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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 255 di mercoledì 9 dicembre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 14,10.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 1o dicembre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Gianni Farina, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lucà, Mantovano, Maroni, Martini, Menia, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che la discussione generale congiunta dei disegni di legge finanziaria e di bilancio (Approvati dal Senato) (A.C. 2936 e 2937), il cui inizio è previsto per oggi alle ore 16 circa, proseguirà domani pomeriggio, al termine delle votazioni degli argomenti già previsti all'ordine del giorno.
Venerdì 11 dicembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) avrà luogo il seguito dell'esame (con votazioni) dei disegni di legge di bilancio e finanziaria, che proseguirà nelle giornate successive, secondo quanto già previsto dal calendario, e il seguito dell'esame degli argomenti già indicati nel medesimo.
Il termine per la presentazione in Aula degli emendamenti ai disegni di legge di bilancio e finanziaria è fissato alle ore 18 di oggi.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 3 dicembre 2009, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa):
S. 1850. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia» (Approvato dal Pag. 2Senato) (3016) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifiche nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza del medesimo gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ha reso noto, con lettera in data 3 dicembre 2009, che l'assemblea dei deputati del gruppo medesimo ha provveduto, in data 25 novembre 2009, all'elezione dell'ufficio di presidenza, che risulta così composto: vicepresidente vicario: Michele Ventura; vicepresidenti: Alessandro Maran e Rosa Maria Villecco Calipari; tesoriere: Ettore Rosato; segretari: Sesa Amici, Francesco Boccia, Roberto Giachetti, Donata Lenzi ed Erminio Angelo Quartiani.
Ai deputati Ventura, Giachetti e Quartiani è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti, in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera. Auguri di buon lavoro (Applausi)!

Discussione della proposta di legge: Reguzzoni ed altri: Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri (A.C. 2624-A) e delle abbinate proposte di legge: Mazzocchi ed altri; Bellotti; Contento; Anna Teresa Formisano e Nunzio Francesco Testa; Lulli ed altri; Cota e Simonetti; Cosenza (219-340-426-477-896-1593-2760) (ore 14,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, d'iniziativa dei deputati Reguzzoni ed altri: Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Mazzocchi ed altri; Bellotti; Contento; Anna Teresa Formisano e Nunzio Francesco Testa; Lulli ed altri; Cota e Simonetti; Cosenza.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della X Commissione (Attività produttive), onorevole Gibelli, in sostituzione del relatore, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANDREA GIBELLI, Presidente della X Commissione. Signor Presidente, il provvedimento in esame è volto ad assicurare la tracciabilità dei prodotti del settore tessile, della pelletteria e calzaturiero, in modo da tutelare i consumatori sotto il profilo dell'informazione sul processo di lavorazione e sulla sicurezza dei prodotti medesimi e da rendere possibile al consumatore distinguere il prodotto che sia Pag. 3realizzato in Italia. A tal fine l'articolo 1 introduce un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi nei suddetti settori che evidenzi il luogo di origine di ciascuna delle fasi di lavorazione.
Il sistema di etichettatura fornisce inoltre l'indicazione chiara e sintetica di specifiche informazioni riguardanti: la conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro; la certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti; l'esclusione dell'impiego di minori nella produzione; il rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.
Inoltre, la norma consente l'uso della denominazione «made in Italy» esclusivamente per i prodotti finiti dei suindicati settori le cui fasi di lavorazione, come individuate dallo stesso provvedimento (articolo 1, commi 5-7), abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano (e, in particolare, se almeno due delle fasi di lavorazione sono state eseguite nel territorio italiano e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità). Per i prodotti privi dei requisiti necessari per l'impiego della denominazione «made in Italy» è fatto salvo l'obbligo di etichettatura con l'indicazione dello Stato di provenienza.
L'articolo, inoltre, precisa che, ai fini del provvedimento in esame, per «prodotto tessile» si intende «ogni tessuto o filato, naturale, sintetico o artificiale, che costituisca parte del prodotto finito o intermedio destinato all'abbigliamento, oppure all'utilizzazione quale accessorio da abbigliamento, oppure all'impiego quale materiale componente di prodotti destinati all'arredo della casa e all'arredamento, intesi nelle loro più vaste accezioni, oppure come prodotto calzaturiero».
Ai sensi dell'articolo 2, la definizione delle caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego della denominazione «made in Italy», nonché delle modalità per l'esecuzione dei relativi controlli (anche attraverso il sistema delle camere di commercio), è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge.
Entro il medesimo termine il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali dovrà provvedere all'adozione di un regolamento - aggiornato con cadenza biennale in base ad indicazioni dell'Istituto superiore di sanità - diretto a garantire elevati livelli di qualità dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri commercializzati, anche al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, attraverso il rafforzamento del sistema di controllo sulla qualità e l'individuazione dei soggetti preposti all'esecuzione dei medesimi.
La proposta di legge all'articolo 3 prevede apposite misure sanzionatorie. L'apparato sanzionatorio a tutela delle disposizioni del provvedimento consiste, in primo luogo, in sanzioni di natura amministrativa. Sostanzialmente il provvedimento individua due tipi di illecito amministrativo: la mancata o scorretta etichettatura dei prodotti, ivi compresa la mancata o incompleta indicazione nell'etichetta della conformità delle lavorazioni alle norme in materia di lavoro, igiene e sicurezza dei prodotti e tutela ambientale e l'abuso della denominazione «made in Italy».
Salvo che il fatto costituisca reato, gli illeciti suindicati sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Nei casi più gravi la sanzione è aumentata fino a due terzi, nei casi meno gravi invece è diminuita nella medesima misura. La merce è sempre oggetto di sequestro e confisca, secondo quanto previsto dal comma 1.
Se le violazioni suindicate sono reiterate, allora sono sanzionate penalmente, con la reclusione da 1 a 3 anni; analogamente, qualora commesse tramite apposita organizzazione, sono soggette alla reclusione da 3 a 7 anni, secondo quanto previsto nel comma 4.
Ove le violazioni siano commesse da imprese, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 70.000 euro, aumentata o diminuita analogamente al comma 1, ferma restando l'applicazione Pag. 4del sequestro e della confisca delle merci; la reiterazione della violazione comporta la misura interdittiva della sospensione dell'attività d'impresa per un periodo minimo di un mese e massimo di un anno, secondo quanto disposto dal comma 2.
Infine, il pubblico ufficiale (o l'incaricato di pubblico servizio) che omette i controlli sulle merci imposti dalla nuova disciplina commette un illecito penale punito con la reclusione da sei mesi a due anni congiunta con la multa fino a 30.000 euro, secondo quanto disposto dal comma 3.
Questa breve descrizione, in realtà, rappresenta la sintesi di un dibattito che in Commissione si è sviluppato traendo origine da un'indagine conoscitiva che la Commissione medesima ha svolto sulla crisi del sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento al settore manifatturiero, rispetto al quale in realtà tutti i gruppi hanno presentato una serie di proposte di legge su un tema particolarmente sentito.
Nonostante la complessità dell'argomento che ha richiamato anche in altri momenti l'attenzione dell'Assemblea su provvedimenti di natura governativa, la Commissione ha ritenuto opportuno formulare una propria proposta; vorrei sottolineare in questa sede che, al di là delle differenze che hanno contraddistinto il lavoro in Commissione, c'è stata una sostanziale convergenza sulla necessità di affrontare un tema che non può più essere rimandato. Il tema oggi è particolarmente seguito, anche da importanti rappresentanze di lavoratori e di imprese, e in rapporto ad un argomento non trascurabile che è centrale in questo provvedimento, il tema della concorrenza.
Rispetto a queste premesse che, lo sottolineo, hanno seguito un iter particolarmente veloce in Commissione, ritengo di concludere la mia introduzione rimettendo altre valutazioni alla fase di esame nel prosieguo della discussione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Ventucci. Ne ha facoltà.

COSIMO VENTUCCI. Signor Presidente, non si vuole banalizzare il pensiero di un grande economista liberale, ma leggendo le risultanze del lavoro in Commissione sul testo che oggi iniziamo a discutere è facile rilevare quanto sostiene von Hayek, vale a dire che il problema economico vero della società è una questione di utilizzazione di una conoscenza che nessuno possiede nella sua interezza e che non troviamo in una forma concentrata, ma in frammenti dispersi e a volte contraddittori. Ricordiamo tale concetto perché, essendo favorevoli alla tutela del made in Italy, siamo preoccupati per le affermazioni del Viceministro Urso quando avverte che con ogni probabilità il testo della presente proposta di legge provocherà contrasti in sede comunitaria. Non è certo questo un timore che può fermare la condivisibile iniziativa parlamentare nel suo principio di valorizzare la produzione e la commercializzazione dei prodotti tipici della economia italiana, mettendo i consumatori in condizione di disporre di maggiori informazioni sulla loro qualità e sicurezza.
Tale iniziativa, mossa dall'obiettivo di offrire sostegno ad un comparto duramente colpito dalla crisi economica, mira poi a rafforzare i controlli sulle importazioni in Italia dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri. È una tutela della produzione italiana, soprattutto delle piccole e medie imprese derivanti dai distretti industriali che fanno parte dell'inventiva italiana e che hanno consentito alla nostra economia di competere con successo sui mercati internazionali, oltre che a creare condizioni di sviluppo notevoli nonostante la carenza del sistema Paese. È una produzione caratterizzata da un elevato numero di piccole e medie imprese, in gran parte piccolissime, che a loro volta si intrecciano con specializzazioni qualificanti del successo mercantile del made in Pag. 5Italy, supportata dalla diffusione dell'innovazione tecnologica e dall'uso di nuove macchine utensili su tutto il territorio interessato a certe filiere di produzione, contribuendo poi ad una notevole crescita del sociale e dello spirito imprenditoriale del nostro Paese, dove intere schiere di operai e artigiani nel corso di pochi anni si sono trasformati in piccoli imprenditori producendo accumulazione di capitale e di ricchezza.
Un esempio è il settore tessile moda, il quale conta oltre cinquantamila imprese che occupano circa cinquecentomila addetti e generano un fatturato di oltre 45 miliardi di euro. Tuttavia sul piano generale non sfugge che il testo si basa sull'adozione di una serie di misure a carattere protezionistico, prima fra tutte quella del rafforzamento dei controlli sull'importazione in Italia, come si evince dalla relazione alla proposta di legge che recita: è risaputo che nei porti italiani arrivano centinaia di contenitori, sdoganati in modi sospetti, nei quali si trovano prodotti realizzati in Cina, magari utilizzando prodotti e coloranti dannosi e recanti già l'etichetta made in Italy. Tale affermazione va posta in correlazione con il comma 3 dell'articolo 3 che, pendendo come una spada di Damocle sulla testa degli addetti ai controlli sulle merci introdotte nel territorio italiano, di fatto li obbliga ad eseguirli in maniera più stringente, pena l'applicazione della sanzione - come ci ha ricordato il relatore - della reclusione da sei mesi a due anni e della multa fino a 30 mila euro.
Con tale impostazione è bene ricordare che l'adozione di politiche protezionistiche di chiusura del mercato nazionale si rivela pericolosa, in quanto è storicamente dimostrato che tali politiche producono effetti positivi solo a breve termine, determinando fenomeni collaterali assai più nocivi per l'economia sul medio-lungo termine. Lo dimostra quanto accadde nella crisi economica del 1929, quando numerosi Governi fecero ricorso a misure protezionistiche per tentare di proteggere le rispettive economie dagli effetti della «grande depressione» con il risultato di un notevole ostacolo ai flussi commerciali, che tra il 1929 e il 1933 scesero del 66 per cento.
Per quanto concerne i controlli sui prodotti dannosi alla salute umana è comprovata, anche dall'Unione europea, la particolare meticolosità delle autorità italiane doganali, sanitarie e di polizia, che ha permesso migliaia di sequestri senza creare una situazione di emergenza come in altri Stati membri, alle prese con presenze eccessive di dimetilfumarato, cromo esavalente, farmaci e medicinali contraffatti, giocattoli con notevole contenuto di piombo nelle vernici ed altro. La legislazione italiana, poi, è fra le più severe e repressive in ambito comunitario riguardo ai prodotti contraffatti e con false o fallaci indicazioni di origine.
Un ulteriore appesantimento della normativa rischia di scoraggiare l'importazione di prodotti finiti e semilavorati in Italia, allontanando così ulteriormente i flussi di traffico nel nostro Paese con effetto regressivo per l'economia italiana e conseguente vantaggio di quegli Stati membri dotati di controlli più permissivi ed effettuati solo in parte alle frontiere, in quanto più spesso eseguiti al momento della commercializzazione dei prodotti importati ad opera delle varie agenzie di enforcement che operano all'interno del Paese.
Ad esempio, in Olanda, con i porti più attrezzati d'Europa, nel solo anno 2008 sono state presentate ben 62 milioni di dichiarazioni doganali a fronte dei circa 13 milioni di dichiarazioni presentate in Italia nello stesso periodo, nonostante le imprese olandesi siano solo 800 contro i 4,5 milioni di imprese italiane con 17,6 milioni di dipendenti. Tali cifre vanno messe in relazione con un dato di fatto: nei porti del Nord Europa i controlli sono effettuati con modalità particolarmente «disinvolte» rispetto al nostro Paese e solo da due anni si registrano controlli più regolari, ma sempre in maniera meno approfondita che non in Italia, come dimostrano le cifre di cui sopra relative alle dichiarazioni doganali che evidenziano come vi sia una tendenza da parte di Pag. 6aziende di altri Stati membri a canalizzare parte dei loro traffici proprio verso quei porti, con perdita di gettito per l'erario in quanto il 25 per cento dei dazi doganali percepiti in occasione di tali operazioni affluisce, infatti, al Paese membro dove le merci sono immesse in libera pratica.
In buona parte dei Paesi nordeuropei, le verifiche vengono concentrate principalmente sui prodotti destinati all'immissione in consumo nel loro territorio, mentre per quelli immessi in libera pratica, e quindi destinati a proseguire verso altri Stati membri, i controlli diventano meno rigorosi. Lo sanno bene alcune nostre imprese che ricorrono a tale espediente per aggirare i controlli notoriamente più rigorosi delle dogane italiane.
All'imprenditore italiano che fabbrica all'estero in tutto o in parte i suoi prodotti e che voglia introdurli in Italia con l'etichetta «made in Italy», basta immetterli in libera pratica attraverso il territorio di altri Stati membri come l'Olanda, per poi farli giungere senza ulteriori controlli in Italia. Quelle merci possono circolare liberamente in ambito comunitario senza essere sottoposte a formalità o restrizioni ulteriori, come precisato dalla Corte di giustizia dell'allora Comunità europea con sentenza del 15 dicembre 1976.
Un segnale positivo in questo senso viene dalla legge n. 166 del 20 settembre ultimo scorso che ammette la possibilità di introdurre nel nostro territorio i prodotti a marchio italiano fabbricati all'estero con un'attestazione da presentare allegata alla dichiarazione doganale nella quale il titolare o il licenziatario del marchio si assumono l'impegno ad integrare informazioni sensibili sui prodotti importati.
Se prendiamo atto che la stragrande maggioranza dei flussi import-export del settore oggetto della proposta di legge giunge in Italia già sdoganata nei porti europei, appare ovvia la necessità di intervenire sul territorio, anziché alle frontiere, eseguendo i controlli per la corretta etichettatura dei prodotti direttamente presso i luoghi di loro commercializzazione, anche perché esistono delle evidenti difficoltà operative connesse alla veridicità ed alla autenticità di quanto dichiarato in dogana nei tempi limitatissimi dello sbarco e dell'imbarco o comunque del controllo doganale nei già congestionati porti, aeroporti ed interporti nazionali. Tali controlli, peraltro, sono soggetti alla normativa dell'Unione che, con il Trattato di Lisbona che abbiamo recentemente approvato in questa Assemblea, ha avocato a sé la gestione delle dogane comunitarie.
Per quanto attiene alle misure sanzionatorie, concordiamo con il parere della Commissione giustizia ed è opportuno sopprimere o rivedere l'articolo 3, che appare inemendabile, delegando il Governo a rivedere la materia sanzionatoria da proporre al Parlamento; a meno che non si voglia un blocco totale dei flussi commerciali fino a smaltimento dei controlli e la sicura censura a livello europeo, vigendo i regolamenti n. 2454/93 e n. 450/2008.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

COSIMO VENTUCCI. Concludo, signor Presidente. Sembra, infatti, che le problematiche del made in Italy siano ritenute pressoché esclusiva responsabilità dei funzionari doganali e degli altri pubblici ufficiali (dalla guardia di finanza fino alla polizia municipale). Questi, infatti, ometterebbero i controlli nel territorio dello Stato tanto che si arriva a prevedere l'applicazione del diritto di omissione di atti d'ufficio e addirittura la previsione della fattispecie associativa. È appena il caso di rammentare che i prodotti di abbigliamento e le calzature, introdotte in Italia da gennaio ad agosto del 2009, rappresentano appena il 9 per cento, contro il 16 per cento del 2008, del totale dell'import in Europa di origine Cina; mentre la stragrande maggioranza dei prodotti rientranti negli stessi settori merceologici, pari al 65 per cento nel 2008, viene introdotta e sdoganata nei porti del nord Europa (Amburgo e Rotterdam) dove si effettuano il minor numero di sequestri.
Infine, riteniamo che il presente provvedimento non solo sia di stimolo alla nostra rappresentanza nell'Unione europea, in quanto qualsiasi soluzione al problema Pag. 7«made in» necessita di essere affrontato a livello comunitario, con un quadro normativo omogeneo in materia di indicazione obbligatoria di origine e provenienza, ma sia anche l'inizio per una riflessione verso la costituzione di un brand Italia unico e facilmente identificabile, dettagliatamente disciplinato a livello normativo e nel quale tutte le produzioni di qualità a marchio nazionale possano riconoscersi.

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, voglio porre alla sua attenzione una questione che non ritengo secondaria rispetto al dibattito che stiamo affrontando oggi in Aula, nel rispetto dei ruoli e delle persone, ci mancherebbe. In Aula abbiamo la presenza del sottosegretario Pizza, che francamente non riesco a capire come possa esprimere un parere di competenza, e non mi si risponda che egli rappresenta il Governo, perché ovviamente rappresenta il Governo. Noi, però, stiamo parlando di una proposta di legge sul made in Italy che è competenza precipua della Commissione attività produttive, dove, nel corso dell'indagine conoscitiva, abbiamo ascoltato diverse categorie interessate a questo argomento, sul quale tutta la Commissione, all'unanimità e a prescindere dai ruoli, ha svolto un ottimo lavoro e questo ne è la prova e il risultato. Quindi, credo, Presidente, che il Governo avrebbe dovuto avere la compiacenza di far venire in Aula quanto meno un sottosegretario competente in materia, anche a dimostrazione che non facciamo il provvedimento sul made in Italy tanto per fare; quello in esame è infatti un provvedimento che vuole aiutare soprattutto il settore delle attività produttive.

PRESIDENTE. Lei non può invitarmi a non risponderle in quel modo, perché io le debbo rispondere in quel modo. Le ricordo, infatti, che il Governo, nella sua piena autonomia, può delegare chicchessia all'interno dell'Esecutivo per rappresentarlo qui in Aula.
È iscritto a parlare l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, il made in Italy è un tema storico molto caro alla Lega Nord, che da sempre si batte per l'impiego di un sistema di etichettatura di origine dei prodotti che tuteli imprese e consumatori dal dilagare dei fenomeni di contraffazione. Inoltre, questo è anche un sistema di difesa delle maestranze: se c'è impresa, c'è lavoro per i nostri concittadini.
La crisi che ha colpito alcuni settori strategici dell'economia italiana, tra cui il manifatturiero ed in particolare l'industria e l'artigianato tessile, ha riacceso il dibattito sull'opportunità di introdurre nel nostro ordinamento norme a tutela dei prodotti italiani di qualità. Si tratta di un dibattito che oggi, diversamente dal passato, ha tutti i presupposti per trasformarsi in una concreta azione di difesa e di valorizzazione dei prodotti made in Italy. Un primo segnale è individuabile nella rapidità con cui la Commissione di merito ha lavorato per portare all'esame dell'Aula un testo sul quale vi è stata un'ampia convergenza di vedute da parte di quasi tutti, se non tutti, gli schieramenti politici. Le mutate posizioni che l'Unione europea ha recentemente espresso sul tema rappresentano poi un altro ulteriore, se non il più importante, segnale di un cambiamento che sarà determinante per l'esame e l'approvazione della presente proposta legge.
Nonostante l'Unione europea nel passato abbia sempre osteggiato l'adozione di misure volte a introdurre nell'ordinamento italiano un marchio di origine dei prodotti, giudicandole lesive della concorrenza ed ostacolo alla libera circolazione dei prodotti e delle merci tra gli Stati membri, proprio in questi giorni, con l'adozione da parte del Parlamento europeo della risoluzione per l'introduzione del marchio di origine, è stato raggiunto un grande risultato, che fa ben sperare sulla possibilità di Pag. 8vedere concretamente realizzata la tutela dei prodotti italiani.
È in queste circostanze, dunque, che deve essere esaminata la presente proposta di legge, nata da una iniziativa dell'onorevole Reguzzoni della Lega Nord, che ha preso come base una mia proposta di legge, la n. 1593 dell'anno scorso, che è fra le abbinate al presente provvedimento, che prevedeva sostanzialmente l'obbligatorietà della certificazione ITF delle camere di commercio, che adesso è su base volontaria.
A Reguzzoni, comunque, va il merito di aver incanalato l'azione di pressione imprenditoriale dei cosiddetti contadini del tessile di Busto Arsizio - per la provincia di Biella, posso ricordare l'imprenditore Luciano Barbera - in un consenso parlamentare attorno ad un testo uscito dalla Commissione. È una proposta di legge che ha creato quindi un contesto normativo in grado di offrire alle imprese che producono veramente in Italia adeguati strumenti per difendersi dalla concorrenza di chi, senza scrupoli, immette sul mercato prodotti di qualità estremamente bassa e dannosi per la salute umana, facendoli poi passare però come made in Italy, anche se prodotti talvolta interamente all'estero.
Il provvedimento difatti introduce, in linea con quanto già avviene in altre realtà di altri Paesi, anche extra Unione europea - ricordo gli USA, il Giappone, l'India e anche la Cina - un sistema di etichettatura obbligatoria per la valorizzazione dei prodotti del comparto tessile, pelletteria e calzaturiero, che consente alle imprese di qualificare la propria produzione attraverso un'indicazione sull'origine e le fasi di lavorazione del prodotto e dà garanzia al consumatore di avere maggiori informazioni sulla qualità e la sicurezza delle merci acquistate e sulla loro provenienza.
Con questo provvedimento l'impiego della denominazione made in Italy viene concessa solo per prodotti finiti, per i quali le fasi di lavorazione abbiano avuto prevalentemente luogo nel territorio italiano. Io personalmente sarei per il «completamente» e non solo per il «prevalentemente». La tutela del made in Italy diventa, quindi, fondamentale per restituire una maggiore competitività alle imprese, costituendo un punto di forza su cui è necessario puntare per riagganciare la ripresa.
Le produzioni italiane sono la storia manifatturiera del nostro Paese e rappresentano un motivo di vanto dell'economia padana e italiana. Questa eccellenza, che ci rappresenta in tutto il mondo, passa nelle mani di oltre 450 mila artigiani e piccoli imprenditori, che producono in Italia, riescono a dare lavoro a 1 milione 800 mila addetti e realizzano un valore aggiunto di 58 miliardi di euro. Sono queste imprese il traino vero della nostra economia ed è quindi necessario che proprio in questo momento di difficoltà, di congiuntura economica, le istituzioni forniscano loro risposte chiare e di maggiore garanzia per la tutela dei loro prodotti. Il settore tessile, abbigliamento e moda, nonostante il negativo andamento di questi ultimi anni, resta pur sempre il secondo settore manifatturiero italiano, dopo il meccanico automobilistico, con più di 35 mila aziende, di cui 22 mila sono esportatrici di produzione, per un totale di 300 mila unità di addetti. Il settore tessile italiano è il più importante d'Europa.
L'Italia è anche il secondo esportatore mondiale, dopo la Cina. Io provengo da Biella, di cui sono anche il presidente della provincia: quello biellese è un distretto per il quale stiamo lottando perché diventi, tra le altre cose, il fulcro della difesa del manifatturiero tessile nazionale, della ricerca universitaria tessile e il luogo, grazie all'associazione tessile e salute, ove il Ministero della salute possa controllare e certificare la composizione dei tessuti in ingresso e in uscita dal Paese, al fine di tutelare i consumatori anche da un punto di vista sanitario. Si parla sempre di made in Italy, che letteralmente significa fatto in Italia.
Lo Stato deve quindi garantire i consumatori e le imprese nazionali affinché chi si fregia di detto brand lo faccia esclusivamente se questo è stato veramente prodotto e realizzato qui sul territorio. Proporrei, come ho già detto, e lo Pag. 9ripeto, che il termine «prevalentemente» venga sostituito con «interamente»; sono un po' un «talebano» in questo settore.
Non vorrei che poi questo «prevalentemente» si mescoli con l'italian concept, il concepito in Italia, lo stile italiano, in modo tale che questa operazione di certificazione della tracciabilità venga vanificata. Purtroppo devo prendere atto che molte di queste «allegorie» a volte vengono espresse anche da parte di politici italiani che hanno alte responsabilità, talvolta di Governo.
Le nostre manifatture tessili devono competere contro prodotti che, importati a bassissimi costi, vengono poi rivenduti ai cittadini italiani a prezzi elevati, arricchendo in questo modo solo i furbi a scapito della nostra economia, già in una situazione così grave, e degli addetti del manifatturiero in cassa integrazione e mobilità permanente.
Senza una regolamentazione le filiere vengono distrutte, si perde il saper fare, tesoro di generazioni, e si mina così la spina dorsale della nostra economia, formata, come ho già ricordato, da tante piccole e medie imprese che, senza seri provvedimenti, tra cui quello in esame, si trovano a fronteggiare la globalizzazione a mani nude, ovviamente, purtroppo, soccombendo.
L'etichetta made in Italy sui prodotti italiani del manifatturiero deve quindi essere obbligatoriamente applicata su ogni singolo articolo in vendita: non si continui più a confondere, come sempre si tenta di fare, il made in Italy, garantito per legge, con l'istanza portata avanti dal Governo italiano in Europa di fare etichettare obbligatoriamente con l'etichetta del Paese di origine alcuni prodotti del manifatturiero provenienti da Paesi extraeuropei.
Taluni, approfittando di questa confusione e della mancanza di leggi a tutela di questo brand, mettono in commercio prodotti realizzati totalmente o parzialmente in Paesi europei o extraeuropei, spacciandoli con marchio italiano come prodotti italiani a tutti gli effetti.
Signor Presidente, concludo ricordando che, per una volta, deve essere l'Italia a dare una dimostrazione di correttezza, di coerenza e di onestà, travalicando gli interessi delle nostre caste del potere economico in difesa dei sacrosanti diritti dei cittadini italiani.
In Commissione l'esame del provvedimento è stato molto rapido, come ha già ricordato il presidente della Commissione stessa, e si è riusciti a trovare un consenso ampio sul testo che oggi è in discussione in Aula. Gli emendamenti presentati ed accolti sono stati tutti di merito e hanno dato un contributo importante alla stesura finale del testo.
Ci si augura, pertanto, che anche in Aula il dibattito possa essere serio e costruttivo, per procedere quanto prima all'approvazione del provvedimento nell'interesse non solo delle imprese, ma soprattutto dei consumatori e delle maestranze.
Questa proposta di legge, se votata, sarà un'altra promessa mantenuta da questa maggioranza, una promessa della Lega Nord e di tutti coloro che, ovviamente, la voteranno. Ricordo che già nel passato Governo Berlusconi la Lega Nord, attraverso l'allora sottosegretario Cota, ottenne la carica di Alto commissariato per la lotta alla contraffazione, quell'Authority che iniziava la strada che oggi stiamo concludendo: ricordo la mia proposta di legge presentata l'anno scorso, la proposta di oggi e il consenso dell'Aula sul testo. È, quindi, un'altra promessa mantenuta in forza alle esigenze reali dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, si tratta di una promessa mantenuta anche dalla minoranza, perché è un provvedimento voluto da tutti e che mi pare sia stato sottoscritto da tutti, al di là di qualche difficoltà che il nostro gruppo ha avuto rispetto ad esigenze particolari, che avremmo voluto proporre e abbiamo proposto, che però riteniamo ancora di poter mettere in campo.
Riteniamo, infatti, che si tratti di proposte serie, come quella sullo stile italiano, Pag. 10che, se non approvata, metterebbe in seria difficoltà alcune grandi aziende italiane che non sono in grado di apporre l'etichettatura per avere la tracciabilità del loro prodotto e che non sarebbero più neanche in grado di poter fare dell'ottima concorrenza a Paesi meno sviluppati, ma che sono in via di grandissimo sviluppo, come la Cina, l'India, il Brasile; non sarebbero, quindi, più in grado di aggredire questi mercati.
Un'altra proposta che avevamo avanzato era quella di estendere l'applicazione anche al settore dei mobili e dell'arredamento per la casa: anche in esso lo stile italiano è prevalente, e poteva essere esteso sicuramente anche a tale settore.
Comunque, per arrivare alle osservazioni, il testo approvato in Commissione è incentrato sulla commercializzazione dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri. In particolare, il provvedimento è volto ad assicurare la tracciabilità dei prodotti di tali settori e l'introduzione del sistema di etichettatura obbligatoria che evidenzi il luogo di origine di ciascuna delle fasi di lavorazione. Inoltre, si consente l'uso della denominazione «made in Italy» esclusivamente per i prodotti dei settori tessili, della pelletteria e dei calzaturifici, le cui fasi di lavorazione, come è specificato nello stesso provvedimento, abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano. Infine, si prevedono sanzioni amministrative, pecuniarie ed il sequestro e la confisca delle merci nel caso di violazione delle disposizioni del provvedimento, che, se reiterata, è soggetta a sanzioni penali.
Il decreto-legge n. 135 del 2009, convertito dalla legge n. 166 del 2009, atto Camera n. 2897, era già intervenuto con l'articolo 16 a tutela del made in Italy. Le modifiche introdotte sono volte a superare i limiti interpretativi ed applicativi, specificando la condotta sanzionatoria e qualificando la violazione come illecito amministrativo, e si rendono necessarie per evitare possibili profili di contrasto delle stesse disposizioni con la normativa comunitaria.
La legge n. 99 del 2009, atto Camera n. 1441-ter, contiene numerose norme che mirano a rafforzare la tutela della proprietà industriale e gli strumenti di lotta alla contraffazione, anche sotto il profilo penale: come già ricordato, con essa sono state rese più stringenti la tutela del made in Italy e le sanzioni in caso di mendace indicazione di provenienza e di origine. L'azione di contrasto alle frodi è stata potenziata anche per i prodotti agroalimentari ed ittici. Alle indagini per i delitti di contraffazione viene estesa la disciplina delle operazioni sotto copertura in attività di tipo investigativo, affidate in esclusiva agli uffici di polizia giudiziaria infiltrati sotto falsa identità negli ambienti mafiosi al fine di reperire prove ed accertare responsabilità. I beni mobili registrati sequestrati sono affidati all'autorità giudiziaria in custodia giudiziaria, agli organi di polizia od altri organi dello Stato o enti pubblici non economici per finalità di giustizia. Presso il Ministero dello sviluppo economico viene istituito il Consiglio nazionale anticontraffazione con funzione di indirizzo, impulso e coordinamento delle azioni intraprese dalle amministrazioni.
Veniamo al contenuto del testo. Il nuovo testo proposto dall'atto Camera n. 2624 è volto ad assicurare la tracciabilità dei prodotti del comparto tessile, della pelletteria e del calzaturiero, in modo da tutelare i consumatori sotto il profilo dell'informazione sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti medesimi, e da rendere possibile ai consumatori distinguere il prodotto che sia realizzato in Italia.
All'articolo 1, esso introduce un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti intermedi nei suddetti comparti, che evidenzi il luogo di origine di ciascuna delle fasi di lavorazione. Il sistema di etichettatura fornisce inoltre un'indicazione chiara e sintetica di specifiche informazioni riguardanti la conformità dei processi di lavorazione, la certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti, l'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, il rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale. Pag. 11Inoltre, la norma consente l'uso della denominazione «made in Italy» esclusivamente per i prodotti dei su indicati settori le cui fasi di lavorazione, come individuate dalla stessa, abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano: in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione siano state eseguite nel territorio italiano e per le rimanenti fasi sia verificabile la tracciabilità.
All'articolo 2, la definizione caratteristica del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego della denominazione «made in Italy», nonché delle modalità di esecuzione dei relativi controlli, sono demandate ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero delle politiche europee, da emettersi entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge. Entro il medesimo termine, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dovrà provvedere all'adozione del regolamento recante disposizioni volte a garantire elevati livelli di qualità dei prodotti e dei tessuti commercializzati, anche al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, con cui si provvede in particolare: al rafforzamento del sistema di controllo, al riconoscimento, attraverso l'introduzione di disposizioni specifiche e peculiari, all'individuazione dei soggetti preposti all'esecuzione dei medesimi. La norma, inoltre, prevede che all'attuazione dei controlli di cui al presente articolo le amministrazioni interessate provvedano nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.
La proposta di legge in esame all'articolo 3 prevede apposite misure sanzionatorie. La disposizione è stata completamente riscritta alla luce del parere formulato dalla Commissione giustizia che, dopo aver evidenziato che nell'ordinamento sono già previste delle disposizioni sanzionatorie che hanno per oggetto condotte riconducibili al made in Italy, ha chiesto addirittura la soppressione del medesimo articolo. Pur tuttavia, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 3.30 del relatore, l'articolo 3 della proposta di legge n. 2624-A attualmente prevede, al comma 1, che chiunque violi disposizioni di cui all'articolo 1, commi 3 e 4, relative all'obbligo di etichettatura è punito con una pena amministrativa pecuniaria da 10 mila a 50 mila euro. Nei casi di maggiore gravità la sanzione è aumentata fino a due terzi. Nei casi di minore gravità la sanzione è diminuita fino a due terzi. Il medesimo articolo al comma 2 prevede che, qualora le predette disposizioni siano violate non da un soggetto singolo ma da un'impresa, essa è punita con la sanzione amministrativa da 30 mila a 70 mila euro. Nei casi di maggiore gravità la sanzione è aumentata fino a due terzi, in quelli di minore gravità è diminuita fino a due terzi. In caso di reiterazione della violazione è disposta la sospensione dell'attività per un periodo da un mese ad un anno. Il comma 3 prevede che, al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio i quali, preposti all'accertamento dell'osservanza della presente legge, omettano di eseguire i prescritti controlli, si applica la pena reclusiva da sei mesi a due anni prevista dall'articolo 328, comma 1, del codice penale e una multa sino a 30 mila euro. Il comma 4 prevede che se le violazioni di cui all'articolo 3 in esame siano commesse reiteratamente, si applica la pena della reclusione da uno a tre anni.
Formulo alcune osservazioni. Come già accennato il sistema di etichettatura obbligatoria introdotto dalla proposta di legge in esame è finalizzato ad assicurare la tracciabilità dei prodotti nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero, in modo da rendere possibile al consumatore distinguere il prodotto che sia realizzato nel nostro Paese. Tale sistema evidenzia il luogo di origine per ciascuna delle fasi di lavorazione e consente l'uso della denominazione made in Italy. Si ricorda in proposito che l'articolo 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea vieta agli Stati membri le restrizioni quantitative alle importazioni e le misure di effetto equivalente. Tuttavia, secondo l'articolo 30 del medesimo trattato, le restrizioni delle importazioni giustificate, tra l'altro da motivi Pag. 12di tutela della proprietà industriale e commerciale, sono autorizzate qualora non costituiscano mezzi di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra Stati membri. In base a un'interpretazione della Corte di giustizia in merito a tale normativa, i requisiti cui le normative nazionali assoggettano la concessione di denominazione nazionale di qualità, a differenza di quanto accade per la denominazione d'origine e di indicazione di provenienza, possono riguardare solo le caratteristiche qualitative intrinseche del prodotto, indipendentemente da qualsiasi considerazione relativa all'origine e alla provenienza geografica degli stessi. In particolare, esiste una giurisprudenza risalente e costante della Corte di giustizia in materia di marchi di qualità e titolarità di enti pubblici che ritiene incompatibili con il mercato unico, sulla base dell'articolo 28 del Trattato, la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o parte il processo produttivo, la quale di per se stessa, limita o svantaggia il processo produttivo le cui le fasi si svolgano in tutto o in parte negli Stati membri. Esiste in proposito una serie di esempi di sentenze della Corte che potremmo citare sia per il Belgio, che per la Francia, che per la Germania più recentemente.
Si rileva inoltre che una proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti importati da Paesi terzi è stata presentata il 16 dicembre 2005. Tale proposta non è stata mai discussa dal Consiglio europeo mentre il Parlamento europeo l'11 dicembre 2007 ha adottato una dichiarazione nella quale si ribadiva il diritto dei consumatori europei ad un accesso immediato alle informazioni relative agli acquisti. Successivamente, il 30 gennaio 2009, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento relativa alla denominazione e all'etichettatura dei prodotti tessili, volta a semplificare il quadro regolamentare esistente, apportandovi delle modifiche, tra le quali il riconoscimento esplicito della responsabilità degli operatori economici di fornire un'etichetta e le informazioni in essa contenute. Il 20 ottobre 2009, il Commissario europeo per il commercio ha preannunciato un programma pilota in materia di denominazione d'origine. Secondo questo programma, a breve termine e in modo facoltativo, alcuni prodotti potrebbero portare etichette «made in» che designano il loro Paese di fabbricazione. La Commissione europea, la quale ritiene che una simile etichettatura possa favorire scelte consapevoli del consumatore europeo, auspica che la portata limitata dell'iniziativa possa consentirne l'approvazione da parte degli Stati membri alcuni dei quali diffidano di una regolamentazione in questo settore. Inizialmente saranno interessati i settori tessili, delle calzature e delle ceramiche. La proposta avanzata dal Commissario Ashton, è stata oggetto di un dibattito in seno alla Commissione per il commercio del Parlamento europeo.
Da ultimo, il 24 novembre 2009 il Parlamento europeo in sessione plenaria ha votato una risoluzione sul marchio di origine nella quale, tra l'altro: invita la Commissione e il Consiglio ad istituire meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale; ritiene che il 1o dicembre 2009, data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona, debba avere inizio la consultazione e lo scambio di opinioni tra Parlamento e Consiglio; invita la Commissione a ripresentare al Parlamento una sua proposta nel medesimo testo, immediatamente dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Alla luce di quanto precede, è possibile affermare che il contenuto proprio del provvedimento n. 2624, nel nuovo testo a tutela dei prodotti italiani, non può che essere visto con favore nel suo complesso, in quanto ribadisce la necessità di predisporre un'adeguata normativa che possa salvaguardare la specificità dei prodotti italiani finiti e intermedi nei settori tessile, della pelletteria e del calzaturiero.
Tuttavia non si può dimenticare che gli orientamenti in sede europea non sono particolarmente favorevoli alle richieste avanzate dall'Italia in ordine alla disciplina Pag. 13dell'origine geografica dei prodotti: ciò significa che l'istituzione di un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero potrebbe porre l'Italia in una posizione negoziale non agevole, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia europea che spesso ha interpretato la disciplina in materia in un'ottica volta a favorire il principio della libera circolazione delle merci piuttosto che la tutela del consumatore.
In ogni caso, la proposta di legge in commento ha il merito di rispondere ad un'esigenza particolarmente avvertita da numerosi imprenditori che, difatti, rappresentano lo zoccolo duro dell'economia del nostro Paese, quella cioè di tutelare la particolarità e la tipicità del prodotto tessile, di pelletteria e calzaturiero italiano.
Del resto l'articolo 16 del decreto-legge «salva-infrazioni» recentemente convertito in legge dal Parlamento, con il quale si prevede che i prodotti o le merci possono essere qualificate come made in Italy solo se il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento dei medesimi siano compiuti esclusivamente sul territorio italiano, si rivela francamente inefficace ed inidoneo a garantire l'effettiva tracciabilità della fase di lavorazione del prodotto e della merce che può essere qualificato come made in Italy, come pure consentire ai consumatori finali di ricevere un'adeguata informazione sul processo lavorativo dei prodotti stessi.
Attualmente infatti il marchio made in Italy, nonostante l'approvazione del decreto-legge «salva-infrazioni», non garantisce in pieno l'italianità del prodotto specie se tessile, di pelletteria e calzaturiero, perché non contiene la definizione delle fasi di lavorazione dei prodotti che costituiscono oggetto dell'ambito applicativo della norma, con la conseguenza che un prodotto tessile, ad esempio, può essere qualificato come made in Italy anche se solo una singola fase di lavorazione (come il taglio piuttosto che la concia) avviene sul territorio del nostro Paese.
Al contrario, la proposta di legge in esame, seppure limitatamente ai settori del tessile, del calzaturiero e della pelletteria, oltre che definire le fasi di lavorazione dei prodotti tessili, di pelletteria e calzaturieri garantisce la necessaria trasparenza e tracciabilità delle fasi di lavorazione del prodotto e delle merci compiute sul territorio del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Approfitto di questo istante di pausa per salutare la Presidente del Parlamento albanese, Jozefina Topalli, che assiste ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, il tema della crisi economica e di come reagirvi è sicuramente al centro dell'interesse del gruppo dell'Unione di Centro; probabilmente servirebbe che su temi di questa natura fosse aperto un maggior dibattito, anche per capire come si affronta una serie di questioni dell'economia che oggi stanno mordendo la vita delle persone nel nostro Paese.
La preoccupazione per come stanno andando le cose è per noi molto alta e fonte di apprensione, perché vediamo continuamente settori interi sottoposti ad una situazione di grande difficoltà: pertanto, il tema del made in Italy non può esser affrontato scollegato dalle questioni più generali, da quelle cioè che stiamo vivendo e nelle quali siamo immersi.
Credo che portare questo discorso al di fuori del suo contesto, significhi fare un'astrazione che non possiamo permetterci in questo periodo.
Inoltre, voglio rilevare che la proposta sul made in Italy relativa al settore tessile-abbigliamento-calzature era stata presentata dalla collega, onorevole Formisano, a nome del nostro gruppo, già nel lontano 29 aprile del 2008, molto prima di altre proposte. Da questo punto di vista, ciò dimostra quanto è alta l'attenzione che abbiamo delle questioni dell'economia della piccola e della media impresa, oltre a quella dell'occupazione dei lavoratori. Pag. 14Tuttavia, il fatto di aver presentato una nostra proposta non ci ha impedito, come è nel nostro stile, nel nostro modo di vivere l'attività parlamentare e la dimensione politica, di ricercare in Commissione delle convergenze per arrivare ad un testo, ad una proposta condivisa, come quella che oggi presentiamo.
Però, vorrei veramente collocare tutto ciò nella situazione attuale, anche per dare il senso di quale valore la questione possa avere. In questi ultimi tempi, autorevoli economisti italiani e stranieri, esponenti dei sistemi finanziari e delle grandi istituzioni internazionali, seguiti a ruota anche da alcuni esponenti politici, vanno ripetendoci che si sta uscendo dalla crisi. Non voglio mettere in discussione questi pareri, però mi pongo, rispetto a queste dichiarazioni, alcune domande: è proprio vero che il peggio è passato? I deboli segnali di ripresa rappresentano una vera inversione della situazione o dipendono da altri fattori? Senza collocarmi tra i pessimisti, ed apprezzando anche i piccoli movimenti (l'aumento di poco più dello zero per cento del PIL), non riesco proprio a farmi prendere da questo ottimismo. Preferisco tenere i piedi per terra, applicando un sano realismo, e guardare la situazione per quella che essa è, perché questo ci aiuta anche ad assumere dei provvedimenti come quello all'esame. Dobbiamo sempre avere presente che la crisi globale iniziata nel 2008 non è, e non è stata, un puro fatto economico, ma è divenuta nel tempo, e permane tuttora, un fatto sociale e culturale: ha messo in movimento alcuni importanti elementi e fattori del nostro sistema sociale, economico e politico. Ha messo in discussione temi come la libertà di mercato, i rapporti tra pubblico e privato, tra economia e politica; ha fortemente inciso sulla fiducia dei cittadini negli operatori economici e sulle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone. Non credo che sia così facile risalire la china, ritengo che ci voglia tempo, e se guardiamo a quello che sta succedendo negli Stati Uniti, ci rendiamo conto che essi, pur avendo immesso una mole enorme di denaro, a riprova che dalla crisi non si esce facilmente, ma solo in tempi lunghi, hanno dovuto correggere l'andamento congiunturale.
Nello stesso tempo dobbiamo tenere conto che sono arretrate le economie del Regno Unito e della Spagna, dove la disoccupazione è in grande aumento, che erano i Paesi dove esportavamo di più i prodotti del tessile, dell'abbigliamento e della calzatura, e che gli altri due mercati della Germania e della Francia crescono poco, hanno una restrizione dei consumi che incide su questo nostro settore. Pertanto ci troviamo di fronte ad una ripresa, se così si può dire, senza occupazione, senza una domanda vera, quella che invece dovrebbe venire da un mercato risanato. Ma qual è la situazione del nostro Paese? Alcuni dati di casa nostra ci indicano che la disoccupazione nel nostro Paese continua a mostrare una crescita inarrestabile: secondo l'ISTAT, il tasso di disoccupazione ad ottobre ha raggiunto l'8 per cento; una cifra che non si vedeva dal 1994.
Vorrei ricordare che da quella recessione ci vollero più di undici anni per recuperare quello che si era perduto. Credo che noi dobbiamo tenere presente questo aspetto anche ora, perché altrimenti ci illudiamo e illudiamo la gente. Infatti non basta fare - giustamente - quello che stiamo facendo mettendo il marchio se non abbiamo la consapevolezza della situazione che stiamo attraversando. Ormai siamo a due milioni di disoccupati, a milioni di persone che si rifiutano, per impossibilità, di presentarsi sul mercato del lavoro; abbiamo migliaia di persone in cassa integrazione, ordinaria e speciale (che purtroppo sta aumentando), e in cassa integrazione in deroga, e molti in mobilità, che è l'anticamera di un possibile licenziamento. Tra i settori più colpiti da questa crisi sicuramente vi è il tessile-abbigliamento, che non ha ricevuto sostegni, che è fortemente in difficoltà, tenendo presente che, per come è strutturato il tessile-abbigliamento e calzature nel nostro Paese, quando va in crisi questo settore, si tratta di intere zone che vanno in crisi; non è una situazione plu Pag. 15riforme ma è concentrata in alcune realtà (specialmente in Lombardia, in Veneto e in Piemonte), ovvero zone intere che rischiano di vedere una desertificazione industriale.
Se guardo poi al prodotto interno lordo è vero - come ci dicono - che c'è stato nel terzo trimestre una crescita dello 0,6, ma da collocare, anche questa, in una situazione che ha visto nel secondo trimestre del 2009 il PIL italiano ridursi del 6,5 per cento. La produzione industriale non è certo in aumento, anzi è al di sotto e resta sui livelli estremamente più bassi di un tempo, ma il nostro problema riguarda anche la domanda estera. Il nostro è un Paese trasformatore, anche se ogni tanto lo dimentica, e vive soprattutto di consumi interni e di esportazione. Non abbiamo materie prime ma solo capacità creativa e lavoro. La domanda estera, anche se vi sono stati alcuni movimenti, nell'ultimo mese si è drasticamente ridimensionata, e il valore delle esportazioni è notevolmente diminuito. Come si vede questi sono alcuni dati della situazione che non è brillante e che richiede il mantenimento alto della guardia delle nostre attenzioni, perché la ripresa sarà lunga, sarà dura, e avrà dei costi sociali soprattutto per quanto riguarda le famiglie, i lavoratori e le lavoratrici, che sono sotto uno sforzo e uno stress fortissimo, e la tensione sociale - come abbiamo più volte occasione di verificare, anche qui davanti al Parlamento - tende costantemente ad aumentare, non solo attraverso gesti eclatanti, ma anche attraverso delle mobilitazioni che tenderanno ad aumentare. Io spero - ma quello che sappiamo non ci conforta da questo punto di vista - che la finanziaria affronti le questioni dell'economia e del lavoro con maggior determinazione di quanto abbiamo potuto apprendere. Ma io non credo che sono solo i lavoratori e le famiglie ad essere stressati; sono anche le piccole imprese, che costituiscono il tessuto produttivo del nostro Paese, e che credo che siano al limite della loro capacità di resistenza, per cui la realtà è che il nostro Paese e la sua economia reale sono in gravi difficoltà. Bisognerebbe concentrare le nostre attenzioni più su questo che su altre questioni che sono marginali, che sono risolvibili, e che servono solo per fare strumentalizzazione politica. Credo che sia anche il tempo di riscoprire l'importanza dell'economia reale, e di tenere presente sempre nelle nostre valutazioni che l'Italia è la seconda economia per numero di addetti nell'industria manifatturiera, e in questo ambito il settore tessile è sicuramente uno dei primi in Europa per competenza e importanza. Noi siamo un grande Paese da questo punto di vista - fatte le dovute proporzioni - ad alta intensità di presenza di manifatture tessili-abbigliamento e calzature, e bisogna tenerne conto. Certamente non è facile essere nel contempo il secondo Paese manifatturiero d'Europa senza avere dei grandi gruppi. Lo dobbiamo al fatto della straordinaria miriade delle piccole e medie imprese che negli ultimi tempi hanno garantito lavoro e crescita.
Molti, giustamente (ne condivido il ragionamento), parlano dell'esigenza di innovare il nostro paradigma tecnologico perché con questo non resisteremo sempre. Tuttavia, abbiamo anche la giusta esigenza di porre una grande attenzione sul manifatturiero, per ciò che esso rappresenta, e soprattutto sulla piccola e media impresa: è fondamentale per il nostro Paese. Per tale ragione, il made in Italy e le sue imprese non possono essere lasciati soli soprattutto per quanto riguarda il settore del tessile, dell'abbigliamento e della calzatura. In primo luogo, devono avere un flusso regolare di credito: infatti, una delle grandi difficoltà è rappresentata dai pagamenti che arrivano dopo 80-90 giorni, mentre, se arrivassero in tempi più rapidi, probabilmente anche queste piccole imprese reggerebbero meglio la sfida anche sul terreno internazionale. Vi sono poi le misure fiscali e soprattutto ciò che stiamo facendo oggi ossia difendere il made in Italy dai fenomeni di concorrenza sleale: si tratta di un provvedimento che costa poco ma che aiuta le imprese sia sul mercato interno sia su quello esterno. Pag. 16
Le misure contenute nel provvedimento non hanno nulla di protezionistico ma, sulla base delle norme europee ed internazionali, intendono tutelare la qualità, la creatività, il lavoro e le produzioni da concorrenze non corrette e sleali con cui purtroppo abbiamo dovuto fare i conti. Se fosse stato un provvedimento protezionistico, di chiusura, sicuramente noi non lo avremmo né proposto né accettato. Infatti, siamo convinti che un Paese trasformatore come l'Italia ha tutto da perdere, introducendo norme di protezionismo; ha invece molto da guadagnare se valorizza le sue capacità, la qualità dei suoi prodotti, gli elementi che fanno dei suoi prodotti un qualcosa di distintivo, di diverso, di ineguagliabile dentro la competitività internazionale. Vogliamo salvaguardare un elemento centrale nella nostra competitività sui mercati, vale a dire il tema della qualità, della bellezza, della creatività anche in difesa dei consumatori che hanno il diritto di sapere e di conoscere quello che comprano, come è stato fatto e da dove deriva. Significa puntare sul rilancio della domanda di prodotti per la persona, per la casa. In ultima istanza, significa non soltanto vendere una merce o un prodotto ma uno stile, una qualità e pertanto vendere anche un'immagine di Paese nella dimensione internazionale. Pensiamo a quanto la tutela del made in Italy, in particolare per quanto riguarda la moda, l'abbigliamento e la calzatura, può offrire come ritorno di immagine in ordine ad un altro grande problema che dovremmo affrontare con determinazione riguardante il turismo e la commercializzazione, per così dire, del nostro patrimonio artistico e culturale. Ritengo che proprio il tessile e l'abbigliamento siano parte importante di come ci presentiamo nel mondo, di come noi diamo un'immagine di qualità e di bellezza di questo Paese, di una capacità di attrazione che va oltre la pura merce o qualcosa in più.
Da questo punto di vista garantire una soglia di qualità, garantire la verità di quel che è il made in Italy non è solo relativo ad un settore ma ad una visione che noi dobbiamo avere nel nostro Paese e della sua capacità di stare nel mondo. Per questo motivo, avendo svolto queste considerazioni, siamo d'accordo a condividere la proposta di legge oggi in discussione. Probabilmente, come diceva il collega Cimadoro, si possono svolgere alcuni approfondimenti, anche se ho qualche dubbio su alcune sue proposizioni. Tuttavia, sono sempre disponibile ad approfondire. Ritengo molto importante l'obiettivo di rendere obbligatoria in questo settore l'etichettatura dei prodotti finiti ed intermedi che evidenzi il ruolo di origine di ogni fase di lavorazione e la stessa tracciabilità del prodotto. È difficile probabilmente ma è l'unico modo per poter intervenire. Significa contenere, attraverso questa via, le contraffazioni che hanno sempre caratterizzato, almeno negli ultimi tempi, il settore.
Ricordo di aver discusso per tanti anni il tema del traffico di perfezionamento passivo, proprio per capire come tante merci prodotte all'estero venissero contraffatte ed immesse nuovamente sul mercato italiano ed internazionale con il marchio made in Italy senza essere mai passate da qui. Credo sia importante, invece, una definizione chiara del prodotto tessile che tenga conto anche di alcuni elementi, come la conformità dei processi di lavorazione ed anche l'igienicità. Pensiamo a quanto siano non molto igienici (il termine non è proprio esatto) alcuni settori del tessile, come la nobilitazione del tessuto, a causa dell'uso di acidi, di coloranti o di altre sostanze. Pertanto, è necessario avere chiarezza sui materiali che vengono utilizzati, in un periodo in cui, dall'uso di certi elementi ed abbigliamenti possono determinarsi anche alcune malattie.
Lo stesso vale per le condizioni di esclusione dei minori, che non è un problema secondario. Ancora oggi, vi sono troppi ragazzini che vengono obbligati, per condizioni sociali ed economiche, ad un lavoro minorile all'interno di questo tipo di settore. Mettere in chiaro che ciò non deve avvenire credo sia un atto di giustizia, di solidarietà e di grande umanità.
Ritengo, inoltre, che la rigorosità che viene richiesta per l'impiego del marchio Pag. 17made in Italy sia estremamente importante, sia per quanto riguarda le fasi di lavorazione, sia per quanto riguarda l'insieme. Credo che la proposta che avevamo avanzato nel senso di utilizzare anche la Guardia di finanza e l'apporto delle camere di commercio fosse importante, perché su questo terreno, con riferimento ad un problema di tale natura, occorre veramente che vi siano norme rigorose ed attente. Ciò anche per evitare - lo diciamo chiaramente - quella sorta di social dumping, che si sta determinando nel nuovo mercato internazionale del lavoro, che va combattuto, valorizzando la qualità più che la quantità. Sulla quantità, infatti, noi e, soprattutto, questo settore, saremo fortemente perdenti.
La stessa tematica richiama alle responsabilità degli imprenditori. Credo che anche questo sia un elemento interessante e di novità.
Ritengo che sia importante anche avere introdotto alcune agevolazioni per quanto riguarda la ricerca. Non è vero, come sostengono alcuni, che i settori del tessile, dell'abbigliamento e delle calzature siano settori maturi che dobbiamo abbandonare. Oggi, vi sono possibilità legate a nuove fibre, all'introduzione nella produzione del tessuto e dell'abbigliamento delle nanotecnologie - alcune imprese le stanno sperimentando - e vi è la capacità di riorganizzare i cicli produttivi. Tutto questo richiede una capacità di ricerca che, non sempre, la piccola e media impresa che opera nei settori del tessile, dell'abbigliamento e delle calzature riesce ad attuare. Pertanto, credo che aver stanziato risorse per la ricerca sia significativo ed importante.
Certo, le risorse non sono molte, potrebbero essere aumentate, tuttavia facciamo i conti con la realtà, e tutto ciò vale se è l'inizio di un percorso. Pertanto, a nome del gruppo dell'Unione di Centro, mi sento di esprimere una valutazione positiva della proposta di legge che qui è stata presentata (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, noi del Partito Democratico siamo impegnati affinché la proposta di legge in oggetto sia unitariamente e rapidamente approvata dai due rami del Parlamento, al fine di vincolare il Governo a chiedere con forza alla Comunità europea la trasparenza del prodotto, l'obbligatorietà dell'etichettatura - con l'indicazione del Paese di produzione «made in» - e la tracciabilità del prodotto nazionale. Riteniamo che questa, in via di principio, sia la questione principale.
Il tema della tutela dei prodotti italiani è particolarmente delicato, poiché la materia è controversa, soprattutto, sotto il profilo della compatibilità comunitaria. I colleghi mi consentiranno di ricordare rapidamente che, già nella XIV legislatura, il Parlamento aveva avviato un'approfondita discussione sul tema.
Sulla base di tale testo, nella XV legislatura si erano costruite alcune risposte efficaci in relazione a due esigenze contrapposte: quella di tutelare i diritti dei produttori italiani contro l'incisività della contraffazione e quella di non produrre disposizioni di legge che ostacolassero la libera circolazione delle merci nel mercato dell'Unione. Il 27 ottobre 2007 il Parlamento europeo, con grande lentezza, approvò una dichiarazione scritta con la quale chiese agli Stati membri di adottare senza indugio la proposta di regolamento volta ad introdurre l'indicazione obbligatoria del Paese d'origine di alcuni prodotti importati da Paesi terzi nell'Unione.
Nel corso della XVI legislatura, in una seduta della Camera del maggio 2008, vennero votate diverse mozioni sul made in Italy, a firma degli onorevoli Polledri, Vico, Raisi e Formisano.
Il 25 novembre 2009 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla proposta di regolamento della Commissione in materia di etichettatura di origine obbligatoria per alcuni prodotti provenienti da Paesi extra-Unione, dossier avviato, come è noto a tutti, già nel lontano 2003. Il Parlamento europeo chiede ufficialmente di avviare al più presto consultazioni con il Consiglio volte ad Pag. 18accelerare i tempi per l'adozione definitiva, anche sulla base della recente e nuova presa di posizione della Commissione. Si potrebbe dire - con grande ottimismo - che si tratta di un'altra tappa verso l'adozione del regolamento. Nell'approvazione di questa proposta di legge, sono convinto che il Governo italiano e il Parlamento si avvarranno di questo importante risultato per chiedere e ottenere passi in avanti concreti in sede di Consiglio dell'Unione.
Onorevoli colleghi, signori del Governo, abbiamo bisogno di ricordare in questa discussione sulle linee generali che i nostri maggiori partner europei, così come gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e persino la Cina, hanno introdotto il marchio di origine obbligatorio, mentre il made in Italy è aggredito dai Paesi dell'estremo oriente con una duplice offensiva: quella legale dei prodotti tessili e della pelletteria a prezzi stracciati e quella illegale dei falsi. Riteniamo, quindi, che vi sia la consapevolezza comune che la trasparenza, la tracciabilità, l'etichettatura, il marchio e la riconoscibilità dell'origine dei prodotti manifatturieri siano gli unici certificati della qualità dei prodotti e del produttore e, di conseguenza, della sicurezza per il consumatore nel mercato interno rispetto all'importazione di prodotti extra-europei. Si tratta di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto del citato e ricitato articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea; si tratta di tutelare i consumatori dalle false o fallaci indicazioni, incluso l'uso fallace e fuorviante dei marchi aziendali ai sensi della disciplina concernente le pratiche commerciali ingannevoli (articolo 4, comma 49, della legge n. 350 del 2003); si tratta, altresì, di destinare al consumatore l'informazione sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti ai sensi del codice del consumo e qui mi riferisco all'articolo 6 del decreto legislativo n. 206 del 2005.
La produzione made in Italy, il marchio, nell'intenzione del legislatore, si deve distinguere anche sul versante ambientale e della salute, promuovendo oggetti di alta qualità dal punto di vista della durata per rispondere alle esigenze di uno sviluppo sostenibile. A tal fine, è necessario collegare il marchio, la tracciabilità della filiera tessile e dell'abbigliamento, i materiali riciclabili e di lunga durata e il rispetto delle regole in materia di lavoro, associando tale specifica normativa ad una forma più estesa di etichettatura obbligatoria riguardante la provenienza dei capi di abbigliamento che circolano all'interno del territorio nazionale.
Infatti, signor Presidente, colleghi, signori del Governo, sia la giurisprudenza sia la normativa nazionale (avevo appena citato la sentenza della Corte di Cassazione del 2005 e l'articolo 4 della legge n. 350 del 2003) sia la normativa comunitaria hanno riconosciuto da tempo il crescente interesse manifestato dai diversi Stati membri nonché la rilevanza economica del marchio di origine per la scelta del consumatore e per il commercio.
Inoltre, la citata sentenza (ovviamente quella della Corte di Cassazione) ha disposto che l'etichettatura made in Italy apposta su un prodotto non realizzato in Italia, ai sensi della normativa europea sull'origine (luogo di ultima sostanziale lavorazione), configura il reato di cui all'articolo 517 del codice penale sulla vendita di prodotti industriali con segni idonei a trarre in inganno il compratore, in quanto il consumatore potrebbe essere indotto ad acquistare un prodotto proprio solo in quanto fabbricato in un determinato luogo geografico e ciò in base alle più svariate considerazioni soggettive, non necessariamente attinenti alla qualità del prodotto. La tutela dei consumatori è, quindi, il filo conduttore della presente proposta di legge ovviamente ad esclusione dei prodotti alimentari che largamente - o quasi largamente - sono già regolamentati.
Due sono le modalità principali di tutela dei prodotti italiani dalle contraffazioni e di tutela per il consumatore: in primo luogo, la creazione di una carta di identità del prodotto finito che accompagni la definizione made in Italy e che contenga le informazioni utili al consumatore Pag. 19per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi. In secondo luogo, l'istituzione del marchio di origine, di qualità e di eccellenza etica. In particolare, tale marchio dovrà indicare al consumatore che due delle principali fasi di lavorazione del prodotto sono state effettuate in Italia e la tracciabilità delle rimanenti. Vogliamo che il marchio comporti automaticamente la garanzia che i prodotti marchiati abbiano davvero in sé i valori qualitativi che il produttore dichiara, impegnando lo stesso alla regola «soddisfatti o rimborsati», che dovrà essere formulata quale clausola potestativa ed esplicita in favore del consumatore.
Infine, la posizione del marchio garantisce il pieno e continuato rispetto sia della normativa legale e contrattuale del lavoro, sia della normativa ambientale e dei cicli produttivi.
Ma questa proposta di legge è utile al Parlamento italiano e alla grande comunità italiana - e anche a quella europea - per affrontare anche da un altro versante un altro fenomeno, quello della contraffazione. Mi limiterò ad offrire una serie di rapidi dati che fanno riferimento al 2008. Secondo le stime più recenti - quelle del 2008, appunto - il fenomeno della contraffazione in Italia non accenna a diminuire. La Guardia di finanza, nel solo 2008, ha ritirato 94.953.042 pezzi contraffatti. Questa è la dimensione della lotta alla contraffazione legale. Nella sola Lombardia la camera di commercio di Milano ha comunicato che la contraffazione costa alle imprese lombarde 3,4 miliardi di euro l'anno, ovvero 4.200 euro per ogni singola impresa. La Guardia di finanza, nel solo 2008, ha sequestrato 8,7 milioni di pezzi non in regola mentre l'agenzia delle dogane ha bloccato 580 mila pezzi. Nel nord-est sono tre milioni i pezzi sequestrati dalla Guardia di finanza con una maggiore incidenza nel Veneto - 1.853.036 - e secondo Confindustria Veneto i danni della contraffazione per le aziende manifatturiere possano essere stimati tra 1,3 e 2 miliardi di dollari.
L'Agenzia delle dogane ha portato a termine oltre 124 operazioni tra Venezia e Trieste, arrivando al sequestro di quasi 511 mila pezzi.
Nel Lazio potrebbe non essere azzardato parlare di allarme contraffazione, visto che in questa regione è stato registrato il più alto numero di prodotti falsi sequestrati dalla Guardia di finanza (oltre 31 milioni) intercettati soprattutto nella zona di Roma.
Secondo il centro studi della Confcommercio, il fatturato del mercato del falso nel solo 2008 e solo nel Lazio è quantificabile in circa 800 milioni di euro con l'esclusione del settore alimentare e con una netta prevalenza dell'abbigliamento e del multimediale. Il comando provinciale di Roma della Guardia di finanza, sempre nel Lazio e sempre nel 2008, ha sequestrato 21 milioni di prodotti elettronici, registrando un aumento di 20 volte rispetto al 2007.
I dati ci dicono che soprattutto la macroarea del Mezzogiorno, che è un altro scenario anche per il ruolo che è giocato da una parte della criminalità, è utilizzata come un hub logistico che serve per lo smistamento dei prodotti contraffatti.
L'Agenzia delle dogane ha intercettato nelle regioni meridionali il 57,9 per cento dei falsi sequestrati a livello nazionale, mentre i militari della Guardia di finanza vi hanno svolto un quarto delle operazioni anticontraffazione.
Le stime sul ruolo del mercato dei falsi parlano di oltre cinque miliardi ogni anno. La sola Guardia di finanza lo scorso anno ha effettuato nelle regioni del Mezzogiorno 22,3 milioni di sequestri, praticamente il 23,5 per cento della performance italiana. Il porto di Napoli è uno degli snodi più importanti nella lotta alla contraffazione.
Ho ritenuto utile al nostro dibattito cogliere questa parte della lotta alla contraffazione e della valorizzazione del made in Italy perché questa parte della lotta alla contraffazione anche nel nostro dibattito ripropone più in generale la certezza dell'impegno Pag. 20del Governo in ordine ad una struttura di governo che non può essere solo affidata alla Guardia di finanza e alle forze dell'ordine.
Alcuni mesi fa si è scelto di sciogliere la figura dell'alto commissariato e di procedere all'opzione della delega al Governo: vorrei qui segnalare che quella delega non ha avuto svolgimento e compimento e questa è, a mio parere, anche l'occasione utile per riproporre in questa discussione l'impegno del Parlamento e del Governo italiano nel coordinamento della lotta alla contraffazione.
Concludo, così come ho cominciato. Noi come Partito Democratico pensiamo che questa proposta di legge debba dare più forza al nostro Paese, alle sue istituzioni perché la Comunità europea rapidamente proceda al regolamento che attiene al «made in».
Di conseguenza, noi pensiamo che questo importante atto, che auspichiamo si consumi rapidamente nei pochi giorni qui alla Camera e che non si blocchi al Senato (anche questa per noi è una preoccupazione), consenta di affrontare un problema che viene da lontano per poter dare risposte più certe e tranquillizzanti alle migliaia di piccole e piccolissime imprese, ai distretti industriali italiani e, se mi permettete, alle centinaia di migliaia di lavoratori e di lavoratrici che sono l'ossatura della nostra ricchezza (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiederei davvero anche al sottosegretario un attimo di attenzione perché credo che tutti, indipendentemente dalla posizione politica, vogliamo il bene dell'economia del nostro Paese.
Io sono tra i firmatari di questo progetto di legge perché penso che sia giusto porre un paletto all'uso di un marchio conosciuto in tutto il mondo anche da parte di coloro che non ne hanno il titolo. Quindi ben venga che si protegga il prodotto realizzato in Italia rispetto a beni che non hanno questa caratteristica.
Vorrei però ricordare, e questa è la nostra proposta emendativa, che gli italiani sono conosciuti ed apprezzati nel mondo per essere persone di grande creatività, di grande ingegno, per cui da sempre abbiamo avuto tra i nostri imprenditori, piccoli e meno piccoli, la capacità di porre in essere un'idea, di progettare un prodotto e uno stile italiano, di creare le idee sulla base delle quali poi realizzare dei prodotti. Spesso a questa capacità creativa ed inventiva si è associata la capacità anche di produrli. È evidente che se qualcuno ha in Italia la mente che produce idee, stile e modelli, e li realizza anche in Italia avrà un prodotto che è made in Italy, cioè che è fatto, realizzato e prodotto nel nostro Paese.
Nondimeno c'è una parte non irrilevante, anzi importante della nostra economia, che svolge in Italia la prima parte di queste attività, quella della creazione, della progettazione e dell'inventiva, e dopo realizza il prodotto in senso stretto in altre parti del mondo per poter restare nell'ambito di una competizione internazionale che è largamente basata sui costi. Allora io dico: attenzione, è giusto, non c'è dubbio, che il made in Italy sia usato come etichetta solo per prodotti realizzati e manifatturati nel nostro Paese, ma non dimentichiamo quella economia importante di coloro che fanno l'ideazione e la progettazione nel nostro Paese e la realizzazione in altre parti.
Mi voglio spiegare meglio. Facendo parte della Commissione parlamentare di collaborazione con la Cina - vedo che c'è in Aula il collega Moles con il quale ho partecipato, il mese scorso, ad un incontro che si è svolto in Cina - sappiamo tutti che lì c'è un mercato potenziale enorme, è il mercato del futuro. In questo mercato, come ci hanno ben spiegato il personale e i ministri che abbiamo incontrato in Cina, tutto ciò che sa d'Italia è molto apprezzato. Le nostre imprese per svilupparsi avranno sempre più bisogno di rivolgersi a quei mercati.
Allora, posto che il made in Italy va usato soltanto per ciò che viene prodotto in Italia, ritengo che non possiamo, perché Pag. 21è un fatto commerciale, non immaginare che merci ideate in Italia e prodotte in altri Paesi non possano fregiarsi di un qualcosa che ricorda che l'ideazione è avvenuta nel nostro Paese, anche se non vi è stata la manifattura. Per questo noi abbiamo proposto la creazione anche di una sorta di denominazione dei prodotti definita designed in Italy, progettato in Italia, che possa essere utilizzata per queste produzioni.
Se non prevediamo ipotesi di questo tipo, che qualunque professore di marketing, qualunque esperto di commercio internazionale vi verrebbe a spiegare, noi rischiamo di tarpare le ali ad una parte comunque importante della nostra economia che sarà assolutamente necessaria per aggredire mercati, come quello cinese, potenzialmente enormi e sui quali portare anche prodotti di massa, ma su tali mercati il prodotto made in Italy, inteso in senso stretto, avrà un mercato molto di nicchia e molto piccolo in ragione del fatto che i costi, e quindi i prezzi, non possono che essere conseguenti al costo di produzione realizzato in Italia.
Tuttavia, questo non deve poter impedire a quei nostri imprenditori che, lo ripeto, provvedono all'ideazione e alla progettazione del loro prodotto in Italia, di essere capaci comunque di andare sui mercati esteri dicendo che quel prodotto è stato realizzato e pensato in Italia.
Vi invito a riflettere su tale aspetto. Noi in questo senso abbiamo presentato un emendamento e credo che sia utile ragionarci sopra perché altrimenti facciamo una cosa giusta, da un lato, che è quella di stabilire bene cos'è il made in Italy, ma rischiamo, dall'altro, di dare una botta a tanti imprenditori che in questo momento sono presenti sui mercati internazionali, ai quali certamente dobbiamo vietare l'uso del made in Italy, ma che forse dobbiamo aiutare comunque a spiegare alla gente, a far sapere ai consumatori che quel prodotto made in China è stato però ideato, pensato e progettato in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, uno dei più grandi storici dell'economia, Carlo Maria Cipolla, diceva che il segreto del miracolo italiano è stata la capacità di produrre all'ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo. In effetti, la maggior parte della nostra economia, la parte più sana di essa è legata assolutamente al saper fare, al saper fare meglio degli altri, è legata al territorio, alla sua cultura, alla sua tradizione ed è segnata da una cultura collaborativa.
Peraltro, in questa fase di globalizzazione, i primi anni di questo nuovo secolo hanno dimostrato, e stanno dimostrando sempre di più, anche il fallimento ed il crollo dell'illusione della delocalizzazione selvaggia come risposta, appunto, al problema della globalizzazione. I nostri imprenditori in questi anni hanno reagito e hanno investito in qualità, hanno alzato ulteriormente la gamma dei loro prodotti, hanno investito in innovazione, sono stati capaci di una grandissima spinta all'internazionalizzazione. Dal 2001 al 2008 le imprese italiane che si sono internazionalizzate sono più che raddoppiate e credo che questo sia il segno di una straordinaria vitalità.
Tuttavia, è anche vero che mai come in questo momento di difficoltà per la nostra economia, la politica è chiamata a difendere il patrimonio di conoscenze e di competenze delle nostre produzioni. Da questo punto di vista la proposta di legge Reguzzoni, così come le altre proposte che sono state presentate, sono indubbiamente il segno di un'esigenza che c'è nel Paese e che la classe politica avverte.
Per quanto riguarda il dibattito avvenuto qui oggi, comprendo i quesiti posti da alcuni interventi, in particolare mi riferisco a quelli posti dal collega Ventucci, ma vorrei rassicurarlo sul fatto che questo provvedimento non è un provvedimento di marca protezionistica, nel modo più assoluto. Pag. 22
Il presidente della Confartigianato, Giorgio Guerrini, ha detto: «Dopo tanti annunci cominciamo a vedere i fatti. Siamo sulla buona strada per costruire un contesto normativo a difesa delle imprese che da sempre producono e danno lavoro in Italia dall'illecita concorrenza di chi, invece, pur delocalizzando la produzione, pretende di avvalersi del marchio made in Italy».
Infatti, è proprio così: questo non è un provvedimento protezionista - io non l'avrei sicuramente né firmato né tanto meno sostenuto - ma, al contrario, è un provvedimento che realizza una maggiore tutela della concorrenza e insieme una maggiore tutela dei consumatori, ed anche, per quanto riguarda la salute, come diversi interventi hanno fatto notare, una maggiore tutela dell'ambiente.
Certamente, si tratta anche di una tutela delle nostre imprese (soprattutto delle micro, piccole e medie) e sicuramente di una difesa dell'occupazione, come ha sottolineato il collega Vico, e anche su questo aspetto dovremmo fare attenzione.
Sicuramente il tema della tracciabilità riveste tanti aspetti tra loro legati, ma che insieme rappresentano un contesto economico da difendere. Anche le associazioni delle piccole e medie imprese e delle imprese artigiane chiedono questo intervento ormai da anni e credo che sia il caso di ricordarcelo.
Vorrei sottolineare un ulteriore elemento di positività emerso dal lavoro in Commissione con il consenso di tutti, ovvero la valorizzazione del sistema delle camere di commercio, cioè quelle istituzioni più vicine al sistema delle imprese nel quadro dei controlli. Questo è importante perché costitutivamente le camere di commercio sono l'istituzione più vicina e più amica delle imprese.
In conclusione, ritengo questo provvedimento molto importante, ma dobbiamo essere altrettanto consapevoli - alcuni interventi lo hanno sottolineato - che siamo ancora all'atto primo. C'è ancora da fare molto anche per gli altri settori del made in Italy e penso al grande settore del mobile, al sistema dell'arredo, a quello della rubinetteria, della posateria e dell'artigianato artistico. Sono tanti i settori che chiedono interventi di questo tipo e sui quali credo che vi sia tutta la disponibilità dei colleghi, quantomeno quelli della X Commissione, a lavorare alacremente su questo fronte.
Faccio notare che, tuttavia, stanno emergendo anche problematiche nuove (a cui è anche difficile dare un nome) che stanno attaccando molto la nostra produzione. Penso a quella sorta di delocalizzazione fatta sul suolo italiano che sfrutta il lavoro nero, quello minorile e quello clandestino e credo che il Parlamento dovrà riservare un'adeguata attenzione anche a questo tema.
Come dicevo, siamo all'atto primo, dobbiamo e possiamo fare di più sicuramente in Italia, in quest'Aula del Parlamento e auspico che questo provvedimento abbia un iter accelerato (come l'ha avuto qui alla Camera) anche al Senato, in Europa e in sede WTO.
Credo che dobbiamo far sentire maggiormente la nostra voce, la voce dell'Italia, in questi ambiti come fanno normalmente gli altri Paesi. Penso, infatti, che in Europa e, soprattutto, in ambito WTO si debba giocare il ruolo della politica, perché lì gli imprenditori da soli non possono agire. Gli imprenditori fanno già tanto, anzi tantissimo e credo che ora spetti a noi svolgere il nostro dovere ed essere concretamente al loro fianco.
Credo anche che la discussione di oggi e l'ampio consenso attorno a questo provvedimento rappresentino una testimonianza e un augurio di un lavoro che può andare avanti per la difesa del lavoro e dell'occupazione dell'impresa italiana (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, annuncio che non utilizzerò tutto il tempo a mia disposizione per consentire, prima della chiusura, al collega Reguzzoni di chiudere la giornata di oggi, la discussione Pag. 23e il dibattito innescatosi intorno a questo tema che noi riteniamo essere di fondamentale importanza.
Colleghi, in questi mesi noi siamo stati sul territorio, vicini - come la maggior parte credo di voi - alle attività produttive, al mondo che produce, alle aziende che lavorano. Tutti i giorni abbiamo sentito ripetere con estrema insistenza i termini principali delle difficoltà incontrate in questo momento da parte di coloro che cercano in qualche modo di continuare a dare al nostro Paese un apporto significativo dal punto di vista della produzione industriale, soprattutto per ciò che attiene al settore della micro o della piccola impresa.
In questi mesi, abbiamo sentito sostanzialmente enunciare due temi attualmente irrisolti e dei quali riteniamo che il Parlamento si debba occupare in modo compiuto. Il primo è un tema che diventerà di attualità nei prossimi giorni e che noi oggi abbiamo annunciato attraverso la presentazione di una risoluzione, ovvero quello del rapporto col mondo del credito. Si tratta di un tema irrisolto e credo fondamentale dal punto di vista del dibattito che si è aperto nel Paese, ovvero un nervo scoperto come mi suggerisce il collega.
Il secondo tema è sicuramente quello della difesa e della tutela della produzione tipica del nostro Paese e, quindi, dell'individuazione dei marchi e dei brevetti, piuttosto che della atipicità dei prodotti che vengono immessi sul circuito dei nostri mercati. Sappiamo bene quanto i nostri mercati siano stati invasi in questi anni da merci e prodotti che, al di là degli aspetti qualitativi legati agli stessi, presentano delle grosse difficoltà in termini di individuazione, per quanto riguarda la provenienza, e salutiamo con favore l'iniziativa del collega Reguzzoni, che ha inteso dar corpo, dal punto di vista legislativo, a quello che in questo momento è uno dei problemi più sentiti.
Sappiamo bene che il tema dei prodotti - lo ripeto - che non hanno un'identificazione certa va di pari passo, in termini positivi, con il tema molto sentito dai consumatori, che riguarda la qualità dei prodotti italiani e del made in Italy in genere e anche dei prodotti che provengono da nostri territori e dalle nostre regioni. Io sono un lombardo che sa bene quante e quali siano le difficoltà che tutti i giorni vengono affrontate da questi imprenditori, che continuano a sforzarsi di produrre sul proprio territorio con materiali propri, utilizzando manodopera locale, cercando di dare un contributo fattivo in termini di miglioramento della ditta, in un momento di particolare difficoltà come questo.
Quindi, mi limito ad esortare il Parlamento affinché il dibattito di oggi non risulti accademico. È vero che l'unanimità che abbiamo registrato in Commissione, sostanziale rispetto ai temi che sono stati argomento della discussione di oggi, e il fatto che siano stati abbinati testi che provengono un po' da tutti i gruppi parlamentari, condensandoli in un testo unico che rappresenta una sintesi, è senz'altro motivo di una certa serenità e tranquillità per noi, che ci rendiamo conto che questo è un passaggio sentito non solo dalla Lega, ma dalla maggior parte dei membri di questo Parlamento, che a gran voce hanno voluto, anche all'interno della Commissione, che i tempi fossero più rapidi possibile.
Concludo, quindi, con un auspicio, affinché nei prossimi giorni, nell'ambito della fase di votazione di questo provvedimento si possa trovare la massima armonia, in modo che questo testo vada velocemente al Senato e dal Senato - se venisse approvato definitivamente, sarebbe il massimo - torni in tempi rapidi, perché in questo momento la gente ha bisogno di sentire le istituzioni vicine, di sentire che il Parlamento si occupa anche di questioni importanti (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, intervengo molto rapidamente per sottolineare una questione che è stata ripresa da molti colleghi, che ringrazio per il livello di intervento che c'è Pag. 24stato quest'oggi. In particolare, però, voglio richiamare le parole del collega Pezzotta, quando ha detto che il tessile non è un settore maturo. Noi qui non stiamo parlando di un settore che fa parte solo della tradizione e della storia industriale del nostro Paese, ma di un settore che è una delle chiavi portanti dell'economia del nostro sistema Paese. Per dare un'idea, cito un dato che è stato già citato in quest'Aula dal collega Vico: 3 miliardi 200 milioni è il danno che la contraffazione produce al solo sistema economico lombardo, che è costato 100 mila posti di lavoro. Questo è il danno alla sola Lombardia dovuto al fenomeno della contraffazione e dell'etichettatura fallace, alle fallaci indicazioni nei confronti del consumatore.
Per questo motivo, nel legiferare davvero con un consenso generale in quest'ambito, non stiamo facendo una mera testimonianza, non stiamo facendo solo un omaggio alla tradizione e alla storia, che peraltro sarebbe doveroso alla nostra industria e alla nostra manifattura, ma stiamo parlando del nostro presente. Il futuro e il presente della nostra economia sono ancora l'industria e la manifattura. Ci sono tante altre cose, come il terziario avanzato, quelli che sono definiti i settori di confine, ma ancora oggi il nucleo portante della nostra economia è il sistema delle piccole e medie imprese e, in particolare, il sistema manifatturiero. Stiamo parlando di tessile, abbigliamento, arredo casa, calzature e pelletteria, di un sistema che muove 1 milione di posti di lavoro nel nostro Paese. Non stiamo parlando di un settore di nicchia, ma di una delle colonne portanti che, in termini di export e di contributo al bilancio dello Stato, è insostituibile. Quindi, è molto importante che noi ragioniamo e che questo Parlamento dia l'impressione che sta dando, almeno nella discussione sulle linee generali, grande forza ed unità, perché le nostre ragioni possano poi valere in Europa (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2624-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il presidente della X Commissione in sostituzione del relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.
Sospendo brevemente la seduta, prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,10.

Discussione congiunta dei disegni di legge: S. 1790 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) (Approvato dal Senato) (A.C. 2936-A); S. 1791 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 2937-A); Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (A.C. 2937-bis).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge, già approvati dal Senato: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012; Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto, inoltre, che il tempo complessivo per i relatori di minoranza, pari a 25 minuti, è stato ripartito per metà in parti Pag. 25uguali e per metà in proporzione alla consistenza dei gruppi di appartenenza, al fine di consentire ad entrambi un tempo minimo congruo per l'illustrazione delle proprie posizioni. Pertanto i tempi a disposizione dei relatori di minoranza risultano i seguenti: Baretta (PD) 17 minuti e Borghesi (IDV) 8 minuti.

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, vorrei approfittare della presenza del Governo, in particolare del Ministro Tremonti, non per anticipare i contenuti che l'onorevole Galletti e gli altri che interverranno sul disegno di legge finanziaria enucleeranno nel corso del dibattito.
Sarebbe improprio in un intervento sull'ordine dei lavori chiedere al Governo di anticipare il dibattito che seguirà. Vorrei, però, porre una questione di metodo, che secondo noi è sostanza: in questi giorni, soprattutto nei resoconti televisivi, al termine dei lavori della Commissione bilancio, dove i nostri parlamentari hanno fatto le nottate, è stata rappresentata una realtà a mio parere inesistente, cioè quella di un Governo e di una maggioranza costretti ad andare avanti di fronte all'ostruzionismo dell'opposizione. Si è detto e si è ripetuto nei telegiornali di questi giorni che l'opposizione ha un atteggiamento ostruzionistico.
Ora, onestamente, davanti al Paese è bene che ciascuno si assuma le proprie responsabilità. Noi abbiamo criticato nel merito il disegno di legge finanziaria e lo faranno i colleghi in questo dibattito generale, ma nessuno ha mai, in nessun momento, assunto atteggiamenti ostruzionistici, almeno nessuno di noi. Eppure la grancassa mediatica che si è voluta suonare in queste ore è che l'opposizione fa ostruzionismo.
Le chiacchiere, come si dice, stanno a zero: dobbiamo materializzare la presentazione degli emendamenti e vogliamo fare un discorso di onestà e di trasparenza al Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, da cui ci può dividere la valutazione sulla legge finanziaria, ma non ci può dividere sotto il profilo etico e politico una questione metodologica. Noi siamo disponibili a ridurre al minimo i nostri emendamenti. Non chiediamo al Governo di pagare il prezzo dell'approvazione di questi emendamenti, perché sarebbe una sorta di ricatto: li riduciamo, se il Governo ce li approva.
Non possiamo pensare di porre in questi termini la questione, però possiamo chiedere al Governo, a fronte di un'opposizione che riduce drasticamente i suoi emendamenti, un impegno onesto e sincero, che è quello che questi emendamenti vengano posti in discussione e votati senza la posizione della questione di fiducia, perché altrimenti davvero qui si assiste a un maxiesproprio del Parlamento.
In Commissione ci siamo predisposti ad accettare anche un metodo di chiusura abbastanza netta sulle richieste dell'opposizione su temi come la famiglia, l'agricoltura, il lavoro; eppure tutto questo fa parte del metodo.
Oggi chiediamo al Governo di sottoscrivere con noi un patto a difesa della centralità del Parlamento. Il patto è semplice: noi riduciamo drasticamente gli emendamenti e il Governo accetta la discussione e la votazione di questi emendamenti, senza la posizione della questione di fiducia. È una difesa anche della maggioranza parlamentare stessa, che non può appiattire il suo ruolo sul Governo, ed è la difesa vera, onesta e concreta del Parlamento.
Onorevole Tremonti, lei è un uomo d'onore: glielo riconosciamo anche quando la critichiamo, ma questa è la fisiologia democratica e credo che ciascuno di noi debba sentirsi legato anche a queste procedure di democrazia. Le chiediamo di sottoscrivere questo patto e di accettare, senza la posizione preventiva della questione di fiducia, che vi sia la votazione dei pochissimi emendamenti che l'opposizione chiederà di porre in votazione (Applausi Pag. 26dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

MICHELE VENTURA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, signor Ministro, ho partecipato, insieme a molti altri colleghi, ai lavori della Commissione bilancio che si sono svolti la scorsa settimana. Vorrei rappresentarle, come è noto, che in realtà i lavori di lettura del testo della legge finanziaria sono iniziati soltanto sabato sera: alle 20 abbiamo avuto a disposizione il testo con i subemendamenti e le ammissibilità, e il confronto si è sviluppato soltanto nella nottata di domenica. Non si può certamente dire che le opposizioni abbiano praticato ostruzionismo in Commissione; anzi, come diceva adesso il presidente Casini, abbiamo richiesto continuamente di poter entrare nel merito di alcune questioni fondamentali. Siamo arrivati, su richiesta del presidente, del relatore e del Governo, anche nella Commissione bilancio ad una selezione degli emendamenti che avevamo presentato.
Noi crediamo - e questa è una richiesta che abbiamo avanzato anche questa mattina, nell'ambito della Conferenza dei presidenti di gruppo - che sarebbe opportuno e dignitoso per il Parlamento consentire che in Aula possa avvenire un normale confronto democratico sugli aspetti fondamentali del disegno di legge finanziaria. Anch'io - poiché adesso vi saranno le relazioni - non entro nel merito, ma vi sono argomenti che sicuramente sarebbe importante affrontare in un dibattito in Aula.
Confermo che anche noi siamo disponibili ad un drastico ridimensionamento degli emendamenti; voglio aggiungere, dando anche la garanzia, per quanto ci riguarda, che questo confronto potrà svilupparsi nell'ambito delle giornate previste per l'esame del disegno di legge finanziaria, una rassicurazione per quello che riguarda anche i tempi in cui questo confronto potrà avvenire.
Onorevole Tremonti, noi privilegiamo infatti un punto: siccome si è consumata una frattura - non voglio usare altri termini, ma comunque un qualcosa che ha creato una situazione ed un clima di difficoltà, fra noi e nella Commissione, e più generale sul funzionamento corretto della Commissione bilancio in rapporto anche con l'Aula, e quindi vi è anche un recupero istituzionale da compiere - noi in questo modo assicureremo due cose: in primo luogo, discutere di fronte al Paese le questioni fondamentali alle quali noi attribuiamo importanza, che sono legate alla manovra economica; in secondo luogo, una cosa che vi dovrebbe esser cara, dovrebbe esser cara anche a voi, ossia il recupero della dignità piena di un confronto dialettico e democratico che è alla base del prestigio delle istituzioni, in questo caso, del Parlamento della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, è di tutta evidenza che, anche se i lavori della Commissione si sono svolti secondo Regolamento (e di ciò diamo atto sia al Presidente Fini che al presidente Giorgetti), il giudizio sul piano politico è assai diverso, poiché è chiaro che qui ci siamo trovati di fronte ad un voto di fiducia anticipato in Commissione. A convalidare questa tesi politica, è sufficiente il fatto che non è stato possibile neppure votare gli emendamenti che servivano semplicemente a correggere errori materiali presenti in quel maxiemendamento.
Quando avviene una cosa di questo genere, è evidente che quel testo era talmente blindato che non si poteva toccare neanche per correggere gli errori materiali. Pag. 27
Allora, per carità, anche noi siamo disponibili a ridurre il numero delle proposte emendative però, di fronte a quello che è avvenuto in Commissione, lo faremo solo di fronte a un impegno del Ministro e del Governo preciso di permettere di andare fino in fondo nel lavoro in Aula sul disegno di legge finanziaria, votando e discutendo tutti i pochi emendamenti che saranno proposti e senza la mannaia della questione di fiducia sulle nostre teste (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Partito Democratico e Unione di Centro).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, trovo singolare questo giro di tavolo sull'ordine dei lavori perché anticipa rispetto alla fase della discussione sulle linee generali una sorta di trattativa informale tra una parte o tutta l'opposizione e il Governo su una questione che, al momento, non è all'ordine del giorno e che peraltro è prerogativa del Governo definire, ovvero la posizione della questione di fiducia e che, sia pure autorizzata dal Consiglio dei Ministri, non necessariamente attiene a questa fase.
C'è stato un confronto di merito in sede di Commissione - non è compito mio, forse più del relatore, intervenire sulle critiche che possono essere state rivolte in ordine al metodo del confronto e al riguardo, evidentemente, c'è una divergenza di opinioni tra maggioranza e opposizione su quali siano stati effettivamente i termini del metodo di confronto - pur tuttavia, signor Presidente, la Commissione ha deliberato in merito al provvedimento che oggi arriva qui con il mandato dei due relatori di maggioranza e anche con le due relazioni di opposizione che stanno per essere svolte.
Aggiungo inoltre che siamo qui a valutare un provvedimento sul quale l'opposizione pone una questione relativa all'eventuale posizione o meno della questione di fiducia, in relazione al numero degli emendamenti, sapendo benissimo - come sa il Presidente Casini, che è di lunga esperienza parlamentare e che ha presieduto questa Assemblea - che la questione di fiducia storicamente non prevede soltanto, tra le motivazioni che possono essere addotte per la sua posizione, l'ostruzionismo da parte dell'opposizione, ma mille altre ragioni che pure sono state enumerate nel corso dei tanti anni di esperienza parlamentare che l'onorevole Casini possiede e che quindi conosce nei precedenti dettagliatamente.

ANDREA LULLI. Quali?

SIMONE BALDELLI. Pertanto la posizione della questione di fiducia non viene posta sempre in relazione all'ostruzionismo. Si tratta peraltro di una questione di merito del provvedimento sul quale si pronuncerà anche il Governo.
Io vorrei sottolineare solo un aspetto: ci troviamo di fronte ad un disegno di legge finanziaria che è stato esaminato dal Senato in prima lettura e poi in sede referente dalla V Commissione della Camera. Ricordo che non più di due o tre anni fa esaminavamo disegni di legge finanziaria sui quali veniva posta la questione di fiducia con maxiemendamenti di 1.300-1.400 commi, che non vedevano neanche rispettato il lavoro svolto dalle Commissioni in sede referente proprio perché, evidentemente, il Governo decideva di stravolgerlo, magari all'ultimo momento, inserendo all'interno dei medesimi provvedimenti norme estranee al lavoro delle Commissioni attraverso appunto maxiemendamenti e ponendovi la questione di fiducia, di fatto sottraendo la possibilità non solo all'Assemblea, ma anche alle Commissioni di merito, del confronto parlamentare.

ANDREA LULLI. Non è vero!

ANTONIO BORGHESI. Ma che cosa dici?

SIMONE BALDELLI. Evidentemente ci troviamo in un clima completamente diverso: Pag. 28la Commissione ha lavorato, stiamo avviando la discussione sulle linee generali sul merito del provvedimento in Aula, inizieranno i relatori a dare conto all'Assemblea, in virtù del mandato che hanno ricevuto, delle loro relazioni, sia quelle di maggioranza che di opposizione, e pertanto comincino pure sia il confronto di merito che la discussione sulle linee generali.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per precisare i contenuti del lavoro in Commissione. Devo dare atto al presidente Casini che non c'è stato atteggiamento ostruzionistico da parte dell'opposizione - probabilmente coloro che erano impegnati nei lavoro in Commissione non avevano neanche il tempo di ascoltare i media quindi non potevano formulare valutazioni di questo tipo - e al contempo c'è stato lo spazio per votare le proposte dell'opposizione.
Com'è noto, i lavori della Commissione si sono infatti prolungati oltre il termine originariamente previsto, ma naturalmente una cosa è votare gli emendamenti delle opposizioni, cosa diversa è pretendere che gli emendamenti delle opposizioni vengano valutati positivamente ed approvati. Rientra quindi nella valutazione politica da parte della maggioranza e del Governo un atteggiamento che non è stato, in questo senso, collaborativo (per quanto si tratta di un atteggiamento assolutamente legittimo); naturalmente, in sede di Assemblea non credo che possa sostanzialmente cambiare, perché ciò non avrebbe, in questo senso, un significato proprio.
In ogni caso è ovviamente una prerogativa del Governo la decisione di porre la questione di fiducia, ma tenevo a ribadire che nell'ambito della Commissione vi sono stati gli spazi per la discussione e per la votazione e che non vi sono stati atteggiamenti ostruzionistici da parte di nessuno.

PRESIDENTE. Voglio solo osservare che gli interventi che sono stati svolti adesso non sono altro che il seguito delle prese di posizione assunte in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, quando si è provveduto ad organizzare i lavori dei provvedimenti in esame.
Per il resto, prendo anche atto del fatto che l'onorevole Borghesi ha sottolineato come i lavori si siano svolti secondo il Regolamento, e non posso aggiungere altro. Non vi sono altre richieste di intervento...

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi richiamo all'articolo 24 del Regolamento...

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, le sono grato per l'attenzione. Ho ascoltato con molto interesse gli interventi svolti ora in Aula. Il presidente Casini ha iniziato ponendo e facendo un discorso sul metodo e, credo, sul rapporto tra i lavori della Commissione e i lavori dell'Assemblea.
Sui lavori di Commissione credo che vada riconosciuto - come è stato riconosciuto, e credo anche personalmente riconosciuto - il fatto che in Commissione non vi è stato ostruzionismo, ma una discussione anche intensa e prolungata (ciò è stato riconosciuto negli interventi dell'onorevole Baldelli e poi del presidente Giorgetti).
Se in Commissione bilancio vi è stato non ostruzionismo ma discussione, questo è un fatto vero e positivo, e credo che ciò esaurisca il discorso sul metodo (cioè su quanto è stato fatto in Commissione bilancio e su quanto ora deve o può essere fatto in Assemblea).
Credo quindi che ora siamo qui non per discutere sul metodo, ma per avviare la discussione in Assemblea. Grazie.

Pag. 29

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 2936-A e A.C. 2937-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro, Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza sul disegno di legge finanziaria, onorevole Corsaro, ha facoltà di svolgere la relazione.

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2936-A. Signor Presidente, il fatto che siano state preannunciate due relazioni di minoranza e più ancora il contenuto degli interventi che, a partire dal presidente Casini e dagli altri colleghi che si sono succeduti, hanno di fatto aperto la nostra seduta pomeridiana mi portano anzitutto a rilevare che quella che mi accingo a presentare sarà una relazione di maggioranza che, per questo stesso fatto, conterrà al suo interno alcune considerazioni che, viceversa, non avrebbero avuto albergo in una relazione di unitarietà riconosciuta.
Siamo chiamati a trattare di un disegno di legge finanziaria profondamente diverso - nei numeri, nella sostanza, nella qualità degli argomenti che vi sono trattati - rispetto a quello che ci è stato consegnato dall'altro ramo del Parlamento dopo la conclusione della prima lettura.
Questo non perché - per cominciare a dare qualche risposta di verità alle contestazioni che sono apparse sui giornali nelle ultime ore e negli ultimi giorni - qualcuno si sia sognato di fare dei blitz in sede di elaborazione del testo in Commissione alla Camera, ma perché in modo chiaro, aperto e trasparente il Governo ed il Ministro Tremonti in primis, già in corso di prima lettura al Senato, avevano annunciato che questo disegno di legge finanziaria avrebbe avuto importanti modifiche morfologiche in ragione della determinazione, che avremmo potuto conseguire con il passare dei giorni, dell'entità delle entrate prevedibili dal cosiddetto scudo fiscale.
Oggi, quella che arriva in Aula è una manovra che pesa quasi 9 miliardi di euro, per l'esattezza 8 miliardi 884 milioni di euro (di cui circa 5 miliardi e 200 milioni di indebitamento). È una legge finanziaria, mi permetta Presidente di doverlo rilevare in apertura dell'intervento, sulla quale sono state diverse le modalità di approccio consentite da parte dei parlamentari di questo ramo del Parlamento rispetto a quanto avvenuto in fase di prima lettura; diverso è il crisma di ammissibilità degli emendamenti e delle materie consentito alla Camera. Tutto ciò ha posto in questo ramo del Parlamento i deputati di maggioranza e di minoranza in condizione, per esempio, di non poter trattare taluni argomenti che, viceversa, nell'altro ramo del Parlamento, non solo erano stati trattati, ma che avevano avuto udienza nella formulazione definitiva del testo trasmesso dal Senato.
Mi intratterrò, quindi, in particolare, a trattare gli argomenti che sono stati aggiunti dal lavoro della Commissione della Camera, arrivati oggi alla presentazione in Aula, non senza però aver ricostruito, proprio in ragione delle considerazioni che sono stato esposte in apertura di seduta dal presidente Casini, e dagli altri colleghi di minoranza, qual è stato l'iter con il quale siamo arrivati alla formulazione di questa proposta di legge finanziaria. In Commissione bilancio abbiamo ottenuto un'audizione nella quale il Ministro ha esposto non solo l'entità e la dimensione, in termini quantitativi, dell'intervento aggiuntivo rispetto al testo che era stato varato dal Senato, ma ha anche sostanzialmente evidenziato il quadro di riferimento generale del sistema economico, della collocazione del nostro Paese nella graduatoria rispetto all'andamento economico generale. Si è trattato di una fotografia che ha consentito, nel corso delle Pag. 30giornate successive, al Governo in prima battuta, e al relatore, come sintesi, almeno, dei colleghi di maggioranza, in seconda battuta, di presentare all'attenzione dei commissari della Commissione bilancio una serie di emendamenti sui quali poter lavorare. Si è trattato di emendamenti che hanno consentito - come era giusto, doveroso e legittimo che fosse - ai colleghi dell'opposizione non solo di prenderne atto, ma anche di avere il tempo, sempre garantito dall'ottima gestione del presente Giorgetti (che in questo senso voglio ringraziare, credo a nome di tutti) della presentazione dei subemendamenti. Si è arrivati alla serata di venerdì, quando ha preso corpo, ed è stato formalizzato agli uffici della Commissione, il cosiddetto maxiemendamento del relatore, che non conteneva, rispetto agli emendamenti presentati nelle giornate precedenti, alcun elemento innovativo. Tengo a precisare ciò perché è importante che si consideri che tanto i contenuti del maxiemendamento del relatore, quanto quelli dei subemendamenti presentati dai commissari di maggioranza e di minoranza, erano già conosciuti da tempo. Abbiamo, quindi, avviato una discussione sul maxiemendamento che ci ha tenuto impegnati nella nottata di domenica, come è stato ricordato dal collega Ventura nel corso del suo intervento, che ci ha portato sostanzialmente a valutare una concezione alternativa degli impieghi delle risorse che erano considerate aggiuntive tra la prima e la seconda lettura; si è avuta una proposizione alternativa - legittima - di interventi tra la maggioranza e la minoranza. Atteso, cioè, che il dimensionamento dell'intervento possibile era dato, la maggioranza, con il maxiemendamento del relatore, aveva inteso enucleare una serie di interventi, che richiamerò tra un attimo, per impiegare le risorse che erano state disposte. Il progetto presentato dai colleghi della minoranza, viceversa, presentava una proposta di impiego fortemente alternativo di queste risorse.
Noi abbiamo da subito segnalato e rappresentato ai colleghi di minoranza che non solo non vi era nulla da contestare rispetto al contenuto di alcune loro proposte, ma che anzi molte delle loro proposte e gli argomenti principali che erano individuati nelle loro proposte corrispondevano anche ad argomentazioni che erano alla nostra attenzione e che avevano costituito elemento di dibattito anche all'interno della maggioranza in sede di prima lettura e nella formulazione del maxiemendamento, ma che nella formulazione definitiva del maxiemendamento la maggioranza aveva ritenuto di riconoscersi viceversa in una morfologia alternativa di impieghi delle risorse che sapevamo essere disponibili. Si trattava cioè di avere di fronte una serie di subemendamenti che avrebbero reso sostanzialmente inapplicabile quel progetto di legge finanziaria sul quale il Governo prima e la maggioranza poi avevano ritenuto di concordare nella formulazione del testo del cosiddetto maxiemendamento presentato dal relatore.
È stato detto, Presidente - e mi dispiace - che l'evoluzione dei lavori di Commissione ha impedito di procedere alla votazione degli emendamenti e dei subemendamenti proposti dai colleghi di minoranza. Voglio dire, Presidente, che nulla è più lontano dal vero di questa asserzione, perché si è discusso per tutta la notte e tutti i rappresentanti della minoranza hanno avuto modo di prendere parola sui vari argomenti che più sentivano prossimi alla propria sensibilità, e al momento di arrivare alla messa in votazione in Commissione degli emendamenti si è giunti ad una strana vicenda che - lo dico sperando di non urtare la suscettibilità di alcuno - mi ha ricordato un po' la storia di quei bambini che si recano al campo di gioco portandosi il pallone e che poi quando non ottengono dai compagni di squadra l'autorizzazione a tirare il calcio di rigore prendono il pallone e se ne vanno cercando di lasciare gli altri senza la possibilità di giocare.

ANDREA LULLI. Ma cosa stai dicendo?

Pag. 31

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2936-A. È successo cioè che la minoranza ha deciso di abbandonare il campo nel momento in cui si trattava di votare gli emendamenti che essa stessa aveva presentato. La Commissione ha proseguito i suoi lavori e ha regolarmente proceduto alla votazione di tutti gli emendamenti, e ha concluso i suoi lavori con l'approvazione del maxiemendamento del relatore e con la delega al relatore per riferire in Aula il contenuto del lavoro. Contenuto del lavoro, Presidente, che è il frutto di quello che abbiamo ritenuto essere un giusto mix tra interventi di interesse sociale, azioni per lo sviluppo economico ed interventi per il miglior funzionamento della pubblica amministrazione e per l'uso delle strutture della pubblica amministrazione.
Si è detto ancora, Presidente, e si è letto sui giornali in questi giorni che vi sarebbe stato nella formulazione di questa legge finanziaria un insolito assalto alla diligenza che ci avrebbe riportato alla visione di leggi finanziarie di dieci, venti o trenta anni fa. Cercherò, nei pochi minuti di questa mia relazione, di dimostrare esattamente il contrario, Presidente, cominciando ad enucleare punto per punto quelli che sono gli interventi aggiuntivi che nel lavoro di questa Camera abbiamo cercato di produrre per rendere il testo della finanziaria compatibile a quello che è oggi all'attenzione della Camera dei deputati stessa. Noi abbiamo cominciato a trattare alcuni argomenti; li ho divisi per tre famiglie e in questo modo intendo esporli. Parto dal capitolo che riguarda il welfare, gli interventi di interesse sociale. Abbiamo inserito un capitolo intero che riguarda gli interventi di ammortizzazione sociale, con l'allocazione di quasi un miliardo di euro (tra parentesi, vuol dire circa 2 mila miliardi delle vecchie lire), che tra l'altro serve per prorogare gli ammortizzatori in essere nel corrente anno 2009, per avviare la sperimentazione della tutela al reddito dei lavoratori a progetto (quindi per estendere la platea dei potenziali beneficiari dei nostri interventi), per produrre incentivi per le agenzie per il lavoro che riescono a collocare del personale nel mondo del lavoro, per dare incentivi ai datori di lavoro che viceversa reintegrano persone che nel corso degli ultimi diciotto mesi erano state estromesse in ragione della crisi dal mercato del lavoro, per finanziare le attività di formazione all'apprendistato, e per dare un incisivo incremento - e Dio solo sa se ce n'è bisogno - all'accertamento e alle frodi in materia di invalidità civile.
Sempre in campo di welfare siamo intervenuti con la definizione del Patto sulla salute, a margine e a conclusione di un proficuo lavoro svolto nella Conferenza Stato-regioni che porta all'aumento di un finanziamento ancora di circa un miliardo di euro, per la precisione 584 milioni nel 2010 e 419 nel 2011; più un miliardo di euro messo a disposizione per l'edilizia sanitaria in un Paese che credo ne abbia un po' bisogno; più un miliardo di euro per l'estinzione dei debiti della sanità; più 400 milioni per i fondi di autosufficienza; più la pianificazione dei disavanzi regionali con la possibilità per le regioni di fare ricorso ai fondi FAS regionali; più ancora l'immissione in legge di un concetto di responsabilizzazione delle regioni sulla gestione e sul controllo del deficit sanitario.
Sempre in materia di welfare abbiamo inserito un importante fondo che mi dispiace non sia stato valorizzato sufficientemente nella comunicazione in questi giorni: un fondo di 300 milioni messo a disposizione per la dotazione di messa in sicurezza dei plessi scolastici esistenti sul territorio: non è più possibile rimanere inerti nel vedere tragedie di tetti di scuole che cadono sulle teste dei nostri figli. Abbiamo inserito, sempre in tema di scuola, un finanziamento di 103 milioni per il contributo alla gratuità dei libri; 130 milioni per il finanziamento della scuola paritaria; abbiamo stanziato 370 milioni per gli interventi a supporto dei lavoratori socialmente utili del comparto della scuola e per la disoccupazione. Abbiamo rifinanziato nella misura di 400 milioni il 5 per mille. Abbiamo prorogato da gennaio a giugno ed esteso la modulazione del rimborso Pag. 32da 24 a 60 mesi per il ritorno dei contributi e delle imposte delle popolazioni dell'Abruzzo alle quali, in area circoscritta alla provincia de L'Aquila, abbiamo anche voluto dedicare la sperimentazione della cosiddetta cedolare secca sugli affitti nella speranza che soprattutto nel corso dell'implementazione del cosiddetto federalismo fiscale questa sperimentazione possa essere adottata ad ampio raggio su tutto il territorio nazionale.
Abbiamo disposto una serie di interventi in materia di sviluppo economico a muovere da una forte ricapitalizzazione dello strumento del credito di imposta per l'innovazione, per la ricerca e lo sviluppo: 200 milioni in più per il 2010; 200 milioni in più per il 2011, per complessivi un miliardo 50 milioni messi a disposizione del sistema delle imprese per finanziare l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo.
Siamo intervenuti su un settore, l'agricoltura, che, credo sia stato sottolineato da tutte le parti politiche, era forse quello più bisognoso di interventi, per complessivi 565 milioni di euro: 100 milioni l'anno per tre annualità per rifinanziare il Fondo di solidarietà sulle annualità pregresse; 100 milioni per finanziare le necessità del settore agricolo provenienti dai fondi ex CIPE; 140 milioni per finanziarie le polizze assicurative contro i danni all'agricoltura; 25 milioni per il programma triennale della pesca e dell'agricoltura. Abbiamo dotato il sistema dell'università pubblica di 400 milioni di risorse per la propria organizzazione. Abbiamo inserito in questo testo di legge la possibilità, con la creazione della Banca del Mezzogiorno, di attivare una rete virtuosa tra banche e sistemi finanziari per potere regolare, incentivare, per poter rendere interessanti gli investimenti per far recuperare al sud quel gap infrastrutturale che pesa sull'economia nazionale complessiva.
Abbiamo disposto degli interventi fondamentali per rendere più puntuali e più precisi gli interventi infrastrutturali: una norma che riguarda i lotti costruttivi, cioè la possibilità che il CIPE possa autorizzare l'avvio di grandi opere di vasta dimensione, non solo finanziaria ma anche di periodo, anticipando i singoli lotti in funzione della loro finanziabilità e della loro cantierabilità. Abbiamo dotato di 400 milioni il Fondo per la politica dell'autotrasporto. Abbiamo ricapitalizzato nella misura di 470 milioni la Società Ponte sullo Stretto di Messina. Abbiamo attivato la possibilità che i confidi possano destinare i loro fondi con particolare riguardo alle aree con maggiore percentuale di disoccupazione. Siamo intervenuti per consentire che la Cassa depositi e prestiti possa partecipare a fondi di finanziamento e sviluppo per le piccole e medie imprese che tanto hanno sofferto per le difficoltà finanziarie ma che ancora sono il nucleo vitale della nostra energia economica e finanziaria. Abbiamo finanziato nella misura di 50 milioni la rete delle TV locali. Abbiamo parzialmente modificato - forse una delle poche modifiche che abbiamo fatto dal testo che ci è pervenuto dal Senato - la norma sul DURC dei commercianti, consentendo alle singole regioni di stabilire se questa certificazione debba essere corrisposta per l'esercizio del commercio ambulante e soprattutto prevedendo la possibilità per i commercianti di poter ottenere il DURC anche nel caso in cui abbiano attivato un percorso di progressiva restituzione del debito maturato nei confronti dell'INPS.
Abbiamo trattato - ed è l'ultimo capitolo che intendo affrontare, signor Presidente - anche gli argomenti che riguardano il funzionamento della macchina dello Stato e degli enti locali. Abbiamo inserito, anticipandone una parte, alcuni argomenti contenuti nel testo delle autonomie locali, che il Governo aveva già varato ed approvato nella seduta di qualche settimana fa, con una riduzione dei trasferimenti agli enti locali, che deve essere compensata con una maggiore razionalizzazione della struttura e, finalmente - lo dico a supporto dei cittadini che ci ascoltano - con un alleggerimento del peso della burocrazia politica sul territorio. Ciò tramite la riduzione numerica dei consigli provinciali, dei consigli comunali, e delle relative giunte; con l'abolizione del difensore civico e dei consorzi di Pag. 33funzione tra enti locali, con la cancellazione dei finanziamenti alle comunità montane, e con l'abolizione dei consigli di circoscrizione.
Abbiamo dato il giusto finanziamento ai comuni che legittimamente rivendicavano il recupero dei fondi che gli erano venuti meno con l'abolizione dell'ICI: 1.776 milioni di euro andranno agli enti locali e ai comuni per rifondere completamente 760 milioni di euro a valere sul 2009, 760 milioni di euro a valere sul 2010, e 156 milioni di euro a valere sul 2008.
Abbiamo finanziato la giustizia (500 milioni di euro per l'edilizia carceraria) e ne abbiamo diminuito i costi strutturali, individuando dove possono essere trovati gli sprechi e, quindi, cancellati.
Sono state attivate le convenzioni con le regioni per l'uso dei FAS per il maggiore funzionamento della macchina della giustizia sul territorio.
Abbiamo disposto due implementazioni alla norma, già prescritta dal Senato, in materia di confisca dei beni alla mafia, e su questo mi permetta, signor Presidente, di spendere una parola in particolare.
Abbiamo voluto inserire un diritto di opzione per le cooperative costituite da operatori delle Forze armate e delle forze dell'ordine per poter rilevare gli immobili confiscati alla mafia e per poterli eventualmente ridestinare a loro abitazione. Abbiamo previsto una prelazione per gli enti locali che possano essere interessati a mantenere il possesso e la proprietà di quei beni confiscati alla mafia che insistono sul loro territorio.
Signor Presidente, come le ho anticipato, su questo punto vorrei dire qualcosa di più. Infatti, non ci hanno convinto in modo assoluto talune argomentazioni che in materia di alienazione dei beni confiscati alla mafia sono state addotte da alcuni parlamentari, in qualche caso, anche da parlamentari della maggioranza, o presunti tali (Commenti), secondo i quali la possibile alienazione dei beni confiscati alla mafia costituirebbe la possibilità per la malavita di riappropriarsi dei beni che gli sono stati confiscati.
Rispondo con una sola semplice considerazione. Se il problema fosse veramente quello, dovremmo dire, signor Presidente, non già che ritiriamo la norma che consente l'alienazione dei beni confiscati alla mafia; dovremmo dire che in Italia sono sospese definitivamente le transazioni immobiliari di qualunque genere e di qualunque natura. Infatti, se il punto è capire quale utilizzo possa fare la mafia delle proprie risorse, credo che sarebbe molto più facile prevedere che, piuttosto ad andarsi a riprendere direttamente ciò che gli è stato confiscato, avendo la certezza matematica di essere visti e controllati, dall'inizio alla fine, da tutti gli elementi di polizia e di giustizia, i signori della malavita organizzata, probabilmente, preferirebbero andare a comprare immobili allocati altrove sul territorio nazionale. Vi saranno altre considerazioni sul punto, che riservo al seguito della discussione.
In materia di sicurezza, in aggiunta ai fondi stanziati nella prima lettura al Senato, abbiamo garantito il turnover per le forze di polizia e per i vigili del fuoco.
Abbiamo lavorato sulla possibilità di alienare gli immobili della difesa per la valorizzazione del patrimonio, anche attraverso la costituzione e la partecipazione del Ministero della difesa a fondi appositi, con la possibilità di destinare 600 milioni di euro per Roma capitale, con la possibilità che Roma possa gestire queste risorse in forma anticipata.
Abbiamo finanziato con 750 milioni di euro il prossimo semestre di lavoro delle missioni internazionali dei nostri militari in giro per il mondo.

ANDREA LULLI. Sono atti dovuti!

MASSIMO ENRICO CORSARO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2936-A. Abbiamo finanziato con un incremento di 20 milioni la legge sulla montagna e riorganizzato l'operatività delle authority, inserendo un trasferimento di fondi all'Autorità antitrust, al Garante della privacy e alla Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Pag. 34
In allegato al maxiemendamento del relatore compaiono una serie di provvedimenti puntuali che ho voluto richiamare e un'ultima voce che stanzia 181 milioni - lo ripeto, 181 milioni - su un totale di 8 miliardi e 884 milioni di intervento per i quali l'allocazione delle risorse non è stata puntualmente specificata, ma sono state specificate le leggi di riferimento che saranno utilizzate per spendere quel denaro. È bastato questo perché, da parte dell'opposizione, si dicesse che stiamo compiendo l'assalto alla diligenza. Credo che la semplice esposizione degli argomenti che ho voluto richiamare sia sufficiente agli italiani per capire se questo sia un intervento strutturale o se sia un intervento di assalto alla diligenza. Voglio ricordare che le leggi cui si farà riferimento per impiegare quei 181 milioni riguardano la contribuzione all'unione italiana ciechi, gli interventi per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, il Fondo per l'acquisizione dei beni del Ministero della giustizia, il Fondo unico per la giustizia e i progetti in favore degli esuli di Istria, Dalmazia e Fiume. Chi non è d'accordo su questi investimenti lo dichiari esplicitamente e dica su quali tra di essi è contrario.
Signor Presidente, in conclusione, siamo certi di aver compiuto un buon lavoro, nella convinzione che, certo, il mondo non finisce con la legge finanziaria per il 2010. Come ha già anticipato il Governo, nel corso delle prossime settimane ci occuperemo di alcuni provvedimenti, magari anche settoriali, che continueranno, così come abbiamo fatto dal decreto-legge n. 112 del 2008 in poi, ad accompagnare il sistema economico italiano ad uscire da una crisi che abbiamo saputo prevedere prima di altri e i cui effetti sul bilancio pubblico abbiamo saputo contenere prima e meglio degli altri competitori in Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'istituto tecnico commerciale Vincenzo Cosentino di Rende, in provincia di Cosenza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Il relatore per la maggioranza sul disegno di legge di bilancio, onorevole Marinello, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2937-A. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, per il secondo anno consecutivo la manovra di bilancio è stata anticipata all'estate, in modo da prevenire taluni andamenti negativi del ciclo economico e successivamente, a fine anno, intervenire. La manovra di finanza pubblica per il triennio 2010-2012, pertanto, è stata in larga parte effettuata, come è noto, dagli interventi introdotti dal decreto-legge n. 78 del 1o luglio 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102 del 3 agosto 2009, con il quale è stato anticipato all'estate l'aggiornamento della manovra finanziaria triennale attuata lo scorso anno e l'adozione delle misure a favore delle famiglie e delle imprese dirette a contrastare l'attuale situazione di crisi economica.
Ancora una volta, il Governo, in un contesto generale caratterizzato da elevata incertezza in ordine all'intensità e alla durata della prospettiva di ripresa della crescita del prodotto, ha scelto una strada responsabile ispirata a una logica di prudenza fiscale, in base alla quale l'intento di contrastare gli effetti negativi della crisi economica senza determinare un peggioramento della situazione dei conti pubblici è stato perseguito attraverso la definizione di misure di sostegno articolate in modo da determinare un impatto quanto più possibile neutrale sulla finanza pubblica.
Chiuso l'esercizio 2009, non si è ritenuto opportuno operare interventi correttivi degli andamenti tendenziali dei conti pubblici del 2010, i quali sono stati, invece, previsti a partire dall'esercizio 2011, nel corso del quale, con l'esaurirsi del ciclo recessivo e l'inizio di una fase espansiva, dovrebbe registrarsi un più stabile miglioramento del quadro macroeconomico. Pag. 35
La logica sottesa a tale approccio è quella di una sostanziale prudenza che tiene prioritariamente conto dei rischi connessi ad un peggioramento del disavanzo per un Paese quale l'Italia su cui grava un debito pubblico in rapporto al PIL delle dimensioni che tutti, purtroppo, conosciamo.
I quadri riassuntivi del disegno di legge di bilancio e gli allegati al disegno di legge finanziaria testimoniano tale impostazione di sostanziale neutralità fiscale degli effetti derivanti dalla manovra in esame per il triennio, anche ora che la finanziaria si è arricchita di disposizioni rilevanti, come abbiamo testè sentito dalla brillante esposizione del relatore Corsaro.
Ma voglio citare, per continuità di ragionamento, le risorse per gli ammortizzatori sociali, il Patto per la salute, le risorse da destinare ai comuni a copertura del mancato gettito ICI, il credito d'imposta per la ricerca delle imprese, i 300 milioni per la messa in sicurezza delle scuole, il 5 per mille, la proroga della sospensione dei tributi per le aree abruzzesi, lo stanziamento di oltre un miliardo nel triennio per le forze di polizia ed altre misure ancora. Si è proceduto, sostanzialmente, ad un riparto delle maggiori entrate derivanti dallo scudo, mantenendo la promessa fatta a suo tempo dal Ministro Tremonti - e di questo, Ministro, gliene rendiamo atto - di procedere sollecitamente alla spesa non appena avesse avuto contezza delle maggiori entrate.
In particolare, per quanto concerne gli effetti sui saldi di finanza pubblica, il disegno di legge finanziaria non comporta effetti correttivi di rilievo in termini di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche, la cui incidenza sul PIL rimane pertanto fissata, per il triennio 2010-2012, nei valori indicati dalla Nota di aggiornamento al DPEF. Analogamente, gli interventi introdotti dal disegno di legge incidono marginalmente sul fabbisogno del settore statale mentre variazioni in aumento del triennio 2010-2012 sono previste in termini di saldo netto da finanziare.
In particolare, per quanto riguarda il bilancio dello Stato a seguito delle modifiche approvate nel corso dell'esame al Senato - e considerando gli effetti prodotti sul bilancio - il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per il 2010, in termini di competenza al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, viene rideterminato in 62.418 milioni di euro al di sotto, pertanto, del limite massimo indicato dal disegno di legge finanziaria. Il quadro riepilogativo relativo all'esercizio 2010 posto a confronto con il bilancio assestato del 2009 mostra, quindi, un miglioramento - ed è questo, cari colleghi, un dato che vogliamo sottolineare - del saldo netto da finanziare di circa 8,5 miliardi. Tale risultato è in parte ridotto dalla manovra contenuta nel disegno di legge finanziaria che determina effetti espansivi rispetto al saldo di bilancio a legislazione vigente per circa 1,3 miliardi. Esso si mantiene, comunque, ampiamente positivo dato che il saldo finale per il 2010 rimane significativamente migliore rispetto a quello risultante dall'assestamento del 2009. Rispetto ai 69,7 miliardi del 2009, infatti, le previsioni per il bilancio dello Stato, pur se integrato con il disegno di legge finanziaria, determinano un saldo netto da finanziare apprezzabilmente inferiore - così come avevamo detto - pari circa a 62,4 miliardi.
Prescindendo dagli effetti della manovra in corso, su cui deve ancora proseguire l'esame parlamentare, il miglioramento a legislazione vigente di 8,5 miliardi è il risultato di una riduzione delle spese correnti al netto degli interessi di circa due miliardi di euro e delle spese in conto capitale per circa 8,3 miliardi di euro e, dall'altra, dalla riduzione delle entrate finali per circa 0,7 miliardi e da un aumento della spesa per interessi di oltre un miliardo.
In particolare, per quanto riguarda le spese finali iscritte nel bilancio, la riduzione è pressoché interamente imputabile al sensibile decremento delle spese in conto capitale, che registrano una riduzione di 8.348 milioni di euro rispetto al bilancio assestato del 2009. La contrazione Pag. 36delle spese in conto capitale è principalmente ascrivibile ai seguenti comparti di spesa: riduzione dei contributi agli investimenti alle imprese, riduzione dei contributi agli investimenti alle amministrazioni pubbliche, riduzione di altri trasferimenti in conto capitale e anche il decremento di 1.460 milioni del corrispettivo dovuto per l'anno 2009 per gli immobili relativi ad operazioni di cartolarizzazione, al fine di estinguere le passività in capo alla stessa. Infine, va ricordata la riduzione del Fondo per la riassegnazione dei residui passivi perenti in conto capitale che, pur mantenendosi nel 2010 superiore rispetto alla dotazione iniziale del bilancio 2009, presenta una riduzione di 3.114 milioni rispetto all'assestamento del 2009. Le maggiori risorse stanziate sul Fondo per le aree sottoutilizzate, invece, incidono per 2.386 milioni.
Anche la spesa corrente registra rispetto al bilancio assestato una riduzione. Tale importo è sostanzialmente dovuto alla previsione di una consistente riduzione della spesa corrente primaria, cui fa da contrappeso un aumento della spesa per interessi di 1.174 milioni di euro. Le variazioni maggiori rispetto al dato assestato 2009 sono previste per le seguenti categorie di spese: i trasferimenti correnti alle famiglie, che registrano una flessione e i consumi intermedi che presentano una contrazione di 1.186 milioni rispetto al 2009.
Altre uscite correnti presentano una riduzione pari a 1.991 milioni, di cui una parte (674 milioni) è da riferirsi al venir meno della dotazione del fondo costituito con le risorse provenienti dai cosiddetti conti bancari dormienti.
I redditi da lavoro dipendente, infine, registrano una flessione pari a 590 milioni, che tiene conto del venir meno di una quota delle risorse destinate alla prosecuzione delle missioni internazionali di pace. Le suddette variazioni negative sono compensate, in parte, delle seguenti variazioni in aumento: i trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, che aumentano di complessivi 4.655 milioni e gli interessi passivi, che registrano un incremento di 1.174 milioni connesso all'andamento sia degli interessi sui BOT poliennali, sia all'andamento dei tassi di interesse sui buoni postali fruttiferi. Per contro, si riducono di 2.250 milioni gli interessi sui conti correnti di tesoreria.
Riguardo alle entrate finali, la riduzione di 729 milioni, rispetto alle previsioni assestate per il 2009, risulta determinata dall'andamento decrescente delle entrate extratributarie e di quelle da alienazione e ammortamento dei beni patrimoniali, in parte compensato dall'aumento delle entrate tributarie che registrano un incremento di 3.546 milioni.
Confrontando i dati con quelli della legge di bilancio, si evidenzia una considerevole riduzione delle entrate finali, di circa 27 miliardi di euro, interamente ascrivibile alle entrate tributarie. Si tratta, come è evidente, dell'effetto della crisi economica che, attraverso le entrate, si scarica sui conti pubblici.
Per quanto riguarda le entrate finali, viene prevista nel 2010 una riduzione complessiva di 729 milioni rispetto al dato assestato 2009, determinata da un incremento dello 0,9 per cento delle entrate tributarie, a fronte di una riduzione di quelle extratributarie. In particolare, le entrate extratributarie registrano complessivamente una diminuzione del 12,3 per cento.
Per quanto riguarda le entrate tributarie, rispetto al dato assestato 2009, viene indicato, in particolare, un incremento dell'IRPEF e dell'IRES, mentre viceversa per l'IVA vengono indicati minori introiti per circa 825 milioni. Nell'ambito di tale quadro finanziario, il disegno di legge recante la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato per il 2010 e per il triennio 2010-2012 conferma, sul lato della spesa, la struttura contabile per missioni e programmi introdotta con la legge di bilancio 2008 al fine di privilegiare il contenuto funzionale della spesa.
Come già per il 2009, sul processo di formazione del disegno di legge di bilancio ha inciso la disciplina di flessibilità di bilancio introdotta dall'articolo 60, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 Pag. 37che, originariamente prevista in via sperimentale per il solo anno 2009, è stata estesa dal decreto-legge n. 78 all'anno 2010.
Anche per tale anno, è stata data pertanto ai Ministeri la facoltà, nella fase di formazione del disegno di legge di bilancio, di riallocare le risorse verso altre forme di impiego ritenute prioritarie e/o più produttive, attraverso la loro rimodulazione tra i programmi che realizzano la stessa missione di spesa.
Le tabelle evidenziano come l'entità delle spese rimodulabili rappresenti circa il 4 per cento della spesa finale del bilancio dello Stato e come, nell'ambito di questa percentuale, risulti rimodulabile una quota pari al 33 per cento delle spese in conto capitale, a fronte di una quota pari al 2 per cento delle spese correnti.
Analizzando poi gli Allegati 2 agli stati di previsione dei Ministeri, si evidenzia come le rimodulazioni effettuate sui fattori legislativi hanno determinato, nel complesso, una riduzione delle dotazioni di spesa delle leggi considerate di oltre 15,6 milioni di euro nel 2010, di 14,2 milioni nel 2011 e di 14,1 milioni nel 2012. La quasi totalità delle riduzioni riguarda le autorizzazioni di spesa di parte corrente.
Come già ricordato, il disegno di bilancio conferma quindi la struttura contabile introdotta a partire dalla legge di bilancio per il 2008. In tale quadro, al fine di rendere diretto il legame tra risorse e azioni perseguite, viene mantenuta l'articolazione degli stati di previsione della spesa secondo 34 missioni, le quali rappresentano le funzioni principali della spesa pubblica e ne delineano gli obiettivi strategici.
Modificazioni sono invece intervenute in ordine al quadro funzionale relativo ai programmi, che è stato rivisitato, al fine di migliorarne la leggibilità e la significatività. A seguito della revisione operata dai diversi dicasteri, nel disegno di legge di bilancio per il 2010, le missioni sono state articolate in 162 programmi, rispetto ai 163 presenti nel disegno di legge di bilancio 2009, poi divenuti 164 nel testo di legge.
Per quanto concerne gli aspetti quantitativi, il disegno di legge di bilancio consente di identificare lo stock delle risorse disponibili a legislazione vigente per ciascuna delle 34 grandi finalità istituzionali perseguite con la spesa pubblica.
Analizzando la quota delle risorse disponibili per il 2010 per ognuna delle 34 missioni rispetto al totale del bilancio dello Stato, emerge come le percentuali maggiori delle risorse siano destinate ad alcune finalità ben identificate: il 21,7 per cento riguarda le relazioni finanziarie con le autonomie locali; il 14,8 per cento delle risorse sono allocate alla missione 34 (debito pubblico), e servono sostanzialmente per soddisfare gli interessi per il servizio del debito pubblico; il 14,3 per cento delle risorse sono allocate alla missione 25 (politiche previdenziali); l'11,8 per cento della spesa alla missione 29 (politiche finanziarie e di bilancio); mentre all'istruzione scolastica (missione 22) è destinato l'8,2 della spesa. Così a seguire per tutte le altre missioni.
Infine un breve cenno anche agli altri quadri di bilancio contenuti nel disegno di legge. Il quadro generale riassuntivo del bilancio pluriennale dello Stato per il triennio 2010-2012 a legislazione vigente, evidenzia gli importi in termini di competenza. Per quanto concerne i saldi di finanza pubblica, il saldo netto da finanziare si riduce progressivamente sino ad attestarsi a 37.263 milioni di euro. Tale risultato è ascrivibile sostanzialmente ad un progressivo aumento delle entrate, pari a 472.330 milioni di euro nel 2012, nonché ad un progressivo aumento delle spese finali meno pronunciato delle entrate.
Per quanto concerne le spese, il bilancio pluriennale evidenzia un tasso di incremento contenuto della spesa corrente, mentre le spese in conto capitale registrano nel triennio una sensibile riduzione e si attestano nel 2012 a circa 35 miliardi, rispetto ai 51,6 miliardi dell'assestato 2009. Pag. 38
Il disegno di legge di bilancio riporta altresì i valori di alcune voci dell'entrata e della spesa, nonché i saldi differenziali previsti nel bilancio programmatico per il 2010, confrontati con i dati del bilancio consuntivo 2008 e dell'assestamento 2009. Anche in relazione al bilancio programmatico, in confronto ai dati del bilancio assestato 2009, per quanto concerne le spese si registra una costante riduzione della spesa corrente al netto degli interessi, la cui incidenza sul PIL è prevista diminuire dal 24,6 per cento del 2009 al 22,2 per cento nel 2012. La spesa per interessi è prevista passare dal 5,1 per cento del 2009 al 5,4 per cento nel 2012, mentre la spesa in conto capitale è prevista, infine, ridursi dal 3,4 per cento del PIL nel 2009 al 2,6 per cento nel 2012.
La relazione illustrativa sottolinea come, in sede di impostazione delle previsioni in termini di cassa, sia continuato lo svuotamento dei conti di tesoreria, al fine di ricondurre sotto controllo i flussi di cassa diretti verso soggetti esterni.
Per avviarci alla conclusione, rispetto al testo presentato dal Governo gli emendamenti approvati dal Senato hanno modificato solo marginalmente il quadro complessivo che qui ho voluto sinteticamente riepilogare.
Per quanto riguarda, invece, il lavoro da noi svolto in Commissione bilancio le modifiche introdotte ci appaiono per certi versi significative.
In primo luogo, dobbiamo ricordare che, in relazione all'approvazione definitiva della legge 13 novembre 2009, n. 172, che ha previsto l'istituzione del Ministero della salute, è stata introdotta la tabella quattordicesima recante lo stato di previsione di tale Ministero, corrispondentemente riducendo gli stanziamenti contenuti nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che tiene anche conto della nuova denominazione assunta dal Ministero. Sono state altresì introdotte variazioni compensative agli stati di previsione del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero degli affari esteri, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero della difesa e del Ministero per i beni e le attività culturali. Tali modifiche si sono rese necessarie principalmente ai fini di una migliore allocazione della spesa, anche al fine di tener conto delle modifiche della struttura organizzativa dei predetti Ministeri, introdotte dai rispettivi regolamenti di organizzazione.
In particolare desidero segnalare che con l'intervento relativo allo stato di previsione del Ministero della difesa, si è inteso rispondere all'esigenza di finanziamento del Fondo per l'efficienza dei servizi istituzionali per consentire la corresponsione a tutti i reparti dell'Arma dei carabinieri degli emolumenti relativi agli impegni di natura operativa già svolti.
È stato altresì disposto un incremento del Fondo delle spese per costruzione ed acquisizione di impianti e sistemi al fine di tenere conto degli impegni operativi previsti per l'anno 2010.
È stata altresì integralmente sostituita la Tabella 9 relativa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di tener conto della riorganizzazione amministrativa prevista dal regolamento di organizzazione del suddetto Ministero di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 240 del 3 agosto 2009, che ha sostanzialmente modificato l'articolazione delle direzioni generali del Ministero.
Si è voluto scegliere, tra l'altro - e questo è stato un emendamento condiviso anche con l'opposizione, che nasce dalla sintesi di proposte emendative presentate dai gruppi parlamentari dell'opposizione - di incrementare di 1,5 milioni di euro gli stanziamenti previsti nell'ambito dello stato di previsione per il Ministero della giustizia per il funzionamento della giustizia civile e penale e di 2,5 milioni di euro gli stanziamenti previsti nell'ambito dello stato di previsione per il Ministero degli affari esteri per gli interventi relativi al programma Italiani nel mondo e politiche migratorie e sociali. Anche questo è stato un emendamento, tra l'altro, condiviso da maggioranza e opposizione.
È previsto, infine, il rifinanziamento per 1,5 milioni di euro nell'ambito dello Pag. 39stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dello stanziamento per prevenire le conseguenze di eventi alluvionali e franosi nella provincia di Teramo.
È stata inoltre introdotta una modifica all'articolo 11 volta a rendere possibili variazioni compensative tra le dotazioni complessive di parte corrente dello stato previsionale del Ministero della difesa per dare puntuale attuazione alla politica di riallocazione ed ottimizzazione delle risorse di cui all'articolo 65 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133.
Per concludere, la crescente erosione dei margini di manovra che la difficile congiuntura internazionale ha determinato sulla gestione e programmazione dei nostri conti pubblici comporta la necessità della massima valorizzazione dello strumento costituito dal disegno di legge di bilancio. Ciò è risultato particolarmente importante nell'anno in corso - ed in tal senso la prima esperienza del disegno di legge di bilancio per il 2009 può considerarsi sicuramente positiva - e più ancora per il 2010 per il quale, come ho già in precedenza illustrato, l'azione ispiratrice del Governo è tesa alla stabilizzazione della finanza pubblica, rinviando gli effetti correttivi alla fase successiva, dal 2011 in poi, quando il ciclo economico si avvierà con più solidità verso una situazione espansiva.
Consolidare i conti pubblici non significa, però, condurre ad una politica di finanza pubblica di basso profilo; al contrario, ciò comporta una più difficile e complessa linea di intervento che, non potendo agire sulla quantità, deve operare sul più stretto sentiero della qualità. Ritengo che questo, colleghi, rappresenti l'aspetto dal punto di vista qualitativo più importante di questa manovra e della nostra strategia di Governo per quanto riguarda i conti pubblici.
La strada che per il 2010 ha scelto il Governo è pertanto quella della manutenzione dei conti pubblici con l'obiettivo di migliorare, con risorse in molti casi anche minori di quelle in precedenza disponibili, la qualità e l'efficienza della spesa. Si tratta di un compito che per sua natura viene a gravare per la sua gran parte non più sulla legge finanziaria, bensì sulla legge di bilancio.
È evidente che una migliore qualità della spesa richiede preliminarmente una più approfondita conoscenza delle poste contabili e questo oggi è possibile grazie alla nuova struttura di bilancio per missioni e programmi, introdotta da noi e grazie all'intuizione del Ministro Tremonti, che consente una lettura del bilancio non più esclusivamente contabile, come in precedenza, ma sostanziale.
La nuova classificazione del bilancio dello Stato consente, infatti, di meglio evidenziare la relazione tra le risorse disponibili e le finalità delle politiche pubbliche anche al fine di superare la tradizionale logica incrementale del rifinanziamento delle politiche di spesa e di rendere più agevole l'attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica.
Da quanto sopra consegue che il Parlamento dovrà dedicarsi ad una più attenta lettura dei documenti di bilancio, e quindi a valutare politicamente l'attività di Governo; si riducono le possibilità, dunque, di modificare l'allocazione delle risorse se non per grandi aggregati, concentrando il dibattito sul miglior uso possibile delle risorse disponibili e questo, per quanto ci riguarda, rappresenta un momento di ulteriore crescita del Parlamento e dell'evoluzione in senso moderno alla finanza pubblica. La nuova architettura, quindi, rende molto più significativo, rispetto agli esercizi finanziari precedenti, il contenuto delle Note preliminari.
Condivido pertanto pienamente l'obiettivo contenuto nel disegno di legge al nostro esame che, nel rispetto dei vincoli di contenimento delle poste di spesa, riesce a presentare un bilancio che esprima valori positivi rispetto a quelli risultanti dal bilancio assestato dell'anno precedente.
Azione, ritengo tesa a spostare la spesa là dove essa è più necessaria, garantendo Pag. 40in tal modo anche a risorse decrescenti una migliore azione dell'amministrazione.
Ritengo, pertanto, che il Governo abbia fatto per intero quanto possibile nell'ambito di quanto consente il disegno di legge di bilancio e che anche le modifiche introdotte nell'ambito dell'esame parlamentare si siano mosse verso la giusta direzione. I documenti di bilancio per il prossimo triennio registrano, quindi, il superamento del punto di minimo di una crisi economica e finanziaria forte e i primi sintomi di ripresa, segnalati anche da autorevoli istituzioni internazionali, sono già evidenti.
Tuttavia, il contesto generale è caratterizzato da elevata incertezza, pertanto il Governo ha scelto una linea assolutamente prudenziale, riducendo e limitando le manovra estensive. Il percorso del risanamento riprenderà nel 2011, quando si auspica che la fase ciclica sarà più favorevole, e proseguirà negli anni a venire nel 2012 e nel 2013.
L'opposizione ha proposto politiche espansive per uscire prima dalla crisi, tuttavia queste politiche rischiavano di peggiorare in modo significativo il deficit per un Paese che ha uno dei debiti pubblici più elevati in rapporto al PIL. In questa fase si può sfruttare questo periodo per analizzare e individuare soluzioni efficaci per ridurre la spesa a partire dal 2011 per il triennio successivo. Questo non ci esime dal dover porre una questione sul miglior uso possibile delle risorse disponibili, in particolare per le risorse del cosiddetto FAS che nella posta principale della Tabella F ammontano ad oltre 7 miliardi di euro.
Sarà bene ricordare che per quel che riguarda il sud, il programma del Governo prevede un piano decennale straordinario per le infrastrutture e delle leggi obiettivo speciali per quanto riguarda il turismo, i beni culturali, l'agroalimentare, le risorse idriche, l'infrastruttura logistica, i poli di eccellenza per la ricerca e l'innovazione, il tempestivo utilizzo dei fondi comunitari attraverso nuove intese istituzionali, la realizzazione della Banca del sud, il federalismo fiscale solidale e le misure di fiscalità.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 2937-A. In conclusione, Presidente, possiamo considerare questa proposta di legge di bilancio un utile strumento che, segnando marcatamente un'inversione di tendenza rispetto al passato, contribuisce a tracciare un percorso verso un sistema nuovo di legiferazione, producendo testi più agili e sicuramente più funzionali allo scopo di recuperare quell'efficienza e quell'efficacia che i tempi e il Paese oggi ci richiedono (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti dell'istituto professionale Enrico Mattei di Aversa, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, ho ascoltato con la massima attenzione le relazioni dei due eccellenti colleghi Corsaro e Marinello e forse lei risponderà a questo mio rilievo dicendo che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha disposto i lavori in modo tale che dobbiamo proseguire. Tuttavia, mi domando come faccia un parlamentare, come io sono, membro della Commissione esteri (e non della Commissione bilancio) ad intervenire in sede di discussione sulle linee generali (dove dovrei intervenire tra un'ora) senza aver potuto leggere i testi che i colleghi con tanta solerzia hanno preparato. Ci sono delle cifre che ho ascoltato nella relazione dell'onorevole Marinello, come la diminuzione della spesa in conto capitale di almeno un punto e mezzo rispetto al PIL e altre Pag. 41modificazioni molto profonde, su cui io non sono in grado di intervenire, se non dopo una riflessione e una lettura.
Quindi, mi vedo costretto, Presidente, a chiedere che la nostra discussione riprenda domani mattina in maniera da poter avere il tempo di leggere queste cose. Lei mi risponderà che i presidenti dei gruppi hanno deciso altrimenti, però deve ammettere che una discussione di questo genere, fatta senza poter disporre del tempo per studiare questi testi che richiedono un esame molto attento dai parlamentari non appartenenti alla Commissione bilancio, è una contraddizione in termini, determina un' impossibilità.

PRESIDENTE. La ringrazio per la riflessione. La domanda in verità ha già avuto risposta e lei stesso si è risposto. La Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito le modalità, i tempi e addirittura l'autorizzazione a riferire oralmente. La Presidenza ha autorizzato il relatore a riferire oralmente, cosa che normalmente non accade. Comunque, se lei vuole intervenire domani può farlo, perché è previsto il prosieguo della discussione anche domani pomeriggio all'esito dell'esame degli altri punti, al termine delle votazioni.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza sul disegno di legge finanziaria, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI, Relatore di minoranza sul disegno di legge n. 2936-A. Signor Presidente, mi permetta di chiosare una sua affermazione di prima. Innanzitutto, io ho detto che in Commissione le cose si sono svolte in modo formale, secondo il Regolamento, ma ciò non mi ha impedito di trarne un giudizio politico sostanziale che si sia trattato di un voto di fiducia anticipato su un maxiemendamento del relatore. Mi spiace che il Ministro non sia qui presente e se ne sia andato, ma devo dire che siamo passati da una finanziaria light ad una finanziaria una tantum. Vuol dire che questo Governo sta governando il Paese guardando al momento per il momento, senza avere una prospettiva di sviluppo di medio e lungo termine, tant'è che infatti qui troviamo misure prevalentemente basate su risorse una tantum.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, l'onorevole Borghesi sta svolgendo il suo intervento.

ANTONIO BORGHESI, Relatore di minoranza sul disegno di legge n. 2936-A. Vi sono, quindi, anche spese che possono classificarsi una tantum. In particolare, com'è noto, il grosso di queste spese è coperto con il gettito dello scudo fiscale, mentre il resto deriva dall'accordo con le province di Trento e Bolzano, per 1 miliardo di euro.
Andiamo a vedere che cosa succede: in realtà, con questo accordo vi è sì un vantaggio immediato per lo Stato di 1 miliardo, ma in cambio si è consentito alle due province di non partecipare al fondo perequativo previsto dalla legge sul federalismo fiscale, oltre che da altre disposizioni. Pertanto, è un problema che viene rinviato nel tempo, al prossimo futuro. Questo fondo di 1 miliardo, che oggi le province pagano, sarà tolto dal fondo perequativo, a detrimento delle risorse per le regioni meno ricche, che quindi avranno più difficoltà a garantire ai loro cittadini i livelli essenziali di assistenza.
Quanto al TFR, lo Stato si è fatto prestare 3 miliardi dall'INPS, che prima o poi dovranno essere restituiti. Si dirà che lo ha fatto il Governo Prodi, ma il Governo Prodi lo ha fatto per finanziare opere pubbliche e investimenti che per loro natura danno poi il rientro del capitale. Qui, invece, andiamo a fondo perduto e, prima o poi, lo Stato dovrà restituire quei soldi ai lavoratori. Anzi, una buona misura sarebbe stata, invece, quella di sospendere il pagamento da parte delle imprese del TFR all'INPS, visto che sono tutte in grave difficoltà e fanno fatica a trovare il credito.
Poi, ci sono spese di cui non è stata deliberata la copertura - pensiamo ai 2,4 miliardi che mancano all'accordo raggiunto con le regioni sulla sanità - alle quali si provvederà con successivi provvedimenti Pag. 42legislativi, nel rispetto del patto che è stato firmato. È vero che c'è un piccolo aumento di 200 milioni per finanziare il credito di imposta alle imprese che investono in ricerca, ma non c'è nulla, ad esempio, per la banda larga, che è un intervento assolutamente necessario per lo sviluppo. C'è quasi 1 miliardo - lo ricordava il relatore il quale, anch'egli, adesso non è più presente in aula - per il pacchetto lavoro, ma i due terzi di questo miliardo, invece di essere concentrati sugli ammortizzatori sociali, vanno alla proroga della detassazione dei contratti di produttività, che coinvolgono una minoranza di lavoratori, mentre per tutto il resto dei lavoratori non c'è praticamente nulla.
Non si è stati neppure capaci di dare una risposta ai terremotati de L'Aquila, perché non si è riusciti a fare lo stesso provvedimento che in passato è stato adottato, ad esempio, per le Marche e per l'Umbria. Pertanto, essi dovranno riprendere a pagare il debito per contributi e per tasse sospeso in modo diverso e anticipato rispetto ad altri che hanno subìto la stessa disgrazia.
Per fortuna, alcune schifezze, quelle che io giudico tali, come i rimborsi alle ronde, la sanatoria alle case abusive date in affitto politico agli stessi abusivi, il condono INPS e INAIL, le risorse aggiuntive per il termovalorizzatore di Acerra e gli sconti fiscali alle banche, nuovi sconti fiscali alle banche, sono per il momento scomparse, ma rimane la schifezza delle schifezze: la vendita all'asta dei beni sequestrati alla mafia, con la foglia di fico di dire che c'è un diritto di prelazione per le cooperative di poliziotti e carabinieri, che mai riusciranno poi ad attivarlo, oppure per i comuni.
Sappiamo che in molte zone d'Italia i comuni sono praticamente in mano alla mafia, tant'è che in continuazione il Ministero dell'interno ne scioglie i consigli. Vi immaginate questi comuni che eserciteranno il diritto di prelazione, per poi rivenderli, magari a basso prezzo, ai mafiosi? Questo è l'intervento che è stato previsto in questo caso.
Vi è poi la vendita degli immobili statali a trattativa privata con il limite dei 400 mila euro; ma se un'azienda fallisce, persino i beni immobili di un fallimento vengono venduti all'asta. Qui fino a 400 mila euro si va assolutamente a trattativa privata, così come si può andare a trattativa privata anche sopra i 400 mila euro, qualora non si riesca ad avviare l'asta.
È vero che vi è un rimborso ai comuni e poi vi è questa Banca del Mezzogiorno, che, a nostro giudizio, rischia di diventare un altro carrozzone che prima o poi i contribuenti saranno chiamati a coprire. In compenso, manca totalmente il rinnovo del contratto del pubblico impiego, che non è contemplato nella manovra, ma anche quello sarà presente sui conti del 2010. Per le forze dell'ordine è prevista una miseria di 100 milioni; nessun provvedimento per le famiglie, per i precari, per le piccole e medie imprese che si trovano in grave difficoltà nell'affrontare la crisi economica.
Qualcuno dice che non vi è l'assalto alla diligenza, qualcuno ha detto che tale periodo era finito. Vi sono un miliardo e 100 milioni per Roma: non so se i colleghi della Lega se ne sono resi conto, ma vi sono 600 milioni in beni e poi 500 milioni con un prestito che si prevede sarà restituito, ma non vi è alcun collegamento tra i 600 milioni e il prestito, sicché vedremo se poi sarà restituito e come; neppure un collegamento stretto, sono due provvedimenti separati.
Vi è poi la «legge mancia», riproposta per 80 milioni. Anche i 300 milioni che sono stati destinati all'edilizia scolastica, che non sono risorse nuove, verranno assegnati in base al principio della «legge mancia», sicché, se una scuola avrà un parlamentare che l'appoggia, prenderà i soldi e addio alle vere priorità che ci potrebbero essere.
Il relatore ha poi ricordato alcune cose di quei 180 milioni: si è dimenticato che ci è finito dentro non il terremoto de L'Aquila, ma quello del Belice di 41 anni fa; c'è finita dentro la concessione di contributi ad associazioni di combattenti, Pag. 43una generica attribuzione di contributi in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi.
Ecco perché l'Italia dei Valori aveva presentato una finanziaria alternativa - e concludo, signor Presidente - che prevedeva 16 miliardi di intervento, con una riduzione complessiva della pressione fiscale di 3 miliardi, con 6 miliardi a favore di cittadini, lavoratori e famiglie e con 10 miliardi a favore dell'innovazione, della riconversione ecologica e dello sviluppo delle piccole e medie imprese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il relatore di minoranza sui disegni di legge finanziaria e di bilancio, onorevole Baretta, ha facoltà di svolgere la relazione.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore di minoranza sui disegni di legge nn. 2936-A e 2937-A. Signor Presidente, non è mia intenzione sindacare la legittimità procedurale dei lavori di Commissione e di Assemblea, ma a ciascuno di noi spetta il diritto di esprimere le proprie valutazioni politiche su quanto accade. Ciò che è accaduto in questi giorni in Commissione bilancio in occasione della mancata discussione sul disegno di legge finanziaria non ha precedenti per molti aspetti.
Due sono le principali novità che provocano la nostra preoccupazione: per la prima volta nessun emendamento di provenienza parlamentare, sia di maggioranza, sia di opposizione, è stato esaminato dalla Commissione, né è entrato nel testo. Tutto è possibile, ma, francamente, che di più di mille emendamenti ammessi, dei quali almeno della metà della maggioranza, nessuno - proprio nessuno! - abbia incontrato non dico il gradimento, ma nemmeno la disponibilità del Governo ad essere discusso ed accolto, anche modificandolo, è clamoroso: sa di pregiudizio e di ostinazione.
Nella notte dell'ultimo giorno, il presidente della Commissione ha chiesto alla minoranza di segnalare una selezione di emendamenti; di solito, questo avviene perché si vuole avviare un dialogo e prospettare un confronto. Ebbene, tra tutte le opposizioni abbiamo selezionato poco più di 40 emendamenti.
I pareri, tutti negativi, sono arrivati con una rapidità che contrasta con la lentezza con la quale hanno agito il Governo e la maggioranza per tutta la settimana precedente, quella nella quale noi li abbiamo aspettati: altro che abbandono del campo! Questo «no» si è arrogantemente ripetuto nel corso della nottata, durante la quale l'avvio del confronto sul disegno di legge finanziaria, cominciato solo in quel momento, ha registrato interventi dei soli deputati della minoranza, perché i rappresentanti della maggioranza, salvo un deputato, hanno svolto il ruolo di spettatori. Ciò nonostante, noi abbiamo continuato a cercare il confronto di merito, ma senza successo.
Dopo dieci giorni di duro «non lavoro» e dopo una lunga notte di incomunicabilità, abbiamo ritenuto poco dignitoso per noi, ma anche per l'intera istituzione, avallare quanto stava accadendo, partecipando alla farsa della spartizione finale di una torta dalla cui preparazione, scelta dell'impasto, cottura e taglio delle fette siamo stati deliberatamente, dichiaratamente esclusi: nemmeno sullo zucchero a velo abbiamo potuto portare un contributo!
A questo fatto politico si obietta con la forma: ovvero che la maggioranza, pur da sola, ha votato gli emendamenti ed il mandato al relatore, e dunque la forma è salva.
Ma continuiamo a parlare di politica: possiamo davvero ritenere che sia stata esaminata la legge finanziaria con piena avvertenza e deliberato consenso, come sarebbe doveroso fare, quando vediamo che quella famosa torta è stata trangugiata così in fretta, tanto in fretta che sono stati votati in dieci minuti quasi 200 emendamenti, il maxiemendamento ed il mandato al relatore? Quando si dice forma è sostanza! La presentazione di un emendamento unico del relatore è l'altro aspetto innovativo - più corretto dire «creativo», Pag. 44dato il mandante - di questa storia: si tratta di una falsa fiducia anticipata in Commissione.
Dopo l'inammissibilità di 12 su 14 emendamenti, il mandante ha affidato ad un sicario il compito di uccidere la discussione, attraverso l'utilizzo di un'arma potente ed impropria nel lavoro di Commissione: la redazione di un maxiemendamento di un solo articolo, con decine di commi su materie del tutto differenti tra loro. È ragionevole che in Commissione venga presentato un unico testo con le caratteristiche suddette, sul quale effettuare, come poi è stato fatto, una sola ed unica votazione? A me pare che siamo ben lontani - e vorrei dirlo in particolare al Presidente Leone - dallo spirito e dalla lettera della recentissima riforma del bilancio che abbiamo approvato tutti insieme.
Insomma, può darsi che formalmente le procedure siano state rispettate, però la soglia della decenza istituzionale è stata sicuramente ed ampiamente superata.
Presidente Giorgetti, le formulo una richiesta: alla ripresa dei lavori, dopo la pausa natalizia, programmi una seduta della Commissione, non assillata dall'urgenza dei provvedimenti in corso o dagli orari dei treni e degli aerei dei deputati, con all'ordine del giorno una discussione seria e responsabile su quanto è accaduto in questo anno e mezzo in un crescendo che va «stoppato»; una specie di seminario di studio, se preferisce chiamarlo così, per depotenziarlo dai risvolti politici. Ma mi creda, per il bene del Parlamento, della Commissione bilancio e di tutti noi, è necessario ed opportuno fare il punto. Se poi il Ministro Tremonti ritiene di parteciparvi assieme alla sua squadra, noi ne saremmo felici: chissà che, trattandosi di un'occasione di studio, sia più attratto, visto che la settimana scorsa ha dovuto assistere ai lavori di Commissione dai corridoi.
Ma non si pensi che tutto il problema del disegno di legge finanziaria in esame sia procedurale: anche i contenuti della manovra lasciano insoddisfatti, a cominciare dalle coperture e dagli impieghi. È vero, si è detto «finanziaria light», anzi qualcuno temeva addirittura «anoressica»: niente di tutto questo, ma un vero e proprio assalto alla diligenza - sì, lo confermo - però fatto dal Governo (quasi 9 miliardi impegnati) o, se si preferisce, fatto dal relatore. Mi chiedo: si può passare in dieci giorni dal niente con il quale è stata licenziata il disegno di legge finanziaria al Senato agli 8,884 miliardi di euro? O era poco al Senato, o è troppo a Montecitorio: qualcosa che non va ci deve essere. Questi 9 miliardi derivano principalmente da due voci: lo scudo fiscale e il TFR.
Sul TFR si addensano dei dubbi. La legge finanziaria 2007 prevedeva infatti che le risorse affluite all'INPS del TFR non destinato ai fondi di previdenza potessero finanziare investimenti infrastrutturali. Con il maxiemendamento si opera un cambio di destinazione: infatti la cifra prelevata dall'INPS viene riversata sul Fondo grandi eventi e quindi utilizzata a copertura di misure non proprio infrastrutturali presenti in questa finanziaria.
Durante la discussione sulla riforma della legge di contabilità e finanza avevamo sollevato la questione dell'anomalia derivante dalla continua costituzione da parte del Governo di nuovi fondi che diventano una riserva discrezionale per il Governo e sottraggono al Parlamento la funzione di controllo nonché la disponibilità di risorse per l'approvazione delle leggi.
Ciò che avviene stavolta è addirittura clamoroso. Se osserviamo infatti la disposizione del decreto-legge n. 168 del 2009 che regola l'acconto IRPEF e quelle del comma 165 del maxiemendamento, constatiamo che al Fondo grandi eventi affluiscono sia le risorse dell'acconto sia quelle del TFR nonché il miliardo proveniente dalle province di Trento e Bolzano ed altro. La conclusione - mi rivolgo al Governo per ottenere in replica una risposta chiara in proposito - è che al Fondo grandi eventi affluiscono tutte le coperture di questa finanziaria, cioè quasi 9 miliardi, sicché il Fondo finanzia il patto per la salute, l'ICI ai comuni, il pacchetto Pag. 45lavoro, il fondo per l'agricoltura, le missioni di pace, la giustizia e via dicendo. Mi si potrà replicare che è una mera operazione contabile ma è del tutto evidente che la questione è contabilmente ma anche politicamente ben più complessa. Non è esattamente la stessa cosa che quei quasi 9 miliardi che costituiscono la finanziaria siano destinati direttamente alle voci assegnate o siano intermediate da un fondo di cui dispone il Ministro dell'economia.
Vorrei richiamare alla nostra attenzione quel concetto di democrazia del bilancio sul quale ci siamo intrattenuti in occasione della legge di riforma. Se le procedure formali e quelle contabili ci lasciano molto preoccupati, non diversamente purtroppo dobbiamo dire dei contenuti di merito di questa singolare finanziaria: singolare intanto per la scelta di alcuni dei temi che nulla hanno a che fare con la sessione di bilancio.
Si pensi alla norma sulla riorganizzazione delle autonomie locali, senza la Carta delle autonomie che, non a caso in prima battuta era stata dichiarata inammissibile; singolare e curiosa anche la destinazione di questo imprevisto tesoretto: poche grandi voci, alcune non disprezzabili ma non sempre prioritarie.
Certamente utile la definizione del patto per la salute concordato con le regioni, salvo il fatto che dal cilindro spunta ancora una volta il FAS. Finalmente, dopo le nostre insistenze, si prevede la restituzione dell'ICI ai comuni e, sia pure in misura ancora insufficiente, il credito di imposta, il rifinanziamento delle missioni all'estero e il fondo di solidarietà all'agricoltura.
Ma la crisi? La grande e irrisolta questione di come affrontare le difficoltà economiche e sociali del nostro Paese, che posto occupa in questa finanziaria nella strategia del Governo? L'urgenza di sostenere il reddito delle famiglie dei lavoratori e dei pensionati, bersagliato dall'aumento costante di tariffe e prezzi, nonché dalla decurtazione derivante dalla diffusione degli ammortizzatori sociali, quale risposta trova in questi provvedimenti?
L'indispensabile sostegno alla competitività delle nostre imprese, alla loro transizione dentro la crisi verso una modernizzazione indispensabile per penetrare e consolidarsi nei mercati globali, e al mantenimento dell'occupazione trovano riscontro nei quasi 9 miliardi? Dov'è tutto ciò? Dove sono i grandi programmi e le grandi misure annunciate in questi mesi dal Governo? Dov'è l'abolizione dell'IRAP per le imprese? Dov'è il piano straordinario per il Mezzogiorno? Brunetta ci ha fatto anche un libro! Dove sono gli interventi a sostegno del credito? Dove è il piano per l'occupazione e la riforma degli ammortizzatori sociali?
Ma non basta: mentre registriamo queste carenze di fondo, assistiamo al fatto che si operino lodevoli microinterventi settoriali di cui molto si è parlato e che poco fa, con dovizia di particolari, il relatore Corsaro ci ha elencato, facendomi ricordare la famosa frase «Avvocato taccia altrimenti perdiamo la causa».
Nel contempo si dà una mazzata alla libera editoria, tanto seria da costringere il sottosegretario Letta e oggi, in base alle dichiarazioni pubbliche, il Ministro Tremonti a promettere una riparazione, ma per un'altra volta. Perché non ora? Perché non in Aula? Perché non in questa finanziaria?
Si tagliano i contributi al programma di cooperazione allo sviluppo, nonostante gli impegni presi a L'Aquila.
Si rifiuta addirittura di prendere in considerazione la tragedia ferroviaria di Viareggio, i disastri naturali della Sicilia e di altre analoghe emergenze; a questo proposito, devo dire che particolarmente scandalosa è la sorte che sta subendo il terremoto in Abruzzo. Una nostra mozione, approvata dal Parlamento, impegna il Governo a riconoscere ai terremotati abruzzesi quanto era stato riconosciuto agli umbri ed ai marchigiani: ignorando questo impegno solenne e smentendo le promesse fatte, il Governo e la sua maggioranza si limitano ad una manovra di posticipo dell'avvio della restituzione.
Ma come dicevo, è la gravità della congiuntura il vero buco di una finanziaria Pag. 46non povera: di fronte alla gravità della crisi ed alla pesante eredità che lascerà sul fronte del lavoro, con un'impennata della disoccupazione e del ricorso agli strumenti a sostegno del reddito, la manovra risulta del tutto inadempiente ed inadeguata.
I dati disponibili ci segnalano un allarme senza precedenti; su tutto questo la propaganda che si sta facendo - consentitemelo - è davvero stucchevole perché, nell'annunciare il «pacchetto lavoro» per un miliardo e 125 milioni di euro nel 2010, si omette di precisare che ben 860 milioni sono finalizzati alla detassazione dei salari di secondo livello: come per gli straordinari, obiettivi utili ma in tempi sbagliati. Con ciò che resta si fa ben poco.
Devo anche dire che, sempre in tema di lavoro, non si capisce come il Governo pensi di affrontare il rinnovo contrattuale del pubblico impiego e del comparto sicurezza (a proposito di sicurezza, troppi sono i tagli che vengono fatti anche in questa finanziaria).
Collegato alla sicurezza, vi è anche il delicato tema della vendita dei beni confiscati alla mafia: le modifiche introdotte in Commissione, che prevedono il diritto di opzione, non bastano a modificare il nostro giudizio pesantemente negativo su questa norma.
In tema di vendite, ma soprattutto di acquisti, singolare è la scelta di costituire una spa Difesa servizi: per non sembrare malizioso, dico soltanto che sarà interessante seguire gli sviluppi, dalla nascita alla gestione, di questa privatizzazione.
Tornando al tema del lavoro, nel capitolo giustizia con un vero colpo di spugna si cancella la gratuità del processo al lavoro, costringendo coloro che dovranno difendersi a pagare la tutela di diritti democratici.
Questi dati ci conducono - mi avvio alla conclusione - al cuore del nostro ragionamento politico. Il Partito Democratico ha formulato una proposta precisa e compiuta per questa finanziaria in crisi: la famiglia, il lavoro e l'impresa sono le priorità del nostro Paese e sono anche le nostre; se non si dà loro una risposta quando imperversano le difficoltà, che senso ha parlare di etica, di solidarietà, di ripresa e di sviluppo?
Sappiamo bene le difficoltà del nostro bilancio pubblico, sicché abbiamo predisposto una proposta del tutto compatibile con le risorse previste in questo disegno di legge finanziaria: non si tratta dunque di una proposta aggiuntiva, sicuramente di una proposta alternativa; si tratta di scegliere, di scegliere, ad esempio, che destinazione dare ai soldi dello scudo fiscale.
Proponiamo di aumentare le detrazioni fiscali per i figli e per le famiglie con i figli, di aumentare le detrazioni fiscali per i lavoratori e i pensionati con reddito non superiore ai 55 mila euro, di aumentare inoltre gli assegni familiari (tutto questo stabilite le compatibilità massime possibili derivanti dagli introiti dello scudo da voi fissati).
Proponiamo di estendere a tutti gli ammortizzatori sociali con le risorse già disponibili degli ammortizzatori sociali e di aumentare l'indennità di disoccupazione; abbiamo proposto anche di aumentare il credito dell'impresa medio-piccola e di allentare il Patto di stabilità per consentire ai comuni virtuosi - solo ai virtuosi - di poter pagare i debiti arretrati: sono proposte semplici che parlano e non illudono gli italiani, proposte concrete che avrebbero dato un senso a questo disegno di legge finanziaria.
Signor Presidente, una procedura sbagliata, irrituale ed offensiva dei rapporti politici, contenuti inadeguati rispetto ai grandi problemi del Paese, una serie di misure del tipo «non tutto ma di tutto» è ciò che resta di questa finanziaria.
Che fare allora? Assistere inermi a questo fallimento ed attendere sfiduciati, come ormai capita ai colleghi più sensibili della maggioranza, che il Ministro Vito si presenti in quest'Aula e pronunci la fatidica formula «autorizzato dal Consiglio dei ministri, senza emendamenti, pongo la questione di fiducia...», oppure reagire con un ostruzionismo che sfrutti i tempi stretti della terza lettura?
O provare a rimediare, per quanto è possibile, con un dibattito serio, che dia Pag. 47dignità al Parlamento? Certo, pure in questo contesto, quest'ultima sarebbe la strada più seria; perché non provarci? La scelta, però, non è nelle nostre mani, ma in quelle del Governo e della maggioranza. Alla fine di questo dibattito vi sarà la replica del Governo. Se intende mettere la fiducia a prescindere, lo dica, se ne assuma la responsabilità, ma per favore non accampi scuse banali quali quella del numero degli emendamenti presentati. Non è la mole degli emendamenti l'ostacolo, che può essere rimosso in qualsiasi momento, ma è la volontà di affrontare i problemi. Se questa c'è, e si intende discutere davvero e confrontarsi, non per salvare la forma, ma per risolvere qualche problema aperto, lo si dica con altrettanta chiarezza e onestà intellettuale: noi siamo pronti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le relazioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor Ministro, chi la conosce bene sa che per lei non deve essere un esercizio piacevole ascoltare le tante critiche che verranno in queste ore dall'opposizione, ma le diamo atto di una paziente, apprezzata, disponibilità ad essere oggi in Aula - ed è un'innovazione - ad ascoltare la discussione sulle linee generali della sua legge finanziaria.
Onorevoli colleghi, quella che iniziamo ad esaminare oggi in Aula non è più la «finanziaria light» che con stile molto british il Ministro Tremonti aveva preannunciato pochi mesi fa, pensando, forse, ad un prodotto senza grassi per dimagrire e per permettere alle casse dello Stato di tirare la cinghia. Questo, a nostro giudizio, è solo un testo leggero, nella forma e nella sostanza, ed è anche la cartina di tornasole dello stato di salute della coalizione di Governo. Gli ormai famosi 250 commi, discussi e contrattati nel lungo vertice della maggioranza, rappresentano plasticamente l'idea di una maggioranza che rinuncia, ancora una volta, a compiere scelte coraggiose, serie, di responsabilità, e si accontenta di tirare a campare, beneficiando, poco, ora questo, ora quello, senza alcun disegno strategico. Non si accampi - l'ha detto prima di me il collega Baretta - la solita scusa che la blindatura del dibattito è stata dettata dall'ostruzionismo delle opposizioni, perché questo proprio non c'è stato. L'ha ricordato prima il presidente Casini: abbiamo ridotto i nostri emendamenti e siamo pronti a farlo ancora. La blindatura e la probabile fiducia sono frutto soltanto delle contraddizioni della maggioranza, e delle paure sia delle presenze durante le votazioni, sia di evitare ulteriori mercanteggiamenti all'interno della stessa compagine di Governo. La maggioranza, insomma, sembra aver paura dei suoi stessi parlamentari. Le opposizioni, alla fine, già in Commissione, hanno responsabilmente ridotto i propri emendamenti a meno di 50; tutti qualificanti, tutti degni di attenzione e di discussione, che per tutta risposta in Commissione sono stati archiviati in 11 minuti. Non è un risultato di cui andare fieri. Sono certo che alcuni di questi emendamenti torneranno nei prossimi frettolosi provvedimenti su altre materie come, peraltro, già annunciano in queste ore dagli stessi Ministri senza imbarazzo alcuno. La questione centrale sembra essere la paura di riflessione e soprattutto di possibili convergenze di singoli parlamentari, o di interi settori della maggioranza, sempre più ampi e qualificati, che non si limitano più a spingere i bottoni del voto, ma provano a dare continuità e senso alla loro azione parlamentare. La maggioranza ha una tale paura di un confronto bipartisan sui problemi di fondo del Paese, che l'Italia è rimasta l'unica in Europa e nel mondo a non aver dedicato una sessione straordinaria dei lavori alla crisi mondiale, alle riforme strutturali, al coinvolgimento di tutti i soggetti responsabili per determinare le condizioni di ripartenza post-crisi, e sappiamo quanto ve ne sarebbe Pag. 48bisogno per non far tornare l'Italia, tra sette anni, ai livelli del 2007, come dicono tutti gli indicatori internazionali. Noi nel 2007 eravamo già un Paese che necessitava di molti e pesanti cambi di rotta. Molti italiani li aspettavano da questo Governo liberale, innovatore, con una maggioranza ampia e granitica; sono stati, purtroppo, delusi.
Signor Ministro, state tentando di anestetizzare il Parlamento, che ancora una volta viene messo in condizione di non dare quel contributo che spesso si è rivelato prezioso visto che nei tanti decreti (per esempio quello in materia di sicurezza: i cosiddetti «decreti sicurezza» 1,2,3 e 4) il Governo ha dovuto in quei casi riconoscere tardivamente che molte delle osservazioni puntualmente indicate dalle opposizioni erano più che fondate, così tanto fondate da dover introdurre correttivi nei provvedimenti successivi, intervenendo quindi più volte sulla stessa materia con leggi sempre meno omogenee. La qualità legislativa di questa Aula sta assumendo, a causa delle fiducie poste e delle modalità di definizione dei testi, un livello di complessità ed articolazione che non ha precedenti ed è certamente lontano dai criteri della semplificazione normativa cui il Dicastero del senatore Calderoli è pure preposto.
Nel merito del provvedimento non possiamo tacere il fatto che da un lato la manovra aumenta parte della spesa corrente per porre riparo ad alcuni degli errori introdotti dai tagli lineari dello stesso Ministro Tremonti con il decreto-legge n. 112 del 2008; dall'altra copre queste spese, non nuove ma consolidate, con entrate una tantum (vedi lo scudo fiscale), e con un debito futuro. Per quanto riguarda la prima forma di copertura, ovvero lo scudo fiscale, un provvedimento - lo ripetiamo - che finisce per premiare sempre i furbi e gli evasori fiscali a danno dei cittadini onesti che pagano le tasse, auspicavamo che almeno potessero beneficiare di questi discutibili proventi settori importanti come la famiglia, la scuola, l'università e l'economia sociale. Queste risorse - è bene sottolinearlo ancora una volta - appartengono a tutti e il Governo doveva impegnarsi ad utilizzarle per i servizi essenziali, perché i soldi che non sono entrati nelle casse dello Stato per colpa di questi evasori hanno sottratto certamente risorse a progetti di solidarietà ed equità sociale, che invece ora vengono incanalate in mille altre direzioni. I colleghi Galletti, Occhiuto e Ciccanti, molto più diffusamente di me e con maggiore competenza, illustreranno i nostri emendamenti sulla famiglia, sulle imprese, sullo sviluppo, sull'uso del TFR, come hanno già avuto modo - per ciò che è stato loro concesso - di fare in Commissione con grande energia e capacità. Si soffermeranno sulle promesse non mantenute di questo Governo, un Governo marinaio nell'accezione mentitoria del termine, perché ci sarebbe bisogno del coraggio e anche un po' dello spirito di avventura dei marinai. Basta su questo dire solo due parole: riduzione dell'IRAP e quoziente familiare, due promesse non mantenute. Io mi limiterò a due o tre questioni su cui avevamo predisposto emendamenti utili, facendoci carico addirittura di proposte che per il Governo e la maggioranza che lo sostiene sono, o meglio erano ritenute prioritarie, come hanno ricordato anche autorevoli esponenti dell'Esecutivo. Penso al Ministro Maroni quando ai primi del novembre scorso si disse disposto a votare con le opposizioni - se necessario - per dare maggiori risorse per le forze dell'ordine. Penso alla questione giustizia, al piano carceri (tante, troppe volte annunciato dal Ministro Alfano), all'attribuzione di maggiori risorse per l'organizzazione della giustizia in Italia, che possano dare gambe - queste risorse - all'idea di chi immagina (sbagliando, secondo noi) che con risorse invariate i processi possano essere più brevi. Penso infine al sottosegretario Romani quando solo due settimane fa ipotizzava di introdurre il pagamento del canone nella bolletta elettrica, come avviene in altri grandi Paesi, per abbattere l'attuale evasione, superiore al 30 per cento, per un valore di oltre 500 milioni di euro sottratti al servizio pubblico radiotelevisivo. Pag. 49
Sulla sicurezza, sulle maggiori risorse alle forze dell'ordine siamo alla montagna che ha partorito il topolino, e ce lo segnalano anche le migliaia di cartoline che arrivano dai poliziotti a Montecitorio. Nei giorni scorsi molti esponenti della maggioranza hanno celebrato come una vittoria il fatto che in questa manovra si garantiscano le risorse per il turnover. Questo non significa però che ci saranno più risorse per garantire l'efficienza e il carburante ai mezzi di Polizia e Carabinieri, non significa dare più uomini e mezzi, non significa che i coraggiosi e silenziosi protagonisti del nucleo catturandi, cui va il merito delle brillanti operazioni di contrasto alla mafia dei giorni scorsi, percepiranno in cambio del rischio concreto della loro vita stipendi più adeguati degli attuali 1.300 euro mensili. Con questo provvedimento voi assicurate solo che l'organico delle forze dell'ordine rimanga sugli attuali livelli che già sono insoddisfacenti per garantire più sicurezza ai cittadini, magari destinando invece delle risorse alle ronde. Noi su questo avevamo presentato degli emendamenti che finalizzavano più risorse e con maggiore consapevolezza delle priorità dell'intervento. Lo stesso possiamo dire dei fondi per la giustizia: in finanziaria sono state individuate nell'ormai famigerata tabella dei 200 milioni. Questo Governo insomma - traduco per chi ci ascolta - tratta la giustizia, la sua necessità di maggiore risorse e la sua riorganizzazione al pari di musei e fondazioni.
Senza nulla togliere alla bontà di queste istituzioni e associazioni inserite in quel contesto è chiaro a tutti e dovrebbe a maggior ragione esserlo per il Governo, che un sistema giudiziario più efficiente e rapido deve essere una priorità e non una posta residuale di bilancio. Lo stesso trattamento è stato riservato all'edilizia carceraria: niente più che la ripetizione di semplici quanto inefficaci buone intenzioni.
Signor Ministro, mi avvio alla conclusione, sempre la maggioranza ha più volte ribadito che è sua ferma intenzione attuare un'efficace lotta contro l'evasione del canone RAI: risorse importanti per l'azienda di servizio pubblico e senza le quali è davvero a rischio il rilancio di questa azienda se davvero questo rilancio è auspicato per essere competitiva nei confronti dei concorrenti, SKY e Mediaset. Nei mesi scorsi si è sviluppato un dibattito alto sulla questione del canone, sulla sua necessità e sulla sua finalità. E se in un primo tempo il dibattito è stato focalizzato su canone sì, canone no, sull'invito a non pagare il canone se non piace più un programma addirittura con i gazebo del Popolo della Libertà e della Lega in piazza, poi il dibattito si è incanalato per fortuna sul giusto binario. Maggioranza e opposizioni, consiglieri di amministrazione della RAI - penso al professor Petroni, al presidente Galimberti, al consigliere De Laurentiis e persino al presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che probabilmente così avrà meno pressione sulla pubblicità, concordano tutti sul fatto che bisogna impedire l'evasione del canone RAI. Per questo motivo abbiamo presentato un emendamento in finanziaria che lo agganciava alle bollette dell'energia elettrica: un pagamento rateale con l'esenzione per i redditi più bassi e per i pensionati sociali ed anche per quelle comunità che non ricevono il segnale del digitale terrestre.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rao.

ROBERTO RAO. Questi sono tre esempi - concludo Presidente se ho ancora un minuto - di ciò che non avete voluto recepire per impedire di riaprire un dibattito che probabilmente avrebbe amplificato le vostre divergenze e i dissensi sulle questioni concrete. Questo modo di procedere e di blindare i provvedimenti anche quando sapete che le opposizioni e gli stessi parlamentari di maggioranza potrebbero avanzare proposte migliorative utili è uno schiaffo al Parlamento e alla sua centralità. Signor Ministro, non è nascondendo o solo salvando l'argenteria di famiglia che si darà più sviluppo al Paese, non è facendo finta che tutto va Pag. 50bene che si determineranno le condizioni di una nuova occupazione e per questo, al di là delle parole del Ministro Vito, crediamo che quest'Aula possa e voglia apportare modifiche profonde e sostanziali su alcuni punti qualificanti all'impianto di questa legge.
Concludo, sta alla maggioranza e al Governo rispondere a questa sfida, dimostrare se sono capaci di un confronto parlamentare responsabile e serio, non demagogico né propagandistico, come cerchiamo di fare noi dell'Unione di Centro ma che parte dall'urgenza di intervenire su alcune questioni per noi importanti senza alcuna volontà ostruzionistica ma con l'unico intento di fare gli interessi degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come la scorsa sessione di bilancio, anche quest'anno il disegno di legge finanziaria presenta un contenuto essenziale come disposto dall'articolo 1, comma 1-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 e successivamente per il 2010 dal decreto-legge n. 78 di questo anno.
La lieve crescita del PIL nell'anno 2010 non è purtroppo risolutiva delle situazioni critiche in cui si trovano sia le imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, sia le famiglie, in particolare i comuni, sottoposti agli stretti vincoli del Patto di stabilità che impediscono il percorso di sviluppo del territorio. Oltre agli importanti provvedimenti adottati con la manovra d'estate, contenuta appunto nel decreto-legge n. 78, la Lega Nord ha proposto in Commissione bilancio ulteriori interventi per indurre un'accelerazione della ripresa economica, pur essendo cosciente che il rispetto dei saldi di finanza pubblica costringe ad una cauta gestione delle risorse di bilancio per non comprometterne il raggiungimento, a fine triennio, di un indebitamento netto inferiore al 3 per cento - 2,2 nel 2012 - nonché la riduzione del debito pubblico eccessivo rispetto ai livelli degli altri Paesi dell'Unione europea. A maggior ragione il rigore dei conti pubblici deve essere finalizzato ad una sana e trasparente gestione del bilancio dello Stato, basata essenzialmente sulla definitiva eliminazione degli sprechi e la riduzione della spesa pubblica per consentire di destinare il gettito prelevato dai contribuenti e dalle aziende allo sviluppo dell'economia e delle infrastrutture del Paese e non allo spreco e alle inefficienze. È una legge finanziaria comunque snella, ma tesa nel suo insieme allo sviluppo e al rilancio dell'economia e alle necessità delle famiglie, dei lavoratori, della società nel suo complesso.
Vorrei quindi evidenziare alcune delle molte iniziative che fanno parte di questa manovra finanziaria elencandole per tre filoni essenziali che noi riteniamo i più importanti della manovra: il lavoro e le imprese, il filone della famiglia e del territorio e il filone della sicurezza.
Con riferimento al cosiddetto pacchetto lavoro, è importante ricordare la cassa integrazione ordinaria, perché sono state prorogate al 2010 le deroghe alla normativa vigente in merito alla temporalità della CIGO.
In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, anche per quest'anno, il Ministro del lavoro può disporre, sulla base di specifici accordi governativi, per un massimo di ulteriori dodici mesi, in deroga alla vigente normativa, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale. Questo significa portare da 52 a 104 settimane la durata della cassa integrazione guadagni. Ricopro anche la carica di presidente di provincia e vengo sollecitato quotidianamente dall'Unione industriale locale e dai sindacati locali, affinché questo avvenga: ciò avverrà con la votazione della Finanziaria.
Vorrei ricordare anche i 200 milioni di euro stanziati per i lavoratori a progetto, il riferimento ai lavoratori svantaggiati per 65 milioni di euro, gli incentivi ai datori di lavoro per 12 milioni di euro, la formazione Pag. 51dell'apprendistato per 100 milioni di euro, la detassazione della produttività per 60 milioni di euro e il Fondo occupazione per ulteriori 100 milioni di euro.
Sempre in tema di imprese, al comma 33 dell'articolo 2 del provvedimento in oggetto, si rimpinguano ulteriormente le casse dei confidi proprio nelle realtà più svantaggiate, dove il ricorso alla cassa integrazione è maggiore. Grazie anche ad un emendamento della Lega, i confidi che erano titolari di un fondo ricevuto nel 1994 per cofinanziare le imprese che subirono danni alluvionali, potranno riutilizzare tali fondi, ora dormienti, presso i loro conti bancari, con nuove finalità, come lo sviluppo e il sostegno all'occupazione, come disposto dal comma 33-bis. Si tratta di una nuova liquidità dormiente sul territorio, che potrà essere utilizzata a favore del credito alle imprese.
Vorrei ricordare anche i fondi per l'autotrasporto. La settimana scorsa, tra l'altro, è stato firmato un accordo fra il Governo e il settore dell'autotrasporto, prevedendo 400 milioni di euro per tale settore.
Con riferimento agli ambulanti, nel decreto-legge n. 78 del 2009, la Lega Nord fece inserire l'obbligatorietà di esibizione del DURC per tutti coloro che intendono esercitare la professione ambulante, attraverso il commercio nei mercati, che sono da considerarsi il cuore essenziale delle tradizioni dei paesi, soprattutto in Padania. Tuttavia, quando si accede ad un mercato, ultimamente, non si vedono più i nostri ambulanti, ma si vede una schiera quasi infinita di extracomunitari e di cinesi, che, molte volte, purtroppo, pare che non siano in regola dal punto di vista contributivo, fiscale e di pagamento dell'IVA.
Pertanto, già al Senato, venne tolto l'obbligo di presentazione del DURC. Con un nostro emendamento, siamo riusciti, quindi, a definire che saranno le regioni a condizionare l'esercizio dell'attività commerciale all'esibizione del DURC. Tale emendamento, accolto dal Governo e presentato dalla Lega Nord, va verso la tutela della legalità di tutti coloro che contribuiscono e che adempiono regolarmente ai propri obblighi contributivi.
Sempre per il rilancio dell'economia legata all'edilizia, si prevede la prosecuzione delle detrazioni IRPEF al 36 per cento e la messa a regime, a decorrere da quest'anno, dell'IVA del 10 per cento sulle ristrutturazioni.
In ordine alla partita di Basilea, avevamo chiesto al Ministro la possibilità di presentare una relazione in Parlamento sullo stato di attuazione delle modifiche recate dai cosiddetti Accordi di Basilea 2. Vedremo di portare tale relazione in Parlamento, in modo da poter indicare le proposte di modifica ritenute più opportune, alla luce dei problemi di attuazione e dell'attuale situazione di crisi economica ed occupazionale, da far valere nelle opportune sedi.
L'agricoltura è un altro ambito al quale la Lega Nord si dedica tanto. Abbiamo stanziato 300 milioni di euro (100 milioni per tre anni), legati al Fondo di solidarietà, per coprire la compartecipazione statale alle assicurazioni e agli agricoltori contro i danni atmosferici; per il Fondo di garanzia al credito abbiamo stanziato ulteriori 20 milioni di euro e per il Fondo infrastrutture altri 100 milioni di euro.
La riduzione dell'acconto IRPEF è anch'essa importante per dare una boccata di ossigeno ai cittadini e agli imprenditori e altrettanto può dirsi per quanto riguarda il provvedimento legato all'edilizia e alla rivalutazione dei terreni. Sono molti i comuni che hanno in itinere dei piani regolatori e questo probabilmente consentirà a tutti coloro che hanno intenzione di vendere le proprie proprietà edilizie di rivalutare i propri terreni o, addirittura, consentirà di rivalutare le partecipazioni societarie possedute, se si tratta di società, con assoggettamento all'imposta del 4 per cento. Ciò permetterà all'erario di ottenere una nuova entrata, quantificata dalla ragioneria in 350 milioni, che rappresenta una delle entrate con cui si va a coprire la manovra di finanza pubblica.
Per gli anni 2010 e 2011 si incrementa di 200 milioni il credito di imposta per la Pag. 52ricerca industriale. L'innovazione, la ricerca e la qualità dei prodotti sono alla base della ristrutturazione imprenditoriale della nostra società economica.
Per quanto riguarda il secondo filone, quello dei comuni, degli enti locali e delle famiglie, voglio ricordare il cosiddetto Patto per la salute, che prevede l'incremento di un miliardo di euro, passando ad un totale di 24 miliardi rispetto ai precedenti 23.
Il programma pluriennale degli interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario costituisce un grande investimento realizzato sul patrimonio sanitario nazionale e lo stesso può dirsi circa il finanziamento del Servizio sanitario nazionale per ulteriori 584 milioni per il 2010 e per 419 milioni per il 2011.
Anticipando quanto entrerà a regime con l'avvento del federalismo fiscale, si prevede una nuova disciplina per le regioni che non rispettano l'equilibrio economico sanitario. Per quelle che sforano, infatti, si prevede una maggiorazione delle tasse regionali che pagheranno tutti coloro che votano a favore di chi manda in dissesto i bilanci regionali sul piano sanitario.
Sempre a proposito di enti locali e per quanto riguarda la legge sulla montagna, con un apposito emendamento redatto dal sottoscritto abbiamo previsto lo stanziamento di una posta di 10 milioni di euro per finanziare la legge cosiddetta Quartiani-Caparini, di cui sono relatore, relativa ai comuni montani, al loro sviluppo socio-economico e, soprattutto, al mantenimento dei servizi pubblici in quegli enti.
Poco fa l'Italia dei Valori ha criticato il Fondo per l'edilizia scolastica, ma io lo considero molto importante. Quale presidente di provincia quotidianamente vengo contattato dai presidi, dagli insegnanti, dagli studenti e dalle loro famiglie per mettere a norma gli istituti e per mettere in sicurezza gli stabili. Ora si stanziano 300 milioni per la messa in sicurezza di edifici scolastici e per l'adeguamento contro le calamità naturali legate all'assestamento sismico. È chiaro che gli amministratori e gli onorevoli non vivono sulla luna e sanno bene quali sono le realtà in difficoltà, pertanto indicheranno le strutture che più necessitano di interventi.
Circa l'ICI sulla prima casa, tanto tuonò, ma non piovve: il Governo ha finanziato quanto di spettanza alle realtà locali con un ulteriore stanziamento di 156 milioni per il 2008 e di 760 per il 2009.
È inserita nel disegno di legge finanziaria una parte del codice delle autonomie, che dovrà muoversi in parallelo alla revisione economica e istituzionale dello Stato. Si prevede una riduzione del 20 per cento del numero dei consiglieri e degli assessori comunali e provinciali, un taglio quasi netto ai consorzi e, soprattutto, al numero dei difensori civici e dei direttori generali nelle circoscrizioni comunali che realmente non servono a nulla.
Sulle scuole paritarie si gioca un'altra partita importante che con il disegno di legge finanziaria di quest'anno vede ripristinato il capitolo per 130 milioni. Il Governo e la maggioranza hanno deciso di accogliere tale proposta emendativa proprio per riconoscere e tutelare anche economicamente una realtà importantissima qual è il servizio pubblico offerto dalle scuole paritarie, che rappresentano un concreto esempio di applicazione dell'autonomia scolastica.
Ricordo i 103 milioni di euro destinati ad aiutare le famiglie nell'acquisto dei testi scolastici.
Ricordo anche l'associazionismo, con 400 milioni per il 5 per mille dell'IRPEF. Si tratta di associazioni che, grazie alla sottoscrizione da parte dei contribuenti, riescono a mantenere vive le loro sedi e le loro attività; le televisioni locali, con 50 milioni; il finanziamento alle università per 400 milioni; interventi di risanamento ambientale e ricordo anche che per contrastare il rischio idrogeologico è stata inserita una posta di un miliardo di euro; infine, 50 milioni a favore di interventi di tutela alle popolazioni colpite da eventi atmosferici. Pertanto, si è posta una grande attenzione alla famiglia, attraverso Pag. 53le scuole, il Patto della salute e tramite i comuni che devono dare sussistenza, appunto, alle esigenze dei cittadini.
Ricordo il terzo filone al quale abbiamo tanto dato in sede di dibattito di maggioranza che è quello legato alla sicurezza. Pertanto, sono stati stanziati maggiori fondi per le carceri tra cui 500 milioni per far fronte alla grave e urgente emergenza dovuta al sovrappopolamento delle carceri. Parte di quest'Aula per risolvere il problema fa uscire i carcerati ma noi, invece, stanziamo i soldi per ammodernare e costruire nuove carceri. Diamo, dunque, una soluzione in questo senso e non con i condoni, con gli indulti o con tutte le necessità che voi indicate come pregiudiziali.
In ordine al personale della sicurezza abbiamo previsto l'assunzione a tempo indeterminato per il personale della polizia e dei vigili del fuoco. I soldi per far fronte a queste assunzioni saranno ripartiti in 115 milioni nel 2010, 344 nel 2011 e altri 600 milioni a decorrere dal 2012. Faccio presente che «a decorrere» vuol dire per sempre. Ciò andrà a calmare gli animi di qualcuno dell'opposizione che aveva criticato in modo polemico la mancanza di fondi per il personale della sicurezza. Inoltre, è stato anche affrontato il problema del turnover. Infine, è stata approvata in Commissione - nel senso di un dibattito all'interno della maggioranza - una risoluzione per il problema dei forestali del nord. Pertanto, sono state rivendicate, dando corso alle suddette, quelle istanze, legate ai forestali, che provengono dal nord. Ricordo che in Calabria i forestali sono in numero maggiore rispetto all'intero Canada e che, dunque, con questa disegno di legge finanziaria andiamo a porre attenzione a regioni quali la Lombardia e il Veneto.
Avremmo voluto che fossero inserite alcune disposizioni - Ministro Tremonti, lei le conosce bene - quali un'anticipazione a tutti i comuni con riferimento a ciò che avrà il comune di Roma: avremmo desiderato che ciò fosse esteso a tutti i comuni d'Italia. Inoltre, riteniamo utile una fideiussione per il rilascio della partita IVA agli stranieri. Questo va in parallelo a ciò che ho detto prima sull'esibizione del DURC per ovviare all'evasione IVA da parte dei cittadini stranieri e pensiamo che la proposta di introdurre il rilascio di una fideiussione per ottenere la partita IVA, possa fornire un contributo efficace al contrasto dell'evasione. Il Patto di stabilità degli enti locali lo conosce perfettamente tutto il Paese e i contributi alle associazioni di volontariato, che in un primo momento sono apparsi e poi purtroppo scomparsi, darebbero al territorio una maggiore certezza di controllo e soprattutto la possibilità a tutti coloro che attualmente svolgono un'attività di aiuto all'ente locale - come i nonni vigili all'esterno delle scuole - di poter continuare a svolgere il loro servizio.
Termino il mio intervento, dicendo, appunto, che oggi discutiamo un disegno di legge finanziaria attiva, tesa allo sviluppo economico e alle esigenze delle famiglie, delle imprese e degli enti locali senza - ricordiamolo - mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Abbiamo un pareggio senza una nuova imposizione ma tramite un netto e fermo controllo e riduzione della spesa, con il rientro dei capitali illegalmente espatriati, con un nuovo accordo con le province autonome di Trento, Bolzano e la regione Trentino-Alto Adige, con le rivalutazioni, con la vendita di beni demaniali, con il TFR e i fondi Fas.
Le polemiche sul metodo, che anche oggi abbiamo ascoltato, non devono nascondere la bontà del merito di questa manovra finanziaria e non devono intimorire la maggioranza nel rivendicare questa bontà. Ricordo ancora una volta che questa maggioranza con la Lega mantiene la parola. Termino il mio intervento, ricordando i maggiori fondi per la sicurezza, per le imprese, per le famiglie nonché maggiori tutele ai lavoratori e maggiori forze al territorio e tutto questo - lo ricordo - senza chiedere un euro in più ai cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, oggi con la discussione sulle linee generali sul disegno di legge finanziaria per il 2010 ci si avvia a predisporre il bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Insomma, si predispongono la spesa e le risorse che questa maggioranza parlamentare e questo Governo intendono investire negli anni successivi. Insomma, si parla di come si vogliono spendere i soldi. Dovendo spendere soldi, per rendere meglio il concetto, forse è il caso di leggere un testo che è proprio a tema: «L'odore dei soldi» (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

RENATO CAMBURSANO. Senti, Polledri, senti!

FRANCESCO BARBATO. Infatti, manco a farlo apposta, c'è una prefazione con un bell'articoletto di Fedele Confalonieri. Questo non lo dicono né Di Pietro, né Barbato, né l'Italia dei Valori, ma Fedele Confalonieri: «La verità è che se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l'accusa di mafia. Col cavolo che portavamo a casa il proscioglimento nel lodo Mondadori». Questo lo diceva il 25 giugno 2000 su La Repubblica Fedele Confalonieri.
Questo succede quando ci sono delle persone che, invece di finire in galera o sotto un ponte, finiscono in Parlamento, nel Governo o nello Stato. Quindi, è facile prevedere che cosa può succedere quando ci sono persone come «quello di Canale 5»: si capisce il profilo che vuole dare al Governo. È ovvio che persone con queste origini e con questa provenienza stiano dando un certo profilo a questo Governo. Ecco perché vogliono strozzare le persone che scrivono libri sulla camorra, che fanno film sulla Piovra, perché loro non vogliono distruggere e contrastare la camorra e la criminalità organizzata.
È inutile che il cardinale di Napoli Sepe oggi sul Mattino ci inviti ad avere più coraggio contro la camorra, ovvero basta con le malsane abitudini che uccidono la nostra terra. Ma «quello di Canale 5» - altro che più coraggio contro la camorra - sta mettendo più coraggio a favore della camorra, sta mettendo più impegno a favore della criminalità organizzata. Non a caso si stanno smontando un po' alla volta quei provvedimenti importantissimi che negli anni novanta erano stati assunti sull'antimafia. Si tratta di quei provvedimenti ispirati da Falcone, quando andò al Ministero della giustizia, come l'istituzione della DIA (questo intergruppo tra le forze dell'ordine) o della Direzione Nazionale Antimafia e poi con il licenziamento della legge antiracket del 2005, fino all'importantissima legge sulla confisca dei beni di mafia (la n. 109 del 1996).
Vi voglio ricordare che proprio oggi qui in questo palazzo è venuta una delegazione dei familiari delle vittime di mafia guidata dal presidente dell'associazione Polis, che si chiama Siani ed è il fratello del giornalista del Mattino Giancarlo, che è stato ammazzato. È andato a parlare oggi con il presidente della Commissione antimafia Pisanu.
Domani invece alle 9,30 si incontreranno con il Presidente della Camera Fini, perché i familiari delle vittime di mafia sono indignati da questo terribile comma 47 dell'articolo 2 con il quale si dà la possibilità di vendere i beni confiscati alle mafie. È un regalo infinito che si fa alla mafia, lo vorrei ricordare al relatore che prima con grande superficialità parlava di questo provvedimento. Guardate che la mafia è attenta in particolare alla simbologia, per cui per la mafia è importante ritornare in possesso di quei beni che erano stati confiscati dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, perché in questo modo, simbolicamente, dimostrano che loro comandano e controllano il territorio, e quindi rientrano, con interposte persone e con dei prestanomi, nella proprietà e nell'utilizzo di quei beni che erano stati confiscati. Allora, è una foglia di fico quella che avete previsto, dicendo che si Pag. 55creano i diritti di prelazione per gli enti locali, per i comuni e per le forze di polizia e carabinieri in ordine all'acquisto, perché sapete bene tutti che i comuni e gli enti locali sono sull'orlo del dissesto finanziario, sono in difficoltà economiche e non possono spendere neanche una lira perché non riescono neanche a garantire i servizi essenziali: la scuola, gli asili nido, i trasporti. Come fanno ad acquistare, con il diritto di prelazione, i beni confiscati alle mafie? Come fanno i carabinieri e la polizia? Non riesco ad immaginare un carabiniere o un poliziotto che acquisti il castello di Raffaele Cutolo ad Ottaviano; sarebbe veramente singolare una roba del genere. Ma poi, giusto per attenerci al diritto, quando si fa una vendita si dovrebbe fare un'asta, con delle offerte al rialzo: immaginate che un poliziotto o un carabiniere, con i modesti stipendi che hanno, possano competere con i dilaganti capitali della mafia che immediatamente supererebbero tutti?
Ecco perché oggi con questo provvedimento state ammazzando ancora una volta Giancarlo Siani, state ammazzando ancora una volta Carlo Alberto Dalla Chiesa, con questo provvedimento state ammazzando ancora una volta Falcone e Borsellino. Ecco quello che state facendo: state facendo delle leggi criminogene. C'è stato l'uno ed il due: lo scudo fiscale, con il quale si consentiva ai capitali mafiosi di poter rientrare in Italia, e ora il secondo con questa finanziaria, con il comma 47 col quale si consente ai mafiosi di poter ritornare in possesso dei beni confiscati alla mafia. Questo è quello che state facendo con questa finanziaria che è anch'essa un provvedimento criminogeno e ci dà lo spessore di quello che sta facendo «quello di Canale 5», come direbbe Spatuzza.
Invece ex adverso vi chiedo: perché non siete attenti ai problemi del territorio? In Campania, ad esempio, non viene rispettata la legalità, non vengono rispettate le sentenze dei magistrati. Ci sono sessantamila ordinanze di demolizione per le abitazioni abusive; ebbene, se si riuscisse ad eseguire le sentenze - che vanno sempre rispettate, anche quando sono sgradite - si realizzerebbe un terremoto artificiale. Noi dobbiamo essere più realisti del re, se ad oggi c'è stata volontariamente una sola demolizione, un'autodemolizione, su sessantamila previste a Napoli e provincia, vi domando perché invece non si prendono provvedimenti seri, anziché quegli emendamenti bluff che abbiamo visto presentati in Commissione, poi annullati, poi ripresentati dal Governo, con cui state solo prendendo in giro i cittadini della Campania. A monte di questa situazione, c'è la responsabilità degli amministratori, dei sindaci, con la complicità della polizia municipale dove si chiudeva un occhio perché si doveva creare il consenso, il voto di scambio: ti faccio costruire e io chiudo un occhio perché così si crea il consenso e il voto.
Allora c'è una responsabilità di questa mala politica, e pertanto qui bisogna intervenire con interventi seri per eliminare questa mala politica che sta mettendo in ginocchio la nostra regione, la Campania.
Bisogna veramente avere il coraggio di mettere in campo delle attività forti, che facciano vedere la forza dello Stato, perché non si è proceduto alle demolizioni a causa di questa mala politica degli amministratori locali della Campania, soprattutto del centrodestra, che ad oggi hanno fatto arrivare a sessantamila le ordinanze di demolizione non eseguite in quella regione.
Per demolire sessantamila case in Campania si dovrebbe fare una finanziaria ad hoc per avere le risorse necessarie a tal fine; allora, in modo intelligente, avviate davvero, con la forza di uno Stato vero, la confisca di queste case. Lo Stato si deve impossessare di queste case, deve rientrare nella loro proprietà, naturalmente facendo uno studio preciso perché nelle zone rosse, nelle zone particolari non si possono mantenere in piedi case che vanno solamente demolite, ma per il resto occorre un intervento di confisca, di acquisizione al patrimonio comunale, invece di perdere tempo e non creare mai situazioni di legalità. Pag. 56
Così pure voglio farvi notare che state puntualmente smontando le uniche cose che funzionano in questo Paese ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Concludo. Ad esempio, avete tolto fondi all'Isvap e all'Agcom. L'Isvap è l'unico organismo che in Italia funziona, grazie all'Isvap non abbiamo avuto in Italia quello che è accaduto in America con AIG, il più grande gruppo assicurativo, e con Lehman Brothers, perché il nostro Isvap non ha permesso che nei fondi ci fossero dei titoli sottostanti che non fossero accettati da tale istituto, appunto, mentre all'estero erano accettati. Questo è stato un beneficio per i nostri consumatori e per i nostri cittadini che non hanno subìto i danni derivanti dalla crisi economico-finanziaria determinata da Lehman Brothers, da AIG e da tutti i prodotti irlandesi che circolavano con grande disinvoltura a discapito dei cittadini.
Mentre da noi funziona l'Isvap, tolgono fondi all'Isvap, quando proprio due mesi fa avevo chiesto di rafforzare l'Isvap perché in vista di Solving 2, che andrà in funzione nel 2012, occorrerà maggiore attività da parte di tale organismo per il controllo del mercato assicurativo e delle compagnie assicurative; quindi bisognava rafforzare, non indebolire ...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Concludo, Presidente, nel seguente modo: speriamo che questa sia l'ultima finanziaria realizzata da «quello di Canale 5» per il bene degli italiani e per il bene del nostro Paese perché con questa finanziaria si aiuta solo Impregilo e non si aiutano gli italiani, smonta ciò che c'è di buono e, soprattutto, come è stato detto al No Berlusconi-day, da un milione di cittadini ...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato...

FRANCESCO BARBATO. ... mandiamo via «quello di Canale 5» per il bene del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, mi dispiace che il Ministro Tremonti sia appena andato via perché con il suo aiuto ci avrebbe fatto molto piacere ricostruire gli effetti di alcune sue dichiarazioni e di alcuni suoi impegni paralleli all'approvazione della legge finanziaria per il 2009, esattamente un anno fa, in quest' Aula. Sono convinto che ci aiuterà il Viceministro Vegas e, probabilmente, per il raccordo, per il rapporto molto stretto che c'è stato tra relatori e Governo, ci aiuteranno anche i due relatori Corsaro e Marinello.
Viceministro Vegas, esattamente un anno fa Tremonti diceva: l'elevata incertezza ha richiesto forte prudenza per evitare che una forte manovra potesse produrre effetti contrari all'interesse generale. Pertanto, con questa legge finanziaria e con questa manovra triennale garantiremo il controllo del debito pubblico, il contenimento e la riduzione della spesa e la cosa più interessante è che il Ministro ci garantiva che la disoccupazione non sarebbe aumentata.
Passiamo ai dati di un anno dopo. Infatti, prima di parlarvi del disegno di legge finanziaria per l'anno 2010, probabilmente con grande onestà intellettuale in quest'Aula dovremmo dirci qual è il tasso di credibilità con il quale vi presentate al Paese, con riferimento alla prima finanziaria del secondo ciclo legislativo (speriamo sia l'ultimo) del Governo Berlusconi a partire dall'anno scorso.
Alla fine del 2009, perché ormai i giochi sono fatti, i segni negativi li abbiamo sul PIL che è crollato; sull'occupazione che purtroppo è crollata e di converso è aumentata la disoccupazione; è crollato il numero delle imprese attive; c'è stato un crollo dei consumi e degli ordini industriali. L'unico segno positivo, che ritroviamo Pag. 57dopo un anno e dopo quella finanziaria che prometteva una nuova rivoluzione italiana, è dato dalla spesa pubblica che è aumentata. Chiedo al Governo di trovare il Ministro Brunetta e che venga qui in Aula a dirci cosa ha combinato visto che la spesa pubblica è aumentata di nuovo.
Inoltre, il debito pubblico è fuori controllo e in un anno vi siete mangiati sedici anni di storia economica e di riduzioni graduali fatte come le formiche da molti Governi di centrosinistra.
L'altro segno positivo, purtroppo, è l'aumento alla cassa integrazione. È successo questo dopo un anno e dopo quelle dichiarazioni che ci facevano passare per Cassandre e che vi facevano dire che noi amavamo così tanto i poveri che ne volevamo di più.
Tutto avremmo potuto immaginare tranne i disastri che avreste combinato in quest'anno, per non parlare di alcuni punti forti che hanno sempre caratterizzato il vostro modo di vendere la politica economica al Paese. Ricordo la social card su tutte, che avrebbe dovuto cambiare la vita di chi era rimasto indietro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 18,30)

FRANCESCO BOCCIA. In ordine al disegno di legge finanziaria di quest'anno, l'onorevole Corsaro ha avuto il coraggio di ricordarci alcune cose di questa settimana che non sono accadute in Commissione bilancio.
Intanto vi avevamo chiesto semplicemente di poter discutere il merito dell'emendamento Franceschini che era, di fatto, la controproposta finanziaria del Partito Democratico e che aveva quattro pilastri: gli interventi sulla famiglia, sul lavoro, sulle imprese e sugli enti locali. In quei dieci punti che caratterizzavano e caratterizzano la nostra proposta e su cui speriamo ancora di ritrovare un minimo di vostra disponibilità nelle prossime ore, ci saremmo aspettati un «sì» su almeno uno di questi quattro aspetti.
Invece sono arrivati «no» che non sono diretti al Partito Democratico o all'opposizione, bensì al Paese. Sulla famiglia, anche di concerto con l'Italia dei Valori e l'UdC, vi avevamo proposto di intervenire semplicemente sui figli. Facendo anche uno sforzo, se vuole Viceministro Vegas, culturale rispetto a proposte economiche che lo stesso Partito Democratico aveva fatto in precedenza. Vi avevamo sfidato al sostegno dei figli indipendentemente dalle caratteristiche della famiglia e, quindi, indipendentemente dal fatto che il capofamiglia fosse un lavoratore dipendente o autonomo. La risposta è stata «no». Vi avevamo chiesto di provare a far partire una discussione sulle detrazioni per i redditi più bassi e ovviamente non c'è stata risposta.
E sul lavoro e sull'estensione dei diritti di alcuni ammortizzatori sociali alle piccole e piccolissime imprese? Non bastano le storie che racconta Sacconi rispetto a deroghe presunte, perché le deroghe, quando non sono supportate da norme ordinarie che garantiscono strutturalità, sono deroghe che passano attraverso la discrezionalità della politica. Non ci soddisfa il fatto di sapere che quelle deroghe in qualche modo possono essere utilizzate con un «sì» del Ministro del lavoro o del presidente della regione di turno.
Dietro ogni deroga c'è un tasso di discrezionalità della politica che, rispetto a diritti sacrosanti come quelli dell'attivazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori delle piccolissime imprese, soprattutto non sindacalizzate, è un tema che riguarda tutto il Paese, da nord a sud, e tutti gli italiani.
Per non parlare, rispetto al capitolo imprese, di un fondo straordinario, che vi avevamo proposto e vi proponiamo più volte ormai dall'anno scorso, che potesse consentire, soprattutto alle piccolissime imprese, di trasformare i debiti finanziari a breve termine in debiti a medio e lungo termine, con mutui garantiti dallo Stato, attraverso la definizione di un fondo straordinario della Cassa depositi e prestiti. Non ci avete neanche consentito di discutere di queste cose. Pag. 58
Infine, per quanto riguarda gli enti locali, se avete concesso qualcosa, come il rimborso delle quote ICI iscritte nei bilanci degli enti locali, lo si deve al pressing del Partito Democratico, rispetto al quale anche la Lega è arrossita.
Però, anche in questo meccanismo, non avete distinto tra i comuni virtuosi e i comuni non virtuosi, perché alla fine state restituendo ai comuni una parte delle quote certificate dell'ICI non riscossa, con il capolavoro di dare più soldi ai comuni che tassavano di più, perché hanno iscritto in bilancio cifre più alte, e meno soldi ai comuni più virtuosi, che tassavano di meno, perché sono stati sfortunati, perché si sono ritrovati nel primo anno del secondo ciclo di Governo Berlusconi, in cui la propaganda ha portato alla cancellazione dell'ICI, indipendentemente dall'autonomia impositiva degli enti locali. Quindi, avremo comuni, che tassavano di più i propri cittadini, che otterranno più risorse e comuni, che avevano purtroppo la colpa di essere più virtuosi, che otterranno meno risorse.
Dentro questa logica, questo quadro, questo scenario, il relatore Corsaro ci dice che c'è la politica economica. Noi non riusciamo a capire dove sia la politica economica. Se poi passiamo in rassegna alcuni commi del maxiemendamento, scopriamo che le risorse alle quali fa riferimento il relatore Corsaro non incidono sullo sviluppo endogeno dei nostri territori.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la prego di concludere.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Lascio solo alcuni titoli, che certamente riprenderanno i miei colleghi nei prossimi interventi: un fondo di 100 milioni per interventi finalizzati ad enti per interventi di sviluppo territoriale, che altro non è che la garanzia data presumibilmente a molti colleghi di maggioranza di poter ottenere qualcosa per singoli territori, che nulla ha a che vedere con lo sviluppo economico degli stessi. Noi riteniamo che questo sia stato uno degli stimoli che una parte dei gruppi parlamentari ha avuto in Commissione bilancio e che ha portato all'improvviso alla modifica del comportamento di quei gruppi su temi molto più complessi, come il patto sulla salute, al quale non è stato dedicato neanche un minuto di discussione in Commissione bilancio, o come gli interventi sullo sviluppo economico e sulla defiscalizzazione delle imprese nel Mezzogiorno.
Concludo, signor Presidente, richiamando i risultati che ho citato all'inizio del mio intervento, che sono i risultati disastrosi del 2009 relativi alla finanziaria dell'anno scorso. Vi abbiamo chiesto in tutti i modi di condividere, in un momento difficile come quello che sta attraversando il nostro Paese, i fondamentali di questa manovra economica. Anche questa volta, avete preferito girare la testa dall'altra parte. Sarà inevitabile nei prossimi mesi assumervi la responsabilità fino in fondo di fronte al Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro, sul piano del metodo, non possiamo non rilevare un ritorno ad un passato che con la finanziaria 2009 ritenevamo ed auspicavamo definitivamente superato. Abbiamo, invece, assistito al susseguirsi convulso dell'azione autoemendativa del Governo e della maggioranza, definita dallo stesso Viceministro in Commissione piuttosto abbondante.
Siamo nuovamente alla sommatoria di norme, le più disparate, in materie eterogenee variamente affastellate. Ci è sembrato francamente incredibile veder stralciare una parte del codice delle autonomie, appena varato dal Consiglio dei ministri dopo un'interminabile gestazione, per inserirla nella finanziaria. La logica è evidentemente quella del treno che passa con tempi certi, a cui agganciare tutti i vagoni possibili. Il rischio evidente è che Pag. 59non si definisca quell'intervento organico che sarebbe invece necessario per fronteggiare una situazione economica che mantiene forti e preoccupanti criticità, prima tra tutte l'occupazione.
Le drammatiche immagini, sempre più frequenti, di stabilimenti industriali chiusi e di maestranze indotte a gesti eclatanti per difendere il proprio posto di lavoro sono lì a ricordarcelo: di fronte a quegli operai senza lavoro o con il timore quotidiano di perderlo e di fronte a tante famiglie in difficoltà occorrerebbe ben altra coesione e responsabilità politica trasversale.
Siamo invece di fronte al permanere, anzi all'accentuarsi di forti tensioni e continue fibrillazioni in entrambi gli schieramenti politici: da un lato, un centrodestra che, a poco più di un anno e mezzo da elezioni vinte largamente, con una maggioranza schiacciante in quest'Aula, è stato qui ultimamente più volte battuto, scosso da una resa dei conti interna che ha indotto suoi autorevoli esponenti ad evocare finanche lo spettro salvifico di nuove elezioni anticipate, che sarebbero, in realtà, una dichiarazione politica pubblica di fallimento; dall'altro, un'opposizione che non perde peraltro l'occasione per mostrare scarsa compattezza e coesione, con prove non sempre convincenti anche in quest'Aula, senza la capacità di affondare i colpi, come pure avrebbe potuto fare su provvedimenti importanti quali lo scudo fiscale.
E tutto ciò in una situazione sempre troppo pesantemente condizionata dalle vicende giudiziarie del Premier, ma torbida più in generale, quasi sospesa e in attesa prima delle singolari vicende delle escort, poi delle dubbie rivelazioni del pluriomicida convertito Spatuzza e domani, forse, di qualche nuovo video, a dettare o quantomeno condizionare l'agenda politica.
È un clima francamente irrespirabile, da basso impero. Lo spettacolo che produciamo tutti insieme non ci sembra dei migliori e certo non è adeguato a reggere le sfide con cui deve confrontarsi la società reale che sta fuori da quest'Aula e dai suoi rituali.
Da parte nostra abbiamo proposto a questa finanziaria una serie di emendamenti, puntualmente non recepiti dal Governo e dalla maggioranza. Consideriamo grave, in particolare, il non accoglimento dell'emendamento 2.151 sul Patto di stabilità.
In una situazione in cui si cercano disperatamente risorse per poter effettuare interventi anticrisi ci sembra paradossale averne a disposizione e non poterli utilizzare. È proprio ciò che accade ad alcune regioni a statuto speciale: l'applicazione del Patto di stabilità blocca, solo in Valle d'Aosta, circa 400 milioni di euro. Con questo emendamento, riproposto in Assemblea, chiediamo che quelle risorse possano essere impiegate proprio per interventi di contenimento degli effetti della crisi o per interventi infrastrutturali.
Per rimanere alla Valle d'Aosta, ve ne è uno in particolare: la linea ferroviaria che collega quella regione alla rete nazionale e internazionale risale a fine Ottocento e richiede interventi considerevoli di ristrutturazione e ammodernamento; utilizziamo lì queste risorse. Non è un onere aggiuntivo per lo Stato, ma sono risorse già esistenti nelle casse di quella regione.
Questa è una precisa occasione per questo Governo e questa maggioranza per dare un segno concreto di attenzione alla Valle d'Aosta con i fatti e non a parole, se si intende farlo (Applausi del deputato Cambursano).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Girlanda. Ne ha facoltà.

ROCCO GIRLANDA. Signor Presidente, Viceministro Vegas, cari colleghi, nelle prossime ore saremo chiamati attraverso il voto ad esprimere il nostro consenso su un importante atto, la legge finanziaria 2010.
È un provvedimento certamente importante per il Governo, condiviso da questa maggioranza che lo sostiene, ma soprattutto, consentitemi, importante per il nostro Paese, e quindi per le famiglie, per le Pag. 60imprese, per i lavoratori, per i nostri giovani: cittadini a cui ogni giorno rivolgiamo le nostre attenzioni e a cui dedichiamo il nostro lavoro, per garantire stabilità, servizi sociali e soprattutto un sano sviluppo economico, che, non dimenticando mai il rigore di bilancio che ci siamo imposti, getta basi solide per il futuro del nostro meraviglioso Paese.
La legge finanziaria 2010 conferma l'impostazione già adottata nella manovra dello scorso anno, sia in termini di contenuti normativi, sia in termini di effetti sui saldi di finanza pubblica. Anche per la legge finanziaria 2010, il Governo ha infatti presentato un documento snello ed articolato in soli tre articoli, che si limitano a fissare gli obiettivi per i saldi di bilancio e ad introdurre un numero veramente limitato di misure.
Tale scelta deriva da precedenti norme, regolarmente approvate da questo Parlamento, volute e condivise da questa maggioranza: una maggioranza che con grande senso di responsabilità si è imposta, attraverso il decreto-legge n. 112 del 2008 e il decreto-legge n. 78 del 2009, che le leggi finanziarie 2009 e 2010 potessero contenere un limitato numero di disposizioni, esclusivamente attinenti al suo contenuto tipico, con esclusione in particolare di dispositivi di carattere prettamente ordinamentale, microsettoriale e localistico.
In un periodo di crisi economica mondiale come quello appena trascorso, con effetti ancora evidenti e forse imprevedibili per l'immediato futuro, tale determinazione si è già dimostrata necessaria e fondamentale allo stesso tempo: necessaria, per evitare quello che da più parti è stato definito come «l'assalto alla diligenza»; fondamentale, per proseguire nella primaria e prioritaria volontà di questo Governo di perseguire la strada che porterà al pareggio di bilancio e alla diminuzione del debito pubblico. Sono obiettivi inimmaginabili e assolutamente ambiziosi, che sono convinto riusciremo a centrare nel corso di questa legislatura.
Non posso in questo momento quindi non ricordare i principali provvedimenti che il Governo Berlusconi ha messo in atto in campo economico fin dall'inizio della legislatura: misure adottate in modo da ridisegnare il quadro strategico nazionale, anche in funzione anticrisi, proprio a seguito della situazione di particolare crisi economica e finanziaria che si è venuta a creare, quasi improvvisamente con risvolti immediati, in tutto il panorama internazionale, una serie numerosa di interventi in materia di risanamento di finanza pubblica, di aumento della competitività delle imprese e di aiuto alle famiglie.
Signor Presidente, quando pochi mesi fa entrai per la prima volta in Aula, con il dovuto rispetto e la giusta emozione, mai avrei immaginato di essere di lì a poco partecipe di una così lunga attività di interventi in campo economico e di numerosi primati: primati come quello della finanziaria 2010, la più leggera della storia della Repubblica, e come - tanto per aggiungere un altro esempio - quello del famoso decreto-legge n. 185 del 2008, il primo decreto-legge con misure anticrisi adottato da un Governo dell'Unione europea. Quando, infatti, questo Governo e questo Parlamento legiferavano in visione anticrisi, altri Governi europei ancora erano in fase di studio della problematica. Come sarebbe possibile dimenticarlo?
Sono oggettivamente convinto che già questo quadro, signor Presidente e cari colleghi, sia sufficiente a dimostrare la capacità del Governo nazionale di governare in modo netto la politica economica e finanziaria del Paese. Sono davvero onestamente convinto che potremmo chiudere qui l'analisi e procedere ad un sereno, unanime riconoscimento per il lavoro svolto fin qui dal Governo, e consegnare tutti noi a questo Esecutivo il nostro convinto «sì» insieme ad un mandato pieno a proseguire su questa strada. Mi rendo conto che ovviamente ciò non è possibile: essere relegati ad un ruolo esclusivamente ideologico e partitico, cari amici della sinistra, vi sta facendo perdere, o meglio vi ha già fatto perdere, il contatto con la realtà del Paese.
Tremo e rabbrividisco, signor Presidente, al pensiero di cosa sarebbe stato del nostro Paese qualora la responsabilità di Pag. 61Governo, in questa fase delicata a livello mondiale, fosse stata nella disponibilità del precedente Esecutivo, schiavo di una maggioranza esclusivamente guidata da politiche ideologiche, che avevano tagliato il ruolo dell'Italia, relegandola a fanalino di coda. L'incoerenza, cari amici dell'opposizione, vi fa perdere di vista la realtà e non vi accorgete di come in poco tempo il Governo Berlusconi abbia, con autorevolezza, riportato, attraverso la sua politica, l'Italia al centro dell'Europa; fatto, questo, che insieme a tutti gli altri elementi positivi ha portato, secondi i sondaggi, l'attuale Governo e, in particolare, il suo Presidente a livelli di soddisfazione mai raggiunti da nessun Governo della Repubblica ed impensabili per un Governo italiano.
Cari colleghi dell'opposizione, ho seguito attentamente i lavori nelle Commissioni parlamentari relativi al dibattito su questo disegno di legge, lavori che per un'intera settimana si sono svolti accogliendo le richieste - finanche l'allungamento dei tempi sull'organizzazione dei lavori - pervenute dall'opposizioni.
L'ultima seduta della Commissione bilancio, signor Presidente, è durata ininterrottamente dalle 18 di sera alle 11 del giorno seguente. Rabbrividisco leggendo le agenzie di stampa in cui autorevoli membri dell'opposizione dichiarano, ovviamente artatamente, che non ci sarebbe stata o gli sarebbe stata negata la possibilità di discutere.
Obiettivamente, invece, la realtà è un'altra: non trovo una traccia concreta per motivare l'opposizione della sinistra a questo disegno di legge. Si tratta di un semplice «no», di un «punto e basta» perché così deve essere, perché questa è la politica della sinistra, quella del «no», del dissenso a tutti i costi, solo ed esclusivamente per ideologia.
La finanziaria per il 2010, pur se molto snella, è in realtà un documento complesso che interviene sulla situazione del Paese con determinate scelte e misure per il sostegno diretto e indiretto alle famiglie, alle imprese e al mondo del lavoro, sostegno che ad oggi non ha trovato nemmeno una concreta proposta da parte dell'opposizione e che è arrivato in quest'Aula senza nessun contributo, vista l'immotivata scelta di abbandonare i lavori della Commissione bilancio quando avete preso consapevolezza della determinazione della maggioranza di sostenere il rigore del Governo e respingere legittimamente i consueti attacchi alla diligenza, ai quali invece da tempo siete abituati.
Dopo una nottata di lavoro e di confronto, sareste potuti entrare nel merito delle questioni affrontate, invece di rimanere agganciati a sterili polemiche sulle questioni di merito, che nulla lasciano, se non il vostro vuoto.
Alla luce di ciò, mi chiedo come farete a giustificare il vostro «no» a una finanziaria che riesce a coniugare il rispetto dei conti con alcuni interventi mirati allo sviluppo, come potete ignorare ed essere contrari al fatto che alle imprese italiane, dalla finanziaria 2010, arriverà più di un miliardo di euro come credito di imposta se investiranno in prodotti innovativi e quindi nella ricerca. Come farete a giustificare il vostro «no» ai meccanismi di protezione sociale che agevolano, ad esempio, gli over 50? Che dire inoltre degli ammortizzatori sociali, divenuti ormai universali, comprendendo in questo modo anche le imprese con meno di 15 dipendenti? Il tutto avviene in un contesto il cui anche l'OCSE ha ribadito, e per la seconda volta, che l'andamento della disoccupazione in Italia ha una dinamica decisamente migliore rispetto a tutti gli altri Paesi europei.
Come giustificare il «no» dell'opposizione alla necessaria revisione del numero dei consiglieri comunali e provinciali e degli amministratori di comuni e province, riduzione che sono convinto troverà l'appoggio incondizionato dei cittadini che, al contrario, si aspettano dalle amministrazioni locali solo efficienza e rapidità gestionale.
Ma questo molto probabilmente è uno degli argomenti più scottanti. Da tempo immemorabile le sinistre sono abituate, attraverso gli enti locali, ad una gestione esclusivamente clientelare della cosa pubblica. Pag. 62Certo, i contenuti di questo provvedimento sono lontani anni luce dalla vostra idea di Governo del Paese, dai provvedimenti che elargiscono risorse a pioggia, magari agli amici, e creano un sistema di stabilità solo apparente, dai provvedimenti che creano la precarizzazione certa del mondo del lavoro e dei nostri giovani, che creano la destabilizzazione dei conti e dei saldi di bilancio dello Stato.
Questo provvedimento è lontano anni luce dagli amministratori che invece esprimete negli enti locali del Paese. Non posso non citare in proposito la Roma di Rutelli e del vostro Veltroni, la Campania di Bassolino e la mia cara Umbria, con Perugia, nella quale, invece di promuovere un sano sviluppo economico, le amministrazioni di sinistra sperperano risorse per costruire opere sulla mobilità che nessuno usa e che sono costate ben cinque volte il budget che avevate previsto, che hanno reso addirittura necessario un intervento riparatore ad hoc del precedente esecutivo e sulle quali oggi sta intervenendo la magistratura.
Signor Presidente, potrei continuare all'infinito con questo elenco di inefficienze, ma immagino che il poco tempo a disposizione non me lo consenta e quindi dico che con la finanziaria 2010 noi sosteniamo gli enti locali, con la restituzione dei mancati introiti ICI. Si tratta di una norma, quella concernente la cancellazione dell'ICI sulla prima casa introdotta all'inizio della legislatura per venire incontro alle esigenze delle famiglie. La norma in finanziaria rende strutturale dal 2009 il rimborso ai comuni per le minori entrate derivanti dal taglio dell'ICI sulla prima casa.
Da quest'anno vi saranno infatti circa 800 milioni di euro in più rispetto a quanto già stanziato. Li sosteniamo poi indirettamente, molto di più nella sostanza della norma, con una disposizione attesa da tempo dai cittadini, che «stoppa» i trasferimenti di fondi statali alle comunità montane: saranno le regioni a scegliere liberamente come e dove servono e cosa fare per i servizi veri, e non di sperpero strutturale, necessari per i cittadini.
Il disegno di legge finanziaria per il 2010, signor Presidente, chiude una volta per tutte la questione del Fondo di solidarietà, paracadute finanziario per i lavoratori del comparto primario. Il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale era molto atteso dal mondo dell'agricoltura italiana: come farete quindi a motivare agli agricoltori il vostro «no» sul fatto che abbiamo reso disponibili risorse per il triennio 2010-2012 e per la copertura degli scoperti degli anni precedenti? Costituiscono la risposta nei fatti alle richieste del mondo agricolo italiano e a chi ha voluto strumentalizzarlo innescando polemiche pretestuose e inutili negli ultimi mesi (per l'agricoltura e l'agroalimentare italiani è stato stanziato complessivamente, esclusivamente per il triennio 2010-2012, oltre un miliardo di euro).
È un disegno di legge finanziaria che affronta con rigore anche la questione sanità. Il Patto per la salute, entrato in finanziaria, stabilisce che le regioni con la sanità in rosso, che non presentino piani di rientro, rischiano un aumento dell'IRAP e dell'addizionale IRPEF: come è possibile non essere d'accordo? Complessivamente, nel 2010 le regioni avranno oltre 106 miliardi e gli stanziamenti per il Servizio sanitario nazionale aumentano in previsione di 1,6 miliardi nel 2010, di 1,8 nel 2011, mentre nel 2012 l'incremento sarà del 2,8 per cento.
Insomma quello del disegno di legge finanziaria per il 2010 è un testo che, nel rispetto dei vincoli di bilancio e di invarianza dei saldi, recepisce il lavoro fatto in materia di sanità e di assistenza alla disabilità, un testo che interviene su ammortizzatori sociali, premi di produttività, ricerca e 5 per mille, ed ancora, sui libri di testo per la scuola e l'università. È un disegno di legge finanziaria che, come da programma di Governo, garantisce il finanziamento alle scuole paritarie al fine di rendere davvero liberi i genitori sul modello educativo che vogliono scegliere per i propri figli (si tratta di 130 milioni di euro, tutto il necessario).
Inoltre, signor Presidente, sempre per quello che riguarda la scuola, abbiamo Pag. 63attivato da subito interventi per 300 milioni di euro per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole; sempre per le infrastrutture, questo disegno di legge finanziaria dà il via, mettendo a disposizione 500 milioni di euro, al programma di edilizia carceraria per iniziare a risolvere l'annoso problema del sovraffollamento nelle carceri italiane.
Voglio concludere brevemente, signor Presidente, con i due argomenti che probabilmente in queste ore hanno trovato la massima attenzione sulla stampa e massimizzato lo sforzo distruttivo e polemico dell'opposizione: mi riferisco alla vendita dei beni confiscati alla mafia ed al cosiddetto «taglia-fondi» all'editoria.
Si è detto di tutto e di più attraverso la stampa. Sui beni della mafia si ipotizza che sia una norma che serva per far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta. Premesso che nessun Governo ha ottenuto risultati nella lotta alla mafia come quello in carica (prova ne sono gli arresti degli ultimi giorni), va aggiunto che, leggendo con attenzione la norma sulla vendita dei beni confiscati, si nota subito che sono inserite tutte le possibili garanzie: è prevista l'opzione prioritaria per le cooperative costituite dalle forze dell'ordine ed un diritto di prelazione da parte degli enti locali (il tutto sotto il controllo del comitato per l'ordine e la sicurezza ed attuato con regolamento del Ministro dell'interno).
Tenendo conto di tutto questo, ricordo inoltre che per rafforzare le disponibilità in favore delle forze dell'ordine è stata decisa questa iniziativa a noi veramente molto cara.

PRESIDENTE. Onorevole Girlanda, la invito a concludere.

ROCCO GIRLANDA. Signor Presidente, l'ultimo tema - e concludo - è quello relativo all'editoria ed ai presunti tagli. Anche a tale proposito, mi consenta una breve premessa. Non è vero che questo Governo è insensibile alle problematiche del settore: prova ne è il fatto che in un recente provvedimento è stato finanziato, per la prima volta nella storia e con ben oltre 20 milioni di euro, il Fondo speciale per il prepensionamento dei giornalisti (lo dico con orgoglio, perché il Governo accolse un mio emendamento).
Se non bastasse, aggiungo che proprio il maxiemendamento del relatore al disegno di legge finanziaria per il 2010 contiene una disposizione per finanziare con ben 50 milioni di euro il Fondo, sempre dell'editoria, delicato alle emittenti locali.

PRESIDENTE. Onorevole Girlanda, deve concludere.

ROCCO GIRLANDA. Se non bastasse ancora, aggiungo che nella storia di questo Governo sono state sempre inserite risorse adeguate nei capitoli di bilancio relativi ai contributi all'editoria.
Detto questo, mi sembra che la volontà sia abbastanza chiara: la questione da risolvere è esclusivamente di natura tecnica, ossia come risolvere il passaggio da contributi predefiniti per gli editori, ma indefiniti per il Governo, a un sistema che li renda predefiniti per entrambi (nulla a che vedere con il taglio di cui in questi giorni si parla nella stampa).
La mia convinzione che il Governo riuscirà a risolvere questo aspetto nasce dalla consapevolezza e dalla sensibilità che il Governo ha sempre dimostrato nei confronti della pluralità e - consentitemi - della libertà di informazione.
Per tutti questi motivi, signor Presidente, il disegno di legge finanziaria 2010 rappresenta un testo che tiene conto delle esigenze del Paese, che sono di assoluto rigore di bilancio, e, al tempo stesso, di sostegno alle imprese e, quindi, alle famiglie. Non condividere questo provvedimento significa essere e rimanere per sempre sudditi della politica a cui vi ha abituato il Ministro Visco (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, ci eravamo illusi che anche alla Pag. 64Camera ci potesse essere, così come era avvenuto al Senato qualche settimana fa, il confronto tra due modi distinti di intendere la politica economica del Governo: tra quanti sostengono che il primato debba essere quello dello sviluppo e quelli, invece, che ritengono che allo sviluppo si dovrà pensare quando la ripresa economica sarà più consolidata.
Se aveste accettato - mi rivolgo ai colleghi della maggioranza - il confronto al vostro interno in Commissione e il confronto con le minoranze, avreste potuto oggi affermare che questo testo, quello che approverete, è un testo sintetico della discussione al vostro interno e rappresenta una sintesi anche del lavoro svolto con le minoranze in Commissione.
Invece, non è avvenuto nulla di tutto ciò: questo testo è quello trasmesso dal Governo all'Aula per il tramite del relatore. Secondo me avete perso un'occasione. Avete dimostrato di sentirvi deboli e, quindi, incapaci di accettare il confronto sulle proposte emendative della minoranza, come quelle, ad esempio, sulla famiglia o come quelle che miravano ad introdurre piccoli sgravi fiscali, così come richiesto da più parti nel Paese. Ogni discussione su questi temi infatti avrebbe potuto aprire pericolose crepe nelle fila della vostra maggioranza.
Per carità, voi avete titolo per assumervi la responsabilità per intero del vostro modo di guidare il Paese, del vostro modo di produrre interventi di politica economica e di interpretare il rapporto tra maggioranza e Governo e tra maggioranza e Parlamento.
Noi interveniamo oggi, nonostante temiamo che sia già tutto deciso e che non vi siano margini per migliorare questa finanziaria, perché rimanga agli atti che queste responsabilità sono soltanto vostre. È soltanto vostra la responsabilità di mortificare il Parlamento, così come avete fatto in Commissione e come farete in Aula, se apporrete la questione di fiducia, senza accogliere alcun emendamento e senza confrontarvi su alcun emendamento della minoranza.
Soprattutto è soltanto vostra la responsabilità di una politica economica che in questa finanziaria continua ad essere né di rigore, né di sviluppo, né più equa nei confronti delle famiglie che, come dimostrano i dati sulla povertà, stanno pagando il prezzo più alto per la crisi. Dunque, non è una legge finanziaria di rigore. Forse questa legge finanziaria dimostra più semplicemente che non avete una politica economica di rigore o di sviluppo che essa sia, e che l'obiettivo è solo quello di tirare a campare nella speranza che la crisi passi e che vi sia la ripresa, nella speranza che i dati dell'OCSE (che fanno registrare indicatori non po' più positivi per il nostro Paese) e la lieve crescita del PIL (che ha registrato il nostro Paese negli ultimi mesi) siano segnali positivi di una ripresa possibile e non invece, come riteniamo noi, dei semplici rimbalzi.
Infatti, una variazione del PIL di qualche decimo non autorizza a ritenere che la ripresa sia già iniziata; anzi, quasi tutti gli analisti concordano sul fatto che la ripresa sarà lunga e che non si sa quando l'economia europea potrà tornare a crescere a ritmi pre-crisi. E anche quando ciò avverrà per il resto dell'Europa, vi è il rischio che il nostro Paese, che anche prima della crisi cresceva più lentamente degli altri Paesi, stenti a riprendere la corsa.
D'altra parte non è chiaro come si possa sostenere che la crisi sia passata e che stia iniziando la ripresa mentre la domanda continua ad essere debole, gli investimenti pure, e soprattutto mentre siamo costretti ad aumentare le risorse per gli ammortizzatori sociali perché le imprese continuano a licenziare (anche in questa finanziaria vi è un aumento di queste risorse). È falso che questa sia una finanziaria di rigore, perché con entrate una tantum, quali quella dello scudo fiscale o quella sul TFR dell'INPS, si finanziano spese correnti. Mi chiedo: è rigoroso, è responsabile finanziare spesa corrente che probabilmente, una volta aperti i rubinetti, si genererà ogni anno con entrate straordinarie, delle quali invece non potremmo disporre ogni anno? Credo che Pag. 65sia esattamente ciò che una finanziaria rigorosa dovrebbe evitare di fare. Invece di operare un'incisiva azione di spending review per distinguere la spesa pubblica cattiva da quella buona, per tagliare la spesa improduttiva, liberando così risorse per la famiglia, per la ripresa dei consumi e per le imprese - così come noi dell'Unione di Centro abbiamo in più di un'occasione sostenuto - si procede al solito modo, senza una visione e senza coraggio. A causa di questo modo di procedere si produrrà un ulteriore aumento della spesa pubblica negli anni prossimi, e ciò mentre il rapporto deficit - PIL è in modo preoccupante al di sopra del 115 per cento, non solo per la riduzione del PIL e delle entrate, ma anche per l'aumento della spesa primaria, come dimostra proprio la relazione previsionale e programmatica presentata dal Governo dalla quale si evince che i saldi di bilancio primari sono peggiorati tra il 2008 e il 2009 di ben 44 miliardi, e che 34 miliardi di questi 44 discendono proprio da un incremento della spesa primaria. Non avete fatto una finanziaria di rigore dunque, eppure si tratta di una finanziaria da 9 miliardi di euro quasi, una finanziaria che non è leggera ma che non ha purtroppo il peso qualificante di scelte di politica economica nette, a sostegno dei redditi o delle imprese. Non ci sono interventi a riduzione delle tasse o interventi per rilanciare i consumi. Avete poi completamente dimenticato la famiglia. Dite pubblicamente, in ogni occasione e in ogni dibattito televisivo, di volere introdurre sia pure gradualmente il quoziente familiare, di avere questo obiettivo, e poi nella finanziaria cancellate addirittura le poche cose che in passato erano state disposte per la famiglia, proprio mentre tutti sostengono che la famiglia rappresenta davvero il primo ammortizzatore sociale nel nostro Paese. Che fine hanno fatto i due miliardi e 400 milioni di euro per il bonus famiglia, che avrebbe dovuto diventare una posta di bilancio strutturale, ordinaria, a difesa della famiglia? Invece di migliorare il bonus famiglia, privilegiando le famiglie con figli, avete cancellato queste poche risorse. Nessun intervento sugli assegni familiari. Noi l'avevamo proposto con i nostri emendamenti e interventi in questa direzione. Nessun intervento sul fronte delle detrazioni o delle deduzioni delle spese per le famiglie con figli. Niente. La verità è che la famiglia per voi non è una priorità al di fuori dei dibattiti nei quali sostenete che lo sia. Questa, colleghi, non è neppure una finanziaria di sviluppo, perché non vi sono interventi per favorire la crescita e la domanda interna, e perché non vi sono gli sgravi fiscali richiesti da tutte le organizzazioni delle piccole e medie imprese italiane. Ma che non sia una finanziaria di sviluppo lo si vede soprattutto nell'interesse nullo che avete riservato alla parte del Paese che più potrebbe svilupparsi e che maggiormente potrebbe contribuire alla crescita del prodotto interno lordo del Paese. Mi riferisco al Mezzogiorno. In questa finanziaria non vi è un solo intervento per il Mezzogiorno, non un solo euro, soltanto lo spot della Banca del sud, come se la Banca del sud, così come l'avete prevista potesse essere la panacea ai mali del meridione. È vero, c'è nel Mezzogiorno un gigantesco problema del credito, che è più grave di quanto grave sia in ogni altra parte d'Italia. È vero anche che i centri decisionali delle banche sono ormai lontani dal sud perché possano le banche giudicare senza pregiudizi la qualità degli imprenditori e la valenza delle loro idee nell'erogazione del credito.
Ma è disonesto far pensare che con l'istituzione della Banca del sud si possa risolvere questo problema. La Banca del sud in sostanza è come un'aspirina per un malato grave. Se il Governo vuol davvero intervenire sul problema dello sviluppo del Mezzogiorno predisponga allora un poderoso piano per le infrastrutture, per migliorare le autostrade, per dotare il sud dell'alta velocità ferroviaria - vorrei ricordare che solo il 7,5 per cento dell'alta velocità del nostro Paese è nel Mezzogiorno d'Italia - per aiutare le regioni a concentrare le risorse dei fondi FAS in poche e condivise opere strategiche interregionali: non si limiti soltanto all'ennesimo spot sul Ponte sullo Stretto che da Pag. 66solo non risolve alcun problema del Mezzogiorno. Questa legge finanziaria, in verità, abbandona il Mezzogiorno a sé stesso: lo dimostra la norma sull'alienazione dei beni confiscati alla mafia. Si sostiene in tutte le occasioni che ciò che fa più male alla mafia sia il sequestro dei suoi beni, sia colpirla nel patrimonio, sequestrargli la sua roba ed ora si dà la possibilità alle famiglie mafiose di riacquistare nelle aste, magari tramite propri prestanomi, questi beni, questa roba. Non è un caso che questa norma sia osteggiata da tutti coloro che combattono la mafia del Mezzogiorno e da tutti coloro che conoscono le mafie, da tutti coloro che mettono a frutto questi beni a fini sociali facendoli divenire - mi riferisco alle tante cooperative e alle tante associazioni di giovani - dei monumenti all'antimafia. Non è vero, come ha sostenuto il relatore, che, allora, se i mafiosi possono acquistare questi beni, dal momento che possono acquistare ogni bene, tanto varrebbe negare la possibilità di ogni transazione immobiliare. Il punto è che proprio questi beni, questa loro roba ha un valore particolare per i mafiosi. Potersi riaffacciare alla finestra della casa sequestrata è per i mafiosi poter affermare il loro primato sullo Stato e poter dire: lo Stato non può nulla contro di noi. Proprio per questo abbiamo detto di essere contrari e abbiamo detto che volevamo almeno ridurre il danno, prevedendo la possibilità per i comuni che esercitassero l'azione di opzione dell'acquisto dei beni di non venderli per 20 anni, perché altrimenti tale disposizione sarebbe stata un incentivo all'infiltrazione mafiosa delle famiglie nei comuni stessi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Occhiuto.

ROBERTO OCCHIUTO. Altre norme contenute nel Patto per la salute dimostrano quanto il Mezzogiorno sia tenuto in pochissima considerazione. Mi riferisco in particolare all'utilizzo dei fondi FAS a ripiano dei debiti della sanità. Lamentate più delle volte a ragione la incapacità e i limiti dei gruppi dirigenti del sud, ma poi affidate proprio a questi gruppi dirigenti la possibilità di distrarre i fondi FAS che servirebbero per le infrastrutture, per lo sviluppo, per ripianare i debiti sanitari. È come dire ai presidenti delle regioni del sud che in questa legge finanziaria per legge indicate come commissari in caso di dissesto della sanità avete sbagliato, sbrigatevela voi: alla faccia dei cittadini! Sono contraddizioni che dicono: altro che la Banca del sud. Avete dimostrato in questa legge finanziaria di non avere una politica economica di respiro, di visione e anche la vostra idea del Paese non è un'idea di lungo periodo che davvero non merita la fiducia che i cittadini italiani vi hanno attribuito (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da molti anni il nostro Paese e la sua economia nel concetto dei Paesi avanzati sembrano, per usare un'espressione di Salvatore Rossi, «suonare in controtempo». Addirittura sin dagli anni Settanta, mentre le imprese degli altri si ingrandivano le nostre iniziavano a rimpicciolirsi, ponendosi in una condizione che si rivelerà poi successivamente svantaggiosa. In seguito, nei primi anni Novanta, all'avanzare della globalizzazione, noi siamo rimasti attardati in una specializzazione settoriale e obsoleta. Mentre gli altri sfruttavano la rivoluzione tecnologica per diventare più produttivi e per arricchirsi, noi abbiamo stentato a mantenere l'efficienza e il tenore di vita media, accrescendo soltanto le disuguaglianze sociali e dello sviluppo della finanza innovativa non abbiamo colto gli aspetti che più sarebbero serviti a far evolvere l'assetto proprietario e dimensionale delle nostre imprese. Ora ci piove addosso la crisi globale e ci coglie di nuovo in controtempo, impreparati. Stavamo cercando di trovare rimedio alla debolezza strutturale del nostro sistema produttivo attraverso un faticoso processo di ristrutturazione quando la crisi è divampata. Pag. 67
Per fare in modo che la ristrutturazione iniziata possa proseguire, sarebbe, perciò, necessario fare i conti con quelle forze che, più di altre, vincolano e tengono frenate la società e l'economia italiana, costringendole, da decenni, a procedere in controtempo rispetto ai Paesi più avanzati. È forse il caso di tenere a mente che se l'Italia uscirà dalla crisi, crescendo come prima della recessione - cioè, pochissimo - ci vorranno quindici anni solo per tornare ai livelli di benessere precedenti la crisi.
Vi è un lungo elenco di cose da fare per far ripartire il Paese, basta scegliere; ma questo Esecutivo non è capace di definire le priorità, e neppure di rispettare gli impegni presi con il Paese. La Finanziaria oggi in discussione, in attesa tra pochi giorni della posizione della questione di fiducia, non sarà leggera, perché prevede una manovra lorda di quasi 9 miliardi di euro; non sarà di sviluppo, perché è priva di idee e, soprattutto, di quelle riforme che ci servono per tornare a crescere; non affronta i problemi strutturali del Paese, né sostiene la domanda interna; non sarà di rigore, perché non chiude i rubinetti di spesa aperti, e ne apre di nuovi, che sarà, poi, difficilissimo chiudere (rubinetti alimentati, peraltro, da entrate una tantum, che pregiudicano entrate future, come quelle dello scudo fiscale); non sarà nemmeno una Finanziaria di equità, perché non interviene per ampliare la platea dei beneficiari, e dei modestissimi interventi di contrasto alla povertà varati nel mezzo della peggiore crisi del dopoguerra. Si controlla l'indebitamento e si tappano i buchi alla meglio, aspettando la ripresa mondiale che verrà.
L'Italia - vengo all'ambito della politica estera - tuttavia, negli ultimi quindici anni, ha fatto indubbi progressi sullo scacchiere internazionale, ma anche qui, come accade per l'economia, il Paese deve affrontare la sfida dell'adattamento allo scenario globale. Con la fine della Guerra fredda, tutta l'Europa ha perso la sua centralità strategica e vi è il rischio di un progressivo allontanamento del nostro Paese dalla nuova storia che si sta creando.
Da qui, la preoccupazione per il rango del Paese e il timore per l'esclusione; da qui, un'ossessione per la personalità, per i rapporti personali e per l'immagine come fattore determinante nelle relazioni internazionali. Da qui, l'approccio di Berlusconi verso i leader degli altri Paesi e la convinzione che, assecondandoli, si possano ricavare vantaggi significativi per l'Italia, a scapito - e qui sta il problema - di una visione di più lungo termine, strutturale, delle relazioni bilaterali ed internazionali, che si combina con una debolezza storica dello Stato, con il risultato che alla politica estera rischiano di mancare solide fondamenta.
Vengo ai numeri, che parlano da soli. Alle esigenze di politica estera dell'Italia, viene destinata una percentuale pari al solo 0,4 per cento della spesa complessiva dello Stato. Ciò testimonia una preoccupante inadeguatezza degli stanziamenti finanziari assegnati al Ministero degli affari esteri, rispetto ai compiti e ai servizi all'estero che esso è chiamato a fornire, nonché del peso che il Governo assegna alla politica estera italiana, soprattutto in confronto a ciò che avviene negli altri Paesi europei, dove i dati sono molto diversi.
Rispetto alle previsioni, per il 2009, gli stanziamenti al Ministero degli affari esteri fanno registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, che si aggiunge a quella assai consistente di circa 500 milioni di euro operata lo scorso anno, che rende difficile, ormai, addirittura l'attività ordinaria del Ministero. Come è già avvenuto per il 2009, con i fondi stanziati, sarà molto arduo, nel 2010, non soltanto garantire il funzionamento della rete diplomatico-consolare e il livello dei servizi forniti ai cittadini e alle imprese italiane all'estero, ma sarà anche difficile adempiere agli obblighi conseguenti agli accordi internazionali e agli impegni contratti a livello internazionale dal nostro Paese. Pag. 68
Il capitolo della cooperazione allo sviluppo e della gestione delle sfide globali ha subito una riduzione di ulteriori 38 milioni di euro nel 2010, quasi totalmente sottratti agli interventi nel settore della cooperazione, dopo aver visto dimezzare, lo scorso anno, lo stanziamento da oltre 700 a circa 350 milioni di euro. Ciò a fronte degli impegni contratti dal nostro Paese sul piano internazionale, in particolare, relativamente alla lotta alla povertà globale e al rispetto degli obiettivi del millennio, a seguito dei quali l'Italia avrebbe dovuto, gradualmente, elevare gli stanziamenti in favore della cooperazione ad una percentuale uguale allo 0,7 per cento del PIL, quando, al contrario, si è avuta un'ulteriore diminuzione degli stanziamenti, rispetto al passato, da un già insufficiente 0,22 per cento del PIL ad una percentuale inferiore allo 0,15 per cento. Per questo motivo, abbiamo presentato emendamenti per arrivare almeno al livello previsto dal Governo Prodi. Potrei continuare. Solo grazie all'approvazione di un emendamento presentato dal Partito Democratico al Senato, risulta essere rifinanziato per un milione di euro il Fondo per lo sminamento umanitario, sul quale l'Italia aveva assunto precisi impegni.
Gli interventi in favore delle comunità italiane nel mondo sono stati penalizzati gravemente. Nel programma «Italiani nel mondo e politiche migratorie e sociali» si è avuta, infatti, una riduzione complessiva degli stanziamenti nell'ordine di 21 milioni di euro, in particolare, sul versante della Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie.
Ad esempio, sono stati ridotti i contributi agli organismi istituzionali di rappresentanza degli italiani all'estero che garantiscono il collegamento tra le comunità emigrate e l'Italia, quali Comites, e sono stati ridotte le spese dirette alla tutela e all'assistenza dei connazionali e delle collettività italiane all'estero e dei cittadini dell'Unione europea nei Paesi terzi.
È curioso che mentre nel disegno di legge finanziaria sono presenti gli accantonamenti destinati alla ratifica della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo e alla ratifica dell'Accordo tra Italia ed Emirati arabi relativo alla cooperazione nel campo della difesa, mancano del tutto gli accantonamenti necessari per procedere a tutte le altre ratifiche, circa 60 accordi bilaterali e multilaterali di natura prioritaria sottoscritti dall'Italia per un importo complessivo nel 2010 dell'ordine di circa 47 milioni di euro.
Il provvedimento non prevede nessun finanziamento per le missioni internazionali. Sì, i soldi si troveranno per il prossimo semestre, ci è stato detto, e si troveranno altrove. Ma a partire dal 2003 e fino al 2007 le missioni internazionali sono state finanziate attraverso un fondo, dando luogo ad una programmazione triennale stabile. Alla fine del 2009 questo impegno scade e il disegno di legge finanziaria per gli anni 2010-2012 ha cancellato il consueto rifinanziamento. Non si tratta di un problema quantitativo, perché per le singole missioni si troveranno, di volta in volta, i finanziamenti necessari, in particolare mediante il decreto-legge sulle missioni internazionali, ma è un'importante opzione politica: la scelta indica che le missioni internazionali e la nostra presenza militare, invece di essere valutate sulla base di un'analisi politica realistica della situazione degli impegni assunti dall'Italia, saranno valutate sulla base delle disponibilità contingenti che la Ragioneria dello Stato e il Ministero dell'economia e delle finanze indicheranno di volta in volta. Questo non potrà giovare all'immagine del nostro Paese all'estero, soprattutto nell'ambito di quegli organismi internazionali che governano le missioni internazionali in cui le nostre forze militari sono particolarmente impegnate.
È dall'origine dello Stato nazionale che l'Italia si interroga su quale debba essere il suo posto fra le nazioni. La Commissione affari esteri in questi mesi ha proposto un interessante dibattito sul ruolo dell'Italia nelle relazioni internazionali, a cui rimando. Ma per l'Italia, come per gli altri Stati oggi, è importante mettere l'accento sull'interazione tra la politica estera e quella interna. È infatti difficile che la Pag. 69politica estera raggiunga i suoi obiettivi se poggia su una base interna debole. Se l'Italia facesse progressi nei vari ambiti in cui ha bisogno di riforme come l'economia, le istituzioni dello Stato, la democrazia interna - ricordo che è preoccupante che l'Italia sia scivolata al quarantanovesimo posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa - o sull'equilibrio tra nord e sud, questo di per sé le darebbe maggior potere nel mondo e più risorse per perseguire i suoi obiettivi.
Per quanto significative, azioni come quella in passato di ospitare sul territorio italiano gli euromissili o oggi di inviare truppe nel Libano non possono sostituirsi alla capacità di gestire le proprie questioni interne. Solo se il nostro Paese riuscirà ad affrontare seriamente i suoi problemi interni, i problemi di immagine e di status troveranno una soluzione, non con le pacche sulle spalle del nostro Presidente del Consiglio. Il rango dell'Italia dipenderà dal grado di competitività del suo sistema produttivo nell'economia mondiale, da riforme istituzionali che rendano più spedito il meccanismo legislativo, il meccanismo di governo del Paese, da una struttura delle comunità internazionali che privilegi le regole e le istituzioni rispetto alle alleanze occasionali e rispetto ai suoi rapporti di forza.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Maran.

ALESSANDRO MARAN. Concludo, signor Presidente. I fondamentali sono presto detti: conti pubblici in attivo, solidità interna ed efficacia del Paese e della sua struttura pubblica, certezza delle regole, un'economia e una società agili e innovative, non gravate da mafia e consorterie corporative, demografia in crescita, valorizzazione della componente femminile. Questo può sembrare un programma costoso, ma costa molto di più riempirsi di debiti clientelari e continuare a declinare come media potenza, piuttosto che investire nel futuro dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, forse è prematuro trarre lezioni dalla crisi che ha colpito l'economia globale, una crisi grave e diffusa i cui effetti hanno segnato profondamente e in modo prolungato le economie di molti Paesi. Interventi di varia natura sono stati messi in atto e sono ancora in corso al fine di superare e contenere gli effetti della debolezza dei mercati.
L'anno che andiamo a chiudere è stato caratterizzato da un forte impegno della politica economica e della politica in generale per approntare interventi volti a superare la crisi, ma anche a prevenire, per quanto possibile, con il disegno di nuove regole e di nuove politiche, il riproporsi di fenomeni di instabilità così gravi.
Nonostante l'azione di Governo sia stata tempestiva, vari settori produttivi hanno sofferto gli effetti negativi della crisi economica anche se dati recenti fanno affermare che l'Italia stia timidamente uscendo da questa situazione meglio di tanti altri Paesi dove, invece, la crescita è stata solo virtuale mentre la nostra è reale ed è basata principalmente sul settore manifatturiero.
Ma della crisi economica non hanno sofferto solo vari comparti del settore produttivo perché un'intera parte del Paese - il sud d'Italia - ne ha risentito in modo particolarmente pesante. Secondo il rapporto Svimez 2009, dove il Mezzogiorno viene definito come periferia d'Europa, il divario tra nord e sud si è gradualmente accentuato nel tempo, per una serie di cause vecchie e nuove nonché per effetto anche della crisi economica e finanziaria, fino a raggiungere i livelli attuali dove si registra un calo del 4 per cento del PIL nel settore industriale, di oltre 23 mila occupati nel solo settore auto e di settemila nell'edilizia, il doppio rispetto al centro-nord.
Con riferimento all'affermazione prima citata, questi dati devono far crescere la Pag. 70consapevolezza nelle istituzioni e in tutta la società italiana circa il carattere prioritario della portata strategica del superamento del divario nord-sud. Il sud non ha bisogno di pannicelli caldi né, tanto meno, di promesse reiterate nel tempo e non mantenute. Il sud ha bisogno di diventare la scommessa vera del nostro Governo, l'impegno centrale della legislatura. Tuttavia, così non è ancora.
Durante i lavori che ci hanno visti impegnati in sede di esame del disegno di legge finanziaria abbiamo ribadito al Ministro dell'economia e delle finanze la necessità di un forte impegno in termini di efficienza e di innovazione rispetto alle politiche di riequilibrio territoriale messe in atto nel passato, mirato al superamento del divario nord-sud in termini di dotazione di infrastrutture, di investimento di capitali, di qualità dei servizi, di forme di accesso al credito, di sicurezza e legalità. Premettendo che il disegno di legge finanziaria è stato depotenziato per una scelta legittima del Governo, che ha provveduto a ridurre l'impatto politico-finanziario di questo strumento, devo però sottolineare il fatto che il Ministro Tremonti ha ribadito che nel luglio scorso il CIPE ha approvato un primo utilizzo dei fondi Fas per la Sicilia e ha sottolineato l'importanza dell'istituzione della Banca del sud, strumento strategico a sostegno del credito. Apprezziamo allora la scelta di includere nel nuovo testo, che ora passerà all'esame della Camera, la disciplina di costituzione di questo sistema bancario. In tal modo verrà aumenta la capacità di offerta del credito nelle regioni del Mezzogiorno e saranno sostenute le iniziative delle piccole e medie imprese che investono in queste regioni. Possiamo dire che questa previsione normativa è un timido segnale di apertura del Governo alle richieste che il Movimento per le Autonomie continua a sostenere dall'inizio di questa legislatura. Credo che ci si stia pian piano rendendo conto che, se non viene attuato pienamente e rapidamente il programma sottoscritto dal Popolo della Libertà e dalle forze politiche che compongono questa maggioranza relativamente al sud, questo Paese non potrà uscire pienamente dalla crisi che ci ha investito e recuperare competitività.
Anche il rifinanziamento, con 470 milioni di euro, della società «Stretto di Messina» per la realizzazione del ponte è un altro piccolo passo in avanti verso la creazione di un insieme di opere infrastrutturali necessarie al superamento del divario. La previsione, invece, di un credito d'imposta per i costi sostenuti per le attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo non aiuta in alcun modo lo sviluppo della piccola e media impresa nel Mezzogiorno. Mancano, in questo disegno di legge finanziaria, misure dirette ad attuare quella fiscalità di sviluppo a favore delle aree svantaggiate che abbiamo sempre chiesto e che abbiamo ribadito con un nostro emendamento in Commissione bilancio e che puntualmente è stato disatteso dal nuovo testo predisposto dal relatore. Se non si procede, nel giro di breve tempo, a rilanciare la competitività del settore imprenditoriale e, di conseguenza, a rimettere in movimento un'economia ridotta ormai alla paralisi, rischiamo di trovarci di fronte a ben più gravi problemi che abbiamo già evidenziato in questa Assemblea.
Lo stato di continuo ed inesorabile impoverimento ed abbandono delle regioni meridionali ci mette di fronte a scenari di vero e proprio dopoguerra. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli talmente elevati che siamo costretti a vedere i nostri figli fare le valigie e trasferirsi altrove a cercare lavoro.
Per questo, lo sforzo emendativo del mio gruppo in Commissione si è concentrato su proposte che avrebbero potuto in parte superare le difficoltà evidenziate, ma sappiamo che tutto è stato vanificato dalla presentazione del maxiemendamento nel quale - ahimè - vi è ben poco per rilanciare lo sviluppo economico dei nostri territori. Noi insistiamo su questo punto, tanto che gli emendamenti sono stati riproposti per l'esame in aula. Lo dico al Ministro Tremonti che ha più volte affermato che l'economia italiana si sta lentamente Pag. 71riprendendo e che la ripresa verrà vanificata se non favoriamo lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale.
Il piano straordinario per il Mezzogiorno, più volte preannunciato, deve essere varato al più presto possibile. Questo non è un invito che rivolgiamo al Governo, ma una necessità oramai di sopravvivenza di una parte del Paese. Noi, come deputati del Movimento per l'Autonomia, intendiamo ancora una volta sollecitare il Governo al rispetto del patto assunto con gli elettori. Dal predicato dobbiamo rapidamente passare al praticato.
Non diamo nulla per scontato: il nostro comportamento è vincolato all'interesse dei nostri territori e al rispetto che gli alleati portano agli impegni assunti. Noi rispettiamo sempre i nostri impegni con il Governo e con i nostri elettori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, ho pensato molto in questi giorni, signor sottosegretario, a quali aggettivi poteva corrispondere questo disegno di legge finanziaria. Alla fine ne ho trovati 3: pericolosa, ingannevole e debole. In questi pochi minuti che ho a disposizione vorrei spiegarvi perché.
È pericolosa perché le fonti di finanziamento di questa finanziaria al 90 per cento sono due: in parte, le risorse provenienti dal TFR (per 3 miliardi e 100 milioni) e, in parte, le risorse provenienti dal gettito dello scudo fiscale (per 3 miliardi e 700 milioni): 7 degli 8 miliardi complessivi della manovra.
Per definire l'entrata del TFR voglio fare riferimento alle parole che un economista del nostro secolo ha utilizzato nel 2006. Definiva il TFR una «partita di raggiro». Per le imprese - diceva l'economista - il TFR è al passivo: risulta misterioso come per lo Stato possa essere all'attivo. La fiscalizzazione del TFR è, in realtà, acquisizione di nuovo debito. Ogni diversa configurazione sarebbe scorretta. In ogni caso il TFR sarebbe un'entrata una tantum. Io la penso esattamente così. La pensavo così già nel 2006 e lo dissi in quest'aula e la penso così oggi.
L'economista cui facevo riferimento oggi è il Ministro delle finanze del nostro Paese e debbo prendere atto che ha cambiato idea, perché oggi quell'utilizzo del TFR invece diventa una modalità di finanziamento del nostro disegno di legge finanziaria, anzi una modalità da utilizzare a piene mani perché si utilizza per un importo grosso di 3 miliardi e 100 milioni.
Quindi, continuo a dire che l'utilizzo del TFR è di fatto un aumento del debito di questo Paese. Possiamo prevedere molte misure, ma finanziare delle spese correnti con il debito è la cosa peggiore. Sono molto preoccupato da una cosa: noi stiamo lasciando ai nostri figli un Paese peggiore di quello che abbiamo ereditato dai nostri padri, perché stiamo gonfiando questo Paese di nuovi debiti che loro dovranno pagare e questi 3 miliardi e 100 milioni si assommano al debito pubblico.
Possiamo rigirarla come vogliamo, ma questa è una partita di «raggiro». Il TFR è un nuovo debito che lasciamo ai nostri figli e in più ci paghiamo delle spese correnti. Io penso che un buon Governo queste cose non le debba fare.
L'altra partita è quella dello scudo fiscale. È chiaro a tutti che lo scudo fiscale è un'entrata one off, un'entrata una tantum. Lo dico per i telespettatori che ci seguono: è come se all'interno della vostra famiglia, nell'anno in cui avete un premio di produttività di mille euro per il vostro lavoro, decideste di comprare una casa che per trent'anni vi dà un maggior costo di mille euro all'anno. È chiaro che il primo anno non avrete problemi, perché disponete dei mille euro derivanti dall'aumento di stipendio che avete ottenuto con il premio di produttività, ma, trattandosi di un premio una tantum, ce lo avrete un solo anno e non per gli altri 29; il secondo anno avrete delle difficoltà a pagare il vostro mutuo, perché le vostre entrate non saranno più sufficienti a far fronte a quella spesa corrente che voi avete contratto per trent'anni.
Noi stiamo facendo la stessa cosa: stiamo pagando delle spese correnti con Pag. 72entrate che invece avremo per un solo anno. Non dico niente di nuovo se dico che per la contabilità pubblica questo è un brutto affare, perché mettiamo sempre più in pericolo i conti dello Stato.
Quindi è una manovra che io definisco socialmente pericolosa, perché utilizza debito e delle entrate una tantum per coprire delle spese correnti. Questo è l'ambito in cui ci muoviamo: ingannevole. Con questa manovra noi di fatto stiamo certificando il fallimento della politica dei tagli lineari che il Ministro Tremonti ha introdotto con il decreto-legge n. 112 del 2008. Glielo avevamo detto: guarda che i tagli lineari non funzionano, sono tagli finti, il problema torna fuori, perché il taglio lineare produce non dei tagli di spesa ma delle spese non coperte, nel senso che non si riesce a tagliare, nel corso del tempo si avranno solo delle spese che non restano coperte. È successo tutto ciò e alla fine con questa manovra stiamo semplicemente coprendo delle spese che non abbiamo coperto prima.
Vi faccio degli esempi. Si dice che i 103 milioni vanno a pagare i libri di testo per le scuole elementari dei bambini. Quando andavo a scuola io, tanto tempo fa, i libri di testo erano gratuiti, c'era il famoso sussidiario della scuola elementare, è sempre stato così. A questo punto è chiaro che i 103 milioni non rappresentano un nuovo intervento dello Stato, ma è una spesa che era rimasta scoperta a causa dei tagli lineari di Tremonti. Andiamo avanti: il turn over dei vigili del fuoco c'era prima, sparisce, e oggi ritorna. C'era, poi a causa dei tagli lineari quella spesa è rimasta scoperta e oggi la copriamo di nuovo, ma era chiaro che i tagli lineari avrebbero prodotto quella cosa lì, perché se vogliamo che le nostre città siano un po' più sicure dobbiamo permette ai vigili del fuoco di fare il turn over, e quindi gli rimettiamo i soldi. I 130 milioni per le scuole paritarie: vedo l'area cattolica del PDL esultare, ma i 130 milioni per le scuole paritarie ci sono sempre stati, non stiamo dando un euro in più alla scuola paritaria. Quei 130 milioni c'erano, sono improvvisamente spariti e oggi ricompaiono, ma se andiamo a vedere, quello stanziamento risale a qualche anno fa, dobbiamo rintracciare il Ministro Berlinguer per capire la nascita di quel fondo, parliamo di tanti anni fa. I 400 milioni per il 5 per mille: ma signori, c'è una legge dello Stato che dice che il 5 per mille dell'IRPEF va alle associazioni no profit, vorrei vedere che non lo prevedessimo. C'erano, quella spesa è rimasta scoperta e oggi siamo obbligati a ristanziarla. Il miliardo e sei dell'ICI ai comuni: ma ci mancherebbe altro che una legge dello Stato toglie l'ICI ai comuni e poi non gli rimborsa il mancato introito. Lo avevamo detto dall'inizio, l'aveva detto il Governo: riavrete fino all'ultimo euro dell'ICI che vi viene meno con l'abrogazione dell'ICI sulla prima casa.
Oggi, in parte - mancano ancora 500 milioni - riusciamo a coprire gran parte del debito che avevamo verso i comuni, ma stiamo coprendo un debito che questo Governo ha creato, che questo Governo ha lasciato scoperto e che oggi, con questa finanziaria con entrate una tantum, va a coprire, ma stiamo lasciando inalterata la situazione. La finanziaria in esame è ingannevole per questo motivo, perché fa credere ai cittadini italiani che vi sono nuovi interventi quando nuovi interventi non ci sono. Stiamo riparando a un danno che il Ministro Tremonti ha creato con i tagli lineari e, aggiungo - dispiace dirlo - che noi avevamo detto che i tagli lineari avrebbero prodotto questa situazione oggi molto chiara.
Questa finanziaria è debole perché ci sono delle fasce importanti della nostra società che vengono abbandonate. Colleghi, qui c'è qualcuno che ne esce con le ossa rotte: questo qualcuno si chiama famiglia italiana, non c'è dubbio. La famiglia italiana esce da questa finanziaria con le ossa rotte, nonostante proprio la famiglia, nel 2009, sia stato il fattore che ha permesso di mantenere la coesione sociale in questo Paese e sia stata il grande ammortizzatore sociale del nostro Paese.
Le famiglie hanno diminuito il loro risparmio del 12 per cento nel 2009 perché l'hanno utilizzato per fronteggiare la crisi: laddove c'era un figlio che perdeva il Pag. 73posto di lavoro c'era un padre che aiutava il figlio, se c'era un fratello in difficoltà la solidarietà familiare entrava in gioco ed ha permesso il mantenimento della coesione sociale. Qual è il premio che diamo alle famiglie italiane per aver reagito con forza e solidarietà nel corso del 2009? È quello di togliere alle famiglie 2 miliardi e 400 milioni di risorse, l'equivalente del bonus famiglia che era finanziato nel corso del 2009 e non sarà più finanziato nel corso del 2010. Per fortuna che tutti noi nel nostro programma elettorale avevamo il quoziente familiare, perché, se non lo avessimo avuto, non oso pensare cosa sarebbe potuto succedere alle famiglie! Per fortuna che in ogni convegno diciamo tutti che vogliamo aiutare le famiglie, da destra, al centro, a sinistra, se non lo dicessimo immagino cosa potrebbe capitare alle famiglie!
È possibile che in questo Paese non sia mai l'ora delle famiglie? È sempre l'ora di altri, ma della famiglia italiana continuiamo a dimenticarci; questa volta non solo ce ne dimentichiamo, ma come ringraziamento all'apporto che hanno dato di fronte alla crisi economica gli togliamo 2 miliardi e 400 milioni.
Quanti giorni abbiamo letto sui giornali che quella maledetta imposta che è l'IRAP è un'imposta ingiusta che andava abolita o che comunque bisognava iniziare un percorso di riduzione? Abbiamo passato giorni e giorni sull'argomento; ebbene, quell'imposta resta sul tavolo così com'era prima, non c'è alcun intervento che vada a ridurre la pressione fiscale nei confronti delle imprese. Ecco perché io la definisco una finanziaria pericolosa, ingannevole e debole: manca una strategia economica per questo Paese.
Mi si dice: dovevamo mantenere saldi i conti. Io non vengo meno a questo impegno, penso che sia un impegno serio e quello che sta capitando ad alcuni Paesi in questi giorni ci dimostra che su questo aspetto dobbiamo essere tutti uniti, ma noi avevamo chiesto una cosa diversa, avevamo chiesto di fare le riforme strutturali in questo Paese che avrebbero permesso, oggi, di avere quelle risorse necessarie per realizzare interventi a favore delle famiglie e a favore delle imprese. Abbiamo identificato quelle riforme: la riforma delle pensioni, la riforma di riduzione vera, la spending review del debito pubblico, la riforma della pubblica amministrazione. Questo Governo debole e poco coraggioso non ha avuto la forza di fare quelle riforme e oggi ne paghiamo il conto. Noi siamo davvero preoccupati per il futuro di questo Paese, chiediamo al Governo un'inversione di tendenza perché così a pagare il conto saremo noi e saranno in particolare i nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, era stata preannunziata a costo zero questa finanziaria; invece, costa la bellezza di 9 miliardi di euro, mezzo punto di PIL che andrà, ancora una volta, ad incrementare il nostro debito pubblico già alle stelle. Quello che è peggio è che per finanziare le spese correnti, tra cui una valanga di sovvenzioni a pioggia concesse esclusivamente per soddisfare gli appetiti di ricatto elettorale di questo o quel parlamentare, si ricorre, da un lato, ad entrate occasionali e per nulla certe, come quelle previste dallo scudo fiscale, e, dall'altro, si depredano i contributi accantonati dai lavoratori per il trattamento di fine rapporto.
Sarebbe come se la brava massaia vendesse gli argenti di famiglia per comprarsi rossetti e profumi: in poche parole un vero furto. In qualità di componente della Commissione antimafia, la cosa che mi preoccupa di più di questo disegno di legge finanziaria è che il Governo, con il solo obiettivo di fare cassa, ci ha inserito l'ennesimo regalo alle mafie: la vendita dei beni confiscati. Chi si interessa anche solo minimamente di antimafia sa che la confisca dei beni rappresenta uno strumento determinante nella lotta alla criminalità organizzata. Ciò che un tempo era simbolo della violenza e dell'intimidazione viene trasformato in un'occasione di riscatto dei Pag. 74territori dal condizionamento criminale. Il riuso sociale dei beni si è rivelato una delle migliori strategie nella lotta alla mafia e rappresenta la prova concreta che, dove prima regnava un mafioso, ora è possibile costruire un'altra vita, una vita che dà speranza e lavoro a giovani onesti. Sequestrando i beni e trasferendo attività sociale e lavoro su quelle che erano le loro terre e le loro case, si può colpire il potere delle mafie e si distrugge la percezione della loro intoccabilità.
Il riuso sociale dei beni è il risultato di due importanti componenti: da un lato quella repressiva e, dall'altro, quella preventiva portata avanti da istituzioni nazionali e locali. È attraverso l'uso visibile, percepito e partecipato del bene sul territorio che ogni cittadino percepisce il successo dello Stato e anche quanto la stessa comunità possa comportare e contribuire ad opporsi ai comportamenti criminali. La vendita di beni confiscati significa, al contrario, distruggere questo importante strumento di lotta alle mafie e mettere all'asta i beni significa dare la possibilità ai boss di rientrarne in possesso. Ciò vuol dire che le mafie possono regnare incontrastate e possono fare il bello e il cattivo tempo, mentre lo Stato ne esce completamente sconfitto.
Tra l'altro, il Governo fa i conti senza l'oste. Con la vendita di questi beni crede di riuscire a fare cassa, ma non si rende conto che questo obiettivo è destinato a fallire. Faccio notare, infatti, che ben il 50 per cento di questi beni risulta gravato da ipoteche. Ciò significa che, anche se nella migliore delle ipotesi venissero venduti per l'intero valore, questo andrebbe per l'80-90 per cento nelle casse degli istituti di credito. Un ulteriore 18 per cento dei beni è in un tale stato di degrado che è del tutto improbabile riuscire a realizzare il valore d'acquisto.
Dunque, è un provvedimento imposto per fare cassa che, anziché apportare entrate, farà enormi danni, regalando alle mafie la consapevolezza di avere vinto. Tra l'altro, nel testo del disegno di legge finanziaria non sono state previste garanzie per evitare che i beni tornino nelle mani del boss ed è, quindi, facile prevedere che nessuna persona onesta andrà ad acquistare questi beni, temendo le ritorsioni da parte dei mafiosi. Attraverso prestanomi incensurati i boss potranno, quindi, riacquistare all'asta le loro proprietà riciclando denaro sporco.
Onorevoli colleghi, prevedere la vendita dei beni sarebbe un colpo durissimo all'antimafia. Se non si cancella questo vergognoso emendamento come noi chiediamo, più di 3 mila beni confiscati dallo Stato torneranno nelle mani dei mafiosi, alla faccia del lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura.
Stiamo assistendo ad un'inesorabile demolizione della legalità in questo Paese, in cui si va a mettere all'asta la lotta alle mafie e si demoliscono le pietre miliari della normativa antimafia. Qui non stiamo parlando di un provvedimento qualsiasi: qualcuno è morto per questa legge. Pio La Torre dovette venire ucciso perché si arrivasse a fare di questa legge uno dei capisaldi della lotta contro le mafie.
Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie: un appello accolto da tutte le forze politiche che votarono all'unanimità la legge in questione. Anche in queste settimane la battaglia per evitare questo scempio ha visto di nuovo unite tutte le forze politiche e parlamentari di tutti i partiti che hanno sottoscritto trasversalmente l'emendamento soppressivo che noi del PD abbiamo presentato in Commissione bilancio. Non si tratta, relatore Corsaro, di parlamentari, come lei diceva, presunti tali.
Non sono ammessi toni di sarcasmo su questioni così importanti. Anzi, semmai bisogna esprimere parole di stima nei confronti di quei colleghi della maggioranza - e sono tanti - che, nonostante le pressioni di partito esercitate, hanno la sensibilità di dire insieme a noi: la vendita dei beni confiscati è uno sbaglio. Sarebbe un errore, un favore alle mafie, una vergogna.
Nelle settimane scorse, migliaia di persone hanno aderito all'appello della società Pag. 75civile per evitare la vendita dei beni confiscati ed anche centinaia di amministratori locali di diverse forze partitiche sono scesi in piazza per raccogliere firme contro questa decisione. Sono amministratori che sanno bene cosa significhi destinare ad uso sociale i beni confiscati.
Allora, onorevoli colleghi, ci appelliamo ancora una volta al Governo: stralciate dalla finanziaria questo provvedimento o almeno consentiteci di votarlo, senza imporci per l'ennesima volta la fiducia. Se passasse così come ce lo avete proposto - tra l'altro, l'onorevole Baretta diceva prima molto bene anche quanto le rettifiche apportate siano del tutto inutili, anche su questo passaggio in particolare - questo provvedimento sarebbe una pesante sconfitta per lo Stato. Sarebbe un atto grave, che vanificherebbe in un sol colpo il lavoro di venti anni.
Non lasciamo, colleghi, che per tappare buchi di bilancio vengano svenduti decenni di lotta antimafia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mosca. Ne ha facoltà.

ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, alcune cose sono già state dette su questa manovra finanziaria, io voglio usare i minuti che ho a disposizione per rivolgere un appello al Governo e ai colleghi di maggioranza, per quanto siano assenti da quest'Aula in questo momento e nonostante le speranze che questo appello non cada nel vuoto siano poche, visto il comportamento che ha tenuto il Governo anche in questa occasione.
Voglio comunque tentare di richiamare ad un senso di responsabilità su una questione che credo debba interessare tutti. Questa crisi - ce lo dicono i numeri, forse non così forte come dovrebbero fare - sta letteralmente annientando una generazione, la mia generazione e quella delle persone più giovani di me. La sta annientando perché questa crisi sta ricadendo soprattutto sulle spalle di quelle persone che sono appena entrate nel mondo del lavoro. I numeri ci dicono che ci sono 300 mila lavoratori precari, che - lo sappiamo bene - sono soprattutto donne e giovani, che saranno estromessi dal mercato del lavoro, che vanno ad aggiungersi a quel milione di posti di lavoro che questa crisi sta mettendo a rischio. Io credo che questo sia un tema dal quale non possiamo esimerci.
Il dibattito che si è sviluppato in questi giorni sta svelando una realtà che già conoscevamo, ma che ha delle proporzioni molto più gravi rispetto a quelle che noi pensavamo. Pertanto, i giovani della mia generazione hanno come unica chance, per non vedere continuamente frustrate le loro possibilità, quella di andare a trovare soddisfazione delle proprie competenze e dei propri talenti all'estero. Noi perdiamo un'intera generazione di talenti, che è ciò su cui possiamo far ripartire questo Paese, che già da troppi anni è in declino e con questa crisi sta rischiando di perdere le proprie energie migliori.
Credo che questa finanziaria non dia un segnale né nell'affrontare l'emergenza né nel mettere mano ad una riforma più strutturale, che noi stiamo chiedendo da tempo.
Non si giochi sui termini. Ho sentito nelle dichiarazioni di qualche collega della maggioranza che si è intervenuti facendo delle modifiche strutturali. Credo che di strutturale in questa finanziaria, quanto meno per quanto riguarda le questioni legate al lavoro e al welfare, non ci sia nulla.
Stiamo chiedendo da tempo che vengano fatte delle riforme che vadano ad invertire la tendenza di un andamento democratico che penalizza i giovani. Questa tendenza era già in corso a prescindere dalla crisi e la crisi non ha fatto che aggravarla. Se non mettiamo mano a queste riforme, consegniamo ai giovani, alla futura generazione, un Paese che non potrà sostenersi con i numeri che abbiamo e il cui welfare è destinato a scoppiare.
Tutte queste riforme non sono previste, ma anche gli interventi emergenziali sono del tutto inadeguati rispetto ai numeri con cui ci dobbiamo confrontare. La platea a Pag. 76cui sono distribuite le risorse per gli ammortizzatori sociali e per l'indennizzo di disoccupazione è una platea che resta troppo ristretta e che lascia fuori una grande parte dei lavoratori, costituita sempre dai lavoratori più deboli.
Le risorse sono troppo poche e sono distribuite in modo iniquo. Vi sono certamente delle misure che ben venga che vi siano, ma sono misure una tantum che non danno la possibilità di una programmazione e non danno la tranquillità per le persone di programmarsi una vita e un percorso di crescita che possa essere anche utile complessivamente per tutto il nostro Paese.
Credo che tutte queste cose non possano lasciarci indifferenti, non possano lasciare il Governo indifferente, non possano lasciare i colleghi della maggioranza indifferenti. Credo che si debba intervenire su questi punti, che debbano essere prese delle misure correttive e che si debba finalmente trovare un modo per mettere mano ad alcuni dei grossi temi che lasciamo in eredità non solo per il prossimo anno, per il 2010, cui si riferisce questa finanziaria, ma che graveranno pesantemente anche sugli anni successivi, quando speriamo di uscire dalla crisi, e che comunque graveranno sulle nostre spalle.
Per questo chiedo intanto che si possano discutere alcuni nostri emendamenti, che cercano di correggere queste iniquità, e poi che comunque il Governo si impegni a confrontarsi con noi sulle riforme che chiediamo vengano affrontate e alle quali crediamo di poter contribuire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, parto da una frase colta all'insaputa di chi l'ha pronunciata qualche giorno fa, o meglio un mesetto fa, e trasmessa più recentemente. La cito testualmente: l'uomo «confonde leadership e monarchia». Bene, bravo Presidente Fini! Lo andiamo ripetendo da tempo, ma inascoltati. Ora se ne è accorto anche lei; meglio tardi che mai. Peccato, però, che abbia avallato il blitz del Governo camuffato da «corsaro».
Eccoci all'editto di sua maestà, ovviamente con la «m» minuscola: la finanziaria non si tocca! Il monarca, quando il suo Richelieu o Stranamore, come l'ha definito un collega del PdL, varò la finanziaria, disse «si tratta di un cambiamento epocale», e così è stato.
Ecco il cambiamento: spreme i più poveri per dare ai ricchi, usa i soldi provenienti dal riciclaggio di Stato di denaro di origine criminale per coprire i buchi che aveva creato nel bilancio e nella finanziaria grazie ai tagli lineari.
Li ricordava poc'anzi il collega Galletti: il fondo di finanziamento dell'università. Quando mai l'università non è stata finanziata, se non a seguito delle sforbiciate pesanti del nostro Richelieu-Stranamore? Scuole non statali: anche per queste vi sono sempre stati i finanziamenti fino all'anno scorso, quando sono stati tagliati; così pure per il fondo per la solidarietà all'agricoltura.
A tal proposito, il collega Polledri si ricorderà sicuramente di un'intervista rilasciata dal Ministro Zaia, il suo Ministro Zaia, qualche giorno fa su un noto quotidiano (evidentemente tendente a sinistra, ma le parole erano tra virgolette), quando disse: io mi adeguo, il Ministro Tremonti sa come governare le risorse finanziarie del Paese; a me per l'agricoltura ha tagliato il 48 per cento.
Evidentemente, poi è andato a piangere dal Ministro Tremonti, cioè il vero Ministro, a meno che non sia andato direttamente dal suo presidente-segretario, unico detentore della verità leghista, il presidente Bossi, e quest'ultimo si sia recato da Tremonti, che gli ha ridato le risorse finanziarie che gli aveva tagliato.
Così pure si sono ritrovate le risorse con lo scudo fiscale per il sostegno delle scuole non statali, per il 5 per mille, per la gratuità dei libri scolastici: tutti capitoli che già preesistevano, sui quali avete operato i tagli; adesso vi siete vergognati e avete rimesso un po' di risorse. Una tantumPag. 77sono quelle che arrivano; è vero che lo scudo fiscale non è più una tantum (poiché in sette anni di Governo del centrodestra questo è il terzo), ma viene identificato come tale, e lo usate per coprire spese correnti.
In terzo luogo, si usano i soldi degli operai, degli impiegati di aziende private (mi riferisco al TFR) per coprire i buchi della sanità malata, inquinata, corrotta. I «corsari» quindi hanno scippato i più deboli, che potevano attingere dal TFR, per esempio, per l'acquisto della prima casa o per spese straordinarie: si sposava un figlio o una figlia e ricorrevano all'anticipazione del TFR per poter far fronte a spese straordinarie. Adesso tali fondi vengono tolti.
Ma attenzione, mi direte voi, ciò è già avvenuto con il precedente Governo: è vero, non ci nascondiamo dietro un dito. Peccato che quelli fossero stati destinati ad investimenti, invece voi li utilizzate per coprire i buchi che le regioni hanno fatto nella gestione della sanità pubblica, che sappiamo essere un pozzo senza fondo che viene ogni tanto ripianato.
Da una parte abbiamo quindi i lavoratori, operai e impiegati, che sono scippati, tartassati, perché poi bisognerà mettere altri soldi, chiedere con le tasse altri quattrini a chi li ha sempre pagati per ripianare questo nuovo debito di 3 miliardi e 100 milioni di euro prelevati dal TFR.
Da una parte quindi, lo ripeto, vi sono gli operai e gli impiegati tartassati e scippati; dall'altra i condonati, i blanditi, i criminali che hanno portato all'estero i loro quattrini sporchi di sangue, di droga, di tratta delle persone. Questo è il risultato del vostro Governo!
È andato via il Viceministro Vegas, il quale ha detto in Commissione che i soldi devono essere veri, non si può andare a debito. Ben detto, Viceministro: ecco finalmente parole vere. Parole, parole!
Ma la realtà è un'altra: vediamola. Al 30 settembre, signor Presidente, il debito pubblico ammontava a un 1.787 miliardi di euro, 140 in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, pari all'8,42 per cento; quando sappiamo che il prodotto interno lordo a fine anno avrà subito il 4,80-5 per cento di caduta, che è pesante ma sicuramente inferiore a quell'8,42 per cento.
La domanda allora è: dove sono andati questi quattrini? Circa la metà di quei 140 miliardi, cittadini che mi ascoltate, è sparita: il debito è cresciuto di quasi il doppio della caduta del PIL, e ciò nonostante l'onere degli interessi sul debito sia diminuito; e questo perché, come sappiamo, il costo degli interessi, per la politica monetaria adottata dalla Banca centrale europea, è calato.
In compenso il debito è ripartito alla grande: siamo oltre il 5 per cento. Ma quello che è ancora più grave, sottosegretario disattento, è che l'avanzo primario è totalmente azzerato; non vi ricordo di nuovo qui per l'ennesima volta ciò che disse il Cancelliere Kohl di Prodi e di Carlo Azeglio Ciampi, allora Ministro del tesoro. Voi l'avete azzerato! Ecco perché, sottosegretario, l'Unione europea ha di nuovo acceso il semaforo giallo, e sta per diventare rosso nei confronti dell'Italia: infatti, guarda caso, la procedura di infrazione sta per arrivare perché non rispettate i parametri.
In venti mesi il nostro sistema economico ha lasciato sul campo il 6,50 per cento del PIL. Per tornare ai livelli del 2007 ci vorranno quindici anni. Questo è il risultato della vostra non politica economica a partire dal giorno successivo l'insediamento del vostro Governo, con quel tanto decantato decreto-legge n. 112 del 2008, quando avete eliminato l'ICI. Guarda caso adesso chi ci rimette di più? I comuni virtuosi che hanno tenuto basse le aliquote e che adesso si trovano meno trasferimenti a valere sulle risorse che voi stanziate, prelevandole naturalmente da quei due pilastri di entrata che ho appena citato, lo scudo fiscale da una parte e il TFR dall'altra.
I comuni che invece hanno fatto pagare aliquote superiori e speso fior di quattrini adesso si trovano ad avere risorse maggiori. È un bell'esempio che date, ma d'altra parte lo avete fatto in questi mesi Pag. 78di Governo in altre occasioni: avete stanziato per Catania 140 milioni di euro, per Roma capitale 500 milioni di euro, poi 500 milioni e altri 600. Premiate dunque coloro che non sanno governare.
Questo è il risultato di quella prima azione e allora ecco perché il centro studi dell'ISAE ha detto che, mentre gli Stati membri dell'Europa hanno stanziato nel loro insieme l'1,1 per cento del PIL per l'anno che sta per terminare per uscire dalla crisi, per sostenere le politiche di sviluppo e per aiutare le famiglie, l'Italia nello stesso periodo ha stanziato lo zero per cento. A dirlo non è solo l'istituto italiano, ma è anche l'OCSE, il quale, per l'appunto, ha ribadito che nell'insieme dei Paesi OCSE le risorse stanziate per combattere la crisi sono state pari al 3,9 per cento, in Italia lo zero per cento.
Quindi le risorse sono state pari a zero, il debito è aumentato dell'8,42 per cento, il deficit del 5 per cento e l'avanzo primario è pari a zero. Mancano quindi all'appello 35 miliardi di euro, cittadini italiani, 70 mila miliardi di vecchie lire che avete sparso a piene mani a tutti, ovviamente in spese correnti, perché gli investimenti sono caduti, come vedremo, in modo verticale.
A farne le spese sono stati i lavoratori dipendenti, i precari, i parasubordinati, che hanno perso potere d'acquisto in termini di salari più bassi. Avete esteso gli ammortizzatori sociali, ma vi chiedo, mi chiedo e lo chiedo ai cittadini che ci ascoltano: come fanno quei lavoratori che oggi campano con 800 euro - se ovviamente godevano della copertura di ammortizzatori sociali - e hanno una famiglia a carico? O, peggio ancora, mi chiedo come fanno quei lavoratori che avevano un contratto Cocopro - udite, sono state aumentate del 10 per cento le risorse che verranno assegnate a quei lavoratori che hanno perso il lavoro precario, passando dal 20 al 30 per cento - e che adesso si trovano con 300 euro al mese invece che con 250. Però in compenso - lo abbiamo detto prima - quelli che hanno evaso le imposte e le tasse e che hanno trasferito all'estero i loro quattrini adesso si trovano per l'ennesima volta premiati.
Veniamo al disegno di legge finanziaria: si tratta di una finanziaria che non è né leggera - perché è passata da 3 a 9 miliardi circa - né pesante perché la vera finanziaria pesante l'aveva immaginata il Presidente della Commissione bilancio del Senato, prevedendo addirittura una manovra dal 35-37 miliardi di euro. Peccato però che Mario Baldassarri - così si chiama il senatore che propose in quel ramo del Parlamento una finanziaria pesante - abbia indicato fonti di finanziamento impossibili, tanto che gli hanno fatto capire che forse era bene stesse zitto.
Non è una finanziaria di sviluppo né di sostegno ai redditi bassi, non affronta i problemi reali del Paese, non sostiene la domanda interna e non è di rigore, perché è stata ampliata - lo ricordava nella sua relazione di minoranza il collega Borghesi - la «legge mancia» (l'ha chiamata diversamente ma è la stessa sostanza, è questa la verità).
Sì, i colleghi del centrodestra sono saliti sul carro di questa manovra finanziaria ottenendo quello che avveniva quando regnava al Ministero del bilancio un certo Cirino Pomicino e tutti ci salivano sopra (poi abbiamo visto qual è stato il risultato del disavanzo e del debito del Paese-Italia!).
Non è una finanziaria di equità, perché non interviene con una diversa politica fiscale sul reddito dei lavoratori dipendenti (come abbiamo proposto con i nostri emendamenti), sui pensionati, sui lavoratori autonomi che sono diventati tali perché obbligati dal loro ex datore di lavoro ad aprire una partita IVA.
Veniamo ai risultati che avete ottenuto sul fronte della gestione del bilancio in questi mesi e a che cosa si prospetta per il 2010. Per le spese finali prevedete un taglio di 9 miliardi e 270 milioni di euro, di cui però 8 miliardi e 348 milioni in conto capitale e tagli soltanto per 922 milioni di spese correnti.
Questo ridimensionamento della spesa corrente, però, è avvenuto nonostante il Pag. 79fatto che, come dicevo prima, rispetto all'esercizio 2009 il costo in termini di interessi sia diminuito e diminuisca anche nel 2010, se è vero, come è vero, che la Banca centrale europea ha deciso di non ritoccare al rialzo il tasso di interesse.
Invece è diminuita la spesa primaria per i tagli che abbiamo ricordato, come i trasferimenti correnti alle famiglie; ve n'è uno, in particolare, che è pesante e che voglio ricordare qui perché i cittadini che ci ascoltano lo sanno benissimo che cosa vuol dire aver tagliato per 2 miliardi e 400 milioni di euro il bonus straordinario per le famiglie che sono in povertà e che stanno crescendo a dismisura nel nostro Paese.
Avete tagliato 487 milioni di euro alla social card e poi avete detto: ma non le hanno utilizzate, quindi tanto vale! Certo, perché con le regole che avete scritto voi il ricorso alla social card era improponibile (ed ecco perché dicevamo che bisognava prevedere altre norme per facilitarne l'accesso)!
In compenso, sono aumentati i trasferimenti alla pubblica amministrazione (più 4 miliardi e 655 milioni di euro), compensati per le spese della pubblica amministrazione centrale e con tagli invece alle amministrazioni locali (901 milioni di euro alle forze dell'ordine, 342 per la compartecipazione dell'IRPEF).
Come dicevo prima, sono diminuite in modo pesantissimo le spese in conto capitale: per l'esercizio 2010 prevedete oltre 8 miliardi in meno per le spese in conto capitale. Cito soltanto due esempi: avete tagliato un miliardo e 200 milioni per l'alta capacità ferroviaria e 960 milioni per la gestione ordinaria delle Ferrovie dello Stato, mentre in tutta Italia si sprecano le manifestazioni dei pendolari che non hanno quattrini per usare la propria macchina e la propria automobile per recarsi sul lavoro e quindi fanno ricorso al mezzo pubblico (nella fattispecie, quello ferroviario) viaggiando come su carrozze bestiame!
Avete tagliato un miliardo e 205 milioni all'ANAS, che non ha più risorse per l'ordinaria manutenzione (ecco perché le nostre strade sono in condizioni pessime) e avete tagliato un miliardo e 600 milioni dal fondo rotativo delle politiche comunitarie: queste sono le vostre belle ed evidenti cifre che è bene ricordare!
Veniamo alle entrate, sottosegretario, anche se la cosa può non piacere. Le previsioni per il 2010 indicano 27 miliardi in meno rispetto alle previsioni per il 2009: è vero che rispetto all'assestamento del 2009 vi è stato in previsione un ritocco al rialzo, ma il saldo è comunque di circa 24 miliardi in meno di entrate. Dove? In quali capitoli?
In particolare dall'IVA: l'andamento effettivo delle entrate tributarie al 30 settembre 2009 è in diminuzione e a dirlo è il bollettino del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato il 30 novembre, che fotografa la situazione al 30 settembre, che dice esattamente: l'IRE è diminuita di 2 miliardi e 807 milioni di euro, ovvero il 2,4 per cento, l'IRES, addirittura di 4 miliardi e 884 milioni, meno il 18,7 per cento, l'IVA è diminuita di 7 miliardi e 634 milioni, meno 9 per cento.
I saldi di bilancio primari, al netto della spesa per interesse, che è calata di 6 miliardi, tra il 2008 e il 2009 sono peggiorati di 44 miliardi. Quindi 10 miliardi sono dovuti al calo delle entrate, lo abbiamo visto prima, e 34 miliardi dalle maggiori spese primarie, ma è qui che casca l'asino. Perché mancano all'appello questi 34, 35 miliardi di euro? Ci sarà da qualche parte un fondo al Ministro dell'economia delle finanze, presso la Cassa depositi e prestiti o alla Tesoreria centrale? Queste risorse serviranno per i decreti attuativi del federalismo fiscale, per fare, ancora una volta, un grosso regalo alla Lega Nord.
Venendo alle questioni aperte, in conclusione, signor Presidente, vi sono due questioni che sono all'interno della finanziaria che veramente gridano vendetta al cospetto di Dio e degli uomini. Mi riferisco alla Banca del sud. Amici della Lega, cittadini della Padania, visto che, onorevole Polledri, oggi pomeriggio è stato usato quel termine geografico che non esiste, vi Pag. 80ricordate le battaglie che avete fatto, che i vostri rappresentanti in Parlamento hanno fatto dieci anni fa esatti, quando vi era da salvare il Banco di Napoli, oppure sette o otto anni fa, quando vi era da salvare il Banco di Sicilia? Non ve lo ricordate? Allora, lo ricordo io ai cittadini: avete fatto le barricate, avete rovesciato nella Commissione finanze, di cui ero membro, i banchi della Commissione perché non vi era ragione di salvare due banche del sud.
E adesso cosa fate? Ne create un'altra con le stesse caratteristiche, al di là degli accorgimenti che prevedete.
RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, parto da una frase colta all'insaputa di chi l'ha pronunciata qualche giorno fa, o meglio un mesetto fa, e trasmessa più recentemente. La cito testualmente: l'uomo «confonde leadership e monarchia». Bene, bravo Presidente Fini! Lo andiamo ripetendo da tempo, ma inascoltati. Ora se ne è accorto anche lei; meglio tardi che mai. Peccato, però, che abbia avallato il blitz del Governo camuffato da «corsaro».
Eccoci all'editto di sua maestà, ovviamente con la «m» minuscola: la finanziaria non si tocca! Il monarca, quando il suo Richelieu o Stranamore, come l'ha definito un collega del PdL, varò la finanziaria, disse «si tratta di un cambiamento epocale», e così è stato.
Ecco il cambiamento: spreme i più poveri per dare ai ricchi, usa i soldi provenienti dal riciclaggio di Stato di denaro di origine criminale per coprire i buchi che aveva creato nel bilancio e nella finanziaria grazie ai tagli lineari.
Li ricordava poc'anzi il collega Galletti: il fondo di finanziamento dell'università. Quando mai l'università non è stata finanziata, se non a seguito delle sforbiciate pesanti del nostro Richelieu-Stranamore? Scuole non statali: anche per queste vi sono sempre stati i finanziamenti fino all'anno scorso, quando sono stati tagliati; così pure per il fondo per la solidarietà all'agricoltura.
A tal proposito, il collega Polledri si ricorderà sicuramente di un'intervista rilasciata dal Ministro Zaia, il suo Ministro Zaia, qualche giorno fa su un noto quotidiano (evidentemente tendente a sinistra, ma le parole erano tra virgolette), quando disse: io mi adeguo, il Ministro Tremonti sa come governare le risorse finanziarie del Paese; a me per l'agricoltura ha tagliato il 48 per cento.
Evidentemente, poi è andato a piangere dal Ministro Tremonti, cioè il vero Ministro, a meno che non sia andato direttamente dal suo presidente-segretario, unico detentore della verità leghista, il presidente Bossi, e quest'ultimo si sia recato da Tremonti, che gli ha ridato le risorse finanziarie che gli aveva tagliato.
Così pure si sono ritrovate le risorse con lo scudo fiscale per il sostegno delle scuole non statali, per il 5 per mille, per la gratuità dei libri scolastici: tutti capitoli che già preesistevano, sui quali avete operato i tagli; adesso vi siete vergognati e avete rimesso un po' di risorse. Una tantumPag. 77sono quelle che arrivano; è vero che lo scudo fiscale non è più una tantum (poiché in sette anni di Governo del centrodestra questo è il terzo), ma viene identificato come tale, e lo usate per coprire spese correnti.
In terzo luogo, si usano i soldi degli operai, degli impiegati di aziende private (mi riferisco al TFR) per coprire i buchi della sanità malata, inquinata, corrotta. I «corsari» quindi hanno scippato i più deboli, che potevano attingere dal TFR, per esempio, per l'acquisto della prima casa o per spese straordinarie: si sposava un figlio o una figlia e ricorrevano all'anticipazione del TFR per poter far fronte a spese straordinarie. Adesso tali fondi vengono tolti.
Ma attenzione, mi direte voi, ciò è già avvenuto con il precedente Governo: è vero, non ci nascondiamo dietro un dito. Peccato che quelli fossero stati destinati ad investimenti, invece voi li utilizzate per coprire i buchi che le regioni hanno fatto nella gestione della sanità pubblica, che sappiamo essere un pozzo senza fondo che viene ogni tanto ripianato.
Da una parte abbiamo quindi i lavoratori, operai e impiegati, che sono scippati, tartassati, perché poi bisognerà mettere altri soldi, chiedere con le tasse altri quattrini a chi li ha sempre pagati per ripianare questo nuovo debito di 3 miliardi e 100 milioni di euro prelevati dal TFR.
Da una parte quindi, lo ripeto, vi sono gli operai e gli impiegati tartassati e scippati; dall'altra i condonati, i blanditi, i criminali che hanno portato all'estero i loro quattrini sporchi di sangue, di droga, di tratta delle persone. Questo è il risultato del vostro Governo!
È andato via il Viceministro Vegas, il quale ha detto in Commissione che i soldi devono essere veri, non si può andare a debito. Ben detto, Viceministro: ecco finalmente parole vere. Parole, parole!
Ma la realtà è un'altra: vediamola. Al 30 settembre, signor Presidente, il debito pubblico ammontava a un 1.787 miliardi di euro, 140 in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, pari all'8,42 per cento; quando sappiamo che il prodotto interno lordo a fine anno avrà subito il 4,80-5 per cento di caduta, che è pesante ma sicuramente inferiore a quell'8,42 per cento.
La domanda allora è: dove sono andati questi quattrini? Circa la metà di quei 140 miliardi, cittadini che mi ascoltate, è sparita: il debito è cresciuto di quasi il doppio della caduta del PIL, e ciò nonostante l'onere degli interessi sul debito sia diminuito; e questo perché, come sappiamo, il costo degli interessi, per la politica monetaria adottata dalla Banca centrale europea, è calato.
In compenso il debito è ripartito alla grande: siamo oltre il 5 per cento. Ma quello che è ancora più grave, sottosegretario disattento, è che l'avanzo primario è totalmente azzerato; non vi ricordo di nuovo qui per l'ennesima volta ciò che disse il Cancelliere Kohl di Prodi e di Carlo Azeglio Ciampi, allora Ministro del tesoro. Voi l'avete azzerato! Ecco perché, sottosegretario, l'Unione europea ha di nuovo acceso il semaforo giallo, e sta per diventare rosso nei confronti dell'Italia: infatti, guarda caso, la procedura di infrazione sta per arrivare perché non rispettate i parametri.
In venti mesi il nostro sistema economico ha lasciato sul campo il 6,50 per cento del PIL. Per tornare ai livelli del 2007 ci vorranno quindici anni. Questo è il risultato della vostra non politica economica a partire dal giorno successivo l'insediamento del vostro Governo, con quel tanto decantato decreto-legge n. 112 del 2008, quando avete eliminato l'ICI. Guarda caso adesso chi ci rimette di più? I comuni virtuosi che hanno tenuto basse le aliquote e che adesso si trovano meno trasferimenti a valere sulle risorse che voi stanziate, prelevandole naturalmente da quei due pilastri di entrata che ho appena citato, lo scudo fiscale da una parte e il TFR dall'altra.
I comuni che invece hanno fatto pagare aliquote superiori e speso fior di quattrini adesso si trovano ad avere risorse maggiori. È un bell'esempio che date, ma d'altra parte lo avete fatto in questi mesi Pag. 78di Governo in altre occasioni: avete stanziato per Catania 140 milioni di euro, per Roma capitale 500 milioni di euro, poi 500 milioni e altri 600. Premiate dunque coloro che non sanno governare.
Questo è il risultato di quella prima azione e allora ecco perché il centro studi dell'ISAE ha detto che, mentre gli Stati membri dell'Europa hanno stanziato nel loro insieme l'1,1 per cento del PIL per l'anno che sta per terminare per uscire dalla crisi, per sostenere le politiche di sviluppo e per aiutare le famiglie, l'Italia nello stesso periodo ha stanziato lo zero per cento. A dirlo non è solo l'istituto italiano, ma è anche l'OCSE, il quale, per l'appunto, ha ribadito che nell'insieme dei Paesi OCSE le risorse stanziate per combattere la crisi sono state pari al 3,9 per cento, in Italia lo zero per cento.
Quindi le risorse sono state pari a zero, il debito è aumentato dell'8,42 per cento, il deficit del 5 per cento e l'avanzo primario è pari a zero. Mancano quindi all'appello 35 miliardi di euro, cittadini italiani, 70 mila miliardi di vecchie lire che avete sparso a piene mani a tutti, ovviamente in spese correnti, perché gli investimenti sono caduti, come vedremo, in modo verticale.
A farne le spese sono stati i lavoratori dipendenti, i precari, i parasubordinati, che hanno perso potere d'acquisto in termini di salari più bassi. Avete esteso gli ammortizzatori sociali, ma vi chiedo, mi chiedo e lo chiedo ai cittadini che ci ascoltano: come fanno quei lavoratori che oggi campano con 800 euro - se ovviamente godevano della copertura di ammortizzatori sociali - e hanno una famiglia a carico? O, peggio ancora, mi chiedo come fanno quei lavoratori che avevano un contratto Cocopro - udite, sono state aumentate del 10 per cento le risorse che verranno assegnate a quei lavoratori che hanno perso il lavoro precario, passando dal 20 al 30 per cento - e che adesso si trovano con 300 euro al mese invece che con 250. Però in compenso - lo abbiamo detto prima - quelli che hanno evaso le imposte e le tasse e che hanno trasferito all'estero i loro quattrini adesso si trovano per l'ennesima volta premiati.
Veniamo al disegno di legge finanziaria: si tratta di una finanziaria che non è né leggera - perché è passata da 3 a 9 miliardi circa - né pesante perché la vera finanziaria pesante l'aveva immaginata il Presidente della Commissione finanze del Senato, prevedendo addirittura una manovra dal 35-37 miliardi di euro. Peccato però che Mario Baldassarri - così si chiama il senatore che propose in quel ramo del Parlamento una finanziaria pesante - abbia indicato fonti di finanziamento impossibili, tanto che gli hanno fatto capire che forse era bene stesse zitto.
Non è una finanziaria di sviluppo né di sostegno ai redditi bassi, non affronta i problemi reali del Paese, non sostiene la domanda interna e non è di rigore, perché è stata ampliata - lo ricordava nella sua relazione di minoranza il collega Borghesi - la «legge mancia» (l'ha chiamata diversamente ma è la stessa sostanza, è questa la verità).
Sì, i colleghi del centrodestra sono saliti sul carro di questa manovra finanziaria ottenendo quello che avveniva quando regnava al Ministero del bilancio un certo Cirino Pomicino e tutti ci salivano sopra (poi abbiamo visto qual è stato il risultato del disavanzo e del debito del Paese-Italia!).
Non è una finanziaria di equità, perché non interviene con una diversa politica fiscale sul reddito dei lavoratori dipendenti (come abbiamo proposto con i nostri emendamenti), sui pensionati, sui lavoratori autonomi che sono diventati tali perché obbligati dal loro ex datore di lavoro ad aprire una partita IVA.
Veniamo ai risultati che avete ottenuto sul fronte della gestione del bilancio in questi mesi e a che cosa si prospetta per il 2010. Per le spese finali prevedete un taglio di 9 miliardi e 270 milioni di euro, di cui però 8 miliardi e 348 milioni in conto capitale e tagli soltanto per 922 milioni di spese correnti.
Questo ridimensionamento della spesa corrente, però, è avvenuto nonostante il Pag. 79fatto che, come dicevo prima, rispetto all'esercizio 2009 il costo in termini di interessi sia diminuito e diminuisca anche nel 2010, se è vero, come è vero, che la Banca centrale europea ha deciso di non ritoccare al rialzo il tasso di interesse.
Invece è diminuita la spesa primaria per i tagli che abbiamo ricordato, come i trasferimenti correnti alle famiglie; ve n'è uno, in particolare, che è pesante e che voglio ricordare qui perché i cittadini che ci ascoltano lo sanno benissimo che cosa vuol dire aver tagliato per 2 miliardi e 400 milioni di euro il bonus straordinario per le famiglie che sono in povertà e che stanno crescendo a dismisura nel nostro Paese.
Avete tagliato 487 milioni di euro alla social card e poi avete detto: ma non le hanno utilizzate, quindi tanto vale! Certo, perché con le regole che avete scritto voi il ricorso alla social card era improponibile (ed ecco perché dicevamo che bisognava prevedere altre norme per facilitarne l'accesso)!
In compenso, sono aumentati i trasferimenti alla pubblica amministrazione (più 4 miliardi e 655 milioni di euro), compensati per le spese della pubblica amministrazione centrale e con tagli invece alle amministrazioni locali (901 milioni di euro alle forze dell'ordine, 342 per la compartecipazione dell'IRPEF).
Come dicevo prima, sono diminuite in modo pesantissimo le spese in conto capitale: per l'esercizio 2010 prevedete oltre 8 miliardi in meno per le spese in conto capitale. Cito soltanto due esempi: avete tagliato un miliardo e 200 milioni per l'alta capacità ferroviaria e 960 milioni per la gestione ordinaria delle Ferrovie dello Stato, mentre in tutta Italia si sprecano le manifestazioni dei pendolari che non hanno quattrini per usare la propria macchina e la propria automobile per recarsi sul lavoro e quindi fanno ricorso al mezzo pubblico (nella fattispecie, quello ferroviario) viaggiando come su carrozze bestiame!
Avete tagliato un miliardo e 205 milioni all'ANAS, che non ha più risorse per l'ordinaria manutenzione (ecco perché le nostre strade sono in condizioni pessime) e avete tagliato un miliardo e 600 milioni dal fondo rotativo delle politiche comunitarie: queste sono le vostre belle ed evidenti cifre che è bene ricordare!
Veniamo alle entrate, sottosegretario, anche se la cosa può non piacere. Le previsioni per il 2010 indicano 27 miliardi in meno rispetto alle previsioni per il 2009: è vero che rispetto all'assestamento del 2009 vi è stato in previsione un ritocco al rialzo, ma il saldo è comunque di circa 24 miliardi in meno di entrate. Dove? In quali capitoli?
In particolare dall'IVA: l'andamento effettivo delle entrate tributarie al 30 settembre 2009 è in diminuzione e a dirlo è il bollettino del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato il 30 novembre, che fotografa la situazione al 30 settembre, che dice esattamente: l'IRE è diminuita di 2 miliardi e 807 milioni di euro, ovvero il 2,4 per cento, l'IRES, addirittura di 4 miliardi e 884 milioni, meno il 18,7 per cento, l'IVA è diminuita di 7 miliardi e 634 milioni, meno 9 per cento.
I saldi di bilancio primari, al netto della spesa per interesse, che è calata di 6 miliardi, tra il 2008 e il 2009 sono peggiorati di 44 miliardi. Quindi 10 miliardi sono dovuti al calo delle entrate, lo abbiamo visto prima, e 34 miliardi dalle maggiori spese primarie, ma è qui che casca l'asino. Perché mancano all'appello questi 34, 35 miliardi di euro? Ci sarà da qualche parte un fondo al Ministro dell'economia delle finanze, presso la Cassa depositi e prestiti o alla Tesoreria centrale? Queste risorse serviranno per i decreti attuativi del federalismo fiscale, per fare, ancora una volta, un grosso regalo alla Lega Nord.
Venendo alle questioni aperte, in conclusione, signor Presidente, vi sono due questioni che sono all'interno della finanziaria che veramente gridano vendetta al cospetto di Dio e degli uomini. Mi riferisco alla Banca del sud. Amici della Lega, cittadini della Padania, visto che, onorevole Polledri, oggi pomeriggio è stato usato quel termine geografico che non esiste, vi Pag. 80ricordate le battaglie che avete fatto, che i vostri rappresentanti in Parlamento hanno fatto dieci anni fa esatti, quando vi era da salvare il Banco di Napoli, oppure sette o otto anni fa, quando vi era da salvare il Banco di Sicilia? Non ve lo ricordate? Allora, lo ricordo io ai cittadini: avete fatto le barricate, avete rovesciato nella Commissione finanze, di cui ero membro, i banchi della Commissione perché non vi era ragione di salvare due banche del sud.
E adesso cosa fate? Ne create un'altra con le stesse caratteristiche, al di là degli accorgimenti che prevedete.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RENATO CAMBURSANO. Concludo brevemente, signor Presidente.
C'è davvero ancora da chiudere la questione che riguarda gli incentivi alla rottamazione, la detrazione sui biglietti dei trasporti pubblici locali, il bonus per le famiglie, i fondi per la detassazione del reddito dei lavoratori dipendenti, i fondi della detassazione della tredicesima, come abbiamo proposto, gli 800 milioni per la banda larga. Mi chiedo dove andate a prendere questi soldi, visto che il Ministro ha detto che con un provvedimento ad hoc, da qui a fine anno, penserete anche a questo. È il solito bluff da dottor Stranamore (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, il 2009 è stato senz'altro un anno difficilissimo, nessuno può negarlo: crisi economica, gestione del debito pubblico e scelte del Governo hanno fatto sentire in modo netto gli effetti sulle famiglie, in primo luogo sui lavoratori e sulle imprese, ma anche sul sistema degli investimenti che riguardano quei settori definiti strategici per il rilancio del nostro Paese e per la ripresa, che già ci attenderemmo veder ripartire nel prossimo anno. Sto parlando di ambiente e lavori pubblici. Purtroppo, devo constatare la miopia di un Governo che, in controtendenza rispetto ai Governi europei, trascura di investire, anzi, in alcuni casi, azzera definitivamente i capitoli presenti nel bilancio e nella finanziaria dei settori chiave che si richiamano, anche troppo genericamente, ai temi della sostenibilità ambientale, della riduzione di emissione dei gas serra, e non prevede stabilmente misure come quelle indicate con il 55 per cento, che tanto positivamente sono state accolte dai cittadini italiani e dalle imprese e che avremmo voluto con nostri emendamenti definire, una volta per tutte, come misure strutturali.
Non si è voluto affrontare nella Commissione bilancio nessuno degli argomenti, tanto meno quelli di interesse ambientale, ma neanche si è tenuto conto di ciò che le Commissioni di merito avevano approvato. Nel caso specifico erano stati accolti emendamenti del gruppo del Partito Democratico in Commissione ambiente relativi alla missione sullo sviluppo sostenibile, al Fondo rotativo per Kyoto, a risorse per il Fondo per le bonifiche industriali.
Non posso non sottolineare inoltre la gravità della dichiarazione di inammissibilità dell'emendamento che richiedeva uno stanziamento di risorse aggiuntive per la strage di Viareggio. Definire localistico quell'emendamento è stato una discutibilissima interpretazione che ha nascosto dietro una burocratica traduzione la volontà di non stanziare ciò che manca ancora per quella città, per quelle vittime.
E pensare che il Governo, colleghi, aveva accolto un nostro ordine del giorno non più tardi del 2 ottobre 2009 che richiedeva appunto un'adeguata quota del gettito proveniente dallo scudo fiscale da devolvere alle vittime e alla ricostruzione.
Abbiamo fatto una serie limitata di rilievi ritenendo significativo far rilevare al Ministro dell'ambiente e a quello delle finanze quanto sia urgente definire, in un quadro di incertezze e di immobilismo, misure efficaci per aiutare i settori chiave nella tutela ambientale e nell'economia verde.
In concomitanza con il vertice di Copenaghen assistiamo invece alla completa indifferenza verso temi che riguardano Pag. 81strategie per il medio e lungo termine. Lo stesso destino è stato riservato alla ricerca. Basta l'esempio di ISPRA: in questi giorni (ormai settimane) è netto ed evidente il disagio di ricercatori precari, che da alcune settimane appunto si trovano sui tetti dell'istituto, ed è altrettanto netta l'indifferenza di un Governo che non definisce la missione di quell'agenzia, che non trova risposte per lavoratori precari, ma assolutamente importanti per quel settore per il controllo, la verifica e la tutela ambientale, e che non dà soluzioni, ma che ha pensato solo, per così dire, a nominare i membri del consiglio di amministrazione; stanno terminando i contratti e sono contratti di tipo precario, e i lavoratori aspettano risposte, ma non vi è nessun segnale dal Governo e nessun segnale dal commissario.
Avevamo chiesto anche una maggiore attenzione ai temi legati al piano per la casa. Avevamo chiesto di incrementare un fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, un fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa. Temi di cui ci si era riempiti la bocca, definendoli anche collateralmente come misure per promuovere le piccole e medie imprese e far ripartire l'economia. Niente di tutto questo.
Poi si è parlato di edilizia giudiziaria e scolastica. Colleghi, in quei termini ci si riferisce soltanto a misure per accelerare le procedure, ma non vi sono nuove risorse.
Un'altra cosa che il Governo - concludo - ha fatto senza curarsi dell'impatto sui cittadini è stata quella di autorizzare le concessioni autostradali per legge in spregio alle regole del mercato, e ha dimenticato anche in questo caso - come è accaduto per la discussione sull'acqua - di farsi carico dei cittadini e delle tariffe che li riguardano molto direttamente.
Infine, signor Ministro, i fondi che sono stati tolti all'ANAS e che oggi invece vengono devoluti all'utilizzo per la partenza del ponte sullo Stretto di Messina hanno tolto opportunità ulteriori agli enti locali, alle regioni, alle province e ai comuni per misure che erano destinate appunto alla manutenzione ordinaria e agli investimenti territoriali. Riteniamo che anche questo sia un danno per le amministrazioni locali ed un ulteriore danno per il territorio.
L'unica cosa che possiamo apprezzare, rispetto alla quale ci eravamo impegnati e molte volte ne avevamo sottolineato l'importanza, riguarda il fondo per la difesa del suolo. Questo sì e dobbiamo dirlo per sottolineare che vi sono anche delle cose che ci vanno bene e rispetto alle quali chiedevamo da tempo una soluzione, come il miliardo che dai fondi FAS purtroppo è stato tolto, ma che riguarda la messa in sicurezza del territorio. Per un Ministero che vede ridursi del 70 per cento le risorse, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quel fondo sarà almeno una risposta, soprattutto per i territori che verranno prontamente aiutati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ciccanti.
È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, noi sappiamo che la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo. Un sistema giudiziario efficace però si deve basare in primo luogo su risorse umane, economico-finanziarie adeguate e idonee per un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia. Questo se si vuole veramente che l'efficienza del sistema giudiziario contribuisca poi a quella promozione dello sviluppo economico del Paese tanto desiderato da tutti, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione degli obblighi contrattuali. Si era molto parlato in questi ultimi tempi, a giustificare ed a legittimare in qualche modo la presentazione di disegni Pag. 82di legge sul cosiddetto processo breve, dello stanziamento di maggiori risorse necessarie al miglioramento e al funzionamento del sistema giudiziario. In realtà, però, si è trattato ancora una volta di promesse: a fronte di tagli veri ci sono gli spiccioli che dovrebbero derivare dalle entrate relative allo scudo fiscale nella parte destinata alla giustizia. Nell'elenco di quel comma 240 dell'articolo 2 si finanzia infatti anche il Fondo unico giustizia, il fondo per le spese correnti per l'amministrazione della giustizia, fondo che fu istituito e finanziato nella prima legge finanziaria del Governo Prodi con 200 milioni di euro. Tuttavia, non è prevista in alcun modo la quota di finanziamento per la giustizia da decidere con futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ma ci si trova comunque di fronte ad una cifra del tutto irrilevante. Infatti sono in tutto solo quest'anno 181 milioni che vanno divisi tra una ventina di interventi nelle più varie materie.
Lascia ancor più perplessi che addirittura i risparmi di spesa introdotti dal comma 211 dell'articolo 2, che riguarda la gratuità del rilascio di informazioni sul traffico telefonico in materia di spese di giustizia e nuove modalità di pubblicazione delle sentenze di condanna, non andranno direttamente alla giustizia, ma confluiranno anche essi al Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili che poi, previo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero della giustizia, verranno destinati forse chissà quando e in quale percentuale.
Inoltre l'aspetto grave politicamente è che non solo per quanto riguarda la giustizia i cittadini non hanno avuto nulla dal punto di vista delle riforme, ma da un anno e mezzo si va discutendo nelle Commissioni giustizia di Camera e Senato soltanto di provvedimenti ad personam e, addirittura, si va cercando un incremento e un ampliamento dei fondi aumentando l'entità del contributo unificato, vale a dire la tassa sui processi. Come per dire: caro cittadino, pagati quel poco di giustizia in più che in qualche modo cercheremo di fare, forse pagatela da solo. Chi abbiamo gravato? Abbiamo gravato quei cittadini che attiveranno alcuni processi esecutivi mobiliari che prima erano gratuiti, se di valore inferiore a 2.500 euro e il processo cautelare d'urgenza attivato in corso di causa. Abbiamo soprattutto gravato i giudizi di lavoro di fronte alla Corte di cassazione. Si introduce una tassa odiosa, una tassa che colpisce le fasce più esposte alla crisi. Una norma che ricadrà pressoché esclusivamente sui lavoratori dipendenti, sui pensionati, sugli invalidi che dovranno sin d'ora in poi pagare per poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. E pensare che la nostra Repubblica è fondata sul diritto al lavoro.
Ma la realtà di queste promesse è che il Ministero della giustizia per il 2010 ha avuto un taglio di oltre 349 milioni di euro, con una diminuzione rispetto alle previsioni della legge di assestamento pari al 4,7 per cento. Riduzione tanto più significativa e suscettibile di determinare un forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia, se non addirittura la paralisi ove si consideri che a tale missione sono ricondotti quattro programmi cruciali per la funzionalità della giustizia e quindi anche della sicurezza della tutela dei cittadini, come quelli dell'amministrazione penitenziaria, giustizia civile e penale, giustizia minorile, edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile. Il più fortemente penalizzato è proprio il programma di giustizia penale e civile che subirà 430 milioni di tagli di euro in meno. Ma - sto per terminare signor Presidente - la cosa ancora più grottesca è che di fronte ai tanti proclami di lotta alla mafia si va a cercare di recuperare per fare cassa vendendo i beni confiscati alla mafia, andando contro quello che fu un percorso condiviso raggiunto nel 1996 che approvò all'unanimità proprio il divieto della vendita dei beni immobili confiscati.
Infatti, l'aspetto più innovativo di quella legge, che fu condivisa e che adesso si sta tradendo, era che i beni acquisiti dalla mafia dovevano essere destinati, anche in modo emblematico e simbolico, Pag. 83all'utilità pubblica e agli enti locali. Cosa si fa, invece, con l'emendamento presentato dal relatore durante la notte?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DONATELLA FERRANTI. Si dà un contentino - e concludo, signor Presidente - nel senso di stabilire delle priorità per le Forze armate e per le forze di polizia. Si tratta di una cosa veramente grottesca. L'ente locale interessato all'acquisizione di un immobile non potrà acquisire quel bene, così oneroso nella sua destinazione, assegnato alla pubblica utilità, ma dovrà comprarlo, pagandolo lo stesso prezzo offerto dal privato che si sia aggiudicato il bene attraverso l'asta pubblica. La foglia di fico è trasparente: l'intento legislativo è solo di fare cassa con i beni confiscati, mediante la loro restituzione a pagamento alle organizzazioni criminali cui erano stati sottratti con fatica.
Questo è solo un contentino, un modo per mettere polvere sugli occhi a quelle forze di polizia che, insieme alla magistratura, tutti i giorni, lavorano e ottengono risultati di cui, poi, il Governo si va fregiando. Questa è una cosa che non possiamo assolutamente condividere. Sappiate, tra l'altro, che le Forze armate e le forze di polizia, mediante le cooperative, potranno esercitare l'opzione di acquisto solo in casi di vendita di intere lottizzazioni di immobili, oppure di intere palazzine, che, di solito, non sono oggetto di confisca, mentre non potranno esercitarla in casi di vendita di appartamenti singoli. Ma la percentuale di confisca alla mafia di lottizzazioni o intere palazzine è minima! È quindi è minima la possibilità di esercitare quei diritti di prelazione. Ciò a conferma delle aleatorietà della promessa.
Questo è quanto il Governo sta facendo per la lotta alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, vorrei utilizzare questi pochi minuti, sperando di essere ascoltato dal rappresentante del Governo, per parlare del tema dell'inserimento improprio e nocivo di un pezzo del codice delle autonomie nella legge finanziaria in oggetto.
È stato aggirato, peraltro, anche un primo giudizio di inammissibilità, che pure era stato espresso in Commissione, con una furbizia che ha messo avanti alle questioni di carattere ordinamentale, le questioni di carattere economico. È evidente che, quando si parla di riduzioni, di tagli e di ridimensionamento dei consigli comunali o delle forme, comunque, legate alla rappresentanza democratica, si parla di questioni che hanno un'attinenza all'ordinamento e non alle motivazioni di carattere economico.
Noi pensiamo che questa sia una scelta sbagliata e grave, una forzatura evidente che produce un effetto pesantemente negativo, innanzitutto, nel confronto, non solo in quest'Aula, fra la maggioranza e l'opposizione, ma anche con le associazioni rappresentative del sistema delle autonomie. Non è un caso, che vi siano posizioni molto critiche che parlano di un intervento realizzato in modo arbitrario ed autoritario da parte dell'ANCI (come è stato detto oggi), e non è un caso, che domani l'ANCI abbia convocato davanti a Montecitorio, il consiglio nazionale per contestare la scelta che è stata fatta.
È una scelta grave, perché impedisce la possibilità di fare un confronto positivo e costruttivo proprio sul codice delle autonomie e sulla riforma del sistema delle autonomie, che rappresenta l'altra gamba, quella ancora mancante, del federalismo fiscale.
Dispiace che il Governo e la maggioranza non abbiano seguito, o non vogliano seguire, per questa riforma così importante, lo stesso percorso che si è fatto per il federalismo fiscale, e che ha portato ad un risultato frutto di un confronto, nel complesso, positivo. Nel momento in cui parte il confronto, si annuncia, per mesi e mesi, questo provvedimento, si propone e si presenta alle associazioni delle autonomie e si dice che dovrà essere un'occasione importante del confronto con il Parlamento, Pag. 84se ne prende arbitrariamente un pezzo e lo si infila nella legge finanziaria.
Questo non può non avere conseguenze sulla costruttività del confronto.
Noi pensiamo che sarebbe stato molto più conveniente - vogliamo dirlo al Governo e al Ministro Calderoli innanzitutto - rispettare una forma di serietà nel confronto tra maggioranza e opposizione su una riforma così importante. Così non è stato ed è un elemento che peserà anche nelle prossime settimane.
Dicevo delle iniziative che verranno messe in campo domani. Di fronte a queste dichiarazioni e a queste polemiche circa le autonomie, oggi abbiamo letto le dichiarazioni del Ministro Calderoli, che, rispondendo a Chiamparino, si dice dispiaciuto di aver dovuto ricorrere alla legge finanziaria per procedere alla razionalizzazione dei costi degli enti locali: purtroppo con un vetusto sistema bicamerale e con gli attuali regolamenti parlamentari non era possibile fare diversamente. E perché mai? E sul federalismo fiscale cosa abbiamo fatto, cosa è successo per rendere impossibile un confronto costruttivo su una riforma di questa portata? C'è un elemento di strumentalità evidente in questa dichiarazione. Prosegue poi il Ministro Calderoli, dicendo che però accoglie l'appello dell'ANCI e del suo presidente per aprire fin da subito un tavolo con ANCI, UPI e regioni per costruire insieme il codice delle autonomie. Ma non era già pronta la bozza di legge? Quante volte la volete mettere? Questo codice delle autonomie che doveva esserci da mesi, quante volte volete rimetterlo, si deve fare un'altra volta? C'era già un testo e poteva partire il confronto, c'è l'urgenza di farlo, perché altrimenti non va avanti niente. C'è una situazione di enorme e straordinaria difficoltà del sistema delle autonomie e dei comuni in modo particolare, che sono in condizioni di insostenibilità dei loro bilanci, e noi diciamo: si ripartirà un'altra volta, si convocherà un altro tavolo. Ma è questo il modo di affrontare una questione così delicata e così importante?
Le cifre, signor Presidente, sono evidenti e chiare. Si sostiene che finalmente diamo l'ICI. Ho sentito l'intervento del collega Girlanda, da cui sembrava che ciò venisse fatto per la prima volta. Non è così: quello che prevede il disegno di legge finanziaria sull'ICI è la restituzione di ciò che il Governo si era già impegnato a restituire; anzi, viene restituito di meno, perché per il 2008 si registra una mancanza di circa 350 milioni, quindi si assegnano meno risorse rispetto a quelle dovute. Inoltre, mentre si assegnano queste risorse, con l'altra mano si tolgono i trasferimenti legati al cosiddetto taglio dei consigli comunali, delle circoscrizioni e così via. Si crea, così, un disavanzo ulteriore nei bilanci dei comuni. I conti che l'ANCI ha già preparato ci dicono che l'insieme dei tagli alle entrate sul triennio 2008-2010 è di 1.568 milioni di euro, un miliardo e mezzo di taglio secco sugli enti locali.
Concludo, signor Presidente, chiedendo: ma allora, cosa andate dicendo, colleghi della maggioranza, quando parlate di federalismo, di rispetto delle autonomie, del loro ruolo e della loro importanza? Voi dite delle bugie, voi praticate una politica che è fatta di doppiezza e vogliamo dirlo con chiarezza innanzitutto al Governo e ai Ministri interessati, a partire dal Ministro Calderoli, che quando incontra le autonomie promette e dichiara di voler fare, ma poi si gira dall'altra parte, si mette agli ordini del Ministro dell'economia e delle finanze e fa i tagli. Questa doppiezza è intollerabile e non aiuterà certo un confronto utile e positivo su riforme così importanti come quella del sistema delle autonomie locali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, ho partecipato in questi giorni ad un'assemblea pubblica in un comune della mia provincia, Alessandria, il comune di Carrosio, 474 abitanti, nella quale i cittadini esponevano le loro preoccupazioni in me Pag. 85rito al ridimensionamento dei servizi scolastici in quell'area territoriale, a partire dall'anno scolastico 2010-2011, e alla riduzione dei servizi di sportello pubblico dell'ufficio postale, con rischio di penalizzare delle comunità che trovano la loro ragione di sopravvivenza solo in servizi adeguati sul territorio. Insomma, si sta facendo in questo momento esattamente il contrario di quello che serve per incentivare i cittadini che scelgono di risiedere nei centri minori periferici e per dare la possibilità agli enti locali di disporre di risorse per far fronte alle loro funzioni.
In quell'occasione il sindaco mi ha ricordato che il consigliere comunale e lui stesso avevano già rinunciato ad ogni indennità per risparmiare 3 mila euro l'anno, con il risultato che questa somma è stata decurtata dai trasferimenti dello Stato: oltre ai danni, la beffa.
Questo per dire che l'enfasi con cui si è inneggiato al taglio di 35.127 poltrone locali, introdotto con il maxiemendamento in Commissione, e al blocco delle risorse per i territori montani e per i comuni più piccoli oltre ad essere fuori luogo contrasta con l'esigenza di tutela delle comunità locali e di mantenimento di presidi del territorio ed è una beffa per i tanti amministratori seriamente impegnati nei loro comuni praticamente in modo volontario. Di fatto, si compie una scelta contro la democrazia partecipata e si reca un danno alle comunità locali.
Il tutto appare ancor più inaccettabile se vediamo come le risorse vengono disperse in provvedimenti e interventi microsettoriali che tecnicamente sarebbero stati considerati inammissibili in Commissione all'inizio dell'iter di questo provvedimento. Allo stesso modo vediamo che non trovano risposta, per stare ai temi sollevati dal Partito Democratico in Commissione trasporti, questioni come le agevolazioni fiscali a favore dei pendolari, la tutela della sicurezza del trasporto ferroviario nell'attraversamento dei centri abitati, il finanziamento del piano nazionale della sicurezza stradale e, per stare a questioni territoriali da me sollevate, il rafforzamento delle reti ferroviarie storiche della Valle Scrivia e l'attuazione degli accordi procedimentali sul terzo valico oggetto, fra l'altro, di una risoluzione parlamentare e di un ordine del giorno approvato all'unanimità in Commissione, oltre alla bonifica completa di un sito di interesse nazionale come quello dell'Ecolibarna di Serravalle Scrivia e ai fondi necessari per gli interventi per l'alluvione in Piemonte.
Mentre vediamo, dunque, che si chiude la porta agli emendamenti dell'opposizione si compie una manovra che porta di fatto a procrastinare a provvedimenti successivi, previsti a fine anno o all'inizio del prossimo anno, in tema ancora una volta di anticrisi - sarà il decimo decreto-legge anticrisi - sia sul settore dell'auto sia in quello delle energie rinnovabili e si lascia aperto il problema del finanziamento delle ferrovie e dell'ANAS. D'altro canto, si interviene in modo sostanziale anche su norme di settore, come nel caso della legge obiettivo, con un arretramento di sostanza e di principio perché si sottrae al CIPE non solo l'approvazione del progetto esecutivo delle grandi opere - o si rischia di farlo - ma anche lo stesso progetto definitivo e completo, autorizzando la procedura di un primo lotto costruttivo che impegna il Governo a finanziare l'intera opera. In sostanza, si impegna il bilancio dello Stato per gli anni a venire o, più probabilmente, si pagano i costi di qualche spot elettorale che sarà realizzato da adesso in avanti per inaugurare dei cantieri prima delle prossime elezioni regionali.
Pertanto, vi sono troppe incertezze, signor Presidente, che rendono nebuloso lo stesso percorso delle reti TEN sui grandi corridoi europei 1, 5 e 24 anche laddove le comunità locali e le regioni si sono impegnate per superare ostacoli esistenti, mentre appare critico il quadro di tenuta dei servizi ferroviari regionali a media e lunga percorrenza dopo l'entrata in funzione della TAV da Torino a Salerno. Oggi, in sostanza, sono in difficoltà i servizi essenziali per i pendolari, cui vengono tolti i benefici fiscali, mentre ci si propone un Pag. 86quadro programmatorio incerto e rischioso anche per il futuro del complesso delle cosiddette grandi opere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO LOVELLI. Le nostre priorità erano e sono altre: sicurezza ferroviaria e stradale (altro che abolire o superare il limite dei 130 chilometri orari); piano nazionale della logistica dei trasporti e della mobilità; piano di infrastrutture coerenti con gli obiettivi di sostenibilità ambientale; riforma del sistema FS holding che favorisca la concorrenza sui binari per le merci e le persone. Allo stesso modo nel settore dei servizi postali, che si avviano alla liberalizzazione del 2011, devono essere salvaguardati i livelli essenziali delle prestazioni da fornire ai cittadini per i quali lo Stato paga il contratto di servizio.

PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, la prego di concludere.

MARIO LOVELLI. Concludo, signor Presidente. La resistenza del Governo contro l'istituzione di vere authority terze per i trasporti e le poste, ma anche per l'acqua, rende evidente dove passa la differenza fra chi vuole favorire una liberalizzazione nell'interesse dei cittadini e dei consumatori e chi è portatore di una visione conservatrice e favorevole ad una privatizzazione senza controllo. Con questa confusa ed inadeguata legge finanziaria avete scelto, quindi, una strada sbagliata anche in un settore importante come quello dei trasporti e dei servizi pubblici che continueremo a contrastare oltre che in Assemblea anche nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, il Ministro Tremonti ha più volte affermato che l'approvazione del disegno di legge finanziaria non si sarebbe più prestata al cosiddetto assalto alla diligenza. I fatti recenti hanno smentito il Ministro, perché il vituperato assalto c'è stato ed è stato caotico, maldestro e condotto principalmente dai ministri stessi, con l'aggravante di compierlo senza strategia e per soddisfare estemporanei appetiti e, forse, consolidate clientele.
Anche per questo motivo, la manovra al nostro esame è un'arma spuntata contro la congiuntura economica. Benché sia lievitata di contenuti fino a superare i 200 commi, presenta vistose lacune di intervento proprio in quei settori decisivi per uscire dalla crisi, ovvero conoscenza e innovazione che si declinano in investimenti per istruzione, università e ricerca. Negli altri Paesi avviene l'esatto contrario. L'ultimo in ordine di tempo vicino a noi è la Francia a guida centrodestra, che investirà ben 35 miliardi nell'economia della conoscenza, di cui 16 per università e ricerca. Nulla di simile in Italia se non in senso negativo, cioè in consistenti risorse sottratte ad investimenti destinati al sapere.
Qualche esempio: la manovra riduce di ben 700 milioni l'istruzione scolastica. Di questi, per esempio, più di 200 sono tagliati alla scuola media che all'interno del sistema scolastico è il segmento che sconta maggiori difficoltà nell'affrontare la missione educativa e di istruzione, mentre altri 220 sono decurtate dalle risorse che lo Stato trasferisce alle scuole per il loro ordinario funzionamento per far fronte a delle spese obbligatorie, come per esempio le supplenze, e per dare qualità all'apprendimento. Si tratta di tagli pesanti, dopo mesi passati, anche in quest'Aula, a denunziare la gravissima situazione debitoria nella quale versano le scuole per la sola responsabilità del Governo che non trasferisce le adeguate risorse.
Il trend negativo è ancora più chiaro e lampante per l'istruzione universitaria che registra complessivamente una riduzione di ben 652 milioni, cioè l'8 per cento. Infine, i programmi di ricerca scientifica e tecnologica scontano l'azzeramento delle risorse (300 milioni) destinate al FIRST (Fondo per gli investimenti nella ricerca Pag. 87scientifica e tecnologica, istituito dal Governo Prodi con la legge finanziaria per il 2007).
L'attuale Esecutivo - ne va dato atto - ha messo in campo 400 milioni per il credito di imposta per la ricerca, ma è sbagliato ritenere che le due misure siano in competizione. Al contrario, la loro coesistenza amplierebbe gli effetti positivi sulla ricerca di base sull'innovazione e sul trasferimento tecnologico. I tagli, che ho citato solo a titolo di esempio, contrastano anche con le istanze che il Ministro Gelmini aveva messo nero su bianco nel DPEF di luglio, dove aveva chiesto 689 milioni per il fabbisogno dell'istruzione e 815 per l'università.
Che fine hanno fatto queste richieste che, tra l'altro, erano state avanzate per sostenere interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di Governo? Mi si risponderà che c'è il provvidenziale scudo fiscale, ma da quel bancomat la Gelmini porta a casa soltanto tre gruzzoli utili a neutralizzare - è bene che lo ripetiamo - altrettanti tagli già previsti dal disegno di legge finanziaria: 130 milioni per le scuole paritarie (è stato già ricordato), 103 milioni per la fornitura gratuita dei libri di testo (che solo grazie alla nostra fermissima opposizione sono stati ripristinati) e 400 milioni destinati al fondo di finanziamento ordinario dell'università.

PRESIDENTE. Onorevole Ghizzoni, la prego di concludere.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, ancora un istante. 400 milioni, tuttavia, non compensano il taglio di ben 679 milioni del Fondo. A settembre il Ministro annunciò che i proventi dello scudo fiscale servivano per tre priorità e, tra queste, l'università.
Mi avvio a concludere. Che il Ministro Gelmini non metta la scuola tra le priorità è una cosa che ovviamente non ci stupisce, ma alla quale continueremo ad opporci non solo per difendere il diritto universale all'istruzione, ma per renderlo più esigibile.
Sorprende invece che il Ministro non sia riuscita a portare a casa una dote per la sua riforma universitaria. Si tratta peraltro di un impegno tradito: la Gelmini a marzo disse «risorse in cambio di riforme». Il sistema universitario, è vero, va profondamente innovato, concordiamo, e pertanto non ci sottrarremo al confronto e non faremo mancare le nostre proposte; ma non si può pensare di realizzare una riforma strutturale senza avere risorse aggiuntive, altrimenti al presunto rientro dei capitali per lo scudo fiscale corrisponderà l'amaro espatrio dei nostri giovani di talento, in fuga da un Paese che non li valorizza e non investe nel loro e nel nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nastri. Ne ha facoltà.

GAETANO NASTRI. Signor Presidente, con la discussione in Aula il disegno di legge finanziaria per il 2010, dopo il primo esame al Senato, giunge ad un passaggio cruciale del proprio iter parlamentare. Come peraltro avvenuto anche in passato, rispetto alla proposta avanzata dal Governo, il testo si è arricchito del contributo delle forze parlamentari nella discussione svoltasi in sede di esame delle Commissioni referenti e di merito. Lo stesso Governo, nel progressivo adeguamento delle norme alle previsioni economiche e finanziarie che mai forse sono mutate con tanta rapidità, considerata l'eccezionalità del momento che sta vivendo l'intero sistema mondiale, ha introdotto nuove proposte anche sulla base dell'andamento del gettito fiscale e di importanti provvedimenti in corso d'attuazione, come il cosiddetto scudo fiscale.
Occorre osservare che il varo della finanziaria per il 2010 avviene in un contesto internazionale che appare decisamente meno difficile di quello che aveva contraddistinto lo scorso mese di luglio l'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria e la manovra attuata con il decreto-legge n. 78, convertito con legge n. 102 del 2009. Appare infatti del tutto acclarato il fatto, confermato da molteplici elementi e segnalato Pag. 88da istituti di ricerca e da ultimo anche da Confindustria, che la ripresa in atto appare più consistente di quanto si potesse a prima vista prevedere. Le stesse analisi sull'andamento del prodotto interno lordo, confortate da studi comparati dell'OCSE, hanno portato a limare in senso migliorativo le previsioni di calo per l'anno in corso e a innalzare le previsioni di crescita per il prossimo anno. In tale scenario l'Italia si è dimostrata come uno dei Paesi avanzati in cui la crescita ha preso piede con maggior forza e con la concreta possibilità di ripercuotersi già nel 2010 sui livelli occupazionali che, peraltro, nel nostro Paese sono stati meno colpiti che in altri, anche per i massicci interventi dei meccanismi collaudati degli ammortizzatori sociali.
È stato adottato un provvedimento snello ma esaustivo che anticipa la scelta fatta in ordine alle nuove norme sulla contabilità e finanza dello Stato in corso di approvazione. Si vieta inoltre l'inserimento di norme ordinamentali, ma anche l'esclusione della possibilità di introdurre norme finalizzate direttamente al sostegno e al rilancio dell'economia. In tal modo si struttura in modo permanente quanto già previsto in via sperimentale dal decreto-legge n. 12, riguardo alla legge finanziaria 2009, laddove si faceva riferimento all'esclusione di disposizioni volte al sostegno e al rilancio dell'economia nonché di carattere ordinamentale e microsettoriale o localistico.
Resta aperta però una questione, vale a dire la domanda a cui dovranno rispondere non solo i politici: quali sono le scelte da fare nel momento in cui gli elementi essenziali per una previsione fondata saranno reperibili e quali le riforme necessarie per la ripresa economica e produttiva. Scelte che investiranno non solo il settore fiscale ma anche l'ambito dell'istruzione e dell'amministrazione statale.
Credo che siano tre le direttrici da seguire dove il Governo ha già fatto molto in meno di ventiquattro mesi. La prima riguarda l'organizzazione in senso lato del sistema-Paese che necessita di una forte azione di snellimento e svecchiamento; il federalismo fiscale a tal riguardo rappresenta un inizio. La seconda direttrice da seguire è quella della valorizzazione del capitale umano che necessita una vigorosa riforma universitaria e di una reale attività formativa riferita all'intero arco della vita lavorativa. Per il terzo aspetto ci si deve orientare sul tema cruciale delle infrastrutture strategiche per i collegamenti internazionali del Paese.
La mia attenzione corre immediatamente, in questi giorni in cui il completamento della Alta velocità consente di collegare Torino e Roma in poco più di quattro ore di viaggio su rotaia, alla necessità di concludere il corridoio est-ovest in modo da innervare l'Alta velocità italiana nella più vasta rete europea. Così come appare fondamentale la realizzazione del collegamento nord-sud Genova-Rotterdam per il quale il Governo, superando i ritardi del precedente Governo di centrosinistra con l'infelice vicenda del general contractor, ha dato un segnale decisivo con il primo stanziamento di 500 milioni di euro per la realizzazione del sesto valico. Il ruolo di Novara e del suo territorio risulta centrale, strategico, come nodo logistico e trasportistico.
Confido che vi sia la possibilità di valorizzare tale posizione con la realizzazione della stazione della linea per l'Alta velocità e con il potenziamento del centro intermodale destinato a diventare la struttura su cui incentrare lo sviluppo dell'intero territorio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GAETANO NASTRI. Ebbene, la legge finanziaria per il 2010 si è anticipato, nello spirito, la nuova legge sulla contabilità e sulla finanza pubblica, concentrando l'esame del Parlamento sugli elementi essenziali, introducendo tutte quelle proposte ritenute davvero necessarie per l'adeguamento della prima proposta all'evolversi degli eventi, senza disperdere le risorse in una miriade di interventi. La legge finanziaria per il 2010 - concludo Presidente - ribadita la validità del metodo, rappresenta l'unica strada percorribile in Pag. 89un momento di transizione come questo per riportare il Paese fuori dalla crisi economica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Meta. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, purtroppo quella che abbiamo di fronte è una manovra finanziaria, come veniva ricordato dai tanti interventi, davvero mortificante. È mortificante per le condizioni economiche e strutturali del nostro Paese, affaticato da debolezze e ritardi che rischiano di aggravarsi nei prossimi mesi.
La critica che noi, come tutte le opposizioni, stiamo facendo insieme alle parti sociali deriva da una ragione di metodo e da una ragione principalmente di merito. Voi avete creato un profondo vulnus con l'iter della manovra per il 2010, un percorso avviato al Senato con altre condizioni e con diverse prospettive, concluso, invece, in Commissione bilancio qui alla Camera, con uno strappo da parte del relatore e dei colleghi della maggioranza che hanno stravolto l'intero testo votando a maggioranza, come è noto, un maxiemendamento scritto sotto dettatura del Governo e oggi ci si intestardisce ancora una volta sulla sua immodificabilità, chiudendo per questa via tutte le porte ad ogni confronto di merito.
Un primo elemento di riflessione, quindi, riguarda la mancanza totale di autonomia del Parlamento rispetto alle decisioni del Ministro Tremonti e dell'Esecutivo: un fatto, questo, che svilisce e penalizza il ruolo e le prerogative delle Aule parlamentari chiamate a ratificare, purtroppo, decisioni prese altrove. Mi chiedo a questo punto, e chiedo agli esponenti della maggioranza, se il mandato ricevuto dagli elettori consista solamente nel non ostacolare la voce del capo, perché di questo si tratta, ancora volta.
Se poi, invece, guardiamo al merito delle proposte e dei contenuti possiamo individuare un comune denominatore negli interventi finanziati senza alcuna logica. Si tratta, per lo più, di cambiali pagate a lobby più o meno potenti, piuttosto che mance elargite ai rispettivi capi delle correnti locali del Popolo della Libertà o della Lega. Sotto traccia, però, vibra anche un sentimento di paura che vi ha ispirato per l'intera manovra ed è proprio questo, a mio avviso, il vero male oscuro che affligge il Governo e che spinge il Presidente Berlusconi e i suoi Ministri su posizioni conservatrici, posizioni dannose per un sistema Paese che dovrebbe uscire dalla crisi economica rinnovato e profondamente competitivo.
La direzione tracciata sin qui, però, porta da tutt'altra parte, innanzitutto, per la grave assenza di investimenti sull'economia verde, sui trasporti sostenibili, sulle energie rinnovabili (basti pensare all'insistenza sui progetti per le nuove centrali nucleari), sulla cultura ed anche sulla ricerca: Copenaghen per voi è più lontana di Kyoto. Inoltre, avete congelato i fondi per lo sviluppo della banda larga, tarpando le ali ad un nuovo modello di sviluppo che deve passare obbligatoriamente per le reti di nuova generazione.
Un disastro, insomma, ed un'evidente diffidenza in ciò che può innovare davvero. Mi riferisco anche ai tagli ai contributi per l'editoria: con un colpo di mano spegnete la voce di importanti testate nazionali, aggravando le difficoltà dell'editoria; invece di affrontare seriamente il problema lo rimuovete e fate precipitare sempre di più il pluralismo e le migliaia di giornalisti coinvolti in questa tagliola in un baratro senza ritorno.
Così come è inspiegabile, secondo me, la decisione di finanziare l'inutile Ponte sullo Stretto di Messina con 470 milioni di risorse pubbliche. Questa opera non doveva essere finanziata esclusivamente con i fondi privati?
470 milioni di euro di fondi pubblici ammontano ad una somma di risorse superiore all'intero finanziamento di tutte le università. Il nostro Paese, cari colleghi, ha bisogno di riforme profonde e vere: niente di impraticabile, in quanto bastava guardare al merito dei nostri contributi sulla manovra rivolti alle famiglie, alle Pag. 90piccole e medie imprese, agli studenti, ai giovani precari, a tutti i cittadini e non a piccole e autoreferenziali lobby. Un esempio per tutti sono i 400 milioni di euro che avete dato all'autotrasporto e che rappresentano una cifra di tutto rispetto per una finanziaria soft. Si tratta di un bel gruzzoletto erogato senza alcuna riforma dell'intero settore di cui il Paese, invece, ha bisogno. Non è possibile ancora oggi pensare che l'80 per cento delle merci viaggi su gomma con costi rilevanti per l'ambiente e la sicurezza stradale. Assecondare queste tendenze significa avere paura dei cambiamenti del futuro che inevitabilmente passa attraverso un riequilibrio modale dei trasporti su ferro perché più sicuro e meno inquinante come appunto ci dice Copenaghen. In conclusione, le misure che voi proponente aggravano ritardi strutturali che non potete scaricare ancora sugli italiani e qui veniamo all'aspetto più inquietante del blitz fatto lunedì scorso con la presentazione del maxiemendamento. State sottraendo risorse ai lavoratori attraverso il dirottamento dei loro TFR alle aziende e alle casse dello Stato, senza alcun beneficio per la ripresa economica e per i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento non fa alcuna scelta strategica di medio e lungo periodo su come riorientare il sistema economico italiano durante e dopo la crisi. È un provvedimento che ignora il presente e non si ricorda del futuro, non prevedendo nulla su economia verde, banda larga e ricerca pubblica ed è infarcito di misure una tantum che non avranno alcun impatto reale. Mi soffermo su due punti: le priorità con le quali il Governo aveva annunciato di affrontare la crisi economica e le riduzioni degli stanziamenti previsti per le politiche europee dell'Italia. Il Governo afferma di aver organizzato la politica economica su tre linee fondamentali: finanza pubblica, tenuta delle strutture sociali e credito alle imprese. Vorrei molto brevemente commentare ciascuna di queste linee. La finanza pubblica è un capolavoro e, al di là di quanto continua a dire Tremonti e oggi ho sentito anche il relatore Corsaro (evidentemente Tremonti fa dei proseliti), non avete previsto nulla per e contro la crisi. Anche in assenza di veri interventi di tipo economico e sociale per contrastare la crisi, il debito sta tornando verso i livelli dei primi anni Novanta: i conti peggiorano, la vita degli italiani pure.
La seconda vostra linea di intervento dicevate che era la tenuta della struttura sociale. Anche qui un altro «capolavoro», lo dico tra virgolette: disoccupazione in aumento verso il 9 per cento, ma se calcolassimo anche il milione di lavoratori in cassa integrazione la disoccupazione sarebbe già oggi al 10 per cento. Il tutto a carico del contribuente, mentre non volete abbassare veramente le tasse sul lavoro per la maggior parte dei lavoratori e non prevedete nulla per quel mezzo milione di persone che ha già perso il lavoro. La terza linea è il credito alle imprese. Secondo il Ministro Tremonti, gli interventi del Governo italiano sono assolutamente in linea, in valore assoluto, con quelli fatti dagli altri Paesi. Tuttavia, cito: «Ma i dati di crescita parlano chiaro, le imprese pressate dalla crisi chiedono certezze; il credito alle imprese non è stato adeguatamente sostenuto». Non solo non c'è nulla per i crediti alle imprese, ma non c'è nulla neanche per i debiti e parlo di quelli della pubblica amministrazione. Oggi il ritardo dei pagamenti alle imprese, soprattutto alle piccole e medie imprese, da parte della pubblica amministrazione italiana è di 138 giorni contro i 30 richiesti dall'Unione europea: peggio di noi fa solo il Portogallo. Come giustificate alle imprese questo ritardo e da dove prenderete le risorse? Anziché tentare di risolvere i ritardi, su cui dovremo pagare compensazioni pari al 5 per cento della somma dovuta oltre agli interessi per il ritardo, in questi giorni mandate documenti veramente impresentabili - signor sottosegretario Pag. 91peccato che non mi ascolti - a Bruxelles, cercando di annacquare o ritardare le nuove direttive europee a favore delle piccole e medie imprese. È una cosa tra il ridicolo e lo scandaloso che ancora una volta questo Governo sta facendo sull'asse Italia-Bruxelles.
A proposito di Europa, con questa legge finanziaria avete deciso di tagliare il fondo di rotazione per le politiche comunitarie di 1 miliardo e 500 milioni di euro. Signor Presidente, quel fondo ha un ruolo strategico in ordine ad obiettivi come la convergenza, la competitività regionale e la cooperazione territoriale europea, ma con questa riduzione voi state togliendo al nostro Paese, tenendo conto anche dei possibili cofinanziamenti comunitari, un potenziale di circa 6 miliardi di euro di risorse, che non potranno più essere utilizzate in Italia per progetti di investimento. Complimenti, sottosegretario, credo che sia proprio la via buona per risollevare il nostro Paese.
Basta leggere la stampa internazionale anche di oggi per preoccuparsi ancora di più. Non parlo del Guardian - non si preoccupi - semplicemente del Financial Times: il Governo giapponese ieri ha annunciato un piano di stimolo economico pari a 7 miliardi di yen, Angela Merkel si prepara a far adottare nei prossimi giorni un pacchetto di diminuzione delle tasse pari a 8 miliardi di euro, a Copenaghen si cerca un accordo globale contro il clima e voi non avete previsto veramente nulla, ad un anno dall'approvazione del pacchetto politico e legislativo dell'Unione europea, per la lotta contro il clima.
Il Ministro Tremonti, invece, con l'entusiasmo e l'approssimazione del neofita, è diventato più realista del re, più rigorista dei rigoristi, ma non poteva scegliere un momento peggiore per questa sua conversione fuori tempo massimo. Ciò sta provocando gravi danni al Paese e - glielo dica sottosegretario - purtroppo non gli servirà neppure per presiedere l'Eurogruppo, perché anche lì rimarrà Juncker, altra «bella» sconfitta per l'Italia. Complimenti, a livello europeo state mietendo una «vittoria» dietro l'altra, state facendo un perfetto gioco a somma negativa sulla testa e nelle tasche degli italiani.
Ci aspettavamo e volevamo dal Governo maggiore attenzione alla realtà sociale del nostro Paese, un'analisi un po' più attenta della situazione economica reale del Paese. Ci aspettavamo, come milioni di italiani, soluzioni. Molto probabilmente avremo, invece, l'ennesima scappatoia: il voto di fiducia su un provvedimento del tutto insufficiente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, dopo la discussione nelle Commissioni difesa e bilancio, arriva una legge finanziaria niente affatto migliorata. Anzi, il comportamento della maggioranza in Commissione bilancio ha decisamente peggiorato le cose. Emendamenti scritti e riscritti, dichiarati di volta in volta ammissibili o inammissibili, o addirittura tenuti in sospeso fino alla presentazione del famoso maxiemendamento, hanno volutamente impedito alla nostra parte politica di poter partecipare alla discussione.
Questo vale anche per il comparto difesa, un comparto contrassegnato da una serie di difficoltà finanziarie dopo i ripetuti tagli lineari, che riguardano soprattutto il settore «esercizio» della difesa. A più riprese, gli esponenti del Governo, intervenuti per illustrare la manovra, alle nostre osservazioni e alle nostre critiche hanno risposto che effettivamente queste erano fondate, ma che poi con gli interventi successivi tutto si sarebbe aggiustato.
La stessa maggioranza, in Commissione difesa alla Camera, ha espresso un parere favorevole con una serie di condizioni, che chiedevano altrettante modifiche: un rifinanziamento adeguato per l'esercizio di 510 milioni di euro, l'eliminazione del taglio alle risorse per il reclutamento del personale, un finanziamento di 1.100 milioni per l'anno 2010 per la partecipazione italiana alle missioni internazionali.
È arrivata la manovra e di tutto ciò non c'è traccia, anzi vengono confermati i Pag. 92pesanti limiti della legge finanziaria, che conferma i tagli lineari sulle spese per l'esercizio, che non ripiana i tagli al reclutamento, che non mette a disposizione del comparto sicurezza e della difesa le risorse per i rinnovi contrattuali, ma solo quelle per le indennità di vacanza contrattuale. Non si fa carico di interventi di sostegno dell'area industriale della difesa.
Questi sono i fatti e la difesa d'ufficio di tale scelta non ha offerto alla discussione argomenti convincenti. Viene dichiarata l'insostenibilità del modello di difesa, ma non si propone nulla di significativo e le idee sul nuovo modello di difesa rimangono chiuse nel cassetto della commissione di alto profilo, istituita allo scopo, che anzi ha formulato delle proposte che sono state illustrate al Consiglio supremo di difesa, ma che restano del tutto sconosciute al Parlamento.
Sul reclutamento il Governo ha presentato un emendamento che non ripiana il taglio di 304 milioni di euro, ma si limita ad autorizzare il Ministero della difesa a cercare questi soldi, risparmiando ancora una volta sull'esercizio.
Il Governo ha però presentato un maxiemendamento, prevedendo la costituzione di un fondo di investimento immobiliare attraverso il quale i militari saranno costretti a concedere caserme e beni immobili sperando di ricavarne delle risorse.
Per ora sono certe quelle necessarie a garantire 600 milioni di euro per Roma capitale. A questo proposito, il Cocer ha parlato di un nuovo sacco di Roma, causato dalla vendita di beni a favore esclusivo della città di Roma e non per rispondere alle esigenze delle Forze armate.
È stato tagliato il fondo delle missioni internazionali, che è stato rifinanziato con soli 750 milioni di euro. A gennaio dovrà essere emanato un nuovo decreto di rifinanziamento: non costerà meno di 700 milioni di euro solo per i primi sei mesi dell'anno e ci rendiamo conto che esso si esaurirà immediatamente.
Non è solo un problema finanziario, ma diventa un problema politico, di credibilità nelle sedi internazionali in cui si discutono e si pianificano le missioni, che non dispongono di un accantonamento almeno annuale; tutto questo mentre il nostro Governo si è impegnato ad inviare rinforzi, mille uomini, nel teatro afgano.
Si dice che la copertura finanziaria dovrà essere garantita con il ridimensionamento delle misure necessarie alle missioni in Libano e nel Kosovo. Siamo sicuri che sia giusto ridurre i soldati in Libano e nel Kosovo? Si sono valutate bene le conseguenze politiche di questa scelta?
Il Governo ha quindi gettato i nostri militari impegnati nei diversi teatri operativi nell'incertezza della provvisorietà per la sua situazione economica.
Nella legge finanziaria c'è qualcosa che non dovrebbe esserci, cioè la Difesa Servizi Spa; non dovrebbe esserci perché si tratta di un provvedimento di natura ordinamentale, introdotto nella legge finanziaria violando le regole del gioco. Anche noi pensiamo che sia necessario uno strumento utile per consentire il reperimento di maggiori risorse da destinare alla difesa; abbiamo però dubbi che questo obiettivo possa realizzarsi attraverso lo strumento della Difesa Servizi Spa.
Per questo abbiamo presentato un nostro progetto di legge, che è abbinato nella discussione a quello presentato dal Governo in Commissione difesa al Senato. Non ci sembra, però, giusta questa scorciatoia che viene imposta alla discussione, perché pensiamo che l'agenzia debba muoversi come un soggetto pubblico capace di regolarsi sul mercato e messo in condizioni di farlo.
Anche questo è un elemento di critica forte che muoviamo al disegno di legge finanziaria.
In conclusione, signor Presidente, questa manovra finanziaria lascia le Forze armate italiane alle prese con gravi problemi finanziari, che riguardano il reclutamento, l'addestramento, la manutenzione di mezzi e materiali, il ripianamento delle scorte e rinvia il reperimento di nuove risorse a due strumenti discutibili: Difesa Servizi Spa e fondo di investimento immobiliare. Pag. 93
Anche tutti i problemi dei militari, della loro qualità della vita, della vita del personale e delle loro famiglie rimangono naturalmente irrisolti con questa legge finanziaria assolutamente inadeguata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro gruppo ha iniziato ad esaminare e a lavorare su questo disegno di legge finanziaria con un relativo ottimismo, che ci derivava dal fatto che questo provvedimento era stato licenziato dal Senato con spettacoli pirotecnici: al Senato si era aperto un dibattito che ritenevamo interessante e che poteva costituire una svolta nell'interpretazione della crisi.
Ve lo ricordo, lo ricordo ai colleghi: si parlava di mettere mano alla riforma dell'IRAP, alla cedolare secca per gli affitti.
Il Presidente Berlusconi mandò una lettera alla CNA, la più grande associazione dell'artigianato, impegnandosi per iscritto e pubblicamente a modificare l'IRAP e noi abbiamo seguito con interesse questo dibattito.
Certamente si introduceva il tema del fisco in tempo di crisi: non può essere certamente una tassa che incide negativamente su imprese che hanno occupati o su imprese che sono più esposte al debito. Ci sembrava giusto affrontarne il tema, proprio perché chiediamo alle imprese di assumere o di non licenziare e alle banche di dare maggiore liquidità; così per la cedolare secca.
Il dibattito si è poi concluso con un'intervista del Viceministro Vegas (che stasera mi dispiace di non vedere) che diceva: sono cose interessanti, però la priorità è l'IRPEF, sono i redditi delle famiglie. E anche questa dichiarazione l'abbiamo salutata con favore e con piacere; sono mesi che diciamo che in questo Paese c'è un crollo costante dei consumi: sono 18 mesi consecutivi (ciò non si è mai visto dal dopoguerra) che il potere d'acquisto delle nostre famiglie è al ventisettesimo posto.
Bisognava sicuramente intervenire sui redditi per far riprendere la domanda interna, di fronte ad un forte calo delle esportazioni. E poi abbiamo visto arrivare il provvedimento. Sapevamo che non c'era niente, però in Commissione, dicevamo, arriveranno elementi nuovi.
Arrivavano elementi, ma di IRAP non si parlava, di cedolare secca non si parlava, di IRPEF non si parlava. E oggi troviamo un provvedimento di 8 miliardi e 800 milioni che parla d'altro, non parla delle priorità del Paese: esso ci propone una serie di misure improrogabili, inderogabili, indifferibili a legislazione vigente. Ma era ovvio che nel provvedimento all'esame vi fossero i fondi per le non autosufficienze, i fondi per la ricerca, le coperture ICI rapinate ai comuni, questo è scontato! E vi sono norme anche molto discutibili.
Vorrei cercare di capire con i colleghi perché tutto ciò è avvenuto. Tutto questo è l'effetto, signor Presidente, dei tagli lineari che vi sono stati. Lo dicevamo al Ministro Tremonti: non puoi tagliare in maniera lineare il 17 per cento su tutti, sperando che ogni Ministro poi si faccia la propria manovra finanziaria, perché così facendo tagli la spesa buona e la spesa cattiva; poi sulla spesa buona sarai costretto a tornare, mentre la spesa cattiva continuerà ad andare per conto proprio, a vantaggio dei soliti furbi in questo Paese.
E difatti torniamo sulla spesa buona: torniamo sui fondi che avete tolto alla ricerca, all'università e via dicendo con norme, che proponete anche nel provvedimento in discussione (mi riferisco a quella sul lavoro), che nascondono invece quel che avete già fatto!
Nella scorsa legge finanziaria voi ci avete proposto un provvedimento per il bonus famiglie che valeva 2 miliardi e 400 milioni: di fatto avete speso un miliardo! Ci avete proposto un provvedimento sulla social card, avete impegnato un terzo della spesa prevista! Oggi ci proponete nel pacchetto lavoro 800 milioni per la detassazione Pag. 94degli straordinari di produttività che non impiegherete! Questi sono i fuochi artificiali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Gli altri fondi, l'edilizia carceraria, i 300 milioni alle scuole, il miliardo per l'ambiente, i 200 milioni per la ricerca: sono tutti presi dai Fondi per le infrastrutture, dai FAS, e quindi non c'è niente di nuovo. E qui sta l'inghippo!
Allora vorrei paragonare (il Presidente Bindi mi conceda ancora dieci secondi) il nostro Ministro dell'economia e delle finanze al protagonista de L'uomo delle stelle. È un film del 1995 di Giuseppe Tornatore che inviterei anche lei a rivedere: il protagonista va in giro per la Sicilia del dopoguerra e fa provini falsi a pagamento, alimenta speranze, promette, spaccia illusioni, promette fama. Come va a finire? Che poi i cittadini se ne accorgono e lo inseguono, che tutto questo era falso, che erano giochi pirotecnici che non si traducono in realtà: gli italiani ancora una volta se ne accorgeranno dopo questa legge finanziaria inefficace, insufficiente, che non coniuga, come si dovrebbe invece, rigore e sviluppo, perché il rigore non c'è e la manovra non va verso lo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, riprendo il ragionamento lasciato adesso dall'onorevole Vannucci circa l'inseguimento del Ministro Tremonti, per quanto riguarda l'illusione della legge finanziaria. Vorrei solo svolgere un ragionamento, per i pochi minuti che ho a disposizione, riferito al lavoro.
Ci saremmo aspettati tutti che in una situazione così critica dal disegno di legge finanziaria in esame il lavoro avesse ottenuto qualcosa di più.
Invece si verifica l'esatto contrario: posso dire che il lavoro è quello che risulta più colpito. Da questo punto di vista non può sfuggire che i rinnovi contrattuali delle pubbliche amministrazioni non si potranno fare perché non ci sono risorse sufficienti a disposizione. Per giustificare uno stanziamento assolutamente inadeguato per tali rinnovi contrattuali dei pubblici dipendenti, infatti, il disegno di legge finanziaria rimanda ad un momento successivo lo stanziamento delle ulteriori risorse occorrenti nel triennio 2010-2012.
Per quanto riguarda il cosiddetto «pacchetto lavoro», come è già stato ricordato, è inutile decantare una misura aggiuntiva di un miliardo e 125 milioni di euro quando in realtà ben 860 milioni di euro sono assorbiti per la detassazione dei salari di produttività della contrattazione decentrata.
Per quanto riguarda la cassa integrazione noi abbiamo insistito invano per sostenere una richiesta che è stata sostenuta dalle imprese e dal sindacato dei lavoratori ovvero quella di portare la cassa integrazione ordinaria fino alle 104 settimane, per dare serenità ai lavoratori, che mantengono il rapporto di lavoro con questo strumento, e alle imprese che possono agevolmente affrontare il tema della crisi. Ma anche di questo non è stato possibile discutere.
Così come colpisce - citando ancora una volta il Ministro Tremonti che ha parlato di posto fisso soltanto un mese fa - come nell'ambito del disegno di legge finanziaria sui lavoratori precari non ci siano risposte sufficienti. Ricordo ancora una volta che il tetto massimo di 4 mila euro che avranno una tantum questi lavoratori su base annua, diviso per dodici mensilità, significa un'indennità di disoccupazione pari a 333 euro mensili.
Che cosa dire poi del fatto che con questa finanziaria si introduce il contratto di somministrazione a tempo indeterminato, il cosiddetto staff leasing, che era stato abolito dal Governo Prodi oppure che si amplia l'utilizzo del cosiddetto «lavoro accessorio», sia nel campo privato che nel pubblico nell'ambito di qualsiasi settore produttivo e addirittura da parte di lavoratori con contratti part-time? Pag. 95
Per fortuna, grazie ai vincoli del vaglio di ammissibilità, è stato possibile scongiurare l'introduzione di disposizioni che erano volte a riconoscere la possibilità di assolvere l'obbligo di istruzione anche nei percorsi di apprendistato, misura che avrebbe inferto un colpo significativo al processo di innalzamento dell'obbligo di istruzione voluto dal precedente Governo Prodi.
Come si vede, si tratta di una serie di misure che colpiscono il lavoro.
Cosa dire, inoltre, del fatto che questo disegno di legge finanziaria stanzia degli incentivi non a favore delle aziende, che potrebbero avere qualcosa di più, ma a favore delle agenzie per il lavoro per ogni lavoratore intermediato che venga assunto?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, per concludere credo occorra ancora ricordare una novità negativa: d'ora in poi anche il processo del lavoro costerà ai lavoratori. Prima era gratuito ed in un momento di crisi così grave nella quale i lavoratori sono purtroppo costretti a ricorrere anche alla propria tutela attraverso procedimenti che coinvolgono la magistratura, ciò rappresenterà un ulteriore costo.
Concludo rilevando che quello che mi preoccupa è che oltre alla finanziaria che il Governo ha chiaramente blindato arriverà fra poco dal Senato il collegato lavoro che avrà come caratteristica quella di colpire ulteriormente i punti fondamentali della disciplina del lavoro.
In sostanza, mi pare che quest'opera di smantellamento direi chirurgica delle regole del lavoro operata dal Governo da quando si è insediato rappresenti una vera e propria controriforma contro la quale noi ci ostiniamo a voler combattere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, discuterò senz'altro da vicino e da dentro il tema della finanziaria nei cinque minuti, ma mi pongo una domanda (e la pongo a tutti noi): quale sarà l'azione successiva del Governo nazionale sul tema finanziario e sugli obblighi successivi?
Mi immagino già, prima di Natale, un provvedimento del Governo che reperirà dei fondi per le tasse non pagate (e per prorogare questo meccanismo) per le zone del terremoto de L'Aquila; dunque per Natale sentirò il TG1 che mi dirà: il Governo un'altra volta è intervenuto.
Mi aspetto di nuovo il «milleproroghe», nel quale vedrò e sentirò parlare dell'editoria e forse, prima delle elezioni, speriamo vi sia un provvedimento ed un intervento a favore del reddito delle famiglie, visto che abbiamo le elezioni nel 2010!
Con questa premessa vorrei però raccontare a lei, signor Presidente, al nostro Parlamento ed al Governo come abbiamo vissuto questa settimana in Commissione bilancio. L'abbiamo vissuta attraverso proposte che hanno portato a 9 miliardi la manovra in un fondo (né programmi, né missioni. che programmi e missioni!), quello costituito con le risorse dello scudo, presso la Presidenza del Consiglio (vi saranno poi decreti successivi su questa manovra da parte del Ministero dell'economia e delle finanze).
Lo voglio ricordare perché siamo felici di alcuni fatti: che finalmente le regioni si siano svegliate ed abbiano fatto un buon accordo per quanto riguarda il settore sanitario (che riguarda tutti i cittadini italiani), che abbiano impinguato il fondo, abbiano posto come obbligo che questo Governo - e controlleremo - nel 2010 versi il 97 per cento di sua spettanza al Fondo sanitario nazionale. Seguiremo con molta attenzione questo aspetto, che è costato 1.400 milioni (ma questo accordo è giusto).
Vi è poi l'accordo sull'ICI per restituire finalmente l'ICI (quella manovra sbagliatissima dell'inizio del Governo Berlusconi, perché tutti gli interventi che avevamo Pag. 96pensato con il nostro Governo bastavano ed erano già soddisfacenti sul piano dell'ICI per la prima casa) per un costo di 1.800 milioni. Ma mancano i soldi e dove si vanno a prendere? Si prendono dal fondo TFR dell'INPS e dei lavoratori, perché con lo scudo non ce la fanno! Però è chiaro che in questo intervento del Parlamento non potevano dimenticare alcuni interventi, come quello sui fondi. Quanto al tema dei precari, perché sui precari si parla solo della scuola, di quelli di Napoli e di Palermo, mentre non esistono i precari dell'università, che sono diversi, e non viene data una risposta alla legge finanziaria che stabilì il fondo per i precari dello Stato da parte del Governo Prodi?
No, questo non esiste; nell'elenco dell'allegato 1 di questo ci si dimentica! C'è un emendamento a firma del mio collega Ceccuzzi, che chiede espressamente che in quell'elenco indistinto (se mi dà due minuti, le faccio l'elenco indistinto) siano inserite anche le parole «della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, articolo 1, comma 417» (che riguarda i precari dello Stato). No, ci deve essere Napoli, Palermo di nuovo (giusta ed attenta questa cosa), ma non ci devono essere i precari dello Stato, ma solo quelli della scuola: quando si fanno le cose in fretta ci si ricorda forse dei nemici e degli amici!

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, deve concludere.

ROLANDO NANNICINI. Ma la cosa più bella è l'elenco. Se andiamo a vedere l'elenco relativo ai 181 milioni di interventi - concludo, signor Presidente, ma vorrei abusare un attimo anche della sua pazienza - vi è un ottimo contributo. La legge n. 260 del 13 novembre 2002 reca un aumento del contributo dello Stato in favore della biblioteca italiana per ciechi «Regina Margherita» di Monza: è una cosa lodevole ed interessante, ma è un bell'elenco!
Poi c'è scritta un'altra cosa più bella: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2002, supplemento ordinario n. 240. Andando a leggere all'articolo 94, recante disposizioni varie, è autorizzata una spesa di 20 milioni (allora) di euro per l'anno 2003 a favore del policlinico San Matteo di Pavia per la realizzazione del dipartimento di emergenza e accettazione.
Io vivo in Italia e vedo nel nostro Paese tante strutture per emergenze e accettazioni da rafforzare, anche se saluto volentieri quella di Pavia.
Mi faccia dire un'ultima cosa nel rispetto dei 21 comuni del Belice. Si tratta di 21 comuni organizzati, di 21 sindaci attivi, ai quali va il mio rispetto di parlamentare. Quindi, non critico che nell'elenco vi siano previste di nuovo misure anche per un terremoto del 1968. Però, è scandaloso che dopo 41 anni si adottino delle leggi mance. Il Belice merita rispetto, merita un accordo e merita finalmente delle ricostruzioni adeguate. E poi prevediamo delle misure per l'Abruzzo e per altre questioni. Non è una polemica - vedo il relatore che assente alle mie parole - rispetto i sindaci del Belice. Però sappiano i sindaci del Belice che devono aspettare un decreto che contenga un elenco che prevede 181 milioni di euro di interventi, che se noi non saremo attivi forse prenderanno zero lire, perché è un elenco in cui non vi è una cifra precisa, ma indistinta, costituita da vari interventi.
In questo elenco non trovo misure per i sordomuti, forse perché pensano che siano di sinistra, pensano che noi di sinistra siamo sordi e muti. Invece, la ringrazio di avermi dato un minuto in più, perché ho potuto parlare: non sono stato né sordo, né muto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signora Presidente, devo dire che anche con questa finanziaria, ancora una volta, si dimostra che non vi è proprio fine al peggio.
Penso che il problema non sia solo procedurale, ma sia che non vi è una Pag. 97soluzione ai problemi del Paese. Non credo che si possa governare l'Italia cercando disperatamente di fare cassa, di aprire varchi per il consenso. Sono convinta - e dovrebbero esserlo tutte le persone che hanno a cuore la democrazia - che prima viene l'interesse generale e poi quello di una parte. Invece, lo scippo del TFR, avvenuto non certamente per investimenti - sia chiaro - ma per il fondo grandi eventi di Palazzo Chigi, risulta essere l'emblema di questa mancata scelta. Si tratta di risorse che ora sono intermediate dal Ministro dell'economia e delle finanze, siamo cioè alle prebende del re, neanche al mecenatismo.
Voglio fare l'esempio dell'editoria che è quello più eclatante di questi giorni: vi è stata l'abolizione del diritto soggettivo, una mediazione nella maggioranza e l'impegno per ripristinare il diritto soggettivo e i finanziamenti in un prossimo approfondimento. Perché in un prossimo provvedimento e non nella finanziaria? È serio che il relatore della finanziaria dichiari oggi, in una agenzia, che il mondo non finisce con la finanziaria? Che cinismo!
Dietro l'abolizione dei contributi c'è carne e sangue dei professionisti, c'è lo strame della libera informazione, vi sono le tardive invocazioni di pulizia e trasparenza del settore. Voglio segnalare ai colleghi, evidentemente un po' distratti, a partire dall'onorevole Cicchitto, che, un anno fa esatto, il nuovo regolamento per l'editoria stava all'esame della Commissione cultura. Abbiamo chiesto di approvarlo rapidamente. Per un anno non se ne è saputo nulla e anche ora, per la verità, si sa poco del suo destino. Vorrei sapere dal sottosegretario Bonaiuti che cosa ci può raccontare in materia, perché tutti noi insieme abbiamo chiesto con forza, e da tempo, la riforma dell'editoria e un nuovo regolamento. Invece, con questa finanziaria abbiamo degli spezzoni punitivi se non sono contestualizzati in una riforma; e penso alla triste vicenda delle edicole.
Permettetemi di tornare su un punto: i fondi saranno concessi dal Ministro dell'economia delle finanze, e non da regole certe e trasparenti. Questa è la fine del ruolo del Parlamento e del sistema delle regole, che diventano inutili di fronte alla discrezionalità, quella stessa discrezionalità che non ha consentito alcun innalzamento di spesa per la cultura (strana parola per quest'Aula: cultura) che rappresenta lo 0,3 del prodotto interno lordo. È una vergogna per il Paese che possiede più del 50 per cento del patrimonio artistico mondiale. La cultura, inoltre, è considerata solo una spesa...

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, non distragga il Viceministro.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. ...considerata solo una spesa e non certo un investimento.
È stato bocciato fra gli altri - ovviamente come tutti quanti gli altri - l'emendamento per il ripristino del Fondo unico per lo spettacolo ai livelli del 2007. Parliamo di 550 milioni, davvero tanto poco. Vorrei vedere nel dettaglio tutte le voci che sono state aumentate in questa piccola e poi gigantesca finanziaria e se effettivamente sono voci che non avrebbero potuto e dovuto lasciare spazio alla cultura e al finanziamento dello spettacolo. Chiedevamo 550 milioni (un innalzamento bassissimo), pochissimi ma necessari per uscire dalla linea di sopravvivenza, perché di questo si parla. Le fondazioni lirico-sinfoniche drenano la maggior parte del Fondo unico per lo spettacolo e vivono la crisi più nera della loro storia. Il Ministro Bondi ha promesso la riforma da un anno e non è mai arrivata, ha promesso agevolazioni fiscali e non sono mai arrivate (per forza, sono mancate entrate e vorrei anche vedere che arrivassero!) e lo spettacolo è un dramma nel dramma. I teatri chiudono, i soggetti del comparto lirico e concertistico sono con l'acqua alla gola. Chiudono le orchestre, finisce la musica nel nostro Paese.
Ebbene, credo che con tutte le trasmissioni televisive e le sollecitazioni che ci vengono dovrebbe essere obbligatorio porsi un problema morale, e cioè perché lo spettacolo e la cultura in questo Paese sono considerati il divertimento del re e Pag. 98non una attività produttiva e socialmente importante per la vita dei cittadini. I beni culturali sono ridotti all'osso. Si dice di voler tutelare il paesaggio e si tagliano i finanziamenti. Si danno piccole prebende, un po' per uno, così, tanto per non morire. Non c'è un progetto né una prospettiva. Il pubblico paga e il privato ne trae vantaggio, come nella privatizzazione del MAXXI, il più importante museo di arte contemporanea del Paese.
E poi vi è l'impossibilità di legiferare per il Parlamento, perché la copertura finanziaria sarà gestita anche in questo caso dal Ministro dell'economia e delle finanze. Siamo cioè all'ultimo atto e vorrei ricordare che il Parlamento non è il passacarte del Governo, che l'autonomia del Parlamento è la garanzia democratica, che un Paese che sopporta di essere suddito di una sola persona è un Paese senza libertà, ma un Parlamento in cui i deputati accettano silenziosamente, in nome di logiche di scambio per piccoli interessi di consenso, di diventare sudditi di un Ministro viene meno alla sua missione.
Allora, Ministro Bondi, Ministro Tremonti, il mondo della cultura non vi seguirà, vi verranno appresso coloro che hanno paura, ma quando si pensa in modo libero e autonomo, quando si ama la cultura, la paura scompare e si apre la strada al coraggio di dire di no (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scarpetti. Ne ha facoltà.

LIDO SCARPETTI. Signor Presidente, vorrei fare due brevi considerazioni, una di carattere generale e una più specifica. Quella di carattere generale: il fatto che nel passaggio dal Senato alla Camera la manovra passi da una manovra cosiddetta leggera ad una manovra complessiva di circa 9 miliardi di euro non cambia sostanzialmente la valutazione e il giudizio, come è stato già ampiamente detto nella relazione di minoranza. Noi siamo comunque di fronte ad una manovra che registra ancora una volta, fra tutte le manovre economiche a partire dal decreto - legge n. 112 dell'anno scorso, uno scarto fra i bisogni del Paese reale e le politiche economiche e finanziarie del Governo.
Essa è inadeguata, ampiamente insufficiente e soprattutto incapace di affrontare la crisi del Paese, non solo per le coperture, come è stato detto. Noi siamo di fronte alla copertura di questa manovra sostanzialmente fatta attraverso una tantum, quindi non con manovre strutturali, come sarebbe giusto e come sarebbe necessario (e come ad esempio sarebbe quello di un intervento strutturale selezionato sulla spesa), ma appunto attraverso due coperture una tantum: una che deriva dallo scudo fiscale e una che deriva dalle liquidazioni (dal trattamento di fine rapporto di lavoro).
Era un po' di tempo che, per così dire, ci mancava la finanza creativa: infatti questa disposizione sul trattamento di fine rapporto di lavoro è evidentemente uno spostamento in avanti del debito. Non sono più cartolarizzazioni, come si è fatto nel passato, ma di fatto si sposta il debito in avanti; si vanno a prelevare risorse che sono delle liquidazioni dei lavoratori dipendenti e che poi saranno risorse naturalmente da reintegrare nel futuro. Dunque una manovra di tamponamento, una manovra fatta prevalentemente sul fronte delle entrate con entrate una tantum. Ma soprattutto non è prevista alcuna risposta e alcuna misura né per quanto riguarda il sostegno alle imprese, né per quanto riguarda il sostegno alle famiglie; né una riforma seria di ammortizzatori sociali di cui molti ormai necessitano profondamente, dal momento che il nostro sistema di ammortizzatori sociali ormai esclude una buona parte della popolazione soprattutto di lavoratori di microimprese o comunque di lavoratori occasionali e con contratti di lavoro a tempo determinato.
Avevamo sperato nella discussione che era partita dal Senato, soprattutto con una specie di «controfinanziaria» promossa dall'interno stesso della maggioranza. Ricordo che c'era una proposta complessiva che interveniva su una serie di fattori che valeva circa 30 miliardi di euro e peraltro Pag. 99ricordo un altro tema importante, che ha a che fare con il sostegno alle imprese e con la questione fiscale, ossia quando si era parlato di abolire almeno in parte l'IRAP. Dico per inciso e credo che ormai tutti ne dobbiamo prendere atto che le risorse vere messe a disposizione a sostegno dell'impresa sono sostanzialmente le risorse messe a disposizione dalla legge finanziaria per il 2007, la finanziaria del Governo Prodi, allorquando si intervenne sul cuneo fiscale. Da allora in poi vi sono state molte promesse ma nei fatti niente.
L'altra questione di carattere particolare - e ho concluso - sempre in questo passaggio dal Senato alla Camera è l'intervento proposto per quanto riguarda la razionalizzazione delle spese degli enti locali. Si prevede la riduzione del 20 per cento dei consiglieri comunali, l'abolizione del direttore generale, la riduzione a un terzo delle risorse per le comunità montane.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Scarpetti.

LIDO SCARPETTI. Ora io non credo che questi non siano problemi da affrontare. Tra l'altro si tratta di temi che daranno risorse nel tempo, perché gran parte degli enti locali sono stati rinnovati di recente e quindi eventualmente daranno risorse nel tempo. Ma se io fossi un sindaco, o anche un semplice cittadino, direi: bene, c'è la necessità di razionalizzare, discutiamo, ma cominciamo anche con il riformare la politica dall'alto. Sono anni, anni e anni che si parla di riduzione del numero dei parlamentari, dell'eliminazione di una Camera legislativa e si introducono norme che sono sostanzialmente ad effetto. Peraltro - e chiudo - ce n'è una riguardante il direttore generale che interviene addirittura sull'autonomia organizzativa degli enti locali, che è di una pesantezza incredibile. A me fa ridere: continuiamo ad approvare riforme sul federalismo fiscale, continuiamo a ragionare di federalismo, di autonomia, e poi qui noi nel Parlamento decidiamo che un sindaco non può nominare neanche un direttore generale, buttando all'aria quindici anni di riforme di organizzazione delle autonomie locali.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Scarpetti.

LIDO SCARPETTI. Tali decisioni di carattere ordinamentale veramente sono incredibili.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Scarpetti.

LIDO SCARPETTI. Ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, il rapporto annuale del Censis, quest'anno, è arrivato proprio nel mezzo dell'esame della Finanziaria alla Camera. I dati avrebbero dovuto scuotere le coscienze e portare il Governo a lottare per un maggior dialogo con l'opposizione, in vista di scelte adeguate ai tempi per la realizzazione del bene comune.
Di fronte allo scenario che emerge dal rapporto del Censis, mi sarei aspettato un atteggiamento di collaborazione e di ascolto delle esigenze dei più deboli e, invece, si procede, come ormai rischia di diventare prassi in Parlamento, a colpi di maggioranza e, probabilmente, di fiducia.
Ancora una volta, dopo che li avete spazzati via in Commissione, riproponiamo i nostri emendamenti, fedeli al mandato di coloro che ci hanno eletti e che hanno il diritto di percepire il Governo del proprio Paese come Governo per il bene di tutti e non di una maggioranza.
Mi chiedo se siamo realmente capaci di metterci dalla parte di chi ha più bisogno, se riusciamo ad avere una visione prospettica dei problemi o se, semplicemente, ci apprestiamo a votare - o, meglio, ci costringete a votare - contro una Finanziaria dal respiro corto, delle micromisure, che non riesce ad afferrare la posta in Pag. 100gioco del cambiamento, che richiede la piena incarnazione della responsabilità sociale nell'economia e, con essa, la necessità che l'impresa sappia creare valore economico, facendo bene al sociale e all'ambiente.
Viene minata la tutela dei lavoratori, reintroducendo lo staff leasing abolito dal Governo Prodi e cancellando la gratuità del processo del lavoro, mentre la crisi colpisce proprio queste fasce più deboli, anche con gli ingiusti licenziamenti.
Inoltre, si rileva una grave decurtazione al bilancio delle Pari opportunità, mettendo in crisi il funzionamento stesso del dipartimento, in un momento in cui le donne sono più a rischio di altri per la situazione economico-finanziaria.
Stessa musica anche per i cittadini italiani residenti all'estero. La Finanziaria non risolve la questione scandalosa degli indebiti pensionistici, che abbiamo sottoposto, più volte, all'attenzione del Governo. Infatti, non possiamo far finta di niente, quando si chiede a persone che, in molti casi, vivono al limite della sopravvivenza, la restituzione di alcune centinaia di euro, a causa della prassi amministrativa sconclusionata con cui l'INPS eroga le pensioni all'estero, laddove occorrerebbero procedure atte a prevenire la genesi degli indebiti pensionistici stessi.
La Finanziaria non si pone alcuni obiettivi fondamentali che si qualificano come elementi abilitanti delle politiche di sviluppo e come veri e propri asset competitivi che il nostro Paese non può declinare se vuole mantenere il passo imposto dalla globalizzazione. Basti pensare all'inadeguata considerazione per la promozione e lo sviluppo delle attività di ricerca e sviluppo nei settori dell'innovazione e delle nuove tecnologie.
Dobbiamo assistere, con nostra buona pace, alla fuga dei nostri giovani ricercatori che se ne vanno - ironia della sorte - proprio mentre l'Italia è scossa da continue polemiche sull'immigrazione; giovani che non torneranno più nel Paese che ha offerto loro opportunità prossime allo zero.
Eppure, l'Italia potrebbe avere una posizione sicuramente rilevante nell'economia globale, se utilizzasse compiutamente la risorsa degli italiani residenti all'estero, troppo a lungo trascurata. Oltre ai tagli alle risorse finanziarie, pesanti e controproducenti, non vi è stato il minimo segnale di interesse verso le numerose proposte di legge riguardanti riforme fondamentali per promuovere le nostre comunità all'estero, nell'ottica di un processo integrato per lo sviluppo di un sistema Paese che non si esaurisce nei limiti dei confini nazionali.
Vi è una comunità di italiani all'estero che ne ha fatta di strada e che occupa posizioni importanti e prestigiose, e vi è una mobilità transnazionale crescente che spinge tanti giovani laureati a cercare altrove ciò che non trovano in patria. Due mondi che meriterebbero spazio nella Finanziaria per valorizzare le eccellenze italiane all'estero, sostenendo scambi di esperienze e progetti tra università italiane e straniere con il coinvolgimento di professionalità italiane operanti all'estero.
Invece, questa manovra, che non punta allo sviluppo, non porterà buoni frutti per le comunità italiane all'estero. Il progetto di organizzazione della rete diplomatico-consolare, anziché risolvere i problemi già esistenti, li accentua, con la chiusura di una ventina di sedi. E non ci si può consolare con la realizzazione della cosiddetta rete dei servizi consolari a distanza, resa possibile dagli stanziamenti operati dal Governo Prodi, che può migliorare la qualità dei servizi, ma certamente, non potrà accorciare le distanze e sostituire la presenza dello Stato, una presenza fondamentale per le sfide che l'Italia vuole affrontare.
La finanziaria, dopo la batosta del 2009, non ha investito un euro in più sulla promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, una scelta riduttiva, quasi liquidatoria, grave per tante ragioni. Ne vorrei citare almeno due, signor viceministro Vegas: la scarsa attenzione per la divulgazione della lingua e della cultura italiana nel mondo minaccia gravemente la proiezione dell'Italia all'estero, nonché Pag. 101il legame con le comunità emigrate, fondato sulla lingua quale strumento di aggregazione identitario per i nostri concittadini residenti all'estero e per i discendenti italiani.
Signor Presidente, concludo dicendo che l'andamento dell'economia mondiale negli ultimi anni ha registrato un trend che si è manifestato in misura differente per i diversi Paesi. Gli indicatori macroeconomici evidenziano che l'Italia ha accusato più degli altri la contingenza, anche con riferimento agli impegni derivanti dal Patto di stabilità, allora credo che si debba fare più per collegare meglio, anche a livello di legge finanziaria, le due Italie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedi. Ne ha facoltà.

MARCO FEDI. Signor Presidente, il giudizio negativo sulla manovra di finanza pubblica per il 2010 nasce da una serie di considerazioni e valutazioni di natura economica e politica. Quella del Governo non è una politica economica per lo sviluppo e per contrastare gli effetti della crisi su famiglie e imprese. Emerge con crescente drammaticità la situazione del Mezzogiorno, diventa tangibile ogni giorno la forte pressione sulle famiglie, così come dovrebbe essere insopportabile per tutti noi la crescita del tasso di disoccupazione, che sale al 10,5 per cento.
È questo il dato preoccupante che emerge da questo disegno di legge finanziaria: siete lontani dalle vere riforme, dalle riforme strutturali; siete lontani dal dare risposte vere alle conseguenze della crisi; siete lontani anche da investimenti strutturali, non solo dalle riforme.
La nostra opposizione è ferma e decisa su tutta l'impostazione della manovra di bilancio, ma in particolare sulla scelta di prevedere la vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Dopo lo scudo fiscale anonimo - è questo l'elemento più negativo di quel provvedimento, lo abbiamo ricordato - arriva ora la vendita dei beni confiscati alla mafia. Per fare cassa continuate a trasmettere messaggi contraddittori, rischiate di favorire il riacquisto di questi beni da parte della criminalità organizzata e indebolite gli strumenti culturali, prima che repressivi, per contrastare i fenomeni mafiosi. Inoltre, utilizzate il TFR dei lavoratori come se fosse una cassa a prelievo continuo a disposizione dello Stato.
Ma il giudizio negativo riguarda anche la maggioranza in quest'Aula. Il nostro vuole essere anche un richiamo ad avere coraggio nell'iniziativa parlamentare. Dobbiamo insieme contribuire a dare maggiore credibilità alle istituzioni parlamentari, farlo attraverso un autentico dibattito parlamentare, come noi ancora auspichiamo possa avvenire.
In questa condizione il Partito Democratico è riuscito non solo a condurre un'opposizione seria e non ostruzionistica, ma anche a presentare delle proposte concrete come l'introduzione di una detrazione fiscale per l'anno 2010 sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni, l'aumento della detrazione fiscale per i figli, a vantaggio sia dei lavoratori dipendenti, sia degli autonomi, l'estensione - come è stato ricordato - della durata temporale della cassa integrazione guadagni e l'estensione dell'assegno di disoccupazione a tutti i lavoratori precari. Inoltre, abbiamo presentato delle proposte emendative per gli italiani all'estero in questo disegno di legge finanziaria, oltre ad una serie di proposte di riforme strutturali per le comunità italiane nel mondo nel corso della legislatura.
Gli emendamenti presentati alla Camera e respinti dalla maggioranza andavano nella direzione di aumentare le dotazioni finanziarie di importanti capitoli per gli italiani all'estero. Si trattava di emendamenti che puntavano ad estendere per un ulteriore triennio le detrazioni fiscali per carichi di famiglia introdotte dal Governo Prodi, ad escludere i residenti all'estero dall'imposta comunale sugli immobili e a recuperare risorse ai capitoli della direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie del Ministero degli affari esteri, in particolare - è stato ricordato Pag. 102dal collega Narducci - per l'insegnamento della lingua italiana, per il quale proponevamo di ripristinare la quota di bilancio assestata con l'assestamento bilancio e per l'assistenza, la cui riduzione di bilancio di ben 6 milioni di euro in questa legge finanziaria graverà sulle fasce sociali più deboli di nostri connazionali all'estero.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 21,55).

MARCO FEDI. Il giudizio complessivo sul disegno di legge finanziaria 2010 è negativo e perderemo opportunità anche all'estero. Largamente insufficiente è il recupero dei due milioni di euro, annunciato dal relatore, su questi capitoli per gli italiani all'estero.
Esprimiamo forti preoccupazioni rispetto a una politica per le comunità italiane nel mondo che è profondamente condizionata da una visione miope del Governo, da una scarsa comprensione delle potenzialità che abbiamo all'estero e dalla sostanziale incapacità di fare sistema. Si tratta di una politica che nelle ultime leggi di bilancio ha subito forti riduzioni negli stanziamenti e che oggi vive le preoccupazioni legate alla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare che rischia di penalizzare gli interventi e i servizi per le fasce sociali più deboli.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO FEDI. Abbiamo presentato un emendamento anche per la questione degli indebiti, che colpisce e penalizza pesantemente i pensionati residenti all'estero. Inoltre, siamo in attesa che parta l'azione riformatrice anche sul fronte della cittadinanza. Il Governo deve tornare a dare risposte sulla razionalizzazione della rete consolare, dopo la risoluzione in Commissione affari esteri della Camera che ha chiesto una verifica delle prospettate chiusure di consolati, anche a fronte dell'ondata di forti proteste arrivate dalla comunità italiane del mondo.
Un grande Paese democratico come l'Italia non può destinare alla politica estera, quindi allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri, soltanto lo 0,4 per cento del PIL.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Fedi!

MARCO FEDI. Si tratta di uno stanziamento del tutto inadeguato ai compiti da svolgere, ai servizi da erogare e all'azione internazionale da portare avanti con le missioni umanitarie, con le convenzioni internazionali e con la cooperazione allo sviluppo. Negativa è la riduzione in questo settore, che denunciamo esprimendo un giudizio negativo sulla impostazione complessiva di questo disegno di legge di bilancio.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, è inedita la prassi parlamentare che il collega Baretta ha ultimamente denunciato all'inizio di questo dibattito, ma è inedito anche il fatto che il disegno di legge finanziaria sia stato riscritto tre volte. Prima la Tremonti 1; in seguito si è verificato il tentativo, naufragato al Senato, di una finanziaria alternativa per opera della maggioranza, del professor Baldassarri; poi, finalmente, la Tremonti 2, molto diversa da quella approvata al Senato.
Sapevamo che il Governo non aveva un grande disegno strategico per affrontare la politica economica di questa fase, ma questo è il segno della difficoltà. Fino a ieri il centrodestra si è affidato a rassicurare gli italiani che non avrebbe messo le mani in tasca ai cittadini. Ora tutto questo suona come un richiamo beffardo, perché constatiamo che sempre più si diffondono persone, ahimé, con le tasche vuote. In effetti, la crisi ci obbliga a fare i conti con la povertà. Che cosa ci dice questo disegno di legge finanziaria? Nulla. Nonostante i richiami autorevoli - dall'ISTAT alla Caritas - 975 mila famiglie, Pag. 103per un totale di 2 milioni 400 mila persone con povertà assoluta, vale a dire una famiglia su quattro, fra quelle che chiederanno un mutuo per acquistare la casa, sarà a rischio povertà quest'anno e l'anno prossimo, a causa del fatto che la rata di mutuo erode il 30 per cento del reddito disponibile. E nonostante tutto questo non si è fatto nulla. Per far fronte a queste difficoltà vi erano tre strumenti a disposizione: il Fondo sociale, la social card e il bonus famiglia. Il bonus famiglia è stato azzerato. La social card è definanziata e si affida ai benefattori. Il Fondo sociale raggiunge a malapena il 50 per cento del Fondo del 2008, ossia l'ultima legge finanziaria del Governo Prodi. Sulla social card siamo addirittura al paradosso. Il Ministro Sacconi ha detto che è l'inizio di un'infrastruttura che rimane. Ma i fondi sono pari a zero. Si è detto: «amplieremo la platea alle famiglie con figli sotto i 6 anni». Non si è fatto nulla. E zero anche per coloro che hanno un reddito a 8 mila euro ISEE.
Il Ministro Tremonti il 4 dicembre - e non secoli fa - affermava che la social card ha funzionato bene. Ma come ha funzionato bene? Sono due milioni e mezzo i cittadini che ne avrebbero diritto. Ne avete stimati, come beneficiari, un milione e trecentomila e ne hanno beneficiato 450 mila, vale a dire un terzo dei previsti, il 20 per cento dei poveri veri e tra questi solo un terzo è rappresentato da una famiglia con figli inferiori a tre anni. Questo vuol dire che qualcosa non funziona. Lo volete riconoscere? Lo vogliamo riconoscere? Quando la maggioranza dei poveri non riceve neanche questo minimo sussidio ci sarà qualcosa che non funziona.
Eppure l'azzeramento del bonus famiglia non ha conosciuto maggiori chiarimenti o specificazioni. Non spendo una parola. Tanta enfasi l'anno scorso e ora si auspica che cambi il ciclo economico.
Il Fondo sociale è il 50 per cento dell'ultima legge finanziaria del Governo Prodi. Forse sono diminuite del 50 per cento le rette degli anziani, degli asili nido e dei disabili? Ma vogliamo fare sorridere, se non fosse drammatica la situazione? Voglio smentire con questo ciò che è stato detto in queste ore da parte della maggioranza.
Nella foga propagandistica che ha contraddistinto il fuoco di fila di dichiarazioni di queste ore si dice che questo è un disegno di legge finanziaria contraddistinto da forti contenuti sociali. Ma quali contenuti sociali sono questi? Si tratta di ulteriori tagli e se è stato fatto qualche ripristino di vecchi capitoli azzerati non lo si è fatto nemmeno nella misura nella quale sarebbe stato pure possibile, visto che c'era il gettito dello scudo fiscale a disposizione. Ma forse si pensa e si confida nella poca memoria degli italiani. Per quanto ci riguarda, però, faremo di tutto per spiegare agli italiani come stanno davvero le cose. Si è fatta anche una operazione che ripete il film dell'anno scorso con gli enti locali: sono stati tagliati 230 milioni del Fondo ordinario.

PRESIDENTE. Onorevole Miotto, la prego di concludere.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Concludo subito, signor Presidente. Lo si è fatto con un'operazione che ripete il film dell'anno scorso che abbiamo già visto con il Ministro Brunetta, che ha parlato prima dei dipendenti pubblici fannulloni e poi la scure dei tagli si è abbattuta su scuola, sociale e pubblica amministrazione. Oggi il Ministro Calderoli taglia prima il Fondo ordinario agli enti locali e poi parla dell'ipotesi possibile della facoltatività di tagliare le poltrone a casaccio come sempre, perché non riconosce che quello è uno dei luoghi più importanti e autentici della democrazia.
In più, vi è la beffa perché come tutti noi sappiamo - non siamo smemorati - spaccia per un evento straordinario la restituzione parziale dell'ICI promessa da due anni.

PRESIDENTE. Onorevole Miotto, dovrebbe concludere.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, concludo veramente. Mi preoccupa Pag. 104poi il messaggio al Paese, devastante sul piano etico: la norma sui beni confiscati, i tagli alla cooperazione internazionale, il gratuito patrocinio alle cause di lavoro che sparisce, la legge mancia per la quale non siamo tutti uguali davanti alle norme (non bastava non essere tutti uguali davanti alle leggi, ma anche nell'accesso alle fonti di finanziamento). Si tratta di segnali pessimi in una fase nella quale la politica avrebbe bisogno di ben altre tensioni, ispirate a principi di legalità e nel rispetto dell'interesse generale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, qualcuno poteva fare i miracoli o voleva i miracoli. Non li fa il Ministro Tremonti e nemmeno il collega Vegas, anche se magari si sta attrezzando. Probabilmente l'opposizione pensava che facessimo miracoli con questo disegno di legge finanziaria. Non li abbiamo fatti.
Ho ascoltato critiche giuste e sensate, arrivate dai colleghi Baretta e Vannucci. Infatti, quando vengono dette alcune cose, che sicuramente entrano nel merito e che poi vedremo, non si può che dar ragione. Ho sentito numeri a casaccio e critiche ingenerose, magari qualcuna ne vediamo.
Certamente non possiamo fare miracoli, ma non abbiamo la stessa fortuna del Governo Prodi. Dal giugno in cui abbiamo perso le elezioni al giugno dopo il Governo Prodi si trova con 16,3 miliardi (18,3 se consideriamo anche gli incapienti) di maggior gettito. Con questi soldi sicuramente avrà fatto miracoli? Non mi sembra che i miracoli siano arrivati.
Abbiamo sicuramente fatto quello che un buon padre di famiglia in un periodo di crisi doveva fare: ridurre in qualche modo le spese; evitare nei limiti del possibile lo spreco; affamare magari la tigre (alcune grida si sono levate dagli enti locali e sono state raccolte), ma si è cercato di mettere alcuni punti fermi: niente indebitamento netto, riduzione del fabbisogno, incominciare a salvarci per poter progettare la crescita. Allora questo atteggiamento prudente è stato negativo? Non sembra, perché il tanto contestato atteggiamento di risparmio (ovvero non andare in qualche modo in spending) ha portato qualche vantaggio.
Un aumento del PIL di 0,4 punti, 4,8 per cento del PIL; ricordiamoci che stiamo attraversando il periodo forse più grave dalla crisi economica del 1929; lo 0,7, su indicazione di luglio, comparato, come abbiamo già visto, ad altri Paesi che sono intervenuti, perché potevano farlo, a fronte di un debito pubblico contratto sicuramente in determinati periodi; molti partiti ne hanno parlato: ricordiamoci l'epoca dell'Italia da bere, dei vari concordati, delle mani unite tra il PCI e la DC, ce lo ricordiamo tutti. Con un debito pubblico di questo tipo potevamo fare qualcosa in deficit, aumentandolo? Altri lo hanno fatto e hanno avuto non una crescita ma forse un'inversione. Questo è un Paese, la cosiddetta «Italietta», quella che era la lumaca, che cresce il doppio rispetto alla decantata Inghilterra. Perché cresce il doppio? Perché qui qualcuno, soprattutto in Padania (la tanto criticata Padania), ha tirato ancora la lima nei capannoni, perché invece di fare finanza nella city magari faceva un lavoro e anche un secondo lavoro nel capannone, lavorando 12 ore. Ciò ha consentito di mantenere un settore importante, perché il settore manifatturiero è stato quello che in qualche modo ha retto e ha continuato a produrre e a pagare le tasse (Applausi del deputato Giancarlo Giorgetti).
Ha pagato le tasse per la scuola e magari, mi direte, sono quelli gli evasori. Attenzione a parlar male degli artigiani, attenzione a parlare dei piccoli imprenditori con disprezzo perché, lo ripeto, hanno mantenuto l'economia del Paese e sono stati quelli, possiamo dircelo apertamente, che forse non hanno licenziato perché non avevano la cassa integrazione delle grandi industrie come il signor FIAT, non hanno avuto gli incentivi per la rottamazione (Applausi del deputato Giancarlo Giorgetti). Pag. 105Sono andati avanti perché in qualche modo c'è un rapporto non dico paternalistico e filiale, ma di collaborazione con il dipendente, perché il dipendente è merce scarsa e preziosa e non si licenza nei capannoni del nord (non si licenzia neanche nei capannoni del sud). Allora, questi imprenditori sono andati avanti, magari con una piccola provvigione in nero. Non si dovrebbe fare, è vero, ma quando uno Stato ti tassa più del 48 per cento è evidente che quella è legittima difesa, è legittima sopravvivenza.
Siamo andati avanti e arriveremo fino a marzo, forse, grazie alle esportazioni. Quindi il Governo ha cercato di non sbagliare: non potevamo permetterci di fare debito perché un Paese che paga più di 83 miliardi del prodotto interno lordo per gli interessi dell'epoca dei soliti noti è un Paese che per forza non ha manovre da poter fare, non può investire più di tanto. Lo abbiamo visto, colleghi, come il valore tendenziale dell'indebitamento netto rimane nel quadro programmatico. Abbiamo fatto un programma, quello tendenziale realisticamente lo segue, abbiamo fatto un decreto anticrisi. Ho sentito parlare molto male del decreto anticrisi, ma quel decreto, lo conoscono i colleghi, per questi due anni serviva per chiudere in qualche modo i conti. Avrà un effetto di crescita nei prossimi due o tre anni, avrà un effetto anche di contenimento della spesa. Vogliamo rilanciare il nucleare e ciò metterà certamente in moto una serie di Finanziamenti per miliardi di euro e un rilancio dell'economia importante, ma non si sviluppa adesso; dovremo cominciare e si svilupperà tra due o tre anni, allora ci saranno gli effetti.
Ho sentito i colleghi dire che c'è stato un peggioramento del saldo netto da finanziare. Certo, un peggioramento di 1,3 miliardi, 5,3 miliardi nel 2010, 3,7 miliardi nel 2011. Bene, avevamo le spese per la difesa, 100 milioni; gli Scau, li avete ricordati, circa 120 milioni di euro.
C'erano le vittime per il terrorismo per cui abbiamo stanziato 5 milioni di euro, per la Protezione civile, una piccola parte, 10 milioni di euro, il made in Italy per il sud per poter proteggere i prodotti del sud: non dovevamo farlo? Vi sono, inoltre, gli impegni per la difesa, per gli adempimenti comunitari e poi abbiamo il FAS, su cui ringrazio il collega che mi ha fornito alcuni dati. Il FAS è stato anticipato: 1.000 milioni di euro nel 2010, 4 mila 456 milioni nel 2011.
Tra l'altro, faccio notare due aspetti, legati al fatto che noi viviamo in un Paese dei cantieri eterni, perché l'Italia è il Paese dei cantieri infiniti. C'è un interessante studio del master in public utility dell'università Bocconi che stima in circa 14,2 miliardi di euro il prezzo dei ritardi delle opere messe in cantiere: 4,6 miliardi di euro di perdita per la mancata realizzazione di tangenziali e autostrade, 4 miliardi di euro per i termovalorizzatori, 2,9 miliardi di euro per i ritardi nella TAV ed altri quattrini per il collegamento energetico. In Campania, dal 1996, le dieci «meraviglie» di Pianura dopo dodici anni sono rimaste tutte sulla carta e ciò è costato 50 milioni di euro; se andiamo dalle nostre parti, in Emilia Romagna, a Rimini, la maxidiga connessa ad un disastro ambientale che dura da trent'anni, datata 1997, ha prodotto una perdita di 5 milioni di euro; in Piemonte, a Cuneo, si sono persi 6 milioni di euro per la galleria con sbocco sul mare mai attraversata dalle quattro ruote; in Calabria abbiamo 20 milioni al chilometro. Potremmo ricordare, inoltre, la sanità e i relativi buchi.
Allora, agli amici che hanno onestà intellettuale chiedo: chi governa in queste regioni? Chi ha prodotto il buco in Campania per la salute? Chi ha prodotto il buco terribile in Calabria, dove anche l'altro giorno, prima delle elezioni, Loiero ha detto che lui assumeva perché tanto fa quello che vuole, e poi è quello che contesta il federalismo e contesta la Lega quando in qualche modo vuole un minimo di autonomia! Lui vuole l'autonomia per spendere i nostri soldi e basta, questo è il suo concetto di autonomia!
Agli amici che parlavano del FAS come del bancomat del Governo, ricordo, come hanno giustamente ricordato a me altri colleghi della Puglia, che c'è il comma 80 Pag. 106dell'articolo 2 e la Conferenza Stato-regioni non è presieduta da un presidente del nord, non mi sembra proprio, mi sembra che sia un presidente di una regione del sud che dice che per pagare i debiti, per pagare i misfatti in qualche modo di una determinata amministrazione...

ROBERTO GIACHETTI. Sotto il Po è sud?

MASSIMO POLLEDRI. No, ma lì è ben gestita la sanità, lì non ha debiti, da una certa parte cosa usate per pagare i debiti? Cosa è stato scritto dalla Conferenza Stato-regioni?

PRESIDENTE. Colleghi, se vi volete scrivere, poi magari fatelo pure...

GIANCARLO GIORGETTI. L'onorevole Giachetti se la prende con Polledri perché è nato sotto il Po.

MASSIMO POLLEDRI. Io ne sono anche orgoglioso, ovviamente, Presidente.
Maggiori spese correnti, adeguamento Istat sulle pensioni, 100 milioni per la sicurezza, 120 milioni nel settore agricolo, c'è stato l'assalto alla diligenza. Io do ragione al collega Nannicini su alcuni punti di questo elenco, non ci abbiamo messo becco. Su questo elenco qualcosa bisognerà fare, il presidente Giorgetti giustamente dovrà venire in Commissione. Mi sembra, e lo dico molto timidamente, che riguardo al Belice qualche cosina sia già stata data, però, onorevole Nannicini, vorrei ricordarle le ultime due leggi finanziarie del Governo Prodi, nelle quali, se vogliamo andare a vedere, un piccolo, dico piccolo, assalto alla diligenza ci fu. La prima volta entrò una finanziaria da 20 miliardi ed uscì dopo qualche piccolo intervento microsettoriale, che non vado ad elencare perché lui ha elencato i ciechi, ma qui ne abbiamo tutta una serie.

ROLANDO NANNICINI. I sordomuti.

MASSIMO POLLEDRI. Il saldo è migliorato nel passaggio in Commissione, mentre nella prima finanziaria il saldo peggiorava di 3 miliardi di euro e nella seconda finanziaria di 4,3 miliardi di euro.
Inoltre, non abbiamo aumentato le tasse e ricordiamoci che in passato, pure in presenza del cosiddetto tesoretto, la tassazione è stata fatta. Ricordiamoci che l'effetto dell'ultima finanziaria del Governo Prodi è stata quella di abbassare il PIL, già scritto nella prima pagina del documento finanziario, dello 0,5 per cento.
Presidente, credo che ci sia qualcosa da dire anche in ordine agli amici che in qualche modo intervenivano richiedendo maggiori risorse anche per il sud. Credo che vada letta l'intervista di Draghi in cui sostiene che, nonostante il PIL per il sud venga inserito del 4 per cento, in qualche modo non ci sia un risultato. Manca un investimento sul capitale umano. Credo che ci sia da parte di questo Governo un forte contrasto della mafia e del sistema, però manca un investimento che deve essere fatto propriamente dalla gente del sud anche sul capitale umano. Non è possibile immaginare che un medico del sud prescriva l'antibiotico nel 43 per cento delle influenze, mentre il medico del nord lo prescriva per il 30 per cento. Non è possibile che in Calabria si sia curati peggio, spendendo molti più soldi e rischiando la vita, di quanto non avviene in Lombardia. Quindi, in qualche modo ci vuole anche da parte della classe politica e del sud un maggiore scatto di orgoglio, ma anche una maggiore decisione.
In conclusione, Presidente, penso che il disegno di legge finanziaria che verrà approvato non sarà sicuramente quello migliore, infatti a nostro giudizio qualcosa andava fatto per le famiglie. Sottosegretario Vegas, un chiaro segnale che la Lega dava era di aumentare, come ha fatto il Ministro Bindi all'epoca, gli assegni familiari per le famiglie numerose del 10 per cento. Sarebbe stata una misura di poco conto, solamente di 26-27 milioni di euro, ma faccio notare che oggi le famiglie in stato di povertà sono circa il 4,1 per cento Pag. 107in generale, ma salgono all'8-10 per cento quando hanno più di tre figli, soprattutto se questi ultimi sono minori.
Non potevamo fare miracoli e abbiamo consegnato a questo Paese un disegno di legge finanziaria sereno e serio, e una maggioranza che ha dimostrato compattezza nel momento del bisogno e credo che di ciò ci fosse necessità (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, perché si arriva a questo punto? Perché si arriva ad un disegno di legge finanziaria che, come è stato scritto tante volte, doveva essere leggero ed ha acquistato peso, senza diventare né virtuoso, perché non migliora gli equilibri di bilancio, né ambizioso, perché non affronta dichiaratamente - e in questo il Ministro Tremonti è stato più volte eloquente - la crisi? Si arriva a questo disegno di legge perché non si è detta la verità all'inizio della crisi e si è minimizzato l'impatto che essa avrebbe avuto sul nostro Paese. Oggi il PIL italiano è decresciuto più della media europea, il deficit ha raggiunto livelli record, la disoccupazione sta crescendo in modo esponenziale.
Così si è cercato di far fronte alla tempesta che ci ha colpito agitando misure di sicuro populismo, ma dal dubbio effetto economico, come la social card e la Robin Hood tax: le parole non sono mie ma del Ministro Brunetta. Oggi, che emerge l'evidente inadeguatezza della strada imboccata, è troppo tardi perché assumere misure incisive significherebbe far crollare il castello di carta che è stato edificato.
Un Governo che avesse riconosciuto la rilevanza e la gravità dei fatti avrebbe potuto chiamare a raccolta le energie di questo Paese, che sono molte, indicare soluzioni e chiedere uno sforzo per uscire dalla situazione difficile come quella che stiamo vivendo. Non è un caso che le Camere non abbiano sostanzialmente discusso di questo disegno di legge finanziaria. Come hanno detto in molti, il Senato ne ha discusso un altro, che non è certo quello entrato in quest'Aula e forse qualcuno dovrebbe persino chiedere scusa ai senatori.
Alla Camera, attraverso il commissariamento della Commissione bilancio, si è impedito un confronto di merito. Un passaggio parlamentare vero avrebbe costretto a produrre almeno uno straccio di politica economica, ad assumere una posizione chiara, che con tutta evidenza non poteva essere in palese contraddizione con la realtà. Il metodo seguito evita questo scoglio, salva il Governo dal confronto con i fatti, in quest'Aula naturalmente, non nel Paese, dove già si sono misurati gli effetti di un'economia che affronta la crisi a mani nude. Non è, quindi, una questione di forma quella che noi solleviamo, quando denunciamo il sostanziale esproprio del Parlamento su questo tema. Forse nella forma ha persino ragione il Presidente Fini: il Regolamento in Commissione è stato formalmente rispettato, ma nella sostanza ha ancora una volta ragione - lo cito per la terza volta - il Ministro Brunetta. Questa legge, che evidentemente non è stata oggetto neppure di discussione nel Consiglio dei ministri, è stata elaborata e discussa soltanto nelle segrete stanze del Ministro dell'economia e delle finanze. Se, come sostiene il ministro Brunetta, questo sarebbe il momento di suscitare ogni energia, di aprire una grande discussione nel Paese, che coinvolga tutte le intelligenze, allora questa finanziaria è un'occasione mancata.
La finanziaria light annunciata qualche mese fa avrebbe dovuto evitare l'assalto alla diligenza, come ormai si definisce l'insieme degli emendamenti presentati dai singoli deputati. Invece, l'assalto alla diligenza c'è stato, è avvenuto di notte come al solito. La novità è soltanto la collusione tacita tra gli assalitori e i vetturini. Il relatore ci ha spiegato in Commissione che la condiscendenza dei commissari di maggioranza si basava su una condivisione politica basata sulla convinzione e non sulla convenienza, una convinzione talmente profonda da giustificare persino il Pag. 108ritiro di emendamenti che correggevano soltanto la forma e gli errori formali. Abbiamo capito poi, leggendo la lista che il collega Nannicini ci ha segnalato per primo, quali sono stati gli argomenti filosofici utilizzati per determinare questa convinzione, per convincere i nostri colleghi di maggioranza. Sia chiaro che non c'è nessuna causa turpe, ma sicuramente è impossibile non vedere il senso di quegli interventi, tutti legittimi e meritevoli di attenzione, ma che si distinguono da tanti altri interventi, altrettanto legittimi e meritevoli di attenzione, soltanto per una cosa: per essere stati segnalati dalla persona giusta, che ha avuto udienza dal Ministro dell'economia e delle finanze. Così al suk arabo è stata tolta persino la trasparenza, ma il suk è rimasto ed è diventato addirittura più opaco. Questa è l'innovazione di questa legge finanziaria. Questa era una legge finanziaria inadeguata - lo abbiamo detto - e l'avete fatta diventare dannosa, perché avete previsto una norma che dà un segnale chiaro alle organizzazioni criminali. È un segnale chiaro che noi abbiamo denunciato. Ci è stato detto con sarcasmo oggi dal relatore che la cosa era totalmente infondata.

PRESIDENTE. Onorevole Andrea Orlando, la prego di concludere.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, concludo. Vorrei segnalare a quest'Aula, al Presidente e al relatore che oggi frettolosamente il Ministro Maroni ha annunciato la costituzione dell'agenzia per la gestione di questi beni. Se le questioni che noi abbiamo posto fino ad oggi fossero state totalmente infondate, la conferenza stampa di oggi non avrebbe alcun presupposto. In verità, nel centro di un Paese ad alta densità mafiosa nessuno andrà a comprare la casa di un boss, ma la lotta alla mafia non è fatta soltanto di fatti, ma anche di segnali e voi state dando i segnali sbagliati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, la finanziaria light non c'è più, per mesi ci è stata raccontata una favola. Ora c'è la finanziaria weighty, la finanziaria leggera lascia il posto alla finanziaria pesante, pesante nelle modalità e procedure di approvazione. Non si era mai visto un maxiemendamento del relatore, su dettatura del Governo, blindato, non modificabile nemmeno con emendamenti che non incidono sulla manovra finanziaria, che non hanno effetti sul bilancio né sui saldi di finanza pubblica: una specie di voto di fiducia in Commissione bilancio, senza che nessun emendamento di origine parlamentare sia entrato in finanziaria e con una discussione solo procedurale, non di merito, per una settimana.
Alle opposizioni non restava che la scelta di non partecipare alle votazioni, diventate una farsa. È una finanziaria pesante nelle dimensioni della manovra: per mesi ci è stato raccontato che tutto era già stato fatto con la manovra triennale dell'estate 2008, che non vi era alcuno spazio per l'assalto alla diligenza e ora ci presentate una manovra da 9 miliardi, che servono anche per dare copertura a semplici continuità, spese obbligatorie di fatto non finanziate in prima stesura, come le missioni internazionali, il 5 per mille, la gratuità dei libri di testo scolastici, il sostegno alle scuole non statali, private ma anche pubbliche, come le scuole dell'infanzia comunali.
È una finanziaria pesante nelle coperture: su 8.884 milioni di euro ben 7.036, cioè l'80 per cento, vengono da due voci: scudo fiscale e TFR. Lo scudo fiscale è l'ennesimo condono fiscale, una beffa per gli onesti, una specie di indulto mascherato e un indebolimento sul fronte della lotta alle mafie sul versante del riciclaggio. Vi è il rischio di uno scudo rovesciato, che i soldi sporchi vengano esportati ora per rientrare puliti, venendo meno l'obbligo di denuncia per gli intermediari finanziari per le operazioni sospette di riciclaggio.
Con l'uso del TFR per finalità di spesa corrente fate deficit spending, debito di fatto senza dirlo. Non lo destinate nemmeno Pag. 109a investimenti, ma a spesa corrente, una delle diversità rispetto all'uso che ne fece il Governo Prodi, che non faceva miracoli, collega Polledri, ma risanava le finanze e sosteneva lo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Vi è un aspetto per il quale questa è rimasta una finanziaria light: è leggera nelle risposte alla crisi, che non è alle nostre spalle, ma è di fronte a noi per gli effetti occupazionali, per la vita delle imprese, per il potere di acquisto delle famiglie e per le politiche sociali.
In questa legge finanziaria c'è ben poco: abbiamo proposto un uso degli ammortizzatori sociali che permetta davvero di non lasciare solo nessuno. Voi dite di farlo, ma non è così; sostanzialmente modificate di poco le normative: dite di mettere quasi un miliardo in più, ma è una finzione, perché 860 milioni di euro sono destinati alla detassazione dei contratti di produttività.
Avevamo proposto una contromanovra con coperture e destinazioni diverse: 4 miliardi di euro per ridurre la pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e per ulteriori detrazioni per le famiglie con figli a carico; di questo non vi è nulla nella finanziaria.
Oltre a ciò, 2 miliardi e 700 milioni di euro per le imprese, 500 per il fondo di garanzia per l'accesso al credito, 500 in più per la Visco sud, 500 in più per il credito di imposta sulla ricerca, 200 per il 55 per cento di detrazioni fiscali per l'efficienza energetica degli edifici, un miliardo per i pagamenti alle imprese da parte degli enti locali, allentando il Patto di stabilità.
Di questo troviamo solo 200 milioni di euro in più per il credito di imposta sulla ricerca: positivo ma insufficiente. Proponevamo 800 milioni in più per il rimborso ICI ai comuni: positivo che vi sia nella manovra, compresi gli arretrati 2009 e parte del 2008. È un atto dovuto da parte del Governo, ma dimostra che la scelta di abolire l'ICI sulla prima casa è stata sbagliata.
Ci costa 3,4 miliardi di euro all'anno: 2,5 in più di quanto costava la scelta del Governo Prodi nella finanziaria 2008. Per questo non vi sono mai le risorse per ridurre le tasse ai lavoratori e ai pensionati, perché si usano per ridurre le tasse ai più ricchi. Riconosco, inoltre, la positività del nuovo patto per la salute con le regioni, che deve essere, però, integralmente finanziato.
Mancano risorse che si dovranno trovare con successivi provvedimenti. Questa legge finanziaria non è solo pesante nelle procedure, nella manovra, nelle coperture e leggera nella risposta, ma è anche dannosa, perché interviene a gamba tesa sugli enti locali, prevedendo in finanziaria questioni da discutere nella Carta delle autonomie, e dannosa per la lotta alle mafie.
Qui vi è un vero vulnus: non tenendo in alcun conto il lavoro della Commissione antimafia e il documento sui beni confiscati approvato all'unanimità, non tenendo in alcun conto quanto sostenuto da magistrati e associazioni antimafia, invece di rendere più efficiente il sistema di confisca, assegnazione e riuso dei beni confiscati...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAINO MARCHI. ....mettendo anche le risorse che servono, si fa la scelta di vendere i beni confiscati, se non assegnati in poco tempo, per fare cassa, con il rischio che vengano riacquistati dalle mafie, cioè simbolicamente una vittoria delle mafie, una loro dimostrazione di potere e una sconfitta per chi le combatte.
Siete ancora in tempo per ravvedervi: gran parte dei parlamentari di maggioranza in Commissione antimafia ha firmato l'emendamento soppressivo. Stralciate questa norma, non ha effetti sui saldi della finanza pubblica. Non create questo vulnus: sarebbe un delitto, tornate indietro.
Per tutte queste ragioni, il giudizio su questo disegno di legge finanziaria, non più light, non può che essere pesantemente e fortemente negativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 110

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trappolino. Ne ha facoltà.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Signor Presidente, una legge finanziaria leggera, si era detto, che diventa un maxiemendamento da quasi 9 miliardi: è il segno del minimalismo corporativo di questo Governo. Ecco, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, vorrei far derivare dall'agricoltura il nostro giudizio negativo sul provvedimento in esame.
La simpatia, diceva Camus, è un sentimento da Presidente del Consiglio: si ottiene a buon mercato dopo le catastrofi. È questa la simpatia di cui il Ministro Zaia si compiace per via delle risorse destinate al comparto agricolo nel disegno di legge finanziaria per il 2010. Naturalmente riconosciamo l'impegno del Ministro nel tentativo di recuperare risorse da destinare al Fondo di solidarietà: si tratta di un provvedimento necessario; e tuttavia va detto che il Fondo di solidarietà non è certo una magnanima concessione agli agricoltori: è infatti uno strumento che, a partire dalla sua introduzione, ha consentito importanti risparmi di risorse pubbliche, e le risorse recuperate per lo più sono degli stessi agricoltori.
Degli 877 milioni di euro destinati in tre anni al Fondo, quasi la metà sono risorse dell'Unione europea già destinate alle imprese agricole attraverso l'articolo 68 della PAC e l'OCM vino; gli altri 300 milioni derivano dall'applicazione dello scudo fiscale, se e quando e come massimo attribuibile; e comunque per arrivare al finanziamento del Fondo c'è voluta tutta la mobilitazione del mondo agricolo che dura ormai da mesi, da quando, con il decreto-legge n. 112 del 2008, si tolsero al Fondo stesso le risorse necessarie.
Gli agricoltori sentono sulla loro pelle il senso di una precarietà che è sì data dalla crisi mondiale, ma è aggravata da un Governo prestigiatore, che si tributa onori perché risolve i problemi che esso stesso aveva determinato.
Anche le politiche agricole del Governo non sfuggono a questa curiosa arte illusionista: quelle che appaiono importanti soluzioni altro non sono che spostamenti di fondi da un capitolo all'altro del bilancio destinato all'agricoltura, un gioco a somma zero. Meglio di niente, si dirà; ma le risorse sono del tutto insufficienti. I 160 milioni di euro del comma 44 dell'articolo 2, destinati al capitolo degli sgravi contributivi, garantiscono le aziende solo fino al 31 luglio; poi si vedrà. È così, alimentando null'altro che l'incertezza, che si frenano gli investimenti e si deteriora la qualità della programmazione aziendale.
Altre questioni restano invece del tutto fuori dalla legge finanziaria o sono parzialmente toccate, come la riduzione dell'accisa sul gasolio agricolo e per coltivazione in serra, l'istituzione di un credito d'imposta per consentire agli agricoltori di accedere alla Tremonti-ter, il finanziamento del Fondo bieticolo-saccarifero, le risorse per l'internazionalizzazione delle imprese e per l'accesso al credito. Ecco, tenendo insieme le misure presenti in questa manovra con i provvedimenti che abbiamo alle spalle, è evidente quello che più volte abbiamo denunciato come vocazione residuale delle politiche agricole di questo Governo; e ho detto residuale proprio per dare il senso della nostra preoccupazione, quando vediamo il vuoto di una prospettiva in tema di agricoltura nazionale e l'assenza di una considerazione sistemica che lega il comparto con le questioni ambientali, con la qualità della vita e la qualità dell'uso del territorio, con il paesaggio e il patrimonio culturale più in generale.
Per concludere, signor Presidente, una considerazione su un'altra assenza, che ancora una volta segna la miopia di questo Governo: l'assenza dei giovani agricoltori nella legge finanziaria in esame. Solo dalla prospettiva, resa concreta da questi ultimi, infatti, è possibile ragionare con lo sguardo puntato oltre la crisi. Ma il tema del ricambio generazionale e degli strumenti atti a favorirla, è argomento ignoto ad un Governo che pare vivere nell'eterno presente. Nessuna misura per contrastare la scarsa mobilità fondiaria, per ridurre il peso dei costi di avviamento e degli oneri amministrativi: sono queste le misure che Pag. 111chiedono i giovani agricoltori, insieme alla formazione e ai servizi per la consulenza, alla possibilità di accedere a specifiche linee di credito e alla semplificazione dei meccanismi burocratici. In assenza di provvedimenti di sostegno al ricambio generazionale, tra qualche tempo gran parte dei problemi che affliggono oggi le zone svantaggiate e di montagna saranno risolti per via demografica.

PRESIDENTE. La invito a concludere

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
Il Governo quindi sembra afflitto dalle peggiori conseguenze di quella che nei tempi barocchi si chiamava «ragione pigra» e questa finanziaria dimostra appunto di esserne il prodotto, perché fa veramente poco per rilanciare un'economia strutturalmente debole, che attraversa la più pesante crisi da trent'anni a questa parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe (PD). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pepe, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, farò inoltre alcune considerazioni, ma in maniera breve e sintetica, richiamando le considerazioni che sono state fatte qui dai relatori ed anche in parte dal Governo, con un intervento molto sintetico, ma che richiamava filosofie e concezioni precedenti.
Vorrei sottolineare tre aspetti: mi pare che la politica ordinamentale che presiede al bilancio e alla finanziaria sia stata fortemente compromessa. La verità è che ci siamo trovati di fronte ad un'azione non trasparente, non chiara e non lineare nella redazione della finanziaria di quest'anno: si era partiti da un testo approvato dal Senato ed improvvisamente ci si è trovati di fronte ad un altro testo, che ha sconvolto, purtroppo, la morfologia della precedente stesura e della precedente redazione.
È un elemento di criticità, un elemento di valutazione istituzionale che dobbiamo offrire alla considerazione del Parlamento e del Governo, anche perché da poco il Parlamento ha votato una legge nella quale sintetizza per il futuro una decisione ed una delibera di finanza pubblica. Rispetto a quello spirito e a quelle indicazioni, in verità, abbiamo fatto qualche passo indietro. Ma l'elemento disarmonico che colgo nella finanziaria è questa discrasia che registriamo tra l'ordine del bilancio e la parte tecnica del bilancio; e le valutazioni opzionali che faceva il relatore per quanto riguarda la finanziaria indubbiamente sono un adeguamento rispetto al DPEF precedente. Infatti ritengo che le categorie fondamentali che erano state enucleate nel DPEF non siano state ritrovate né attuate nella redazione del bilancio e della finanziaria.
Signor Presidente, vorrei sottoporre alla sua attenzione, per richiamare una tematica, e ho finito...

PRESIDENTE. Per la verità l'avevo autorizzata a depositare l'intervento, comunque proceda.

MARIO PEPE (PD). Ho concluso: quando si parla del Sud, delle imprese, dell'agricoltura e dei vari temi colgo, al comma 153 dell'articolo 2, una nuova definizione dello Stato: lo Stato «facilitatore» dei processi produttivi. Ritengo che questa aggettivazione, questo sostantivo di uno Stato che è presente in maniera neutrale ed asettica rispetto ai processi produttivi sta a significare indubbiamente la debolezza della finanziaria e del bilancio per il Mezzogiorno d'Italia, per cui facilmente non è possibile ritrovarsi all'interno Pag. 112di questo contesto e di queste valutazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, questa manovra è il dodicesimo provvedimento tecnico che la maggioranza ed il Governo hanno varato in 20 mesi.: 8 decreti, 2 disegni di legge, 2 disegni di legge collegati al bilancio.
Si tratta di un quadro molto frammentato (un provvedimento ogni sei mesi), assolutamente disorganico e che è stato fino ad oggi ad impatto neutro: lo dimostrano purtroppo i dati dell'economia italiana, che soffre molto di più delle altre economie dell'area euro; ce lo dicono i dati della crescita, che è più bassa; ce lo dicono i dati della disoccupazione, che è più alta; ce lo dicono i dati delle iniquità sociali, che sono tra le più alte nel continente.
Basti pensare che in quindici anni abbiamo avuto una crescita molto bassa, di circa 15 punti di PIL, e che di questi 15 punti di PIL soltanto due punti di prodotto interno lordo sono andati a vantaggio del lavoro. Per questo avevamo proposto in questa finanziaria delle misure molto concrete a vantaggio dei redditi, che non sono state raccolte a causa della fiducia preventiva che avete messo, commissariando voi stessi ed impedendo così all'opposizione di poter discutere ed esaminare le proposte precise che abbiamo avanzato.
Questa finanziaria non è a impatto neutro, a differenza degli altri dodici provvedimenti; questa finanziaria è dannosa perché innanzitutto si introducono dei provvedimenti che avranno un impatto permanente nei conti dello Stato, con coperture una tantum che sono quelle che hanno generato il debito pubblico negli anni scorsi.
Ricordo anzitutto lo scudo fiscale, che si è dimostrato una coperta corta che ha dato assolutamente meno proventi di quelli desiderati e che, nella sua logica immorale, si è quindi dimostrato una genuflessione dello Stato di fronte agli evasori, che non è stata assolutamente premiata con quanto è stato raccolto.
Cito poi il TFR, che viene spostato dall'INPS al Tesoro: si tratta di incenerire le lenzuola per farne appunto cenere. Vi sono poi gli immobili: questo è un punto sul quale bisognerà tenere alta la vigilanza. Non ci sono soltanto quelli confiscati alla mafia, che vengono messi in vendita con diritto di prelazione fittizio nei confronti degli enti locali (perché non vi sono i tempi e le disponibilità per poterli acquistare, a causa del Patto di stabilità, e francamente non si sentiva l'esigenza della riforma, con un colpo di mano di questo tipo, della legge n. 575 del 1965, che andava rivista in ben altro modo).
Vi sono gli immobili della Difesa, per i quali si crea una Spa, un nuovo carrozzone: è l'unica Spa che non è partecipata dal Tesoro, per quale motivo? Anche qui il diritto di prelazione per gli enti locali è fittizio perché non vi sono i tempi; addirittura, gli accordi di programma costituiscono variante urbanistica e passano sopra le normative regionali.
Vi sono poi gli immobili che vengono venduti senza gara, fino a 400 mila euro, e tutti gli altri immobili che vengono venduti anche in questo caso senza dare la possibilità agli enti locali di esercitare un diritto di prelazione.
Il secondo punto riguarda la reintroduzione - lo ha bene illustrato il collega Nannicini - delle mance, dei provvedimenti settoriali, delle misure localistiche: quindi più che finanziaria light, la definirei una finanziaria old, una finanziaria vecchia, una finanziaria elettorale con la quale molto probabilmente il Ministro Tremonti dice addio alle sue ambizioni di statista e ritorna ad essere un Ministro del tesoro tra quelli che hanno aumentato la spesa pubblica ed il debito pubblico.
È una finanziaria che non interviene con provvedimenti strutturali: ci dica il Governo in sede di replica quali sono i provvedimenti strutturali che sono inseriti in questa manovra di bilancio! Forse Pag. 113l'accanimento cinico contro le comunità montane, dal quale ricaverete l'eccezionale cifra di 10 milioni di euro? Forse questo? È poi una finanziaria dannosa perché introduce la fiducia preventiva, cioè fa un processo al Parlamento, lo considera pericoloso e quindi gli toglie di mano la possibilità di discutere: possibile, come ha detto il collega Baretta, che su mille emendamenti non ve ne fosse uno - uno solo - presentato dall'opposizione del quale si poteva discutere?

PRESIDENTE. Onorevole Ceccuzzi, deve concludere.

FRANCO CECCUZZI. Concludo, signor Presidente, con quattro domande. Dov'è andato a finire il taglio dell'IRAP che il Presidente del Consiglio aveva annunciato scrivendo una lettera appassionata all'assemblea nazionale della CNA? Dov'è andata a finire la revisione degli studi di settore contenuta nell'articolo 8 del decreto-legge n. 185 di un anno fa, che avete sbandierato più volte? Tutti i piccoli imprenditori e i professionisti stanno aspettando la revisione degli studi di settore, perché altrimenti non saranno congrui e si andrà incontro ad un aumento del contenzioso.
In terzo luogo, non vi sono risorse adeguate per il Fondo di garanzia e, quarto quesito, dove è andata a finire la restituzione della TIA che avevate promesso per un miliardo di euro a favore dei contribuenti IRPEF? Per questi motivi, questo disegno di legge finanziaria compie un salto di qualità peggiorativo perché è dannoso e non è più ad impatto neutro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capodicasa. Ne ha facoltà.

ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, nei pochi minuti che ho a disposizione, vorrei concentrare la mia attenzione su due punti che altri colleghi hanno già ripreso, ma che a mio avviso meritano un ulteriore approfondimento.
Molti colleghi che sono intervenuti prima di me hanno rilevato l'assenza di una strategia di uscita dalla crisi, per lo sviluppo del Paese e, dentro questa assenza, l'assenza di una politica per il Mezzogiorno affidata unicamente ad un investimento di 470 milioni di euro per la ricapitalizzazione della società Ponte sullo Stretto di Messina e della cosiddetta Banca del sud, che non si capisce bene per quale ragione debba riuscire laddove altre esperienze, avendone le medesime caratteristiche, hanno fallito.
Il punto però non è solo che questa finanziaria non attiva interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno. Vi è un altro punto che vorrei sollevare, e che è stato ripreso poc'anzi dall'onorevole Polledri (ovviamente da un punto di vista molto diverso dal mio), relativo all'utilizzo dei FAS. Con questo intervento contenuto nel disegno di legge finanziaria si continua nella politica di saccheggio di questo Fondo che - giova ricordarlo - prevede delle risorse aggiuntive per lo sviluppo del Mezzogiorno, quindi con una destinazione che dovrebbe essere vincolata e finalizzata allo sviluppo e che, invece, il Governo, fin dalla sua nascita, ha continuato a saccheggiare, inizialmente per la quota di spettanza ministeriale (i 37 miliardi su 64 che erano di competenza dei Ministeri e che sono stati già ampiamente utilizzati per scopi e finalità che nulla hanno a che vedere né con lo sviluppo del Mezzogiorno né con il Mezzogiorno in quanto tale). Adesso viene prevista un'operazione che considero sbagliata e non muto il mio giudizio per il fatto che è stata prevista nella legge finanziaria con l'accordo della Conferenza Stato-regioni; è un'operazione sbagliata, anche se ha avuto l'accordo della Conferenza dei presidenti delle regioni. Mi riferisco a quell'operazione che prevede al comma 80 dell'articolo 2 l'utilizzo dei FAS destinati alle regioni per finanziare i cosiddetti PAR (piani attuativi regionali) finalizzati a investimenti nel settore delle infrastrutture, per dare fiato all'economia di quelle regioni, e per il pagamento a copertura dei debiti della Pag. 114sanità accumulati nel corso degli anni da quelle regioni. L'onorevole Polledri si chiedeva, e ci chiedeva, di chi è la responsabilità del buco delle regioni che presentano un grosso deficit nel sistema sanitario. Credo che l'onorevole Polledri dovrebbe, prima di ogni altro, dare egli stesso una risposta: in Sicilia e anche in Puglia, così come per la Campania e per Calabria, di chi è la responsabilità? Si faccia un piccolo esame di coscienza, faccia un'analisi a vasto raggio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELO CAPODICASA. In conclusione, anche qualora la responsabilità fosse bipartisan, qual è la ragione per la quale questo Governo deve utilizzare l'uso di fondi destinati all'investimento per coprire la spesa corrente e il deficit sanitario. In questo modo si sottraggono investimenti a queste terre, si dequalifica la spesa, si trasformano le risorse destinate ad investimenti in spesa corrente, si disincentiva il risanamento della sanità, perché mentre le regioni, sulla base della normativa attualmente esistente, erano obbligate ad intervenire per risanare, per contenere la spesa sanitaria, attraverso queste autorizzazioni non lo faranno, e non lo faranno con i mezzi necessari ad operare il disboscamento della spesa malata che vi è nella sanità meridionale; ci ritroveremo riproposto il problema nei prossimi anni.
Per quanto riguarda la questione dei beni confiscati, Presidente, mi consenta trenta secondi...

PRESIDENTE. Deve proprio concludere, onorevole Capodicasa.

ANGELO CAPODICASA. Rispetto all'onorevole Corsaro, relatore di maggioranza, il quale nella relazione ci ha detto che non era convinto dalle critiche venute da più parti alla scelta compiuta dal Governo e inserita nella finanziaria relativa alla vendita dei beni confiscati, credo che non valga l'argomento che egli usa, secondo cui la mafia e la criminalità organizzata comunque se non investono fondi per recuperare i beni che gli sono stati confiscati, possono utilizzarli per comprare altri immobili.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANGELO CAPODICASA. Non è la stessa cosa. Non è la stessa cosa affidarli per fini di utilità sociale a cooperative giovanili, perché ciò consente di schierare sul territorio giovani che dall'utilizzo di quei beni ricavano reddito, ma nello stesso tempo si impegnano nella lotta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Capodicasa.
È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, è uno di quei casi in cui «beati gli ultimi che saranno i primi» non corrisponde esattamente alla realtà, ma non abuserò della sua generosità istituzionale. Impiegherò solo pochi secondi perché credo che i 26 colleghi intervenuti in questo dibattito abbiano ampiamente illustrato le ragioni della nostra contrarietà alla finanziaria, ma anche messo in evidenza come il lavoro fatto dal gruppo del Partito Democratico e da tutti i colleghi che hanno preso parte al dibattito sul provvedimento sia un lavoro meticoloso, che comunque punta ad individuare soluzioni alternative. Altrettanto è stato fatto dal collega Baretta, intervenuto come relatore di minoranza.
A me non spetta fare altro se non riprendere da dove avevamo iniziato questo dibattito, da un appello che non è posticcio e neanche di maniera. Credo che, di fronte alle proposte avanzate dalla presidenza del gruppo del Partito Democratico e anche dagli altri gruppi dell'opposizione, in una vicenda che ha visto strappi istituzionali - mi consenta, onorevole Baldelli - con una spirale perversa che si sta moltiplicando, non paragonabile in nulla a tutto quello che è avvenuto prima (questo lo sa perfettamente anche il Pag. 115collega Giorgetti e siamo tutti abbastanza smaliziati), il problema che si pone è che noi abbiamo chiesto (considerata la legge finanziaria come legge importante e di impostazione anche delle scelte programmatiche per prossimi anni) la possibilità di discutere su un pugno di cose. Abbiamo chiesto di mettere a confronto le posizioni diverse che ci sono e poi di avere la possibilità di metterle al voto. Non pretendiamo che vi sia né da parte del Governo, né da parte della maggioranza, l'esigenza di venire incontro alle nostre proposte, che noi ovviamente riteniamo giuste e più giuste delle vostre, ma stiamo arrivando al punto in cui non si ha neanche più la disponibilità a discutere e a confrontarsi. Mi riferisco a quel confronto che ci chiedete dalla mattina alla sera, o meglio che ci chiedete la sera e ci negate la mattina. C'è un piccolo particolare: è un confronto che non negate soltanto ai parlamentari dell'opposizione, ma anche ai parlamentari della maggioranza. Per dire una battuta - concludo, signor Presidente - non sempre il breve è sinonimo di bene. Voi siete partiti dal processo breve. L'altro giorno in Commissione affari costituzionali avete proposto un rinvio breve sulla cittadinanza. Ora vi presentate qui con una finanziaria breve, ma (piccolo particolare) non è breve nella sua struttura, ma esclusivamente nel tempo che ormai rimane per poter discutere e rappresentare le proposte di ciascuno.
Rivolgo un appello e sono contento che vi sia il Viceministro Vegas, che dimostra nella sua presenza in Aula, nei limiti di ciò che gli è possibile ovviamente, di essere attento al Parlamento e alle funzioni che ciascuno di noi cerca di onorare anche intervenendo a questa ora tarda (a cominciare dal Presidente che ci guida in questa seduta): ragionate sul fatto che questa volta vi viene sostanzialmente garantito di approvare la finanziaria nei tempi che avete voluto. Vi chiediamo semplicemente di poter discutere, votare e confrontarci su un pugno di questioni. È difficile trovare argomenti - e francamente neanche il collega Baldelli oggi è riuscito a individuarne di validi - affinché tutto questo non si possa realizzare, avendo a disposizione anche parecchio tempo davanti a noi.
Allora interrogatevi, interroghiamoci se questo Paese può crescere, se al di là di qualunque valutazione di parte noi sempre più restringiamo la possibilità di un confronto e anche la possibilità di mettere in evidenza quali siano le posizioni diverse, affinché ognuno si assuma la responsabilità di come comportarsi rispetto alle proposte degli altri, e affinché il Paese possa essere in condizione di scegliere.
Sostanzialmente voi state impedendo al Paese di conoscere la diversità delle opinioni, e soprattutto di obbligarvi a rispondere delle decisioni che prendete e che noi riteniamo assolutamente negative non soltanto per la finanza del Paese, ma per la vita e la qualità della vita di milioni di persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, Viceministro Vegas, colleghi deputati, quando questa manovra finanziaria è stata approvata dal Consiglio dei ministri l'abbiamo considerata anoressica. Gli ottimisti filogovernativi l'hanno chiamata leggera. Il Senato ha provato a irrobustirla, dimostrando coraggio ed autonomia dal Governo, ma i risultati sono stati scarsi soprattutto per le problematiche concernenti le coperture.
Tra l'alternativa di una manovra di rigore ed una più espansiva per rilanciare i consumi si è scelto quella del rigore per mantenere sotto controllo i conti pubblici. Da parte dell'Unione di Centro è stata sempre sostenuta la tesi del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, soprattutto per mantenere alto il rating relativo alla credibilità del sistema Paese a cui teniamo molto. Questa credibilità ci serve di più rispetto ad altri Stati europei a causa dell'alto debito pubblico, che nel quadro programmatico e tendenziale si assesta per il 2010 al 117,3 per cento del PIL. Pag. 116
Vorrei ricordare a qualche collega della Lega che è intervenuto poc'anzi e al collega Polledri, che non è vero che da quando c'è la cosiddetta seconda Repubblica il debito pubblico è diminuito: non è vero, è aumentato. Questo dovrebbe farci riflettere che, pur non essendoci stati gli «inciuci» di cui si è parlato tra democristiani ed ex-comunisti, le cose non sono andate per il meglio lo stesso.
Questo particolare aspetto del quadro finanziario dell'Italia è di grande rilevanza per l'attenzione che i mercati finanziari riservano al controllo dei conti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni. Il collocamento sui mercati finanziari di titoli di Stato implica una credibilità della finanza pubblica affinché assolva al pagamento dei prestiti ottenuti da cittadini ed istituzioni finanziarie. Gli interessi per il debito pubblico - è stato ricordato - ammontano oggi a circa 80 miliardi di euro, pari al 4,9 per cento del PIL. Francia e Germania pagano il 60 per cento della nostra spesa per interessi, avendo così più risorse da destinare all'economia e al sociale. Siamo quindi consapevoli dei limiti della manovra finanziaria. Tali limiti sono stati utilizzati però come una minaccia dal Ministro Tremonti. Maggiore spesa pubblica significa maggior debito pubblico, quindi minore credibilità di solvenza, quindi più rischio per gli investitori che acquistano titoli di Stato per alimentare il debito pubblico (quindi maggiori interessi da pagare per il rischio solvibilità).
Da tale minaccia è scaturito il decreto-legge n. 112 del 2008 e i conseguenti tagli lineari sulla spesa pubblica che l'Unione di Centro ha contestato con forza e lo ha ricordato qui con dovizia di particolari il collega Galletti.
Da tale impostazione discende la constatazione che lo Stato è neutro rispetto alla ripresa economica. L'Italia o ce la fa da sola, oppure finisce come la Grecia. Poiché c'è un'Italia che tira e che è competitiva, ma c'è anche un'Italia dell'evasione fiscale, un'Italia delle corporazioni che è garantita e un'Italia che vive dietro la spesa pubblica, il peggio è per tutti gli altri che vivono del proprio lavoro, che vivono di solidarietà perché più sfortunati: c'è l'Italia che vota Berlusconi che sicuramente è più protetta anche in questa legge finanziaria.
Poi c'è l'Italia dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei piccoli imprenditori, degli artigiani, dei professionisti e dei commercianti, coloro, cioè, che vivono del proprio lavoro, che stanno pagando il maggior prezzo di questa crisi a causa della riduzione dei consumi.
Da questo scenario, ne discende un Governo che protegge il proprio elettorato, garantendo la conservazione degli equilibri sociali, evitando di fare riforme. Da qui, la scelta di Tremonti di rimanere neutro, di fare una finanziaria leggera, di non toccare niente: ognuno per sé e Dio per tutti, è il motto che potrebbe essere di questo Governo. Chi è forte uscirà da questa crisi più forte, chi è debole ne uscirà più debole.
Al contrario del Governo, noi dell'Unione di Centro abbiamo chiesto una stagione di riforme, affinché si modificassero gli attuali equilibri sociali ed economici per ridisegnare un'Italia più moderna e più giusta.
Abbiamo chiesto più liberalizzazioni ed aperture dei mercati, soprattutto nel settore dei servizi, con particolare riguardo a quelli gestiti dai comuni, ma non vi sono state risposte. Abbiamo chiesto di spostare l'equità tributaria dal singolo alla famiglia, introducendo nel nostro sistema tributario elementi di quoziente familiare, ma non vi è stata risposta.
Oggi, il problema italiano è il saldo naturale negativo: nascono meno persone di quante ne muoiano e non si fa niente per aiutare le famiglie a mantenere i propri figli. Berlusconi e il Popolo della Libertà hanno fatto spot e hanno preso impegni con il Forum delle famiglie, hanno fatto propaganda a favore del quoziente familiare al family day, ma di fatto e di concreto non hanno modificato di una virgola l'attuale sistema di tassazione, che penalizza la famiglia con figli a carico, ovvero disabili, ovvero anziani.
Abbiamo chiesto di privilegiare la spesa in conto capitale per un programma di Pag. 117modernizzazione delle infrastrutture viarie, aeroportuali, portuali e ferroviarie, invece ci troviamo dimezzata la spesa in conto capitale dello Stato, ridotta quella delle regioni attraverso il Patto di stabilità interno e degli enti locali, aumentata quella corrente, ma non nei settori della giustizia e dell'ordine pubblico.
Abbiamo chiesto una riforma previdenziale che si facesse carico del futuro dei giovani e spostasse la spesa pubblica verso le garanzie sociali, invece, non si è fatto nulla, ad eccezione di una modesta riforma nel pubblico impiego per lo spostamento a 65 anni della pensione di vecchiaia delle donne, la cui equiparazione agli uomini è stata imposta da una sentenza della Corte di giustizia europea.
Mentre la spesa previdenziale della media europea è dell'11 per cento, quella italiana è del 14 per cento; mentre la spesa sociale media europea è del 5 per cento - quella della Francia, addirittura, è dell'8 per cento - in Italia è del 2 per cento. Disoccupazione, inoccupazione, anziani, disabili, assistenza all'infanzia, famiglie e minori ricevono in Italia solo elemosine. Negli altri Paesi avanzati europei vi sono sistemi di difesa sociale automatici senza il pietismo nostrano.
Abbiamo chiesto di introdurre nel nostro sistema tributario anche elementi di contrasto di interessi per combattere l'evasione fiscale e ridurre l'attuale pressione fiscale, ma ancora aspettiamo risposte. L'ISTAT ha stimato un'evasione fiscale del 17-18 per cento del PIL, pari a circa 200-250 miliardi di euro l'anno.
Noi dell'Unione di Centro riteniamo chiusa la stagione dei condoni e non crediamo nemmeno alla mera repressione poliziesca della Guardia di finanza. Abbiamo proposto un sistema automatico: attivare il contrasto di interessi. Attivare un sistema che negli Stati Uniti funziona benissimo, consentire di dedurre dalla propria base imponibile una serie di beni e servizi.
Abbiamo parlato di libri scolastici, di spese domestiche, di manutenzione della prima casa, di spese scolastiche e di spese per l'alimentazione, ma non siamo stati ascoltati. Si va avanti ancora con i condoni, come quello dello scudo fiscale che ci fa vergognare in Europa. Si va avanti con la militarizzazione delle aziende con la Guardia di finanza, eppure la pressione fiscale è la più alta degli ultimi dieci anni: è al 43 per cento...

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, per il suo gruppo sono rimasti otto minuti.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, sapevo di averne quindici.

PRESIDENTE. No, onorevole Ciccanti, comunque, vada avanti. Sono passati nove minuti.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, sapevo che mi erano stati assegnati quindici minuti, pertanto, le chiedo di parlare ancora qualche minuto, visto che sono l'ultimo iscritto a parlare della giornata.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. Non era Berlusconi che prometteva meno tasse per tutti? Invece ci sono più tasse per chi le paga e l'unica tassa tagliata è stata la quota dei ricchi dell'ICI sulla prima casa, l'unica quota di tassa locale che avrebbe potuto essere lasciata.
In questo disegno di legge finanziaria non ci sono nemmeno le promesse fatte in diretta da Berlusconi negli ultimi tempi. Non troviamo l'IVA di cassa, cioè la compensazione automatica dell'IVA da parte di chi è a credito; non troviamo la cedolare secca, ossia l'imposta sostitutiva del 20 per cento e troviamo, invece, un'autentica presa in giro che si traduce nella cedolare secca nei comuni del cratere del terremoto de L'Aquila, dove non ci sono case da affittare.
Non troviamo più la promessa per la quale il Ponte sullo Stretto di Messina sarebbe stato realizzato da privati: c'è invece una società finanziata per il 51 per cento da soldi pubblici. Pag. 118
Ci troviamo poi di fronte anche alla menzogna espressa direttamente in televisione di risanare i comuni di Scaletta Zanclea e di Giampilieri per l'alluvione di Messina. A questi comuni del messinese non è stato assegnato in questo disegno di legge finanziaria nemmeno un euro.
Ci troviamo a disporre di 500 milioni di euro per il piano carceri: bene, sono 42 le sedute del Consiglio dei ministri in cui è previsto questo punto all'ordine del giorno, almeno con questa intenzione del Ministro Alfano, ma a tutt'oggi non abbiamo alcun piano carceri. Il problema, però, non è il piano carceri, ma il personale e la polizia penitenziaria che non ce la fa più a sostenere i ritmi di lavoro che sta svolgendo.
Da mesi questa maggioranza litiga e tiene bloccato il Paese sui problemi personali e giudiziari del Primo Ministro. Noi non ci siamo fatti affascinare da questa vicenda, noi vogliamo sfidare il Governo sulle cose da fare che servono al Paese.
Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, e ringraziandola della «franchigia» che mi ha riservato, noi dell'Unione di Centro chiediamo a questo Governo una marcia in più, una marcia in più che questa maggioranza ancora non ha dimostrato di avere. Rispetto all'unica riforma che è stata realizzata, quella del federalismo fiscale, solo noi dell'Unione di Centro ci siamo messi all'opposizione e riteniamo che sia una riforma che serve soltanto ad avvantaggiare una parte del Paese, spingendolo verso egoismi regionali, quando ha invece bisogno di unità.
Signor Presidente, ovviamente non voteremo questo disegno di legge finanziaria anche per tutte le ragioni relative alla blindatura che sono state qui ricordate. Faccio presente soltanto - e rivolgo anche un appello alla Presidenza - che abbiamo ridotto gli emendamenti al minimo, proprio a quello fisiologico, concordando con tutta l'opposizione un contenuto numero di emendamenti per consentire, almeno, di discutere il provvedimento in Aula e far conoscere al Paese le posizioni dei rispettivi gruppi parlamentari, i quali non hanno avuto la possibilità di discutere su emendamenti importanti e alternativi a questo provvedimento in Commissione perché, come lei sa, in quella sede non ci è stato consentito di parlare degli emendamenti, nonostante siano stati utilizzati cinque giorni, dei sette destinati al disegno di legge finanziaria, solo per mettere d'accordo la maggioranza.
Pertanto, signor Presidente, facciamo appello a lei perché non venga posta la questione di fiducia sull'articolo 2 e perché ci sia consentito, sull'articolo 2, almeno di dimostrare agli italiani che questa opposizione ha qualche idea per varare un disegno di legge finanziaria alternativo a quello che è stato presentato.

PRESIDENTE. Secondo quanto stabilito, interrompiamo a questo punto la discussione congiunta sulle linee generali.
Come deciso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, il seguito della discussione congiunta sulle linee generali dei disegni di legge finanziaria e di bilancio è rinviato alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 10 dicembre 2009, alle 9:

1. - Seguito della discussione della proposta di legge:
REGUZZONI ed altri: Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri (2624-A).
e delle abbinate proposte di legge: MAZZOCCHI ed altri; BELLOTTI; CONTENTO; ANNA TERESA FORMISANO e NUNZIO Pag. 119FRANCESCO TESTA; LULLI ed altri; COTA e SIMONETTI; COSENZA (219-340-426-477-896-1593-2760).
Relatore: Raisi.

2. - Discussione della domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Cosentino (Doc. IV, n. 5-A).
Relatori: Lo Presti, per la maggioranza; Samperi, Palomba e Mantini, di minoranza.

3. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 27 novembre 2009, n. 170, recante disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici (2990-A).
Relatore: Bruno.

(a partire dalle ore 15).

4. - Discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00282, Franceschini ed altri n. 1-00283 e Casini ed altri n. 1-00287 concernenti iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del Sottosegretario di Stato Nicola Cosentino.

5. - Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali):
S. 1790 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) (Approvato dal Senato) (2936-A).
S. 1791 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (Approvato dal Senato) (2937-A).
Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (2937-bis).
Relatori: Corsaro sul disegno di legge 2936-A e Marinello sul disegno di legge 2937-A, per la maggioranza; Baretta e Borghesi sul disegno di legge 2936-A, di minoranza; Baretta sul disegno di legge 2937-A, di minoranza.

La seduta termina alle 23,10.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARIO PEPE (PD) IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 2936-A E 2937-A

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, onorevoli deputati, sono rimasto molto colpito dalla relazione del relatore che nel suo dossier emendativo e propositivo si è aggirato in una periconesi numerica da cui ne è uscito indebolito il quadro generale del bilancio per il 2010 e la legge finanziaria che riassume le norme fondamentali delle scelte e degli allegati che saranno la traduzione pratica della politica istituzionale qui formalizzata.
Bene ha fatto Il Sole 24 Ore riassumendo il sondaggio IPSOS per il 2010 a titolare la pagina di fondo con la declaratoria «Crisi pubblica e felicità privata». Perché - mi sono domandato - c'è una felicità privata? Perché gli italiani sia pure costretti da difficoltà strutturali riescono a guardare oltre i limiti della politica politichese e al di là dei sofismi di chi vuole argomentare di politica parlando solo di fatti di mondanità o di evasione estetica.
Gli italiani sono felici perché credono che comunque le diacronie della storia ci Pag. 120consegneranno uno stato di serenità e di felicità familiare.
Sono presi da uno stato di eudemonia cioè da uno spirito che vuole vitalisticamente spingere le intenzionalità, le aspirazioni dell'uomo sempre verso il meglio. Gli italiani vivono però in uno stato di crisi pubblica perché è carente lo spirito pubblico, perché la politica non adempie i suoi doveri, perché le autorità di Governo sono soggette ad una Krisis, ad una valutazione seria di quello che hanno prodotto. Il Governo in carica ha prodotto un dossier incalzante e vorticoso di provvedimenti roboanti, pasticciati, inefficaci. Hanno solo incrementato il debito pubblico che arriverà a breve al 120 per cento del PIL.
Si voleva risanare questo magma erratico che pesa in maniera onerosa sul bilancio e sulla finanziaria per il 2010 a fronte delle dichiarate, conclamate affermazioni del Ministro Tremonti e del suo DPEF di ridurre il debito pubblico.
Nomina sunt consequentia rerum!
Esaminiamo in breve alcuni aspetti della finanziaria alla nostra attenzione e fermiamoci innanzitutto sulla politica ordinamentale ed istituzionale.
Ebbene posso dire con serenità che l'andamento processuale dalla Camera al Senato ha prodotto trasformazioni incoerenti, incertezze normative, contrapposizioni di interessi, inefficacia delle missioni, insomma l'ordo del bilancio e della finanziaria rischia di non essere ossequente ai principi fondamentali dell'atto pubblico per eccellenza: chiarezza, trasparenza, coerenza. Il Governo in carica con queste acutezze modificative, improvvise e repentine, indebolisce la istituzionalità dell'organo legislativo e pone in non cale l'ordinamento del bilancio e della finanziaria.
Vorrei, nel merito delle questioni, accennare alla politica economica e al reddito delle famiglie riferendomi all'indagine IPSOS citata prima, quello che i cittadini avvertono e la incertezza dello sviluppo economico, l'impoverimento del reddito delle famiglie, le poche prospettive di lavoro che si aprono ai giovani.
Insomma la prospettiva lavorativa è la prospettiva del precariato.
Qui bisognerebbe approntare politiche sistemiche per alleggerire i pesi e i gravami fiscali delle famiglie e avviare un concreto piano di sviluppo e di lavoro per i giovani realizzando un percorso con il sistema delle Autonomie territoriali. Se non affrontiamo il tema del lavoro rischiamo di creare le condizioni di un radicale disagio sociale che potrà avere manifestazioni imprevedibili ed incontrollabili. Carente è nella finanziaria e nel bilancio la dotazione economica e finanziaria per affrontare il tema del Mezzogiorno d'Italia. Non è una ritualità riproporlo qui, ma è un fatto anche in riferimento al rapporto SVIMEZ che il Mezzogiorno non decolla sia dal punto di vista strutturale che dal punto di vista infrastrutturale. Le risorse sono poche e molte volte quelle previste sono sottratte per andare a coprire altre poste o altre evenienze.
Nel rilancio del Sud le Autonomie territoriali non possono sottrarsi. Le Regioni si devono far carico, con le politiche di coordinamento dello Stato centrale, della questione del Sud.
Oggi sulla stampa e sui mezzi di comunicazione, i profili della discussione politica riguardano gli organigrammi, gli assetti politici, i futuri Governatori mentre il tema vero è come storicamente, finanziariamente, socialmente, allocare la forza dirompente e responsabile del federalismo fiscale. L'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione ormai è davanti a noi: dipende dalle nostre scelte, dalle programmazioni delle regioni, dalla volontà del Governo. Nella finanziaria, fatti salvi i saldi e poche questioni generali, il tema vero del cambiamento profondo e strutturale che avverrà con la legge n. 42 non è per niente recepito.
Il Governo procede alla normazione anche di questioni che interessano le regioni senza porsi i temi della oggettività politica che dovrebbero essere presenti nell'agenda politica di chi vuole ben governare. Pag. 121Questa finanziaria, lo diciamo senza enfasi e senza spirito polemico, è in netta contraddizione con le previsioni del DPEF.
Invece di attuare questo strumento programmatico e metodologico lo avete rinnegato e rimosso in re.
Capita al Governo, a questo Governo, che dichiara di volere andare avanti ma rischia di rimanere indietro rispetto alle questioni vere che i cittadini avvertono sulla propria pelle.