha quindi smentito l'ipotesi accusatoria; nell'inchiesta gli si imputa di aver fruito nel tempo dell'appoggio elettorale degli affiliati alle varie famiglie camorristiche. Egli ha risposto che l'appoggio elettorale di Forza Italia non gli ha fruttato voti maggiori di quelli che aveva per suo personale prestigio a Casal di Principe. Dal 2001 infatti egli viene eletto in una circoscrizione elettorale che ricomprende Casal di Principe. Egli non smentisce quindi l'ipotesi accusatoria.
L'istruttoria condotta, a parere di chi scrive, porta a ritenere che il caso che ci occupa concerne un micidiale intreccio tra politica e affari in cui è coinvolta la Pag. 99camorra ed in cui non solo correvano denari, raccomandazioni, pesanti imposizioni, posti di potere, dominio ferreo sull'economia dei rifiuti, tradimenti tra clan rivali, lotta spietata per il controllo del territorio e degli interessi di rilievo economici, funzionali al potere anche elettorale, ma scorreva anche sangue, quello relativo ad almeno due omicidi: quello di Umberto Bidognetti, padre del pentito Domenico, e quello di Michele Orsi, ucciso il 1o giugno 2008.
Tutto il contesto, quindi, era di tale enorme gravità e pesantezza da comportare anche l'eliminazione fisica di avversari, pentiti e oppositori.
Interpellato presso la Giunta se conoscesse la vedova di Michele Orsi, Miranda Diana, il sottosegretario Cosentino ha risposto di no. Risposta davvero poco credibile per una persona che si vanta di conoscere Casal di Principe palmo a palmo.
Interpellato presso la Giunta se si spiegasse in qualche modo l'uccisione di Michele Orsi, ha risposto che forse questi non pagava il «pizzo». Risposta davvero curiosa, se riferita a una persona che utilizzava - essa - metodi corruttivi e illeciti nella conduzione delle sue imprese, che aveva escluso in modo illecito dal mercato dei rifiuti la Ecocampania e che forse ha subito estorsioni solo fuori dell'area di riferimento (Sessa Aurunca e Mondragone) a opera di altri clan e nell'ambito dei tumultuosi rapporti tra cosche della provincia di Caserta.
La difesa del Cosentino (in sostanza, così fan tutti, e cioè: è normale che uomini politici mantengano il controllo delle società e delle strutture di potere, lo faceva anche Bassolino!) lascia margini inquietanti per domandarsi chi governasse le strutture di controllo del contesto e a chi fosse da attribuire la responsabilità o il permesso per quanto accadeva, omicidi e faide compresi.
Tutti questi dati di contesto - non smentiti - fanno dunque da cornice per due assassinii. Posto che la camorra non uccide invano e non elimina i mitomani, vuol dire che Domenico Bidognetti e Michele Orsi dicevano il vero: c'hanno rimesso il padre l'uno, e la vita stessa l'altro. Perché?
D'altra parte, numerosi pentiti rendono dichiarazioni accusatorie confortate da riscontri. Ad esempio, al principale pentito, Gaetano Vassallo, diventare collaboratore di giustizia è costato la perdita di un enorme patrimonio (48 appartamenti, garages o box, immobili vari ed una consistente somma di danaro): perché avrebbe detto il falso, danneggiando se stesso?
In definitiva, l'onorevole Cosentino non ha detto alcunché di sufficiente ad allontanare da sé i sospetti di essere legato a doppio filo ad un ambito criminale.
Le considerazioni finora svolte non costituiscono un'affermazione di condanna ma servono semplicemente - in coerenza con le affermazioni di principio rese in premessa - per colorare ad abundantiam un quadro consistente di gravi indizi di colpevolezza che corroborano gli elementi per l'emissione obbligatoria della misura cautelare, senza che emergano affatto aspetti che facciano ritenere la misura cautelare non necessaria. È anche poco persuasiva la citazione dei precedenti di concessione dell'autorizzazione solo per reati di sangue, giacché - come si è detto - anche qui il contesto è assai pesante.
Peraltro, manca del tutto il fumus persecutionis. L'inchiesta non è connotata da parzialità politica, avendo la magistratura napoletana generalmente esercitato l'azione penale senza guardare alle appartenenze politiche: infatti, era sotto indagine il consigliere comunale del PD Nugnes, suicidatosi per fatti connessi alle proteste contro le discariche; ed il leader del PD, Antonio Bassolino, è stato addirittura rinviato a giudizio due volte. Né la distanza temporale tra la richiesta di custodia cautelare e l'ordinanza è sintomatica di una qualche volontà persecutoria apparendo, invece, frutto dello scrupolo nell'esame della voluminosa documentazione e del tempo occorrente per la stesura dell'argomentata ordinanza.
Sia consentito, poiché ne abbiamo stima, svolgere qualche considerazione critica nei confronti dell'intervento svolto Pag. 100dall'onorevole Maurizio Turco per motivare la sua astensione e la sua relazione di minoranza. Se chi scrive non ha male inteso il suo intervento presso la Giunta, egli desume proprio dal dato di contesto di illegalità generalizzata la conclusione che non debba essere eseguita la misura cautelare nei confronti dell'onorevole Cosentino.
Se ciò vuol dire che, se non si indaga su tutti, nessuno può essere perseguito, riteniamo che si tratterebbe di un ragionamento errato. Infatti, bisogna pur incominciare da coloro nei cui confronti vengono raggiunti gli elementi per procedere.
Se, invece, si vuole fare una denuncia nei confronti della classe politica nel suo complesso con rapporto agli intrecci con gli affari e la criminalità organizzata, chi scrive ed il suo partito non hanno alcunché da coprire e non si tirano indietro nella denuncia di chiunque violi la legalità, a qualsivoglia partito ed a qualunque schieramento politico appartenga: ma senza concedere impunità ad alcuno.
In conclusione, ritengo che la domanda di autorizzazione all'arresto qui in esame non sia affatto persecutoria, perché basata su elementi di fatto incontestati e gravi.
Invito quindi l'Assemblea a votare contro la proposta della Giunta.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO MAURIZIO TURCO SUL DOC. IV, N. 5-A.

MAURIZIO TURCO. Onorevoli colleghi, in un Parlamento normale e in un Paese normale, cioè democratici, questa relazione non sarebbe necessaria. Noi non ci troveremmo dinanzi alla paradossale situazione di dover discutere dell'arresto di un membro del Governo, colpito da gravissime accuse, che tuttavia non è oggetto di critiche per come fa il sottosegretario ma perché intende candidarsi alla guida di una regione che ha più di 5 milioni di abitanti.
Chi scrive - inoltre - potrebbe serenamente aderire a una delle relazioni che già sono state preannunziate ed evitarsi lo scrupolo e il fastidio di redigerne un'altra.
Purtroppo la situazione non lo consente e mi vedo costretto a lasciare agli atti dell'Assemblea un mio scritto per mettere in luce l'assurdo di questa vicenda. Do per noti i contenuti della domanda di autorizzazione e le considerazioni della relazione di maggioranza.
I rifiuti: un settore di interesse della camorra. Che quello del ciclo dei rifiuti sia un settore merceologico d'interesse per la criminalità non è un segreto per nessuno. È dalla XII legislatura che le Camere costituiscono puntualmente apposite inchieste parlamentari e rintracciano interessi, descrivono condotte e profitti malavitosi nel sistema dei rifiuti (nelle legislature XIV e XV i presidenti della commissione d'inchiesta sono stati proprio parlamentari della Campania, Paolo Russo e Roberto Barbieri). Si sono scritti fiumi d'inchiostro e sono innumerevoli le inchieste giudiziarie, i servizi giornalistici e - con la magistrale penna di Roberto Saviano - capitoli di «romanzi».
È altresì noto che l'intreccio tra camorra e rifiuti è strategico per la prima: pochi servizi pubblici incidono sul quotidiano delle famiglie e del territorio come la nettezza urbana. Se la mafia s'infiltra nel traffico della droga, la grande maggioranza di cittadini che non si drogano non se ne accorge; se si infila nel riciclaggio del danaro, proprio perché il danaro non puzza, i frequentatori dei supermercati non necessariamente se ne accorgono. Ma se la camorra brucia o ruba i camion della raccolta e impedisce la nettezza di strade e quartieri; se i cassonetti non possono essere svuotati perché le scelte amministrative sull'ubicazione di discariche e inceneritori sono di fatto ostacolate, l'impatto sulla popolazione è immediato.
Nel settore dei rifiuti, quindi, si combinano molti aspetti dell'ingordigia camorristica: la voglia di acquisire e di gestire finanziamenti per gli impianti; la necessità di controllare il territorio; la possibilità di interloquire con il potere pubblico e di condizionare le scelte della politica sia con il voto di scambio sia con l'aggressione a chi non vuole scendere a patti. Pag. 101
Una politica malata. In questo senso non è discutibile che il deputato Cosentino sia immerso nella realtà territoriale della Campania e che se ne nutra. Non è discutibile perché egli stesso lo rivendica. Che egli sia il referente politico di quell'humus è dunque assodato. Egli non ha smentito le accuse dei magistrati circa la sua influenza sulla vita della ECO4: ha solo detto che il consorzio di Caserta non era gestito diversamente da altri, condotti sotto l'egida del centro-sinistra. Non ha detto di essere contrario ai metodi e ai sistemi in vigore: ha sottolineato che tutte le forze politiche della Campania sono coinvolte.
Per noi non è certo un'attenuante, ma è vero esattamente il contrario: trattasi di aggravante per Cosentino e per il centro-destra ma anche per il centro-sinistra.
Cosentino è certamente insensibile alle ragioni della buona amministrazione e a quelle di un mercato concorrenziale ed efficiente, ma non avrebbe potuto fare tutta la strada che ha fatto senza l'incredibile inerzia della gestione commissariale (vale a dire di Antonio Bassolino) e l'interessato strabismo di consistenti pezzi dei partiti di centro-sinistra.
Nella situazione di cui s'interessa l'inchiesta all'attenzione della Camera, si staglia non solo la figura di Nicola Cosentino ma anche quella del consigliere regionale Angelo Brancaccio, eletto nel 2005 con i Democratici di sinistra. Costui viene arrestato nella primavera del 2007 per gravissime accuse di connivenza con la camorra e in particolare proprio con quei fratelli Michele e Sergio Orsi, che l'inchiesta vuole soci di fatto di Cosentino. Costoro addirittura si tesserano per qualche tempo con i DS, senza che in quel partito nessuno si scandalizzi, si ribelli al fatto che due presunti camorristi casalesi sono stati ammessi al laticlavio della politica militante. Appena arrestato Angelo Brancaccio viene espulso dai DS, passa al gruppo regionale dei Popolari-UDEUR e diviene il Segretario provinciale di Caserta di quel partito. In regione è attualmente membro della «Commissione speciale di trasparenza», un organo consiliare di controllo sulle attività della regione e degli enti collegati e sull'utilizzo di tutti i fondi.
Dopo le elezioni regionali del 2005, Bassolino aveva un potere quasi incontrastato: era già commissario straordinario, poteva ripulire la Campania nel volgere di poche settimane. Cosentino a Casal di Principe e Landolfi a Mondragone erano suoi nemici e a Casal di Principe e Mondragone si facevano blocchi stradali e si incendiavano i rifiuti, ma Bassolino aveva la forza ed i poteri dalla sua: che bisogno c'era di servirsi dei metodi e degli ammiccamenti alla malavita di uno come Brancaccio? Non sarebbe stato meglio andare dalla magistratura e chiedere un'inchiesta vera, senza sconti per nessuno? E dal punto di vista amministrativo, non era meglio scegliersi persone di fiducia e non l'ambiguo Facchi da Milano? E sul caso della discarica di Pianura e dell'assessore Nugnes - suicidatosi poco più di anno fa - che cosa si deve concludere? Che il voto di scambio di cui si è avvalso Cosentino giovasse anche a qualcuno nel centro-sinistra? Perché un galantuomo come Lorenzo Diana da San Cipriano d'Aversa (spesso minacciato e oggetto di tutela di pubblica sicurezza) invece non è stato ricandidato? Perché la politica campana si rigira sempre nei miasmi che la rendono irrespirabile da decenni con i suoi De Mita, Di Donato, Mastella - la cui consorte è stata onorata proprio da Bassolino della presidenza del consiglio regionale? Come mai le nuove leve sono forse peggiori delle vecchie?
E tuttavia la politica campana ha i suoi epigoni e cantori nel Parlamento nazionale: ho letto incredulo gli interventi dei senatori del Popolo della libertà nell'aula dell'altro ramo del Parlamento del 25 novembre 2009, in ordine alle mozioni su Cosentino: non una parola sui rifiuti; non un cenno all'inchiesta, alla situazione di grave dissesto civico e istituzionale di quella zona, tra il confine con il Lazio e la periferia settentrionale di Napoli; non un mea culpa sui morti, che non sono solo Pag. 102morti ammazzati con armi da fuoco ma anche da neoplasie cagionate dall'irrimediabile insalubrità dell'ambiente.
Il caso Cosentino, emblematico del corto circuito del sistema partitocratico e correntizio. A fronte della politica malata, della politica localmente contigua alla criminalità, la politica nazionale cosa fa? Nulla.
Io voglio che questo rimanga agli atti di questa legislatura: una denunzia di quanto il sistema abbia già fatto corto circuito ed il caso del sottosegretario Cosentino sta qui a dimostrarlo.
Le mafie, le camorre, le associazioni criminali che dominano il Sud e non solo, nel corso degli anni, dei decenni, hanno mutato il loro essere, si sono evolute, sociologicamente intendo dire e hanno assunto forme diverse e maggiore dinamismo. In un altro paese questo mutamento della fisionomia, essendo già esso stesso storia, sarebbe stato da tempo oggetto di analisi e di iniziative adeguate da parte del legislatore; un legislatore che da tempo, per contrastare efficacemente il fenomeno mafioso, avrebbe dovuto adeguare le fattispecie penali tipiche - nel rigoroso rispetto dei principi costituzionali di legalità e di tassatività delle fattispecie penali - alla mutata realtà.
E invece no, niente da fare, così legittimando interventi 'creativi' della giurisprudenza e della magistratura che, senza alcuna investitura popolare, si è sentita necessitata a far argine alla nuova dinamica fisionomia delle mafie attraverso l'individuazione della strada del «concorso esterno in associazione mafiosa», attraverso, cioè l'utilizzazione del 'moltiplicatore' di reati, il 110 del codice penale, anche per una fattispecie già di per sé, necessariamente plurisoggettiva.
Strada bizzarra, all'origine di un animato dibattito dottrinario circa l'ammissibilità del concorso eventuale in fattispecie plurisoggettive o reati a concorso necessario.
Per il vero la stessa Corte di cassazione, investita più volte del problema, si è pronunciata, nel tempo, in modo difforme, ora escludendo ora ammettendo la configurabilità del concorso eventuale nel reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, fino ad arrivare ai decisivi, ma irresponsabili, pronunciamenti delle Sezioni Unite. Pronunciamenti irresponsabili, non perché non vi sia il bisogno di contrastare le mafie anche o soprattutto su questo terreno, che è proprio quello che sosteniamo, ma perché il prodotto dell'inerzia del legislatore, è stato quello di conferire, volenti o nolenti, il potere legislativo, il potere di individuare una nuova fattispecie a dei magistrati che per quanto di elevatissimo spessore, sono pur sempre sforniti del mandato politico dei cittadini e ad essi non rispondono.
E l'individuazione di questa nuova figura di reato, essendosi verificata attraverso gli strumenti del tecnicismo giurisprudenziale, gli unici di cui può legittimamente disporre la magistratura, ha finito per conferire al concorso esterno confini labili ed incerti; il che significa rimandare la determinazione del fatto punibile alla mera discrezionalità dei giudici.
Il corto circuito, dicevo: da un lato la partitocrazia sul punto immobile perché essa stessa corrotta e corruttrice, che priva i cittadini degli strumenti di conoscenza necessari per poter esprimere una condanna politica dell'inerzia legislativa finalizzata a contrastare le mafie nelle sue nuove forme; dall'altro una magistratura che sul punto fattasi legislatore si tiene ben stretto il fortino conquistato del 'concorso esterno in associazione mafiosa', lasciando le dispute teoriche, sul non senso logico giuridico del concorso esterno nei reati associativi e sulla non conformità a Costituzione di un diritto penale siffatto, ai libri universitari.
In un altro paese un legislatore inerte per almeno quindici anni sul punto del contrasto alle mafie sarebbe, per ciò solo, stato mandato a casa; in un altro paese un tema del genere avrebbe monopolizzato le campagne elettorali, la magistratura sarebbe stata al proprio posto ed il legislatore sarebbe stato costretto, dal corpo elettorale non dalle richieste di arresto, ad intervenire. Pag. 103
Noi non ci stiamo più a questo gioco al massacro condotto da bande, sempre e solo basato, come in una giungla, sulla legge del più forte. Noi vogliamo reati disegnati da un legislatore politicamente responsabile, vogliamo che i cittadini informati come la legge prevede, siano messi in grado di mandare a casa democraticamente un legislatore colluso, corrotto e corruttore, vogliamo una magistratura professionalmente responsabile, credibile ed indipendente che si muove nell'ambito dei confini per essa disegnata dai costituenti; siamo stufi di inchieste ad orologeria e siamo stufi che questa magistratura, quella romana in particolare, non faccia nulla per riportare alla legalità lo scempio, civile prima ancora che penale, della lottizzazione della concessionaria del servizio pubblico dell'informazione radiotelevisiva che, in mano ai partiti corrotti e corruttori, almeno quanto la ECO4 è in mano a Cosentino, tutto questo impedisce.
I dettagli sull'inchiesta. Di Cosentino si parla da molti anni nel contesto delle inchieste campane. La procura (e di conseguenza il GIP) non dice però perché per almeno 10 anni non si è voluto andare a fondo sulle ipotesi che riguardano il deputato Cosentino. Le prime deposizioni dei pentiti sono di Carmine Schiavone, a metà anni Novanta, mentre Domenico Bidognetti, Emilio Di Caterina e Michele Orsi parlano già da due o più anni del deputato Cosentino.
È dunque la credibilità dell'inchiesta, in ordine al coinvolgimento del deputato Cosentino, che viene irrimediabilmente messa in discussione dai tempi e dai modi relativi all'iscrizione del deputato nel registro degli indagati e dai tempi della domanda di arresto. Perché solo ora? Troppo lavoro da dieci anni a questa parte per la Procura di Napoli? Occorreva vedere quanto cresceva politicamente il Cosentino, prima di intervenire?
I riscontri sulle dichiarazioni dei pentiti, in ordine al coinvolgimento di Cosentino e nonostante l'amplissimo arco di tempo a disposizione degli inquirenti sono sempre e solo riscontri indiretti e totalmente insoddisfacenti, non arrivano mai a fatti connotati dall'attualità, tutto pare improvvisamente fermarsi all'anno 2004.
Pur con i limiti investigativi di cui all'articolo 68 della Costituzione, potevano ben essere condotte indagini patrimoniali, potevano ben essere intercettati gli interlocutori più vicini al deputato Cosentino, potevano essere effettuati servizi di osservazione e controllo. Nulla è stato fatto e la Procura che non ha voluto neanche sentire Cosentino presunto innocente e tacciato di essere un potenziale criminale che pure si era reso disponibile, ci chiede oggi di fidarci dei pentiti, sicuri criminali, e di riscontri indiretti.
Riscontri che però, oltre ad essere flebili ed indiretti, non arrivano - come detto e come scrive lo stesso GIP nell'ordinanza - al di là dell'anno 2004. La Procura di Napoli sul sottosegretario Cosentino negli ultimi cinque anni nulla ha trovato, tanto che, con la consapevolezza della debolezza degli elementi posti a base della richiesta di arresto, il Procuratore della Repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore, appreso della decisione della Giunta delle autorizzazioni di questa Camera, ha dichiarato all'ANSA il 25 Novembre «la richiesta d'arresto respinta non è un blocco alle indagini. Se troveremo elementi bene, se non ne troveremo allora ci fermeremo. Intanto le indagini continuano». Ma allora, posto che lo stesso Procuratore afferma che se non verranno trovati elementi l'indagine si fermerà, su che cosa è realmente basata la richiesta di arresto? Si chiede di arrestare un sottosegretario con la consapevolezza che l'indagine, se non viene fuori nulla di nuovo, è destinata all'archiviazione?
Succedono cose strane alla Procura di Napoli. Procura nella quale accade che il Procuratore Generale della Corte d'Appello, Vincenzo Galgano, istituzionalmente deputato al controllo delle iniziative e delle inerzie degli uffici dei PM, afferma, dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno in un'intervista del 15 ottobre 2009 che vi sono a Napoli PM fanatici che danneggiano le persone e provocano sofferenze, che su Cosentino non gli risulta sussistano elementi e che a quanto gli consta è una Pag. 104persona per bene; che la qualità professionale in Procura è scadente e che la dotazione organica non è di «cento cavallucci», ma di «dieci stalloni e 90 asini».
In Procura a Napoli succede però che 72 PM ed un aggiunto firmino un documento contro Galgano per quell'intervista, e richiedano l'apertura di una pratica a tutela presso il CSM e succede ancora che il Presidente della I Commissione del medesimo consiglio, Fiorella Pilato, guarda caso di Magistratura Democratica, non escluda il trasferimento di Galgano da Napoli per incompatibilità ambientale.
Succede così, che ascoltato in una velocissima pre-istruttoria Vincenzo Galgano, evidentemente memore delle limpide decisioni di questo CSM sui magistrati De Magistris e Forleo, faccia rapida marcia indietro e dica che, no, non si riferiva alla situazione di Napoli, ma alla situazione in generale della giustizia in questo nostro disgraziato paese.
Personalmente posso anche nutrire seri dubbi sulla tesi della persecuzione giudiziaria, motivo per il quale non condivido la proposta della maggioranza della Giunta, ma il contesto appena descritto, il metodo ed il merito, che in quel contesto diventano testo della richiesta di arresto, non giustificano comunque, a mio avviso, la richiesta di arresto di una persona, anche se si chiama Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2624-A ed abb. - em. 1.41 429 423 6 212 423 48 Appr.
2 Nom. em. 1.42 446 440 6 221 440 48 Appr.
3 Nom. em. 1.43 445 439 6 220 439 48 Appr.
4 Nom. articolo 1 460 458 2 230 457 1 48 Appr.
5 Nom. em. 2.41 495 492 3 247 492 46 Appr.
6 Nom. em. 2.100 494 490 4 246 490 45 Appr.
7 Nom. articolo 2 502 498 4 250 498 43 Appr.
8 Nom. articolo 3 510 505 5 253 505 38 Appr.
9 Nom. Ddl 2624-A ed abb. - voto finale 546 544 2 273 543 1 26 Appr.
10 Segr Doc. IV, n. 5-A 586 586 294 360 226 13 Appr.
11 Nom. Ddl 2990-A - em. 1.200, 1.101 493 493 247 493 14 Appr.
12 Nom. em. 1.100 498 498 250 498 14 Appr.
13 Nom. em. 1.201, 1.102 500 500 251 500 14 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 17)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Ddl 2990-A - voto finale 504 495 9 248 494 1 14 Appr.
15 Nom. Moz. Di Pietro e a 1-282 566 525 41 263 222 303 19 Resp.
16 Nom. Moz. Franceschini e a 1-283 568 558 10 280 254 304 19 Resp.
17 Nom. Moz. Casini e a 1-287 568 559 9 280 255 304 19 Resp.